Talvolta il vero amore arriva sottovoce

di RachelDickinson
(/viewuser.php?uid=1215)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Talvolta il vero amore arriva sottovoce

PROLOGO

Servizio civile. Lo avevano messo a fare servizio civile. Era assolutamente la cosa più assurda che quei vecchi babbei del ministero, Remus Lupin in primis, potessero escogitare. Ricordava ancora il sollievo  che aveva inondato tutto il suo corpo, dopo il verdetto del giudice.

Seduto su una sedia al centro della sala, il volto madido di sudore, di fronte a lui si ergevano i banchi della giuria e del nuovo giudice supremo del Wizengamot, Remus J. Lupin.
Un membro della giuria si alzò in piedi, si schiarì la voce e lesse qualcosa scritto su un pezzo di pergamena.
“La giuria reputa l’imputato: colpevole.”
Draco chiuse gli occhi. Era finita. L’avrebbero spedito ad Azkaban.
Osservò le catene arrugginite che gli legavano i polsi, e non poté fare a meno di odiare se stesso. Per essersi fatto catturare, ma ancora di più per aver servito la causa sbagliata, e l’aveva capito quando ormai era già troppo tardi. Aveva ucciso troppi babbani e altrettanti maghi figli di babbani. Doveva saperlo fin dall’inizio che se l’avessero preso non sarebbero stati indulgenti.
Ma quando Lupin, il giudice, parlò, le sue parole furono come una dolce musica per la sua mente spossata.
“… perciò io condanno il qui presente Draco Lucius Malfoy, a scontare la sua pena con quindici anni di servizio civile, prestando assistenza e soccorso ai feriti in battaglia.”

Insomma, li per li non ci aveva fatto caso più di tanto. Era felice, il fatto che non dovesse andare ad Azkaban lo aveva riempito di gioia. Ovviamente era rimasto algido, glaciale, non aveva mosso un solo muscolo, mantenendo la dignità e l’orgoglio di un Malfoy. Ma in cuor suo era stato davvero troppo contento. Quando gli spiegarono però in cosa consisteva questo servizio civile, impallidì.

“Oh, non se ne parla proprio. Neanche per scherzo.” Aveva detto il biondo, in tono stizzito.
“Ma caro, il giudice si è spiegato. E’ stato cristallino quando ha detto che se non avessi ubbidito, saresti stato rinchiuso ad Azkaban, e la tua pena sarebbe stata duplicata da quindici a trent’anni” gli rammentò sua madre, Narcissa.
“Perché devo mettere la nobile casa Malfoy a loro disposizione?” disse lui furente.
“Perché hai un marchio nero in bella mostra sul braccio e ci sono purtroppo prove schiaccianti delle tue malefatte. Io te l’avevo detto di non seguire le orme di tuo padre… e quel Lucius… lo sapeva che sarebbe successo… ma siete due zucconi, non mi avete mai dato retta…”
Smise di ascoltare sua madre che aveva attaccato per l’ennesima volta col discorso ‘Io t’avevo avvertito’ e si sedette su una delle poltrone di pelle nera di uno dei tanti salotti del maniero. Innanzitutto pensò che sua madre non aveva il diritto di parlare, dato che era uscita da Azkban da nemmeno un anno, dopo aver scontato la sua pena di cinque anni. Comunque, i patti erano chiari: doveva mettere la casa a disposizione dell’ordine della fenice, perché era un luogo protetto e ormai Grimmauld place, così aveva sentito dire si chiamasse la loro base, straboccava di feriti. Così i prossimi li avrebbero portati a Malfoy Manor, essendo un castello con più di trenta camere da letto libere.
Era piuttosto irritante.

Si alzò dal letto. Non riusciva a prendere sonno. Poco prima gli era giunto un gufo della professoressa McGranitt, che dalla morte di Silente aveva preso posto non solo come preside di Hogwarts, ma anche come capo dell’Ordine. Lo aveva avvisato che i piani erano temporaneamente cambiati. Che ora una sola persona aveva bisogno di lui, che aveva bisogno di cure mediche molto costose che lui DOVEVA dargli e che per il resto non doveva preoccuparsi di nulla. Gli aveva anche detto che la persona in questione alloggiava al San Mungo – Reparto 12, e che lui DOVEVA andare a trovarla tutti i giorni.
“Ci mancava solo questa…” borbottò fra sé e sé. Che razza di servizio civile. Non potevano fargli fare altro? Magari mandarlo ad aiutare sul campo di guerra, o addestrarlo come militare in grado di aiutare la gente a scappare o cose simili. Beh, d'altra parte era sempre meglio che mettere la sua abitazione a disposizione dei "buoni". Però, perché doveva fare una cosa stupida come pagare spese mediche ad una persona che neanche conosceva?
O che almeno credeva di non conoscere...

***

Quel mattino si svegliò molto presto. Un elfo domestico con gli occhioni azzurri e l’aria spaventata aprì le tende, sperando non lo sgridasse. Quando Draco grugnì che non voleva svegliarsi, e riaffondò la testa nel cuscino minacciandolo di appenderlo a testa in giù dalla torre più alta, con una piuma che gli solleticava sotto i piedi, l’elfo gli rammentò che era Sabato, il giorno prestabilito in cui lui doveva fare la sua prima visita alla persona affidatagli dalla McGranitt, che erano le otto di mattina e che entro pochi minuti sarebbe giunta una macchina del ministero per scortarlo al San Mungo.

