Kissing a fool

di rumandmonkey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Una giornata con i Malandrini ***
Capitolo 3: *** Ferite e cicatrici ***
Capitolo 4: *** Una decisione difficile ***
Capitolo 5: *** Un amico testardo ***
Capitolo 6: *** Questione d'Istinto ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


L’espresso per Hogwarts era pronto a partire, quando Sirius Black apparve con la sua solita aria trasandata sulla porta dello scompartimento in cui il suo amico Remus, che sedeva da solo, era talmente concentrato a guardare fuori dal finestrino che non si accorse del suo arrivo.
Black tirò il suo zaino sul sedile davanti a quello di Lupin e poi si mise a sedere, soddisfatto di aver finalmente ottenuto l’attenzione dell’amico.
“Felpato! Non ti ho visto salire sul treno, stavo quasi iniziando a preoccuparmi!” esclamò.
“Oh santissimo Godric, sei proprio andato! Sono passato sotto il tuo finestrino cinque minuti fa e non mi hai visto?” chiese Sirius, poi, senza dargli modo di replicare chiese: “Dov’è quel folle di James? E Peter? Insomma, Lunastorta, ti preoccupi della mia assenza quando rischiamo di lasciare metà dei Malandrini nella Londra babbana? Dovresti farti dare un’occhiata da Madama Chips appena arriviamo ad Hogwarts!”
Remus sbuffò sonoramente in risposta allo sproloquio dell’amico.
“Dài Sirius, il treno è partito, ti pare che non avrei cercato di schiantare il macchinista se non ci fossero stati anche Codaliscia e Ramoso?” aggiunse, come se schiantare il macchinista fosse una cosa da niente. “Peter sta cercando di sgraffignare qualche dolcetto dal carrello, come al solito; invece indovina dov’è il nostro caro Potter?”
Sirius alzò un sopracciglio: “A fare il filo alla Evans?”
“Come hai fatto ad indovinare?” domandò Remus, ironico e Sirius decise di dagli corda.
“Ma, non so, forse perché è un anno che non fa altro che ronzarle intorno? O magari perché quest’ estate non ha perso occasione per tessere le lodi di Lily in ogni lettera che inviava, anche se stavamo discutendo di Quidditch… Boh, non ne ho proprio idea!”
Scoppiarono a ridere, interrotti solo dall’arrivo di Peter, che aveva le tasche gonfie di Gelatine Tuttigusti +1 e GommeBolle Bollenti ed in mano stringeva un pacchetto di Api Frizzole.
“Felpato, sei arrivato finalmente!” squittì stritolando l’amico in un abbraccio strettissimo. “Io e Rem credevamo che avresti perso il treno”.
Lo scompartimento si aprì qualche minuto dopo, quando i tre Malandrini stavano dando fondo alle loro scorte di dolci opportunamente sgraffignate da Codaliscia, e finalmente arrivò anche James, che entrò sorridendo a trentadue denti alla vista di Sirius: “Ah, il mio caro vecchio Felpato! Come stai?”
“Mai stato meglio, James. Ho lasciato a Grimmauld Place la vecchia e il suo schifoso elfo domestico e, se sarò fortunato, non rivedrò mai più le loro brutte facce.” Rispose, nascondendo con il suo solito ghigno beffardo quel po’ di dolore che, suo malgrado, sentiva quando parlava di sua madre.
Remus lo guardò preoccupato: non riusciva a spiegarsi come fosse possibile maltrattare o addirittura rinnegare un figlio solo perché ha idee diverse da quelle dei suoi genitori. Doveva ammettere che Sirius esagerava un po’ nel mostrare il suo Orgoglio Grifondoro e sicuramente riverniciare la propria stanza di un rosso sgargiante non era stato un gesto da persona matura, ma d’altra parte non era così grave da giustificare i maltrattamenti.
Ma quello che Remus non riusciva a capire del suo amico, nonostante lo conoscesse da anni, era il suo modo di reagire a quella situazione: lo avevano sempre colpito la sua forza d’animo e la sua determinazione a non farsi buttare giù da niente e nessuno.
Si riprese solo quando una risata acuta di Peter lo riportò nel mondo reale.
“Hai lanciato un Incantesimo di Adesione Permanente a tutti i tuoi poster?! E come l’ha presa la vecchia?” domandò Minus.
“Oh, quando lo scoprirà le verrà un colpo! Già me la immagino che cerca di strapparli dal muro con le unghie. Merlino, se potessi vederla impazzire per cercare di sistemare il mio disastro sarei più felice di uno Snaso in una miniera d’oro!” rispose Sirius ridendo di gusto, seguito a ruota da tutti e tre i suoi amici, prima di spostare il discorso su James.
“Tu invece… Non hai niente da raccontarmi, Ramoso?” chiese, mentre tratteneva a stento un ghigno malandrino “Qualcuno mi ha detto che eri a fare il filo alla Evans, fino ad un quarto d’ora fa”.
James lanciò un’occhiata omicida a Remus, che rise sotto i baffi, pregustandosi la versione imbarazzata dell’amico solitamente sfrontato e irriverente.
“Sì, ti hanno informato bene…” rispose con tono sostenuto, ben conscio del fatto che quella risposta non sarebbe bastata a Sirius.
“E? Dai Jamie, sono tuo amico!” lo incoraggiò, seguito da Remus che aveva deciso di divertirsi alle spalle del malcapitato :”Sì, James, siamo amici… Puoi parlare con noi”.
“Aspettate di trovarvi fuori dalla portata di un professore e vi affatturo!” sbuffò sonoramente prima di vuotare il sacco : “Sono andato a cercare Lily, ma quando l’ho trovata ho visto che con lei c’era quell’idiota di Piton. Sono rimasto giusto il tempo di fargli un gestaccio e poi sono tornato qui. Punto. Fine della storia."
"Potter, così mi deludi! Ti fai rubare la ragazza da Mocciosus?" Lo canzonò Remus.
"Monsieur Lunastorta, mi ha tolto le parole di bocca." aggiunse Sirius imitando perfettamente il tono di un Lord inglese; tutti scoppiarono a ridere, tranne James, che incrociò le braccia borbottando qualcosa di simile a "ma che ne volete sapere, voi?"
Il resto del viaggio passò velocemente, ma James tornò a ridere di gusto solo quando Peter, scendendo dalla carrozza, inciampò nel mantello e si ritrovò a terra coperto di fango.
Un Gratta e Netta veloce, lanciato da un Remus vagamente impietosito non bastò a ripulire completamente l'amico, che si presentò a cena con il volto ancora macchiato di terra, causando l'ilarità della Sala Grande.
Il banchetto fu grandioso, come al solito: i piatti d'oro si riempivano di ottimo cibo, e il tintinnio delle posate riusciva quasi a coprire il chiacchiericcio dei tanti ragazzi che si incontravano di nuovo dopo tre mesi di vacanza. L’ultima portata di zuppa inglese diede il colpo di grazia agli studenti, che si ritrovarono a percorrere lentamente le scale verso i propri dormitori, appesantiti dal ricco pasto ed esausti per il lungo viaggio in treno.
Ultimi della fila di studenti che si avviavano verso i dormitori, erano ovviamente James e Sirius che, sordi ai richiami di Remus, tentavano di sviare i poveri ragazzi del primo anno nel tentativo di farli perdere nei meandri nel castello.
Quando finalmente raggiunsero la Sala Comune, evitarono i compagni di Casa che sembravano avere intenzione di festeggiare il rientro ad Hogwarts con qualche Burrobirra fatta arrivare di nascosto da Hogsmeade e si diressero verso il loro dormitorio, decisi a festeggiare il ritorno a scuola con una bella dormita rigenerante.
Si accasciarono ognuno sul proprio letto, rimanendo in silenzio per qualche minuto, immersi nei loro pensieri, prima che James scattasse a sedere.
“È il nostro ultimo anno ad Hogwarts!” esclamò come se avesse realizzato solo in quel momento che l’anno dopo non ci sarebbe stato nessun Espresso, nessuna scuola e nessuna camera condivisa con i suoi migliori amici: ci sarebbe stato il mondo ad aspettarlo.
“Oggi ti vedo particolarmente sveglio eh, Ramoso?” chiese Remus , lanciandogli un’occhiata di traverso mentre armeggiava con il suo baule.
“Io invece ti vedo particolarmente scontroso, Lunastorta.” Rispose James in tono piatto, prima di essere fulminato da quella che credeva un intuizione geniale: “Oh oh!” gridò puntandogli un dito contro, “Oggi c’è la luna piena, per caso?” gli chiese, elettrizzato dalla prospettiva di passare la prima notte del suo ultimo anno ad Hogwarts nella Stamberga Strillante.
“No, James, non c’è la luna piena” rispose lanciando una rapida occhiata fuori dalla finestra “altrimenti sareste stati tutti vittime dell’attacco di un feroce Lupo Mannaro.”
Sospirò sconsolato davanti al fatto che di lì a pochi giorni si sarebbe trasformato di nuovo, rovinandosi l’inizio dell’anno e costringendolo steso su una scomoda lettiga in infermeria per qualche giorno, e la sua rassegnazione spense anche l’entusiasmo che pochi minuti prima era esploso nel petto di James.
“Sì, ma guarda, Rem! La luna sta crescendo, tra meno di una settimana sarai di nuovo un licantropo!” Esclamò entusiasta Peter - che certo non aveva molta familiarità con i concetti di ‘tempismo’ e di ‘discorso inopportuno’- provocando la rabbia di Sirius prima, e la tristezza di Remus poi.
“Sai, Peter? Sapevamo tutti che eri stupido, ma non credevo che lo fossi fino a questo punto!” gli gridò contro prima di gettare a terra il mantello dell’uniforme e chiudersi in bagno, lasciando Peter tremante e mortificato sul suo letto.
“Devi scusarlo, Pete. Sta passando un momento difficile, gli passerà.” Cercò di rassicurarlo James, mentre Remus tentava di convincere Sirius a tornare in camera, ignorando involontariamente le scuse di Peter. “Sir, apri la porta per favore!”
“Sono in bagno. Si può avere un po’ di privacy, per favore?” chiese il ragazzo cercando di far risultare il suo tono il più acido possibile per mascherare la voce incrinata.
Remus si domandò se per caso il suo amico stesse piangendo e si rispose che sì, era possibile: in fondo era indiscutibilmente scosso per la ‘fuga’ da casa e la battuta di Peter era stata la scintilla che aveva fatto esplodere la sua rabbia.
“Avanti, Sir, non fare la…” James fu prontamente zittito da Remus, che temeva che se l’amico avesse avuto l’ardire di terminare la frase con una parola come femminuccia, avrebbe causato un duello all’ultimo sangue e preferì evitare ulteriori guai.
Troppo tardi: Sirius sembrava aver sentito.
“Jamie, guarda che ti sento. Stavolta passi perché sei tu, ma alla prossima ti affatturo!” il suono arrivò ovattato alle orecchie di James a causa della porta chiusa che separava la loro stanza dal bagno, ma la minaccia gli giunse chiara e tonda e lui sapeva bene che Sirius era uno che manteneva le promesse, perciò decise di chiudere la bocca e di lasciare l’attività diplomatica a Remus.
“Allora, vuoi uscire?”
Nessuna risposta.
“Bombarda!” gridò Remus, facendo volare schegge di legno sul letto di Peter, che era il più vicino al bagno.
“Scusami, Codaliscia” disse prima di mormorare un incantesimo per ripulire le coperte da ciò che restava della porta.
“Sei un idiota, Remus! La McGrannitt ti ammazzerà per questo e io non glielo impedirò!” commentò Sirius, che procedeva verso il suo letto cercando di evitare il tappeto di frammenti di porta.
“Intanto ti ho tirato fuori da quel bagno. Si può sapere che cosa ti passa per la testa?”
“Niente, lascia stare.” Lo liquidò in fretta, prima di scusarsi con Peter.
“Possiamo dimenticare questa faccenda?” chiese mentre si infilava sotto le coperte, “la situazione mi è sfuggita di mano, non volevo essere così scontroso.” Poi aggiunse, incapace di rinunciare ad una battutina persino in quel momento imbarazzante: “voglio dire, qui è Remus che dovrebbe comportarsi come se soffrisse di sindrome premestruale!”
Codaliscia rise fragorosamente, infilandosi nel suo letto e James fece lo stesso.
Sorrise persino Remus - l'unico ancora in piedi - mentre riponeva la sua divisa nel baule, prima di mormorare un nox e tentare di prendere sonno.

