Life

di Kate_88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Life - Prologo ***
Capitolo 2: *** Normali ***
Capitolo 3: *** Tempo e Spazio ***



Capitolo 1
*** Life - Prologo ***


Buongiorno a tutti.
Non uccidetemi ma l'idea di questa nuova fic mi frullava in testa da un pò ed ho voluto scriverla.
Vi avverto: è uno SPOILER per chi non ha letto il manga perchè principalmente farà riferimento al Manga e non all'anime, tranne in alcuni punti se capiterà che la versione animata mi sia piaciuta di più.
L'idea mi è venuta in mente pensando a come avrebbero affrontato il ritorno alla "normalità" le ragazze dopo la battaglia con Galaxia e Chaos.
Allora adesso vi do dei piccoli "avvertimenti" per comprendere bene anche questo piccolo prologo che vuole soltanto far capire un pò lo stato d'animo in superficie delle ragazze:
- Nel manga dopo la fine con Galaxia non si vede cosa succede, fanno vedere direttamente il futuro ed il matrimonio tra Usagi e Mamoru.
- Cercherò di mantenere i personaggi completamente IC nonostante i diversi avvenimenti ma bisogna far riferimento al Manga.
- I Three lights li troverete ma vi avverto: sono ragazze perchè nel manga sono donne.

Credo di aver detto tutto, ovviamente se avete dubbi chiedete.

Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va!

Baci baci


Kate



PS: è da ricontrollare, quindi eventuali errori che sono di distrazione, se ci sono, saranno corretti.





Life





Prologo

 

 

 

Il destino è un intreccio di fili; l'intreccio del passato, del presente, del futuro.

Dagli eventi e dalla scuola avevano imparato che Dante aveva scritto la Divina Commedia e che Serenity ed Endymion si erano sacrificati in nome del loro amore.

Dal presente avevano imparato che potevano sbagliare come le persone normali e combattere da eroi.

Dal futuro avevano appreso troppo e questo aveva tolto loro la possibilità di scoprire le novità della vita.

Avevano sconfitto dei mostri, lottato per vivere, poi arrivò lo scontro con Chaos e la fine di ogni guerra.

Galaxia aveva chiesto e lei aveva risposto: gli equilibri erano stati spostati e per la prima volta loro erano all'oscuro di tutto.

 

 

 

Nel momento del primo respiro di pace dopo la guerra si pensa a tutto ed a niente: loro pensavano a quello che avevano sopportato in quegli anni, a come gli altri avevano giocato con le loro vite e con i loro cuori, costringendole ad un'esistenza predestinata, con un futuro già scritto dove non esistevano novità od eventi inaspettati; consapevoli di ciò osservarono la Luna e le Stelle con un po' di malinconia.

 

Si guardarono davanti ad una tazza di tè, con i libri aperti e mai sfogliati, in silenzio come se ogni parola potesse rompere la pace: avevano messo fine all'ultima guerra e si domandavano quando sarebbe giunta l'ultima vera prova.

Guardarono Usagi perché lei era la chiave di tutto; da lei il destino aveva iniziato ad agire, colpendo la sua vita.

Il fumo usciva dalle tazze di tè e piano piano si affievoliva, avvertendole del tempo che passava, della bevanda che si raffreddava e del sole che calava.

Un altro giorno era passato e nulla era cambiato dalla fine della battaglia: loro erano sempre le paladine della legge, loro erano sempre guerriere, loro erano sempre diverse dagli altri.

La vita, la morte, nulla era come gli altri immaginavano perché nel loro piccolo erano differenti ed uguali allo stesso tempo.

Liceali, guerriere, poi di nuovo liceali... si domandavano quando sarebbe tornato il tempo di trasformarsi nuovamente, in preda al freddo polare, in preda forse al panico.

Una cosa però la sapevano: tra una battaglia ed un'altra non passava mai troppo tempo.

Il ritorno alla vita aveva rappresentato per loro il punto di svolta, il momento ideale per provare a realizzare i propri sogni e volare per qualche tempo prima che il destino si compiesse togliendo ad ognuna di loro l'ebbrezza dell'ignoto, quel salto nel buio che si compie ogni giorno consapevoli di un'unica cosa: non si sa dove si atterrerà.

Ami era tornata a studiare ma quella sera non poggiava mai lo sguardo sui libri, concedendosi pensieri armoniosi e soffici, chiedendo all'anima parole che neanche pensava di conoscere.

Rei non interrogava il fuoco da diverso tempo ed aveva deciso che dopo quel tè avrebbe dedicato un po' di tempo all'elemento che da tempo l'avvolgeva, proteggendola.

Makoto avvertiva nella bevanda il profumo delle foglie, quell'infuso vegetale che donava tanto benessere al solo respiro, decidendo che era il momento di tornare alle sue piante.

Minako ripeteva nella testa un motivetto, l'ultima canzone dei Three lights, immaginando di ballare su un palco, cantando quel pezzo o semplicemente accompagnandolo con un monologo sull'allegria.

Usagi non pensava; dopo quella battaglia lei voleva solo riposare, mettere il cervello in un cassetto e dormire un po', risvegliandosi probabilmente nel trentesimo secolo dove tutto era compiuto.

Sapeva che non era possibile, sapeva che lei era la chiave di tutto.

Il destino, da tutte e cinque, era stato dato per scontato, pensando che davvero non si potesse modificare, invece era successo: nel momento in cui Chibiusa aveva varcato la soglia del tempo più volte, nel momento in cui ognuna di loro aveva rinunciato a vivere in favore di un destino già scritto, questo era cambiato.

 

« Dite che domani riusciremo a scrivere qualcosa sul foglio? » Rei osservava il libro ancora intatto e mai sfogliato, nuovo sotto le sue dita.

« Esami in ogni scuola. Che noia. Quando finirà questa tortura? » Usagi stirò le braccia verso l'alto, piegandosi indietro con la schiena attenta a mantenere in equilibrio una matita tra il labbro superiore ed il naso.

« Tra due anni, se t'impegni. Se continuiamo così neanche nel trentesimo secolo. » Ami disegnava cerchi sul libro mentre Minako canticchiava a bassa voce, non prestando attenzione a quel discorso privo di reali fondamenta.

« Direi che potremo mangiare qualcosa e poi riprendere a studiare, no? » Makoto cercava di rimanere sempre la stessa, mostrando un sorriso dolce, consapevole del suo livello medio nello studio.

« Cibo? Approvo. » Minako si era risvegliata dal suo momento di stasi dovuto alla canzoncina, seguita da Usagi che annuiva alla proposta della castana.

Vivere.

Avevano dimenticato cosa significasse quella parola nell'arco di una giornata, quando i poteri del passato si erano risvegliati, lasciando tornare a vivere le guerriere ed uccidendo quelle anime che per anni avevano occupato quei corpi in prestito.

Usagi, Ami, Rei, Makoto e Minako avevano smesso di essere tali quando sulla fronte si era illuminato il segno del passato, il richiamo della Luna e della loro regalità.

Usagi, principessa di un Regno ormai distrutto, tornata in vita dopo una tormentata storia d'amore con il suicidio come epilogo; Ami guerriera dell'acqua, intelligente e saggia; Rei guerriera del Fuoco, passionale e grintosa; Makoto guerriera dei fulmini con una forza invidiabile; Minako la bella guerriera dell'amore, carismatica ed energica.

Le guerriere Sailor proteggevano il mondo rinunciando alle loro stesse esistenze.

« Secondo voi faranno mai un gelato al gusto di pasto completo? »

« Pasto completo? Che schifo Usagi, ma che idee ti vengono? » Makoto era sconcertata, con la fronte aggrottata e la bocca storta dall'espressione.

« Io lo mangerei e risparmierei tempo in cucina. Ti riempi il congelatore di gelato di vari gusti et voilà, il pranzo è pronto! » Minako fece una giravolta, lasciando ondeggiare i lunghi capelli biondi adornati dal fiocco rosso dai lembi più lunghi, cresciuto con lei.

Il campanello fece terminare in modo coatto quella conversazione, permettendo a Makoto di andare ad aprire in qualità di padrona di casa.

« Mamoru! »

« Ho portato il gelato. Stasera studiate, giusto? »

« Oddio ti prego, non è un pasto completo, vero? » Rei si era affacciata dal salone verso l'ingresso della casa, guardando Mamoru con un'espressione disperata mentre Usagi e Minako, come fossero su un altro pianeta, discutevano su quale pasto completo avrebbe dato il meglio sotto forma di gelato.

« Secondo me la Tempura ci starebbe molto bene... »

« Si ma Usagi, gelato all'olio? La tempura si frigge »

« E allora? Anche il tè si fa con l'acqua calda, ma fanno il gelato al tè verde » Usagi quando si parlava di dolci si mostrava particolarmente saccente; si poteva sindacare sul risultato di un'espressione o sulla formula della circonferenza ma sicuramente solo lei poteva affermare se una crepès era realmente cotta a puntino e se il ripieno fosse adatto al suo palato.

