Stages

di Selhin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Genesis of Hope ***
Capitolo 2: *** The Beginning of Love ***
Capitolo 3: *** Growth Within ***
Capitolo 4: *** Life Crystal ***
Capitolo 5: *** Crimson Snow ***



Capitolo 1
*** Genesis of Hope ***


Fandom: Final Fantasy XIII

 

 

Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: Lightning, Nora Estheim

Tipologia: One-shot (1.127 parole)

Genere: Slice of Life

 

13° Argomento: Fasi della Vita

61. Origine

 

 

[ So I lay my head back down,

and I lift my hands and pray to be only yours

I pray to be only yours.

I know now you're my

Only Hope. ]

 

Only Hope - Mandy Moore

 

 

 

 

Genesis of Hope

 

 

 

 

 

 

 

  Una bambina camminava veloce fra la folla, la mano stretta attorno a quella della sorellina, attenta e premurosa. Un rumore forte aveva interrotto la loro traversata verso il banchetto dei gelati, un tuono sopra le loro teste. Entrambe avevano alzato lo sguardo incantate e un lampo si era frantumato in una miriade di colori che dipingevano il cielo ormai reso scuro dalla notte.

I fuochi di Bodhum erano iniziati finalmente.

Eccitata, la più piccola lasciò la sua mano per applaudire a quello spettacolo pirotecnico, poi aveva intrecciato le dita e aveva chiuso gli occhi. La sorella la guardò incuriosita, non appena riuscì a togliere lo sguardo da quei colori quasi magici.

  - Serah, che stai facendo?-

La piccola le rispose senza aprire gli occhi. - Sto esprimendo un desiderio, sorellina.-

L’altra la guardò di sbieco. - E perché?-

  - Non lo sai che questi fuochi fanno avverare i desideri? Me l’ha detto la mamma... -

La bambina sospirò rendendosi conto che la sorella aveva solo quattro anni ed era comprensibile credesse ancora a quelle sciocchezze. Anche se, a dirla tutta, sapeva di essere lei quella strana delle due. Troppo seria per avere solo sei anni, troppo adulta, o almeno era così che si mostrava agli altri. Tornò con lo sguardo verso i colori che vibravano nel cielo, l’indomani sarebbe stato il suo compleanno, avrebbe compiuto sette anni eppure non aveva desideri da esprimere. Sperava solo che la sua vita continuasse ad andare in quel modo, spensierata e senza troppi problemi.

Improvvisamente la folla la travolse, allontanandola dalla piccola Serah che iniziò a piangere disperata. La vide da lontano correre via, verso i loro genitori, e la bambina sospirò sollevata. Se fosse capitato qualcosa a sua sorella per colpa sua non se lo sarebbe mai perdonato.

Sollevò ancora lo sguardo verso il cielo, ormai completamente sola e libera di poter essere stessa per qualche minuto. Non sapeva perché si comportava diversamente con gli altri, era da sempre stata una sua particolarità. Il suo carattere chiuso le impediva di sorridere allegra come tutte le bambine della sua età, non riusciva mai a dimostrare l’affetto che realmente provava nei confronti dei genitori e anche della sorella.

Senza rendersene conto, intrecciò le dita delle mani imitando il gesto compiuto da Serah qualche istante prima, chiuse gli occhi azzurri e desiderò di poter essere stessa con qualcuno, prima o poi. In quell’istante una donna, trascinata anch’essa dalla folla, la scontrò urtandola. Lei alzò lo sguardo spaventata poiché non aveva ben capito cosa stesse accadendo. Si voltò ed incontrò un paio di occhi verde acqua che la lasciarono a bocca aperta. La donna la guardò quasi allo stesso modo, poi le sorrise dolcemente.

  - Perdonami piccola, ma sai con questo pancione... - disse scherzosa indicando il ventre gonfio -... Non riesco ad essere agile come prima.-

La bambina le sorrise di rimando, un sorriso timido, incerto. Scosse la testa e poi abbassò lo sguardo azzurro, puntandoselo sui piedi chiusi in sandali bianchi. La donna, incuriosita da quella bambina così graziosa e silenziosa, si accucciò un po’ a fatica arrivando alla sua altezza.

  - Posso sapere il tuo nome?-

La sua voce era gentile e le ricordava tanto quella di sua madre. Alzò ancora gli occhi su di lei e constatò quanto fosse bella. I capelli lucenti, d’un biondo chiarissimo, le sfioravano appena le spalle e nonostante apparisse esile, il ventre sembrava darle una bellezza e una forza straordinari. Soggiogata da quell’aria così materna che emanava, la bambina abbassò ancora la testa e sussurrò piano la sua risposta.

  - Claire... -

L’altra sorrise. - E’ un nome bellissimo Claire, io mi chiamo Nora. E quanti anni hai?-

Claire non osò guardarla ancora, chissà per quale strano motivo si sentiva così in soggezione da quella donna così bella. - Domani compirò sette anni.-

Finalmente la bambina le rivolse lo sguardo osservando stupita che quel dolce sorriso fosse ancora lì, tutto per lei.

  - Ma allora sei già una signorina. Cosa stavi facendo qui tutta sola, Claire?-

Scosse la testa. - Non sono sola, laggiù c’è mia sorella. Io stavo solo... esprimendo un desiderio.- disse alla fine, chiedendosi il perché riuscisse ad essere così aperta con quella donna.

Nora si rialzò, guardando i fuochi che non avevano smesso un attimo di accendere il cielo con i loro colori. - Forse... - iniziò portandosi le mani sul ventre -... Dovrei esprimerne uno anche io.-

Improvvisamente il viso della donna mutò in un’espressione di vago dolore. Strinse di più le mani e iniziò a respirare velocemente. Claire, spaventata, restò immobile non sapendo cosa stesse accadendo. Poi Nora la guardò con un sorriso.

