Give me your heart and your soul.

di faberriess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***





Capitolo 1




Il sole trapassò la finestra della mia camera come ogni mattina, caldo e luminoso come solo d'estate poteva essere.

Mi svegliai con un forte mal di schiena, il respiro affannato.

Avevo dormito poco più di quattro ore, reduce da una nottata molto intensa, di quella che ti strappano via le emozioni.

Nottate che ti lasciano l'amaro in bocca quando torni a casa e ti rendi conto di non ricordare nemmeno il tuo nome.

Mi alzai con cautela, facendo attenzione alla schiena indolenzita, per poi trascinarmi fino in cucina.

Ad occhio e croce, erano le undici.

 

Afferrai la solita tazzona verde, i soliti cereali ed il solito latte, come ogni solita mattina che si rispetti.

Assaggiai il latte, ma subito la lingua percepì un gusto amarognolo.

Che schifo, ci voleva pure il latte andato a male! pensai, sputando nel lavandino il liquido avariato.

Con notevole tempismo, squillò il cellulare: era Silvia, la mia migliore amica, con la sua solita vocetta incazzata. 

"Stè, ma dove sei finito ieri?!" urlò, rischiando di spaccarmi il timpano destro, "all' improvviso, mi sono girata e non c'eri più! Dove cazzo stavi? Oh, Stefano, ma sei ancora in linea?".

Con la voce roca ed assonnata, tentai di risponderle: "Ero con uno...nel bagno...come si chiamava?".

Sbuffò. "Lo sapevo, lo sapevo! Stefano, quando crescerai?"

Di tutta risposta, le attaccai il telefono in faccia.

La odio quando fa così!

Deve sempre farmi la predica, manco fosse mia madre -mia madre, se fosse ancora viva.

A 18 anni, in estate, non puoi far altro che vivere, senza noie, senza scadenze, a parte le bollette e metà affitto -divido l'appartamento con un tipo abbastanza simpatico, uno di quelli che non si fanno problemise torno a casa alle 4 di notte con un ragazzo trovato in una discoteca qualsiasi.

Amo divertirmi, ballare finché i piedi me lo consentono, stare male tutta la mattina perché la sera prima sono stato troppo bene.

Sono gay, e non mi faccio troppi problemi nel farlo sapere in giro: ormai mio padre ha accettato questa parte di me, ed anch'io ho imparato a farlo.

Quando sei al liceo è durissima: tu ti stai bene per come sei ed agli altri dà fastidio, come se la tua felicità potesse intaccare la loro.

Eppure, non mi sono mai pentito delle mie scelte.

Mi mantengo lavorando in un pub squallido, dove la puzza di fritto ti rimane attaccata per giorni sui vestiti; però pagano abbastanza - abbastanza per pagare affitto e bollette, e ti restano anche i soldi per qualche Red Bull- e a me i soldi servono.

Anche perchè mio padre ha smesso di essere tale da quando mamma è morta.

Da allora, è solo un ultracinquantenne con pochi capelli grigi sparsi per il cranio.

Quindi, da lui non mi aspetto mai nulla; anzi, a volte sono io a passargli dei soldi, tanto per dimostrargli quanto poco effettivamente valga come persona e come genitore.

E' stato il primo a sapere della mio omosessualità, e l'ultimo ad accettarla.

Ma va bene , dato che ci vediamo al massimo due volte all'anno.

 

 

Silvia mi richiamò di nuovo, ma lasciai squillare.

Non avevo voglia di parlare né con lei né con nessun altro.

Finii i miei cereali,  dopodiché ritornai a letto, contando di rimanerci sino a che Silvia non mi fosse venuta a cercare fino a casa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


"Stefano!"

 

"Stè!"

 

"Idiota, svegliati, è tardi!"

 

Fu la voce familiare di Silvia a destarmi dal sonno.

"Stefano, porca puttana, stasera vuoi uscire si o no?"

Che ore sono? Stasera, uscire? Che giorno è oggi?

Ma quanto ho dormito?

Un'orgia di pensieri mi trapassò il cervello.

"Mmm" fu tutto ciò che riuscii a pronunciare in quel momento, "Silvia, stavo facendo un sogno bellissimo..." dissi, tentando di alzarmi dal letto con scarsi risultati.

"Con chi stavi scopando?" urlò lei da una stanza che probabilmente doveva essere la cucina.

"Con uno che lavora con me al pub, quello alto, biondo..."

"Devi farmelo conoscere" esclamò, tenendo due tazzine di caffè in mano.

"Beh, tanto è etero", pronunciai, con una punta d'invidia.

Qui dove vivo io ci sono pochissimi gay dichiarati - nonostante ce ne siano fin troppi, in realtà  -, ed è dura, perchè non ho mai avuto un fidanzato.

Solitamente, se mi piace un ragazzo, scopiamo due o tre volte e finisce lì, dato che, ogni volta che desidero evolvere il rapporto in qualcosa di più serio, mi sento sempre dire cose tipo non posso, davvero, nessuno sa che sono gay, sai che palle se si viene a sapere, ciao è stato bello.

Di conseguenza, non riesco ad innamorarmi.

Non sono mai stato innamorato.

Soprattutto nel mio caso, l'amore è una sfiga assurda; odio legarmi alle persone in maniera inevitabile e viscerale, dipendere da loro come fossero ossigeno.

Io non sono mai stato ossigeno per nessuno, al massimo aria sporca.

Aria sporca. Non posso ambire ad altro.

Non voglio ambire ad altro.

 

"Oh, Sì, ma che ore sono?"

"Le sette e mezza! Quanto diamine hai dormito?"

Feci velocemente dei calcoli mentali, osservando l'orologio a parete della mia camera.

"Troppo". Feci per andare in bagno, quando all'improvviso mi resi conto della situazione.

Sette e mezza. Sette e mezza. Devo prepararmi in... oh, cazzo!

"Come faccio a prepararmi entro le dieci?!" dissi, disperato, "mancano solo..."

"Due ore e mezza, Stè!"

"Appunto! Non ce la farò mai!"

Silvia prese a ridere di gusto: "Sei proprio un coglione!" disse, abbracciandomi.

Le sorrisi.

"Lo so!"

 

Lo so.

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