Wait For Me

di madeitpossible
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Past ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Love ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Confession ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Truth ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Hook ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Return ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Past ***


sdfgtyhujklò

Quel giorno la detective Beckett aveva appena chiuso un caso. 


Non era stato un caso facile da risolvere, anzi. Ci aveva impiegato più di una settimana a trovare qualche prova che la conducesse sulla giusta via, ma dopo aver trovato il punto di collegamento tra la vittima e quello che si era scoperto essere il suo assassino, la strada era andata in discesa. 


Per fortuna aveva al suo fianco lui. Il suo partner, il suo amico, il suo migliore amico, e il suo amore: Castle.

Nove mesi prima.


Dopo una lunga assenza ingiustificata da parte di Rick, egli era tornato più sorridente e felice che mai. Le aveva detto che andava negli Hamptons perchè doveva riflettere, ed era la prima volta da quando collaboravano che se ne andava, senza un valido motivo.
Non l'aveva chiamata durante quegli otto giorni in cui era stato via. Non una chiamata, non un messaggio, non una mail. 
Si era sentita spaesata e senza punti di riferimento. Aveva lasciato Josh, una settimana prima che lui se ne andasse, ma non aveva ancora trovato il coraggio di parlarne con lui. Non ne aveva il coraggio perchè sapeva esattamente dove poteva andare a finire quel discorso, se lo avessero affrontato e anche se adesso non aveva più dubbi, attendeva che lui facesse la prima mossa. Alla fine sono sempre gli uomini che devono fare la prima mossa, no? 

Ma come se ne era andato, esattamente dopo otto giorni, era tornato al distretto con i suoi soliti due caffè in mano. Uno per la detective, uno per se.

Sembrava felice e la detective non fu molto contenta di ciò, perchè aveva pensato che molto probabilmente si era trovato un'altra oca rifatta con cui stare.


Invece, non aveva capito niente.

Non aveva capito nulla perchè lo scrittore era andato negli Hamptons per pensare ad una dichiarazione da farle. Doveva pensare in che modo, quando, il luogo. Doveva avere almeno una linea generale di ciò che sarebbe potuto succedere, considerando anche un suo rifiuto.

Dopo essere stato otto giorni sulla sabbia, rilassandosi, sentendo il rumore che facevano le onde quando si infrangevano sugli scogli, adesso lo scrittore sapeva cosa fare. Era riuscito a trovare una risposta a tutto. Era finalmente pronto a dichiararsi.


Quando lo vide uscire da quell'ascensore le si aprì il cuore ed esso incominciò ad accelerare il suo battito.


< Detective! Mi sei mancata!> le disse lui.
< A me no, Castle! Comunque sono contenta che tu sia ritornato. Com'è andato li negli Hamptons?> Disse la detective, parlando in modo veloce tanto da sembrare agitata agli occhi di Castle.
< Tutto alla meraviglia. C'è una cosa di cui dovrei parlarti. Vieni a casa mia stasera?> Le chiese lui di getto.
< Di cosa si tratta? Comunque non ho impegni stasera, va bene.> Rispose lei senza pensarci.
< Molto bene. Ti lascio qui il tuo caffè. Ora devo scappare, non sono ancora tornato a casa e Alexis mi uccide se non torno a casa subito.>
< Sei venuto direttamente qui dagli Hamptons?> Chiese lei, sorpresa.
< Si certo, dovevo chiederti di venire a casa mia!>
< Potevi chiamare!>
< Detective, volevo anche vederti!!> Disse lui mantenendo un tono di voce calmo.
A quell' affermazione la detective arrossì.
Castle aggiunse:
< Ora devo proprio scappare. Ci vediamo stasera. Alle otto e mezzo puntuali, a casa mia.>
< Va bene, a stasera> Lo salutò e seguì con lo sguardo lo scrittore che si avviava all’ascensore, sorrise pensando a quanto fosse imprevedibile quell’uomo.

Il giorno passò e arrivò la sera.

Castle, stranamente, non era agitato. Aveva chiesto a Martha ed ad Alexis di uscire quella sera, perché doveva parlare urgentemente con la detective Beckett. Alexis e Martha accettarono molto volentieri quell’invito a lasciare la casa libera, sperando di tornare e dover aggiungere un posto di più a tavola.

La detective Beckett non aveva avvisato Lanie dell’arrivo di Castle e di quel suo invito, cosi irruente, improvviso, inaspettato. Non sapeva cosa avrebbe dovuto dirle Castle, anche se sperava facesse quello che lei non avrebbe mai avuto il coraggio di fare.

Non si mise niente di elegante, una semplice t-shirt bianca con sopra una camicia che decise di lasciare aperta. Indossò un paio di jeans, i suoi preferiti e i tacchi. Quelli non mancavano mai. Si truccò, ma molto leggermente. Non voleva ricevere troppi complimenti. La mettevano sempre in imbarazzo e lei odiava diventare rossa davanti alle persone.

Arrivò sotto casa sua con cinque minuti di ritardo, perché aveva fatto fatica a trovare un taxi. Suonò al campanello e Castle le venne ad aprire.

Aveva un sorriso magnifico, i suoi denti erano prefetti, i suoi capelli un po’ arruffati lo facevano sembrare più affascinate di quel che già era. Indossava una maglia a maniche corte di colore blu scuro, gli stava leggermente aderente e gli risaltava la sua non perfetta forma fisica. Non si intravedeva nessuna tartaruga, ma un piccolo accenno di pancetta, il che fece impazzire ancora di più la detective che pensò a quanto sarebbe stata comoda la sua testa, su quel pezzo di corpo.

< Ciao Beckett, entra pure> e allargò il braccio per invitarla ad entrare.

Lei entrò e disse:

< Dove sono Alexis e Martha?>

Mentì Castle.

Lei gli sorrise e gli diede un occhiata come per chiedergli cosa ci faceva esattamente a casa sua.

< Comunque vieni ho preparato qualcosa da mangiare..>

Portò la detective nella sala dove presumibilmente mangiava la famiglia Castle. Vi era una tavola rettangolare, con al centro delle candele che donavano all’ambiente una luminosità intima. C’erano soltanto due posti preparati. Uno adiacente all’altro.

Castle aveva fatto una fatica enorme a non preparare il posto di fronte al suo, ma si disse che cosi sarebbe stata più vicina.

In effetti quando si sedettero sul tavolo le loro gambe si sfiorarono, e tutti e due sentirono i brividi nascere in quel punto dove pochi secondi prima vi era stato il loro contatto.

Visto che Castle non si decideva a parlare, la detective gli chiese:

< Allora, Castle perché mi trovo qui?>

< Perché ti ho invitato e tu hai accettato!>

Lei gli fece una delle sue facce severe, voleva sapere davvero il motivo per cui era li. E lui non poteva resistere oltre. Sapeva a che cosa andava incontro. Poteva ricevere un suo rifiuto, ma era pronto a correre quel rischio. Cosi iniziò il suo discorso:

< Mi dispiace essere partito cosi inaspettatamente, solo che dovevo rimettere a posto le idee che mi frullavano per la testa. Stavo per raggiungere il limite, quindi dovevo ritirarmi qualche giorno in solitudine e tranquillità. >

< Il limite?> chiese lei.

< Si, il limite. Quando ho troppi pensieri che mi ronzano dentro la testa non riesco più a capire niente, non ci stava più niente, stavo, appunto, per raggiungere il limite!> Disse lui, girando il dito indice su se stesso e posizionandolo di fianco alla tempia destra.