  - Uh, questo piccoletto non fa altro che tirare calci da quando abbiamo iniziato a parlare. Credo voglia conoscerti. -

La bambina allungò piano una manina per poi posarla su quella grande pancia che le stava di fronte, e improvvisamente sentì un movimento all’interno. Intimorita ritrasse la mano, ma la donna, con dolcezza, la guidò nuovamente verso il bambino che portava in grembo. Anche questa volta Claire, avvertì il piccolo muoversi sotto il suo tocco, ma non ebbe paura. Pensò che fosse la cosa più straordinaria che avesse mai provato.

  - Credo che tu gli stia simpatica.- affermò la donna sorridendo. Non sapeva spiegarsene la ragione ma avvertiva come un richiamo verso quella bambina.

Claire sorrise soddisfatta poi chiuse gli occhi appoggiando l’orecchio sul grembo gonfio della donna. - Anche lui mi sta simpatico.- ammise senza rendersene conto. Nora spalancò gli occhi.

  - Lui? Credi sarà un maschietto?-

La bambina annuì. - Ne sono certa. Come si chiamerà?-

La donna la guardò interrogativa. - Avevo pensato a Hope, se fosse stata una bambina però... -

  - No... - la interruppe Claire - Hope è perfetto.-

Nora sorrise felice poi, quando Claire si allontanò, avvertì un senso di disagio staccandosi dalla bambina. Come se non fosse lei a provare quei sentimenti, ma qualcun altro.

  - Adesso devo andare... - esordì la piccola passandosi una mano fra i capelli del colore dei ciliegi in fiore. -... tornerete?-

Nora la guardò con dolcezza. - Sì torneremo sicuramente, io e lui.-

Guardò la piccola allontanarsi con un sorriso che ancora non le aveva visto, la vide raggiungere una bambina a lei simile nell’aspetto ma più piccola e poi scomparve fra la folla. Nora posò ancora lo sguardo sui fuochi sopra di lei, le mani ancora ben salde sul ventre. Il piccolo si mosse appena e lei sorrise mentre dava voce a una certezza ispiratale da chissà quale voce inconscia.

  - Vi rivedrete, presto.- sussurrò alle luci nel cielo. - E’ una certezza ma anche una piccola speranza. Non è così, Hope? -

E le mani della donna avvertirono il tepore di un battito, un fremito attraverso il ventre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

**********************

 

Ciao a tutti!

Oddio, ho scritto una cosa così dolciosa che quasi mi son venute le carie ò.ò

Inutile ripetere che amo Hope, che amo Light, e che li amo assieme XD

Dunque preparatevi perché ho una decina di storie già pronte su di loro ( questa raccolta, poi un’altra... )

 

Questa fanfic è la prima a partecipare all’ iniziativa di BlackIceCrystal, “The One Hundred Prompt Project.” e fa parte della mia prima raccolta basata sull’argomento 13: Fasi della vita.

The One Hundred Prompt Project

 

Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto fino in fondo, e un ringraziamento speciale va a tutte quelle persone deliziose che hanno recensito fino ad ora le mie altre due storie postate su questo fandom... grazie davvero!!! *-*

Ricordo che una piccola recensione mi fa felice e mi aiuta a migliorare gli errori, quindi se siete rimasti offesi da questa... questa... questa “cosa” potete dirmelo tranquillamente XD

 

Oh cielo, quanto sto parlando... me ne vado va u.u

 

Baci a tutti alla prossima

 

Selhin ♥

 

 

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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

 

 

 

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Capitolo 2
*** The Beginning of Love ***


Fandom: Final Fantasy XIII

 

Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: Hope Estheim, Lightning

Tipologia: One-shot (1914 parole)

Genere: Slice of Life

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII", appartengono solo a me.

 

13° Argomento: Fasi della Vita
62. Nascita

 

 

 

 

 

 

 

 

[ All I ever think about is you

You got me hypnotized, so mesmerized

 

Do you ever think when you're all alone?

All that we can be, where this thing can go?

Am I crazy or falling in love?

 

Do you catch a breath when I look at you?

Are you holding back like the way I do? ]

 

Crush - David Archuleta

 

 

 

 

 

 

The Beginning of Love

 

 

 

 

 

 

 

  I capelli color platino ondeggiarono dolcemente al ritmo della brezza serale che quella sera spirava leggermente più vorace sulla spiaggia di Bodhum. Il ragazzo si mosse appena, socchiudendo gli occhi non appena incontrarono i riflessi rossi del sole che stava andando a spegnersi nell’immenso oceano davanti a sé. Poi si rannicchiò su stesso, avvicinandosi un ginocchio al petto in una posizione che assumeva oramai da molti anni. Socchiuse gli occhi verdi assaporando il profumo del mare. Quella non poteva di certo definirla casa, eppure sapeva di essere mancato ormai davvero da tanto. Sapeva che erano stati lontani troppo, insieme.

Sistemò velocemente un ciuffo ribelle che era scivolato via danzando con il vento, e si sistemò meglio sulla spiaggia, sporcandosi le dita di sabbia dorata. Senza alcun preavviso un fulmine attraversò l’orizzonte dove alcune nuvole scure si stavano facendo strada verso la costa. Un fulmine pallido, con riflessi rosati dati dal sole rosso. Il ragazzo sorrise dell’ironia che aveva a volte la natura. Si domandò, a proposito, dove lei si fosse cacciata. Gli aveva detto di aspettarlo lì, che non potevano presentarsi insieme, non così, e lui aveva acconsentito. Sapeva quanto fosse dura per lei, eppure, iniziava a chiedersi se stesse andando tutto bene, se lei sarebbe davvero tornata.

Ma sapeva anche che lei non lo avrebbe mai abbandonato, glielo aveva promesso tanti anni prima e così era sempre stato. Non lo aveva fatto, mai.

E forse, sorrise, era stato proprio quello l’inizio di ogni cosa...

 

 

*  *  *  *  *

 

 

  - L’operazione NORA finisce qua. -

Il ragazzino spalanca gli occhi chiari come se non credesse a ciò che lei gli ha appena detto. Vede improvvisamente tutti i suoi obbiettivi, tutti i suoi propositi, svanire assieme alla voce dura della donna.

  - Cosa?- riesce appena a pronunciare questa piccola parola. Non ci crede, deve sentirlo ancora una volta.

