Forced Engagement

di Distorted Soul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Would you be my fake girlfriend, please? ***
Capitolo 2: *** Darling, maybe your parents hate me! ***
Capitolo 3: *** Dinner was hell! Breakfast was embarrassing! ***
Capitolo 4: *** He’s mine, give him back! ***
Capitolo 5: *** Dance, run and steal a motorbike! ***



Capitolo 1
*** Would you be my fake girlfriend, please? ***


Allora: partiamo dal presupposto che avrebbe dovuto essere una shot, e invece mi sono dilungata; avrebbe dovuto essere divertente, e invece secondo me a un certo punto prende tutta un’altra piega; e si, consideriamo anche che sono negata con tutto ciò che superi le 500 parole.

Non è nulla d’impegnativo, anzi è piuttosto sciatta; nasce soltanto dal desiderio di scrivere qualcosa su una situazione del genere e di tirare in ballo la famiglia del caro Soul. Ma il risultato non è affatto vicino a quello che invece avrei voluto.

E dopo questa sorta di introduzione dove semplicemente voglio dire “non aspettatevi niente di che, perché se l’ho pubblicata è solo per un motivo che ora mi sfugge, altrimenti sarebbe rimasta nel mio PC”, vi lascio alla lettura.

Spero comunque gradiate almeno un po’.

 

 

 

 

 

Forced Engagement

“this marriage is not to be performed”

 

 

 

 

 

 

 

1. Would you be my fake girlfriend, please?

 

 

 

 

Una mattina come le altre a Death City.

Il sole ciondolava già da un po’ nel cielo azzurro dello stato del Nevada, mentre la città si preparava a vivere un altro giorno – e poteva sembrare un qualche non voluto paradosso, visto il suo nome.

Maka era in piedi da qualche minuto ormai, lavata e vestita e ora intenta a preparare la colazione per se e quel pigrone del suo partner che, seppure avesse chiamato dieci minuti prima, continuava a poltrire.

Spense i fornelli ponendo le uova e la pancetta in due piatti, si tolse il grembiule e tornò a bussare alla sua porta: « Soul! Andiamo alzati o faremo tardi! »

Sentì provenire un mugugno indecifrabile oltre l’uscio di legno e una frase che avrebbe dovuto essere un “altri cinque minuti”.

« Avanti, alzati e vieni a fare colazione! Non costringermi a venire lì e Maka-chopparti fin quando non ti sarà venuto un trauma cranico! »

Dopo pochi secondi la porta si aprì mostrando un Soul assonnato e con i capelli arruffati. Sbadigliò rumorosamente, si gratto il capo e alla fine parlò, con voce impastata dal sonno: « Sei davvero una rottura, senza-tette! Cosa ti costav-AHI! – un libro, spuntato dal nulla, gli arrivo dritto sulla testa da una Maka piuttosto irritata, come al solito – Sei una pazza! Tu e quei tuoi stupidi libri! » esclamò allontanandosi prima di ricevere un altro colpo – che per lo meno era servito a svegliarlo del tutto.

Si mise a tavola, cominciando a mangiare. Maka era una rottura, ma almeno gli preparava una buona colazione.

La ragazza lo raggiunse, ma prima di unirsi a lui sembrò ricordarsi improvvisamente di qualcosa. Soul la vide correre all’ingresso e tornare subito dopo con in mano una busta da lettere.

« È arrivata stamattina per te. » gli disse porgendogliela.

L’afferrò, con in bocca ancora un boccone, e lesse il nome del mittente. Dall’espressione dipintasi sul suo volto, notò Maka, doveva essersi parecchio infastidito.

« Chi te la manda? » chiese curiosa.                                             

Lui spostò per un attimo lo sguardo su di lei, poi tornò alla busta: « I miei genitori. » rispose senza il minimo entusiasmo.

« Beh che aspetti? Aprila! »

« Non ne ho la minima intenzione! »

« Soul... » lo sguardo che gli lanciò la ragazza bastò ad ammonirlo, e anche il suo tono sembrava non ammettere repliche.

