SEVEN

di Phantom_Miria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Mai fatta una intro esterna più cagosa, lol. Ma poi perché scrivo tali robe insensate in questo periodo? Continuo ad essere assillata da idee che poi faccio una fatica immensa a mettere giù come vorrei, ma dev’essere l’estate. Finita quella, l’Ispirazione partirà con il cambiare dei venti. Come Mary Poppins.

Prima di iniziare a leggere la fic, penso sia necessario, se non sapete cosa sia l’Aritmanzia, informarvi un po’ (anche se per QUESTO capitolo non è necessario). Quindi, spiego brevemente, prendendo dai libri che ho?
L’Aritmanzia è un metodo per predire la sorte fondato sui nomi e sui numeri, regole e calcoli matematici. Poggia su due concetti; il primo è che il nome di una persona contenga indizi importanti sul suo carattere e destino, il secondo è che ogni numero da 1 a 9 abbia un significato particolare. Quindi si prevede l’estrazione di tre ‘numeri chiave’ da un nome: il numero del carattere, del cuore e sociale; quindi, la loro interpretazione in base a una serie di significati prestabiliti. Il primo numero si ricava con la somma dei numeri dati da tutte le lettere del nome-cognome secondo la tabella che trovate su wikipedia sotto ‘aritmomanzia’, il secondo dalla somma dei numeri dati dalle vocali, e il terzo dalle consonanti. Come l’Astrologia, l’Aritmanzia può offrire ai praticanti un sistema per dterminare i giorni favorevoli e infausti; la regola generale prevede che i primi corrispondano al numero del carattere. Inooltre l’Aritmanzia viene impiegata per rivelare le ‘parentele nascoste’ tra le persone, i luoghi: i nomi che hanno lo stesso valore numerico sono naturalmente correlati tra loro. Così un dDue sarà più compatibile con un altro Due o un Cinque guiderà meglio un’auto le cui lettere della targa diano Cinque.

Ordunque, scusate molto la spiegazione lunga. Questo misero e pressoché insensato tentativo di trasposizione delle masse dgm-esche in un altro favoloso mondo è stato pubblicato con la speranza che vi aggradi in minima parte, indi per cui, buona lettura (QUANTO VORREI scrivere migliaia di oneshots ambientate in questo mondo çWç ). Volevo farla oneshot perché sarebbe esteticamente molto più bella maaa non avevo voglia, quando ho voglia di postare io posto, e cippaminchia.

Disclaimer: non mio blah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

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L a v i   B o o k m a n

Una persona intuitiva e brillante, che ama i compiti impegnativi e le sfide. È studioso, e naturalmente interessato a tutto ciò che è misterioso.
Considera l’originalità e l’immaginazione più importanti del denaro e dei beni materiali. Capita, però, che sia eccessivamente sarcastico e presuntuoso.
Nella sua vita interiore, è spesso instabile, incerto, soggetto a continue fasi di mutamento. Può essere attratto da molte cose in una volta, ma non dedicarsi a nessuna.
Persona leale e corretta verso i propri amici, è socialmente portato all’interazione, alla comunicazione reciproca e all’equilibrio.

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I.

Il cielo primaverile è limpido, non c’è una nuvola che macchia quel celeste infinito e il Sole risplende alto illuminando i prati e le cime del castello. Sarebbe una giornata molto piacevole, se loro non stessero fottutamente perdendo.

Lavi sistema la sua posizione sulla sua Tornado Sette e stringe la presa sulla mazza da Battitore. La fa roteare una volta, prima di rituffarsi nel vivo del gioco e spedire con tutta la forza che riesce ad accumulare la solida palla nera verso un Cacciatore dei Serpeverde. Ma il Bolide la manca, e Lulu Bell continua a sfrecciare verso i pali a bordo campo. Dopo pochi secondi segna dieci punti.

Lavi lancia un’occhiata al Segnapunti e impreca silenziosamente. Se vanno avanti così ancora per molto, neanche il Boccino basterà a farli vincere. Cerca Allen con lo sguardo, ma il suo compagno di squadra procede a zigzag sopra di loro, senza una meta precisa. Poco distante da lui, Road Kamelot lo segue rapida, facendo attenzione a ogni suo movimento con quei suoi inquietanti occhi da falco.

La situazione non sarebbe così tragica se la loro squadra non fosse stata decimata nel giro di un giorno soltanto, costringendo Lavi a prendere dei sostituti dalle capacità imbarazzanti. Il loro vero Portiere, infatti, continua a vomitare lumache e, assieme a lui, Timothy e Fou sono in stato Confusionale in Infermeria a farsi curare le dolorose e impressionanti eruzioni cutanee che sfoggiano da quella mattina.

Anche se apparentemente sembra non esserci una spiegazione ai loro malesseri improvvisi, nessuno studente della Scuola ha dubitato per un attimo dell’identità dei veri colpevoli.

Lavi osserva con uno sguardo d’odio Tyki Mikk che ruba la Pluffa a uno dei Cacciatori sostituti e si lancia di nuovo verso i tre anelli dorati, pronto a conquistare altri dieci punti.

Ma Lenalee riesce a bloccarlo in tempo, e una volta che la palla rossa è sicura nella sua stretta, la ragazza scansa agilmente i Cacciatori avversari e si dirige verso il Portiere dei Serpeverde – uno strano ragazzo: gira la voce che sia un Legilimens, ma Lavi sospetta sia l’ennesimo tentativo dei Noah di incutere timore tra gli studenti. Nessuno è un Legilimens a sedici anni.

Uno dei due gemelli di Serpeverde scaglia con forza un Bolide verso Lenalee, ma Kanda lo intercetta, e con malcelata rabbia lo spedisce con mortale precisione contro Skin Bolic, che barcolla sul suo manico di scopa – Lavi continua a chiedersi che incantesimo usi per impedire a quella scopa di rompersi sotto il suo peso.

Lavi non fa mai molto caso alla voce della cronista, ma quando nell’aria sente uno squittio eccitato che grida il nome di Allen, inizia a cercare il suo amico.

Poi lo vede, che sfreccia sulla sua Nimbus Duemila con il braccio teso in avanti. E davanti a lui c’è l’agognato Boccino, che vola via con rapidità sbattendo le sue alette dorate. Ma vicino, troppo vicino ad Allen c’è Road, che lo marca stretto, pronta a superarlo alla prima occasione.

Lavi sbianca. Se i Serpeverde prendono ora il Boccino, vincono la partita. E Lavi non può permetterlo: non può finire il suo ultimo anno a Hogwarts senza vincere la meritata Coppa. Confida nelle capacità di Allen, che sono di gran lunga superiori alla media, ma anche Road è piuttosto brava, e in più il suo manico di scopa è una cazzutissima Firebolt, e quello può significare molto in momenti come quello.

Sa che dovrebbe occuparsi dei Bolidi, ma la partita potrebbe finire da un secondo all’altro, quindi non è che al momento abbia molta importanza – la verità è che non riesce a staccare gli occhi di dosso ai Cercatori, esattamente come tutti gli spettatori e buona parte dei giocatori.

Allen e Road sono ora spalla contro spalla – Lavi riesce quasi a vedere la concentrazione sul volto di Allen, e il sorriso perverso di Road mentre questa si spinge contro l’altro nel tentativo di allontanarlo a sufficienza dalla traiettoria del Boccino.

All’improvviso, il Boccino devia bruscamente verso il basso, iniziando una discesa in picchiata che termina a poco più di due metri da terra. Allen e Road sono ancora affiancati, e solo la prontezza di Allen nella manovra impedisce alla Firebolt di guadagnare un minimo, pericoloso vantaggio.

Ma Road riprende a spintonare Allen violentemente. Una volta, due volte, e la Firebolt acquista terreno nel rettilineo, mentre Allen rimane ogni momento un poco più indietro.

Road è a pochi centimetri dal Boccino, manca poco perché le sue dita si chiudano intorno a centocinquanta preziosi punti. Sorridendo malignamente, si prepara a dare un ultimo spintone e—

Road è fuori rotta. Paralizzato in mezzo al campo, Lavi guarda col fiato mozzo il volto sgomento della ragazza mentre si rende conto che ha curvato troppo, che il suo spintone non ha incontrato resistenza perché Allen si è schifosamente ribaltato a testa in giù e sotto di lei per poter essere alla stessa distanza dal Boccino, e che ormai—

In un attimo è finita. Dagli spalti esplode un boato fragoroso che inonda l’intero campo di Quidditch. Al microfono, Rou Fa inneggia il nome di Allen come quello di un eroico salvatore, l’intera squadra si butta a capofitto su di lui per acclamarlo e abbracciarlo esultante. Persino Kanda non riesce a trattenere il ghigno vittorioso, mentre atterra e permette a Lenalee di trascinarlo nell’abbraccio di gruppo, o quantomeno avvicinarlo. Nell’entusiasmo generale, i Serpeverde vengono completamente dimenticati – quasi dimenticati, ogni tanto Lavi lancia loro un’occhiata per godere delle facce furibonde e gli insulti che si scambiano a vicenda. Mentre Lavi scende di quota per raggiungere la sua squadra, ancora completamente frastornato dalla vittoria improvvisa, Allen alza lo sguardo su di lui, sventolando in aria il Boccino racchiuso nella sua mano guantata, e gli sorride con tale intensità che il cuore di Lavi gli balza in gola, minacciandolo di esplodere di gioia.

‘Abbiamo vinto, mio Capitano,’ dicono le labbra di Allen, e Lavi alza il pugno in aria, sorridendo come un pazzo. Allen ride, mentre gli altri lo strattonano e lo issano in aria, tra un urlo e l’altro.

Lavi accelera, desideroso di unirsi ai festeggiamenti.  ‘Ho voglia di baciarlo, cazzo,’ pensa.

Ma prima che qualcuno possa notare l’espressione di totale shock scolpita sulla sua faccia o che lui stesso possa chiedersi perché abbia pensato una cosa del genere, un Bolide lo colpisce in piena faccia.

L’ultima cosa che Lavi vede, è il sorriso di Allen pietrificato in una smorfia d’orrore.

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Capitolo 2
*** II. ***


Pronti per la seconda parte? Spero di sì. Sperate che succedano grandi cose? Lo spero anche io. Come spero che la mia abilità nello scrivere fluff non sia raccapricciante come pare a me.

Disclaimer: non mio blahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

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II.

Nell’ultimo tratto del passaggio segreto finiscono la loro scorta di Whisky Incendiario e Lenalee fa Evanescere la bottiglia con successo, suscitando un vago stupore generale – hanno stipulato un patto tempo prima, per cui ogni volta che si ubriacano non devono effettuare incantesimi; in momenti come quelli, ritornano sempre in mente le parole del loro professore di Incantesimi che raccontava anni prima di come il mago Baruffio pronunciò una ‘s’ al posto di una ‘z’ e si ritrovò con un orso sul petto.

Cadono fuori dalla schiena della statua della Strega Orba e prontamente Lenalee, mollando le sue bottiglie a Lavi, ficca le mani nella borsetta.

La faccia inebetita di Allen mentre questi osserva Lenalee frugare alla ricerca del Mantello dell’Invisibilità è inestimabile, ma non come il suo buttarsi a braccia aperte sulla statua della Strega e cominciare a strusciare la guancia contro la pietra farfugliando parole a caso. “Gunhildaaa! Ti voglio tanto bene, davvero, mi disp-hic!-ace per la tua gobba… la mia vita non sarebbe la stessa senza di te! Come farei a far-hic!-e rifornimenti a Mielandia? Vuoi un’Ape Frizzola? Mi ricordi tanto Lavi… Sei una sua parente?”

Lavi rotola sul pavimento guardando con occhi lacrimanti Allen che cerca nelle tasche i rimanenti dei suoi acquisti al negozio di dolci, e ride il più silenziosamente possibile mentre Lenalee tenta di staccare Allen dalla statua e buttargli sopra il Mantello.

Lavi non è molto d’aiuto, si rende conto quando Allen comincia a stappare l’ennesima bottiglia di Burrobirra affermando che dovrebbero offrirla alle armature. Il sorvegliante e la sua stupida gatta potrebbero arrivare da un momento all’altro, attirati dagli schiamazzi. Quindi si tira su, con uno sforzo immenso da parte delle sue gambe barcollanti, e aiuta Lenalee.

Procedono con passo dolorosamente lento, stando a fatica sotto il Mantello; i loro piedi camminano apparentemente senza padroni lungo i corridoi bui del castello. Ripensandoci poi da sobrio, Lavi si chiederà come hanno fatto ad arrivare alla Sala Comune senza essere scoperti, tra la loquacità rumorosa di Allen e le risate sue e di Lenalee. La Signora Grassa li fa entrare di malavoglia e occorrono numerosi tentativi per issarsi nel buco dietro al quadro e attraversarlo – a un certo punto Allen decide che strisciare sui gomiti e rotolare in orizzontale è più facile che camminare.

All’interno della Sala, seduto su una delle morbide poltrone rosse vicino al camino, Kanda li attende con le braccia incrociate, guardandoli torvo.

“Quanto cazzo avete bevuto?” chiede secco.

Lavi tenta un breve calcolo sulle sue dita, ma quando queste cominciano impietosamente a moltiplicarsi davanti ai suoi occhi, rinuncia.

“Un po’,” risponde laconico.