*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*


Remus si alzò dal suo letto a notte fonda, quando la luna ormai alta nel cielo illuminava chiaramente i volti dei suoi amici profondamente addormentati; al contrario di lui, Sirius era riuscito a prendere sonno e sembrava piuttosto tranquillo nonostante la sua fosse stata una giornata carica di tensione.
Un leggero movimento del ragazzo addormentato fece sussultare Remus, che spostò il suo sguardo sul suo volto; rimase a fissarlo per minuti, forse, o per ore, non gli interessava del tempo che passava, perché per lui in quel momento esisteva solo Sirius, con i suoi lineamenti perfetti, con il suo volto più adulto di come se lo ricordava, con quell’ombra di barba a sottolineargli la linea spigolosa della mascella e con la sua bocca rosea e appena socchiusa, che mai come in quel momento era sembrata a Remus un invito a sfiorarla con la sua.
Un ciuffo di capelli neri gli scivolò sul volto, facendolo agitare nuovamente nel sonno. Remus si riscosse improvvisamente da quello stato di semi-trance che l’osservazione di Sirius gli aveva provocato e rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, verso la luna che, ormai quasi piena, gli ricordava ancora una volta che non poteva permettersi di fantasticare sul suo amico: Sirius aveva già abbastanza problemi per conto suo e un licantropo innamorato di lui era l’ultima cosa che gli serviva.



Note a piè di pagina: Mesi dopo aver scritto questa storia, finalmente riesco a farle vedere la luce su EFP. Diciamo pure che è merito di rawrandbeer che l'ha betata a tempo di record, considerando che mi sono decisa a passargliela solo un paio di sere fa. Quando farà meno caldo trasformerò quel "rawrandbeer" in un link alla sua pagina autrice, perché un po' di sano spam fa bene allo spirito e perché scrive tante belle cose.
Non vedevo l'ora di tornare a pubblicare solo per scrivere: iloveyoumydearleftcatbetafiendiwouldalsoaddrawr <3

A presto,
Rumandmonkey


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Capitolo 2
*** Una giornata con i Malandrini ***


Quando il sole arrivò a rischiarare il dormitorio, Remus Lupin era già vestito e pronto per la colazione da un bel pezzo, al contrario dei suoi tre migliori amici, che invece sonnecchiavano beatamente, completamente dimentichi del fatto che non erano più in vacanza.
Il giovane rise dei suoi compagni: maggiorenni, vaccinati e ancora incapaci di puntare una sveglia.
“In piedi!” gridò, scostando bruscamente il lenzuolo di James e guadagnandosi una serie di insulti borbottati a mezza bocca.
“In piedi” ripeté avvicinandosi al letto di Peter, pronto a riservare a lui lo stesso trattamento usato con James pochi istanti prima.
Stavolta non fu necessario l’uso di metodi violenti per svegliare l’amico: scattò immediatamente a sedere al solo avvicinarsi di Remus.
Nemmeno mezz’ora dopo, la banda dei Malandrini al completo era riunita al tavolo Grifondoro in Sala Grande, occupata a rimpinzarsi di tutto ciò che riuscivano ad agguantare.
Solo quando fu pieno di cibo a sufficienza, James si preoccupò dei suoi amici, in particolare di Remus : “Ma sei orribile!” esclamò con un’espressione sconcertata sul volto.
“Grazie James, sei un tesoro… si anche io ti trovo in splendida forma, caro” rispose Lupin sarcastico, facendo ridere Peter.
“E dai, non volevo offenderti! È solo che hai la faccia di uno che non vede un letto da secoli!” si difese James.
“Ramoso ha ragione, non hai una bella cera. Sei sicuro di stare bene?” chiese Sirius, preoccupato per l’amico.
“Si, non preoccupatevi ho solo dormito male…” Remus evitò di dire ai suoi amici di non aver chiuso occhio per tutta la notte e pensò che una piccola omissione di particolari non fosse poi così grave...almeno ora loro avevano una preoccupazione in meno.
Fu distratto dall’arrivo della McGrannit che, come tutti gli anni, passava a consegnare gli orari agli studenti.
“Quest’anno saremo pieni di ore buche!” esclamò Peter, che pregustava l’idea di passare intere mattinate in riva al Lago Nero.
“Ah, Peter, caro Peter, pensi davvero che potrai usare quelle ore per riposarti?” ribatté Remus, che già prevedeva intensi pomeriggi di studio per riuscire a superare brillantemente i M.A.G.O.
“Ma certo che no!” si intromise James “Li userà per venire a vedere gli allenamenti di quidditch, vero Pete?”
Remus fece per rispondere all’amico, ma la McGrannitt fu più veloce di lui: “Potter, non credo che Minus avrà molto tempo da passare a bighellonare con lei, quest’anno” disse mentre distribuiva loro le pergamene con gli orari delle lezioni.
I quattro si scambiarono un’occhiata interrogativa e capirono il significato della frase della loro CapoCasa quando videro Peter sbiancare.
“Codaliscia, ti senti bene?” domandò Remus.
“Io… io, sì… sto bene” mugugnò, quasi a corto di fiato.
“Fa’ vedere!” disse Sirius, strappandogli la pergamena dalle mani.
“Per le mutande di Merlino, Peter!” esclamò il ragazzo “qui deve esserci un errore! Quante ore di lezione hai? E perché segui dei corsi dei G.U.F.O?”
“Professoressa McGrannitt!” gridò James, richiamando la sua attenzione : “Credo che ci sia un errore nell’orario di Peter”
“Fammi vedere, Black” disse prendendo la pergamena dalle sue mani scrutandola attentamente per diversi secondi : “No, mi spiace, non c’è nessun errore”.
“Ma… io… com’è possibile?” piagnucolò Peter.
“Con i voti che hai ottenuto l’anno scorso speravi di poter essere ammesso ai M.A.G.O. senza problemi?” La professoressa inarcò un sopracciglio, prima di girare le spalle al tavolo Grifondoro e di aggiungere: “Signor Minus, farebbe bene a prendere i suoi libri. Tra dieci minuti ha lezione con me.”