  - Io... - inizia lei ma non la lascia continuare. Un improvviso turbine d’ira sembra essersi impossessato di lui. - No!-

Non la sente nemmeno quando cerca di calmarlo chiamandolo per nome. - Mi hai detto tu di combattere!- la rabbia è troppa, ma svanisce immediatamente non appena lei lo interrompe furiosa più con stessa che con lui.

  - Ho sbagliato!-

Non lo guarda, non ne ha quasi il coraggio. Lei, fredda e indomabile. Lei, dura e distaccata. Lei, non riesce a guardarlo perché sa di averlo illuso.

  - Ma non puoi farmi questo... - la voce del ragazzino è sottile, incredula, disperata quasi. - Non puoi creare tutto e poi abbandonarmi.-

Finalmente la donna alza gli occhi azzurri e lo guarda rendendosi conto di quanto questo l’abbia ferito. Si sente perduto, esattamente come si era sentita lei appena era diventata una l’Cie. Lo raggiunge, prendendolo delicatamente per le spalle. E’ così fragile, così innocente, che lei ne ha quasi paura. E si sorprende lei stessa delle parole che pronuncia.

  - Non ti abbandonerò. - lui alza gli occhi verdi verso di lei, stupendola della forza che trasmettono e la donna ripete le parole con maggior sicurezza, convincendo soprattutto stessa. - Non lo farò.-

Il ragazzino la fissa. Sguardo verde-acqua riflesso in iridi azzurre, profonde e libere come i cieli che solo in sogno aveva intravisto. E mentre lei, troppo orgogliosa per restargli così vicina, si allontana per riprendere il loro cammino, lui si domanda cosa ne sarà di loro adesso.

Non riesce a spiegarsi il motivo che l’ha portata a quella decisione. A interrompere ogni cosa, l’unico obbiettivo che lo spingeva a continuare a vivere. Lei l’aveva illuso, e adesso ogni cosa  era finita. Il suo desiderio di vendetta si sarebbe mai placato? Sarebbe mai riuscito a dimenticare l’odio e il rancore che si porta nel cuore? No, non poteva lasciar perdere così, non poteva proprio. Snow doveva pagare per quello che aveva fatto, doveva riuscire a cancellargli quel sorriso idiota dalla faccia. Doveva.

La donna, da parte sua, aveva deciso e niente l’avrebbe fermata. Adesso sapeva di aver commesso un errore, l’ennesimo della sua vita. Aveva sbagliato con Serah, e adesso aveva coinvolto anche lui... e tutto per il suo stupido orgoglio, per la sua smania di combattere. Stava solo scappando dalla realtà. Per questo aveva dato fine all’operazione NORA. Sperava, in parte, che così lui avrebbe capito che la vendetta non l’avrebbe portato a nulla se non a un cumulo di rimpianti. Ma era solo un ragazzino che era rimasto completamente solo, e lei sapeva benissimo come poteva sentirsi. Perso, abbattuto, senza speranza... proprio lui.

  - E adesso cosa facciamo?- lo sente improvvisamente pronunciare alle sue spalle. La stava seguendo riflessivo e silenzioso come sempre, e lei ormai aveva fatto l’abitudine alla sua costante presenza. Inizialmente non faceva che voltarsi allarmata, trovandoselo poi di fronte con uno sguardo spaurito, ma adesso si sentiva quasi inquieta al solo pensiero di non averlo con sé. - Voglio dire... - continua, alzando leggermente la voce, senza aspettare che lei si volti. -... Se abbandoniamo il piano, che battaglie combattiamo? E contro chi?-

C’è rabbia nella sua voce, lo sente. Rabbia e delusione.

  - Non lo so. - risponde la donna dopo qualche attimo. Si volta per guardarlo e prova una fitta di sofferenza. E’ stata lei a rendere quegli occhi così tristi? - Ma non dobbiamo perdere la speranza.-

Lui la guarda come se lo stesse prendendo in giro, e in effetti è proprio così che si sente.

  - Speranza?- le domanda incredulo. Come può parlare di speranza adesso, proprio lei? - Non c’è speranza, non per un l’Cie.-

Lui si volta sedendosi su dei gradini poco distanti. Si sente svuotato dopo quest’ultima affermazione della donna. Umiliato, amareggiato. La vede avvicinarsi ma non osa guardarla negli occhi.

  - Abbiamo te.- dice lei con dolcezza, come se fosse la cosa più logica del mondo.

Ma il ragazzino sospira. Come può non capirlo? Proprio lei che pensava riuscisse a comprenderlo davvero, come può non rendersi conto di quello che gli sta facendo?

Come può essere così indifferente?

  - Hope è solo il mio nome... -

Perché non riesce a capirlo? Perché tutti si ostinano a dare così tanta importanza a quella stupida parola? E improvvisamente avverte un leggero odio verso sua madre, per averlo lasciato solo, per avergli dato quel nome assurdo di cui tutti abusano. Ma è solo un attimo, perché i suoi pensieri vengono interrotti dalla voce di lei.

  - Anch’io ero come te.-

Hope alza lo sguardo finalmente, incontrando l’azzurro dei suoi occhi. Trattiene il fiato nel guardarla davvero, per la prima volta come mai lei si era mostrata a lui. A tutti. E’ bella, troppo forse, e finalmente vera. Negli occhi d’acqua riesce finalmente a scorgere una Lightning diversa da quella fredda e taciturna che ha sempre conosciuto. E’ un attimo, ma lui la vede davvero per quella che è, quella che è sempre stata ma che cercava di nascondersi per orgoglio o forse... per paura.

Lei lo osserva per un attimo lunghissimo poi, paralizzata da una morsa alla bocca dello stomaco, si volta per guardare altrove. Non sopporta quegli occhi verdi, quegli occhi innocenti, quegli occhi delusi da lei. Si sente colpevole, sa di averlo ferito, sa come lui si sente, cosa prova. Anche lei si era sentita così...

  - I miei genitori sono morti.- dice quasi contro il suo volere. Non sa perché lo fa, forse solo per liberarsi da un peso, forse per farsi vedere più forte.

