I Distruttori

di Garfield
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1(Prologo) - Giacomo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Aurora ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Aurora ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Giacomo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Aurora ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Giacomo ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Giacomo ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Aurora ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Giacomo ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Aurora ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Aurora ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Giacomo ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Alessandra ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Giacomo ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Aurora ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Giacomo ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Alessandra ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Giacomo ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Aurora ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Alessandra ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Alessandra ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - Giacomo ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Aurora ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Giacomo ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Aurora ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 (Epilogo) - Alessandra ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1(Prologo) - Giacomo ***


Capitolo 1

I Distruttori di demoni

Scritto da Alessandra

Dedicato ad una  mia cara amica che si impegna tantissimo per aiutarmi a correggere e pubblicare le mie storie e che mi da fiducia e giudizi sinceri.  
Una promessa è una promessa! Ecco qua la mia prima storia per te e il tuo innamorato. ;)  
A Michela e Daniele, con affetto.

 

Personaggi principali, nonché coloro attraverso i quali vivremo questa storia:

Aurora Spira (protagonista femminile), Giacomo Guardiani (Protagonista maschile; Distruttore di demoni), Alessandra Guardiani (sorella maggiore di Giacomo)

 

Cap. 1 – Come farsi detestare dai lettori in poche righe. 

Ma porca miseria!
Non pretendo poi tanto! Insomma, vorrei solo stare una serata tranquillo per i cavoli miei, invece... Appena inizio a divertirmi, ecco l’allarme!
Che schifo di vita per un ventenne bello da togliere il fiato e fantastico sotto ogni punto di vista!

Ok, non esageriamo...
Sono ancora un diciannovenne, ma mancano solo più pochi mesi al mio compleanno.

Meglio che mi muova, oppure mi ritroverò solo un cadavere che cammina!
Di cosa sto parlando? Ma dei corpi che lasciano dietro di loro i demoni, naturalmente. Si, avete capito bene, D-E-M-O-N-I, quegli schifosi esseri immondi che vengono dall’altro mondo e che cercano di succhiare la forza vivente dagli esseri umani.

Non fate quella faccia! Non ci credete? Beh… Vi dimostrerò il contrario!

Ci sono demoni che non vi uccidono subito, preferiscono lasciarvi in vita e succhiare la vostra vitalità un po’ per volta; all’inizio causano depressioni, malattie, stati di pazzia, infine conducono al suicidio. Sono esseri immondi e raccapriccianti che si insinuano nelle menti deboli e le corrompono fino a farle marcire. Altri, i più potenti e pericolosi, si nutrono proprio della vostra carne, spolpandovi osso per osso con infinita pazienza. Per fortuna sono rari, vero?
Non ve ne siete mai accorti, lo so, e questo per due motivi. Il primo siamo noi “Distruttori di demoni” o anche chiamati “Protettori”. Non girano molte di quelle creature disgustose se noi siamo nei paraggi. Il secondo motivo è che gli esseri umani fanno fatica a percepire il sovrannaturale.

Parlo di “umani” quando mi riferisco a voi poveracci che subite l’attacco di quelle sanguisughe e non potete difendervi, ma ciò non significa che io non lo sia. Più o meno sono un ragazzo come tanti, solo che nel mio sangue c’è il potere necessario per vedere quelle creature disgustose e distruggerle.

Solitamente c'è, come minimo, un Distruttore per ogni provincia, ma nelle gradi città il numero di appartenenti alla mia specie sale vertiginosamente, così come aumentano i demoni.
Naturalmente io ho sempre difeso bene i territori che mi hanno assegnato, anche se fino ad ora avevo sempre avuto i miei genitori a vegliare sull’operato. Adesso che sono maggiorenne, mi hanno affidato il mio primo incarico serio, mi devo occupare della zona Sud-ovest della Liguria, in particolare della provincia di Imperia.


Chi di voi l’ha mai sentita?

Bene, in questo caso vi informo che siete bravi in geografia. Io personalmente non la conoscevo e, quando mi hanno assegnato quella cittadina e dintorni, ho credevo mi avessero spedito a far la guardia in un posto sperduto e dimenticato dal resto del mondo, invece non mi è andata poi così male come prima assegnazione “da adulto”.
Se credete che quella piccola cittadina di mare sia un passatempo, vi sbagliate di grosso! Presidio la zona solamente da tre settimane  e mi sono già scontrato con una decina di demoni minori e uno medio, robetta da nulla per un grande Distruttore come me, ma pur sempre un buon tasso di attività demoniaca.

Ma torniamo all’allarme che è scattato disturbando la mia serata… Quando sono in giro a divertirmi, piazzo sempre un segnalatore di presenze demoniache, così non rischio di perdermele.

In neanche due minuti arrivo nella via in cui abito, fortunatamente ho preso la moto per muovermi e poi non mi ero allontanato troppo. Entro nel seminterrato numero trentaquattro dopo aver aperto velocemente la porta con un semplice tocco. Non mi serve nessuna chiave, questa porta incantata permette il passaggio solo ai Distruttori o agli invitati personali del padrone di casa.

Si, sto parlando di quel gran figo che è la mia persona.
Come gongolo nel dire “casa MIA!”! Finalmente non abito più con i miei!

Mi dirigo verso l’arsenale di spade demoniache appese alla parete. Oggi ho voglia di provare una spada nuova, una di quelle che di solito fanno un po’ di resistenza, mi sento abbastanza in forma da tentare la sorte.
Prendo la spada azzurrina, la penultima della terza fila, una Flamberga, uno spadone a due mani dalla lama ondulata.

Mi dirigo verso i coltelli e, dopo appena una ventina di secondi, sono carico di armi. Controllo gli allarmi, grazie ai quali scopro che il demone si aggira nella periferia nord-est della città.

Appena sono pronto ritorno alla porta e poggio una mano sul pomello girandolo verso destra, pronunciando lentamente il nome della città a cui sono collegato.
La porta cambia improvvisamente aspetto mentre la apro e ad attendermi fuori non trovo più i palazzoni torinesi, ma tante vecchie casette di mattoni e pietre messe le une sulle altre, a volte sorrette da archi per non crollare. Sono nel centro storico di Imperia, precisamente a Porto Maurizio, nella zona del Parasio.
Noi Distruttori utilizziamo dei portali dimensionali come porte delle nostre abitazioni, anche se ad ogni casa possono essere abbinate solo due destinazioni. Io ho scelto Torino, città dove sono nato e cresciuto, e Imperia, cittadina di cui mi occupo in veste ufficiale di Distruttore.

Mi inoltro tra le stradine della località ligure in cerca del demone da fare fuori.

Che maleducato! Quasi dimenticavo di presentarmi! Sono Giacomo Guardiani, un nome che i demoni ricorderanno tanto quanto le belle ragazze. Il vostro inferno personale!
Wow, che frase ad effetto, dovrei scriverla all'entrata di casa mia, magari sul citofono o sullo zerbino... Aaahhh… Casa MIA!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Aurora ***


cap 2

Capitolo 2 – La bella e la best…Ops, volevo dire il demone!

Finalmente posso tornare a casa, non ne potevo proprio più!

Dopo una mattinata di scuola ed un pomeriggio di compiti, fare sport dovrebbe essere una liberazione. Da qualche tempo a questa parte invece odio, e sottolineo ODIO andare a lezione. Il mio maestro di judo è insopportabile ultimamente, se fosse una donna potrei pensare alla menopausa, ma nel caso degli uomini non saprei...

Domani mi aspetta un’altra giornata pesante a scuola, ho una possibile interrogazione di fisica e una verifica di latino.

Uccidetemi subito! Chi me lo ha fatto fare di scegliere il liceo scientifico?! Quest’anno ho anche l’esame di maturità, un vero incubo.

Meglio non pensarci…

Scruto la strada buia intorno a me. Adoro guidare di sera, non c’è praticamente nessuno in giro!

Imperia è una cittadina di mare e durante l’estate un po’ di turisti rallegrano l’ambiente, ma basta che giunga settembre e voilà! Un mortorio. Ci saranno in tutto il comune un trentamila anime, ma su queste almeno ventimila sono vecchietti che alle otto di sera si chiudono in casa e pretendono silenzio. Già durante il giorno il posto non pullula di vita, la sera o la notte poi… 

Insomma, sono da sola, su uno dei pochi rettilinei della City… So che la velocità uccide, ma superare un po’ il limite non mi può nuocere poi tanto, giusto? Mi tengo sui sessantacinque all’ora, massimo i settanta. Giusto per tirare fuori un po’ di sana adrenalina!

Sono quasi arrivata a casa, quando un tanfo allucinante mi fa arricciare il naso e lacrimare gli occhi. Nell’aria intorno a me si è diffuso un forte odore di carne marcia e mi ha raggiunto il setto nasale senza essere nemmeno lontanamente ostacolato dal casco integrale.

Che cosa bizzarra…

Accelero ancora un po’, ben intenzionata ad andarmene il più in fretta possibile da quel posto e dal suo odore sgradevole, ma poco più avanti, a bordo strada qualcosa ha attirato la mia attenzione.

Rallento nonostante l’odoraccio e mi accosto al bordo strada. Conosco questo percorso a memoria visto che lo faccio almeno quattro volte al giorno e sono sicura che quel pino vicino al marciapiedi è sempre stato dritto, come sono sicura che lo fosse fino a pochi secondi fa. Cerco di non correre troppo con l’immaginazione.

Mi sarò sbagliata... Non è possibile che quell’albero si sia piegato completamente su sé stesso.

Sto ancora pensando ad una possibile spiegazione logica dell'accaduto, quando all'improvviso l’albero in questione ritorna su di colpo. Lo fisso leggermente sconvolta, anzi, proprio a bocca aperta. Sembrerebbe quasi che fino ad un attimo fa ci fosse qualcosa che lo tenesse e che ora lo abbia lasciato all’improvviso, ma non vedo nulla di insolito nei dintorni.

Poi, aguzzando lo sguardo noto una figura piuttosto sfuocata poco distante. Non riesco a vedere bene, eppure sono sicura che ci sia qualcosa. Mi concentro meglio. Possibile che sia solo una sensazione?

Metto in moto pronta a ripartire. Essendo una piccola città non ci sono mai stati molti criminali, ma non si sa mai....

Sto per rimettermi in carreggiata, quando la cosa grigia fa uno scatto improvviso e me la ritrovo davanti, proprio a pochi metri dalla mia ruota anteriore. Lancio un grido.

Sembra uno scheletro, ma è molto alto e grosso, di un colore grigio argentato, tranne che nelle parti dove è rimasta della carne ormai imputridita di colore verde rancido. Da uno dei bulbi oculari pende una strisciolina nera.

Indossa un leggero tessuto nero tutto sbrindellato e legato su una scapola. Quella specie di veste ricade giù sul suo corpo fino alle ginocchia evitandomi una vista alquanto raccapricciante.
Tiene un braccio lungo il fianco, mentre l’altro è alzato verso di me.

Il fiato mi si mozza in gola dopo un altro breve grido acuto di terrore. Il tanfo poi è insopportabile e mi fa lacrimare gli occhi. Inchiodo all’istante perdendo il controllo della moto e finisco sdraiata per terra con la spalla destra e le ginocchia che protestano per il duro colpo.

Per un attimo mi ritrovo a ragionare lucidamente. Se è qualcuno che voleva fare uno scherzo idiota giuro che lo ammazzo con le mie mani!

Rialzo lo guardo e la prima cosa che noto è il mio adorato centoventicinque a terra. Mi si stringe il cuore. Amo quel vecchio scooter, ne abbiamo passate tante insieme…

Torno a preoccuparmi per la mia vita nel momento in cui incrocio la figura del mostro che mi si era parato davanti e noto che è fin troppo realistico. Il cuore inizia a martellare nel petto come un pazzo.

Lancio un grido d’aiuto, ma la voce mi esce soffocata e rauca. Farebbe fatica a sentirmi persino Superman figurarsi tutti quei vecchietti con l’apparecchio uditivo che abitano in zona!

Lo scheletro muove qualche passo verso di me ed in un primo momento rimango agghiacciata dalla scena. Non so se è più il terrore a bloccarmi o la puzza nauseante di carne marcia che mi è arrivata ormai al cervello mandandomi in tilt.

Manca solo più un passo, ormai è vicinissimo. Lancio un grido, gli do le spalle ed inizio a correre. Con la coda dell’occhio lo vedo caricare un salto piegando quelle che probabilmente sono le ginocchia. Istintivamente mi butto di lato con una capriola e la sua manata mi passa sopra la testa afferrando l’aria. Mi rialzo velocemente ringraziando il Judo per avermi insegnato a cadere e rotolare via meglio di una palla, senza farmi male. Inizio a correre in mezzo alla strada con il terrore a mettermi le ali ai piedi. Il mostro sembra sorpreso di non avermi tra le ossa delle dita, ma non so quanto ancora si fisserà la mano prima di svegliarsi e riprovarci.

Al volo mi libero del casco, per respirare meglio, e lo lancio indietro sperando di beccarlo sul quel detestabile cranio lucido. Ovviamente non serve a nulla.

Ho una paura fottuta, il cuore batte più veloce di quello di un colibrì e il fiato mi si congela in gola. Mi tiro un pizzicotto sul palmo della mano sinistra.

Quello che sta avvenendo non può essere reale, è tutto frutto della mia immaginazione, sto sognando. Magari è uno scherzo.

Mi volto un attimo indietro.

Cazzocazzocazzo...

Il mostro è ancora lì.

Inizialmente rimane fermo, ma appena mi volto a guardarlo inizia a muoversi, velocissimo.

Sono sempre stata veloce nei cento metri, il mio problema è la resistenza, ma non riesco a fare neanche dieci metri che sento il suo fiato sul collo. Si muove ad una velocità folle. Decisamente non è umano.

Non devo perdere le speranze, altrimenti diventerò più lenta e quel coso riuscirà a prendermi in un attimo.

Sento le punte delle ossa della sua mano su una spalla, ma riesco a slanciarmi in avanti ed evitare la sua presa ancora per un po’, tuttavia sono conscia di non avere molte speranze se nessuno mi aiuta.

Un rombo mi giunge alle orecchie appena un attimo prima che una grande moto nera si schianti contro lo scheletro gigante. Mi ha evitato per un pelo gettandosi poi contro lo scheletro a velocità folle.

Non so se il guidatore è sopravvissuto allo scontro, perché è rimasto disteso a terra e non sembra avere la minima intenzione di alzarsi. Il mostro, invece, è finito ad un paio di metri da me, anche lui disteso.

Non so se la speranza fa in tempo a nascere dentro di me o muore in fase embrionale, perché ancora prima che io riesca ad elaborare quanto accaduto lo scheletro è nuovamente in piedi e si avvicina al pilota. Continuo a correre non voltandomi indietro. Sento degli schianti, ma cerco di ignorarli.

 

Non ce la faccio, dopo appena una decina di metri mi giro a guardare quello che sta accadendo. Il guidatore della moto, con ancora il casco in testa sta affrontando lo scheletro con una spada luminosa in mano.
Se non lo avessi davanti agli occhi non crederei mai a ciò che sta accadendo.

Cos’è? Guerre stellari? Ma dotarsi di un fucile no, vero? Meglio una spada… Ma cosa dico, tutti vanno in giro con una spada nella tasca!

Mi do un colpo in testa, quell’uomo mi sta salvando probabilmente e io lo critico, bel ringraziamento. O forse sono uscita completamente di cotenna e tutto questo non è altro che una mia fantasia, un’illusione… E se fossi già morta? O in coma? Magari sono in coma e sto sognando tutto! Si sogna quando si è in stato vegetativo?

Lo scheletro è almeno il doppio del pilota in altezza e si muove velocissimo, il tipo sembra in difficoltà, riesce a parare i colpi, ma risulta goffo in confronto alla super velocità del mostro.
La creatura spaventosa riesce a prenderlo e con una manata lo spedisce lungo disteso ad una decina di metri di distanza. Inorridisco.
Il motociclista si rialza lentamente tenendo con il braccio destro l’altro arto stretto al petto. Sullo stomaco si vedono due lunghe strisciate rosse, probabilmente due tagli dati dagli artigli del mostro.
L’uomo barcolla, ma continua a reggere la spada.
Lo scheletro si lancia su di lui e lo colpisce nuovamente facendolo finire disteso a terra, mentre la lama vola lontana. Si avvicina all’uomo e lo schiaccia a terra con la mano scheletrica, poi gli posa il piede sul casco.

Sono pietrificata. Ho una paura allucinante. Continuo a gridare, ma nessuno viene a salvarci, sembra che non ci sia nessuno nei paraggi. Le tendine di pizzo delle case nei dintorni rimangono tirate e le luci spente.

Lacrime amare iniziano a scorrermi lungo le guance. Sento il casco del motociclista fare un “crak”, immagino si sia rotta la visiera, presto anche il resto cederà, schiacciando la testa dell’uomo.
Il poveretto si agita e cerca di slacciare il copricapo protettivo, ma lo scheletro gli blocca i movimenti con una mano e continua a premere con il piede.

Non so come sia possibile, ma mi ritrovo a camminare decisa verso lo scheletro senza nemmeno essermene resa conto.
Non posso assistere ad un omicidio in questo modo, anche se ho paura, devo aiutarlo, dopotutto lui ha cercato di salvare me prima.

Il mostro mi vede, ma mi ignora, concentrato ad uccidere quello che ritiene il pericolo maggiore.

Raccolgo la spada. Pensavo sarebbe stata più pesante, invece è leggerissima e l’impugnatura è perfetta per tenerla con entrambe le mani.

Non ho mai fatto scherma, ma la cosa sul momento mi sembra irrilevante. Punto la spada verso lo scheletro, la alzo e tento un affondo che più goffo non si può.
Lo scheletro finalmente sembra degnarmi d’attenzione, si volta verso di me e alza entrambe le mani per bloccare la spada. La impugna con lo stesso impeto che userei io per schiacciare un moscerino fastidioso.

Ho raggiunto il mio obbiettivo, ho distratto il mostro costringendolo a lasciare la presa sull'uomo, ma il piede dell'essere rimane sul casco e non riesco a pensare lucidamente per trovare una soluzione.

Fortunatamente non mi devo scervellare troppo. L’uomo, ora libero di usare le mani, riesce a slacciarsi il casco e a toglierselo appena un secondo prima che quello si rompa schiacciato al suolo dal peso della creatura.

Non vedo bene la scena, troppo presa dal mostro che mi si para di fronte, ma scorgo una chiazza chiara rotolare di lato.
Non ho la minima idea di quello che sto facendo, so solo che mi sembra di vivere tutto in terza persona, come se fosse qualcun altro ad avere il controllo del mio corpo. Continuo a pensare che sia un sogno e agisco senza sapere bene cosa fare.

Lo scheletro mi ha bloccato la spada e ora la tira verso di sé, ma io non ho la minima intenzione di mollare la presa sull’impugnatura, almeno finché non sarò costretta ad avvicinarmi troppo, in quel caso la spada se la può tenere. Il fetore mi sta uccidendo. Per non so bene quale divina provvidenza, non mi attacca, si limita a tentare di strapparmi l’arma dalle mani. Cerco di tenerla con tutta la mia forza, ma quello con un colpo mi fa perdere la presa e l'arma finisce lontana da me.

Il suo odore pestilenziale mi da la nausea e vengo presa da un capogiro. Si china avvicinando le mani alle mie spalle. Mi butto di lato, tentando nuovamente di sfuggirgli e mettermi a correre, ma evidentemente anche lui si ricorda la mia mossa e mi anticipa. Probabilmente stanco di giocare con me, mi blocca, prendendomi con le mani e avvolgendo le sue lunghe dita di osso intorno al mio corpo. Tenuta solamente dalle sue mani mi ritrovo bloccata con le braccia lungo il corpo e i piedi penzoloni a venti centimetri da terra.
Ho smesso di pensare, di capire quello che mi circonda, vedo solo quel cranio vuoto spaventoso che mi si avvicina. La sua stretta ferrea mi blocca il respiro.

Il panico sta per assalirmi, sperimento la paura di morire per la prima volta in vita mia e la cosa non mi piace affatto.

Mi ricordo quello che dice mia madre quando mi lamento di qualche difficoltà: “C’è sempre qualcuno messo peggio di te…”

Ho sempre odiato questo suo modo di dire. Cosa me ne frega se qualcun altro è messo peggio?! La mia situazione non migliora mica!

Inoltre ammesso e non concesso che ciò sia vero, verrebbe a crearsi un circolo vizioso, una regressione all’infinito…

Insomma non ha senso! Non posso morire pensando ad una cosa del genere! PENSARE POSITIVO, PENSARE POSITIVO, PENSARE POSITIVO…

La sua stretta intorno al mio sterno è così forte che l’aria fa fatica a raggiungere i polmoni e mi manca il respiro, ma almeno non sono costretta a sentire la sua puzza se non posso ispirare... Buono! Questo si che si chiama essere positiva!

Nel momento stesso in cui chiudo gli occhi ormai rassegnata, qualcosa mi passa rasente all’orecchio producendo un fastidioso sibilo che mi riporta alla realtà. Apro gli occhi e vedo che un coltello, dopo avermi superato, si è conficcato nel cranio vuoto del mostro rompendogli un bulbo oculare e parte del cranio desto.

La creatura mostruosa mi lascia andare e io barcollo un po’ riuscendo però a mantenere l’equilibrio.
Lo scheletro emette un lamento di dolore e rabbia e si volta verso il luogo di provenienza dell’arma. La spada luminosa segue la traiettoria del coltello colpendo lo scheletro poco più in basso e conficcandosi nel petto del mostro.
Un verso di dolore e rabbia risuona nell'aria. Un suono macabro e inumano, che mi provoca un brivido di gelo lungo la schiena.

Il mostro si volta ancora un attimo verso di me prima di sparire.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Aurora ***


cap 3
Capitolo 3 – Nuove conoscenze

 

Rimango immobile un paio di secondi a fissare il vuoto, dove fino a poco prima il mostro mi prometteva, con l’unico bulbo oculare rimastogli, che sarebbe tornato a prendermi.

Le ginocchia non mi reggono più e cado a terra.
Sento delle lacrime agli occhi, non le trattengo, le lascio scorrere sugli zigomi fino a colare giù dal mento, non alzo le mani a cancellarle. Non ne ho la forza e comunque mi sento sempre meglio dopo aver pianto, quindi spero che anche questa volta il risultato non cambi. Scorrendo sul viso, le lacrime portano con loro il terrore che mi gela le ossa, lo sento scomparire piano, sembra fluire via grazie al pianto liberatorio.

Quando mi calmo un po’ e il respiro torna regolare mi asciugo il volto e mi giro a guardare il mio salvatore.
Non vedo nessuno, eppure sono sicura che il motociclista non sia andato via, non ho sentito nessun movimento alle mie spalle. Tolgo il residuo di lacrime che mi offuscava la vista e assottiglio lo sguardo.

La prima cosa di cui mi rendo conto è che la mia moto è accanto al marciapiede, in posizione eretta, sul cavalletto e non sembra aver riportato gravi danni. Solo qualche graffo. Mi scappa un sorriso. Adoro il mio vecchio centoventicinque…

Poi scorgo la moto del mio salvatore ancora a terra e lui che tenta di tirarlo su. Probabilmente si è occupato prima del mio scooter ed ora vuole fare lo stesso con il suo mezzo.

Guardo un attimo la moto e noto che è molto bella, ma ridotta male. È nera tutta rigata, con un bel bollo sulla parte anteriore e dei pezzettini di carrozzeria sparsi in terra. Da quello che dovrebbe essere il motore sale una leggera scia di fumo.
Vedo l’uomo di schiena intento a sollevare il mezzo di trasporto per rimetterlo dritto con un solo braccio e mi avvicino in suo soccorso.

«Vuoi una mano?» chiedo.

Non riconosco la mia voce, a furia di gridare e piangere adesso suona roca e stridula.
Quello si volta a fissarmi sorpreso e con la bocca spalancata.

Mi accorgo che non è un uomo, ma un ragazzo probabilmente poco più grande di me. Certo, la muscolatura è molto sviluppata, soprattutto per quanto riguarda le spalle ed è molto più alto di me, di una decina di centimetri.
Indossa un completo di pelle, abbastanza attillato, simile a quello dei motociclisti, completamente nero, come la moto e come il casco ormai distrutto.
I capelli castani, non troppo lunghi formano dei ricci appena accennati che gli ricadono sulla fronte, mentre gli occhi dorati risplendono nel buio della notte e mi fissano incuriositi e superbi. I tratti del viso sono affilati, gli zigomi alti e lo sguardo fiero. Con quei ricci ben definiti e l’aria da star del cinema…

Mi ricorda un barboncino presuntuoso!

Il braccio sinistro gli penzola lungo il fianco, probabilmente slogato o rotto, mentre i profondi graffi sull’addome attirano il mio sguardo essendo l’unica traccia di colore in quell’abbigliamento scuro come la notte.

«Ti porto in ospedale?» chiedo preoccupata.

Lui scrolla la testa, poi mi indica la sua moto.

«Aiutami a sollevarla e poi ci togliamo di qui. Siamo in mezzo alla strada e per quanto sia poco trafficata non vorrei essere sopravvissuto a quel demone per poi finire spiaccicato su un parabrezza.» La sua voce è profonda, decisa e con un tono di comando assoluto.

Mi avvicino al suo motociclo e cerco di alzarlo, ma è moto pesante. Da sola non sarei nemmeno riuscita ad alzare la mia.

Dopo alcuni minuti riusciamo a metterla dritta sulle ruote e la portiamo a bordo strada, dopodiché il ragazzo la mette sul cavalletto e inizia ad esaminarla. Anche io, che non so nulla di motori, riesco a capire che è ridotta parecchio male.

Sposto lo sguardo su di lui e vedo il suo sopracciglio destro sollevarsi in un arco perfetto, poi si piega sulle ginocchia arrivando con gli occhi all'altezza del motore per scrutarlo meglio. Spero che non abbia intenzione di toccarlo, non so nulla di queste cose, ma immagino sia bollente.

Mentre lui guarda la sua moto io vado verso la mia e tiro fuori il cellulare dal borsone. Al terzo squillo rispondono.

«Ciao mamma…Si…No…No…Torno più tardi, Giulia mi ha invitato a mangiare da lei…Si, lo so che domani c’è scuola…Sarò a casa per le undici, ok?…Va bene…A più tardi.»

Mi sento in colpa. Non racconto spesso bugie ai miei, anzi, non ne racconto mai.

Detesto pensare di tradire la loro fiducia, anche perché me la sono guadagnata e non voglio perderla, ma direi che in questo caso devo rischiare. Primo, non mi crederebbero, perché io stessa faccio fatica. Secondo, si preoccuperebbero ed io, spavento a parte, sto relativamente bene. Terzo, voglio capire cos'era quel mostro e perché mi ha attaccato e forse il motociclista potrebbe rispondere alle mie domande...

Quando mi volto mi trovo il ragazzo che mi fissa con la fronte corrucciata e negli occhi un espressissimo punto interrogativo. La pallida luce lunare si riflette sul suo volto dandogli un'aria stanca e smorta, eppure quei due occhi ambrati risplendono come stelle. Il colore è un marroncino talmente chiaro da sembrare oro.

«Cosa hai intenzione di fare? Aspettare che quel demone ritorni? Guarda che io non starò mica qui a difenderti…» Ma lo interrompo ignorando la sua faccia irritata.

«Ma non lo hai ucciso?»

Alza gli occhi al cielo. «I demoni non muoiono, ritornano solo nella loro dimensione per un bel po’ di tempo…» Mi spiega guardandomi come se fossi un’idiota e scandendo bene le parole come si fa con i bambini piccoli.

«Ah, scusa se non lo sapevo, ma sai non è che sono abituata a trovarmi davanti dei mostri del genere…» Replico stizzita.

 

Che palle! Nelle fiabe le fanciulle vengono sempre salvate da bellissimi e dolcissimi ragazzi, che poi si rivelano essere i loro principi azzurri... Ah, dimenticavo che nella realtà è più facile trovare tipi come questo...

« Non sono mostri, sono “demoni”. D-E-M-O-N-I! Possibile che non lo capiate mai?»

Faccio un profondo respiro. Principe azzurro… Si, certo…

Gli do le spalle, cercando di ignorarlo e raccolgo il mio casco da terra scoprendo felicemente che non si è rovinato. Salgo sulla mia moto e la tolgo dal cavalletto. Guardo sul cruscotto che sia tutto regolare e accendo il motore. Tutto sembra funzionare e ne sono entusiasta.

Quando mi volto nuovamente verso di lui lo trovo intento a fissare la sua moto con aria sconsolata e vengo colta da un attimo di tenerezza.

Sembra così dispiaciuto per il veicolo, magari anche lui ci è molto affezionato!

Lo vedo avvicinarsi al motociclo, fermandosi proprio affianco ad esso e... Gli tira un calcio.

« Moto di merda! Non reggi niente... »

Guardo allibita la scena e stento a credere alle mie orecchie sentendo gli insulti che il ragazzo lancia contro di essa.

« …non sai quanto vorrei avere un martello gigante e farti a pezzi …»

Ma i ragazzi non amavano le moto? Mi sono persa qualcosa.

« ....brutto rottame!» termina in bellezza.

Quando si accorge che lo sto fissando a bocca aperta mi rivolge una smorfia indispettita.

« Cosa vuoi adesso?» 

Il suo tono esasperato mi fa ribollire il sangue nelle vene, ma decido di ignorarlo nuovamente.

« Perché la stai prendendo a calci?»

Quello sbuffa infastidito. « Devo ritornare a casa a piedi per colpa sua! » si lagna.

Ma certo, mai sentita una giustificazione più intelligente!

Dopo quella scenata, poggia la mano sulla sella e ci da due colpetti affettuosi guardando la sua moto con adorazione. « Tranquilla, anche se ogni tanto litighiamo, poi facciamo pace!»

Il mio sguardo sconvolto parla per me. Decisamente mi sono persa qualcosa!

Mi infilo il casco e alzo la visiera prima di rivolgermi nuovamente a lui.

«Sali o aspettiamo che faccia giorno?» Chiedo decisa a concludere al più presto il mio incontro con quello strano individuo.

Il ragazzo mi guarda sorpreso.

Secondo lui perché avevo mentito ai miei genitori dicendo di essere in ritardo quando sono a pochi chilometri da casa? Per aiutarlo, no? Certo, raccogliere i pazzi dalle strade non è il mio mestiere preferito, ma lui mi ha salvato la vita. Credo.

Comunque il ragazzo ha una domanda della massima importanza da pormi e apre bocca per dare voce ai suoi stupidi pensieri.

«Perché mai dovrei salire con te su quell’orribile moto da femminuccia?»

Odio chi insulta le moto altrui! Certo il mio Scooter non regge neanche lontanamente il confronto con la sua stupenda moto da strada nera, ma non è giusto che venga insultata così…

«Senti un po’…»

Ma prima che possa continuare la frase lui mi scosta indietro sulla sella e prende il mio posto.

«Guido io.» dice solamente.

Oppongo resistenza cercando di non squilibrare troppo la moto, non vorrei si rovinasse per colpa di un tale cretino.

«Come credi di guidare con il braccio ridotto in quel modo?! Non ci pensare neanche…»

Ma il tipo ha già messo in moto e fa inversione di marcia con una manovra perfetta, che neanche io con tutte e due le braccia sane sarei stata in grado di portare a termine.

«Basta che la mano dell’acceleratore sia sana per guidare, non lo sapevi?»

A dimostrazione delle sue parole accelera e percorriamo velocemente le vie di Imperia diretti verso il centro storico.

« Questo coso non può essere definito neanche scooter …» Si lamenta il tipo in tono lagnoso. « Neanche le vecchie mettono più il parabrezza!»

Non rispondo neanche, cercando di ignorare la sua idiozia, e poi sono troppo impegnata a controllare il panico che mi sta assalendo.

Inizialmente mi ero aggrappata al sedile tenendo il mio corpo ad una buona distanza da lui, ma ad una curva particolarmente brutta mi ritrovo aggrappata ai sui fianchi con il cuore in gola.

Siamo sui novanta all’ora…Non sapevo neanche che il mio scooter riuscisse a fare i novanta all’ora! E lui è senza casco!

Gli grido di rallentare, ma quel pazzo non mi ascolta, anzi si mette a ridere.

Se becchiamo la polizia sono morta!

Stiamo andando a novanta all’ora su una strada urbana ed il conducente è anche senza casco, senza contare il braccio rotto e il sangue che gli cola dai tagli sullo stomaco.

Mi sequestreranno la moto e papà mi ammazzerà, lo so.
Cosa mi è saltato in testa? Sicuramente adesso mi sveglio da questo incubo e mi ritrovo nel mio lettuccio caldo…

«RALLENTA PEZZO D’IDIOTA!»

Anche se sto sognando non voglio finire all’ospedale o all’obitorio, nemmeno se è solo quello del mondo onirico.

Si ferma davanti alla questura di polizia. Giusto per non rischiare, eh? Stranamente nessuno ci nota e io non so proprio che santo ringraziare.

Appena appoggio i piedi per terra e vedo la mia moto sana e salva sul cavalletto, sento le lacrime agli occhi dalla commozione. Mi verrebbe da baciare il terreno gridando “TERRA!”, ma verrei presa per una pazza…

Quell’idiota se la sta ridendo alla grande, gli tiro un pugno sulla spalla destra con tutta la mia forza.
Sembra che il mio colpo abbia avuto su di lui lo stesso effetto che provoca un moscerino posandosi sull’ala di un aereo.

Sento la rabbia montarmi dentro e gli tiro un calcione sullo stinco destro.

Ah! Questo lo hai sentito, vero?

In effetti il ragazzo smette di ridere e mi fissa stupito.

«Hei! Che ti prende?!»

Mi tolgo il casco e lo fisso, ancora con gli occhi fuori dalle orbite per la sua guida.

«Tu sei pazzo…» dico solamente.

Quello si rimette a ridere e si incammina lungo una stradina nascosta e male illuminata.
Lo seguo senza sapere neanche il perché.

«Guarda che non ti faccio entrare in casa mia, pulcino. Tornatene alla moto e vai dalla mammina che ti aspetta. » Il suo tono irriverente mi fa salire istinti omicidi che non sapevo nemmeno di avere.

Lo ignoro e continuo a seguirlo irritata, ma cocciuta più che mai a non dargli retta.

Voglio delle risposte e le avrò!

Ci inoltriamo nelle vie più buie e strette. Non posso credere di stare seguendo in un luogo così isolato un pazzo che parla di demoni!

Un brivido di paura mi percorre la schiena quando ricordo la storia della bambina trovata morta proprio in quella zona circa una decina di anni fa. È stata attirata in quei vicoli bui e le è stata tolta la vita… Non ricordo se il colpevole è stato arrestato, ma sono quasi sicura di si.

Il ragazzo si ferma davanti a me di colpo e io troppo immersa nei miei pensieri gli vado a sbattere contro.

«Ahi!» mugugno tenendomi il naso dolorante.

Quando si volta a guardarmi ha un sorrisino odioso stampato in faccia. Anche se siamo al buio riesco a vedere i suoi occhi dorati risplendere come stelle nella notte.

«Sono le dieci e venti, penso sia meglio se vai a casa adesso. A quanto pare la tua amica Giulia ti ha cacciato prima del previsto… Ah, per la cronaca, non mi serviva la scorta! Non sono mica una femminuccia! »

Il suo tono è talmente derisorio ed irritante che, non fosse per il braccio e lo stomaco mal ridotti, nessuno lo avrebbe salvato da un bel calcio nei testicoli.

Senza nemmeno darmi il tempo di ribattere, apre una porta vecchia e malridotta sulla parete e la sbatte dietro di sé, lasciandomi lì immersa nel buio.

Con un’alzata di spalle ritorno sui miei passi sola, per quelle stradine dove solo pochi anni prima era stato commesso un omicidio.
Stranamente non ho paura, non dei fantasmi del passato almeno! Sono sicura che per un bel po’ di notti ci saranno sempre gli stessi incubi ad attendermi appena chiuderò gli occhi e non riguarderanno pazzi assassini, ma il demone.

Sento un brivido corrermi lungo la schiena.

Quel demone tornerà a prendermi, me lo ha promesso un attimo prima di scomparire fissandomi con quelle orbite vuote.

Le mani iniziano a tremare e il cuore a battere forte, ma riprendo il controllo e scaccio dalla mia mente l’immagine dello scheletro che incombe su di me sostituendola con quella di due occhi dorati.

Un pensiero mi sfugge, un pensiero diretto al ragazzo che mi ha salvato, e si trasforma in una parola che sento flebilmente fuoriuscire dalle mie labbra. Un sussurro fievole e istintivo che solo la notte sembra cogliere.

« Grazie…»

Semplicemente.

 

 

Quando apro la porta di casa mi sembra di tornare in un altro mondo, di riprendere a vivere la mia vita normale senza demoni e pazzi ragazzi in moto. Sono a casa, il mio porto sicuro, quello che è successo al di fuori di qui potrei essermelo solo immaginato…

«Aurora?» Sento chiamare dalle camere sopra.

«Si, papà sono a casa.» Rispondo cercando di farmi sentire senza gridare, perché mio fratello, Riccardo, è di sicuro già a letto a dormire.

Appendo le chiavi al quadro vicino all’appendiabiti e poso su quest’ultimo la mia giacca.

«Vai a letto che è tardi, domani devi svegliarti per andare a scuola!»

Alzo gli occhi al cielo, infastidita. «Si, mamma.»

Casa… Tutto nella norma!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Giacomo ***


Cap 4
Capitolo 4 - Sorpresa! 

 

Che serata!

Mentre sono sotto la doccia lascio liberi i pensieri e ripercorro mentalmente la nottata più strana che mi sia mai capitata da un po’ di tempo a questa parte.

Una ragazzina è riuscita a vedere il demone! La stessa bambolina che poi mi ha riaccompagnato a casa come se fossi un moccioso! Cose da non credere…

Lo shampoo sui capelli mi crea qualche problema, non riesco a strofinarli bene. Faccio fatica nei movimenti a causa delle condizioni in cui quel demone mi ha ridotto. I profondi graffi che avevo sull’addome si sono rimarginati quasi subito, uno dei tanti vantaggi dell’avere il sangue da Distruttore che mi scorre nelle vene, ma per quanto riguarda il braccio è un po’ più doloroso. Quando si rompe un arto ci va come minimo una notte di riposo per riprendere ad usarlo normalmente.


Ci rinuncio…

Mi do una sciacquata veloce e poi esco dal box doccia bello e nudo, proprio come mamma mi ha fatto.

Lancio un’occhiata al figo che mi fa l’occhiolino dallo specchio e mi ritrovo a trattenere un sospiro estasiato. Certo che quei muscoli sono una roba mica da ridere! E i lineamenti del viso! E i capelli! E… Ma che problemi mi faccio? Non c’è una parte di me che non sia perfetta!

Ammicco al riflesso con un fantastico sorriso sornione sulle labbra.

Un’asciugata veloce e poi mi butto sul divano senza nemmeno preoccuparmi di averci dimenticato sopra delle armi, male che vada mi ritroverò con qualche contusione in più, ma con tutte quelle che ho al momento non sentirei nemmeno la differenza.


Non mi ero mai ritrovato davanti un demone superiore. Solitamente i demoni di quel livello riescono a dare del filo da torcere anche ai Distruttori più esperti.

Eppure sono riuscito a sconfiggerlo! Sono troppo un grande…

Sorrido contento. Non vedo l’ora di avvisare la mia famiglia! Già immagino i miei fratelli maggiori che mi fissano a bocca aperta, stupiti e invidiosi del mio successo ed i miei genitori quasi increduli della mia bravura.

Tuttavia c’è un dettaglio che mi infastidisce.
Quell’umana non solo ha visto me e il demone, cosa oltremodo sconveniente ed insolita, ma è riuscita anche ad impugnare la Flamberga, una delle MIE spade più ingestibili. Insomma, neanche io riesco a tenerla tra le mani e utilizzarla facilmente, è una spada così testarda e arrogante…

Secondo alcune voci gli umani dovrebbero cadere a terra stecchiti solo toccando le nostre armi!

 
Inoltre c’è anche un altro piccolo e fastidiosissimo dettaglio.
Seppure sarei riuscito nell’impresa anche da solo, ammetto che la ragazzina mi ha... Diciamo che mi ha dato un aiutino. Un aiuto piccolo, molto piccolo, insignificante! Tuttavia ha pur sempre avuto il coraggio di affrontare un demone del genere completamente impreparata.

Assurdo. Gli umani sono pivellini che non saprebbero sconfiggere nemmeno il demone più caccola dell’universo. E la cosa ancora più divertente è che loro nemmeno ci credono ai demoni! Possono anche averne uno attaccato alla schiena come una sanguisuga e nemmeno se ne rendono conto!

Accendo la televisione e inizio a seguire distrattamente una televendita di gioielli. Adoro le televendite, mi conciliano il sonno meglio di qualsiasi altra cosa.

Mentre ho già un piede nel mondo dei sogni e mi appresto a portarci anche l’altro, mi scopro a pensare a lei...

Quella stupida moto da checca su cui non salirò mai più in vita mia! Oddio quanto era lenta, solo a guidarla per una decina di chilometri mi è salito il nervoso!

Sospiro, infastidito da certi ricordi e cerco di concentrarmi per pensare a delle cose belle… Me!

Prima di addormentarmi penso sempre a me stesso, dopotutto si dice che quando ti addormenti con una persona in testa quella ti sogni ed io amo sognarmi!

 

 

Mi sveglio verso mezzogiorno.

Altro che sognare quel gran figo di me stesso, l’unica cosa che ho provato questa notte è stata la sensazione di gelo nelle ossa, mentre sentivo la voce di quella ragazza che mi gridava nelle orecchie: “VESTITI QUANDO VAI A LETTO PEZZO D’IDIOTA”.

Che scassapalle!

Starnutisco.

Oggi non ho nulla da fare, sarà una giornata noiosa come le altre.

Starnutisco.

Ok, lo ammetto, forse non avrei dovuto addormentarmi sul divano, nudo, in autunno inoltrato.
Sono molto più resistente degli esseri umani, ma non invincibile... Anche se ci vado vicino!

Mi ricordo all’improvviso degli avvenimenti della sera prima. Dovrei cercare informazioni sul motivo per cui un’umana ha potuto vedere me e l’entità demoniaca.

Starnutisco di nuovo.

Immagino di essermi raffreddato, ma al mio sistema immunitario basteranno poche ore per riprendersi.
Rivolgo un’occhiata verso i libri di Demonologia che sono raccolti nella mia libreria.
Su ogni tomo c’è almeno un dito di polvere ed io solitamente repello la polvere, ma pur di non toccare quella roba... La maggior parte di quei libri non li ho mai sfiorati ed i pochi che sono stati aperti sono anche stati richiusi molto velocemente.

Sbuffo e starnutisco.

Non posso leggere volontariamente quei cosi, semplicemente ne sono allergico.

Starnutisco.

Visto? Allergia…

Sbadiglio e mi dirigo in bagno.

Dopo essermi lavato i denti e la faccia vado in camera mia per vestirmi e solo quando mi infilo la maglia mi accorgo che il braccio è guarito completamente.
Sorrido soddisfatto, ma a rovinare il mio buon umore ci pensa un nuovo starnuto.
Ritorno nel salone e mi dirigo verso la cucina in cerca di cibo, ma mi accorgo con mio grande dispiacere che è completamente vuota.
L’avevo dimenticato! Sono due giorni che mangio fuori perché non ho voglia di fare la spesa.
Guardo i libri che mi attendono e la voglia di girare per delle ore nel supermercato si fa largo in me, così corro a prendere la giacca per uscire.

Starnutisco.

 

 

In un oretta ho comprato tutto il necessario e mi affretto a ritornare a casa per sistemare tutta questa roba e, soprattutto, per gettarmi sul divano, davanti al mio mega schermo a ingozzarmi come un maiale.
Apro la porta con un calcio, perché le mani sono ingombre di sacchetti pieni di cibo. Sorrido contento, finalmente potrò mangiare nuovamente a casa.
Mi guardo intorno e mi basta un’occhiata per farmi venire una strana sensazione, noto che c’è qualcosa di diverso, ma non capisco cosa.
Poggio i sacchetti momentaneamente per terra e scruto con attenzione la sala.

Mi trovo davanti una stanza spaziosa, con al centro un divano verde, lungo e largo fatto ad “elle”.
Di fronte al divano il mio mega schermo ultra piatto di ultima generazione e a fianco di quella meraviglia la mia X-BOX 360, tutte le Play Station esistenti e il mio Hard Disc esterno pieno zeppo di film.
A vedere tutta quella sana tecnologia i miei occhi luccicano di adorazione…

Su una parete sono appese circa una trentina di spadoni lucenti tutti diversi sia per dimensione che per colore. Alcune spade sono più tendenti ai colori freddi, come il grigio o l’azzurro, mentre altre sono leggermente rosate o gialline. Sono tutte colorate e risplendono di una luce pallida, come se ad illuminarle fosse un costante riflesso lunare.

Quanto vi amo tesorini miei!

Addossati alle pareti alcuni armadietti dalle ante leggermente aperte attraverso le quali si vedono numerose armi al loro interno, principalmente pugnali e balestre.

Davvero, se andasse a fuoco la casa non saprei cosa salvare e finirei con il morirci dentro anche io pur di non abbandonare nulla!

Non noto niente di strano fino a che non mi volto verso la libreria.

Ecco, i libri li lascerei bruciare volentieri!

Riesco a scorgere uno zaino bianco pieno di scritte senza senso di colore nero poggiato ai piedi del mobile.
Mi avvicino e lo raccolgo. Decisamente non è mio, non userei mai uno zaino di quei colori, al massimo blu e nero, ma mai uno zaino da Gobbi!

Juventini del cavolo…

Lo guardo bene, è uno zaino di marca ed appeso al gancetto di una cerniera un piccolo pupazzetto della Trudi verde mi fissa…Odio i coccodrilli.

Sento un tonfo dalla cucina e mi precipito lì. Ancora prima di entrare mi accorgo della puzza di bruciato e di marcio che si sparge nell’aria.
Al centro della stanza vedo la stessa ragazzina bionda che ho salvato ieri sera e rimango a fissarla a bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite.

Come cavolo ha fatto ad entrare in casa mia?!

Mentre la fisso allibito, lei, che non si è ancora accorta della mia presenza, è tutta intenta a lanciare occhiatacce al microonde, da dove fuoriesce un rado fumo nero e qualche scoppio.

I capelli biondi sono legati in una morbida coda laterale che le ricade sulla spalla destra, mentre un trucco leggero, appena accennato le mette in risalto gli occhi scuri. Indossa un paio di jeans chiari attillati e sopra un cardigan grigio.
Incrocia le braccia al petto e fissa intensamente il microonde intimandogli con voce decisa: «Prova a farmi di nuovo spaventare e ti butto nella spazzatura!»
Il suo sguardo è così deciso che sembra stia davvero ordinando qualcosa a qualcuno in grado di comprenderla.

Sposto per un attimo lo sguardo sull’elettrodomestico e noto con grande sgomento che quello ha smesso di fare fumo e scoppiettare.

Parla con gli elettrodomestici?

Dopodiché la ragazza si avvicina e lo spegne mettendosi a borbottare insulti verso di me, almeno credo.

Immagino di essere io lo psicopatico castano…

Ed imprecazioni verso le padelle… Padelle?

Mentre si accanisce in insulti poco fini sulle povere padelle il suo sguardo si indurisce ancora di più e lancia occhiatacce furiose al microonde e ai fornelli.
Se possibile la mia bocca si spalanca ancora di più, scommetto che la mascella ha raggiunto il pavimento.

Proprio adesso la ragazza si volta e mi vede con l’espressione più traumatizzata che io abbia mai avuto. Sono sicuro di non aver mai assunto un'espressione tanto allucinata e ridicola in vita mia, ma non riesco proprio a levarmela dalla faccia.
Le guance della bionda si tingono di rosso, mentre inizia a borbottare delle scuse.
Cerco di riprendermi dalla sorpresa di averla lì, ma più ci penso e più il punto di domanda che mi galleggia sulla testa si allarga.

«Come hai fatto ad entrare?» Chiedo non riuscendo proprio a trattenere la curiosità.

«La porta non era chiusa a chiave, così sono entrata pensando di trovarti, invece la casa era vuota. Sarei uscita subito, per aspettarti fuori, ma una volta riaperta la porta mi sono ritrovata davanti dei palazzoni che non assomigliavano neanche un po’ alle abitazioni di Imperia e così ho deciso di aspettarti qui.» parla velocemente, come se avesse paura di una mia interruzione o di un eventuale reazione.

Mi limito ad annuire, non so come abbia fatto ad entrare senza il mio permesso, ma probabilmente per uscire si è trovata davanti Torino, visto che quando sono uscito ho lasciato il collegamento bloccato su quella città e forse si è spaventata.
Vedo che la ragazza continua a lanciare delle occhiatacce al microonde e in due passi lo raggiungo scostandola, appena lo apro ne esce un odore pestilenziale di fumo e di qualcosa di marcio.

«Che diamine hai messo qua dentro?»

Le chiedo irritato e sbalordito portando una mano a tappare il naso. Lei fa lo stesso, le salgono le lacrime agli occhi nel sentire quel tanfo e il suo viso assume una colorazione verdognola.
Inizia a parlare con voce nasale solo dopo aver fatto un passo indietro ed essersi assicurata di non vomitare.

«Avevo fame e ho cercato qualcosa da mangiare, ma ho trovato solo delle uova nel cassetto in basso.»

Fisso il cassetto in questione. Sono quasi sicuro di non averlo più aperto da un secolo. Inorridisco.
Ecco spiegata la puzza di marcio.

Poi un altro pensiero mi sale alla mente…
«Hai messo le uova nel microonde?!» La guardo scandalizzato.

«Hei! » La ragazza si mette subito sulla difensiva. «Non sapevo che sarebbero scoppiate! E poi non avevo trovato neanche una padella…»

Ecco le famose padelle!

La guardo ancora un secondo insicuro se prenderlo come uno scherzo o no, ma la sua espressione colpevole ed imbarazzata mi convince a non sperarci troppo.
Indietreggia, sotto il mio sguardo assassino, poi si arrabbia.

«Non è colpa mia se mi hai lasciato lì come un idiota ieri sera, sta notte non ho dormito niente per colpa tua e di quello scheletro gigante! Tu non mi hai dato uno straccio di spiegazione e poi la tua cucina è completamente vuota, neanche un ragno tanto per far vedere che c’è carne! Nulla! Ti devo per caso ricordare che per colpa tua non ho mangiato né ieri a cena, né sta mattina, perché ero talmente stanca che non ho sentito la sveglia e rischiavo di non entrare a scuola e non fare la verifica di ….»

La ragazza è andata, parla talmente veloce che non riesco a seguirla.

« Vai in sala e siediti sul divano, preparo io qualcosa.» la interrompo.

Mi guarda un attimo indecisa, mi ricorda un tenero coniglietto bianco. 
Sembra non sapere bene cosa fare, ma alla fine segue il mio consiglio e esce dalla cucina. Non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo e immagino che anche questa stanza la pensi come me.

     
Quando ho finito di sistemare su un piatto tutti i panini che ho comprato torno in sala, dove trovo la bionda stravaccata tranquillamente con un grosso libro di demonologia in mano.

Sbianco.

Non è permesso rivelare a nessun essere umano l’esistenza dei demoni, è vietato lasciare entrare degli umani in casa ed è proibito fare leggere loro la nostra storia, dove sono raccolti i nomi delle principali famiglie di distruttori di demoni mai esistite.
Tuttavia non inorridisco per le regole che ho infranto, naturalmente, ma per due motivi molto più gravi.
Primo: Il librone impolverato è posato senza il minimo riguardo sul mio stupendo divano!
Secondo: Quel mattone di Storia dei demoni dalla preistoria ai giorni nostri non era mai stato aperto…Potrebbe portare sfiga.

Si accorge che la sto fissando, si volta verso di me e sul suo viso si allarga un sorriso a trentadue denti che mette i brividi, sembra che mi voglia mangiare.
Quando mi accorgo che sta guardando i panini tiro un sospiro di sollievo e mi siedo accanto a lei facendo ben attenzione a non sfiorare neanche per sbaglio quel coso che ha tra le mani.

«Comunque non ci siamo presentati, io mi chiamo Aurora.» e mi fissa in attesa.

«Giacomo» rispondo solamente con una scrollata di spalle.

Mangiamo un panino a testa in silenzio. Nel suo ci ho messo poco prosciutto, così impara ad appestarmi la cucina di uovo marcio!

Lei continua a fissare quel libro mentre mangia e non si accorge del ripieno scarso del sandwich. Non si accorge nemmeno che mi sto spostando i capelli dalla fronte in un gesto lento e sensuale, che di solito manda in visibilio le ragazze.

Possibile che sia più attraente un libro vecchio e malandato di me? Perché non riesce a staccargli gli occhi di dosso? Cosa ha quel vecchio tomo che io non ho?!

« Allora è stato un demone a distruggere la biblioteca di Alessandria… interessante, ma poco credibile. Faccio ancora fatica a credere che quello che è successo ieri non sia stato solo un incubo…» Dice la bionda prima di morsicare nuovamente con voracità il panino.
Io la guardo senza sapere di cosa stia parlando.

Biblioteca? Quale Biblioteca? E Alessandra cosa centra? Ah, effettivamente mia sorella, Alessandra, ha una biblioteca.

Mah… Qualcosa non mi convince.

Mi accorgo che pensandoci bene non ha molto senso come cosa.

Ma allora di cosa sta parlando?

Rimango un po’ dubbioso e alla fine mi limito ad una scrollata di spalle.

Mi avvento sul piatto dei panini e lo porto dalla mia parte lanciandole uno sguardo di sfida a cui lei risponde con un enorme punto interrogativo negli occhi.

Non mi lascio ingannare da quell’aria da angioletto e accendo la televisione, però la mia attenzione viene calamitata da lei più spesso del previsto. La guardo mangiare. Con una mano tiene il panino, con l'altra scosta le pagine del libro velocemente. I capelli sono tirati indietro per non infastidirla, le gote sono pallide, il respiro si condensa nell'aria e la mano libera corre spesso a strofinare le braccia, probabilmente ha freddo. Ogni tanto, quando dal panino rischia di cadere qualcosa e macchiare il libro che tiene sulle gambe, la sua lingua sguscia fuori fulminea e lecca le labbra per catturare i residui di cibo.

Se mi sporca il divano la uccido.

Quando finiamo i panini mi alzo per buttare la carta ed i tovaglioli e all'ultimo secondo devio verso gli interruttori del riscaldamento. Non li accendo da una vita, vediamo se funzionano ancora. Tiro giù la leva e regolo la temperatura. Speriamo che non salti in aria nulla.
Passiamo il pomeriggio così, io guardo qualche film, un po’ di Boing e poi mi dedico all’X-BOX, mentre lei si legge quel terribile tomo di demonologia, che puzza di vecchio in una maniera allucinante.
Verso le sei e mezza si alza rimette il libro al suo posto. Si toglie un po’ di polvere di dosso e si congeda dicendo che deve andare a studiare per la scuola e che torna domani.
Io la saluto con un gesto della mano.

Una volta che è uscita fisso terrorizzato quel librone porta rogna.

Lo ha dimenticato sulla sedia! Odio avere la casa in disordine, ma chi lo rimette nella libreria ora? Io non lo tocco di sicuro…

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Aurora ***


cap 5
Capitolo 5 – Un rapporto idilliaco

 

Ormai riesco a reprimere facilmente il brivido di terrore che mi sale regolarmente lungo la colonna vertebrale quando passo nel punto dell’attacco del mostro-scheletro. Ho una totale fiducia nei sistemi di controllo di Giacomo.

Una sera in cui mi sono trattenuta fino a tardi da lui è scattato l’allarme, una specie di canzoncina, che personalmente avevo scambiato per una suoneria del cellulare, ma appena ho visto il ragazzo alzarsi ed armarsi ho capito la situazione al volo e, seguendo il suo consiglio, sono salita sulla mia moto e sono schizzata a casa.

È ormai un mesetto che trascorro molto tempo col Distruttore.

I miei voti si sono abbassati un po’ da quando vado a studiare a casa del Distruttore. Porto i libri scolastici con me, ma quando sono lì mi metto a leggere le storie sui demoni o mi diverto a prenderlo in giro o, ancora, gioco con lui con quei videogiochi stupidi. Non mi accorgo del tempo che vola e finisco per non fare nulla a parte chiacchierare e litigare con quell’idiota o leggere sotto il suo sguardo disgustato.

Giacomo passa quasi tutto il suo tempo davanti alla televisione o ai videogiochi, solo ogni tanto si stacca da quei cosi e si allena.

La prima volta che si è tolto la maglietta, rimanendo in pantaloncini, mi è venuto un colpo e credo che me ne rimarrà un ricordo indelebile.

Quel giorno ero seduta sul suo divano di pelle a farmi allegramente i cavoli miei guardando un film sul suo mega schermo ultrapiatto, quando lo vidi uscire dalla sua camera in maglia e pantaloncini. Niente di strano, già da allora conoscevo la sua abitudine di girare in pieno autunno come se ci fossero trenta gradi, ma il suo abbigliamento mi ha urtato, perché io ero sotto una coperta al calduccio, ricoperta da vari strati di vestiti, tra cui canottiera, maglia e felpa pesante.

Non ho ancora capito se Giacomo ha le caldane o è solamente esibizionista...Credo la seconda.

Naturalmente lo ignorai, offesa a morte per questo suo atteggiamento da spiaggia.

Fatto sta che dopo dieci minuti mi girai per guardare cosa stesse facendo e lo trovai in un lato della stanza mezzo nudo, sudato, con dei pesi in mano e l’espressione assorta...quasi intelligente!

Quel ragazzo avrà anche un criceto in prognosi riservata al posto del cervello, ma in quanto a bellezza non si discute. Ha il classico fascino degli stronzi, ma un aria tanto sciocca e tenera che ogni tanto mi viene voglia di abbracciarlo forte e tenerlo solo per me, lontano dalla realtà.

Riuscii, con grande fatica a distogliere lo sguardo, per poi fissarlo sullo schermo della televisione. Fu molto, ma molto difficile non cedere alla tentazione di qualche sbirciatina…

Adesso, dopo circa un mesetto, mi sono abituata a vederlo senza maglietta durante gli allenamenti. Non che la cosa mi lasci indifferente, ma almeno ora riesco a contenere la bava. Le prime volte credo che i miei occhi si siano trasformati automaticamente in cuoricini alla vista di quegli addominali scolpiti e si quelle spalle da nuotatore.

Giacomo ha un bel fisico, la muscolatura è abbastanza sviluppata, ma non esagerata, credo sia il giusto mix che farebbe andare fuori di testa qualsiasi ragazza.

 

Tuttavia, cerco sempre di non dare a vedere la mia ammirazione per il suo corpo, dopotutto è già montato abbastanza così...