Infatti si ricordò che gli avevano proibito di usare passaporte, smaterializzarsi, usufruire della polvere volante e avevano anche sequestrato la sua Nimbus 2001. Non doveva PER NESSUNA RAGIONE uscire da Malfoy Manor senza una scorta di Auror che avrebbero dovuto proteggerlo da mangiamorte che lo ritenevano traditore, e che avrebbero anche dovuto tenerlo d’occhio ed assicurarsi che non tornasse sulla ‘cattiva strada’. Che razza di situazione…

Si alzò dal letto mugolando qualche epiteto poco carino verso la McGranitt, cose che suonavano molto come “Vecchia megera” e “Brutta stregaccia rugosa”, si avviò verso il suo bagno personale e fece una doccia veloce. Uscito dalla cabina doccia indossò l’accappatoio di velluto nero con laccio e colletto verdi, e tornò in camera. Accese la luce del guardaroba e vi entrò, decidendo velocemente cosa indossare quella mattina. Prese una camicia, tanto per cambiare, nera e dei jeans chiari, sull’azzurro, classici e casual al tempo stesso. Scarpe da ginnastica ai piedi. Secondo lui una sola cosa erano bravi a fare i babbani: gli abiti.

Vestito di tutto punto, tirato a lucido, con almeno un quintale di gel nei capelli stirati indietro e perfettamente immobili, Draco Malfoy si spruzzò un goccio della sua costosissima acqua di colonia e scese nell’atrio, dove due auror lo stavano aspettando. Inorridì realizzando chi fossero i due già guardandoli di spalle, mentre scendeva lo scalone principale al centro dell’immenso ingresso.

“Ma che bella sorpresa. E chi si sarebbe mai aspettato di rivedervi fuori dal campo di battaglia.- disse con la sua voce algida, facendo sobbalzare i due, che si voltarono di scatto con espressioni indecifrabili sul volto.

“Fossi in te farei poco lo spiritoso, Malfoy…” disse un ragazzo alto e atletico, con due profondi occhi blu e capelli rosso carota. Accanto a lui una ragazza bionda e carina, con l’espressione di una che non sapeva come ci fosse arrivata lì, l’aria svagata, e due grandi occhi blu elettrico. Ron Weasley e Luna Lovegood. Lui Auror qualificato, con tanto di almeno una dozzina di medaglie al valore, e lei guaritrice molto famosa nel suo ambiente per aver trovato la cura ad alcune malattie magiche di cui fino a poco tempo prima non si sapeva nulla.

“Ciao, Malfoy” disse lei, senza neanche una nota di ostilità nella voce, a differenza dei due.

Draco giunse accanto a loro e, ignorando la mano che Luna gli aveva teso in segno di pace, guardò con un sorriso beffardo il più piccolo dei fratelli Weasley.

“Ehi, lenticchia… più passa il tempo e più diventi alto… peccato però che il cervello non cresca velocemente tanto quanto l’altezza…”

Ron non gli diede retta, fu Luna a prendere parola.

“Malfoy, ora ti portiamo dalla persona di cui ti sei gentilmente offerto di prenderti cura…”

Gentilmente offerto? Ma dove viveva quella?

“Posso sapere chi è?” chiese con un pizzico di curiosità.

I due finsero di non sapere, si erano già avviati fuori dal castello. Draco non ci fece caso. Fece spallucce e li seguì.

***

Entrò nel reparto con un vago senso di inquietudine. Non ricordava che il Reparto 12 fosse quello di lungo degenza.

I due che camminavano davanti a lui si fermarono ai lati dell’ultima porta in fondo. Ronald aprì la porta e gli fece cenno di entrare. Luna spiegò che poteva entrare solo lui, perché c’era già qualcuno dentro. Loro l’avrebbero aspettato fuori.

Draco Malfoy per la prima volta si sentì incerto sui suoi passi. Odiava gli ospedali. Sapeva che in quelle stanze probabilmente c’era tanta gente ferita da lui stesso, e altrettanta morta per causa sua e del lato che fino a pochi giorni prima aveva servito. Anche la persona che avrebbe dovuto sostenere era ridotta male per colpa sua?

Entrò nella stanza con lo sguardo basso, quasi per paura di scoprire chi era a letto. Sentì una risata cristallina provenire a qualche metro di distanza. Alzò il viso e mise qualche secondo per riconoscere le figure in contro luce. In piedi accanto al letto c’erano la mezzosangue so-tutto-io che tanto detestava, Hermione Granger, e accanto a lei la persona che avrebbe voluto scomparisse dalla faccia della terra, Harry Potter.

Non si erano accorti ancora della sua presenza e il suo cervello ebbe tutto il tempo di registrare le informazioni inviategli dai suoi occhi, quando guardò la persona stesa a letto, con tubi dappertutto e un cappellino in testa per coprire l’assenza dei capelli rossi caratteristici dei Weasley. Indossava una camicia a maniche lunghe, ma sulle mani potette scorgere facilmente una forte irritazione, la pelle era ricoperta di macchie. Osservò il medicinale nella flebo e rinunciò quasi subito a capire cosa fosse, poiché era un miscuglio di nomi indecifrabili mai sentiti, che suonavano molto come doxorubicina, ciclofosfamide, mitoxantrone e metotrexato. Non era un esperto, ma non ci voleva un genio per capire che quelli fossero antibiotici. E inoltre, sotto quei paroloni, spiccava una scritta più grande: "Citotossici". Che stesse facendo una Chemioterapia? Rabbrividì riguardando quella figura familiare, eppure così diversa. Non l’avrebbe riconosciuta, se non fosse stato per gli occhi neri e grandi da gattina e il viso ricoperto di efelidi.

