Attrazione tra le Ombre

di BartyBella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO PRIMO

Di nuovo.
L’ha fatto di nuovo! Quell’idiota fedifrago! Questa volta non la passerà liscia! Quell’imbecille di Codaliscia!



“ah,ah,ah”
Sogghignai nella penombra dei corridoi del mio maniero, mentre li percorrevo con passo veloce e deciso.
Dovevo trovare quell’inetto!
Dimenticarsi di nutrire la mia Nagini… e per più di una volta..! stupido….
I miei pensieri vennero interrotti da uno strano tintinnio.
Un tintinnio molto familiare…
La catena d’argento legata ai pantaloni di…
Barty.


“Mio signore, cosa ci fate sveglio a quest’ora della notte se mi è concesso saperlo?”
I suoi occhi infernali mi scrutarono e il mio stomaco si contorse in una adusata morsa.
“Sto cercando Codaliscia.” risposi adirato. “Sai dov’è? Vallo a chiamare.” continuai imperioso.
Mi inchinai profondamente “Subito mio signore” e sfrecciai verso i dormitori del mio collega.
Quando Voldemort era di cattivo umore non giovava farlo attendere. Chissà che aveva combinato questa volta quell’idiota…
L’importante era allontanarmi da lui, dal suo sguardo, dal suo odore…
Quando mi trovavo al suo cospetto mi sentivo sempre così piccolo, insignificante, così…
Il cuore iniziava a dimenarsi come un dannato e il respiro mi irrorava i polmoni molto più del dovuto, solo quando mi allontanavo tornavo a respirare…

Tsk, l’unico degno di essere chiamato mangiamorte in questa marmaglia d’incapaci…
‘Quando avrà trovato Codaliscia lo ricompenserò lautamente…’ pensai in un sorriso malizioso.
‘Anche se a dire il vero… è sempre lui a ricompensare me… efficiente e capace in tutti campi, devo riconoscerlo… altro che quel cretino di Codaliscia!’ e continuai a camminare imperterrito.

Bussai alla porta dei suoi appartamenti “Tu! L’Oscuro ti cerca…”
Disprezzavo quasi tutti gli altri mangiamorte. Tutti tranne la Lestrange, solo io e lei eravamo davvero fedeli all’oscuro, solo noi eravamo degni di vivere sotto la sua protezione…
Non lo aspettai, girai sui tacchi e mi diressi alle stanze di Voldemort…
Il mio Marchio ardeva.

“Bene, adesso fuori McNair, non mi servi più.” L’uomo usci indietreggiando dalla stanza ripetendo come una nenia snervante “si, mio Signore, come desidera lei, mio Signore…” contrassi il viso in una smorfia di disgusto.
‘patetico, semplicemente patetico…’
Prima ancora di sentir bussare, udii il solito tintinnare.
TOC TOC

Solo due colpi… perfetto. Da attento osservatore aveva notato che più di due mi irritavano…
davvero perfetto.
“entra pure…” acconsentii.




Sospirai. Dalla sua voce capii già cosa mi attendeva. Ed ogni volta era un lancinante piacere, una pena indicibile.
Se solo si interessasse di me la metà di quanto faccio io…
Entrai deciso, sicuro, facendo oscillare la catenina. Quello era il simbolo dell’abbandono del mio passato, della mia nuova identità. La catenina del mio caro padre, che gli sottrassi dopo averlo assassinato.
“Mi volevate, mio signore?”

Lo guardai alzando un sopracciglio, sorridendo con uno dei miei soliti sorrisi maliziosi e perversi che non dovrebbero significare nulla di buono... almeno per gli altri.
Mi avvicinai a lui camminando in modo intrigante e assolutamente carico di erotismo come solo io sapevo fare, e assalii le sue labbra con voracità quasi animale.
Le assaporai, lambendole mordendole, leccandole in modo lussurioso, come facevo di solito.
Il Dio del peccato... che cosa vi aspettavate? Bacini casti a fior di labbra? Non io! Non Lord Voldemort, il principe del Male!
Continuai a torturargli le labbra mentre le mie mani tenevano strette le sue, con forza, e lo spingevo contro la parete opposta al grande letto. Ma adesso non toccava più a me.
Lui sapeva cosa fare…


Lui non rispose, alzò scetticamente il sopracciglio in un ghigno perverso, facendo sembrare la mia domanda immensamente stupida.
Tutto in confronto a lui mi sembrava smisuratamente sciatto, privo di significato…
Si avvicinò a me con la sua camminata lenta, calcolata, intrigante e ancora prima di poter fare qualsiasi cosa mi intrappolò le mani nelle sue, spingendomi al muro ed assaporando le mie labbra con ardore.
Sapevo cosa esigeva.
Mi abbassai lentamente, inginocchiandomi, iniziando a slacciargli i pantaloni con accurata malizia. Li abbassai, riservando lo stesso destino ai boxer e lui mi guidò la nuca verso il suo sesso ormai eretto, afferrandola da dietro.
Lo presi in bocca, facendo passare l’asta nel palato, lentamente, godendomi i gemiti del mio ‘amante’
Un leggero strattonamento ai miei capelli mi fece capire che non mi era concesso giocare, così aumentai il ritmo, facendo guizzare la lingua sulla punta, tamburellandola…
Dopo alcuni minuti il suo membro reagì alle mie attenzioni boccali, liberando un dolce fluido biancastro, cui ormai ero abituato ad assaggiare.
Lo ingoiai, perché sapevo che se non l’avessi fatto mi avrebbe punito, e sarebbe stato assurdo visto che infondo non ci trovavo nulla di squallido.
Mi alzai, lasciando che mi spogliasse e mi guidasse verso il letto, lasciando che entrasse in me, che mi facesse suo almeno per divertimento.
Perché sapevo di essere questo per lui, ma l’amavo troppo per badarci…
Intanto la sua mano si era soffermata sulla mia virilità, trasportandosi con lenti movimenti di polso, facendomi letteralmente perdere la ragione, impazzire solo come lui riusciva.
Venimmo insieme, e, stanchi ci accasciammo sul letto.
Se c’era una cosa che adoravo, era lo stare sdraiato tra le sue braccia, per quanto mi fosse concesso. Tom non era – come sicuramente immaginate – un tipo da moine.
Io invece sì, ma non lo davo a vedere.
Lasciavo sempre che fosse lui a scegliere come, quando e perché, non prendevo mai alcuna iniziativa, anche perché sapevo che lui non avrebbe apprezzato.
Ero solo un piacevolissimo diversivo ai suoi giorni di solitudine, per me contrariamente lui era tutto.
Un padre, una guida, un capo, un amante…
TUTTO.
Sembrava addormentato, così mi calcai ulteriormente al suo corpo, facendo scivolare la gamba destra tra le sue, sperando impetuosamente che non si alzasse seccato e mi ordinasse di vestirmi e sparire.
Non lo fece.
Così, pieno di felicità, mi addormentai all’istante, sfinito.