 

L’unico momento in cui cesso ogni attività per guardarlo è l’allenamento con le spade, allora non c’è film o libro che tenga, attrattiva è troppo forte e il rischio di aumentare il suo ego è minore.

Prova affondi, parate e combinazioni di mosse all’infinito, finché non si stanca e io batto le mani contenta come una bambina. Solo al mio applauso sembra ricordarsi della mia presenza e mi sorride divertito.

 

 

Col tempo sembra aver accettato la mia passione per la lettura, anzi, appare anche un po’ curioso a volte.

Secondo Giacomo i libri non sono cose per un guerriero... L’importante è spedire i demoni all’altro mondo!

Tuttavia sono quasi sicura di poter cogliere un lampo d’interesse nei suoi occhi quando leggo ad alta voce dei passaggi chiave.

Ho dovuto pensarci io a pulire la libreria, perché quel ragazzo sembrava quasi avere paura a toccarla all’inizio, ma ultimamente trovo spesso vari libri spostati, segno che forse li inizia ad apprezzare anche lui.

Mi chiedo se non abbia aspettato che qualcuno togliesse la polvere per leggerli… Fortunatamente adesso riesce a prenderli in mano senza impallidire!

L'unico tomo che proprio non sopporta è “Storia della demonologia”, ogni volta che me lo vede tra le mani fa una smorfia e si rifiuta categoricamente di toccarlo.

 

Nonostante la mia presenza sembri non infastidirlo cerco sempre di andare via nel tardo pomeriggio e non disturbarlo la mattina, anche a causa di forze maggiori quali scuola e genitori. A loro non piace che rimanga fuori di casa tutto il giorno, già sopportano a mal pena che vada chissà dove nel primo pomeriggio…

Inoltre sono sicura che il ragazzo esca ogni sera, per andare a caccia sia di demoni sia di ragazze.

Se ha cacciato altri demoni non mi è dato saperlo, ogni volta che faccio domande su questo argomento il ragazzo si sente in dovere di lodarsi e parlarmi dei suoi successi passati e sicuramente futuri, al che smetto di ascoltarlo.

Per quanto riguarda le ragazze, invece, non ho avuto bisogno di fare domande... Spesso e malvolentieri sul divano o sul mobiletto all’ingresso su cui poggio lo zaino, trovo pezzi di carta o tovagliolini da bar con dei numeri di telefono scritti sopra. È una cosa piuttosto irritante a dire il vero, non mi servono prove per sapere quanto sia dannatamente stronzo con le ragazze. Basta guardarlo per capire che sfrutta il suo aspetto per attirare ogni essere femminile sensibile ai feromoni maschili. Certo, anche io faccio parte della categoria, ma non è per questo motivo che ricerco la sua amicizia…

Non sono sicura nemmeno io del perché passi così tanto tempo in sua compagnia, ma credo sia dovuto al senso di irrequietezza che da un po’ di tempo a questa parte mi impedisce di dormire serenamente. Quel demone-scheletro compare spesso nei miei incubi, ma non è il solo, ci sono anche altri della sua stessa razza. Al mattino le occhiaie sono l’unica testimonianza di un sonno tormentato, ma a volte, durante il giorno compaiono dei flash nella mia mente e rivedo nitidamente immagini di demoni e sangue. In compagnia di Giacomo, invece, mi sento al sicuro. Non solo perché si tratta di un “Distruttore di demoni”, ma soprattutto perché mi fido di lui. A prima vista non sembra un tipo di cui ci si possa fidare, ma, anche se non lo da a vedere, io so che non è così.

Non mi sento tranquilla se non vedo Giacomo nei paraggi. Poi, forse, mi piace anche solo guardarlo, è uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto. Inoltre è divertente sfotterlo e qualche rara volta mi sorprende piacevolmente con gesti gentili e dolci.

Col tempo, però, mi ritrovo a cercare seriamente di capire in che tipo di rapporto io mi stia facendo coinvolgere, perché una comune amicizia non può dare origine ad una dipendenza così assuefante.

Dopo diverse settimane di frequentazione assidua inizio a temere di essere, in qualche modo, diventata dipendente dalla vicinanza di Giacomo. Non mi sento più al sicuro quando sono fuori di casa, solo con lui riprendo a respirare. Ho sempre una brutta sensazione quando sono da sola, come se qualcuno mi stesse osservando sempre e con cattive intenzioni. Inizio a pensare che, forse, sto diventata paranoica…

 

 

Siamo ormai ai primi di Dicembre e l’aria è frizzante e fredda quanto basta per pizzicarmi il naso non appena esco di casa la mattina per andare a scuola. Mi sistemo meglio la sciarpa intorno al collo ed alzo gli occhi al cielo sgombro di nuvole notando subito il blu intenso appena rischiarato dall’approssimarsi dell’alba.

Prendo il casco e mi avvicino alla mia moto, sono sul punto di sedermi, quando scorgo un'enorme cacca di piccione che fa bella mostra di sé sulla sella nera dello scooter. Mentre ripulisco con uno straccio quello schifo, non posso trattenermi da esprimere un caldo giudizio nei confronti di quei pennuti adorabili. Spero che almeno tutta quella cacca porti fortuna e mi raddrizzi una giornata che già è partita storta!

 

Qui ad Imperia si possono utilizzare gli scooter anche in pieno inverno, basta coprirsi bene, ed infatti non sono l’unica in giro su due ruote.

Una volta arrivata a scuola scopro che manca l’insegnante della prima ora, seppure ce lo avevano detto, mi era passato di mente ed ora mi ritrovo a dover aspettare un ora davanti al portone. Decido di fare un salto a casa di Giacomo per posare dei libri che mi sarebbero serviti solo nel pomeriggio per studiare.

Sono sicura che il ragazzo stia dormendo, quindi non corro nemmeno il rischio di incrociarlo, ma, per educazione busso lo stesso. Non ricevendo nessuna risposta, apro la porta.

Questa storia del non avere una chiave può effettivamente rivelarsi un problema… Non sono un demone e non sono mai stata un ospite sgradito, quindi la porta incantata mi ha sempre permesso di entrare, anche a discapito della situazione all’interno dell’appartamento.

Non appena metto piede nella casa del Distruttore mi rendo conto che non dovrei proprio essere lì. Dalla camera da letto giungevano una sinfonia di suoni che cantava note d’amore spinto poco piacevoli per le mie orecchie. Gemiti, cigolii, respiri pesanti e gridolini. Mi bloccai sulla soglia, probabilmente con un’espressione disgustata dipinta in volto.

Quel… Quel… “Animale” stava facendo sesso! Grandissimo pezzo di cacca che non è altro!

Una profonda irritazione mi sale in corpo, le corde vocali si annodano e lo stomaco mi si contorce dolorosamente.

Mentre le orecchie mi sanguinano, gli occhi registrano alcuni fattori che mi erano sfuggiti ad una prima occhiata. Ci sono vari capi di abbigliamento sparsi per la sala, un paio di jeans dietro il divano, dei boxer sulla mensola, accanto alla libreria un reggiseno, sulla televisione un paio di collant…

Solo dall’intimo capisco che la ragazza, chiunque essa sia, non aveva intenzioni caste già da prima di uscire di casa. Le “mutandine”, sempre che possa guadagnarsi tale appellativo visto che il tutto consiste in due fili legati insieme da fiocchetti, erano per terra accanto ad un mini-vestitino.

Ora, o si tratta di una bambina, o quel vestito è dannatamente corto.

 

Un po’ di sano pudore no, eh?

Un gemito più forte degli altri martoria ulteriormente il mio udito e mi sembra quasi di sentire la voce femminile che invoca il nome “Giacomo” come se stesse pregando la Madonna.

Quale devozione!

Sento una scarica di rabbia corrermi lungo la colonna vertebrale e sono quasi sicura di essere in grado di uccidere prima lei e poi lui. O in ordine diverso, in questo momento non mi sembra avere molta importanza, la cosa fondamentale è fare loro molto male.

Uscendo di corsa sbatto ferocemente la porta alle mie spalle e sperando che la forza del colpo faccia venire giù l’intera palazzina spiacciacando i due amanti.

Mi fermo solo quando arrivo vicino alla mia moto ed inizio a contare mentalmente per calmarmi.

Arrivata a ottantaquattro, realizzo che non ho un reale motivo per essere arrabbiata. Anzi, dovrei essere molto più imbarazzata e sperare che Giacomo e la ragazza non abbiano sentito la porta sbattere, perché, in quel caso, per il Distruttore non sarebbe stato poi tanto difficile risalire a me. Che diritto ho poi di entrare in casa sua così? Se poi si è accorto della porta sbattuta avrà pensato che quella fosse una reazione di rabbia e gelosia. Cosa che non è affatto vera. Effettivamente non sono nemmeno irritata da tutto ciò, dopotutto a me cosa cambia se lui si porta delle sgualdrine in casa? Giacomo è solo un ragazzo che conosco, neanche poi così bene, niente di più. Per quanto mi riguarda può prendersi l’HIV da chiunque vuole! Così impara a frequentare le prostitute!

E se fosse la sua fidanzata?

Non ho mai riflettuto sul fatto che, effettivamente, potrebbe trattarsi di una relazione stabile. Mi sento inspiegabilmente delusa. Però lui non aveva mai nemmeno accennato ad una sua fidanzata e poi passa quasi tutti i pomeriggi in mia compagnia… Boh…

Al diavolo! Io li uccido!

No... Calmati Aurora, respira!

 

 

Speravo che la cacca di piccione mi potesse portare fortuna, invece si era trattato solo del primo colpo di sfortuna della giornata. E, come si sa, le sfighe non vengono mai sole!

Alla terza ora, vengo pescata per l’interrogazione d’inglese.

Appena la professoressa fa il mio nome, mi alzo e tristemente mi avvio al patibolo, ma appena giunta vicino alla cattedra inizio a sentire un fastidioso tremolio alla gamba sinistra.  Abbasso la sguardo allucinata e scorgo attraverso il tessuto dei jeans, un leggero rigonfiamento proprio all’altezza della tasca.

Per peggiorare ulteriormente una situazione già precaria di suo, il cellulare inizia a vibrarmi in tasca proprio durante l’interrogazione.

Stupida io che non l’ho lasciato in borsa!

Già non vado d’accordo con le lingue straniere ed il fatto di essere uscita interrogata mi ha provocato un batticuore mica da ridere, se puoi la prof è una rigida, severa e vecchia signora, alla quale io non sto molto simpatica per la mia pronuncia disastrosa… E mi vibra il cellulare in tasca… La giornata prende direttamente una brutta, bruttissima, piega!

La professoressa di inglese appartiene alla “vecchia scuola”, insomma, se scopre che teniamo anche solo acceso il cellulare in classe lo sequestra, ci manda dal preside e ci scrive una nota sul registro, il tutto condito da un bel due che fa media.

Fortuna che è ceca come una talpa e mezza sorda, quindi chiunque riesce a giocare o a farsi un giro su Facebook nelle sue ore senza farsi scoprire.

Tuttavia quando si viene interrogati bisogna restare in piedi di fronte a lei molto a lungo e la sua vista è relativamente migliore da vicino, anche grazie a quei fondi di bottiglia che ha per occhiali.

Inizio a pregare tutti i santi che conosco.

Sudo freddo mentre quell’esserino fastidioso incomincia a tremare come un ossesso cercando di trapanarmi la pelle della gamba. Fortuna che almeno mi sono ricordata di mettere silenzioso la sera prima…

Mentre sorrido alla prof tentando di nascondere la mia agitazione, riesco a schiacciare qualche tasto alla cazzo, con l'intenzione di mandare il segnale di occupato a chiunque mi stia chiamando. Finalmente dopo i due minuti più lunghi della mia vita il cellulare smette di squillare.

Non avevo calcolato però la macabra simpatia dei miei compagni di classe, che scoperta la cosa, mi mitragliano di telefonate a raffica, una dietro l’altra per tutta la durata dell’interrogazione.

Chiaramente il voto che ne è venuto fuori non è stata molto brillante e ottengo solo un sei sulla fiducia. Dopotutto la vecchia non vuole rovinarmi la media del sette, voto a cui aspiro costantemente nella sua materia e che di solito riesco comunque a raggiungere grazie all’impegno. Fortuna che non si è accorta di nulla…

Appena seduta al sicuro nel mio banco in seconda fila scorgo sul dispay del cellulare il nome di Giacomo , che risulta la prima delle chiamate ricevute quel giorno, e sento una buona dose di rabbia tornare a montarmi dentro.

L’intervallo non arriva più ed io fremo d’impazienza… Scrivo velocemente un messaggio al Distruttore, ma non riesco a comunicargli tutto il mio astio, né ad usare le parole dure e offensive che vorrei rivolgergli. Senza, per altro, nominare nei messaggi neanche lontanamente quello che ho sentito in casa sua di primo mattino. Anzi, io non ho sentito proprio nulla, perché io ero a scuola a quell’ora, mica giro per le case degli altri a sentirli scop… Ok, lasciamo perdere.

E poi, solo perché quella testa di cavolo non fa niente nella vita, non può mettere in difficoltà chi studia! Come si permette di infastidirmi a scuola!

Sono troppo infuriata verso quel mollusco! Odio lui, la ragazza con cui stava facendo le “cose”, la professoressa di inglese, il cellulare e la professoressa di francese. Quest'ultima in questo caso non ha fatto niente, ma la odio a priori.

Quando il ragazzo mi risponde al messaggio quasi mi strozzo con la mia stessa saliva.

Eccerto! Mi invita a cena. Si vede che ha passato una nottata molto piacevole ed ora è così di buon umore che vuole cucinare… Brutto cafone che non è altro! Ooohhh… Se ce lo avessi sotto mano cosa gli farei!

Un nuovo messaggio.

“Perché no? È successo qualcosa? Sei per caso arrabbiata con me?”

È proprio vero che, più le giornate iniziano male, più tendono a peggiorare…

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Giacomo ***


cap 6

Questo capitolo ed il prossimo sono i miei preferiti tra tutti quelli che ho scritto fin'ora, inoltre comparirà un personaggio che adoro (anche se non so quanti di voi la penseranno come me...)!  xD 

Vi lascio alla lettura, sperando che sarà di vostro gradimento e vi mando un mondo di baci! <3 

A presto! :D

 
Capitolo 6 – Pranzo in compagnia

 

Appena sento la porta di casa sbattere capisco che è appena successo qualcosa di imprevisto e potenzialmente spiacevole.

Lascio la ragazza, una moretta che ho rimorchiato ieri sera, a rotolarsi frustrata nel letto e, nudo, vado a vedere se c’è qualcuno in sala. Ho chiaramente sentito la porta sbattere e, se l’intuito non mi inganna, immagino che qualcuno sia appena uscito di gran fretta da casa mia.

La mia adorabile porta incantata deve avere una qualche strana ironia visto che tende a non fare mai quello che dovrebbe fare, ossia tenere fuori gli ospiti sgraditi. Mentre sto facendo sesso, è ovvio che chiunque a parte un’altra bella ragazza disposta ad un menage a trois sia da tenere fuori, invece no! Per lui ogni...

Colto da un’illuminazione mi blocco sul posto e rimango immobile come una statua, nudo, al centro della sala.

Occazzo.

Preso dalla smania del momento cerco il cellulare e lo trovo nella tasca dei jeans che ho, poco diligentemente, lasciato a terra la sera prima.

Al terzo squillo una voce femminile risponde in tono strascicato e si interrompe quasi subito a causa di un lunghissimo sbadiglio.

« Giacomo… Che vuoi? »

I famigliari più stretti sono gli unici che hanno libero accesso a casa mia, la porta incantata riconosce all’istante i miei genitori o i miei fratelli permettendo loro il libero accesso. È una precauzione importante, perché in caso di  necessità possono contattarmi facilmente.

Spero vivamente che l’intrusione sia stata da parte di uno di loro, perché altrimenti…

« Sono le nove di mattina! Ti sembra il caso di disturbare la gente a quest’ora?! Io ho sonno! »

I lamenti di mia sorella mi fanno pentire immediatamente della mia scelta.

Perché non ho chiamato Marco? Perché lei?!

Poi ricordo che il suo numero è l’unico che so a memoria. Lei risponde sempre, se ho bisogno corre in mio sostegno, se sono nei guai è l’unica che me ne tira fuori senza farne parola a nessuno.

« Ale, smettila di lagnarti! Per Dio, sembri la nonna! »

Il silenzio offeso che accoglie  le mie parole mi fa capire di aver centrato il bersaglio, ora ho un paio di secondi per parlare prima che lei ricominci a lamentarsi o a raccontarmi la sua vita. Cosa che io odio e che lei sa che io odio.

« Ho bisogno di sapere se oggi è successo qualcosa o se qualcuno di voi è passato da me. »

Dritto e conciso, con lei bisogna andare direttamente al punto, altrimenti si annoia e riprende a parlare tentando di monopolizzare la conversazione.

Dopo pochi attimi mi risponde e sembra essere entrata in modalità “Distruttore”, rispetto all’usuale “sorella rompipalle”.

« No, che io sappia oggi non è successo nulla di eclatante e, scusa il mio poco tatto, ma sono la prima ad essere avvisata in caso di necessità, mentre tu sei proprio l’ultimo. Marco dovrebbe essere ancora a casa. Non so se mamma e papà possono averti fatto un’improvvisata, ma di solito sono l’unica che ti piomba in casa senza avvisare. E sono le nove di mattino, per cui no, io sono a letto. »

Merda. Se non è stato un parente, può essere stata solo Aurora.

Mi sento un po’ in colpa. Non che io debba qualcosa a quell’insopportabile ragazzina, ma è pur sempre una femmina che mi ha visto senza maglia, ergo si sarà sicuramente presa una cotta per me... Quindi scoprirmi con un’altra non è l’ideale, potrebbe ingelosirsi e diventare violenta.

Ghigno immaginandomi Aurora che, gelosa marcia, mi strilla addosso tutto il suo repertorio di parolacce. Chissà se ha desiderato di raggiungerci in camera… Non che sia molto probabile, ha un aspetto da santarellina quella ragazza e scommetto che è una verginella.

« Hei! Terra chiama il pianeta degli idioti! Re degli idioti, mi senti? »

Per un attimo mi sono quasi dimenticato di essere al telefono con mia sorella.  Mi sorge un dubbio.

« Ale, hai per caso detto che Marco è a casa? »

« Si, penso proprio di si. Perché? »

Lei ed il suo gemello vivevano insieme a Milano.

« Non lo sai con certezza? »

La sento iniziare a preoccuparsi e, dalla sua voce, capisco che le sto mettendo ansia.

« No. Adesso lo chiamo. Dici che è passato lui da te questa mattina? Per quale motivo? »

Sorrido, divertito, mio malgrado, dalla sua apprensione. Alessandra e Marco sono gemelli, ma lei si è sempre vista come la primogenita in casa e si preoccupa sempre per me e mio fratello come se fossimo ancora due bambini.

« Tranquilla mamma chioccia. Mi stavo solo chiedendo in che letto sei tu, visto che non sei a casa tua… »

Un “Tu…Tu..” mi avvisa che mia sorella mi ha appena chiuso il telefono in faccia.

 

La ragazza che ho lasciato nella stanza esce proprio in quel momento dalla camera e mi ammicca sensualmente, ma io non ho la minima voglia di riprendere da dove ci eravamo interrotti. Le intimo di tornare in camera e di non seccarmi, mentre io raccatto i suoi vestiti sparsi in giro e glieli lancio per rivestirsi.

Noncurante della sua presenza e ancora nudo, metto a fare la lavatrice con gli abiti che avevo indosso la sera prima ed il resto della roba sporca.

Continuo a pensare ad Aurora, ormai convinto che sia stata lei a entrare in casa e poi uscire sbattendo la porta.

Di Aurora non riuscirei a liberarmene neanche volendo! Credo che stia simpatica alla mia porta, perché quell'umana entra ed esce da casa mia come se non le servisse alcuna autorizzazione.

Mi sembra una gattina randagia, non fa altro che stare da me!

Non che la cosa mi dia particolarmente fastidio... Solo che non sono abituato a passare troppo tempo in compagnia di nessuno, tanto meno di umani! Le uniche donne che frequento sono quelle che mi porto a letto, ma la mattina di solito le butto fuori di casa senza troppi complimenti. Prima o dopo del bis, a seconda di quanto mi sia piaciuta la notte precedente.

 

Ripensando a come Aurora mi ha trovato questa mattina credo che non vorrà più venire a casa mia per un po'...
Già me la immagino, furente di gelosia, e sorrido compiaciuto.

Così impara a resistere alle mie avances! 

Dopo avermi visto durante gli allenamenti mezzo nudo sarebbe dovuta saltarmi addosso e, invece, si è limitata a qualche occhiata distratta ed agli applausi appena prendevo le spade.

Gli applausi!

Come una bambina che guarda lo spettacolo dei pagliacci...

La prima volta ho rischiato di perdere il controllo ed infilzarla con la spada da parte a parte, ma poi mi sono abituato e ho pensato che fosse un po’ fuori di testa.
Mi sono accorto che adora le mie spade più di me, quindi anche gli applausi immagino fossero dedicati principalmente a loro. Maledetta biondina del cavolo!

Devo ammette che il suo visino dolce e il suo corpo morbido e formoso ogni volta mi tentano. E non poco. Però non sarò di certo io a saltarle addosso, io non faccio queste cose. Mi limito a respirare solitamente e alle ragazze sembra bastare… Si vede che lei è frigida, povera ragazza. Che peccato!

Mi infilo nella doccia, sperando che la ragazza con cui sono stato quella notte se ne sia già andata.

Una volta finita la doccia mi metto un paio di boxer e vado in cucina per prendermi un caffè. Qui ci trovo la mora, di cui non ricordo il nome, seduta sulla MIA sedia e sta bevendo qualcosa dalla MIA tazza.

Un forte istinto omicida si fa strada nel MIO cervello, ma riesco a calmarmi.

Sono un po’ possessivo, ne sono cosciente, ma visto che è il mio unico difetto…

Chissà perché non mi sono mai arrabbiato con Aurora per queste cose? Pensandoci bene lei non mi ha mai dato problemi. Si è sempre seduta nell’altra sedia. Solo la prima volta che abbiamo mangiato lì insieme ha aspettato che prendessi posto io e poi si è seduta in una delle altre sedie. Dopo quella volta non si è più spostata, si è sempre seduta lì e quello è ormai diventato il SUO posto.

Inoltre Aurora non tocca le mie cose! O se le tocca, le rimette subito al loro posto… E poi, lei può toccare le MIE cose, perché la conosco, ma questa moretta qui deve andare a crepare altrove!

«Senti, potresti andartene da casa mia al più presto?» Le chiedo già pronto a buttarla fuori di peso.

Sempre la solita storia, prima chiarisci che vuoi una notte di sesso, solo sesso e loro sono d’accodo, ma al mattino hanno cambiato idea e pensano già all’abito nuziale mio e loro.
Rabbrividisco all’idea. Sono sicuro che l’unico abito da pinguino che indosserò, sarà quello che porterò al mio funerale.

Pronto come sono alle solite lacrime e urla della ragazza di turno, mi trovo completamente impreparato quando questa con un sospiro prende le sue cose ed esce dalla cucina e poi da casa con un semplice “ciao”.
Fisso la porta da cui è uscita, traumatizzato.
Mi riprendo e controllo subito che tutto sia al suo posto, ma non sembra mancare nulla di valore.

Allora perché se n’è andata subito? Niente pianti o grida isteriche sul fatto che ho sfruttato i suo corpo, che mi interessa solo scoparmela ecc…?

Mi sta simpatica! Penso allegro.

Devo scrivermi il suo nome e il suo numero da qualche parte!
Mi blocco in mezzo alla stanza con la penna in mano.

Chissà come si chiamava…

Mi arrendo, non so neanche il suo nome, figurarsi un cavolo di numero di cellulare!

 

 

Appena rimango da solo mi viene voglia di sentire Aurora per vedere se era proprio lei questa mattina e se è veramente gelosa come immagino sia.

Gongolo all’idea.
Sono così contento che prendo una decisione lampo, una di quelle che ti folgorano la mente e che non sono quasi mai molto intelligenti.

Cucinerò per lei! Non uno dei soliti panini o un piatto veloce, ma un vero e proprio pranzo con tanto di primo, secondo e contorno! Forse anche il dolce...

È la prima volta che cucino per qualcun altro da molto tempo.

 

La chiamo, ma non risponde. Solo in un secondo momento mi ricordo che lei è ancora al liceo. Mocciosa. Con una scrollata di spalle mi metto a guardare la televisione.

Dopo una mezz’oretta mi arriva un messaggio strano, in cui la ragazza mi chiede cosa voglio in un tono piuttosto scorbutico. Cerco di non offendermi, dopotutto c’è la possibilità che sia così maleducata a causa della gelosia e le mando un messaggio dicendole di venire a pranzo da me, perché cucinerò io.
La risposta non si fa attendere. “No.”

Sorrido, tutto soddisfatto e poi decido di fare il finto tonto.

“Sei arrabbiata per caso?”

Inizio a preparare il pranzo per due persone.

Per una ventina di minuti Aurora non si fa sentire e già immagino che non mi risponderà più, quand’ecco un nuovo messaggio, molto più fantasioso del precedente.

“No.”

Spero vivamente che la sua sia una gelosia di quelle violente, magari mi salterà al collo per strozzarmi e finiremo a fare sesso in cucina...

“Se non sei arrabbiata allora vieni, ho già buttato la pasta. Hai cinque minuti.”

In realtà l’acqua non bolle ancora, ma è meglio metterle un po’ di fretta, perché inizio ad avere fame. Guardo l’ora. È quasi mezzogiorno, lei dovrebbe uscire per l’una da scuola. Uffa…

“Esco all’una da scuola, brutto idiota!”

Sorrido.

“ Andata! Per l’una e dieci minuti ti voglio da me.”

Non risponde.

 

 

Sospiro, soddisfatto.

Ho finito!

Guardo il risultato dei miei sforzi. La tavola in cucina è apparecchiata e dalle pentole sul fuoco giunge un buon odore.

Sono così soddisfatto del pranzetto che gli farei una foto! Anzi, la faccio… Prendo il cellulare e inquadro l’obbiettivo.

Mentre sono intento a fotografare quelle meraviglie sento la porta aprirsi e corro in sala con un sorriso contento in faccia.

Di fronte a me, la porta è aperta su Torino e una giovane donna fa il suo ingresso plateale nella sala.

È alta, slanciata. Indossa un paio di jeans scuri e un cardigan bianco con sopra un poncho nero, in testa un cappellino nero, di quelli che ricadono da un lato della testa morbidi e flosci. I capelli castani boccolosi scendono sulle spalle e sulla schiena lunghissimi, fin quasi al sedere. I tratti del viso sono dolci e sicuri, mentre gli occhi sono di un caldo azzurro-verde, che ricorda il colore di un lagno di montagna.
Il corpo snello e agile, eppure so per esperienza che è molto pericolosa, è tra le più forti e veloci Distruttrici mai esistite.

Il mio sorriso sbiadisce fino a scomparire completamente.
Sbianco.
Cosa ci fa mia sorella qui?

«GIACOMO!» e mi salta al collo stringendomi in un abbraccio forte, che mi mozza il respiro. «Come stai?»

Non aspetta la mia risposta, come al solito.

« Io sto benissimo! Mi hanno preso a fare quel servizio fotografico per gli abiti da sposa!! Oddio, sono troppo contenta! Volevo farlo tantissimo, adoro quegli abiti bianchi e poi i capelli! Mi faranno delle acconciature divine! Conosco la parrucchiera, è …»

Quando non ci vediamo di persona da tanto tempo, trova sempre necessario raccontarmi ogni cosa che ha fatto o detto di recente e solitamente non si ferma finché non finisce il suo racconto, parlando a macchinetta, velocissima.

Normalmente smetto di ascoltarla dopo due o tre parole.

«E poi proprio questa mattina mi hai chiamato e ho deciso! Che coincidenza, vero? Chi l’avrebbe mai detto che il servizio fotografico sarà proprio qui a Torino? Non è magnifico?! Così ho deciso di venire a stare da te per un po’… Oggi mi sei sembrato strano e immagino sia la nostalgia, vero? Ho avvisato tutti, ma mamma e papà erano già impegnati e Marco non poteva proprio venire… Però ci sono io! Contento? »

Ho capito solo che viene a vivere da me per un po’. Male, molto male.

«Cosa?!!!» esclamo interrompendola.

«Ma devo ripetere tutto?» Mi chiede esasperata. «Sei proprio ottuso… Va bene… Allora ho avuto un servizio fotog…»

«Nononoooo! » la blocco prima che ricominci. «Vuoi venire a stare da me?!»

«E una proposta? Lo sai che non mi faccio pregare…» scherza facendomi l’occhiolino e ridendo divertita.

Dovevo sapere che quella telefonata avrebbe avuto delle ripercussioni, delle terribili, disastrose conseguenze!

Io le voglio bene, ma…

Mia sorella è quanto di più irritante esista sulla faccia della terra, i miei pregano da tempo che qualcuno se la sposi e ce la tolga dalle palle, ma a meno che non arrivi un alieno da un altro pianeta non credo riusciremo a liberarcene facilmente. È bellissima, questo si, eppure è una tale rompic…

« Andiamo fratellino! Ci divertiremo un mondo! »

La blocco nuovamente. « Stai dicendo sul serio? Vuoi venire qui da me veramente?»

Mi guarda sollevando il sopracciglio sinistro e fissandomi come se fossi uno strano insetto disgustoso. «Certo, rimarrò un paio di settimane qui con te. E poi sei tu che mi hai chiamata oggi, ricordi? Mi hai messo ansia! Adesso mi spieghi per filo e per segno chi è entrato qui senza il tuo permesso e poi mi… »

Non parla più e per un tempo incredibilmente lungo sento quel “certo” rimbombarmi nella testa.
La guardo a bocca aperta. Non  può essere! Non può venire a vivere qui.

«No.» rifiuto netto. «Non ti posso ospitare. Comprati un'altra casa, tanto i soldi li hai!»

Alessandra fa la modella ed è tra i pochi Distruttori completamente integrati nel mondo umano. Vive a Milano con Marco, nostro fratello, in un super attico enorme, proprio in centro.
Frequenta spesso le riunioni del circolo degli anziani Distruttori e secondo alcuni diventerà la prima donna ad entrare nel circolo.

Noi distruttori siamo fondamentalmente maschilisti e conservatori, ma mia sorella è un vulcano di vitalità e decisione, inoltre è una delle guerriere migliori esistenti al mondo, quindi se c’è qualcuno che può cambiare le cose, quella persona è proprio lei.
Certo, quando è in famiglia più di una valorosa combattente sembra una bimba viziata.

Alessandra sbuffa e mette il broncio. Le sue gote si tingono di rosso, gonfia le guance indispettita e incrocia le braccia al petto.  «Ma non è giusto! Lo sai che odio stare da sola…»

Il suo atteggiamento cambia completamente e il viso diventa angelico, gli occhi si spalancano e sbatte più volte le sue belle ciglia lunghe. « Non puoi dirmi di no…» Mi fissa con gli occhioni da cucciolo smarrito. «Dai fratellino…»

Un forte istinto di autoconservazione mi spinge alla fuga, ma resisto.

«Ti ho detto di no! E poi, oggi ti ho chiamata per sbaglio! Era un falso allarme…» Inizio io, ma lei non mi ascolta.

Ha iniziato a muoversi verso la cucina, attirata dal buon odore ed inizia ad aprire tutte le pentole.
Sembra un cane da caccia che ha fiutato la sua preda e cammina con il naso in aria, pronta a colpire.

«Hai cucinato! Non ci credo! Sapevi che stavo arrivando o aspettavi qualcun altro?» prende una patatina fritta dal piatto e la mastica con voracità, riempiendosi poi nuovamente la bocca.

«A parte il fatto che scottano, ma tu non sei una modella?! Non dovresti essere sempre a dieta?» le chiedo irritato.

Sta rovinando tutto!

Mi viene da piangere per il nervosismo.

Tra un po’ Aurora entrerà e … O cazzo! No! Alessandra non deve vederla, se no mi sfotterà a vita. Che mi è preso?! Cucinare per una ragazza! IO! Oddio…

«Immagino sia il tuo modo di farmi notare che sono grassa e che non dovrei mangiare le patatine. Non mi interessa fratellino, farò un po’ più di palestra, figurati se rinuncio a mangiare per una volta che cucini… Comunque chi è l’ospite? Lo conosco?» Continua a parlare Alessandra, mentre io cerco il cellulare per chiamare Aurora e disdire il pranzo. «Perché immagino sia un “lui”, non puoi cucinare le patatine fritte e il minestrone per una ragazza! Sarebbe alquanto strano e imbarazzante, noi donne non siamo abituate a mischiare certe schifezze come voi maschi…»

La fisso con il cellulare ancora in mano. «Dici che non le piacerà?»

Che palle! Cucino da un ora ed ho anche fatto tutto per nulla… Lo sapevo che dovevo preparare la polenta con la salsiccia e i peperoni fritti!

 

Proprio in quel momento sento la porta di casa aprirsi ed il sangue mi si gela nelle ossa.

«Giacomo!» la sento gridare dall’entrata.

Deglutisco vedendo lo sguardo furbo di mia sorella. No! Ditemi che è un incubo, non può accadere realmente!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Giacomo ***


cap 7

In questo giorno di lutto, io pubblico un capitolo divertente. Mi sembra quasi un oltraggio. Perdonatemi.
Volevo però dedicargli qualcosa e visto che dovevo pubblicare oggi, allora vorrei che sia questo capitolo, che è uno dei miei preferiti, la mia dedica. 
Addio campione! Sei e rimarrai un grande! :) 

 

Capitolo 7 -  Un pranzo in compagnia (parte 2)

 
Corro in sala e vedo Aurora di spalle, ancora con lo zaino in mano intenta a lasciarlo accanto alla libreria come sempre. Sempre quello stupido coso juventino!

Alessandra mi corre dietro, si ferma al mio fianco e studia ogni movimento della nuova arrivata.

« Mangiamo e poi me ne torno a casa. Oggi non sono molto in vena di chiacchiere e sento che potrei piantarti il coltello in un occhio mentre mangiamo se spari una delle tue solite st… » Aurora si blocca vedendo la ragazza accanto a me.

La scruta per alcuni secondi muta.

Si volta a guardarmi incerta.

Io d’altro canto sono pietrificato, in silenzio continuo a spostare lo sguardo dalla bionda alla castana, con un’espressione colpevole in volto.

Alessandra dal canto suo studia con interesse la nuova arrivata e dopo un accurato esame sorride in un modo che mi fa paura. Mia sorella è sempre stata la più fantasiosa della famiglia, da piccola mi raccontava delle storie assurde per tenermi buono o per mettermi paura. Lei è una di quelle ragazze a cui dici una sola parola e partono in quarta inventandosi diecimila intrighi e complotti del tutto irrazionali.

Sono sicuro che ha già costruito nella sua mente una mia ipotetica storia d’amore con Aurora e ha già previsto anche che tipo di tovaglie utilizzeremo al nostro futuro matrimonio… Si, lo so. Alessandra è completamente pazza!

L’espressione soddisfatta che si è dipinta sul suo volto mi fa paura e sento un rivolo di sudore colarmi sulla fronte. Sta per aprire bocca… Noooooo…

«Aurora è lesbica!» sparo la prima cosa che mi viene in mente.

Entrambe le ragazze si voltano a fissarmi con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata.

«Come scusa?» chiede la bionda portandosi le mani sui fianchi in un segno di strizza. Ok, il pranzo non sta andando come programmato.

«Sei la mia amica lesbica, vero?» chiedo sperando mi dia corda. Dai! Aurora aiutami per una volta!

Cerco di annuire con la testa senza farmi vedere da mia sorella.

Dal suo sguardo allucinato capisco che non ha recepito il messaggio, allora cerco di ammiccare verso mia sorella e faccio segno a lei di dire di “si” con la testa.

Alessandra si volta di scatto a guardarmi, ma io mi immobilizzo un millesimo di secondo prima e mi fingo interessato alla parete sulla destra.

Quando mia sorella ritorna a voltarsi verso Aurora, anche io seguo il suo sguardo e vedo che la bionda annuisce poco convinta.

«Be’…Se lo dici tu…» risponde Aurora non sapendo che pesci prendere.

La situazione di stallo e imbarazzo che si è venuta a creare viene buttata giù dalla risata fragorosa di mia sorella.

Aurora ne rimane incantata e anche io mi volto a fissarla. Quando ride è ancora più bella. Non è una di quelle ragazze timide, riservate, che ridono lievemente, la sua è una risata vera, fragorosa, ma anche cristallina, incantevole. Anche Aurora, dopo averla guardata incantata per un attimo, inizia a ridere.

«Ciao! Sono Alessandra, la sorella di questo idiota.» si riprende un po’ mia sorella, tendendo la mano verso la ragazza bionda che le sorride a sua volta.

« Hey! » Esclamo indignato. Come si permette di darmi dell’idiota? Davanti alla mia ospite poi… Prima o poi la uccido!

«Aurora. Amica dell’idiota. » La guardo smarrito, ma Aurora mi lancia un’occhiataccia, forse ancora un po’ arrabbiata per la mia uscita sulla sua omosessualità… Ma non si può parlare in questa casa!

Guardo le loro mani intrecciarsi e un brivido di paura mi scorre dietro la schiena.

È una congiura!

«Mi dici una cosa?» Chiede mia sorella in un tono che non mi piace per niente. Anche Aurora deve aver capito dallo sguardo furbo e irriverente di mia sorella quanto questa sia psicopatica e pericolosa, quindi si volta a guardarmi senza sapere cosa fare e io faccio un cenno negativo con la testa.

« Veramente… » inizia a dire la bionda, ma mia sorella la interrompe incurante.

«Il perizoma lì per terra è tuo?»

Seguo la direzione indicata da mia sorella. Di che diamine sta parlando?

Un dubbio mi nasce spontaneo ed inorridisco.

Semi nascosto sotto il divano c’è un perizoma nero. Sono quasi certo che sia della moretta di quella notte…Oddio!

Guardo Aurora terrorizzato, ma quella fa un semplice cenno di diniego con la testa, lo sguardo duro. «No. Però mi sembra quasi di conoscere la proprietaria, scommetto che è una ragazza molto aperta.»

Mi scappa una risata, ma un’occhiataccia che ricevo da parte di Aurora mi avverte che è meglio se rimango in silenzio.

È adorabilmente gelosa…

«Vero?» Mia sorella sembra entusiasta ed annuisce sorridendo.

«Hai fame? Di là il mio fratellino ha preparato un pranzetto niente male, spero ti piaccia il minestrone, però.»

L’altra annuisce e si dirigono in cucina insieme lasciandomi lì come un’acciuga.

Mi guardo intorno con un aria smarrita. Ma che sta succedendo?

 

Quando le raggiungo trovo il mio posto occupato dalla mia dolce sorellina e io sono costretto ad apparecchiare dall’altra parte per me.

Dopo aver messo un altro posto a tavola mi siedo anch’io, ma le due ragazze stano parlando tra loro e non fanno caso alla mia magnifica presenza.

Se c’è una cosa che odio più dei demoni è proprio essere ignorato!

Cerco di ascoltare cosa dicono per prendere parte al discorso, ma non credo di poter dare la mia opinione su trucchi, vestiti e gioielli, per non parlare di quando passano a parlare di ragazzi.

Sembra che Alessandra abbia già raccontato del suo lavoro ad Aurora, perché la bionda non fa altro che domandarle di Milano, della moda ecc…

Alessandra invece, come sempre, ha già inquadrato la sua interlocutrice e gestisce la conversazione in modo da portarla sugli argomenti che preferisce e cercando di non darmi la possibilità di entrare nella chiacchierata.

Mangio in silenzio offeso.

Ho preparato io il pranzo! E poi quelle due non si conoscevano fino a quindici minuti fa, come cavolo è possibile che parlino così tranquillamente, manco fossero migliori amiche!

Mi ostino a rimanere offeso, finché mia sorella non si volta verso di me e non mi rivolge la parola.

«Allora fratellino, da quanto state insieme?»

Aurora sputa fuori tutto il succo d’arancia che stava bevendo e macchia la tovaglia, mentre io rischio di strozzarmi con la mia stessa saliva.

«No, noi non…» inizia a rispondere Aurora, ma la interrompo bruscamente.

«MA COME TI SALTA IN MENTE?! MA SECONDO TE IO E LEI POTREMMO STARE INSIEME?!» le grido contro furioso.

Come può anche solo pensare che io abbia una ragazza fissa, tanto meno una come lei, che non mi guarda a torso nudo? E poi, come si permette di fare domande private, tanto meno a me!
Lo sapevo che avrebbe fatto queste allusioni! Lo sapevo benissimo! Brutta impicciona, chiacchierona, rompicogl…

Mentre vado avanti con i miei improperi mentali verso quella odiosa creatura che non può essere mia sorella, perché se avessimo dei geni in comune non sarebbe così odiosa, guardo un attimo in direzione di Aurora. La bionda ha gonfiato le guance offesa e mi sta guardando male.

Ops…Forse si è sentita tirata in causa…

«Stai dicendo che sarei troppo brutta per stare con uno come te?» chiede fredda.

Adesso si è offesa! Ma scusa, prima non da alcun segno di essersi accorta di me e quando dico semplicemente che non sembriamo una coppia si offende… Donne… Chi le capisce…

«Certo che no!» le rispondo cercando di calmarmi, dopotutto non sono arrabbiato con lei, ma solo con mia sorella. Tutto questo è colpa sua, sono sicuro che lo ha fatto apposta.

« Sto dicendo che si vede che sei troppo freddina per stare con me… » argomento con finta tranquillità.

«Vuoi dire che non è passionale e che non ti fa eccitare?» chiede fintamente ingenua mia sorella mettendo in gioco i suoi occhioni da cucciolo innocente.

«Tu stai zitta!» le sibilo contro.

«Non ti sembro passionale?» chiede allora Aurora incrociando le braccia al petto e alzandosi in piedi.

«Certo che…emmmnnhh… Non saprei…»

Che cazzo le rispondo? Ma non eravamo solo amici? Ecco perché non ho mai avuto amiche donne…

Perché mi fa queste domande? Che ne so io se è passionale? Certo, possiamo scoprirlo. Io avevo programmato di scoparmela in cucina giusto oggi, non è colpa mia se Alessandra ha rovinato i programmi!

«Stai dicendo che non ti potrei far eccitare?» si altera lei.

Quello di tirare su l’attrezzo è un compito in cui non ho mai avito difficoltà, lei però potrebbe essere così aggressiva anche quando siamo soli e io non avrei minimamente bisogno di forzarlo per farlo alzare.

Guardo mia sorella, che ascolta la discussione con interesse.

« Emmh…»

Mi alzo in piedi anche io, pronto a buttarmi di lato nel caso la ragazza decida di usare i coltelli a tavola per scopi non puramente legali. Ecco a cosa serve prendere i coltelli da tavolo con la punta arrotondata, devo farmi un’annotazione da qualche parte.

« Mi dispiace Aurora, il mio fratellino è un po’ maleducato. Scommetto che riusciresti a conquistare qualsiasi uomo tu voglia!» le dice Alessandra e Aurora le sorride riconoscente.

«Non esagerare adesso… non credo potrei fare colpo sui modelli che frequenti tu! Cosa darei per vedere Mat Gordon dal vivo…»

Sotto il mio sguardo allibito una calmissima Aurora si risiede e inizia a parlare con Alessandra facendosi dei complimenti a vicenda.

«No, sono sicura che avresti buone possibilità anche con uno come lui, è un ragazzo veramente stupendo e credimi, gli piacciono molto le forme...»

«Chi diamine è sto Mat Thompson?» riprendo posto e mi insinuo nella conversazione, irritato che sbavino in questo modo su un tizio che non sono io.

Sono di sicuro più bello! Mi rassicuro.

Aurora mi ghiaccia con uno sguardo lampeggiante di rabbia.

Forse è ancora arrabbiata con me…Sempre a causa della gelosia o c’è altro?

«Un modello. Un gran bel modello. Anche se io preferisco Carlos Freire. Ogni volta che lo vedo…» mi risponde mia sorella.

Io la fisso sconcertato ignorando l’ultima frase. «Aurora riuscirebbe a far eccitare un modello?» chiedo inarcando un sopracciglio incredulo.

«Secondo te sono così frigida?» mi chiede la bionda con nonchalance.

Alessandra mi redarguisce con un occhiata, così penso bene alle mie parole. Devo cercare di non dire cretinate, se no si incazza veramente.

«Non penso che tu sia frigida! » Annuisco convinto. « Però, insomma… Hai scritto in faccia “Non la do”!»

Alessandra sbianca, mentre Aurora si fa livida in volto.

Oddio! Risparmiatemi!

Provo a rimediare, ma non mi viene in mente nulla. Perché si è offesa ? Dopotutto è la verità! Prima mi chiede le cose e poi non vuole le mie risposte?

Non si è mai arrabbiata tanto con me, non è giusto! È tutta colpa di mia sorella.

Poi ho l’illuminazione. Sarà mica in uno di quei periodi in cui perde sangue?

« Hai per caso il… Come si chiama… Sai no, quel problema femminile…? »

La bionda sembra sbollire un po’ la rabbia per fissarmi incuriosita, mentre mia sorella si morde un labbro per trattenersi dal ridere.

All’improvviso anche Aurora sembra capire e dai suoi occhi scaturiscono lampi omicidi.

Evidentemente ci ho azzeccato…

«Intendi il ciclo? Tipico ragionamento maschile… Sparano cavolate e poi se vedono che ci arrabbiamo danno la colpa alle mestruazioni! » detto questo si rivolge a mia sorella dicendole: « Conoscerti è stato un piacere, a presto.» poi sbatte una mano sul tavolo e senza guardarmi esclama con una voce fredda: «Grazie per il pranzo!»

Esce dalla cucina sotto il mio sguardo allucinato.

Mi devo essere perso qualche pezzo… Ma come siamo arrivati fino qui? Donne…

 

Rimango immobile un secondo a fissare la sedia vuota su cui era seduta Aurora, finché non mi arriva un calcione da sotto il tavolo.

«Aih! » Mi massaggio la gamba dolorante e fisso mia sorella sorpreso. « Ti sei rincoglionita? Che vuoi? »

Il suo sguardo esasperato verso l’alto mi offende profondamente.

« Non ho detto niente di male! Non è colpa mia! Anzi, a dire il vero sei stata tu…  » Mi difendo.

«Vai da lei! Muoviti!» mi sussurra allora mia sorella.

«Per fare che, scusa?» Metto il broncio.

Non mi scuserò per niente al mondo, ho solamente detto la verità!

«Se non vai a riprenderla non tornerà più… Le hai detto chiaramente di non essere interessato a lei, asino! Falla sentire attraente e, se riesci, fai in modo di non sembrare troppo idiota... »

Si alza e dopo avermi tirato su di peso, mi spinge nell’altra stanza, dove trovo Aurora intenta a prendere tutti i suoi libri e a metterli nella borsa con rabbia.

Ma che…?

«Aurora…» 

Non si gira. Accidenti!

« Senti… io… cioè…»

Cosa dovrei dirle? Ah, si! Alessandra mi ha detto che si è sentita poco attraente, conviene farle dei complimenti…

« Hai un bel culo.»

Aurora si volta a fissarmi sconvolta e rossa in faccia. Sembra che gli occhi vogliano sgusciare fuori dalle orbite tanto sono allucinati. 

«Cosa?»

«Be… È grosso, tondo e sodo…» La guardo bene.

Complimenti, devo trovare dei complimenti da farle.

Aurora diventa ancora più rossa e inizia a camminare all’indietro verso la porta, guardandomi come se fossi un pazzo. 

«Non sei affatto male, hai un bel viso, un corpo morbido. E poi adesso che hai il ciclo le tue tette sono diventate enormi! » Pensare che non ci avevo neanche fatto caso prima, allora è vero che il seno si ingrandisce…

«Sembri un’attrice porno!» Termino in bellezza con euforia. Alle ragazze che mi porto a letto piace sentirselo dire.

Sento delle risate dalla cucina.

Merda! Io la uccido, le strappo i capelli a manciate, le cavo gli occhi, la strangolo e disciolgo il suo cadavere nell’acido! Possibile che sia mia parente?! No,devono averla adottata…

Probabilmente anche Aurora sente mia sorella, perché impallidisce.

«Mi stai sfottendo?!» chiede, quasi sollevata.

La guardo un attimo pensando a cosa dovrei risponderle. È terribile avere amiche donne, molto meglio “una botta e via”! Dopo un po’ o sclerano loro o impazzisco io…

Evidentemente decide da sola se la sto sfottendo o no, ma non ho la minima idea di cosa abbia stabilito la sua mente bacata da donna. 

«Ci vediamo Giacomo…» mi dice solamente, prima di farmi un cenno con la mano e uscire.

«Grazie Signore per avermi fatto assistere ad una scena del genere…» Se la ride dietro di me Alessandra con le lacrime agli occhi.

È giunto il momento di compiere il mio primo omicidio contro un essere umano.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Aurora ***


cap 8

Comincio scusandomi per il ritardo. Colpa mia! >.< 

Continuo col ringraziare coloro che hanno commentato i capitoli fino ad adesso (I due recensori per eccellenza  darllenwr  NemoTheNameless), coloro che hanno inserito la storia tra le preferite (Spero che mi concediate di fare il vostro nome, perché sono troppo entusiasta della cosa! * , *): Giulia96 e Monica. Grazie! 
Ringrazio anche chi ha messo questo raccontino di mia invenzione tra le seguite/ricordate. :D
Ed infine la M-I-T-I-C-A Michela, che mi sopporta e si legge ogni capitolo in anteprima alla faccia di tutti gli altri... xD 
Oggi sono in vena di ringraziamenti, quindi approfittatene... ;)

Termino mandando un grande abbraccio a tutti coloro che vivono a Genova e capitano su questa pagina. Mi è dispiaciuto tantissimo per quanto accaduto, in particolare la morte delle bambine mi ha lasciato sconvolta. 
Da noi ad Imperia, dove invece l'allerta era altissima e le scuole sono state tutte chiuse, non è successo nulla ed ha piovuto pochissimo, grazie al vento che è cambiato all'improvviso.  Per fortuna, perché neanche noi saremmo stati in grado di gestire un'ondata d'acqua del genere.

Vi lascio alla lettura, con la promessa del prossimo aggiornamento in tempi molto più rapidi...

Bacioni!

Capitolo 8 -  Quando c'è una serata in ballo


Non mi ero resa pienamente conto di quanto mi fossi affezionata a Giacomo in questo periodo. Rimanere a casa mia, sola, ogni pomeriggio per quattro giorni è stato devastante. 
Continuo a distrarmi ripensando a lui e alle sue abitudini idiote, come quella di gridare contro gli avversari nelle partite di calcio che faceva con l’X-BOX. Ogni volta che i nemici gli rubano il pallone dai piedi, seppur raramente, li insulta in tutti i modi. Più ci penso più lo trovo idiota! Quegli omini virtuali non lo sentono neanche!
Quando pranzavo da lui, a parte l’ultima volta, si limitava a comprare dei panini, ci mettevamo a mangiarli sul divano guardando la televisione e ogni volta riusciva a far cadere qualcosa. Fortuna che il divano è di pelle e non rimane la macchia… Naturalmente se a me cadeva anche solo una briciola ero morta, si disperava come pochi e mi accusava di voler sporcare l’amore della sua vita, ma quando succedeva a lui non potevo dire nulla. Dopotutto, come mi ha ricordato anche troppo spesso, il SUO divano approva qualsiasi gesto del SUO padrone.
Per non parlare di come si innervosiva quando lo riprendevo per qualcosa, mi faceva delle smorfie alle spalle e a volte anche il verso, pensando che non me ne accorgessi, mentre io riuscivo a stento a trattenermi dal picchiarlo. Decisamente è un bambino.
Non posso impedire la nascita spontanea di un sorriso sul mio viso ripensando alle sue smorfie indispettite… Il suo di sorriso poi! Quell’adorabile ghigno che gli deforma il viso quando mi prende in giro è lontano anni luce dal sorriso dolce, che mi rivolge rarissimamente. Le poche volte che si è lasciato sfuggire quel sorriso e quella sua espressione gioiosa il cuore mi si è fermato all’improvviso, per poi riprendere a battere più veloce. 
Con quei suoi boccoli castano chiaro, quegli occhi dorati e quel viso armonioso sembra un angelo caduto direttamente dal paradiso! Fosse almeno brutto non correrei nessun rischio di innamorarmi di lui! Brutto e odioso, magari! Invece…
Sicuramente ha un’infinità di difetti, ma trovo piacevole vederlo ed averlo accanto.
Mi manca anche vederlo combattere con le spade… in quello non sembra proprio un bambino, con il fisicaccio che ha!
Chiudo gli occhi e riporto alla mente l’immagine delle sue spalle larghe, le braccia muscolose, quegli addominali scolpiti…
Sarà anche un montato pazzesco, ma se lo può permettere riguardo all’aspetto esteriore. 
Sospiro.
Insomma! Come può una tale meraviglia del creato essere così idiota?!
Ripenso all’ultima volta che ci siamo visti. Mi è piaciuto tantissimo il pranzo. Sia il minestrone che le patitine fritte erano ottimi, inoltre Alessandra, sua sorella, è simpatica e molto bella. 
Certo metteva ansia con quegli occhi intelligenti e ipnotici. Dopo neanche cinque minuti a parlare con lei mi sembrava di essere quasi manovrata, sembrava quasi che mi suggerisse cosa dire e come muovermi.
I suoi discorsi erano brillanti, ma anche tremendamente soffocanti, perché non avevo alcuna libertà di intavolare argomenti nuovi senza il suo permesso…
Di primo impatto l’avevo presa male, perché era così bella ed affianco a Giacomo stava benissimo. Immagino che la mia sia stata pura invidia e, perché no, anche un po’ di gelosia. Non avevo capito che sono fratelli, anche se ripensando alle loro somiglianze trovo quasi impossibile il fatto di non essermene accorta. Hanno gli stessi lineamenti del viso, la stessa carnagione, lo stesso fisico asciutto e possente e lo stesso colore di capelli, per non parlare di quegli adorabili boccoli! Sembravano due modelli appena usciti dal catalogo di moda! 
Alla fine si è dimostrata gentile ed estroversa. Non è così male. 
Quando aveva fatto quella domanda su me e suo fratello ho immaginato subito che volesse scherzare e stuzzicare Giacomo, ma la reazione del ragazzo è stata esagerata ed ha iniziato a sparare cretinate una più grossa dell’altra.
E poi…
In un attimo vedo la sua faccia imbronciata di fronte a me, i capelli spettinati, gli occhi dorati e la bocca… aperta a lodare il mio corpo.
Mi accorgo di essere arrossita di nuovo e mi lancio sul letto per soffocarmi con il cuscino. 
“Hai un bel culo… Grosso, sodo…”
Spingo di più il viso contro la federa fino a stampare le mie fattezze sul guanciale. Potrebbe diventare una nuova Sindone…
Lo spirito di auto-conservazione non mi permette il suicidio, così alzo la testa dal cuscino e mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa per anestetizzare i sensi e morire tranquilla…
Che vergogna! Gli si era inceppato il cervello? Più del solito, intendo.
Mi volto e rimango sdraiata sulla schiena a fissare il soffitto. Mi ha detto che potrei darmi alla pornografia!
Scoppio a ridere da sola come un’idiota ripensandoci. È allucinante cosa esca dalla bocca di quel ragazzo quando si concentra. Più pensa a quello che dice più spara minchiate.
L’arrabbiatura mi era già passata il giorno dopo la litigata, mi basta una buona notte di sonno per tornare di buon umore, ma l’imbarazzo… Quello è rimasto lì, a bloccarmi dal ritornare da lui.
Davvero pensava quello che ha detto? Gli potrei piacere? Dio, sembro una bambina alla prima cotta!

E poi lui è così… E frequenta zoccole così… E io non sono decisamente così…

Ritorno a tentare il soffocamento con il cuscino.
Mi preparo per andare a scuola e inizio ad avviarmi con lo scooter.

Fino ad adesso non avevo mai avuto molti problemi a non lasciarmi coinvolgere fisicamente da lui credendo che non ci fosse attrazione fisica tra noi.
Sapendo che lui mi trova, almeno un po’, attraente… Uffa! So già che non riuscirò più a guardarlo allenarsi a dorso nudo senza poter evitare pensieri che mi faranno diventare rossa come un pomodoro maturo.
Accanto a me gli altri miei coetanei corrono, scherzano e ridono tra loro nel cortile del liceo, ma io sono persa nei miei pensieri ed al suono della campanella mi lascio semplicemente trascinare dalla folla.
Una volta arrivata in classe mi siedo al mio banco e tiro fuori i libri.
«Aurora!»
Mi volto riconoscendo la voce della mia compagna di classe. Vedo Silvia venirmi incontro sorridente. I lunghi capelli biondi intrecciati le cadono morbidi su una spalla in una treccia laterale, mentre i suoi occhi verdi mi guardano brillanti come smeraldi. I tratti del viso sono spigolosi, gli zigomi alti. Mi si avvicina con un sorrisone a trentadue denti stampato in faccia. Che le è preso? 
Sento la mia fronte corrucciarsi e inorridisco al pensiero di cosa possa volere da me.

La adoro, è una ragazza d’oro ed è molto dolce, ma è egoista come pochi ed ho imparato che quando sorride in quel modo c’è un motivo, che sicuramente non gioverà ad altri che a lei.
« Aurora, cosa mi racconti? Cosa ci fai qui tutta sola?» Chiede allegra per iniziare un qualche discorso.
Le mie sopracciglia tentano di raggiungere l’attaccatura dei capelli. 
Mi guardo intorno. Sono in classe e sono china sul quaderno di matematica per ripassare due cosette, vista la possibilità molto alta di un’interrogazione. Molti altri sono nella mia stessa situazione, tranne un gruppetto che parla tranquillamente in un angolo della classe, tra questi riconosco alcuni di quelli che sono già stati interrogati.
Considero la mia “solitudine” e poi mi rivolgo nuovamente a Silvia, che non ha perso quel sorriso inquietante. 
« C’è qualcosa che mi vuoi dire?» Le domando sospettosa.
La ragazza allarga il sorriso contenta ed io inizio a preoccuparmi seriamente.
«Andiamo alle Capanne questa sera? E poi vieni da me a fare un pigiama party? Saremo io, te, Caro e Giulia.»
A sentire il suo nome, la ragazza seduta vicino a me alza la testa dal quaderno e ci guarda curiose. Carolina è la mia vicina di banco, nonché migliore amica di Silvia da quasi due anni. Giulia, l’altra ragazza che ha nominato è nella classe affianco.
Le “Capanne” è una bella discoteca della zona, proprio sulla spiaggia. In estate c’è sempre tantissima gente, ma anche in inverno qualcuno ci fa un salto per staccare un po’ la spina.
« Dai Aurora! Ci stai trascurando nell’ultimo periodo, scappi sempre da qualche parte dopo le lezioni, l’ultima volta non sei venuta neanche a fare colazione con noi quando ci mancava la prima ora e non esci la sera ormai da un po’…» Mi prega Carolina elencandomi le mie mancanze.
Effettivamente le sto un po’ trascurando per stare con Giacomo, manco fosse il mio ragazzo! 
E non sono le uniche.

