This dark, bloody love story di ShinyDarkF (/viewuser.php?uid=62888)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Novità ***
Capitolo 2: *** Situations ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***
Capitolo 4: *** Chissà... ***
Capitolo 5: *** Who are you? ***
Capitolo 6: *** Remember ***
Capitolo 7: *** Malvagio ***
Capitolo 8: *** Speranza ***
Capitolo 9: *** Christina ***
Capitolo 10: *** Presagi ***
Capitolo 11: *** Complotti ***
Capitolo 12: *** Primo appuntamento ***
Capitolo 13: *** Complicazioni ***
Capitolo 14: *** Incontri ***
Capitolo 15: *** Dobbiamo parlare ***
Capitolo 16: *** Promise me ***
Capitolo 17: *** Paura ***
Capitolo 18: *** Tregua ***
Capitolo 19: *** The beginning ***
Capitolo 20: *** Forgotten children ***
Capitolo 21: *** A place called home ***
Capitolo 22: *** Umanità ***
Capitolo 23: *** Mistero ***
Capitolo 24: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 25: *** Profezia(nuovi incontri parte due) ***
Capitolo 26: *** Pain of Love ***
Capitolo 27: *** Love is a game for everyone ***
Capitolo 28: *** Succederà ***
Capitolo 29: *** Fate ***
Capitolo 30: *** This is war.Maybe ***
Capitolo 31: *** Limitless ***
Capitolo 32: *** Possessed ***
Capitolo 33: *** Vai via ***
Capitolo 34: *** Life, sleep, journey ***
Capitolo 35: *** Colpevoli ***
Capitolo 36: *** Intrighi ***
Capitolo 37: *** Love is dead ***
Capitolo 38: *** Revelations ***
Capitolo 39: *** Arriverà ***
Capitolo 40: *** Angel ***
Capitolo 41: *** The edge of glory ***
Capitolo 1 *** Novità ***
"Cosa stai guardando?"
"Niente, mamma, stavo solo pensando!"
"Ok, allora buona notte tesoro"
"Buona notte anche a te"
Christina sorrise, ma in realtà non voleva sorridere, aveva
freddo e si sentiva malaticcia, come se avesse la febbre o almeno un
brutto raffreddore. Ma malata non era. Si scostò un lungo
ricciolo bruno dalla faccia, cominciava a non sopportare i suoi
capelli, e sinceramente non sopportava più neanche il suo
viso. Voleva cambiare qualcosa, ma non sapeva che cosa, non sapeva se
avrebbe avuto il coraggio di cambiare. Ma quella che vedeva allo
specchio non era più lei. Christina aveva 17 anni, una pelle
chiara, ma non troppo, e bellissimi occhi azzurri che tutti le
ammiravano ma che lei odiava. Si sentiva sporca, aveva appena lasciato
il suo ragazzo, Mark, che aveva davvero amato ma che si era dimostrato
un cretino. Stava per tradirla, e la cosa peggiore è che la
sua nuova ragazza sarebbe stata la sua migliore amica, Jane. Jane era
una bella ragazza, nessuno osava dire il contrario, molto
più bella persino di lei, la ragazza più popolare
della scuola. Ma Christina aveva capito che nessuno la amava, tutti la
odiavano e tutti le avrebbero voltato le spalle, senza esitare. E
così è successo, in meno di un giorno aveva perso
il suo ragazzo, la sua unica amica e la sua popolarità, non
aveva più niente ormai. Guardò fuori dalla
finestra. Una notte stellata, di quelle che potevi vedere solo
a Scream Land, aveva sempre pensato che quel nome fosse
così strano, in qualche modo le incuteva timore. Anche il
paese era strano, bellissimo con i suoi prati, i suoi cieli sempre
stellati, il clima mai troppo caldo, ma strano, tanto che sembrava
appena uscito da un libro. Fiaba o giallo? Questo non sapeva dirlo.
Succedevano cose troppo strane in quel paese, la gente spariva, a volte
veniva ritrovata morta senza un valido motivo e non si riusciva a
trovare il responsabile. La gente impazziva, blaterava cose senza
senso, “vampiro” questa era la parola ricorrente.
“ I vampiri non esistono” pensò
Christina. Non sapeva quanto si sbagliava. Non poteva immaginare come
la sua vita sarebbe cambiata in quei giorni, l’unica cosa che
voleva era stare bene finalmente, riuscire a risorgere dopo questa
caduta. Le sembrava impossibile ma ci sarebbe riuscita, questo era il
suo unico scopo, a qualunque prezzo. E ancora guardando il cielo fuori
dalla finestra, la ragazza si addormentò.
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Capitolo 2 *** Situations ***
Quella notte un ragazzo si trovava in un cimitero, quello di
Scream Land. Aveva sempre pensato che un paese con un nome
così buffo fosse perfetto per lui. Guardava fisso una tomba,
c’era scritto sopra Tom Kaulitz, era suo fratello. Per strada
si era reso conto di non aver portato neanche un fiore ma tanto era
sicuro che a suo fratello non sarebbe importato, a lui non piacevano
queste cose raffinate, di sicuro glieli avrebbe scagliati contro.
"Chi va là?"
Di solito non c’era nessuno in quel cimitero dopo la
mezzanotte ma quella sera il custode si era attardato per aiutare la
polizia. C’era stato un altro omicidio e lui voleva dare una
mano, era una persona buona.
“Poverino” pensò il ragazzo.
Il custode lo trovò immobile avvolto nel suo lungo cappotto
nero, aveva paura ma non sapeva perché, era come se fosse
stato quel ragazzo a spaventarlo ma sapeva che era impossibile,
probabilmente aveva solo paura del luogo e di tutto quel silenzio. Il
ragazzo non doveva trovarsi là, almeno avrebbe dovuto
scappare ora che era stato visto. Ma lui rimaneva immobile.
L’uomo pensò di avvicinarsi, pensando che il
ragazzo fosse sordo o non l’avesse sentito.
“ Ora che mi vedrà se ne andrà di
sicuro e poi anche io potrò tornarmene a casa”
Non aveva ancora capito che l’unica possibilità
che aveva di ritornare a casa era di scappare subito via.
Non fece neanche il tempo di avvicinarsi che il ragazzo
sparì, velocemente, troppo veloce per aver corso.
“Strano, forse era…”
Voleva dire che era la sua immaginazione che gli aveva giocato un
brutto scherzo ma non ci riuscì, non riuscì
neanche a pensare. Due mani comparvero dietro la sua schiena e lo
tenevano forte, sapeva che se avesse provato a scappare le sue ossa si
sarebbero rotte. Due denti appuntiti gli lacerarono il collo, faceva
male, sentiva tutto il sangue che usciva dalla quella ferita ma
stranamente il suo maglione non era macchiato di sangue. Lo sconosciuto
lo stava bevendo, lo stava uccidendo succhiando il suo sangue. Quattro
minuti, forse anche di meno, passati come se fossero stati
un’eternità e l’uomo era morto, nessuno
avrebbe pensato più a lui, sarebbe stato catalogato come un
altro degli omicidi irrisolti del luogo. E questo Bill lo sapeva. Il
ragazzo non sapeva se sentirsi in colpa o se sentirsi estremamente
bene, dopotutto sapeva che suo fratello avrebbe fatto di peggio. Suo
fratello Tom di cui prima aveva fissato la tomba con quella sua faccina
sorridente. Si guardò i capelli, non era spettinato per
niente, i suoi capelli neri e lunghi scendevano sulle sue spalle. Non
aveva neanche una goccia di sangue sui vestiti. L’unica cosa
che era cambiata erano gli occhi, che erano passati dal color nocciola
a un rosso intenso, il colore del nuovo sangue che ora gli fluiva tra
le vene. Ma sarebbero passati presto e lui sarebbe tornato il solito
ragazzo che era stato fino a cinque minuti fa. Il solito ragazzo di
quasi 400 anni.
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Capitolo 3 *** L'incontro ***
Christina si era svegliata presto quella mattina, non
riusciva a dormire a causa dei suoi incubi. Lei aveva sempre incubi ma
questa volta erano stati peggiori. Pensava che quella notte avrebbe
sognato Mark, avrebbe ripensato a quanto lo amava e cosa invece si era
rivelato, solo un meschino. E sognò per davvero Mark, ma non
come lei se lo immaginava. Camminava per i corridoi della scuola con il
suo solito passo lento che la faceva ridere, lei gli andava vicino e
lui si era girato. Lui non era Mark, non più, i suoi occhi
erano rossi e i suoi denti erano lunghi e affilati. Era un vampiro e la
cosa peggiore era che stava per ucciderla. Si era svegliata alle 6.00
di mattina urlando:<>.
Fortunatamente non l’aveva sentita nessuno. I suoi genitori
erano talmente abituati ai suoi incubi che ormai non facevano
più caso alle sue urla e continuavano a dormire. Non aveva
sorelle, né fratelli e aveva sempre pensato che fosse una
cosa brutta ma in quei momenti si sentiva sollevata, almeno non avrebbe
avuto sulla coscienza bambini spaventati. Decise che ormai era troppo
tardi per continuare a dormire, fra poco sarebbe dovuta tornare a
scuola. Ah, la scuola, aveva sempre pensato che la scuola fosse un
posto meraviglioso perché là incontrava tutti i
suoi amici, il suo ragazzo, insomma le persone che voleva bene e che
pensava la volessero bene. Non aveva mai pensato tanto allo studio ma
per sua fortuna non andava neanche troppo male a scuola al contrario
dei suoi amici. Come poteva ancora chiamarli amici dopo quello che le
avevano fatto? Semplicemente non poteva. Ma Christina non era mai stata
cattiva, non riusciva a odiare davvero qualcuno anche se sapeva che
molte altre persone lo avrebbero fatto. Lei era diversa. Si
alzò e notò una cosa stranissima: la finestra era
aperta. “Strano, ero sicura di averla chiusa ieri
sera” così pensò, ma poi si rese conto
che la sera precedente era stanca e triste, forse aveva dimenticato di
chiuderla e non se ne era neanche accorta. Ma c’era di
più: lei si sentiva osservata, come se degli occhi la
stessero spiando da qualche parte ma non c’era nessuno in
quella stanza oltre lei. Forse stava diventando pazza.
A scuola era proprio come si aspettava: nessuno le parlava.
C’erano sempre due o tre persone che le rivolgevano la parola
ma non le dicevano niente di carino. Il fatto è che prima
lei era stata quella popolare, tutti la odiavano ma nessuno poteva
toccarla perché lei stava con quelli
“giusti” che avrebbero fatto diventare la vita un
inferno a chiunque avesse osato sfidarli. Ora lei non era nessuno, era
proprio come tutte le altre persone e chi l’aveva sempre
odiata poteva dirlo apertamente. E poi c’erano loro, i suoi
vecchi amici, che la odiavano più di tutti quando sapevano
benissimo che erano stati loro ad aver sbagliato, non la povera
ragazza. Christina camminava da sola per il corridoio a testa bassa
quando andò letteralmente a sbattere contro un ragazzo.
"Oh scusa, non l’ho fatto apposta" disse la ragazza.
Il ragazzo all’inizio non rispose, poi disse:" Lo so, ma non
preoccuparti".
Aveva una bellissima voce, sapeva di miele, era dolce ma nascondeva
anche qualcosa di amaro in sé come se una parte di quella
voce dolce ti stesse avvertendo e ti dicesse: “Non
fidarti”. Christina non sapeva se esserne ammaliata o se
averne paura ma pensò che era meglio entrare in classe prima
che anche il professore avesse cominciato ad odiarla.
"Posso sapere il tuo nome?" disse la ragazza mentre si voltava di
spalle.
"Certo, mi chiamo Bill"
"Bill, bel nome!" ma quando Christina si girò per dire
questo il ragazzo era già sparito.
“Strano” pensò.
Aveva già visto quel ragazzo ma non gli aveva mai rivolto la
parola. Nessuno l’aveva mai fatto. Sembrava
così… non sapeva neanche lei come definirlo ma
aveva qualcosa di strano. Strano, ecco questa era la parola
più adatta per descriverlo. Era di certo misterioso, andava
sempre in giro con un cappuccio sulla testa ma tutti sapevano che in
realtà aveva capelli lunghi e neri e occhi color nocciola.
Era bellissimo, ma era come se non volesse far vedere il suo aspetto,
come se non ne andasse fiero. Aveva sempre pensato
“Perché si vergogna tanto di se stesso quando
è così bello?” ma non si era soffermata
mai più di tanto su quel ragazzo, dopotutto lei aveva i suoi
“amici” a cui dedicarsi. Però una cosa
era certa: chissà per quale motivo quel ragazzo aveva
cambiato i suoi sentimenti nel giro di un minuto, era passata dalla
tristezza alla felicità, dalla felicità alla
curiosità e infine era andata dritta dritta nella paura.
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Capitolo 4 *** Chissà... ***
Il ragazzo stava nel suo posto preferito, al cimitero,
davanti la tomba di suo fratello, dove fino ad un giorno prima pensava
di non poter fare del male a nessuno. Era questo che voleva, stare una
volta tanto tranquillo, una volta sola senza uccidere.
Perché era questo che faceva, lui uccideva la gente, le
succhiava il sangue e non riusciva a fermarsi, sapeva che non avrebbe
mai potuto perché era questo che doveva fare per restare in
vita. Lui non voleva morire. E fortunatamente non sarebbe mai morto,
anche se questo significava vivere da assassino per sempre. Vivere da
vampiro. Fino a qualche decennio fa non ci avrebbe mai creduto, non
aveva mai creduto nel soprannaturale, pensava che tutte queste cose, i
vampiri, le streghe, i licantropi, i fantasmi, fossero solo invenzioni
di gente malata che non aveva niente di meglio da fare che spaventare
il prossimo. Solo ora capiva quanto si era sbagliato. Se avesse capito
tutto almeno qualche giorno prima della sua trasformazione, forse si
sarebbe salvato. Pensava a tante cose e intanto guardava la tomba di
suo fratello, proprio accanto alla sua. Bill e Tom Kaulitz, due gemelli
prodigio, così li chiamavano tutti, belli, bravi, musicisti,
avevano tutto e in pochi anni avevano perso tutto. Bill guardava le
foto sorridenti di sé e di suo fratello, non avrebbero mai
più sorriso in quel modo. Non potevano sorridere in quel
modo altrimenti si sarebbero visti i denti splendenti e appuntiti e
nessun umano avrebbe mai potuto vederli senza capire. Bill non voleva
uscire allo scoperto, sapeva che c’erano persone che potevano
fargli del male, i cacciatori di vampiri, quelli che uscivano allo
scoperto solo di notte e con un solo scopo: uccidere i vampiri. E
avevano ragione, non erano omicidi quelli che commettevano, si trattava
semplicemente di uccidere qualcuno senza un’anima, senza
rimorso, senza coscienza, senza nulla di buono. Qualcuno, o qualcosa.
Ma Bill non voleva morire, voleva vivere una vita il più
normale possibile, sorridere, essere felice. Ma sapeva che era
impossibile. Ripensò a quella ragazza, chissà se
l’avrebbe incontrata di nuovo e forse sperava che questo non
accadesse mai. Sapeva che se avesse incontrato di nuovo quella
sconosciuta, lei sarebbe stata probabilmente il suo prossimo spuntino.
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Capitolo 5 *** Who are you? ***
Una ragazza camminava per la strada. Era tardi, tardissimo e
lei lo sapeva ma una parte di lei non voleva tornare a casa, sapeva che
aveva fatto troppo tardi e che i suoi genitori si sarebbero arrabbiati.
Era andata ad una festa e si era davvero divertita, come non faceva
ormai da molto tempo. Forse doveva fare più spesso queste
cose, andare alle feste, uscire, incontrare gli amici. Una volta tanto
nella vita aveva buoni propositi. Quasi non si accorse che un ragazzo
la stava seguendo, forse qualcuno voleva semplicemente farle uno
scherzo e non c’era da preoccuparsi. Si sentiva felice,
troppo felice per pensare a uno sconosciuto che camminava in piena
notte, forse era solo ubriaca. Dopotutto anche lei agli occhi di quella
ragazza era una sconosciuta che camminava da sola nella notte, sola,
troppo sola. Doveva tornare a casa.
"Ciao!"
Lo sconosciuto era proprio davanti a lei.
"Come hai fatto?" rispose la ragazza.
"Vuoi davvero saperlo?"
Aveva una voce bellissima, dolce e allo stesso tempo amara, come
un’arancia, dolce all’inizio ma che poi ti lascia
quel sapore di amaro in bocca e vorresti non averla mai mangiata.
Alzò lo sguardo. Anche lui non era niente male…
Aveva un cappuccio in testa ma poteva benissimo vedere la faccia. Aveva
occhi marroni, scurissimi, labbra carnose e folte sopracciglia. Stava
ridendo, o almeno sembrava così, anzi sembrava stesse
ghignando. Doveva andarsene, era troppo tardi, se almeno tornava adesso
almeno avrebbe avuto un mese in meno di punizione.
"No, mi dispiace, devo tornare a casa, come vedi è
già troppo tardi"
"Dai ci metterò solo un secondo".
Ora la ragazza cominciava davvero ad aver paura, chissà cosa
voleva farle e lei era là tutta sola. Non poteva neanche
gridare, nessuno l’avrebbe sentita.
"No, ora devo andare, scusa"
E cominciò a correre, corse come una pazza, ma non ce la
fece, lo sconosciuto era più veloce di lei, molto
più veloce di lei, sembrava che non si fosse neanche mosso e
invece in mezzo secondo era di nuovo davanti a lei.
"Guarda che non hai tutta questa scelta"
E queste furono le ultime parole che sentì. Lo sconosciuto
affondò i denti nel suo collo e cominciò a
estrarre il sangue, che andava nella sua bocca. Le stava succhiando il
sangue. Provò ad urlare ma non ci riuscì, non
riusciva a fare più niente, era paralizzata. Almeno lui
aveva un’aria felice. Poteva vedere i suoi capelli, erano
neri e lunghi, e aveva le treccine. Due secondi dopo si trovava sul
ciglio della strada, morta.
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Capitolo 6 *** Remember ***
"Tom, che stai facendo?" disse il bruno. Aveva paura. Quello
non era il fratello che aveva conosciuto, quello era una persona
completamente diversa.
"Non preoccuparti fratellino, farà male solo per un
po’ ma se stai fermo sarà più facile
per entrambi>>
La sua voce, non era quella la sua voce. Tom era sempre stato un tipo
allegro, aveva la risata facile e soprattutto gli voleva tanto bene.
Sapeva che non gli avrebbe mai fatto del male. Perciò si
ritrovava in quel luogo. C’era buio, aveva sempre odiato
l’oscurità.
"Tom, voglio andarmene di qui"
Cominciava ad aver paura per la prima volta. Altre volte aveva avuto
paura ma mai come in quel momento. Aveva sempre avuto paura di cose
stupide come ragni, insetti. Ora aveva paura di suo fratello,
l’unica persona che non gli aveva mai fatto male,
l’unica persona che lo aveva sempre trattato come se fosse un
gioiello. E ora si stava avvicinando, aveva quel ghigno minaccioso
sulla
bocca, quel ghigno che non aveva mai visto e che aveva preso il posto
di quel suo solito sorriso. Di solito odiava quando suo fratello gli
sorrideva in faccia ma ora non voleva altro che vedere suo fratello
felice e sorridente. Il suo vecchio fratello.
"Non preoccuparti, non ti lascerò qua"
E poi sentì un dolore fulminante provenire dal collo.
Urlò ma nessuno poteva sentirlo, troppo tardi, troppo buio,
troppo solo. Pensava che sarebbe morto. E sarebbe morto soffrendo. Non
sapeva se soffriva di più per quella ferita sul collo o per
il fatto che era suo fratello a fargli questo. Ma una cosa era certa:
soffriva.
"Toooooooooooooom"
Bill si era svegliato nel suo letto, aveva avuto un incubo e stava
urlando. Aveva sognato lui. E lo aveva sognato mentre gli stava
togliendo la vita, mentre lo stava facendo diventare il mostro che si
trovava in quel momento nel suo letto. Un vampiro. Si alzò e
si preparò per andare a scuola, proprio come avrebbe fatto
un umano. Scese velocemente, non addentò neanche una mela.
Dopotutto avrebbe fatto colazione a scuola.
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Capitolo 7 *** Malvagio ***
Bill era appena arrivato a scuola e cercava disperatamente
la ragazza. Non conosceva nulla di lei, se non il nome, Christina. Una
parte di lui però voleva fermarsi, gli diceva di girarsi e
di correre il più veloce possibile lontano da lei, lontano
da Scream Land. Lui voleva essere umano e la scuola in qualche modo
glielo faceva credere. Ma era una menzogna, poteva illudersi quanto
voleva ma lui non sarebbe più stata una persona, sarebbe per
sempre stato un mostro. Malvagio, assassino, questo era. La
trovò subito, se ne stava in un angolo vicino al suo
armadietto. “Troppo facile, troppo”
pensò. E lo era davvero..
"Ciao!" disse la ragazza non appena lo vide.
"Ciao" rispose il moro, ma in realtà voleva dire
“Scappa, scappa”
"Ops, ho dimenticato un libro nel laboratorio di scienze, vado a
prenderlo, vuoi venire?"
"Certo".
Lo poteva vedere, il suo solito sorriso, quello che aveva avuto anche
Tom e che tanto lo aveva spaventato, quel sorriso che indicava
felicità, ma una brutta felicità,
l’allegria di qualcuno che sta per commettere un reato ma che
non ha nessun senso di colpa. Non aveva una coscienza.
“Troppo, troppo facile” commentò Bill.
Appena entrati nella stanza non ci fu neanche il tempo di fare i primi
passi, il ragazzo prese Christina con tanta forza che lei per poco non
cadde. Non poteva cadere, però, non poteva muoversi, era
intrappolata tra le sue mani, troppo forti per appartenere a un ragazzo
di 17 anni. Se aveva 17 anni…
"Quanti anni hai?"
"Cosa?" replicò il moro, davvero sbalordito della domanda.
Si immaginava che la ragazza avesse urlato, che avesse urlato
“Lasciami, lasciami” oppure che avesse pronunciato
la famosa domanda, quella che spesso si sentiva dire e a cui non
riusciva mai a dare una risposta concreta, vera. Ma la famosa
domanda:”Tu chi sei?” non uscì questa
volta.
"Voglio essere sincero con te, ho 21 anni"
"Non sei un po’ troppo grande per andare ancora a
scuola?>> disse la ragazza quasi con una risata.
Chissà cosa stava pensando ma non aveva per niente paura.
"Si, ma ho i miei motivi"
"E quali sarebbero?"
Allora sul volto di Bill comparve di nuovo quella risata stranissima e
i suoi occhi diventarono rossi come il sangue.
"I tuoi occhi.." disse la ragazza con un filo di voce."Ti piacciono?"
" Si, belle le lenti a contatto rosse"
E questa fu l’ultima goccia. La rabbia di Bill esplose in un
minuto.
"Lenti a contatto rosse?"
"Ehm, si" disse la ragazza.
Bill non sapeva se davvero non aveva capito o se faceva solo finta.
Forse era troppo sconvolta per guardare in faccia la realtà.
Allora cacciò i denti e Christina finalmente
urlò. Nessuno però poteva sentirla, tutti erano
già in classe e chi aveva marinato le lezioni di certo non
sarebbe uscito allo scoperto per un misero urletto.
Christina aveva capito tutto in meno di due secondi ed era passata
dalla felicità alla paura, questa volta però la
tristezza non c’era e non voleva proprio venire. Sapeva che
stava per morire ma in qualche modo voleva rimanere stretta a quello
sconosciuto. Dopotutto se la sua vita in quei giorni non era stata
davvero così brutta come pensava era solo grazie a quel
ragazzo.
Bill aveva capito anche altre cose, dentro di lui sentiva sentimenti
contrastanti. Voleva morderla, aveva sete, sapeva che avrebbe rovinato
la vita a tutti i parenti della ragazza e vederla così
spaventata non gli metteva agitazione, gli faceva solo venire altra
sete.
Ma lui non voleva, in quel momento quella ragazza non era
più Christina, era lui, le ricordava perfettamente lui
mentre veniva ucciso dal suo stesso fratello. Tradito da chi voleva
bene, proprio come la ragazza che ora stringeva fra le mani.
"Non posso, mi dispiace, non posso…" e la lasciò.
"Dimentica tutto, io non sono mai stato qui" e se ne andò,
sapendo che il suo controllo della mente aveva fatto effetto ancora una
volta.
Christina era confusa, non sapeva perché si trovava
lì, doveva essere in classe ma non si ricordava
perché non era entrata. Guardò
l’orologio, le 10.00 in punto. Che aveva fatto fino a quel
momento?
E, cosa più importante, chissà se quel giorno
avrebbe visto Bill… Lo sperava con tutto il cuore.
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Capitolo 8 *** Speranza ***
Bill non sapeva cosa stava succedendo, quella ragazza le
aveva impedito in qualche modo di nutrirsi di lei. Ma come era
possibile? Non si dava spiegazione, eppure neanche la conosceva, a
stento sapeva il suo nome, ma quella ragazza non poteva morire. Per lui
era speciale. Ormai era più di una ragazza, era
un’ossessione per Bill, che se ne stava giorni interni seduto
sul suo letto o si aggirava come un fantasma nel cimitero. Non aveva
smesso di mangiare, erano passati quasi tre giorni e già
erano morte cinque persone. Il ragazzo non aveva nessun rimpianto a
uccidere, anzi lo faceva volentieri, come sempre, ma se pensava a
Christina le scendeva una lacrima dagli occhi. Non una lacrima normale,
però, ma una lacrima fatta di sangue. Tanto tempo fa per lui
era un problema piangere: a lui piaceva truccarsi, mettersi mascara e
ombretto, tanto ombretto rigorosamente nero, ma non lo faceva per
qualche motivo particolare, solo perché si divertiva a
farlo. Tutti lo prendevano in giro e lui piangeva, piangeva come un
disperato e il suo trucco si riduceva a lacrime nere. Ora era diverso,
lui piangeva poche volte, anzi quasi mai e poi il suo trucco rimaneva
sempre intatto. Comunque sapeva che chiunque avesse osato prenderlo in
giro sarebbe morto di una morte atroce. Forse questo era
l’unico lato positivo dell’essere vampiro: aveva
avuto la sua vendetta.
Ora piangeva di nuovo dopo tanto tempo. Lacrime rosse fatte di sangue
gli rigavano il viso e lui non ne sapeva il motivo, sapeva che era
stata la ragazza a provocare tutto questo ma non sapeva come. Non era
andato a scuola in quei tre giorni solo per non incontrarla, sapeva che
nessuno si sarebbe accorto della sua assenza, faceva di tutto per non
farsi notare, non interveniva in classe, non parlava con nessuno. Con
nessuno tranne Christina. Sapeva anche che doveva stare attento,
perché quella ragazza poteva finire nella sua pancia da un
momento all’altro. Lui sentiva il suo odore,
l’odore del suo sangue, ed era buono e avrebbe fatto di tutto
per averne anche una misera goccia. Nonostante questo Bill, da grande
egoista che era, decise che non contava nulla, poteva finire male o
bene, ma doveva incontrarla, almeno un’altra volta.
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Capitolo 9 *** Christina ***
Attenzione: Mi scuso con tutti se prima non si
vedevano i dialoghi, ora si dovrebbero vedere. Spero che ora vi piaccia
di più la fan fiction!
Christina passeggiava da sola. Non aveva meta. Ogni tanto
si fermava davanti a qualche vetrina, ma in realtà non le
guardava, non ci riusciva. La sua mente era affollata di pensieri e
tutti gridavano Bill. Pensava a Bill che camminava, a Bill che
indossava le sue solite magliette nere e si immaginava Bill che dormiva
o che faceva i compiti. Non lo aveva visto per tre giorni di seguito ed
era quasi caduta in depressione. Che la stesse evitando? Forse era
semplicemente malato.
"Ciao"
Era lui.
"Ciao!" rispose la ragazza"Scusami non ti avevo proprio visto"
E non lo aveva visto davvero, era sicura di essere l’unica
persona a camminare su quel marciapiede.
"Si, stavo camminando e ti ho vista, così ho deciso di farti
una sorpresa!"
Christina arrossì e Bill se ne accorse e rise.
"Dove stavi andando?" chiese il ragazzo.
"Oh, da nessuna parte, stavo andando lì e guardando
qui…".
Non sapeva neanche lei che dire, era troppo emozionata.
"Decisione estrema vedo!"
Il ragazzo cercava di essere sarcastico, rideva spesso ma mai troppo
per non rivelare i suoi denti appuntiti. Una voce dentro di lui
diceva” Mangiala, mangiala” ma in quel momento la
ignorò. Voleva solo trascorrere un po’ di tempo
con Christina.
"Ti va di mangiare qualcosa stasera… con
me…intendo?"
"Certo, perché no, conosco un localino davvero bello qua
vicino, se vuoi possiamo andarci anche ora"
E così andarono a mangiare, insieme.
Christina era stupita di aver fatto una richiesta così, di
solito lei era timida con le persone e Bill era un perfetto sconosciuto
ma non voleva perderlo anche questa volta.
"Tutto molto buono, davvero" disse il ragazzo.
"Già, tu poi eri davvero affamato!"
"Non puoi neanche immaginarti quanto"
Il ragazzo alzò il sopracciglio, naturalmente dietro a
quella sua battutina voleva dire altro ma sapeva che Christina non
avrebbe mai capito. Non poteva ricordarsi dell’episodio della
sala di scienze. Bill aveva poteri soprannaturali, come tutti i
vampiri, e oltre a essere forte, veloce e molte altre cose, sapeva
anche controllare la mente della altre persone.
Erano davvero andati a mangiare insieme in un locale davvero arredato
bene, forse troppo intimo e romantico per loro che non erano neanche al
primo appuntamento, forse non erano neanche amici.
Bill si sarebbe imbarazzato in altri tempi, ma anche se lo era le sue
guance non potevano più diventare rosse. Un altro vantaggio.
Lui era stato molto gentile, proprio come un cavaliere di altri tempi,
aveva fatto sedere prima lei e non si era seduto finché non
aveva notato che la ragazza era a suo agio.
Poi avevano ordinato, per lei un semplice hamburger, per lui un piatto
di pasta con una frittura per secondo e alla fine un dolce al
cioccolato che però non aveva mangiato prima di aver
convinto Christina a dividerlo con lui.
Si, era un vero e proprio gentlemen.
La riaccompagnò a casa dopo una lunga passeggiata.
"Non hai paura a camminare così, da sola e a tarda notte?"
chiese il ragazzo.
"Non sono sola, sono con te"
"Bella consolazione, non ci conosciamo da neanche una settimana"
Christina sembrava arrabbiata.
