Raccontami di noi

di TittiGranger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Happy birthday ***
Capitolo 2: *** The promise ***
Capitolo 3: *** Confundo ***
Capitolo 4: *** Lipstick ***
Capitolo 5: *** That's All ***
Capitolo 6: *** The King ***
Capitolo 7: *** Choose me ***
Capitolo 8: *** Summer Fever ***
Capitolo 9: *** Immense ***



Capitolo 1
*** Happy birthday ***


Secondo il mio progetto iniziale,

Secondo il mio progetto iniziale,

Questa scena non era compresa nella raccolta.

L’ho scritta perché voglio dedicarla ad EmmaHp7,

 perché è un’autrice in gambissima,

perché è una lettrice sincera,

perché è lei, semplicemente.

 

 

 

 

Happy Birthday

 

La scena è ambientata il giorno del ritorno di Hermione da Hogwarts, al termine del suo settimo anno.

 

 

- Sono distrutto - sentenziò Ron in tono plateale, lasciandosi scivolare sulla poltrona a fiorellini di Hermione.

Dall’altra parte della stanza, lei si limitò a borbottare qualcosa da dietro il massiccio baule che stava svuotando; dietro di lei, una piccola montagna di roba si ergeva disordinata, in attesa che la mente razionale e precisa di Hermione decidesse quale fosse la sistemazione più consona di ogni cosa.

- Fino a prova contraria, Ronald, sono io che mi sono fatta un viaggio di otto ore oggi - protestò lei, con la testa praticamente infilata nel baule  - Per di più, ora sto anche sistemando tutto questo - disse, riemergendo e alzandosi a fatica, con i capelli stravolti e stringendo tra le braccia un mucchio di pergamene - Mentre tu te ne stai spaparanzato sulla poltrona! - aggiunse, scaraventando le pergamene sul copriletto violaceo del suo letto - Ergo, non sei nella condizione di poter essere stanco!

Dal canto suo, Ron si limitò ad aprire un occhio, cosa che sembrò costargli uno sforzo abnorme.

- Io ho portato il baule, signorina. Non ce lo dimentichiamo - disse, mentre si stiracchiava.

Hermione corrugò la fronte, incrociando le braccia e guardando sconsolata la sua stanza, praticamente sommersa da oggetti di ogni genere - Tu non hai portato il baule, Ronald! Hai semplicemente fatto un incantesimo! Al massimo hai sforzato il polso, guarda.

- Dettagli - disse lui, ancora buttato sulla poltrona, con le lunghe gambe che quasi raggiungevano la sponda del letto - Che poi… Miseriaccia! - Ron emise un lungo fischio quando, aperti gli occhi, si rese conto del caos in cui, a distanza di pochi minuti, si era ritrovato - Come diavolo faceva tutta questa mercanzia a stare nel baule, Hermione? - chiese, tirandosi su e facendosi largo tra le montagne di vestiti, libri, penne, pergamene, boccette di pozioni e tanti altri oggetti non identificati che occupavano la stanza - fino a pochi minuti prima immacolata - di Hermione.

- Incantesimo Estensivo - rispose lei semplicemente, passandosi una mano tra i capelli scomposti - Non credevo che fosse così tanta roba, però.

Ron schioccò la lingua, osservando le decine di libri che, impilati a piccoli gruppi, ricoprivano gran parte del pavimento della vasta stanza da letto - Va bene, dai. Io penso a sistemare questi - disse Ron, chinandosi a raccogliere un pesante tomo di Incantesimi - Tu… occupati di quelli - disse, gettando un’occhiata agli indumenti di Hermione, mentre arrossiva leggermente.

Hermione sorrise e, di slancio, si alzò sulle punte dei piedi per baciare Ron sulle labbra - Grazie - gli soffiò contro, percependo le labbra di lui distendersi in un sorriso.

Si allontanò prontamente, prima che Ron venisse distratto da qualcos’altro e fosse distolto dal suo proposito di aiutarla con quel macello.

- Ci dovrebbero essere degli altri libri nel baule! - disse lei a voce alta, scomparendo nella cabina armadio con un malloppo di vestiti tra le braccia.

Ron alzò gli occhi al cielo, mentre, svogliatamente si trascinava verso la libreria e cominciava a sistemare con attenzione i libri, sapendo comunque che Hermione ci avrebbe in ogni caso rimesso le mani.

Dopodichè, dribblando i cumuli di roba ancora sparpagliati ovunque, raggiunse nuovamente il baule, proprio mentre Hermione riemergeva dall’armadio.

- Te lo dicevo io che leggere, alla lunga, può provocare danni alla salute - borbottò, la voce attutita dal baule.

Hermione si limitò a scuotere la testa e a sorridere, mentre ripiegava delle magliette, accatastandole sul letto. Ron riuscì dal baule, stringendo tra le mani un groviglio di lana.

- Ho trovato anche queste - disse, togliendosi malamente i capelli dalla fronte, indicando quelle che dovevano essere sciarpe arrotolate - Forse dovresti…

Ma mentre le porgeva ad Hermione, qualcosa scivolò dal groviglio e cadde  a terra, tintinnando sul pavimento di marmo e scivolando fino ai piedi di Hermione.

Quando entrambi riuscirono ad identificare l’oggetto, l’uno cercò subito lo sguardo dell’altra, che, dopo un momento di iniziale stupore, sorrise…

 

Quella mattina era particolarmente fredda.

Troppo per essere solo la metà di settembre. L’alba era passata da poco, ma Hermione era già sveglia e attiva, pronta per il suo giro di controllo.

La radura che avevano scelto era particolarmente pacifica. Una distesa di verde, misto al marrone- giallognolo di alcune piante, contribuiva ad acquietare ulteriormente quel posto già di per sé tranquillissimo.

Si strinse nel cappuccio della sua felpa, inspirando profondamente quell’aria profumata, mentre le ultime cicale della stagione la salutavano con il loro canto sommesso.

Uno scricchiolio di passi alle sue spalle turbò la pace di quel momento, facendola sobbalzare.

D’istinto si voltò, puntando la bacchetta, mentre il cuore iniziava a batterle forte.

- Calma, calma! Sono io - Ron si azzardò a fare qualche passo avanti, timoroso, continuando a tenere le mani alzate di fronte a sé. Anche lui indossava una felpa abbottonata fin sopra; quando comprese di aver scampato il pericolo, si decise ad infilarle nelle tasche dei jeans.

- Mi hai spaventata - disse semplicemente lei. In condizioni normali gli avrebbe fatto una ramanzina sul quanto potesse essere pericoloso comparire così d’improvviso e alle spalle di qualcuno, ma stavolta, con sorpresa di Ron, non fu così - Che ci fai sveglio così presto?

Ron fece spallucce, grattandosi la testa mentre si avvicinava di qualche passo ancora - Volevo essere il primo.

Hermione, dopo un attimo di esitazione sorrise, distogliendo lo sguardo, con il piccolo viso incorniciato dalla stoffa della sua felpa.

- E’… carino da parte tua, Ron - fece, imbarazzata, appoggiandosi al tronco nodoso di un albero quasi spoglio. Una lieve folata di vento smosse la radura intorno a loro, parecchie foglie volteggiarono, staccandosi da quella che fino a quel momento era stata la loro casa, il loro posto… per finire dove il vento le avrebbe portate.

Un po’ come stava accadendo a loro.

- Sì, bè… - Ron deglutì, guardandosi attorno - Avrei voluto prepararti delle uova con il bacon ma… non ho trovato le uova. E neanche il bacon, in realtà.

Hermione stavolta ridacchiò e quel suonò provocò in Ron un calore in grado di sconfiggere qualsiasi brezza mattutina.

- E’ come se lo avessi fatto… - disse dolcemente Hermione, guardandolo.

Sapeva perché Ron le stava dicendo quello.

Sapeva che a quell’ora si sarebbero abbuffati di uova, bacon e succo di zucca se fossero stati a casa.

Sapeva che si sarebbe svegliata con un biglietto dei suoi, se tutto fosse stato normale.

Ron sospirò, guardandosi i piedi. Sembrava sul punto di dire qualcosa; dondolava nervoso, da un piede ad un altro, senza guardarla. Ad un certo punto, si chinò, raccogliendo da terra una pietrolina bitorzoluta e sporca di fango.

Se la rigirò tra le mani, poi fece un profondo respiro e tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei suoi pantaloni.

Hermione lo guardò curiosa, mentre lui, con un incantesimo borbottato, trasfigurava la pietra in un bellissimo fiore arancione. Rimase a fissarlo per alcuni secondi, apparentemente stupito, come se non credesse davvero di essere riuscito a fare una cosa del genere.

- Oh… - disse spiazzato e imbarazzato al tempo stesso. Con le orecchie arrossate, finalmente si decise a guardarla e quando i suoi occhi incontrarono lo sguardo dolce di lei, ogni timore scomparve - Non… non ero sicuro di riuscirci - si giustificò, avvicinando all’albero a cui lei era appoggiata - E’ da un po’ di giorni che mi esercito con questo incantesimo, ma non sempre mi riusciva - disse con naturalezza, raggiungendola.

Hermione gli sorrise, evitando di dirgli che lei praticava quell’incantesimo dall’estate del loro secondo anno.

- E’ bellissimo, Ron. Grazie - disse, afferrando il bel fiore che lui le stava porgendo. Subito però, distolse lo sguardo - La McGrannit sarebbe orgogliosa - scherzò.

Lui ridacchiò, ma subito il suo sorriso scomparve, lasciando il posto ad un‘espressione seria- Avrei voluto poter fare di più… - disse Ron, improvvisamente - Vorrei poter fare di più, Hermione.

Hermione rabbrividì quando lui le sfiorò leggermente il braccio. Fu solo in quel momento che si decise a guardarlo.

- Senti, io…

- Lo so- disse Hermione, scuotendo la testa per bloccarlo - Anche io avrei voluto poter fare di più - assicurò lei, comprendendo che dietro le parole di Ron non ci fosse solamente il rammarico per un regalo così povero - Abbiamo avuto tempi diversi e non ci siamo mai incontrati… è stata solo sfortuna, Ron.

Ron si passò una mano sulle tempie e sopirò - Tempismo di merda.

Hermione ridacchiò di nuovo, sommessamente, mentre si rigirava il fiore tra le mani.

- E’ troppo tardi ora, vero? - chiese lui, tornando a guardarsi i piedi.

Quella domanda provocò in Hermione un’incontrastabile voglia di piangere.

Piangere per tutto ciò che aveva perso.

Per tutto ciò che stava perdendo ora e che non sapeva se avrebbe mai più potuto recuperare.

- Non è tardi - disse con una vocina sottile, ma sufficientemente convinta. A quelle parole, Ron alzò lo sguardo, speranzoso e stupito - Ma non è questo il momento giusto, Ron - concluse lei, tirando su con il naso.

Ron abbassò le spalle, mentre la speranza di poco prima lo abbandonava.

- Temevo che rispondessi questo - fece lui, mentre il cuore di Hermione subiva una stretta insopportabile - Ma non saresti stata tu se avessi detto qualsiasi altra cosa - aggiunse, sorridendole.

Questo sembrò alleviare leggermente il peso e la tensione che si era creata.

Rimasero qualche minuto in ascolto del silenzio, lasciando che immagini e pensieri positivi prendessero il sopravvento sulla realtà.

- Pensi che durerà? - disse poi Ron, ancora fermo accanto a lei e con le mani in tasta, indicando, con un movimento del viso, il fiore che Hermione stringeva tra le dita - Ce la farà a resistere fino a quando tutto sarà finito? A non appassire?

Hermione mantenne il contatto con gli occhi azzurri di lui, prima di rispondere. Dopodichè, tornò a guardare il fiore e inaspettatamente, sotto lo sguardo curioso di Ron, afferrò la bacchetta e la puntò contro il fiore.

- Finite Incantatem - all’istante, il fiore scomparve, lasciando il posto alla pietrolina infangata.

Hermione la osservò, tenendola sul palmo della mano, poi chiuse le dita, portandosi il pugno al petto in un gesto di protezione.

- Così dovrà durare per forza.

Lo disse con tenerezza e imbarazzo, mordendosi le labbra.

Ron annuì, mentre di nuovo, si insinuava in lui la speranza che magari non fosse tutto perduto.

Le si avvicinò di un paio di passi e titubante, le sfiorò la nuca coperta dalla stoffa della felpa, facendo una leggera pressione mentre si chinava a baciarle la fronte.

- Buon compleanno, Hermione.

Lei chiuse gli occhi, in quei pochi secondi in cui le loro pelli furono a contatto.

- Grazie, Ron.

 

Hermione si chinò a raccogliere la pietrolina, sollevandola con due dita.

- L’hai conservata - disse Ron, sorpreso, sorridendole.

- Certo che l’ho conservata - fece lei, guardandola quasi con affetto. Poi portò il suo sguardo su Ron e gli sorrise di rimando.

Lui gettò malamente sul letto il groviglio di sciarpe e cappelli e con pochi passi, schivando le piccole montagne di abiti e pergamene, la raggiunse.

- Posso? - disse, indicandole la pietruzza. Hermione fece spallucce e gliela porse, curiosa - Vediamo se mi ricordo… ah, sì!

Come aveva fatto quasi due anni prima, Ron borbottò l’incantesimo, lasciando che un meraviglioso fiore arancione prendesse il posto della pietra. Lo porse a Hermione, guardandola fisso con i suoi occhi azzurri, quegli occhi che nascondevano la stessa promessa che lei vi aveva ritrovato la prima volta.

- Ce l’abbiamo fatta alla fine - le disse, afferrandola per i fianchi - E’ durato.

- Ce l’abbiamo fatta - confermò Hermione, alzandosi sulle punte dei piedi per riuscire a raggiungere la sua bocca, concludendo la discussione iniziata nell’autunno di due anni prima e che allora, erano stati costretti a lasciare in sospeso… ma consapevoli del fatto che su quella piccola pietra avrebbero costruito la strada che, nonostante tutto e tutti, li avrebbe condotti verso il loro lieto fine.

 

 

Salve gente!

Questa è la prima di una raccolta di missing moments. Come era accaduto per “Hogwarts Express”( per capirci, questa può essere collocata benissimo dopo l‘ultimo capitolo di quella raccolta), anche in questo caso ho scelto un tema fisso: l’ho intitolata “Raccontami di noi” proprio perché saranno i personaggi stessi a raccontare o a ripensare ai momenti passati.

Un’ultima cosa… contrariamente alla precedente, questa raccolta non seguirà un ordine cronologico preciso: saranno dei salti nel tempo, ma non preoccupatevi, sarà sempre chiaro il momento di cui sto parlando ( se così non fosse, lo chiarirò in una nota).

 

Spero che l’idea vi piaccia e che questo inizio sia stato di vostro gradimento!!

Fatemi sapere, a presto

Titti

 

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Capitolo 2
*** The promise ***


Prima di tutto… grazie mille a tutti voi che leggete, recensite, inserite tra le seguite- preferite…

Prima di tutto… grazie mille a tutti voi che leggete, recensite, inserite tra le seguite- preferite…

E un grazie particolare a Vales,

perché la sua recensione dello scorso capitolo mi ha reso particolarmente orgogliosa.

 

The Promise

 

 

Il caos della Tana non era mai stato così ben mascherato.

Non che i suoi abitanti ci si dovessero impegnare molto… il silenzio era diventato la normalità in quegli ultimi due mesi e nessuno osava tentare di ripristinare l’allegro e continuo chiacchiericcio che da sempre aveva animato casa Weasley.

Se non avesse guardato il vistoso orologio appeso in cucina, Ron non si sarebbe neanche reso conto di che ora fosse.

Nelle ultime settimane, i giorni erano volati via.

Lo stesso avevano fatto i minuti, le ore. Senza che se ne fosse accorto  la mezzanotte di quel primo settembre era arrivato.

Ron sospirò, appoggiando i gomiti al massiccio tavolo della cucina, lasciandosi tranquillizzare dal buio e ignorando palesemente il bicchierone di latte posato di fronte a lui, la scusa a cui si era aggrappato per poter scendere in cucina… per sfuggire all’ansia che, nel suo letto, gli aveva mozzato il respiro.

- Per qualche strano motivo non mi stupisce trovarti qui.

Ron sorrise nell’udire quelle parole; il viso ancora stretto tra le mani.

Quando Ginny gli passò accanto, gli sfiorò le spalle, riempendosi una tazza, come aveva fatto lui poco prima. La vide muoversì nell’oscurità della cucina, a sprazzi illuminata dai raggi della luna che filtravano tra le tendine bianche.

- Sono io ad essere stupito - le disse, guardandola mentre si sedeva sulla sedia di fronte a lui, sorseggiando dalla sua tazza - Ti facevo a dormire da parecchio. Domani sarà una giornata impegnativa… - gli si smorzò la voce - …per voi.

Ginny sospirò, mentre gli rivolgeva uno sguardo carico di tenerezza e apprensione - Lo sarà per tutti.

In risposta, Ron si limitò a fare una strana smorfia con la bocca - Già.

Afferrò il suo bicchiere, osservando la superficie bianca e pura del latte incresparsi di molte piccole onde.

Non sapeva se gli andava di parlare.

Forse preferiva stare zitto. Non pensare per quelle poche ore che rimanevano e crogiolarsi ancora per poco nel pensiero di essere sotto lo stesso tetto.

O magari, aspettava solo lo spunto per sfogarsi. Per tirar fuori tutto ciò che gli consumava lo stomaco.

- Non cambierà nulla, Ron… - disse ad un certo punto Ginny, allungando la mano per sfiorare il braccio del fratello - Lo sai che lei non lo permetterebbe, vero?

Ron fece un mezzo sorriso malriuscito - E’ già cambiato tutto, Ginny.

- Non significa che sia un cambiamento negativo, però.

Ron si decise a guardare sua sorella. Nella penombra vide la ragazza forte e sicura di sé con cui era cresciuto e si rese conto di quanto fosse assolutamente necessaria nella sua vita.

La osservò mordersi le labbra, timorosa, turbata, ma decisa a non darsi per vinta.

Anche lei stava lasciando qualcosa, ma Ron sapeva che sarebbe tornata a riprendersela a qualsiasi costo.

Invidiò quella tempra, quella sicurezza che si celava in quella corporatura esile, in quella ragazza che sebbene indossasse una camicia da notte con un orsetto stampato sopra aveva la grinta di una giovane donna matura.

- E’ da giorni che mi chiedo… che… - cominciò Ron, ma d’improvviso gli mancarono le parole. Tirar fuori ciò che lo tormentava era più difficile di quanto avesse immaginato. Lo avrebbe reso più reale di quanto sarebbe riuscito a sopportare. Ma Ginny lo guardò negli occhi, incoraggiandolo con un movimento del viso - Mi domando se… se la mia scelta sia stata quella giusta. O se… se sarei dovuto… andare. Cioè… venire con voi ad Hogwarts…

Respirò profondamente, senza riuscire a guardarla in faccia. Si soffermò su una venatura del tavolo, ripercorrendone l’indefinito confine con un dito.

- Hermione non te lo avrebbe lasciato fare, sapendo che non è ciò che vuoi - disse semplicemente Ginny.

Ron annuì - Lo so. Ma forse avrei potuto…

- No!

La sicurezza con cui Ginny lo disse costrinse Ron a sollevare lo sguardo, stupito.

- Pensi davvero che Hermione sarebbe stata felice di vederti fare una cosa che in realtà non vuoi?  - non poteva vederla in faccia distintamente, ma la conosceva sufficientemente bene da poter dire con sicurezza che aveva inarcato le sopracciglia fino a formare una piccola V al centro della fronte.

- Non è questo, Ginny - Ron ingoiò il vuoto. Si passò una mano tra i capelli, nervoso.

- E allora cosa?

Ron si sfregò il viso con le mani, prendendo tempo. In realtà non ne aveva bisogno: sapeva perfettamente quale fosse il nocciolo della questione.

- Mi ero… mi sono ripromesso di non lasciarla più, dopo quello che… che le hanno fatto - dirlo a voce alta era a metà fra una liberazione e una pugnalata al cuore - Glielo avevo giurato.

- Oh - fu l’unica risposta di Ginny. Dall’espressione contrita del suo viso, Ron comprese che lei aveva colto al volo l’episodio che ancora lo tormentava.

Ron si portò le mani tra i capelli, esasperato.

Non avrebbe dovuto parlare.

Non avrebbe dovuto tirar fuori l’argomento.

Non avrebbe dovuto dare concretezza a quei pensieri con le parole.

Doveva distrarsi. Pensare a qualcos’altro, prima che…

 

- Crucio!

 

Ron chiuse gli occhi, mentre un senso di nausea gli si formava nello stomaco.

Lei sta bene. Ora sta bene. Sta bene. Non la toccheranno più. Sta bene”, si costrinse a pensare, gli occhi strizzati in una morsa di dolore.

- Forse… - Ginny si trovò nuovamente a parlare - Forse potrebbe farti bene parlarne, Ron - delicatamente, strisciò con la mani sul tavolo, fino a sfiorare quella del fratello. Lui continuava a guardare un punto fisso sul tavolo, l’espressione bassa - Io non so esattamente cosa sia successo. Hermione non ne ha mai parlato…

- E puoi biasimarla? - scattò Ron, rabbioso.

Ma Ginny non sembrò lasciarsi intimidire; strinse ancora di più la mano di Ron - Harry mi ha soltanto detto che… hanno cercato di farla parlare. E che sono stati brutali…

- La’hanno torturata, Ginny - puntualizzò lui. Stavolta fu Ginny a trasalire sulla sedia - Torturata. Ed io non ho potuto fare niente per impedirlo. Non ho fatto niente.

 

- Crucio!

Un urlo straziante, proveniente dal piano superiore, fu sufficientemente tagliente da squarciargli il cuore.

- HERMIONE!

Delle corde lo trattenevano; Ron cercava di divincolarsi, sentiva il dolore bruciante intorno ai polsi ma non gli interessava.

Un altro urlo.

Un’altra fitta al petto.

Ron sentiva le lacrime annebbiargli la vista, mentre si muoveva come un forsennato… tentando di sciogliere la presa ai polsi che lo bloccava.

Di sciogliere la presa intorno al cuore…

 

- Non… non c’era nulla che tu potessi fare, Ron - disse lentamente lei, guardandolo negli occhi - So che deve essere stato terribile. Terribile, lo so…

Ron scosse la testa, agitandosi.

Ecco, lo sentiva.

Era arrivato ad un punto di non ritorno. Non c’era più modo di tornare indietro, ora.

- Tu non sai cosa è stato, Ginny! - disse, modulando la voce, mentre il respiro affannato tradiva la sua agitazione - Non hai idea, di quello che è stato…

 

- Crucio!

Grida. E poi altre. Ed altre ancora…

Allo sforzo di liberarsi si erano aggiunti i singhiozzi.

Ai singhiozzi, le preghiere.

“Ti prego. Ti prego. Fai che prendano me. Ti prego… fa che la lascino andare. Fa’ che prendano me”.

Di nuovo altre grida.

- HERMIONE!

Ogni urlo era una coltellata al centro del cuore.

Per un momento… immaginò cosa avrebbe significato se quelle urla fossero cessate.

E in quell’attimo il mondo gli crollò addosso, schiacciandolo contro il suo stesso, devastante strazio.

“ La stanno ammazzando… fai che prendano me. Fa’ che prendano me. Se la uccidono… fa’ che prendano me, ti prego…”.

 

- Lei gridava… e quella stronza continuava a torturarla - disse piano Ron, tirando su con il naso - Più Hermione gridava… più Bellatrix la torturava. Ed io ero la sotto, Ginny - gli si spezzò la voce, ma non riuscì a fermarsi. Ormai era un fiume in piena - Ero lì e la sentivo morire.

Una lacrima solitaria scivolò sulla guancia pallida di Ginny.

- Credo… di aver ricominciato a respirare solo quando Dobby ci ha aiutato ad uscire da quella cantina - proseguì Ron, con voce calma, chiudendo gli occhi. Fece un gran sospiro, mentre Ginny annuiva, spazzando via le lacrime con un gesto della mano - E da quel momento i ricordi sono  tutti confusi. So solo che Harry mi disse di prenderla e Smaterializzarmi. Lei era a terra… - lo sguardo di lui si perse per un momento - Priva di sensi. Feci come mi aveva detto Harry e la portai a Villa Conchiglia… - Ron fece una pausa - Fu soltanto quando sentìi la sabbia sotto di noi che mi decisi a guardarla… Aveva il collo sporco di sangue. Capii che era un taglio… e il sangue continuava  ad uscire…

 

- Hermione! - fu un richiamo inutile. Ron le scansò i capelli dal viso, che, inerme, scivolò contro il suo petto - Hermione, ti prego, rispondimi… rispondimi, ti prego…

Non era una richiesta.

Era una supplica.

Facendo forza sulle gambe, Ron si tirò su, annaspando sulla sabbia, correndo il più velocemente possibile verso Villa Conchiglia.

Sentiva la fronte di Hermione sbattere sul suo torace. Non aveva il coraggio di poggiarle una mano sul collo per sentire se c’era ancora battito.

L’unica cosa che in quel momento era in grado di fare era…correre.

In tutti i sensi.

 

- Ma poi è andato tutto bene - disse lentamente Ginny, sforzandosi di fare un sorriso. Gli occhi ancora arrossati -  C’erano Bill e Fleur lì, no?

Lui strinse le labbra e annuì - Sì… poco prima erano arrivati anche Luna e Dean. Era stato Dobby a portarli là. Poi Flou e Luna mi hanno fatto uscire… Hermione era ancora priva di sensi e io non… non volevo lasciarla.

Ginny sfregò il braccio del fratello, affettuosamente - L’hanno dovuta medicare - disse lei, incoraggiandolo a continuare.

- Sì. Dovevano assicurarsi che ci fosse ancora qualcosa da fare, più che altro.

- Non dire così! - scattò su Ginny, impressionata.

- Ma è la verità, Ginny! - disse lui, infervorandosi. Si sporse sul tavolo - Quando quella porta si è chiusa… io non sapevo se lei sarebbe… in quei minuti io sono morto con lei. E ho pensato che se - si passò una mano tra i capelli, lasciando che un risolino isterico fuoriuscisse dalle sue labbra - se non ce l’avesse fatta… io non sarei più riuscito a farmi perdonare per tutto ciò che… che le ho fatto passare in questi anni. A risolvere i casini che ho combinato… non sarei riuscito a dimostrarle… niente.

