Insanity.

di PsicoSoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 . ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 . ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***


Insanity.

 

 

 

 

 

Trasferita di nuovo.
Ancora lontana da tutti quelli che conoscevo.

Riesco solo a incolpare mia madre,e il suo stupido lavoro.

Cosa serve poi che mi trascina in giro per il mondo anche a me?!

Solo perché deve andare a studiare fenomeni metereologici in giro per il mondo.

Questa volta sono finita nel Massachusetts.

Una casa bianca, gigantesca.

Sapete qual è la cosa stupenda?

Sapete qual è l’attrazione principale?

Il manicomio che confina con casa mia.

Bene, direi che il prossimo passo è che mi faccio rinchiudere lì.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 . ***


Insanity.

 

 

Capitolo 1

 

 

“Eccolo. Di nuovo quel fastidiosissimo suono metallico che rimbomba nel salone. Ora arriveranno le donne in bianco, così scialbe, così morte. E poi dicono che i pazzi siamo noi? No. Io so di non esserlo.

Meglio far finta di dormire. Anzi, di essere in coma. E se smettessi di respirare? Sì, magari vedono che non respiro e non mi fanno alzare. Bene. Smetto ora!”

 

-Ha smesso ancora di respirare?

-Sì dottor Derry. Come ogni venerdì mattina.

-Spostatelo nei malati gravi. Non c’è niente da fare, sono stufo di vedere questo qua che diventa blu ogni santa settimana. Mandatelo là, così non mi tocca vedere il suo brutto muso.

-Ma dottore..

-Niente ma! Le decisioni le prendo io.

 

La cartella clinica del paziente annuncia:

Craig Jhonson, internato il 10 Aprile 1980. Anni 54. Soffre di grave schizofrenia, disturbi della personalità, forte aggressività,specialmente sulle donne.

Trasferito il 24 Settembre nel reparto malati gravi .

 

 

“Ecco. Mia madre ora mi verrà a svegliare. E io dovrò subire il centomillesimo primo giorno di scuola. Forse mi ero illusa di poter rimanere in California. Ormai eravamo lì da quasi due anni. Non ho certo fatto fatica ad abituarmi al caldo e a quegli addominali che vedevo dalla finestra della mia camera.

Massachusetts. Suona male anche solo pronunciarlo.  Newton North High School. Questo è il mio roseo futuro. Newtonville. Sì, decisamente dopo il primo giorno farò le valige e mi faccio internare al manicomio qui affianco.

Ma proprio questa casa doveva scegliere? Questo orrore bianco, con a pochi passi un recinto con il fil di ferro? Direi che con l’età che avanza diventa sempre peggio quella donna.

Per di più quel genio di mio padre ha permesso tutto questo. Non si è opposto a niente. Alla fine lui ha la sua bionda e i suoi due nuovi figli perfetti. Cosa se ne va di una Sarah nervosa,pessimista e prossima a entrare in un ospedale psichiatrico?”

Con un rumore tremendo della porta la testa di mia madre fa capolino.

-Cara alzati, tra poco passa il Bus!

“Come da manuale. Anzi. Bene. Su. Forza e coraggio, è una vita di passaggio!” Rido della mia pessima battuta.

Mi vesto velocemente con degli anonimi jeans e una maglia ancor più anonima.

Guardandomi allo specchio non posso far altro che sorridere, ho ancora addosso l’abbronzatura californiana, che mette in risalto gli occhi azzurri, incorniciati da dei riccioli neri. Guardo la mia figura, che sembra già più depressa di tre giorni fa.

Mia madre si sporge,cercando di darmi un bacio in fronte.

-Ma, ho diciassette anni, evita.

Pessimo tentativo di chiedermi scusa per avermi trascinata a forza fin qui. Stupido posto insulso. Newtonville.  California. Newtonville. California. Chi mai si sogna di andar via dalle spiagge bianche? Noi. Certo.

Il sole la stancava a mia madre. Deve andare a cercare la pioggia, i  nuvoloni che già si stanno formando sopra le nostre testa, carichi di pioggia. I tornado e le trombe d’aria. Decisione molto saggia direi .

Mentre mi avvio sul vialetto, alla fermata del pullman, mi guardo alle spalle. L’edificio bianco e rosso torreggia su casa nostra. Le sbarre alle finestre sembrano urlare “nessuno può scappare da qui. E nemmeno tu puoi scappare da Newtonville Sarah. Sei legata ormai qui.” Dei brividi mi passano veloci sulla schiena. Il giardino sembra piuttosto curato a vederlo. Ci sono qua e là uomini con divise azzurrine che camminano avanti e indietro stanchi, trascinando braccia e gambe.

“Pensavo che i manicomi fossero spariti da tempo.” penso. “No, ma certo. Sono a Newtonville. Qua tutto è possibile.” Rido con disprezzo, mentre salgo sul pullman pieno di ragazzi dai volti assonnati. Sto pullman è stranamente silenzioso. Quasi controvoglia di rimette in moto e parte verso un edificio giallo e rosso.

“Benvenuta nel vero manicomio Sarah.” Mi dico appena scesa dal pullman, mentre varco la soglia della Newton North High School .