“Ci sono sempre state così tanti caminetti in questa stanza?” chiede Allen.

Kanda sbuffa, si alza e va ad aiutare Lenalee, che sembra affascinata dall’elasticità delle guance di Allen e continua ad allargarle verso l’esterno.

Eeeehi, bel ragazzooo!” esclama Lenalee quando Kanda le mette le mani sui fianchi per sorreggerla. “Non sai cosa ti sei perso, haha… Lavi… e Allen è andato haha… a sbattere hahaha” e non finisce mai la frase, colta da una serie di risolini isterici che la fanno piegare in due.

Kanda!” tuona Allen dal nulla – e Lavi vagamente pensa che forse dovrebbero abbassare i toni, ma poi comincia a ridere anche lui e se ne dimentica.

Kanda non risponde, si limita a fissarlo con diffidenza.

“Sei un totale idiota, però hai dei bei, bei capelli,” biascica il ragazzo, con un tono di voce così sicuro di sé che Lavi si ritrova a domandarsi con serietà se dei bei capelli possano davvero compensare per ogni altro difetto – si risponde che probabilmente Allen ha ragione, e che deve assolutamente rubare lo shampoo di Kanda.

Kanda ha palesemente l’espressione interdetta di chi non sa se prendersela o essere imbarazzato.

Giààà…” miagola Lenalee, con la stessa convinzione, cominciando ad accarezzare con ammirazione i capelli neri e lunghi di Kanda con le sue dita affusolate.

“Posso toccarli anch’io?” chiede Allen, e Kanda è costretto a voltarsi e trascinare Lenalee con sé ai piedi della torre delle ragazze per nascondere il suo imbarazzo – o non dare luogo a una strage, Lavi non sa dirlo.

NO, stupido scemo—ma che cazzo Lavi, portalo a letto, ora!”

Lavi ride sguaiatamente mentre fa passare un braccio di Allen sulle proprie spalle.

Entusiasta, Lenalee scuote freneticamente una mano. “Ciao Allen, ciao Lavi!”

Lavi trascina Allen a fatica lungo le scale a chiocciola del dormitorio dei maschi, e Allen non aiuta minimamente.

“Sai, Lavi,” dice il ragazzo, lasciandosi andare ancora di più a peso morto su Lavi, “penso che Debitto sia un demente. Come punizione avrebbero dovuto spedire un Bolide contro la sua faccia, e rifiutarsi di portarlo in Infermeria. Lasciarlo lì, a sanguinare… e soffrire e cose così.”

Lavi ridacchia, prima di mettere male un piede su uno scalino e rischiare di rotolare giù dalla rampa per diversi metri in verticale. Afferra il corrimano per un pelo, e stupefacentemente ritrova l’equilibrio. Allen non si accorge di nulla, e continua a fissare il vuoto davanti a sé con spropositato interesse.

“Beh, Allen, hahaha, grazie per tenere alla… integrità della mia faccia.”

Sono finalmente davanti alla porta della camerata di Allen, e Lavi cerca di ripristinare l’uso delle gambe dell’altro. “Allen, siamo arrivati. Da qui devi fare silenzio, okay? Ci sono gli altri che dormono…” farfuglia, ritrovando nella sua testa quel minimo di razionalità che non è stata completamente annebbiata dall’alcool.

Mentre Lavi riprende il respiro, Allen sta in piedi, fermo, appoggiato contro il muro, e guarda Lavi dritto nel suo unico occhio. “Mi piace la tua faccia, Lavi.”

Lavi non riesce a parlare. Non riesce neanche a smettere di fissare gli occhi grigi di Allen, che non sembrano mettere adeguatamente a fuoco il mondo. Allen li chiude, e Lavi non sa bene come interrompere il silenzio. Non si ricorda perché, esattamente, si sono fermati.

La sua mente cerca di ricordargli qualcosa e fargliene capire un’altra, ma il mal di testa minaccia improvvisamente di prendere il soppravvento.

“Mi piace la tua faccia,” ripete Allen ancora ad occhi chiusi, e l’istante dopo le sue ginocchia cedono e lui cade pesantemente a terra, con la testa reclinata in avanti e le gambe in angolazioni innaturali.

“Oddio, haha, Alleeen, alzati su!” ride Lavi, mentre apre la porta e cerca di tirare su Allen. Nella stanza regna il silenzio, se non per un lieve russare di sottofondo. La parlantina di Allen non costituisce più un problema, in quanto il ragazzo sembra essere sprofondato in una sorta di coma etilico senza possibilità di ritorno. Lavi lo lancia con poca grazia sul letto a baldacchino, ma Allen non fa una piega. Con lo sguardo cerca il suo pigiama, ma si rende conto che anche se lo trovasse non avrebbe le forze per metterglielo, quindi si limita ad accomodare il suo amico alla bell’e meglio sulle coperte rosse.

Senza più forze, Lavi si affloscia a sedere di fianco a lui e rimane zitto, a contemplarlo.

Non è mai stato un poeta, e continuerà a non esserlo per il resto della sua vita, ma quella sera dev’essere un’eccezione, perché non può fare a meno di pensare che Allen sembri un bizzarro angioletto, con quella sua aria indifesa, i suoi capelli bianchi disordinati che si stagliano contro le guance arrossate e la cicatrice a pentacolo sulla fronte – e trova affascinante il fatto che, da sveglio, Allen sia tremendamente lontano dall’essere innocente e indifeso come appare ora.

Solo dopo quello che ritiene sia qualche intero minuto, si accorge di essersi pericolosamente avvicinato al suo viso, mani piantate ognuna a un lato della sua testa; quasi può contare le ciglia chiare di Allen, e sente l’odore di alcool uscire in lenti sospiri dalle sue labbra appena dischiuse. Ma non ci fa molto caso, nel momento in cui chiude la distanza tra la sua bocca e quella di Allen.

È un singolo attimo quello in cui le loro labbra si sfiorano e il cervello di Lavi chiude i battenti, eppure Lavi è costretto ad ammettere che la storia dei fuochi d’artificio forse non è una triste invenzione di persone affette da disturbi mentali, come ha sempre creduto.

Allen rimane profondamente addormentato, e Lavi ne approfitta per catapultarsi in un lampo fuori dalla stanza che all’improvviso è diventata soffocante, e fiondarsi nella sua, sperando vivamente che nessuno sia stato svegliato dal violento martellare del suo cuore contro il petto.

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Capitolo 3
*** III. ***


EEEE quanto è stata dura sta terza parte, lol, l’introspezione è una brutta bestia! Odio questo capitolo con tutto il mio cuore, ma grazie al cielo sarà l’unico così pseudo-serioso çWç ! La cosa positiva? Che il prossimo capitolo è pressoché finito. Comunque ho realizzato solo dopo aver postato il secondo capitolo che qualcuno che non ha letto i libri poteva non aver capito qualcosa. In pratica la statua della Strega Orba è uno dei passaggi che conducono ad Hogsmeade, dove appunto ci sono Mielandia, la Testa di Porco e i Tre Manici di Scopa (dove teoricamente hanno preso la roba da bere). Inoltre, come si dirà implicitamente in questo capitolo, Lavi è del settimo anno come Kanda, mentre Allen e Lenalee (e Fou) sono del quinto.
Questo è il capitolo che parla di Aritmanzia. Quindi se non ricordate quello che vi dissi, andate a rileggervi l’intro del primo capitolo xD E la tabella per calcolare i numeri del carattere, cuore, e sociale la potete trovare dovunque, anche su wikipedia (se volete dilettarvi nello scoprire qual è il VOSTRO numero del carattere :D In base a quello potete teoricamente avere una descrizione della vostra natura poiché ogni numero ha un significato proprio). Ah, i MAGO sono gli esami del settimo anno.

Disclaimer: non mio blahblahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

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III.

Lavi è irrequieto.

Tutti lo possono vedere, dal modo in cui, da un’intera settimana, Lavi si sistema la bandana così tante volte che sono certi di intravedere i segni di un precoce scolorimento del tessuto, arricciola una ciocca di capelli rossi attorno all’indice così spesso che è un miracolo che quella ciocca non si sia ancora staccata dal cuoio capelluto, tira e stuzzica l’elastico della benda sull’occhio con tale regolarità che gli è rimasto impresso un segno evidente lungo la fronte. Per non parlare degli insoliti silenzi in cui sprofonda senza accorgersi di quello che succede intorno a lui – e lì capiscono che si tratta di qualcosa di serio, perché Lavi non perde mai, mai, l’occasione di fare del sarcasmo.

Grazie al cielo, pensa Lavi mentre nota vagamente Allen che lo guarda stranito con la bocca straripante di pollo arrosto e Lenalee che lo osserva sospettosa di sottecchi, non riescono a capire con la stessa facilità cosa esattamente lo stia turbando.

La verità è che Lavi è convinto di stare lentamente impazzendo. Non è bastato che abbia pensato di baciare il suo migliore amico al termine di una gloriosa partita di Quidditch vinta grazie a quest’ultimo, ma dopo tre giorni il suo cervello, a quanto pare, va in tilt e lui lo bacia per davvero. E per quanto a Lavi non sfugga l’estrema coerenza logica in tale successione di eventi, questi non può ignorare invece la profonda contraddizione tra le sue azioni e il suo concetto di ‘migliore amico’.

Non pensa che Allen possa davvero piacergli. Sono cinque anni che lo conosce, e sarebbe quantomeno stupido se lui si fosse accorto solo ora, al tramonto della sua carriera scolastica, di provare qualcosa di più, e peraltro solo in seguito a una partita di Quidditch – non è così cieco. Per non parlare delle numerose ragazze che ha avuto in quei sette anni. Una più bella dell’altra, a suo parere. Non che possa dire di aver avuto una storia seria con qualcuna di loro, ma sempre ragazze erano, con tutti i tipici connotati di una femmina presenti. È anche vero che nessuna è mai riuscita a prendere il posto di Allen – tra una serata con i suoi amici o con una delle sue ragazze, la maggior parte della volte ha scelto la prima opzione senza soffermarsi troppo sulla questione.

Ma rimane il problema che le ragazze gli piacciono. Gli piace parlarci, baciarle, toccarle e… occasionalmente farci ulteriori cose. Quindi, si convince, mentre lancia uno sguardo deciso alle patate lesse che popolano il suo piatto, a lui non piace Allen. È stata l’eccitazione della vittoria a fargli pensare una cosa così innaturale, e l’ebbrezza provocata dal Whisky Incendiario a spingerlo immotivatamente a—

L’impatto della sua fronte contro il legno del tavolo non passa inosservato.

“Allen, puoi gentilmente riferire a Lavi di smettere di tentare di lasciare il segno del suo passaggio sul tavolo dei Grifondoro? Sarebbe carino da parte sua,” dice Lenalee con voce inquietantemente calma, mentre aggredisce con eccessiva violenza la sua fetta di pane con i denti.

“Già, Lavi,” concorda Allen con finta noncuranza, come se ormai si fosse abituato a quella scena, “questa volta hai mancato di poco il piatto.”

“Ha ragione, per una volta,” borbotta Kanda.

“Perché non ci dici una volta per tutte cosa c’è che non va in quella tua stupida testa?” chiede Fou stizzita, grattandosi la guancia e giocherellando con il cibo nel suo piatto. “È una settimana che sei così. E non ci dici il perché.”

Allen gli lancia un’occhiata d’avvertimento, che Lavi comprende subito: non gli fa piacere vedere Fou o Lenalee frustrate a causa della stupidità di un qualcuno che ha un problema ma si rifiuta di confidarsi con i suoi amici. E Lavi può scorgere nei suoi occhi lo stesso dispiacere che ormai sta procurando all’intero gruppo; il dolore di essere lasciati all’oscuro, il timore di non godere di sufficiente fiducia.

Quando Lavi guarda Allen in questi giorni, l’unica cosa che vede scritta chiaramente nei suoi occhi grigi è ‘per favore, dimmi qualcosa’.

Lavi sente una violenta stretta al petto, la bocca dello stomaco gli si chiude di colpo in una morsa dolorosa e le patate nel suo piatto non sembrano più così invitanti.

Per un attimo, per un solo attimo, pensa di scusarsi e di raccontare ad Allen tutto. Della partita, del bacio rubato, dei dubbi, di come in fondo sia colpa sua…

Si ferma un attimo, con il cuore, colto da un’improvvisa furia, che gli batte all’impazzata, lo sguardo fisso sui lineamenti del suo migliore amico. Ad un tratto l’espressione ferita di Allen gli dà fastidio, gli sembra immotivata ed egoistica, e tutto quello che desidera è mollargli un pugno dritto in faccia, perché in fondo è davvero solo colpa sua

E come’è venuta, in un battito di ciglia la rabbia se ne va, lasciando dentro di lui un senso di spossatezza, tanto psicologica quanto fisica.

Lavi sospira. “Mi dispiace. È solo che…” comincia, prima che la sua attenzione venga spietatamente catalizzata dalle labbra di Allen, con gli angoli della bocca tesi verso il basso e il labbro inferiore leggermente arricciato all’infuori in una specie di broncio infantile. In quel momento, Lavi realizza che non sarebbe un’idea malvagia quella di verificare se sono davvero così morbide come gli sono sembrate la prima volta—

Il palmo della mano che si sbatte in faccia bruscamente non fa più male come le prime volte. Immagina che debba essersi formato una sorta di strato di pelle anestetizzato sulla sua faccia, dopo quella settimana. Comincia inoltre a sospettare di soffrire di bipolarità.