Respiravo piano, sdraiato nel mio letto, Barty accoccolato sopra di me, come a cercare rifugio dal male e dal dolore del mondo al di fuori di questa stanza.
Male di cui io stesso ero artefice.
Regnava il silenzio…
Sentivo il suo sguardo su di me, sul mio viso che credeva addormentato, ma in realtà fingevo…
Già, perché il male non dorme mai.
Lo sentii sospirare pesantemente sul mio collo, la sua gamba destra scivolò tra le mie e si strinse ancora di più a me.
Fui tentato di cacciarlo fuori, ma… qualcosa in quella sua continua ricerca di protezione mi fece cambiare idea.
Infondo… non stavo poi così male e poteva anche darsi che dopo avrei avuto ancora voglia di lui…
Perso in questi pensieri mi rilassai mentre la mia mente viaggiava veloce e Barty, accanto a me, dormiva beato.


Mi svegliai avvolto da quel profumo che tanto amavo; forte, familiare…
Risi, ricordando di trovarmi nel suo letto e, solo aperti gli occhi, mi scoprii solo.
Sorrisi tra me e me, Cosa mi aspettavo?
Di trovarlo lì a sorridermi dolcemente?
Ero un illuso.
Mi alzai con indolenza e, dopo essermi fatto una doccia ed essermi vestito, rifeci il letto ed uscii…

“Sono stato chiaro, Codaliscia?” dissi pacato
“S-si mio signore, chiarissimo mio signore…ugh…”
“Siamo sicuri? Io penso proprio di no . Penso che ti servirebbero altre dieci frustate. Così siamo sicuri che in futuro non ripeterai lo stesso errore, no?” continuai mentre il mio sorriso più malvagio e divertito affiorava sulle mie labbra.
“Continua.”
Un ordine.
Un comando.
“Ughhh…” Codaliscia mugugnava il suo dolore perché sapeva che se avesse urlato l’avrei punito ulteriormente
Era estremamente divertente! Vedere il suo schifoso viso deformato da espressioni assurde di urla mute sulla pelle, i suoi occhietti acquosi che si chiudevano ad ogni colpo inferto.
Il sudore sporco sulla fronte, il sangue che gocciolava dalle sue mani strette a pugno legate con lacci taglienti, e la schiena lacerata in più punti.
PLIC…PLIC…
Gocce cremisi si aggiungevano alla pozzetta sul pavimento di pietra, mentre la mia risata echeggiava contro i muri solidi.
“La prego…la prego mio signore…”il sussurro roco giunse alle mie orecchie.
Buttai la testa indietro, estasiato. “Mmm...implora la mia pietà Codaliscia, come uno sporco e sudicio verme!”
“La prego…la prego…mio signore…mgh…”
“Ah! Ah! Ah! Ah! Dillo Codaliscia! Dillo!” infierii con gioia.
“Sono… un sudicio… verme” mormorò lui, col sangue caldo che gli colava dalla bocca.
“Ah! Ah!” Sei davvero divertente! E dimmi, Codaliscia, oserai disubbidire di nuovo al tuo padrone?”
“No…” rispose lui, sempre un sussurro, sempre più debole.
“Bene” dissi raggiante. Stupido… “Perché, spero per te che tu non voglia tradirmi, caro Codaliscia… pensa a tutto quello che hai subito oggi solo per non aver nutrito la mia Nagini… e pensa a tutto ciò che potrebbe accaderti se tu perseveri nel disubbidirmi, o ancora peggio tradirmi.. perché io non perdono. Io non dimentico. Ricordatelo Codaliscia”
Terminai la frase posando il mio sguardo duro su quella faccia vecchia, stanca e sofferta.
Con un colpo di bacchetta sciolsi i lacci dai suoi polsi e Codaliscia cadde a terra, finendo nel suo stesso sangue.
Con un gesto della mano congedai il mangiamorte che aveva eseguito la “sentenza”.
Mi alzai, facendo forza sulle mani e uscii sbattendo la porta, lasciando Codaliscia solo, in terra senza degnarlo di uno sguardo. Non era degno.
Fuori dalla porta incontrai il mangiamorte di prima che sorridendomi mi disse “Complimenti padrone, avete fatto bene!”
“Taci tu, ti ho detto forse che potevi parlare? Chiudi il becco o finirai peggio di quell’altro stolto di là.”
Il mangiamorte ammutolì, si inchinò brevemente e prese la direzione opposta alla mia.
“Bravo, vattene prima che mi venga voglia di veder scorrere anche il tuo di sangue…ma di quale razza di incompetenti mi sono circondato? Il prossimo cretino che incontro farà una brutta fine parola di Lord Voldemort!”
Non potei fare più di dieci passi che una voce attirò la mia attenzione, chiamandomi.
“Mio signore che piacere vedervi”
Oh. Finalmente un’altra persona degna di essere chiamata mangiamorte. Mi girai lentamente sorridendo freddamente alla donna.
“Bella. Che piacere vedere te, è tutta la mattina che incontro solo incapaci.”
“mio signore sono felice di averla fermata, allora.” Disse sorridendo con modestia, malizia e superbia, moderandoli magnificamente al cospetto del suo padrone.
Sorrisi nuovamente. Donna intelligente. “Hai visto Barty? Ormai dovrebbe essere uscito dalle mie stanze.” Chiesi, era più un ordine che una domanda.
“Sì, l’ho visto mio signore, era…”


Il giardino di questo maniero, che ormai ero avvezzo chiamare casa, era seducente, oscuro ed imperioso. L’ideale per nascondersi dal resto del mondo e riflettere…
Mi sedetti ai basamenti di un grosso salice piangente, alle sponde del lago che scortava il castello, pensando a tutto ciò che era accaduto negli ultimi anni.
Molti mi reputavano folle…
Sorrisi tetro. Era vero sotto un certo verso.
Adoravo il sangue, il dolore…mi facevano sentire bene, superiore, perché io avevo smesso di soffrire da ormai parecchio tempo.
Ero follemente ossessionato dalla morte ed aborrivo i mezzosangue tanto quanto i babbani.
Erano esseri insulsi, ottusi, distaccati, ignoranti…
Voldemort aveva ragione su tutto, l’ho sperimentanto sulla mia pelle.
Avevo diciassette anni quando conobbi Damiano. Un ragazzo alto, bello, slanciato, dai capelli corvini e gli occhi perlacei, nuvolosi, plumbei…
Adoravo i suoi occhi, profondi ed espressivi come il mare in tempesta, illuminati sempre da un luccichio fugaceo, come il fulmine che dà inizio a un temporale.
Lo incontrai in un quartiere di Londra, e, affascinato dalla sua bellezza mi avvicinai con il pretesto di sapere l’ora.
Lui mi sorrise furbamente, rispondendo con la sua voce profonda e melodiosa. Capii che il mio interesse era ricambiato.
Iniziammo a frequentarci, scoprendo che la nostra andava ben oltre la semplice attrazione fisica, ed io da sciocco, mi invaghii perdutamente di lui.
Pensavo che il nostro amore durasse per sempre, che nessun ostacolo potesse lenire l’affetto che ci legava, ma evidentemente mi sbagliavo.
Perché, quando decisi di confessargli la mia natura, così da potergli chiedere di passare il resto della sua vita con me…beh…non saprei neanche descrivere la sua espressione…
Era un misto di paura, incredulità, rabbia, disgusto, orrore…
Non mi riservò neanche una parola d’addio, sparì semplicemente dalla mia vita, così come c’era entrato.
Fu da allora che capii che erano i babbani il vero problema, che non meritavano di vivere la loro vita indegna.
Fu da allora che diventai un mangiamorte.
Esalai un sospiro dolente ed estrassi la bacchetta facendo apparire la mia chitarra.
Perché, un mangiamorte non può cantare? Non può suonare?
Io lo facevo, perché era l’unica cosa che mi facesse sentire realmente bene.
Iniziai a comporre gli accordi di quella che era la mia canzone preferita, sussurrandone le parole…


