Automatismo Meccanico

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amorevoli braccia di ferro ***
Capitolo 2: *** Giornata pesante ***
Capitolo 3: *** Mangiare pesce ***
Capitolo 4: *** Autoriparazione ***
Capitolo 5: *** Dispensario tecnologico ***
Capitolo 6: *** Sesto senso fra ferraglie ***



Capitolo 1
*** Amorevoli braccia di ferro ***


Salve a tutti.
Automatismo Meccanico è il secondo libro che ho scritto (acquistabile qui) e che distribuisco gratuitamente. A me non interessa che voi lo compriate, mi interessa che lo leggiate. Se poi vorrete lasciare a me e Livin Derevel un feedback positivo acquistando una copia, ci farete solo un immenso piacere.


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Titolo: Automatismo Meccanico
Autore: Barisone Daniela; Davoli Marika
ISBN: 9788897239062
Prezzo: 8,50 euro
Dati: 2011, brossura
Editore: I Love Books


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CAPITOLO 1 - Amorevoli braccia di ferro


-Lo uccido.-
-Non puoi ucciderlo, è un robot!-
-Non fa niente, è la stessa cosa!-
-Direi di no. Puoi minacciarlo di levargli le batterie… o di non oliargli le giunture-.
Questa “illuminante” conversazione si stava tenendo tra il conte Pritch e il conte Coole, in un café delizioso situato in Regent Street, a Londra. I due nobili stavano discutendo animatamente sul ragguardevole problema che Lord Pritch stava affrontando da un po’ di giorni a quella parte, una questione di una certa gravità che poteva portare conseguenze piuttosto gravi, se la cosa si fosse sparsa all’esterno delle mura della sua casa.
-Ti ripeto che semplicemente mi ignorerebbe. E’ troppo intelligente e questo mi preoccupa alquanto, troverebbe un modo per staccare la spina a me, quell’indecente!- borbottò Michael Pritch, storcendo la bocca del viso un po’ smunto. –Non ha funzionato nemmeno quando ho minacciato di venderlo o di riportarlo indietro dal costruttore! Mi ha risposto che il Sig. Moore mi avrebbe cacciato a fucilate.-
Lord Edward Coole si grattò il naso con la punta di una delle sue dita metalliche e nascose un sorriso divertito. –Almeno sei andato da Moore?-
-Naturalmente, mi offendi!- ribatté oltraggiato l’uomo biondo.
-E…?- il tono allusivo di Coole era tipico di colui che pregustava una sonora batosta.
-Niente.- Michael fissò la tazza di the con aria da funerale –E’ inorridito alla sola idea e mi ha messo alla porta grazie al suo robot personale. Rammento che mi abbia detto che piuttosto che riprendersi quel malefico automa indietro avrebbe rischiato la gogna e mi avrebbe rifilato una schioppettata su per il mio nobile deretano. Non c’è più rispetto, che diamine!-
-Eh, già già.- commentò l’altro, nascondendo il ghigno che si stava formando sulle sue labbra dietro alla propria tazza di fine porcellana –Davvero un fatto increscioso.-
-Ma ora come faccio! Già da quando il povero Burns è morto tutto è diventato un incredibile problema, ma da quando ho Billie in casa è decisamente peggio!- uno sbuffo melodrammatico sottolineò la difficile situazione. –Ebbene, non posso nemmeno ordinargli di prepararmi i vestiti! Ora, tu conosci bene le mie inclinazioni, ma comprenderai che è difficile sapere come comportarsi quando il tuo nuovo maggiordomo, un androide per di più, non ti vuole portare il cambio d’abiti perché secondo lui nudo sono meglio. E’ imbarazzante!-
A quel punto le labbra di Edward tremolavano quasi per lo sforzo profuso nel non scoppiare a ridere sguaiatamente in faccia all’amico.
E dire che l’automa Billie, considerata la sua corazza estetica, non era affatto male, anzi. Di aspetto delicato, non troppo alto, capelli neri e un paio di occhioni verdi che avrebbero fatto girare la testa persino ad uno di quei mutanti che vivevano nella Zona dei Bassifondi Fognari nei pressi del Tamigi, non certo noti per la delicatezza dei loro modi. Il problema nasceva nella sua personalità… di norma i costruttori che fornivano automi, garantivano al 100% all’acquirente la possibilità o meno di attivare la funzione del carattere, che in ogni caso era impostato in maniera amabile e non distruttiva per gli esseri umani che sarebbero gravitati intorno al robot. Invece no. Per qualche strana ragione, l’automa Billie pareva possedere una personalità così differente, da farlo sembrare quasi umano. Già di suo poteva quasi esserlo in tutto per tutto, visti i passi da gigante della tecnologia, ma a quel punto era troppo.
-Magari quando torni a casa, ti aspetta nel letto.- sghignazzò Coole senza trattenersi e il povero Michael si strinse la radice del naso un po’ sporgente.
-Sarebbe capacissimo di farlo. Ho una terribile voglia di svitargli i bulloni e metterlo a pezzi dentro una scatola.- borbottò il conte, traendo dall’interno della giacca il proprio portafoglio, depositando in un piattino la somma per pagare la consumazione. –E’ delirante.-
-Se fossi in te, mio buon amico.- fece Edward alzandosi e stiracchiandosi leggermente –Lo asseconderei, giusto per vedere dove è disposto ad arrivare. Potresti sempre minacciarlo di sabotargli i circuiti.-
-Non credo, non dorme mai e sembra rendersi sempre conto se in tasca ho meno un cacciavite.-
-Allora, mio caro, temo proprio che tu debba trovare una soluzione dove tu non vuoi andare, ovvero fra le sue amorevoli braccia di ferro.- Il conte Coole si calcò in testa la bombetta e diede una gentile pacca su una spalla dell’altro e se andò, uscendo dal locale.
Con un sospiro, Michael Pritch fece la medesima cosa, constatando fra sé che prima di rotolarsi nel letto con quel robot ninfomane, lo avrebbe sbullonato per bene e ficcato dentro una dannata cassetta da minuteria per riparare le ruote del carro!