La persona nel letto era Ginevra Weasley.

…continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

 

Una sottile ciocca di capelli biondi sfuggì ribelle ricadendo disordinatamente sulla fronte, e mentre ancora osservava incredulo la più piccola dei Weasley sorridere flebilmente bloccata in quel letto d’ospedale, si portò una mano ai capelli, cercando di sistemarli invano, e tentando di scrollarsi di dosso quella strana sensazione di angoscia che lo stava opprimendo. I tre ancora non si erano accorti della sue presenza, e per ora gli faceva comodo, stava ancora cercando di comprendere bene la situazione in cui si era imbattuto, o meglio, in cui lo avevano fatto imbattere con la forza. Raccolse i pensieri, mentre ascoltava i loro discorsi seri, eppure fatti con tanta leggerezza, quasi superficialità. Sentiva la rossa fare addirittura battute autoironiche sul proprio stato. Per quale motivo? Tipico dei Weasley era, forse, umiliarsi a quel modo? Magari non aveva neanche un po’ di amor proprio...

 

Non riusciva a capacitarsi di ciò a cui stava assistendo, pensava che i suoi stessi occhi gli stessero mentendo. Come potevano ridere e scherzare con tanta allegria?

 

“... ma cosa dici Harry?” sentì le due ragazze esclamare all’improvviso, entrambe poi scosse da un eccesso di risatine per qualcosa che aveva detto il moro. Da quando in qua Harry Potter era in possesso di una simpatia così frizzante? Inconcepibile, più del resto anche.

 

Comunque decise di mettere fine a quella situazione al limite della realtà e simulò qualche colpetto di tosse, attirando l’attenzione degli astanti. I tre si voltarono verso di lui, ma solo Ginevra Weasley fu sorpresa di vederlo. A quanto pare non era a conoscenza della situazione come gli altri due, che si limitarono a guardarlo freddamente. Harry fece un piccolo cenno del capo, ma non si sprecò a salutarlo in modo più approfondito. Invece fu Hermione a prendere in mano le redini della situazione. Si avvicinò al biondo, allungando la mano verso di lui per salutarlo civilmente.

 

“Ti stavamo aspettando, Malfoy.” disse, accompagnando il gesto ‘amichevole’ con un piccolo sorriso.

 

Draco lanciò un’occhiata sprezzante alla brunetta, ignorò la mano che gli stava porgendo e disse qualcosa senza neanche guardarla, il suo sguardo era completamente concentrato a studiare la ragazza seduta a letto, la schiena appoggiata al cuscino, la manica del pigiama alzata sul braccio destro lasciava visibile l’ago infilato sotto pelle, in vena, che iniettava il medicinale con una lentezza estenuante.

 

“Invece io non mi aspettavo di trovare VOI qui.” sottolineò il voi con tono quasi disgustato. “Ora capisco come mai mi abbiano tenuta segreta fino ad ora l’identità della malata. Sapevano che non avrei accettato e firmato il contratto se avessi saputo prima che si trattava di una schifosa babbanofila.”

Harry scattò in avanti, ma Hermione allungo un braccio, fermandolo, gli occhi puntati sull’ex mangiamorte.

 

“Ti saresti rifiutato di accettare i termini del contratto? Ma davvero? Caspita, sei coraggioso. Avresti preferito Azkaban a questo?” chiese con un piccolo sorrisetto beffardo. Malfoy non rispose, Harry sorrise compiaciuto: come al solito Hermione sul piano psicologico non aveva rivali.

Ginny cominciò a chiedersi seriamente cosa stesse succedendo. Contratto? Azkaban? Ma di cosa stavano parlando?

 

Disse qualcosa con la sua vocina flebile, irriconoscibile dall’antico tono di voce allegro ed effervescente che l’aveva sempre caratterizzata. “Qualcuno qui può spiegarmi cosa sta succedendo?” chiese aggrottando la fronte.

 

Hermione aprì bocca per dire qualcosa, ma Malfoy fu più veloce.

 

“Si dia il caso che ... mi è stato ‘gentilmente chiesto’ di occuparmi di te... o meglio: di pagare le spese per la tua terapia. Dato che appartieni ad una famiglia di pezzenti, difficilmente arriveresti viva alla fine dell’anno se qualcuno non pagasse il conto.” Un sorriso maligno increspò le sue labbra, mentre senza accorgersene si era avvicinato al letto ed ora era appoggiato alla sbarra ai piedi di questo.

 

Ginny incassò il colpo con un piccolo sorriso. “Come vedo la gentilezza è ancora una delle tue priorità, vero Malfoy?”

 

“Oh.. si... gentilezza... sincerità... chiamala come vuoi.” Rispose con un tono di voce colorito da una piccola nota di sarcasmo.

 

“Beh allora dici a chi te lo ha ‘gentilmente chiesto’ che non ho bisogno dei tuoi schifosi soldi e che non li accetterò mai.”