Now I will tell you what I’ve done for you
50 thousand tears I’ve cried
screaming deceiving and bleedeng for you
and you still want hear me

Ora ti dirò cosa ho fatto per te
50000 lacrime ho versato
urlando, ingannando e sanguinando per te
tuttavia tu non mi ascolterai


don’t want your hand this time I’ll save myself
maybe I’ll wake up for once
not tormented daily defeated by you
just when I thought I’d reached the bottom

Non voglio la tua mano questa volta, mi salverò da solo
forse mi sveglierò per un'altra volta
Non tormentato giornalmente sconfitto da te
Solo che quando ho pensato che ho raggiunto il fondo

I’m dying again
I’m goin under
drowning in you
I’m falling forever
I’ve got to break through
I’m going under

Io sto morendo ancora
Sto andando giù
Annegando in te
Sto cadendo per sempre
Ho bisogno di fermare tutto
Sto andando giù

blurring and stirring the truth and the lies
so I don’t now what’s real and what’s not
always confusing the throughts in my head
so I can’t trust myself anymore

Oscurando e mescolando la verità e le bugie
così non so cosa è vero e cosa no
Confondendo sempre i miei pensieri
così non posso avere fiducia ancora in me stesso

I’m dying again
I’m going under
drowning in you
I’m falling forever

I’ve got to break througth so go on and scream
scream at me I’m so far away
I won’t be broken again
I’ve got to Breathe I can’t keep going under

Ho bisogno di fermare tutto
allora vai avanti e urla
urlami sono tanto distante
non sarò distrutto un'altra volta
ho bisogno di respirare, non posso andare giù


Che nottata stupenda, nessuna stella in cielo e neanche quella stupida luna che illumina tutto come fosse giorno! Puah!. No, questa notte è perfetta. È tenebra, proprio come piace a me. Camminavo lenta, intorno ai portici del giardino, ammirando il buio che mi rivestiva e mi faceva parte di lui, sentendo solo come unico rumore, i miei passi rimbombare contro le pareti per poi perdersi nel vuoto più nero. Sorrisi pazza all’ombra mia sposa, che sussurrava per me, ma di colpo mi dovetti fermare. Nel silenzio c’era un altro suono… una chitarra. Capii subito di chi si trattava, nessun altro mangiamorte sapeva suonarla così bene…
O meglio, nessuno la suonava. Troppo stupidi, troppo inetti per poter suonare una cosa così complicata e bella come la chitarra… certo, io preferisco l’oscurità ma c’è chi non ha perso la testa solo per lei. Appoggiai una delle mie mani affusolate lungo la colonna, quasi interamente ricoperta di rampicante, come un cancro che si impadronisce di un corpo e che, con meravigliosa lentezza, lo distrugge. Mi sporsi per vedere all’interno del giardino dove ebbi la conferma dei miei pensieri. Sorrisi di nuovo e continuai dritta per la mia strada, avvolta dalle tenebre.


Mi alzai, facendo scomparire lo strumento, e una rozza voce maschile giunse alle mie orecchie “Ehi tu, l’Oscuro ti cerca!” mi informò Dolohov.
Non lo degnai né di sguardo né di risposta, non mi abbassavo a parlare con simili nullità, semplicemente mi affrettai ad entrare nel castello.
Il corridoio aveva il solito odore, fetido di sangue ed umidità. Avanzai nel tepore delle fiere torce, con su inciso lo stemma del male, lo stesso blasone che univa tutti coloro che abitavano in questa mortifera fortezza.
Il marchio nero.
Le ombre danzavano folli sui muri, attorcigliandosi, sovrapponendosi, burlandosi della mia figura, che appariva tremula ed indelicatamente deformata.
Non c’era mangiamorte che conoscessi che non amasse le tenebre, che non le venerasse. Facevano parte di noi, del nostro essere, erano le nostre terrificanti alleate.
Finalmente giunsi agli appartamenti del mio signore. Per quale motivo aveva chiesto di me?
Ci eravamo lasciati solo poche ore addietro… che avesse ancora voglia dei miei servigi?
La sua voce mi intimò ad entrare ed io obbedii.
“Mi volevate mio signore?”chiesi in un inchino.
“Sì. Volevo ti unissi a noi in questa piacevole conversazione.”
Volsi lo sguardo nella direzione che mi indicò e vidi Bellatrix Lestrange, che mi sorrideva tentatrice.
“Sì, Barty, stavo giusto per dire all’Oscuro che sei un eccellente cantante, non vorresti allietarci con una canzone?”
Mi sentii sprofondare. Come aveva potuto?!
Adesso Voldemort si sarebbe adirato, rimproverandomi per la mia debolezza, forse mi avrebbe addirittura punito…
Mi inchinai profondamente “Non credo che il nostro signore voglia essere annoiato con…”
“no, no, al contrario, Barty. Sono davvero molto curioso.”
Feci apparire la chitarra, fulminando Bella con il mio sguardo più cattivo.



I tried to kill the pain
but only throught more (So much more)
I lay dying
and I’m pouring crimson regret and betrayal

Ho provato ad uccidere il dolore
ma ne ho solo attirato dell'altro
mi sono buttato giù per morire
e sto versando rimorsi e tradimenti rosso sangue


I’m dying praying bleeding and screaming
am I too lost to be saved
am i too lost?

sto morendo pregando sanguinando e urlando
sono così perduto per essere salvato,
sono così perduto?


my god my tourniquet
return to me salvation
my god my tourniquet
return to me salvation

mio Dio mio tornello
ritorna a me salvezza
mio Dio mio tornello
ritorna a me salvezza


do you remember me
lost for so long
will you be on the other side
or will you forget me

ti ricordi di me
perduto per così tanto
sarai dall'altra parte
o ti scorderai di me?


