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Mai fatta una intro
esterna più cagosa, lol.
Ma poi perché scrivo tali robe insensate in questo periodo? Continuo ad
essere assillata da idee che poi faccio una fatica immensa a mettere giù
come vorrei, ma dev’essere l’estate.
Finita quella, l’Ispirazione partirà con il cambiare dei venti.
Come Mary Poppins.
Prima di iniziare a leggere la fic,
penso sia necessario, se non sapete cosa sia l’Aritmanzia,
informarvi un po’ (anche se per QUESTO capitolo non è necessario).
Quindi, spiego brevemente, prendendo dai libri che ho?
L’Aritmanzia è un metodo per predire la
sorte fondato sui nomi e sui numeri, regole e calcoli matematici. Poggia su due
concetti; il primo è che il nome di una persona contenga indizi
importanti sul suo carattere e destino, il secondo è che ogni numero da
1 a 9 abbia un significato particolare. Quindi si prevede l’estrazione di
tre ‘numeri chiave’ da un nome: il numero del carattere, del cuore
e sociale; quindi, la loro interpretazione in base a una serie di significati
prestabiliti. Il primo numero si ricava con la somma dei numeri dati da tutte
le lettere del nome-cognome secondo la tabella che trovate su wikipedia sotto ‘aritmomanzia’,
il secondo dalla somma dei numeri dati dalle vocali, e il terzo dalle
consonanti. Come l’Astrologia, l’Aritmanzia
può offrire ai praticanti un sistema per dterminare
i giorni favorevoli e infausti; la regola generale prevede che i primi
corrispondano al numero del carattere. Inooltre
l’Aritmanzia viene impiegata per rivelare le
‘parentele nascoste’ tra le persone, i luoghi: i nomi che hanno lo
stesso valore numerico sono naturalmente correlati tra loro. Così un dDue sarà più compatibile con un altro Due o
un Cinque guiderà meglio un’auto le cui lettere della targa diano Cinque.
Ordunque, scusate molto la spiegazione lunga. Questo misero e
pressoché insensato tentativo di trasposizione delle masse dgm-esche in un altro favoloso mondo è stato
pubblicato con la speranza che vi aggradi in minima parte, indi per cui, buona
lettura (QUANTO VORREI scrivere migliaia di oneshots
ambientate in questo mondo çWç ).
Volevo farla oneshot perché sarebbe
esteticamente molto più bella maaa non avevo
voglia, quando ho voglia di postare io posto, e cippaminchia.
Disclaimer: non mio blah.
I.II. III. IV. V. VI.
VII.
. S E V E N
.
.
L a v iB o o k m a n
Una persona
intuitiva e brillante, che ama i compiti impegnativi e le sfide. È
studioso, e naturalmente interessato a tutto ciò che è
misterioso.
Considera l’originalità e l’immaginazione più
importanti del denaro e dei beni materiali. Capita, però, che sia
eccessivamente sarcastico e presuntuoso.
Nella sua vita interiore, è spesso instabile, incerto, soggetto a
continue fasi di mutamento. Può essere attratto da molte cose in una
volta, ma non dedicarsi a nessuna.
Persona leale e corretta verso i propri amici, è socialmente portato
all’interazione, alla comunicazione reciproca e all’equilibrio.
.
I.
Il cielo
primaverile è limpido, non c’è una nuvola che macchia quel
celeste infinito e il Sole risplende alto illuminando i prati e le cime del
castello. Sarebbe una giornata molto piacevole, se loro non stessero
fottutamente perdendo.
Lavi sistema
la sua posizione sulla sua Tornado Sette e stringe la presa sulla mazza da
Battitore. La fa roteare una volta, prima di rituffarsi nel vivo del gioco e
spedire con tutta la forza che riesce ad accumulare la solida palla nera verso
un Cacciatore dei Serpeverde. Ma il Bolide la manca,
e Lulu Bell continua a sfrecciare verso i pali a
bordo campo. Dopo pochi secondi segna dieci punti.
Lavi lancia
un’occhiata al Segnapunti e impreca silenziosamente. Se vanno avanti
così ancora per molto, neanche il Boccino basterà a farli
vincere. Cerca Allen con lo sguardo, ma il suo compagno di squadra procede a
zigzag sopra di loro, senza una meta precisa. Poco distante da lui, Road Kamelot lo segue rapida, facendo attenzione a ogni suo
movimento con quei suoi inquietanti occhi da falco.
La
situazione non sarebbe così tragica
se la loro squadra non fosse stata decimata nel giro di un giorno soltanto,
costringendo Lavi a prendere dei sostituti dalle capacità imbarazzanti.
Il loro vero Portiere, infatti, continua a vomitare lumache e, assieme a lui,
Timothy e Fou sono in stato Confusionale in
Infermeria a farsi curare le dolorose e impressionanti eruzioni cutanee che
sfoggiano da quella mattina.
Anche se
apparentemente sembra non esserci una spiegazione ai loro malesseri improvvisi,
nessuno studente della Scuola ha dubitato per un attimo
dell’identità dei veri colpevoli.
Lavi osserva
con uno sguardo d’odio TykiMikk
che ruba la Pluffa a uno dei Cacciatori sostituti e
si lancia di nuovo verso i tre anelli dorati, pronto a conquistare altri dieci
punti.
Ma Lenalee riesce a bloccarlo in tempo, e una volta che la
palla rossa è sicura nella sua stretta, la ragazza scansa agilmente i
Cacciatori avversari e si dirige verso il Portiere dei Serpeverde
– uno strano ragazzo: gira la voce che sia un Legilimens,
ma Lavi sospetta sia l’ennesimo tentativo dei Noah
di incutere timore tra gli studenti. Nessuno
è un Legilimens a sedici anni.
Uno dei due
gemelli di Serpeverde scaglia con forza un Bolide
verso Lenalee, ma Kanda lo
intercetta, e con malcelata rabbia lo spedisce con mortale precisione contro SkinBolic, che barcolla sul suo
manico di scopa – Lavi continua a chiedersi che incantesimo usi per
impedire a quella scopa di rompersi sotto il suo peso.
Lavi non fa
mai molto caso alla voce della cronista, ma quando nell’aria sente uno
squittio eccitato che grida il nome di Allen, inizia a cercare il suo amico.
Poi lo vede,
che sfreccia sulla sua Nimbus Duemila con il braccio
teso in avanti. E davanti a lui c’è l’agognato Boccino, che
vola via con rapidità sbattendo le sue alette dorate. Ma vicino, troppo
vicino ad Allen c’è Road, che lo marca stretto, pronta a superarlo
alla prima occasione.
Lavi
sbianca. Se i Serpeverde prendono ora il Boccino,
vincono la partita. E Lavi non può permetterlo: non può finire il
suo ultimo anno a Hogwarts senza vincere la meritata
Coppa. Confida nelle capacità di Allen, che sono di gran lunga superiori
alla media, ma anche Road è piuttosto brava, e in più il suo
manico di scopa è una cazzutissimaFirebolt, e
quello può significare molto in momenti come quello.
Sa che
dovrebbe occuparsi dei Bolidi, ma la partita potrebbe finire da un secondo
all’altro, quindi non è che al momento abbia molta importanza
– la verità è che non riesce a staccare gli occhi di dosso
ai Cercatori, esattamente come tutti gli spettatori e buona parte dei
giocatori.
Allen e Road
sono ora spalla contro spalla – Lavi riesce quasi a vedere la
concentrazione sul volto di Allen, e il sorriso perverso di Road mentre questa
si spinge contro l’altro nel tentativo di allontanarlo a sufficienza
dalla traiettoria del Boccino.
All’improvviso,
il Boccino devia bruscamente verso il basso, iniziando una discesa in picchiata
che termina a poco più di due metri da terra. Allen e Road sono ancora
affiancati, e solo la prontezza di Allen nella manovra impedisce alla Firebolt di guadagnare un minimo, pericoloso vantaggio.
Ma Road
riprende a spintonare Allen violentemente. Una volta, due volte, e la Firebolt acquista terreno nel rettilineo, mentre Allen
rimane ogni momento un poco più indietro.
Road
è a pochi centimetri dal Boccino, manca poco perché le sue dita
si chiudano intorno a centocinquanta preziosi punti. Sorridendo malignamente,
si prepara a dare un ultimo spintone e—
Road
è fuori rotta. Paralizzato in mezzo al campo, Lavi guarda col fiato
mozzo il volto sgomento della ragazza mentre si rende conto che ha curvato
troppo, che il suo spintone non ha incontrato resistenza perché Allen si
è schifosamente ribaltato a
testa in giù e sotto di lei per poter essere alla stessa distanza dal
Boccino, e che ormai—
In un attimo
è finita. Dagli spalti esplode un boato fragoroso che inonda
l’intero campo di Quidditch. Al microfono, Rou Fa inneggia il nome di Allen come quello di un eroico
salvatore, l’intera squadra si butta a capofitto su di lui per acclamarlo
e abbracciarlo esultante. Persino Kanda non riesce a
trattenere il ghigno vittorioso, mentre atterra e permette a Lenalee di trascinarlo nell’abbraccio di gruppo, o
quantomeno avvicinarlo. Nell’entusiasmo generale, i Serpeverde
vengono completamente dimenticati – quasi
dimenticati, ogni tanto Lavi lancia loro un’occhiata per godere delle
facce furibonde e gli insulti che si scambiano a vicenda. Mentre Lavi scende di
quota per raggiungere la sua squadra, ancora completamente frastornato dalla
vittoria improvvisa, Allen alza lo sguardo su di lui, sventolando in aria il
Boccino racchiuso nella sua mano guantata, e gli sorride con tale
intensità che il cuore di Lavi gli balza in gola, minacciandolo di
esplodere di gioia.
‘Abbiamo
vinto, mio Capitano,’ dicono le labbra di Allen, e Lavi alza il pugno in
aria, sorridendo come un pazzo. Allen ride, mentre gli altri lo strattonano e
lo issano in aria, tra un urlo e l’altro.
Lavi
accelera, desideroso di unirsi ai festeggiamenti.‘Ho voglia di baciarlo,
cazzo,’ pensa.
Ma prima che
qualcuno possa notare l’espressione di totale shock scolpita sulla sua
faccia o che lui stesso possa chiedersi perché abbia pensato una cosa del genere, un Bolide
lo colpisce in piena faccia.
L’ultima
cosa che Lavi vede, è il sorriso di Allen pietrificato in una smorfia
d’orrore.
Pronti per la seconda parte?
Spero di sì. Sperate che succedano grandi cose? Lo spero anche io. Come spero
che la mia abilità nello scrivere fluff non sia raccapricciante come pare a me.
Disclaimer: non mio blahblah.
I.II.
III. IV. V. VI. VII.
. S E V E N
.
.
II.
Nell’ultimo
tratto del passaggio segreto finiscono la loro scorta di Whisky Incendiario e Lenalee fa Evanescere la
bottiglia con successo, suscitando un vago stupore generale – hanno stipulato
un patto tempo prima, per cui ogni volta che si ubriacano non devono effettuare
incantesimi; in momenti come quelli, ritornano sempre in mente le parole del
loro professore di Incantesimi che raccontava anni prima di come il mago Baruffio pronunciò una ‘s’ al posto di una ‘z’ e si ritrovò
con un orso sul petto.
Cadono fuori
dalla schiena della statua della Strega Orba e prontamente Lenalee,
mollando le sue bottiglie a Lavi, ficca le mani nella borsetta.
La faccia
inebetita di Allen mentre questi osserva Lenalee
frugare alla ricerca del Mantello dell’Invisibilità è inestimabile, ma non come
il suo buttarsi a braccia aperte sulla statua della Strega e cominciare a
strusciare la guancia contro la pietra farfugliando parole a caso. “Gunhildaaa! Ti voglio tanto
bene, davvero, mi disp-hic!-ace per la tua gobba…
la mia vita non sarebbe la stessa senza di te! Come farei a far-hic!-e rifornimenti a Mielandia? Vuoi un’Ape
Frizzola? Mi ricordi tanto Lavi…
Sei una sua parente?”
Lavi rotola
sul pavimento guardando con occhi lacrimanti Allen che cerca nelle tasche i
rimanenti dei suoi acquisti al negozio di dolci, e ride il più silenziosamente
possibile mentre Lenalee tenta di staccare Allen
dalla statua e buttargli sopra il Mantello.
Lavi non è
molto d’aiuto, si rende conto quando Allen comincia a stappare l’ennesima
bottiglia di Burrobirra affermando che dovrebbero
offrirla alle armature. Il sorvegliante e la sua stupida gatta potrebbero
arrivare da un momento all’altro, attirati dagli schiamazzi. Quindi si tira su,
con uno sforzo immenso da parte delle sue gambe barcollanti, e aiuta Lenalee.
Procedono
con passo dolorosamente lento, stando a fatica sotto il Mantello; i loro piedi
camminano apparentemente senza padroni lungo i corridoi bui del castello.
Ripensandoci poi da sobrio, Lavi si chiederà come hanno fatto ad arrivare alla
Sala Comune senza essere scoperti, tra la loquacità rumorosa di Allen e le
risate sue e di Lenalee. La Signora Grassa li fa
entrare di malavoglia e occorrono numerosi tentativi per issarsi nel buco
dietro al quadro e attraversarlo – a un certo punto Allen decide che strisciare
sui gomiti e rotolare in orizzontale è più facile che camminare.
All’interno
della Sala, seduto su una delle morbide poltrone rosse vicino al camino, Kanda li attende con le braccia incrociate, guardandoli
torvo.
“Quanto
cazzo avete bevuto?” chiede secco.
Lavi tenta
un breve calcolo sulle sue dita, ma quando queste cominciano impietosamente a
moltiplicarsi davanti ai suoi occhi, rinuncia.