 

“Caspiterina” disse lui dopo un lungo fischio di approvazione “Sei molto coraggiosa Weasley. Peccato che senza i miei schifosi soldi andresti incontro a morte certa.”

 

Ginny scosse il capo, guardandolo stancamente “Anche CON i tuoi schifosi soldi, accadrebbe comunque, non mi interessa allungare i tempi, mi basta vivere quel che mi rimane da vivere il più lontano possibile da te e da quelli della tua razza.”

 

Draco la osservò un attimo, quindi alzo le mani rassegnato. “Mettiti l’anima in pace, stupida, perché a quanto pare saremo costretti a vederci tutti i giorni, volenti o nolenti.”

 

Ancora Hermione cercò di dire qualcosa, ma fu interrotta nuovamente, stavolta da Harry.

 

“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio, eh? Sei sempre il solito bastardo...” disse il moro, o meglio, il termine più appropriato sarebbe vomitò.

 

“Oh, stà zitto Potter. Non avrai creduto lo facessi con piacere? Ma, come mi ha gentilmente ricordato la tua amichetta mezzosangue...” lo sguardo si posò un attimo su Hermione, quindi nuovamente sul ragazzo “... l’unica alternativa sarebbe andare ad Azkaban. No, grazie!”

 

***

 

Buttò la giacca zuppa d'acqua disordinatamente sulla sedia, quindi si avvicinò al letto e si lasciò cadere  su di esso, stancamente. Chiuse un attimo gli occhi, ascoltando il ticchettio dell'orologio e il tintinnio provocato dalla pioggia battente sul vetro della finestra. La luce era spenta e, nonostante fossero appena le tre del pomeriggio, la stanza era quasi buia, poca luce filtrava attraverso le tende verdi e all'esterno il sole era completamente assente, coperto da nuvoloni grigi gonfi d'acqua. Fece un mezzo giro sulla coperta di velluto, categoricamente verde, rotolando su di essa e ritrovandosi ora pancia in su, gli occhi grigi puntati sulla stoffa verde che ricadeva dal baldacchino. Si portò una mano sul viso, stropicciandosi un po' le palpebre, mentre lo colse uno sbadiglio. Non era propriamente sonno. Piuttosto era noia. Ormai tutto gli era venuto a noia. Aveva trovato noioso persino prendere in giro Potty e co. all'ospedale. Questa era davvero una rottura bella e buona. Non gli andava per nulla a genio il doversi occupare di quella sporca babbanofila, e tanto meno dover essere costretto a frequentare quei perdenti. D'altro canto non poteva fare a meno di pensare che questo era meglio che il trovarsi in una cella sudicia ed umida di Azkaban, con dissennatori ovunque e costretto ai lavori forzati.

Si, decisamente prendere Ginevra Weasley sotto la sua ala protettiva era molto, molto meglio.

 

Fece un lungo sospiro, quindi senza sforzo si diede un piccolo slancio in avanti e si alzò a sedere. Si guardò un po’ intorno senza in realtà vedere nulla di cò che gli si parava dinnanzi allo sguardo. Era troppo perso tra i suoi pensieri.

 

Si chiedeva quale fosse il senso di tutta quella messa in scena. Perché affidare una Weasley proprio a lui? La McGranitt e Lupin stavano SICURAMENTE tramando qualcosa alle sue spalle. Il problema era scoprire cosa.

 

Si alzò e cominciò a sbottonarsi la camicia nera, quindi la sfilò, la buttò distrattamente da qualche parte dietro di lui e si avviò verso il bagno.

Si avvicinò al lavandino dove aprì il rubinetto, raccolse abbondante acqua ghiacciata tra le mani e se la gettò sul volto. Quindi rimase un attimo immobile, con la schiena ricurva, le mani appoggiate ai bordi del lavabo.

“Cazzo!” era il suo pensiero da quando aveva messo piede in quella dannata stanza d’ospedale. Era stato freddo. Era stato cattivo e ironico come sempre. Aveva cercato di rimanere indifferente. Eppure ora si ritrovava sconvolto. Ma perché?

Alzò il volto e osservò il proprio riflesso nello specchio. Erano passati sei anni da quel maledetto giorno, quando si diplomò ad Hogwarts. Aveva dimenticato l’accaduto...

 

La paglia era quasi esaurita, un po’ di cenere cadde sull’erba umida, l’aveva accesa qualche minuto prima ed aveva fatto solo due tiri, poi era rimasto fermo, immobile, a contemplare qualcosa in lontananza, la schiena appoggiata al salice in riva al lago, l’espressione pensierosa. Si era appena diplomato. E dunque? Cosa aveva concluso? Il padre morto, la madre ad Azkaban, un vistoso marchio nero nascosto alla bell’e meglio sotto il mantello, che si costringeva ad indossare nonostante fosse estate, calda, afosa, quasi soffocante. Lo sguardo grigio si fermò un attimo sulla sigaretta, quindi sbuffò e la lanciò lontano, in acqua. Quindi gli occhi tornarono ad osservare alcune ragazze Grifondoro che giocavano sulla sponda opposta, ridendo, scherzando, schizzandosi acqua. Così allegre e spensierate, alcune di loro finalmente diplomate, liete di poter entrare finalmente in società, altre semplicemente contente fossero giunte le vacanze estive.