continua...



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Capitolo 2
*** Giornata pesante ***


CAPITOLO 2 - Giornata pesante


Imbarazzante.
Quella era l’unica parola con cui Pritch poté definire la faccenda: tornato a casa, Billie lo aveva accolto con quel sorrisino malizioso che sembrava avere perennemente stampato in faccia. Lo aveva fatto accomodare, lo aveva aiutato a togliersi la giacca, premurandosi di toccarlo il più possibile e già a quel punto il conte rimpiangeva la cassetta degli arnesi.
In seguito il robot lo aveva persino aiutato a sedersi in salotto, lo aveva messo ben comodo con i piedi posati su un pouf e gli aveva infilato il Times fra le mani, promettendogli con tono suggestivo che presto gli avrebbe portato un the caldo per rinfrancarlo della giornata pesante.
Michael avrebbe desiderato arrotolare il giornale e picchiarlo su quella testa di ferro. Giornata pesante? Sfotteva pure! Diavolo, era un nobile, il massimo dello sforzo che poteva fare era andare al club ed annoiarsi con Coole.
Billie gli aveva rifilato un sorriso allusivo ed era sparito nelle cucine, tornando più tardi con il vassoio con il the. Gliene aveva versato una tazza, ci aveva soffiato sopra sempre guardandolo negli occhi e gliel’aveva posata in grembo.
-Fate attenzione, Milord. Scotta.- lo aveva persino avvertito.
Bene, avances a parte, Michael trovava lo stesso la situazione imbarazzante, poiché Billie si era seduto sul tappeto ai suoi piedi ed aveva appoggiato la testa sulle sue gambe, come un cucciolo obbediente.
Il conte si chiese perché era così tanto idiota e non lo scacciava. No, lui era molto più stupido della media, così in quel momento si ritrovò a bere the, leggere il giornale e alternativamente accarezzare i capelli neri dell’automa. Avrebbe giurato che ogni volta mugolasse contento.
Si disse che se mai Edward lo avesse visto in quel frangente, avrebbe riso in maniera sguaiata fino alla fine dei suoi giorni.
-Il padrone ha bisogno di qualcosa?- mormorò l’automa, quando ebbe finito di bere e fu passato un po’ di tempo.
-Sì, che la smetti di fare il cane da salotto e ti decidi a fare il maggiordomo.- lo rimbeccò l’interpellato, mettendo un po’ troppa acidità nella voce. In seguito poté giurare di aver visto il robot prodursi in una smorfia ferita.
-Porto subito via il vassoio.- rispose l’automa alzandosi in piedi e rassettandosi i calzoni. –Se Milord mi desidera sono nello sgabuzzino.-
Pritch lo fissò interrogativo, ovviamente sentendosi già in colpa di averlo preso a male parole. Oh santo cielo, cosa aveva da recriminarsi? Era solo un robot!
-Nello sgabuzzino? E perché, se è lecito sapere?- domandò, posando il quotidiano su un tavolino adiacente alla poltrona.
Billie si inchinò leggermente, perfettamente efficiente. –Miss Tender, la governante, ha tentato nuovamente di smontarmi, signore. Devo provvedere alla mia auto-riparazione, se non desiderate perdere il denaro speso per acquistarmi.-
Ecco, poche parole e quell’affare era già riuscito a farlo sentire in colpa. –Sarà mia cura comunicare a Miss Tender di non farti a pezzi.-
-Ve ne sono grato, signore.- rispose Billie, inchinandosi per l’ennesima volta e sparendo miracolosamente ad eseguire il resto dei suoi doveri.
Michael sospirò stancamente e si infossò dentro la poltrona, allungando un braccio solo per servirsi di un sigaro già pronto. Lo accese con un cerino e ne aspirò una boccata, godendo nel farsi rotolare il fumo sul palato.
Considerò che si era dimenticato che mutanti e robot non andavano molto d’accordo fra di loro. Si rammentò che Coole, da quando era per metà fatto di ferraglia, aveva avuto necessità di allontanare la sua governante per evitare di farsi smontare le viti durante la notte. E dire che lui sperava che la donna-seppia tentasse di entrare nelle sue stanze per un romantico incontro.
Michael emise una risatina nell’immaginare Edward rincorrere per i corridoi della propria casa una governante munita di otto tentacoli al posto delle gambe.
Le sue elucubrazioni furono interrotte da un forte frastuono proveniente dal piano inferiore, che lo fece schizzare in piedi alla velocità della luce e correre alla porta. Con ancora il sigaro stretto fra le dita, si affacciò alla balaustra di marmo del pianerottolo e spalancò gli occhi per lo spavento: Billie era riverso a terra, mentre Miss Tender era in piedi vicino a lui, brandendo soddisfatta una padella in ferro di dimensioni ragguardevoli.
Ma la cosa che più di tutto spaventò Michael e gli fece saltare i gradini due a due era la chiazza di liquido pericolosamente somigliante a sangue proveniente da sotto la testa di Billie.