"No, non ho paura, proprio perché sono con te, io mi fido di
te"
"Non dovresti"
Ora anche Bill sembrava arrabbiato.
"Ehi guardami,"e gli prese il volto tra le mani "non dovrei ma lo
faccio lo stesso".
Ed entrambi risero.
Fu sulla porta di casa di Christina che Bill si superò. Non
cercò di baciarla come aveva fatto il suo ragazzo al primo
appuntamento, neanche sulla guancia, quasi neanche la salutò
ma la baciò semplicemente sul dorso della mano. Se ne
andò poi sorridendo.
Christina entrò in casa, andò dritta in camera
sua senza dire niente a nessuno, chiuse la porta e poi rise come una
matta dalla felicità.
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Capitolo 10 *** Presagi ***
Bill si svegliò al cimitero, si era addormentato
sulla terra proprio davanti alla sua lapide. Appena si
svegliò vide se stesso che rideva proprio davanti a lui,
sopra una lastra di pietra che diceva a caratteri cubitali “
Bill Kaulitz, 1589-1610”. Pensò che in fondo era
comica ma una parte di lui divenne anche molto triste. Il suo posto non
era con le altre persone, il suo posto era là, sulla nuda
terra. Di sicuro molte delle sue vittime, se non tutte, sarebbero state
contente. A volte se le immaginava, immaginava che non avesse mai
ucciso quelle persone e che avessero continuato la propria vita
normalmente, insieme ai propri familiari e alle persone a cui volevano
bene. Ma quelle erano storie a lieto fine, possibili solo nei film.
Questa era la vita reale.
Era anche felice, aveva incontrato una ragazza fantastica e la
immaginava sempre, lui la voleva. Niente poteva più andare
storto.
Si sbagliava.
Dall’altra parte del paese Sue varcò la porta di
casa.
"Ciao!"
Non fece neanche in tempo ad arrivare che Christina e tutta la sua
famiglia la accolsero calorosamente. Era la cugina di Christina ed era
venuta a passare un po’ di tempo con lei e con i suoi zii
naturalmente.
Sue era sempre stata una grande amica di Christina, si conoscevano fin
da piccole e avevano più o meno la stessa età
solo che Sue era di un anno più grande. L’unico
svantaggio è che non si vedevano molto spesso dato che
abitavano in località molto distanti tra loro.
Sue era cambiata negli ultimi anni, non solo aveva tagliato i capelli
ma sembrava anche diversa, guardava sempre fuori dalla finestra con
un’aria inquieta, come se temesse che da un momento
all’altro qualcosa la attaccasse. Usciva spesso la sera senza
importarsene se qualcuno veniva con lei o se era sola, forse non aveva
neanche amici e non sembrava neanche volerseli fare. Christina aveva
sempre pensato che fosse una ragazza molto timida. Ma c’era
di più: Sue non diceva mai a nessuno dove andava e se
qualcuno voleva accompagnarla si ritirava in camera dicendo che non si
sentiva bene e che non voleva più uscire. In
realtà poi scappava dalla finestra e tornava nelle prime ore
del mattino. Era davvero strana, ma era anche un’ottima
amica, leale e sincera, proprio quello che serviva a Christina in
questo momento.
Così parlarono, e parlarono tanto, si raccontarono ogni cosa
che era successa in quegli ultimi anni. A sera tardi decisero di andare
a letto ma prima di dormire Sue spiò come sempre fuori dalla
finestra e sentì un ghigno che le raggelò il
sangue nelle vene.
Bill era ancora nel cimitero ma questa volta aveva deciso di tornare a
casa a dormire. Quel giorno si sentiva strano, era preoccupato ma non
sapeva di che cosa. Lui era il predatore più forte e
agguerrito che fosse mai esistito, la gente doveva aver paura di lui,
lui non doveva temere nessuno. Decise che forse aveva solo fame
così mangiò un’intera famiglia credendo
che si sarebbe sentito meglio. Ma non fu così.
L’inquietudine non passò, anzi aumentò.
Verso le 2.00 di notte sentì un ghigno. Non poteva essere.
Quel suono era troppo familiare. Ma non era possibile, forse stava solo
sognando. Sperava di sognare perché le alternative sarebbero
state troppo brutte. Sentiva odore di guai.
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Capitolo 11 *** Complotti ***
Attenzione: gradirei che mi lasciaste qualche
commento, giusto per sapere se la storia vi piace. Grazie
Sue era uscita di nascosto come ogni sera e si ritrovava a camminare da
sola nell’oscurità. Aveva sempre odiato fare
quello ma non poteva farci niente, era il suo lavoro. Sue era la
cacciatrice.
Viveva con il solo e unico scopo di uccidere i vampiri e qualunque
creatura malvagia avesse incontrata. Doveva agire nel silenzio e
soprattutto da sola. Non poteva dire niente a nessuno e per questo
motivo non aveva amici, non poteva contare su nessuno, solo su se
stessa. Poteva morire da un momento all’altro ma non poteva
smettere di essere quello che era. Ma, dopotutto, chi avrebbe mai
voluto una vita come la sua? Molti anni fa aveva amato un ragazzo e
aveva deciso che il loro rapporto doveva essere del tutto sincero, non
voleva mentire anche a lui. Pensava che l’amore avrebbe
trionfato su tutto ma si sbagliava. Ricorda ancora il giorno in cui il
suo ragazzo disse che era solo una pazza e la lasciò. Da
allora non si parlavano più.
Così Sue camminava in cerca di qualche vampiro da uccidere.
Aveva detto a tutti che era venuta a trovare la sua famiglia ma non era
così: era venuta perché aveva sentito parlare di
tutti quegli strani omicidi. La polizia non sapeva niente e non avrebbe
mai potuto fermare tutto quello che accadeva. Solo lei poteva. Lei era
la cacciatrice, la prescelta, la sola e unica.
Non aspettò molto.
Un ragazzo venne vicino a lei.
"Ciao cacciatrice"
"Benissimo, buonasera anche a te" e rise. Dopotutto le piaceva il suo
lavoro, le piaceva riportare il bene dove c’era il male.
Chissà perché quel vampiro non aveva paura di
lei, di solito tutti scappavano quando capivano chi era. Forse era solo
uno stupido o un masochista.
Poi scoprì il motivo. Lottarono e Sue ebbe la peggio. Quel
vampiro era stranamente forte, troppo forte, non aveva mai affrontato
nulla del genere e in quel momento sapeva che in futuro non avrebbe mai
ritrovato qualcosa di così potente. Sarebbe morta quella
notte con due ferite sul collo, se tutto andava bene.
"Non è il tuo momento"
"Cosa?"rispose la ragazza.
"Non è il tuo momento".
"Tu chi sei?".
La tanto temuta domanda, quella che non piaceva a nessun vampiro.
"Io sono Tom" disse il moro.
"Tu non vuoi uccidermi?" disse la ragazza quasi con un filo di voce.
Questo era un bruttissimo segno.
"Perché mai dovrei? Mi sto divertendo così tanto"
Tom rise. Brutto, bruttissimo segno. Chissà cosa aveva per
la mente quel ragazzo.
"Cosa vuoi?"
"Niente, salutami tua cugina".
Sue pensò a Christina. Allora era questo che voleva il
vampiro, farle del male prima di ucciderla. Il peggio è che
ci sarebbero andate di mezzo persone innocenti, ma era sicura che a lui
non sarebbe importato. Il sogno di ogni vampiro è far male
alla cacciatrice.
"Lasciala stare" urlò la ragazza con tutto il fiato che
aveva in gola.
"Lo farò, sto solo cercando di ritrovare qualcuno che
conosco".
Rise ancora e se ne andò.
Sue aveva paura, chissà cosa voleva dire. Di certo,
però, non era nulla di buono.
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Capitolo 12 *** Primo appuntamento ***
"Vuoi venire alla festa stasera?"
"Cosa?"
Christina si era appena svegliata, si era addormentata sul banco di
scuola e fortunatamente si era ripresa prima che il professore la
richiamasse. Bill le aveva detto qualcosa ma non aveva capito che cosa.
"Vuoi venire alla festa con me stasera?"
"Oh, si"
Allora la cosa era seria. Bill e Christina si frequentavano solo da
pochi giorni, si consideravano dei semplici amici anche se spesso si
comportavano come se non lo fossero. Bill era sempre troppo gentile,
non voleva che la ragazza girasse da sola per le strade ed era arrivato
anche a portarle i libri. Lei voleva sempre dire di no ma il ragazzo
non glielo permetteva, era molto testardo.
Quella sera ci sarebbe stato il ballo della piazza, dove ogni coppia
aveva la possibilità di ballare nel bel mezzo della piazza
del paese. La particolarità era che a quel ballo non si
andava con amici, solo con i fidanzati. Non erano arrivati a questo
punto, non ancora almeno, ma se Bill l’aveva invitata a quel
ballo qualcosa di grosso era in pentola.
"Perché?"chiese allora la ragazza.
"A te non piace ballare?"
"Per niente"
"Neanche con me?"
"Con te potrei fare un’eccezione".
Bill rise con quella risata che piaceva tanto alla ragazza. Era una
risata che trasmetteva gioia ma era anche una risata timida, di quelle
che non lasciano scoprire molto i denti per non essere troppo
sfacciati. Era perfetta.
Quella sera Bill la venne a prendere davanti casa con la sua nuova auto
sportiva laccata di nero. Chissà come faceva ad avere tutti
quei soldi, aveva auto nuove, vestiti di marca, cose di un certo prezzo.
"Come sono felice per te"
Era Sue a parlare mentre guardava Christina nel suo splendido abito
nero, comprato apposta per l’occasione. La ragazza aveva
acconciato i capelli, da ricci erano diventati liscissimi.
"Non lo sarai più quando i miei capelli diventeranno una
schifezza e sarò la più brutta della festa"
"Qualcuno qui è sarcastico, non preoccuparti niente
andrà storto".
Sue aveva visto Bill dalla finestra e si era chiesta che cosa fosse
accaduto se non avesse detto tutto al suo ragazzo, forse in quel
momento anche lei avrebbe ballato e si sarebbe divertita. Ma il lavoro
era più importante.
"Sei sicura che non vuoi venire?"chiese Christina.
"Certo, ho molte cose da fare qui e non vorrei essere
d’intralcio"
"Ma non lo sei!"
"Ma non verrò lo stesso, davvero"
Bill aspettava fuori, faceva freddo, lo poteva capire dal fatto che
tutte le persone indossavano maglioni pesanti. Solo lui era a suo agio
nel suo smoking nero. Lui non poteva avere freddo, tecnicamente era lui
il freddo.
Non doveva essere lì, sapeva che sarebbe presto successo
qualcosa di brutto, qualcuno ci avrebbe rimesso la vita ma per lui
questo non era importante. Per lui non faceva differenza se moriva uno
studente o se moriva una persona qualunque che passeggiava. O se moriva
un bambino. Non importava chi fosse, qualcuno sarebbe morto quella sera
e solo perché lui e Christina passassero una bella serata. E
se fosse morta Christina…Il solo pensiero gli
raggelò le vene. Chiunque ma non lei.
"Quel ragazzo mi sembra simpatico>> disse Sue ancora con
gli occhi alla finestra.
"Si, lo è molto"
Sue rise.
"Cosa c’è?"
"Ti ricordi quando eravamo piccole e inventavamo delle
favole?>>
"Si"
" Beh allora dovresti ricordare che il tuo principe azzurro
aveva occhi e capelli neri, sempre, per le altre persone doveva essere
biondo con gli occhi azzurri ma per te no>>
"Sono sempre stata un’anticonformista"
"Già, allora vai, divertiti con il tuo principe nero".
Christina se ne andò con Bill.
Quando Sue fu certa di essere rimasta sola aprì la sua
valigia. In ogni normale valigia c’erano vestiti, nella sua
c’erano armi. Prese un paletto di frassino ed
esclamò:
"Che la caccia abbia inizio, aspettami Tom".
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Capitolo 13 *** Complicazioni ***
Bill e Christina si divertirono davvero tanto, ballarono
quasi fino a perdere le forze. La ragazza voleva bere ogni tanto un
aperitivo ma Bill non glielo permetteva, era sempre troppo gentile e
premuroso con lei. In realtà Bill non lo era, non
più del normale, è solo che ai suoi tempi si
usava così e non aveva mai voluto cambiare le sue buone
abitudini con quelle pessime dei ragazzi del 2000. Christina era
fantastica nel suo vestito nero e lo stesso valeva per Bill, la sua
pelle chiarissima risaltava in contrasto con il nero dello smoking, gli
occhi color nocciola sembravano ancora più profondi come se
quasi si potesse leggere la sua anima da essi. Ma la sua anima non era
bianca o blu come di solito ci si aspetta siano le anime, la sua era
color nocciola, se non più scura. Erano davvero felici ma
Bill sapeva che non poteva durare, non poteva essere così
bello, non per lui, non più.
Sue camminava da sola come sempre quando incrociò Tom.
"Ciao"
"Ancora tu" rispose la ragazza.
"Certo, il solo e unico".
"Ma che facevi? Mi stavi seguendo?"
"Certo che si" rispose il ragazzo alzando un sopracciglio con aria di
sfida e un sorrisetto più beffardo che ironico. Poi si
portò la mano sulla bocca e disse: "Oh, scusa, per caso non
dovevo farlo?"
"No!" tuonò Sue con impazienza. Doveva andarsene. Tom era
molto più forte di lei. A questo punto era meglio che se ne
andava, almeno avrebbe avuto l’occasione di uccidere qualche
altro vampiro.
"Davvero lo vuoi?"
"Cosa?"disse la ragazza.
"Uccidere i vampiri"
"Ora mi leggi anche nel pensiero?"
"Perché non dovrei?"
Sue fece una smorfia e lo spostò di lato.
"So che lo vuoi…" disse Tom
"Vuoi cosa?"
"Restare con me! Devi ammettere che sono l’unico che non
faccia parte della tua famiglia a rivolgerti la parola".
Sue si arrabbiò ma sapeva che il vampiro aveva ragione ma
non lo avrebbe mai ammesso. Lei voleva amici, li desiderava ma non
poteva averli e non avrebbe mai potuto averli. Non poteva parlare con
nessuno, non poteva vedere nessuno. In realtà lei non voleva
conoscere gente perché sapeva che non sarebbero mai stati
suoi amici a pieno e temeva di soffrire per causa loro. Nessuno la
poteva capire, nessuno. Ma forse un vampiro…
"Resto con te solo per cercarti di uccidere" rispose invece la ragazza.
Tom rise.
"Davvero? È questa la bugia migliore che hai trovato?
Credevo che la cacciatrice fosse più brava a dire menzogne,
visto che lo fa sempre"
Aveva toccato il suo punto debole.
Sue cercò di colpirlo, dopotutto era forte, ma si
ritrovò per la seconda volta stesa a terra.
"Devi smetterla di provare a farmi male, lo sai che potrei fartene io"
Sue non voleva litigare, non poteva ucciderlo ma non doveva neanche per
forza parlarci.
"Prima o poi ti ucciderò" disse e si girò dalla
parte opposta camminando lontano da lui. Lontano da Tom.
Ma il vampiro era già davanti a lei.
"Te ne vai già? Perché? A pochi metri
c’è una festa divertente e io ci andrò,
non vuoi venire con me?" disse Tom.
Una festa. Con la gente. Quello che Sue aveva sempre desiderato.
"Bene, allora si" disse il ragazzo che aveva già letto la
sua mente.
"Da questa parte" disse e la prese sotto braccio.
"Vengo solo per evitare che qualcuno si faccia del male"
"Certo, dicono tutti cos’. Oh ti farò conoscere
anche il mio fratellino."
Christina e Bill si erano appena fermati. Ballare era bello ma alla
fine stancava. In realtà solo la ragazza era stanca, Bill
non poteva esserlo. Ma ad un certo punto il ragazzo sgranò
gli occhi. Sentiva odore di guai, lo stesso che aveva sentito qualche
giorno prima al cimitero. Odore di qualcosa di brutto, terribilmente
brutto che si stava avvicinando.
Sue vide Christina. Non voleva che incontrasse Tom. Aveva capito che
l’unico scopo del vampiro era ferire i suoi cari proprio
davanti a lei.
"No, non puoi"
"Fare cosa?" disse il vampiro.
"Andiamocene"
"No"
Tom si avvicinò a Bill e Christina nonostante Sue cercava in
tutti i modi di farlo andare via.
"Ciao fratellino!" esclamò Tom vicino a Bill.
Quello che successe dopo sembrò avvenire in
un’eternità anche se erano solo pochi secondi.
Christina sembrava impassibile, per lei erano solo due fratelli che si
salutavano ma in qualche modo aveva paura, la faccia di Bill sembrava
sconvolta.
Sue anche era inorridita, non si capiva se la sua faccia voleva
piangere o urlare.
"Tom" disse Bill con un filo di voce.
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Capitolo 14 *** Incontri ***
"Tom che ci fai qui?" disse Bill con un filo di voce.
"Non sei contento di vedermi?" replicò Tom
"Tu eri sparito, non ti ho visto più da quando…
da quando…".
Bill non riusciva andare avanti, voleva dire “ da quando mi
hai ucciso” ma non ancora non riusciva a credere di essere
morto e che la persona di cui si era tanto ricreduto era proprio
lì davanti a lui.
"Oh da quella volta" disse Tom quasi come se volesse scherzare.
O forse lo stava facendo davvero.
Bill non ricordava Tom, erano passati 400 anni dall’ultima
volta che lo aveva visto e anche quella volta non aveva visto il Tom
che conosceva. No, suo gemello era morto 400 anni fa, quando aveva
deciso di diventare un vampiro.
Sue e Christina non avevano ancora detto una sola parola quando Sue
disse con rabbia<< Andiamocene di qui>>
riferito naturalmente alla ragazza.
"Cosa? Ma perché?" chiese Christina che non capiva niente di
quello che stava succedendo.
"Perché ce ne dobbiamo andare!"
"Si, anche noi dobbiamo, ci sono tante cose da chiarire qui"
tuonò Bill.
E le coppie si divisero.
Più tardi in una radura Bill e Tom stavano parlando tra di
loro. Erano arrivati là in un fulmine, naturalmente per loro
quella non era una corsa, solo una camminata a passo svelto. Tom
cominciò a parlare del passato, di tutte le cose che avevano
fatto insieme, delle volte che avevano giocato a football per la prima
volta dopo che era stato inventato.
"Come sei arrivato qui?" lo interruppe Bill.
"Non ti piace parlare del football?"
"Come sei arrivato qui?"
"Fratellino, fratellino, torno qui solo per te e l’unica cosa
che mi dici è che me ne devo andare? Non è molto
galante" disse Tom.
La sua solita smorfia, quella che doveva essere un sorriso ma che in
realtà era un ghigno. Voleva prendersi gioco di lui.
"Si, dove ci sei tu ci sono sempre guai>>
replicò Bill.
"Oh, Bill, e io che pensavo che con la trasformazione fossi diventato
più divertente, proprio come me!"
In quel momento passò un uomo, probabilmente un
escursionista, forse si era perso.
"Oh la cena!" disse Tom.
Bill non lo vide neanche che già l’uomo stava
urlando per il dolore.
Due minuti dopo l’uomo era a terra e Tom si leccava le labbra.
"Mi fai schifo" disse Bill.
" Vuoi davvero dirmi che tu non ti nutri delle persone?"
Bill ci pensò un secondo. Era vero.
"Mi faccio schifo"
Bill continuò a pensare, dopotutto non era lui il peggiore,
dopo un po’ aggiunse:
"Ma la colpa è tua"
"Già, perché preferivi morire ne sono
sicuro>> disse Tom e la sua faccia tornò
improvvisamente triste. Eccolo, il Tom che aveva conosciuto Bill.
"E allora perché non l’hai fatto?
Perché non hai preso tutto il mio sangue e mi hai lasciato
morire?"
"Perché sei mio fratello"
Seguì un senso di imbarazzo tra i due ragazzi. Forse Tom era
cambiato all’esterno, si era sopravvalutato e voleva
dimostrarsi forte e menefreghista, cattivo come tutti i vampiri. Ma nel
profondo del suo cuore c’era ancora il vecchio Tom. Era
questo che Bill pensava in quel momento.
Nello stesso momento Sue e Christina erano tornate a casa.
"Cosa sta succedendo?" chiese Christina.
"Niente" disse Sue ma ormai le lacrime uscivano dai suoi occhi e lei
non poteva fermarle.
"Dimmi cosa è successo?"
"Come non lo sai?"
"Sapere cosa?" disse Christina. Ora stava quasi piangendo. Non capiva
cosa stesse succedendo.
"Chris, devi stare lontano da loro?"
"No"
"Ti faranno del male,non sono quello che sembrano"
"Oh, visto che ne sei così sicura, dimmi tu cosa sono.."
"Vampiri"
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Capitolo 15 *** Dobbiamo parlare ***
Sue raccontò tutto a Christina, le
raccontò dei vampiri, del fatto che lei li combatteva e
spesso li uccideva e che avrebbe dovuto uccidere anche Bill. La ragazza
non riusciva a capire, aveva sempre pensato che la fantascienza non
esisteva, che era solo un modo per spaventare i bambini. O forse la sua
mente le stava facendo brutti scherzi.
"Tu sei pazza, non può, non deve, essere vero"
esordì Christina.
"Si, lo è fidati di me" le disse dolcemente Sue.
"No" disse la ragazza e subito dopo scappò di casa. Non
voleva sentire le parole di sua cugina. Era pazza, ecco
perché non aveva amici. Dopotutto di chi si fidava?
Dell’unica persona che aveva dimostrato di essere gentile con
lei o di sua cugina che tutti reputavano lunatica e strana che vedeva
una volta sola in tutto l’anno? E chi era quel misterioso
sconosciuto che aveva detto di essere
“C’è solo una cosa che devo
fare” pensò e si diresse dall’unico che
avrebbe potuto rispondere a tutte le sue domande, Bill.
Bill sapeva che quel momento sarebbe venuto ma credeva di poter
aspettare ancora un po’ di tempo. Sentiva che la ragazza era
tormentata, lo sentiva dall’altra parte della
città. Doveva parlarle. Ma cosa le avrebbe detto? La
verità era brutta, orribile, difficile da sopportare ma era
pur sempre verità e non si può pensare di
frequentare una persona se non c’è
sincerità. Le avrebbe detto tutto. Si incamminò.
Sapeva benissimo dove andare.
"Bill"
Bill si scontrò con Christina. Lui cercava lei e lei cercava
lui, ma lui era avvantaggiato, sapeva già che strada
percorrere.
"Ciao" rispose il ragazzo.
"Bill, dobbiamo parlare" disse Christina.
"Si ma non qui"
Bill cominciò a camminare, prima si avviò verso
la vecchia foresta ma non era lì che voleva andare. Voleva
portarla lì, nella sua vera casa.
Christina lo seguì. Sentiva di nuovo quella paura che aveva
provato il primo giorno che aveva parlato con Bill. Non una vera paura
ma qualcosa dentro di lei che le diceva di stare in guardia. Alla fine
arrivarono.
"Il cimitero…" disse la ragazza.
Bill non rispose, continuò a camminare. Sembrava proprio una
statua di cera. O di marmo forse. Qualcosa di duro, freddo e
bellissimo. Con la differenza che lui camminava. Alla fine si
fermò.
"Oh" fu l’unica cosa che riusciva a dire Christina.
Allora era vero. Quello poteva essere benissimo un brutto scherzo ma
chi avrebbe mai il coraggio di fare uno scherzo così
orribile? E poi c’erano tutte le cose che aveva detto Sue.
Era tutto vero.
Davanti a lei c’era una lapide con una foto di un ragazzo con
lunghi capelli neri divisi in treccine. Sotto c’era scritto
Tom Kaulitz. Era lo stesso ragazzo che aveva visto quella sera, lo
stesso che aveva detto che Bill era suo fratello.
Ma non fu questo che la colpì.
Proprio accanto a quella c’era un’altra lapide.
Portava la foto di un ragazzo sorridente, molto simile
all’altro. Aveva capelli neri e occhi scuri. Era bellissimo.
Sembrava felice. Sotto c’era scritto Bill Kaulitz. Si
girò. Accanto a lei c’era un ragazzo davvero bello
con occhi e capelli scuri. Gli stessi occhi, gli stessi capelli, la
stessa faccia, ma non la stessa espressione. Il sorriso era scomparso
dalla sua bocca.
"Ora capisci" disse Bill. La statua di cera sapeva parlare. Non era poi
così inanimata.
"Non posso crederci" disse Christina. Piangeva.
"So che è dura>>
"No tu non sai niente". La ragazza era isterica. <
Non poteva credere di aver detto davvero quelle cose. Non voleva essere
troppo precoce. Aveva capito che amava quel ragazzo, molto
più di qualunque altro ragazzo aveva amato fino a quel
momento ma non voleva dirglielo, non voleva rovinare tutto.
Non poteva sopportare di guardare la sua faccia. Scappò.
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Capitolo 16 *** Promise me ***
Christina si era fermata. Non riusciva più a
correre. Aveva corso da casa sua e ora correva via dal cimitero. Via da
sua cugina, via da tutti. Non aveva più nessun posto dove
andare, nessuno su cui contare. Le stavano mentendo e anche
spudoratamente. La verità era che volevano farle del male. I
vampiri non esistono e non esisteranno mai. Era solo uno stupido
scherzo.
"Hey bellezza!"
Un uomo. Ubriaco. E lei tutta sola per la strada. Proprio il modo
migliore di concludere una giornata pessima. Si era dimenticata di
essere sola. Aveva troppe cose per la testa che non sapeva neanche in
che strada era, i suoi piedi erano l’unica cosa che la
guidava. Sapeva che le sarebbe successo qualcosa di brutto ma
stranamente non avvertiva niente, un po’ di paura, quella si,
ma non l’immotivato terrore che aveva provato quando aveva
incontrato Bill. Come poteva un normale ragazzo essere più
pericoloso di un ubriaco?
Bill intanto si era addormentato. Era nel cimitero, nella sua casa,
sulla nuda terra ma non aveva trovato la pace, in quel momento
soprattutto. Aveva aperto il suo cuore per la prima volta dopo 400 anni
e aveva ricevuto solo dolore. Voleva solo riposare.
"Promettimi che celebreremo il dolore insieme" disse una ragazza alta
con folti capelli ricci.
"Cosa vuol dire?" replicò un giovane ragazzo con capelli
neri lunghissimi e un vestito molto elegante.
Era il 1600 e tutti uscivano di casa con vestiti eleganti. Le donne
usavano acconciarsi i capelli e creare meravigliosi chignon
intrecciati. Gli uomini erano più gentili, consideravano il
rispetto, il coraggio e la lealtà come principali
virtù. E così erano anche loro.
Lui si chiamava Bill ed era un nobile, si diceva che discendeva da una
famiglia di antichi aristocratici dell’antichità
che avevano parlato per la prima volta del soprannaturale a Scream
Land. Il resto era leggenda. La maggior parte delle persone diceva che
erano stati bruciati sul rogo ma se questo fosse stato vero, non ci
sarebbero stati discendenti. Era impossibile, troppo per quei tempi per
credere.
Lei si chiamava Jane ed era figlia di un mercante, nobile dunque anche
lei e molto gentile. Diceva sempre che le piaceva vivere, come se
vivere fosse un hobby.
Si amavano. Si sarebbero sposati entro la fine del mese.
"Lo scoprirai presto e quando succederà non sarai felice"
Bill non la vide più.
Continuava ad avere quella frase in testa, ci pensava e ci ripensava ma
non riusciva a capire.
Ci pensò talmente tanto che alla fine decise di scrivere una
canzone con questa frase. La chiamò “Pain of
Love”, il dolore d’amore perché quello
che stava passando era dolore. Ma era anche amore. E lui soffriva, ma
soffriva solo perché non riusciva a rinnegare i suoi
sentimenti. Era l’amore il suo problema.
" Fratellino, come ti senti oggi?"
Era Tom. Suo fratello stava facendo quasi l’impossibile per
lui, gli stava vicino e spesso trascurava i suoi impegni solo per stare
un po’ con lui. Bill non voleva questo ma suo fratello non
voleva sentire storie, diceva che lo faceva perché lo voleva
fare non perché era obbligato.
Poi ci fu un flashback.
Bill rivide la stessa cosa che aveva visto la sera prima e che sognava
sempre, ogni singolo giorno, da 400 anni: Tom che gli affondava i denti
nel collo.
Ma quella volta era diverso: sentiva tutto, ogni cosa, in modo molto
più forte. Sentiva i brividi sulla sua schiena e il terrore
che gli serrava la gola e gli impediva di gridare. Ma non stava solo
immaginando, o solo ricordando, lui stava sentendo.
Si svegliò di scatto.
Pericolo.
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Capitolo 17 *** Paura ***
Scusate se non ho scritto per molto tempo, per farmi
perdonare ecco un capitolo lungo e,secondo me, davvero bello.
Christina camminava, Bill correva, un’oscura presenza
aleggiava su di loro, come se volesse prenderli e inghiottirli. Il
male. La nebbia. La notte.
Poteva esserci qualcuno più veloce della velocità
stessa? A quanto pare si.
Christina aveva un uomo che la rincorreva ma non aveva paura, non le
importava più niente della sua vita, cosa era più
importante ormai che aveva perso tutto. Tutto per una piccola bugia.
L’uomo le parlava. Lei non si fermò. Aveva solo
una cosa in mente: Bill. Tutto il resto era dolore e se si sarebbe
fermata anche solo per un minuto il dolore le avrebbe strappato anche
l’ultimo momento di felicità che era rimasto in
lei. Non le importava se quella persona non aveva buone intenzioni e
neanche che aveva una bottiglia rotta in mano, poteva farle benissimo
del male. Ma qualunque dolore sarebbe stato meglio del dolore di aver
perso Bill. E pensare che fino a una settimana fa neanche conosceva
quel…quel… Cos era Bill? Una persona? Un ragazzo?
Un vampiro? Non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo. Non voleva avere
più nulla a che fare con lui. Sapeva che solo
così avrebbe sconfitto il dolore. Ma improvvisamente un
altro pensiero entrò nella sua mente: non avrebbe mai
più avuto occasione di vedere il ragazzo, né di
parlare con lui e questo non veniva dalla sua volontà.
Sarebbe morta quella notte per mano di quello sconosciuto. Non era un
pensiero. Quando le persone stanno male, si fanno spazio nella mente
immagini inquietanti ma quello non era un pensiero, quella era la
realtà e lei lo sapeva perché conosceva tutte le
cose brutte che accadevano nel mondo e sapeva che molte tragedie erano
scoppiate da situazioni come la sua. Questo era quello che pensava
anche qualcun altro.
