Ricordami

di Hidden Writer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Riflessioni e rimpianti ***
Capitolo 2: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 3: *** Una decisione ***
Capitolo 4: *** Lontano ***
Capitolo 5: *** Quella notte ***
Capitolo 6: *** La verità ***



Capitolo 1
*** Prologo - Riflessioni e rimpianti ***


 

Ricordami

 

Prologo

Riflessioni e rimpianti

 

Perché mi era sempre sembrato perfetto?

Perché non avevo mai colto il segno?

Perché mi ero sorpreso quando era successo?

Perché cazzo in quel momento mi era mancata la voce?

Perché, perché...

Quanti perché potrei avere ancora, adesso?

Cento.

Mille.

Forse di più.

Eppure io per te stravedevo.

Avrei messo il mondo a ferro e fuoco per te.

Ma tu no.

Forse non avevi mai sentito quanto ti amavo.

Forse non mi amavi così tanto.

Forse mi amavi meno di qualcun altro.

Forse non mi amavi affatto.

Ma non sembrava.

No, affatto.

Mi guardavi con certi occhi...

Mi parlavi con una voce...

Mi baciavi con una passione...

Però...

Forse era colpa mia.

Ma tu non dicesti nulla.

Non volesti parlare.

Mi zittisti prima che potessi dirti qualcosa.

Quel gesto non mi avrebbe fermato.

Avrei parlato comunque.

Ma la voce mi era morta in gola.

Quando dalla borsa ti era caduto qualcosa.

Una collana.

La collana.

Quella che io ti avevo regalato.

Appena un mese fa.

Tu l'avevi vista.

L'avevi raccolta.

E l'avevi gettata via.

Potevo parlarti.

Dovevo parlarti.

Avrei potuto farti sorridere.

Avrei potuto convincerti a restare.

Avrei potuto dirtelo.

Avrei potuto dire quella semplice parola.

Semplice, ma lapidaria.

Ricordami.

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Capitolo 2
*** L'inizio della fine ***


 

 

Capitolo 2

L'inizio della fine

 

È bello sapere che va tutto bene, in fondo, mi fa capire che questa è la vita che voglio. La mattina una colazione e un bacio, poi vado al lavoro, mangio un panino e torno a casa nel pomeriggio. Poi cena e nanna.

Nanna, si fa per dire...

Ad ogni modo, tu mi fai capire ogni singolo istante che mi ami sempre di più, non potrei mai dubitare di quello che provi per me, ma ultimamente ti comporti in modo strano, sei più fredda, distaccata, come se tutto d'un tratto non mi amassi più come prima.

Non voglio farci caso, ci saranno dei problemi al lavoro...

La chitarra si è anche rotta qualche giorno fa perché era caduto un libro che la aveva fatta sbilanciare... Diciamo che ora mi toccherà ricomprarla... mi dispiace.

Con quella chitarra ti avevo conquistato. Ti avevo fatto innamorare. Non è bello sapere che si era spezzata.

Comunque vorrei che questo limbo non finisse mai, questa stasi in cui ci troviamo, innamorati come il primo giorno.

Stamattina, però, tu sei più strana, più seria. In genere sei divertente, carismatica, oggi mi sembri addirittura a disagio. Se c'è qualcosa che non va vorrei almeno sapere cosa. Voglio saperlo.

-Gwen?-

-Si, Trent?-

Non è possibile. Questa non è la tua voce, è la voce di una ragazza su cui è passato sopra un camion. O un treno

-Ti devo parlare-

-Non adesso, Trent, mi sento sotto a un treno-

Appunto.

-Beh, ok. Perché, c'è qualcosa che non va?-

-Ho dormito malissimo.-

Non è la verità. Ne sono sicuro.

-Mi dispiace. Posso fare qualcosa per te?-

-No, guarda, non...-

-Sei sicura?-

-Senti Trent, lasciami in pace. Non voglio altro che stare da sola ora, chiaro? Voglio un po' di silenzio!-

Da dove viene tutta quella aggressività?

-Ok. Scusa, amore.-

-E chiamami Gwen, che diamine.-

E questo nervosismo? Un mal di testa? No, ti conosco troppo bene. Anche se questa non è la Gwen che conosco io...

Non ho il coraggio di aprire bocca. Perché mi tratti così? Non mi sembra di aver fatto qualcosa di sbagliato.