continua...

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Capitolo 3
*** Mangiare pesce ***


CAPITOLO 3 -  Mangiare pesce



Pur avvezzo a considerare come possibili le cose più inverosimili – in fondo il suo migliore amico era in parte robotico… - Michael non avrebbe mai nemmeno lontanamente immaginato che un androide potesse sanguinare! Tuttavia Mr. Moore, il costruttore da lui prontamente interpellato, gli aveva spiegato che a partire da Tristan, il suo personale automa, aveva sviluppato una tecnologia così avanzata da riprodurre, nelle proprie creazioni, il sistema cardiovascolare del corpo umano.
Mr. Moore, inoltre, gli aveva ingiunto di punire severamente Miss Tender per la sua insolenza; per fortuna i danni subiti da Billie non erano così gravi da necessitare di un intervento in laboratorio, ma alla sola idea di aver rischiato di doverselo riprendere indietro, l’ingegnere aveva dato di matto! Piuttosto che riavere tra i piedi quell’insopportabile “uomo di latta”, si sarebbe volentieri tagliato i gioielli di famiglia. E non in senso figurato.
Pritch sospirò pesantemente, attirando l’attenzione di Coole, seduto al suo fianco. Si erano appollaiati su due poltroncine nei pressi del letto in cui Moore si era premurato che Billie “dormisse”, se così si poteva chiamare lo stato di “stand by” in cui versava.
Stretti in quella stanzetta, i due nobili si guardarono ed Edward, come spesso gli capitava, dovette trattenere a forza una risata alla vista dell’amico che pungolava un fianco di Billie, per assicurarsi fosse ancora recettivo.
- Stai tranquillo, è sano e salvo, lo puoi vedere tu stesso. - sorrise il mezzo robot, accarezzandosi pigramente il collo con la punta delle dita metalliche - Ti assicuro che Moore lo ha risistemato alla perfezione. -
Già, perché Pritch non aveva voluto assistere all’intervento chirurgico con cui il costruttore aveva ripristinato le placche sintetiche della testa dell’automa. Coole, al contrario, aveva trovato quasi eccitante l’ammasso di fili intravisti all’interno di Billie, atteggiamento dovuto al fatto di essere anch’egli per metà meccanico. Questa sua caratteristica, pur non avendogli fatto acquisire l’astio innato verso i mutanti, l’aveva comunque portato a sviluppare una certa attrazione per gli umanoidi.
- Se non vuoi tenerlo... - iniziò il conte Coole, ammirando con evidente lascivia la muscolatura pressoché perfetta del piccolo automa, scoperto dal petto in su - Puoi vendermelo. -
Michael alzò la testa di scatto e sgranò gli occhi cerulei - Te lo puoi scordare, razza di pervertito! -
- Oh, oh… qualcuno è geloso, per caso? - ribatté allora l’altro, facendo scorrere i polpastrelli della mano sana sul braccio dell’automa, steso nel letto ad occhi chiusi ed apparentemente dormiente.
- Smettila. - ringhiò il biondo, allontanandogli le dita con un gesto secco ed arrossendo vergognosamente una volta accortosi di ciò che aveva fatto - Perdonami. – aggiunse contrito.
- Non è niente. - ghignò Coole.
Michael si sfregò una mano sulla fronte con fare irritato. Quando aveva visto Billie steso a terra gli era venuto quasi un infarto e, paralizzato dal terrore, aveva scorto Miss Tender alzare le braccia e prepararsi a sferrare la seconda padellata, prima di decidersi ad urlare ed a saltare gli ultimi gradini, dandole una spallata che l’aveva fatta ruzzolare a terra. La mutante si era alzata a fatica, aiutandosi con gli otto disgustosi tentacoli grassocci, che si agitavano imbizzarriti spruzzando scie di bava trasparente ovunque.
A ripensarci, il nobile ebbe un conato di vomito. Tutta quella roba appiccicosa addosso…
- Milord…? - La voce roca e bassa di Billie gli fece drizzare la schiena ed anche tutti i capelli, visto che l’automa si era seduto sul materasso, lasciando che il lenzuolo scivolasse giù e non lasciasse più spazio all’immaginazione.
Il povero conte si sentì arrossire persino in posti innominabili.
- Oh… Ehm… - si ritrovò a balbettare, guardandolo sfiorarsi la testa e mormorare qualcosa.
- Mio caro Billie! – esclamò intanto l’altro uomo presente, con un largo sorriso sul volto e le iridi azzurre puntate esattamente in quel posto - Ti vedo in formissima! -
Il robot lo guardò spaesato per qualche istante, ma parve recuperare in fretta i file della memoria, riguardo alla sua persona - Lord Coole, i miei omaggi. – Lo salutò, cercando di fare un inchino e rendendosi subito conto di alcune cose molto importanti:
1. Era seduto in un letto.
2. Era nudo.
3. Era decisamente nudo in presenza di due nobili.
4. Era decisamente e molto nudo al cospetto del suo padrone e non perché, dannazione, si stesse rotolando tra le lenzuola con lui.
5. Aveva una furibonda emicrania, cosa decisamente insolita per un ammasso di ferro e fili come lui.
6. Si ricordava alla perfezione della padella di Miss Tender ed era deciso ad organizzarle una morta lenta e dolorosa. Quella sera qualcuno avrebbe cenato a base di pesce. Le seppie in umido erano una delle sue ricette migliori, doveva insegnarla alla cuoca, assolutamente.
- Billie, ti senti bene? - domandarono i due nobili in contemporanea. Le mani di entrambi si allungarono su di lui e l’androide avvertì un fremito eccitante in tutti i suoi sensori epidermici, che si trasmise rapidamente al suo centro funzioni, ricostruito ex-novo dopo la “guerra della padella”.
- Sì, sì, grazie, è tutto a posto. - sussurrò, lasciando che i suoi ospiti lo mettessero seduto più comodamente. Da qualche parte della propria RAM riemerse la nozione secondo la quale i padroni non avrebbero dovuto comportarsi così affettuosamente con un servitore meccanico, sistemandogli i cuscini e chiedendogli se avesse bisogno di una dose extra di elettricità o di un bel bicchierone di olio raffinato, per oliarsi le giunture. Tuttavia alla fine dovette concludere che tutte quelle insolite attenzioni fossero solo merito del proprio involucro esterno, felicemente e gloriosamente esposto, senza nulla che lo coprisse.
Forse era proprio vero il detto secondo cui “non tutti i mali vengono per nuocere”…