< Ah, ma comunque non devi scusarti, non con me.> Disse lei, e il suo tono di voce s’abbassò talmente tanto che Castle fece fatica a percepire ciò che aveva detto.

La cena trascorse tranquilla, lei lo aggiornò su cosa avevano fatto durante quegli otto giorni che lui era stato via, ma non ebbe il coraggio di dirgli di Josh.

Dopo aver mangiato si sedettero uno opposto all’altro sul divano di pelle, nero, di Castle.

Castle si tolse le scarpe, mise i suoi piedi sul divano e si voltò a guardare la detective. Lei continuava a guardare davanti a se il camino spento. Alzò anche lei lo sguardo su di lui. I loro occhi sembravano parlassero per loro. Anche la detective, senza mai staccare gli occhi da Castle si tolse le scarpe col tacco e mise i piedi sul divano.

Lo spazio che li divideva era davvero poco, le punte dei loro piedi si sfioravano, ma nessuno dei due si muoveva.

Castle dopo aver preso coraggio, parlò.

< Ho fatto molta fatica a non chiamarti in quei otto giorni, sono stati veramente lunghi.>

Lei però non accennava a rispondere, anche perché sapeva cosa sarebbe successo, ma voleva che lui lo dicesse.

< Sono andato perché, come ti ho detto prima, dovevo prendere delle decisioni, e rimettere a posto le idee. E una di queste decisioni che ho preso riguarda te.>

Lei non si mosse, non fece nessuna espressione particolare. Cosi Castle continuò ancora una volta.

< Sai io e te ne abbiamo passate tantissime insieme, e credo che stare qui ad elencarle tutte sarebbe soltanto una perdita di tempo. Tu sai cosa intendo e mi basta che per un microsecondo ti siano riaffiorati alla memoria alcuni nostri momenti.

Sai è più difficile di quel che pensavo. Ma non voglio tirarla per le lunghe. Tu mi piaci, mi piaci da tanto tempo, credo di essermi innamorato di te, all’inizio, quando ti ho visto con Demming sono fuggito negli Hamptons, ma adesso con Josh, io non posso scappare un’altra volta. In verità sono andato nella mia casa al mare e ho fatto otto giorni a pensare a questo momento, e avevo calcolato che ora avresti già parlato tu.. invece non apri bocca, non so a cosa stai pensando, e la tua faccia non mi rassicura, sei troppo impassibile.

Sappi che mi sono preparati psicologicamente anche ad una tua risposta negativa.>

< Tu non hai fatto domande..> Disse lei con un tono molto sicuro di sé.

< Io sono innamorato di te, Beckett, la mia domanda è : Tu sei innamorata di me?>

< Non lo so..> Disse lei, con un sorriso enorme sulle labbra.

Lui capì subito e le sorrise a sua volta, avvicinandosi sempre di più a lei.

 

Cosi era come tutto era nato. Erano più di 9 mesi che stavano insieme. Avevano tenuta segreta la loro relazione per parecchio tempo, e soltanto da un mese avevano deciso di scoppiare quella bolla di ferro che si erano creati. Soltanto Alexis e Martha sapevano da subito la loro storia, essendo che quella sera, dopo essere rientrate Alexis li trovò che si accarezzavano sul letto di Castle.

Infatti Alexis rimase molto sorpresa, perché il padre le aveva detto che poteva entrare, dopo aver bussato. Cosi lei entrò in quella stanza immersa nel buio. Chiese al padre di poter accendere la abat-jour , egli acconsentì un ennesima volta e si trovò Rick con le mani che toccavano i capelli di Kate e lei che le sorrideva, un po’ imbarazzata.

Quella scena non sarebbe mai scomparsa nella mente di Alexis.

 

 

 

Commento: Ok, questo primo capitolo mi fa vomitare a dir poco. Non mi piace questa storia, e scoprirete presto il perché. So che la dichiarazione sembrerà molto scontata, ma questo pezzo non c’entra nulla con la storia, quindi non mi sono soffermata più di tanto. Spero apprezzerete questa piccola FF di 5 o 6 capitoli.

Ringrazio fin da ora tersicore150187 per l’aiuto che mi ha dato nei prossimi capitoli,  dico a ice-cream di stare zitta e non spifferare niente a nessuno. Un ringraziamento va anche a Federica V. che non capisco perché non si iscriva, per essersi sorbita l’ultimo capitolo durante una nostra chiacchierata! :)

Bacioni, Madeitpossible!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Love ***


sdfgjikò

Dopo aver chiuso il caso, la detective tornò a suo appartamento. Quella sera doveva uscire con Lanie e altre sua amiche, per una serata tutta al femminile.

Castle era andato a casa un’ora prima che lei finisse di compilare le varie scartoffie, perché doveva portare Alexis a casa di una sua amica.

Beckett arrivò a casa, si fece una doccia rinvigorente, si mise il vestito che aveva già scelto di indossare per la serata e guardando l’orologio s’accorse di avere ancora due ora prima dell’incontro con le altre.

Prese le chiavi di casa e quelle della sua automobile e si diresse verso casa di Rick.

Dopo aver suonato al campanello, Rick le aprì e si stupì a vedere di fronte a se la sua musa.

Era bellissima. Indossava un vestito che gli arrivava alle ginocchia, di un colore grigio chiaro, che le stava aderente e faceva risaltare perfettamente la sua forma fisica. Aveva al collo la collana di sua madre, dalla quale non si staccava mai, e aveva delle scarpe nere, con il tacco che stavano meravigliosamente bene con il vestito.                           I capelli non li aveva legati, aveva deciso di lasciarli sciolti e si vedevano i morbidi boccoli che le ricadevano teneramente sulle spalle. Era perfetta, era una Dea.

Castle si chiese se fosse tutto frutto della sua immaginazione, erano mesi che stavano insieme e ancora non si era abituato a tanta bellezza. La conosceva da anni, ma ancor non si era abituato a quel lato dolce, romantico, sexy, e provocante che aveva scoperto da poco.

La fece entrare e richiuse la porta dietro di se a chiave.

< Sei bellissima.> Le disse lui con un sorriso bellissimo sulla faccia. Sembrava in trans.

< Grazie, Rick.> Lo ringraziò lei che ancora non aveva fatto l’abitudine a quei complimenti che le faceva sempre, mettendola anche in imbarazzo.

< Vuoi qualcosa da bere? Non dovevi andare via con Lanie e le altre?>

< Un bicchiere d’acqua va più che bene. Con le altre ho appuntamento tra un’ora e mezza e visto che non sapevo cosa fare, sono passata.>

e allungò la sua mano con il bicchiere d’acqua per lei.

< Peccato, volevo togliermelo, ma visto che ti piace tanto, lo tengo addosso.> Disse lei prima di portarsi il bicchiere alle labbra.

Lui, quando ebbe finito di bere, la prese per i fianchi e incatenò il suo sguardo a quello di Kate. Si stavano fissando, quando gli occhi di Kate si posarono sulle labbra di Rick, che erano a loro volta desiderose di quelle della detective.

Si avvicinarono pian piano e si baciarono dolcemente. Ogni volta che le loro labbra si sfioravano, provavano la stessa emozione del loro primo bacio, quello sotto copertura. La lingua di Kate cercava quella di Rick. Erano travolti da una passione soprannaturale. Non si erano mai sentiti cosi bisognosi di un’altra persona. Rick non era sconvolto da questa calamita che aveva nei confronti di Kate.

