Evans? E chi è la Evans?

di _blackapple
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X - parte 1 ***
Capitolo 12: *** Capitolo X - parte 2 ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI ***
Capitolo 14: *** Capitolo XII ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 16: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 17: *** Capitolo XV ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


E chi è la Evans? 
-PROLOGO-




Remus Lupin sospirò pazientemente e ruotò gli occhi verso il cielo.
«Ok, Peter. Riproviamo. » esordì con un tono sconfitto «Devi tenere il polso più fermo, e non stringere la bacchetta come se ti stesse per sgusciare dalle dita da un momento all’altro. Inoltre devi pronunciare l’incantesimo chiaramente. Se balbetti non succederà niente di buono. »
Erano almeno venti minuti che il ragazzo stava tentando di insegnare l’incantesimo Oblivion al povero Codaliscia, e i risultati tardavano ad arrivare.
Già la sua pazienza era al limite, ma almeno avesse ricevuto un po’ di collaborazione dagli altri!
Invece Sirius e James se ne stavano bellamente stravaccati sul SUO letto e guardavano annoiati i suoi tentativi a vuoto, blaterando qualche parola ogni tanto.

«Bah, vado a pisciare. » mugugnò James, dando prova di grande finezza, alzandosi svogliatamente dal letto per trascinarsi verso il bagno.
Il caso volle che proprio in quel momento Peter tentasse per l’ennesima volta di lanciare l’incantesimo di oblivion. E che per puro caso ci riuscisse.
Remus vide l’incantesimo arrivare con la coda dell’occhio e fu mancato per un soffio: il lampo di luce lo sfiorò sotto l’orecchio, facendogli drizzare i peli del collo e forzandolo a barcollare, quello che gli sfuggì fu un grido molto poco virile.  Sirius istantaneamente scoppiò a ridere, rotolandosi sul letto.
Il suo migliore amico però non fu altrettanto fortunato e l’incantesimo lo colpì di schianto, mandandolo a sbattere con violenza contro il muro davanti a lui. James non fece nemmeno tempo ad urlare e batté la testa frontalmente, prima di giacere scomposto privo di sensi, con un grande taglio sulla tempia.
La risata canina di Sirius si interruppe all’istante e il ragazzo balzò, più veloce di un bolide, precipitandosi al fianco di suo fratello.
«James! JAMES» strillò, scuotendolo per le spalle e tentando di risvegliarlo.
«Non lo agitare così, Pad!» esclamò Remus strappando le mani di Sirius dalle spalle di James e allontanandolo un pochino.
Il ragazzo scelse proprio quel momento per riprendere conoscenza e aprì gli occhi.

Calò il silenzio, mentre si sentivano gli squittii terrorizzati di Peter che biascicava scuse miste a parolacce. Doveva essere proprio sconvolto.

«James? Amico? Mi senti? Stai bene? » lo chiamò Sirius, chinandosi su di lui con apprensione.
«Sirius. » mormorò quello sbattendo un po’ le palpebre.
D’improvviso tutti sospirarono rilassati.
«Dio santo, James, ho temuto davvero il peggio per un secondo! » Si portò una mano sul petto e tirò un grande sospiro «Davvero il peggio. »

Trasportato il ferito sul letto e considerato che sembrava riprendersi lentamente, l’agitazione si calmò.
Decisero, addirittura con il benestare di Remus, di non andare nemmeno da Madama Pomade* per una medicazione.
Conclusero la serata ridendo e scherzando, passandosi bicchierini di liquore al cioccolato per calmare i nervi.

«Pensa se avessi perso veramente la memoria!» disse ad un tratto Sirius con un ghignetto, poco prima di infilarsi a letto «Avresti finalmente dato pace alla Evans. »
«Evans? » domando James con un sopracciglio alzato «E chi è la Evans?»







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Eccomi con una nuova storia *__* 
Non c'è molto da svelare, si è già capito quale sarà il motivo di fondo che farà correre l'intera vicenda :D
Se mi lasciate una recensionuccia mi fate felice, così capisco se andare avanti u_u (tanto lo farò lo stesso xD ) 

*Visto che mi pare improbabile che la povera Madama Chips abbia millanta anni, ho inventato la sua precorritrice (si, suona malissimo ma è giusto!)

Prossimo aggiornamento: tra 2 o 3 giorni

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


 

Capitolo I

 

L’agitazione era palpabile quella mattina nel dormitorio maschile dei Grifondoro del settimo anno. L’unico immune alla tensione generale sembrava essere James Potter, che canticchiava a bocca chiusa tra se e se, vestendosi a casaccio come tutti i giorni.
Ad un’occhiata superficiale niente sembrava cambiato dalla mattina precedente o da quella prima ancora, ma gli sguardi tesi che si scambiavano gli altri ragazzi indicavano chiaramente che qualcosa di diverso c’era.
Inoltre si vestivano come se avessero le articolazioni bloccate, muovendosi a scatti e con la mascella contratta.
Sembravano leggermente isterici, e si influenzavano l’un l’altro, in un crescendo di agitazione.

« Allora, andiamo a colazione? Sto morendo di fame! Come siete lenti stamattina » Si lagnò James, passandosi una mano a scompigliare i capelli come d’abitudine, mentre si guardava allo specchio le guance lisce per controllare di essersi rasato con cura.
Non potendo tergiversare oltre, o mettere a punto un piano d’attacco, i malandrini scesero tutti insieme le scale. Si diressero cautamente in sala grande, camminando nei corridoi e guardandosi intorno con fare così circospetto che vennero fermati da Gazza nemmeno un piano più sotto.

«Beccàti, stavolta!»  lo sgradevole custode stava ritto di fronte a loro, con una scopa in mano e uno scintillio assassino negli occhi cisposi. 
«Ciao Argie!» esclamò vispamente Sirius, battendogli una pacca amichevole sulla spalla. «Qual buon vento, come va stamattina? Hai una brutta cera, amico, lasciatelo dire! Dì un po’, che combini la notte con quella mattacchiona della Pince, invece che riposarti? »
Le guance dell’uomo si gonfiarono e si chiazzarono spiacevolmente di rosso, mentre scostava la mano del giovane.  
«Ragazzino insolente! » Lo strattonò per un braccio «Ora ditemi cos’avete combinato! »
E mentre Sirius lo intontiva con la sua abilità oratoria, Peter annuiva per supporto e James gli girava intorno come un avvoltoio per metterlo a disagio; Remus ne approfittò e gettò un silencio su Mrs Purr, per poi spedirla più lontano che poteva con un calcio ben assestato. Il gatto slittò in fondo al corridoio laterale in cui era finito e, grattando il pavimento con gli artigli, fuggì via più veloce che poté.
Normalmente Remus non era così violento, ma quel giorno si sentiva davvero in vena di vendicarsi, dato che la “maledetta bestiaccia” li aveva quasi fatti beccare due sere prima durante una scorribanda notturna. Soddisfatto, sentì che la giornata era cominciata bene.
Pix arrivò presto in loro soccorso e, strizzando l’occhio ai ragazzi, afferrò il custode per una caviglia e lo trascinò via, mentre questo si dibatteva e urlava come un ossesso che sarebbe andato dal preside e avrebbe posto fine a quella farsa una volta per tutte.
I ragazzi non si scomposero e si spolverarono simultaneamente una manica della divisa con aria perfettamente indifferente poi, con molta nonchalance, scesero a colazione.

Normalmente si sedevano sempre a circa metà del tavolo, al centro dell’attenzione; ma quel giorno James notò una persona nuova che non conosceva, e decise di andare a fare amicizia.
Si avvicinò alla panca, mentre Remus e Sirius dietro di lui si scambiavano un’occhiata preoccupata, e si sedette bellamente di fianco a Lily Evans, che stava mangiando i suoi cereali in santa pace leggendo il giornale del mattino.
Pregustando lo spettacolo Sirius si accomodò di fianco a lui, ghignando, e Remus fece lo stesso, ma senza trovare la situazione particolarmente divertente. 

La ragazza sollevò appena lo sguardo dalla Gazzetta del Profeta e scoccò un’occhiata infastidita a James.
«Qualsiasi cosa tu voglia chiedermi, la risposta è NO, sappilo.  » gli disse fingendo freddezza per poi tornare all’articolo.
Il silenzio che seguì questa affermazione la fece insospettire, così alzò di nuovo la testa, incuriosita.
 
 
James era decisamente indignato. Anzi, di più: la sua espressione era impagabile.
«Di’ un po’, signorina, tratti così tutti quelli che ti si avvicinano? Che sgallettata»  e senza un’altra parola, lasciandola letteralmente a bocca aperta, si alzò e fece cenno ai suoi amici, così che si spostassero tutti qualche posto più in là.
Sirius si stava letteralmente sbellicando dalle risate
«La sua f..fffaaccia! Esilarante, magnifica! Oh James, io ti amo!» pigolò mentre si asciugava le lacrime con la manica.
«Pad, aspetta di andare in camera per queste effusioni pubbliche, ti prego! Ho una certa dignità da mantenere. E poi non capisco tutto questo entusiasmo, quella nuova ragazzina sarà anche carina, ma se la tira troppo, hai visto anche tu no? » 

Mentre stavano per uscire dalla Sala Grande, James alzò gli occhi verso il soffitto
«Meraviglioso! » dichiarò con aria soddisfatta «Il tempo è fantastico, perfetto per l’allenamento di Quidditch di oggi pomeriggio. E anche per l’appuntamento sul lago con la Brooke, stasera» 
«Quando hai chiesto alla Brooke di uscire, Prongs?»
«Tra cinque minuti , Remus » rispose con un sorriso smagliante.

E uscì diretto a trasfigurazione, mentre una Lily Evans allibita cadeva quasi dalla panca per  lo stupore di non essere stata degnata nemmeno di uno sguardo.  

~

 
La lezione di pozioni quel pomeriggio fu un macello.
I Serpeverde sembravano animati da una folle frenesia e agirono come un sol uomo per tormentare continuamente la povera Artemisia Wabbrins, che fu ripetutamente schernita, spintonata e presa in giro per due ore consecutive. Purtroppo non era nuova alle provocazioni, colpevole di essere una Grifondoro nata babbana e nemmeno troppo carina, ma quel giorno esse sembravano aver raggiunto l’apice. In un momento in cui Lumacorno era chinato sul paiolo di Piton, Avery si avvicinò di soppiatto alla ragazza e prima che essa potesse fare qualsiasi cosa, venne presa di peso e ribaltata a testa in giù nel suo calderone pieno di Distillato della morte vivente.
Si scatenò il putiferio. Le sue amiche cominciarono ad urlare, mentre si precipitavano ad aiutarla, i Serpeverde esplosero in un boato di risate e per tutta risposta, Sirius e James estrassero le bacchette cominciando a scagliare incantesimi della pastoia su chiunque riuscissero a colpire.
Nella confusione generale nessuno capì più quello che stava succedendo, ma si sentì chiaramente Avery ridere sguaiatamente:
«Per il distillato della morte vivente c’è bisogno di un infuso di Artemisia no*? Beh? L’ho soltanto aiutata a fare perfettamente la pozione! » e
«Potter, giù la cresta e la bacchetta! Ti passerà presto la voglia di fare l’eroe, vedrai» e ancora risate maligne.
Pochi secondo dopo un altro calderone esplose violentemente, inondando l’aula di melma lilla che si depositò su cose e persone come una pioggia di vernice e riportò una calma inquietante. Sembrava lo scenario di un paesaggio dopo un uragano: l’immobilità della distruzione e lo shock che non permette ancora di reagire.  I colpi di tosse soffocati di Artemisia, ora sdraiata sul pavimento di pietra, si affievolivano piano piano, così come il suo respiro.
James si voltò, esterrefatto e turbato, e vide Lily Evans di fianco al suo calderone saltato in aria, completamente coperta di pozione, con in mano una scatoletta di radici di rabarbaro vuota e un’espressione determinata in volto. Stava in piedi al centro dell’esplosione del suo paiolo, come una superstite.
Il primo, irrazionale pensiero che James formulò fu che, quella ragazza, gli uragani se li sarebbe mangiati a colazione.
 

~

 
 

«Ha ingerito un’enorme quantità di Distillato.» mormorò piano Mary MacDonald, mentre camminava verso il campo da Quidditch con in mano la sua fiammante Comet 160. «Madama Pomade e Lumacorno hanno detto che i suoi effetti potrebbero svanire normalmente, tra 18 ore, oppure… »
«Oppure cosa?»
«Oppure tra molto tempo, non si sa.  Bisogna sempre fare attenzione con le dosi, e quella è una pozione molto potente. »
Lei e Harmut Johnson camminarono in silenzio fin dentro gli spogliatoi, dove James stava già spiegando al resto della squadra la formazione che avrebbero provato quel pomeriggio.
Volarono con rabbia, tutti quanti, sfogando la loro frustrazione su bolidi e Pluffa, dato che le persone che avrebbero voluto pestare a sangue erano rifiugiate nei corridoi umidi dei sotterranei a nascondersi come serpi.
James era particolarmente in forma e aveva  già catturato il boccino due volte in venti minuti, nonostante il violento colpo alla testa che aveva ricevuto la sera prima; ma non riusciva a togliersi dalla mente la frase che Avery gli aveva rivolto, sprezzante, nonostante sul momento non ci avesse fatto troppo caso.
«Potter, giù la cresta e la bacchetta! Ti passerà presto la voglia di fare l’eroe, vedrai»
Lo stava minacciando, oppure sapeva qualcosa che lui non sapeva? Di certo non temeva le ritorsioni, ci voleva ben più di un mucchietto di boriosi ragazzini con la puzza sotto il naso per mettergli paura. Virò bruscamente con la scopa verso destra, stringendo i denti per la rabbia.
«JAMES! ATTENTO.  »
Wham.
La prima cosa che notò quando aprì gli occhi, fu che il mondo era particolarmente sfuocato.
Oh, ovvio, non aveva gli occhiali.
Perché non aveva gli occhiali?
Allungò la mano alla sua destra, verso il comodino, ma sentì soltanto il bordo metallico di qualcosa di poco familiare.
La mano si mosse da sola, tastando a vuoto.
Cos’è che stava cercando, già?
Si accorse di essersene dimenticato, mentre sprofondava di nuovo nell’incoscienza.

~

Remus e Sirius stavano camminando lungo il corridoio del secondo piano, verso l’infermeria, discutendo così animatamente  da non accorgersi di aver investito un gruppo di primini. Non che fosse strano, dato che non gli arrivavano nemmeno alla spalla.
Quelli sciamarono via, senza nemmeno osare lamentarsi o interrompere la loro discussione
«Ti dico che dovremmo dirglielo. »
«Senti, così mandiamo Peter nei guai! Non possiamo metterci a fare incantesimi a casaccio nei dormitori, lo sai. Soprattutto incantesimi di memoria »
«Sirius, a Peter non faranno niente! Soprattutto se lo diciamo solo a Madama Pomade. Lo sai che per noi ha sempre un occhi di riguardo. »
«Come no» borbottò l’amico «L’ultima volta mi ha buttato fuori a forza dall’infermeria, solo perché ero andato a trovare la Meadowes»
«Hem. Andato a trovare è un eufemismo, visto che tu e la tua ragazza vi stavate rotolando sui lettini nemmeno tanto silenziosamente. »
Sirius spinse il naso all’insù «Era lì dentro da una settimana! Si sentiva sola e affranta, io ho solamente contribuito a migliorare il suo umore. In più non c’erano altri ragazzi ricoverati, dov’era il problema?»
Il giovane licantropo sospirò e non poté trattenersi dal ridacchiare.
«In ogni caso…»
«No. Io glielo dirò e basta, hai visto come ha trattato oggi Lily. »
«Dimmi che la Evans non se lo meritava! Lo trattava abbastanza a pesci in faccia, soprattutto un po’ di tempo. »
«E lui la stuzzica in continuazione. Anche io perderei la pazienza. Inoltre lo sai che scherzano. »
«Pffft» sbuffò «Questo è assolutamente impossibile. E comunque non sarebbe un problema per nessuno se James si dimenticasse di essere stato innamorato di lei. Pensaci, Remus. »  esclamò con ardore, fermandosi e appoggiando le mani sulle spalle dell’amico «James ci sta male, anche se non lo da a vedere. E’ innamorato, quel broccolo, e noi quante serate abbiamo passato a tentare di consolarlo o di risollevargli l’umore solo perché la Evans non aveva accettato di uscire con lui?
In più, visto che anche la sua sorte ti preoccupa tanto, lei sarà molto più rilassata e serena perché lui smetterà di assillarla! E chissà che questo non la porti a rivalutarlo. Lo sai che lo considera soltanto un pagliaccio e pensa che lui non faccia sul serio con lei.  » aggiunse. Si accorse di aver insinuato il dubbio negli occhi di Remus, così proseguì spedito «Aspettiamo a vedere come si riprenderà dalla botta che ha preso per colpa del bolide di oggi pomeriggio. Poi, se le cose si faranno troppo serie, allora diremo a Madama Pomade che James ha perso un pezzo di memoria. Che ne dici?» Concluse con fare speranzoso.
Remus rimuginò per un paio di minuti, finché non si fermarono di fronte alla porta bianca dell’infermeria.
«Complimenti, Pad. Eri quasi riuscito a convincermi. Ti faccio notare un piccolo particolare: e se James recuperasse la memoria e si rendesse conto che non abbiamo fatto nulla per aiutarlo? Anzi, che abbiamo addirittura assecondato la sua amnesia, così da fargli dimenticare la ragazza dei suoi sogni?
Ci odierebbe. A morte, lo sai.  »
A questa osservazione nemmeno Sirius poteva obiettare alcunché e si imbronciò, poi entrò a grandi passi nell’infermeria, senza rivolgere più una parola al suo amico.

~


«Se non mi fa uscire di qui, giuro che la schianto e fuggo! » sbuffò James esasperato, dopo aver mangiato un misero brodino di zuppa di zucca e una bistecca tanto sottile da essere quasi trasparente. «Sto bene! E avevo l’appuntamento con la Brooke stasera!» si lagnò poi, tormentando il bordo del lenzuolo con le dita.
I tre malandrini sospirarono «Gliel’abbiamo detto noi che sei rinchiuso qui, non pensa che tu le abbia dato palo, tranquillo. »
«Non è un buon motivo. Volevo spassarmela un po’. » si mise a ghignare, tutto d’un tratto. «A proposito, sapete chi è passato a trovarmi prima?»
«Mh?» chiese Peter interessato.
«La. Evans. » scandì James con aria soddisfatta, gongolando ancora di più quando vide lo sguardo incredulo degli altri «A quanto pare voleva scusarsi per stamattina, per avermi trattato in quel modo. »
Le mascelle dei suoi tre amici quasi toccavano terra «Ma non temete, le ho detto che poteva pure andare a quel paese, perché non avevo la minima intenzione di farmi trattare così da lei, soprattutto considerato che non ci conosciamo.»
«E… e lei cos’ha risposto?» domandò Remus con un filo di voce e gli occhi fuori dalle orbite
«Oh, che non sono affatto divertente e che la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di venire a scusarsi con me.  Stupida ochetta, sembra davvero una tipa testarda. » aggiunse, distratto dal brillio di una stella cadente fuori dalla finestra.

«Remus? Andiamo da Madama Pomade. Ora.»

~

 
Lily era decisamente furibonda. Anzi, le sarebbe piaciuto esserlo, per mascherare l’umiliazione e la vergogna che sentiva. Mai James Potter le aveva risposto in modo tanto sgarbato, anzi.
Si era resa conto di aver esagerato, quella mattina, ma era stata sicura che lui si fosse seduto di fianco a lei per chiederle di nuovo di uscire o per stuzzicarla come suo solito. E invece si era sbagliata. Ultimamente si sbagliava davvero troppo spesso.
Severus era stato l’errore più grande di tutti, poi il rapporto con sua sorella, poi il non essersi goduta la vita mentre si trovava lì ad Hogwarts. Era già il settimo anno. L’ultimo bellissimo anno ad Hogwarts. E lei aveva la terribile impressione di aver perso tempo, troppo presa dallo studio e da un’amicizia sbagliata. Avrebbe dovuto rimediare.

Seduta sui gradini che portavano al dormitorio femminile, si mordicchiava le unghie agitata. La sua mente ruotava frenetica intorno all’immagine di quel ragazzo spavaldo con i capelli scompigliati e gli occhi nocciola.
Perché si comportava sempre l’opposto di quanto lei si sarebbe aspettata? Perché non era minimamente arrabbiata con lui per come l’aveva trattata, nonostante desiderasse davvero molto esserlo?
Maledicendo il suo assurdo carattere si alzò in piedi per andare a dormire e quando si voltò verso la finestra vide per puro caso la striscia luminosa di una stella cadente disegnare uno scintillio argenteo nel cielo.
Lily Evans credeva nei segni del destino, ed espresse il suo desiderio sorridendo.












*ingrediente per la pozione. Pessima battuta di Avery. 





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Eccomi *__* 
A proposito del capitolo: 
Mi rendo conto che è davvero molto frammentario, spero non sia troppo difficile da seguire, o confusionario ._. Solo che andavano impostate una serie di situazioni di partenza, visto che questo è il primo capitolo.

Si tratta ancora di un capitolo "di transizione", in quanto i prossimi saranno più concentrati sul rapporto James - Lily

Poi, che dire... sono rimasta esterrefatta dal numero di recensioni (entusiastiche) che ha ricevuto il prologo. Vi ringrazio tutti, davvero. 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II

 
 
La mattina seguente era già cominciata con il piede sbagliato, per Lily Evans. Mentre scendeva a colazione infatti, affannata per il ritardo e per l’ansia di non aver fatto i compiti di trasfigurazione, assistette ad una scena che le fece passare tutto l’appetito.
Appoggiato ad una colonna di fianco all’ingresso, scarmigliato come sempre e con un cerotto sulla fronte, c’era James Potter, ma non era solo. Di fronte a lui stava una ragazza, di spalle, magrissima e con lunghi capelli biondi che le scendevano fin sotto il sedere.
Herika Brooke. Pensò Lily con un moto di disgusto. Non si può non notarla.
Herika era una di quelle ragazze talmente stupide che non si riesce a spiegarsi come abbiano fatto ad arrivare fin dove sono nella vita, senza mai farsi bocciare, ad esempio. O, più specificatamente, come facciano ad avere un tale successo con i ragazzi, considerato che non sono in grado di sostenere un discorso di senso compiuto. Il loro linguaggio sembra essere costituito di squittii e risatine. Certo, la stupefacente bellezza poteva forse compensare, per alcuni tipi ragazzi, una notevole mancanza di neuroni, ed evidentemente Potter era uno di quelli.
Mentre passava loro di fianco, sforzandosi di non guardarli, Lily notò con la coda dell’occhio la sua compagna di casa alzarsi sulle punte dei piedi e lasciare un bacio sulle labbra di James, prima di filare via per il corridoio con una risatina e un ondeggiamento dei capelli a ritmo con il bacino.
Vanitosa.
Stupida.
Terribilmente irritante.
 

~

 
«Meravigliosa» bofonchiò James, sputacchiando porridge da tutte le parti, mentre tentava di elogiare la sua nuova fiamma e contemporaneamente di fare colazione.
«Credevo fosse diversa, tipo oca sapete, ma è davvero timida in realtà. E’ anche piuttosto intelligente, non ti fa annoiare. Non pensavo, non ci ho mai parlato molto prima.»
«Mmmmh» rispose Sirius con un mugugno neutro. Non aveva tempo né voglia di stare a sentire James, troppo preso dallo scambiarsi effusioni con la sua ragazza.
Aveva sempre avuto un po’ di vergogna a mostrarsi tenero ed affettuoso in pubblico, ma stare con Dorcas Meadowes in qualche modo lo rendeva tranquillo e sicuro di se. L’influenza positiva che quella ragazza aveva avuto su di lui era notevole, e stupefacenti i suoi risultati.
Dolcemente le accarezzò i capelli, mentre le mormorava qualcosa all’orecchio.
«Merlino perdonali » sbuffò Remus «Ma solo perché è il loro primo anniversario. »
 
«Remus adorato » esclamò allora la ragazza, mezza divertita e mezza irritata «Ne riparleremo quando sarai tu a far venire il diabete a tutti perché ti sarai innamorato, d’accordo? E poi noi non siamo mai zuccherosi, lo sai!»
«E comunque ha anche dei bellissimi capelli. Io adoro i capelli biondi, sono meravigliosi. » concluse il suo monologo James, infilzando con aria soddisfatta il suo cucchiaio nel budino.
Remus abbassò gli occhi, dimenticandosi di rispondere a Dorcas. Quante volte aveva sentito quella frase? Però ora non erano più dei fiammanti capelli ramati ad interessare James. Assurdo. Avevano tutti dato per scontato che sarebbe stata la Evans, alla fine,  a cedere alle avances ed entrare a far parte del loro gruppo di amici in qualità di fidanzata di James. Non era nemmeno terribile l’idea: lei era una a posto. Simpatica, con la testa sulle spalle e senza quei modi civettuoli e di falsa femminilità che Remus non poteva proprio tollerare.
L’immagine di Herika Brooke si sovrappose a quella della sua amica.
No, nonostante potesse essere simpatica e sempre allegra e solare, non era Lily.
Bisognava fare qualcosa.

La sera prima, lui e Sirius avevano raccontato a Madama Pomade della perdita di memoria di James e le avevano chiesto di farlo tornare normale, perché la situazione stava cominciando a rasentare l’assurdo. La donna era rimasta in silenzio per un minuto buono, mentre riordinava le boccette di pozioni e unguenti sugli scaffaletti del suo ufficio.
«Non ho mai sentito nulla del genere. » mormorò infine «Non si può dimenticare soltanto una cosa o una persona scelta tra il mucchio. Al massimo un evento, o tutto un periodo. »
«Vedete ragazzi, il cervello è complesso, stratificato. Una persona sola può aver influito in un infinito numero di modi sulla vita di un’altra. Non è un blocco compatto, che si può tirar via, soprattutto se con questa persona ci vivi da sette anni.
In più far ritornare la memoria non è così semplice, e io non ne sono in grado. C’è una terapia sperimentale da seguire, al San Mungo. »
I due ragazzi avevano sgranato gli occhi, orripilati.
«Ci sta dicendo che non potrà farlo tornare come prima?»
«Gli si è bruciato il cervello?»
«Rimarrà così per sempre?»

«No ragazzi, calma. Non sto dicendo questo. Il suo cervello funziona benissimo, o meglio » scoccò uno sguardo divertito al ragazzo che parlava animatamente con Peter, dall’altra parte della porta a vetri del suo ufficio «Funziona come sempre, ecco. Però evidentemente nel momento in cui l’oblivion l’ha colpito, il suo cervello era concentrato su una sola idea. Ovvero pensava alla signorina Evans con la massima intensità. Il maldestro incantesimo del vostro amico non era diretto ad un ricordo specifico, così ha cancellato quel che ha trovato di prevalente in quel momento.
Quanto ai rimedi… temo che l’unica soluzione sia portarlo al San Mungo. E questo sarebbe davvero un gran pasticcio. Non escludo però che, vivendo a stretto contatto con la ragazza e vedendola tutti i giorni, la situazione possa tornare normale in modo naturale.
Soprattutto considerato che l’oblivion era sicuramente di bassissima potenza e che se, come mi dite, James provava qualcosa per la signorina Evans… I sentimenti non si cancellano ragazzi, non così facilmente.

Diamo tempo al tempo, un paio di settimane e tornare qui a dirmi com’è la situazione. »
Guardando la faccia ridente di James, Remus si chiese se non si stesse comportando in modo troppo egoistico, desiderando la Brooke fuori dal loro gruppo di amici.
Poi incontrò lo sguardo indecifrabile di Lily Evans puntato su di lui e si riscosse: no, non l’avrebbe scambiata per Herika. Non sapeva bene perché, ma temeva che l’amicizia tra i malandrini sarebbe stata messa in pericolo da chiunque non fosse Lily.   
 

~

 
 
Nel momento in cui Remus colse il suo sguardo rivolto a James, Lily si sentì avvampare. Non era abituata a farsi scoprire mentre lo fissava, o meglio: a farsi scoprire mentre lo fissava con desiderio. Le sue occhiate normalmente passavano dall’irritato all’amichevole, o persino al divertito, ma niente di più. Nell’ultimo anno si era indubbiamente avvicinata molto a James, con il quale  scambiava spesso frecciatine e battute pungenti, ma decisamente senza cattiveria o insofferenza.
Lo sapevano tutti e due e questo gioco aveva incominciato a piacerle davvero tanto. Del resto, da quando aveva rotto con Severus, si sentiva molto più libera dai pregiudizi di quanto non fosse prima e si era accorta di poter guardare il mondo in un modo diverso, non più influenzata da Piton.
Potter non era mai stato arrogante, come lei stessa l’aveva definito, tranne che con Sev, ovviamente. Più che altro era un po’ sfrontato e irriverente, ma soprattutto di un’allegria travolgente che lei non aveva saputo apprezzare solo perché era rivolta ad altro pubblico.
Non era mai riuscita a spiegarsi prima perché Potter fosse  così benvoluto da tutti, ma pian piano aveva imparato a capirlo e ad apprezzare quel ragazzo troppo buffone per passare inosservato. Se avesse dovuto descriverlo con una parola, avrebbe scelto paladino. Si faceva sempre paladino di tutti i valori Grifondoro, in un modo addirittura plateale, come a voler dimostrare che lui, la cavalleria, ce l’aveva nel sangue.
Sorrise tra se.

In quel momento l’arrivo dei gufi con la posta del mattino e la sua Gazzetta del Profeta, la distrasse dai suoi pensieri.
Pagò il gufo e srotolò il giornale, per dare un’occhiata all’articolo in prima pagina.
 
Auror del ministero: due morti ed un ferito. E’ grave. 

Una delle foto allegate le era tremendamente familiare.

            “C. Potter (46 anni, Auror della sezione Investigazioni) è stato ricoverato questa notte al San Mungo,
dopo aver riportato gravi ferite durante il suo stato di servizio. Non altrettanto fortunati sono stati Elvendork McKinnon
(32 anni, Auror entrato da poco in servizio) e Oliver Fabbers (54 anni, Capo della sezione operativa) , che sono deceduti a
causa di una Maledizione Senza Perdono.  
Lasciano, affrante, rispettivamente una moglie con due figli piccoli e una famiglia di cinque persone.
Nella notte era stata pianificata una retata ai danni di sette noti Mangiamorte, alla quale hanno partecipato il grosso delle forze
del ministero. Il luogo e l’ora dell’intervento non sono stati divulgati, ma sappiamo che non è stato effettuato alcun arresto e
nessun seguace di Colui-che-non-deve-essere-nominato è stato ferito o ucciso. 
Si pensa probabilmente ad un’imboscata, ipotesi che viene sostenuta anche dalla moglie dell’auror ferito:
«Mio marito mi aveva detto che si trattava di un’operazione molto rischiosa, perché si sarebbero dovuti muovere allo scoperto
e in balia di potenziali attacchi. Quello in cui speravano era l’effetto sorpresa.» afferma Dorea Potter, di 43 anni
«Evidentemente qualcuno deve avergli rovinato la sorpresa. »
Le sue parole hanno già alzato un polverone all’interno del ministero e si sospetta la presenza di una talpa.
L’ufficio stampa ha dichiarato che verranno presto effettuate numerose indagini interne al fine di evitare il ripetersi di tali
spiacevoli episodi.

Per approfondimenti sulle persone coinvolte, pagine 4 e 5.
Per l’articolo sulla sicurezza domestica, pagina 21.

                                                                                                                   



Lily sillabò le parole spiacevoli episodi con evidente sgomento. Si voltò di scatto verso James, che continuava a chiacchierare tranquillo con i suoi amici, chiaramente ignaro della notizia.
Poche altre teste, quelle dei ragazzi abbonati al giornale, si erano voltate nella sua direzione e un bisbiglio basso aveva percorso i tavoli.


~

 
«Professoressa! Che piacere vederla! Come sta? » esclamò James con un tono di voce insolitamente acuto, rivolgendo uno smagliante quanto ipocrita sorriso alla professoressa McGrannit che era comparsa alle sue spalle.
Sirius e Dorcas si staccarono immediatamente, affrettandosi a bere il loro succo di zucca con tutta la naturalezza possibile. Peter si ritirò sulla panca, come per paura di essere punito e Remus sussultò, non riuscendo a staccare gli occhi dal suo giornale.
«Signor Potter. » lo salutò la McGrannit con voce seria. «La pregherei di seguirmi nel mio ufficio, se ha finito la colazione. »
Una smorfia comparve sul viso del cacciatore «Qualsiasi cosa sia successa, stavolta non è colpa mia! Sono stato tutta la notte in infermeria!» Ma si stava già alzando per seguire la donna.
«Sarebbe stato meglio. Sarebbe davvero stato meglio. » commentò lei senza un briciolo di umorismo, e lo precedette fuori dalla sala.
Mentre usciva nell’atrio di pietra, James notò con la coda dell’occhio gli sguardi ostentati degli altri studenti che lo seguivano.
Ma che diavolo succede? Pensò Come se non mi avessero mai visto finire  in punizione.

«Mi sta prendendo in giro?» non avrebbe potuto fare una domanda più stupida, visto e considerato a chi la stava rivolgendo, ma il suo cervello aveva subito un momentaneo black-out.
La McGrannit parve esserne consapevole, poiché non gli rispose malamente, ma gli posò una mano sulla spalla e disse con fare comprensivo:
«Purtroppo no. » tacque un istante «Ora, se se la sente, prenderà una Passaporta che la porterà direttamente al San Mungo, lì ci sarà sua madre ad aspettarla. »
James annuì, freneticamente.

 
«Forse non dovrei essere io a dirglielo, ma… penso che andrà tutto bene. O meglio, » si corresse « penso che suo padre si riprenderà. Silente ha parlato via camino con un medico del San Mungo.
Dire che è andrà tutto bene però è … troppo, davvero troppo utopistico. » il ragazzo notò che gli occhi le si erano fatti lucidi e tacque, annuendo soltanto con la testa. Non avrebbe dovuto sentirsi così sollevato, vista la guerra, le vittime e il sangue che si respirava nell’aria, ma il sapere che suo padre non era troppo grave era stato come una boccata d’ossigeno per la sua angoscia.

La professoressa McGrannit prese un calamaio lì vicino e lo toccò delicatamente con la punta della bacchetta, aprendo la bocca per pronunciare l’incantesimo
«Aspetti! » la interruppe il ragazzo balzando in piedi. «Aspetti… Sirius. Deve venire anche lui!»
La donna lo squadrò, improvvisamente severa «Non mi sembra il caso, Signor Potter. Si tratta di una cosa strettamente famigliare.»
«Deve venire! E’ come se fosse un secondo padre per lui! La prego, non me lo perdonerebbe mai…
Lui vive da noi, da due anni, sa. »

La donna sospirò, e dieci minuti dopo erano due i ragazzi che sparivano precipitando in un turbine di luce azzurrina, strattonati all’ombelico e sballottati da ogni parte.

~

 
Lily era rimasta seduta in sala comune tutta la sera senza le sue amiche, in compagnia di Remus e Peter. Aveva voluto aspettare che James e Sirius si liberassero dagli studenti che gli si erano affollati intorno da quando i ragazzi erano rientrati al castello, per chiedere notizie sul padre di James, quasi fossero dei cronisti affamati di emozioni e di scoop.
Ogni tanto si sentiva leggermente a disagio, se ci pensava, perché lei lì non c’entrava niente. Non tra i malandrini.
Immaginava che i due ragazzi avrebbero poi voluto rimanere solo con i loro amici, senza lei a metterci il becco, eppure rimaneva lì. E aspettava. 

«Che stanchezza, gente. » esclamò Sirius lanciandosi su un divanetto di fianco a lei e passandosi una mano tra i capelli neri. «Nemmeno per la coppa di Quidditch ci tormentano così tanto! »
«’ono ati aini a eouai, ai.» sbadigliò James.
«Si lo penso anche io! Però dopo un po’… » rispose Sirius con naturalezza.
«Ehm… scusate, potreste tradurre anche per i comuni mortali?» domando Remus un po’ basito
«Ah si, ho detto che sono stati carini a preoccuparsi! » tradusse James. Poi si accorse che anche Lily era nella stanza «Oh, ciao Evans.  Anche tu qui a preoccuparti per noi? » le sorrise, smagliante. Smemorato o no, emotivamente turbato o meno, non perdeva mai l’occasione per fare lo splendido.
«Sta bene? » chiese lei, diretta, senza troppi fronzoli.
«Bene è una parola grossa. Però si riprende in fretta, infatti non abbiamo neanche avuto bisogno di rimanere con mia madre stanotte. I giornali esagerano sempre, lo sanno tutti. » il tono con cui lo disse fece chiaramente capire che era una frase che aveva ripetuto tutta la sera, fino allo sfinimento.
Sirius, senza farsi troppo notare, appoggiò una mano sulla spalla dell’amico e la strinse. James vi posò sopra la sua e si sorrisero.
Lily era un po’ imbarazzata e ora si sentiva davvero di troppo. Balzò in piedi e annunciò che andava a dormire, con lo sguardo rivolto al camino più che a qualcuno in particolare. Poi scomparve in cima alle scale del dormitorio, lasciandosi dietro l’eco dei saluti dei ragazzi.

Posò la mano sulla maniglia della porta della stanza, quando si accorse che le mancava qualcosa.
Il libro sui folletti che stava leggendo quella sera, per la precisione! Dannazione. Sbuffando, all’idea di dover tornare nella stanza, ruotò sui tacchi e scese di nuovo gradini fino ad arrivare in cima alle scale della sala comune.

«…la Evans.  » Si bloccò di colpo. Aveva colto solamente la fine della frase di Sirius, ma le bastò. Non lo fece seguendo un ragionamento, ma solo seguendo l’istinto: con un fruscio di capelli rossi si gettò in ginocchio, nascosta dalla balaustra, sperando che non l’avessero vista.
Parlavano di lei? Benissimo, aveva tutto il diritto di sapere il perché. Scese un altro paio di gradini e si mise seduta, in una posizione che le avrebbe permesso di ascoltare, ma non di essere notata.
 
 

~

 
James guardò la ragazza sparire, ammirando i riflessi che il fuoco creava sui suoi capelli. Erano quasi ipnotici, non aveva mai visto un colore così.

«Ma ragazzi… Lily è nuova qui a scuola? Non è possibile, sembra che la conosciate già tutti! … E sembra che lei conosca me.  » si sentiva un po’ confuso, come se gli stesse sfuggendo qualcosa di ovvio. Era la stessa sensazione di quando doveva capire una spiegazione e sentiva che non riusciva a farlo perché gli mancava un passaggio logico. Solo un passaggio, ma fondamentale per dare senso al resto.
I suoi amici si scambiarono uno sguardo. James non era stupido, lo sapevano bene. E già erano stupiti di essere riusciti ad evitare le domande fino a quel momento.
«Non proprio. In realtà anche tu conosci già la Evans. » rispose Sirius dopo un lungo minuto di pausa.
Il suo amico aggrottò le sopracciglia, tentando di ricordare.
«Non so, Pad, dici davvero? E’… » si morse un labbro «è una sensazione strana. Ho come l’impressione di volerle bene, pur non sapendo chi è. E’ strano. Non è strano? » chiese, ora guardando ad uno ad uno i suoi amici, decisamente insospettito dal loro comportamento. C’era qualcosa sotto.
Peter tirò un sospiro e mormorò «E’ colpa mia, James. Mi dispiace. »
«Va bene. Va bene, voi sapete cosa sta succedendo vero? » domandò, alzando le mani e rivolgendo i palmi all’insù.

Fu il turno di Remus di sospirare.
«Si, James. E’ anche inutile tentare di nascondertelo. Adesso ti raccontiamo. »

















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Ta-dan, facciamo finta che la suspence sia piacevole!
Sia Lily che James stanno finalmente per scoprire cosa diamine è successo u_u 


Ringrazio tutti per i commenti positivi sull'ultimo capitolo *__* se recensite mi farete felice! Un saluto a tutti

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Capitolo III

 

«Aspettate un secondo. E’ uno scherzo vero? »

James spostò lo sguardo su ognuno dei suoi amici, che però rimanevano più o meno immobili, con un’aria stranamente seria sul viso.
«Dai ragazzi, ci siete andati giù pesante eh, stavolta. Non è nemmeno il giorno migliore, se devo essere sincero.»
Ancora silenzio.
Si gettò contro lo schienale del divano e chiuse gli occhi, appoggiandosi le mani sul volto.
Una parte di lui stava ancora aspettando che qualcuno scoppiasse a ridere, ma un’altra era già arrivata a capire che i suoi migliori amici non gli avrebbero mai fatto uno scherzo simile proprio nel giorno in cui aveva dovuto andare al San Mungo per vedere suo padre ridotto ad uno straccio in un letto. Proprio nel giorno più brutto della sua vita, se doveva dirla tutta.
Fino a quel momento infatti si era sempre potuto considerare molto fortunato: nessun lutto in famiglia, nessun incidente grave, nessun litigio, niente di niente.
«Ero innamorato di lei. » disse piano, riaprendo gli occhi. I malandrini erano ancora fermi a fissarlo . «Lo ero, non è così? »
«Come lo sai? » gracchiò Sirius, poi si schiarì la voce con un paio di colpi di tosse.
«Ti ricordi qualcosa? »
James scosse la testa sconfortato
«No. Però lo sento. Prendetemi pure per un malato di mente, però... » tacque un secondo
 
Remus parlò per la prima volta, dopo aver concluso il suo racconto
«Aveva ragione Madama Pomade: i ricordi si cancellano, i sentimenti però non si eliminano così facilmente. »
«Torneranno tutti, Prongs, non preoccuparti. » disse Peter, forse sperandoci più per se che per l’amico. «C’è sempre il San Mungo, in ogni caso. »

James si alzò e, voltando le spalle a tutti, salì le scale del dormitorio maschile finché non sparì alla vista.
Quando sentirono sbattere la porta della loro camera, Sirius si alzò in piedi per seguirlo, ma Remus lo trattenne per un braccio.
«Dagli il tempo per fingersi addormentato, poi saliamo. Non pensavo l’avrebbe presa così male.»

Un quarto d’ora più tardi, aprirono silenziosamente la porta ed entrarono in camera. James, contrariamente alle previsioni, non stava fingendosi addormentato, era seduto sul letto e guardava fuori dalla finestra.
«Solo una cosa» lo sentirono mormorare «lei lo sapeva? Lo sapeva che ero innamorato? »
Guardò Sirius negli occhi: la risposta la voleva da lui, non dal diplomatico Remus, non dall’adulatore Peter.
«Non lo so. Non so se ci abbia mai creduto veramente. » duro, diretto.
Visto come aveva reagito prima, si aspettavano per lo meno una scenata melodrammatica da amante incompreso.  Non furono delusi.
«AH, FATO CRUDELE! Romeo, chiamatemi, d’ora in poi! » balzò in piedi, portandosi una mano sulla fronte come un attore di pessimo talento.
«REMUS!» si aggrappò al suo collo, soffocandolo e facendolo quasi cadere. «Tu, mio amico fedele! Raccontami tutto ciò che non so sulla mia amata e sul perché lei non mi amò quando la corteggiai al fiorir dei miei eterei sentimenti»

-SBONK-

James si voltò di scattò, giusto in tempo per vedere Sirius volare per terra, con un’espressione assolutamente stupita, dopo aver tentato di saltare sul letto e aver sbagliato mira, finendo per tirare una sonora testata ad una colonna del baldacchino.
«AHHAHAHAHAHA» Remus, che aveva assistito alla scena completa, perse ogni dignità e cominciò a ridere fino alle lacrime, subito seguito da James e Peter.
«l-lui… salto… letto… colonna! » ansimò tra le risa. E si piegò in due, cadendo in ginocchio tenendosi la pancia.
Sirius si rialzò barcollando, ignorando gli scrosci di risate.

«Ma cosa credete? Era un tentativo di suicidio il mio! » urlò per superare il rumore, con tutta la dignità che gli riusciva possibile. «Tentavo di scampare all’ennesimo elogio delle virtù di Lily!» piagnucolò.
James ora spostava lo sguardo da lui a Remus, con un grande sorriso ebete.
«Virtù? E’ vergine?»  domandò tutto pimpante, sempre sorridendo e muovendo la testa a scatti come un bambino esaltato che non sa da che parte guardare per prima.
Fu il turno di Sirius di scoppiare a ridere e si lasciò cadere sul letto, massaggiandosi la fronte.
«Eterei sentimenti dicevi, eh! Comunque non lo so! Però non intendevo quello. E’ che tu non sai quanto ci hai sempre stressati per quella ragazza! Per il fatto che non accettasse mai di uscire con te, sai… »
Zac, la bomba era stata sganciata.
«Cosa? Le ho chiesto di uscire e lei ha rifiutato? Ma questo è assolutamente impossibile!»
«Secondo i miei calcoli, è successo esattamente 273 volte in tutto, Prongs! » rise Peter.
«Non posso crederci! » il mondo gli era appena crollato addosso «Non posso crederci! Lei non può dire di no a… me. »
«Mr Modestia, anche questa frase l’abbiamo sentita milioni di volte » blaterò Remus con aria annoiata, seduto per terra ai piedi del letto di Sirius. «Lo hai pure detto a lei, una volta» ricordò sghignazzando.
«E?»
«Ti ha tirato dietro l’elmo di un’armatura. Sai, uno di quelle del corridoio del quarto piano. Perde le staffe facilmente la ragazza, quando si tratta di te. »

Questo sembrò compiacerlo.

«Bene. Ragazzi, ho un piano. La ignorerò. Non potrà resistermi. »
«Alleluja! Questo significa che smetterai di perseguitarla. »
«Pft» sbuffò James «Sirius, so che non me lo ricordo, ma sono certo di non averlo mai fatto quindi è inutile che mi racconti frottole. Lo sanno tutti che per conquistare una donna bisogna ostentare indifferenza. Non sono di certo mai andato contro questo mio principio, quindi… »

In cambio, ricevette solo occhiate truci. E una cuscinata in faccia.

«EHI! E poi ti avevo detto di chiamarmi Romeo!» la cuscinata venne ricambiata.
Inutile dire che si scatenò il pandemonio e, in una nebbia di piume bianche che svolazzavano dappertutto, si concluse la serata del giorno non-più-così-peggiore della vita di James Potter.
 

~

 
Lily era impietrita, ancora accucciata sui freddi gradini di marmo delle scale. Il fuoco nella sala comune si era quasi spento e c’era soltanto una sottilissima falce di luna a rischiarare ancora l’ambiente, e due lampade appese al muro, che proiettavano ombre lunghissime e dalle forme inquietanti in ogni angolo.
Aveva dovuto lottare per mantenere il controllo del suo corpo e non balzare in piedi, facendosi scoprire, mentre la invadeva un’improvvisa voglia di ridere.
Quando finalmente sentì la porta del dormitorio del malandrini chiudersi e gli echi degli ultimi bisbigli dissolversi, si alzò in piedi.
Immobile nel buio, sotto gli spifferi gelati della finestra che le facevano rizzare tutti i peletti delle braccia, emise un buffo suono soffocato, come un gorgoglio.
Il suono si intensificò e diventò una risatina sommessa, che si alzò di volume fino a diventare una vera e propria risata.
Leggermente isterica.
Lily Evans rideva da sola e i suoi occhi erano spalancati verso il cielo fuori. Vi si rifletteva la luna.

«Quel dannato idiota.»

Sbloccandosi all’improvviso, corse nel suo dormitorio tremando per il freddo e si affrettò a cambiarsi e a infilarsi a letto, arrotolandosi tra le coperte.
Aveva bisogno di riflettere.
James non si ricordava di lei. James Potter non si ricordava di lei. Quel cretino.
Gliel’avrebbe fatta pagare. Non poteva dimenticarsi di lei, non così, non lui!  Si accigliò, mordicchiandosi un labbro e rigirandosi furiosamente. Sapeva già cosa avrebbe voluto fare, il problema era farlo accettare alla parte razionale del suo cervello.
James Potter era suo da tempo, suo di diritto. Nessuna ochetta bionda poteva rubarglielo da sotto il naso solo perché lui aveva avuto piccoli problemi di memoria. Non dopo due anni che la tormentava per uscire e proprio quando lei era ben disposta verso di lui! Sembrava proprio una beffa del destino che, come sanno tutti, ha davvero un pessimo gusto in fatto di scherzi.

Soddisfatta per aver preso una decisione, per quanto poco lily-evansesca potesse essere, la ragazza trovò finalmente pace e appoggiò la testa sul cuscino con un sospiro e un sorriso.

