Il Principe Purosangue

di misspepper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Salto nel Passato: Binario 9 & 3/4 ***
Capitolo 2: *** Il Marchio Nero ***
Capitolo 3: *** Lo Smistamento ***
Capitolo 4: *** Incubi Notturni & Verità Nascoste ***
Capitolo 5: *** Il Giorno Dopo ***
Capitolo 6: *** Vecchie Conoscenze ***
Capitolo 7: *** L'Alba Uccide I Sogni ***
Capitolo 8: *** La Notte Di Halloween ***
Capitolo 9: *** Grifondoro contro Serpeverde ***



Capitolo 1
*** Un Salto nel Passato: Binario 9 & 3/4 ***


La piccola Rose salutò mamma e papà Weasley un’ultima volta, stringendo a sé il baule fin troppo pesante per la sua fragile statura e fece un cenno alla famiglia Potter.
 

- Hai bisogno di aiuto con i bagagli, tesoro? – le chiese Ron vedendola in evidente difficoltà.
Rose sbuffò, togliendosi i capelli ramati dalla bocca e arricciò il naso.
- Me la cavo benissimo da sola, papà.
- Sei identica a tua madre. – sussurrò il signor Weasley rivolgendole un sorriso.
- Ron! – protestò Hermione guardandolo di traverso – Rosie – disse poi alla figlia – non appena hai bisogno di noi, manda un gufo. Ricordati di andare a trovare Hagrid, mi raccomando.
- Ma stai attenta a non mangiare le sue caramelle mou, sono peggio del cemento armato.
- Ron!
Mentre i coniugi Weasley bisticciavano su quanto fossero buone o meno le caramelle del guardiacaccia di Hogwarts, Rose sentì una mano sulla sua spalla.
- Andiamo, Rosie? Albus non vuole salire sul treno se non ci sei anche tu. – sghignazzò James Potter scimmiottando il fratello minore: indossava già la sua divisa di Hogwarts e teneva il petto in fuori, in modo che ognuno potesse vedere lo stemma di Grifondoro brillare sul suo mantello.
Rose salutò nuovamente Ron e Hermione, ormai immersi in una fitta discussione sull’educazione e sul cemento armato, e si diresse verso il suo cugino preferito.
- Ecco Rosie, Severino, adesso possiamo salire? – disse James con un ghigno.
- Non mi chiamare così! – sbottò Albus, con gli occhi verdi che brillavano dall’emozione.
Ormai il momento era giunto: lui e Rose sarebbero andati ad Hogwarts, sarebbero stati smistati in una delle quattro case e sarebbero diventati dei veri maghi.
- Guardate, c’è Victoire! – esclamò James diventando inspiegabilmente rosso.
La figlia di Bill Weasley e Fleur Delacour camminava con un passo svelto e leggiadro, i lunghi capelli biondi al vento e la pelle diafana che brillavano alla luce del sole, insieme allo stemma di Grifondoro appuntato sul petto. La sua bellezza radiosa faceva voltare tutti i presenti, che la ammiravano con silenzioso stupore e attrazione.
- Salve ragazzi! – salutò il trio con un sorriso splendente – Rosie, sei bellissima.
Nel frattempo James tentava di nascondersi dietro una manica della divisa di Albus.
- James Sirius Potter! – esclamò Victoire con fare minaccioso – Devi smetterla di ficcare il naso negli affari altrui, altrimenti la prossima volta ti lancio una fattura orcovolante!
Il ragazzino spuntò da dietro Albus e tirò fuori un sorriso sgangherato.
Rose si voltò un attimo verso la propria famiglia: il piccolo Hugo stava facendo impazzire la madre, mentre Harry Potter si era avvicinato a Ron insieme a Ginny e adesso stavano osservando con gli occhi lucidi l’espresso per Hogwarts, fonte di chissà quanti ricordi.
- Rosie, noi saliamo! – disse Albus afferrando baule e gufo e tentando di farli salire sul treno.
- Arrivo subito. – rispose Rose, lanciando un ultimo sguardo ai Weasley e ai Potter.
Poi tentò di sollevare la propria roba, ma questa era troppo pesante e cadde nel tentativo.
Fortunatamente, constatò, nessuno l’aveva vista. Si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcuno che l’aiutasse, ma i suoi genitori erano spariti insieme ai suoi zii, Albus e James erano già saliti sul treno e di Victoire e zio Percy non vi era l’ombra.
Pensò di tirare fuori la bacchetta e fare un incantesimo, quando una voce alle sue spalle la fece trasalire.
- Ti serve una mano?
Rose si voltò di scatto e si trovò di fronte un ragazzo della sua stessa età, con i capelli biondo platino e gli occhi dello stesso colore del ghiaccio.
Con immenso orrore, la piccola Weasley riconobbe nel suo “salvatore” il giovane Scorpius Malfoy.
- Guarda che non ti mangio mica! Sto solo cercando di essere cortese. – borbottò Scorpius abbozzando un sorriso.
Rose sentì le guance avvampare, poi ricordò le parole del padre e l’antica rivalità esistente tra le loro famiglie. Guardò i suoi bagagli e, seppur a malincuore, si ritrovò costretta ad accettare l’aiuto.
- Sì, grazie, non ci riesco, è che… è tutto troppo pesante.
Scorpius sembrò studiare il baule e la civetta con un sorrisetto.
- L’avevo notato.
Era l’unico figlio di Draco Malfoy, eppure non sembrava arrogante come il padre; in pochissimo tempo aveva sistemato i bagagli di Rose sul treno, vicino ai suoi.
- Grazie. – borbottò la ragazza con gli occhi pieni di gratitudine.
- Di niente, comunque io mi chiamo Scorpius Malfoy, piacere di conoscerti. – mormorò Scorpius.
Rose era tentata di rispondergli con un ti conosco già, quando Albus e James ricomparvero magicamente accanto a lei, squadrando Malfoy con una faccia disgustata.
- Rosie, che ci fai qui con lui? – chiese Albus osservando stupito la cugina.
- Guarda un po’, il figlio di Draco Malfoy. – puntualizzò James mostrandogli pomposamente lo stemma di Grifondoro – Credo che lo scompartimento dei Serpeverde sia in fondo.
Scorpius sembrava sul punto di rispondere, ma rimase quieto e silenzioso.
- Stai alla larga da nostra cugina, Scorpius – continuò James con fare da spaccone – è una Weasley.
- Lo avevo intuito – rispose pacatamente Malfoy – dal fatto che si fa vedere in giro con voi. Purtroppo i parenti non si possono scegliere, lo so per esperienza.
James tirò immediatamente fuori la bacchetta e Albus fece lo stesso, imitando il fratello maggiore.
- No! – gridò Rose, mettendosi in mezzo – Non c’è bisogno di litigare! E per quanto mi riguarda – aggiunse rivolgendosi a Scorpius, con le labbra arricciate – i parenti non si potranno scegliere, ma gli amici sì. E loro sono anche miei amici. Arrivederci, Scorpius Malfoy.
Il trio si allontanò, lasciando solo Scorpius in mezzo al corridoio.
- Rosie, parlare con un Malfoy! Zio Ron sarà felice di saperlo. – la ammonì James.
- Ah, stai zitto tu! Mi ha aiutato con i bagagli a differenza vostra.
- Ti abbiamo persa di vista – spiegò Albus – e poi ti abbiamo ritrovata con Scorpius.
- Chissà cosa ha in mente quello là! – esclamò James, facendo arrossire la cugina.
Dopo aver messo più metri di distanza possibili tra loro e Malfoy, James si infilò in uno scompartimento dove si trovavano gli amici del suo anno e lasciò Albus e Rose soli.
- Me lo dovevo aspettare da mio fratello – borbottò Albus aprendo uno scompartimento vuoto e sedendosi vicino al finestrino. Rose si mise sul lato opposto, con il viso rivolto alla banchina del binario 9 e ¾.
Chissà se avrebbe incontrato Scorpius di nuovo.
 
Albus stava sonnecchiando con la fronte schiacciata sul finestrino.
Il viaggio sembrava veramente non finire più, tanto che persino Rose si era addormentata.
Il figlio di Harry Potter stava sognando sul treno per Hogwarts, e sognava cose terribili: fiotti di luce verde uccidevano i suoi cari, mentre una risata agghiacciante riempiva l’aria, riempiva la sua testa e si impossessava lentamente di lui.
Albus gridò con tutte le sue forze, svegliandosi di botto.
Rose saltò sul proprio posto, ma prima che qualcuno potesse dire qualcosa, la porta dello scompartimento fu aperta rumorosamente.
- Tutto bene, ragazzi? – esclamò Fred Weasley, con la bacchetta alzata e seguito da sua sorella Roxanne. Nessuno dei due indossava la divisa di Hogwarts.
- Ehm, sì. – bofonchiò Albus, ancora scosso dal sogno.
- Perfetto, temevamo di aver nascosto da queste parti i nostri… chiamiamoli esperimenti – spiegò Roxanne fieramente – e che le vostre urla fossero il segno che funzionano perfettamente.
- Dovreste smetterla di inventare diavolerie e spaventare a morte tutti! – sbottò Rose.
- Rosie, lo sai che tuo zio George è felicissimo quando portiamo al suo negozio nuovi scherzi.
- Che naturalmente gli facciamo pagare con giuste cifre. – puntualizzò Fred.
- Cifre belle tonde.
- E poi come dimenticare quella volta che tuo cugino James si è seduto sulla poltrona della Sala Comune che avevamo magicamente modificato.
- Strano che non abbia usato la sua maledetta scopa volante per scendere dal lampadario, quel piccolo sbruffoncello. Ma almeno non ha più tentato di rubare la nostra roba.
Albus li osservava a bocca aperta.
- Non ti preoccupare Al! – lo rassicurò Roxanne – Se non sei un ficcanaso come tuo fratello, le tue chiappette saranno al sicuro.
- Già, e magari non ti dovranno sradicare dal Platano Picchiatore. Ci vediamo a Hogwarts.
Non appena i fratelli furono usciti dallo scompartimento, Rose si lanciò su Albus.
- Al, che cosa hai visto stavolta? – chiese avida di informazioni.
- Niente, Rosie. Sul serio, sto benissimo. – rispose in modo poco convincente il cugino.
- Hai fatto un altro incubo?
- Ho detto che non è niente! – sbottò Albus nervosamente.
Rose stava per controbattere, quando la porta si spalancò nuovamente con un botto impressionante.
- Oops! Scusate, non volevo spaventarvi. – sussurrò una voce femminile.
- Scusatela, è un po’ sbadata. – disse un ragazzo che Albus riconobbe come Clark Harris, uno dei migliori amici di James insieme a Andy Finnigan.
- Rose, lui è Clark. Un amico di mio fratello. – lo presentò il giovane Potter.
- Felice di conoscerla, incantevole Weasley. – disse Harris prendendole la mano.
- Ovviamente, ti comporti come James. – notò Rose osservando lo stemma di Grifondoro.
La ragazza che aveva fatto sbattere la porta era rimasta sull’entrata, con lo sguardo fisso in terra e le orecchie rosse: aveva dei lunghi capelli scuri, la bocca rosa e gli occhi di un azzurro chiarissimo, che richiamava il colore del cielo fuori dal finestrino.
Albus allungò un po’ il collo per vederla meglio, ma lei si ritrasse timidamente.
Clark notò la curiosità del ragazzo e fece un sorrisetto.
- Al, questa è la mia sorellina. Si chiama Julia e questo è il suo primo anno a Hogwarts.
- Ciao, Julia! – esclamò Rose entusiasta.
La ragazza abbozzò un sorriso timido e tentò di uscire dallo scompartimento.
- Dove vai? – l’afferrò Clark con fare lesto – Da oggi voi sarete amici, vero?
Lo sguardo atterrito di Julia stava mettendo ansia persino ad Albus, che si alzò di scatto.
- Certo che saremo amici – rispose Rose lanciano un’occhiata strana al cugino – vero, Al?
Il ragazzo, che evidentemente si sentiva parecchio stupido, si limitò ad annuire.
- Eccellente! – esclamò Harris – Allora ve la lascio. Sapete, io e James dobbiamo fare uno scherzo al professor Paciock. Volevamo mettere delle mosche tostate nel suo caffè.
- Che trovata ingegnosa! – sospirò Rose con falso entusiasmo.
- Ci vediamo allo Smistamento! – li salutò Clark, fermandosi un attimo sull’uscio per fare l’occhiolino ad Albus, facendo arrossire sia questi che Julia.
- Beh – parlò inaspettatamente il piccolo Potter – io sono Albus e tu sei Julia. Piacere.
E le tese la mano.
Julia la osservò esitante qualche secondo, per poi stringerla con un sorriso enorme.
- Piacere di conoscerti, Albus.
 
 






Buonasera a tutti/e.
Questa è la mia prima fanfic riguardante la saga di Harry Potter.
Sebbene non abbia ancora in mente come si svolgerà precisamente la trama - e questo vuol dire che lo scopriremo insieme - volevo precisare che questo primo capitolo costituisce uno dei numerosi flashback che inserirò ogni tanto in mezzo alla storia, sia per spezzare il continuum narrativo sia per far luce su quello che è accaduto negli anni antecedenti al sesto.
Non vi chiedo altro che leggere - naturalmente - e magari farmi sapere se la storia sia di vostro gradimento.
Enjoy!

Cocorit

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Capitolo 2
*** Il Marchio Nero ***


Erano passati cinque anni da quell’assolata giornata in cui Albus aveva preso per la prima volta l’Espresso per Hogwarts insieme a Rose Weasley e Julia Harris.
Il trio si accingeva ormai a frequentare il sesto anno di scuola, mentre James era giunto al suo ultimo anno – anche se senza sapere precisamente il come.
Albus, Rose e Julia avevano stretto un forte legame tra di loro ed erano quasi inseparabili, come lo erano stati un tempo Harry, Ron e Hermione.
Il mattino del 1 settembre arrivò fin troppo presto per i loro gusti.
Albus e James stavano dormendo tranquillamente nella loro stanza – che avevano condiviso per tutto il mese di agosto, dato che i Potter avevano ospitato Teddy Lupin – quando qualcuno aprì improvvisamente le loro finestre, facendo entrare un getto di luce che colpì i loro visi assonnati.
- Mmm, mamma! Chiudi la luce! – biascicò Albus, senza alzare la testa dal cuscino.
- È la luce del sole, tesoro. È ora che vi alzate! – rispose dolcemente Ginny.
- E allora spegni il sole! – brontolò James, tentando di proteggersi dai luminosi raggi che entravano dalle finestre spalancate.
Harry entrò nella stanza – già perfettamente vestito e pronto per la partenza – e lanciò un’occhiata disperata ai propri figli.
- Non si alzeranno mai! – sbuffò con un tono di disperazione.
Ma Ginny non era tipo da demordere così presto: si posizionò di fronte ai letti dei fratelli Potter e, portandosi le mani sui fianchi, iniziò a squadrarli.
- Albus Severus Potter e James Sirius Potter – esclamò con tono severo – se non vi alzate entro dieci secondi, vi proibirò di tornare a Hogwarts!
- Non lo faresti mai. – farfugliò James convinto.
- Allora vuol dire che faremo sparire tutti i tuoi poster dei Falmouth Falcons. – rispose Harry, ben consapevole di aver toccato il punto debole del figlio.
James cambiò faccia. Si alzò in un batter d’occhio, spinse il fratello minore giù dal letto e iniziò a preparare la sua divisa di Hogwarts.
- Questo si chiama ricatto. – protestò Albus, tentando di domare i capelli ribelli.
Nel frattempo Lily era sbucata da dietro la porta: era diventata un’incantevole quattordicenne, con i capelli rossi e lisci che le incorniciavano il viso pallido e lentigginoso e gli occhi scuri, come quelli della madre. Indossava già la sua uniforme scolastica con lo stemma di Grifondoro ben lucidato ed in mostra.
- James e Albus sono i soliti pigroni. – notò con un sorrisetto stampato in faccia – Forse perché passano le loro notti a parlare di ragazze.
- Stai zitta, Lily! – gridò James stringendo i pugni.
- Ma dai, lo sanno tutti che hai una storia con quella Tassorosso, Theresa Ann.
Lily doveva aver fatto centro, perché il fratello maggiore era diventato improvvisamente tutto rosso e sembrava sul punto di scagliarle una maledizione.
Mise mano alla bacchetta, ma Harry fu più veloce.
- Niente magia contro tua sorella, James, anche se ora hai diciassette anni.
Il figlio sbuffò e si lasciò cadere nuovamente sul letto.
Dopo un bel po’ di tempo – e una colazione abbondante – la famiglia Potter era pronta a partire verso il binario 9 e ¾ .
 