Draco non riusciva ad essere così allegro come loro. Sarebbe entrato a tutti gli effetti nei mangiamorte. E non per suo volere, bensì per ordine di sua padre, che seppur rinchiuso ad Azkaban, aveva ancora una certa influenza su di lui.

Qualcuno interruppe il flusso dei suoi pensieri, sedendoglisi accanto. Non si voltò ad osservare il nuovo arrivato, lo riconobbe dall’inconfodibile profumo della sua acqua ommioddio-quanto-l’ho-pagata di colonia. Era Blaise.

“Perché non vieni anche tu a festeggiare, in sala comune?”

Draco non rispose, si limitò a guardarlo senza in realtà vederlo.

“Ok... ok... domanda stupida, lo so. Sono il tuo miglior amico dopotutto...” disse il moro, facendo spallucce e osservando le ragazze che  fio a quell’istante erano state oggetto di curiosità per l’amico. “Carine, peccato Grifondoro, eh?” chiese cercando di essere simpatico, voltandosi di nuovo verso di lui. In cambio ricevette un’occhiataccia truce. “Va bene, va bene, la smetto. Antipatico...” disse rassegnato, tornando a gaurdare le ragazze. La sua attenzione fu attirata dalla più carina, nonchè dalla più casinara. “Ginevra Weasley. Mi chiedo come mai tu stessi guardando proprio lei, Drakie...”

Stavolta Malfoy non si limitò a fargli un’occhiata di traverso, ma gli buttò l’accendino appresso, colpendolo su una tempia. “Ahi! Mi hai fatto male!”

Draco si alzò ed andò a recuperare l’accendino, borbottando qualcosa che suonava molto come “L’intento era quello.”

Anche Blaise si alzò e seguì l’amico, che si era avviato verso il castello. “Potevi semplicemente rispondere un ‘Non ti riguarda’ o ‘Ti sarai sbagliato’ anzichè lanciarmi quell’aggeggio addosso...” sbuffò massaggiandosi la testa. Improvvisamente Draco si fermò, Blaise gli finì addosso. “Insomma, che c’è ora? Perché ti sei fermato?”. Draco si voltò verso di lui, la stessa espressione pensierosa ed indecifrabile di poco prima. Lo sguardo vagò nuovamente verso l’altra sponta del lago, di nuovo su Ginevra Weasley. “Mi chiedo come faccia ad avere tanta gioia di vivere. Secondo te è normale amare così tanto la vita?” chiese chiudendo gli occhi, ascoltando la risata cristallina della ragazza che sembrava averlo colpito molto in fondo, scalfendo quella corazza da serpeverde che si era costruito negli anni. Blaise lo guardò interrogativo.

“Ti senti bene, Dra?”

Il biondo guardò l’amico. “Si... solo... mi chiedevo se l’essere tristi e musoni fosse una caratteristica di noi serpeverde, mentre l’essere sempre felici e grati anche di quel poco che la vita gli ha dato sia una priorità dei Grifondoro...”

Blaise abbassò un secondo lo sguardo sull’erba verde, riflettendo. Quindi rialzò il viso e fece spallucce. “Non so. Forse...”

Si guardarono, Blaise fece spallucce, quindi si avviarono verso il castello. Draco si fermò ancora un momento ad osservare la ragazza, che stava spruzzando acqua alle sue compagne che fuggivano ridendo. Per un istante, quando lei si fermò esausta ed alzò lo sguardo verso di lui, i loro occhi si incrociarono. Le inclinò un po’ il capo di lato, chiedendosi forse come mai lui la stesse guardando, ma non ebbe alcuna reazione spropositata, fece un piccolo sorriso, quindi si voltò di nuovo presa alla sprovvista da spruzzi d’acqua delle sue compagne, che cominciò a rincorrere, fingendosi arrabbiata.

Era bella Ginevra Weasley.

Ma scacciò subito quel pensiero e tornò nel castello, in seguito si sarebbe dimenticato di quegli attimi e non ci avrebbe più pensato fino a...

 

... fino ad ora. Si era dimenticato di essere rimasto profondamente colpito da quella ragazza in passato. Ed ora aveva realizzato improvvisamente che anche una persona come lei, con tanta gioia di vivere, poteva ammalarsi.

“... ammalarsi e morire...” sussurrò.

Scosse un po’ la testa, allontanando ancora una volta i pensieri su Ginevra Weasley.

Si sentì sopraffatto da uno strano senso di inquietudine.

 

Quella notte, Draco Malfoy non chiuse occhio...

 

...continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 

Le rimboccò un po' le coperte, sistemandole al meglio in modo che stesse calda e comoda. Prese una salvietta dal comodino e le asciugò la fronte madida di sudore, quindi tornò a sedersi sulla sedia accanto al letto, prendendo una mano sottile di lei tra le sue, grandi e forti. Era così minuta la sua Ginny. Così debilitata. Così magra... Eppure era ancora così bella.

 

Allungò una mano verso la lampada sul comodino ed abbassò d'intensità la luce, in modo che non infastidisse la giovane che riposava nel letto. Erano appena le sette di sera, ma fuori era buio come fosse mezzanotte, forse per quell'insistente brutto tempo che rispecchiava così tanto il suo umore.

Lo sguardo si perse ad osservare i rivoli disegnati sul vetro della finestra dai goccioloni di pioggia. Si chiedeva come mai il tempo peggiorasse di giorno in giorno, così come la salute di Ginny. La sua piccola Ginny. Osservò i delicati lineamenti del suo volto, ammorbiditi ulteriormente dalla luce ora fioca.