-Riposati un po', vedrai che andrà meglio.-

-No. Non andrà meglio.- Dici gelida.

Ti lascio in camera da letto. Decido di lasciarti sola per un po'. Vado al lavoro.

 

-E così è alquanto strana, eh?-

-Sì, ma da un po' di giorni. Stamattina poi...-

-Non saprei, guarda.-

-Già...-

Sono in ufficio, ma Duncan è meno loquace del solito, oggi.

Ha un'aria strana, come se avesse rubato le offerte in chiesa. Certo, non mi stupirei se lo facesse.

Immagino di dovermi dare una mossa, se non voglio subire l'ira funesta del capo, poiché sono venti minuti che sto alla macchinetta del caffè.

Domani vado direttamente in cantiere a vedere come procede il lavoro che sto progettando. A noi i manovali ci reputano colletti bianchi bastardi, perché noi programmiamo e loro sgobbano. Non vogliono capire che se usassero quel poco di cervello che si ritrovano e avessero una laurea in architettura sarebbero al posto nostro senza meno.

-I bastardi sono loro. Fanno andare male l'azienda.-

-Perché?-

-Perché sì.-

-Contento te...-

-E con loro va anche quello là, il colletto bianco per eccellenza.-

-Duncan...-

-È un bastardo assoluto, e poi...-

-Duncan...-

-Puzza! Sì, nel suo ufficio c'è un fetore che...- Lui nota la mia espressione.

-È dietro di me, non è vero?- E detto questo si gira di scatto, sudando freddo.

-Capo! Oggi sta benissimo con quello smoking pieno di forfora... no! Cioè, lei sta benissimo...-

-Nel mio ufficio.-

-Non che ci sia niente di male nella forfora, anzi, è...-

-Nel mio ufficio, ho detto.-

Lui mi guarda con aria disperata e lo segue. È un talento naturale per cacciarsi nei guai.

Ho finito il turno, torno a casa.

La strada del tragitto mi sembra infinitamente lunga, chissà se ti sei calmata. Non mi aspetto che tu sia andata al lavoro, poiché ti sentivi male, ma comunque mi stupisco quando ti trovo seduta in soggiorno.

Ti saluto, ma tu hai una faccia strana. Vado in camera per appendere le giacca, ma qualcosa non mi quadra quando apro l'armadio. Mancano tutte le tue cose. Un brivido mi percorre la schiena.

Di colpo capisco. Tu in soggiorno nascondevi con le gambe una valigia. Una valigia piena, sembrerebbe.

Mi guardi. Hai capito. Ti alzi e ti avvii verso la porta. Io vorrei parlare, ma tu fai un cenno inequivocabile, zittendomi e ti chini per raccogliere la borsa. Ti cade qualcosa. La collana che ti avevo regalato per compleanno. Quasi manco la presa quando me la lanci addosso. Tu mi guardi con occhi pieni di vergogna e freddezza.

Apri la porta.

Non capisco cosa ti abbia spinto a prendere questa decisione.

Vorrei chiedertelo, il perché, ma non ce la faccio.

Ho più o meno dieci secondi prima che tu sparisca.

Più o meno due minuti prima che pianga.

Ed un'eternità prima che mi dimentichi di te.

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Capitolo 3
*** Una decisione ***


 

Capitolo 3

Una decisione

Non posso continuare così.

È una settimana che non vado ala lavoro, resto chiuso in casa e guardo la chitarra rotta. Devo fare qualcosa. Non voglio che finisca così, che finisca tutto, che lei si dimentichi di me.

Decido comunque di andare al lavoro. Quel bastardo del capo mi avrebbe fatto una nota negativa, che ne so...

-Trent! Ragazzo, perché non sei più venuto al lavoro, cavolo?-

-Scusi capo, ho avuto dei problemi con Gwen...-

-Chi? La tua ragazza?- dice vicinissimo. Quanto tempo era che non si lavava i denti? Che fetore!

-Sì...-

-Ma è passata qui sei giorni fa...-

-Cosa?-

-Si, me lo ha detto il cuoco, com'è che si chiamava...? Achet...-

-Ah, Chef.-

D'un tratto capisco l'importanza della cosa. Scatto come un fulmine verso le cucine. Per la pausa pranzo si va sempre in terrazza, quindi suppongo che si trovino all'ultimo piano...