Improvvisamente l’uomo sparì.
Christina si voltò e non lo vide più.
Pensò che se ne era andato e che aveva deciso di lasciarla
stare ma sapeva che non era così, non dopo quello che aveva
scoperto quella sera, cioè che esistono cose peggiori delle
persone. Forse si stava sbagliando, il dolore sarebbe passato, la vita
sarebbe andata avanti ma non ci sarebbe stata vita se non decideva di
tornare a casa.
Troppo tardi.
Qualcun altro la stava seguendo. Qualcuno di peggiore.
Lo sconosciuto non parlava e camminava con passo felpato, proprio come
un predatore che non voleva farsi riconoscere ma la ragazza lo sentiva.
Sentiva freddo dietro di sé, quasi come se ci fosse la morte
stessa a tenderle una trappola. Cominciò ad aver paura, ma
quella paura era innaturale, era puro terrore, una paura peggiore di
quella della morte, una paura che non veniva dalla sua testa ma dal suo
corpo. Era il suo istinto che le intimava di scappare.
E così scappò ma lui era più veloce di
lei. Lui… o forse lei? Non sapeva neanche chi era, non
sapeva neanche se dietro di lei c’era veramente qualcuno.
C’era solo silenzio. Niente rumore di passi, niente parole,
solo uno strano silenzio che in realtà diceva molte cose e
suscitava molte emozioni. Christina era sempre stata curiosa ma non
voleva girarsi, se c’era qualcosa di orribile dietro di lei
che le poteva far del male, almeno non l’avrebbe visto.
Corse fino a sentire un dolore acuto nel petto e solo in quel momento
decise di girarsi.
Non c’era nessuno.
Trasse un sospiro di sollievo e commise l’errore di girare la
faccia e guardare davanti a sé.
Allora urlò.
Era il fratello di Bill, quello con le treccine nere e con quello
strano ghigno sulla faccia.
“No” pensò, “per stasera non
riuscirò proprio a dimenticarmi di lui”.
Infatti Tom le ricordava Bill in tutto e per tutto, la stessa faccia,
la stessa pelle…
Ma poi questo pensiero fu sostituito da altri ben più
terrificanti. Il primo fu l’immagine dei due ragazzi sulle
loro rispettive tombe. Dovevano essere morti da tempo, eppure erano
ancora là. Il secondo fu una constatazione. Si
ricordò le parole di Bill e di come Sue aveva parlato dei
due ragazzi: Tom aveva ucciso e non se ne pentiva, anzi quasi si
divertiva a farlo. La sua ora era appena scoccata.
“Io comincerei con un ciao, sai le presentazioni sono
importanti” disse il ragazzo che intanto le aveva letto nel
pensiero.
Christina non riusciva a muoversi, non sapeva se parlare, urlare o
scappare. Forse parlare le avrebbe regalato altri minuti di vita ma
dopo che sarebbe successo? Non aveva scampo. Anche se correva, il moro
l’avrebbe presa e se si divincolava e cercava di combattere
avrebbe solo sentito più dolore.
Era finita.
“Proprio non mi vuoi parlare?! Ah comunque io sono
Tom” e le porse la mano.
La ragazza la strinse con titubanza. “Io sono
Christina”
“L’avevo immaginato. Ti ho vista con mio fratello
prima. Peccato che vi siete lasciati, eravate una bellissima
coppia.”
La ragazza abbassò la testa ma subito il vampiro le
alzò il mento con i polpastrelli.
“ Non devi preoccuparti” disse quasi in un sussurro
“Lo so che fa male, conosco Bill meglio di qualunque altra
persona, gliel’avevo detto che era meglio stare zitto e
continuare a mentire”
“E invece no”
“No? Wow sei la prima persona che dice di essere fiera di
conoscere il nostro mondo. Vieni qui”
Tom l’ abbracciò. Era delicato, dopotutto. In quel
momento Christina stava subendo l’effetto che ogni vampiro
faceva sui comuni mortali, voleva stare con lui, si sentiva bene.
Sapeva che era soltanto un’illusione, che presto sarebbe
finito tutto ma almeno, se proprio doveva morire, voleva dimenticare il
dolore che stava passando. E così si sentiva in quel
momento: libera, felice, in pace con il mondo e con se stessa.
Quasi non si accorse quando sentì un dolore incredibile al
collo. L’aveva morsa. E ora le stava succhiando il sangue.
Lei lo sentiva, sentiva il sangue che poco a poco defluiva dal suo
corpo verso quello del moro. Si stava lentamente prosciugando ma era
anche una sensazione piacevole, rilassante. Se avrebbe potuto, come
ultima desiderio, avrebbe espresso di poter ringraziare il vampiro
perché in meno di un secondo aveva fatto tornare tutta la
gioia che c’era in lei. L’antica gioia, quella che
non aveva provato con Bill quando era al settimo cielo e neanche quando
aveva un ragazzo ed era la più popolare della scuola. Quella
gioia era anteriore a tutto quello: era la spensieratezza che si prova
da bambini, quando gli unici scopi sono giocare e divertirsi, senza
pensare a tutto quello che avviene intorno. La gioia, il bene
primordiale.
“Grazie Tom” sussurrò con voce flebile.
Dopotutto stava morendo, era normale che non riuscisse a parlare. Ma
sapeva che il vampiro l’aveva sentita. E forse se ne era
anche rallegrato.
Ma tutta questa armonia si interruppe bruscamente.
Un ragazzo con lunghi capelli neri si catapultò su Tom,
scostandolo dalla ragazza.
Era Bill, ed era venuto a salvarla.
“Grazie anche a te, Bill, allora mi ami davvero”
furono le ultime cose che pensò la ragazza prima di chiudere
gli occhi. Voleva gridarlo ma ormai il suo corpo era troppo stanco e le
ordinava solo di chiudere gli occhi.
Di una cosa però era certa: Tom era stato buono, troppo
buono, con lei e quella paura che provava non poteva riferirsi a lui.
Lì fuori in piena notte, c’era qualcosa di ancora
più terribile e quel qualcosa li stava spiando, pronto a
prenderli uno a uno. Se Tom era cattivo, quello era peggio. Se Bill e
Tom erano il male, quella cosa era ancora peggiore del male.
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Capitolo 18 *** Tregua ***
Christina piano piano si svegliò. Strano, credeva
che sarebbe morta, aveva perso troppo sangue.
Si guardò intorno… tutto era buio ma sapeva che
si trovava in un luogo aperto… aperto, buio e silenzioso, il
cimitero.
"Ti sei svegliata, piccola?"
Quella voce. Quella che lei non sapeva se amare o odiare. La voce di
quello che una volta era stato il suo ragazzo, anche se sapeva che
definirlo ragazzo non era la parola giusta. Colui che forse odiava per
averle strappato ogni briciolo di pace ma che al tempo stesso sapeva di
amare. Bill.
La ragazza cercò di alzarsi ma lui era più
veloce, la prese il braccio e la aiutò a mettersi in
posizione eretta. Era gentile, lui era sempre gentile, a volte anche
troppo ma ora Christina sapeva il perché: Bill era vissuto
in un’epoca diversa, dove la gentilezza era quasi tutto per
una persona.
"Ti senti meglio?"disse il ragazzo con il suo sorriso.
Quel sorriso. Quello che probabilmente aveva fatto innamorare molte
ragazze. Quel sorriso che ti entrava dentro e che ti faceva sentire
allegra, che ti faceva sentire bene, anche se ti trovavi in un cimitero
da sola con un vampiro.
"Nessuno ti farà più male finchè ci
sarò io con te" disse Bill quasi in un sussurro. Ed eccolo,
il suo meraviglioso sorriso che stava a suggerire che il ragazzo era
sincero. E Christina commise l’errore di guardarlo solo per
un secondo e nella sua mente sentì che tutto sarebbe andato
bene.
"Sue, ci sono visite per te!"
Sue si trovava nella sua camera, fingendo di studiare quando in
realtà stava organizzando una strategia per uccidere un
vampiro. Non un vampiro generico, uno in particolare. Tom. Non riusciva
a toglierselo dalla testa, era diventata una vera e propria fissazione
e a volte Sue lo sognava anche. Pensava che tutto questo derivava dal
fatto che finora lui era stato l’unico vampiro che non era
riuscito ad uccidere. “Prima o poi ci
riuscirò” diceva nella sua mente.
Purtroppo, però, il suo piano avrebbe aspettato
perché la madre di Christina aveva detto che c’era
giù qualcuno che la cercava. Chissà chi era, lei
non conosceva nessuno e tanto meno qualcuno era mai venuto a
trovarla, neanche per farle uno scherzo. Poi pensò a
Christina. Povera ragazza, ormai era notte tarda e lei non si decideva
a tornare ma un po’ Sue la capiva: aveva appena saputo che il
ragazzo che amava in realtà era un pericolo vampiro e ne era
rimasta traumatizzata. Se le credeva, ovviamente.
Scese le scale. La porta d’ingresso era chiusa quindi
pensò che sua zia aveva fatto accomodare l’ospite
in salotto. Infatti andò lì e sentì
sua zia che parlava, quasi rideva e prendeva amabilmente il
tè con un ragazzo, seduto sul divano. Ma quel
ragazzo… Non era possibile. Era Tom.
"Oh ecco Sue, ce ne hai messo di tempo per arrivare, il tuo amico mi
stava proprio dicendo forse ti aveva disturbato, ma sono sicura che non
è così, vero? Vieni, siediti con noi."
Sua zia era felice. Probabilmente perché quella era la prima
volta che apprendeva che la ragazza avesse un amico. Anzi, non era
felice, ne era entusiasta. Non sapeva…
La ragazza si sedette nell’unico posto disponibile, quello
vicino a Tom. Da vicino il ragazzo faceva ancora più
impressione. Era decisamente bello, tutto era bello di lui, perfino
l’andamento dei capelli. Ricordava molto il fratello, anzi si
poteva dire che erano due gocce d’acqua. Ora capiva cosa
provava sua cugina. No, non doveva pensare a queste cose, non doveva
farsi influenzare sennò sarebbe stato peggio quando sarebbe
arrivato il momento di ucciderlo.
"Troppo caldo il tè, Tom?" disse la zia della ragazza.
"No, al contrario, è delizioso" rispose il ragazzo
sorridendo.
Secondo Sue, la scena era comica. Sembravano una normale famiglia che
prendeva il tè in salotto e conversava, peccato che uno di
loro era un vampiro e l’altra una cacciatrice. Avrebbero
dovuto uccidersi a vicenda.
"Allora, Sue, sei così zitta, dì
qualcosa…" cominciò la zia.
"Non so veramente che dire."
"Mmmm, forza Sue, è maleducazione stare così
zitta e riservata quando c’è un ospite in casa,
sembra quasi che la mia presenza non è gradita" disse Tom
con aria strafottente. Stava davvero oltrepassando il limite.
"Oh, mi sono appena ricordata…che devo fare…
delle cose… di là" disse la zia. Probabilmente
pensava che i due ragazzi volessero stare da soli. Sue era quasi
disgustata da quello che stava passando nella mente di sua zia in quel
momento.
Quando se ne andò, la ragazza cominciò a parlare.
"Che cosa ci fai qui?"
"Non si vede? Bevo il tè, ci voleva proprio, sai avevo tanta
sete" e il ragazzo scoppiò in una risata.
"Dico sul serio…"
"E va bene, non sapevo fossi così maleducata, io volevo
prima parlare un po’, sai per sciogliere la tensione
ma… va bene… diciamo che è successo
qualcosa"
"Qualcosa del tipo?" Sue sembrava allarmata.
"Qualcosa del tipo ho quasi ucciso tua cugina e mio fratello mi ha
fermato giusto in tempo"
"Cosa????"
"Non hai sentito?"
"Ma come ti sei permesso?"
"Nello stesso modo in cui mi permetto con le altre persone.. Non farla
tanto tragica, persino a lei è piaciuto. Ma non è
questo che volevo dirti. Ora la ragazza è con mio fratello,
non le farà del male. Il problema è che abbiamo
appena scoperto che non siamo le sole creature malvagie in questa
città e che chiunque sia venuto, è peggio di noi.
Non avrei mai pensato di dirlo ma… vogliamo sconfiggerlo e
per questo ci servi tu…"
"Perché dovrebbe esserci un noi?"
"Perché anche non vogliamo che se ne vada, con uno
così vicino non riusciremo mai ad avere una vita tranquilla"
"E come fai a sapere che io dirò si e che non ti
ucciderò subito?"
"Perché abbiamo tua cugina, e per quanto mio fratello sia
buono e la ami, è sempre un vampiro e lei è
ferita. Allora che ne dici? Una piccola tregua?"
"Ok. Dov è lei?"
"Al cimitero"
"Andiamo"
"Era quello che stavo aspettando"
I due ragazzi uscirono e si trovarono davanti alla BMW nera tirata a
lucido del ragazzo, che con il massimo della galanteria le
aprì la portiera e la ragazza salì in macchina.
Due nemici, un vampiro e una cacciatrice, che si trovavano nella stessa
macchina.
Ancora peggio.
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Capitolo 19 *** The beginning ***
Bill e Christina avevano fatto pace, finalmente. Avevano
deciso che non importava chi fossero. Non importava che Bill avrebbe
potuto uccidere la ragazza in un secondo. Non importava che Christina
stava entrando a far parte di un mondo pericoloso, uno di quelli da cui
è quasi impossibile scappare. Ormai egoismo e altruismo
erano diventati una cosa sola e non si poteva più scegliere
uno dei due elementi. Amore,assoluto, puro. Questo era
l’unica cosa che contava per i due ragazzi.
Cominciò tutto con poche parole, poi una conversazione,
proprio come facevano sempre. Proprio come si erano conosciuti. Era
cominciato tutto dalle parole.
Poi una risata.
Poi un bacio.
Il loro primo bacio. Il bacio che faceva scintille e che creava lampi
fulminei di colore. Creava il suono delle campane. Proprio come se il
sole fosse appena sorto e avesse illuminato tutto con la sua chiara
luminosità. Proprio come se si fosse alzato un leggero vento
primaverile e li avesse circondati con un turbinio di foglio. Proprio
come una festa, dove tutti sono felici e cercano di dimenticare per un
giorno le loro sventure. Sembrava che qualcuno avesse appena stappato
lo champagne. Proprio come se qualcuno avesse messo la tua canzone
preferita.
Un minuto. Un altro. Un altro ancora. Pochi secondi.
I ragazzi non volevano smettere di baciarsi.
Alla fine si staccarono.
Si guardarono con espressioni irriconoscibili. Tutto passava sulle loro
facce in quel momento. Un sorriso, alcune parole, non sarebbero mai
bastate a dire tutto. Ma quello sguardo, era quello che diceva la
verità.
Sembrava un sogno.
Eppure erano in un vecchio cimitero.
Bill e Christina videro una macchina in lontananza.Una BMW nera che
guidava veloce, tanto che sembrava impazzita. Era l’auto di
Tom.
"Ti è piaciuto il viaggetto?" diceva il vampiro con le
treccine mentre apriva la portiera ad una ragazza.
Sue non disse niente. Le era piaciuto per una volta stare in una
macchina lussuosa come quella. Ma non era questa la cosa principale. Le
era piaciuto stare finalmente in macchina con un ragazzo. Non era mai
uscita così con qualcuno da…bè..molto
tempo. Ma non lo avrebbe mai detto. Ci andava di mezzo il suo orgoglio.
Si rivolse piuttosto alla cugina.
"Non ci posso credere, ti avevo appena detto di stare attenta e tu che
fai? Vai dritta nelle braccia dei vampiri?"
Era furiosa.
"Non è come pensi…" rispose debolmente la ragazza.
"Calmati Sue, stava soltanto camminando, non potevamo mai pensare che
sarebbe stata aggredita…" si intromise Bill.
"Zitto, sporco vampiro, non stavo mica parlando con te" disse Sue.
Bill non rispose. Gli era stato insegnato di trattare sempre
gentilmente una ragazza anche se questa fosse stata un demone.
"Non chiamarlo così, lui non ti ha fatto niente."
replicò Christina per difendere il suo
“nuovo” ragazzo.
"Invece si, mi fa qualcosa solo con la sua presenza, dovrebbe essere
polvere"
"Non ti azzardare a dire cose del genere. Lui non è cattivo"
"Già perché uccidere le persone è un
puro atto di bontà"
"Tu non gli farai del male"
" Ti sei schierata dalla sua parte?"
"Da quando sei diventata così ingiusta? Pensavo che tu fossi
dalla parte dei buoni."
"Lo pensavo anche io, invece ti ritrovo dalla parte degli assassin"
"Notevole questo vostro dibattito, e anche piacevole dire, ma se mi
ricordo bene, tu avevi fatto un patto, no Sue cara? E poi, abbiamo cose
più importanti da fare." si intromise Tom con nonchalance.
Le due ragazze smisero di litigare ma si guardarono in cagnesco. Non
era finita lì.
"Allora facciamo presto, di che cosa si tratta? E non chiamarmi Sue
cara"
"Bene, questa è la parte migliore. Non lo sappiamo, cara
Sue. Così va meglio?"
La ragazza lo guardò di sottecchi.
"Benissimo, quindi io avrei stretto un patto con voi, sarei venuta fino
a qui quando poteva essere benissimo una trappola per niente.."
"Per niente proprio no"
"C’è stato qualcosa" disse Bill. "Una cosa molto
forte, abbiamo avvertito il suo potere, come se ci stesse spiando. Non
è un vampiro, credo che sia qualcosa di simile a un demone
ma non ne ho la certezza. So solo che non ha fatto la prima mossa e che
ci ha evitati. Questo vuol dire che non vuole avere a che fare con noi.
E questo vuol dire…."
"Che ha qualcosa di pericoloso in mente" concluse Tom.
"Quindi è proprio il mio campo" disse Sue.
"Quindi cosa facciamo?" chiese Christina che fino a quel momento non
aveva proprio parlato.
"Ci sono delle persone, vampiri, che ne potrebbero sapere qualcosa,
dopotutto sono più vecchi di noi. Si riuniscono in una
specie di bar ma non parlerebbero mai. A meno che qualcuno non li
induca a parlare. E qui entra in gioco Sue." disse Tom.
"Ci aiuterai?" chiese Bill.
" Certo, sapete quanto mi piace torturare i vampiri"
"E tu, amore, cosa farai? È una cosa troppo pericolosa,
è meglio per te restare qui. Almeno saprò che
sarai al sicuro" disse Bill.
"No, io ti seguirò sempre, qualunque cosa farai e in
qualunque posto andrai. Io ti amo" rispose Christina.
"Ti amo anche io" disse il vampiro e la baciò sulla fronte.
"Patetico"commentò Tom.
"Concordo in pieno" disse Sue.
"Ok, il tempo è scaduto. Andiamo, possiamo prendere la mia
macchina. Avete fatto i bagagli?"
"Ma dove andiamo?"chiese Sue.
"A Los Angeles!"
"Los Angeles!" urlarono le due ragazze con gli occhi sgranati.
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Capitolo 20 *** Forgotten children ***
Bill guardava fuori dalla finestra. Era una bella serata. Il
sole se n’era andato da molto tempo e lui era rimasto
là. Non voleva uscire. Aveva visto l’alba con
altri occhi, non più quelli di un ragazzo ventenne ma quelli
di qualcun altro, non un uomo, semplicemente qualcun altro,
perché nessuno, neanche un saggio o un filosofo avrebbe mai
potuto vedere quello che aveva visto lui. Aveva visto il sole che
emanava luce e calore come piccoli lampi fulminei di colore rosso e
arancione. Aveva visto un’aurea di un colore indefinito, tra
il giallo e l’arancione, oppure di entrambi i colori ma
nessuno avrebbe mai potuto capire dove finiva un colore e dove ne
iniziava un altro. Ma lui non era nessuno. Si aggrappava forte al legno
del davanzale della sua finestra. Una bella finestra rinascimentale,
ornata con motivi di fiori sulle tende e finemente intagliata nel
legno. Si adattava perfettamente a tutte le altre parti della sua
stanza. E la sua stanza si adattava perfettamente a ogni altra stanza
che avrebbe potuto avere un nobile rinascimentale, proprio come lui.
Non sapeva cosa fare. Si sentiva strano, molto strano, forse triste.
Quella non era più la sua casa. Nessuno era voluto rimanere
in quella casa dopo che lui e suo fratello erano accidentalmente morti,
uccisi durante un litigio di cui nessuno aveva notizie. Così
avevano detto al suo funerale e a quello di suo fratello. Bill
l’aveva visto, aveva notato ogni cosa. Aveva quasi pianto
quando avevano sepolto la sua bara. Dentro c’era solo cenere.
I suoi parenti avevano visto il suo corpo ma poi lui si era svegliato
durante la notte e c’era stato uno strano incidente nella
cappella dove tenevano il corpo. Un incendio. E, naturalmente, quello
che rimaneva era solo cenere. Tom aveva organizzato tutto nei minimi
dettagli. Bill si sentiva un po’ in colpa perché
Tom aveva dovuto inscenare non solo il funerale di suo fratello ma
anche il proprio e questo significava doppio dolore, doppio strazio. Ma
a Tom sembrava non importare. Ormai Tom non era più Tom.
Chissà se qualcuno aveva preso il suo posto occupando il suo
corpo o se il vero Tom era troppo spaventato e preferiva rimanere in un
piccolo angolo della mente di quel nuovo individuo. Forse era la
seconda ipotesi ma Bill non lo avrebbe mai testato. Non voleva rimanere
là. Ormai, mentre lui si perdeva nei suoi pensieri, era
scesa la notte.
"Cosa ci fai qui?"
Improvvisamente entrò un giovane. Era bello, molto bello e
somigliava tantissimo a Bill, l’unica cosa in cui differivano
era l’acconciatura. Il secondo ragazzo aveva lunghe treccine
nere, mentre il primo aveva deciso di lasciare i suoi capelli sciolti e
non li avrebbe più legati. Gli ricordava troppo i vecchi
tempi, quando lui era in vita e quando doveva farlo per forza
perché era quella la moda del tempo.
"Secondo te? Ti ricordo che è anche casa mia" disse Bill.
"Intendevo che ci fai tutto solo a guardare una vecchia finestra? Il
mondo è nostro. Ora è notte e gli unici che
escono sono quelli che ci cercano, anche se molti non sono coscienti di
questo"
"Dici davvero?"
"Certo, tutti sanno che uscire a quest’ora è
pericoloso e ti dico di più: è nostro dovere
accontentarli."
"Già, tu comincia ad andare. Io vengo tra poco"
"Se è proprio questo che vuoi"
"Ti voglio bene fratellino"
"Siamo sdolcinati, eh? Una buona dose di sangue fresco appena tirato
fuori da una giovane fanciulla ti servirà. Vieni?"
"Si, ancora due minuti"
"Ti aspetto"
"So che non lo farai"
"Tu mi conosci troppo bene"
Bill avrebbe voluto dire qualcosa ma ormai suo fratello era
già sparito. E poi cosa gli avrebbe detto?
Non sarebbe andato a caccia quella notte e, anche se sapeva che ormai
non poteva più sfuggire a quella condizione, non poteva
rimanere. Sarebbe impazzito lì, proprio come Tom. Forse
avrebbe fatto bene anche a lui. Uscì dalla porta e si
fermò ad osservare quella stanza che un tempo era stata sua.
Quasi gli venne in mente di dire “addio” ma i
mobili, i muri, niente là poteva sentirlo e
l’unica persona a cui voleva veramente dirlo non
l’avrebbe mai accettato. Si girò e se ne
andò. Stava dicendo addio a tutto quello che era stato fino
a quel momento. Il Bill che aveva dormito e mangiato là era
morto ormai.
Bill si svegliò. Si trovava sul sedile posteriore di una
macchina, una BMW nera tirata a lucido e vicino a lui c’erano
due ragazze, Sue e Christina. Bill guardò Christina, la luce
dell’alba faceva apparire il suo volto angelico, quasi come
se non esistesse davvero ma fosse solo un’apparizione divina.
Era solo un sogno. Si era addormentato e aveva sognato, come facevano
tutti. Ma quel sogno non era un semplice sogno. Era reale. Quelle cose
erano davvero accadute e Bill non le avrebbe mai dimenticate.
Guardò fuori. C’era l’alba e stava per
sorgere il sole. Quante cose aveva sentito sui vampiri…
Sapeva che bruciavano al sole, che non potevano entrare in chiesa o
stare vicino a delle croci. Bill non bruciava al sole e quasi neanche
lo sentiva sulla pelle, era entrato in chiesa più volte,
forse per chiedere perdono per la sua anima, se davvero ne aveva una.
E, cosa più importante, aveva una collana al collo, al quale
era appena una piccola croce. Non la teneva più come una
volta per proteggersi dagli spiriti cattivi ma la teneva
perché gli ricordava i vecchi tempi, quando lui era vivo.
"Buongiorno!" urlò Tom una volta entrato in macchina. Tutti
si svegliarono e Sue cominciò a mandare le prime
imprecazioni verso il ragazzo.
"Come siamo permalosi" disse il vampiro "ma mi sono fatto perdonare, ho
portato la colazione a tutti!"
Tom era evidentemente di buonumore. Aveva portato ciambelle e
cappuccino per le ragazze e un termos con sangue per i due vampiri. Sue
non voleva mangiare per principio ma aveva troppa fame per rinunciare a
quelle cose.
"Oggi ci aspetta una giornata piena" disse felice Tom.
"Dimmi che dobbiamo uccidere qualche vampiro così mi
rallegro un po’" disse Sue.
"No, ancora meglio, ho interrogato alcuni vampiri che conosco,
naturalmente li ho pagati e mi hanno detto che un qualcosa di quello
che cerchiamo, un libro per la precisione, si può trovare in
un determinato posto"
" E in questo libro si parla del demone che cerchiamo?" disse
Christina.
"Ti correggo, non sappiamo ancora se è un demone. Hanno
detto che potrebbero esserci delle informazioni ma non ne erano sicuri.
Appena lo troveremo, lo scopriremo"
"E dove sarebbe questo posto?" disse la ragazza.
"Fratellino?" urlò quasi Tom con un sorriso a 30 denti e due
canini affilati.
"Si?" rispose Bill.
"Si torna a casa finalmente" disse infine Tom mantenendo il suo
sfolgorante sorriso.
Edit: ho fatto l'immagine della fan fiction, la
potete trovare nella prima pagina, spero che vi piaccia!
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Capitolo 21 *** A place called home ***
Il quartetto arrivò in una città
assolata, con tanti negozi. Si
poteva vedere il mare. Una volta, quando erano piccoli, quando erano
ancora ragazzini, Bill e Tom si fermavano spesso sui loro grandi
balconi. Si sporgevano più che potevano, aggrappandosi alla
loro
ringhiera decorata di fiori di vario tipo per non cadere. Smettevano di
giocare, smettevano di parlare e di fare tutto. Guardavano
semplicemente il mare, con le diverse sfumature che prendeva quando
veniva colpito dal sole. Era azzurro di mattina, nero di notte e a
mezzogiorno o al tramonto era qualcosa di eccezionale. Non aveva un
colore preciso, poteva essere rossiccio al crepuscolo o bianco a
mezzogiorno, si potevano perfino scorgere dei luccichii, quasi come se
fosse fatto di diamanti. I due ragazzi, quasi bambini, stavano ore
intere ad ammirare il paesaggio, sperando un giorno di andarci, ma loro
erano nobili, dovevano dedicarsi all’arte e alla lettura, non
al più
semplice divertimento della gente comune. Erano altri tempi.
Il Bill
degli anni 2000 doveva capire fin dall’inizio dove stavano
andando, fin
da quando suo fratello aveva nominato Los Angeles. Forse una parte di
lui lo sapeva, ma non voleva accettarlo. Perfino una persona non umana
come Tom doveva avere un briciolo di nostalgia del passato o se non
questo, almeno una paura di ricordare, perché spesso i
brutti ricordi
fanno male e si preferisce far finta di niente piuttosto che reagire.
Ma Tom non era umano, e non era rimasto niente in un lui che si potesse
chiamare umanità, o almeno Bill si era appena accorto di
questo.
Sperava vivamente che suo fratello sarebbe tornato il buon vecchio Tom
che si commuoveva a guardare il mare, ma ormai il mare di mezzanotte
era dentro Tom e lo aveva inghiottito, tenendolo stretto in modo da non
farlo più uscire.
Era la loro casa. Quella che una volta era stata
la loro casa. I gemelli erano nati in Germania ma erano rimasti
là solo
per pochi anni. Si erano, poi, trasferiti lì a Los Angeles.
Non avevano
mai saputo il motivo del loro trasferimento, avevano sempre pensato a
motivi di lavoro e la loro tesi più realistica era che la
loro famiglia
non era tenuta in buona considerazione in Germania. In
realtà potevano
inventarsi tutte le teorie che volevano ma non sarebbero mai arrivati
alla realtà. Se ne accorgevano dal modo in cui i genitori li
guardavano
quando osavano fare qualche domanda, sembrava che fossero arrabbiati
con loro o forse era semplicemente compassione quella che emanavano i
loro occhi. Compassione perché non avrebbero mai saputo.
Compassione
perché non avrebbero mai sofferto. Ma anche paura, una paura
bestiale,
una paura irrazionale fuoriusciva dalle loro espressioni. Una paura
nascosta, ma pur sempre paura e quando i gemelli se ne accorgevano, non
osavano più rivolgere domande, forse per non far soffrire i
loro cari,
o forse perché il loro istinto sapeva che avrebbero sofferto
anche loro.
Erano
finalmente arrivati e Bill quasi non credeva che dopo tutto quel tempo
la loro vecchia casa fosse ancora lì in buone condizioni.
"Casa, dolce casa" mormorò Tom mentre Bill era ancora perso
nei suoi pensieri.
I
quattro ragazzi entrarono. Era proprio come era una volta. La prima
cosa che si poteva vedere era la lunga scala, che si trovava al centro
della sala e che ne occupava quasi la metà. Era massiccia ma
allo
stesso tempo raffinata ed era ornata con oro. La carta da parati aveva
un motivo floreale e gli stessi fiori erano composti da oro e da
argento che si combinavano e che sotto il sole creavano effetti
meravigliosi, indescrivibili. E poi…
Bill corse per le scale. Si
ricordava esattamente la via. Corridoio a sinistra, sempre dritto,
terza porta sulla sinistra. La sua camera. Quando entrò non
poté non
rimanere a bocca aperta. Era proprio lei, la sua stanza, con la sua
finestra, le sue tende, la sua carta da parati fatta d’oro ma
c’era
anche qualcosa di strano, qualcosa che non era suo ma non sapeva
esattamente cosa.
"Wow" improvvisamente entrò una ragazza con i
capelli scuri ma non troppo e ricci, ribelli, ma allo stesso tempo non
trasandati. Christina.
