L'ultimo nome

di Ulisse85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'eterna notte - parte prima ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - La Casa Bianca ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Giornalisti, notizie.. un'altra morte. ***
Capitolo 4: *** L'eterna notte - parte seconda ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 - Antonella ***
Capitolo 7: *** L'Eterna notte - Parte Terza ***
Capitolo 8: *** Capitolo 5 - Acqua e morte ***
Capitolo 9: *** Capitolo 6 - un albero secolare ***
Capitolo 10: *** L'Eterna notte - Parte quarta ***
Capitolo 11: *** Capitolo 7 - Eutanasia ***
Capitolo 12: *** Capitolo 8 - Rivoluzione epocale ***
Capitolo 13: *** L'Eterna Notte - Parte Quinta ***
Capitolo 14: *** Capitolo 9 - A casa di Ettore ***
Capitolo 15: *** Capitolo 10 - L'articolo misterioso ***
Capitolo 16: *** Capitolo 11- Pena di morte ***
Capitolo 17: *** L'Eterna Notte - Parte sesta ***
Capitolo 18: *** Capitolo 12 - Relativismo morale ***
Capitolo 19: *** Capitolo 13 - Ancora ***
Capitolo 20: *** L'Eterna notte - parte settima ***
Capitolo 21: *** Capitolo 14 - Pena di morte e vendetta privata ***
Capitolo 22: *** Capitolo 15 - Il filo di Ettore ***
Capitolo 23: *** L'Eterna notte - parte ottava ***
Capitolo 24: *** Capitolo 16 - Occhi che non sanno sorridere ***
Capitolo 25: *** Capitolo 17 - Nuotando tra i pensieri ***
Capitolo 26: *** Capitolo 18 - Tabulati telefonici ***
Capitolo 27: *** Capitolo 19 - Se telefonando + L'Eterna Notte - Parte Nona ***
Capitolo 28: *** Capitolo 20 - Il predicatore ***
Capitolo 29: *** Capitolo 21 - coincidenze ***
Capitolo 30: *** L'Eterna notte - parte decima + Capitolo 22 ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'eterna notte - parte prima ***


La morte è la liberazione da tutti i dolori, il termine oltre il quale i nostri mali non possono andare, essa ci riporta alla tranquillità, in cui eravamo prima di nascere.

La morte non è né un bene né un male.

Infatti può esser bene o male solo ciò che è qualcosa: ma ciò che non è nulla in sé, e tutto riduce al nulla, non può procurarci nessuna conseguenza….

. È la morte… che fa sì che nascere non sia un supplizio.

..Io ti ho cara, o vita, proprio grazie alla morte.”

 

 

                                                                                         (Consolatio ad Marciam - Seneca)

 

 

 

L’ETERNA NOTTE

 

Notte del 4 gennaio

 

 

PARTE I

 

Era la morte.

Lo sapeva: era la morte che veniva a trovarlo nella sua buia e spoglia camera da letto.

Forse era venuto il suo momento.

A 81 anni appena compiuti - proprio quel giorno infatti, il 4 gennaio, compiva gli anni - la attendeva ormai con tranquilla serenità.

Si alzò lentamente a sedere sul letto, tossì e cercò qualcosa nel denso buio della sua camera.

Non voleva accendere la luce né muoversi: attese.

E qualcosa parlò.

Non era una voce reale, ma non era nemmeno solo un rumoroso pensiero nella sua testa.

Ascoltò.

non sono qui per te, non devi temere”

non ho paura” rispose rivolgendosi al buio.

Non capiva da dove provenisse la voce, era nella sua testa, era intorno a lui. Ma sapeva che era soprattutto in quell’ombra vicino alla porta.

In quell’angolo di buio più scuro e profondo della sola assenza di luce.

lo so. È per questo che ti ho scelto”

scelto per cosa?” questa volta tremò, c’era la fermezza più totale in quella voce.

Non avrebbe ammesso disubbidienze.

Ma d’altronde di cosa lo avrebbe potuto minacciare la Morte stessa?

Non era certo di volerlo sapere.

Il buio rimase in silenzio.

Poi…. “a suo tempo saprai”

Egli era abituato ad avere a che fare con la morte, ma non certo in prima persona.

Cosa doveva fare?

Era nella più totale oscurità.

Seduto sul letto, con le coperte tirate a coprire il proprio vecchio petto.

Poteva solo aspettare.

Il silenzio durò a lungo, anche i suoi pensieri erano sbigottiti, resi silenti dalla propria insufficienza di fronte a ciò che la mente umana non riesce ad afferrare.

Si ritrovò a chiedersi come mai all’ingresso della Grande Falciatrice non avesse provato quell’antico brivido alla schiena, che si dicesse ne portasse il vessillo.

“…il famigerato soffio gelido nasce dalla paura della morte, non dalla morte stessa.”

Era stata Lei a rispondergli, o i suoi pensieri gli avevano solo ricordato qualcosa che già sapeva?

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - La Casa Bianca ***


 

CAPITOLO I

 

Venerdi 7 gennaio

 

“….Vi prego perciò di perdonarmi. Siete per me stati una famiglia meravigliosa, mentre io per voi negli ultimi due anni non sono stato che un peso inerte. Vi chiedo scusa di tutto quello che vi ho fatto passare, e questi miei ultimi attimi, in cui sereno attendo la pace, li dedico a voi. Da domani voi smetterete di patire e preoccuparvi perché oggi io smetterò di soffrire.” Queste erano le ultime righe del testamento fatto da Michele de Giovanni prima di passare a miglior vita, righe che i suoi familiari hanno acconsentito venissero pubblicate perché ritengono traccino del defunto un’immagine realistica, e aggiungo io, affettuosa. Spesso si parla di eutanasia, se sia giusta o meno. Talvolta c’è chi trova il coraggio di farla finita da sé, perché si sente ormai un peso. Ma non pensa che il posto di quel peso sarà preso da un gran vuoto lasciato nel cuore dei suoi cari.

 

Ettore Anselmi

 

 

Marco aveva riletto per la terza volta l’articolo del giornalista.

Era davvero ben scritto, distaccato ma con una certa sensibilità.

Probabilmente il suo autore, questo Ettore Anselmi, doveva essere una brava persona.

Marco era da sempre convinto che fosse possibile capire molto della natura reale di una persona da quanto scriveva, e non tanto dal contenuto quanto dalle tracce del proprio sé che ognuna lascia nel modo di scrivere.

Visto che ormai si era fatto un’idea della persona con cui avrebbe lavorato al giornale richiuse il ritaglio con l’articolo e lo infilò nella tasca laterale dei jeans. Anche perché a leggere in taxi gli era venuto un inizio di mal d’auto.

Per fortuna mancava poco alla “Casa Bianca”.

Sorrise al pensiero di stare per entrare in quell’edificio dal nome altisonante.

Ma non si trattava di quella americana.

Casa Bianca” era il soprannome dato all’imponente edificio del giornale: “L’Orizzonte”.

Il traffico per arrivare al giornale si era fatto via via minore, tanto più si allontanavano dal centro di Roma. Qui alla periferia est della capitale, era come stare alle porte del mondo, con tutto a portata di mano, o di auto, ma senza il vorticoso caos della gran città.

Il taxi si fermò. Marco pagò il dovuto e scese.

Si sistemò lo zainetto verde e nero sulla spalla, si sistemò il giubbotto di jeans e cercò di orientarsi, intanto che il taxi si allontanava.

Era al centro di una piazza, dove c’era solo una fontana, di stile probabilmente barocco, che una volta doveva essere bianca, ormai completamente asciutta.

La piazza era circolare, ne partivano tre vie che fuggivano tra le case, verso quartieri più allegri. Al posto di una quarta via che avrebbe regalato una perfetta simmetria al tutto, c’era la “Casa Bianca”.

Guardandola capì il perché del soprannome: un pesante edificio bianco, per l’appunto, di un colore però spento e opaco.

Due grandiose e spoglie colonne fiancheggiavano l’entrata, alla quale si accedeva salendo sette grossi, e malandati, scalini.

Ma il suo sguardo si soffermò sull’albero a pochi passi di lui, che stava lì come un guardiano silenzioso della piazza.

Era spoglio, con i rami nodosi, come se ormai privato delle foglie cercasse di contorcersi vergognoso per coprire le proprie nudità.

...una volta era un bell’albero di ciliegio, ma ormai sono anni che non fiorisce più”

Marco si girò e notò solo ora che quasi insieme a lui era arrivato un uomo di circa 45 anni, abbastanza in carne, dalla faccia cordiale.

Questo gli porse la mano: “Ettore Anselmi”

Marco rispose di riflesso al gesto e alle presentazioni, realizzando solo un paio di secondi dopo chi avesse di fronte.

Il giornalista lo tolse dall’imbarazzo: “Sapevo che dovevi arrivare oggi, complimenti per il tempismo: non mi hai costretto ad aspettarti.”

E intanto che parlava cominciò a salire i gradoni, seguito da Marco.

Continuando a parlare entrarono alla Casa Bianca.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Giornalisti, notizie.. un'altra morte. ***


CAPITOLO 2

 

Giovedì 13 gennaio

 

“….mi sono informato un po’ su di te…cioè ho letto il tuo curriculum, niente male direi...”

Anselmi, parlando, scorreva mentalmente il fascicolo sul ragazzo… “..una cosa non capisco: prima ti sei laureato in filosofia, e ora stai percorrendo il cursus honorum per diventare giornalista…?”

Marco sorrise alla definizione della carriera giornalistica, e cercò una risposta plausibile ad una domanda che si poneva spesso anche da solo, ma quando stava ormai per tentare di eludere la domanda, una voce chiamò Ettore.

Si affrettarono ad entrare in una stanza dove un signore imponente di una certa età con occhiali dalla pesante montatura li attendeva già con il braccio teso verso di loro e un fax in mano.

Quando Ettore entrò, seguito a pochi passi da Marco, spiegò: “...è il secondo in poco più di una settimana”.

Anselmi lesse il foglio mentalmente.

In quei due o tre minuti di silenzio che seguirono, Marco osservò la disordinata stanza piena di foglietti attaccati con ogni mezzo, un po’ ovunque: con lo scotch sul muro, con le puntine su una enorme lavagnetta di sughero di cui ormai la presenza si intuiva solamente, ai bordi della scrivania. Dovunque.

Ettore intanto stava rileggendo per la seconda volta il testo.

Prima che il silenzio si facesse troppo imbarazzante, il giornalista si riscosse e presentò il ragazzo del cui arrivò il direttore era in ogni caso informato da tempo, avendolo autorizzato lui.

Inoltre il giornale non era la prima volta che permetteva a dei ragazzi di collaborare, in forma di stage, per qualche mese.

Era anche un modo per scovare qualche buon nuovo giornalista.

E soprattutto un modo per trovare qualcuno disposto a fare noiose ricerche su libri e internet e fornire materiale ben preparato ai giornalisti veri e propri.

Marco dopo l’imbarazzo iniziale si sentiva più a proprio agio, così chiese se potesse leggere anche lui il fax.

Anselmi sembrava titubante, ma il direttore alzando le spalle disse “due occhi in più sicuramente non fanno male...”

Ettore, pur titubante, passò il foglio al ragazzo.

 

Addio miei cari, figli miei. Da troppo tempo il destino mi ha lasciato in vita solo per togliermi la dignità. Da tempo non mi sento più un uomo, da troppo tempo…avrei tante volte voluto avere il coraggio di dire basta. Ma la volontà non basta quando questa muove la mano contro il più antico degli istinti. Ma qualcosa di superiore mi muove ora. Perciò perdonatemi se vi abbandono, tra poco mi ricongiungerò con la vostra amata madre. Addio.

Nicola Biago”

 

Questo è la lettera d’addio trovata vicina al corpo senza vita di Nicola Biago, deceduto nella notte fra il 12 e il 13 gennaio nella sua casa alla periferia di Roma….”

 

e poi continuava con indirizzo e simili.

Probabilmente quando ha detto che era il secondo in pochi giorni il direttore si riferiva all’articolo di Anselmi che Marco aveva in tasca.

“…lo hai già detto a qualcuno?” chiese Ettore

no… vabbè a parte a Lucio, si intende. L’ansa con la notizia della morte mi è arrivata sul portatile stanotte e così ho telefonato a Lucio per dirgli di inserirlo nell’elenco, per fortuna era in ritardo con la messa in stampa e ha fatto in tempo ad inserirlo. Ma era qui da solo, non credo che lo abbia detto a qualcuno: era troppo occupato a mandare in stampa il giornale ed evitare ritardi.”

ok… perché vorrei scrivere io l’articolo sul decesso”

come mai…non è una notizia granchè rilevante… non ti posso mandare certo in prima pagina con quella…”

non è quello il punto: credo che ci sia un nesso con la morte precedente”

mmm… a proposito, la polizia ha promesso che domani ci farà avere i risultati” il direttore fece un gesto della mano a sottolineare la sfiducia verso la tempistica di tale comunicazione,

non credo che faranno analisi granchè approfondite …. È palesemente suicidio. Sono entrambi suicidi”

si ma causati da cosa? Su questo stanno indagando.”

scusate – intervenne Marco – probabilmente.. beh... ci avranno già pensato, ma è stata fatta la perizia calligrafica sulla lettera d’addio? Cioè insomma… tanto per essere sicuri l'abbia scritta il defunto...”

hai capito il novellino…. Ettore, direi che nella indagine per l’articolo, potresti farlo partecipare…”

perché no…” Ettore diede una pacca sulla spalla al ragazzo, e piegando automaticamente il fax se lo mise in tasca, intanto che uscivano dalla stanza.

Mi dispiace che tu venga accolto da notizie così tristi… comunque per adesso non pensarci, intanto che raggiungiamo il mio studio ti faccio un panoramica del giornale e dei suoi prodi giornalisti…”

Ettore aveva già riacquistato il sorriso e indicava a destra e a sinistra vari giornalisti, chi intento a scrivere al computer, chi a mano, chi aspettava stravaccato sulla sedia una qualche telefonata, qua e là delle sedie vuote lasciate da giornalisti “a caccia”… quello è Giorgio De Blini, si occupa di tutti gli articoli di politica, quella è Lucia Bladique, è di origini francesi, ma sembra trasteverina per come parla, si occupa della pagina rosa...

quello è ….

quell’altro….

Marco, che non aveva mai avuto grande memoria per i nomi, già si è dimenticato tutti i nomi… o quasi… “quel Lucio di cui parlavate prima?”

ah, Lucio Noscheri… si occupa di controllare che tutto sia in ordine prima della messa in stampa, e poi preme il fatidico bottone, quello che avvia la stampa, che è tutta automatizzata”

ma perché prima il direttore ha detto che la notizia del decesso …”

ah si, perché il giovedì pubblichiamo anche la pagina dei necrologi di Roma….non è un compito allegrissimo: la stila Lucio, poi la inserisce nel computer che la stampa nell’apposito spazio che una volta alla settimana lasciamo all’ingrato compito….ah, ecco il mio ufficio: ti piace?”

