Matrimonio a Las Vegas

di Lovely Grace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una partenza alquanto... movimentata ***
Capitolo 3: *** Edward Cullen, il dongiovanni del ventunesimo secolo ***
Capitolo 4: *** Don't be shy Edward ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Bella Pov


I miei occhi si posano sull’ultima frase, ed un sorriso soddisfatto nasce sul mio volto.
Salvo il documento e spengo il pc.
Sono le diciotto in punto, e anche se il mio turno finisce alle diciassette e trenta, per una volta posso dire di essermi trattenuta poco a lavoro.
Raccolgo tutte le mie cose sparse sulla piccola per non dire minuscola scrivania che mi ritrovo, afferro giacca e borsa, e mi preparo ad uscire.
Saluto Jane, una delle tante colleghe, e attendo l’arrivo dell’ascensore.
Forse ciò che starò per dire sembrerà falso, un discorso costruito, una sorta di auto-convinzione o ancora peggio un clichè colossale, ma… il mio lavoro mi piace.
Certo, non posso dire che lo amo, ma mi piace.
Che cosa faccio?
Lavoro nell’editoria al New York Times. Già, il Times.
Quante volte da adolescente mi ero ritrovata a ritagliare articoli di giornaliste in carriera, sperando di diventare come loro? Un sacco.
Ed ora, a soli ventiquattro anni, mi ritrovo qui, dentro l’ascensore di lusso con tanto di moquette e vetrate , nella sede del New York Time.
E non sono una semplice segretaria, no.
Certo, ho dovuto fare la mia gavetta: portare il caffè, fare le fotocopie, rispondere al telefono o semplicemente sbattermi su e giù in cerca di un qualcosa di inesistente.
Eppure, a differenza della stragrande maggioranza delle altre stagiste, sono a bordo.
Ok, non sono ancora la donna in carriera che sogno di essere, ma ho una scrivania tutta mia, seppur piccola, una mia postazione, seppur circondata da altre, un mio computer, anche se si blocca ogni qualvolta che faccio ricerche su internet, ma, soprattutto, i miei articoli vengono pubblicati. Con il mio nome. Isabella Swan.
E non c’è niente di più bello del comprare il New York Times e trovare un intero articolo che porta il tuo nome.
Non mi occupo di moda, di viaggi o di attualità, ma di libri: il mio lavoro è leggere libri su libri, saggi su saggi, biografie su biografie e scrivere recensioni critiche o positive su di essi.
Aiuto gli scrittori a vendere i propri libri e diventare famosi, sperando che un giorno il mio nome sia abbastanza conosciuto tra le case editrici da poter pubblicare qualcosa di mio.
Beh, non sarà moto, direte voi, ma la mia vita, tutto sommato, mi piace.
Non dico che la AMO, che sono la persona più felice del mondo, ci mancherebbe altro.
Dico solo che, rispetto a quella di molte altre persone, non è affatto male.
Insomma, mi sarei potuta ritrovare a fare la spazzina, la baby-sitter o peggio l’edicolante.
Oppure sarei potuta diventare una di quelle ex studentesse che si credono Dio solo perché hanno una laurea in letteratura inglese e un dottorato in scrittura creativa, topi di biblioteca convinte, che protestano con un cartello attaccato al collo in Time Square contro la guerra in Afghanistan, o le pellicce, o semplicemente le discriminazioni raziali
Non che sia una menefreghista, sono contro queste cose, ma non mi comporterei mai così.
Una volta fuori, zigzago tra il traffico dell’ora di punta a New York, e mi dirigo a grandi falcate verso il mio appartamento.
New York non è male, ma i suoi ritmi caotici sono piuttosto fastidiosi. Almeno per una ragazza del nord come me.
Accanto a me scorrono fiumi di persone: uomini in giacca  e cravatta, con la loro 24 ore di pelle; donne in tailleur e tacchi 12 cm, rigorosamente firmate Prada o Chanel; turisti in pantaloncini e t-shirt, il solito cappellino da baseball indossato al contrario, le infradito ai piedi; studentesse in jeans e camicetta, libri in mano, occhiali sul naso.
Ed tu, vi chiederete.
Beh, io non so in quale categoria rientri.
Indosso un paio di decolleté di pelle con tacco sette centimetri, gonna attillata a vita alta e camicetta sbracciata bianca, con tanto di favali sul petto. Ho i capelli raccolti in uno chignon leggermente sbarazzino, con qualche ciocca che ricade sul volto, e un leggero strato di trucco sul viso. Ho anche una borsa di pelle bianca, enorme, e fascicoli stretti tra le braccia.
Ma, a differenza di tutte le altre donne che mi passano accanto, non mi credo la più importante sul lavoro, la più tenace o la più bella ed affascinante.
So di avere una laurea a pieni voti ed un dottorato ottenuto in tempi record, di non essere particolarmente attraente e di non navigare nell’oro.
Ma, soprattutto, non sono sull’orlo di una crisi di nervi e non soffro di bulimia.
Amo mangiare, ho la fortuna di non ingrassar e troppo, ma se ciò accade, non mi faccio problemi ad acquistare un abito di una taglia più grande.
Naturalmente ciò non significa che non mi tenga in forma: a casa ho una cyclette che uso quotidianamente, seppur a malincuore.
Finalmente, dopo circa una camminata di venti minuti, arrivo di fronte ad un condominio, anonimo come tutti gli altri, ma almeno situato in una zona tranquilla, con vicini più o meno affabili ed educati, anche se pur sempre vicini.
Entro di nuovo in un ascensore, anche se questo è leggermente degradato rispetto a quelli del Times, e leggermente vecchio, tanto che più di una volta vi sono rimasta chiusa dentro.
 Ma ho i piedi a pezzi per colpa dei tacchi, le gambe distrutte e piuttosto di farmi sei piani di scale mi getterei dall’enorme vetrata che da sul giardino condominiale, una chiazza d’erba piena zeppa di giocattoli, biciclette e skateboards dei vicini.
Quando organizzano grigliate condominiali, preferirei rimanere tre giorni chiusa in ascensore piuttosto che tirare su il mio sorriso di gentilezza, un obbligo in quelle occasioni.
Se la domanda che vi state ponendo è se vivo da sola, la risposta è assolutamente no.
Divido l’appartamento con Alice Brandon, conosciuta all’università e diventata la mia migliore amica.
Non so cosa farei senza di lei, e sono quasi certa che anche lei pensi lo stesso su di me.
Alice è una mia coetanea, anche lei ex studentessa alla NY University, settore Designe.
Eh sì, Alice è una patita della moda, oltre che un’eccellente sarta, ed attualmente collabora con la rivista Mary-Claire, scrivendo articoli sulla moda ed occupandosi di visionare il campionario per le sfilate o i servizi fotografici.
Appesi al muro della sua stanza, ci sono dozzine di foto di lei e stilisti di grande fama come (inserire nome e cognome di Prada e altri stilisti)
Alice li tiene come oracoli, e guai a sfiorarli con dito se davvero tieni alla tua vita.
Nonostante la sua ossessione per la moda, Alice è una persona fantastica.  E non lo dico per convenienza: è la verità.
è una persona umile nonostante la sua ricchezza, allegra e giovanile, capace di farti sorridere quando desidereresti morire ma, soprattutto, un’abile ricattatrice.
Ma in fondo le voglio bene anche per questo.
Questo week-end sarà il suo compleanno ed ho già pensato al regalo: una pashmina  di chiffon rosa con i glitter, di un famoso stilista francese, di cui si è perdutamente innamorata qualche giorno fa.
Non sarà il massimo, ma non posso permettermi chissà che cosa, e sono sicura che Alice apprezzerà.
Giro la chiave nella serratura, entrando dentro con un sospiro di sollievo.
Alice non c’è, probabilmente si sarà trattenuta a lavoro, penso mentre mi sfilo le scarpe e muovo le dita dei piedi indolenzite.
La prima cosa che faccio, è entrare nella mia camera, ovvero un’ampia stanza, con le pareti bianche, un clichè, un grande letto matrimoniale moderno al centro, due comodini scuri da ambo le parti, entrambi muniti di abt-jour, una lampada da terra, un moderno obbrobrio ricoperto da una specie di carta bianca, regalo poco apprezzato della vicini Tilly Kellis, una donna sulla quarantina, un divorzio alle spalle ed una malignità capace di far ingelosire Satana.
Un grande armadio bianco occupa una buona parte della parete, costantemente riordinato e riempito da Alice.
Uno scrittoio antico stona parecchio in un contesto moderno, ed è per quello che lo si nota subito una volta entrati. Era di nonna Swan, e a quanto pare vi si sedeva a scrivere lettere al nonno che era in guerra.
Mi spoglio dei miei “abiti da lavoro”, e indosso i pantaloni della tuta ed una canottiera, naturalmente liberandomi anche dal reggiseno.
Poi corro in bagno, struccandomi immediatamente e liberando i capelli dalla morsa delle forcine.
Il bagno è molto piccolo, con un solo mobiletto stipato di trucchi di Alice, ed ha solo una doccia con la tendina, un wc ed un lavandino.
Siamo fortunate che c’è una finestrina da cui circola, seppur con difficoltà, l’aria.
Comunque sia, abbiamo capito da tempo che non possiamo stare contemporaneamente in bagno, almeno che non si voglia diventare sardine.
Quando finisco, vado in cucina, o meglio nell’angolo cottura in fondo al piccolo salottino.
Sì, il nostro appartamento non è un granché, ma perlomeno abbiamo un tetto dove vivere ed il riscaldamento d’inverno. E pure l’acqua calda.
Insomma, anche se potrebbe sembrarlo, non è una topaia.
Apro il frigorifero, sperando sia avvenuto un miracolo, ma lo trovo vuoto come sempre.
Poco male, ordineremo cibo ad un Takeaway.
Mi siedo sul divano, accendendo la televisione e facendo zapping.
Trovo una telenovela da quattro soldi che guardo giusto per passare il tempo.
Qualche minuto più tardi, sento qualcuno armeggiare con la serratura, e subito dopo un uragano di nome Alice si precipita dentro, gridando parole incomprensibili come una matta.
Inizialmente penso si tratti di un incendio, ma quando la vedo sorridere come se avesse appena visto la Madonna, capisco che forse è solo entusiasta di qualcosa.
< Oh mio Dio Bella! Non puoi neanche immaginare cosa sto per dirti! È una bomba!> Grida isterica, facendo cadere la lampada di fianco al divano, che si schianta sul pavimento,  rompendosi in mille pezzi.
Ma non è certo quel piccolo disastro a catturare la mia attenzione, piuttosto un’enorme pila di volantini e fogli vari, tutti colorati e con grandi stampe.
E prima ancora di riuscire a capire di cosa si tratta, Alice mi precede gridando: < Andiamo a Las Vegas tesoro!>.