Ron comprese quanto potesse un niente celare un intero universo di emozioni, sentimenti, speranze.

- E’ stato in quel momento che ho promesso che non l’avrei più lasciata - concluse lui - In quei minuti, continuavo a pensare che se ce l’avesse fatta, non avrei più permesso che nessuno le torcesse  un capello. E adesso… sto facendo esattamente l’opposto, dannazione!

Guardò la sorella, che lentamente, stava scuotendo la testa rossa.

- Ti sbagli, Ron - disse lei - In questo momento, la stai lasciando andare fisicamente, non con il cuore. Con il cuore, lei è vicina a te… e continuerà ad esserlo, conoscendovi - ridacchiò, tirando su con il naso - Finchè la terrai nel cuore, la tua promessa sarà rispettata. Cosa vuoi che sia un anno ad Hogwarts dopo tutto quello che avete passato? Dopo i sette anni che ci avete fatto passare?

Stavolta fu il turno di Ron di sorridere.

Non aveva mai analizzato la situazione da quel punto di vista.

Si trattava solo di aver fiducia in loro.

In lei.

E quello, dopo la Guerra, era sicuramente un punto fisso della sua vita.

Doveva liberarsi da quei pensieri che lo tenevano legato al passato. Doveva farlo per forza se voleva godersi il presente.

Il tenersi tutto dentro, il voler ostinarsi a tenere quel ricordo lontano dalla realtà… lontano da lei… gli stava impedendo di godersi la cosa più bella che gli fosse mai capitata.

- Grazie, Ginny.

- Quando vuoi, fratello - scherzò lei, alzandosi - Ora vado, altrimenti domani mattina, chi si sveglia?

Ron la salutò con un gesto della mano, rimanendo seduto a guardare il suo bicchiere, ancora mezzo pieno di latte, ma decisamente più tranquillo.

- Ah, Ron - lo richiamò lei, un attimo prima di uscire. Lui si voltò a guardarla, scorgendo i suoi lineamenti nella penombra - Non lasciarti tormentare dai ricordi. Lei ora è qui. Viva. Insieme a te. E’ meglio pensare a lei in questo modo, no?

Ron annuì nel buio, percependo i passi di Ginny che si allontanavano.

 

- Torno tra poco - le disse, grattandosi la fronte - Per vedere come stai.

Lei gli sorrise, mentre si sollevava quel poco che bastava per poterlo guardare in faccia - Starò sempre meglio, non preoccuparti.

- Bè… io verrò lo stesso - confermò lui, arrossendo - Verrò comunque, Hermione.

Lei strinse le labbra, sorreggendosi sui gomiti - Ti aspetto, allora.

Ron uscì dalla stanza, socchiudendo piano la porta, con la certezza che stavolta non l’avrebbe fatta aspettare inutilmente.

 

Ron sorrise, ripensando a quella promessa.

Era quella la promessa che doveva mantenere.

E adesso come allora, si sarebbe impegnato per farla diventare una realtà.

Anche se…

Quella era già la realtà.

La loro realtà.

E finchè fosse stato così, nessuna promessa sarebbe stata infranta.

 

 

 

Che faticaccia questo capitolo.

Mamma mia.

Contavo di postarlo prima, perchè è da un pò che l'ho scritto. Ma mi manca sempre il tempo per tornare a controllare la bozza, che è la cosa più impegnativa e che porta via più tempo (che già di norma non ho!).

Se continuo così, dovrò ingaggiare una Beta...

 

Riguardo il capitolo...

Inizialmente, mentre lo immaginavo, volevo inserire Hermione. Non mi convinceva un capitolo senza di lei.

Invece, scrivendo, mi sono resa conto che Hermione è in ogni singola parola pronunciata da Ron.

 Poco tempo fa mi ero ripromessa di non usare più Ginny (Emma, tu ne sai qualcosa!), ma ci tenevo a scrivere dei sentimenti di Ron in quel momento e ho pensato che la persona con cui lui avrebbe preferito parlare sarebbe stata Ginny.

 

So che questo non è stato un capitolo particolarmente divertente, ma come avrete capito, non era mia intenzione! Per il prossimo vi faccio due promesse: la prima è che ci sarà anche Hermione, la seconda è che sarà decisamente più allegrotto.

Riguardo ciò, vi comunico che la raccolta dovrebbe contare altri tre- quattro capitoli.

Se c’è qualche momento in particolare di cui vi piacerebbe leggere, non esitate a farmi sapere!

Sono in cerca di idee!

 

Un abbraccio a voi!!

Titti

 

PS: In questo capitolo ho utilizzato un pezzo ( molto piccolo, eh!) ripreso da un'altra mia storia.

Qualcuno di voi ci aveva fatto caso? ;)

 

 

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Capitolo 3
*** Confundo ***


Grazie mille a voi che avete recensito il capitolo precedente,

Grazie mille a voi che avete recensito il capitolo precedente,

siete semplicemente meravigliosi <3

 

 

Confundo

 

Ginny guardò l’orologio, spazientita.

Hermione, seduta di fronte a lei ma all’altro capo del tavolo, sospirò. Gettò un’occhiata verso la grande porta finestra della cucina che dava sul cortile anteriore di casa sua, ticchettando distrattamente sulla brocca ricolma di thè freddo.

- Mai una volta che siano puntuali. Mai - si lamentò Ginny, alzandosi di scatto e attraversando l’ampia cucina di casa Granger per raggiungere la finestra.

Osservò con attenzione la stradina residenziale di un quartiere di Londra, la fronte corrugata dall’irritazione.

E dal nervoso.

E dalla stizza.

- Avevano l’allenamento fino alle quattro - sussurrò Hermione, appoggiando stancamente il viso sulla sua mano. D’istinto, allungò il braccio per afferrare il telecomando. Accese la tivù, ma non le diede troppa attenzione.

- Appunto. Sono le cinque meno dieci - sbottò Ginny, lasciando andare la tendina decorata con fragole e limoni con uno svolazzo - Che diavolo di fine hanno fatto?

Hermione si morse le labbra.

Ovviamente, Ginny aveva ragione. Si erano accordate con Ron ed Harry per vedersi quel pomeriggio a casa di Hermione; non era la prima volta che lo facevano. Certo, capitava che i ragazzi facessero ritardo… che i loro allenamenti al corso di Auror portassero via più tempo del previsto, ma… quando accadeva, avvisavano.

Inviavano un patronus.

Mandavano una civetta.

Stavolta… nulla.

Il pensiero che fosse accaduto qualcosa si insinuò lentamente nella mente di Hermione, nonostante i suoi tentativi di respingerlo, lasciando dietro di sé un’appiccicosa e devastante scia di panico.

- Ginny, tu non credi che… - disse Hermione, allarmandosi.

 

Non fece in tempo a terminare la frase che due sonori schiocchi coprirono la sua voce.

Nel giro di pochi secondi, la cucina di casa Granger si arricchì di due nuovi e attesi arrivati.

- Oh, thè! - sospirò Ron molto enfaticamente, mirando alla brocca ricolma della bevanda ghiacciata - Proprio quello che ci voleva, Herm…

Ma un secondo prima che le sue mani potessero raggiungere il manico lucido del contenitore, Ginny scattò più velocemente e lo allontanò dalla sua portata.

- Ehi! - protestò Ron, mentre Harry arretrava di un passo, avendo captato, prima del suo migliore amico, la sensazione di incazzatura che aleggiava nella stanza.

- Razza di… decerebrati insensibili! - disse Ginny, facendo pericolosamente oscillare la sua coda di cavallo scarlatta - Quante volte ve lo dobbiamo dire di avvertire quando ritardate? - disse gesticolando freneticamente, ancora stringendo con una mano la brocca ricolma di thè, che ondeggiava pericolosamente.

Ron seguiva la scena orripilato:  in realtà, sembrava più preoccupato che il thè potesse cadere a terra che della rabbia omicida di sua sorella.

- Ci stavamo preoccupando! - disse Hermione, recuperando il suo tono autoritario, indebolito in parte dall’ansia, in parte dal caldo torrido di fine luglio, non troppo usuale per Londra.

- Eppure non è difficile inviare un messaggio, miseriaccia! - stava ancora protestando Ginny, guardando Hermione in cerca di supporto. L’altra annuì rigorosamente.

Quello che entrambe si aspettavano era un fiume in piena di scuse da parte di entrambi, una lunga prosopopea sulla loro negligenza, su quanto le ragazze avessero assolutamente ragione e su quanto loro fossero assolutamente dispiaciuti per quella dimenticanza. E che , avevano sbagliato e non lo avrebbero più fatto.

 

Invece, l’unica cosa a cui assistettero fu uno scambio di sguardi tra i due ragazzi.

Ron fece un gesto ad Harry, incitandolo a parlare. Quest’ultimo sospirò, affranto.

- C’è stato un piccolo incidente di percorso - disse Harry, soppesando le parole e guardando Ron in cerca di approvazione. Ron annuì vigorosamente, appoggiandolo - Ma non è nulla di grave! - si affrettò ad aggiungere notando le espressioni delle ragazze.

- Che è successo? - chiese Hermione, puntandosi le braccia sui fianchi. Ginny, dall’altra parte della stanza, fece lo stesso.

Ron ed Harry si scambiarono un altro sguardo incerto, poi il secondo continuò - Ecco… quando abbiamo finito l’allenamento, siamo usciti dall’accademia… - disse, lentamente, gli occhi verdi che passavano a disagio da una ragazza all’altra - Abbiamo cercato un posto dove poterci Smaterializzare. Di solito, andiamo dietro al supermercato a Oxford Street perché non c’è mai nessuno. Avete presente quel supermercato…?

- Puoi venire al punto, per cortesia? - intervenne Ginny.

- Oh, sì. Vedete… - Harry sospirò - Quando ci siamo Materializzati nel vicolo che usiamo sempre quando veniamo qui… c’era qualcuno.

Hermione scattò sull’attenti nell’udire quelle parole, ma Ginny fu più veloce - Chi?

- Un babbano - rispose Ron, sedendosi sullo sgabello del bancone, senza sembrare troppo preoccupato.

- Vi ha visti mentre vi Materializzavate? - disse Hermione, severamente, un attimo prima che la stizza prendesse definitivamente il sopravvento - Come avete fatto ad essere così incoscienti!? Dovevate stare più attenti, santo cielo! Sapete quanto è facile farsi scoprire!

Harry abbassò lo sguardo, visibilmente mortificato.

- Spero almeno che gli abbiate fatto un incantesimo di memoria - disse Ginny, vagamente divertita. Contrariamente ad Hermione, trovava la situazione leggermente divertente. Ovviamente, in nome della solidarietà femminile e per il puro gusto di lasciare Harry e Ron un altro po’ sulle spine, non lo diede a vedere, continuando a mantenere un atteggiamento di disinvolta critica.

- Ecco… il problema è proprio quello - concluse Harry, ricercando con gli occhi il supporto di Ron, che in cambio, si lasciò sfuggire una risatina sommessa.

Hermione gli scoccò un’occhiataccia, notando come la differenza tra i due fosse lampante: se magari Harry sembrava anche solo dispiaciuto, o per lo meno si impegnava a sembrarlo, Ron ostentava il menefreghismo più totale.

- In realtà, quasi non c’è stato bisogno di un incantesimo - disse alla fine Ron, senza riuscire a trattenersi, il volto paonazzo contratto nello sforzo di non poter ridere - Gli è quasi venuto un colpo quando ci ha visti comparire!

E a quel punto fu impossibile per lui trattenersi. E lo stesso fece Harry, che, nonostante la fatica di mostrarsi serio e pentito, si lasciò sfuggire un ghigno sotto i baffi.

Ghigno che subito scomparve quando intercettò la traiettoria fulminea degli occhi di Hermione.

- Non vedo cosa ci sia divertente, Ronald - disse lei, incrociando le braccia.

Ron pensò bene di trattenersi, per una buona volta nella sua vita.

- Dai, Herm… - disse - Abbiamo risolto il problema, alla fine.

- Non credo di capire come, dato che da quanto dite non gli avete modificato la memoria! - sbottò lei, guardando fuori dalla finestra, come se temesse, da un momento all’altro, di veder arrivare gruppi di persone urlanti e armate di forche - E ancora riesco a spiegarmi perché non lo avete fatto! - concluse, mentre il suo sguardo ripercorreva la fila ordinata di ville a schiera che ornava la via. Sembrava tutto tranquillo.

- Perché non riuscivamo a ricordare come fosse il movimento del braccio dell’Oblivion - disse Ron, dietro di lei - Ma - si affrettò ad aggiungere - Lo abbiamo confuso.

- Abbiamo cercato di confonderlo, per lo meno - chiarì Harry.

Per la prima volta da quando erano arrivati, anche Ron parve preoccupato.

- Cercato? - ripetè Ginny, incerta. 

Ron annuì, sospirò - Bè, ecco… dopo che lo abbiamo confuso, lui… ecco… sembrava molto… - guardò Harry, in cerca di supporto.

- Confuso - concluse Harry, evitando accuratamente lo sguardo di Hermione.

- Molto confuso - confermò Ron.

Hermione era praticamente impassibile, li guardava senza battere ciglio, con la fronte leggermente corrugata e la bocca stretta. Persino Ginny si guardò bene dall’intercettare la traiettoria del suo sguardo.

- Come. Avete. Potuto. Fare. Una. Cosa. Del. Genere. - sillabò alla fine. Ma la sua non era una domanda.

Harry fece un cenno con il capo a Ron, come a dire “e’ la tua ragazza, amico. Tocca a te!”.

- Hermione, noi…

- Voi siete due incoscienti! - sbottò lei - Vi sembra normale che adesso quel pover’uomo se ne vada in giro a fare… strane cose? Non avete pensato che a qualcuno potrebbero venire dei sospetti?

- Ha ragione - rincalzò Ginny. Ron le fece un’occhiataccia.

- Senti, l’incantesimo è stato solo un po’ più forte del previsto…

- A breve gli effetti svaniranno…

- E poi, non mi sembra che sia successo nulla di grave quando tu hai confuso McLaggen!

 

Silenzio.

Harry si morse la lingua un attimo dopo aver pronunciato quelle parole.

Le reazioni di tutti rimasero bloccate per qualche secondo, come un film quando viene messo in pausa.

Hermione aprì la bocca per dire qualcosa, per rimediare a quello che non era ancora accaduto, ma che presto si sarebbe sicuramente verificato. Non trovando nulla nell’archivio mentale della sua testa che potesse sottrarla da quella situazione, decise di chiuderla e di stare zitta, appellandosi alla fortuna.

Il successivo a muoversi fu Harry, che come ipnotizzato, volse lo sguardo dall’uno altro, all’altro ancora.

Poi…

- Tu hai confuso McLaggen? - i geni Weasley si fecero prontamente sentire, nello stesso momento, mentre le voci di Ron e Ginny si univano in un solo e cruciale quesito.

Hermione schioccò la lingua, distogliendo lo sguardo. Attese qualche secondo prima di rialzarlo verso di loro e non si stupì nel vedere che i due fratelli erano ancora là, con la stessa espressione, la stessa posizione, in attesa di una risposta.

- Più o meno… sì.

Ron aprì e chiuse la bocca un paio di volte; Ginny invece, sembrava piacevolmente confusa.

- Che significa “più o meno sì”? - incalzò Ron, una volta che ebbe recuperato l’uso della parola. Il suo tono era indecifrabile: non si capiva se fosse contento della cosa o, più che altro, preoccupato.

Hermione fece un respiro e alzò gli occhi al cielo.

In realtà, aveva più volte preso in considerazione l’idea di raccontare quella storia a Ron. Spesso ci aveva pensato, aveva cercato le parole, il modo giusto per cominciare il discorso… per poi giungere alla conclusione che no, non era assolutamente una buona idea accennare della cosa a Ron.

- Grazie tante, Harry - sibilò in direzione dell’amico, che scosse le spalle, con stampata in faccia un’espressione di profondo pentimento - Significa sì, Ron.

Contrariamente a quanto tutti i presenti avevano immaginato, Ron, in un momento di mancato controllo dei muscoli facciali, si lasciò sfuggire un ghigno.

Ovviamente, Hermione non ebbe neanche il tempo di pensare cosa gli passasse per la testa, che l’espressione del ragazzo subì una profonda metamorfosi: il ghigno divertito si tramutò in una smorfia rabbiosa sul suo viso delicato, che con il passare dei secondi, stava assumendo un’adorabile sfumatura paonazza.

- E perché, l’hai confuso? - pronunciò, gonfiandosi come un tacchino imbestialito. Non era difficile immaginare cosa stesse macchinando il motore del suo cervello - Ti ha… ci ha provato, vero? Ha allungato le mani  e tu l’hai confuso per…

Hermione scosse la testa, portando le mani avanti - Ron ti prego, calmati…

- Quello schifoso babbuino pulcioso! - stava dicendo Ron, ancora rosso in viso - Io lo sapevo, lo sapevo… lo sapevo che ci avrebbe provato! Era evidente che gli piacessi! Quel maniaco assatanato

- Ron, Ron! - disse, piano Hermione, avvicinandosi alla “zona rossa” - Non è per quello! Non ci ha… provato! - disse imbarazzata. Quando incontrò lo sguardo scettico di Ron, si affrettò ad aggiungere - E va bene. Ci ha anche provato… ma - disse subito, dato che Ron stava già blaterando qualcosa di molto simile a “io gli stacco il…” - Ma non è per quello che l’ho confuso.

Questo sembrò sufficiente a bloccare momentaneamente la filippica di Ron contro McLaggen. Si voltò verso Hermione, concentrando tutta la sua attenzione su di lei, lasciando che la rabbia si sostituisse a naturale, motivata e genuina perplessità.

- E allora perché? - chiese, poi sembrò che un’idea improvvisa lo avesse illuminato - E perché lui lo sapeva? - disse, indicando Harry, che molto saggiamente stava cercando di mimetizzarsi contro la poltrona del soggiorno.

Hermione si morse le labbra, lanciando all’amico un silenzioso sos.

Harry, affranto, scrollò nuovamente le spalle - Ginny, che ne dici se… andiamo a cercare… il signore… quel signore per assicurarci che… abbia smesso di… cantare? - pronunciò l’ultima parole, mascherandola con un colpo di tosse.

- Oh - fece Ginny; pareva sospesa tra il desiderio di assistere a quella bizzarra discussione e la consapevolezza di dover sloggiare. Prevalse il buonsenso - Certo. - dopo un momento di iniziale spaesamento, Ginny afferrò la borsetta e attraversò la cucina, uscendo dalla porta che Harry stava tenendo aperta per lei.

 

Quando la porta si chiuse, per un attimo ci fu silenzio.

Per un attimo.

- Quindi? - chiese Ron, le sopracciglia inarcate per il sospetto.

Hermione si dondolò sui piedi, sperando che in quei pochi secondi la sua mente geniale concepisse una - scusa- mezza verità che fosse sufficientemente credibile.

- Thè? - chiese, sollevando la brocca, le labbra piegate in un sorriso forzato.

Ovviamente, la sua mente geniale l’aveva momentaneamente abbandonata.

Ron la fissò, poi guardò la brocca.

In quei decimi di secondo Hermione sperò davvero che lui si lasciasse distrarre, che sarebbe riuscita a…

- Hermione - fece lui - Perché- hai- confuso- MacLaggen?

Il sorriso scomparve dalla faccia di Hermione, che con poca delicatezza, appoggiò la brocca sul tavolo, lasciando che parte del liquido ambrato schizzasse sulla superficie marmorea dell’isola da cucina.

- E va bene - affermò Hermione, il volto alto e l’espressione seria - L’ho confuso al sesto anno. Durante i provini per i nuovi giocatori di Quidditch di Grifondoro - disse a voce alta, senza battere ciglio, quasi con tono di sfida.

Ron parve ancora più confuso - Durante i provini?

- Esatto - confermò lei, con tono deciso e le braccia saldamente puntate sui fianchi.

- Ma anche lui ha fatto il provino…

- Già.

- Come portiere.

- Sì.

- E ha fatto ridere! - disse Ron, sghignazzando - E’ stato fantastico! Su cinque colpi non ha azzeccato un… - poi d’un tratto, il cambio d’espressione fece comprendere ad Hermione che, finalmente, lui aveva capito - Sei stata tu.

Lei annuì - Sì - disse, nuovamente.

Ron parve pensarci su qualche secondo, mentre l’indignazione cresceva con evidenza sul suo volto - Merlino, Hermione! - sbottò, ancora confuso - Hai falsificato i provini? Ma cribbio, come hai…?

Prima che potesse terminare la frase, Hermione battè violentemente due pugni sul tavolo, che furono sufficientemente forti da prendere Ron alla sprovvista.

- Non chiedermi come ho potuto, Ronald Weasley! Non chiedermelo! - sbraitò, arrabbiata, puntando il dito contro di Ron che, abbandonata ogni espressione offesa e indignata, arretrò di qualche passo - Non farlo, perché io stessa me lo sono chiesta per due interi anni! - disse, istericamente, distogliendo la sua attenzione da Ron e prendendo a marciare su e giù per l’ampia cucina.

- Ho sbagliato! Sì, ho sbagliato - disse, continuando a camminare. Sembrava stesse parlando più con sé stessa che con Ron; aveva persino placato il suo tono di voce - Lo so che ho sbagliato! Pensi che non lo sappia? - rivolse la minacciosa domanda a Ron, che si limitò a scuotere la testa freneticamente, senza proferir parola, dato che sapeva bene che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata sbagliata.

Questo fu sufficiente a placare Hermione che, ripresasi dallo sfogo, si coprì il volto con le mani.

Rimase qualche secondo così, nascosta, e quando Ron si decise a fare qualche passo verso di lei, Hermione parò di nuovo.

-  Se potessi tornare indietro non lo rifarei, Ron - disse, dolcemente, scoprendosi il volto - Sai - continuò, giocherellando con una pesca posata nel portafrutta là vicino - Tante volte… migliaia di volte, forse… mi sono chiesta cosa sarebbe accaduto se io non… non avessi fatto questa cosa - continuava a non guardarlo, soffermandosi sulla buccia vellutata della pesca, quasi fosse la cosa più interessante del mondo. Ron ascoltò senza dire nulla; conosceva Hermione abbastanza a fondo da capire che c’era dell’altro - Magari non saresti entrato in squadra… - disse lei, la voce smorzata - Magari non avreste vinto quella partita… magari, non ci sarebbe stato alcun motivo di festeggiare… - disse, imbarazzata. Ron aveva capito esattamente cosa tormentasse Hermione: era la stessa cosa che nello stesso tempo aveva tormentato lui - Oppure - continuò lei - saresti entrato in squadra lo stesso. Ce l’avresti fatta comunque… e io - ridacchiò, ma fu una risatina carica di amarezza - non avrei dovuto - deglutì - pensare che fosse colpa mia, ogni volta che… ti vedevo abbracciato a lei… Non avrei dovuto pensare, ogni volta, che in fondo me l’ero cercata.

Finalmente, alzò lo sguardo verso di lui che al contempo ricambiava con espressione indecifrabile.

Ron fece per dire qualcosa, ma lei fu più veloce - Non l’ho fatto perché non avevo fiducia nelle tue capacità, Ron… - disse. Il suo tono era deciso, ma Ron poté scorgervi una sfumatura di… timore e questo gli provocò una stretta allo stomaco  - L’ho fatto semplicemente perché… volevo essere sicura che avessi ciò che, sapevo, meritavi. Ma se potessi tornare indietro… se potessi, non lo rifarei.

Si morse le labbra, incrociando lo sguardo azzurro di Ron.

 

 

Notando che lui non diceva nulla, lei abbassò di nuovo lo sguardo.

Sapeva che se glielo avesse detto, lui si sarebbe arrabbiato.

Lo sapeva.

Ma era anche consapevole del fatto che lei stessa aveva pagato per quell’errore, forse anche più di Ron.

Ed era stato per quel motivo che non ne aveva mai parlato, in quegli anni: sapeva che era scorretto non confessare, ma d’altra parte lei aveva già scontato la sua punizione.

Ora che la cosa era venuta fuori, sarebbe stata punita di nuovo, perché Ron si sarebbe arrabbiato…

E lei non avrebbe potuto farci nulla, ancora, perché se l’era cercata, ancora…

Era così assorta da quei pensieri che a malapena si accorse che Ron l’aveva presa per i fianchi e appoggiato le sue labbra alla fronte di Hermione.

- Ecco perché ci sei sempre stata tu, solo tu… - disse Ron a fior di pelle, incrociando le braccia dietro la schiena di lei.

Confusa, Hermione puntò le braccia sul petto di lei, allontanandosi un tantino  per poterlo guardare - Non… non sei arrabbiato? - chiese, inarcando le sopracciglia scure.

- No - disse lui, semplicemente.

- Ah - Hermione parve confusa - E perché no?

- Dovrei esserlo?

- Bè… credo di sì! - disse lei, spontaneamente. Lui continuava a guardarla con un sorriso divertito.

- Non pensi che il sapere che hai confuso quell’idiota pompato di un McLaggen per favorire me, mi faccia sentire più orgoglioso del fatto stesso di essere entrato nella squadra?

- Oh - fece, Hermione, confusa. Allentò la pressione delle braccia contro il petto di Ron, tornando a farsi abbracciare in modo più rilassato.

Lui le posò un bacio sulle fronte ed Hermione percepì le labbra carnose di Ron distendersi in un sorriso - Avrei barattato il semplice sapere che tu avresti fatto una cosa del genere per me… che avresti infranto la “legge”… con il mio posto in squadra, in qualsiasi momento, Hermione - lei non poteva guardarlo in faccia, ma sapeva con sicurezza che lui era arrossito.

Ron strusciò le sue labbra contro la fronte di Hermione, lasciando che i suoi capelli gli solleticassero il viso, poi scese a posargli un bacio sul naso.

Hermione alzò il viso verso di lui, decidendosi a circondargli il collo con le braccia - Quindi non sei arrabbiato - disse, ancora un tantinello dubbiosa.