Mi volto a cercare con lo sguardo Flavia, una mora seduta nell’ultima fila, intenta come me a ripassare. È una ragazza che conosco da tantissimo tempo e con cui uscivo sempre insieme a Martina, quest’ultima potrei definirla la mia migliore amica.
Martina frequenta la scuola per diventare geometra, siamo sempre state insieme e le voglio un gran bene, ma ormai non ci vediamo più così spesso.
Sia lei che Flavia sono fidanzate ed uscire con loro, senza dover fare da terzo incomodo, è diventato così difficile che mi sono aggregata al gruppo di Silvia, dove siamo tutte single.

Riguardo alle serate fuori, l’ultima mia uscita notturna era stata il weekend prima del mio incontro con il demone. Dopo quella volta ho avuto sempre un po’ paura a muovermi da sola dopo il calare delle tenebre. A volte ho ancora gli incubi su quella sera. 
Rabbrividisco.
L’unico con cui mi fiderei ad uscire di notte ormai è Giacomo… Ecco che ci ripenso! Possibile che non riesco a togliermelo dalla testa?!
Cerco di trovare una scusa decente per non andare. 
« Lo sapete che la prossima settimana abbiamo una verifica dietro l’altra,nvero?» chiedo severa.
Non voglio fare né la secchiona, né la piantagrane, ma studiarsi Scienze della terra, filosofia, storia e inglese il giorno prima di ciascuna verifica è un suicidio.
Silvia alza gli occhi al cielo, mentre Carolina sospira scoraggiata.
«Andiamo Aurora! Puoi studiare domani…» 
La guardo di sbieco. « Tesori miei, sapete benissimo che se vengo a dormire da te o da Caro non riusciremo a dormire più di tre ore e domani saremo totalmente rincoglionite!»
Sia Silvia che Carolina scoppiano a ridere e mi strappano un sorriso. 
« Tranquilla, noi saremo nella stessa situazione con lo studio! E non solo noi, molti altri nella classe vengono in discoteca sta sera, perché c’è un DJ abbastanza famoso…»
Il professore entra in aula e Silvia è costretta a tornare al suo posto, mentre io e Carolina ci prepariamo mentalmente ad affrontare una possibile interrogazione.
Fortunatamente il professore non ci chiama e noi ci rilassiamo all’istante.
« Allora cosa fai, vieni o no?» Mi chiede la mia compagna di banco.
Faccio un cenno di diniego con la testa. Non voglio.
Carolina mi fa segno di avvicinarmi a lei ed io eseguo incuriosita. Solitamente quando vuole raccontarmi dei segreti o chiedermi qualcosa che la imbarazza tenta di sussurrarmelo nell’orecchio, ma poche volte l’operazione va a buon fine.
Appena le sue labbra sfiorano il mio orecchio ed il suo respiro solletica la pelle della guancia mi tiro velocemente indietro ridacchiando.
Carolina inarca il sopracciglio destro in un’espressione irritata e io mi giustifico con un sorrisone di scuse.
Dopo che la cosa si ripete altre due volte, la mia compagna di banco, esasperata, ritorna a parlare normalmente senza più curarsi delle orecchie in agguato della classe. 
Inizia a dondolarsi sulla sedia e allo stesso tempo tiene gli occhi fissi su di me, concentrata a scrutare ogni mia minima reazione.
« Toglimi una curiosità. Dove sgattaioli ogni volta dopo la scuola? »
La guardo un attimo a bocca aperta, poi rispondo un po’ incerta. « Te l’ho già detto, vado da Martina, abbiamo ripreso a frequentarci spesso ultimamente…»
« Risposta sbagliata! » ripiomba con la sedia sul terreno e mi punta contro l’indice con fare accusatorio. I suoi occhi celesti mi fissano con aria d’accusa. « Silvia ha chiesto a me, io le ho riferito la tua scusa, poi lei ha domandato a Flavia, che a sua volta a parlato con Martina. La risposta ha seguito il percorso in senso opposto…»
Wow, che catena…
« Comunque alla fine sappiamo che tu e Martina non vi vedete da un po’… »
Sono fregata.
« Senti. » La sua voce si fa più dolce, il suo sguardo comprensivo e mi si avvicina di più con la sedia. Utilizza il tipico tono che nei film viene riservato all’annuncio di maternità al proprio compagno. « Non voglio costringerti a dirmi nulla, ma… C’entra un ragazzo? »
La saliva mi va di traverso e spalanco gli occhi esterrefatta. « No, certo che no…» Cerco di dire, ma lo sguardo divertito che mi rivolge Carolina la dice lunga sulla mia credibilità.
La mia compagna di banco, fortunatamente, fa finta di credermi e non accenna più l’argomento “ragazzo” per tutta la giornata. 

All’ultima ora ritorno a pensare alla serata in discoteca. 
Forse mi serve un po’ di svago. Lo stress per la scuola e le litigate con Giacomo mi stanno esaurendo… 
Non posso essere così sfortunata da beccare un alto demone! Suvvia, su trentamila abitanti di Imperia proprio a me devono comparire i demoni per la seconda volta? C’è gente che non ne ha mai visti in vita sua!
Attiro l’attenzione della mia vicina di banco e mi sporgo verso di lei per comunicargli la mia decisione. 
«Vengo stasera, però non posso venire in moto, perché…» Mi serve una bugia! «… è dal meccanico!»
Che banalità… Di meglio no, vero?
Lei mi sorride. I capelli corti e neri le incorniciano il volto, mentre un ciuffo della frangia è caduto a coprirle l’occhio e lo scosta infastidita prima di rivolgermi nuovamente tutta la sua attenzione.
« Se troviamo qualcuno che ci scarrozza in macchina vieni, vero?» mi chiede con il tono zuccheroso che utilizza spesso per convincere qualcuno.
« Andata! » Le sorrido. «Però se il conducente osa bere anche solo un goccio d’alcol si ritrova direttamente all’obitorio ancora prima di salire in macchina! E non facciamo neanche troppo tardi, massimo le tre, che ne dici? » impongo le mie regole.
« Per il conducente sobrio, ovvio. Per l’ora… Facciamo le quattro?»
Alzo gli occhi al cielo. I miei non mi lascerebbero mai fuori fino a quell’ora, il massimo possibile sono le tre e mezza, meno male che vado a dormire fuori…
«Ok!»

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Giacomo ***


cap 9
Come promesso il capitolo è arrivato abbastanza in fretta ! :D Spero che vi piaccia... So che molti di voi amano Giacomo alla follia (ironia pura! :P), quindi questo capitolo è dedicato a loro! xD

Bacioni! :)

 
Capitolo 9 - Un legame di sangue


Sono elettrico quest’oggi. Non la sopporto più. Alessandra è una palla tremenda, non solo lavora poche ore alla settimana, perciò è sempre tra i piedi, ma non mi aiuta neanche in casa. Non si lava nemmeno la tazza!
« GIACOMOOOOOOO…»
Giuro che la strozzo!
Alzo gli occhi al cielo esasperato, non sono abbastanza paziente per sopportare quella scansafatiche.
«Cosa c’è?» Chiedo con voce strozzata.
Non ottenendo risposta lascio le tazze nel lavandino e mi dirigo in sala, dove la trovo sdraiata comodamente sul divano di pelle, con una coperta addosso. Credo sia l’unica distruttrice di demoni al mondo a soffrire il freddo! 
Alzo nuovamente gli occhi al cielo pregando per avere più pazienza, visto che la mia è al limite estremo.
Mia sorella sta tentando di prendere il telecomando dalla mensola sotto la televisione pur restando sdraiata.

Andiamo! A meno che non riesca ad allungare il braccio di due metri buoni il telecomando resterà al suo posto!
All’improvviso si volta verso di me e mi guarda con gli occhioni dolci.
« Mi passi il telecomando, per favore?»
Sono sicuro che il tic all’occhio, che mi è venuto, non è dovuto a qualche allergia, anzi, forse sono allergico a mia sorella. 
Porto le mani tra i capelli e le stringo a pugno. Cosa ho fatto di male?!
Mentre impreco mentalmente nei suoi confronti mi cade l’occhio sulla miriade di vestiti buttati su tutto il divano e sulle scarpe sparse sul pavimento. Respira, ancora qualche giorno e si toglierà dai piedi…
Avvicinandomi alla mensola aggiro il divano e mi ritrovo davanti una moltitudine di sacchetti e scatole buttate a terra.
Respira! Non puoi ucciderla, è sangue del tuo sangue…
Alessandra nota la mia occhiata sconvolta a quel macello e mi fa presente tutta contenta di essere andata a fare shopping.
Sorella, sei ufficialmente morta.
Sono sicuro che il sangue viene via abbastanza facilmente dalla pelle, almeno non sporcherò il divano se no Aurora potrebbe avere una buona scusa per riprendermi e non voglio litigare nuovamente con lei… 
Mi blocco. 
Sono cinque pomeriggi, contando anche oggi, che la bionda non si fa vedere. Fortunatamente, da questo punto di vista, ho avuto Alessandra che non mi ha dato modo di sentire molto la solitudine, ma non è la stessa cosa. Mia sorella fa di tutto per innervosirmi, mentre Aurora tentava di farmi ridere o di farsi ascoltare con le sue sciocche ramanzine. 
Adoro quando la bionda mi sgrida, imbronciata come una bambina piccola. Quando vede che non le do retta sbatte i piedi per terra e sembra in procinto di gridare “Tagliategli la testa!” come la Regina di cuori nel cartone della Disney, “Alice nel paese delle meraviglie”. 
Quando insultavo quei giocatori stronzi all’X-BOX, Aurora rideva di gusto e mi guardava accondiscendente, facendomi salire un certo calore allo stomaco che mi procurava un piacevole rimescolio alle budella e terminava con un, fortunatamente debole, impulso all’inguine.
Nell’ultimo periodo trovavo particolarmente afrodisiaci i suoi sguardi su di me negli allenamenti e tentavo in tutti i modi d’impressionarla. 
Mi immobilizzo stupito. 
Da quando in qua mi comporto così per una ragazza, ma soprattutto, com’è che non mi sono accorto prima di queste mie stranezze?

Ormai sono cinque giorni che non mi alleno. Tutto è tornato a prima che arrivasse lei. Non ho più voglia di fare nulla e mi limito ai bisogni fisiologici di base: mangiare, dormire ed espellere sostanze inutili. A volte vegeto sul letto, altre sistemo il casino di mia sorella nella speranza che lei torni. Sono sicuro che tornerà e riporterà una ventata d’aria pulita in questo seminterrato così triste.
Deve tornare! 
Io non posso tenere a posto i libri, toccarli mi provoca l’orticaria! E poi chi potrebbe assistere ai miei allenamenti se lei non c’è? Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a tenere buona mia sorella, altrimenti la casa finirà per scoppiare…
Com’è possibile che proprio io sia diventato dipendente da una ragazza?
«Giacomo, va tutto bene?» 
La domanda di Alessandra mi riporta alla realtà e mi accorgo di essermi seduto accanto a lei sul divano con lo sguardo perso nel vuoto.
Mia sorella mi sta guardando preoccupata e io cerco di non arrossire.

Non succede spesso che mi lasci cogliere dalle debolezze come in questo momento. Nella nostra famiglia ognuno deve imparare a mettere da parte i sentimenti ed andare avanti per la sua strada senza chiedere aiuto. 
Da bambino quando mi facevo male cadendo, dovevo curarmi da solo, nessuno doveva consolarmi, altrimenti si rischiava che venissi su troppo accudito ed incapace. Certo, è anche vero che qualche eccezione c’è stata, soprattutto da parte di mia sorella, che mi aiutava non appena i grandi non guardavano.

Mi accorgo che Alessandra mi si avvicina un poco,  ma si ferma prima di raggiungermi. La vedo mordicchiarsi il labbro indecisa su cosa fare.

Essendo la più grande e la più forte tra i fratelli, si è sempre presa cura di me e di Marco.
Quest’ultimo e Alessandra sono gemelli, ma lui  è sempre stato il più pacato, il più dolce e debole tra i due. Ha avuto molti problemi di salute da piccolo e Alessandra si è presa cura di lui annegandolo in parole rassicuranti e di conforto ed aiutandolo di nascosto laddove mostrava troppe difficoltà o carenze.
Adesso vivono insieme a Milano e sono due dei migliori combattenti viventi, inoltre formano una coppia imbattibile. 
Certamente mio fratello ha dovuto mettere da parte l’orgoglio maschile molte volte a causa di quella ragazza così autoritaria e testarda. Non è facile essere superato in tutto e per tutto da lei, anche io ne so qualcosa... 
Distolgo lo sguardo dagli occhi azzurro-verdi di lei, la sua espressione preoccupata mi mette a disagio.

« Lo sai che se mai dovessi avere bisogno di aiuto io ci sono, vero? » Mi chiede in un sussurro a malapena udibile.

Borbotto qualcosa di indistinto che suona come un “Cazzi miei…” e la vedo sorridere dolcemente. 

Marco mi ha chiamato ieri per sapere se Alessandra stava bene ed io ho risposto che era in ottima forma e che si stava divertendo a farmi saltare i nervi e lui si è subito rasserenato. Mi ha detto che il ragazzo con cui nostra sorella si stava frequentando sta per sposare un'altra e che probabilmente è per quello che lei è scappata ed è venuta a vivere con me per un po’.

Non so chi sia il tipo in questione, ma se lo vedo gli trancio le palle.

Tutta questa storia mi ha lasciato stupito, non solo perché non pensavo esistesse veramente un ragazzo in grado di conquistarsi i suoi favori, ma anche perché lei si comporta normalmente e non sembra minimamente triste o abbattuta. Tuttavia con lei è veramente difficile capire cosa prova. Non ha mai avuto bisogno di nessuno e, a vederla, sembra sempre allegra, da che io ricordi non ha mai abbandonato il suo splendido sorriso per troppo tempo. Non ricordo di averla mai vista piangere, neanche al funerale dei nonni.

Non so nemmeno se, per una volta, non desidererebbe il mio aiuto.

A lei non ho chiesto nulla. Non mi ha mai dato modo di introdurre l’argomento e poi io non sono bravo in queste cose! Se almeno ci fosse Aurora a darmi una mano…

«Non mi hai più preso il telecomando!» Si lamenta mia sorella con tono melodrammatico dopo un attimo di silenzio. 
Mi sfugge un sorriso nel vederla così arruffata e speranzosa nel mio aiuto.

Ok, non era proprio questo l’aiuto che volevo offrirle, ma…Ok.

È impossibile pensare a lei come alla “Distruttrice” in questo momento. La vedo nascondersi al calduccio sotto la copertina e guardare con adorazione il telecomando. 

Sbuffando mi alzo e vado a prenderle quel maledetto coso. Mentre sono ancora voltato di schiena mia sorella ricomincia a parlare.
« Le piaci. »
Mi volto a guardarla sorpreso. Sul volto di Alessandra si è disegnata un’espressione pensosa e i suoi occhi fissano un punto indefinito sulla parete.

« Cosa?! » le chiedo con un tono di voce talmente alto da rompere i vetri. Non sapevo di poter fare una voce così acuta…
«Niente, non ho detto niente, ma tu devi essere meno idiota… Ora mi prendi quel telecomando o mi devo alzare per forza?»
La guardo a bocca aperta e sto per chiedere altre spiegazioni, quando lei parte in quarta con un nuovo discorso. 
«Sai fratellino, credo che ti assegnerebbero un’altra provincia se scoprissero che qui non ci sono demoni…»

Rimango un attimo spiazzato da quel cambio di discorso, ma mi riprendo abbastanza in fretta.
La guardo stranito. «Cosa intendi?»
La ragazza castana si tira su seduta e si aggiusta bene la coperta prima di tornare a parlare.
«Nessun demone da cinque notti a questa parte, il segnale d’allarme non ha rivelato nessuna presenza e neanche io ne avverto.»
Scrollo le spalle. «Magari non è periodo… La luna…»
In base al ciclo lunare si possono calcolare dei minimi o dei massimi nell’attività demoniaca sulla terra. Non ho mai studiato bene la cosa, ma sembra che l’astro notturno influenzi in maniera abbastanza netta il passaggio di dimensione che collega il mondo demoniaco al nostro.
«No, ho controllato, la luna non era piena, ma c’è sempre stata.»
Mia sorella sarà anche pigrona per quanto concerne le faccende di casa, ma è una delle Distruttrici migliori d’Italia. Nei combattimenti di coppia, lei e mio fratello Marco, hanno anche vinto diversi tornei internazionali di lotta tra Distruttori. Inoltre, spesso non ha bisogno del segnalatore per percepire le presenze demoniache, semplicemente le avverte.
Effettivamente, adesso che ci penso noto una cosa piuttosto bizzarra. Da quando ho rispedito all’altro mondo quello scheletro, gli avvistamenti demoniaci della zona si sono ridotti drasticamente. 
Se prima di quella sera avevo tenuto il buon record di un demone al giorno, nell’ultimo periodo gli scontri con quelle creature si sono fatti rarissimi. 
Non me ne sono accorto prima, perché Aurora mi ha procurato ampie distrazioni.
Nell’ultimo periodo mi sono concentrato particolarmente sulla protezione della zona dove abita la bionda ed ho piazzato una specie di schermo protettivo sulla sua casa, inoltre quasi ogni notte controllo spesso che lei sia nel suo letto a dormire tranquilla. Sono sempre all’erta nel caso Aurora possa correre qualche rischio.
L’incantesimo di protezione che ho messo intorno a casa sua è uno dei più potenti, in teoria è severamente vietato utilizzarlo per gli umani e viene posto solo a guardia delle nostre case. 
Si tratta di spargere le ceneri, dei corpi cremati di Distruttori defunti, di solito avi della famiglia stessa, sul terreno intorno all’abitazione, così da impedire al demone la percezione dell’edificio o l’ingresso nel caso riuscisse comunque a scoprirla.

Adesso che mia sorella me lo fa notare…La presenza demoniaca in questo periodo è quasi scomparsa.
La cosa non mi dispiace più di tanto, dopotutto è sempre un bene quando quegli esseri non si fanno vedere, ma non vorrei che mi togliessero veramente il controllo di Imperia, per una cosa simile. Altrimenti dovrei lasciare questa città e non voglio.
Io desidero rimanere qui, così in caso di necessità posso salvare la mia bionda! Ho il terrore che le facciano del male, dopotutto Aurora è solo un’umana e, come tutti quelli della sua razza, è molto debole. 
Non so davvero come faccia mia sorella a vivere in mezzo a loro e a frequentarli, io fortunatamente ho avuto pochissimi esseri umani come amici, altrimenti sarei impazzito dalla preoccupazione. 
Solo per Aurora sono sempre sotto pressione ed in ansia tutte le notti, figurarsi se mi legassi ad altri umani…

 Ritorno a dedicare l’attenzione a mia sorella.
«Darò un’occhiata in giro questa notte.» propongo per tranquillizzarla e per quietare l’improvvisa sensazione d’ansia che ha preso possesso di me.
«Vengo anch’io!» Mi propone la ragazza castana con entusiasmo, ma io rifiuto categoricamente. 
Odio andare in giro con mia sorella tra i piedi. 
Per quanto sia un’abile guerriera, tende ad essere un po’ troppo iperprotettiva nei miei confronti. L’ultima volta che sono andato in cerca di un demone con lei, mi ha tenuto lontano dallo scontro e alla fine è andata in crisi di panico per un graffietto che mi ero fatto ancora prima dello scontro.
«No!» 
« Eddaiiii!!!» Si alza già in piedi per iniziare a prepararsi.
« No, vado da solo. Dimentichi che domani hai la sfilata con gli abiti da sposa? Devi riposare, se no ti si rovina la pelle…»
« Ma cosa dici! » fa lei quasi offesa. «Non basta una notte in bianco per rovinare il mio viso!»
Se ci fosse stata Aurora avrebbe sicuramente fatto una battuta tipo “La modestia…che dote di famiglia!” . Sorrido al solo pensiero.
Mi ritrovo a pensare nuovamente a lei. 
Non è giusto! I miei pensieri non hanno mai sostato così a lungo su una ragazza, tanto meno su una con cui non sono stato a letto.

«Dici che troveremo la tua ragazza in giro?» Mi chiede Alessandra mentre si dirige verso le armi.

Le lancio un’occhiataccia.

«Certo che no! Non esce di notte, le ho già detto che non deve… Comunque non è la mia ragazza! E poi tu non troverai proprio nessuno, perché resti a casa. »

Lo sguardo accondiscendente di mia sorella mi irrita, ma è niente in confronto alla rabbia che mi pervade quando quella scoppia a ridermi in faccia. 

Maledette donne...

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Aurora ***


cap 10

Ecco qui con un nuovo pezzetto della mia storia. Ho tagliato in due parti questo capitolo, perché se no veniva troppo lungo, tuttavia aggiornerò più velocemente per rimediare all'interruzione! :) 

Oggi sono particolarmente di buon umore, quindi, nel caso qualcuno di voi (mie adorate lettrici e cari lettori) sia un po' giù di corda, gli/le mando un grandissimo abbraccio! :) 
Vi lascio alla lettura... 

 


Capitolo 10 - Una serata non troppo divertente


Carolina mantiene la parola e riesce a recuperare un passaggio per il ritorno. 

Chiedo ai miei il permesso per andare in discoteca sicura di ottenerlo, ma questa volta sono restii. Sanno che sono una ragazza con la testa sulle spalle ed hanno fiducia in me, infatti, se lo desidero, posso uscire spesso. Tuttavia questa volta è diverso, perché non si fidano a lasciarmi tornare a casa di Silvia, dopo la serata, con uno sconosciuto . 
Cerco di convincerli, ma sembrano sempre meno convinti. Effettivamente non mi sono mai fidata neanche io della guida altrui, soprattutto dopo una serata nei locali. Preferisco di gran lunga muovermi con la mia moto, in modo da decidere ad inizio serata di non bere ed essere sicura di rispettare il proposito. I miei genitori mi chiedono come mai non voglio usare lo scooter ed io sfodero la migliore scusa che mi viene in mente.
«Fa troppo freddo per muoversi in moto di notte.»
Naturalmente mi rispondono con un semplice: «Copriti di più…»
Allora la butto sui sensi di colpa. Tutte le altre sono a questa festa, ci sarà un DJ che adoro (purtroppo non so il suo nome, quindi eludo la domanda), non possono tenermi chiusa a casa in una bella serata come questa… Devono fidarsi di me…
Alla fine mi danno il permesso di uscire, ma a patto che li chiami per qualsiasi problema.
Inizio a prepararmi.
Indosso un vestitino bianco, con molto tessuto sul petto in modo da formare delle balze sul seno, attillato in vita e terminante con una specie di gonnellina a balzi. Come accessori indosso braccialetti ed orecchini bianchi e neri, mentre ai piedi calzo un paio di stivali bassi neri. Non mi posso permettere i tacchi dopo mesi che non li uso, i piedi protesterebbero fin da subito, perché non sono più abituata.
Lascio che i capelli mi ricadano sciolti sulle spalle.
Per la serata mi tengo abbastanza leggera, non ho voglia di truccarmi troppo.
Mi limito al fondotinta, per uniformare il colore della pelle e un minimo di terra per dare un po’ di colore al viso, il tutto senza esagerare, non voglio sembrare un pagliaccio. A seguire uso l’ombretto chiaro all’interno dell’occhio, per poi scurirlo sulla  palpebra, infine sfumo il tutto. Mi cospargo il collo ed il petto di brillantini. Passo velocemente la matita nera e aggiungo il mascara ed il lucidalabbra. 
Perfetta.
Potrei darmi al porno! Penso divertita fissandomi allo specchio.
Ammicco soddisfatta verso lo specchio cercando di imitare le pose che Giacomo assumeva in prossimità di ogni superficie riflettente.

Per un attimo mi guardo seriamente, nel mio riflesso, per valutare se davvero potrei mai avere una possibilità con Giacomo.

Guardo i miei fianchi morbidi, il mio sedere grosso… Non potrei mai piacere ad uno come lui, non ho mai visto un ragazzo più perfetto del Distruttore. Di sicuro si ripassa tutte le Barbie che incontra ed i capelli biondi sono l’unica cosa che io ho in comune con quelle dannate bambole.
Eppure… Ha detto che gli piace il mio sederone! Chissà, magari non mi stava sfottendo… Sorrido come un idiota allo specchio.
La vibrazione del cellulare mi riporta alla realtà è mi avvisa che le mie amiche sono in arrivo.
Mi faccio trovare fuori dal cancello di casa mia, già truccata e vestita per la serata.

Appena entro nel locale sorrido soddisfatta. Non ci sono bambini! 
Nell’ultimo anno le discoteche di Imperia erano state prese d’assalto da tredicenni e quattordicenni, di conseguenza i ragazzi più grandi aspettavano la loro dipartita verso la mezzanotte o l’una per entrare.
Fortunatamente quella sera pur essendo solo le undici e mezza i ragazzini si erano giù dileguati.
Beviamo qualcosa e chiacchieriamo tra noi. Silvia ha optato per una minigonna di jeans e un cardigan nero attillato che le lascia una spalla scoperta, mentre Carolina indossa un vestito un po’ più lungo del mio, ma con un ampia scollatura, di un bel blu scuro. Giulia non si è ancora fatta vedere, probabilmente ritarderà un po’.
Mi guardo intorno e noto tanti visi conosciuti. La città non è tanto grande  e alla fine, almeno di vista, ci conosciamo un po’ tutti.

Verso l’una inizia la serata vera e propria, la musica alta ci porta su di giri e iniziamo a scatenarci come delle pazze sulla pista.

Le altre sono molto brave a ballare e frequentano le discoteche da più tempo di me e più spesso di me, ma cerco di mascherare il mio scarso senso del ritmo.
Cerco di muovermi a tempo con la musica spostando i fianchi velocemente da un lato all’altro e, se mi sento in imbarazzo per le mie scarse doti da ballerina mi piazzo un sorriso stampato in faccia e cerco di far vedere che mi sto divertendo comunque. Più mi mostro delusa dai miei movimenti, più gli altri potrebbero avvertire le mie movenze scoordinate, quindi sorrido e vado avanti.
La musica scorre alta. Rifiuto di bere il secondo drink, non voglio esagerare, non sono mai arrivata ad essere completamente ubriaca e non voglio riuscirci ora. 
Mi piace sentire il fuoco della vodka in gola, ma non voglio perdere il controllo delle mie facoltà mentali e motorie, né ritrovarmi con la testa pesante o nella tazza del gabinetto.
Le altre invece non si fanno pregare e bevono altri due giri. Giulia finalmente ci raggiunge, con il suo fisico asciutto e slanciato messo ancora più in evidenza da uno splendido tubino dorato.
Balla poco con noi, si è portata dietro un ragazzo e passano metà serata appiccicati, con la bocca in comune. 
Le mie amiche si allontanano una alla volta, attiratela bei ragazzi come zanzare dalla luce dei neon.  

Anche io mi ritrovo con un ragazzo che mi balla accanto, troppo vicino al mio corpo per essere casuale. 
Mi volto sorridendo, ma la mia gola si richiude in un nodo doloroso appena scorgo un ragazzo moro.
Mi rendo conto di essermi aspettata un giovane muscoloso, dai capelli castani e ribelli.
L’alcol, pur non essendo molto, è entrato in circolazione e ha ammansito i miei sensi portandomi a pensare a lui.
La delusione fortissima mi provoca una fitta allo stomaco.
Sorrido a mo di scusa al ragazzo moro e mi allontano velocemente.
Faccio un cenno con la testa a Carolina che si è voltata a guardarmi preoccupata, le mino con le labbra un “tutto apposto”, le indico una direzione, lei annuisce e ritorna a dedicarsi al ragazzo che le si è attaccato addosso.
Mi spingo attraverso la calca di corpi sudati che si dimenano e dopo poco mi ritrovo finalmente ai bordi della pista, dove posso respirare liberamente, senza l’oppressione dei fisici altrui schiacciati contro di me.
Mi dirigo verso i bagni e dopo aver fatto una capatina al gabinetto, mi trovo davanti nuovamente la calca impressionante di gente e le fastidiose luci da discoteca. Non sto a pensarci troppo recupero il mio cappotto dal guardaroba e mi dirigo verso l’uscita.
Chiedo l’ora al buttafuori e quello mi risponde che sono le tre meno un quarto, ringrazio e porgo la mano per farmi applicare il timbro, dopo di che esco dal locale.
Se fossi stata in moto sarei potuta tornare a casa subito, ma questa notte dipendo dalle mie amiche e devo aspettare che loro si stanchino.
Questa è una cosa che ho sempre odiato, vorrei essere autonoma sempre e comunque.
Mi lascio cadere su una panchina. Intorno a me ci sono molti ragazzi e ragazze, alcuni intenti a chiacchierare, altri a passeggiare, altri ancora a limonare, infine qualcuno a vomitare.
Porto una mano alla testa e mi tiro indietro i capelli respirando la fresca aria notturna.
Non sono mai rimasta da sola durante le mie uscite. Tendo sempre a non staccarmi dal gruppo. Non che mi crei problemi a ballare da sola, ma mi piace sapere che le mie amiche sono lì con me, al mio fianco. 
La mia mente già di suo contorta, acutizzata dall’alcol mi ha portato lontano dalle altre, a fissare gente che conosco solo di vista. 
Forse sono uscita sperando di trovare Giacomo. Possibile?
Sbuffo.

Già che sono qui fuori e lui non c’è, do un occhiata agli altri ragazzi.
Seduti poco lontani da me, un gruppetto è intento a parlottare e a fissarmi, ne cerco qualcuno di mio gradimento. Mentre li guardo in cerca di un soggetto decente, mi scopro alla ricerca di un ragazzo castano,con dei boccoli appena accennati, oppure di uno con gli occhi dorati. Mi immobilizzo. Perché un ragazzo, per essere di mio gradimento, deve somigliare al Distruttore?

Comunque non mi piace nessuno di loro!

Sbuffo poggiando la schiena alla panchina. Inutile negare, ammetto di essermi presa una cotta per quel deficiente.

Volgo la testa a destra e noto una coppia in pieno litigio. Studio lei, bassina, mora e paffuta. Ha una faccia inquietante, uguale a quello delle bambole. Il viso bianco e le gote rossissime. Spero sia il trucco.

Lui, invece ha un viso comune, senza tratti distintivi di alcun genere a parte i grossi brufoli sul volto e un paio di spessi occhiali sul naso.

Mi viene istintivo inarcare il sopracciglio. Chissà di cosa stanno discutendo… 

Fortunatamente i due iniziano a gridare, dandomi una vaga idea del problema.

Annuisco convinta alle grida della ragazza, che appoggio pienamente.

Quel brufoloso non si deve permettere di insultarla e non deve fare il gelosone!

Appena inizia a gridare anche lui, però, non so più da che parte stare. Sposto lo sguardo dall'uno all'altro, seguendo il litigio come se fosse una partita di tennis.

Quella sgualdrina si stava strusciando su due ragazzi e ne stava baciando un terzo, il tutto sotto gli occhi di lui, il suo ragazzo!

Ma dai?! Lei? Oddio, tra due e con un altro?

Si, ma lui l’aveva tradita con la sua migliore amica.

Addirittura con la migliore amica? Ma che roba è? Una puntata di qualche telefilm per depressi?

E lei allora?! Non aveva forse fatto un servizzietto a quel ragazzo dell’altra sezione?

Li fisso perplessa.

Ok, la situazione sta degenerando.

Mi alzo, sono più imbarazzata io dei loro discorsi che quei due, e mi incammino sulla spiaggia, sperando che la smettano di strillare come dei pazzi.
Lì, sul lungomare due ragazzi e una ragazza sono seduti a poca distanza dal mare e stanno chiacchierando.

Mi fermo in attimo a scrutarli. Uno lo conosco di vista, moro occhi scuri, rappresentante dell’istituto frequentato da Martina, quello per diventare geometra.

Prima di incontrare Giacomo lo ritenevo un bel ragazzo, ora mi sembra uno stecchino magrolino e gracile.
Delle nuove grida provenienti dalla coppietta giungono alle mie orecchie e a quelle del gruppetto, che si volta. Subito scatto in avanti e riprendo a camminare, sperando non abbiano capito che mi ero fermata per studiarli.

Continuo a camminare fino a quando non sento più le grida dei due innamorati. Amato silenzio!
Mi siedo sul molo e mi perdo in contemplazione del mare. Sembra un ammasso denso di inchiostro nero.

 
Là, seduta proprio all’inizio del molo, mi sento bene, tranquilla, come se questo fosse esattamente il posto in cui mi devo trovare in questo momento. 
Guardando quell’enorme macchia d’inchiostro mi perdo nei miei pensieri.

Sento, prepotente, il desiderio di spogliarmi e di tuffarmi in acqua, ma siamo in pieno invero e, per quanto il clima della costa ligure sia clemente, non è comunque il caso. 
Ritorno con la mente all’estate passata, quando passavo ogni giorno lì, in quella stessa spiaggia e nuotavo per ore. Vorrei nuotate fino allo sfinimento anche ora, immergermi fino a sedermi sul fondo e guardare i pesci che mi nuotano vicino. Vorrei sentire di nuovo la morbidezza dei miei capelli bagnati, sparsi sulla superficie del mare a formare una specie di aureola intorno alla mia testa. Vorrei annullare ogni rumore, ogni suono, isolarmi, provare quella dolce solitudine che solo l’acqua mi può dare.

Un’onda scura sbatte contro le pietre del molo e alcuni schizzi mi bagnano il viso riscotendomi dall'ipnosi che il mare notturno esercita su di me.
Potrei tornare in discoteca e mettermi a ballare con il più decente che mi capita.
Eppure l’immagine del corpo muscoloso di Giacomo ritorna ad occuparmi la mente, il suo viso privo di imperfezioni mi fa socchiudere un attimo gli occhi sognante.

« Hei, tutto bene?»


Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante non sia successo poi molto... A breve ci sarà un nuovo aggiornamento! :D

Se qualcuno volesse commentare, mi fa solo piacere, quindi non fatevi alcun problema. Che siano recensioni positive o negative, per me sono molto importanti, perché mi sto cimentando da poco nella scrittura, quindi qualsiasi consiglio è ben accetto! Anche le critiche...Vorrei capire cosa sbaglio, almeno posso impegnarmi e cercare di non ripetere più lo stesso errore, quindi... Che critiche siano! ;)

Ringrazio i due commentatori per eccellenza, che sono sempre gentilissimi e mi riempiono di complimenti, oltre ovviamente a darmi i loro giudizi personali (che adoro leggere)! Grazie mille  darllenwr e NemoTheNameless! :D 

Un grazie anche a Monica, Giulia e Athena, che hanno messo la mia storia tra le preferite, a tutte/i coloro che la seguono ed ai lettori in incognito. ;)

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Aurora ***


cap. 11 corretto

Come promesso l'aggiornamento è stato rapidissimo, a soli due giorni di distanza. Spero che nessuno si sbagli e legga questo prima del precedente, magari date un'occhiata al capitolo scorso e vedete se non vi manca per caso qualche pezzo. :D 

Troviamo qui un nuovo personaggio, non che sia particolarmente importante...per ora. 

Vi lascio alla lettura sperando che vi piaccia ( incrocio le dita!). Bacioni! :)

 
Cap. 11

 

Sentendo una voce alle spalle, mi volto velocemente.
Davanti a me c'è un ragazzo perfetto! Pur cercando delle imperfezioni anche con la lente d'ingrandimento, non ne trovo nessuna.
Cioè, una si. Non è castano, ma biondo.
Giacomo non è biondo… Teoricamente questo potrebbe essere un difetto, perché stona con la perfezione Giacomesca.
Riporto alla mente il viso del Distruttore, ricordo i tratti affilati, gli zigomi alti e lo sguardo fiero. Il ragazzo che è di fronte a me ha, invece, il viso meno spigoloso, più dolce.
Gli occhi azzurri mi fissano inespressivi, sembrano due pezzi di ghiaccio. Il mio Distruttore ha due splendidi occhi dorati, che risplendono nel buio e mi fissano sempre con un sentimento diverso, a volte sono arrabbiati, altre incuriositi, altre ancora irriverenti, molto spesso superbi. Amo quel suo esprimere i sentimenti attraverso gli occhi, i suoi sono davvero uno specchio dell’anima.
Ricordo quando, qualche volta, quello sguardo dorato si era addolcito e mi aveva guardato con una tenerezza che mi ha fatto sciogliere come neve al sole.
Non sono neanche sicura di non essermelo immaginato, ma in quei momenti il cuore mi è schizzato in gola impazzito.

L'ultima volta, che mi è parso di incrociare quel tipo di sguardo da parte sua, è stata forse la settimana scorsa. Stavamo guardando un film quando, all'improvviso, mi ha rubato dalle mani l’ultimo biscotto al cioccolato rimasto. 
Mai fare una cosa simile a me!
Mi sono arrabbiata tantissimo e lui mi sfotteva ridendo, ma, giusto un attimo prima che gli tirassi una testata, ha sorriso con tenerezza lasciandomi a bocca aperta e mi ha semplicemente posato il dolce sulle labbra. Ci siamo guardati per un secondo mentre davo un piccolo morso al biscotto, i suoi occhi dorati brillavano caldi e dolci, mentre con il pollice toglieva alcune briciole rimaste sul mio labbro inferiore…

« Ci sei?»
La voce glaciale del biondo mi riporta alla realtà e lo fisso truce.

Non poteva interrompere i miei pensieri in un momento migliore però, visto che dopo avermi lasciato dare un morso al mio amato cioccolato, Giacomo si era ripreso il biscotto. Lo aveva ingurgitato ridendo di me e della mia, a suo dire, “espressione da traumatizzata a vita”. Inoltre, aveva ancora la bocca piena e mi aveva sputacchiato addosso pezzi di biscotto. Lo avrei ucciso volentieri, ma era troppo disgustoso anche solo guardarlo con quella pappetta mezza masticata sulla lingua e tra i denti.

Il tizio biondo si schiarisce la voce.
Ma cosa vuole?!
Lo fisso. Tutto in lui è magnifico ed affascinante, ma sembra una magnificenza irreale, fasulla. La pelle candida, i capelli biondi, gli occhi come zaffiri, le labbra rosse e i denti bianchissimi, alto e snello. Sembra un ragazzo di porcellana o uno spettro!
 «Cosa fai qui tutta sola?»
Uno spettro che mi chiede una cosa del genere. Non ho già visto una scena simile in qualche film?
Mi ritrovo irritata dalla sua curiosità nei miei confronti. 

Ma chi è e cosa vuole? Neanche mi conosce! E poi… Ammetto che mi fa un po’ paura.

Mi alzo velocemente in piedi, ma ancora stordita dall’alcol barcollo e lui si avvicina per sorreggermi. Mi tocca appena il gomito con le dita, prima che io mi ritragga velocemente, ma in quello sfioramento durato appena un attimo sento la sua pelle freddissima, cadaverica.
Mi sorride glaciale. « Sei ubriaca? »

Non sono ubriaca! « No.»

Lo sfido a contraddirmi con lo sguardo, ma quello rimane in silenzio. Mi raddrizzo completamente per mostrargli il mio perfetto equilibrio e mi aggiusto le pieghe dell’abito.

« Vieni a ballare? »

I suoi occhi sono talmente chiari da sembrare bianchi.
Ok, mi inquieta altamente!
Guardandolo non possono fare a meno di salirmi alla mente immagini di massacri, stermini e morte.
Certo, inizia ad incamminarti, ti raggiungo…tra cent’anni magari…

Inizio a seguirlo, ma mi tengo a debita distanza da lui. Non sembra un demone, quello no, però la sua sola vicinanza mi mette terribilmente a disagio. Ho paura.
Mi guardo intorno. La piazza è così vuota e desolata che la sensazione di essere in un film horror ritorna prepotente.

Ma…Si sono volatilizzati tutti?!

Ho una buona conoscenza sia in campo letterale che cinematografico su come comportarsi in situazioni come questa, quindi mantengo il sangue freddo. Se inizio a correre ed a gridare come una pazza, immaginino ci siano più possibilità che mi uccida subito per farmi tacere.

Il ragazzo biondo si volta a guardarmi. « Ti va di ballare con me? » mi chiede di nuovo, sperando in una risposta questa volta, e mi sorride. 

Sono certa che i denti delle persone normali non siano così affilati…
Mi mette i brividi!

Mi costringo a non mostrare il mio timore, anzi, cerco di sembrare entusiasta dell’idea.

« Ok...Mi farebbe molto piacere! »

Sorrido cercando di essere il più realistica possibile e cerco di assumere un tono di voce elettrizzato.

Trova della gente e non andare in posti bui e solitari! Ti prego Aurora, non fare cavolate!

Lo sorpasso velocemente e inizio a camminare in tutta fretta verso le luci del locale. Mano a mano che la discoteca si avvicina iniziano a ricomparire le persone e riconosco poco più avanti il gruppetto di ragazzi che mi fissava prima.
Questo è un buon momento per chiamare aiuto.

Faccio per scappare, ma prima lancio un’occhiata alle mie spalle, verso il ragazzo biondo e la paura sembra quietarsi all’improvviso.
Non è particolarmente mostruoso, alzi è davvero un bel ragazzo, alto, ma non troppo, con gli occhi azzurri e i lineamenti dolci.
Sul suo viso si è dipinta una smorfia divertita per gli sguardi invidiosi o ammaliati che gli lanciano i ragazzi e le ragazze che superiamo. Il suo sguardo rimane freddo, ma non fa più paura come prima.
Forse al buio, da sola, mi era preso un attimo di panico e mi sono immaginata tutto, l’alcol probabilmente ha aiutato.

La suggestione e l’alcol sono una brutta coppia…

Mi sorride. Un normalissimo sorriso, i suoi denti sono bianchi, squadrati e perfetti.Mi guardo un secondo intorno, ma sembra tutto normale, nessuno lo fissa spaventato.
Lascia che sia io la prima ad entrare nel locale, dopo avermi aperto la porta, ed io rimango incantata dai suoi modi galanti ed aggraziati.

Decisamente non è umano...Nessun ragazzo di mia conoscenza farebbe mai una cosa simile!

Subito mi scontro con un buttafuori e rimango inorridita.
Sembra una montagna, ma non penso abbia neanche un muscolo in tutto quell’ammasso di carne. I capelli lunghi e unti sono tenuti legati in una coda bassa.
Quell’omone mi allunga la mano flaccida e sudata per vedere il mio timbro e dopo mi fa segno di passare.
Puzza in una maniera incredibile, sembra che si sia rotolato nello sterco di mucca e si sia fatto lo shampoo con la cacca di gallina…
Rimango a fissare l'omone a bocca aperta un attimo di troppo e quando mi accorgo di poter risultare maleducata arrossisco furiosamente e vado in confusione non sapendo come scusarmi. Sono ancora scossa da quanto accaduto prima e, per quanto mi costi ammetterlo, l’alcol mi da un po’ di stordimento. 
Il ragazzo mi poggia una mano sulla schiena e mi spinge gentilmente in avanti. Lo ringrazio mentalmente prima di notare un fatto che mi lascia perplessa.

Hei! Come mai lui non lo controlla?! Questa è discriminazione sessuale!

Non faccio storie e mi lascio condurre sulla pista da ballo, così da ritrovarci subito accerchiati da tutti quei corpi sudaticci e scalmanati.
Poco lontano da noi riesco ad individuare Silvia e Carolina, entrambe intente a ballare con altri ragazzi.

Torno a concentrarmi sul biondo. Mi guarda, attento ad ogni mio movimento, e mi mette a disagio.
Inizio a ballare insicura come al solito, ma mi basta sentire la sua mano sul fianco ed una scarica elettrica mi corre lungo la colonna vertebrale infondendo più sicurezza ai miei movimenti.
Alzo gli occhi su di lui e i nostri sguardi si incatenano. Finalmente in quegli occhi freddi scorgo qualcosa, una luce strana, ma per niente inquietante, anzi! 
Sembrano liquidi, profondi. Mi fissano intensamente e sembrano volermi comunicare qualcosa d’importante che io non riesco a cogliere. Il ragazzo poggia anche l’altra mano sull’anca e mi tira più vicina a sé. Nei punti in cui i nostri corpi vengono a contatto sento la pelle bruciare.
Mi costringo a respirare normalmente per non andare in iperventilazione.
So con certezza di essere diventata rossissima in viso.
I nostri corpi si muovono a ritmo, sono talmente attaccati che sembriamo una cosa sola e, se devo essere sincera, non ho mai ballato così in vita mia. Ho come l’impressione che intorno a noi si sia creata una bolla di aria rarefatta bollente, carica di passione.

Mi specchio nuovamente nei suoi occhi sento uno stranissimo rimescolio alle budella, un calore fortissimo, che si espande nello stomaco e risale fino in gola, dove forma un fastidioso nodo tra le corde vocali.
Nei suoi occhi sembra accendersi una luce e mi pare quasi di scorgere delle fiamme nella pupilla, come una leggera traccia rossa che si espande arrivando fino all’iride azzurra e colorandone l’estremità a contatto con il cerchio nero.
Muovo i fianchi a ritmo senza neanche accorgermene persa in quel mare di sensazioni. Porto le braccia a circondagli le spalle e mi avvicino maggiormente a lui continuando a fissare con ossessione quegli occhi azzurri rossicci fino a quando le palpebre si fanno pesanti, spinte a chiudersi dall’istinto.

Le nostre bocche sono ad un soffio.

Sento il suo respiro sulle mie labbra, ma, con gli occhi ormai ridotti a fessure, scorgo un volto familiare alle spalle del ragazzo a cui sono aggrappata

Il mio corpo si raffredda all’istante.

Il sangue mi si congela nelle vene, mentre il cervello corre alla velocità massima per riprendere contatto con la realtà ed elaborare azioni e pensieri.

Giacomo…

Quello si volta e inizia ad allontanarsi attraverso la calca umana.

Nella mia mente, annebbiata dall’alcol e dall’attrazione fisica per il biondo, scatta una scintilla e mi stacco velocemente dal ragazzo che ho davanti per buttarmi all’inseguimento del Distruttore.
Non oso guardarmi indietro.

Dopotutto il biondo, bello com’è, troverà altre ragazze in un batter d’occhio!

Cerco di farmi strada tra la massa informe di corpi in movimento, ma quelli continuano a ballare impedendomi nell’inseguimento.
La chioma castana sparisce dalla mia vista.
Maledizione!

All’improvviso nonostante mi trovi schiacciata tra una miriade di corpi sudati in movimento distinguo facilmente uno strano odore entrarmi nelle narici e sento distintamente la terra freme leggermente sotto i miei piedi.
Male, molto male! Non mi piacciono i terremoti, portano a galla paure e scheletri!

Cerco di uscire dalla calca di gente e mi dirigo verso il luogo in cui mi è sembrato fosse andato il mio Distruttore preferito.
Mai come in questo momento ho bisogno di vederlo, anche solo di sfuggita, per sentirmi al sicuro.
Sto spingendo da parte una ragazza ubriaca che continua a muoversi come una pazza intralciandomi, quando sento una presa forte serrarmi il braccio.

Mi volto all’istante, con sentimenti contrastanti, da una parte sono terrorizzata dalla probabilità di trovarmi di fronte un qualche demone, ma dall’altra spero che sia Giacomo.
Davanti a me, invece, trovo una ragazza alta, dagli occhi chiari. Indossa un paio di pantaloni della tuta e una semplice felpa nera. Pur essendo struccata è comunque bellissima. I boccoli castani sono fissati sulla nuca da una pinza nera. 
Tra le mani ha una spada lunga e una più corta, che mandano bagliori argentati.
Nessuno sembra notarla a parte me.

«Alessandra?»

Mi fa un cenno con la testa e poi senza darmi altre spiegazioni mi trascina via tra la folla.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Giacomo ***


Cap 12 distr
Cap. 12

 

Che cosa mi prende? Sto scappando? Possibile che io stia scappando da una ragazza?

Non mi riconosco più! Il fastidio che ho provato nel vederla tra le braccia di quell’idiota non è normale…

Sembra quasi che inizi a considerarla di mia proprietà. Sono possessivo solo verso le MIE cose e non voglio che le tocchi nessuno!
Aurora è mia?
Per un attimo rimango incerto, ma alla fine seguo un semplice ragionamento: non posso fare a meno di pensare alle mie cose quando vedo un oggetto comune.
Per esempio, se vedo una televisione non posso fare a meno di pensare al MIO schermo piatto; ogni volta che vedo un sofà la mia mente corre al MIO divano di pelle verde oppure, ancora, ogni volta che vedo un joystik, penso ai miei, in particolare a quello per X-BOX con un taglietto sulla parte inferiore, sotto il palmo della mano sinistra, il mio preferito. Così faccio per ogni oggetto  che definisco MIO!
Così quando ho visto tutte quelle ragazze all’entrata, le ho paragonate istintivamente ad Aurora, anche se nessuna di loro le assomigliava particolarmente.

Eppure non avevo mai provato questo senso di possessione verso una persona, neanche verso i miei fratelli.
Di amici non ne ho mai avuti tanti, ma sicuramente non ho mai pensato  che i compagni di squadra, quando giocavo a calcio, fossero di mia proprietà, né mi è mai importato qualcosa delle oche che mi porto a letto.

In cosa esattamente lei è diversa da tutte le altre persone?

Mentre tento di riportare alla mente i ricordi che ho della ragazza in questione, cerco di districarmi da quell’ammasso di cretini che ballano e mi destreggio nell’evitare gli attacchi delle ninfomani che mi vengono addosso.

Ma ho beccato io l’unica puritana che abita ad Imperia?!

Finalmente esco dalla ressa e mi dirigo verso una delle uscite.

Sono ancora concentrato su Aurora, quando qualcosa mi colpisce forte allo stomaco.

Accuso male il colpo inaspettato e mi piego in due a tossire, non riuscendo a stare dritto sulle gambe. Cerco di riprendermi dalla sorpresa e reagire, ma non riesco a schivare un colpo dritto sulla nuca e rimango barcollante e dolorante in balia del nemico. Un nuovo colpo mi becca sullo zigomo e mi ritrovo sbattuto a terra con forza, mentre la spada che ero riuscito a estrarre dal fodero è volata lontano.

Sento il mio corpo protestare per l’impatto al suolo e per i colpi ricevuti con dolorose fitte che mi percorrono interamente.

Cerco di riprendere il controllo dei miei arti, ma il dolore acceca la mente e qualsiasi pensiero coerente si sbriciola ancora prima di emergere nella coscienza. Il mio corpo sembra non voler rispondere ai richiami della mente.

Quando finalmente riesco a riaprire gli occhi, vedo un piede che viene a grande velocità contro il mio naso e non posso fare a meno di pensare...che farà male.

Chiudo di nuovo gli occhi cercando di prepararmi mentalmente al colpo, sicuro di non riuscire a proteggermi in nessun modo, né tanto meno di riuscire a  spostarmi in tempo per evitarlo.

Il colpo arriva forte come previsto, ma protetto da non so quale Dio, scopro di essere riuscito ad alzare una mano ad attutire un po’ l’impatto. Mi accorgo anche di essere riuscito a voltarmi un po’ in modo da non riceverlo proprio frontalmente.

Il calcio riesce comunque a colpirmi ed un fortissimo rumore di ossa frantumate mi riecheggia nella mente. Dopo di che un dolore immenso mi incendia il viso partendo dal naso e giungendo attraverso i collegamenti nervosi fino al cervello, dove ha l’effetto di un uragano.

Il dolore spinge il mio corpo a riattivarsi.

Finalmente riesco a muovermi e le mie mani, non più paralizzate, corrono al viso a tenere fermo il naso rotto. 
Riapro a fatica gli occhi e vedo il demone di fronte a me, ha assunto le sembianze di un omone grosso e lardoso, dai capelli lunghi, unti e neri legati in una coda di cavallo. Il suo sorriso scintilla al buio mostrando una fila di acuminati denti grossi, affilati e gialli.

La mia spada è a pochi passi di distanza, vicina agli esseri umani che continuano a ballare incuranti.

Dopotutto non possono vederci…

Mi alzo a fatica, ma abbastanza velocemente da non dargli la possibilità di spingermi nuovamente a terra e cerco di sferrargli un pugno, ma il grosso demone para senza alcuna difficoltà e ricambia spedendomi nuovamente a terra disteso.

Mentre cerco di rialzarmi noto che qualcuno si è staccato dal gruppo di umani e corre verso di noi.

Una ragazza alta e slanciata si interpone tra me e il demone grassoccio. I capelli sono legati in una frettolosa coda alta, dalla quale sfugge qualche boccolo, il viso è struccato ed indossa una tuta. Probabilmente è corsa fuori di casa in tutta fretta sentendo la presenza demoniaca.

Mia sorella. Come sempre è arrivata a salvarmi. Come sempre ha fatto di testa sua e mi ha seguito, anche se le avevo espressamente vietato di farlo… Avrei dovuto immaginarlo! Possibile che Alessandra non mi ascolti mai?!

Si piazza tra me ed il demone con due spade tra le mani. La guardo. Rivedo quella bambina che veniva in mio soccorso sempre e comunque, la stessa che si mise tra me ed i maestri per cercare di evitarmi delle punizioni, quando ancora eravamo al collegio per Distruttori. 

Chiudo gli occhi un attimo e riprendo fiato. Non ho alcun timore, nessuna preoccupazione, dopotutto c'è lei a proteggermi. Finché mia sorella correrà sempre e comunque a salvarmi  posso stare tranquillo.

Riapro gli occhi e guardo lo scontro cercando di capire se c'è bisogno del mio intervento o se posso rimanere tranquillo a terra ancora un po'. Le ossa protestano per ogni minimo spostamento, ho lividi ovunque, sono ridotto leggermente male...

L’essere demoniaco le si avventa contro e Alessandra lo tiene a debita distanza con parate e fendenti micidiali. Forse potrei tenermi pronto lo stesso, in caso le serva aiuto.
Cerco di nuovo con gli occhi la mia spada, ma non la trovo più a terra, ora è tra le mani di un’altra ragazza.

Una ragazza con i capelli biondi ed un vestito bianco, la stessa che poco fa ho visto tra le braccia di un altro ragazzo, la stessa ragazza che trascorre quasi tutti i pomeriggi a casa mia.

Sgrano gli occhi, ormai dimentico del dolore o di qualsiasi altra cosa, consapevole solo di Aurora con la mia spada in mano a pochi passi da quell’essere disgustoso. Il sangue mi si ghiaccia nelle vene.

Sento il suono dello scontro tra il demone e mia sorella, ma tengo gli occhi fissi sulla ragazza bionda.

Perché non è rimasta a casa? Al sicuro sotto l’incantesimo di protezione? Ma certo che no! Lei deve mettersi sempre nei guai, se no io qui che cosa ci sto a fare?! 
Perché neanche lei mi dà retta? Perché?!

Aurora si volta verso di me e vedo i sui occhi lucidi, il volto sconvolto e mi accorgo che trema. È terrorizzata.

Ma porca p…

Lo stomaco mi si contrae, sento una strana sensazione immobilizzarmi e congelarmi.

Ho paura.

Non mi succedeva da tantissimo tempo.

Un po’ di timore è normale, anzi consigliato, perché serve a capire fin dove le nostre azioni sono coraggiose e quando diventano troppo rischiose. Ho imparato fin da piccolo a gestire la paura.

Quel terrore cieco che mi sta invadendo invece è sbagliato, perché immobilizza il corpo e la mente, non fa più ragionare.

Ho paura per lei.

Verso di lei provo un istinto protettivo talmente forte da minare l’autocontrollo. Non voglio che le facciano del male. 

Aurora distoglie lo sguardo.

Cerco di alzarmi, stringo i denti. Sono un guerriero, un Distruttore di demoni!

Riprendo coscienza dello scontro tra mia sorella ed il demone e noto con sollievo che la ragazza non sembra in difficoltà, riesce a schivare i velocissimi colpi del demone e a colpirlo di sfuggita appena possibile. È ferita leggermente sull’anca, ma non è nulla di preoccupante.

Noto però che sembra cauta, non vuole esporsi troppo. Provo a capire il motivo della sua esitazione e mi accorgo di un'altra presenza demoniaca nelle vicinanze. Evidentemente cerca di conservare le forze per un eventuale altro scontro…

Non sono mai stato capace ad avvertire la presenza di demoni, ma sia la creatura che stiamo affrontando, sia l’altra, sono talmente potenti da essere percepiti leggermente anche da me.

Cerco di stabilire la direzione del secondo e mi rendo conto che sento la sua presenza più o meno oltre Aurora.

Se non sapessi che è umana e che non avverte la loro presenza, penserei che si è posizionata in quel punto proprio per essere tra me e il demone.

Per ora l’altro non si mostra e spero non lo faccia mai…

Scatto verso Aurora giusto un attimo prima che il demone che era intrattenuto da mia sorella si avventi su di lei.

Alessandra, sorpresa da quell’inaspettato scatto repentino, non è riuscita ad impedirglielo e il demone si è lanciato su Aurora, forse percependo la sua debolezza.

Mi porto velocemente alle spalle della ragazza e con una mano cerco di raggiungere l'impugnatura della mia spada, che lei ha tra le mani.

Cerco di incastrare tra loro le nostre dita in modo che non si sovrappongano. Non vorrei farle male. 

Porto velocemente la spada in alto per  fermare il colpo del demone. Pariamo l'attacco, cioè, sarebbe più corretto dire “paro l'attacco”, perché lei da sola, con la sua forza da umana, non ci sarebbe riuscita neanche lontanamente.

Chissà se mi darà un bacio come ricompensa per averla salvata?







Giacomo è stato un po' maltrattato, ma sono sicura che a molti di voi non dispiace troppo come cosa... ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto... Il prossimo, al 99,9%, sarà dal punto di vista di Alessandra, la sorella di Giacomo. Speriamo bene... -.-"
A presto! :D

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Alessandra ***


cap 13

Cap. 13

 

Quest'essere immondo è un’offesa alle cose create da madre natura!

Lo colpisco di taglio con la parte più estrema della mia daga, il debole. La punta dell’arma penetra nella carne pallida e flaccida, mentre il liquido nero che sgorga dal corpo del demone percorre lo scolasangue, la scanalatura situata sulla parte piatta della lama.

Bleah!

Mi allontano subito dopo per riprendere la posizione di sicurezza.

La ferita che gli ho lasciato si ricompone subito. La guarigione lampo è una delle particolarità dei demoni di livello superiore. Per cacciarli nell’altra dimensione bisogna o tagliargli di netto la testa o troncare il loro corpo in due parti.

Alzo gli occhi sul demone e rimango nuovamente folgorata dai suoi scatti veloci, i demoni superiori sono molto più veloci di quelli comuni e, nonostante ne abbia già affrontati in passato, ogni volta mi sorprendo della loro rapidità. Sono costretta ad indietreggiare un po’ per uscire dal suo raggio d’azione e respirare un po’ l’aria non impregnata dall'odore pestilenziale che lo circonda.

