Always like 'Wow, i love you'

di xblacksound
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A New Beginnig ***
Capitolo 2: *** Are we friends now? ***
Capitolo 3: *** I really like him! ***
Capitolo 4: *** The best day ever ***



Capitolo 1
*** A New Beginnig ***


Always like 'Wow, i love you.'
First Chapter - A New Beginning.







«Tesoro, sbrigati o faremo tardi! Il volo è tra due ore!»

No, non voglio andare. Che il volo parta pure, non m'interessa, a Londra non ci vado. E che cavolo, eh. Per un motivo che ancora mi sfugge sono costretta ad andare in Ighilterra per frequentare uno stupido collegio. Okay, magari penserete che dovrei essere felice di andare a Londra, ma invece no! E sapete perchè? Perchè qui ho tutti i miei amici, la mia famiglia e non mi va di essere la nuova arrivata sfigata che non conosce nessuno. Insomma, neanche li sopporto 'sti londinesi; tutti freddi come il ghiaccio e boh, si vestono pure male.

Mia madre, non sentendo nessuna mia risposta, mi chiamò di nuovo, più insistentemente però, così fui costretta ad alzarmi dal letto. Erano le sei del mattino, vi rendete conto? Bah. Scelsi dei vestiti a caso dall'armadio ed andai a fare una doccia veloce. Dopo essermi preparata, scesi al piano di sotto, sbuffando e guardando mia madre seccata. «Su, non fare quella faccia. Vedrai che ti piacerà!» Convinta lei. Roteai gli occhi e presi una mela da una ciotola a forma di foglia che stava sopra l'isolotta della cucina. Ne diedi un morso ed insieme a mamma uscii di casa. Andammo in macchina e partimmo dirette verso l'aereoporto. Una volta arrivate, mamma mi accompagnò a fare il check-in e poi andammo verso gli imbarchi. Mamma si mise di fronte a me, poggiando le mani sulle mie spalle. «Mi mancherai tantissimo, tesoro mio!» Detto questo mi abbracciò forte, tanto forte che mi stava quasi stritolando. Tornò alla sua posizione originale. «Mi raccomando, fai la brava! E ricorda quello che ti ho detto: non parlare agli sconosciuti» A quelle parole la sguardai con un sopracciglio alzato. «Mamma, sembra che stai parlando ad una bambina di sette anni, andiamo!» Esclamai quasi schifata. «Scusami, è che non voglio che ti succeda nulla di male. Appena atterri all'aereoporto ricorda che ho ingaggiato una ragazza che ti porterà direttamente al collegio. Si chiama Audrey Smith. La riconoscerai perchè...» Non le diedi il tempo di concludere la frase che lo feci io per lei. «...Perchè avrà un cartellino con scritto il mio nome, lo so mamma, sta tranquilla!» Accennai un sorriso, un po' triste ed un po' compiaciuto. Mia madre lo ricambiò e poi guardò verso il tabellone con tutti i voli. «Dai, ora vai che altrimenti fai tardi.» Così disse e poi mi abbracciò nuovamente. Ridacchiai per la tenerezza che mi faceva. Sembrava una bambina che doveva regalare la sua bambola preferita. Mi fece la solita ramanzina sul fatto di stare attenta e roba così e poi mi lasciò andare. Passai attraverso il Metal Detector senza problemi e mi misi seduta ad aspettare che il mio volo venisse chiamato. A quel punto presi il mio IPod ed iniziai ad ascoltare un po' di buona musica. Non sapevo cosa aspettarmi da Londra e fino ad ora non riuscivo a trovare lati positivi, solo negativi. Come avrei fatto al mio primo giorno? E soprattutto come avrei fatto ad orientarmi in quella città? Sembrava così strano pensare di dover stare in un posto senza la mamma; cioè, stavo sempre con lei e questo era il mio primo viaggio da sola. Oltretutto questa era la mia prima volta in aereo. Avevo paura, lo ammetto.
Il tempo passò lentamente, seduta in quella sediolina scomoda lì all'aereoporto, ma finalmente sentii chiamare il mio volo. Mi alzai di scatto e mi avviai verso le hostess che avrebbero controllato il mio biglietto. La procedura si svolse in fretta, dato che c'era poca fila, ed andai in aereo. Mi sedetti al mio posto - che fortunatamente era quello con il finestrino - e tornai ad ascoltare la musica. Dopo un po' partimmo diretti a Londra. Le ore su quell'aereo sembravano interminabili, davvero. Guardai addirittura due film che neanche mi piacevano molto, ma che comunque mi servivano per passare il tempo. Ero davvero stanca, non ne potevo già più di stare lì, e mi faceva pure male un orecchio. Decisi così di leggere un po', almeno non avrei pensato al dolore, così cercai nel mio zainetto qualcosa di interessante, ma purtroppo avevo dimenticato il mio libro preferito. Fantastico. Sbuffai visibilmente scocciata e guardai fuori dal finestrino. Che belle che erano le nuvole, non le avevo mai viste da così vicino. Abbozzai un sorriso spontaneo, ma poi venni incuriosita da delle ragazzine nei posti davanti al mio che stavano parlando di una certa band.
«Ti rendi conto, Roxie? Magari incontriamo i One Direction appena arriviamo!» Diceva una di loro, tutta esaltata. «Quanto vorrei fare una foto con Niall.. o con Louis e Liam ed Harry.. e pure Zayn!» Continuò l'altra, ancora più esaltata. Io intanto le ascoltavo un po' stranita e confusa. Non conoscevo la band di cui parlavano e comunque sia, andiamo, fare così solo per un gruppo musicale? Era da pazzi. A me piacciono i Linkin Park, ma non farei in questo modo se dovessi mai incontrarli, dai. Almeno credo.
Scossi il capo e rimisi le cuffiette dell'IPod alle orecchie. Dopo qualche altra ora finalmente l'aereo atterrò all'aereoporto di Londra. Tutti i passeggeri scesero, compresa me. Ci dirigemmo tutti a prendere le nostre valigie e fortunatamente la mia arrivò quasi subito. Camminai un po' per l'aereoporto in cerca della ragazza di cui mi parlava mia madre e finalmente la trovai. Era bionda, con gli occhi chiarissimi. Vestiva molto bene, devo ammetterlo, ed in mano teneva un cartellino con su scritto il mio nome: Maryclare Needly. Sospirai e mi avvicinai a lei. Ci 'presentammo' e ci dirigemmo in auto. Lei sembrava molto socievole e sembrava volermi mettere a mio agio. Mi stava già simpatica.
«Dobbiamo fare una breve tappa dal benzinaio, spero non sia un problema.» Mi disse, ridacchiando. Scossi il capo divertita. «Certo che no.» Risposi con un sorriso. Arrivammo da questo benzinaio e lei scese dalla macchina, che peraltro aveva il posto di guida dall'altra parte. Io mi affacciai al finestrino, guardandomi intorno. Il mio sguardo cadde su una macchina nera, con i finestrini anch'essi neri, poco lontana da quella di Audrey. Un finestrino di quelli posteriori si abbassò e non potei fare a meno di notare chi c'era dentro quella macchina, o almeno, chi aveva abbassatto il finestrino. Un ragazzo dai capelli riccissimi, castani e dagli occhi di un azzurro cielo davvero incantevole. Wow, era sicuramente uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto. Lui notò che io lo fissavo, così mi sorrise. Perfetto, la prima brutta figura in Inghilterra. Non poteva iniziare meglio. Ricambiai il sorriso e diventai rossa. Eh, purtroppo era sempre così quando mi imbarazzavo. Fui interrotta dal rumore della portiera del posto guida. Era Audrey che rientrava in macchina. Di scatto mi voltai erso di lei. «Possiamo andare!» Esclamò sorridendo. Sorrisi con lei e partimmo verso il collegio, mentre io avevo ancora la testa a quel bel ragazzo. Dopo circa un quarto d'ora arrivammo a destinazione. Audrey mi lasciò il suo numero in caso avessi bisogno di lei, così la ringraziai e scesi dall'auto. Presi le mie valigie e la guardai andare via. Il mio sguardo caddè poi verso quell'enorme edificio che era il collegio. Ed eccomi qui, ragazzi.