Lui ridacchiò, chinandosi a lasciarle un altro bacio sul naso prima di risponderle - No, non lo sono. Parola di Grifondoro. Hai intenzione di chiedermelo ancora dodici milioni di volte o passiamo subito al Veritaserum? - scherzò lui.

Lei rise, sentendo che il peso che le si era creato al centro del petto si stava a poco a poco sciogliendo.

Si alzò sulle punte per avvicinare le loro bocche - Un Imperio sarebbe più rapido ed efficace.

Ron fischiò, appoggiando le sue labbra a quelle di lei - Qualcuno ci sta prendendo gusto ad infrangere le regole, vedo. Molto, molto male.

Hermione nascose un sorriso - Scemo… - e molto gentilmente, Ron l’aiutò a guadagnare qualche centimetro, sostenendola con le braccia, per mettere fine alla corsa delle loro bocche che si rincorrevano ormai da diversi minuti.

O farsi anni…

 

*

 

- Pensi che prima o poi si decideranno a tornare? - chiese Hermione, guardando l’orologio.

Ron fece spallucce, trangugiando il terzo bicchiere di thè - Staranno ancora cercando il signore canterino - disse, ridacchiando.

Hermione gli diede un pugnetto sul braccio - Non c’è nulla da ridere, Ronald! - poi, però, gli sorrise.

- E va bene - fece Ron, alzandosi a malincuore dal divano, dopo aver schioccato ad Hermione un bacio sul collo - Vado a cercarli, così gli dico di mettere via i giubbotti antischiantesimi per stasera.

Con passo deciso, si avviò verso l’uscita secondaria di casa Granger, ma un attimo prima di uscire, si voltò, pensieroso.

- E quindi quel fricchettone di McLaggen ci ha provato con te, eh? - disse, la fronte corrugata. Spalancò la porta e scosse la testa - Io a quello gli spezzo le gambe.

Si chiuse la porta dietro, mentre Hermione si lasciava sfuggire un sorriso.

Avrebbe dovuto solo tenere Ron lontano da Cormac per la successiva decina d’anni… e non ci sarebbero stati altri problemi.

 

 

 

 

 

 

Vi avevo promesso il capitolo più allegro e il capitolo più allegro è arrivato (con ritardo, ma è arrivato! L’idea di cercarmi una beta si sta facendo sempre più concreta).

Ovvio che l’ “allegro” è in confronto al capitolo precedente, non in relazione al concetto tradizionale di allegria.

Va bene, la smetto.

So che è un capitolo leggero e scherzoso… per il prossimo ho in mente qualcosa di più “sostanzioso” e credo che sfrutterò un’idea che mi è stata suggerita! ;)

 

Come avrete capito, Hermione si sente responsabile del fatto che, a causa dell’incantesimo che ha fatto a Cormac, Ron è entrato nella squadra, ha vinto la partita e si è messo con Lavanda (detto in parole povere).

Non so se si capiva molto il ragionamento dalle parole di Hermione o.O

Chi di voi pensava che, una volta scoperto che Hermione aveva “boicottato” i provini, Ron si sarebbe arrabbiato come una bestiolina selvatica, alzi la mano!!

 

 

Comunque, continuate a suggerirmi momenti che vi piacerebbe leggere, li accolgo a braccia aperte!

Se ne avete piacere, potete trovarmi fu face book (il link è nella mia pagina autore).

Un abbraccio fortissimissimo!!

 

 

PS: Ragazzi, mi avete stupito! Quasi tutti siete riusciti ad individuare il pezzo ripreso dall’altra mia storia che, confermo, è “Ma il cielo non cade”.

E io che pensavo di fregarvi… xD

 

Titti

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Capitolo 4
*** Lipstick ***


A Vales,

A Vales,

A Koukla,

A Zack Tartufo,

Perché spesso mi chiedo se sono davvero meritevole delle loro parole.

Il minimo che io possa fare, è dedicare loro questo capitolo.

Grazie di cuore <3

 

 

Un grazie speciale a Emmahp_7, perché questo capitolo si basa su un’idea che mi ha gentilmente regalato lei.

Quindi se vi piace, potete ringraziarla.

Se non vi piace… bè, prendetevela con lei! ;-)

Scherzi a parte, mi auguro davvero di aver “trattato bene” un momento così delicato come questo, bene almeno la metà di quanto sono sicura avrebbe fatto lei.

 

 

 

Il missing moment trattato si potrebbe benissimo collocare prima del primo capitolo di Horgwarts Express (per chi l’avesse letta), oppure prima del secondo capitolo di questa raccolta.

Per intenderci, parliamo della vigilia della partenza di Hermione per Hogwarts.

 

 

Lipstick

 

 

Lo scricchiolio delle travi sul pavimento del primo piano della Tana non era mai stato così dannatamente percepibile. C’erano sempre voci, risate, talvolta grida a coprirlo. Ma ben presto, le voci si erano affievolite, lasciando man mano il posto al gracchiante rumore di due pezzi di legno che battono.

Era stato un po’ più udibile quando Charlie si era trasferito in Romania.

Ancora di più quando Percy era andato via di casa.

Quando Bill si era sposato ed era andato a vivere a Villa Conchiglia.

Si era udito ancora e ancora di più quando Fred li aveva lasciati.

Ma era solo da quella mattina, che lo scricchiolo aveva avuto un incontestabile dominio nell’aurea silenziosa che circondava la Tana.

Altre due voci le erano state sottratte…

 

Quando Ron mise il piede sulla trave traballante e quel rumore strisciato raggiunse le sue orecchie, sospirò. Si passò una mano sulla fronte, stupendosi di quell’innaturale silenzio.

Non c’era nessuno in casa.

George era al negozio.

Harry era andato a prendere delle scatole a Grimmauld Place.

I suoi si erano fermati a Diagon Alley a fare la spesa.

C’era solo lui.

Si guardò intorno. Si potevano  contare sulle dita di una mano le volte in cui lui era stato davvero solo.

Tante volte lo aveva desiderato; tante volte avrebbe voluto ricavarsi uno spazio per lui e lui soltanto, un momento di distacco dalla caoticità della sua famiglia, dal peso che tutti loro, nel bene e nel male, esercitavano sulla sua vita.

Adesso, la cosa che maggiormente avrebbe desiderato, che avrebbe fatto di tutto pur di avere, era qualcosa che colmasse il vuoto che quel silenzio creava in lui.

Perché Ron aveva superato, aveva accettato e sopportato che i suoi fratelli, a poco a poco, andassero via, che prendessero strade diverse.

Ma ora, si rese conto di non riuscire a gestire la sua lontananza, di non poterla né accettare, né sopportare.

Era spaesato.

Confuso.

Quasi non riusciva a razionalizzare il fatto che ora lei - lei che era diventata un punto fermo nella sua vita, lei che aveva condiviso con lui gli ultimi anni, lei che era sempre stata una parte fondamentale della sua vita - non fosse più lì, insieme a lui.

A riprova di questo, quasi come se il destino, il fatto o chiunque sia volesse infierire ulteriormente, Ron portò lo sguardo sulla porta alla sua destra.

Una porta chiusa, una stanza vuota.

Senza pensarci davvero, lasciò che le sue gambe lo guidassero. Si soffermò qualche secondo con la mano sul pomello freddo, prima di decidersi finalmente a girare…

 

- Miseriaccia! - fu la prima cosa che disse Ron, una volta che il bagliore di luce che lo aveva travolto quando aveva aperto la porta si era dissolto, dandogli la possibilità di avere una visuale completa di quella che, fino a poche ore prima, era la stanza di sua sorella e in cui ora dominava indisturbato il caos più assoluto.

- Non ti ci mettere anche tu, ora! - sbottò Hermione, in piedi vicino al letto, con il baule aperto accanto, prima che lui avesse il tempo di stuzzicarla con un commento sarcastico - Ho tutto sotto controllo - disse, passandosi una mano trai capelli che le rimasero scompigliati in ciuffi indisciplinati, con il tono di una persona che vuole convincere il suo interlocutore riguardo un punto su cui non crede neanche lei stessa.

- Lo vedo - rispose Ron, chiudendosi dietro la porta facendosi spazio tra le montagne di libri accatastati a terra.

Ringraziando mentalmente il suo equilibrio, schivando le torrette di libri che minacciose ostacolavano il suo cammino, raggiunse la scrivania - o meglio ciò che rimaneva di essa, da sotto una montagna di pergamene nuove e intoccate - e si sedette a cavalcioni sulla sedia, appoggiando il mento sullo schienale.

- Ti serve una mano? - chiese Ron, guardandola.

- Ho tutto sotto controllo - ribadì lei, gettando un’occhiata al caos che la circondava, strofinandosi la bacchetta sulla fronte con l’aria stressata di una persona che non sa dove mettere le mani.

 

Entrando, fu avvolto dalla penombra. Le persiane erano state accostate ed era poca la luce che traspariva attraverso le tendine gialle.

Senza intoppi, raggiunse la scrivania e tirò fuori la sedia, senza preoccuparsi di farla strisciare sul pavimento.

Si sedette, osservando confuso, il devastante ordine di quella stanza.

Non c’erano più le pergamene.

Né vestiti sparsi ovunque.

Non c’erano libri.

Non c’era la gabbia di Grattastinchi.

Non c’era lei.

 

- Credi che sia essenziale tutto… ehm… questo? - chiese Ron.

Lei parve riscuotersi dal  suo piano-organizzativo- mentale e lo guardò, come se si fosse appena accorta della sua presenza nella stanza - Certo - disse, appellando una piccola pila di libri che, ordinatamente, svolazzò fino al baule.

Ron attese qualche secondo prima di rendersi effettivamente conto di non riuscire a trattenersi - Ma tutti questi libri, Hermione? Sei sicura che ti servano tutti?

- Assolutamente - confermò lei, mentre girava attorno al letto per andare a scegliere un’altra pila di libri da mettere nel baule - E’ l’anno dei Mago, Ron… ci sono più materie.

- Sì, ma… Il manuale degli incantesimi, volume uno? - disse Ron, sarcastico, allungando il collo per leggere il titolo di un libro che gli era fin troppo familiare.

Lei mascherò un sorrisetto, colta in fallo - Quello mi serve per ripassare - disse, sulla difensiva.

- Tralasciando il fatto che tu, tutti gli Incantesimi di quel libro li sai a memoria da quando avevi undici anni… - disse, guardandola -  Se dovesse servirti, puoi prenderlo in biblioteca.

Lei schioccò la lingua e incrociò le labbra - Non sarebbe la stessa cosa, Ronald. Su quello della biblioteca non ci sono le mie annotazioni.

Ron scosse la testa - Tu a volte mi preoccupi.

 

Ron lisciò con un dito la coperta arancione, lasciandosi avvolgere dalla statica tranquillità di quella stanza.

Chiuse un momento gli occhi, inspirò.

Sorrise, quando riuscì finalmente a captare qualche delicata nota del suo profumo.

Era ancora lì, in quella stanza.

D’istinto, guardò nuovamente le finestre, per assicurarsi che fossero chiuse.  In quel momento decise che quelle persiane sarebbero dovute rimanere chiuse finchè lei non fosse tornata.

La stanza doveva rimanere intrisa del profumo di lei, lo avrebbe dovuto consolare quando la distanza tra loro sarebbe stata insopportabile, fargli compagnia quando si sarebbe sentito solo, dargli una prova che adesso c’era davvero lei nella sua vita…

 

- Secondo me la maggior parte di questa roba è superflua - sentenziò Ron, dalla sua posizione.

- Se devo stare via un anno, mi sembra il minimo indispensabile - fu la risposta pragmatica di Hermione, impegnata a ripiegare delle maglie sul letto.

Ron si alzò dalla sedia e la raggiunse. Si sdraiò sul letto, a pancia sotto, facendo ben attenzione a non schiacciare maglie e camicie che Hermione aveva già meticolosamente ripiegato.

- Sono nove mesi e quindici giorni circa - puntualizzò Ron, sorreggendosi il viso con una mano - Non è un anno.

Hermione alzò leggermente il volto semicoperto dai capelli per guardarlo. Gli fece un sorriso - Hai ragione.

Ron sospirò, accarezzando il copriletto giallo. Distrattamente, buttò uno sguardo sui vestiti che Hermione stava preparando.

- Cosa devi farci con tutti questi vestiti? - chiese con finta indifferenza, afferrando con due dita una camicetta blu che non gli sembrava di aver visto mai.

Lei ridacchiò - Sono vestiti, Ron. Cosa pensi che debba farci?

Ron continuò ad esaminare quei gruppetti di stoffa - Bè ma ad Hogwarts si porta la divisa - disse, serio.

Hermione si voltò per guardarlo; interruppe per qualche secondo ciò che stava facendo ed incrociò le braccia, mentre un vago sospetto si insinuava lentamente nei suoi pensieri.

- Forse non ti ricordi, Ron, ma nel tempo libero possiamo indossare anche vestiti normali - disse pazientemente. Lui continuava a non sembrare convinto.

Schioccò la lingua e investendo parte di indumenti già attentamente ripiegati, sotto lo sguardo orripilato di Hermione, si sporse per afferrare con una mano una gonna poggiata sul bordo del letto - E con questa dove ci devi andare? - le disse, rigirandola fra le mani, mentre il suo viso assumeva una calda sfumatura porpora - Non ti pare troppo corta?

Hermione sospirò. Prese la gonna e la sfilò delicatamente dalle mani di Ron, per lasciarla cadere a fianco a sé, in un punto non identificato del letto - Questa gonne l’ho messa altre volte, Ron. E’ lunga quanto quella della divisa - disse, ponendo fine alla discussione.

O almeno così credeva.

- A me sembra molto più corta - insistette lui, appoggiando il viso sulle sue mani intrecciate, completamente sdraiato sul letto a pancia in giù.

Hermione sospirò, aggiungendo la gonna alla pila delle cose da portare.

- E questo?

Hermione si morse le labbra e lasciò passare qualche secondo prima di voltarsi verso di lui, trattenendo il desiderio di cacciarlo via dalla stanza. Quella situazione la rendeva già abbastanza isterica, senza che ci si mettesse anche lui.

Ma d’altra parte, lei non lo avrebbe mai cacciato.

La testardaggine, l’insistenza, la caparbietà erano parte di lui.

E lui era parte di lei.

- Cosa? - disse lei, vagamente spazientita, alzando lo sguardo dal baule.

Ron teneva in mano un tubetto rosa, con delle scritte rosse e viola. Glielo stava mostrando, tenendolo fra le dita, con un’espressione corrucciata e leggermente sospetta.

Hermione guardò il tubetto, che le era ben familiare, poi tornò con lo sguardo su di lui.

- E allora? - incalzò Hermione.

Ron strabuzzò gli occhi, in un’espressione che voleva testimoniare l’ovvietà della situazione.

- A cosa ti serve un rossetto ad Hogwarts? - disse lui, continuando a guardare il tubetto come se fosse la prova principale di un grave crimine.

- E’ un balsamo per le labbra, Ronald - fece Hemione, sorridendo - Non un rossetto.

Ron lo stappò, avvicinandoselo al naso - Ah, sì? E perché è rosa?

Hermione alzò gli occhi al cielo - E’ un colore come un altro! Dai, Ron, smettila. E’ un banale burro cacao! Dammelo.

Ron arrossì, chiudendo il rossetto nel pugno, guardandola con tono di sfida. Lei, incurante, gli tese una mano aperta.

- Se è un banale coso- per- le- labbra come dici tu, allora non ne hai bisogno, no?

- Certo che ne ho bisogno! - rispose lei, al limite tra il divertito e l’esasperato.

- E per chi dovresti ammorbidirti le labbra? Sentiamo - fece lui, ingoiando, mentre il rossore delle guance si spostava fino al collo.

Hermione battè un paio di volte le palpebre, stizzita da quella velata e ingiusta accusa.

- Ci devo convivere io con  la mia bocca, Ron - disse, corrugando la fronte e tendendo di nuovo la mano, pretendendo la restituzione dell’oggetto incriminato.

Ma Ron non fu meno determinato - E chi me lo dice che non lo userai anche per altro?

- Lo dico io - fece Hermione, seria.

Non era arrabbiata, Ron l’aveva capito subito. Era proprio questo ad alimentare la sua insistenza.

Ma era tipico di Ron tirare la corda fino a farla spezzare.

Non si sarebbe fermato fino a che l’ultima fibra di quello spago avesse retto.

- E, allora, dimostramelo - disse lui semplicemente. Aprì la mano, tenderla verso di lei. Il piccolo tubetto ondeggiava su e giù sul suo palmo - Se è come dici tu, lascialo qui.

Lei si morse le labbra.

Era una prova quella che le stava proponendo.

Ron la stava davvero mettendo alla prova: sapeva che dietro quell’aria noncurante c’era davvero un timore.

Timore che la distanza avrebbe indebolito il loro rapporto.

Timore che le cose, che tanto avevano cercando di aggiustare, sarebbero andate all’aria.

Timore che qualcuno si mettesse fra loro due.

Era proprio questo che lui le stava chiedendo. Una conferma che il suo timore fosse soltanto la controindicazione di un amore più forte di ogni altra cosa.

 

- No - disse lei, d’improvviso - Non ho intenzione di cedere a questi giochini, Ronald.

Con sicurezza, afferrò il tubetto dalle mani di lui e lo gettò nel suo beauty case, chiudendo la chiusura, mentre sul volto di Ron si abbassava un’ombra di delusione.

Non disse nulla, si limitò ad incrociare di nuovo le mani, appoggiando il viso sulla coperta chiara.

Hermione si passò una mano tra i capelli.

Sapeva che quel momento sarebbe arrivato.

Sapeva che sarebbe stato il più difficile.

Salì sul letto in ginocchio, muovendosi verso di lui. Quando ebbe raggiunto la sua stessa altezza, si sdraiò al suo fianco, in modo che le loro facce fossero l’una di fronte l’altra.

A separarli c’erano pochi centimetri, ma loro due non si toccavano minimamente; né uno sfioramento, né uno strusciare distratto di vestiti, nulla.

Hermione aspettò che lui voltasse il viso per guardarla; soltando quando incontrò i suoi occhi azzurri, parlò:

- Non hai bisogno che io lo lasci, Ron - disse, semplicemente - Non hai bisogno di prove.

Lui continuò a guardarla serio, intristito. Nessuno dei due mosse un muscolo per avvicinarli all’altro - Scusami - disse.

Hermione abbozzò un mezzo sorriso poco convinto, ma non disse altro.

- Non so se voglio andare - bisbigliò, ad un certo punto.

Ron rimase impassibile, in un primo momento. Quelle parole avevano acceso un fuoco dentro di lui.

Da quando avevano preso quella decisione, da quando lei aveva deciso di andare e lui di restare… da quel m omento aveva avuto paura di quelle parole.

Ci aveva pensato migliaia di volte, e ogni volta sperava, pregava che lei non le pronunciasse.

Era terrorizzato da quelle parole; da quello che significavano… lo spaventavano a morte, perché non sapeva se lui avrebbe avuto la forza di assecondarla ancora, se mai quelle parole fossero uscite dalla bocca di Hermione.

 

“Allora non andare. Resta con me, Hermione. Non andare via, resta con me. Resta con me”.

 

Ogni volta che si era immaginato la scena, questa era l’unica risposta che gli veniva in mente.

Una preghiera, un’implorazione… così sarebbe suonata. Come una supplica.

Un’imperdonabile e vergognosa forma di egoismo.

Perché a quel punto lei avrebbe rimesso in discussione tutto.

La sua decisione di tornare ad Hogwarts, la sua carriera, i suoi progetti.

E Ron, questo non glielo avrebbe lasciato fare, per nulla al mondo.

Anche se ciò significava combattere contro sé stesso.

- Sì, che vuoi andare - le disse lui, cercando di sorriderle in modo convincente.

Ma lei rimase seria, persa in quei pochi centimetri che li separavano.

- Non so se voglio andarci senza di te.

Sospirò, mentre lentamente muoveva una gamba, per incrociarla con quella di Ron, che senza indugi, l’accolse fra le sue, più lunghe e muscolose.

- Ne abbiamo parlato - disse Ron, continuando a guardarla - Sono solo nove mesi.

- E quindici giorni - puntualizzò lei, senza sorridere.

 

Ron sospirò - E’ questa la cosa giusta, Hermione, lo sai. Credi che non preferirei che tu rimessi qui? - disse, volgendo altrove lo sguardo - Non pensi che odierò Hogwarts, probabilmente per la prima volta nella mia vita, per… - sentì il nervoso e l’ansia aumentare. Non riusciva a tollerare quelle pensiero, non poteva concepirlo neanche con la mente.

- Non mi hai chiesto di restare - disse lei, tranquilla, il volto schiacciato contro il copriletto e gli occhi attentamente puntati su di lui.

- Tu non mi hai chiesto di venire - ribattè lui, incontrando di nuovo il suo sguardo.

Hermione prese un lungo respiro, quando sentì che Ron aumentava la stretta attorno alla sua gamba.

Strusciando un braccio sulla coperta, arrivò fino al viso di lui e lentamente avvicinò una mano per toccarlo in viso, tracciandogli il contorno della mandibola con l’indice.

- Saresti venuto, se te lo avessi chiesto - disse, a voce bassa, quasi sussurrando, ma erano talmente vicini che non vi fu alcun problema di comprensione - Ecco perché non l’ho fatto. So che non vuoi venire.

Ron si lasciò accarezzare, beandosi di quel tocco che sapeva, gli sarebbe mancato da morire - E tu saresti rimasta, se lo avessi fatto io. Per questo non te l’ho chiesto.

Si sporse verso di lei… dapprima lasciò che i loro nasi si sfiorassero, poi si fece ancora più vicino.

- Vedi? - le bisbigliò sulle labbra - Andiamo d’accordissimo quando non parliamo.

Hermione ridacchiò, lasciando che le loro bocche si sfiorassero e allontanassero ripetutamente.

- Dobbiamo adottare la tecnica del “non parlare”, più spesso allora.

- Perspicace, Granger.

Lei sorrise di nuovo. Ma ben presto, Ron sentì quel sorriso spegnersi, contro le sue labbra.

- E se ti stancassi del silenzio, Ron?

Fu in quella frase che Ron ritrovò parte del timore che angosciava anche lui.

Fu in quella frase che ebbe la conferma che quel timore era assolutamente infondato.

- Sono anni che non c’è più “silenzio” nella mia testa, Hermione - allungò un braccio per cingerle un fianco e avvicinarla di più a sé - C’è solo la tua voce. Ci sono i tuoi occhi e i tuoi gesti. C’è il tuo profumo. E tutto questo fa più rumore di quanto tu possa… immaginare.

Le posò le labbra sulla fronte, quasi sollevato del fatto che, in quella posizione, lei non potesse guardarlo arrossire.

Hermione non  disse nulla. Si rannicchiò contro il suo petto, non riuscendo a spiegare come la malinconia di poco prima potesse essere stata spazzata via con tale facilità, lasciando il posto ad una felicità che le toglieva il respiro, che le faceva venire voglia di gridare, di abbracciarlo, di accarezzarlo, di…

- Ron?

- Mhm?

- Voglio baciarti.

Quando lui le sorrise, ad Hermione venne quasi voglia di piangere, tanta era la serenità che provava in quel momento - Niente di più facile.

Un guizzò nello sguardo sollevato di Ron fu l’ultima cosa che vide prima che i suoi sensi perdessero per un attimo la connessione con la realtà. La baciò delicatamente, lentamente, almeno fin quando lei non gli strattonò con forza il collo della camicia, per avvicinarlo maggiormente a sé.

Ron interpretò quel gesto come un invito ad abbandonare quei modi delicati con qualcosa che gli era più consona, più adatta… più loro.

Soltanto quando la sentì annaspare, decise di darle una tregua.

Fu tentato di chiederle come mai “solo” dopo quattro o cinque minuti di apnea lei avesse “già” bisogno di respirare, ma un qualcosa, un pensiero improvviso, gli disse che era meglio rimandare con le chiacchiere.

Non si preoccupò di riprendere aria - il profumo di lei che gli pervadeva le narici era il miglior ossigeno che avesse mai respirato - , troppo impegnato nell’intento di assecondare la richiesta che poco prima, lei gli aveva fatto.

Le baciò la mandibola, fino al collo, immergendosi nei suoi capelli, sentendo il lobo di lei premergli contro la fronte. Le baciò anche quello.

Hermione ridacchiò  - Pizzichi.

Ron si discostò quel tanto che bastava per poterla guardare - Vedrò di farmi trovare ben rasato, la prossima volta - le disse, sorridendole, mentre le scansava un ciuffo dalla fronte.

Lei allungò un dito per sfiorargli la guancia ispida e scosse la testa - No. Non voglio che cambi.

Ron chiuse gli occhi, baciandole il polpastrello.

Il sole fuori stava per tramontare: la stanza era circondata da una calda luce giallastra, che combaciava alla perfezione con le decorazioni della stanza.

- Ci avresti mai immaginati così, Ron ? - chiese all’improvviso Hermione, sorridendo.

Anche Ron le sorrise a sua volta, stringendola ancora di più mentre la guardava - Diciamo che ci ho sperato per… molto, molto tempo… - disse, arrossendo - E tu?

Lei scosse le spalle - Non lo so.

- Non lo sai? - la prese in giro lui - Miss- so- tutto- io mi cade su una domanda del genere?

Hermione ridacchiò, stringendosi contro il suo petto - A volte era troppo difficile sperare.

Lui sospirò, appoggiando il mento sulla sua testa - Io non ho mai smesso, invece.

- E’ stata solo questione di tempismo! - sentenziò lei, sicura, alzandosi sui gomiti, illuminata in viso, come se avesse trovato la soluzione ad un grave problema - E’ così! D’altra parte, le possibilità che…

- Secondo me è stata solo colpa di Krum - la interruppe lui, pensoso.

- Lascia perdere Victor - fece lei, indignata e divertita - Sai che non c’entra niente!

Lui strinse gli occhi con una smorfia - Ti prego, non chiamarlo “Victor”…

- E’ il suo nome!

- Se lui non ti avesse invitato al Ballo del Ceppo, lo avrei fatto io. Ti avrei baciato io e ci saremmo risparmiati un sacco di anni, che invece abbiamo perso!