Note dell’autrice

Salve a tutte! Per chi mi conosce, capirà che questa è un’altra delle mie trovate.
è un’idea nata così, per scherzo, che mi sono ritrovata a scrivere.
Questa Fan Fiction non sarà né drammatica né malinconica, ma  leggera e comica, o almeno è mia intenzione.
Non è il genere che di solito scrivo, ma volevo cimentarmi in qualcosa di nuovo, così, per puro divertimento.
Quindi fatemi sapere chiaramente cosa ne pensate: se vi piacerà, continuerò a postare, altrimenti la cancellerò e scriverò solo per me, quando e se avrò voglia e tempo.
Un bacio, Chiara.

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Capitolo 2
*** Una partenza alquanto... movimentata ***


Capitolo 1

Bella Pov

Seduta su un comodo sedile di prima classe, occhi chiusi e mente occupata dal mio I-Pod, fulmino Alice con le mie occhiate assassine.
< Ah, se le occhiate potessero uccidere…> Cantilena lei, La Vipera.
Sì, perché in questo momento non ho la minima intenzione di essere gentile. Né con lei né con il resto del mondo.
Las Vegas.
Las.
Vegas.
Dio, come cacchio ho potuto farmi incastrare così?
Ancora una volta mi maledico mentalmente. O forse borbotto qualcosa tra me e me perché vedo la grassa signora davanti a me voltarsi e lanciarmi un’occhiataccia di rimprovero.
Senza troppi indugi alzo il mio dito medio, fregandomene della possibilità che le possa prendere un infarto.
So che dovrei mostrarmi felice per Alice, per il suo compleanno, ma cacchio, sono stata incastrata! Dalla mia migliore amica!
E so già che in questa mini-vacanza non accadrà niente di buono.
O forse sono solo io. Sono partita con il piede sbagliato, lo ammetto, ma sono una terribile testarda e continuerò a tenere il muso fino a stasera.
Anzi, facciamo che ci dormo su e domattina sono di nuovo di buon umore.
Alice, accanto a me, continua a sfogliare la sua rivista di moda, un sorrisetto compiaciuto e divertito sul volto, che mi fa ribollire il sangue dentro.
Mi conosce, sa che in poche ore tutto mi passerà, e probabilmente starà già pensando a come torturarmi.
Prima di partire ha detto le parole famose: trucco, vestiti sexy, alcool, divertimento.
Il campanello di allarme nella mia testa ricomincia a suonare, e la voglia di buttarmi giù da quell’aereo è tanta…
In quel momento si accende la spia della cintura di sicurezza, e la voce di una donna esce dall’altoparlante, catturando la mia attenzione nonostante l’I-Pod.
Fantastico, perfino le turbolenze.
Pochi secondi e l’aereo inizia a saltellare.
Mentre allaccio la mia cintura e mi ancoro con le mani al sedile davanti, fulmino di nuovo Alice.
< Se morirò a causa tua non la passerai liscia, ti perseguiterò per il resto dell’eternità. Dovessi andare all’inferno!>  Sibilo, furiosa e  terrorizzata.
Non ho mai amato volare, lo faccio solo quando ce n’è bisogno e se posso, prendo treni o pullman.
E sentire l’aereo saltellare su e giù mi fa venire una certa ansia.
Alice alza teatralmente gli occhi al cielo, voltando la pagina della rivista. < La solita melodrammatica. Rilassati! Andrà tutto bene, vedrai>.
Non capisco come possa rimanere così calma di fronte ad una situazione del genere!
Dio, ti prego, se esisti, non far cadere questo aereo, ti prego!
La vecchietta davanti a me si volta seccata, guardando le mie mani strette alla testata del suo sedile.
< Mi scusi, potrebbe tenersi a qualcos’altro?> Ringhia sforzandosi di essere gentile.
< Senta vecchia befana, non sono dell’umore giusto oggi. Non so come faccia lei a restare così calma, ma in questo momento sto avendo un attacco di panico e a meno che non voglia sentirmi gridare, si volti e mi lasci strizzare il suo cazzo di sedile> Rispondo tono su tono, compiacendomi della sua faccia attonita.
La vecchia strega si gira, borbottando qualcosa di simile a un “i ragazzi d’oggi”.
Sospiro soddisfatta continuando a tenermi al suo sedile, aumentando leggermente la pressione delle mie mani su di esso.
Ho già detto che questa vacanza non porterà niente di buono?