"Era la mia camera" disse Bill.
"Wow, è bellissima"
"No"
"No?"
"Era bellissima"
Christina
capì per un momento il dramma che stava prendendo spazio
dentro il
ragazzo. Non poteva comprendere, lei aveva ancora una casa e una vita,
ma poteva immaginare e forse anche capire.
"Mi dispiace" disse infine.
"Anche
a me, ma che ci vuoi fare? Tutti muoiono, io, te, non si può
scappare,
anzi è già una fortuna che io sia qui, anche se
non penso sia una
fortuna essere un mostro"
La ragazza prese il viso del ragazzo tra le mani e per un momento i due
si guardarono negli occhi.
"Non sei un mostro"
"Si, sono un assassino"
"Non lo sei"
"Ho ucciso"
"Non importa"
"Potrei uccidere anche te adesso"
"Non cambierei la mia opinione"
Bill
rimase a bocca aperta per la seconda volta da quando era entrato in
quella villa ma non durò per molto. I due si baciarono,
prima le loro
labbra si sfiorarono semplicemente, poi si toccarono, infine tutto si
trasformò in un bacio sempre più appassionato.
"Commovente, il vampiro e l’umana che stanno insieme e che si
amano e che si ameranno per sempre, oh come è romantico"
"Sue finiscila" rispose sprezzante Christina alla cugina.
"No, per caso ho rovinato qualcosa?"
"Si"
"Ragazze, dai non litigate, non ora" si intromise Bill
"Già,
a proposito mentre voi facevate i comodi vostri qui il tuo caro
fratello-polvere-che-parla ha trovato qualcosa che potrebbe
interessarvi"
"Smettila, loro non sono cattivi, lo sai che in questo momento tu lo
sei molto più di loro?"
"Certo,
sono cattiva, spregevole, ma il mio cuore batte e posso respirare e non
ho mai ucciso un innocente, né ho l’intenzione di
farlo"
Le due
ragazze si guardarono in cagnesco per un minuto intero se non di
più.
Christina, pur amando Bill, non poteva negare che il ragazzo aveva
ucciso tanti innocenti e che non aveva intenzione di smettere. Non
gliene importava. Lo amava lo stesso. Ma non poteva negarlo.
"Bene, andiamo a vedere cosa ha visto Tom" disse Bill. Non sembrava
offeso.
Una volta che Sue era scesa nell’atrio, Christina disse:"Non
le dici niente?"
"Cosa le devo dire? Ha ragione"
"Non riuscirò mai a capirti"
I due scesero e videro Tom con un libro in mano. Era il diario di suo
padre. Lessero poche cose ma quelle parole li colpirono.
Caro
diario,
5 gennaio 1593
Bill
e Tom giocano. Sembrano felici. Non sapranno mai per fortuna. Ci siamo
appena trasferiti sperando di averli abbandonati per sempre. Ci stavano
dando la caccia, a noi come a tutti gli altri. Non so ancora chi siano,
ho solo una vaga idea ma non è colpa di mia moglie, lei ha
fatto la
cosa giusta, ne sono sicuro. Ma qui non siamo al sicuro, per quanto
possiamo immaginare di esserlo e continuare le nostre vite, non saremo
mai al sicuro. Siamo segnati.Verrà a prenderci. Spero solo
che i miei
figli possano avere una vita felice, senza mai sapere quello che
abbiamo fatto.
Caro
diario,
20 aprile 1610
Li
ho visti. Ce ne dobbiamo andare subito. Sono passati tanti anni e
credevano di essere liberi. Pensavamo di essere scappati ma era solo
una vana illusione. È qui.
Le
due ragazze ne avevano abbastanza, vedevano la paura di
quell’uomo
stampata su quelle piccole pagine ormai ingiallite ma appena alzarono
gli occhi notarono l’espressione sconvolta dei due fratelli.
Stavano
entrambi guardando un giorno in particolare.
Caro
diario,
25 aprile 1610
Siamo
stati degli egoisti. Abbiamo pensato solo a noi stessi. Bill e Tom
dovevano saperlo. Ora è troppo tardi. Pensano che noi
abbiamo creduto
alla messa in scena che hanno fatto ma noi sappiamo cosa è
successo. Li
ha presi.
"Bill.." sussurrò Christina.
"Voi chi siete?"
Nel
salotto ora c’erano altre due persone, un uomo e una donna,
probabilmente sposati. Ecco perché la casa era
così ben curata, perché
era abitata. Bill ripensò alla stanza e al sogno che aveva
fatto in
macchina dove ricordava tutti i particolari della sua fuga. La
scrivania. Bill non aveva mai posseduto una scrivania perché
leggeva e
scriveva nella sua biblioteca personale. Invece nella sua stanza
c’era
una nuova scrivania in legno che si adattava perfettamente con
l’ambiente circostante, tanto che sembrava fosse originaria
del 1600.
"Andatevene subito via da casa nostra" disse l’uomo.
"Non
si preoccupi, siamo gli ex proprietari della casa, volevamo solo vedere
se avevamo lasciato qua una cosa, ce ne andiamo subito" rispose Bill.
"Ladri! Questa casa è disabitata dal 1600"
"Ha
ragione, noi non siamo gli ex proprietari" disse Tom alzando la testa
dal libro. Non aveva parlato prima. Non aveva fatto battute. Aveva
un’aria stranissima, stanca e arrabbiata. Furiosa.
Quello che
accadde dopo fu talmente improvviso che neanche Bill con i suoi sensi
più sviluppati riuscì a fermarlo. Tom
scattò come un fulmine e in un
secondo aveva già spezzato il collo alla donna. Poi si
avvicinò
all’uomo che di sicuro era spaventato e che stava per urlare
pur non
capendo la situazione e disse: "Perché noi siamo i
proprietari attuali"
E poi gli affondò i denti nel collo ma non lo uccise. Ad un
certo punto
si fermò e disse:" Fratellino, la cena è servita!"
Bill non voleva
farlo ma il sangue…era come se lo stesse chiamando. I suoi
piedi si
muovevano contro la sua volontà e sentiva che si avvicinava
sempre di
più e che dietro di lui Sue stava ringhiando e Christina
stava
sibilando. Ma Bill non era così forte. Si ritrovò
vicino all’uomo e gli
sussurrò:"Scusa"
Queste furono le ultime parole che lo sconosciuto poté
sentire.
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Capitolo 22 *** Umanità ***
Edit: Non ho scritto per molto tempo quindi
questa volta ho aggiunto due capitoli. Spero che vi piacciano!
Tom stava per addormentarsi. Avevano appena ucciso un uomo
ma a lui non importava. Poteva sentire le urla di Bill nella stanza
accanto. Poteva sentire i suoi pianti e poteva anche immaginarsi le sue
lacrime di sangue che scendevano sul suo viso. Non sapeva se ridere o
piangere. Non sapeva se ridere di lui o essere fiero che il fratello
avesse mantenuto la sua umanità. Mentre lui, era lui il vero
mostro. Era lui che aveva tentato il fratello. Era lui che aveva
ucciso. Ma non si stava facendo nessun esame di coscienza. Era quello
che voleva fare ed era quello che aveva fatto. Ed era quello che
avrebbe fatto in futuro. Era un assassino e non sarebbe cambiato. Mai.
Poteva sentire anche quella ragazza che solo pochi giorni fa era tra le
sue braccia mentre lui le stava prendendo il sangue. Diceva a Bill che
non era un mostro. Lo confortava.
“ Beato mio fratello che ha trovato una persona
così” pensò e per un momento la sua
mente disse anche un’altra cosa “ Anche io ne
vorrei una così” ma poi scacciò quel
pensiero dalla testa. Lui era il predatore. Lui era
l’assassino. Lui era il mostro. Lui era un solitario, non
voleva nessuno che gli facesse compagnia e nessuno che gli desse false
speranze. Sorrise a quel pensiero ma non sapeva bene il
perché. Si stese nel letto che una volta gli era appartenuto
e si coprì fin sopra il mento. Rise ancora. Stava dormendo
in un letto che era appartenuto a una persona che era morta e forse
quella persona era stata anche poggiata su quel letto quando era ancora
morta. Ma quella persona era lo stesso Tom. “Ho
vinto” pensò.” Ho sconfitto la morte,
non morirò mai, sarò invincibile per
sempre”.
La porta si spalancò improvvisamente.
"Come hai potuto?" disse Sue arrabbiata.
"Cosa?"
"Come cosa? Uccidere così degli innocenti"
"Mmm non lo so, avevo fame"
"Mostro"
Sue si avvicinò al suo letto e gli urlò in
faccia:"Mostro, assassino, imbecille"
Tom, con un gesto fulmineo, prese la ragazza e accostò la
sua faccia alla propria.
"Sai che ho fame anche ora" disse.
"Sai che potrei ucciderti?" replicò Sue.
"Sto aspettando" sussurrò Tom.
Ma non successe niente. Solo una ragazza che usciva dalla camera
sbattendo la porta. Tom continuò a ridere. Si stava
divertendo troppo quella sera. Ma dopotutto, lui era un vampiro, la sua
vita era solo puro divertimento. Si alzò la coperta fin
sotto al mento e alla fine si addormentò.
Tom stava camminando. Il loro concerto era appena finito e aveva detto
a Bill che sarebbe solo andato a prendere un drink e che poi sarebbe
tornato a casa. Era maggiorenne ma i suoi genitori si preoccupavano
ancora per lui, per non parlare di suo fratello. Ma Tom si sentiva
bene, soprattutto quella sera. Si sentiva felice. Dopotutto, lui era
sempre stato felice. Lui era un ragazzo solare e amante della vita, gli
piaceva ridere e scherzare, ma sapeva anche essere serio quando voleva.
In quel momento era semplicemente allegro. Il concerto gli aveva fatto
proprio bene.
"Mi scusi signore mi sono persa, può indicarmi la via per
Prince Avenue?"
Una ragazza girava per la strada. Era sola. Tom non poteva non aiutarla.
"Certo, giri a sinistra e vada sempre dritto. Signorina ma non le hanno
detto che girare per le strade di sera può essere
pericoloso. Venga, la posso accompagnare io"
Era una bella ragazza, alta e con lunghi capelli biondi acconciati in
una treccia riportata poi sulla testa a modo di chignon. Di certo era
anche lei una nobile o almeno una borghese.
"Possiamo andare prima di là, dovrei chiedere una cosa ad
una mia amica se è ancora sveglia" disse la ragazza.
"Ma certo, perché no?" disse Tom con quel suo sorriso
sincero sulla bocca.
Quel sorriso se ne andò soltanto quando la ragazza vide che
erano andati a finire in un vicolo buio e che la strada si interrompeva
proprio davanti a loro.
"Forse abbiamo sbagliato strada"
"Stai zitto!" esclamò la ragazza con rabbia facendo
spaventare Tom.
"Forse dovrei andare ora, di certo mi staranno aspettando"
"Resta un po’ con me"
"Mi dispiace ma non posso"
"Sciocchino, non hai scelta"
Tom cercò di scappare ma la ragazza in un secondo era
già davanti a lei e non voleva spostarsi. Era perfino
più forte di lui.
"Lasciami andare" urlò Tom.
"Non ci sarà dolore, non ci sarà sofferenza,
niente di niente, sarai felice per sempre"
Tom non capiva ma questa proposta lo aveva convinto. Non capiva
perché la gente intorno a lui fosse sempre così
triste e aveva una gran paura di fare la loro stessa fine. Non si mosse
anche se la ragazza si stava avvicinando sempre di più. Non
fece neanche un piccolo passo. Non disse una parola. Non aveva
più paura. Era uno di quei momenti in cui doveva essere
serio. Non poteva far domande, non voleva far domande, era curioso,
voleva solo andare a vedere come andare a finire e nel caso fosse
successo il peggio almeno poteva dire di aver vissuto una vita felice.
E poi sentì un dolore al collo. Un dolore lacerante, ma allo
stesso tempo piacevole. Gli diceva di rilassarsi, gli diceva che lui e
quella ragazza in quel momento erano una cosa sola. Stava capendo
attraverso il dolore quello che gli stava succedendo ma non aveva
paura, non più. Stava bene. E sarebbe stato bene per sempre.
Tom si svegliò di soprassalto. Poteva essere spavaldo quanto
voleva ma non poteva evitare di sognare quello che era successo. Era un
mostro ma non era insensibile. Non voleva mostrare questo lato di
sé ma questo non voleva dire che non fosse così.
Sentì un miagolio che proveniva da sotto il letto. Era un
gatto. Era bellissimo. Probabilmente era appartenuto ai proprietari
della casa ma nessuno lo aveva visto. Era spaventato, proprio come lo
era Tom. Era solo, proprio come Tom.
Il vampiro lo prese e lo accarezzò finchè il
gatto non fece le fusa. A quanto pare Tom gli era simpatico. Il gatto
si accucciò ai piedi del letto e allora Tom
sussurrò:"Puoi rimanere qua. Nessuno ti farà del
male. Sarà il nostro piccolo segreto". E, detto questo, il
ragazzo si riaddormentò.
Forse, dopotutto, c’era ancora speranza.
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Capitolo 23 *** Mistero ***
Edit: scusate l'intrusione ma vedo che le visite
e le recensioni sono nettamente diminuite e gli ultimi due capitoli non
hanno ricevuto neanche una recensione. Quindi, ora vi chiedo, vi piace
ancora la mia fan fiction?
Il risveglio non fu facile per nessuno, tranne per Tom che era il
più mattiniero del gruppo. Naturalmente non si era svegliato
per abitudine o per andare a lavorare, come qualunque persona, lui si
era alzato per andare a caccia. Erano più o meno le 7 del
mattino e Tom si era già alzato e stava scegliendo i vestiti
che si sarebbe messo. Quel giorno era indeciso tra una maglietta nera e
una bianca con un teschio nero gigantesco. Forse era meglio la nera,
almeno non si sarebbe distinto tra gli altri. Avrebbe fatto il solito
turista confuso che chiedeva indicazioni per un luogo, non avrebbe
capito bene e avrebbe chiesto a qualcuno di accompagnarlo. Il resto si
poteva immaginare. Era dispiaciuto, però, che Bill non
poteva venire con lui. Gli mancava suo fratello e sapeva che anche a
Bill mancava trascorrere delle giornate con il suo gemello. Ma Bill era
troppo buono, un po’ Tom lo invidiava ma poi si pentiva di
averlo fatto.
Din Don. Improvvisamente il campanello suonò.
"Vado io!" disse il vampiro ma sapeva che nessuno lo avrebbe ascoltato.
Erano tutti troppo impegnati a dormire.
Aveva scelto il completo adatto: maglia nera, jeans e scarpe da
ginnastica, sembrava proprio un ragazzo come tutti gli altri.
Tom aprì la porta.
"Buongiorno!"
"Buongiorno" rispose una donna. Portava un maglione leggero e una gonna
che arrivava fino al ginocchio. Aveva i capelli biondi raccolti in uno
chignon e gli occhiali che nascondevano un visino chiaro, ma non troppo
pallido e dei grandissimi occhi del colore del cielo.
"Lei è?" chiese Tom.
"Mi scusi, credo di aver sbagliato casa. Qui non abitano gli
O’Connel?"
"Certo" mentì Tom ricordandosi della coppia che aveva ucciso
il giorno prima. Decise che mentire era l’arma migliore.
"Bene! Potrei parlare con loro?"
"Mi dispiace ma non sono in casa. Ma può benissimo dire a
me, sono il loro figlio"
"Oh"
"Sembra dispiaciuta.." disse Tom mostrando il suo perfetto sorriso.
"No è che gli O’Connel non mi avevano mai detto di
avere un figlio, anzi sembravano molto tristi per il fatto che erano
sempre così soli"
"Si, questo è perché non vivo qui, mi sono
trasferito in Inghilterra per andare ad Harvard e torno solo per pochi
giorni all’anno"
"Oh, allora mi scusi"
"Non si preoccupi. Ma mi dica, come mai è qui?
Cioè, voglio dire, cosa doveva dire ai miei genitori?"
"Oh bè niente di importante"
"Su, entra, stavo giusto per preparare un bel caffè"
"Veramente dovrei andare"
"Su, non vorrà mica offendermi?"
"Va bene, ma solo per cinque minuti"
"Non se ne pentirà"
E così la povera donna senza nome entrò in casa.
Non sapeva di aver appena firmato la sua condanna a morte.
" Ma prego, si sieda" disse Tom porgendole una tazza di
caffè."Allora, cosa doveva dire ai miei genitori?"
"Niente di che, solo che fortunatamente ho trovato un acquirente."
"Un acquirente?"
"Si, per la casa. Non sapeva che era in vendita?"
"Veramente no. Sono tornato qui solo pochi giorni fa e probabilmente
non hanno ancora avuto l’occasione di spiegarmi tutto. Forse
non volevano rovinarmi il ritorno. Può dirmi lei?"
"Non c’è molto da dire. La casa è in
vendita"
"Questo l’avevo già capito ma perché
è in vendita"
"Guardi, si è fatto tardi io dovrei proprio andare e poi
sono cose che dovrebbero dirle i suoi genitori, sinceramente neanche io
ho capito molto bene la cosa"
"Su mi dica".
Allora Tom guardò la donna dritta negli occhi e la
ipnotizzò. La signora non aveva altra scelta che parlare.
"Erano spaventati…" cominciò.
"Spaventati da cosa?" disse Tom continuando ancora ad ipnotizzare la
ragazza.
"Dicevano di sentire suoni strani e che qualcuno li stava spiando.
Dicevano di avvertire strane presenze dentro la casa e.. poi hanno
fatto delle ricerche e hanno scoperto che due ragazzi sono morti qui.
Sembra assurdo ma pensano che i loro fantasmi li stiano perseguitando"
Tom quasi scoppiò a ridere. La coppia stava cercando di
scappare da Bill e Tom ed erano stati proprio i due ragazzi,
inconsapevolmente, a fargli del male. La cosa era stranamente,
macabramente…comica.
"Lei ci crede?" disse Tom. Questa volta non stava usando il controllo
della mente.
"Io non credo ai fantasmi, ma…."
"Ma?"
"Sono sicura che qui ci sia qualcosa. Magari non al livello di
soprannaturale. Magari ci sono solo persone che vogliono fare brutti
scherzi o si può trattare di un episodio di stalking ma qui
c’è di sicuro qualcosa di aver paura."
"Mmm o forse è solo la fantasia di due persone sole che
vivono in una casa così grande e vecchia. Di preciso, chi
è l’acquirente?"
"Un esperto di cose antiche. Era felicissimo che la casa era in
vendita. Dice di volerla trasformare in un museo ma io non sono
convinta che sia una buona idea"
"Perché?"
"Questa casa è così vecchia e piena di segreti.
Sono sicura che da qualche parte qui ci siano cose che la gente non
dovrebbe sapere"
Tom sorrise.
"Non ci faccia caso, forse è solo la mia fantasia" disse la
donna e, proprio come il ragazzo, rise.
"Vado a prendere dei pasticcini, torno subito"
Appena il ragazzo andò in cucina, la donna decise di
alzarsi, era passato fin troppo tempo e lei doveva andare, ma qualcosa
catturò la sua attenzione. Una macchia di sangue, troppo
grande per trattarsi di un semplice ed innocuo taglio, giaceva sul
bracciolo del divano. Prima non poteva vederla perché il
ragazzo la copriva ma ora era visibile. Aveva paura.
Tom tornò con un vassoio pieno di biscotti.
"Eccomi, vuole favorire?"
"No, mi dispiace devo andare"
Ma la donna commise due errori gravissimi. La sua voce tremava e il suo
sguardo era ancora fisso sulla macchia.
Tom si girò.
"Oh, no, pensavo che se ne fossero andate tutte. Devo comprare un
detersivo migliore"
"Mi scusi ma devo andare" disse la donna e si incamminò,
anzi quasi corse verso l’uscita.
In meno di due secondi Tom era davanti a lei.
"Mi dispiace ma lei non andrà proprio da nessuna
parte.Comunque grazie per il tempo che ha passato con me e per le
informazioni che mi ha dato"
La donna voleva urlare ma non ci riusciva perché il ragazzo
le bloccava la bocca con una mano. In meno di un secondo
capì. Sarebbe diventata anche lei una macchia di sangue sul
divano.
Due ore dopo Tom salì al piano di sopra e svegliò
i ragazzi.
"Svegliatevi, dormiglioni, la colazione è pronta"
Quando i ragazzi scesero, si trovarono uno spettacolo davanti a loro.
Il salone era tirato a lucido, la tv era accesa e impostata su un
canale di musica classica e al centro, tra i due divani,
c’era un tavolino. Sopra c’era tutto quello che si
potesse desiderare: latte, biscotti, toast, caffè,
tè e perfino dei fiori che ornavano la tavola.
E il tutto era poggiato su una tovaglia antica, di seta e con un ricamo
a fiori che riprendeva il motivo della carta da parati.
E da un lato c’erano due grandi bicchieri di sangue fresco.
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Capitolo 24 *** Nuovi incontri ***
Edit: Comincio col dire che questo capitolo era
molto più lungo ma l'ho diviso in due parti. A presto il
prossimo e spero che vi piaccia. Poi volevo augurare, anche se in
ritardo, buon anno a tutte le persone che stanno leggendo questa FF. E
grazie ancora!
Qualche ora più tardi i quattro ragazzi si trovavano fuori
di casa.
"Dove andiamo?" si lamentò Sue.
In quei giorni si erano scoperte molte cose sui ragazzi. Sue era la
più lamentosa del gruppo, e anche se amava fingersi dura
come una pietra, in realtà dentro di sé
c’erano molte paure che la ragazza non voleva svelare neanche
a se stessa. Tom era ancora peggio di Sue. In realtà neanche
lui era senza cuore così come voleva che gli altri
credessero ma lo mascherava, e anche molto bene. Una sola
volta Bill glielo aveva detto, gli aveva detto di aver visto per un
secondo il suo vecchio fratello. E Tom aveva praticamente fatto un
massacro. Forse era felice di essere considerato un mostro. Forse una
parte di lui pensava di esserlo davvero e che si meritasse di essere
trattato come…semplicemente come un mostro. Forse aveva
accettato di essere così e si era stancato di combattere.
Forse ancora non lo aveva accettato.
Bill era un vero e proprio mistero. A volte sembrava buono, sembrava
quasi una persona come le altre ma a volte era proprio come Tom, se non
ancora più cattivo di lui. A volte si ritrovava ad uccidere
persone innocenti e voleva dare la colpa a qualcuno. Voleva dire che
l’influenza del fratello gli aveva giocato un brutto scherzo
o addirittura si era sorpreso ad accusare Christina, perché
era sempre uno stress stare vicino a lei senza morderla. Ma in fondo,
la colpa era solo di Bill, e anche se gli dispiaceva uccidere, non
poteva negare di sentirsi bene con se stesso dopo aver bevuto. A volte
aveva dei sensi di colpa incredibili, altre volte era un vero e proprio
maniaco omicida ma non si mostrava mai così con la sua
ragazza. No, quelli erano segreti che avrebbe tenuto sempre e solo
dentro il suo freddo corpo.
Christina. Lei era la coraggiosa del gruppo. Non lo avrebbe mai ammesso
ma lo era. Tutti la trattavano come una pari ma sapevano che lei non
era come nessuno di loro. Sue era la cacciatrice e Bill e Tom erano due
vampiri ma Christina non era niente, era solo una povera ragazza che un
giorno andava a scuola e viveva una vita normale e il giorno dopo era
andata via di casa e aveva scoperto un nuovo mondo che poteva
distruggerla in meno di due secondi. Ma a lei non importava. O almeno
sembrava non importarsene. Purché ci fosse Bill insieme a
lei perché, si, la ragazza credeva nel vero amore e sapeva
che nessun sacrificio poteva essere troppo grande se ci fosse stato il
suo ragazzo con lei. Ma tutti sapevano che era come una bomba: si
mostrava allegra e…normale, ma da un momento
all’altro poteva scoppiare.
" Ma tu non mi senti mai quando parlo? Stiamo andando al bar"
disse Tom sprezzante.
"Quale bar?" ribattè la ragazza.
"Ma tu non mi ascolti mai quando parlo? Quando siamo venuti ti ho
chiaramente detto che saremmo andati ad un bar a cercare informazioni"
"Credevo stessi scherzando"
"Bè, evidentemente no"
Tom era arrabbiato. Pessimo presagio.
"E cosa dovremmo trovare là?"
"Ah lo scoprirai" rispose Tom con il suo solito ghigno.
Tom era arrabbiato. Tom rideva. Questo era molto, molto peggio. Tom
sapeva qualcosa, e per farlo diventare così vulnerabile non
era niente di buono.
Capirono già da subito che il bar di cui parlava il vampiro
non era un bar normale. Non per comuni mortali almeno. Era un bar
frequentato da soli vampiri e creature immortali, si potevano vedere
individui con code e corna. Ma se si tralasciava questo il bar era
completamente normale. C’era il barista, c’erano i
drink, c’erano le sedie, anzi chi aveva provveduto
all’arredo aveva avuto stile.
Peccato che, avvicinandosi, si vedeva chiaramente che le pareti erano
tinte di rosso, ma quel rosso era troppo scuro e perfetto per essere
solo vernice.
Sangue.
Christina tremò.
Solo allora Bill decise di parlare.
"Ma che cosa stai cercando di fare?"
"Secondo te?" rispose il fratello.
"Non lo so ma evidentemente neanche tu ne hai idea. Prima ci fai fare
un viaggio di ore intere fino a Los Angeles senza motivo, poi
ritorni nella nostra vecchia casa e ora in questo posto. Se volevi
semplicemente compagnia potevi anche portarti uno di questi tizi con te"
Due vampiri arrabbiati. La giornata si stava mettendo proprio male.
"Ma ti vuoi stare un po’ zitto! Ecco il tuo problema, ti
credi sempre meglio degli altri, tu sai tutto, tu hai sempre ragione,
non credi che a volte tra sei miliardi di persone tu possa anche non
conoscere tutto su tutti" disse Tom.
"Non quando ci sei mezzo tu. O ti devo ricordare che se avessi seguito
il mio istinto quel giorno sarei ancora vivo ora?"
"Ah allora è questo. Tu vuoi punirmi perché tanto
tempo fa io ti ho ucciso."
"Non è questo, so che hai commesso un errore, capita, sto
solo dicendo che…"
"Ferma un secondo. Errore, credi davvero che io ti abbia trasformato
per errore?"
"Ma non mi dire che l’hai fatto apposta. Non ci posso credere"
"Volevo che stessimo insieme"
"Oh certo, grazie fratellino, che bella idea è stata
uccidermi"
"Per quanto ancora andranno avanti così" sussurrò
Christina.
"Ah non lo so, dopo di te" rispose Sue.
"Certo"
E le due ragazze entrarono nel bar mentre i due vampiri stavano ancora
litigando.
"Due birre per me e per la mia amica" disse Sue al barista.
"I mortali non possono entrare qui. Io se fossi in voi scapperei
urlando"
"Oh davvero. E chi ti dice che noi siamo mortali"
Sue si alzò e prese il barista talmente forte che
quest’ultimo precipitò dall’altra parte
della sala.
"La cacciatrice" sussurrò un demone.
"In carne ed ossa" rispose Sue.
Stava per cominciare una guerra in quel locale, da una parte una
ragazza che rideva e dall’altra un gruppo di persone alte
almeno due metri e con la faccia sfigurata. E anche loro ridevano.
Christina pensò che forse Sue si divertiva a cercare sempre
lo scontro con tutto.
"Fermi" urlò Tom." Lei è con noi"
"Tu stai con la cacciatrice?" disse il demone che aveva parlato prima.
"Problemi?" sussurrò Tom non appena si avvicinò
all’uomo.
Il demone era molto più alto di lui e molto più
forte di lui sicuramente ma Tom non era spaventato e neanche Bill ma
neanche loro capivano il perché. Tanti mostri erano contro
di loro, più forti, forse pure più vecchi di loro
e tutti volevano ucciderli ma i due vampiri si sentivano forti,
sapevano che con un solo tocco della mano avrebbero posto fine a quella
lotta e l’unica cosa che sarebbe rimasta in quel bar sarebbe
stata polvere.
Ma non la loro.
"Ora voi ci direte delle cose"
"Cosa?"rispose il demone.
"Cominciateci a dire cosa è successo qui nel 1500"
"Non possiamo"
"E perché?"
"Credete di essere forti, credete di essere coraggiosi. Illusi.
Lì fuori ci sono cose che neanche potete immaginarvi e io so
che mi ucciderete, forse ci ucciderete tutti ma preferiamo morire per
mano vostra piuttosto che piegarci a quello"
"Quello cosa?"
Il demone stava per parlare quando improvvisamente una freccia lo
colpì in pieno petto e si trasformò in polvere.
Tutti rimasero a bocca aperta.
Persino Tom, in cuor suo, cominciò a provare paura.
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Capitolo 25 *** Profezia(nuovi incontri parte due) ***
"Ma che cosa è stato?" urlò Bill.
Lui non aveva paura, o almeno non lo dava a vedere. Era sempre stato
più coraggioso del fratello, a volte anche troppo e di
sicuro era spavaldo e sicuro di sé, o almeno tutti pensavano
che lo fosse ma nessuno sapeva come era quel ragazzo dentro
perché non si apriva mai con nessuno. Non lo aveva fatto
neanche con suo fratello. Non lo aveva fatto con le sue ex e non
l’aveva fatto neanche con l’amore della sua vita.
Si chiamava Stacy, un nome piuttosto semplice e monotono, come aveva
sempre pensato ma quella ragazza non era niente di tutto
ciò. Era solare, era piena di vita, amava divertirsi e
ridere, aveva un sorriso bellissimo. Un giorno era scomparsa. Lui aveva
detto al fratello che la ragazza le aveva lasciato un biglietto con su
scritto “ Addio” ma non si era mai saputo niente di
lei. Bill non aveva mai più visto la ragazza, per lui poteva
essere scappata,morta o anche peggio ma lui non l’aveva mai
più rivista. Mai. Neanche da vampiro. Mai. E ci era stato
molto male, finchè non aveva conosciuto Christina,
l’unica che era riuscita a ridargli la speranza e la gioia
che credeva di aver perso molto tempo fa. O meglio, che aveva rinchiuso
nella parte più nascosta del suo cuore con un doppio
lucchetto e che non riusciva a far venire fuori.
Ma questa è un’altra storia.
Bill parlò per primo e naturalmente esigeva una risposta, ma
la risposta non arrivava. Probabilmente tutti avevano paura di fare la
stessa fine del demone.