Continua...

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Capitolo 4
*** Autoriparazione ***


CAPITOLO 4 - Autoriparazione




Dopo gli ultimi avvenimenti, Lord Pritch si mise definitivamente l’anima in pace, abbandonando l’idea di usare le parti di Billie per rifare il semiasse della carrozza di famiglia. La paura che aveva provato all’idea di averlo perso, gli aveva fatto finalmente comprendere come non volesse affatto disfarsi di quell’inutile androide.
Inutile, inutile ed ancora… inutile.

Una volta ristabilitosi, Billie aveva ripreso a svolgere le proprie incombenze di maggiordomo con la stessa flemma di prima, solo che adesso si teneva bene alla larga dalla governante. Il conte avrebbe voluto sgridarlo per la sua indolenza, ma per qualche ragione, ogni qualvolta posava gli occhi su di lui, si ricordava di cosa celassero quegli abiti formali e gli si squagliava letteralmente il cervello.
E la cosa che lo mandava in bestia era che quel dannato se ne accorgeva, sempre.
Così in casa era iniziata una guerriglia personale tra lui e quell’affare, condotta a colpi di strusciamenti, occhiatine maliziose e battutine allusive da parte di quest’ultimo, che gli mandavano regolarmente il sangue al cervello ed anche…più in basso. Il conte si ritrovò spesso a chiedersi quali dannatissimi files avesse usato Moore per programmarlo, visto che, con ogni probabilità, Billie racchiudeva in sé l’anima di una ballerina di café-chantant o, più esattamente, di una prostituta da bordello.
Tanto per fare un esempio…un giorno Michael, più esasperato del solito, l’aveva rimproverato con severità per l’ennesimo errore compiuto durante lo svolgimento dei propri compiti. Beh, per tutta risposta, quel piccolo diavolo aveva iniziato a lamentare un finto dolore ai propri circuiti, vicino al punto in cui, tempo prima, aveva ricevuto la famosa padellata. Alla vista dei suoi enormi occhioni verdi, lucidi di lacrime artificiali, il suo ingenuo e stupidissimo padrone si era sentito stringere il cuore, si era sciolto in brodo di giuggiole e lo aveva perdonato immediatamente, porgendogli addirittura le proprie scuse per essere stato troppo brusco.
Di una cosa, però, Pritch non si era mai preoccupato, e cioè dove Billie passasse la notte, quando tutti dormivano tranne lui, poiché non era in grado di farlo. Quando quel quesito bussò alla sua mente, Michael ipotizzò che l’androide trascorresse la nottata ad ordire piani diabolici contro la governante ed a quel punto, solo ed esclusivamente per evitare di vedersi servire in tavola i tentacoli di Miss Tender impanati, decise d’indagare. Dopotutto, che male c’era? In fondo stava semplicemente badando ai propri interessi, controllando che un oggetto di sua proprietà - un oggetto eccitante, lascivo e malizioso… Fermati, Michel, si redarguì, basta pensieri sconvenienti! – non stesse combinando guai, come quella volta che l’aveva sorpreso fuori dalla stanza della governante, armato di una grossa forbice da cucina.
Forte di questo autoconvincimento, la sera seguente il conte si alzò dal letto, indossò le babbucce che Lady Carol, la sua deliziosa prozia di novantasei anni che viveva nel Kent, gli aveva regalato, ed iniziò a trafficare per accendere il lume, cercando di non dare fuoco all’intera tappezzeria. Non era abituato a fare alcunché senza l’intervento della servitù tuttavia, in un modo o nell’altro, riuscì nell’intento e dopo qualche istante s’inoltrò nel lungo corridoio, incespicando di tanto in tanto a causa della camicia da notte che gli si impigliava fra le gambe.