“Un po’,”
risponde laconico.
“Ci sono
sempre state così tanti caminetti in questa stanza?” chiede Allen.
Kanda sbuffa, si
alza e va ad aiutare Lenalee, che sembra affascinata
dall’elasticità delle guance di Allen e continua ad allargarle verso l’esterno.
“Eeeehi, bel ragazzooo!” esclama Lenalee
quando Kanda le mette le mani sui fianchi per
sorreggerla. “Non sai cosa ti sei perso, haha…Lavi… e Allen è andato haha… a
sbattere hahaha…”
e non finisce mai la frase, colta da una serie di risolini isterici che la
fanno piegare in due.
“Kanda!” tuona Allen dal nulla – e Lavi vagamente pensa che
forse dovrebbero abbassare i toni, ma poi comincia a ridere anche lui e se ne
dimentica.
Kanda non
risponde, si limita a fissarlo con diffidenza.
“Sei un
totale idiota, però hai dei bei, bei
capelli,” biascica il ragazzo, con un tono di voce così sicuro di sé che Lavi
si ritrova a domandarsi con serietà se dei bei capelli possano davvero
compensare per ogni altro difetto – si risponde che probabilmente Allen ha
ragione, e che deve assolutamente rubare lo shampoo di Kanda.
Kanda ha
palesemente l’espressione interdetta di chi non sa se prendersela o essere
imbarazzato.
“Giààà…” miagola Lenalee, con la
stessa convinzione, cominciando ad accarezzare con ammirazione i capelli neri e
lunghi di Kanda con le sue dita affusolate.
“Posso
toccarli anch’io?” chiede Allen, e Kanda è costretto
a voltarsi e trascinare Lenalee con sé ai piedi della
torre delle ragazze per nascondere il suo imbarazzo – o non dare luogo a una
strage, Lavi non sa dirlo.
“NO, stupido scemo—ma
che cazzo…
Lavi, portalo a letto, ora!”
Lavi ride
sguaiatamente mentre fa passare un braccio di Allen sulle proprie spalle.
Entusiasta, Lenalee scuote freneticamente una mano. “Ciao Allen, ciao
Lavi!”
Lavi
trascina Allen a fatica lungo le scale a chiocciola del dormitorio dei maschi,
e Allen non aiuta minimamente.
“Sai, Lavi,”
dice il ragazzo, lasciandosi andare ancora di più a peso morto su Lavi, “penso
che Debitto sia un demente. Come punizione avrebbero
dovuto spedire un Bolide contro la sua
faccia, e rifiutarsi di portarlo in Infermeria. Lasciarlo lì, a sanguinare… e soffrire… e cose così.”
Lavi
ridacchia, prima di mettere male un piede su uno scalino e rischiare di
rotolare giù dalla rampa per diversi metri in verticale. Afferra il corrimano
per un pelo, e stupefacentemente ritrova l’equilibrio.
Allen non si accorge di nulla, e continua a fissare il vuoto davanti a sé con
spropositato interesse.
“Beh, Allen,
hahaha,
grazie per tenere alla…integrità della mia faccia.”
Sono
finalmente davanti alla porta della camerata di Allen, e Lavi cerca di ripristinare
l’uso delle gambe dell’altro. “Allen, siamo arrivati. Da qui devi fare
silenzio, okay? Ci sono gli altri che dormono…”
farfuglia, ritrovando nella sua testa quel minimo di razionalità che non è
stata completamente annebbiata dall’alcool.
Mentre Lavi
riprende il respiro, Allen sta in piedi, fermo, appoggiato contro il muro, e
guarda Lavi dritto nel suo unico occhio. “Mi piace la tua faccia, Lavi.”
Lavi non
riesce a parlare. Non riesce neanche a smettere di fissare gli occhi grigi di
Allen, che non sembrano mettere adeguatamente a fuoco il mondo. Allen li chiude,
e Lavi non sa bene come interrompere il silenzio. Non si ricorda perché,
esattamente, si sono fermati.
La sua mente
cerca di ricordargli qualcosa e fargliene capire un’altra, ma il mal di testa
minaccia improvvisamente di prendere il soppravvento.
“Mi piace la
tua faccia,” ripete Allen ancora ad occhi chiusi, e l’istante dopo le sue
ginocchia cedono e lui cade pesantemente a terra, con la testa reclinata in
avanti e le gambe in angolazioni innaturali.
“Oddio, haha, Alleeen, alzati su!” ride Lavi, mentre apre la porta e cerca di
tirare su Allen. Nella stanza regna il silenzio, se non per un lieve russare di
sottofondo. La parlantina di Allen non costituisce più un problema, in quanto
il ragazzo sembra essere sprofondato in una sorta di coma etilico senza
possibilità di ritorno. Lavi lo lancia con poca grazia sul letto a baldacchino,
ma Allen non fa una piega. Con lo sguardo cerca il suo pigiama, ma si rende
conto che anche se lo trovasse non avrebbe le forze per metterglielo, quindi si
limita ad accomodare il suo amico alla bell’e meglio sulle coperte rosse.
Senza più
forze, Lavi si affloscia a sedere di fianco a lui e rimane zitto, a
contemplarlo.
Non è mai
stato un poeta, e continuerà a non esserlo per il resto della sua vita, ma
quella sera dev’essere un’eccezione, perché non può
fare a meno di pensare che Allen sembri un bizzarro angioletto, con quella sua
aria indifesa, i suoi capelli bianchi disordinati che si stagliano contro le
guance arrossate e la cicatrice a pentacolo sulla fronte – e trova affascinante
il fatto che, da sveglio, Allen sia tremendamente lontano dall’essere innocente e indifeso come appare ora.
Solo dopo
quello che ritiene sia qualche intero minuto, si accorge di essersi
pericolosamente avvicinato al suo viso, mani piantate ognuna a un lato della
sua testa; quasi può contare le ciglia chiare di Allen, e sente l’odore di
alcool uscire in lenti sospiri dalle sue labbra appena dischiuse. Ma non ci fa
molto caso, nel momento in cui chiude la distanza tra la sua bocca e quella di
Allen.
È un singolo
attimo quello in cui le loro labbra si sfiorano e il cervello di Lavi chiude i
battenti, eppure Lavi è costretto ad ammettere che la storia dei fuochi
d’artificio forse non è una triste invenzione di persone affette da disturbi
mentali, come ha sempre creduto.
Allen rimane
profondamente addormentato, e Lavi ne approfitta per catapultarsi in un lampo
fuori dalla stanza che all’improvviso è diventata soffocante, e fiondarsi nella
sua, sperando vivamente che nessuno sia stato svegliato dal violento martellare
del suo cuore contro il petto.
EEEE quanto è stata dura sta terza parte, lol,
l’introspezione è una brutta bestia! Odio questo capitolo con tutto il mio
cuore, ma grazie al cielo sarà l’unico così pseudo-seriosoçWç ! La cosa positiva? Che il prossimo capitolo è
pressoché finito. Comunque ho realizzato solo dopo aver postato il secondo
capitolo che qualcuno che non ha letto i libri poteva non aver capito qualcosa.
In pratica la statua della Strega Orba è uno dei passaggi che conducono ad Hogsmeade, dove appunto ci sono Mielandia,
la Testa di Porco e i Tre Manici di Scopa (dove teoricamente hanno preso la
roba da bere). Inoltre, come si dirà implicitamente in questo capitolo, Lavi è
del settimo anno come Kanda, mentre Allen e Lenalee (e Fou) sono del quinto.
Questo è il capitolo che parla di Aritmanzia. Quindi
se non ricordate quello che vi dissi, andate a rileggervi l’intro
del primo capitolo xD E la tabella per calcolare i
numeri del carattere, cuore, e sociale la potete trovare dovunque, anche su wikipedia (se volete dilettarvi nello scoprire qual è il
VOSTRO numero del carattere :D In base a quello potete teoricamente avere una
descrizione della vostra natura poiché ogni numero ha un significato proprio).
Ah, i MAGO sono gli esami del settimo anno.
Disclaimer: non mio blahblahblah.
I.II. III.
IV. V. VI. VII.
. S E V E N
.
.
III.
Lavi è
irrequieto.
Tutti lo
possono vedere, dal modo in cui, da un’intera settimana, Lavi si sistema la
bandana così tante volte che sono certi di intravedere i segni di un precoce
scolorimento del tessuto, arricciola una ciocca di capelli rossi attorno
all’indice così spesso che è un miracolo che quella ciocca non si sia ancora
staccata dal cuoio capelluto, tira e stuzzica l’elastico della benda
sull’occhio con tale regolarità che gli è rimasto impresso un segno evidente
lungo la fronte. Per non parlare degli insoliti silenzi in cui sprofonda senza
accorgersi di quello che succede intorno a lui – e lì capiscono che si tratta
di qualcosa di serio, perché Lavi non perde mai, mai, l’occasione di fare del sarcasmo.
Grazie al
cielo, pensa Lavi mentre nota vagamente Allen che lo guarda stranito con la
bocca straripante di pollo arrosto e Lenalee che lo
osserva sospettosa di sottecchi, non riescono a capire con la stessa facilità cosa esattamente lo stia turbando.
La verità è
che Lavi è convinto di stare lentamente impazzendo. Non è bastato che abbia
pensato di baciare il suo migliore amico al termine di una gloriosa partita di Quidditch vinta grazie a quest’ultimo, ma dopo tre giorni
il suo cervello, a quanto pare, va in tilt e lui lo bacia per davvero. E per quanto a Lavi non sfugga
l’estrema coerenza logica in tale successione di eventi, questi non può
ignorare invece la profonda contraddizione tra le sue azioni e il suo concetto
di ‘migliore amico’.
Non pensa
che Allen possa davvero piacergli. Sono cinque anni che lo conosce, e sarebbe
quantomeno stupido se lui si fosse
accorto solo ora, al tramonto della
sua carriera scolastica, di provare qualcosa di più, e peraltro solo in seguito
a una partita di Quidditch – non è così cieco. Per non parlare delle numerose
ragazze che ha avuto in quei sette anni. Una più bella dell’altra, a suo
parere. Non che possa dire di aver avuto una storia seria con qualcuna di loro,
ma sempre ragazze erano, con tutti i tipici connotati di una femmina presenti.
È anche vero che nessuna è mai riuscita a prendere il posto di Allen – tra una
serata con i suoi amici o con una delle sue ragazze, la maggior parte della
volte ha scelto la prima opzione senza soffermarsi troppo sulla questione.
Ma rimane il
problema che le ragazze gli piacciono. Gli piace parlarci, baciarle, toccarle e… occasionalmente farci ulteriori cose. Quindi, si
convince, mentre lancia uno sguardo deciso alle patate lesse che popolano il
suo piatto, a lui non piace Allen. È stata l’eccitazione della vittoria a
fargli pensare una cosa così innaturale, e l’ebbrezza provocata dal Whisky
Incendiario a spingerlo immotivatamente a—
L’impatto
della sua fronte contro il legno del tavolo non passa inosservato.
“Allen, puoi
gentilmente riferire a Lavi di smettere di tentare di lasciare il segno del suo
passaggio sul tavolo dei Grifondoro? Sarebbe carino
da parte sua,” dice Lenalee con voce inquietantemente
calma, mentre aggredisce con eccessiva violenza la sua fetta di pane con i
denti.
“Già, Lavi,”
concorda Allen con finta noncuranza, come se ormai si fosse abituato a quella
scena, “questa volta hai mancato di poco il piatto.”
“Ha ragione,
per una volta,” borbotta Kanda.
“Perché non
ci dici una volta per tutte cosa c’è che non va in quella tua stupida testa?”
chiede Fou stizzita, grattandosi la guancia e
giocherellando con il cibo nel suo piatto. “È una settimana che sei così. E non
ci dici il perché.”
Allen gli
lancia un’occhiata d’avvertimento, che Lavi comprende subito: non gli fa piacere
vedere Fou o Lenalee
frustrate a causa della stupidità di un qualcuno
che ha un problema ma si rifiuta di confidarsi con i suoi amici. E Lavi può
scorgere nei suoi occhi lo stesso
dispiacere che ormai sta procurando all’intero gruppo; il dolore di essere
lasciati all’oscuro, il timore di non godere di sufficiente fiducia.
Quando Lavi
guarda Allen in questi giorni, l’unica cosa che vede scritta chiaramente nei
suoi occhi grigi è ‘per favore, dimmi
qualcosa’.
Lavi sente
una violenta stretta al petto, la bocca dello stomaco gli si chiude di colpo in
una morsa dolorosa e le patate nel suo piatto non sembrano più così invitanti.
Per un
attimo, per un solo attimo, pensa di
scusarsi e di raccontare ad Allen tutto.
Della partita, del bacio rubato, dei dubbi, di come in fondo sia colpa sua…
Si ferma un
attimo, con il cuore, colto da un’improvvisa furia, che gli batte
all’impazzata, lo sguardo fisso sui lineamenti del suo migliore amico. Ad un
tratto l’espressione ferita di Allen gli dà fastidio, gli sembra immotivata ed
egoistica, e tutto quello che desidera è mollargli un pugno dritto in faccia,
perché in fondo è davvero solo colpa sua—
E come’è
venuta, in un battito di ciglia la rabbia se ne va, lasciando dentro di lui un
senso di spossatezza, tanto psicologica quanto fisica.
Lavi
sospira. “Mi dispiace. È solo che…” comincia, prima
che la sua attenzione venga spietatamente catalizzata dalle labbra di Allen,
con gli angoli della bocca tesi verso il basso e il labbro inferiore
leggermente arricciato all’infuori in una specie di broncio infantile. In quel
momento, Lavi realizza che non sarebbe un’idea malvagia quella di verificare se
sono davvero così morbide come gli
sono sembrate la prima volta—
Il palmo
della mano che si sbatte in faccia bruscamente non fa più male come le prime
volte. Immagina che debba essersi formato una sorta di strato di pelle
anestetizzato sulla sua faccia, dopo quella settimana. Comincia inoltre a
sospettare di soffrire di bipolarità.