"Su, cosa è stato?" urlò Bill. Ogni parola
corrispondeva ad un suono diverso, un ringhio diverso, sempre
più forte. Metteva quasi paura. Anzi, quasi non era la
parola adatta perché alcuni vampiri nel locale si erano
irrigiditi. Avevano paura di lui. Anche se loro erano più
forti e avrebbero potuto schiacciarlo in meno di un istante.
Strano.
"Davvero non lo sai?" disse un tizio.
Era di sicuro un vampiro, ma uno dei peggiori se si giudicava
l’aspetto. Aveva la faccia quasi deformata e due lunghi denti
che gli uscivano dalla bocca e gli ricadevano sulle labbra. I suoi
occhi erano gialli, ma si potevano vedere solo se eri a due centimetri
da lui, perché da lontano sembravano solo due piccole
palline scure, quasi delle fessure, in una faccia dove i muscoli
superavano di gran lunga la pelle. Sembrava strafottente, quasi se le
cose intorno a lui non lo interessassero, neanche la morte, e neanche
la sua.
Era vestito interamente di pelle e puzzava. Puzzava di conceria e di
tintoria. Non ci voleva un grande genio per capire che aveva fatto da
solo i suoi vestiti, e a giudicare dal tipo di pelle raffinato era
probabilmente pelle umana. Al collo aveva una collana fatta di denti,
umani anche quelli.
"Cosa dovrei sapere?" rispose Bill.
"Che lei vi verrà a prendere, uno a uno. A lei non importa
se siete umani o vampiri. No. Lei e l’esercito che si
è formata non avranno pietà di nessuno. Giacciono
nell’ombra e ogni tanto escono a cercare una nuova vittima,
ma non una semplice, gli piace il gioco, l’azione. E voi
glielo avete appena dato. E non vi lascerà mai andare"
"Chi?" disse Bill in un sussurro.
"Non so il nome. Non so neanche come è fatta. So solo che le
persone qui hanno paura anche di pronunciare il suo nome
perché lei è dovunque, lei ti guarda, anche
quando meno te lo aspetti, lei ti osserva e quando trova il momento
più adatto…lo hai visto anche tu che succede"
"Lei è un demone, quindi?"
"Demone, vampiro, mostro, lei ha molti nomi, girano tante leggende ma
nessuno sa che cosa lei è il realtà e quei pochi
che lo sanno sono diventati polvere"
"E tu non hai paura di fare quella fine?"
Lo sconosciuto rise.
"Sono già morto tempo fa, non ho più nulla da
perdere"
Il vampiro si girò, un ghigno era stampato sulla sua faccia.
"Come facciamo a sconfiggerla?"
Bill fece questa e molte altre domande ma il vampiro non rispose
più, prese una sigaretta e cominciò a fumare,
noncurante di tutto e di tutti. Bill aveva anche pensato alle minacce
di morte e sapeva che a Sue sarebbe piaciuta l’idea ma non
avrebbe funzionato. Niente avrebbe funzionato.
"Andiamocene" disse infine Tom che sembrava aver recuperato un
po’ della sua spavalderia.
I quattro ragazzi si incamminarono. I due vampiri erano molto, molto
arrabbiati. Le due ragazze non sapevano se piangere dallo sconforto o
dallo stress di tutta quella situazione insensata.
Stavano quasi per varcare la soglia quando il vampiro dal nome
sconosciuto parlò di nuovo.
"Vedo che qui non sono l’unico a voler morire"
"Cosa dici?" gridò quasi Bill.
"So che non sembra ma ormai l’alba è passata, non
potete uscire, non voi due almeno se non volete diventare due spiedini
arrosto"
"Ma cosa stai dicendo?"
"Ma quanti anni avete? Uno? Due? Il sole vi brucerà,
così come brucia ogni vampiro che osa sfiorare i suoi raggi"
"Per tua informazione noi abbiamo 500 anni e il sole non ci ha mai
fatto niente"
Lo sconosciuto sbiancò.
Tutte le persone del bar sbiancarono, per quanto fosse possibili.
I mostri più sadici e crudeli sbiancarono.
"Voi……"
"Noi" rispose Tom impazientemente.
"Voi siete i prescelti"
"Quali prescelti?"
"Non conoscete l’antica profezia?"
"No"
"Come no? È una delle leggende più importanti
presso la nostra specie. Tanto tempo fa, antichi monaci videro che il
male aveva riempito le strade e tutti i paesi, anche gli angoli
più remoti erano pieni di paura e sconforto. Ed eravamo noi
a provocarla. E avevamo fatto in modo che il male che noi portavamo
dentro raggiungesse tutti gli uomini e li contagiasse. Allora i monaci
hanno predetto che un giorno sarebbero arrivati due fratelli e che
sarebbero stati tanto vicino al male più profondo da portare
con loro qualcosa di buono, qualcosa che li rendesse diversi dagli
altri. E quel qualcosa era la vita. Avrebbero potuto avere una vita
come e insieme alle persone normali, pur essendo i peggiori e i
più pericolosi tra tutti i loro simili e…"
"E…."
"Loro saranno creati con il solo e unico scopo di distruggere per
sempre il male"
"Non siamo noi" rispose con sicurezza Tom.
"Si, che lo siete"
"No" disse il ragazzo con rabbia e uscì dal bar. Il sole non
gli fece nulla.
Bill si avvicinò e disse:"E cosa succederà se non
lo facciamo?"
"Non credo abbiate molta scelta"
Dopo questa sconvolgente rivelazione, i quattro ragazzi uscirono dal
bar ancora più amareggiati di prima. Era evidente che non ci
credevano. Se la storia gli aveva insegnato qualcosa era che la
realtà era del tutto diversa da quella che le persone comuni
potevano immaginarsi, che fossero monaci o ragazzi di tutti i giorni.
Non potevano sapere, non ne avevano il potere.
Non era possibile.
O no?
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Capitolo 26 *** Pain of Love ***
Tom era stranamente agitato. Era come se cercasse di
ricordare qualcosa, e quel qualcosa era proprio sulla punta della sua
lingua, ma non riusciva a ricordare. Si diceva che non era niente, che
forse aveva solo bisogno di una bella bevuta ma in realtà
quel pensiero lo tormentava. Quei giorni erano stati terribili: dopo la
visita al bar tutti erano usciti pieni di domande, domande a cui
nessuno sapeva dare una riposta. La tensione era palpabile, nessuno
voleva essere in quella situazione, tutti, soprattutto Christina,
volevano tornare a casa e fingere che non fosse accaduto niente. Ma
sapevano che ormai non potevano più. Sapevano che a Scream
Land erano stati dati per dispersi e che probabilmente intere squadre
di persone facevano spedizioni nel bosco per cercarli. O forse no,
forse tutti si erano dimenticati di loro, forse pensavano che si
trattasse di uno stupido scherzo e che i ragazzi sarebbero tornati
presti. Forse in cuor loro, alcuni sapevano quello che era accaduto in
realtà ma non volevano accettarlo. La verità
è che Scream Land era sempre stata famosa per le sue
situazioni complicate. Le persone sparivano ancora prima che i fratelli
Kaulitz decidessero di andare ad abitare lì. Forse per
questo quando avevano fondato la città, le avevano dato un
nome così orribile. Ma le due ragazze volevano tornare in
quella città, avrebbero dato tutto per riabbracciare i loro
cari. A Bill Scream Land mancava, è vero, non era mai stata
la sua città, né mai lo sarebbe stata ma
lì aveva trovato l’amore e lì aveva
deciso tempo fa di sistemarsi. Credeva di aver trovato la
felicità. Per Tom tutto era diverso, era lui che li aveva
portati fino a Los Angeles, lui era il criminale,
l’assassino, quello che non se ne importava di niente e
nessuno. Quello che non aveva patria. E di certo l’unico che
non sarebbe mai voluto tornare in quel piccolo paesino di provincia
dove nessuno avrebbe mai conosciuto la sua fama. Ma tutti sapevano che,
volendo o non volendo, nessuno poteva tornare a casa e di certo nessuno
sarebbe mai tornato. Si erano messi in qualcosa che era più
grande di loro, qualcosa da cui non potevano scappare. Non si sarebbero
salvati a Scream Land e la situazione non sarebbe stata la stessa
neanche a Los Angeles. Che illusi che erano stati a credere di poterlo
sconfiggere. Ora l’unica domanda era se la morte sarebbe
venuta presto o se avrebbero dovuto aspettare ancora molto.
Ma c’erano anche i lati positivi. Bill e Christina si erano
avvicinati sempre di più e ormai non si sarebbero
più lasciati. Di certo Bill voleva sposare la ragazza, ormai
era pronto, e sapeva che anche lei lo era ma non sapeva se avrebbe
avuto l’occasione di farlo.
Erano giorni di angoscia.
Erano giorni di crisi.
Ma Tom preferiva concentrarsi su altro. Pensava che doveva ricordare
qualcosa e si concentrava su quello. Sembrava che ci fossero solo lui e
i suoi pensieri. Il resto non contava.
Era stata una giornata pesante, come sempre da un po’ di
tempo e Tom decise che dormire gli avrebbe solo giovato. I vampiri non
hanno bisogno di dormire ma a Tom questo non importava, voleva solo
rimanere da solo. Pensava forse che se non si fosse mostrato agli
altri, nessuno avrebbe percepito il suo dolore. Tom era un duro, ma
aveva paura della morte proprio come ogni altra persona.
Così quella sera Tom si addormentò nel suo letto
insieme a quel gatto che una volta era appartenuto ad altri, ma che ora
era diventato il suo compagno, l’unico essere a cui il
ragazzo confidava i suoi più improbabili segreti.
L’unico che lo poteva capire. L’unico che
testimoniasse l’umanità del vampiro.
Tom sognò.
Era ancora in quel bar ed era successo tutto come nella
realtà ma all’improvviso, mentre il vampiro
sconosciuto stava spiegando a Bill della profezia, Tom se ne andava.
Usciva dal locale e camminava verso una direzione precisa. Passava per
una strada illuminata e ad un certo punto le luci si spegnevano e
cambiava l’ambiente intorno a lui. Non si trovava
più nella Los Angeles del 2000 ma in un cittadina del 500.
Se ne accorgeva dal fatto che le strade erano formate da pietre e non
più lastricate, non c’erano macchine e anche il
cielo sembrava diverso, più pulito. Ma non poteva essere
possibile. Tom camminava ma era come se qualcuno gli stesse facendo un
incantesimo. In realtà lui non voleva camminare, era
spaventato e sapeva di aver provato quella paura solo in poche
occasioni e tutte le volte nella sua vita da umano. Voleva fermarsi.
Sapeva che doveva fermarsi. Ma non ci riusciva. Si accorse che stava
seguendo una figura, ma non riusciva a vederla, sapeva solo che se
fosse stato costretto ad associarle un colore sarebbe stato il nero.
Altro non sapeva. E poi svoltò l’angolo e
arrivò in un vicolo buio. Un vicolo troppo familiare.
Cercò di urlare ma non ci riuscì. Sembrava che
qualcuno glielo impedisse. E poi la figura si girò.
E Tom si svegliò. Non era riuscito a vedere quella persona,
né riusciva ad immaginare chi era, né riusciva a
capire cosa era successo nel sogno. Era tutto così confuso.
All’improvviso notò una figura nel buio.
"Fermati!!" gridò il ragazzo.
Sue era diventata quasi pazza. Non riusciva a sopportare tutta quella
situazione, non riusciva ad accettare che sarebbe morta. Non lei. Non
la cacciatrice. Aveva sempre fronteggiato pericoli di questo genere,
vampiri, demoni, ma ora aveva paura come non mai. Qua non si trattava
di un demone qualunque. Si trattava di qualcosa capace di generare
un’ apocalisse e quella cosa ce l’aveva con loro. E
quella cosa era più forte dei gemelli. E Christina non era
riuscita neanche ad uccidere Tom.
“Sono una fallita” mormorava spesso la ragazza tra
sé e sé ma sapeva benissimo che poteva anche
urlarlo, nessuno l’avrebbe mai sentita. Christina se
n’era andata. Ormai stava sempre e solo con Bill e aveva
lasciato Sue da sola. Non si degnava neanche di dormire nella sua
stessa stanza se sapeva che Bill era solo. E Sue odiava essere da sola,
le ricordava quando aveva lasciato tutti i suoi amici e il suo ragazzo.
Era stato orribile e non voleva ripeterlo. Ma sua cugina non riusciva a
capirlo e lei non glielo avrebbe mai detto ad alta voce. Lei era la
cacciatrice. Lei doveva essere forte. Ma lei non era forte. Lei aveva
sempre avuto paura di tutto. In quei giorni si ritrovava spesso a
parlare da sola e si diceva che non le faceva bene, forse era davvero
diventata pazza, ma non ne poteva fare a meno. Doveva sfogarsi con
qualcuno e poteva farlo solo con se stessa.
A meno che…
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Capitolo 27 *** Love is a game for everyone ***
Subito si ritrovò fuori dal suo letto.
All’inizio aveva pensato di uscire e di andare ad uccidere
qualcuno, magari qualche vampiro, magari quello che aveva visto nel bar
che non le era piaciuto per niente. Ma poi un altro pensiero si
ritrovò nella sua mente, un pensiero più forte di
quello di prima, un pensiero che sapeva di non poter sconfiggere.
Si ritrovò nel corridoio.
“Sono una stupida” gridava nella sua mente.
Prese un paletto di legno dalla sua borsa. Forse era meglio andare a
caccia. Ci pensò sul serio ma i piedi non volevano muoversi.
Decise lo stesso di tenere il paletto nel caso avesse cambiato idea.
Perché sicuramente avrebbe cambiato idea.
Ancora pochi passi.
“Sono una stupida” urlò con tutta la
forza che aveva nella sua mente ma non riuscì lo stesso a
non muovere i piedi.
Arrivata.
Davanti a lei c’era una porta e sapeva che dietro quella
porta c’era sicuramente una camera da letto. Non voleva
entrare. Chissà cosa c’era dentro.
Chissà cosa sarebbe accaduto se l’avesse scoperta.
Chissà che ci faceva lei là.
“Forse è chiusa a chiave”
pensò, sperandoci davvero per un momento mentre il suo cuore
batteva all’impazzata ma quando vide che la porta si apriva
facilmente pensò che era davvero diventata pazza e che in un
secondo sarebbe corsa verso la sua camera.
Ma non lo fece.
Entrò.
Cercò di guardare le pareti e di non concentrarsi su quel
grande letto che era davanti a lei, proprio al centro della stanza, ma
non ce la faceva. I suoi occhi, come le sue gambe, non ubbidivano.
La prima cosa che vide fu un gatto e quasi rise perché si
chiedeva che ci facesse un gatto sul letto di un maniaco omicida.
Chissà forse si era sbagliata. O forse lui semplicemente non
lo sapeva.
Tom era immerso nel mondo dei sogni, o meglio degli incubi,
perché si muoveva e sembrava evidentemente turbato, come se
stesse cercando di scappare da qualcosa. Sue provò per un
attimo l’impulso di svegliarlo e di rassicurarlo dicendo che
era stato solo un brutto sogno, proprio come si fa con i bambini, ma
sapeva che non poteva farlo. Tom non era un bambino e lei non doveva
neanche trovarsi lì. All’inizio cercò
una sedia dove poteva sedersi. Non aveva voglia di dormire, non quella
sera, voleva soltanto trovarsi insieme a qualcuno quella notte. Non
voleva stare da sola. Chissà perché non era
andata da Bill e da Christina. Forse non li voleva disturbare ma allora
perché non le importava di disturbare Tom. Non
trovò sedie allora una lampadina le si accese nel cervello e
lei quasi si mise a ridere per la gioia. Poi se ne pentì
subito pensando che era davvero diventata pazza. Il letto di Tom non
era piccolo, anzi poteva contenere benissimo due persone. Sue non ci
pensò due volte e si infilò nel letto del ragazzo.
Era freddo, ma era normale, Tom non poteva riscaldare. Da quella
posizione vedeva tutti i suoi movimenti, anche se si trovavano nel buio
più scuro. Sembrava che la sua bocca stesse parlando, anche
se sapeva che quelle parole non erano dirette a lei.
“È davvero bello” pensò per
un secondo e subito dopo quasi non si prese a schiaffi da sola. Era
logico che Tom fosse bello, tutti i vampiri erano bellissima e
così trovavano le loro vittime e le ammaliavano fino a
ridurle ad un corpo vuoto. Ma Sue era la cacciatrice, e anche nei
momenti duri come quello non doveva cedere perché sapeva
benissimo che avrebbe fatto la stessa fine di tutte le altre persone.
Stette ferma a guardare il ragazzo per almeno mezz’ora
pensando che forse non era cattivo come sembrava e che forse avrebbe
anche potuto risparmiarlo quando tutto quello sarebbe finito. Se
sarebbe finito. Ma poi si pentiva subito dopo di aver pensato a quelle
cose. Si ripeteva che lei non doveva cedere, ormai era diventato un
ritornello.
Ma ad un certo punto Tom si mosse. Non era un movimento come gli altri.
Si vedeva che era cosciente.
Si stava svegliando.
Sue scappò quasi dal letto cercando di raggiungere la sua
camera.
"Ferma".
Tom notò una figura nel buio ma non era quella del suo
sogno. Questa era più dolce e soave. Non era cattiva. La
riconobbe.
"Sue che ci fai qui?"
La ragazza non fece in tempo ad uscire dalla stanza che il vampiro si
era già accorto di lei. Doveva aspettarselo, i vampiri
vedono meglio al buio degli umani. Molto meglio.
Poi si ricordò del paletto di legno che aveva tra le mani e
seppe subito cosa dire:
"Secondo te che sto facendo? Cercavo di ucciderti per avermi cacciata
in questo guaio, che altro sennò? Se ti svegliavi cinque
secondi più tardi, ti saresti svegliato con un paletto nel
cuore!"
Sue si sentì estremamente sporca nel dire quelle parole. Non
voleva girarsi, sapeva che alcune lacrime erano sul suo viso e non
voleva che il ragazzo la vedesse in quello stato, avrebbe capito che
stava mentendo.
Ma perché era andata là?
"Sue cara, è tardi per gli omicidi, vai a letto, poi ne
parliamo domani mattina" disse Tom.
"Certo, vado subito".
Ma aveva fatto un errore. La sua voce. Non era dura come al solito. Si
capiva che qualcosa non andava. E, per sua sfortuna, Tom era esperto a
capire le sofferenze altrui.
"Cosa è successo?"
"Niente di che, mi annoiavo e ho deciso di ucciderti, nulla di
più"
"Non cambierai mai non è vero?!"
In meno di un secondo, Sue sentì Tom dietro di lei e la
girò in modo che i due si guardassero. Fortunatamente Sue
aveva già previsto tutto e si era asciugata le lacrime in
tempo.
Ora i due si guardavano a pochi centimetri di distanza.
Sue pensò che Tom era davvero bello ma se ne
pentì subito. Lui poteva sapere quello che lei pensava.
"Lo so!"
L’aveva sentita.
"Non farti illusioni, sei solo uno sporco vampiro omicida e quando io
ti prenderò, ti ucciderò senza pietà,
volevo solo ricordartelo"
Sue si girò e uscì dalla stanza sbattendosi la
porta alle spalle. Probabilmente Bill e Christina l’avevano
sentita ma a lei non importava. Aveva fatto bene ad essere
così dura, se lo ripeteva di continuo ma non ci credeva per
niente.
Ma cosa le stava succedendo?
Tom sghignazzò.
Quella ragazza stava davvero impazzendo.
Da quando Sue era uscita dalla stanza, Tom stava ridendo e lo faceva ad
alta voce, senza pudore, voleva che tutti lo sentissero.
Voleva che lei lo sentisse.
Ma la realtà è che rideva perché
altrimenti avrebbe pianto. Era rimasto davvero male dalle parole di
Sue. Come poteva quella ragazza essere così insensibile?
Decise di ritornare nel letto, dopotutto il gatto era curioso di sapere
cosa era successo.
“Dovrò dargli un nome” pensò
Tom ma la sua faccia cambiò appena entrò nel
letto.
Non sapeva se ridere, sghignazzare o stupirsi.
Era confuso.
Il suo letto era caldo.
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Capitolo 28 *** Succederà ***
Edit: Non voglio dirvi questa cosa troppe volte, ma vedo che
non state più lasciando recensioni. Se non vi piace
più la storia, va bene, io accetto anche critiche
però non posso sapere se, non so, sbaglio a scrivere
qualcosa se non lasciate neanche una recensione...spero che ne
riceverò presto e soprattutto spero che vi piaccia questo
nuovo capitolo. a presto
Christina decise di uscire. Non ce la faceva più a stare
dentro ma non voleva dirlo a nessuno. In verità non ce la
faceva più a fare niente. Sentiva che doveva semplicemente
riposarsi ma non ce la faceva. In pochi giorni aveva scoperto che il
suo ragazzo era un vampiro e che sua cugina era la cacciatrice. Si mise
a ridere. Prima neanche sapeva il significato di queste parole. A
quell’ora lei sarebbe stata a letto e forse avrebbe anche
dormito o forse avrebbe preferito mandare messaggi ai suoi amici o,
perché no, scrivere il suo diario. La sua vita era monotona,
se lo ripeteva in continuazione, ma era anche bella, una semplice vita
da ragazza normale. Prima avrebbe dato di tutto per cambiare la sua
vita. Ora avrebbe dato di tutto per riaverla indietro. Insieme agli
altri. Aveva lasciato tutti per seguire un sogno che non avrebbe mai
avuto fine. Per lei era solo questo: un sogno. Credeva che passare un
periodo con il suo ragazzo gli avrebbe fatto bene, una bella e
spensierata vacanza. Ma non era un sogno. Quello era un incubo e non
aveva modo per risvegliarsi.
Nessuno l’avrebbe più portata indietro.
Si guardò intorno. Aveva camminato davvero a lungo ed era
arrivata nel giardino dei gemelli. Ex giardino. Era davvero bello,
ricco di fiori e di notte c’era una strana luce che lo
abbagliava e quasi lo rendeva argenteo. Era la luce della luna. Era di
certo un incanto, una di quelle cose che le persone pagherebbero per
vedere.
Ed era appartenuto a due semplici ragazzi.
Non faceva freddo. O forse era lei a non sentire freddo. Voleva che
qualcuno stesse vicino a lei ma nessuno era più
lì. Bill e Tom erano a caccia, Sue..bè anche Sue
lo era. E Christina era sola. Sola con i suoi pensieri, sola con il
mondo intero, sola. Ma in fondo stava bene. Da un po’ di
tempo non riusciva a nascondere le sue emozioni, era sempre
più spaventata e irascibile e sapeva che gli altri se ne
accorgevano ma non le dicevano niente. Sapevano che prima o poi sarebbe
crollata e forse questo era un bene. Ma lei non voleva crollare
perché sapeva che non sarebbe più stata la
stessa. Non voleva accettare la realtà, non voleva altra
paura, voleva vivere dietro al suo bel muro di vetro che si era
costruita. Niente di quello che stava succedendo fuori poteva entrare
nel muro. Là niente le dava la caccia. Niente poteva farle
del male. Niente esisteva se non la vecchia, normale Christina. Illusa.
Ora capiva perché Tom era sempre così duro e
capiva perché anche Bill lo era stato. Spesso è
meglio l’indifferenza del tormento.
Alla fine non ce la fece. Si sedette su una panchina e
guardò l’ultimo raggio di luna che si allontanava
per lasciare posto all’oscurità. Anche lui
l’aveva abbandonata. Rimase un po’ così
a fissarlo con i suoi grandi occhi pieni di stupore e lacrime
inespresse e alla fine si accasciò su un fianco e si
addormentò.
"Christina, farai tardi a scuola"
La ragazza si svegliò. Sua madre la stava chiamando per la
scuola, come tutti i giorni. Era una giornata bellissima, dopo tanto
tempo era spuntato il sole e l’inverno era finalmente finito.
Si sarebbe preparata come ogni giorno e avrebbe fatto fatica a decidere
che vestiti mettersi. Probabilmente avrebbe fatto tardi come al solito.
E probabilmente si sarebbe guardata allo specchio e avrebbe pensato di
cambiare qualcosa, magari i capelli. Era tutto così normale,
ma al tempo stesso sentiva che tutto era perfetto. Ma lei non stava
bene. Improvvisamente sentì qualcosa dentro di lei che non
funzionava, come se le avessero asportato il cuore e lo avessero
gettato via chissà dove. Ma non c’era motivo per
cui si dovesse sentire così. Lei aveva tutto, lei era la
più popolare della scuola, lei era semplicemente perfetta.
Ma chissà perché queste cose le sembravano
così lontane e le mancava qualcosa, ma non riusciva a capire
che cosa.
C’era ancora quel sole che spuntava dalla finestra.
Troppo, troppo sole.
Scese in cucina a fare colazione. Non trovò nessuno. La
porta di casa era aperta e per qualche strano motivo decise di uscire.
I raggi del sole la colpivano in pieno viso e sapeva benissimo che
erano troppo forti per uscire senza protezione solare, ma non le
importava. Il sole le colpiva il suo vestito bianco candido.
Chissà perché aveva deciso di mettersi un vestito
del genere per un normale giorno di scuola. Sapeva che non sarebbe
andata a scuola, non sapeva come ma capiva che il suo destino non era
lì. Il suo destino era molto più grande. Si
sentiva realizzata. Provò quasi l’impulso di
correre per il suo giardino, quasi come se fosse una bambina e non si
vergognava di quello che poteva dire la gente.
Ma nessuno c’era.
Improvvisamente si fermò. Il sole se ne era andato e non
voleva tornare. Strano, sembrava una giornata così bella
invece in quel momento sembrava che stesse per piovere.
Christina sentì un grido e un pianto disperato.
Entrò in casa.
Trovò sua madre che piangeva. Era a terra e sembrava che
stesse sul punto di svenire. Forse non si era sentita bene ed era
caduta o almeno questo pensò Christina prima di guardare le
mani della madre.
Erano sporche di sangue.
"Mamma" chiamò la ragazza ma non ottenne nessuna riposta.
Il padre della ragazza accorse in soggiorno e vide la donna che non
riusciva a calmarsi. Anche lui piangeva. Erano disperati.
Christina sentì di nuovo quello strano impulso che la
costringeva a muoversi e che non sarebbe riuscita a fermare neanche
volendo. Capì che si trovava in un sogno ma tutto le
sembrava reale, come se quella situazione fosse realmente accaduta e
lei stesse solo ricordando qualcosa.
I suoi piedi le dissero di salire le scale.
Trovò Sue, anche lei piangeva. Non aveva mai visto quella
ragazza così indifesa. Vicino a lei c’era un
ragazzo con lunghe treccine. Era Tom e anche lui sembrava preoccupato.
Non era dispiaciuto ma si vedeva dai suoi occhi che era turbato. La
situazione era stranissima. Di solito Sue e Tom si sarebbero combattuti
a vicenda e Tom aspettava solo un momento del genere per saltare sulla
cacciatrice e distruggerla ma non lo faceva. Sembrava che avesse paura.
Christina sorpassò i due. Voleva dire qualche parola ma non
se la sentiva, non voleva che sua cugina piangesse ancora di
più. Non voleva che qualcuno le dicesse cosa era successo.
I suoi piedi la portarono in camera da letto.
Sulla soglia trovarono Bill. Bill non era in lacrime, non piangeva, non
sembrava preoccupato, era semplicemente distrutto. La ragazza conosceva
il vampiro solo da poco tempo ma sapeva che stava molto, molto male per
avere quell’espressione. Sembrava che non volesse esserci,
che volesse scomparire e non tornare più, che volesse morire.
Ora anche Christina cominciava ad aver paura. Cosa poteva essere
successo per turbare Bill, che di solito non si preoccupava mai, o se
lo faceva, non lo mostrava agli altri per non spaventarli.
Non la degnò neanche di uno sguardo, come se lei non fosse
lì o come se lei non fosse abbastanza importante.
I suoi piedi la portarono davanti ad un letto. Il suo letto. Dentro
c’era una ragazza con lunghi riccioli castani. I suoi occhi
erano chiusi ma Christina sapeva che quegli occhi erano di un blu
elettrico, del colore del cielo. Era molto pallida, anche se
normalmente il suo colore di pelle non era molto più scuro.
Christina lo sapeva bene. Sembrava tranquilla, forse sembrava anche
felice.
Non si sarebbe mai svegliata per andare a scuola.
Non si sarebbe più svegliata.
Era morta.
Era Christina.
"Succederà" sussurrò una voce alle sue spalle.
La ragazza si girò ma non c’era nessuno.
C’era soltanto Bill che continuava a guardare il basso e a
deprimersi. Ora la ragazza sapeva il motivo e sapeva che era tutto un
incubo.
Doveva svegliarsi.
Ma qualcosa dentro di lei le diceva di restare.
"Chi sei?" urlò Christina.
Qualcosa cambiò nella stanza. Forse qualcosa nelle pareti.
Forse non si trovava più nello stesso ambiente ma lei non ci
fece caso. Aveva cose più importanti da fare che guardare il
muro che cambia forma e colore.
Rifece la domanda.
Bill alzò la testa e per un attimo la guardò
dritto negli occhi.
"Succederà" disse.
Christina voleva chiedergli spiegazioni ma si ritrovò a
osservare gli occhi del ragazzo.
Bill aveva gli occhi più profondi.
Quello non era Bill.
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Capitolo 29 *** Fate ***
Christina si svegliò. Fortunatamente si trovava
ancora in quel giardino. Era tutto un sogno, un bruttissimo, orribile
sogno ma per fortuna si era svegliata.
Si sentiva forte.
Troppo forte.
C’era qualcosa in mezzo al giardino, qualcosa che prima non
aveva visto. Decise che doveva andare a vedere. Sentiva che
c’era qualcosa di troppo strano in tutta quella situazione,
si sentiva leggera come una piuma, come se tutte le preoccupazioni
fossero sparite da un momento all’altro.
I suoi passi erano leggeri come l’aria e, se non avesse
guardato i suoi piedi camminare sul morbido prato, facendo in modo da
non calpestare nessun fiore, probabilmente avrebbe pensato di volare.
Era una bella giornata soleggiata.
Era mai possibile che il sole fosse spuntato così in fretta
in quelle poche ore che si era addormentata? Si rese conto che, si, era
possibile.
Non aveva fatto caso al fatto che indossava ancora il vestito bianco
del sogno.
Al centro del giardino c’era una luce.
In realtà le sembrava una specie di sfera azzurra che
splendeva, come se fosse fatta tutta di brillanti.
Non aveva mai visto nulla del genere.
Qualcosa le diceva di andare in quella luce, di dimenticare tutto e
tutti e di andare semplicemente là.
Era tutto troppo bello.
All’improvviso qualcosa la tirò indietro, qualcosa
di forte.
Non poteva resistere.