Lei aprì la bocca due o tre volte - Avresti potuto invitarmi subito! Invece, hai preferito invitare Flebo!

- Ah, adesso è tornata ad essere Flebo? - le chiese lui, con un ghigno.

- Non… - Hermione si morse le labbra - Non è questo il punto!

- E qual è, allora? - la stuzzicò lui, trattenendo una risata.

- Se non lo capisci da solo, non ho alcuna intenzione di spiegartelo io! - brontolò, tornando ad accucciarsi tra le sue braccia, stizzita.

Ron sorrise.

Non sarebbe finito mai.

I loro battibecchi, il loro continuo punzecchiarsi, le loro frecciatine.

Il loro perdersi nella devozione che provavano l’uno verso l’altra, per poi, d’improvviso, naufragare nelle controversie dei loro battibecchi.

Non sarebbe finito mai.

E Ron in quel momento, mentre la abbracciava, sentiva di non poter desiderare di meglio.

- Hermione?

- Che c’è?

- Voglio baciarti.

Quando lei gli sorrise, ne ebbe la conferma.

Non sarebbe finito mai…

 

 

Ron sospirò, alzandosi.

Lisciò la coperta con la mano e rimise la sedia a posto.

Fu solo in quel momento che i suoi occhi catturarono quell’immagine.

Ancora non del tutto sicuro che si trattasse di ciò che pensava lui, si avvicinò al comodino.

Sorrise.

Un tubetto rosa era posato in bilico sulla superficie scura di legno.

Lo afferrò, stringendolo fra le mani.

Si sentiva sciocco, sì. Si sentiva sciocco e felice. Si sentiva vivo.

Con poche falcate, raggiunse la finestra e, dopo un attimo di esitazione, spalancò le ante.

Un’ondata di aria fresca e pulita invase la stanza, che sembrò riprendere colore.

Chiuse gli occhi, mentre inspirava. Si concentrò e… lo sentì.

Il suo odore, il suo profumo.

Era ancora lì, nella sua testa, nel suo naso…

Poteva sentirlo ancora… la sentiva.

E lo avrebbe fatto, finchè lei non fosse tornata.

Si avviò verso la porta e gettò un’ultima occhiata alla stanza, ora pienamente illuminata, prima di richiudersela alle spalle, stringendo ancora fra le mani il rossetto di Hermione.

D’altra parte mancavano solo nove mesi.

E quindici giorni.

 

 

 

 

 

- Hermione, dove hai messo il tuo balsamo per le labbra? - chiese Ginny, cercando nel borsello dell’amica- Io ho finito il mio.

- Mi dispiace, Ginny. Non ce l’ho.

- Oh, l’hai perso?

Hermione distolse lo sguardo dal libro che stava sfogliando e guardò fuori dalla finestra, verso il parco di Hogwarts, sorridendo - No. E’ esattamente al suo posto…

 

 

 

 

 

Dunque… scrivere questo capitolo non è stata esattamente una passeggiata.

L’idea di base c’era, scriverla è stata, però, un tantino più complesso.

Tuttavia, non posso dire di non essere soddisfatta, insomma! Spero di essere riuscita a comunicarvi quelli che per me erano i sentimenti controversi che travagliavano Ron in quel momento.

 

Come sempre, sarebbe per me un onore sapere cosa ne pensate! J

Detto ciò… vi aspetto al prossimo missing moment!

 

PS: Ho notato che siete delle piccole menti diaboliche! Nello scorso capitolo, molti di voi si aspettavano una reazione negativa da parte di Ron; parecchi sono rimasti stupiti dalla reazione pacifica che invece gli ho fatto avere io.

Volete davvero un Ron arrabbiato? ;p

 

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Capitolo 5
*** That's All ***


That’s all…

That’s all…

 

 

Ron passò un dito sulle copertine dei libri perfettamente allineati nella grande libreria a parete di casa Granger, ammettendo che fosse, effettivamente, d’effetto.

Adorava quella casa. Così ordinata, così ampia, così luminosa, così Babbana.

Amava quella casa, ma forse questo era solo un riflesso incondizionato del fatto che amava profondamente chi ci stava dentro.

Sospirò, seguendo ancora con il dito, il profilo di quei volumi, che in gran parte erano sicuramente di Hermione.

In quelle ultime settimane, aveva frequentato spesso quella casa e, nonostante l’imbarazzo iniziale, stava abituandosi a quegli oggetti bizzarri, a orientarsi in quelle numerose stanze, a trovarsi spesso a contatto con i genitori di Hermione.

Per quanto aveva potuto constatare, anche la signora Granger amava leggere. Quando andava a trovare Hermione, Ron non si Smaterializzava mai direttamente dentro casa, quindi spesso gli capitava di incontrare la padrona di casa sul grande portico sul davanti, intenta a leggere libri Babbani sul dondolo, oppure in salotto, con le gambe incrociate sul morbido sofà - in una posizione che gli ricordava Hermione in modo impressionante -, oppure nel soggiorno, vicino alla vetrata, o in cucina…

Insomma, era degna madre di Hermione.

“Trasfigurazione avanzata… Creature magiche, cure e rimedi… La legge magica, volume uno…”.

Ron continuò a tracciare la linea immaginaria, sfiorando le copertine lisce di quei tomi. Per quanto anche la signora Granger fosse un’appassionata lettrice, qualcosa gli diceva che quei libri non erano suoi…

“Le streghe del Medioevo… Babbani e Mondo Magico… Elfi in-”.

Sussultò nel leggere l’ultimo titolo.

Inclinò la testa, in modo da poter leggere orizzontalmente la scritta in oro, parecchio rovinata, incisa sul bordo.

Elfi in rivolta, volume otto.

Lo afferrò, estraendolo dalla fitta fila di libri. Chiuse un momento gli occhi, accarezzando la copertina graffiata, poi lo aprì…

 

 

Aprì gli occhi, svegliandosi di soprassalto.

La testa gli doleva, gli occhi bruciavano, la luce gli dava fastidio. D’istinto si portò una mano davanti al viso.

- Scusa, Ron… non volevo svegliarti. Mi dispiace.

Ron percepì la mano piccola e forte di Ginny accarezzargli un braccio. Cercando di abituarsi alla fioca luce della Sala Grande, tolse la mano dal viso, cercandola con lo sguardo.

Tirò su con il naso - Non fa niente, figurati - la guardò.

Aveva lo sguardo stanco, afflitto.

Si grattò la testa, svogliatamente - Stai arrivando adesso? Non hai dormito per niente?

Ginny annuì, accucciandosi meglio sul divano - Ho dormito qualche ora giù, con Bill e… George.

Quel nome li fece trasalire entrambi.

Ron percepì la pesantezza alla testa aumentare, il cuore stringersi, lo stomaco sparire…

Fred.

Fred, morto.

Chiuse gli occhi, attendendo che il respiro tornasse, che l’aria lo liberasse da quel senso di soffocamento.

Ancora, Ginny gli strinse un braccio.

Ron le prese la mano. Poco distante da loro, Harry dormiva profondamente su una poltrona, lui, più degli altri, stravolto dalla sofferenza, dalla stanchezza, dalla responsabilità di tutto ciò che era accaduto.

- Ginny, dov’è Hermione?

La ragazza sollevò leggermente il capo, cercandola con lo sguardo, come se fosse possibile che lui non l’avesse vista - L’ho… l’ho incontrata prima. Qualche ora fa. Mi ha detto che faceva un salto in infermeria a vedere com’era la situazione… e che poi sarebbe subito venuta qui… non è arrivata?

Ron scosse la testa, alzandosi - Vado a cercarla- con un’ultima stretta, lasciò la mano di Ginny.

- Vuoi che venga con te? - le chiese lei, facendo per alzarsi.

- No, no… vado io. Forse è… meglio così - disse, ingoiando il vuoto.

Ginny annuì - D’accordo. Vi… vi aspetto qui.

 

Doveva essere l’alba.

Dalle finestre, dagli squarci sui muri, dalle pareti semidemolite trapassava la fioca luce mattutina.

Ron attraversò quei corridoi che tanto aveva amato durante gli anni di scuola, quasi senza riconoscerli.

Erano spenti, erano quasi distrutti, erano morti.

C’erano ammassi di detriti ovunque.

L’ala ovest era completamente demolita.

Trattenne il respiro quando si trovò a passare davanti alla Sala Grande.

Ringraziò mentalmente quando si accorse che lo spesso portone di quercia era  stato chiuso.

Proseguì verso la sua meta. Verso di lei.

 

L’infermeria non era mai stata così gremita di gente.

Il caos di quella stanza, contrastava il silenzio assoluto del resto del castello.

Sembrava che i vincitori di quella Guerra durata anni fossero riuniti tutti lì dentro, tra quelle quattro mura.

Alcuni giacevano nei letti, con testa o arti fasciati. Altri avevano squarci addosso, altri ancora bevevano pozioni…

Feriti, sì.

Ma vivi.

C’era la vita in quella stanza, c’era la gioia di avercela fatta.

Vagò con lo sguardo in mezzo alla gente, mentre la morsa che gli attanagliava lo stomaco sembrava alleviarsi un minimo.

E poi la vide.

In fondo, ad un lato della sala. Stava medicando il viso di una signora che aveva un profondo taglio sulla fronte.

Ron non riuscì a fare a meno di guardarla e la stretta si allargò sempre di più, sempre di più…

La signora continuava a parlare, giustamente felice. Hermione di tanto in tanto annuiva, rivolgendole sorrisi forzati… ma il suo sguardo era spento, la sua espressione vuota.

Quella non era Hermione.

La vide congedare la signora, ormai medicata, e rivolgerle un altro sorriso finto di fronte ai suoi ringraziamenti.

- Hai intenzione di continuare fino allo sfinimento? - le disse, arrivandole da dietro.

Hermione sobbalzò, voltandosi. Ron notò che il graffio che aveva sul mento era stato ripulito. Il viso era pallido e in capelli erano  annodati in malo modo sulla testa. Indossava ancora la maglietta strappata della sera prima.

- Sì… cioè no… - fece lei, passandosi una mano sulla fronte e guardandosi intorno - Sto bene.

- Non stai bene - disse lui, scansandosi per far passare Madama Chips con un carico di pozioni e solventi - Ti porto via di qui.

Questo sembrò riscuotere Hermione - No! No, no… devo preparare una pozione aggiustaossa… un signore ne ha bisogno… io devo…

- Vorrà dire che la farà qualcun altro - insistette Ron, afferrandola per un braccio - Non dormi da due giorni, Hermione. Devi staccare la spina - disse deciso, trascinandola di qualche passo.

- Ma, Ron… - protestò lei.

- Hermone - disse lui, fermandosi e guardandola in faccia - non pensi che riposandoti un paio d’ore, poi sarai più utile a tutti?

Lei lo fissò qualche secondo; provò anche a ribattere, ma alla fine lasciò perdere - Lascia almeno che ti pulisca quelle ferite - disse alla fine lei, sfiorandogli una guancia.

- Andata - acconsentì lui - Ma usciamo di qui.

Hermione annuì e dopo aver recuperato un disinfettante e alcune garze, seguì Ron fuori dall’infermeria, dove li accolse un malinconico e desolante silenzio.

 

- Di qua - disse lei, d’improvviso, guidandolo verso un corridoio.

Camminarono per un po’ tra le macerie, fino a raggiungere la fine di quel tunnel: lì le pareti erano completamente crollate, qualsiasi fosse stata quell’aula era stata completamente buttata giù.

Ma Hermione non si fermò; proseguì ancora, salendo su quelle macerie, fino a quando non furono completamente fuori.

Senza neanche averla cercata, si ritrovarono ad avere una visuale del parco di Hogwarts, circondato però, da cumuli e cumuli di macerie.

Hermione fece qualche passo avanti, dando le spalle a Ron e per alcuni secondi rimase ad osservare l’inquietante spettacolo che si estendeva sotto i loro occhi.

- Questo è tutto - disse lei, ad un certo punto, con voce atona, distaccata.

Fu un bisbiglio, un sussurro quasi.

Ron rimase in silenzio dietro di lei, in attesa che aggiungesse altro. Ma Hermione non lo fece.

Allora Ron si avvicinò. Lei era immobile, guardava fisso davanti a sé; sembrava quasi assorta… lui avrebbe voluto stringerla, poi scuoterla, poi stringerla ancora…

- Tutto cosa? - si limitò a dire, invece.

Hermione all’inizio non rispose.

- Tutto cosa, Hermione? - ripetè allora Ron, toccandole una spalla.

Lei si riscosse. Guardò la mano si lui sulla sua spalla, poi guardò Ron, poi di nuovo le macerie che li circondavano - Tutto. Tutto quello… tutto quello per cui abbiamo combattuto, Ron - disse con voce spezzata - Ecco cosa è rimasto. Distruzione e… morte. Questo è tutto.

Ron scosse la testa, con convinzione.

La prese per le spalle e la scosse leggermente - NO, Hermione, no! - le disse, guardandola negli occhi - Non… non abbiamo combattuto per questo! E’ normale che adesso tutto ciò possa sconvolgerci ma… - prese fiato, cercando le parole - Ma bisogna essere forti ancora per un po’, hai capito? Bisogna trovare ancora un po’ di forza per aggiustare le cose e per… per far sì che ciò che è accaduto non sia stato vano… d’accordo?

Hermione continuava a guardarlo; un’espressione impassibile stampata sul volto. Non c’era traccia di lacrime nei suoi occhi.

Ron non era mai stato bravo con i discorsi d’incoraggiamento. Non quanto lei, almeno.

Forse era perché, per la prima volta, era lei ad aver bisogno di un discorso del genere. Ron non aveva mai dovuto spronarla o… consolarla per qualcosa.

Ma Hermione… lei lo aveva sempre fatto, c’era sempre stata quando lui ne aveva avuto bisogno.

- Dobbiamo medicare quelle ferite, Ron - disse Hermione, riprendendo il suo classico tono efficiente.

- Eh? - fece stupito Ron, mentre lei svitava la boccetta di disinfettante.

- Se fossi venuto prima…

- NO, no, Hermione… ferma! - tentò di bloccarla lui - Dobbiamo parlare.

- …a quest’ora si sarebbero quasi rimarginate…

- Tu non stai bene, Hermione! Ti prego… parliamone un attimo! Non puoi tenerti dentro tutto questo… insomma…

- Sciocchezze, Ron - fece lei, tirando su con il naso - Io.sto.benissimo.

- No, non stai bene, per la miseria! - sbraitò Ron, passandosi una mano tra i capelli.

- Va bene, adesso forse brucerà un pochino…

Fu un attimo.

Con un colpo secco, Ron fece volare in aria la bottiglietta di disinfettante che Hermione teneva in mano, la quale disegnò un arco verdastro in aria, per poi ricadere con un tondo sordo sul prato, mentre liquido verde continuava a fuoruscire.

- ADESSO BASTA, HERMIONE! - gridò Ron, sotto lo sguardo basito di lei - BASTA! NON PUOI CONTINUARE COSì… NON DEVI REAGIRE COSì, MISERIACCIA! - riprese un attimo di fiato, mentre il viso gli diventava rosso di rabbia. Sospirò, nel tentativo di darsi una calmata - Lascia perdere gli altri per un attimo, lascia che sia io a pensare a te! - le si avvicinò, senza toccarla - Non lasciarmi fuori, Hermione… parlami, ti prego… - le si avvicinò di qualche passo e lentamente le sfiorò il mento con un dito - Ti pregò - ripeté.

Hermione aveva ancora un’espressione sconvolta, allucinata quasi. Tornò a guardare la boccetta a terra, poi le garze, poi  Ron. Soltanto in quel momento, un guizzo, una luce le attraversò lo sguardo.

E Ron la riconobbe.

Hermione era tornata.

Si coprì il viso con le mani, respirando forte - Ron… oddio, sono un mostro…

- No, certo che no… - intervenne subito lui, avvicinandosi.

- Sono un’egoista, invece!  - ribattè lei, contorcendosi le mani - Sai… vuoi sapere qual è stata la prima cosa che ho pensato… quando ho visto questo?

Lui scosse lentamente la testa.

Hermione si passò una mano tra i capelli e strinse. Sembrava fuori di sé… continuava ad avere il respiro affannoso ma sul viso, neanche l’ombra di una lacrima.

- Ho pensato che non doveva succedere… che… che non doveva accadere questo, che Hogwarts doveva rimanerne fuori… e… ed è per questo che sono un’egoista! Perché ormai Hogwarts era una casa… un punto fisso! L’unico dopo che i miei genitori… loro non sanno neanche che esisto, Ron! E sono un mostro… - il respiro le diventava sempre più affannoso, mentre lei continuava a ripeterlo, a ripetere quei pensieri scoordinati, sofferenti - Sono un mostro perché poi penso a Remus… e Tonks e Fred e…. mi sento un mostro! UNA STUPIDA EGOISTA!

Ron continuava a scuotere la testa. Era esattamente da Hermione pensare quelle cose.

Era da Hermione sentirsi in colpa per qualcosa che non aveva potuto evitare.

Capiva bene il suo smarrimento, il suo sentirsi persa.

Il suo sentirsi crollare il mondo addosso.

Il suo trattenersi sempre.

Il suo esplodere.

Ron si avvicinò, provando a cingerla con le proprie braccia.

- Hermione, va tutto bene…

Ma lei continuava  a dimenarsi, a scansarlo, a coprirsi il volto con le mani.

Ron insistette, afferrandole le spalle, mentre Hermione si divincolava.

- Fermati, Hermione - la pregò lui - Va tutto bene, tutto bene…

E alla fine lei cedette.

Con un ultimo, stanco sospiro, si lasciò avvolgere dalla braccia di Ron; si aggrappò alla sua maglia e senza che nessuno dei due potesse rendersene conto, si lasciò andare ad un pianto liberatorio.

Ron le baciò la testa, mentre lei continuava a singhiozzare contro il suo petto.

Le accarezzò la schiena, stupendosi di come quel gesto non fosse minimamente imbarazzante.

C’era solo lei, esile e leggera,  tra le sue braccia.

Lei e la sua sofferenza.

- Piangi, piccola… tira fuori tutto… - le bisbigliò, mentre fiumi di lacrime gli bagnavano la maglia.

- Oh, Ron… - singhiozzò lei. Ron strinse gli occhi, quando percepì la sofferenza celata in quel sussurro - Non sono riuscita ad entrare… - disse lei, calmandosi - Non sono riuscita ad entrare! Dopo quello che… loro… hanno fatto… dopo che… sono… morti… per salvarci… io non sono riuscita… ad… andarli… a salutare… per l’ultima… volta…

Ron la strinse ancora più forte, mentre la testa continuava a pulsargli; il dolore sembrava quasi oscurarlo.

“Non sono riuscita ad entrare”.

Sapeva a cosa si stava riferendo.

La Sala Grande.

Lui era entrato, invece, insieme alla sua famiglia. Erano entrati insieme, stretti e sofferenti intorno a Fred.

Uniti, sempre.

Sebbene fossero passate solo poche ore, Ron aveva dei ricordi sfocati…

Le urla di sua madre…

Lo sguardo perso di Percy…

Gli occhi lucidi di Bill…

La sensazione che il mondo continuasse a ruotare velocemente, senza dargli la possibilità di vedere davvero cosa stesse accadendo attorno a lui.

Aveva trovato una tregua soltanto uscendo da quella stanza, allontanandosi da quelle persone, da quei ricordi che non sarebbero più tornati.

Il mondo si era fermato, aveva smesso di vorticare soltanto quando lei lo aveva stretto tra le braccia, lasciando che Ron desse sfogò a tutta la sua sofferenza, a tutto il suo dolore.

Hermione lo aveva abbracciato e accarezzato, finchè lui non si era addormentato, troppo stanco e stremato per continuare a soffrire.

Non disse nulla Ron.

Continuò ad accarezzare la schiena, sentendo il respiro di lei rallentare, fino a tornare ad un ritmo normale.

Rimasero abbracciati, stretti l’uno all’altra.

- Ti senti meglio? - disse ad un certo punto Ron, dolcemente.

Hermione si staccò dal suo petto e lo guardò in viso, gli occhi lucidi e arrossati.

Ma di nuovo vivi.

Lei annuì, accarezzandogli il petto - Ti ho bagnato la maglia - fece, strofinandosi gli occhi con il dorso di una mano.

- Questo sì che è un problema.

Lei gli sorrise, ma durò ben poco - Non dovresti essere tu a consolare me…

Ron scosse la testa, sospirando - E’ da una vita che tu lo fai con me. E’ il mio turno ora, non credi?

Hermione si lasciò andare ad un lungo respiro; gli sfiorò la guancia ispida con una mano tremante, come se avesse paura di toccarlo.

Una folata di vento accompagnò quel gesto, ed Hermione si ritrasse, imbarazzata.

- Un giorno dimenticheremo tutto questo, Hermione… - disse Ron, piano.

Lei alzò il viso in uno scatto repentino per guardarlo negli occhi - Ma è giusto dimenticare, Ron? - non era una semplice domanda. Era una richiesta d’aiuto.

Era il senso di colpa dell’essere ancora in vita, quando altri non lo erano più.

Era il senso di colpa del festeggiare la vittoria, quando altri non potevano più farlo.

Era il senso di colpa generato dalla speranza di essere, un giorno, di nuovo felici.

Ron la guardò: passò il suo sguardo sul suo viso pallido, sugli occhi scuri, sul naso piccolo, sul taglio sul mento, sulla cicatrice sul collo…

Un’altra fitta gli punse il cuore.

- Dimenticheremo solo le cose più dolorose… - sussurrò e con un gesto lento, portò una mano sul suo collo, all’altezza della cicatrice.

Ma non appena il suo dito stava per sfiorarla, Hermione si ritrasse con un sussulto, scottata.

Fu un gesto istintivo. Non appena si rese conto di aver avuto quella reazione, Hermione lo guardò afflitta, mentre gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime.

- Ron… Oh, Ron, mi dispiace… mi dispiace… - balbettò, agitata.

Lui l’afferrò per le braccia, di nuovo - Non è successo niente, va tutto bene. Tutto bene - la rassicurò.

Hermione annuì, sollevata del fatto che non se la fosse presa.

Il suo era stato un gesto istintivo, una reazione spontanea. Malgrado non lo desse a vedere, il ricordo del Malfoy Manor continuava inesorabilmente a terrorizzarla.

- Va tutto bene, Hermione… - ripeté di nuovo Ron. Cautamente, le si avvicinò di un passo.

Imperterrito, fece lo stesso gesto di poco prima, ma stavolta Hermione non si ritrasse.

Ron la guardò negli occhi, mentre delicatamente le accarezzava la piccola cicatrice lasciata dal coltello di Bellatrix. Non smisero di guardarsi, finchè Ron decise di sostituire la mano con la sua bocca.

Hermione trattenne il respiro quando percepì le labbra di lui sfiorarle la ferita.

Chiuse gli occhi, stringendogli il braccio, quando le sentì risalire lungo il collo, percorrere la mandibola, accarezzarle la guancia e fermarsi a pochi centimetri dalle sue labbra.

Sentì il respiro di Ron sulla sua bocca.

- Mi sembra… che sia passato un secondo da ieri - disse lui, riferendosi ad un momento preciso della sera prima; un momento che non riguardava la guerra, la sofferenza, la morte.

Hermione ingoiò il vuoto, sentendo il battito del suo cuore già accelerato, aumentare sempre di più.

- Hai… hai paura di esserti dimenticato come si fa? - chiese lei, quasi confusa da tale vicinanza.

Malgrado tutto, Ron sorrise - Dimenticato? Ho immaginato di farlo così tante volte che… ti ho baciato almeno cento volte - ammise, arrossendo.

Lei si morse le labbra, trattenendo un sorriso - Che… aspetti a farlo la centunesima, allora?

 

Non se lo fece ripetere di nuovo.

Ma in questo gesto, Ron mise tutta la timidezza che fino a quel momento non aveva dimostrato.

La baciò, lentamente, dolcemente.

Lasciò che le labbra di Hermione si adattassero alle sue.

Con lentezza, studiò le bocca di lei, saggiandone finalmente il sapore, la morbidezza.

- Questo è il mio tutto, Hermione - disse Ron, ancora sulla sua bocca - Questo è il “tutto” a cui voglio aggrapparmi…

Hermione strinse la mano che teneva in mezzo ai capelli di lui, per avvicinarlo ancora di più a sé, per sentirlo vicino come avrebbe voluto nell’ultimo periodo… per sentire che c’era, davvero.

 

Il sole era ormai sorto, e si accingeva ad illuminare quello che rimaneva di Hogwarts. Ron poteva constatare che, anche nella distruzione, il castello riusciva ad emanare un’imponenza e una regalità impareggiabile.

Prese Hermione per mano e la aiutò a superare un mucchio di pietre, ciò che rimaneva di una parete crollata.

Ron buttò un ultimo sguardo a quella distesa di materie e solo in quel momento, gli balzarono agli occhi dei particolari che prima non aveva notato. Infilati tra i massi e pietre c’erano incastrate pergamene, pezzi di legno, travi e ancora pergamene. Pezzi di cuoio.

- Aspetta, Hermione… - Ron si accucciò a terra e spostando dei detriti, tirò fuori quella che sembrava la copertina di un libro. Guardandola sorpreso e afflitto, scavò in un punto vicino, da cui emersero delle pergamene stampate, in parte strappate ma leggibili… ancora una copertina…

- Hermione, questa è…

- La biblioteca, sì - completò lei, stringendosi le braccia al petto - Era la biblioteca.

Ron la guardò.

Non era un caso che l’avesse portato proprio lì. Nel luogo più caro che aveva ad Hogwarts.

E ora non c’era più nemmeno quello.

Hermione lo guardò, sorridendogli incoraggiante, quasi a voler fargli capire che sì, stava bene.

Ron annuì, facendo per rialzarsi, ma di nuovo, qualcosa attirò il suo sguardo.

- Aspetta… guarda!

Da un piccolo cumulo di macerie, fuoriusciva quello che sembrava il bordo di un libro. Ron lo sfilò lentamente e sebbene la copertina fosse un po’ graffiata e le pagine spiegazzate. Era integro.

Hermione arrancò sui sassi e macerie e gli fu accanto.