“La vuoi smettere?” sibila Allen. “È tutta la settimana che fai così, e comincia a diventare davvero seccante. Giuro che si inizia a scorgere l’impronta delle dita sulla tua fronte, e se tu la smettessi e semplicemente—”

“È perché ti piace la mia faccia?” lo interrompe Lavi quasi involontariamente. Non avrebbe davvero voluto dire una cosa del genere, e quasi spera che Allen non lo abbia sentito, o vada avanti facendo finta che lui non abbia aperto bocca.

Ma ormai il danno è fatto, e l’espressione di Allen è più scettica che confusa. “Cosa?”

Lavi prende un respiro profondo, e fa finta di non notare la testa di Lenalee che scatta sull’attenti. “Vuoi che smetta perché ti piace la mia faccia,” elabora, e si accorge di stare probabilmente suonando come un moccioso che tenta di difendere una sua teoria a cui nessun adulto crede, e che non riesce a comprendere il motivo di questa sua deviazione dal discorso principale.

E allora succede qualcosa di strano, perché Allen si fa più piccolo e il suo tono di voce si indurisce, proprio come fa quando si sente messo all’angolo. Lavi ha il sentore che qualcosa gli sfugga.

“Non ho mai detto questo,” dice Allen, fissandolo negli occhi con una serietà che intimorisce Lavi, ma ormai il rosso non riesce a impedire alle parole di sgorgargli dalla bocca.

“Sì che l’hai detto,” afferma cocciutamente.

“No.”

“Sì. Tre giorni fa.”

Non serve che aggiunga ‘Quando eri ubriaco, perché dopo un attimo tutti sembrano già aver svolto mentalmente il calcolo ed essere arrivati alla conclusione che sta parlando di quella precisa notte.

Allen non smette di guardarlo come se avesse appena sventato un grave tradimento, e sembra di non accorgersi degli sguardi inquisitori che le ragazze gli puntano contro. “Non ricordo di aver detto una cosa del genere. Perché avrei dovuto dirlo, poi.”

Lavi sbuffa, fingendo una beffardaggine che in quel momento non sente propria. “Si dice che il Whisky Incendiario sia il Veritaserum dei poveri.”

E mentre la sua stessa frase gli si ritorce contro, muta e accusatoria, e lo fa  sentire per la prima volta davvero consapevole di quello che ha fatto tre giorni prima, il silenzio scende sul loro angolo di tavolo. Lavi non può fare a meno di accoglierlo con sollievo, perché probabilmente il nodo che ha in gola gli avrebbe impedito di proferire parola. Allen lo fissa in cagnesco, e Lenalee e Fou continuano a spostare lo sguardo dall’uno all’altro con l’aria di chi è convinto di essersi perso una parte fondamentale dell’intreccio della vicenda.

“Volete piantarla entrambi?” ringhia Kanda come dal nulla, riscuotendo tutti dal loro universo personale. Gli altri si girano verso di lui, stupiti, ma lui si limita a prendere un’ulteriore boccone del suo cibo.

Lavi fa schioccare la lingua, profondamente irritato – non sa se a causa di Allen e di se stesso. “Bene.” Getta la forchetta sul piatto e si alza di scatto, evitando con accuratezza di incrociare lo sguardo ferito di Allen che, è sicuro, lo farebbe tornare sui suoi passi – e ora non può permettersi un tale intaccamento nel già pericolante pilastro del suo orgoglio.

“Forse sono i M.A.G.O.,” sente Fou sussurrare dietro di sé ad Allen, in un magro tentativo di consolazione, ma quando Allen le risponde, Lavi è già fuori dalle porte della Sala Grande.

Non c’è un posto in cui Lavi si senta più al sicuro che nell’immensa biblioteca della scuola. Il silenzio, i libri e l’odore di pergamene vecchie contribuiscono sempre ad alleviare le sue preoccupazioni e a stendere i suoi nervi.

Questa volta, però, neanche la calma che regna nella biblioteca sono sufficienti a sedare il turbinio incessante di pensieri che minacciano di spedirlo in Infermeria con un’emicrania lancinante.

Dopo aver scelto un volume da uno scaffale vicino al Reparto Proibito, si lascia cadere pesantemente su una sedia e comincia a leggiucchiare paragrafi a caso.

Quello di cui Lavi è certo è che non può continuare così: non sta rovinando le giornate solo a se stesso, ma anche ai suoi amici. Il viso frustrato di Fou e quello innaturalmente gelido di Lenalee continuano a comparire sulle pagine del libro che ha davanti, stampate sopra parole inchiostrate che non riesce a leggere. Persino Kanda sembra un po’ turbato dall’atmosfera nel gruppo.

E, con spudorata regolarità fin da tre giorni prima, non manca di delinearsi nella sua mente, con nitida e sconvolgente chiarezza, l’immagine di Allen sdraiato sul letto, addormentato e con le guance arrossate. E affiancata a quella, l’esatta riproduzione di quel suo sorriso a fine partita che, come purtroppo ricorda bene, gli aveva fatto saltare il cuore nel petto, e non accenna a dissiparsi anche per un solo secondo.

Continua a ripetersi le stesse cose che ha pensato nella Sala Grande – di come a lui piacciano le ragazze, di come sia stata l’eccitazione del momento, l’eccitazione! –, ma nel silenzio impietoso della biblioteca ha la spiacevole sensazione di starsi ingannando da solo.

Lavi non sa davvero cosa fare, e non riuscendo a parlarne con nessuno o a trovare una soluzione da solo, si affida all’unica cosa che lo possa rincuorare in quel momento.

L’Aritmanzia è una disciplina curiosa, affascinante, e Lavi sa che è una materia su cui non dovrebbe fare completo affidamento. Eppure lo rassicura cercare risposte in quel modo.

Ricorda perfettamente il paragrafo del suo libro in cui si spiega come molte persone vogliono assicurarsi di aver incontrato la propria anima gemella calcolando la loro possibile sintonia tramite l’Aritmanzia: le cose i cui nomi danno un numero corrispondente al proprio ‘numero del carattere’ dovrebbero trovarsi più in sintonia naturale tra di loro.

Ha già fatto gli opportuni calcoli su se stesso, e ricorda bene che il suo ‘numero del carattere’ risulta essere sette. Con l’apporto degli elementi legati agli altri due numeri fondamentali, quello del cuore e quello sociale – nel suo caso un cinque e un due – era venuta fuori una descrizione di se stesso stupefacentemente veritiera.

Mentre continua a sfogliare distrattamente le pagine ingiallite del libro, mentalmente calcola il ‘numero del carattere’ di Allen, e prega silenziosamente che questo non sia un sette.

Il risultato è alla fine un sei, il numero perfetto. Più precisamente, un sei, e due tre.

La prima cosa che pensa è che sia terribilmente vicino al suo numero. Solo una cifra, solo una ‘A’ in più nel suo nome, e le sicurezze di Lavi sarebbero crollate.

Questo significa che Allen, in base all’interpretazione dei numeri data dal suo libro, dovrebbe essere una persona leale e affidabile, che si adatta facilmente, ma possibilmente incline al pettegolezzo e all’autocompiacimento. Una persona integra, talentuosa, energica, con uno spiccato senso dell’umorismo e una certa facilità nello sviluppo dei rapporti interpersonali. Fortunata, tollerante, con possibilità di grande successo, occasionalmente dispersiva… eccetera, eccetera, eccetera.

Fa finta di non avvertire la punta di delusione che gli stringe in cuore e ignora la sensazione che la descrizione di Allen non sia completa, precisa, e che qualcosa sia fuori posto nel quadro di perfezione generale. Sorride tra sé e sé, invece, pensando che lui e Allen non abbiano la sintonia necessaria per essere qualcosa di più, e ignorando cautamente le parole del suo professore e del libro stesso che più volte ripetono che molti più elementi occorrono per stabilire un’impossibilità del genere. Per ora, Lavi la ritiene una prova sufficiente.

Per un solo numero, Lavi decreta che lui e Allen non saranno mai niente di più che buoni amici.

Okay, finisce qui,’ pensa Lavi, chiudendo il libro con un tonfo e sentendo i muscoli delle proprie spalle rilassarsi lentamente. ‘Tornerò dagli altri e spiegherò che ero preoccupato per i M.A.G.O. Allen non saprà nulla. Da oggi ritornerà tutto alla normalità. Io e Allen siamo amici, e io sono stato soltanto uno stupido.

Si alza dalla sua sedia, con il cuore più leggero al pensiero che Allen accetterà bonario le sue scuse e tornerà a sorridergli come sempre.

E la faccenda si conclude lì.

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Capitolo 4
*** IV. ***


Bene, boh, a quanto pare l’ultimo capitolo non è stato un completo fail introspettivo quindi mi sento relativamente motivata ad andare avanti >:I ! Dai che ce la faccio a finire almeno una multichaptered LOL. Capitolo sciallo e pseudo corto (la lunghezza del terzo era un errore di sistema, dovrebbero essere tutti più corti çOç !), pieno di minchiate e che, se non fosse chiaro, avviene due settimane dopo l’ultimo capitolo. Scusate molto per l’innaturale sovrabbondanza di dialoghi :I Non mi piace molto l’inizio, magari più in là lo riscrivo? Buona lettura? Okay? Eh?

Ah, oddio! Due cosette: 1. Per chi non ha letto i libri, le Puffole Pigmee sono degli animaletti pelosi e dolcissimi che si possono comprare a Diagon Alley; 2. Ora ho un atroce dubbio, e non ricordo se il detto dell’elefante nella stanza è solo inglese o anche italiano. In ogni caso, “non vedere/ignorare l’elefante nella stanza” vuol dire non vedere/rifiutarsi di vedere una cosa assolutamente palese che tutti potrebbero notare. Lo dico perché in questo capitolo ci si gioca abbastanza sopra :I

Disclaimer: non mio blahblahblahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

.

IV.

Poi di fatto non si conclude proprio .

La demoniaca ‘follia adolescenziale’ da cui è affetto, come Lavi preferisce chiamare quella sensazione di oppressione che sente nel petto ogni volta che guarda Allen e ripensa alle settimane passate, risulta pressoché incontrollabile.

Diventa più facile fingere dopo due settimane, con gli altri e con se stesso, e il metaforico elefante frapposto costantemente tra lui e Allen continua ad essere efficacemente ignorato.

Non sa se i suoi amici abbiano creduto alla scusa dei M.A.G.O. – non suonava così irreale, in fondo –, ma in un caso o nell’altro, tutti l’hanno perdonato.

Ma, seppure le cose siano ritornate a com’erano prima della partita, Lavi si sente in colpa, e non riesce a trovare altra spiegazione a questo sentimento se non il presentimento che almeno Allen vi abbia visto attraverso; che abbia capito che la faccenda dei M.A.G.O. è solo una copertura per un problema più grave, che anche lui veda chiaramente l’immenso elefante che li divide. E lo fa sentire in colpa pensare che Allen abbia deciso di ignorare quell’elefante perché lui ha voluto ignorarlo.

Ormai sono troppo cresciuti per potersi nascondere sotto il Mantello dell’Invisibilità in tre, tantomeno in cinque. Ma Lavi e Lenalee sanno effettuare dei buoni Incantesimi di Disillusione, e di conseguenza il viaggio fino al seminterrato si rivela salvo.

Allen allunga un dito per solleticare le lisce curve della pera dipinta, che tra un risolino e l’altro si dimena e scopre l’ingresso alle cucine.

All’interno della grande sala gli elfi domestici sono in costante fermento nonostante l’ora tarda. Maneggiano fuochi con attizzatoi e zigzagano tra i quattro lunghi tavoli trasportando con sorprendente agilità pentole e calderoni pieni da un lato all’altro della stanza; ma abbandonano subito i loro impegni appena vedono il gruppo di ragazzi entrare con passo felpato e dirigersi con modestia verso il solito angolo del lungo tavolo che si trova esattamente sotto quello dei Grifondoro.

È da tempo diventato una tradizione, il party notturno nelle cucine della scuola. Una volta al mese, escono dalle loro stanze e passano gran parte della notte a farsi rimpinzare fino allo sfinimento dagli elfi, che non negano loro niente e garantiscono sempre un’accoglienza da re – Allen adora queste serate, più di quanto adori Mielandia, e non è dire poco. D’altronde, qui il cibo è gratis.

Quella notte, Lavi si diverte così tanto da dimenticare completamente tutti i problemi che lo assillano in quelle settimane. Mangiano fino a scoppiare le prelibatezze che gli elfi offrono loro con sguardi di gioia pura su vassoi d’argento e in pentole di rame. Lenalee ride, Kanda impreca, Fou schernisce, Allen mangia, e Lavi non pensa assolutamente a nulla. Probabilmente, nota osservando con un sorriso gli amici sazi e rilassati, la nottata ha lo stesso effetto anche sugli altri.

Fino a che non arriva il momento del tè.

“Okay,” esordisce Allen scostando i piatti vuoti di zuppa inglese da davanti a sé e levando in aria la sua tazzina da tè in un gesto significativo, “penso sia ora di un po’ di sana Tasseomanzia.”