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Capitolo 2
*** Are we friends now? ***


Always like 'Wow, i love you'
Second Chapter - Are we friends now?

 




Entrai da quell’enorme portone che mi si parava davanti e mi guardai intorno incuriosita e spaventata. La hall di questo posto era grandissima, priva di molti mobili ed ornamenti vari: ci stava solo qualche panchina, qualche sedia, poche piante e dei tavolini. Ovviamente c’era anche un enorme bancone postato di fronte l’entrata, vicino al muro. Dietro di esso tre ragazzi – che potevano avere all’incirca una ventina d’anni – stavano facendo il loro lavoro. Sembrava di essere in un hotel, sul serio, altro che scuola! Però sembrava tutto così… spento. Tutto era grigio e mi metteva tristezza. Scossi il capo, cacciando via questi pensieri e mi avviai verso il bancone con tutte le mie valigie. Una dei tre ragazzi che stavano dietro il bancone mi sorrise. «Ciao! Come posso aiutarti?» Mi chiese con una gentilezza che mi sorprese. Pensavo che qui fossero tutti freddi ed acidi, mentre invece mi stavo ricrededo: Audrey era simpaticissima e disponibile e questa ragazza sembrava volermi aiutare. Okay, però era il suo lavoro questo, perciò non conta, no? «Salve, io sono una nuova studentessa, mi chiamo Maryclare Needly.» Okay, avevo decisamente improvvisato. Solitamente per la scuola ci pensa mamma. E’ sempre lei che si occupa di queste cose ed io non sapevo proprio cosa dire. Speravo solo di non aver fatto una figuraccia anche con lei. Quella con il ragazzo “conosciuto” dal benzinaio mi era bastata. Oh, chissà come si chiama poi… Okay, sto davvero pensando ad un ragazzo che ho visto solo per pochi secondi? Bah, sono assurda.
La ragazza mi sorrise ed iniziò a controllare qualcosa al computer, ripetendo il mio nome varie volte in un sussurro. Sicuramente era quello che stava cercando, ovvio. «Eccoti qua, Maryclare Needly! Vieni da New York, giusto?» Esclamò dopo neanche cinque minuti. Annuii con un sorriso stampato sul volto. Oh, New York. Già mi manca quella città. La tipa mi diede un modulo veloce da compilare, che sarebbe servito per la scuola, e poi mi chiese i documenti, ovviamente. Glieli porsi, uscendoli fuori dal mio zaino, e mentre lei li controllava io compilai il modulo. Finimmo entrambe; lei mi porse i documenti ed io le ridiedi il modulo.  «Perfetto, questa è la chiave della tua camera: la 1003.» Annunciò porgendomi, appunto, una chiave appesa ad un ciondolo che pesava più di un quintale, davvero. Accennai un sorriso prendendo la chiave dalle sue mani. «Non è che potrei sapere chi sono le mie compagne di stanza?» Chiesi titubante guardandola. Beh si, mamma mi ha detto che qui in camera si sta con due  compagne o compagni. Essendo una ragazza, le mie saranno compagne. Lei annuì sorridendo ed iniziò a cercare i nomi al computer. «Si chiamano Juliette Stewart e Alexandra Evans.» Mi disse gentile. Le chiesi dove andare per trovare la mia camera e mi indicò una via facile da ricordare. La ringraziai e mi avviai in cerca della stanza. Era così grande qui che avevo paura di perdermi in men che non si dica. Fortunatamente, invece, non mi fu così difficile trovare la mia camera, infatti adesso eccomi lì, davanti ad essa. Feci un grosso respiro ed infilai la chiave nella toppa, per poi aprire. Entrai e vidi tre letti: uno era vicino al balconcino - che però sembrava più una terrazza – e gli altri due erano a castello. Nella stanza ci stava anche una scrivania con qualcosa sopra e due comodini con delle lampade sopra. Mi avviai verso il lettino singolo e ci misi sopra le  valigie, per poi sedermici a mia volta. Guardai il letto a castello; in quello di sotto ci stava una valigia semi-aperta e nella scaletta era appesa una magliettina. Ai piedi del letto ci stavano delle scarpe da tennis. Sicuramente appartenevano ad una delle mie compagne. Ad interrompere i miei pensieri fu il rumore della porta del bagno aprirsi. Ne uscì fuori una ragazza dai capelli castani e dagli occhi scuri, color cioccolato. Inizialmente mi guardò confuso, poi la sua espressione cambiò, diventando sorridente. «Ciao! Tu devi essere… Marie, giusto?» Mi chiese un po’ incerta. Ridacchiai, dato che aveva detto male il mio nome, e mi alzai dal letto, porgendole la mano. «Sono Maryclare, piacere.» Mi presentai con un sorriso divertito. Lei strinse la mia mano. «Io sono Juliette.»  