- “ Rivolta degli elfi, volume otto” - lesse - E’ rimasto intero! - disse entusiasta, guardandosi attorno - Forse ce ne sono altri… forse si può rimediare.

Ron annuì, sorridendo nel vederla sorridere - Sì. Si può ricostruire. E questo - disse sollevando il pesante volume - sarà il primo della nuova biblioteca. Ora però… devi andare a riposarti. Non ho nessuna intenzione di portarti in braccio, se crollassi lungo la strada, per cui vedi di sbrigarti - le disse, tendendole la mano.

Hermione sorrise, incrociando le dita con quelle di lui, senza stupirsi della mancanza di cavalleria nascosta in quelle parole.

Lo guardò, mentre arruffato e stanco, la guidava verso il castello, stringendo il libro che aveva recuperato per lei.

Finché quell’immagine fosse stata viva nella sua mente, avrebbe potuto affrontare il futuro con una forza in più.

 

 

Ron chiuse il libro, sfiorandone ancora una volta la copertina, e lo rimise al suo posto.

Fece qualche passo indietro, per osservarla meglio.

La grande libreria si estendeva lungo tutta la parete della stanza, in uno sfavillio di colori, di parole, di storie.

Storie di elfi, di folletti, di maghi… storie di persone che, come loro avevano dovuto ricominciare.

Storie di uomini e donne che pietra dopo pietra, avevano ricostruito la strada che li avrebbe condotti al futuro.

Ma anche storie che dovevano ancora essere raccontate, provate, vissute.

Ron sospirò, al pensiero delle cose che erano cambiate negli ultimi mesi.

Hogwarts era stata ricostruita.

La sua famiglia si stava riprendendo, tornando ad essere più forte e unita di prima.

Fred, nonostante tutto, continuava ad essere presente nei loro pensieri, nelle loro parole, nel loro cuore.

Con un’ultima occhiata alla libreria, Ron decise di raggiungere Hermione in cucina.

D’altra parte, c’era ancora una storia da scrivere.

E lo avrebbero fatto insieme.

 

 

 

 

 

 

 

Sono pronta.

Sono pronta a ricevere critiche.

So che la reazione che ho fatto avere ad Hermione possa essere un tantino destabilizzante.

Non voglio giustificarmi, ma secondo me tutto ha un limite.

Anche la forza, la tenacia e la grinta di Hermione.

Sono i più forti, a mio avviso, che quando giungono al livello massimo di sopportazione… BOOM! Esplodono.

E’ più o meno questo lo stato d’animo a cui pensavo.

Hermione non è di plastica, ho sempre pensato che prima o poi sarebbe arrivata ad un punto di non ritorno. E dopo tutto quello che ha passato durante l’anno di ricerca degli Horcrux, non credo ci sia momento migliore della fine di tutto per liberare le emozioni represse.

Come ho detto all’inizio, so che questa “visione” non sarà condivisa da tutti.

Ma ormai è fatta!

Ho scritto questa storia su suggerimento di Emma (che io ormai mi arrogo il diritto di chiamare semplicemente “Emma”, ma alcuni di voi forse conoscono meglio come Emmahp7), che ringrazio perché ultimamente le sue idee sono per me una grande fonte di ispirazione.

 

Ultima cosa (poi la smetto con il discorsetto logorroico, promesso)… non posso fare a meno di comunicarvi la mia totale sorpresa per il “successo” dello scorso capitolo.

Le vostre recensioni mi fanno sempre sentire orgogliosa, ma quelle dello scorso capitolo mi hanno fatto davvero emozionare.

Grazie di cuore, mi auguro di meritarle davvero.

 

Titti.

 

PS: ovviamente, Buona Pasqua a tutti!

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Capitolo 6
*** The King ***


Questa storia ha partecipato al contest “Perché Wesley è il nostro re

Questa storia ha partecipato al contest “Perché Weasley è il nostro re!” indetto da Pallina sul forum di EFP.

Ringrazio la giudice per la simpaticissima idea che ha avuto (personalmente ADORO Ron) e per il giudizio che ha dato alla storia, che troverete alla fine.

Il minimo che io possa fare per ringraziarla è dedicarle questo capitolo!

 

 

 

 

 

Il contest consisteva nel creare una storia in cui Ron fosse il protagonista, insieme ad un altro personaggio collegato alla scelta di un numero.

La sorte ha voluto che il personaggio nascosto nel numero che ho scelto io fosse Victor Krum.

 

Autore: TittiGranger
Titolo: The King
Personaggi principali: Ron Weasley, Victor Krum.
Genere: Commedia, Romantico.
Rating: Verde.
Avvertimenti: _
Introduzione: Si tratta di una sorta di excursus dei pensieri di Ron durante gli anni in relazione alla figura di Krum.
Numero e prompt scelti: Mani, piedi, collera, gelosia, insensibilità.
Note dell'autore (non obbligatoria): Che dire? Mi sono divertita a scrivere questa storia. Mi auguro che proverai la stessa cosa nel leggerla! Baci!

 

The King

 

 

Ron emise un sospiro scocciato, mentre con espressione scocciata, ticchettava la piuma sul tavolo, con fare scocciato.

Guardò, sconsolato, il tavolo pieno di pergamene: alcune piegate, altre ordinatamente impilate, certe accartocciate.

Per l’ennesima volta negli ultimi sessanta minuti, pensò di lasciar perdere.

Lui era un Auror, miseriaccia! Un Auror!

Non erano adatti a lui quei lavori di bassa manovalanza!

Si passò una mano trai capelli, al limite della disperazione. Vagò con lo sguardo nella cucina, cercando qualsiasi cosa potesse distrarlo, una qualsiasi scusa che gli permettesse di porre fine a quella tortura fisica e psicologica.

Niente, niente di niente.

La Tana, che di solito era sempre allo stato massimo di caos, quel giorno emanava un’aurea di pace e di… perfezione.

Non c’era nulla da mettere a posto.

Nulla da cucinare.

Nulla da riparare…

Ron afferrò una mela dal portafrutta, semisommerso anch’esso dalle pergamene, dandogli un morso.

Il fatto che in casa non ci fosse niente da fare e che non ci fosse nessuno, non significava certo che non ci fosse altro da fare.

Magari, poteva andare a Diagon Alley a salutare George.

O magari, a Grimmauld Place a fare quattro chiacchiere con Harry!

Ce n’erano tante di cose da fare, fuori.

Rinvigorito da un nuovo entusiasmo, si alzò dalla sedia e con grande agilità, lanciò il torsolo della mela nella pattumiera. Guardò per l’ultima volta il cumulo di pergamene sul tavolo e si convinse definitivamente che tagliare la corda fosse la cosa migliore.

Si sporse leggermente per prendere la bacchetta e un pensiero gli balenò nella mente, bloccandolo.

Il pensiero di lei.

Il pensiero di lei quando lui le avrebbe detto che non era riuscito a farle uno dei pochi favori che lei gli avesse mai chiesto.

Cosa le avrebbe detto, vedendola tornare stravolta dal Ministero?

Come si sarebbe potuto giustificare?

Magari non ci sarebbe neanche stato bisogno di giustificarsi. Conosceva Hermione da più di dieci anni ormai e sapeva che con lei, certe spiegazioni non servono.

Lo avrebbe guardando, avrebbe sospirato, si sarebbe seduta e avrebbe detto “Lo faccio io”, senza degnarlo neanche di uno sguardo.

 

Ron sospirò, crollando nuovamente sulla sedia di legno.

Come se stesse firmando la sua condanna a morte, Ron riprese la piuma in mano e la intinse nell’inchiostro, pulendo la punta su un panno che Hermione gli aveva raccomandato di usare “onde evitare antiestetiche sbafature“.

A Ron, in realtà, non importava nulla che le sbafature fossero antiestetiche. D’altra parte l’inchiostro era liquido proprio per sbafare. Ma fece comunque come gli aveva ordinato Hermione.

In quel groviglio di carte, ripescò il foglio su cui l’ordinata calligrafia di Hermione aveva scritto una serie di nomi.

Scorse l’elenco, cercando il punto a cui era arrivato.

 

Victor Krum

 

Rilesse il nome una seconda volta.

E poi una terza.

Mentre una vena iniziava pericolosamente a pulsargli, si impose di calmarsi.

Che ci faceva Victor Krum su quella lista?

Cosa?

Magari ci era finito per sbaglio.

Magari non era quel Victor Krum.

Magari Hermione ne conosceva due, e quello in questione non era altri che un suo vecchio compagno delle scuole Babbane.

Magari brutto.

Magari sfigato.

Magari anche microdotato.

Ron ticchettò con la piuma sul tavolo, tentando di farsi convince dalla sua stessa, assurda, improbabile teoria.

Sospirò, quando ammise a sé stesso che di Victor Krum ce n’era solo uno.

E lui lo conosceva bene…

 

- Non posso credere che si sia fatta fregare così, Harry - brontolò Ron, seduto a braccia conserte nella Sala Grande addobbata a festa, guardando con astio tutti gli studenti che, allegri e spensierati, si godevano la serata - Eppure ha un’intelligenza superiore alla media. Che spreco.

Harry sospirò, allargandosi con un dito il colletto del suo abito da cerimonia. Scosse le spalle, badando poco alle lamentele dell’amico, troppo impegnato, anche lui, a tener d’occhio un’altra coppia - A me sembra che si stia divertendo.

Ron si voltò verso l’amico, in uno svolazzo di pizzi, e lo guardò come se avesse appena rivelato di aver commesso un quadruplo omicidio - Sveglia, Harry! E’ tutto parte del suo piano! La sta facendo divertire, per poi estorcerle informazioni su di te! - spiegò - E mi stupisce che Hermione non se ne renda conto.

Harry stavolta seguì lo sguardo di Ron.

A pochi metri da loro, Krum aveva portato Hermione a ballare.

Lei sembrava a suo agio, rilassata.

Ron non ricordava di averla mai vista così.

Così luminosa, così elegante, così… donna.

Krum la faceva volteggiare con delicatezza, sfiorandole la schiena con le mani

Ron in quel momento si disse che, se quelle mani avessero superato la linea di confine, lui sarebbe stato legittimato a rompergli quel faccione squadrato.

- Guarda che piedoni. Sembrano due barche in confronto a quelli di Hermione - sentenziò Ron - Non trovi?

- Ehm… sì.

- Lo dico solo perché se le pestasse i piedi con quei transatlantici, potrebbe farle male - continuò concitato Ron, sbracandosi un po’ di più sulla sedia.

- Certo, sì.

Ma non successe.

Non le pestò i piedi, non superò il confine.

Krum sembrava un perfetto gentleman: nonostante le occhiate, le risatine, i cenni delle altre ragazze presenti alla festa, lui sembrava avere occhi solo per Hermione.

La osservava estasiato, la sfiorava con dolcezza, la seguiva con…devozione, quasi.

Tra sé e sé, Ron si ritrovò ad ammettere che se lui fosse stato al posto di Krum, avrebbe fatto la stessa identica cosa.

 

Ron scoccò la lingua a quel ricordo. Lo considerava come uno degli episodi più imbarazzanti della sua vita.

La prima volta che aveva avuto una seria e determinante batosta.

Perché se il vedere Hermione tra le braccia di Krum gli aveva fatto aprire gli occhi, il sapere di essere in svantaggio rispetto al bulgaro lo faceva inspiegabilmente, insopportabilmente, inesorabilmente soffrire.

Uno a zero per Krum.

 

- Chi ti scrive quel papiro? - chiese Ron con fare innocente, infilandosi in bocca un paio di Caramelle Tuttigusti+ uno.

- Un amico - fu la risposta di Hermione, presa dalla lettura nella poltrona accanto alla sua.

Ron annuì, fingendosi indifferente. Scosse la scatola di caramelle, pescandoci dentro.

Cercando di non farsi accorgere, gettò un’occhiata ad Hermione che, a gambe incrociate sulla poltrona poco distante dalla sua, sembrava assorta nella lettura di una pergamena che una civetta rossiccia le aveva portato poco prima.

- Un amico senza nome? - buttò lì Ron, sentendosi arrossire.

Hermione stavolta alzò la testa per guardarlo - No, Ron. Ce l’ha un nome - disse.

- Ed è un nome segreto? O si può dire? - insistette lui.

In realtà sapeva benissimo di chi fosse quella lettera.

Purtroppo, lo sapeva.

Ma se c’era occasione per prendersi gioco di lui, perché non sfruttarla?

- Non ti è mai passato per la testa che io non voglia dirtelo, Ron? - disse lei, con sorriso di sfida - Non ti ha mai sfiorato questa eventualità?

Ron batté le palpebre un paio di volte, guardandosi attorno in cerca di ispirazione.

Ma in quel momento, la desolazione della Sala Comune di Grifondoro non fu di grande aiuto.

- Pensavo che non ci fossero segreti tra di noi - disse lui, compiacendosi di sé stesso. Sapeva che fare la vittima era l’unico modo per far capitolare Hermione. O almeno farle abbassare la guardia. Per rincarare la dose, cercò anche di assumere un’espressione sufficientemente ferita.

Hermione lo guardò. Ron la conosceva abbastanza bene da sapere che stava valutando i rischi della cosa - Infatti, non ci sono segreti.

- Beh, ma allora puoi dirmi chi ti scrive… - fece lui, scuotendo le spalle - Voglio dire… che problema c’è?

Hermione si morse le labbra e corrugò la fronte - E’ Victor. Victor Krum.

Ron ingoiò il vuoto. Con non si sa quale forza di volontà, riuscì ad annuire, sembrando anche vagamente tranquillo.

L’unico particolare che forse poteva fregarlo era il rossore del collo, ma probabilmente Hermione non ci avrebbe neanche fatto caso.

- Bene. Benissimo - disse, continuando ad annuire - Vedi? Nessun problema.

Hermione lo fissò per un altro paio di secondi, sospettosa. Dopodiché, senza aggiungere altro, tornò alla lettura.

Per un paio di minuti, l’unico rumore fu quello delle caramelle nel cartone, nonché quello dei pensieri di Ron nella sua testa. Ma grazie al cielo, quelli poteva sentirli solo lui.

- E quindi… Krum ha imparato a scrivere, eh?

Ci aveva provato.

Aveva tentato di trattenersi, ma era stato più forte di lui.

Per lo meno, riuscì a tirare indietro una risatina sadica.

Dal canto suo, Hermione alzò gli occhi al cielo, lasciandosi sfuggire un rassegnato “Lo sapevo”.

Senza degnarlo di uno sguardo, arrotolò malamente la pergamena e fece per alzarsi.

- Che c’è? - disse Ron, sfoggiando la sua miglior faccia tosta - Non ho detto niente di male! - aggiunse, fingendosi sorpreso - Voglio dire, da una persona che non sa pronunciare il tuo nome correttamente, non ti aspetti certo che sappia… scrivere!

Se avesse potuto, avrebbe esultato.

Si congratulò con se stesso perché quella frase era davvero, davvero d’effetto… e poi non era certo facile battere Hermione a parole, lei che aveva sempre la risposta pronta.

Doveva cercare di memorizzarla, così poi l’avrebbe raccontato ad Harry.

Sì, sì… Ron lo sapeva. Sapeva che in quei momenti dimostrava di essere “l’insensibilità fatta persona” che da sempre lo accusavano, Hermione in primis, di essere. Ma Ron non poteva farne a meno.

Hermione raccolse le sue cose, ancora stizzita.

Per un attimo, Ron pensò di aver vinto.

Di aver avuto l’ultima parola in un a discussione con Hermione.

- Eppure, Ronald, a me sembrava che sapesse scrivere, quando tu, alla fine dello scorso anno, gli hai chiesto di firmarti l’autografo. Anzi, perché non vai a controllare? Lo tieni nel comodino, no? - disse, risalendo le scale del dormitorio.

Non era facile battere Hermione a parole.

Ecco, appunto.

 

E va bene.

Anche in quel caso Krum l’aveva spuntata, ma solo perché si era trattato di una sorta di autogoal.

Solo per quello.

Dopotutto gliela aveva messa su un piatto d’argento.

Ad ogni modo…

Due a zero per Krum.

 

 - E’ infantile questo comportamento, Ron.

Ron si tirò su a sedere, sfoggiando un’espressione tradita. Erano nel Parco di Hogwarts a godersi un pomeriggio di raro sole autunnale.

- Lei ha baciato Krum, Harry - disse il rosso, quasi a voler sottolineare il concetto, la gravità della situazione.

- E con questo? - fece Harry, alzandosi a sua volta per guardare in faccia l’amico.

Ron aprì e chiuse la bocca, senza dire nulla. Per la prima volta, Harry sembrava non capirlo.

Sapeva che anche Hermione era la sua migliore amica, ma… caspita! Possibile che Harry non capisse? Possibile che non si rendesse conto del problema di Ron?

- Se lei può farlo, ne ho diritto anche io! - borbottò lui, convinto.

Nel momento in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca, persino lui si rese conto di quanto suonassero infantili e stupide.

- Certo - disse Harry, mentre sul suo volto si abbassava una maschera di delusione. Tornò a sdraiarsi sul prato - Ma tu lo stai facendo per farle male, come il pensiero che Krum abbia baciato lei fa male a te, Ron.

Ron arrossì, fino alla punta dei piedi - No! A me non interessa affatto che lei… che loro… a me non importa proprio un bel niente! - disse, gesticolando come un forsennato.

- Certo, amico. Come no…

 

Quel pensiero lo aveva perseguitato per anni.

Per anni si era sentito un mostro, perché lui stesso sapeva che, dopotutto, quello che Harry aveva detto era vero, in parte.

Mettersi con Lavanda, era stata una ripicca. E per questo si sentiva un verme.

Aveva ingenuamente pensato che facendola ingelosire, facendole provare la stessa gelosia che provava lui ogni volta che la guardava, lo avrebbe fatto sentire meglio.

Invece non era stato così; aveva fatto male i calcoli.

Perché non aveva messo in conto il suo sguardo deluso, ogni volta che riusciva ad incontrare i suoi occhi, la sua espressione imbarazzata, tutte le volte che era costretta a rivolgergli la parola.

Niente di tutto questo era stato calcolato.

Perché nonostante tutto, ogni volta che la guardava, Ron non poteva fare a meno di ammettere che anche in quel caso Krum aveva vinto.

Aveva vinto e se lo era anche meritato.

Victor Krum era stato tutto ciò che Ron, in cinque anni che conosceva Hermione, non aveva saputo essere. Era stato tutto ciò che Hermione meritava di avere da un ragazzo e per questo, Krum era stato premiato.

Lui l’aveva baciata.

Ron no.

Tre a zero per Krum.

 

Ron si passò una mano tra i capelli, la penna ancora sospesa a mezz’aria, cercando di trovare la forza di scrivere quel nome su quella dannatissima busta, mentre un’altra ondata di ricordi lo travolgeva…

 

- Ron… devo… andare… la… Passaporta… Ron… - mugugnò Hermione sulle labbra di Ron, mentre lui la costringeva giù, facendole pressione sulla nuca. Lei ridacchiò, cedendo finalmente al bacio.

- Ma sei appena arrivata! - si lamentò lui, lasciandola libera.

Hermione gli lanciò un’occhiata confusa, cercando la borsa che conteneva la Passaporta - Ron siamo chiusi qui dentro da due ore! I tuoi potrebbero anche pensare male.

Ron si stiracchiò, mentre i giocatori di Quiddicht dei poster attaccati sulla parete di fronte si sbracciavano in gesti di vittoria.

Ron sorrise.

In realtà avevano passato tutto il tempo a parlare. Lei gli aveva raccontato i vari aneddoti dell’ultimo anno ad Hogwarts, dei Professori, dei  nuovi studenti… e lui di come era stato lavorare con George, delle persone che ormai erano diventati clienti fissi del negozio e del corso per Auror appena iniziato.

E poi si erano baciati. Baciati e baciati ancora.

Ron si era accorto che, da quando una settimana prima lei era tornata da Hogwarts, lui non riusciva a non baciarla, di tanto in tanto.

Non riusciva a guardarla senza baciarla. Non poteva vedere le labbra di lei muoversi senza farlo.

 

“Ma non sei stato il primo ad accarezzare quella bocca, Ron”.

 

Poi c’era lei, la vocetta malefica che ogni tanto si insinuava nei suoi pensieri, facendogli stringere lo stomaco.

E la cosa più dolorosa era quella: la voce aveva ragione.

La rabbia, la collera, il nervoso che quel ricordo causava in lui non erano sufficienti a farla sparire.

Per quanto la baciasse, non era stato lui a regalarle l’emozione del primo bacio.

Era stato Krum.

Di nuovo lui, sempre lui.

Quattro a zero, cinque a zero… sei, sette… a zero per Krum.

 

Ron prese un ultimo respiro.

Inutile stare a rimuginarci sopra.

Di errori ne aveva fatti, certo. Ma il futuro serve a riparare agli errori del passato, no?

E Ron non vedeva l’ora di toccarlo questo futuro.

Di viverlo.

Con lei, per lei, in lei.

Non vedeva l’ora di viverlo, perché sapeva che, nonostante tutto, non lo avrebbe fatto da solo.

Con decisione, intinse la piuma nel calamaio e si decise, finalmente, a scrivere quel nome sulla pergamena, gettando un’occhiata al contenuto del messaggio.

 

 

Ronald Bilius Weasley ed Hermione Jane Granger

sono lieti di invitarLa al loro matrimonio…

Che si terrà il giorno… alle ore…

 

Finì di scrivere e… sorrise.

 

Vittoria per Weasley.

Weasley, the King.

 

 

 

 

Dunque, dunque… mi rendo conto che questa storia abbia toni decisamente più rilassati rispetto ai capitoli precedenti.

Ma ogni tanto ci vuole… così non potete di certo accusarmi di essere una totale melodrammatica! Mi auguro comunque, che vi sia piaciuto ugualmente J

 

Colgo l’occasione per scusarmi di una svista nel capitolo precedente.

Ricorderete che il missing moment scorso parte dal ritrovamento di un libro, “La rivolta degli elfi, volume otto”.

Ecco, mi è stato fatto giustamente notare che dopotutto è alquanto improbabile che gli elfi, data la devozione che continuamente dimostrano verso i loro padroni, possano essersi ribellati agli umani. Avete perfettamente ragione! Mea culpa!

E’ stato un particolare su cui proprio non avevo riflettuto!

Questo però dimostra che ho dei lettori molto attenti… e la cosa mi piace da pazzi! ;-)

 

Per il prossimo capitolo… non so quando arriverà.

Per il momento non ho un’idea precisa, ma di solito mi vengono d’improvviso, per cui questa momentanea mancanza di idee non mi preoccupa poi molto!

Certo se volete accelerare il processo e se avete qualche idea da suggerire… sono qui!

Un abbraccio!

 

Titti

 

PRIMA CLASSIFICATA: “The King” di TittiGranger
Grammatica e sintassi: 9,2/10
Stile: 10/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione Ron: 10/10
Caratterizzazione Altro Personaggio: 10/10
Gradimento personale: 10/10
Utilizzo Prompt: 10/10

TOT: 69,2/70



Parto con il dirti che ho letteralmente adorato questa tua OneShot.
I punti che ti sono stati tolti nella grammatica derivano da dei piccoli errori, infatti ad Hermione si scrive a Hermione, risulta essere meno pensante nella lettura e più piacevole e se stesso si scrive senza accento. In verità questi non sono dei veri e propri errori perché la grammatica italiana non li condanna del tutto.
Ad un certo punto della storia scrivi “Aveva tentato di mantenersi, ma era stato più forte di lui.”, penso che la parola trattenersi ci sarebbe stata meglio.
Per quanto riguarda lo stile, questa storia è perfetta, il tuo stile è fluido, armonioso e studiato, l’ho apprezzato molto.
È incredibile come tu riesci a rendere Ron così Ron poichè in ogni frase, in ogni parola è lui, proprio lui e trovo stupefacente che tu riesca così semplicemente in questa impresa.
Detto questo torno a dirti che la tua storia è bellissima, fantastica e va assolutamente letta. Complimenti!



 

 

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Capitolo 7
*** Choose me ***


Choose me

Choose me

 

 

Ron tirò su con il naso, lasciando che l’aria salmastra si insinuasse tra i suoi capelli spettinati, che gli pizzicasse le guance ispide, che lo colpisse. Che gli facesse male.

Intorno a lui, si estendeva un mondo grigio e angosciante.

Il cielo era grigio, abbandonato ormai dai gabbiani che avevano preferito terre più calde.

Il mare era grigio, abbandonato dalle barche che fino a mesi prima galleggiavano attive sulla sua superficie.

La sabbia era grigia, abbandonata dai raggi del sole.

Lui stesso era grigio, abbandonato… da lei.

 

“Ma non è lei ad averti lasciato”.

 

Rabbrividì a quel pensiero. Strinse le mani screpolate sul bordo dei gradini di Villa Conchiglia, mentre un senso di frustrazione mista a panico percorreva il suo corpo, scuotendolo dall’interno.

Quella forza sconosciuta riusciva a bloccargli i muscoli, a bloccargli il respiro…

Come aveva fatto a trovarsi in quella situazione?

Come aveva potuto lasciare che accadesse?

Come aveva potuto?

Strinse gli occhi, sperando che il lieve fruscio del vento riuscisse a compensare il rumore infernale dei suoi pensieri. Il rumore del senso di colpa.

- Posso?

Riaprì gli occhi, lasciando che il respiro si regolarizzasse, mentre il senso di panico arretrava, nascondendosi in un angolo buio della sua mente, pronto a colpire di nuovo, non appena ce ne fosse stata l’occasione.

Non appena fosse stato di nuovo vulnerabile.

- Certo - disse, spostandosi un po’.

Bill annuì, scendendo un paio di gradini e sedendosi al suo fianco. Indossava un giaccone verde e teneva in mano due tazze da cui fuoriusciva del fumo. Ne passò una a Ron, che non parlò. Si limitò solo a scuotere la testa in un gesto di ringraziamento.

- Che spettacolo, eh? - fece Bill, indicando il mare - Fa quasi paura.

Ron sospirò, ammirando la distesa d’acqua grigia che si estendeva di fronte a loro.

Immensa, indomabile, potente.

- Già.

Inspirò, lasciando che l’aria fredda e salata gli riempisse il naso, facendogli mozzare il fiato per un attimo.