Se lo sarebbe ripreso. Parola di Lily Evans.
 
 
 

~

 
 
Il sole sorse e salì lentamente nel cielo. Nella stanza dei malandrini, la striscia di luce dorata che entrava dalle pesanti tende socchiuse si ingrandiva pian piano e disegnava un lieve arco sul pavimento, facendo scintillare la polvere nell’aria e rilucere le lenti di un paio di occhiali da vista, appoggiati su un comodino.
Il silenzio perfetto era interrotto a ritmi regolari dal respiro pesante di uno dei ragazzi addormentati o dal frusciare di lenzuola.
Ma la calma era destinata a durare ben poco.
D’improvviso una porta sbatté violentemente contro il muro, svegliando di colpo e facendo balzare seduto il ragazzo che dormiva vicino all’entrata.
«Machediav… » Remus era allucinato, con un occhio chiuso e uno aperto e una mano sul cuore per lo spavento.
«JAMES! JAMES SVEGLIATI SUBITO! » Harmut Johnson, lo scarmigliato e scompigliato battitore della squadra di Grifondoro lo ignorò completamente, rimanendo in piedi nell’ingresso, con il fiatone.
James però non sembrò accorgersi di niente, e dal groviglio di coperte emerse soltanto un mugugno assonnato.
«LA PARTITA! SEI IN RITARDO!» urlò ancora il giovane Grifondoro del quarto anno.
Cinque secondi dopo il Cacciatore era in piedi, con due occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta.
«Partita? » la consapevolezza nei suoi occhi si fece strada insieme all’orrore. «OH MORGANA PUTTANA, OH PORCO MERLINO. »
Urlando altri epiteti poco carini a vari maghi celebri del tutto innocenti, si precipitò a prendere l’uniforme di Quidditch e la scopa, mentre i suoi compagni di stanza se ne stavano ben nascosti dietro alle tende dei loro baldacchini, per non intralciare la furia del ragazzo e rischiare di venir decapitati.
«Non è possibile, non è possibile! Come ho potuto dimenticarmene?» era quasi sull’orlo delle lacrime, mentre infilava un gambale che non voleva starsene al suo posto.
«James, sbrigati!» lo implorava intanto Johnson, mordendosi le mani e stringendo la mazza da battitore come se volesse torcerla. «Siamo già in ritardo di cinque minuti e dobbiamo attraversare il castello e il parco!»

Quando fu pronto, James si voltò verso di lui.
«Non c’è tempo, Harmut. Non c’è proprio tempo. » puntò la bacchetta contro la finestra e urlò «Alohomora! »
L’incantesimo fu talmente violento da spalancarla di colpo e infrangere un vetro, ma nessuno aveva tempo di preoccuparsene.
«Forza,  sali! » incitò il suo compagno di squadra. Senza esitazione quello montò sulla scopa dietro di lui e lo assecondò nei movimenti, mentre James si lanciava letteralmente fuori dalla finestra. Harmut ringraziò tutti i santi che il suo capitano fosse così abile con la scopa, altrimenti in quel momento si sarebbero già trovati spiaccicati a terra.
Nemmeno un minuto dopo si trovavano già al campo di Quidditch e smontarono appena fuori dai suoi confini, per non farsi vedere dai professori.
Affannati, corsero negli spogliatoi Grifondoro, mentre il pubblico rumoreggiava e la curva di Tassorosso, contro la quale avrebbero giocato, li riempiva di fischi.
«Ragazzi, vi prego, scusatemi! » esalò James con gli ultimi residui di fiato che aveva, mentre crollava addosso a Mary MacDonald.
Quella lo guardò severamente, sostenendolo.
«Il cazziatone te lo facciamo dopo. Ora almeno alza le tue chiappe d’oro e vedi di fare una bella partita. Altrimenti …» lasciò la frase in sospeso, ma la sua mano si mosse di scatto verso le parti basse di James, che si ritrasse all’istante.
Deglutì, e la guardò con gli occhi sgranati.
«E no, non me ne frega niente se sei il capitano. Ora fuori, sbrigati!»
Ammutolito, annuì e riprese in mano la sua scopa.
Guardò tutti gli altri, che lo scrutavano più o meno severamente. Deglutì di nuovo e disse, con un tono che sembrava più preoccupato che incoraggiante: «Ok, ok. Ora andiamo lì fuori e spacchiamo il culo a tutti. VIA. »
Montando simultaneamente sulle sette scope, i ragazzi sfrecciarono ad uno ad uno fuori dalla porta, librandosi nel cielo soleggiato.
La giornata era cominciata in modo terribile, per James Potter.
 
 
~
Il frastuono solitamente le dava un fastidio incredibile, ma in quel momento non riusciva pensare ad altro che a contribuire a far rumore e ad incoraggiare la squadra, mentre i giocatori di Grifondoro si posizionavano in schema sul campo.
Urlò fortissimo ed agitò le braccia, saltellando su e giù, quando venne dato il fischio d’inizio e le azioni cominciarono a susseguirsi rapidissime, l’una dopo l’altra. Seguire la pluffa era sempre un’impresa, ma stavolta non era così difficile: dove c’era James Potter c’era anche lei. E dietro, puntuali, quelli dell’altra squadra.
Nonostante fosse arrivato in ritardo (l’avevano visto tutti correre verso gli spogliatoi come se ne andasse della sua vita), sembrava essere in piena forma!
«VAI JAMEEEES» Lily si unì al coro di voci che acclamavano il capitano, mentre il commentatore, un ragazzo basso e tarchiato di Corvonero e con una voce un po’ gracchiante, annunciava i primi 10 punti a favore di Grifondoro.
James alzò le braccia al cielo, facendo un giro di campo per esibirsi come al suo solito.
«Levati di torno, moccioso!» una voce acida fin troppo conosciuta arrivò alle orecchie di Lily e la ragazza si voltò appena in tempo per vedere Piton che avanzava in mezzo ai ragazzetti del primo anno, insieme ad un altro paio di Serpeverde.
Rimase a guardarlo. Non sentiva nemmeno più il rumore intorno a lei: vedeva solo quella persona ormai a lei sconosciuta che spintonava e sgomitava per farsi largo nella folla, con un’espressione di puro disgusto sul volto.
Aveva sempre avuto gli angoli della bocca così amari e incisi nelle guance? Non se ne ricordava. Ma di sicuro gli occhi non erano mai stati così freddi e alteri.
Con un moto di rabbia, lo disprezzò. Lo disprezzò per il coraggio che non aveva mai avuto, per le scelte che non aveva osato fare, per la vita che non si era degnato di vivere.
Quando Piton la superò, senza guardarla, Lily tirò fuori la bacchetta. Sentiva un disperato desiderio di vendicarsi: lo aveva evitato da quella sera di due anni prima, quando lui era venuto a chiederle scusa e le aveva parlato per l’ultima volta.
Pronunciando un incantesimo ad alta voce, puntò la bacchetta contro una grande bandiera di Grifondoro che sventolava appesa agli spalti.
Questa si staccò dai sostegni e crollò addosso al ragazzo, che stava ancora cercando di farsi largo tra la gente. Insinuandosi tra i corpi, si avvoltolò attorno a lui, con una precisione estrema.
Urlando, questi tentò di liberarsi non appena si accorse di quello che stava succedendo, ma aveva già le braccia legate intorno al corpo e non poteva raggiungere la bacchetta.
I suoi due compari di Serpeverde tentarono di aiutarlo, ma senza successo, ostacolati dal continuo movimento della gente intorno a loro e dalla resistenza dello stendardo.
Pochi secondi dopo, un bozzolo rosso e oro a forma di persona giaceva per terra: si muoveva debolmente e tremava appena.
Lily sfoderò un enorme sorriso vendicativo e si voltò per tornare a guardare la partita, proprio mentre la solita voce gracchiante declamava i 30 punti per Grifondoro.
Rise spensierata. Voltandosi verso destra, per seguire la traiettoria della pluffa, vide Sirius Black in piedi pochi posti più in là, che la stava fissando a bocca aperta. Poi le fece il pollice in su e strizzò l’occhio, sfoderando un enorme sorriso.
«Se non fosse troppo difficile raggiungerti, in questo momento ti abbraccerei! » le urlò, entusiasta, cercando di farsi sentire oltre il frastuono.
Lily rise ancora, forte.
La giornata era cominciata in modo fantastico.
 

~

«Remus, guarda! Guarda la Evans! »
Sirius, Remus e Peter erano appena arrivati al campo da Quidditch, facendosi strada nemmeno troppo faticosamente tra i primini Grifondoro, e avevano appena trovato i loro posti, quando Sirius aveva notato qualcosa di strano alla sua destra.
La Evans aveva attirato la sua attenzione perché stava dando le spalle al campo, ignorando completamente la partita, e brandiva la bacchetta; anzi, non solo: la puntava verso qualcosa alle sue spalle.
Sirius aveva visto la grande bandiera di Grifondoro staccarsi dal sostegno e crollare addosso a Mocciosus, per poi avvolgerlo completamente, come una mummia, mentre questo si dibatteva come una serpe per cercare di sfuggirle. Era quasi come essere in un sogno, o in una visione: era davvero inusuale e strano vedere qualcun altro, che non fosse lui o i suoi amici, prendersela con quel sudicio parassita.

E oltretutto, non poteva credere che quella fosse la Evans. Non poteva essere stata lei. Forse lo stava aiutando?
Ma quando vide il sorriso maligno che le comparve sul volto, l’espressione trionfante, capì che era proprio come gli era parso a prima vista!
Era la stessa ragazza che aveva passato cinque anni della sua vita a difenderlo a spada tratta, ad essergli amica e a passare tutto il suo tempo libero con lui?
Beh allora, cavolo, era notevolmente migliorata. Avrebbe dovuto dirlo a James.
Oh beh, quando la sua memoria sarebbe tornata, ovviamente.
Perché sarebbe tornata presto, no? 













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Lalalaaa, eccoci qua :3
I commenti diminuiscono ma, mi dispiace per voi, la fyccy la finirò comunque :D 

Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

 
«Va bene ragazzi, e questo è quanto. » James dispiegò una pergamena con dei complicatissimi schemi di gioco su una panca dello spogliatoio, mentre i compagni gli si affollavano intorno.
«I Serpeverde lavorano bene in attacco, ma la difesa è davvero scadente. Ci basta superare Kooks e Perks (tra poco vi faccio vedere come avevo pensato di fare) e siamo praticamente a cavallo.
Dobbiamo soltanto trovare ripetuti modi di farlo, altrimenti siamo fregati perché si faranno furbi.»
«Stai parlando di due Serpeverde, James. » gli fece notare Mary con un ghigno «E’ materialmente impossibile che riescano a capire una tattica di gioco. » Ma il ragazzo non sembrava incline all’umorismo. Non lo sembrava quasi mai, a dire la verità, quando si parlava di Quidditch.
«Meglio non lasciare niente al caso. Da domani, allenamenti 4 sere alla settimana, più un volo di un’oretta la domenica mattina. » Un coro di proteste e lamenti si sollevò dall’intero spogliatoio.
«James non ce la facciamo!»
«Sono al quinto anno, ho i gufo! »
«E io dovrò pur uscire ogni tanto, non è che possiamo solo giocare e studiare.»
«SILENZIO. Io ho i mago quest’anno, e nessuno desidera divertirsi più di me. Ma qua non si discute, fin dopo la partita con i Serpeverde questo sarà il ritmo degli allenamenti. » James gettò un’occhiata all’orologio «Ora possiamo andare, direi, è ora di pranzo. Via, via. Dopodomani sera alle sette, qui. Farò passare un biglietto in caso di cambiamenti di programma. »  E arrotolò la pergamena, riponendola con cura nella tasca della divisa. Rimase dritto sulla porta, con aria decisa e soddisfatta, finché tutti i suoi compagni non gli furono sfilati davanti, con il muso lungo.
Sembra che non avessero nemmeno vinto una partita giocando in modo eccelso, poco meno di un’ora prima, considerato il loro umore.
La squadra che James aveva messo insieme quell’anno era davvero forte, seppure fossero pochi quelli che tenevanodavvero  al Quidditch. O forse avevano solo bisogno di un flusso costante di incoraggiamenti e costrizioni; altrimenti tendevano a lasciarsi distrarre da altro o a non dare il massimo negli allenamenti. Però in partita tutto sommato funzionavano davvero bene.
James si voltò per prendere la sua scopa e uscire, quando gli venne in mente che le minacce di Mary erano cadute nel vuoto. Sorrise. La vittoria la rabboniva sempre, era quasi più nervosa di lui quando si trattava di una partita.
Minacce. Aggrottò le sopracciglia, mentre gli venivano in mente altre minacce.
Avery. La sua voce sgradevole gli risuonava ancora nelle orecchie.
«Potter, giù la cresta e la bacchetta! Ti passerà presto la voglia di fare l’eroe, vedrai»
Nemmeno ventiquattr’ore dopo suo padre e metà degli auror del ministero erano caduti nell’imboscata che probabilmente era stata preparata e pianificata con cura dai mangiamorte.
E se lui si fosse riferito proprio a quello? Se avesse saputo?
James si rendeva conto che l’idea era davvero un tantino azzardata: un diciassettenne implicato in una tale faccenda? Sembrava assurdo, sembrava idiota.

Non riusciva però a togliersi dalla testa il sospetto. Appena arrivato in dormitorio avrebbe scritto a suo padre, giusto per suggerirgli un controllo a casa Avery. Oh, quanto ci avrebbe goduto se avessero scoperto qualcosa per mandare Avery senior ad Azkaban.
Prese la scopa ed uscì dallo spogliatoio, decollando poi alla volta della scuola. Davanti ai suoi occhi immaginava varie possibili espressioni del ragazzo che detestava, contorto dalla rabbia nel vedere suo padre in prigione. Lui, che forse aveva voluto fare fuori il suo.

Sorrise ed accelerò, lasciando che l’aria tiepida della mattinata gli scompigliasse i capelli ancor più del solito. Chiuse gli occhi e lasciò andare le mani, spalancando le braccia.
Planò fino a sfiorare le punte degli alberi, girò in tondo sulle acque luccicanti del lago, sentendosi esultante e pieno di aspettative.
Ci sono alcuni momenti in cui si ha l’impressione che la vita ci si spalanchi di fronte, in cui si sente che anche se c’è qualcosa che sta andando male, si potrà sempre combattere e superare. In cui ci si sente forti ed invincibili, felici.
James Potter stava vivendo uno di quei momenti: qualsiasi cosa gli avrebbe riservato la vita, sarebbe stata lunga e piena di emozioni, di quello ne era sicuro. E lui, lui avrebbe combattuto.
Era nato per combattere, per difendere ciò che amava, per fare la differenza.  
Puntò la scopa alla volta del castello, divertendosi a girare intorno a torri e torrette, soltanto per ammirare la Hogwarts che tanto amava.
Se qualcuno l’avesse guardato in quel momento, non avrebbe potuto non accorgersi della luce di speranza e fiducia nel futuro che illuminava i suoi occhi, irradiandosi a tutto il viso. Niente da fare, James Potter rimaneva un inguaribile ottimista.
 

~

 
In effetti qualcuno che lo stava osservando c’era, ma James non lo sapeva.
Lily era appena arrivata in cima alla guferia, maledicendo nella sua mente gli stretti e ripidi gradini di pietra, nonché la sua scarsissima forma fisica.
Voleva mandare una lettera a casa, ma il suo gufo Ems non c’era e aveva dovuto accontentarsi di uno dei gufi della scuola: più lenti e sbadati. Sbuffando, un po’ per il fiatone, un po’ per la seccatura della perdita di tempo e di fatica, si era affacciata ad una delle piccole finestrelle che davano sul lago nero e sulla valle di Hogsmeade. In realtà era sulla punta dei piedi e sbirciava fuori, perché di appoggiarsi alla stretta feritoia non era proprio il caso, vista la quantità di escrementi che ci si era depositata sopra.

Non aveva fatto fatica a notare il ragazzo sulla scopa che volteggiava nel cielo, leggiadro e rilassato come se stesse facendo una passeggiata. Anzi, meglio ancora: sembrava senza peso, non trattenuto dalla forza di gravità come i comuni mortali.
Lo ammirò e lo invidiò e qualcosa le si strinse nello stomaco.
Pochi minuti dopo, lui fece un volteggio più vicino alla torre e lei poté ammirare i capelli che ondeggiavano all’aria, desiderò passarvi le dita in mezzo; il sole colpire di taglio le sue guance e il bordo un po’ squadrato della mascella, desiderò sfiorarla con i polpastrelli.
Aveva un’espressione completamente diversa dal solito: molto più naturale, molto più sincera, poiché non sapeva di essere osservato.
Lily si stava autosuggestionando?
Non lo sapeva, ma il risultato era indiscutibile: James le piaceva sempre di più.
Porco avvincino.

Quando lo vide planare nei pressi della torre di Grifondoro pensò che stesse tornando al dormitorio per posare la scopa, prima di andare a mangiare.
Magari, se si fosse sbrigata, sarebbe potuta arrivare in Sala Grande giusto in tempo per mangiare con lui, e tenerlo in qualche modo lontano dalle grinfie della Brooke. Spinta da questo pensiero si affrettò ad andarsene dalla guferia e scese quasi di corsa le scale dissestate, dirigendosi verso i piani più bassi del castello.
Quando però passò di fianco alla biblioteca, percorso strategico per avere più probabilità di incrociare il ragazzo, vide qualcosa che le fece completamente passare di testa James Potter.
 

~

 
James si infilò senza rallentare nella finestra ancora spalancata del suo dormitorio e dovette virare bruscamente per non andare a schiantarsi contro la parete di fronte.
Sorridendo smontò dalla scopa e la gettò sul letto. Si scompigliò i capelli senza nemmeno accorgersene e dopo essersi cambiato infilò la porta, per scendere a mangiare insieme ai suoi amici.
Attraversò il buco del ritratto notando, voltandosi indietro, che era deserto. La signora grassa ultimamente era via molto spesso, in qualità da caposcuola avrebbe dovuto parlarne al preside. Ogni tanto si vedevano gruppetti di ragazzi impazienti che aspettavano fuori dal ritratto che lei tornasse.
Mentre rifletteva su cose varie, di poco conto, passò per il corridoio di fronte alla biblioteca, il suo preferito per la luce perennemente dorata che entrava dalle vetrate ambrate.
Qualcuno stava piangendo? James aggrottò le sopracciglia e si guardò intorno circospetto, tirando fuori la bacchetta. Nella sua mente si dipinsero immediatamente tante possibili scenette di Serpeverde che, approfittando dell’assenza di studenti nei corridoi per la pausa pranzo, tormentavano poveri ragazzini colpevoli di non avere un sangue puro o comunque di non essere parte dell’alta società dei maghi.
Con la massima prudenza e allerta, avanzò nel corridoio e svoltò l’angolo, da dove proveniva il singhiozzo sommesso, accompagnato da un bisbiglio calmo.
Inizialmente non vide nessuno, poi si accorse delle due figure nella pozza d’ombra vicino alla porta della biblioteca.
Erano entrambe accucciate a terra, come raggomitolate l’una sopra l’altra.

Gli ci volle una frazione di secondo per accorgersene, ma poi notò che una di loro era la Evans e stava abbracciando qualcun’altro.
Tergiversò un secondo, non sapendo cosa fare.
Avrebbe voluto dare una mano se avesse potuto rendersi utile, però allo stesso tempo non voleva impicciarsi negli affari altrui. Fu proprio l’altra persona ancora sconosciuta che lo trasse d’impaccio.
Alzò gli occhi inondati di lacrime su di lui e si lasciò sfuggire il suo nome con uno sbuffo acuto. Era Artemisia Wabbrins.
Lentamente Lily si rialzò , tenendo la ragazza per mano e puntando gli occhi su James.
«L’ho trovata così pochi minuti fa » gli disse con tono serio
Si chinarono entrambi su di lei, cercando però di lasciarle spazio per respirare.
«Che è successo Misia?» chiese gentilmente Lily alla sua compagna di stanza, accarezzandole i capelli.
«Sei uscita oggi dall’infermeria?»
Lei annuì, mentre il labbro inferiore tremava visibilmente. Lo morse per farlo stare fermo, chiudendo un secondo gli occhi.
«Ero… » la voce uscì rotta per le lacrime, e dovette tossire per proseguire «ero appena uscita dall’infermeria, si. Mi sono svegliata questa mattina e stavo bene. Sai, la pozione non lascia conseguenze e ho convinto Madama Pomade a lasciarmi andare…» lasciò cadere la frase, abbassando la voce fino a tacere. Lily annuì, poiché conosceva bene gli effetti della pozione e tutte le controindicazioni.
«Stavo tornando in sala comune e… niente, ho incontrato di nuovo ..beh, Avery e Mulciber. Non mi hanno fatto niente» si affrettò a tranquillizzare i due ragazzi, che avevano sbarrato gli occhi preoccupati «Ma… insomma, credo sia lo shock, niente di che. Mi passerà. » si asciugò le lacrime con il dorso della mano e si mise seduta, appoggiando la schiena al muro e respirando lentamente.
«E’ che… io non sono coraggiosa come voi, non riesco a fregarmene. Non… non so cosa ci faccio a grifondoro. Anzi, non so proprio cosa ci faccio qui a scuola. Non dovrei essere qui, non dovrei… » mormorò infine, abbassando gli occhi che si stavano di nuovo riempiendo di lacrime.
Lily aprì la bocca per parlare, ma James fece un passo avanti, facendola fermare.
Sfoderò la bacchetta, sfilandola dalla tasca posteriore dei pantaloni, e mormorò diffindo puntandola verso il suo polpastrello. Un piccolo taglio gli lacerò la pelle; sia Lily che Artemisia lo guardavano sconcertate. Poi prese la mano della seconda ragazza e, lottando per tenerla ferma, fece la stessa cosa, mentre lei protestava debolmente.
«Vedi? » le disse, mostrandole il suo dito su cui spiccavano scarlatte alcune gocce di sangue.
«E’ identico al tuo. Non è blu, non è migliore.» Poi, sempre tenendo la mano di Artemisia tra la sua, fece combaciare i due polpastrelli, sfregando per mischiare il sangue.
Lily assisteva immobile, con gli occhi spalancati.
«Ora il mio è sporco quanto il tuo. Io vengo da una famiglia purosangue, una delle più antiche del mondo magico. Ti sembra che sia migliore di te? Ti sembra che questo faccia la differenza? Con quale diritto questo è il mio posto, ma non il tuo?»
Tacque, ritraendosi un po’, come se le parole che aveva pronunciato ferissero anche lui. Allora Lily, che si sentiva presa in causa, in quanto nata babbana anche lei, intervenne:
«Lo so che è  difficile. Lo so che è doloroso , fidati, lo so:  ma è proprio qui la differenza tra noi e loro.
Sta nella capacità di distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Le scelte semplici sono quasi sempre la strada sbagliata. Prendersela con noi nati babbani, solo perché un vecchio matto ha detto che siamo impuri, beh… è una gran cavolata. Vorrei proprio vedere quell’idiota di Goyle produrre un incantesimo restringente tanto potente come il tuo dell’ultima lezione di incantesimi.» Le sorrise incoraggiante.
Mentre pronunciava quelle parole ebbe l’impressione, per la prima volta, di far parte di qualcosa. Di qualcosa di concreto, di un cuore di giustizia e resistenza che si opponeva concretamente all’orrore che stava avvenendo sia fuori che dentro alle mura di Hogwarts. Si sentiva come parte della cura per un cancro malefico.
«E non credere» aggiunse James «che il coraggio Grifondoro risieda soltanto nel saper rispondere alle provocazioni, o nel buttarsi a capofitto in mezzo ai nemici. Quello non è coraggio, quella è stupidità. Si tratta di fare la cosa giusta al momento giusto, avendo anche il coraggio di sacrificarsi per degli ideali. Ma è più difficile vivere affrontando la sofferenza e lo scherno, che morire facendo gesti eroici ma inutili.»
Lily lo guardò, talmente basita che pensò di avere pure la bocca spalancata. James le strizzò l’occhio sorridendole e immediatamente le sue guance si imporporarono.
Artemisia in compenso, sembrava essere stata davvero colpita da quelle parole e quando il ragazzo le porse una mano per aiutarla a tirarsi in piedi, lei l’afferrò senza esitazioni e si rialzò.
Aveva gli occhi ancora molto rossi, ma la sua voce era tornata salda
«Grazie James, Lily. Avete ragione, sono stata una sciocca. »
«No, non sciocca. Solo un po’ turbata. E ti capiamo, non dev’essere uno scherzo rischiare di annegare in un calderone di Distillato della morte vivente!» Lily le appoggiò una mano sulla spalla, comprensiva.

«Guarda guarda, cos’abbiamo qui? Quanto sangue sporco in un solo posto. » Tutti e tre si voltarono di scatto. Regulus Black se ne stava in mezzo al corridoio dietro di loro, con a fianco Alecto Carrow, la ragazza più stupida ed ottusa che la scuola di Hogwarts avesse mai visto. E con la tendenza di parlare sempre a sproposito.
James alzò gli occhi al cielo e per precauzione estrasse la bacchetta. Era pronto a difendersi, ma ci andava sempre molto cauto quando c’era di mezzo il fratello di Sirius quindi valutò la situazione, ripetendosi nella mente di non farsi prendere la mano.
Lo stesso fecero Artemisia e Lily, ma loro non si facevano scrupoli di quel tipo, lo sapeva.
«Oh. Vedo che avete anche delle bacchette. A chi le avete rubate, piccole schifose carognette sanguesporco? »
Ci fu uno schiocco secco e James si vide passare accanto un fascio di luce rossa, che lo fece ondeggiare per mantenere l’equilibrio. In compenso Regulus e Alecto vennero colpiti in pieno e furono scaraventati, come da un’enorme mano invisibile o dall’esplosione di una bomba, parecchi metri più in là.
Caddero a terra, uno a fianco dell’altra, privi di sensi.
James si voltò, stupefatto: Artemisia brandiva ancora la bacchetta di fronte a se, con gli occhi spiritati e i denti stretti in un ringhio senza suono.
Anche Lily la fissava, con la mano abbandonata lungo il fianco.

«Che succede qui? » esclamò una voce rauca. Il vecchio professore di cura delle creature magiche, Silvanus Kettleburn, arrivò quasi di corsa, per quanto gli fosse possibile, sulla scena.
James sbuffò, esasperato
«Perché proprio oggi ci deve essere tutto questo traffico davanti alla biblioteca?» mugugnò
Ma l’uomo non gli diede retta. Si chinò sui due ragazzi svenuti e, puntandogli una bacchetta alla tempia, biascicò «reinnerva ».
Senza nemmeno guardare se si stessero riprendendo o meno, si alzò e fissò i tre grifondoro con aria severa.
«Chi è stato? » ci fu un attimo di silenzio. «Ditemi chi è stato, o giuro che finite tutti e tre dal preside. » abbaiò.
«Io. »

Lily avanzò di un passo, gettando in su il mento e fissando l’uomo con uno sguardo di sfida.
Artemisia aprì la bocca e fece per protestare, ma James la fermò, scuotendo la testa impercettibilmente.
Mordendosi un labbro, la ragazza tacque, evidentemente ancora divorata dal conflitto interiore.
«Punizione, signorina Evans. Stasera alle sei, venga nel mio ufficio. » si voltò e prese per un braccio i due Serpeverde che ora li guardavano beffardi, seppur ancora storditi dallo schiantesimo.
«Voi venite con me, vi porto in infermeria. »
Zoppicò fino alla fine del corridoio e poi si voltò ancora indietro.
«Dovrebbe vergognarsi. Incantesimi offensivi nei corridoi. Una caposcuola. Stia certa che riferirò a Silente quanto le sue scelte siano state sbagliate, quest’anno. Entrambe. » scoccò un’occhiata eloquente a James e sparì alla loro vista.

~

 
Erano già le dieci di sera e Lily stava tornando in fretta alla sua sala comune, massaggiandosi un polso, rabbuiata: la punizione con Kettleburn sembrava essere durata secoli e l’ultima volta che aveva mangiato, a colazione, sembrava lontanissima nel tempo sia per la sua mente che per il suo stomaco.
Dio, quanto odiava quell’uomo. Era viscido e ripugnante, quando compariva alle spalle all’improvviso era capace di inquietare chiunque: aveva gli occhi infossati,  e le guance scavate, con la pelle che aderiva al cranio; era alto circa quanto Lily, ma magro la metà e gli mancava un piede. Nessuno sapeva come l’avesse perso, ma si sussurrava di un incontro ravvicinato con una manticora, agli esordi della sua carriera come insegnante. Si poteva dire di tutto su di lui, ma non certo che non sapesse insegnare la sua materia. Era un’enciclopedia umana, tanto che aveva persino scritto numerosi libri sulle varie creature magiche e su come trattarle.
In ogni caso Lily lo odiava e cominciava a sospettare che questo sentimento fosse reciproco, considerata la punizione che le aveva affibbiato: aveva passato quattro ore nella foresta proibita in sua compagnia a montare trappole per gli Augurey, dei piccoli uccelli che si nutrono di fate e vivono in cespugli di rosa canina e che tutti loro, studenti del settimo anno, avrebbero studiato nella lezione successiva.
Non era un lavoro semplice o poco faticoso, ma Lily non si sarebbe nemmeno lamentata troppo, se non le si fosse chiusa per sbaglio una trappola intorno al polso.
E ora era lì che tornava verso il dormitorio, con i capelli sicuramente pieni di rametti, le scarpe infangate e il polso dolorante.
Non si aspettava di vedere nessuno in giro a quell’ora, quindi si stupì non poco quando sentì delle voci maschili venire nella sua direzione e aumentare man mano di volume.
Si preoccupò un po’, pensando di nuovo ad un gruppo di Serpeverde violenti, ma non estrasse la bacchetta.
Quando colse «e quindi l’abbiamo fregato!» seguito da una risata canina molto familiare, capì con chi stava per avere a che fare.
Difatti pochi secondi dopo Sirius Black, accompagnato da Remus, svoltò l’angolo del corridoio e se la ritrovò di fronte.
«La nostra malandrina!» esclamò, sfoderando un sorriso a mille denti
«’sera, messeri! Non dovreste essere in dormitorio? » domandò lei, mezzo divertita e mezzo irritata. Come si faceva ad arrabbiarsi con quei due? «Potrei togliervi dei punti, sono caposcuola! Remus, almeno tu… »

Sirius rise di nuovo e scambiò uno sguardo d’intesa con Lupin, poi quando le passarono di fianco con fare innocente, l’afferrarono di scatto sotto le braccia, cominciando a trascinarla verso la direzione da cui stava venendo.
«Lasciatemi! » Lily sgambettava e scalciava all’aria, ridendo, mentre loro non avevano la minima intenzione di accontentarla.
«La piccola caposcuola ribelle ora viene con noi» disse Sirius malizioso,  voltandosi per scoccarle un sorriso affascinante e un bacio all’aria.  
Lei sbuffò e si lasciò trascinare fingendosi imbronciata, con i piedi che strisciavano per terra davanti a lei.
«E si può sapere dove stiamo andando? »
«Te lo dico se resti con noi, da brava, e non tenti di scappare. »
Lily rise ancora e accettò, così le fu magnanimamente concesso di rimettersi in piedi e di seguirli camminando sulle sue gambe.
«Allora? »
«Mia cara signorina Evans » esordì Remus con un tono pomposo «Questa sera avrà l’onore di entrare nelle cucine di Hogwarts e aiutarci a portar via un po’ di cibo! »
Alla ragazza quasi cadde la mascella
«Voi sapete dove sono le cucine? Ma si può entrare? E soprattutto, non possiamo gironzolare di notte, ci metteranno in punizione!»
«Tanto ormai sei un’habituée.» le rise dietro Sirius «Hai fatto la cattiva ragazza più oggi che in tutti i sette anni, secondo le mie fonti! E  poi, quante domande! Tra poco vedrai con i tuoi occhi. Non ti sei mai chiesta da dove proveniva tutto il cibo che forniamo sempre per le feste in sala comune? »
«E per la punizione non preoccuparti » la rassicurò Remus «Sappiamo come non farci beccare. »

La curiosità di Lily non era stata minimamente soddisfatta e nemmeno il timore di essere scoperta, ma si sentiva euforica e decisamente incline ad infrangere così tante regole in un giorno solo. Una volta, pensò, si sarebbe tagliata le mani piuttosto di seguire uno di quegli scapestrati nei loro giretti notturni o nelle loro pazzie. Era diventata più incosciente e stupida, o meno seria e noiosa? Forse entrambi.

«Coraggio, a te l’onore. » le disse Sirius, spingendola in avanti, quando arrivarono alla fine di un corridoio vuoto. «Fai il solletico alla pera. »
«Alla pera? » Lily aggrottò le sopracciglia, confusa, fissando lo sguardo sul quadro con la frutta sul muro davanti a lei. Si sentiva un po’ stupida e aveva paura che la stessero prendendo in giro.
«Dai! » la incitò Remus e allora, voltandosi indietro per guardarli sospettosa, allungò la mano e solleticò il frutto sul quadro.
Quello si contorse, rise, e in pochi secondi lasciò aperto un passaggio che fino a poco prima non c’era. Avrebbe dovuto essere abituata alle stranezze di Hogwarts, ma ogni volta la entusiasmavano nemmeno fosse una bambina di fronte ad un sacchetto di caramelle!
I due ragazzi invece sembravano molto più a loro agio, e la precedettero.
Lily non aveva ben saputo cosa aspettarsi, ma di certo non quello. Se pensava a come avrebbero potuto essere le cucine di una scuola così grande, le venivano in mente solo grandi saloni semibui, con enormi frigoriferi che ronzavano nell’oscurità, ma ovviamente quell’idea era ridicola per Hogwarts.
Rimase immobile, stupefatta, mentre osservava davanti a lei gruppi di piccole creaturine, indaffarate nelle più disparate attività, muoversi da una parte all’altra di una grande cucina riscaldata da un gigantesco camino. Quando Sirius e Remus fecero un passo avanti e furono notati, subito molti di quegli affarini seminudi gli si assieparono attorno, sommergendoli di saluti calorosi e inchini.
Erano davvero esseri curiosi:  bassi e nodosi, magrissimi e vestiti tutti con una stessa identica tovaglietta, con sopra il blasone di Hogwarts. Le vocette erano acute e squillanti, tanto da perforarle i timpani, e non si capiva se fossero femminili o androgine.
«Il signorino Sirius e il signorino Remus desiderano cibo? » domandò, dopo molti saluti, una di quelle strane creature.
«Si, grazie, Spank! Ci dai un po’ di quella torta al cioccolato e arance che c’era per cena?»  domandò gentilmente Remus. Immediatamente altri due nanerottoli corsero a prendere il necessario. Tornarono due minuti dopo, con due enormi torte al cioccolato, un vassoio di bigné e un cesto d’uva.
Sirius ne prese uno da parte e gli bisbigliò qualcosa in un grande orecchio, facendogli poi l’occhiolino. Quello annuì vigorosamente e sparì.

I due ragazzi si misero a canticchiare a bocca chiusa, dondolandosi sui talloni e reggendo tutto quel ben di dio che i mostricciattoli gli avevano messo tra le braccia.
Poi, d’improvviso, si ricordarono che forse c’era anche lei.
«Lily, tu non vuoi niente in particolare? Puoi chiedere quello che vuoi, sai. »  lei si guardò intorno, spaesata.
«Hemm…» in realtà stava morendo di fame, ma non sapeva bene come fare. Avrebbe dovuto semplicemente chiedere? Le sembrava assurdo.
Forse Remus dovette intuire la sua titubanza, perché si rivolse all’essere più vicino e gli disse
«Puoi portarmi qualcosina anche per la signorina? Non ha ancora cenato.»
Quello le si avvicinò e la guardò dal basso con grandi occhi verdi, simili a palle da tennis.
«La signorina amica di Remus e Sirius desidera qualcosa in particolare? Spank sarà felice di portare quello che la signorina vuole. »
Lily gli sorrise gentilmente «Mi piacerebbe un po’ di Quiche, se c’è.» In risposta ricevette un inchino profondo e, dopo qualche sgambettio, un rapido passaparola, si ritrovò in braccio una Quiche intera.
Ringraziò profusamente, ma aveva l’impressione di essere lei a fare un favore a loro, prendendo il cibo, e non viceversa.
Dopo pochi secondi arrivò anche la creatura a cui Sirius aveva parlato all’orecchio, e portava tra le braccia cinque grandi bottiglie di quella che Lily riconobbe come Burrobirra.
Carichi molto più che all’andata, i ragazzi salutarono tutti e, festanti, si avviarono verso l’uscita.
Lei si affrettò a seguirli e dopo poco si ritrovarono tutti a camminare in silenzio per i corridoi bui di Hogwarts.
Remus ogni tanto dava un’occhiata ad una strana pergamena che teneva infilata nella tasca posteriore dei jeans e poi li faceva prendere una direzione oppure l’altra.
«Ma… » esordì Lily dopo qualche minuto di silenzio «cosa… hem, cos’erano esattamente quelli?»
Sirius la guardò per un istante sbalordito, poi sembrò riprendersi.
«Oh… non li avevi mai visti? Beh, sono elfi domestici! Lavorano qui ad Hogwarts, puliscono, cucinano, preparano il fuoco, si assicurano che tutto funzioni bene nel castello insomma. »  
«Ma dai! Com’è possibile che non mi fossi mai accorta della loro esistenza? Ma soprattutto che non ne abbia mai sentito parlare! »
«E’ parte del loro compito, per svolgere bene il loro lavoro devono rendersi invisibili o quasi. Non bisogna quasi accorgersi che ci sono.»
«In realtà non si trovano solo qui, sono dei servitori molto comuni tra le ricche ed antiche famiglie magiche. » aggiunse Remus.
«Già. Ce n’era uno anche a casa mia. Ma era disgustoso. Chissà che fine ha fatto, spero sia morto. » disse Sirius con fin troppa allegria.
E tra una spiegazione e l’altra arrivarono in sala comune Grifondoro, dove il fuoco stava morendo lentamente e l’orologio sul muro suonava le undici.
«E ora che si fa? » chiese Lily curiosamente, ancora occhieggiando alla quantità incredibile di cibo che i ragazzi avevano sgraffignato.
«Come che si fa? Festa ovviamente! Forza, forza, andiamo nel nostro dormitorio. »
Sorridendo, la ragazza li seguì. Sì… si sarebbe anche potuta abituare ad una vita così. 












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Ho aggiornato abbastanza in fretta e con un capitolo lungo quasi il doppio dei precedenti.
perché ecco beh... mi duole dirlo, ma la prossima settimana mi sa che ci sarò poco, sarà un inferno con la scuola!

Ringrazio tutti tantissimo, sono contenta di aver ricevuto così tante recensioni e nuovi follow *__* grazie, ragazzi! 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V

 
«Cibo per tutti! » Sirius spalancò la porta del dormitorio con un calcio, esibendo il suo bottino con orgoglio.
«Cibo e donne per tutti!» si corresse un secondo dopo, quando anche Lily entrò nella stanza. Lei sbuffò e gli tirò una pacca sulla spalla che gli fece cadere una bottiglia di burrobirra dalle mani. Per fortuna i suoi riflessi erano rapidi e spostò immediatamente un piede sotto di essa, così che quando questa cadde non si spaccò.
«Ti è andata bene, donna. Se mi avessi fatto rompere la bottiglia… » e si passò il pollice sul collo con aria eloquente e sguardo minaccioso.
Con Lily, Sirius aveva un atteggiamento molto diverso che con tutte le altre ragazze. Lo aveva sempre avuto. Un po’  perché non poteva permettersi di fare troppo il galante con la ragazza che piaceva al suo migliore amico, e un po’ perché sentiva che con lei non avrebbe comunque avuto successo.
Senza contare che, in uno strano modo, la vedeva come intoccabile. Non aveva mai nemmeno formulato fantasie su di lei, era sicuro che lo avrebbe colto il disgusto: se avesse dovuto paragonare il suo timore a qualcosa, sarebbe stato quello per l’incesto. Si, Lily poteva facilmente essere come una sorella per lui:  troppo sveglia, furba e smaliziata per farsi abbindolare da un paio di occhi grigi e un sorriso sghembo.
Nemmeno paragonabile, ad esempio, a Dorcas; nemmeno lei era stupida, tutt’altro: brillava per un’intelligenza quasi spaventosa, ma soprattutto per la sua enorme potenza e abilità con la magia; ma molto più cedevole al fascino di un bel ragazzo. Soprattutto ad un ragazzo come Sirius.
Si ritrovò involontariamente a paragonare le due ragazze, trovando subito Lily molto più concreta, reale, come una sicurezza nella vita: lei sarebbe sempre stata lì, a insultarlo e guardarlo di sbieco quando la prendeva in giro; a ripetergli quanto lo odiasse per la sua arroganza e poi a passargli di nascosto le risposte corrette dei compiti; a rifiutare James e poi a fingersi disinteressata e annoiata quando lui la scopriva ad osservarlo. Intorno a Dorcas invece, Sirius continuava a vedere un alone impenetrabile che la rendeva quasi effimera e ancora più desiderabile: per la prima volta era lei ad essere più forte di lui, lei ad avere il controllo. Aveva una paura folle di perderla, di ritrovarsi solo e spezzato a causa dell’unica volta in cui aveva permesso al suo cuore di aprirsi e lasciare da parte la paura.
Entrambe le ragazze erano, in diverso modo, una parte davvero importante della sua vita ed ora, per la prima volta razionalmente, si rendeva conto di essere felice che ci fossero: lo riscaldavano e riempivano con tutta la loro gentilezza femminile, la loro vitalità e - nel caso di Dorcas - sensualità, quella parte di cuore che l’affetto di una madre non aveva mai saputo colmare.
Si ritrovò stupito delle sue riflessioni e scosse la testa, prendendosi in giro da solo per tutto quel sentimentalismo.
Un altro pensiero era però affiorato alla mente, di conseguenza: Lily doveva stare con James. Era più che un’idea dettata dal fatto che entrambi si piacessero, era una convinzione profonda. L’ordine prestabilito delle cose sarebbe stato rispettato, sarebbe per forza dovuta finire così. Una famiglia ancora più grande e con tutte le persone al loro posto, esattamente quello giusto per ognuno.

«Ciao! » una voce leggermente tintinnante interruppe i suoi sogni ad occhi aperti. Perso com’era nel suo mondo, non si era accorto che suo fratello James era comparso nella stanza, uscendo dal bagno, e che non era solo: di fianco a lui e con la mano intrecciata con la sua c’era infatti Herika, accompagnata dai suoi fluenti capelli dorati. Quella ragazza aveva del sangue Veela nelle vene, ne era sicuro.
Si riscosse e la guardò storto, imponendosi di non ammirarla.
«Oh, ci sei anche tu. » rispose al suo saluto sgarbatamente, con un cenno della testa.
Lei non parve accorgersene, ma James gli lanciò uno sguardo stranito e ammonitore insieme, che lui finse di non notare.
«Guarda un po’ chi abbiamo recuperato durante il nostro periglioso viaggio alla volta della cambusa! » esclamò teatralmente con un gran sorriso entusiasta e posò un braccio attorno alle spalle di Lily, fissando l’amico e tentando di non rivolgergli uno sguardo che sapesse troppo di sfida.


Lily si era improvvisamente rabbuiata alla comparsa della Brooke nella stanza e ora si fissava l’unghia del pollice con insistenza, maledicendo il gesto di Sirius che l’aveva esposta come un fantoccio, più di quanto non fosse già.
Aveva un’improvvisa voglia di uscire da lì e andare a farsi una doccia, si sentiva sciatta e sporca: probabilmente aveva ancora i capelli arruffati dalla punizione nel bosco e temeva perfino di non avere un buon profumino di rose. Insomma, già normalmente non era paragonabile alla Brooke, figurarsi in quello stato.
Sollevò gli occhi e incrociò lo sguardo di Remus, che la fissava di soppiatto. Le rivolse un sorriso e uno sguardo incoraggiante, che la invitarono a rialzare la testa, ma che le piantarono anche un dubbio nel cervello. Aveva forse capito che ormai James non era più un indesiderabile per lei?
Se non poteva puntare sulla bellezza per competere con quell’altra, avrebbe usato altri metodi.

Aiutò con grande allegria i ragazzi a disfare i letti, per ammucchiare coperte e cuscini a formare un cerchio in mezzo alla stanza. Tutti si lasciarono cadere e cominciarono a spartirsi il cibo.
Sirius distribuì le bevande e, non si sa come, la Brooke rimase l’unica a non avere la burrobirra. Lily se ne accorse e si voltò verso Sirius, incuriosita; lui ammiccò e le rivolse un sorriso malefico.
Lily si lasciò sfuggire un risolino, esaltata: le sue impressioni non erano sbagliate, gli amici di James volevano a tutti costi tenerlo lontano da lei.

 
James osservò la bellissima ragazza bionda che era arpionata al suo braccio da un’ora buona. Remus, Sirius, Peter e Lily avevano già fatto tre partite in coppia di scacchi magici, nelle quali la ragazza era stata drammaticamente battuta, mentre il povero Sirius che cercava di aiutarla faceva più danni che altro. Peter era un vero asso in quel gioco, due anni prima James aveva avuto la cattiva idea di giocarci insieme a soldi ed era stato praticamente sbancato.
«’moreee?» Herika stava praticamente facendo le fusa contro il suo collo e James si ritrovò a desiderare di stare solo con lei, desiderare che la ragazza rossa se ne andasse finalmente in camera sua, e tutti gli altri si mettessero a dormire.
«Dimmi, piccola» le mormorò dolcemente, accarezzandole una guancia.
«Sono un po’ stanca… » questa frase fu pronunciata con un tono lagnoso e decisamente a voce più alta e James si ritrovò a sorridere sotto i baffi, soddisfatto. Notò che Sirius le lanciò un’occhiata gelida, di nuovo. Qual era il suo problema?
 
Sirius si stava cominciando ad innervosire: la serata non stava per nulla andando come prospettato e James ed Herika erano rimasti appiccicati per tutto il tempo. Non sapeva se Lily avesse realmente cambiato idea sul suo migliore amico, ma di sicuro lui non le era indifferente e per di più non sapeva che lui avesse perso la memoria. Aveva perso tutta l’allegria da quando era entrata nel loro dormitorio, e ora stava pure facendo schifo a scacchi, cosa inusuale per lei.
Cominciava ad avere qualche dubbio su James: che si fosse dimenticato dei suoi propositi di farla ingelosire ed innamorare? Sembrava non calcolarla proprio: o era un grande attore, oppure un emerito deficiente.
Urgevano rimedi.
Chinandosi su Lily, fingendo di controllare una mossa sulla scacchiera, avvicinò la bocca al suo orecchio e sussurrò:
«Ora farò una cosa, assecondami per piacere. » Lei non fece in tempo a chiedergli ulteriori spiegazioni che lui le aveva appoggiato una mano sul fianco e l’aveva attirata a se, per poi posarle un braccio sulle spalle, in un gesto intimo.
Erano vicinissimi, Lily poteva sentire il calore della pelle di Sirius attraverso la maglietta. Istintivamente le venne il batticuore e arrossì.
Tuttavia sembrava che il gesto del ragazzo non fosse passato inosservato: James si era irrigidito.
Con un sorriso sornione, Lily appoggiò la testa sulla spalla di Sirius e gli rivolse un sorriso, che venne ricambiato con un occhiolino.
Il suo amico sembrava aver ingoiato un limone.
 

 ~


James stiracchiò gli angoli della bocca in un sorriso e si svegliò lentamente, continuando però a tenere gli occhi chiusi.
Aveva fatto davvero un bel sogno, oh proprio un bellissimo sogno.
Mosse la mano lungo il materasso e le sue dita incontrarono della pelle liscia. Il sorriso aumentò.
Lentamente aprì gli occhi, e alcuni elementi stonati che non aveva previsto irruppero nella sua visione.
Una ciocca di capelli biondi, ad esempio, proprio di fianco ad un polso femminile adorno di piccoli braccialetti colorati.
Tutto quel giallo lo infastidiva: non era il colore giusto.* Perché aveva questa impressione? Cosa c’era di sbagliato? Era sempre stato così bene con Herika, in quei giorni. Lei era delicata, quasi fragile. Con quegli occhi azzurri così penetranti… lo incantavano.
Ma erano un po’ sbiaditi, un po’ slavati. Certo la bellezza di una pelle chiara, con qualche efelide spruzzata qua e là era innegabile. Ma le lentiggini erano troppo poche. James amava le lentiggini.
Che sogno era quello che aveva fatto? Non riusciva più a ricordarlo, ma era sicuro che lì non ci fossero  state stonature.