Esclamò guardandomi. Poco dopo sciolsi la stretta di mano. «Allora, sei nuova di qui, Em? Posso chiamarti “Em”, vero?» La guardai un po’ confusa a quel nuovo soprannome. Nessuno mi aveva mai chiamata “Em” prima d’ora. Perché poi? Ah si, era l’iniziale del mio nome. Era carino però. «Certo che puoi! E si, vengo da New York. Tu?» Ridacchiai divertita e poi sorrisi, ripensando alla mia bellissima città. Juliette scosse il capo e sorrise. «No, io ho sempre abitato qui a Londra e sono in questo collegio da quando avevo dieci anni.» Wow, lei frequentava questo collegio da moltissimo e sembrava tranquilla; io che ero appena arrivata sentivo già di volermene andare.              Le chiesi qualcosa del posto, che tipo di persone ci fossero e roba simile, giusto per potermi fare un’idea di cosa mi avrebbe aspettato. Juliette mi disse che qui non era poi così male, anzi, era un posto piacevole e tranquillo, ma bisognava stare attenti alle regole. Bene dai, almeno buone notizie. «A ora di pranzo ti faccio conoscere A!» Esclamò con un sorriso. Assunsi un’espressione confusa. A chi si stava riferendo? Magari era un suo amico o una sua amica. «Sarebbe l’altra compagna di stanza: Alex o Alexandra.» Sorrisi a quelle parole. Ecco spiegato tutto. Questa Juliette chiama tutti con la prima lettera del nome, a quanto pare. «Dunque, come posso chiamarti? Jay?» Chiesi divertita, sorridendole. Lei annuì soddisfatta.
Passammo ancora un po’ di tempo a parlare. Dai, alla fine credevo che mi sarei trovata bene qui, almeno con alcune persone. Si fece ora di pranzo, così io e Juliette andammo alla mensa scolastica che stava a qualche piano più giù. Lì conobbi questa fantomatica A/Alex/Alexandra. Anche lei era molto simpatica, si. Il mangiare non era granchè, infatti non presi molto: solo un’insalata – scondita, peraltro -, una mela ed una bottiglietta d’acqua naturale. A mensa era piano di ragazzi e ragazze; sicuramente questo collegio era più grande della mia vecchia scuola di New York.
Una volta sedute al tavolo, iniziammo a mangiare insieme ad altre due ragazze di cui non sapevo ancora il nome. Ad un certo punto, tutt’e quattro cominciarono a parlare degli One Direction. Momento, anche quelle tipe in aereo parlavano di loro. Ma vorrei proprio sapere chi sono. «Scusate, non vorrei sembrare ignorante, ma chi sono questi… tipi?» Chiesi incerta, guardando le ragazze. Inizialmente mi guardarono tutte incerte, poi scoppiarono a ridere. Ma che…? La prima che smise di ridere fu Juliette. «Davvero non conosci gli One Direction?» Mi chiese divertita, mentre le altre annuivano per chissà quale motivo. Scossi il capo come se nulla fosse. «Sono cinque ragazzi fighissimi che cantano da Dio.» Intervenne Alex, tagliando corto. «Oh, mai sentiti.» Feci spallucce e ripresi a mangiare, facendo finta di nulla. Ma davvero così belli erano questi One Direction? Andiamo, potevano essere belli quanto volevano, ma trovavo assurdo fare così per una band, bah.
Le ragazze continuarono a parlare di quella band a me sconosciuta ed io mi limitai ad ascoltare. Qualcuna nominava Loius, qualcuna un certo Niall, poi Liam, Harry e pure un certo Zayn.
L’ora di pranzo si concluse, così decisi di andare a fare una passeggiata; Juliette mi aveva detto che il pomeriggio ed il sabato era consentito uscire fuori dal collegio e, visto che oggi era sabato ed era pure pomeriggio, non c’erano problemi. Con me portai una borsa con cellulare, soldi e tutto il necessario. Molto probabilmente mi sarei persa, ma anche se fosse stato così, le ragazze mi avevano dato i loro numeri di cellulare, così avrei potuto chiamarle in caso di bisogno. Uscita dal portone della scuola, iniziai a camminare guardandomi intorno. La scuola era situata a centro città, perciò non c’era bisogno di prendere taxi o altro.
Il cielo si era fatto nuvoloso e quel luogo che non mi piaceva neanche tanto, sembrava ancora più cupo. Fantastico. Camminai per un po’, finchè non mi ritrovai davanti ad un cancello che portava al parco della città. Vi entrai, giusto per curiosità, ed iniziai a guardare la grande distesa verso di quel luogo ed i grandissi alberi situati vicini tra loro. Non c’era praticamente nessuno, d'altronde alle due del pomeriggio chi pensavo di trovarci? Era un po’ troppo presto come orario e magari c’era chi riposava o roba del genere.
Decisi di uscire dal parco, dato che mi stavo annoiando lì da sola, perciò mi voltai, dirigendomi verso il cancello da cui ero entrata. Feci per aprirlo un po’ di più, in modo da passarci liberamente, ma qualcuno mi venne addosso, facendomi sbattere la testa contro la sua. Caddi a terra, sbattendo anche il sedere. Andiamo bene.  «Scusami, non volevo.» Dio santo, che voce. Seriamente, non avevo mai sentito una voce così bella in vita mia e di voci ne ho sentite tante… Sembrava quella di un angelo. No, meglio. Alzai lo sguardo, per vedere chi mi aveva fatta cadere e… No, non era possibile.