Percorse l’abitazione in lungo e in largo senza trovare traccia del robot e, ormai sfiduciato, stava facendo ritorno nella propria camera, quando all’improvviso, dietro un tendaggio damascato rimasto un po’ sollevato, scorse una porta in legno grezzo che intuì essere quella del famoso sgabuzzino. Da sotto la soglia proveniva una lama di luce e Pritch spense con un soffio il proprio lume, piombando nel buio. Allungò a tentoni la propria mano cercando la maniglia e, una volta trovatala, l’abbassò dolcemente, senza produrre alcun rumore, riuscendo poi ad infilare la testa nello spiraglio e vedere così Billie girato di schiena. La parte superiore del suo corpo era priva di abiti e stava con le spalle un po’ curve ed il capo chinato, ma Michael non riusciva a comprenderne il motivo, almeno finché l’androide non si voltò, causandogli un ansito strozzato.
Sul petto di Billie c’era una specie di cavità aperta, piena di fili, congegni ed organi pulsanti e vagamente rossastri, collegati da circuiti che mandavano bagliori elettrici. L’automa stava autoriparando quello che aveva tutta l’aria di essere uno stomaco. Pritch si scoprì affascinato nel vederlo trafficare e lo sentì borbottare qualcosa in merito a Miss Tender, che gli aveva sferrato una tentacolata piuttosto potente, dritta nel ventre.
Sarà il caso che mi decida a licenziare quella donna… Pensò il nobiluomo, mentre Billie dava un’ultima aggiustatina ad un polmone e richiudeva lo sportello, che si fuse perfettamente con la sua epidermide sintetica, senza lasciare alcuna traccia. Il robot fece una piccola smorfia e si sedette sull’unica sedia della piccola stanza, che non disponeva neppure di un letto poiché Billie non ne aveva necessità. Nonostante il bizzarro spettacolo a cui aveva appena assistito, però, quello che più di tutto stupì Pritch fu scorgere l’androide afferrare un libro, chiaramente proveniente dalla biblioteca di palazzo, ed iniziare a sfogliarlo come avrebbe fatto una qualsiasi persona. Di sicuro leggeva ad una velocità più che tripla rispetto ad un essere umano, e questo gli permise di divorare almeno un centinaio di pagine in pochi minuti d’orologio.
Tuttavia, dopo all’incirca un quarto d’ora, il conte iniziò a sentirsi congelare, fermo com’era in quel gelido corridoio con indosso solo una camicia leggera e, sbuffando, cercò di muoversi per riscaldarsi un po’. Purtroppo per lui, l’apparato auditivo del robot era estremamente sofisticato e quindi fu semplice per quest’ultimo registrare al volo i rumori, benché minimi, prodotti dall’inaspettato voyeur. In un attimo Billie posò il libro, si precipitò alla porta, la spalancò e Michael ruzzolò all’interno della stanza, visto che si stava sostenendo proprio al battente della stessa.
- Milord! - la voce di Billie era sorpresa e, che Dio lo perdonasse… pensò il conte, piacevolmente calda - Cosa ci fa qui, Lord Pritch? Desidera qualche servigio? –
Il biondo si stupì moltissimo di non percepire alcun doppio senso nella frase - cosa che, da un certo punto di vista, lo lasciò basito - e si lasciò aiutare da quelle braccia, fragili all’apparenza, ma in realtà realizzate in titanio.
- Sto bene, sto bene. Non mi serve nulla, io… Beh, controllavo solo che tu non avessi riportato conseguenze, dopo l’ennesimo attacco di Miss Tender - rispose, arrossendo appena.
Guardò verso il basso: Billie gli arrivava sì e no al mento e, con quegli occhi verdi ed i capelli neri senza brillantina, sembrava davvero un delicato ragazzino da proteggere. In verità, però, era un automa e lui non doveva dimenticarselo, anche se questa considerazione non pareva affatto spegnere il desiderio che iniziava a pulsargli incessantemente nei lombi.
- Vuole che la riaccompagni nei suoi appartamenti, signore? - riprese il robot, senza lasciare la presa delle sue mani, che erano inaspettatamente e piacevolmente tiepide - Prendo il lume e… -
Michael non ci pensò più di tanto: era troppo, troppo bello per lasciarselo scappare! Senza aggiungere verbo, chinò la testa e le loro bocche s’incontrarono in un qualcosa che aveva ben poco di artificiale ed, invece, molto di umano.