“La vuoi
smettere?” sibila Allen. “È tutta la settimana che fai così, e comincia a
diventare davvero seccante. Giuro che si inizia a scorgere l’impronta delle
dita sulla tua fronte, e se tu la smettessi e semplicemente—”
“È perché ti
piace la mia faccia?” lo interrompe Lavi quasi involontariamente. Non avrebbe
davvero voluto dire una cosa del genere, e quasi spera che Allen non lo abbia
sentito, o vada avanti facendo finta che lui non abbia aperto bocca.
Ma ormai il
danno è fatto, e l’espressione di Allen è più scettica che confusa. “Cosa?”
Lavi prende
un respiro profondo, e fa finta di non notare la testa di Lenalee
che scatta sull’attenti. “Vuoi che smetta perché ti piace la mia faccia,”
elabora, e si accorge di stare probabilmente suonando come un moccioso che
tenta di difendere una sua teoria a cui nessun adulto crede, e che non riesce a
comprendere il motivo di questa sua deviazione dal discorso principale.
E allora
succede qualcosa di strano, perché Allen si fa più piccolo e il suo tono di
voce si indurisce, proprio come fa quando si sente messo all’angolo. Lavi ha il
sentore che qualcosa gli sfugga.
“Non ho mai
detto questo,” dice Allen, fissandolo negli occhi con una serietà che
intimorisce Lavi, ma ormai il rosso non riesce a impedire alle parole di
sgorgargli dalla bocca.
“Sì che
l’hai detto,” afferma cocciutamente.
“No.”
“Sì. Tre
giorni fa.”
Non serve
che aggiunga ‘Quando eri ubriaco’, perché
dopo un attimo tutti sembrano già aver svolto mentalmente il calcolo ed essere
arrivati alla conclusione che sta parlando di quella precisa notte.
Allen non
smette di guardarlo come se avesse appena sventato un grave tradimento, e
sembra di non accorgersi degli sguardi inquisitori che le ragazze gli puntano
contro. “Non ricordo di aver detto una cosa del genere. Perché avrei dovuto
dirlo, poi.”
Lavi sbuffa,
fingendo una beffardaggine che in quel momento non
sente propria. “Si dice che il Whisky Incendiario sia il Veritaserum
dei poveri.”
E mentre la
sua stessa frase gli si ritorce contro, muta e accusatoria, e lo fasentire per la prima volta davvero consapevole di quello che ha fatto tre
giorni prima, il silenzio scende sul loro angolo di tavolo. Lavi non può fare a
meno di accoglierlo con sollievo, perché probabilmente il nodo che ha in gola
gli avrebbe impedito di proferire parola. Allen lo fissa in cagnesco, e Lenalee e Fou continuano a
spostare lo sguardo dall’uno all’altro con l’aria di chi è convinto di essersi
perso una parte fondamentale dell’intreccio della vicenda.
“Volete
piantarla entrambi?” ringhia Kanda come dal nulla,
riscuotendo tutti dal loro universo personale. Gli altri si girano verso di
lui, stupiti, ma lui si limita a prendere un’ulteriore boccone del suo cibo.
Lavi fa
schioccare la lingua, profondamente irritato – non sa se a causa di Allen e di
se stesso. “Bene.” Getta la forchetta sul piatto e si alza di scatto, evitando
con accuratezza di incrociare lo sguardo ferito di Allen che, è sicuro, lo
farebbe tornare sui suoi passi – e ora non può permettersi un tale intaccamento
nel già pericolante pilastro del suo orgoglio.
“Forse sono
i M.A.G.O.,” sente Fou
sussurrare dietro di sé ad Allen, in un magro tentativo di consolazione, ma
quando Allen le risponde, Lavi è già fuori dalle porte della Sala Grande.
Non c’è un
posto in cui Lavi si senta più al sicuro che nell’immensa biblioteca della
scuola. Il silenzio, i libri e l’odore di pergamene vecchie contribuiscono
sempre ad alleviare le sue preoccupazioni e a stendere i suoi nervi.
Questa
volta, però, neanche la calma che regna nella biblioteca sono sufficienti a
sedare il turbinio incessante di pensieri che minacciano di spedirlo in
Infermeria con un’emicrania lancinante.
Dopo aver
scelto un volume da uno scaffale vicino al Reparto Proibito, si lascia cadere
pesantemente su una sedia e comincia a leggiucchiare paragrafi a caso.
Quello di
cui Lavi è certo è che non può continuare così: non sta rovinando le giornate
solo a se stesso, ma anche ai suoi amici. Il viso frustrato di Fou e quello innaturalmente gelido di Lenalee
continuano a comparire sulle pagine del libro che ha davanti, stampate sopra
parole inchiostrate che non riesce a leggere. Persino Kanda
sembra un po’ turbato dall’atmosfera nel gruppo.
E, con
spudorata regolarità fin da tre giorni prima, non manca di delinearsi nella sua
mente, con nitida e sconvolgente chiarezza, l’immagine di Allen sdraiato sul
letto, addormentato e con le guance arrossate. E affiancata a quella, l’esatta
riproduzione di quel suo sorriso a fine partita che, come purtroppo ricorda bene,
gli aveva fatto saltare il cuore nel petto, e non accenna a dissiparsi anche
per un solo secondo.
Continua a
ripetersi le stesse cose che ha pensato nella Sala Grande – di come a lui
piacciano le ragazze, di come sia stata l’eccitazione del momento, l’eccitazione! –, ma nel silenzio
impietoso della biblioteca ha la spiacevole sensazione di starsi ingannando da
solo.
Lavi non sa
davvero cosa fare, e non riuscendo a parlarne con nessuno o a trovare una
soluzione da solo, si affida all’unica cosa che lo possa rincuorare in quel
momento.
L’Aritmanzia è una disciplina curiosa, affascinante, e Lavi
sa che è una materia su cui non dovrebbe fare completo affidamento. Eppure lo
rassicura cercare risposte in quel modo.
Ricorda
perfettamente il paragrafo del suo libro in cui si spiega come molte persone
vogliono assicurarsi di aver incontrato la propria anima gemella calcolando la
loro possibile sintonia tramite l’Aritmanzia: le cose
i cui nomi danno un numero corrispondente al proprio ‘numero del carattere’
dovrebbero trovarsi più in sintonia naturale tra di loro.
Ha già fatto
gli opportuni calcoli su se stesso, e ricorda bene che il suo ‘numero del
carattere’ risulta essere sette. Con l’apporto degli elementi legati agli altri
due numeri fondamentali, quello del cuore e quello sociale – nel suo caso un
cinque e un due – era venuta fuori una descrizione di se stesso stupefacentemente veritiera.
Mentre
continua a sfogliare distrattamente le pagine ingiallite del libro, mentalmente
calcola il ‘numero del carattere’ di Allen, e prega silenziosamente che questo
non sia un sette.
Il risultato
è alla fine un sei, il numero perfetto. Più precisamente, un sei, e due tre.
La prima
cosa che pensa è che sia terribilmente vicino al suo numero. Solo una cifra,
solo una ‘A’ in più nel suo nome, e le sicurezze di Lavi sarebbero crollate.
Questo
significa che Allen, in base all’interpretazione dei numeri data dal suo libro,
dovrebbe essere una persona leale e affidabile, che si adatta facilmente, ma
possibilmente incline al pettegolezzo e all’autocompiacimento. Una persona
integra, talentuosa, energica, con uno spiccato senso dell’umorismo e una certa
facilità nello sviluppo dei rapporti interpersonali. Fortunata, tollerante, con
possibilità di grande successo, occasionalmente dispersiva…
eccetera, eccetera, eccetera.
Fa finta di
non avvertire la punta di delusione che gli stringe in cuore e ignora la
sensazione che la descrizione di Allen non sia completa, precisa, e che qualcosa
sia fuori posto nel quadro di perfezione generale. Sorride tra sé e sé, invece,
pensando che lui e Allen non abbiano la sintonia necessaria per essere qualcosa
di più, e ignorando cautamente le
parole del suo professore e del libro stesso che più volte ripetono che molti
più elementi occorrono per stabilire un’impossibilità del genere. Per ora, Lavi
la ritiene una prova sufficiente.
Per un solo
numero, Lavi decreta che lui e Allen non saranno mai niente di più che buoni
amici.
‘Okay, finisce qui,’ pensa Lavi,
chiudendo il libro con un tonfo e sentendo i muscoli delle proprie spalle
rilassarsi lentamente. ‘Tornerò dagli
altri e spiegherò che ero preoccupato per i M.A.G.O.
Allen non saprà nulla. Da oggi ritornerà tutto alla normalità. Io e Allen siamo
amici, e io sono stato soltanto uno stupido.’
Si alza
dalla sua sedia, con il cuore più leggero al pensiero che Allen accetterà
bonario le sue scuse e tornerà a sorridergli come sempre.
Bene, boh, a quanto pare l’ultimo capitolo non è stato un completo
fail introspettivo quindi mi sento relativamente
motivata ad andare avanti >:I ! Dai che ce la faccio a finire almeno una multichaptered LOL. Capitolo sciallo
e pseudo corto (la lunghezza del terzo era un errore di sistema, dovrebbero
essere tutti più corti çOç !), pieno di minchiate e
che, se non fosse chiaro, avviene due settimane dopo l’ultimo capitolo. Scusate
molto per l’innaturale sovrabbondanza di dialoghi :I Non mi piace molto l’inizio,
magari più in là lo riscrivo? Buona lettura? Okay? Eh?
Ah, oddio! Due cosette: 1. Per chi non ha letto i libri, le Puffole Pigmee sono degli animaletti pelosi e dolcissimi
che si possono comprare a DiagonAlley;
2. Ora ho un atroce dubbio, e non ricordo se il detto dell’elefante nella
stanza è solo inglese o anche italiano. In ogni caso, “non vedere/ignorare
l’elefante nella stanza” vuol dire non vedere/rifiutarsi di vedere una cosa
assolutamente palese che tutti potrebbero notare. Lo dico perché in questo
capitolo ci si gioca abbastanza sopra :I
Disclaimer: non mio blahblahblahblah.
I.II. III. IV.
V. VI. VII.
. S E V E N
.
.
IV.
Poi di fatto
non si conclude proprio lì.
La demoniaca
‘follia adolescenziale’ da cui è affetto, come Lavi preferisce chiamare quella
sensazione di oppressione che sente nel petto ogni volta che guarda Allen e
ripensa alle settimane passate, risulta pressoché incontrollabile.
Diventa più
facile fingere dopo due settimane, con gli altri e con se stesso, e il
metaforico elefante frapposto costantemente tra lui e Allen continua ad essere
efficacemente ignorato.
Non sa se i
suoi amici abbiano creduto alla scusa dei M.A.G.O. –
non suonava così irreale, in fondo –, ma in un caso o nell’altro, tutti l’hanno
perdonato.
Ma, seppure
le cose siano ritornate a com’erano prima della partita, Lavi si sente in
colpa, e non riesce a trovare altra spiegazione a questo sentimento se non il
presentimento che almeno Allen vi abbia visto attraverso; che abbia capito che
la faccenda dei M.A.G.O. è solo una copertura per un
problema più grave, che anche lui veda chiaramente l’immenso elefante che li
divide. E lo fa sentire in colpa pensare che Allen abbia deciso di ignorare
quell’elefante perché lui ha voluto
ignorarlo.
Ormai sono
troppo cresciuti per potersi nascondere sotto il Mantello dell’Invisibilità in
tre, tantomeno in cinque. Ma Lavi e Lenalee sanno
effettuare dei buoni Incantesimi di Disillusione, e di conseguenza il viaggio fino
al seminterrato si rivela salvo.
Allen
allunga un dito per solleticare le lisce curve della pera dipinta, che tra un
risolino e l’altro si dimena e scopre l’ingresso alle cucine.
All’interno
della grande sala gli elfi domestici sono in costante fermento nonostante l’ora
tarda. Maneggiano fuochi con attizzatoi e zigzagano tra i quattro lunghi tavoli
trasportando con sorprendente agilità pentole e calderoni pieni da un lato
all’altro della stanza; ma abbandonano subito i loro impegni appena vedono il gruppo
di ragazzi entrare con passo felpato e dirigersi con modestia verso il solito
angolo del lungo tavolo che si trova esattamente sotto quello dei Grifondoro.
È da tempo
diventato una tradizione, il party notturno nelle cucine della scuola. Una
volta al mese, escono dalle loro stanze e passano gran parte della notte a
farsi rimpinzare fino allo sfinimento dagli elfi, che non negano loro niente e
garantiscono sempre un’accoglienza da re – Allen adora queste serate, più di quanto adori Mielandia,
e non è dire poco. D’altronde, qui il cibo è gratis.
Quella
notte, Lavi si diverte così tanto da dimenticare completamente tutti i problemi
che lo assillano in quelle settimane. Mangiano fino a scoppiare le prelibatezze
che gli elfi offrono loro con sguardi di gioia pura su vassoi d’argento e in
pentole di rame. Lenalee ride, Kanda
impreca, Fou schernisce, Allen mangia, e Lavi non
pensa assolutamente a nulla.
Probabilmente, nota osservando con un sorriso gli amici sazi e rilassati, la
nottata ha lo stesso effetto anche sugli altri.
Fino a che
non arriva il momento del tè.
“Okay,”
esordisce Allen scostando i piatti vuoti di zuppa inglese da davanti a sé e
levando in aria la sua tazzina da tè in un gesto significativo, “penso sia ora
di un po’ di sana Tasseomanzia.”