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Capitolo 3
*** I really like him! ***


Always like 'Wow, i love you.'
Third Chapter – I really like him!

 
 
 

«Ehm… no, non… non preoccuparti» dissi più imbarazzata che mai. Si, sicuramente ero rossa come un pomodoro in volto, forse anche peggio. Bordeaux. Il ragazzo mi porse gentilmente una mano, per alzarmi da terra. Così poggiai una mano sulla sua e mi alzai. Quel tocco mi fece venire i brividi e non so perché. Mi sistemai un po’, togliendo quel poco di terra che mi era finita sui vestiti. «Non è che ci siamo già incontrati? Mi sembra di averti già vista da qualche parte.» Affermò lui, convinto delle sue parole. Oh santo cielo, e che gli rispondo adesso? Deglutii lievemente senza smettere di guardarlo. Dio santo, che occhi che aveva che non potete neanche immaginare. «Ehm, non lo so… può darsi…» Risposi impacciata come una totale deficiente. Non mi era mai capitato di essere così imbranata a parlare con qualcuno. Mi sono sempre trovata bene a parlare con la gente, anche gente conosciuta da poco, ma con lui era diverso. Mi faceva uno strano effetto. Continuavo a guardarlo, mentre assunse un’espressione pensierosa. Wow, non riuscivo a smettere di fissarlo; ero come in ipnosi totale e la cosa non andava bene, affatto. Ad un certo punto, sembrò esserglisi accesa una lampadina. Schioccò le dita e mi puntò il dito contro con un sorriso che avrebbe fatto sciogliere anche Voldemort, davvero. «Ma si! Sei quella ragazza che ho visto dal benzinaio! O sbaglio?» Cavolo, mi ha riconosciuta. Un momento, mi ha riconosciuta! Si, ma adesso che dico?! Spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed annuii con lo sguardo abbassato e le guance infuocate. «Oh si, ora mi ricordo!» Optai per fare la finta tonta, anche se molto probabilmente non se la sarebbe bevuta. Avrei voluto sprofondare negli abissi, si. Il ragazzo mi sorrise e mi porse la mano. «Sono Harry!» Che nome bello che aveva. Harry, come il principe d’Inghilterra. Gli si addiceva, perché lui sembrava davvero un principe. Un momento, ma questi pensieri da dove venivano? Da quando definivo “principe” un ragazzo? Roba da matti.
Mi resi conto solo in quel momento che lo stavo fissando da vari secondi, così allungai la mia mano verso la sua, stringendola. «Maryclare, piacere.» Esclamai con un dolce sorriso sulle labbra. Sciogliemmo la stretta di mano e da quel momento ci furono pochi attimi di silenzio totalmente imbarazzanti. Mi morsi il labbro non sapendo che fare, ma poi lui parlò. «Non hai un accento inglese, non sei di qui, vero?» Oh beh, mi sembrava strano che ancora non avesse notato che il mio accento era diverso da lui. Scossi il capo e lo guardai. «Vengo da New York.» Precisai con un sorriso tenero. «Oh, ci sono stato a New York! Per lavoro.» A quelle parole lo guardai curiosa e confusa. Già lavorava? Ma quanti anni aveva? Cioè, mi sembrava uno della mia età. «Wow, già lavori? Quanti anni hai?» Dopo questa mia domanda sembrò lui quello confuso e sinceramente non capivo perché. Cosa c’era di strano? Improvvisamente ridacchiò, apparentemente divertito da non so cosa. «Ho 17 anni e… davvero non mi conosci?» Okay, la situazione mi stava confondendo davvero molto. Come potevo conoscerlo se ero appena arrivata e soprattutto se questa era la prima volta che gli rivolgevo la parola? Avevo una buona memoria e mi sarei ricordata certo di lui se l’avessi già visto prima, ma no. Mi disse anche di avere 17 anni, perciò non capivo neanche come potesse già lavorare a quell’età; lo so, esistono i lavoretti part-time, ma mi sembra impossibile finire a New York per uno di essi. Stavo per rispondergli, ma gli squillò il cellulare. Mi bloccai e lasciai che rispondesse. Osservai ogni suo movimento: mentre prendeva il cellulare da una tasca dei jeans, il momento in cui rispose e mentre parlava con il mittente della chiamata. Ogni cosa che faceva sembrava perfetta. «Okay… Si, Louis… Arrivo.» Queste furono le sue ultime parole, prima di riattaccare la cornetta. Cercai di distogliere lo sguardo da qualche altra parte, dato che non volevo fare un’altra brutta figura. Mi sorrise, anche se un po’ dispiaciuto. «Devo andare, è stato bello conoscerti.» Disse guardandomi. No, doveva già andare via? Ma cavolo però, non volevo! Avrei voluto stare ancora lì a parlare con lui, a guardarlo, dannazione. «Oh beh… è