La stazione di King’s Cross era affollata come non mai: uomini d’affari, vestiti di tutto punto, correvano da una parte all’altra, mescolandosi a turisti, pendolari e misteriosi personaggi corredati di baule e gufo.
Harry si fece spazio tra la folla, trascinando per un braccio Lily, e si fermò di fronte al muro tra i binari 9 e 10.
- Bene, ragazzi. Siamo arrivati! Sbrighiamoci, altrimenti farete tardi.
James scrutò la gente intorno, poi si lanciò a tutta velocità contro il pilastro.
E lo attraversò.
Per la settima volta nella sua vita aveva attraversato quel muro magico, e adesso si trovava a osservare una massa numerosa di maghi e streghe radunati a gruppi intorno al treno che avrebbe portato i loro figli a Hogwarts.
Sarebbe stata l’ultima volta che sarebbe salito su quell’espresso e, nonostante il carattere da sbruffone, i suoi occhi non poterono fare a meno di lucidarsi con lacrime.
- A me non ha mai fatto questo effetto. – sussurrò Harry, spuntando alle spalle del figlio. James trasalì e si soffiò il naso contro la veste.
- Nessun effetto! E poi tu non hai mai frequentato l’ultimo anno.
- Già – constatò Harry – dopo quella battaglia ho l’impressione di non essermi ancora riposato del tutto.
James sorrise. Suo padre, in ogni caso, sarebbe rimasto sempre il suo eroe più grande.
 
- Mamma! Papà! Dov’è Lily? – chiese Hugo alzando la voce, nel caso i genitori non avessero sentito le precedenti mille volte in cui aveva posto loro la domanda.
- Tesoro, ti ho detto che presto li vedremo. – rispose Hermione stancamente.
Il più piccolo della famiglia Weasley sapeva essere un vero tormento a volte.
- Ha ripreso tutto da me. – sussurrò fieramente Ron.
Hermione annuì: era proprio per questo che amava così tanto suo figlio.
- Mamma, eccoli! Al? Albus? – esclamò Rose.
Albus si voltò di scatto per vedere da dove provenisse la voce.
Rose gli si lanciò incontro, sfrecciando per tutta la banchina con il mantello e i capelli crespi che fluttuavano sferzando l’aria.
- Al! – gridò gettando le braccia al collo del cugino, che ricambiò l’abbraccio.
La famiglia Weasley raggiunse la famiglia Potter.
- Harry, da quanto tempo? – disse Ron abbracciando l’amico.
- Ronald, vi siete visti ieri. A lavoro. – precisò Hermione.
- Anni e anni che ci conosciamo, ed è sempre la stessa – mormorò Ron a Harry – ma è proprio per questo che non riesco a fare a meno di amarla.
Mentre le due famiglie si scambiavano calorosi saluti, nessuno sembrò notare la figura che dal profondo del binario li osservava con avido interesse.
Scorpius Malfoy non era stato accompagnato da nessuno al binario 9 e ¾ ; era solo, appoggiato al muro in un angolo buio della banchina, con gli occhi cerchiati di nero e i capelli biondi arruffati. Lo stemma di Serpeverde sul suo petto rifletteva bagliori verdastri alla luce del sole.
Evidentemente uno di quei riflessi arrivò all’occhio dei Potter.
- Ehi – disse James con aria spavalda – c’è Malfoy.
- Dove? – chiese Harry con interesse.
- Laggiù. – indicò Albus – Non mi fido di quello.
Ma Rose sembrava di tutt’altro parere.
- Rosie, non sarete ancora amici te e quello Scorpius? – domandò Ron con diffidenza.
Hermione li guardò entrambi con apprensione.
- Sì, papà. Non è come il padre. – si decise a rispondere Rose.
- Già, tranne quando ha tentato di schiantare tuo cugino. – precisò Albus.
- Cosa?! – esclamarono in coro Ron e Harry.
- È vero! – si affrettò a confermare James – Ma lo ho Disarmato prima che potesse solo aprire la bocca. – aggiunse con una certa spavalderia.
- Veramente, ti ha schiantato. Ha usato un incantesimo non verbale.
- Zitta, Rosie! Guardate, sta salendo sul treno.
Scorpius si stava muovendo lentamente verso il mezzo, che stava sbuffando rumorosamente, quasi a voler lasciare il prima possibile la stazione.
- Sarà meglio che andiamo anche noi. – disse Albus – Voglio trovarmi uno scompartimento nel quale non ci siano Malfoy, Zabini e Nott.
Ron lanciò uno sguardo eloquente a Harry: le compagnie non erano poi così cambiate alla loro vecchia scuola.
- Fate attenzione a non farvi schiantare. – li avvisò Hermione.
- Non fatevi male. – aggiunse Ginny con un certo timore.
Ma i loro figli non le stavano ormai ascoltando più.
Rose era già saltata sul treno alla ricerca di Scorpius, Albus stava cercando Julia, mentre James aveva trovato Theresa Ann e adesso stava tentando di non diventare rosso come un peperone di fronte ai genitori di lei.
Lily e Hugo si erano già trovati uno scompartimento e stavano discutendo su come, alla loro età, Harry avesse affrontato il Torneo Tremaghi.
Scorpius aveva quasi raggiunto il suo corridoio dei Serpeverde, quando una mano gli afferrò il braccio e lo trascinò dentro uno scompartimento.
- Ehi – urlò con sorpresa il ragazzo – Rose, smettila di tirarmi la manica!
- Tu – lo ammonì lei – perché hai schiantato mio cugino alla fine dell’anno scorso?
- Mi stava rompendo, diceva che non voleva che ti parlassi!
- E perché – lo interruppe Rose – non mi hai scritto durante queste vacanze?
Scorpius sembrò un attimo spiazzato dalla domanda.
- Si vede che l’ho preso alla lettera.
La ragazza lo squadrò male.
- Che diavolo ti è successo? – domandò notando il nero intorno agli occhi del ragazzo.
Scorpius non rispose, ma si limitò a fissarla.
- Che ti succede?
- Non sono affari tuoi! – sbottò Malfoy con insolenza.
Rose si morse il labbro e distolse lo sguardo: non capiva perché Scorpius si stesse comportando così con lei. L’unica Grifondoro che lo sopportasse.
Poi la risposta le balzò in mente con una rapidità impressionante.
- Stai ancora studiando quella roba? – chiese con voce tremolante.
- Che roba?
- Sai che roba! – sbottò Rose – Le arti oscure. Magia nera. Scorpius, ne avevamo già parlato! È magia pericolosa, malvagia. E cos’hai sul braccio? – domandò osservando disgustata quella che sembrava una grossa bruciatura.
- Niente! – si affrettò a dire Scorpius tentando di nascondere la mano sotto la veste, ma Rose fu più veloce e gliel’afferrò di scatto.
- O mio dio. – sospirò guardandolo l’avambraccio, sul quale faceva mostra un simbolo.
Ma non era un simbolo qualunque.
- Il marchio nero?! – sussurrò Rose senza fiato – Hai il marchio nero?
Scorpius non rispose.
L’aria intorno a loro diventò improvvisamente glaciale.
- Non possiamo più vederci. – prese atto Rose con freddezza, voltandosi.
- Rosie… - mormorò il ragazzo con tono supplichevole.
- Quello è il male, possibile che non lo capisci? Voldemort ha ucciso i nonni di Albus, James e Lily! Ha ucciso mio zio, Fred! E tu ti fregi del suo simbolo?
Rose era ormai in lacrime.
- Io non sono un ammiratore, Rosie – tentò di chiarire Scorpius – quanto una vittima.
- Voldemort è morto! – continuò a singhiozzare l’altra – Non tornerà mai più!
- Non posso spiegarti cosa sta succedendo. Forse è meglio se mi stai alla larga.
Scorpius aprì la porta dello scompartimento e la richiuse con violenza dietro di sé, lasciando Rose seduta, le mani sul volto bagnato e il cuore in tumulto.
 
- Ciao, Al. Non vedo l’ora di arrivare a Hogwarts!
Julia era cambiata veramente tanto dal primo incontro con Albus, cinque anni prima, sul medesimo treno: portava i capelli scuri raccolti in una coda alta e i suoi occhi erano di un grigiastro acquoso, come il cielo nuvoloso sopra le loro teste.
Si stava preparando una tempesta.
- I tuoi occhi continuano a cambiare colore. – notò Albus.
- Come il tempo, d’altronde. – asserì lei, volgendo lo sguardo alle nuvole.
I due entrarono nello scompartimento di Hugo e Lily e si misero comodi.
- Dov’è Rose? – chiese Julia.
- Pensavamo fosse con voi. – risposero Hugo e Lily in coro.
Albus non stava seguendo la discussione.
La sua mente era tornata ad un incubo che aveva fatto la notte precedente alla partenza: stava tornando. Lo aveva sentito, lo aveva percepito dal carico di paura presente nel sogno. Ma chi stava tornando? E soprattutto, cosa voleva da Albus?
Il treno si mosse. Presto i ragazzi sarebbero tornati a Hogwarts.
Non potevano prevedere che l’anno sarebbe stato molto meno tranquillo dei precedenti.

 

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Capitolo 3
*** Lo Smistamento ***


L’Espresso per Hogwarts aveva completato la sua corsa da un bel po’ di tempo.
Presto sarebbe cominciata la cerimonia dello Smistamento e Albus non poteva fare a meno di ripensare al giorno in cui era stato collocato a Grifondoro.
- James, ti ricordi il giorno del mio Smistamento? – chiese al fratello maggiore.
- Certo. Eri spaventato a morte.
Albus se lo ricordava. Ricordava il terrore che aveva provato quando il Cappello Parlante era sceso sui suoi occhi e aveva pronunciato il suo verdetto, dopo un tempo incredibilmente lungo.
Improvvisamente, Rose sbucò dal nulla e si sedette al tavolo dei Grifondoro accanto ad Albus, Julia, Lily e Hugo.
- Dove cavolo eri finita? – chiese Hugo osservandola.
La ragazza aveva gli occhi rossi e un po’ gonfi. Sembrava avesse pianto.
- Hai riparlato con quel Malfoy? – disse Albus irritato – Ti ha trattata male?
- No, ho chiuso con Scorpius. – tagliò corto l’altra.
James e Hugo alzarono i pugni in segno di vittoria, quando il professor Paciock richiamò l’attenzione degli studenti e fece segno di stare in silenzio.
La cerimonia stava per cominciare, esattamente come era accaduto sei anni prima.
 
(Hogwarts – Sala Grande, anno 2017)
 
James era seduto al tavolo dei Grifondoro, che era in gran fermento: i suoi occhi erano puntati sul vecchio sgabello posto di fronte a tutti, in mezzo alla Sala Grande.
Qualcuno vi aveva appoggiato sopra un cappello rattoppato e piuttosto malconcio.
- Ehi, James, comincia! – disse Theodora Thomas, strattonandogli la veste.
Il professore di Erbologia, Neville Paciock, si era alzato dal tavolo degli insegnanti: aveva tirato fuori da una tasca una lista e, con un tocco di bacchetta, l’aveva lasciata a fluttuare nell’aria.
- Erm erm. – si schiarì la voce ripetutamente.
Il brusio tra le tavolate andò scemando, finché non vi fu il più completo silenzio.
- Ragazzi – riprese Neville energicamente – oggi diamo il benvenuto agli studenti del primo anno. Inizia la cerimonia dello Smistamento! Vi chiedo di salutare calorosamente tutti i nuovi arrivati, senza dare importanza alla casa di appartenenza.
- A meno che non si tratti di un Serpeverde! – notò James con una certa sbruffoneria, raccogliendo risate e gesti di approvazione da tutti i suoi compagni.
Ricordava bene il momento del suo Smistamento: il Cappello Parlante non aveva avuto dubbi sulla sua collocazione. “Grifondoro!” aveva esclamato quasi immediatamente.
Come suo padre, aveva pensato James – ben felice di raggiungere il tavolo ornato di oro e porpora, ed essere accolto dai suoi amici già smistati.
Presto sarebbe toccato a Albus, ma prima vi erano altri studenti da sistemare.
- Alice Austin – chiamò Neville – vieni, accomodati.
Una ragazzina mingherlina e piena di lentiggini si sedette sullo sgabello.
Non era spaventata: era terrorizzata, con le ginocchia che tremavano sotto la gonna.
Il Cappello le fu posato sul capo e per qualche secondo tacque.
Poi si scosse un po’ e, infine, dette il suo verdetto.
- TASSOROSSO!
Il tavolo dei Tassorosso esplose in un tripudio di gioia ed applausi.
- Almeno il primo studente ad essere smistato non è Serpeverde. – disse James facendo un segno di approvazione ai suoi amici – È anche carina.
Lo smistamento degli studenti continuò con una certa rapidità e il Cappello sembrava saper bene dove mettere ogni ragazzo: solamente con un certo John Davis non riusciva a trovare pace. Quando infine aveva esclamato “GRIFONDORO!”, James si era alzato battendo forte le mani e facendo segno al nuovo arrivato di sedersi accanto al suo gruppo.
- Julia Harris! – gridò Neville scrutando la lista.
Clark ebbe un sussulto e James si avvicinò a lui.
- Vedrai che andrà tutto bene, tua sorella sarà dei nostri. – lo rassicurò.
Difatti, non appena il Cappello fu posato sulla testa della ragazza, non ebbe alcun dubbio nell’esclamare “GRIFONDORO!”.
Julia se lo sfilò immediatamente e corse verso la tavola dei Grifondoro, sedendosi accanto a suo fratello – che non riusciva a smettere di sorridere.
Quando Neville chiamò Scorpius Malfoy, James lo guardò di traverso: quel piccolo biondino con l’aria da angioletto non lo convinceva per niente.
 