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Capitolo 5
*** Dispensario tecnologico ***


CAPITOLO 5 - Dispensario tecnologico




- E così lo hai baciato. Che il diavolo ti porti, hai una fortuna vergognosa. - bofonchiò Coole, aprendo il proprio giornale sul tavolino del Caffè, dove stava sorseggiando il tè in compagnia di Pritch - Giuro che vado anch’io da Moore e mi faccio costruire un robot così. -
Lord Pritch continuò a bere, assorto nei propri pensieri, agitando talvolta la tazza e facendo così ondeggiare la bevanda calda al suo interno. Alla fine si decise a rompere il silenzio mormorando - Beh, non è andata esattamente come pensavo, dopo. -
- Come, prego? Vuol dire che sei stato così idiota da tirarti indietro?! - sbottò l’amico, abbassando di colpo il quotidiano e fissandolo malamente - Lo sapevo, ci avrei giurato. -
Michael seguitò a fissare il liquido ambrato davanti a lui - In realtà è stato lui a tirarsi indietro. -
Edward rimase qualche istante inebetito - Stiamo parlando dello stesso automa? Billie, per capirci??! -
- Sì, esattamente. - replicò il biondo con un lieve sospiro - Mi sentivo piuttosto audace, lo confesso. Era da molto tempo che non provavo più un simile desiderio, ma quando ho tentato di portare la nostra conoscenza ad un livello un po’ più intimo, Billie è diventato improvvisamente così timido e si è mostrato tanto a disagio, da stringermi il cuore e convincermi a lasciar perdere. –
Lord Coole chiuse definitivamente il Times e lo ripiegò per bene, aggrottando le sopracciglia in un atteggiamento perplesso - Dunque, stiamo parlando di un robot. E’ inusuale che dimostri timidezza. Ti posso assicurare che le mie parti meccaniche sono tutto, meno che reticenti. -
- Billie ha una sua personalità, cosa che nessun altro androide possiede, tranne quello che vive con Moore. Sono due esseri unici, sono persone dentro un corpo fatto di metallo. - gli ricordò il biondo - E credo sia ora che Moore mi dia delle spiegazioni approfondite, in merito a questa faccenda. -
- Approvo, decisamente. Ciò non toglie che non abbia capito un accidente del tuo farneticare su androidi che in realtà non lo sono. –brontolò l’altro e Pritch sbuffò –Allora forza, andiamo direttamente dal costruttore a farcelo spiegare. -
I due si alzarono, lasciarono sul tavolo il denaro della consumazione ed uscirono dal Caffè, salendo sulla carrozza di Coole. Un colpo al tettuccio ed in breve furono in marcia, diretti ad Earl’s Court, dove l’ingegner Moore aveva il proprio laboratorio.
Fu un viaggio lungo, durante il quale i due nobili si scambiarono pareri in merito al carattere inusuale di Billie, argomento a cui, prima di allora, non avevano attribuito alcuna importanza, ritenendolo semplicemente un optional della versione de luxe.
- Tenendo conto di come si comporta abitualmente, sarebbe stato più logico che ti fosse saltato addosso come un satiro, non che si ritraesse come una timida verginella. - argomentò Edward, gesticolando con le proprie mani mezze umane e mezze metalliche.
Pritch annuì - Inoltre è piuttosto vendicativo… lui e Miss Tender passano il tempo a tendersi trappole. Secondo mie precise disposizioni dovrebbe girare alla larga dalla governante ed invece ho il fondato sospetto che abbia addirittura ordito un complotto con la cuoca, per farla fuori. Ho sempre il terrore di ritrovarmi nel piatto i tentacoli di Miss Tender in salamoia! -
L’amico scoppiò in una risata sguaiata, battendo un piede sul pavimento - Ahahahah! Di certo non si può dire che manchi di spirito! E’ una vera disdetta che sia soltanto un ammasso di fili e circuiti, rivestiti di pelle artificiale… sarebbe stato uno splendido essere umano. -
- Già… - sussurrò nostalgicamente il biondo, alitando contro il vetro della carrozza ed appannandolo.