Era identico al precedente e, ammesso che fosse possibile c’erano ancora più foglietti attaccati in ogni angolo di muro, chissà magari qualcuno era attaccato persino con un chewingum…. A Marco veniva spontaneo chiedersi se un giorno sarebbe entrato anche lui nel tunnel del disordine, e se questo fosse indispensabile per fare il giornalista.

“…molto giornalistico” commentò però diplomaticamente.

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Capitolo 4
*** L'eterna notte - parte seconda ***


Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto.

Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare.”

 

( Pensieri – Pascal)

 

 

 

L’ETERNA NOTTE

 

Notte del 4 gennaio

 

 

PARTE II

 

Voi uomini siete creature insensate. Sperate nelle cosa buone e negate a voi stessi quelle che reputate negative. Per millenni mi avete insultata, negata, odiata, talvolta fuggita, altre combattuta. Qualcuno di voi mi ha osannata, altri mi hanno addirittura invocata. Ma sempre mi avete temuto.”

Incredibilmente in quelle parole c’era…. si, era un lieve disprezzo, misto a gelida ironia e compatimento.

Ma era senz’altro vero, ogni parola.

Gli uomini rifuggono dalla morte perché hanno paura della Fine…

“… ne avete paura perché non riuscite a comprenderla. Porto con me concetti al di sopra di voi – Ella aveva continuato i suoi pensieri, quindi non c’era bisogno nemmeno che egli parlasse? - la fine, l’eterno…”

Ma stavolta rispose, parlando lentamente come la Morte stessa aveva fatto. “so che per molti è così, ma alcuni di noi hanno compreso che Tu ci sei perché sei necessaria: come il buio per conoscere la luce, tu sei necessaria alla vita”

Le sue parole riecheggiarono nel vuoto buio.

Aveva osato troppo a parlare?

Era forse quello un silenzio stizzito, offeso da tanta insolenza?

O forse stava riflettendo su come dialogare con un qualsiasi mortale, con un altro fiore che un giorno avrebbe strappato una volta appassito?

O forse la Morte, semplicemente, non aveva fretta.

Il vecchio guardò la sveglia che lampeggiava pigra sul mobile accanto a lui.

Segnava le 3.03 di notte.

Un soffio di vento scosse le persiane, egli tirò più a sé le coperte.

Tossì di nuovo.

Si ritrovò a pensare che probabilmente lui e la Vecchia Signora si sarebbero incontrati spesso in quel periodo. Sghignazzò fra sé e sé.

Avere un pensiero così stupido in un momento simile… il suo sorriso era più tensione che altro. Ma gli si gelò sul viso…

“…su questo hai ragione.”

Non c’era ironia nella Sua voce.

Stava constatando un fatto.

ma stasera sono qui solo per parlarti. E per donarti qualcosa.”

Egli adesso tremava leggermente: non aveva paura della morte.

Quella era la fine, e a lui non dispiaceva di vedere finalmente arrivare la fine.

Ma qualcosa di sconosciuto, di imprevisto era venuto a trovarlo quella sera.

Stava per ricevere un dono da Colei che tutto rende nulla.

E per di più voleva parlare con lui.

Guardò nervosamente la sveglia, ne cercò ansioso il lampeggiare. Come nell’infantile illusione che la sua salvezza, -salvezza da che cosa poi?- fosse nelle poche ore che lo separavano dall’alba.

La sveglia segnava le 3.03.

Ancora.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Giovedì 13 gennaio

 

“...perché se ne vuole occupare?” Marco da un po’ si era fatto l’idea che Anselmi avesse fiutato qualcosa di grosso dietro a quei due, probabili, suicidi.

Ettore stava spostando un po’ di materiale accatastato su un tavolinetto, che, liberato dal peso, riemerse come un subacqueo da una profonda immersione e ritornò a vedere la luce: sarebbe diventato per qualche mese la postazione di Marco.

Prima di tutto dammi del tu, non avremo un rapporto docente - allievo, ma saremo in un certo senso colleghi. Secondo….accomodati…– accompagnò le parole con un ampio gesto, come se stesse invitando il ragazzo ad accomodarsi in una stanza lussuosissima- e terzo, semplicemente ci tengo a che i due suicidi vengono trattati con un po’ di … insomma, a modo… a modo mio…. E chissà, il mio istinto mi suggerisce di seguire la cosa”.

Marco stava riflettendo sulle parole del “collega”, intanto che sistemava ordinatamente un astuccio e un blocco sullo spazio di tavolino.

Una sistemazione simbolica, come a segnare il territorio.

“…e poi - aggiunse Ettore - le due persone che sono morte, sono abbastanza in vista a Roma, sono, come dire, gente della cosiddetta Roma-bene, sai alta borghesia. Quindi non li si può trattare come due suicidi qualsiasi, non per altro… ma perché avranno una discreta risonanza come eventi..”

capisco… ma quindi mi farà.. cioè mi farai partecipare lo stesso all’articolo?” chiese speranzoso, ripensando alle parole del direttore

certo, prima dobbiamo decidere il taglio da dare al pezzo, poi lo stenderemo insieme e il tuo esordio al giornale avverrà secondo tradizione…”

Il nuovo arrivato era perplesso: “quale tradizione?”

Ettore si aspettava che non lo sapesse: “… a L’Orizzonte c’è l’usanza che ogni nuovo giornalista esordisca con un articolo in “comproprietà” con un reporter più affermato, mettendo, accanto alla firma già conosciuta di questo, le proprie iniziali.”

Marco non era al corrente di questa tradizione… sorrise e fece cenno di aver capito.

Il collega-più-affermato lo invitò a sedersi: “allora qualche idea?”

beh.. per coerenza con quello precedente proporrei di iniziare l’articolo con un estratto della lettera di addio..”

vedo che hai letto uno dei miei ultimi pezzi… comunque, si, ci avevo pensato anch’io, poi però mi manterrei sul distaccato..”

si, potremmo riportare la notizia, citando per inciso il precedente… e mettere qualche parola di velata condoglianza, magari…”

Ettore annuì ma aggiunse: “velata e non retorica… oggigiorno è pieno di persone che usurpano il nome di giornalisti, e vanno in televisione a costruire castelli di retorica e ad intervistare i parenti delle vittime chiedendo … da arrestarli..”

Anche Marco era infastidito da quegli atteggiamenti, ma Anselmi sembrava prenderla molto sul personale, probabilmente per rispetto verso il giornalismo, quello serio, inteso come informare le persone di qualcosa.

vorresti mettere anche qualche perla filosofica sul suicidio?”- tornò a sfottere Ettore

no, meglio di no. Non ho mai visto molto di buon occhio il suicidio, e non mi va di suscitare il risentimento di persone che hanno appena perso qualcuno … oltretutto con il mio primo articolo.”

Anche Ettore era d’accordo: “Visto che abbiamo pianificato… all’opera!”

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 - Antonella ***


Venerdì 14 gennaio

 

Dopo appena una settimana da un grave lutto, è già ora di piangere una nuova perdita: quella del noto imprenditore Nicola Biago. Questi è deceduto nella notte fra il 12 e il 13 gennaio, nella sua casa di campagna, per cause ancora sconosciute. Una lettera rinvenuta accanto al corpo sembra avvalorare l’ipotesi del suicidio. L’imprenditore era rimasto gravemente ferito, già due anni fa, in un grave incidente, in cui aveva perso la vita sua moglie. Le conseguenze dell’incidente lo avevano costretto su una sedia a rotelle e alla assistenza continua di due infermieri. La sua situazione sembra essere una delle cause scatenanti del suicidio. Le sue ultime parole sono rivolte ai figli: “…addio miei cari, figli miei. … perdonatemi se vi abbandono, tra poco mi ricongiungerò con la vostra amata madre.

 

Ettore Anselmi; M.B.

 

 

Sia Ettore che Marco stavano rileggendo l’articolo: “un buon esordio, direi”

Il ragazzo rispose con un sorriso di ringraziamento.

Era da tempo che sperava di riuscire a scrivere qualcosa sul giornale, ma di certo non si aspettava di scrivere il suo primo pezzo così presto.

Ma la politica del giornale era quella di far rompere subito il ghiaccio ai giovani giornalisti. E soprattutto era la politica di Ettore.

Egli aveva dovuto fare molta gavetta prima di scrivere due righe sul giornale dove lavorava da giovane. Non riteneva una politica intelligente quella di non dare spazio ai nuovi. Il preconcetto per cui uno poteva avere diritto di fare tante cose solo dopo un sacco di anni di apprendistato lo trovava spesso nocivo.

Più svariate fossero state le età dei giornalisti, dei politici e di tutte le persone economicamente e socialmente attive e più punti di vista differenti sarebbero entrati nel confronto.

Marco si stava ancora crogiolando nel rileggere il proprio articolo, quando arrivò il Direttore.

Questi entrò senza bussare e dopo un veloce “congratulazioni…bravo” rivolto al ragazzo passò a quello che aveva da dire e che gli premeva dire: erano arrivati i risultati delle analisi effettuate sul primo decesso, quello di Michele de Giovanni.

L’analisi grafologica ha confermato che la lettera d’addio è stata effettivamente scritta di suo pugno.. insomma è opera sua…”

Ettore fece cenno come a dire : ovvio … ce lo aspettavamo.

..ma una cosa strana c’è ” continuò il direttore “non si capisce quale sia la causa del decesso”

Marco ed Ettore si scambiarono uno sguardo perplesso: “che vuol dire?”

Il direttore cercò di riportare in poche semplicistiche parole la questione: “è come se avesse semplicemente smesso di vivere…”

cioè gli si è fermato il cuore” provò Marco,

.. ma non sanno perché ?” rincarò Anselmi.

Il direttore cercò di spiegare un qualche cosa che la scientifica gli aveva spiegato, ma che nemmeno lui era sicuro di aver capito: “no. Non si è fermato un organo causando il blocco degli altri come nel caso di infarto. Tutto in lui si è spento simultaneamente, come un telefono cellulare a cui si levi la batteria. La vita ha cessato di scorrere in lui e basta..”

Finendolo di dire si sentiva quasi più perplesso lui dei due che lo stavano ascoltando. Intanto ognuno dei due stava pensando ad una osservazione o anche una domanda intelligente da fare.

Ma la questione era contemporaneamente semplice ed incomprensibile.

Se nei ragionamenti teorici si poteva sempre trovare una risposta, se la scienza affermava che qualcosa era inspiegabile, si doveva chinare il capo.

Un silenzio imbarazzante sembrava sottolineare l’aria chiusa dello studio.

Comunque Ettore concluse che era inutile scervellarsi sulla questione.

Allora decise di portare Marco da Antonella per fargli imparare una cosa nuova: come funzionava l’archivio dati del giornale.

Sarebbe stata un’esperienza piacevole per il ragazzo. Sorrise al pensiero.

Quindi invitò Marco a seguirlo ed andarono in sala informatica, dove, come in ogni venerdì pomeriggio che si rispetti, c’era solo chi era obbligato ad esserci: Antonella Sifisi.

Sala informatica” era una definizione pomposa per indicare uno stanzone con 4 computer, 2 dei quali si potevano ritenere gli antenati dei computer moderni. Ma dentro nascondevano una potenza insospettabile: avevano la scheda madre e video “truccate”, ed usandoli si notava subito.

La stanza era molto alta, come tutte quelle della Casa Bianca.

D’altronde c’era solo quel piano, sopra una soffitta, che fungeva da magazzino, e sotto la sala stampa.

Questa di giorno rimane va chiusa. Poi quando tutti se ne andavano casa, arrivava Lucio che chiudeva le altre porte ed andava di sotto a premere il “sacro bottone della messa in stampa”.

Antonella era seduta all’ultimo computer, quello vicino al termosifone.

Era sempre molto freddolosa. Ma quest’anno aveva ragione: faceva veramente un freddo glaciale.

Anselmi fece le presentazioni.

Quindi si congedò: doveva fare qualche telefonata e poi fra due ore era finita la settimana lavorativa e avrebbe potuto godersi un week-end con la sua famiglia.

Quindi diede appuntamento al ragazzo a lunedì e si allontanò.

Marco non ne era dispiaciuto: Antonella sembrava simpatica, e non avendo niente da fare, bendisposta a spiegargli quello che aveva bisogno di sapere sull’archivio dati de L’Orizzonte.

..come mai a 25 anni stai ancora finendo i corsi per diventare giornalista?” chiese lei mentre caricava il programma.

perché prima mi sono laureato in filosofia… tu invece?”

io ho finito da un pezzo.. “ sorrise

si questo lo immaginavo – Marco temette di aver formulato male la frase , sembrava voler insinuare che fosse vecchia, quindi aggiunse - visto che già lavori al giornale, ma intendevo: in cosa sei laureata?”

scienze della comunicazione” rispose lei, senza staccare gli occhi dal monitor.

Che si fosse urtata? Poi girandosi verso Marco… “scusa la lentezza, ma è un po’ sovraccarico il programma.” Solo adesso notò che stava seduta con le gambe incrociate nonostante la sedia girevole e i jeans stretti.

Quindi la ragazza si stirò all’interno del suo largo e comodo maglione grigio chiaro con sopra ricamato un fiore viola… e disse “comunque guarda che ho solo 32 anni”.

Marco si aspettava quella precisazione, e sorrise imbarazzato.

Lei finì di stirarsi, così Marco ebbe modo di notare che non indossava né orecchini ne braccialetti, solo uno di corda, di quelli che si regalano per farsi ricordare.

Un bip.

Il programma era riuscito nella titanica impresa di partire. Quindi si misero all’opera… o meglio lei si mise a illustrarne in stile guida turistica il funzionamento, mentre Marco cercava di carpire ogni parola ma anche ogni movimento di quella graziosa 32enne.

Le due ore di lavoro rimaste passarono in modo estremamente veloce.

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Capitolo 7
*** L'Eterna notte - Parte Terza ***


 

Notte del 4 gennaio

 

PARTE III

 

Come vedi non ho motivo di avere fretta.”

Stavolta era quasi divertito il suo tono.

Egli rassegnato chiese di cosa volesse parlare… di cosa potessero mai parlare!

siete sempre tutti pieni di infinite domande, a cui cercate di rispondere affannosamente da soli… ma la vostra mente diventa davvero così vuota e le vostre labbra serrate quando potreste ottenere delle risposte”

Avrebbe voluto contestare, portare motivazioni al proprio silenzio: era sorpreso, spaventato, talmente prossimo alla fine che tanto valeva aspettare la “sorpresa”… ma Ella aveva ragione: gli uomini si fanno tante domande proprio perché sono sicuri e tranquilli che non otterranno una risposta.

Passate metà della vostra vita a fare domande e l’altra metà a sfuggire le risposte.”