Rose se ne stava a chiacchierare con Albus, in attesa dello Smistamento, fuori dalla porta della Sala Grande.
- E se finisco a Serpeverde? – continuava a ripetere il ragazzo in preda al panico.
- E se anche fosse? – gli rispondeva Rose – Non è mica la fine del mondo!
Ma Albus sembrava non prestarle più ascolto: la sua attenzione era stata catturata dal nome che il professor Paciock aveva appena pronunciato.
- Scorpius Malfoy!
Rose si fermò per un attimo.
Era quel ragazzo, il figlio di Draco Malfoy, che l’aveva aiutata a mettere i bagagli sul treno.

- Ehi, ma dove vai? – esclamò Albus mentre Rose si faceva largo tra gli studenti per guardare meglio nella Sala Grande.
Scorpius era seduto sullo sgabello e sul suo viso non vi era la minima traccia di paura, tensione o ansia; se ne stava tranquillo, con un’espressione rilassata, in attesa del verdetto del Cappello.
“Ti prego, non mandarlo a Serpeverde” pensò tra sé e sé Rose. Non sapeva perché desiderasse così tanto che Malfoy non finisse tra gli studenti più odiati di Hogwarts.
Probabilmente, si disse, provava semplicemente gratitudine per l’aiuto con i bagagli.
Ma il Cappello sembrò non aver dubbi.
- SERPEVERDE! – gridò con decisione, mentre l’aria si riempiva delle urla e degli applausi provenienti esclusivamente dalla tavolata dei Serpeverde.
Scorpius si alzò e si diresse lentamente verso i suoi nuovi compagni.
Forse fu un’impressione di Rose, ma le parve di veder apparire un’espressione contrita sul volto del ragazzo, anche se solo per qualche frazione di secondo.
- Beh, direi che non ha spezzato la tradizione – asserì Albus con gli occhi pieni di speranza – e magari il Cappello terrà conto anche della mia famiglia.
D’altronde sia i Weasley che i Potter erano sempre stati smistati nella casa di Grifondoro; e se poi era vero che contava anche il parere del diretto interessato...
- Potter! – esclamò Neville, senza poter evitare di sorridere – Albus Potter.
Albus rimase impietrito sulla soglia dell’ingresso.
- Vai, Al! – borbottò Rose dandogli uno spintone che per poco non lo fece cadere faccia in avanti di fronte a tutta la Sala Grande.
Il corridoio creatosi tra i tavoli delle quattro case verso lo sgabello sembrava allungarsi all’infinito, mentre i piedi tremanti di Albus si muovevano rapidamente verso la meta; quando passò accanto al posto del fratello, James gli sussurrò un “se vai lì con questo terrore dubito che finirai a Grifondoro!”, mentre Julia cercò di rassicurarlo con lo sguardo.
Rose lo osservava con apprensione: presto sarebbe toccato anche a lei.
Albus si sedette sullo sgabello e chiuse gli occhi quando il Cappello gli fu posato in testa. Una vocetta iniziò a parlargli, una voce che poteva sentire solamente lui.
- Aah, interessante – mormorò il Cappello Parlante – un altro Potter! Ma tu sei diverso da tuo fratello, non è vero? Sei molto più simile a tuo padre. Ricordo bene tuo padre. Non voleva finire a tutti i costi a Serpeverde.
Albus deglutì.
- E nemmeno tu lo vuoi. Non capisco il perché, caro ragazzo. L’uomo di cui porti il nome, Severus Piton, era un Serpeverde. Ed era un uomo molto coraggioso.
- Ti prego, io non voglio andare là. – sussurrò Albus impercettibilmente.
- Eppure non hai quel lato oscuro che possedeva tuo padre. Ma c’è qualcosa, c’è qualcosa. È una decisione difficile, caro ragazzo. C’è qualcosa di “buio” in te.
Albus fu preso dal terrore: cosa intendeva con “buio”?
- Albus Severus Potter – bisbigliò il Cappello con tono altisonante – che nome impegnativo hanno scelto i tuoi genitori.
Albus tentò di mantenere il sangue freddo, mentre ripeteva a se stesso che niente gli avrebbe impedito di raggiungere suo fratello e la sua famiglia al tavolo dei Grifondoro.
- Sei troppo giovane, ragazzo mio. – constatò il Cappello – Solo il tempo dirà chi sei veramente. Ma per adesso, credo che ti troverai benissimo tra i GRIFONDORO!
L’ultima parola fu pronunciata ad alta voce e la Sala Grande sembrò esplodere.
Albus tirò un sospiro di sollievo e corse a tutta velocità verso James e Julia, sedendosi accanto a loro e stringendo le mani di tutti.
- Bel lavoro, Al! – si complimentò Clark.
- Forte! L’ennesimo Potter è tra di noi! – esclamò un ragazzo sconosciuto.
- E smettila di tremare, cuor di leone! – ridacchiò James dandogli una pacca sulla spalla. Albus rise insieme al fratello: era come se si fosse tolto un peso dal cuore.
- Weasley! – chiamò ancora una volta Neville e ancora una volta sorrise – Rose.
Rose si mosse speditamente verso lo sgabello, salutò il professor Paciock e aspettò in silenzio che il Cappello le parlasse.
- Mmm, gran cervello. – mormorò quest’ultimo – Sicuramente ripreso da tua madre, la signorina Granger. Quanto avrei desiderato vederla tra le fila di Corvonero.
- Mia madre aveva un gran coraggio. – si sentì di rispondere Rose.
- E anche tu lo possiedi – annuì il Cappello – come tutti i Weasley, d’altronde.
Albus guardava attentamente la scena, cercando di capire: perché diavolo ci stava mettendo così tanto?
- Un cervello come il tuo sarà pure sprecato tra i Grifondoro, ma con un cuore così virtuoso e coraggioso, sarebbe pura follia mandarti a Corvonero. Quindi... GRIFONDORO! – disse il Cappello gridando l’ultima parola.
Rose si alzò di scatto dallo sgabello e corse a sedersi al tavolo dei Grifondoro.
Tra gli abbracci e i complimenti da parte di tutti – “Mitica Rosie! Almeno lo zio Ron non ti diserederà!” avevano esclamato in coro Fred e Roxanne – Rose lanciò uno sguardo al tavolo dei Serpeverde, dove Scorpius sembrava immerso in una fitta conversazione con Nott e Zabini.
Non seppe mai che quando si era decisa a guardare da un’altra parte, gli occhi color ghiaccio di Malfoy si erano posati sulla sua figura.

 

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Capitolo 4
*** Incubi Notturni & Verità Nascoste ***


Era una notte fredda, terribilmente fredda.
Il prato del parco di Hogwarts era ricoperto di brina e i ciuffi d’erba sembravano tremare sotto il ghiaccio; qualcuno camminava verso la Foresta Proibita, il volto coperto da un cappuccio.
John Davis dormiva beatamente nel suo letto, come quasi tutti i suoi compagni di stanza, immersi in chissà quali sogni piacevoli e fantastici.
Era una notte tranquilla ed il clima mite di settembre solleticava il volto di Albus, l’unico ad avere un’espressione contrariata sul volto: le ombre della sera evidenziavano le sue sopracciglia aggrottate e la bocca semiaperta, mentre le braccia si muovevano a scatti accanto al suo corpo.
L’uomo incappucciato camminava con passo sempre più svelto: evidentemente aveva fretta.
La bacchetta gli tremava leggermente tra le mani. Era evidente la sua paura.
Albus la poteva quasi annusare nell’aria gelida.
Desiderò di essere ed improvvisamente fu.
Con uno scatto, Albus si tirò le coperte fino al naso: aveva i brividi per il freddo.
Tentava di divincolarsi come se qualcosa lo stesse bloccando al letto.
Il petto si alzava e si abbassava freneticamente.
Doveva trattarsi di un incubo, l’ennesimo.
Albus era solito sognare cose terribili, anche se questa volta sembrava tutto molto reale.
Si nascose dietro la casa del guardiacaccia Hagrid e osservò il misterioso mago – era forse un mago? – incappucciato che si addentrava nella Foresta Proibita.
- Lumos! – gridò questi alzando la bacchetta, che si accese come una torcia.
Albus lo seguì lentamente, confidando nell’alleanza delle tenebre per non farsi vedere.
Il freddo stava diventando insopportabile per il ragazzo: i suoi denti iniziarono a battere, mentre una stretta gli oppresse il collo, rendendogli difficile respirare.
John borbottò qualcosa nel sonno e infilò la testa sotto al cuscino.
La figura misteriosa, dopo aver quasi corso per parecchi metri, adesso sembrava rallentare.
Stava mormorando qualcosa, parole oscure.
Il cuore di Albus stava saltellando su e giù per la sua cassa toracica e il freddo pungente lo stava debilitando pesantemente dal punto di vista fisico. Ad un certo punto temette di non farcela più.
Si accasciò a terra, mentre il gelo lo avvolgeva e gli offuscava la mente.
Albus iniziò ad annaspare sul suo cuscino. Stava combattendo con tutte le sue forze per respirare correttamente, ma non riusciva a far altro che dibattersi contro le coperte.
Chiuse gli occhi e sentì che stava per morire. O forse stava per lasciare il sogno.
Ma non avrebbe aspettato per scoprire quello che gli sarebbe successo.
- Lacarnum Inflamarae! – moromrò scuotendo la bacchetta. Ma non uscì niente.
Albus non era mai stato eccezionale ad incantesimi: era molto più efferrato in Difesa contro le Arti Oscure. Eppure si aspettava che funzionasse.
Poi qualcosa accadde.
Albus stava letteralmente soffocando nel sonno.
Matt Finnigan fu il primo ad accorgersene, quando fu svegliato dall'ennesimo rantolo.
- Al?! Al, che ti prende?! – disse scuotendolo.
Gli occhi di Albus non avevano intenzione di aprirsi.
- Ragazzi – esclamò il ragazzo terrorizzato – aiutatemi! Albus non respira!
Il cuore del ragazzo si era improvvisamente infuocato.
Albus non avrebbe mai potuto spiegare il come, ma sentiva di avere una stella incandescente dentro al petto. Probabilmente, il suo incantesimo in sogno aveva avuto un effetto totalmente diverso dalla realtà.
Si alzò da terra e continuò a seguire il suo bersaglio.
Questi si era fermato in una piccola radura tra gli alberi: i rami lasciavano entrare la luce della luna, seppur a sprazzi; questa sembrò depositarsi lentamente, come polvere, sull’uomo misterioso.
- Nox – sussurrò e tutto divenne buio.
Albus rimase immobile come una statua nel letto. Respirava normalmente.
- Dov’è mio fratello? Che succede?
James era entrato di corsa nella stanza con la bacchetta alzata, insieme a Hugo.
- È qua. – rispose John piano – Credo stia avendo un incubo.
Hugo sbuffò. Tutto questo baccano per un brutto sogno?
- Non respirava prima. – si affrettò ad aggiungere Matt – Temevamo sarebbe soffocato.
Il silenzio cadde nella stanza.
Silenzio. Invadeva tutta la foresta con una potenza incredibile: era come se qualcuno avesse eliminato ogni tipo di suono.
Poi il mago incappucciato parlò.
- Lumos Maxima.
Una palla di luce spuntò dalla bacchetta dell’uomo. Era abbastanza grande da illuminare tutta l’area circostante, compreso il luogo dove si trovava Albus.
Il ragazzo, terrorizzato, gridò “Nox!” e agitò la bacchetta di fronte a sé.
In qualche modo, l’incantesimo funzionò.
L’uomo – o forse ragazzo, visto che adesso che era ben illuminato si vedeva meglio – stava guardando nel punto dove si trovava Albus, ma era come se non scorgesse niente.
- Chi c’è là? – chiese con voce ferma – Mostrati!
Un forte vento iniziò a soffiare e a far frusciare le foglie.
Albus indietreggiò di qualche passo e schiacciò un ramoscello.
Il rumore indicò esattamente quale fosse la sua posizione.
- Stupeficium! – esclamò il ragazzo incappucciato.
- Protego! – disse Albus con rapidità impressionante.
- Rictusempra!
- Impedimenta!
- Pietrificum totalum!
Albus inciampò per evitare la fattura e si ferì il braccio sulla corteccia di un albero. Ma era un dolore di poco conto.
La foresta era ormai illuminata dalle luci delle maledizioni che i due ragazzi si stavano scambiando.
- Adesso basta! – sbottò l’avversario di Albus – Homenum Revelio!
- Evanesco! – urlò l’altro puntandosi la bacchetta contro, nel disperato tentativo di scomparire.
Albus si risvegliò urlando nel suo letto.
Era circondato da parecchie persone che non riusciva a riconoscere in quel momento.
Quel sogno era stato così reale che gli sembrava di sentirsi ancora addosso il freddo.
- Al? Miseriaccia, mi hai fatto spaventare con quelle urla! – disse Hugo massaggiandosi la fronte. James osservava la scena appoggiato alla porta: la preoccupazione sul suo viso era evidente.
- Credo che dovresti scrivere allo zio Harry. – continuò il piccolo Weasley – Sai che vorrebbe essere informato su queste cose… strane.
- Non sono cose strane – sbottò Albus – era solo uno stupido incubo.
- Al – lo interruppe Matt – hai del sangue sul braccio.
Albus posò lo sguardo prima sulla canottiera bianca e poi sul suo braccio, dove vide un bel graffio che sanguinava lievemente.
- Non è possibile... – sussurrò mentre la paura si impossessava di lui.
- Complimenti – tentò di sdrammatizzare James – rischiare di soffocare nel sonno la prima notte a Hogwarts! Credo che nemmeno papà sia mai arrivato a tanto.
Ma la sua voce ferma aveva ombre di paura al suo interno.
Albus riusciva a percepirle nitidamente. Ne sentiva l’odore.
 