Invece la detective, i primi tempi si sentiva scossa, dipendeva da lui. Non riusciva a non pensarlo, non riusciva a fare niente se lui non c’era. E questo l’aveva spaventata. Ma poi con il passare dei mesi ci aveva fatto l’abitudine. Si era resa conto che anche se stava con lui, aveva comunque la sua libertà. Poteva uscire con le sue amiche, poteva andare a correre da sola, poteva fare tutto. Lui non sembrava geloso, si fidava ciecamente di lei. E glielo aveva sempre dimostrato, anche quando non stavano ancora insieme.

Rick la prese in braccio e la portò nella sua camera da letto. Poggiò con infinta delicatezza la detective e si mise a cavalcioni sopra di lei. Continuò a baciarla, adesso con più passione. Beckett voleva averlo, sentirlo dentro di sé. Come la prima volta che avevano fatto l’amore. Lui si era preso cura di lei. Nessuno le aveva mai fatto provare emozioni di quel tipo: cosi intense, profonde.

E ogni volta che facevano l’amore, era sempre una nuova scoperta. Era sempre più bello, più eccitante, più romantico.

Castle aveva una voglia pazza di possederla, di sentirla gemere, di sentirla sua.

Tra un bacio e l’altro, si spogliarono a vicenda e quando si vedevano nudi era sempre uno spettacolo unico. Era come se si vedessero per la prima volta. Kate era bellissima, era perfetta, sembrava finta.

Castle con la sua corporatura la faceva sentire protetta, la faceva sentire bene. Impazziva per la sua, appena accennata, pancetta. Da quando si erano messi insieme però Castle aveva fatto di tutto per dimagrire, cosi ogni tanto andava in palestra, oppure andavano a correre insieme qualche volta. Beckett quando se ne era accorta, gli aveva detto che lo adorava cosi com’era.

Fecero l’amore.

Si distesero nel lettone di Castle, l’uno avvinghiato all’altro. Rimasero cosi per qualche tempo, quando Beckett si ricordò che doveva andare via e che non gli era rimasto più di tanto tempo. Infatti guardò l’orologio e vide che le rimaneva soltanto un quarto d’ora.

Si vestì e Castle le chiese di rimanere e di dire alle altre che aveva avuto un imprevisto. Lei gli disse che non avrebbe mentito e che si sarebbero visti il giorno dopo. Lei dopo essersi vestita, andò in bagno e si guardò: era come prima, solo che ora non aveva più il suo lucidalabbra e i suoi capelli erano molto più spettinati. Alcuni boccoli c’erano ancora, ma molti erano disfatti.

Si mise a testa in giù, sperando in un miracolo. Con un colpo deciso si tirò su e vide che aveva ottenuto, in parte, l’effetto sperato.

Uscì e notò che anche la sua anima gemella si era vestita. Aveva qualcosa in mano e le disse:

< Mi prometti che a qualsiasi ora torni,  non andrai a casa tua, ma verrai qui?>

< No, Rick, te l’ho già detto, non voglio disturbare, vado a casa mia. E ci vediamo domani.>

< Va bene, ma prendi queste.. in caso cambiassi idea..>

Le stava porgendo le chiavi di casa sua. Era un mazzetto con due chiavi: probabilmente una era quella del portone che apriva il condominio, e l’altra era quella di casa.

Lei le prese, con un po’ di indecisione. Vedeva che lui era strano.

< Cos’hai?> gli chiese dolcemente.

< Niente, niente, vai adesso. Ci sentiamo.>

Lei si avvicinò a lui che era seduto sul lettone. Si mise a cavalcioni, faticando un po’ e sperando che il vestito non facesse strani rumori. Gli sollevò la faccia e lo baciò.

Prima di alzarsi da lui, gli disse.

< Stai tranquillo, verrò da te stanotte, ma non fare quella faccia, non mi uccidono mica le mie amiche!> Disse lei, cercando di trovare un motivo a quella sua espressione triste.

< Va bene, sei in ritardo muoviti. > e le sorrise pensando che questi pensieri non dovevano nemmeno intromettersi nella sua testa. Era uno scrittore e pensava sempre al peggio. Ma adesso, con lei, non poteva sempre pensare al peggio o a quello che sarebbe piaciuto di più ai suoi lettori. Doveva pensare a renderla felice.

La accompagnò alla porta e prima che si richiudesse la porta, la fermò per un polso e le disse:

< Scusa per prima, non so cosa mi sia preso. Divertiti stasera.> E la tirò a sé, dandole un ultimo, lento, romantico e al contempo passionale, bacio.

Lei gli sorrise, dopo di che iniziò a scendere le scale. Lui con un sorriso stampato in faccia, richiuse la porta.
 

 


Commento: Ata si è scatenata un po’ più del solito in questo capitolo. Ricordate che amo il Signore Oscuro e tutto questo miele è soltanto per mettere a tacere le varie Api che ho intorno.. Dai ragazze, MENO NOVE! Grazie a tutte!

Bacioni, Madeitpossible!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Confession ***


dfghjkl

Castle si diede dello stupido per almeno due ore. Perché gli venivano in mente certi pensieri ogni volta che lei non era con lui?

Durante il resto della serata Castle, dopo aver cenato con un bel piatto di lasagne, si era messo a guardare un film. Lo aveva seguito con poca attenzione. Finito il film, del quale non si ricordava nemmeno il titolo, era andato a sdraiarsi nel suo lettone che ancora profumava di ciliegie. Si era portato con se il computer: aveva voglia di continuare il suo prossimo libro su Nikki Heat.

Dopo un’ora che scriveva le idee già gli mancavano e cosi spense il suo portatile, e si infilò a letto. Si addormentò poco dopo.

All’alba del giorno dopo, Beckett distrutta dal pianto, usò per la prima volta le chiavi che le aveva dato Castle la sera prima.

Entrò, si prese un fazzoletto, si asciugò le lacrime e si prese un bicchiere d’acqua. Si sedette sul divano, e ricominciò a piangere.

Ma cosa aveva fatto? Perché? E adesso cosa poteva fare? Lanie era ubriaca quanto lei e non aveva capito cosa stesse succedendo. Lei se ne era accorta troppo tardi. Si ricordava solo che era in pista che ballava con Lanie e un uomo, le si era avvicinato …

Guardò l’ora, erano le 3 e mezza di notte, Rick sicuramente dormiva, non voleva svegliarlo, ma gli doveva assolutamente parlare. Ora.

Salì le scale che oramai conosceva a memoria, entrò pian piano nella sua stanza e  si coricò di fianco a lui. Si mise in un fianco e lo osservò. Dormiva come un angioletto, a petto nudo, a pancia in su, faceva dei piccoli versetti strani con il naso quando respirava. Non sopportava quel rumore quando lo faceva che lei ancora doveva prendere sonno, ma adesso tutto le sembrava cosi bello, cosi surreale, cosi armonioso. La sbornia un po’ le era passata, ma non completamente.

Si sdraiò sul suo petto e appena venne a contatto con la sua pelle, inspirando il suo profumo le ritornò alla mente ciò che aveva fatto. E ancora una volta si rimise a singhiozzare, più rumorosamente del dovuto, tanto che Rick si alzò di colpo.

< Oddio, Kate, cosa è successo? Perché piangi?> le chiese lui preoccupato.