“L’ultima
volta Kanda è stato il Lettore, quindi tocca a lui
iniziare,” ricorda Lenalee, prima di avvicinarsi a
Allen e dirgli con tono serio e confidenziale, ma a voce abbastanza alta perché
tutti sentano: “Predicigli qualcosa di cruento,
possibilmente. Stamattina ha apertamente insultato Komurin
solo perché gli piace l’odore dei suoi capelli.”
Allen porta
una mano davanti alla bocca con teatralità, e prorompe in un urletto scandalizzato. “Come hai potuto, idioKanda,” lo accusa, portandosi
la mano al cuore con espressione sofferente.
“L’hai fatta
grossa, amico,” infierisce Lavi, contrito, posando una mano sulla spalla
dell’altro in un segno di rincuoramento. “Quella Puffola Pigmea è sacra, ha più alleati del Conte del
Millennio. E i suoi alleati sono perlopiù ragazze, giovani adolescenti, che
sanno essere peggio di un branco di Mangiamorte
assetati di sangue.”
Kanda sbuffa
sonoramente e fa schioccare la lingua. “Tch, quel
coso non ha ancora capito quali sono i suoi limiti,” grugnisce scontroso,
inchiodando Allen con uno sguardo omicida. “Vuoi muoverti o no?”
Ma Allen ha
ormai sviluppato un anticorpo che lo protegge dall’intento omicida di Kanda – o forse è solo pazzo e non si rende conto
dell’effettivo pericolo che corre, ragiona Lavi –, e con un sorriso maligno che
non predice nulla di buono, si alza per strappare la tazza di Kanda dalle mani del proprietario.
Dopo aver
svolto il ben conosciuto rituale necessario per la lettura del futuro, Allen
scruta l’interno della tazza con studiata diffidenza.
“Bene bene bene,” Allen comincia con una voce velata e rauca da
vecchietta centenaria, una fedele riproduzione di quella della loro insegnante
di Divinazione, “cosa vedo qui?”
Lenalee e Fou ridacchiano, divertite
dall’interpretazione, e Lavi si allontana impercettibilmente da Kanda, spinto da un inconscio istinto di sopravvivenza.
“Vedo un frutto… un chicco d’uva, forse…
No, aspetta,” si interrompe Allen abbandonando il falsetto, “il chicco non
significa ‘periodo lieto con gli amici’? Forse è un po’ troppo irreale.
Facciamo che è una ghianda…”
“Vuoi che ti
appenda per una caviglia al soffitto, mammoletta?”
ringhia Kanda minaccioso.
“Mi chiamo
Allen e—che problema c’è, ti sto augurando buona salute! Godrai di ottima
salute, forse grazie alla caduta di ghiande propizie sulla tua testa in questi
giorni, ma… qui c’è un palo. No, è un’asta, con
issata una bandiera… Assistente, mi aiuti
nell’interpretazione.”
“Stronzate.
Ti sei studiato il libro a memoria apposta per questo,” grugnisce Kanda.
Allen
aggrotta la fronte, e se Lavi non sapesse che sta fingendo, crederebbe davvero
alla sua espressione indignata.
“Non osare
parlare con quel tono a una persona che spreca forze fisiche e psicologiche per
prevedere la tua sorte, Kanda. Io ti sto aiutando.”
Lenalee apre il suo libro di Divinazione e sfoglia le pagine, scorrendo
tra le righe alla ricerca della parola giusta. “Ecco,” indica picchiettando la
pagina con l’indice, “significa ‘pericolo’.”
Kanda sospira.
“Che avevo detto?”
“C’è una Puffola Pigmea nelle vicinanze della bandiera?” chiede
Lavi, ignorando con difficoltà l’occhiata cattiva di Kanda.
Allen scuote
la testa, “No. Ma c’è un pugnale, che va persino meglio. Bene, Kanda, mi duole moltissimo
informarti che una catastrofe si sta per abbattere sulla tua già misera
esistenza. Ma sfortunatamente, penso che sfuggirai a questa, perché qui di
fianco al pugnale c’è un canguro…”
Lavi allunga
il collo verso di lui. “Allen, voglio assolutamente vedere anche io. Non ho mai
visto un canguro in una tazza da tè. Dev’essere una
vista epica.”
“Non è
permesso guardare nelle tazze, a meno che non si sia il Lettore,” puntualizza Fou con un ghigno.
“Come cristo puoi dire che è uno stupido canguro?” domanda Kanda
irritato. “Io vedo sempre e solo strisce di foglie sporche. Cosa significa, che
me ne andrò in Australia?”
La palpebra
destra di Allen si contrae in un tic ripetuto, mentre questi alza la testa
verso il moro. “No, vuol dire che farai un viaggio inatteso molto lungo, per
sfuggire a quel pericolo mortale, e—”
“E dove, se posso sapere?”
Allen gli
sorride con esagerata gentilezza. “Nell’esotica Landa del Vaff—”
“BENE, penso
che ora sia il momento della mia lettura, Allen!” esclama Lavi concitato,
strappando ad Allen la tazza di Kanda e ficcandogli
bruscamente nelle mani la sua. “Vai, vai!”
E in un
mentre carico di sibilante intento omicida in cui Lavi sorride raggiante per
compensare i cipigli rabbiosi e Lenalee accarezza la
mano di Kanda con l’intenzione di sedare il suo
desiderio di sangue, tutti osservano silenziosamente Allen capovolgere la tazza
sul piattino, dare tre colpetti leggeri e risollevarla lentamente.
“Bene bene bene,” ricomincia il ragazzo, e Lavi appoggia il mento sul
palmo della mano, ghignando in attesa della sua lettura, che – se lo sente
dentro – sarà molto più luminosa di quella di Kanda.
“Vicino al bordo sembra esserci…
una piccola chitarra sbilenca…” annuncia Allen con
fare grave, osservando attentamente le foglie del tè.
“Una
chitarra,” ripete Kanda in tono piatto.
“Sì,
significa ‘innamoramento in vista’,” spiega Lenalee
eccitata, sfogliando febbrilmente le pagine del libro.
È solo
quando Fou si lascia scappare un risolino di scherno
che Lavi viene colto da un’irrazionale ansia. Ancora con il mento sulla mano e
l’occhio vitreo puntato sulla sua tazza, sente distintamente il suo sorriso
spezzarsi in una smorfia indecifrabile. Per un attimo, avverte i suoi muscoli
che si tendono a causa dell’impulso di scattare, togliere ad Allen la tazza e
lanciarla contro il muro in modo che si riduca in migliaia di piccoli frammenti
– illeggibili.
Non sa dire
se è un bene o un male che nessuno si sia accorto della sua improvvisa mancanza
di gioia, perché Allen continua. “Ottimo, ottimo…
Stai per innamorarti, mio caro ragazzo…” fa
petulante, “Ma qui? C’è un cane… un cane con delle…alucceaperte…
Questo significa che ci sarà una novità! Una novità tra i tuoi fedeli amici… Forse legata a quell’innamoramento? Un nuovo amore
sboccerà tra amici?”
Le ragazze
levano un prolungato ‘oooh’
sognante, e Lavi deglutisce con vigore nella speranza di coprire il rumore dei
battiti del suo cuore.
“Mi sembra
che con Chomesuke tu abbia ripreso ad andare molto
d’accordo, Lavi…” lo stuzzica Fou,
e Lenalee ridacchia con malizia.
“Già…” cerca di rispondere Lavi, che spera sia passato
inosservato il ritorno del tic della ciocca di capelli.
Allen
continua, quasi ignorando i loro interventi. “Ma vedo delle grosse nuvole sulle
pareti che adombrano il cambiamento, questo vuol dire che sei afflitto da un
profondo dubbio… Ma non preoccuparti, perché oltre a
queste nuvole spiccano i contorni di una farfalla; la felicità ti attende,
piccolo mio…”
Con il
respiro mozzo, Lavi fissa Allen, senza davvero vedere la sua faccia, il suo sorriso
malizioso e i suoi occhi che lo osservano attenti da sopra la tazza.
Per un
attimo, pensa che Allen sappia tutto: cosa l’ha tormentato tanto da causare un
litigio tra di loro due settimane prima – e che, Lavi fatica ad ammettere, lo
tormenta segretamente tuttora –, cosa è successo quella notte in cui erano
ubriachi, cosa ha pensato quando erano nel campo da Quidditch;
Lavi si immagina in un momento di terrore che la pelle grigiastra di
quell’immenso elefante che anche Allen vede sia adornata dalla scritta ‘Lo sai che ti ho baciato l’altra notte?’.
Ma non può
essere. Non crede che Allen sia stupido, ma semplicemente Allen non coglie mai queste cose. Sa riconoscere una
persona falsa, una persona simpatica, una persona fedele, ma non una persona
innamorata. Non ha capito di piacere alla cronista di Tassorosso,
quando questa gli ha regalato per il suo compleanno una scatola da trenta Cioccorane, un leccalecca a forma di cuore di Mielandia e un mazzo di carte da gioco; o quando a Natale
una ragazzina di Corvonero sbucata dal nulla gli ha
consegnato una lettera rosa di auguri e una vaschetta di gelato di Florian. Non si è mai accorto nemmeno della cotta che Fou ha avuto per lui i primi due anni di scuola. ‘Sono gentili, vero?’ commenta sempre
Allen a qualsiasi manifestazione d’affetto. Lavi non si è mai preso la briga di
correggerlo con un ‘Sono innamorate.’
Perciò
perché, se Allen non riesce ad accorgersi delle cose palesi, dovrebbe aver
notato il suo lieve interesse per le
sue labbra negli ultimi tempi, la sua agitazione nello stargli vicino, la sua
ansia nel parlargli, la sua attenzione per ogni cosa che dice, e ogni cosa che
fa?
Quindi la
predizione dev’essere solo una coincidenza. Allen se
la sta inventando sul momento, oppure sta cercando di farlo mettere con
qualcuna delle sue amiche—è comunque una coincidenza.
…O forse no.
Forse, pensa Lavi con un brivido, quasi non credendo ai suoi stessi pensieri,
la predizione è vera. Forse la sua tazza sta cercando di riaffermare quello che
l’Aritmanzia gli ha negato.
(Fino a
qualche settimana prima Lavi avrebbe giurato di non essere una persona
superstiziosa, o che si affida ciecamente alla Divinazione. Ma dopo gli ultimi
avvenimenti, inizia a domandarsi se qualcuno non abbia sostituito il suo
cervello con quello della loro professoressa di Divinazione durante la notte).
“Aspetta, ma
perché è così felice il suo futuro?” obietta Fou. “Io
e Kanda ci becchiamo sempre le morti truculente o le
catastrofi. Non è giusto. Anche io voglio le farfalle nella mia tazza,” dice con
voce lamentosa, prima di ficcare senza scrupoli il dito nella sua tazzina e
rimescolare le forme a suo piacimento.
Allen ride.
“Sì, scusa,” dice pensieroso, e osserva un’ultima volta le foglie che sguardo
critico. “Non avevo visto quella falce accanto alla chitarra. Questo vuol dire
che a meno che tu non abbia un raccolto da mietere entro poco, la morte ti
raggiungerà entro il finesettimana. Mi dispiace, Lavi.”
E mentre
Lavi tenta una risatina che risulta poco convincente persino alle sue orecchie,
il metaforico elefante rimane piazzato in bella vista in mezzo alla metaforica
stanza.
Questo capitolo inizialmente nella mia testa sarà stato lungo 500
parole. E poi boh, all’improvviso si è allungato çOç
. NON VOLEVO CHE FOSSE COSI’ LUNGO. *morde lo schermo* Non volevo neanche fosse così seriosa. Pretendevo
una roba scialla, una cosa comica sull’orlo del
demenziale. Perché è venuto fuori… questo. E sì, ciccinafic, ho appena indicato tutta te [cit.]
Inoltre, volevo dire che sono scema e ho sbagliato a scrivere nell’intro scorsa: il capitolo IV avviene DUE settimane dopo il
terzo, e questo una soltanto, perciò avviene un mese dopo il capitolo I.
Questo capitolo lo dedico ATTE’, Hananas,
perché tu sopravviva più facilmente alle ore post-scolastiche.
Ma soprattutto: chi mi sa dire per primo che pozione potrebbe star
preparando Lavi? :D SENZA SBIRCIARIEJkfdsm Un premio
in palio! (no, che, oddio, boh).
Disclaimer: non mio blahblahblahblahblah.
I.II. III. IV. V.VI. VII.
. S E V E N
.
.
V.
Saluta
rapidamente Allen e le ragazze prima di riprendere il passo di Kanda e dirigersi insieme a lui a Pozioni.
“Come va con
Lenalee?” tira fuori dal nulla, giusto perché ha
voglia di imbarazzare Kanda.
Ma Kanda, come al solito, manca di soddisfare le sue saltuarie
e sadiche voglie. “Non sono affari tuoi, stupido coniglio,” ribatte
scontrosamente, accelerando l’andatura.
“Aww, Kanda, perché sei sempre così restio a mostrare il tuo lato
più umano?” chioccia Lavi. Si avvicina cautamente a lui, per poi sussurrare,
“L’avete già fatto? No perché è da qualche giorno che vedo questa strana luce
negli occhi di Lenalee…” Ed è solo la prontezza di
riflessi sviluppata al massimo grado in quei sette anni che gli permette di
schivare la mano che si lancia verso la sua gola, e la fortuna di essere
arrivati nei sotterranei che lo risparmia da ulteriori aggressioni.
L’aria
dell’Aula di Pozioni è intrisa di un insolito odore. Davanti alla scrivania del
professor Lee è disposto un calderone di ottone, semipieno di un liquido che
diffonde una luminosità madreperlacea intorno a sé.
Lavi
riconosce immediatamente le caratteristiche spirali di vapore che si innalzano
dalla pozione.
