Unchained Melody_Guardando Oltre

di _morph_
(/viewuser.php?uid=107839)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Only You, And You Alone ***
Capitolo 2: *** Every Teardrop Is A Waterfall ***
Capitolo 3: *** Il Coraggio Di Gridare ***



Capitolo 1
*** Only You, And You Alone ***


Only You, And You Alone Con la premessa che questa idea mi fronzola in testa da mesi e mesi, questa storia ha un controsenso, sì, perchè nonostante la storia di Pierre e Chocola è ambientata anni dopo, diciamo che non è come ci si aspetta sia andata. Ho un po' stravolto le cose, facendo sì che Pierre lasciasse Chocola prematuramente, diciamo prima della sua ascesa al trono, all'età di dieci anni. So che sembra presa da Miley Fun, ma l'idea mi frulla da molto più tempo della sua di storia, come avete poi visto in Pece, che però non mi soddisfaceva, non essendo impostato bene il testo, e non avendo definito correttamente cosa pretendevo dal mio lavoro. Mi scuso con Miley Fun se si sente offesa, ma assicuro che lo svolgimento non ha nulla a che vedere con la sua fic, l'unica somilianza è nell'abbandono di Pierre a distanza di anni, argomento che però, ricordo, avevo precedentemente trattato, seppur non ha distanza di anni.
Buona lettura
I used think that happiness
Could only be something that happined to somebody else
Everybody belived
Everybody but me
And I've been hurt so many times before
That my hope was dyin'
Christina Aguilera-Understend
CAPITOLO 1.
"Giornate noiose". E' così che imparò a chiamare i giorni che vanno dal lunedì al venerdì. Lunghe ed estetenuanti "giornate noiose". Passò le dita tra le lunghe ciocche rosse, districando i lievi nodi formatosi tra i capelli lisci durante il dì. Si morse lievemente un labbro, sperando di farlo sanguinare, pur di arrivare a un compromesso per cui quella riunione doveva finire al più presto. Annuì a tutte le domande, richieste e chiacchiere del tutto inutili di quelle ore. Prestò attenzione solo all'ultimo, piccolo, minuzioso argomento. Aguzzò le orecchie nel sentire la voce del comandante delle guardie iniziare un discorso troppo delicato per essere trattato con tanta semplicità.
-abbiamo offerto ospitalità ai Malefici- Chocola fece saettare lo sguardo svogliatamente, fino alla sagoma di Glass, squadrandolo con fare inquisitorio.
-quanti sono?- chiese asciutta, inarcando un sopracciglio.
-si sono ribellati all'oppressione di Ice, ma verranno solo in pochi, vogliono essere prudenti, prima di allearsi con noi- annuì, lieta che avessero deciso di mettere da parte i pregiudizi per allearsi contro il nemico comune. Posò una mano sulla guancia, intingendo la piuma nell'inchiostro, disegnando istintivamente ghirigori sulla pergamena dinnanzi a se.
-e chi verrà tra loro?- si informò per apprendere se conoscesse l'uno o l'altro delle persone che dovevano risiedere nel suo palazzo. Assottigliò lo sguardo puntandolo con fermezza su di lui.
-verranno un paio di loro di poco conto, Silvet e...- arricciò le labbra, alzando il mento, doppo una lunga pausa che provocò in lei un sospiro incotrollato, forse troppo pesante.
-e?!-
-ha deciso di unirsi a loro anche Pierre- annunciò pregando che il suo tono fosse apparso il più professionale possibile. Il cuore della ragazza mancò un battito, e nello stesso istante in cui riuscì a collegare, si ritrovò boccheggiante, assaporando quel nome che con dolcezza veniva cullato dalla sua mente. Era tempo che non lo sentiva pronunciare, da tempo che non parlava di lui, forse non l'aveva nemmeno mai fatto. Avvampò, ridestandosi. Comprese che doveva dire qualcosa, le spettavano cose da fare.
-portatemi via- sibilò con un filo di voce, rendendosi conto di essere stata colpita nel punto più fragile, rendendosi conto, che non sarebbe sopravvissuta se solo l'avesse visto tornare, avvicinarsi, per poi allontanarsi nuovamente. Si ripromise di non permettergli mai più, mai e poi mai nella vita, di giocare con lei, con i suoi sentimenti.
-come scusa?-
-voglio che mi portiate via, non mi interessa come, non mi interessa ciò che devo fare, non dobbiamo vederci, in nessun modo, nemmeno incrociarci per puro caso- si riprese, aumentando il tono a ogni parola, facendo percepire tutta la rabbia, il risentimento, l'amore, seppur sotterrato con fatica, che traspariva ad ogni sillaba -il regno non necessita del mio intervento in questa situzione- continuò riaquistando la calma persa. Prese un lungo respiro, prima di volgere lo sguardo verso la sua amica, sperando nell'appoggio di chi più di tutti le doveva stare vicino in quegli istanti senza fine.
-Chocola- nel sentire quella timida e insicra voce, capì istantaneamente di non poter contare neanche nella sua di comprensione -è indispensabile la tua presenza, sei la regina- trasalì, non appena la sua mente si permise di focalizzare la figura di lui. Respinse immediatamente il pensiero, trasudando paura da tutti i pori, impedendosi di procedere oltre con la mente.
-impeditegli di venire, a costo di supplicarlo in ginocchio. Non voglio più avere nessun contatto con quell'essere- si concluse così il discorso, in un silenzio irreale, provocato dalla ferocia scatenata dalla stessa innocua e all'apparenza docile ragazzina, responsabile della salvaguardia di un popolo, il suo popolo. Si chiuse nella sua stanza, tinteggiata da colori forti, miranti dritto agli occhi, di colori splendenti, come lo era lei. Si accasciò sul grande letto, posto a un angolo della stanza. Annaspò nel piumino scarlatto, che per quei brevi attimi la proteggeva dal pungente freddo penetrante dalle finestre. Il viso si velò di lacrime, come non accadeva da tempo, il cuore si sgretolò lentamente, le cuciture che si era prodigata a fare solo cinque anni prima, si stavano strappando, lasciando spazio al dolore, tutto quel dolore che aveva soppresso, che aveva rifiutato, chiudendosi in un bozzolo, evitando l'argomento con chiunque tentasse di insinuarsi.
Cercò di sentire nuovamente il suo odore in quelle lenzuola, l'odore del ragazzo che dopo una notte passata a guardarsi, a parlare, a scontrare le reciproche labbra, in cerca di ciò che avevano già, in quella stanza, l'aveva lasciata, e quando la mattina successiva cercò il calore della sua pelle, non trovò altro che... il nulla. E lo sapeva, maledettamente, se lo aspettava, lo conosceva quel tanto da poter prevedere quando le cose sarebbero andate nel verso giusto, ma per quanto lo potesse prevedere, in fondo al cuore, l'assenza in quella camera, si poteva percepire a miglia di distanza, solo ficcando il naso in quelle quattro mura, si sentiva l'aroma dell'umiliazione di qualcosa che buon esito certamente non aveva avuto. Strinse a se il cuscino, tentano in vanno di ingannare i suoi pensieri, di sviare ogni cosa la portasse a lui, con scarsi esiti, ovviamente, visto gli spilli da lui stesso lanciati, che per 5 anni infilzavano la sua pelle senza tregua, occupandole ogni istante, ogni minuzioso secondo da lei, però, magistralmente ignorato.