stato bello anche per me.» Che altro avrei potuto dirgli? Nulla, perciò meglio di niente. Sfoggiai un lieve sorriso, cercando di non far notare quel velo di tristezza che avevo. Harry fece per girarsi, ma si fermò e mi guardò ancora. «Mi piacerebbe rivederti…» Oh cavolo, oh cavolo! L’ha detto sul serio? Si, l’ha proprio detto. Respira, Maryclare. Respira. Spiazzata da quelle parole, aprii la bocca come per parlare, ma non uscì nulla da quest’ultima. Fortunatamente però, lui continuò: «Domani. Ti va di vederci?» No, non stavo sognando. Questa era la pura verità: Harry mi stava chiedendo di vederci. Wow, improvvisamente sentivo di amare quella città, già. Chissà perché poi… Eh beh, lo so io. Sorrisi imbarazzata ed annuii. «Mi… Mi farebbe piacere!» Esclamai, cercando di non far notare troppo il mio entusiasmo. Harry assunse un’espressione contenta. «Perfetto! …Però c’è un problema: domani sono con i ragazzi. Andiamo al bowling. Non è un problema, vero?» Momento, momento, momento… Chi sarebbero ora i “ragazzi”? Bah, non m’importa. Voglio solo rivederlo. Scuoto il capo, un tantino confusa. «No, credo… di no.» Harry mi rivolse un sorriso per il quale sarei svenuta volentieri. Ma come riusciva ad essere così perfetto? Proprio non lo capivo. «Bene, allora ci vediamo domani mattina al Bowling qui vicino!» Oh beh, se solo fosse stato facile… Io neanche sapevo dove fosse questo bowling, ma non c’era problema: Avrei chiesto a Juliette o ad Alex. Annuii timidamente e sorrisi guardandolo. A quel punto lui si avvicinò a me e mi schioccò un bacio sulla guancia. Inutile dirvi che quello fu uno dei momenti più belli della mia vita. Il contatto delle sue labbra con la mia guancia mi fece venire la pelle d’oca e sentivo lo stomaco in subbuglio. Altro che farfalle…
Una volta staccatosi dalla mia guancia ci fu un attimo in cui ci guardammo negli occhi a distanza di pochi centimetri l’uno dall’altra. Il battito del mio cuore si fece più accelerato. Deglutii, senza smettere di guardare quei suoi occhi dal colore dell’oceano, ma poi lui si allontanò, salutandomi un’ultima volta, ed andò via. Appena lo vidi sparire dietro il cancello del parco, il mio sorriso si fece esagerato ed avrei voluto saltare di gioia, ma non lo feci. Dopo circa tre minuti, decisi di tornare al collegio, sperando di trovare la strada e di non perdermi. Fortunatamente non fu così e riuscii a trovare la scuola. Vi entrai, andando subito in camera. Lì trovai Juliette che stava ascoltando musica dall’IPod nel suo letto. Io, che da quando ero tornata non facevo altro che sorridere, la salutai con la mano, dato che si era accorta di me. Si tolse le cuffiette e mi guardò compiaciuta. «Hey, che è successo? Sembri proprio di buon umore!» Chiese guardandomi e facendomi segno di sedermi di fronte a lei. Così io feci, continuando a sorridere. «Ho conosciuto un ragazzo e… domani vado al bowling con lui ed i suoi amici.» In quel momento mi bloccai e guardai Juliette in maniera perplessa. «Non è che tu sai dove si trova quello più vicino al parco?» Chiesi sperando in una risposta affermativa. Fortunatamente mi disse di si e mi indicò la via più facile da prendere. Speravo solo di non dimenticarla e proprio per questo scrissi tutto in un foglietto. «Allora, come si chiama il fortunato?» Chiese poi la mia nuova amica guardandomi maliziosa. Ridacchiai divertita. «Harry. Si chiama Harry.» Sorrisi e mi morsi il labbro ripensando a lui, al suo viso ed ai suoi occhi penetranti. Mi persi un attimo a fissare il vuoto, pensando a lui, tanto che Juliette dovette attirare la mia attenzione battendo le mani davanti il mio volto. Nel frattempo rideva divertita. «Deve piacerti molto…» Ipotizzò guardandomi con un dolce sorriso, dopo avermi riportata sul pianeta terra. Alle sue parole non potei fare altro che diventare rossa e sorridere imbarazzata, perché – si, lo ammetto, anche se si era capito -  ero proprio cotta di quel ragazzo; Sin dal primo momento in cui l’avevo visto mi aveva colpita e rivederlo era stata la cosa più bella che mi fosse mai capitata. E non m’importava se lo conoscevo a malapena; in quel momento sentivo che non era così, sentivo di conoscerlo già abbastanza. Mi piaceva, e anche troppo.

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Capitolo 4
*** The best day ever ***


Always like 'Wow, i love you.'
Fourth Chapter – The best day ever.