Si portò la tazza di thè vicino alla bocca, prendendone un sorso.

Per poco la tazza non gli scivolò dalle mani quando l’armo del liquido caldo non gli pervase le narici.

Vaniglia. Era thè alla vaniglia. *

Un bruciore lancinante agli occhi lo costrinse a chiuderli.

- Ron… - iniziò Bill, con lo sguardo rivolto verso la distesa d’acqua - Siamo preoccupati per te - si voltò a guardarlo - Lo sai che questa è casa tua e puoi restare quanto vuoi senza dare spiegazioni ma… - prese fiato, scuotendo la testa e lasciando muovere la piccola coda scarlatta che sua madre, per anni, aveva tentato di eliminare - Fleur è preoccupata. Mi ha detto più volte di parlarti… ma io volevo darti più tempo, volevo lasciarti in pace. Solo che sono giorni che vai avanti così Ron… non mangi, non parli… Per un momento ho pensato di avvertire mamma e papà.

Con uno scatto repentino Ron si voltò a guardarlo, facendo oscillare pericolosamente il liquido all’interno della tazza - Non avrai…

- No, certo che no - lo tranquillizzò Bill - Ma, davvero, Ron… se tu potessi… parlarne, farmi capire cosa è successo… io… dammi la possibilità di aiutarti - disse, battendogli una mano sulla spalla, il volto sfregiato segnato dalla preoccupazione.

- Bill, mi dispiace…

- Cosa è successo quella notte, Ron? - chiese Bill ,deciso.

Per un momento Ron rimase interdetto, spiazzato. Prima che il suo cervello avesse la possibilità di macchinare una qualsiasi risposta, Bill parlò di nuovo.

- Hai avuto una discussione con Harry e va bene - fece Bill, fissandolo - Cos’altro, Ron? So che c’è dell’altro.

Ron scosse la testa, passandosi una mano sulla fronte, mentre i ricordi di quella sera si facevano di nuovo vividi nella sua testa. Doveva scacciarli.

- Capisco che questo ora ti faccia male - continuò Bill - Ma tutti possono farsi prendere dall’istinto, Ron! Tu ed Harry siete amici da una vita… tu sei come un fratello per lui. Avrete la possibilità di sistemare tutto… E devi lottare per questo! Non puoi lasciare che il senso di colpa ti riduca in questo stato! Capisco…

- No, tu non capisci, Bill! - lo interruppe Ron, la voce strozzata e gli occhi chiusi - Io me ne sono andato e li ho abbandonati. Io l’ho abbandonata.

Nel pronunciare l’ultima frase si era voltato a guardare il fratello, scontrandosi con gli occhi azzurri di Bill, così simili ai suoi, che si spalancarono per un momento quando comprese il significato delle sue parole.

- Oh… lei.

- Sì. Lei.

Rimasero qualche secondo in silenzio, ognuno concentrato sul contenuto della propria tazza.

- Tu… voi… avete discusso prima che…? - Bill non completò la frase, ma il contenuto della sua domanda era ben chiaro.

Ron scosse le spalle, tirando su con il naso - Sì, più o meno.

- Ti va di parlarne?

Ron fece un lungo respiro. Annuì, mentre una goccia d’acqua si staccò dalla grondaia e precipitò sul corrimano di legno. Ron la vide scendere, schizzare lungo la discesa, finchè…

 

 

…cadde.

Ma non se ne curò. Ne sentì un’altra, poi ancora… poi altre dieci, cento, mille…

Le gocce di pioggia lo colpivano in volto, ma a lui non interessava.

Lui doveva solo raggiungere il confine per Smaterializzarsi.

La sua rabbia era troppo forte per potersi lasciare intimorire dalla pioggia.

Il suo orgoglio era troppo infervorato per poter essere placato dall’acqua.

- Ron, ti prego! Ron!

Ma lui non si voltò, continuò la sua marcia attraverso pozze di fango e cespugli bagnati, senza degnarla di una parola.

- Ron! - all’improvviso, però, si sentì afferrare per un braccio. Lei doveva aver fatto una corsa per potergli stare dietro.

Doveva essere stato così, perché quando si voltò a guardarla aveva l’affanno; a malapena riusciva a parlare, tanto era lo sforzo e… la paura.

Aveva i capelli zuppi, appiccicati al viso. La felpa era fradicia e lo stesso i pantaloni.

Respirava forte, ostacolata ulteriormente dalla pioggia battente che li circondava.

- Ti prego… Ron… - disse, affannata - Torna dentro. Vedrai… che… sistemeremo tutto… - disse, scuotendo la testa mentre si scansava i capelli dalla faccia - Ti prego…

“Sistemeremo tutto”.

Già… perché per l’ennesima volta, lui aveva combinato l’ennesimo danno, vero?

Era lui l’idiota, era sempre sua la colpa.

Senza degnarla di una risposta le diede le spalle, continuando a farsi strada tra pioggia e foglie.

- Ron!

La sentì arrancare dietro di lui.

- Torna dentro, Hermione.

Un fulmine squarciò il cielo, illuminando la radura.

Entrambi si arrestarono per un momento, ma durò ben poco.

- Ron!

- Ti ho detto di tornare alla tenda, Hermione! E’ pericoloso, miseriaccia! - si voltò di scatto, lasciando che i capelli bagnati gli schizzassero sulla fronte.

- Per favore, torniamo indietro… - disse lei, singhiozzando - Ti supplico, Ron… per favore… Non puoi andartene… noi… dobbiamo ancora cercare gli Horcrux che rimangono…

Ron irruppe in una risatina isterica - E io per questa… “impresa”… sono indispensabile, vero? Mi sembra che fin’ora tu ed Harry ve la siate cavata benissimo anche senza di me, o sbaglio?

- Non dire sciocchezze, Ron! - fece lei, mentre sul viso bagnato da acqua e lacrime si dipingeva un’espressione decisa - Certo che sei indispensabile! Devi smetterla con queste… stronzate!

- Perché per te io dico solo stronzate, no? - urlò Ron, rabbioso - Tanto c’è Harry con cui fare le conversazioni serie! Perché voi due siete sulla stessa lunghezza d’onda, no?

Lei scosse la testa - Come… come ti viene in mente?  - gridò di rimando lei, nello sforzo di sovrastare il rumore dell’acqua - Che diavolo stai dicendo? Siamo i suoi amici… abbiamo promesso…

- E ALLORA VAI! - le gridò - VAI! Torna da lui! Torna da Harry! Ci sei tu ed Harry non poteva avere di meglio, no? - disse, mentre l’amaro delle sue stesse parole gli faceva storcere la bocca. Di nuovo, la rabbia dentro di lui continuò a vorticare… i pensieri giravano… l’orgoglio cresceva - Non ha bisogno di me! - si voltò, riprendendo a camminare.

A malapena riusciva a vedere ad un palmo dal suo naso. Tastò il giaccone alla ricerca della bacchetta - Lumos!

- Sono io che ne ho bisogno! Sono io ad aver bisogno di te! - disse lei, gridando, afferrandolo di nuovo per un braccio - Ti prego - fece, stavolta con tono più dolce, per quanto permettesse la pioggia - Non chiedermi di scegliere tra te e lui.

 

“Perché sceglierei lui”.

 

Queste parole si formarono spontaneamente nella mente di Ron.

Era l’unico pensiero che in quel momento la sua testa riusciva a concepire.

Nient’altro contava in quel momento.

Né il fatto che lei lo avesse seguito sotto la pioggia.

Né che lo stesse supplicando di restare.

Né che gli avesse detto di avere bisogno di lui.

Niente.

Non chiedermi di scegliere tra te e lui.

Certo.

Non poteva farlo, perché così avrebbe perso.

Si sarebbe dovuto limitare ad abbozzare, a fare finta di niente, ad accettare che lei lo considerasse una seconda scelta.

“Scegli me”, avrebbe voluto dirle. “Scegli me”.

Scosse la testa, sconfitto, mentre la rabbia gli faceva provare quasi un senso di vertigine.

No, non poteva chiederle di scegliere.

Non serviva.

Con uno strattone, si liberò in malo modo dalla presa di lei e con pochi passi fu fuori dalla copertura che lei stessa aveva creato.

- Tu hai già scelto, Hermione - disse, abbastanza forte perché lei le sentisse.

Non riuscì a capire cosa disse lei dopo, ma mentre vorticava, percepì l’eco del suo stesso nome accompagnarlo… finché fu di nuovo buio.

 

 

 

Tirò su con il naso, di nuovo.

Continuò a fissare il liquido ambrato del the, ormai freddo, anche dopo aver finito di parlare.

Raccontare quell’episodio… renderlo concreto attraverso le parole era stato terribile.

Riviverlo, di nuovo.

Rivederla, mentre lo implorava.

Risentirla mentre gridava il suo nome.

- Capisci, Bill? L’ho lasciata là… io non… - non riuscì a terminare - Potrebbe succederle qualsiasi cosa.

- Non le succederà niente! - rispose pronto Bill, volgendosi a guardarlo - Niente, Ron.

Lui scosse la testa. Posò la tazza su un gradino in basso e si prese la testa tra le mani, mentre un senso di stordimento lo annebbiava.

- Ho rovinato tutto - disse.

Sentì una mano di Bill stringergli una spalla - Sistemerai ogni cosa.

Ron sbuffò, sollevandosi a guardarlo con gli occhi brucianti e arrossati; un sorriso amareggiato stampato in viso - Credi davvero che lei me lo permetterà?  - scosse di nuovo la testa, mentre lo stordimento lasciava spazio ad una rabbia inaudita - Cazzo, Bill, quante volte dovrà perdonarmi? Quante?

- Ron…

- Anni fa non le ho parlato per mesi! Mesi, Bill - disse Ron, passandosi una mano fra i capelli scomposti ed enumerando con le dita - Solo perché credevo che il suo gatto avesse mangiato Crosta. Gliene ho dette di tutti i colori su Krum, le ho detto che lui si mostrava interessato a lei solo perché era amica di Harry… - man mano che andava avanti, il suo tono di voce aumentava - Ho combinato un casino con Lavanda… per ripicca, per farle provare la stessa cosa che avevo provato io… ed ora… - respirò forte, lo sguardo ancora posato a terra - Le ho rinfacciato… che come al solito aveva scelto Harry.

Per qualche secondo rimasero in silenzio. Ron ogni tanto tirava su con il naso, perso nel desolante paesaggio che si estendeva di fronte a lui; Bill era seduto al suo fianco, senza parlare, senza guardarlo.

Ron sentiva le lacrime bruciargli negli occhi, incapaci di scendere.

Incapace di muoversi.

Un po’ come si sentiva lui in quel momento.

- Sai quale è stato il mio primo pensiero quando mi sono risvegliato, dopo l’attacco di Greyback? - disse d’improvviso Bill, ticchettando con le dita sulla tazza.

Ron scosse la testa, voltandosi per guardarlo.

- Ti sembrerà assurdo e probabilmente non ci crederai, ma… - fece una pausa, mentre sul suo volto calava un’espressione addolorata - Non mi interessava nulla di questo- disse, indicandosi con una mano il lato del viso marchiato da strisce lucide - Non ho minimamente pensato al fatto che sarei rimasto… sfregiato per tutta la vita! - continuò, lentamente - C’era solo un pensiero che mi terrorizzava. “Ora lei non mi vorrà più. Lei non vorrà un mostro come me al suo fianco”.

Ron corrugò la fronte, facendo per bloccarlo - Bill…

Ma Bill gli fece segno con la testa - Era questa la mia paura più grande: il fatto che lei potesse non volermi più - lo disse con una dolcezza tale che Ron si sentì quasi di troppo, quasi stesse violando un pensiero troppo privato per poter essere ascoltato da chiunque - E io non volevo costringerla a vivere una vita… con me. Con quello che ero diventato. Quindi glielo dissi - sospirò - Le dissi che forse era meglio rinunciare al matrimonio, che le cose erano cambiate, che forse sarebbe stata meglio se fosse tornata in Francia - con grande stupore di Ron, all’improvviso Bill sorrise - E lei si arrabbiò. Non credo di aver mai visto Fleur così… incazzata, proprio. Ha cominciato a parlare in francese, come fa sempre quando qualcosa non le va bene… mi chiese come avevo fatto a pensare una cosa del genere e che se credevo di potermi dietro la scusa di Greyback per lasciarla, mi sbagliavo di grosso - scosse la testa ancora sorridendo - Pensa che alla fine dovetti persino scusarmi, praticamente.

Suo malgrado, anche Ron sorrise. La felicità, il sollievo che emergeva dalle parole di Bill, riusciva a rendere in parte felice anche lui.

- Quello che voglio dire, Ron… - riprese Bill - E’ che Fleur mi ha scelto per come sono… ha accettato la mia parte bella, ma anche… quella brutta. Nel momento in cui mi ha scelto, lei sapeva, era consapevole che in me c’erano entrambi: pregi e difetti.

Ron comprese dove suo fratello volesse andare a parare - Bill, non credo sia la stessa cosa…

Di nuovo, Bill gli mise un braccio sulla spalla per guardarlo - E’ la stessa identica cosa, Ron - sorrise - Hai detto tu stesso che Hermione ti perdona da sempre… per la questione del gatto, Krum, Lavanda… lo farà anche stavolta - si alzò, prendendo la tazza - Forse sei l’unico a non essertene accorto, Ron, ma Hermione è una vita che ti ha scelto. E questi fatti ne sono la dimostrazione. Stavolta è compito tuo dimostrarle che anche tu… hai scelto lei.

Bill gli strizzò l’occhio, prima di ritirarsi in casa.

“E’ una vita che ti ha scelto”.

Queste parole continuarono a vorticare nella mente di Ron, producendo un vortice quasi luminoso.

Una luce che parve risollevarlo, condurlo fuori dall’abisso che lo soffocava da giorni.

Perché forse Bill aveva ragione.

Se lui e Fleur  avevano avuto un’altra possibilità, magari…

Forse c’era ancora modo di rimediare.

Forse c’era ancora la possibilità di dimostrarle che anche lei era la sua unica e sola scelta.

Forse…

Forse, forse, forse.

Niente era sicuro in quel momento. Niente di certo, niente di concreto.

Ma finchè ci fosse stata la minima possibilità di sistemare la situazione, lui l’avrebbe sfruttata.

Perché lo doveva a Hermione.

Lo doveva a loro due.

 

Recuperò la tazza, posata su un gradino accanto a lui e se la portò alla bocca.  Sebbene il thè fosse ormai freddo, lo bevve tutto… non potendo fare a meno di pensare, mentre un delicato aroma di vaniglia gli addolciva la bocca, che era la cosa più buona che mandava giù da giorni.

 

 

 

 

Ho sempre pensato che Ron e Hermione si fossero scelti fin dall’inizio… hanno soltanto avuto la sfortuna di dimostrarlo in momenti diversi. Come spesso succede nella vita.

 

So che questo capitolo è arrivato con maggior ritardo rispetto agli altri… ma ho avuto non poche difficoltà a scriverlo. Di solito sono soddisfatta delle mie storie quando le posto (miss modestia, eh?), in questo caso c’è un qualcosa di-non-identificato che non mi convince.

Nel complesso, però, l’impostazione che volevo dargli era questa…

Comunque, mi riservo il diritto di modificarlo, qualora riuscissi a capire cosa c’è che non mi soddisfa, insomma!

Che altro dire?

Per il momento ho un altro paio di momenti da raccontare, per cui, salvo richieste da parte vostra, la raccolta dovrebbe contare altri due capitoli (si tratta di un’informazione alquanto generica, perché fra cinque minuti potrebbe venirmi in mente un altro missing moment e quindi i capitoli diventerebbero tre!)

Quindi… a voi la parola!

Passate un buon sabato, gente! A presto!

Titti

 

* I miei lettori più attenti sicuramente avranno capito al volo questo riferimento, VERO? ;-)

 

 

 

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Capitolo 8
*** Summer Fever ***


Se non fosse stata così stanca e accaldata, avrebbe fatto le scale a due a due

Summer fever

 

Se non fosse stata così stanca e accaldata, avrebbe fatto le scale a due a due.

Ma una giornata di agosto- trascorsa nei tentativi vari di stare dietro a tutti i progetti, a scorrazzare su e giù per tutto il Ministero, con l’aggravante di un inaspettato caldo che aveva invaso tutti loro-  era stata in grado di intaccare persino l’efficienza e l’impeccabilità dell’instancabile Hermione Granger.

Raggiunse la porta con un sospiro, sventolandosi in viso con la mano libera.

Tentando di fare il più piano possibile, abbassò la maniglia.

Nella stanza, le tende erano tirate, con l’intento di limitare l’entrata di quel sole che da giorni sembrava non voler dare tregua.

Entrò in punta di piedi, chiudendo la porta, che cigolò in modo ormai familiare; al solito, fu accolta dai gesti di esultanza dei Cannoni di Chuddley. Posò la borsa sulla sedia della scrivania, ricoperta da un groviglio di magliette colorate.  Fece qualche passo in avanti, scavalcando alcuni giornaletti sul Quidditch abbandonati a terra, non prima di avergli lanciato un‘occhiata di disapprovazione mista a rassegnazione. Il suo piede ricadde su una trave del pavimento particolarmente instabile, che gracchiò pesantemente.

- Ma’, ti ho detto che non ho fame - mormorò una voce da un punto imprecisato del letto, sotto un groviglio di lenzuola azzurre - Lasciami stare.

Hermione scosse la testa, ma si lasciò sfuggire un sorriso. Senza dire nulla, si inginocchiò ai piedi del letto - Caspita, devi stare davvero proprio male per rinunciare ad un pranzo di Molly, allora.

All’istante, in uno svolazzo di stoffa turchese, Ron Weasley riemerse dalle lenzuola. La disordinata zazzera di capelli rossi ornava un viso stanco e arrossato, ma i suoi occhi, sebbene lucidi, si illuminarono quando incontrarono quelli scuri di Hermione, inginocchiata accanto a lui.

- Ciao, straniera - le disse, cercando di mettersi a sedere - Che ci fai qui a quest’ora?

Hermione piegò la testa di lato, posandogli una mano sulla fronte e percependo subito il calore, evidentemente non dovuto all’elevata temperatura esterna.

- Come stai? Scotti - disse lei, ignorando la sua domanda. Prese una pezza umida e dopo averla resa più fredda con un incantesimo, gliela poggiò in fronte.

- Sto bene - mentì lui, beandosi della frescura momentanea del panno - Davvero - confermò nuovamente, prendendole la mano con cui lei gli stava si sistemando il panno e posandole un bacio sul palmo - E’ solo un po’ di febbre. Un po’ di…alterazione, ecco.

Hermione sollevò un sopracciglio - Hai la temperatura di un  Thoroughbred, Ron. Non la definirei “alterazione“.

Ron tossicchiò, non riuscendo a trattenersi dal sorridere - Come è possibile che non ti sfugga mai niente? - la prese in giro, giocherellando con una ciocca arricciata sfuggita alla coda con cui Hermione teneva legati i capelli in quelle giornate afose - Capisco che la quasi- responsabile- del- dipartimento per la Protezione delle Creature Magiche debba essere informata su tutto, ma davvero non ci sono limiti?

Lei si morse le labbra, scuotendo la testa - Primo: smettila di usare quell’espressione, perché la promozione non è ancora sicura…

- Ma se l’ha detto anche Harry! - protestò Ron, debolmente - Il Ministro non fa altro che dire che sei senza dubbio la candidata più perfetta per…

- “Più perfetta” non si dice - lo corresse lei. Ron alzò gli occhi al cielo - E comunque, non è questo il punto, adesso - con poca delicatezza, tirò le coperte, rimboccandolo come un bimbo - Potevi avvertirmi! - gli disse - Avresti potuto mandarmi un gufo, ieri sera! - continuò a rimproverarlo, mentre Ron sprofondava sempre più nelle coperte - Invece l’ho dovuto sapere da Harry… per puro caso!

Ron colse al volo l’occasione per “redimersi” - Hai ragione - le disse subito, tirandosi un po’ su, lasciando che la pezza umida gli scivolasse dalla fronte, cadendo sul letto accanto a lui - Solo che non volevo farti preoccupare - tentò, cercando di assumere la sua migliore espressione da cucciolo malato.

Hermione lo guardò senza smuoversi, incrociando le braccia.

- E p-poi ero sicuro che mi sarei rimesso entro dopodomani - aggiunse, scansandosi i capelli resi umidi dalla pezza bagnata, senza guardarla - D-dato che in questi giorni avevi detto che eri impegnata, probabilmente non ci saremmo visti e… non ti s-saresti accorta di nulla, perché sabato starò benissimo. Pronto a fare tutto ciò che vorrai - concluse, soddisfatto di come fosse riuscito a svincolarsi da quella situazione.

Hermione inarcò un sopracciglio, continuando a fissarlo. Le braccia ancora strette in una morsa.

Cercando di sfoggiare la più convincente “nonchalance” di cui era capace, Ron le gettò uno sguardo e… gettò la spugna.

- E va bene - sospirò, incrociando a sua volta le braccia sopra le coperte ed alzando gli occhi al cielo- Non te l’ho detto perché volevo evitare che mi dicessi…

- Te lo avevo detto, Ronald! - sbottò Hermione, non riuscendosi più a trattenere. Con uno scatto nervoso afferrò la bacchetta, sotto lo sguardo orripilato di Ron - Giocare a Quidditch sotto l’acqua, ma come vi è venuto in mente? - continuò, infervorata, agitando la bacchetta. Ron, vagamente preoccupato, scivolò di nuovo verso il basso, curandosi di non staccare gli occhi dal sottile pezzo di legno che Hermione continuava a brandire come un’arma letale - E’ stato totalmente da incoscienti, Ron! E ve lo avevo anche detto - proseguiva imperterrita lei - Ma voi, niente! “Dobbiamo finire la partita!” - fece, imitando la voce maschile di Ron - “Cosa vuoi che siano due gocce!”.

Solo in quel momento Hermione sembrò rendersi conto di aver sventolato la bacchetta sotto il naso di Ron per tutto il tempo. La guardò un momento, come se si stesse chiedendo perché la tenesse in mano, ma il suo cervello impiegò meno di una frazione di secondo per riportare alla memoria ciò che la fomentazione della ramanzina aveva messo in secondo piano.

Riscuotendosi, puntò la bacchetta contro Ron e in attimo il rossore dovuto alla febbre venne sostituito dal bianco, probabilmente causato da un vago terrore.

- Oh - fece lei, scuotendo la testa, in gesto di errore e deviò la traiettoria della bacchetta, puntandola contro la pezzetta di stoffa ancora abbandonata sul letto accanto a Ron - Aguamenti.

Dopodiché, la strizzò e con un’inaspettata dolcezza la depositò sulla fronte di Ron, sfiorandogli la guancia ispida con un sospiro.

- Scusami - gli disse, senza guardarlo in faccia. Sospirò di nuovo e si alzò in piedi, per poi sedersi sul bordo del letto accanto a lui - E’ che… quando Harry mi ha detto che non eri venuto al lavoro perché stavi male… - disse, lisciando spasmodicamente il lenzuolo - E io non ne sapevo niente! Ho ripensato a quando… - si passò una mano sulla fronte e sorrise stancamente - Sono una sciocca.

 

- Hermione!

Alzò lo sguardo dal brano di antiche rune che aveva dovuto tradurre per quella mattina, nel tentativo di dare un’ultima controllata ad alcune parole che non la convincevano del tutto.

Scorse subito Ginny, affannata, farsi spazio tra gruppi di studenti vogliosi di mettere qualcosa sotto i denti per colazione.

- Buongiorno, Ginny - la salutò Hermione, prendendo il suo succo di zucca, ancora concentrata sul brano di rune.

- Hermione, ascoltami. Ron…

Ma Hermione la bloccò con una mano - No, senti, non mi interessa cosa tuo fratello ti abbia mandato a dirmi - iniziò subito, correggendo una parola della traduzione - Anzi, trovo infantile il fatto che lui abbia mandato te…

- Hermione - Ginny le afferrò un braccio e quando Hermione alzò lo sguardo, incontrò la paura nei suoi occhi - Ron è in infermeria. Lo hanno avvelenato.

E una pozza di liquido arancione si allargò sul tavolo, inondando le rune tracciate dall’ordinata calligrafia di Hermione, sparendo in un miscuglio indefinito di inchiostro e succo di zucca…

 

Scosse la testa - Sì, proprio una sciocca - ripetè, mordendosi le labbra.

Ron tossì, coprendosi la bocca con una mano, mentre con l’altra afferrava quella di Hermione - No che non lo sei - le disse, portandosela alle labbra e baciandole più volte il palmo.

Si scoprì leggermente, ora che il pericolo sembrava essere stato scampato, dato che un’ondata di calore lo aveva appena fatto avvampare.

Ad Hermione non sfuggì, perché subito si raddrizzò, efficiente. Dopo aver spostato la pezza, gli piazzò una mano sulla fronte - La febbre sta ancora salendo - disse, preoccupata.

- Tranquilla, non…

Ma la ragazza non lo stava già più ascoltando. Si era alzata in piedi e stava trafficando con delle boccette posate sul comodino - Tua madre ha detto di aver lasciato la Pozione Sfebbrante e che in caso di bisogno potevi prenderne due cucchiai - disse, armeggiando con le bottigliette - Accio Pozione Sfebbrante.

All’istante, un’ampolla tozza e rossiccia svolazzò fino a raggiungere le sue mani. Hermione la stappò e ne odorò il contenuto, mentre Ron la osservava attentamente, tentando di captare una qualche reazione - Non è poi così male - fece lei, riempendone un cucchiaio.

Un gemito sfuggì dalle labbra del ragazzo che, prontamente, si rintanò sotto le coperte.

- Ron, esci immediatamente - gli disse lei, in piedi accanto al letto, con il cucchiaio ricolmo della sostanza giallastra.

In risposta ricevette solo un borbottio indistinto.

- Ron! - lo richiamò, tenendo sott’occhio il cucchiaio pieno, attenta a non far cadere nulla - Avanti, Ron. Esci di lì!