Commento:
Ciao a tutti! Dopo lunghe pause ogni tanto torno per dare una scrollata ai miei lettori! Eccomi con una nuova idea (che tanto nuova non è visto che la voglio mettere giu da mesi e mesi). Mi auguro vi sia piaciuta e ringrazio di essere arrivati pazientemente alla fine, nonostante la noia indicibile del capitolo. Mi auguro di essere stata chiara sullo svolgimento delle cose, se c'è qualcosa che non avete compreso, non esitate a chiedere C: Mi auguro lasciate dei commenti, giusto per farmi sapere quanto può essere disastrosa la mia idea! Un bacio a tutti, e, quasi scordavo, buon inizio anno scolastico, siamo da capo xS
Marmelade<3
P.S la canzone all'inizio è una canzone che ADORO (dopo i Nirvana e i Pink Floyd si intende), recentemente, dopo aver aquistato un suo vecchio cd, sono letteralmente andata fuori di testa per la sua voce, tanto da mettere in croce amici, fidanzato e adesso anche voi! Comunque, la canzone non c'entra niente con la storia, a parte il pezzo che ho scritto, poiché il testo parla di un amore nato C: il titolo del cappy invece, è ancora un'altra canzone, famosissima, dei The Platters! Ora la smetto di rompere, baciotti.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Every Teardrop Is A Waterfall ***