«’moree? » un bisbiglio basso, come un ronzio delicato, gli arrivò alle orecchie , ma James non sollevò lo sguardo. Non aveva voglia di tenerezza, coccole o qualsiasi altra cosa del genere. Si sentì meschino a pensarlo, ma voleva quella ragazza fuori dal suo letto. Eppure era pur sempre un Grifondoro e un gentiluomo e non poteva sbatterla fuori così.
Stampandosi un finto sorriso dolce in viso, si mosse debolmente e biascicò
«’giorno» poi rotolò su un fianco e aprì gli occhi lentamente, guardando le cortine del letto a baldacchino sopra di lui. Il rosso profondo lo affascinava, lo rilassava.
Il risveglio così piacevole era già sfumato.
Si sentiva irritato, deluso dalla nottata e stanco. Non che avesse dormito molto, ma il problema non era quello. Si sentiva stanco psicologicamente. Era una strana sensazione: come se stesse aspettando qualcosa, qualcosa che non arrivava.
«Che ne dici che oggi andiamo a Hogsmeade insieme? C’è l’uscita.»
La frase, così semplice, pronunciata così piano, risuonò con un coro di eco nella sua testa. James dovette sforzarsi per non saltare a sedere.
Lui ad Hogsmeade doveva andarci … con chi doveva andarci?
«Non posso, mi dispiace. Avevo già preso un impegno. »
«Ah. » delusione, freddezza. E dall’altra parte senso di colpa, angoscia.
«E con chi vai? »

«BUONGIORNO COLOMBE! » La voce entusiasta e brillante di Sirius esplose nel silenzio della mattina come una cannonata e le tende che circondavano il letto di James vennero bruscamente spalancate.
«Spero vivamente che siate entrambi vestiti, altrimenti potrei riportare qualche danno cerebrale» esclamò gaiamente, tenendo una mano a chiudersi gli occhi.
James ringraziò nella sua testa per quell’interruzione e si affrettò a rispondere
«Siamo coperti, Sirius, togli pure le mani. »
«Ehi!» esclamò la ragazza e contemporaneamente risuonò l’urlo di Sirius
«PERVERTITO, AAAH! »
James sghignazzò e tirò le lenzuola a coprire il suo corpo seminudo e quello della ragazza a fianco.
«Lei puoi anche lasciarla scoperta, ma tu per favore vestiti!» Herika ridacchiò sorniona, ma non accennò a scoprirsi
«Non è che mi potresti passare il reggiseno, Sirius? Dev’essere qua di fianco al letto. »
 
 

 ~

 
Lily marciava decisa verso i cancelli, diretta ad Hogsmeade insieme alla sua amica Dorcas, che tentava di calmarne il malumore mattutino.
La rossa sbuffava tra se di tanto in tanto, tirando la sua stessa sciarpa da una parte all’altra, come a volersi strozzare.
«Vuoi dirmi cos’è successo oppure devi continuare a fare queste scenate da prima donna? » l’occhiata furibonda che ricevette non la spaventò per nulla, abituata com’era alle minacce di Lily, ma che poi non si traducevano mai in arrabbiature.
«Si, mi va di continuare a fare scenate. »  ribatté piccata e, se possibile, ancora più offesa.
«Adesso parli, per favore, oppure ti faccio trovare una mandragola sotto il cuscino, stanotte. »
In cambio ricevette un grugnito, mischiato a parole di dubbia comprensibilità
«Camera sua… stamattina… »
«Camera di chi? » Dorcas era una ragazza tanto adorabile ed intelligente, ma non si poteva dire che ispirasse confidenze. Sembrava piuttosto fredda e sempre sul punto di giudicare male le persone, ma chi la conosceva davvero sapeva che non era così, benché avesse opinioni molto più crude che la maggioranza della gente.
Lily dal canto suo arrossì, non aveva ancora parlato con nessuno del fatto che James Potter avesse cominciato ad interessarle più del lecito.
«Se te lo dico mi prometti di non ridere?»
«Promesso» sospirò.
«Potter. » sputò la parola come se fosse un insulto «quell’idiota!» aggiunse, per sicurezza «ieri sera si è portato la Brooke in dormitorio»
Dorcas lottò per non ridere maliziosamente, consapevole che l’amica se la sarebbe presa, e poi chi gliel’avrebbe fatta passare più l’arrabbiatura!
«EHI! Avevi promesso. » Lily mise il broncio, come se avesse intuito i pensieri di Dorcas e voltò la testa dall’altra parte e accelerando il passo.
Quella fece una corsetta per raggiungerla e con un sorrisone stampato sulle labbra e un’espressione da schiaffi insinuò «Non ho riso! Ma non è che ti piace James, vero? Così, sai, ho notato che ultimamente non sei più molto acida con lui.»
«Certo che no! Non mi piace per niente, figurati. Ma è indecente! Insomma, se ne è scesa dalle scale di corsa, tutta spettinata, inseguendo Sirius che fuggiva con un reggiseno in mano! » prese fiato «Almeno un po’ di decenza. E quello stupido di Potter se la rideva dietro di loro.» Le bruciava un sacco, immaginare quell’oca nel letto del ragazzo più in gamba della scuola, quello che l’aveva tanto corteggiata e poi non si accorgeva nemmeno quando lei cominciava a ricambiare. Certo, aveva perso la memoria, ma non era affatto una scusante! – pensò, arrabbiata e delusa com’era.
Camminò  ancora per qualche metro brontolando tra se, prima di accorgersi che Dorcas non la stava più seguendo.
Si voltò e la vide ferma, con i denti stretti , gli occhi socchiusi e i pugni serrati. 
«Sirius, COSA? » sibilò, mortifera.
«Oh. Reggiseno. Cavolo. »
«Andiamo. Ho intenzione di fare quattro chiacchiere con lui, subito. » con l’espressione più arrabbiata che le avesse mai visto addosso, Lily le trotterellò dietro, ogni sua irritazione sfumata nella preoccupazione per l’amica.
«Ma Dorcas, hai capito male, lui la stava solo prendendo in giro! » subentrò il panico. Dorcas se la sarebbe presa con il suo ragazzo, per colpa sua e della sua maledetta boccaccia, mentre lui non aveva fatto altro che aiutarla tutta la sera. Le era stato vicino e non l’aveva presa in giro nemmeno una mezza volta, schierandosi perfino dalla sua parte quando avrebbe potuto lasciarla sola e divertirsi con James.
«Davvero, la stava umiliando, nient’altro! Si vede che quei due si sono dati così da fare questa notte che hanno sparso i vestiti in giro dappertutto. E insomma, se tu trovassi un paio di boxer maschili nella nostra stanza ti stupiresti no? E magari prenderesti pure in giro il poveraccio, se lo trovi infilato nel letto di Artemisia o Mary. Ovvio che Sirius abbia fatto lo stesso. »
Il silenzio da parte della sua interlocutrice le fece capire che non la stava ascoltando e, guardandola negli occhi, ci vide un’immensa tristezza e delusione.
«Ti prego, Dor! Ascoltami, non voglio che litigate per una sciocchezza simile. »
Gli occhi azzurrissimi della sua amica si fermarono sul suo viso e Lily con orrore scoprì che erano lucidi.
«Voglio potermi fidare di lui. Ne ho bisogno. » e senza aggiungere altro oltrepassò i cancelli, diretta al villaggio.
 
 

 ~


La mattina sembrava vibrare nell’aria fredda di quel giorno di marzo. L’aria saliva come vapore tremolante dall’erba umida che ricopriva i pendii della valle intorno ad Hogsmeade e sembrava immergere il paesaggio in un’atmosfera onirica, dai contorni sfumati.
Il villaggio era pieno di vita, popolato soprattutto da studenti che ridevano allegri e guardavano incuriositi le vetrine, in uno dei rari giorni di libertà che gli venivano concessi durante l’anno.
I malandrini però non sembravano condividere tutta quella allegria che li circondava e camminavano stranamente silenziosi per le vie, incerti su dove dirigersi.
James era pensieroso, fin da quando si era svegliato, perché aveva la netta impressione che qualcosa di ovvio gli stesse sfuggendo e che fosse un pensiero importante.
Remus aveva deciso di rimanere in dormitorio, dato che quella sera ci sarebbe stata la luna piena e non si sentiva troppo bene: ne avrebbe approfittato per studiare.
Peter sembrava spento; aveva ricevuto l’ennesima lettera da casa, nella quale sua madre insisteva perché si ritirasse da scuola. Era stato così fin dall’anno prima, da quando gli attacchi dei mangiamorte si erano fatti più audaci e il pericolo era sceso come una cappa nera su tutta la comunità magica. Peter sentiva che il suo posto era lì, in mezzo ai suoi compagni, nel cuore della Scozia; ma non poteva negare di sentirsi preoccupato. Ultimamente le sue ansie lo tormentavano anche nei sogni, con incubi frequenti in cui lui veniva costretto da un mago oscuro senza volto a scegliere tra la vita di sua madre e la propria. L’aria fredda gli ghiacciava il sudore addosso e lo faceva rabbrividire, senza che nessuno dei suoi amici se ne accorgesse.
Sirius era invece tornato di buonumore, ma i suoi tentativi per coinvolgere gli amici in battute e discorsi vivaci cadevano nel vuoto.
Pensò che avrebbe preferito uscire con Dorcas, a quel punto, almeno sarebbero potuti stare un po’ insieme, visto che il giorno prima non si erano praticamente visti. Non le aveva ancora dato il suo regalo per l’anniversario della loro storia, ma per sicurezza lo teneva in tasca, tastandolo di tanto in tanto per assicurarsi che fosse ancora lì al sicuro.
Era un libriccino di Astronomia, materia della quale la ragazza era appassionata, nel quale venivano spiegati i nomi delle stelle e la loro storia: sapere che lì in mezzo c’era anche un pezzettino di lui lo rendeva in qualche modo orgoglioso, sebbene fosse la parte legata alla sua famiglia. Almeno qualcosa di buono l’avevano fatto, pensò fieramente, un figlio magnifico e di successo. Anche con le ragazze.
Mentre lasciava correre i suoi pensieri in direzioni poco caste, vide l’oggetto dei suoi pensieri camminare verso di loro, da in fondo alla via. Quasi non si accorse di Lily che le stava a fianco, perso nell’ammirare la bellezza di Dorcas. Si sentiva molto soddisfatto, era sua.
I capelli dorati mulinavano intorno al suo viso a causa del vento e scintillavano, lucenti. Era incantevole, con la grazia e la forza di un’amazzone.
Sì, aveva proprio l’incedere di una guerriera, non l’aveva mai notato prima. Sembrava sul punto di spiccare un balzo, come una predatrice.
Rimirandola, sornione, piegò le sue labbra in un sorriso arrogante mentre si avvicinavano reciprocamente. Aveva già un paio di idee su dove portarla.
I suoi intenti però caddero nel vuoto, quando ormai li distanziavano solo pochi metri. La sua dolce metà non sembrava per niente felice di vederlo, anzi.
Il sorriso gli scivolò via dalle labbra, quando Dorcas gli fu ad un passo e poté distinguere con chiarezza la sua espressione dura e la piega amara delle labbra. Lily, di fianco, si mordeva un labbro.
«Dolcezza? » tentò
«Seguimi. » ordinò lei, fredda. Voltandosi, abbandonò la sua amica insieme agli altri ragazzi, mentre si dirigeva verso un sentiero che portava fuori dalla città.
Sirius, incerto su cosa aspettarsi, fece come gli era stato ordinato.
 
 
 

 ~

 
 
James fissò la ragazza rossa di fronte a lui con uno sguardo stupito. Immagini frammentarie gli correvano nella mente come impazzite. Herika nel suo letto, capelli rossi e lisci, una ragazza in riva al lago, lui che sollevava la gonna con la magia a qualcuno di indefinito, uno schiaffo, parole di offesa, sorrisi celati, sguardi rapidi. E gli occhi, verdi, che lo fissavano, sembravano rimanere l’unico punto fisso.
Esalò un rantolo spezzato e si prese la testa fra le mani chiudendo gli occhi, lottando per non accasciarsi su se stesso. Aveva una gran nausea.
«James? James stai bene?» qualcuno, con delle mani piccole e calde, gli era accanto, gli scollava i capelli dalla fronte improvvisamente madida.
Vomitò l'anima. 
 
 
 













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Umpf che brutto capitolo. Non ho tempo di scrivere, non ho tempo per niente D: chiedo scusa!




* Prima che qualcuno si lamenti dicendo che è stufo del binomio bionda= stupida = ragazza NON giusta, vorrei sottolineare che sono bionda anche io. Il colore di capelli qui è un caso. 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


 
Capitolo VI

 


Ci sono quattro cose che non tornano più indietro: la scopa di James Potter dopo che è stata lanciata alla volta del boccino, i boxer di James Potter dopo averli prestati ad uno scroccone come Sirius Black, gli appunti di Remus Lupin dopo che James Potter se n’è impadronito e la memoria di James Potter dopo averla persa.
O forse no.
Nonostante (e soprattutto per loro causa) gli avvenimenti del pomeriggio, in infermeria c’era fermento: i malandrini si aggiravano qua e là, entrando ed uscendo come guaritori indaffarati, portando cibo per rifornirsi, notizie varie e, nel caso di Remus, libri vari per studiare; approfittando della bonarietà e della pazienza di Madama Pomade.
Sirius era leggermente distratto dalla sua ragazza, con la quale si stava atteggiando a gran figo da almeno un quarto d’ora, mentre lei rideva, mezza paziente e mezza troppo felice per arrabbiarsi di qualsiasi cosa. Soltanto le principesse si innamorano dei principi azzurri, le altre cedono al fascino dei cattivi ragazzi.
Anche Lily faceva la spola tra il dormitorio femminile e l’infermeria, e ogni volta che entrava dalla porta bianca, con un oggetto diverso tra le braccia, le guance le si coloravano violentemente di rosa.
«Su, coraggio signorina Evans, abbiamo quasi finito. » le sorrise bonariamente Madama Pomade, dopo una decina di avanti e indietro.
Lei le rivolse un sorriso grato e lasciò cadere il maglioncino panna sul letto.
James lo sollevò con un sorriso entusiasta, lo guardo bene da tutte le parti, trattenendosi dall’annusarlo e lo riconsegnò alla legittima proprietaria dopo un minuto.
«Questo … Credo di averci rovesciato sopra un bicchiere di succo di fragola perché sostenevo desse un tocco di colore al tuo abbigliamento e si intonasse ai capelli. »
 
La ragazza lo guardò storto, ma annuì.
«Va bene, per ora non facciamo altre prove. Sarebbe inutile e controproducente.»
La bizzarra scenetta avrebbe forse potuto apparire priva di senso per un qualsiasi osservatore esterno, che andrebbe rassicurato sul fatto che non si tratti di feticismo, ma di tutt’altro.
Sull’ultimo letto in fondo, più in ombra, stava una figura solitaria, senza gente intorno. Le cortine bianche erano messe male e si intravedeva un braccio umano, ricoperto da una sottile patina squamosa blu cangiante.

Dopo aver ammucchiato tutti gli abiti su un letto vuoto, Lily si sedette con gli altri e rivolse alla persona solitaria uno sguardo colpevole.
«Mi dispiace un po’ di aver perso così il controllo. »  sussurrò, come per non svegliare un morto.
«Tranquilla, Lils. Capita a tutti quando si è arrabbiati. » la consolò Sirius.
James annuì come uno scemo, senza dire niente. Non sembrava minimamente turbato dalle sorti della ragazza che fino a poche ore prima aveva dormito nel suo letto.
 

|«Cosa stai facendo?? » un urlo più rapace che umano le trafisse un timpano, senza che Lily potesse neanche difendersi, impegnata com’era a reggere il ragazzo che si era appena sentito male.
«Lascia SUBITO andare il mio ragazzo! Lascialo andare! »strillò ancora Herika, tentando di strappare via da James il braccio della rossa. Egli era carponi e aveva appena finito di vomitare in strada, salvato dallo schifo, per fortuna, dai pronti incantesimi Evanescenti di Lily. Lei era dunque così impegnata, per nulla aiutata da Peter che sembrava più sull’orlo di una crisi di panico; che nemmeno si era accorta della furia bionda che si stava precipitando su di lei, ribollendo con propositi di vendetta.

James Potter, a Herika Brooke, piaceva da secoli, non poteva adesso arrivare quella stupida rossa a rubarglielo, proprio quando era riuscita a metterci le mani sopra.

I conati di James sembrarono calmarsi e Lily lo aiutò a distendersi piano a terra, anche perché non riusciva più a reggerlo con un braccio solo.
«Tu! » gli urlò allora Herika, ignorando gli occhi serrati e il colorito biancastro «Sei un ipocrita! Ecco con chi dovevi andare ad Hogsmeade, eh? Non hai un briciolo di vergogna  »
Lily rimase basita per un secondo, giusto il tempo per prendere fiato.
«Sei  totalmente decerebrata oppure lo fai apposta? Non lo vedi che sta male? »  il suo tono si alzava ad ogni parola e le mani le bruciavano. 
«L’ho appena incontrato per caso, se proprio ti interessa» aggiunse, sibilando. Una vena le pulsava sul collo
«Tu è meglio se stai zitta. Se fossi in te non avrei proprio il coraggio di parlare, sgualdrinella.»
Lily sembrò soffiare come un gatto arrabbiato, gli occhi lampeggiavano pericolosamente «TU, che dici sgualdrinella A ME?» si tratteneva dall’urlare, con fatica, per non sembrare una ragazzetta isterica.

Furono sedate dall’intervento di Peter, che con frappose tra di loro un protego. Intanto un po’ di gente che le conosceva, sia studenti della scuola che negozianti della via, cominciava a circondarle, additare e ridacchiare, ma nessuno che si azzardasse ad intervenire o a preoccuparsi per James! Lily avrebbe voluto sotterrarsi.
«Sparite, voi! » esclamò con aria combattiva non appena ritrovò il fiato. «Anzi, se vi portate via questa psicopatica, mi fate anche un favore!»
In un secondo di distrazione della rossa, Herika le afferrò i capelli e cominciò a tirare, come una ragazza di strada.
Lily non se lo aspettava, ma non si lasciò sfuggire neanche un sospiro. Aveva la bacchetta stretta in pugno e le nocche livide. L’incantesimo sconosciuto partì quasi da solo, catalizzato dalla rabbia.
Improvvisamente rilasciata, Lily guardò la pelle bianca e liscia della rivale ricoprirsi lentamente ma inesorabilmente di dure squame azzurre e blu, che in breve tempo la tramutarono in un mostro.
Herika era talmente terrorizzata che non aveva nemmeno la forza di urlare e si limitava a fissarsi le braccia e le mani sgomenta.
Lily contò dieci secondi, dopo i quali la bionda svenne dando una sonora testata al selciato della via.  
Vittoria.
 
Merlino volle che nemmeno due minuti dopo Sirius e Dorcas tornassero. Sgomenti, rimasero per un momento immobili ad osservare la scena
«Lily…» cominciò Sirius con voce tremante «Lily, non hai davvero…»
Lei e Dorcas lo fissarono, prima di esclamare contemporaneamente
«Non penserai che sia stata Lily a fare questa strage !»
«Non crederai mica che sia stata io a combinare questo casino! »
«Ok, ok!» arretrò, verbalmente assaltato. «Sai, pensavo soltanto che avessi perso leggermente il controllo e…»
«Che idiozie!» ribattè Lily, di pessimo umore «Per quanto possa aver avuto voglia di ammazzarla, non l’ho fatto apposta! Ha cominciato lei, mi ha messo le mani addosso, io ho reagito per difendermi. »
Dorcas non disse niente, ma si chinò di fianco a Herika e le osservò la pelle squamosa e trasfigurata. Con una smorfietta di disgusto malcelata, le gettò sopra un incantesimo e la fece levitare. «Torniamo a scuola. ».

In infermeria incontrarono Remus che assistette allibito al piccolo corteo di persone che gli sfilavano davanti e si preoccupò molto per James, quando lo vide galleggiare privo di sensi a mezz’aria.
Subito balzò in piedi per informarsi su cosa fosse successo e lentamente, tra un sospiro e l’altro, Lily gli raccontò tutto.
Dovette poi ripetere ogni cosa a Madama Pomade e poi non poté fare altro che sedersi su un letto vuoto, insieme a Dorcas, e aspettare.
Sirius e Remus intanto confabulavano tra loro, lanciando un’occhiata preoccupata alle ragazze di tanto in tanto. Lily sapeva, o almeno immaginava, di cosa stessero parlando, ma non volle intromettersi e preferì aspettare, sicura che sarebbero venuti da lei.
Poco dopo infatti Sirius le si avvicinò, circospetto
«Senti Lily, non possiamo più nascondertelo, dobbiamo dirti una cosa…»
«Scommetto che la so già. » dichiarò con voce piatta «James si è dimenticato che esisto, giusto? »
Sirius spalancò la bocca «Come…»
«Vi ho sentiti parlare, in sala comune, una sera. »
Continuò a giocherellare con il bordo del lenzuolo, profondamente stanca e amareggiata; più triste che mai. Di tanto in tanto lanciava occhiate pensierose alle cortine del letto, chiuse intorno al giovane, dietro alle quale Madama Pomade si affaccendava e borbottava piano. Desiderava che al suo risveglio, magicamente, si ricordasse di lei.
Magicamente, magicamente. Perché doveva essere sempre tutto così complicato se c’era la magia? Perché non esisteva un incantesimo per far andare le cose esattamente come avrebbero dovuto andare?
«Signorina Evans, stia tranquilla. » Madama Pomade le si avvicinò, lisciandosi le pieghe del grembiule con le piccole mani rugose «Si è svegliato e sono abbastanza ottimista sulla sua memoria. » Il suo cuore fece un balzo e Lily assunse un’aria terribilmente speranzosa.
«Ha avuto un piccolo corto circuito, questo è un bene: significa che i ricordi stanno per tornare.  » le sorrise bonaria «Ora avrei un favore da chiederle. Per qualche ora lo lasciamo riposare, può tornare qui oggi pomeriggio? E porti un suo capo di abbigliamento, un libro, un oggetto in qualche modo che lui dovrebbe ricordare per dei motivi particolari. Pensa di poterlo fare?
Quanto alla signorina Brooke, ci vorrà un po’ di tempo perché si riprenda del tutto, ma il professor Lumacorno dovrebbe essere in grado di prepararmi una pozione adeguata in un paio di giorni. »
Lily annuì, mentre la sua  mente era già proiettata nel dormitorio e passava in rassegna uno per uno gli oggetti che in qualche modo avevano avuto a che fare con James Potter. Non era difficile, visto che conosceva a memoria persino tutti i suoi fermagli per capelli.
Sorrise, un po’ rinfrancata. |

 
Quel pomeriggio, dunque, erano di nuovo tutti in infermeria. James aveva risposto correttamente a tre o quattro delle domande di Madama Pomade, legate agli oggetti di Lily, e sebbene non si ricordasse ancora tutto i miglioramenti erano più che evidenti.
Ogni tanto, inoltre, se ne usciva fuori ridacchiando con un ricordo particolare o una storiella legata a Lily, talvolta imbarazzante.
 
 Remus era sdraiato a pancia in giù tranquillamente sul suo letto bianco e  leggeva, assorto, un libro di cura delle creature magiche, mentre si girava in modo delicato una ciocca di capelli lunghi fino alle spalle tra le dita.
Sirius si staccò un momento da Dorcas e lo squadrò con la testa reclinata. Un sorriso malandrino si disegnò da una parte all’altra del viso, un ghigno malefico. Scambiò uno sguardo con James, che come sempre era sintonizzato sulla sua stessa lunghezza d’onda.
«Remus. Sempre così virile. Mmmh.» mormorò quello, con una voce da spogliarellista navigata.
«Vuoi un po’ di compagnia, lupacchiotto? » gli fece eco Sirius, sedendosi sul suo letto e passandogli un dito su tutta la lunghezza della schiena.
Remus fece un balzò sul letto come se avesse preso la scossa e si voltò di scatto, rannicchiandosi contro il muro e tirandosi tutte le lenzuola a se.
«AGH!» squittì, con un’espressione orripilata, cominciando a dondolarsi avanti e indietro.
«VOI. NON. STATE. BENE.»
Dorcas gli corse a fianco e gli puntò un dito in faccia, sventolandolo minacciosamente
«Remus! Mi stupisco di te, smetti subito di importunare il mio ragazzo!»  gli altri tre malandrini e Lily ridevano tenendosi lo stomaco con le mani.
«Cosa? Io? E’ quel pervertito che mi mette le mani addosso! » si difese con un’espressione da cucciolo
«Piuttosto dovresti preoccuparti di quello che fanno lui e James in dormitorio la sera, con Peter che li guarda!» Accusò, con un sorriso soddisfatto, incrociando le braccia e aggrovigliandosi tra le lenzuola.
«Oh, si, Dorcas! E’ giunto il momento che tu lo sappia. » esclamò Sirius con un tono melodrammatico «Io e James ci amiamo.»si lanciò sul letto dell’amico e si aggrappò al suo collo, tirandolo come fosse un peluche e ignorandone i rantoli . Si rivolse a Lily «Anche tu, mia cara. Devo rivelarti una triste verità. » fece una pausa ad effetto ed abbassò la voce fino ad un sussurro cospiratorio «James è… un eunuco. »
«COSA? » L’amico si divincolò dalla sua presa e gli rifilò uno spintone che lo fece ribaltare giù dal letto.
«Non credergli, dolce Lily! Sono l’uomo più virile che esista. E lui lo sa bene. » aggiunse, ergendosi sul letto e ammiccando vistosamente «Non è così, Siriussino mio? Devo fare dei resoconti dettagliati delle nostre serate perché tu ammetta la mia uomità?» Peter si coprì il viso con le mani e piagnucolò qualcosa di incerto, scosso dalle risate.
«Magari potreste darmene dimostrazione adesso, visto che siamo qui, in intimità…» ghignò lei, sfidandoli a fare qualsiasi cosa.
All’aria entusiasta di James, si sentì in dovere di precisare «Ho detto potreste, non potresti! Tra di voi.»
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo allarmato.
«Capiamo che la cosa ti piacerebbe molto, giuovine e non-tanto-casta Lily, ma queste sono cose che non facciamo in pubblico. »
«Strano, non mi davate l’idea di essere timidi. »
«E tu non ci davi l’idea di essere attratta da due maschi che si baciano! » ribattè pronto James
«Però, in effetti,  come si fa a resistere a due ragazzi belli come noi? »
«Non si può, non si può» concordò Lily, ridendo.
James sembrava diventato un pavone e scherzava, lanciando sguardi affascinanti tenendo il mento all’insù.
Remus, dal suo letto, gli lanciò il libro che lo colpì su una spalla e lo obbligò a guaire addolorato.

Le risate troppo forti richiamarono Madama Pomade fuori dal suo ufficio, che tentò invano di richiamare tutti al silenzio.
Per fortuna sua, dopo pochi secondi la porta dell’infermeria si spalancò ed entrò la professoressa McGrannit.
Non sarebbe bastata nemmeno la sua presenza per placare le risa, ma quella donna aveva sempre armi insospettabili.
«Silenzio! Signorina Evans. La prego di seguirmi dal preside »
E calò il gelo.

Mentre la McGrannit le chiudeva la porta dietro le spalle, poté sentire James esclamare, ad alta voce:
«Tranquilla, Lils! Non succederà niente, noi siamo stati convocati un sacco di volte!» ma non le fece spuntare nemmeno un sorriso timido.

~

 
«Non l’ho fatto apposta! » pigolò Lily. Non appena pronunciò la frase, si rese conto di quanto suonasse infantile e stupida. La professoressa McGrannit le aveva gelato il sangue nelle vene: mai le aveva visto addosso quell’espressione seria, mai per colpa sua, e ora era ancora spaventatissima.

«Un po’ di te all’albicocca? »
«Come? » alzò gli occhi allibita, per fissarli in quelli gentili e comprensivi del professore Silente, che la squadrava da dietro alle sue lenti a mezzaluna. Non aveva mai parlato con il preside, né era mai stata nel suo ufficio. Eppure la sua angoscia era così grande che non aveva nemmeno voglia di guardarsi intorno e non la attiravano tutti quei delicati oggetti d’argento che tintinnavano sulla scrivania, per i quali normalmente avrebbe smattato*.
«Ho chiesto se gradisce un po’ di te all’albicocca. »
Lei annuì timidamente, pensando che fosse scortese rifiutare.

Sorseggiarono la bevanda in silenzio. Lei si fissava le ginocchia, mentre sentiva lo sguardo dell’uomo di fonte a lei fisso sulla sua fronte.
Quando ebbe finito giocherellò ancora un  pochino con il manico della tazza «Verrò espulsa vero? »
La prospettiva la spaventava terribilmente, espulsa a metà dell’ultimo anno!
«Certamente no. » Il tono calmo, così come la risposta, ebbero la capacità di stupirla più del lecito e la sua espressione era così incredula che indusse l’uomo a ridacchiare.
Non lo aveva mai visto così vicino, la pelle era rugosa, ma non eccessivamente. Non quanto ci si aspetterebbe da un uomo di novantasette anni, comunque. La saggezza nello sguardo però, quella c’era tutta.
«Ma ho aggredito una mia compagna! L’ho mandata in infermeria coperta di squame blu. »
«Signorina Evans, pensa davvero che il suo gesto involontario le costerà così tanto?»
Lei ammutolì, stupita e un po’ insospettita da tanta tolleranza
«L’amore spesso ci fa fare cose sbagliate. Ma gli errori fatti per amore sono sempre i meno gravi. Mi piacerebbe che fosse vero.   » abbassò il tono. La sua voce era vibrante e fece rabbrividire Lily. Si sentiva sciocca e infantile di fronte lui. Tutti i suoi problemi perdevano di importanza, lui li aveva comunque sicuramente già vissuti tutti.
 «C’è già la vita che punisce a sufficienza anche il più piccolo degli errori. Non si preoccupi, vada. »
Lily si alzò, sempre più sospettosa e si avviò alla porta, ringraziando per il te.
Mentre stava chiudendo la porta dietro di se, sentì l’anziano borbottare qualcosa. Non capì le parole esatte, ma le sembrarono molto simili a :
«Serviranno persone come lei, tra poco. » No, di sicuro se le era immaginate.
L’angoscia sfumava ad ogni gradino, ad ogni passo, mentre si dirigeva ancora in infermeria.
Il senso in inquietudine e di morte incombente, però, rimase.
 
 
 
 
 
 
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*so che questa parola è in gergo e in realtà non esiste, ma mi sembrava molto adatta u.u

Ffffuuuu, mi sto arrabbiando con me stessa! Perchè non riesco mai a fare un capitolo che sia o completamente allegro o completamente triste? Umpf D: 
Grazie a tutti quelli che seguono e che hanno recensito la storia <3 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII

 

 
Dorcas sbuffò sonoramente e si scostò i capelli biondi dagli occhi «Per diamine, ma quando finisce? »
Mary MacDonald, seduta di fianco a lei, rispose con un gemito disperato, inclinandosi all’indietro e dondolando sulle gambe della sedia, tenendo gli occhi chiusi.
«Ehi!» esclamò poi a voce un po’ troppo forte, quando una gomitata di Lily la prese nelle costole.
«Rüf vi stava guardando! » spiegò con un bisbiglio, continuando a prendere appunti chinata sulla pergamena.
«Pft, figuriamoci!» ribatté Dorcas «E’ più probabile che si sia stupito del fatto che possiede ancora un paio di occhi.»
«Appunto. E poi non sa nemmeno come ci chiamiamo, di che ti preoccupi? »
La rossa non rispose, sempre china sui suoi appunti, e le due ragazze ricominciarono a mugugnare.
Dorcas stava grattando un angolo del banco con la punta della piuma e osservava i riflessi scintillanti dei capelli di Lily, quando questi si spostarono, scoprendo il foglio dell’amica.
La bionda aggrottò le sopracciglia e si rifece attenta: c’era qualcosa che non andava! Con un movimento rapido del braccio le sottrasse la pergamena da sotto la piuma: non c’era nemmeno un appunto. Cosa aveva fatto per tutto quel tempo?
Questo scatenò una reazione inaspettata: Lily saltò su come se l’avesse punta uno schiopodo sparacoda e tentò in tutti i modi di riprendersi il foglio.
Mary rimase impietrita, con gli occhi a piattino, mentre osservava mani che volavano ovunque e si aggrappavano a qualsiasi cosa. Arretrò dalle due compagne di banco con fare teatrale, strisciando la sedia sul pavimento.
Tutti i loro compagni le stavano fissando con un sorrisetto, felici che qualcosa avesse finalmente rotto la monotonia di quella lezione.
«Ridammelo!» soffiò Lily, tentando ancora disperatamente di arpionare l’amica. Dorcas intanto la teneva lontana con una mano e con l’altra reggeva in alto il foglio, girandolo in modo da poter sbirciare.
«Perché tutta questa agitazione?» ghignò.
Lily fece un balzo in piedi, perdendo ogni cautela e riuscì a toglierle la pergamena dalle mani.
Le diede un rapidissimo colpo di bacchetta e la sbatté sul banco con una mano, sedendosi di botto. Le sue guance erano color mattone e aveva tutti i capelli scompigliati.

Il silenzio sonnacchioso di sempre piombò di nuovo nella classe e Lily si guardò intorno più volte, per assicurarsi che tutti avessero smesso di fissarle.
Un foglietto planò sulla sua mano chiusa a pugno:
«Troppo tardi, Miss Evans. Ho fatto in tempo a leggere abbastanza. JP… che carina, le iniziali del suo nome, proprio come i bambini del primo anno.» lei lo distrusse con rabbia, mordendosi un labbro.
Poco dopo ne arrivò un altro «Il fatto che tu sia imbarazzata è di per se ancora più imbarazzante:  sembra ti sia spiaccicata due pomodori sulle guance. » e concludeva con un disegnino animato di una minuscola Lily con i pomelli rossi sugli zigomi.
Ecco, lei si che sapeva mettere a proprio agio le persone.
 
 
«Salve, care fanciulle!» esordì James venti minuti dopo, mentre lui e i suoi amici le affiancavano diretti a Erbologia.
«Ciao bei maschioni. » li salutò Mary con entusiasmo. Sbatté le ciglia in direzione di Peter, che si affrettò a chiederle se voleva che le portasse i libri.
Lei accettò con fare altezzoso e gli scaricò allegramente la sua borsa tra le mani, facendo un balzello.
Gli altri tre ragazzi sghignazzarono, compatendo non troppo a bassa voce il loro amico, che aveva la sfortuna di essersi preso una cotta per quella gran stronza della MacDonald. Lei, dal canto suo, riteneva le attenzioni del ragazzo non troppo serie e si divertiva a stuzzicarlo a vuoto.
«Cos’è che è successo oggi a Storia della Magia? » domandò James incuriosito.
«Avevi per caso scritto una dichiarazione d’amore a James, in quel foglio, Lily cara?» ghignò Sirius, rivolgendole uno sguardo malizioso. Dorcas soffocò una risatina.
Inaspettatamente il suo viso andò di nuovo a fuoco e lei dovette fare del suo meglio per coprirsi con i capelli e il colletto della divisa, fingendo di sistemarsi.
«Ma tu non sai parlare d’altro? Sei ripetitivo! » lo accusò, accelerando il passo.
«EHI!» esclamò James, bloccandosi di scatto. «Non ha detto di no! » i suoi occhi si accesero «NON HAI DETTO DI NO!» la rincorse, urlando esaltato «Ci vieni con me ad Hogsmeade?»
Lily si bloccò di colpo e lui, che non se lo aspettava,  le andò a sbattere addosso.
«Questo è sicuramente un NO, Potter!» lo schiaffeggiò con i capelli, mentre si voltava di scatto e proseguì con mento all’insù.
«Ah i bei tempi!» disse Peter, con un tono nostalgico «Quanto mi erano mancate queste scenette. »

Anche a me , pensò Lily. Ma tacque, che aveva già dato spettacolo abbastanza per quel giorno.



~

 
Il colossale camino di marmo crepitava sonnacchioso nella grande sala comune dei Serpeverde e mandava bagliori dorati che davano un po’ di vita all’arredamento verde e nero. La luce verdastra diffusa dalle lampade faceva sembrare gli incarnati più malsani e pallidi che mai. Regulus odiava quella stanza.
Sapeva per certo che la sala comune dei Corvonero era ricoperta da un soffitto trapuntato di stelle e aveva enormi finestre luminosissime che spaziavano sui territori circostanti il castello.
Loro, invece, non avevano nemmeno una feritoia, solo i muri umidi e l’oscurità dovuta al fatto che erano seppelliti sotto il Lago Nero. Quando ci pensava si sentiva invidioso delle altre case e avrebbe desiderato moltissimo poter diventare invisibile per esplorare tutto di quel castello, così magico e potente. Tuttavia l’avrebbe fatto solo per sfuggire alla noia, per scoprire qualcosa di nuovo: non amava particolarmente Hogwarts, sebbene le lezioni fossero interessanti: trovava i suoi amici vuoti e mentalmente poco stimolanti e detestava dover dormire e passare buona parte della sua giornata in quella specie di umido sepolcro sotterraneo.
Non capendo esattamente cosa ci fosse che non andava, aveva deciso di attribuire la causa di questo suo malessere a suo fratello. Sirius era ovunque, lo perseguitava. Sembrava esattamente ciò che lui avrebbe desiderato essere: felice, spensierato, amato, popolare. Quando ci pensava, e ci pensava spesso, non poteva trattenersi dallo stringere i denti, in parte per la rabbia e in parte per il dolore.
Sirius era sempre stato così disgustosamente egoista.
Regulus, quella sera, se ne stava elegantemente abbandonato su tutta la lunghezza di un lucido divano nero, proprio di fronte al caminetto. Fissava le fiamme morenti desiderando che non si spegnessero, ma senza avere la minima intenzione di ravvivarle. Le maniche della camicia erano accuratamente arrotolate sugli avambracci e scoprivano parzialmente un lucido serpente nero dagli occhi orribilmente vividi, che scivolava immobile lungo il polso sinistro. 
Non batté ciglio quando, ad uno ad uno, alcuni ragazzi del suo anno e del settimo si accomodarono in silenzio nei divani e nelle poltrone di fianco a lui, affluendo con un ritmo che sembrava prestabilito.
Sapeva già di cosa avrebbero voluto parlare e ciò lo annoiava terribilmente, erano così ripetitivi, così privi della predestinazione alla gloria, quella del suo signore.

«Black. » chiuse gli occhi per un secondo, trattenendosi dal sospirare.
«Si? » rispose, alzandosi a sedere e appoggiandosi allo schienale. Il suo fare noncurante lo contraddistingueva, ma quanta fatica faceva per sembrare spontaneo! Arabella Selwyn avanzò in punta di piedi e si acciambellò sul tappeto di fianco ad un tavolino basso, proprio al centro del semicerchio. Lanciò uno sguardo languido a Regulus e si ravvivò i lunghissimi capelli neri, accarezzandoli per qualche secondo di troppo.
«Volevamo parlare con te. » esordì Mulciber con voce bassa «Sai già a che proposito. » aggiunse, guardandosi intorno con un fare cauto. I suoi amici si sporsero in avanti, per spalleggiarlo. Come pretendevano di andare da qualche parte, con quel fare cospiratorio? Più che distogliere l’attenzione da se la attiravano, con quegli atteggiamenti.
«Io dico che è ora di fare qualcosa» Avery giocherellava con la sua cravatta verde-argento.
C’era un’atmosfera di attesa. Tutti pensavano la stessa cosa, ma nessuno intendeva dirlo per primo.
«E sentiamo, cosa vorreste fare? Siete così intraprendenti, avete anche buone idee oppure aspettate che le tiri fuori qualcun altro? »
Un mormorio basso di protesta percorse la piccola riunione e gli sguardi si incupirono.
«Dobbiamo fargli vedere chi siamo » esalò con voce delicata la giovane Selwyn, che era passata ad accarezzarsi le caviglie con fare ossessivo.
«Tu, intanto, non dovresti nemmeno essere qui. » ribatté Regulus «Sei ancora piccola. »
«Faccio il quinto anno!» arricciò il naso e trasalì in modo teatrale, trattenendo il fiato.
«E comunque, ha uno scopo quello che vuoi fare, oppure è giusto perché abbiamo del tempo da sprecare? Non sapete fare altro che pianificare cose assurde, senza un minimo di scopo, ma mai che vi impegniate veramente in qualcosa di importante, mai che osiate mettere la faccia in quello che fate. »
«Basta Regulus! Se fosse per te ce ne staremmo fermi e buoni tutto il tempo, invisibili.»
Non era quello che volevate? Pensò sardonicamente, ma non disse più niente.
«Cosa avete in mente? Gettare qualcun altro nei paioli di pozioni? Davvero maturo e utile soprattutto. » il suo tono si fece tagliente e poi abbassò la voce «All’Oscuro Signore non fa piacere che vi esponiate per queste bambinate. Anche se non siete ancora Mangiamorte. Non ci ha chiesto di fare pagliacciate.»
«Perché, lo sai tu vero?» ribatté gelidamente Mulciber, fissandolo con disprezzo.
Regulus fece uno scatto improvviso e si alzò dal divano, piantando le mani sui braccioli del divano dove stava seduto il compagno e bloccandosi a due centimetri dal viso di questo. Egli, colto di sorpresa, arretrò di scatto.
«Si. » sibilò Regulus. Si scoprì meglio il simbolo sul braccio, sempre guardando Mulciber negli occhi.
«Questo ti dice niente? » sibilò, a denti stretti. Ora fissava la fronte corrugata dell’altro ragazzo, che aveva inevitabilmente abbassato lo sguardo.
«Se è marchiato sul mio braccio, e non sul tuo, forse un motivo c’è. » concluse. Si tirò su di colpo e tornò ad accasciarsi sul divano di fronte.
«Il nostro compito è quello di spie. Non ci ha chiesto di organizzare rivolte o attacchi, dobbiamo agire nell’ombra. E’ per quello che siamo qui, giusto? Non per diventare medimaghi o per andare a fare gli impiegati al ministero della magia. »  sputò le ultime parole con disprezzo «Siamo qui perché il Signore Oscuro ha bisogno anche di noi. Lui, nel suo enorme potere, ha bisogno di qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno che gli passi informazioni sicure. Siamo importanti.
Otterremo gloria, potere, ci riprenderemo i nostri privilegi, com’è giusto che sia. » Sottolineava ogni parola con enfasi, mentre i Serpeverde intorno a lui, quasi tutti, cominciavano a pendere dalle sue labbra e a convincersi di ciò che stava dicendo. I mormorii ricominciavano, ma questa volta erano di assenso.
«Siate gli occhi e le orecchie del Signore Oscuro, lui vi ricompenserà adeguatamente. » concluse «La grandezza dei Serpeverde tornerà a brillare.»

Arabella penzolava a testa in giù dal bracciolo nero, gorgheggiando.
 

~

 
Severus Piton avrebbe voluto sedersi nella sua poltrona preferita, quella meno lucida di tutte, ma più isolata e tranquilla. Eppure Yaxley lo aveva battuto sul tempo e di certo non avrebbero potuto mettersi a discutere ad alta voce nel bel mezzo della sala comune, per una stupida poltrona.
Si ritrovò costretto a sedersi su un divano, proprio al centro tra due ragazzi del sesto anno, schiacciato e sotto gli occhi di tutti. Imprecò tra se e se.

~

 
 
 
Remus Lupin se ne stava allegramente stravaccato su una vecchia poltrona consunta della sala comune, appena uscito dall’infermeria dopo la luna piena. Non era per niente dolorante, la trasformazione non era stata quasi per nulla terribile, i ragazzi l’avevano aiutato al loro meglio quella volta, evidentemente!
Stava aspettando che tornassero dalle lezioni per andare a lezione insieme, ma era così stanco… così stanco… passarono pochi minuti prima che si addormentasse profondamente.

Venne svegliato da un suono disumano e da un qualcosa di enorme che lo colpiva sullo stomaco.
Urlò, aprendo gli occhi, saltando sulla poltrona e dimenandosi per liberarsi dal peso improvviso, dal peloso peso improvviso.
«SIRIUS, santa polenta!» tentò inutilmente di spingere via dal suo petto l’enorme e puzzolente cane nero che stava saltando sulla sua pancia senza un minimo di riguardo per i suoi organi interni.
«L’unica soluzione è l’attacco!» esclamò divertito James che stava assistendo alla scenetta con le braccia incrociate  «FATTI VALERE MOONY!»
Remus dovette per forza dargli ragione e si aggrappò con le braccia al dorso dell’enorme animale, lanciandosi con lui giù dalla poltrona e cominciando a rotolare in un groviglio di braccia, gambe e zampe.
«Vinto!» esclamò, vittorioso, quando ebbe immobilizzato il cane sul tappeto. Non che lui avesse molta possibilità di movimento in realtà, era come se si fossero neutralizzati a vicenda, soltanto che aveva ancora la facoltà di dichiararsi vincitore, mentre Sirius poteva solo abbaiare.
Con uno schiocco ritornò istantaneamente in forma umana, per protestare «Non scherziamo! Ho vinto io! E TU mi hai rubato la poltrona! »
Fu in quella posizione abbastanza equivoca ed aggrovigliata che Lily e Mary li colsero, entrando nella sala comune in quel momento.
La rossa li additò e sembrò perdere la voce, prima di esplodere in una risata che assomigliava ad un singhiozzo. Mary invece aveva le lacrime agli occhi e si limitava ad ansimare senza fiato. Complici, ovviamente, tutti i discorsi dei giorni prima in infermeria.
«Non è come sembra!»  esclamarono contemporaneamente i due ragazzi.
«Ehi, fermo! Quella è la mia gamba!»
«E allora toglila da sotto al mio collo, ORA. Mi stai facendo male»
«Stai fermo, stai fermo!»
«Ma che fermo, non intendo rimanere in questa posizione un secondo di più. »
James seguiva interessato il battibecco, stravaccato sul divano di fronte e con i piedi sul tavolino; Mary rideva troppo forte per poter dire qualunque cosa e Peter era tutto rosso in viso e nascondeva la faccia tra le mani.
«Se avete bisogno di una mano ditelo, eh!» si offrì James
«No! Non un’altra, ce ne sono abbastanza lì in mezzo» sghignazzò Lily «Anzi, Sirius, io farei attenzione a dove le poso quelle mani. »
Sirius ululò di disperazione , ritraendo di scatto il polso sinistro dal cavallo dei jeans di Remus e ribaltando le posizioni, riuscendo finalmente a districarsi e balzando in piedi.
Sconvolto, assunse un’aria melodrammatica ed esclamò
«Vado a bere del veleno mortale! Ho ancora dell’estratto di unto dei capelli di Mocciosus che tengo per le emergenze.» e sparì di corsa, tutto scompigliato, in cima alle scale del dormitorio maschile.
«Mocciosus? E chi è Mocciosus?»
«Oh James, non di nuovo! »
«Scherzavo! »
Di certo non avrebbero potuto NON mettersi a discutere ad alta voce nel bel mezzo della sala comune, per una stupida poltrona. 

~

 
 
 
James ansimò forte, strizzando gli occhi. Era scosso dai brividi. Scattò, involontariamente, tra le lenzuola umide e scomposte ed emise un gemito sommesso.
Nessuno era sveglio per udirlo.
Hogwarts era in fiamme e James la osservava dal parco, senza riuscire a muoversi. L’aria della sera era fresca e ventosa, ma ogni tanto portava un acre odore di bruciato. Il fuoco crepitava minaccioso, illuminando l’oscurità con cupi riflessi arancioni.
Grandi pezzi di castello crollavano miseramente, schiantandosi al suolo e sbriciolandosi, come se Hogwarts fosse diventato un grande castello di sabbia in balia delle onde e del vento.
Fuggi! Gli ripeteva una voce femminile nella sua testa, ma James era come inchiodato sull’erba umida, con occhi fissi sulle grandi nuvole di polvere che si sollevavano dalle macerie e non poteva spostarsi.
Si osservò i piedi: era scalzo. Oh, ed era anche in pigiama. Provò a muovere gli alluci nell’erba, ma quelli rimasero fermi come se appartenessero ad un’altra persona.
Fuggi, James, ti prego!
E’ lui. E’ lui.
Le voci si confondevano nella sua testa, ma erano sempre femminili e conosciute. Però non avrebbe saputo associarle a nessun volto. Più si sforzava, più si agitava per ricordarsi di chi fossero quelle grida, più si sentiva ansioso ed agitato.
Cominciò a sentirsi spossato:  il corpo era coperto da un velo di sudore ghiacciato e gli occhi si appannavano: doveva sbattere ripetutamente le ciglia per mantenersi lucido e non perdere l’occhio il fuoco che, lentamente, divorava il luogo che aveva più caro al mondo.
Perché? Qualcosa di importante era successo, ad Hogwarts. Ma non riusciva a ricordarsi cosa, non riusciva e cadde in ginocchio.
Una mano calda ed asciutta afferrò di slancio la sua, sollevandola verso l’alto: quel tocco fu come un balsamo e James si rilassò, svenne. Sarebbe andato tutto bene.