< Niente, niente, torna a dormire.>

< No, stai piangendo. Parla.> Le ordinò lui.

< Io… Io… Rick, io non l’ho fatto apposta.>

< Cosa?  Cosa non hai fatto apposta?>

E cosi Kate, dopo essersi calmata un po’, si mise a raccontare tutta la serata a Rick, circondata dalle sue braccia protettive.

< La serata è stata bellissima, abbiamo mangiato molto bene in quel locale. Dopo abbiamo iniziato a fare dei giochi, no? Tipo quello del “ Io non ho mai..”, hai presente qual è?>

< Veramente no..> Confessò lui.

< Praticamente ci siamo messe tutte in cerchio, intorno al tavolo, e una alla volta si faceva un affermazione che incominciava con io non ho mai.. e coloro del giro che avevano invece fatto quello che la persona aveva detto, dovevano bere tutto d’un fiato ciò che gli era stato preparato. Il più delle volte erano miscugli orrendi. E quindi dopo qualche giro, abbiamo incominciato a non capire molto e allora abbiamo continuato a farlo solo che lo facevamo con domande stupide del tipo: Io non ho mai fatto la pipì. E cosi tutte eravamo costrette a bere.>

< Ah ho capito. Ti vedo infatti che non ti sei ancora ripresa.. continua dai.>

< Quindi, quando avevamo finito di fare quel gioco, tutte, dalla prima all’ultima eravamo fuori  di noi e non capivamo cosa stesse succedendo. Da qui in poi ricordo soltanto dei flash..>

< So già che non mi piacerà come andrà a finire questa storia.> disse lui, staccandosi da quell’abbraccio in cui erano stati sommersi fino ad ora.

Si mise seduto sul letto e la fissava, aveva acceso l’abat-jour, lei non lo guardava in faccia.

< Praticamente ricordo che Lanie mi ha costretto ad andare in pista,e a ballare con lei. Eravamo al centro della pista e stavamo dando spettacolo, quando notai che un uomo veniva verso di noi. Io guardai Lanie e le feci segno con la faccia di guardarlo, ma lei si mise a ridere e continuò a ballare.

Cosi io smisi di dare importanza a quel tipo. Dopo un po’ sento delle mani che mi prendono i fianchi..> Beckett iniziò a singhiozzare di nuovo, ma stavolta Castle non le disse niente, sapeva, aveva capito, e si maledisse: perché non aveva ascoltato i suoi pensieri qualche ora prima?

< E io..io non ero in grado di fare nulla.. e cosi lui mi strappò da Lanie, senza violenza, anzi molto gentilmente, tanto che se non ricordo male aveva addirittura chiesto a Lanie se poteva ballare con me, ma questo non me lo ricordo bene, so che mi ritrovai girata verso di lui, e io ballavo e non capivo niente. Dopo un po’ Lanie mi tirò per la mano e mi portò fuori dalla pista. Andammo a bere, ancora, lo so, non  mi guardare con quella faccia..>

< Non ti sto guardando con nessuna faccia, sei tu che non mi guardi.>

< Perché ho paura.. io..>

< C’è altro?> Disse lui incurante che per una volta lei gli stesse dicendo ciò che sentiva. Era infuriato. Come aveva potuto ballare con un altro uomo? Ma non era questo ciò che maggiormente lo allarmava era il continuo..

< Si.. Praticamente, dopo aver bevuto,non mi ricordo cosa, Lanie mi ha detto che quel tipo con cui stavo ballando non era niente male, cosi io le dissi che ci poteva ballare lei, tanto io ero già impegnata.>

Fece una pausa, ma visto che Rick non diceva nulla, proseguì.

< Vidi Lanie andare da quel tipo, lui si avvicinò ad un suo orecchio e io in quel momento fui felice per lei. Ma subito dopo lei tornò, e mi disse che quel tipo aveva già messo gli occhi addosso a me e non voleva ballare con nessun’altro. Lanie era fuori, era esaltata e al contempo arrabbiata con me. Mi trascinò a forza sulla pista da ballo, dove lui mi aspettava. Ballammo ancora insieme, e.. e… dopo io vidi che lui si stava avvicinando..  ero intrappolata, non sapevo cosa fare, e lui dopo mi baciò.>

Aveva gli occhi rossi, stava piangendo, desiderava, in quel momento, soltanto un bacio, un abbraccio da parte di Rick, ma lui non soddisfò questo desiderio. Lo cercava, con le mani allungate verso di lui, ma si scansava, era arrabbiato e ancora non sapeva la parte che più faceva soffrire alla detective.

< Rick.. vieni qui..>

< No, dimmi se avete anche fatto dell’altro! Dimmi se ti sei divertita con quello, dimmelo! E dopo restituiscimi le chiavi di casa mia, e sparisci.>

Disse lui, guardandola negli occhi, lei piangeva, ma a Rick non importava. Come aveva potuto tradirlo? Kate, proprio da lei non se lo aspettava..

< Rick! Io non capivo niente, ero ubriaca!>

< Si, ma perché ti sei ubriacata? Quando si prende una sbornia cosi grande, da non capire niente, ci deve essere un motivo, ci si butta nell’alcool quando si hanno dei problemi, non ti capisco, Kate! È stata una tua scelta, e quell’uomo ne ha soltanto approfittato, ma se fossi stata un te, e se magari avessi avuto delle amiche un po’ più oneste, non te lo avrebbero permesso! Adesso dimmelo! Ci hai anche fatto sesso?>

Lei non rispose, abbassò lo sguardo sempre piangendo, e non disse nulla. Quel silenzio, aveva fatto capire a Rick, la risposta.

Prese di nuovo la parola.

< Bene, ora alzati  e non farti più vedere.>

Rick si alzò e andò in bagno. Chiuse a chiave la porta e si fece una doccia. Sotto l’acqua si lasciò andare ad un pianto silenzioso. Le sue lacrime si confondevano con l’acqua che fredda toccava il suo corpo in fiamme.

Adesso cosa avrebbe fatto? Cosa poteva fare? La sua vita avrebbe avuto ancora senso? Perché un gesto del genere? Non riusciva a crederci. Voleva solamente scappare, fuggire da tutto e tutti.

 

Kate era distrutta. Dopo aver appoggiato le chiavi di casa Castle sul comodino di fianco al letto, guardò quella porta, sperando forse, che Castle uscisse, che le dicesse che la capiva, che la perdonava, che l’avrebbe amata comunque. Ma non successe. E da un lato Kate, anche se ci sperava profondamente lo capiva. Lei come avrebbe reagito? Ma non era questo che più la tormentava. Rick sarebbe mai stato in grado di perdonarla? E quanto ci avrebbe messo? Settimane? Mesi? Anni?

Andò nel suo appartamento, si spogliò senza voglia. Si fece una doccia veloce, provò a chiamare Rick, senza ottenere altro che un telefono sbattuto in faccia.

Rick non riuscì a riprendere sonno e Kate non lo prese mai.