Whoooa, my love, my darlin'
I've hungered for your touch 
A long, lonely time
And time goes by so slowly
And time can do so much 
Are you still mine
I need your love
I need your love
God speed your love to me
The Righteous Brothers-Unchained Melody
Una futile settimana. Una sola settimana per prepararsi a vedere tutto ciò che aveva fatto in 1820 giorni e qualche mese, essere spazzato via neanche fosse stato un castello magistralmente costruito, ma fatto di carte, che ad una sola alitata di vento, tirata dal maestro dei sortilegi, essere spazzato via. Tutti gli sforzi compiuti, tutto il rinnego verso un sentimento troppo saldo, arso nel momento peggiore, dissolversi. Si preparò alla meno peggio, in quel breve lasso di tempo, provando elisir di apatia, che scompariva non appena sentiva soltanto pronunciare il suo nome. Dunque quell'apatia si trasformava in batticuore, il tremolio si distingueva nelle mani. Fecero il possibile per convincere il ragazzo a non venire, a desistere, coinvolgendo ogni carta presente nel loro mazzo, ma la sua testardaggine era ferrea quanto quella di Chocola, che da quel suo poco cavalleresco gesto, si convinse maggiormente dell'egoismo che troneggiava nella sua testa, dando ordine che non fosse trattato con riguardo, anche se, era certa, sarebbe riuscito facilmente a stregare anche le persone presenti a palazzo, proprio come aveva fatto con lei. Si rinchiuse nella sala del trono, la sera prima del suo arrivo, che sarebbe avvenuto in mattinata. Si sedette senza troppo indugio sul seggio imperioso, stagliante dinanzi alla maestosità degli affreschi. Assaporò con i polpastrelli la consistenza di quella stoffa chiara, così odiata dai suoi gusti, non le era mai piaciuta, eppure, per quanto potesse negarlo, era legata a vita, affezionata come fosse un figlio, a quel tessuto di velluto, cotone e tela. Socchiuse gli occhi, giusto il tempo di imprimersi nella testa quegli occhi azzurri, lasciandosi andare, almeno per quella volta, ai ricordi, che ancora una volta, l'attendevano impazienti e incontenibilmente traboccanti di nuove idee e convinzioni, nuovi pensieri che lei rifiutava, invece, con tutta se stessa. Sospirò, lievemente, senza nemmeno accorgersi della lacrima indiscreta posata sulle ciglia.
-pensierosa, Chocola?- alzò lo sguardo, posandolo sulla donna nascosta nell'ombra.
-no, sono solo consumata dalla realtà- rispose incolore, alzandosi, pronta a fronteggiare quella figura che ancora una volta la faceva sentire una bambina bisognosa di qualcuno che la protegga, ma che deve rendersi conto troppo presto, che è sola.
-veniamo tutti consumati dalla realtà, cara, ogni giorno. Ci sono bambini che nascono e persone che muoiono, sempre. E tutto procede ugualmente, non si ferma di certo un sistema per un misero evento provocato da una particella- espose calma, sfoderando un ghigno, mostrando i denti bianchi.
-il sistema funzionerebbe meglio se nessuno provasse sentimenti, sarebbe tutto più concreto, e non ci sarebbe tempo di pensare a ciò che è bene e ciò che è male, perché tutto va da se-
-il sistema funzionerebbe meglio se non potessimo compiere delle scelte, che fruttano il cambiamento degli eventi- fece un passo in avanti, in modo da poter guardare quella ragazzina, ormai donna, sconosciuta a lei, ma troppo coinvolta nella sua vita per poterla ritenere un'estranea; e per quanto non lo riconoscesse, era maledettamente fiera di lei, della sua maturità, del suo coraggio e tenacia -figlia mia, se potessi, vivresti senza sentimenti?-
-non soffrirei-
-non ameresti- la corresse, tornandosene nel suo nido, pieno di spine, ma anche troppo pieno di lei, della sua vita, per abbandonarlo.
-quanto ancora dovrò stare male?- chiese, allora, con il viso imperlato dalle lacrime, spingendosi in avanti, sperando che l'avesse ascoltata.
La donna si voltò, continuando a camminare all'indietro. Aprì le braccia ampliando un sorriso spensierato sul viso -abbastanza da poterti ritenere soddisfatta alla fine- e così scomparve, nel nulla, come era solita fare, come amava fare.
-non ha senso! Io non soffrirò più! Mi ha uccisa, ha assassinato il mio cuore, come potrei ritenermi soddisfatta?- gridò tra i singhiozzi e le perle grondanti dagli occhi a incorniciarle i delicati lineamenti. Non ricevette risposta. Eppure, la vera risposta, le era davanti: soddisfatta che solo e soltanto lui fosse l'artefice di tutto.
Bella soddisfazione, pensò andandosene a dormire.
 