E la sua voce continua imperterrita, a lasciar trapelare quello che sente, quello che è stata senza che riesca a fermarla. - Dovevo essere forte per Serah e dimenticare il mio passato. E così, sono diventata “Lightning”.-

O forse, lo fa per lui? Per aiutarlo, per rassicurarlo del fatto che lei c’è, che non è solo. Che sia invece per affetto?

Strano, ma non impossibile.

Hope la osserva, ipnotizzato quasi. Non si era mai reso conto di quanto in realtà fossero simili, di quanto lei invece poteva e riusciva a comprenderlo. Si odiò per non essere stato in grado di capirlo prima, di accorgersi prima di lei per quella che era e non per quella che si mostrava. Adesso che osserva solo le sue spalle può unicamente immaginare la sua espressione, eppure gli sembra quasi di percepirla come se potesse vederla davvero. Gli occhi rivolti verso l’alto, a scrutare un cielo immateriale, l’espressione dura e un’impercettibile rossore alle guance. Invisibile agli altri, ma non a lui.

  - Con un nome diverso credevo di poter diventare un’altra. Ero solo una ragazzina... -

Com’era possibile che l’affinità fosse così grande, così smisurata, e lui non se ne fosse mai accorto? Per un istante gli tremano le mani, le labbra. Vuole dirle qualcosa, vuole farle capire quanto in realtà siano uguali. Vuole guardarla negli occhi, vuole sentire il suo sguardo penetrante addosso. Per un istante, si vede alzarsi e raggiungerla, stringerla e dirgli ogni cosa. Ma è solo un attimo, solo l’illusione di un momento e lui sa di non essersi mosso. Se ne sta lì, in silenzio con il timore d’interromperla, di spezzare la magia di quel momento e sa che non farà niente. Continuerà a guardarla, ad ammirarla, a desiderare quello sguardo, quel respiro trattenuto nel vederla, quella fitta allo stomaco. Ma riuscirà mai a farsi ammirare, guardare, trattenere il fiato da lei?

  - “Lightning”. Un bagliore che brilla e svanisce. Non protegge nulla. Distrugge solamente.-

Hope sa che è quello il momento, che è quella la vera lei. Che non si sentiranno più soli perché continueranno a combattere, insieme.

Che è quella la nascita di ogni cosa...

 

 

*  *  *  *  *

 

 

  Trattiene un sospiro mentre un altro fulmine scorre veloce sulla linea dell’orizzonte. L’aria inizia a farsi fresca di pioggia, carica di elettricità. Ma non può andarsene, lo sa bene, lei non glielo perdonerebbe mai.

E inaspettatamente due braccia forti gli avvolgono il petto ormai adulto. Sente il suo respiro sulla spalla, il suo cuore battere veloce a contatto con la sua ampia schiena. E sorride nel vedere che però non ha gli occhi chiusi. Lei non li chiude mai, davanti a nulla, nemmeno con lui. Lei non ha mai paura, lei è forte e lo sarà sempre. Sarà sempre un passo avanti a lui. Ma dopotutto, lui ama quegli occhi e non vorrebbe mai e poi mai vederli chiusi.

  - Sei in ritardo.-

L’accenno di un sorriso, un’invisibile divertimento nello sguardo. - Eri preoccupato?-

No, lui non ci casca ancora una volta. - Certo che no. Sapevo che saresti tornata.-

L’espressione di lei non cambiò. - Davvero? Non credi di essere un po’ troppo presuntuoso?-

Hope rise divertito posando una sua mano, che adesso era più grande e forse più forte, su quella di lei.

  - E tu non credi di essere un po’ troppo sicura di te, Claire?-

Al solo sentire il suo nome, il suo vero nome pronunciato da lui, la donna esitò per un istante. Era sempre così, possibile che trattenesse sempre il fiato non appena lui la chiamava in quel modo? La guardava in quel modo? Eppure, non era più una ragazzina.

  - Chi ti ha dato tutta questa libertà di usare quel nome?-

Lui alzò lo sguardo come a cercare una risposta convincente. Poi tornò a posare gli occhi verdi su di lei, bellissima come la prima volta che l’aveva vista davvero. Era possibile innamorarsi ogni giorno, sempre della stessa persona? Non lo sapeva, eppure a lui accadeva continuamente, in un ciclo senza fine.

Sorrise sfiorandole il viso con il proprio. - Tu... ovvio.-

 

 

 

 

 

 

 

***********************

Note Autrice: Oh eccomi con la seconda fic su questa raccolta, sempre partecipante al OHPP ^^... Mmmhh non è che non mi piaccia, è solo che temo di non essere riuscita ben a trasmettere quel che sentivo mentre la scrivevo... Per me, quella che ho appena descritto, è una delle scene più belle fra Hope e Light che appare durante il game. Si nota complicità, fiducia, affetto... ho visto tante di quelle cose in quella scena che temo, appunto, di non essere riuscita in quel che volevo.

Ad ogni modo spero che la fic piaccia a qualcuno ^^

 

Ringrazio tantissimo per le recensioni ricevute alla storia/capitolo precedente... davvero mille e mille grazie!!! *-*

 

Come sempre, ricordo che una recensione positiva mi rende felice e quella negativa mi spinge e aiuta a migliorarmi  (_ _)

 

Alla prossima allora ^^

 

 Selhin ♥

 

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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

 

 

The One Hundred Prompt Project

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Capitolo 3
*** Growth Within ***


Fandom: Final Fantasy XIII

 

 

 

 

Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: Hope Estheim, Lightning

Tipologia: Drabble (106 parole)

Genere: Slice of Life, Introspettivo

 

13° Argomento: Fasi della Vita
63. Crescita

 

 

 

[ Anger makes you smaller,

 

 while forgiveness forces you to grow

 

beyond what you were.  ]

 

Chérie Carter Scott

 

 

 

Growth Within

 

 

 

 

 

  Alzi gli occhi verdi e mi guardi.

 

Mi guardi, e sei così deciso che stento a riconoscerti mentre parli all’intero gruppo.

Le tue parole sono rivolte a tutti, è vero, eppure guardi quasi esclusivamente me.