“Ragazzi,
non ci fate caso, ho tirato fuori questa piccola scorta per la lezione
successiva del sesto anno. Dovreste già conoscerla, questa suggestiva delizia.
Quindi datevi da fare con il vostro lavoro. Oggi ripassiamo una pozione che con
molta probabilità potrebbero chiedervi ai M.A.G.O. Le
istruzioni sono scritte alla lavagna, l’occorrente lo troverete sulla mia
scrivania e dentro l’armadietto delle scorte.”
Essendo
arrivati in ritardo, Lavi e Kanda occupano due posti
vuoti in prima fila, esattamente davanti al Filtro d’Amore più potente del
mondo.
La pozione
da preparare quel giorno non è così difficile, e Lavi ricorda alla perfezione
cosa deve fare perché venga più perfetta possibile; eppure, dopo dieci minuti
dall’inizio della lezione, quando ormai la sua pozione dovrebbe risplendere di
un lilla chiaro e luminoso, ciò che invece gorgoglia minacciosamente nel suo
consunto calderone è una sostanza di un ripugnante nero violaceo dalla
consistenza apparentemente mielosa. Persino quella di Kanda,
nota Lavi con agitazione, ha un aspetto più rassicurante.
E mentre Kanda continua a schiacciare Fagioli Sopoforosi
con il suo coltello e nel frattempo lanciargli dubbiose occhiate in tralice,
Lavi si asciuga il sudore dalla fronte e prega con tutto il cuore che l’altro
non gli rivolga la parola, non gli domandi perché la sua pozione faccia così schifo.
“Sì può
sapere che diavolo hai oggi? La tua pozione fa schifo.”
Lavi
sospira, scoraggiato dalla vita, e continua a gettare dentro il calderone
quantità casuali di polpa di Fagioli. Ormai la pozione ha cominciato a sibilare
pericolosamente, e il fumo che spira lentamente davanti a lui gli impedisce di
leggere le istruzioni alla lavagna – non che prima vi facesse molto caso,
comunque.
“Yuu…” mormora a disagio, indeciso se porre la domanda di
cui ha paura sentire la risposta.
Kanda deve avere
avvertito la preoccupazione e la stanchezza
nella sua voce, perché al suono del suo nome si limita a serrare la mandibola
con forza, in attesa che continui.
“Che odore
senti se annusi l’Amortentia?”
Le sue
parole colgono Kanda impreparato, e forniscono a Lavi
la visione di uno di quei rari e impagabili momenti in cui Kandaarrossisce.
Questi
rimane zitto, con le mani tanto strette sul mestolo che le sue nocche diventano
bianche, ma Lavi attende, ammirando le sue guance, trepidante e ansioso allo
stesso tempo.
Dopo qualche
minuto, quando Lavi è ormai convinto che non riceverà alcuna risposta, Kanda si schiarisce la gola.
“Cosa pensi
che senta, idiota,” borbotta soltanto, ma per Lavi è più che sufficiente – in
realtà lo era già il rossore.
“Perché, tu
cosa senti?” chiede Kanda in tono così piatto che Lavi
non capisce se gli interessi davvero o l’abbia fatto solo per distogliere
l’attenzione da se stesso. In ogni caso Lavi si sente chiamato in causa, e
prontamente il sangue gli sale verso il viso e gli tinge le guance di rosso.
“Beh, sento
le solite cose, no?” risponde reticente, mescolando convulsamente la pozione, e
fingendo una risatina allegra che sembra più l’incipit di un attacco d’isteria,
“l’odore di pergamena vecchia, di inchiostro, di legno, quelle cose lì…” Il mestolo gli scivola di mano e affonda in quella
sostanza melmosa che è diventata la pozione. Lavi lo recupera con un certo
disgusto con mani tremanti e, esibendosi in un altro risolino pietoso, riprende
a mescolare, intervallando a breve distanza direzioni casuali.
Troppo tardi
registra il significato dello sguardo allarmato diKanda e
l’esclamazione di sorpresa del professore seguita dall’imperativo comando di
fermarsi immediatamente.
In una
tragica frazione di secondo, la pozione esplode con un rumore assordante,
crepando i bordi del calderone e innaffiando di spruzzi di maleodorante melma
violacea la stanza, gli studenti nauseati e il professore sbigottito.
Svariati
minuti dopo, quando l’intera classe è ormai stata congedata in anticipo a causa
dell’incidente – e Kanda l’ha lasciato promettendogli
una morte lenta e dolorosa –, avvilito, Lavi si avvicina al professore, che sta
finendo di ripulire le ultime tracce dell’esplosione con un pratico tocco di
bacchetta.
“Mi… mi dispiace, professore.”
Il professor
Lee si gira verso di lui e sospira, ma gli sorride indulgente. “È in parte
colpa mia, avrei dovuto osservare meglio e non dare per scontato nulla… Di solito te la cavi così bene…
e quella pozione è difficile da far esplodere in quel modo.”
Gli lancia
uno sguardo indagatore e, un po’ preoccupato, aggiunge: “Cosa non andava questa
volta?”
Lavi apre la
bocca, ma l’unica cosa che riesce a pensare è che il professor Lee e sua
sorella Lenalee, seppur molto diversi tra loro,
condividono la stessa identica espressione angustiata. Perciò richiude subito
la mandibola con uno scatto, in mancanza di qualcosa di intelligente da dire.
Il suo occhio ricade automaticamente sul colpevole, quel calderone che poco
prima era riempito dal Filtro d’Amore.
“…Ah, haha…
dovrei smettere di fidarmi di Lenalee,” commenta
enigmaticamente il professore, a cui improvvisamente gli occhi brillano di
divertimento e comprensione, che Lavi non riesce assolutamente a motivare. …E cosa c’entrerebbe Lenalee in
tutto questo?
Il signor
Lee solleva gli occhiali dal naso e si strofina la mano sulla faccia in un
movimento lento e fiacco. “Penso che tu debba andare a pranzo tra poco, Lavi,”
dice tranquillo, ma Lavi non coglie subito l’invito ad andarsene: rimane lì in
piedi, confuso, pendolando imbarazzato sulle sue gambe. “Non…
non mi dà una punizione? Nulla?”
Il professor
Lee lo contempla per un attimo, con qualcosa misto a scetticismo negli scuri
occhi a mandorla, prima di ridacchiare tra sé e sé, con tono sorpreso. “Beh,
non ne avevo intenzione, ma visto che lo chiedi…”
Cinque minuti
dopo, Lavi fa il suo ingresso nella Sala Grande con una persistente faccia da
funerale e si accascia sulla panca al tavolo dei Grifondoro.
I pochi studenti già presenti si tengono lontani da lui, intimoriti dal modo in
cui squadra incupito il cibo servito come se questo gli avesse arrecato
un’indelebile offesa.
Non si
sorprende quando vede comparire Allen all’entrata – lui e Fou
hanno un’ora buca prima di pranzo, mentre Lenalee ha
la lezione di Babbanologia.
“Ciao,
bombarolo,” lo saluta l’altro con allegria.
“Haha, non è divertente. …Chi te
l’ha detto?”
“Kanda, ovviamente. L’abbiamo beccato poco fa. Mentre andava
a ripulirsi quella roba fetida che aveva addosso. Dovrei ringraziarti, per la
cronaca. È stato bellissimo prenderlo in giro.”
“Dov’è Fou?”
“In biblioteca,
doveva controllare una cosa.”
Allen si
lascia cadere vicino a lui, e comincia a servirsi con una lentezza insolita.
Lavi vorrebbe solo alzarsi ed allontanarsi da lì, da Allen, e da quello
stupido, stupidissimo—
È inutile
negarlo, realizza Lavi con un nodo alla gola: è inconfondibile
quell’indescrivibile odore lievemente dolciastro misto alla fresca fragranza di
menta. Ètipico di Allen, e Lavi lo
conosce troppo bene per poterlo scambiare con qualsiasi altro. Forse dovrebbe
preoccuparsi del fatto che conosca Allen così bene, persino il suo odore – ma è
normale, crede. Sono stati vicini tante volte.
(Ma gli è
bastata la prima. Gli è bastato avvicinare a sufficienza una sola volta il naso
al suo collo e quell’odore non ha mai lasciato la sua memoria. In fondo, Lavi
non dimentica praticamente nulla – soprattutto se si tratta dei suoi amici.
Soprattutto se si tratta di Allen.)
“È insolito
che tu faccia esplodere un’aula, Lavi,” mormora Allen in un tono di voce così
lieve e pacato che per poco non sfugge al suo orecchio. Non aggiunge
nient’altro, ma Lavi comprende che sta aspettando una risposta – che non ha.
“Lo so,”
temporeggia, prendendo in mano la forchetta e spostando i pezzi di cibo qua e
là per il piatto, “ero un po’ sovrappensiero. Agitato, più che altro. Per i M.A.G.O., sai.”
Preferirebbe
non aver notato il corpo di Allen irrigidirsi di scatto. Ma come se niente
fosse, Allen gli sorride di nuovo. È un sorriso vuoto, senza alcuna felicità, e
fa male constatare che quel sorriso è causa sua.
“Capisco,
anche io sono un po’ sotto pressione.”
Lavi gli
rivolge una sorta di smorfia di comprensione, e torna a giocare con il suo
cibo.
Cala un
silenzio scomodo. Non è il solito, piacevole silenzio rilassante, che
s’instaura tra loro quando sono sfiniti, o sazi, o semplicemente non sentono il
bisogno di riempire gli attimi con discorsi vuoti e frivoli. Non è il solito
silenzio che Lavi ama condividere ogni tanto con lui e che, pensa, sia una
delle tante, tante prove della loro amicizia.
È invece un silenzio
spiacevole, carico di tensione, di dispiacere, di sensi di colpa, di respiri
trattenuti e parole non dette.
Ma è in quel
silenzio, seduto di fianco al suo migliore amico e con una cappa oppressiva che
si sorregge a stento sopra di lui, minacciando di crollare rovinosamente in
qualsiasi momento, che Lavi si rende conto, per la prima volta in quelle
quattro settimane, di essere stato un completo, irrecuperabile, imperdonabile
idiota.
Ha chiuso
gli occhi davanti all’evidenza quando i fatti parlavano da soli e meglio degli
infiniti dubbi, e ha ricamato con spudorata ipocrisia una verità fittizia sopra
di questi. Il bacio, l’Amortentia… persino la sua
stupida tazza da tè hanno indicato sempre e solo una strada, che lui si è rifiutato di camminare – o meglio, si è
rifiutato di credere di starla già
camminando, di essere troppo immerso per poterle sfuggire. Ha desiderato
baciare Allen, e poi ha stupidamente cercato di ingannarsi, convincendosi che
il ricordo di quel desiderio avverato, quel bacio rubato quella notte, il
tumulto di emozioni eruttate in lui in quel singolo istante, non siano
marchiati a fuoco nella sua memoria, nella sua coscienza, per tutti i giorni e
le notti, e che il desiderio di poterlo rifare,
di poter riavere tutto anche solo
un’altra volta…
‘L’Aritmanzia,’
gli sussurra una vocina lagnosa nella sua testa, ‘A me piace l’Aritmanzia. Perché non ci si può
fidare di lei?’
Ma Lavi
scaccia infastidito – e impaurito come non mai – quella vocina codarda, capendo
che il suo attaccamento all’Aritmanzia, a quella
stupida e insignificante differenza di una cifra, è dovuta a un problema più
profondo.
Al culmine
della sua agitazione e della sua insicurezza, ha desiderato mentire agli altri
sulla sua preoccupazione non solo per mentire a se stesso, ma anche per
rivedere il sorriso di Allen, che sembrava averlo abbandonato a causa sua; per
poter parlare di nuovo con lui liberamente, senza ulteriori ansie e timori; per
poter riavere l’amicizia che c’è sempre stata tra di loro e che ha temuto, per
un attimo, potesse sgretolarsi.
Non avrebbe
mai permesso che ciò accadesse, per nessuna cosa al mondo. La sua amicizia con
Allen è troppo preziosa, troppo importante per essere persa per colpa di
stupidi dubbi e indesiderati sentimenti, questo è ciò che ha pensato.
E questo è
ciò che pensa tutt’ora.
“Ti rendi
conto, l’anno prossimo non ci sarai più.”
Lavi
riemerge dai suoi pensieri come da un sogno. Gli sembra che la boccata d’aria
che prende allora sia più fresca di quella precedente, e che la luce di
mezzogiorno che entra dalle finestre e dal soffitto incantato sia
all’improvviso più luminosa. Si era dimenticato che Allen fosse lì, di fianco a
lui. Si rende conto di aver perso la cognizione del tempo. Ma non ha il
coraggio di chiedere quanto sia passato dall’ultima parola che si sono rivolti –
stranamente, gli pare un’eternità.
“Già, è un peccato… mi mancherà questa scuola.”
“E a me
mancherai tu.”
Lavi alza di
scatto la testa, e vede la smorfia di tristezza che segna il viso giovanile di
Allen. Scorge qualcosa nei suoi occhi, di così profondo che ha paura di
immergervisi, di scoprire, perciò ancora una volta si dimostra un codardo, e
sorride con leggerezza nel tentativo di compensare quell’atmosfera grave che è
calata su di loro formando una spessa cortina di depressione.
“Aw, mi mancherai
anche tu, Allenuccio,”
tuba scherzosamente Lavi, arruffandogli i capelli con una mano, e non si sforza
di trattenere il sorriso affettuoso che gli cresce sulle labbra quando Allen
cerca di sfuggire a quel trattamento, sfoggiando un’espressione altamente
contrariata.
“Comunque,”
riprende il più giovane, dopo essersi sistemato in qualche modo le sue ciocche
disordinate di capelli bianchi, “il tempo che hai a disposizione si accorcia
sempre di più. Ti conviene non lasciare rimpianti alle spalle una volta che
sarai uscito. Fai tutto quello che senti di dover fare, Lavi, e velocemente,
prima che sia troppo tardi.”