Si svegliò di soprassalto, il cielo era grigio plumbeo
proprio come lo aveva lasciato e non c’era nessuna luce,
nessuna bellezza.
Quella era la realtà.
Qualcosa però di diverso c’era. Qualcuno le stava
tenendo la mano.
"Bill" sussurrò la ragazza.
"Shh" rispose il vampiro "devi riposarti"
"Bill ho fatto un sogno orribile"
"Ti ho vista che ti muovevi, ma non volevo svegliarti, era
così bello vederti assorta nei tuoi pensieri, ma ti ho
tenuto la mano, sperando che i tuoi incubi si siano trasformati in
bellissimi sogni"
"Sei troppo dolce quando fai così"
Bill sghignazzò.
"Se proprio pensi che io sia dolce…e pensare che non mi sono
neanche sforzato"
Stavolta Christina sorrise.
Era un sorriso vero. Per un attimo si sentiva leggera e felice come nel
suo strano sogno.
Si sentiva in paradiso.
"Ti amo Bill"
"Ti amo Christina"
"Christina", disse Bill con un filo di voce "mi dispiace di averti
fatto questo"
"A me no. Tu mi hai fatto sentire amata quando mi sentivo sola, tu mi
hai fatto essere felice e anche ora mi rendi felice. Se questo
è un peccato, non ti perdonerò mai."
"Speravo che lo dicessi. Neanche io sono triste. Non potrò
mai essere triste se ci sarai tu vicino a me, sei il mio angelo custode"
"E tu sei il mio vampiro custode"
Entrambi i ragazzi scoppiarono a ridere.
Poi, però, Bill prese il volto della ragazza e la
baciò sulla bocca. Fu un bacio lungo e appassionato e
nessuno dei due voleva liberarsi dell’altro. Sapevano che il
mondo dietro di loro poteva anche finire ma loro sarebbero rimasti a
baciarsi per ore e ore perché niente importava se non
l’amore.
Era l’amore che li aveva uniti, e li amore non li avrebbe
lasciati andare.
La loro storia era scura, intrisa di mistero e di paura. La loro storia
era sanguinosa perché Bill era un vampiro e non aveva
intenzione di smettere di uccidere.
E Christina lo sapeva. E lo accettava, e forse lo amava anche per tutti
i suoi segreti e i suoi misteri.
Si, la loro storia era decisamente strana, ma era sempre e comunque una
storia d’amore.
Bill alzò il volto
"Noi scherziamo tanto ma sappi che non permetterò mai che ti
succeda qualcosa di brutto. Sappilo." disse il ragazzo.
Christina aveva capito che stava per succedere qualcosa ma non voleva
sapere cosa.
"Non c’è bisogno che me lo dici, già lo
so"
"Ti ho già detto che ti amo?"
"Si, ma non fa male se lo dici un’altra volta"
"Ti amo" sussurrò il ragazzo.
"Ti amo anche io" sussurrò la ragazza.
Quella era stata una giornata pesantissima per Bill, ma non poteva dire
niente a Christina, non voleva che si spaventasse troppo. Ormai sapeva
che in quella faccenda non erano coinvolti solo vampiri e demoni ma
anche qualcosa di peggiore, di molto peggiore. Bill non sapeva di cosa
si trattava ma sapeva che era qualcosa di potente, e che si stava
preparando, e che non avrebbe coinvolto solo loro.
Era una guerra.
Era la battaglia tra il bene e il male.
E sarebbe terminata presto.
Bill sapeva da che parte voleva stare: da quella del bene, ma era
troppo strano che un vampiro che ammazzava decine di persone al giorno
fosse buono.
Era irreale.
Era impossibile.
Ma il diario di suo padre non mentiva.
Caro diario,
“Il giorno
arriverà, l’esito sarà incerto, nuovi
miti sorgeranno e vecchi miti cadranno. Il mondo come lo conosciamo non
esisterà più”
Oggi ho sentito questa
frase da una donna. Tutti pensavano che fosse pazza ma io so che diceva
la verità. La gente non sa quello che so io.
Queste parole restavano incise nella mente di Bill.
Ma nessuno doveva saperlo.
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Capitolo 30 *** This is war.Maybe ***
Tom non voleva tornare a casa. Aveva ancora il sangue sulla
faccia e gli occhi rossi come due rubini ma camminava come se non fosse
successo niente. La gente lo guardava e a volte urlava.
È scontato dire che faceva sempre una brutta fine.
Tom era sempre stato un mostro insensibile e senza cuore, o almeno lo
era diventato quando si era trasformato in vampiro ma non era mai stato
così.
Sembrava che intorno a lui non ci fosse più niente, non
sentiva più nulla sulla pelle.
Non sentiva neanche il vento.
Credeva di essere invincibile ma non era così.
Credeva che non sarebbe mai morto.
Invece non era così.
Niente sarebbe più stato come prima.
Quel giorno lui e Bill si erano avventurati in una biblioteca, ma non
un semplice luogo pubblico.
Ormai della biblioteca non era rimasto più niente se non
ruderi e qualche misero libro strappato.
Nessuno avrebbe mai messo piede là dentro.
Metteva i brividi.
Ma il diario di loro padre parlava chiaro: tanto tempo fa in quella
biblioteca era successo qualcosa di veramente importante, probabilmente
una di quelle solite battaglie tra bene e male di cui nessuno conosce
l’esistenza.
E alla fine era finito tutto in cenere.
La biblioteca era stata bruciata ed erano state trovate dentro ceneri
umane.
Qualcuno pensava che era stato un incidente.
La verità era che qualcuno si era sacrificato, e per fortuna
aveva avuto la meglio il bene.
Ma non era quello il motivo per cui i Kaulitz erano entrati
là, la storia non gli interessava.
Cercavano un libro, un qualcosa che avrebbe potuto parlargli della
creatura che dovevano combattere.
E lo trovarono veramente, solo che non era come si aspettavano. Si
chiamava “Creature mistiche” ma ormai non era
rimasto nulla del libro se non la copertina e uno strano foglietto
dentro. Non era una pagina, qualcuno aveva lasciato un messaggio.
Ed era per loro.
Diceva che combattere era inutile. Alla fine non avrebbero vinto.
Nessuno avrebbe vinto. Il mondo che conoscevano stava per finire.
Di solito i gemelli ci avrebbero riso su, ma qualcosa dentro di loro
gli diceva che non erano cose da prendere tanto alla leggera.
Dopo tanto tempo qualcosa dentro di loro li fece sobbalzare.
Era un brivido.
Era paura.
E così Tom si trovava da solo per strada. Era arrabbiato,
frustato, molto più del solito. E avrebbe fatto una strage.
Una donna passò, sfortunatamente non c’era nessun
altro per strada se non Tom. Non ebbe neanche il tempo di urlare che
subito la sua gola fu squarciata e il suo sangue si trovò a
imbrattare la bocca già sporca del ragazzo.
Tom alzò la testa dalla sua preda, quasi quasi si sentiva
felice. Stava forse diventando goloso?!
"Mi fai schifo, lo sai?"
"E tu per caso mi segui?"
Tom si girò. C’era Sue dietro di lui, aveva un
paletto di legno in mano.
La ragazza lo guardò in faccia e notò i suoi
occhi rossi e il sangue sulla faccia. Nonostante tutto, non aveva paura
di lui.
"Sei disgustoso"
"Piacere di vederti, anche tu mi sei mancata".
Sue alzò il paletto. "Anche tu mi mancherai"
Sue ci provò. Scagliò con tutte le
forze il paletto e cercò di prendere in pieno il cuore di
Tom e ci riuscì quasi. Il ragazzo fece in tempo a fare un
salto rapidissimo e finì a terra. Altrimenti sarebbe morto.
"Stai migliorando! Sono contento!"
Sue non si arrese. Non appena il vampiro si alzò
cercò di colpirlo di nuovo e stavolta riuscì a
conficcare il paletto nel braccio. Naturalmente, però, non
gli aveva fatto niente.
"Ahi che dolore" disse Tom con fare scherzoso.
"Ridammelo"
"Vienilo a prendere"
Cominciò così una battaglia tra i due che non
avevano rimorsi a tirare calci e pugni a vicenda. Si colpivano con
maestria, si vedeva che entrambi erano molto allenati. Tom
colpì la ragazza, ma Sue era abile e gli
immobilizzò il braccio, facendo in modo da riprendere il
paletto.
Forse Sue stava davvero migliorando.
Prese il paletto e lo alzò, puntandolo dritto al cuore del
vampiro.
Quando vide che Tom non si muoveva si fermò, il paletto a
pochi centimetri dal suo cuore.
"Hai deciso di voler morire?" disse la cacciatrice.
"No, non voglio morire"
"E allora perché non ti sposti"
"So che non lo farai"
"Sono una cacciatrice, è il mio lavoro, è il mio
mestiere farlo, ti devo uccidere, io devo uccidere tutti i
vampiri…"
"Allora più azione e meno parole, sono pronto, se proprio
devo morire voglio che sia tu a farlo>>
Sue alzò il paletto e fece per conficcarlo dentro Tom. Ma
non ci riuscì.
Commise l’errore di guardare il suo viso.
Era pieno di sangue, aveva gli occhi rossi, aveva i denti lunghi, aveva
ucciso davanti a lei.
Ma ancora non riusciva a considerarlo come un cattivo.
Le sembrava così…innocente.
"Non posso" disse e lasciò cadere l’arma a terra.
"E sai che io ora potrei ucciderti?"
Tom prese il viso della ragazza tra le sue mani. Poteva torcerle il
collo in meno di un secondo.
“Almeno non soffrirò” pensò
la ragazza.
"Lo so"
"E non hai paura?"
"Più azione e meno parole"
Tom rise e anche Sue non potè fare a meno che ridere. Anche
in punto di morte non riusciva ad aver paura di quel ragazzo.
Tom si avvicinò ma non la uccise.
La baciò.
Una parte di Sue voleva staccarsi, lei era la cacciatrice, lei doveva
uccidere i vampiri, non baciarli. Aveva i sensi di colpa alle stelle.
Aveva lasciato che persone innocenti morissero solo perché
aveva una cotta per un vampiro. Si infuriò quando
pensò la parola “cotta”. La sua non
poteva essere una semplice cotta. Era qualcosa di più,
qualcosa che la faceva stare male con se stessa.
Eppure non riusciva a staccarsi da lui.
Sapeva che il suo viso si stava macchiando di sangue, del sangue di
persone innocenti e sentiva l’odore del sangue.
Quella persona era stomachevole.
Eppure non riusciva a staccarsi.
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Capitolo 31 *** Limitless ***
"E ora cosa facciamo?" disse Tom.
Era l’alba e si trovava nella sua stanza, sotto le coperte
come ogni giorno, solo che c’era qualcosa di diverso.
"Niente"
Sue era con lui. Il giorno prima si erano baciati e la ragazza lo aveva
seguito nella sua camera. Si erano abbracciati e si erano detto tutto,
anche cose che non avevano mai detto a nessuno. Entrambi avevano delle
cose in comune, entrambi si sentivano soli e incompresi.
Erano così diversi, eppure così uguali.
E alla fine si erano addormentati e la mattina seguente stavano ancora
su quel letto, a guardarsi negli occhi.
Alla fine l’amore aveva sconfitto l’odio.
"Niente?" rispose Tom
"Niente, non è successo niente, stiamo passando una
situazione difficile e abbiamo avuto un momento di cedimento, niente di
più"
Ma poi si girò e guardò la faccia di Tom.
Il vampiro ghignava. Ora Sue aveva capito perché le sue
vittime non scappavano.
"E c’è stato un bacio, si, ma nulla di
più"
Tom le prese il mento con la mano e la baciò.
"Ti correggo, due baci"
La ragazza fece una smorfia "Come potremo amarci? Siamo così
diversi"
"A me non importa"
"Io continuerò ad uccidere i tuoi simili e tu farai la
stessa cosa con i miei"
"Vuoi che ti baci per la terza volta pur di farti stare zitta?"
"Mmm…fammi pensare"
Tom rise e si buttò sulla ragazza. Alla fine si ritrovarono
uno sull’altra. La baciò con passione.
"Forse non sei così cattivo come pensavo…"
"Forse non sei così senza cuore come pensavo"
"Ah non giurarci" concluse la ragazza.
Risero entrambi.
"Gli altri non dovranno saperlo>> disse Sue.
"Su questo ci puoi contare, non voglio vedere la faccia di Bill che
dice: te l’avevo detto"
"E io non voglio neanche immaginarmi cosa direbbe mia cugina"
"Si, una cosa del tipo: mi hai tanto presa in giro e ora anche tu stai
con un succhiasangue senza anima"
"Ho davvero detto queste parole?"
"Certo, cacciatrice"
Sue sorrise. Quello che era successo tra di loro non contava.
Contava quello che stava succedendo in quel momento.
"Saremo mai come loro? Stanno così bene insieme"
"Si, è vero. Chissà…"
Risero entrambi.
"Vado a preparare la colazione" disse Tom.
"Mi raccomando non voglio trovare sangue nel cibo"
Tom rise più forte che poteva, scoprendo le zanne e dopo due
secondi scomparì.
"Sei sempre il solito, mi fai schifo" urlò Sue.
"Calmati cacciatrice, che dovrei mangiare secondo te? Omelette?"
rispose Tom
"Tu hai ucciso e ne vai fiero, sei un mostro"
"Ringrazia che non ho ucciso te"
"Se non avessimo fatto quel patto ora ti sarei saltata addosso e ti
avrei conficcato un paletto nel cuore"
"Allora fallo se ci riesci"
"Riusciranno mai a smettere quei due?" replicò Christina.
Bill e Christina erano appena scesi e si trovavano ancora sulle scale.
Non avevano neanche fatto pochi passi che subito avevano sentito le
grida di Tom e Sue.
"Non penso, si odiano proprio, non riescono neanche a stare insieme per
due secondi senza litigare" rispose Bill.
Christina mormorò. Non voleva che sua cugina fosse
così arrabbiata per colpa sua, ma non poteva farci niente se
Sue aveva quel brutto carattere.
I due andarono in cucina.
"Ma la volete smettere di litigare?" disse Bill.
"Che cosa hai combinato?" disse vedendo il fratello con il viso sporco
di sangue.
"Niente, sono uscito e ho ucciso una bella ragazza dopo averla
ammaliata e questa qui dice che io faccio schifo" rispose Tom.
"Fai schifo sul serio. Come ti puoi vantare di avere ucciso una
persona? Aveva una famiglia che ora chissà come
starà piangendo"
"Anche io avevo una famiglia che ha pianto per me e,se non lo sai,
anche io sono morto. Non ti dispiace per me?"
"Tu…..>> iniziò la ragazza.
"Ora basta! Fate entrambi schifo, non ve ne rendete conto?"
Christina, così calma, all’improvviso si era
arrabbiata e aveva lasciato la stanza.
"Sono d’accordo con lei" disse Bill e la seguì.
Quando i due se ne andarono Tom e Sue si rallegrarono.
"Se la sono bevuta alla grande" esordì Sue.
Tom sghignazzò.
Venuta la sera i quattro decisero di uscire, magari riuscivano a
trovare altre informazioni.
Così il gruppo si ritrovò a camminare per strada.
Non c’era nessuno. Ormai era scesa la notte e tutti erano
tornati a casa.
E poi chi mai poteva camminare per una via buia, in decadenza e senza
lampioni a tarda notte?
Eppure Tom non sapeva perché, ma si sentiva turbato.
Ad un certo punto i quattro videro una ragazza che camminava.
Era bellissima.
Bill per un secondo di dimenticò di Christina e decise di
mangiare quella sconosciuta ma qualcosa gli diceva di fermarsi.
Qualcosa gli diceva che non poteva. Cercò di sentire il suo
odore ma non ci riuscì.
Strano, l’odore di un umano si sente anche a metri di
distanza.
Quella ragazza non era umana, ma non era neanche un demone o una
vampira altrimenti se ne sarebbe accorto subito.
Era qualcosa di strano.
Era qualcosa di pericoloso.
Purtroppo non fece in tempo ad accorgersene.
Tom commise l’errore di guardarla negli occhi.
Le sue angosce diventarono più forti.
Sentiva la paura dentro di sé.
All’improvviso tutto diventò più chiaro.
In quel breve arco di tempo il male lo attraversò.
Il suo incubo, quel dubbio che non riusciva ad emergere, tutto
diventò più chiaro.
E, cosa impossibile per un vampiro, Tom svenne.
Quando Bill realizzò la natura della donna
avvertì qualcosa di strano, si girò e vide suo
fratello a terra.
"Toooooooooom" urlò.
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Capitolo 32 *** Possessed ***
Tom si alzò.
"Oh finalmente, ma cosa è successo?" mormorò
Christina.
"Quella donna le deve aver fatto qualcosa di male" disse Bill.
Tom si guardò intorno, era a casa. Sembrava strano, quasi
come se non ricordasse chi fosse.
"Come stai?" disse Bill.
"Mai sentito meglio" sghignazzò Tom.
E sghignazzò. Il suo solito ghigno cattivo, anche se questa
volta sembrava diverso in qualche modo.
Tom si alzò e si diresse verso la sua stanza, sempre
guardando le pareti.
Ormai era tardi quindi disse agli altri che era molto stanco e che
doveva andare assolutamente a dormire.
Non era vero.
Sapeva che avrebbe trovato qualcosa nella sua camera, dopotutto aveva i
suoi ricordi.
Il gioco stava per cominciare.
Infatti, appena entrò in camera, trovò Sue
delicatamente appoggiata sul letto.
"Allora che facciamo questa sera?" esclamò la ragazza quando
vide il vampiro.
Non stavano insieme da neanche un giorno ma la ragazza sapeva di amare
il vampiro, non sapeva come, né perché ma sentiva
che si stava innamorando. E poi era preoccupata per quello che era
successo quel giorno, un vampiro non poteva svenire.
Tom scoppiò in una fragorosa risata.
"Tom, zitto o ci sentiranno"
"E che ci sentano, cacciatrice. Non ci posso credere che una come te
sia così stupida"
"Come ti viene in mente ora una cosa del genere?"
"Perché è vero. Ci hai davvero creduto, eppure
pensavo che fossi più intelligente"
"Creduto a cosa?"
Tom si avvicinò finchè i loro occhi non furono
vicinissimi.
"Io non ti amo. Tu mi fai schifo, io non ti posso vedere, fino a questo
momento ti ho preso in giro e tu ci hai anche creduto"
E scoppiò a ridere.
Tom non era mai stato così crudele.
"E ora vattene via, se proprio devi piangere così non sono
problemi miei"
Ma lei non stava piangendo. Lo stava fissando.
I suoi occhi erano tristi.
Era la voce di Tom quella ed era cattiva.
Era il corpo di Tom e non si stava comportando bene con la ragazza.
Ma i suoi occhi sembravano…dispiaciuti.
Sembrava che qualcosa dentro di lui stesse combattendo ma Sue non
sapeva perché.
Non sapeva cosa stava succedendo.
Oppure voleva solo immaginare qualcosa di strano per spiegare quella
situazione.
Non voleva accettarla.
"Non hai sentito. Fuori. Di. Qui" esclamò infine Tom e Sue
fu costretta ad andarsene>>
Quando Tom rimase solo si avvicinò allo specchio.
"Lasciala stare" disse l’immagine nello specchio.
"Perché dovrei?" rispose Tom.
Sembravano due persone diverse.
Eppure era la stessa persona.
"Certo che ci è proprio cascata, ti ama davvero, credo che
le farò del male, giusto per divertirmi un po’,
anzi sarai tu a farle del male"
"Lei sa difendersi, sono sicura che ti scoprirà e poi ti
ucciderà"
Tom si avvicinò allo specchio e rise.
"Non ucciderà me"
"Sono pronto a fare questo sacrificio" rispose l’immagine
nello specchio.
"Come vuoi,ma finchè non lo farà, voglio proprio
vedere chi sarà il primo che ucciderò, forse tuo
fratello o quella bella ragazzina così carina, Christina si
chiama non è vero, succulenta direi"
"Se li tocchi…"
"Che farai? Non puoi fare niente. Sarai sempre qui rinchiuso mentre io
sarò là fuori e tu non puoi fermarmi, nessuno
può fermarmi, neanche tu mi hai potuto fermare"
E detto questo, uscì dalla stanza.
"E poi chissà se la cacciatrice riuscirà ad
uccidere il suo amato"
E scoppiò in una fragorosa risata.
Decise di andare da Bill. Quella sera avrebbe mantenuto la promessa,
avrebbe fatto del male a qualcuno.
Bill sarebbe stato il migliore, avrebbe fatto soffrire Tom.
Era proprio sulla soglia quando non riuscì ad avvicinarsi,
qualcosa lo bloccava.
Decise di andarsene, probabilmente era Tom che cercava di fare
resistenza e quel corpo era solo troppo stanco.
Ma non era successo quello.
E Tom lo sapeva.
Aveva trovato il modo di cacciare quell’ospite indesiderato.
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Capitolo 33 *** Vai via ***
Edit: Scusate se non ho postato per un
pò di tempo ma non sapevo veramente cosa scrivere. Spero che
vi piaccia questo nuovo capitolo!
Bill si alzò il giorno dopo e vide uno strano messaggio
sull’uscio della porta.
Una scia di sangue.
Gli venne subito in mente Tom.
C’era un tempo in cui i gemelli uccidevano insieme, quando
Bill era ancora cattivo. Si, anche Bill aveva un lato oscuro ma aveva
deciso di sopprimerlo molti anni prima. Non voleva essere un mostro.
Perciò aveva abbandonato Tom.
Ma non poteva cancellare i ricordi.
Una volta lui e il fratello erano stati invitati ad una festa, insieme
a nobili e borghesi, come era solito fare nel 1500. Bill non
può dimenticarsi di aver visto una famiglia che sorrideva
tranquillamente, i genitori sembravano impazienti per qualcosa ma non
lo volevano dimostrare davanti ai figli. C’erano due bambini,
un ragazzo e una ragazza, probabilmente avevano non più di
10 anni.
La bambina era curiosa, aveva improvvisamente notato Bill e lo guardava
dritto negli occhi con aria malinconica. Forse aveva capito qualcosa.
Erano tutti morti, tutti i partecipanti della festa, compresa la
famiglia ed era stato proprio Bill ad uccidere la bambina, incurante
dei grandi occhi azzurri che lo fissavano terrorizzati.
Non aveva avuto pietà.
Aveva preso di peso la ragazza mentre la mordeva sul collo e la
costringeva a guardare Tom che massacrava suo fratello e i suoi
genitori.
Molti anni dopo Bill era pentito di quello che aveva fatto ma non
poteva ridare la vita a quella povera bambina e a tutte le persone che
aveva ucciso. Quello che non molti sanno è che Bill
è sempre stato un sadico, si divertiva a torturare prima di
uccidere.
Una parte di lui forse ancora lo voleva fare, una parte per fortuna
molto nascosta di lui.
Ma non era questo il particolare importante.
I gemelli erano soliti conservare un po’ di sangue e versare
una striscia sulla porta, quello era il loro marchio. La polizia del
tempo sapeva di avere a che fare con lo stesso criminale ma non
riusciva mai a trovare l’assassino, o in questo caso gli
assassini.
E ora quel marchio era impresso nella casa, senza un motivo preciso.
Ma Tom era diventato troppo strano dopo
“l’incidente” e, se Bill aveva pensato
all’inizio ad uno stupido scherzo di suo fratello, nei giorni
successivi si rese presto conto di aver ragione.
Gli occhi di Tom erano cambiati, erano grandi e malinconici, proprio
come quelli della bambina.
Erano terrorizzati.
Quello non poteva essere Tom.
Non all’esterno, almeno. Tom era ancora lì dentro
ma c’era qualcosa dentro al suo corpo che gli impediva di
uscire.
Ma neanche Bill sapeva come farlo uscire, solo le streghe potevano
saperlo ma nessuna strega lo avrebbe aiutato. Tutte le streghe che
conosceva o erano malvagie o erano ciarlatane.
Eppure il vampiro ci aveva provato a cercare una soluzione, aveva visto
in tutti i libri ma non ci riusciva. E, cosa più importante,
non doveva far capire a Tom che lo sapeva, o almeno al corpo di Tom. Ma
era sicuro che in qualche modo suo fratello lo stava aiutando.
"Che cosa stai facendo?" disse una volta Tom al fratello.
"Niente" rispose Bill ma ormai non poteva nascondere il libro che aveva
in mano.
"Esorcismi…interessante" esclamò il ragazzo con
le treccine "A che ti servono?"
"Curiosità, vuoi vedere?"
Da un po’ di tempo aveva notato che Tom non si avvicinava mai
troppo a lui.
Tom gli diede un pugno.
Bill voleva esclamare ma non per il dolore o per lo stupore
perché sapeva che quel gesto era stato fatto dal vero Tom e
di certo per un buon motivo.
La mano si era bruciata e il presunto Tom stava già urlando.
Urlava di dolore.
"Non puoi toccarmi?" disse Bill facendo capire che sapeva chi stava
vicino a lui.
"No, ma tanto non conta niente"
"Chi sei?"
"Credevo che ormai lo sapessi, di certo tuo fratello lo sa"
"Si, convive con te 24 ore su 24 ci sarà arrivato"
"Sai, devi ringraziarlo, se non fosse per lui ti avrei già
ucciso da tempo"
"Perché non ci provi?"
Tom non rispose e così Bill gli mise una mano sul braccio,
che si bruciò.
"Non puoi neanche toccarmi e già parli di uccidermi"
"Prima o poi troverò il modo"
"Prima o dopo che ti caccerò da questo corpo?"
Bill era sempre stato intelligente, glielo dicevano anche quando era
piccolo. Dopo essere diventato vampiro anche la sua intelligenza era
aumentata, insieme alla forza.
Astuto e muscoloso.
Era una perfetta arma da guerra.
Non avrebbe trovato la soluzione in nessun libro perché la
soluzione in realtà era dentro di lui.
Sapeva cosa fare.
"Sai io ho sempre pensato che fosse un male ed ho sempre odiato mio
fratello per questo"
Il vampiro tremò anche se non sapeva perché. In
realtà era stato proprio Tom a tremare, perché
aveva capito cosa stava per succedere.
Bill abbracciò il vampiro ma lo prese per i vestiti in modo
da non bruciarlo.
Così non sarebbe scappato.
Forse era ancora il sadico vampiro di una volta.
"Non vincerai" disse la creatura che intanto aveva capito e cercava di
ribellarsi ma il corpo di Tom era diventato troppo debole in quei
giorni e non riusciva ad opporre resistenza a Bill.
La creatura aveva tanto voluto rendere Tom debole ma ora se ne pentiva
e dentro quel corpo sentiva un ghigno beffardo.
Il famoso ghigno di Tom.
Bill lo morse sul collo e bevve il suo sangue senza fermarsi mai, fino
a dissanguarlo.
Quando arrivò il momento lo lasciò e Tom lo
guardò con occhi grandi e innocenti.
Gli stessi occhi della bambina.
Gli stessi occhi che aveva avuto un tempo anche Bill.
E poi cadde.
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Capitolo 34 *** Life, sleep, journey ***
Edit: Scusate se non ho aggiunto capitoli di
recente ma, oltre a non avere molto tempo, mi è sembrato che
la fan fiction stesse diventando troppo monotona e ripetitiva e quindi
ho cercato in tutto questo tempo di capire come migliorarla. Ecco il
nuovo capitolo, pieno di suspence e dove si scopriranno molte cose che
prima erano rimaste nascoste. Spero che vi piaccia!
Tom non si aspettava di morire.
Non aveva mai capito cosa aveva provato Bill quando lo aveva ucciso.
Rabbia, dolore, tante emozioni mischiate tra di loro. Nessuna vinceva,
nessuna perdeva.
Era tutto così tranquillo.
Sentire la propria vita uscire dal proprio corpo doveva essere
doloroso, invece era come se Tom fosse sul punto di addormentarsi.
Bill lo stava uccidendo, lo sapeva, ormai sapeva tutto, anche troppe
cose.
Forse aveva bisogno solo di questo: un lungo, eterno sonno.
Non c’era nessun altro modo, quella cosa non sarebbe uscita
dal suo corpo solo con le parole.
Era l’unica soluzione, terribile, ma Tom sapeva che era la
scelta giusta.
Era stanco. Ormai mancava poco. Era pronto finalmente. Chiuse gli occhi
e si preparò a concludere il suo viaggio.
"Quanto credi che ci metterà?"
Era la voce di Sue, non era arrabbiata come di solito ma non era
neanche calma. La ragazza sembrava agitata. Sembrava che ci fosse una
certa frenesia lì, ma non sapeva dove si trovava,
né riusciva a vedere le figure intorno a lui, riusciva solo
a sentire.
"Non so, ci vorrà un po’ di tempo"
Christina, la piccola, docile Christina. Neanche lei sembrava calma,
chissà cosa era successo.
Voleva aiutarli ma ormai non poteva più fare niente.
Non viveva più nel loro mondo. Era morto.
Prima o poi sarebbe riuscito a guardarli, ma forse non voleva vedere,
il dolore gli annebbiava gli occhi. Cosa avrebbe potuto fare se anche
li avesse visti? E cosa avrebbe visto? Lacrime, ansia, sconforto.
Voleva urlargli di non piangere, voleva dire a Sue che, anche se per
poco tempo, la aveva amata davvero, voleva dire a Bill di continuare a
sorridere e di riprendere la sua vita.
Nessuno doveva essere triste per lui.
Nessuno doveva versare lacrime per lui.
Era questo che pensava Tom, che giaceva disteso sul letto. Il volto
pallido, cadaverico, il corpo freddo, il respiro inesistente, il cuore
immobile.
Chissà dove era, e chissà cosa ne avrebbero fatto
di lui.
Sentiva l’odore di Bill, anche lui era là.
Sentiva l’odore di sangue misto ad acqua, l’odore
che caratterizzava le lacrime dei vampiri.
Bill stava piangendo.
"Non ti ha mai detto nessuno che i vampiri sono forti e impavidi,
femminuccia?!"
Tom aveva parlato.
Improvvisamente Bill scattò e si trovò vicino al
fratello.
"Tom?"
Tom si svegliò. Potevano sentirlo, come era mai possibile?
Si toccò il collo, aveva due ferite proprio sul lato destro.
Non aveva sognato, era tutto vero.
"Dovrei essere morto…" esclamò il ragazzo.
"Lo sei" rispose Bill.
"Cosa?"
"Ti ricordi qualcosa di quello che è successo?"
"Ogni minimo particolare, incluso te che mi uccidevi"
"Scusa"
"Non scusarti, hai fatto bene, ma io ora dovrei essere
morto…"
"No, sei un vampiro, già te lo sei dimenticato? Tu puoi
vivere senza sangue"
"Non è vero, conoscevo tanti vampiri che sono morti
dissanguati"
"Tanti vampiri che non sono te, fratello, io non so come, non so cosa
dicano le profezie di noi, ma noi siamo speciali, non credo che un
semplice morso possa porre fine alla nostra esistenza"
Era vero.