*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*


La prima ora di lezione passò piuttosto in fretta, inframmezzata dai lamenti di Peter che non faceva altro che ripetere piagnucolando “non ce la farò mai”, guadagnandosi svariate occhiatacce da parte della professoressa, che al termine della lezione si premurò di ricordargli di avere ben due ore di erbologia con gli studenti del quinto anno.
“Professoressa, non infierisca, è già abbastanza demoralizzato” le aveva fatto notare subito dopo Remus, che in quel momento provava una gran pena per quel povero ragazzo.
La McGrannitt ignorò il suo commento e congedò Sirius e James, invitando invece Remus a seguirla nel suo ufficio.
“Perché non possiamo venire anche noi?” domandò Sirius, senza pensare.
“Fareste meglio ad andare in classe, voi due.” Tagliò corto la professoressa, dribblando la sua richiesta: “Il professor Lumacorno sarebbe estremamente felice di togliere dieci punti alla mia Casa per un minimo ritardo alla sua lezione” James e Sirius erano abbastanza sicuri di aver sentito la McGrannitt aggiungere a denti stretti qualcosa come “Stupido Serpeverde”, ma non persero tempo ad indagare e si affrettarono verso i sotterranei, ben consci del fatto che una perdita di punti gli sarebbe valsa una strigliata dalla loro Capocasa.
Riuscirono ad arrivare appena in tempo: Lumacorno era intento a spiegare alla classe come preparare un buon Distillato di Morte Vivente e non sembrava aver intenzione di rimproverarli.
Fecero appena in tempo a tirare un sospiro di sollievo.
“Black, Potter, quale onore!” esclamò il professore, provocando l’ilarità della classe. James si sentì morire quando vide Lily ridere di lui: ci teneva a fare colpo su di lei, ma riusciva sempre a fare la figura dell’idiota.
“Potter, sapresti dirmi cosa prepariamo oggi?” lo chiese casualmente all’ultimo arrivato, sperando di poter sottrarre punti alla sua casa.
“Distillato della Morte Vivente, signore” rispose lui prontamente, sperando che il professore si accontentasse di quella risposta.
“Bene, Potter.” Borbottò, con una nota di malcelata delusione nella voce. “Signor Black, saprebbe dirmi quali sono gli ingredienti necessari per la preparazione?” La bocca di Sirius si piegò in un ghigno saputo: possibile che quel professore fosse tanto stupido da fare simili domande pur di togliere punti a Grifondoro? Non si diede una risposta perché in fondo non gli interessava: sapeva come rispondere, Pozioni era la materia in cui se la cavava meglio, così rispose in tono vagamente annoiato: “Per preparare un Distillato della Morte Vivente sono necessari Artemisia, Fagioli Soporiferi e Asfodelo. La pozione è di livello avanzato ed è molto pericolosa: se preparata a regola d’arte, provoca in chi la beve uno stato di sonno profondo simile alla morte, ma se viene distillata da mani inesperte, rischia di causare seri danni.”
“Eccellente, non c’è che dire” fu costretto a dire Lumacorno, impressionato dalla preparazione del ragazzo. “Credo che questo valga dieci punti a Grifondoro” aggiunse, non troppo felice.
Grifondoro guadagnò altri dieci punti quando Sirius riuscì a distillare una pozione addirittura migliore di quella di Severus Piton, Serpeverde ed eccellente pozionista, provocando nel professore un certo sconcerto misto alla delusione di non aver potuto sottrarre punti alla Casa rivale.
“Black, aspetta un momento” disse Lumacorno quando tutti gli studenti ebbero abbandonato la classe.
Il moro si arrestò immediatamente, subito imitato da James.
“Ho chiamato Black, non te, Potter. Torna pure in Sala Comune” disse il professore in tono autoritario.
“No, James, resta” ribatté Sirius: “ Sono sicuro che il professore voleva invitarmi ad entrare nel suo Lumaclub, non è vero?” si girò verso l’uomo corpulento e la faccia sotto i suoi enormi baffi diventò paonazza.
“Io… be’ ecco… lei ha una mente brillante, signor Black… avrebbe potuto far parte della mia Casa, sa?”.
Aveva toccato un nervo scoperto di Sirius, ma Lumacorno non era famoso per il suo spirito d’osservazione ed ignorò completamente la smorfia di sdegno che era apparsa sul volto del giovane. “Ma visto che il Cappello Parlante non ci ha concesso questa possibilità, potremmo rimediare all’errore… Non trova anche lei?”
“Il Cappello Parlante non commette mai errori e anche ammesso che ne abbia commesso uno, non avrei scelto Serpeverde per nulla al mondo.”
“Suvvia, non ci formalizziamo su certe sciocchezze!” lo interruppe il professore: “Piuttosto, pensa di unirsi al mio club o no?”
“Non ho nessuna ho intenzione di entrare nella sua collezione di menti brillanti. Arrivederci”
Girò i tacchi e uscì di corsa dai sotterranei, trascinando via anche James.
“Perché gli hai detto di no?” domandò James, perplesso.
“Come sarebbe a dire 'perché'?”
“Insomma, se gli avessi detto di si, Lumacorno avrebbe smesso di perseguitarci e avresti potuto invitarmi alle feste, così avrei visto Lily…”
Sirius rise: “lo sapevo dove saresti andato a parare! La Evans! Caro mio, ti ci vuole una gita a Hogsmeade!”
Si avviarono verso la Sala Comune, dove trovarono Remus seduto su una delle grandi poltrone e James fu colto da un’illuminazione: forse aveva davvero bisogno di una gita a Hogsmeade.
Corse verso il dormitorio e tornò nella sala in un batter d’occhio, portando con se il Mantello dell’Invisibilità e la Mappa del Malandrino.
“Felpato, avevi ragione!” disse con un grosso sorriso stampato in faccia: “Abbiamo bisogno di una bella passeggiata fuori dal Castello!”
“Io ci sto!” disse Remus, alzandosi dalla sua poltrona.
“Abbiamo due ore libere e niente compiti, perciò Burrobirra per tutti!”
“Sirius, tu che fai?” chiese James
“Ci sto, chiaro!” rispose, prima di pensare al Malandrino mancante: “Aspettate un attimo: stiamo uscendo senza Peter?”
“Sembrerebbe di si” suggerì James.
“Dai, Sirius, non è grave! Lui ha due ore di lezione, anche volendo non riusciremmo a strapparlo al suo dovere. Verrà con noi la prossima volta. Muoviti, vieni sotto al Mantello!” esclamò Remus, convincendo il moro a seguirli.



Note stonate: Un altro capitolo! Be' non c'è molto da dire su questo, dal momento che si può definire un capitolo di passaggio. Mi è servito giusto per torturare un po' Minus con miliardi di lezioni supplementari.Quello non riesce proprio ad andarmi a genio. u_u
P.s: La storia è già completa sul mio pc, perciò a meno che io non muoia, continuerò ad aggiornare. E se dovessi proprio morire, rawrandbeer aggiornerà per me :)
A presto!


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Capitolo 3
*** Ferite e cicatrici ***