Nel frattempo nella realtà, James si risvegliava con il fiatone e gli occhi spalancati, sdraiato di schiena sul suo materasso.
Aveva freddo, tantissimo. Si alzò in piedi, prese il mantello dell’invisibilità appoggiato sul baule ai piedi del letto e lo indossò con un movimento fluido. Aveva ancora il batticuore e il sangue, nel silenzio, gli rimbombava nelle orecchie come un fiume in piena. Bum, bum, bum.  Si infilò gli occhiali ed uscì, schiudendo la porta senza far rumore, zampettando in punta di piedi giù per le scale ed entrando nella sala comune.  Con immensa gratitudine verso gli elfi domestici, notò che il fuoco era ancora acceso nel grande camino e che sembrava più invitante che mai.
Trascinò una poltrona il più vicino possibile agli alari e ci si accoccolò sopra, tirando su i piedi come quando era piccolo e aveva paura che i boggart gli avrebbero tirato le dita se avesse lasciato le caviglie a penzoloni.
Si coprì bene con il mantello, avvolgendosi tutto, e finalmente si addormentò. 









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Capitolo decisamente di transizione :3 Spero gradiate comunque!

Grazie a tutti coloro che seguono la storia, come sempre *___* 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


 Capitolo VIII





«Dannazione, sei un idiota!» le parole che ognuno vorrebbe sentirsi dire da appena sveglio.
James batté le palpebre, intontito, guardandosi intorno. Era accoccolato in una posizione assolutamente ridicola sulla poltrona, di fronte alla cenere spenta del camino della sala comune; su di lui troneggiava Sirius, che in una mano reggeva il suo mantello dell’invisibilità e sul viso indossava un’espressione straordinariamente seria.
«Cosa? » bofonchiò, mezzo addormentato, tirandosi a sedere e mugolando per il male alle articolazioni.
«Hai una pallida idea di quanto ci siamo preoccupati non vedendoti in camera stamattina?»
James soffocò uno sbadiglio «E che diamine, non è mica la prima notte che passo fuori. Avrei potuto essere con una ragazza»
Sirius lo spinse verso le scale del dormitorio, intimandogli di andare a cambiarsi
«Di solito me lo dicevi. E poi proprio ora che la tua memoria è ancora incasinata… che ne sapevamo noi?»
James gli tirò una pacca amichevole sulla spalla, che sottintendeva molte cose: delle scuse, tanto per cominciare, e poi il fatto che avesse apprezzato la loro preoccupazione. Erano parole melense che non si dicevano a voce, per carità, ma entrambi si facevano capire benissimo lo stesso.
«Come hai fatto a trovarmi?»
Sirius indicò il mantello che ancora teneva in mano «Avevi le caviglie scoperte.»
«Come mai sei andato a dormire in sala comune?» gli chiese poi, con noncuranza, mentre l’amico si infilava i pantaloni saltellando
«Incubi. » bofonchiò imbarazzato.
«Avresti potuto svegliarmi. »
James lo guardò sollevando un sopracciglio «La prossima volta mi infilo nel letto con te, ok?»
Sirius fece una finta smorfia schifata, ma non disse né si né no.

«Comunque ad un certo punto ho pensato ti fossi davvero imbucato con una ragazza» gli comunicò Sirius con la bocca piena di pancetta affumicata e uova, dopo che si furono seduti al tavolo per la colazione ed ebbero cominciato ad ingozzarsi.
«Ti prego, evita di sputacchiare sulla mia gazzetta del profeta! » lo redarguì aspramente Remus
«Ah si? E con chi sarei dovuto essere? »
«La Evans! Nemmeno lei si trovava stamattina. »
James smise di mangiare e rimase con la bocca piena di marmellata disgustosamente spalancata  «Come non si trovava?»
«Sirius! Come non si trovava?» lo scosse, facendogli rovesciare un bel po’ di succo di zucca, che in quel momento stava versando, sul tavolo.
«No.. le sue amiche sono venute nel nostro dormitorio a chiedere se l’avevamo vista.»
«Avessimo, Peter.» lo corresse Remus, che continuava a non alzare gli occhi dal giornale.
Peter sbuffò e James si dovette trattenere dall’alzare la voce, visto che nessuno gli prestava attenzione
«Perché siete tutti così tranquilli? E’ tornata poi?»
Gli altri si scambiarono uno sguardo, per poi arrivare alla stessa conclusione
«Non credo. Ma visto che le sue amiche non sono a colazione, magari l’hanno trovata.» La forchetta del giovane Cacciatore cadde tintinnando nel piatto.
«Magari? Per me vi preoccupavate tanto, ma di lei ve ne fregate tranquillamente? » sibilò, con un tono talmente furibondo che stavolta tutti si voltarono.
Lasciò la sua colazione a metà e scavalcò la panca, uscendo dalla sala grande senza più una parola.
«Ma che gli è preso? Non credo che la Evans abbia bisogno della balia» disse Sirius allibito, fissando gli amici. Loro scossero la testa facendo spallucce e Peter aggiunse «James è troppo ossessionato con lei, dovrebbe lasciarla un po’ respirare. Non è più divertente. »

 

~
-La sera precedente-

Lily era nel bagno femminile del dormitorio e si stava sciacquando la faccia prima di andare a dormire. Era stata una giornata pesantuccia – soprattutto quando quella dannata tentacula velenosa aveva tentato di strangolarla nelle serre di Erbologia - e non vedeva l’ora di infilarsi a letto e dormire per almeno dieci ore filate.
Si era appena seduta sul water quando un foglietto piegato a forma di triangolo si era appiccicato al vetro della finestra e aveva cominciato a sbatterci insistentemente contro, come volesse entrare.
Curiosa, era rimasta a fissarlo per qualche secondo e poi si era alzata per recuperarlo.
Non appena quello ebbe toccato le sue mani, divenne immobile ed innocuo.
Lo dispiegò, visto che non c’era scritto il nome di nessuno che potesse essere il destinatario, e lesse:
               

Cara Lily, -mi sembra un’infinità che non ti chiamo più così-
so che questo biglietto potrebbe sembrarti strano, ma era necessario scrivertelo.
Probabilmente sarai ancora arrabbiata con me e non vorrai vedermi, ma ho bisogno di  parlarti di alcune cose veramente importanti e spero che capirai.
Se vorrai mettere da parte per un momento tutti i rancori, ti aspetterò alle undici di stasera  vicino al quadro di Hevanna la Vagabonda, al quarto piano, di fronte al bagno dei maschi.

Tuo Sev
La ragazza trattenne il fiato e sgranò gli occhi, mentre il suo sguardo correva avanti e indietro sulle ultime due parole : tuo Sev. Quella firma le aveva catturato subito l’attenzione e dovette rileggere due volte il contenuto del biglietto per capire cosa ci fosse scritto, cercando di concentrarsi, mentre il cuore le batteva furiosamente.
Spiacevoli brividi le corsero dalla nuca alla fine della spina dorsale e un fiume di ricordi che aveva accuratamente tentato di mettere da parte la invasero: lei e Severus nel parco vicino a Spinner’s End, lei e Severus sull’espresso di Hogwarts per la prima volta, lei e Severus che studiavano insieme in biblioteca, che si abbracciavano, che scherzavano. Deglutì. Perché doveva sempre essere tutto così difficile? Perché non poteva esistere un’amicizia semplice e pura, senza che un’ideologia o un pensiero diverso potessero ucciderla per sempre?
Forse era di quello che le voleva parlare. Forse aveva capito di aver sbagliato e ora aveva bisogno del suo aiuto per tirarsi fuori da quel branco di fanatici.
La convinzione si fece strada in lei, dirompente, finché Lily non ebbe più nessun dubbio sul motivo per cui Severus, dopo due anni, le avesse scritto un così strano biglietto: aveva bisogno di lei.  
Non si chiese nemmeno se per caso corresse qualche rischio, oltre a quello di essere scoperta dai professori: Severus non le avrebbe mai fatto del male, mai. O almeno, non un male fisico; a quello mentale ci aveva pensato già da un bel pezzo.
Aspettò ad uscire dal bagno finché la luce non si spense nella camera e poi sgattaiolò fuori e finse di sdraiarsi nel letto.
La stanchezza le era volata via in un soffio e ora Lily non riusciva a stare tranquilla o a pensare a qualcosa che non fosse il suo incontro con Severus.
Alle dieci e mezza si alzò, silenziosamente, ed indossò la vestaglia. Sperava con tutta se stessa che le sue amiche stessero dormendo, per non dover rispondere a domande curiose o inventare delle scuse, e difatti fu così e poté scivolare fuori dalla stanza indisturbata.
Si richiuse la porta del dormitorio alle spalle e corse giù dalle scale, in sala comune e poi, avanzando più cautamente, fuori dal ritratto della signora Grassa.
Affinò l’udito il più possibile e camminò con passi leggeri e prudenti, per potersi nascondere nell’ombra in caso di bisogno, ma non incontrò nessuno fino al terzo piano. Lì un rumore improvviso la costrinse a spegnere la luce della bacchetta e a rimanere immobile e silenziosa per un bel po’: in realtà era abbastanza spaventata e il buio soffocante di certo non la aiutava a tranquillizzarsi. Per qualche minuto tutto quello che sentì fu solo il battere furioso del suo cuore nelle orecchie. Sussurrò Lumos e ricominciò a camminare, anzi, quasi a correre, verso il bagno dei maschi al piano superiore.
Quando vi arrivò non c’era ancora nessuno e il suo orologio segnava le undici meno un quarto: era stata troppo impaziente di arrivare e ora le toccava aspettare lì in mezzo al corridoio, dove avrebbe tranquillamente potuto essere vista.
Spense la bacchetta e si appoggiò al muro: avrebbe sentito Severus arrivare e avrebbe avuto il tempo di imporsi un incantesimo di disillusione in caso di emergenza.

Le undici arrivarono e passarono, davvero troppo lentamente. La ragazza aveva freddo contro il muro gelido di pietra e cominciava a pensare di aver sbagliato il posto o l’ora o persino il giorno. Frugò nelle tasche della vestaglia per rileggere il biglietto, ma non appena lo sfiorò, lo sentì sgretolarsi e diventare polvere tra le sue dita. Estrasse soltanto cenere finissima, che cadde a formare uno strato sottile sul pavimento, sfuggendole come acqua.
Sospirando, si riappoggiò al muro e tornò a contare i minuti.

Verso le undici e un quarto –ormai tremava, sia di freddo che di paura e di tensione-  udì un fruscio alla fine del corridoio e rizzò le orecchie. Dei passi che si avvicinavano.
Di sicuro nessun professore o custode si sarebbe mai aggirato per il castello a luce spenta, soprattutto per i turni di guardia.
Fece un passo in avanti, piazzandosi praticamente al centro del corridoio e chiamò piano, stupidamente, «Severus? Sei tu?»
Il lampo di luce rossa che seguì la abbagliò e le impedì di difendersi o di vedere alcunché.
L’ultima cosa che sentì prima di cadere a terra fu un risolino leggero, acuto.
 

~

 
Quando Lily riaprì gli occhi ci mise un po’ a capire cosa fosse successo e dove si trovasse. Era sdraiata su un letto, vestita ancora con la sua vestaglia da notte indossata di fretta sopra i vestiti la sera prima.
Si trovava in una stanza che le era sconosciuta: di fronte a lei c’era un muro ricoperto di tappezzeria a piccoli gigli dorati e una vecchia poltroncina rossa dall’imbottitura che spuntava fuori dal cuscino.
Si sentiva la testa leggera leggera e tutto il resto pesante e non osava muoversi: non aveva la forza di scoprire dove fosse o che cosa le fosse successo. I ricordi della sera prima le si affollavano nella mente: il biglietto, la fuga dal dormitorio, l’attesa…
Tentò di muoversi ma il corpo rispondeva a stento, pensava e si muoveva lentissimamente. Durante il suo tentativo qualcosa le strattonò il polso destro all’indietro e Lily tentò di girarsi di scatto, ma ottenne solo una straziante lotta contro i suoi muscoli perché obbedissero: trattenendo il fiato, dopo qualche lungo secondo, poté vedere cosa fosse che la costringeva: un paio di manette dall’aria antiquata la legavano alla base della testiera del letto.
Le montò il panico: era stata rapita? Era semplicemente assurdo, doveva essere uno scherzo. Tirò il polso, gemendo debolmente per l’angoscia, e tentando di liberarsi come un passerotto in gabbia.

«Sssht, rilassati rossa. » Lily strillò e tentò di girarsi verso la fonte della voce; le spuntarono lacrime di frustrazione a causa dei suoi muscoli quasi senza vita, che la lasciarono in uno stato di angoscia e di disperazione estremo per altri lunghi secondi. Era come lottare contro una montagna mentre qualcuno avrebbe potuto ucciderti da un secondo all’altro, una sensazione atroce.

Una giovane ragazza, molto bella, con fluenti capelli neri e occhi dello stesso colore, se ne stava tranquillamente appoggiata alla porta della stanza, con le testa inclinata e uno sguardo curioso sul volto, puntandole la bacchetta contro.
Aveva un sorrisino che si sapere potuto dire dolce, ma a Lily pareva terrificante.

«Selllllw’n?  » biascicò con fatica
L’altra rise di una risata cristallina, gettando indietro la testa, ma non abbassando la bacchetta «Sei proprio divertente! » esclamò, felice e spensierata
In cambio ricevette un’occhiata disperata.
Di scatto alzò la bacchetta e Lily sentì un enorme macigno sollevarsi dal suo petto e si accorse di poter tornare a respirare normalmente.
«Oh» esclamò la giovane Serpeverde come se fosse sorpresa, inclinando la testa «Va meglio? »
Sembrava assolutamente innocente ed ingenua e non aveva nemmeno un minimo di malizia nello sguardo.
Lily ansimò per qualche secondo, tentando di riprendere fiato
«Selwyn. Ma che diavolo stai facendo? » si dimenò, strattonando il polso legato con le manette e tentando di assumere un atteggiamento sicuro. Tastò la tasca della vestaglia, ma ovviamente la bacchetta non c’era.
«Beh, ti ho rapita no? » poi fece un risolino «Oddio, come suona strano dirlo!» e continuò a ridere tra se, tenendo una mano davanti ai denti bianchissimi.
Mantieni la calma, Lily, ti prego. E’ uno scherzo. «Ok, Selwyn. Arabella, giusto? Adesso non è più divertente e tra poco dovremo andare a lezione. Apri le manette, avanti. »
«Oh no» rispose l’altra con una voce vellutata «Non posso. Ho fatto così tanta fatica per portarti fino a qui.  Ora io vado a lezione e tu resti qui. Questa sera scriverò un messaggio ai Mangiamorte, ci penseranno loro a venire a prenderti. » rise gioiosa, con una voce da bambina.
Lily si sentì gelare, di un gelo che le avvolgeva il cuore e la rendeva poco lucida.
«Perché?» avrebbe voluto chiedere tutt’altro, ma non ci riuscì e tutto ciò che riuscì ad esalare fu quella semplice domanda. Si sentì di nuovo schiacciata da un peso enorme, ma stavolta era il terrore, il panico puro.
«Perché dovrei dirtelo?»  chiese l’altra, con un tono curioso «Sei sporca. » disse poi, arricciando il naso con una smorfia schifata.
«Ma è completamente assurdo! Hai quindici anni! Siamo ragazzine! »
«Tu non capisci» sussurrò di rimando la Serpeverde, con un brillio fanatico negli occhi neri «io dimostrerò quanto valgo. Sei la mia preda, sei la mia preda e ti offrirò al Signore Oscuro. Così verrò marchiata anche io. » si interruppe, fissando il vuoto dietro di lei con un’espressione estasiata «così verrò marchiata anche io.» ripeté in un sussurro.
«LIBERAMI.» urlò Lily. Non sapeva quanta verità ci fosse in quei vaneggiamenti, ma la spaventavano a sufficienza così come l’apparente follia della sua carceriera.  Il suo istinto di sopravvivenza si stava ribellando con forza e la giovane scattò in piedi, strattonando le manette tanto forte da spostare il letto.
Arabella sembrò uscire da una trance e fissò lo sguardo su di lei; sollevò di nuovo la bacchetta e gliela puntò contro «E’ inutile che ti agiti, dai. Tanto sapevi già che sarebbe finita così no?  Siete impuri, vi elimineremo tutti. » ciò che era più inquietante era, ancora una volta, il tono allegro e spensierato da bambina, che metteva i brividi.
Lily la sentì bisbigliare piano Imperio e si abbassò di scatto, gettandosi a terra e procurandosi un dolore incredibile alla spalla. Tuttavia era ancora in sé, quindi l’incantesimo non doveva averla colpita.
Strisciò lungo il fianco del letto, inginocchiata sul parquet polveroso. Non sentiva più nessun rumore. Si chinò per guardare al di sotto del mobile, per vedere i piedi di Arabella e capire dove si trovasse, ma appena abbassò la testa sentì qualcosa premerle sul collo.
La giovane Selwyn stavolta agì talmente velocemente da non lasciare a Lily la possibilità di reagire «Imperio» sussurrò di nuovo. Lily strinse i denti con disperazione: era fondamentale non cedere, lo sapeva. Sapeva che poteva resistere all’incantesimo. Bastava concentrarsi. Sprofondò nella nebbia. Concentrarsi, concentrarsi….

Rilassati, rilassati e stai tranquilla, è del tutto inutile che ti agiti. Una voce nella sua testa cominciava a farsi sentire, imperiosa.
Se prima rilassarsi le sarebbe parso impossibile, ora le sembrava così facile. Sarebbe bastato accettare, cedere al desiderio pressante di sciogliere i muscoli, calmare la mente, mettersi seduta sul letto e riposarsi un po’.
Non vedeva niente, ma continuava a sentire il legno della bacchetta sul collo, come un campanello d’allarme che la avvertiva che abbandonare le armi sarebbe equivalso a morire; e lei non voleva morire.
Non otterrai niente così. Da calma potrai pensare più liberamente.
Lei non voleva pensare, lei voleva liberarsi, voleva tornare da Dorcas, da Mary… da James.
Calmati. Calmati e siediti sul letto.
I muscoli parvero rispondere da soli e si mossero in modo sconclusionato, facendola scivolare malamente sul parquet mentre lei stringeva i denti e teneva gli occhi chiusi.
Fallo!
Non poteva resistere, non riusciva più a resistere.
Un ultimo guizzo di coscienza le fece provare una profondissima disperazione, devastante, una sensazione di sconfitta, ma venne immediatamente rimpiazzata dal sollievo improvviso e da una beata inconsapevolezza.
Come una benedizione, la calma si impossessò dell’animo della ragazza e lei si rilassò.
Ubbidiente, si alzò in piedi e si sedette con calma sul letto, con un sorriso placido sul volto.
Arabella le sorrise e abbassò la bacchetta, facendo un passo indietro.
«Brava.» le disse amorevole. «Brava, così si fa. » Si diresse verso la porta e poi si voltò per darle un’ultima occhiata.
«Buona giornata. » la salutò educatamente mentre usciva dalla stanza.
«Anche a te!» rispose Lily, salutandola con la mano libera.

Clack.


 ~


 
Quella mattina a lezione nessuno dei Grifondoro del settimo anno riusciva a concentrarsi: mancava soltanto un’ora al pranzo e ancora non c’era traccia di Lily Evans. Se i malandrini erano stati piuttosto rilassati al proposito durante la colazione, ora cominciavano anch’essi a porsi delle domande.
«Ed oggi ragazzi proveremo ad esercitarci con l’Incanto Patronus, finalmente. » esclamò la voce del professore di Difesa contro le arti oscure entrando nell’aula. L’entusiasmo che ricevette in cambio fu praticamente nullo.
«C0sa sono questi musi lunghi? Pensavo non vedeste l’ora di provare questo incantesimo!» li incitò, mentre con un colpo di bacchetta faceva spostare tutti i banchi in modo che si ammucchiassero contro le pareti.
James sospirò e si tirò su le maniche della camicia, gesto che il professor Philwik non mancò di interpretare come desiderio di eseguire il nuovo incantesimo.
«Signor Potter, eccellente!» esclamò felice, urlandogli in un orecchio. Lo prese per un braccio e lo trascinò al centro della stanza.
«Ora guardate tutti con attenzione!  » puntò la bacchetta di fronte a lui e mormorò Expecto Patronum! Un enorme gabbiano d’argento esplose fuori dall’estremità di legno e cominciò a volare per la stanza in cerchio.
Un mormorio di ooh ammirati finalmente si sparse in mezzo agli studenti, che non poterono fare a meno di apprezzare la magia.
«Finalmente un po’ di approvazione! Allora. E’ una magia molto difficile e agli inizi è praticamente indispensabile essere di buonumore per riuscirvi. Più avanti invece basterà evocare ricordi felici, i più felici di tutti, e la magia riuscirà comunque. »
I grifondoro si scambiarono uno sguardo spento: l’allegria scarseggiava.
«Avanti ora, Signor Potter, provi lei. » tutti lo fissavano, chiedendosi più o meno esplicitamente se ci sarebbe riuscito e scommettendo di no. Sirius lo fissava con una strana intensità, forse per valutare la sua forza, forse per valutare la sua felicità.
James aveva già provato quell’incantesimo, per curiosità, un anno o due prima, ma non c’era mai riuscito. Tutto ciò che aveva ottenuto era una leggera nebbiolina bianca senza utilità; ma ora era addirittura certo di non riuscire a farcela.
Era preoccupato e di cattivo umore per aver avuto quella piccola discussione con i  suoi amici (evento capitato al massimo tre o quattro volte in sette anni) e per di più Lily non c’era e non poteva guardarla per trovare la sua felicità e i ricordi legati a lei ancora faticavano a tornare.
Ricordava vagamente alcuni episodi e chi fosse in linea generale, ma se avesse dovuto raccontare la prima volta che si erano incontrati oppure se mai avessero avuto una conversazione civile senza insultarsi, non avrebbe saputo dirlo.
Durante le sue riflessioni si accorse di essere rimasto fermo e imbambolato in mezzo alla classe e le risatine non troppo sommesse dei Serpeverde, con i quali condividevano il corso di Difesa, cominciavano ad esplodere in gruppetti.
«Silenzio ragazzi!» sentì il professore bisbigliare «C’è bisogno di concentrazione.»
E allora si decise. James Potter non era il primo sfigatello incontrato per strada, lui aveva una reputazione da salvaguardare! Se non poteva rievocare ricordi felici, poteva sempre inventare.
Si voltò verso la porta e sollevò la bacchetta; immaginò che Lily la spalancasse, entrando di corsa e tutta scarmigliata. La immaginò cercarlo con gli occhi in mezzo agli altri studenti e poi sorridergli, dirigersi verso di lui e prendergli le mani.
Rievocò la sua voce e le fece dire, in tono tremolante, che aveva capito, che era sparita per riflettere e che finalmente era pronta a dirglielo: lei lo amava, lei voleva stare con lui ed era stata sciocca a capirlo solo in quel momento.
E poi ricordò il profumo dei suoi capelli e la loro morbidezza dei rari momenti in cui era riuscito ad accarezzarli.
Con gli occhi della mente dipinse le labbra rosee di Lily, un po’ screpolate, che si avvicinavano alle sue, un po’ incerte. Nell’esatto istante in cui avrebbero dovuto toccarsi, James chiuse gli occhi ed esclamò ad alta voce Expecto Patronum!
Sentì la mano respinta all’indietro da qualcosa, ma non osò guardare per paura di vedere l’insignificante nebbiolina argentea che lo circondava. E poi c’era il silenzio, nessun applauso come quelli a cui era abituato, nessuna esultanza.
Lasciando cadere la mano, aprì gli occhi e si guardò intorno. Il silenzio c’era, ma per un altro motivo. I Serpeverde erano imbronciati e sfoggiavano un’aria annoiata ed indifferente e i Grifondoro lo scrutavano a bocca aperta con evidente ammirazione.
Un grande cervo d’argento si muoveva ancora nella stanza, correndo e balzando da una parte all’altra spargendo dietro di sé una scia argentea. Pian piano si dissolse, sparendo nel nulla, ma lasciando James estasiato e trionfante.
«FANTASTICO!» ruggì finalmente Philwick «Venti punti a Grifondoro!»
L’applauso tanto desiderato finalmente scrosciò, e James si rilassò, indossando un sorriso baldanzoso.
 
 

 ~

 
 
 
Dopo il pranzo si ritrovarono tutti nel parco del castello, seduti intorno al tronco di un’ampia quercia e in attesa che ricominciassero le lezioni pomeridiane.
Remus giocherellava con un lungo filo d’erba mentre Sirius fingeva di osservare le nuvole mentre in realtà un ciuffo di lunghi capelli neri cadeva disordinato a coprirgli completamente gli occhi e Peter leggeva una rivista. Le ragazze erano sedute a gambe incrociate e guardavano per terra, scambiandosi sguardi compassionevoli ogni tanto e sorridendo a metà, per poi riabbassare subito gli occhi sull’erba.
Nessuno apriva bocca, ma il non-detto aleggiava tra di loro come un cattivo odore che nessuno voleva far notare per primo. Videro Mary arrivare trafelata dal castello, di corsa, seguita a pochi metri da James che però camminava.
«In infermeria non c’è traccia di Lily!» esclamò senza nemmeno riprendere fiato. «James ed io pensiamo che sia meglio andare dalla McGrannit. »
Tutti puntarono lo sguardo altrove, evasivi. Non sapevano bene come comportarsi: dopotutto Lily mancava solamente da una mattina.
«E se.. avesse ricevuto una lettera?» tutti capirono al volo cosa intendesse Peter. Fin troppo spesso in quel periodo qualche studente riceveva una lettera da casa, al seguito della quale faceva i bagagli e spariva dal castello, chi per qualche giorno, chi per sempre.
«Vuoi dire che se avesse ricevuto quel tipo di notizie dai suoi non ci avrebbe neanche avvertito?»
«Sai com’è fatta, Mary, preferisce sempre fare da se. »
«Si ma qua non si tratterebbe di una litigata con il suo migliore amico, avanti!» rimbrottò la ragazza. «Non ci credo che non ci avrebbe detto niente. E poi tutti i suoi bagagli sono ancora lì. C’è persino anche il pigiama. »
«Mancano i vestiti che indossava ieri. » le fece notare Dorcas 
«Volete dire che forse non è nemmeno andata a dormire?» domandò James, accigliato, che arrivava in quel momento.
Le ragazze scollarono le spalle
«Pensavamo di si. »
«Io l’ho sentita coricarsi» aggiunse Artemisia Wabbris, che prendeva la parola per la prima volta.
Parole vuote, parole inutili.

Mentre ritornavano al castello per le lezioni, senza aver concluso nulla, Peter si accostò agli amici e bisbigliò:
«Con la mappa la troveremmo subito. »
«Ce l’ha requisita Gazza mesi fa, Codaliscia. » sottolineò Remus con un tono di fastidio nella voce.
«Allora è il caso di andare a riprendersela. » intervenne James. Poi superò tutti quanti e sparì per primo all’interno del castello. 

















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Tan tan tan .-.   alla prossima. Grazie per le recensioni *__* <3

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX

 
 
 
Terminate le lezioni i giovani malandrini decisero di mettersi all’opera. Peter corse a recuperare il mantello dell’invisibilità di James, mentre i suoi amici mettevano a punto un piano.
«E quindi tu lo distrai e lo allontani il più possibile, mentre noi stiamo nascosti vicino all’ufficio e appena vi siete allontanati entriamo!»
«Non so, Sirius. Perché dovrebbe credermi e seguirmi fino a dove lo porterò? »
«Perché tu sei un prefetto!»
«E poi cosa gli racconto? »
«Inventati qualcosa di vago! Che ne so, dì che qualche Serpeverde ha rovesciato un vagone di Caccabombe nei sotterranei. »
«I Serpeverde non lanciano Caccabombe nei sotterranei , Sirius! Loro ci vivono, nei sotterranei!» esclamò Remus frustrato.
«E allora …»
«Digli che Pix ha allagato il corridoio del secondo piano.» suggerì James, che era stato in silenzio a riflettere fino a quel momento
«E poi quando io e Gazza arriviamo lì e lui si accorge che non è vero? »
Sirius ghignò «Oh Remus, in tutti questi anni non hai ancora imparato niente! »
James lo imitò ed aggiunse: «Già, non farci vergognare di te Moony! Forza, andiamo ora, non c’è tempo da perdere. »
 
Un quarto d’ora dopo tre ragazzi ed un topo correvano furiosamente per i corridoi, invisibili grazie ad un praticissimo mantello dell’invisibilità, ma ben udibili a causa dello sciaguattare delle loro scarpe – e zampe- .
«Spero solo che non ci abbia visti nessuno o siamo fottuti» bisbigliò Remus, che era già agitatissimo per quello che avrebbe dovuto fare e che, come tutti sapevano, diventava molto più scurrile del solito quando era agitato. Sirius invece sosteneva diventasse una persona normale e basta.
Sirius e James gli posarono una mano sulla spalla a vicenda per fargli coraggio, non appena furono arrivati davanti alla porta dell’ufficio del custode.
Lui prese un grosso sospiro e scivolò fuori dal mantello. Si umettò le labbra e poi bussò alla porta con decisione.
«Signor Gazza?» chiamò, con un tono fintamente accorato.
Sentirono il custode borbottare dall’interno e pochi secondi dopo la porta si spalancò «Che c’è?»
«E’ piuttosto urgente: il corridoio del secondo piano è completamente allagato! Temo sia colpa di Pix. Ma bisogna fare qualcosa subito o tra poco sarà decisamente inagibile. » Tono accorato ma non troppo nervoso, movimenti del corpo sicuri di se. James sorrise e pensò che il loro amico era davvero un attore perfetto.
L’uomo sobbalzò e corse verso l’interno, probabilmente per prendere uno spazzolone. Remus già stava ringraziando tutti i maghi delle Cioccorane che conosceva per essere stato creduto così in fretta, ma si accorse di aver cantato vittoria troppo presto quando il custode si bloccò all’improvviso e si voltò di nuovo verso di lui con aria sospettosa.
«Chi mi dice che questo non è un altro scherzo tuo e della tua banda di delinquenti?» abbaiò, aggressivo.
Remus, da grande attore, alzò gli occhi al cielo ed assunse un tono esasperato «Può venire a controllare lei stesso se non mi crede, sono solo due piani di scale! Oppure può controllare lo stato delle mie scarpe» e alzò un piede a mostrargli le caviglie e i piedi fradici.
«Ma se vuole lasciare che la scuola si allaghi per paura di essere vittima di uno scherzo, faccia pure! Del resto la responsabilità non è mia» fece spallucce, assumendo un tono indifferente e incrociando le braccia.
«E va bene, va bene!» borbottò Gazza e corse finalmente a prendere lo spazzolone per i pavimenti.
«Ma questa volta farò ben attenzione a non farmi fregare!»
Chiudendosi la porta dell’ufficio dietro di se, la chiuse accuratamente a due mandate e provò la maniglia. Con aria soddisfatta si voltò verso il ragazzo e gli ordinò aspramente di precederlo. Remus obbedì ma non poté impedirsi di lanciare un’occhiata disperata alla serratura.
Non era riuscito nel suo intento di distrarlo a sufficienza in modo che quello dimenticasse la porta aperta. Il piano aveva fallito.
Ora rimaneva da sperare solamente che almeno non avrebbe causato danni.
 
 
Sirius e James si sfilarono di dosso il mantello e si scambiarono uno sguardo complice.
Il piano aveva funzionato alla grande. L’unico problema era che ora erano chiusi dentro all’ufficio di Gazza, ma a quello era un dettaglio insignificante a cui avrebbero pensato in seguito.

 
Peter squittì e non appena il momento fu favorevole si lanciò fuori dalla tasca della divisa di Sirius e atterrò sulla scrivania del custode.
Entrare di soppiatto mentre lui e Remus stavano parlando era stata un’idea rischiosa, ma aveva avuto successo!
Zampettò intorno agli oggetti sparsi sul piano di legno, arricciando il naso disgustato alla vista della quantità di peli di gatto che punteggiavano lo scrittoio, in cerca della mappa.
«Accio mappa del malandrino! » bisbigliò James brandendo la bacchetta. Non si mosse nulla, ma i ragazzi sentirono un fruscio sommesso provenire da qualche parte intorno alla scrivania.
Peter, che aveva l’udito più acuto tra i tre a causa della sua forma animale, si mise ad annusare con attenzione nell’angolo destro, in cerca dei loro odori.

Dopo pochi minuti di ricerche, Sirius sibilò esultante
«James, Coda! Qua c’è un cassetto chiuso, sono sicuro che è qua dentro. »
James si avvicinò di corsa e ritentò l’incantesimo di appello. Qualcosa si mosse proprio dentro a quel cassetto.
«Alohomora.» era sempre troppo facile con Gazza, pensò Sirius con un accenno di muso lungo «Lo si poteva imbrogliare come un comune babbano! »
James si affrettò ad afferrare la mappa e a dispiegarla sul piano di legno, impaziente.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. »
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva pronunciato quella frase! Eppure tutte le volte lo esaltava come fosse stata la prima. La prova tangibile dell’amicizia tra i malandrini, del fatto che sarebbero sempre stati una squadra vincente e decisamente poco ligia alle regole!
Se non fosse stato così agitato ed impaziente, avrebbe sfoderato uno dei suoi soliti sorrisi abbaglianti, ma ora c’era altro su cui concentrarsi.

Peter tornò in forma umana ed i tre amici si chinarono contemporaneamente sulla pergamena incantata, il cartiglio di Lily Evans era l’oggetto della loro ricerca.
 

~

 
 
Lily osservava pensosamente le tendine ingiallite che circondavano i vetri sporchi della finestra. Vari insetti morti erano appoggiati sul davanzale, con le loro zampine pateticamente rivolte all’insù. Lily rabbrividì  per lo schifo: l’avrebbero trovata cadavere in quel letto polveroso dopo una quindicina d’anni? Le possibilità non erano poi così basse.
Si alzò e lasciò vagare lo sguardo fuori dalla finestra. Le manette con cui era legata alla testata del letto le permettevano appena di arrivare ad un metro dal materasso, se si allungava il più possibile.
Riusciva a vedere soltanto i piani superiori delle case là fuori, i comignoli in mattoni e, un po’ più in là, l’insegna rovinata di un pub che le era sconosciuto, l’Escutcheon. Lasciò vagare la sua mente, cercando un elemento che le fosse familiare, ma era una strada anonima che non riusciva ad identificare.
Annoiata, cercò qualcosa per distrarsi e far passare il tempo: aprì il comodino tarlato e notò con sconforto che era vuoto, tranne una copia giallastra della Gazzetta del profeta. Incuriosita, tirò fuori il giornale e lo scosse, facendo cadere una pioggerellina di polvere.
Lanciò un’occhiata alla data e sussultò di sorpresa. Era del 1899, quasi ottant’anni prima. Lo spiegò e cominciò a leggere qualche articolo qua e là, sorridendo di tanto in tanto per il tono inusuale con cui venivano presentate le notizie e corrucciandosi sugli articoli di stampo nettamente anti-babbano. I problemi rimanevano sempre gli stessi, a decenni e decenni di distanza. Era un ciclo continuo, la stessa storia solo con protagonisti differenti.
Sospirò, pensando alla sua situazione attuale. Quando sarebbe finita una volta per tutte tutta quell’insensatezza?
Sfogliò le pagine che si sbriciolavano sotto le sue dita, fino ad arrivare ai necrologi. Erano molto di meno di quelli che si leggevano in quei giorni. Un nome la colpì particolarmente, nonostante non si stesse soffermando più di tanto: Kendra Silente. Lesse brevemente il trafiletto e concluse che doveva trattarsi della madre del Silente che lei conosceva. Era buffo immaginarlo da bambino, quasi impossibile, e la ragazza si divertì per un po’ a cercare di immaginarlo sull’espresso di Hogwarts per la prima volta, da Olivander a comprare la sua prima bacchetta, alle prese con le prime fidanzatine… No, era assurdo. Albus Silente doveva per forza essere nato già vecchio.
Perse subito interesse anche per quello e tornò a sedersi sul letto. Avvertiva una strana sensazione, che andava crescendo. Era così noioso essere così tranquilla, così apatica. Lily era una ragazza vitale, troppo attiva per rimanere chiusa in una camera per tutto quel tempo, eppure sentiva che doveva farlo e che doveva anche stare rilassata.
Lasciò vagare il suo pensiero sugli esami che da lì e pochi mesi avrebbero segnato la fine della sua vita ad Hogwarts, che angoscia le metteva l’idea! Il suo futuro le sembrava avvolto nella nebbia.
Oh, che stupida! Pensò poi, rinsavendo improvvisamente Io non farò gli esami. I mangiamorte mi uccideranno tra poco.
E canticchiando tra se un motivetto, si ridistese sul letto, accavallando le gambe.
I mangiamorte mi uccideranno tra poco. Che idea bislacca, che strano non provare alcuna emozione al riguardo.
Lily si morse un labbro, pensando. Perché non sentiva alcuna emozione? Lei non voleva morire in fondo, non voleva morire affatto! Insomma, la vita era ancora piena di cose da fare, avrebbe voluto vivere come minimo fino a ottant’anni. O magari fino ad un centinaio, come Albus Silente.
Avrebbe fatto la medimaga magari, che era quello che aveva pensato due anni prima, quando era stato necessario scegliere le materie dopo i G.U.F.O.
L’idea non la coinvolgeva più moltissimo, ma di certo le sarebbe piaciuto un lavoro del genere, a contatto con altri maghi, con novità, con i meandri della magia che ancora le erano sconosciuti!
Non era giusto che un branco di mangiamorte a servizio di un pazzo interrompessero a loro piacimento i suoi sogni. Non era per nulla giusto. Si dimenò sul letto, a disagio, con la sensazione che qualcosa le sfuggisse.
Pian piano, con il passare delle ore, Lily sentì lentamente montare l’agitazione. L’ansia faceva breccia nel suo cuore, mentre lei pensava disperatamente e con la maggior intensità possibile che doveva ribellarsi, doveva fare qualcosa, doveva riprendersi da quell’apatia!

Poco dopo che il sole fu tramontato, Lily si risvegliò. Di colpo, gli ultimi brandelli di confusione dettati dall’Imperio si dileguarono dalla sua mente, lasciandola dolorosamente lucida e consapevole.
Aveva perso tempo, ci aveva messo troppo a contrastare l’incantesimo di quella ragazzina e ora doveva pensare in fretta a come fare per fuggire.
Si alzò in piedi con il cuore che pulsava agitato. Nel buio della stanza, Lily Evans era pronta a tornare a combattere.
 
 
 
 

~

 
«Che cosa hai fatto?» il sibilo, mortifero, di Regulus Black ebbe il solo effetto di farla scoppiare in una risatina esaltata. Era così bello, con le fiamme che gli danzavano riflesse negli occhi neri.
Si avvicinò per baciarlo, ma lui la scostò con violenza e le strinse le braccia con forza.
«Ahi! Mi fai male, sciocco.» si divincolò, ma non riuscì a sfuggire alla presa del ragazzo.
Ora non era più divertente, aveva lui il controllo.
«Te l’ho detto cos’ho fatto!» lo beccò con un tono incredibilmente diverso da quello che usava di solito «Ho dimostrato di essere degna di diventare una Mangiamorte come te, amore mio. »
Lui era talmente sconvolto che le lasciò  andare di colpo e lei ne approfittò per sollevargli il braccio sinistro e carezzarlo con riverenza. Poi tirò su la manica e avvicinò le labbra, a lasciare una scia di baci su quella pelle chiara marchiata di nero.
«Quando verranno a prenderla? »
Lei non diede segno di volersi scostare e anzi, continuava a baciare e leccare il marchio nero, reggendo il braccio che Regulus aveva lasciato cadere.
Lui la prese per i capelli e le sollevò la testa di scatto, facendola gemere di dolore
«Rispondimi. »
«Stasera. Stasera alle undici, nel nostro appartamento »
Lui annuì e le concesse un bacio a fior di labbra. Lei non poteva accorgersi che i suoi occhi e la sua mente erano altrove, mentre gli leccava il labbro inferiore desiderando che lui rispondesse.
 

~

 
Sirius e James fecero appena in tempo a gettarsi addosso il mantello dell’invisibilità non appena sentirono dei passi avvicinarsi, che qualcuno stava già girando la chiave nella toppa.
In un istante Peter si ritrasformò in topo e Sirius lo prese in mano per salvarlo dalle grinfie di Mrs Purr.
Rimasero zitti e immobili vicino alla porta, quando il custode entrò marciando nella stanza, coperto d’acqua da capo a piedi e senza lo spazzolone con cui era uscito.
L’uomo sbatté la porta con violenza contro il muro e si diresse verso la scrivania, borbottando di scherzi e tremende punizioni. I ragazzi non vollero sapere a chi erano diretti quegli improperi e infilarono la porta, allontanandosi il più silenziosamente possibile.
James sarebbe stato silenzioso comunque, non aveva per niente voglia di ridere: Lily sulla mappa non c’era. Avevano controllato in lungo e in largo, ad ogni piano, in ogni stanza. Alla fine si erano dovuti rassegnare.
Stava ancora osservando con aria sconsolata la pergamena, sperando in un miracolo e nell’improvvisa ricomparsa di Lily, quando vide un puntolino che si muoveva nella loro stessa direzione.

«Sirius» bisbigliò, tirandolo per la manica «C’è tuo fratello che viene verso il nostro dormitorio. »
L’amico si irrigidì e si fermò, scivolando poi fuori dal mantello.
«Ho proprio voglia di fare due chiacchiere in famiglia. » affermò, irrigidendo la mascella e voltandosi, cominciando a camminare nella direzione opposta, per incontrare Regulus.
«Non fare cazzate.» sussurrò James accorato. Poi decise che  sarebbe rimasto nei paraggi, abbastanza vicino per evitare una possibile rissa.
 
 
«Oh ciao fratellino. » sputò Sirius con rabbia, fingendo di incontrare Regulus per caso.
L’altro lo guardò truce, ma non rispose al saluto «Fai poco il coglione. Stavo venendo a cercarti»
«Ah si? E come mai? Cos’è, hai forse deciso che i tatuaggi non ti donano più?»
Il più giovane strinse i denti, ma non abbassò lo sguardo
«Potrei sempre tornarmene nel mio dormitorio immediatamente. Ma sai, ho pensato di avere una notizia che potrebbe forse interessarti. »  strinse gli occhi, come per valutarlo «Però credo di aver cambiato idea, mi stai troppo sulle palle per farti un favore. »
Sirius dovette trattenersi per non saltargli al collo e riempirlo di pugni, il dolore e la rabbia risuonavano sordi dentro di lui come un martello.
L’orgoglio gli urlava di mandarlo a quel paese e lasciarlo perdere per sempre, ma la parte ancora funzionante del suo cervello gli ricordò che se Regulus veniva a parlargli, dopo quasi un anno intero di silenzio, doveva essere per una buona ragione. «Cos’è, la nostra cara mammina ha finalmente tirato le cuoia? Perché credo che questa sia l’unica notizia che potrebbe davvero interessarmi! »
Regulus lo fronteggiò «Sei un bambino Sirius, sei sempre lo stesso idiota. »
Sirius ghignò amaramente «Da che pulpito. Non avrei mai creduto di potermi vergognare di te così tanto un giorno. »
Il minore fece uno scatto nervoso a quelle parole crudeli, ma non ribatté.

«Allora? Cosa vuoi?»
Regulus aveva palesemente voglia di andarsene ora, ma ci avrebbe solo fatto la figura dello sciocco
«Non manca qualcuno al vostro dormitorio oggi?»
Sirius gelò. L’immagine di Lily che si contorceva a terra torturata dalla maledizione Cruciatus dai Serpeverde comparve come un flash nella sua mente. Non poteva essere come pensava.
Fece un passo e prese il fratello per il colletto, spingendolo verso il muro
«Cosa le avete fatto?» ringhiò
Ci fu un botto e Sirius si sentì sbalzare violentemente all’indietro: ricadde sul pavimento con i pugni vuoti, mentre Regulus lo fissava con la bacchetta in pugno.
«Stupidi Grifondoro. » sibilò, quasi tra se «La vostra amichetta stasera riceverà una calda accoglienza dai Mangiamorte. Sealmeno di lei te ne frega qualcosa, sappi che magari la puoi recuperare ad Hogsmeade. Entro le undici, nel caso in cui tu la voglia ancora tutta intera. »
E voltandosi, si diresse nella direzione da cui era arrivato con passo deciso.
Sirius non riusciva a muoversi: non era come aveva pensato,era molto peggio. Lily aveva le ore contate, letteralmente, lui sapeva di cosa potevano essere capaci quei mostri. Abbassò lo sguardo di riflesso sull’orologio. Segnava le nove e mezza. Gli sfuggì un ansito.
Poi si ricordò di suo fratello e rialzò lo sguardo. Vedeva ormai solo più la sua schiena scura, che si allontanava.
Mi manchi, idiota! Mi manchi, ti odio! Avrebbe voluto urlargli. Ma tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu altro
«Codardo!» gli gridò con rabbia.
Regulus si bloccò un secondo e le sue spalle fremettero. Poi sparì dietro l’angolo del corridoio, senza voltarsi né rispondere.
 
Sirius si rialzò  e cominciò a correre come un disperato verso il suo dormitorio. Un’ora e mezza.
















_______


Ho un ritardo imperdonabile. Eppure è un periodo veramente di M con la scuola, più di così non riesco a fare ç__ç
Sarò rallentata, ma continuerò! Grazie per tutti quelli che recensiscono, mi spingete ad andare avanti <3

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Capitolo 11
*** Capitolo X - parte 1 ***


Capitolo X - parte 1



«E quindi voi due mi state dicendo che la signorina Lily Evans è stata rapita da alcuni mangiamorte, che la tengono segregata in un punto imprecisato ad Hogsmeade e che tra poco più di un’ora andranno ad ucciderla. E tutto ciò soltanto perché non l’avete vista per mezza giornata, è esatto? »
Sirius e James si scambiarono un’occhiata esasperata.
«Ah, e non potete nemmeno dirmi come fate a saperlo perché è un segreto. » Le sue narici fremettero a quella parola.

«Professoressa, deve crederci! Non ci inventeremmo mai una bugia così grossa. E soprattutto su un argomento così serio.» insistette James gesticolando.
Erano in quell’ufficio da oltre un quarto d’ora e il tempo passava inesorabilmente, facendo ticchettare le rumorose lancette dell’orologio. La donna sembrava non voler assolutamente credere alla loro versione dei fatti e pareva anche decisamente infastidita.
«La uccideranno se non interveniamo. E’ una cosa seria!» tentò di nuovo il ragazzo.
«Ne ho abbastanza di queste sciocchezze. Troveremo la signorina Evans e porremo fine a questa storia una volta per tutte. » Si alzò, tra le proteste dei due diciassettenni, e tenne ostinatamente aperta la porta dell’ufficio.
I due uscirono a testa bassa in corridoio, ma prima che potessero allontanarsi video arrivare il preside a passo sostenuto.
Era la loro ultima possibilità e, contemporaneamente, si lanciarono verso di lui e cominciarono a raccontare la loro storia per l’ennesima volta.
 