***********************


 
Quando cinque ore e mezza dopo atterriamo, quasi mi inginocchio a baciare la pista.
Velocemente, riprendiamo i nostri bagagli e prendiamo un taxi.
Durante il tragitto io ed Alice non parliamo. Forse sto iniziando a far arrabbiare anche lei…
Quando il taxi si ferma, alzo lo sguardo, restando completamente attonita e vedo Alice trattenere il respiro e sgranare gli occhi.
< A…Alice, sei sicura che sia questo?> Domando senza voce.
Annuisce, incapace di rispondere.
Ancora disorientate, scendiamo dal taxi recuperando le due valigie.
< Oh mio Dio Bella, hai mai visto qualcosa del genere?> Squittisce Alice, gettandomi le braccia al collo.
Sicuramente dovrei fare ancora l’offesa, ma prima ancora che possa ricordarmene, sto abbracciando Alice, ridendo. < Sarà meglio che anche dentro sia altrettanto lussuoso> Bisbiglio facendola ridere.
Lascio che Alice si occupi di prendere la chiave della camera, e mi guardo intorno.
Dio, dentro sembra quasi meglio che fuori.
In quel momento, la mia attenzione viene catturata da tre ragazzi, più o meno della nostra età, vestiti in modo elegante, con un enorme sorriso stampato sul volto.
Uno è alto, robusto, i capelli neri corvini, la pelle piuttosto chiara, come gli altri due ragazzi, i denti scintillanti che brillano di luce propria.
L’altro, il più basso dei tre, ha ricci color miele, gli occhi castano scuro, le labbra leggermente asimmetriche che, sorridendo, accentuano questo particolare.
Ma i miei occhi si posano sul terzo ragazzo, e per un attimo trattengo il fiato.
è molto alto, forse quasi più di quello robusto, ma piuttosto longilineo .
Ha una cascata di scompigliati riccioli castani, troppo corti per volteggiare per ogni dove e ciglia tanto lunghe e folte che quei suoi verdissimi occhi, che farebbero invidia a due smeraldi grezzi, sembrano ammiccare maliziosi ogni volta che sbatte le palpebre.
Indossa un paio di jeans chiari ed una camicia a righe, leggermente sbottonata sul petto, per far intravedere i muscoli. E cavolo che muscoli, mi ritrovo a pensare.
Probabilmente lo sto fissando da troppo perché improvvisamente alza lo sguardo, perlustra velocemente la sala, e i suoi occhi si posano nei miei, fermandosi lì.
E quasi trattengo il fiato quando i nostri occhi si intrecciano, come leggendosi dentro a vicenda.
Imbarazzata, distolgo immediatamente lo sguardo, andando incontro ad Alice che mi mostra orgogliosa la chiave, come se fosse un trofeo.
Ancora un po’ disorientata da tutto ciò, mi lascio trascinare in ascensore, ad uno dei piani più alti.
< Abbiamo una delle suite più lussuose dell’albergo!> Trilla Alice mentre cammiamo nel corridoio.
Mi fermo davanti ad una finestra, ed osservo Las Vegas sotto di noi, milioni di luci psichedeliche vengono proiettate qua e la, tanto che quasi non si vedono le stelle.
< Bella, allora? Entra!> Grida Alice, catturando la mia attenzione.
Titubante, entro nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
E, ancora una volta, rimango a bocca aperta: quella che definiscono suite, in realtà, è una piccola villa dentro un’albergo.
Non ho mai visto così tanto lusso in vita mia: tappezzeria rossa bordeaux, rifiniture in oro, due televisioni a schermo piatto, servizi di porcellana mai usati chiusi dentro una vetrinetta, assieme a bottiglie di alcolici con forme differenti, nomi sconosciuti che mettono acquolina in bocca solo a vederli.
E questo è soltanto il salottino.
Continuo la mia esplorazione, trovandomi nella camera: una stanza enorme, con affreschi pittoreschi sui muri, molto romantici, ed un’enorme letto al centro.
Ma la cosa che più di tutte mi fa rimanere a bocca aperta, è ciò che il letto fa: gira su se stesso, come nei film.
< Ho le traveggole?> Domando ad Alice, impietrita accanto a me.
< Stavo per farti la stessa domanda> Risponde avvicinandosi cautamente al letto, come se potesse inghiottirla da un momento all’altro.
< C’è solo un modo per saperlo> E così dicendo si butta su di esso, iniziando a gridare come una bambina al luna park.
< Oh mio Dio Bella, gira veramente! Vieni a provarlo!> Grida euforica, saltando su quel povero letto.
< Vomiterò questa notte, già lo so> Borbotto salendo su di esso.
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare da quella dolce rotazione.
In fondo non è così male, penso quando sento che sto per assopirmi.
< Tra un’ora ci aspettano nel ristorante italiano di sotto per cena> Dice entusiasta Alice, iniziando subito ad aprire la sua valigia.
< Ok, faccio la doccia e sono pronta> Mi alzo, raccogliendo le mie cose dalla valigia ed andando in bagno.
E non appena metto piede dentro, quasi mi gira la testa da tutto quel lusso: un’enorme vasca idromassaggio in pietra, rialzata di qualche metro dal pavimento, fa bella mostra di sé al centro del bagno.
E quasi non vedo la doccia, anche quella con idromassaggio, il lavandino e l’enorme ripiano di marmo sotto lo specchio luccicante.
Senza indugiare oltre, mi spoglio ed entro nella vasca, gettando dentro i petali di rosa che trovo in un piccolo cestino di vimini.
E, mentre sono immersa, apro gli occhi e mi godo la spettacolare vista che mi si presenta davanti: Las Vegas Baby.