 

 

Commento: Ahia cicce! È arrivato il capitolo tosto! Da qui in poi ho avuto un blocco atomico e non la riuscivo più a continuare. Comunque non mi ricordo chi, forse la Mari, aveva già pubblicato un capitolo loro due facevano il gioco del “ Io non ho mai. “, l’ho scritto un sacco di tempo fa e probabilmente non lo avevi neanche pubblicato.. comunque sono circostanze completamente differenti! Spero vi sia piaciuto. :)

Bacioni, Madeitpossible!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Truth ***


ujikol

I giorni seguenti furono orribili, sia per la detective che per lo scrittore. Non si erano sentiti,  Rick continuava a rifiutare le chiamate di Kate, e non le rispondeva ai messaggi. Non si era presentato al distretto da quella notte, e Ryan ed Esposito le chiesero cos’era successo e lei gli disse che avevano litigato e che molto probabilmente non lo avrebbero visto per parecchio tempo, li al distretto.

La detective non ce la faceva più a non vederlo, era passata una settimana e ancora lui non si era fatto vivo, non le rispondeva alle telefonate. Cosi quella sera decise che sarebbe andata a casa sua.

Suonò e le venne ad aprire Martha.

< Ciao Kate, cosa ci fai qui?> Le disse sorpresa.

< I..io sono passata a vedere Rick..>

Martha spalancò gli occhi e le disse piuttosto confusamente:

< Kate.. Rick non c’è.>

Alla detective mancò il respiro e le vennero le lacrime agli occhi.

< E dov’è?> disse con voce spezzata dal pianto.

< Non lo so.. Mi aveva detto che andava via e non sapeva quando tornava, io ero convinta che ci fossi anche tu, insieme a lui. Cos’è successo cara?>

Intanto Martha fece segno a Kate di entrare, si sedettero sul divano e Kate gli raccontò la vicenda.

Martha era piuttosto sorpresa.

< Ah, capisco, sai Kate, Rick sembra una persona forte, simpatica e spiritosa a vederla da fuori, ma dentro è insicuro. Lui era già stato sposato due volte e tutte e due le volte è andata a finire che lo hanno tradito con qualcun altro. Odia i tradimenti, e per lui è molto difficile perdonare. Ma tu sei la sua anima gemella, e lui lo sa. Ti ha rincorso per tanto tempo e non l’ho mai visto cosi felice come in questi mesi che ha passato con te. Devi dargli tempo. >

< Grazie Martha, ma sai.. io non sono cosi ottimista come lo sei tu. Anche se lo vorrei essere. Adesso devo andare, grazie ancora per avermi detto queste cose.>

Prima che Martha potesse controbattere a Kate, lei si alzò dal divano, andò a casa sua. Si preparò e andò a sfogarsi come solo lei era capace di fare: una bella corsa in Central Park.

 

Castle era scappato, fuggito. Non aveva scelto la destinazione, si era portato una piccola valigia, un bel po’ di soldi, era andato in aeroporto e avrebbe preso il primo volo che partiva.

Guardò il tabellone delle partenze, il primo volo sarebbe partito dopo un’ora e la destinazione era Phoenix.

Si comprò il biglietto e andò a fare il check-in. Era triste. Depresso. Non aveva voglia di fare niente, non aveva più progetti, non si era nemmeno portato con se il portatile per scrivere. Aveva voglia di rifarsi una vita, nuova.

Alexis? Non l’aveva avvisata che partiva. Lei ormai era grande e ce l’avrebbe fatta anche senza di lui. Certo, le sarebbe mancata moltissimo, anche Martha. Ma doveva ritrovare il suo equilibrio interiore in questo momento.

Avrebbe chiamato Alexis appena si sarebbe sistemato, ma conoscendola, non le avrebbe detto in che posto si trovava. Sarebbe andata immediatamente da lui, o peggio, lo avrebbe detto a Beckett e magari sarebbero venute assieme.

Arrivò in quella città, girovagò a piedi fino a trovare un hotel, fuori dal centro città, chiese al gestore di quel lurido hotel se aveva a disposizione una camera a tempo indeterminato. Non sapeva quanto tempo sarebbe rimasto e due settimane di certo non gli sarebbero bastate. Il receptionist disse che essendo fuori città, non avevano mai il pienone, e che per uno scrittore di fama quanto lo era lui, sarebbero stati orgogliosi di poterlo ospitare fin quando ne avesse avuta voglia. Arrivò nella camera che in un primo momento gli sembrò anche decente, si coricò nel letto e si assopì.

Dopo essersi svegliato, mangiò qualcosa in un ristorante e chiamò sua figlia.

Era preoccupata per lui. Voleva sapere a tutti i costi dove si trovava. Si mise a piangere quando suo padre usò un tono severo per dirle che non lo doveva chiamare, che voleva stare da solo. Si sarebbe fatto sentire lui di tanto in tanto.

 

Kate era confusa. Era distrutta. Le mancava Rick, lo voleva abbracciare, baciare, voleva farci l’amore. Voleva sentire la sua voce che pian piano le sussurrava quando era bella, quanto la amava, quanto era unica e speciale. Rimpiangeva di essere andata a quella festa, sarebbe potuta stare a casa, abbracciata a lui, a fare l’amore appena ne avesse avuta voglia.

Lo aveva provato a chiamare, ma il suo cellulare era spento. Gli aveva lasciato messaggi su messaggi. Ma niente. Nessuna risposta. Cosi aveva smesso anche lei di chiamarlo. Non lo cercava più, ma era logorata, dentro.

Andava a lavorare normalmente, si succedevano un caso dopo l’altro. Non aveva tempo per respirare, per piangere, per dormire, per mangiare quanto avrebbe voluto. 

Risolveva i casi con l’aiuto di Ryan ed Esposito che non le avevano più chiesto di Castle. Sembrava non fosse successo nulla, le sue espressioni, i suoi modi erano sempre li stessi. Fredda, distaccata. Ma loro due, che come Lanie ed il capitano, sapevano guardare oltre quella maschera che portava sempre, sapevano benissimo che stava male, che soffriva, ma che non lo dava a vedere, perché per lei, vita privata  e lavoro erano due cose che non andavano mischiate. Peccato però che Ryan, Esposito e Lanie fossero i suoi unici amici veri, insieme a pochi altri, e fossero anche tutti suoi colleghi di lavoro.

Lanie provò a tirarle su il morale, all’apparenza era tranquilla, ma dopo, quando furono a casa della detective, lei si lasciò andare perché non ce la faceva più a tenere tutto dentro.

< Io ho sbagliato Lanie. Ho sbagliato okay? Lo so. Ma lui non può scappare, senza dirmi dov’è, con chi è, quando ha intenzione di tornare indietro. Io sono preoccupata per lui, perché potrebbe fare delle stupidate. E io so di essere la causa. Lanie non l’ho fatto apposta okay? Mi ha detto che non dovrei considerare amiche delle persone che mi permettono di fare queste cose. Non do la colpa a te. Lui non c’era e giustamente ha espresso il suo parere. Ma io so che eravamo tutte nella stessa condizione. Io avrei dovuto darmi un contegno, ma sai, ero troppo felice per quella cosa che ti ho detto, e volevo festeggiare. Ovviamente ho esagerato. Solo che adesso mi manca. Lo voglio con me. Io cosa faccio adesso? Non saprei dove iniziare a cercarlo. Potrebbe non aver avuto una meta. Conoscendolo potrebbe essere partito senza un idea di dove andare. Per quello che ne so, potrebbe anche non essere in America. E se è andato in Europa, o in Asia.. io come faccio? Deve essere lui a tornare. Mi deve perdonare, ma se non lo facesse?>

< Lo farà, Kate. Ti ama troppo per andarsene completamente dalla tua vita. >

 

 

Commento: Buona sera! Gran giorno oggi, eh? Non spoilero nulla per chi non avesse visto ancora la prima puntata della quarta season. Dico solo: magnifica. Marlowe è un mito, un genio.