I’m dying praying bleeding and screaming
am I too lost to be saved
am i too lost?

my god my tourniquet
return to me salvation
my god my tourniquet
return to me salvation

my wounds cry for the grave
my soul cries for deliverance
will I be denied christ
torniquet
my suicide

le mie ferite piangono per la morte
la mia anima piange per il verdetto
sarò cancellato Signore?
tornello
è il mio suicidio


Alzai lo sguardo per osservare l’espressione sul volto del mio signore. Era imperscrutabile, impenetrabile, dura e fredda come marmo.
Lo abbassai nuovamente, ma potevo ancora avvertire il fuoco dei suoi occhi bruciante su di me,
“Perché abbassi lo sguardo, Barty?...Sei un mangiamorte. E i miei mangiamorte non sono dei codardi, tu per primo”
Tornai a fissarlo in volto, spiazzato. Non sembrava adirato…e provava stima per me!. Tuttavia tacqui, non sapendo propriamente cosa contestare.
Era irato?
Colpito?...
Fortunatamente Bella interruppe quell’opprimente silenzio, in un applauso totalmente fuori luogo.
Quella donna era davvero particolare, a volte quasi folle. Ma era stupefacente come nella sua pazzia ogni cosa fosse minuziosamente calcolata, come i suoi gesti per incomprensibili o insensati che apparissero, finissero sempre per coordinarsi tra loro.
Era grazie a quella sua singolare caratteristica che era arrivata così in alto, che era entrata nelle sue grazie. Io per la mia bellezza ed efficienza, lei per la sua pragmaticità.

“Complimenti, davvero commuovente.” Dissi senza particolare interesse, ma sorridendo come solo io sapevo fare. Mi stavo davvero divertendo!

“Sono lieto che tu ti sia divertita, Bellatrix” dissi duro. Stava esagerando, non le permettevo di burlarsi di me, per quanto l’ammirassi.

Prima che Bellatrix potesse ribattere, posi fine a quella inutile discussione. “Suvvia, suvvia…non c’è bisogno di litigare…adesso sono sicuro che Bella stava giusto per adempiere al compito che le ho affidato, non è forse vero?” chiesi retoricamente, voltandomi a guardarla.

Capii che me ne dovevo andare. Anche perché non mi aveva affidato alcun compito. Sogghignai tra me e me. “Ma certo, mio signore, avete ragione” E in un mezzo inchino uscii dalla stanza, con lo sguardo del mio caro amico Barty puntato sulla schiena.

Fu così che rimasi solo con lui. Avrei voluto interrompere quell’estenuante silenzio, ma non avevo nulla da dire..

“Bene, bene…Barty… e così, oltre ad essere un ottimo sicario e un perfetto amante hai anche doti canore… di bene in meglio.” Dissi freddo, gustandomi le espressioni mascherate abilmente dal viso del mio servo.

Un leggero rossore colse le mie guance e i miei occhi si spalancarono impercettibilmente, per mera sorpresa.
Nascosi la mia incredulità in un ghigno grato e compiaciuto… così… ero un perfetto amante…
Mi inchinai e dissi “Grazie mio signore, ma non sono poi così perfetto, non merito tutti questi elogi”

Risi forte al suo commento, facendo brillare gli occhi di oscura malizia, mentre gli incrociavo con i suoi.
“Canta ancora. per me.” Il sorriso sulle mie labbra sparì all’improvviso. “Desidero che la tua voce riempia ancora questa camera. E bada bene che non è un invito. Tu sei mio, ricordalo Barty. Sei mio più di ogni altro qui dentro, e devi essere orgoglioso di questo, perché io ti ho scelto.” Finii il discorso con una leggera nota di severità nella voce.
Tutto ciò è davvero divertente, ma non mi sto burlando di lui. È mio. Perché è perfetto. Un servo del buio per un padrone di tenebra e dolore. Mio…


Le sue parole mi provocarono scariche elettriche per tutto il corpo. Mi inchinai velocemente, celando il cremisi delle mie gote e, cercando di dare alla mia voce un tono incolore, risposi “Lo so, mio signore. E sono onorato di essere il prescelto fra tanti…”
Speravo si scordasse della canzone.
“Ebbene? Che cosa aspetti? Canta per me.”
Non esitai oltre, feci apparire la mia chitarra e chiesi “Volete che vi suoni qualcosa in particolare, mio signore?”

“MMM…” feci il giro della stanza e mi sedetti sulla poltrona, appoggiai un gomito al bracciolo e la mano sotto il mento, pensieroso.
“Voglio qualcosa che esprima dolore, morte, tristezza…buio, ombra…non mi interessa il ritmo, ne se le parole sono in inglese, italiano, spagnolo, aramaico… se una canzone parla di morte, qualunque sia la lingua, si riconosce subito.
E ora… a te la scelta, Barty. Sorrisi, più un ghigno che un sorriso. Vediamo cosa avrebbe tirato fuori quell’anima straziata… Devo ammettere che sono molto curioso. Mi puntellai sui gomiti, attendendo pazientemente, lo sguardo fisso su di lui.


Rimasi pensieroso alcuni istanti, fissando la mia chitarra. Era nera, ovviamente, con i contorni sinuosi rifiniti in argento puro. Nel lato sinistro, in basso, c’era un tribale rosso cremisi, dipinto con minuziosa attenzione sotto forma di rovo spinato, intrecciato in modo tale da far sì che sullo sfondo color pece si intravedessero le mie iniziali, in un affascinante carattere gotico. Le corde, anch’esse in argento, erano incantate affinché suonassero come corde normali, forse meglio. Fu un babbano a fabbricarmela, non per sua spontanea volontà chiaramente. Lo uccisi subito dopo aver ricevuto lo strumento, ma devo ammettere che era proprio un artista.
Dopo una lunga riflessione cantai una canzone che avevo intitolato “In the Shadow” che, a mio parere, gli diceva tutto e niente di quello che mi aveva richiesto.

Lo ascoltai cantare senza emettere alcun suono. Aveva davvero una voce meravigliosa, non c’era che dire….
Appena smise mi guardò ansioso, probabilmente di un mio giudizio…
CLAP – CLAP – CLAP
Battei tre volte le mani, come un applauso e sorrisi con uno dei miei ghigni più diabolici.
“Davvero bravo, molto bravo… Complimenti Barty. Dove hai imparato a cantare così bene?” Accavallai le gambe con eleganza e lo fissai in quelle pozze castane con malvagità. Adoravo fare così e io me lo potevo permettere.


Ecco che i miei timori si concretizzavano. Ero certo che fosse perfettamente consapevole di dove avevo imparato, e anche da chi.
Ma se voleva sentirselo dire lo avrei accontentato. “Mi insegnò il mio ex ragazzo, era un insegnante di musica” dissi asciutto.
Un po’ del rancore che provai diventando suo mangiamorte e di quando mi fece suo per la prima volta riaffiorò prepotentemente, sconvolgendo il mio ego.
Parlare di Damiano mi accresceva un enorme rabbia, che avrei dovuto sfogare in qualche modo prima di impazzire…
UCCIDENDO.
Voldemort lo sapeva, e si divertiva a tormentarmi.

Risi tra me e me. Vederlo così era proprio appagante. Torturarlo era uno dei miei passatempi preferiti. In tutti i sensi.
“Ah già… è vero… che sbadato, me lo ero dimenticato… vabbè, può capitare con tutto quello che devo tenere a mente” ghignai di nuovo.
Vidi la sua mano a terra stringersi a pugno, fino a che le nocche non gli divennero bianche.
“Il suo ricordo ti fa ancora male, non è vero Barty?... ma perché continui a torturarti così… lui è morto! E non tornerà mai più!”