Note dell’autrice

Salve a tutte! Le recensioni allo scorso capitolo non sono state molte, ma in compenso i seguiti e i preferiti continuavano ad aumentare, per cui ho deciso di postare anche il primo capitolo. Ditemi sinceramente cosa ne pensate della storia e se volete che continui.
Ripeto, la storia è comica, niente drammaticità, e la scrivo per passatempo, per divertirmi.
Per cui, se volete che la continui, mi impegnerò si a postare con regolarità (1 capitolo a settimana), ma non trascurerò le altre storie per questa.
Questo non vuol dire che ritarderò sempre, ma che al primo posto ci sono le altre mie due FF, anche se presto ce ne sarà solo un’altra in corso, a parte questa.
Questo è una specie di test per me: voglio mettermi alla prova e vedere se riesco a scrivere anche qualcosa di comico.
Ok, tornando al capitolo, che ve ne pare?
L’hotel esiste davvero, è il The Venetian Resort-Hotel-Casino, date un’occhiata qui perché ne vale davvero la pena. Io sono quasi morta mentre leggevo xD
I primi capitoli saranno un po’ noiosi perché sono per lo più di presentazione e passagio. La parte divertente arriverà, ve lo assicuro ;)
Nel prossimo capitolo ci sarà un Pov Edward, e capiremo cosa ci fa qui. Nel frattempo, avete capito chi è con lui?
Ok, mi dileguo.
Fatemi sapere.
Un bacio, Chiara. 

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Capitolo 3
*** Edward Cullen, il dongiovanni del ventunesimo secolo ***


Note dell’autrice

Buonasera! Posto adesso perchè sto uscendo e non voglio rischiare di saltare subito l'aggiornamento u.u
Vi comunico che NON cancellerò la storia.
Come saprete, l'idea è nata per scherzo ed io mi diverto a scrivere i capitoli di quesa FF e a quanto pare vi piace!
Sono molto sorpresa di ciò, insomma 11 recensioni! Grazie mille!
Non me lo sarei mai aspettato.
Vorrei ringrazire tutti coloro che hanno recensito, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i numerosi lettori silenziosi: lo so che ci siete, vi vedo!
Spero che il capitolo vi piaccia, e spero anche di non aver scritto troppe stupidaggini xD
Oggi conosceremo meglio Edward... Ed il titolo spiega già tutto...
Ci leggiamo in fondo, buona lettura :)