 
 
 

Il resto della giornata passò in fretta: chiamai mia madre per avvertirla che stavo bene e per raccontarle un po’ di questo posto. Se le dissi di Harry? No, perché, conoscendola, sapevo che mi avrebbe detto di non fidarmi di lui perché non lo conoscevo ed insomma, non mi andava di sentirmi dire queste cose. Non riguardo Harry. Dopo la chiamata decisi di fare un giro per il collegio insieme a Juliette, dato che ancora avevo visto solo la mensa, la hall e qualche corridoio, così uscimmo dalla nostra stanza e camminammo per la scuola. Era davvero enorme lì dentro e c’era di tutto: due – si, due – auditorium, tre palestre ben attrezzate, una piscina olimpionica, campo da calcio, pallavolo e basket, tantissime aule super attrezzatissime, una grande biblioteca e due sale informatica. Wow, non avevo mai visto un luogo così grande, sul serio. Ci volle tantissimo per visitare tutta la scuola, tanto che si fece ora di cena. Io e la mia compagna di stanza ci dirigemmo alla mensa insieme ed una volta arrivate, prendemmo da mangiare e ci sedemmo ai nostri posti. Questa volta c’era la pizza. Menomale, qualcosa di buono da mangiare. Iniziammo a mangiare ed intanto chiesi a Juliette come fosse la domenica qui a scuola. Mi rispose che si svolgeva esattamente come il sabato; spasso totale. Fantastico!
A quel punto arrivarono Alex e le altre due ragazze del pranzo. Adesso sapevo i loro nomi: Hellen e Clarice. Le tre si sedettero con me e Juliette e mangiarono con noi. «La nostra cara Maryclare ha già fatto colpo su un ragazzo oggi…» Esclamò improvvisamente Jay, con una faccia compiaciuta e divertita. La guardai come se avessi voluto dirle “Ma no, che stai dicendo?!” e diventai tutta rossa, mentre le altre mi guardavano divertite. Alex mi diede qualche gomitata sul braccio, come a dire “Ma brava, hai già rimorchiato!”. «E’ di questo collegio?» Mi chiese Hellen sorridendomi. Scossi il capo, guardando in basso, poi tornai con lo sguardo sulle ragazze. «Come si chiama e com’è?» Mi voltai verso Clarice a quella domanda. Sorrisi ripensando a lui. «Si chiama Harry, è alto, con i capelli ricci e gli occhi chiari, azzurri. E’… perfetto.» Dissi immaginandolo proprio davanti a me. Wow, che visione eccezionale. Alex mi guardo incerta per un attimo, poi sorrise. «Sembra la descrizione di Harry Styles. Perfetto è il termine adatto per definirlo.» La guardai un po’ confusa. Sinceramente non sapevo chi fosse questo Styles, ma non poteva mai essere perfetto quanto l’Harry che conoscevo io. Lui era unico.
Parlammo ancora, finché non finimmo di mangiare e tornammo alle nostre camere. Beh, dopo cena non si poteva uscire dal collegio. Hellen e Clarice andarono alla loro stanza, la 1307, ed io, Alex e Juliette alla 1003.
«Em, vieni che ti faccio sentire una canzone degli One Direction dall’IPod!» Annunciò Jay, andando verso il suo letto e prendendo – appunto – l’IPod. Andai verso di lei e presi una cuffietta che mi porse; la misi all’orecchio ed aspettai che partisse la musica. Ad un certo punto sentii una melodia carina. «Si chiama What Makes You Beautiful.» Precisò Juliette, sorridendomi. Continuai ad ascoltare la canzone, finché non sentii una voce familiare. Mmmh dove l’avevo già sentita? Bah, magari era solo una mia impressione, così feci finta di nulla. La canzone mi piaceva, era davvero carina, e questi One Direction erano bravi come dicevano le ragazze. Quando il pezzo finì, mi tolsi la cuffietta e guardai Juliette sorridendo. «Bella! Beh, si sono bravi.» Ammisi sincera, guardando la ragazza. Alex ci raggiunse ed annuì.
Parlammo ancora per un po’, finché non decidemmo di mettere il pigiama ed andare a dormire. Io non vedevo l’ora di risvegliarmi il giorno dopo. Sarei andata al bowling ed avrei rivisto Harry. Non era meraviglioso? Si, lo era per me. Ero così eccitata che addirittura sognai il nostro incontro del giorno dopo, anche se in modo un po’ assurdo: Sognai che eravamo io e lui, lì al bowling, ma non c’erano né birilli da colpire, né palle da lanciare, solo un tavolo e delle sedie. Noi eravamo seduti e ci stavamo guardando negli occhi; Ad un certo punto lui mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sorridendomi dolcemente, e si avvicinò, dandomi un bacio sulla guancia, come quello del parco…
Un raggio di sole che penetrava dal balcone mi andò a finire sul volto, facendo si che aprissi poco gli occhi. Oddio era già mattino? Evidentemente si. Sbadigliai, stiracchiandomi, e mi misi seduta sul letto. Guardai l’orario. 9.30. Oh capperi, non sapevo se ero in ritardo oppure ancora in tempo! In effetti, Harry non mi aveva dato un orario preciso. Mi aveva detto solo “domani mattina”. Cavolo e se sono in ritardo? Mi alzai velocemente dal letto e iniziai a cercare dei vestiti da poter indossare. Ne avevo così tante che non sapevo scegliere, ma alla fine mi decisi: Una t-shirt nera di “I LOVE NY”, una felpa rossa e bermuda bianchi. Perfetto, tutto era abbinato bene e non mi stava neanche male. I capelli li lasciai sciolti, lasciando che quei leggeri boccoli mi cadessero sulle spalle. Per il trucco scelsi qualcosa di leggere: un po’ di ombretto, la matita – anche se pochissima -, mascara, fard e lucidalabbra alla fragola, il mio preferito. Dopo essermi preparata, presi una borsa con dentro cellulare, soldi e tutto il necessario, ed uscii da scuola, diretta verso il bowling. Dalla borsa uscii fuori il foglietto con le indicazioni che mi aveva dato Juliette, così non mi sarei persa ed iniziai a camminare. In poco tempo arrivai davanti a quello che doveva proprio essere il bowling. Era pieno zeppo di fotografi all’entrata e sinceramente non capivo il perché. Sicuramente c’era qualcuno di famoso lì dentro, chissà. Non mi importava molto, in realtà.