Segue un
silenzio pregno di un’atmosfera indecifrabile, in cui Lavi lo guarda con
confusione e malcelato sgomento, e Allen si limita a sorridergli affabilmente –
c’è qualcosa di strano e affascinante
nel suo sguardo. Lavi si distrae, osservando quegli occhi grigi che sembrano
trasmettergli una sorta di messaggio in codice, ma quando apre la bocca per
chiedergli cosa intenda dire, Fou fa il suo rumoroso
ingresso nella Sala Grande, lagnandosi a gran voce dell’impossibilità di
trovare una qualsiasi informazione utile in quella biblioteca maledettamente
immensa.
Un capitolo e sarà tutto finito D: che. ANSIA. Spero che finora
stia piacendo a tutti quelli che seguono sta storia, e che abbiano apprezzato
il quinto capitolo, estremamente rivelatore (?).
Ed è solo all’alba del sesto che mi rendo conto che sono ad Hogwarts e non ho quasi mai fatto loro usare le bacchette
LOL boh. Capitoletto dialogato un po’ noiosetto, ma
deve preparare all’ultimo, che NON sarà noiosetto :D
Ma ora che, pochi secondi dopo che l’ho concluso, posso dire che a me sto
capitolo fa proprio schifo, cristo, e non so come rimediare. È insipido, e.
L’ho letto e riletto, ma non riesco a metterci l’impegno che richiede :I Magari
a fine fic lo rivedo e lo correggo. Non me lo so
spiegare. (IOOO, NON ME LO SOOOO SPIEEEE-GAAAAA-REEEE, CASE LIBRI AU—).
Disclaimer: non mio blahblahblahblahblahblah.
I.II. III. IV. V. VI. VII.
. S E V E N
.
.
VI.
“Dovresti
dirglielo, Lavi.”
A maggio
inoltrato, con G.U.F.O. e M.A.G.O.
sempre più incombenti, l’ansia pre-esami inizia a dilagare copiosamente. Molti
studenti sono nel parco e in riva al lago a studiare o a godersi il sereno
tempo primaverile, perciò, se non per un gruppo di ragazzi del sesto anno che
parlottano concitati, seduti su poltrone e pouf condivisi, e alcuni studenti
che si preparano per gli esami interrogandosi a vicenda, quella domenica la
Sala Comune è particolarmente silenziosa.
Perciò, Lavi
è grato a Lenalee per aver avuto la decenza di
parlare a bassa voce.
Ma sobbalza
comunque alla domanda, sul divanetto su cui è semi-sdraiato, e il libro di
Storia della Magia che sta leggendo – che sta facendo finta di leggere – quasi gli scivola dalle dita.
È passata
più o meno una settimana da quando ha ammesso a se stesso che Allen gli piace.
Gli piace.
Gli piace. Gli piace gli piace glipiace— fa ancora un po’ strano, un po’ senso, pensarlo.
Non che la
situazione sia mutata, di fatto. Almeno, non palesemente. La loro amicizia è
ritornata, rinvigorita, agli antichi splendori risalenti a esattamente prima di
quel mese orrido e travagliato, per la felicità di tutti, soprattutto la sua.
Ma Lavi
sente che qualcosa di differente c’è.
Come
cambiamento, risulta parecchio difficile da spiegare, anche a se stesso. Gli
sembra che lui ed Allen siano più gentili tra di loro; che non si risparmino
nemmeno un sorriso, una risata, un’occhiata, un momento insieme. Per metterla
in termini femminili, sono appiccicati come cozze: praticamente inseparabili. E
a Lavi sembra stupido, perché riflettendoci in realtà sono sempre stati così.
Ma ora, ad
ogni sguardo è come se scoprisse Allen per la prima volta. Come se non l’avesse
mai visto per davvero, e adesso, per qualche strano effetto ottico,
risplendesse di una luce differente, creata da mille sfaccettature,
espressioni, modi di fare e parlare che in realtà conosce da sempre, ma che per
la prima volta gli appaiono nella loro singolarità, in tutta la loro
specialità.
Ad esempio,
c’è questa strana cosa che Lavi non
sa se ha mai notato nel sorriso e nello sguardo di Allen. È come una sorta di
misto tra felicità e tristezza, e il rosso non sa decifrarne il significato. Ma
ora che sa che c’è, lo nota sempre. È perennemente lì, nascosta da quegli occhi
brillanti e profondi, quella dualità inspiegabile.
Perciò non
riesce a smettere di osservare, cazzo, ogni sua singola mossa, ascoltare
ogni sua parola. È come se la vista di Allen fosse diventata improvvisamente la
sua dose di ossigeno giornaliera.
E gli sembra
di essere un fottutissimo poeta melenso,
quando la mette in quel modo – ha anche meditato di strapparsi il cervello
dalla scatola cranica per sfuggire ad ulteriori pensieri sdolcinati di questo
genere, tale è stata la sua frustrazione in certi momenti, ma poi ogni volta ha
saggiamente rinunciato a tentare.
Non ha mai
pensato seriamente di dirglielo, ad Allen. Oltre al fatto che non è il caso di
creargli problemi inutili proprio quando manca un mese agli esami, si ripete
Lavi, è convinto che ci siano troppi, troppi
fattori che gli vietano categoricamente di andare a fondo con una simile
confessione.
E in questa
sua ferma convinzione, è intenzionato a rifiutare ogni tipo di aiuto esterno
che miri a sviarlo.
“Dirgli
cosa?” ribatte perciò Lavi decidendo di fare la parte dello stupido, e
adottando lo stesso tono difensivo di un bambino che è stato beccato in pieno
con le mani infilate nel barattolo dei biscotti e che temporeggia in cerca di
scusanti. Realizza troppo tardi che è stato un errore chiedere ‘cosa’ e non ‘a
chi’: il sorrisetto d’intesa e il lampo di malizia negli occhi ametista di Lenalee la dicono lunga sul suo scorretto uso di parole. In
ogni caso, Lavi si guarda bene dal rivolgere un’ulteriore occhiata al suo
amico, che a pochi metri di distanza è seduto a un tavolo intento a ripassare
con Fou svariate materie contemporaneamente. È vitale guardare qualsiasi cosa tranne
Allen.
Ma Lenalee sembra aver notato il girovagare casuale dei suoi
bulbi oculari, e il suo sorriso si allarga. “Non fare lo scemo, sai a cosa mi
riferisco. Ho un sesto senso molto sviluppato, no?” dice. Si gratta una
guancia, pensierosa, e aggiunge: “Non che ormai serva a molto, quel sesto
senso. Sarebbe palese anche agli occhi di un bimbo di cinque anni.”
Lavi
inorridisce all’idea che i suoi amici sappiano tutto – ‘tutto’ cosa poi? In
realtà si tratta di una verità molto semplice. “Anche gli altri?” chiede,
gemendo di sconforto.
Lenalee ride, e si allunga verso di lui per dargli una gentile pacca
sulla spalla. “Immagino che ormai anche Fou e Yuu abbiano intuito che c’è qualcosa di serio nell’aria. Ma
non preoccuparti, non ho condiviso con loro le mie certezze.”
Lavi non può
fare a meno di pensare che Lenalee non abbia citato Allen apposta perché glielo
chieda esplicitamente. Ma non vuole davvero darle questa soddisfazione.
“E Allen?” Non
è mai stato un campione di coerenza.
Lenalee sorride vittoriosa. “Non lo so, Lavi. Forse dovresti
chiederglielo tu, personalmente.”
Lavi la
guarda impietrito, come se le fosse spuntata un’orripilante seconda testa di
Basilisco dal collo.
“Lena, non
posso chiedergli una cosa del genere,” constata con ovvietà.
“Perché no?”
“…
semplicemente non posso.”
Lenalee sbuffa e Lavi vagamente cerca di ricordare l’ultima volta che
l’ha vista così insofferente nei suoi confronti. …E
la risposta quasi immediata che gli affiora alla mente è che non è passato
molto, da quell’episodio nella Sala Grande dopo la serata da ubriachi.
“Lavi,
quello che nonpuoi davvero fare è tirare questa situazione ancora per le lunghe,”
s’infervora Lenalee, battendo un pugno contro il rivestimento
del divano. “Questa storia andrà avanti da quanto, più di un mese? Non pensare
che non me ne sia accorta. Prima diventi intrattabile dopo che vinciamo contro
i Serpeverde, cosa apparentemente inspiegabile date
le circostanze, e inizi a trattare Allen come se ti avesse pugnalato alle
spalle. Poi all’improvviso ritorni ‘normale’, quando in realtà è chiaro come il
sole che fingi che vada tutto bene, probabilmente per evitare di affrontare il
problema come dovresti, o almeno parlarne con qualcuno. Poi, di nuovo, ti trovi
davanti a un Filtro d’Amore ed ecco che fai
esplodere l’aula, Lavi…! – mi vuoi dare davvero a
bere che sia tutto a posto? Ma non basta! La cosa davvero stupefacente, anche
se molto apprezzata in confronto alla tua iniziale intrattabilità, è che da
quasi una settimana ormai ti vedo lanciare occhiate languide ad Allen – la cosa
sta diventato ridicola.”
Lavi si è
ormai nascosto dietro la copertina spessa e malridotta del suo libro, e medita
se mai riscoprire la sua faccia o meno per la prossima settimana.
“Dio, Lenalee,
non gli lancio occhiate languide—la
fai suonare così perversa come cosa!” si difende Lavi, le cui guance in fiamme
suggeriscono una verità diversa. “E come diavolo fai a sapere dell’Amortentia?!”
Lenalee rotea gli occhi al cielo, e sventola una mano in segno
d’indifferenza. “Faccio suonare te
come perverso, e credevo che questo fosse un dato di fatto riconosciuto
mondialmente. Comunque me l’ha detto Kanda. Ma per
favore, Lavi. Siamo realisti,” rimbecca con voce esasperata.
Lavi crede
di non aver mai trovato Lenalee così insopportabile
come in quel momento. Perciò si rifiuta di risponderle, e pondera
sull’eventualità che, se rimarrà dietro il suo libro in silenzio a far finta di
leggere, Lenalee forse si stuferà e se ne andrà.
Non riesce a
resistere all’impulso di sbirciare con la coda dell’occhio oltre il bordo del
libro e verso Allen, che continua ad avere il naso sprofondato nei libri di
testo, e Fou, che sussurra all’altro qualcosa
indicandogli una pagina davanti a loro. Allen la ascolta con occhi stanchi.
“Lavi…” sospira Lenalee dopo un
po’, con voce esausta, ma stranamente addolcita. “Di…
di cosa hai paura?”
Lavi abbassa
di scatto il libro e le lancia un’occhiata ardente. “E me lo chiedi?” chiede di rimando, con
eccessiva ferocia.
Ma Lenalee non si scompone – e Lavi le è grato, perché già si
è pentito della sua bruschezza. “È perché siete entrambi maschi?”
Lavi molla
definitivamente il suo libro, facendo cadere a terra con un tonfo sordo, e
sprofonda il viso tra le mani, ormai conscio di non poter sfuggire
all’interrogatorio. Riflette sulla domanda, in silenzio. “Non proprio,”
risponde infine. “Non solo.”
“Allora… hai paura di un rifiuto?” chiede Lenalee comprensiva.
“Anche,”
dice Lavi con evasività.
Lenalee osserva sovrappensiero le ceneri nel caminetto spento e si passa
assentemente un mignolo sul labbro inferiore.
“E se tu… sapessi con certezza che Allen ti accetterebbe…
e che è persino già a conoscenza del fatto che ti piace, e non aspetta altro
che tu vada da lui e glielo dica…”
Lavi la
guarda sospettoso, all’improvviso sull’attenti, e con il cuore che palpita a
ritmo sostenuto senza alcun ritegno. “Allen ti ha detto qualcosa in proposito?”
Lenalee si massaggia le tempie, stressata. “No, Lavi, non mi ha detto nulla, quell’idiota!” Lavi la osserva
lanciare un’occhiataccia ad Allen, prima di sospirare e chiudere gli occhi per
qualche secondo. Si chiede il perché dell’inaspettato epiteto. Si chiede perché
ormai quello di non conoscere l’intero quadro della situazione sia diventato un
presentimento costante nella sua travagliata vita psicologica.
“Allora
dubito che abbia capito,” ribatte Lavi cocciutamente, un po’ più calmo. “Dai
Lena, sai com’è lui… in queste cose…”
Lenalee fa una smorfia d’impazienza. “Non hai mai pensato che Allen possa
non essere così stupido, e che in realtà la sua incapacità di cogliere i
sentimenti altrui sia soltanto apparente
e sia un modo per dimostrare il suo… non
interessamento? E che magari, e dico magari,
non è interessato a loro perché è già interessato a qualcun altro?”
L’innuendo nella
voce dell’amica non gli piace per nulla, ma la sua espressione sull’inviperito
andante lo ferma dal prorompere in una grassa risata. Cerca di essere
diplomatico.
“Lenalee, non dire idiozie,” afferma con scetticismo. “Stai
cercando di dirmi che tu credi che io piaccia ad Allen? E magari da… anni? Ma andiamo… Non è
possibile. E se fosse, io me ne sarei accorto.”
In quel
momento evita di riportare alla sua attenzione quello strano atteggiamento che
crede di aver scorto in Allen— come al solito, si tira indietro.
“Non è così
impossibile, Lavi. Perché ciò sia vero – e io lo sospetto fortemente – basta
che sia vera una sola delle due cose: che Allen sia molto più bravo di te a fingere,
o che tu sia stupido. E io non rifiuto nessuna delle due possibilità.”
Lavi si
sente profondamente offeso.