 

Stai cercando la mia approvazione?

 

Ciò che dici è giusto, sono frasi fin troppo mature per un ragazzo della tua età. Ma tu sei dovuto crescere in fretta, come me. Nei tuoi occhi leggo forza, determinazione, eppure anche una certa fragilità.

 

Hai abbandonato la vendetta e imparato a perdonare.

 

Sei cresciuto senza che me ne accorgessi.

 

Ed è mentre ti volti che, guardandoti, sorrido.

 

Orgogliosa nel vedere ciò che sei, adesso.

 

 

 

************

 

Note Autrice: E’ tardi ma ho voluto aggiornare questa raccolta lo stesso >_<

Il lavoro non mi sta dando tregua ( questo è un messaggio intenzionale per quelle persone che seguono la mia fic sul fandom dei digimon: non sono sparita, è solo che sono stravolta dal lavoro... passato natale aggiornerò! ) sono stanchissima, e la sera arriva a casa, mi butto sul letto e dormo XD

Comunque, se devo essere sincera, questa drabble è una delle mie preferite in assoluto che abbia mai fatto... e in questa raccolta, la reputo la fic migliore di tutte... non so, forse è affetto, o forse dipende dal fatto che ero davvero presa quando l’ho scritta! Ad ogni modo è ambientata nel 10 capitolo, dopo aver sconfitto bahamut... Hope inizia a parlare a tutti, ma ricordo molto bene che guardava spesso Light, e che lei a sua volta, sorrideva nel sentirlo parlare in un modo così maturo e così diverso dall'inizio del game... ecco mi sono ispirata a quei sorrisi pieni d'orgoglio nello scrivere questa drabble... perchè Hope, in quel momento, fa capire chiaramente quanto sia cresciuto, e questo secondo me è bellissimo.

 

Inutile ripetere quanto le vostre recensioni mi aiutino, mi stimolino e mi facciano fare i salti di gioia ogni volta che ne vedo una *-*

Grazie a tutti, e scusate se non vi ringrazio uno per uno ma sto morendo dal sonno!

 

Al prossimo stage ^-^

 

Baci a tutti

 

Selhin

 

 

 

 

 

 

 

The One Hundred Prompt Project

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Capitolo 4
*** Life Crystal ***


Fandom: Final Fantasy XIII

 

 

Prima che leggiate, avverto che in questa fic c’è un leggero spoiler sul finale del gioco... perciò se ancora non l’avete terminato, consiglio di non leggerla ^-^

Le note a fine storia ^-^

 

 

Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: Lightning, Hope Estheim, Orba Dia Vanille, Oerba Yun Fang, Snow Villiers, Sazh Katzroy

Tipologia: Flash-fic (575 parole) - lo so, non è proprio una Flash-Fic, ma per 25 parole metterla nella One-shot mi sembrava esagerato (>-<)

Genere: Slice of Life

 

 

13° Argomento: Fasi della Vita
64. Vita

 

 

[ Il vero miracolo non è

di volare nell'aria

di passeggiare sull'acqua,

ma di camminare sulla terra. ]

 

Proverbio cinese



 

 

 

Life Crystal

 

 

 

 

 

 

  Silenzio.

Non un rumore si avvertiva nella pianura di Archylte, su Gran Pulse, ma solo un orribile, devastante e quasi tangibile silenzio.

Tutto taceva, tutto era immobile come le quattro figure poste sotto la colonna di vetro, luccicante alla luce di un sole nascente. Forse in attesa di qualcosa.

Aspettavano immobili.

Aspettavano un miracolo, aspettavano di morire, aspettavano di vivere.

Sì, perché non era né vita né morte la loro ma una strana via che passava nel mezzo.

Era un sonno, irrefrenabile, eterno.

Eppure, attendevano con una speranza fredda, accecata dalla luce dei desideri e delle preghiere.

Ognuno di loro, inconsciamente e senza saperne la ragione, si chiedeva quando sarebbero tornati a vivere, si domandava se era quello il prezzo da pagare per aver osato credere in un miracolo. Interrogativi che forse non avrebbero mai avuto risposte. Condannati a restare nel nulla per l’eternità sarebbero per sempre rimasti con loro e nessuno li avrebbe mai ascoltati.

Non avvertivano né il caldo né il gelo nelle loro prigioni di cristallo. Sapevano la loro identità, ricordavano la loro vita precedente e conoscevano, con ogni probabilità, ciò che il destino gli aveva riservato. Nulla.

Solo una vita imprigionata in un cristallo indistruttibile e forse, al loro risveglio, niente sarebbe più stato lo stesso. Forse quello era l’inferno, forse era quella la punizione dei fal’Cie. Non diventare Cie’th, non morire, non essere distrutti dai rimpianti delle scelte fatte, ma divenire cristalli e perdere sia la vita che la morte. Perché se la vita è un diritto, anche la scelta della morte deve esserlo, e loro non l’avevano. Non potevano scegliere, non potevano piangere, non potevano urlare. Potevano solo attendere.

E infine, senza alcuna previsione, il miracolo avvenne e il silenzio svanì.

La donna sentì improvvisamente la strana sensazione della vita scorrerle nel corpo. Era come se fosse rimasta sott’acqua per un lungo lasso di tempo e improvvisamente fosse riemersa, respirando nuovamente l’aria fresca del mattino. Sentì i polmoni gonfiarsi dentro il suo corpo, avvertì il battito del cuore e lo scorrere lento del sangue. Era come... nascere. Chi ricorda il giorno della propria venuta al mondo? Nessuno, nemmeno lei. Eppure, in qualche modo, sapeva che era quella la sensazione.

Quando aprì gli occhi azzurri li puntò sulle sue mani e le sembrò di aver fatto un lungo, lunghissimo sogno. Le osservò come forse aveva fatto solo rare volte durante la sua vita precedente, se così poteva chiamarla. Era davvero ritornata dalla vita da cristallo alla quale era stata condannata? Aveva mai combattuto per la salvezza del mondo? Alzò lo sguardo d’acqua e si fermò ad ammirare la colonna di cristallo davanti a sé. Quella era Cocoon, la sua casa, ed era così vicina, così bella. Com’era possibile?