Feci un respiro profondo e vi entrai, iniziando a cercare Harry. Era molto grande lì, perciò aguzzai la vista per riconoscerlo. Lo vidi quasi subito, comunque, posto non molto lontano dal bancone in cui danno le scarpe. Un sorriso spontaneo apparve sul mio volto. Era ancora più bello del giorno precedente ed il modo in cui rideva – si, stava ridendo con un suo amico – era davvero qualcosa di… speciale, si. Timidamente mi avvicinai a lui, che era in compagnia di questi suoi amici. Mi notò e mi fece un cenno di saluto con la mano. «Maryclare! Hey!» Esclamò verso la mia direzione. A quel punto tutti i suoi amici, che erano intendi a giocare a bowling, si girarono verso di me visibilmente curiosi. Sorrisi. «Ciao, Harry!» Gli dissi contenta di rivederlo. Il ragazzo si avvicinò a me, cingendomi le spalle con un braccio. «Ti abbiamo tenuto il posto, guarda!» E così mi indicò il televisore posto in alto in cui stavano scritti tutti i giocatori. Il mio nome era scritto per ultimo e sopra il mio ci stava quello suo. Sorrisi nuovamente, imbarazzata. In quel momento mi stava cingendo le spalle con un braccio e non riuscivo quasi a rispondere, anzi, senza il quasi. «Siamo arrivati da poco, perciò non sei in ritardo! Oh… per le scarpe vai al bancone e mostragli questo.» A questo punto mi mostrò un bigliettino del bowling. «Così saprà che stai con noi.» Mi sorrise in quel modo che mi faceva venire la pelle d’oca. Io annuii, posai la borsa su una sedia libera ed andai al bancone a prendere le scarpe. Dopo poco ritornai da Harry e dai suoi amici e mi sedetti, mettendo togliendo le mie scarpe e mettendo quelle del bowling. Nel frattempo, sentii una voce al mio fianco. «Io sono Niall, comunque.» Era il ragazzo che mi stava seduto vicino e mi porse la mano. Sorrisi guardandolo. «Piacere.» Dissi, stringendo la sua mano con la mia; poco dopo mollai la presa e mi si avvicinò un altro amico di Harry. «Io sono Louis. Loro invece sono Liam e Zayn.» Mi disse, porgendomi anch’egli la mano. Gliela strinsi, insieme a quella dei suoi amici e poi mollai la presa. «Piacere anche a voi.» Esclamai con un sorriso dolce. Intanto Harry stava tirando per la seconda volta. Tutti i birilli caddero a terra, così esultò in una maniera davvero buffa e divertente. Risero tutti, compresa me. «E’ il migliore a bowling, non c’è dubbio.» Spiegò Niall, annuendo da solo alle sue parole. Lo guardai incuriosita, ma venni subito distratta dalla voce di Harry. «Ora tocca a te, dolcezza.» Mi ha chiamata dolcezza. Mi ha davvero chiamata dolcezza. Ora svengo. No, anzi muoio. Accennai un sorriso imbarazzato, guardandolo. «Ehm… io però non so giocare.» Ammisi facendo una buffa smorfia. Lui mi sorrise teneramente e mi porse una mano. «Non importa, ti aiuto io.» Quello sguardo. Quello sguardo mi uccideva dentro ogni volta che me lo proponeva, seriamente.
Presi la sua mano, un po’ titubante e mi alzai. Harry mi porse un palla, che mi disse era quella più leggera. «Metti le dita qui e…» Mi portò verso la pista dove stavano i birilli. «Lanciala più forte che puoi verso i birilli.» Indicò i birilli e poi mi sorrise dolcemente. Lo guardai insicura, ma poi tornai con lo sguardo alla pista. Sicura di me, forse non molto, lanciai la palla verso i birilli. La osservai rotolarsi in avanti, finché non colpì i birilli. Riuscii a farli cadere quasi tutti. Ne rimasero solo tre. Eheh. «Grande!» Esultò Harry, entusiasta. «Wohoo!» Esclamai io, felice del mio primo tiro. Battei le mani, in segno di vittoria, divertita. «Bene, ora cerca di far cadere anche quei tre.» Annunciò il ragazzo guardandomi ed indicando i birilli. Sorrisi ed annuii, andando a prendere un’altra palla. Questa volta colpii solamente un birillo, ma pazienza. Feci una smorfia e feci per sedermi, ma prima i ragazzi volevano battermi comunque il cinque, così feci, fiera di me e soddisfatta.
Passò così la mattinata, tranquilla e piacevole. Ci divertimmo così tanto che facemmo addirittura due partite consecutive, ma dopo decidemmo di andare alla sala giochi che c’era lì. Non ero mai venuta in un posto del genere ed in quel momento sapevo di essermi persa una cosa bellissima. Questo posto era fantastico, sul serio. Alla sala giochi facemmo tante cose: il mini-basket in cui vinsi contro Liam, un gioco di macchine da corsa con il quale giocarono Harry e Louis – vinse Louis, ma dettagli – e tantissimi altri intrattenimenti carinissimi.