-Chef!- Un nerobuto massiccio e scontroso mi si para davanti.

-Che sono queste confidenze, ragazzo? Io per te sono il maestro Achet.-

-Si, dico... hai per caso visto una ragazza bianca come una mozzarella, con i capelli... una gotica?-

-Ah, Gwen. Sì.-

-E dove, quando, con chi?!- Non so perché mi sia uscita quest'ultima domanda.

-Mah, più o meno una settimana fa.. stava in terrazza a pomiciare con quello là, il punk.-

Il sangue mi si gela nelle vene.

DUNCAN???

Bastardo! Come poteva farmi questo?! Non era possibile... e Gwen? Anche lei... Che rabbia!

Scendo tutti e cinque i piani, esco dall'edificio nonostante i richiami del capo e salgo in macchina.

Non è possibile! Vorrei svegliarmi da quest'incubo, ritrovarmi con lei accanto...

E pensare che avevo pensato che lui potesse darmi un sostegno, un aiuto per affrontare questa situazione.

Il destino è stato veramente infame con me, un dolore dietro l'altro.

Le lacrime mi appannano la vista. Guido come capita, che importanza ha, ora? Non ho più la mia ragione di...

ODDIO UN CAMION!

 

 

 

 

 

Sento il fastidioso e ripetuto BIP di un elettrocardiogramma. Buon segno, sono vivo.

Non riesco ad aprire gli occhi, non riesco a trovare il coraggio di affrontare la vista di quello che potrei essere diventato. Tutto ingessato e senza una gamba, afflosciato senza più le ossa...

Apro gli occhi.

Tiro un sospiro di sollievo, vedendo la diagnosi su una cartella clinica appoggiata sulla scrivania. Niente di tutto questo, solo tre costole e il femore fratturati.

Un'infermiera mi dice:

-Ben svegliato, signore.-

-Che... dove mi trovo?-

-Lei è rimasto in coma per un mese. Temevamo veramente che potesse non risvegliarsi più.-

-Ahi... Cavolo, la gamba...-

-Non la muova, signore. Oltre al femore fratturato gli si sono pericolosamente distorti i legamenti del ginocchio a causa di una botta che ha dato sul volante. Comunque è stato veramente fortunato, si è soltanto fratturato tre costole, oltre al resto!-

-Che culo...-

-Non faccia così, poteva andare molto peggio, sa? Comunque un'altra settimana e sarà a posto, pronto per la fisioterapia.-

-Fantastico...-

È passato in fretta un altro mese, mi avevano rimesso a nuovo, avevo rischiato addirittura di finire sulla sedia a rotelle.

Ora mi hanno appena dimesso, sono tornato a casa. A piedi.

Primo perché mi fa bene muovermi, tanto per recuperare le forze perdute.

Secondo perché casa mia è lontana neanche mezzo chilometro dall'ospedale.

Terzo perché la macchina è accartocciata.

Voglio chiamarti, ma non squilla nemmeno, dice che il numero è inattivo. Poi scorgo qualcosa sulla scrivania. Una SIM, la tua.

Perfetto.

Non so più come trovarti, nessuno sa niente di te, e nemmeno Duncan risponde.

Non posso lasciarti andare via così.

Mi vesto ed esco.

Da qualche parte dovrò cominciare.

Perché una cosa è sicura:

Io ti ritroverò.

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Capitolo 4
*** Lontano ***


 

Capitolo 4

Lontano

 

Per prima cosa vado dal garagista, perché è lì che stava la tua macchina, voglio sapere se ti ha visto passare di lì.

-Ehi Zeke!-

-Chiamami con il mio nome, cavolo: EZEKIEL!-

-Non fare il difficile, amico, senti, hai per caso...-

-Ma quanto tempo è che non ti fai la barba, Trent?-

-Lascia perdere, è una lunga storia. Hai mica visto Gwen?-

-Chi, la tua ragazza? Sì...-

Scatto: -quanto tempo fa?-

-Mah, tre giorni fa. È arrivata qui e mi ha allungato quindici dollari per non dirti che era venuta, poi...-

-Buono buono buono buono. Perché non avresti dovuto dirmelo?-

-Non saprei, ma visto che quindici dollari sono pochi, decido di dirtelo... avrebbe dovuto darmi almeno il doppio!- E si mette un dito nella narice.