Usagi amava i dolci, forse li avrebbe messi tra le prime 5 cose e persone più importanti della sua vita.

« Bè per la gioia di Usagi, Mamoru ha portato il gelato al tè verde ma per l'amor del cielo, basta parlare di pietanze disgustose » Makoto passò una mano per scompigliare la frangia mentre tra Mamoru ed Usagi si creò una connessione di sguardi, con un sorriso dolce sul volto e la consapevolezza che entrambi erano vivi.

Avevano sofferto e combattuto ma da secoli, millenni ormai il loro amore era così forte da abbattere le barriere che gli altri creavano tra di loro; mesi separati, piccole incomprensioni e poi il ritorno alla vita.

Mamoru nel primo attimo di pace non l'aveva baciata, sarebbe stato scontato per entrambi, semplicemente le aveva carezzato il viso, soffermandosi sulle gote dove in quei mesi le lacrime avevano abitato, poi l'aveva stretta a sé ed in silenzio le aveva fatto capire che era tornato e che poteva smetterla di tremare temendo che scappasse.

Entrambi erano vivi ed in ogni sguardo c'era la consapevolezza di ciò.

« Gelato al tè? Mamo chan sai che Minako voleva inventare il gelato al gusto di pasto pronto? »

« Non è vero, eri tu Usagi... »

« Pasto pronto? E Minako lo sa che dovrà studiare anche per inventare questo gelato? » Mamoru aveva mantenuto un pizzico d'ironia nel suo carattere, nonostante fosse cresciuto molto in quegli ultimi tempi, incontrando la morte e sfidandola con un ritorno alla vita.

Di quei tre mesi distante da Usagi non ricordava molto, avvertiva solo un senso di solitudine che il suo cristallo aveva provato lontano dal suo corpo, quando agli ordini di Galaxia concedeva sguardi senza amore.

Per tre mesi aveva brillato in mezzo a tanti altri semi, raggiunto poi dalle altre guerriere, lontano solo da quella ragazza che in preda alla solitudine affrontava i momenti più brutti della sua vita, vedendo un destino già scritto andare in frantumi per i capricci di una donna o peggio, di Chaos.

Non aveva più guardato la cartina politica dell'America, non aveva più sognato gli States e quel mondo perchè non era mai salito sull'aereo e se prima il distacco da Usagi era stato difficile, adesso preferiva quella piccola famiglia piuttosto che una tesi discussa all'estero su qualcosa che poteva fare in Giappone; un piccolo compromesso per non abbandonare la sua piccola donna.

« Mamoru sei perfido. Solo perchè ti stai quasi e dico quasi laureando, non puoi dirmi così. Un gelato posso crearlo anche senza studiare »

« Ne sei sicura? » Minako sbuffo a quella domanda, crollando di fronte all'evidenza, tornando a sedere di fronte al libro aperto.

Tornare sui libri non era facile per nessuno perché sedere e studiare significava tornare realmente alla realtà.

 

« Il gelato era buonissimo! Ci vediamo domani! » Usagi stirò le braccia verso l'alto mentre Ami richiudeva il libro e sbuffava « Non riusciremo mai a passare il compito. Stanotte credo che non dormirò per ripassare »

« Sei sempre la solita » aggiunse Minako mentre infilava la giacca per abbandonare la casa di Makoto.

« Ragazze ci vediamo domani »

Salutandosi con i sorrisi della libertà, tutti lasciarono casa di Makoto concedendosi una camminata indipendente e solitaria, verso le proprie abitazioni.

Se da una parte c'era la felicità per la pace ritrovata, da un'altra si viveva in continua tensione; anche una folata di vento metteva i sensi in guardia, anche la frenata improvvisa di un'auto od il pianto di un bambino.

Il ritorno alla vita aveva cambiato tante cose tuttavia i sentimenti d'amore e d'amicizia ne erano usciti rafforzati, fortificando l'unione tra i ragazzi.

« Mamo chan ma cosa dovevi dirmi? Ci stavo pensando ora... »

Rimasti soli, Usagi stringeva il braccio di Mamoru, tirandolo un po' a sé con quell'innocenza che caratterizzava la ragazza, capace nei momenti intimi di tirar fuori quella sensualità senza mai scendere nel volgare.

« Eh? Ma quando? »

Mamoru guardava Usagi passando dagli occhi agli odango, scendendo poi alla bocca, disegnando con lo sguardo quel volto che in realtà conosceva a memoria.

Cosa voleva sapere al sua Usagi? Non riusciva a capire, catturato dallo sguardo azzurro che nella notte prendeva ancora più vita.

« All'aeroporto. Prima di... bè hai capito »

Ricordare quel giorno era doloroso eppure l'anello che portava al dito era il segno che qualcosa di bello era successo, insieme alle parole d'amore di quel ragazzo dai capelli scuri.

« Bè ormai il momento è passato... »

« Ma hai detto al mio ritorno ed ora sei tornato » sbuffò mettendo quel classico broncio che riusciva commuovere tutti, tranne Mamoru.

« Dai Usagi, poi te lo dirò... » si morse le labbra, in vistoso imbarazzo, cercando di deviare da quel discorso stringendola a sé e regalandole un brivido causato dai baci sul collo.

Non c'erano freni all'amore ed alla passione, neanche sotto le luci dei lampioni di una città viva che sfuggiva alla notte.

Mamoru ricordava bene cosa voleva dirle quel giorno, ricordava ogni momento ed ogni parola, quel che voleva dirle era legato all'anello ma tutto era stato rovinato nel momento in cui il gioiello aveva calzato il dito della ragazza e Galaxia aveva preso il suo cristallo.

Una proposta aveva due condizioni importanti secondo Mamoru: l'ambientazione e l'anello; in quel momento mancavano entrambe.

All'aeroporto, nel momento in cui il distacco stava per compiersi, credeva che la proposta sarebbe riuscita al meglio, lasciando una Usagi in Giappone con la promessa del per sempre invece tutto era sfumato e non sapeva più come rimediare a quel disastro.

« Dai dimmelo ora... Non vale »

« No. Ora ti porto a casa. Domani devo studiare quindi non possiamo vederci »

Usagi strinse le maniche di Mamoru e lo tirò un po', possessiva e spaventata; succedeva da quando era tornato in vita, da quando aveva pronunciato nuovamente il suo nome, la paura non l'aveva mai realmente abbandonata.

Il solo sentire che il giorno dopo non l'avrebbe visto, innescava nel suo cuore un processo di distruzione e solitudine, colmo di sensazioni angoscianti; si calmava solo quando Mamoru le baciava le labbra e la rassicurava affermando che l'avrebbe chiamata in serata.

 

Erano passati pochi giorni dalla fine della battaglia e per Mamoru non era facile dormire nel suo letto che in quei tre mesi aveva cambiato forma, adattandosi al corpo di Usagi che entrava ed in silenzio piangeva su quelle lenzuola.

Aveva dato a quella ragazza la chiave di casa con la semplice scusa di farla entrare nella sua assenza a controllare che tutto fosse a posto e che nessuno avesse violato quell'appartamentino; in realtà era la scusa più banale per darle semplicemente la chiave di casa.

Si domandava tuttavia per quanto tempo avrebbe dormito in quel letto, per quanto tempo avrebbe vissuto in quell'appartamento prima di veder sorgere i palazzi di Crystal Tokyo.

Non avvertiva freddo e questo significava solo che quel momento era ancora lontano.

Il cuscino aveva l'odore di Usagi, ovunque c'era il suo odore e sulle labbra il sapore della luna non lo abbandonava, regalandogli quell'attimo di pace prima di chiudere gli occhi e dormire.

Il suono del cuore si avvertiva nella stanza, in quel luogo dove anni prima diventava Tuxedo Kamen senza un apparente motivo, in quella stanza dove aveva dormito Usagi, poi Chibiusa.

In quella stanza si era svolta parte della sua vita e forse era arrivato il tempo di uscire ed utilizzarla solo per dormire, concedendo al mondo la propria vita.

 

Le luci di Tokyo per le strade rimasero accese, nelle case invece si spensero lasciando spazio alla notte.

Nessuno tramava contro quel pianeta avvolto dalla luce del Silver e Golden Crystal, nessuno cercava un modo per dividere quei due innamorati che tanto avevano lottato.

Semplicemente nessuno cercava altro al di là della pace.

Le ore scorrevano, il tempo passava per alcuni troppo veloce, per altri troppo lento; regalava attimi magici e momenti difficili ma passava e se per tutti il giorno dopo era una nuova scoperta, per poche persone l'indomani era già stato narrato.

Usagi, Ami, Rei, Makoto, Minako, Mamoru ed anche tutti gli altri erano certi che il futuro sarebbe stato come l'avevano visto ma non sapevano che nel cuore qualcosa sarebbe cambiato.