«Preside, intende davvero credere a questo racconto?» erano tutti riuniti di nuovo nell’ufficio della professoressa McGrannitt, di fianco ad un camino scoppiettante  e con una tazza di tè caldo in mano. James, per la verità, sembrava più sul punto di lanciare via la sua, e batteva il piede sul pavimento a ritmo frenetico.
«Temo di avere dei buoni motivi per sospettare che sia fondata, si. » rispose l’uomo gravemente.
«Alcuni nostri amici» e lanciò un’eloquente occhiata alla professoressa «Mi hanno informato che sono arrivate al posto che stanno sorvegliando certe lettere da Hogwarts, dal contenuto abbastanza inquietante. E soprattutto, sembrano far pensare che la storia dei nostri signor Black e Potter sia piuttosto realistica. »
Santo, dovevano farlo santo quell’uomo ! pensò James
«Signore, abbiamo poco più di tre quarti d’ora di tempo. » gli ricordò con ansia. L’uomo si raddrizzò sulla sedia e assunse un’aria severa.
«Avremo bisogno di aiuto. »
Si alzò e si diresse verso il camino, dove prese istantaneamente a scoppiettare un ampio fuoco verde.
Mise un piede tra le fiamme, ma poi si voltò per aggiungere qualcosa: «Ho bisogno che mi promettiate che non vi muoverete da qui, non andrete ad Hogsmeade e non compirete azioni affrettate e pericolose.»
James e Sirius si scambiarono un’occhiata, deglutendo. Era più di quanto fossero disposti a concedere.
«E’ molto importante.»
Siccome l’uomo sembrava non essere intenzionato ad andarsene senza una loro promessa, annuirono, seppur controvoglia.
«Abbiamo poco tempo, farò il più in fretta possibile. E’ probabile che non tornerò qui, ma andrò direttamente ad Hogsmeade» disse rivolto alla McGrannit, che lo stava ancora fissando incerta.
Lei annuì e l’anziano preside svanì in un turbinio di fiamme verdi.
Il silenzio e il freddo caddero istantaneamente e James e Sirius balzarono in piedi, con un’aria estremamente indaffarata.
«Professoressa noi andrem-»
«Beh allora possiamo and-»
«Voi due non vi muoverete di qui finché il preside non sarà tornato. Seduti. »
La serata si prospettava una tortura.
 
 
 
 
 
 
 

~

 
Era una tortura.
Lily cadde in ginocchio sulle assi polverose di legno del pavimento.
Si lasciò sfuggire un gemito stridulo, come un animale ferito. Aveva le mani coperte di sangue: si era strappata via le unghie tentando di liberarsi. Aveva cercato di spezzare il legno, di sfuggire dalle manette, persino di trascinare il mobile verso la porta, ma era stato tutto inutile.
Il polso le faceva malissimo, bruciava e pulsava come fosse piagato, ma lei non riusciva a vedere le sue condizioni, a causa del buio, e forse era meglio così.
Non sapeva che ore fossero, ma i mangiamorte sarebbero potuti arrivare da un momento all’altro e per lei non ci sarebbe stata più possibilità di fuggire.
Le forze l’abbandonarono di colpo e lei dovette risedersi sul letto. Non avrebbe mai creduto di poter arrivare a pensarlo, ma a quel punto avrebbe preferito che l’incantesimo di imperio avesse retto. Almeno non sarebbe stata consapevole della sorte che le toccava, dei minuti che scorrevano verso la morte, dell’angoscia che la attanagliava. Eppure –avrebbe dovuto aspettarselo – una maledizione senza perdono fatta da una ragazzina di quindici anni non poteva reggere la carica emotiva di una persona rapita e condannata a morte.
Attese per quello che le parve un tempo indefinito, forse dieci minuti, forse un’ora, e poi si rialzò, per tentare ancora.
Frugò di nuovo nel comodino, a tentoni, e di nuovo trovò quell’oggetto appuntito che non riusciva a riconoscere al tatto. Riprovò ancora ad infilarlo nella serratura delle manette, ma quella era stata sicuramente stregata –oppure era lei che era incapace – e non ne voleva sapere di cedere.
Le manette erano talmente piccole da stringerla ben prima della metà del pollice – riflettè la ragazza – ma a quel punto sarebbe bastato un centimetro e la mano avrebbe potuto sfilarsi. L’osso alla base del pollice rimaneva un problema insormontabile però, così sporgente e rigido.
Lily chiuse gli occhi e, tremando, si prese in mano il polso della mano legata.
Avrebbe dovuto farlo, se voleva sopravvivere. Non aveva altra scelta.
Lily in altra situazione non avrebbe mai pensato di poter fare una cosa del genere, ma il coraggio di una grifondoro si vedeva proprio nel momento del bisogno.
Spinse con tutto il suo peso contro la mano.
Dopo pochi secondi si tirò indietro, ansimando e singhiozzando.
Non ce la faceva, tremava come una bambina
Rimase per un paio di minuti accucciata al buio, e poi si decise. Prese quasi la rincorsa e si lanciò contro la sua mano, schiacciandola con forza contro il legno.
Crack , il rumore dell’osso che si spezzava la fece trasalire, ma fu il dolore ad annebbiarle i sensi per qualche secondo.
Dimenò la mano, stringendo i denti, e tirando all’indietro.

Ricadde sul letto di schiena, respirando la nuvola di polvere sollevata dalle coperte. Libera.
Quasi libera.
Non attese nemmeno un istante per riprendere fiato e si lanciò verso la porta. Questa era chiusa a chiave, ma ormai Lily sentiva che non si sarebbe fatta fermare più da niente.
La studiò al tatto, intuì che fosse leggera. Non era una sprovveduta, sapeva che forse ce l’avrebbe fatta a sfilarla dai cardini. Facendo leva con il suo corpo, la spinse verso l’alto e poi in fuori, per un paio di volte. La porta si sollevò e si inclinò cigolando, rimanendo attaccata ai cardini in alto.
Era abbastanza, Lily si inginocchiò e spinse, sollevando un angolo di legno e riuscendo ad infilarcisi sotto.
Si rialzò in piedi, respirando forte, nel pianerottolo di quello che sembrava un corridoio di una casa privata, o di un albergo.
Aveva appena appoggiato la mano al corrimano, quando cominciarono le esplosioni. 
















_________________

Sono imperdonabile! Non solo sono lenta, ma metto anche soltanto mezzo capitolo D:
Domani però parto per una settimana, quindi ho deciso di mettere quello che ho scritto fin'ora, per non lasciarvi proprio a secco fino a data da destinarsi.

Grazie per la pazienza <3

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Capitolo 12
*** Capitolo X - parte 2 ***


Capitolo X - parte 2




Albus Silente aveva impiegato più tempo del previsto a riunire l’Ordine della Fenice. Aveva dovuto utilizzare molta, molta, cautela per avvertire coloro che facevano la guardia a Villa Selwyn. Non aveva comunque avuto dubbi: meglio lasciare scoperta la casa che rischiare di non avere abbastanza uomini per salvare la ragazza.
Si erano smaterializzati in ventuno davanti al pub in centro Hogsmeade e ora toccava a lui dare le direttive.
Parlando a voce bassa ma sicura organizzò tre squadre, che si dirigessero nelle tre vie principali. Ordinò che non si separassero mai e cercassero tracce della ragazza o di possibili mangiamorte. Il primo a trovare qualche segno avrebbe chiamato gli altri con i patronus, il più velocemente possibile.
Con un frusciare di mantelli erano spariti tutti quanti e anche lui, con una leggera apprensione e un breve sospiro, si era affrettato a dirigere il suo gruppo nella via a destra.
Sperò in bene, osservando le lancette dell’orologio che si avvicinavano alle undici.
 
 

Un’ora prima

Albus Silente era sparito nel camino da appena dieci minuti, ma Sirius e James non ce la facevano già più.
Si fissavano, senza quasi distogliere lo sguardo, seduti uno di fianco all’altro nelle poltroncine dell’ufficio della McGrannitt. L’unico rumore era il gocciolare dell’inchiostro dalla piuma della donna e il battere ritmico del piede di James a terra.
«Professoressa io credo che -»
«Non può pretendere che  noi-»
Di nuovo parlarono insieme e di nuovo vennero gelati da un’occhiata fredda della donna, che gli tolse ogni speranza.

Passarono altri cinque minuti e poi James sentì Sirius irrigidirsi ancora di più al suo fianco e lo guardò con un’occhiata interrogativa.
«Che succede?» bisbigliò
«Mi è appena venuta in mente una cosa…» la voce suonò strozzata e soffocata, come se Sirius dovesse concentrarsi per parlare.
«Allora?»
«Regulus» Sirius balzò a sedere in una posizione assurda, come se improvvisamente il cuscino si fosse riempito di spilli. Cominciò a gesticolare e a parlare in un modo affrettato che James non aveva quasi mai visto nel suo amico «Regulus. Perché mi ha detto dove trovare Lily?»
James alzò le spalle e scosse la testa «Perché… per salvarla?»
«Lui è in quel giro! È nel loro giro, perché avrebbe dovuto aiutarci?»
James rimase in silenzio, senza saper rispondere, ma senza nemmeno arrivare a quello che Sirius cercava di suggerirgli.
«E se…» bisbigliò «E se stesse mentendo? E se fosse una trappola?»
James scosse la testa e si passò una mano tra i capelli, nervoso «Come può esserlo? Lily è sparita! E’ ovvio che l’hanno presa loro.»
«No io intendo… e se fosse una trappola per gli auror? Se ora Silente e gli altri finissero in mezzo ai mangiamorte al completo? Pensaci James. »
La prospettiva si disegnò nella mente del ragazzo con inquietante precisione e gli venne un groppo in gola talmente stretto che quasi non riuscì a deglutire.
«Sirius…se fosse così saremmo responsabili della morte delle uniche persone che stanno facendo qualcosa contro Voldemort. »
L’altro annuì, incapace di parlare.
«Dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo andare ad avvertirli e fermarli. »
Calò il silenzio e il gelo.
«Sai questo cosa vuol dire… vero James?» domandò Sirius con voce roca.
L’altro scosse la testa, gemendo e infilandosi le dita ancora più profondamente tra i capelli
«Che Lily non avrà scampo. »
Quando James rialzò la testa aveva negli occhi uno sguardo folle e disperato.
Lily, la ragazza che amava e che riteneva più preziosa di ogni altra cosa era diventata una merce di scambio. Poteva quasi sentire il suo cuore spezzarsi in mille pezzi, mentre la scelta diventava obbligatoria.
Sul piatto della bilancia c’erano la vita di Lily da una parte e quella di molti maghi e streghe valorosi e coraggiosi dall’altra; e James non sapeva scegliere. Erano orrendamente in equilibrio, entrambe terribili, una di esse inevitabile.
La disperazione si fece strada in lui, ma il ragazzo combatté valorosamente per rimanere lucido. C’era sicuramente una soluzione diversa, doveva esserci.

«Andiamo noi a salvarla. » si rizzò in ginocchio sulla poltroncina e si protese verso Sirius, appoggiandogli le mani sulle spalle. Una persona qualsiasi l’avrebbe guardato come se fosse impazzito. Gli avrebbe preso le mani, si sarebbe staccato e avrebbe scosso la testa, dicendogli che era matto e che una cosa del genere era impossibile. Non potevano lanciarsi nel vuoto con un’impresa così folle, così sciocca. Ma Sirius non era una persona qualsiasi.
«Non si aspetteranno mai che due ragazzini vadano a riprenderla, aspetteranno i grandi Auror. Con un po’ di fortuna e con il mantello passeremo inosservati e la troveremo in tempo. »
Sirius annuì e strinse le sue mani sulle braccia dell’amico.
James si sentì scaldare il cuore e si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
«Lo faresti davvero?»
«Amico! E me lo chiedi anche? Mi potrei offendere. »
Si scambiarono un ghignetto d’intesa e si sentirono eroici e invincibili.
Il loro piccolo momento di gloria venne interrotto alquanto bruscamente da dei piccoli colpetti di tosse, molto poco consoni alla gloria del momento.

Si voltarono contemporaneamente verso la scrivania della professoressa, che li stava osservando da dietro alle piccole lenti squadrate degli occhiali. Aveva le punte delle dita congiunte sulla scrivania e le sopracciglia incredibilmente sollevate.
«Mi spiace interrompere questa scenetta, ma posso chiedere cosa state facendo?»
Entrambi ritrassero di scatto le braccia dal corpo dell’altro e si risedettero in una posizione più o meno composta, anche se molto poco naturale, sulle poltroncine.
«Hem niente. E’….»
«è un rito propiziatorio!» intervenne James con nonchalance «Sa, per portare fortuna. Ne servirà stasera »
La donna lo guardò come se fosse impazzito, ma non rispose nulla e prese tra le braccia un rotolo di pergamene.
«Devo andare a portare queste al professor Lumacorno. » annunciò, avvicinandosi alla porta.
«Sappiate, signori, che se quando torno non sarete nelle stesse identiche posizioni in cui vi ho lasciato, toglierò cento punti a testa.» si premurò di scandire bene le ultime parole e di lanciare ai due un’occhiata minacciosa.
«CENTO?» Sirius non riuscì a trattenersi.
«Si, signor Black. Non farò sconti solo perché siete della mia casa. E non farò sconti nemmeno se sarete ad appena un metro di distanza dalle poltrone. Siete avvisati.»
Scoccandogli un’altra occhiata, aprì la porta e uscì nel corridoio, richiudendo l’uscio dietro di se con cura. I ragazzi poterono sentire il rumore di una chiave girare nella toppa.

«Ok, è il momento buono. Non avrei mai sperato in un tale colpo di fortuna!» esclamò James balzando in piedi.
Sirius deglutì, pensando ai duecento punti che sarebbero volati via dalla clessidra di Grifondoro quella sera, ma non ne fece parola.
Indossarono il mantello e si diressero verso il camino.
«Dove?» chiese James, una volta che entrambi furono sotto la cappa e con un pugno di polvere volante in mano.
«Tre manici di scopa? » suggerì Sirius.
«Andata!» e con un’enorme fiammata sparirono entrambi alla vista.
 

 ~

 

Lily sentì un’onda d’urto talmente potente da farle rizzare i capelli in testa e una vetrata di fronte a lei si spaccò, rilucendo di luce aranciata per poi precipitare giù nel buio dei piani inferiori.
La ragazza tremava, ma riuscì a rimettersi in ginocchio e poi ad alzarsi in piedi.
Sentiva un pesante odore di polvere e muffa, intorno a se, mischiato ad una strana puzza di bruciato che lentamente aumentava.
Doveva uscire di lì.
Scese i gradini foderati di velluto quasi di corsa, incespicando, al buio, quando questi finirono senza preavviso. Un pianerottolo. Proseguì ancora, fino ad arrivare a quello inferiore e poi si fermò, con la mano dolorante per il dito rotto ferma sul corrimano in legno.
Forse non era stata una buona idea precipitarsi fuori così in fretta: in strada si sentivano urla e rumore di esplosioni e dalle strette vetrate dell’androne si vedevano baluginare luci di tanti colori diversi, tra cui il verde era prevalente.
Fece per tornare indietro, ma in quel momento le urla si fecero più vicine e un’esplosione riverberò vicinissima.
Lily si spostò appena in tempo, quando un corpo di un uomo sfondò i vetri e cadde in mezzo ad una pioggia di schegge nel punto esatto dove lei si trovava fino ad un secondo prima.
Il portone si aprì di schianto e delle figure con lunghi mantelli cominciarono ad entrare, di spalle, mentre duellavano con qualcun altro evidentemente rimasto fuori.
Altra gente entrò come se ci fosse stata spinta e Lily riconobbe un mangiamorte, dalla maschera argentata, che cadde afflosciandosi sul pavimento e non si mosse più.
Le scale cominciarono a tremare e un muro si sbriciolò in mille pezzi, colpito da qualcosa di invisibile, riempiendo di macerie l’ingresso delle scale.
La ragazza era bloccata. Le urla e il frastuono erano ormai assordanti e Lily si ritrovò catapultata nel bel mezzo di una battaglia nella quale nessuno sembrava badare a lei. A destra due figure ammantate e incappucciate lanciavano incantesimi di morte dalle loro bacchette lucide, maneggiandole con grande abilità come fossero spade taglienti. A sinistra un mago dalla lunga veste dal colore indefinito respingeva un altro mangiamorte urlante, con incantesimi non verbali.
Per puro istinto di sopravvivenza si avvicinò a quello svenuto e gli strappò la bacchetta dalle dita: doveva uscire di lì!
Alla fine era arrivata la cavalleria, peccato che fosse troppo impegnata a salvarsi per ricordarsi della principessa da salvare.
Non fu un pensiero sarcastico o acido, Lily comprendeva benissimo e sapeva anche che poteva salvarsi da sola, senza aspettare inerme.
Chiuse le dita intorno al legno, sentendolo fremere leggermente, ma lasciò il pollice fermo il più possibile.
Lanciò due schiantesimi non verbali ai mangiamorte di fronte a lei, che si accasciarono silenziosamente, colpiti anche da altri fasci di luce, dato che non potevano più proteggersi.
Nessuno entrò, ma crollarono altre macerie e la ragazza decise che avrebbe dovuto uscire di lì.
Si lanciò in strada, in mezzo alla mischia. Non capiva nemmeno più da che parte era girata, c’era solo buio interrotto da fasci luminosi, una nebbiolina leggera rischiarata dalla luna e mantelli svolazzanti ovunque.
Corse, non appena vide uno spazio libero tra i corpi e gli incantesimi, ma un uomo le sbarrò il passo e la costrinse ad indietreggiare.
Parò con abilità due incantesimi grazie ad uno scudo e poi tentò di ricambiare il favore, ma qualcun altro fu più lesto di lei e la tolse dal pericolo, facendo accasciare l’aggressore.
Senza aver tempo di cercare qualcuno da ringraziare, prese a correre verso un altro lato della strada e a colpire chiunque avesse una maschera e fosse abbastanza visibile.
Contò tre mangiamorte abbattuti, forse quattro, prima che delle urla esplodessero impazzite nella mischia e che tutti, o quasi, si fermassero.
 
 
Due ali di folla si aprirono e Lily capì cos’era stato a far fermare tutto.
 

~

«Voldemort!» gridò James all’orecchio di Sirius, senza nemmeno rendersi conto di aver urlato. Avevano la testa così confusa da non riuscire più ad udire quasi niente.
Erano entrambi sfiancati e sudati, con i capelli appiccicati alla fronte e mischiati alla polvere.
Erano arrivati tardi per avvertire gli auror, o quello che erano – non parevano nelle vesti del ministero – ma almeno avrebbero potuto collaborare.
Quando tutti erano confluiti verso un’unica strada non avevano esitato a seguire anch’essi la massa, battendosi come se ne andasse della loro stessa vita –e in effetti era così – e riuscendo a cavarsela anche abbastanza bene.
Sirius sembrava un esaltato, aveva un bagliore fanatico negli occhi e ansimava per lo sforzo, ma sembrava rilucere in modo inquietante. I Black mettevano sempre un po’ di inquietudine, si ritrovò a pensare James, prima di scacciare quel pensiero, colpevole.
Erano arrivati di fronte ad una casa che sembrava essere la loro meta, perché la porta si era sfondata, tutti si erano bloccati lì davanti.
E poi era arrivato Voldemort. Lo avevano visto scendere dal nulla, in modo teatrale e tutti quanti , volenti o nolenti, si erano fermati.
Alcuni scoppi risuonavano ancora nell’aria e fasci di luce rossa e verde si incrociavano nello spazio rimasto vuoto.
Con orrore, i ragazzi si resero conto che i mangiamorte erano in vantaggio schiacciante e tenevano praticamente in pugno gli auror: sembrava non esserci via d’uscita per loro, ed essi parevano essersene resi conto.
«Dov’è Silente?» chiese James con disperazione, ma non vi fu una risposta.
Voldemort disse qualcosa, ma loro non lo udirono. I mangiamorte però ripartirono come un sol uomo, slanciandosi contro gli avversari.
I due ragazzi videro la scena come al rallentatore: una figuretta molto più piccola delle altre fu la prima a buttarsi al centro della strada e il cappuccio le sfuggì.
Contemporaneamente, mentre le si scopriva il volto, un raggio di luce verde la colpì in pieno petto e la sua espressione si congelò. Fu un istante, Arabella Selwyn cadde al suolo con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, l’imitazione grottesca di una caduta.
Ci fu un momento di gelo generale, ma quelli che non si erano accorti di nulla continuarono a combattere.
Un uomo si lanciò sul corpo della ragazza urlando, venne centrato anch’esso da un fascio di luce verde e ricadde su di lei. Se fossero stati più vicini avrebbero potuto vedere chiaramente le lacrime scintillare sotto la maschera da mangiamorte.

Pochi istanti dopo James sollevò lo sguardo e la vide: Lily, scompigliata, che combatteva con ardore contro un uomo incappucciato. Urlò e corse verso di lei, abbattendo due mangiamorte mentre passava. Sentiva Sirius alle sue spalle e questo gli dava forza. Ci misero molto a raggiungere il punto dove l’aveva vista e quando vi arrivarono lei era sparita. Il fatto però che un corpo fosse a terra, e che non fosse il suo, li rincuorò.
Non c’era altro da fare che continuare a combattere.
~
Lily si appoggiò con le spalle contro il muro e prese brevi respiri profondi. Era esausta e le faceva male tutto il corpo. Qualcosa l’aveva colpita all’altezza delle costole e ora faceva fatica a respirare. Non vedeva l’ora che finisse, doveva finire.
I mantelli neri erano disposti come in formazione e in mezzo spiccava Voldemort, mortale e rapido, come un serpente velenoso.
Se per un secondo pareva che la situazione si fosse rimessa in parità, ora i mangiamorte erano superiori, erano troppi , erano ovunque.
Si trattenne dal desiderio di chiudere gli occhi, ben sapendo quanto fosse pericoloso.
Sentì qualcuno urlare il nome di Silente e si voltò a destra: il vecchio mago arrivava di corsa, seguito da altri otto auror con la bacchetta in mano.
Avrebbe voluto piangere di felicità, mentre vedeva i nuovi arrivati abbattere i nemici come mosche, seppur solo con schiantesimi e incanti per bloccarli.
Il numero di persone mascherate in un attimo si ridusse notevolmente e venne schiacciato contro il muro.
Voldemort continuava a combattere furioso, ma si guardava intorno troppo spesso. Quando Silente gli arrivò praticamente di fronte, egli alzò un braccio e lanciò un enorme fascio di luce verde nel cielo.
Poi urlò qualcosa di incomprensibile e i mangiamorte rimasti ad uno ad uno cominciarono a smaterializzarsi, seguiti poi dal loro padrone.

In un attimo la calma ricadde, lenta come la polvere di morte che volteggiava nel cielo notturno, sulla stradina buia.
In cielo riluceva un enorme teschio, con un serpente che scivolava lento fuori dalla bocca. 

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Capitolo 13
*** Capitolo XI ***


Capitolo XI




Sirius e James si trascinarono in mezzo alla polvere e ai pezzi di vetro che riempivano la strada. Si sostenevano a vicenda: James era stato colpito di striscio al fianco e aveva la maglietta strappata e gli mancava un pezzo di carne, come se qualcosa l’avesse morso. Sirius invece aveva un lungo taglio sulla bella guancia, da cui colava una striscia di sangue incredibilmente rosso, ma  non ci faceva caso, preoccupato per la brutta ferita dell’amico.
James stringeva i denti e continuava a camminare, sebbene ogni passo, anzi, ogni respiro, ogni battito del cuore fosse come una pugnalata al fianco.
Eppure c’era gente molto più grave di lui, li vedeva, in fila per farsi dare le prime cure. E Silente che si prodigava per tutti, che andava avanti e indietro come se avesse la metà degli anni che invece gli premevano sulle spalle.
Poi, lentamente, i feriti cominciarono a venire trasportati uno dopo l’altro verso Hogwarts.
Lì avrebbero ricevuto le fantastiche cure di Madama Pomade, sarebbero sopravvissuti tutti, James ne era sicuro! Riuscì a sorridere, ottimista come sempre, mentre formulava questi pensieri.
Sirius lo aiutò a sedersi a terra e si accasciarono l’uno a fianco dell’altro, contro un muro, in fila per poter essere aiutati a tornare a scuola. Era inutile tentare di passare per uno dei passaggi segreti, erano troppo doloranti e sarebbe stato del tutto inutile ormai.
«La nostra Minnie ci ucciderà» mormorò Sirius chiudendo gli occhi. James annuì senza parlare, questa volta sarebbero veramente finiti nei guai. Eppure avevano fatto bene. Ne era certo, avevano fatto benissimo: almeno cinque o sei mangiamorte erano stati abbattuti grazie a loro, era un risultato abbastanza buono per prendersi duecento punti in meno. Deglutì: era una fortuna che loro due fossero così popolari, altrimenti a scuola i loro compagni avrebbero finito il lavoro che i mangiamorte non erano riusciti a terminare: li avrebbero uccisi tra orrende torture.

Lasciò vagare lo sguardo lungo la stradina buia. Lily non si vedeva, avrebbe disperatamente voluto andare a cercarla, ma non aveva forze. E lo sentiva che lei era viva e che stava bene, era una certezza che gli scorreva sotto la pelle, non voleva nemmeno immaginare il contrario.
Poi lo sguardo gli cadde inevitabilmente sui corpi senza vita dei mangiamorte, che erano stati allineati contro il muro poco lontano.
Un brivido lo scosse, quando notò una folta chioma corvina e un braccio magro e pallido riverso sull’acciottolato: il suo candore spiccava in modo inquietante su tutto quel nero che lo circondava. Arabella Selwyn, aveva qualche anno meno di loro, se non ricordava male. Ma che c’entrava lei in tutto questo?
Era una bambina ancora, una ragazzina; quei bastardi l’avevano trascinata dentro a questa storia? Cosa ci faceva lì?
Ed ora era morta, morta come un animale. A nessuno importava se era una giovane studentessa o meno: carne da macello, erano tutti come vittime sacrificali quelli che venivano scelti dai mangiamorte. L'avevano vista cadere, come se le Parche avessero deciso di tagliare all'improvviso il filo della sua vita; così, senza un senso.
Non aveva nemmeno il marchio nero, ora che James guardava più attentamente il braccio. Forse quella sera era stata per lei una prova per vedere se era pronta ad entrare tra i mangiamorte? Beh, evidentemente non lo era. – osservò James mestamente, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
Solo in quel momento, di fronte al corpicino di una ragazza qualsiasi, ormai freddo e disteso sull’acciottolato, James si rese pienamente conto di quanto quella guerra li stesse ormai coinvolgendo tutti.
Non c’era più rifugio, non c’era più posto dove nascondersi. Il male era ormai definitivamente penetrato nelle loro vite.
 

~


Ritrovarono Lily soltanto la mattina dopo, mentre facevano finalmente ritorno ai loro dormitori. Madama Pomade li avrebbe volentieri trattenuti tutti in infermeria, ma c’erano persone molto più gravi di loro e i letti e lo spazio non erano sufficienti per tutti. Così, loro che avevano già un letto nel castello e che non erano feriti gravemente, vennero rispediti nella loro sala comune.
Mentre stavano entrando dal buco del ritratto, sentirono dei passi strascicati provenire dal corridoio dietro di loro e quando si voltarono la videro.
La giovane ragazza avanzava lungo il corridoio, trascinandosi stancamente.
Sirius notò che aveva lo sguardo spento e  i capelli flosci; una fasciatura bianca le avvolgeva il braccio e sbucava sul fianco leggermente scoperto dalla maglietta, evidentemente troppo piccola per essere sua.
James le corse incontro affannosamente, zoppicando ancora un po’ per la ferita, e la afferrò per le spalle.
«Lily, oddio, Lily.» fu tutto ciò che riuscì a mormorare e la strinse in un abbraccio.
«James, ti prego, soffoco, mi fai male!» protestò quella con voce lamentosa
Lui si staccò in fretta e distolse lo sguardo, Sirius sospettò che avesse gli occhi lucidi.
Erano stanchi, stremati e psicologicamente provati, ma erano vivi.
Entrarono nella sala comune e si lasciarono cadere sui divanetti, guardandosi in silenzio per un po’. Non c’era imbarazzo, c’era soltanto la silenziosa sensazione di essere più uniti che mai.
«Grazie. » disse Lily improvvisamente, fissandoli entrambi con uno sguardo stranamente spento «Immagino siate venuti per me. »
Sirius le fece un cenno della testa e abbozzò una smorfia simile ad un sorriso.
«Non ci devi ringraziare, pensavo…» James abbassò lo sguardo e i capelli scompigliati gli ricaddero quasi fin sopra gli occhi «Pensavamo saresti morta.»
«Lo pensavo anche io. » rispose lei, schietta. «E’ morta un sacco di gente a causa mia ieri notte.» mormorò poi, con tono quasi vago, facendo scivolare lo sguardo al parco fuori dalla finestra, mentre veniva inondato dai primi raggi di sole del mattino.
«Non dirlo assolutamente» ringhiò Sirius. «Non per causa tua. Per colpa di quegli schifosi mangiamorte piuttosto.»
Lei si morse un labbro e non rispose, sempre guardando fuori dalla finestra.
«James! Sirius! Lily! Oh porco Merlino, o porca Morgana!» Remus, scompigliato e in pigiama, si precipitò giù dalle scale e sembrò non avere nemmeno il coraggio di abbracciarli, rimase in piedi a fissarli tremante, tormentandosi le mani.
«Su, su, Moony, sta’ calmo, stiamo bene.» Sirius lo afferrò e gli tirò una pacca amichevole sulla spalla
«Voi… non avete idea» mormorò lasciandosi cadere di fianco a loro «Dell’ansia. Siamo venuti a cercarvi, la McGrannitt non ha voluto dirci nulla! Giravano voci di un attacco, c'erano scintille nel cielo e...»
«Lasciamo perdere la McGrannitt» mormorò Sirius funebre «Ci penserà dopo a dirci fin troppo. »
«Cos’è successo? Dove siete finiti? Lily, tu dov’eri?»
Prendendo un breve sospiro e lanciando una fugare occhiata a Lily, che sembrava assente, James cominciò a raccontare la parte di storia che concerneva lui e Sirius. Pochi minuti dopo si aggiunsero a Remus anche Peter e Dorcas, entrambi sollevati e quasi piangenti di sollievo, che fecero le stesse domande e James dovette ripetere tutto, con dovizia di particolari.
«...E poi grazie al cielo è arrivato Silente con gli altri auror e in poco tempo è finito tutto. Non ho mai visto nulla del genere.» concluse, accasciandosi sul divano e tentando di regolarizzare il respiro per lenire il dolore al fianco.
«Nemmeno io» aggiunse Sirius, con voce roca. Carezzava i capelli di Dorcas e sembrava essere da un’altra parte con la mente.
«Ma Lily, cos’è successo? Come sei finita lì, CHI ti ha rapita?» domandò ansioso Remus.
«Ho passato tre ore stanotte a raccontare tutto a Silente e agli auror. » rispose lei con voce roca.
«Ma vi faccio un breve riassunto.» Sospirò e si passò una mano tra i capelli ancora pieni di polvere e scompigliati. Sembrava una bambina cresciuta troppo in fretta, così struccata, sgualcita, dentro quella maglietta troppo piccola.  Dorcas e Remus si sentirono stringere il cuore, ma fecero ben attenzione a non mostrare la loro compassione, ben sapendo quanto l'amica odiasse essere compatita. 
« Stavo per andare a letto, quando ho ricevuto un messaggio che mi chiedeva di andare al corridoio del terzo piano, di fronte al bagno dei maschi. Così ho tenuto i vestiti e sono andata all’appuntamento. Lì non ho visto subito chi mi stava aspettando e…»
«Cosa?» la interruppe James con tanto d’occhi «Stai dicendo che hai ricevuto un biglietto anonimo e hai pensato bene di andare ad un appuntamento con uno sconosciuto nel cuore della notte? Senza dirlo a nessuno?»
«Non urlare per favore. » ribatté lei con voce stanca «Il biglietto… non era anonimo.» sospirò e abbassò lo sguardo, sulle dita che giocherellavano con il bordo della gonna.
«Era firmato da Piton. » sussurrò.
Sirius e James balzarono in piedi quasi contemporaneamente, stringendo i pugni.
«Quel figlio di -»
«Sirius!»
«Sirius un corno!» urlò James «Ha ragione! Quel verme schifoso, quel viscido… COME HA POTUTO FARTI QUESTO?»
«Ora basta!» ribatté Lily con tono cattivo e deciso «Sedetevi e datevi una calmata.» Ma i due ragazzi sembravano non avere la minima intenzione di sedersi. Sembravano anzi pronti ad andare a cercare il colpevole e fare una carneficina.
«Quel codardo, ieri sera nemmeno c’era… »
«Ho detto basta. Sono sicura che era una trappola, non è stato lui l’artefice del biglietto.»
«E come lo sai?» sputò Sirius con tono saccente
«Lo so e basta. » la voce di Lily ora era tagliente «Lo conosco meglio di chiunque altro, o almeno così credevo. Ma sono certa che comunque sia non mi farebbe mai del male. Non in questo modo, non così subdolamente. »
I due si risedettero, evidentemente increduli e scontenti, meditando vendetta.
«Comunque, dicevo. Mi sono risvegliata in una stanza sconosciuta e non potevo muovermi, ero legata ad un letto. Poi è arrivata … è arrivata la Selwyn e ha cominciato a blaterare di sangue puro, di mangiamorte, di omicidio. » fremette leggermente e si strinse di più nella maglia «Mi ha lanciato un imperius e mi ha lasciata lì. Sono riuscita a liberarmi solo dopo molte, molte ore. E poi è cominciata la battaglia e da lì sapete tutto»
Nella stanza sembrava essere calato il gelo. Era il tono con cui Lily parlava di ciò che era successo, la sua apparente indifferenza, le poche parole scarne come se stesse leggendo una cronaca sui giornali, che mettevano i brividi.
«La… la Selwyn? Arabella Selwyn?» domandò James, incredulo. Qualche tassello cominciava a rimettersi a posto nella sua mente.
«Non è possibile» interruppe Peter con un filo di voce «Voglio dire… mia madre conosce la sua famiglia. Lei è più giovane di noi, lei non avrebbe…»
«Oh si che avrebbe.» sibilò Sirius con un tono basso e roco. «Voi non conoscete la sua famiglia, non sapete di cosa sono capaci. » 
«A tal punto da organizzare un rapimento?» Domandò Remus con tono scettico. 
Sirius annuì e sospirò, preparandosi a raccontare la sua parte di storia. 


«Arabella Selwyn era l’ultima discendente della casata dei Selwyn. Sono una famiglia molto potente e in vista, nel mondo magico. Una delle più vicine a Voldemort.
La mia famiglia e la sua sono sempre state molto legate, da secoli, e ovviamente siamo imparentati. Fin da quando io e Regulus eravamo piccoli, abbiamo sempre avuto rapporti con loro.
Il padre, fin da prima dell’avvento di Voldemort, era sempre stato immischiato fino al collo nelle arti oscure, in ogni sorta di intrigo con la magia nera. Immagino che la salita al potere di qualcuno che rappresentasse i valori in cui credeva sia stata un’ottima occasione per schierarsi.
Tutte le famiglie di maghi purosangue, le più ossessionate e fissate dalla razza, hanno sempre avuto l’abitudine di sposarsi tra parenti, soprattutto tra cugini, anche di primo grado.
Questo ha generato delle vene di pazzia, che si sono diffuse da padre in figlio, da madre in figlia, ha generato dei veri e propri mostri, ma nessuno di loro sembra capirlo o volerlo accettare. È così anche nella mia famiglia, lo è sempre stato. Basti guardare mia cugina Bellatrix, è una spostata, è completamente pazza ed è colpa del suo sangue malato, ma orrendamente purissimo.
Non è strano che anche Arabella sia nata così, visto che i suoi genitori sono uno lo zio dell’altra, anche se hanno età più o meno simili. Aveva anche un fratello, per quanto ne so, ma è morto da piccolo per una malattia che  gli dava problemi al sangue, era sempre pallido e malato. *
Insomma, quando avevo sei anni i miei genitori mi hanno comunicato con una naturalezza incredibile che da grande avrei sposato Arabella.»

Tutti trattennero  il fiato e Dorcas strinse forte il braccio di Sirius, guardandolo con occhi sgranati. Egli proseguì, apparentemente indifferente, ma dentro di sé compiaciuto per le reazioni che il suo racconto stava suscitando negli amici.

«All’inizio non ebbi niente di cui ridire, il giorno del matrimonio mi sembrava lontanissimo, era una cosa senza importanza e poi ero piccolo! Conoscevo Arabella, ci avevo parlato poco però e mi sembrava una ragazza strana. In ogni caso aveva la puzza sotto il naso esattamente come sua madre, senza contare che all’epoca le bambine mi facevano orrore, erano come un’altra razza.
Fu quando arrivai ad avere dodici anni che capii veramente cosa sarebbe successo. Ero a casa nelle vacanze estive e i Selwyn ci invitarono ad un pranzo da loro.
Quel giorno parlarono del matrimonio come se fosse già tutto deciso, come se non aspettassero nient’altro che quello si verificasse, per dimostrare ancora di più il legame tra le nostre famiglie. Io non ebbi il coraggio di dire nulla, al momento, anche perché non volevo fare una scenata davanti a tutti.
Avrei rifiutato poi il tutto a casa, con i miei genitori. Ma osservai Arabella, che aveva appena dieci anni. Era inquietante, passava il tempo ad osservare le cose con occhi sgranati e sguardo folle, a contorcersi sulla sedia, a dire poche frasi senza senso e a chiamami Mio Signore quando si rivolgeva a me. Ne fui orripilato, pareva indemoniata.
Quando dissi ai miei che non avevo la minima intenzione di sposarla, in futuro, reagirono malissimo. Fu in quel momento che decisi definitivamente che sarei scappato da quella casa, un giorno non lontano.
Insomma, quando si resero conto della piega che ormai stava prendendo la mia vita e che presto probabilmente mi avrebbero rinnegato, affibbiarono Arabella a Regulus.
Era la sua fidanzata, ora. Sarebbe molto probabilmente diventata sua moglie, tra qualche anno. »

Il silenzio regnava nella stanza. Tutti erano agghiacciati dal racconto di Sirius, soprattutto James, che fissava suo fratello come se non l’avesse mai visto.
Il giovane Black accarezzò distrattamente una mano di Dorcas che ancora lo stringeva e si alzò in piedi. Si diresse verso i dormitori, con lo sguardo perso di chi sta osservando un mondo che gli altri non possono vedere.
 
 
La professoressa McGrannitt fu stranamente indulgente quel giorno. Venne nel dormitorio a fare una bella lavata di capo a James e Sirius, ma non gli tolse nessun punto. I due ragazzi sospettarono fosse tutto merito di Silente e il fatto che la donna sembrava doversi trattenere e stringesse le labbra in un modo pericolosissimo, non faceva che confermare la loro ipotesi.
I seguenti due giorni furono come vivere nel corpo di un altro, per i due grifondoro. Le voci si erano diffuse in frettissima e tutti nel castello sembravano sapere cosa era successo e i bisbigli li seguivano ovunque, ma non mancavano le pacche sulle spalle e le congratulazioni a voce alta. Erano abituati al successo, ma quella era una cosa seria e gli dava fastidio vedere la gente che li idolatrava perché avevano combattuto contro dei mangiamorte. Sirius soprattutto sembrava decisamente insofferente e lanciò un paio di occhiate raggelanti a due Tassorosso che avevano osato complimentarsi con loro a voce alta in sala grande; dopodiché tutti sembrarono darsi una calmata. Ovviamente le voci e le storie su cosa fosse successo quella notte continuavano a circolare e continuarono per molto tempo ancora, ma con meno cattivo gusto.

James nel frattempo non aveva smesso di osservare Lily. Lei era sempre sfuggente: la vedevano solo a lezione, raramente a colazione e mai a pranzo o a cena. Anche quando si sedeva e la aspettava in sala comune, lei entrava e saliva in fretta nel suo dormitorio, senza riemergerne più, degnandolo a malapena di un cenno di saluto.
Seppe che Silente aveva chiamato i suoi genitori per un colloquio, ma lei non ne fece parola con nessuno e continuò a nascondersi da tutti.
Nessuno andava a complimentarsi con Lily, nessuno la seguiva nei corridoi per chiederle di raccontare la sua impresa, ma sembrava essersi diffusa l’idea che fosse un’eroina, una sopravvissuta, una ragazza piena di coraggio che ora meritava la stima e il rispetto di tutti.
Persino i Serpeverde si calmarono un po’ e smisero di rivolgerle insulti, almeno pubblicamente. A dire la verità, smisero di considerarla, la trattarono come fosse stata invisibile.
La morte di Arabella sembrava aver scosso profondamente tutti quanti. Sirius ebbe modo di osservare il fratello e lo vide calmo come sempre, non sapeva cosa pensare.

Una decina di sere dopo, James decise che non si poteva più andare così, la situazione era assurda, gli pareva non di vivere, ma di sopravvivere, separato dal resto del mondo da una patina invisibile che rendeva tutto ovattato; decise che avrebbe dovuto parlare con Lily.
Si fermò fuori dalla biblioteca, dove lei si era rifugiata, e attese che uscisse. Dovette aspettare a lungo, fino alle otto di sera, ma finalmente la ragazza riemerse.
Quando lo vide si bloccò e abbassò lo sguardo, poi fece per sorpassarlo, ma James, stranito, le afferrò un polso e la fermò.
«Lily. Ma che…»
«Ciao James. » rispose con voce spenta «Scusami, ma devo andare, sono molto stanca. »
«No, sono venuto qui per parlare con te.»
Lei gli rivolse uno sguardo realmente disperato
«Ti prego, non voglio parlare. Non voglio sentire niente. »
Incurante delle sue proteste, sapendo di agire per il suo bene, il giovane  cominciò a camminare, trascinandosela appresso.
«E’ inutile che ti nascondi da tutto e da tutti in questo modo. Devi lasciare che ti aiutiamo, che ti aiuti.»
«Non ho bisogno proprio dell'aiuto di nessuno! Me la sto cavando come sempre! Lasciami in pace» ribatté lei risentita.
Entrarono in sala comune e lei tentò di svicolare su per le scale del dormitorio.
«Lily! Basta, guardami!» esclamò James, a metà tra lo stupefatto e l’incredulo,  basito dal comportamento della ragazza. Non sembrava lei.
«Non… non voglio parlarne.» ripeté con voce piatta
«Va bene. » rispose il ragazzo e la trascinò di fronte al fuoco, sul divanetto. Il  suo polso, che ancora stringeva, gli sembrò particolarmente ossuto.
«Non stai mangiando vero? » silenzio ostinato.
«D’accordo. D’accordo, allora parlerò io. » prese un respiro profondo «Lily, tu sei una ragazza forte. Sai di esserlo. Sei una guerriera, hai superato altre prove. Forse questa è la più difficile, ma non devi per forza farcela da sola.
Hai i tuoi amici, hai… me. Non so quello che hai dovuto passare mentre eri prigioniera, non so cosa ti hanno fatto e non è indispensabile che io lo sappia, se tu proprio non vuoi parlarne. Ma sfogarti ti toglierebbe un peso, ne sono certo. »
Lei sollevò i suoi occhi grandi e asciutti su di lui, fissandolo in modo vacuo.
«Non è come pensi, James. Non mi sto affatto struggendo su quello che ho passato. È passato. Sono qui, sono viva, non c’è più bisogno che ci ripensi. »
Lui aggrottò le sopracciglia, incerto «E allora… qual è il problema?»
Lei si morse un labbro, fissando il fuoco sempre con lo sguardo terribilmente vacuo che mai James prima di quei giorni le aveva visto negli occhi
«Non posso dirtelo. Mi odieresti» soffiò
«Non ti odierei mai Lily, MAI.» esclamò il ragazzo con veemenza, prendendole le mani fredde e umide tra le sue. «Nemmeno se mi pugnalassi con le tue mani.»
«Ma io mi odio» rispose lei «Mi do la nausea. Sono esattamente come loro, ho… »
«Quella notte, durante la battaglia, mi sono comportata esattamente come loro. Non sono migliore, sono persino peggiore. Loro almeno si sono schierati.»
«Ma che stai dicendo? Noi siamo il bene, Lils! Noi siamo i buoni, se combattiamo lo facciamo per una giusta causa, per evitare che quello che è successo a te si ripeta. Loro combattono per il puro gusto di massacrare, di fare del male. Non sono umani, sono bestie.» Esclamò, enfatico.
La ragazza lo fissò finalmente negli occhi e James notò che il labbro inferiore le tremava. Le mani che James teneva tra le sue si tesero e si aggrapparono al tessuto bianco della sua camicia, tirandolo come a volersi aggrappare.
«Tu non capisci.» bisbigliò con voce rotta, con le lacrime che ora scintillavano lucenti nei grandi occhi verdi. Continuava a stringere tra i pugni chiusi la sua camicia. «Sono stata io, James. L’ho uccisa io. »











___________________
*anemia falciforme
Non so nemmeno più come scusarmi. Avete tutti i diritti di ricoprirmi di verdura marcia D: 
Ho scritto il capitolo ieri notte alle 3, questo dovrebbe farvi capire il tempo che ho a disposizione in questo periodo @_@ La maturità è TRA MENO DI UN MESE.
Sono nel panico. 


Comunque, se non siete troppo arrabbiati con me... lasciatemi magari un commentino? ç_ç giusto per sapere se siete ancora vivi. 
Grazie <3

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Capitolo 14
*** Capitolo XII ***


Capitolo XII



Hogwarts era in fiamme e James la osservava dal parco, senza riuscire a muoversi.
Di nuovo. Ora sapeva che era un sogno, sapeva persino come sarebbe andato a finire. Lily sarebbe arrivata, come era successo l’altra volta, gli avrebbe afferrato la mano e avrebbe salvato tutto quanto. Avrebbe salvato lui, avrebbe salvato Hogwarts, avrebbe salvato gli studenti, avrebbe salvato il futuro.
L’aria della sera era fresca e ventosa, ma ogni tanto portava un acre odore di bruciato. Il fuoco crepitava minaccioso, illuminando l’oscurità con cupi riflessi arancioni.
Grandi pezzi di castello crollavano miseramente, schiantandosi al suolo e sbriciolandosi, come se Hogwarts fosse diventato un grande castello di sabbia in balia delle onde e del vento.
Fuggi! Gli ripeteva una voce femminile nella sua testa, ma James era come inchiodato sull’erba umida, con occhi fissi sulle grandi nuvole di polvere che si sollevavano dalle macerie e non poteva spostarsi.
Non si preoccupava, non era niente di nuovo. Lei sarebbe arrivata presto.
Cominciò a sentirsi spossato:  il corpo era coperto da un velo di sudore ghiacciato e gli occhi si appannavano: doveva sbattere ripetutamente le ciglia per mantenersi lucido e non perdere l’occhio il fuoco che, lentamente, divorava il luogo che aveva più caro al mondo.
Si, si anche questo se lo ricordava. Mancava davvero pochissimo.
Una mano calda ed asciutta afferrò di slancio la sua, sollevandola verso l’alto: quel tocco fu come un balsamo e James si rilassò, ma stavolta non svenne.
«Lily.» biascicò. Si sentiva la bocca impastata. La ragazza aumentò la stretta e lui avrebbe tanto voluto voltarsi per poterla guardare, ma sentiva il corpo troppo pesante per riuscire a muoversi.
«Lily, portami via. »
Non ottenne nessuna risposta, soltanto quella stretta calda e forte sulla sua mano.
C’era qualcosa che non andava. Le foglie degli alberi avevano smesso di fremere nel buio, le fiamme si erano bloccate nell’atto lambire il castello, niente faceva presagire che tutto sarebbe finito da lì a poco. Ma doveva andare così per forza! James ne era certo; insomma, Lily era lì per salvare la situazione.
Un brivido gli scese giù per la spina dorsale, prima ancora che egli si accorgesse del perché.
La mano di Lily stava diventando lentamente sempre più sudata, la presa sulle sue dita sempre più stritolante.
James si rese conto lucidamente dell’esatto momento in cui le sue unghie diventarono artigli e cominciarono a premergli nella carne.
Non era più la mano della ragazza che amava, era la mano di un mostro.
Tentò di parlare ma si accorse che non ci riusciva più. Tentò di chiamarla, ma si accorse di non ricordare più il suo nome. La vista gli si offuscò di nuovo e James svenne. Era terrorizzato e certo che tutto sarebbe andato male.