I demoni superiori sono tranquillamente in grado di assumere sembianze umane e di celare la loro presenza a noi distruttori, infatti non lo avevo avvertito prima che iniziasse lo scontro con mio fratello. Fortuna che ho seguito Giacomo di nascosto…

Il demone torna all’attacco e mi difendo. Lo scontro si prospetta molto lungo.

Devo cercare di non rimanere ferita, perché deve esserci un altro di questi bestioni qua in giro è sono l’unica in grado di affrontarli in questo momento, viste le condizioni di Giacomo. Avverto la presenza di un altro demone superiore, ma in modo più fievole rispetto alla puzzolente massa di lardominali che mi sta di fronte in questo momento. Spero che l’altro non si mostri, ad essere sincera non so se riuscirei ad avere la meglio contro due demoni così potenti nel caso mi attaccassero in contemporanea.

Non faccio in tempo ad evitare un colpo sul fianco, ma riesco a parare all’ultimo l’attacco con il forte della mia lama lunga, per poi riportarmi in posizione di difesa.

Sto per contrattaccare, quando non me lo trovo più davanti.

Semplicemente..Puff! Ed è sparito.

Si è spostato velocissimo verso la mia destra, ancora prima di girarmi so che è rivolto contro Aurora e l’unico pensiero coerente che riesco a formulare è: Oh cazz..

Non posso lasciare che la ragazza muoia mentre è sotto la mia tutela.

Voltandomi mi trovo davanti una scena da foto.

Possibile che quando serve non ci sono mai macchine fotografiche nelle vicinanze! Penso infastidita Chissà se posso rubarla al fotografo della discoteca…

Aurora ha la spada di mio fratello tra le mani e guarda il demone con sfida.

Sgrano gli occhi. Non riesco a crederci…

La bimba bionda tiene tra le mani la Claymore di Giacomo come se fosse un comunissimo giocattolo!

Guardo bene la spada. Ha l’impugnatura a due mani, la lama affilata su ambo i lati, nessun ricasso, la punta triangolare…è proprio l’arma di mio fratello.

A parte che gli esseri umani non dovrebbero essere neanche in grado di vederle, ma addirittura prenderle in mano… Impossibile!

Io sono una dei pochi Distruttori di demoni completamente integrata nel mondo umano, quindi ho una grande cultura ed esperienza in questo campo e so con certezza che gli esseri umani non possono vedere le nostre spade. Riguardo al toccarle…semplicemente le loro mani ci passano attraverso, come se fosse fumo.

Magari il demone mi ha ucciso senza che me ne accorgessi e sto sognando dalla tomba…

No, non è un sogno. Altrimenti sarei stesa su una spiaggia tropicale con quel modello di intimo che ho conosciuto l’altro giorno…Magari nel sogno potrebbe anche essere etero!

Sono talmente imbambolata a fissarla che non mi passa neanche per la testa di andare in suo soccorso e quando vedo il demone balzarle addosso, mi do dell’imbecille.

Il demone, grasso e brutto come la fame, si avventa su Aurora.

Cerco di muovermi velocemente per salvarla, ma so che non riuscirò a fare in tempo.

L'essere demoniaco alza il pugno ed inizia a calarlo su di lei, quando la Claymore di Giacomo si alza e para il colpo.

Aurora è umana, quindi non ha una forza tale da riuscire a contrastare quella del demone e non mi stupisco più di tanto nel vedere sull’impugnatura oltre alle mani della ragazza anche quelle di mio fratello.

Sono in piedi, uno dietro l’altra, tutti e due a sorreggere la spada ed entrambi decisi a togliersi dai piedi quell'immonda creatura. I due ragazzi guardano il demone con una rabbia intensa, quasi con odio, un sentimento che affiora solitamente quando viene ferita una persona cara.

Li ammiro, sono veramente belli insieme.

Deve essere stupendo trovare una persona a cui donare la propria fiducia, tutto il proprio amore e vedersi ricambiato quel sentimento…

Mi riscuoto dai miei pensieri e mi avvicino velocemente alla scena cercando di non fare alcun rumore, fino ad arrivare alle spalle del demone.

Non devo fare altro che colpirlo alle spalle, dopotutto non c’è nessuna regola di cavalleria da rispettare con quegli esseri disgusosi.

Lascio cadere la mia spada dall’alto in modo che il fendente recida il collo della creatura. Per sicurezza lo taglio anche a metà, cosicché sono sicura che non possa ricomporsi.

La mia Spada all’italiana fa il suo dovere e dopo un attimo, il corpo del demone si volatilizza.

Bravo, sparisci dalla mia vista immonda e puzzolente creatura flaccida!

Nello stesso momento l’altra presenza demoniaca si dilegua seguendo la prima, ma non sono sicura che se ne sia andato realmente, potrebbe anche essersi nascosto di proposito alla mia percezione.

Pulisco la Striscia dal sangue demoniaco.

La Striscia e la Spada all’italiana sono le armi a me più congeniali, bellissime e mortali.

Le guardo compiaciuta e le pulisco accuratamente e con velocità dal sangue nerissimo che ne imbratta la lama.

Il leggero riflesso azzurro, che anima le mie amate armi, sbiadisce lentamente, non avvertendo più alcuna esigenza di combattere.

Le nostre spade, quando vengono usate spesso dallo stesso Distruttore, entrano in sintonia con lui. Capiscono quando è ora di combattere e, può succedere, che in caso di necessità esse ridiano un po’ di energia a chi le impugna.

Alzo gli occhi su Aurora e tiro un sospiro di sollievo nel notare che non ha neanche un graffio. Quando me la sono trovata davanti ho preferito che mi rimanesse accanto per proteggerla meglio e tenerla d’occhio, invece per poco non ci rimette la pelle…

Giacomo è molto pallido e sembra sul punto di svenire.

Il mio fratellino ha sempre combattuto con i nostri genitori o con me e mio fratello alle spalle, pronti ad aiutarlo in caso di bisogno, quindi non è abituato alle batoste.

Sembra ridotto maluccio, ma è vivo e questa è l’unica cosa che conta. Guarirà velocemente.

Non faccio in tempo a chiedergli se sta bene che gli crollano le gambe e cade letteralmente su Aurora.

Per un attimo ho paura che la bionda lo infilzi per sbaglio con la spada che ha ancora tra le mani, ma Aurora non si fa scrupoli a lasciarla cadere malamente a terra per sorreggere il mio fratellino.

Mi avvicino a lei per aiutarla, ma Giacomo mi rivolge un’occhiataccia e io mi fermo sul posto cercando di trattenere le risate.

Non so se la caduta precisa tra le braccia di Aurora sia stata del tutto casuale, non riesco a capire nemmeno se l’aria smorta sia involontaria o se sia frutto dell’arte recitativa di Giacomo per impressionare la ragazzina. Dopotutto è ben più resistente di come appare.

Scorgo una lacrima solitaria cadere veloce dagli occhi lucidi di Aurora e correrle su una guancia, ma quella si porta subito una mano al volto in un gesto non curante e l’asciuga senza che mio fratello si accorga di niente.

Certo, magari si sta disperando per le macchie rosse di sangue che grazie al mio fratellino ora ornano il suo vestitino bianco…

Deve essere proprio cotta di quella gran testa quadra di Giacomo.

Raccolgo la Claymore e metto via le lame, poi mi rivolgo ai due e mi accorgo che Aurora sta fissando arrabbiata e stupita gli altri esseri umani che continuano a ballare come se non fosse mai accaduto niente.

Capisco al volo cosa la turba.

« Non è colpa loro se non hanno aiutato Giacomo. Nessun umano poteva accorgersi di nulla. Qualunque cosa accada intorno ad un demone passa inosservata agli occhi della gente comune, solo pochi riescono a percepire il sovrannaturale…»

Devo quasi urlare per farmi capire con il frastuono della musica in sottofondo, ma non siamo più tanto vicini alle casse fortunatamente.

Aurora scrolla la testa e mi si avvicina, sempre sorreggendo mio fratello.

« Anche se ci fosse qualcuno particolarmente sensibile al sovrannaturale, sicuramente ha fatto finta di non accorgersi di nulla. Le persone vedono solo quello che vogliono vedere. »

Annuisco dispiaciuta.

Gli esseri umani comuni sono vermi senza spina dorsale. Più volte mi sono ritrovata a vedere servizi al telegiornale in cui le videocamere hanno ripreso delle aggressioni avvenute in piena piazza, in mezzo ad un sacco di gente. Il malcapitato gridava, chiedeva aiuto, ma tutti quelli intorno a lui sembravano cechi e sordi.

« Però, io sono umana…» mi distrae dai miei pensieri la bionda.

« Si, è il fatto che tu riesca a vederci ed a toccare le nostre armi è sbalorditivo, credimi! Hai dimostrato anche un coraggio fuori dalla norma a voler difendere mio fratello, ma sapevo già che sei una valorosa, sopportare la vicinanza di Giacomo non è da tutti!» Sorrido con fare innocente al ragazzo che mi lancia un’occhiata truce. « Ora muovetevi e usciamo di qui…»

La bionda scatta all’istante e ci affrettiamo ad uscire da quel maledetto posto.

Già la musica da discoteca non è la mia preferita, ma almeno sparata a palla nei locali Milanesi è talmente forte che quasi non la senti. Qui invece il volume alto è attenuato dal fatto che siamo in una discoteca all’aperto.

Che poi paragonata ai locali di Milano…

Altro che discoteca! Sembra una betola, uno sgabuzzino con sabbia e musica.

Questa città non è fatta per i giovani, ci sono pochi locali, tra l’altro brutti, ed è piena di vecchi con un piede nella fossa e l’altro su bordo.

L’altro giorno ho notato una vecchietta appostata alla finestra a spiare da dietro la tendina.

Mi fissava mentre entravo a casa, mi scrutava cercando di nascondersi dietro una tendina di pizzo bianco.

Cosa avranno poi da guardare? Mah…

Da quel momento ho contato i vecchietti spioni e sono arrivata ad una decina in due giorni.

Appena siamo fuori Aurora ricomincia a parlare.

« Intendevo dire… Come hanno fatto a non vedere me, io sono umana.» mi chiede, cercando di capire qualcosa del nostro mondo.

Tentenno, indecisa se rivelarle dei potenziali segreti o dirle la verità, ma uno sguardo truce di mio fratello mi fa sciogliere la lingua.

« I demoni riescono a mascherare o nascondere le loro vittime agli occhi del mondo, quando un demone punta un essere umano puoi anche sfasciarti i polmoni a furia di gridare e chiamare aiuto, tanto non ti sentirà nessuno.» Anche Giacomo mi fissa attento. Sicuramente sa queste cose al livello intuitivo, ma non si è mai informato sull’argomento.

Mi sento super-intelligente! Devo ricordarmi di stare parlando ad un’umana ed a un idiota, se no mi monto la testa…

Il volto della ragazzina sembra illuminarsi di comprensione, forse ha collegato questa mia frase con qualcosa che le è già accaduto.

Non le chiedo nulla, spesso gli umani sono così deboli psicologicamente da essere costretti a rimuovere dei ricordi per non soffrirne troppo e io non voglio riportare a galla cose brutte.

« Quel demone sembrava un essere umano, perché era molto potente, vero? »

Mi volto verso Aurora e la guardo stupita. La fisso per un po’, indecisa su come rispondere.

« Mi pare di averlo letto su uno dei libri di Giacomo, ma non ne sono sicura…» Si giustifica lei, confusa dal mio atteggiamento.

« Si, quando sono potenti riescono ad assumere sembianze umane… Mi pare di ricordare qualcosa del genere…» Risponde per me Giacomo.

Il mio sguardo spiazzato si sposta dalla ragazza a mio fratello.

« Non so di cosa essere più stupita. Di te, che hai letto dei libri vietati per gli umani… » dico rivolgendomi ad Aurora. «…o di te, che ti ricordi qualcosa di teoria! » sposto lo sguardo su mio fratello.

La bionda arrossisce lievemente. « Erano lì, nessuno mi aveva detto che non potevo leggerli… » Si giustifica.

« Certo che mi ricordo un po’ di teoria! Non sono mica deficiente! » Si irrita l’altro.

Li fisso per un attimo cercando di rimproverarli con lo sguardo, ma alla fine ci rinuncio.

Volto loro le spalle e mi incammino verso il porto, dove ho parcheggiato la macchina.




Miei cari lettori, ma quanto vi sono mancata? *__*
Secondo i dati almeno una trentina di persone
seguono con costanza la storia! °O° Che bello, sono proprio contenta che vi piaccia. Sono troppo mitica! Muahahah :P
Ok, meglio non montarmi troppo la testa, se no rischio di ricevere un po' di pomodori marci in faccia... -.-"
Seriamente, sono contenta che così tante persone siano riuscite a leggere tutta la storia fin'ora, pensavo fosse un pappone indigeribile, ma non sono mai stata così contenta di sbagliarmi! Grazie ragazzi/e!!!! :)
Comunque se qualcuno di voi volesse commentare non si faccia scrupoli! Vorrei sapere cosa vi spinge a torturarvi in questo modo leggendo quello che scrivo! ;D
Tornando a questioni più importanti! Avete visto che carino Efp versione natalizia? :D Mi mette allegria! :D
Natale è alle porte! Oggi ho fatto il presepe e l'albero. Speravo nell'aiuto di mio fratello, ma colui che non ha mai preso un libro in mano, oggi ha pensato bene di imparare a leggere e guai a chi disturbava il suo studio sul fumetto di Topolino! -.-"

Ah, riguardo al capitolo! Non sapevo come sarebbe venuto dal punto di vista di Alessandra, avevo paura di non riuscire a differenziarlo molto da quello di Aurora, quindi ditemi voi se l'esperimento è riuscito, ok?
Il prossimo capitolo è piaciuto particolarmente alla mia amica, quindi cercherò di pubblicarlo a breve, in modo da farvi un regalo di Natale! 
Scommetto che non desiderate altro dalla vita che leggere il quattordicesimo capitolo! x)
A presto miei adorati lettori e mie fantastiche lettrici! ;D

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Giacomo ***


Cap. 14 2

Intanto miei cari lettori, mi scuso per non aver pubblicato prima questo capitolo! Avrei voluto farvi un regalo di Natale e gli auguri, quindi, nonostante il ritardo, Buon Natale! ;D 

Già che ci sono vi auguro anche uno strabiliante anno nuovo, perché non credo di riuscire ad aggiornare prima di Capodanno. Per il prossimo capitolo immagino che dovrete attendere un po' di più, perché sarò in vacanza da parenti vari e, dalla maggior parte di essi, l'oggetto più tecnologico che riuscirò a trovare sarà il tostapane! ç__ç Ok, sto esagerando, però rimane il fatto che per un po' di tempo, probabilmente, non sarò in grado di aggiornare. Perdono! :) Per ora non pensateci e godetevi il regalo! ;)
Questo capitolo  è piaciuto molto alla mia amica, quindi spero che ottenga un giudizio positivo anche da parte vostra! A presto e auguri! :D


Cap. 14

Alessandra sembra intenzionata  a lasciarci qui, è partita in quarta senza aspettarci o voltarsi indietro. Maledetta!
Aurora scoppia a ridere vedendo la mia espressione esasperata.

«HEI! Alessandra! »la chiamo.
Sto quasi per correrle dietro, ma mi ricordo giusto in tempo la mia attuale falsa instabilità motoria e rimango aggrappato ad Aurora.

Mia sorella fa un cenno con la mano senza curarsi neanche di voltarsi e strilla: «Torno a prendervi tra due minuti in macchina, aspettate qui…»

Ah, ok…

Mi guardo intorno. Siamo vicini al porto, per arrivare a casa a piedi non ci vuole molto, ma se ha la macchina tanto meglio!
Oramai mi sono ripreso completamente, ma non mi stacco da Aurora. Anche se le peso un po’ non mi importa, così impara a strusciarsi su altri ragazzi! Mi dovrà sorreggere fino a casa per punizione!
Mi irrita il fatto che non mi sia venuta a cercare per così tanto tempo, ma che invece sia uscita di casa la sera con le amiche, soprattutto perché sa perfettamente che i demoni escono di notte e se non ci fossimo stati io e Alessandra avrebbe rischiato di essere nuovamente una loro vittima.
Sento il suo copro morbido contro il mio e un brivido mi corre lungo la schiena.
Certo che sta davvero bene… Perché non mette più spesso quest’abito?
Cerco di memorizzare ogni più piccolo particolare del suo aspetto. Ho una memoria fotografica istantanea per certe cose….

Aurora è in silenzio, apparentemente tranquilla, ma visto che le sono spiaccicato addosso è facile per me sentirne il battito velocizzato del cuore.

Perché è così agitata?

Le ragazze vanno in ansia per qualsiasi cavolata e di solito non me ne può fregare di meno dei loro pensieri idioti, ma questa volta sono davvero curioso di sapere la causa del suo nervosismo.
Sto per aprire la bocca e chiederle spiegazioni, quando la sento rabbrividire, questa volta non per la mia vicinanza, ma per il freddo.

Ci credo! Andiamo, ha freddo anche quando ci sono quaranta gradi e poi va in giro con questi abitini …

Mi scosto da lei e faccio per togliermi la giacca, la lei fa un cenno di diniego con la testa.

« Ho il coprispalle nella borsa…»

La guardo sorpreso mentre tira fuori dalla borsa una giacchetta di tessuto leggero, bianca.
Sinceramente non credevo ci sarebbe stato neanche un cellulare in quella borsetta minuscola…
Indossa quell’indumento, ma non ci vuole un genio a capire che quell’affare non protegge un cazzo dalla fredda aria notturna.
Mi tolgo la giacca e gliela lancio sulle spalle con fare noncurante. Nei film ho sempre trovato odiosa la scena in cui lui cede la giacca alla lei in un gesto romantico… Bah! Che checca!
Però adesso inizio a capire quel gesto, dopotutto se Aurora mi sta morendo assiderata accanto non posso mica fare finta di niente… Inoltre io non ne ho bisogno, questo è certo.
Così le cedo la MIA giacca.

Indossato l’indumento smette di tremare. Peccato, avrei preferito che avesse ancora freddo e fosse costretta a stringersi a me.
Non mi ringrazia. Mi irrita un po’ il fatto che non abbia sussurrato quel “grazie” sottomesso che fa eccitare tanto il protagonista nei film. Perché cavolo non mi ha ringraziato?!

« Hai sete? » mi chiede invece come se non fosse accaduto nulla.

La guardo con scetticismo.

« Anche se fosse? Dove lo troviamo un bar aperto alle quattro del mattino?»

Sono acido, lo so! Ho bisogno di sfogarmi ed Aurora con il suo abitino non aiuta…

La bionda, per nulla turbata, infila la mano nella borsetta, ne tira fuori una bottiglietta d’acqua e me la offre.
Ora quella borsa ha catturato tutta la mia attenzione. Come è possibile che in una borsetta così piccola ci sia stata una bottiglietta e un coprispalle? È minuscola!
Le porgo la bottiglia con ancora un sorso d’acqua nel caso anche lei avesse sete e continuo a studiare l’oggetto magico. Possibile che sia come in Mary Poppins? Anche negli ultimi due film di Harry Potter, la borsa di Hermione conteneva di tutto!
Cerco di ricordare altri film in cui ci sono borsette di quel tipo, ma nonostante la mia cultura nei film d’azione, fantasy e di fantascienza, proprio non mi vengono in mente!

 

All’improvviso sento una strana sensazione, un forte fastidio alle spalle mi dice che qualcuno mi sta osservando e rimando a più tardi il mistero della borsa magica.
Scruto l’ambiente intorno a noi, ma non vedo nessuno.
Aurora non sembra essersi accorta di niente, eppure so di essere spiato. Senza dare troppa importanza ai miei movimenti, muovo leggermente la testa, quasi per voltarmi verso la ragazza e con la coda dell’occhio noto qualcuno.
Vedendosi scoperto non si cura più di restare nascosto e quando mi volto completamente mi ritrovo davanti…

Ma porca p…!

Il tizio ora è appoggiato tranquillamente con le spalle al muro. È alto, anche se io penso di superarlo in statura di qualche centimetro, il suo fisico è asciutto e magro, a vederlo non sembra affatto forte.
I capelli sono biondi, corti e sparati sulla testa, ma sembrano naturali, senza l’uso del gel. Il viso è aristocratico, ma dai lineamenti dolci, mentre la pelle è candida come la neve. Non riesco a distinguere bene il colore di quegli occhi che mi stanno fissando, ma potrei scommettere la mia X-BOX su un colore molto chiaro, forse l’azzurro.
Indossa dei semplici jeans ed un giubbotto di pelle nera.

Ma per favore! Non vanno più di moda dai tempi di Grease!

Quello ricambia il mio sguardo con un ghigno di superiorità e io mi ritrovo a dover reprimere un ringhio rabbioso.

Giuro che lo picchio…

Tutto di quel ragazzo mi irrita, dal ghigno allo sguardo, ed anche se non lo conosco lo detesto già con tutto me stesso!
Aurora deve aver sentito il mio corpo irrigidirsi, dopotutto siamo ancora molto vicini, anche se non sono più spalmato su di lei. Mi guarda incuriosita.

«Tutto bene? »

La voce della bionda accanto a me mi giunge attutita, non le sto prestando attenzione, sono concentrato sull’essere alle sue spalle. Lo sconosciuto sposta il suo sguardo da me ad Aurora, che fortunatamente non si è accorta della presenza di quel carciofo.
Vedo gli occhi chiari del ragazzo vagare lungo tutto il profilo posteriore della MIA bionda e sono sul punto di andare da lui e prenderlo a bastonate.

Nessuno gli ha mai insegnato che non bisogna volere le ragazze d’altri? Se una ragazza è con un ragazzo significa che fanno coppia, no? Deve guardare altrove o glieli cavo quegli occhi!

Appena mi rendo conto di cosa sto pensando inorridisco.

Io? In una coppia? Mai! Piuttosto che la monogamia mi taglio una mano!

Mentre mi insulto mentalmente il biondo sorride di nuovo in quel modo fastidioso e la mia rabbia cresce a ritmi vertiginosi.
Sono sicuro che il ragazzo vuole fare in modo che Aurora si accorga della sua presenza, quindi devo elaborare una strategia di distrazione!

Emetto un basso gemito di dolore e mi lascio cadere nuovamente verso di lei spalmandomi sul suo petto. Aurora mi stringe di più a sé preoccupata, mentre io lascio ricadere la testa nell’incavo tra il suo volto e la spalla ed ispiro il profumo del suo collo a pieni polmoni.
Mi inebria e mi eccita da morire il suo odore questa sera…

«Giacomo! » Lancia un gridolino allarmata, che inspiegabilmente mi mette di buon umore. « Giacomo, rispondimi!»

Alzo leggermente il viso per guardarla negli occhi e tiro fuori un sussurro fievole. « Scusami …»

Mi farei gli applausi da solo!

Sono un asso a recitare, all’istituto per Distruttori, quando ero piccolo, sceglievano sempre me come attore protagonista, crescendo non mi sono più iscritto al corso di recitazione, perché ho sentito dire che era da sfigati. Mi allenavo spesso con mia sorella ed a volte io e lei recitavamo con Marco, che essendo incapace nella nobile arte del teatro, ci faceva almeno da pubblico.

Faccio in modo che la mia testa ricada pesantemente sul suo petto, in modo puramente casuale, poco sopra il suo seno.
Quella spaventata mi sorregge e mi stringe forte tra le braccia. 
Mentre sento la sua pelle morbida a contatto con la mia e il suo odore mi inebria piacevolmente, mi viene in mente una curiosità nuova.
Come fanno i gay a non apprezzare le donne? Sono così morbide, calde e profumate…

«Non ti preoccupare… Giacomo guardami! Va tutto bene, ok? Presto starai meglio! Adesso che arriva Alessandra ti portiamo all’ospedale, stai tranquillo. Non è successo niente…» Parla a vanvera, agiata e preoccupata. « GIACOMO! Parlami! Stai tanto male? Alessandra sta arrivando… Aspetta, prendo il cellulare. Chiamo l’ambulanza!»

Parla troppo…

Alzo controvoglia la testa da quel bel posticino caldo e porto una mano ad accarezzarle il viso, fino ad alzarle il mento, costringendola a fissarmi dritta negli occhi. I nostri visi sono vicinissimi.

Si zittisce. Ottimo.    

Le circondo la vita con l’altro braccio, portando il suo corpo a schiacciarsi completamente contro il mio.
Le sue guance si imporporano in modo delizioso.

Sono sicuro che mi vuole! A questo punto non posso tirarmi indietro, non rifiuto mai una ragazza carina, non sarebbe gentile…

Si allontana un po’, imbarazzata ed io istintivamente mi sporgo in avanti.
Le nostre labbra si sfiorano in un contatto lievissimo, ma lei scosta il volto.

Eh no!

Riprendo il suo volto con entrambe le mani e la bacio come si deve.

All’inizio non si fida, la sento rigida, ma strofino le mie labbra sulle sue e quando sento che comincia a piacerle, le mordicchio leggermente il labbro inferiore. Le sfugge un sospiro e lascia la bocca socchiusa permettendomi di approfondire il bacio.
Appena le nostre lingue si sfiorano, inizia a rispondere al bacio. Non solo, ma porta una mano sulla mia spalla per tirasi più vicino a me con impeto, riuscendo ad infiammarmi di desiderio.
Bastano pochi secondi. Si tira indietro velocemente come se si fosse bruciata e si volta rossa in viso come un pomodoro maturo.

Io rimango lì, in una posizione ridicola, a fissare la schiena di Aurora per quelle che mi sembrano ore. Mi è piaciuto baciarla. Mi è piaciuto eccome…

La ragazza alza lo sguardo verso la macchina nera che si avvicina.
Ecco che torna tra noi quella rompi di mia sorella!

Mi ricordo solo in quel momento del biondo che ci spiava e mi volto verso il muro, ma non c’è più nessuno.
Bravo! Non provare mai più ad avvicinarti a lei, altrimenti ti spacco le gambe! Lei è MIA!

Al solo ricordo di Aurora che ballava con quell’idiota mi viene il voltastomaco.

 

Mia sorella si ferma con la sua vettura di fronte a noi, proprio in mezzo alla strada. D’altro canto non c’è molta gente in giro a quest’ora qui ad Imperia, quindi si può fare quasi ciò che si vuole.

« ODDIO!» Strilla all’improvviso la bionda, facendomi venire un colpo.
Mi volto veloce verso di lei, con la mano già sul fodero di uno dei miei coltelli da combattimento, pronto ad affrontare ogni tipo di nemici, invece mi ritrovo davanti la ragazzina che saltella sul posto eccitata come una bimba il giorno di Natale.
Gli occhi le brillano dalla sorpresa anche senza l’illuminazione adeguata della zona.

La fisso stupito. «Cosa c’è?»

« HA UNA FERRARIIIIII??!!!»

La sua espressione è così estasiata e la sua bocca così spalancata che mi aspetto che un mare di bava si riversi per terra da un momento all’altro.

« Si…» dico cauto per non farle venire una crisi di nervi.

«Questo bolide è di un mio amico che abita a Montecarlo, me la ha prestata solo per qualche settimana, finché resto qua con mio fratello. A Torino ho la mia Lamborghini. Sei un’appassionata di macchine?» Mia sorella ha aperto il finestrino e fissa la bionda divertita.

«No» Quella scrolla la testa in un cenno negativo « Ma non serve essere un’appassionata per conoscere queste due marche…»

Non so se ridere o piangere.

Sembra che il nostro bacio l’abbia lasciata indifferente, inoltre il tentativo di rifiutarmi che si era messa in testa all’inizio non mi è piaciuto per niente! Invece appena vede una macchina inizia a saltellare entusiasta.

« Luiiiigiii guarda solo le Ferrariiiii! » dice con accento emiliano.

La guardo incuriosito e lei mi risponde con un sorrisone a trentadue denti.

« Hai mai visto il cartone della Disney, “Cars”? »

Faccio un segno di diniego con la testa. Io ho smesso di guardare i cartoni all’età di cinque anni!

«Peccato!»

Ci rimango male. Peccato? Peccato cosa? Non gli piaccio perché non guardo i cartoni?!!

 

Prima di salire perdiamo altri due minuti, perché la ragazza ha così tanta paura di rigarla o rovinarla in modi a me sconosciuti, che non riesce ad aprire la portiera.

Perdo la pazienza e la scosto poco gentilmente prima di prendere posto sul sedile per i passeggeri, poi le faccio segno di sedersi sulle mie gambe.

La vedo sgranare gli occhi. Solo in quel momento la bionda si rende conto che i posti sono solamente due…

Fisso divertito il suo volto cambiare, dal rosso acceso al pallido smorto, per poi tornare rosso, ad una velocità altissima.

« Forse è meglio che aspetto qui… O magari torno con le mie amiche…» Aurora saltella da un piede all’altro imbarazzata.

« Non ci pensare neanche! Tu con quelle non ci torni! »

Al solo ricordo di come le ragazze intorno a lei si strusciavano con chiunque capitasse loro a tiro sento una furia ceca prendere possesso della mia mente. Da oggi Aurora può frequentare solo le suore!
Sento mia sorella ridacchiare dal posto di guida ed Aurora si fa ancora più rossa in viso.
Dopo aver lanciato un’occhiataccia ad Alessandra, allungo una mano e afferrò il polso della bionda per poi tirarla verso di me.

« Come spiegheresti loro il vestito macchiato di sangue? Inoltre c’è un demone ancora in giro. Ricordi? »

La ragazza mi cade addosso e, rossissima in volto, si sistema un po’ il vestito perché non salga troppo, prima di sedersi sulle mie gambe.
Appena sento il peso del suo corpo sul mio non posso fare a meno di immaginarla su di me senza quel bel vestito. Poso le mani sui suoi fianchi e lei fa un piccolo scatto sorpresa. Mi ritrovo i suoi capelli sul viso, ne sento la morbidezza, la consistenza del velluto e ne ispiro l’odore di camomilla e miele.

« Non è contro le regole? » Chiede Aurora con voce stridula.

Sono sul punto di scoppiarle a ridere in faccia, ma mi trattengo.

«Tesoro, incontreremo tanti agenti dell'ordine secondo te?» le chiede mia sorella con fare innocente.

Aurora sospira e rimane in silenzio.

Finalmente partiamo. Arriviamo a casa in neanche dieci minuti, ma mi sembrano un’eternità, la ragazzina non fa altro che muoversi in evidente imbarazzo e io mi costringo a fissare il paesaggio fuori dal finestrino per evitare che il mio corpo si concentri troppo sui suoi gesti.
Sembra che lo faccia apposta a stimolare quella determinata zona del mio corpo! Sono sicuro che le sue natiche non siano costrette a strusciarsi così tanto su quel punto!
Mia sorella non parla, ma ogni tanto la sento ridacchiare.

Ad una curva particolarmente a gomito mi ritrovo Aurora talmente spiaccicata su di me che riesco ad avvertire ogni parte del suo corpo a contatto con il mio nonostante i vestiti.

«Alessandra stai guidando una Ferrari FF, non superare i novanta all’ora con questa macchina è un crimine!» Incito mia sorella a muoversi, perché non ce la faccio più a sentire il corpo di Aurora sul mio.

Ma evidentemente la bionda vuole uccidermi.

« No! Alessandra, ti prego non correre, non ho neanche la cintura di sicurezza ed io non sono indistruttibile come voi…» La bionda prega mia sorella e posa una mano sul mio braccio per tenersi meglio e non perdere l’equilibrio in curva.

Non so che smorfia mi è comparsa sul viso, ma Alessandra capisce al volo la situazione e inizia a ridere come una matta per poi rallentare e rimanere sui trenta all’ora. Maledetta…

Aurora tranquillizzata dalla bassa velocità si siede meglio su di me e rilassa i muscoli.

Che situazione di mer…

«Cazzo Ale, o acceleri o muori!» Scalpito io.

Una risata cristallina si diffuse nell’abitacolo della macchina, mentre percorriamo le strade di Imperia con una velocità massima di trenta chilometri orari.

Fanc…!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Aurora ***


Cap. 15
Ciao a tutti! :)
Le vacanze sono ormai alla fine... Miseriaccia! Non ci voglio tornare a scuola! *Batto i piedi a terra con forza (stile bimba viziata che vuole un giocattolo nuovo)*
Ho una fifa boia! L'esame di maturità dista meno di sette mesi! ç__ç Bravi! Ridete, voi ingrati, delle mie disgrazie! Io mi rintano in un angolino buio a deprimermi, ma prima vi lascio il capitolo.

Il regalo dalla vostra befana preferita sarà uguale per tutti, buoni o cattivi, belli o brutti! ;) Questo capitolo ed il prossimo non saranno proprio fondamentali nella storia, anzi, non lo saranno affatto, ma mi sono usciti così e li volevo comunque piazzare da qualche parte! U.ù Spero di riuscire a strapparvi un sorriso, se non qui, almeno nel prossimo. 
Sto passando un periodo di profonda crisi, perché quel testone di Giacomo non collabora e faccio molta fatica a scrivere la storia.  Meno male che mi ero portata avanti con la scorta di capitoli, altrimenti l'avrei già strozzato! ;) Non preoccupatevi però! Mi riprenderò in fretta, giusto il tempo di corrompere quell'egoista con un gioco per l'X-BOX....
Aurora e Alessandra invece sono mooooltoooo contente di tutti i complimenti che hanno ricevuto (ieri mi sono riletta quasi tutte le recensioni della storia) e vi mandano dei grossi bacioni! :D
Ringrazio i tredici coraggiosi che hanno inserito la storia tra le seguite, i tre misericordiosi che l'hanno piazzata tra le ricordate e le tre pazze che hanno addirittura la mia storia tra le preferite! °O° Wow.. Grazie, vi voglio bene! (Oltre ad avere due occhi a palla per l'incredulità, sono diventati anche rossi per il pianto commosso che cerco di trattenere)
Va bene, la smetto di sproloquiare e vi lascio al capitolo!
A presto miei e mie adorati/e! ;D

Cap. 15

 

Ci fermiamo davanti alla questura, tanto per sfidare la sorte. Possibile che non ci sia mai neanche un poliziotto in giro?!

Alessandra parcheggia e noi scendiamo velocemente dalla vettura. 
Vedo Giacomo fiondarsi di corsa per le stradine del centro storico senza aspettarci e mi chiedo come abbia fatto a riprendersi così in fretta, visto che fino a poco prima non si reggeva in piedi. Io e Alessandra invece camminiamo tranquille, senza fretta. Quasi non mi rendo conto delle mie azioni, sono così stanca che mi sembra di muovermi solo per inerzia.
 
Arrivate a casa ci lasciamo cadere sul divano sfinite. Presto orecchio a qualsiasi rumore per scoprire che fine ha fatto quel demente di Giacomo
e riesco ad intercettare il rumore dell’acqua corrente proveniente dal bagno, il ragazzo deve essere corso a farsi una doccia.

Mi volto un attimo verso Alessandra, che ha preso posto al mio fianco sul divano, e la trovo con lo sguardo sulla televisione, assorta. Fissa intensamente un punto dello schermo come a leggervi sopra le risposte ai suoi pensieri, ma io non vedo altro che uno sfondo nero. Il megaschermo piatto di Giacomo è spento.

Quando sento di essere sul punto di addormentarmi mi alzo e cerco di distrarmi. Mi guardo intorno e noto un particolare che mi era sfuggito prima. 

Sembra che sia scoppiata una bomba in quella camera! Libri, calze, maglie, pantaloni… C’è di tutto sparso in giro. 
Guardo allucinata quel disordine mostruoso  e mi chiedo cosa sia capitato, dopotutto Giacomo è sempre stato un maniaco dell’ordine ed ogni volta che sono venuta in questa casa, a parte quella famosa mattina in cui era in compagnia, mi sono sempre ritrovata in una camera immacolata.
Neanche una briciola per terra, non  un po’ di polvere sui giochi per l’X-BOX, né sulle spade o sulle mensole. A parte i libri naturalmente.

Mi dirigo in cucina e sgrano gli occhi alla vista della montagna di piatti e bicchieri da lavare, del pane abbandonato sul tavolo, le ante dei pensili aperte o quasi. L’unica anta chiusa sembra sbagliata e fuori posto.

Pensare che Giacomo dispone persino i piatti in lavastoviglie secondo la scala cromatica!

Fisso allucinata la scena per un tempo indeterminato, possono essere pochi secondi o interi minuti, finché non sento Alessandra raggiungermi e mi volto a fissarla con un enorme punto di domanda che mi galleggia sopra la testa.
Lei ride divertita, intuendo al volo la mia domanda.
Mi aspetto che mi parli di qualche festa, di un attacco demoniaco in casa, invece dice solo: « Colpa mia. ».
Nessuna giustificazione, a quanto pare la sola sua presenza implica il disordine.

La fisso stupita e quella ridacchia divertita per poi allungarsi, strappare un pezzo di pane e ficcarselo famelicamente in bocca.
Quella ragazza a vederla sembra un angelo, così bella e perfetta, sempre così accuratamente vestita…Fisso il disastro che ha combinato.
Non è possibile che un solo essere umano faccia un tale casino…
Mah! Che famiglia strana!

Alessandra torna in sala e faccio per seguirla, ma all'ultimo cambio idea e rimango sulla soglia ad osservarla. La vedo cercare qualcosa sotto una montagna di vestiti e poi guardare sotto il divano. 

Che sta facendo? 

La scruto con sempre più curiosità. 
Alessandra alza una caterva di abiti e poi infila la mano sotto i cuscini del divano, ma ancora nulla, non sembra riuscire a trovare quello che cerca. Corre in camera del fratello, ma non faccio in tempo a seguirla che ritorna subito in sala. 
Alla fine trova quello che sta cercando vicino alle scarpe, tutte buttate ai piedi della libreria. Tira fuori  dal suo nascondiglio qualcosa di nero, sembra una tutina  di quelle elasticizzate.

Sotto un mio sguardo perplesso inizia a spogliarsi ed io, non appena mi rendo conto delle sue azioni, distolgo lo sguardo.

« Tesoro, non mi imbarazzo mica… » ridacchia la ragazza e io sento le guance andare in fiamme.

Quando ritorno con lo sguardo su di lei la trovo in intimo. Si vede che è una modella, perché la sua pelle è curata, le forme perfette, non è comunque troppo magra. Le gambe sono lunghe e le curve sono solo nei punti strettamente necessari, come seni e sedere, inoltre la muscolatura è sviluppata esattamente al punto giusto.  I boccoli castani lasciati sciolti le scendono lunghi sulla schiena ed arrivano fino alla zona lombare.

Deve essere una caratteristica dei Distruttori quella perfezione statuaria, oppure i loro genitori sono Dei dell’olimpo perché è impossibile che due fratelli su tre siano usciti così perfetti! Chissà com’è il gemello di Alessandra… Inizio a sbavare solo immaginandolo.

Indossa subito la tuta nera, attillata, rinforzata nelle zone più esposte agli attacchi dei demoni. Dopo ritorna a trafficare tra le sue cose e ne estrae delle protezioni e delle armi di dimensione ridotta. Delle specie di parastinchi finiscono negli stivaloni. Infila un coltellino nello stivale sinistro, mentre un'altra lama finisce sul fianco destro, ben mimetizzata da una fascia, anch'essa nera. Poi è il turno di altri piccoli oggetti affilati che non conosco, riesce a nasconderli perfettamente sotto quel tessuto scuro. Il tocco finale è una collanina con un crocifisso appesa intorno al collo.

Mentre si prepara, io tiro fuori distrattamente il cellulare dalla borsa e strabuzzo gli occhi leggendo il segnale delle cinque chiamate perse da parte delle mie amiche.

Ops… mi uccidono questa volta.

Presa dall'ansia compongo velocemente il numero di Carolina. So che le ragazze sono di sicuro preoccupate per la mia scomparsa, spero solo che non abbiano avvisato i miei genitori, altrimenti è la fine…
Attendo impaziente ed al secondo squillo finalmente risponde una voce agitata. 

« Aurora! »

Non avendo fatto in tempo a prepararmi una balla...mi ritrovo a corto di parole, così inizio con uno sbagliatissimo « Hei…»

Inutile far presente le grida che ricevo in cambio…

« CI HAI FATTO VENIRE UN COLPO RAZZA DI IDIOTA! NON TI ABBIAMO PIU’ VISTO, ABBIAMO INIZIATO A CERCARTI, MA NIENTE, POI CI DICONO CHE ERI CON UNO E ABBIAMO PENSATO CHE TI AVESSE FATTO DEL MALE…»

Fortunatamente Silvia interviene in mio soccorso e calma Carolina per poi rubarle il telefono di mano.

« Aurora! » Sento nella sua voce una nota di sollievo, ma è molto lieve, più che altro sembra curiosa e maliziosa.

Ma cosa.. ?

Prima ancora che io riesca a pensare al motivo per il quale Silvia sembra tanto contenta, lei chiarisce ogni incertezza.

« L’avete già fatto?»

O, più che altro, crea nuovi dubbi.

Corruccio la fronte confusa e mi accorgo dello sguardo curioso di Alessandra, che mi fissa dal centro della sala.

« Fatto cosa? Di cosa stai parlando? »

Sono sicura che la mia amica sta ridendo. « Ma dai, non prendermi in giro, so benissimo che sei con un ragazzo! Luca, il fratello di Sara, la cugina di Giulia, ti ha visto che ballavi con un ragazzo biondo! Anche a me era sembrato di vederti con uno, ma ero un po’ impegnata e non ci avevo fatto troppo caso… Eravate già usciti insieme? Sei a casa sua? Chi è? Come si chiama? È su facebook? È bravo a letto? »

Presa in contropiede da tutte quelle domande rimango un attimo di troppo in silenzio, troppo allibita per parlare, ma evidentemente Silvia prende il mio mutismo per un “si”. Dopotutto chi tace acconsente.

Il suo gridolino eccitato mi trapana un orecchio e sono costretta ad allontanare un attimo il cellulare per non diventare sorda. Troppo tardi, il suo grido mi ha distrutto i timpani!
Quando il mio padiglione auricolare torna a funzionare ritorno ad ascoltare la voce di Silvia, che continua a ciarlare come una macchinetta.

« Brava! Era da troppo tempo che non ti lasciavi andare, tesoro, rischiavi di tornare vergine! E poi diciamolo… »

Non  la sto più a sentire e allontano di nuovo il cellulare dall’orecchio per vedere l’ora. Le quattro e mezza di notte.

Silvia non mi può rompere i cogl… a quest’ora di notte!

« Non ho fatto sesso con nessuno! » Le urlo contro, ancora troppo sconvolta dalla quantità di idiozie dette dalla mia amica. Mi accorgo a malapena di Alessandra, che comincia a ridacchiare. Immagino che le mie espressioni la divertano, ma sopratutto credo abbia intuito di cosa stiamo parlando. Forse gridare in quel modo non era l'ideale...

Silvia interrompe quel torrente di parole e si limita ad un mugugno di delusione. 
Ho un'illuminazione.

« Silvia… emh… Sei ubriaca?»

Dal cellulare giunge una risatina stridula e civettuola.

« Direi di si… » Ne deduco la risposta da me. Intanto mi dirigo in cucina, lontano dalle orecchie indiscrete della Distruttrice.

«Ma no! Che dici?! Torna da quel ragazzo a sbaciucchiarti! » mi grida nelle orecchie e io poso una mano sul cellulare istintivamente, per farla tacere.

« Ti ho già detto…» Ma mi interrompe di nuovo.

« Noi siamo in macchina con Roberto, siamo diretti a casa sua a divertirci un po’…»

Roberto è uno dei tanti ricconi della zona. Silvia lo “frequenta” non ufficialmente, mentre Carolina si è presa una cotta per un amico del riccone, anche lui messo bene a soldi. Io ho sempre cercato di metterle in guardia da quella gente. Sono ragazzi ricchi, viziati, arroganti e presuntuosi, ma alle due ragazze piacciono così, quindi che se li tengano. Basta che poi non vengano a piangere da me quando si ritrovano più cornute di un cervo.

« Silvia! » Il mio tono è divertito, ma con una nota di rimprovero. « Devo andare... Salutami Carolina! Fate le brave! » La ammonisco, ma lei non vi fa caso, come al solito.

« Salutami il tuo amico! Digli che se ti tratta male lo picchio! Spero che riesca a soddisfarti...Sai cosa ne penso dei belloci biondi! Tutto fumo e... »

Non tento più di dissuaderla, sia perché è ubriaca e non servirebbe, sia perché il suo tono di voce così deciso e preoccupato mi addolcisce un po'. Peccato che la maggior parte del suo cervello si concentri unicamente sui ragazzi, sui suoi rapporti con l'altro sesso o su argomenti inerenti...Ci sono momenti in cui la detesto, perché sembra egoista e egocentrica, ma basta che succeda qualcosa a me o a Carolina che lei scatta, pronta a difenderci a tutti i costi. 

« Ok! Ciao! » La saluto ed interrompo la chiamata.

Torno in soggiorno, ma giunta sulla soglia della camera rimango a fissare il salotto sconcertata. Sono a bocca aperta, sorpresa.

Alessandra si muove velocemente per la stanza, canticchia a voce bassa, sistemando la sua roba piegandola velocemente e con cura. In meno di un minuto di chiamata con Silvia, la Distruttrice ha già ripulito metà locale dai suoi abiti e li ha sistemati in un enorme valigia blu scuro, che prima non avevo neanche visto.

Quando alza lo sguardo e mi vede, sorride in un modo strano, mi mette i brividi…
I suoi occhi chiari si soffermano per un attimo sul mio viso, poi scendono e mi percorrono tutto il corpo analizzandone ogni particolare e soffermandosi sui seni e sui fianchi. Mi sento in imbarazzo.
Torna a guardare una fila di abiti e ne estrae un indumento nero che mi tira addosso.
Non essendomi accorta del lancio se non all’ultimo secondo non riesco ad intercettare l’oggetto con le mani, che rimangono immobili lungo i fianchi visti i miei riflessi da bradipo, e, quella che sembra una maglia, mi arriva dritta in faccia.

Prendo in mano l’indumento e lo guardo con attenzione. La voce di Alessandra mi giunge all’orecchio proprio mentre valuto l’oggetto.
Sembra un abitino nero, ma è morbido e semplice, non troppo lungo e abbastanza scollato.

« Prendila, è una camicia da notte della linea Next Lingerie, niente di troppo sofisticato o elegante, ma dovrebbe starti bene nonostante la differenza di misure. Dopotutto quello che perdi in altezza rispetto a me, lo riguadagni con il seno, quindi ti dovrebbe andare! »

La guardo con gli occhi fuori dalle orbite. Torno a valutare l'indumento e poi la fisso nuovamente con un'espressione ancora più allucinata.

« Non hai… emh…» Mi schiarisco la voce. « Niente di più… Diciamo “coprente”? »

« Spiacente, ma io dormo in intimo e quella è la cosa più casta che ti potrei prestare… » Sorride divertita di fronte al mio imbarazzo.

« Non hai una tuta vecchia? »

Dalla sua faccia capisco di aver detto qualcosa che non va. La vedo scurirsi in volto... Mi affretto a chiarire.

« Cioè… è bellissima, ma ecco… »

Diciamo che girare per la casa di Giacomo con quella camicia da notte, per di più se siamo soli, non è l’ideale… Tanto quanto per i bollenti spiriti di lui, che sono sicura ha visto di meglio, più che altro non voglio che possa pensare ad un mio tentativo di sedurlo.

Insomma, non sono una di quelle ragazze che si mette il pigiamino sexy per attirare l’attenzione maschile!

« Ecco, diciamo che ho paura di avere freddo solo con quello addosso… » dico cercando di non arrossire.

Sul viso di Alessandra torna a splendere un sorrisone a trentadue denti.

« Ma non c’è problema! Alziamo il riscaldamento!» Detto questo si volta e si dirige al termostato.

« Davvero, non è necessario… Potrei dormire anche con il mio vestito, non c’è problema…» Tento ancora, ma lei si volta a fulminarmi con gli occhi, decisa ad ottenere quanto si era prefissa.

« Non dormirai con quel coso macchiato di sangue! Mette i brividi! Indosserai la mia camicia da notte, nessuna scusa. Non mi ringraziare, sai che lo faccio per te… Ora vai pure in camera o in cucina a cambiarti, non vorrei mai che mio fratello uscisse dal bagno e ti trovasse in intimo. » 

Sento le guance andare a fuoco solo al pensiero. 

« Sarebbe la volta buona che mi sbatte fuori di casa in tutta fretta… » continua a parlare Alessandra con un sorrisetto malizioso e divertito in viso.


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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Giacomo ***


cap. 16 corr
Cap. 16

 

Dopo una bella doccia fresca mi sento rinato. Indosso i pantaloni della tuta e una maglietta nera. Do un colpo di phon ai capelli, in modo che si asciughino un po’. Mi guardo allo specchio e mi faccio un occhiolino. 

Ma quanto sono figo?!

Ridacchio da solo come un idiota ed ammicco divertito verso il mio riflesso nello specchio. Dopotutto non è stata male come serata di caccia, mi sono scontrato con un demone superiore e sono riuscito a mandarlo all'altro mondo con un aiutino da parte di mia sorella. Certo che è strano che solo nell'ultimo periodo sia stata registrata una così alta presenza di demoni così forti proprio qui, in questa cittadina così piccola e poco abitata.... 

Che ad attirarli sia il mio fascino?

Sorrido divertito dalla mia battuta e, dopo un ultimo attento sguardo al mio riflesso, esco dal bagno.

Ho appena spalancato la porta, quando mi immobilizzo. Guardo incredulo la mia stanza preferita e sono sicuro che la mia mascella sia letteralmente caduta al suolo per la sorpresa di trovarla al suo solito aspetto. 

Mi guardo intorno con un sorriso incredulo ed entusiasta sul volto e, per quanto tenti di rimanere assolutamente composto e mascherare i miei sentimenti, nel caso Aurora o Alessandra dovessero apparire in soggiorno... Riesco a malapena ad impormi di non gridare dalla gioia. Saltello silenziosamente sul posto due volte e corro ad abbracciare la mia X-BOX, che finalmente è tornata alla luce dopo quasi un'intera settimana seppellita sotto cumuli di vestiti. 

Il mio amatissimo divano è finalmente libero dai vestiti di mia sorella e il pavimento è sgombro dalle sue scarpe.Nessuna traccia di profumi femminili nell’aria. I giochi dell’X-BOX sono tornati al loro posto, come se non fossero mai stati spodestati dalle trousse di trucco di Alessandra.

Sto sognando?

Il mio sguardo allucinato percorre la stanza fino a soffermarsi con particolare interesse sulla valigia di mia sorella accanto alla porta.

Ma che…?

Prima che il mio cervello elabori la situazione sento dalla porta della mia stanza la voce di Aurora che chiama mia sorella, così mi avvicino all’uscio in cerca di spiegazioni sull’improvviso ordine che regna in sala.

« Alessandra… »

Apro la porta e, prima di posare lo sguardo sulla figura posizionata al centro della stanza, che mi da le spalle, scopro che tutte le tracce che indicavano la presenza di mia sorella sono state rimosse e anche la mia camera è tornata al suo aspetto originale.

Le ante degli armadi sono chiuse e sulle mensole sono tornate le mie collezioni di modellini di quando ero piccolo, nessun ammasso di gioielli costringe più i personaggi di Topolino a rintanarsi negli angoli bui. Il pallone da calcio e quello da basket possono nuovamente rotolare per la stanza senza incontrare scarpe o stivali gettati sul pavimento.

Prima che una qualsiasi reazione di felicità mi colga, incrocio la figura femminile di Aurora e mi immobilizzo a fissarla.

Accanto al letto Aurora è voltata di schiena, intenta a ripiegare il suo vestito ed a togliere gli orecchini e la collana.
Sono sicuro che la mia mascella abbia nuovamente raggiunto il pavimento.

Indossa ancora la mia giacca, che arriva a coprirle il fondoschiena, mentre fino a metà coscia un tessuto nero nasconde la sua pelle alla mia vista, le gambe invece sono nude. Niente di che, non sono di certo le prime cosce che incontro in vita mia, tuttavia un inspiegabile brivido mi percorre la colonna vertebrale ed anche solo vedere quel poco mi manda su di giri.

Scrollo la testa per riprendere il controllo di me e mi accorgo con particolare delizia che mi piace che Aurora indossi il mio giubbotto. Non credevo ci si sentisse così compiaciuti vedendo una ragazza con indosso i propri indumenti… Altra tipica scena da film in effetti! Di certo non mi esalto come quei cretini dei protagonisti maschili però! Che checche.

Sentendo la porta aprirsi probabilmente Aurora deve aver pensato che fosse entrata Alessandra e non io, così inizia a parlare, sempre voltata di schiena.

« Grazie per la camicia da notte, te la riporto lavata… Non è che mi puoi prestare per caso anche una giacca? Sai, non posso restare con quella di Giacomo…  »

Si volta e rimane un attimo spiazzata quando si trova me davanti. Le pupille dei suoi occhi sembrano dilatarsi, ma cerca di nascondere lo stupore e porta con fare noncurante le mani sull’orlo nero cercando di tirare più giù l’indumento.

Non riesco a capire perché non può tenere la mia giacca. Cosa c’è? Non la soddisfa?

Non mi curo neanche di farle una scansione completa del davanti, sono troppo deluso. Non mi dispiace affatto vederle addosso qualcosa di mio…

 « Perché? Non ti va bene la mia giacca?» Chiedo con un pizzico di irritazione.

Aurora mi guarda spiazzata. Si tortura le mani e si guarda intorno, cercando di non incrociare il mio sguardo puntato su di lei.

« Non è quello…» Vedo le sue guance tingersi di rosso e mi torna un po’ di buon umore.

« Allora, perché ne vuoi un’altra? » le chiedo più tranquillo, avvicinandomi a lei senza neanche accorgermene.

« Preferisco una felpa se c’è, perché almeno la posso tenere anche per dormire visto che ho freddo con questa mini camicia da notte…» Finalmente incrocia il mio sguardo. Sembra imbarazzata, forse è a causa del bacio…

Vorrei replicare anche io in effetti. Vorrei sentire di nuovo le sue labbra sulle mie e vorrei soprattutto muovere le mani sul suo corpo fino a sfiorarle le gambe scoperte.

Mi riscuoto dai miei pensieri e mi dirigo verso la cassettiera. Apro il primo cassetto. No. Ci sono le calze e le mutande. Ops…

Apro il secondo cassetto. Solo magliette.

Ok, concentrati, dove sono le felpe? Cavolo che figura! Proprio io che mi vanto sempre del mio ordine…! Perché non riesco a ricordarmi dove sono le mie cose?!

Immagino che il caos che Alessandra ha portato in casa in questi giorni abbia influito sul mio cervello mandandomi in confusione!

Finalmente trovo il cassetto con le felpe, prendo la prima che mi capita e la porgo verso Aurora, ma questa non la prende.

« Sei sicuro? » Mi guarda in attesa.

Che?

La guardo incuriosito e stranito dalla sua reticenza. 

« È una delle tue preferite, no? » Inspiegabilmente il suo viso diventa bordeaux mentre pronuncia quella frase.

La guardo sorpreso, poi rivolgo lo sguardo alla felpa. In effetti quella è una delle felpe che utilizzo più spesso, ma come fa lei a saperlo?

Probabilmente legge la domanda nel mio sguardo confuso, perché, dopo aver preso la felpa dalle mie mani, mi dice: « Ti ho visto prepararti la roba per uscire la sera qualche volta e se ricordo bene la usi molto spesso… »

Mentre parla si volta di schiena e si toglie la giacca. Rimango a fissare incantato le sue spalle scoperte. La carnagione è ancora leggermente abbronzata, la pelle ha un aspetto morbido e vellutato che vorrei toccare. Sulla scapola sinistra c’è un neo abbastanza grande e vorrei sfiorarlo con le labbra per poi risalire lungo il collo in una scia di baci.

Trovo che, quel pezzo di stoffa nera semitrasparente che lei osa chiamare “camicia da notte”, sia un gran bell’indumento…

Potrebbe anche indossarlo più spesso, sono a favore della cosa!

Mentre scruto con attenzione la linea delicata dei fianchi e il suo sedere, oltre alle mille cose che penserebbe un ragazzo normale, mi ritrovo anche a ringraziare mia sorella per avergli prestato quell’affare, invece di uno dei suoi orribili pigiami.

Sono sicurissimo che è un prestito, perché Aurora non aveva niente e certamente mio non è, quindi…

Grazie sorellona!

Quando Alessandra esce di casa è sempre bellissima, impeccabile, vestita da Dio e truccata altrettanto bene. Ama curarsi e si occupa lei di tutto, dal taglio di capelli al trucco, dopotutto ha frequentato vari corsi da estetista, truccatrice e parrucchiera. Potrebbe sembrare una vera ossessione se non fosse che, appena arriva a casa, cambia totalmente. Certo, tiene nascosto questo suo lato agli altri, ma con noi della famiglia non si fa scrupoli.

Tute vecchie e pigiamoni pesanti sono d’obbligo per la comodità casalinga e i tacchi dodici vengono sostituiti da un pratico paio di pantofole malandate di quelle che tengono i piedi caldi. D'inverno si porta sempre in giro per la casa una coperta, che utilizza per impacchettarsi.

Come ho già detto, immagino sia l’unico Distruttore esistente sulla terra a soffrire il freddo!

Davvero non so come ringraziarla per aver prestato ad Aurora QUELLA “camicia da notte”, invece dei suoi pigiamoni!

Quando alza il braccio sinistro per infilare la manica della felpa, la gonna si alza rivelando ancora di più le sue cosce, quasi fino ai glutei.

Forse è meglio che mi giri o che chiuda gli occhi… Ma anche no… 

 
Una volta indossata la felpa Aurora si volta nuovamente verso di me e mi porge la giacca mugugnando qualcosa.

« Cosa hai detto? » chiedo divertito.

Il mugugno indistinto si ripete ed anche se ho già capito cosa vuole dire, non mi faccio troppi scrupoli.

« Se non alzi la voce e scandisci bene le parole non capirò mai …» Insisto.

Lo sguardo furioso della bionda mi mette allegria.

« Grazie! » sibila stizzita.

« Grazie per cosa? Per la giacca? La felpa? Il salvataggio? Forse per il fatto che ti sto viziando come una principessa? So che a molte ragazze piace… O forse vuoi ringraziarmi per qualcosa che deve ancora avvenire? Pregusti già questa notte?» Inizio cercando di restare serio, ma vedendo il suo sguardo ancora infuriato non riesco a proseguire sul quel tono e comincio a prenderla in giro.

Gonfia le guance indispettita.

« Solo per la felpa! » Sbotta irritata.

« Ma prego, mia cara! Se posso darle il mio parere, le sta divinamente… » la sfotto. 
La mia felpa le sta grande naturalmente e la fa sembrare enorme, mi ricorda un fagottino… La vedo voltarsi rapidamente verso lo specchio e probabilmente si rende conto della presa in giro, perché porta le braccia al petto e le incrocia, mentre sul suo viso compare una smorfia buffa.
Cerco di restare serio, ma mi viene da ridere.