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Capitolo 2
*** Normali ***




Piccoli avvertimenti: Eventuali ripetizioni sono messe apposta per calcare proprio sul significato del capitolo. È una mia scelta "stilistica" opinabile o meno.
Un'altra cosa: come detto avrei seguito il manga e così farò, e come detto vi avrei avvertiti nel caso avessi toccato qualcosa dell'anime. Ecco, in questo capitolo verrà fatto riferimento ad una persona viva nell'anime.
Ah! Il capitolo è stato scritto in parte con pezzi di carta di fortuna, quindi avrò premura di revisionarlo a breve. Perdonate se ci sono errori XD


 



Normali

 

Se chiudi gli occhi e ti senti normale, non pensare che qualcosa non va, semplicemente stai viaggiando insieme a tanti altri.

 

 

L'aria calda dell'estate non sembrava più la stessa dopo la battaglia e la prima giornata al mare non era entusiasmante come realmente si aspettavano.

C'era qualcosa di diverso nell'aria, come se quella normalità tutto ad un tratto fosse troppa e pressante.

I compiti in classe, gli esami, le paranoie sui vestiti da scegliere e le scelte per il futuro: tutto era normale. Troppo.

La realtà non abbracciava più la fantasia e la sensazione che tutto fosse stato un sogno non era poi così lontana, anzi la vivevano a pelle.

Faceva caldo come avrebbe dovuto, le stagioni continuavano ad alternarsi e non c'erano ripensamenti nelle previsioni meteorologiche: nessun segno della glaciazione.

Si ripetevano che forse era troppo presto e che forse era il momento di fare un passo e camminare in direzione di un futuro più tranquillo, almeno fino a quando il destino l'avrebbe permesso.

Erano anni che non vivevano attimi di pace, forse dovevano solo abituarsi fino a che Usagi non avrebbe agitato lo scettro, mettendo tutti a dormire, salvandoli dal gelo.

Questo era il loro destino.

Una trama fitta e semplice la loro, fatta di stasi, lotte ed un solo amore.

L'amore.

Tutte si domandavano se potevano azzardare un sorriso ed aprire il cuore prima del gelo; avevano paura che tutto cambiasse e non potevano più chiedere nulla al futuro perché Sailor Pluto, con l'ultimo barlume di potere, aveva chiuso definitivamente il collegamento tra i due tempi: adesso ognuno aveva il suo presente.

Erano mesi che nessuno urlava al cielo per ricevere il benestare del proprio pianeta: la battaglia con Galaxia aveva cancellato tutto ed erano rimasti solo i ricordi.

 

Ami continuava a guardare la pagina del libro da ore, senza mai voltarla, senza mai concentrarsi realmente nonostante gli esami fossero alle porte.

Un tempo avrebbe gioito di quell'evento, stretto una penna tra le dita, inforcato gli occhiali e si sarebbe chiusa nel suo piccolo mondo senza uscire di casa per avere il massimo dei voti.

Il presente era ben diverso.

Osservava le lancette dell'orologio domandandosi quand'è che il tempo si sarebbe fermato per donarle un po' di concentrazione.

Lei che un tempo bacchettava le altre se non studiavano, adesso voleva solo fare un tuffo in piscina e godere dell'odore del cloro e dell'acqua sulla sua pelle.

Il mare in una stanza, così definiva quell'ambiente, con l'acqua trattata e la temperatura regolabile.

Iniziò a far dondolare la matita ferma sul labbro superiore, bloccata grazie alla pressione del labbro verso il naso, guardando il soffitto per non farla cadere, sudando per il caldo estivo.

Non si aspettava il sudore sulla pelle, bensì il gelo, il ghiaccio che tanto anelava nel cuore.

La glaciazione non le sarebbe dispiaciuta.

Di nascosto ci aveva provato: aveva urlato a Mercurio, chiedendogli il potere senza ottenere uno stralcio di risposta.

Mercurio.

Da tempo desiderava il respiro di quel Dio sulla pelle.

Il telefono squillò, interrompendo i pensieri e desideri che si stavano trasformando in un piacevole riposo.

« Ami sei tu? »

« Rei dimmi. Stavo studiando »

La voce di Rei era agitata, come se una catastrofe stesse accadendo proprio fuori la finestra del suo tempio.

« Dicono alla tv che nei prossimi giorni si abbasseranno le temperature. Qualche grado ma forse è bene iniziare a preoccuparsi »

« Mah. Sinceramente credo che sia solo un leggero abbassamento dovuto alla pioggia dell'altro giorno. Davvero, non dobbiamo preoccuparci. La situazione è in stasi » seguì una pausa nella quale Ami chiuse gli occhi ed in un sussurro rivelò « Se fosse diversa me ne sarei accorta »

Rei dall'altra parte del telefono mugugnò, annuendo a quel sussurro, attaccando il telefono dopo un Ciao mangiato sulle labbra.

 

Hotaru si era chiusa in camera, aveva girato la chiave ed ignorava la voce di Michiru che la chiamava per andare a scuola mentre Haruka le attendeva in macchina con il motore già acceso.

Fissava il suo riflesso nello specchio della sua stanza, rigirava le mani nei capelli, spettinando quella chioma dai riflessi violacei che lasciavano spiccare il colorito pallido del volto, come fosse perennemente accompagnata dalla morte.

Aveva indossato la divisa delle scuole elementare con la gonna blu e la camicia bianca a maniche corte, aveva sistemato il fiocco rosso e da brava bambina aveva infilato i calzettoni senza indossare le scarpe che avrebbe messo uscendo da casa.

Michiru, vestita con un tailleur per un colloquio presso l'auditorium di Tokyo, attendeva la ragazzina fuori la camera, chiamandola ripetutamente.

« Hotaru stai bene? Apri che farai tardi. Che succede? »

Davanti allo specchio, Hotaru continuava a smuovere i capelli finché non formò una coda alta, senza legarla.

Sorrise e si vide diversa allo specchio, con una luce che si oscurava se incorniciata dalla massa di capelli scuri.

Forse era solo una fissazione ma riteneva la sua chioma come l'emblema di Saturno, come la distruzione che un tempo poteva causare agitando semplicemente il suo Silence Glaive.

Anche se il potere le mancava, anche se aveva pianto quando si era accorta che il ritorno alla vita significava la perdita di quella semplice trasformazione, ad Hotaru la normalità piaceva particolarmente nonostante portasse nel cuore l'assenza di Chibiusa.

« Hotaru esci! Se faccio tardi mi arrabbio! »

Seguì qualche attimo di silenzio a quella richiesta, poi Hotaru aprì la porta reggendo con una mano la coda alta.

« Vorrei legare i capelli »

Michiru inizialmente non capì e squadrò la ragazzina più volte prima di concederle un sorriso elegante ed annuire.

Hotaru sedette davanti alla scrivania e con una spazzola Michiru iniziò a sistemarle i capelli, legandoli con un laccio lilla.

« È Successo qualcosa? »

« Nulla in particolare »

« Bugiarda »

« A scuola dicono che sembro cupa e triste. È colpa dei capelli e di quello che ero. Con Chibiusa era differente ma... »

« Ma Setsuna ha chiuso i collegamenti »

« La odio » Hotaru assottigliò gli occhi, trattenendo le lacrime frutto della sua sensibilità.

« Era necessario e la rivedrai, lo sai. È successo altro? »

Michiru manteneva un tono di voce delicato mentre stringeva la coda che grazie ai capelli non eccessivamente lunghi, non prendeva la classica forma bensì restava sospesa, con un alcune ciocche che ricadevano in avanti e la frangia spostata un po' di lato.

Era bastato un colpo di spazzola ed Hotaru si sentiva già diversa.

« Vorrei andare da Papà »

« Ci sta aspettando in macchina »

« Io mi riferisco al mio verò papà » e Michiru rimase in silenzio, limitandosi ad annuire ed avvertendo una sensazione spiacevole nel cuore.

 

Minako e Makoto se ne stavano sdraiate sul balcone dell'appartamento della seconda, con un bikini, un paio d'occhiali da sole ed un telo dove erano poggiate.

L'estate significava sole e divertimento e se per ora non era prevista nessuna glaciazione, la pelle abbronzata era l'ideale per sentirsi normali.

Makoto aveva sciolto i capelli e si era resa conto di quanto i capelli mossi fossero adatti al suo fisico, rendendola più bella e donna, svestendo i panni da ragazzina; Minako aveva sfoltito la frangia e l'aveva portata di lato, sentendosi più carina grazie a quel piccolo cambiamento.

Il sole bruciava sulla pelle candida delle ragazze che sudavano a causa di quella temperatura nel primo pomeriggio.