La verità fredda e lucida, presentata così schiettamente, lo fece sentire tremendamente meschino, allora decise di riflettere a lungo.

La Morte gli lasciò il tempo di radunare le idee.

Trascorsero lunghi minuti in quel profondo buio rotto soltanto dal respiro affannoso di un ottantunenne e dalla fioca luce di quell’immobile 3.03 sulla sveglia.

ci sono delle risposte da cercare?” chiese infine.

finchè ci saranno degli uomini, ci saranno delle risposte perché ci sarà chi porterà in sé delle domande.”

ti vorrei chiedere molte cose… esiste un Dio? Quale religione ha ragione? O hanno tutte torto?…”

ma sai anche che molte risposte non riusciresti a comprenderle, i vostri occhi mortali non sanno sostenere né una luce così intensa né un buio tanto profondo quale quelli che dovresti affrontare nelle mie risposte”

Sapeva che era la verità, e gli tornarono alla mente le parole infuse di saggezza di tanti autori del passato.

E nei suoi studi di liceo classico trovò la chiave.

Si sarebbe dovuto accontentare delle briciole cadute dal grande tavolo imbandito della Verità.

E così per poter comprendere qualcosa chiese ciò che di più generico poteva: una luce fortissima poteva essere sostenuta se resa più fioca dalla grande distanza.

C’è un aldilà? ” , riuscì infine a chiedere.

La Morte rimase in silenzio di meno delle altre volte… aveva scelto bene il suo interlocutore. Infine rispose.

“….hai presente quei disegni che i vostri psicologi vi fanno vedere, quelle macchie di inchiostro che vi mostrano per poi chiedervi sempre cosa ci vediate? Beh, in fondo l’aldilà è un po’ come quelle macchie di inchiostro: ognuno è libero di vederci quello che vuole, ci sono i cristiani che ci vedono un tipo di paradiso, i musulmani un altro, i buddisti il nirvana, ognuno ci vede quello che vuole, e in fondo l’aldilà è proprio questo: nient’altro che una grossa macchia d’inchiostro.”

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Capitolo 8
*** Capitolo 5 - Acqua e morte ***


Domenica 16 gennaio

 

All that you can’t leave behind ’ degli U2 si insinuò piano piano nel sonno di Marco.

E lo portò al risveglio. Sulle ultime note era ormai desto.

Supino con le mani dietro la testa, fissava il soffitto del suo nuovo appartamento.

Il contratto dell’ultimo era in scadenza, quindi avrebbe dovuto comunque trasferirsi. Ma il dover lavorare a L’Orizzonte aveva condizionato la scelta della zona dove cercarne uno nuovo.

Era stato discretamente fortunato nel trovare quello.

Era solo uno stanzone, con un salotto munito di divano-letto, separato da un bancone dalla cucina, un piccolo bagno e basta.

Essenziale, ma, una volta che fosse stato ben arredato, adatto a lui.

Al momento era strapieno di scatoloni dove c’erano tutti i suoi vestiti, i suoi libri, cd, ecc.

Era da quando aveva 17 anni che viveva da solo. I suoi erano morti quando ne aveva 13, dopo qualche soggiorno da i parenti era andato a vivere da solo, grazie all’eredità, e all’aver fatto economia dei suoi averi.

L’università riusciva a portarla avanti con le borse di studio, quindi alla fine si trattava di far durare i risparmi un altro anno e poi sperava di trovare lavoro… magari proprio all’Orizzonte.

Si sentiva un po’ indolenzito ma rilassato per la bella dormita.

Nuotare gli conciliava sempre il sonno. Infatti l’unico lusso che si concedeva era andare il sabato in piscina per un paio d’ore. Era un buon nuotatore. E mentre si teneva in forma, “sciacquava i suoi pensieri”.

Molti gli chiedevano se non si annoiasse a fare centinaia di volte avanti e indietro in acqua. Ma l’andirivieni lo aiutava a districare i suoi pensieri, a definirli, a mettere ordine nella testa. Ne usciva sempre più rilassato.

E dopo cena, per la stanchezza crollava addormentato.

Però adesso doveva rimettersi in moto. Lavorando al giornale doveva sfruttare bene la domenica per studiare per gli ultimi esami, per diventare giornalista.

Mentre si preparava, cercò di riafferrare il filo dei suoi pensieri di ieri quando era crollato…. Prima di addormentarsi aveva sempre avuto utili intuizioni: quando andava al liceo era proprio mentre gli si chiudevano le palpebre che veniva folgorato dalla soluzione dei problemi di matematica. Per quelli di fisica invece non c’era proprio speranza. Nemmeno se si fosse riaddormentato centinaia di volte.

E infatti riuscì a riafferrare l’idea: “e se non si fosse trattato di suicidio, ma di qualcos’altro?…. per esempio di eutanasia?”

Riflettendoci bene, si rese conto che anche a livello razionale la cosa aveva un senso: la causa della morte era inspiegabile per il primo, e probabilmente lo sarebbe stata anche per il secondo, nel secondo testamento c’era scritto: –ma qualcosa di superiore ora mi muove-.

Certo si poteva intendere nel senso che ormai fosse la disperazione a muoverlo, o qualche simile senso figurato.

Ma se avesse voluto alludere a qualche aiuto esterno?

Certo lo avrebbe fatto in modo velato: così appunto. L’eutanasia è un reato in fondo. E un medico esperto probabilmente avrebbe saputo arrestare tutto l’organismo come per incanto.

E se magari Ettore avesse intuito qualcosa di simile e volesse per questo seguire il caso?

Glielo avrebbe chiesto l’indomani: ora doveva studiare.

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Capitolo 9
*** Capitolo 6 - un albero secolare ***


Lunedì 17 gennaio

 

Marco arrivò al giornale un paio di minuti prima di Ettore.

Si fermò di nuovo ad osservare lo spoglio guardiano dell’edificio.

Aveva qualcosa di inquietante ma non nel senso di evocare paura, ma di tristezza, di quella malinconia sconsolata di chi è solo e privo di speranza.

L’altro giorno gli era sembrato che i rami di quell’albero cercassero di coprire le proprie nudità lasciate dall’assenza di foglie.

Ma ora gli sembrava che fossero mani protese, come invocanti aiuto.

Pensandoci fece quasi inconsapevolmente un passo indietro.

E quasi si scontrò con Ettore che stava arrivando in quel momento, dopo aver accompagnato Matteo a scuola.

Ciao, scommetto che stavi osservando il vecchio albero…. Anch’io all’inizio mi ci soffermavo un paio di minuti a guardarlo, prima di entrare. È da quando io lavoro qui…quindi all’incirca 15 anni… che è così. Ma Lucio, che lavora qui da una vita, mi ha detto che una volta era splendido, coperto da migliaia di fiorellini bianchi… ma ormai…”

Poi mettendogli una mano sulla spalla, sospinse Marco verso l’entrata.

Una nuova settimana stava per cominciare.

hai studiato un po’ nel fine settimana?” chiese Ettore

si…si… ma ho anche pensato ad una cosa… sull’articolo”

dimmi tutto”

secondo me è un sospetto che ti è già venuto….” Marco era riuscito ad attirare l’attenzione del giornalista, “…forse non è suicidio, ma abbiamo per le mani un caso di eutanasia”.

Marco era deluso: Ettore rimase in silenzio.

Non che sperasse in una scomposta reazione di entusiasmo e ammirazione, ma quantomeno credeva che avrebbe commentato con approvazione.

Ma, da come Ettore pesò le parole, capì che il problema era solo che con un argomento così delicato Anselmi ci voleva andare con i piedi di piombo, e dire qualcosa solo se confortato da ulteriori prove: “il pensiero ammetto che mi ha sfiorato. Ma per ora è più plausibile il suicidio. Quindi visto l’argomento, per ora è suicidio.”

Marco aveva capito i termini della questione. Così accantonò l’argomento. Per ora.

speriamo di avere una settimana più tranquilla” disse quasi soprappensiero Ettore.

ma i giornalisti non dovrebbero sempre sperare che succeda qualcosa di eccezionale, così da essere i primi a dirlo e fare un bello scoop?!”, Marco era ironico, ma comunque era una domanda sensata.

non credi che siano un po’ tristi quelle persone che hanno bisogno di sperare che succeda qualcosa, anche di male, per sentirsi realizzate?”

Marco sorrise alla risposta. Anche lui sperava in una settimana tranquilla.

Ma sarebbe rimasta solo una speranza.

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Capitolo 10
*** L'Eterna notte - Parte quarta ***


Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,

Ultima dea, fugge i sepolcri; e involve

Tutte cose l’obblio nella sua notte; …”

 

 

( Sepolcri - Foscolo )

 

 

 

Notte del 4 gennaio

 

 

Il silenzio continuava a riempire la stanza e il buio a inghiottirne la vita.

Egli aveva freddo, ma non per la temperatura bassa, ma come per l’assenza di temperatura, della stessa idea di calore, scomparsa anch’essa nella vuota oscurità della sua interlocutrice.

Ma quel silenzio era attesa.

Attesa di nuove domande.

Egli aveva la possibilità di lenire la ferita dell’ignoranza umana attingendo proprio al buio, scoprire la vita attraverso la sua negazione.

Cercò un’altra domanda.

Forse per curiosità, o perché si sentiva in dovere di farne altre, o forse temendo una reazione indignata e … una punizione.

molti ritengono che tu abbia già stabilito quando …. venirci a trovare, indipendentemente da cosa facciamo… si dice che magari una potrebbe andare a lanciarsi con il paracadute per 20 anni in zone di guerra e poi magari morire scivolando nella vasca da bagno….”

Un soffio d’ironia percorso quell’angolo di oscurità: “mi stai chiedendo se il vostro destino sia già scritto o meno? È incredibile quante volte per dispute religiose su questo argomento abbiate reso il vostro destino peggiore di quello che non potrebbe essere… guerre, odi, stragi, lotte”

quindi siamo noi a deciderlo? O perlomeno possiamo influire su esso!?”

esistono tante strade, alcune, pur diverse, conducono alla stessa destinazione, altre simili a mete diverse. Il destino ci pone di fronte ad una di esse ma niente ci impedisce di percorrerne un’altra. Se facessimo sì di agire concordemente a ciò che il fato sembra averci riservato probabilmente ogni uomo percorrerebbe il percorso che gli è proprio e giungerebbe alla meta per lui scelta e ai risultati stabiliti. Ma sono pochi così pigri da lasciarsi vivere, o forse sono pochi quelli a capire come lasciarsi trasportare dalle lievi onde del destino quando è opportuno e quando è invece meglio nuotare da soli, magari anche fuori rotta.”

L’affannato vecchio si sentiva un po’ confuso, e continuava a tornargli alla mente il vecchierello di leopardi che si affaticava tanto a correre per arrivare a nient’altro che alla fine della usa vita.

 

Vecchierel bianco, infermo,

mezzo vestito e scalzo,

con gravissimo fascio in su le spalle,

per montagna e per valle,

per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,

al vento, alla tempesta, e quando avvampa

l’ora, e quando poi gela,

corre via, corre, anela

varca torrenti e stagni,

cade, risorge, e più e più s’affretta,

senza posa o ristoro,

lacero, sanguinoso; infin ch’arriva

colà dover la via

e dove il tanto affaticar fu volto:

abisso orrido, immenso,

ov’ei precipitando, il tutto obblia.

Vergine luna, tale,

È la vita mortale. ‘

(Canto notturno di un pastore errante dell’Asia - Leopardi)

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Capitolo 11
*** Capitolo 7 - Eutanasia ***


 

Giovedì 20 gennaio

 

Le loro speranze furono disattese.

Giovedì furono “catturati” dal direttore ancora prima di andare in ufficio.

Ettore aveva un brutto presentimento.

Il direttore senza dire una parola tornò dietro la propria scrivania e cercò un foglio nel marasma dei suoi appunti.

Quindi lesse : “Alle prime ore di questa notte è deceduto nel suo appartamento romano Stefano Bisacchi. Il 42enne era afflitto da tempo da gravi dolori causati presumibilmente dalle gravi condizioni in cui versavano i suoi polmoni. Probabile causa della morte, il suicidio. Ipotesi rafforzata dal ritrovamento di una lettera d’addio sul suo portatile.”

Quando il direttore finì di leggere la notizia nello studio calò il silenzio.

La notizia mi è arrivata stanotte con un’ ansa …. L’ho comunicata a Lucio per metterla nel necrologio e poi ho fatto richiesta di farmi mandare via fax una copia della lettera d’addio.” Mentre diceva così il direttore si avvicinò al fax, dove c’era la copia richiesta.

La passò ad Ettore. Questo mise il foglio a metà strada fra sé e Marco, così che anche il ragazzo potesse leggere.

 

Non avrei mai creduto di morire a 42 anni. E soprattutto non avrei mai creduto di voler morire a 42 anni. E già da 7 lo desidero ardentemente. Troppi medici si sono fino ad oggi rifiutati di aiutarmi a smettere di soffrire. Finalmente ho una possibilità. E la coglierò. Non credo che mancherò a molti. Comunque lascio questo addio a tutti i miei amici, che mi sono restati quasi tutti accanto dopo l’incidente.

Stefano

 

Quando i due rialzarono gli occhi, il direttore aggiunse, rivolto più che altro a Marco: “come vedi questa volto non ci sarà perizia grafologica, dato che la lettera è stata scritta con il suo computer portatile… ma tanto non sarebbe servita: mi è appena arrivata conferma che la perizia effettuata sul secondo testamento ha dato esito positivo… quindi….”

Marco però non era deluso.

Nella lettera scritta al computer c’erano quattro semplici parole – finalmente ho una possibilità - che avevano cambiato le carte in tavola: ora il pendolo aveva subito una prepotente spinta verso l’ipotesi eutanasia, spostandosi da quella del suicidio.

Il suo sguardo e quello di Ettore si incrociarono. E il ragazzo capì che anche Anselmi era ora disposto a trattare la questione. A trattarla esplicitamente.

Però prima di informarne il direttore, questo chiese: “E le analisi sulla causa del secondo decesso sono state effettuate?”

Il direttore lo guardò con un mezzo sorrisetto: “vuoi la notizia brutta o quella peggiore?”

Non c’era bisogno di aggiungere altro.

Ciò che nessuno voleva sentire stava per essere annunciato: anche la seconda vittima aveva semplicemente e misteriosamente smesso di vivere.

Ma c’era un risvolto positivo in questo: due lettere d’addio tracciavano una pista eutanasia.

Ma non sarebbero bastate.

Il fatto che però due, anzi molto probabilmente tre, decessi, fossero avvenuti secondo le stesse modalità non lasciava molto spazio ad altre congetture.

Era difficile inoltre che si fossero tutti suicidati, organizzandosi, per giunta, per farlo ad una settimana esatta l’uno dall’altro. Molto difficile.

Ettore espose l’idea eutanasia al direttore.

Questo si aspettava che prima o poi avrebbero dovuto affrontare la questione.