 Capitolo 2

Edward Cullen, il Dongiovanni del ventunesimo secolo

Edward Pov


 Edward Anthony Masen Cullen. Leggo quel nome, ed un sorriso spontaneo nasce sulle mie perfette labbra.
La mia carta d’identità è come un perfetto biglietto da visita: nome, cognome, e fotografia.
Mi piacerebbe fare come i poliziotti, ma invece di tirar fuori il distintivo, vorrei poter tirare fuori la mia carta d’identità.
I miei occhi si posano sul mio cimelio più grande: una foto. Ma non è una semplice foto, quella è LA FOTO, la più  bella immagine di me stesso che qualcuno potesse mai scattare.
Me ne sto semisdraiato per terra, sul pavimento in cotto di una terrazza sul mare, i capelli più disordinati del solito, gli occhi socchiusi, la bocca socchiusa ed una sigaretta tra le labbra, a casa di una modella emergente. Sylvie mi sembra si chiami.
Il suo nome non ha importanza, penso mentre nella mente riaffiorano i ricordi del suo volto, del suo corpo nudo davanti a me.
Sylvie, già dal nome, si capisce che è tutto un programma: lunghi capelli neri come la pece, lisci come quelli delle cinesi, brillanti come uno specchio, pelle chiarissima, quasi di porcellana, senza nessuna imperfezione, e profondi occhi neri, profondi come un enorme pozzo.
E il suo corpo… ah, il suo corpo!
Alta un metro e settantotto, portava una 40, gambe chilometriche ed elastiche, morbide, come quelle delle Barbie.
Il ventre piatto, perfetto, i fianchi ben formati, fisico a clessidra.
Ma la parte che ricordo mi faceva impazzire era il suo seno: portava una terza, notevole dato la sua magrezza, perfettamente rotondo e tonico, sfidava la legge di gravità, quasi fosse falso, e si adattava perfettamente alle mie mani.
E la sua voce calda, morbida, sensuale.
Sylvie è una ragazza come poche. E forse è proprio per questo che la scorsa settimana l’ho vista su un cartellone in Leicester Square, indosso solo uno striminzito completino intimo nero come i suoi capelli, di pizzo. Linea di Victoria’s Secret.
Ed io posso vantarmi di aver avuto un week-end di sesso selvaggio con lei.
Solo a ripensarci sento qualcosa muoversi nei Paesi Bassi, ed è meglio che mi dia una calmata: non è il massimo avere un’erezione nel mezzo di una piscina di Las vegas, con indosso un costume scuro fatto a slip, piuttosto aderente.
Se mi sento a disagio svestito così?
Beh, le occhiate di ammirazione e i risolini di eccitazione delle ragazze che mi passano davanti mi hanno fatto cambiare idea.
Dopotutto, io sono Edward Masen Cullen.
No, non sono un attore o un modello. Sono un medico.
Il che intriga ancor più le ragazze.
Mi piace andare alle feste e, alla solita domanda “che cosa fai nella vita di tutti i giorni?”, rispondere “sono un dottore”.
Sorriso malizioso alzando gli occhiali da sole quando una giovane ragazza, più o meno sui vent’anni, con indosso un bikini striminzito, mi saluta con la mano, sculettando cercando di farsi notare.
E, se proprio devo dirla tutta, ci è riuscita.
Ma tornando a noi, sono un medico.
So di avervelo già detto, ma mi piace troppo ripeterlo.
Medico, medico, medico, medico, medico.
Che cosa fai?
Sono un MEDICO.
Che tipo di medico sono?
Un pediatra.
No, non sono un ginecologo, cosa che i miei fratelli continuano a dire.
Sto prendendo un dottorato in pediatria, studiando alla NY University.
Lavoro in ospedale con mio padre, Carlisle Cullen, noto chirurgo, gode di un’ottima fama mondiale per la sua smisurata bravura.
La cosa che più mi piace di mio padre, è il suo carattere, la sua personalità: dotto, istruito, cortese, gentile, con i piedi ben piantati a terra anche se potrebbe permettersi di fare sceneggiate dalla mattina alla sera,  alla mano con tutti, persino con i pazienti più noiosi ed insopportabili, ed estremamente diplomatico.
Mi piacerebbe molto essere come lui, ma recitare la parte di figlio-di-papà-con-milioni-di-dollari-in-tasca-e-tutte-le-ragazze-ai-piedi.
Sono un Don Giovanni, insomma.
Che cosa ci faccio a Las Vegas?
Sono qua con i miei due fratelli, Emmett e Jasper.
In realtà Emmett di cognome fa Cullen, è mio fratello biologico, mentre Jasper di cognome fa Hale, è stato adottato dai nostri genitori quando aveva sei anni e vive in un orfanotrofio.
Eppure noi ci consideriamo fratelli. Ci amiamo come fratelli.
Come dicevo, siamo qui per festeggiare con largo anticipo l’addio a celibato di Emmett.
Dico largo perché il matrimonio sarà fra tre mesi, ma una piccola pausa di un week-end ci voleva proprio e quale altro posto se non Las Vegas? La città di divertimento e baldoria che non dorme mai?
Una botta di vita alla monotonia della vita quotidiana, insomma.
I nostri genitori non hanno badato a spese per noi: una delle due esclusive suite di lusso al The Venetian Resort-Hotel-Casino, uno, se non l’unico, hotel più esclusivo di tutta Las vegas.
Sono le diciassette e tra poco dovremo andare a prepararci: questa sera, nel salone principale dell’albergo, ci sarà una festa di compleanno esclusiva, tanto che un catering è venuto questa mattina presto per allestire la sala.
E quale occasione migliore per una bella serata di divertimento e magari, perché no, una sana scopata?
Qui a Las Vegas le ragazze hanno un’altra mentalità: non come a New York, dove recitano costantemente ed ostinatamente la parte delle povere innocenti verginelle che non si concedono al primo che passa, quasi ce l’avessero d’oro.
No, qui siamo a Las Vegas, le ragazze che vengono qui lo fanno con il nostro solito obbiettivo: divertirsi.
Qui non parli di moda o del traffico, qui si balla spudoratamente, si bevono cocktail che meritano di essere chiamati tali, ci si scambia sguardi ammiccanti e s’intavola una conversazione futile, giusto per correre in camera due minuti dopo ed andarsene il giorno seguente senza rimpianti, senza cuori in frantumi, senza aspettarcisi altro, con l’animo in pace e soddisfatti.
E finchè resti nel casinò, non c’è pericolo.
Magari si prova pure a sfidare la sorte, si vince e si perde, ed io ho un cervello che userò giusto per ingranare qualche extra, per togliermi qualche sfizio in più o semplicemente per fare il “buon samaritano” con una stripper. Il modo migliore per una scopata esperta, insomma.
So cosa vi starete chiedendo: ma tu pensi solo al sesso?
Beh, la risposta è soggettiva.
Personalmente penso di essere un persona equilibrata, a cui piace divertirsi senza inibizioni.
Non ho mai fatto un’ammucchiata o qualcosa del genere, ma i soliti giochetti erotici sì.
Molti hanno pregiudizi, ci sono bigotti pronti a darmi contro per questo, ma io dico: ho ucciso qualcuno? Violentato una donna? Disonorato una persona?
No. Solo, ho usato il mio corpo come mezzo per ricavare piacere, sfogare la frustrazione o la rabbia o lo stress, desideri o fantasie. E una ragazza si è offerta di aiutarmi in ciò.
Ed io ho goduto: una bella seratina, divertente, eccitante, insolita, un toccasana insomma.
E poi, diciamocela tutta: a chi non piace il sesso?
Se siamo stati creati con i genitali, a qualcosa serviranno pure, no?
Vorrei vedere chi dice che non fa sesso al mattino, con un’erezione insoddisfatta.
< Hey ragazzi che ne dite se andiamo a prepararci?> Interviene Jasper, alzandosi dalla sedia a sdraio.
A malincuore-mi stavo rifacendo gli occhi con tutti questi corpi favolosi- ci alziamo.
Mentre raggiungiamo la nostra suite, devo ammettere che l’hotel non è davvero niente male, forse è il più lussuoso in cui abbia mai alloggiato.
La nostra è una delle suite esclusive, quasi agli ultimi piani, e nel corridoio c’è solo un’altra porta. Speriamo almeno che ci sia qualche bella ragazza.
< A che cosa stai pensando così intensamente?> MI prende in giro Emmett, dandomi un pugno sulla spalla.
< Un po’ di cose> Rispondo rimanendo vago.
Mentre stiamo per entrare nella nostra suite, la porta di fronte alla nostra si apre, ed esce fuori una giovane ragazza non troppo alta, con un abitino rosa shocking, i capelli raccolti e piuttosto indaffarata, con diverse borse in mano.
Ci saluta con un sorriso raggiante, allegro e corre verso l’ascensore.
Noto con la cosa dell’occhio Jasper seguirla con lo sguardo, gli occhi letteralmente fuori dalle orbite.
Ridacchiando entriamo dentro, preparandoci per quella serata.
Non voglio osare, non voglio essere al centro dell’attenzione per ciò che indosserò –tanto lo sarò comunque- per cui indosso un paio di jeans chiari ed una camicia casual ma elegante, lasciando qualche bottone aperto, in modo da far vedere il mio petto.
Passo un po’ di gel nei capelli, in modo da tenerli in quello stato di disordine ordinato che li caratterizza e, insieme agli altri, scendiamo di sotto.
Già dall’entrata si sente la musica e il vociare della gente: non potrei chiedere di meglio.
< Ragazzi divertitevi ma state attenti a non cacciarvi nei guai> Ci rammenta Jasper.
< Tranquillo Jazz, e pensa a divertirti> Gli dico spingendolo  dentro.
E, mentre i miei occhi perlustrano il salone illuminato da luci da discoteca, leggermente psichedeliche, la mia attenzione viene catturata da una ragazza.
La stessa ragazza che mi ha guardato ieri, nella hall dell’albergo.
 E la stessa ragazza che adesso sta parlottando con qualcuno. Ma non m’interessa chi, i miei occhi sono catturati da qualcos’altro come il suo abitino succinto che mostra ogni curva. 

 
Oh sì.


Note dell’autrice

Edward Cullen versione maniaco: On
Ahahahahaahah Ok, lo so, sono un pochino sadica a finire così il capitolo, ma prometto che il prossimo sarà megliore.
Questo capitolo è di passaggio, presentazione, conosciamo meglio Edward, ci facciamo un’idea su di lui. Chissà che poi non cambierà…
Il prossimo capitolo riguarderà la festa, l’incontro con Bella e altre cose… Qualche idea? Ahahah
Molte di voi hanno chiesto se il letto “rotante” esiste davvero. Ebbene sì, l’ho visto in una puntata de “Le ragazze di Playboy”, mentre erano in un hotel a Las Vegas.
Naturalmente non so se al Venetian ci sia… Passatemelo per licenza narrativa u.u
Alcune di voi hanno sbavato davanti alla descrizione dell’albergo e avendo imparato ad inserire immagini, vi metto qui una fotina piccolina della vista da fuori. Credo che basti per farsi un’idea.
P.s: vi metto il link di una dell'altra mia storia in corso, sempre su Edward e Bella. Se vi va, fate un salto ;)  Il mio soldato
Alla prossima settimana.
Un bacio, Chiara.