-Beh, continua!-

-Dicevo, lei viene qua, mi dà una miseria, mette in moto la macchina e vede che non parte, così prende dalla tua macchina i morsetti e collega le due batterie. Alla fine dopo mezz'ora stacca l'armamentario e ti richiude la macchina. Sale nella macchina sua, parte e dopo duecento metri si ferma dal benzinaio. Poi ho deciso di andarmi a comprare un panino. E non ho più visto niente.-

Scatto e corro dal benzinaio, forse questa volta mi andrà meglio, quello lì non è il tipo da farsi panini in orario di lavoro.

Non c'è. Fantastico, perfetto!

Vedo uno dei personal trainer della palestra appoggiato all'uscio a prendere un po' d'aria. Chissà, magari...

-Hey, Tyler!-

-Trent, che piacere vederti! Sai che ultimamente qui è venuta una veramente attraente? È bionda e ha due occhi che...-

-Tyler, mi serve una mano: Hai mica...-

-L'estetista, ecco chi è. Quella lì... Linsday.-

-TYLER! Hai visto Gwen tre giorni fa... al benzinaio?-

-Uh... sì... l'ho vista ripartire!-

-E dove andava?-

-Ha svoltato a destra a quel bivio!-

-È andata al negozio di giocattoli?-

-No, al supermercato!-

-E quella è sinistra, amico.-

Lui si blocca guardandosi le mani perplessamente e impugna con entrambe una penna immaginaria.

-Sì, è la sinistra. Poi è uscita con due buste cariche di qualcosa... mi sembrava roba da panini.-

-E poi?-

-E poi è ripartita e ha seguito la stessa strada.-

-Fantastico. Grazie mille!-

E riparto. Cavolo, sto correndo più oggi che quando giocavo a calcio!

Il supermercato è chiuso, ma una delle cassiere sta nella biblioteca accanto.

Il bibliotecario mi saluta.

-Ciao, Trent!-

Lui in realtà fa lo scrittore, ma ora che i suoi libri hanno molto successo, lui lavora in questa biblioteca, per rilassarsi, dice lui, perché gli arrivano soldi di continuo, dico io.

-Ciao Noah.-

-Che cos'è questa fretta?-

-Affari miei.-

Arrivo in fondo al corridoio.

-Hey, Beth!-

-Ciao Trent, sai che dopodomani faccio i provini per diventare Majorette?-

-Sono contento, per caso hai visto Gwen? So che è passata al supermercato tre giorni fa...-

-Sì, ha preso un quintale di roba fra pane e prosciutto!-

-E sai dove stava andando?-

-L'ho vista ripartire con la macchina e prendere l'autostrada!-

Una voce familiare la interruppe.

-Ti sbagli, ha preso la parallela all'autostrada, la strada per la periferia!-

Era il prestigiatore della scuola materna per il laboratorio.

-Hai ragione, Harold! Quindi è arrivata dalle parti del carcere!-

-Esatto.-

-Grazie mille ragazzi.-

Comincio a correre e imbocco quella strada. La vedo srotolarsi per chilometri e chilometri, ma non mi spaventa. Sento che Gwen è passata lì, mi sembra di sentirne l'odore.

Dopo un'ora non ce la faccio più. Decido di fare l'autostop.

Un camionista si ferma e mi dice:

-Che vuoi?-

-La prego, mi porti al carcere, devo andarci assolutamente!-

-Te lo scordi, io non do passaggi.-

-La prego...-

-Perché devi andare al carcere?-

Devo inventarmi una scusa convincente.

-Ho lì un buon amico, devo andarlo a trovare assolutamente!-

-Va be', sali.-

Io salgo e lui riparte.

-Grazie, grazie mille, lei è veramente una brava persona, un monumento dovrebbero fargli, lei...-

-Hai finito di fare il leccacu...-

-Oh, guardi, sono quasi arrivato!-

Lo interrompo. Scendo e comincio a correre in direzione del carcere.

Intravedo il tribunale, lì accanto e Courtney in giacca nera e camicia bianca che esce.

-Courtney, ciao!-

-Ciao Trent. Oggi il giudice non ne voleva sapere di darmi retta!-

-Ma sei diventata un avvocato?-

-Al suo servizio! Signore!-

-Ma bene... Per caso hai visto Gwen... da queste parti?-

Lei mi guarda male. Il suo viso si contrae, lei ringhia a denti scoperti, la sua pelle passa dal rosa al rosso, dal rosso al viola, dal viola al blu, dal blu al nero.