« Vuole qualche cos’altro? Dica pure, sono ai suoi ordini…» Proseguo sarcastico imitando un inchino in modo un po’ maldestro.

Quando rialzo la testa ed incontro i suoi occhi però la risata mi muore in gola. Sembra mi stia mangiando con lo sguardo…

« Be’… Se me lo chiedi con quel tono…» La sua voce maliziosa mi colpisce come un pugno invisibile e mi ritrovo a boccheggiare. Sono sicuro che mi sta prendendo in giro lei ora, eppure mi piace da morire quello sguardo voglioso sul suo viso.

Mi si secca la gola.

Evidentemente devo aver fatto una faccia particolarmente stupida, perché Aurora inizia a ridere di gusto, con le lacrime agli occhi.

Proprio in quel momento fa il suo ingresso in camera mia sorella.

« Oddio! » Lo sguardo inorridito di Alessandra si posa immediatamente su Aurora. « Togliti immediatamente quel coso di dosso, il grigio non ti dona per niente! Ti ingrassa in una maniera allucinante! Sei orribile!»

Miss tatto è tra noi…

Aurora, in risposta, mi fa un occhiolino.

Un occhiolino?!

Sia io che mia sorella la guardiamo spiazzati.

« Non posso rimanere solo con questa “camicia da notte” davanti a tuo fratello… Dallo sguardo che mi ha riservato prima direi che se mi tolgo la felpa corro seri pericoli! »

La fisso allibito. Ma che… ?

« Non è vero!» protesto risentito. Sono perfettamente in grado di controllarmi e poi non ho fatto nulla!

Mia sorella intanto scoppia a ridere e mi indica. « Sei diventato rosso!»

Ma… « No!»

Aurora mi fa la linguaccia.

Inizio ad arrabbiarmi! Ma si sono alleate nello sfottermi per caso? E poi non è assolutamente vero! Non avevo nessuno “sguardo” e non sono affatto diventato rosso!

Esco dalla camera infuriato e mi chiudo violentemente la porta alle spalle.

Donne… Che teste di cazzo!

Mi lascio cadere sul divano e mi metto comodo, cerco di dormire un po’, ma non faccio in tempo ad assopirmi, che mia sorella apre la porta.

Si ferma sulla soglia e mi guarda per poi rivolgersi ad Aurora ancora nella stanza.

« Vedi? Te lo avevo detto che puoi rimanere a dormire sul letto! Lui sta già dormendo sul divano. Tu occupa pure la camera da letto e non ti preoccupare. Ho cambiato le lenzuola pochi giorni fa e da allora ci ho dormito solo io, quindi non troverai schizzi di sperma o altre cose disgustose… »

Irrigidisco i muscoli, ma riesco a tenere gli occhi chiusi.

« Ti conviene chiudere la porta a chiave però. Sai come sono gli uomini...»

Decisamente, mia sorella farà una brutta fine…

«Tornerò a trovarvi! È stato un piacere avere a che fare con te, Aurora! Spero di trovarti più spesso in futuro, ti aggiungo su facebook appena arrivo a casa, così ci teniamo in contatto… »

Poi sento la porta chiudersi e i passi di mia sorella venire verso di me. Non do il minimo segno di vita.

Mi si accosta e mi sussurra vicino all’orecchio:

« Vado ancora un po’ in giro per cercare di ricavare informazioni su quel demone. Torno domani mattina a prendere la valigia e vado a stare da mamma e papà, perché qui sono di troppo, vi lascio un po’ di privacy… »

Stringo i denti. 

Non posso ucciderla, è mia sorella… Non posso ucciderla, è mia sorella… Non posso ucciderla, è mia sorella… Non posso ucciderla, è mia sorella… Non posso ucciderla, è mia sorella… Non posso ucciderla, è mia sorella…

« Ho alzato un po’ la temperatura del riscaldamento, tra poco vi sembrerà di essere ai Caraibi… »

Spalanco gli occhi e la fisso stralunato. È impazzita?

Mi sorride furba.

« Se vuoi un consiglio… Lasciala così. Fidati, domani mi ringrazierai…»

Mentre esce di casa la sento ridere. Una risata cristallina ed allo stesso tempo furba e sicura.

A volte riesco ad intravedere la guerriera, quella ragazza forte e velocissima, astuta, impassibile anche di fronte alla morte e spietata nel combattimento.
A volte riesco a vedere solo mia sorella, quella ragazza freddolosa e dispettosa.
Altre semplicemente mi sembra una pazza.

La porta si richiude alle sue spalle e la casa piomba in uno strano silenzio.

Dopotutto non la posso proprio uccidere, mi mancherebbe troppo.

Sento dei movimenti in camera mia e mi rendo conto che sono in casa con Aurora. Da soli. Io e lei. Soli. Lei, con quella “camicia da notte”.

Cazzo.

Stringo i pugni e chiudo gli occhi con forza. Inizio a ripetermi mentalmente: Ti prego fammi addormentare subito, ti prego, non farmi fare cose stupide.

Allora, inizio con lo scusarmi per non aver lasciato tempo a quei lettori che solitamente commentano di recensire i capitoli precedenti (sempre che fosse loro intenzione farlo). Non volevo lasciare passare troppo tempo tra questo ed il capitolo precedente, perché presi singolarmente sono parti brevi e, penso, nient'affatto soddisfacenti dal vostro punto di vista. Comunque spero che vi siano piaciuti lo stesso almeno un po'. 
Il prossimo, se tutto va secondo i piani, sarà anch'esso breve e dedicato totalmente alla ricerca d'informazioni da parte di Alessandra, in quella stessa notte. Sto scrivendo i capitoli finali, anche se voi dovrete attendere ancora un po' per arrivarci. Giacomo è così capriccioso ultimamente che l'ispirazione va e viene come le pare e piace, mettendomi in seria difficoltà. Tuttavia ho intenzione di finire la storia ad ogni costo! U.ù
Ringrazio, come sempre, tutti coloro che leggono con pazienza infinita e coloro che commentano. Un particolare riconoscimento va alla mia amica Michela, che mi aiuta e corregge la storia dandomi preziosi suggerimenti. Ringrazio anche un'altra mia cara amica, Flavia, perché mi manda sempre delle recensioni stupende e non vedo l'ora che si crei un account tutto suo per poterle scrivere direttamente su Efp alla portata di tutti (così, anche voi altri lettori vi potreste fare due risate)! ;D 
A presto! :) 
Ps. Un ultima cosa! Ho scoperto, sulla pagina Facebook di una delle mie autrici preferite, che molte sue storie sono state copiate da parte di altre persone su diversi siti. Oltre a copiare la storia di pari passo, affermavano anche di essere loro gli autori e rispondevano ai commenti dei lettori vantandosi dei "loro" scritti.  Questa autrice, di cui amo leggere le storie, ci è rimasta malissimo. 
Ora, non ho abbastanza lettori da fare in modo che questo messaggio sia letto da una moltitudine e so che, quasi sicuramente, tra  voi poveri, che vi sorbite la mia storia, non ci siano i famosi copiatori, tuttavia voglio scrivere lo stesso cosa ne penso a tal proposito. 
Come lettrice, su Efp trovo storie fantastiche e non devo pagare per leggerle. Se gli autori smettessero di pubblicare le loro storie qui, perché degli idioti, perdonate il termine, vogliono vantarsi di cose che non appartengono loro... Permettetemi di dire che mi girerebbero altamente! 
Come scrittrice, trovassi mai qualcuno che abbia copiato la mia storia, prima lo insulterei di brutto ed infine gli spezzerei tutte le ossa. Ovviamente basterebbe citare il vero autore per evitare la figura di mer... ed ogni tipo di spargimento di sangue. U.ù  
Bene, ora che ho detto la mia, mi sento soddisfatta. A presto miei cari! :)

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Alessandra ***


Cap 17
Cap. 17

 

Premo un po’ il freno del mio Ferrarino nero, cercando di mantenere il controllo dell'auto. Le strade qui in Liguria fanno schifo, sono strette, tutte salite, discese, curve a gomito e vie senza uscita.

La macchina prende una buca e fa un rumore sgradevole, mentre io rimbalzo sul sedile tenendo salda la presa sul volante per miracolo.

Possibile che ci siano delle dannattissime buche ogni dieci metri?!

Me la cavo bene alla guida, anche se di solito preferisco che sia Marco a portarmi in giro. Non per niente il mio fratellino è un pilota di auto da rally a tempo perso! Ha già vinto qualcosa, forse uno o due premi.
Quando ci muoviamo per le strade di Milano alla ricerca dei demoni adoro la sua guida veloce e sicura, non fosse mio fratello mi innamorerei di lui solo per come si muove in auto.

In neanche dieci minuti sono a Cervo, un paesino arroccato su un monte, davvero caratteristico. Sembra un antico borgo medioevale, la maggior parte delle casette cono costruite in pietra. La Chiesa è sulla cima della collina, mentre le abitazioni scendono lungo il fianco del monte formando una specie di scia fino al mare.

Sento le presenze demoniache all’interno della zona più vecchia del paese, esattamente dove non ci si può muovere in macchina! E ti pareva!
Parcheggio l’auto in piazza e inizio a camminare velocemente attraverso quei violetti bui e stretti, verso il punto da cui sento provenire le tracce.

Ho rilevato l’esatta posizione di un demone, per la prima volta, all’età di sette anni. I miei genitori furono ancora più orgogliosi di me quando seppero della mia nuova capacità. Per i miei fratelli invece fu l’ennesima fonte d’invidia, ma poi ci si sono abituati.
In teoria c’è un rilevatore per captare i segnali sui demoni, ma certi Distruttori molto sensibili non hanno bisogno di tali strumenti. Questa capacità solitamente si mostra più spesso nelle donne che negli uomini. Sono state fatte alcune ipotesi, in particolare, la più verosimile consiste nel bisogno femminile di maggiore protezione rispetto agli uomini. Il ciclo mensile indebolisce il corpo e la mente, la gravidanza rende impacciate nei movimenti o addirittura impossibilitate a difenderci ed infine il parto porta via grandi dosi di energie rovinando il fisico prima del tempo. Insomma, poiché noi donne in teoria siamo più deboli, ci sono stati donati alcuni vantaggi. Resta comunque un dono molto raro.

Estraggo le mie due spade.
Vedendo lo scintillio delle lame un brivido di aspettativa e piacere mi corre lungo la schiena. 

Ispiro.

Ho bisogno di eliminare qualche demone.

La guerra è il destino di noi distruttori, lo scontro con i demoni, ma anche la lotta interiore tra il desiderio di una vita normale e l’istinto. Essendo mortali vorremmo una vita comune, vorremmo essere come gli umani che si muovono intorno a noi, ignari di ciò che accade oltre il visibile, eppure l’istinto ci spinge a combattere.
Un tempo ho cercato di lottare contro la parte di me che chiedeva sangue demoniaco, ma è stato come soffrire la sete. Sentivo la mia stessa anima spossata e assetata di quel liquido nero, invisibile agli umani. Non sono più riuscita a resistere, quel richiamo ha vinto.

Espiro.

Non vedo nessun umano nella zona, in lontananza solo il rumore di un televisione con il volume troppo alto.
Inizio a correre, entro in una stradina pedonale sulla sinistra e mi lancio giù dalle scale sulla destra, salto un muretto a secco che divide i giardini di due case e rientro nelle vie sempre più strette e buie fino al cuore della cittadina. Il centro è un intrico di stradine, alcune che salgono, altre che scendono, delle scale sulla destra e anche sulla sinistra, tutto intorno viette, scale, ruderi di vecchie abitazioni oramai inutilizzate da tempo.
È triste che proprio il centro storico del paese sia il punto ridotto in rovina.
Mi fermo al centro di quel groviglio di ruderi e alzo la testa alla ricerca di qualche stella. Il tetto mezzo diroccato di una delle case copre parzialmente la mia visuale, ma riesco a vedere qualche corpo celeste e la luna alta quasi sopra la testa.
Quella stessa pallida luna, spesso lodata dai poeti, è proprio la condizione necessaria affinché i demoni possano giungere nel nostro mondo.

Mi guardo attorno certa di essere osservata.
« Venite fuori…» sussurro. Sento i demoni, tre, che mi stanno circondando. Sono tutti di basso livello.
La voglia di trapassarli da parte a parte all’istante si fa largo nel mio animo, ma cerco di sopprimerla, dopotutto dovrei estorcere loro delle informazioni sul demone di livello superiore e se li rimando all’altro mondo subito otterrei ben poco.

All’improvviso mi volto fulminea verso il rudere attirata da un movimento.
Tra le pietre accatastate crescono ormai delle piante che ricoprono di foglie le travi in legno marce a causa delle intemperie. Una delle creature si è nascosta lì.
Sento, grazie alle mie percezioni, un'altra creatura spostarsi verso di me velocemente alle mie spalle, ma rimango immobile.

« Ciao Distruttrice…» Sento una vocina fievole vicino all’orecchio, ma continuo a rimanere immobile. Il demone mi gira attorno e quando arriva di fronte agli occhi vedo una farfalla nera come a notte. La scaccio con la mano e quella si posa per terra, poco lontano da me.

Più i demoni sono alti di livello più riescono ad assumere le sembianze che desiderano nel mondo degli umani. I demoni di livello molto elevato solitamente riescono a sembrare persone comuni, mentre i demoni inferiori si devono accontentare di imitare gli animali o dei mostriciattoli originati dalle paure.

« Come mai da queste parti?» una voce roca giunge da sotto una tettoia, nel rudere sotto la scala sulla mia destra. 
Vedo un demone piccolissimo ma ciccione di un colore violetto. Mi ricorda un cartone che vidi una volta da piccola, un film d’animazione della Disney, “Hercules”. 
Mi sembra il mostriciattolo brutto e viola, uno dei tirapiedi del cattivo. Mi stava antipatico già allora...
Noi Distruttori non veniamo allevati con i cartoni degli umani solitamente, ma io sono un caso a parte. Mi ricordo che ero scappata dall’istituto e mi ero nascosta in una ludoteca della zona. Prima di venire rintracciata dagli insegnanti ero riuscita a vedere tutto il film d'animazione. Da quel giorno sono scappata spesso per tornare lì e passare del tempo con gli altri bambini umani, ma non sono più stata beccata. 

Bleah! Oggi è la giornata delle bestiacce…

Noto l'ultimo demone avvicinarsi a me, sembra intenzionato ad attaccare. Il braccio scatta velocissimo e la lama si conficca netta nel collo di una lucertola grigia accanto ai miei piedi. Quella emette un sibilo strozzato e si dimena più che può, prima di sparire.
Più i demoni sono alti di livello più sono veloci, mentre la rapidità di queste caccole è pari allo zero assoluto e non sono in grado di ferirmi, né tanto meno di crearmi problemi.
Gli altri due demoni emettono un ringhio rabbioso, ma non attaccano.

Paura, eh?

« Voglio sapere chi è il demone che è passato nella nostra dimensione questa notte. Qui vicino, ad Imperia…»

Non celo lo sdegno che provo ad essere costretta a parlare con loro.

« La bimba vuole sapere chi è il demone cattivo nel suo armadio?» Il demone viola e grassottello inizia a girarmi attorno colto da uno strano impulso suicida.

Resisti! Resisti! Alessandra non ti conviene…

Un sibilo strozzato annuncia la dipartita del demone dal nostro mondo… Ops! Troppo tardi…
Rimango con l’ultimo demone, la farfalla. Lo guardo con ribrezzo.

« Ora tocca a te. O mi dici che demone era e cosa voleva, oppure ti rispedisco nella tua dimensione per un bel po’ di tempo…»

Per un demone di scarso potere come questo, occorrono secoli per riuscire a tornare nel nostro mondo dopo essere stato respinto, tuttavia di solito non sprechiamo tempo a fare fuori queste caccole. Sono quasi insignificanti anche per gli esseri umani, possono provocare come massimo qualche depressione… Inoltre sono molto numerosi nel loro mondo, quindi appena uno ritorna ne giunge subito un altro a prenderne il posto. Inutili e fastidiosi. 
Li cerchiamo solo per ottenere informazioni, visto che sono i lecchini dei potenti signori demoniaci e conoscono quasi tutto.

« Dimmi quello che sai demone.» Gli ordino dopo un po', ma quello sembra intenzionato a rimanere i silenzio e la mia pazienza sta per esaurirsi.

La farfalla si alza di nuovo in volo, ma questa volta si ferma a pochi centimetri dal mio naso, all’altezza dei miei occhi. Io rimango impassibile.

« Umana, non ti dirò nulla. Meglio non tornare mai più su questa terra che tradire quel padrone… Ma se mi lasci rimanere ti darò un consiglio prezioso, che ti potrebbe salvare la vita. »

Continua a sbattere le piccole ali per mantenersi in volo, ma si vede che fa molta fatica.

« Non ti lascerei restare comunque, ma se parli ti darò dieci secondi di vantaggio nella tua fuga. »

Tanto ti uccido comunque.

« Affare fatto. » La vocina soddisfatta del demone mi infastidisce e non vedo l’ora di farlo scomparire.

« Il padrone non è come gli altri… Ti ucciderà se lo sfidi.» Il suo tono è talmente deciso che immagino lei non abbia alcun dubbio al riguardo, ma non mi lascio condizionare.

« Certo, immagino…» Annuisco reggendole il gioco.

« Fossi in te mi rifugerei il più lontano possibile da qui ad aspettare la fine della vostra specie. Lui è molto più forte di qualsiasi cosa voi abbiate mai visto...»

La farfalla si volta e inizia a volare via. Sale sempre più di quota, per gettarsi nel cielo dipinto di nero e mascherarsi nella notte.

Sbuffo. Non ho ottenuto niente…

Conto fino a dieci.

Salto, mi aggrappo alla grondaia e mi arrampico velocemente sul tetto dell’edificio traballante. Dal tetto spicco un altro salto fin sulla casa più vicina e lancio il coltello. Non ho bisogno di vedere se ho colpito la preda.

In questa zona c’è carenza di demoni…

 

Mentre percorro a ritroso le stradine di Cervo per ritornare alla macchina, mi ritrovo davanti all’improvviso un ragazzo. Sta camminando tranquillamente, con le mani in tasca, verso il centro storico del paese, cioè in senso opposto al mio.
Lo scruto attentamente. 
È abbastanza alto, magro, niente di anormale. I suoi capelli sono biondi e sono sparati sulla testa, mentre nel viso dai lineamenti aristocratici spuntano due splendidi zaffiri che mi fissano intensamente.
Non avverto nulla, è un comunissimo umano.
Mi sorride.

« Ciao. »

Lo sorpasso e faccio finta di non averlo sentito.

« Ti sei persa? Vuoi una mano? »

Mi volto a guardarlo. L’educazione mi impone di rispondere a una proposta d’aiuto sempre e comunque. Forse l'educazione impone anche di rispondere ad un saluto, ma non sono sicura che valga anche per gli sconosciuti.

« No, grazie. » Il mio tono freddo non ammette repliche, quindi mi volto, decisa a non calcolarlo più.

Faccio per tornare sulla mia strada, quando quello ricomincia a parlare e mi invita a casa sua.

« Se vuoi ho la casa libera, è molto tardi… »

Continuo ad allontanarmi incurante. Si vede che è un ragazzo appena uscito da qualche locale o discoteca, probabilmente ci sta provando. Squallido.

Sono già molto distante da lui quando lo sento riprendere a camminare verso l’interno della vecchia cittadina, inizia a fischiettare un motivetto lento e lugubre che ho già sentito da qualche parte. Reprimo un brivido freddo.
Il suono del suo fischiettio si smorza sempre più mano a mano che ci allontaniamo l’uno dall’altro e sparisce del tutto una volta che sono giunta in macchina.

 

Ritorno ad Imperia e passo da casa di mio fratello per prendere la mia valigia. La Ferrari nera rimane parcheggiata davanti alla questura di polizia, domani uno degli uomini del mio amico viene a riprendersela.

Nel momento stesso in cui entro in casa avverto il cambio di temperatura ed inizio a sudare. Sorrido soddisfatta. Sono sicura che tutto andrà secondo i piani!
Trovo Giacomo profondamente addormentato a pancia in giù sul divano, con un po’ di bava alla bocca. Disgustoso…

Faccio un salto veloce in camera per controllare Aurora e la trovo profondamente assopita sul fianco sinistro. Le scosto i capelli dal viso e la copro con un'altra coperta, dopotutto non voglio che prenda freddo...
Ridacchio silenziosamente.

Lascio un bigliettino con dei saluti sulla tavola in cucina e poi prendo la mia valigia. Imposto la porta su Torino e, grazie all'incantesimo, quando oltrepasso la soglia, mi trovo tra i palazzoni della città piemontese.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Giacomo ***


Cap. 18
Mi scuso per i tempi di aggiornamento che si stanno protraendo sempre di più, ma in compenso i capitoli dovrebbero divenire mano a mano più lunghi e consistenti, quindi spero mi perdonerete l'attesa. A tal proposito parto già con l'avvisarvi che per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po', anche se spero non più di una quindicina di giorni.  
Questo capitolo dovrebbe essere abbastanza carino, comunque aspetto eventuali recensioni per avere un vostro giudizio. Non sono sicura, ma probabilmente questo sarà l'ultimo capitolo dal punto di vista di Giacomo per un po' di tempo, perché teoricamente avremo nei prossimi un'alternanza tra Aurora e Alessandra.  Secondo un calcolo approssimativo la storia dovrebbe arrivare alla trentina di capitoli, più un eventuale epilogo.
Mi sono accorta che le visualizzazioni dei vari capitoli sono piuttosto alte e costanti nei primi quattordici capitoli, poi c'è stato un calo di circa una ventina di lettori, niente da dire in contrario, ma vi chiederei un favore per il futuro. ( Naturalmente non obbligo nessuno.) Se doveste trovarvi di fronte un capitolo particolarmente difficile da leggere, oppure semplicemente noioso, mi piacerebbe che me lo faceste presente, così tenterò di cambiare qualcosa e renderlo più digeribile. :) Tramite recensione o messaggio privato, non fatevi scrupoli d nessun tipo, ok? No, dico davvero, mi interessa più che altro migliorare, è questo lo scopo della pubblicazione di quello che scrivo qui so Efp. Personalmente, amo parlare con le mie autrici preferite e non so cosa darei per conoscerle dal vero, quindi trovo che avere la possibilità di parlare direttamente con le scrittrici, qui su questo sito, sia meraviglioso. :D 
Ok, non era mia intenzione scrivere un monologo come introduzione... O.ò 
A presto miei cari! ;)
Un bacione a tutti voi!

Cap. 18

 

Non sono mai stato meglio in vita mia. Mi sento come se fossi in paradiso, preso da una sensazione di pace interiore e dalla goduria allo stato puro. Sono sul bordo di una piscina, le mie gambe, lasciate cadere penzoloni si muovono circolarmente nell’acqua. La grande vasca è riscaldata, potrebbe essere ad una trentina di gradi, e da essa sale una cappa di vapore che inebria i sensi e riscalda l’ambiente, rendendo però più difficile la respirazione.
Mi guardo intorno, ma non vedo molto a causa della cappa di vapore che sbiadisce i contorni della realtà e li rende irriconoscibili.
Abbassando lo sguardo sul mio corpo mi accorgo di essere nudo, completamente nudo. La cosa mi lascia indifferente, dopotutto provo una sensazione di pace talmente profonda da sentirmi a mio agio anche senza vestiti.

All’improvviso dalle nebbie vedo avvicinarsi qualcosa, l’acqua si increspa leggermente e poco distante da me emerge una figura con i capelli biondi lasciati sciolti, che, galleggiando, le si spargono attorno. La testa e le spalle sono fuori dall’acqua, ma mi da la schiena e non riesco a vederla bene. Si passa una mano fra i capelli con un movimento lento ed ipnotico ed io rimango incantato a guardarla.

Si volta e i miei occhi rimangono incagliati nello sguardo scuro della donna, nero come le tenebre più cupe, quelle oscurità dove non si riesce a scorgere neanche la punta del proprio naso. Non sono occhi umani, ma non do peso alla cosa. Quelle iridi nere mi fissano curiose e le palpebre si socchiudono un poco nello scrutarmi attentamente.
Sulle lunghe ciglia bionde sono rimaste delle goccioline d’acqua e una di esse cade sullo zigomo e scivola giù percorrendole il viso, unendosi alle altre rimaste in equilibrio sulle guance.
Seguo affascinato il percorso del rivoletto d’acqua sulle gote fino a che questo non giunge alla bocca, dove sparisce. La mia attenzione viene catturata da quelle labbra rosse sanguigne, sorride ed appare una fila di denti bianchissimi, ma affilati. 
Sbatto le palpebre, come per mettere a fuoco meglio l’immagine, ma quando riapro gli occhi la donna non sorride più e mi guarda piegando la testa di lato,
forse stranita da me e dal mio comportamento.

Improvvisamente si gira e sparisce sott’acqua veloce e silenziosa come era arrivata.

« No! »

Mi sporgo in avanti e cado dentro la vasca, irrimediabilmente attratto da quella figura. 

Inizio a nuotare per cercare di raggiungerla, ma sento i muscoli intorpiditi e non riesco a muovere gli arti. Ingoio un sorso d’acqua, poi un altro. Non riesco a nuotare, sto affogando. Non riesco a muovermi. Sento il panico invadermi e il corpo farsi pesantissimo.
Mi ritrovo completamente immerso sott’acqua, con i polmoni a corto d’aria. 
Il cuore batte velocissimo. Vado a fondo.
Quando già le palpebre iniziano a chiudersi, sento che qualcuno mi tira su. La presa sul braccio fa male, ma mi riporta alla superficie e finalmente, dopo diversi colpi di tosse, respiro.

In un attimo la realtà che mi circonda muta e mi ritrovo su una spiaggia assolata, piena di belle ragazze in bikini. Due di queste mi si avvicinano con sguardi dalle mille promesse.

 

« Giacomo! »

Ma cosa..? No, lasciatemi in pace…

«Giacomo, svegliati! »

Non ci penso neanche, sono impegnato con… Come si chiama la rossa che si sta dando da fare ai piani bassi?

Riprendo lentamente contatto con il mondo che mi circonda. Sento il cuore palpitare veloce ed il fiato corto. 

Dopo un attimo di confusione riesco ad aprire le palpebre e mi ritrovo con il viso di Aurora poco distante dal mio.

« Giacomo! »

Le sue mani sono poggiate sulle mie spalle e mi stanno scrollando.

« Che cosa…? »

I suoi occhi sono così vicini ai miei che mi sembra di scorgevi il mio riflesso nella pupilla. I capelli sono tutti arruffati, probabilmente non si è neanche pettinata.
Il mio sguardo scende involontariamente a scrutare la pelle invitante del suo collo e del petto, fino ad arrivare all’ampia scollatura a V della camicia da notte.
La gola mi diventa improvvisamente secca.
La scollatura termina in una specie di fascia stretta, posta sotto il seno, e poi il tessuto scende giù morbido fino a metà coscia.

« Smettila! » Aurora sbuffa sonoramente.

Mando giù un po’ di saliva per inumidirmi la gola, ma la voce esce comunque gracchiante. « Di fare cosa? »

Aurora non risponde, ma mi fulmina con un’occhiataccia, poi si gira e si ferma davanti al pannello di controllo della stufa.

« Dovresti coprirti, sei disgustoso! » Il suo tono indignato mi mette in allarme.

Coprire cosa esattamente?

Mi guardo. Sono in maglietta e pantaloni, più coperto di così?!

Poi mi accorgo del rigonfiamento sul cavallo. Chissà cosa aveva sognato di così appagante… Proprio non riesco a ricordare…

Un ghigno mi si distende automaticamente sul volto.

« Che ci vuoi fare… Non so se lo sai, ma è una cosa abbastanza normale per un uomo. Di solito le ragazze ne sono entusiaste! » Ammicco nella sua direzione e lei fa una smorfia disgustata.

« Be’, io no, quindi mettilo a cuccia e vieni.»

Scoppio a ridere divertito. «Deciditi, o lo metto a cuccia o vengo. »

Per un attimo mi fissa spaesata, ma quando capisce il doppio senso sbatte il piede a terra irritata e mi grida contro di smetterla di fare l’idiota.

Donne… Non capiscono proprio l’umorismo!

Mi alzo a sedere e chiudo gli occhi per rilassare il mio amichetto.

« Devi aiutarmi. Non riesco a capire come abbassare il riscaldamento, ci sono minimo trenta gradi qui dentro! » Mi spiega intanto Aurora.

La guardo. È sudata, come me d’altro canto. Prima non me ne ero accorto, ma in effetti fa parecchio caldo qui dentro.

Mi gratto una guancia e cerco di capire perché il riscaldamento ha quelle impostazioni. Sono certo di non essere stato io il colpevole. Da quando c’è Aurora ho alzato un po’ il riscaldamento, giusto per non farla morire assiderata, ma sono sicuro di non aver impostato una temperatura così alta.
All’improvviso le parole di mia sorella mi ritornano in mente e mi ricordo che lei aveva alzato il riscaldamento di proposito.
Cerco di capirne il senso, ma proprio non mi viene…

«Scusami. Avevo chiesto ad Alessandra di alzare un po’ la temperatura, ma a mia discolpa posso dire che non pretendevo tanto! »

Mentre parla la mia attenzione si focalizza su una goccia di sudore, che è partita dalla sua fronte, è colata velocemente lungo la tempia destra e, dopo averle percorso il viso, è arrivata al mento, per poi cadere sul petto e proseguire fin dentro l’incavo dei seni.

Caldo. Molto caldo. Sia lodata mia sorella!

Quando Aurora si gira di nuovo verso il pannello di controllo dei termosifoni io rimango incantato ad osservare il suo fondoschiena coperto malamente, percorro le gambe fino a raggiungere con gli occhi i suoi piedini scalzi.

« Giacomo! Mi dai una mano o no?! »

Le poggio le mani sui fianchi per spostarla leggermente di lato e sento la mia pelle a contatto con la sua bruciare, un brivido mi corre lungo la schiena, poi mi posiziono di fronte al pannello fissando critico le cifre.
Gli occhi mi premono sui bulbi per sgusciare fuori dall’orbita appena leggo le impostazioni sul display.
Quella pazza di mia sorella ha messo la temperatura minima di quaranta gradi! Voleva cuocerci vivi per caso?!

Dopo aver aggiustato tutto mi volto di nuovo verso Aurora, che mi sta fissando con sguardo truce.

Adesso che cosa ho fatto?

«Sono ore che provo a spegnere quel coso e tu in due minuti ci sei riuscito?!»

Mi punta l’indice contro con fare accusatorio.

Embé? Non dovrebbe esserne contenta? Ho risolto subito il problema. Meglio, no?

Peccato che la ragazza sembri più arrabbiata che altro…

« Cucciola, sei negata con l’elettronica! Mica è colpa mia…»

Mi guarda a bocca aperta, ancora con il dito accusatorio a mezz’aria e una faccia da foto.
La smorfia che gli si è dipinta sulla faccia è un misto di sensazioni. Sembra indignata, imbarazzata, lusingata, sorpresa, incredula e stupita. Il tutto in una sola espressione..uno spasso insomma!

« Tu…Tu…Tu…» Balbetta mezza traumatizzata.

È così bella, con le labbra socchiuse, gli occhi spalancati fissi su di me e le gote rosate dall’imbarazzo.

«Pronto? » La prendo in giro sorridendo.

Diventa bordeaux.

« C-Cu-Cucciola?!! » Il gridolino isterico che esce dalla sua bocca mi fa capire che è rimasta alquanto sconvolta dal soprannome. Sorrido, allegro per non so bene quale motivo.

« Colazione? » Propongo tutto contento e la sorpasso per poi tirarla leggermente per i capelli.

 

Quando finalmente la smette di guardarmi torva le fette biscottate ed il tè sono finiti e con essi anche la lunga colazione passata in silenzio.

« Ti posso chiedere una cosa? »

La sua voce spezza la quiete ed io sorrido pensando divertito che potrei aver vinto il gioco del silenzio!

« Chiedimi tutto quello che vuoi, sono pronto a soddisfare ogni tua pretesa. Se vuoi posso legarti al letto e iniziare a…»

Utilizzo un tono di voce basso e seducente. Ci piazzo anche un micidiale sguardo malizioso ed un sorriso che di solito fa sciogliere ogni ragazza.

Lei mi guarda indifferente e mi interrompe sul più bello. « Sai Giacomo, credo che ti sia rimasto qualcosa lì, incastrato tra i denti. »

Il mio sguardo ammaliatore svanisce rapidamente e chiudo di scatto la bocca.
Aurora scoppia a ridere e io la guardo infuriato.
Passo la lingua sui denti diverte volte, ma non trovo niente di anomalo. Possibile che mi stia sfottendo? Per sicurezza tengo la bocca chiusa.

« Tu puoi vedere la partita di Sabato, Inter-Juve, con la tua mega-televisione? »

Annuisco. « Ho diversi canali dedicati solo al calcio. » La guardo incuriosito. « Perché? »

Lei abbassa la testa, sembra imbarazzata.

« Noi non possiamo vederle a casa, non abbiamo i canali a pagamento. Mio fratello ci tiene tanto e di solito va con mio padre al bar degli interisti a vederle, ma questo Sabato i miei sono ad una cena con dei colleghi di mia madre e dovrei portarlo io a vedere la partita. » Rialza lo sguardo e noto che le si sono imporporate le guance… è adorabile! « Visto che gioca la Juve a me andrebbe anche bene, ma non vorrei essere circondata da interisti esaltati… »

« Puoi venire da me. » Lo dico senza neanche pensarci, già eccitato ad averla tutta mia per una sera.

« Ma ci sarebbe anche mio fratello, ti va bene lo stesso? »

Cerco di mantenere la mia espressione contenta, ma pensare ad un terzo incomodo non mi alletta tanto. « Ma certo, nessun problema! »

I suoi occhi scintillano di gratitudine ed annuisce contenta. « Grazie. »

 

La guardo di sottecchi e non posso fare a meno di cercare di memorizzare ogni dettaglio, ogni movimento della ragazza che mi siede di fronte.

È bella. Mi ritrovo costretto ad ammettere che mi piace molto, ma non solo per l’aspetto, lei ha qualcosa in più che non riesco bene ad identificare. Ogni suo spostamento o movimento attira la mia attenzione come se fossimo due calamite di cariche opposte.

« Nessuno ti ha mai detto che è maleducazione fissare la gente? »

La sua voce divertita mi riporta alla realtà e le sorrido di sbieco. La vedo passarsi nervosamente una mano tra i capelli e mordicchiarsi il labbro inferiore.

« Vado a cambiarmi… »

Si alza con la tazza tra le mani dirigendosi verso il lavandino. Mi alzo anche io e silenziosamente la seguo. Quando arrivo dietro di lei, poggio le mani sul ripiano della cucina e blocco Aurora tra me e il mobile.

Si gira lentamente, scossa dal leggero bacio che le ho lasciato sulla parte di collo scoperta.
Mi guarda, rossissima in volto.

Mi sporgo di più verso il suo viso fino ad arrivare vicinissimo alle sue labbra.
E…

Mi tira una ginocchiata nei gioielli!

Cado in ginocchio dolorante tenendomi con entrambe le mani i miei “tenerini” e alzo lo sguardo su di lei con le lacrime agli occhi.

« Ma che cazzo…? »

Aurora mi lancia un’occhiata furente.

« Ti dovevo ancora un favore per avermi fatta preoccupare inutilmente ieri sera. Certo che i metodi per ottenere qualcosa da una ragazza li conosci, vero? Fingerti moribondo per rubarmi un bacio?! E io che ero preoccupatissima per te… »

Parlando esce dalla cucina e, senza smettere di blaterare insulti nei miei confronti si chiude in camera.

 

Le presto una delle mie tute per tornare a casa, anche se, in realtà, è stata lei a prendersela senza neanche chiedere il permesso. Ha continuato a gridarmi insulti di ogni tipo mentre si cambiava.

Mi ha tirato una ginocchiata ai testicoli! E mi ha lasciato per terra dolorante!
Ancora non riesco a crederci…

L’accompagno fino alla fermata del pullman in silenzio.
È stato un duro colpo al mio orgoglio e non solo… Mi fanno male le palle porca miseria!
Cerco di passare sopra l’offesa, non voglio litigare di nuovo con lei, e mi offro di accompagnarla gentilmente a casa io.

« Ti porto in moto… »

Uso anche un tono zuccheroso, ma la bionda non si schioda di un passo dalla fermata e mi lancia un’occhiataccia.

« Sarebbe il tuo modo di chiedermi scusa? »

Il suo tono arrogante non mi piace per niente! E poi per cosa dovrei chiederle scusa?! Lei ha ricambiato il bacio e le è piaciuto…
Non mi da modo di risponderle a tono.

« Comunque sia ti ho già detto di no, grazie per l’offerta, ma la mia risposta non cambia. »

Metto il broncio e Aurora alza gli occhi al cielo esasperata.

« Ok, ti perdono. »

La guardo sconvolto. Ma mi perdona di cosa?! Sono io che devo perdonarla per il colpo ai gioielli di famiglia!
Mi ignora e continua imperterrita il suo monologo.

« Però rifiuto lo stesso il passaggio per oggi. Se i miei sono a casa, già avrò delle serie difficoltà a spiegare loro come mai indosso abiti maschili, se poi mi vedono arrivare con te in moto, allora posso dire addio al cielo aperto, perché mi rinchiuderebbero nel sottoscala e mio padre ti ucciderebbe. Anzi, prima ti torturerebbe con tizzoni ardenti, poi…»

La sua voce prosegue ad annotare vari tipi di tortura con un tono annoiato, ma smetto di ascoltarla e mi avvicino velocemente a lei. Le prendo il viso  tra le mani e le lascio un dolce bacio all’angolo della bocca. Mi allontano velocemente senza più voltarmi indietro.

Donne…

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Aurora ***


Cap 19 Vi sembro in ritardo? Ma no, si tratta di una percezione distorta del tempo, eravate talmente smaniosi di leggere il nuovo capitolo, che il tempo è trascorso lentamente! U.ù
...
Ok, lo ammetto, sono in un ritardo mostruoso! Sorry! ;D
Spero farmi perdonare pubblicando relativamente presto il prossimo capitolo, ma ditemi, volete anche i due che ho scritto riguardati Alessandra o proseguo concentrandomi su Aurora? Perché non so bene come muovermi. Alessandra sembra un personaggio molto apprezzato e attraverso di lei spiegherei varie cose riguardanti la "società dei Distruttori", inoltre salta su un gran bell'uomo nei due capitoli che la riguardano...  Ditemi voi cosa preferite! :D

Tornando a questo capitolo... Non è proprio una botta di vita, anzi, è un po' angosciante... Spero di farmi perdonare in futuro! :)

Ps. Se ci sono errori di forma, lessico o grammatica, sappiate che questa volta la mia amica non ha corretto il capitolo, quindi è solo colpa mia! -.-" Se me li segnalate li correggerò subito, ok? Grazie mille! :) 


Cap. 19

  

 

Che fortuna! 
I miei genitori sono a fare la spesa al centro commerciale ad Arma di Taggia, una cittadina ad almeno mezz’ora di macchina da qui, quindi staranno fuori per un po’.
Velocemente metto a lavare l’abito macchiato di sangue e mi tolgo
di dosso la tuta di Giacomo, per poi nasconderla in borsa. Una volta cancellate le tracce della nottata appena passata, mi avvio verso la mia camera e mi lascio cadere sul letto. Mi rilasso totalmente e chiudo gli occhi.
Aaahhhh... 
Mi volto ed immergo il viso nel cuscino. La fodera profuma di pulito, ispiro profondamente, espiro e sprofondo in quella morbidezza.
Quando sento l’aria iniziare a mancare alzo di nuovo la testa e mi giro sulla schiena. Fisso il soffitto, ma lentamente gli occhi si chiudono senza il mio consenso. Li spalanco di nuovo. Sono stanchissima, le poche ore di sonno mi gravano sulle palpebre.
La colazione con Giacomo mi ha rimesso in forze, per non parlare del…

Al solo ricordo di quel bacio, così come quello che mi aveva dato questa notte, vado in confusione.
Sul perché della sua improvvisa voglia di saltarmi addosso, potrei anche fare delle ipotesi. Forse si è accorto che sono una ragazza e che non ci ha ancora provato con me. Più che possibile visto che si tratta di un ragazzo di vent’anni in cerca di “avventure”. 
Oppure semplicemente gli andava di baciarmi, così, senza particolari complicazioni.

Sbuffo.

La cosa che mi infastidisce di più è il fatto che non so come dovrei reagire. Non voglio una storia da una notte con lui, perché credo che mi piaccia già più del previsto e se la nostra relazione d’amicizia si evolvesse in quel modo…

Giacomo è un minorato mentalmente! Non lo sopporto, come si permette di farmi andare in crisi in questo modo? Senza neanche accorgersene tra l’altro! Non che siano molti i ragazzi che si accorgono dei sentimenti femminili, ma lui ha proprio la sensibilità di una suola di cuoio!

L'irratazione nei suoi confronti però scema velocemente appena ripenso ai suoi baci.

Quante possibilità ho di piacergli seriamente?

Mi ritrovo a ricordare quella moretta con cui l’ho trovato qualche tempo fa. Erano accocolati sul divano, mezzi nudi... Scaccio con forza quel pensiero dalla testa, altrimenti corro il rischio di tornare da lui per strozzarlo.

Durante i pomeriggi che abbiamo passato insieme, Giacomo non aveva mai dato particolari segni di attrazione nei miei confronti, solitamente i suoi occhi si staccavano dal televisore solo durante la pubblicità e non si rivolgevano di certo a me, ma al telecomando, con il quale cambiava semplicemente canale fino alla fine degli spot.
Quando invece giocava all’X-BOX o alla Play 3, ogni tanto mi lanciava occhiate circospette, ma solo nei momenti in cui stava perdendo e voleva assicurarsi che io non lo stessi guardando. Io ovviamente fingevo di leggere con particolare interesse, così lui riavviava velocemente il gioco dall’ultimo salvataggio. Orgoglio maschile…

Ok, direi che il suo interesse nei miei confronti è sempre stato a livelli molto esigui. 

Mille dubbi mi affollano le mente.

E se la sua attrazione verso di me fosse dovuta solo a quella particolare situazione? E se la sua passione nei miei confronti domani scemasse? Magari già adesso ha cambiato idea, magari è già in giro a cercare un’altra ragazza per portarsela a letto…

Inorridisco al solo pensiero e non posso fare a meno di irritarmi nuovamente nei suoi confronti nell'immaginarlo già tra le braccia di un'altra ragazza. 

Lo odio! Non mi lascerò mai più avvicinare da lui! Non mi sarei dovuta far baciare, avrei dovuto respingerlo, ma mi ha colto alla sprovvista! Lo avessi saputo mi sarei staccata o lo avrei allontanato!

Mi rotolo tra le coperte depressa. Ma chi voglio prendere in giro?

Sospiro afflitta ed ammetto a me stessa la sconfitta.

Come se non mi tremassero le ginocchia ogni volta che mi sfiora, come se il cuore non si mettesse a battere velocissimo ogni volta che mi guarda… Come se non mi piacessero i suoi baci…

Infilo la testa sotto il cuscino e mugugno infastidita da quei pensieri. Sono sicura che è colpa della stanchezza se mi vengono in mente certe cose!

Sembro una ragazzina alla prima cotta!

Arrabbiata con me stessa, per essermi lasciata trascinare dai sentimenti nella costruzione di tutti questi complessi mentali che mi affliggono, prendo un profondo respiro. Cerco di rilassarmi e di svuotare la mente. Così, distesa ad occhi chiusi sul letto, sento il sonno cercare di riprendermi, ma all’improvviso, proprio quando sto per cadere nell’incoscienza, ricordo che settimana infernale mi attende a scuola. Un gemito angosciato scappa fuori dalle mie labbra.

Devo studiare una caterva di roba!

Apro di scatto gli occhi e, svogliata, mi avvicino alla scrivania per aprire il libro di latino.

 

Appena inizio a Leggere la trama del “Satyricon” di Petronio impallidisco. Ma che cosa…?
Mi affretto a guardare che la pagina sia quella giusta, controllo che l’autore da studiare per il giorno dopo sia proprio lui, infine mi arrendo all’evidenza.
Domani ho la verifica su questo pazzo e all’esame di maturità potrebbero chiedermi questo autore. Per la carità!
Leggo un’altra volta la trama dell’opera, sperando di averla letta male la prima volta, ma rimango alquanto stupita nel notare che non è cambiato nulla.

"Encolpio, con il suo fidanzato e il suo rivale amoroso… Tre giorni di sevizie sessuali… Maledice il suo apparato genitale…"

Sgrano gli occhi. Possibile che su un libro di testo scolastico ci sia scritta una cosa del genere?
Non che io abbia qualcosa contro gli omosessuali, anzi, ma leggere una cosa simile lascia abbastanza scombussolati. Ma se all’esame mi chiedessero contro chi si rivolge l’invettiva di Encolpio io cosa gli rispondo? Conto il suo apparato sessuale?!

Leggo la spiegazione e scopro che probabilmente egli voleva prendere in giro altri autori, vari generi letterari e la società del tempo.
Non solo Petronio è riuscito a prendere per il naso tutto e tutti quando era in vita, ma si fa beffe anche di noi studenti da morto.
Imprecando mentalmente contro la professoressa e contro questo scrittore pazzo, mi metto a studiare seriamente per la verifica che mi attende domani.

 

La sera, mentre sono con la mia famiglia, seduta a tavola per la cena, salta fuori l’argomento partita.

« Allora Aurora, riesci a portare tuo fratello a vedere la partita Sabato? »

Mia madre termina di masticare e si pulisce le labbra prima di parlare, mentre io presa alla sprovvista, mi ritrovo la pennetta al sugo di traverso in gola e tossisco sputacchiando pezzi di cibo sulla tavola.
Annaspo, cercando un bicchiere d’acqua e ne butto giù un sorso, respirando poi piano per riprendermi.

Digrigno i denti.

Mai che Giacomo se ne stia fuori dalla mia testa per più di dieci minuti!

« Si. » rispondo incerta. « Avevo pensato di andare da un mio amico, lì potremmo vedere la partita sui canali a pagamento. Ha un enorme schermo piatto, un divano fantastico… » Inizio a descrivere l’ambiente evitando di nominare le armi appese alle pareti, finché mio padre non mi interrompe.

« Come si chiama? » Usa il tono duro e secco degli interrogatori.

« Giacomo. » Sospiro afflitta. Ecco il suo istinto di padre protettivo e di poliziotto. Fortunatamente Giacomo non sa quale sia il suo mestiere, altrimenti si farebbe delle grosse risate.

« Voglio il cognome Aurora. » Ufficiale di polizia per l’esattezza.

« Guardiani. »

Non sono sicura che sia il suo cognome, ma era scritto sulla prima pagina di uno dei suoi libri, “Giacomo Guardiani”, e poi suona bene.

« Indirizzo. »

Ci penso un attimo.

« Boh. Lo sai che non conosco i nomi delle vie! Comunque è nel vecchio centro… »

L’interrogatorio va avanti per un po’ e termina solo quando mio fratello viene a conoscenza del fatto che il mio amico è interista, che ha X-BOX e PLAY3. Insomma, il mio caro fratellino non vede l’ora di andare da Giacomo.

Oddio, in che guaio mi sono cacciata!

 

Lunedì mattina, cinque minuti prima dell’orario d’ingesso a scuola, sono di fronte all’entrata, con il libro di latino in mano per ripassare un po' prima della verifica. Alcune mie compagne di classe sono già nell’atrio dell’edificio per stare al caldo, ma il chiacchiericcio che c’è dentro mi infastidisce e non riesco a leggere.
Il respiro caldo, che esce dalle mie labbra, diventa una specie di nuvoletta di vapore a contatto con l’aria fredda. Alzo la sciarpa fin sul naso e mi stringo addosso il cappotto pesante. Pensare che non fa neanche tanto freddo, ci saranno cinque di gradi… Eppure non sono l'unica a rabbrividire, intono a me tutti indossano giacconi pesanti. Qui in Liguria non siamo abituati ad avere una temperatura tanto bassa, da noi ad Imperia
solitamente il termometro rimane sui dieci gradi minimi per tutto l'inverno.

« Verifica alle prime ore? »

Mi volto al suono di quella voce conosciuta e mi ritrovo davanti un ragazzo abbastanza alto, con i capelli biondi. Indossa un giubbotto di pelle nera ed un paio di jeans scuri sfilacciati sui bordi e sulle tasche. Calza un paio di scarpe da ginnastica grigie.
L’unica nota di colore in quell’abbigliamento così cupo è la sciarpa intorno al collo, a
quadretti con trama obliqua, rossi e grigi.

« Ci hai azzeccato…purtroppo! »

Lo scruto meglio per cercare di capire dove ho già visto quel ragazzo, ma proprio non mi viene in mente nulla. Noto i tratti del viso aristocratico, quegli occhi dolci e quel naso non troppo dritto. Eppure... Ha un aspetto familiare... 
Incrociando il suo sguardo mi ricordo all'istante di chi si tratta. Ho già visto quei due zaffiri che ha al posto degli occhi.

« Sei il tipo della discoteca? » 

Il mio tono è un po' incerto nel porgli questa domanda, sono ancora insicura della mia deduzione. Sono sorpresa, non mi aspettavo di rivederlo, tanto meno in tempi così brevi.
Lui annuisce e accenna un sorriso. I suoi denti sono perfettamente squadrati, niente punte affilate.

« Mi chiamo Riccardo. » 

Mi porge la mano e io sfilo la mia dalla tasca per poi portarla a stringere la sua. Non avverto nessuna scossa di energia, nessun calore anormale, niente. In discoteca dovevo aver bevuto parecchio per reagire in quel modo al suo tocco.

« Piacere, io sono Aurora. »

Nel rispondere sorrido sincera. Non sono più molti i ragazzi che si presentano di persona, solitamente lasciano fare tutto a facebook, ma stringere la mano e guardare negli occhi la persona appena conosciuta è, a mio parere, la cosa migliore. La prima impressione, volenti o nolenti, influenza tutti e presentandosi di persona si riesce a leggere nello sguardo altrui se è andata bene o se si è fatto un’idea negativa.
Io stessa scopro subito qualcosa su di lui.
Tiene le spalle dritte e si muove con eleganza, mi stringe la mano con gentilezza, attento a non metterci troppa forza. E poi, nel complesso…Mi ricorda lo zucchero a velo!
Scrollo le testa allibita dalle conclusioni a cui riesce ad arrivare la mia mente.
Ok, questa non so proprio da dove l’ho tirata fuori…

« Piacere mio! » 

Sul suo viso si disegna una smorfia divertita nell’utilizzare simili formalità e io gli sorrido complice. 

In discoteca, al buio, non avevo notato quel leggero velo di lentiggini sul suo naso, né avevo notato il colore delle sopracciglia, più scure rispetto ai capelli. Che sia un biondo tinto? Eppure sembra così naturale…
Mentre sono intenta ad osservare quei dettagli, che al nostro primo incontro mi erano sfuggiti, Riccardo si gira verso un punto alle sue spalle. Sento una voce e mi volto anche io in quella direzione incrociando con lo sguardo la figura di un ragazzo, che, da lontano, sta chiamando a gran voce il biondo. 
Riccardo corruccia la fronte indispettito, poi si rivolge nuovamente a me.

« Devo andare a vedere cosa vuole quel deficiente, ma mi dispiace lasciarti qui tutta sola ad aspettare con ansia un compito in classe… Che ne dici se per farmi perdonare usciamo insieme uno di questi giorni? »

Il suo tono è speranzoso, inoltre mi guarda in trepidante attesa.

Era da un po’ di tempo che non ricevevo inviti ad uscire!

Non riesco a trattenere il sangue che affluisce ai capillari sul volto ed arrossisco imbarazzata. Mi ero quasi dimenticata cosa si prova a ricevere una richiesta simile, è una sensazione molto appagante.

Forse, potrei accettare, dopotutto sembra gentile e non è affatto brutto, ma… Giacomo…
Cosa dovrei fare? Sono libera di uscire con chiunque io voglia, dopotutto io e Giacomo non stiamo mica insieme… Però, magari… No, cosa vado a pensare! Per lui è già tanto se mi ritiene un’amica… Certo, mi ha baciato, due volte, ma per lui quanta importanza hanno dei semplici baci? Che voglia una storia seria? Sorrido involontariamente a questo pensiero così assurdo. Non ci crederei neanche se venisse giù il santo padre in persona a dirmelo.
Però mi ha baciata due volte... Mah...Probabilmente il microcefalo ha visto di recente uno di quei film sugli amici di letto, oppure è in astinenza…

« Ti vedo confusa! » Riccardo interrompe il mio monologo interiore. Il suo tono di voce è allarmato e forse un po' deluso. « Non volevo spaventarti, scusa, la mia era solo una proposta. Pensaci, non ho fretta. » Il suo sorriso dolce mi fa sprofondare nella vergogna.

Cioè, sto veramente rifiutando un tipo del genere per quell’idiota di un Distruttore?!

« Mi piacerebbe uscire con te, ma… »

Si, evidentemente sto davvero rifiutando questo ragazzo così dolce e carino per... Giacomo! Ora posso ritenermi ufficialmente fregata.

« Capisco. » Mi interrompe vedendomi in difficoltà. « Allora io vado. »

Il suo sguardo mortificato e ferito mi lascia l’amaro in bocca. I suoi occhioni scuri sembrano molto delusi e tristi. Boccheggio come un pesce fuor d'acqua. Quando il ragazzo mi da le spalle e fa per andarsene, io lo richiamo.

« Aspetta! » Riccardo si volta di nuovo a guardarmi. « Vorrei davvero uscire con te. » Dico solo con un timido sorriso ad incresparmi le labbra.
Appena pronuncio quella frase capisco che mi sto incasinando la vita da sola. Non mi basta essere alle prese con un ragazzo! Perché non due o tre già che ci sono?!
Il sorrisone del biondo mi mette ancora più in imbarazzo.

« Allora ti prenoto per questo Sabato pomeriggio! Tieni, questo è il mio numero di cellulare. Ti aggiungo su facebook appena arrivo a casa. »

Prende un pezzo di carta dal suo zaino e ci scrive sopra velocemente un numero, poi mi porge il foglietto.

Gentile, dolce, biondo, bello… Ma in tutti quegli anni passata da single tu dov’eri?

Poi mi rendo conto che sono single. O no? Ma certo che si! Ok, sto facendo confusione…
Lo ringrazio.

Si volta e inizia ad incamminarsi verso il suo amico.

Certo che ha anche un bel lato B il ragazzo…

All’improvviso si gira verso di me ancora una volta. Arrossisco ancora di più quando mi accorgo di essere appena stata beccata a fargli la scansione completa del suo profilo posteriore, ma lui li limita ad ammiccare divertito verso di me.

« Domani mattina ti intercetto qui davanti?»

Annuisco decisa e gli sorrido. « Sicuro! »

Nel momento stesso in cui lo perdo di vista tra la folla di ragazzi suona la campanella.

Giacomo, Riccardo e Petronio! Ah, i miei uomini quanti problemi mi creano!

Sospiro prima di varcare le soglie della scuola, pronta ad affrontare la verifica di latino. 

A noi, caro Petronio!

 

 

Di pomeriggio decido di non andare a casa di Giacomo e gli mando un messaggio per avvisarlo. "Devo studiare" è la motivazione principale, inoltre voglio chiarire meglio quello che mi passa per la testa prima di affrontarlo nuovamente. Devo decidere come comportarmi da adesso in poi nei suoi confronti.
La sua risposta non si fa attendere molto. Leggo divertita quelle poche parole.

"Non vorrai diventarmi una secchiona?!"

Scemo.

"Il mio cervello deve compensare almeno un po’ la mancanza del tuo, giusto?"

Non risponde. Che abbia esagerato? Magari si è offeso… Oh! Al diavolo!

 

Il mattino dopo trovo il ragazzo biondo, Riccardo, che mi aspetta davanti all’ingresso e chiacchieriamo un po’. La sua voce ha uno strano effetto su di me, mi rilassa. Mi sembra quasi di conoscerla da sempre.
Parliamo delle solite cose, sport, libri, musica, hobby, film… Non sembra avere particolari conoscenze in campo sportivo, neanche il quello cinematografico si dimostra brillante, ma scopro che ha una grande passione per gli horror. Personalmente non li disdegno, ma preferisco altri generi. Anche per quanto riguarda la musica ci troviamo in disaccordo e quando gli nomino i Simple Plan li liquida con un disdegnoso “mai sentiti”. Non lo strozzo sul momento, solamente perché è molto carino e dolce.
Mi consiglia l’ascolto di alcune canzoni e tira fuori dallo zaino una chiavetta USB, che mi porge.

« Tieni, te la presto. Qui ci sono alcune delle mie canzoni preferite, qualche libro interessante e altre cose mie… » Mi sorride. « Potresti darci un’occhiata! »

Sorpresa ed allo stesso tempo sgomentata dalla cosa, tento di rifiutare. 

« Non ti preoccupare, le cerco su internet le canzoni di cui mi hai parlato… »

Non mi piace che mi si imponga che musica ascoltare, ma accetto i consigli, quindi apprezzo la sua disponibilità. Tuttavia mi sento sempre in imbarazzo quando qualcuno che non conosco bene si propone di aiutarmi o di prestarmi qualcosa.

« Insisto. » 

Mi sarebbe bastato vedere i suoi occhioni dolci per sciogliermi, ma Riccardo sfoggia le armi pesanti e si passa una mano tra i capelli in un gesto imbarazzato, mentre le sue guance si colorano di un grazioso rossore. « Vedi, ci sono anche delle melodie che ho composto io, mi farebbe piacere se le ascoltassi… »

Mi ritrovo a sorridere come un’idiota. 

 « Ma certo! Sarò felicissima di sentirle! Scommetto che sono splendide! » Mi allungo e prendo l’oggetto dalle sue mani. « Cosa suoni? »

« Il pianoforte. Non sono proprio bravissimo, ma me la cavo… » Sfoggia un nuovo sorrisino imbarazzato.
I primi raggi solari del mattino gli illuminano i capelli biondi, dando loro un riflesso leggermente rossiccio. I grandi occhi azzurri sono fissi su di me e io non posso evitarmi di distogliere lo sguardo.

È proprio bello...

Ancora una volta mi ritrovo a paragonarlo al mio Distruttore. 

Riccardo sembra talmente dolce e delicato, con quel corpo magro e sottile... Il punto forte di Giacomo invece è proprio il suo aspetto protettivo e maturo, per non parlare del suo fisico prestante ed allenato. Sono entrambi bellissimi, ma in modi differenti.

Il suono della campanella mi distoglie dai miei pensieri e lo saluto velocemente per poi entrare a scuola. Mentre salgo le scale per arrivare nella mia aula stringo forte la mano sinistra a pugno, all’interno l’USB sembra scottare.