« Fa caldo »

« Già. Senti Mina, secondo te come sarà il futuro? »

« Perfetto »

« Ami Usagi, vero? »

« È la mia principessa »

« E se il passato ed il futuro non contassero? »

« Voglio bene ad Usagi. Mi piace e sono triste per lei. È vero, noi sappiamo che ne futuro saremo al suo fianco come guardiane, che la proteggeremo ma non sappiamo realmente se avremo altro a parte questo. Lei invece? Sa che si sposerà, sa che avrà una figlia e basta e cosa le resta? Lei sa già tutto. Conosce tutto quello che una donna normale desidera avere, per la quale lavora una vita. Lei non avrà sorprese da nulla e non sarà agitata il giorno del matrimonio perché sa che Mamoru sarà lì e dirà di si. »

Makoto annuì alzandosi dal telo, smuovendo i capelli e sospirando.

« Non mi piace troppo il caldo. Forse è colpa di Giove ma adoro la pioggia, i fulmini. Vorrei osservare un temporale chiusa in una serra. Accompagnami al giardino botanico, per favore, devo vedere una cosa. »

Minako annuì e sorrise, alzando lo sguardo al cielo, cercando qualcosa che potesse farle apprezzare quella normalità.

 

Usagi aveva ripreso le sue abitudini.

Si svegliava tardi, mangiava con la voglia di sempre e studiava il minimo per passare gli esami, riducendosi all'ultimo per completare gli esercizi di Matematica ed Inglese.

Lei il suo futuro lo conosceva benissimo e non si stupiva se un giorno a scuola la rimproveravano perché sapeva che a distanza di qualche anno sarebbe diventata regina ed avrebbe sposato l'uomo dei suoi sogni.

Non c'erano novità nel suo futuro, doveva solo farsi trovare pronta, con lo scettro in mano, la determinazione da Sailor e la consapevolezza di quello che sarebbe diventata.

Si guardava allo specchio e si rendeva conto che forse non le andava molto di diventare regina, che le sarebbe piaciuto continuare ad alzarsi tardi, scusarsi a lavoro e soprattutto avere una famiglia che non si fermasse alla sola Chibiusa; le voleva bene, le mancava ma non le sembrava giusto che dovesse chiudere il cerchio della sua famiglia al numero tre.

L'unica cosa che realmente non sapeva era come sarebbe stata la sua proposta di matrimonio; era l'unica cosa che non le avevano svelato e sapeva di poter gustare quel momento come ogni ragazza.

Ci fantasticava su come ogni donna, anche se era ancora una liceale e sapeva che il suo Mamo chan, tanto responsabile, avrebbe atteso ancora qualche anno.

L'anello lo portava già, chissà cosa si sarebbe inventato per stupirla anche se già conosceva la risposta, la loro era solo una formalità.

Ancor prima di essere una donna in procinto di Matrimonio, Usagi era una ragazza del liceo, con la poca voglia di studiare ed il desiderio di passare con Mamoru ogni suo istante.

La normalità per lei era fatta di piccole trasgressioni, momenti che ogni ragazza viveva dai quindici anni in su.

Mandava i messaggini a Mamoru mentre era in facoltà cercando di terminare la tesi, ne approfittava se i genitori erano fuori casa oppure entrava di nascosto nell'appartamento di Mamoru per dimostrargli che era una fidanzata esemplare in grado di preparargli la cena od una semplice merenda.

I risultati non erano mai ottimi ma Mamoru si era innamorato di quegli sforzi, tanto da rivolgersi ai suoi amici all'università per chiedere consigli sulle sue questioni amorose.

« Chiba ti sei bevuto il cervello? Sposarti a questa età? »

« E allora? Guarda che glielo devo chiedere, mi deve in caso dire di si e poi se ne parla tra minimo un paio d'anni sennò i genitori mi ammazzano »

« E allora aspetta »

« No »

Mamoru era deciso ed Hiro, il suo compagno, non riusciva a fargli cambiare idea anche perché non sapeva cosa si celava dietro quella determinazione.

La morte.

Mamoru aveva incontrato la morte e solo grazie ad Usagi l'aveva sconfitta, adesso aveva deciso che quella ragazza meritasse davvero il meglio.

Troppe cose aveva perso per strada, troppe persone si erano allontanate a causa del suo carattere o di quel destino tanto avverto e voleva che Usagi iniziasse da subito a vivere la sua favola.

Lei avrebbe potuto vantarsi con le amiche di quel successo, avrebbe potuto sfoggiare l'anello ed urlare al mondo di quella proposta; se lei fosse stata vanitosa a lui non sarebbe interessato perché amava di Usagi ogni difetto ed ogni pregio.

Era innamorato e non riteneva quella proposta come un bruciare le tappe, semplicemente come una conferma del suo amore verso quella ragazza dalla pettinatura strana.

« Stasera sakè da te? »

« Non so... »

« Che vuol dire che non sai? »

« Aspetta... » Mamoru interruppe l'amico prendendo il cellulare notando con piacere che la sua Usagi gli aveva appena mandato una mail.

Ho bruciato ogni cosa commestibile in cucina. Stasera sushi del market, ti va? Lo compro ora.

Mamoru sorrise come succedeva tutte le volte che Usagi mandava una mail, nonostante avesse appena scoperto che quel giorno aveva marinato la scuola.

Gli rispose con uno smile ed un ti amo dedicando nuovamente la sua attenzione ad Hiro che scuoteva il capo rassegnato.

Hiro adorava Mamoru, sapeva quanto egli amasse quella ragazza e si domandava cosa fosse successo in America per farlo tornare così diverso; adesso vedeva un Mamoru che voleva vivere e che non si perdeva mai nemmeno un minuto se poteva viverlo a pieno, cambiando un po' quel carattere serio che mostrava agli altri, rivelando un suo lato più umano che nessuno dei compagni aveva mai avuto il piacere di vedere.

Mamoru era popolare ed ora voleva sposarsi, avrebbe riscosso il dissenso di tutto il popolo femminile della facoltà.

« Niente sakè stasera, ho indovinato? Senti, ma come mai adesso hai tutta questa voglia di sposarti? Prima non era così »

« Già, niente Sakè » annuì poi tacque qualche istante, abbassando lo sguardo, rivivendo nel cuore il momento in cui aveva causato ad Usagi la sofferenza più grande, morendo davanti ai suoi occhi nel momento in cui l'avrebbe dovuta rendere la donna più felice del mondo « È successo che quando sono partito per l'America, prima di salutarci all'aeroporto le ho dato l'anello e stavo per dirle che in futuro l'avrei sposata, insomma una di quelle scene perfette, tipo da film, peccato che tutto è stato rovinato da una serie di sfortunati eventi ed ovviamente adesso non so come rimediare »

« Non rimediare. Il destino ha voluto che tu non le chiedessi di sposarti »

« Il destino è dalla nostra parte. Tante cose non le sai Hiro, per tua fortuna, ma io so che il destino è con me. Adesso vado, non mi va di seguire la lezione. »

Mamoru si era alzato e si notava quanto fosse di cattivo umore in quell'istante; il destino, quella sola parola per lui era un tabù, la rivelazione di un'esistenza già scritta con tanta felicità e nessuna novità.

Amava Usagi più della sua stessa vita ma se avesse potuto cambiare qualcosa di tutto quel loro viaggio, avrebbe preferito non aver mai conosciuto il loro futuro.

 

Usagi poggiò la busta contenente il sushi sul tavolo della cucina ed aprendo il frigo trovò una lattina di Thè verde che iniziò a bere una volta sdraiata sul divano.

Faceva caldo ed andare a scuola non era il suo intento. Non le piaceva d'inverno, ancor meno d'estate con i corsi di recupero che doveva frequentare per forza, dopo essere mancata a causa delle tante battaglie affrontate.

Sorso dopo sorso dissetò il suo corpo, mettendosi comoda in pantaloncini e canottiera su quel divano che profumava di Mamoru.

Il suo Mamo chan.

Faceva caldo e poggiando il suo thè sul tavolino, slegò gli odango andando a legare i capelli in una morbida treccia che scendeva sulla spalla destra e superava la linea del seno fino ai fianchi.

L'odore del caldo dell'estate era quanto di più normale avesse assaporato in quel periodo e la freschezza del tè congiunto alla morbidezza della treccia, rendevano quel pomeriggio uguale a quello di tante altre persone a Tokyo.

Aveva lasciato il condizionatore spento perché quel caldo era il simbolo della normalità e se Ami desiderava il gelo ed il ghiaccio, Usagi desiderava il calore sulla pelle chiara, simile al calore che il suo Mamoru sapeva regalarle.

Il rumore della porta che s'apriva, l'arrivo di Mamoru, la destò dai suoi pensieri, girandosi per salutare il fidanzato con il sorriso sulle labbra e le gote arrossate dal sole che filtrava attraverso la finestra aperta del salone, con l'aria che entrava dal terzo piano di quel palazzo smuovendo le tende chiare.