Rose stava sbattendo impazientemente il piede contro il pavimento, mentre aspettava, con le braccia conserte, che Scorpius si facesse vedere: le aveva dato appuntamento di fronte alla Stanza delle Necessità – una fantastica stanza che appariva solamente a chi ne avesse veramente bisogno e che James aveva scoperto quando faceva il terzo anno – perché doveva dirle qualcosa di importante.
“Spero abbia una spiegazione per quel marchio” si disse la ragazza.
Stava per andarsene, quando da dietro un angolo buio spuntò una luce.
- Scorpius? – chiamò Rose, sperando con tutte le forze che non fosse Gazza. Quel maledetto custode decrepito aveva la capacità di spuntare nei momenti meno consoni.
- Rosie, non hai ancora imparato? E se non ero io? – la ammonì Scorpius, guardandosi intorno – Se fossi stato Gazza?
- Lo avrei schiantato e gli avrei fatto un incantesimo di memoria. – rispose Rose freddamente – Anche se potrei fare lo stesso con te.
Nel momento in cui lo guardò meglio, vide che Scorpius si trovava in uno stato quasi pietoso: sembrava stanco e angosciato.
Quasi istintivamente, Rose allungò la mano e gli sfiorò i capelli biondi.
Non poteva fare a meno di toccarlo, anche se era estremamente arrabbiata con lui.
- Scusa per stamattina. – sussurrò Scorpius, come se pronunciare quelle parole gli costasse una fatica immane – Sono stato uno stronzo.
Rose lo studiò senza rispondere: era impossibile rimanere impassibili di fronte a quegli occhi così pieni di malinconia. Era impossibile per lei continuare ad essere arrabbiata quando lui la guardava in quel modo.
Ma non poteva semplicemente passare sopra quel che aveva visto.
- Scorpius – iniziò cercando di non far tremare la voce – perché hai... il marchio?
- Entriamo? – cambiò discorso il ragazzo sfiorando leggermente il muro di fronte a sé.
Una porta comparve.
Questa volta la Stanza delle Necessità gli aveva riservato quello che sembrava essere un salottino, con caminetto incluso: due divanetti e due poltrone erano posti su quello pareva un antico divano polveroso. Tra di essi vi era un tavolino ornato con dragoni.
- Niente male – dichiarò Malfoy – molto chic.
Rose non aveva alcuna voglia di ridere. Voleva solo la verità.
Scorpius sembrò capirlo, perché si sedette su una delle poltroncine e la invitò a mettersi di fronte a lui.
- Non posso dirti perché ho questo simbolo. – si affrettò a dire prevedendo la domanda che sarebbe arrivata.
- Scorpius! Non capisci che è un simbolo malvagio? Non è uno scherzo!
- So bene che non è uno scherzo! Pensi che io sia stupido?
Le luci nella stanza aumentarono la loro luminosità di poco.
- Sì, sei uno stupido! La MagiaOscura è da stupidi! Quel simbolo è da stupido!
- Non posso giustificarmi! – gridò Scorpius – Ti devi fidare di me!
- Come posso fidarmi di qualcuno che indossa quell’emblema? – urlò Rose ancora più forte – Il simbolo di chi ha ucciso parte della mia famiglia.
Entrambi erano così presi dalla discussione che nessuno dei due si accorse dell’aumentato bagliore delle luci. Era quasi accecante.
- Rosie, fidati di me. – la supplicò il ragazzo.
- Sei un seguace di Voldemort?
Finalmente era riuscita a fare la domanda che voleva porgli da tutto il giorno.
Scorpius non rispose.
- Sei un seguace di Lord Voldemort? Rispondi! – esclamò Rose sporgendosi in avanti.
- NON POSSO RISPONDERTI! – ribadì Scorpius, ormai al limite della disperazione.
Le luci iniziarono a tremolare e a perdere vigore: sembravano seguire le onde delle loro emozioni.
- Se Voldemort non fosse morto, ed è morto – mormorò la ragazza – avrei già avvertito qualcuno. Ma dato che se ne è andato per sempre, penso tu sia solo un povero idiota con quella robaccia che hai sul braccio.
- Ti prego, Rosie, non... giudicarmi... anche tu!
Adesso Scorpius stava decisamente supplicando.
I suoi occhi erano lucidi e pieni di dolore per quello che stava succedendo.
- Giurami che lo toglierai – sibilò Rose – giuralo!
Malfoy sembrava sul punto di piangere.
- Non posso giurarlo. – esclamò – Ma non voglio perderti per questo!
Rose non lo aveva mai visto in questo stato: sembrava così... fragile.
- Scorpius – mormorò – tu hai bisogno di aiuto.
Più che come un’affermazione, suonava come una domanda.
Malfoy se ne accorse e fu tentato per un attimo di risponderle con un “sì, ho bisogno dell’aiuto di qualcuno”; ma non poteva, non avrebbe mai potuto mettere a rischio la vita di Rose, l’unica che aveva saputo vedere del buono in lui.
Anche se forse lo aveva già fatto.
- Rosie, ascoltami bene – disse Scorpius – la mia famiglia è stata maledetta.
- Che significa maledetta? Da chi?
- Non è importante – tagliò corto il ragazzo, senza fiato – non importa.
- Ti possiamo aiutare, Scorpius! Ti voglio aiutare.
- NO! Possibile che non lo capisci? Non ti meriti tutto questo dolore.
Rose non sapeva che fare: Scorpius era piegato sulla poltrona, le mani sul viso.
- Spero solo tu possa perdonarmi... – bisbigliò quest’ultimo.
Poi alzò la bacchetta.
- Oblivion.
E le luci si spensero definitivamente.

 

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Capitolo 5
*** Il Giorno Dopo ***


- Hai fatto un altro di quegli incubi?
Julia sembrava seriamente preoccupata: Albus percepiva il suo timore così chiaramente che gli pareva di udire un ronzio costante nelle orecchie.
- Smettila, Julie. – disse infastidito – Non è successo niente di grave.
Era solo il secondo giorno di permanenza a Hogwarts, eppure tutti gli studenti avevano già di che parlare. I figli di Harry Potter erano sempre stati parecchio popolari a scuola – e James ne aveva approfittato per fare amicizia soprattutto con le ragazze più carine – ma mai come adesso Albus si sentiva osservato.
- Ehi, Al, tutto a posto? – gli chiese un ragazzo del quarto anno.
Albus fece un cenno con la testa.
- Ma come fanno tutti a sapere di ieri sera? – borbottò mentre si avviava verso il lago, trascinandosi dietro Julia e cercando di evitare gli sguardi di tutti.
Quando furono giunti in una zona abbastanza isolata, si sedettero sotto un albero.
- Finalmente un po’ di pace. – disse Julia alzando lo sguardo al cielo mentre il vento le sferzava i lunghi capelli scuri. I suoi occhi adesso erano quasi neri.
Albus li osservò con attenzione: era incredibile come cambiassero colore a seconda del tempo e degli stati d’animo della ragazza.
- Julia, da quando i tuoi occhi... – chiese con un po’ di titubanza – sono neri?
Julia rimase in silenzio e gli lanciò l’ennesima occhiata preoccupata.
- Non mi guardare, lo sai che non posso farci niente. – rispose nascondendosi il volto.
Era imbarazzata: Albus fece un sorrisetto e, con estrema lentezza, le spostò le mani dal viso appuntito. Julia sembrò arrossire, ma il ragazzo non ci fece caso.
Da quando la conosceva, era sempre stata incredibilmente timida.
E poi successe qualcosa.
Gli occhi di Julia iniziarono a cambiare lentamente colore, mentre le varie sfumature e tonalità si increspavano sulla loro superficie come onde sulla parte esterna del mare.
Piano piano, il nero inquietante della paura fu sostituito da un pallido verde speranza, per poi sfociare nell’azzurro più vivo e intenso.
- Mio dio... – mormorò Albus estasiato da quella visione.
- Non avevi mai visto i miei occhi cambiare? – chiese Julia timidamente.
- No, santo cielo, sei eccezionale. Veramente. Cioè. Hai capito.
- Sì, ho capito.
La discussione sembrava destinata a concludersi con il più imbarazzante dei silenzi, quando Hugo, Lily e Rose sbucarono da dietro l’albero.
- Ciao, piccioncini! – esclamò Hugo maliziosamente.
- È vero, Al? – chiese Rose prima che Albus potesse rispondergli per le rime.
- Vero cosa?
- Che ieri stavi quasi per soffocare in sogno?
- Soffocare? – ripetè Julia con un’espressione di sorpresa dipinta sul volto.
La superficie dei suoi occhi ricominciò a vorticare speditamente.
Albus iniziava a stancarsi di tutte quelle domande: era sempre stato diverso dai suoi fratelli e da tutti gli altri maghi, ma lo era stato anche suo padre, ed era ancora vivo e vegeto. Sembrava sempre che, invece, lui dovesse morire da un momento all’altro.
Sin da quando era piccolo sognava, come sognavano tutti.
Solo che lui vedeva delle cose. Cose che a volte diventavano realtà o che, forse, già lo erano. Cose orribili.
- Albus, dovresti avvertire lo zio Harry. È un auror, può aiutarti!
- Rose, non scomoderò mio padre per uno stupido sogno. E questo è tutto. – tagliò corto Albus – Vado a lezione di Pozioni. Ci vediamo. – aggiunse alzandosi da terra.
Camminava speditamente, senza guardarsi indietro, verso il castello.
Forse avrebbe dovuto veramente contattare suo padre.
E poi chi diavolo era quel ragazzo che aveva visto nel suo sogno?
Perso com’era nei suoi pensieri, Albus non si accorse di dove stesse andando finchè non sbattè contro una figura enorme e cadde rovinosamente a terra.
- Al! – gridò Hagrid offrendogli la manona – Che fai qua?
Albus l’afferrò e si ritirò su.
- Niente, Hagrid. Stavo andando a Pozioni.
- Pozioni! – esclamò il guardiacaccia – So che sei molto portato, mica come tuo padre. Anche se credo che il problema di Harry era il professor Piton. Grand’uomo, grand’uomo.
- Mi hanno detto che mia nonna, Lily, era un’abile pozionista.
- Lily – ripetè Hagrid con gli occhi che luccicavano pericolosamente – grande donna. Una strega fantastica. E dal cuore d’oro. Come tuo padre, Al. Come te. Bella gente. Non come la famiglia di quello là. – disse indicando Scorpius Malfoy, che si stava dirigendo verso l’interno del castello – Sangue puro. Bah! Vigliacchi. Ecco cos’erano!
Albus seguiva Malfoy con lo sguardo: sentiva come un alone di paura intorno a lui.
Era una di quelle cose che non riusciva a spiegarsi, il fatto che riuscisse a percepire le emozioni negative di chi gli fosse intorno. Angoscia, terrore e ansia lo cercavano e lo stanavano ovunque egli fosse.
E ad Albus non dispiaceva poi così tanto.
 
Scorpius non aveva ancora avuto il coraggio di rivolgere la parola a Rose dopo quello che le aveva fatto la sera prima. Era spaventato e angosciato, ma era necessario che lei non ricordasse quel che aveva visto. Per il suo bene.
Improvvisamente, si sentì osservato: si voltò rapidamente e scorse lo sguardo di Potter che lo scrutava, con le narici dilatate, come se stesse odorando qualcosa.
Per un attimo si chiese se sapesse dell’incantesimo di memoria che aveva praticato sulla cugina, ma non era possibile. Forse era un legilimens e adesso stava tentando di scoprire i suoi segreti più nascosti.
Ruppe il contatto visivo e si allontanò rapidamente.
- Scorpius?
La voce di Rose lo fece saltare sul posto, letteralmente.
Si aspettava che fosse ancora arrabbiata con lui.
Poi si ricordò che di certo non ricordava assolutamente niente.
- Ehi, ma che hai? – continuò Rose con la sua voce squillante – Ho come l’impressione che non ci siamo parlati ancora... che strano.
Scorpius deglutì faticosamente. Si sentiva in colpa come non mai.
- È così, Rose. Non ci siamo... visti. Non ancora. – rispose con un nodo in gola.
Lei lo guardò intensamente. Era terribile quando lo osservava in quel modo.
Forse era lei ad essere una legilimens e non Potter.
- Beh, dobbiamo rimediare! – esclamò Rose dissipando ogni dubbio sul fatto che stesse leggendo la mente di Scorpius o no – Andiamo a Pozioni insieme, che dici?
Malfoy sorrise leggermente: dal volto pareva avesse sofferto le più temibili disgrazie.
- Se vuoi... basta che non devo schiantare nuovamente James.
- Perché, hai mai schiantato mio cugino? – chiese Rose spalancando gli occhi.
- Ehm, no. Scherzavo, ovviamente. – si affrettò a rispondere il ragazzo, ricordandosi di stare più attento a quel che avrebbe detto – Dopo di lei, signorina.
Rose si aggrappò al braccio di Scorpius e si lasciò scortare verso i sotterranei.
- Sai per caso se Albus è unlegilimens?
- Cosa? Scherzi? Non riuscirebbe a leggere nella mente di un bambino.
Scorpius tirò un sospiro di sollievo.
D’altronde, la giornata non era iniziata poi così male.
 
La giornata di Albus non poteva iniziare peggio.
Sentiva gli sguardi di tutti i Serpeverde seguirlo mentre attraversava i bui corridoi dei sotterranei da solo. Che razza di posto per avere una sala comune pensò.
- Ti sei perso, Potter? – esclamò uno – Puoi sempre chiamare paparino.
Ormai Albus aveva imparato ad ignorare gli scherni dei Serpeverde.
- Lascia in pace mio fratello, idiota, a meno che tu non voglia che il nostro paparino ti porti a fare una visitina a tuo padre ad Azkaban. – gridò James con aria di sfida.
Era spuntato dalla classe di Pozioni con i suoi amici.
Il ragazzo che aveva preso in giro Albus si rabbuiò.
- Prima o poi tuo padre smetterà di avere fortuna, Potter.
Fu un attimo: James scagliò i suoi libri da una parte e tirò fuori la bacchetta.
Poi con un gesto repentino della mano la sollevò.
Ci fu un lampo di luce e subito dopo il Serpeverde penzolava in aria, come se fosse appeso ad un gancio invisibile.
- Tiratemi giù! – gridò disperatamente.
- Adesso ci penserai due volte prima di parlare di mio padre. – rispose James.
Albus osservava la scena con grande gioia, godendosi la sensazione di terrore che pareva sprigionarsi da ogni poro del ragazzo sospeso a testa in giù.
- Liberacorpus! – esclamò qualcuno dietro il capannello di studenti che si era venuto a formare intorno alla vittima di James.
Il Serpeverde cadde con un tonfo a terra e scappò velocemente.
- James Potter!
La professoressa McGranitt era talmente vecchia che Albus non riusciva a capire come facesse sia a reggersi in piedi sia ad essere così brillante e sveglia.
Un’espressione di disgusto rendeva i suoi lineamenti ancor più di duri e le rughe più evidenti. Era furibonda.
- Come OSI – continuò scandendo bene ogni parola – lanciare incantesimi non ammessi contro uno studente?  
- Ha parlato male di mio padre! – gridò irritato James – Che, se ben ricordo, ha salvato il culo anche a questo schifo di casa!
Tutti trattennero il fiato. Si udì qualche fischio di approvazione dai Grifondoro.
- Bene, Potter – disse la McGranitt – sono venti punti in meno a Grifondoro!
- Ma professoressa!
- Niente storie! Ti aspetta anche una punizione. Andiamo dal preside.
James era stato talmente tante volte nell’ufficio del preside da conoscerlo quasi a memoria. Diceva sempre ad Albus di come venisse salutato calorosamente ogni volta dal quadro di Albus Silente, mentre Severus Piton andava sempre a farsi un giro non appena lo vedeva, imprecando sommessamente.
- Professoressa, James stava difendendo me. – se ne uscì Albus.
La McGranittlo squadrò con diffidenza, ma quando i suoi occhi incontrarono quelli verdi del ragazzo la sua espressione contrita sembrò addolcirsi.
- Non posso fare altro che chiederti di venire con noi, Potter.
Albus si pentì immediatamente di essersi messo in mezzo.
Non desiderava beccarsi una punizione.
- Ma ho lezione di Pozioni!
- Sei un pozionista eccezionale, Potter. Una lezione persa non scalfirà il tuo talento.
Era evidente che la risposta della McGranitt non ammetteva obiezioni.
Albus annuì e seguì suo fratello verso l’ufficio del preside.
- Giuro che prima o poi ti ammazzo.
 