Poi esplode.

-LA DARKETTONAAAAAAAAAA!!!!-

-Calmati, è tutto a posto...-

-Tutto a posto? Credi che non sappia che si sono rimessi insieme?-

-Come lo sai...?-

-Sono passati qui! Li ho visti che limonavano alla stazione di servizio!-

-E dove andavano?-

-CAROGNE!-

-Calmati, Court...-

-NOOOOO!-

-Andiamo...-

Lei ringhia e mostra i canini, poi comincia a sbavare e gli occhi gli si arrossano impercettibilmente.

-All'aeroporto!-

-Grazie!- E corro, lasciandomi dietro una belva pronta a sbranare chiunque.

Decido di affittare una bicicletta, a piedi sarebbe uno strazio, ma non hanno nessuna bicicletta. Intanto ho una fame che mi sta divorando, così decido di andare al negozio di Owen.

Una macelleria-salumeria-pizzicheria-panetteria. Non potrei scegliere di meglio...

Compro un panino e affitto una moto. Meglio di niente...

Arrivo all'aeroporto in un'oretta. Devo assolutamente andare a vedere la lista dei partiti.

-Leshawna?! Che ci fai tu qui?-

-Il check-in, amico.-

-Ah, senti, mi piacerebbe sapere se per caso hai la lista dei...-

-La tua Gwen è partita per la Jamaica insieme a Duncan. Ora smamma, devo lavorare.-

Obbedisco.

Vigliacca. Sei voluta scappare!

E così ci separano migliaia di chilometri.

Te ne sei andata.

Lontano.

Ho la carta di credito, un aereo per la Jamaica non costerà così tanto.

Sì, è la cosa giusta da fare.

Aspettami, Gwen.

Vengo a prenderti.

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Capitolo 5
*** Quella notte ***


 

Capitolo 5

Quella notte

 

Il volo è stato a dir poco stressante.

Le turbolenze sono iniziate proprio quando mi hanno servito la coca-cola e ora la mia felpa ha una bella chiazza marrone.

Ho affittato una casa nei pressi dell'aeroporto, quella sanguisuga del proprietario ha voluto ottocento dollari per una settimana in quella stamberga monolocale di venti metri quadri.

Stronzo.

Si approfitta della gente che cerca un tetto sotto cui dormire. Ma mi vendicherò.

Mi vendicherò, se ne accorgerà.

Qui dentro fa un freddo cane, non c'è neanche il riscaldamento. È vero che siamo in Giamaica, ma è in pieno inverno! Questo letto almeno è comodo. È una piazza e mezza, molto morbido, ma non ha il cuscino, così... tanto vale usare la felpa sporca di coca-cola.

Almeno le coperte ci sono, ma sono leggerissime, quel tanto che basta a farti morire assiderato. Il buio è totale. Io ti penso sempre, Gwen. Sei la stella al centro dell'universo, e il pianeta più vicino sono io, fatto apposta per starti accanto. C'è un altro pianeta, però, più grande di me. È strano, sembra che quando mi passi vicino ispiri simpatia, ma poi devia di colpo e ti si fa sempre più vicino. Ti vado incontro anch'io, ma tu fuggi dall'altra parte, vai verso di lui. Poi scorgo qualcosa su quel pianeta... non capisco cosa sia. Lui ti prende e ti porta via. Ecco cos'era quella cosa sul pianeta... una specie di... cresta verde?!

-AAAAAAHHH!!!- Mi risveglio di soprassalto.

Quando mi ero addormentato? Non ricordo nulla, solo quello stramaledettissimo sogno. Vorrei risvegliarmi da questo tipo di sogno. Vorrei poter pensare che sia tutto un sogno. E invece è del tutto vero. È tremendamente vero. Sono le due del mattino, io non riesco a dormire, così... meno tempo passo in quella catapecchia e più sono contento. Mi vesto pesante ed esco.

La cittadina dove sono capitato è del tutto anonima, esiste solo per dare servizio agli arrivati da viaggi stressanti. E a sgonfiargli il portafogli. Vedo che in un locale c'è ancora aperto, vedo le luci. Decido di andare a vedere più da vicino. Un ristorante. Lì dentro un tizio ripulisce e mette a posto dei bicchieri. È giovane, ma è massiccio, robusto e alto. Lo guardo più da vicino...