« Ciao Mamo chan »

« Sbaglio o qualcuno oggi ha marinato la scuola? Sai che adoro vederti ma non trascurare i tuoi impegni »

« Anche tu hai lasciato le lezioni... » Usagi puntò il dito mormorando quelle parole con una punta di sarcasmo, mettendo a tacere Mamoru che le regalò un sorriso avvicinandosi al divano dopo aver poggiato la borsa con il computer portatile sul tavolo.

« Bella la lezione di oggi? »

« Un po' noiosa ma devo recuperare »

Mamoru tacque diversi istanti; stava correndo nel tentativo di recuperare tutto quello che nel tempo era andato perso a causa della sua morte e di ciò che Galaxia aveva causato.

« Sai credo che Galaxia non volesse davvero farci del male in questi anni. Secondo me si sentiva davvero sola e cercava di attirare la nostra attenzione. Lei era bella ma sola. »

« Che intendi? » Mamoru rivolse uno sguardo interrogativo ad Usagi mentre si avviava verso la camera da letto, spogliandosi degli abiti della giornata per indossare una comoda tuta da casa con dei pantaloni grigi ed una canotta verde.

« Intendo che m'è preso un colpo quando ti ho visto baciare Galaxia. Sai, dovresti ringraziare il fatto che in quel momento non eri propriamente vivo e che io dovevo salvare il mondo, altrimenti avrei fatto una scenata »

« Ripetimi, cos'è che avrei fatto con Galaxia? »

Mamoru era tornato nel salone mostrandosi ad Usagi con un sorrisetto divertito e la voglia di prenderla un po' in giro.

« Non te lo dico » mormorò incrociando le gambe, mettendo un piccolo broncio arricciando le labbra e mostrando un'espressione pensierosa « Mamo chan? »

« Che c'è? »

« Perché ogni nemico cerca di baciarti? Ho un dubbio! Non è che il prossimo nemico, prima della glaciazione, sarà una bellissima principessa che cercherà di farti passare dalla sua parte grazie a...? »

« A? »

« No niente. Speriamo solo che la glaciazione non sia troppo fredda »

« Come fa una glaciazione a non essere fredda? «

« Mh... » Usagi guardò Mamoru sempre più pensierosa, elaborando una qualche idea mostrando poi un'espressione soddisfatta « Allora combatteremo sotto ad un Kotatsu*! »

Mamoru guardò Usagi cercando di trattenere a stendo una risata, carezzandole il capo e rubandole la lattina di tè sotto gli occhi.

« Le Sailor sotto il Kotatsu, non male! Ora però sappi che ho avuto una giornata molto stancante, merito o no un po' di attenzioni dalla mia Sailor Kotatsu prima del sushi del Market? » osservandola s'inginocchiò davanti al divano, davanti alla sua Usagi con le gambe incrociate e la treccia morbida.

« Ma se hai mollato a metà lezione! »

« Si ma solo per te »

Le parole di Mamoru avevano un effetto strano per Usagi: erano belle, magnetiche e non le aveva udite per così tanto tempo che in quei giorni l'avrebbe fatto parlare ogni istante facendolo smettere solo per respirare, godendo così del suono della sua voce.

« Sai, la treccia ti sta bene ma ti preferisco di gran lunga con gli odango, oppure... » allungando una mano disegnò coni polpastrelli delle scie sul seno dove poggiava la treccia, avvertendo la pelle calda ed i battiti della ragazza; arrivò al nastro che teneva unita la treccia alla sua estremità e la sciolse, passando le dita in mezzo agli intrecci per lasciarle liberi i capelli, con qualche ciocca che si muoveva in balia dell'aria che entrava dalla finestra.

Usagi rimase muta, con il petto che s'alzava e s'abbassava con respiri lenti ogni volta che Mamoru passava la mano sul suo petto, con la lentezza che rendeva ogni gesto più profondo.

Inginocchiato di fronte a lei, Mamoru si sporse un po' verso la ragazza quanto bastava per carezzarle le labbra con le sue e stuzzicarla con la punta della lingua, avvertendo i brividi e le scosse che le dava.

« Fa caldo » mormorò Usagi con poca convinzione mentre Mamoru andava a stuzzicare la pelle del collo invitato anche dai movimenti di lei che muoveva il capo per far spazio a quelle labbra ancora più calde del sole.

« Già, fa caldissimo »

Mamoru non disse altro, limitandosi a salire sul divano, accompagnando Usagi per farla sdraiare e sovrastandola con il suo peso e la sua altezza statuaria rispetto a quella della ragazza.

Il caldo del pomeriggio non diminuiva in favore della sera e prepotente avvolgeva i corpi dei due amanti che iniziavano a sudare in favore di tutti quei movimenti che racchiudevano gran parte del loro amore.

Mamoru carezzava tutto il corpo di Usagi, liberandola da quei vestiti che la coprivano, fermandosi un attimo ad osservare la sua donna completamente nuda, baciandole i seni e la pancia, avvertendola tremare e gemere sotto le sue mani completamente sudata.

Gli piaceva vedere come inarcava la schiena o come muoveva le gambe per stringerlo a sé, come gli baciava avida il collo o come si lasciava andare completamente sotto il corpo di lui.

Era la sua Usagi ed era innamorato di ogni suo lato.

Quando entrava dentro di lei la guardava sempre in viso per non perdersi nemmeno una sua espressione, per osservare ogni movimento del suo corpo od anche solo delle sue labbra; ogni respiro affannato o gemito erano la carica necessaria per andare avanti con quei gesti finché non l'avvertiva irrigidirsi sotto il suo peso, donandole il piacere con spinte più forti fino al momento in cui non si rilassava tanto da capire che aveva ricevuto tutto il suo amore.

Usagi era un caldo rifugio per lui, così bello da rifugiarsi dentro ogni volta che poteva e che lei voleva, riversando nel suo corpo il suo piacere godendo al massimo di quei momenti e consapevole che nulla sarebbe successo, almeno fino ad una certa età.

Faceva ancora caldo, il sushi riposava in frigo dimenticato dai commensali mentre loro si rilassavano sul divano, ringraziando per quella normalità che ad un tratto li aveva investiti.

 

Setsuna osservava un vecchio baule nel suo nuovo appartamento nella periferia di Tokyo; aveva lasciato la casa di Hotaru dopo che l'aveva sentita urlare tutto il suo odio nei suoi confronti per quel compito ingrato che era spettato a lei che un tempo era custode della porta del tempo: chiudere ogni passaggio tra presente e futuro.

Non c'era perdono negli occhi di Hotaru e sapeva che forse non lo avrebbe mai ricevuto così di fronte a quel vecchio baule osservò la chiave del tempo che Chibiusa le aveva rubato ed il suo Garnet Rod ormai privo di potere e ottimo solo per arredare il suo appartamento.

La solitudine aveva nuovamente invaso la guerriera di Plutone: non era cambiato molto tra la sua vita da guerriera e quella da semplice umana.

Lei era sempre sola e forse solo il giorno dopo qualcosa sarebbe cambiato: avrebbe iniziato ad affrontare il mondo come ogni comune adulto, come si fa dai vent'anni in su.

 

Non esistevano più le guerriere Sailor e per tutti erano solo un ricordo, un gruppo di ragazze fans di Sailor V che si erano divertite a giocare in tutti quegli anni.

Non c'erano principe e principessa, nessun contatto con il futuro e d'estate faceva caldo.

Era tutto dannatamente Normale.





Appunti:

Kotatsu: Il kotatsu è un simbolo giapponese. È un tavolino con delle coperte con sotto una stufetta. D'inverno si usa mettersi intorno a questo tavolino, con le gambe nascoste sotto le coperte, così da scaldarsi.








Eccomi qui, dopo un mese.
Spero che non vi dia troppo fastidio il fatto che io abbia pubblicato dopo così tanto tempo, purtroppo però sono molto impegnata con il lavoro.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Devo ancora rispondervi alle recensioni del Prologo ma lo farò in serata >.< promesso! 
Spero mi direte cosa ne pensate di questo nuovo capitolo, mi fa sempre piacere leggere le vostre opinioni.
La scena tra Mamoru ed Usagi non l'ho voluta descrivere con dei termini troppo spinti, non mi appartiene molto quel genere di narrazione, anche perchè tempo fa ci provai con vecchie fic (vi esorto a NON leggerle XD) ed il risultato è stato penoso XD
Insomma, vi lascio ora, sperando che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e stavolta vi auguro anche buone vacanze, perchè è periodo di ferie e tante di voi staranno al mare spaparanzate sotto il sole u.u
Mettete la cremina solare eh che non c'è Mamoru che ve la spalma u.u

Baci baci


Kate

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Capitolo 3
*** Tempo e Spazio ***







Capitolo 3 – Tempo e Spazio

 

 

Il sogno e l'illusione nulla possono contro la forza dello spazio, del tempo e dello stesso Destino.

La ragione ed il cuore invece possono piegare queste forze, mutando ciò che è scritto, sfidando le forze sacre.