Solo una cosa raccomandò ai due: di stare attenti.

Sull’eutanasia c’era una certa omertà, sia per ragioni morali che legali. Era un terreno minato.

Quindi congedò gli interessati.

Questi si diressero nell’altro studio.

Avrebbero radunato il materiale perché il giorno seguente avrebbero dovuto fare il punto della situazione.

Mentre sistemavano le carte e Marco scaricava dall’archivio i file integrali sulle lettere d’addio, e da internet i referti sulle cause della morte e le modalità dei ritrovamenti, tutto come gli aveva insegnato Antonella, Anselmi lo aggiornò sul defunto.

Anche lui apparteneva alla Roma bene. Suo padre era morto lasciandogli una cospicua eredità.

Il figlio aveva deciso di dedicare la propria vita allo sport: aveva acquistato una squadra di basket e la seguiva da vicino.

E, ironia del destino, la palestra lo aveva ridotto così.

Una volta nella sua palestra privata stava scherzando con alcuni amici. Era mezzo ubriaco e aveva caricato un peso assurdo sul bilanciere. Si era stesso sulla panca e lo aveva sollevato.

Ma il peso era eccessivo.

Le sue braccia hanno ceduto e il bilanciere gli ha fracassato lo sterno, causando danni irreparabili ai polmoni. Grazie all’intervento degli amici non era morto.

Ma a 35 anni si era ritrovato con la prospettiva di dover continuare la sua vita attaccato ad una respiratore artificiale, e costretto a dover fare continue iniezioni di morfina per alleviare il dolore.

E spesso la sola morfina non bastava.

Non è difficile da capire che non sopportasse più di vivere perseguitato da quei dolori.

Ad Ettore venne spontaneo informarsi e chiedere al ragazzo cosa pensasse dell’eutanasia.

Sapeva che l’avrebbe imbarazzato, e infatti non pretendeva una risposta semplice o immediata.

Rimase sconcertato quando Marco con la massima naturalezza lo guardò e come per confermare un’ovvietà disse semplicemente: “Favorevole”.

Quindi mentre Ettore aspettava ulteriori delucidazioni, che non sembravano intenzionate ad arrivare, fu il ragazzo a girargli la domanda.

Ettore che da sempre si era arrovellato sulla questione: “penso che ogni caso vada analizzato più che altro in rapporto a cosa sia meglio per la famiglia dell’interessato. Alcuni soffrono di più a vedere soffrire i propri cari. Altri nel sapere che semplicemente non ci sono più. In linea di principio comunque sono favorevole. Ma se si trattasse di uno dei miei figli non credo che ce la farei a –staccare la spina- , come si suol dire. Se uno dei miei figli fosse tenuto in vita dalle macchine non direi mai di spegnerle. So che lo farei più che altro per egoismo. Forse anche solo per egoismo. Ma sono un padre.

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Capitolo 12
*** Capitolo 8 - Rivoluzione epocale ***


Venerdì 21 gennaio

 

Stava per avere luogo una rivoluzione epocale nello studio di Ettore Anselmi quel giorno.

Avrebbero fatto uno schema della situazione in modo ordinato!

Marco aveva stampato tutto il materiale scaricato il giorno prima e lo aveva suddiviso in tre colonne che per l’occasione avevano trovato posto su una metà della scrivania, appositamente liberata.

Ogni colonna era composta da:

  • una scheda riguardante dati personali: età, professione, caratteristiche particolari, ecc..

  • il referto sulla causa e l’ora stimata della morte,

  • una copia della lettera di addio di ognuno con annessa analisi grafologica che ne confermasse l’autenticità.

Entrambi avevano riletto svariate volte tutti quei fogli.

E avevano abbastanza chiara la situazione.

O meglio, avevano ben chiari i fatti oggettivi che si erano svolti: i decessi, avevano un’idea di base sul perché tutto ciò stesse avvenendo: l’eutanasia, ma non avevano la più pallida idea del come.

Mancava perciò una tappa fondamentale del processo giornalistico. Ma sapevano che non spettava a loro scoprirlo, ma a chi era incaricato delle indagini: la polizia, la scientifica,…

Risistemare tutto il necessario e ottenere tutti i documenti in versione integrale aveva richiesto tutto il giorno, ma adesso stavano seduti entrambi a ripensare al lavoro svolto contemplando la lavagnetta appesa al muro.

Ettore non aveva alcuna intenzione di staccare alcuno dei suoi sacri appunti dal muro, così aveva acquistato, venendo al giornale, una di quelle lavagnette bianche su cui si scrive con un pennarellone nero, cancellabile con l’apposita spugnetta.

Su questa avevano effettuato un’estrema sintesi della situazione.

 

Notte 5/6 gennaio -> Michele de Giovanni (57 anni)

¾ paralizzato

 

Notte 12/13 gennaio -> Nicola Biago (59 anni)

Sedia a rotelle /problemi circolatori gravi

 

Notte 19/20 gennaio -> Stefano Bisacchi (42 anni)

Dolori /polmoni /respiratore artificiale

 

Tutti morti tra le 23:30 e le 2:00.

Tre lettere d’addio --------- volevano tutti e tre morire

 

Causa della morte : SCONOSCIUTA !

 

 

hai una bella grafia!”

grazie… che dici, abbiamo finito per oggi?” chiese Marco

decisamente. Abbiamo fatto un buon lavoro. Comunque adesso abbiamo assorbito molte informazioni, lunedì avremo le idee più chiare…. Spero” Ettore sorrise, staccando finalmente gli occhi dalla lavagnetta. “Nel week-end studierai un pò immagino?”

si, domani mi rilasserò con una bella nuotata e poi mi metterò sui libri. Comunque sto abbastanza nei tempi per l’appello di marzo.” Marco cominciò a risistemare nello zainetto le sue cose.

allora potresti venire a pranzo da me domenica. Che ne dici? Così ti presento la mia famiglia…” , quello di Ettore era un invito sincero e Marco decise di accettarlo.

Non c’era motivo per dire di no: gli era simpatico, era il suo collega, e poi era curioso di conoscere questa Lucilla di cui lui magnificava continuamente le lodi.

Si fece scrivere l’indirizzo su un foglio.

Quindi entrambi uscirono dall’ufficio e si diedero appuntamento a domenica.

Marco uscì dalla Casa Bianca, mentre Ettore si trattenne un attimo dal direttore.

Uscendo dal monumentale edificio Marco venne investito da una ventata gelida. Il cielo bianco spento come la sede del giornale prometteva neve.

Si alzò il bavero del giaccone e scese i gradoni.

Non era l’unico a sentire il freddo tagliente delle cinque di pomeriggio, anche l’albero di ciliegio sembrava più spoglio, rinsecchito, indifeso e triste che mai.

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Capitolo 13
*** L'Eterna Notte - Parte Quinta ***


se una farfalla sbatte le ali in Cina, scoppia un uragano in Florida….

                                                                   Esempio classico della teoria del caos.

 


Notte del 4 gennaio

 

 

Il vecchio uomo era pensieroso, la risposta della Morte era stata quasi enigmatica, e forse, anche solo per infantile ostinazione, sentiva la necessità di chiarire l’argomento:

quindi non è vero che ognuno deve morire in quel momento e basta? Indipendentemente da quello che facciamo…?!”

proprio perché fate quel che fate e siete quel che siete il momento è quello” , era difficile spiegare umanamente tali superiori corrispondenze. Non si è in un certo modo perché è il destino, si ha un certo destino perché si è in un certo modo.

L’interlocutore si rannicchiò sotto le coperte, ormai incapaci di riscaldarlo, e cercò di riflettere su quanto gli era stato appena detto, rivelato.

Cercava di carpirne il senso, di scavare, e intanto roteava lo sguardo attraverso la buia stanza, come a cercare qualcosa a cui aggrappare i propri ragionamenti.

Ma non trovò che l’irridente, lugubre sveglia che ostinatamente segnava le 3.03.

quindi è sbagliato ritardare il momento?”

Innaturale più che altro, e la Natura è tempo ciclico, se lo si devia dalla sua traiettoria…” e questa volta la Morte non finì la frase, il suo spegnere la spiegazione in un sibilo di silenzio risultò oltremodo esplicativo.

si rischia di creare scompensi, intendi?…. qualcosa che vada riequilibrato…?”

“…ti basti sapere che talvolta può non produrre alcuna conseguenza, ma può anche risultare … poco prudente” quelle due parole dette dalla Grande Falciatrice risultavano decisamente inquietanti. “basta spostare un piccolo tassello nel puzzle della vita..”

E probabilmente era proprio la Morte , l’addetta a ‘risistemare il puzzle”

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Capitolo 14
*** Capitolo 9 - A casa di Ettore ***


Domenica 23 gennaio

 

La casa di Ettore era un po’ fuori mano, così Marco aveva dovuto prendere un taxi per raggiungerla. Era una villetta a due piani, piccola e dall’aria vissuta, ma si notava come fosse stata da poco restaurata.

Quando era arrivato a pochi passi dal cancello un bambino, Matteo, gli aprì.

Era un bambino di 7-8 anni, biondino e con l’aria sveglia.

Qualche secondo dopo lo raggiunse Ettore.: “ah bene, sei arrivato….”

Lo condusse dall’altro lato del giardino, quello più riservato, e lo fece accomodare. La casa era diversa dal suo ufficio: ordinata. Si vedeva che non era affidata alle sue cure ma a quelle di sua moglie.

Questa appena lo vide gli andò a stringere la mano e a fare conoscenza.

Moira era una bella donna, sui 40, di quella bellezza che solo le donne che hanno partorito da poco possiedono: infatti aveva una bimba, Lucilla, di pochi mesi.

Dopo qualche chiacchiera, i due uomini furono spediti fuori dalla cucina, così intanto che lei preparava da mangiare Anselmi portò Marco ad ammirare la bambina.

Lucilla aveva preso più dal padre rispetto a Matteo: aveva la faccina rotonda e “pagnottosa”, così la definì Ettore.

Il pranzò fu squisito. E anche la compagnia lo era per Marco.

Non era abituato a pranzare in quel modo, vivendo da solo.

Una volta sazi, Matteo andò a giocare in camera sua e Moira, la moglie, a guardare Lucilla. Ettore chiese a Marco se sapeva giocare a scacchi.

Contro il computer di solito perdo, però non me la cavo tanto male.”

Sistemarono la scacchiera su un tavolinetto in giardino.

Era dalla mattina che c’era il sole, e non tirava vento. Bisognava approfittarne.

Ettore aveva i bianchi e Marco i neri.

Intanto che giocavano parlarono un po’.

hai davvero una splendida famiglia”

grazie… è vero” – rispose Ettore guardando verso il primo piano da dove proveniva la voce di Moira che cantava una ninna a Lucilla. Poi aggiunse quasi parlando più con se stesso che con il ragazzo “è per loro che faccio tutto” .

A quel punto alzò lo sguardo verso Marco, pensando di essere stato un po’ indelicato. Sapeva che Marco era solo. Anche i parenti che lo avevano ospitato dopo la morte dei suoi se ne erano ormai andati. Ma il ragazzo non sembrava intristito.

Anzi sorrideva e sembrava tranquillo. Era contento di stare passando la domenica così. C’era una bella atmosfera in quella casa.

Un’atmosfera che non respirava da tantissimo tempo.

Ma non era tipo da invidiare o piangere per ciò che non aveva. Per lui era ormai normale il proprio stile di vita. Inoltre aveva degli obiettivi, e questi lo sostenevano.

Inoltre essere solo voleva dire rispondere solo a sé e non dover dare spiegazioni, e questo per lui era uno dei lati positivi.

Parlando ovviamente finirono sull’argomento eutanasia. Era inevitabile.

Ettore ne approfittò per cercare di capire come mai Marco fosse così nettamente a favore. Questo aveva le idee abbastanza chiare: “Già al liceo ho riscontrato in un autore la teoria che poi ho capito corrispondere esattamente al mio modo di pensare. Non fraintendere, questo trattava più che altro di politica. Ma Machiavelli in alcuni passi tratta il tema della fortuna.. e afferma che gli eventi sono determinato al 50% da questa e al 50% dalla virtù, quindi dalle capacità umane. E tutto dipende dall’essere o no in sintonia con i tempi. Secondo me c’è un grande verità alla base di questa idea. Gli eventi tendono a seguire un certo corso. Questo è influenzato dalle nostre azioni e decisioni. Ma certe cose ci è dato raramente la possibilità di cambiarle. E quando una cosa vuole andare in una certa maniera e i tentativi di evitarlo vanno a vuoto, non bisogna impuntarsi : talvolta il corso di alcuni eventi deve essere quello. Non credo nel destino, o nella Provvidenza, ma una specie di sorte, di naturale direzione degli eventi, c’è e questa alcune volte sembra suggerirci se sia il caso di fare o non fare qualcosa. È quello che molti definiscono istinto.”

Ettore aveva anche intuito dove volesse andare a parare, ma comunque voleva lasciarlo finire.

“…. quindi -continuò Marco- quando è arrivato il momento, per qualcuno, se c’è la possibilità di salvarlo, lo si deve fare, assolutamente: l’uomo non è solo istinto, ma anche ragione e quindi ha i mezzi per fare certe cose. Ma se la sorte si impunta … -sorrise amaramente, dicendolo- bisogna cedere, è inutile tenere in bilico la vita di una persona, se non si può rendergli la vita, si deve concedergli la morte.”

Anselmi era impressionato. Non era certo un modo di pensare da 25enne.

Anche se probabilmente le sue vicende personali lo avevano influenzato non poco.

Quindi se tu ti trovassi in quella situazione, vorresti non essere tenuto.. sospeso?”

No… direi di no. Naturalmente spero che non succeda – Marco fece ironicamente il gesto della corna, imitato da Ettore – ma non ho paura di morire, semplicemente non voglio.”

già, io invece ho paura. – gli sorrise Ettore – ma non della morte in sé. Ma di quello che perderei. E poi mi devo prendere cura della mia famiglia. Non posso morire adesso. Non devo.”

C’era una tale convinzione nei suoi occhi… Marco decise di cambiare argomento, ma l’altro lo precedette. “Non sei molte religioso, vero ?!” non c’era tono di rimprovero nella domanda, suonava più che altro come una constatazione. Che il ragazzo confermò.

Non sono religioso. Ma credo in … qualcosa. Semplicemente non professo nessuna fede particolare.”

Era un approccio semplice e aperto. Se fosse stato più diffuso si sarebbero evitati molti conflitti religiosi.

Ettore comunque fece notare al ragazzo che i riti e la preghiera se non altro erano un momento in cui le persone trovavano conforto ed entravano in comunione con gli altri, quindi era un fattore aggregante. Infatti “….neanch’io sono un credente troppo praticante. Però Matteo lo mando al catechismo, e lo farò anche con Lucilla. La religione è un buon mezzo per insegnargli dei valori. Quando saranno abbastanza maturi da rispettare i valori morali potranno smettere di essere religiosi.”