Guarda Allen
bisbigliare qualcosa all’orecchio di Fou e l’altra
arrossire abbondantemente, prima di rispondere con un pugno ben piazzato, e
probabilmente doloroso, alla spalla dell’amico.
Il suo umore
peggiora vistosamente.
“Quello che
volevo dire, Lavi,” riprende Lenalee, assolutamente
imperturbata dal suo broncio, “è questo: fai finta che Allen stia solo aspettando una tua confessione…
le tue preoccupazioni finirebbero? È questo il vero problema?”
Lavi non
vuole rispondere, perciò riprende in mano il suo libro di Storia della Magia e
ricomincia il ripasso. Ha già perso troppo tempo per questa storia, e i M.A.G.O. sono ormai alle porte. Quello che dovrebbe fare
ora è concentrarsi nello studio, e permettere ad Allen di fare lo stesso. Senza
causargli problemi non necessari con…confessioni… e
cose così…
Non ha
proprio voglia di pensarci— non dispone del coraggio necessario, al momento.
Ma Lenalee non desiste, e Lavi sente i suoi occhioni a mandorla fissi su di lui, che attendono,
immobili e trepidanti.
“…No,” concede Lavi di malavoglia, e quell’unica parola
basta a farlo sprofondare di nuovo nel mare di desolazione e frustrazione da
cui di fatto non è mai venuto fuori. Sa perfettamente che anche se Allen
ricambiasse – cosa già di per sé molto irreale – non sarebbe tutto a posto.
Il ripasso dev’essere stato dimenticato per strada perché al momento
Allen e Fou sono immersi in una fitta conversazione
che sembra divertirli parecchio. Per un attimo, nonostante sappia perfettamente
che essere maleducati con Lenalee porta spesso a
delle conseguenze catastrofiche, Lavi è tentato dall’idea di alzarsi dal divano
e unirsi a loro, allontanarsi dalla temporanea arpia in cui sembra essersi
trasformata Lenalee. Ma mentre già si stiracchia con
finta disinvoltura e stende le gambe davanti a sé, Fou
lo batte sul tempo: si alza dalla sua sedia, chiude alcuni libri e, dopo aver
salutato Allen, si dirige verso il buco del ritratto.
In quello
stesso istante, Allen incrocia casualmente lo sguardo di Lavi, e gli sorride.
Ed è probabilmente per quello che Lavi rapidamente incrocia di nuovo le gambe e
rimane fermo come un sasso, sul divanetto – all’improvviso, con quella spiacevole
discussione lasciata a metà, parlare da solo con Allen gli mette un’ansia di
entità non trascurabile.
“Dove va Fou?” chiede, tentando di mascherare il suo fallito
tentativo di scappare.
Lenalee segue per un attimo Fou con lo sguardo.
“Da Bak, suppongo.”
Lavi
aggrotta la fronte, perplesso. “Bak? Intendi BakChang, il biondino di Tassorosso con l’eritema perenne? E perché Fou dovrebbe andare da lui?”
La ragazza
gli lancia un’occhiata sbigottita. “Lavi, seriamente: dove sei stato con la
testa in questo mese?”
Il rosso
incrocia le braccia con aria scocciata e ferita, sperando che Lenalee la smetta di trattarlo come un menomato mentale. Ma
piano piano, mentre guarda di sottecchi Allen
mantenendo la sua espressione imbronciata – come a provare un fondamentale
punto alla sua amica –, comincia a sospettare che Lenalee
abbia le sue buone ragioni.
“Sai, Lavi,”
dice Lenalee all’improvviso, con una voce molto più
bassa, che paradossalmente attira di più l’attenzione del rosso. “Quando mi
sono messa con Yuu alla fine dell’anno scorso…. Non è stato facile. Quando Yuu
me lo chiese, io non avevo mai pensato seriamente a lui come a un possibile
ragazzo. Anche se la cosa in realtà non mi stupì così tanto, rimasi comunque
scioccata, non sapevo assolutamente cosa fare, haha.”
Lavi avverte
il nervosismo nella sua voce e, nonostante Lenalee
sia una sua grande amica e come tale dovrebbe essere libera di raccontargli i
suoi problemi, preferirebbe non ascoltarla, non essere lì, a raccogliere
testimonianze che suonano come lo strategico inizio di un incoraggiamento. Si
distrae dal suo stesso imbarazzo passandosi ripetutamente la mano tra i
capelli, disordinandoli più del dovuto.
“…Ci riflettei a lungo, e arrivai alla conclusione che
dargli una possibilità non sarebbe stato male. Ma mi resi conto che c’era
un’altra preoccupazione ad ossessionarmi: cosa sarebbe successo se non fosse
funzionata tra di noi? Cosa sarebbe successo al gruppo, alla nostra amicizia?
Avrei rischiato di rovinare tutto… Il gruppo
sfasciato, riesci a immaginarlo? Io non penso di volerci neanche provare. E
l’amicizia tra me e Kanda, sarebbe potuta finire nel
peggiore dei modi. Non ero sicura di essere pronta a correre un rischio del
genere. Allora non sapevo se valesse davvero la pena sacrificare una o più amicizie
che mi stavano più a cuore della mia vita, per un incerto, mai valutato prima,
tentativo di relazione.”
Lenalee si tormenta distrattamente il lobo di un suo orecchio, e tiene lo
sguardo puntato verso il basso. Anche Lavi vorrebbe distoglierlo, da lei e
dalle sue guance lievemente arrossite, ma scopre di non riuscirci. Si sente
catturato dal discorso più di quanto desidererebbe.
“Fu allora
che ne parlai con Allen e Fou. E mi dissero… Allen mi disse che, se davvero avevo preso in
considerazione l’idea di mettermi con Kanda, dovevo
buttarmi. Mi spiegò che ignorare i miei desideri, cercare di riportare le cose
alla normalità, fare finta che il fatto di piacere a Kanda
non fosse rilevante quanto il resto, sarebbe stato più difficile di quanto
avrei immaginato. Allen pensava che non era il caso di preoccuparsi così tanto
del futuro, del gruppo… mi disse che rischiavo di
perdere un’occasione preziosa, di covare rimpianti per il resto della mia vita,
e che lui come mio amico non poteva lasciarmelo fare. …Che,
se fosse finita male, avremmo trovato un modo per risolvere la faccenda.
Insieme.”
“Kanda deve molto ad Allen e Fou,”
continua Lenalee con una commozione che fa brillare i
suoi occhi. “Non so ancora dire alla fine se il mio fu coraggio o egoismo nei
vostri confronti, ma accettai. E la sai una cosa?”
La ragazza
sorride, ed è quel sorriso così dolce e sereno che porta Lavi a credere di
stare sbagliando tutto, negli ultimi tempi.
“Non mi sono
mai pentita della mia scelta. Io… non so cosa
succederebbe se un giorno io e Kanda ci lasciassimo,
ma pensare che a causa di questa paura di un giorno lontano e forse
inesistente, io mi sarei potuta perdere tutto quello che ho vissuto con Kanda, beh… quello sì che mi fa
rabbrividire. Probabilmente è di questo che sa il rimpianto. Amaro, e gelido.”
Lenalee alza finalmente lo sguardo, ma non incontra quello di Lavi – Lavi
non lo pretende, perché immagina quanto sia stato imbarazzante raccontare una
cosa così privata. Lui, personalmente, non riesce a staccarle gli occhi di dosso.
Ma Lenalee aggrotta improvvisamente le sopracciglia e mormora
qualcosa su un Elisir Cerebro e una potenziale dose di cacca di Doxy, per poi alzarsi e andare incontro agli studenti del
sesto anno, mettendo in mostra la sua sberluccicante spilla da Prefetto.
Rimasto seduto sul divano, mentre solo vagamente nota Allen alzarsi dal tavolo
e dirigersi verso di lui, Lavi riflette sull’Aritmanzia.
OMMIODDIO? OMMIODDIO. L’ultimo capitolo. Sono molto eccitata,
probabilmente più dei miei lettori LOL. Vorrei dire un paio di cose, prima del
capitolo, e se le leggete mi fate un piacere xD
Maaa dovrei fare dei ringraziamenti :I ? Forse dovrei, boh. Quindi
prima di tutto grazie a quelli che mi hanno recensito, soprattutto Kumiko e Lala che l’hanno fatto
con stupefacente regolarità, e anche Armònia, che
commentava su feisbukxD
(alla Hana e alla Frè no,
HAH). E grazie anche a quelli che hanno ‘seguito’ e ‘preferito’, mi avete
allietato assai :D Ma anche a quelli che han solo letto, eh, lolxD Spero davvero davvero tanto che vi sia piaciuta. Indipercui,
volevo chiedervi: siete interessati a leggere delle oneshots
ambientate prima, dopo, durante la storia? A farne una sorta di serie, voglio
dire. In fondo molte cose in questa singola fic
rimangono assolutamente aperte (apposta, circa). Vi interessa sapere come Lavi
e Allen si sono conosciuti, cosa sta succedendo tra Fou
e Bak, come sarà la carriera lavorativa di Lavi e Kanda, perché Lenalee aveva
‘quello sguardo luminoso negli ultimi tempi’ o cosa c’entra lei nella vicenda
del Filtro d’Amore, o quanto sapeva Allen di quello che pensava Lavi? :) Se sì,
ditemelo (se avete anche delle preferenze, informatemi), e io provvederò xD Se nessuno le leggerebbe allora evito, lol.
Un’altra cosa, giusto per chiarire nel caso BOH, non si fosse
capito. Il pezzettino in corsivo nel primo capitolo era in pratica la descrizione
di Lavi secondo l’Aritmanzia (che tra l’altro trovo
abbastanza appropriata xD ). Ricordate tutti che Lavi
è un 7 e Allen un 6, giusto?
Credo nient’altro, apparte che il Conte del Millennio
in questa storia è una sorta di Voldemort, e il
passato di Allen è indefinito poiché irrilevante per il plot :I DIVERTITEVI.
NOAH POWER ACTIVATE.
[oh ma ogni volta che dico basta, mi ricordo qualcos’altro. I Noah, in caso non si capisse (probabile) sono un gruppo di
studenti che hanno deciso di darsi un nome, tipo i Malandrini, o i Fantastici 4
(?)]
Disclaimer: non mio blahblahblahblahblahblahblah.
I.II. III. IV. V. VI.
VII.
. S E V E N
.
.
VII.
Da dietro
l’angolo spunta una saetta perlacea che accidentalmente colpisce dritto in faccia
un povero studente, appena capitato fortuitamente sulla scena – ossia il
corridoio sbagliato al momento sbagliato. Mentre questi gira sui tacchi e corre
via a perdifiato coprendosi invano la bocca con una mano, che però non riesce a
nascondere due grossi incisivi che si allungano rapidamente a dismisura, Lavi
riprende fiato e, appoggiato al muro, si esamina con un lamento i taglietti
preoccupantemente profondi che ora adornano i suoi avambracci.
Allen,
seduto di fianco a lui con la schiena contro la parete, fa Evanescere
con un movimento eccessivamente brusco della sua bacchetta le ultime tracce
degli uccellini assassini.
È iniziato
tutto con una semplice ‘discussione’. Lavi, Allen e i Noah
si sono incrociati in un corridoio per
caso. I soliti insulti che sono partiti da entrambe le fazioni non
avrebbero stupito nessuno, fino a che, dopo un commento particolarmente perfido
di Tyki, Lavi ha giocato carte false – ergo, ha
tirato fuori il discorso Quidditch. Una sorta di
‘discorso Taboo’, ormai, intorno ai Serpeverde. Soprattutto se questi Serpeverde
sono i Noah, i componenti della squadra di Quidditch della loro Casa.
Il primo
lampo di luce rossastra è partito inavvertitamente dalla bacchetta di uno dei Noah, concedendo ad Allen solo un misero secondo per
effettuare una schivata fortunata.
Grazie al
cielo, poco dopo sono accorsi i rinforzi: Kanda,
passato di lì altrettanto per caso,
non si è preoccupato minimamente del regolamento scolastico – quando mai se n’è
preoccupato, d’altronde – e si è lanciato in loro ‘aiuto’, più che altro non
trattenendosi alla prospettiva di uno scontro con i Noah.
Alcuni altri studenti che si erano fatti il sangue amaro a causa di quei Serpeverde, poi, hanno cominciato ad accalcarsi intorno a
loro e hanno preso parte allo scontro, attualmente ancora in corso nel mezzo di
quello stupido corridoio.
Non è un
vero e proprio combattimento, dato che la maggior parte degli incantesimi
lanciati sono Fatture Tarantallegre o Orcovolanti, ma è comunque uno scontro in piena regola. Se
poi si conta che i Noah spesso non sanno
controllarsi, si può senza dubbio dire che si tratta di uno scontro occasionalmente pericoloso.
“Road è una
troia,” grugnisce Lavi sprezzante, ripensando a quei piccoli esserini piumati di viola e dai becchi appuntiti come spine
che l’avevano assalito con la violenza di una mandria di bisonti.
Allen lo
guarda severamente, senza nascondere la sua rabbia. “E tu sei un stupido,”
ribatte con voce aspra. “Cosa diavolo ti salta in mente?! Nelle battaglie, ci
si divide gli avversari. Sei stato un’idiota a lanciare quel Sortilegio Scudo
contro Tyki. Era il mio avversario, Lavi! Tu occupati dei tuoi, se non vuoi finire con
un altro occhio cavato da uno sciame di passeri!”
Lavi nota
l’espressione ferita di Allen, e realizza che probabilmente il suo amico sta
fraintendendo le sue azioni.