Questo è l'hotel --------> 
Alzi la mano chi vorrebbe alloggiare qui almeno una notte u.u

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Capitolo 4
*** Don't be shy Edward ***


Note dell'autrice

Buonasera! No, non sono morta, se è ciò che pensavate. Come saprete ero in vacanza, sono tornata qualche giorno fa ed ho aspettato che fosse Domenica in modo da riprendere la solita routine.
Finalmente questo è IL capitolo, quello che darà inizio alla storia. Spero vi piaccia, e anche se non mi convince molto non saprei come scriverlo altrimenti.
Vorrei ringraziare le splendide persone che hanno recensito numerose, chi ha aggiunto la storua tra le seguite/preferite/ricordate e chi mi ha contattato privatamente: tranquille, non disturbate mai, anzi, mi fa piacere sentirvi. Per le persone che mi hanno contattato dicendo "vorrei recensire ma ho paura di scrivere cavolate": ma scherzate? Per me sentirvi vuol dire molto, perchè se continuo a postare è proprio per le persone che mi lasciano messaggi nella posta. Quindi non vi preoccupate e, se volete, contattatemi o recensite pure.
Mi dispiace avervi fatto attendere così tanto...Spero di rimediare con questo aggiornamento.
Nel corso del capitolo troverete un link, Hit the road Jack: vi chiederei di ascoltarlo da quel punto in poi, è la musica che ha ispirato il capitolo.
Ho fatto leggere il capitolo a mio cognato, ma sorvoliamo sulle sue reazioni, poi capirete perchè.
Dedico il capitolo a tutte le persone che hanno recensito e, naturalmente, ad Annie, per averlo letto in anteprima e per tutto il resto ( Patatine <3)
Ci leggiamo in fondo, buona (spero) lettura!


Capitolo 3

Don’t be Shy Edward…


Edward Pov

Osservo la stoffa scura aderire ad ogni sua curva e cerco inutilmente di deglutire.
E questa dove si era nascosta, penso mentre afferro un calice di champagne dal vassoio che una giovane cameriera sta portando in giro.
Se non fosse per i suoi capelli color mogano, unici, penserei che si tratti di un’altra persona.
Ho la conferma che si tratti di lei quando vedo la sua amica, la ragazza che abbiamo incontrato poco fa nel corridoio dell’albergo.
Ha i capelli sciolti, un rossetto rosso sulle labbra decisamente appariscente ed un abitino chiaro, ma non è lei che voglio guardare, bensì Capelli di Cristallo, la sua amichetta.
Se ne sta ancora lì, un calice di champagne in mano, ad ascoltare la ragazza che ha davanti.
< Hai già puntato qualcuna?> Chiede Emmett lanciandomi un sorriso malizioso.
Mando già un sorso di champagne e ricambio il sorriso. < Oh sì> Rispondo sospirando soddisfatto.
< Che cosa stai aspettando allora?> Domanda dandomi una spintarella. < Vai da lei> E mi fa l’occhiolino, allontanandosi da me.
Di solito la mia Caccia funziona così: entro, sfodero il mio bel faccino, punto qualcuna e mi lancio. Mostro la mia faccia da poker, dico qualche cavolata sulle luci, ci aggiungo qualche complimento, e pochi minuti dopo mi ritrovo con una ragazza che mi rovista nei boxer: semplice, divertente, efficace.
Faccio per avvicinarmi a lei, ma improvvisamente mi rendo conto che non c’è più.
Ci rimango quasi male, ma decido di fare un giro per trovarla.
Il salone è completamente pieno di ragazzi, tutti più o meno sui venti/trent’anni.
Potrei fermarmi a parlare con qualcuna, provarci, ma nella mente ho solo lei, Capelli di Cristallo.
Non so bene che cosa mi abbia colpito così tanto di quella ragazza, ma voglio parlarle in tutti i modi.
Quando arrivo in prossimità dei divanetti, al secondo piano, la vedo lì, seduta solitaria con un calice di champagne in mano.
Sfodero il sorriso più ammiccante che possiedo e mi faccio avanti.
< Ciao> La saluto cortesemente. < Posso sedermi?> Domando con voce roca.
Quello non è il mio normale tono di voce, ma questo non deve saperlo.
Sono sicuro che, più tardi, abbia occasione di sentire la mia vera voce roca e ansimante.
Mi guarda, nei suoi occhi vedo passare diverse emozioni: perplessità, seccatura, noia.
Non mi scompongo, non sarà di certo questo particolare a farmi scappare.
So quello che voglio, e combatterò per averlo.
Alza le spalle. < Non vedo cartelli con scritto “vietato sedersi”> Risponde guardandosi intorno, il tono sarcastico con una punta di acidità che, però, fa tutt’altro effetto su di me: m’incuriosisce.
Mi siedo accanto a lei, tenendo in mano il calice di champagne.
Mi piace tenerlo in mano, come un piccolo trofeo, come un diamante.
Mi fa pensare ad un uomo maturo, adulto, sensuale… Mi fa sentire tale, e mi rende più sicuro.
è come le pochettes che usano le donne: sono minuscole, dentro vi entra a mala pena il telefonino e qualche trucco, niente di più. A che cosa servono? A niente, ma è un accessorio, completa il look.
Ebbene, il calice di champagne è la mia pochette: completa l’Edward Cullen, medico in carriera.
< Allora, posso sapere il tuo nome?> Domando con lo stesso tono di voce, avvicinandomi un poco a lei.
< Bella> Risponde mandando giù un goccio di champagne.
< Direi che si tratta proprio di un nome appropriato> Gioco subito la “carta vincente”, ovvero le lusinghe: le donne, specie quelle insicure, arrivano subito a mettermi le mani nei pantaloni.
Mi lancia un’occhiata seccata, dicendomi con gli occhi “cosa cazzo vuoi da me?”.
Rimango sorpreso.
Insomma, se una ragazza come lei se ne sta tutta sola su un divano del privè, a cosa pensereste?!
Faccio una debole risatina, fingendomi divertito dal suo comportamento.
< Sei leggermente nervosa, mia cara?> Domando umettandomi le labbra con la mia stessa lingua.
Sorride, un sorrisino innocente, che le illumina gli occhi.
Ricambio il sorriso, gesto che si allarga quando mi fa segno di avvicinarmi a lei, muovendo un dito.
Posa le labbra a pochi centimetri dal lobo del mio orecchio e vi sussurra dentro, facendomi rabbrividire nel sentire il suo respiro caldo e le sue labbra sfiorare quella porzione di pelle estremamente sensibile.
< Divento nervosa quando ho intorno idioti come te> Sussurra staccandosi poi, e guardandomi nuovamente seccata.
Lunatica.
Ecco la prima cosa a cui penso.
Pazza e lunatica.
Non mi do per vinto, e mando già un altro sorso, giusto per fare l’indifferente.
< Ho capito che genere di ragazza sei> Dico ad un tratto, allungando un braccio sullo schienale, proprio dove si trova lei.
< Sarei lieta di sentire la tua teoria> Continua, la voce calma e quasi dolce.
Confermo: lunatica.
Mi avvicino a lei, per parlarle nello stesso punto in cui l’ha fatto anche lei, e non si ritrae.
< Conosco le ragazze come te. Sanno di avere le curve al posto giusto, un bel faccino angelico  e se la tirano, giusto per stuzzicare un po’> Dico allontanandomi quando finisco di parlarle.
Mi guarda, le guance rosse, ma non di certo per l’imbarazzo quanto per la rabbia.
< Ed io conosco i ragazzi come te> Risponde usando il mio stesso tono di voce.
< Sono i più viscidi, quelli che non riescono a tenerselo nei pantaloni neanche per dieci minuti> Dice sorridendo, come se mi avesse detto “amo i tuoi occhi”.
Stringo con forza il calice tra le mie mani e vedo il poco liquido rimanente vibrare al suo interno.
< Credo abbia sbagliato categoria a cui appartieni, allora> Dico infine, sospirando come se ammettessi un delitto.
Mi regala un sorriso vittorioso, probabilmente con l’orgoglio a mille.
< E…?> Domanda ancora, convinta di avere la vittoria in tasca.
Ahi ahi ahi, Capelli di Cristallo: non conosci Edward Cullen.
Mi avvicino a lei, di nuovo, e inizio a parlare.
< Sei unica> Sussurro facendo scendere una mano sul suo braccio.
< Non vuoi tirartela, non apri le belle gambette che ti ritrovi per darla a tutti… Sei una piccola frigida> Sussurro posando una mano sul suo ventre.
Accade tutto in pochi secondi, e l’unica cosa che sento, è un forte schiocco seguito dal pizzicore alla guancia destra: mi ha tirato uno schiaffo.
Con le guance rosse e le mani leggermente tremolanti, si alza, rischiando di inciampare nei suoi tacchi e si volta verso di me.
< Le persone come te sono  esseri viscidi. Mi fate schifo> E così dicendo fugge via, quasi correndo.
Ancora scosso e stupito da ciò che è successo, mi massaggio la guancia dolorante, posandovi il bicchiere fresco di champagne.