Rimasero ancora un po’ a parlare … scendendo mano mano ad argomenti più tranquilli, dal calcio al tempo, alla politica, a come innaffiare il giardino.

Il tea lo consumarono in salotto. L’inoltrarsi del pomeriggio aveva fatto scendere la temperatura, e aveva ricominciato a soffiare quel vento gelido: la tregua concessa dal freddo era terminata. Marco era contento di averla ben sfruttata.

Ma era ora di andare: ringraziò, saluto ed era di nuovo in taxi, verso casa … e anche se era ancora sorridente e rilassato, una leggera inquietudine senza nome si celava nel fondo dei suoi pensieri. Sapeva che, al contrario del freddo, le morti del giovedì non avrebbero concesso tregua.

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Capitolo 15
*** Capitolo 10 - L'articolo misterioso ***


Giovedì 27 gennaio

 

Era di nuovo giovedì.

I primi tre giorni della settimana erano trascorsi secondo routine. Marco aveva svolto qualche ricerca per altri giornalisti, faceva parte dei suoi compiti, e intanto stava imparando tutto quello che gli poteva servire per lavorare a L’Orizzonte.

Ma oggi aveva di nuovo l’ansia. E come a preavvisarlo che qualcosa stava per accadere… o era già accaduto… l’albero di ciliegio, spoglio monito all’ingresso, sembrava fischiare più preoccupato che mai al soffiare del vento.

Appena entrato alla Casa Bianca vide che Ettore era già dal direttore.

Lo raggiunse.

Ettore gli passò un foglio. Senza commenti.

 

Questa notte è stato trovato morto nel suo appartamento Roberto Angeletti. Il cadavere è stato rinvenuto dalle guardie di vigilanza, -Angeletti era agli arresti domiciliari-, che sono salite a controllare vedendo alle 3 di notte la luce ancora accesa. La causa della morte è ancora sconosciuta. I poliziotti hanno ipotizzato l’infarto o il suicidio.”

 

 

Mi sa che scopriranno di avere torto.” Disse il direttore quando Marco alzò gli occhi dal foglio. “Ora, giorno, e modalità mi fanno pensare che sia collegato alle tre morti precedenti.”

Ma questo non c’entra niente con l’eutanasia – intervenne Marco - non era malato, è strano… e poi non c’è testamento!”

Quello che è più strano non è quello che manca, ma quello che c’è.” Interloquì Ettore. “sul giornale di oggi c’è una articolo di poche righe. Leggi”. Marco prese il giornale dalle mani del direttore e lesse dove Ettore gli indicava.

La giustizia umana talvolta sbaglia. La morte no. Questa notte è morto Roberto Angeletti, condannato per stupro e omicidio. E recidivo. Non dovrà aspettare il nuovo processo

 

Erano poche parole, gelide e certe. Adesso Marco si ricordò del nome.

Questo Angeletti era stato condannato per lo stupro e l’omicidio di una 24enne. Questa era stata trovata nel suo scantinato. Si era beccato 30 anni, ma per un vizio procedurale, la condanna era stata annullata e il processo si doveva rifare. Messo in libertà vigilata fino al nuovo processo Angeletti era sospettato di aver commesso un altro crimine. O meglio lo stesso, ma con un'altra ragazza. Questa era sparita.

Ma era difficile che fosse da lui, se ne sarebbero accorti. Ha commesso il crimine sul lavoro stavolta.

E, nonostante questo, aveva discrete possibilità di beccarsi una condanna sotto i 15 anni.

Era insomma il tipico caso di “mala-giustizia” all’italiana.

Marco infatti stavolta non era affatto dispiaciuto per la morte di una persona.

Ma questa nuova morte apriva interrogativi inquietanti: chi l’aveva ucciso? perché, per vendetta? C’entrava le altre morti o era semplicemente un emulatore, che stava sfruttando le circostanze?

Il nostro giornale si era già occupato di Angeletti… subito dopo la sua scarcerazione per vizio di forma” spiegò Ettore. Ma mentre stava per continuare apparve un ombra sulla porta. Ettore si interruppe “Buongiorno Lucio” fece il direttore .

Buongiorno direttore”, rispose con la voce assonnata il grande vecchio del giornale. “Perché mi ha fatto chiamare, ho commesso qualche errore con la messa in stampa?”

No, tranquillo Lucio… ti volevamo solo chiedere se sapevi qualcosa di questo articolo”

Ettore passò il foglio al nuovo arrivato cosicché questo potesse capire di cosa stesse parlando il direttore. Lucio inforcò gli occhiali e rilesse un paio di volte le righe, il suo viso era decisamente perplesso. Quindi disse: “Ieri sera quando mi ha telefonato dicendomi di aggiungere ai necrologi quell’ultimo nome, l’ho potuto fare perché la messa in stampa si era inceppata e non l’avevo potuta avviare all’ora prevista, ma ho solo aggiunto… non mi sono messo a scrivere articoli…”

Beh… è strano”, rispose il direttore aggiustandosi la pesante montatura degli occhiali, quindi fece una pausa per non parlare con tono alterato, visto che il povero Lucio non c’entrava niente e soprattutto non era ancora andato a dormire dopo la messa in stampa dell’Orizzonte: “nessuno dei giornalisti lo ha scritto, della morte eravamo al corrente noi due e basta… allora chi diamine lo ha scritto?!”

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Capitolo 16
*** Capitolo 11- Pena di morte ***


Venerdì 28 gennaio

 

 

La comparsa di questo articolo non autorizzato sul giornale lo sta stressando molto” Ettore era a metà tra la preoccupazione e il divertimento.

Almeno stavolta non c’è dubbio che sia un decesso positivo…” aggiunse Marco

Sei favorevole alla pena di morte per caso?” chiese con l’aria finto turbata il giornalista.

No, anzi decisamente contrario… ma se ogni tanto qualcuno apporta un correttivo allo sfascio della giustizia non mi rattristo di certo…”

Si ma è pericoloso che una persona si metta a fare il giustiziere della notte… non siamo mica in un film americano… certe cose vanno lasciate fare alle istituzioni… e te lo dice uno favorevole alla pena di morte” la voce di Anselmi esprimeva ora la massima serietà.

Sei favorevole??” Marco non se lo aspettava da quell’omone intelligente e cordiale

Si… dal 23 marzo 1997” rispose Ettore, che poi aggiunse “è la data di nascita di Matteo”.

Marco rispose con un mezzo sorriso di comprensione, mentre gli tornavano alla mente le parole di Durkheim, un sociologo di fine ‘800, su come le pene repressive siano soprattutto una risposta emotiva alla trasgressione.

E in fondo non trovò niente di sbagliato in questo.

Poi aggiunse: “Purtroppo ci sarà sempre qualche giustiziere della notte se la giustizia non cambierà rotta: pene lievi per criminali riconosciuti, li fa uscire dopo pochi anni per buona condotta – pronunciò le ultime due parole con tono evidentemente acido-, questi poi, una volta fuori ricommettono gli stessi crimini… e tutti … perché se sei un criminale, rimani un criminale, e l’unica è dare un buon motivo a tutti per non commettere crimini: la paura di pene più severe, e dimostrare che poi le si applica!”

Era evidente che quelle di Marco non erano pure riflessioni accademiche.

Anche se probabilmente c’era anche dello studio teorico e un disagio derivante dalle notizie di tutti i giorni, le parole del ragazzo contenevano delle emozioni e del rancore nati dal vissuto, Ettore non aveva dubbi. Ma che c’entrasse con la morte dei genitori? Nemmeno il direttore era ancora riuscito a sapere come fosse avvenuta… ma era evidente che c’entrava con qualche atto criminale… e poi l’altro giorno in giardino, parlando dell’eutanasia… aveva quello sguardo…

Ehi, ti ho traumatizzato… - scherzò Marco- sono 30 secondi che mi fissi nemmeno fossi Monica Bellucci!!” aveva ritrovato la sua aria tranquilla e gli occhi sereni degli altri giorni. E ormai Ettore aveva perso il filo dei propri pensieri che non si sa bene dove volessero andare a parare.

Perciò per fargli capire che era tutto a posto e che si era ripreso, diede una pacca sulla spalla al ragazzo con la sua manona e gli propose di andare a fare colazione.

Marco sorrise e accettò.

Al loro ritorno c’era seduta sulla sedia di Ettore, Antonella.

Ciao ragazzi…Marco ho trovato su internet un bel po’ di materiale che ti potrebbe interessare, se vieni a dirmi cosa ti serve…- fece cenno verso la sala computer- … metto in stampa”.

Era carinissima accoccolata a gambe incrociate sulla sedia di Anselmi nemmeno la occupava tutta, aveva i lunghi capelli castani sciolti come sempre. E come sempre indossava una maglia di una misura più grande, infatti doveva tenere le maniche arrotolate per poter scrivere liberamente al computer.

Ettore fissò la bella informatica : “Se solo avessi 10 anni di meno… - con tono fra il trasognato e il riflessivo- ma purtroppo – aggiunse portandosi teatralmente una mano sul petto – è te che vuole” .

Marco se la rise di gusto: “ … dai andiamo…” disse ad Antonella.

Questa si avviò ed egli la seguì dopo una fugace occhiata alle sue grazie fastidiosamente ma dolcemente celate dal maglione grigio con sopra ricamato un gabbiano.

Da quando si erano conosciuti due settimane fa, aveva colto ogni occasione per passare un po’ di tempo con lei. La differenza d’età era troppo a favore della ragazza, ma era un sottile gioco di piacere e masochismo sfiorare ciò che non poteva raggiungere, arrivando abbastanza vicino da sentire l’odore dei suoi capelli sapendo che non li avrebbe mai potuti accarezzare.

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Capitolo 17
*** L'Eterna Notte - Parte sesta ***


Tutte le volte che gli altri sono d’accordo con me,

ho sempre la sensazione di avere torto”

Oscar Wilde

 

 

Notte del 4 gennaio

 

 

Ma lui che parte avrebbe mai potuto avere in un così grande puzzle?!

Un uomo così poco importante, un uomo avviato sul viale del tramonto, solo un uomo.

La Morte contemplava lo specchio dei suoi pensieri nel momento stesso in questi si formavano, e ne ammirava la sincera umiltà, la cosciente e giustificata piccolezza.

Uno dei motivi per cui ti ho scelto è la tua consapevolezza di essere insignificante…”

Il vecchio rabbrividì di fronte a tale gelido offensivo complimento.

Ma capì.

Capì cosa intendeva la Morte, anche se ancora non comprendeva quale mai fosse il compito per cui era stato ‘scelto’, quale incarico gli stesse per venire assegnato alla solenne presenza del buio, e di quell’eterno 3.03 della sveglia.

La Grande Falciatrice continuò : “Sei immune dal più grande peccato del tuo millennio, e degli uomini in generale: la superbia”

Fra i tanti la morte aveva indicato proprio quel peccato capitale… perché?

Perché è radice di ogni altro peccato…. E di tutto ciò che porta a…. a me” c’era della velata ed auto-compiaciuta ironia nella sua voce. “Si vede già dai vostri piccoli diverbi quotidiani, litigate perché ognuno di voi crede di aver la Verità, il metro di giudizio assoluto, il criterio discernente su ogni questione….non vi rendete conto che siete troppo infimi per avvicinarvi anche solo lontanamente a qualcosa che sia più di un semplice punto di vista! Arrivate a sterminarvi per diverse opinioni sulla religioni, sembrate tanti bambini che urlano ‘il mio dio è meglio del tuo!’ … ‘il mio popolo è eletto e il tuo no!’ …. Sareste ridicoli se non foste così pericolosi per voi stessi”

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Capitolo 18
*** Capitolo 12 - Relativismo morale ***


Martedì 1 febbraio

 

 

Buongiorno Ettore”

Ciao Marco… dimmi vuoi prima la notizia brutta o quella noiosa?”

Che fai... cominci a copiare i modi di dire del direttore?” rispose ironicamente il ragazzo, “comunque prima la brutta…”

La morte di Angeletti è collegata alle altre tre: anche qui la causa di morte è sconosciuta, ha semplicemente smesso di vivere” Ettore aveva calcato volutamente il tono su quel “semplicemente”… e in effetti di semplice non ci vedeva proprio niente.

“ … e la noiosa?” Marco non era sembrato affatto sorpreso nell’apprendere la notizia.

sto aspettando del materiale da Giulio, quindi nelle prossime 2 ore staremo qua ad annoiarci, quindi se vuoi sfruttare per studiare qualcosa.. fai pure.”

purtroppo non ho i libri con me – Marco era irritato, a saperlo, erano due buone ore da sfruttare, così da essere un po’ più libero domenica- vabbè vorrà dire che ascolterò un po’ il nuovo cd che mi hanno portato… se non ti dispiace che mi metto le cuffie nelle orecchie…” aggiunse poi, aprendo l’ultima uscita di Sting.

Fai pure, è un buon modo di rilassarsi, e così non mi devo sentire le tue canzonette …” rispose Ettore provocatorio.

Si divertiva a litigare un po' con Marco e così cominciava a prepararsi in vista delle discussioni inevitabili che avrebbe sostenuto con i propri figli.

Marco ignorò il commento scuotendo la testa con espressa sufficienza…

Ettore rincarò biascicando come fra sé e sé: “.. non ci sono più i cantanti di una volta…”

Per questo sono ‘di una volta’ ” rispose en passant l’aspirante giornalista

Quelle moderne sono tutte canzonette!!” affondò il giornalista

Il tono paternalistico fu decisivo per far scattare Marco: “Ogni epoca ha musiche belle e brutte. E ogni musica è espressione del proprio tempo. Di solito se uno non apprezza la musica di un periodo è perché non è in sintonia con quel periodo. Non ti senti in sintonia con i nostri tempi Ettore? - sorrise un po' maligno Marco - E poi dei secoli - calcò volutamente la durata temporale usata al posto di decenni - precedenti uno si ricorda solo il meglio del meglio, mentre di oggi vede e sente tutto, il meglio e il peggio!”

Anselmi sorrise sornione, “Che relativista...”

Il relativismo anche portato all’estremo è meno dannoso della superbia intellettuale, perché nel momento in cui si afferma che non esiste un assoluto si permette a chiunque di pensarla a proprio modo, e si nega quindi l’imposizione intellettuale che è una delle prime cause di ogni guerra. Pensaci in fondo la massima imposizione intellettuale la si vede nella religione, e i conflitti che questa causa da secoli, da millenni, e ancora oggi sono sotto gli occhi di tutti.”

Ettore era colpito. Nella mente del ragazzo tutto era collegato da linee guida di un pensiero coerente, sensato ma potenzialmente... pericoloso. “Ti rendi conto mio caro sofista che pensandola come te si rischia di arrivare ad un livello di relativizzazione tale da escludere dei criteri certi di bene e di male?!”