Da quando era entrata in quella stanza, il cuore non aveva smesso neanche per un singolo istante di simulare ripetutamente un infarto. Si passò il dorso della mano sulla fronte, percependo lievi e velate stille di sudore. Sospirò, ticchettando nervosamente le mani sul tavolo -a che ora è stato detto sarebbero venuti?- domandò sull'orlo di una crisi di nervi.
-le 9, maestà- rispose uno dei saggi come a voler accontentare il capriccio di un bambino troppo stupido per rispondersi da solo. Gli riservò un'occhiataccia, inarcando un sopracciglio.
-e che ore sono?- snocciolò con calma, desiderosa di togliergli quell'espressione arrogante dalla faccia. L'uomo si rintanò nel silenzio, appena scoperto che stavano per scoccare le 10, ritenendo opportuna l'idea di non farla andare fuori di testa, più di quanto già non fosse. La ragazza, sistemata la questione, si concentrò in lunghi e profondi respiri. Sentì lo sguardo apprensivo dei suoi amici puntato dritto verso di lei.
-Chocola, tutto bene?- chiese Saul, squadrando una fanciulla fin troppo nervosa.
-a te che sembra?- ringhiò sentendo lo stomaco contorcersi, cominciò a desiderare con tutta se stessa che arrivassero, solo per far passare il momento, e non dover più sopportare tutta quell'oppressione addosso. Non appena infilò la testa in quei ragionamenti volutamente precisi e calcolati, si rese conto del respiro che lentamente, si regolarizzava. Sorrise, fiera di se, puntando il viso verso la sua amica Coco, diventata un'ospite fissa dei saggi, ammaliati dalla sua astuzia e intuitività -ancora poco, e avrei chiamato un medico- ironizzò, strappandole un sorriso divertito.
-uno psichiatra, vorrai dire- controbatté affinando lo sguardo. La rossa raccolse la sfida con estrema tranquillità costruendo un sorriso sornione.
-perché non me ne consigli uno? Sei esperta, no?- scoppiarono entrambe a ridere in pochi istanti, viste le facce allertate da un possibile litigio, delle persone a lei intorno. Sentirono la porta emettere un lieve schiocco, prima di essere spinta verso l'interno, l'ossigeno cominciò a diminuire, finendo tutto nel cervello.  "sono un'ossigenata" pensò insensatamente un'istante prima di tornare con l'attenzione concentrata. E, seppur pensava di essere costretta a fingere di accusare un terribile mal di testa, pur di non cascargli letteralmente tra le braccia, la rabbia del momento le ribollì in un istante dentro, la sentì pulsare irrequieta nelle vene, senza tregua. Cominciò a desiderare di fargli scontare tutto ciò che le aveva fatto passare, tutte le notti insonni, prive di lacrime, poiché ormai le aveva esaurite, o meglio, consumate. Ma si ritrovò nuovamente a ricredersi, non appena lo vide sbucare dall'entrata. Tutto quel risentimento si affievolì, fino a scomparire del tutto. Indurì la mascella, sentendosi mancare la salivazione. Distolse immediatamente lo sguardo, comprendendo quanto quella situazione potesse sfuggirle di mano.
-benvenuti- proferì Glass al suo posto, comprendendo tutto il suo disagio, ben esposto sul viso di porcellana, puntato in una direzione all'angolo della stanza, visibilmente angosciato -siamo felici abbiate deciso di accettare la nostra proposta. Chocola, quali stanze hai fatto preparare ai nostri ospiti?- tutti si concentrarono sul suo volto, in attesa che riprendesse a respirare, o che almeno desse segni di vita. La ragazza fece una smorfia contrariata nel momento in cui si rese conto di dover ridestare la sua attenzione. Si alzò, comprendendo che se solo si fosse mostrata debole, gli avrebbe dato modo di calpestarla ancora, e certamente questa era l'ultima delle sue intenzioni. Si disincantò da quel desiderio sopito di vederlo che si era lentamente accumulato in quei esecri giorni, arrancando nella direzione dei suoi nuovi “compagni di guerra”.
-seguitemi- mugugnò a mezza voce, trattenendo il respiro, accorgendosi che ovunque guardasse, riscontrava sempre e involontariamente lui. Uscirono, e per quanto potesse cercare di mantenere la calma, la sola idea di camminare in quegli immensi corridoi, in compagnia di quegli obbrobri, definiti così dalla sua parte nell’inconscio, più sadica, le creava un misto nello stomaco di nausea e timore. Escogitò in pochi istanti una moltitudine di modi in cui definirli, da quando loro, “colleghi” del devastatore della sua anima, avevano cominciato oltre che ad esserle alleati, ad esserle i peggiori avversari, visualizzati così dalla sua testa, considerandoli uno dei tanti artefici del suo amore a senso unico, cosa che ovviamente non avrebbe mai ammesso.
-non ti sei alzata molto- constatò in tutta la sua inutilità Silvet, riferendosi alla sua bassa statura. Ignorò deliberatamente l'esclamazione, scovando migliaia di nomignoli dispregiativi, ma uno meno convenzionale dell'altro -conosci senza indugio la strada- affermò nuovamente, facendo vibrare i suoi nervi già poco stabili, ogni istante in più che passava, in cui doveva sopportare la sua odiosa vocetta, perdeva sempre più lucidità. Notò il desiderio puntiglioso che provava nel sentirla parlare, cosa che lei non condivideva, anzi, percepì un moto di irritazione, ripudio, estendersi a macchia d’olio nel minuto corpo, per tutti loro, così interessati alla sua insofferenza per la situazione, che la scrutavano con sguardo fermo e attento.
-incredibile, eh? Vivo qui dentro solo da cinque anni- disse velenosa, continuando a puntare gli occhi di fronte a se.
-passati da sola- bisbigliò colpendola con uno degli infiniti sistemi esageratamente accessibili che avevano per neutralizzarla.
-mai sola quanto tante altre persone, che ci affogano nel loro eremo- rimbeccò riferendosi volutamente a tutto l’isolamento che loro stessi, instancabilmente, senza avere scelta, dovevano sorbire. Si pentì immediatamente dell’iperbole della sua affermazione, troppo grande per essere espressa da una bocca che non aveva mai assaggiato le loro costrizioni nel loro mondo di sogni di gloria.
-sola quanto basta per essere infelice- non rispose, trovandosi completamente d'accordo con l'insinuazione. Avvertì un lieve spostamento d'aria, sentendo penetrare nelle narici, il profumo seducente di Pierre, fece ruotare gli occhi, notando la vicinanza creatasi tra loro, ma quando riscontrò le iridi azzurre, incatenarsi alle sue, non poté evitare di voltarsi, umiliata dallo stesso amore autodistruttivo che provava per lui -credi nell'amore?- per quanto potesse imporsi, non poteva impedirgli di sganciare tutte le bombe che aveva nel palmo della mano.
-credo nella sincerità- bisbigliò schiacciata dal passato, da tutto ciò che ancora doveva subire, tutto ciò che era ancora troppo fresco, troppo vicino alla pelle viva.
-io ti ho chiesto se credi nell'amore-
-è triste-
-cosa, l'amore?-
-no, la situazione- rispose decisa regalandogli un'occhiata colma di superiorità netta nel solo saper essere stata capace ad affrontare tutto, senza dover rompere, per puro divertimento, l'anima a nessuno.
-sono semplici domande- si giustificò passandosi una mano tra i capelli argentei, costruendo un sorriso sornione.
-Silvet, basta così- decretò senza indugio Pierre, creando turbolenza all’interno della sua gabbia toracica. Si sentì nuovamente protetta, avvolta nel calore dei suoi abbracci, in un nido ovattato in cui era sicura ci fosse lui.
Ma ricordava perfettamente quanto le fosse costata la distruzione di quel mondo, la distruzione di tutte le speranze che lui stesso le aveva costruito.
-non ho bisogno del tuo aiuto, grazie- esclamò spaurita, puntando, per la prima volta forse, lo sguardo nel suo, riuscendo a tenergli testa,  concedendosi il tempo di studiare quelle sfumature cerulee e allo stesso tempo adornate di velati pigmenti color carta da zucchero, che si scurivano fino al blu cobalto vicino alla pupilla. Ci si poteva innamorare anche solo per gli occhi, che venivano sfoggiati da quel viso con tanta eleganza e incomparabile maestria nel sedurre e intrigare.
-io credo ne avessi- le rispose mantenendo la sua naturale calma e freddezza, facendo alterare i suoi bollenti spiriti. Le si tinsero le guance assumendo una tonalità purpurea. Gli venne da ridere nel vederla così infervorata, sarebbe stato difficile riprendere l'abitudine dei suoi ritmi così vivi.
-non ho bisogno di te!- esclamò traboccante di ira fino alla punta dei capelli, per poi crogiolarsi nell'imbarazzo, solo qualche attimo più tardi, dopo una pausa di concreta serietà da parte di entrambi, desiderosi di dimostrarsi chi per primo avrebbe ceduto nelle braccia dell'altro. La ragazza costruì un muro, attorno a se, che non lasciasse penetrare neanche la più discreta e involontaria parola che facesse anche solo un vago riferimento alla loro storia finita da troppi anni, ma a cui non era mai stata data una concreta fine, poiché ancora troppo presto, erano ancora desiderosi di farsi del male, di farsi cullare da quella tristezza, che presto o tardi si sarebbe trasformato in una spiacevole malinconia.
Li scortò ancora per pochi metri, per poi confermargli che li aspettavano nella sala in cui erano stati precedentemente. Si affrettò ad allontanarsi, consapevole della pericolosità di quella vicinanza. Avrebbe sicuramente ceduto.
 