Chissà quando tornerà e se tornerà Castle.. ahahah via alle scommesse!  ;)

Bacioni, Madeitpossible! C&B ALWAYS.

 

PS che mi sono sempre scordata di mettere..

Messaggio promozionale a nome di CUTULETTA

"Carissime lettrici e scrittrici siamo alla ricerca di nuovi adepti per il gruppo "Castle made of efp writers" di facebook. Particolarmente gradite persone che vivono in ABRUZZO dove una fiera militante di noi non aspetta altro che organizzare raduni regionali. Accorrete!!!!"

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Hook ***


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Passarono i giorni, le settimane, i mesi. Sette per l’esattezza. Sette mesi che Rick era da solo, in una città che non gli piaceva e gli mancava Alexis. Le chiamate tra di loro si erano fatte più fitte, negli ultimi due mesi. Alexis pensò che fosse un buon segno. Che magari sarebbe tornato, presto.

Castle ebbe tempo per pensare a tutti i suoi errori. Si era reso conto che ancora una volta si era comportato da vigliacco. Ma lui era cosi solo quando si trattava di Kate. Con lei, lui era troppo vulnerabile. Sotto di lei, si scioglieva, non dipendeva da lei, ma era come un pezzo di ferro che si attacca ad un magnete: con difficoltà si riescono a staccare. Ma quel pezzo di ferro si era staccato, con tutta la forza possibile che aveva, cercava di tirare avanti come poteva. Più volte aveva accesso il cellulare, la prima di quella serie di volte aveva trovato molti messaggi e chiamate di Beckett, e si era messo a piangere. Sentire la sua voce, che parlava a lui, come da molto tempo aveva desiderato, chiamandolo “amore”, “tesoro”, usando quelle parole che solo lei riusciva a trovare e a farle sembrare perfette. Le mancava, ma ancora era arrabbiato con lei. Era consapevole che non l’aveva fatto apposta. Ma era successo.

Phoenix ormai era diventata una città che conosceva a memoria. Conosceva tutti i negozi possibili e immaginabili, ristoranti cinesi, italiani, thailandesi e perfino quelli indiani. In quei mesi sebbene non avesse avuto molta voglia di mangiare, li aveva provati tutti, quelli dove si era trovato meglio, anche più di una volta.

Sapeva dove andare a fare le sue passeggiate. Aveva trovato un parco che non era niente in confronto con Central Park, ma dove vi era una bellissima passeggiata che si poteva fare.

Si era comprato delle sigarette. Aveva fumato più pacchetti, ma dopo si era reso conto che non voleva morire prima del previsto. Anche se queste lo avevano aiutato a non pensare a Kate e a tutto quello che comportava.

Una sera, fuori da un pub dove era andato a bere, gli si era avvicinato un ragazzo sui venticinque anni. Si vedeva lontano un miglio che era un drogato. Gli chiese se avesse voglia di comprarsi dell’erba. La comprò e quella sera stessa, disteso sul letto del suo lurido albergo, (più che i mesi passavano, più gli sembrava orrendo), si fece su una canna, e un’altra e un’altra, finché la roba che aveva comprato, non fu terminata. Appena si accese la prima, gli sembrò di essere ritornato quel ragazzo che era venticinque anni prima.

Quando aveva vent’anni, era dentro ad una compagnia a cui piaceva fare nuove esperienze: alcune erano belle, come per esempio andare in campeggio per una settimana senza portarsi dietro viveri, dovevano arrangiarsi, alcune erano brutte, come fumare della marijuana o droghe varie. Certo, le prime volte era anche divertente, ma dopo quando iniziò a vedere i suoi amici che dipendevano da quella brutta bestia, si rese conto che non lo voleva più fare e presto si trovò un’altra compagnia, più adatta alle sue esigenze.

Non comprò più quella roba, anche se lo spacciatore aveva tentato più e più volte di vendergliela. Rick raccontò a quel ragazzo che si faceva chiamare Hook, la sua vicenda straziante. Gli disse cosa era successo con Kate, di come era lei caratterialmente e di quanto l’amasse. Gli raccontò della notte più brutta della sua vita, di come si era sentito preso in giro e di quanto era furioso con lei, gli disse che aveva preso il primo volo che aveva trovato, che era arrivato qui, perché il destino aveva voluto che la città dove lui si dovesse deprimere era Phoenix.

Hook lo ascoltava, rapito talvolta dalle parole e dal pathos che sapeva non essere finto, che metteva quell’uomo quando parlava. Non lo interrupe mai. Non gli fece domande, e decise che non gli avrebbe più chiesto di comprare della droga, perché quell’uomo, non era come tutti i drogati a cui vendeva la roba. Lui aveva cervello ed era soltanto rimasto deluso da una persona che amava immensamente.

Castle dopo essersi sfogato con quel suo nuovo e strambo amico, gli chiese se poteva sapere perché si trovava in quelle condizioni. Hook parlò con un umiltà che Castle non aveva mai visto in nessuna persona. Gli disse che era scappato da casa, perché si era innamorato di una ragazza ed era incinta.  I suoi genitori non l’avevano presa bene e gli chiesero di lasciare quella ragazza. Lui non lo fece e la seguì. Aveva diciotto anni quando successe e dopo poco la ragazza ebbe un aborto spontaneo, non riuscivano neanche a stare nella stessa stanza insieme, cosi lui prese una decisione drastica, forse la peggiore e più difficile della sua vita: se ne andò. Anche lui cambiò città. Purtroppo per lui, non avendo nessun diploma di alcun genere non riuscì a trovare nessun lavoro, si sarebbe accontentato anche di andare a pulire da qualche parte, ma tutti sembravano fossero già a posto. Poi un giorno incontrò un vecchio amico che spacciava e che aveva cambiato città e identità, Hook gli confidò tutto e lui gli disse che potevano lavorare insieme, perché si aiuta sempre un vecchio amico. Non si era mai drogato, ma incominciando a spacciare la tentazione diventava sempre più forte, cosi da un giorno all’altro era diventato anche un drogato.

Come fece Hook quando Rick raccontava la sua storia, Rick a sua volta non lo interruppe mai.

Avevano storie differenti, ma tutti e due erano scappati da casa per uno stesso motivo: l’amore.

Quindi anche se Rick non comprendeva pienamente cosa significasse perdere un bambino, la famiglia e l’amore e diventare una persona che non ti saresti mai sognato pochi mesi prima, anche Hook non sapeva cosa significasse scappare a causa di un tradimento e soprattutto scappare di paura.

Erano diverse come persone, ma complementari. Sapevano capirsi con poche parole, sapevano cosa più o meno, stesse provando l’altro.

Durante i mesi che seguirono Hook e Rick si videro più volte. Se non ogni sera, due volte a settimana quasi certamente. Erano diventati buoni amici, si erano ritrovati più volte a parlare di quelle loro due vicende.

Lui gli aveva regalato i suoi libri della saga di Nikki Heat, che aveva trovato in una piccola libreria. Hook rimase sorpreso, non sapeva che fosse una persona famosa. Lesse i suoi libri in poco tempo e gli disse che erano magnifici. Disse anche che da questi libri, si poteva capire meglio quanto lui tenesse a lei. Erano passati sei mesi e gli chiese perché non tornava a casa, a New York, da quella donna che sapeva lo avrebbe aspettato.