Giunti a destinazione, i due nobili vennero accolti da Miss Bascombe, la governante di Benedict Moore, l’inventore.
- Mr. Moore vi raggiungerà a breve, signori, vogliate attendere in salotto. - La donna fece loro strada, facendoli accomodare ed allontanandosi poi per chiamare il proprio datore di lavoro, che ben presto comparve sulla soglia seguito da Tristan, il suo automa.
- Lord Pritch, non voglio indietro Billie neppure per tutto l’oro del mondo, e non mi convinceranno nemmeno le sue minacce di farmi incatenare nelle prigioni della Torre di Londra. - esordì questi senza tanti preamboli, mettendo così in chiaro la propria posizione.
- A dire il vero, siamo qui solo per chiedere maggiori informazioni riguardo al suo comportamento. -
Edward tossicchiò elegantemente, facendo cenno all’amico di continuare.
- Il suo umore è mutevole. - proseguì Pritch - Per una serie di… circostanze che non starò qui a specificare, Billie ha smesso di comportarsi come una sfrontata cocotte, per assumere un atteggiamento diametralmente opposto. -
Tristan si portò una mano alla bocca ed emise una risatina, nonostante la propria natura robotica - Mr. Moore, Lord Pritch ha provato a portare Billie nelle proprie stanze. -
- Tristan! - esclamò Benedict, arrossendo furiosamente - Non dire certe cose! -
- Conosco Billie. - continuò pigramente l’automa - Ed è l’unico motivo per cui farebbe una cosa del genere. Io stesso l’ho fatto con voi, la prima volta. E vi ricordo che dopo non avete avuto di che lamentarvi. – concluse con tono ironico.
I due nobili spalancarono la bocca dallo stupore, mentre l’inventore arrossiva fino alla punta delle scarpe e si passava una mano sul volto, nel tentativo di nasconderlo.
- Beh, però ha ragione. - Michael soffiò quella frase quasi pigolando e sul volto di Tristan apparve un sorrisetto vittorioso.

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Capitolo 6
*** Sesto senso fra ferraglie ***