Quasi tre anni di pratica, avevano reso i Malandrini maestri della fuga dalla Sala Grande nelle settimane di luna piena: se ne andavano quando nessuno li guardava, nei momenti di confusione - quando ce n’erano - o adducendo scuse studiate in precedenza, per non dare troppo nell’occhio.
Remus non cenava mai con loro; in genere sgraffignava qualcosa dalle cucine del castello prima che calasse il buio e lo mangiava nel parco, in attesa dei suoi amici.
Quella sera, i tre Malandrini seduti al tavolo della cena erano piuttosto irrequieti: volevano correre da Remus, ma erano affamati ed avevano assolutamente bisogno di ristorarsi un po’ prima di affrontare la faticosa nottata.
Ad uno ad uno, come ogni volta, si alzarono dal tavolo e nascosti dal Mantello di James si fecero strada fino al Platano Picchiatore.
Peter si trasformò per primo e si preoccupò di schiacciare il nodo sul tronco che avrebbe impedito ai rami di colpire i suoi amici; subito dopo di lui, si trasformarono anche Sirius e James, affrettandosi a raggiungere il loro amico licantropo.
Quando arrivarono nella Stamberga, la trasformazione di Remus non sembrava ancora completa: il loro amico ululava, steso a terra, il corpo scosso da terribili spasmi che, a giudicare dai guaiti di Remus, dovevano essere più forti del solito, mentre i suoi arti si allungavano, le sue mani diventavano zampe e le sue unghie artigli pronti a ferire chiunque gli fosse capitato a tiro.
Ringhiò, scuotendo la testa a trasformazione ultimata e si eresse in tutta la sua statura, incredibilmente minaccioso e si voltò verso gli Animagi, come se li avesse notati solo in quel momento; ringhiò ancora più forte al loro indirizzo, facendogli provare una strana sensazione di smarrimento: Remus non li aveva mai aggrediti in quel modo, era come se riuscisse a riconoscerli sempre… Cosa era andato storto quella volta?
Codaliscia squittì forte e scappò, trovando riparo in un buco del muro e Ramoso rimase quasi pietrificato dalla scena che si presentò ai suoi occhi. Felpato, mosso dall’istinto si era avvicinato al licantropo con passi lenti e misurati, studiandone le reazioni, ma Lunastorta non sembrava avere voglia di compagnia e l’aveva scagliato lontano con una poderosa zampata.
Un lampo di terrore attraversò gli occhi di Sirius quando si rese conto di essere stato ferito: perdeva sangue e il taglio sul collo gli dava fitte di dolore lancinanti.
Si fece forza e arrancando riuscì a raggiungere l’uscita prima della stanza e poi del tunnel che conduceva ad Hogwarts; trasformarsi in quelle condizioni fu una fatica incredibile per il fisico debilitato di Sirius, ma era indispensabile: presentarsi in infermeria sottoforma di animale avrebbe causato troppi guai a troppe persone, oltre che la sua espulsione.
Bussò alla porta dell’infermeria con la veste zuppa di sangue e fece giusto in tempo a sentire Madama Chips sussultare e chiedergli come avesse fatto a ferirsi in quel modo, prima di svenire.
Si svegliò la mattina seguente, profondamente smarrito. Dov’erano i suoi amici? E perché era finito in infermeria? Si sollevò di scatto dal suo letto e la fitta di dolore che provò gli fece improvvisamente tornare alla mente le immagini della notte precedente.
A pochi letti di distanza da lui, doveva esserci Remus, a giudicare dalle poche frasi ch
e riusciva ad origliare dalla sua posizione.
“Lui dov’è?” la voce era quella di un ragazzo, senza dubbio, e sembrava anche piuttosto agitato.
“È qui. La smetta di agitarsi, non riesco a medicarla.” Non faticò affatto a riconoscere la seconda voce: era senza dubbio Madama Chips.
“Come sta? Posso vederlo?” aveva chiesto il ragazzo, sempre col suo tono agitato.
“Se smette di muoversi, potrà vedere Black prima di quanto crede.”
Non si era sbagliato: era davvero Remus. Era ferito anche lui? Cosa diavolo era successo?
Non riusciva a ricordare quasi nulla, sentiva solo il dolore della ferita e il bisogno di vedere Remus.
Si stese di nuovo sul suo letto, aspettando una medicazione che non tardò ad arrivare, insieme ad un interrogatorio ed una sonora ramanzina da Madama Chips.
“Allora, Black” aveva detto, “ si può sapere come hai fatto a farti una ferita del genere?” Già, come diavolo aveva fatto? Non poteva certo dire “sa, camminavo per il parco quando un lupo mannaro, che giace a pochi metri di distanza da me, mi ha quasi ucciso. Non lo trova buffo?” ; doveva trovare una scusa e anche in fretta. “Io… be’ ecco, sono… caduto” buttò lì, sperando che l’infermiera abboccasse.
“Caduto, eh?” la donna sollevò un sopracciglio. “E di grazia, può dirmi dove è caduto? Le scale sono birichine, ma dubito che una caduta possa averl
e provocato un taglio del genere.”
“Infatti non sono state le scale… Io sono caduto e mi sono tagliato con un pezzo di specchio che era caduto a Peter…”
La sua scusa non stava in piedi, non era coerente sotto nessun punto di vista ma, al diavolo,in futuro avrebbe dato la colpa di tutto quello ad un inesistente trauma cranico. Ora voleva solo essere curato e vedere Remus.
“Avanti, signor Black, si tiri su e sposti quei capelli. Devo medicare la ferita” sbuffò Madama Chips mettendosi al lavoro.
“Signor Lupin, adesso può vedere Black.” Disse a voce alta quando ebbe finito. “Ah, signor Black, per questa settimana non si muova dall’infermeria e nei prossimi giorni eviti di fare movimenti bruschi. La sua è una brutta ferita.”
Madama Chips si allontanò da lui a grandi passi, diretta verso il suo ufficio e appena fu scomparsa dalla sua vista arrivò Remus.
“Sirius mi dispiace…” Aveva detto con un filo di voce, guardando con occhi tristi il taglio profondo che solcava il collo dell’amico, fino ad arrivare alla clavicola, almeno da quello che riusciva a vedere; probabilmente il taglio proseguiva sul petto, ma preferì non indagare: si sentiva già abbastanza colpevole.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ferita, era semplicemente paralizzato dal senso di colpa e dal disgusto per sé stesso.
“So cosa stai pensando” disse Sirius a bassa voce, nascondendo il taglio alla vista dell’amico. “Non è stata colpa tua. So che non l’avresti mai fatto se non fosse stato per quello
“Avrei potuto ucciderti” la voce di Remus era ridotta ad un sussurro e i suoi occhi erano offuscati dalle lacrime.
Sirius posò una mano sul volto dell’amico, in una carezza leggera e gli asciugò le lacrime prima che arrivassero agli angoli della bocca.
La stessa mano, poi, scese sul suo braccio a sfiorare una nuova ferita, facendo sussultare Remus.
“Non mi interessa” sussurrò Sirius, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Remus gli afferrò il polso e bloccò la sua carezza: “non dire stronzate, Sirius!” aveva parlato a denti stretti, quasi in un soffio. Lasciò bruscamente la presa dal braccio dell’amico: “non avrei mai sopportato di perderti.”
Sirius sorrise - malgrado la situazione - felice di avere accanto una persona come Remus.

“L’orario delle visite è finito!” gridò Madama Chips, avviandosi di gran carriera verso il letto di Sirius.
“Signor Lupin, torni a letto, deve riposare.”
“Sissignora” si affrettò a dire prima di salutare il suo amico.
“Torno tra poco” aggiunse sottovoce.
Sirius annuì sorridendo, seguendo l’amico con lo sguardo.
“Madama Chips?” richiamò l’attenzione della donna, quando ormai Remus era nascosto alla sua vista.
“Si, Black?”
“Non c’è qualche pozione per far chiudere questa maledetta ferita? Non voglio rimanere in un letto per giorni senza poter muovere un passo”.
“Potevi pensarci prima di combinare il guaio” disse l’infermiera, provocando un certo sconforto in Sirius. “Ci sarebbe una pozione, ma è terribile, non la darei nemmeno al mio peggior nemico” disse, lasciando il ragazzo nel dubbio: prenderla o non prenderla? Decisamente prenderla; voleva uscire da quella stanza il più in fretta possibile ed era disposto a bere qualsiasi schifezza pur di riuscirci.
“Va bene” disse alla fine: “voglio provare questa pozione!”
“Che coraggio, signor Black!” rispose Madama Chips sollevando un sopracciglio. “Vado a prenderla subito. Non si muova”
Come se si potesse muovere da lì con quel taglio immenso a torturarlo.
L’infermiera fu presto di ritorno con un bicchiere di pozione ed uno di succo di zucca.
“L’hai voluto tu Black” disse porgendogli il bicchiere.
“Alla salute!” esclamò il ragazzo portando la coppa alla bocca.
Le sue imprecazioni raggiunsero persino le orecchie di Remus, che non riuscì a trattenere qualche risata al pensiero di Madama Chips che sbiancava sempre di più ogni volta che il suo amico apriva bocca.
La donna rientrò nel suo ufficio qualche minuto dopo, lasciando a Remus la possibilità di avvicinarsi di nuovo al letto di Sirius.
“Allora, com’era la pozione?” domandò divertito.
“Davvero ottima!” rispose ironico e, indicando un bicchiere sul tavolino aggiunse: “te ne ho lasciata un po’… nel caso volessi assaggiarla” terminò la frase con una linguaccia.
“No, grazie, in sei anni non sono mai riuscito a trovare niente di buono nella Pozione Cicatrizzante”
Sirius corrugò leggermente la fronte: sei anni? Come aveva fatto a non accorgersene?
A Remus bastò un’occhiata alla sua espressione concentrata per capire cosa gli avrebbe voluto chiedere, così rispose alla domanda ancora prima che l’amico la formulasse.
“Non te ne sei mai accorto perché Madama Chips me la faceva bere dopo ogni notte di luna piena, mentre tu e gli altri eravate a lezione.” Spiegò.
“E sei riuscito a sopravvivere per tutto questo tempo? Benedetto Merlino, sa di morte!”
Remus rise.
“Prima di arrivare ad Hogwarts ero convinto che trasformarmi in una belva fosse la cosa più terribile del mondo, ma dopo aver bevuto quella roba, mi sono dovuto ricredere!”
Sirius rise alla sua battuta: era incredibile come Remus riuscisse a scherzare su un argomento tanto serio e tanto doloroso per lui; nonostante fosse fragile nell’aspetto, aveva un carattere forte e una grande forza d’animo.
Si distese sul suo letto, colto da un’improvvisa sonnolenza: il dolore alla spalla sembrava meno forte, ma sentiva ugualmente il bisogno di riposare.
“Stai bene?” chiese Remus, un po’ preoccupato.
“Si, sono solo un po’ stanco” rispose Sirius, chiudendo gli occhi.
“Forse è per la pozione…” mormorò Remus, che rimase a guardarlo mentre il sonno si impossessava del suo corpo.
Rimase seduto vicino al letto dell'amico finché il sonno lo colse improvvisamente, intorpidendolo, togliendogli la voglia di alzarsi e tornare alla sua lettiga: poteva rimanere lì, la sedia vicino al letto di Sirius era piuttosto comoda e il torace dell’amico in quel momento era molto più invitante dello scomodo cuscino dell’infermeria.
Chinò la testa, stando bene attento a non toccare la ferita che gli aveva inflitto e chiuse gli occhi, addormentandosi cullato dal respiro regolare di Sirius.