Per un lunghissimo istante il mio cuore cessò di palpitare, non riuscivo a respirare.
“M-morto?...” fu tutto ciò che riuscii a formulare.
“Sì” dissi secco, freddo… e anche un po’ divertito.
La mia mano si distese di botto, mi afflosciai, portandomi in ginocchio a testa china. Rimasi come inanime, con tutto il mio centro nervoso impegnato in un ambiguo conflitto interiore. Era finita…
Morto.
Come tante volte avevo sperato, eppure… non era come avevo previsto. Perché quel doloroso arresto cardiaco? Perché?!
Improvvisamente, in uno spasmo di dolore scoppiai in una sguaiata risata, pressandomi con impeto lo stomaco e battendo il pugno della mano destra sul pavimento.
Risi parecchi minuti, poi tornai mortalmente serio.
“Non mi sortisce alcun effetto parlarne e vi ringrazio per avermi epurato della sua presenza, dell’unica impurità presente nel mio animo, di quel insulso babbano” Feci una pausa riflettendo. Il mio cuore batteva irato, quasi cercasse di fuoriuscire dal mio petto, le parole uscivano vorticosamente dalle mie labbra, con noncuranza. Avevo paura che avvertisse il mio nervosismo, la mia confusione, avevo paura che capisse che ero un rammollito. “Anche se avrei voluto farlo io…” sussurrai abbastanza forte da assicurarmi che udisse.
“Ah ah! Non ne saresti stato capace a quei tempi, caro Barty… Così ho dovuto farlo io… e ti assicuro che è stato davvero divertente. Vuoi sapere cosa successe quella notte? E comunque non ringraziarmi… Diciamo che per un Mangiamorte valido ed efficiente come te… è stato un piacere FARLO”
“Mostratemi cosa successe quella notte, mio signore” dissi deciso.
La mia sicurezza vocale era totalmente discorda con il mio animo. Non ero per niente sicuro di essere pronto a sapere, di rivederlo, di riprovare quelle emozioni che mi permettevano di essere un folle sanguinario così ardentemente, così dirette… Come avrei reagito?
Non lo sapevo, ma l’avrei scoperto presto.
Mi alzai ghignando e con un colpo di bacchetta feci aprire un anta segreta nel muro. Il mio pensatoio comparve dopo pochi minuti mentre il mio amante guardava un po’ stupito.
“Avvicinati Barty” gli dissi, porgendogli una mano in segno d’invito.

Afferrai la sua mano, felice che me l’avesse offerta e ghignai leggermente teso.
Il pensatoio emanava una sorta di fumo vorticante, mi chinai quanto bastava per distinguere l’immagine apparsa, dapprima mossa e sfuocata, successivamente, lentamente, sempre più nitida e chiara. Mi reclinai ulteriormente, per cogliere l’oscurità che mi veniva mostrata, e mi sentii trascinare dentro al pensatoio.
D’un tratto il fumo sparì e mi ritrovai in un viale alberato, costeggiato da giardini e case eleganti. Il mio signore era lì, accanto a me.
Non riconobbi il luogo, ma non tardai a riconoscere la figura incappucciata che ci stava davanti, alta ed imperiosa che camminava lenta e decisa al centro del viale.
Iniziammo a seguirla, aspettando un suo segno, un cambiamento, che non tardò ad arrivare. Infatti l’uomo svoltò a sinistra e con un incantesimo aprì la porta della villetta che aveva davanti, senza alcun rumore.
Entrammo subito dietro di lui, che dopo essersi guardato intorno con aria circospetta salì le scale.
Al mio fianco, il vero Voldemort sorrideva soddisfatto, si pregustava già la scena…
I muri erano pieni di quadri e foto ma col buio non riuscivo a vederle.
Finite le scale arrivammo ad una porta che evidentemente doveva essere la camera da letto. L’uomo – nonché Tom – la aprì in un colpo deciso e, sia lui che noi, ci ritrovammo avvolti nel più totale silenzio.
Ero inquieto, preoccupato e pieno d’angoscia, ma questo non m’impedì di entrare nella stanza, scortato dai due Voldemort.
Non si udivano neppure i passi dell’aggressore, l’oscurità attenuava ogni cosa col suo pensante manto.
Un uomo dormiva nel grande letto, rannicchiato contro sé stesso, in posizione fetale.
Il Lord del ricordo, dopo un lungo, diabolico ghigno, parlò. La sua voce non era diversa da quella attuale.
“Destati dal tuo sonno, babbano, la morte è venuta a prenderti”
“Chi sei?, Che cosa vuoi da me?” Era sveglio e la sua voce celava tensione e paura.
“Innanzitutto ringraziarti. Senza il tuo atto meschino, Barty non sarebbe mai venuto da me. E dopo… che importa chi sono? Sappi solo che mi ha mandato lui da te. Che cosa voglio da te? Oh, ma una cosa semplicissima, caro Damiano, una cosa che anche un babbano come te può darmi”
Damiano aprì la bocca spaventato. Io guardavo la scena, scosso, adirato ed impotente.
“Sei stato proprio uno stupido sciocco”



“Addio…” Voldemort alzò la bacchetta pronto a scagliare l’anatema, ma Damiano prese tempo con un cenno della mano.
“ASPETTA!” urlò. Poi la sua voce divenne profonda e preoccupata. “Come sta…Barty?” rivolse la Domanda timidamente.
Voldemort rise parecchio e rispose “Come vuoi che stia? Bene, ovvio, adesso ha me… e non lo abbandonerò di certo come hai fatto tu”
Quella frase sembrò dileguare ogni sua volontà di sopravvivenza, abbassò gli occhi grigi, afflitto e rassegnato.
“Il tempo delle chiacchiere è finito Damiano, addio!...”
“… AVADA KEDAVRA! …”
L’incantesimo lo colpì in pieno, uccidendolo all’istante. Qualcosa dentro di me si spezzò, qualcosa di insostituibile…
Il lampo di luce verde illuminò la stanza, riflettendo prepotentemente su una foto adagiata sul comodino, Una nostra foto.
Rimasi a fissarla pietrificato, fino a vederla dissolversi nel nulla lasciando il posto alla camera del mio signore.
Voldemort mi fissava serio, in attesa.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal punto in cui avevo visto la foto…
Aveva pensato a me in punto di morte, ero strato il suo ultimo pensiero… Se gli facevo tanto ribrezzo allora perché teneva una nostra foto sul comodino?
Rimorso. Fu la risposta più conveniente che trovai.
Tremavo. Alzai lo sguardo sull’uomo che amavo e odiavo insieme, sul mio padrone, che stava ancora aspettando che gli dessi un qualche segno.
Gli sorrisi e mi avvicinai il più possibile, finchè il suo respiro caldo non mi accarezzò la guancia, poi mi fermai, in paziente richiesta.
Un ghigno lascivo lo invase. Lambii le sue labbra e mi ci soffermai parecchio, assaporandole.
Avevo smesso di amare Damiano da parecchio tempo, ma era stato importante per me… era stato il mio primo amore, la persona che mi aveva fatto uomo e alla quale sarei sempre stato legato, volente o dolente.
Tutta questa storia mi aveva sconvolto ed ora l’unica cosa di cui avevo bisogno era del suo calore, delle sue labbra…
“Grazie mio signore, grazie per avermi vendicato, grazie per avermi preso con voi e… grazie per credere in me.”