Il bene e il male esistono comunque, una persona e un animale possono non sapere cosa sia bene e cosa male, ma entrambi lo sentono, lo percepiscono. E sull’argomento quello che sentono è spesso simile… e il bene e il male è appunto l’insieme di tutte quelle percezioni.”

Marco voleva porre fine alla conversazione, quindi cominciò a posizionarsi le cuffiette nelle orecchie, e vedendo che Ettore abbozzava un mezzo sorriso, come a volergliela dare vinta a questo giro, e si accinse ad avviare la riproduzione del cd, intanto che Anselmi recuperava l'agenda per controllare gli impegni del pomeriggio.

Intanto che la apriva, Ettore, senza nemmeno alzare la testa dalle pagine, aggiunse “..e per esempio una persona che soffre o un colpevole in libertà sono male…”

Ma Marco non rispose, probabilmente aveva già avviato il cd.

Probabilmente” , pensò Ettore.

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Capitolo 19
*** Capitolo 13 - Ancora ***


Giovedì 3 febbraio

 

 

Ettore e Marco arrivarono insieme di fronte alla Casa Bianca. Soffiava un vento gelido che sferzava il viso anche attraverso la sciarpa.

Marco aveva un cappottino blu scuro lungo e un cappello senza visiera in tinta.

Ettore era in completo marrone. Riempiva completamente il Montgomery che indossava, sia di spalle, frutto di un passato di sport, sia davanti, di pancia, perché lo sport era ormai nel suo passato.

Marco come ogni mattina si fermò a osservare lo spoglio albero di ciliegio che vegliava triste sull’ingresso del giornale.

Ettore erano anni che non ci si soffermava più, ma quel giorno venne istintivo anche a lui soffermarsi, forse anche perché aveva timore che fosse il quinto giovedì segnato da una morte, l’ennesima settimana di sangue.

Entrambi notarono che anche l’albero, mentre resisteva stoicamente al freddo, non sembrava più avere i soliti rami nodosi ma tenere incrociate lunghe dita di legno come a pregare: non anche oggi…….

Infine entrarono.

I presentimenti negativi sono gli unici che non vengono mai disattesi.

Il direttore li aspettava sulla porta del suo ufficio.

Buongiorno ragazzi… -si sforzò di stiracchiare un sorriso, poi rivolto al solo Ettore- ti ricordi di Davide Liotti?”

Liotti… - Anselmi stava rovistando nel suo database mentale- non era quel deficiente di cui ci siamo occupati qualche mese fa… quello che faceva tutti quegli sport estremi, record rischiando la vita…..”

Marco si ricordava di aver letto qualcosa in proposito, Liotti era stato accusato di plagiare i giovani, che emulandolo, o tentando di emularlo, si facevano male… il caso era scoppiato perché uno di quegli incoscienti che voleva imitarlo era finito ucciso.

Il direttore fece cenni di assenso con la testa… si rivolse quindi verso Marco, che fece segno di essere al corrente.

Stavolta ci è rimasto ?” chiese Ettore

E' morto… ma non a causa delle sue acrobazie… è stato trovato morto nel suo letto, ed è probabile che la sua morte sia collegata alle altre.”

Ha dei motivi particolari per affermarlo?” chiese Marco

A parte le circostanze, credo sia significativo che lo hanno trovato steso sul letto, come ho già detto, ma non è né entrato qualcuno in casa, né è stato colto da un malore, perché era steso compostamente, e aveva il telefono, un cordless, accanto a lui sulle lenzuola, eppure non ha chiamato aiuto.”

“…quindi è probabile che si sia spento di botto, come gli altri” concluse Ettore.

Allora perché aveva il telefono vicino a sé?” si interrogò Marco

Probabilmente aveva appena parlato al telefono con qualcuno” ipotizzo Anselmi

Beh, chiunque sia sta facendo un po’ di pulizia della società… - commentò il direttore - e questo mi sta bene, ma quello che mi manda in bestia , è che qualcuno si sia di nuovo permesso di scrivere un articolo non autorizzato sul mio giornale” dicendolo, passò il foglio con il pezzo incriminato al giornalista.

 

Ci sono tanti modi per portare altri alla morte. Ma questa prima o poi raggiungerà anche te. Questa notte è morto Davide Liotti. Punito perciò per cui la giustizia umana non punisce.”

 

 

Hai già chiesto a Lucio se ne sa qualcosa?” chiese Ettore tanto per dire qualcosa, vista l’insensatezza della situazione.

Il direttore rispose irato e rassegnato allo stesso tempo “Lucio non ne sa niente, ieri sera ho fatto appena in tempo a comunicargli il decesso, per fortuna, come al solito era in ritardo con la messa in stampa… la puntualità in questo periodo non è il suo forte… e ha fatto in tempo ad inserire l’ultimo nome nei necrologi, ma si è limitato a inserirlo… e ci ho anche messo 10 minuti per fargli capire che si chiamava Liotti e non Riotti!”

Il silenziò calò nella stanza, sottolineato dal vento che all’esterno faceva intonare agli alberi, quello che a tutti e tre in quel momento sembrò un requiem.

Il primo a riscuotersi fu il direttore: “embè… ancora qui … su a lavorare”

Marco ed Ettore si avviarono, ed uno dei due stava pensando che chiunque fosse era pur sempre un uomo e quindi fallace e prima o poi ci sarebbero andati di mezzo degli innocenti.

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Capitolo 20
*** L'Eterna notte - parte settima ***


Si dice che la verità trionfa sempre.

Ma questa non è una verità”

Cechov

 

 

Notte del 4 gennaio

 

 

Quindi l’origine delle guerre è principalmente nella superbia?”

E nella noia”

Il vecchio non era convintissimo, ma era improbabile che la Morte si sbagliasse: non rientrava nemmeno nelle sua possibilità errare, era una prerogativa umana l’errore.

Per noia intendo quella che un vostro pensatore ha definito come ‘insufficienza dell’uomo di fronte a se stesso’ “ la Morte sapeva che il suo interlocutore aveva attinto già ai suoi studi classici per afferrare la citazione di Pascal. “...nella vostra storia parallelo a quel tragico cammino di guerra, in cui cercate perennemente di sterminare voi stessi, ce ne è uno fatto di pensatori che si sono bagnati per qualche breve istante nel fiume della verità e sono riusciti a riportarne qualche goccia al resto dell’umanità, e con cui potete alleviare la vostra sete di conoscenza. Sono solo frammenti sparpagliati di verità, gettati nel deserto della vostra ignoranza, ma ci sono. È sufficiente capire dove cercare, e capire che quel po’ di verità che vi è raggiungibile è disseminata in una gran numero di pensatori diversi, e costituisce solo un particella minuscola del loro intero pensiero.”

Il prescelto stava di nuovo riflettendo sulla ‘noia’… “quindi se l’uomo uccide per noia significa che è incapace di essere felice? Che non può arrivare a stare in pace con se stesso? “

Non è impossibile… ma non è nella sua natura, non è portato naturalmente alla felicità… e quando la raggiunge la sfiora solo, oscillando di nuovo verso la noia o verso il dolore”

Per rendere più comprensibile il suo discorso la Morte attingeva a quei frammenti di verità disseminati nella storia del pensiero a cui prima accennava, da Pascal era giunta a Schopenahuer.

Beh è molto triste tutto ciò … se avevano ragione i più pessimisti tra i filosofi, vuol dire che siamo solo polvere, polvere condannata all’infelicità prima di dissolversi nuovamente nel vento?”

No… non siete solo questo, potete scegliere di non essere solo questo, grazie a quella scintilla di infinito che brilla in voi”

l’anima?”

alcuni di voi la chiamano così…. È quella scintilla che vi permette di essere uomini anziché animali, eroi invece di polvere…”

E non era solo la sua immaginazione o la sua memoria che richiamava alla mente un testo… la Morte stava veramente recitando quei celebri versi come testimonianza di quanto aveva appena detto….

 

 

 

Sempre caro mi fu quest’ ermo colle,

E questa siepe, che da tanta parte

Dell’ ultimo orizzonte il guardo esclude,

Ma sedendo e mirando, interminati

Spazi di là da quella, e sovrumani

Silenzi, e profondissima quiete

Io nel pensier mi fingo; ove per poco

Il cor non si spaura. E come il vento

Odo stormir tra queste piante, io quello

Infinito silenzio a questa voce

Vo comparando: e mi sovvien l ’eterno,

E le morte stagioni, e la presente

E viva, e il suon di lei. Così tra questa

Immensità s’annega il pensier mio:

E il naufragar m’ è dolce in questo mare.

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Capitolo 21
*** Capitolo 14 - Pena di morte e vendetta privata ***


Martedì 8 febbraio

 

 

Ariccia. Notte fra il 6 e il 7 febbraio. Uno sconosciuto entra in casa di una tranquilla famiglia borghese. Marito e moglie sono in salotto davanti la tv quando un uomo con il passamontagna li minaccia con una pistola per farsi dire dove tengono i preziosi e i soldi. Questi urlano per avvertire la figlia cosicché questa possa scappare, ma è tardi, la ragazza sentendo dei rumori è già sulle scale, e l’uomo la fa mettere vicino ai genitori.

Insiste per i soldi, questi gli consegnano quello che c’è in casa.

Quello continua a chiedere della cassaforte.

Loro affermano di non averla.

Li minaccia.

C’è una colluttazione.

Vedendo che non cedono minaccia di stuprare la figlia sedicenne.

Loro negano ancora.

Il ladro trascina nell’altra stanza la ragazza e mette in atto la sua minaccia.

1 ora dopo arriva la polizia avvertita dai vicini che hanno sentito dei rumori. Trovano i genitori legati in salotto e la figlia stuprata e svenuta nell’altra stanza.

Ora la ragazza è all’ospedale, in stato di forte shock, non ha ancora detto una parola.

I due coniugi non avevano veramente la cassaforte.

Un muratore della zona, Renato Desino, già in stato di arresto, è al momento il maggior sospettato del crimine.”

 

Marco B……..

 

Gran bell’articolo… l’esordio come solista direi che ha avuto un buon esito, magari un po' troppo letterario nel ritmo ma... troverai il tuo stile” affermò compiaciuto Ettore.

Marco anche era soddisfatto.

Non certo del fatto raccontato, ma del come lo aveva portato a conoscenza del pubblico. Sperava di lì a poco di scrivere la seconda parte di quella vicenda, magari con un lieto fine per la famiglia.

Poi ti meravigli che io sia a favore della pena di morte” Ettore allargò le braccia come se un fenomeno fisico avesse dimostrato in modo lampante tutte le sue teorie. “Gente come l’autore di questi crimini devono essere tolti di mezzo … definitivamente”

E se non fosse stato quel Renato?” rispose il ragazzo, colpito dalla tenacia con la quale il collega si attaccava alla necessità della pena capitale, era preoccupante.

E' ovvio che prima bisogna fare dei controlli, indagini e tutto il servizio completo…. Ma una volta che hai la certezza della colpevolezza… agisci” Ettore sottolineò l’affermazione battendosi con forza il pugno sulla mano aperta.

Purtroppo la certezza razionale della colpevolezza non la raggiungerai mai… e se avessi la certezza ma poi si scoprisse che hai errato? Che fai, ti scusi con la sua lapide? O mi sono perso qualche puntata, e ora è possibile resuscitare la gente?” replicò l’autore del pezzo

Magari una volta su 100 un innocente morirà … ma con i 99 colpevoli che farai fuori avrai salvato la vita a molte altre persone.. ad abbastanza altre da…” Ettore stava cercando le parole migliori per concludere con efficacia la frase, ma Marco lo precedette: “..da compensare la morte di quello innocente?”

La scelta che il ragazzo fece delle parole raggiunse l’obiettivo, quello di far risuonare nel freddo stantio della stanza l’assurdità delle conclusioni a cui portava il ragionamento dell’amico.

Ettore rimase in silenzio.

Marco continuò: “Poi non riesco a concepire una società che abbia diritto di vita e di morte sui suoi membri, è … innaturale. Lo stato non può decidere burocraticamente: guarda sabato 2 ti uccido con un’iniezione letale… facciamo verso le 15, che alle 17 il boia ha da fare dal dentista… è assurdo.”

Nonostante l’argomento il tono dell’ultima frase strappò un sorriso ad Anselmi.

Marco concluse “accetto al massimo la vendetta privata, dettata da razionalità, odio, istinto e vendetta… può essere giusta e … purificatrice”.

Ettore scosse vigorosamente il testone coperto da una lunga capigliatura castano scuro: “Sarebbe una guerriglia totale… e poi che fai vai in giro col fucile? Come li stendi tutti gli stronzi che girano?”

Marco alzò le spalle e sorrise sornione, intanto che faceva ruotare la sedia girevole.

C’era stato un che di inquietante nella risposta del ragazzo.

Ma probabilmente era stata solo un’impressione di Ettore.

In fondo mancava poco alla notte fra il mercoledì e il giovedì, una notte che da un po’ di settimane era sempre un po’ più fredda delle altre.

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Capitolo 22
*** Capitolo 15 - Il filo di Ettore ***


Giovedì 10 febbraio

 

 

Marco quella mattina al risveglio, che da anni avveniva sistematicamente 1 minuto prima dell’orario impostato sulla sveglia, era stato folgorato da uno strano e inquietante pensiero. In quei pochi secondi in cui aprì gli occhi e si stirò questo andò in frammenti staccati tra di loro….

 

 

Ettore ci teneva ad occuparsi di quei casi…

 

I discorsi sulla pena di morte

 

Il giornale aveva già trattato tutti i casi

 

 

Ma non ricordava a cosa fosse giunta la sua mente percorrendo questa inquietante strada.

E comunque era solo una coincidenza che gli ultimi due casi fossero stati già trattati dal giornale…. Ettore era una brava persona… era meglio andare a farsi una bella doccia, che era giovedì.

 

Marco ed Ettore si incontrarono un'ora dopo davanti la Casa Bianca e allo spoglio ciliegio.

Entrarono.

Impietosamente il Direttore era lì ad aspettarli.

Non c’era bisogno di parole.

Tutto uguale ad ogni altro giovedì, un’altra volta un nome in più per il necrologio e di nuovo un enigmatico testamento. Ma almeno stavolta non erano comparsi strani articoli sul L’Orizzonte.

E questo per il direttore significava già tanto, glielo si leggeva in faccia mentre passava il foglio con il testamento ai due appena arrivati, questi senza nemmeno levarsi il cappotto presero il foglio e insieme lessero quelle poche righe.

 

E' disumano dare a chi non la desidera la morte , ma ancora più disumano è negarla a chi da tempo la agogna. Dopo averla lungamente cercata è stata infine la Morte che ha deciso di venire finalmente a trovarmi.

 

Sergio Vigini”

Naturalmente scriverete voi l’articolo sul decesso” non era un ordine, ma una constatazione da parte del direttore.