Rose e Scorpius erano appena arrivati davanti alla classe di Pozioni, quando Julia corse loro incontro.
- Rosie, non puoi immaginare cos’è successo! Albus e James sono finiti dal preside!
- Dal preside? – chiese Rose sbalordita – E perché mai?
Non era tanto stupita che James avesse combinato qualche pasticcio, anche se stavolta aveva battuto ogni record facendosi riprendere il secondo giorno di scuola; ma Albus...
- Ti aspetto dentro. – le disse Scorpius sparendo tra i vapori dell’aula di Pozioni.
- James ha stregato un Serpeverde. – spiegò Julia – E Albus è finito nella mischia.
- Albus? – esclamò Rose ancor più sconcertata – Che strega qualcuno?
- Non lo so, me lo ha detto Finnigan. Spero di no.
Gli occhi di Julia erano diventati di uno scurissimo verde bottiglia, come se riflettessero le pareti annerite e sudicie del sotterraneo.
- Ragazze – le chiamò John Davis spuntando dall’aula – inizia la lezione.
Rose prese posto accanto a Scorpius, che sembrava molto impegnato nel versare i suoi ingredienti nel calderone e nel leggere attentamente il manuale.
- Il professore ci ha chiesto di provare a fare un Distillato della Morte Vivente. – la aggiornò Malfoy mentre con il mestolo mescolava la sua pozione – Cosa è successo?
- Albus e James hanno lanciato un incantesimo ad un Serpeverde. O forse solo James.
Scorpius scoppiò a ridere.
- Scusa – disse vedendo lo sguardo contrariato di Rose – ma tuo cugino Al che strega qualcuno... è ridicolo, come gli è saltato in mente!
- Non lo so. – borbottò la ragazza afferrando il suo manuale.
Notando il suo sguardo preoccupato, Scorpius le mise una mano sulla spalla.
- Stai tranquilla, non sarà stato nulla di grave.
I suoi occhi chiari incontrarono quelli di Rose.
Improvvisamente, gli parve che la mano che aveva appoggiato sulla spalla della sua amica andasse a fuoco, come le sue guancie. La ritrasse velocemente e si concentrò esclusivamente sulla pozione per tutto il resto della lezione.
Ci sarebbe stato tempo per parlare. Anche se il tempo a disposizione di Scorpius sembrava essere limitato.

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Capitolo 6
*** Vecchie Conoscenze ***


(Hogwarts, Guferia – 2017)
 
Rose non vedeva l’ora di mandare una lettera ai suoi genitori: era stata sorteggiata a Grifondoro, insieme ad Albus, ed il Cappello Parlante aveva elogiato la sua intelligenza.
Quando entrò nella Guferia l’accolse il rumore dello sbattere d’ali di qualche migliaio di gufi e civette, che la osservavano torvamente.
Dove poteva essere il suo gufo?
- August? – tentò di chiamarlo la ragazza, particolarmente messa a disagio dallo sguardo torvo di una civetta a pochi centimetri dal suo naso.
Un gufo rossiccio e dalle piume arruffate uscì dalla sua tana e planò gentilmente sul braccio di Rose, che gli diede una carezza.
- Porta questo a mamma e papà, va bene?
August sembrò capire le sue parole e si alzò in volo, verso l’orizzonte.
Rose lo seguì con lo sguardo finchè non scomparve definitivamente.
- Già scrivi ai tuoi genitori? – le chiese una figura misteriosa seduta su un pilastro a parecchi centimetri di distanza dal suolo.
- Ehi! – esclamò Rose con spavento – Non ti conviene avvicinarti, conosco già parecchie fatture e mio padre è un auror, come mio zio.
Scorpius scoppiò a ridere e saltò giù dal suo nascondiglio con grazia felina.
Rose lo riconobbe non appena toccò terra e diventò rossa come un peperone.
- E tu che ci fai qui?
- Quel che ci fai tu – rispose Malfoy divertito – spedisco un gufo.
- A quest’ora della mattina? – chiese Rose sospettosa.
- Sono un tipo mattiniero. Anche se preferisco la notte, molto più misteriosa ed intrigante, se capisci quello che intendo. – rispose l’altro avvicinandosi.
Ma Rose non riusciva ancora a dissipare i suoi sospetti.
Era sempre stata molto sveglia per la sua età.
- Se hai già spedito il tuo gufo, perché mi stavi spiando?
Scorpius fece la faccia di un bambino colto in flagrante con le mani nella marmellata; indietreggiò leggermente e tentò di mantenere un atteggiamento distaccato.
- Non ti stavo spiando – disse risoluto – mi stavo riposando.
- Arrampicato sul muro? – incalzò Rose – Strano modo di riposarsi.
La ragazza fece per andarsene, voltando la chioma ramata e ingarbugliata verso l’uscita: ma evidentemente il fatto che quella discussione durasse così poco non era nei piani iniziali di Scorpius.
- Va bene, va bene, è vero! – esclamò rincorrendola – È da un’ora che ti aspetto.
Rose si bloccò di scatto e si voltò.
- Come facevi a sapere che sarei venuta qua?
- Ti ho sentita che ne parlavi con Potter ieri sera. Ma non sapevo quando saresti arrivata. Così mi sono svegliato due ore fa per non fare tardi.
Questa era, secondo Rose, la cosa più dolce che qualcuno le potesse dire.
- E perché mi stavi aspettando? – cercò di indagare con un sorrisino soddisfatto.
Scorpius si guardò le scarpe per qualche secondo; poi la scrutò di soppiatto.
- Perché volevo parlare con te? – provò titubante.
Un’ondata di felicità colpì Rose in pieno volto. Si sentiva andare a fuoco.
Il piccolo Malfoy parve accorgersene e sorrise candidamente.
- Credo di non stare simpatico alla tua famiglia. – notò ricordandosi le parole di James ed Albus sull’Espresso per Hogwarts.
- Penso sia un sentimento ricambiato, no? – precisò Rose – Malfoy e Weasley non si sono mai visti di buon grado.
- Mio nonno era un’idiota – disse tagliente Scorpius – e mio padre, beh, lo è ancora.
La ragazza avvertì un’estrema malinconia in quelle parole, ma preferì non commentare.
Ci sarebbe stato tempo per approfondire quei discorsi.
- Che ne dici di andare a fare colazione? Si saranno alzati tutti. – propose Malfoy con speranza; non avrebbe potuto sopportare un “no” come risposta.
Rose lo studiò con attenzione: la madre le aveva insegnato a non fidarsi degli estranei, mentre il padre le aveva insegnato a non fidarsi dei Malfoy in particolare.
Ma c’era un qualcosa, come una speciale magia che univa i due ragazzi.
- Va bene! – rispose Rose mostrando i denti bianchi in uno splendido sorriso.
E i due si avviarono verso la Sala Grande.
 
(Hogwarts, Ufficio del Preside – 2022)
 
Quando giunsero finalmente nell’ufficio del preside, Albus non aveva cambiato idea: desiderava ancora ardentemente di uccidere suo fratello James, che lo trascinava sempre nei guai.
La McGranitt, torva come mai, aveva rivolto le sue attenzioni ad un ragazzino di Tassorosso che aveva tra le mani un aggeggio elettronico.
- Keirisson, vi è stato detto miliardi di volte che le strumentazioni elettroniche babbane non sono utilizzabili entro i limiti di Hogwarts! Nemmeno gli iPhone.
- Ma prof! – stava cercando di difendersi Keirisson, quando lo sguardo di Albus fu catturato dai quadri posti dietro la scrivania del preside: fece qualche passo in avanti, avvicinandosi a quello che rappresentava un mago dal naso adunco e dai capelli bianchi, con degli occhiali a mezzaluna che celavano gli occhietti azzurri.
Le poche volte che era stato nell’ufficio del preside, i personaggi dei ritratti erano in giro per faccende personali. Questa volta erano quasi tutti presenti.
- Albus, mio omonimo! – esclamò improvvisamente il quadro di fronte a lui – Avvicinati, caro ragazzo, fatti vedere da questo povero vecchio che ha conosciuto tuo padre.
Albus era indeciso sul da farsi: da una parte fremeva di avvicinarsi a tutti i costi, dall’altra avrebbe preferito darsela a gambe e tornare dalla McGranitt, che pareva essersi dimenticata della sua presenza.
Alla fine si accostò al ritratto di Albus Silente.
- Hai gli occhi di Harry – constatò quest’ultimo, osservandolo avidamente – e gli stessi capelli. Sei identico a tuo padre, Albus.
- Parla spesso di lei – asserì inaspettatamente Albus – e di quanto lei fosse grande.
Gli occhi di Silente si inumidarono sensibilmente.
- Harry era un ragazzo così gentile e discreto. Penso tu abbia ereditato questo dono. Ogni tanto torna a trovarmi, sai? Eppure sa bene che non sono il vero Albus Silente; sono solo una sua rappresentazione, per quanto brillantemente acuta.
- Era molto affezionato a lei. – aggiunse l’altro – Mi ha chiamato così in suo onore.
Nonostante Albus non avesse mai conosciuto Silente, se non attraverso le parole dei suoi parenti, sapeva che quello era un momento veramente toccante per entrambi.
- Severus – disse debolmente Silente rivolgendosi al quadro accanto al suo, l’unico rimasto vuoto – vieni a vedere il figlio di Harry.
Nessuna risposta giunse dal ritratto di Piton.
- Sai – spiegò Silente – Severus non si è mai fatto vedere da tuo fratello, James, perché gli ricorda troppo tuo nonno paterno. È una lunga storia – si affrettò a dire vedendo l’espressione enigmatica di Albus – non è mai andato troppo d’accordo nemmeno con tuo padre, almeno non finchè era in vita. Ma è stato Harry a volere che il suo ritratto fosse qui a tutti i costi. E quando è venuto a trovarci, c’è stato un momento veramente commovente tra i due. Anche più del Titanic, onestamente.
- Non è James Potter? – parlò improvvisamente il quadro vuoto di Piton.
- No, Severus. È Albus. Albus Severus Potter.
Il ragazzo guardò con apprensione il mago dai capelli neri e unti tornare nel suo ritratto ed ispezionarlo con interesse. Quando i suoi occhi incontrarono quelli verdi di Albus, la bocca fina di Piton si increspò in un sorriso impercettibile.
Poi, senza proferire parola, si allontanò nuovamente dal quadro, con gli occhi lucidi.
- Non ti preoccupare – Silente rassicurò Albus – è sempre stato un tipo poco socievole. Ma estremamente emozionale e leale, devo dire.
La porta della stanza privata del preside si aprì di botto.
L’uomo che ne apparve era alto, robusto e ben dritto; pareva molto più giovane di quanto non fosse e aveva un portamento fiero ed armonioso allo stesso tempo.
Poteva benissimo essere un coetaneo del padre di Albus.
- Harry, credo che i tuoi figli ti stiano aspettando – alla fine disse Oliver Baston con entusiasmo – che bello rivedervi!
Accanto a lui c’era Harry Potter, in carne ed ossa.
 
La lezione di Pozioni era finita da un pezzo, ma di Albus e James non vi era la più minima traccia: Rose era sempre più preoccupata, mentre Scorpius stava chiacchierando con i suoi compagni di Serpeverde.
L’atmosfera dei sotterranei era tetra, a causa interni scuri e sporchi che riflettevano i fievoli barlumi di luce emanati dalle poche torce fissate alle pareti.
- Scorpius! – gridò una vocetta appartenente ad una ragazza di Serpeverde che si faceva largo tra la gente, scansando in malo modo chiunque le ostruisse la strada.
Era una del settimo anno.
Rose la conosceva bene: James la descriveva sempre come una mezza sgualdrina – almeno dalle sue parole si evinceva questo.
Non poteva prevedere quello che sarebbe accaduto un attimo dopo.
Miranda Harding prese la rincorsa e gettò le braccia al collo di Scorpius, schioccandogli un bacio mozzafiato sulle labbra.
Rose sentì il gelo penetrare dentro le sue ossa: aprì la bocca più volte, ma non ne uscì alcun suono. Era come se centinaia di coltelli affilati le stessero martoriando il cuore, pesante come non mai. Non ricordava di aver mai provato una simile sofferenza, così straziante ed insopportabile.
Aveva sempre creduto di essere forte, ma in quel momento si sentiva come un fragilissimo pezzo cristallo scaraventato a terra con indecenza.
Si sentì mancare mille volte di seguito e mille volte pensò di voler scappare e nascondersi in un angolo per sempre, di smettere di esistere...
Ma non ne aveva motivo: Scorpius era solo un amico per lei, non era nient’altro.
Mentre cercava di riprendersi e di raccogliere tutti i frammenti del suo ego, Malfoy le si accostò con i capelli sconvolti e lo sguardo impassibile.
- Perché non mi hai mai detto di lei? – chiese Rose cercando di mantenere un atteggiamento distaccato. Non voleva farsi vedere così confusa e debole.
- Non è la mia ragazza – rispose Scorpius freddo – è una con cui mi vedo, tutto qui.
- Ho capito, non vuoi parlarmene.
Se c’era una cosa che Rose non sopportava era quando qualcuno tentava di negare l’evidenza: un’abilità che Scorpius sembrava non poter fare a meno di usare.
- Non ne voglio parlare – puntualizzò il ragazzo – perché non c’è niente da dire.
- Quando mai hai qualcosa da dire?
- Sei arrabbiata con me?
- Perché dovrei?
- Guardami negli occhi e giuramelo.
Rose alzò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi chiari di Scorpius.
Non sarebbe mai riuscita a mentirgli.
- Non posso giurartelo. – si arrese, infine.
Si stava esponendo troppo e non poteva permetterselo.
- Me ne potevi parlare, siamo amici. – si giustificò.
Ma erano veramente amici?
Rose se lo chiedeva spesso.
Forse Scorpius non era il ragazzo più affettuoso del mondo, ma si era sempre comportato in modo diverso, incoerente, con lei: a volte era apprensivo e geloso nei suoi confronti; altre era distante e quasi indifferente. In ogni caso, Rose aveva la perenne, sgradevole sensazione di ingigantire ogni cosa che riguardasse lei e Scorpius.
- Mi spiace, Rosie. – replicò Malfoy – Spero tu non sia gelosa...
Rose scoppiò in una risata talmente esagerata ed altisonante da far spaventare alcuni ragazzini del primo anno di Corvonero.
- Veramente, per me, puoi fare quel che vuoi! – sostenne altezzosa, scuotendo i capelli rossicci – Come anche io posso pomiciare con chi mi pare.
Dopo aver detto ciò afferrò un povero sventurato del quinto anno di Tassorosso, che aveva avuto la brutta idea di trovarsi nei paraggi, e lo baciò senza alcun preavviso.
Scorpius si lasciò scappare una risatina nervosa, mentre il ragazzo – non appena Rose si fu allontanata da lui – se la diede a gran velocità.
- Soddisfatta? – chiese Malfoy con un ghigno divertito stampato in volto.
- Abbastanza. Almeno siamo pari. – dichiarò vittoriosa Rose.
- Basta che non prendi l’abitudine di sbaciucchiare sconosciuti per i corridoi.
- Non ti preoccupare – disse la ragazza – sto perdendo il vizio.