Rick gli disse che voleva aspettare ancora un po’.

Una delle ultime volte, Hook espresse il desiderio a Rick, di poter tornare a riprendere gli studi interrotti.

L’ultimissima volta che si videro Rick disse a Hook che era stato e che sarebbe stato per sempre un ottimo amico, che non lo avrebbe mai dimenticato, che magari un giorno o l’altro poteva, casualmente, ritornare a Phoenix.

Hook a sua volta, gli disse che nemmeno lui lo avrebbe dimenticato, gli disse che aveva smesso di prendere droghe, che a stare con lui aveva capito quali erano davvero, le cose più importanti della vita, e la droga certamente non era fra queste.

Si abbracciarono e Castle fece scivolare una busta nella tasca di Hook.

Con i lacrimoni agli occhi, Rick si voltò e gli disse:

< Addio, Amico.>

 

Dopo che Rick se ne andò, Hook notò una busta nella tasca della sua giacca.

Era piena di soldi. Non sapeva neanche se era in grado di contare tutte quelle banconote. E c’era anche un biglietto.

Caro Hook, sei stato come un miracolo nella mia vita. Quando mi hai trovato la prima volta ero a pezzi, mi aiutato in questo mio momento difficile. Non ti ringrazierò mai abbastanza. Mi hai detto che vorresti tornare a scuola, e perciò ti do questi soldi, spero non ricascherai nel brutto giro della droga, ma che tu li usi per comprarti i libri necessari e per pagare l’iscrizione. Hai la possibilità di cambiare la tua vita, fallo. Se mai avrai bisogno di parlare, di qualsiasi cosa, ti lascio il mio numero di cellulare. Sei libero di chiamarmi quando vuoi. Grazie.

Ti voglio bene, amico mio.                        Rick.

 

 

Commento: Buona domeniche, ragazze! Questo capitolo non era in programma, ma dovevo far vedere come si sentiva Rick, e credo che un buon amico serva nei momenti più duri della nostra vita. Il prossimo è l’ultimo capitolo! :) Fatemi sapere cosa ne pensate!

Bacioni, Madeitpossible!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Return ***


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Sette mesi.. sette mesi che non aveva sue notizie, sette mesi che non sentiva la sua voce, sette mesi che non sorrideva più, sette mesi che insieme a quelli successivi le stavano e le avrebbero cambiato la vita. E lui non c’era.

Aveva cercato di distrarsi andando a correre in quei mesi, si era allenata a boxe. Si era buttata a capofitto sul lavoro, ma un nodo le impediva di stare bene. Non stava bene.

Si era vista con Alexis qualche volta, anche lei era distrutta. Le mancava suo papà, voleva sentire di nuovo un suo abbraccio, voleva raccontargli tutto, aveva bisogno di consigli che solo lui era in grado di dargli. Alexis sapeva, se ne era accorta che qualcosa stava cambiando nella detective. Era ingrassata. Ma non glielo fece notare, finché la detective, dopo quattro mesi che suo padre non c’era, le disse la verità. Beckett le aveva proibito di dirlo a Castle.

 

Ogni mattina da quando lui se ne era andato, la detective andava a prendersi un caffè al bar più vicino a casa di Rick. Anche quel giorno ci andò. Ma fu diverso.

Erano le otto di mattina, quando lo scrittore scese dal taxi che aveva preso in aeroporto. Era arrivato finalmente a casa, ma prima di salire, decise di andare dal suo amico Nick a prendersi un caffè e due brioche: una per Alexis e una per Martha. Come se quel gesto bastasse per essere perdonato. Certo sapeva che Martha l’avrebbe perdonato più velocemente di sua figlia. Ma nell’ultima chiamata gli chiese se l’avrebbe mai perdonato per quel gesto da vigliacco che aveva fatto. Lei le rispose che le bastava che tornasse presto a casa.

Entrò nella caffetteria e Nick lo salutò, esagerando come al suo solito.

< O o o.. guardate un po’ chi ha fatto ritorno! Rick Castle!! Ma dove sei sparito per cosi tanti mesi?>

Tutta le gente che era dentro il bar si voltò e lo guardò. Tutti, tranne una donna che si era voltata di spalle, continuando a sorseggiare velocemente il suo caffè.

 

Beckett era dentro a quel bar, si era seduta in una comoda sedia, non doveva fare sforzi. Quando aveva sentito il gestore urlare ad alta voce che era appena entrato lo scrittore, le andò di traverso il caffè. Si voltò dall’altra parte e di sfuggita gli diede un’occhiata. Era dimagrito, ma era splendido, come sempre lo era stato.  Non doveva farsi vedere, doveva bere al più presto il suo caffè e senza farsi notare tanto, doveva uscire da quel posto.

< Mi sono preso una vacanza, vecchio mio! > Rispose lo scrittore.

< Beh, sei stato via per mesi! Ormai credevo tu fossi morto!>

Castle sorrise, continuando a lanciare delle occhiate a quella donna che non lo guardava, assomigliava moltissimo, forse troppo, alla sua detective.

< Cosa ti posso servire?>

Castle ebbe un’illuminazione, per vedere se era veramente lei, chiese a Nick:

< Due brioche e un caffè macchiato freddo!>

Kate a quell’ordinazione ebbe un sussulto, e si voltò inconsciamente a guardarlo.

In quel momento, tra di loro ci fu uno sguardo. I loro occhi si incrociarono e non riuscivano più a staccarsi. Ma Beckett si voltò per prima.

< Caffè macchiato freddo, eh? Non è il tuo solito, scrittore! Quella donna li, viene quasi tutti i giorni e ordina sempre quel tipo di caffè.>

< Lo so.> Rispose Rick, allungando le mani per prendere le due brioche e il caffè. Ringraziò di tutto il suo caro, vecchio amico Nick e uscì da quella caffetteria.

Kate si rese conto che lo scrittore era uscito, e non poté fare a meno di seguirlo.

< Rick! Aspetta!!> Gli urlò.

Lui si voltò e la guardò.

Notò che aveva qualcosa di diverso, un pancione enorme. Era incinta? Rick rimase impietrito.

< Kate..  cos.. cos’è quello?>

< Cosa ti sembra? Sono incinta!>

< Ah.. bene.>

E si voltò, camminando velocemente. Non voleva reagire cosi. Avrebbe voluto andare li, accarezzarle il pancione e chiederle se andava tutto bene. Ma l’orgoglio prevalse.

Kate non si aspettava una reazione simile. Ma di certo, adesso che si erano incontrati non si sarebbe data per vinta.

Iniziò a correre e lo raggiunse. Lo prese per un braccio e disse:

< Aspetta, per favore, fermati.>

Egli si fermò. Sentire quel suo tocco lo aveva mandato in tilt. Un unico pensiero assaliva la mente di Castle: Di chi era il bambino?

< Cosa c’è?> Le disse senza guardarla.

< Come cosa c’è? Sono incinta, e tu non mi dici niente? Non mi chiedi niente? Non mi guardi neanche più in faccia, adesso? >

Si voltò e la guardò in faccia. Aveva le lacrime agli occhi. Aveva dovuto portare avanti una gravidanza da sola.

< Cosa dovrei chiederti?>

< O mio dio, non fare il finto tonto! Rispondo al pensiero che ti sta mangiando vivo. È tuo. >

< Come fai a saperlo con certezza?> Le disse lui, usando un tono di voce duro.