-come facciamo ad essere sicuri che non è un complotto per sabotarci?- domandò lascivo il consigliere del “principe”. Alla ragazza tremarono le mani dall’irritazione provata per quella sottospecie di essere.
-allo stesso modo in cui noi vogliamo credere voi non vogliate organizzare una rappresaglia- spiegò, per l’ennesima volta, Robin.
-saremmo nel vostro territorio-
-siete anche nettamente più forti- lei sentì il suo sguardo scivolare fino alla sua figura, studiarla con deliberata lentezza, schernirla con gli occhi.
-il bersaglio sei tu, maestà, fai attenzione- alzò le pupille, fronteggiando quell’uomo che aveva sempre odiato con tutta se stessa.
-state attenti anche voi, al vostro principino. Oh, quasi dimenticavo, se non sbaglio il vostro Principe è tornato con la coda tra le gambe dai Malefici, è al sicuro. Allora ti devo dar ragione, Silvet, fortunata come sono, se anche provassero a proteggermi, potrebbe sempre esserci l’uccellino troppo codardo che rivela dov’è il tassello debole da colpire-si espresse lentamente, gustandosi ogni cambiamento di espressione, ogni movimento che la facesse sussultare di gioia. Dopo aver sputato il rospo su ciò che pensava di Pierre, avvertì comunque una strana sensazione di malessere che le attanagliava il cuore. Si alzò stordita dal mal di testa, facendo per andare verso la porta d’uscita, ma le fitte le limitarono persino le forze.
-Chocola, che hai?- sentì le gambe cedere, facendola crollare in ginocchio a terra. Percepì le mani di Houx, avvolgerle la vita con un braccio, invitandola ad alzarsi.
-vieni, ti porto nella tua stanza- la sollevò da terra, quando era sull’orlo di perdere i sensi, come era già capitato fin troppo spesso.
-pare non abbiate una regina troppo in forze- espresse a voce i suoi pensieri, uno degli ospiti a loro sconosciuti. Gli occhi di Vanilla svettarono sulla sua figura, divenendo glaciali nel sentire quelle parole rivolte alla sua migliore amica.
Pierre fu torturato per qualche interminabile secondo, divorato dal desiderio di sapere cosa stesse succedendo –era già capitato?- chiese spaurito. Saul lo squadro mordendosi la lingua pur di non urlargli in faccia quanti danni e problemi aveva causato la sua assenza –ha qualche problema alimentare, non va d’accordo con il cibo- cercò di esprimersi in maniera più gentile possibile, nonostante i denti stretti.
-ha frequentemente cali di zuccheri, non mangia quasi per niente quando è semplicemente nervosa, preoccupata, o pensierosa. Quando esce ha bisogno di qualcuno che la scorti, on d’evitare incidenti- la notizia lasciò sbalorditi i presenti, e per quanto cercasse di farne a meno, Pierre non poteva evitare lo sguardo puntato di Saul, che gli avrebbe fatto sbranare, in quella e mille altri notti, il rimorso di aver agito, in apparenza, come il più miserevole dei vigliacchi.
 
Commenti dell’autore:
Ok, cominciamo con il titolo “every teardrop is a waterfall” (ogni lacrima è una cascata) ho scelto questo titolo non solo perché credo profondamente nel significato, ma poiché ne ho fatto il mio nuovo mantra, per così dire. Sì, perché quando scrivo una scena, cerco sempre di pensare alla frase, poiché in ogni piccola emozione cerco di mettere una cascata, anche se in una scena di Shakespeare in love, il protagonista avverte l’attore di non mettere troppa enfasi in ogni cosa, per non consumare tutto subito C: io comunque cerco di far sì che le sensazioni vengano percepite forti e chiare, dritte al punto, così da far percepire, anche se da lontano, le stesse emozioni.
Il frammento di testo che ho messo all’inizio è di una delle mie canzoni preferite, che da anche il nome alla storia, ogni volta che la sento mi piange il cuore e non posso fare a meno di commuovermi, metaforicamente parlando, si intende. 
Successivamente, c’è il discorso con la madre, che fa intendere quanto distacco ci sia ancora tra le due, ma comunque fa capire anche che Cinnamon, in un modo o nell’altro, è una presenza nella vita di Chocola. Io, sinceramente, la trovo una delle mie scene preferite. Successivamente c’è l’incontro-scontro con i Malefici, e non da meno, con lui. Non ritengo la sequenza sia venuta nel modo in cui volevo farla apparire, spero comunque abbia fatto comprendere ciò che intendevo.
Nell’ultima parte ci sono 2 fattori rilevanti, il pensiero che ha Chocola di Pierre, la delusione che sente nei suoi confronti visto che quando l’ha lasciata, è tornato dai Malefici, senza fornire spiegazioni, e i suoi problemi alimentari, che spiegherò successivamente come sono iniziati e anche la causa (anche se credo sia palese).
Mi auguro di non annoiare troppo con i primi capitoli, e di riuscire a coinvolgere anche solo in minima parte la vostra attenzione.
Bacio Marmelade