~

 
C’era un orologio che ticchettava da qualche parte. Ticchettava fastidiosamente, Lily non se ne era mai resa conto prima d’ora.  Forse perché prima d’ora aveva sempre, bene o male, dormito.
Se ne stava seduta sul letto, con la nuca appoggiata alla testiera e gli occhi spalancati sul buio.
Il buio che rischiava di inghiottirla non era quello della stanza, però, era quello che aveva dentro.
Contemporaneamente –sembrava una contraddizione, si – le pareva di aver aperto gli occhi tutto d’un colpo. Aveva la sensazione che fino a quel momento fosse stata avvolta nell’ovatta e che qualcuno, improvvisamente, le avesse strappato via le sue protezioni dagli occhi e dalle orecchie.
Le dava quasi le vertigini.
Aveva ucciso una persona. Aveva ucciso una ragazzina.
Pensò che non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Che non avrebbe mai più, mai più, attaccato qualcuno con un incantesimo.
Erano passati dei giorni interi, così lentamente che avrebbe voluto urlare, gridare al tempo di riprendere a scorrere alla velocità usuale. E le notti, le notti erano persino peggio! Ormai non dormiva praticamente più, si beveva un po’ di pozione rinvigorente ogni mattina e tirava avanti così per tutta la giornata.
Ma c’era una parte di lei che, persino nel buio della notte, persino quando sola nelle sue riflessioni, tentava di nascondere anche a se stessa.
Quella piccola parte del suo animo che, quando aveva visto Arabella Selwyn cadere senza vita, si era sentita potente. Potentissima, euforica, una forza vendicativa.
Ora al pensiero si sentiva male, le veniva da vomitare e avrebbe voluto prendersi per le spalle da sola e scuotersi.
Era anche certa che Silente se ne fosse accorto, aveva colto il suo sguardo su di lei un attimo dopo che la piccola Serpeverde era caduta sull’acciottolato del vicolo. Aveva pensato che si sarebbe fermato a parlarle, che l’avrebbe chiamata per punirla, ma invece l’aveva lasciata sola con la sua coscienza, il che forse era persino peggio.
Per un secondo le passò nella mente l’idea di obliviarsi, ma poi si disse che no, non avrebbe eliminato la sua colpa così facilmente. E non era il caso di fare altri pasticci con la memoria, visto cos’era successo a James.
Lasciò vagare il pensiero sul ragazzo e sentì una stretta al cuore quando ricordò la sua reazione, quando lei gli aveva detto di aver ucciso Arabella.
L’aveva semplicemente guardata negli occhi e poi l’aveva abbracciata, consolandola. Consolandola. Aveva consolato lei, l’assassina! E lei aveva visto nei suoi occhi che era sincero, che era dispiaciuto per lei; un sentimento che rasentava forse la pietà, ma che lei aveva compreso e letto come compassione. James era un idiota pieno di se, ma era sempre compassionevole, capiva le persone, le ascoltava veramente.
Non si meritava tanto – pensò Lily – si meritava che lui la allontanasse, le sputasse addosso, la bandisse per sempre dalla sua vita.
La sua comprensione non faceva che farla sentire peggio. Cosa avrebbe potuto fare del suo futuro, ora che aveva le mani sporche di sangue?
Con un gemito si alzò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro nella stanza.
Erano solo le due del mattino.
 

~

 
«Oi, imbecille!» un cuscino lo raggiunse in piena faccia, ma James non fece una piega.
Sirius si accigliò e indossò la sua miglior espressione da guastafeste. Remus lo osservò placidamente dal suo letto, mentre questi prendeva la rincorsa e si lanciava con tutto il suo peso sullo stomaco guarito da poco dell’amico.
«AAAAHJDSBHVJBVS – RIUS!» tossì James, spingendo il suo migliore amico giù dal letto, con tutta la forza che poteva avere nelle braccia all’alba delle undici del mattino.
«Buongiorno principessa!» gli urlò l’altro nell’orecchio. «Lo sai che meraviglioso giorno è oggi?»
James lanciò uno strillo acuto, si stropicciò gli occhi e rituffò la testa nel cuscino, tirandosi le coperte fino al mento.
Sirius rimase ad osservarlo con le mani sui fianchi e con un cipiglio scuro per un momento, poi schioccò le dita in direzione del quarto letto nella stanza.
«Peter? Gli strumenti. » esclamò con voce efficiente.
Il ragazzino tozzo e dal sorriso gentile che tutti conoscevano, si avvicinò con un insolito sguardo orgoglioso, perfettamente calato nel ruolo, reggendo in una mano un cuscino di seta rossa, sul quale era appoggiata una bacchetta di legno scuro.
Nell’altra mano stringeva una pergamena arrotolata.
Remus sbuffò e ridacchiò, alla scenetta, rotolandosi nel letto fino a trovarsi a pancia in giù per godersi meglio lo spettacolo.
Peter si inginocchiò e porse a Sirius il cuscino rosso; il ragazzo prelevò la bacchetta e finse di esaminarla. Poi spostò lo sguardo sul ragazzo addormentato e un  guizzo malandrino gli passò negli occhi.
Veloce come un fulmine gli puntò contro la bacchetta e bisbigliò «Aguamenti. »
 
 
 
Un getto d’acqua potente come quello di un idrante colpì il giovane Cacciatore di Grifondoro, obbligandolo a strepitare come un pollo nel tentativo di liberarsi dalle coperte e sfuggire a quella trappola d’acqua.
Non fu facile, siccome le coperte e il lenzuolo gli si erano appiccicati addosso, ma non appena ci riuscì si slanciò verso il suo amico, atterrandolo e cominciando ad urlargli di tutto, per poi strappargli la bacchetta dalle mani e rendergli il favore, bagnandolo da capo a piedi.
«Potresti gentilmente levarti da dosso?» gli domandò Sirius non appena riuscì di nuovo a respirare «pesi.»
«E tu puzzi come un cane bagnato. Ma sono sacrifici che bisogna fare per amor di vendetta.»
«P-peter?» sputacchiò il ragazzo schiacciato contro il pavimento «Continua con il piano. The show must go on, anche se io soccombo.»
James fece saettare uno sguardo sardonico sul suo inoffensivo amico, che aveva appena srotolato la pergamena.
«Messer Padfoot, detto anche Sua Eccellente Beltà, Miglior Taglio di Capelli Maschile dell’Anno, Studente più Affascinante della Scuola, nonché -»
«Taglia corto Peter!»
«No, Peter, continua pure!»
«Peter!» gli intimò James minacciosamente «Fai come ti dico. Chi comanda qui?»
Il giovane si umettò le labbra, facendo saettare lo sguardo da Sirius a James.
Siccome il giovane Black aveva appena emesso uno squittio non ben definito, a causa di un pizzicotto violento del suo migliore amico, decise che in quel momento era James a comandare.
«Si beh, dicevo… Messer Padfoot comunica ai suoi coinquilini-»
«Coinquilini? Da quando noi siamo…»
«Insomma, sta’ zitto, lascialo finire!»
«… comunica ai suoi coinquilini che in quanto vigilia del diciottesimo compleanno della sua Illustrissima Persona, questa sera Essi sono invitati alla grande festa che Essi stessi organizzeranno per lui. »



«Sirius.»
«Si?»
«Sei veramente un idiota, ne sei consapevole vero?»


~

 
Un pomeriggio di pioggia di qualche mese prima, in cui non avevano avuto niente da fare, i malandrini si erano divertiti a contare il numero di regole della scuola che avevano infranto nei sette anni trascorsi lì.
Erano esattamente trecentonovantasette. E calcolato che il totale -comprese le regole talmente vecchie che ormai erano solamente ridicole - era di circa cinquecentocinque regole, avevano potuto sentirsi orgogliosi del risultato.
Erano sicuramente stati fino a quel momento i peggiori combinaguai che il castello avesse mai ospitato.
Nessuno di loro si ricordava se ci fosse qualcosa di scritto specificatamente al proposito delle feste fuori orario e senza permesso, ma almeno una ventina di regole stavano per essere infrante.
Quella del coprifuoco, tanto per cominciare, poi quella che vietava di dare la parola d’ordine di una sala comune a studenti di altre case, poi quella sull’alcool e via dicendo.
In ogni caso questo a nessuno importava – anche se Remus doveva fingere sicurezza e tranquillità per nascondere la leggera ansia – e tutti i loro sforzi erano rivolti alla riuscita del compleanno; che avrebbe dovuto essere la più grande festa illecita che Hogwarts avesse mai ospitato.
 
 
I quattro ragazzi passarono l’intera mattinata –  ben un’ora intera in sostanza, vista l’ora a cui si erano svegliati -  a programmare il modo in cui far sgattaiolare un centinaio di persone da una parte all’altra del castello senza essere scoperti. Inizialmente pensarono di chiedere ai fantasmi di collaborare, per accompagnare i fuggiaschi negli spostamenti senza che questi venissero scoperti, ma la cosa era troppo laboriosa.
L’idea gloriosa venne a Peter. Cioè, venne a Peter senza che questi se ne rendesse conto.
«Ragazzi, mi sono dimenticato che oggi è l’anniversario di matrimonio di zia Prunilla.» esclamò ad un tratto, battendosi una mano sulla fronte «Vi dispiace se vado un secondo a farle gli auguri?»
Tutti lo fissarono per un istante
«Peteeeer…» mormorò James perplesso «Tua zia Prunilla non è vedova da anni?»
«Si, beh» spiegò quello con tono pratico «Ma gli auguri glieli ho sempre fatti lo stesso! È una tradizione di famiglia. » e si apprestò a lasciare il conciliabolo.
Gli altri lo osservarono per un istante, per poi distogliere lo sguardo annoiati; erano abbastanza abituati alle stranezze famigliari del loro amico per badarci troppo.
Ma quando Remus lo vide tirare fuori una manciata di polvere volante e lanciarla nel camino, lanciò un urlo talmente alto che Peter si spaventò, sobbalzò e ficcò la testa nel fuoco senza nemmeno dire dove volesse andare.
I ragazzi si scambiarono uno sguardo preoccupato
«Remus?»
«GENIALE. Faremo così! Useremo la polvere volante, tutti i dormitori hanno un camino!»
Quando la testa di Peter tornò fu sommerso di abbracci e urla, che gli fecero venire voglia di tornare ad infilarsi nel fuoco verde.
E il problema principale fu risolto in un soffio.

Per metà pomeriggio si videro i corridoi invasi di mini gufetti di carta ripiegata, che volavano da una parte all’altra del castello auto-recapitandosi, in quanto erano gli inviti per la festa. E ogni volta che un professore riusciva ad acchiapparne uno, il contenuto cambiava immediatamente, mostrando solo un’innumerevole quantità di appunti scolastici.
I meno stupidi, come ovviamente la Professoressa McGrannitt, non abboccarono, ma non riuscirono nemmeno in alcun modo a farsi rivelare il reale contenuto del biglietto e furono costretti a rilasciarli tutti  con somma insoddisfazione.
James era letteralmente esaltato dal risultato che aveva ottenuto; era sempre stato bravo in trasfigurazione, ma ora riteneva di aver superato se stesso e gli ampi sorrisi di Sirius lo ripagavano totalmente del suo sforzo.
Frotte di elfi domestici si mobilitarono per preparare cibo segretamente ed in abbondanza per i malandrini che tanto adoravano e provvidero addirittura a trasportarlo ed ammucchiarlo nella sala comune di Grifondoro, silenziosi ed invisibili esattamente come quando facevano le pulizie.
I quattro ragazzi passarono tutto il pomeriggio a darsi da fare, che se qualcuno li avesse visti avrebbe pensato che sicuramente erano malati: mai avevano lavorato tanto in vita loro.
Verso le otto di sera l’atmosfera nella sala comune era calda ed eccitata, i Grifondoro sfoggiavano sorrisi smaglianti, pronti a gustarsi l’emozione di una festa proibita e con gli occhi luccicanti, pieni della vista di tanto ben di Dio.
Ai muri erano appesi stendardi delle sole tre case di Hogwarts che avrebbero partecipato alla festa; nessuno dei quattro ragazzi aveva infatti trovato di suo gradimento invitare uno dei Serpeverde. L’acrimonia tra nemici sempiterni era troppo forte. Senza contare che nessuno sano di mente avrebbe mai dato la parola d’ordine del dormitorio Grifondoro ad uno dei Serpeverde.
La stanza era illuminata da un innumerevole quantitativo di candele che volteggiavano poco sotto il soffitto, come nelle migliori occasioni in Sala Grande, i vetri erano stati incantati in modo da riflettere spettacoli meravigliosi come le aurore boreali o le varie costellazioni – sì, questo era tutto dovuto al tocco femminile di Dorcas, nessun malandrino avrebbe mai pensato ad una tale frivola sottigliezza; e infine c’erano pile e pile di tramezzini, focaccine d’avena, frutta e torte al cioccolato, bevande alcoliche e non, impilati ordinatamente sui tavolinetti  bassi che erano stati moltiplicati per l’occasione. Le poltrone in centro alla stanza erano state spostate in un angolo e un grammofono era pronto e spolverato, con accanto un’alta pila di dischi con la musica preferita dei ragazzi.
Remus e Peter arrivarono in sala comune trafelati alle otto e venti, portando con loro, nascoste sotto il mantello ed adeguatamente rimpicciolite, cinque casse di alcolici e di dolci.
«Direttamente dalla cantina di Mielandia, signori!»
Un paio di ragazzini del primo anno erano stati assunti come guardie della Mappa del Malandrino. In caso di avvicinamento di un professore avrebbero dovuto avvertire immediatamente Sirius, James, Remus o Peter.
Era tutto perfetto nei minimi dettagli.

Alle nove Sirius finì di allacciare il nodo alla cravatta e fece un passo indietro per ammirarsi a figura intera nello specchio.
Si scompigliò i capelli ad arte e ritenne di essere pronto.
James gli si avvicinò da dietro e appoggiò una mano sulla sua spalla, guardando il riflesso dell’amico.
«Questa sarà una festa che spacca sul serio.»
«Puoi dirlo Pad. Ce ne sarà bisogno»
«Si in effetti il mio compleanno è un evento troppo importante per passare sottotono»
Entrambi ghignarono
«Non per sminuirti, ma lo sai che questa festa non è solamente per te vero? Col cavolo che avrei accettato di prepararla, altrimenti!» scherzò
Sirius si fece stranamente serio ed annuì «Non l’ho voluta soltanto per me infatti. Ho pensato però che il mio compleanno sarebbe stata l’occasione perfetta.»
«Con tutto quello che sta succedendo là fuori… » James lasciò la frase in sospeso. Ma entrambi sapevano perfettamente a cosa sarebbe servita la festa. Era un modo per tirare l’umore della gente su di morale, un ballo, gli alcolici, la segretezza. Un modo per distrarli da tutto ciò che stava succedendo là fuori; erano un gruppo di gente che si ritrova in una sala da ballo mentre nel giardino -e fino alla veranda- infuria la bufera.

Scesero le scale in sella ad una scopa, prime donne come sempre, e vennero accolti da un boato di urla. La sala comune era strapiena e altra gente continuava ad uscire dal camino.
Quando venne messa la musica, la festa partì.
 

~

Lily osservava la gente ballare come se fosse l’ultima notte del mondo. Mary era sdraiata su uno dei divanetti contro il muro, con un bicchiere pieno di liquido ambrato in mano, ubriaca persa e felice, mentre chiacchierava con il ragazzo che le piaceva. Rideva ogni due secondi.
Anche Dorcas stava ridendo fino alle lacrime, ascoltando qualcosa che le stava declamando Sirius; lui era in piedi sul tavolo, con una bottiglia di Idromele nella mano destra ed una rosa rossa nella sinistra. Sotto di lui, intorno al tavolo, era pieno di gente che assisteva allo spettacolino.
James non si vedeva più da un bel po’, di lui era rimasta soltanto la cravatta che dondolava aggrappata ad uno dei bracci del lampadario in mezzo alla stanza – Lily suppose che si fosse imboscato con una ragazza, era praticamente la normalità.
La rossa invece era scesa in mezzo agli altri, per  un po’, ma non si sentiva dell’umore giusto per festeggiare e soprattutto detestava fare il palo, mentre le sue amiche si divertivano. Quindi aveva deciso di risalire e godersi un po’ lo spettacolo da lì. Era appoggiata con i gomiti sulla balaustra e aveva aperto la finestra, un po’ d’aria fresca entrava e le muoveva debolmente i capelli, dandole una sensazione di leggerezza.
Si sentiva serena, per la prima volta dopo giorni. Non aveva pensato nemmeno per un secondo che tutta quella gente era in realtà sotto la sua responsabilità, in quanto caposcuola, e che se qualcuno avesse scoperto la festa lei sarebbe stata invischiata fino al collo. Ormai le regole, quelle della scuola, avevano perso ogni importanza. Ormai andava fatto ciò che era giusto, non ciò che era imposto.
Il suo sguardo continuava a vagare sulle persone che saltavano, si dimenavano e urlavano a ritmo di musica. Non che fosse un rave party, ma di certo se non avessero insonorizzato la stanza, qualcuno si sarebbe accorto di ciò che stava accadendo dopo nemmeno tre minuti.
Nonostante non lo ammettesse nemmeno a se stessa, i suoi occhi cercavano James. Le faceva male l’idea che fosse con qualcun’altra, magari bella, capace di tenere scena e scintillante come lei non avrebbe mai potuto essere. Era più che convinta che l’ossessione di James per lei fosse dettata solamente dal desiderio di farsi dire di si, ma in fondo non riusciva a sentirsi lusingata dalle attenzioni del ragazzo, che pure una volta tanto la infastidivano.
Dopo che lei gli aveva confessato la sua colpa più grande, lui non aveva smesso di parlarle, facendosi sentire, se possibile, ancora più vicino. Però lo vedeva, che non era più sciolto come prima, che pensava prima di parlare per non farsi scappare qualcosa di sbagliato.
Sospirò. Chissà come sarebbe stato quel momento se lei gli avesse detto di si, che voleva uscire con lui, che voleva lui.
 
 
James intanto era riverso sotto un tavolo, da almeno una ventina di minuti. Stava osservando con interesse i movimenti ondulatori della tovaglia, che dondolava ogni volta che qualcuno le passava di fianco. Vedeva solo piedi sconosciuti che andavano e venivano, a volte un bicchiere che cadeva e spargeva tutto il suo contenuto in giro.
Aveva bevuto troppo. E solitamente quando beveva troppo era un’occasione di lieti festeggiamenti di cui non si sarebbe ricordato più nulla il mattino dopo, non un’occasione per nascondersi sotto ad un tavolo.
C’era qualcosa di appiccicaticcio che gli dava molto fastidio, perché lo sentiva premere tra il gomito e il pavimento.
Fece l’enorme sforzo di alzare l’altra mano e staccare la fetta di cetriolino dal suo braccio, per lanciarla lontano.
Comunque.
Era forse una sbronza triste quella? Tutto, ma non una sbronza triste! James Potter non poteva farsi rovinare la reputazione da una stupida sbronza triste. Per questo aveva pensato bene di infilarsi sotto quella tovaglia, giusto un momentino, per riprendere coscienza di se.
Il momentino però si stava protraendo da un po’ troppo tempo e James cominciava ad annoiarsi.
I suoi pensieri oltretutto erano piuttosto monotematici e lo spingevano ad uscire di lì per raggiungere l’oggetto del suo desiderio.
Lily.
L’aveva vista aggirarsi tra la gente, tempo prima, ma non era riuscito a raggiungerla perché l’avevano catturato in una specie di balletto collettivo a causa del quale la sua cravatta era scomparsa. Peccato, gliel’aveva regalata Remus per Natale due anni prima, ci teneva. Sperava solo che non se la fosse fregata qualche ragazzina ossessionata ed inquietante, come una volta era successo per un suo paio di guanti da Quidditch.
Li aveva tolti dopo un allenamento ed erano spariti nel nulla. Era stato soltanto grazie ad una sua amica del quarto anno che aveva scoperto che erano stati rubati da una sua “fan”, che ora li teneva come un cimelio. Neanche a dire che si era vendicato brutalmente, con l’aiuto di tutti i malandrini.
Per un mese quella ragazza era andata in giro con una cuffia e una sciarpa pesante avvolta intorno al viso, nonostante fosse maggio.
Ma stava divagando di nuovo con i pensieri.

Faticosamente rotolò fuori da sotto il tavolo, trovandosi esattamente sotto ad una ragazza che stava servendosi da bere. Studiò da sotto il vestito per un istante le sue mutandine a scacchi verdi e rossi e poi decise di non essere interessato. Si alzò in piedi e le sfilò elegantemente il bicchiere appena versato dalle mani, strizzandole l’occhio con fare ammiccante e defilandosi in fretta, lasciandola a bocca aperta e con le guance notevolmente arrossate.
Ondeggiò tra la gente, versò –per sbaglio!-  metà del contenuto del bicchiere in testa ad un ragazzino che era quasi certo che si fosse imbucato alla festa e poi scambiò due parole con Peter, che stranamente riusciva ancora a reggersi in piedi.
Si sentiva come un padre alla festa di diploma di suo figlio: vedeva la gente divertirsi, ballare e ridere e si sentiva orgoglioso, come un padrone di casa.

Fingeva nonchalance, ma intanto si guardava intorno in cerca di Lily. Temeva che se ne fosse andata con qualcun altro, siccome non la vedeva da nessuna parte.
Magari si era annoiata? Strano, ma possibile, le sue amiche erano tutte impegnate con qualcun altro.
Alzò gli occhi involontariamente verso le scale del dormitorio femminile e la vide.
Si vedeva solo una silhouette scura, appoggiata alla balaustra in cima alla rampa di gradini, ma James era sicuro, certo, che fosse lei; se lo sentiva sotto la pelle.

 
 
Si diresse verso la sua scopa che aveva accuratamente appoggiato in un angolino sicuro e la inforcò, ben sapendo che le scale si sarebbero trasformate in uno scivolo se avesse tentato di salirle.
Mentre era in volo batté un cinque aereo con Sirius, che in quel momento era trasportato da mille mani che lo tenevano sollevato e cantavano una canzoncina di auguri, poi si diresse verso la ragazza.
 

~

 
Lily lo vide arrivare e represse un sorriso. Finalmente.
Il ragazzo smontò elegantemente dalla scopa e… no, non smontò elegantemente. Quasi si dimenticò di frenare e, annebbiato dall’alcool, rischiò di schiantarsi contro il muro, poi ondeggiò in modo strano e toccò a terra con un piede, ciondolando di lato.
Lily si allontanò di un passo per non essere investita e immediatamente colse l’odore di alcool – probabilmente firewhisky? – che avvolgeva il ragazzo.
«Ammirevole, ti reggi ancora in piedi.»
Lui si spolverò una manica della camicia, apparentemente ignaro della figura che aveva appena fatto.
«Modestamente ci vuole ben altro per abbattere James Potter» dichiarò con tono strafottente
«Ah si? Strano, mi era parso di vederti in difficoltà con la scopa!» indicò
«Pft, impossibile. Sono un maestro. »
«Un maestro decisamente ubriaco però.»
Lui alzò le spalle e fece un sorrisino ebete
«Come mai qua da sola? Non vorrai mica fare la sfigata come la Higgins?»  rise
La Higgins era una povera ragazza del quinto anno che si trovava nel suo periodo sonobruttatuttimiodianoenessunomicapisce e che quindi evitava i rapporti sociali come la peste e che quella sera probabilmente si era rinchiusa in dormitorio per dormire. I malandrini, come si confaceva al loro ruolo, non facevano altro che sfotterla in continuazione e deriderla, proprio con l’atteggiamento giusto per aiutarla a superare la fase che stava attraversando.
«Sono scesa, ma le mie amiche hanno trovato di meglio da fare e proprio non mi va di stare a fare la candela, comprendi?»
«Bastava chiedere cara. » sfoggiò un sorriso smagliante e un po’ sbilenco
Lily stranamente non lo insultò, ma ridacchiò
«Tranquillo, non potrei cadere così in basso.» si sistemò i capelli con una mano, catturando lo sguardo di James che li osservò rapito «E comunque c’è davvero troppo rumore laggiù, non sono in vena.»
Lui allungò una mano e le sfiorò le dita. Lily si bloccò, come fulminata e un brivido la scosse.
L’atmosfera si era fatta improvvisamente molto seria.
James la fissava con le labbra dischiuse e gli occhi che sembravano luccicare – probabilmente era colpa dell’alcool, ma Lily scacciò il pensiero per non rovinare la poesia del momento – e non accennava a scostare le sue dita calde dal dorso della sua mano.
«Andiamo a fare un giro, che ne dici? »
La proposta fece spalancare la bocca a Lily, pronta già a rifiutare. Aveva paura che tutto precipitasse nello squallido, non voleva che succedesse niente di cui potesse pentirsi.
«Io non credo che…»
«Tranquilla, intendo davvero solo un giro. Nel parco. Ci sarà silenzio, potremo anche guardare le stelle. »
James pareva serio e il suo tono di voce non sembrava malizioso. Lily tentennò
«Non mi sembra una buona idea tentare di uscire ora. Già stiamo tenendo una festa illegale nella sala comune; se poi ci scoprissero fuori dal dormitorio…»
Lui le fece l’occhiolino e le porse una mano in un chiaro gesto di invito.
«Non ci scopriranno. Dimentichi che sei con il re delle regole infrante.»
Lei fece una smorfia scettica. «E come usciremmo?»
James prese in mano la scopa e la posizionò a mezz’aria di fronte alla ragazza, fingendo di spolverare un inesistente cuscino. Poi fece un inchino e un gesto con la mano «Milady…»
«Stai dicendo che dovrei uscire con te, ubriaco, maniaco e decisamente sopra le righe, nel bel mezzo della notte, volando su una scopa?»
«Esattamente. »
Lei fece un ghigno e un sorriso malefico, poi afferrò la mano del ragazzo e si issò sulla scopa.
Pochi istanti dopo i due ragazzi si stavano librando nel cielo sopra Hogwarts.





























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Capitolo lunghetto, per farmi perdonare delle future assenze. Gli esami sono tra una settimana (mi sento male solo a pensarci) e quindi..adios! 

Grazie per tutti quelli che hanno recensito, non sapete quanto mi fa piacere! Risponderò a tutti con più calma <3

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Capitolo 15
*** Capitolo XIII ***


 

Capitolo XIII

 
Remus era totalmente senza fiato, ma non poteva nemmeno lasciarsi cadere su un divanetto o una poltroncina, perché erano tutte occupate.
Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi; aveva la testa che girava tantissimo e non aveva nemmeno bevuto molto!
Sollevò le palpebre di appena una fessura e sbirciò verso la porta, per caso; ci mise un attimo a realizzare che la mappa del malandrino era abbandonata su un tavolino e non c’era nessuno, nessuno, a fare la guardia.
Gli partì immediatamente la tachicardia e si ripromise di mettere in punizione per almeno un decennio quel primino inutile che avrebbe dovuto controllare.
Facendo lo slalom tra le persone si avvicinò alla porta, urtò un paio di ragazzine e proseguì borbottando un paio di scuse.
Arrivato al tavolino lanciò uno sguardo intorno e vide che il povero studente che avevano assoldato come guardiano era riverso a terra, apparentemente addormentato, probabilmente in botta alcolica.
Altro che succo di zucca.
Scosse la testa, era ovvio che sarebbe finita così, Sirius e James non potevano aspettarsi che quei bambini non si sarebbero messi a bere alcolici anche loro.
Sollevò la mappa, decidendo di fare le sue veci finché quello non si fosse ripreso e lanciò una pigra occhiata ai corridoi. Erano quasi le due del mattino, era sicuro che la scuola fosse deserta.
Notò il puntino di Mrs Purr aggirarsi un corridoio più sopra, ma Gazza non era in vista, anche lui doveva pur dormire ogni tanto no?
Si allungo vero un tavolo e prese un bicchiere pieno di ghiaccio: lo adorava e lì dentro faceva davvero caldo.
Lo masticò lentamente, senza smettere di fissare la mappa, ma si bloccò non appena vide un altro puntino in avvicinamento.
Per lo spavento tentò contemporaneamente di inghiottire il ghiaccio e di sputarlo, quindi semi-soffocò e cominciò a tossire.
Filius Vitious , diceva la taghettina. Vitious. Vitious nel LORO corridoio.
Una serie di catastrofiche immagini gli passarono davanti agli occhi in un secondo, prima che trovasse la forza di reagire.
Lanciò un silencio sul grammofono e su gran parte della gente, poi puntò rapidissimamente la sua bacchetta alla gola e disse sonorus.
«FERMI. » urlò e tutti si bloccarono sul posto, alcuni a fatica continuarono a traballare, nel tentativo di reggersi, altri sembrarono capire all’istante.
«Sembra che Vitious si stia dirigendo da questa parte.» Poi, in fretta, prima che si scatenasse il panico generale, aggiunse:
«State tutti fermi e zitti. Se farete casino sarà più difficile fuggire alla svelta, nel caso in cui stia venendo proprio qui»
Stranamente lo ascoltarono in quanto al silenzio, ma si ammassarono tutti vicino ai camini, tentando disperatamente di trovare della polvere volante per andarsene. Apparentemente però non era vicino ai camini e nessuno sapeva dove trovarla.
«E mi raccomando, non tentate di smaterializzarvi all’interno dei confini di Hogwarts, per carità, se ci tenete alla testa!»
Sirius comparve al fianco di Remus, come spuntato dal nulla, e si mise a fissare la mappa accigliato, apparentemente a suo agio nonostante non avesse più la camicia e i suoi capelli fossero diventati viola per metà.
«Come lo blocchiamo?» sussurrò
«Non è ho idea. Potremmo provare a lanciare un obscuro , per spegnere tutte le luci in un istante, ma c’è sempre la luna fuori e oltretutto basterebbe un lumos per tornare a vederci qualcosa. »
«Bloccarlo fisicamente?»
Remus gli lanciò un’occhiataccia. Vitious era a metà del corridoio
«Dov’è James?» sussurrò Sirius di nuovo
«Non so, ma non c’è tempo ora. Dobbiamo provare un incantesimo di disillusione generale. »
«Impossibile, ci metteremmo troppo tempo!»
«Dannazione, avremmo dovuto pensare ad un modo per un’evacuazione istantanea!»
Avevano le mascelle contratte e i muscoli irrigiditi. La parola Espulsione lampeggiava nelle loro menti incessantemente.
Remus si voltò e si sentì sommergere dai mille occhi che li stavano fissando ansiosi.
«Oh merda. » Sirius gemette.
Vitious si era fermato, era lì dietro il quadro, a nemmeno un metro e mezzo da loro.
Divisi da una sottile parete, anzi, da una sottile tela di un dipinto, c’erano due mondi opposti.
Da una parte una sala illuminata: stracolma di cibo e di alcool (per quanto ne fosse rimasto poco),  dove stavano ancora svanendo gli echi della musica che l’aveva invasa fino a poco prima, piena di gente giovane e timorosa, ma nutrita di speranze, tanti cuori che battevano frenetici all’unisono; dall’altra parte: un corridoio buio, antico e deserto, con un solo uomo fermo ad osservare.  
I secondi passavano.
 
~

«Potter!» esclamò Lily nervosamente.
«Si cara?» il ragazzo si voltò all’indietro per risponderle e le rivolse un sorriso fin troppo smagliante.
La scopa sbandò pericolosamente e puntò dritta contro il tronco di un albero.
«ATTENTO!» urlò Lily agitata, stringendo con forza il manico.
James esplose in una risata «Pensi davvero che possa perdere il controllo della scopa?» ridacchiò
«Sei ubriaco!»
«No, te l’ho detto, soltanto un po’ allegro. » le strizzò l’occhio «E sono comunque il miglior giocatore di Quidditch vivente, non dimenticarlo! Ci vuole ben altro per mettermi K.O.» e le rivolse un’occhiata eloquente
Lei sbuffò e roteò gli occhi «Abbassa la cresta.»
«Ahh che bei momenti, queste sono le classiche battute della Evans» mormorò lui con un sorriso soddisfatto. Si girò di nuovo di fronte ed incrociò le braccia dietro alla nuca, guidando la scopa solamente con le gambe. Scivolarono silenziosamente tra le chiome degli alberi, circondati solamente dal fruscio delicato delle foglie che dondolavano nell’aria notturna.
Lily inarcò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto, James avrebbe anche potuto avere ragione, ma mai si sarebbe abbassata tanto da concedergliela.
«Non proprio, visto che non ti ho ancora insultato» lo punzecchiò dopo qualche secondo, in risposta alla sua frase.
«Meno male, visto che mi sto impegnando al massimo per evitarlo! »
La frase scherzosa la fece rabbuiare, riportandole alla mente il comportamento che ultimamente il ragazzo stava tenendo con lei, tutta quella cautela per non dire qualcosa che potesse ferirla, tutta quella gentilezza non fastidiosa…
«Beh, puoi anche evitare sai? » mormorò, con un tono completamente diverso.
James parve accorgersi del cambiamento perché tolse le braccia da dietro la nuca e le riportò sulla scopa, per poi voltarsi di nuovo indietro verso di lei.
«Che intendi?»
Lei fissò ostinatamente un punto indefinito alla sua destra.
«Solo che non c’è bisogno che tu non ti comporti spontaneamente quando sei con me. »
James rimase in silenzio e, volando in circolo, planò un po’ in più in basso fino a sfiorare un ampio ramo di un frassino.
Accostò la scopa e poggiò i piedi sulla corteccia, invitando Lily a fare altrettanto. I due ragazzi smontarono e si sedettero sul grande ramo.
La vista era bellissima: da lì potevano osservare l’intero lago nero riempire il fondo della valle e snodarsi lontano tra gli alberi, fino a perdersi alla vista. In cielo c’era una falce di luna bianchissima che si rifletteva sull’acqua leggermente increspata donandole un’atmosfera spettrale.
«Cos’è, il tuo posto segreto per far colpo sulle ragazze?» domandò Lily con un sorriso, tentando di alleggerire il silenzio.
Quando si voltò, James non stava fissando il panorama, ma lei; e con uno sguardo così intenso da sembrare sofferente. Deglutì.
«Qualcosa non va?»
Quando il ragazzo parlò, lo fece con una voce stranamente roca «Non voglio che pensi che mi comporto in modo ipocrita quando sono con te. Non mi rendo nemmeno conto di farlo. Di comportarmi diversamente, intendo. Non lo faccio apposta»
Lei spalancò la bocca per parlare «No, lo so… cioè, io intendevo .. Sai, per quella storia della Selwyn.» Quella storia. Ottima scelta di parole, Lily. Complimenti.
«Che poi comunque non ne abbiamo più parlato» aggiunse «Ma sto meglio, davvero.  Non c’è bisogno di tutta questa… cautela.»
«Non sono cauto. Ho solo cercato di… beh, di non dire cose che potessero farti ripensare a quello. Si ok, sono cauto.» si imbronciò
Lei nonostante tutto sorrise «Va tutto bene, davvero. » poi si corresse «O meglio, va bene per quanto possa andare bene dopo che ho ucciso una persona. » aggiunse con tono amaro.
Lui, schietto come sempre, non riuscì a trattenersi dal domandarle:
«E’ comprensibile Lily, davvero; dopo tutto quello che ti ha fatto… nessuno ti darebbe la colpa. L’hai davvero… beh… colpita?»
Lei annuì, senza abbassare la testa. «Si l’ho colpita. »
Tacque. James avrebbe desiderato fare altre domande, ma forzarla a parlare e ricordare era davvero l’ultima cosa che voleva in quel momento, quindi non disse niente, aspettando di vedere se lei si sarebbe aperta spontaneamente o meno.
Lily infatti, dopo una pausa che le servì per riordinare le idee, si mise a raccontare.
«Eravamo tutti fermi, in tensione. Ero pronta a scattare da un momento all’altro e all’improvviso Voldemort ha detto finiteli e i mangiamorte si sono lanciati contro di noi. Uno di loro ha lanciato un Avada Kedavra diretto contro un auror vicino a me, ma lui era troppo impegnato a difendersi dal mangiamorte che gli stava più vicino e non l’ha visto arrivare. Allora mi sono messa in mezzo e ho deviato l’incantesimo, facendolo rimbalzare con uno dei miei. »
«L’hai deviato?» domandò James spalancando la bocca «Ma allora non è stata nemmeno colpa tua! Ha colpito la Selwyn per sbaglio!» esclamò infervorandosi
Lily si morse un labbro «Non è proprio così, James. Le maledizioni senza perdono non possono essere respinte con uno scudo, nemmeno il protego funziona. »
«E come…»
«Ho lanciato un Avada Kedavra a mia volta. » mormorò «Quando i due incantesimi si sono scontrati ho mosso la mano per dirigerli. C’era un vuoto in mezzo alla strada, la Selwyn è balzata in mezzo, ma io… io non ho fatto niente per fermarlo. Capisci, è successo tutto quanto in meno di un secondo!» esclamò «è stata tutta una reazione istintiva, non ho nemmeno avuto tempo per pensare. »
James stava ormai scuotendo la testa freneticamente, ma la ragazza non lo lasciò parlare
«Questo non significa che non sia colpa mia. Volevo farlo. Per un istante ho voluto farlo… e nell’istante dopo mi sono sentita… potente. Non mi è dispiaciuto.» Ecco. Ora l’aveva detto. Si era confessata, si era liberata di quel peso. E con Potter, assurdo. Ma si sentiva più leggera.
«Ah, ed è illegale.» aggiunse, a disagio.
James continuò a scuotere la testa «Bene. Mi sta bene che sia illegale. Mi sta bene che tu prenda a cuor leggero la cosa. Ma ti proibisco di sentirti in colpa! Davvero, non ne hai. E, cavolo, potresti diventare una grande auror! » mormorò ammirato
Lei gli scoccò un’occhiata gelida. Forse non era la persona più adatta per comprendere quello che la turbava.
«Era la prima volta che provavi una maledizione senza perdono?»
«SI!» esclamò lei con un’aria esterrefatta «Ci mancherebbe altro»
«Woah» James si passò una mano tra i capelli e si riscosse «Lo sai che sono praticamente impossibili da fare, senza un adeguato allenamento? È perché deform-» si bloccò «Oh.»
«Cosa?»
«Hem… non è proprio una cosa carina da dire.» borbottò, improvvisamente imbarazzato. «Cioè, semplicemente sono davvero difficili da fare»
Lei assottigliò gli occhi «Dimmi perché.»
James sospirò, immaginando che non l’avrebbe mai scampata «Perché deformano, in un certo senso, l’anima… capisci, sono proibite, sono volte a fare il male. » Le scoccò una rapida occhiata «Ma ovviamente questo non significa che sei malvagia, sia chiaro! Solo che evidentemente sei davvero potente. »
Lily si dimenò, a disagio. L’idea di aver deformato la sua anima la turbava tantissimo, cosa voleva dire? E il fatto di esservi riuscita con facilità era ancora più spaventoso. Era forse un mostro? Una persona sbagliata, maligna?
Eppure aveva dei principi abbastanza giusti, cosa c’era che non andava in lei allora?
James sembrò captare i suoi pensieri, perché aggiunse:
«Vedi, non avrei dovuto dirtelo. E’ solo una diceria, d’altro canto non ho mai provato. Magari potrei riuscirci facilmente. Oppure è successo perché eri in uno stato emozionale particolarmente turbato…»
Lily lo fissò, aveva davvero detto stato emozionale? James Potter che diceva stato emozionale? Scosse la testa.
«Si, forse hai ragione.» concordò. Ma nella sua mente, l’argomento era tutto tranne che chiuso. Però non era il momento per parlarne, se ne rese conto e tacque.

«Tornando al discorso di prima… davvero non c’è bisogno che tu mi tratti con tutte queste..attenzioni. comportati normalmente e sarò contenta, credimi.» si sforzò di sorridere.
James tacque per un momento «Ci proverò.» si rabbuiò, passando dall’esaltato al taciturno .
«Mi hanno detto che sono cambiato. Sirius lo ha fatto» aggiunse, abbassando lo sguardo «Anche questa storia del caposcuola e tutto… fino ad un anno fa era impensabile. Forse ha ragione, sono cambiato. »
Lily allungò una mano e la posò sulla sua, in un gesto che le fece battere il cuore
«Sei cresciuto.»
«Un malandrino non deve crescere. » mormorò, dimenandosi a disagio, ma facendo ben attenzione a non spostare la mano da sotto quella di Lily.
Lei sorrise e fece uno sbuffo «Un malandrino non è un idiota, o sbaglio? E non mi sembra neanche che tu abbia smesso di fare scherzi. Solo che hai imparato la differenza tra uno scherzo fatto per ridere e uno scherzo che ferisce le persone.»
Lui alzò la testa con un’espressione oltraggiata «Non sia mai, l’ho sempre saputo!»
Lily inarcò un sopracciglio. «Vogliamo parlare di S-»
«No, niente Mocciosus stasera!» esclamò in fretta il ragazzo interrompendola.
Poi le sorrise e il suo sguardo si rasserenò, come se i pensieri cupi se ne fossero andati.
«Voglio dire, sarebbe una gran caduta di stile. James Potter che parla di un ragnetto Serpeverde ad un suo appuntamento con una ragazza…»
Lily sfilò immediatamente la mano e finse una smorfia indignata
«Come prego? Temo di aver sentito male»
«No, no, hai sentito benissimo» disse con un sorriso enorme
«Potter, questo non è affatto un appuntamento, chiaro? Affatto!»
Lui sghignazzò e allungò una mano a cingerle un fianco «Troppo tardi signorina, ormai ha accettato.»
Il cuore di Lily accelerò a quel contatto e lei si diede mentalmente della stupida ragazzina, per reagire in quel modo.
«Non si prenda troppe libertà intanto, lei.» lo rimproverò, ma non accennò a muoversi.
James non disse niente, ma non rimosse nemmeno il braccio.
«Allora mi toccherà chiederti un appuntamento ufficiale?»
Lei sospirò «E così mi toccherà dirti di no di nuovo.» recitò
«Non me lo merito!»
«Non ha alcuna importanza» lo sbeffeggiò
«Vedrai, ti convincerò! Non accetterò un no come risposta la prossima volta»
«Ti ho detto no per tre anni, perché dovrebbe cambiare qualcosa proprio ora?»
«Posso sempre minacciarti!»
«E come?»
«Vedrai! E ti piacerà pure.»
Lui si alzò in piedi, tenendosi in equilibrio sul largo ramo, e le prese la mano, tirandola su di peso.
«Cos..?»
In un attimo prese la scopa e ci fece sedere la ragazza sopra, poi prima che ella potesse reagire in qualche modo, calciò forte con i piedi e ci montò su nell’esatto istante in cui prendevano il volo.
«Questo è un rapimento!»
«A meno che tu non voglia rimanere a vivere su un albero per il resto della tua vita…»
«Ma tu non sai stare fermo in un posto per più di cinque minuti?» Lui non rispose.
Si diresse verso il lago e si abbassò fino ad un metro dalla superficie.
Sentì Lily irrigidirsi e scuoterlo per una spalla
«James? James NON PENSARCI NEMMENOOOO» urlò, mentre lui si abbassava ancora di scatto, fino ad un pelo dalla superficie.
«Lo vuoi fare un bagnetto Signorina Evans?» rise lui
«No. No. NO.»
Si aggrappò a lui come un polpo, avvolgendolo con le braccia e stringendo tanto da strizzarlo.
«Mi stai soffocando!» tossì lui.
«Se mi bagno io, ti bagni anche tu.» si lagnò lei, per ripicca.
«Non ho intenzione di bagnarti, non preoccuparti. E ora tieniti»
Si chinò un po’ in avanti e strinse le mani sul manico, poi accelerò bruscamente.
Volarono sul lago, ad un centimetro dall’acqua.
Erano nel mezzo del nulla, ma Lily poteva vedere nelle onde intorno a loro il riflesso degli alberi, della luna e perfino delle stelle.
Andavano talmente veloci da sentirsi senza peso, circondati solo dall’aria, dall’acqua e dal silenzio.
«WOOO-OOOOOHH» urlò James, staccando le mani di colpo e spalancandole
Lily vedeva soltanto la sua schiena, ma poteva immaginare la sua espressione felice, gli occhi chiusi e i capelli tutti scompigliati dal vento.
Cominciò a ridere e urlò anche lei, staccando solo una mano dal corpo del ragazzo.
Immerse la punta delle dita nell’acqua e osservò la scia che creava, formata da tante gocce lucenti e bianche dal riflesso della luna, tante scagliette di lago.
«LILY, VUOI USCIRE CON ME?» urlò James per sovrastare il rumore dell’aria che sibilava nelle loro orecchie mentre scivolavano velocissimi nell’aria.
«SI POTTER!» gridò lei in risposta.
Ed entrambi sorrisero, con gli occhi luccicanti di gioia e di esaltazione.
O forse era soltanto per il vento negli occhi.















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Gente… PERDONO. Sì, sono nauseata anche io. Odio le romanticherie e sicuramente le rendo più diabetiche di quanto non voglia. Perdonatemi, cercherò di limitare queste scene xDD
grazie a tutti coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli, mi fa un sacco piacere! 

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Capitolo 16
*** Capitolo XIV ***


Capitolo XIV

 
L’aurora cominciava a far capolino da dietro le punte dei pini che punteggiavano il bordo del lago nero.
James abbassò gli occhi sull’erba di fianco a lui e sorrise dolcemente: Lily Evans addormentata era uno spettacolo raro e prezioso. Si sentiva quasi male in quel momento, tanto il dolore nel petto era forte.
Era innamorato, innamorato come uno scemo e non poteva farci nulla. Avrebbe soltanto voluto che lei ricambiasse, che lei finalmente lo vedesse per quello che era realmente, per quello che era dentro, non solo la facciata che mostrava al mondo.
Lasciò vagare lo sguardo sul viso della ragazza, sulle ciglia lunghe e stranamente chiare, ma normali per una persona con la sua carnagione, sulle lentiggini che le punteggiavano gli zigomi e la punta del naso, sui capelli rossi abbandonati sull’erba.
Era splendida.
Si mise a strappare ciuffi d’erba per la frustrazione e li lanciò lontano, distogliendo lo sguardo per cercare di controllarsi. Rischiava di chinarsi e di sfiorarle il viso con le labbra, proprio lì,  e poi altro che appuntamento, lei lo avrebbe ucciso e dato in pasto alla piovra gigante.

Quando il sole spuntò James decise che era ora di tornare a scuola. Gli dispiaceva svegliarla, ma voleva far ritorno prima che gli altri si fossero alzati dal letto, così magari non si sarebbero accorti della loro assenza. Non che lui non volesse dire ai suoi amici che aveva passato la notte con la Evans – anzi, si preparava già i discorsi trionfali-  ma forse lei avrebbe preferito evitare le domande.
Dolcemente allungò una mano e la carezzò sulla spalla, scendendo lungo il braccio. Lily mugugnò e arricciò il naso, voltandosi su un fianco. Sorridendo, James insistette. La vita gli sembrava splendida.
 

~

 
Remus aveva due occhiaie tremende. Tuffò la testa nel lavandino pieno d’acqua gelida e la tenne lì per una decina di secondi, poi si tirò su di scatto, grondante.
Fissò di nuovo il suo riflesso e sospirò. Non erano stati espulsi. La vita era meravigliosa. La sua faccia un po’ meno.
Mentre usciva dal bagno vide Peter addormentato per terra, ad un metro dal suo letto, e scosse la testa; poi si avvicinò e lo aiutò a tirarsi in piedi. Quello nemmeno si accorse che qualcuno lo stava spostando e continuò a russare, mentre Remus lo trascinava verso il letto.
Poi il giovane guardò nella direzione del baldacchino di Sirius.
Se ne stava beatamente addormentato, nudo dalla vita in su, con dei vividi capelli viola e un braccio attorno ad una lucente coppa d’argento. Cosa diamine fosse e dove se la fosse procurata, Remus pensò fosse meglio non saperlo.
Il letto di James era vuoto.
Il giovane licantropo sentì una stretta allo stomaco nel ripensare che non l’avevano più visto dalla sera prima. Non era già più in giro quando Vitious aveva fatto la sua simpatica comparsata nel bel mezzo della notte. Che gli fosse successo qualcosa?
Nah, più probabile che avesse deciso di sparire con una ragazza, tipico.
La mappa. Era la loro ancora di salvataggio in quei casi, per tutte le volte che si mettevano nei guai e dovevano andare a recuperarsi a vicenda.
Remus la dispiegò, approfittandone per pulire una macchia di succo di zucca – o qualcosa di simile –  che si era allargata nel bel mezzo del corridoio del secondo piano, e si mise a cercare l’amico.
Non dovette faticare molto, il puntino con il cartiglio che recitava James Potter era in rapido avvicinamento, praticamente proprio fuori dalla torre dei Grifondoro. Ma quello che fece spalancare gli occhi a Remus fu il nome che si avvicinava altrettanto rapidamente, accanto a quello del ragazzo: Lily Evans.
Il licantropo si strofinò gli occhi per assicurarsi di vederci bene e tornò a guardare la pergamena. Se non fosse stato sicuro che la mappa non sbagliava mai, non ci avrebbe creduto.
 