Forse, il miracolo era avvenuto davvero.

Quanto tempo era passato? Era sola?

Si voltò al sentire la voce familiare dei suoi compagni che avevano sul viso la stessa espressione stupita che doveva avere anche lei. Lì guardò ad uno ad uno, anche se alla fine non poté trattenere un sincero sorriso nel vederlo lì, davanti a sé. Anche lui era vivo. Di nuovo.

Le si avvicinò piano, incerto, sorridendole. Gli occhi verdi spalancati a guardarla come fosse la prima volta.

Quando avvertirono le voci delle compagne che si erano sacrificate per loro, per Cocoon e per evitare la distruzione, nemmeno si accorsero che le loro dita si sfioravano alla ricerca del calore della vita che, adesso, sarebbe stata la loro unica scelta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Autrice: E finalmente aggiorno anche questa raccolta ^^

Scusate se ci ho messo un po’, ma avevo fatto una promessa a un’amica che spero di non aver infranto. ( Alister, non leggere se ancora non hai finito il gioco!!! >_< )

Devo dire che mi è piaciuto scrivere questa... roba... ò.ò non trovo definizione ecco.

E spero che vi sia piaciuta, in caso contrario sapete che potete dirmelo tranquillamente!

Consigli e critiche son sempre ben accetti (__ __)

Arigatou!!!

 

Alla prossima, e ultima di questa raccolta ^-^ ( nel prossimo aggiornamento ringrazierò per bene tutte le persone che hanno recensito fino ad ora! )

 

Selhin

 

 

 

 

 

 

 

The One Hundred Prompt Project

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Capitolo 5
*** Crimson Snow ***


Fandom: Final Fantasy XIII
Pairing: Hope/Lightning
Personaggi: Hope Estheim, Lightning
Tipologia: One-shot ( 2.321 parole titolo escluso )
Genere: Triste

 
13° Argomento: Fasi della Vita
65. Morte

 

[ Nothing left to fear, l'Cie
Cradled in eternity
Shore of sands, your fate awaits
Oh surrender in the light. ]

Dust to Dust - Matsue Hamauzu ( Original Soundtrack of FF XIII )

 

 

 

Crimson Snow

 

 

  Ti stringo mentre avverto lentamente il calore della vita abbandonare la tua pelle.
Allaccio con più forza le braccia attorno al tuo corpo, senza che in realtà sappia quello che faccio. E’ un gesto inconscio dovuto al fatto che ancora non credo a quello che i miei occhi vedono.
Perché te ne stai così immobile?
Perché non ti alzi e mi sorridi come sempre?
Perché non provi, ancora una volta, a sciogliere questo mio carattere freddo?
Dov’ è finita la luce che illuminava i tuoi occhi verdi?
Sposto lo sguardo poco più avanti, qualche centimetro, non di più.
Non avevo mai visto della neve rossa. Mai.
Eppure so che non avrei mai voluto vederla... non così, non per causa tua.

 

*  *  *  *  *

 