“Allen,
aspetta,” inizia, prima che un gemito di dolore lo sorprenda quando cambia
posizione e strofina la pelle tagliata contro il muro di pietra. Allen trasale,
e il palese – e totalmente immotivato, secondo Lavi – senso di colpa gli fa
contrarre la mandibola. Perciò Lavi si premura di non lasciarsi sfuggire più
nessun suono. “Non l’ho fatto perché dubitavo delle tue abilità – tutti noi
sappiamo che sei eccezionale nei duelli di bacchetta. È che….
Mi è caduto l’occhio su Tykie…
stava per lanciarti un incantesimo approfittando del fatto che fossi alle prese
con Skin! Non c’ho neanche riflettuto su, l’ho fatto
d’istinto! Non accusare me, ma il mio istinto di proteggerti da ooogni mal—”
Allen gli
molla uno scappellotto alla testa, e Lavi si zittisce, ma senza trattenere una
risata canzonatoria.
Per quanto
si lamenti Allen, e a ragione, il fatto che abbia abbassato la guardia per
proteggere Allen senza neanche realizzare cosa stava facendo, e a Lavi piacerebbe
considerarlo segretamente un atto di ‘eroismo’, gli sta facendo gonfiare il
petto di orgoglio – si sente un po’ un idiota masochista.
Non da meno
è la soddisfazione di vedere Allen abbassare lo sguardo per l’imbarazzo e
sporgere la testa dietro l’angolo per sfuggire allo sguardo divertito di Lavi.
“Beh, quel tuo istinto ti porterà alla morte un giorno,” borbotta Allen con
apprensione, mentre scandaglia il corridoio dietro di lui, da cui provengono
schioppi, urla e lampi di luce.
“Okay, direi
che se sei a posto possiamo ributtarci nella mischia,” propone poi. “Kanda e gli altri se la stanno cavando perfettamente, ma mi
farebbe piacere centrare anche un solo colpo su Road, prima che arrivino i
professori.”
Il suo tono
vendicativo riempie Lavi di una gioia che a stento riesce a reprimere, e lo fa
sorridere in modo ebete.
Questo
sarebbe un momento perfetto per baciarsi, medita Lavi: uno di quei momenti da
libro d’avventura in cui, al climax del combattimento, l’eroe bacia la donna
che ama—Non è tanto sicuro di quale sia la parte di
chi, ma rimane il fatto che l’espressione agguerrita di Allen è parecchio
ammaliante.
Ma Lavi non
lo bacia, e lascia scorrere quel desiderio su di sé, con un sospiro,
ignorandolo meglio che può. Ormai pensieri di quel genere sono parecchio
frequenti e insistenti, ma può vantarsi, con un certo orgoglio, di non essere
mai caduto in tentazione.
(Anche se
spesso la sua volontà vacilla più del dovuto, soprattutto dopo che ha parlato
con Lenalee quasi due settimane prima. È come se quella
conversazione gli avesse aperto improvvisamente gli occhi, e da allora alcuni
gesti che compie spesso Allen avessero assunto un significato molto più chiaro
e preciso, che sempre di più lo portano a credere che Lenalee
abbia ragione, che forse Allen ricambia davvero i suoi sentimenti—)
Scuote la
testa vigorosamente, colto dalla convinzione che riflettere in quell’esatto
momento, con un combattimento in corso alle loro spalle, non sia la cosa
migliore, e che i libri d’avventura millantino a proposito dei momenti più
adatti per baciare le proprie amate.
“Ma cosa è
preso ai Noah in questo periodo?” chiede, più per
distrarsi che per vero interesse – è inutile interrogarsi su cosa passi per la
testa a quei pazzi: la loro cattiveria rimane sempre immotivata e
incomprensibile. Dev’essere congenita.
Allen
sbuffa, Lavi non sa se perché concorda con la domanda o perché la domanda lo
sta trattenendo dal tornare alla battaglia.
“Non lo so,”
risponde rabbioso, stringendo la presa sulla sua bacchetta, “è da due settimane
che combinano casini ininterrottamente. Sembra quasi una sorta di festa di
addio per Tyki e gli altri. Magari vogliono andarsene
dalla scuola con dei ‘bei’ ricordi dei loro ultimi giorni.” Lavi ghigna al
sarcasmo di Allen, mentre questi sbircia di nuovo lungo il corridoio dietro
l’angolo, e un sorriso gli si allarga repentino sulle labbra.
“Ow, Kanda ha beccato Jasdero in faccia. Temo stia persino ridendo. Penso non gli
abbia ancora perdonato la faccenda di Lenalee.”
Già, il
grande ‘scoop’ di quell’anno, ricorda Lavi, ripensando a quando, qualche mese
prima, il gemello scriteriato di Debitto ha reciso di
netto, all’altezza del collo, i fantastici, lunghi capelli neri di Lenalee durante una lezione di Trasfigurazione. Sebbene Lenalee l’avesse presa bene, dicendo che il nuovo taglio le
piaceva e rifiutandosi di farli ricrescere con la magia, Kanda
non fu altrettanto diplomatico nell’incassare l’affronto.
“Ma poi
oggi, come è venuto loro in mente di attaccarci da soli? Eravamo due contro
sette. Molto corretto da parte loro,” conviene Lavi con acidità.
Ad un
tratto, la voce di Road si alza in una risata acuta e innaturale, e rimbalza
tra le pareti dei corridoi.
“Allen NeahWalker! Dove sei finito? Hahaha, hai paura di noi?!”
Allen si
irrigidisce di colpo, diventando un tronco di legno, e nel suo sguardo saetta
un furente lampo d’odio. Con dei movimenti innaturalmente robotici, fa per
alzarsi, ma una mano l’afferra bruscamente per la manica della camicia e lo
spinge di nuovo per terra.
A Lavi
sembra di essere in un altro mondo. All’improvviso tutto quello che lo
circonda, eccetto Allen, i cui contorni continuano ad essere netti e precisi,
gli pare immateriale, inconsistente. Una sorta di miraggio sfumato, che si
stende indefinito intorno al suo amico, come un paesaggio da sogno.
“Allen…Neah?” chiede, ma non
sentendo la sua voce, teme di averlo solo pensato. Lo sguardo di Allen che si
incupisce vistosamente, però, smentisce i suoi dubbi.
“Sì…” mormora Allen con un tono strano. “È il mio secondo
nome. Neah… era il fratello di Mana, ma... dato che
si era schierato dalla parte del Conte del Millennio, avevamo deciso di non
usarlo mai… non so come facciano a saperlo i Noah. Non che sia importante, però…”
Le orecchie
di Lavi hanno smesso di ascoltarlo dopo la prima frase.
Il mondo si
silenzia intorno a lui, e in quel vuoto sonoro l’unico rumore che Lavi crede di
avvertire è quello degli ingranaggi nella sua mente che ruotano furiosi,
alimentati da scoperte, congetture, calcoli.
Il nome
completo di Allen è Allen NeahWalker.
Non Allen Walker.
…Questo significa che i suoi numeri aritmantici
devono essere diversi.
Ci mette
pochi secondi ad apportare le dovute correzioni al calcolo già fatto in
precedenza, un giorno che allora gli sembra molto più lontano di un solo mese prima;
e una volta scoperto il nuovo numero, il suo cuore si ferma.
Il tempo si
ferma.
Tutto rimane
immobile, mentre nella sua testa riecheggiano tre sole parole, un solo numero.
Un. Cazzutissimo. Sette.
A questo
punto, se godesse ancora della sua tanto decantata facoltà di ragionamento,
Lavi penserebbe che forse – forse –
il destino sta operando dietro le quinte di tutti questi avvenimenti, e lo sta
spingendo per davvero in un’unica direzione. La partita, il tè, il Filtro, Lenalee, e ora anche l’Aritmanzia,
la nemica più grande dell’ultimo mese, paiono gridargli a gran voce di fare
un’unica cosa.
Quando
persino i muri dell’Aritmanzia crollano come castelli
di carta davanti agli eventi, Lavi non può più permettersi di rimandare,
rimandare, e temere il futuro.
(Ma tutto
questo Lavi lo realizzerà dopo.)
Infatti ora,
non esattamente padrone né della sua mente né del suo corpo, allunga una mano.
Solo allora Allen sembra rendersi conto del comportamento strano del suo amico,
o almeno così suggeriscono i suoi occhi grigi spalancati per lo stupore, le sue
labbra semidischiuse, e la fronte leggermente aggrottata nella smorfia di
confusione che si forma quando la mano di Lavi si posa sulla sua guancia. Sono
per terra, vicini l’uno all’altro, e Allen non si muove di un millimetro. Non
fa assolutamente nulla, se non chiedere, con voce incerta: “Lavi, va tutto be—”
Quella
domanda è destinata a non essere finita, perché in quel momento Lavi trae Allen
a sé, chiude il suo unico occhio verde smeraldo, e fa collidere le loro labbra
le une contro le altre.
È maldestro,
e un po’ troppo violento – si potrebbe quasi pensare che Lavi non abbia mai
baciato nessuno in vita sua, ma la verità è molto lontana da un’affermazione
del genere. Comunque, Lavi se ne frega, perché l’unica cosa che gli interessa
allora è la sensazione delle labbra di Allen sulle sue. Scopre che è una
sensazione decisamente appagante,
persino migliore della prima volta, pensa, ora che non è ubriaco di Whisky e Burrobirra e i suoi sensi sono così in allerta che fanno
male; persino migliore, si ripete, prima di realizzare, stupendosi come se si
trattasse di una scoperta micidiale, che questa volta Allen è sveglio, perciò non dovrebbe mancare
quella partecipazione che non poteva esserci la prima volta—
Dopo qualche
secondo – o almeno Lavi crede sia qualche secondo – Lavi si stacca dalla bocca
ancora immobile dell’altro, ma invece
che aprire l’occhio, stringe di più la palpebra. Teme quello che potrebbe
trovarsi di fronte, una volta ritornato pienamente alla realtà: e se Allen lo
stesse guardando con disgusto? Se proprio ora stesse aprendo la bocca per
dirgli che è rivoltato da quello che ha appena fatto? Se Lavi avesse frainteso tutto e Allen non avesse mai pensato a
lui in quel modo?
La paura gli
invade il cuore, e basta a convincerlo di aver commesso l’errore più grande
della sua vita.
“Cristo,
Allen,” farfuglia mortificato, “mi dispiace. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispia—” E in quel farneticare confuso, viene subito
interrotto da due dita affusolato che vengono premute gentilmente sulla sua
bocca.
Finalmente,
apre l’occhio.
Quello che
vede in quel momento, sospetta gli rimarrà impresso sulla retina e nella sua
memoria per il resto della sua vita. Perché Allen sta sorridendo, con le sue labbra, le sue guance, i suoi occhi, quelle
fossette che gli si formano vicino alla cicatrice rossa quando il suo sorriso è
davvero intenso; e in esso, Lavi nota, non c’è traccia di quella misteriosa
tristezza che ha ora imparato a scorgere. È lo stesso sorriso che gli ha
mostrato al termine della partita di Quidditch, anche
allora indirizzato solo a lui, un sorriso non contaminato da alcun sentimento
se non una felicità smodata – e il cuore di Lavi si diletta in qualche capriola
rappresentativa, mentre il viso radioso di Allen si avvicina di nuovo al suo;
le loro bacchette e il combattimento mostruosamente lontani dai loro pensieri.
È un bacio
oscenamente lungo, ma forse è solo la percezione temporale di Lavi che è andata
completamente in tilt. In una qualche regione remota del suo cervello, quando
Allen gli prende le spalle e lo spinge per terra senza smettere di divorargli
le labbra con una passione che Lavi non si aspettava di ricevere, una vocina di
servizio gli comunica che sono giustoun po’ in mezzo a un corridoio, e che
se la voce, apparentemente lontana, della professoressa Nine
che sbraita e riporta l’ordine tra gli studenti in conflitto non è
un’allucinazione, come sospettava all’inizio, allora la donna li ha
probabilmente visti. E a quanto pare ignorati. Magari anche qualche studente.
Proprio
mentre afferra l’altro per i fianchi, e risponde mentalmente alla vocina che
gliene importa tanto quanto a un troll importerebbe della presenza di un
moscerino, Allen interrompe il loro bacio, e con espressione sollevata,
afferma: “Era ora.”
E come
direbbe il loro adorato professore di Cura delle Creature Magiche, era ‘fottutamente ora, invero’.
.
A l l e nN e a hW a l k e r
Una persona
intuitiva e brillante, che ama le sfide, ed sa essere un amico leale ed
affidabile, con la capacità di adattarsi facilmente.
Integra, energica, gode di uno spiccato senso dell’umorismo e una certa
facilità nello sviluppo dei rapporti interpersonali.
Nella sua vita interiore, sa amare con pienezza, ed è particolarmente dedito
all’aiuto del prossimo, come insegnante, filantropo o protettore dei diritti
altrui.
È molto determinato e può costituire spesso un esempio per gli altri. Ma se
lasciato da solo nei momenti difficili, può diventare eccessivamente
pessimista, dispersivo, e insicuro.
.
Persone
identificabili aritmanticamente come dei Sette,
godono di una naturale empatia verso altri Sette.
.
. S E V E N
.
I.II. III. IV. V. VI.
VII.
ED E’ FINITA. Wah,
com’è bella la vita *-* No, vabbè, spero che TUTTI
abbiano capito chi è l’insegnante di Cura delle Creature Magiche xDComunque, la
descrizione aritmantica di Allen, dato che contando ‘Neah’ diventa un sette, nove, sette, risulta essere un
misto tra la precedente descrizione (sei tre tre) e
quella dei nuovi numeri, dato che di fatto il suo nome ufficiale che tutti
conoscono è Allen, mentre ‘Neah’ è quasi sconosciuto
ma comunque c’è (ergo, di fatto me la sono pseudo inventata DAI). Ok la smetto.
Fatemi sapere se desiderate che diventi una piccola miniserie a oneshotsss! :)