~

 
James aprì la finestra della torre con un tocco di bacchetta e scivolò silenziosamente all’interno. Si fermò in cima alle scale del dormitorio femminile e fece scendere Lily. Lei lo guardò sorridendo e James neanche notò le sue occhiaie segnate e i capelli spettinati.
«Ci vediamo a colazione?» le chiese James
Lei soffocò uno sbadiglio «Ne dubito, mi sa che dormirò fino a mezzogiorno.» Lui rise e concordò, ma in realtà non si sentiva affatto stanco.
Ci fu un secondo di silenzio imbarazzato, in cui entrambi – a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro- si fissarono negli occhi. Lily lo ruppe per prima tossicchiando e abbassando la testa: «A più tardi allora.» soffiò la ragazza e poi sparì.
James si sentiva leggero, voltò la scopa e salì fino alla porta del suo dormitorio. Sostituì l’espressione tenera con una vittoriosa ed aprì la porta con un colpo che sembrò, nel silenzio, rumoroso quasi quanto un’esplosione.
«RAGAZZI, BISOGNA FESTEGGIARE. » urlò nella stanza semibuia.

Nulla si mosse.

«Se non l’hai notato, pezzo di idiota, abbiamo passato la notte a festeggiare.» gracchiò una voce roca e assonnata che James riconobbe come quella di Sirius.
E come dei fantasmi, due dei suoi compagni di stanza sorsero dalle ombre, guardandolo male.
«Si può sapere dov’eri finito?»
James rise «Remus, sembri sempre di più mia madre caro. »
Si lasciò cadere sul suo letto sfilandosi le scarpe «Avanti, parla, o ti farò pentire di averci svegliati. » borbottò Sirius, ancora leggermente irritato.
«Come fai a sapere che ho qualcosa da dire?»
«Hai l’aria di uno che sta cullando una bomba, aspettando solo il momento buono per sganciarla.» replicò Remus
«Cos’è una bomba?» domandò interessato
«Lascia perdere.» si affrettò a rispondere l’amico «Allora? Vuoi tenerci all’oscuro ancora per molto?»
«Ho passato la notte con la Evans. »
Ci fu un attimo di silenzio che seguì quest’esclamazione e poi una specie di ruggito, prima che il suo migliore amico – e fratello – si lanciasse su di lui in forma canina e cominciasse a rotolarsi sulla sua pancia.
James rise, rischiando il soffocamento, e tentò di liberarsi dall’immensa palla di pelo nera.
«Non- OUFF- è come pensi.»
L’enorme cane nero si fermò e ritornò in forma umana.
«Bleah, sei mezzo nudo.»
Sirius scrollò le spalle e continuò a tenere inchiodato James sul letto, fissandolo con gli occhi grigi leggermente strizzati.
«Parla.»
Anche Remus si avvicinò con un sorriso divertito e si sedette in fondo al letto.
James raccontò.
..
«Vuoi dirmi che hai passato tutta la notte al lago con la Evans e … non sei nemmeno riuscito a baciarla?»
«Tecnicamente non ho voluto, è divers-»
«Lasciatelo dire, James, ma sei davvero pure un po’ cretino»
A James quasi cadde la mandibola.
«Remus, pure tu?» si lagnò
Sirius batté il cinque con l’amico e si alzò dal letto di James.
«Se una donna accetta di rinunciare ad una festa come quella di ieri per stare con te, sale sul tuo manico di scopa, » scoppiò a ridere «-giuro, il doppio senso non era voluto- e passa la notte sdraiata al tuo fianco sull’erba, forse, beh FORSE, vuol dire che ti sta dicendo di sì, non trovi?»
James alzò il mento, con un’espressione offesa «So quando una ragazza mi sta dicendo di sì, forse meglio di te.»
A Remus sfuggì uno sbuffo e Sirius replicò
«Ecco, appunto, concordo con Remus. La tua abilità con le donne non è minimamente paragonabile alla mia.»
James arricciò il naso «Ma per favore, non scherziamo. Lo sai che tutte sono innamorate di me, il grande giocatore di Quidditch e Grifondoro Cuordileone .» e finse di sollevare una spada immaginaria.
«Si certo, torna a sognare. Io ho il fascino del cattivo ragazzo, non dimenticarlo.» e ghignò, lasciando cadere volutamente una ciocca di capelli neri sugli occhi grigi.
James si lanciò di schiena sul cuscino, sbuffando perché non trovava un argomento abbastanza valido per controbattere su questo punto.
«Non importa. Qui non stiamo parlando dell’universo femminile in generale, ma della Evans che mi sembra non sia mai stata scalfita dal tuo fascino finora.»
«Oh questo lo credi tu. » rispose l’altro con voce maliziosa, sfilandosi i pantaloni e lasciandoli cadere sul suo letto.
Schioccò le labbra e gli fece un occhiolino, con un’espressione da gran donna navigata, prima di lanciarsi verso il bagno e chiudersi dentro.
«EHI! COSA VORRESTI DIRE CON QUESTO? »
 

~

 
Un paio d’ore più tardi gli insegnanti si trovarono di fronte ad uno spettacolo insolito, in sala grande.
Le tavolate, di solito stracolme di gente affamata e rumorosa, erano mezze vuote. Quella di Grifondoro era deserta, a parte Mary MacDonald -che stava dormendo sulle sue uova strapazzate, al posto di mangiarle- e una manciata di ragazzi del primo anno.
La professoressa McGrannit, approfittando dello stordimento della mora, si avvicinò alle sue spalle e si schiarì la voce.
Quando Mary si accorse del pericolo, era già troppo tardi.
«MacDonald? Posso domandarti dov’è il resto della tua casa?»
Lei si voltò di scatto, improvvisamente sveglissima ed agitata, e fece saettare gli occhi da una parte all’altra della sala grande
«Heemm… »
«Sono certa che è d’accordo con me nel notare che tutto ciò è alquanto… inusuale.» fece un gesto per indicare i tavoli vuoti.
La ragazza annuì
«Eh sa» cominciò, indossando la miglior espressione di tranquilla indifferenza che in quel momento poteva produrre, «Molti sono voluti restare a letto… sembra ci sia un’epidemia di mal di…pancia. Di mal di pancia. »
La professoressa inarcò un sopracciglio, evidentemente ben lontana dal crederci.
«Non le dispiacerà allora se andiamo insieme nella vostra sala comune, vero? Chiamerò Madama Pomade, che porti un rimedio per i disturbi intestinali.» aggiunse con le labbra strette a fessura.
Mary deglutì e scosse la testa «Affatto.»
«Mi aspetti qui allora. Tornerò tra un minuto.»

Mantenne la promessa e pochi minuti dopo le tre donne camminavano in silenzio su per le scale verso il ritratto della Signora Grassa. Mary aveva un’aria funerea e si guardava ostinatamente i piedi, pregando che nessuno fosse in sala comune e che quei pochi che avevano dormito sul divano ora se ne fossero andati.


 
 
«-e così è rimasto semplicemente fuori dal ritratto per un bel paio di minuti, prima di andarsene. Ho chiesto alla Signora Grassa stamattina e ha detto che stava parlando con lei. E che ci ha coperti, non ha detto niente. Bisognerebbe fare una statua a quella donna.»
La voce di Remus fu la prima cosa che Mary sentì una volta varcato l’ingresso, anche se non capì cosa il ragazzo stesse dicendo.
Udì però chiaramente le risate  in risposta e si morse il labbro, sapendo che la sua bugia stava per essere scoperta.
Tre dei quattro marauders stavano seduti – o meglio, stravaccati – sui morbidi divani, tutti quanti con un’espressione particolarmente assonnata  e le occhiaie marcate. Quando la notarono, si voltarono e lei fece una faccia spaventata, mordendosi il labbro e indicando con un colpetto della testa le due donne che stavano entrando dietro di lei.  «Voi state male» sillabò, in modo il più chiaro possibile, ma nessuno sembrò capire cosa stesse dicendo.
«Professoressa McGrannit! Qual buon vento» la salutò Potter, scuotendo una mano vigorosamente, troppo allegro per essere un convalescente.
«Potter, Black e Lupin. Chissà perché ma non mi stupisce affatto. » il suo cipiglio severo li fece di nuovo temere di essere stati scoperti. Con sorpresa e sospetto videro inoltre che con lei c’era anche Madama Pomade.
«Devo dedurre dunque che è opera vostra la strage di stamattina.»
Loro si scambiarono uno sguardo e poi guardarono Mary, che inutilmente si agitava e gesticolava da dietro le spalle della professoressa.
«Proprio no, professoressa. Non c’entriamo affatto in nessunissima strage.» rispose Sirius, senza sbilanciarsi.
«E allora come mai siete gli unici ad essere fuori dal letto? Già guariti dai disturbi intestinali?» tutti e tre ora fissarono Mary, che era arrossita e stava scuotendo la testa, sconsolata.
«Sì professoressa, almeno speriamo. Infatti Peter è rimasto in camera e abbiamo pensato di lasciargli un po’ di privacy. » articolò Remus, mentendo con una perfetta faccia di bronzo.
La donna socchiuse gli occhi e li fissò a lungo, tentando di metterli a disagio.
«Beh, Lucy, somministragli comunque un po’ di quella Soluzione Stringente e lasciagliene una bottiglia per Minus. Non si sa mai, non vorrei che ci fossero delle ricadute. » sibilò.
 
«Disturbi intestinali?» chiese Sirius a Mary, guardandola cupamente, quando la professoressa e l’anziana infermiera furono uscite. «No, seriamente?»
Mary alzò le spalle, rinunciando a giustificarsi, e scappò su per le scale del suo dormitorio, seguita solo dagli echi degli sputacchi di Potter e dalle lamentele di Remus.
«Per Merlino! Quella roba faceva veramente schifo.»
 
 
 
 

 ~

 
Se le ultime settimane di marzo erano state insolitamente tiepide, tanto che gli studenti di Hogwarts potevano permettersi di andare in giro con le maniche corte sotto la divisa, il tempo decise di cambiare velocemente durante la prima settimana di aprile.
Raffiche di vento spazzavano la brughiera e il parco del castello, increspavano la superficie del lago e piegavano i rami degli alberi.
I ragazzi uscivano dalle loro sale comuni solo se costretti, ma l’aria stranamente gelida e sibilante si infiltrava comunque sotto le antiche finestre, attraverso le porte e provocava brividi ghiacciati perfino a chi rimaneva rintanato sotto le coperte.
La squadra di Quidditch di Grifondoro , capitanata da quel fanatico di James Potter, dovette allenarsi comunque per due pomeriggi di fila quella settimana, in previsione della partita contro i Serpeverde.
I giocatori camminarono verso il campo dando voce ad un coretto di lamentele continuo; James alzò gli occhi al cielo.
«Vi ho già fatto un enorme favore a ridurre gli allenamenti ad appena due questa settimana. » rimbeccò i compagni «Non mi sembra affatto il caso di lamentarsi ancora. Ricordatevi che abbiamo la partita appena dopo le vacanze di Pasqua.»
Gli risposero a grugniti.
L’aria era ghiacciata, ma limpidissima. Peccato che non potessero goderne comunque, visto che dovevano lottare non solo contro il freddo, ma anche per mantenere il controllo delle scope, che rischiavano di essere sballottate da ogni parte dal vento.
Quando infine, dopo ore, atterrarono sul terreno duro e grigiastro non riuscirono nemmeno a sospirare di sollievo, tanta era la stanchezza, e tornarono silenziosi e stremati alla torre.

Entrati dal buco del ritratto, vennero accolti da una serie di visi compassionevoli; James sapeva che i suoi giocatori avrebbero passato le successive due ore a lamentarsi, ma non riusciva a preoccuparsene.
Tutto ciò che sentiva era la meravigliosa sensazione dei muscoli doloranti e il piacere di stare finalmente di fronte ad un fuoco caldo.
Si sedette vicino ai suoi amici e reclinò la testa all’indietro.
«Dì un po’, James, ti stai pentendo di averli strapazzati così?»
«Nemmeno un po’» rispose lui con un ghigno. Era l’ultima opportunità che aveva di vincere ancora la coppa del Quidditch. Da quando era entrato in squadra non l’avevano mai persa, di certo non aveva intenzione di farlo succedere ora!
In quel momento Lily entrò nella stanza come un furia, seguita da Dorcas, lasciò cadere pesantemente una borsa piena di libri sul tappeto di fronte al camino e sprofondò in una poltroncina, imitata dall’amica.
Sembravano anch’esse stanchissime, come se avessero fatto un triplo allenamento di Quidditch.
«Che succede ragazze? Sembra che abbiate combattuto contro un drago.»
Dorcas grugnì un “quasi” e si voltò verso il fuoco, per scaldare le mani intirizzite.
«Siamo state da Hagrid» sospirò Lily «a riprenderci questi libri, che gli avevamo portato dalla Biblioteca.» scosse la testa con espressione cupa «Non ha voluto ascoltarci quando gli abbiamo detto che quel furetto che ha trovato la scorsa settimana non era per niente un furetto.»
«E quando quello ha cominciato a rivolgergli insulti, ha capito che in effetti era uno Jarvey.» intervenne Dorcas borbottando, sempre voltata verso il camino.
Lily roteò gli occhi e annuì «Così ora lo abbiamo aiutato a liberarsene. Mai fatta una fatica del genere. Quella bestia ci ha quasi morse.»
I ragazzi ridacchiarono e cominciarono a punzecchiarle per divertimento, per farle ridere e tirargli su il morale.
Dopo mezz’oretta, quando Lily e Dorcas si furono calmate e riscaldate, James si rivolse alla rossa e le disse, con un gran sorriso:
«Domani c’è l’ultima uscita ad Hogsmeade prima delle vacanze. Che ne dici, ci andiamo insieme?»
«Certo.» rispose la ragazza simulando indifferenza, e nascose accuratamente il viso fingendo di togliersi la sciarpa, mentre i malandrini, dopo un attimo di silenzio attonito, cominciavano ad urlare frasi sconnesse tutti insieme.
«Boom.» sussurrò tra sé, arrossendo.
«Che c’è? Perché vi stupite tanto? Non si è mai vista ragazza che possa resistere al fascino di James Potter.» affermò il giovane, ma il suo sorriso era più luminoso che mai.
«POTTER.» sibilò Lily. Non riusciva a sembrare arrabbiata con lui nemmeno volendo.  

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Capitolo 17
*** Capitolo XV ***


Capitolo XV

 
Sirius, Remus e Peter uscirono da Zonko e si avviarono lungo la strada principale di Hogsmeade, stringendosi nei loro giubbotti. C’era pochissima gente in giro, in parte perché molti studenti stavano preparando le loro cose per tornare a casa durante le vacanze, in parte per l’inusuale freddo.
La porta dei Tre Manici di Scopa si aprì tintinnando con un trillo allegro e ne uscirono Lily e James, ridendo, proprio mentre i loro amici si stavano avvicinando.
Peter prese fiato per chiamarli, ma Sirius gli posò una mano sulla bocca e trascinò lui e Remus dietro ad un angolo.
All’occhiata interrogativa di Remus, rispose con un’alzata di spalle
«Mi va di spiarli un pochino» ghignò. «è l’evento del secolo. »

Così nascosti osservarono i due ragazzi chiudere le loro giacche e rivolgersi qualche parola. Entrambi erano incredibilmente sorridenti e rilassati e Lily sembrava avere gli occhi lucidi di lacrime, ma probabilmente per il troppo ridere.
Poi James fece qualcosa di inaspettato, la prese per mano e poi la guardò, come per avere il permesso.
Sirius ridacchiò al vedere le guance della ragazza diventare più rosse e Peter mormorò, con tono sommesso «Non ci avrei mai creduto davvero che un giorno ci sarebbe riuscito.»
«Io sì» sorrise Remus e nessuno sentì di dover commentare altro.

La coppia si stava allontanando e così i tre ragazzi uscirono allo scoperto e si diressero verso l’entrata del locale.
«Aspettate» li fermò Sirius, che ancora stava guardando verso i due «C’è Mocciosus.»
Piton era fermo ad un lato della strada, evidentemente sbucato da una delle vie laterali, e stava guardando verso Lily e James. Sirius avrebbe tanto voluto poter vedere la sua espressione, ma il ragazzo gli dava le spalle.
«Avanti Pad, meglio non attaccar briga anche qui. Lascialo perdere.» lo consigliò Remus, trascinandolo poi dentro ai Tre Manici.
Circa due ore più tardi uscirono di nuovo e dopo un breve tour da Mielandia si avviarono, stretti nelle loro giacche, su per la strada che riportava al castello.
Fu poco fuori dai cancelli della scuola che si accorsero che dietro di loro stava avvenendo qualcosa di strano.
Prima un breve urlo, femminile, poi delle voci sempre più alte ed irritate.

«Non penso proprio siano affari vostri!» al sentire la voce di James, i tre corsero lungo la strada ed arrivarono giusto in tempo per vedere James il ragazzo fronteggiare Piton, che ora non era più solo, ma accompagnato da Avery.
Lily aveva un’espressione incredibilmente arrabbiata, si stava massaggiando un braccio e non scollava gli occhi da quello che era stato il suo migliore amico.
«Potter, Potter…  Stai cadendo sempre più in basso. » mormorò Avery con un tono mellifluo, giocherellando con la bacchetta tra le dita.
Poi spostò lo sguardo su Lily e la squadrò da capo a piedi «Fartela con le Sanguesporco… con la feccia.»
James estrasse la bacchetta in un lampo e la puntò al petto del Serpeverde.
«Non dire un’altra parola.»
«James, per favore, andiamo. Lascia perdere» mormorò Lily indignata a bassa voce, appoggiando una mano sul braccio del ragazzo.
«Sta zitta!» sputò ancora il giovane
«Neanche se mi cruci.» ribatté Lily infiammandosi «Siete patetici.» fece saettare lo sguardo su Piton, che  teneva il suo inchiodato su James.
Ma ora l’attenzione non era più per lei.
Sirius, Remus e Peter rimasero fermi, a pochi metri, ad osservare Piton e James che si fronteggiavano.
«Piton, non ti conviene provarci.»  sibilò il Grifondoro a voce bassa. Il giovane Serpeverde aveva infatti estratto la bacchetta e la stringeva così forte da avere le nocche bianche e da far sprizzare qualche scintilla dalla punta.
«Cos’è, paura Potter?» continuò Avery.
A quel punto i tre malandrini si avvicinarono, tutti e tre con le bacchette in pugno e un’espressione incredibilmente seria sul viso.
A dispetto delle loro previsioni, nessuno dei due Serpeverde si mosse, ma continuarono a fissare il gruppetto con aria di sfida.
«Sembra che tu abbia bisogno di rinforzi Potter. Non vai da nessuna parte senza i tuoi amichetti che ti proteggono e fanno il lavoro sporco per te?»  domandò Piton beffardo, ostentando sicurezza.
«Io non vado in giro ad aggredire la gente per la strada. E soprattutto non ho la minima intenzione di sprecare altro tempo con gente come voi. Voi sì che siete feccia. Mi pare di avervelo già detto.»
Avery gli puntò la bacchetta alla gola e tutti scattarono, come un sol uomo, puntandola contro di lui.
«Oh, non avevi bisogno di aiuto, eh? C’è un modo semplice per dimostrare chi ha le palle. Che ne dici di un duello, Potter? »
«Non se ne parla.» intervenne Lily. «Queste sono assurdità, andiamocene. » Ma James era troppo impulsivo e furioso per abbassare la testa. Soprattutto davanti a Mocciosus
«Ci sto. »
«Piton contro Potter, il duello del secolo.» commentò a bassa voce Avery.
«Piton? Cos’è, non hai nemmeno il coraggio di metterti alla prova e mandi gli altri a combattere al posto tuo?»
«Oh, non temere Potter, sono più che sufficiente per te.» rise sprezzante Piton. «E Avery sarà il mio secondo. Chi sarà il tuo?» spostò lo sguardo su Sirius, che già aveva aperto la bocca per rispondere, e arricciò il labbro superiore in un sorriso odioso.
«Io.»
Tutti gli sguardi si volsero verso Lily e a Piton quasi cadde la mandibola.
«Come?»
«Ho detto che sarò io.» sibilò la ragazza «Non mi credi forse capace?»
Piton prese fiato per parlare, ma Avery lo anticipò
«Ma certo piccolina. Non vediamo l’ora» ghignò malefico. 


 
La risalita al castello fu rapida e stranamente silenziosa. C’era un’atmosfera di attesa, come se tutti aspettassero che qualcuno dicesse qualcosa per primo.
L’unico che pareva chiuso completamente in se stesso era Sirius. Non fece una parola, non guardò nessuno, ma continuò dritto per la sua strada leggermente più avanti degli altri.
Lily se ne accorse e lanciò un’occhiata interrogativa a James, che però non la stava guardando e teneva gli occhi inchiodati alla schiena del suo migliore amico.

Fu solo dopo cena che la ragazza riuscì ad avvicinarglisi abbastanza per poterci parlare. Avevano mangiato seduti praticamente ai capi opposti della tavolata e non solo Lily era rimasta separata da lui, ma persino James non l’aveva più degnata di molte attenzioni dopo l’appuntamento. Stava vicino a Sirius, parlottavano a bassa voce stando con le teste chine. Un paio di volte avevano alzato gli occhi su di lei, per poi distoglierli abbastanza in fretta da farle capire chiaramente quale fosse il soggetto della loro conversazione.
Quando rientrò in sala comune con le sue compagne di dormitorio, trovò Sirius e Remus seduti fianco a fianco, con la testa sulla spalla dell’altro, immersi in quello che sembrava essere un silenzio amichevole.

«Posso parlarti un momento?» la voce suonò roca, ma chiara. Sirius la guardò, un misto tra infastidito e spaventato, poi si alzò con l’eleganza che lo caratterizzava e le fece un gesto con la mano, indicando un tavolino poco lontano, ma abbastanza isolato.
Lily sentiva il cuore batterle forte tra le costole, nonostante non sapesse bene il motivo. Doveva solo chiedere a Sirius quale fosse il suo problema, nient’altro… ma forse la sensazione di conoscere già la risposta rendeva la domanda ancora più difficile da porre.
«Allora…» cominciò, quando furono seduti l’uno di fianco all’altro. Il ragazzo non fece proprio niente per metterla a suo agio, anzi, cominciò a guardare fuori dalla finestra. «Posso sapere qual è esattamente il problema? Oltre al fatto che James dovrà duellare contro Piton, ovviamente.»
Gli occhi grigi passarono rapidamente su di lei, senza fermarsi, e si puntarono stavolta verso l’interno della stanza.
«Non c’è nessun problema Lily, non devi preoccuparti» rispose stancamente, ben lontano dall’essere convincente.
La ragazza stava già cominciando ad irritarsi «Senti, immagino che tu avresti preferito fare il secondo di James, lo so ma…»
«No Lily, non lo sai» rispose lui, sempre con quel tono di voce pacato e casuale che dava i nervi alla giovane. Tacque di nuovo e Lily stava per alzarsi ed allontanarsi - di sicuro non si sarebbe messa a pregarlo o a tentare di tirargli fuori le parole dalla bocca con le tenaglie – quando il giovane si arrese con un sospiro.
«Sono sempre stato il secondo di James, sempre, fin dal nostro primo duello. E ci siamo promessi tempo fa che non avremmo mai scelto nessun altro.»
Lily pensò che tutto ciò era decisamente un po’ infantile, ma scelse saggiamente di non commentare
«Mi dispiace di aver interferito, allora.  Non lo sapevo, ovviamen-»
«Ascoltami bene, non starò qui a fare tanti giri di parole» ora gli occhi di Sirius erano fermamente fissi su di lei, come se qualcosa fosse cambiato all’improvviso. La mettevano persino a disagio «Tu mi stai molto simpatica, ma non sono la persona che fa il bravo amico e si mette da parte per lasciare spazio alla ragazza del suo migliore amico, va bene?»
Lily spalancò la bocca, ma Sirius non si interruppe e non la lasciò parlare «Non sto dicendo che non voglio che voi due stiate insieme, merlino se lo vorrei, James non aspetta altro da anni, come potrei non volerlo? » La ragazza scosse freneticamente la testa, come per dirgli che stava correndo troppo, ma di nuovo non ebbe occasione di parlare. «Sto solo dicendo che l’unica cosa che voglio – e che di certo non mi lascerò portare via – sono i momenti tra me e James che sono solo nostri. Ci sono cose in cui non ci devono mettere il becco gli altri, nessuno degli altri, nemmeno Remus e Peter. I duelli erano una di queste, non la sto facendo tanto lunga per niente. »
«-Sirius aspetta, ascolta. » Lily tentò di interromperlo e di spiegarsi «Io non intendo portarti via James, non intendo farlo scegliere tra me e te. Non so nemmeno se voglio stare con lui o no, oppure se lui vuole stare con me. Mi sembra tutto così …»
«Prematuro, lo so. Ma è meglio mettere le cose in chiaro fin dall’inizio d’accordo? Nessuna ragazza mi ha mai separato da James, sai che nemmeno tu lo farai, vero?»

Lily annuì e abbassò lo sguardo.
«Non intendevo rubare quello che era sempre stato tuo, o prendere il tuo posto.
Ma credo che anche se avessi saputo quanto tu ci tenevi… avrei deciso comunque di offrirmi come secondo di James.» disse con voce ferma.
Sirius sembrò indietreggiare sulla sedia, come oltraggiato.
«Ho i miei buoni motivi per desiderare questo duello.. sono sempre stata contraria, soprattutto quando di mezzo c’erano Severus e James, lo sai bene. » sospettoso, il ragazzo le fece un cenno per farla proseguire.
«è l’ultima occasione che ho.» mormorò con voce improvvisamente rotta. E d’improvviso Sirius capì. Capì il motivo per cui Lily ci teneva tanto a fare da secondo a James, a duellare contro quello che era stato il suo migliore amico. Era così limpido, logico.
«Severus non tornerà mai più quello di prima, noi due non torneremo mai più amici. Ma non posso abbandonarlo prima di aver fatto un ultimo tentativo. È come… accecato da quella gente, non capisce, non vede altro. Se c’è una cosa, l’ultima, che posso fare per fargli aprire gli occhi, è mettermi personalmente contro di lui. Forse sono presuntuosa a pensare che questo possa cambiare le cose, ma è l’unica chance che posso ancora giocarmi e sperare che si renda conto del guaio in cui si sta cacciando.»
Sirius la scrutò, in silenzio, per un attimo. La capiva. Pensò che lei fosse infinitamente migliore di lui e il suo pensiero vagò istintivamente su Regulus. Lui ci aveva mai davvero provato? Aveva fatto proprio di tutto  per lui, per salvarlo? Al momento gli era parso di sì, ma ora, guardando indietro, cominciava a dubitarne.
Non c’era più tempo ormai.
Ma non ce n’era più nemmeno per Piton, eppure Lily era lì che ancora ci credeva e ci sperava. Avrebbe dovuto dirglielo che il suo tentativo era inutile, quelli come Piton e Regulus non si lasciano salvare. Non vogliono essere salvati.
Come se avesse letto i suoi pensieri, la ragazza appoggiò delicatamente una mano sul suo braccio e disse, a bassa voce «Probabilmente è tardi, probabilmente non serve a niente. Ma se non servirà per lui, almeno servirà per me, perché saprò di averci provato. »
Sirius notò che aveva quasi le lacrime e annuì, distogliendo lo sguardo per non imbarazzarla ulteriormente. «Ho capito Lily, non ti preoccupare. Avrei dovuto pensarci. Non è da te, fare duelli per divertimento.»  e sorrise.


James entrò in sala comune e lanciò un’occhiata per valutare la situazione, rabbrividendo quando vide Sirius e Lily seduti vicini.
«Oddio Remus, da quanto sono così?» mormorò, lasciandosi cadere su una poltroncina
«Cinque minuti appena. Sembra che non si scanneranno, almeno nell’immediato futuro»
«Sarà meglio. Non può morire prima che io la sposi. E prima che Sirius mi faccia da testimone, per Morgana!»


Quando i due si alzarono e ritornarono nella loro direzione, James sospirò sollevato nel vedere che entrambi erano rilassati e per nulla inclini ad uccidersi l’un l’altro.
«Allora.  Qua mi sa che c’è del lavoro da fare, James.» disse Sirius, abbandonandosi sulla stoffa rossa di fianco a lui. «La fanciulla non ha mai duellato.»
«Mai?» domandò Peter sbucato da chissà dove.
Lily scosse la testa, cercando di non arrossire e ripetendosi che non doveva essere imbarazzata, ma fiera di non aver mai fatto risse con nessuno.
«Non preoccuparti, siamo i maestri nell’arte del duello.» si vantò James, guadagnandosi un’occhiataccia.
«Non per fare il guastafeste… » interruppe Remus «Ma domani cominciano le vacanze di Pasqua e il duello è la sera del giorno stesso in cui si ritorna a scuola. Quando pensate di poterle insegnare qualcosa?»
«Ehi, potrei benissimo sapermela cavare da sola eh…»protestò Lily, ma l’obiezione di Remus aveva del fondamento.
«Non potrebbe… andare Sirius? Non potete scambiarvi?» domandò Peter timidamente, che non sapeva niente della situazione. Lily scosse la testa, ma non lo guardò male.
«Magari potessimo. Sirius» ghignò James «Che ne dici di travestirti? Una parrucca rossa… ti tagli la barba, ti depili le gambe… cosa vuoi che sia. »
Sirius gli lanciò uno sguardo orripilato e fece un balzo sul divano «Nemmeno da morto farò una cosa del genere!»
«Beh… ci sarebbe sempre la pozione polisucco.»







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Spero non sia troppo illeggibile x___x sono stanchissima causa eterna camminata in montagna! Fatemi sapere se c'è qualcosa che non va, così correggo volentieri :D 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVI ***


Capitolo XVI

 
«Ho detto no! NO.»
«James per favore, smettila» sbuffò Lily «Hai la testa di più dura di un Erumpent. Ti mancano solo le esplosioni improvvise.»
«Fidati, ci sono anche quelle» borbottò Sirius rassegnato.

L’espresso di Hogwarts sbuffava e si snodava allegramente attraverso i campi verdissimi della Scozia, lungo il suo viaggio di ritorno per Londra. L’aria di vacanze si sentiva eccome, anche grazie al sole splendente e all’aria piacevolmente frizzante.
Il passaggio alla bella stagione sembrava influire particolarmente sugli studenti che stavano ritornando a casa per Pasqua e i prefetti avevano il loro bel daffare a tenere tutti quanti a bada.
Lily ogni due minuti balzava in piedi e sbucava nel corridoio, per sgridare qualche studente del primo anno che, in barba ad ogni raccomandazione, correva avanti ed indietro magari urlando o ridendo.

«Ouff, di nuovo quel Paciock! Ormai ci rinuncio a dirgli di starsene seduto nel suo scompartimento, non fa altro che quel che gli pare.»
«Lascia perdere, dai» le consigliò Remus
«Voglio dire, fa il sesto anno, non il secondo.» borbottò Lily. Dopo aver rinunciato a svolgere i suoi compiti da caposcuola sul treno, era passata a fare un saluto ai quattro Malandrini, prima di andare a sedersi con le sue amiche.
Aveva trovato la situazione piuttosto degenerata, ma non le era parso strano che i quattro fossero immersi nelle carte delle cioccorane, pacchetti vuoti di piperille e altri oggetti vari, visto il caos che in brevissimo tempo sembravano essere capaci di creare.
Scostò con una mano un cumulo di libri, pergamene e calzini (calzini?) che erano ammonticchiati su un sedile e prese posto pesantemente.
Pochi secondi dopo già discuteva con James.

«Te l’ho già detto, piuttosto che permettere a Sirius di trasformarsi in te, bevendo la pozione polisucco, rinuncio al duello.»
Una serie di suoni disgustati e di proteste eruppe indistintamente dai suoi quattro amici.
«Non puoi, è da vigliacco!» «E darla vinta ai Serpeverde? Nemmeno per sogno!» «Dov’è finito il tuo onore?»
«Posso almeno dire che sei ridicolo? Anzi, le tue motivazioni lo sono.» ribatté Lily
James si incupì, ma non rispose.
Aveva fin da subito opposto una fiera resistenza all’idea di Peter – un’altra delle sue insolite idee geniali ed improvvise – di utilizzare la pozione polisucco per far combattere Sirius al posto di Lily.
A tutti gli altri era parsa un’idea geniale –nonostante infatti Lily avesse una sbalorditiva predisposizione per la magia e una capacità non da meno di gestire e dominare gli incantesimi*, di certo il ragazzo era più ferrato di lei nei duelli, inoltre non solo avrebbero risolto il problema di gelosia di Sirius, ma anche le apparenze sarebbero state salve - e persino Lily aveva rinunciato a fare tante storie e riconosciuto che si trattava di un buon compromesso.
Soltanto dopo molte discussioni ed insistenze erano riusciti a far ammettere a James cosa fosse quello che lo turbava tanto.

                «Dovresti mettere i suoi vestiti.» aveva borbottato a voce bassa
                «E quindi?» aveva domandato Sirius, sbigottito «Avrei il suo corpo, non sarebbe come se mi               travestissi da donna ora. » storse il naso al solo pensiero.
                «Appunto. Appunto. Avresti il suo corpo.»

Remus era scoppiato a ridere a quel punto «Oh dio, James! Non mi dirai che sei geloso!»
Beh, a quanto pareva sì, era geloso. 

Il treno costeggiò un lago e proseguì sferragliando costeggiando una recinzione, dovevano essere circa a metà strada.
«Senti, mi svestirò ad occhi chiusi d’accordo? Anzi, mi svestirà Lily e mi rivestirà!» sbottò Sirius, ormai pressoché al limite dell’esasperazione.
«Col cavolo che Lily ti toglierà i vestiti!»
«Ma sarò lei, dannazione! Non avrò il mio corpo» Sirius quasi urlò e se non fosse stato così pigro sarebbe balzato in piedi. Invece si limitò a infilarsi le mani tra i capelli lunghi e a gemere, disperato.
«Potter. » sibilò a quel punto Lily, decisa a dare un taglio a tutta la faccenda. «Sorvolando sul fatto che tu  non hai proprio alcun diritto di decidere chi io possa o non possa svestire…» - James si ritrasse, vagamente imbarazzato, sul sedile - «…questo mi sembra un ottimo metodo per gestire la situazione. Quindi faremo così e basta. Sirius berrà la pozione bendato, si trasformerà e io lo vestirò con una mia vecchia divisa. Probabilmente gli sarà un po’ corta, ma non dovrebbe sicuramente accorgersene nessuno. Non osare lamentarti, visto che già ci tocca fare tutto questo teatrino solo per far star tranquillo te.»
James tentò di giocare un’ultima carta «So che ci vuole molto tempo per preparare la pozione. Di sicuro non faremmo in tempo per quando dobbiamo tornare a scuola.»
Ma Lily lo mise a tacere anche stavolta, con un ghigno «Non preoccuparti, credo di averne sgraffignata a sufficienza l’anno scorso, da sotto il naso di Lumacorno. »
«Tu? Sgraffignata?»
«Non per vantarmi Potter, ma diciamo che a Pozioni me la cavo. Quando il vecchio Luma ci ha dato quel progetto sulle pozioni mutaforma ho lavorato per più di un mese per produrre una pozione polisucco perfetta. E… ecco… mi sarebbe  proprio dispiaciuto buttar via tutto il paiolo dopo aver preso il mio voto. Dunque…»
«Questa ragazza mi intimorisce sempre di più. » borbottò James, poi cedette le armi e si rassegnò.
«Sicura che sia venuta bene, vero? » domandò invece inquieto Sirius «Non vorrei rimanere poi una rossa perfettina per sempre, o qualcosa del genere, solo perché tu hai messo qualche ingrediente di troppo.»
Lily lo guardò minacciosa «Black, fai un’altra insinuazione così e scoprirai quanto me la cavo anche con le fatture.»

«… James, amico mio. Per questa volta mi devo dichiarare totalmente d’accordo con te. »


~
 
Quando Lily aprì gli occhi si trovò immersa in un colore a cui non era affatto abituata. Le tende verde salvia della finestra della sua cameretta, a Cokeworth, erano sempre le stesse della sua infanzia. Man mano che gli anni passavano, quelle diventavano più sbiadite, dal sole e dal tempo, ma non perdevano mai la sfumatura che Lily tanto amava. I mobili bianchi della stanza riflettevano la luce e illuminavano a pieno la camera. La ragazza si lamentò mugugnando: la sera prima aveva scordato di chiudere le persiane di legno e la luce l’aveva svegliata.
Sbadigliando, si alzò dal letto e scese per fare colazione. Sua sorella Petunia era già in salotto, sdraiata a pancia in giù sul divano e stava leggendo una rivista, tamburellando leggermente sulle pagine con le unghie perfettamente in ordine. Lily le notò e abbassò lo sguardo sulle sue mani.
Le sue, di unghie, erano corte e insignificanti, con qualche macchia bianca sulla punta. Quelle di sua sorella erano più lunghe e curate, perfettamente ovali e sembravano lucide, probabilmente di smalto.
Le unghie di una donna.
Lily sospirò, nel guardare la sorella. Aveva già vent’anni, era praticamente un’adulta, curata e ordinata. Lei invece continuava a sembrare una ragazzina sbadata e fuori dal mondo, del tutto incapace di calarsi nel ruolo di una donna di casa, magari fidanzata o madre.
Per carità, certo era presto per pensare a quelle cose, ma quell’anno avrebbe finito la scuola e lei davvero in quel ruolo non ci si vedeva. Forse, in un mondo migliore, in un mondo senza Voldemort, allora avrebbe poi potuto pensare al suo futuro famigliare. In quel momento non riusciva a vedere altro che la guerra, sempre più vicina ed incombente e le scelte e le rinunce che quella l’avrebbe sicuramente indotta a fare. Ripensò alle parole di James, sul fatto che sarebbe stata un’ottima Auror, e si ritrovò a considerare l’idea con interesse. Si era ripromessa di non combattere mai più, per quanto avrebbe potuto evitarlo, ma ora si rendeva conto di quanto l’idea fosse ridicola. Non combattere era da codardi, da timorosi, non faceva per lei.
Ci avrebbe fatto l’abitudine – pensò – si sarebbe fatta la pelle.
«Hai finito di fissarmi?» la voce acida di sua sorella la riportò alla realtà, ricordandole che era stata imbambolata a riflettere per almeno due minuti buoni.
«Buongiorno anche a te» rispose con voce fintamente gentile, per poi dirigersi in cucina. Si domandò quando Petunia avrebbe smesso finalmente di fare la bambina. Altro che donna adulta, in quei momenti sembrava di nuovo la tredicenne gelosa di sette anni prima.
Si versò i cereali – niente succo di zucca quando era a casa, non che le dispiacesse in realtà – e salutò i suoi genitori quando entrarono in cucina.
«…e viene anche la signora Johnson questo pomeriggio, quindi ne dobbiamo fare qualcuna in più.» Lily si incantò a guardare sua madre, solare ed allegra come sempre, chiacchierare delle vicine di casa e di quello che avrebbero fatto insieme quel pomeriggio. Era come essere in famiglia.
«Non devi fare compiti o studiare vero? » le chiese suo padre, mettendo da parte il giornale di quella mattina.
«In realtà quest’anno ci sono gli esami più importanti, ma almeno per un paio di giorni posso lasciar perdere la scuola.» sorrise Lily.
«Ottimo! Allora puoi aiutarmi a decorare le uova oggi pomeriggio.» sorrise Evanna, sua madre.

Era una tradizione della loro famiglia che Lily amava, quella che preferiva in assoluto, più dei pacchetti natalizi, più dell’addobbare l’albero. Ogni anno, durante le vacanze di Pasqua, la famiglia Evans faceva tanti pacchettini di uova di cioccolato fatte in casa, pacchettini che poi distribuiva ad amici, parenti e vicini di casa.

Quel pomeriggio, rimboccandosi le maniche, le due donne tornarono in cucina e Lily con un tocco di bacchetta sgombrò completamente il tavolo. La madre la guardò con la bocca aperta e poi scoppiò in una risata cristallina, da bambina
«Sai che dopo tutti questi anni mi fa ancora tanto effetto vederti fare queste cose? È come se fossi precipitata dentro una fiaba. » Lily rise con lei e annuì, ma dentro di sé pensò a quanto le sarebbe piaciuto se tutto fosse stato così idilliaco come appariva da fuori.
Stesero sul tavolo tutti gli ingredienti necessari e cominciarono.
Chiunque fosse passato lungo la stradina di fronte alla casa in quel momento, avrebbe intravisto tra le tendine una scena perfettamente normale di armonia famigliare, e difficilmente avrebbe prestato tanta attenzione da notare il cucchiaio che rimescolava da solo il cioccolato in una ciotola, o il composto che in tutta libertà si versava negli stampini per le uova senza che nessuno lo guidasse.
«Dài, Lils, raccontami qualcosa di questi mesi. Cos’è successo a scuola? Niente di interessante?»
«Non so mamma, cosa potrei raccontarti?» Sono stata rapita mamma, mi hanno torturata, ho ucciso una persona, ho partecipato ad una festa illegale e sono uscita con il ragazzo che mi ha tormentata per due anni. «Niente di che, sai, solita routine. Sta diventando tutto molto più duro però, i M.A.G.O. si avvicinano in fretta. »
«Sei ancora la più brava in pozioni?»
Lily rise e arrossì leggermente «Più o meno. Diciamo che Severus se la cava forse più di me.»
Evanna non fece altre domande su Piton, sapendo che era un argomento davvero delicato e non voleva turbare l’atmosfera festiva.
«E nelle altre materie invece? Hai ancora problemi in Antiche Rune?»
Lily sospirò «Non sono problemi gravi,  mamma, solo faccio un po’ più fatica che ad Incantesimi, ad esempio. Credo di essere più portata per la praticità. Le traduzioni dopo un po’ mi annoiano.»
Per un momento tacquero entrambe
«E di quel ragazzo di cui mi hai parlato la scorsa estate?» Lily non arrossì, di solito non si sentiva in imbarazzo a parlare di questi argomenti con sua madre. Con suo padre era diverso, si sarebbe tagliata la lingua piuttosto che dirgli qualsiasi cosa a proposito dei ragazzi che le piacevano o che l’avevano notata a scuola.
«Intendi dire James?»
«Non mi ricordo il nome, ma so che continuava a perseguitarti» ridacchiò
«Oh sì beh… diciamo che va un po’ meglio.» tacque un secondo «Sai, mi ha invitata ad andare a vedere una partita di Quidditch con lui, durante queste vacanze.»
«Ma davvero? E tu cosa gli hai detto?»
Lily si morse il labbro e per una volta cedette all’imbarazzo «Beh, gli ho detto di sì… credo ci sentiremo ancora, ma comunque dovrebbe poi passare a prendermi qua a casa.»
«Oh, oh! Addirittura!» esclamò Evanna «Non vedo l’ora di conoscerlo. E aspetta che lo venga a sapere tuo padre.»
Ormai il volto di Lily non si distingueva più dai capelli.
 
Quando le uova furono pronte, Lily era più che euforica. Era il momento di sfoggiare a casa ciò che sapeva fare. Le piacevano queste piccole magie domestiche, le sembrava di poter far comprendere più facilmente ai suoi genitori che cosa sapeva fare, di condividere con loro parte del suo mondo.
«Che ne dici se un po’ li facciamo azzurri?» prese la bacchetta e la agitò leggermente, facendo sì che cinque piccole uova si alzassero a mezz’aria, per poi depositarsi in fila e perfettamente in equilibrio di fronte a lei.
Con un altro piccolo movimento della bacchetta il cioccolato diventò immediatamente di un turchese brillante.
«Oh cielo!» esclamò la madre gioiosa.
Poi, con piccoli tocchi, Lily cominciò a decorare le uova con delicati decori dorati. Festoni e stelline in miniatura uscivano dalla punta della bacchetta, si srotolavano con dei fruscii leggerissimi e piano si adagiavano sulla cioccolata azzurra, trapuntandola di decori.
«Sono stupendi Lils»
«Potrebbero andar meglio, non sono ancora molto pratica.» disse la ragazza con tono critico, raddrizzando a fatica e a colpettini un decoro tutto storto.

«Non preoccuparti, sorellina perfettina, ti adoriamo tutti comunque anche se gli ovetti non sono perfetti.» la voce acida di Petunia la interruppe e la fece infuriare.
«Quando la smetterai di comportarti come una bambina una buona volta?» disse, forse a voce un po’ troppo alta.
«Lily. » soffiò la voce di sua madre, terribilmente seria. Così la rossa abbassò la testa  e mentre Petunia usciva dalla cucina sbattendo la porta, la decorazione delle uova aveva improvvisamente perso ogni interesse.
 
Due giorni più tardi Lily apprese che sua sorella aveva un fidanzato. E che la loro storia andava avanti da oltre sei mesi, anche se non gliel’avevano mai detto.
Scoprì anche che per quella sera il suddetto fidanzato era invitato a cena, per fare ufficialmente conoscenza con la famiglia.

Probabilmente fino ad un mese prima, avrebbe accolto l’informazione con uno sbuffo annoiato. Ora invece era con un ghigno sadico che accoglieva l’occasione per infastidire sua sorella, senza contare che era sinceramente curiosa di conoscere chi si era accollato una lagna come Petunia.
Quando il campanello suonò, intorno alle cinque di pomeriggio, fu Lily ad aprire la porta, perché Petunia era ancora in bagno al piano di sopra che si stava preparando.
Sull’uscio stava un giovane – non doveva avere più di venticinque anni – con un’espressione molto stupita.
Era di corporatura media e capelli castano scuro; non sarebbe stato di aspetto particolarmente sgradevole, non fosse stato per gli occhi porcini, il velo di sudore sopra al labbro superiore e soprattutto la spiazzante mancanza di un collo.
Tese una mano e si piantò un sorriso mieloso sul viso, che però pareva sincero.
«Molto piacere signorina, sono Vernon Dursley.»
Lily cercò di non ridergli in faccia e con un notevole sforzo dei muscoli del viso, piegò la bocca in quello che tentò di far somigliare ad un sorriso cortese.
«Piacere, Lily. Non fa bisogno di chiamarmi signorina comunque» aggiunse
Lui si affrettò a ringraziarla e a porgerle i fiori che teneva in mano insieme ad una scatola, che però non le diede.
Lily si fece da parte per farlo entrare e lo accolse in salotto.  
«Credo che mia sorella sarà qui tra pochi minuti» sorrise e si sedette sul divano di fronte a lui. Ci fu un momento di quieto imbarazzo.
«Vi conoscete da molto?»  domandò, nonostante lo sapesse già
«Sono un po’ di mesi, sì. Ci siamo conosciuti durante un colloquio di lavoro.»
«Ma davvero?» chiese Lily, stavolta sinceramente incuriosita «E dove?»
«Mio padre possiede una fabbrica di trapani, la Grunnings» cominciò, con tono abbastanza esaltato «E Petunia era venuta per un colloquio da segretaria. »
Lily inclinò lievemente il capo, piegando le labbra in un sorriso cortese, mentre la sua mente lavorava rapida. Nessuno le aveva detto che Petunia ora avesse un lavoro e soprattutto non l’aveva mai vista uscire di casa.
«Poi, ovviamente, abbiamo raggiunto l’accordo che lavorare non sarebbe affatto stato necessario.»
«In che senso?»
«Beh… » abbassò la voce, guardandosi intorno «Credo che questa sera a cena le sarà più chiaro tutto, signorina.» le confidò con un tono complice.
In quel momento Petunia fece irruzione nella stanza e Lily, fulminata dal suo sguardo disgustato, si affrettò a dileguarsi in cucina, con la scusa di cercare un vaso per i fiori.
Sarebbe stata una lunga serata.
~
 
«E così alla fine abbiamo convenuto che il mercato non era ancora pronto per un nuovo modello. Capite, c’è molta concorrenza, è meglio lanciare i prodotti al momento giusto.» esclamò Vernon, infilandosi in bocca una forchettata di patate al forno.
Lily lo guardò con disgusto malcelato, mentre piccoli pezzi di cibo gli cadevano dalla bocca e finivano sulla tovaglia e sul piatto.
Se a prima vista le era sembrato un personaggio se non piacevole, almeno accettabile, ora aveva per forza dovuto ricredersi. Era mortalmente noioso, terribilmente petulante e ripetitivo. Oltretutto non sembrava avere molti argomenti di conversazione che non fossero la sua azienda, i trapani, il lavoro.
Scoccò uno sguardo ai suoi genitori. Sua madre stava giocherellando con la forchetta e lanciava spesso occhiate annoiate all’orologio, suo padre invece si stava davvero impegnando per fingersi interessato, ma lo tradivano gli sbadigli che si faceva sfuggire troppo spesso.