 

Durante tutta la giornata non faccio altro che passarmi la chiavetta USB da una mano all’altra. Ci gioco, la guardo per molto tempo, come ipnotizzata. Mi piace.
È piccola e rossa, senza nessun particolare segno distintivo.

Una volta tornata a casa sono presa dalla smania e dalla curiosità, così faccio la prima cosa che mi passa per la testa e, senza neppure togliere il giubbotto, corro in camera mia e mi siedo di fronte al computer. Lo accendo e infilo la periferica nel collegamento appropriato.

« Aurora! Vieni a mangiare? » 

La voce di mia madre manda a monte i progetti. Devo aspettare ancora prima di poter curiosare sull’USB di Riccardo.

Lascio che il PC si avvii e scendo nuovamente di sotto per mangiare qualcosa. 
Subito dopo pranzo i miei genitori escono di casa con mio fratello. Oggi sono sola in casa quasi tutto il pomeriggio, mio padre e mia madre lavorano, mentre mio fratello rimane a scuola fino alle quattro e mezza per dei corsi.
Per un attimo il mio pensiero corre a Giacomo. Inutile mentire a me stessa, ho voglia di rivederlo e, nel caso, chiarire con lui la situazione. Potrei andarlo a trovare...
Per lo studio però? Domani ho un'altra verifica... Mi porto dietro i compiti e li faccio da lui, è deciso!

Mi ritrovo a fantasticare sulla sua ipotetica reazione alla mia visita a sorpresa. A parte Domenica, che ho dormito da lui, era da un po’ che non passavo da casa sua, ma adesso vorrei ritornare alle vecchie abitudini e rimanere da lui più spesso nel pomeriggio.
Non ho ancora deciso come comportarmi nei suoi riguardi dopo quel bacio, ma nonostante questo mi manca troppo e non posso rimandare ancora.
Un nuovo dubbio mi sale alla mente mentre penso a lui. Gli racconto del biondo o no? Mi sento maledettamente in colpa nei suoi confronti. Non avrei dovuto accettare l’uscita di Sabato con Riccardo…

Ritorno in camera e faccio partire una delle prime canzoni mentre mi preparo la borsa per andare da Giacomo.
Solitamente sento sempre della musica ogni volta che devo sistemare qualcosa o mettere a posto la camera, quindi non rifletto troppo sul fatto che quelle canzoni sono state composte da Riccardo, semplicemente avvio il primo file musicale che trovo. I pensieri si Giacomo hanno spazzato via ogni curiosità nei confronti dell'altro ragazzo e di quanto lo riguarda.

Mentre metto in borsa il libro di filosofia una dolce e triste melodia si diffonde nella mia camera.
Non sono un’esperta di musica, anzi, faccio proprio pena e non saprei suonare neanche il triangolo, però riconosco lo strumento che produce quella melodia all’istante. Mi ha detto lo stesso Riccardo che si tratta di un pianoforte, ma se anche non lo avessi saputo, sbagliarsi sarebbe stato impossibile. Le note musicali scorrono fuori dalle casse del computer e mi rilassano all’istante con quella melodia dolce, lenta e malinconica.

Lo sguardo imbarazzato e dolce di Riccardo mi ritorna in mente e mi sento in colpa anche nei suoi confronti ora. Mi sto comportando male anche con lui pensando a Giacomo, inoltre gli avevo promesso che avrei dato un’occhiata al contenuto dell’USB… Che poi non mi conosce ancora bene, chissà perché vuole sapere ad ogni costo il mio giudizio…

Esploro velocemente tutto il materiale presente sull’USB e vi trovo oltre ai vari componimenti anche alcune foto e una cartella di file di testo, probabilmente si tratta dei libri di cui aveva parlato. 
Guardo per prime le fotografie, si tratta di foto artistiche, credo. Non ritraggono esseri umani o animali, ma solo piante ed oggetti. Mi accorgo che in tutte le foto i colori sono sbiaditi, come se fossero immagini consumate dal tempo, solo qualche colore particolarmente forte è ancora al suo posto, come il rosso o il nero.

L’immagine più bella tra tutte, ritrae le acque nere del mare si infrangono sulla spiaggia in una notte buia. Non riconosco il posto, ma mi sembra familiare.
Rimango a fissare l’immagine a lungo. Nel momento in cui la mia mente riesce a recuperare il ricordo del luogo ritratto, quello mi sfugge via dalle mani, come una saponetta bagnata stretta tra le dita. Mi sento come in un sogno, contemplo quel mare nero, quell’inchiostro denso, che si riversa sulla banchina mangiando la sabbia bianca.

Ritorno alla realtà solo quando finisce la canzone e mi coglie un'improvvisa stanchezza. Aggiungo all’elenco di riproduzione audio tutte le melodie contenute sulla periferica del ragazzo e mi sdraio sul letto.
La musica mi culla con dolcezza infinita e mi porta alla mente delle sensazioni strane, in particolare una malinconia che mi fa stringere il cuore.
Mi viene in mente una storia inglese che avevo letto in lingua originale l’anno scorso, “The Nightngale and the rose” di Oscar Wilde. Un  capolavoro veramente triste, ma pur sempre un capolavoro.
“Give me a red rose and I will sing you my sweetest  song.” Questa stessa melodia che sto ascoltando ora è la più dolce canzone mai sentita. Peccato che la storia del povero usignolo non abbia un lieto fine.

Lacrime amare cadono sulle mie guance senza che io me ne accorga.
Ondate d’angoscia mi trascinano verso gli scuri fondali dell’anima, dove trovo una persona, una creatura abbandonata da tutti, distrutta dalla solitudine più nera.

Mi sto deprimendo!

Cerco di alzarmi decisa a fermare quelle canzoni terribili e a mandare a quel paese il ragazzo che le ha composte.

Sono componimenti troppo tristi! Quel ragazzo deve avere dei seri problemi mentali…

Cerco di alzarmi, ma la mia volontà è nulla. Il mio corpo non si muove più, solo le lacrime scendono lungo il mio viso ininterrotte.
La musica prosegue.

« No… Ti prego no. » Paura e dolore. Un dolore immenso, come se degli artigli mi scavassero dentro.

Provo a muovermi nuovamente, ma il corpo non risponde più ai miei comandi e rimango stesa sul letto, con uno sguardo terrorizzato.  
Senza neanche accorgermene sprofondo nell’incoscienza.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - Alessandra ***


Cap.20
Ok... Ritardo, scusate, ecc... La solita solfa. Ormai  inizio sempre così!  -.-"
Questo ed il prossimo capitolo sono concentrati su Alessandra, inoltre mostrano un po' la vita dei Distruttori. Ho paura che possano apparire noiosi, ma spero comunque di sbagliarmi. Il figaccione che comparirà nel prossimo capitolo dovrebbe aiutare a calamitare nuovamente l'attenzione, almeno credo... :P
L'altro capitolo è già pronto quindi dovrei pubblicarlo a breve, ma non faccio promesse. Adesso sono in vacanza, ma tra la preparazione della tesina e lo studio... Sto andando seriamente in crisi! Sappiate che, nel caso gli aggiornamenti si facessero troppo radi, sarà a causa della scuola e rimedierò finita la maturità, ok?
Devo ammettere che rileggendo la storia dall'inizio mi sono venuti in mente alcuni aggiustamenti e cambiamenti, ma per ora mi concentro a finirla, poi vedrò di sistemarla un po' meglio! ;) 
Baci

Cap. 20

 

Sono a Torino, all’accademia per i Distruttori.

Qui vengono addestrati i bambini della nostra “specie” alla lotta contro i demoni, ma soprattutto qui sono raccolti i libri sulle entità demoniache, il sapere sui demoni, la loro storia e la nostra. Se si vuole raccogliere informazioni non c’è posto migliore al livello nazionale!

Torino…Uno dei vertici del triangolo della magia nera, come San Francisco e Londra, ma, allo stesso tempo, anche vertice del triangolo della magia bianca con Praga e Lione. Questo doppio legame, con la magia nera e con quella bianca, la rende una città unica e magica.
Inoltre a Torino, in Piazza Solferino, troviamo una statua che rappresenta un bellissimo angelo, un corpo scolpito ed un viso perfetto, Lucifero. Le leggende narrano che ai suoi piedi si trovi la porta degli inferi. Noi naturalmente abbiamo verificato la leggenda in passato, ma le uniche cose che abbiamo scovato sotto quella piazza sono una colonia di ratti e l'odorino poco piacevole delle fogne.

 

Mi guardo intorno. Se non sapessi di trovarmi nel punto giusto penserei di essere finita in un collegio, ci sono gli stessi corridoi e le stesse aule che si possono trovare in molte scuole degli esseri umani.
I bambini che vengono qui vi sostano solitamente per quattro anni, fino al nono compleanno, e possono tornare a casa solo nei fine settimana poiché non ci sono altre vacanze. 
La lettura e la scrittura devono già essere insegnate loro dai genitori o da maestri privati prima dell’inizio della scuola. Qui si apprende la cultura generale sul nostro mondo, nonché la disciplina e una base di combattimento. L’addestramento prosegue dopo con un maestro personale che si occupa dell’allievo fino a che questo non viene ritenuto in grado di sopravvivere da solo. Solitamente si tratta di altri cinque o sei anni.

I corridoi alti e larghi sono vuoti a parte una scrivania per ogni piano con la sua bidella tipicamente vestita con un camicione grigio. Le poche classi dentro cui è permesso sbirciare grazie alla porta aperta, sono stanzoni enormi con pochi bambini seduti ai banchi, in rigoroso silenzio. La voce degli insegnanti rimbomba tra le quattro mura delle aule.

Salgo una delle rampe di scale interne, non un filo di polvere sul poggiamano o sui vari gradini, tutto risplende del grigio colore del marmo. Mentre cammino lungo il corridoio del secondo piano incrocio una bimba di sette o otto anni e non distolgo lo sguardo dalla sua figura. Cammina lentamente, quasi con costrizione, e non alza gli occhi, li tiene fissi sul pavimento. Forse è una bimba particolarmente ligia al dovere, oppure è stata punita di recente.
Indossa il grembiule nero obbligatorio, che le arriva fin al ginocchio e tiene i capelli rigidamente fissati sulla nuca, come le maestre insegnano a fare fin dal primo giorno di scuola. Sempre che non ti obblighino a tagliarli cortissimi.
A seconda di quale insegnante capiti c’è anche la possibilità di essere rasati come forma di castigo.
Istintivamente mi tocco i lunghi boccoli castani e li stringo con forza tra le dita. Molti sono i brutti ricordi che ho di questo posto, non sono mai stata portata per la rigida dottrina dell’ambiente.

Per una bambina vivace e fantasiosa come me è stata veramente dura e, per quel pigrone di Giacomo, ancora di più. Essendo un asino nello studio, nonché troppo ribelle di carattere, il piccolo di casa era stato anche bocciato un anno. Non voleva studiare e combinava guai.
Il primo anno ho potuto aiutarlo io, poi però ho finito il mio percorso qui e sono stata mandata dal mio insegnante personale, mentre Giacomo è rimasto in questa prigione ancora a lungo. 
Il mio fratello gemello Marco invece non ha mai avuto nessun problema per quanto riguarda i voti scolastici o la disciplina, ma spesso i miei genitori dovevano venirlo a prendere qui all’istituto, per vari problemi di salute.

 

Il corridoio dove cammino ora è vuoto ed i miei passi sono gli unici rumori udibili. Sono appena entrata e già non vedo l’ora di uscire da questo posto… Mi ricordo benissimo il giorno in cui finii il mio periodo di studi qui all’istituto, fu come tornare a respirare all’aperto dopo anni di prigionia.

Terminato il mio percorso di studi qui, sono stata assegnata ad un amico di famiglia, un precettore molto bravo, che dopo di me si è occupato anche di Giacomo. Con lui mi dimostrai fin da subito un’allieva brillante e straordinariamente portata per le arti del combattimento. Sono bastate un po’ di fiducia e la concessione di maggiori libertà da parte sua ed ero riuscita a maturare e a migliorare.

 

 

Adesso sono nuovamente qui all’accademia, ma questa volta non in veste di allieva, ma di Distruttrice. Il mio scopo è quello di raccogliere informazioni sui demoni superiori e sui loro possibili obbiettivi. Penso che sia molto strano che due demoni superiori compaiano nella stessa zona nel giro di così poco tempo. Inoltre mi preoccupa l’abilità dell’umana, che veda i demoni è accettabile, ma che impugni senza problemi le nostre armi è un altro paio di maniche.
Ho paura che ci sia qualcosa di malvagio sotto e non sono sicura di voler scoprire di cosa si tratta…

Soprappensiero spalanco uno degli enormi portoni che danno sulla stanza principale dell’edificio ed entro nella più grande biblioteca d’Italia appartenente ai Distruttori; si tratta di una stanza enorme, che sembra una specie di nucleo intorno al quale si sviluppano gli altri strati dell’accademia. Le pareti sono completamente ricoperte da enormi scaffali stracolmi di libri, davanti a me i corridoi sembrano infiniti, inoltre, se non ricordo male, ci sono almeno tre piani occupati per la biblioteca.  

L’ambiente che mi circonda è calmo e silenzioso, nessun rumore riesce ad attraversare le pareti insonorizzate e nessuno dei Distruttori oserebbe creare scompiglio all’interno di questa sala.

Mi sento su di giri. Io ho sempre amato leggere, i libri mi hanno sempre affascinato, soprattutto se narrano avventure, combattimenti o guerre.

Intorno a me ci sono migliaia di libri posti sugli scaffali, il rumore delle pagine sfogliate è l’unico suono udibile, mentre l’aria è impregnata dell’odore di carta stampata. Respiro la nostra storia, il passato segreto dell’umanità.

 

Dopo un intero pomeriggio tra vecchi libri polverosi mi ritrovo invischiata in guerre, scontri, intrighi di potere e altre migliaia dei tristi eventi che compongono la nostra storia. Inutile, noi distruttori siamo portati allo scontro, la guerra è il nostro mestiere, nulla ci potrà mai redimere. Nessun popolo umano è mai stato tanto sanguinoso quanto la mia specie.

Gli scontri giornalieri riguardavano i demoni, ma c’erano state vere e proprie guerre tra Distruttori di varie nazioni, oppure battaglie intestine all’interno dello stesso circolo. Gli intrighi per eliminare le famiglie potenti nell’antichità erano all’ordine del giorno.
Eppure, nonostante le mie vaste conoscenze in campo storico e nonostante le mie estenuanti ricerche, mai, nella storia di noi Distruttori, degli esseri umani erano stati catalogati come combattenti. Nessun accenno ad umani con la particolare capacità di impugnare le nostre armi, nessun riferimento ad eventuali loro interferenze nella nostra storia. Non venivano nominati spesso, ma quando ciò accadeva, gli umani erano vittime, venivano sacrificati in favore della riuscita di qualche complotto, o magari qualcuno di essi veniva sfruttato per raggiungere un certo obbiettivo. Quasi tutti gli umani che si erano immischiati nelle vicende che coinvolgevano i demoni o i Distruttori avevano fatto una brutta fine.

Certo, qualche essere umano particolarmente sensibile al sovrannaturale c’è stato e c’è ancora oggi. Alcuni di loro riescono a vedere i demoni e collaborano con noi Distruttori per nascondere i fatti agli occhi del resto della loro specie laddove è necessario, ma sono abbastanza rari e di solito si fanno gli affari loro non interferendo in alcun modo con la nostra lotta. Inoltre nessuno di loro è mai riuscito a prendere in mano una delle nostre spade.

 

La ricerca sulle capacità di Aurora si è rivelata inutile.

Sospiro frustrata e guardo l’ora. Le sei e mezza.

Ottimo, non ne posso più, mi sta scoppiando il cervello e ho bisogno di una pausa.

Mi alzo e sistemo i libri utilizzati negli scaffali.

Tra poco dovrebbe uscire dall’università Elisa…

Tiro fuori il cellulare e digito velocemente un messaggio.

Elisa è l'unica umana che conosce il mio segreto, la mia migliore amica.

Mi dirigo verso il solito punto dell’appuntamento.

 

Al mio ingresso tutti i presenti si voltano a guardarmi. Una donna di mezza età che si occupa della cassa mi riconosce e mi sorride, mentre un cameriere, probabilmente assunto abbastanza recentemente, mi guarda con la bocca spalancata e gli occhioni a cuoricino.

Non sono neanche riuscita ad arrivare al bancone che il ragazzo mi vola incontro per chiedermi l’ordinazione.

« Signorina, desidera? » Mi guarda con aria sognante e gli occhi scuri fissi su di me.

« Si, vorrei un tavolo per due. » Cerco di non ridere della sua espressione ferita, sembra che io gli abbia appena annunciato la morte di un suo parente.

« Per due? » Il ragazzo ripete le mie parole con un tono deluso.

Sorrido, divertita mio malgrado.

« Sto aspettando un amica… »

Il giovane raddrizza la schiena e sembra ritornare al pieno del suo splendore, sorride con aria accattivante e mi guarda con un’espressione sicura di sé. Non è brutto, ma al momento proprio non mi interessa flirtare. Sta per parlare, ma io lo anticipo.

« Sto cercando il tuo capo, il signor…. »

Allungo lo sguardo oltre la sua figura, in cerca di qualcun altro. Scorgo un ometto basso ma di grossa stazza entrare a passo di marcia e fermarsi a parlare con un cliente.

« PINO! »

Il vecchio dall’aria burbera che cercavo, intercetta il mio sguardo e si affretta a raggiungermi.

Il ragazzo sbianca e, vedendo il suo datore di lavoro dirigersi verso di loro, inizia a saltellare da un piede all’altro nervosamente.

« Fabrizio! Vattene a sbavare da qualche altra parte! Anzi no, vedi di iniziare a lavorare, altrimenti ti licenzio! »

Il ragazzo, che avrà due o tre anni in meno di me, arrossisce velocemente e inizia a balbettare frasi sconnesse in cui riesco a capire solo un “non è vero” ed un “mi spiace”. 

Quando il ragazzino si è allontanato, Pino scoppia a ridere ed io lo guardo truce, ma allo stesso tempo divertita.

« Hai visto com’era in imbarazzo?! Te lo dico io, quello è proprio un incapace con le donne! Sembra tanto un rubacuori sbruffoncello, invece… » Il vecchio sfotte allegramente il suo dipendente cercando il mio appoggio, ma non lo trova.

« Non dovresti prenderli in giro così! » Lo riprendo infatti, ma quello scaccia ogni fastidio con un gesto della mano e ridacchia nel vedere il ragazzo in difficoltà con le ordinazioni ad un tavolo.

« Dimmi se non è scemo! » Borbotta per poi gridare verso di lui: « FABRI! SPICCIATI E NON FARE SEMPRE LA FIGURA DELL’IMPEDITO! » Poi si rivolge alla donna dietro al bancone. « TU, VEDI DI DARTI UNA MOSSA, MI DEVO ASSENTARE UN ATTIMO, MA AL MIO RITORNO VOGLIO TROVARE TUTTO PERFETTO. » Il suo grido mi trapana le orecchie.

Mi ritrovo come sempre a pensare che Pino sia l’uomo più stressante che io abbia mai conosciuto quando si tratta del lavoro. E pensare che io ho a che fare con stilisti eccentrici e modelle isteriche! Paragonate a lui non sono nulla…

« Sei da sola? » ritornando a parlare con me il tono di Pino ritorna normale.

« No, sto aspettando un’amica. Elisa. » rispondo semplicemente. Sa di chi si tratta, è una sua cliente.

« Certo, certo… Dimmi un po’, i tuoi? Tutto bene? Oggi non li ho ancora visti… » Mi chiede.

Quest’uomo, pur essendo l’esatto opposto dei miei genitori sia fisicamente che caratterialmente, è un vecchio amico di famiglia. Non conosce il nostro segreto, ma lui e la sua convivente frequentano i miei genitori da moltissimo tempo. Fin da quando ero piccola veniva a mangiare a casa nostra e noi passavamo dal suo bar quasi tutti i giorni.

Fiorio. Si tratta di uno dei bar più rinomati di Torino. Il mio preferito.

Prima ancora che passasse in gestione a Pino, i miei genitori venivano qui da giovani, per i loro primi appuntamenti.

Attendiamo insieme Elisa chiacchierando fino a quando la mia amica entra  e Pino ci porta al piano di sopra, per poi farci accomodare al tavolo migliore della sala.

 

Elisa è la mia migliore amica, l’unica umana a sapere che sono una Distruttrice. Ci siamo conosciute qualche anno fa, durante una “caccia”.

Avevo terminato da poco l’addestramento e stavo inseguendo un demone per spedirlo all’altro mondo, quando mi sono imbattuta in lei. Nonostante sia una semplice umana, possiede degli occhi capaci di percepire il sovrannaturale e proprio grazie a questi suoi poteri ci siamo scoperte. Infatti è stata lei ad farmi vedere il nascondiglio dalla mia preda e grazie a questa preziosa indicazione sono riuscita a portare a termine la missione a velocità lampo.

Elisa è una ragazza della mia età, non molto alta, paffutella, ma con un viso molto dolce ricoperto di lentiggini. Lunghi capelli castani le ricadono sulle spalle in dolci onde, mentre i suoi occhi sono di un colore ambrato semplicemente stupendo. Credo sia una delle poche Milanesi che si è trasferita a Torino per studiare. Non conosco le università umane, ma credo che stia studiando per lavorare nel campo delle risorse di energia rinnovabili.

Parliamo un po’ di Milano e nel frattempo arrivano le nostre ordinazioni, due cioccolate calde fumanti.

Questa non è la solita Ciobar, si tratta della vera cioccolata calda!

Prendo una cucchiaiata di quella densa squisitezza leggermente amara e la gusto di cuore. Il cioccolato giunge alle papille gustative, chiudo gli occhi in estasi mistica e sento il canto degli angioletti nelle orecchie tanto è vicino il paradiso.

Altro che Bernini con la sua Estasi di Santa Teresa!

 

Io ed Elisa rimaniamo a chiacchierare a lungo, dopotutto conosciamo il proprietario e so per certo che non ci butterebbe mai fuori. Ad un certo punto la mia amica si allontana per andare al bagno e io rimango ad aspettarla seduta al tavolo.

Mi guardo intorno. La sala è molto ampia ed è decorata con gusto. Le tovaglie rosse si abbinano al cuscinetto delle sedie, su alcuni tavoli ci sono dei piccoli vasi con una rosa rossa dentro, su altri ci sono delle candele sottili e profumate.

Vagando con lo sguardo incrocio gli occhi di un bimbo seduto ad un tavolo poco distante dal mio. Il piccolo ha intercettato la mia perlustrazione dell’ambiente e mi sorride sempre senza distogliere lo sguardo.

Mi sciolgo completamente. Ha due grandi occhi castani molto dolci e dei capelli biondicci leggermente ricci. Sul suo viso sembra dipinta un’espressione birichina ed intorno alla bocca si notano delle chiazze di cioccolato. Tra le mani tiene una tazza di quell’elisir di lunga vita che ho bevuto anche io poco prima.

All’improvviso alza una manina e mi saluta.

Sono sicura di non conoscerlo, ma non importa, perché, spinta da un istinto impossibile da estinguere, ho già alzato la mano e accenno anche io un saluto.

Sento la donna seduta accanto al bambino domandargli chi saluta e dopo un secondo si volta incuriosita a guardarmi. Probabilmente è la madre. Non vorrei che mi prendesse per una molestatrice di bambini, ma non faccio in tempo a fare nulla e lei mi becca con la mano alzata a ricambiare il saluto ed un sorriso ebete stampato in faccia.

Per un attimo temo che si alzi e mi urli contro, ma quella mi sorride solamente in modo dolce.

Credo abbia capito che ho solo ricambiato il saluto del piccolo, almeno spero.

Sorrido alla madre, cerco di ringraziarla con gli occhi e poi torno a lanciare un ultimo sguardo al figlio.

Il bambino, mentre mi salutava, si è accorto che ha il dorso della mano sinistra macchiato di cioccolato e ora si sta pulendo poco delicatamente sulla maglietta chiara che indossa.

Mi scappa un sorriso vedendo lo sguardo contrito del piccolo mentre subisce la sgridata della madre.

Probabilmente quel bambino ha circa sette o otto anni, tra noi Distruttori sarebbe già dovuto essere rinchiuso all’accademia.

Fosse mio figlio, sarei stata costretta a mandarlo all’istituto ed a lasciarlo lì per tantissimo tempo. Mi si spezza il cuore al solo pensiero.

Invidio gli umani. Sono deboli ed indifesi contro i demoni al livello fisico, ma al livello mentale possono resistere facendo leva sui loro sentimenti, l’amore che li lega ai genitori, ai parenti e agli amici, mentre la nostra unica protezione mentale contro l’attacco di una creatura infernale è la disciplina.

È vero, gli umani non avvertono il sovrannaturale e possono essere soggetti agli attacchi dei demoni, ma anche le creature demoniache superiori sono impotenti contro una mente piena d’amore, perché non trovano la disperazione che cercano per nutrirsi.

 

Distogliendo lo sguardo da quella scena mi ritrovo a fissare la mia immagine riflessa in uno degli specchi della sala.

I boccoli castani mi ricadono sulle spalle morbidi e profumati, come appena lavati, mentre gli occhi chiari sono leggermente arrossati, unico segno della notte insonne. Ho coperto le occhiaie con il correttore ed il fondotinta. Ho aggiunto anche un filino di mascara ed una passata veloce di matita, tanto per non sembrare una morta di sonno. Solitamente quando devo andare a caccia dormo di giorno, così la mia pelle non risente molto della mancanza di ore di sonno, ma questa volta è stata una situazione alquanto anomala.

Lo sguardo che mi ricambia lo specchio sembra sereno, l’espressione del mio viso è la stessa di miliardi di altre ragazze.

Potrei essere una normalissima umana. Nessuno guardandomi riuscirebbe a scoprire il mio segreto, ma io lo so.

Io in quel viso vi riconosco i tratti di una guerriera, nessuna dolcezza in quei lineamenti aristocratici e decisi. In quello sguardo leggo una grande sete di sangue demoniaco. Non sono fatta per essere una comune umana, per quanto ciò sia il mio desiderio più grande.

Se anche gli altri scorgono nel mio riflesso una ragazza bella e spensierata, io vedo solo l’immagine di un’assassina. Sono un’assassina, appartengo ad una società di assassini ed i miei figli, se mai avrò un tale dono, saranno degli assassini.

 

Mentre sono ancora immersa in quei cupi pensieri, il mio cellulare squilla. Lo cerco nella borsa, ma come sempre è disperso. Smette di strillare e capisco che ho ricevuto un messaggio. Quando finalmente lo trovo Elisa ritorna al tavolo.

Mentre si siede apro il messaggio e do un’occhiata veloce.

« Come mai quel muso lungo? Cattive notizie? » Mi chiede Elisa con la sua solita aria pacata e dolce.

Le mie labbra si piegano autonomamente in una smorfia. Senza staccare gli occhi dal cellulare le riassumo il contenuto del messaggio.

« Messaggio dai pezzi grossi. I Regnanti al completo mi invitano ad una loro riunione. Si tratta di argomenti politici, nulla di cui io mi debba occupare. Non capisco perché mi vogliano coinvolgere, ma se dovessi fare qualche ipotesi…»

Elisa termina la frase per me. « Ludovico. »

Sospiro.

« Già. »

« Cosa farai? Ci andrai? »

Il suo tono apprensivo mi innervosisce. Sento le viscere strette in una morsa ed il respiro inizia a farsi difficoltoso.

Non lo so, dannazione! Cosa dovrei fare?

Ho un po’ di paura, non voglio affrontare Ludovico. Mi ero ripromessa di non averci più nulla a che fare. Ho cambiato il numero di cellulare e la serratura di casa, ho chiesto al portiere ed a tutti gli inquilini del palazzo in cui abito di non aprirgli mai il portone ed infine ho informato personalmente la mia famiglia della mia intenzione di non avere più niente a che fare con lui.

Eppure i miei piani stanno già andando a rotoli.

« Non posso rifiutare. È stato il capo in persona a mandarmi il messaggio e… »

Elisa mi guarda sospettosa.

« Sicura di non essere tu a desiderare un nuovo incontro? »

I suoi occhi ambrati si posano sui miei. Abbasso lo sguardo e non rispondo subito, ma Elisa attende pazientemente.

« Non lo so. » Emetto infine un verso a metà tra l’irritato ed il lamentoso.

La mia voce abbattuta sembra commuoverla e si alza e corre ad abbracciarmi. Mi stringe forte ed inizia a sussurrarmi all’orecchio parole incoraggianti.

Solitamente non ho alcuna ritrosia verso il contatto fisico con gli altri, non sono mai stata timida, anzi, sono io stessa molto espansiva, ma venire abbracciata in quel modo…. Elisa mi stringe e mi incoraggia come se fossi una bambina da consolare! Mi mette in difficoltà.

Aprendo gli occhi mi ritrovo davanti una decina di persone che ci guardano perplesse.

Ridacchio alla vista degli sguardi dubbiosi che ci lanciano gli altri clienti del bar.

« Eli, stiamo dando spettacolo! » La respingo piano e le faccio un occhiolino divertito. « Non è mica morto qualcuno! Vedrai che me la caverò alla grande, come sempre! »

La mia amica sorride, contenta del mio ritrovato buon umore.

« Non devi perdere tempo con quello là! Ci sono tanti altri pesci nell’oceano… »

Mi indica con un cenno del capo un tavolo poco distante dal nostro, dove quattro ragazzi ed una ragazza si stanno bevendo un caffè. Guardando nella loro direzione incrocio lo sguardo di due di loro, mentre il terzo è impegnato a parlare con la ragazza.

« Quelli sono esempi della razza maschile e ci stanno fissando da quando sono arrivati. Per quanto io sia attraente e sensuale, credo che la maggior parte dei loro sguardi sia rivolta a te. » Continua la mia amica divertita con l’evidente intenzione di distrarmi dai tristi pensieri sul mio ex.

Guardo attentamente i due e li trovo subito molto attraenti. Sono entrambi castani, ma uno porta i capelli cortissimi, l’altro invece li tiene un po’ più lunghi. Devono avere all’incirca la nostra età, o poco più grandi.

Quello con i capelli corti distoglie lo sguardo imbarazzato quando si accorge della radiografia che sto facendo loro, mentre l’altro mi continua a fissare, come a sfidarmi. Mi piacciono le sfide.

Quando ritorno con lo sguardo su Elisa, sogghigno soddisfatta.

« Che ne dici? Andiamo a fare amicizia? »

La mia amica mi guarda allarmata. Mi conosce, sa che sono una ragazza estroversa e decisa, quindi capisce subito le mie intenzioni.

« Non vorrai…? »

Mi alzo ed inizio a camminare verso il tavolo dei ragazzi, mentre una Elisa pallida e terrorizzata mi si aggrappa al braccio per tentare di fermarmi. Lei invece è sempre stata piuttosto timida.

« Alessandra! No! » Sembra stia dando un ordine ad un cane.

Troppo tardi…

Le sorrido maligna mentre prendo due sedie e le avvicino ai ragazzi interessanti. Non sembrano troppo dispiaciuti di averci al loro tavolo.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - Alessandra ***


cap. 21
Scusatemi! Ero sicurissima di riuscire ad aggiornare la settimana scorsa, invece ho dovuto far fronte a spaventose ondate di parenti vari. (Non sapevo neanche di averne così tanti! -.-")
 Il capitolo 22 è ancora tutto da aggiustare e devo riscrivere delle parti che non mi piacciono, inoltre sono molto occupata con la scuola ultimamente. Non aggiornerò tanto presto, ma spero  di non dovervi lasciare troppo a lungo col fiato sospeso... Incrociamo tutti le dita! ;)
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, finalmente salta fuori il misterioso "Ludovico".
Vorrei chiedervi una cosa, io ho tenuto da parte delle immagini dei personaggi. Sono attori/cantanti/modelli/ecc... che mi ricordano particolarmente i protagonisti e tutti gli altri. Fino ad ora non ho mai messo foto, perché io personalmente preferisco lasciare correre la fantasia quando leggo una storia e se vedo delle immagini non la gusto più tanto. Una mia amica però ha detto che forse a voi può interessare lo stesso vedere come io mi immagino all'incirca i miei personaggi. Ditemi voi. :D

Cap.21

Mentre percorro i corridoi silenziosi del Palazzo di Giustizia dei Distruttori italiani mi ritrovo a scrutare con molta attenzione ogni dettaglio, come se fosse la mia prima visita.
Studio con particolare cura i dipinti sulle pareti, ritratti di Distruttori del passato o delle lotte gloriose contro i demoni. Scruto con attenzione le grandi vetrate in stile gotico che si affacciano sul parco.
Solitamente questo palazzo è utilizzato come tribunale o punto d'incontro, qui avvengono quasi sempre le riunioni del Circolo, una specie di consiglio degli anziani che serve qualora sia necessario creare nuove leggi o modificare quelle passate.

Dopo aver ricevuto il messaggio di convocazione da parte della famiglia Regnanti, forse la più importante famiglia di Distruttori italiani in assoluto, mi sono sentita in dovere di tornare velocemente a casa, farmi una bella doccia, cambiarmi d’abito e correre qui. Ho mollato Elisa al bar con quei due figaccioni, ma la mia amica non mi era sembrata troppo dispiaciuta, forse si è dimostrata un po' troppo in ansia per me, invece. Continuava a chiedermi se davvero volessi venire a questo incontro. Teoricamente avrebbe dovuto essere lei a tranquillizzarmi, non il contrario. Sospiro desolata.
Andrà tutto bene. Se continuo a ripeterlo magari mi convinco anche io!

Mi avvicino ad una delle porte con il simbolo dell’area riservata, lentamente abbasso la maniglia e varco la soglia.
Davanti a me si dilunga un grande androne vuoto, da cui partono almeno una ventina di corridoi bui, nessuna illuminazione è permessa all’interno del “labirinto”. Si tratta di un intricato incrocio di corridoi, scale, stanze e vicoli ciechi, senza alcuna illuminazione. Per questo motivo i controlli sono minimi, nessun umano si avventurerebbe in una tenebra simile e, anche se avesse il coraggio da entrare, il problema principale per lui sarebbe poi uscire da lì. Chi non sa la strada non arriva da nessuna parte, persino alcuni Distruttori si sono persi, nonostante l’innato senso dell’orientamento.

Mi chiudo la porta alle spalle inoltrandomi lungo i vari corridoi bui.

 

Bastano pochi attimi e la mia vista notturna da Distruttrice riesce nuovamente a scorgere i particolari del luogo che mi circonda, uguali a quelli che mi sono lasciata alle spalle. Allungo il passo nel corridoio buio e sorpasso le numerose porte segnalate con piccoli numeri rossi, dando a quest’ultimi solo occhiate veloci. Svolto a destra due volte, sicura del mio percorso e poi a sinistra. Finalmente trovo il numero trecentotrentuno.
La stanza più lussuosa per i padroni... 
I Regnanti furono per molto tempo i sovrani dei Distruttori italiani, poi sono stati deposti, ma hanno conservato ancora quell'odiosa spocchiosità nobiliare.
Non vado molto d’accordo con la maggior parte dei componenti di questa famiglia, sono quasi tutti arroganti e presuntuosi, anche se ci sono delle eccezioni considerevoli. Purtroppo. 
Il perché mi abbiano convocato lo posso ipotizzare, anche se spero vivamente di sbagliarmi.

Sbuffo prima di dare un’occhiata all’orologio che ho al polso e sospiro dopo aver capito di essere nuovamente in ritardo.
Senza bussare o chiedere il permesso, apro la porta, che emette un cigolio sinistro. 

Nel momento in cui faccio il mio ingresso nella sala, tutti si voltano verso di me contemporaneamente. Si alzano in piedi uno dopo l'altro, con una cortesia per alcuni un po’ forzata che mi mette a disagio, ma cerco di non lasciare trasparire alcun sentimento dal mio viso.
La stanza è illuminata da una luce fioca, proveniente dalla lampada posta sul tavolino tondo nell’angolo.

« Ehm… Buongiorno a tutti! »

Sorrido cercando di sembrare spavalda, ma sento gli occhi di uno di loro seguire ogni mia mossa e non posso fare a meno di tremare. Cerco di non incrociare il suo sguardo, non vorrei che il mio viso lasciasse per errore trasparire qualcuna delle mie emozioni, almeno non finché sono in quella camera piena di squali. Sarebbe un errore che costerebbe caro sia a me che a lui.

«Alessandra! Che piacere vederti ragazza mia! Siediti prego. » L’uomo più anziano del gruppo si alza e mi viene incontro per stringermi la mano. Mi indica una poltrona vuota proprio accanto alla persona che vorrei evitare.

Merda…

Sorrido cortese all’anziano, che si dimostra sempre molto gentile con me nonostante la mia posizione inferiore.
Oltre ad essere giovane sono anche una ragazza e in una società chiusa e conservatrice come la nostra le donne sono considerate sempre inferiori agli uomini, nonostante tutto. Inoltre la mia famiglia non gode di molto rispetto a causa di una declassazione gerarchica che hanno subito i miei nonni da giovani sposandosi per amore invece di seguire i matrimoni combinati imposti loro. Non che il loro sia stato l’unico o ultimo caso, ma nelle famiglie più rigorose ciò non viene permesso.

Che cretinate…

Prendo posto accanto a “lui” e mi guardo intorno scrutando minuziosamente l’aspetto degli uomini seduti intorno al tavolo, evitando accuratamente però di voltarmi verso il mio vicino.

L’uomo che mi ha accolto all’entrata è il più anziano tra tutti ed è stato a lungo il più potente uomo della nostra società. Si chiama Luigi Regnanti ed è il fratello minore della mia nonna materna.
È molto alto e magro, i capelli grigi sono radi e cercano di coprire quanta più superficie possibile grazie al riportino. Indossa una tenuta elegante, composta da pantaloni, camicia bianca, giacca e cravatta. 
Oltre ad essere una persona di spicco per la sua discendenza nobile, Luigi è un uomo abile ed astuto, in passato è stato un grande guerriero e anche il capo del Circolo per molti anni.
 
Una decina di anni fa ha ceduto la sua prestigiosa carica all’uomo che è seduto alla sua destra in questo momento, suo figlio maggiore, Massimiliano Regnanti.
Ecco il nuovo grande capo… Bleah!

Teoricamente questo titolo non può essere trasmesso per via ereditaria, ma, trattandosi della famiglia di Distruttori italiani più potente e ricca… Ecco che Luigi ha passato il testimone al figlio senza alcuna complicazione, anche se in molti non lo ritengono all’altezza di tanto potere.

L’amarezza che mi da anche solo la vista di Massimiliano è impressionante. Se suo padre mi tratta con gentilezza, l’evidente disprezzo, che leggo nei suoi occhi mi chiarisce subito quanto siano diversi tra loro gli appartenenti a quella famiglia. 
Ne ho un altro esempio accanto a me, ma è meglio non pensare a “lui” adesso.

Massimiliano Regnanti è attualmente la massima autorità esistente nel nostro mondo, insomma, in teoria c’è un consiglio che decide, in pratica il capo vota per primo, quindi contraddirlo non è l’ideale.
È un uomo robusto, con i capelli neri ed un orribile taglio. Il viso è flaccido e butterato. Tanto suo padre esprime rispetto e virtù, così il figlio esprime antipatia e arroganza.
Persino il modo in cui portano i loro completi è diverso, l’anziano veste un nero che lo slancia ancora di più e crea un alone di eleganza intorno a lui, Massimiliano invece indossa un grigio smorto ed evidentemente la taglia è anche sbagliata, poiché si formano delle pieghe sul ventre e sotto le ascelle.
Ma forse sono troppo di parte per descriverlo oggettivamente...

Ogni volta che li guardo mi chiedo se Luigi non abbia mai pensato di fare il test della paternità, perché personalmente sono sicura che quello non sia suo figlio.

 

Oltre ai due, nella sala ci sono anche il mio precettore, a cui rivolgo un sorriso e due ragazzi, uno più grande e l’altro più piccolo di me.

« Sono contento che ci sia anche tu, Alessandra! Era da un po’ che non ti vedevo… » Il mio maestro mi sorride. « Scommetto che puoi aiutarci, vorremmo creare una sorta di nuova difesa… »

Mentre lo sento parlare osservo la sua postura dritta e l’immancabile abbigliamento casual, il mio ex maestro odia vestirsi elegante.
Si tratta di un individuo possente, muscoloso e dalle ampie spalle. La statura è nella media, i capelli castani iniziano a tingersi leggermente di grigio sulle tempie, gli occhi sono vispi ed intelligenti. Il viso è un po’ burbero, coperto da un leggero strato di barba, ma spesso gli affiora un sorriso orgoglioso sulle labbra quando guarda i suoi allievi.
Uno di questi è il ragazzino al suo fianco, il nipote di Massimiliano, Luigi Regnanti.

Si, lo so. Si chiama come il nonno!

Per quanto mi riguarda è una cosa triste, ma in quella famiglia sembra che tutti si chiamino allo stesso modo! L’unica eccezione è il ragazzo seduto al mio fianco. Ludovico Regnanti, l’ultimo figlio maschio di Luigi Regnanti, nonché fratellastro di Massimiliano e cugino di Luigi Junior.

Ludovico.

Dopo che la prima moglie di Luigi Regnanti, la madre di Massimiliano, è morta, l’uomo si è risposato con una ragazza molto più giovane e molto più attraente, dalla quale ha avuto un nuovo erede nonostante la tarda età. Ludovico è cresciuto nelle condizioni più agiate possibili, eppure non è affatto viziato ed è forse l’unico ad aver ereditato anche le doti morali di suo padre.

Ludovico Regnanti.

Un nome che ho ripetuto così tante volte da non riuscire più a pensarne altri.

Ludovico.

Non esistevano dei Regnanti chiamati così prima di lui. Ludovico è stato il primo ed anche l’unico per ora.

Ludovico.

Ultimamente è stato soprannominato dalla mia persona, o da chiunque dovesse nominarlo davanti a me, solo “Lui” o in alternativa "Il Cretino".

 

 

I miei occhi incrociano i suoi per una frazione di secondo.

Sento la mia stessa anima riscaldarsi. Quegli occhi azzurri sono il mio mare, il mio cielo, sono l’essenza stessa della mia vita.

Ci conosciamo di vista fin da piccoli, ci siamo parlati per la prima volta all’età di sette anni, all’accademia, precisamente al corso di arti marziali. Non so se anche lui lo rammenta, non glielo ho mai chiesto, ma io me lo ricordo ancora.
Lui era all’ultimo anno, io solo al secondo e il maestro ci aveva messi in coppia per lavorare insieme. Dopo che ho eseguito la tecnica lui è caduto e io mi sono accucciata al suo fianco preoccupata. Gli ho chiesto se si era fatto male.
Dopotutto ero ancora piccola e avevamo appena iniziato quelle lezioni, non ero abituata a buttare per terra la gente!

Lui mi aveva fissato stranito e mi ha detto che era abituato a cadute ben peggiori. Ho pensato fosse uno sbruffone.
Non che la mia opinione su di lui sia cambiata poi molto, eh…

Dopo quella volta ci siamo rincontrati solo quando avevo quattordici anni ed ero ancora sotto la custodia del mio maestro.
La lontananza da casa mi stava logorando
, ma quel ragazzo è riuscito a tirarmi fuori dal baratro depressivo in cui stavo precipitando. Ci siamo allenati insieme a lungo, abbiamo combattuto, ci siamo divertiti e mi ha consolato quando sono scoppiata a piangergli davanti.
Mi sono innamorata di lui.

Ludovico distoglie lo sguardo dal mio, permettendomi di osservarlo ancora un momento senza risultare compromettente.

È bellissimo.

Nonostante io lavori con dei modelli veramente stupendi, non ho mai incontrato nessuno come lui. Il viso è asciutto ed il naso imponente, ma non sproporzionato, mentre gli occhi sono del colore del mare, un azzurro intenso, a volte molto vicino al blu. È talmente bello che reprimo a stento l’istinto di saltargli addosso e baciarlo.
Oggi indossa un completo di Armani blu scuro che gli sta benissimo.
Anche se lo preferisco senza vestiti.

Ha un corpo muscoloso, possente…
Meglio non divagare…

Il moro brillante della sua chioma è reso leggermente opaco da non so quale sostanza con cui ha tirato indietro i capelli in una acconciatura seriosa che poco gli si addice.
Sembra che una mucca gli abbia leccato la testa…

Un vero peccato. Amo toccare quei capelli morbidi come la seta e tirarli leggermente, o stringerli forte tra le mani mentre lo bacio.

Un ciuffo ribelle di quegli splendidi capelli scuri gli ricade sulla fronte e lui lo scosta leggermente infastidito. Nel gesto si volta fugacemente verso di me e sono sicura che riesca a leggermi in faccia tutto il mio desiderio di lui. I suoi occhi azzurri diventano roventi e lo sguardo che mi lancia mi fa salire dei brividi di piacere lungo la schiena.

« … Alessandra?»

Mi volto. 
Qualcuno ha pronunciato il mio nome. Vedo i volti di quattro persone rivolti verso di me, cinque se contiamo anche il ragazzo al mio fianco. 
Non so neanche io come, ma sono riuscita a capire di cosa stavano parlando anche se ogni briciola della mia attenzione era rivolta nella contemplazione dell’angelo seduto accanto a me.

« Nonostante io non conosca bene il modo in cui… »

Inizio a esporre la mia idea su quanto richiesto, ma non è facile rimanere attenta a ciò che dico quando “Lui” mi fissa in questo modo! 
Rischio di mandare tutto a quel paese e saltargli addosso…

All’improvviso ricordo il perché da un po’ di tempo non ci vediamo. La motivazione per cui mi faccio negare al telefono. La causa per cui lo tengo a distanza ormai da tempo. 
Mi incupisco, ma riesco a riprendermi in fretta e nessuno se ne accorge. 

 

Alla fine dell’incontro mi alzo velocemente e tento di scappare, ma il mio vecchio maestro mi raggiunge per salutarmi e chiedermi notizie di Giacomo.

Maledizione!

Rispondo molto lentamente, valutando bene cosa dire. Ho paura di lasciarmi sfuggire qualche informazione di troppo e quell’uomo non deve scoprire nulla riguardo ai demoni superiori e nemmeno riguardo ad Aurora.
Giacomo è stato chiaro, se non a parole almeno nel comportamento, ed ho capito che non la vuole perdere.
Se il maestro o i miei genitori scoprissero la situazione potrebbero reagire in modo sproporzionato arrivando persino ad allontanarlo da lei. Ci penserò io ad aiutarlo in caso di difficoltà, non serve che altri sappiano.

Con la coda dell’occhio vedo Ludovico uscire dalla sala e tiro un sospiro di sollievo, anche se so che non si arrenderà così facilmente.

Tento di portare il discorso in acque tranquille, ma il maestro è sempre stato più abile di me a capire quali sono i punti spinosi che l’interlocutore vorrebbe evitare e deve aver intuito che qualcosa non va con il mio fratellino.

« C’è qualcosa che mi devi dire riguardo al mio allievo? Lo sai che, in caso di problemi nella sua zona, sono io a dover indagare, vero? »

Merda!

Il suo sguardo severo mi mette in difficoltà. Mi è sempre dispiaciuto mentirgli, è un bravo precettore ed un bravo combattente.

« Certo, lo so. »

Non aggiungo altro per non tradirmi, ma lui non molla.

« Forse dovrei passare a trovarlo, in questi giorni ho proprio voglia di rivederlo… »

Continua a guardarmi con attenzione, in cerca di una qualsiasi reazione da parte mia ed io tento di rimanere impassibile.

« Se vuole... » replico in tono vago. « Ora dovrebbe scusarmi, ma devo proprio scappare. »

Dal sorriso incrinato che mi lancia mi viene il sospetto che passerà a trovare Giacomo molto presto. Spero solo di riuscire a gestire la sua reazione a ciò che troverà senza che i miei genitori lo scoprano.

 

Mi congedo dal mio vecchio precettore e appena sono fuori da quella maledetta stanza trecentotrentuno sospiro sfinita. 
Odio la famiglia Regnanti e le loro stupide riunioni!
In realtà sono incontri per lo più politici, forse stavano valutando la mia posizione e quella del mio maestro riguardo alla nuova legge che vogliono proporre. Io rappresento pur sempre la famiglia Guardiani, mentre il mio maestro è un uomo comunque molto influente nelle alte gerarchie.
Sono certa però che il motivo della mia presenza qui sia principalmente un altro.

Inizio il percorso inverso per uscire da quel maledetto posto, ma all’improvviso, mentre sto ancora percorrendo uno dei corridoi bui, una delle stanze sulla sinistra si apre e una mano mi arpiona il braccio tirandomi dentro e chiudendo la porta alle mie spalle. Io non mi scompongo, mi aspettavo una cosa simile, dopotutto conosco bene quell’uomo. Mi schiaccia con forza contro il muro con il suo corpo e tenta di baciarmi, ma io mi volto e non gli do modo di arrivare alle mie labbra.
Sento un sospiro frustrato da parte sua e si sposta a baciarmi il collo.

« Alessandra… »

Il mio nome sulle sue labbra è un soffio leggero e delicato, altamente sensuale. 

« Perché mi eviti? »

Il suo tono dolce ed innocente potrebbe sciogliere anche un cuore di ghiaccio, ma io non ho di questi problemi, dopotutto il mio si è già sbriciolato a causa sua e le poche briciole rimaste sono state portate vie da un gelido vento rabbioso.

Schiocco la lingua e lo guardo truce. Cerco di rifilargli una ginocchiata nelle parti basse, ma lui, prevede la mia mossa e la scansa. Approfitto dell’attimo di distrazione per mollargli uno schiaffo.

« Secondo te, pezzo d’idiota? »

Cerco di non gridare, ho paura che qualcuno possa sentirci, ma faccio molta fatica a trattenermi.

« Andiamo, lo sai che non è colpa mia…» Tenta di avvicinarsi di nuovo, ma lo scanso e mi lancio verso la porta.

Faccio appena in tempo ad abbassare la maniglia che lui si posiziona velocemente alle mie spalle e blocca la porta con una mano.

« Ascoltami… Ti prego…» 

Sento le lacrime iniziare a colarmi lungo il volto e porto una mano al viso per liberarmene con forza. Mi graffio anche una guancia con quegli artigli che ho per unghie, tanto è il furore che si è impossessato di me. 
Meno male che domani sarà già guarito, perché avrò un servizio fotografico…

Tento di allontanarlo, ma lui mi avvolge in un abbraccio che mi intrappola. Lo spingo, cerco di colpirlo con tutta la forza che ho in corpo, ma lui continua a stringermi ed a cullarmi dolcemente.

Non posso fare altro che rimanere lì, singhiozzante e stretta all’uomo che amo. Artiglio la sua camicia con le unghie e immergo il viso nell’incavo del suo collo.
Vado avanti così per un po’ e piango, piango.

Lo odio. Lo detesto con tutta me stessa... 

Dopo quella che mi sembra un’eternità finalmente la mia scorta di lacrime sembra esaurirsi, perché smettono di colarmi lungo il viso. Il dolore però non passa, quello è sempre lì.
Lo guardo. I suoi occhi azzurri sono incastrati nei miei, sta cercando di leggermi dentro e mi fa innervosire ancora di più. 

Cosa ci vuole a capirmi? Qualsiasi persona dotata di cervello ci arriverebbe, ma lui no!

Ludovico non ci arriva, non capisce che più tenta di starmi vicino più mi fa male e più mi fa stare così, maggiore è la voglia di ucciderlo.

« Sono ancora l’unico, davanti al quale piangi? » Mi chiede con dolcezza, ma so che con questa domanda, in realtà, vuole sapere se è ancora l’unico che amo, se è ancora l’unico davanti al quale mi lascio andare ai sentimenti.

«No. »

« Bugiarda. » Mi stringe di più tra le braccia e mi posa un leggero bacio sui capelli. «Ti amo.»

«Io invece ti odio.» Lo spingo via con forza e ritorno alla porta.

« Non è vero. Se mi odiassi non saresti venuta, invece sei qui. Ammetti che volevi vedermi, che ti mancavo. »

Sento le lacrime tornare a pizzicarmi gli occhi, ma le spingo indietro con forza. Abbasso la maniglia e, prima di uscire, mi volto di nuovo verso di lui.
Lo vedo lì, in piedi, in mezzo alla stanza, mi fissa con uno sguardo triste, ma carico di speranza, le braccia ancora aperte a stringere l’aria e il completo Armani tutto stropicciato laddove io mi sono aggrappata con forza mentre piangevo.

« Sono qui, perché tuo padre mi ha chiesto gentilmente di venire per dare la mia opinione giovanile su alcune questioni. Non sapevo neanche che tu saresti stato presente, altrimenti gli avrei risposto in ben altro modo.  » 

Bugie, nient'altro che bugie. Eppure non posso fare di meglio.
In realtà ci ha azzeccato. Avevo capito che era opera sua, ma non ho saputo resistere, dovevo rivederlo. Mi mancava...mi manca. 
 
« Non so cosa tu abbia pensato, ma non sono venuta per te o per la nostra vecchia, morta e sepolta relazione. » La voce che mi esce è terribilmente  fredda e glaciale.

Lui è lì, immobile, pallido e con lo sguardo perso nel vuoto. All'improvviso si anima e mi lancia con uno sguardo colmo d'ira bollente.

« Non dire cazzate! »

Si è arrabbiato.
Gli sta bene! 
In realtà mi sento uno schifo a farlo stare male, ma anche io soffro per colpa sua, quindi mi sembra giusto ricambiare almeno un po’.

Mi viene vicino velocemente e si ferma con il volto a pochi centimetri dal mio. Avevo immaginato il nostro incontro completamente diverso, con lui che mi avrebbe detto di calmarmi ed io furiosa, invece è il contrario.

« Non. Dire. Cazzate. » Mi ripete stringendo i denti, come per resistere alla rabbia. Il suo respiro è corto e rapido, i suoi occhi brillano di una luce folle.
Non mi muovo, non ho paura di lui, perché so che non mi farebbe mai del male.

« Non a me. » Il suo tono si fa più dolce. « Non mentirmi. »

I nostri sguardi rimangono incastrati, mi sento liquefare, vorrei abbandonarmi in quel mare e affogare all’interno di quell’azzurro, ma cerco di mantenere una maschera d’indifferenza.

Ludovico continua a parlarmi, sempre con quel tono convincente ed ammaliante. «Tra di noi non è cambiato niente! Io ti amo e tu…»

« Io niente. » La mia voce suona calma, fredda quasi.

Mi volto verso la porta, la maniglia già abbassata e, ancora voltata di schiena, lo saluto.

« Perdonami se all’ultimo succederà qualcosa che mi farà mancare al tuo matrimonio, so che i miei genitori avevano confermato la mia presenza, ma ho come l’impressione che proprio quel giorno ci sarà un impegno improrogabile ed improvviso. Salutami la tua fidanzata comunque.»

Mi chiudo la porta alle spalle e lo lascio lì da solo.

Come avviene spesso nelle famiglie dell’élite, i matrimoni combinati non sono facili da impedire, ma Ludovico non ci ha nemmeno provato. Proprio lo stesso ragazzo che dice di amarmi, sposerà un’altra. L’immagine di lui al fianco di quell’oca mi torna alla mente.
Le lacrime minacciano pericolosamente di riprende a scendere, ma cerco di trattenerle in tutti i modi.

Sai cosa ti dico? Auguri, figli maschi e vattene a fanc…!

 

Non aspetto neanche di essere fuori dall’edificio, ho già in mano il cellulare e compongo a memoria il numero di mio fratello.

« Pronto? »

« Mar-co! » La mia voce si spezza per un attimo, ma riesco a ritrovare subito il controllo.

« Ale! Cos’è successo?! » La voce preoccupata del mio gemello mi fa sorridere. Marco è il ragazzo più dolce e paziente della terra. E non lo dico solo perché mi sopporta tutti i giorni…

« Marco, non ti preoccupare! Lo sai che so badare a me stessa! Sto benissimo! »

Utilizzo volutamente un tono di voce seccato, anche se non sono per niente irritata nei suoi confronti, solo non voglio che si preoccupi per me. Amo i miei fratelli sopra ogni altra cosa e spesso mi basta sentire lui o Giacomo per ritornare di buon umore, uno con la sua dolcezza, l’altro con la sua adorabile ingenuità. Mi fanno ritornare il sorriso all’istante.

Esco finalmente all’aria aperta e inizio a camminare velocemente sui tacchi alti.

« Piuttosto… Ho bisogno del tuo aiuto… Ho paura che Giacomo si stia cacciando nei guai. Ho intenzione di tornare in Liguria il prima possibile. »

« Alessandra! » Sento uno sbuffo « Lascialo crescere! Gli stai col fiato sul collo, peggio di nostra madre… Dovresti dargli un po’ di fiducia! Ormai ha vent’anni, lascia che si gestisca da solo. » L’esasperazione è palese nel tono di Marco, ma io la ignoro.

« Fidati, non interverrò se non sarà strettamente necessario… Mi devi coprire con mamma e papà però. »

L’unica risposa che ottengo è un sospiro rassegnato.

« Ti prego! » Milano è una delle città più sorvegliate, quindi non si sentirà la mia mancanza per così poco tempo… « Tipregotipregotiprego! »

« Ok, ok! Ma non più di una settimana! »

Quanta pazienza ha? Gli farei una statua!

Calcolo velocemente i tempi. « Ci vediamo a casa per pranzo, elaboriamo il piano e nel pomeriggio preparo le valige! »

« Dio ce ne scampi… » sussurra Marco spaventato.

« Guarda che ti ho sentito! A dopo fratellino! »

Interrompo la chiamata. Qualcosa mi dice che rimarrò in Liguria per molto tempo, almeno una decina di giorni, così mi salto anche quell’odioso matrimonio tra Ludovico e l’oca francese…

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - Giacomo ***


Cap.22

Ciao a tutti. Scusate per il lunghissimo tempo di attesa. Ho l'esame di maturità, finita questa tortura prometto di aggiornare più spesso e portare a termine la storia in fretta, ok? Inoltre mi sono rotta l'indice della mano destra giusto dieci giorni fa e battere una frase al computer è diventata un'impresa! -.-"
Anche questo capitolo non è stato corretto dalla mia santissima amica  Michela, perché ho fatto gli ultimi ritocchi giusto ieri e volevo pubblicarlo al più presto, ma non potevo imporle di correggermi il capitolo velocemente visto la miriade di impegni che ha per l'università. Quindi mi assumo la piena responsabilità di qualsiasi tipo di errori, dalla grammatica alla forma, contenuto compreso. :)
Prometto di rivedere e correggere tutta la storia una volta finito questo maledettissimo anno scolastico, esami compresi.
Vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia anche questo capitolo, nonostante sia tutto incentrato sul protagonista maschile della storia. ;)

Cap. 22

Mi sto annoiando.

Niente in televisione e niente da fare. Non ho neanche voglia di giocare all’X-BOX, cosa più unica che rara...