“L’ultima volta Kanda è stato il Lettore, quindi tocca a lui iniziare,” ricorda Lenalee, prima di avvicinarsi a Allen e dirgli con tono serio e confidenziale, ma a voce abbastanza alta perché tutti sentano: “Predicigli qualcosa di cruento, possibilmente. Stamattina ha apertamente insultato Komurin solo perché gli piace l’odore dei suoi capelli.”

Allen porta una mano davanti alla bocca con teatralità, e prorompe in un urletto scandalizzato. “Come hai potuto, idioKanda,” lo accusa, portandosi la mano al cuore con espressione sofferente.

“L’hai fatta grossa, amico,” infierisce Lavi, contrito, posando una mano sulla spalla dell’altro in un segno di rincuoramento. “Quella Puffola Pigmea è sacra, ha più alleati del Conte del Millennio. E i suoi alleati sono perlopiù ragazze, giovani adolescenti, che sanno essere peggio di un branco di Mangiamorte assetati di sangue.”

Kanda sbuffa sonoramente e fa schioccare la lingua. “Tch, quel coso non ha ancora capito quali sono i suoi limiti,” grugnisce scontroso, inchiodando Allen con uno sguardo omicida. “Vuoi muoverti o no?”

Ma Allen ha ormai sviluppato un anticorpo che lo protegge dall’intento omicida di Kanda – o forse è solo pazzo e non si rende conto dell’effettivo pericolo che corre, ragiona Lavi –, e con un sorriso maligno che non predice nulla di buono, si alza per strappare la tazza di Kanda dalle mani del proprietario.

Dopo aver svolto il ben conosciuto rituale necessario per la lettura del futuro, Allen scruta l’interno della tazza con studiata diffidenza.

“Bene bene bene,” Allen comincia con una voce velata e rauca da vecchietta centenaria, una fedele riproduzione di quella della loro insegnante di Divinazione, “cosa vedo qui?”

Lenalee e Fou ridacchiano, divertite dall’interpretazione, e Lavi si allontana impercettibilmente da Kanda, spinto da un inconscio istinto di sopravvivenza.

“Vedo un frutto… un chicco d’uva, forse… No, aspetta,” si interrompe Allen abbandonando il falsetto, “il chicco non significa ‘periodo lieto con gli amici’? Forse è un po’ troppo irreale. Facciamo che è una ghianda…

“Vuoi che ti appenda per una caviglia al soffitto, mammoletta?” ringhia Kanda minaccioso.

“Mi chiamo Allen e—che problema c’è, ti sto augurando buona salute! Godrai di ottima salute, forse grazie alla caduta di ghiande propizie sulla tua testa in questi giorni, ma… qui c’è un palo. No, è un’asta, con issata una bandiera… Assistente, mi aiuti nell’interpretazione.”

“Stronzate. Ti sei studiato il libro a memoria apposta per questo,” grugnisce Kanda.

Allen aggrotta la fronte, e se Lavi non sapesse che sta fingendo, crederebbe davvero alla sua espressione indignata.

“Non osare parlare con quel tono a una persona che spreca forze fisiche e psicologiche per prevedere la tua sorte, Kanda. Io ti sto aiutando.”

Lenalee apre il suo libro di Divinazione e sfoglia le pagine, scorrendo tra le righe alla ricerca della parola giusta. “Ecco,” indica picchiettando la pagina con l’indice, “significa ‘pericolo’.”

Kanda sospira. “Che avevo detto?”

“C’è una Puffola Pigmea nelle vicinanze della bandiera?” chiede Lavi, ignorando con difficoltà l’occhiata cattiva di Kanda.

Allen scuote la testa, “No. Ma c’è un pugnale, che va persino meglio. Bene, Kanda, mi duole moltissimo informarti che una catastrofe si sta per abbattere sulla tua già misera esistenza. Ma sfortunatamente, penso che sfuggirai a questa, perché qui di fianco al pugnale c’è un canguro…

Lavi allunga il collo verso di lui. “Allen, voglio assolutamente vedere anche io. Non ho mai visto un canguro in una tazza da tè. Dev’essere una vista epica.”

“Non è permesso guardare nelle tazze, a meno che non si sia il Lettore,” puntualizza Fou con un ghigno.

“Come cristo puoi dire che è uno stupido canguro?” domanda Kanda irritato. “Io vedo sempre e solo strisce di foglie sporche. Cosa significa, che me ne andrò in Australia?”

La palpebra destra di Allen si contrae in un tic ripetuto, mentre questi alza la testa verso il moro. “No, vuol dire che farai un viaggio inatteso molto lungo, per sfuggire a quel pericolo mortale, e—”

“E dove, se posso sapere?”

Allen gli sorride con esagerata gentilezza. “Nell’esotica Landa del Vaff—

“BENE, penso che ora sia il momento della mia lettura, Allen!” esclama Lavi concitato, strappando ad Allen la tazza di Kanda e ficcandogli bruscamente nelle mani la sua. “Vai, vai!”

E in un mentre carico di sibilante intento omicida in cui Lavi sorride raggiante per compensare i cipigli rabbiosi e Lenalee accarezza la mano di Kanda con l’intenzione di sedare il suo desiderio di sangue, tutti osservano silenziosamente Allen capovolgere la tazza sul piattino, dare tre colpetti leggeri e risollevarla lentamente.

“Bene bene bene,” ricomincia il ragazzo, e Lavi appoggia il mento sul palmo della mano, ghignando in attesa della sua lettura, che – se lo sente dentro – sarà molto più luminosa di quella di Kanda.

 “Vicino al bordo sembra esserci… una piccola chitarra sbilenca…” annuncia Allen con fare grave, osservando attentamente le foglie del tè.

“Una chitarra,” ripete Kanda in tono piatto.

“Sì, significa ‘innamoramento in vista’,” spiega Lenalee eccitata, sfogliando febbrilmente le pagine del libro.

È solo quando Fou si lascia scappare un risolino di scherno che Lavi viene colto da un’irrazionale ansia. Ancora con il mento sulla mano e l’occhio vitreo puntato sulla sua tazza, sente distintamente il suo sorriso spezzarsi in una smorfia indecifrabile. Per un attimo, avverte i suoi muscoli che si tendono a causa dell’impulso di scattare, togliere ad Allen la tazza e lanciarla contro il muro in modo che si riduca in migliaia di piccoli frammenti – illeggibili.

Non sa dire se è un bene o un male che nessuno si sia accorto della sua improvvisa mancanza di gioia, perché Allen continua. “Ottimo, ottimo… Stai per innamorarti, mio caro ragazzo…” fa petulante, “Ma qui? C’è un cane… un cane con delle… alucce aperte… Questo significa che ci sarà una novità! Una novità tra i tuoi fedeli amici… Forse legata a quell’innamoramento? Un nuovo amore sboccerà tra amici?”

Le ragazze levano un prolungato ‘oooh’ sognante, e Lavi deglutisce con vigore nella speranza di coprire il rumore dei battiti del suo cuore.

“Mi sembra che con Chomesuke tu abbia ripreso ad andare molto d’accordo, Lavi…” lo stuzzica Fou, e Lenalee ridacchia con malizia.

Già…” cerca di rispondere Lavi, che spera sia passato inosservato il ritorno del tic della ciocca di capelli.

Allen continua, quasi ignorando i loro interventi. “Ma vedo delle grosse nuvole sulle pareti che adombrano il cambiamento, questo vuol dire che sei afflitto da un profondo dubbio… Ma non preoccuparti, perché oltre a queste nuvole spiccano i contorni di una farfalla; la felicità ti attende, piccolo mio…

Con il respiro mozzo, Lavi fissa Allen, senza davvero vedere la sua faccia, il suo sorriso malizioso e i suoi occhi che lo osservano attenti da sopra la tazza.

Per un attimo, pensa che Allen sappia tutto: cosa l’ha tormentato tanto da causare un litigio tra di loro due settimane prima – e che, Lavi fatica ad ammettere, lo tormenta segretamente tuttora –, cosa è successo quella notte in cui erano ubriachi, cosa ha pensato quando erano nel campo da Quidditch; Lavi si immagina in un momento di terrore che la pelle grigiastra di quell’immenso elefante che anche Allen vede sia adornata dalla scritta ‘Lo sai che ti ho baciato l’altra notte?’.

Ma non può essere. Non crede che Allen sia stupido, ma semplicemente Allen non coglie mai queste cose. Sa riconoscere una persona falsa, una persona simpatica, una persona fedele, ma non una persona innamorata. Non ha capito di piacere alla cronista di Tassorosso, quando questa gli ha regalato per il suo compleanno una scatola da trenta Cioccorane, un leccalecca a forma di cuore di Mielandia e un mazzo di carte da gioco; o quando a Natale una ragazzina di Corvonero sbucata dal nulla gli ha consegnato una lettera rosa di auguri e una vaschetta di gelato di Florian. Non si è mai accorto nemmeno della cotta che Fou ha avuto per lui i primi due anni di scuola. ‘Sono gentili, vero?’ commenta sempre Allen a qualsiasi manifestazione d’affetto. Lavi non si è mai preso la briga di correggerlo con un ‘Sono innamorate.

Perciò perché, se Allen non riesce ad accorgersi delle cose palesi, dovrebbe aver notato il suo lieve interesse per le sue labbra negli ultimi tempi, la sua agitazione nello stargli vicino, la sua ansia nel parlargli, la sua attenzione per ogni cosa che dice, e ogni cosa che fa?

Quindi la predizione dev’essere solo una coincidenza. Allen se la sta inventando sul momento, oppure sta cercando di farlo mettere con qualcuna delle sue amiche—è comunque una coincidenza.

…O forse no. Forse, pensa Lavi con un brivido, quasi non credendo ai suoi stessi pensieri, la predizione è vera. Forse la sua tazza sta cercando di riaffermare quello che l’Aritmanzia gli ha negato.

(Fino a qualche settimana prima Lavi avrebbe giurato di non essere una persona superstiziosa, o che si affida ciecamente alla Divinazione. Ma dopo gli ultimi avvenimenti, inizia a domandarsi se qualcuno non abbia sostituito il suo cervello con quello della loro professoressa di Divinazione durante la notte).

“Aspetta, ma perché è così felice il suo futuro?” obietta Fou. “Io e Kanda ci becchiamo sempre le morti truculente o le catastrofi. Non è giusto. Anche io voglio le farfalle nella mia tazza,” dice con voce lamentosa, prima di ficcare senza scrupoli il dito nella sua tazzina e rimescolare le forme a suo piacimento.

Allen ride. “Sì, scusa,” dice pensieroso, e osserva un’ultima volta le foglie che sguardo critico. “Non avevo visto quella falce accanto alla chitarra. Questo vuol dire che a meno che tu non abbia un raccolto da mietere entro poco, la morte ti raggiungerà entro il finesettimana. Mi dispiace, Lavi.”

E mentre Lavi tenta una risatina che risulta poco convincente persino alle sue orecchie, il metaforico elefante rimane piazzato in bella vista in mezzo alla metaforica stanza.

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Capitolo 5
*** V. ***


Questo capitolo inizialmente nella mia testa sarà stato lungo 500 parole. E poi boh, all’improvviso si è allungato çOç . NON VOLEVO CHE FOSSE COSI’ LUNGO. *morde lo schermo* Non volevo neanche fosse così seriosa. Pretendevo una roba scialla, una cosa comica sull’orlo del demenziale. Perché è venuto fuori… questo. E sì, ciccinafic, ho appena indicato tutta te [cit.]
Inoltre, volevo dire che sono scema e ho sbagliato a scrivere nell’intro scorsa: il capitolo IV avviene DUE settimane dopo il terzo, e questo una soltanto, perciò avviene un mese dopo il capitolo I.

Questo capitolo lo dedico ATTE’, Hananas, perché tu sopravviva più facilmente alle ore post-scolastiche.

Ma soprattutto: chi mi sa dire per primo che pozione potrebbe star preparando Lavi? :D SENZA SBIRCIARIEJkfdsm Un premio in palio! (no, che, oddio, boh).

Disclaimer: non mio blahblahblahblahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

.

V.

Saluta rapidamente Allen e le ragazze prima di riprendere il passo di Kanda e dirigersi insieme a lui a Pozioni.

“Come va con Lenalee?” tira fuori dal nulla, giusto perché ha voglia di imbarazzare Kanda.

Ma Kanda, come al solito, manca di soddisfare le sue saltuarie e sadiche voglie. “Non sono affari tuoi, stupido coniglio,” ribatte scontrosamente, accelerando l’andatura.

Aww, Kanda, perché sei sempre così restio a mostrare il tuo lato più umano?” chioccia Lavi. Si avvicina cautamente a lui, per poi sussurrare, “L’avete già fatto? No perché è da qualche giorno che vedo questa strana luce negli occhi di Lenalee…” Ed è solo la prontezza di riflessi sviluppata al massimo grado in quei sette anni che gli permette di schivare la mano che si lancia verso la sua gola, e la fortuna di essere arrivati nei sotterranei che lo risparmia da ulteriori aggressioni.

L’aria dell’Aula di Pozioni è intrisa di un insolito odore. Davanti alla scrivania del professor Lee è disposto un calderone di ottone, semipieno di un liquido che diffonde una luminosità madreperlacea intorno a sé.

Lavi riconosce immediatamente le caratteristiche spirali di vapore che si innalzano dalla pozione.