-Deejay!- Esclamo. E busso al vetro. Lui mi apre la porta del retro delle cucine e mi fa entrare.

-Trent! Che ci fai qui?-

-È una lunga storia...-

-E io ho tempo!-

-Non capiresti...-

-Non sono così scemo!-

-Ok, allora se ti dico fatti i cazzi tuoi capisci?-

-Alla perfezione.-

-Va bene. Senti, ma perché sei ancora aperto a quest'ora?-

-C'è una coppietta che è arrivata a mezzanotte e non ne vuole sapere di andarsene.-

-Senti, ma tu fai il capocuoco, qui?-

-Chef Devon Joseph al suo servizio!-

-Oh oh! Ma guarda un po'!-

-Non è stato facile arrivare fino a questo punto... ma sai, ogni mio piatto diventa irresistibile!-

Tira fuori un barattolino di spezie con un cuoricino e mi strizza l'occhio.

-Ah, certo, le spezie di tua madre... ma non ti basteranno per sempre!-

-Lo so bene!-

Apre un armadio gigantesco con dentro almeno duemila barattolini così.

-Quindi, è tutto a posto...-

-Stanne certo, amico!-

-Beh, mi ha fatto piacere incontrarti, sai, tornerò qualche volta, ma ora dovrei proprio andare.- L'occhio mi cade sulla coppietta al tavolo davanti all'entrata. Le gambe mi cedono. Cado in ginocchio e sbarro gli occhi.

-Deejay?-

-Sì?-

-Dammi il berretto.-

-Perché?-

-Dammelo!-

Lo prendo e ci rigetto dentro la colazione, il pranzo e la cena di ieri.

-Bastardo che non sei altro! Che schifo!-

-Scusa, ma dico, hai visto chi sono i due della coppietta?-

-No, non ho visto bene...-

Li guarda e per un attimo anche lui sgrana gli occhi.

Duncan fa tutto lo sdolcinato e offre il suo cucchiaio di cremé caramelle a Gwen, seduta di fronte.

-Capisco, amico, ma se sei pieno di ragazze, ricomincia una vita! Hai centinaia di fan che darebbero chissà cosa per essere al posto di Gwen!-

-Stai scherzando, spero.-

-No!- Mi guarda negli occhi e poi abbassa lo sguardo. -Ok, sì.-

-Volevo ben dire. Ah, non è possibile! Perché, perché proprio io? Perché lui mi ha rubato...-

Mi blocco, mentre un'idea si fa strada nella mia mente.

-Deejay?-

-Sì?-

-Faresti un favore al tuo amico povero e sfortunato?- E faccio gli occhioni più dolci che mi riescono.

-S...sì, se vuoi...-

-Metti questo sul cappotto di Duncan di nascosto, quando passi.-

-Stai scherzando, dico, stai scherzando? Potrebbero pensare chissà cosa!-

-E dai..?-

Lui ha lo sguardo freddo, immutabile, che infatti si ammorbidisce in fretta e alla fine cede.

-Ok.-

-Grazie, amico!-

Io esco e torno alla mia passeggiata. Vediamo come farà il romantico, Duncan, ora che è cosparso di polvere pruriginosa!

Torno a casa. Mi sento uno schifo. La mia ragione di vita se la fa con uno stronzo. Fantastico.

Ed io? Un coglione che l'ha lasciata andare.

Ma la riprenderò.

E spaccherò il culo a quel...

Come? Mi ascoltano i bambini? Cosa? Ma davvero? Ah.

Ok, non ho detto niente.

Buona notte.

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Capitolo 6
*** La verità ***


 

Capitolo 6

La verità

 

Per altri due giorni non ho avuto in coraggio di uscire di casa. La mattina precedente avevo comprato scorte a sufficienza per una settimana, perciò mangiavo lì. Già stavo preparando la dolce vendetta al proprietario, ma non voglio anticiparvi nulla. Ti avevo vista l'altro ieri sera, e tu no. Era struggente, quello là, poi... Bleah! Come può piacerti quel verme?

Io ho capito perché mi hai lasciato. Non eri abbastanza soddisfatta della vita che facevi con me, non ti davo abbastanza, è stato tutto un mio errore. Poi è arrivato Duncan e tu non ti sei fatta sfuggire l'occasione. Sei scappata via per paura di cambiare idea, ma io voglio riaverti, darei qualsiasi cosa pur di non essere una delle tante macchioline nella tua vita, ma un punto fermo, un ricordo.