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 . ***


Insanity .

 

Capitolo 2 .

 

 

“Qua ce n’è uno peggio dell’altro. Va se si può mettere anche me in mezzo a tutti sti matti.  Non sono come loro,lo so di non esserlo io sto bene.”

-Lo sai benissimo che sei matto!

“Chi ha parlato? Chi può sentire i miei pensieri? Chi? Mi osservano. Sono nella mia testa!”

-No. Sono io Craig, il tuo caro amico. Tu sei pazzo. Sei malato. Sei da rinchiudere in cella.

“Ancora? Chi è che mi prende così per idiota?” si guarda intorno,ma non c’è nessuno. L’uomo più attivo nel mio “reparto” è un vecchio che cammina continuamente in cerchio, trascinando i piedi scalzi, e continuando in continuazione a balbettare cose senza alcun senso.

-E’ inutile che ti guardi in giro. Sono dentro di te io. E lo sai, che posso far farti ogni cosa che voglio.

“No, tu non puoi.”

-Sì, e lo sai. So convincerti a trattenere il respiro ogni settimana. Guardati i polsi, le cicatrici. Prendi le lamette dal bagno degli inservienti. Tanto lo sai che a mezzogiorno sono tutti in pausa.

Alza di poco la manica della tuta. Bianche cicatrici solcano il suo polso, alcune rosse,non ancora rimarginate. Come in coma Craig si dirige verso la porta bianca del bagno degli inservienti, apre il mobiletto dei medicinali. Gocce di sangue rosso cadono a terra.

 

La cartella del cliente annuncia:

Aggiornamenti: “il paziente Craig Jhonson, affetto da crisi di doppia personalità e schizofrenia, ripetutamente mostra segni di autolesionismo. Dice di sentire delle voci. Si chiede di aumentare il dosaggio dei medicinali . “

 

 

“Come previsto. Primo giorno di scuola da manuale. Cosa mi aspettavo poi? Il sorriso di tutti? No. Mai aspettato. “

Appena entrata a scuola mi sono subito trovata un gruppetto urlante di ragazze truccate,e profumate. Come in una bolla di perfezione, malignità e stupidità. Tutto contemporaneamente. E,naturalmente, dietro di loro non potevano mancare gli zucconi della squadra di Football, o qualunque sport fosse.

Tre anni e mezzo per trovare sta cavolo di segreteria. Un labirinto, non è una scuola. Inutile ripetere che preferisco farmi internare con la camicia di forza nel manicomio, se lo ripeterei sembrerei forse monotona. Ups. Ormai.

Ho scoperto che odio le segretarie con gli occhiali gialli, che fingono cordialità e fanno finta di volerti bene come se fossi una figlia, sinceramente avrei fatto a meno della sua voce falsamente dolce.

Sono arrivata in ritardo a tutte le lezioni, nessuna esclusa. E quindi come “punizione” ho dovuto presentarmi. Odiosa. Odiosa. Odiosa. Cosa.

In sintesi cosa ho detto?

“Ciao, sono Sarah. Mia madre mi ha trascinato dalla California a qui. Avete presente la California? Il caldo,le spiagge? Ecco. Qui non è come la California. Ho diciassette anni. Ho un fratello, ma non abita con noi. Ha 23 anni. Si chiama Simon. Mi piace scrivere, disegno manga e suono la chitarra.”

Occhei, forse mi sono fatta odiare già dall’inizio, con la frase “Qui non è come la California.” Mi è scappata . è uscita dalla mia bocca senza che io lo potessi notare, ho la potessi fermare.

La prima lezione era letteratura. La professoressa è una tipa simpatica, forse troppo bassa e si impiccia troppo, mi ha dato un libro che da solo occupava tutta la borsa. Come seconda lezione chimica avanzata. Poi il pranzo.

Appena entrata nella mensa mi sono sentita soffocare. C’era un miscuglio di carne indefinito. La cosa peggiore per una vegetariana. Il pomeriggio ho avuto arte creativa e scienze naturali.

Pessimo inizio. Amici? Nemmeno uno, al di fuori di una ragazza della mia classe di arte, un folletto con i capelli rosso Ferrari e gli occhiali verde fluorescente. Perso che si chiami Elizabeth, ma mi ha detto di chiamarla Liz. Ha blaterato tutto il tempo di quanto fosse fica la scuola, cosa che io non ho notato.

-Dovresti vedere l’high school in California- ho ribadito io.

-Sei proprio fissata allora.-

Non ho più risposto.

Grazie al cielo alle cinque tutta questa atroce tortura è finita.

Ho perso il pullman.

E ora sono qui a camminare per 4 isolati fino ad arrivare a quella inospitale casa bianca. E per di più si è messo a piovere.

Sono grondante, vorrei proprio vedere Liz cosa direbbe. Vorrei vedere mia madre se mi vedesse così. Con gli occhi gonfi e rossi di pianto. I capelli bagnati attaccati alla fronte, e il mascara che cola.

Gli urlerei “Allora?! Vedi quanto sono felice?!”

Lo ripeterò all’infinito che qui non è come la California .

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