“Ragazzi, non ci fate caso, ho tirato fuori questa piccola scorta per la lezione successiva del sesto anno. Dovreste già conoscerla, questa suggestiva delizia. Quindi datevi da fare con il vostro lavoro. Oggi ripassiamo una pozione che con molta probabilità potrebbero chiedervi ai M.A.G.O. Le istruzioni sono scritte alla lavagna, l’occorrente lo troverete sulla mia scrivania e dentro l’armadietto delle scorte.”

Essendo arrivati in ritardo, Lavi e Kanda occupano due posti vuoti in prima fila, esattamente davanti al Filtro d’Amore più potente del mondo.

La pozione da preparare quel giorno non è così difficile, e Lavi ricorda alla perfezione cosa deve fare perché venga più perfetta possibile; eppure, dopo dieci minuti dall’inizio della lezione, quando ormai la sua pozione dovrebbe risplendere di un lilla chiaro e luminoso, ciò che invece gorgoglia minacciosamente nel suo consunto calderone è una sostanza di un ripugnante nero violaceo dalla consistenza apparentemente mielosa. Persino quella di Kanda, nota Lavi con agitazione, ha un aspetto più rassicurante.

E mentre Kanda continua a schiacciare Fagioli Sopoforosi con il suo coltello e nel frattempo lanciargli dubbiose occhiate in tralice, Lavi si asciuga il sudore dalla fronte e prega con tutto il cuore che l’altro non gli rivolga la parola, non gli domandi perché la sua pozione faccia così schifo.

“Sì può sapere che diavolo hai oggi? La tua pozione fa schifo.”

Lavi sospira, scoraggiato dalla vita, e continua a gettare dentro il calderone quantità casuali di polpa di Fagioli. Ormai la pozione ha cominciato a sibilare pericolosamente, e il fumo che spira lentamente davanti a lui gli impedisce di leggere le istruzioni alla lavagna – non che prima vi facesse molto caso, comunque.

Yuu…” mormora a disagio, indeciso se porre la domanda di cui ha paura sentire la risposta.

Kanda deve avere avvertito la preoccupazione e la stanchezza nella sua voce, perché al suono del suo nome si limita a serrare la mandibola con forza, in attesa che continui.

“Che odore senti se annusi l’Amortentia?”

Le sue parole colgono Kanda impreparato, e forniscono a Lavi la visione di uno di quei rari e impagabili momenti in cui Kanda arrossisce.

Questi rimane zitto, con le mani tanto strette sul mestolo che le sue nocche diventano bianche, ma Lavi attende, ammirando le sue guance, trepidante e ansioso allo stesso tempo.

Dopo qualche minuto, quando Lavi è ormai convinto che non riceverà alcuna risposta, Kanda si schiarisce la gola.

“Cosa pensi che senta, idiota,” borbotta soltanto, ma per Lavi è più che sufficiente – in realtà lo era già il rossore.

“Perché, tu cosa senti?” chiede Kanda in tono così piatto che Lavi non capisce se gli interessi davvero o l’abbia fatto solo per distogliere l’attenzione da se stesso. In ogni caso Lavi si sente chiamato in causa, e prontamente il sangue gli sale verso il viso e gli tinge le guance di rosso.

“Beh, sento le solite cose, no?” risponde reticente, mescolando convulsamente la pozione, e fingendo una risatina allegra che sembra più l’incipit di un attacco d’isteria, “l’odore di pergamena vecchia, di inchiostro, di legno, quelle cose lì…” Il mestolo gli scivola di mano e affonda in quella sostanza melmosa che è diventata la pozione. Lavi lo recupera con un certo disgusto con mani tremanti e, esibendosi in un altro risolino pietoso, riprende a mescolare, intervallando a breve distanza direzioni casuali.

Troppo tardi registra il significato dello sguardo allarmato di  Kanda e l’esclamazione di sorpresa del professore seguita dall’imperativo comando di fermarsi immediatamente.

In una tragica frazione di secondo, la pozione esplode con un rumore assordante, crepando i bordi del calderone e innaffiando di spruzzi di maleodorante melma violacea la stanza, gli studenti nauseati e il professore sbigottito.

Svariati minuti dopo, quando l’intera classe è ormai stata congedata in anticipo a causa dell’incidente – e Kanda l’ha lasciato promettendogli una morte lenta e dolorosa –, avvilito, Lavi si avvicina al professore, che sta finendo di ripulire le ultime tracce dell’esplosione con un pratico tocco di bacchetta.

Mi… mi dispiace, professore.”

Il professor Lee si gira verso di lui e sospira, ma gli sorride indulgente. “È in parte colpa mia, avrei dovuto osservare meglio e non dare per scontato nulla… Di solito te la cavi così bene… e quella pozione è difficile da far esplodere in quel modo.”

Gli lancia uno sguardo indagatore e, un po’ preoccupato, aggiunge: “Cosa non andava questa volta?”

Lavi apre la bocca, ma l’unica cosa che riesce a pensare è che il professor Lee e sua sorella Lenalee, seppur molto diversi tra loro, condividono la stessa identica espressione angustiata. Perciò richiude subito la mandibola con uno scatto, in mancanza di qualcosa di intelligente da dire. Il suo occhio ricade automaticamente sul colpevole, quel calderone che poco prima era riempito dal Filtro d’Amore.

…Ah, haha dovrei smettere di fidarmi di Lenalee,” commenta enigmaticamente il professore, a cui improvvisamente gli occhi brillano di divertimento e comprensione, che Lavi non riesce assolutamente a motivare. …E cosa c’entrerebbe Lenalee in tutto questo?

Il signor Lee solleva gli occhiali dal naso e si strofina la mano sulla faccia in un movimento lento e fiacco. “Penso che tu debba andare a pranzo tra poco, Lavi,” dice tranquillo, ma Lavi non coglie subito l’invito ad andarsene: rimane lì in piedi, confuso, pendolando imbarazzato sulle sue gambe. “Non… non mi dà una punizione? Nulla?”

Il professor Lee lo contempla per un attimo, con qualcosa misto a scetticismo negli scuri occhi a mandorla, prima di ridacchiare tra sé e sé, con tono sorpreso. “Beh, non ne avevo intenzione, ma visto che lo chiedi…

Cinque minuti dopo, Lavi fa il suo ingresso nella Sala Grande con una persistente faccia da funerale e si accascia sulla panca al tavolo dei Grifondoro. I pochi studenti già presenti si tengono lontani da lui, intimoriti dal modo in cui squadra incupito il cibo servito come se questo gli avesse arrecato un’indelebile offesa.

Non si sorprende quando vede comparire Allen all’entrata – lui e Fou hanno un’ora buca prima di pranzo, mentre Lenalee ha la lezione di Babbanologia.

“Ciao, bombarolo,” lo saluta l’altro con allegria.

Haha, non è divertente. …Chi te l’ha detto?”

Kanda, ovviamente. L’abbiamo beccato poco fa. Mentre andava a ripulirsi quella roba fetida che aveva addosso. Dovrei ringraziarti, per la cronaca. È stato bellissimo prenderlo in giro.”

“Dov’è Fou?”

“In biblioteca, doveva controllare una cosa.”

Allen si lascia cadere vicino a lui, e comincia a servirsi con una lentezza insolita. Lavi vorrebbe solo alzarsi ed allontanarsi da lì, da Allen, e da quello stupido, stupidissimo—

È inutile negarlo, realizza Lavi con un nodo alla gola: è inconfondibile quell’indescrivibile odore lievemente dolciastro misto alla fresca fragranza di menta. È  tipico di Allen, e Lavi lo conosce troppo bene per poterlo scambiare con qualsiasi altro. Forse dovrebbe preoccuparsi del fatto che conosca Allen così bene, persino il suo odore – ma è normale, crede. Sono stati vicini tante volte.

(Ma gli è bastata la prima. Gli è bastato avvicinare a sufficienza una sola volta il naso al suo collo e quell’odore non ha mai lasciato la sua memoria. In fondo, Lavi non dimentica praticamente nulla – soprattutto se si tratta dei suoi amici. Soprattutto se si tratta di Allen.)

“È insolito che tu faccia esplodere un’aula, Lavi,” mormora Allen in un tono di voce così lieve e pacato che per poco non sfugge al suo orecchio. Non aggiunge nient’altro, ma Lavi comprende che sta aspettando una risposta – che non ha.

“Lo so,” temporeggia, prendendo in mano la forchetta e spostando i pezzi di cibo qua e là per il piatto, “ero un po’ sovrappensiero. Agitato, più che altro. Per i M.A.G.O., sai.”

Preferirebbe non aver notato il corpo di Allen irrigidirsi di scatto. Ma come se niente fosse, Allen gli sorride di nuovo. È un sorriso vuoto, senza alcuna felicità, e fa male constatare che quel sorriso è causa sua.

“Capisco, anche io sono un po’ sotto pressione.”

Lavi gli rivolge una sorta di smorfia di comprensione, e torna a giocare con il suo cibo.

Cala un silenzio scomodo. Non è il solito, piacevole silenzio rilassante, che s’instaura tra loro quando sono sfiniti, o sazi, o semplicemente non sentono il bisogno di riempire gli attimi con discorsi vuoti e frivoli. Non è il solito silenzio che Lavi ama condividere ogni tanto con lui e che, pensa, sia una delle tante, tante prove della loro amicizia.

È invece un silenzio spiacevole, carico di tensione, di dispiacere, di sensi di colpa, di respiri trattenuti e parole non dette.

Ma è in quel silenzio, seduto di fianco al suo migliore amico e con una cappa oppressiva che si sorregge a stento sopra di lui, minacciando di crollare rovinosamente in qualsiasi momento, che Lavi si rende conto, per la prima volta in quelle quattro settimane, di essere stato un completo, irrecuperabile, imperdonabile idiota.

Ha chiuso gli occhi davanti all’evidenza quando i fatti parlavano da soli e meglio degli infiniti dubbi, e ha ricamato con spudorata ipocrisia una verità fittizia sopra di questi. Il bacio, l’Amortentia… persino la sua stupida tazza da tè hanno indicato sempre e solo una strada, che lui si è rifiutato di camminare – o meglio, si è rifiutato di credere di starla già camminando, di essere troppo immerso per poterle sfuggire. Ha desiderato baciare Allen, e poi ha stupidamente cercato di ingannarsi, convincendosi che il ricordo di quel desiderio avverato, quel bacio rubato quella notte, il tumulto di emozioni eruttate in lui in quel singolo istante, non siano marchiati a fuoco nella sua memoria, nella sua coscienza, per tutti i giorni e le notti, e che il desiderio di poterlo rifare, di poter riavere tutto anche solo un’altra volta…

L’Aritmanzia,’ gli sussurra una vocina lagnosa nella sua testa, ‘A me piace l’Aritmanzia. Perché non ci si può fidare di lei?

Ma Lavi scaccia infastidito – e impaurito come non mai – quella vocina codarda, capendo che il suo attaccamento all’Aritmanzia, a quella stupida e insignificante differenza di una cifra, è dovuta a un problema più profondo.

Al culmine della sua agitazione e della sua insicurezza, ha desiderato mentire agli altri sulla sua preoccupazione non solo per mentire a se stesso, ma anche per rivedere il sorriso di Allen, che sembrava averlo abbandonato a causa sua; per poter parlare di nuovo con lui liberamente, senza ulteriori ansie e timori; per poter riavere l’amicizia che c’è sempre stata tra di loro e che ha temuto, per un attimo, potesse sgretolarsi.

Non avrebbe mai permesso che ciò accadesse, per nessuna cosa al mondo. La sua amicizia con Allen è troppo preziosa, troppo importante per essere persa per colpa di stupidi dubbi e indesiderati sentimenti, questo è ciò che ha pensato.

E questo è ciò che pensa tutt’ora.

“Ti rendi conto, l’anno prossimo non ci sarai più.”

Lavi riemerge dai suoi pensieri come da un sogno. Gli sembra che la boccata d’aria che prende allora sia più fresca di quella precedente, e che la luce di mezzogiorno che entra dalle finestre e dal soffitto incantato sia all’improvviso più luminosa. Si era dimenticato che Allen fosse lì, di fianco a lui. Si rende conto di aver perso la cognizione del tempo. Ma non ha il coraggio di chiedere quanto sia passato dall’ultima parola che si sono rivolti – stranamente, gli pare un’eternità.

“Già, è un peccato… mi mancherà questa scuola.”

“E a me mancherai tu.”

Lavi alza di scatto la testa, e vede la smorfia di tristezza che segna il viso giovanile di Allen. Scorge qualcosa nei suoi occhi, di così profondo che ha paura di immergervisi, di scoprire, perciò ancora una volta si dimostra un codardo, e sorride con leggerezza nel tentativo di compensare quell’atmosfera grave che è calata su di loro formando una spessa cortina di depressione.

Aw, mi mancherai anche tu, Allenuccio,” tuba scherzosamente Lavi, arruffandogli i capelli con una mano, e non si sforza di trattenere il sorriso affettuoso che gli cresce sulle labbra quando Allen cerca di sfuggire a quel trattamento, sfoggiando un’espressione altamente contrariata.

“Comunque,” riprende il più giovane, dopo essersi sistemato in qualche modo le sue ciocche disordinate di capelli bianchi, “il tempo che hai a disposizione si accorcia sempre di più. Ti conviene non lasciare rimpianti alle spalle una volta che sarai uscito. Fai tutto quello che senti di dover fare, Lavi, e velocemente, prima che sia troppo tardi.”