Ma la massa bitorzoluta di lenzuola azzurre sembrava non avere alcuna intenzione di darle retta. Alzando gli occhi al cielo e soprattutto cercando di trattenere la pazienze, Hermione si sporse verso di lui nel tentativo di afferrare un lembo di quel lenzuolo e tirarlo via, ma il liquido appiccicoso traballò pericolosamente nel cucchiaio, rischiando di finire a terra, di sporcare il suo vestito a fiori e di imbrattare le lenzuola.

- Va bene - fece lei, facendo un forte respiro - Te lo dirò una sola volta, Ronald: se mi cade anche solo una goccia di questa roba…

In un immediato svolazzo, Ron riemerse, rosso in viso e alquanto contrariato.

- Ma io sono malato! - esordì, posandosi le braccia sulla testa - Non puoi minacciarmi, per Merlino!

Stavolta Hermione si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo, ma ci volle tutta la pazienza che fu in grado di racimolare.

- Infatti, non l’ho fatto - disse semplicemente lei, tagliando corto - Ora apri la bocca - fece, avvicinando il cucchiaio.

Ron guardò con orrore il cucchiaio, poi di nuovo lei.

Dal suo sguardo, era evidente che stesse prendendo seriemente in considerazione l’idea di tornare a rintanarsi sotto le coperte.

- Lo avresti fatto, se ti avessi fatto finire la frase! - protestò lui.

Hermione sospirò - Apri, Ron - e stavolta la minaccia era a dir poco evidente.

Ron assunse la sua migliore espressione di disgusto e finalmente, in uno slancio di coraggio, si decise ad aprire un pochino la bocca, lasciando intravedere uno spiraglio.

Poi un altro po’.

Poi ancora un pochino…

E il cucchiaio si avvicinava, nel frattempo.

Ancora un altro po’.

Un pizzichino…

- Ma sei sicura che sia la pozione giusta? - fece, arretrando - Sai che spesso la mamma confonde le boccette.

- Santo cielo, Ron! - fece Hermione, esasperata - Ho usato l’incantesimo, certo che è questa! Ora basta. Non può essere così male!

Con uno sbuffo beffardo, Ron si sistemò meglio sul cuscino, ignorando completamente il cucchiaio che Hermione teneva ancora sospeso a mezz’aria - Anche l’ultima volta hai detto così - le disse, in tono accusatorio - Ricordi?

Dopo un attimo di esitazione, Hermione annuì.

E, malgrado tutto, sorrise…

 

 

Si morse le labbra, fissando ostinatamente la porta di vetro satinato che le sbarrava la strada.

Si dondolò sui piedi, lasciando che l’indecisione prendesse il sopravvento sulla sicura e decisa Hermione Granger.

Ma non era indecisione la sua. Sapeva benissimo cosa doveva fare.

Lo sapeva da quando Ginny le aveva detto che…

Scosse la testa.

Il giorno precedente, si erano precipitate in infermeria, dove li attendeva Harry.

Hermione aveva ancora vivida l’immagine del suo volto: triste, colpevole.

Colpevole di cosa, poi? Era stato lui a salvargli la vita.

Era stato lui a salvarglielo.

Lei lo aveva abbracciato subito, sentendo gli occhi gonfiarsi di lacrime; si era dovuta fare coraggio per voltarsi a guardare quel letto dove Ron giaceva apparentemente sereno, privo di sensi.

Per qualche secondo era rimasta impalata a fissarlo, mentre Harry e Ginny borbottavano insieme a Madama Chips, nell’attesa dei signori Weasley.

Si era avvicinata, senza staccare gli occhi dal suo viso, si era avvicinata…

“Basta!” Hermione scosse la testa, tentando di scacciare il ricordo del giorno prima “Ora sta bene. E’ sveglio. Ed è dietro quella porta”.

E’ sveglio.

Forse era proprio quello il problema.

Era stato facile stargli vicino, il giorno prima.

Era stato facile accarezzare la sua mano.

Era stato facile mettere da parte il suo orgoglio.

Era stato facile fare tutto quello senza dover incontrare il suo sguardo.

Ma adesso era diverso.

Ron si era svegliato.

Ed ora, cosa avrebbe visto in quello sguardo? Astio?

Risentimento per le ripicche che si erano fatti l’un l’altra nei mesi precedenti?

O forse, indifferenza?

Ma d’altra parte… Ron era il suo migliore amico. Doveva farlo per quello, per la loro amicizia.

Bugiarda.

Sapeva perfettamente perché lo stava facendo, e non c’entrava nulla la volontà di onorare un valore importante come l’amicizia.

Lo faceva per se stessa.

Lo faceva perché era consapevole che non avrebbe trovato pace finché non avesse incontrato gli occhi di Ron.

Finché non si fosse assicurata che ci fosse di nuovo la vita in quell’azzurro, indipendentemente dal sentimento che si nascondeva dietro di essi.

Si aggiustò la borsa che teneva sulla spalla e con decisione abbassò la maniglia, accompagnata dal rumore vibrante del vetro, mentre la porta si apriva.

Subito, l’odore di disinfettante e di pulito le arrivò al naso.

La fresca penombra dell’infermeria la avvolse, mentre la porta si richiudeva silenziosamente alle sue spalle.

- Non più di dieci minuti - la voce di Madama Chips giunse chiara e autoritaria dal suo ufficio.

Hermione annuì, come se l’infermiera potesse vederla. Strinse la tracolla della borsa con la mano sudata.

Gettò uno sguardo alla stanza: c’era una fila di letti completamente vuota. In fondo, un paio di tende erano tirate.

Una qualche forza a lei estranea la costrinse a muovere un passo.

Oltrepassò i lettini dalle lenzuola candide.

Le sembrò di camminare per chilometri prima di raggiungere il suo letto.

Tentennò davanti a quelle tende chiuse, ma fu un attimo.

Aveva deciso cosa fare e non si sarebbe di certo ritirata all’ultimo momento.

Ma quando i suoi piedi si mossero con decisione, oltrepassando le tende, per un attimo si pentì di tale decisione.

Quando i suoi occhi incontrarono lo sguardo stupito di Ron si disse che non sarebbe riuscita a sopportare di leggergli dentro astio, risentimento, indifferenza. Non lo avrebbe sopportato.

- Hermione - le disse lui, imbarazzato.

Lei rimase ferma, in fondo al letto. Si voltò verso l’uscita, come se stesse prendendo in considerazione l’idea di fuggire… come se si aspettasse che da un momento all’altro qualcuno le dicesse che quello non era il suo posto e che doveva andarsene.

Ron nel frattempo, spostandosi a fatica, si era tirato su, reggendosi sui gomiti: paradossalmente, anche la sua espressione tradiva la paura che lei scappasse via.

- Ciao - disse, invece, Hermione e per Ron non fu difficile percepire un tono di sfida nella sua voce.

Nascose un sorriso colmo di sollievo mentre la guardava, ferma davanti a sé, che si dondolava sui piedi in maniera nervosa. Si accorse che lei evitava accuratamente di guardarlo, troppo presa a fissarsi la punta delle scarpe.

Si mise meglio sul letto e si passò una mano tra i capelli scompigliati, pentendosi di non essersi dato una pettinata quando Ginny, quella stessa mattina, gli aveva intimato di farlo.

Ma la cosa non lo preoccupava più di tanto.

La sensazione che aveva provato nel trovarsela davanti era stata talmente piacevole e inaspettata che si sentiva quasi affannato, come se avesse appena fatto una corsa forsennata per poterla raggiungere.

Aprì la bocca per parlarle, ma non uscì alcun suono… forse perché erano davvero troppe le cose che voleva dirle, era impossibile sceglierne una sola.

Le avrebbe voluto dirle che era felice di rivederla.

Che era stato uno stupido egoista.

Che quello in cui erano stati lontani, era stato il periodo più brutto della sua vita.

Che quando aveva aperto gli occhi e non l’aveva trovata, aveva sentito una morsa allo stomaco.

Che quando era ancora privo di sensi aveva percepito la sua presenza, si era beato del suono dei suoi sussurri.

Le avrebbe voluto chiedere di avvicinarsi, per poterla anche solo sfiorare…

Ma lei fu più veloce, come sempre.

- Come stai? - gli chiese, ingoiando il vuoto e decidendosi, finalmente, a guardarlo.

Tuttavia, non si mosse. Rimase là, in fondo, impacciata in modo innaturalmente formale.

- Pensavo che non saresti venuta - le disse Ron e subito si rese conto di come questa osservazione potesse essere scambiata per una frecciatina.

Lo pensò subito e quando vide Hermione corrugare la fronte, ne ebbe la conferma.

- Senti, Ron, non sei nelle condizioni per poter discutere - gli disse, mettendo una mano avanti - Per cui me ne vado prima che…

- No! - la interruppe lui, deciso. Si drizzò a sedere con impeto - Resta! - si portò una mano alla testa che, a causa del movimento improvviso di poco prima, aveva iniziato fastidiosamente a girare - Per favore, Hermione. Resta - le disse, sporgendosi in avanti per avvicinare la sedia al letto, indicandole di sedersi.

Hermione, che si era avvicinata quando lo aveva visto chiudere gli occhi, lo guardò preoccupata e si sedette dove lui le aveva indicato, ma rimase rigida, seduta sul bordo della sedia.

- Non ti mangia mica, eh! - scherzò lui, sorridendole speranzoso. Lei sembrò rilassarsi un tantino; poggiò la borsa a terra e gli lanciò un altro sguardo apprensivo.

- Sei sicuro di stare bene? - disse voltandosi, indietro, come se cercasse qualcuno - Perché se vuoi chiamo…

- Non ho bisogno di nessun altro - la frenò lui e subito arrossì. Ma quell’uscita riuscì a farla sciogliere un po’ di più -  Sto bene. Benissimo.

Stavolta fu il turno di Hermione di arrossire. Annuì, mordendosi le labbra per non dargli la soddisfazione di vederla sorridere.

Per non dare a sé stessa la speranza di ciò che si nascondeva dietro quel sorriso.

- Harry mi ha detto che… - si grattò la testa, a disagio. Ma stavolta non si sarebbe fatto fregare; non avrebbe sprecato un’altra possibilità - Che ieri… sei venuta.

Hermione alzò lo sguardo verso di lui, sorpresa - Oh… già - si limitò a dire, vaga.

- Beh… grazie - disse lui, sentendo improvvisamente troppo stretto il colletto del suo pigiama blu.

Lei alzò le spalle - Tu avresti fatto la stessa cosa, se fossi stato al mio posto - disse, distaccata, iniziando a sentire un fastidioso pizzicorio agli occhi.

Non doveva piangere.

Si era imposta di non farlo e così sarebbe stato. Punto.

Non doveva piangere.

Sobbalzò, quando lui le sfiorò il palmo della mano con la propria - Allora grazie per averlo fatto, senza che io me lo meritassi - le sussurrò lui, guardandola e sforzandosi di non smuovere lo sguardo da Hermione, mentre sentiva il calore espandersi nella zona orecchie.

- Oh, Ron… - il desiderio di piangere fu più forte dell’intenzione di non farlo, a quel punto. Le lacrime che fino a quel giorno erano rimaste prigioniere del suo orgoglio, di fronte a quelle parole, infransero la barriera che fino ad allora le aveva frenate.

Si coprì il volto con le mani, quasi come se  non volesse darsi per vinta.

Non devo piangere.

Le sfuggì un singhiozzo.

Le lacrime continuavano ad uscire silenziose… Hermione percepiva il bagnato sulle sue stesse mani, ma non riusciva a fermare quello scorrere muto.

- Hermione - la chiamò Ron e lei si sentì tirare con forza per un braccio - Vieni qui - fu tirata ancora e per un attimo capì di essere in piedi, poco prima che Ron la tirasse verso di lui, con decisione - Vieni qui - le ripeté, ma stavolta le parole arrivarono direttamente nelle orecchie di Hermione, proprio nell’istante in cui sentiva le sue braccia avvolgerla in un abbraccio.

- Mi dispiace. Scusa, Hermione, mi dispiace - le bisbigliò tra i capelli, affranto - Sono stato uno stupido.

- Sì, lo sei stato! - gracchiò lei, riemergendo dal suo abbraccio con il viso arrossato in parte dal pianto, in parte dalla rabbia - Sei stato uno stupido! - ripeté Hermione, tirando su con il naso e discostandosi da lui, nel tentativo di darsi un contegno.

- Vedo che non è stato difficile convincerti su questo punto - borbottò lui, ma in realtà era sollevato dal fatto che la ragazza non gli scagliasse di nuovo contro uno stormo di uccelli.

Hermione lo fulminò con uno sguardo - Semplicemente perché questo l’ho già assodato da anni - fece, mettendosi meglio seduta sul letto. Tentò di rimanere seria e distaccata, ma non riuscì a non sciogliersi in un sorriso.

Ron la guardò affettuosamente: davvero, da mesi sperava di poterla avere vicino, di poter vivere qualche minuto così, insieme a lei, a parlare con lei, o anche solo a guardarla.

La osservò, mentre aggiustava il lenzuolo stropicciato, stirandolo con le sue piccole mani.

Precisa, attenta, ordinata come sempre.

- Mi sei mancata - le disse, dandole un buffetto sul braccio. Gli era uscito senza riflettere.

Da anni Hermione lo rimproverava per il fatto che lui fosse solito parlare e poi pensare.

Anche in quel caso era stato così.

Ma forse, stavolta il “non pensare” non era stato del tutto negativo…

Perché non c’era assolutamente niente di negativo nello sguardo luminoso che lei gli rivolse, non appena quelle parole furono metabolizzate dal cervello sveglio e iperattivo di Hermione.

Ma tanto velocemente quanto era arrivata, la luce negli occhi della ragazza si spense.

Hermione si morse il labbro, sospirando - Non farti sentire da Lavanda! - disse, cercando di scherzarci su.

Ron si lasciò cadere all’indietro, sprofondando nei cuscini. Sospirò, posandosi le braccia sulla testa, con l’espressione assorta di chi sta cercando la soluzione ad un grave problema. Sbuffò - Capirai. Tanto già ti odia.

Hermione gli diede uno schiaffetto sulla gamba - Non mi odia! Semplicemente, non sono il tipo di persona con cui va d’accordo - disse, sulla difensiva.

- In poche parole, ti odia. E’ evidente - ribadì Ron, stiracchiandosi sul letto.

- Non mi risulta.

- A me risulta eccome - fece Ron, ridacchiando - Se potesse ti Schianterebbe ogni volta che ti incontra.

Hermione incrociò le braccia, chiedendosi come diavolo fossero finiti a parlare di Lavanda - E perché mai dovrebbe odiarmi?  - gli chiese.

Ron arrossì fino alla punta delle orecchie - Lo sai perché - disse, evitando il suo sguardo.

- No, non lo so!

- Sì, che lo sai - la rimbeccò lui, tirandosi a sedere raggiungendo definitivamente la gradazione- amaranto - Hermione, lo sai!

Lei scosse le spalle - No.

- E’ gelosa! - sibilò Ron, guardandosi intorno come se temesse di veder sbucare lavanda dal vaso da notte posto accanto al comodino - E’ gelosa di te! Lo sai benissimo.

Hermione corrugò la fronte - Non ne ha motivo - disse, aggiustandosi le pieghe della gonna - Lei è la tua ragazza.

- E tu sei Hermione - disse allora lui, soffermandosi sul suo nome, come se questo bastasse a spiegare ogni cosa.

Lei scrollò di nuovo le spalle, scuotendo la testa - Hai forse paura che ti chieda di scegliere tra lei e me? - chiese con tono leggero, sperando che non emergesse la paura alla base di quella domanda.

Ron la guardò incredulo, con i capelli scompigliati e il colletto del pigiama storto. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse. Di nuovo, si gettò all’indietro, precipitando sui cuscini.

Schioccò la lingua.

- Ho sperato per mesi che mi chiedesse di scegliere tra te e lei - disse, guardando il soffitto a volta dell’infermeria - Sarebbe già tutto risolto se mi avesse chiesto di scegliere, miseriaccia! - fece, gesticolando - Ho aspettato e sperato… e aspettato! Ma evidentemente non è tanto stupida da chiedermi di fare una scelta tra te e lei.

Hermione si morse le labbra, non riuscendo a trattenere una certa amarezza nell’udire quelle parole, - Bè, Ron. Non ci rivolgiamo la parola da mesi - disse, sperando di mantenere un tono di voce stabile - Non ti avrà chiesto di scegliere, ma… - sfortunatamente, la saldezza di Hermione in quel momento parve vacillare - E’ evidente che una scelta tu l’hai fatta, in ogni caso - disse, voltando la testa per non guardarlo.

Il cigolio gracchiante delle molle le fece capire che Ron si era di nuovo tirato su a sedere. Infatti, poco dopo, si sentì stringere il braccio.

Alzò lo sguardo e Ron era lì, poco distante da lei. La sicurezza era dipinta sul suo volto pallido - Ti sbagli. Hermione, io la mia scelta l’ho fatta da…

- Mi permetta di disturbarla, signor Weasley! - li interruppe Madama Chips, comparendo con un vassoio con sopra un paio di ampolle e dell’acqua.

Hermione, arrossendo, scese dal letto e tornò a sedersi sulla sedia, fissando il pavimento, mentre lo sguardo ammiccante di Madama Chips passava dall’uno all’altra. Ron imprecò a bassa voce, passandosi una mano sulla fronte.

- Deve prendere le sue pozioni, Weasley - fece la Chips, depositando il vassoio sul comodino ingombro di zuccotti di zucca e Api Frizzole.

- D’accordo, sì, va bene! - rispose Ron, impaziente, afferrando il vassoio in modo da velocizzare l’allontanamento dell’infermiera - Faccio da solo, grazie!

Ma quest’ultima lo guardò severamente - Weasley, deve prendere queste pozioni! Non faccia il bambino!

- Non si preoccupi, Madama Chips - intervenne Hermione, sorridendo all’infermiera - Mi assicurerò io che le prenda.

Di nuovo, la donna li guardò sospettosa, prima l’ui poi lei, facendo oscillare il suo impeccabile caschetto brizzolato da sotto la cuffietta - Mi fido di lei, signorina Granger - si arrese alla fine, girando i tacchi, non prima di aver scoccato un’altra occhiataccia minatoria a Ron.

Il ragazzo si adagiò sui cuscini, sospirando - Che stress. Sarà la terza volta oggi che mi costringe a prendere questo schifo - si lamentò - Che poi, voglio dire: ora sto bene! Sto benissimo! Non mi serve più - disse, incrociando le braccia sulle coperte - Grazie per avermi aiutato, comunque - le disse, lanciandole uno sguardo di soppiatto.

- Figurati .- rispose lei, distrattamente. Si era alzata in piedi e stava esaminando il contenuto della boccetta più grande - Quanto ne prendi di solito di questo? - chiese, mostrandogli l’ampolla.

Ron scrollò le spalle, disgustato - Un cucchiaio. E quella strega lo riempie fino all’orlo. Che stai facendo?

- Sto - fece Hermione, concentratissima, versando il liquido grigio nel cucchiaio - versando - riempì ancora - la tua - lo riempì fino al limite - pozione.

Ron la guardava a bocca aperta, come se non credesse ai suoi occhi - Pensavo mi stessi coprendo con la Chips!

Hermione lo guardò, scettica - Hai pensato male. Adesso, ingoia!

Ron emise un lamento - Ma questa sbobba è… disgustosa!

Lei lo guardò severa, avvicinandosi con il cucchiaio - Ron, santo cielo, sei stato avvelenato! Dobbiamo assicurarci che il veleno venga totalmente rimosso dal tuo corpo - disse minacciosa.

- Miseriaccia - borbottò Ron, preoccupato. In realtà, era difficile capire se la preoccupazione derivasse dall’idea del veleno ancora in circolo nel suo corpo, oppure dal dover ingoiare quella pozione.

- Dai - fece lei, incoraggiante, avvicinandogli il cucchiaio - Non sembra tanto male.

- Lo è - la contraddisse lui, ma, obbediente, aprì la bocca e storcendo il muso, ingoiò il contenuto del cucchiaio.

Hermione annuì - Vedi? Tanta tragedia per nulla - posò il cucchiaio vuoto sul vassoio e afferrò la sua borsa, lasciata a terra.

- Certo - protestò Ron, imbronciato - Non l’hai mica dovuto prendere te!

Lei alzò gli occhi al cielo, ma non rispose. Rimise la sedia al suo posto e impacciata, si portò i capelli dietro la testa con un gesto nervoso.

- Allora, Ron, io… sarà meglio che vada - disse, accennandogli un sorriso.

- Oh - fece lui, grattandosi il capo, dispiaciuto - Certo - disse, annuendo.

- Bè, allora… ciao! - gli disse lei, facendo qualche passo indietro e accennandogli un saluto con la mano, imbarazzata.

Non c’era mai stato tutto quel formalismo tra loro.

Non ci sarebbe dovuto essere.

Ma per Hermione era impossibile comprendere come doversi comportare, perché incompresi erano i limiti al loro rapporto.

- Hermione?

Si voltò subito a quel richiamo e la sua espressione si addolcì, quando si trovò faccia a faccia con le orecchie scarlatte di Ron.

- Sì?

Lui aprì la bocca ma all’iniziò non ne uscì alcun suono. Nel frattempo, il rossore si espandeva anche sulle gote - Mi… mi chiedevo… se… insomma… tornerai domani? - buttò giù, tentando di rimanere “sciolto”. Ma le mani, intente a stritolare un lembo del lenzuolo lo tradirono.

Un brivido le attraversò la schiena, mentre, in modo fastidiosamente inevitabile, si scatenava in lei la voglia di sorridere. Scosse le spalle, nel tentativo perfettamente riuscito di sembrare indifferente - Sicuro… se ti fa piacere.

Lui annuì freneticamente - Mi fa piacere! - confermò, subito.

- D’accordo, allora… a domani!

Ma non fece in tempo a muovere un passo…

- Hermione?

- ? - disse, all’istante, voltandosi verso di lui, speranzosa.

Lui sembrò tentennare di nuovo. Aprì e chiuse la bocca come un pesciolino fuor d’acqua.

- Ecco, io… - disse, passandosi una mano tra i capelli rossi - Grazie, per… - prese un respiro - Grazie, ecco - concluse, fissando il nodo con cui era riuscito ad intrecciare il lenzuolo come se fosse la cosa più interessante al momento.

- Oh - fece lei, confusa, corrugando la fronte - Bè… prego!

Folle.

Era quella l’unica parola che le veniva in mente per descrivere quella situazione.

Folle.

Se le avessero chiesto quale fosse stato il nocciolo di quell’ultima loro conversazione, non avrebbe saputo cosa rispondere. E dall’espressione vaga e confusa di Ron, probabilmente non lo sapeva neanche lui.

Rigidamente, ruotò su se stessa, riprendendo a camminare verso l’uscita.

- Hermione?

Stavolta la ragazza non si prese neanche la briga di rispondere. Si limitò a volgere il capo, con le sopracciglia talmente sollevate che per poco non rischiavano di perdersi tra i capelli.

- Cosa dovrei fare con Lavanda? - disse, candidamente.

Per poco non le cadde la borsa con i libri: tuttavia, le sue dita erano talmente strette attorno alla tracolla che la borsa rimase al suo posto.

Corrugò la fronte, stupita e spiazzata.

Ma Ron la guardava serio, in attesa di una risposta… come se davvero sperasse che lei gli risolvesse quel “problema”, problema che non era stato tale quando nei giorni in cui si lasciava pastrugnare la faccia in pubblico, davanti a tutti (lei compresa!).

E adesso pretendeva che lei, Hermione, trovasse la soluzione al casino che aveva combinato?

Come se non fosse stato già abbastanza difficile?

Come se non fosse stato già abbastanza doloroso?

Guardò Ron, poi l’ampolla della pozione.

Poi riguardò Ron e di nuovo la bottiglietta.

E dovette reprimere l’impulso di suonargliela in testa.

Scrollò le spalle - Io non… non credo che siano fatti miei - rispose, a denti stretti - Sono cose vostre, io non c’entro… niente - fece, imbarazzata, mordendosi le labbra.

- E se… se c’entrassi? - fece lui, arrossendo fino agli alluci. Ingoiò a fatica, grattandosi la nuca - Cosa… mi consiglieresti di fare, se c’entrassi?

Ad Hermione mancò un battito. Quell’assurda situazione la stava confondendo.

Aveva senso tutto ciò?

Davvero stavano parlando di ciò che pensava lei?

- Ti consiglierei di… fare quello che senti più opportuno - disse, sulla difensiva - Nessuno può sapere questo meglio di te, no? - ridacchiò, ma fu un suono nervosamente stridulo.

- Già - rispose lui, poco convinto.

Per la quarta volta, Hermione fece dietrofront, dopo aver salutato Ron con un gesto impacciato della mano, in uno stato di piena alterazione mentale.

Mosse qualche passò incerto verso l’uscita, ma subito si voltò.

- Ron?

- Sì? - rispose lui, alzando lo sguardo.

- Da quando io e te siamo così, talmente, idioti? - chiese Hermione, seria, visibilmente preoccupata.

Sul viso di Ron si aprì un sorriso. Scosse la testa - Da quanto mi dici di solito, io lo sono sempre stato.

Lei annuì, ancora pensierosa, le sopracciglia contratte e lo sguardo serio - Già - fece - Ma io no!

E, rigidamente, si voltò, arrancando verso l’uscita, con in testa molti più pensieri rispetto a quando era entrata…

 

 

- Niente giochetti, Ron - lo informò lei - Apri la bocca.

- Non ti senti neanche un po’ in colpa per avermi imbrogliato quella volta? - fece lui, offeso.

Hermione lo guardò scettica - Certo che no! - disse, semplicemente - Non ti ho imbrogliato! Hai fatto tutto da solo - sbuffò - Sai che ti dico? Non vuoi prenderla? Non prenderla!

- Davvero? - chiese lui, riemergendo dalla nuvola azzurra.

- Certo - disse Hermione, semplicemente - Vorrà dire che ci penserà tua madre più tardi - aggiunse, sogghignando.

Ron strabuzzò gli occhi, mettendosi la mano davanti per tossire - Piccola infame!

- A mali estremi…

- Va bene, va bene - fece Ron, gesticolando a fatica - Da’ qua - le disse, guardandola offeso.

Hermione gli passò il cucchiaio, che traballò pericolosamente e con una sola boccata ne ingurgitò tutto il contenuto senza batter ciglio.