Ettore e Marco si diressero in ufficio, passando salutarono qualche altro giornalista, e tutti guardandoli capirono che la striscia di “giovedì della morte” – come alcuni pseudo giornalisti avevano ribattezzato inutilmente la situazione- non era finita.

Marco era perplesso dalle prime righe del breve testamento, così mentre si sistemavano in ufficio, chiese delucidazioni.

Vigini era un imprenditore, aveva una squadra di calcio di serie C, per cercare di farla salire di categoria si era impegnato anche casa oltre che tutto il patrimonio… solo che non bastava, allora aveva anche cercato ulteriori spinte con tecniche amministrative e gestionali, diciamo così, poco pulite, e insomma ha comprato partite e commesso vari illeciti…. Ed ora la squadra è stata costretta al fallimento, si è ritrovato con montagne di debiti e un discreto numero di imputazioni anche gravi per illecito…” Ettore fece una pausa, e vedendo che Marco aveva ancora un’espressione che esprimeva bene il suo “e quindi?” , continuò: “--- Vigini distrutto dalla situazione ha tentato il suicidio, ma le banche coinvolte da lui nei giri illegali, sospettando conti e beni nascosti, lo hanno ‘salvato’ e lo facevano sorvegliare, perché… gli serviva vivo.”

D’altronde non era nemmeno giusto che dopo tutto quello che ha fatto sfuggisse col suicidio alle conseguenze, anche se è un uomo distrutto da quello che ho capito..” sentenziò il ragazzo

..già… “

Ma tu come fai ad essere così informato in merito alle vicende di questo imprenditore?”

In passato il nostro giornale si è già occupato di lui…..” rispose Ettore.

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Capitolo 23
*** L'Eterna notte - parte ottava ***


Notte del 4 gennaio

 

 

Era sempre rimasto incantato dai versi de L'Infinito.

Sublimi.

E nel silenzio seguito li sentiva penetrare nella sua anima come nuova forza, ed era pronto ad affrontare ciò che la Morte gli stava per dire.

Percepiva che stava per sapere il perché di quella visita.

Perché tu.” La Signora intendeva andare per ordine “Non perché tu sia migliore degli altri, o abbia un grande destino scritto nelle stelle… solo per il tuo lavoro”

Lo stupore lo avviluppò con la sua umida coperta. “Cosa poteva mai …?”

Il tuo lavoro ti porta a considerarmi come qualcosa di naturale, mi hai sempre vista in modo distaccato e lucido: è per questo che ho scelto te.”

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Capitolo 24
*** Capitolo 16 - Occhi che non sanno sorridere ***


 

Venerdì 11 febbraio

 

 

Sai stavo ripensando a ieri….- Ettore posò la penna, poggiò i gomiti sul tavolo, come a dare una base alla conversazione – hai detto che non trovavi giusto che l’imprenditore sfuggisse alle sue responsabilità con il suicidio…”

Marco mise il segnalibro nel manuale che stava leggendo , riappoggio la schiena alla sedia e allargò le spalle come a dire “e allora?”

Ettore allora continuò: “... è che sei strano: favorevole all’eutanasia, contrario al suicidio, contrario alla pena di morte ma favorevole alla vendetta privata” , poi con gesto enfatico e tono declamatorio: “signore e signori Mr. Contraddizione”.

Marco rise, non era la prima volta che l’accusavano di incoerenza intellettuale, infatti gli tornò in mente una frase del grande Oscar Wilde.

Ma decise di non liquidare il buon Anselmi con una frase fatta: “Vedi il suicidio è un qualcosa che si può leggere sotto tante ottiche diverse, quella religiosa: la vita è un dono di Dio e va rispettata… sociale: poverino, non ce la faceva più. Ma io credo che la vita in fondo sia una grande gioco di società, e il suicidio è come barare al gioco, dire non gioco più quando vedi che perdi…”

Lo sguardo di Ettore era tra il divertito e l’affascinato, c’era del malato e del geniale in quella giovane testa.

Marco continuò: “… è in fondo anche un insulto a quelli che lottano, alla vita stessa, è come dire che non ne vale la pena. E invece ne vale la pena, sempre.”

Io non ti conosco tanto , ma ho un sospetto – Ettore agitò un dito indagatore verso di lui – tu non ti suicideresti mai più che altro per orgoglio, perché sarebbe come ammettere una sconfitta, La sconfitta… o sbaglio?”

Il giovane si dondolò sulla sedia girevole , oscillando beffardamente sorrise, e poi eluse la domanda del giornalista: “è solo che ogni volta che uno la fa finita, tutti a compatirlo… poverino… invece di piangere il suo gesto bisognerebbe stringere la mano a chi nelle stesse situazioni … tiene botta!”. Sorrise nell’usare quell’espressione gergale più adatta ad una canzone di Ligabue che ad un futuro giornalista.

In quel mentre Antonella passò davanti la porta dell’ufficio , sorrise ai due.

Aveva intuito qualcosa della simpatia di Marco per lei, ma sapeva che stava, si può dire, giocando, ed era un gioco che non le dispiaceva.

Anche se quel ragazzo era strano… le sue labbra si schiudevano spesso in sorrisi gentili che i suoi occhi non assecondavano, come se ammonissero della presenza di qualcosa di altro.

Ma forse era solo qualcosa legato alla sua famiglia, sapeva che i suoi erano morti … ma non sapeva altro.

E forse quell’altro era ciò che guardavano i suoi occhi anche mentre le labbra sorridevano.

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Capitolo 25
*** Capitolo 17 - Nuotando tra i pensieri ***


Domenica 13 febbraio

 

Oggi Marco non aveva tanto da studiare, perciò si stava rilassando un po’ in piscina.

Era abbastanza in forma, aveva ripreso a nuotare da ottobre dopo la sosta estiva, e adesso si faceva tranquillamente 200 vasche da 25 metri.

Erano le 11 di mattina e aveva già macinato 160 vasche, decise che le ultime 40 se le sarebbe fatte più in relax e qualcuna sotto, in immersione.

Adorava nuotare al coperto, mentre fuori il vento fischiava e la pioggia pungeva sul terreno. Si sentiva protetto, speciale. Era una sensazione stupida e decisamente irrazionale , ma gli piaceva.

Fuori: rumore, caos, fatica, fretta e dovere.

In acqua era come un’oasi protetta: non c’era da lottare contro l’attrazione gravitazionale o il rumore, i clacson o il vento, non dovevi aggiustarti le falde cappotto per ripararti la gola , dovevi solo lasciarti andare, lasciare che l’acqua assecondasse i tuoi movimenti, massaggiasse i tuoi pensieri fino a rilassarli in un quadro coerente, era come un bel libro, da lasciar scorrere fra le dita e dove ritrovarsi e ritemprarsi.

E dove riflettere mettendo i propri pensieri su una tavolo gigantesco per poi ricostruire il puzzle.

Un puzzle fatto di morti.

Morti inspiegabili.

 

 

Notte 5/6 gennaio -> Michele de Giovanni (57 anni)

¾ paralizzato

 

Notte 12/13 gennaio -> Nicola Biago (59 anni)

Sedia a rotelle /problemi circolatori gravi

 

Notte 19/20 gennaio -> Stefano Bisacchi (42 anni)

Dolori/polmoni /respiratore artificiale

 

Notte 26/27 gennaio  Roberto Angeletti (31 anni)

Stupratore e omicida fuori per un vizio di forma

 

Notte 2/3 febbraio  Davide Liotti (29 anni)

Appassionato di Sport estremi

 

Notte 9/10 febbraio –> Sergio Vigini (54 anni)

Imprenditore, pres. Squadra di calcio, fallito

 

 

Tutti morti tra le 23:30 e le 2:00.

 

Per i primi tre, tre lettere d’addio --------- volevano tutti e tre morire

 

Vigini anche voleva morire ma le banche glielo avevano impedito

 

Gli altri due decisamente non volevano la morte anche se uno sicuramente la meritava e l’altro un po’ la meritava un po’ la sfidava.

E per questi due , due articoli scritti … da chi? Ettore?! Ma perché?

 

Che addirittura c’entri qualcosa?

È per quello che è così sospettoso ogni tanto?

No… Egli non c’entra… anche quando penso, penso EGLI e non LUI come soggetto , guarda che cultura…. e guarda quella che bel culetto…. Marco concentrati.. allora perché Ettore ha l’aria strana ogni tanto? Perché è il caso trattato, la situazione., sei morti inspiegabili lasciano un po’ inquieto chiunque… e poi perché il caso mi fa pensare ai miei , alla loro m………..

. e quindi perdo un po’ il controllo e quindi lo porto anch’io ad essere strano… è per quello che mi guarda un po’ strano ogni tanto anche Antonella… chissà se ha un così bel culetto anche lei come questa biondina… magari sotto a quei maglioni.. bah… ci pensiamo domani… mi mancano ancora 20 vasche……

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Capitolo 26
*** Capitolo 18 - Tabulati telefonici ***


Giovedì 17 febbraio

 

Ormai l’appuntamento del giovedì con lo spoglio ciliegio era diventato un rituale.

E ormai l’aspettativa della tragica e consueta notizia di una nuova morte era quasi dolorosa, più della morte stessa che annunciava. I primi tre giorni della settimana venivano mandati come nella modalità veloce del registratore, per far scorrere la cassetta fino la momento clou ed inevitabile, vivendo il meno possibile l’aria della attesa agonizzante, attimi scanditi da lancette dei secondi e dei minuti che si rincorrevano incuranti, su tutti gli orologi del Giornale.

Marco ed Ettore avevano infine raggiunto le lancette e la notizia del direttore raggiunse loro.

Nella notte era morto Renato Desino.

Era il principale indagato per quella rapina con stupro del 6/7 gennaio su cui Marco aveva scritto il suo primo articolo.

Non era esattamente quella la lieta conclusione che il giovane si augurava di scrivere per quella storia. Beh, non proprio.

Ma è sicuro che la sua morte sia inspiegabile come le precedenti, che magari non sia morto perché non ce la faceva a reggere l’infamia di un’accusa ingiusta e falsa..”

Marco sapeva esattamente come le altre persone presenti nella stanza che quella era la settima della striscia delle morti dei giovedì ed esattamente come gli altri era del tutto convinto che Desino fosse colpevole di ciò di cui era stato accusato.

Ma aveva bisogno di chiederlo.

Era come se un po’ si sentisse in colpa.

Non sapeva dire perché, forse perché aveva dato, e dava ancora, per certa la colpevolezza e per questo non era riuscito a far emergere dal suo articolo la presunzione di innocenza dovuta a chiunque non si stato ancora dichiarato colpevole da un giudice. Forse così aveva macchiato la memoria di un uomo che stava per morire, e che così è deceduto nell’infamia più totale.

Ma d’altronde era sicuro che fosse colpevole.

Le sue riflessione furono interrotte dal direttore: “Anche se a dire il vero c’è una differenza rispetto agli altri decessi: in tutti gli altri c’era o un testamento oppure era comparso uno di quei maledetti articoli di provenienza sconosciuta, invece stavolta.. niente.”

Sapevano che non aveva razionalmente un gran significato ma sentivano che doveva voler dire qualcosa.

Inoltre – continuo il direttore – stavolta è stato trovato il suo telefono vicino al muro con lo spinotto staccato, come se avesse ricevuto una telefonata indesiderata e lo avesse scagliato contro il muro”

Era stato appena accusato di quello che tutti sappiamo – intervenne Ettore- sai quante telefonate di insulti prima di morire avrà ricevuto?!”

Si ma è l’ultima quella che credo potrebbe essere interessante… - Marco si interruppe- non era stato trovato anche Davide Liotti con il telefono accanto a sé , sul letto?”

Hmm.. probabilmente anche la polizia ci avrà fatto caso, quindi potrebbero stare facendo un controllo incrociato sui tabulati delle telefonate ricevute dai due…” riflettette il direttore

Lei aveva un amico alla omicidi, o sbaglio? – Ettore, avuto conferma continuò- suggerisca di allargare il controllo anche alle altre vittime… per scrupolo”

Ottima idea” il direttore stava già cercando il numero di quel suo amico poliziotto, così i due uscirono dall’ufficio e andarono verso il proprio, quasi sollevati di aver già saputo a chi era toccato questa settimana.

Quando sai che una cosa brutta deve accadere ti senti quasi meglio dopo che è accaduta, rispetto all’attesa dell’evento negativo.

In tutto quell’inspiegabile che avvolgeva la causa dei decessi, la motivazione, i criteri di scelta e il nome del colpevole c’era finalmente uno spiraglio di realtà solida e concreta, l’idea dei tabulati.

C’erano di mezzo delle telefonate, e le telefonato erano qualcosa di tangibile, finalmente.

C’era un soffio di sollievo in Marco ed Ettore, mentre andavano in ufficio per l’ultimo giorno lavorativo del giornale.

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Capitolo 27
*** Capitolo 19 - Se telefonando + L'Eterna Notte - Parte Nona ***


Mercoledì 23 febbraio

 

 

Renato Desino era innocente. Il Test del Dna, dato dal confronto fra quello del cadavere e quello prelevato dagli esami medici della ragazza ha dato esito negativo. Inoltre la ragazza ha accettato di guardare il cadavere del muratore e ha affermato che non era lui l’uomo che aveva abusato di lei. Doppiamente scagionato. Ma morto. Non ha fatto in tempo a ricevere le scuse di tutti coloro i quali lo hanno ritenuto, ingiustamente, colpevole. Il vero colpevole non è ancora stato identificato, ma ora le forze di polizia hanno a disposizione il suo dna e un identikit realizzato grazie alla ragazza. Le indagini continuano.

 

Marco B…………

 

 

Ammettiamo che queste morti abbiano un criterio… che siano causate da un serial kiiller o qualunque sia la spiegazione….” Ettore oscillava sulla sua sedia-trono “… questa sarebbe la prima morte.. sbagliata”

Il ragazzo intuì il senso del discorso: “Perché alcuni volevano morire…”

Ettore: “...altri lo meritavano…”

Marco: “Ma Desino ?!”

Avevano capito di aver scoperto un qualcosa di importante, che però non risolveva alcunché.

Ma ammettiamo che sia un giustiziere della notte, o un folle, - Marco intravedeva la strada - forse adesso, avendo errato, si fermerà !”

Uhmm… non credo che uno così bravo a uccidere si fermi perché traumatizzato da un errore, peraltro giustificabile largamente dalle circostanze… e di sicuro non perché pentito, che coscienza vuoi che abbia uno che ne fa fuori uno a settimana?!” Ettore sottolineò con un gesto della mano le ultime parole.

E' che gli altri avevano un motivo per morire, questo no… - Marco stava quasi riflettendo ad alta voce- ha colpito un innocente… e comunque non è detto sia uno…”

Che vuoi dire, che potrebbero essere più di uno ?”

Oppure una …. – il 24enne sottolineò la ‘a’ – pensaci bene c’è un tocco quasi femminile in queste morti”

Ettore sembrava incuriosito, ma tutt’altro che convinto.