Segue un silenzio pregno di un’atmosfera indecifrabile, in cui Lavi lo guarda con confusione e malcelato sgomento, e Allen si limita a sorridergli affabilmente – c’è qualcosa di strano e affascinante nel suo sguardo. Lavi si distrae, osservando quegli occhi grigi che sembrano trasmettergli una sorta di messaggio in codice, ma quando apre la bocca per chiedergli cosa intenda dire, Fou fa il suo rumoroso ingresso nella Sala Grande, lagnandosi a gran voce dell’impossibilità di trovare una qualsiasi informazione utile in quella biblioteca maledettamente immensa.

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Capitolo 6
*** VI. ***


Un capitolo e sarà tutto finito D: che. ANSIA. Spero che finora stia piacendo a tutti quelli che seguono sta storia, e che abbiano apprezzato il quinto capitolo, estremamente rivelatore (?).

Ed è solo all’alba del sesto che mi rendo conto che sono ad Hogwarts e non ho quasi mai fatto loro usare le bacchette LOL boh. Capitoletto dialogato un po’ noiosetto, ma deve preparare all’ultimo, che NON sarà noiosetto :D
Ma ora che, pochi secondi dopo che l’ho concluso, posso dire che a me sto capitolo fa proprio schifo, cristo, e non so come rimediare. È insipido, e. L’ho letto e riletto, ma non riesco a metterci l’impegno che richiede :I Magari a fine fic lo rivedo e lo correggo. Non me lo so spiegare. (IOOO, NON ME LO SOOOO SPIEEEE-GAAAAA-REEEE, CASE LIBRI AU—).

Disclaimer: non mio blahblahblahblahblahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

.

VI.

“Dovresti dirglielo, Lavi.”

A maggio inoltrato, con G.U.F.O. e M.A.G.O. sempre più incombenti, l’ansia pre-esami inizia a dilagare copiosamente. Molti studenti sono nel parco e in riva al lago a studiare o a godersi il sereno tempo primaverile, perciò, se non per un gruppo di ragazzi del sesto anno che parlottano concitati, seduti su poltrone e pouf condivisi, e alcuni studenti che si preparano per gli esami interrogandosi a vicenda, quella domenica la Sala Comune è particolarmente silenziosa.

Perciò, Lavi è grato a Lenalee per aver avuto la decenza di parlare a bassa voce.

Ma sobbalza comunque alla domanda, sul divanetto su cui è semi-sdraiato, e il libro di Storia della Magia che sta leggendo – che sta facendo finta di leggere – quasi gli scivola dalle dita.

È passata più o meno una settimana da quando ha ammesso a se stesso che Allen gli piace.

Gli piace. Gli piace. Gli piace gli piace glipiace fa ancora un po’ strano, un po’ senso, pensarlo.

Non che la situazione sia mutata, di fatto. Almeno, non palesemente. La loro amicizia è ritornata, rinvigorita, agli antichi splendori risalenti a esattamente prima di quel mese orrido e travagliato, per la felicità di tutti, soprattutto la sua.

Ma Lavi sente che qualcosa di differente c’è.

Come cambiamento, risulta parecchio difficile da spiegare, anche a se stesso. Gli sembra che lui ed Allen siano più gentili tra di loro; che non si risparmino nemmeno un sorriso, una risata, un’occhiata, un momento insieme. Per metterla in termini femminili, sono appiccicati come cozze: praticamente inseparabili. E a Lavi sembra stupido, perché riflettendoci in realtà sono sempre stati così.

Ma ora, ad ogni sguardo è come se scoprisse Allen per la prima volta. Come se non l’avesse mai visto per davvero, e adesso, per qualche strano effetto ottico, risplendesse di una luce differente, creata da mille sfaccettature, espressioni, modi di fare e parlare che in realtà conosce da sempre, ma che per la prima volta gli appaiono nella loro singolarità, in tutta la loro specialità.

Ad esempio, c’è questa strana cosa che Lavi non sa se ha mai notato nel sorriso e nello sguardo di Allen. È come una sorta di misto tra felicità e tristezza, e il rosso non sa decifrarne il significato. Ma ora che sa che c’è, lo nota sempre. È perennemente lì, nascosta da quegli occhi brillanti e profondi, quella dualità inspiegabile.

Perciò non riesce a smettere di osservare, cazzo, ogni sua singola mossa, ascoltare ogni sua parola. È come se la vista di Allen fosse diventata improvvisamente la sua dose di ossigeno giornaliera.

E gli sembra di essere un fottutissimo poeta melenso, quando la mette in quel modo – ha anche meditato di strapparsi il cervello dalla scatola cranica per sfuggire ad ulteriori pensieri sdolcinati di questo genere, tale è stata la sua frustrazione in certi momenti, ma poi ogni volta ha saggiamente rinunciato a tentare.

Non ha mai pensato seriamente di dirglielo, ad Allen. Oltre al fatto che non è il caso di creargli problemi inutili proprio quando manca un mese agli esami, si ripete Lavi, è convinto che ci siano troppi, troppi fattori che gli vietano categoricamente di andare a fondo con una simile confessione.

E in questa sua ferma convinzione, è intenzionato a rifiutare ogni tipo di aiuto esterno che miri a sviarlo.

“Dirgli cosa?” ribatte perciò Lavi decidendo di fare la parte dello stupido, e adottando lo stesso tono difensivo di un bambino che è stato beccato in pieno con le mani infilate nel barattolo dei biscotti e che temporeggia in cerca di scusanti. Realizza troppo tardi che è stato un errore chiedere ‘cosa’ e non ‘a chi’: il sorrisetto d’intesa e il lampo di malizia negli occhi ametista di Lenalee la dicono lunga sul suo scorretto uso di parole. In ogni caso, Lavi si guarda bene dal rivolgere un’ulteriore occhiata al suo amico, che a pochi metri di distanza è seduto a un tavolo intento a ripassare con Fou svariate materie contemporaneamente. È vitale guardare qualsiasi cosa tranne Allen.

Ma Lenalee sembra aver notato il girovagare casuale dei suoi bulbi oculari, e il suo sorriso si allarga. “Non fare lo scemo, sai a cosa mi riferisco. Ho un sesto senso molto sviluppato, no?” dice. Si gratta una guancia, pensierosa, e aggiunge: “Non che ormai serva a molto, quel sesto senso. Sarebbe palese anche agli occhi di un bimbo di cinque anni.”

Lavi inorridisce all’idea che i suoi amici sappiano tutto – ‘tutto’ cosa poi? In realtà si tratta di una verità molto semplice. “Anche gli altri?” chiede, gemendo di sconforto.

Lenalee ride, e si allunga verso di lui per dargli una gentile pacca sulla spalla. “Immagino che ormai anche Fou e Yuu abbiano intuito che c’è qualcosa di serio nell’aria. Ma non preoccuparti, non ho condiviso con loro le mie certezze.”

Lavi non può fare a meno di pensare che Lenalee non abbia citato Allen apposta perché glielo chieda esplicitamente. Ma non vuole davvero darle questa soddisfazione.

“E Allen?” Non è mai stato un campione di coerenza.

Lenalee sorride vittoriosa. “Non lo so, Lavi. Forse dovresti chiederglielo tu, personalmente.”

Lavi la guarda impietrito, come se le fosse spuntata un’orripilante seconda testa di Basilisco dal collo.

“Lena, non posso chiedergli una cosa del genere,” constata con ovvietà.

“Perché no?”

“… semplicemente non posso.”

Lenalee sbuffa e Lavi vagamente cerca di ricordare l’ultima volta che l’ha vista così insofferente nei suoi confronti. …E la risposta quasi immediata che gli affiora alla mente è che non è passato molto, da quell’episodio nella Sala Grande dopo la serata da ubriachi.

“Lavi, quello che non puoi davvero fare è tirare questa situazione ancora per le lunghe,” s’infervora Lenalee, battendo un pugno contro il rivestimento del divano. “Questa storia andrà avanti da quanto, più di un mese? Non pensare che non me ne sia accorta. Prima diventi intrattabile dopo che vinciamo contro i Serpeverde, cosa apparentemente inspiegabile date le circostanze, e inizi a trattare Allen come se ti avesse pugnalato alle spalle. Poi all’improvviso ritorni ‘normale’, quando in realtà è chiaro come il sole che fingi che vada tutto bene, probabilmente per evitare di affrontare il problema come dovresti, o almeno parlarne con qualcuno. Poi, di nuovo, ti trovi davanti a un Filtro d’Amore ed ecco che fai esplodere l’aula, Lavi…! – mi vuoi dare davvero a bere che sia tutto a posto? Ma non basta! La cosa davvero stupefacente, anche se molto apprezzata in confronto alla tua iniziale intrattabilità, è che da quasi una settimana ormai ti vedo lanciare occhiate languide ad Allen – la cosa sta diventato ridicola.”

Lavi si è ormai nascosto dietro la copertina spessa e malridotta del suo libro, e medita se mai riscoprire la sua faccia o meno per la prossima settimana.

Dio, Lenalee, non gli lancio occhiate languide—la fai suonare così perversa come cosa!” si difende Lavi, le cui guance in fiamme suggeriscono una verità diversa. “E come diavolo fai a sapere dell’Amortentia?!”

Lenalee rotea gli occhi al cielo, e sventola una mano in segno d’indifferenza. “Faccio suonare te come perverso, e credevo che questo fosse un dato di fatto riconosciuto mondialmente. Comunque me l’ha detto Kanda. Ma per favore, Lavi. Siamo realisti,” rimbecca con voce esasperata.

Lavi crede di non aver mai trovato Lenalee così insopportabile come in quel momento. Perciò si rifiuta di risponderle, e pondera sull’eventualità che, se rimarrà dietro il suo libro in silenzio a far finta di leggere, Lenalee forse si stuferà e se ne andrà.

Non riesce a resistere all’impulso di sbirciare con la coda dell’occhio oltre il bordo del libro e verso Allen, che continua ad avere il naso sprofondato nei libri di testo, e Fou, che sussurra all’altro qualcosa indicandogli una pagina davanti a loro. Allen la ascolta con occhi stanchi.

Lavi…” sospira Lenalee dopo un po’, con voce esausta, ma stranamente addolcita. “Di… di cosa hai paura?”

Lavi abbassa di scatto il libro e le lancia un’occhiata ardente. “E me lo chiedi?” chiede di rimando, con eccessiva ferocia.

Ma Lenalee non si scompone – e Lavi le è grato, perché già si è pentito della sua bruschezza. “È perché siete entrambi maschi?”

Lavi molla definitivamente il suo libro, facendo cadere a terra con un tonfo sordo, e sprofonda il viso tra le mani, ormai conscio di non poter sfuggire all’interrogatorio. Riflette sulla domanda, in silenzio. “Non proprio,” risponde infine. “Non solo.”

Allora… hai paura di un rifiuto?” chiede Lenalee comprensiva.

“Anche,” dice Lavi con evasività.

Lenalee osserva sovrappensiero le ceneri nel caminetto spento e si passa assentemente un mignolo sul labbro inferiore.

“E se tu… sapessi con certezza che Allen ti accetterebbe… e che è persino già a conoscenza del fatto che ti piace, e non aspetta altro che tu vada da lui e glielo dica…

Lavi la guarda sospettoso, all’improvviso sull’attenti, e con il cuore che palpita a ritmo sostenuto senza alcun ritegno. “Allen ti ha detto qualcosa in proposito?”

Lenalee si massaggia le tempie, stressata. “No, Lavi, non mi ha detto nulla, quell’idiota!” Lavi la osserva lanciare un’occhiataccia ad Allen, prima di sospirare e chiudere gli occhi per qualche secondo. Si chiede il perché dell’inaspettato epiteto. Si chiede perché ormai quello di non conoscere l’intero quadro della situazione sia diventato un presentimento costante nella sua travagliata vita psicologica.

“Allora dubito che abbia capito,” ribatte Lavi cocciutamente, un po’ più calmo. “Dai Lena, sai com’è lui… in queste cose…

Lenalee fa una smorfia d’impazienza. “Non hai mai pensato che Allen possa non essere così stupido, e che in realtà la sua incapacità di cogliere i sentimenti altrui sia soltanto apparente e sia un modo per dimostrare il suo… non interessamento? E che magari, e dico magari, non è interessato a loro perché è già interessato a qualcun altro?”

L’innuendo nella voce dell’amica non gli piace per nulla, ma la sua espressione sull’inviperito andante lo ferma dal prorompere in una grassa risata. Cerca di essere diplomatico.

Lenalee, non dire idiozie,” afferma con scetticismo. “Stai cercando di dirmi che tu credi che io piaccia ad Allen? E magari da… anni? Ma andiamo… Non è possibile. E se fosse, io me ne sarei accorto.”

In quel momento evita di riportare alla sua attenzione quello strano atteggiamento che crede di aver scorto in Allen— come al solito, si tira indietro. 

“Non è così impossibile, Lavi. Perché ciò sia vero – e io lo sospetto fortemente – basta che sia vera una sola delle due cose: che Allen sia molto più bravo di te a fingere, o che tu sia stupido. E io non rifiuto nessuna delle due possibilità.”

Lavi si sente profondamente offeso.