Lei strabuzzò gli occhi - Tutto qui? - disse - Tutta questa tiritera e neanche una smorfia? Potevi prenderla prima, a questo punto!

Ron sollevò le spalle - E perdermi le cure della mia infermiera preferita? - disse, gettandosi sui cuscini - Non penso proprio.

Lei sedette sul letto accanto a lui e gli diede un buffetto - E poi sarei io, l’infame!

Ron ridacchiò, guardandola dal basso - Dammi un bacio.

- Scordatelo! - disse categoricamente lei - Tua madre non voleva neanche farmi salire. Le ho dovuto promettere che non mi sarei avvicinata troppo.

Ron sbuffò, guardando il soffitto - Che cara la mia mammina, eh?

- E poi, non ho nessuna intenzione di farmi venire la febbre - concluse, Hermione, scostandogli i capelli dalla fronte bollente.

- E dai, Hermione! - si lamentò - Non ti fa stare male sapere di poter fare qualcosa per farmi stare meglio e non farlo?

- Francamente, no.

Ron si finse oltraggiato - Ma brava. Sappi che me ne ricorderò!

Hermione ridacchiò, chinandosi su di lui - Se mi attacchi la febbre, troverò il modo di fartela pagare - gli sussurrò sulle sue labbra.

Percepì quelle di Ron schiudersi in un sorriso, mentre la mano di lui scivolava sul suo fianco - Correrò questo rischio…

 

 

 

Il suono dei suoi tacchi sul pregiato pavimento di legno rimbombava accompagnando i suoi passi.

Ma d’improvviso, un altro rumore giunse a rompere il silenzio.

Con uno sguardo accigliato, si accostò alla porta, infilando la testa - Hermione, tesoro, stai bene?

Hermione alzò i libri dalle scartoffie sparse sul suo letto, intenta a soffiarsi il naso - Sì, mamma - le disse sorridendo, gettando il cleenex nel cestino.

- Ti sei raffreddata, cara - fece sua madre, apprensiva.

Hermione aprì la bocca per parlare, ma fu colta da un nuovo attacco di starnuti. Afferrò un nuovo fazzolettino, non sapendo se sorridere o innervosirsi, mentre si soffiava nuovamente il naso.

- Ehm, sì, mamma. Deve essere stato un colpo di freddo - disse, sperando che sua madre non le chiedesse come fosse possibile prendere freddo nel bel mezzo di una delle estati più calde che Londra avesse conosciuto negli ultimi anni.

 

 

 

 

 

 

 

Sarà stato il caldo.

Sarà stata l’estate.

Sarà stato che questo capitolo è molto più lungo dei precedenti.

Ma scriverlo è stata una tortura.

Mi auguro che ne sia valsa la pena ;-)

Vi abbraccio, uno ad uno…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Immense ***


Sarebbero troppe le persone a cui dovrei dedicare quest’ultimo capitolo…

Sarebbero troppe le persone a cui dovrei dedicare quest’ultimo capitolo…

È con grande piacere che lo dedico a tutti i veri sostenitori della good ship, che ho avuto il piacere di conoscere sul sito e tramite facebook.

Sapete che mi sto riferendo a Voi.

 

 

 

Immense

 

Quando i suoi piedi toccarono terra, si sentì accolto dalla familiare atmosfera di casa.

La Tana si stagliava sul fondo, poco lontano, apparentemente instabile e pericolosamente traballante.

Ma Ron non conosceva nulla di più sicuro di quella casa: era sempre stato un punto di forza nella sua vita.

Nella vita di tutti.

Si incamminò lungo il sentiero non asfaltato, impaziente di raggiungere gli altri.

Impaziente di raggiungere…

Sorrise quando, sotto la quercia più alta del giardino, il suo sguardo intercettò una figura familiare.

Non si stupì affatto di trovarla lì, all’ombra dell’albero, intenta  nella lettura di un tomo enorme che, da lontano, sembrava contare almeno un migliaio di pagine.

All’istante, deviò il suo cammino, abbandonando il sentiero.

La Tana era anche uno dei suoi punti di forza, ma stavolta avrebbe aspettato.

Avrebbe aspettato ogni volta, se si trattava di competere con lei.

Le arrivò alle spalle e, senza preavviso, si chinò a lasciarle un bacio sulla testa, appoggiando il suo borsone sul tavolo da giardino che suo padre aveva insistito a comprare un paio di mesi prima durante una gita nella Londra babbana, insieme ad un aspirabriciole e ad una sveglia elettronica che Hermione gli aveva pazientemente insegnato a programmare.

Lei sobbalzò, colta alla sprovvista. Alzò lo sguardo dal libro, lasciando che i capelli mossi e fin troppo voluminosi le schizzassero davanti al viso. Ma poi sorrise, alzandosi sulle punte per salutarlo con un bacio sulla guancia.

- Mi hai spaventata! - protestò - Non ti avevo sentito arrivare - disse lei, spostandosi sulla panca per fargli posto.

Ron si sedette, scoccando la lingua compiaciuto - Ovvio che non mi hai sentito. Non sarei un ottimo Auror, quale invece sono, se non riuscissi a fare cose del genere.

- Hai ragione, mea culpa - disse lei, continuando a tenere il segno nel punto in cui era arrivata a leggere, non riuscendo a nascondere un sorriso.

- E tu, piuttosto? Non posso lasciarti qualche ora che subito ti ritrovo immersa in qualche libro - finse di rimproverarla, scuotendo la testa - Hai venti anni. A venti anni non si studia!  - continuò a scuotere il capo, fintamente scocciato - Quante volte te lo devo dire?

- Devo, se voglio che mi prendano a Magisprudenza - fece tranquillamente lei, chiudendo il libro per mostrare la copertina. “Principi generali sulla Legge Magica”.

Ron emise un fischio - Allora… sembra che tu abbia deciso.

La ragazza annuì, lasciando che la chioma vaporosa ballonzolasse da una parte all’altra - Sì, credo sia la cosa migliore. E poi è molto affascinante - disse convinta, animandosi, come faceva sempre quando qualcosa la interessava in modo particolare - Il Wizengamot ultimamente si è attivato in molti settori importanti e si stanno raggiungendo ottimi risultati… voglio poter fare qualcosa anche io- concluse, entusiasta.

Davanti a quell’entusiasmo e a quella convinzione, lui non poté fare a meno di sorridere orgoglioso - Credo che non potessero sperare in una candidata migliore - disse, dandole un buffetto sulla guancia - E… pensi di abbandonare il CREPA?

Questo gli costò uno sbuffo, di fronte al quale Ron non poté fare a meno di sogghignare - Non è CREPA! -spiegò lei, pazientemente - E’…

 

…C.R.E.P.A! C-R-E-P-A! - sillabò lei, spazientendosi un momento - Perché è così difficile da memorizzare?

Ron ridacchiò, continuando a sfogliare un giornale babbano che aveva trovato nella cucina di casa Granger. Era così buffo… tutto grigio e statico - C.R.E.P.A…CREPA! - disse lui - Che differenza vuoi che faccia, Hermione? Il concetto è quello.

La ragazza riemerse dallo scatolone, con i lunghi capelli che le ricadevano sul viso e l’espressione contrariata. Li scansò con poca delicatezza, guadagnando una visuale migliore per poterlo ammonire in modo migliore - Certo che fa differenza, Ron! - si lamentò, infilando una pila di libri nella scatola, per far posto sulla libreria che presto si sarebbe riempita di nuovi tomi sulle creature magiche - Se questo progetto non lo prendi sul serio neanche tu, figurati gli altri!

Il ragazzo lasciò perdere il giornale, ormai stanco di quel momento culturale e la raggiunse al centro della stanza. Prese un blocco di libri da un ripiano a cui Hermione non riusciva ad arrivare e glielo passò, ricevendo in cambio un borbottato “grazie”.

Lei fece per prenderlo, ma all’ultimo momento Ron glielo impedì, costringendola a guardarlo - Non è vero che non lo prendo sul serio - le disse, imbarazzato - Anzi, dovresti essere la prima a sapere che da un po’ di tempo gli elfi mi stanno particolarmente a cuore, no? - disse, arrossendo.

Hermione si morse le labbra, celando un sorriso. Si alzò sulle punte, stampandogli un veloce bacio sulle labbra - Forse potrei saperne qualcosa, sì… - disse, maliziosa, sfilandogli dalle mani il blocco di libri che sarebbe passato nella scatola, per poi finire nella soffitta di casa Granger - Anche se hai uno strano modo di dimostrarlo, chiariamolo!

Lui fece una smorfia beffarda - Dubiti di me?

La ragazza gli gettò uno sguardo, ma non disse nulla. Le sue sopracciglia erano talmente alzate che presto si sarebbero perse nella chioma scura.

- Te lo faccio vedere io, allora! -disse, imbronciato - C.R.E.P.A. - fece, elencando con le dita - Comitato per la riabilitazione per gli elfi poveri e abbruttiti - continuò a segnare il conto - Tu accetterai lo stage che ti hanno offerto nel reparto per la Cura delle Creature Magiche e poi, fra un paio di anni, se riterrai che “il progetto abbia ottenuto risultati soddisfacenti” - disse, riportando le parole che lei stessa aveva utilizzato in precedenza - prenderai in considerazione l’idea di studiare Legge - concluse, soddisfatto.

Hermione, che per tutto il discorso era stata in piedi davanti a lui, con un sorriso divertito stampato in faccia, annuì, assumendo un’espressione sorpresa - Allora ogni tanto mi ascolti quando parlo.

Lui si limitò a farle una linguaccia.

 

- Lo so, lo so… C.R.E.P.A.! - acconsentì lui, scandendo bene ogni lettera - Va bene così?

- Ammirevole.

Ron sospirò, scuotendo la testa. Per caso, gettò un’occhiata verso la Tana e si ritrovò ad aguzzare la vista quando scorse un certo movimento sul tetto - E’… è Harry, quello?

La ragazza rise, voltandosi anche lei - Proprio lui.

Ron schioccò la lingua - Evidentemente, si sta nascondendo da me. Sa che mi deve ancora una partita a Scacchi Magici e sta cercando di evitarmi.

- O semplicemente sta sistemando l’antenna del televisore - fece lei - Ma ammetto che anche la tua teoria sia parecchio interessante - disse, fingendosi seria, mentre un’improvvisa folata di vento le scompigliava i capelli ricci - Credibile, soprattutto, devo dire!

Lui si finse oltraggiato - Non mi starai mica prendendo in giro, signorina?

Era abituato a quel tipo di discussione: lui ed Hermione si rimbeccavano su quel punto da una vita.

Lei scosse le spalle, mordendosi le labbra - No. E’ solo che ho sempre pensato che quel gioco sia un tantino…

 

…da barbari, ecco - concluse, sedendosi sul divano della Tana e incrociando le spalle.

Lui borbottò qualcosa di indistinto, mentre con un’attenzione che non aveva mai dedicato a nessun compito scolastico, sistemava i pezzi sula scacchiera.

- Come scusa? - fece lei, sporgendosi in avanti.

- Non ti piace perché hai paura di perdere! - si decise a ripetere Ron, in uno slancio di coraggio, tentando di non distogliere lo sguardo da lei. Fu tradito soltanto da un rossore che, malefico, si espanse nella zona orecchie.

Hermione aprì la bocca un paio di volte. Aprì e chiuse, aprì e chiuse, finché il suo cervello non sembrò aver selezionato la risposta più adeguata  - Io non ho paura di perdere, Ronald! - disse, incrociando le braccia.

- Sì, invece! Hai paura di perdere perché non sai giocare - disse lui, più sicuro, consolato dalla stabilità della sua linea difensiva. Sistemò la scacchiera sul basso tavolino di fronte al divano e si mise dall’altra parte, davanti ad Hermione - Ma non è colpa tua, Herm - disse, sporgendosi per darle un colpetto sulla coscia - Quella degli scacchi è un’arte. Non si può imparare: o ci nasci o non ci nasci.

Lei strabuzzò gli occhi, seriamente indecisa se muovere leggermente il piede e far saltare per aria la scacchiera con tutti i pezzi o scoppiare a ridere. Mantenne una via di mezzo.

- Ma io so giocare - disse, lentamente.

Lui sbuffò - No, non sei capace. Magari conosci la teoria, va bene, ma non sai giocare davvero.

- Io so giocare!

- E allora perché non giochi mai? - chiese lui - Perché stai facendo tutta questa storia per non giocare, in questo momento?

Hermione tentennò un attimo prima rispondere - Perché non mi piace, semplice.

Ron annuì, sogghignando - Non ti piace, perché non sai giocare. Vedi? Tutto torna.

- Ma… ma questa teoria è assurda, Ron! - protestò lei.

- Invece è solidissima, a mio avviso.

Lei emise uno sbuffo - A questo punto io potrei dire che non sai leggere.

- Che cosa? - chiese lui, confuso.

- Se il fatto che io non gioco a scacchi significa che è perché non so giocare a scacchi, allora il fatto che tu non leggi mai, vuol significare che non sai leggere - concluse soddisfatta, appoggiandosi al divano - Tutto torna.

Ron si morse le labbra. Guardò la scacchiera ordinatamente organizzata, poi passò ad Hermione, poi di nuovo alla scacchiera - Sei sicura di non voler fare subito richiesta per studiare Magisprudenza?

 

- Va bene, va bene! - fece lui, portando le mani avanti - Dato che sono un gentiluomo farò finta di credere a questa tua stramba teoria sulla barbarità degli Scacchi, anche se entrambi sappiamo che, sotto sotto, anche tu riconosci la mostruosa bravura del sottoscritto - concluse, schioccando la lingua e gettando uno sguardo fugace alla ragazza, tentando di mantenersi serio.

Come previsto, lei spalancò la bocca, emettendo un suono indistinto, a metà tra l’indignato e il divertito. Ma i suoi occhi ridevano, e Ron in quel momento penso che non avesse mai visto uno spettacolo tanto bello.

- Devo ricordarle, signor Weasley, che l’ultima volta l’ho battuta alla stragrande? - rimbeccò lei, sollevando le sopracciglia, sorridendo soddisfatta.

- Questo solo perché hai avuto il migliore tra i maestri.

- No, questo è perché ho una “mente brillante“! - rispose lei, soffermandosi sulle ultime parole con maliziosa ironia.

Ron rise, scuotendo la testa - Sapevo io che quella carica da Caposcuola ti avrebbe fatto montare la testa, prima o poi.

La ragazza rise, per niente offesa da quella battuta… era da una vita che la gente elogiava la sua mente particolarmente dotata e lei trovava parecchio divertente il fatto di poterci scherzare su.

- Cosa non può fare una spilla, eh? - disse, infatti, annuendo in modo scherzosamente serio.

- Eh, già… - fece lui - E chi se lo scorda…

 

- Tutto bene, Hermione cara? - chiese Molly, apprensiva, chinandosi sulla ragazza.

Quella frase generò un immediato silenzio tra i presenti che subito si voltarono verso la ragazza.

Qualche minuto prima, durante una mattina di fine agosto, l’arrivo di una civetta rossiccia aveva interrotto la colazione in casa Weasley: erano arrivate le lettere ufficiali per l’inizio del nuovo anno scolastico. Erano indirizzate a Ginny ed Hermione, le uniche che avrebbero frequentato l’ultimo anno.

In via non formale, gli accordi con la McGranit erano stati conclusi già da un paio di settimane e la professoressa si era dimostrata ben più che felice di riavere Hermione per quell’anno.

Quando l’arruffata civetta aveva ticchettato contro il vetro della finestra nell’ampia cucina della Tana. Ad aprirle era andata Hermione che, tra le chiacchiere generali, aveva consegnato la sua lettera a Ginny.

Dopodiché il silenzio.

In tre passi, Ron superò Harry che, nel frattempo aveva abbandonato il suo waffle alla cannella e anche lui, insieme a Ginny e Molly, fissava  Hermione preoccupato, andandosi a inginocchiare accanto alla ragazza

Dal canto suo, Hermione fissava pensosa la lettera che teneva in mano, senza neanche averla aperta.

Scosse la testa, come riprendendosi da un momento di isolamento mentale - Sì, sì… sì, va tutto bene! - disse, apparentemente calma, distendendo le labbra in un sorriso incerto.

Ron le posò una mano sul ginocchio - Sei sicura?

Hermione annuì e senza aggiungere altro, gli passò la busta, che affondò pesantemente nelle mani di Ron.

- Che diavolo…? - ma nel momento in cui realizzò, non ci fu bisogno di terminare la frase. Sgranò gli occhi e, tastando la busta, chiese - Pensi che sia…?

Hermione scosse le spalle, mordendosi le labbra - Cosa altro potrebbe essere?

Si scambiarono uno sguardo complice, mentre gli altri presenti li osservavano confusi.

- Ehm, scusate! - intervenne Ginny, ingoiando una forchettata di uova al bacon - Vi dispiace illuminarci? O volete continuare a farci marcire nell’ignoranza?

Molly la guardò severamente, ma dalla sua espressione, condivideva in pieno l’osservazione di sua figlia.

- Oh, niente di che… - fece Hermione, nel tentativo di mascherare la cosa - Non è nulla…

Ma Ron fu più rapido.

- E’ una spilla! - disse orgoglioso, alzandosi in piedi e brandendo la lettera ancora sigillata come un trofeo.

Ginny lasciò cadere la forchetta, mentre Molly si portava le mani alla bocca - Quella spilla?

- Quella spilla!

Harry fece un gesto di esultanza, mentre Ginny batteva le mani, felice.

- Un momento, un momento! - intervenne Hermione, bloccando l’euforia - Non l’abbiamo ancora aperta! Non sappiamo cos’è! - fece notare.

- Sì, che lo sappiamo - disse Ron, guardando la busta - Ma per averne la certezza c’è un solo modo - fece per porgerle la busta - Apri.

Hermione lo guardò incerta, poi, quasi spazientita, affettò la busta e ne strappò il sigillo. In quell’immediato istante, una spilla lucida e scintillante le scivolò tra le mani.

“Caposcuola Hermione Jean Granger”.

Harry riprese a congratularsi, mentre Ginny riprendeva a battere le mani.

Ma il più felice era lui.

Con un urlo di vittoria, Ron la prese per le mani e la fece alzare, piazzandole un dolcissimo bacio sulle labbra, con un tale entusiasmo che ad Hermione mancò la terra sotto i piedi, nel vero senso della parola.

- E’ fantastico, Herm! - le disse, ammirando la spilla - Caposcuola.

Lei si morse le labbra, non sapendo cosa dire… Ron sapeva che Hermione avrebbe preferito evitare quella scena in pubblico, avrebbe preferito che la cosa passasse inosservata.

Perché lei odiava sentirsi al centro dell’attenzione, soprattutto in casa Weasley…

Soprattutto dopo ciò che era accaduto in quella famiglia…

La carica di Caposcuola era una frivolezza in confronto a ciò che i Weasley avevano dovuto passare dopo la battaglia finale.

Hermione gli sorrise, incrociando le dita con quelle di Ron, che ricambiò all’istante.

-Oh, Hermione cara - pigolò la signora Weasley, alzandosi in piedi e congiungendo le mani - Congratulazioni! - estrasse il fazzoletto da una tasca del grembiule - Ci voleva proprio questa bella notizia! - si soffiò il naso - Un’altra Caposcuola in famiglia! - disse, mentre gli occhi le diventavano pericolosamente lucidi e la voce pericolosamente incerta.

Ron aumentò la stretta attorno alla mano di Hermione, per poi lasciarla andare.

Hermione fece qualche passo in avanti, accarezzando dolcemente il braccio di Molly che tentava ancora di mascherare la commozione - Grazie, signora Weasley… grazie.

Molly non la lasciò parlare ulteriormente perché, in uno slancio, la prese fra le braccia, stringendola in una morsa affettuosa - Oh, aspetta che lo sappiano gli altri! Una Caposcuola! - continuò a borbottare contenta, tornandosene ai fornelli, probabilmente già intenzionata a preparare una maxitorta per festeggiare… lasciando gli altri quattro con il presentimento che quella spilla non avesse portato soltanto una svolta nella vita accademica di Hermione.

Ma qualcosa di molto più importante.

 

- Fino a prova contraria, dovrei essere io a dire “chi se lo scorda”! - si lamentò lei, incrociando le braccia - Sbaglio o sono io quella che ha dovuto posare per sei o sette dozzine di foto con quella spilla addosso?

Ron sbuffò - Volevi forse negarmi la soddisfazione di immortalare quel momento?

- Ma è stato imbarazzante! - fece lei, sbarrando gli occhi, tirandosi all’indietro i voluminosi capelli. Sembrò pensarci su, poi aggiunse - Mai quanto alla cerimonia dei diplomi, comunque. Quando hai fatto andare in tilt quella videocamera babbana - lo guardò scuotendo la testa, mentre la sua bocca prendeva quella strana piega, quella che piega che conosceva da anni.

La guardò negli occhi e si rese conto che lo sguardo che lo ricambiava, era lo stesso, identico, meraviglioso sguardo che si sentiva puntato addosso da una vita.

- Sono così orgoglioso di te - disse, sospirando.

Ma prima che lei potesse rispondere, qualcuno li interruppe.

- Non starai mica tentando di arruffianarti la mia figlia preferita, Ronald Weasley?

Ron sorrise, non avendo neanche bisogno di girarsi per capire chi fosse.

Hermione si avvicinò a passo svelto, elegantemente fasciata nel tailleur da combattimento, come diceva sempre lui, alludendo ai completi che Hermione indossava per andare a lavoro.

- Non oserei mai! - fece Ron, alzando le mani - Diglielo, Rose.

La ragazza annuì - Puoi stare tranquilla, mami! Nessun tentativo di plagio - fece, ridendo, sporgendosi in avanti per dare un bacio alla madre.

- Mhm - commentò Hermione, sorridendo.

- Piuttosto… - disse Ron, allentandosi un bottone della camicia - La signorina vuole studiare Magisprudenza. Chi ha plagiato chi, ora? - fece rivolto ad Hermione, nell’usuale tentativo di punzecchiarla.

Il sorriso di Hermione assunse la stessa identica piega che Ron aveva già visto pochi minuti prima - Cosa ti aspettavi da mia figlia? - fece, stringendo tra le mani il viso lentigginoso di Rose.

- Poi mi accusa di arruffianarti, capito? - disse Ron, scuotendo la testa.

Rose sorrise, alzandosi in piedi - Ok, ok! Siete assurdi - sentenziò, chiudendo il libro e mettendoselo sotto braccio - Siccome questa discussione potrebbe durare ore, io mi dissocio adesso, altrimenti rischio di fare tardi. Ma voi continuate pure! - guardò l’orologio - Avete ancora un paio d’ore prima che faccia buio - li prese in giro.

- “Fare tardi”? Dove devi andare? - chiese subito Ron.

- A Diagon Alley - rispose Rose, chiedendo aiuto a sua madre con lo sguardo.

- Con chi?

Hermione e Rose alzarono contemporaneamente gli occhi al cielo.

- Santo cielo, Ron! - intervenne Hermione - Lasciala andare senza farle il terzo grado!

- Con degli amici, papà - rispose Rose, rimanendo sul vago più assoluto, poi, notando l‘espressione imbronciata di Ron aggiunse- E poi, poco fa non sei stato tu a dirmi che a “vent’anni non si dovrebbe stare a studiare” o qualcosa del genere? Ti sto accontentando - disse Rose, utilizzando la sua migliore espressione innocente, di marchio tipicamente Ronnesco.

Lui provò a ribattere qualcosa, ma poco dopo, alzò le mani in segno di resa, sotto lo sguardo divertito di Hermione che lo guardava a braccia incrociate, scuotendo la testa.

Rose si chinò a dargli un bacio sulla guancia, stringendo ancora il libro tra le braccia - Vado a salutare i nonni ed esco! Ci vediamo per cena!

Hermione le fece un segno di assenso e poi, mentre Rose si allontanava, si chinò verso Ron, portando lo sguardo all’altezza dei suoi occhi.

 - “Qualunque cosa tu dica, potrà essere usato contro di te”. Principi generali di Magisprudenza, capitolo uno. Deve averlo appena imparato - e così dicendo gli posò un bacio sulle labbra.

Ron le afferrò una mano, stringendola e baciandole il dorso - Vado a vedere se tua mamma ha bisogno di aiuto per la cena. Vieni dentro? - gli disse lei, tirandolo.

- Resto qualche altro minuto e ti raggiungo - fece, baciandole ancora la mano prima di lasciargliela.

Hermione si incamminò, seguendo la scia di Rose che era quasi arrivata alla porta.

Ron le osservò da lontano e come accedeva spesso quando si ritrovava a guardarli- lei, Rose e Hugo-, provava un senso di completezza assoluta, di benessere, di grandezza

Quando posava lo sguardo sui suoi figli si sentiva completo, si sentiva soddisfatto, si sentiva orgoglioso.

Si sentiva tremendamente felice.

E ogni volta che ci pensava, si rendeva conto che tutto derivava da lei, nasceva da lei e grazie a lei.

Era lei ad avergli permesso di essere completo, soddisfatto e orgoglioso.

Era lei ad avergli permesso di provare quella gioia incommensurabile.

Era lei ad avergli permesso di conoscere l’immenso.

Solo lei.

 

 

Fine

 

 

 

Ora la domanda è: a che punto avete capito che la ragazza era Rose e non Hermione?

Ho adorato scrivere questo capitolo e sono contenta anche del risultato.

Magari non raggiunge l’apice del romanticismo per quanto riguarda la coppia Ron-Hermione, ma quando mi è venuta in mente quest’idea, ho pensato che non ci fosse conclusione migliore.

Ritenevo che coinvolgere Rose, mostrandone l’estrema somiglianza con Hermione, fosse il modo perfetto per…completarli!

Mi sembrava carino mostrare il risultato del loro amore.

 

Spero che vi sia piaciuta, questo capitolo in particolare.

Concludo questa raccolta, che è probabilmente il lavoro di cui sono più orgogliosa in assoluto, ringraziando Voi, che siete rimasti con Ron e Hermione “proprio fino alla fine” (vi è familiare, eh?)

 

Grazie di cuore, avete reso questa raccolta davvero speciale.

Titti

 

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