Harry's Corner

Starò via per un bel po', ma spero di aggiornare il più presto possibile.
Un saluto magico

Cocorit

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Capitolo 7
*** L'Alba Uccide I Sogni ***


Per Albus guardare il padre, ora di fronte a lui e accanto a Baston, era come guardare il proprio riflesso attraverso uno specchio: i capelli neri ed eternamente spettinati erano gli stessi, anche se Harry iniziava a stempiarsi, così come lo erano gli occhi, che erano appartenuti anche alla nonna di Albus, Lily Potter.
L’unica cosa che li distingueva era quella cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry, simbolo di una terribile maledizione che lo aveva colpito quando era un neonato.
Eppure Albus era preoccupato, in quel momento, per la consapevolezza di non essere nell’ufficio del Preside per una gita di piacere, ma per una punizione.
Forse James pensò lo stesso, perché non appena vide il padre smise di fare lo sbruffone e i suoi occhi color nocciola si spalancarono.
- E voi due che ci fate qui? – chiese Harry con aria inquisitoria.
Sembrava calato il gelo nell’ufficio.
- Harry, Oliver! – esclamò la McGranitt con severità – Che piacevole coincidenza!
- Minerva – parlò Baston con tono grave – Harry è venuto qui per degli, ecco, chiamiamoli “affari” privati. Sono successe cose, cose strane.
- Che genere di cose? – chiese immediatamente Albus, colpito da un grande interesse nel vedere suo padre a Hogwarts. Forse il suo sogno c’entrava qualcosa?
- Niente di importante – si affrettò a rispondere Harry – niente che riguardi gli studenti, almeno per adesso! – aggiunse con rigore.
Sembrava molto stanco e preoccupato.
Albus percepiva così tanto timore in quella stanza da non riuscire a capire da chi potesse provenire – forse perché gran parte aveva origine da egli stesso.
La McGranittosservò con tenerezza l’aria stanca di quello che un tempo era stato uno degli studenti a cui era più affezionata.
- In ogni caso, volevi dirmi qualcosa? – domandò Baston, spezzando il silenzio.
La donna corrugò la fronte e lanciò un’occhiata rigida a James e Albus.
- No – infine rispose – me ne occupo io, Oliver. Ragazzi – esclamò rivolta ai due giovani che stavano già festeggiando pensando di averla scampata – vi aspetto stasera nel mio ufficio per un... tè! Discuteremo dei vostri corsi di studio!
- Perché, qualcosa non va? – chiese Harry preoccupato.
- E perché mai? I tuoi ragazzi sono molto dotati e curiosi. Fin troppo.
La professoressa uscì dall’ufficio con passo rapido, lasciando Albus e James ancora impietriti per la paura di beccarsi una terribile predica dal padre.
- Bene – sorrise Baston – vi lascio soli.
- Io devo scappare! – disse immediatamente James spettinandosi i capelli. Aveva ritrovato il suo ghigno spavaldo. – Ho un appuntamento importante!
In un attimo era sparito, lasciando Harry e Albus soli.
Padre e figlio si guardarono negli occhi per qualche intenso secondo.
Entrambi sembravano intuire che c’era qualcosa che non andava.
- Al, tutto bene? – chiese Harry. Ma adesso che la stanza era vuota, Albus riusciva a distinguere chiaramente il timore nelle parole di suo padre.
- E tu, papà? – replicò con impassibilità.
Con grande sorpresa di Albus, Harry rise.
- Sei identico a me quando avevo la tua età. – costatò con un po’ di malinconia.
Il figlio sorrise e Harry rivide in lui il sorriso di sua madre, Lily.
- Papà? – fece Albus cercando parlare il più piano possibile – Posso chiederti una cosa?
- Certo! – esclamò il padre mettendogli una mano sulla spalla – Sentiamo.
Il ragazzo avrebbe voluto raccontargli dei suoi sogni – che lo ossessionavano ogni notte – e di quella strana capacità di percepire le sensazioni negative delle persone che lo circondavano. Ma non voleva procurare altri problemi a suo padre.
- Perché sei qua?
Harry si rabbuiò un poco.
- Al, ci sono cose che non posso dirti. Lo capisci? – rispose con decisione – Io comprendo la tua curiosità, perché ha portato tanti guai anche a me. – aggiunse sorridendo – Ne ha portati anche a tuo fratello, se non sbaglio.
Albus annuì senza troppa convinzione.
- Eppure ti devo chiedere – continuò Harry notando l’espressione poco convinta del figlio – di non intrometterti più. In alcun modo.
Il suo tono lasciava intuire che non avrebbe risposto ad altre domande sull’argomento.
Harry sapeva essere molto intransigente con i suoi figli, forse perché riconosceva in loro alcune caratteristiche del suo carattere e, soprattutto, di quello del nonno.
Non poteva rischiare che i suoi figli si ritrovassero immischiati in storie più antiche e più grandi di loro.
- Papà – sussurrò Albus – il preside di cui porto il nome... Severus...
- Dimmi! – disse Harry, parecchio sollevato dal fatto che il figlio avesse lasciato perdere il precedente argomento.
- Prima l’ho incontrato. Cioè, non abbiamo parlato. Si è limitato a guardarmi. – tentò di dire il ragazzo – Ma non degna mai neanche di uno sguardo, James.
Harry sorrise apertamente e Albus sentì che tutta la preoccupazione che lo stava attanagliando lo aveva abbandonato.
- Severus Piton – disse al figlio – è una delle ragioni per cui sono qui oggi, Al. Se non ci fosse stato lui, non sarei mai sopravvissuto nemmeno al primo attacco.
- È per gli occhi, vero? – insistette Albus – Sono quelli di nonna.
Harry lo osservò con commozione: aveva ereditato la stessa sensibilità di Lily.
- Beh – spiegò con dolcezza – tua nonna è stata la migliore amica di Severus. E lui l’ha sempre amata profondamente. Ora devo andare, Al.
- In che senso – sollecitò Albus – l’ha sempre amata?
- Come ti ho già detto – disse Harry mentre si avviava verso l’uscita con un gran sorriso – ci sono cose che non posso dirti. Per quanto di facile intuizione, ovviamente.
E la porta aperta si richiuse con un gran tonfo alle sue spalle.
 
La sera era scesa sul castello di Hogwarts e si era adagiata come un mantello di oscurità su ogni comignolo e angolo più nascosto.
Nella Sala Comune dei Grifondoro il fuoco del camino scoppiettava allegramente, illuminando i volti stanchi degli studenti e ravvivando i colori degli stendardi della casa appesi al muro.
Rose era seduta su una poltroncina e chiacchierava torpidamente con Julia e Lily.
- Il professor Neville – stava dicendo Lily – ha iniziato a parlare della Seconda Guerra Magica durante la lezione di Erbologia. In particolare di quando ha tagliato la testa al serpente di Voi-Sapete-Chi. Sapete che quando Voldemort gli ha chiesto di unirsi ai suoi Mangiamorte gli ha risposto...
- Quando gelerà l’inferno! – esclamò Julia ridacchiando – Lo hai detto centinaia di volte, Lily. Vero, Rose?
Ma Rose non le stava ascoltando: i suoi occhi erano fissi sulle fiamme che crepitavano nel caminetto di fronte a lei, i cui bagliori le ravvivavano il viso. Non riusciva a credere di aver baciato uno sconosciuto solo per far ingelosire Scorpius; non era una cosa da lei! Chissà se sua madre aveva mai fatto qualcosa del genere per catturare l’attenzione di suo padre. Sicuramente no, si disse la ragazza.
- Rose? Ma che ti prende! – schiamazzò Julia indispettita – È tutto il giorno che sei pensierosa? Hai qualche problema con Scorpius?
Rose si riprese immediatamente e si voltò infastidita verso le ragazze.
- Zitta, non urlare! E comunque è da ore che Lily parla del professor Paciock!
- Non è vero!
- Ragazze! – le chiamò una terza voce.
James e Albus erano entrati di fretta nella Sala Comune: il primo si lanciò direttamente su di un divanetto, scacciando alcuni ragazzini del primo anno – che nella fretta lasciarono alcuni dolciumi sgraffignati dalla Sala Grande.
- Uhm, deliziosi! – bisbigliò James iniziando a mangiarli con ingordigia.
- Sei sempre il solito! – notò Lily disgustata – Sembri lo zio Ron!
- Mmmph! Che c’è? – rispose l’altro con la bocca piena di biscotti al cioccolato.
Albus scosse la testa con rassegnazione e si voltò verso Rose.
- Papà era qui. – mormorò in modo che lo potessero sentire solo lei e Julia – Era a colloquio con Baston. Era molto preoccupato.
- Cosa? – esclamò Rose. Albus le fece segno di abbassare la voce.
- Mio padre era qui, Baston ha detto che sono successe cose strane.
- Tu che ci facevi nell’ufficio del Preside? E durante la cena dov’eri?
- In punizione. Con James.
- Che avete combinato?
- Non importa, Rose! – insistette Albus seccato – Papà non mi ha voluto dire che cosa è successo, ma credo sia collegato con il mio sogno.
- Ma, Al – bisbigliò Julia – come fai a saperlo? E come fai a sapere che si tratta di qualcosa di negativo? Forse tuo padre è qui per qualche lezione.
- Allora perché non me lo ha detto? – replicò Albus iniziando a sentirsi frustrato – Perché non mi ha voluto dire la verità? C’è qualcosa, lo sento, sai che sento le cose.
Ci fu un attimo di silenzio tra i tre ragazzi, accompagnato da una vivace discussione tra Lily e James su quanto quest’ultimo fosse maleducato ed arrogante.
- Non è normale tutto ciò, Al. – disse Rose pensierosa.
- Mio padre mi ha sempre detto di fidarmi delle mie sensazioni! – si affrettò a rispondere Albus – Lui lo faceva ed ha sconfitto il mago più pericoloso di sempre!
- Zio Harry non sentiva l’odore della paura, Al! Non ho mai letto niente del genere!
La SalaComunesi stava lentamente svuotando.
James e Lily adesso si stavano beccando con Hugo che, approfittando della confusione generale, si stava letteralmente divorando di nascosto gli ultimi pasticcini rimasti.
- Non sono strano.
- Non sto dicendo questo! Ma nessuno ha mai scritto delle tue capacità, è magia sconosciuta!
- Riesco a controllare i sogni, allora? – tentò di difendersi Albus – Lo fanno anche i Babbani, non è nemmeno magia!
- Inizio a pensare che i tuoi non siano soltanto sogni, Al. – s’intromise Julia.
Gli occhi verdi del ragazzo incontrarono quelli della sua amica, adesso color rame.
Non riusciva a credere che le sue confidenti più care pensassero che fosse un qualche tipo di mostro dotato di poteri sconosciuti. E pensare che non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere aiuto all’unica persona in grado di comprenderlo a fondo.
Suo padre.
 
Innumerevoli metri più sotto della Sala Comune dei Grifondoro – e del castello in generale – Scorpius camminava avanti e dietro nel suo dormitorio di Serpeverde.
Il Marchio Nero sul suo braccio reclamava qualcosa che lui non riusciva a trovare e molti pensieri oscuri attraversarono la mente del ragazzo, pensieri terribili.
Eppure non un fremito, non un tremolio scosse il suo corpo mentre leggeva l’ennesima lettera speditagli da suo padre, con su scritta un’unica parola.
Perdonami.
Scorpius rimase immobile per qualche lunghissimo, doloroso secondo.
Poi emise un urlo rabbioso e diede un calcio al suo letto a baldacchino.
Perché i figli dovevano pagare per gli errori dei propri genitori?
Come poteva perdonare la sua famiglia se adesso avrebbe dovuto portarne la croce fin dentro alla tomba?
Eppure doveva trovare quella cosa nascosta nella Foresta Oscura, combattere la paura che aveva di continuare a vivere e salvare la propria anima, riscattarla.
Qualcuno si era intromesso l’altra sera e Scorpius si accusò di aver voluto accelerare i tempi: agire la prima notte a Hogwarts era stato troppo imprudente.
E quel mago che aveva incontrato possedeva una magia sconosciuta.
Scorpius continuava a chiedersi chi potesse essere e – soprattutto – perché non si fosse fatto avanti, non fosse uscito allo scoperto. Proprio nel momento in cui era quasi riuscito a smascherarlo, era scomparso. Sebbene nei confini di Hogwarts non ci si potesse Smaterializzare. A meno che non fosse proprio...
- No! – Scorpius urlò nel tentativo di esorcizzare quella folle idea.
Si sentiva solo e sperduto nella sua impresa, ma non poteva tirarsi indietro.
E pensare che non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere aiuto all’unica persona in grado di comprenderlo a fondo.
Suo padre.
 
*
 
- Scorpius – disse Draco risoluto tenendo in braccio suo figlio – lo chiameremo così.
Astoria sorrise dolcemente mentre guardava con affetto i suoi due “uomini”.
- Mi raccomando, figliolo, non avere mai paura di niente. – sussurrò Malfoy – Non fare mai il codardo, sii sempre forte e coraggioso. La vita non regala mai seconde possibilità. E se lo fa, chiede sempre qualcosa indietro.
Il neonato alzò le braccia paffute verso il padre e Draco inorridì.
Rimase immobile con il viso contratto in una smorfia di terrore, mentre un brivido gelido gli percorreva la schiena e sentiva il cuore perdere qualche battito.
- Dio, no! – mormorò: su uno degli avambracci di Scorpius vi era il simbolo del suo peggiore incubo, di colui che pensava fosse stato sconfitto una volta per tutte.
Il Marchio Nero bruciava sul braccio di suo figlio e Draco urlò e urlò ancora...
 
Albus si svegliò di colpo, col respiro affannoso di chi aveva provato una paura irrazionale. Eppure non aveva motivo di essere spaventato e presto si rese conto che si trattava di un terrore non suo, per quanto potesse essere concreto.
Ripensò a quel che aveva visto: non aveva mai scambiato una parola con Draco e Astoria Malfoy. Di certo li conosceva di vista, però che significato poteva avere quel sogno? Perché mai Scorpius avrebbe dovuto avere il segno di Lord Voldemort sul braccio?
Presto l’adrenalina dovuta all’incubo iniziò a scendere e i pensieri di Albus si fecero offuscati ed incoerenti. Non aveva motivo di preoccuparsi: erano solo sogni.
Il sonno reclamò Albus, che si addormentò con una gran confusione in mente, ma senza sognare più niente fino al mattino successivo.
E quando si risvegliò, accarezzato dal tepore del sole mattutino, il ricordo di quel sogno così strano era già andato perduto nel buio della notte, ucciso dall’alba del nuovo giorno.









Harry's Corner

Buonasera a tutti/e. Innanzitutto, grazie per i commenti e le recensioni: mi fa sempre molto piacere leggere le vostre opinioni.
Dal prossimo capitolo in poi inizierò a correre un po' di più. Come avete letto, siamo ancora fermi al secondo giorno di scuola.
Presto arriveranno altri colpi di scena!
Colgo l'occasione per informarvi che ho iniziato anche una nuova raccolta di storie, chiamata "I Ricordi Perduti di Severus Piton".
Per tutti gli amanti di Severus - e, naturalmente, della sua relazione con Lily - sarà affascinante conoscere altri particolari della sua vita - almeno, per come li ho immaginati io.
Grazie per il tempo!