Questa fic è stata scritta a due mani (Barty e Bella). Speriamo che vi piaccia.
Vi prego recensite! Così sappiamo che ne pensate e magari la aggiorniamo. Non vi costa niente in fondo no?

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Informazioni:

Barty parla così
Voldemort parla così
Bellatrix parla così



Capitolo secondo

La mia mano si chiuse lenta sull’alfiere nero. Lo sollevai con delicatezza e lo accostai ai pedoni e alla torre, accerchiando il re bianco..
Guardai assorto la scacchiera, che altro non era che il mio campo di battaglia virtuale.
Barty era appena partito per la sua nuova missione ad Azkaban. Con i dissennatori dalla mia parte rimaneva solo liberare i novellini che si erano fatti catturare. Per lui sarebbe stato uno scherzo adempiere al proprio compito, specialmente con i babbei che avevano messo a gestione della prigione.
Sorrisi nell’ombra, pensando a come tenevo in pugno l’Ordine della Fenice, presto sarebbero caduti in mio potere, era solo questione di tempo…


Scesi dalla scopa e mi adagiai il cappuccio, attento a non lasciare gli occhi in vista, poiché erano l’unica cosa in grado di cagionarmi. Per il ministero ero morto, dimenticato… e questa era una posizione comoda. Ero ombra, inafferrabile, inesistente, non potevo rischiare di farmi scoprire.
Con un incantesimo distrussi l’enorme portale del maniero ed entrai, salendo le scale che sapevo avrebbero portato all’ufficio d’assistenza, seguito dai miei compagni.
Non eravamo molti, visto la semplicità della missione affidataci, mi ero permesso di portare con me solo i migliori. Accanto a me, nella sua conturbante bellezza, c’era Bellatrix, al mio lato sinistro Malfoy e subito dietro Avery, Macnair, Rodolphus e… Piton.
Non ero per nulla allettato all’idea di portarlo, ma l’Oscuro aveva insistito e io ero stato costretto a cedere.
Non mi fidavo di quell’uomo. Troppo sfuggente, diffidente, troppo in contatto con quei sudici babbanofili… Come faceva Voldemort ad essere certo che non fosse passato davvero dalla parte di Silente?
E poi… spesso si era ritrovato in posizioni sospette e sinceramente ne era venuto fuori troppo pulito… troppi errori ‘casuali’, non ci credevo. Non per uno abile come lui.
Entrammo nell’ufficio e l’impiegato ci porse un contenitore, in attesa delle nostre bacchette.
Ghignai.
“Signori le vostre bacchette prego” disse freddo, scrutandomi torvo.
Gli risposi con un pugno in pieno volto. Ero follemente adirato, è l’unico rimedio al mio male era intingere le mani nel sangue di quegli stolti. L’uomo stramazzò al suolo, sanguinando e chiamando aiuto.
Incrinai le labbra contrariato “Stupido, ti avevo dato una possibilità di salvezza… Avada kedavra!” Silenzio. Ma era troppo tardi, prima di poter muovere un solo passo mi ritrovai a fronteggiare Sirius Black.
Non avevo alcuna voglia di giocare, scagliai un Avada Kedavra, ma lo mancai.
“Oh, abbiamo i riflessi lenti…” il suo sorriso mi irritò – se possibile – ulteriormente.
Lanciai uno schiantesimo così rapidamente che quell’idiota cadde ancora prima di togliersi quel sorriso da sprovveduto sulla faccia.
Gli diedi le spalle e avanzai rapido, non avevo tempo da perdere, l’Ordine non poteva trovarsi lì, non doveva, come faceva…
Il mio sguardo scattò automaticamente verso Severus. Stava duellando con Lupin.
Ma a chi voleva darla a bere?, mi credeva forse uno sciocco?...
Stavano discutendo, ma di cosa?
Una mano mi si adagiò delicata sulla spalla, facendomi sobbalzare. Era bellatrix. “Sono troppi maledizione!, non avevamo messo in conto i membri dell’ordine… che si fa?” la sua voce era dolce come miele
“Io non torno a mani vuote” dissi risoluto “ Ti ricordo che il comando è mio e quindi in caso di fallimento sarò io a risponderne” dissi atono, mentre un cruciatus scaturiva dalla mia bacchetta colpendo un uomo alle spalle di Bella. Lei sorrise e s’inchinò in segno di ringraziamento.
“Comunque…” continuai “…penso di sapere CHI è il responsabile di questo… ‘incidente’ ”
“Sospetti di Severus, non è così?” mi chiese melliflua
Sorrisi spavaldo “perché, tu no?”
Lei non rispose, con un gesto elegante si scostò i capelli dal viso e fece per andarsene, ma la bloccai.
“Sali alle prigioni e libera i carcerati, io vado a fare due chiacchiere col caro Sevvy…”
Lei rimase immobile, scrutandomi intensamente.
“Che c’è?, la strada la conosci fin troppo bene, ci siamo rimasti a marcire per tredici anni” dissi con una punta di amarezza nella voce.
“Non trovo saggio che tu discuta con lui adesso…abbiamo cose più importanti…”
Le cinsi la vita, tirandola avanti a me e, volgendole con delicatezza il volto, la intimai a guardare davanti a sé “Guarda…” sussurrai
Lei si scostò contrariata, sfuggendo al mio tocco. Uno primo sguardo saettò apprensivamente verso il marito, poi mi obbedì.
“Ecco!” esclamai nell’istante in cui Piton si allontanò da Lupin “tu cosa avresti fatto…?”
“L’avrei ucciso” rispose decisa.
“Anch’io. Chiunque, qualunque Mangiamorte l’avrebbe ucciso, ma Lupin è ancora vivo e vegeto…”
Lei aprì bocca per ribattere, ma la precedetti “… e non tirarmi fuori la storia del doppio gioco e dei sospetti, sappiamo entrambi che è una stronzata. I nostri istinti sono fondati e questo ce lo conferma. L’Oscuro non è con noi, non vede il modo in cui piton combatte, non vede le sue occhiate enigmatiche e le sue smaterializzazioni improvvise. Per colpa sua un giorno qualcuno di noi ci lascerà le penne. Ora…pensi ancora che non sia una questione importante?”
Ancora una volta tacque, limitandosi a ghignare ed accingendosi ad esaudire la mia richiesta.
“Sei in gamba bimbo, uno dei pochi”
Mi voltai stupito, ma era già sparita per le tortuose scale di pietra, l’unica cosa che intravidi fu il suo mantello frusciare via.
Indugiai alcuni istanti, pensieroso, poi mi affiancai a Piton “Severus, posso sapere in cosa ti stai dilettando?”
“Combatto, non si vede?” chiese tediato.
“No, a dire il vero, suppongo tu possa spiegarmi perché tutti quelli che si ritrovano a duellare con te ne escono vivi..” chiesi in tono vago.
“Cosa stai insinuando ragazzino” mi chiese accaldato.
“Oh, nulla. Solo l’evidenza dei fatti” dissi divertito. Adoravo vederlo perdere le staffe. Ancora una volta la mia bacchetta scattò, uccidendo un auror ottimista, che credeva di poter salire alle prigioni inosservato.
Lui ghignò malevolo “Ma come, mi metti in discussione proprio tu, tu che per anni ti sei sbattuto uno sporco sudicio babbano”
Le mie spalle si irrigidirono “Attento piccolo chimico, non provocarmi…” minacciai, i miei occhi si ridussero a due fessure.
“Che c’è Barty la verità fa male?.. Non ti spinge la fedeltà verso l’Oscuro, no… e neanche il reale disprezzo verso i babbani, solo non sopporti l’idea che quel Damiano ti abbia scaricato a quel modo e non sopporti l’idea di essere debole, perché lo sappiamo entrambi vero, tu sei e resterai sempre debole”
Lo atterrai con un cruciatus, ero fuori di me dalla rabbia. Gran brutto errore menzionare Damiano, perché mi rendeva una bestia, in tutti i sensi. Gli sferrai un calcio in pieno volto, roteai il capo in un ghigno demente mentre il naso di Severus sanguinava preoccupantemente.
Con un balzo mi portai su di lui afferrandolo per i baveri della veste “Da che parte stai, eh?!” gli urlai.
“Non devo risponderne a te” rispose impassibile.
Mi rialzai imprecando, un calcio nello stomaco lo fece ansimare. “Da che parte stai…” la mia voce divenne un sussurro, roca e colma di rabbia, nonostante insistessi nel sorridere incomprensibilmente Alzai la bacchetta, lanciando un cruciatus, e un altro, e un altro ancora… mi fermai giusto per lasciargli la lucidità di formulare un eventuale risposta.
“L-la pagherai, sai che non p-… possiamo toccarci senza il… suo permesso”
“Risparmia il fiato, perché la cosa non mi turba minimamente, ti ho fatto una domanda ed esigo una risposta” affermai.
Nulla, nessuna risposta. Ero stanco di giocare. Feci apparire una bottiglietta, oscillandola davanti ai suoi occhi. “è strana la sorte, non trovi? Tu mi hai fornito questa bottiglietta di Veritaserum e vedi… non aspettavo altro che poterla utilizzare su di te. Finalmente saprò…”
Nei suoi occhi vidi lampeggiare una folle paura, e faceva bene ad averne. Lo costrinsi a bere la pozione e chiesi schietto “A chi sei fedele?”
Lui lottò parecchio contro se stesso, ma alla fine cedette “S-Silente…”
Era sufficiente. “Avada Kedavra!”
Morì all’istante. Nel mentre Bellatrix ritornò con i novellini. Alla vista del corpo di Severus si bloccò alcuni istanti, come pietrificata, poi mi chiese “Ma cos…”
“Veritaserum. Non so perché Voldemort non ci abbia mai pensato… ha cantato, e io gli ho dato ciò che si meritava”
“L’Oscuro si arrabbierà” constatò lei.
“Non m’importa. Coraggio, abbiamo portato a termine la missione affidataci, ripieghiamo”
Con un cenno della mano avvisò gli altri e ci dirigemmo fuori dalla fortezza.