Ma Tom non ci aveva mai pensato.
"Cretino che non sei altro! Mi hai fatto prendere un colpo!"
Chissà cosa altro avrebbe detto ma Sue si
catapultò sul vampiro e lo abbracciò talmente
forte che il ragazzo, se avesse potuto respirare, non ci sarebbe
riuscito.
"Il colpo me lo sono preso io! Tu, Tom Kaulitz, davvero credevi di
potermi abbandonare così?"
"Non credevo di doverti anche avvisare"
Sue gli mollò un sonoro schiaffo sul collo, proprio sulla
ferita, e fu allora che Tom capì davvero cosa significava
l’espressione “ la furia di una
cacciatrice”.
"Bentornato" disse infine Christina, senza avvicinarsi troppo.
Quella ragazza era proprio un angelo, Tom aveva cercato di ucciderla e
quasi ci era riuscito, eppure lei non aveva esitato a perdonarlo.
Tom sorrise.
Il so viaggio non era finito, forse era finito quello del Tom malvagio,
quello che non se ne importava di niente e nessuno, che uccideva per il
solo gusto di farlo.
Forse quel Tom era morto, ma il vero Tom, quello che non aveva mai
avuto il coraggio di uscire fuori allo scoperto aveva appena iniziato
il suo di viaggio.
"Tom non voglio essere inopportuno, ma cosa ti è successo?"
chiese Bill.
"Sono stato impossessato, no?"
Ma allo sguardo acido di Bill decise che doveva aggiungere altro.
"Forse ho capito perché noi siamo speciali e
perché ci sono tante profezie su di noi. Noi non siamo il
bene, siamo solo i figli del male. Il male più assoluto,
quello che ci ha dato la caccia per tutti questi giorni e che ci vuole
morti è semplicemente lei, la donna che mi ha trasformato.
Io non la conoscevo quando è successo e dopo non
l’ho più rivista. Quando l’ho
incontrata, stavo morendo di paura ma pensavo che fosse una cosa
normale per un umano che si trova davanti ad un vampiro assetato di
sangue. Ma non è vero. Lei non è un semplice
vampiro.
Lei è il vampiro, il capo di tutti gli altri,
perciò tutti la temono e non osano dire il suo nome,
perciò al suo volere ogni vampiro può morire o
essere risparmiato. L’avevo di nuovo vista al bar qualche
sera fa, quando siamo andati a cercare informazioni, ma non
l’avevo riconosciuta, non potevo, è passato tanto,
troppo tempo. Ma si imparano tante cose quando condividi la mente con
qualcuno.
La nostra famiglia era molto antica e molto potente e spesso non ci
diceva delle cose. Nostro padre sapeva dei vampiri non grazie a
leggende popolari, ma perché era un cacciatore,
l’unico cacciatore maschio che sia mai esistito. Sue sa forse
meglio di me questa leggenda, bene è tutto vero, nostro
padre ha dato la vita per combattere il male e non voleva che noi lo
conoscessimo.
Nostra madre era una strega e, non so come, ma credo che noi ne abbiamo
ereditato i poteri. Insieme hanno combattuto molte guerre ma, quando
hanno visto di non avere possibilità in Germania, hanno
cercato una casa qui, a Los Angeles, per crescere i propri figli come
una normale famiglia. Ma lei, il male che non riuscivano a sconfiggere,
li ha trovati e si è vendicata su di noi, Bill, noi che non
sapevamo niente e che non potevamo difenderci. Quando siamo morti ci
hanno seppellito non qui ma a Scream Land perché quel posto
aveva conosciuto tanto male che le streghe si erano unite per
sradicarlo per sempre da quella città. Volevano darci la
pace, almeno nella morte ma non sapevano cosa saremo diventati. Non
sapevano che non l’avremmo mai ottenuta. E poi lei
è tornata qui e ha completato la sua opera, ha massacrato la
nostra famiglia. Ed ora è tornata, perché sa che
noi siamo gli unici che possiamo permetterci di sfidarla. Quando
eravamo a Scream Land lei non poteva attaccarci perché
eravamo protetti, ma qui non lo siamo più. Era una trappola"
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Capitolo 35 *** Colpevoli ***
Edit: si, lo so, questo capitolo è un
pò noioso ma vi assicuro che è necessario per la
storia. Non immaginate neanche che trama intricata che ho in mente!! :-)
Non poteva essere tanto brutto in fondo.
Era solo un incubo.
Un incubo terribile, ma dopo un po’ finisce e si ritorna
nella realtà di tutti i giorni.
E se non finisse mai? Se invece di migliorare, la situazione diventasse
ancora peggiore?
Christina si era alzata prima di tutti. Non riusciva a dormire. Da un
po’ di tempo ormai non chiudeva occhio, preferiva rimanere da
sola e, quando era certa che nessuno la vedesse, mandava giù
anche un bicchierino di rum. Forse più di uno. La faceva
stare bene. Per due secondi pensava solo a quanto le facesse male lo
stomaco e dimenticava che cosa succedeva intorno a lei. Doveva
smettere, lo sapeva, ma lo avrebbe fatto quando tutto fosse finito.
E così anche quella notte era scesa in cucina e aveva
cominciato a bere.
L’alcool già stava facendo effetto, aveva la vista
annebbiata e sapeva che doveva vomitare.
Era una sensazione orribile, ma era migliore rispetto al continuo
pensiero di una morte incombente.
Fu allora che alzò la testa e lo vide. E cacciò
un urlo.
C’erano due uomini davanti a lei.
Non sembravano umani.
Uno aveva i capelli lunghi, l’altro era più basso
e portava gli occhiali. Questo era l’unica cosa che riusciva
a vedere.
Per il resto i due erano completamente sporchi di sangue e pieni di
ferite.
Uno aveva addirittura un braccio quasi staccato.
Probabilmente erano allucinazioni dovute al troppo alcool, ne era
sicura, un buon motivo per smettere.
I fantasmi non esistono e, anche se esistono, non avevano nessun
diritto di disturbarla in quel modo.
Lei non aveva fatto loro niente di male.
Ma, d’altro canto, fino a qualche settimana prima neanche i
vampiri erano mai esistiti.
"Cosa volete da me?" gridò la ragazza impaurita.
"Questo è un avvertimento. Fuggi e mettiti in salvo, prima
che sia troppo tardi" disse quello con i capelli più lunghi,
mentre l’altro stava zitto e sembrava completamente estraneo
alla scena. Sembrava quasi non rendersi conto di essere un cadavere.
Forse era ancora sotto shock.
"Da cosa?" disse la ragazza.
I due alzarono lo sguardo e contemporaneamente puntarono il dito contro
Bill, che intanto aveva sentito Christina urlare e si era affacciato
alle scale.
"No" disse in un sussurro.
"Vattene, se non vuoi diventare come noi".
Stavolta era stato l’altro a parlare.
Detto questo, i due scomparirono nel nulla.
Christina era sconvolta, guardava Bill a bocca aperta.
Bill era un vampiro, certo, ma non era mai stato così
cattivo.
Ma dopotutto Bill aveva più di cento anni, cosa poteva
saperne del suo passato?
E se fosse stato solo uno scherzo di quel demone che voleva ucciderli.
Certo, li avrebbe separati e così sarebbero stati tutti
più vulnerabili.
E se non fosse stato così?
"Posso spiegare" disse Bill scendendo dalle scale.
Fu allora che Christina, in preda a tante emozioni contrastanti,
urlò talmente forte che svegliò anche Tom e Sue.
"Cosa è successo?" chiese la cacciatrice che si era subito
precipitata di sotto.
"Fratellino, se voi due volete fare un po’ di casino da soli
almeno ditecelo così ce ne usciamo prima" esordì
Tom.
"Tom, Georg e Gustav ci sono venuti a trovare. Almeno i loro fantasmi"
"Ah, erano come li avevamo lasciati l’ultima volta?"
"Tali e quali"
"Credo che allora la tua ragazza si sarà spaventata non poco"
"Chi sono Georg e Gustav?" chiese Sue con fare arrogante.
"Le nostre prime vittime, dire che li abbiamo fatti a pezzi
è dire poco" rispose Tom.
"Non essere così duro" si intromise Bill "Georg e Gustav
facevano parte della nostra band e gli volevamo davvero bene. Quando
siamo diventati vampiri credevamo di poter continuare a vivere una vita
normale ma così non è stato. Perciò
abbiamo simulato la nostra morte. Ma prima abbiamo fatto qualcosa che
ci segnerà per tutta la vita. Volevamo semplicemente suonare
con loro, come sempre, ma appena li abbiamo visti, abbiamo percepito
l’odore del loro sangue ed era troppo forte e
così…"
"Ci avete legati, aggrediti e uccisi in un modo atroce. Ricordo ancora
il dolore che ho provato".
Era improvvisamente comparso un ragazzo in cima alle scale, quello con
il braccio quasi staccato, e stava parlando.
"Ciao Georg" disse Tom "è un piacere vederti così
in forma"
"E poi avete bevuto il nostro sangue. Avete messo i vostri denti nella
nostra carne non so quante volte"
Un altro ragazzo biondo era comparso davanti a Tom e i due si
guardavano faccia a faccia.
"Gustav non essere così crudele dopotutto ora non possiamo
più farci niente" riprese Georg.
"Non dovrei essere così crudele? Per colpa loro sono rimasto
traumatizzato e ora non riesco a passare oltre"
Bill si intromise. "Le vostre lamentele sono molto interessanti ma ora
noi cosa dovremmo fare per voi?"
"Ci avete rovinato la vita e davvero credete che vi lasceremo andare
così facilmente? Non ora che vi abbiamo ritrovati"
"Il caro vecchio Georg, se potessi ti abbraccerei" disse Tom.
"E se potessi io ti squarterei" rispose Georg.
"Non potevate proprio lasciarci soli?"
"E chi avrebbe badato a voi, dopo?" rispose Gustav
Tom rise.
Era proprio quello che ci voleva. Il gruppo era al completo.
Le due ragazze non capivano ma Bill e Tom sentivano che una parte di
loro andata persa per sempre era finalmente tornata.
La loro umanità.
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Capitolo 36 *** Intrighi ***
Edit: Ho modificato la descrizione, ora
è più "scenica". Fatemi sapere se vi piace
più questa o quella di prima. Inoltre volevo dire una cosa:
io sto sempre a dire che non vedo recensioni, insomma vorrei sempre di
più e a volte non mi rendo conto di quello che
già ho. Grazie per le 33 recensioni, tutti i mi piace e
l'aver messo la storia nei preferiti. Grazie!
Christina si trovava in giardino. Il sole splendeva alto su
di lei e indossava il suo solito vestito bianco. Stavolta,
però, sapeva come sarebbe andata a finire. Bill le era
vicino e le teneva la mano ma non riusciva, non poteva fare nulla. I
suoi occhi erano inespressivi, come se non volesse vedere, come se
fosse cieco. Non poteva aiutarla, quello era il suo destino e doveva
fare tutto da sola. Sapeva che era così, non capiva come, ma
era così. Improvvisamente il cielo si fece cupo e si
alzò il vento. La teneva ferma e la ragazza non riusciva a
muoversi. E poi accadde di nuovo. Dal centro del giardino comparve una
figura mostruosa. Prima non riusciva a vederla bene in faccia ma ora
poteva percepire i suoi lunghi canini e i suoi occhi iniettati di
sangue. Una donna. Una vampira. Ma non come Bill e Tom, non riusciva a
creare un paragone tra i suoi due amici, tra il suo ragazzo e quella
creatura abominevole. Ma non aveva paura. Quello era il suo destino e
lei era pronta. Chiuse gli occhi aspettando.
Sarebbe andato tutto bene. Ne era certa.
Christina si svegliò urlando.
Aveva fatto ancora una volta lo stesso sogno. Da almeno una settimana
non faceva altro che sognare la stessa cosa, la stessa figura che
veniva verso di lei con aria minacciosa. Eppure nel sogno era tutto
così tranquillo, tutto così calmo.
La vita reale non era così.
Era spaventosa, era triste, cupa.
Eppure Christina aveva la certezza che un giorno sarebbe diventato
tutto così semplice.
Proprio come nel suo sogno.
Quei giorni erano stranamente calmi, sembrava essere tornato il
buonumore tra i ragazzi. Due vecchi amici erano tornati e persino le
due ragazze facevano finta di non vedere il sangue dei fantasmi che
gocciolava a terra. I gemelli erano felici e questo era
l’importante. Dopo tutto quello che avevano passato ci voleva
un po’ di felicità.
Anzi era stato proprio Gustav, che di solito non parlava mai, a
consigliare a Tom e a Sue di uscire.
Dopotutto era passato un mese dal loro incontro ed era una data da
festeggiare. I due facevano ancora finta di litigare ma ormai si capiva
che erano innamorati l’uno dell’altra.
E così i due uscirono, incuranti di lasciare Bill e
Christina da soli a casa.
Anzi, forse anche loro due avevano bisogno di un po’ di
privacy.
Tom e Sue già erano usciti altre volte, ma i loro incontri
non erano stati per niente romantici.
Erano andati entrambi a caccia.
Tom cercava la sua vittima e faceva finta di mangiarla
finchè non arrivava Christina e salvava la povera ragazza. E
solo allora iniziava una lotta all’ultimo sangue tra il
vampiro e la cacciatrice finchè entrambi non cadevano a
terra e tutto si concludeva con un lungo bacio.
Era uno sport sadico ma loro si divertivano e, cosa più
importante, nessuno si faceva male.
Tom aveva imparato a bere sangue solo da criminali, proprio come
già faceva Bill e spesso Sue lo aiutava.
Sembravano due supereroi che lottavano insieme per combattere il male.
In realtà Tom e Sue litigavano sul serio perché
la ragazza non voleva che il vampiro uccidesse persone, neanche se
questi erano omicidi, ma quando Tom stava male perché non
prendeva abbastanza sangue Sue si sentiva ancora peggio.
Per questo aveva imparato a convivere con il rimorso.
Altre volte Tom aveva morso Sue, ma non riusciva a saziarsi
perché aveva paura di farle del male.
Insomma, facevano cose davvero strane quei due ma alla fine ne uscivano
sempre con un grande sorriso sulle labbra.
E con un bacio, ovviamente.
Quel giorno, però, avevano deciso di andare in un vero
ristorante di lusso e per l’occasione si erano anche vestiti
elegantemente.
Tom portava un pantalone nero e sopra una giacca e una camicia bianca.
Ci mancava solo la cravatta! Si poteva vedere benissimo che una volta
era stato un galantuomo del 500.
Era elegante e raffinato, non solo per i suoi vestiti ma anche per il
suo modo di comportarsi. Prima ancora di entrare nel locale
già aveva ordinato una bottiglia del più costoso
champagne e aveva pagato un’orchestra perché
suonassero una canzone per i due.
Musica classica, niente di troppo forte, perché non sapeva
la musica che piaceva a Sue.
Voleva far sentire alla ragazza le sue canzoni, quelle che una volta
componeva e suonava, ma sapeva che doveva farlo di persona, nessuno lo
avrebbe potuto sostituire.
Sue di solito vestiva casual, con una maglietta e un paio di jeans
perché preferiva essere comoda nel caso ci fosse qualche
vampiro nei paraggi da uccidere.
Quel giorno indossava un lungo vestito azzurro che si intonava al
colore dei suoi occhi.
Sue era una bella ragazza, con occhi azzurri e capelli biondi al
contrario della cugina che invece li aveva castani. Se non fosse stato
per i capelli sarebbero state uguali.
Aveva i capelli raccolti dietro la nuca e per la prima volta da quando
aveva conosciuto Tom aveva messo un paio di scarpe con i tacchi. Sul
braccio sfoggiava un tatuaggio, qualcosa in una lingua sconosciuta e
con uno strano disegno.
Il simbolo delle cacciatrici.
I due non potevano mai immaginare quello che sarebbe accaduto in loro
assenza.
Poche ore prima Georg e Gustav si trovavano in una grande sala
completamente nera. Sui muri c’erano poche macchie colorate,
tutte rosse, era sangue naturalmente. La luce era fioca e dava
all’ambiente un tocco dark. Sembrava più una
prigione.
Quel posto era il male.
I due fantasmi non erano da soli, davanti a loro c’era una
donna, con occhi color cremisi.
Una vampira.
La vampira.
Era accompagnata da almeno quattro vampiri molto più grandi
e minacciosi di lei ma la donna non aveva paura, anzi sembrava che gli
altri avessero paura di lei.
"Allora ci siete riusciti?" chiese la donna.
"Non ancora, ma abbiamo fatto di meglio. Non ci hanno creduti,
pensavano davvero che ci eravamo presentati in veste amichevole. Ma si
sbagliavano" pronunciò Georg ad alta voce.
La donna scoppiò a ridere.
"Eccellente, davvero un bel lavoro, ma io non vedo ancora la ragazza
qui e sapete cosa succede se non la ottengo…due fantasmi di
mia conoscenza passeranno l’eternità tra atroci
sofferenze"
"Non sospettano di noi, questa sera ti porteremo la ragazza"
E detto questo i due fantasmi scomparirono e ricomparirono qualche
minuto più tardi in casa Kaulitz, proprio prima di
consigliare a Tom e a Sue di uscire.
Il piano era arrivato a termine.
.
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Capitolo 37 *** Love is dead ***
Edit: Scusate se non scrivo da un pò
ma in questi giorni non ho avuto il pc e non ho potuto fare niente, ma,
come vedete, sono tornata con tante idee. Questo capitolo è
molto triste, ma anche romantico a modo suo e, il resto scopritelo voi.
Al prossimo capitolo!
È successo tutto in meno di un attimo.
Si sentivano le grida, le urla, mentre Bill tentava inutilmente di
prendere la ragazza, la sua ragazza.
Sembrava una scena al rallentatore, tutto così veloce ma
allo stesso tempo tutto così lento.
Non poteva essere vero.
Non poteva essere accaduto davvero.
“Nooooooooooooooo” era l’unico suono che
echeggiava nella mente del vampiro.
Come era possibile?
Pochi minuti prima lui e Christina erano seduti sul divano, da soli, e
parlavano. Si sentivano come due persone normali, due amanti normali,
che confessavano il loro amore per la prima volta. Il male non
esisteva, niente di tutto quello esisteva, esistevano solo loro due.
Forse si erano convinti che sarebbe finito tutto per il meglio, che in
fondo non era tutto così brutto come pensavano.
Si sbagliavano.
Come aveva fatto a fidarsi di quei due?
Bill si teneva la testa tra le mani. Voleva essere proprio come suo
fratello, non voleva pensare, capire, cercava di vivere in quel piccolo
mondo nella sua testa, senza pensare a quello che accadeva fuori.
Non voleva realizzare.
Voleva cancellare tutto, annullare tutto.
Ma per qualche strano motivo non ci riusciva.
“Oh Bill come sei debole” mormorava. Ma sapeva che
la sua non era debolezza, ma amore, era inutile negarlo.
La scena gli tornava avanti anche se faceva di tutto per dimenticare.
Piccoli frammenti ogni tanto ricomparivano.
Christina che urlava.
Lui che cercava di prenderla.
Georg e Gustav che lo tenevano da dietro e non gli permettevano di
muoversi.
Lei che rideva e che se ne andava trascinando la sua ragazza.
Non poteva essere successo davvero.
Perché non l’aveva messa in guardia? Sapeva cosa
aveva in mente lei, l’origine di tutti i mali, ma aveva
preferito tacere pur di non spaventare Christina. Non voleva
terrorizzarla. E invece avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto metterla
in guardia.
Ma perché proprio lei? Cosa aveva lei di speciale?
La risposta gli venne in mente come un flash.
Lei stava con un vampiro.
Lei aveva abbandonato tutto per un vampiro.
Era stato lui a metterla in pericolo.
Le mani di Bill afferrarono istintivamente i suoi capelli e per poco
non li strapparono.
Lacrime rosse scendevano sulle sue guance.
Improvvisamente sentì un rumore alla porta, chiavi che si
giravano, una piccola risata.
Tom e Sue erano arrivati ma Bill non voleva andare da loro, non voleva
neanche raccontare loro quello che era successo, voleva solo rintanarsi
nella sua mente e dimenticare tutto.
Pochi giorni prima aveva vissuto in un sogno, ora si era svegliato e
aveva trovato l’inferno.
Voleva tornare in quel sogno.
Tom era entrato in casa e la sua espressione era diventata sconvolta.
La casa era letteralmente a pezzi, sembrava che una battaglia fosse
stata combattuta lì.
La faccia di Tom faceva talmente paura che anche Sue si
spaventò prima di capire cosa era veramente successo.
E poi lo notarono, Bill, seduto a terra con le mani tra i capelli.
Sembrava una statua.
"Bill che cosa è successo?" disse Tom.
"Bill" continuò il ragazzo quando vide che il fratello non
rispondeva.
"Bill, Bill, ci sei?"
Ma niente. Bill non si muoveva.
“Andate via” voleva urlare ma ormai la sua voce non
aveva più la forza di uscire dalle labbra.
Tom cercò di scrollarlo molte volte, ma il vampiro non
accennava a muoversi.
Era come se fosse…morto.
I suoi occhi erano senza espressione.
Non si poteva vedere neanche la sofferenza da quelli.
Non si vedeva niente.
Era come se Bill non ci fosse.
Forse ce l’aveva fatta a estraniarsi da tutto e da tutti o
forse era davvero morto, ma il pensiero non lo ferì, anzi lo
fece sentire sollevato, almeno l’avrebbe di nuovo incontrata.
Sue si guardò intorno con aria interrogativa. Era sempre
stata una ragazza molto intelligente e aveva già capito
tutto. Ma neanche lei voleva crederci. Aveva solo bisogno di conferme
per cominciare a piangere.
"Bill, dove è Christina?" disse, con voce rotta dal pianto.
Una lacrima rossa scese dall’occhio di Bill e allora la
ragazza capì di aver ragione.
Almeno Bill era ancora là.
E piangeva.
Piangeva lacrime di dolore.
Piangeva lacrime di amore.
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Capitolo 38 *** Revelations ***
Edit: Beh prima di tutto, oggi sono andata nella sezione
"guarda chi segue le tue storie" e ho trovato bene 13 persone! Grazie,
grazie davvero. Vi voglio chiedere però un favore: potete
mettere mi piace a questa pagina
http://www.facebook.com/#!/pages/ShinyDarkFs-Stories/178485625555055
? Questa è la pagina di facebook dove
pubblicherò tutte le mie storie e sarebbe molto importante
per me vedere a quante persone piacciono le mie fan fiction. A presto
con il prossimo capitolo!
"Non è lei, non può essere"
"Stai zitto, se abbiamo sbagliato ragazza, allora si che siamo in seri
guai"
"Ma è stata lei a dirci di prenderla"
"Allora dobbiamo fidarci ed essere certi di aver fatto la cosa giusta"
Christina era stesa a terra, apparentemente era svenuta, non si
muoveva, ma in realtà riusciva a sentire tutto. Georg e
Gustav, i due fantasmi di cui si era tanto fidata ora parlavano di lei
come se fosse la “prescelta” o una cosa del genere.
Era solo una normalissima ragazza che si era cacciata in un mare di
guai, come facevano a non capirlo?
Georg e Gustav, non le erano mai piaciuti quei due. Già
quando li aveva visti aveva capito che in loro non c’era
nulla di raccomandabile ma aveva tenuto il suo pensiero per
sé, dopotutto erano amici dei gemelli e i gemelli si
fidavano di loro. E poi in quei mesi aveva imparato ad andare oltre le
apparenze e così pian piano i due fantasmi erano entrati
nelle sue grazie.
Quanto tempo era passato? Le sembravano anni, forse anche di
più e invece a stento erano passati due mesi.
Ricordava la sua vita prima di aver conosciuto Bill, non conosceva la
paura, non si sarebbe mai trovata in una situazione del genere, non
avrebbe scoperto una nuova realtà, la sua vita sarebbe stata
normale proprio come quella di tutti gli altri ragazzi.
Ma non avrebbe neanche conosciuto la gioia. Anche ora, prigioniera,
esausta, spaventata, avrebbe preferito vivere pochi giorni pieni in
quel mondo che una vita intera come la ragazza che era prima.
"Alzati, ragazzina"
Una voce echeggiava nell’aria, cupa e fredda, come se venisse
da un corpo morto.
"Non hai sentito quello che ti ho detto?"
Aveva già visto quella donna, bella all’apparenza
ma brutta nell’animo quando i due fantasmi
l’avevano presa e portata da lei.
Non le faceva paura, era come se in realtà la conoscesse
già da tempo.
Piano piano decise di alzarsi, proprio come voleva la vampira.
Christina era sempre stata una ragazza timida, a volte indecisa, ma
nessuno poteva mai dire che mancava di coraggio.
Si avvicinò alla donna in modo che i loro sguardi si
incrociassero.
"Sai perché sei qua?" disse la donna con la sua fredda voce.
"Stavo proprio aspettando che me lo dicessi"
"Tutto a suo tempo, intanto non sei contenta di rivedermi?"
"Io non ti conosco"
"Certo che si, ti ho vista nascere e crescere"
"Che strano, io ricordo tutte le persone della mia infanzia e tu non
eri tra loro"
Christina era più che a suo agio. Il suo tono era
sprezzante, la sua voce ferma e decisa.
La vampira scoppiò a ridere.
"Certo, piccola ingenua, tu non mi hai visto, non mi sono mai
avvicinata ma io ti ho osservato. Sempre, finchè non ti sei
decisa ad uscire dal tuo cerchio protettivo, solo allora ho attaccato"
"Tu hai attaccato Tom, questo lo so, e hai fatto del male a tutte le
persone a cui voglio bene e ora hai preso me, quale è il tuo
piano?"
"Loro sono solo un diversivo, sapevo che in qualche modo sarebbero
stati legati a te, lo dicono tutte le profezie, è solo te
che voglio"
La ragazza cominciò a spaventarsi anche se non lo dava a
vedere. Era la seconda volta che sentiva parlare di profezie e non le
piaceva per niente. Non poteva esserci una profezia che riguardasse
lei, lei non era niente in fin dei conti.
"Io non sono nulla" esclamò con una voce che andava dal
preoccupato al furioso.
Ancora una volta la donna scoppiò a ridere.
"Sciocca! Se tu non fossi nulla ora non saresti qua"
"E allora dimmelo tu cosa ci faccio qua"
"Le profezie recitano così: un giorno un angelo si
reincarnerà in una ragazza, a prima vista sarà
impossibile da trovare, ma la sua aura la tradirà. Lei
è la sola che riporterà la luce sulle tenebre e
caccerà il male per sempre da questo mondo."
"Non sono io"
"Ti sbagli. Nessuno lo può sentire, neanche i tuoi cari
amici vampiri, ma quando sei nata ho sentito il pericolo che porti con
te, tu sei nata per distruggere il male, per distruggere me e questo
non posso permetterlo"
"Illusa. Tu non sei il male, il male è un miscuglio di cose.
Tu ne fai parte, ma fidati, se anche uccidessi te non avrei estirpato
tutto il resto di oscurità dal mondo"
"Forse, ma se io uccidessi la “prescelta” o
qualunque cosa tu sei io avrei vinto su tutti, anche su quello che tu
chiami “resto di oscurità” e nessuno
oserebbe opporsi a me, allora saremo liberi di fare quello che
vogliamo, di ridurre gli umani in schiavitù, di creare un
mondo dove noi saremo i padroni"
"Questo non accadrà mai, qualcuno prima o poi ti
fermerà"
La vampira sorrise.
"Questo è un rischio che sono pronta a correre"
Christina sapeva cosa stava per succedere, una pazza stava per
ucciderla e quello che era peggio è che stava per morire per
un motivo stupido. Le profezie non potevano esistere e di certo lei non
ne faceva parte, lei era solo una ragazza e lo sapeva benissimo.
"Voi due preparatela per la cerimonia" disse la vampira a Georg e a
Gustav.
Ecco quello che la ragazza temeva di più, non sarebbe stata
una cosa veloce ma una vera e propria cerimonia dove la sua nemica si
sarebbe vantata di possedere chissà quale oggetto raro. La
sua furia aumentava mentre i due che sembravano tanto incorporei la
strattonavano per il braccio e la portavano in un’altra
stanza.
Bill era ancora riluttante a parlare.
Credeva di essere il responsabile, credeva di aver messo nei guai
l’unica cosa a cui teneva veramente. Rabbrividiva se pensava
di aver appena chiamato la ragazza dei suoi sogni
“cosa”.
Non avrebbe mai pensato dopo tanto tempo di provare sentimenti
così forti ma alla fine era accaduto e ora non riusciva a
pensare al dolore che avrebbe provato se l’avesse persa.
Era stato un giorno intero zitto, pensando di estraniarsi dal mondo
intero, pensando che se non ci avesse pensato, se avesse chiuso la sua
mente il dolore non sarebbe venuto.
E invece non era stato così, quindi a malincuore, piangendo
lacrime di sangue, aveva deciso di parlare, forse si poteva fare ancora
qualcosa.
Tom non credeva a quello che aveva sentito, il tradimento di Georg e
Gustav, il rapimento di Christina. Perché quei due avevano
agito così? Sembravano così cordiali, sembrava di
aver trovato dei vecchi amici, invece avevano trovato solo due nuovi
nemici. Traditori, ecco il termine esatto. Come avevano potuto? E
perché avevano preso proprio Christina? Avevano due vampiri
e una cacciatrice, lei era l’unica che non aveva a che fare
con quel mondo. Forse l’avevano presa come ostaggio, ma
allora perché non c’erano richieste di riscatto?
Perché improvvisamente il freddo che avevano sentito fino a
qualche giorno fa era scomparso? Nessuno li stava più
osservando, nessuno li cercava più, era finita.
Sue era sull’orlo delle lacrime. Aveva due
responsabilità, quella di cacciatrice e quella di cugina e
le aveva fallite entrambe. Aveva lasciato che forze oscure vivessero,
non le aveva combattute, ed era colpa sua se avevano preso sua cugina.
Voleva dare la colpa a Tom che l’aveva distratta dal suo
lavoro di ammazzavampiri ma non ci riusciva, amava Tom anche se era un
vampiro a non riusciva a pensare che una cosa così brutta
fosse accaduta a causa di una cosa così bella.
Ognuno si dava la colpa, ognuno pensava di aver fallito.
Poi, improvvisamente, qualcuno bussò forte alla porta.