Cocorit

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Capitolo 8
*** La Notte Di Halloween ***


Dopo quei primi due giorni pieni di novità e sorprese, per Albus, Julia e Rose il tempo iniziò a trascorrere molto più velocemente – anche a causa delle ingenti quantità di compiti a cui erano sottoposti dai severi professori di Hogwarts.
Alla fine delle lezioni pomeridiane, Rose amava passeggiare per i corridoi della scuola, attraversare il vasto parco fino al Lago Nero e sedersi sotto un albero; di solito veniva raggiunta da Scorpius, e i due si rilassavano nell’ammirare i bagliori e i riflessi dorati del sole sulla superficie del lago.
Il giorno di Halloween arrivò fin troppo tardi per gli studenti di Hogwarts, che non ne potevano già più di studiare e di correre da una lezione all’altra.
- Quel maledettissimo ectoplasma di Ruf ci ha assegnato un maledettissimo tema di tre pergamene sulla figura di Grindelwald, per dopodomani! – si stava lamentando James nella Sala Grande, addobbata con pipistrelli di liquirizia animati e zucche volanti – Oggi è festa, domani c’è il Quidditch! E ho pure gli esami quest’anno!
- Troverai il tempo di farlo, James. – disse Lily con gli occhi fissi sulla Gazzetta del Profeta – Guardate, c’è una breve nota su papà!
Albus strappò il giornale dalle mani di Lily, che imprecò non poco, e lesse ad alta voce.
 
La terribile notte in cui James e Lily Potter persero la vita.
Il 31 ottobre del 1981, Lord Voldemort uccideva i membri dell’Ordine della Fenice Lily Evans e James Potter, senza sapere che la loro morte e il tentato omicidio del piccolo Harry Potter – di solo un anno – avrebbe segnato l’inizio della sua fine.
Sono stati scritti fiumi di parole su quella notte – è uscito anche un libro o forse di due: noi della Gazzetta del Profeta ne approfittiamo per ricordare tutte le vittime della Prima e Seconda Guerra Magica, compresi i genitori di Harry.
 
- Tutte cose che sappiamo già. – borbottò James mentre si ingozzava di dolcetti alla menta e pasticcini alla crema – Lanciami il giornale, Al, magari c’è scritto qualcosa su questo Grindelwald.
- Grindelwald è stato un mago oscuro tra i più potenti che il mondo magico abbia mai conosciuto! – sbottò Rose stizzita – È stato sconfitto una volta per tutte da Albus Silente nel 1945, che era stato suo grande amico durante l’adolescenza.
James brontolò qualcosa che somigliava di molto a un “secchiona” e lasciò il tavolo dei Grifondoro. Lo sguardo di Albus si soffermò un’ultima volta su quel breve articolo di giornale, provvisto di una foto che raffigurava i suoi nonni con suo padre da piccolo.
Erano così simili, lui e Harry...
- Al! – lo richiamò Julia dandogli una gomitata terribile tra le costole.
Albus stava per rispondergli per le rime, quando vide il suo dito puntato verso il tavolo degli insegnanti: suo padre Harry stava salutando i professori.
Come mai era tornato a Hogwarts? C’era qualcosa che non andava?
La sua attenzione fu subito catturata da Scorpius Malfoy, che aveva lasciato il tavolo dei Serpeverde e si stava allontanando a gran velocità verso l’uscita. Non aveva nemmeno finito di mangiare.
- Rosie, che succede al tuo amico durante questi giorni? – chiese alla cugina senza perdere di vista il giovane Malfoy.
Rose si voltò immediatamente, quasi come fosse stata punta da un insetto.
- In che senso, Al?
- Mi sembra strano.
- Da quando ti interessi di Scorpius?
- Da quando lascia il piatto pieno. – rispose Albus alzandosi.
- Starà mal - e adesso dove vai?
- Ad accertarmi che stia bene! – disse allegramente il ragazzo seguendo Scorpius.
Rose gli venne subito dietro.
- Spero tu stia scherzando. – gli sussurrò, guardandosi intorno.
- Adesso non dirmi che non sei curiosa di sapere dove va!
- Non mi interessa dove va. – rispose Rose arrossendo un po’.
- Beh, a me sì!
I due cugini pedinarono Scorpius cercando di non farsi notare, fino a che non lo videro più. Lo avevano perso di vista, anche se non poteva essersi Smaterializzato.
- Deve aver preso un passaggio segreto di cui non conosciamo l’esistenza. – constatò Albus amareggiato – Se solo ci fosse stato James! Lui li conosce tutti.
- Lascia stare, Al. Se ti sta tanto a cuore questa faccenda, più tardi posso chiedergli se c’è qualcosa che non va. – sussurrò Rose speranzosa di concludere il discorso.
Albus annuì, ma rimaneva forte in lui il sospetto che Scorpius stesse combinando qualcosa di misterioso. Qualcosa di proibito.
 
*
 
La Stanza delle Necessità era sempre stato un ottimo posto dove fare le cose di nascosto; Scorpius lo sapeva bene e si rifugiava spesso là a meditare, studiare, tentare strade magiche poco ortodosse.
- Deleo Incantamentum, Cruore Manat, Ad Finem Perduco... – continuava a ripetere nella disperata speranza che tutto potesse finire con qualche parola magica.
Ma sapeva che non sarebbe stato così.
- Dannazione! – gridò togliendosi in fretta e furia il maglioncino con lo stemma di Serpeverde, poi la cravatta, poi la camicia.
Si guardò l’avambraccio dove pulsava il Marchio Nero, deciso a farla finita una volta per tutte, con le buone o con le cattive.
- Un simbolo così maledetto ha bisogno di altrettanta Magia Oscura per essere lavato via – disse ad alta voce, come per darsi un sostegno – qualcosa di potente.
Chiese alla stanza un coltello, e subito gli venne fornito.
Scorpius chiuse gli occhi e si morse il labbro, mentre incideva la propria carne con l’utensile di acciaio: segnò un taglio profondo proprio dove c’era il Marchio, vide il proprio sangue ricoprirlo e nasconderlo alla vista.
- Mundus cruor asperge carnem sordidam, deterge animum...
Un dolore lancinante gli colpì il braccio: era come se il Marchio Nero stesse andando a fuoco. Scorpius aprì gli occhi inorridito, e vide che effettivamente era così: le fiamme che scagionavano dal simbolo avevano bruciato il suo sangue, riportando in mostra il sigillo che un tempo era stato di Lord Voldemort.
Non avrebbe mai funzionato uno sciocco pegno di sangue.
Serviva qualcosa di maggior valore. Serviva un sacrificio.
Scorpius pensò a tutto ciò che aveva di più caro.
Pensò alla madre, al padre – per quanto lo potesse detestare ora, avrebbe sempre conservato un minimo di affetto per l’uomo che lo aveva cresciuto. E poi pensò a lei.
Rose Weasley, la sua migliore amica.
Sentì il Marchio Nero pulsare al ritmo dei battiti accelerati del suo cuore.
- No, lei no... – supplicò Scorpius rivolgendosi a qualcosa di imprecisato dentro se stesso. Non avrebbe mai sacrificato Rose, nemmeno per salvare la sua vita.
Si rannicchiò contro al muro e cominciò a tremare: presto quel marchio maledetto avrebbe risucchiato la sua anima e lasciato il suo corpo un involucro vuoto.
Pronto ad accogliere qualcosa di nuovo.
 
*
 
- Lily! Tu e Hugo dovete smetterla di combinare guai per tutta Hogwarts!
Harry sembrava una furia agli occhi della sua quattordicenne figlia: in realtà era molto tranquillo, seppur scosso ogni tanto da qualche fremito di preoccupazione.
- Papà! – protestò la Potter minore – Io e mio cugino siamo due studenti modello. Vero, Hugo?
La piccola fotocopia di Ron annuì con un rapido movimento della testa.
Harry si lasciò andare ad una lunga risata sinceramente divertita.
- Ho appena parlato con la McGranitt e con Baston. Siete due piccole pesti!
Lily sorrise e lanciò uno sguardo a Hugo, le cui orecchie erano diventate dello stesso colore dei suoi capelli.
- Però – aggiunse Harry facendosi improvvisamente serio – se risento che uno di voi due è sgaiattolato fuori dal suo letto di notte per farsi un giro nel castello, giuro che troverò una punizione tale che non oserete più lasciare il vostro dormitorio dopo il coprifuoco.
- Anche tu lo facevi! – sbottò Lily incrociando le braccia – Li abbiamo letti i fascicoli di Gazza! Tu e lo zio Ron vi siete cacciati in miriadi di guai!
- E spesso abbiamo rischiato la nostra vita – rispose Harry – per delle cose stupide. Lily – sussurrò poggiandole le mani sulle spalle – io penso solo alla vostra incolumità. Ho paura che... che possiate farvi del male. Promettimi che non lo farai più.
La ragazza alzò lo sguardo al soffitto sbuffando: Harry sapeva quanto le sarebbe costata quella promessa. Lily aveva un carattere forte e orgoglioso, come Ginny, anche se per tutto il resto ricordava tremendamente Fred. Fred...
- Uffa, va bene! – borbottò Lily.
Harry le rivolse un sorriso enorme, quando un dolore lancinante lo rese cieco e annaspante.
La cicatrice.
Faceva male.
Di nuovo.
Hugo sussultò nel vedere suo zio in quelle condizioni, mentre Lily sgranò gli occhi.
- Papà?
Un rumore assordante li fece saltare: la porta d’entrata di Hogwarts si stava aprendo con uno stridore fragoroso. Una figura alta e dai capelli rossi fece il suo ingresso tappandosi le orecchie con le mani.
- Certo che gliela potrebbero dare una bella oliata a questi cardini! Beh, che c’è? Non venite a salutare il vostro Ron Weasley?
Hugo e Lily gli diedero come risposta un’occhiata terrorizzata, mentre Harry si teneva la testa tra le mani. Il dolore era scomparso all’improvviso, così come era arrivato.
- Harry? Tutto bene? – esclamò una voce acuta da dietro le spalle di Ron.
Hermione si lanciò immediatamente verso il suo vecchio amico, inginocchiandosi accanto a lui e guardandolo negli occhi. Bastò quel semplice sguardo.
Subito la donna gli toccò la fronte con le dita, sfiorando la cicatrice.
Ron osservava la scena sconvolto e, quando Hermione si voltò verso di lui, non ebbe bisogno di altre parole. Non era stato un sogno, Harry non si era immaginato che la cicatrice gli facesse male; qualcosa di oscuro si aggirava per Hogwarts.
Non era ancora finita.
 
*
 
- Scorpius, dove eri finito?
- Non sono affari tuoi!
Rose rimase colpita dall’atteggiamento di Malfoy: ormai sapeva che il suo umore era peggio di un’altalena e che col passare degli anni peggiorava, però sentiva che qualcosa continuava a sfuggirle.
- Sei stato male? – chiese la ragazza titubante.
- Non – stava per ribattere Scorpius, quando qualcosa lo bloccò: non voleva trattare male Rose. Lei non si meritava il suo odio e, sicuramente, lui non la meritava come amica.
- Sì – disse infine – sono stato male con... lo stomaco.
Rose tirò un sospiro di sollievo e lo abbracciò.
- Sei così distante. – soffiò sulla sua spalla destra – Mi manchi, Scorpius.
Il ragazzo rispose all’abbraccio con entusiasmo e si accoccolò tra quei capelli rossicci, così profumati e crespi, che gli carezzavano la pelle del viso.
Poi, allontanandosi, prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo.
- I miei genitori si sono separati.

 





Harry’s Corner
Finalmente sono tornata! Innanzitutto un grazie enorme a chi mi ha seguito ad Agosto con Unrequited Love – Amori Non Ricambiati e a chi ha messo le mie storie tra le seguite/preferite/ricordate! Grazie, grazie, grazie! :)
In questo capitolo penso si inizi un po’ a capire che cosa stia succedendo.
Innanzitutto, Scorpius non è assolutamente un seguace di Voldemort.
Rose continua ad essere confusa a causa di quel famoso incantesimo di memoria che le è stato fatto da Scorpius, per farle dimenticare di aver visto il Marchio Nero.
Harry è tornato a Hogwarts – come si può ben comprendere – perché la cicatrice ha ricominciato a fargli male.
E se è vero che 2+2=4 – e dato che ormai ho una trama in testa finalmente – ne vedremo delle belle.
Un bacio !

Cocorit

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Capitolo 9
*** Grifondoro contro Serpeverde ***


Nessuno aveva più parlato di quel che era successo la notte precedente.
Harry, Ron e Hermione erano tornati immediatamente a Londra per avere un colloquio privato con il Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt, mentre Scorpius e Rose non avevano ancora affrontato il discorso sul divorzio dei coniugi Malfoy.
Julia e Albus, invece, si stavano recando al campo di Quidditch, dove si sarebbe disputata la partita dei Grifondoro contro i Serpeverde, e nel frattempo stavano discutendo animosamente.
- Non puoi puntare il dito contro Malfoy solo perché è figlio di un ex Mangiamorte! – stava dicendo Julia gesticolando vistosamente. Lo faceva solo quando era molto nervosa.
- Ti ricordo che è dall’inizio dell’anno che si comporta in modo più che sospetto! – ribattè Albus accelerando il passo: sia lui che James erano nella squadra di Grifondoro e non vedevano l’ora di fargliela vedere a Scorpius, cercatore di Serpeverde. Anche Albus era il cercatore della propria Casa, e fremeva all’idea di conquistare il boccino d’oro prima di Malfoy.
Si trattava di una sfida senza tempo, un Potter che sfidava un Malfoy, come Harry aveva sfidato Draco una generazione prima.
- Al, forse dovresti parlarne con tuo padre. Albus? Mi stia ascoltando?
- Scusa, Julia – disse Albus fermandosi sulla soglia degli spogliatoi – in questo momento ho solo una cosa in mente: prendere quel maledetto boccino prima dei Serpeverde.
La ragazza sorrise. Sia lei che il suo amico avevano una forte passione per il Quidditch e, nonostante Julia sapesse volare veramente bene e avesse un talento per il ruolo di cacciatrice, quest’ultima preferiva osservare la partita dalla tribuna e commentare il gioco assieme a suo fratello.
- Sai, ci servirebbe una nuova cacciatrice – iniziò Albus fissando il proprio manico di scopa – lo dice sempre anche James. Dice che saresti la migliore in quel ruolo e…
- Non ci provare, Potter! – lo interruppe Julia ridacchiando – Sai che ho paura dei bolidi!
- Ma ci penserebbero Greg e John. Sono i migliori battitori che Grifondoro abbia mai avuto, dai tempi di Fred e George Weasley!
- Albus, ci devo pensare! – tagliò corto Julia alzando gli occhi al cielo.
- Lo prendo come un sì! Era già da un po’ che James voleva cacciare Denis McLaggen! – esultò Albus con i pugni sollevati trionfalmente – È uno sbruffone!
Julia sorrise, sistemandosi per bene la sciarpa porpora e oro al collo e legandosi i capelli.
- Sai che li preferisco sciolti. – la bloccò Albus – Hai dei capelli così belli.
Le guance della ragazza parvero andare in fiamme: non era molto avvezza ai complimenti, poiché era sempre stata timida caratterialmente. E adesso che il suo corpo si era trasformato in quello di una donna, non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio.
Albus allungò il collo verso la sua amica, mostrandole la guancia.
- Me lo dai un bacino portafortuna? – chiese con fare sbarazzino.
- Solo se mi prometti che prenderai il boccino prima di Malfoy!
- Già fatto! – disse Albus con una spavalderia che non gli era mai appartenuta.
E Julia lo baciò sulla guancia.
 