*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*


Dormirono per tutta la mattinata finché, prima di pranzo, James riuscì ad entrare nell’infermeria.
Quello che vide gli sembrò insolito, ma non se ne preoccupò molto e corse a svegliare i suoi amici.
Diede un buffetto un po’ troppo forte a Remus, che alzò di colpo la testa.
“Ahia!” esclamò il ragazzo, guardando James con aria infastidita. “Che ti è preso?”
“Che c’è, non posso dare un simpatico buffetto al mio amico lupo?” chiese con un ghigno sul volto.
“E tu quello lo chiami simpatico buffetto?!” chiese sollevando un sopracciglio e aggiunse, prima che potesse controbattere con qualcosa di stupido: “Come mai sei qui?”
“Volevo vedere come stavi.” Rispose James, tornato serio. “Anzi, come stavate”.
“Io sto bene” rispose Remus. “Sirius, be’ ci vorrà un po’, ma si rimetterà.”
Il suo sguardo colpevole si posò sulla ferita del suo amico: come aveva potuto fare una cosa simile?
“Non avrà nessun problema con la luna piena, vero?” domandò James, a metà tra la preoccupazione e l’imbarazzo.
“No, non l’ho morso, fortunatamente” rispose prontamente Remus. “Se avessi fatto una cosa del genere non me lo sarei mai perdonato. Ti rendi conto? Ho rischiato di rovinargli la vita, di rovinarla a tutti voi. Avrei potuto colpire chiunque, addirittura uccidervi tutti, se non aveste avuto la prontezza di andarvene.”
Una lacrima era scesa dai suoi occhi mentre parlava ed era arrivata dispettosa fino al suo collo, lasciando una scia salata dietro di sé.
“Non pensarci, Remus. È acqua passata ormai.” Disse James per tranquillizzarlo. “Non è successo niente: Sirius si riprenderà e se ne andrà in giro a sfoggiare la sua bella cicatrice per far colpo sulle ragazze. Credimi, gli hai fatto un favore.” Voleva tirarlo su di morale, ma sembrava inconsolabile.
“No, non è vero che non è successo niente!” esclamò Remus, forzandosi a tenere bassa la voce per non svegliare Sirius.
“Avrei potuto infettarvi, uccidervi. Non me lo sarei mai perdonato. Per tre anni avete rischiato l’espulsione dalla scuola e anche la pelle per assecondare i capricci di un lupo mannaro irresponsabile: non vi permetterò di rischiare ancora per me.”
“Ma Rem…” disse l’altro, con grande tristezza nella voce.
“No, niente ‘ma’!” ribatté Remus “sono un lupo mannaro, James. Un maledetto, schifoso lupo mannaro e non posso farci niente! Sono una bestia e non merito amici come voi. Non con la luna piena, almeno.”
“Remus, vogliamo esserci sempre per te, lasciaci venire con te alla Stamberga ancora una volta!” cercò di convincerlo James, ma Remus fu irremovibile.
“Ascoltami, James, anche io voglio che voi ci siate sempre ed è per questo che non voglio mettere a rischio le vostre vite per me. Guarda cosa ho fatto a Sirius! Pensi che la bestia non lo farà di nuovo?”
James tentò di ribattere, ma Remus lo fermò di nuovo: “Per favore” disse solamente, quasi implorando James, che si arrese, impotente davanti al dolore e al senso di colpa dell’amico.
La loro discussione doveva aver svegliato Sirius, che iniziava ad agitarsi sul suo letto biascicando parole pressoché incomprensibili.
Si voltarono, osservando il loro amico che aveva iniziato a stropicciarsi gli occhi.
“James” rantolò, non appena riconobbe l’amico.
“Sirius!” rispose al saluto con entusiasmo “Come va la ferita?”
“Una meraviglia, con l’orrenda pozione di Madama Chips sta guarendo a tempo di record!” esclamò Sirius, mostrando a James la cicatrice che faceva bella mostra di sé sul collo e su buona parte del suo petto.
“Scommetto che non vedi l’ora di andare in giro a fare il figo con quella ferita” lo apostrofò James.
“Nah, sei solo geloso.” Ribatté Sirius, divertito lasciando James a bocca aperta.
“È vero,” intervenne Remus, “Con una cicatrice del genere Lily cadrebbe ai tuoi piedi!”
Nonostante la malcelata tristezza che velava i suoi occhi e il senso di colpa che lo avrebbe ossessionato ogni volta che il suo sguardo fosse caduto su quel taglio, Remus ci aveva scherzato su; ancora una volta erano riusciti a superare un ostacolo, insieme.


note stonate: Tadaaaaaan! Terzo capitolo! Ok, ho realizzato che io e le note finali non abbiamo un buon rapporto e anche che soffro un po'di Alzheimer visto che non ho mai ringraziato chi ha recensito la storia e chi l'ha messa tra le seguite, perciò lo faccio ora: Grazie, Grazie, Grazie a chi l'ha già fatto e a chi lo farà. :)


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Capitolo 4
*** Una decisione difficile ***


La mattina successiva, Sirius e Remus furono dimessi dall’infermeria e raggiunsero James e Peter, di ritorno dalla loro lezione di Erbologia.
“Remus, Sirius!” Squittì Peter con gioia, non appena li vide.
I due fecero un cenno con la mano e si diressero verso di loro.
“Vi hanno dimesso, finalmente!” disse Peter, contento di rivedere i suoi amici. “Volevo venire a trovarvi, ma ho una marea di corsi e mi riempiono di compiti! Non ho mai avuto un attimo di tempo libero… mi dispiace, ragazzi.”
“Non preoccuparti, Peter!” disse Sirius, assestandogli una bella pacca sulla spalla. “Allora, che ne dite di una partita a gobbiglie per festeggiare il nostro ritorno?” suggerì, trotterellando verso l’ingresso del castello.
“Ma Sirius, è ora di pranzo!” esclamò James, troppo affamato per pensare a qualcosa di diverso dal ricco banchetto in Sala Grande.
Sbuffò sonoramente, ma decise comunque di seguire i suoi amici: in fondo iniziava ad avere fame anche lui.
“Possiamo giocare dopo pranzo, se vuoi. Abbiamo un’ora libera, se non sbaglio” suggerì Remus.
“Io non posso” disse subito James, poi aggiunse a mo’ di scuse: “Ci sono le selezioni per il quidditch e non posso mancare.”
“Non posso neanche io” mugugnò Peter. “ Preferirei una partita a gobbiglie, ma ho Cura delle Creature Magiche subito dopo pranzo.” Sembrava piuttosto avvilito, ragion per cui i suoi amici si trattennero dal fare battute sulla sua condizione.
“Che amici inutili che ho!” esclamò Sirius, sorridendo. “va bene, per questa volta giocherò contro Remus, ma la prossima volta vi distruggo” disse rivolto a James e Peter.

Il pranzo sembrò durare meno del solito, ma lasciò ugualmente i ragazzi appesantiti dall’ottimo cibo.
Mentre James, con un po’ di fatica, si dirigeva verso il campo da Quidditch, felice di non dover volare per quel giorno, e Peter arrancava verso la Foresta Proibita, Remus e Sirius erano comodamente distesi sulle poltrone della Sala Comune.
“Allora, vuoi ancora giocare?” domandò Remus, dopo qualche minuto di assoluto silenzio.
Sirius si limitò ad annuire con un cenno del capo, mentre si alzava dalla poltrona.
“Forse è meglio giocare nel dormitorio” disse Remus, ricevendo in risposta uno sguardo interrogativo da parte di Sirius, che sembrava aver perso l’uso della parola da qualche ora.
“Le Gobbiglie puzzano da morire, Sir.” Poi aggiunse, sottovoce: “e poi c’è una cosa di cui dobbiamo parlare ed è meglio che nessuno ascolti.”
Sirius annuì di nuovo e si diresse verso il dormitorio, vagamente pensieroso. Di cosa doveva parlargli Remus di così segreto? Sperò che non fosse ancora per la storia della ferita: per lui era un capitolo chiuso, ormai.
Non fece in tempo a formulare altre ipotesi, dal momento che il suo amico lo invitò a fare il primo lancio.
Per uno che voleva distruggere i suoi avversari, quello era un tiro piuttosto debole e Remus non esitò a farglielo notare, prima di lanciare la sua biglia, che andò ben oltre quella dell’amico.
“Tsé, la solita fortuna del principiante” commentò Sirius, preparandosi al nuovo lancio.
La sua soddisfazione fu evidente quando la sua biglia colpì quella di Remus, che spruzzò addosso al s
uo proprietario una nube di fumo dall’odore pestilenziale. Con un ghigno sul volto, domandò all’amico: “Allora, Rem, di cosa volevi parlarmi?”
Solo in quel momento Remus realizzò quanto sarebbe stato difficile affrontare quella discussione con Sirius, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro, quindi fece un respiro profondo prima di iniziare a parlare.
“Questa mattina ho parlato con James” disse prima di fare una piccola pausa.
“Lo so, c’ero anche io” rispose Sirius.
“No, ci ho parlato in infermeria, mentre stavi dormendo”, lo smentì. “Gli ho chiesto di non seguirmi più alla Stamberga Strillante.” La sua voce era ridotta a poco più di un sussurro.
“Perché l’hai fatto?” chiese Sirius, sicuro che la ragione era ciò che era successo l’ultima volta.
“È una cosa troppo pericolosa ed io non voglio che vi facciate del male. Sono stato un incosciente.” Rispose Remus.
“No, non ha nessun senso” replicò Sirius. “Non è colpa tua. Non potevi prevederlo!”
Aveva alzato un po’ troppo la voce, costringendo Remus a lanciare un incantesimo silenziante.
“Non è vero, potevo prevederlo! Sapevo bene che un lupo mannaro non è un animale da compagnia, come sapevo bene anche che avrei potuto ferirvi e nonostante questo vi ho permesso di seguirmi per tutti questi anni. Sono stato solo uno stupido egoista!”
“Smettila, Remus! Non ti avremmo mai seguito se non avessimo voluto.” Non aveva gridato questa volta, anzi, la sua voce ormai era un sussurro difficile da udire persino per Remus, che era a poca distanza da lui.
“Non mi interessa cosa ha deciso James. Io vengo con te.” Disse dopo qualche istante.
“Sirius, ti prego” la voce di Remus sembrava quasi incrinata da tutte quelle emozioni che aveva cercato di nascondere al suo amico. “Non farmi questo. Non ce la farei a sopportare il senso di colpa se dovessi ferirti di nuovo”
La sua mano andò a posarsi alla base del collo dell’amico, dove la ferita, ancora fresca, faceva bella mostra di sé.
Sirius chiuse gli occhi e inspirò profondamente prima di parlare: “Ascoltami, non mi importa nulla delle ferite, delle cicatrici, mi importa di te. Vuoi capirlo? Non voglio lasciarti solo.” I suoi occhi erano fissi in quelli di Remus, che scosse vigorosamente la testa non appena Sirius ebbe finito di parlare.
Allontanò repentinamente la sua mano dal collo dell’amico, come se la ferita l’avesse scottato, ma non distolse lo sguardo dai suoi occhi scuri.
“Non posso, non posso perché tengo troppo a te per perderti per qualcosa di così stupido.” Sussurrò Remus. “Ti prego, se non vuoi farlo per te, fallo per me.”
Sirius sospirò e non disse più nulla; si limitò a raccogliere le gobbiglie dal pavimento e ad uscire dal dormitorio, diretto a lezione.
Remus lo seguì, tenendosi ad una certa distanza da lui, che non sembrava aver voglia di parlare.
Prese come sempre posto in prima fila, mentre Sirius si sedeva nel banco più nascosto alla vista dell’insegnante e riservava un posto per James.
Escludere i suoi migliori amici da una parte così grande, e suo malgrado importante, della sua vita gli sembrava un gesto crudele, anche se sapeva che era la cosa giusta da fare. Gli sarebbe passata, prima o poi.