  - Io vado avanti!-
Hope si voltò a guardarla come per cercarne l’approvazione. Chissà perché, per ogni cosa che faceva, compiva quel gesto. Sembrava non riuscisse a stare senza guardarla, senza sapere quello che pensava. E anche quella volta Lightning posò una mano sul fianco e alzò un sopracciglio sottile e ben definito. Restò ferma in quella posizione per qualche secondo poi, finalmente, gli sorrise. Un piccolo sorriso che ultimamente però, appariva sempre più spesso sul suo viso.
  - D’accordo, ma fa’ attenzione.-
Lui annuì e poi corse via, riducendosi a un puntino lontano nel mezzo della foresta che stavano attraversando. Lightning scosse la testa pensando fra sé e sé a quanto fosse diventata accondiscendente con lui. Troppo a dire il vero, anche se per nessuna ragione al mondo l’avrebbe mai ammesso ad altri che a sé stessa. Non poteva certo negare di provare dell’affetto per quel ragazzino, o che le desse fastidio averlo continuamente attorno. Non l’avrebbe mai fatto perché, in un modo alquanto insolito, lui era riuscito a farla sentire un po’ meno sola - cosa a cui tutti quanti avevano rinunciato dopo averla conosciuta per più di due giorni - e forse, più indulgente sia con gli altri che con sé stessa.
Camminò per qualche metro in balia dei suoi pensieri mentre osservava gli alberi attorno a sé. Si trovavano su Gran Pulse, di nuovo. Non erano più l’Cie, non avevano più il Sanctum alla loro ricerca, non avevano più una missione da compiere eppure erano partiti ancora una volta, insieme. Solo loro due. Il perché non sapeva spiegarselo, però una mattina lei aveva deciso di andarsene e Hope... l’aveva seguita, punto. Si era persino messo contro il padre pur di seguirla...
Sospirò domandandosi che fine potesse avere fatto quel piccoletto che, lentamente, stava iniziando a crescere tanto da non riuscire più a tenerlo sotto controllo. Era un adolescente dopotutto.
  - Hope!- lo chiamò non troppo forte, ma abbastanza per farsi sentire.
Il silenzio che venne dopo la preoccupò. Lo chiamò altre due volte mentre già estraeva la Gladius pronta al peggio. E’ vero che non erano più l’Cie però, quello era pur sempre Pulse, come poteva essere stata così incosciente?
E, mentre si apprestava a correre verso la direzione nella quale l’aveva visto allontanarsi, lui le comparve alle spalle.
  - Sono qui, Light-san.- Un sorriso innocente e le guance leggermente arrossate per il freddo.
La donna si voltò colta alla sprovvista. Rinfoderò l’arma cercando di non dare a vedere quanto si sentisse agitata. - Non sparire mai più in quel modo, mi hai capita?-
Hope abbassò lo sguardo, conscio del grosso pasticcio nel quale si era cacciato. - Scusami ma ecco... io ho trovato un posto molto bello, seguimi.-
Le afferrò la mano e la trascinò con sé, sempre più all’interno del bosco. La presa non era molto forte, eppure lei non si liberò dalla stretta. Quel contatto era piacevole. Le ricordava quello di Serah, della sua famiglia. Scosse la testa come a scacciare quel pensiero. A volte non sapeva definire chi tra loro fosse il bambino e chi l’adulto.
Dopo qualche minuto - e dopo che Hope l’aveva pregata di chiudere gli occhi, cosa che lei aveva fatto restando al suo gioco - lo sentì lasciarle la mano per posizionarsi al suo fianco.
  - Ora puoi guardare Light!-
La donna aprì lentamente le palpebre rivelando le iridi azzurre. Focalizzò lo sguardo e rimase sorpresa nel vedere che davanti a lei si apriva un piccolo viale nel centro della foresta. Era malandato e piuttosto usurato dal tempo, le pietre che dovevano comporne la strada da seguire erano spaccate o mancanti in vari punti. C’era ancora qualche traccia del legno che era stato utilizzato come recinzione per evitare probabilmente agli animali di avvicinarsi. Eppure, nonostante si trovasse in quelle condizioni, dovette ammettere a sé stessa che fosse un viale davvero bellissimo.
Hope la sorpassò di un passo. - Te l’avevo detto che era bello. Avevo ragione?-
Lei annuì senza però mostrarsi troppo interessata, per poi sorridere divertita nel vederlo sbuffare borbottando qualcosa che assomigliava a un “Possibile che non ti stupisca mai di niente?”.
Percorsero il viale per qualche minuto, poi convennero che era l’ora di riposarsi e così si sistemarono vicino a un albero, ben nascosti nel caso fosse passato qualche mostro con “cattive intenzioni” il modo in cui diceva sempre Hope, come se fosse la cosa più vera del mondo. Mangiarono qualcosa senza parlare poiché non era nei loro caratteri perdersi in chiacchiere superficiali, restando silenziosi e riflessivi. Forse era questo uno dei tanti motivi che li faceva stare bene insieme. Erano simili in molte cose. Lightning rivedeva nel ragazzino la sé stessa del passato, ma aveva trovato in lui un riscatto. Hope era la sua redenzione, l’aveva capito non troppo tempo prima eppure adesso era una delle poche certezze che aveva.
E fu quando decisero di ripartire che il cielo volle fare loro un piccolo regalo.
Improvvisamente Hope sentì freddo sulla guancia, alzò lo sguardo e vide i piccoli fiocchi di neve scendere giù, leggeri e sinuosi, fino al terreno sciogliendosi poi in gocce d’acqua. Non aveva mai visto la neve e restò incantato col naso all’insù, un sorriso simile a quello di un bambino, le labbra leggermente dischiuse dalle quali usciva leggera della condensa bianca. La donna lo guardò sorpresa, non capendo cosa gli stesse succedendo, finché non comprese restando anche lei imprigionata da quella magia.
  - Non avevo mai visto la neve prima d’ora... - asserì lui senza però abbassare lo sguardo.
Lei lo imitò, sorridendo al pensiero di quanto fosse ironico il destino in certe occasioni. - Nemmeno io... -
Restarono così, immobili a fissare il cielo, per un lungo lasso di tempo. Quando si decisero a tornare con lo sguardo sulla terra, la videro completamente imbiancata. Lightning alzò un sopracciglio. Le cose erano due: o erano lì da almeno un’ora, o la neve scendeva davvero troppo in fretta. Non c’era vento per cui i fiocchi scendevano lenti, uno sopra l’altro, sempre allo stesso ritmo accumulandosi sul terreno fino a ricoprirlo del tutto.
  - Sarà meglio che troviamo un riparo, o congeleremo.-
Hope la guardò concordando con le sue parole, eppure era recidivo a lasciare quel viale così splendidamente candido. Si voltò controvoglia seguendola, mentre s’incamminava lungo la strada alberata alla ricerca di un posto nel quale ripararsi. Poco più avanti il viale si divideva per via di un fiume, ormai ridotto solo a un rivolo d’acqua fredda, attraversandolo con un piccolo e malfermo ponte di legno. Decisero non di attraversarlo ma di passarci sotto, riparandosi così dalla neve e dal vento. Si sedettero in attesa che la tormenta si acquietasse un po’, con le spalle al muro, i corpi vicini a cercare inconsciamente calore. Hope appoggiò piano la testa sulla spalla della donna, aspettandosi quasi un lamento seccato che lo costringesse a spostarsi. Invece lei non disse nulla, contrariamente ad ogni aspettativa chiuse gli occhi e accostò il viso sui capelli argentei del ragazzino e nel silenzio di un breve momento di dolcezza, si assopì. Hope poteva sentire i capelli rosei pungergli sul viso, il profumo che lei stessa emanava. Un odore di erba bagnata e di pioggia, dolce e forte al tempo stesso, così com’era lei. Chiuse gli occhi anche lui, come a cercare di godere più a fondo di quelle sensazioni di piacevole familiarità. Quel gesto era così intimo, così naturale, che persino per lui non era così sorprendente, ma se avesse vissuto quella scena nemmeno un anno prima non ci avrebbe mai creduto.
Così entrambi sprofondarono nel silenzio più quieto che potesse esistere nel bel mezzo di una tormenta. Lightning preda di un sonno senza sogni, le labbra leggermente arricciate e dischiuse, il sospiro leggero, l’espressione di chi non ha pensieri. Hope immerso nei suoi pensieri di adolescente, indeciso sul suo futuro, insicuro su sé stesso, ma con i sensi ben attenti come lei gli aveva insegnato. Non gli sfuggì infatti uno scricchiolio improvviso, quasi impercettibile, che ruppe il silenzio di quel pomeriggio. Hope non si mosse e restò immobile in attesa di qualcosa. Isolò la mente, concentrandosi unicamente sui rumori della foresta, allontanò dai pensieri la sensazione dei capelli di Lightning, il suo respiro, il suo calore. Esistevano solo Hope e quello strano presentimento che lo attanagliava, spaventandolo.
  Stick.
Fu un attimo. Hope ebbe appena il tempo di afferrare la donna per un braccio e trascinarla lontano mentre questa si svegliava di soprassalto atterrando col viso sulla neve fredda. Lightning si alzò in fretta e, senza nemmeno il tempo di voltarsi, estrasse la Gladius pronta a qualsiasi combattimento. Quando però alzò gli occhi azzurri incontrando quelli verdi del ragazzino, non capì immediatamente cosa stesse accadendo fino a che il suo sguardo non cadde sulla neve dalla quale si era appena rialzata. Rosso. Era l’unico colore che riuscisse a distinguere.
Sotto i suoi piedi la neve si era tinta d’un rosso scarlatto. Il rosso del suo sangue.
Lightning alzò nuovamente le iridi color cielo. Doveva vedere i suoi occhi verdi ancora, lo voleva. E li vide, spalancati, fissi su di lei.
Spenti.
Non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome prima che lo sguardo scendesse verso il torace dilaniato dagli artigli di un mostro di Pulse. Questo restò immobile a guardarla, come se potesse conoscere il dolore che le aveva appena inferto, come se godesse compiacendosi per questo. Mai, nella sua vita, Lightning era stata talmente ingenua da abbassare la guardia. Mai nessuno era riuscito a distrarla un solo istante. Mai aveva provato una rabbia simile a quella che la consumava adesso, velocemente.
Il mostro, pronto alla battaglia, si decise a lasciare la presa sul ragazzino esanime, scaraventandolo a terra, il viso immerso nella neve candida. La donna restò immobile mentre la creatura le si avvicinava minacciosa. Restò ancora più immobile quando questa alzò gli artigli pronta a dilaniarla come aveva già fatto con Hope.
  Hope...
Lightning alzò la Gladius e colpì il mostro senza che questo potesse avere il tempo di reagire. Lo colpì una, due, tre volte. Ancora e ancora, sempre più forte, sempre più veloce. La violenza con cui la lama dilaniava la carne della creatura era quasi piacevole per lei, avvertiva il sangue correre giù lungo la Gladius, sul suo viso, macchiare i suoi vestiti. Non si era mai sentita così completamente estranea a sé stessa. Era come se potesse vedersi da un’altra angolazione, come se quella donna senza pietà non fosse lei.
Per Light in quel momento esisteva solo una cosa: quella dannata neve rossa. Sembrava che volesse tingerla ancora di più, trasformando il colore, che via a via si faceva sempre più scuro con il sangue della creatura. Si rese conto che oramai il mostro non avrebbe più potuto fare niente, che non si sarebbe mai più mosso, eppure non si fermò.