 

 

 

Usagi a scuola si annoiava e si annoiava da diversi mesi ormai, da quando la vita l'aveva abbracciata concedendole una possibilità: essere una liceale come tutte le altre.

Non le era mai piaciuta la scuola ed aveva sempre attribuito i suoi insuccessi scolastici non solo alla poca voglia, ma anche alle battaglie, ricordando ai professori, senza svelare il suo segreto, che essere una liceale era piuttosto difficile ed ogni giorno si affrontavano battaglie estreme.

I professori puntualmente le ricordavano che la sua guerra scolastica l'avrebbe persa se non avesse studiato; avrebbe rimediato una bella bocciatura, difficile da cancellare sul curriculum di una futura Regina.

Il suo quaderno d'appunti tuttavia non conteneva nulla che rimandasse all'inglese, alla matematica o al giapponese: Usagi disegnava una faccia stilizzata di Mamoru circondato dai cuoricini, alternando la presenza di qualche nemico che piangeva nel vederli felici.

« La frase ipotetica, in inglese, ha diverse forme. Vediamo, chi mi sa tradurre: Se Tsukino la smettesse di disegnare cuoricini, migliorerebbe i suoi voti in inglese evitando la bocciatura!? »

Il professore Matsura era un uomo di mezza età con i capelli brizzolati e la barba incolta; un bell'uomo a detta di molte, in forma per la sua età e con una forte personalità oltre alla sua spiccata voglia di punzecchiare gli allievi distratti a lezione.

Si era fermato al lato del banco di Usagi che continuava a disegnare, persa nel suo mondo non tanto lontano da quello degli altri, sotto gli sguardi divertiti di tutti i suoi compagni.

« Tsukino, problemi d'amore? Nessuno te lo ruba e sono sicuro che il signorino stilizzato sarebbe più contento nel vederti promossa e non bocciata! » alzò di poco la voce e finalmente la ragazza tornò alla normalità, alzando lo sguardo sul professore e coprendo con le braccia il foglio, vergognandosi fino alla morte.

Passò il resto della lezione con le braccia incrociate e la testa poggiata sul banco, con gli occhi puntati al professore fingendo interesse, pensando invece a Mamoru ed a quello che stava facendo.

Il tempo passava a ritmi lenti, sembrava che le lancette si fossero fermate all'ultimo anno di scuola e per Usagi le ore a scuola sembrava scorrere ancora più lente, a differenza di Ami che ringraziava per i momenti di pace, riuscendo a recuperare un po' quello che aveva lasciato in sospeso.

Tutti si meravigliavano di Ami, Usagi, Makoto e Minako perché ad osservarle sembravano provenire da un altro pianeta.

Il diploma si avvicinava e con esso anche il futuro che tanto conoscevano, quel futuro di cui nessuno si poteva meravigliare.

Suonò la campanella ed Usagi, come un fiume in piena, corse in bagno per sciacquarsi il viso, in preda ad un forte mal di testa; si guardò il volto pallido, squadrò il suo viso da ogni angolazione , scoperta da Minako che la raggiunse con il mano la sua borsa.

« Stai bene? »

« Si, è tutto a posto. »

« Sei pallida. »

« È la lezione d'inglese. Ha effetti collaterali. »

« Capisco. Senti... » Minako si lasciò andare ad una lunga pausa ed arricciò le labbra; era sofferente in quel momento, con i capelli sciolti, privi di fiocco.

« So quello che stai per chiedermi. Non so perché non fa freddo ma se non ricordo male, prima io e Mamoru dobbiamo sposarci, poi nascerà Chibiusa ed allora arriverà la glaciazione. Ce n'è di tempo, non siamo neanche diplomate e Mamoru ha i suoi sogni da portare avanti. »

« Il suo sogno è sposarti. »

« No, il suo sogno è diventare un medico, aiutare gli altri, proteggere questo mondo e stare con me. È più di un sogno e non posso arrivare io ed interrompere ogni sua aspirazione con un matrimonio. Sai bene che dopo la glaciazione niente sarà come prima. Saremo costretti a regnare, saremo costretti ad essere diversi da come siamo. »

« Usa, invece cosa pensi sia successo alle altre? » Minako nuovamente abbassò lo sguardo, stringendo la sua borsa e porgendo ad Usagi la propria.

« Non lo so. Io per ora sono solo Usagi, non ho nessun potere e sai, al momento non mi dispiace. » tirò un sospiro di sollievo, stirò le braccia verso l'alto e tornò ad essere la ragazza di sempre « l'unica cosa che mi dispiace è dover fare i compiti per domani. Matematica, inglese. Un giorno abolirò queste materie! »

Minako fece un segno di vittoria ed abbracciò Usagi baciandole la guancia, venendo ricambiata in quel gesto.

« Sai che provo l'amore di una sorella per te. Non abbatterti. Arriverà il momento ed io ti starò vicina. »

« Lo so Mina, lo so. Non abbandonarmi mai, ne morirei. »

Erano unite come due amanti, complici di uno sguardo che poteva creare disappunto negli altri, ignorando coloro che non potevano capire quanto profondo e quanto antico fosse quel legame.

 

Setsuna aveva nuovamente aperto il baule, quello stesso scomparto dove aveva rinchiuso i ricordi di una vita insieme alle lacrime; stavolta però una voce l'aveva chiamata, invitandola a far scattare la serratura del lucchetto, prendendo in mano il suo vecchio talismano.

Non parlarmi, per favore. Ho già dato troppo, sono stata la tua mano per troppo tempo. Uccidimi, sarebbe meno doloroso. Non voglio più essere una guerriera se il prezzo da pagare è la solitudine.

I suoi pensieri si scontravano con una forza potente, una divinità che arrivava a farla piangere così da sentire nuovamente la tristezza nel suo cuore, quella sensazione di vuoto ed impotenza che per anni aveva sentito, quel dolore che nuovamente sfiorava il suo petto dopo le ultime parole di quella bambina.

Ti odio. L'aveva detto con odio vero e Setsuna non riusciva a non pensare a quelle parole, quella verità uscita dalla bocca di una bambina.

Hotaru la odiava perché per ordine di Chronos aveva dovuto relegare Chibiusa nel trentesimo secolo, il tempo a cui realmente apparteneva.

La sfera rossa si era illuminata per un istante, aveva ripreso vita e Setsuna aveva richiuso violentemente il baule, spaventata da quella possibilità di tornare ad indossare la fuku, con il cuore che batteva forte per l'emozione che contrastava con la paura.

Essere Sailor, di nuovo. Si domandava se fosse una cosa positiva o negativa, se sarebbe servita anche lei nel periodo della glaciazione, se ci sarebbe stato un ruolo anche per lei o se sarebbe rimasta nuovamente da sola, come in passato.

Non voglio. Non sarò mai più una Sailor.

Decisa, parlò nella sua testa, cacciando la voce del Dio che nuovamente la chiamava, lanciando la chiave del baule fuori dalla finestra ed indossando una giacca per l'autunno.

Il tempo scorreva e lei non voleva governarlo più, non se il prezzo da pagare era l'odio di una bambina che fino a qualche mese prima la chiamava mamma.

Scendendo le scale del palazzo che abitava, Setsuna si guardò allo specchio vicino al portone, accanto alle cassette della posta ed osservando il trucco leggero trovò nella sua espressione un dolore mai provato, una serie di situazioni che sembravano averla fatta invecchiare.

Non era facile vivere da sola, lontano da tutte quelle persone che un tempo frequentava e che adesso la guardavano in modo strano, come se avesse commesso il peggiore dei crimini; una serie di eventi le avevano segnato lo sguardo e la mente, arrivando a farla sentire una donna triste senza futuro.

Chronos...

Pensò il suo nome con una forte nostalgia, con la sensazione che il cuore battesse forte e con il corpo che sembrava richiedere una strana attenzione: era il capriccio di una donna di avere il suo Dio solo per sé.

C'era qualcuno anche per lei in quel mondo, era troppo vasto per restare soli e qualcuno, a sua insaputa, già la spiava, già la seguiva, già la voleva.

 

Hotaru si guardò allo specchio schiaffeggiando appena le guance per dare un po' di colore, sistemando la frangia e facendo la giravolta per far ruotare la gonna che le arrivava fino alle ginocchia, di un tenue color glicine.

Si era vestita bene per la grande occasione e non la smetteva di guardarsi allo specchio, per evitare che la coda alta creata da Michiru cadesse o si sciogliesse.

« Hotaru andiamo? Faremo tardi. »

« Arrivo! » si guardò un'ultima volta allo specchio, sistemò la maglietta bianca ed infilò le ballerine. Si era fatta bella per il suo papà.

In macchina Haruka non correva, poco entusiasta di quella gita che avrebbe potuto sconvolgere ancora di più la sua vita; non sentiva più il rumore del vento, adesso non parlava più la lingua dei tifoni e temeva che quella normalità potesse toglierle anche la gioia di badare a quella piccola peste che stava crescendo.