note stonate: Mi risulta difficile commentare un capitolo dopo averlo pubblicato, quindi non lo farò. In compenso scriverò un considerazione che con la storia c'entra ben poco. Chi mi conosce sa che il 7 è il mio numero preferito e, per uno strano caso, questa è la settima storia che pubblico su EFP e, sempre per lo stesso strano caso, è composta di 7 capitoli. Non ve ne fregava niente, vero? :)
In ogni caso, spero vi sia piaciuto questo capitolo.
A presto,
Rumandmonkey

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Capitolo 5
*** Un amico testardo ***


Alla discussione con Sirius, seguirono circa quattro settimane di relativa tranquillità tra i ragazzi; Remus era sicuro che i suoi amici fossero riusciti a capire il suo stato d’animo e che, di conseguenza, avrebbero rispettato le sue decisioni.
Erano Grifondoro, diavolo! Dovevano tener fede alle promesse per contratto! E se non fosse bastato il codice morale a convincerli, sperava almeno che i compiti che gli aveva permesso di copiare nel mese appena trascorso ricordassero ai suoi amici che avrebbero dovuto mantenere la promessa fatta.
Remus pensava proprio a questo, mentre era seduto al tavolo della colazione in Sala Grande. Come tutte le mattine, tra un sorso di succo di zucca e l’altro, cercava di leggere gli articoli in prima pagina, ma quel giorno la sua attenzione era da tutt’altra parte e il massimo che riuscì a fare fu fingersi concentrato su un pezzo che parlava dell’invasione di asticelli prevista per la primavera.
Fu riscosso dai suoi pensieri – più che dalla lettura – dal suo amico James, che chissà da quanto tempo era seduto vicino a lui.
“Rem! Non sapevo ti interessasse il giardinaggio!” esclamò, togliendo il giornale dalle mani dell’amico.
“Giardinaggio?” domandò Remus confuso.
“Fissi quell’articolo sugli asticelli da quasi dieci minuti perciò o sei molto preso dai tuoi pensieri, o sei appassionato di giardinaggio.” Rispose James, con un sopracciglio alzato “e siccome non mi sembra che tu abbia il pollice verde o roba del genere, credo che nella tua testa ci sia un po’ di confusione.” Concluse il suo intervento picchiettando insistentemente sulla testa di Remus, che in quel momento avrebbe desiderato cruciarlo a morte.
“Dài, cosa ti prende?” insistette James, facendo sbuffare Remus.
“Sono solo un po’ preoccupato per Sirius…” mormorò, abbattuto.
“Per Sirius?” James sembrava perplesso.
“Si, non ha preso molto bene la mia decisione e mi dispiace… non vorrei che facesse qualche stupidaggine” spiegò Remus.
James lo fissò per qualche istante, prima di parlare di nuovo.
“Stai tranquillo, Rem, gli passerà. Sono sicuro che non farà niente di stupido stavolta, perciò smettila di angosciarti.”
“Ok, posso provarci. Tu però muoviti, o facciamo tardi a lezione.” Disse Remus. “E ridammi il giornale! Non penserai mica di rubarmelo così facilmente?”
James lanciò all’amico uno sguardo implorante.
“Ti prego! Lasciami almeno la pagina del Quidditch!”
“Scherzavo, imbecille! Tienitelo e porta questo a Sirius” disse Remus, lanciandogli un grosso muffin al cioccolato.
“E Peter?” chiese James.
“Tieni” Remus lanciò un altro muffin all’amico “Anche se non gli farebbe male una dieta” aggiunse sottovoce qualche secondo prima di maledirsi: l’avvicinarsi del plenilunio lo rendeva scorbutico anche nei confronti dei suoi migliori amici.
“Smettila di lanciarmi dolcetti!” scherzò James. “Non vieni con me?”
“No, Jam, devo andare a parlare con la McGrannitt. Ci vediamo dopo.”

*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*


“Sirius, piantala di fare l’idiota e svegliati. Remus ti ha mandato un muffin per colazione.” Disse James, scuotendo l’amico ancora comodamente rannicchiato nel letto.
“Mangialo tu, io non ne ho voglia.” Rantolò contrariato, ma fu subito smentito dal suo stomaco traditore, che gorgogliò proprio in quel momento.
James alzò un sopracciglio, scettico.
“Stai morendo di fame e, fattelo dire, sei un cretino.”Disse tranquillo James mentre gli passava il muffin.
“Quindi il cretino sarei io?” domandò, afferrando il dolcetto con aria abbattuta.
James sospirò.
“Un po’ sì” ammise. “dài, lascia perdere questa storia, Remus ha solo bisogno di tempo. E dei suoi amici.”
“E allora perché ci ha chiesto di non seguirlo?” domandò cercando di mascherare la sua tristezza con la rabbia.
“Senti, Sirius, non lo so. Forse è spaventato. Lascia perdere, ok? E muoviti, stiamo facendo tardi”.
James uscì dal dormitorio e Sirius corse a vestirsi.
“James ti ha portato un muffin” disse annoiato a Peter, che usciva dal bagno in quel momento “c’è anche un pezzo del mio, se lo vuoi.”
Arrivò a lezione in ritardo ed evitò accuratamente di sedersi troppo vicino a Remus: lo faceva da qualche settimana ormai, più o meno da quando avevano discusso e lui se ne era accorto, ma aveva preferito far finta di niente per evitare un’altra lite inutile.

Passarono tutta la giornata il più distante possibile l’uno dall’altro e si rivolsero la parola solo in casi di strettissima necessità.
Necessità per Sirius significava compiti di Storia della Magia e quel giorno non ne avevano; era sabato e il giorno dopo sarebbero stati liberi dalle lezioni.
Per Remus, invece, strettissima necessità significava tranquillità e quel giorno fu costretto a rivolgere la parola a Sirius innumerevoli volte prima di trasferirsi rassegnato in biblioteca.
Possibile che quell’idiota non capisse? Di lì a poche ore sarebbe spuntata la luna e lui avrebbe dovuto affrontare la sua trasformazione da solo per la prima volta dopo molti anni. Era agitato: sapeva di aver bisogno di loro, ma mettere in pericolo le loro vite per quello che ai suoi occhi era poco più di un capriccio gli sembrava troppo egoista e pericoloso.
No, non l’avrebbe fatto e fine della questione. Ora non doveva far altro che aspettare il tramonto e mettersi l’anima in pace.