“Grazie, Rodolphus, puoi andare…” dissi atono “Di niente, mio signore” si inchinò a me e senza girarmi le spalle uscì dalla stanza. ‘Barty mi dovrà delle spiegazioni… e spero per lui che siano convincenti.’

Entrai nel castello piuttosto di pessimo umore. Ero stanco, volevo solo andarmi a fare una doccia e andare a dormire, nient’altro.
“Bartemuis, Bartemuis!..”
Dio…quanto odiavo quella tediosissima voce… “Sì, Dolohov?!” chiesi trattenendomi a stento dall’abbaiargli contro.
Questi si fermò davanti a me ansimando per la corsa “L’Oscuro vuole parlarti, vuole che tu lo raggiunga nella sala del trono.”
Sarei stato curioso di sapere quali altri compiti gli aveva mai affidato l’Oscuro se non quello di informare i Mangiamorte che li desiderava al suo cospetto…
Sbuffai sonoramente, riposi via la bacchetta e mi affrettai a raggiungerlo.

Due colpi al portone mi dissero che Barty era arrivato. Adesso vedremo… “Avanti Barty, entra pure” nessuna emozione traspariva dalla mia voce.

Entrai, inchinandomi al cospetto del mio padrone. “Mi volevate?” Nonostante i miei sforzi la voce scaturì lievemente irritata

“Sì, in effetti” dissi calmo. “Volevo un rapporto della missione, Crouch. È andato tutto come previsto?”
Accavallai le gambe e feci congiungere le punte delle dita tra loro, in attesa della sua risposta. Ero arrabbiato.


Sussultai nel sentirmi chiamare Crouch. Mi stizziva enormemente. Mi misi in piedi e risposi freddo “La missione è riuscita, ma ho eliminato un compagno”

Alzai un sopracciglio. “Ah, davvero? E chi era?” non ero stupito perché sapevo già, e l’uomo di fronte a me non diede segno di aver percepito nulla. Era strafottente e irato. Poverino, è lui quello irato!
Deve capire ancora molte cose, ma provvederò personalmente…


“Severus Piton” risposi semplicemente, senza particolare remore.

Sorrisi. “E posso sapere il perchè, di grazia, Barty…?” L’ironia caricava le mie parole mentre lui stava immobile, stufo e stanco…
Questa sarà le notte più lunga della sua vita, è ancora lontano il momento in cui vedrà morbide lenzuola e bianchi guanciali.
Almeno finchè non gli saranno guarite le ferite.


“Perché ha messo in pericolo la missione. Ed era un traditore” aggiunsi calcando bene l’ultima parola, accusatorio.

“Oh, un traditore?” chiesi ignorando il suo tono di voce, che mi fece irritare ancora di più. Il mio sopracciglio era sempre alzato. “Con che diritto, dimmi, potevi decidere se Severus Piton fosse un traditore?”
Senza dargli il tempo di rispondere continuai “Chi comanda qua dentro? Chi è il capo?, Chi ha costruito tutto questo?” mantenei un tono calmo, forse lievemente incollerito.


“Voi. Questo non toglie che per i suoi amichetti dell’ordine per poco rischiavamo di fallire, e poi, se voi non aveste insistito nel farmelo portare a tutti i costi non sarebbe successo” dissi alzando un poco la voce.

“Togliti quel tono insolente, Mangiamorte, hai dimenticato forse con chi stai parlando? Stai forse criticando le mie decisioni? Ti stai montando troppo la testa, Barty.” Dissi duro.

“Mio signore… il punto è che voi avete creduto più alle parole di quel…” cercai un termine adatto per quel verme “… quel… traditore che a me!. Quante volte vi ho confessato i miei sospetti?...
C’era l’Ordine, stasera, ad Azkaban. Come ve lo spiegate? Io vi ho sempre mostrato la mia fedeltà, sono finito in galera per voi… Perché non mi date mai ascolto?!” chiesi tra la collera, la delusione e la disperazione.