*****

Bella Pov
Frigida. Mi ha chiamato frigida.
Con gli occhi che bruciano per colpa delle lacrime che continuano a scendere dai miei occhi, esco fuori dal salone, fermandomi davanti alla piscina con le gondole, esattamente come quelle su cui sono montata la primavera scorsa a Venezia, in Italia.
MI sento presa in giro, ferita… Ed è proprio ciò che è successo.
Ripercorro con la mente quei dieci minuti passati a parlare con Mister Arroganza e sento la rabbia montare e, di conseguenza, le lacrime scendermi sulle guance.
Sono arrabbiata me stessa, per non riuscire a non scoppiare a piangere quando sono arrabbiata, per essere rimasta con lui, per non essere scappata via prima.
E, allo stesso tempo, sono più che furiosa con quello la, Rosso Malpelo o come si chiama.
Cosa voleva da me? Una scopata?
Certo, che domande inutili ti fai, Bella?
Certo che voleva scopare.
Quelli come lui sono sempre in calore, peggio di un toro da monta.
Rimango lì fuori per altri dieci minuti, cercando di cancellare le tracce del pianto e provando a pensare ad altro.
Devo tornare dentro, devo farlo per Alice.
Anche se non mi divertirò, anche se probabilmente rincontrerò Rosso Mal Pelo.
Alice mi aspetta. Glielo devo. Dopo tutto quello che ha passato per me e insieme a me, è il minimo che possa fare.
Prendo un bel respiro, mi faccio coraggio, ed entro di nuovo.

*****

Edward Pov
Seduto al bancone con un bicchiere di Margarita in mano, ripenso a ciò che ho detto, allo schiaffo appena ricevuto.
Non mi era mai capitata una cosa del genere.
Io, Edward Cullen, il Don Giovanni del ventunesimo secolo che riceve uno schiaffo.
Beh, non mi stupisco.
Non dico che sono pentito, ma forse ho un po’ esagerato.
Insomma, non avevo il diritto di dirle quelle cose.
Quella ragazza è pur sempre una sconosciuta, non avrei dovuto perdere il controllo.
< Hey fratello, che hai sulla guancia?> Domanda Emmett sedendosi accanto a me ed ordinando una Tequila.
Alzo le spalle, trangugiando velocemente, forse eccessivamente, il mio Cocktail.
< Hai preso un due di picche?> Continua divertito dalle occhiate che gli lancio.
< Una stupida santerellina dei poveri> Rispondo sprezzante, facendolo ridere.
< Però, non l’avrei mai detto! C’è sempre una prima volta, non è vero?> Continua ad infilare il dito nella piaga, dandomi colpetti nel braccio con il gomito.
< Beh, dovrai cercare qualcun'altra…> Dice infine, guardandosi intorno.
In quel momento, la musica si ferma di botto e un occhio di bue illumina un cubo, dove la ragazza con il rossetto rosso saltella con alcune ragazze sorridenti intorno.
è il dj a parlare: < Allora ragazzi, siete pronti a festeggiare il compleanno della nostra bellissima Alice?> Grida nel microfono, facendo sollevare un coro di “sì” e fischi di ammirazione vari.
< Bene! Allora, preparatevi a cantare!> Continua a gridare, inserendo una versione remixata di “Buon compleanno”.
Tutti iniziano a cantare, ed io li trovo semplicemente patetici, anche se la mia attenzione è catturata da Capelli di Cristallo.
Se ne sta sotto al cubo, e sorride alla sua amica, che le fa una serie di gesti incomprensibili con le mani, gridando e ridendo.
Sembra tranquilla, e solo con la coda dell’occhio mi accorgo del bicchiere ormai vuoto di Cocktail che tiene in mano.
Probabilmente l’alcool la sta aiutando a perdere pian piano la sua rigidità, penso mentre rivolgo l’attenzione alla festeggiata che sta soffiando sulla sua torta di compleanno. 