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il Coraggio Di Gridare ***


Baby it’s hard

And it feel like you’re broken in scar

Nothing feels right

But when you’re with me

I make you believe

That I’ve got the key

Maroon 5: Moves Like Jagger

 

Si addentrò tra i corridoi, in cerca di qualcuno che gli dicesse qualcosa, anche la più insignificante delle parole, che gli confermasse tutte le fervide speranze in cui si era crogiolato nel lasso di tempo in cui, in realtà, avrebbe dovuto dormire. Intravide una delle ciocche castano ramate di Houx, accelerando di rimando il passo, senza che neanche fosse sua intenzione. Si lanciò in avanti, afferrandogli una spalla pur di fermarlo. Lo vide voltarsi, gracile come era sempre stato –come sta?- chiese laconico, continuando ad impugnare, con forse eccessiva forza, il suo braccio.

-riposa, il medico che l’ha visitata mi ha detto che non mangia abbastanza, che la situazione potrebbe peggiorare non intervenendo- annuì, nonostante le sue facoltà mentali furono ridotte a zero, visto l’immagine senza alcuna tempra della ragazzina dai capelli rossi che non vedeva l’ora di vedere, così da poter constatare con mano, che non era poi così grave, frase che si continuava a ripetere, ma di cui, purtroppo, non era certo –non è il caso tu entri- cercò di avvertirlo Houx, vedendolo sorpassarlo con una certa frenesia, raggiungendo la soglia della stanza di Chocola. Ma non osò pretendere di bloccarlo, per quanto tutti lo negassero, la sua presenza, aveva la sensazione, l’avrebbe riportata alla vita.

Si precipitò nella camera scura, illuminata appena da una fioca luce proveniente dalla piccola fiamma creata con la magia, proveniente da uno dei tanti oblò di cristallo posizionati sul comodino. Accanto, dove giaceva lei, c’era un letto a baldacchino –Chocola…- la richiamò flebilmente contando i passi che ancora lo distanziavano dal suo corpo. Riuscì a intravederne solo le spalle minute della ragazza, coperta da un lenzuolo di cui non riusciva a distinguere la tinteggiatura. Gli si strinse il cuore nel vedere la sua streghetta in quelle condizioni. Scostò con una mano i teli cadenti fino al materasso, notando le mani chiuse a pugno, tenute sul cuscino, accanto alla fronte, si sporse leggermente, riuscendo a ravvisare gli occhi verdi spalancati, dritti verso il muro. Si sedette con delicatezza, facendola appena sussultare per la sorpresa –come ti senti?- la ragazza inarcò un sopracciglio, infastidita dal suo improvviso –e innaturale- interessamento.

-bene- lo liquidò alzandosi le coperte fino al mento –che fai qui?-

-ero preoccupato per te- rispose in un sibilo, tentato dallo sdraiarsi accanto a lei e stringerla, anche contro la sua volontà, alla ricerca del suo calore.

-non ci provare Pierre, non provare nemmeno ad insinuare di sentire anche la minima emozione per me, perché non ci credo, non ci casco più- portò le ginocchia al petto, cercando di nasconderci nel mezzo, le lacrime traboccanti dagli occhioni smeraldi. Non controbatté, per qualche secondo, lasciando che la sua rabbia lo guidasse. Sapeva di avere poco tempo a disposizione per riuscire ad ottenere il suo perdono.

-credi che non ti abbia amata?- si sbilanciò nella sua impresa, scavando, con tutta la forza di cui era disposto, pur di spaccare quel muro di granito che lei aveva messo tra loro. La vide tirarsi su con uno scatto nervoso, puntando gli occhi nei suoi, le dita tremanti dal nervoso.

-non devi neanche pormela una domanda del genere. Tu non sai cos’è l’amore. Io ho rischiato la mia vita per te, ti avrei donato tutta me stessa se solo me l’avessi chiesto. Te ne sei sempre fregato di tutto, me compresa. Non c’è stata una singola volta in cui hai messo me prima del tuo gigantesco ego, prima della tua faccia! Quindi non farmi certe domande, Pierre. Continua a pensare a te, come hai sempre fatto, me la so cavare, non ho bisogno della pietà di qualcuno che è messo peggio di me- scandì accuratamente, intonando delle sfumature troppo rigide per fargli pensare di poter cambiare qualcosa.