Tutti si precipitarono, aspettavano magari che la ragazza fosse
tornata, anche se un pensiero aleggiava nelle loro menti: e se fosse
stato qualcuno a riportare il corpo morto di Christina? No, quello
sarebbe stato peggio di ogni altra cosa. E se fosse stato un
avvertimento o una richiesta di riscatto?
Ma una volta aperta la porta, Christina non c’era,
né c’era un vampiro, o un umano, o un fantasma,
solo un piccolo foglio di carta bianco con una scritta rossa,
probabilmente fatta con del sangue, sopra.
H.S.Place, East Road, 123
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Capitolo 39 *** Arriverà ***
La strada era scura e desolata.
Il gruppo si mosse velocemente, forse per non essere scoperto o forse
semplicemente perché aveva fretta.
Sue era la più energica di tutti. Probabilmente voleva
uccidere qualcuno, voleva punire colui o colei che aveva osato toccare
sua cugina e in più sapeva che si sarebbe divertita come
ormai non faceva da tempo. Da quando stava con Tom, il suo
comportamento verso i vampiri era cambiato. Vedeva molti mostri senza
cuore, ma una volta anche Tom lo era stato e poi era diventata una
persona magnifica, chi le diceva che quegli immortali non sarebbero
cambiati?
Ancora non avevano capito chi aveva scritto quel biglietto, qualcuno
che di certo li voleva aiutare.
Ma chi poteva essere? Sembrava che in quel periodo tutti fossero contro
di loro…
La casa era proprio come se l’aspettavano, scura, quasi come
il castello di Dracula, si trovava su una collina non facilmente
raggiungibile, quasi isolata dal resto del mondo.
E per di più loro non volevano essere notati..
Esseri mostruosi sorvegliavano il cancello, metà vampiri e
metà licantropi.
<> disse Tom che
aveva osservato a lungo la situazione da dietro un cespuglio.
<> mormorò
Sue.
<>
<>.
Tom rise, sapeva che la ragazza lo avrebbe fatto.
Ad un certo puntò il cancello si aprì ed
entrarono dei vampiri, trattavano quasi con disprezzo i custodi del
cancello, quasi come se loro fossero superiori.
Portavano un biglietto con loro, non come quello che avevano ricevuto i
tre ragazzi ma qualcosa di più raffinato, sembrava un
piccolo pezzo di stoffa nera ricamato a mano.
Sembravano quasi degli inviti, come se ci fosse stata una festa.
La scena ricordava molto una discoteca, una di quelle famose, dove le
persone devono prima dire il loro nome e poi, se sono sulla lista degli
invitati, possono entrare.
Ma quella non era una festa, né un posto dove ridere e
ballare, quello era l’inferno.
I ragazzi non riuscivano a capire come intrufolarsi, l’unico
modo che avevano era di mostrare il loro biglietto falso.
Ma sarebbero stati scoperti.
Oppure c’era il metodo di Sue ma anche con quello sarebbero
stati scoperti, anzi forse era il metodo peggiore e l’ultima
cosa che volevano era annunciare la loro presenza.
Ne avrebbero risentito, e chissà cosa sarebbe successo a
Christina.
Non c’era speranza.
Intanto Christina si ritrovava in una cella, le sembrava quasi di
essere in una prigione, solo che almeno in prigione avrebbe avuto la
possibilità di vivere, una vita infame, come se avesse fatto
qualcosa di male, ma almeno avrebbe vissuto.
No, forse la prigione era peggio di quello che le stava per accadere,
almeno tutto sarebbe finito presto.
Forse aveva più paura dell’attesa che
dell’atto vero e proprio.
E poi non poteva realizzare quello che la donna le aveva detto.
Lei, un angelo, impossibile.
Si girò per guardarsi la schiena, no, non aveva le ali.
Né aveva poteri di qualche genere oppure sarebbe scappata in
meno di un secondo.
Probabilmente si era sbagliata, non aveva preso la persona giusta, ma
intanto lei sarebbe morta.
Sentì dei passi nel lungo e stretto corridoio, qualcuno si
stava avvicinando.
Si portò istintivamente le mani sugli occhi, forse era
finita, era venuto il momento e lei non lo voleva sapere, non voleva
vedere e neanche immaginare.
Voleva solo sparire ma, angelo o no, non ci riusciva.
Due ombre si avvicinarono e Christina emise un sospiro di sollievo,
sollievo che durò per poco.
Erano i due fantasmi, cattivi, traditori, ma almeno era qualcuno che
conosceva.
In quegli ultimi istanti pensò un’ultima volta
alla sua vita, a quello che aveva fatto e alla fine a Bill.
La sua immagine divenne nitida nella sua mente. Non era
l’immagine di un vampiro ma quella di un semplice ragazzo, il
ragazzo che aveva conosciuto a scuola e di cui si era innamorata.
Ecco, non aveva più bisogno di mani che le impedissero di
guardare perché Bill sarebbe stata con lei,
l’avrebbe aiutata.
Non sarebbe venuto a salvarla, ormai non ci sperava più,
anzi temeva quel pensiero perché quella donna poteva fare
del male al vampiro.
E lei non voleva questo, preferiva morire piuttosto che vedere gli
altri soffrire per colpa sua.
Ma il pensiero di Bill sarebbe stato sempre con lei, davanti ai suoi
occhi, come se lui fosse stato veramente presente e l’avrebbe
sostenuta, le avrebbe rivolto quel suo tipico sorriso capace di ridarle
gioia.
E speranza.
I due fantasmi la presero per le braccia senza dire neanche una parola
e la portarono via dalla cella.
Christina probabilmente non sarebbe mai riuscita a dimenticare il clic
metallico che fece la porta mentre si richiuse.
Aveva un suono strano, angoscioso.
Bill non poteva più aspettare, nella sua mente aleggiavano
solo brutti pensieri e sapeva che ogni secondo che perdevano poteva
essere fatale.
Istintivamente si alzò in piedi. Tom e Sue erano troppo
impegnati a discutere e non si erano accorti della sua mancanza.
Si sentiva un automa.
Quando aveva scritto Automatic aveva pensato ad una situazione
immaginaria, non avrebbe mai creduto qualche tempo fa che quella
realtà poteva diventare così…vera.
I suoi piedi si mossero da soli e si diressero verso il grande
cancello, nero, come ogni altra cosa che si trovava lì.
Con ogni passo si avvicinava a quella che era la sua meta, il suo
sguardo cupo e spento, la sua mente vuota.
I due guardiani lo avevano visto ma avevano fatto finta di niente,
forse pensavano che era un ospite, dopotutto era sempre un vampiro, non
avevano capito che lui era il nemico.
Bill era sempre più deciso.
Forse perché in quel piccolo lasso di tempo tutto era
passato nella sua testa, le avventure, le varie leggende che lo
riguardavano.
La terra cominciò a tremare, sembrava che stesse per
arrivare un terremoto devastante ma fino a qualche secondo fa non
c’era stato nessun segno.
Solo allora Tom e Sue si accorsero di Bill e di quello che stava
facendo.
Senza pensarci due volte si diressero verso di lui, ma ormai era troppo
tardi e neanche la super velocità di Tom poteva essere
d’aiuto. Bill era già arrivato.
"Fatemi entrare" pronunciò con voce fredda.
"Nome?" rispose una delle due creature, quella più vicina.
"Ho detto lasciatemi entrare"
La terra tremava sempre di più e ora neanche Tom riusciva a
rimanere dritto.
Bill invece sembrava imperterrito e determinato.
Entrambi i guardiani si stavano avvicinando, erano molto più
alti e più grossi di lui ma Bill continuava a non muoversi.
E allora successe.
Il vento cominciò a farsi sentire e all’improvviso
comparve un vero e proprio uragano che si dirigeva verso il cancello,
dove si trovava anche il vampiro.
Tom cominciò ad urlare, voleva muoversi ma qualcosa lo
tratteneva, era come se qualcuno lo stesse trattenendo.
Le foglie cominciarono a staccarsi dagli alberi e a far parte del
tornado.
Era sempre più vicino ma non si dirigeva verso Bill
bensì verso i due mostri, inghiottendoli e portandoli via
dove nessuno li avrebbe più trovati e da dove non sarebbero
tornati per un bel po’.
E per tutto quel tempo non si vedeva neanche un accenno di paura sul
volto di Bill non perché sapeva che una cosa del genere non
poteva fare niente ad un vampiro ma perché sapeva che quello
che era accaduto non era frutto del caso.
Era stato lui a crearlo.
Nella mente di Bill tanti pensieri comparvero.
Le leggende su di loro, il vampiro che nel bar aveva paura, le parole
di Tom dopo essere stato impossessato…era tutto vero.
Ecco perché il demone aveva liberato Tom quando lui lo aveva
toccato.
Ecco perché aveva inviato Georg e Gustav a prendere
Christina e non si era presentato di persona.
Perché non poteva.
Perché lui e Tom l’avrebbero distrutta.
E Christina…anche lei non era del tutto normale, Bill lo
aveva sempre un po’ saputo, lei aveva qualcosa di speciale.
Quei tre insieme avrebbero potuto fare grandi cose ma lei, la cattiva,
non poteva permetterlo.
Aveva avvertito la minaccia prima ancora che i suoi nemici la
conoscessero.
Ma ora Bill aveva capito tutto.
Lei non aveva più scampo.
Christina era arrivata finalmente. Il buio era finito e probabilmente
era uscita all’aperto, riusciva a percepire la luce del Sole
ma i suoi occhi non erano ancora del tutto aperti.
Era stata per troppo tempo al buio e non riusciva a vedere bene.
Quando, alla fine, riuscì a mettere al fuoco,
sobbalzò per lo stupore.
Ma dopotutto era calma, perché qualcosa dentro di lei le
diceva che non c’era nulla di strano in quel che vedeva.
Il giardino, quello che aveva popolato per tanto tempo i suoi sogni,
comparve davanti a lei.
"Ti stavamo aspettando" disse la fredda voce.
Edit: l'ho già detto nel capitolo vecchio ma forse alcuni di
voi non l'hanno visto quindi lo ripeto(si, questa è l'ultima
volta, promesso) se avete facebook e vi piacciono le mie fan fiction e
se volete naturalmente, mettete mi piace a questa pagina QUI.
Grazie ancora per il fatto che leggete le mie FF e spero che vi possano
piacere questi ultimi capitoli! See you soon!
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Capitolo 40 *** Angel ***
Edit: Sono gli ultimi capitoli, su postate
qualche recensione...a proposito se volete fare critiche, sappiate che
se sono per migliorare la storia, sono sempre ben accette
Christina riusciva a vedere bene. I raggi del Sole entravano nei suoi
occhi e creavano mille colori, era così strano che un
vampiro avesse scelto un paesaggio così bello per un atto
così malvagio.
Tutto era identico al suo sogno, la grande fontana da cui
l’acqua sembrava di mille colori, il grande giardino dove
aveva creduto di vedere Bill.
Ma lui non c’era.
Ma nel suo sogno improvvisamente tutto il bello spariva, il Sole ad un
certo punto veniva coperto dalle nubi e ogni cosa si trasformava in
qualcosa di sinistro, malvagio, cupo.
Il bene si confondeva al male.
Era la fine, in poche parole.
Ora la ragazza aveva capito cosa stava per accadere. Non sapeva come
né perché ma ad un certo punto, dopo il
sacrificio la notte avrebbe preso il sopravvento sul giorno e le
creature dell’oscurità sarebbero state libere di
uscire allo scoperto, portando il caos.
Il male avrebbe governato per sempre e la resistenza sarebbe stata
praticamente impossibile.
Ma non riusciva a capire cosa c’entrasse questo piano con
lei, certo, sarebbe morta, forse avrebbe sconvolto così la
cacciatrice e due vampiri potentissimi ma non poteva di certo eliminare
la luce dalle ombre.
"Non lo riconosci? È qui che sei nata"
La vampira parlò e solo allora Christina notò la
folla, composta almeno da una dozzina di persone che si trovava alle
sue spalle, nell’ombra, quasi timorosa di avvicinarsi e di
entrare nella luce.
Era sempre un’umana in mezzo a dei mostri, era certa che
l’avrebbero subito attaccata, invece nessuno aveva osato fare
un minuscolo passo verso di lei.
La vampira proseguì.
"No, probabilmente no, è passato tanto tempo. Tu sei nata
qui, io ho fatto molto, tutto quello che potevo per impedirlo ma alla
fine tu sei arrivata. Sai, molte persone si sono radunate qui, persone
con poteri che tu non puoi neanche immaginare, streghe, forze
bianche… Volevano porre fine al mio potere perché
avevano capito che non potevano sconfiggermi, tra questi
c’erano anche i genitori del tuo amato vampiro ed
è così che sono morti, per causa tua. Un potere
così forte non può non avere conseguenze. Li ha
distrutti tutti, fino all’ultimo, ma loro probabilmente
sapevano a cosa andavano incontro. E io ho visto tutto, inerme,
perché sapevo che non potevo fare niente, anzi, ti rivelo
una cosa, se sono viva è già tanto.
Secondo quella gente il potere avrebbe distrutto anche me invece
è successo qualcosa di completamente diverso.
La vedi quella fontana? Bene, quello è il luogo
più potente che esista su questa terra, la chiamano per
qualche motivo la fonte del bene. Qui è stato fatto
l’incantesimo e da quell’acqua è uscito
un raggio di luce fortissima che ha colpito prima gli umani,
uccidendoli, e poi me. Ma io non sono stata distrutta e la magia non
è finita, da quella luce è uscita una bambina, ma
non un essere umano, qualcosa che andava oltre le mie aspettative,
qualcosa di magnifico e spaventoso allo stesso tempo.
Un vero, autentico angelo.
E quello eri tu.
Non chiedermi come faccio a sapere ciò che eri,
l’ho capito improvvisamente quando ti ho vista,
così pura, così innocente…
C’è stato solo un sopravvissuto a quella tragedia,
una donna, che aveva capito che l’incantesimo sarebbe finito
male e si era rifiutata di pronunciare la formula magica, non si era
neanche avvicinata, era rimasta nell’ombra proprio dove ora
sono i nostri ospiti.
Lei aveva capito cosa era successo, pensa che era riuscita a farsi
un’idea prima di me.
Le forze supreme conoscono il presente, il passato e soprattutto il
futuro, sapevano quanto ero e sono forte ora, uccidermi non poteva
essere così semplice.
Per uccidere un grande male bisogna eliminare un grande bene, in modo
che l’equilibrio del mondo venga ristabilito.
E così hanno mandato te, ma qualcuno doveva ucciderti.
Vedi la magia mi aveva colpito, io e te eravamo legate ma il legame non
poteva durare a lungo, solo per un breve tempo e in
quell’arco di tempo se tu venivi uccisa, anche io sarei morta.
La donna ci ha provato, davvero, abbiamo lottato tanto e alla fine lei
ha avuto la meglio su di me, non è riuscita ad uccidermi ma
è riuscita a bloccarmi il tempo necessario poiché
potesse uccidere te.
Ma lei era una debole e non ci è riuscita, è
rimasta titubante davanti a tanta bellezza e intanto il tempo passava e
il legame che ci univa piano piano diventava sempre più
lieve fino a spezzarsi.
Allora i ruoli si sono invertiti.
Io volevo ucciderti, così l’equilibrio si sarebbe
rotto e il male avrebbe trionfato ma ero ancora bloccata, se mi fossi
liberata pochi secondi prima sarei riuscita nel mio intendo.
Ma la donna è scappata e io alla fine l’ho
inseguita ma lei era molto, molto più avanti di me ed
essendo una strega aveva una velocità molto simile alla mia
e poteva rallentarmi con i suoi poteri.
E ha fatto l’unica cosa che non doveva fare, ti ha portato a
Scream Land, la patria che i suoi antenati avevano protetto e che era
diventato il luogo più sicuro sulla Terra.
Io non potevo entrare lì ma neanche lei.
Ora le cose sono un po’ diverse, la magia si è
affievolita, vampiri, cacciatrici possono entrare, ma per me che sono
un po’ il capo l’accesso è ancora negato.
A quei tempi nessuna creatura non umana poteva entrare lì,
streghe comprese.
Lei ti ha lasciata nei confini della città ma non poteva
superare il varco e così mi sono presa la mia rivincita, e
l’ho uccisa.
Una coppia passava lì e ha visto tutta la scena, volevo
eliminarla ma come ti ho detto prima non potevo entrare e
così l’uomo e la donna hanno temuto che ti potessi
far del male e ti hanno presa e da allora ti hanno sempre cresciuta e
amata proprio come una figlia.
Da allora io ti ho spiata sempre, tendendoti dei tranelli in modo che
tu uscissi e venissi da me ma eri sempre controllata, non ti hanno mai
fatta allontanare dalla città, neanche di pochi metri.
Ma alla fine ho avuto quel che volevo e tu ora sei qui per finire
quello che abbiamo iniziato tanto tempo fa"
"Io non ci crederei molto"
Una voce aveva parlato, una voce così familiare.
Christina si voltò, sconvolta, non sapeva se per la
rivelazione o per quella voce.
Bill.
Ma non era il Bill che conosceva lei, era il Bill che le era apparso in
sogno, con occhi iniettati di sangue ed espressione cattiva.
Un perfetto vampiro.
Ma la ragazza non era spaventata come nel suo sogno, sapeva che Bill
non sarebbe stato cattivo con lei ma solo con la donna malvagia anzi
l’avrebbe aiutata, era venuto a salvarla.
Il suo incubo stava per finire.
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Capitolo 41 *** The edge of glory ***
Edit: Non scrivo da un bel pò di tempo
e so che questo mi ha fatto perdere lettori ma volevo che l'ultimo
capitolo fosse davvero memorabile. Ed eccolo qui, l'ultimo capitolo
finalmente, un pò lungo ma vale davvero la pena leggerlo ;)
Bill non era venuto semplicemente per salvarla, era venuto per
liberarla.
Il suo viso era spietato, cattivo e dolce allo stesso tempo, un viso
meraviglioso, spaventoso, ma allo stesso tempo nessuno sarebbe stato
capace di resistere al suo fascino.
Il vampiro non era venuto a fare lunghi discorsi o ad alimentare vane
speranze, il suo scopo era ben preciso e non avrebbe fallito.
Non guardò Christina nemmeno per un secondo, sapeva che il
suo sguardo non gli avrebbe dato coraggio ma avrebbe solo suscitato
paura e tante domande e non poteva permetterlo, doveva rimanere lucido
finchè poteva.
Doveva, a tutti costi, oppure tutti i suoi sforzi sarebbero
irrimediabilmente scomparsi nell’oblio.
Quasi non era cosciente di quello faceva, era come se lui e il suo
corpo fossero legati solo da un sottile filo, pronto a spezzarsi.
La vampira rise.
Neanche lei voleva dire troppe parole, voleva semplicemente che tutto
finisse, che il suo momento di gloria arrivasse.
Ma il suo sorriso trapelava anche qualcosa di misterioso e nascosto,
qualcosa che aveva celato da tanto tempo e che non aveva il coraggio di
far risorgere: la gioia.
Nella sua lunga, lunghissima vita aveva conosciuto tante cose, la
paura, l’angoscia, il massacro ma non aveva mai conosciuto
l’amore.
Se solo ci fosse stato anche per lei qualcuno come Bill le cose
sarebbero andate in maniera molto diversa.
Se solo fosse venuto qualcuno a salvarla prima che fosse troppo
tardi…
Ma il passato è il passato e bisogna andare avanti, e in
quel momento l’unica cosa che contava era la morte della
ragazza, non importava il prezzo da pagare.
Finalmente si sarebbe riscattata, sarebbe stata la regina.
E nessuno poteva fermarla.
La donna si avvicinò a Christina e lo stesso fece Bill,
entrambi volevano prendere la ragazza ma per due motivi completamente
differenti.
"Lasciala a me" esclamò la vampira ma Bill non aveva
intenzione di sottomettersi, avrebbe rinunciato alla sua vita piuttosto
che alla sua anima gemella.
Ci fu un momento in cui Christina guardò il ragazzo negli
occhi, come se volesse fermarlo con lo sguardo, come se avesse capito
qualcosa ma non riusciva a dirlo, sapeva che avrebbe trovato le parole
se solo Bill l’avesse guardata.
Ma Bill non ricambiò il suo sguardo.
Qualcosa aleggiava nella mente della ragazza, qualcosa che non aveva
mai provato prima, ma non erano emozioni, non era neanche la paura, non
era qualcosa di spiegabile.
Era come se si fosse abbandonata al suo destino ma non
perché sapeva di proteggere Bill in questo modo ma
perché sentiva di doverlo fare.
Istintivamente cominciò a correre, senza saperne il motivo.
Si era illusa di poter evitare una guerra invece aveva solo dato il
fischio d’inizio.
Immediatamente i due vampiri furono su di lei, troppo veloci
perché li potesse vedere.
Bill la teneva per un braccio mentre la donna, che aveva capito che in
questo modo non avrebbe concluso niente, la lasciò stare e
si avventò sul giovane, graffiandolo e picchiandolo.
Ma questa volta non aveva scelto una buona strategia perché
Tom, per salvare il fratello si spinse verso di lei, per scansarla.
Era proprio lei, come poté costatare, la donna che lo aveva
trasformato in vampiro.
Christina non aveva notato prima di allora la presenza di Tom e di Sue,
e quando vide sua cugina le scappò una lacrima di
commozione, lacrima che la cacciatrice non avrebbe mai visto.
Intorno a lei i demoni erano usciti dall’ombra, intenti
probabilmente ad uccidere Bill ma Tom e Sue li stavano fermando.
La scena di Sue che combatteva con una forza disumana e con una certa
abilità impressionò la ragazza, che non aveva mai
visto la cugina combattere, anzi fino a poco tempo fa non avrebbe mai
immaginato quella scena.
Era come vedere un balletto, un saggio di qualche danza o di karate, o
anche un film.
Ma quello che faceva sua cugina non era la scena di un film,
né era qualcosa di fittizio, era la dura realtà
che doveva affrontare ogni giorno all’oscuro di tutti.
Come era coraggiosa.
E ora stava affrontando una battaglia con almeno venti demoni, stava
rischiando la vita solo per lei ma non sembrava preoccuparsene tanto
perché sapeva di potercela fare, quello era il suo compito e
la sua missione.
Missione, questa parola stranamente le gelò il sangue nelle
vene.
Bill si era liberato, era più forte di quanto aveva creduto,
forse addirittura più forte di quanto Bill stesso avrebbe
mai pensato e Tom era tornato da Sue, per aiutarla.
Dal modo in cui si comportavano, da come si guardavano Christina
capì che anche sua cugina, rude e asociale, come tanto tempo
prima l’aveva etichettata, aveva finalmente trovato il vero
amore.
Una certa felicità, una certa pace attraversò il
suo corpo.
Se non fosse per i combattimenti e i vampiri che cercavano
disperatamente di uccidere lei e i suoi amici, quella scena sarebbe
stata uguale al suo sogno, ma non si sarebbe mai trasformato in incubo.
Bill combatteva davvero bene anche se i suoi attacchi non sembravano
affiggere la vampira.
Improvvisamente piccoli lampi di luce comparivano e scomparivano, ed
era Bill a farli e Christina lo poteva sapere anche non guardandolo.
Non ne conosceva il motivo, ma da quando aveva scoperto tutte quelle
leggende sui gemelli aveva sempre pensato che i due non fossero
soltanto vampiri ma di più.
E infatti era così, erano anche stregoni e chissà
cosa altro in più.
E sapeva che avrebbero sempre usato il loro potere a fin di bene,
nonostante la loro natura malvagia.
E, secondo le leggende, loro erano destinati a sconfiggere il male,
loro erano così importanti.
Non lei.
Un sorriso sfiorò le sue labbra.
Nessuno si curava più di lei, ognuno era preso da un nemico,
che cercava di distruggere.
Poteva forse anche scappare ma non avrebbe mai permesso che i suoi
amici, che erano venuti lì solo per salvarla, fossero
rimasti soli.
Era come se fosse entrata in uno dei suoi sogni, precisamente in quello
che aveva fatto tante di quelle volte e da cui era assillata.
Il Sole splendeva e i suoi piedi si muovevano da soli, portandola a
quella fontana.
Che strano, aveva sentito dire tante cose strane su quel posto, era
stato anche chiamato “il luogo più potente del
mondo, confine tra terra e oltre” eppure a lei sembrava solo
e soltanto una semplice fontana.
Si avvicinò ancora di più fino a vedere la
limpida acqua cristallina che specchiava il suo viso.
Ma all’improvviso, proprio come nel suo sogno, il Sole
scomparì e vennero le nuvole e nello specchio
d’acqua la sua immagine cambiò.
I suoi caratteri si modificarono fino a prendere le sembianze di una
donna adulta, bionda e con gli occhi azzurri.
Era davvero bella, come se fosse… un angelo.
La donna sorrideva ma il suo sorriso racchiudeva qualcosa di
malinconico, come se stesse trattenendo un pianto imminente.
Non c’era bisogno di spiegazioni, quella era la donna che
aveva portato in salvo la ragazza quando questa era ancora una bambina,
la donna che le aveva donato la vita.
E Christina la riconobbe, prima ancora che questa potesse presentarsi.
E all’improvviso non fu solo l’immagine a cambiare,
la fanciulla sentiva dentro la sua testa una voce femminile, dolce,
come se quella donna veramente stesse sussurrandole
all’orecchio.
Anche la sua faccia diventò malinconica a causa delle cose
che le venivano dette, cose brutte, ma che erano necessarie e lei, in
fondo al suo cuore sentiva che doveva crederle.
In fondo alla fontana c’era qualcosa che prima aveva notato,
una specie di oggetto luccicante che non sembrava poi tanto in
profondità.
Sapeva benissimo cosa doveva fare anche con quello.
Le voci furono interrotte da un grido.
Bill era stato ferito e non riusciva più a muoversi, era
come intrappolato tra il freddo muro di pietra e la vampira, che teneva
in mano un paletto di legno.
Anche se si fosse scansato, non aveva più via
d’uscita, la sua ora era giunta.
"Guarda ora come il tuo amante diventa polvere" gridò la
donna alla ragazza.
Ma Christina non era colta alla sprovvista, perché aveva
appena appreso la sua dura missione e non diede tempo alla vampira di
completare la sua opera.
Bill non sarebbe morto.
Estrasse dalla fontana la cosa luccicante e lo fece.
La donna cominciò ad urlare, piano piano il suo corpo si
stava trasformando in polvere e lo stesso stava accadendo agli altri
demoni, senza un apparente motivo.
Prima di scomparire per sempre la vampira si girò a guardare
la ragazza e gridò ancora più forte, capendo il
suo errore.
In pochi secondi erano tutti scomparsi e Bill, Sue e Tom ridevano come
dei matti, perché erano sicuri di non farcela e invece erano
rimasti in vita ma subito il sorriso lasciò posto alla
disperazione quando si girarono a guardare la fontana.
Ai piedi di essa giaceva una ragazza con lunghi riccioli bruni e un
coltello conficcato nel petto.
Christina era morta.
Bill si alzò di scatto e velocemente arrivò alla
fontana, molto prima degli altri due per constatare se stava vedendo il
vero.
Lacrime rosse cominciarono a spuntare dai suoi occhi e grida strozzate
uscirono dalla sua gola.
Era tutto vero, la ragazza era Christina e il suo cuore non batteva, si
era uccisa.
Bill si buttò a terra impotente, piangendo, sapendo di aver
perso tutto.
Anche Sue cominciò a piangere disperatamente, invece Tom,
pur essendo triste, rimase lucido.
Bill, coraggioso come era, avrebbe commesso presto qualche pazzia se
qualcuno non lo avesse fermato.
Ci sarebbe stato tempo per piangere la ragazza ma Bill doveva essere
portato via di lì, doveva calmarsi.
Ma non ci fu verso, i suoi gemiti erano interminabili, voleva essere
morto lui.
"Bill, alzati" gridò Tom.
"Bill, alzati" disse Sue con voce fioca, era distrutta ma sapeva come
Tom che Bill doveva essere calmato.
"Bill, alzati" disse una terza voce, dolce e familiare.
Al suo suono i tre ragazzi si girarono verso la voce e videro una calda
luce dorata che illuminava il buio paesaggio circostante.
Al centro c’era Christina.
Bill smise di piangere, non credendo a quello che i suoi occhi vedevano.
"Perché?" disse Tom.
"Perché andava fatto. Era l’unico modo per
salvarvi, lei non si sarebbe fermata. Voi tutti siete troppo
importanti, non potevate lasciar tutto perdere così. Io non
potevo permetterlo.
Quella donna non era il male, posso vedere tutto con chiarezza ora,
grandi battaglie ancora vi attendono e non potete rifiutarle, oppure
tutto quello che abbiamo fatto sarà stato invano.
Il mio destino era questo, ora ho capito, sono davvero un angelo, e
sono stata mandata per questo scopo, aiutare voi fino a quando potevo.
Ma ora vedo che ve la cavate e il mio compito è finito. Sono
fiera di tutti voi.
Promettetemi che terrete fede al vostro compito come io ho tenuto fede
al mio"
"Lo promettiamo" disse Sue piangendo.
"Bill" continuò Christina, chinandosi verso il ragazzo.
La luce abbagliante li avvolse e, come mai prima d’ora, Bill
si sentì vivo, potente.
"Bill, io ti amo e so che tu mi ami. Non volevo farlo, non volevo
andarmene ma dovevo farlo e tu devi essere forte, devi continuare a
vivere e a sorridere. Per me"
Una lacrima uscì dall’occhio del vampiro e subito
si accorse che quella che aveva sul viso era acqua, non sangue.
"Ti amo" sussurrò.
Christina sorrise, poi la sua immensa luce li avvolse, prima Bill e poi
Tom e Sue, e poi sparì, portandosi con sé anche
la ragazza.
Anche Bill sorrise, perché aveva capito che Christina era
felice, ed era in pace, come forse non era mai stata.
Era davvero un angelo.
La luce del Sole tornò scacciando via le tenebre.
Era finita.
Ringraziamenti
Beh innanzi tutto grazie a tutti i lettori che hanno letto e anche
recensito questa storia. Quando qualche settimana fa ho visto che la
storia aveva ben 13 preferenze mi sono sentita davvero realizzata e
devo dire grazie a tutti voi. Mi avete ricordato che non scrivo per le
recensioni ma che scrivo per me, perchè mi piace, e anche
per questo devo ringraziarvi.
Un ringraziamento speciale a: Jiada95, NanyKaulitz, BlackAngel14,
The_best_who_sing, Delia Van Der Vaart, LoveLeonScottKennedy__,
_Lollipop_, Black_DawnTH, Bill Crucco, alessia96 e ZoomIntoMe
per aver recensito e a tutti quelli che hanno messo la storia nei
preferiti.
Grazie mille ancora :-)
E a presto con This Dark Bloody Love Story 2
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