*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*


Sirius guardò il tramonto fuori dalla finestra con aria preoccupata: forse Remus era già nel parco, torcendosi nervosamente le mani in attesa del crepuscolo e poi della luna.
Lo immaginò per un momento come un bambino indifeso sperduto nei boschi e quel pensiero lo intenerì fino a fargli comparire sul volto un’ombra di sorriso.
Certo, Remus non era più un bambino ingenuo e sicuramente non si sarebbe mai perso nella foresta, ma lui sentì ugualmente il bisogno impellente di stargli vicino. Anche se era un idiota.
Pensò di sgraffignare qualcosa dalle cucine per lui e Remus e fu quasi sul punto di chiedere a James il suo mantello; si morse la lingua giusto in tempo.
Non doveva farlo sapere ai suoi amici, altrimenti l’avrebbero trattenuto con tutti i mezzi e lui sarebbe andato su tutte le furie.
Si disse che un incantesimo di disillusione gli sarebbe bastato per passare inosservato in cucina: in fondo gli elfi erano sempre talmente indaffarati che non lo avrebbero notato nemmeno se fosse entrato travestito da ippogrifo.
Rubare qualcosa per cena si rivelò un gioco da ragazzi per Sirius, che si avviò spensierato verso il parco, in cerca del suo amico.
Il sole, già piuttosto basso, gli ricordò che avrebbe dovuto trovare Remus prima che si trasformasse e, cosa ancora più difficile, avrebbe dovuto spiegargli perché aveva/avesse totalmente ignorato le sue preghiere.
Lo trovò nascosto nella foresta vicino al Platano Picchiatore e – gli venne quasi da ridere quando lo vide – si stava davvero torturando le mani.
“Ciao Remus” disse quasi timidamente.
“Che ci fai qui?” domandò lui, senza nemmeno guardarlo.
“Ti ho portato qualcosa da mangiare” disse, mostrandogli il cibo che era riuscito a sottrarre agli elfi. “nel caso avessi fame.” Aggiunse, a mo’ di scusa.
Remus afferrò il pacchetto che gli porgeva il suo amico.
“Grazie” si limitò a mormorare. “non devi andare a cena ora?”
Si pentì immediatamente di aver fatto quella domanda perché sapeva già la risposta: Sirius era lì per restare e lui non era preparato per una cosa del genere.
Se lo avesse ferito di nuovo?
“No, io… Resto con te” rispose Sirius, riscuotendolo dai suoi pensieri.
“James e Peter lo sanno?” Remus si diede dello stupido: perché l’aveva chiesto se era sicurissimo che Sirius fosse scappato senza dire niente a nessuno?
“Lascia stare, è evidente che non lo sanno.” Mormorò Remus, “Che intenzioni hai, Sirius?” sbuffò esasperato.
“Io non ce la facevo a lasciarti solo…” rispose Sirius imbarazzato.
“Non dire stronzate, fino a tre anni fa non consideravi nemmeno lontanamente l’idea di farmi compagnia durante le mie trasformazioni. Puoi fingere che non sia mai successo nulla e metterti l’anima in pace. Non è un gioco, Sir.”
Aveva ribattuto Remus quasi con rabbia.
“Pensi che non lo sappia?” ribatté Sirius, che sentiva la rabbia montare dentro di sé.
“Pensi che non sappia che è rischioso? Pensi che abbia dimenticato cosa è successo il mese scorso?” Era quasi tentato di tornare sui suoi passi; come gli era venuto in mente di tornare da quell’idiota?
“Non sto dicendo questo, Sirius” Remus tentò debolmente di rispondergli, ma il suo amico lo interruppe.
“Per favore, Remus! So badare a me stesso!” esclamò Sirius e lo sguardo del licantropo cadde immediatamente sulla sua ferita facendolo rabbrividire appena.
“Questo maledetto graffio non significa niente, nel modo più assoluto! Voglio restare con te, non ce la faccio ad andarmene e lasciarti qui. Lo vuoi capire?”
Remus non rispose, ma lo strinse a se talmente forte da mozzargli il fiato.
Non ebbero il tempo materiale di guardarsi negli occhi, perché il sole aveva ormai ceduto il posto alla luna e i primi segni della trasformazione iniziavano a manifestarsi nel corpo di Remus.


Note stonate: Chiedo perdono. Purtroppo Tiscali, che sia per sempre maledetta, ha deciso di avere problemi sulla mia linea quindi non ho potuto aggiornare. Odio quando succedono queste cose.
Sono riuscita ad aggiornare per puro culo, sfruttando un pc non mio...Spero di riuscire a risolvere il guasto prima del prossimo aggiornamento!
A presto, spero
Rumandmonkey


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Capitolo 6
*** Questione d'Istinto ***


Remus guardava preoccupato l’enorme luna e lanciava sguardi terrorizzati a Sirius che ancora non si decideva a trasformarsi.
Intanto il suo corpo era percosso da fitte dolorose e, mentre lanciava grida sempre meno umane, i suoi arti iniziavano ad allungarsi e il suo corpo si ricopriva di pelo.
Sirius avrebbe voluto stringerlo forte anche in un momento come questo, perché sapeva quanto soffriva e avrebbe fatto di tutto pur di stragli vicino e rassicurarlo.
Si trasformò anche lui e si sentì in colpa, perché le sue trasformazioni erano indolori, mentre quelle di Remus sembravano dolorosissime. Pensò che se ci fosse stato un modo per farsi carico di una parte delle sue sofferenze, lui l’avrebbe fatto di sicuro pur di vederlo più felice, meno tormentato.
Si avvicinò cautamente al licantropo che se ne stava immobile, seduto sulle zampe posteriori e con il muso puntato verso la luna, come se fosse in cerca di qualcosa impresso sulla superficie del satellite, e si mise nella sua stessa posizione prima di avvicinarsi di più, fino a posare il suo muso su una delle zampe del licantropo.
Rimasero così per molto tempo: sembrava che questa volta la presenza di Sirius riuscisse a calmare Remus tanto da consentirgli di passare tutta la notte nella foresta.
La mattina successiva Remus si svegliò di buon’ora: il vento fresco di metà ottobre lo fece rabbrividire appena e lui cercò un po’ di calore stringendosi più forte al corpo di Sirius, che manteneva ancora la sua forma canina, svegliandolo.
L’Animagus recuperò il suo aspetto umano in pochi secondi, poi tornò a sedersi sul suolo umidiccio della Foresta Proibita e strinse a se Remus.
“Ciao” sussurrò appena. “Ti ho svegliato, scusami”
“No… non è per te, ho il sonno leggero.” Sapeva che la scusa non avrebbe retto perché in sei anni Remus l’aveva sempre visto dormire sonni lunghi e pesanti, ma voleva comunque provare a non far preoccupare il suo amico.
“Non puoi dirmi bugie, ti conosco troppo bene. Sei sicuro di aver dormito?”
“A dire il vero, mi sono addormentato all’alba.” Ammise Sirius.
“Quindi avrai dormito ad occhio e croce due ore…” calcolò rapidamente Remus.
L’amico storse il naso. “E allora?”
“Devi dormire!” esclamò Remus.
“No, c’è lezione, non posso. Anzi, è meglio che torni nel dormitorio prima che James e Peter si accorgano della mia fuga.” Rispose Sirius alzandosi e scrollandosi la terra dai vestiti.
“Penso che se ne siano accorti a cena, quando il tuo posto era vuoto e anche prima di andare a dormire, quando il tuo letto era vuoto. Forse Peter sì, ma James non è stupido.”
“Remus, pensi che io sia stupido?” domandò Sirius corrugando la fronte. “Ho fatto finta di stare male e mi sono infilato a letto. Ho detto a James che non volevo essere disturbato e che avrei sigillato le tende del baldacchino. Una volta sistemata la mia copertura, non ho dovuto far altro che rubare qualcosa dalle cucine e sgattaiolare fin qui.”
Concluse il suo racconto con aria compiaciuta e con un immenso sbadiglio.
“Complimenti, genio del crimine!” lo prese in giro Remus.
“Un ottimo piano davvero, ma penso che dovresti farti una bella dormita.”
“No, non riesco a dormire di giorno, lo sai. Mi annoierò a morte e tenterò il suicidio prima delle dieci. Dormirò più tardi.” Sirius cercò di convincerlo, ma fu inutile.
“No che non ti suiciderai! Se proprio non vuoi dormire, ti faccio compagnia io.” Replicò Remus mentre lo trascinava verso il castello.
“Torna a letto e di’ agli altri che non ti senti ancora bene.” Disse Remus con aria da cospiratore, poi aggiunse: “io vado in infermeria. Ci vediamo dopo la colazione.”
Sirius eseguì gli ordini e aspettò Remus per minuti che gli sembrarono interminabili.