Guarda Allen bisbigliare qualcosa all’orecchio di Fou e l’altra arrossire abbondantemente, prima di rispondere con un pugno ben piazzato, e probabilmente doloroso, alla spalla dell’amico.

Il suo umore peggiora vistosamente.

“Quello che volevo dire, Lavi,” riprende Lenalee, assolutamente imperturbata dal suo broncio, “è questo: fai finta che Allen stia solo aspettando una tua confessione… le tue preoccupazioni finirebbero? È questo il vero problema?”

Lavi non vuole rispondere, perciò riprende in mano il suo libro di Storia della Magia e ricomincia il ripasso. Ha già perso troppo tempo per questa storia, e i M.A.G.O. sono ormai alle porte. Quello che dovrebbe fare ora è concentrarsi nello studio, e permettere ad Allen di fare lo stesso. Senza causargli problemi non necessari con… confessioni e cose così…

Non ha proprio voglia di pensarci— non dispone del coraggio necessario, al momento.

Ma Lenalee non desiste, e Lavi sente i suoi occhioni a mandorla fissi su di lui, che attendono, immobili e trepidanti.

…No,” concede Lavi di malavoglia, e quell’unica parola basta a farlo sprofondare di nuovo nel mare di desolazione e frustrazione da cui di fatto non è mai venuto fuori. Sa perfettamente che anche se Allen ricambiasse – cosa già di per sé molto irreale – non sarebbe tutto a posto.

Il ripasso dev’essere stato dimenticato per strada perché al momento Allen e Fou sono immersi in una fitta conversazione che sembra divertirli parecchio. Per un attimo, nonostante sappia perfettamente che essere maleducati con Lenalee porta spesso a delle conseguenze catastrofiche, Lavi è tentato dall’idea di alzarsi dal divano e unirsi a loro, allontanarsi dalla temporanea arpia in cui sembra essersi trasformata Lenalee. Ma mentre già si stiracchia con finta disinvoltura e stende le gambe davanti a sé, Fou lo batte sul tempo: si alza dalla sua sedia, chiude alcuni libri e, dopo aver salutato Allen, si dirige verso il buco del ritratto.

In quello stesso istante, Allen incrocia casualmente lo sguardo di Lavi, e gli sorride. Ed è probabilmente per quello che Lavi rapidamente incrocia di nuovo le gambe e rimane fermo come un sasso, sul divanetto – all’improvviso, con quella spiacevole discussione lasciata a metà, parlare da solo con Allen gli mette un’ansia di entità non trascurabile.

“Dove va Fou?” chiede, tentando di mascherare il suo fallito tentativo di scappare.

Lenalee segue per un attimo Fou con lo sguardo. “Da Bak, suppongo.”

Lavi aggrotta la fronte, perplesso. “Bak? Intendi Bak Chang, il biondino di Tassorosso con l’eritema perenne? E perché Fou dovrebbe andare da lui?”

La ragazza gli lancia un’occhiata sbigottita. “Lavi, seriamente: dove sei stato con la testa in questo mese?”

Il rosso incrocia le braccia con aria scocciata e ferita, sperando che Lenalee la smetta di trattarlo come un menomato mentale. Ma piano piano, mentre guarda di sottecchi Allen mantenendo la sua espressione imbronciata – come a provare un fondamentale punto alla sua amica –, comincia a sospettare che Lenalee abbia le sue buone ragioni.

“Sai, Lavi,” dice Lenalee all’improvviso, con una voce molto più bassa, che paradossalmente attira di più l’attenzione del rosso. “Quando mi sono messa con Yuu alla fine dell’anno scorso…. Non è stato facile. Quando Yuu me lo chiese, io non avevo mai pensato seriamente a lui come a un possibile ragazzo. Anche se la cosa in realtà non mi stupì così tanto, rimasi comunque scioccata, non sapevo assolutamente cosa fare, haha.”

Lavi avverte il nervosismo nella sua voce e, nonostante Lenalee sia una sua grande amica e come tale dovrebbe essere libera di raccontargli i suoi problemi, preferirebbe non ascoltarla, non essere lì, a raccogliere testimonianze che suonano come lo strategico inizio di un incoraggiamento. Si distrae dal suo stesso imbarazzo passandosi ripetutamente la mano tra i capelli, disordinandoli più del dovuto.

…Ci riflettei a lungo, e arrivai alla conclusione che dargli una possibilità non sarebbe stato male. Ma mi resi conto che c’era un’altra preoccupazione ad ossessionarmi: cosa sarebbe successo se non fosse funzionata tra di noi? Cosa sarebbe successo al gruppo, alla nostra amicizia? Avrei rischiato di rovinare tutto… Il gruppo sfasciato, riesci a immaginarlo? Io non penso di volerci neanche provare. E l’amicizia tra me e Kanda, sarebbe potuta finire nel peggiore dei modi. Non ero sicura di essere pronta a correre un rischio del genere. Allora non sapevo se valesse davvero la pena sacrificare una o più amicizie che mi stavano più a cuore della mia vita, per un incerto, mai valutato prima, tentativo di relazione.”

Lenalee si tormenta distrattamente il lobo di un suo orecchio, e tiene lo sguardo puntato verso il basso. Anche Lavi vorrebbe distoglierlo, da lei e dalle sue guance lievemente arrossite, ma scopre di non riuscirci. Si sente catturato dal discorso più di quanto desidererebbe.

“Fu allora che ne parlai con Allen e Fou. E mi dissero… Allen mi disse che, se davvero avevo preso in considerazione l’idea di mettermi con Kanda, dovevo buttarmi. Mi spiegò che ignorare i miei desideri, cercare di riportare le cose alla normalità, fare finta che il fatto di piacere a Kanda non fosse rilevante quanto il resto, sarebbe stato più difficile di quanto avrei immaginato. Allen pensava che non era il caso di preoccuparsi così tanto del futuro, del gruppo… mi disse che rischiavo di perdere un’occasione preziosa, di covare rimpianti per il resto della mia vita, e che lui come mio amico non poteva lasciarmelo fare. …Che, se fosse finita male, avremmo trovato un modo per risolvere la faccenda. Insieme.”

Kanda deve molto ad Allen e Fou,” continua Lenalee con una commozione che fa brillare i suoi occhi. “Non so ancora dire alla fine se il mio fu coraggio o egoismo nei vostri confronti, ma accettai. E la sai una cosa?”

La ragazza sorride, ed è quel sorriso così dolce e sereno che porta Lavi a credere di stare sbagliando tutto, negli ultimi tempi.

“Non mi sono mai pentita della mia scelta. Io… non so cosa succederebbe se un giorno io e Kanda ci lasciassimo, ma pensare che a causa di questa paura di un giorno lontano e forse inesistente, io mi sarei potuta perdere tutto quello che ho vissuto con Kanda, beh… quello sì che mi fa rabbrividire. Probabilmente è di questo che sa il rimpianto. Amaro, e gelido.”

Lenalee alza finalmente lo sguardo, ma non incontra quello di Lavi – Lavi non lo pretende, perché immagina quanto sia stato imbarazzante raccontare una cosa così privata. Lui, personalmente, non riesce a staccarle gli occhi di dosso.

Ma Lenalee aggrotta improvvisamente le sopracciglia e mormora qualcosa su un Elisir Cerebro e una potenziale dose di cacca di Doxy, per poi alzarsi e andare incontro agli studenti del sesto anno, mettendo in mostra la sua sberluccicante spilla da Prefetto. Rimasto seduto sul divano, mentre solo vagamente nota Allen alzarsi dal tavolo e dirigersi verso di lui, Lavi riflette sull’Aritmanzia.

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Capitolo 7
*** VII. ***


OMMIODDIO? OMMIODDIO. L’ultimo capitolo. Sono molto eccitata, probabilmente più dei miei lettori LOL. Vorrei dire un paio di cose, prima del capitolo, e se le leggete mi fate un piacere xD

Maaa dovrei fare dei ringraziamenti :I ? Forse dovrei, boh. Quindi prima di tutto grazie a quelli che mi hanno recensito, soprattutto Kumiko e Lala che l’hanno fatto con stupefacente regolarità, e anche Armònia, che commentava su feisbuk xD (alla Hana e alla Frè no, HAH). E grazie anche a quelli che hanno ‘seguito’ e ‘preferito’, mi avete allietato assai :D Ma anche a quelli che han solo letto, eh, lol xD Spero davvero davvero tanto che vi sia piaciuta. Indipercui, volevo chiedervi: siete interessati a leggere delle oneshots ambientate prima, dopo, durante la storia? A farne una sorta di serie, voglio dire. In fondo molte cose in questa singola fic rimangono assolutamente aperte (apposta, circa). Vi interessa sapere come Lavi e Allen si sono conosciuti, cosa sta succedendo tra Fou e Bak, come sarà la carriera lavorativa di Lavi e Kanda, perché Lenalee aveva ‘quello sguardo luminoso negli ultimi tempi’ o cosa c’entra lei nella vicenda del Filtro d’Amore, o quanto sapeva Allen di quello che pensava Lavi? :) Se sì, ditemelo (se avete anche delle preferenze, informatemi), e io provvederò xD Se nessuno le leggerebbe allora evito, lol.

Un’altra cosa, giusto per chiarire nel caso BOH, non si fosse capito. Il pezzettino in corsivo nel primo capitolo era in pratica la descrizione di Lavi secondo l’Aritmanzia (che tra l’altro trovo abbastanza appropriata xD ). Ricordate tutti che Lavi è un 7 e Allen un 6, giusto?
Credo nient’altro, apparte che il Conte del Millennio in questa storia è una sorta di Voldemort, e il passato di Allen è indefinito poiché irrilevante per il plot :I DIVERTITEVI. NOAH POWER ACTIVATE.

[oh ma ogni volta che dico basta, mi ricordo qualcos’altro. I Noah, in caso non si capisse (probabile) sono un gruppo di studenti che hanno deciso di darsi un nome, tipo i Malandrini, o i Fantastici 4 (?)]

Disclaimer: non mio blahblahblahblahblahblahblah.

 

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

. S E V E N .

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VII.

Da dietro l’angolo spunta una saetta perlacea che accidentalmente colpisce dritto in faccia un povero studente, appena capitato fortuitamente sulla scena – ossia il corridoio sbagliato al momento sbagliato. Mentre questi gira sui tacchi e corre via a perdifiato coprendosi invano la bocca con una mano, che però non riesce a nascondere due grossi incisivi che si allungano rapidamente a dismisura, Lavi riprende fiato e, appoggiato al muro, si esamina con un lamento i taglietti preoccupantemente profondi che ora adornano i suoi avambracci.

Allen, seduto di fianco a lui con la schiena contro la parete, fa Evanescere con un movimento eccessivamente brusco della sua bacchetta le ultime tracce degli uccellini assassini.

È iniziato tutto con una semplice ‘discussione’. Lavi, Allen e i Noah si sono incrociati in un corridoio per caso. I soliti insulti che sono partiti da entrambe le fazioni non avrebbero stupito nessuno, fino a che, dopo un commento particolarmente perfido di Tyki, Lavi ha giocato carte false – ergo, ha tirato fuori il discorso Quidditch. Una sorta di ‘discorso Taboo’, ormai, intorno ai Serpeverde. Soprattutto se questi Serpeverde sono i Noah, i componenti della squadra di Quidditch della loro Casa.

Il primo lampo di luce rossastra è partito inavvertitamente dalla bacchetta di uno dei Noah, concedendo ad Allen solo un misero secondo per effettuare una schivata fortunata.

Grazie al cielo, poco dopo sono accorsi i rinforzi: Kanda, passato di lì altrettanto per caso, non si è preoccupato minimamente del regolamento scolastico – quando mai se n’è preoccupato, d’altronde – e si è lanciato in loro ‘aiuto’, più che altro non trattenendosi alla prospettiva di uno scontro con i Noah. Alcuni altri studenti che si erano fatti il sangue amaro a causa di quei Serpeverde, poi, hanno cominciato ad accalcarsi intorno a loro e hanno preso parte allo scontro, attualmente ancora in corso nel mezzo di quello stupido corridoio.

Non è un vero e proprio combattimento, dato che la maggior parte degli incantesimi lanciati sono Fatture Tarantallegre o Orcovolanti, ma è comunque uno scontro in piena regola. Se poi si conta che i Noah spesso non sanno controllarsi, si può senza dubbio dire che si tratta di uno scontro occasionalmente pericoloso.

“Road è una troia,” grugnisce Lavi sprezzante, ripensando a quei piccoli esserini piumati di viola e dai becchi appuntiti come spine che l’avevano assalito con la violenza di una mandria di bisonti.

Allen lo guarda severamente, senza nascondere la sua rabbia. “E tu sei un stupido,” ribatte con voce aspra. “Cosa diavolo ti salta in mente?! Nelle battaglie, ci si divide gli avversari. Sei stato un’idiota a lanciare quel Sortilegio Scudo contro Tyki. Era il mio avversario, Lavi! Tu occupati dei tuoi, se non vuoi finire con un altro occhio cavato da uno sciame di passeri!”

Lavi nota l’espressione ferita di Allen, e realizza che probabilmente il suo amico sta fraintendendo le sue azioni.