  Non si sarebbe fermata se, lentamente, le energie non avessero iniziato a diminuirle.
Lightning si accasciò al suolo senza nemmeno avvertire il freddo della neve sulle sue ginocchia. Non riusciva a respirare, le pareva quasi che le fossero state strappate via sia le gambe che le braccia. Per qualche istante i suoi occhi non videro che l’oscurità e credette per un istante che fosse arrivata la sua ora, questa volta. Invece, la vista le tornò qualche secondo dopo, lasciandola alla vista della sua arma abbandonata sotto di lei. La lama immersa per metà nella neve mentre l’elsa era ormai resa irriconoscibile per colpa del sangue che la ricopriva.
Per qualche momento è lei stessa a non ricordare l’accaduto di qualche minuto prima - o forse di qualche ora - poi, alzando lo sguardo, gli occhi le si posano su ciò che ha fatto. E lentamente, anche le immagini del massacro appena compiuto le tornarono alla mente.
Distolse veloce lo sguardo da ciò che restava di quell’essere, come se, agendo così, potesse cancellare l’orrenda verità. Era davvero stata capace di compiere una tale oscenità? Era davvero lei quella furia scatenata?
Lentamente, e con molta fatica, riuscì a voltarsi da quella scena. Ma alle sue spalle, giaceva a terra, l’altra metà di ciò che aveva compiuto. Stava sdraiato accanto al ponte dove solo poco tempo prima avevano riposato tranquilli, il viso nascosto e quasi ormai sepolto dalla neve. Dietro di lui, si stendeva ancora quel viale così bello, ma anche così dannato per lei.
In qualche modo riuscì a trascinarsi fino a lui, strisciando e lasciando dietro di sé un’unica, lunga orma sulla neve. Lo raggiunse chiamandolo ripetutamente per nome. Per quel nome che lui aveva tanto odiato, ma a cui lei aveva dato un significato. L’unica risposta che ottenne fu il silenzio.
Riuscì a voltarlo e a togliergli il ghiaccio dal viso, le iridi verdi erano aperte non c’era più alcuna traccia della luce che brillava in esse solo poche ore prima.
Lightning chiuse gli occhi.
Senza esitazione e silenziosa come una piuma, una lacrima scivolò sulla sua guancia.
Non piangeva Lightning, non avrebbe pianto mai.
Appoggiò la fronte a quella del ragazzino, l’avvertì fredda mentre si domandava come poteva essere stata così ingenua. Non si preoccupò del freddo, della fame, della stanchezza. Restò solo così, immobile, sotto la neve, per ore...

   Hope, non esisteva più.

 

 

Note: E' tantissimo che non pubblico qualcosa, mi dispiace davvero tanto. La mia saluta non è migliorata affatto, e infatti quello che sto pubblicando è l'ultimo capitolo di questa raccolta, ma l'avevo già pronto da mesi, poichè ha partecipato a un contest. Mi spiace ma non ricordo nemmeno più come si chiamava e quando c'è stato...
Tra l'altro torno con una storia che non mi piace, che volevo riscrivere, ma che appunto per colpa della mia saluta non sono riuscita, così ho preferito pubblicarla così com'era.
Insomma, è orrenda lo so, ma spero non vi siate schifati troppo.
Concludo questa raccolta, ma ne ho pronta già un'altra, anche se solo per metà... quindi vi assillerò ancora con questa coppia ^^

Sperando che la mia salute migliori e mi permetta di scrivere ancora, ringrazio tutti voi che avete letto/recensito/insultato/aggiunto fra i preferiti questa raccolta.

A presto, spero!


Selhin <3
The One Hundred Prompt Project

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