 

"Dio, perché proprio lei?" si ritrovò a sussurrare. Ancora non era riuscito ad accettare quella situazione. E la cosa peggiore era che sapeva perfettamente di non poter fare nulla per lei. Lasciò la mano della ragazza e si alzò dalla sedia. Aveva bisogno di uscire un po' dalla stanza. Erano giorni che era combattuto tra il rimanere sempre con lei o il cercare di non andare a trovarla troppo spesso per lasciarla riposare. Alla fine aveva trovato il giusto equilibrio, ed Hermione gli aveva riferito qualche giorno prima che Ginny era stata molto contenta della sua scelta. Era stata contenta di sapere che lui non era così ossessionato da quella cosa da smettere di vivere la sua vita. Quello che Ginny non sapeva è che se lui faceva ciò era perché ne era davvero troppo ossessionato, e non voleva diventare ossessivo e morboso. Ma si stava seriamente trattenendo dal non chiedere un permesso per rimanere con lei giorno e notte, sempre.

 

Il cigolio della porta, comunque, lo ripescò dai suoi pensieri. Si voltò verso questa e notò con disappunto Luna e Ron entrate con quell'essere di cui tanto detestava anche solo pronunciare il nome, Draco Malfoy.

 

"Malfoy..." disse in tono sprezzante, facendo un piccolo cenno col capo come per salutarlo. Ma neanche troppo accentuato fu questo cenno. Non voleva essere troppo educato con lui, se lo faceva era solo perché gli era stato chiesto da Hermione.

 

Era la seconda volta che Malfoy andava a trovare Ginny, e lui ne aveva già piene le scatole di questa situazione. Ma perché proprio lui? Perché non un altro? CHIUNQUE altro sarebbe andato meglio al posto di Malfoy.

 

"Sarà meglio che vada..." buttò lì il moro, e Malfoy non se ne dispiacque più di tanto. Harry recuperò la sua giacca di jeans, quindi si avviò verso la porta. Passò accanto al biondo, i due si guardarono chiaramente in cagnesco, quindi lo superò ed uscì dalla stanza, seguito da Ron che esordì in un allarmato "Aspetta devo parlarti" ed uscì anche lui, richiudendo la porta alle proprie spalle, lasciando a Luna il compito di assicurarsi che Malfoy non facesse cose 'strane'.

 

La biondina si avvicinò ad una finestra e prese ad osservare fuori. "Che tempaccio..." disse con il suo solito tono di voce soave, quindi si voltò verso il biondo ed abbozzò un sorriso. "Mi dispiace tu l'abbia trovata che dorme, ti annoierai, ma purtroppo quando è sotto chemio dorme molto, finchè non finirà questo ciclo la troverai spesso a... diciamo così, sonnecchiare..." spiegò avvicinandosi al letto e prendendo una mano della sua migliore amica tra le sue. Era così fredda. Eppure sudata.

 

Draco era rimasto immobile ad ascoltare le parole di 'Lunatica' Lovegood, quindi si avvicinò al letto. Non era da lui essere curioso, tuttavia non aveva nient'altro di meglio da fare.

 

Scosse un po' il capo, osservando la figura minuta distesa nel letto. Ma a chi voleva prendere in giro? Se stesso, no di certo. Lui sapeva perfettamente che in realtà quella situazione lo interessava, in un certo senso lo incuriosiva.

 

"Cos'ha precisamente?"

 

Luna alzò lo sguardo elettrico su di lui, sbattendo un paio di volte le palpebre, pronta a buttar fuori una delle sue verità... beh... vere. E molto imbarazzanti. "Ti interessa la situazione di Gin. Perché?" chiese dimentica di rispondere alla domanda di lui.

 

Lui sbuffò un po', sedendosi sulla sedia accanto al letto. Era ancora calda, pensò che forse era stato seduto Potter lì, così si alzò subito, battendosi un paio di volte una mano sulla parte posteriore dei Jeans, come a voler scacciare via i germi che Harry aveva lasciato sulla sedia.

 

"Non mi interessa. Non ho nulla di meglio da fare, tutto qui, e dato che il contratto prevede visite giornaliere di due ore, non posso sottrarmi a questa agonia, se non cercando di far passare il tempo chiacchierando!" spiegò atono, eppure la sua voce tradì un vago senso di irritazione.

 

"E ora perché ti sei irritato?" chiese Luna, ancora buttandolo in una situazione imbarazzante.

 

"Ti avevo fatto prima io una domanda. Cos'ha precisamente questa sporca babbanofila?"

 

Luna storse un po' il naso. "Si chiama Ginny."

 

"CAZZO!" sbottò schizzando in piedi, guardandola truce. Ginny sussultò al suo tono di voce così alto e irritato e si guardò intorno confusa e spaesata.

 

"Che succede?" chiese col battito molto accelerato.

 

Luna guardò prima Draco, impassibile, poi Ginny, dolcemente.

 

"Niente. Solo che il nostro caro Draco ha bevuto troppo caffè ed è un po' nervoso. Vado a fargli una camomilla..." disse avviandosi verso l'uscio e lasciando soli i due, canticchiando sognante mentre richiudeva la porta alle proprie spalle. era così sbadata e svagata che si era dimenticata che Ron aveva categoricamente proibito a Malfoy di rimanere solo con Ginny.