Chibiusa aveva influito molto sul carattere di Hotaru e da quando aveva legato i capelli, aveva visto in lei la consapevolezza che con un sorriso poteva farsi degli amici; era gelosa che qualcuno le portasse via la figlia.

Guidava con poca voglia, affiancata da Michiru che ormai da qualche mese aveva un'espressione sempre assente.

Non serviva a nulla apparire normali, non potevano dimenticare chi erano state, cosa avevano fatto e quanto il mare ed il vento fossero di compagnia ed in sintonia tra loro.

Michiru carezzò la mano di Haruka che stringeva il cambio mentre Hotaru canticchiava una delle sue canzoni preferite in voga in quel momento.

« Hotaru smettila di cantare. Mi stai infastidendo. »

« Ma... mi fai sempre cantare in macchina »

« Oggi no. Ho mal di testa. »

Hotaru s'ammutolì dopo il rimprovero di Haruka, tornando a guardare fuori dal finestrino, stampando il palmo della mano sul vetro; a breve avrebbe rivisto il vero padre e la tranquillità mattutina lasciò spazio ad una forte agitazione che smuoveva lo stomaco.

Chissà se lui l'avrebbe riconosciuta. Voleva sapere se l'avrebbe abbracciata od allontanata, se sapeva qualcosa di lei, se ricordava di avere una figlia affidata ad altri genitori.

« Mamma Michiru, io vorrei anche interrompere le lezioni di Musica. »

Michiru fu colta di sorpresa, si girò ed osservò incredula la ragazzina.

« Perché? »

Haruka osservava la scena dallo specchietto retrovisore mentre Hotaru si mordeva il labbro inferiore, agitata per quella reazione.

« Ormai sono brava ed i miei compagni di scuola il pomeriggio già escono. Io non posso? »

« Capisco. È una tua scelta Hotaru, puoi anche non seguirle più. » Michiru tornò a guardare la strada, avvertendo nel petto qualcosa che si era spezzato, come se quella ragazzina che aveva cresciuto come una figlia fosse diventata grande tutto d'un tratto, pronta a spiccare il volo.

Eppure era piccola.

 

Usagi sembrava preoccupata e Mamoru aveva notato quel suo stato d'animo, fermandosi spesso ad osservare le sue espressioni, cercando di capire cos'è che avesse.

Se ne stava sdraiata sul suo letto, con le lenzuola che la coprivano fino ai seni, i capelli sciolti e l'espressione da donna. Usagi era cresciuta e Mamoru si era perso parte di quel cambiamento.

Triste era stata la morte, ancora di più per ciò che aveva tolto ad Usagi: il sorriso.

Si meravigliò tuttavia di quell'espressione preoccupata, ormai tutto sembrava filare liscio e l'ultimo ostacolo d'affrontare era ben lontano.

Fuori faceva ancora caldo, anche se era autunno e Mamoru sorrideva per quella tranquillità ritrovata.

« Tutto bene? »

« Mh... oggi a scuola mi sono stancata molto. »

« Forse devi riposare un po'. »

Sedette sul letto, al fianco della ragazza, carezzandole il capo e lasciando scivolare le mani lungo quei capelli biondi.

« Mamo chan, io e te resteremo insieme per sempre, vero? »

« Certo. Cosa succede, mh? Mi fai preoccupare se ti vedo così. »

« Davvero, va tutto bene. Però, la verità è che... » si alzò con il busto, mettendosi a sedere e reggendo il lenzuolo per non farlo cadere; poggiò la fronte contro la spalla del ragazzo e con le labbra lasciò un tenero bacio mormorando « voglio fare l'amore con te »

« Ma sei stanca... »

« Per stare con te, non lo sono mai. Non vuoi? »

Alzò lo sguardo verso il ragazzo, mostrando gli occhi dolci, facendo le moine con Mamoru che scuoteva il capo carezzandole un braccio.

« Sei sleale. Non so dirti di no, Usako. »

Quel nome negli anni era stato sempre pronunciato con dolcezza e sensualità e mai con cattiveria; anche quella volta Mamoru la guardò con gli occhi dell'amore, carezzandole il braccio e tirandosela in braccio per baciarla facilmente ed infilare le mani dietro la nuca, tirandole appena i capelli in un gesto carico di passione.

Fare l'amore era sempre diverso, ogni volta era una novità ed anche dopo una giornata lunga trovavano il tempo di amarsi, di stare insieme quelle poche ore in grado di confermare con ogni gesto il sentimento che li univa.

In quella situazione, Usagi vide volar via ogni preoccupazione, concentrandosi sul battito del cuore e sul calore che aumentava: la pelle di Mamoru sembrava di fuoco eppure non ne rimase scottata bensì provava piacere nel sentire il corpo nudo dell'uomo che amava, che lentamente aveva spogliato, lasciandolo solo con l'intimo.

Lei invece era nuda sopra di lui, nuda con la pelle che veniva ricoperta di baci e con le mani del suo uomo che scorrevano, sfiorando e toccando con decisione ogni parte del suo corpo, disegnando con le dita le linee dei glutei, facendola alzare per dedicare attenzione ai seni non troppo sviluppati, giocando con quelle parti che tanto lo facevano eccitare, faticando a controllarsi.

Si stesero sul letto ed Usagi lasciò uscire quella parte proibita di sé, quel suo carattere incontrollabile che veniva fuori solo quando il corpo nudo di Mamoru la sovrastava, quando avvertiva dentro di sé quel sangue caldo che solo lui sapeva scaldare.

Si abbandonò ad ogni carezza del suo uomo, lo abbracciò così da fargli sentire cosa aveva da offrire, quanto donna fosse diventata a partire dal corpo fino ai gemiti che da timidi com'erano un tempo, si erano fatti più audaci, in grado di far capire a Mamoru quanto e cosa le piaceva.

Non c'era più controllo su quel letto con le lenzuola sfatte, con le tende chiuse ed il sole che calava; c'erano solo due amanti incontrollabili che riuscivano ad amarsi ed ad essere passionali in ogni momento, con i corpi che si muovevano insieme ed i gemiti che soffici si mischiavano con i respiri, aleggiando nell'intera camera da letto.

« Usako... » Mamoru pronunciò spesso il suo nome mentre la stringeva e si muoveva dentro di lei, mentre Usagi stessa s'aggrappava alle sue spalle per sentire dentro di sé tutto il suo amore e non perdere nulla di quei momenti e di quei contatti.

« Mamo – chan... » lo pronunciò con una voce così sensuale, così innocente che lui perse il controllo, riversando dentro di lei tutto ciò che poteva offrirle in quel momento.

Usagi fu felice. Sfinita ma felice.

 

Michiru bussò alla porta di Casa Tomoe, venendo accolta da una signora di mezza età con la divisa da colf; aveva i capelli grigi raccolti in uno chignon coperto da una retina, gli occhi erano scuri ed il viso rifletteva il peso degli anni che portava dietro.

« Chi siete? »

« Siamo conoscenti del dottor Tomoe. Ci domandavamo se fosse possibile incontrarlo. È importante. »

« Tsk... » Haruka continuava, senza troppi complimenti, a mostrare il disappunto per quella visita mentre Hotaru, con la testa tra le nuvole, si lisciava la gonna e cercava di non formare neanche una piega.

« Signora Masae, chi è? »

Souichi uscì dalla stanza reggendosi ad un bastone, zoppicando verso la porta d'ingresso dove inizialmente notò Michiru ed Haruka e solo in seguito riuscì a scorgere Hotaru che in quel momento, colpita dalla timidezza, si nascose dietro la madre.

Il dottore non sembrava essere invecchiato più di tanto; quei pochi anni non lo avevano deturpato e l'incidente aveva lasciato che il suo volto mantenesse comunque il fascino di un tempo.

« Signora Masae li faccia entrare. Ci accomoderemo nella sala da pranzo. Se non le crea troppo disturbo può portarci un tè e... i biscotti al cioccolato? »

Hotaru fece sbucare la testa da dietro Michiru quando il padre menzionò i biscotti al cioccolato, mostrando così il suo volto radioso e libero dai capelli che erano legati in una coda alta.

Souichi andò a sedere sul divano nel salotto, seguito dai suoi ospiti silenziosi e curiosi; osservarono intorno sorpresi di quella casa così moderna, dai colori chiari e tuttavia priva di foto e quadri. Era una casa nuova dove nessuno aveva mai vissuto.

« Hotaru. Ti sei fatta grande » sorrise guardando la figlia seduta di fronte a lui, separati dal tavolino che a breve avrebbe accolto tè e biscotti.

« Voleva incontrarti. Ha espresso questo desiderio. Non so se vuole rimanere. » Haruka rispose prima di Hotaru, togliendole il tempo di parlare; fu fulminata dallo sguardo di Michiru.