Ormai è tardo pomeriggio, ma quella rompiscatole di Aurora non si è ancora fatta viva. 

Che mi dia buca anche oggi? Ormai sono diversi giorni che non si fa vedere…

Mi sento strano, mi sembra di non essere all’altezza di fare nulla. Se anche solo un demone di livello medio attaccasse ora, non riuscirei a sconfiggerlo tanto sono demoralizzato.

Non mi ero mai sentito così…così…vuoto. È una sensazione fastidiosissima, mi sembra che persino respirare sia difficoltoso. Sento un peso sullo stomaco e non è dovuto al pranzo, perché quello è già stato digerito e scaricato nel gabinetto.

Mi rifiuto di credere che il mio stato d’animo sia in qualche modo legato all’assenza di Aurora, ma da quando la conosco mi comporto in modo troppo strano. Non solo sono gentile con un’umana, ma l’accolgo in casa mia, le lascio toccare le mie cose… Ho addirittura cucinato per lei!

Sicuramente mi sono un po’ affezionato alla ragazza… Ma la cosa ancora più strana è che non voglio portarmela a letto. Non solo almeno. Non mi basterebbe un’oretta di sesso al giorno con lei, vorrei saperla sempre al sicuro. Vorrei saperla sempre con qualcuno di affidabile, che la salvi da tutti quei demoni che sembrano avercela con lei. Insomma, la vorrei sempre accanto a me!
Solo per proteggerla, sia chiaro… Anche se ci andrei a letto volentieri, la bacerei fino a farle mancare l’aria, la stringerei forte tra le braccia fino a sentire il suo corpo completamente a contatto col mio…
Scrollo la testa, leggermente imbarazzato dai miei stessi pensieri.
Non so perché ho questa inspiegabile voglia di proteggerla. So solo che ho sempre paura che si faccia male e non so come reagirei se la dovessero uccidere.

Mi dirigo verso il bagno e comincio a spogliarmi.

Anche nel combattimento mi sono rammollito, a causa della preoccupazione che nutro nei suoi confronti. La sola paura di saperla in pericolo mi distrae!
Tra Distruttori siamo abituati a non preoccuparci per i nostri compagni o per i famigliari. Tutti noi siamo addestrati al meglio e, in teoria, sappiamo reagire in ogni condizioni, anche con un figlio agonizzante tra le mani.
Ma lei è umana...una stupenda umana dai capelli dorati e gli occhi scuri.

Mi butto sotto la doccia e mi sento rinascere quando l’acqua fredda entra a contatto con la mia pelle.

Mentre l’acqua mi scivola lungo il corpo accarezzandomi dolcemente, i miei pensieri si concentrano su un quesito della massima importanza: “Cosa fare questa sera?”.

Cosa potrei fare? Vediamo un po’…

Ho voglia di una pizza, una bella pizza con prosciutto crudo e salame piccante! Ho già l’acquolina in bocca!
Però andare da solo in pizzeria non è l’ideale… Mi servirebbe compagnia…
Non sono mai stato in pizzeria con Aurora, di solito ci limitiamo ad andare a prendere le pizze e mangiarle sul mio divano mentre ci guardiamo un film. Quasi sempre lei inizia a chiacchierare sulla sua giornata a scuola e contemporaneamente cerca di mangiare la sua pizza senza farla cadere. L’ultima volta gesticolava tanto nel parlare di una sua compagna di classe particolarmente esasperante che il pezzo di pizza le è volato di mano per finire dritto sul bracciolo del mio adorato divano. Si è subito voltata verso di me, terrorizzata e contrita, aveva addirittura preso a mordersi le labbra in attesa della mia reazione, ma vedendola con quell’espressione non ho potuto fare altro che scoppiarle a ridere in faccia.
Fortuna che lei preferisce le pizze bianche e abbiamo pulito il divano in un attimo!

Scrollo la testa per tornare al presente. Nonostante sia un ricordo abbastanza stupido, mi ritrovo a ridacchiare da solo come un idiota.

Devo portarla in pizzeria prima o poi, voglio proprio vedere se riesce a combinare disastri anche lì con tutte le persone agli altri tavoli che la fissano.
Ma anche oggi non si fa viva... Chiamarla è fuori discussione, le ho già mandato dei messaggi per primo, non posso essere sempre io quello che inizia a scrivere!

 

All’improvviso mi immobilizzo sotto il getto d’acqua.

Mi è sembrato di aver sentito la porta aprirsi!

Uno spiraglio di luce sembra illuminare quella giornata grigia! Di corsa mi sciacquo ed afferro un asciugamano per legarmelo in vita. Mi precipito fuori dal bagno, in soggiorno. Scruto attentamente l’ambiente, ma di Aurora neanche l’ombra.
Non è delusione quela che provo, però ci si avvicina molto.
Rimango ancora un attimo lì, a fissare il vuoto. Sembra quasi che ultimamente io non faccia altro che aspettare che lei entri da quella porta, perché solo allora la giornata sembra tornare produttiva. Mi esalta avere i suoi occhi addosso e mi impegno di più se so che lei mi sta guardando.
Mi tiro un colpo sulla fronte.

Come mi sto riducendo?! Non posso essere così dipendente da una ragazza, non ha senso!

È come se fossi imprigionato, sono in una gabbia e posso muovermi solo lo stretto indispensabile. Non riesco a capire. È come se…. È come se fossi…

Oh cazzo!

 

Mi vesto con calma, pensieroso. Ho bisogno di una pausa, devo uscire un po’ per schiarirmi le idee. Non posso essermi preso una cotta, non io! Io le donne le uso e loro usano me, solo per una relazione puramente sessuale. Nient’altro.

Però come spiegare altrimenti il mio comportamento ed i miei pensieri verso Aurora? Non ci sono neanche mai stato a letto con lei! Come posso essermi preso una cotta?

Mi manca il fiato. Devo scappare…

Mi blocco sulla soglia con il giubbotto in mano.

E se poi viene e non mi trova in casa?

Sbuffo infastidito. Non ne posso più… Sembro quasi uno di quegli sfigati che dipendono dalla propria fidanzata per uscire.

Io non sono fidanzato, sono libero ed indipendente! La monogamia non fa per me…

Sbatto la porta alle mie spalle e mi lancio per le strade torinesi respirando la libertà dei single.

 

Dopo dieci passi mi blocco.

Ma porca tr…!

Digrignando i denti ritorno sui miei passi e rientro in casa.

Maledizione! Maledizione! Maledizione!

Strappo un pezzo di carta dal blocchetto per gli appunti che tengo in sala e ci scrivo velocemente un “torno presto”.

Mentre mi do dell’imbecille, dell’idiota e molto altro, lascio il biglietto per Aurora sul tavolo in cucina. Così, nel caso passasse a trovarmi, ci sono più probabilità che aspetti il mio ritorno.

 

Quando sono nuovamente all’aria aperta inizio a correre veloce per le strade di Torino, ma le mie membra sembrano appesantite, così come i miei pensieri, da una nuova consapevolezza. Sono un coglione innamorato. Proprio come uno di quei ridicoli protagonisti dei film per ragazzine.

Cazzo!

 

Come un automa il mio corpo si muove da solo, perché la mia mente è ancora troppo presa dalla scioccante folgorazione ricevuta e rimarrà fuori servizio per un po’. La porta di casa mia che da su Torino non è poi così distante dall’abitazione dei miei genitori, infatti dopo neanche dieci minuti sono arrivato.
Fermandomi davanti alla casa in cui sono cresciuto tento di riscuotermi dai miei pensieri.
Si tratta dell’unica villa del quartiere. Un giardino di medie dimensioni coperto interamente da alberi da frutto e cespugli di rose circonda la casa a due piani. Tiro fuori dalla tasca le chiavi e apro il cancello della villa. Fortunatamente i miei non sono in casa.

Corro in garage ed entro direttamente nella zona riservata a me, dove trovo la mia adorata Honda. Si tratta della bellissima  Honda CBR600 rossa e nera, una vera bellezza. Non so perché, me ne sono innamorato subito quando mi è stata regalata dai miei genitori per i sedici anni.
Lentamente inizio a tornare in me e sento l’agitazione per la scoperta della mia cotta scivolare sotto l’ammirazione della mia amata moto.

La accarezzo delicatamente e le sussurro paroline dolci.  All’improvviso noto la catastrofe.

C’è una macchia blu sul parafango! BLU! Oddio!

Corro a prendere lo straccio dalla mensola e poi mi metto alla ricerca del prodotto apposta per pulirla. Strofino con dedizione, facendo attenzione a non graffiarla. Quando ritorna perfetta e luccicante mi fermo a fissarla soddisfatto.
Fino ai diciannove anni questo gioiellino è stato il mio mezzo preferito per muovermi, nonché il mio biglietto vincente con le ragazze particolarmente difficili da conquistare.

Chissà se ad Aurora farebbe piacere farci un giro sopra?

Inorridisco quando mi accorgo che involontariamente i miei pensieri sono tornati sulla bionda. Non è possibile!

 

 

Mi rifugio in uno dei miei locali preferiti, dove servono abbondanti antipasti e drink decenti. Mi siedo al bancone ed inizio a guardarmi intorno.
Ho voglia di chiacchierare e distrarmi con degli amici, il che è già di per sé sconvolgente, perché solitamente tendo a preferire a solitudine. 

Chi potrei chiamare?

Essendo io una persona molto socievole, ho certamente molti amici…

Ridacchio da solo e mi perdo ad osservare il drink che ho di fronte, di un bel colore rosso acceso. Quella sfumatura mi ha sempre fatto impazzire da ragazzino, anche perché a quel tempo era il colore della maglia della mia squadra di calcio…

Ideaideaidea! I miei vecchi compagni di squadra!

Di alcuni mi ricordo a malapena, non li sento da troppo tempo ed è giunto il momento di vedere che fine hanno fatto. Prendo il cellulare e faccio scorrere la rubrica telefonica in cerca di qualche nome.

Alba… Ci sono due “Alessandra”, chissà qual è mia sorella… Arianna… Ignoro volutamente il nome Aurora… Benedetta…Bona1, bona2 e una numerosa serie di “Bona”… Brimilde. Oddio, questa si chiama davvero Brimilde? Eliminata. Carlotta… Caterina…Cecilia… 

Continuo a scendere, ma non trovo altro che nomi di ragazze che non conosco. Quando arrivo alla serie di “Figa” inizio a stancarmi.

Possibile che io non abbia amici maschi?!

Rimango un attimo perplesso rendendomi conto che non ho mai avuto bisogno di amici di nessun genere, mi bastava avere compagnia per la notte per essere apposto.
Finalmente trovo un nome maschile!

“Francesco”! Che bello vederti “Francesco”!

Avvio chiamata.
Primo squillo.

È da un po’ che non li sento, ma non si possono essere dimenticati di me!

Secondo squillo.

Certo che è strano, Francesco… Non mi ricordo proprio che faccia avesse…

Terzo squillo.

Francesco, Francesco, Francesco… Più ci penso e più mi sembra strano, non mi ricordo proprio di nessun Francesco.

Quarto squillo.

Ah! Francesco!
No, continuo a non ricordare.

« Pronto? »

La sua voce ha un tono stranito, probabilmente non ha il mio numero in rubrica.

« Francesco? »

Cerco di assumere un tono di voce piuttosto sicuro, ma in realtà non sono affatto convinto di sapere chi sia questo Francesco.

« Si. Tu chi sei? »

Questo tale ha una voce fastidiosamente lieve, quasi effeminata, non sembra affatto un ragazzo.

« Giacomo. Giocavamo a calcio insieme… » Rispondo un po’ meno sicuro.

Dopo un attimo di pausa la voce sottile dell’altro ragazzo torna a far vibrare il cellulare ed io mi ritrovo a boccheggiare stranito. Eppure mi sembra di conoscerla quella voce… e non mi piace.

« Mi ricordo di te! Sei quel gran bel pezzo di manzo con un…»

Butto giù la chiamata immediatamente.

Francesco! Ho capito chi è!

Rabbrividisco e cancello il numero immediatamente, poi lancio il cellulare sul bancone del bar e mi allontano un po’ per riprendere a respirare regolarmente.
Francesco. Il terzino sinistro che nelle docce dimostrava sempre un particolare interesse per il mio culo, per non parlare di come mi guardava un’altra cosa…
Rabbrividisco di terrore. Ad un certo punto ho iniziato a tornare a casa per fare la doccia!
Mi aveva anche mandato un biglietto per San Valentino una volta, naturalmente senza intestazione, ma dagli sguardi che mi aveva lanciato quel giorno avevo capito che è stato lui! Ero l’unico della squadra che riceveva quelle attenzioni da parte sua, anzi, per gli altri lui era completamente etero, ero io quello che si inventava le cose.
Dopo aver preso atto della sua cotta per me ed averlo scaricato mi ero segnato il suo numero per non rispondere ad eventuali sue chiamate, ma evidentemente col tempo mi sono dimenticato il suo nome… Come si fa poi a non capire che è gay con una voce così… Mah…
Rabbrividisco nuovamente.
Non disprezzo gli omosessuali, ma quelli che mi guardano il sedere non mi vanno proprio a genio.

Mi guardava con interesse lì! Un altro ragazzo!

Mando giù un po’ di saliva, perché la gola mi si è fatta improvvisamente secca e tento di ricacciare quei ricordi nell’oblio.

Nuovo tentativo. 
Continuo a scorrere la rubrica del cellulare, finché non arrivo ad un “Paolo”. Si, lui me lo ricordo. Era il capitano, nonché il ragazzo con cui andavo più d’accordo.

Bastano due squilli ed il ragazzo risponde.

« Pronto. » Ecco, questa si che è una voce maschile!

« Pronto. Ciao Paolo! Sono Giacomo. »

Mi accorgo di stare sorridendo. Paolo! Il mio vecchio amico!

« Giacomo chi? »

Mi cadono le braccia. Come “Giacomo chi?”!!!
Non rifletto troppo sul fatto che se avessi ricevuto io una chiamata da un certo Paolo avrei avuto la stessa identica reazione.

« Giacomo, Giacomo Guardiani. Venivo a giocare a calcio… A Torino… »

Niente. Silenzio dall’altro capo del cellulare.

« Ah. » Sembra molto sorpreso. « Il Giacomo castano riccio o quello biondo? »

Sospiro frustrato.

« Castano. »

« Aaahhhh! Ma sei lo sbruffone! » Sbruffone? « Potevi dirlo subito! »

Non ribatto, sto ancora fissando la parete opposta con aria allucinata. Sbruffone?

« Cosa posso fare per te, Giacomo? Sono con la mia ragazza, quindi non ho molto tempo da dedicarti… »

Sbruffone?!

« Ooohhhhooohhh! Terra chiama sbruffone! Cosa ti prende amico? »

SBRUFFONE??!!

« Vaffanc…»

Mi spegne il telefono in faccia l’idiota…
Sono sicuro che da ragazzino non era così! Credo… Possibile che quello che ricordo io fosse Paolo? Adesso che ci penso mi pare si chiamasse Giovanni, forse…Mah…
Basta maschi, torniamo alle ragazze, che è più sicura la faccenda! Dopotutto le ragazze capiscono i problemi sentimentali, no? Non sono esperte di consigli amorosi e altre cazzate simili? Scorro nuovamente la rubrica telefonica.

“Figa 5a” ispira!

 

Prima che io riesca a chiamare la “Figa 5a”, una figura femminile mi si avvicina.

« Posso sedermi o aspetti qualcuno? »

Mi volto a fissarla, deciso a rifiutare qualsiasi cesso, invece mi ritrovo davanti una gran bella ragazza. Avrà all’incirca la mia età, indossa un bel tubino nero che ne delinea le forme non troppo grosse dei fianchi e quelle abbastanza abbondanti del seno. Sono un esperto in queste cose e riconosco subito un buon push-up, ma non mi importa più di tanto. Quando arrivo al viso mi accorgo che non è male, anche se ha gli occhi enormi, sembra uno di quei pupazzi per bambini che adesso si vendono in qualsiasi posto, dai negozi di giocattoli alle cartolerie.

Sono orribili e mettono ansia quei pupazzi!

Però gli occhi della ragazza sono azzurri, e, seppure inquietanti, non mi danno troppo fastidio. I capelli sono biondo platino, sembrano tinti però.

« Hei bionda! Prego, il posto è tutto tuo. »

Risolini da parte sua. La fisso leggermente sorpreso da quel verso fastidioso, ma non dico nulla.

« Allora, come ti chiami? »

Il suo tono di voce è stridulo, ma niente di troppo insopportabile.

« Giacomo. »

Nuovo giro di risolini.

Ride del mio nome o è un meccanismo automatico del suo cervello?

La studio, probabilmente ha già bevuto parecchio, perché ha lo sguardo un po’ appannato. Forse anche io ho lo stesso sguardo visto che ho già finito due bicchieri di superalcolici.

« Io sono Isabella! » Mi sorride con calore.

Proprio quello che mi ci vuole! Bionda ed “espansiva”!

 

La bionda ha rotto con quella risatina tremula e continua, ma per il resto non mi posso lamentare. Non è piatta di seno, ha un bel culo, un viso decente, i capelli biondi e due labbra rosse e piene.
Non reggo per troppo tempo la sua voce, ma per il resto non è male. Parliamo, anche se non sono abbastanza lucido per capire di cosa, poi al terzo o quarto bicchiere ci chiudiamo in bagno ed inizio a baciarla. Le sue labbra non sono morbide come quelle di Aurora e il loro sapore non è neanche lontanamente paragonabile al gusto dolce della mia bionda. Le mie mani non vagano sul suo corpo, come solitamente fanno in presenza di una bella ragazza, ma rimangono immobili lungo i fianchi. Elisabetta, frustrata dalla mia scarsa partecipazione scende a baciarmi il collo e prende le mie mani per portarsele sui fianchi. Allora cerco di partecipare di più al bacio e la stringo un po’, ma quella si mette a ridacchiare in quel modo fastidioso e blocca sul nascere qualsiasi tipo di coinvolgimento da parte mia.

Non ho voglia di portarmela a letto.
E se poi continua a fare quei risolini per tutto il tempo? No, decisamente non la voglio.

La scarico in malo modo, lasciandola lì in bagno senza uno straccio di spiegazione. L’umor nero mi invade la mente e mi sento pronto ad uccidere qualche bel demone, anche se barcollo un po’ mentre cammino verso la moto. Colto da un lampo di lucidità decido di prendere un pullman, non vorrei mai sbandare con la moto e farla cadere. Non deve avere neanche un graffio quel gioiellino!

Era da molto tempo che non usavo i mezzi pubblici e la mente annebbiata dall’alcol non mi aiuta di certo a scegliere che linea prendere, così sbaglio anche autobus e sono costretto a farmi una mezz’ora in più di strada per arrivare a casa.

 

Verso le undici di sera raggiungo la mia abitazione. Sfioro la maniglia e la porta si spalanca rivelandomi una Aurora spaparanzata sul divano che mi fissa sorridente. Rimango sulla soglia sorpreso.
Lei si alza velocemente e fa per venirmi incontro, quando si blocca in mezzo alla stanza. Mi scruta attentamente con occhio critico, probabilmente sta soppesando la mia aria sbattuta. O forse no. La vedo stringere i pugni fino ad imbiancare le nocche, irrigidire la mascella, mentre il suo sguardo si fa duro.

Mi chiedo cosa le stia passando per la testa e per un attimo ritrovo il barlume di lucidità necessario ad analizzare la situazione.
Il suo sguardo glaciale è puntato sul mio collo, dove, mi ricordo con orrore, probabilmente sono rimaste le tracce del rossetto dell’altra ragazza.
Sono ancora sulla soglia, a fissare attonito un’Aurora furiosa davanti a me, quando un cuscino mi arriva dritto in faccia. Fortunatamente la ragazza è accanto al divano e l’unica cosa che ha a portata di mano sono i cuscini, ma adesso che si avvicina pericolosamente alla lampada sul mobile, inizio a preoccuparmi.

« SEI IPOSSIBILE!»

Non avevo mai sentito la sua voce con quel tono isterico. I suoi stupendi occhi scuri mi lanciano occhiate gelide e penso che in questo momento mi ucciderebbe volentieri.
Indossa un paio di jeans ed una maglietta larga, sembra che si sia vestita di corsa e i capelli, di solito sempre abbastanza curati ed in ordine, ora sono legati alla bell’e meglio in una coda alta da cui sfuggono alcuni ciuffi. È maledettamente sensuale anche con questo aspetto trasandato e selvaggio. Me la scoperei volentieri anche su quella mensola da dove sta prendendo la lampada per tirarmela.

Scanso l’oggetto e faccio per aprire bocca, indeciso se spiegare la situazione o fuggire, ma la bionda si dimostra più svelta di me e mi lancia un intero portapenne con tanto di matitine, penne e pennarelli vari.

« STRONZO! »

Incasso l’insulto e tento di farla calmare, anche se la mente è ancora un po’ annebbiata dall’alcol.

« Andiamo Aurora, non gridare in questo modo! Siamo in una zona abitata solo da vecchi! Verrà loro un infarto se li svegli a quest’ora con la tua dolce vocina… Stai calma…»

La ragazza mi lancia uno sguardo assassino.

« TI DETESTO! »

Detto questo la mia bionda si tira indietro con rabbia un ciuffo di capelli che le era caduto sul viso e prende la sua giacca. Fa per infilarsela in un gesto rabbioso e nello stesso tempo tenta di uscire dalla porta, ma approfitto della vicinanza tra i nostri corpi per prenderle un braccio e trattenerla.
Non reagisce e non parla. Si limita a guardarmi in attesa.
Sembra quasi che si aspettasse che io la fermassi ed ora sembra aspettare qualcosa da me.

Mi dovrei scusare? E perché mai? Dopotutto non sono il suo fidanzato, non le ho giurato fedeltà, non stiamo nemmeno insieme per la miseria!

La guardo attentamente. Nonostante sia palesemente arrabbiata con me, sembra ci sia dell’altro. Ha uno sguardo allucinato, è sconvolta.

« Cosa è successo? Perché hai reagito così? » Poi mi accorgo che il mio tono di voce si è fatto dolce e tento di riprendermi.

Dovrei essere arrabbiato con lei per questa scenata… Non capisco proprio perché se la sia presa tanto!

Perso tra i miei pensieri non mi accorgo che gli occhi di Aurora sono carichi di lacrime e che la ragazza espira lentamente preparandosi a parlare.

« Io… »

« Ho tutti i diritti… » La interrompo senza accorgermene. Appena mi accorgo del suo sguardo ferito mi mordo la lingua a sangue.

Le sue guance sono pallide ed i suoi occhi carichi di lacrime.

« Scusa. Non volevo… Dimmi. »

Ma lei fa il segno “no” con la testa.

« Scusa tu, dimmi pure. » La sua voce è fioca, i suoi occhi rassegnati e tristi. C’è qualcosa che non va.

« No, inizia tu… » il mio tono di voce e quanto di più simile ad un’implorazione io potessi emettere, ma lei sembra decisa a lasciare parlare me per primo e si chiude in un risoluto silenzio.

Cerco i suoi occhi con i miei, ma Aurora si ostina a tenere lo sguardo basso.

Tento di ritrovare tutta la mia risolutezza e inizio ad esporre i miei pensieri con voce decisa. « Dicevo… Non è giusto che mi tiri addosso lampade o cuscini. Tu non ti sei più fatta vedere ultimamente… »

Noto solo per un attimo un’espressione ferita sul suo volto, ma, nel giro di pochi istanti, il suo viso torna inespressivo.

« Ok, ora vado. »

Con uno spintone si libera della mia presa ed esce di casa senza neanche guardarmi in faccia.

 

Mi ha lasciato di nuovo solo. Adesso tutto ricomincerà da capo e io dovrò aspettare a lungo prima che lei ritorni.
Sento la rabbia salirmi dentro.
Mi avvicino alla libreria, che lei ama tanto, e scaravento giù i libri. Li tiro giù, li scaravento a terra e li pesto con forza.

Ma cosa devo fare? Cosa pretende da me?

Sento qualcosa pizzicarmi gli occhi, ma non possono essere lacrime.

Sono un uomo e gli uomini non piangono, nemmeno per la frustrazione!

Mi lancio sul divano ancora vestito e fisso il soffitto.

Perché con Aurora è tutto così complicato? 

Mi alzo e mi muovo verso la cucina, diretto al frigo, dove spero di trovare degli alcolici, ma appena entro nella stanza noto la tavola apparecchiata per due persone. Due tovaglioli, due bicchieri, due forchette… e al centro due cartoni di pizza sovrapposti. Li riconosco, provengono dalla stessa pizzeria in cui andiamo io e Aurora a prendere le pizze. Mi avvicino e alzo il coperchio del primo cartone.
Una pizza bianca, con mozzarella, stracchino, salmone e rucola, una delle preferite di Aurora. Ne mancano all’incirca tre triangolini, si vede che aveva fame e si era stancata di aspettarmi.
Alzo il coperchio della seconda pizza. Una rossa con salame piccante e prosciutto crudo.

Mi lascio cadere di peso sulla sedia, con lo sguardo ancora sulla pizza. Ne prendo un pezzo e lo assaggio, è ancora buona nonostante sia ormai fredda.

Oggi avevo proprio voglia di pizza…

Ancora una volta vi ho lasciato senza spiegazioni su quanto accaduto ad Aurora, questo capitolo era ambientato lo stesso giorno in cui la nostra protagonista ha perso i sensi, diciamo che più o meno nello stesso momento in cui Giacomo si faceve le seghe mentali (degne di una donna) sotto la doccia, Aurora stava ascoltando le musiche composte dal misterioso biondino. Come avrete capito, Aurora è rinvenuta e, verso sera, è corsa da Giacomo, dove ha avuto la sgradita srpresa. Nel prossimo capitolo riprenderò un po' in mano la situazione e forse si svelerà qualche segretuccio. Ci avviamo verso la conclusione. Scusatemi se il prossimo capitolo tarderà un po', ma sono in periodo "esame di maturità" e senz'altro capirete che ho differenti priorità dallo scrivere questa storia al momento. Tuttavia appena sarò libera mi dedicherò a voi! ;D

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - Aurora ***


Cap 23

Cosa posso dire… Scusate se ci ho messo tanto, ma quando mi prendo una pausa, a quanto pare, ci metto anche l’anima. Non ho fatto nulla tutta l’estate se non vegetare sulla spiaggia a cucinarmi sotto il sole. Mi sono sentita tanto pigrona! ;D

Piuttosto, vi faccio un mini-mini-riassunto di quanto successo negli ultimi capitoli ( tra un po’ non mi ricordavo neanche io cosa avessi scritto in 22 capitoli…O.ò): 

" Aurora era crollata priva di sensi dopo aver ascoltato alcune canzoni che le aveva passato il ragazzo biondo, Riccardo. Il tutto dopo che lui le aveva chiesto di uscire
insieme, invito che Aurora aveva gentilmente rifiutato.

Mentre lei era svenuta, Giacomo si stava facendo complessi mentali degni di una ragazza con il mestruo (mi scuso con gli eventuali maschietti che leggeranno questa frase ed inizieranno a dondolarsi sulla sedia inorriditi e scandalizzati. xP). Il Distruttore, anima libera e non credente in nessun sacro vincolo del matrimonio, esce alla ricerca di compagnia per la notte da parte di altre ragazze dato che Aurora non si fa viva, ma scopre di non essere più in grado di lasciarsi andare. Torna a casa mezzo ubriaco e lì trova Aurora. La ragazza dopo essersi svegliata era corsa a casa sua e, non trovandolo, aveva deciso di aspettarlo. Dopo aver scorto sul suo collo segni di rossetto, pensando che fosse stato con un’altra, Aurora scappa, arrabbiata e triste."

Bene, riprendiamo da qui la narrazione. :D Spero che vi piaccia anche questo capitolo, non vorrei essermi arrugginita dopo tre mesi che non butto giù nemmeno una frase… Incrocio le dita e lascio giudicare a voi. 

A presto! Un bacione!

Alessandra

Cap. 23

Corro. Le abitazioni in pietra del centro storico di Imperia sfrecciano veloce ai lati, come le immagini di un film, ma non ci faccio caso. Corro. Il mio piede destro si scontra con un gradino non visto e perdo l'equilibrio, cado, la forza di gravità mi trascina verso il basso. Non sento la botta alle ginocchia, non mi accorgo dei graffi che si aprono sulle mani quando le porto a proteggere il viso dall'impatto col suolo. Mi rialzo barcollante e riprendo a correre.

Quello stronzo, egocentrico, presuntuoso, vanesio, arrogante, stupido e idiota di un Distruttore!

Ma cosa dico?! Lui è stronzo, ma sono io l'egocentrica, perché pensavo che sarebbe stato lì per me se avessi mai avuto bisogno di lui. Sono io la presuntuosa, perché pretendevo di avere una qualche esclusiva su di lui. Sono io l'arrogante e la vanesia, perché ho creduto veramente di potergli piacere. Io! Io, che non sono altro che una banale umana come altre sette miliardi di creature sulla terra. Sono io la stupida, perché mi sono illusa di poter avere lui.

Sono io che mi sono costruita castelli in aria, legami inesistenti...

Non ci sono lacrime sul mio viso, ma le sento premere per uscire e non so quanto ancora riuscirò a trattenerle. Corro. Scappo da Giacomo, scappo dalla spaventosa cotta che mi sono presa per lui, scappo dalla fastidiosa sensazione di non essere desiderata, di essere insufficiente per lui.

Non riesco a percorrere troppa strada, rivoletti salati iniziano a scorrermi lungo le gote, appannano il mio sguardo triste e confuso, mitigano leggermente il dolore e la delusione.

Corro. Incurante del freddo e del mondo che mi circonda. Corro per quelle che mi sembrano ore e la gola inizia a bruciare, i piedi a fare male, le lacrime si esauriscono.

Posso scappare quanto voglio, ma non posso fuggire da me stessa. Io mi sono innamorata del Distruttore e oggi pomeriggio avevo così tanta paura che gli fosse successo qualcosa che sono corsa da lui senza un attimo di esitazione, col cuore in gola. Ho capito quanto dolore proverei nel perderlo.

Vederlo lì, di ritorno da chissà quale appuntamento è stato umiliante. Proprio quando mi sono resa conto di non poter più fare a meno di lui... Credevo... Speravo che lui provasse lo stesso...


Ho corso come una pazza, ma non ho fatto molta strada. Sono stanca e triste, inoltre le mie gambe sono della stessa consistenza di una mozzarella. Nell'impeto mi sono anche dimenticata di guardare dove stavo andando. Mi ritrovo così, in una stretta scalinata poco utilizzata, che scende sul fianco orientale della collina verso la parte bassa della cittadina. Viene percorsa, solitamente, solo dai turisti più intrepidi che non fanno altro che scattare foto a destra ed a sinistra, come se due pietre messe l'una sull'altra fossero uno spettacolo unico al mondo. I muretti a secco e gli ulivi sono infatti gli unici ornamenti di questo fianco della collina.

Mi accascio sui gradini, poggio la schiena contro il parapetto in pietra ed alzo gli occhi al cielo. Un miliardo e più di stelle sembrano guardarmi, la volta celeste è di un colore blu scuro ammaliante ed incredibilmente romantico. Provo ad immaginarmi lassù, accanto a quei puntini luminosi, un essenza astrale. Immune a qualsiasi sentimento umano... Mi sentirei parte dell'intero universo, nulla all'infuori di me ed il misterioso manto blu della notte esisterebbe.

« Finalmente ti ho trovato. »

Lancio un gridolino spaventato e trasalisco impaurita. Una voce conosciuta interrompe il flusso dei miei pensieri e mi fa balzare il cuore in gola. Il mio cervello realizza all'istante due cose: si tratta di una voce umana e conosciuta. Appena capisco di chi si tratta mi rendo conto, però, di non riuscire a tranquillizzarmi.

« Riccardo! Sei tu! Mi hai fatto spaventare... » Cerco di apparire calma, ma non lo sono affatto. Il cuore continua a battermi nel petto a gran velocità. Non riesco ad alzarmi in piedi, sono come paralizzata dal suo sguardo ardente su di me.

Cosa ci fa lui qui? E soprattutto, perché mi stava cercando?

« Dove hai lasciato il tuo Distruttore? Eh? Volevi fregarmi! Sapevi che casa tua era protetta, non è così? Ed io che avevo addirittura incantato la musica per portarti via... Ho rischiato grosso per colpa tua! » La sua voce è dura e fredda, il suo tono è furibondo. Mi fa paura.

Incantato la musica? Cosa sta farneticando...?

Oggi pomeriggio, mentre stavo ascoltando i brani che mi aveva passato, mi sono addormentata e ho fatto incubi terribili. Demoni, esseri umani moribondi che imploravano la salvezza, ma sopratutto ho sognato Giacomo ferito, morente... Ho avuto così tanta paura...

« Ora vieni con me. Mi servi per aprire quel maledetto portale e, poi, potrai scegliere se vivere o morire. »

Non capisco. Di che portale parla e perché si comporta così?

Riccardo si avvicina a me, allunga una mano per prendermi un braccio, io riesco a schivare la sua presa, ma questo sembra solo farlo arrabbiare di più. Mi prende con forza per i capelli e sbatte la mia testa contro il muro. Sento un dolore lancinante e la vista si offusca. Chiudo gli occhi e delle immagini appaiono dietro le palpebre, ora serrate.

Rivivo l'incubo di quel pomeriggio. 
Giacomo è ferito gravemente alla testa ed allo stomaco, è cosparso da graffi ed abrasioni di ogni genere. Ricordo perfettamente l'orrore provato nel vedere i suoi stupendi boccoli castani tinti di rosso dal sangue che sgorgava copiosamente. Anche ora che ripercorro immagini già viste sento un conato di vomito risalirmi in gola. L'odore del sangue nell'aria, le sue grida che mi dicono di scappare, di abbandonarlo lì. Corro verso di lui, ma non riesco a raggiungerlo in tempo. Quando prendo il suo volto tra le mani, incontro i suoi occhi già spenti.

« Svegliati, mi servi viva. »

Un forte ceffone sul viso mi riporta alla realtà, ma il dolore mi rende ancora poco lucida.

Non so cosa fare, ma non ho neanche il tempo di cercare una via di fuga, nel giro di un attimo la terra inizia a tremare e si apre uno squarcio nell'aria. So cosa significa tutto ciò ed infatti da quella crepa nel cielo compaiono due demoni che si affiancano a me e a Riccardo. Quest'ultimo mi tiene ancora per i capelli e mi arpiona con forza un braccio. Io sono semi sdraiata a terra e riesco a malapena a muovere gli occhi senza provate un fortissimo mal di testa.

Del sangue inizia a colarmi lungo i capelli, evidentemente Riccardo mi ha fatto prendere un bel colpo contro quelle pietre...

« Ora farai quello che ti dico, altrimenti faccio ammazzare la tua famiglia ed il tuo caro fidanzatino, capito? »

La voce del ragazzo sta mutando, diventa sempre più profonda, sempre più cupa e spaventosa.

« R-Riccardo.. C-cosa...? »

Un demone si avvicina a me, mi ritraggo spaventata, ma il biondo mi spinge verso la creatura. Grido. Grido e poi il nulla.


La prima cosa che sento non appena riprendo i sensi è un fortissimo mal di testa e un dolore atroce in tutto il corpo. Faccio violenza su me stessa per costringermi ad aprire gli occhi, ma riesco a malapena a socchiuderli per poi ricadere nell'oblio.


La seconda volta che ritorno cosciente la testa mi fa meno male e riesco a pensare più lucidamente. Non apro subito gli occhi, intimorita dalla probabilità di essere osservata da qualcuno. Non sento rumori di alcun tipo. Socchiudo appena le palpebre, non mi sembra di vedere nessuno, allora lentamente spalanco gli occhi e mi tiro leggermente su puntando i gomiti per terra per sorreggermi.

Sono in quello che sembra un enorme capannone agricolo momentaneamente vuoto, ci siamo solo io e il rimbombo di ogni mio movimento. Mi vengono i brividi.

Porto velocemente la mano destra alla tasca del giubbotto, dove tengo sempre il cellulare, ma non trovo nulla. Per un momento vado in confusione, tasto tutte le tasche, ma anche quelle dei jeans sono vuote, probabilmente Riccardo si è premurato che non potessi avvertire nessuno. I miei genitori mi credono a dormire da Silvia, ho mentito loro perché volevo rimanere dal Distruttore questa notte, mentre Giacomo crederà che io sia ritornata a casa. Nessuno sa o sospetta cosa mi è successo. Il panico cerca lentamente di prendere possesso di me, ma mi impongo di rimanere lucida e di mantenere la calma.

Ragioniamo. Chi è Riccardo, o meglio, cos'è?

Nonostante la botta in testa, credo di ricordare che Riccardo avesse in qualche modo il controllo dei demoni che ci avevano circondato prima che io svenissi. 

Avevo letto da qualche parte, tra i libri di Giacomo, che c'erano delle persone che riuscivano a controllare le creature demoniache in passato. Teoricamente i Distruttori li avevano sterminati, ma chissà... Sono molto più pericolosi di un demone, perché nonostante siano solo umani essi riescono ad evocare quelle creature e controllarle per i loro scopi. Il che vuol dire che se un demone viene sulla terra solo per portare dolore e tristezza, quando evocato da degli stregoni, invece, esso sarà usato per scopi ben più crudeli. I demoni non ragionano, non fanno “piani”, gli stregoni invece sanno dove e quando colpire per fare danni, il loro obbiettivo è controllare o distruggere tutta l'umanità.

Quando sento la porta del capannone aprirsi rabbrividisco. Istintivamente, scappo nell'angolo più lontano e guardo impaurita un ragazzo biondo entrare sogghignando, con uno sguardo crudele in volto.

« Ti sei svegliata finalmente! » La sua voce è tornata normale, lo stesso tono che avrebbe un ragazzo parlando con dei suoi coetanei. Stringo i denti. Riccardo... Che belle amicizie che frequento! Se solo l'avessi capito prima!

Mi stringo le braccia intorno al corpo e mi schiaccio di più contro la parete.

« C-cosa vuoi da me? » Cerco di sembrare decisa e sicura di me, ma la voce mi trema leggermente. 

Non so cosa voglia ottenere dal mio rapimento, i miei genitori non sono ricchi e comunque la presenza dei demoni mi dice che le sue ragioni non sono le classiche estorsioni di denaro. Forse vuole utilizzarmi per fare del male a Giacomo, dopotutto mi sembra che lo abbia nominato, quindi conosce il nostro legame.

In ogni caso non gli permetterò di utilizzarmi tanto facilmente, non sono una Distruttrice, ma me la cavo con il corpo a corpo e Riccardo non sembra poi così forte... Il problema sono i demoni...

« Ah... Non sai nulla? I Distruttori non ti hanno detto come mai ti proteggono? » Un sogghigno strano compare sul suo volto. Io per un attimo dimentico dove mi trovo e con chi. Vengo colta da un'amarezza strana, tristezza, delusione e rabbia si mescolano dentro di me ripensando a quello che è accaduto con il mio Distruttore.

Beh... Io un'idea sul perché Giacomo volesse proteggermi l'avevo, ma non ne sono più tanto sicura visto che si fa altre ragazze...

Riccardo, non sapendo in che tipo di pensieri mi sono inoltrata, continua a parlare imperterrito. « Te lo dico io perché sei così importante. » Sembra contento, soddisfatto di essere riuscito a trovarmi ed a catturarmi. « Il tuo sangue era stato usato diciassette anni fa da mio padre per attivare un portale con il mondo demoniaco sotto Piazza Solferino a Torino, hai presente? Ai piedi della statua dell'angelo Lucifero. Io voglio ritentare la sua impresa! Userò il tuo sangue, hai capito? »

Il suo tono è lo stesso che io userei per offrire da bere agli ospiti, peccato che stia parlando di portali, demoni, sangue e quant'altro. Lo fisso attonita, con la bocca leggermente aperta in un'espressione stupita ed incredula.
Mi chiede se ho capito? Questo ragazzo è completamente suonato!

Spalmo completamente la mia schiena contro la parete per stargli il più lontano possibile, guardandomi intanto intorno in cerca di una via di fuga o qualcosa di contundente per ferirlo. Riccardo nel frattempo sembra in attesa di una mia risposta e mi fissa critico e spensierato. Faccio mente locale per trovare una risposta diplomatica.

« Secondo me hai sbagliato persona... » 

Cerco di mordermi la lingua per non dirgli chiaramente quello che penso, dopotutto ai pazzi non piace che gli si ricordi la loro condizione di demenza ed io non voglio farlo arrabbiare. Ho paura che tiri fuori dalla manica i suoi demoni e che me li scagli contro.

« No, non ho sbagliato, credimi. I Distruttori si prendono cura di te come mai si sono preoccupati di fare con altri esseri umani, inoltre i miei demoni reagiscono alla tua presenza, in particolare al tuo sangue. Ne sono attratti. »

Wow, è sempre stato il sogno della mia vita! Attirare demoni come l'acqua zuccherata fa con le zanzare, uno spasso...

« Non per fare la guastafeste, ma davvero, credo che tu abbia sbagliato. Io non mi sono mai offerta per riti agnostici o che so io. Non posso aver partecipato ad alcuna celebrazione satanica e mai avrei offerto il mio sangue per fare una cosa del genere. » 
Non vedo altre uscite oltre a quella alle spalle di Riccardo, inoltre non c'è neanche un pezzo di legno o una pietra da tiragli. Non ho vie di scampo. 
Cerco di mantenere la calma e carpire più informazioni possibili sulla situazione in modo da valutare la situazione. 
« Inoltre diciassette anni fa io non avevo che un anno di vita! I miei genitori non mi hanno mai perso di vista un attimo a quel tempo e di certo non mi avrebbero mai offerto come agnello sacrificale. »

Il ragazzo liquidò la mia incredulità con un gesto della mano, come a scacciare una mosca fastidiosa. « Non ti ho detto che sei stata tu ad offrirti. » Spiega tranquillo. « Mio padre e i suoi complici avevano rapito diversi bambini quella notte. Li hanno usati tutti, ma tu sei l'unica che non è morta dissanguata e credo che i Distruttori ti abbiano salvata e riportata a casa.»

Rabbrividisco al solo pensiero di una tale carneficina di bambini innocenti. Non riesco ancora a credergli, continua a sembrarmi un pazzo, ma forse inizio a capire la sua mente malata. Lo vedo fare un passo verso di me e, istintivamente mi spalmo ancora di più sul muro.

« Cosa.. Cosa vuoi fare? » La voce mi trema, è inutile nascondere la mia paura, non ci riesco.

« Presto lo vedrai, quando il portale si riaprirà arriveranno centinaia di demoni in un attimo! Il tuo sangue e la mia magia porteranno sulla terra miliardi di quelle creature... » Gli brillavano gli occhi, come se stesse parlando di un'enorme tazza di cioccolata calda. 

Io proprio non riesco a condividere il suo entusiasmo, anzi, farei volentieri a meno di partecipare ad un simile spettacolo. 

« Peccato che mio padre sia morto prima di riuscire a completare il portale diciassette anni fa... Ucciso dai Distruttori quando sono intervenuti sul posto. » La sua voce gronda tristezza e odio, mentre io non posso non provare sollievo alla notizia. Non solo i Distruttori hanno già una volta scongiurato una simile catastrofe, ma hanno anche ucciso quell'uomo pericoloso. Per un attimo avevo temuto che ci fosse anche il paparino psicopatico a poca distanza da noi. Se era pazzo almeno la metà del figlio, allora doveva essere una persona altamente squilibrata, inoltre aprire un portale per i demoni non è certo indice di una mente sana.

Ok, cerchiamo di capire in che guaio mi trovo... Riccardo crede che io, o meglio il mio sangue, sia capace di portare nel nostro mondo mandrie di demoni, inoltre odia i Distruttori e sa che io intrattengo una specie di relazione con uno di loro. La vedo molto nera, molto nera! Devo cercare di mantenere la calma...

« 'Fanculo! Liberami! »

Terrorizzata, mi alzo velocemente, ma la testa mi gira pericolosamente per quel movimento brusco. Mi metto a correre verso la porta e tiro un poderoso colpo in faccia a Riccardo quand'esso tenta di bloccarmi. Riesce, però, ad afferrarmi il polso e mi strattona con forza. La terra inizia a tremare sotto i piedi e due squarci si aprono nell'aria proprio accanto a me.

Sono fottuta.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Giacomo ***


Cap. 24

 

Cap. 24

 

La notte volge ormai al suo termine. Il sole fa capolino impaurito dall’orizzonte. Si guada bene attorno in cerca della sua spaventosa nemica, ma non riesce a scorgerla da nessuna parte. Ancora un po’ intimidito e sospettoso inizia a muoversi verso l’alto tenendo sempre d’occhio i dintorni. Inutile negarlo, la sua nemica lo terrorizza più di ogni altra cosa al mondo, la donna della notte, colei che si erge pallida sulle tenebre. Molti credono che il sole e la luna siano fratelli, amanti addirittura, ma in realtà sono diversi esattamente come il giorno e la notte. Molti credono che loro si alternino in accordo comune, ma non è così, loro due combattono spesso per restare in cielo, ma alla fine quello dei due più stanco cede e lascia il posto al nuovo arrivato. Solamente a volte si ritirano prima dell’arrivo dell’altro, solo quando sono sfiniti. La luna è molto forte, è una donna dopotutto, ma anche il sole splende è combatte con ardore.

Finalmente il sole riesce ad arrivare in cielo e ad illuminare il mondo con la sua luce, sa bene che gli esseri umani non sopravvivrebbero senza di lui, senza il suo calore e la sua bellezza, per loro lotta ogni giorno contro la sua nemica, per loro farebbe questo ed altro. Sarebbe disposto a spegnersi portando con se la sua avversaria, pur di farli sopravvivere, ma sa bene che in quel caso otterrebbe solo l’effetto contrario. Così lotta per illuminare le loro vite e per scacciare l’oscurità.

Si, perché le tenebre e la loro signora non portano solo il buio sugli uomini, ma anche gli incubi.

I demoni mangiatori di uomini, che giungono con le tenebre per uccidere e massacrare senza pietà, portati nel nostro mondo dalla luna, non possono restare a torturare l’umanità quando la loro signora viene spodestata dal sole.

Forse però qualcosa sta per cambiare…

 

 


Non ho mai avuto una sveglia personalizzata. Tuttavia, se dovessi scegliere un suono dolce che non mi renda il risveglio traumatico, ma allo stesso tempo deciso per buttarmi giù dal letto, di sicuro non sceglierei quello. Spalanco gli occhi di botto al suono delle corde vocali di mia sorella tese al massimo in uno strillo scandalizzato. 
Ancora mezzo addormentato fisso Alessandra sulla soglia, ma non mi rendo bene conto della situazione, forse a causa della sbornia di ieri, forse a causa del risveglio altamente traumatico, fatto sta che rimango lì a guardarla leggermente allucinato.

Mia sorella è ferma sulla soglia. Probabilmente sperava in un ingresso in grande stile, ma al momento è solo molto ridicola. Le sue labbra rosse sono aperte in una grande “O” di stupore, gli occhi spalancati a palla, e le mani tra i capelli. Se fossi meno frastornato riderei di lei, ma non riesco a trovare le connessioni tra cervello e bocca... è già tanto se sono riuscito ad aprire gli occhi!

Ieri sera, dopo che Aurora è uscita da casa mia nuovamente infuriata, ho tirato fuori la cassetta di birre che tengo da parte per le emergenze, e ci ho dato dentro, per poi crollare sul divano.

Quando la mia dolce e silenziosa sorellina si decide ad entrare, piomba in casa come un leone affamato e si guarda intorno furiosa. Lentamente riprendo coscienza della realtà e capisco che, probabilmente, dovrei svignarmela per non essere sbranato vivo.

Sono talmente rincoglionito che tentando di alzarmi cado giù dal divano e picchio di faccia per terra.

Oih!

Mi rialzo a fatica con la mano destra sul naso dolorante e mi metto seduto a fissarla.

« CHE COSA...??! MA IO TI UCCIDO! I LIBRI! E POI GUARDA CHE SCHIFO! ODDIO! »

Strilla come una pazza facendo si che il mio mal di testa peggiori all'istante. Mi porto una mano a massaggiare le tempie per cercare di darmi sollievo, ma non ottengo molto.
Quella psicopatica inizia a girare per il salone come una trottola, i capelli ormai dritti sulla testa, mentre l'enorme valigia che porta sempre al seguito giace abbandonata all'ingresso. Ogni tanto, nel suo delirio, raccoglie un libro ed inorridisce vedendo le copertine sfasciate, le pagine strappate e gli aeroplanini o le navette di carta sparsi tutto intorno. Mi guarda con un'espressione inorridita e scandalizzata che mi fa sogghignare nonostante l'emicrania.
Evidentemente ci ho dato dentro con l'alcol ieri. Però ho fatto delle barchette quasi decenti!

Quando poi arriva ad analizzare la montagnola di lattine di birra sul pavimento, accanto alla porta della cucina, inizia a sclerare di brutto.

« SCHFO! SCHIFO! AAAHHH... CHE SCHIFO! »

Con la suola degli stivali marroncini, lunghi fin sopra il ginocchio, spinge in un angolo i frammenti della lampada, quella che Aurora mi ha gentilmente tirato addosso la sera prima, e mi fulmina con lo sguardo.

« TI AVEVO CHIESTO IO DI CONSERVARE QUESTA LAMPADA PER ME, RAZZA DI IDIOTA! NON PUOI NEMMENO IMMAGINARE QUANTO COSTAVA! »

Più che “chiesto” mi ha obbligato a tenere lì quell'obbrobriosità di arte contemporanea...

Mi si avvicina a grandi passi, cercando di scansare i cumuli di roba sul pavimento. Sembra davvero furiosa. Non fosse per la paura di macchiare di sangue la corta gonna a piaghe bianca e la borsetta in tinta di Gucci, che porta appesa al braccio, probabilmente mi avrebbe già ucciso.
Mi ritraggo e metto su il broncio per quest'ultima accusa. Nemmeno da ubriaco avrei toccato quell'orribile lampada, anche perché sapevo bene che fine avrei fatto se si fosse rotta...

« Quella non è stata colpa mia! » Sempre con una mano alla testa, per cercare di alleviare il dolore atroce che mi trafigge il cranio, tento di difendermi. « Aurora mi ha tirato contro quell'affare ieri sera prima di andarsene... » La mia voce è gracchiante, orribile, la riconosco a malapena. Che sbronza madonnale…

Alessandra si pietrifica sul posto. Si gira un secondo per guardare quello che ne rimane del suo regalo, poi torna a guardarmi curiosa.

Oddio, adesso parte con le domande...

Al contrario di ogni mia aspettativa, mia sorella da una scrollata di spalle e sembra calmarsi. La camicetta azzurra e la giacchetta marroncina attillata evidenziano il gonfiarsi e sgonfiarsi accelerato del petto, a causa di profondi respiri, probabilmente utili per mantenere la calma. I suoi occhi ritornano della solita dimensione e non più due fessure pronte a lanciare cupi sguardi di morte. Si avvicina lentamente al divano e spinge per terra due lattine e vari aeroplanini prima di sedervisi con eleganza.
Sospira profondamente due volte, si volta a guardarmi, poi ci ripensa e sospira altre due volte prima di iniziare a parlare.

« Nemmeno mi piaceva quella lampada, era uno dei primi regali di Ludovico, quando ancora non aveva capito che era meglio farmeli scegliere da sola... Per questo era qua, in casa mia rendeva l'ambiente lugubre. Però un po' ci tenevo, mi dispiace per la scenata. »

La guardo sorpreso. Vorrei tanto aver registrato quella frase, sicuramente dalla sua bocca non usciranno mai più parole come “regalo di Ludovico” e “mi dispiace”.
Alessandra non mi ha mai confessato della sua relazione con quel damerino dei Regnanti, ma ho intuito subito che tra i due ci fosse qualcosa già la prima volta che li ho visti nella stessa stanza, al matrimonio di una lontana cugina a cui ero stato costretto a partecipare. Mia sorella è restia a parlare delle sue vicende amorose con tutti, me in particolare, perché tendo a sfotterla.

Riguardo alle sue scuse... Non avrei mai immaginato di sentire simili parole uscire dalle sue labbra. Alessandra che ammette di aver sbagliato, oddio! Domani finisce il mondo!

Ridacchio divertito e la punzecchio. « Scusa, non ho capito. Puoi ripetere? »

Si rialza in piedi e fa un gesto non curante con la mano. « Quando mai capisci le cose al primo colpo tu? »

Immagino sia una domanda retorica, perciò non rispondo nonostante vorrei difendere le mie capacità di comprendonio.

« Comunque si può sapere perché diavolo avete litigato? Il resto della tua serata credo di averla intuita dal modo in cui è ridotta questa camera... »

Non riesco a rispondere, perché ricomincia subito a parlare guardandosi intorno. 

« Che bello fratellino, finalmente dimostri di avere un po' di sani geni in comune con la sottoscritta! » Sembra quasi aver dimenticato la domanda fatta e prosegue a ciarlare tutta contenta. « Anche se solitamente il mio disordine è dovuto a vestiti, scarpe, gioielli, trucchi... Non di certo a birra, libri stracciati e frammenti di vetro e plastica... »

Torno a massaggiarmi le tempie, il suo chiacchiericcio non fa che peggiorare il mio mal di testa.
Probabilmente se ne accorge, perché mi domanda se voglio un'aspirina o un una massiccia dose di caffè. Mi accorgo che sono solo le sette e mezza di mattina e che sto ancora crollando dal sonno... Ho decisamente bisogno di caffeina!
Ci spostiamo in cucina e lì inizio a raccontarle del terribile malinteso in cui è incappata Aurora ieri sera.

 


« Così ha scoperto che la tradivi... » Alessandra mi fissa accigliata. « Ci credo che ti ha tirato la  lampada! Fortuna che non è arrivata ai coltelli... » Gesticola vivacemente mentre parla, mettendo enfasi su ogni parola. I braccialetti che porta al polso si muovono ad ogni movimento delle mani, producendo un fastidiosissimo tintinnio che sembra rimbalzarmi tra le pareti del cranio.

Sbuffo infastidito. « Non ho tradito nessuno! Per due motivi principalmente: primo, Aurora non è la mia ragazza e, secondo, ho solo baciato quella tipa al locale. Non ci sono mica stato a letto! »

Mia sorella alza occhi e mani al cielo, in un gesto esasperato che mi fa imbestialire. I braccialetti, invece, tintinnano contenti.

« Primo, immagino che tu e Aurora siate andati oltre alla "stretta di mano", no? Posso ipotizzare addirittura che vi siate spinti fino ad un livello di confidenza piuttosto elevato, anche se probabilmente non sei ancora riuscito a portartela a letto.» 

Qui, ci terrei a precisare che non ci ho mai provato con convinzione, altrimenti sarei anche già riuscito a farci sesso, ma non mi lasca il tempo di parlare. 

« Inoltre è ospite fissa qui, le hai svelato il nostro mondo e raccontato i nostri segreti. Infine le hai presentato la tua mitica sorella, che, tra parentesi, sono io. Sai, se non è la tua ragazza allora credo che tu l'abbia illusa parecchio... »

Faccio per difendermi e negare ogni accusa, ma lei mi zittisce con un imperioso segno della mano.

« Non dirmi palle, Giacomo! So quanto tieni a lei e ho visto con i miei occhi quanto tu le piaccia, quindi il vostro rapporto non è sicuramente classificabile come un “nulla”, intesi? »

Annuisco, contrito. Non avrei mai dovuto raccontare ad Alessandra certe cose...

« Bene. Quindi, anche se a parole non state insieme, i fatti parlano chiaro. »

Sentenza definitiva e non criticabile. Rimango muto ancora una volta.

« Secondo punto, hai “solo baciato la tipa”?! Ma sei scemo? » Mi fissa con gli occhi spalancati e la bocca contratta in un'espressione di semi-disgusto come se stesse ammirando un raro esemplare di scimmia mentre produce escrementi.

Altra domanda retorica suppongo, perché non mi lascia neanche il tempo di risponderle per le rime.

« Un bacio è considerato tradimento. Stop. Inoltre, se ho capito bene... Non si è trattato di un casto ed innocente bacetto! Per di più in bagno... Ma non avete un minimo di dignità! »

Rabbrividisce, come se qualcosa di viscido le fosse appena colato lungo la colonna vertebrale. Nonostante la ramanzina, la situazione mi diverte molto.

« Se vuoi saperlo ho fatto anche altro in un bagno e non solo una volta... »

La prendo in giro ridacchiando e lei mi fissa inorridita. Sembra davvero scandalizzata e disgustata ed io le scoppio a ridere in faccia.

Dopotutto è normale tra ragazzi fare cose sconce nei bagni a volte, no?

« Non voglio nemmeno saperlo... Comunque ora telefoni alla tua ragazza e ti scusi, che ne dici? »

Mi irrigidisco sulla sedia, il sorriso mi scompare dal volto ed al suo posto sento nascere quello che la mia bionda, Aurora, è solita definire un “adorabile broncio”.

 

Appena avvio la chiamata capisco che c'è qualcosa che non va. Una musica conosciuta si diffonde per la sala.
Io ed Alessandra ci guardiamo negli occhi, poi iniziamo a scavare tra i libri e gli aeroplanini in cerca dell'oggetto che riproduce la suoneria di Aurora. Mentre ho ancora la chiamata in corso Alessandra trova l’oggetto, un cellulare grigio metallizzato
della Sony Ericson con touch screen. Sullo schermo lampeggia la scritta “Giacomo”.

« Il cellulare di Aurora immagino. »

Mi limito ad annuire a denti stretti. Deve esserle scivolato di tasca mentre si metteva la giacca in tutta fretta... Cazzo.

 


Appena arriviamo davanti alla casa di Aurora intuisco che la mia bionda non è lì. La sua moto non è parcheggiata al solito posto, al contrario delle due macchine dei suoi genitori.

« Giacomo, se non dovesse essere tornata qui ieri notte... Allora dov'è andata? Ti ha detto qualcosa, per caso? »

Mia sorella sembra leggermente preoccupata, una piccola ruga d’espressione è comparsa poco sopra il naso, esattamente a metà tra le due sopracciglia.
Mi gratto la testa, sforzandomi di ricordare particolari della sera prima che magari mi sono sfuggiti fino a quel momento, ma non trovo nulla.

« Intendi dire prima o dopo che mi tirasse la lampada e mi gridasse contro? In realtà non è che abbiamo parlato molto… »

« Ora assicuriamoci che reamente non sia a casa, dopo vedremo come comportarci. »

Non ha neanche finito la frase che sono già oltre il cancello della villa ed inizio a correre verso il retro della casa.