 

La rossa osservò la porta un paio di secondi, quindi guardò il biondo. Cerco a fatica di alzarsi a sedere, invano. Odiava quella situazione, ma gli chiese comunque aiuto, odiava rimanere sdraiata quando era sveglia.

 

"Aiutami a tirarmi su..." disse acida.

 

"Aiutami a tirarmi su, PER FAVORE" disse lui prendendola un po' in giro.

 

"Perchè mi dici per favore? Non posso mica aiutarti a tirarti su!" rispose lei con un sorrisino furbetto.

 

Lui alzò un sopracciglio, perplesso.

 

"Sei sempre così simpatica Weasley?"

 

"E tu sei sempre così gentile con i malati terminali, Malfoy?"

 

Lui la guardò algido.

 

"Adesso mi aiuti, PER FAVORE?" chiese sbuffando.

 

Lui non aggiunse altro. Si avvicinò un po' di più al letto, si curvò verso di lei e passò due mani sotto le sue braccia, alzandola con molta facilità, quasi fosse una piuma. Fu sorpreso di sentire solo pelle e ossa sotto le sue mani. Insomma non era mai stata cicciottella, tuttavia ricordava perfettamente fosse molto formosa. Ora invece tra le mani si ritrovava uno scheletro. Per di più notò per qualche oscuro motivo che la sua taglia di reggiseno si era ridotta ad una seconda scarsa. Finalmente la osservava da vicino e così, nonostante la penombra che regnava nella stanza, potè rendersi conto fino in fondo di avere a che fare con una moribonda. Gli occhi scavati, le guance bianche, gli occhi neri più sporgenti di quel che ricordava e sicuramente meno allegri. La sistemò meglio seduta, ma non si mosse dalla sua posizione.

 

"Hai intenzione di rimanere così per molto?" chiese la ragazza, aggrottando la fronte, perplessa.

 

Lui allontanò quei pensieri sulle condizioni della giovane, quindi si scostò da lei, tornando a sedersi sulla sedia, dimentico dei germi di Harry Potter.

 

La osservò sistemarsi il cuscino dietro la schiena, quindi fare un piccolo sbadiglio, nascosto goffamente da una mano.

 

"Da quanto sei qui?" chiese la ragazza, meccanicamente, per rompere il silenzio imbarazzante.

 

Lui lanciò un'occhiata all'orologio da polso. "Saranno una decina di minuti..."

 

Lei si grattò una guancia, abbassando lo sguardo sulle lenzuola di flanella. E neanche lui sapeva cosa dire esattamente. Gli sembrava tutto così assurdo che dire qualcosa gli sembrava una scelta banale. Non c'era molto da dire, quindi perché sforzarsi di farlo?

 

Ma dopotutto non riuscì a trattenersi e ripetè la stessa domanda che aveva fatto a quella svampita della Lovegood. Ok, non erano propriamente affari suoi... anzi si, lo erano! Dopotutto ci metteva i soldi, voleva almeno sapere per quale "buona causa" lo stava facendo.

 

"Cos'hai?"

 

Lei fu presa alla sprovvista. Alzò lo sguardo verso di lui. "Com... io ... non ho nulla!"

 

Lui sbuffò, già spazientito. "No, no! Intendo... cos'hai... che malattia... perché sei ricoverata?" ripetè cercando di contare fino a dieci per darsi una calmata.

 

"Ah..." lo sguardo nero come il petrolio di lei saettò attraverso la stanza, verso la porta. Era chiusa, non c'era nessun rumore che le facesse sperare nell'arrivo di qualcuno. Nulla. Doveva rispondere. Dopotutto lui aveva il diritto di sapere. "Cancro..." disse come fosse una cosa da nulla. "Mi hanno diagnosticato un cancro... alle ovaie... " arrossì un po' "... e... e nulla... metastasi... un po' ovunque..." terminò la frase in un soffio e con grande sforzo.

 

"E non possono fare nulla di più di questa stupida cura babbana?" chiese osservando accigliato la boccetta che pendeva in aria, appesa all'asta, e da cui si allungava un lungo tubo che finiva in un ago conficcato nella vena della ragazza. Patetico. Non avrebbe mai immaginato che al S. Mungo usassero ancora rimedi babbani.

 

"Purtroppo... non si può intervenire con la magia... Non è naturale... le mie cellule sono impazzite in seguito ad una fattura di un mangiamorte..." sottolineò la parola mangiamorte con fare sprezzante, quindi lo guardò risentita. Anche lui era un mangiamorte. E anche se indirettamente, anche lui era colpevole della situazione. Ma pensare così non la fece stare meglio.

 

"Credevo che voi Auror foste addestrati contro questo genere di cose..." disse lui aspro. Al diavolo le buone maniere. Quella tipa lo stava dando sui nervi.

 

"Beh ma se uno schifoso mangiamorte come quel tuo compare mi ha presa alle spalle io cosa posso farci? Ero circondata ed arrivò lui bello allegro a tirarmi una maledizione... non potevo ritirarmi o spostarmi, sarei finita proprio addosso agli altri tuoi compari."

 

"NON CHIAMARLI... " si rese subito conto di aver alzato troppo la voce, cosa che non era nei termini del contratto. Contò di nuovo fino a dieci e cercò di calmarsi. "Non chiamarli 'i miei COMPARI'" sibilò a denti stretti.