*
 
- Benvenuti alla partita di Quidditch del secolo! – disse Clark Harris alzando le braccia dalla sua postazione vicino alla McGranitt. Un boato di lamentele si alzò dagli spalti.
- Che c’è? Siete tutti maledetti Serpeverde? – iniziò a sbraitare il ragazzo, quando sua sorella prese posto accanto a lui e gli diede uno scalpellotto sulla nuca.
- Sei proprio un cretino! – borbottò puntandosi la bacchetta al collo e gridando – Sonorus!
La sua voce rimbombò in tutto il campo da Quidditch, accolto dal rombo degli studenti di Hogwarts.
Clark fece spallucce e mormorò lo stesso incantesimo che aveva fatto Julia.
- Ehm… scusate, problemi tecnici! Benvenuti alla partita di Quidditch dell’anno! Oggi si scontreranno Serpeverde… - declamò mimando il gesto dei pollici in giù al nome della squadra verde e argento – e GRIFONDORO!
All’ultima parola la tribuna dei Grifondoro esplose in una miriade di applausi e urla, seguiti dai Tassorosso e, in parte, dai Corvonero.
- E adesso, Julia vi leggerà le formazioni! – annunciò Clark notando l’espressione furiosa della McGranitt per lo sfottò ai Serpeverde.
Nel frattempo, Rose, Lily e Hugo avevano preso posto sugli spalti, accanto a Matt Finnigan e un ragazzo mingherlino amico di quest’ultimo.
- Chi tiferai adesso, Rosie? – stava chiedendo Hugo con malizia – I tuoi amati cugini o il tuo piccolo Scorpius?
- Sai che tifo per i Grifondoro! – ribadì Rose evidentemente infastidita – Ma se Scorpius dovesse prendere il boccino prima di Albus, non c’è niente di male!
- Stai scherzando, cuginetta? – esclamò Lily sbirciando il campo con il binocolo – Sarebbe una tragedia. Sai com’è Albus! Già pensa che Malfoy sia un delinquente a piede libero. Se vince anche la partita, lui e James inizieranno una tragedia greca!
Rose sbuffò e si sedette sul suo seggiolino, a braccia conserte.
- Ehi! Ehi, Rosie!
- No, Hugo, non voglio parlarti in questo momento!
- Devi guardare! Guarda chi c’è in tribuna!
La ragazza sbirciò incuriosita gli spalti dove sedevano i professori: accanto a Baston erano seduti Harry e Ron, immersi in una fitta chiacchierata con il Preside.
- Saranno venuti a guardare la partita! – ipotizzò Rose.
- O forse… - mormorò Lily cercando immediatamente lo sguardo di Hugo.
Nessuno dei due aveva dimenticato quel che era successo la sera prima.
- Credo che ci sia anche vostra madre in giro. – continuò la giovane Potter guardandosi intorno – Credo che resteranno qui ad Hogwarts per un po’.
Prima che Rose potesse chiedere il perché di quelle affermazioni, la voce di Julia iniziò a farsi più forte assieme ai boati del pubblico.
- Ecco a voi il cercatore di Grifondoro, Albus Potter!
Harry e Ron si alzarono in piedi dagli spalti e batterono forte le mani.
- E ultimo, ma non per importanza, il capitano della squadra, di ruolo portiere, James Potter!
James e Albus uscirono dallo spogliatoio insieme, salutando il pubblico con entusiasmo.
Il primo iniziò a fare lo sbruffone sulla sua scopa, esibendosi in qualche giravolta e capriola che fecero urlare parecchie ragazzine di Grifondoro.
Rose scattò in piedi e prese il suo binocolo.
Scorpius Malfoy era già entrato in campo e stava discutendo di tattica con la sua squadra. Un forte vento gli scompigliava i capelli di un biondo spento sul viso pallido.
Sembrava molto stanco.
Ben presto i giocatori si misero in posizione d’avvio e la partita cominciò.
Albus e Scorpius partirono come due frecce alla ricerca del boccino d’oro, mentre i cacciatori combattevano per segnare punti con la Pluffa.
Frank Biancospino, il più prolifico dei giocatori di Serpeverde, volò immediatamente con la Pluffa tra le braccia verso gli anelli presidiati da James; ma il suo tiro fu respinto da una bella parata del portiere, che subito dopo alzò le braccia verso la tribuna dove siedeva la sua ragazza.
Intanto, Albus stava cercando in ogni dove il boccino, quando un fischio tremendo lo allarmò: un bolide lo avrebbe preso in pieno volto se non ci avesse pensato John Davis.
- Scusa, Al! – gridò il battitore con la mano alzata – Non lo avevo visto.
Albus gli fece un cenno e continuò ad ispezionare il campo.
- Bella giornata, vero?
Scorpius era alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò di scatto.
- Non lo sarà per voi Serpeverde. Né per te.
- Albus – continuò Malfoy – sappi che io non ho nulla contro di te.
La stranezza di quelle parole fece insospettire il cercatore di Grifondoro, e non poco.
Poi una serie di urli lo fece risvegliare.
- Potter! Potter il dannatissimo boccino è sulla tua spalla! – gridò Clark con la sua voce amplificata.
Albus sgranò gli occhi e allo stesso tempo vide Scorpius gettarsi contro di lui: lo schivò con una rapidissima virata e partì all’inseguimento del boccino.
- Sei veramente scorretto, Malfoy! – gridò irritato al Serpeverde.
- Ma dai, Albus, stiamo solo giocando. Stammi dietro, se puoi!
I due cercatori percorsero tutto il perimetro del campo a velocità stellari, spesso facendo a sportellate per raggiungere la piccola sfera dorata.
Ogni tanto riuscivano a sentire Clark e Julia che commentavano la partita.
- Ahia! Annabeth Lewis di Grifondoro è stata colpita da un bolide vagante. Deve far male. Adesso i Grifondoro sono in inferiorità numerica. Come cambierà la partita?
- Sicuramente è un vantaggio per i Serpeverde – rispose la voce di Julia – perché l’uomo in più può essere utile sia quando sono loro ad avere la Pluffa, dato che pur marcandone uno ne lasceresti comunque un altro libero, sia quando ce l’hanno i Grifondoro.
- Per fortuna il portiere James Potter è in ottima giornata! Che parata!
Spinto dalle parole dei suoi amici, Albus accelerò ancora di più, seguito a ruota da Scorpius. Poi pensò che ci sarebbe voluta una bella scesa in picchiata.
Come se il boccino avesse letto i suoi pensieri, improvvisamente cambiò direzione scendendo vertiginosamente verso il basso.
- Albus, è troppo pericoloso. – disse Scorpius fermandosi a guardare.
Ma Albus era già sceso in picchiata verso il terreno di gioco.
Sugli spalti, tutti erano con il fiato sospeso: Harry si era alzato in piedi, così come Rose e Lily. Persino Julia non riusciva più a commentare.
- Mamma mia, se Albus sopravvive questa sarà una delle catture del boccino più emozionanti che Hogwarts possa ricordare. – esclamò Clark eccitato.
Il cercatore stava ormai volando perpendicolarmente rispetto al suolo.
Quando fu abbastanza vicino allungò il braccio: aveva pochi secondi per afferrare il boccino e sollevare il muso della scopa. Altrimenti si sarebbe schiantato al suolo.
Mancò la sfera di un soffio, ma non demorse.
- Albus! Lascia perdere! – gridò James preoccupato.
Ma in quel momento la voce del fratello era solo un ronzio nelle orecchie di Albus, che decise di tentare un’ultima volta.
Quello che seguì, avvenne fin troppo rapidamente.
Evidentemente, all’ultimo secondo, Albus aveva deciso di abbandonare la nave: così era letteralmente saltato via dalla scopa, che poi si era schiantata al suolo.
Delle urla arrivarono dagli spalti. Gli spettatori non avevano capito se il cercatore si fosse messo in salvo o se fosse stato scardinato dalla scopa toccando il terreno.
L’arbitro fermò il gioco e tutta la squadra dei Grifondoro atterrò accanto ad Albus.
- Al? Al, stai bene? – gridò James inginocchiandosi.
Anche Scorpius si era avvicinato.
Fu allora che un ghigno apparve sul volto del cercatore di Grifondoro.
- Cos’era troppo pericoloso? Vincere? – chiese alzandosi in piedi e sollevando al cielo il boccino d’oro, stretto nella sua mano destra.
Il pubblico esplose di gioia e sollievo.
- Potter, sei pazzo! – esclamò Clark ridendo come un matto.
- Albus conquista il boccino d’oro – disse Julia – e porta i Grifondoro alla vittoria!
Il ragazzo sollevò le mani in segno di vittoria; poi iniziò a sentire la testa girare.
Traballò un po’ e quasi cadde.
- Ehi! – esclamò divertito James – Hai appena fatto una picchiata spettacolare e già vuoi stare in piedi? Non credo proprio!
I compagni di squadra sollevarono di peso Albus e lo portarono in trionfo dentro gli spogliatoi, accompagnati dagli applausi degli studenti di Hogwarts.
 
*
 
- Tuo cugino è pazzo.
Rose e Scorpius stavano lasciando il campo di Quidditch all’imbrunire del giorno.
Era evidente come al cercatore di Serpeverde la spettacolare vittoria dei Grifondoro fosse rimasta sullo stomaco.
- Sì, un po’ matto lo è. – disse Rose guardandosi le scarpe.
- Anche se ha fatto una discesa fantastica.
- Se solo evitasse di rompersi il collo.
- Finalmente tuo cugino fa qualcosa di spericolato e ne sei dispiaciuta?
- Non sono dispiaciuta – protestò la ragazza – ma vorrei che arrivasse a fine anno.
Scorpius sorrise.
Il castello di Hogwarts al crepuscolo era un vero spettacolo.
- Mi mancherà questo panorama.
- Abbiamo ancora un anno. – disse Rose aggrappandosi al suo braccio.
- E chi lo può sapere – rispose il ragazzo – Le cose cambiano in fretta.
Lo sguardo di Malfoy era improvvisamente diventato vacuo; la pelle fredda.
Rose lo osservò intimorita.
- Le cose cambieranno – provò titubante – se vuoi che cambino.
Scorpius si voltò verso di lei: per un attimo infinito, alla Grifondoro sembrò di vedere un bagliore rosso negli occhi del suo amico.
Poi le venne in mente una scena assurda, mai avvenuta, di Scorpius che le mostrava qualcosa sul braccio. Era un ricordo oppure una fantasia?
Eppure era stata così spontanea e non voluta.
- Rosie – la chiamò Scorpius notando la sua confusione – stai bene?
- Sì, credo di sì – rispose l’altra – devo essere stanca. Ricordo cose che... lasciamo stare.
Il giovane Malfoy rabbrividì.
- Forse dovremmo rientrare. – constatò allontanandosi in fretta.
Rose gli corse dietro, afferrandogli la mano.
- Scorpius! Perché ti comporti così?
- Non lo so...
- È per i tuoi genitori?
Scorpius stava per ribattere che i suoi genitori non c’entravano niente, ma si fermò.
- Può essere.
La ragazza gli mise un braccio intorno alla spalla.
- Mi spiace per la separazione dei tuoi. Se vuoi, quando vuoi, ne possiamo parlare.
- Mio padre non l’amava più. – esplose improvvisamente Scorpius – O forse non l’ha mai amata.
Era difficile vedere Scorpius Malfoy in quello stato.
Sembrava triste.
Rose rimase colpita dalla rivelazione.
Decise di non rispondere, lasciando che un abbraccio parlasse per lei.
 
*
 
- Mi stai dicendo, Harry, che per te Tu-Sai-Chi...
- Tom Riddle, Baston. Chiamiamo tutto con il proprio nome.
- Va bene, va bene. Mi stai dicendo che Tom Riddle non è stato sconfitto?
Ron osservava silenziosamente la scena accanto ad una più che nervosa McGranitt.
Entrambi avevano dormito sonni tranquilli da quando Harry aveva ucciso Voldemort. Ma quella dannata cicatrice era tornata a bruciare. Ed esisteva un solo motivo per cui lo facesse.
- Tom Riddle è stato sconfitto! – esclamò Harry – Da me. Sto dicendo che la cicatrice è tornata a farmi male. E che non so quanti patti col diavolo potesse aver fatto...
- Ma come è possibile? – lo interruppe Baston sbattendo i pugni contro il tavolo.
- Non lo so... – disse Harry osservando il pensatoio che un tempo era stato di Silente.
Poi alzò lo sguardo verso il quadro del suo vecchio mentore.
Assente.
- Non potrebbe trattarsi di un emulatore? – sussurrò Baston evidentemente in pena – Non potrebbe essere tutto uno scherzo?
- Non diciamo baggianate, Oliver! – esclamò la McGranitt con durezza – Sappiamo tutti che significa quando quella cicatrice fa male.
- Dico solo che non posso chiudere la scuola.
Ron fece un passo avanti.
- E non devi chiuderla – disse con sicurezza – anzi, altrimenti non possiamo fugare i nostri dubbi.
Harry si avvicinò a Baston e gli mise una mano sulla spalla.
- Oliver – cominciò – sappiamo entrambi quali sarebbero i rischi di un eventuale ritorno di Voldemort. Non possiamo restare qua per tutto l’anno. Ti chiediamo solo di... di farci avere ogni novità.
Baston annuì assente.
Poi sorrise.
- Sapevo che sarei dovuto restare un giocatore di Quidditch.
Harry gli diede una pacca sulla spalla e, dopo qualche altra parola scambiata, sia lui che Ron si congedarono.
- Che si fa adesso? – chiese quest’ultimo stringendosi nel suo mantello.
- Mi sembra di essere tornato a tanti anni fa. – mormorò Harry fermandosi davanti ad una finestra. Guardò fuori e rivide tutti i luoghi della sua giovinezza.
Il lago dove era solito passeggiare con Ginny, il Platano Picchiatore che portava alla Stamberga Strillante dove aveva incontrato la prima volta Sirius... e dove era morto Piton, la Torre di Astronomia dalla quale era caduto un Silente assassinato.
Forse il corridoio che stavano percorrendo lui e Ron era stato il palcoscenico della scomparsa di Lupin e Tonks.
Quante vite spezzate, per una sola causa: Tom Riddle.
- E se è vero? – chiese Ron intuendo i pensieri dell’amico – Se Voldemort non fosse morto?
Harry si asciugò gli occhi col mantello e continuò a guardare fuori dalla finestra.
- Vorrà dire che dovrò ucciderlo un’altra volta.





Harry's Corner

Salve! Volevo dirvi che ho cambiato il font del testo avendo notato che dall'iPhone è quasi impossibile leggerlo senza farsi venire gli occhi storti.
Inoltre, vi offro un'anticipazione.
Nel prossimo capitolo ci saranno parecchi flashback e scopriremo in parte perchè il povero Scorpius è maledetto.
Inoltre, due personaggi troveranno l'amore.
Chi?
Un bacio!

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