Trafitto dalle lame della verità, tentò di avvicinare la mano alla sua, per sfiorarla, per provarle ciò che era stato corrotto dalle sue stesse scelte, ma la ritrasse, impaurita che la scottasse ancora; desiderosa che la prendesse, la costringesse ad ascoltare e provarle quanto quell’amore non fosse a senso unico. Ma lo vide alzarsi, senza avere nemmeno il coraggio di affrontarla, lasciandola in quel letto, divorata da se stessa, da lui, da tutto ciò che non avrebbe riavuto perché troppo lontano, troppo offuscato da ciò che aveva la precedenza in quell’intreccio di problemi che si scavalcavano, si schiacciavano, in attesa di arrivare alla verità, a ciò che avrebbe migliorato tutto. E loro erano lì, in coda, come tutti gli altri, ma senza oltrepassare, senza dare spintoni, lasciando libero il passaggio, evitando di arrivare al punto in cui avrebbero capito cosa c’era da fare, cosa avevano errato. Ma non volevano arrivare lì, Pierre le tendeva una mano per provare a guadagnarsi un posto, ma Chocola, chiusa nel suo nido d’api, rimaneva a fissare quella mano, rifiutandosi di vederla andare avanti senza di lei, ma non concedendosi di afferrarla.

Passarono un paio di giorni prima di ritrovare la forza di alzare il sedere da quel letto che l’aveva cullata, e tornare al suo posto, si sentì dire quanto i Malefici stessero rispettando un certo rigore, e quanto li aiutassero quando, in casi estremi, avevano bisogno di qualcuno che ci mettesse la mano. Da quando Chocola, sconfiggendo Ice, aveva purificato in parte anche i loro cuori, notò il cambiamento nei loro occhi, nel modo di vedere, di comprendere le cose. Non appena entrata nella sala dove si svolgevano le conferenze con i Saggi, e gli incontri forzati con Pierre, non poté fare a meno di notare il suo posto preso da Vanilla. Si incupì, nel percepire tutti gli occhi puntati verso di se, e nonostante tutto, la principessina non sembrava entusiasta di occupare quella poltrona –che succede?- sibilò rivolgendo uno sguardo carico di stupore a tutti i presenti.

-Pierre ha proposto di sostituirti, almeno per il periodo delle cure, così da non avere la possibilità di sgarrare solo perché la regina ha uno svenimento, abbiamo accettato Chocola, per precauzione, non appena sarai in forze tornerai a regnare- digrignò i denti nel sentire le parole di Glass. Un moto di irritazione le partì al centro della pancia, dilagandosi per tutto il corpo. Si avvicinò tintinnante a Robin, supplicandolo con gli occhi.

-Robin non permetterai di certo che accada- e nonostante la preghiera di una risposta affermativa, l’unica cosa che riuscì ad ottenere fu un il suo capo abbassato.

-è necessario, Chocola, non possiamo permetterci errori- chiuse i pugni, stupefatta dalla falsità delle persone su cui era convinta poter contare. Vanilla sibilò un flebile “scusa”, ma non diede neanche peso a lei, sapeva non avesse fatto nulla, non a dispetto degli altri. Percepì la nausea, la voglia di vomitare, per colpa di quel ragazzo che era riuscito a rovinarle, in soli pochi giorni, tutto. Sentì i suoi passi affrettati tentare di raggiungerla, non appena uscita dalla stanza.

-aspetta, Chocola!-si fece scivolare la sua supplica addosso, continuando a sentir rimbombare le parole di Glass nella testa, il suo nome venir ripetuto un’infinità di volte –fermati- le impose, prendendola per la vita e costringendola a girarsi. Sentì una scarica elettrica attraversarle le braccia, fino alla mano, che usò per colpirgli la pallida guancia, come per liberare su di lui la scossa.

-mi fai schifo!- gridò incontenibile –non ti bastava appropriarti del mio palazzo?! Dovevi manipolare anche il mio ruolo?!-

-ho agito per il tuo bene! Sei svenuta, non sei nelle condizioni di poter regnare, perché non capisci?- la ragazza strinse le mani, premendo le unghie nella pelle.

-ti odio. Io ti odio, con tutta me stessa, ti odio, vorrei non averti mai incontrato, vorrei sparissi dalla mia vita!- il tono glaciale lo spiazzò, riuscendo a fargli trattenere il respiro –vorresti agire per il mio bene?! Vattene. Sarebbe la soluzione migliore. Quando ci sei tu, quando semplicemente vieni nominato, nascono solo problemi! Vai, lo hai già fatto, sono abituata alla tua assenza da anni!-e in un battito di ciglia, capirono che il problema non era la sua sostituzione, continuava ad essere, da tempo, quel dolore asciutto che aveva respirato nell’aria senza nessun riguardo.

-se solo mi lasciassi parlare, ti spiegherei il motivo per cui me ne sono andato!- la rossa si accigliò, percependo il punto in cui stringeva con le dita, cominciare a pizzicare, non se ne preoccupò nemmeno, troppo concentrata com’era nello sfogare tutta la sua rabbia.

-non lo voglio sapere! Mi basta vedere che per cinque anni ho saputo che eri ancora vivo tramite i disastri che te e i tuoi fidati facevate, per farmi provare ripugnanza alla sola idea di una spiegazione!-

-sei una ragazzina testarda, mi ami e non lo ammetti, come sempre, vuoi me al tuo fianco e se solo provo ad avvicinarti mi respingi! Non potrai rinfacciarmi tutto all’infinito, prima o poi dovrai accettare l’idea di avere delle spiegazioni!- si irritò Pierre, dalla testardaggine della ragazza, nel voler adottare modi tanto bruschi e monotoni.

-io non ti amo e non ti voglio, non più! Tu sei solo capace di distruggere, ovunque passi crei dei danni, non sei stato neanche in grado di tener fede ad una fazione!- le lacrime riversarono da i suoi occhi, rendendo il suo viso paonazzo –perché mi hai lasciata?- sibilò frustrata, sentendosi il respiro mancare, sperando comprendesse che quella, più che una domanda, era un implorazione a fornirle una scusa quantomeno credibile, così da poter almeno giustificare l’accaduto.