Capitolo 6 - Sesto senso fra ferraglie


- Dunque, fatemi capire. - sbuffò Benedict, mentre Tristan mesceva del tè per tutti - Voi non volete che io riprogrammi Billie. -
- Esattamente. - rispose Pritch –Infatti ho ormai compreso come la sua natura bizzarra non sia dovuta ad un difetto di fabbricazione. Tuttavia è proprio per questo motivo che non posso fare a meno di chiedervi: Cosa diamine c’è dentro il mio robot, che lo rende così diverso da tutti gli altri?! -
- Ssshh… Non è il caso di alzare la voce. - lo redarguì Coole, agitandogli sotto il naso un dito metallico.
Tristan tossicchiò discretamente - Se mi permettete di parlare… -
- Fa’ pure. - concesse l’ingegnere, sorridendogli appena.
L’automa si sedette accanto a quest’ultimo, fissò intensamente gli ospiti ed esordì con tono pacato - So che stenterete a crederlo, ma… io e Billie non siamo dei veri androidi. -
- Dio del cielo! E cosa sareste allora?! Folletti? Elfi? Ho visto io stesso cosa ci sia all’interno di Billie: fili elettrici. Cavetti, circuiti e basta. – intervenne Pritch con fare agitato.
- No, no. – L’interruppe Tristan versando altro tè - Non in quel senso, Milord. Ora cercherò di spiegarmi meglio… Prima di venire al mondo, la nostra essenza non è altro che spirito, immerso in una sorta di Limbo. Chi è più fortunato è destinato a nascere ed a vivere in un vero corpo, umano o animale che sia. Altri invece, come me e Billie ad esempio, non sono destinati a prendere vita. –
- Tutto questo mi puzza di demoniaco. - borbottò il biondo, ma Coole gli diede una gomitata - Sta’ zitto e fammi sentire. E’ molto meglio che al Club. -
- Stavo dicendo – riprese pazientemente Tristan - Che ci è dato di osservare il mondo, ma non di farne parte. Personalmente non ho mai incontrato Billie nella mia esistenza da Osservatore, però ricordo di essermi aggrappato con tutte le forze al desiderio di vivere, fosse pure in un corpo non umano, come questo. –Con un gesto elegante indicò la propria figura, sorridendo. - Billie deve aver deciso di prendere possesso del proprio corpo metallico, mentre spiava me ed il padrone testare le molle del materasso, e di sicuro… -
- TRISTAN! - esplose l’inventore, mettendogli una mano sulla bocca.
I due ospiti si guardarono un po’ a disagio, dubbiosi di aver afferrato del tutto quel concetto così metafisico, ma il robot si liberò dalla stretta di Benedict e continuò –La nostra essenza è più forte del programma che abbiamo in dotazione e per questo possiamo modificarlo a nostro piacimento, ciononostante siamo condannati ad una vita di servitù. Siamo capaci di amare davvero eppure, se abbiamo la fortuna di essere ricambiati, dobbiamo trascorrere i nostri giorni sapendo che, mentre noi vivremo per sempre, eternamente giovani, colui o colei che amiamo sarà destinato ad invecchiare ed a morire, lasciandoci soli. In fondo non si può dire che questa nostra diversità sia proprio una gran fortuna – terminò Tristan con un sospiro.
Benedict lasciò lentamente la presa sul proprio automa, che si girò e gli strinse un ginocchio con affetto.
Pritch serrò le palpebre, più colpito dall’intensità di quelle ultime frasi, che da tutto quello sproloquio sugli spiriti erranti.
Edward inclinò la testa di lato - E tu cosa farai quando Mr. Moore morirà? -
Tristan rispose con un’alzata di spalle - Non vedo perché dovrei continuare il mio ciclo vitale. Basterà disattivarmi ed il mio spirito si riunirà al suo. Tutto qui. -
- Vorrei andarmene. - Michael si alzò in piedi di colpo, nauseato - Ora che ho compreso, se permettete, vorrei tornarmene a casa. -
- Certo, Milord. - sussurrò l’ingegnere – Ma se mi permette un consiglio…ecco, se mai dovesse iniziare a voler bene a Billie, passi con lui più tempo possibile. Anche se fatto di ferro, è una persona. -
Il biondo annuì a disagio e si rimise il cappello in testa, imitato da Edward che gli si affiancò discretamente. Una volta indossati anche i soprabiti, salutarono i loro anfitrioni ed uscirono dall’abitazione, risalendo sulla carrozza elettrica che li attendeva nel cortile.
Una volta in viaggio, Michael si chiuse in un ostinato mutismo che perdurò finché Coole, annoiato, nn lo interruppe chiedendo – Insomma, si può sapere cos’hai? Sei teso come una corda di violino! -
- Teso? TESO dici?! - esplose il conte Pritch - Ma ti rendi conto o no di ciò che è venuto fuori dai discorsi di quell’androide?! Spiriti, essenze incorporee, Osservatori… automi capaci di amare, disattivazioni volontarie e Dio solo sa cos’altro! Io non posso credere a tutti questi farneticamenti! –
- Eppure, a pensarci bene, credo sia proprio la spiegazione più sensata. – Edward si scostò la giacca e, da una tasca interna, trasse la scatola delle sigarette per poi accendersene una.
- Logica?! Mi dici come fa ad essere logica? Billie non è altro che un’anomalia! – ringhiò l’altro, accettando una delle sigarette e trafficando nervosamente con il fiammifero per darle fuoco.
Coole gli sbuffò il fumo direttamente in faccia – Allora, quando sarai rientrato a casa, afferra il tuo robot e violentalo. Ah… e già che ci sei, fagli presente che lo stai facendo perché lui è soltanto una dannata anomalia. Non credo dovrebbe offendersi, di fronte ad una simile affermazione…in fondo non ha un’anima, è semplicemente un oggetto di tua proprietà. -
- Non ci penso nemmeno! - esclamò l’amico inorridito - Non farei MAI una cosa simile a Billie! -
- Ti ricordo che, secondo il tuo ineccepibile ragionamento di poc’anzi, Billie non è una persona ed è quindi inutile che tu abbia tanti riguardi verso di lui. - Edward aspirò l‘ennesima boccata di fumo e Pritch serrò la mascella con violenza.
- Però lui…lui è… speciale. –smozzicò a capo chino - Non gli farei mai del male. -
- Beh, mio caro, sappi che gliene stai facendo con i tuoi discorsi meschini ed egoistici. Ed ora ti auguro una buona giornata, io scendo qui. - Erano arrivati nella zona dove sorgeva la residenza di Coole che, con un colpo di bastone, fece fermare la carrozza per poi scendere, in un gran turbinio di mantello. Quando fu a terra si voltò verso Michael e mormorò - Dai una possibilità a te stesso ed a quell’ammasso di fili. Sono certo che non ne rimarrai deluso. -
- E tu come fai a saperlo? - Mike si affacciò al finestrino, guardandolo male, ma Edward sorrise sibillino.
- Chiamalo sesto senso fra ferraglie. - E dopo quella frase enigmatica, si allontanò.

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