«Che ne dite se ci spostiamo in salotto?» propose Evanna, appena tutti ebbero svuotato i piattini del dolce.
«Lily, cara, che ne dici di preparare il caffè per tutti?» Lily annuì con entusiasmo e guardò i quattro allontanarsi in direzione del salotto. Si appoggiò sul bancone della cucina e finse di sbattere piano la testa contro la mensola.
Sentì la risatina di sua madre e si voltò «Ti prego, se mai dovessi tornare a casa con un tizio del genere, fermami.»
«So che a Petunia piace molto» ribatté la donna quietamente «Evidentemente ha delle noti nascoste.»
Lily le lanciò un’occhiata maliziosa e scoppiò a ridere, soffocando il rumore tra le braccia incrociate.

Si dilungò in cucina il più possibile, sparecchiando e pulendo, ma dopo mezz’ora capì che non era più possibile procrastinare; fece il caffè e si diresse verso il salotto.
Fece girare le tazzine e di malavoglia si costrinse a sedersi tra suo padre e sua sorella.

Vernon giocherellò per un po’ con il manico della tazzina e poi la posò sul tavolino.
Si sfregò le mani sui pantaloni e chinò la testa.
«Io… sono venuto qui per porgerle una richiesta, signor Evans.» cominciò, rivolgendosi esclusivamente all’uomo, ma guardando Petunia.
«Io e Petunia ormai ci conosciamo bene e abbiamo pensato di poter fare un passo avanti nella nostra relazione. Sono qui anche per questo. Vorrei chiederle il permesso di sposarla.»
CRACK. Tutte le tazzine vuote che erano appoggiate sul tavolino esplosero contemporaneamente, spargendo cocci e gocce di caffè da ogni parte.

Petunia aveva smesso di fissare il suo fidanzato e piantato gli occhi furiosi su sua sorella, Evanna si portò le mani alla bocca ed emise un suono soffocato, Robert Evans invece rimase immobile, a fissare il ragazzo. Vernon ora guardava le tazzine rotte con la bocca spalancata e un’espressione completamente ebete.
«Err...»
Lily fece per balzare in piedi e fare qualcosa, quando, nel giro di pochi secondi, un ticchettio improvviso e molto rumoroso al vetro della finestra li fece sobbalzare tutti quanti.
Un grosso gufo grigio se ne stava appollaiato sul davanzale e becchettava contro il vetro, distendendo una gamba per mostrare la grossa lettera bianca che vi era legata.
Il silenzio nella stanza ora era assordante.

~


«TU. TU!» urlò Petunia fuori di se, rientrando in salotto dopo aver accompagnato Vernon alla porta, un quarto d’ora più tardi. Era violacea in viso, a chiazze. Sembrava sul punto di saltare addosso a Lily.
«LO HAI FATTO APPOSTA, LO SO CHE LO HAI FATTO APPOSTA. SEI DIGUSTOSA, SEI SOLTANTO INVIDIOSA CHE IO HO UNA VITA NORMALE. SEI UN MOSTRO, TI ODIO. » Urlava e batteva i piedi per terra, in preda ad una scenata isterica di tutto punto. Sarebbe andata avanti a riversare insulti su sua sorella, se Evanna non fosse corsa a fermarla e non l’avesse trascinata via in cucina.
Si sentì il suono di due schiaffi e il silenzio che ne seguì.
Era successo il putiferio, il putiferio. Vernon era rimasto sconvolto e aveva dovuto bere un po’ di brandy per calmarsi, la situazione ai suoi occhi era semplicemente assurda.
Non c’era più stato il tempo per parlare del matrimonio, anzi, avevano accennato leggermente alla “condizione” di Lily e alle sue abilità. Il tutto mentre Petunia stringeva con forza il suo vestito, senza avere la forza di aprire bocca, con il viso di una leggera sfumatura verdastra.
Le spiegazioni, le parole, i discorsi, le riempivano la testa. Sentiva gli echi delle loro voci risuonarle nelle orecchie.
Lily aveva una certa nausea. Stringeva ancora tra le mani la lettera – di James – e la liberò in fretta dalla busta.

Cara Lily,
                spero tu stia bene. Io e Sirius siamo ok, anche se un po’ ammaccati. Ha una certa ossessione per i mezzi di trasporto babbani e così in questi giorni ci siamo messi a riparare una vecchia motocicletta – credo si chiami così no?- che un amico nato babbano dei miei genitori ci ha regalato.  Beh, oggi l’abbiamo provata ed è davvero fantastica, quasi più veloce della mia scopa, però devo ammettere che è più comoda.
Siamo andati a fare un giro nei campi non lontano da casa mia, per provarla, e abbiamo avuto qualche difficoltà a capire come manovrarla, per questo ora non siamo proprio in forma. L’albero però sta peggio di noi.
Ti racconterò meglio quando ci vedremo. Ancora d’accordo per andare a vedere la partita di Quidditch? Se per te va bene rispondimi presto, rimanda indietro il gufo.
Passerò a prenderti per le tre di giovedì, scrivimi anche l’indirizzo di casa tua per piacere.
Spero di sentirti presto,

con affetto,
James.
Rialzò gli occhi dal foglio giusto per vedere sua sorella che veniva amorevolmente scortata da sua madre al piano di sopra. Si voltò per non vedere il suo sguardo carico d’odio e uscì in giardino. Sarebbero state delle vacanze molto lunghe.

 
 
 















 
* Non è una mary-suata, lo dice la Rowling stessa che Lily era una strega molto potente ed abile per la sua età. 

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Gente MI DISPIACE. Un altro capitolo dove non succede nulla! Però dovevo per forza metterlo! In realtà questa è metà di un capitolo più lungo, ma mettere tutto insieme sarebbe diventato eterno D:

Santa pazienza e scusatemi. 

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Capitolo 19
*** Capitolo XVII ***



Capitolo XVII



James,
grazie per la lettera, sono contenta di sentire che tu e Sirius vi siete finalmente fatti male. – Sto scherzando ovviamente, ma non sono nemmeno troppo stupita di sentirlo.
Sì sono sempre d’accordo per andare a vedere la partita, anzi, non vedo l’ora. Non è un bel periodo qua a casa, mia sorella è furiosa con me perché ho
casualmente fatto esplodere delle tazzine di fronte al suo futuro marito.
Dovreste vederlo, è una persona orribile, mi viene la nausea solo a pensare di averlo in famiglia.
Contemporaneamente è anche arrivato il tuo gufo e la situazione è degenerata un po’ (sai, i Babbani non sono proprio abituati a ricevere posta in quel modo), ma vi racconterò meglio quando ci vedremo.
A giovedì,

Lily
 
Lily camminava avanti e indietro per il salotto, lanciando occhiate nervose fuori dalla finestra. Sperava vivamente che James si sbrigasse, ma contemporaneamente aveva paura del momento in cui l’avrebbe sentito suonare il campanello. Le sudavano leggermente le palme delle mani e continuava a strofinarsele sui jeans.
Sua madre e suo padre erano in cucina e sua sorella da qualche parte al piano di sopra, se ne stava sempre chiusa in casa!
Le tre arrivarono e passarono e Lily ormai saltellava dall’impazienza, guardando fuori dalle tendine dell’ingresso ad intervalli regolari, tanto che si ricordò Petunia.
Verso le tre e dieci la ragazza sentì un rombo in avvicinamento, ma non ci fece caso, convinta che fosse soltanto un’altra auto di passaggio lì fuori.
Il rombo però dopo pochi secondi si fece più forte, fino a spegnersi del tutto proprio di fronte al suo vialetto. La ragazza rimase immobile a fissare l’attaccapanni.
Un’ombra sempre più grande si faceva avanti da dietro il vetro smerigliato della porta.

Quando il campanello trillò, lei spalancò la porta, forse troppo velocemente.
«Salve» un sorridente James Potter se ne stava tranquillamente appoggiato alla colonnina dell’ingresso, con le mani infilate in tasca. Aveva i capelli ancora più scompigliati del solito e indossava una maglietta completamente stropicciata.
Lei ricambiò il sorriso di cuore «Andiamo?» domandò afferrando la borsa.
Lui ridacchiò «Quanta fretta! Non vuoi farmi conoscere ai tuoi genitori?» le chiese con un ghigno
Lei inarcò le sopracciglia e incrociò le braccia, ma non si spostò per farlo entrare «Perché dovrei?»
«Beh, è tradizione che i genitori conoscano il fidanzato delle loro figlie.» l’espressione indignata di Lily lo fece ridere ancora di più.
«Un corno, Potter. Il giorno che diventerò la tua fidanzata, il sole si oscurerà. Non prenderti troppe libertà ora, solo perché andiamo ad una partita insieme.»
«Non dirlo troppo forte, potrebbe sempre capitare.» ribatté placidamente

Stava per replicare, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
«Buongiorno!» salutò James allegramente
«Sono Evanna» rispose la madre di Lily, allungando una mano per salutarlo. James tirò fuori la bacchetta e con un rapido movimento fece comparire un mazzo di fiori, che poi porse alla madre di Lily invece che stringerle la mano. «James, piacere di conoscerla.»
La donna spalancò la bocca e ridacchiò come una ragazzina, prendendo i fiori e ammirandoli estasiata.
«James» lo rimproverò Lily a mezza bocca «Non sul vialetto di casa!»
«Beh, vedi che sarebbe stato meglio farmi entrare?»
Lei ruotò gli occhi al cielo.
Subito dopo, dietro la ragazza, comparve anche suo padre. Era un uomo alto, con i capelli rossicci e una barba brizzolata non molto lunga.
Fece scorrere il suo sguardo sui capelli scompigliati di James, sulla sua maglietta nera con un grosso uccello dorato stampato sopra e poi su qualcosa alle sue spalle. La sua espressione si incrinò leggermente.
Fece un passo indietro senza dire niente e tutti entrarono in salotto.

«E così porti mia figlia alla partita…»
James deglutì, ma deciso a fare una buona impressione, annuì in modo entusiasta, dimenandosi appena sulla poltrona e stringendo il bicchiere di analcolico che gli avevano piazzato in mano.
«Sì signore. È una partita importante, la finale del campionato, i Tornados contro il Puddlemere United.»
Il padre annuì, nonostante non ne sapesse niente.
«Sono sempre queste due squadre ad arrivare in finale, ultimamente. Anche se gli irlandesi hanno davvero rischiato di batterci, la scorsa partita.»
«Per che squadra tifi?»
«Ma Puddlemere, ovviamente! Hanno i migliori giocatori in campo da anni. E tutta la mia famiglia è sempre stata tifosa del Puddlemere.»  come sempre quando uscivano questi argomenti, James si infiammava e cominciava a gesticolare con entusiasmo. «Mi sarebbe piaciuto entrare a far parte della squadra una volta finita la scuola. Avrei tentato i provini se la situazione non fosse stata quella che è…»  Rischiò di rovesciare il contenuto del suo bicchiere quando vide l’occhiata assassina che Lily gli scoccò. Se la ragazza non gli tirò un calcio era solo perché non avrebbe potuto passare inosservato.
James ammutolì immediatamente e sorseggiò l’analcolico, guardando con interesse lo schermo del televisore.
Lily si sentiva a disagio, temeva che James se ne saltasse fuori con frasi sulla guerra, di cui i suoi sapevano poco e niente.  E teneva decisamente ad evitarle.
«Che ne dici se andiamo ora?» ringhiò a bassa voce, per farsi sentire soltanto da lui.
Lui annuì, aveva un che di isterico negli occhi.

«Ho conosciuto i miei suoceri. » squittì, quando uscirono di nuovo nell’ingresso. «Ho conosciuto i miei suoceri. OUCH» 
Si voltò di scatto, mentre percorreva il vialetto, guardando sconvolto il braccio che era appena stato colpito da uno scoppio. Lily stava a braccia incrociate dietro di lui e lo guardava in cagnesco
«Potter. Azzardati un’altra volta a chiamarli così e te lo stacco quel braccio.
E oltretutto loro non sanno molto di questa guerra, quindi taci e chiudi quella boccaccia una buona volta, per l’amor del cielo!»
Lui la guardò per un secondo, con una curiosa espressione «Che donna.»
Lily sbuffò.
«James? Cos’è… quella?»
Il ragazzo rispose con un sorriso smagliante «La moto di Sirius no?»
«Che ci fa la moto di Sirius sul mio vialetto?»
«Ci porta alla partita no? » esclamò lui entusiasta, salendo a cavalcioni. «Pronta Evans?»
Lily era tutto tranne che pronta.
«Non sono mai salita su una moto, Potter! Perché non sei venuto con la tua meravigliosa scopa?» ansimò, rischiando di strozzarsi con la saliva «Non ho nemmeno il casco!»
«Il cosa?»
«Oh cielo.» ruotò gli occhi verso l’alto «Il casco! Vuoi mica dirmi che te ne vai in giro così, senza nemmeno una protezione?»
Lui la guardò inarcando le sopracciglia
«Che ce ne facciamo di un casco? Siamo maghi!»
«E quindi ? Anche i maghi si fanno male»
Lui sospirò «Mettiamola così, non ci faremo male, d’accordo? Fidati di me. Sembri Remus!»
Lily brontolò qualcosa di inintelligibile, ma decise di smetterla di fare storie
«Se solo i miei genitori ci vedessero…»
«Tranquilla Evans!» rispose James urlando, per coprire il rombo del motore «Sei con me!»
«Appunto, Potter, appunto. » borbottò, ma troppo piano perché James potesse udirla. Poi salì sulla moto dietro di lui e in pochi secondi presero il volo.
 

~
 
«Quell’affare fa un rumore infernale!»
«Oh sì» replicò allegramente Sirius «Io e James ci abbiamo messo le mani sopra, aiutati da Charlus, ma non siamo riusciti a capire perché fa tutto questo chiasso!»
«Le moto fanno sempre chiasso» sospirò Remus, alzando gli occhi al cielo «Ma non così tanto. Portatela da un meccanico!»
«Un cosa?»
Ma prima che l’amico potesse replicare, James e Lily smontarono di sella e Sirius si affrettò a correre loro incontro.
«Ehi! È andato tutto bene, ha funzionato? » domandò
«Ciao anche a te Sirius.»
«Sì, sì, ciao Lily. Allora Prongs? »
Sospirando, la ragazza si diresse verso Remus, lasciando i due ragazzi alla loro conversazione sulla moto. Dal canto suo si era divertita, nonostante avesse temuto di poter fare un’esperienza terrificante.  Almeno Potter non aveva potuto blaterare in continuazione – o magari l’aveva anche fatto, ma fortunatamente il rumore era troppo forte per sentirlo.-
«Come è andato il volo?» domandò il lupo mannaro, affabile
«Diciamo solo che Potter è meglio che stia  su una scopa» replicò la ragazza ridacchiando «Ma avrebbe potuto andare peggio. Spero solo che i miei genitori non ci abbiano visti partire, o la prossima volta che si presenta sul vialetto di casa, lo scacciano a sale. »
Risero insieme, mentre anche gli altri due li raggiungevano e finalmente si dirigevano tutti insieme verso il campo.
C’era gente che arrivava da ogni parte, molta di più di quanta normalmente assisteva alle partite di Quidditch ad Hogwarts.
Si dirigevano tutti verso un edificio abbandonato e apparentemente decrepito che stava poco più avanti, appoggiato ai piedi di due colline come se fosse capitato lì per caso.
Lily inarcò le sopracciglia, chiedendosi se la partita si sarebbe tenuta lì dentro. Era davvero un posto molto misero, che pure lei sarebbe stata capace di migliorare con qualche incantesimo mirato.
Rivolse uno sguardo interrogativo ai suoi compagni di viaggio, ma non ottenne risposta ai suoi dubbi. Gli altri stavano infatti parlando di Peter
«…e alla sua età è ora che si slacci un po’!»
«Lo sai com’è fatta, Sirius, ne morirebbe.»
«Sarebbe venuto a vedere una partita con i suoi amici, non stava partendo per l’Australia per sempre»
La madre di Peter era famosa per la sua apprensività, che spesso impediva al ragazzo di passare alcune settimane d’estate con i suoi amici, oppure semplicemente di andare in giro insieme quando erano fuori da scuola. Questo non faceva che stimolare gli altri tre ragazzi, che ne approfittavano per stuzzicarlo e prenderlo in giro sull’argomento. Lily pensò con tenerezza a quel ragazzino paffuto e alla sfortuna che gli era capitata nel finire in gruppo con quei tre.

I quattro fecero ancora pochi passi e superarono un piccolo cancello che interrompeva una lunga e bassa recinzione – apparentemente inutile. Dopo nemmeno un passo Lily vide il grande edificio in rovina mutare sotto i suoi occhi e diventare, da rudere che era, un ovale perfetto, formato da tante file di gradinate che si susseguivano verso l’alto. Non era per niente simile al campo da Quidditch di Hogwarts, questo sembrava molto più nuovo, ma anche più freddo. Aveva grandi cartelloni pubblicitari appesi alla struttura in metallo, dove streghe biondissime e sorridenti facevano l’occhiolino ai tifosi mentre pubblicizzavano il loro prodotto.
Più in alto c’era una stoffa di copertura, che arrivava a coprire a malapena le gradinate, in modo da lasciare scoperto il campo vero e proprio, dipinta di blu con nuvole bianche che passavano placide. Sembrava una pallida imitazione del cielo della sala grande di Hogwarts, ma evidentemente non imitava il cielo com’era realmente, perché quel giorno non vi era nemmeno una nuvola, solo un limpido blu.
I ragazzi colsero lo sguardo stupito di Lily, che era semplicemente a bocca aperta
«Incantesimi respingi-babbani» le disse James, prima di lanciarsi in un’entusiastica spiegazione «Da fuori quella recinzione il campo sembra una catapecchia qualsiasi, semi-distrutta così che a nessuno venga voglia di avvicinarsi! Ovviamente non è l’unica misura di sicurezza che c’è qua intorno, ma suppongo che noi non possiamo vedere le altre perché siamo maghi!»
Lily annuì, mentre tentava di riempirsi gli occhi di tutto ciò che vedeva di nuovo.
«C’è qualcosa di simile anche per Hogwarts, vero?» chiese Sirius distrattamente e gli altri assentirono
«Ma questo campo è sempre qui?»
«Oh sì» rispose James ancora una volta «è dove si allena il Puddlemere. Questa partita la giochiamo in casa! Non è un granché, quello delle Holyhead Harpies è infinitamente meglio, più grande e più nuovo! Ma per ora ci accontentiamo, meglio puntare sulla qualità che sulle condizioni del campo!» esclamò infervorato.

I venti minuti successivi li passarono tentando di farsi largo tra la folla, che si riuniva a capannelli sotto gli ingressi, e a cercare i loro posti. Erano sistemati abbastanza bene, poco più in alto degli anelli, proprio a metà del campo. Evidentemente i Potter non avevano problemi a trovare i posti migliori.
Durante l’attesa prima della finale, Lily ne approfittò per raccontare a James e agli altri l’inferno che le stava facendo passare sua sorella e la mostruosità del suo nuovo fidanzato. Sirius e James si scambiarono più volte sguardi decisamente malandrini e poi le promisero – con suo sommo orrore – che un giorno o l’altro avrebbero preso loro in mano la situazione.
«Non potrei temere di peggio!» fu la replica scherzosa, ma che sotto sotto nascondeva un fondo di verità.
 
La partita fu un qualcosa di emozionante ed incredibile insieme. Lily perse il filo del gioco già dai primi minuti. Non era facile da seguire come la coppa di Hogwarts, qui i giocatori picchiavano duro: si lanciavano la pluffa in un modo incredibilmente aggressivo e quando questa colpiva qualche giocatore, gli faceva male come se fosse stato un bolide. I passaggi erano rapidissimi e i portieri sembravano avere mille occhi e mille braccia per come riuscivano ad essere in ogni punto degli anelli contemporaneamente. Lily voltava la testa di qua e di là in modo confusionario, tentando di seguire i passaggi, poi si rassegnò a guardare il cercatore del Puddlemere. Era un cosino minuscolo, una ragazza dai capelli castani molto lunghi, legati in una coda. Avrebbe anche potuto sembrare indifesa se Lily non l’avesse vista personalmente prendere in prestito la mazza di un battitore della sua squadra, per spedire con una smorfia di rabbia un bolide direttamente contro un avversario, in un momento di gioco frenetico.
«WOAH!» esclamò James, indicando un grumo di quattro o cinque giocatori che avevano appena compiuto un’azione particolarmente difficile.
«Giocano sporchissimo oggi!» commentò Remus, che stava saltellando su e giù e tenendosi alla ringhiera di fronte a lui.
Sirius imprecava fra i denti ad ogni pluffa persa e si agitava quasi quanto James. Lily era stordita.
Circa quaranta minuti dopo l’inizio della partita, il Puddlemere United era sotto di quasi sessanta punti e i tifosi erano più rumorosi che mai. Ora tutti gli occhi erano puntati sui cercatori, che si tallonavano a vicenda e volavano gomito a gomito, quasi tenendosi più d’occhio a vicenda di quanto non guardassero il campo.
Fu intorno al cinquantacinquesimo minuto che videro il boccino. Si tuffarono, dal nulla, contemporaneamente in picchiata rapidissima, per poi rialzarsi a pochi metri da terra e accelerare le loro scope verso gli anelli dei Tornados. La cercatrice del Puddlemere era evidentemente più agile e più veloce, perché staccò di qualche metro l’avversario.
Il boccino scintillò rapido intorno al gomito del portiere con la divisa dei Tornados e il ragazzo rimase per un secondo inebetito a fissarlo. Sembrava non riuscisse a credere di poterlo prendere così facilmente e di non sapere cosa fare. Intanto i due cercatori si avvicinavano ad una velocità incredibile. Qualcuno urlò qualcosa e il portiere parve riscuotersi, allungo di scatto il braccio verso il suo gomito, verso il boccino d’oro e SWAMH. Un secondo dopo il giovane si teneva il naso sanguinante, mentre tentava di rimanere in equilibrio sulla scopa dopo il colpo inaspettato.
Un mare di urla si levarono dalla parte di stadio occupata dai tifosi dei Tornados, che cominciarono ad urlare inferociti.
L’arbitro fischiò il fallo e nella confusione il boccino sparì.
«Dannazione se colpisce duro, quella strega!» urlò Sirius
«Gli ha mollato un pugno .» esclamò Remus incredulo «Gli ha davvero mollato un pugno!»
James stava solo ghignando della grossa «Quel portiere è un vero idiota, che cosa stava aspettando?»
«Un pugno in faccia, evidentemente!»
Intanto la partita era ripresa e la cercatrice del Puddlemere ora stava sondando di nuovo il campo con gli occhi, quasi immobile a mezz’aria, ma con un’espressione corrucciata sul volto. Il cercatore dei Tornados stavolta si tenne a distanza, per qualche inspiegabile ragione.
Dieci minuti dopo il Puddlemere era sotto di ottanta punti e i giocatori sembravano aver perso forza, un paio di volte non riuscirono nemmeno a passarsi la palla tra di loro. James era livido.
«Il boccino! L’ha visto!» la solita cercatrice, l’unica donna in campo oltretutto, sembrava essere più che intenzionata a vincere. Nonostante l’avversario dei Tornados fosse molto distante e stesse puntando direttamente verso terra, lei non si fece scoraggiare e puntò la scopa nella stessa direzione.
«No. È una finta» Lily sentì James mormorare, mentre le braccia del ragazzo ricadevano lungo i fianchi, apparentemente private di ogni energia.
«E’ UNA FINTA, E’ UNA FINTA.» si mise ad urlare un secondo dopo, sbracciandosi come se lei potesse accorgersi di lui e sentirlo.
Ma la ragazza sembrava non aver bisogno di consigli.  Ad un certo punto del suo inseguimento verso l’avversario, capì che lui non poteva aver visto il boccino e si fermò. Puntò invece verso un altro punto del campo, accelerando a gran velocità.
«Stavolta l’ha visto! L’ha visto lei!» tutti gli occhi si puntarono sulla sua schiena e sui suoi capelli svolazzanti, mentre la giovane zig-zagava rapidissima schivando compagni e avversari, si lanciava in avanti sulla scopa, tendeva il braccio e…
«SI! SI! ABBIAMO VINTO!» urlarono James e Sirius contemporaneamente, lanciando le braccia al cielo e improvvisando una specie di balletto. Poi si abbracciarono, abbracciarono anche Remus e Lily e cominciarono a saltellare urlando parole inintelligibili.
«Ehi, quel fesso! Si è schiantato!» le parole di Remus ebbero il potere di far bloccare l’entusiasmo sfrenato per un secondo. Il cercatore dei Tornados si era davvero schiantato a terra, al termine della sua finta.
Tutti scoppiarono a ridere indicandolo e l’ebbrezza della partita si perse in un mare di risate, mezze di gioia e mezze di scherno.
«Abbiamo vinto. Di nuovo.» sospirò James felice, passando un braccio sulle spalle di Sirius – che già stava abbracciando Remus -  e uno su quelle di Lily. Tutti e quattro si voltarono di nuovo ad ammirare il campo sfiorato dal sole dorato, su cui i giocatori del Puddlemere sfilavano veloci, portando a turno la coppa lucente sollevata in aria. «Lo sapevo, siamo magnifici.» E non si riferiva solamente alla squadra.
 
 
I giorni successivi, che precedevano il ritorno ad Hogwarts, passarono in un lampo. Per Lily fu come essere immersa in un’enorme nuvola ovattata, che le impediva di concentrarsi sul presente, ma che le ripresentava continuamente di fronte agli occhi immagini della partita, dei mesi a scuola, di James, di James e … oh, di James. Ormai si sentiva nauseata da se stessa, ma doveva ammettere che alla fine era caduta come una pera, anche lei, per quel ragazzo spettinato e disordinato che tutti sembravano adorare.  Beh, adorarlo era l’ultima cosa che avrebbe fatto – si ripromise. Piuttosto che diventare una ragazza melensa e adorante come quelle stupide del quinto anno, sarebbe stata zitella per tutta la vita. Inoltre la piega del loro rapporto sembrava aver preso più una strada amichevole; insieme scherzavano, ridevano, parlavano di un po’ di tutto, ma i risvolti romantici davvero tardavano ad arrivare. Lily arrivò a dubitare persino di piacere ancora a James; tra di loro si era instaurata quella consuetudine che aveva portato all’amicizia, ma troppo piatta per diventare passione.
Era a questo che pensava mentre stava seduta sull’espresso di Hogwarts di ritorno a scuola. teneva la fronte appoggiata al finestrino del treno e prestava solo vagamente orecchio alle chiacchiere delle sue amiche, di Dorcas, Mary o Artemisia che fossero.
Se solo avesse prestato un pochino più di attenzione si sarebbe risparmiata quel sobbalzo esagerato che fece quando le sue orecchie colsero uno spezzone di frase davvero insolito.
«…e alla fine sì. Ci siamo lasciati. »
C’era una sola persona fidanzata tra le sue amiche. Volse la testa così in fretta che si fece quasi male al collo. Giusto in tempo per incontrare gli occhi addolorati ma asciutti di Dorcas.
«No…» soffiò. «Tu e Sirius non…»
L’amica annuì con un sorriso triste.
«Vado a sistemarmi i capelli in bagno.» annunciò, e lasciò lo scompartimento in un silenzio sgradevole.
 
Dorcas non crollava mai, forse per Sirius avrebbe fatto un’eccezione. 


















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Gente, tra poco parto per le vacanze :D Sto via solo una settimana, ma non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, perché il prossimo capitolo è scritto solo a metà!
Intanto ringrazio come sempre tutti quelli che hanno letto e/o commentato fino a qui. <3

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX ***


Capitolo XIX



Lily scordò che era il primo giorno a scuola dopo le vacanze, che avrebbe dovuto essere contenta e che la sera dopo ci sarebbe stato il duello contro i Serpeverde.
Dimenticò tutto, di fronte alla notizia che Dorcas e Sirius si erano lasciati. Quella coppia era inseparabile da più di un anno, il periodo più lungo in cui Sirius lo Scavezzacollo era rimasto con qualcuno, ed era ormai una colonna portante. Sirius e Dorcas erano... beh, erano Sirius e Dorcas.
Quella sera si riunì il consiglio delle ragazze del settimo anno di Grifondoro. Tentarono in tutti i modi di risollevare l'umore a Dorcas, di distrarla, ma soprattutto di farsi spiegare come mai si fossero lasciati così all'improvviso. Non ottennero niente, solo un ostinato silenzio che non si interruppe nemmeno il giorno successivo. Lily era meditabonda, non ricordava di aver visto Sirius abbattuto alla partita o nemmeno minimamente turbato.
Avrebbe chiesto spiegazioni a lui, non appena ce ne sarebbe stata l'occasione.

Il pomeriggio successivo, in aula di pozioni, Lily si stava cimentando in uno dei suoi passatempi preferiti: la distillazione di una pozione davvero difficile, che aveva scelto durante una lezione "aperta" di Lumacorno. Il professore infatti sembrava ritenere divertenti le lezioni in cui lasciava carta bianca ai suoi alunni in modo che potessero decidere da soli che intruglio preparare. Nemmeno da dire, questi esperimenti si risolvevano sempre in esplosioni o altri risultati davvero esilaranti, perché una parte degli studenti sembrava volersi dare alle sperimentazioni e tavolta persino all'inventare una pozione di sana pianta. Quella parte di studenti solitamente consisteva in « Potter! Black! »
Lumacorno si avvicinò a grandi passi al loro banco «Mi auguro che non stiate tentando di nuovo di inventare una pozione»
« Nossignore!» ribatté Sirius, mentre rimescolava placidamente un liquido dal colore viola intenso.
«Non faremmo mai una cosa del genere, Signore. Abbiamo seguito attentamente le istruzioni del libro» aggiunse James, mentre gettava a casaccio ciuffi di erbe nel suo calderone, dove una pozione rosso lacca stava ribollendo.
Il professore annusò i fumi, tossì e si allontano, facendogli però segno che li avrebbe tenuti d'occhio. Rivolse uno sguardo compassionevole all'intruglio di Remus, che pareva avere vita propria, e scosse la testa seccato davanti al calderone di Peter. Quello si strinse nelle spalle e sembrò diventare ancora più piccolo.
Lily, dal  canto suo, era concentratissima. Aveva deciso di provare una pozione davvero difficile, un recente ritrovato per aiutare chi era affetto da Licantropia, che aveva trovato in un volume di pozioni avanzate regalatole da Piton due anni prima. Era una pozione davvero complicata e lunga da preparare, ma sembrava venire piuttosto bene. Aveva apportato alcune piccole modifiche personali alle istruzioni e i risultati sembravano davvero essere quelli sperati.
Con attenzione, si apprestò a cominciare la parte più complessa. Sezionò con cura una rana, ne estrasse un paio di organi interni, li spappolò e li gettò nel calderone. Poi vi versò alcune gocce di bile di Drago, guardando con soddisfazione i piccoli sbuffi di fumo azzurrino che si sollevavano dall'intruglio ad ogni goccia caduta.
«-arantatrè, quarantaquattro, quarantacinque...»
D'improvviso un foglietto piegato in forma vagamente gufica, le sventolò davanti agli occhi. Irritata e disturbata, lo scacciò con una mano, ma quello continuava a tornarle davanti agli occhi, disturbando il suo conto.
«...cinquantasei... DANNAZIONE, questo dannato affare!» agitò la mano violentemente e le caddero alcune gocce insieme nel calderone.
Quante ne aveva messe? Fermò la mano esitante e tentò disperatamente di ricordarsi a che numero fosse arrivata e quante gocce le fossero sfuggite. Ne aggiunse un altro paio e poi smise, sperando in bene.
Ma non appena buttò dentro la pelle di girilacco tritata, un acre fumo verdastro si sollevò dall'interno del calderone e Lily lo guardò orripilata.
«AAAGH.» strepitò, con un tono vagamente isterico e decisamente ad alta voce. Quasi tutti si voltarono a fissarla e ridacchiarono, contenti che finalmente la più brava in pozioni avesse commesso un passo falso.
«è una poesia di Potter! » le comunicò allegramente Artemisia, che aveva preso il piccolo foglio gufico e l'aveva aperto.
Le risate si fecero ancora più intense.
«Oh-oh, cos'abbiamo qui? Un tentativo non proprio riuscito, vedo, Lily cara.»
La ragazza si voltò verso Lumacorno con uno sguardo che avrebbe potuto uccidere, ma lui, troppo impegnato a fissare l'interno del calderone, non se ne accorse.
«Cosa stavi tentando di fare? Una pozione anti-acne? Suvvia, suvvia, niente punti questa volta. Ma che peccato.»
Lily si voltò verso Potter, con la guance rosse e gli lanciò un'occhiata assassina.
Pochi minuti dopo, appena usciti dalla classe, Lily gli si avvicinò minacciosa.
« Una poesia Potter? MI HAI FATTO ROVINARE IL LAVORO DI DUE ORE, PER UNA STUPIDA POESIA?»
«Err... io... tu non hai..»
«SEI UN IDIOTA POTTER.»
Le risate, di fronte a quella scenetta, si fecero ancora più forti e Lily provò l'impulso quasi irrefrenabile di cruciare tutti quanti.
Sirius ghignò «Suvvia, Evans, per una pozione anti-acne... non mi pare tu ne abbia bisogno.»
«Non era una pozione anti-acne, idiota.» sibilò «Era per alleviare i sintomi della Licantropia. Ed era molto complicata.»
Lily colse a malapena il sobbalzo di Remus, con la coda dell'occhio, e marciò via portandosi dietro la sua irritazione.
«AH, e io e te dobbiamo fare un discorsetto, Black, ricordatene!»
Lui deglutì «Lily! Leggi il foglietto comunque! Non farti ingannare dalle apparenze » le urlò dietro Potter, mentre ormai lei girava l'angolo per andare ad Aritmanzia.
Remus era ancora fermo nello stesso punto di prima e ancora la stava fissando con sguardo allucinato.

Quando Artemisia le riconsegnò il foglio, a Trasfigurazione, Lily vide che non era affatto una poesia.
Questa sera alle otto nel bagno dei prefetti d'accordo? Porta... beh, quello che sai e una divisa. Cerca di non farti beccare da nessuno. Non abbiamo tempo per una punizione.

PS: ho incantato il biglietto in modo che chiunque altro lo legga, ci veda una poesia. Peccato che tu non possa leggerla.
PPs: Evans, ringrazia di non poter leggere questa roba. Ti sarebbero cascati gli occhi.
PPPs: non dar retta a Sirius, è -ovviamente- solo geloso del mio talento con i sonetti.
Lily mascherò uno sbuffo e lanciò un'occhiata di sbieco a James, due banchi più avanti.
Sì, ci sapeva davvero fare con trasfigurazione - pensò, mentre il ragazzo di fronte a lei incantava il calamaio che aveva trasformato in uno scoiattolo in modo che questo si mettesse a cantare l'Inno di Hogwarts.

 
Quella sera mangiò in fretta e con la testa da tutt'altra parte.
«Lily... quella è pasta d'acciughe, non marmellata.»
«Ah già, grazie Remus.»
Chissà come si sarebbe comportato Piton di fronte a lei, quella sera. Ovviamenteci sarebbe stato Sirius al suo posto e...
«Lily, stai cercando di mangiare la bistecca con il cucchiaino.»
«Oh che stupida! Grazie ancora»
...e forse quello sarebbe stato un problema. Doveva mettere bene in chiaro con lui come avrebbe dovuto comportarsi e non lasciargli carta bianca...
«Lily!! Quello è aceto, non succo!»
 «Oh santo cielo! Detesto l'aceto, meno male che mi hai avvisata.»
«Ma che ti prende stasera? Sei innamorata?»
James a quelle parole balzò sulla panca come fosse stato punto da qualcosa e lei gli rivolse una finta occhiataccia.
«No scusa, ero sovrappensiero per delle sciocchezze.»
...no, niente carta bianca a Sirius altrimenti chissà cosa avrebbe detto, fingendo di essere lei! Una serie di scenari catastrofici e distruttivi le vennero in mente, ma si riscosse abbastanza in fretta da correggersi da sola e non afferrare una ciotola di sottaceti al posto di quella con il budino.


Dopo cena Lily sgattaiolò nel dormitorio femminile prima delle sue amiche, fingendo di dover andare in bagno. Aprì il baule con cautela ed estrasse - dalla scatola di legno dove teneva il suo kit privato per le pozioni - due piccole fialette, le avvolse in una sciarpa e le infilò nella tracolla dove di solito teneva i libri. Poi prese una vecchia uniforme che non usava più dall'anno prima e dopo averla appallottolata alla meno peggio, infilò anche quella nella tracolla. Prese un paio di calze bianche, una gonna e, dopo un attimo di indecisione, anche un piccolo fermaglio a cui teneva molto e che metteva spesso.
Poi andò in bagno veramente e infine fu pronta.
Approfittò del fatto che gli altri studenti stessero tornando ai dormitori e quindi che quell'ala del castello fosse piuttosto vuota.
Quando arrivò di fronte al bagno dei prefetti notò che non c'era nessuno ad aspettarla, ma lei mormorò comunque la parola d'ordine (Algaschiuma) ed entrò.
Oh come adorava quel bagno!
Era forse una delle stanze più intime ed accoglienti di tutto il castello e ci avrebbe passato le ore se avesse potuto, immersa nelle bolle colorate ad ammirare i vetri decorati delle ampie finestre o a leggere.
Aveva una gran voglia di farsi un bagno caldo, ora che si trovava lì, e dovette trattenersi con tutta la sua forza di volontà per evitarlo, anche perché sarebbe stato alquanto imbarazzante farsi trovare nell'acqua da quei due.
Giusto in tempo, sentì delle voci lungo il corridoio e istintivamente si appiattì contro il muro.
Sirius e James fecero il loro ingresso discutendo a voce alta, senza curarsi minimamente di chi avrebbe potuto scoprirli.
 «E fai attenzione questa volta, non intendo rischiare il collo di nuovo per la tua suprema furbizia»
«Quante volte ti ho già detto che-  Oh ciao Lils!»
Lily uscì dall'ombra e salutò i due con un cenno del capo, con la coda dell'occhio notò che Sirius stava infilando qualcosa di piegato in tasca e pensò che evidentemente avevano controllato con la mappa del malandrino che non ci fosse nessuno in giro.

Con un tocco di bacchetta James accese le lampade, che Lily aveva lasciato spente, e si mise le mani sui fianchi, soddisfatto.
«Portato tutto?»
Lily appoggiò con cura la tracolla sulla sedia e annuì.


-

James guardò Lily quasi a bocca aperta, mentre la ragazza si metteva ad armeggiare con le chiusure della borsa e si spostava con noncuranza alcune piccole ciocche di capelli rossi dietro le orecchie. Aveva delle orecchie delizione, troppo carine,da mordere - pensò James.
«Hai finito di stare lì imbambolato?» si sentì dire da Sirius e improvvisamente si riscosse. Lily aveva alzato la testa, colto il suo sguardo ed era stranamente arrossita.
«Hem sì. Allora, questo è il piano» cominciò, mettendosi a passeggiare avanti e indietro
«Adesso Sirius beve quella tua pozione e si trasforma. Io gli tolgo i suoi vestiti e tu gli metti i t-»
«He-hem. Scusa Potter? Credo di non aver capito bene. Cosa intendi dire con il fatto che TU gli togli i suoi vestiti? »
James deglutì, fingendo noncuranza «Beh, sai, sono più pratico di vestiti da maschio io e faremmo molto più in fretta se...»
Sirius cominciò a ridere con la sua risata canina e James lo guardò male.
«Amico, se pensi di convincerla a fare una cosa del genere...»
«Potter scegli. » disse invece Lily con il tono più amabile - che James trovò molto inquietante - che riuscisse a tirar fuori «Preferisci svestire Sirius quando avrà il mio corpo e ritrovarti senza bulbi oculari per il resto della tua vita, o preferisci stare lì in un angolo a fare il bravo ragazzo e a non farmi innervosire?»
Concluse il tutto con un sorriso smagliante. James finse di pensarci, ma Sirius notò che il suo sguardo guizzava nervosamente da una parte all'altra della stanza.
«Ehm... in effetti potrei essere troppo impegnato a.. a...» indicò con gesto vago un angolo della stanza e non concluse la frase.
«Ottima occupazione» ribatté Lily sempre sorridendo in quel modo inquietante.
Poi estrasse le due boccette dalla borsa e si rizzò in piedi.
«Allora. Eccoci qua. Intendi andare avanti a spiegare il piano o...?»
«Sìsì» si riprese James all'istante «Allora. La trasformazione va come dovrebbe andare, TU vesti Sirius » - lo disse con un sospiro rassegnato - «E io e lui andiamo all'appuntamento. Tutto qui. Ci rivediamo in Sala Comune»
Lily aveva le braccia incrociate e scuoteva la testa e James pensò con un sorrisetto mentale che era certo che lei avrebbe avuto qualcosa da ridire, perché non poteva essere Lily senza le sue idee e la sua testardaggine.
«Hai dimenticato qualche piccolo particolare. Pensi che io vi lascerei andare tranquillamente e tornerei ad aspettarvi in sala comune?»
« Beh... puoi sempre aspettarci qui, se preferisci, ma...»
«Non se ne parla Potter, io vengo con voi.»
«Cosa?» intervenne Sirius «Non pensi che forse il mio travestimento potrebbe essere... come dire... poco efficace, se si presentano due Lily Evans?»
Lily ghignò e alzò entrambe le fiale.
«Ma infatti non andranno due Lily Evans al duello. Ci andrà una Lily e un... Sirius Black.» mormorò con voce bassa e mortale, tanto che a James vennero i brividi lungo la schiena.

 
«Stai dicendo che tu... ti trasformerai in me e io in te? È delirante!» esclamò Sirius, ma stava ridendo.
«Esattamente Black!»
«Lily ...» cominciò James con tono conciliante «Sarà pericoloso e io...»
Ma aveva detto la cosa sbagliata. Di fronte ai suoi occhi Lily sembrò quasi ringhiare ed infuriarsi come non mai.
«Pericoloso?»  sibilò «Stai forse dicendo che io non sarei in grado di cavarmela? Che sono più debole di voi? Per cosa? Perché sono una ragazza?»
James tentennò. Desiderava con  tutto il cuore riuscire a tenere Lily lontana da quei serpeverde maledetti e loro odiavano Sirius quasi quanto lei. Non ci avrebbero pensato due volte a fargli del male se avessero potuto. E se tutti contavano sul fatto che Piton avrebbe tenuto la mano leggera con Lily, di sicuro non sarebbe accaduto con Sirius.
«James... credo che dovrebbe venire.»
James si voltò verso Sirius, esterrefatto e ferito. Lo guardò con un'espressione che per un momento sembrò dire "Mi tradisci così Sir?" ma passò subito e James abbbassò le spalle.
«D'accordo allora... come volete. Dobbiamo sbrigarci però, abbiamo poco tempo.»
E mentre Lily apriva le fialette e passava la prima a Sirius, pensò che sarebbe stato suo compito proteggerla. Avrebbe vinto il duello, per porre fine alla questione una volta per tutte. Solo così Lily non avrebbe corso rischi.

«Alla salute, allora?» disse Sirius allegro un minuto più tardi. La sua pozione era diventata rosso sangue, dopo che ebbero aggiunto un capello di Lily, e il ragazzo la scrutava con sospetto.
Avvicinò il botticino alle labbra, ma prima di ingoiare si fermò un secondo.
«Sicura che non mi trasformerò in un troll con questa vero?» domandò. Lily lo guardò con simulata tenerezza.
«Più che certa.»
Il ragazzo ghignò, alzò il vetro come per brindare e buttò giù, tutto d'un colpo.

James e Lily erano tesi dall'agitazione mentre guardavano Sirius attendere un qualche effetto.
Poi il ragazzo si piegò in due, come se avesse contratto tutti i muscoli contemporaneamente, e gemette. La fiala ormai vuota cadde a terra e si schiantò in mille pezzi.
James emise un rantolo strozzato e corse a fianco del suo amico, per sostenerlo.
Sirius strinse i denti e pian piano cominciò a mutare in un modo inquietante. La sua faccia sembrò come sciogliersi, l'angolo della sua mandibola, che tante ragazze trovavano immensamente sexy, si ritrasse e si arrotondò. I capelli cominciarono ad allungarsi e la barba appena accennata scomparve completamente dal viso.
Le spalle si restrinsero sotto l'abbraccio di James e tutta la persona si abbassò di un paio di spanne.
James osservava la trasformazione con gli occhi quasi fuori dalle orbite, mentre Lily pareva solo curiosa e leggermente soddisfatta.
Un minuto dopo di fronte a loro stava una perfetta Lily Evans, infagottata in abiti maschili troppo larghi e intenta a palparsi la faccia.
«Ecco, Black, basta che tieni le mani lì d'accordo? Sia ben chiaro che se ti vedo fare qualcosa di sconveniente...» Lily fece un gesto violento a mezz'aria.
 «Signorina non si preoccupi. Sarò un perfetto cavaliere...» tossicchiò per sistemare la voce «Ehm... cavaliera.»
«Dio, se questo mi fa impressione.» rabbrividì James «Ti prego Lily, non vestirti mai da uomo.»
«Non sai quanto ha fatto impressione a me, sentirmi crescere le tette! »
Lei ridacchiò e si apprestò ad avvicinarsi a Sirius.
«Bene Potter, ora tu andrai a chiuderti in quel bagno e ci lascerai soli finché io non vestirò Sirius. »
James le scoccò un'occhiata insoddisfatta, ma obbedì.
«E VEDI DI NON GUARDARE.» gli urlò dietro Lily, mentre già sfilava la maglia a Sirius.
«Se non vedessi un paio di tette qua sotto, penserei che mi stai spogliando. Mi turba questa cosa.»
«Sì è particolarmente inquietante anche per me, svestire me stessa...» ribatté Lily con la stessa concentrazione.
«Ma mai quanto lo sarebbe svestire te.  »
«Credici Evans. Chiunque sarebbe immensamente felice di poterlo fare. »
 « Pft! Non fare quell'espressione, non con la mia faccia per favore! Chiudi gli occhi, ti devo mettere la gonna»
Sirius rise e obbedì, lasciandosi vestire come una bambola. Quand'ebbero finito andò davanti allo specchio e si scrutò con stupore.
«Stai bene? Sei verdastro»
«Ho una gran nausea... » Lily inarcò un sopracciglio «Non per te eh, voglio dire, non perché sono nel tuo corpo. È colpa di quella pozione, mi ha rivoltato come un calzino. »
Il ragazzo scosse la testa chiudendo bocca e poi si precipitò dentro al gabinetto, tirando fuori James di forza.
«Credo sia normale» lo tranquillizzò Lily. Poi prese il secondo botticino e ci mise un capello di Sirius che recuperò dai vestiti.
Inspirò profondamente e accettò con gratitudine la mano sulla spalla che le posò James.
«Alla salute» gracchiò con voce roca. E inghiottì il tutto.
Anche lei si sentì malissimo e contrasse ogni muscolo, versando qualche goccia blu della pozione per terra e rischiando di non finire di berla tutta.
Poi si accasciò addosso a James, che la sosteneva, e cominciò a trasformarsi. Pareva il processo avvenuto prima al contrario - ed in effetti lo era - ma c'era qualcosa di decisamente più orribile nel vedere una ragazza dai lineamenti delicati come Lily trasformarsi in un ragazzo con tanto di barba e muscoli.
Quando fu tutto completo si rialzò e sospirò , buttando indietro la testa.
«Per Merlino, è come se mi fossi sciolta.»
«Mi vesti James? Mi par giusto rispettare le stesse regole che sono valse  per Sirius.»
«Ai suoi ordini madamigella.. oh beh...insomma, quello che sei. »
Lily chiuse gli occhi e si lasciò svestire.
Nonostante sapesse che era in un corpo non suo e che quindi quelli che James stava sfiorando erano gli addominali di Sirius, non riuscì a reprimere un brivido.
Le dita calde del ragazzo si facevano strada sotto i suoi vestiti e li sfilavano uno per volta e Lily si sentiva proprio come se fossero le sue anche che James stava toccando, le sue gambe ad essere svestite lentamente.

«Oh. Mio. Dio.» Lily quasi aprì gli occhi per lo stupore di sentire all'improvviso la voce di Sirius - o meglio, la sua voce - interrompere quel momento
«Ecco questa è una cosa che davvero, davvero, non vorrei mai aver dovuto vedere. James sei una checca inguaribile. Prego vivamente di non dover mai più vedere una scena simile o QUELLE MANACCE ADDOSSO A ME IN QUEL MODO.»
E sia Lily che James scoppiarono a ridere , per l'assurdità del momento. 


























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Sono imperdonabile lo so. è un periodo assurdo e tra poco mi trasferisco in un'altra casa quindi immaginatevi il caos.
Non so quando potrò aggiornare, ma vi avviso che mancano 2/3 capitoli alla fine :D
Grazie a tutti coloro che han recensito, vi risponderò con calma <3

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