“Allen, aspetta,” inizia, prima che un gemito di dolore lo sorprenda quando cambia posizione e strofina la pelle tagliata contro il muro di pietra. Allen trasale, e il palese – e totalmente immotivato, secondo Lavi – senso di colpa gli fa contrarre la mandibola. Perciò Lavi si premura di non lasciarsi sfuggire più nessun suono. “Non l’ho fatto perché dubitavo delle tue abilità – tutti noi sappiamo che sei eccezionale nei duelli di bacchetta. È che…. Mi è caduto l’occhio su Tyki e… stava per lanciarti un incantesimo approfittando del fatto che fossi alle prese con Skin! Non c’ho neanche riflettuto su, l’ho fatto d’istinto! Non accusare me, ma il mio istinto di proteggerti da ooogni mal—”

Allen gli molla uno scappellotto alla testa, e Lavi si zittisce, ma senza trattenere una risata canzonatoria.

Per quanto si lamenti Allen, e a ragione, il fatto che abbia abbassato la guardia per proteggere Allen senza neanche realizzare cosa stava facendo, e a Lavi piacerebbe considerarlo segretamente un atto di ‘eroismo’, gli sta facendo gonfiare il petto di orgoglio – si sente un po’ un idiota masochista.

Non da meno è la soddisfazione di vedere Allen abbassare lo sguardo per l’imbarazzo e sporgere la testa dietro l’angolo per sfuggire allo sguardo divertito di Lavi. “Beh, quel tuo istinto ti porterà alla morte un giorno,” borbotta Allen con apprensione, mentre scandaglia il corridoio dietro di lui, da cui provengono schioppi, urla e lampi di luce.

“Okay, direi che se sei a posto possiamo ributtarci nella mischia,” propone poi. “Kanda e gli altri se la stanno cavando perfettamente, ma mi farebbe piacere centrare anche un solo colpo su Road, prima che arrivino i professori.”

Il suo tono vendicativo riempie Lavi di una gioia che a stento riesce a reprimere, e lo fa sorridere in modo ebete.

Questo sarebbe un momento perfetto per baciarsi, medita Lavi: uno di quei momenti da libro d’avventura in cui, al climax del combattimento, l’eroe bacia la donna che ama—Non è tanto sicuro di quale sia la parte di chi, ma rimane il fatto che l’espressione agguerrita di Allen è parecchio ammaliante.

Ma Lavi non lo bacia, e lascia scorrere quel desiderio su di sé, con un sospiro, ignorandolo meglio che può. Ormai pensieri di quel genere sono parecchio frequenti e insistenti, ma può vantarsi, con un certo orgoglio, di non essere mai caduto in tentazione.

(Anche se spesso la sua volontà vacilla più del dovuto, soprattutto dopo che ha parlato con Lenalee quasi due settimane prima. È come se quella conversazione gli avesse aperto improvvisamente gli occhi, e da allora alcuni gesti che compie spesso Allen avessero assunto un significato molto più chiaro e preciso, che sempre di più lo portano a credere che Lenalee abbia ragione, che forse Allen ricambia davvero i suoi sentimenti—)

Scuote la testa vigorosamente, colto dalla convinzione che riflettere in quell’esatto momento, con un combattimento in corso alle loro spalle, non sia la cosa migliore, e che i libri d’avventura millantino a proposito dei momenti più adatti per baciare le proprie amate.

“Ma cosa è preso ai Noah in questo periodo?” chiede, più per distrarsi che per vero interesse – è inutile interrogarsi su cosa passi per la testa a quei pazzi: la loro cattiveria rimane sempre immotivata e incomprensibile. Dev’essere congenita.

Allen sbuffa, Lavi non sa se perché concorda con la domanda o perché la domanda lo sta trattenendo dal tornare alla battaglia.

“Non lo so,” risponde rabbioso, stringendo la presa sulla sua bacchetta, “è da due settimane che combinano casini ininterrottamente. Sembra quasi una sorta di festa di addio per Tyki e gli altri. Magari vogliono andarsene dalla scuola con dei ‘bei’ ricordi dei loro ultimi giorni.” Lavi ghigna al sarcasmo di Allen, mentre questi sbircia di nuovo lungo il corridoio dietro l’angolo, e un sorriso gli si allarga repentino sulle labbra.

Ow, Kanda ha beccato Jasdero in faccia. Temo stia persino ridendo. Penso non gli abbia ancora perdonato la faccenda di Lenalee.”

Già, il grande ‘scoop’ di quell’anno, ricorda Lavi, ripensando a quando, qualche mese prima, il gemello scriteriato di Debitto ha reciso di netto, all’altezza del collo, i fantastici, lunghi capelli neri di Lenalee durante una lezione di Trasfigurazione. Sebbene Lenalee l’avesse presa bene, dicendo che il nuovo taglio le piaceva e rifiutandosi di farli ricrescere con la magia, Kanda non fu altrettanto diplomatico nell’incassare l’affronto.

“Ma poi oggi, come è venuto loro in mente di attaccarci da soli? Eravamo due contro sette. Molto corretto da parte loro,” conviene Lavi con acidità.

Ad un tratto, la voce di Road si alza in una risata acuta e innaturale, e rimbalza tra le pareti dei corridoi.

“Allen Neah Walker! Dove sei finito? Hahaha, hai paura di noi?!”

Allen si irrigidisce di colpo, diventando un tronco di legno, e nel suo sguardo saetta un furente lampo d’odio. Con dei movimenti innaturalmente robotici, fa per alzarsi, ma una mano l’afferra bruscamente per la manica della camicia e lo spinge di nuovo per terra.

A Lavi sembra di essere in un altro mondo. All’improvviso tutto quello che lo circonda, eccetto Allen, i cui contorni continuano ad essere netti e precisi, gli pare immateriale, inconsistente. Una sorta di miraggio sfumato, che si stende indefinito intorno al suo amico, come un paesaggio da sogno.

Allen… Neah?” chiede, ma non sentendo la sua voce, teme di averlo solo pensato. Lo sguardo di Allen che si incupisce vistosamente, però, smentisce i suoi dubbi.

Sì…” mormora Allen con un tono strano. “È il mio secondo nome. Neah… era il fratello di Mana, ma... dato che si era schierato dalla parte del Conte del Millennio, avevamo deciso di non usarlo mai… non so come facciano a saperlo i Noah. Non che sia importante, però…

Le orecchie di Lavi hanno smesso di ascoltarlo dopo la prima frase.

Il mondo si silenzia intorno a lui, e in quel vuoto sonoro l’unico rumore che Lavi crede di avvertire è quello degli ingranaggi nella sua mente che ruotano furiosi, alimentati da scoperte, congetture, calcoli.

Il nome completo di Allen è Allen Neah Walker.

Non Allen Walker.

…Questo significa che i suoi numeri aritmantici devono essere diversi.

Ci mette pochi secondi ad apportare le dovute correzioni al calcolo già fatto in precedenza, un giorno che allora gli sembra molto più lontano di un solo mese prima; e una volta scoperto il nuovo numero, il suo cuore si ferma.

Il tempo si ferma.

Tutto rimane immobile, mentre nella sua testa riecheggiano tre sole parole, un solo numero.

Un. Cazzutissimo. Sette.

A questo punto, se godesse ancora della sua tanto decantata facoltà di ragionamento, Lavi penserebbe che forse – forse – il destino sta operando dietro le quinte di tutti questi avvenimenti, e lo sta spingendo per davvero in un’unica direzione. La partita, il tè, il Filtro, Lenalee, e ora anche l’Aritmanzia, la nemica più grande dell’ultimo mese, paiono gridargli a gran voce di fare un’unica cosa.

Quando persino i muri dell’Aritmanzia crollano come castelli di carta davanti agli eventi, Lavi non può più permettersi di rimandare, rimandare, e temere il futuro.

(Ma tutto questo Lavi lo realizzerà dopo.)

Infatti ora, non esattamente padrone né della sua mente né del suo corpo, allunga una mano. Solo allora Allen sembra rendersi conto del comportamento strano del suo amico, o almeno così suggeriscono i suoi occhi grigi spalancati per lo stupore, le sue labbra semidischiuse, e la fronte leggermente aggrottata nella smorfia di confusione che si forma quando la mano di Lavi si posa sulla sua guancia. Sono per terra, vicini l’uno all’altro, e Allen non si muove di un millimetro. Non fa assolutamente nulla, se non chiedere, con voce incerta: “Lavi, va tutto be—

Quella domanda è destinata a non essere finita, perché in quel momento Lavi trae Allen a sé, chiude il suo unico occhio verde smeraldo, e fa collidere le loro labbra le une contro le altre.

È maldestro, e un po’ troppo violento – si potrebbe quasi pensare che Lavi non abbia mai baciato nessuno in vita sua, ma la verità è molto lontana da un’affermazione del genere. Comunque, Lavi se ne frega, perché l’unica cosa che gli interessa allora è la sensazione delle labbra di Allen sulle sue. Scopre che è una sensazione decisamente appagante, persino migliore della prima volta, pensa, ora che non è ubriaco di Whisky e Burrobirra e i suoi sensi sono così in allerta che fanno male; persino migliore, si ripete, prima di realizzare, stupendosi come se si trattasse di una scoperta micidiale, che questa volta Allen è sveglio, perciò non dovrebbe mancare quella partecipazione che non poteva esserci la prima volta—

Dopo qualche secondo – o almeno Lavi crede sia qualche secondo – Lavi si stacca dalla bocca ancora immobile dell’altro, ma invece che aprire l’occhio, stringe di più la palpebra. Teme quello che potrebbe trovarsi di fronte, una volta ritornato pienamente alla realtà: e se Allen lo stesse guardando con disgusto? Se proprio ora stesse aprendo la bocca per dirgli che è rivoltato da quello che ha appena fatto? Se Lavi avesse frainteso tutto e Allen non avesse mai pensato a lui in quel modo?

La paura gli invade il cuore, e basta a convincerlo di aver commesso l’errore più grande della sua vita.

“Cristo, Allen,” farfuglia mortificato, “mi dispiace. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispia—” E in quel farneticare confuso, viene subito interrotto da due dita affusolato che vengono premute gentilmente sulla sua bocca.

Finalmente, apre l’occhio.

Quello che vede in quel momento, sospetta gli rimarrà impresso sulla retina e nella sua memoria per il resto della sua vita. Perché Allen sta sorridendo, con le sue labbra, le sue guance, i suoi occhi, quelle fossette che gli si formano vicino alla cicatrice rossa quando il suo sorriso è davvero intenso; e in esso, Lavi nota, non c’è traccia di quella misteriosa tristezza che ha ora imparato a scorgere. È lo stesso sorriso che gli ha mostrato al termine della partita di Quidditch, anche allora indirizzato solo a lui, un sorriso non contaminato da alcun sentimento se non una felicità smodata – e il cuore di Lavi si diletta in qualche capriola rappresentativa, mentre il viso radioso di Allen si avvicina di nuovo al suo; le loro bacchette e il combattimento mostruosamente lontani dai loro pensieri.

È un bacio oscenamente lungo, ma forse è solo la percezione temporale di Lavi che è andata completamente in tilt. In una qualche regione remota del suo cervello, quando Allen gli prende le spalle e lo spinge per terra senza smettere di divorargli le labbra con una passione che Lavi non si aspettava di ricevere, una vocina di servizio gli comunica che sono giusto un po’ in mezzo a un corridoio, e che se la voce, apparentemente lontana, della professoressa Nine che sbraita e riporta l’ordine tra gli studenti in conflitto non è un’allucinazione, come sospettava all’inizio, allora la donna li ha probabilmente visti. E a quanto pare ignorati. Magari anche qualche studente.

Proprio mentre afferra l’altro per i fianchi, e risponde mentalmente alla vocina che gliene importa tanto quanto a un troll importerebbe della presenza di un moscerino, Allen interrompe il loro bacio, e con espressione sollevata, afferma: “Era ora.”

E come direbbe il loro adorato professore di Cura delle Creature Magiche, era ‘fottutamente ora, invero.

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A l l e n   N e a h   W a l k e r

Una persona intuitiva e brillante, che ama le sfide, ed sa essere un amico leale ed affidabile, con la capacità di adattarsi facilmente.
Integra, energica, gode di uno spiccato senso dell’umorismo e una certa facilità nello sviluppo dei rapporti interpersonali.
Nella sua vita interiore, sa amare con pienezza, ed è particolarmente dedito all’aiuto del prossimo, come insegnante, filantropo o protettore dei diritti altrui.
È molto determinato e può costituire spesso un esempio per gli altri. Ma se lasciato da solo nei momenti difficili, può diventare eccessivamente pessimista, dispersivo, e insicuro
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Persone identificabili aritmanticamente come dei Sette, godono di una naturale empatia verso altri Sette.

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. S E V E N .

I.  II. III. IV. V. VI. VII.

 

 

ED E’ FINITA. Wah, com’è bella la vita *-* No, vabbè, spero che TUTTI abbiano capito chi è l’insegnante di Cura delle Creature Magiche xD  Comunque, la descrizione aritmantica di Allen, dato che contando ‘Neah’ diventa un sette, nove, sette, risulta essere un misto tra la precedente descrizione (sei tre tre) e quella dei nuovi numeri, dato che di fatto il suo nome ufficiale che tutti conoscono è Allen, mentre ‘Neah’ è quasi sconosciuto ma comunque c’è (ergo, di fatto me la sono pseudo inventata DAI). Ok la smetto. Fatemi sapere se desiderate che diventi una piccola miniserie a oneshotsss! :)

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