-smettila di piangere- le impose atono, non lasciando trapelare neanche un minimo della preoccupazione che risiedeva nel suo cuore, mista all’incapacità di reagire a una situazione del genere.

-sei stato crudele, per cinque anni mi sono incolpata poiché non riuscivo a dare un senso a tutto- si sentì afferrare i polsi, a parte lo schiaffo, forse era il primo contatto che avevano. Ma di certo non percepiva la sua pelle vellutata, solo la forza delle dita affusolate scagliarsi violenta su di lei. Non osò chiedergli di lasciarla, desiderosa di ascoltare cosa aveva da confessarle.

-hai ragione, sono stato crudele con te, ma ti giuro che non ho agito da vigliacco. Non saresti qui se fossi rimasto…-

-mi sarebbe bastato rimanere con te- sussurrò non riuscendo a fermare quel pianto liberatorio. I loro occhi si incrociarono per un’istante, desiderosi di ricavare affetto l’uno dall’altro, di riprendersi tutto ciò di cui si erano privati –hai rovinato tutto- e così finendo, spinse via le sue mani, voltandosi.

-sei ancora mia, riuscirò a dimostrartelo- la ragazza fece un passo davanti all’altro, contandoli con lentezza. Si passò una mano su una ciocca ricaduta davanti al viso.

-è tardi, Pierre- non credeva che un giorno del genere potesse mai arrivare, ma aveva detto ciò che doveva dire, tutto ciò che pensava. Strinse i pugni, in un qualche angolo del suo cuore, ancora sperava non finisse così, di non dover rinunciare a lui. Ma non poteva permettere alla sua dignità di venir calpestata da lui, dal suo modo di fare. Si sentì avvinghiare per le spalle, le braccia avvolgerla, il suo calore di nuovo addosso.

-giurami di non amarmi, giuramelo, e ti prometto di andarmene- in quell’istante, se anche avesse voluto, non sarebbe stata in grado di comporre una frase di senso compiuto. Sentiva il suo alito sul collo, il calore invaderla avvolgendola in un’innocenza dai riflessi tetri e inspiegabilmente attraenti. I battiti del cuore accelerati ma comunque in perfetta sincronia. Irrigidì la mascella nel percepire la sua mano, risalire lentamente il corpo fino alla guancia candida, che tastò indisturbato, assaporandone la consistenza. Nonostante fosse voltata di spalle, poteva perfettamente recepire la soddisfazione che sentiva in quel delicato contatto. D’altra parte, lei, nell’ascoltare il suono della sua voce, per la prima volta così malleabile, così permissiva, provò un’insensata beatitudine, così come nel cogliere quell’invito così esplicito, quasi arrogante, nel lasciarsi andare. Voltò il viso, pensando di riuscire a dire qualcosa, pensando di poter contrattare così facilmente con il nemico. Ma era troppo esposta, forse entrambi lo erano, e di contrattare non se ne parlava, non in una situazione così ferma, così sorda e immobile.

Vide gli occhi verdi incastrarsi nei suoi, rimase estasiato nel notare il rossore delle labbra carnose. Ne era sempre stato attratto, da quei contorni disegnati, quella purezza e ingenuità. Si chiese quanti dopo di lui avevano avuto l’onore di assaggiarle tanti, probabilmente, forse troppi si rispose comprendendo la bellezza di cui la ragazza era padrona, dell’effetto che faceva su chi la guardava. Il suo modo di fare, la sua spontaneità, erano diventati una calamita per gli occhi, veniva vista come un’inspiegabile richiamo. Perfino in Silvet, che l’aveva sempre ritenuta un’ingenua ragazzina, aveva scovato un’ombra maliziosa nel vederla sorridere spensieratamente.
Le puntò due dita, alzandole il volto con gentilezza. Non vedendo contestazioni in lei, si avvicinò senza indugio a quei boccioli che per lui erano una meraviglia, che per primo aveva saputo cogliere, come un frutto. Le assaporò una seconda volta, con troppa distanza temporale. Ma forse era meglio così, erano più grandi, più maturi. Sentì il suo sapore nella bocca, le sue labbra rispondere con frenesia, e fu come tornare a respirare. Non appena la fece voltare, sentì le sue dita affondare nei suoi capelli biondi, arrivare a mettersi in punta di piedi pur di non perdersi niente. La strinse per la vita con un braccio, facendo aderire i rispettivi corpi. La scontrosità di quei baci, la rabbia messa nel contatto tra le loro lingue, faceva ormai parte del gioco che avevano iniziato. Sentirono un rumore di passi percorrere il corridoio che li distanziava dalla sala delle riunione –Pierre, sta arrivando qualcuno…- mugugnò cercando di allontanarlo, ma ogni qual volta le loro labbra subivano un contatto, ricadevano nella tela –Pierre…-

 

Commenti dell’autore:

ciao a tutti! Finalmente ce l’ho fatta a far succedere qualcosa! Non potevo più aspettare :D
Ci voleva però la sfuriata di Chocola, almeno adesso il principino ha i sensi di colpa con cui fare i conti C: vorrei consigliare una canzone che mi ha fatto letteralmente innamorare (lo so che non c’entra niente, ma non so di che blaterare) rolling in the deep, ma non cantata da Adele (sono una sua devotissima fan), dai Linkin Park, è meravigliosa *-* ok, sto rompendo, vi lascio.

Morph

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=818209