< Perché lo sapevo da prima di quella notte.>

< Cosa? E non me lo hai detto?>

< Non avevo fatto nessun test. Avevo soltanto un ritardo. Volevo esserne certa, prima di parlartene.>

Rick non rispose.

< Mi sei mancato, Rick. Non è stato facile portare avanti una gravidanza da sola. Alexis e Martha mi hanno aiutato tantissimo, ma non è stato facile.>

< Mia mamma e Alexis lo sapevano e non mi hanno detto niente?>

< Gliel’ho chiesto io. >

< Perché?>

Rick non sapeva cosa rispondere.

< No, è stato meglio cosi. Mi spiace che tu lo abbia saputo in questo modo. Almeno adesso so che sei tornato di tua volontà. >

< Non so cosa avrei fatto, se me lo avessero detto nei primi mesi, probabilmente non sarei tornato a casa, ero troppo arrabbiato.>

< Mi fa piacere sentire queste cose!> Rispose lei, sarcastica.

< Mi dispiace essere scappato cosi, ma in quel momento credevo fosse la cosa migliore per tutti.>

< No, non voglio delle scuse. Ti sei perso un sacco di cose: la prima ecografia, per esempio. E non so se adesso io ti potrò più ridare la mia fiducia.>

< Tu parli di fiducia? >

< Senti Rick, sono stata sincera con te. Molti avrebbero taciuto, avrebbero fatto finta di niente. Ma io ti amavo e non potevo tenermi questo enorme segreto con te. Lanie mi aveva consigliato di stare zitta. Ma io non potevo. Sapevo che sarebbe finita male, certo non credevo in questo modo. Mi dispiace, te l’ho detto mille volte. Poi tu sei scappato e chi si è visto si è visto. >

< Ti amavo?  Ora non più?>

< Non lo so. Io.. io non lo so.>

< io non ho mai messo in dubbio questo, Kate. Io ti amo e ti amerò sempre. Avevo bisogno di allontanarmi per un po’. Avevo bisogno di riflettere e se fossi stato a casa, non sarebbe stato uguale. Odio i tradimenti, pensavo lo sapessi. Sono stato sposato due volte, e tutte e due le mie ex mogli mi hanno tradito. Con loro era diverso. Con loro non era vero amore. Se non mi fosse importato niente di te, non sarei scappato, sarei stato con altre mille ragazze e mi sarebbe passata. Cosi ho reagito e superato i miei precedenti fallimenti. Ho capito in questi mesi che tu non l’hai fatto apposta. Che non eri in te. Anche se mi dispiace e non riesco comunque a capire perché ti sei ubriacata se avevi già il pensiero di essere incinta.>

Kate stava piangendo e non lo guardava più in faccia, aveva mollato la presa sul suo braccio.

< Ho sbagliato e mi dispiace. Sei stato lontano per cosi tanto tempo..>

< Quando avrai preso una decisione, ritorna.> Disse lui, poi si voltò e si diresse verso casa sua.

Salì le scale, e in casa si rese conto che non c’era nessuno. Chissà dove erano Alexis e Martha..

Non fece in tempo a portare dentro il piccolo bagaglio a mano che aveva, che sentì il citofono suonare.

< Si, chi è?>

< Oggi ho un’ecografia, vuoi venire?> Disse Kate.

< Sali, mi devo prima fare una doccia e cambiare.>

E le aprì la porta.

Arrivò dentro e la casa era vuota. Di lui nemmeno una traccia.

Salì piano le scale, entrò nella sua stanza e vide che vi era il bagaglio a mano, appoggiato nel letto. Si sedette.

Che bei momenti passati in quel letto. La loro prima volta insieme. I lunghi baci, le carezze, i film guardati accoccolati l’uno all’altro. Ma anche quel litigio.

Sentì la doccia spegnersi. In due minuti Castle uscì dal  bagno. La guardò su quel letto e alla detective sembrò che quei pensieri che le erano passati in testa pochi minuti prima, adesso stessero attraversando la mente dello scrittore.

Castle si ricordò di aver dimenticato di mettersi una cosa.

< Oh, un attimo.> E ritornò in bagno. Tutto era come lo aveva lasciato. Ma il suo profumo, no, quello non c’era.

Uscì dal bagno con una faccia un po’ perplessa. La detective se ne accorse e disse:

< Cosa è successo? >

< Manca il mio profumo.>

Vide la detective arrossire di colpo. Sgranare gli occhi e mettersi a frugare nella sua borsa.

Tirò fuori il profumo di Castle.

< Perché ce lo hai tu?>

< Me lo ha portato Martha una volta. Ha detto che di un uomo la cosa che si ricorda più piacevolmente è il suo odore.>

< No, è vero. >

< Anche tu hai dei problemi allora..>

< Allora vuoi mettertelo o no?>

Castle se lo mise e lo appoggiò nel comodino che era di fianco alla detective. Erano abbastanza vicini, ma tutti e due non superarono il limite.

Lo sguardo di lui, andò inconsciamente a finire sul pancione di lei.

< Vuoi.. vuoi toccare?>

< Posso?>

< Si.>

Le mise una mano sulla sua pancia, ma non sentì nulla.

< Non sento niente..>

< Io si.> disse lei.< Aspetta, alzami la maglietta, sta scalciando, fortissimo.>

Lui le alzò la maglietta molto delicatamente e appoggiò tutte e due le mani sul pancione di Kate.

< oh.. l’ho sentito.>

Rick ci appoggiò anche un orecchio, come se questo aiutasse a sentirlo più forte.

< è un mostro, questo bambino, scalcia davvero forte.> Disse lei.

< Fa male?>

< No, non più.> Disse lei, guardando Rick. Lui facendo finta di non capire, le chiese :

< A che ora ce l’hai appuntamento?>

< Alle 10 e mezza.>

 < Sono le dieci, forza, andiamo.>

< Rick.. >

< Cosa?>

< Non sei obbligato a venire.> Lui aveva ancora l’orecchio appoggiato alla sua pelle. Alzò lo sguardo e incrociò quello di lei. Si avvicinò pian piano, a una certa distanza si fermò.

< Si che lo sono, e poi voglio tantissimo vedere questo bambino.>

Il cuore di lei incominciò a battere fortissimo.

< Mi sei mancato.> Disse lei.

< Anche tu, moltissimo.>

A quel punto, Kate cercò di avvicinarsi al suo volto. Ma il pancione le proibiva di piegarsi cosi tanto.

< Accidenti al pancione! Non ce la faccio!> Disse lei.

Lui capendo benissimo le intenzioni della detective, si alzò e si sedette di fianco a lei sul letto.

< A fare cosa?>

Lei gli sorrise per la prima volta da quando si erano rivisti, lui fece lo stesso.

“ O dio, quanto mi è mancato quel sorriso!”

Lei senza rispondere alla sua domanda, gli prese il volto tra le mani e lo avvicinò a sé fino a far toccare le loro labbra.

 

 

 

 

Commento: Buona sera a tutte! Ed eccoci alla fine di questa storia. Ahahahah.. Doveva essere da Signore Oscuro.. ma non la è più di tanto.. cioè la parte intermedia forse. Sto scrivendo una storia che avevo promesso un sacco di tempo fa a Mari_Rina24. Quindi credo che quando ci risentiremo, sarà con quella storia!

Grazie a tutte quelle che hanno commentato la storia, ma anche a  chi a semplicemente letto..

Bacioni, Madeitpossible!

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