Si fece l’ora di pranzo, così decidemmo di prendere qualcosa al posto che c’era qui, giusto per non uscire da questo posto. Volevamo giocare di nuovo a bowling dopo aver mangiato. Prendemmo una pizza margherita per tutti e pagammo per un’altra partita. Ci mettemmo vicini alla pista, seduti ad un tavolo in cui molta gente scriveva i punti delle partite. Iniziammo a mangiare la pizza, scherzando per tutto il tempo. Con questi ragazzi c’era davvero da divertirsi. Mi piacevano tutti e cinque, ma Harry era Harry, cioè. Avevo già preso confidenza con tutti; sembrava che ci conoscessimo da una vita e quell’imbarazzo che avevo all’inizio della giornata era come sparito, si. Quello che mi stava più simpatico tra tutti era Louis, che prendeva tutto a gioco e mi faceva ridere da matti, davvero. Liam era quello un po’ più serio, ma mi ero trovata bene con lui. Niall mi sembrava davvero tanto dolce ed avevo sempre voglia di abbracciarlo tutto. Zayn invece… Oh beh, lui era davvero bellissimo e si, mi attirava. Certo, non quanto Harry, ma sentivo che mi piaceva.
Finita la pizza, tornammo a giocare. Io sembravo più decisa che mai a vincere ed ogni volta che facevo tanti punti mi vantavo – scherzosamente – ed esultavo in maniera divertente. Questa era sicuramente una delle giornate più belle della mia vita e, infatti, quando si concluse ci rimasi davvero male. I ragazzi mi diedero i loro numeri ed io diedi il mio a loro. Mi chiesero di non darlo a nessuno, anzi, mi pregarono di non farlo. Inizialmente li guardai perplessa, ma acconsentii alla loro richiesta. Si offrirono di darmi un passaggio, così dissi loro che frequentavo il St. John College. Appena uscimmo dal bowling la confusione che c’era era davvero incredibile. I fotografi facevano foto a raffica e qualcuno gridava i nomi dei ragazzi. Ma che diavolo succede? Pensai in preda alla confusione. Arrivammo alla macchina, scortati da un grosso uomo gigante vestito di nero, e, una volta chiuse le portiere, guardai i miei nuovi amici con aria interrogativa. «OOOkay… Cos’era quella confusione là fuori?» Chiesi, sperando in una risposta che mi avrebbe fatto capire quello che stava succedendo. A quel punto Liam mi guardò incuriosito, poi fece spallucce. «E’ sempre così. Non riusciamo ad andare da nessuna parte senza essere perseguitati.» Disse come se nulla fosse. Bene, quella frase mi aveva confusa ancora di più. «Che vuol dire? Cioè… perché?» Chiesi ancora, gesticolando con le mani. Si, io gesticolavo tantissimo. Sempre. Harry mi guardò divertito. «Allora al parco dicevi sul serio? Davvero non mi conosci? Non ci conosci…» Si, questi ragazzi avrebbero potuto vincere il premio come “migliori tipi che fanno confondere le ragazze come Maryclare”. Guardai il ragazzo con gli occhi a due fessure ed annuii sicura di me. Stavano per rispondermi, ma, ad un tratto, si sentirono delle urla di qualche ragazzina. Gridavano cose tipo “Oddio gli One Direction!” e roba simile. Roteai gli occhi. «Ho capito!» A questo punto mi guardarono tutti con un sorriso soddisfatto sul volto. «Ci sono questi One Direction che tutti amano qui… Non è che voi sapete chi sono? Perché io non li conosco, ma già non li sopporto!» Alle mie parole scoppiarono in una sonora risata. Li guardai, strabuzzando gli occhi, dato che non capivo quella reazione. «Cioè, sono bravi perché ho sentito una canzone, ma boh, tutti li amano e poi diventa noioso…» Queste furono le parole che usai per cercare di far tornare seri i ragazzi, ma loro risero ancora di più. Oh Santa Pazienza. Zayn mi guardò, cercando di tornare serio, anche se aveva un espressione più che divertita sul volto. «Che canzone hai ascoltato?» Mi chiese. Ci ripensai un attimo, cercando di ricordare il nome. «Si chiamava… What Makes qualcosa, non ricordo.» Ridacchiai, dato che non ricordavo il titolo della canzone, ma poi mi venne un lampo di genio. «Oh si, What Makes You Beautiful!» Esclamai soddisfatta. Loro continuavano ad essere divertiti in quel modo, anche se non ridevano più. «Non li hai mai visti?» Chiese Harry guardandomi in quel modo così… wow. Già, non trovo nessun aggettivo adatto. Nemmeno perfetto era adatto, perché lui era più che perfetto. Scossi il capo, facendo una smorfia, ed i ragazzi assunsero un’espressione che faceva capire che avevano intuito qualcosa. «Oh, ora capisco. Beh… Dovresti vederli. Magari piaceranno anche a te!» E fu a quelle parole che tutti ripresero a ridere. Mamma mia, quanto non sopportavo che loro ridevano ed io no. Stavo per rispondere ma di colpo la macchina si fermò. Uno sportellino nero intero alla macchina si abbassò. Il conducente dell’auto ci guardò e disse che eravamo arrivati. Oh, eravamo alla mia scuola. Salutai tutti uno ad uno: prima Louis, poi Niall, Zayn, Liam ed infine Harry. «Ci rivediamo, eh.» Mi dissi con quella voce che io adoravo, quando eravamo molto vicini l’un l’altra. Sorrisi dolcemente. «Ovviamente si.» Lo guardai per l’ultima volta e poi gli diedi un bacio sulla guancia, come aveva fatto lui al parco. Scesi dall’auto ed entrai a scuola, sorridendo come una totale cretina. Passare la giornata più bella della mia vita? Fatto.

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