“Oh, Barty, Barty, Barty… la tua opinione è fumo. Solo la mia ha importanza, ha un peso! TU - NON – DOVEVI – UCCIDERLO!” Urlai, in preda ad una collera improvvisa, alzandomi di scatto e spaventando il povero Barty.

“Forse. Ma l’ho fatto e non me ne pento” dissi calmo, nonostante il mio cuore battesse a 1000 per lo spavento.

Mi risedetti, sospirando. “Ciò non toglie…” il mio tono piatto lo sorprese “… che tu mi abbia disubbidito. E sarai punito per questo. E adesso vattene, non voglio più vedere la tua faccia, per oggi” il mio viso era nell’ombra e non riuscì a vedere la mia espressione, altrimenti non me la sarei concessa. Ero stanco. E arrabbiato. Se qualcun altro fosse venuto a disturbami sarebbe stato molto peggio per lui, la mia giornata era finita e non volevo più essere disturbato. Guardai barty davanti a me, che non accennava a muoversi.
“MI HAI MOLTO DELUSO. Ma dovevo aspettarmelo da te, impulsivo come sei”


“No, punitemi piuttosto, lo merito, ma non me ne andrò finchè non avrete risposto alla mia domanda!” dissi risoluto “Conosco i miei difetti, sono impulsivo sì, per questo non volevo quel verme in missione con me” mi passai una mano tra i capelli ero stanco, dannatamente stanco, senza contare la buona dose di nervosismo che mi stavo premurosamente assorbendo.

“Ti ho già detto che verrai punito, sei forse sordo? E ora sparisci! Non voglio più sentirti per oggi. Non farmelo ripetere due volte, Barty” il mio tono non ammetteva repliche. Diavolo, quanto era testardo…!

Non mi mossi “No. Voglio una risposta” mi intestardii.

Risi. “Crucio!” la mia mano si mosse veloce e le urla di Bartemius Crouch Junior riempirono la sala, dandomi sollievo e alleviando un poco il mio malumore. “Sparisci” ripetei.

Ero irremovibile “No, neanche morto.” Boccheggiai dolorante.

Risi di nuovo. “Forse la morte, sì. La morte sarà l’unico modo per farti uscire di qui” dissi divertito. “Io non ti devo nessuna risposta, caro il mio Bartemius… E se davvero vuoi una risposta, di certo non sarà adesso, perché niente mi costringerà a farlo. Piuttosto, comportandoti così stai facendo solo il tuo male, perché non otterrai nulla di ciò che desideri. Ho mille modi per farti uscire di qui, preferirei che lo facessi di tua spontanea volontà, perché non sono metodi piacevoli e contribuiresti a diminuire la mia stima ed il mio rispetto per te. Ora lo dico per l’ultima volta: sparisci dalla mia vista.” Parlai calmo, con una leggera nota di divertimento, duro divertimento.

Mi alzai di scatto e senza voltarmi indietro uscii sbattendomi la porta alle spalle.
Ero furente.
A volte davvero non lo capivo, metteva in dubbio la mia parola, la mia ,che lo amavo più di ogni altra cosa al mondo e credeva a quell’idiota! Non l’avrei digerito facilmente.

A volte sapeva essere davvero irritante.
Che Severus facesse il doppio gioco era ormai ovvio, ma io non gli rivelavo mai più di ciò che dovesse sapere; cioè il minimo indispensabile, mentre quegli stolti babbanofili invece… era un’ottima spia ma adesso dovevo procedere alla cieca… ma anche loro erano stati privati di quella debole luce chiamata Severus Piton e sarebbero stati ancora più svantaggiati di me, mentre io possedevo ancora qualche asso nella mia larga manica”


Voldemort era l’uomo più… più, egoista, prepotente e… e capriccioso che conoscessi! Perché cazzo aveva insistito nel farlo partecipare alla missione?! Sapeva perfettamente che avrei reagito di fronte al suo ammutinamento!
Sfrecciavo per il corridoio, cercando di sbollire la rabbia, inutilmente. Svoltai verso i miei appartamenti quando mi imbattei in Bella…
“Com’è andata?” chiese con una leggera apprensività.
Rimasi combattuto alcuni istanti, indeciso se mentirle o meno. Poi, dopo una lunga riflessione inspirai profondamente e risposi “Male…CAZZO!” Il pugno che sferrai al muro fece traballare minacciosamente alcune torce.
“Barty devi smetterla di penarti così… lui non sa amare…”
Spalancai gli occhi scioccato “Come…?”


Inarcai scetticamente un sopracciglio “Mi pensi forse una sciocca?, si vede lontano chilometri… Sei solo sesso, Esattamente come lo sono io e tutti gli altri che si sbatte” il mio tono era duro, spietato, me ne rendevo conto, ma qualcuno doveva pure scrollarlo. Meglio io che l’Oscuro in persona…


“Lo so Bella, lo so, ma io… non ne posso nulla.” Un’espressione di fredda rassegnazione mi attraversò il volto, “E comunque sono consapevole che sarà sempre un amore svantaggioso e non corrisposto, non devi preoccuparti dei miei sentimenti” le ultime parole mi uscirono in un tono tra il beffardo e il sorpreso. Mi ritrovai a ghignare involontariamente “Sono un mangiamorte, so dominarmi, prometto che non verserò neanche una lacrima, parola d’onore” scherzai in un goffo tentativo di tranquillizzarla, non ero abituato ad avere qualcuno che si preoccupasse per me, da molto, troppo tempo ero rimasto solo…
Se non altro avevo trovato un’amica, cosa assai sporadica se si vive di morte e dolore.
Solo che non mi rendevo ancora conto di cosa significasse essere amico di Bellatrix Lestrange.


TIC – TAC – TIC – TAC – TIC – TAC…
“Reducto!”
Tic – tac – ti…CRACK!
Sospirai, Mi alzai dal trono e mi diressi al grande portone che spalancai con un gesto della mano.
Camminavo lento mentre la mia mente andava veloce.
Rodolphus… il suo comportamento non è stato dei migliori… sicuro che aveva un secondo fine ma non ne so la causa… farò una chiacchierata con Bellatrix più tardi… per quanto riguarda Lestrange… ci penserò sopra in un altro momento.
Qualcosa se lo merita, ovvio. Ma che sia dolore o gloria… è ancora da decidere.







Risposte alle recensioni:

Erika: Grazie grazie mille!! Siamo contenti che ti piaccia e speriamo che questo capitolo ti faccia lo stesso effetto ^_-

Valentina: In effetti Bellatrix è davvero un personaggio un pò complicato sotto certi punti di vista quindi siamo contenti che lo trovi eccezzionale ^_^ speriamo di trovare una tua recensione anche per qst capitolo.

Spike: Grazieeeeee!!

hermione: Grazie, siamo contenti che ti piaccia, e speriamo che recensirai anche questo capitolo



A presto!! Barty & Bella

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