Se non la trovo in camera sua giuro che mi incazzo! Mi deve sempre far preoccupare… 

Anche mia sorella scala con facilità l'ostacolo e mi raggiunge velocemente. Il tipico abbigliamento da Distruttori, ossia completo di pelle nera con armi infilate dappertutto, non ci limita troppo nei movimenti e ci muoviamo agilmente, senza difficoltà alcuna.
Salto, mi aggrappo alla grondaia e poggio i piedi sul muro per darmi la spinta necessaria a raggiungere la camera di Aurora. Conosco bene il luogo, ho già fatto dei sopralluoghi in passato, per assicurarmi che fosse al sicuro nella sua stanza prima di lanciarmi alla caccia di demoni.
Apro facilmente le tapparelle, Aurora non le ferma mai... Poi sbircio dalla finestra e, con mio sommo orrore mi accorgo che non c'è nessuno.

Cazzocazzocazzo!

Silenziosamente infilo uno dei miei pugnali nella fessura e faccio scattare il meccanismo per aprire la finestra. Mi intrufolo all'interno, subito seguito da mia sorella.

L'ambiente non è molto grande, il pavimento è rivestito dal parquet, mentre le pareti sono dipinte di un classico bianco. C'è un letto singolo, le coperte in ordine, probabilmente non ha dormito lì quella notte. Alessandra subito apre il grosso armadio pieno di abiti, forse per curiosità personale, forse pensando di trovarla nascosta lì con una manciata di coriandoli ed un cartello con scritto “sorpresa”. Il mio sguardo invece si ferma sulla libreria traboccante di libri ed un magone d’angoscia mi blocca il fiato in gola.

Se le dovesse succedere qualcosa…

Sulla cassapanca vicino alla scrivania sono disposti numerosi pupazzi, vecchiotti, probabilmente ricordi d'infanzia della ragazza. Sulla scrivania, oltre al computer, ci sono alcuni libri di scuola ed una chiavetta USB rossa, che attira subito l'attenzione di Alessandra. La guarda da lontano, poi la prende in mano e la studia più da vicino, se la porta vicino al viso e sembra quasi annusare l'oggetto.

« Cosa c'è? È qualcosa di utile per trovarla? »

Alessandra è immobile con lo sguardo perso nel vuoto.

« Ho sentito l'odore di Aurora, ma anche quello di un'altra persona. Un odore maschile. »

Scrollo le spalle. « Sarà suo fratello, oppure un famigliare o un amico. »

« La cosa strana è che mi sembrano entrambi familiari, ma proprio non ricordo dove ho sentito il secondo. »

Annuso anche io l'oggetto, ma sento appena il profumo della mia bionda. Alessandra ha l'olfatto molto più sviluppato del mio, come anche l'udito, la vista, il tatto ed il gusto. Essendo Distruttori siamo più sensibili degli umani, ma io non sono neanche paragonabile a mia sorella come segugio o macchina da combattimento. Non che la cosa mi interessi più di tanto, dopotutto Alessandra è sempre stata la migliore in tutto...

« Torniamo a casa. Non ti preoccupare, troveremo la mia adorata cognatina molto velocemente. » Tenta di scherzare per alleggerire la tensione.

Non ho nemmeno la forza di arrabbiarmi…

Mi sorella sorride cercando di rassicurarmi, ma ho una brutta sensazione alla bocca dello stomaco e non riesco a farmela passare.

Vorrei solo avere Aurora tra le braccia in questo momento o, almeno, saperla al sicuro.

 

 


 

Una volta tornati a casa mia, Alessandra tira fuori il suo computer portatile dalla valigia e vi inserisce l'USB. Uno dei programmi di mia sorella ci avvisa che nell'oggetto è contenuto un rilevatore di posizione e la cosa mi impensierisce molto.
Appena mia sorella avvia uno dei brani presenti sul dispositivo il mio cuore sprofonda nel petto.

La voce mi esce soffocata, come se avessi paura io stesso delle mie parole e non ci volessi credere. « Aurora è in pericolo, vero? »

Alessandra sospira, si affretta a spegnere tutto ed a sbriciolare l'USB con una sola mano.

« Forse. Questa melodia è intrisa di potere demoniaco, anche tu ne hai sentito subito l'effetto, no? Comunque ho capito di chi era l'odore. Questa melodia lugubre mi ha fatto tornare in mente un ragazzo che ho incrociato l'ultima volta che ero in questa zona. Forse è il caso di passare a fargli visita... »

Non so se essere sollevato alla notizia oppure no.

« Prendi tutte le armi che ti occorrono per far fronte alla più critica emergenza che ti possa venire in mente, il mio istinto mi dice che ci stiamo andando a cacciare nella tana dell'orso. Sbrigati, ti aspetto in macchina. »

 


Non impiego molto tempo a radunare tutte le armi necessarie, i miei movimenti sono automatici e veloci, ma la mia testa è altrove.
Mi muovo piano e silenziosamente fino alla macchina, così che mia sorella non si accorga di me e continui a parlare al cellulare indisturbata.

« Non mi interessa Marco! Ci mettereste troppo e la ragazza potrebbe rimetterci la pelle nell'attesa. Né io, né tanto meno Giacomo, siamo disposti a lasciarla morire... Inoltre è pericoloso avere a che fare con gli stregoni, potrebbe essere una faccenda della massima urgenza! »

Sta parlando con nostro fratello. Continuo a spiarla, anche perché so bene che Alessandra non mi direbbe mai niente di quello che ha intuito sulla faccenda. Sospetto che una volta giunti sul posto non mi lascerà neanche entrare a salvare Aurora a meno che non sia costretta. Teme sempre che possa accadermi qualcosa.

« Non ci penso neanche! Lui rimane fuori. » Ecco, appunto. «Sarebbe troppo pericoloso, inoltre nostro fratello non ha più la freddezza necessaria, la presenza di Aurora destabilizza la sua concentrazione. Dovresti vederlo, combatte peggio del solito se la ragazza è nei paraggi… Ho già deciso, lui rimarrà fuori e se oserà opporsi ai miei ordini gli darò personalmente  una botta in testa e lo lascerò in macchina. Vedi solo di fare presto, ok? »

Fingo di essere appena arrivato di corsa. Apro velocemente la portiera, mi siedo dal lato del passeggiero e la richiudo con forza. « Muoviamoci! » Le intimo con tono urgente.
Lei mi passa il suo cellulare e mette in moto.

« Fornisci a Marco le informazioni che gli servono per raggiungerci nel punto in cui tengono Aurora. E reggiti, ho intenzione di andare veloce, ma ci sono profonde buche ogni due metri… Povera macchinina… »

Non siamo neanche usciti dai confini della città di Imperia che l’allarme demoniaco inizia a squillare. Io e Alessandra ci guardiamo.

« M-Ma… Siamo in pieno giorno… » Balbetto allibito. I demoni non compaiono mai di giorno!

Lo sguardo di mia sorella si incupisce. « Non c’è altra soluzione, si tratta di stregoni. »

La interrompo incredulo, ho ancora gli occhi fissi sullo schermo del segnalatore ed il livello di attività demoniaca sta salendo ancora ed a ritmi più che allarmanti.

« Aumentano. Ci sono troppi demoni, non è possibile! » Poi vengo folgorato da un’intuizione. Un terribile presentimento si fa strada nella mia testa. Ho la nausea.

« Alessandra, tu credi che Aurora… »

Non riesco a finire la frase. Spero davvero che la mia bionda non abbia niente a che vedere con tutto ciò, ma è una coincidenza troppo strana che lei sia sparita proprio oggi… Non ci voglio nemmeno pensare.
Un sospiro profondo da parte sua conferma i miei terribili pensieri e sento il mio respiro bloccarsi in gola.

Alessandra scrolla la testa ed accelera. « Prima o poi mi devi spiegare come mai la tua ragazza si va a cacciare sempre in questi casini… »

Sto tremando, i palmi delle mie mani sono sudaticci. Ho paura. Non sono mai stato tanto spaventato in vita mia. Continuo a fissare il livello di attività demoniaca in continuo aumento. Forse Aurora è lì in mezzo… La mia bionda…

Deglutisco. « Alessandra? » Chiamo con voce insicura.

Il grugnito che ottengo in risposta mi fa capire che ho tutta la sua attenzione nonostante continui a tenere gli occhi puntati sulla strada.

 « Io sono innamorato di lei. Non posso perderla. » Confesso con voce lieve e sguardo basso.

Me ne sono reso conto già da tempo, ma ho continuato a negare un simile coinvolgimento da parte mia. Lo negavo agli altri, ma soprattutto a me stesso. Ora,  però, rischio di perderla e non posso permetterlo, non lascerò che le accada qualcosa, dovessi anche essere io a lasciarci le penne… Lei non deve assolutamente morire.
Anche mia sorella lo deve sapere, deve capire che non può lasciarmi indietro, non questa volta. Deve capire che non farò errori, non se c’è la vita di Aurora in gioco.

Alessandra non mi risponde subito. Si limita ad irrigidire la mascella.

 «Tieniti forte. » Poi sento solo il rombo del motore.

 

 

 

 

Ok, ok, sono in ritardo…

Mi dispiace, sappiate comunque che, seppure lentamente, la storia verrà conclusa. Lo prometto, quindi non dubitate.

(Non ho pubblicato avvisi per avvertirvi del ritardo, perché, personalmente, li odio. Preferisco che vi rodiate il fegato nell’infinita attesa, piuttosto che farvi vivere per un attimo l’illusione di poter leggere un nuovo capitolo e poi scoprire che non è così.)

Arriviamo al dunque. Questo capitolo dovrebbe rappresentare la famosa “calma prima della tempesta”, poiché nei prossimi (credo due capitoli) troveremo lo “scontro finale” e, per terminare in bellezza, l’epilogo(che sarà assurdo, vi avviso già. Niente di particolarmente profondo… xD ).

Qui abbiamo trovato finalmente la “confessione” del mio personaggio preferito, che, nel caso non si sia capito, è Giacomo. *__*
È talmente idiota che pensavo non ci sarebbe mai arrivato… In effetti ci ho messo un po’ troppo tempo per farglielo dire, ma alla fine mi ha soddisfatto. U.ù

« Sono innamorato di lei. Non posso perderla.»

Ammmorrreeee!!!  *__*

(Per chi lo vuole sapere, Giacomo mi sta fulminando con lo sguardo in questo momento… Credo che voglia uccidermi… xD)

Ho già iniziato il prossimo capitolo, non vi prometto nulla, ma cercherò di aggiornare il prima possibile.

Avete dimostrato un coraggio fuori dal comune per aver letto e sopportato la mia storia fino a questo punto. Ricordo che è la mia prima long e so che non è il massimo.  Devo ancora  imparare tantissimo, ma conto di riuscirci anche grazie alla fantastica esperienza di questa mia prima pubblicazione. In caso abbiate consigli, suggerimenti o altro, vi prego di non avere alcun timore nel farmene parte, apprezzo moltissimo chi vuole aiutarmi a migliorare. Sa trovate errori, pensate che qualcosa sia di troppo o che, invece, manchi… Vi sarei enormemente grata qualora me lo faceste notare. La storia è scritta anche per voi ed è giusto che pretendiate il meglio. :D

Un grosso bacione miei cari, pazzi, adorabili lettori.

Vostra, Alessandra. ;)

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Aurora ***


Cap 25

Cap. 25 –  Aurora



« È tutto pronto! »

 
L’urletto isterico di Riccardo mi farebbe perlomeno sorridere se ci trovassimo in un’altra situazione, ma qui, in questo momento, mi fa rabbrividire.
Il ragazzo sembra felice, sul suo viso vi è disegnato un sorriso di pura gioia, gli occhi luccicano e danno l’impressione di essere umidi. Sembra un bambino la mattina di Natale, peccato che a lui i balocchi interessino decisamente meno dei demoni sanguinari.
Sono terrorizzata. Il mio timore cresce in maniera direttamente proporzionale alla sua radiosità.

È pazzo. È decisamente, inconfutabilmente, irrimediabilmente fuori di testa!

Si volta verso di me, sempre sorridendo, e mi fa un occhiolino complice.
Io odio gli occhiolini, non capisco mai cosa le persone mi vogliano comunicare con quel dannato tic! Se poi a rivolgermi simili gesti è un pazzo come Riccardo, allora non so proprio che pesci prendere. Non mi muovo, rimango immobile a fissarlo con quella che spero sia un’espressione neutra, anche se forse potrebbe accorgersi del tremore delle mie mani.

« È giunta l’ora ragazza… »

Il suo tono commosso non promette bene. Nemmeno la frase suona bene, in realtà. Lo fisso senza capire, ma lui rimane lì, imbambolato, con quella espressione contenta sul viso. 
Nei film spesso capita di sentire il cattivo che dice all’eroe “è giunta la tua ora” e, di solito, segue il grande combattimento finale tra i due. Peccato che io non sia una maledetta eroina e che Riccardo abbia dalla sua parte un brutto e cattivissimo demone.
Alzo lo sguardo sulla creatura che si trova alle spalle del mio nemico, cercando di capire quanto la situazione possa aggravarsi per me in caso di scontro, e mi rendo conto fin troppo facilmente della mia inferiorità.
Devo ammettere che almeno il demone è più carino dei precedenti, col suo aspetto umanoide. Inoltre… Non puzza!
Le forme del corpo e le proporzioni degli arti sono umane, senza alcun dubbio. Il viso ha tratti troppo spigolosi per passare del tutto inosservato, ma almeno non mette paura. L’unica caratteristica che lo identifica ufficialmente come “demone” è la pelle azzurra. Che poi esistano persone con quel particolare colore della pelle ed io sia ignorante in materia è possibile, ma non credo che il genere umano abbia mai avuto appartenenti che potessero vantare una pelle “color Puffo” in passato.
A vederlo, in effetti, non sembra così cattivo, però i segni rossi che ho sulle braccia dimostrano il contrario. Mi ha trascinato di peso, con forza, contro la mia volontà, quando Riccardo  gli ha ordinato di portarmi in quel capannone.

 « Hai sentito quello che ti ho detto ragazzina? Non farmi perdere tempo… »

 Sono riuscita a far inclinare lo smagliante sorriso del ragazzo senza neanche accorgermene. Il biondino che ho davanti sembra sempre meno contento e gli occhi non gli luccicano più, anzi, sembrano volermi fulminare. Non so se esserne contenta o meno.

 « Emmhh… Si. C-cosa vuoi? » Alla sua occhiata raggelante mi correggo, leggermente terrorizzata. « Cosa devo fare? »

 Riccardo sembra gradire la domanda e torna a sorridere.

 È proprio un pazzo psicopatico!

 Fa un cenno col capo in direzione del pavimento di fronte a noi ed io seguo il suo sguardo in cerca di risposte.

Per terra lo stregone ha disegnato un ampio cerchio, che arriva quasi a toccare le pareti del capannone sui suoi due lati più lunghi. Una serie di simboli e scritte incomprensibili sono disposte lungo tutta la circonferenza, sia all’interno che all’esterno e, nel centro, ci sono altre scritte in quella lingua sconosciuta. Ho provato a capirci qualcosa nella remota speranza di alterare il suo piano e costringerlo a perdere tempo, ma potrebbe essere ostrogoto per quanto mi riguarda. Inoltre il demone è stato caldamente raccomandato di tenermi nell’angolo più lontano e di non permettermi neanche un passo avanti durante tutta l’operazione.

 « È tutto pronto… » E mi porge un coltello.

Non posso fare altro che guardare l’oggetto con gli occhi spalancati. Naturalmente ho già avuto occasione di vedere e prendere in mano vari coltelli e questo non sembra più pericoloso di altri. Il punto è che non credo di doverci tagliare la verdura questa volta. La lama sottile e piatta non è più lunga di una ventina di centimetri, anche se non c’è una netta divisione tra questa e il manico. L’impugnatura, anch’essa non tanto grossa o lunga, non è rivestita da altro che incisioni di strani simboli.  

 « Serve il tuo sangue. » Lo dice con lo stesso tono che le persone normali usano per parlare del tempo. « Fai tu oppure ordino al mio demone di… ? » Compie un movimento stranamente lento, sembra sia sul punto di voltarsi e porgere il coltello alla creatura che gli guarda le spalle.

 « FACCIO IO! » Mi affretto a prendere il coltello dalle sue mani e, per un attimo, penso a come sarebbe semplice piantaglielo nel petto. Inorridisco all’istante. 

È come me. È un essere umano, con il cervello fuso, ma…

Non potrei mai fare una cosa del genere, nemmeno se ne andasse della mia stessa vita, non riuscirei mai ad ucciderlo. Non posso e basta.

Appena il manico d’acciaio dell’arma entra in contatto con la pelle della mia mano sento un prurito strano sul palmo, una scarica di elettricità mi corre lungo la colonna vertebrale e dentro la mia testa scoppia un coro di grida  e pianti disperati. Lascio andare l’oggetto all’istante e questo cade scompostamente e rumorosamente a terra, toccando il suolo prima con un alternarsi delle estremità per poi rimanere immobile sul pavimento
Tuttavia le grida non si quietano ed i pianti si fanno ancora più inconsolabili e tetri. Mi porto le mani alle orecchie, ma non ottengo nulla, con orrore mi rendo conto che quello che sento non viene dall’esterno, ma è già nella mia testa.
Grido anche io, ma non riconosco la mia voce, poiché dalle mie labbra esce un suono fievole e angosciato. Le mani ora si chiudono a pugni sul mio capo e tirano i capelli che sono rimasti imprigionati tra le dita, ma neanche il dolore fisico riesce a zittire quelle voci. Mi riduco in ginocchio, tremante.

La voce di Riccardo penetra lo strato di angoscia e dolore, sorpassa il rumore della disperazione e mi entra nel cervello con facilità nonostante lo stato in cui mi trovo.

 « Vecchi ricordi… » Il suo tono è divertito, sadico. « Chi viene ferito da questo tipo di oggetti non ne esce quasi mai indenne… Ritieniti fortunata a non aver riportato danni mentali o fisici quando ti usarono da piccola per l’altra evocazione… » Risata macabra.  « Le senti, vero? Queste grida, questi pianti… Sono i residui della memoria del coltello, le grida e il dolore delle vittime di tutti i riti svolti in passato con questo stesso oggetto. »

 Riccardo continua a borbottare cose assurde, mentre io mi tengo la testa tra le mani, cercando di respirare regolarmente nonostante le grida mi mozzino il fiato in gola.

 « Anche se eri la più piccola tra i bambini innocenti scelti per il sacrificio riuscisti a sopravvivere, non è strana la sorte? Il destino… Che cosa bizzarra… »

 Lo sento ciarlare e ridere, ma non riesco a concentrarmi sulle sue parole nonostante esse mi risultino chiare, poiché il mio corpo è scosso da tremori involontari e l’aria arriva razionata ai polmoni.

 « T-t… T-tu sei… Pa… zzo… »

Questa volta mi rendo conto con lucidità della sua risata e mi accorgo che vi è una nota triste che stona con l’idea che mi sono fatta di lui. Poggio le mani a terra, per sorreggermi, ho paura di essere sul punto di svenire da un momento all’altro.

Le parole che seguono sono poco più di che un mormorio, eppure io le capisco benissimo, molto meglio di quanto io sia riuscita a seguire i suoi precedenti svarioni.

 « Sai ragazzina, non tutti possiamo uscire indenni dalla maledizione di questo coltello come è successo a te… »

 Mi rendo conto che questa frase implica qualcosa, ma proprio non riesco a ragionare con quei pianti distrutti e quegli strilli che mi rimbombano nel cranio.
Alzo gli occhi imploranti da terra per puntarli su di lui, ma Riccardo sfugge il mio sguardo. Con il piede da un piccolo calcio al pugnale che scivola sul pavimento e rimane proprio accanto alle mie mani.

 « Per far smettere tutto questo devi solo tagliarti di nuovo e lasciarmi portare a termine l’evocazione. Prendi il coltello e… »

 Un grido più straziante dei precedenti mi trafigge il cervello ed un gemito di dolore mi sfugge dalle labbra. Chiudo gli occhi e stringo i denti. Non mi rendo nemmeno conto delle mie azioni finché quelle grida e quei lamenti non cessano, all’improvviso, così come sono venuti. Quando riapro gli occhi mi ritrovo con il pugnale macchiato da un denso liquido rosso nella mano destra e del sangue sull’altra mano, dove un taglio superficiale brucia sul palmo.
Lancio il coltello lontano da me e quello finisce sul pavimento, all’interno del cerchio disegnato per terra per l’evocazione. Il demone corre a riprenderlo e lo riporta a Riccardo come un fedele cagnolino da compagnia.
Mi accascio a terra, cercando di riprendere fiato.

Riccardo non fa più caso a me, mi da le spalle e si provoca da solo un piccolo taglio sul braccio, in modo che il mio sangue ed il suo diventino un’unica macchia rossa, poi inizia a borbottare frasi sconnesse in una lingua che non conosco.

Mi limito a trascinarmi nell’angolo più lontano, mi sento talmente debole e spossata che a malapena riesco a strisciare, non mi resta altro da fare che rimanere a guardare.




Dopo una mezz’ora buona di abracadabra di vario genere ancora non è successo nulla. Riccardo sembra contrariato, il demone è impassibile come al solito, io sento rinascere la speranza.

Possibile che tutta questa pagliacciata sia stata una farsa? Che il ragazzo abbia preso un granchio?

Intanto Riccardo tira fuori dal nulla un librone dall’aspetto antico ed inizia a sfogliarlo velocemente, con gesti nervosi. Le pagine giallognole del volume sembrano sul punto di rompersi sotto quel violento attacco e dopo un paio di minuti di ricerca il biondo richiude il libro e lo lancia con poca delicatezza dall’altra parte della stanza. Inizia ad imprecare e bestemmiare, sfortunatamente non usa linguaggi strani, ma paroline che conosco bene e che non sono poi così gentili nei confronti di un eventuale padre spirituale.
Poi, all’improvviso sembra avere un’illuminazione!
Il suo volto, prima cupo, si rasserena e spunta anche un sorrisino all’angolo della bocca. Non credo affatto che sia una cosa positiva, dal mio punto di vista.
Manda il demone a recuperare il libro e dopo averlo riavuto inizia a sfogliarlo freneticamente fino ad una pagina centrale. Mi raddrizzo leggermente, giusto per vedere se riesco a sbirciare cosa c’è scritto, ma non vedo nulla se non due facciate bianche, non scorgo nessuna parola o simbolo.
Riccardo inizia una nuova sequenza di bididibodidibu in quella che immagino sia una lingua morta da secoli e termina allargando le braccia e alzandole verso il cielo, come un ginnasta alla fine della sua esibizione.



 

Ormai non so più se ridere o piangere per la situazione in cui mi trovo.
Alla fine, dopo diversi minuti di immobilità generale, scoppio a ridere. Una risata nervosa, dovuta alla paura, alla rabbia, all'impotenza e, sicuramente, anche alla posa ridicola in cui Riccardo è rimasto per tutto il tempo.
Il biondo si gira, il viso tirato in una maschera di delusione e rabbia, e sembra intenzionato a uccidermi con gli occhi, ma io continuo a ridacchiare indifferente. Sono ore che mi sento sul punto di lasciarci le penne, di certo non mi inquieta un’occhiataccia.

Proprio quando ormai anche Riccardo si è rassegnato al fallimento, il cerchio disegnato per terra inizia a brillare, diventando sempre più luminoso. La terra trema. Il cuore mi salta in gola. Nell’aria inizia a diffondersi un rumore prima basso poi sempre più forte.
Una lunga crepa si apre nel pavimento, sembra davvero uno di quei portali demoniaci che si vedono nei film. Non è mai stato un mio desiderio trovarmi vicina ad una cosa simile…

Io strillo, inutile negarlo, come una ragazzina terrorizzata e mi appiattisco contro il muro più lontano. Riccardo si volta verso la crepa dell’altro mondo e sorride soddisfatto ed entusiasta.

« Siiii. IO! IO HO FATTO QUESTO… GUARD… »

Si sente solo uno splash e si vede appena un po’ di sangue schizzare in aria, niente di eclatante rispetto a certe immagini dei videogiochi, eppure sono certa che questo tormenterà le mie notti con incubi terribili per i prossimi anni a venire.

Un enorme mano rugosa e callosa, con sole tre tozze dita, di uno squallido verde fogna spunta dal buco ad una velocità impressionante e, prima ancora che Riccardo possa finire la frase, lo spiaccica al suolo.
Un attimo prima Riccardo c’è, quello dopo non più. Solo un bel po’ di sangue e una poltiglia informe di ossa e carne.

Distolgo lo sguardo all’istante, ma ormai l’immagine è impressa a fuoco nella mia memoria e, voltandomi appena di lato, vomito bile, perché nel mio stomaco non c’è molto altro.





« Aurora! » Un grido lontano mi risveglia dal mio stato di semi-incoscienza, la voce più che le parole mi riportano a galla.
Annaspo in cerca d’aria, la testa gira, in bocca ancora il sapore orrendo di sangue e vomito e negli occhi ancora quella scena.

 « Rispondimi Aurora! » 

Mi ritrovo il viso di Giacomo di fronte agli occhi. I riccioli castani gli coprono la fronte in una massa disordinata, amo i suoi capelli, sono così soffici e morbidi… I suoi occhi dorati brillano di felicità, spero sia contento di vedermi almeno la metà di come lo sono io. Sorrido intontita.

È arrivato a salvarmi… Come un vero principe azzurro… Voglio saltargli al collo e baciarlo!

Un schiaffo mi colpisce con forza la guancia. La testa sembra sul punto di girare su se stessa ed il dolore è assurdamente acuto.

MA CHE…??!  AIH!

Rimango per un attimo perplessa. Mi rendo conto lentamente che Giacomo mi ha appena picchiato. 

Vuole uccidermi anche lui adesso?! Aih... Aih...

Porto una mano alla guancia dolorante e gli lancio uno sguardo a metà tra il rabbioso ed il sorpreso.

« Ma sei diventato scemo?! » Il punto dove mi è arrivato il colpo pulsa e sento la pelle bruciare.

Giacomo non risponde, avvolge invece il mio corpo tra le sue braccia, stringendomi con forza. Stritolandomi. 
Mi lamento con l’ultimo fiato che mi rimane, la sua presa da boa constrictor mi rende impossibile persino il normale respiro. « Aih… »
Non ho mai creduto alla storia della “forza superiore di noi distruttori”, ma forse ho sottovalutato la cosa... Sinceramente nessuno era mai riuscito a schiacciarmi la cassa toracica in questo modo con un abbraccio!
Lui, da bravo decerebrato, non capisce che mi sta uccidendo e rafforza la presa immergendo il viso tra i miei capelli e sussurrandomi nell’orecchio destro una litania pentita.

« Scusa, scusa, scusa… »

Credo di essere diventata paonazza. Quanto può essere imbecille questo ragazzo?
Quasi perdo la sensibilità alle braccia, sono rimaste attaccate al busto, risentono particolarmente della presa forte del ragazzo.

« Hei fratellino, non credi che anche lei abbia bisogno di respirare una volta ogni tanto…? »

Sia benedetta quella voce… Mi sembra di conoscerla, ma non ci faccio caso. Nel mio campo visivo rientra solo il mio Distruttore di demoni preferito. Anche se in questo momento vorrei picchiarlo.

Giacomo non mi libera completamente, ma almeno smette di stringermi con forza ed io riesco a respirare nuovamente. Le mie costole protestano per il dolore e chiedono vendetta, ma appena incrocio lo sguardo di Giacomo qualsiasi spirito bellicoso viene meno e mi limito a liberare le braccia dalla sua presa di ferro per poi gettargliele al collo. Scoppio a piangere sul suo petto, come una bimba piccola e lui mi solleva di peso e mi stringe a sé con più delicatezza questa volta.
Mentre rivivo ancora l’orrore provato e continuo a singhiozzare su Giacomo, lui mi accarezza la schiena e mi sussurra parole senza senso.




Quando mi riprendo noto alle spalle del mio Distruttore Alessandra, in piedi, con le sue due spade tra le mani. Mi sorride ed io cerco di ricambiare con tutta la mia gratitudine.
All’improvviso sento Giacomo irrigidirsi.

« Portala fuori di qui. Ora. »

La voce allarmata di Alessandra mi arriva alle orecchie, ma non faccio in tempo a voltarmi per guardare cosa sta accadendo che Giacomo mi spinge la testa contro il suo petto e mi trascina via di peso. Non riusciamo però ad allontanarci di tanto e Giacomo si ferma con un sospiro rassegnato quando si accorge che ormai è troppo tardi. Sento delle voci sconosciute dietro di me.

« Ale! Giacomo! »

« Cosa è successo qui? »

« Chi è quella ragazza? »

Mi volto leggermente, per quanto mi è permesso da Giacomo. Il Distruttore continua a tenermi stretta, in un chiaro atteggiamento protettivo.




Diversi uomini sono entrati nel capannone, indossano gli stessi indumenti di Giacomo e della sorella, ne deduco che siano  Distruttori e, in teoria, dalla nostra parte.

Uno, il più giovane, che si è posizionato leggermente in disparte rispetto al gruppo, ha l’aspetto familiare. I tratti del viso sono molto simili a quelli di Alessandra, solo poco più spigolosi. Li collego immediatamente l’uno all’altro tanta è la somiglianza tra i due. Anche lui ha infatti i capelli castani, corti ma con leggeri boccoli appena accennati, e gli occhi azzurri. Il fisico sottile e slanciato del gemello di Alessandra e diverso da quello più massiccio e muscoloso di Giacomo, ma riesco chiaramente a vedere alcune somiglianze anche tra i due fratelli.
Il Distruttore coglie il mio sguardo e mi fa un cenno con il capo, io ne accenno appena uno per ricambiare, il sorriso sulle sue labbra è un po’ forzato. 

 
Mentre il mio sguardo passa in rassegna gli altri uomini in cerca di informazioni mi accorgo che uno di loro, posto in prima fila, mi scruta con particolare interesse.
L’uomo è piuttosto inquietante già di suo, con quel viso butterato e quegli occhietti piccoli e neri, ma circondato da tutti quegli scagnozzi mette proprio ansia. Reprimo un brivido ed abbasso lo sguardo. 

Noto solo in quel momento che sul pavimento non vi è più alcuna traccia dell’enorme fenditura che era apparsa e da cui era fuoriuscita la mano di quel demone enorme, sono rimasti solo i cerchi disegnati da Riccardo e tutte quelle bizzarre parole senza senso. Al ricordo di Riccardo faccio per voltarmi istintivamente dove so di trovare la poltiglia di carne ossa e sangue, ma Giacomo, che si accorge del mio gesto, si sposta velocemente tra me e quello scempio impedendomi di guardare.

Alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi.
Qualcosa è cambiato nel suo sguardo, vi trovo più felicità, tenerezza e apprensione. Sembra che si sia spaventato parecchio per quello che mi è successo e, se da un lato sono dispiaciuta di averlo fatto preoccupare, dall’altro sono contenta di tutta questa sua improvvisa accortezza ed adorazione nei miei confronti.
Per un attimo tutti gli altri spariscono e siamo solo io e lui. Non mi faccio problemi, non mi importa se abbiamo litigato e non mi interessa la sua idiozia in questo momento. Voglio solo fargli capire, sentire, cosa provo. Sono sul punto di sollevarmi sulle punte e baciarlo, ma uno dei Distruttori inizia a parlare interrompendo quel momento idillico fatto di sguardi e sentimenti sottointesi.

« Uscite tutti. Voglio rimanere da solo con i tre ragazzi Guardiani e l’umana. »

Solo in quel momento mi accorgo che Alessandra non ha ancora rinfoderato le armi, tiene ancora entrambe le sue spade tra le mani e la sua posizione è tesa, rigida. Quasi si aspettasse un attacco da un momento all’altro.

« Ma signore… » Prova a protestare uno dei suoi scagnozzi, ma viene bruscamente interrotto.

« Gli ordini sono ordini. » Ripete la stessa voce di prima.

Quando mi volto nuovamente verso il gruppo, mi accorgo che, a parlare con voce forte e potente, è stato l’uomo dagli occhi piccoli. Fa un cenno con la mano e nel capannone rimaniamo solo in cinque. Giacomo continua a tenermi vicino a sé con una forte stretta sul fianco, ma sembra rilassarsi un po’ all’uscita di quegli energumeni.

« Massimiliano Regnanti. »

Saluta a quel punto Alessandra senza una particolare intonazione, ma con una voce piatta.
Quello decide di saltare i convenevoli.

« Tutta questa storia verrà insabbiata, ho deciso di porre un sigillo di segretezza su eventuali vostri rapporti dell’accaduto. » Giacomo sbuffa silenziosamente. « Non avreste dovuto agire di testa vostra, avrete dovuto avvisare i Distruttori specializzati e lasciare a loro il caso, avreste dovuto fare e non fare un’infinità di cose! Non avete rispettato una, e sottolineo NEANCHE UNA, delle regole che vanno seguite in questi casi. »

L’uomo si esprime con voce autoritaria, ma non troppo arrogante. I suoi occhi passano da Alessandra a Giacomo rivolgendo loro sguardi ammonitori.

Adesso mi tocca anche assistere ad una bella ramanzina! Ci manca solo questo dopo una giornataccia simile...

La Distruttrice prova ad intervenire in sua difesa ed in quella del fratello, ma viene subito interrottà.

« Signore, noi…»

« Tuttavia! » I lineamenti dell’uomo sembrano addolcirsi un poco. « Non interrompermi mentre parlo. Tuttavia… Siete riusciti a chiudere il portale senza causare effetti collaterali. Scommetto che è stata opera tua, vero signorina? » Si sta chiaramente rivolgendo ad Alessandra, che lo guarda spiazzata e sorpresa.

« Si, signore, con l’aiuto di mio fratello però… Avevo letto per caso, non troppo tempo fa, diverse informazioni riguardo all’evocazione che aveva coinvolto Aurora da piccola…»

L’uomo sospira esasperato. « Fascicoli riservati e, in teoria, segreti. Evita certi particolari se non ti vuoi accusare da sola. » 

Alessandra ha la decenza di arrossire. 

« Comunque parleremo di questo in altra sede, mi limito a congratularmi con te e con il tuo aiutante. » 

Lo sguardo che rivolge a Giacomo sembra tanto dire “caccola”, ma il mio Distruttore non sembra interessato alla cosa, si limita a tirarmi di più a sé ed ad allontanarmi dall’uomo.

« Lei è la ragazzina che è stata usata per il rito di evocazione del portale, vero? » 

Alzo lo sguardo e incrocio nuovamente quei piccoli occhi scuri su di me. Giacomo rafforza la presa sul mio fianco e mi porta ad aderire ancora di più a lui, spostandomi con noncuranza dietro di sé.

Le labbra dell’uomo si piegano leggermente all’insù notando il gesto.

« Tranquillo ragazzo, non ho la minima intenzione di ucciderla o di portartela via. Non so cosa vi siate messi in testa a riguardo, ma ho salvato io stesso questa umana in passato e non ho motivi per farle del male ora. » 

Continua a guardarmi con interesse, ma io non capisco cosa voglia da me, né a cosa si stia riferendo. So solo che Alessandra mette finalmente via le spade e l’atmosfera smette di essere tesa in un attimo.

« Ero nel gruppo di intervento che sgominò il primo tentativo ti aprire il portale e ti salvai proprio io… » Guarda me, si rivolge direttamente a me. « Mi dispiace che ti abbiano ritrovato e utilizzato nuovamente per il rito. Ti devo le mie scuse a nome di tutti coloro che rappresento. »

Non ci capisco niente… E chi è questo tizio che da ordini e si scusa da parte di altri?

« Ora puoi portatela via, ragazzo. La faccenda rimarrà segreta e né lei né tu verrete coinvolti. »

Tutte le domande che ho in testa vengono spazzate via, sento solo un sorriso affiorarmi sul volto, gemello di quello che spunta anche sul viso di Giacomo. L'uomo torna a rivolgersi ad Alessandra.

« Vostro fratello non mi serve, ma tu e il tuo gemello dovete rimanere a rispondere a delle domande e a sistemare alcune cose. »

Lanciamo uno sguardo alla ragazza, che ci fa cenno di andare e ci lancia le chiavi della macchina sorridendo incerta e spaesata. Non avvevo mai visto il volto di Alessandra con un espressione tanto incredula e disorientata.

« Ci rivediamo presto Aurora. » Mi fa un occhiolino e poi si volta verso l’uomo dandoci le spalle.




 
Finalmente fuori, respiro a pieni polmoni e mi aggrappo a Giacomo sorridendogli.
Probabilmente sono ancora troppo scossa da quanto accaduto e mi ci vorrà un po’ di tempo per ritornare totalmente in me, ma so che lui ed Alessandra mi hanno salvato e sono loro grata. Oltre che totalmente innamorata del mio principe azzurro, vestito di nero.

Giacomo mi circonda la vita con un braccio ed inizia a sussurrarmi qualcosa in tono complice nell’orecchio.

« Non so che tipo di miracolo sia avvenuto… Siamo salvi e forse il capo è uscito fuori di testa, perché ci ha lasciato andare... »

Si ferma. Lì, a pochi passi dal capannone. Mi accarezza con dolcezza la guancia e solo in quel momento mi ricordo dello schiaffo che mi ha tirato prima. 

Che stronzo! 

Faccio per dirglielo, quando…

« Mi dispiace per quello che è successo. Per tutto, dalla gallina che ho baciato ieri alla brutta esperienza che hai vissuto oggi. »

I suoi occhi sono stupendi, alla luce del sole sembrano splendere come lamine d’oro e c’è tanto di quel calore dentro che mi sento sciogliere.

« Non saprei come avrei fatto se ti fosse successo qualcosa. Senza le tue sgridate, le tue lamentele, i tuoi disastri culinari, le tue labbra… »

Sbaglio o fa caldo oggi?

« Credo di aver preso una gran botta in testa questa mattina, perché improvvisamente mi sembri bellissima. »

Il tono caldo ed appassionato della sua voce mi manda in brodo di giuggiole e non riesco a distinguere i complimenti dalle sue prese in giro. Ha per caso detto che sono bellissima?!

« Credo di essermi innamorato della ragazza più rompipalle del pianeta, ti rendi conto di che sfiga assurda ho? »

Eh?

Sorride in maniera così disarmante che non riesco neanche a seguire i suoi discorsi.

Aspetta, mi ha dato della rompiballe o ha detto che mi ama?

E poi niente ha più importanza, perché le sue labbra sono sulle mie e, questa volta, non ho la minima intenzione di allontanarmi.

Credo di essermi innamorata di un Distruttore di demoni… Cose dell’altro mondo…

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 (Epilogo) - Alessandra ***


Epilogo - Alessandra

Fermi, fermi, fermi! Non uccidetemi!! 

Please, lasciatemi spiegare prima di prendere decisioni avventate! Potreste pentirvi! Non penso vogliate sporcarvi di sangue, vero? Mi dicono che è difficile da lavare. U.ù Io non me ne intendo, so a malapena accendere il forno, ma... 

Comunque, dopo innumerevoli minacce subite da parte di una mia cara amica (secondo lei devo prima finire una storia e POI iniziarne altre dieci, ma sono dettagli... ), ho deciso di portare ufficialmente a termine quest'avventura e consegnarvi l'epilogo. ;D Non è stato letto, né corretto, da nessuna delle mie fantastiche amiche. Ve lo consegno in anteprima assoluta, quindi se fa schifo prendetevela con me e solo con me. (Panico! D': ) 

A questo punto ho preferito dedicare più spazio ad un personaggio secondario affinché tiri le somme su quanto accaduto. Inoltre, su Aurora e Giacomo... Be'... Credo di aver detto fin troppo! :D
(Non avevano molta voglia di entrare in scena e, visto che amo follemente i miei protagonisti, lascio loro un po' di privacy. xD )

Incrocio le dita e speriamo bene! xP 

Un grosso bacio! <3 :)

Ps. Grazie di cuore a tutti voi! *__*
Grazie a chi ha lasciato delle recensioni, positive o negative, grazie a coloro che hanno seguito la storia fino alla fine. Sono sinceramente soddisfatta e orgogliosa di aver creato qualcosa di "decente" che qualcuno ha apprezzato! Vi voglio bene! Un abbraccio stritolante! ;D


Uno sbadiglio mi sfugge dalle labbra e risuona nella stanza. 
Un Distruttore seduto poco lontano da me alza la testa dal suo libro e mi lancia un’occhiataccia, però le palpebre cadenti e le profonde rughe intorno agli occhi rendono poco credibile l’implicita minaccia di morte del suo sguardo. Solitamente i Distruttori non hanno una lunga prospettiva di vita, quello, invece, sembra nato nel Giurassico tanto i segni del tempo sono impressi sul suo viso. Rispondo con uno sguardo profondamente pentito e dimesso, forse mi sfugge anche il controllo del labbro inferiore che si piega in una smorfia profondamente affranta. Per poco non scoppio a ridere immaginando la faccia buffa che mi è uscita.
Il vecchio decrepito torna con il naso tra le pagine del volume che sta consultando.

Ridacchio mentalmente. Sto impazzendo… Sono sveglia ormai da più di 48 ore di fila, di cui la metà passate in profonda tensione emotiva e, in parte, anche fisica. Non basta dover ricacciare un demone gigante dritto all’aldilà, è necessario mettere il tutto per iscritto e spedire i fascicoli al capo. L’evocazione del demone di livello superiore tentata dal ragazzino e che ha coinvolto anche Aurora non diverrà informazione di pubblico dominio, ma i rapporti devono comunque essere presentati entro settantadue ore dall’accaduto e, i nostri, li prenderà in consegna Massimiliano Regnanti in persona. Marco e Giacomo si erano, stranamente, fatti avanti per darmi una mano a stilare il rapporto, o almeno ad abbozzare il loro, ma ho preferito fare da sola, perché la vicenda è totalmente da correggere per evitare di nominare nei rapporti le nostre molteplici mancanze in quanto rispetto della legge. Dire la verità, in questo caso, è sconsigliato.
Non faccio altro che passare da un fascicolo all’altro, consultare libri, scrivere appunti e battere al computer la mia relazione per il capo e quella dei miei fratelli. Ormai ho quasi finito, sono riuscita a creare una storia credibile, realistica e dalla quale ne usciamo quasi puliti.

Credo sia ora di andare a dormire un po’ prima di dare un'ultima occhiata valutativa alle tre versioni della vicenda, che combaciano perfettamente, dal mio punto di vista e da quello dei miei fratelli. A mente lucida potrei trovare dettagli per rendere più completa la relazione o errori e contraddizioni che mi erano sfuggite.
Poso la penna sugli appunti, scrivo le ultime battute sul rapporto, poi chiudo il portatile e sbatto le palpebre per riprendere coscienza di me e del luogo in cui mi trovo.

Sono nella sala di lettura più grande della biblioteca torinese, naturalmente quella riservata ai soli Distruttori. L’ambiente è talmente esteso e vuoto che da quasi un senso di malessere. Oltre a me sono presenti non più di due o tre uomini e una donna, circa un centinaio di tavoli giacciono vuoti e abbandonati.
Effettivamente la sala è spesso boicottata a questa ora del mattino, quasi nessuno si rinchiude volontariamente in questi ambienti quando fuori inizia a nascere il sole. Però oggi i Distruttori presenti sono in numero ancora inferiore al solito, poiché una grande maggioranza presenzierà, in data odierna, al matrimonio di uno dei rampolli di casa Regnanti.

Ludovico Regnanti si sposa. Evviva.

Mi viene da vomitare.

Torno con lo sguardo ai pochi che mi fanno compagnia nell’immensa stanza. Sono sparsi per tutto l’ambiente, segno che probabilmente tra loro non sono legati da rapporti personali. Ricordo vagamente di aver visto entrare in sala alcuni di loro, non più di sette ore prima.
Raduno i libri sparsi sul mio tavolo e li impilo in una torretta ordinata tra le mie braccia. Riesco a sovrapporre una decina di quei grossi tomi prima che la torre dia segni di cedimento allora mi aiuto con una mano a sostenerli in equilibrio. Con l’altra mano, la destra, ne sostengo il peso senza difficoltà ed inizio a muovermi tra i tavoli destreggiandomi con agilità, equilibrio e velocità. Un solo uomo alza gli occhi dal suo lavoro per guardare nella mia direzione e, quando vede la torre di libri sulla mia mano e il sorriso esaltato che gli rivolgo, scuote la testa con evidente disappunto e riabbassa lo sguardo sul suo tavolo.

Tutta invidia! Scommetto che lui non è capace…

Sono al centro dell’enorme sala e mi sto dirigendo verso gli scaffali per depositare i libri presi nella loro esatta collocazione, quando la porta della sala si apre. Mi volto verso l’ingresso, curiosa di vedere chi è il nuovo arrivato e sperando vivamente che non sia la bibliotecaria. Potrebbe venirgli un colpo al cuore se vedesse quei suoi amati volumi tenuti in equilibrio tanto precario…

Sulla soglia c’è un uomo giovane e bello, con i capelli scuri spettinati e la bocca spalancata a riprendere fiato. Le spalle larghe e muscolose si alzano e si abbassano allo stesso ritmo incalzante con cui si muove lo sterno, il respiro è chiaramente affannoso.
Quando mi vede si immobilizza.
Mi sembra quasi di sentire il suo respiro, il calore del suo corpo anche se siamo così distanti. Da qui non vedo bene gli occhi, ma so con certezza che, in questo momento,  quell’azzurro mare è in tempesta. Lo so, perché i lineamenti del suo viso sono distorti in smorfie varie. Arrabbiata, affannata, dubbiosa, dolce… Sul suo bellissimo volto si susseguono emozioni contrastanti.

Ludovico.
Ludovico Regnanti.
Ludovico Regnanti, colui che oggi si deve sposare.
Ludovico Regnanti, colui che oggi si deve sposare con l’oca francese.
Ludovico Regnanti, colui che oggi si deve sposare con l’oca francese. Il mio ex fidanzato, per intenderci...

Che cazzo ci fa lui qui?!

Io sono paralizzata dalla sorpresa, il cuore batte forte. So per certo di avere le guance in fiamme e gli occhi sgranati, devo sembrare molto ridicola vista da fuori. La torre di libri ondeggia pericolosamente tra le mie mani, ma non me ne accorgo neanche.
L’incanto si spezza quando lui inizia a muoversi verso di me ed il mio corpo sembra ritornare in grado di muoversi, ma solo per andargli incontro a quanto pare, quindi rimango ferma dove sono.

« Alessandra…» Mi chiama. Si avvicina sempre più velocemente ed urta addirittura dei tavoli nella fretta. In un'altra occasione l’avrei preso in giro per i suoi movimenti goffi, ma la lingua mi si è appiccicata al palato.

« Ale…Alessandra, io… » Si ferma a pochi passi da me, la sua voce è dolce, i suoi occhi sono fissi nei miei con decisione.

« Sssshhhh!!!» Il vecchietto non approva.

Io invece darei tutto ciò che possiedo per sentire Ludovico chiamarmi con quel tono ancora un migliaio di volte.
Le guance del ragazzo che mi sta di fronte sono leggermente arrossate per la corsa, gli occhi appena un po’ lucidi ed il respiro veloce tra le labbra. Io rimango lì, continuo a guardarlo come se non credessi ai miei occhi. Non dovrebbe essere qui… Lui si sta per sposare… Lui…

Mi schiarisco la voce, ma non sembra funzionare un granché.

« Che fai qui? Il matrimonio? » Sussurro, fievole.

« Chi de ne fotte del matrimonio! Io non ci voglio andare e di certo non voglio passare la vita con una ragazza che non conosco e nemmeno voglio conoscere! »

Immagino che la mia mascella sia arrivata a toccare il pavimento.

Possibile che abbia mandato tutto a monte? Che si sia opposto alla sua famiglia per me? Possibile che…?

« E, comunque, tu sei una stronza. »

Ecco. Adesso si che mi ha spiazzata.
Anche il vecchietto rimane in silenzio, probabilmente tutti nella sala ci fissano attoniti, ma al momento ho altro di cui preoccuparmi.
Ragioniamo con lucidità. Stronza? Che senso ha tutto questo?

Prorompo con uno strozzato ed intelligentissimo « Eh? ».

Ludovico prende un profondo respiro e si passa la mano sinistra tra i capelli scuri in un gesto stizzito.

« Sei una stronza. » Annuisce tra sé e sé, poi continua. « Appena ti ho detto che mi avevano combinato un matrimonio ti sei allontanata da me, hai innalzato un muro tra noi ed io mi sono spaventato. Non mi hai dato neanche il tempo di decidere cosa fare… Non mi hai aiutato a cercare scappatoie, ti sei solo chiusa la porta alle spalle e ti ho persa. »

Il suo sguardo si appanna appena, io invece sento già lacrime amare pungere per rotolare giù lungo le guance e solo la consapevolezza di avere un pubblico le trattiene.
Ricordo il suo sguardo affranto e rassegnato quando mi ha annunciato il matrimonio. Non ci ho visto ribellione dentro, non rabbia, non voglia di sfuggire al destino. Ludovico è sempre stato quello responsabile, che segue le regole e gli ordini. Un soldato perfetto come lui non disattende il volere della sua famiglia. Non avevo capito che, forse, voleva cercare delle soluzioni.

Il vecchio borbotta qualcosa per il rumore, poi scrolla la testa e torna ai suoi libri, gli altri non smettono di fissarci, dimostrando ben poco pudore.

« Non hai nemmeno accennato a tornare sui tuoi passi e non sei nemmeno venuta a picchiarmi a sangue, semplicemente… Te ne sei andata. » alza una mano verso di me, ma mi scosto violentemente andando a sbattere contro un tavolo e facendo cadere a terra l’intera torre di libri creando un fracasso micidiale.

« Ssshhh! » Fa di nuovo il vecchio.

« Ssshhh! » Gli rispondono gli altri spettatori irritati dalla sua petulanza e incuriositi dalla scena.

Quello sembra offendersi. Raduna con gesti rabbiosi la sua roba e se ne va senza nemmeno mettere al loro posto i libri che stava consultando.

Ludovico rimane con il braccio sollevato, il palmo ad accarezzare l’aria, l’esspressione un po’ delusa. « Ci tieni veramente poco al nostro rapporto, non è vero? »

Ora sembra furioso.

« Ho cercato di rivederti, volevo scoprire se soffrivi quanto me, se io avevo su di te lo stesso potere che tu esercitavi su di me… Ma tu… Sembri indistruttibile, intoccabile. » Io sono affascinata dal suo sguardo e dalla sua voce, sento che mi attirano con forza, ma continuo a stargli lontano.

Ludovico non cerca più di forzarmi al contatto, rimane fermo, ansante, a pochi centimetri da me.

« Però ti conosco. Scappi e ferisci, neghi di amarmi, ma è solo un modo che usi per difenderti. Non capisci? Fai la stronza, ma non puoi lasciarmi. Ed io non posso né voglio lasciare te. » I suoi occhi ora sono lucidi, eppure non abbassa lo sguardo. « Non rinuncerò mai a te, lo capisci? »

Come non detto.
Si avvicina velocemente e non ho nemmeno il tempo di scappare che lui mi imprigiona con forza, trattenendomi i pulsi con le mani e bloccando il mio corpo con il suo.

« Allontanami di nuovo. Scappa un'altra volta. Provaci. »

Anche se volessi, non riuscirei comunque a muovermi.

« Ludovico… Che cazzo stai dicendo? »

Un sorriso prende forma sul suo viso ed ogni mia possibile resistenza viene scaraventata via.

« Voglio averti al mio fianco. Voglio che sia tu mia moglie. Dovessi scappare a Las Vegas per sposarti senza rompicoglioni tra i piedi, dovessi picchiare i miei stessi familiari, dovessi… Insomma, sono pazzo. Pazzamente innamorato e non permetterò a nessuno di mettersi tra noi. Io e te. Siamo io e te e voglio che sia per sempre. Tu mi vuoi? »

È impossibile capire se dentro di me sia dominante la sorpresa o l’incredulità, non mi sarei mai aspettata niente del genere.

« Sei… Sei ubriaco? »

Ludovico scoppia a ridere e nel suo torace, a stretto contatto col mio petto,  rimbomba l’eco delle sue le risate. Sembra stranamente sereno, come se non si fosse appena cacciato in guai seri deludendo la sua famiglia. Vedendolo così mi scappa un sorriso. Amo la sua risata, è poderosa, rumorosa e rara come una sorgente d’acqua pura nel deserto più arido.
Non servono parole. Il un bacio è salato, al sapore di lacrime, ma non capisco se sono le mie o le sue, perché i miei occhi sono serrati ed il mio cervello si scollega in automatico, non capisco più nulla.

Io e te… Sempre.

 

 


Marco è il primo a farsi vivo. Siamo usciti dalla biblioteca, non sono passati che pochi minuti da quando il vecchio Distruttore antipatico ha chiamato la bibliotecaria e questa ci ha cacciato. Non prima di aver avuto una crisi isterica per tutti quei libri gettati per terra. Per un attimo ho temuto ci assalisse…

« Pronto... Marco! »

« Ale! È successa una cosa, ma devi promettermi di non…»

Lo interrompo, divertita dalla nota di panico e urgenza che sento nella sua voce. « Non mi dire! Ludovico non si è presentato al matrimonio??! »

« Ok. Passamelo! » Il suo tono ora è a metà tra l’isterico e il furioso. « Passami quella testa di c… »

Sorrido e lo interrompo di nuovo, questa volta un po’ meno allegra. La voce del mio gemello è decisamente furente.

« Ok! Ok! Eccolo. »

Ludovico impallidisce, ma accetta il cellulare che gli porgo e se lo porta alle orecchie con cautela, quasi tema che il mio gracile fratellino lo uccida attraverso l’apparecchio. Della loro chiacchierata intendo ben poco, ma intuisco molto dal viso sempre più cupo del mio fidanzato.
Dopo pochi minuti Ludovico mi ripassa il telefono.

« Lo hai decisamente terrorizzato. Dovresti suggerirmi qualcuna delle tue minacce, sembrano funzionare molto bene… »

Un sospiro esasperato mi arriva all’orecchio.

« Alessandra, sii seria! Almeno quando rischi di essere coinvolta in uno scandalo che rischierebbe di estrometterti per sempre dalla possibilità di ottenere cariche di prestigio… »  Ludovico sembra piuttosto abbattuto, così mi alzo sulle punte e gli lascio un bacio a fior di labbra. « Sai di essere sulla buona strada per diventare consigliere? Il primo consigliere donna! » Mentre Marco continua a blaterare io mi aggrappa al collo del mio fidanzato e gli sorrido per rassicurarlo. « Non puoi metterti contro la famiglia Regnanti... Ok. Non mi stai ascoltando. Va bene. Fai quello che ti pare testona che non sei altro! Solo un consiglio, fate un viaggetto, giusto un paio di anni per far calmare le acque e raffreddare gli animi. »

Soffio un ultimo bacio su quelle labbra da sogno e poi torno a rivolgermi al mio gemello con un sorriso felice stampato in faccia.

« Bella idea! Ho proprio bisogno di una vacanza… Che ne dici di Las Vegas Ludovico? Non volevi sposarmi giusto poco fa?  »

Marco, dall’altro capo della linea, si lascia sfuggire un grido allarmato e il cellulare probabilmente gli scivola di mano visti il tonfo e altri rumori assurdi che sento. Il mio fidanzato nel frattempo ghigna leggermente. Immagino che si sta riprendendo dalla sfuriata di mio fratello.

Dopo due minuti buoni, finalmente, Marco ritorna in possesso di tutte le sue facoltà mentali e riprende in mano il telefono. « Non fate idiozie. Non sono consigliabili altre sorprese per migliorare la situazione... »

« Passo da casa per fare le valigie! Se vuoi uccidere Ludovico aspettaci lì… Tra dieci minuti arriviamo! » Sorrido felice. « Ah, ti lascio la relazione. Dagli un’occhiata e poi consegnala, ok? »

   

 

 


 

 

Ci vogliono almeno una decina di squilli prima che il destinatario di decida a rispondere.

« Pronto? »

La voce di Giacomo suona arrochita ed ansante. Ed anche abbastanza scazzata, a dire il vero.

« Ciao fratellino! » So di suonare fin troppo pimpante, ma non riesco proprio a farne a meno.

 

Tu... Tu... Tu... Tu…

 

Ma che..?!

« Pron.. »

« Mi hai chiuso il telefono in faccia! » Lo interrompo leggermente irritata.

Uno sbuffo dall’altro capo della linea, a cui seguono rumori vari, alcune parolacce poco eleganti ed una risata femminile. 

« Che vuoi? » La voce di Giacomo non potrebbe essere più cupa ed irata di così, ma non ci do molto peso.

« Sono in aeroporto. Parto per un paio di settimane! Non puoi nemmeno immaginare… Cioè, ufficialmente ho accettato un servizio fotografico in… » Non solo sento il mio caro fratellino sbuffare nuovamente, ma vedo anche il mio fidanzato alzare gli occhi al cielo. Uomini…

Il consanguineo osa addirittura interrompermi!

« Senti Alessandra, ho da fare, mi aggiornerai su tutta la tua vita la prossima volta. »

Sospiro. Almeno non si è limitato a chiudere la telefonata.

« Va bene! Allora non ti dico dove vado e neppure con chi, così impari ad essere così maleducato! Salutami Aurora! E ricordati che sono troppo giovane per diventare zia! »

Ridacchio divertita, mentre Giacomo dall’altro capo del telefono impreca e mette fine alla conversazione senza neanche salutare. All'occhiata interrogativa di Ludovico sorrido.

« Il mio fratellino è con la sua ragazza. Avevano accumulato troppi arretrati, quindi stanno recuperando... Sai, no? Comunque, appena torniamo dal nostro "viaggetto" te la presento, è una futura nuora veramente deliziosa!  »

 

 


Da quando abbiamo oltrepassato il check in mi sento gli occhi di Ludovico addosso e mi mettono un po’ a disagio. Non solo mi tiene vicino a sé con un braccio intorno alla vita, ma porta con la sinistra il mio trolley formato famiglia strapieno e mi fissa intensamente quasi non facendo caso a dove mette i piedi.

« Emmh…Tutto bene? »

« Mai stato meglio. »

Non suona sarcastico, ma ci credo poco, visto che non ha con sé nemmeno un bagaglio. Ha rinunciato a tutto. Non è potuto tornare a casa a prelevare la sua roba, avrebbe potuto trovare un’intera folla pronto a linciarlo e non gli andava un granché di morire così presto. Dice che comprerà qualcosa sul posto. Parte senza neanche un cambio di calze! Io mi sentirei morire al suo posto…
E poi, probabilmente, è stato anche diseredato dalla sua famiglia.
Insomma, direi che non è stata una gran giornata per lui!

Mi stringo di più contro il suo petto. « Vedrai che andrà tutto bene. Sono sicura che riusciremo ad aggiustare tutto! Lasciamo che si calmino le acque e poi…»

Ludovico si limita a sorridere e a scrollare la testa. « Non ti sto mentendo. Davvero, sto bene. Meravigliosamente! Sono riuscito ad averti tutta per me per almeno due settimane e ho intenzione di sfruttarle al massimo. Ti convincerò a sposarmi, con le buone o le cattive! »

Le nostre labbra si sfiorano e non so chi dei due abbia sussurrato il “solo io e te”, non so nemmeno se me lo sono immaginato. Però suona dannatamente bene!

« Non vedo l’ora… »

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