Precisione e niente segni di lotta…” Marco cominciò a motivare

Hmmm….non saprei”

Omicidi sensati ed eseguiti freddamente….”

Bah.. forse”

E poi ogni vittima ha ricevuto probabilmente una telefonata prima di morire…” aggiunse

Non è ancora stato provato – contestò Ettore – e comunque… allora?”

Le donne adorano telefonare!!”

Marco resistette in tutto un secondo prima di scoppiare a ridere insieme a Ettore.

Ancora un po’ ridendo Ettore invitò Marco ad alzarsi e a portare l’articolo al direttore, così che sul giornale di domani comparisse la notizia dell’innocenza di Renato Desino.

 

 

 

L’ETERNA NOTTE

 

Notte del 4 gennaio

 

PARTE IX

 

e cosa dovrei fare?”

donare la morte a chi riterrai opportuno”

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Capitolo 28
*** Capitolo 20 - Il predicatore ***


Giovedì 24 febbraio

 

 

E otto. L’ottava morte fu quella di un predicatore religioso, famoso per i suoi digiuni, le sue proteste, il suo continuare ad affermare di poter parlare con l’altro mondo e il suo dio, qualunque esso fosse.

Era già balzato un paio di volte agli onori delle cronaca perché aveva tentato di suicidarsi trascinando con sé un po’ di fedeli, per poter raggiungere finalmente il loro dio, l’altro mondo, quello vero dell’anima e dell’infinito, solo intuibile dal nostro mondo, così materiale e così profondamente immerso nel mare magnum del dolore.

La morte era avvenuta con le stesse identiche modalità delle altre morti, e questa volta c’era un testamento lasciato dal fervente religioso, da quel predicatore infiammato, Savonarola di altri tempi.

Marco ed Ettore erano arrivati alla Casa Bianca con qualche flebile speranza, forse nata nei discorsi del giorno precedente.

Ma già l’albero di ciliegio, sempre più spoglio e scosso dal vento gelido, aveva soffiato a sua volta scuotendo la flebile fiammella di quella speranza, con i suoi rami sempre più nodosi e tesi in un eterno urlo di impotenza.

E tutto si era svolto secondo la triste prassi del giovedì.

Tranne per il fatto che questa volta c’era voluto molto più tempo per leggere il lascito del predicatore.

Gli altri deceduti avevano lasciato poche righe, egli aveva donato al mondo un gesto di speranza, a piene mani aveva attinto alla saggezza e alla serenità di quei suoi attimi precedenti la morte, lo aveva fatto con spirito ardente e generosità, come era vissuto, e lo aveva fatto in tre fitte pagine. Che Ettore e Marco si andarono a leggere nel loro ufficio. Seduti.

La polizia stava seguendo varie piste, ma l’amico del direttore gli aveva confessato che stavano sostanzialmente brancolando nel buio, quasi in attesa di un errore del colpevole, esattamente la tattica di un pessimo giocatore di scacchi in difficoltà.

E per i tabulati c’era da attendere ancora una settimana.

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Capitolo 29
*** Capitolo 21 - coincidenze ***


Martedì 1 marzo

 

 

Mi dovresti dare l’indirizzo della piscina dove vai il fine settimana…” Ettore era evidentemente sarcastico, ma c’era del giusto nelle sue parole, ogni inizio settimana Marco ripartiva come se avesse fatto il pieno di energie e con qualche cosa di più chiaro in mente.

Infatti in quel momento stava sottolineando alcune coincidenze… “Allora tutti i decessi sono avvenuti secondo la scientifica tra le 23 e le 2..”

esatto..”

quindi possiamo dire intorno a mezzanotte e mezza, che è la conclusione dei coroner, che per non essere poco scientifici ci danno sempre datazioni per intervalli…”

esatto…” la voce di Ettore era più alta questa volta

Lucio, quello che mette in stampa è un tipo puntuale di solito?”

Beh… lo è sempre stato, ma ultimamente lo è un po’ meno, è normale ha appena superato gli ottanta anni…” Ettore sollevò le spalle

A che ora dovrebbe avvenire la messa in stampa del giornale?” incalzò Marco

A mezzanotte e mezza” Ettore si sporse sulla scrivania.

.. e sbaglio o proprio nelle 8 notti dei decessi Lucio è stato sempre un po’ in ritardo con le messe in stampa…”

...è vero, e infatti è perché ritardava che faceva in tempo a inserire i nomi delle varie vittime…”

“… a inserire l’ultimo nome nella lista dei necrologi del giovedì”. Concluse Marco.

E’ molto strano” Anselmi era pensieroso “ma cosa può c’entrare Lucio… gli omicidi sono avvenuti anche a una o due ore di macchina da qui, per comunicarglieli il direttore lo chiamava sempre appena avuta notizia dall’ANSA, - Ettore fece due calcoli- metti che gli omicidi avvenissero a mezzanotte e mezza… dopo un’ora l’ANSA veniva informata dalla polizia, dall’ANSA al direttore, dal direttore a Lucio… questo riceveva le telefonate del direttore fra l’1.30 e le 2.00 di notte, qui sotto , in sala stampa.”

Marco sapeva dove voleva arrivare l’amico: “… se anche consideriamo gli omicidi avvenuti a solo un’ora da qui, fra andare e tornare fanno due ore, e invece dopo un’ora dai decessi Lucio era già qui. Non ha senso”

E poi comunque non ce lo vedo Lucio, a 81 anni a sfrecciare a 100 km/h per le strade dopo aver commesso un omicidio per fare in tempo a tornare in sala stampa…”

Marco aveva appena visto crollare il suo bel castello di carte. “E se semplicemente fosse complice di qualcuno?”

Perché?” Ettore scosse la testa “se fosse stato lui avrebbe spiegato i ritardi e le coincidenze di orario, ma se non è stato materialmente lui, non c’è motivo di sospettarlo… che faceva, aspettava che il complice colpisse per poi fare in tempo a scrivere il nome della vittima sul necrologio di quel giovedì e non del successivo… che era complice per puro spirito di precisione giornalistica?!”

Anselmi aveva ragione, ma comunque “…troppe coincidenze fanno sì che nessuna di esse possa essere spiegata come una coincidenza – Marco sentiva che la strada era quella giusta- il giornale, L’Orizzonte, è in qualche modo legato a tutte queste morti. Non so come, ma c’entra”

Beh, ho un’idea – Anselmi cercò di sdrammatizzare un po’ – facciamo come nella signora in giallo, lasciamo fare l’assassino, una volta morti tutti, l’unico rimasto in vita, è il colpevole!”

Poi scusa una cosa – Marco notò che stavano dando troppi particolari per scontati- la polizia come faceva a venire in un’ora a sapere delle morti? “

Marco aveva di nuovo l’attenzione del suo futuro collega “Per Roberto Angeletti, ok, era agli arresti domiciliari, la polizia ce la aveva fuori dalla porta, posso passare sull’imprenditore, che proprio perché aveva tentato il suicidio era ben sorvegliato…”

Non dimenticarti di Renato Desino che ha scagliato il telefono, quindi avrà attirato l’attenzione…”

Ok, fanno tre, ne sono morti altri cinque….come faceva la polizia a sapere subito dei decessi, e ad andare quindi a controllare, per poi comunicarlo all’ANSA e avviare la catena…”

Esatto mio giovane detective… in altre parole: chi avvertiva la polizia doveva essere al corrente dei delitti o averli commessi, quindi è questo il punto: chi avvertiva la polizia?”

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Capitolo 30
*** L'Eterna notte - parte decima + Capitolo 22 ***


    Notte del 4 gennaio

 

L’ETERNA NOTTE - PARTE X

 

E come farò a... donare la morte? Non sono un assassino e sono vecchio…”

L’ultimo nome che aggiungerai alla lista dei necrologi morirà nell’istante stesso in cui il suo nome sarà scritto. Ricorda Lucio, l’ultimo nome sarà il nome di chi decreterai deve morire. Potrai punire i colpevoli o porre fine alle sofferenze di poveri innocenti. Per 9 volte. Sarai giudice e giustiziere di nove vite.”

 

Mentre l’eco di quelle parole non si era ancora spento nella mente di Lucio, il Buio lasciandolo di nuovo solo nell’oscurità della sua camera gli sussurrò che presto si sarebbero rivisti. Sulla sveglia scattarono le 3.04.

 

 

CAPITOLO XXII

 

Giovedì 3 marzo

 

Le loro domande rimasero senza risposta e rimbombarono nella loro mente per altri due giorni, ed infine si dispersero nello stupore di quel giovedì. L’ultimo di quella catena.

Il direttore li aveva fatti chiamare al giornale prima dell’orario.

Erano solo le sei mattino, ed il clima che si respirava era irreale, il freddo gelido stava dando fondo alle ultime energie con micidiali sferzate di vento, consapevole che di lì a poco avrebbe dovuto cedere il passo alla nuova stagione, nella quale l’inverno sarebbe sfumato per poi perdersi sul finire di marzo. E quell’ultimo freddo immortalava la periferia di Roma, a quell’ora deserta. Poteva sembrare una scena da far west, ma questa sensazione senza tempo era riportata al nostro millennio dal suono di sirene non molto lontane, ambulanze o polizia, che rompeva l’incanto di quel freddo mosaico.

Ma le sirene stanno al giornale…” Ettore era molto teso.

Era passato a prendere Marco con la macchina, e cinque minuti dopo aver detto quelle parole arrivarono davanti la Casa Bianca.

C’era un’ambulanza e una macchina della polizia.

Per il resto era deserto.

Della redazione dell’Orizzonte erano presenti solo il Direttore, la cui macchina era nel parcheggio, e i due fattorini, incaricati di distribuire le copie del giornale appena stampato alle varie edicole.

Questi passavano verso le quattro di notte a ritirare i giornali.

Avevano la chiave della sala stampa, dovevano passare dalla porta laterale, prendere le copie che la stampatrice “sputava fuori” – come diceva sempre Lucio- e caricarle sul furgone.

Non entravano mai né in redazione né in sala stampa, prendevano le copie e basta.

Ed era questo che continuavano a ripetere agli agenti, aggiungendo : “Non l’abbiamo visto, davvero, non l’abbiamo visto”.

Ettore e Marco si affrettarono dentro e videro il direttore sulla porta della scala che portava alla sala stampa, con una busta gialla in una mano e una copia appena stampata dell’Orizzonte nell’altra. Sentendo dei passi, si girò.

Vedendo i due passò loro il giornale senza dire niente.

Era aperto sulla pagina dei necrologi: l’ultimo nome era quello di Lucio Triani.

Marco ed Ettore erano sbigottiti: Lucio era morto? Allora come faceva a esserci scritto il suo nome sul necrologio? Era Lucio che li stilava… che si fosse suicidato?

C’entrava con gli altri otto delitti irrisolti?

Negli occhi del direttore si leggeva chiaramente la risposta a quest’ultima domanda: si.

Scesero tutti e tre in sala stampa: steso vicino alle macchine c’era il corpo senza vita di Lucio.

Privo della vita spiccava in tutta la sua magrezza e vecchiaia, sembrava ancora più piccolo così raggomitolato.

Prima di morire aveva versato qualche lacrima, e forse la causa la teneva ancora stretta in mano. Stretta dal rigor mortis c’era una copia de L’Orizzonte, del giovedì precedente, aperto alla pagina dell’articolo di Marco, in cui si dava notizia dell’innocenza di Renato Desino, morto due settimane prima, in modo inspiegabile, come altre sette persone.

Come anche Lucio.

Marco ed Ettore erano sbigottiti, sapevano tutte e tre che l’autopsia avrebbe rivelato che anche stavolta la causa della morte era inspiegabile.

Ma sapevano anche che quello di Lucio sarebbe stato l’ultimo nome.

Ettore indicò la busta in mano al direttore, questo meccanicamente la aprì: erano finalmente arrivati i tabulati telefonici richiesti.

Evidenziato con un pennarello sull’elenco delle telefonate ricevute dalle vittime c’era un numero: era quello della sala stampa del giornale.

C’era anche un nono foglio: quello di tutte le telefonate fatte da quel numero la sera dei delitti. Ogni volta, subito dopo aver chiamato le vittime, Lucio aveva anche avvertito la polizia.

Ettore, il direttore e Marco continuarono a guardare la scena dei poliziotti del RIS che finite di fare le fotografia della scena del delitto, e di prelevare impronte e prendere tutto ciò che reputavano utile, chiusero il cadavere di Lucio in una busta e tirarono su la lampo fino a nasconderne anche il viso.

Marco continuava a parlare da solo: “Ok, era Lucio, ma come?” … lo stava ripetendo da ormai cinque minuti, e lo stava ancora ripetendo quando gli passarono accanto i due poliziotti che trasportavano il cadavere.

Uno dei due gli rispose: “Come non lo so… ma di sicuro è finita”.

 

 

 

Nota dell'autore - A domani per l'epilogo della storia!!!!

 

Mistero svelato... anche se con un sapore vagamente mistico probabilmente.

Sono affezionato a questo breve romanzo scritto quasi 10 anni fa, ai tempi del liceo. Sono consapevole dei suoi tanti difetti, delle sue pecche, del suo essere troppo asciutto e magari con pochi sussulti: prima o poi vi rimetterò mano!

Intanto, però, vorrei ringraziare chi ha letto e apprezzato capitolo per capitolo questa storia. Un ringraziamento particolare va a Lisa_Pan, perchè lo so che che con ogni piccola recensione indaghi un po' su di me e questo mi lusinga infinitamente, a 1Rebeccam , perchè anche se ogni tanto maltratti un po' Alexis sei una grande e adoro leggerti ed essere da te letto, e, infine, a Sawadee, per essere come sei.

Grazie,

 

Marco

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Capitolo 31
*** Epilogo ***


Giovedì 3 marzo

 

 

Era stato strano stare al giornale, in ufficio, senza poter fare niente, aspettando solo che i poliziotti facessero le loro domande e controllassero se c’era qualcosa di loro interesse fra la documentazione che Marco ed Ettore avevano tenuto del caso.

A mezzogiorno passato se ne andarono.

Il direttore disse a tutti che potevano andare a casa.

Anselmi e il suo futuro collega si alzarono per ultimi, e andarono nell’ufficio del direttore.

Dopo qualche breve frase di circostanza e qualcuna di normalità, Marco salutò i due, che rimasero a parlare ancora un po’, e si avviò verso l’uscita della Casa Bianca.

Avvicinandosi ad essa si intravedeva che fuori era uscito il sole.

Marco varcò la soglia.

Cominciò a scendere i pesanti e diroccati gradoni verso la piazzetta di nuovo deserta ma non più spazzata dal vento gelido.

Scendendo si volse all’albero di ciliegio.

Si fermò a osservarlo e sorrise nel vedere che era spuntato il primo fiore bianco.

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