 Bene, perché non ho intenzione di lasciar perdere.
 Non so che cosa mi prende, probabilmente mi sono intestardito.
 Quando Edward Cullen vuole una cosa, la ottiene. Non importa in che modo.
 Ed io voglio quella ragazza.
 Decido di aspettare che beva un altro po’, giusto per non rischiare.
 E, per la cronaca, non sono un codardo. La mia è semplicemente furbizia.

Qualche ora dopo, verso la mezzanotte, la festa è ancora in corso, e nessuno sembra aver voglia di andarsene.
La maggior parte delle persone presenti sono ubriache, sudate, alcune fanno praticamente petting ballando, altri preferiscono appartarsi sui divani del privè.
Ed io sono sbronzo.
Lancio un’ultima occhiata a Bella, seduta su un divano davanti ad Alice e Jasper che parlano ridendo tra di loro, e decido di farmi nuovamente avanti.
è lontana da me, ma riesco a vederla bene, anche se la mia vista è leggermente annebbiata.
Sento le gambe tremare, e non sono sicuro che sia tutta colpa dell’alcool.
Ce la posso fare, continuo a ripetermi.
Non stai per affrontare un Grizzly, Edward, è solo una ragazza.
Hit the road Jack
Cammino verso di lei, la musica e le voci degli altri un brusio di sottofondo.
Colpisci la strada Edward, continuo a ripetermi.
Mi sento come un cacciatore durante una battuta, come un vampiro che insegue la sua preda: io sono il predatore, lei la preda.
Io ho i denti, lei il sangue.
Io sono forte, lei è fragile.
Io sono Edward Cullen, lei è Bella.
E quasi non mi accorgo di esser arrivato davanti a lei quando sento Jasper presentarmi alle altre.
< Alice, Bella, questo è mio fratello Edward> Dice ridendo, e capisco quanto ubriaco sia. Non solo lui.
< Ciao Edward!> Grida Alice, scoppiando subito dopo a ridere, come se avesse detto una battuta divertentissima.
Anche Bella ridacchia, e mi fa l’occhiolino.
Ricambio, sedendomi accanto a lei.
< Ordiniamo da bere?> Domando gentilmente. Ordiniamo quattro Tequila.
< Ti stai divertendo?> Domando a Bella, seduta accanto a me.
Mi sorride, e sono quasi sicuro di sorridere pure io tanto quel semplice gesto sia così luminoso, così contagioso.
Come il sole.
< Non molto!> Risponde avvicinandosi a me per non dover gridare più di quanto sia necessario.
< Scusa per prima!> Continua posandomi una mano sul ginocchio.
Oh cazzo…
< Dovrei essere io a chiedere scusa> Rispondo cercando di pensare ad altro.
Gattini morti, il mio braccio destro rotto,  la mia prima volta col sesso orale…
Ok, ci sono.
< Che lavoro fai?>  Domanda ancora, usando un tono di voce leggermente differente, quasi eccitante.
Possiamo anche togliere il quasi.
Bella è tremendamente eccitante. Punto. Non la sua voce, e nemmeno il suo vestito.
< Sono un medico> Rispondo facendole l’occhiolino e stendendo il braccio sul divanetto dietro di lei.
< Wow, un medico> Dice ammiccante, facendomi ben capire le sue intenzioni.
Non mi interessa nemmeno sapere che cosa fa, non voglio sapere chi sia né quale sia il suo vero nome…
Ad un tratto, tutto quanto si annebbia, inizia a vorticare.
Non sto avendo un capogiro, no. È la sbronza.
I colori psichedelici di Las Vegas si riflettono qua e la, con la coda dell’occhio vedo qualcuno che cammina accanto a me, qualcuno che mi viene addosso, o forse sono io a schiantarmi contro qualcuno.
Rido, ancora e ancora, e assieme alla mia voce, ne sento altre: Bella, Jasper ed Alice.
Percepisco il sedile di pelle di un’auto sotto di me, sento il rombo del motore.
Sento la voce squillante di Alice gridare qualcosa, eccitata.
Sento una mano calda intorno alla mia, una mano sulla mia coscia, i pantaloni farsi terribilmente stretti.
Mi ritrovo in una stanza, subito dopo in un’altra, ma è da tempo che non capisco più niente.
Vedo qualcosa di bianco, dei fiori, un anello, una voce dirci “dovrebbero fare tutti come voi!”.
Sento qualcuno applaudire e, un secondo dopo, un paio di morbide labbra posarsi sulle mie, in maniera tutt’altro che casta.
Sento una lingua giocare con la mia, massaggiarmi il palato.
Sento un corpo bollente sotto il mio, la mia lingua su quello che sembra un seno morbido e profumato.
Sento gemiti profondi, rochi, il suono più bello che abbia mai sentito.
Qualcuno geme il mio nome, il letto di muove, e non solo su e giù, sembra girare su se stesso.
Sento il mio corpo tendersi, i brividi riempirmi e, pochi secondi dopo, un piacere immenso sovrastarmi.
Ho fatto sesso.
Non so con chi, non capisco dove mi trovo né cosa ho fatto, ma riconosco fin troppo bene quella sensazione.
E mi sento benissimo.
Sento la mia voce biascicare qualcosa, sento una risata, altre parole biascicate.
Poi, chiudo gli occhi, e il buio mi avvolge.

*****

Bella Pov
Ouch.
è tutto ciò che riesco a pensare.
Provo ad aprire gli occhi, ma non ci riesco.
Sento le mie tempie pulsare dolorosamente, come se minacciassero di scoppiare da un momento all’altro.
Diversi minuti od ore dopo, riesco a sedermi sul letto.
Mi guardo intorno, e mi accorgo di essere nella nostra camera d’albergo.
Non ricordo nulla della notte precedente, la mia amnesia inizia dal momento della torta.
Il resto, buio totale.
Allungo le gambe, e solo in quel momento mi accorgo di ciò che indosso: un lenzuolo.
Sotto, la mia pelle.
Sono nuda.
Porto una mano al viso, cercando di tirarmi indietro i capelli, quando la mia pelle incontra qualcosa.
Porto la mano sinistra davanti al viso, e resto completamente sconvolta: un anello d’oro avvolge il mio anulare, facendo risaltare il piccolo neo che si trova proprio lì sotto.
E non ci vuole un genio per capire che si tratta di una fede.
Sento un sospiro e, quando mi volto, accanto a me trovo lui.
E impiego meno di due secondi per realizzare ciò che ho fatto: mi sono sposata con Rosso Malpelo.


Note dell'autrice

Ok, è successo.
Mio cognato è rimasto scandalizzato da questo e dalla scena di "sesso", ma è un tipo all'antica, aspetto di sentire le vostre opinioni.
Spero di postare Domenica , ultimo aggiornamento delle vacanze (uccidetemi per favore).
Tra l'altro devo pure iniziare i compiti dato che non ho aperto libro per 3 mesi... Sorvoliamo.
A presto!
Un bacio, Chiara. 

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