« Signorina Tenou, la ringrazio per averla portata qui. Volevo vederla già da un po' ma... »

« Immagino fosse difficoltoso arrivare da lei. Difficile trovare un indirizzo! » I toni si stavano scaldando ed Haruka non riusciva a frenare l'impeto dentro di sé, quel vento agitato che veniva minacciato dalla presenza del dottore.

« Mi scusi signor Tomoe. Io ed Haruka dobbiamo consultarci in privato. Lei ed Hotaru avrete molte cose da dirvi, vi lasciamo soli. »

 

Michiru trascinò fuori dal salone Haruka, lasciando il dottor Tomoe da solo con Hotaru, che silenziosa mostrava il suo forte imbarazzo.

Masae arrivò con il vassoio con quattro tazze di tè e vari biscotti al cioccolato; non chiese nulla sull'assenza delle due ragazze, semplicemente posò il vassoio e chiese congedo per rientrare in cucina.

« Ti piacciono ancora i biscotti al cioccolato, vero? »

Hotaru annuì, allungando la mano verso il grande biscotto rotondo al cacao con granella di cioccolato.

L'odore del tè era piacevole in quel salone moderno, con gli arredi chiari ed il muro dipinto di un tenue grigio; il tè riportava quel luogo alla tradizione ed alla loro vecchia casa.

« Come va la scuola? Ti stanno bene i capelli legati. Io non so se te lo ricordi, ma quando eri piccola ti facevo spesso i codini. Eri molto bella. »

« Si che la ricordo. Senti papà, io ho fatto la coda per sembrare più bella... »

« Sei sempre bella. Vieni qui, vorrei stringerti. »

Hotaru guardò il padre incuriosita, sentendosi davvero piccola in quel momento, bambina come un tempo prima della sua rinascita. I ricordi erano dolorosi d'affrontare, eppure sentiva che solo in quel periodo di pace poteva sorridere di nuovo con quel che restava della sua vecchia famiglia.

« Papà un giorno ci possiamo andare alla serra a vedere i fiori? Mi piacciono molto... »

« Lo so che ti piacciono molto e dimmi, la tua amichetta? A scuola va tutto bene? »

Hotaru si gettò tra le braccia del padre nel sentire nominare Chibiusa anche solo con un appellativo; strinse con le mani la camicia del dottore e strofinò la fronte contro il petto, coccolata da quelle braccia che per tanto tempo non aveva sentito.

« È dovuta tornare a casa sua per colpa di un'altra persona. »

« A casa sua? Ci sono i suoi genitori lì? » La ragazza si limitò ad annuire, facendo strusciare ancora una volta la fronte contro il petto dell'uomo, rovinando la frangia perfettamente liscia.

« Non credi che sia giusto così? Resterete comunque Amiche, no? Se tu la porti nel cuore, anche lei ti porterà con sé. Non credi che quella persona che te l'ha portata via abbia avuto le sue ragioni? »

« No. Io la odio. »

Souichi sospirò carezzando la nuca scoperta della ragazzina e scaldandole la schiena con l'altra mano.

« Sai, vorrei dirti che sei grande, ma la verità è che per fortuna sei ancora una bambina e questo atteggiamento mi consola, m'illude che non mi sono perso poi molto della tua vita. Sai, se tu tornassi a vivere qui io sarei davvero felice, però so che ci sono persone che si sono prese cura di te, persone che chiami Mamma e Papà e sarei crudeli se ti strappassi alle loro cure, non credi? Ecco, la tua amica è tornata dai suoi genitori, qualcuno ce l'ha portata, ora tu non puoi odiare quella persona per aver svolto il suo compito. Vuoi bene alla tua amica e sai che è giusto che stia con i suoi genitori. »

« Ma... »

« Sai, anche quelle persone che ti hanno portata qui oggi ti vogliono molto bene, soprattutto quella ragazza mascolina dai capelli corti. Lei ti vuole tanto bene. »

Hotaru guardò per un attimo la porta del salone, curiosa di sapere dove fossero i suoi due genitori.

Souichi la stringeva ancora, cercando quel contatto che da tanto tempo mancava.

« Io adesso devo andare. Posso tornare ogni tanto? »

« Torna quando vuoi. Questa è casa tua, lo sai. »

La ragazzina sorrise e mostrando di nuovo il volto felice, baciò la guancia del padre abbracciandolo forte; rubò un paio di biscotti al cioccolato poi corse fuori dal salone, fermandosi poco prima di aprire la porta che dava all'esterno.

« Haruka devi calmarti. È tutto oggi che sei nervosa. »

« Non mi piace che ora voglia vedere il padre. È arrabbiata con Setsuna, va bene, ma noi? Ci siamo occupate di lei, non voglio che se ne vada! »

Michiru rise senza esagerare, mantenendo la postura elegante e la sua solita compostezza nei modi.

« Che ridi? »

« Sei gelosa. »

« Ma che dici? »

« Dico che adesso sei gelosa che Hotaru possa preferire il suo vero padre a te ed un giorno sarai gelosa quando la scoprirai a passeggiare mano nella mano con un ragazzo. »

« Un ragazzo? Ehi non dire assurdità! » Haruka era ancora scossa ed arrabbiata quando la porta si aprì ed uscì Hotaru con in mano i due biscotti ed il volto arrossato dalla felicità.

« Io ne ho mangiati due, però ve ne ho portato uno per uno anche a voi. Papà, Mamma, andiamo a casa? »

Michiru sorrise ed Haruka rimase scossa da quelle parole tanto da girarsi e ricacciare le lacrime dentro, attenta a non farsi vedere dalle altre due; asciugate le lacrime si girò ad afferrare il biscotto sotto lo sguardo divertito di Hotaru e rigirandosi in direzione della macchina bofonchiò qualcosa che riguardava Niente ragazzi in casa mia.

 

Setsuna aveva appena terminato il settimo drink al pub sotto il suo appartamento, quando la testa iniziò a girare tanto da farla cadere con il mento contro il bancone, sotto lo sguardo poco stupito degli altri clienti.

Le voci si confondevano, qualcuno faceva notare che quella era ubriaca, qualcuno si domandava se fosse morta; il barista si fermò davanti alla donna, spostandole il bicchiere, mettendolo nel lavandino.

« Ehi stai dando spettacolo. Dovresti alzarti. Se ti becca così la polizia potrebbe farci storie. Potrebbe pensare che sei fatta. »

Setsuna non disse nulla, agitò appena la mano bofonchiando qualcosa, quando avvertì delle braccia che la trascinarono da dietro, facendola scendere dallo sgabello.

« Mi scusi, la mia fidanzata ha avuto una giornata difficile. Mi dica quant'è il conto, la riporto a casa. »

Era una voce sconosciuta o forse non sapeva dire se l'avesse già udita da qualche parte, tuttavia non c'era molto da fare: non riusciva a muoversi né ad opporre resistenza. Era in balìa di uno sconosciuto che a quanto pare sapeva dove abitava.

Non sapeva chi fosse quella persona, non sapeva cosa volesse tuttavia si ritrovò sdraiata sul letto di casa sua, riconoscendo l'odore delle sue lenzuola e gli inquilini del piano di sopra che nuovamente sfruttavano il letto per antiche tradizioni di coppia.

« Setsuna mi senti? Non è il momento di sbronzarsi. »

La donna non rispose, limitandosi a chiudere gli occhi, girandosi su un fianco, dando le spalle allo sconosciuto in casa sua.

« Voi donne siete odiose. Volete sempre fuggire dal mondo senza sapere che c'è sempre qualcosa per voi. Setsuna fatti passare la voglia di dormire e sbronzarti e torna ad essere te stessa. Il tempo e lo spazio proprio oggi sono stati definitivamente modificati. »

Setsuna dormiva già e non ascoltò quelle parole nel pieno del loro significato; bofonchiò un si impastato dal sonno e dall'alcool, scivolando in un sonno pesante, ignorando lo sconosciuto in casa.





Buonasera carissime.
Finalmente oggi ho avuto la giusta ispirazione per scrivere il 3° capitolo di Life. Vi dirò, spero vi piaccia perchè mi ci sono impegnata e se fa schifo allora mi va meglio quando non m'impegno xD
Spero che come sempre mi farete sapere cosa ne pensate.
Credo che la parte che potrà essere maggiormente criticabile di questo capitolo è la scena tra Mamoru ed Usagi: spero di non essere stata esagerata. Non mi piace essere volgare con le parole ed anche se c'è il rating arancione alla storia, preferisco scrivere queste scene in questo modo, purtroppo è un difetto personale senza margini di miglioramento.
Oltre questa piccola parte, spero vi sia piaciuto il capitolo ed io come sempre vi ringrazio per le recensioni che lasciate e per aver inserito la storia tra le preferite/seguite/da ricordare.
Sono preziose le vostre parole; mi aiutano a migliorare e m'incoraggiano molto.
Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo. Il prossimo aggiornamento sarà per Dolci d'Amore.

Baci,


Kate

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