 

Lei fece spallucce. "come vuoi. La situazione non cambia comunque."

 

Lui si alzò ancora una volta dalla sedia e camminò un po' per la stanza. Un sonoro TOC-TOC mise termine a quella situazione assai imbarazzante, per non dire assolutamente irritante. Entrambi si voltarono verso la porta, Ginny notò con piacere Lupin e Tonks, quest'ultima aveva un piccolo fagotto azzurro tra le braccia: era la copertina in cui era raggomitolato Sirius, il loro primogenito, un neonato dolcissimo, ma tutto pepe, proprio come il suo defunto omonimo.

 

"Ginny!" disse Tonks contenta, rifilando il piccolo tra le braccia del marito e catapultandosi verso il letto, dove abbracciò la ragazza, tutto questo sotto lo sguardo di un contrariato Malfoy. Era odioso che qualcuno arrivasse a trovare la rossa proprio quando c'era lui. Non gli faceva piacere essere visto da lei, anche se ormai, tramite i quotidiani, la notizia della sua pena decretata da Wizengamot aveva fatto il giro dell'intro globo terrestre. Sentì la donna con quei terribili capelli rosa parlare animatamente con la piccola dei Weasley, che invero si era illuminata nel vedere entrare il suo ex professore e sua moglie. Spostò lo sguardo su Lupin, e si rese contro, ancora contrariato, che quest'ultimo lo stava osservando.

 

"Malfoy!" disse Remus con un sorriso cordiale avvicinandosi al biondo, il fagottino tra le braccia continuava a dormire beato.

 

"Lupin..." solito cenno del capo.

 

"Visita di routine?" chiese il capo del Wizengamot, soddisfatto.

 

Draco invece si sentiva come uno che voleva assolutamente scappare da un luogo che non gli andava particolarmente a genio. "Eh già..." disse solo, mantenendo lo sguardo sotto quello dell'altro, senza far trasparire alcuna emozione.

 

"Quando hai cominciato? Spero ieri come era stato da me predisposto..." disse alzando un po' la voce per farsi sentire dal biondo al di sopra degli schiamazzi delle due, che ora ridevano. Tonks aveva la rara abilità di mettere di buon'umore Ginny, che ormai rideva con pochi.

 

"Si... ieri..." l'ex mangiamorte non aggiunse altro, continuando a sostenere lo sguardo, senza titubanze.

 

Remus lo osservò ancora un attimo, il solito sorriso amabile dipinto in volto. Poi si allontanò da lui e, dandogli le spalle, si avvicinò al letto. Salutò la "dolce Ginny", come la chiamava lui, come un caloroso abbraccio, quindi le posò il piccolo Sirius tra le braccia, che si svegliò, osservò la ragazza qualche secondo poi rise. Era un bimbo allegro e gli piaceva molto giocare con Ginny. "Vogliate scusarci un attimo..." esordì ad un certo punto Remus e, ricevuta risposta dalle due ('Prego') trascinò Malfoy fuori dalla stanza.

 

Ora i due camminavano fianco a fianco, in corridoio. Draco fu il primo a prendere parola.

 

"Non ho voglia di ramanzine a quest'ora..." sbuffò frugando in una tasca, da cui estrasse una sigaretta e l'accendino. Si ficcò la paglia in bocca e cercò di accenderla, ma Remus gliela tirò subito via. "Non si fuma qui..." disse sempre sorridendo, gettando la sigaretta in un cestino poco lontano. Quindi si rivolse al biondo.

 

"C'è stato un piccolo cambiamento nelle disposizioni."

 

Malfoy lo guardò non troppo interessato. Tanto ormai cambiavano quando cavolo pareva a loro, quindi non vedeva come una sua qualsiasi reazione avrebbe potuto cambiare le cose.

 

Non ricevendo risposta dal ragazzo, Remus continuò a parlare.

 

"Alla fine della terapia, Ginevra verrà dimessa dall'ospedale, sarebbe inutile tenerla ancora qui fino alla terapia del prossimo mese.

 

Draco non sembrava ancora molto interessato.

 

"Verrà a stare a Malfoy Manor"

 

Il ragazzo si bloccò e ci mise qualche secondo prima di incamerare le informazioni nel cervello.

 

"CHE COSA?" disse infine, osservando il suo ex insegnante di DCAO come fosse un alieno.

 

NO! Questo no! Non avrebbe mai permesso a quella stupida moribonda babbanofila di mettere piede in casa sua.

 

Però poi osservò l'espressione irritata di Lupin, che col solo sguardo gli fece intuire la minaccia di mandarlo ad Azkaban.

 

"Ok... ok..." si arrese ancor prima di cominciare a sbraitare. Non sarebbe servito a nulla, se non a peggiorare la situazione.

 

Quando uscirono fuori un balcone, si passò agitato una mano tra i capelli, quindi prese una nuova sigaretta e tentò di accenderla.

 

"Ovviamente alcuni Auror verranno con lei per assicurarsi che tutto proceda bene" aggiunse Remus, pacato.

 

L'accendino scivolò dalle mani di Draco Malfoy, rimbalzando sul pavimento e scivolando giù dal balcone, infrangendosi al suolo, tre piani più sotto.

 

...continua...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=54761