Oggi è il terzo giorno che resto chiuso in casa. Ormai è quasi un mese e mezzo che non mi faccio la barba, credo che forse sia ora. Naturalmente non ho la schiuma, perché in aereo non ti fanno portare quei contenitori quindi devo andare a comprarla.

Non c'è un cacchio di supermercato qua in giro. Però c'è un bazar, si chiama "Uno di tutto", forse troverò UNA bomboletta di schiuma da barba. E magari anche UNA lametta nuova per il rasoio, che è messo male.

Entro. Rimango allibito. C'è davvero uno di tutto!

UN materasso, UNA pentola, UNA sedia, UN iPod, UN cellulare, UN'automobile, UNA puntina, UNA penna, UN disco di musica.... Centinaia e centinaia di cose. Perfino UN atto di proprietà per una stamberga lì a fianco.

Dopo una mezz'ora di accurata ricerca trovo UNA bomboletta di schiuma da barba, ma non trovo UNA lametta per il rasoio, così dovrò arrangiarmi con le altre quattro.

Sto andando a pagare, quando tu compari all'improvviso.

Mi guardi per un attimo negli occhi. Io non so con che occhi guardare i tuoi, duri e freddi.

-Trent... io...-

-Cosa, Gwen?- Chiedo gelidamente.

-N...niente di importante... solo...-

-Dimmi pure, senza paura.- Cerco di assumere il tono più rassicurante che mi possa riuscire.

-Trent... c'è anche Duncan.- Perfetto. Non ho molto tempo.

-Ascoltami... Gwen...- Le parole escono troppo in fretta.

-Senti, non so se sono io che ho qualcosa di sbagliato o è lui che ha qualcosa di troppo giusto, ma devi sapere che io...- Mi blocco. È davvero la cosa giusta dirle tutto?

-Io ti amo, Gwen, ti amo alla follia, ma tu non mi ami, e non pensare di dovertene fare una colpa solo perché soffro, perché se ami lui io non sono nessuno per mettermi in mezzo, però devo chiederti una cosa.-

Lei è sorpresa. Confusa.

-Trent, lo so che mi ami, ma...-

-Anch'io so che lo ami, la cosa che voglio chiederti...-

Perché cazzo non riesco a parlare?

-Trent... non peggiorare la situazione...-

-Di non dimenticarti di me. Non voglio essere un'immagine sfocata nella tua memoria, voglio che qualunque cosa succeda, in qualunque modo finisca, io te ne prego...-

Lei mi guarda di nuovo con quegli occhi, gli stessi di quella mattina, vergognosi e freddi allo stesso tempo, ma una lacrima sulla guancia tradisce la sua ostinata distanza.

-...Ricordami, Gwen.-

La guardo nuovamente negli occhi, questa volta nei suoi vedo stupore, ma anche tristezza e rimpianto.

-Ricordami.-

E me ne vado. Il cassiere mi fa un applauso lento e squallido, mostrando il suo sorriso con più o meno otto denti.

-Ma bravo, ci sai fare con le donne!-

-Vaffanculo, stronzo!-

Lui rimane letteralmente interdetto. Ammicca convulsamente con l'occhio sinistro e continua a tenere lo sguardo di chi ha appena ricevuto n calcio tra le cosce.

Io esco senza pagare. È più che giusto. Raggiungo l'aeroporto in poco tempo, dopo aver fatto la valigia e aver intasato il water della stamberga con carta igienica e stucco da finestre.

Prendo il primo volo per tornare a casa.

Non voglio fare altro che stendermi sul letto, il mio letto.

Il check-in ha una fila lunghissima. Salgo sull'aereo, che decolla poco dopo.

Addio Giamaica.

Addio Gwen.

Ricordami.

Fine

 

Delusi dal finale, eh? Non preoccupatevi, è in arrivo la seconda parte, ovvero un'altra saga. Signori e signori, ecco a voi il seguito di Ricordami, ovvero...

IN CERCA DI TE

USCIRÀ IL PRIMA POSSIBILE, STAVOLTA SARÀ DAL PUNTO DI VISTA DI Gwen, leggete, mi raccomando!

Hidden Writer

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