Remus entrò nel dormitorio di corsa, cercando Sirius con lo sguardo.
“Scusami, Madama Chips mi ha trattenuto più del previsto.”
Il fiatone gli impediva di parlare normalmente.
“Si può sapere perché hai corso?” domandò Sirius.
“Io? Non… non ho corso” stava negando l’evidenza.
“Sì, hai corso e si vede. Hai il viso rosso e respiri a fatica.”
Remus fece una boccaccia.
“Ho corso per venire da te, mi pare ovvio. Volevo vedere in che condizioni eri, tutto qui”.
Sirius allargò le braccia: “eccomi qui, vivo e vegeto” sbadigliò di nuovo.
“E stanco morto…” aggiunse Remus sorridendo.
“Te l’ho già detto, non ho intenzione di dormire. Piuttosto, dovremmo parlare del tuo piccolo problema peloso.”
“Ne parleremo dopo una buona dormita. Ne abbiamo bisogno entrambi.” Remus si sdraiò sul letto dell’amico e lo invitò a fare lo stesso.
“E va bene, me ne starò qui sdraiato a guardarti dormire. Mi sa che era meglio andare a lezione” Sirius tentò di far sentire in colpa Remus, ma fu del tutto inutile.
“Fa’ come vuoi” le sue parole furono attutite dal cuscino e in pochi secondi il suo respiro si fece pesante e regolare.
‘Incredibile’ pensò Sirius, ‘si è addormentato davvero.’
Rimase lì immobile per un bel po’, puntellato su un gomito e con il mento poggiato su una mano; guardava il volto di Remus, pacificamente addormentato e ogni minuto che passava trovava sempre più difficile resistere all’inspiegabile desiderio di accarezzarlo.
Rimase in quella posizione per parecchio tempo, quasi senza rendersene conto.
All’improvviso, Remus si mosse bruscamente nel letto riscuotendo Sirius dai suoi pensieri.
Il ragazzo buttò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi, fingendo di dormire.
“No, no!”, gridò Remus, forse in preda ad un incubo particolarmente realistico.
Sirius si forzò per resistere alla tentazione di aprire gli occhi per capire cosa stesse succedendo al suo amico, ma continuò a tenerli chiusi.
Remus si alzò dal letto con un movimento improvviso e si sfregò gli occhi con le mani: si era addormentato ed aveva sognato di ferire di nuovo Sirius durante il plenilunio.
Lo guardò a lungo, distendendosi di nuovo di fianco a lui.
Vide le sue palpebre agitarsi come se stesse sognando, e pensò agli occhi scuri e pieni di vita che si nascondevano dietro di esse.
Ripensò a quando la sera precedente li aveva visti brillare di rabbia, perché lo aveva allontanato, e di affetto per lui, nonostante tutto.
Sentì forte, di nuovo, il desiderio di baciarlo, di dimostrargli in qualche modo che ciò che provava per lui andava oltre l’amicizia e questa volta non fece niente per resistere.
Si avvicinò piano al volto di Sirius, che fingeva un sonno profondo, ed accarezzò piano le sue labbra, allontanandosi repentinamente un istante dopo, come se si fosse scottato.
“Sono un idiota.” Mormorò quasi disperato “Se solo avessi il coraggio di dirgli ciò che provo…”
Sirius si girò dall’altro lato del letto, approfittando dell’occasione per fare un respiro profondo. Aveva sentito bene? Remus l’aveva appena baciato? La sua mente confusa iniziò a lavorare ad una velocità inaudita e fu costretto ad uscire all’aria aperta per rimettere a posto i pensieri.


note stonate: E' arrivato il penultimo capitolo! :) Incredibile la differenza tra il tempo che si impiega per scrivere una storia e quello che ci vuole per pubblicarla...
Domani finisce ufficialmente la pacchia e volevo abbandonare i felici giorni d'estate con un capitolo nuovo.
Scusate gli aggiornamenti discontinui, ma d'estate vivo senza tener conto di orologi e calendari. Prometto che se mai scriverò un'altra long-fic durante l'inverno, sarò puntualissima.
Parola di Lupetto!
Rumandmonkey


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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Il parco di Hogwarts era il posto migliore per riflettere: il sole, ancora tiepido, permetteva di passare ore sdraiati sul prato in compagnia dei propri pensieri, ma il vento fresco di metà ottobre teneva la mente vigile, impedendole di perdersi in divagazioni.
Sirius rimase lì per un bel po’ a pensare a ciò che era appena successo: non riusciva ancora a credere che Remus l’avesse baciato.
Ci mise parecchio a metabolizzare l’evento: ogni volta che cercava di analizzare la situazione ricordava il tocco delicato delle labbra di Remus sulle sue e più ci pensava, più aveva voglia di correre da lui per chiederne un altro e un altro ancora.
Ma poi si fermava e pensava che sarebbe stato troppo impulsivo, troppo stupido; avrebbe aspettato la cena e avrebbe sperato di avere tempo di parlare con lui dopo, tanto per chiarire la situazione.

In biblioteca, Remus non aveva fatto altro che pensare a Sirius e al casino che era riuscito a combinare: baciare il più etero degli etero mentre dormiva era stata l’idea peggiore che gli fosse venuta negli ultimi dieci anni.
Non riusciva ancora a spiegarsi come avesse potuto fare una cosa del genere: non era riuscito a resistere alla tentazione, la logica suggeriva questo, ma cosa c’entrava la logica con l’istinto?
Arrivò alla conclusione che forse era impossibile cercare di sbrogliare la complicata matassa di pensieri che gli affollavano la testa perché aveva desiderato sentire le labbra morbide di Sirius sotto le sue, anche se ora si sentiva un vigliacco.

Sirius si precipitò nella Sala Grande all’ora di pranzo e si unì subito a James e Peter, che già avevano preso posto a tavola.
Notò che Remus non era con loro e si guardò intorno per qualche secondo, nella speranza di vederlo arrivare.
L’attesa fu inutile e, scoraggiato, iniziò a fissare ostinatamente il suo piatto senza mai distogliere lo sguardo.
“Sai dov’è Remus?” domandò James mentre si serviva una coscia di pollo.
“No, stavo per chiederti la stessa cosa”, rispose Sirius con un’espressione abbattuta dipinta sul volto.
“È successo qualcosa?” chiese James preoccupato, avvicinandosi di più a Sirius, che arrossì e tentò di nascondersi dietro al suo bicchiere di succo di zucca.
Qualcosa era successo tra loro, ma forse non era il caso di raccontarlo al suo amico in quel momento.
“No, no, assolutamente niente” mentì Sirius. “Scusami, torno di sopra, non ho molta fame.”
Avrebbe voluto parlare con Remus, cercarlo per dirgli che era un idiota perché era scappato e avrebbe voluto baciarlo di nuovo; lo intravide alla fine del corridoio, ma lui scappò via senza dare a Sirius il tempo di chiamarlo.
Entrò di corsa nel dormitorio, diretto verso il suo baule, dal quale tirò fuori penna e pergamena, deciso a scrivere un biglietto per Remus: se non voleva ascoltare ciò che aveva da dirgli, sarebbe stato costretto a leggerlo.
Iniziare a scrivere non fu affatto facile come credeva.
Caro Remus,
No, si disse, era troppo distaccato; strappò il foglio e lo gettò via prendendone immediatamente un altro su cui scrisse:
Ciao Remus,
no, non andava bene! Si passò una mano tra i capelli e sbuffò forte prima di fare un ultimo tentativo.
“Audendum est: Venere ipsa fortes adiuvat”.
Scrisse, ricordando di una poesia babbana letta l’estate precedente proprio su un libro di Remus.
“Sono sicuro che sai cosa significa e a cosa mi riferisco.
Vediamoci tra dieci minuti nel dormitorio.
Sirius”


Chiuse il biglietto, gli diede la forma di un aeroplanino e lo incantò in modo che raggiungesse Remus ovunque si trovasse, poi si stese sul letto, cercando di calmare i battiti del suo cuore impazzito che correva sempre più veloce con il passare dei minuti.

Il biglietto raggiunse Remus e lo colse si sorpresa: non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere da Sirius, credeva che non l’avrebbe più voluto vedere dopo ciò che era successo, ma evidentemente si era sbagliato ed ora correva verso il dormitorio dandosi dello stupido per essere scappato invece di affrontare la situazione.
Quando la porta si spalancò, rivelando la figura di un Remus affannato, il cuore di Sirius mancò un battito e le sue gambe si mossero quasi involontariamente verso di lui. Remus chiuse la porta della stanza e si avvicinò a Sirius, tendendo le braccia per stringerlo forte a sé.
Rimase in silenzio per un tempo che non riuscì a calcolare; forse secondi, forse ore, ma non gli importava perché l’unica cosa che riusciva a sentire in quel momento era il calore di Sirius e il suo cuore impazzito.
“Scusami” mormorò Remus appena recuperò un po’ di ossigeno.
Sirius, per tutta risposta lo abbracciò più forte.
“Sei un idiota” sussurrò appena e si allontanò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi: “perché sei scappato?”
“Ho avuto paura” confessò Remus abbassando lo sguardo.
“Di cosa?” Sirius sembrava non capire.
“Di tutto… avevo paura di aver rovinato tutto, avevo paura di perderti. Io…”
Forse Remus avrebbe voluto finire la frase, forse avrebbe voluto dire a Sirius quanto lui fosse diventato importante nella sua vita, ma non ne ebbe il tempo perché ogni sua volontà fu annullata dal contatto delle labbra di Sirius con le sue.
Fu una carezza leggera, un contatto appena accennato che si approfondì a poco a poco, fino a lasciare i due ragazzi senza fiato.
Si separarono a malincuore per prendere aria e si sorrisero, felici di essere lì e le loro mani si cercarono e si strinsero forte, come se non volessero mai più separarsi.
“Non scappare mai più” quella di Sirius suonava come una preghiera.
“Non ho più nessun motivo di farlo.” Rispose Remus “ho qui tutto ciò di cui ho bisogno per essere felice.”



Note Stonate: volevo aggiornare ieri e farmi un regalino di compleanno, ma ho degli amici e una famiglia molto affettuosi e il pc non ho fatto in tempo nemmeno a vederlo da lontano, ragion per cui aggiorno ora.
Siamo all'ultimo capitolo e mi sembra giusto ringraziare chi ha messo questa storia tra le seguite, le preferite o le ricordate, chi l'ha recensita, chi l'ha solo letta e l'ha apprezzata e anche chi l'ha letta e ne è rimasto disgustato, ma mi ha fatto la cortesia di non farmelo sapere. ;)
Le recensioni positive che ho ricevuto mi fanno venire voglia di tornare a pubblicare presto, ma tra lo studio e le varie attività il tempo per produrre è assai poco.
In compenso, sono in combutta con rawrandbeer per portare a termine il 100 prompt challenge e potete trovare le nostre storie qui:accendinorotante, che è ancora un po' under construction, ma che speriamo prenda vita al più presto.
Rumandmonkey


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