« Qualunque cosa ci sarà scritta so già che non mi piacerà, Maka! » si lamentò.

« E se fosse importante? Avanti apri, è solo una lettera cosa mai potrà farti? »

Il ragazzo sbuffò, strappando la parte superiore della busta per tirarne fuori il contenuto e cominciare a leggere.

Più scorreva gli occhi sul foglio più il suo sguardo si spalancava, mentre le mani stringevano la carta bianca. Rilesse più volte, per essere sicuro di non aver capito male.

« Non è possibile... » esalò con un fil di voce.

« Allora? Cosa dice? »

« I miei genitori... vogliono che torni per qualche giorno a casa perché... – ingoiò un flotto di saliva – vogliono presentarmi la mia fidanzata! » esclamò tutto d’un fiato, incredulo.

Maka lo fissò, attonita. Fidanzata?

« Haaa? »

 

*

 

Black Star non faceva altro che continuare a ridere di gusto sdraiato sul muretto da cui, valutò Soul, non sarebbe stato un grande sforzo spingerlo giù. Tanto una semplice caduta da una decina di metri non avrebbe mica ucciso un dio.

« Black Star, non è carino che tu rida, è una cosa seria! » lo rimbeccò Tsubaki facendolo scendere da lì. Ma nessun rimprovero fu sufficiente a farlo smettere.

« Quindi... – cominciò Kid ignorando il casino dell’amico – un fidanzamento ufficiale, di conseguenza si tratta di una sorta di matrimonio combinato. »

« Soul si sposa! Soul si sposa! Soul si sposa! » cominciò a cantilenare Patti saltellando tutt’intorno.

Tutto ciò cominciava ad innervosirlo enormemente. Una cosa come quella e loro lo prendevano in giro!

« Mi sposo un corno! Ho abbandonato quella famiglia quando ho deciso di iscrivermi alla Shibusen, non decideranno mai per me su una cosa del genere! Un matrimonio combinato poi... non è per nulla cool! » si lamentò.

« E cosa pensi di fare? » domandò Liz dopo aver fatto smettere la sorella che, tuttavia, si era immediatamente unita alle risate di Black Star.

« Un emerito nulla! Semplicemente finta che non sia successo niente. »

« Non è la scelta migliore. – intervenne Kid – Lo so perché anche io mi sono rifiutato spesso di incontrare le ragazze scelte per me da mio padre e non è servito a nulla. Lui ottiene sempre quel che vuole, e i tuoi non saranno da meno no? E poi se non sbaglio hai detto che verrà a prenderti tuo fratello. »

Soul sbuffò: « Già... » proferì in un sospiro. Non aveva la minima voglia di rivedere la sua famiglia, men che meno Wes.

« Beh allora cosa può fare per sfuggire a questa cosa? » chiese Tsubaki, tentando invano di far smettere di ridere a quel modo il suo partner.

Nessuno però sembrava avere una buona idea.

« Black Star, Patti dannazione smettetela di ridere! » urlò Maka, già stanca di quella situazione assurda. Continuava a chiedersi come potevano ancora esistere i matrimoni combinati: non vi erano rapporti più ipocriti di quelli.

« Oh, andiamo, come fai a non ridere dopo una notizia del genere? Soul, amico, se avessi bisogno di un testimone di nozze la qui presente divinità è disposta a- » il colpo preciso di Maka stroncò il discorso del ragazzo prima che giungesse ad una conclusione facendolo finire con il muso a terra.

« Taci Black Star! »

« Idiota di una Maka! Fa male! Se sei gelosa non c’è bisogno di prendersela con me! »

Il volto della ragazza si colorò di rosso rabbia – e d’imbarazzo – mentre nuovamente la copertina del suo libro incontrava la testa del ragazzo dai capelli azzurri.

« Smettila di dire assurdità, deficiente! »

« Ci sono! – esclamò d’improvviso Kid interrompendo il battibecco – Ho trovato, Soul! »

I ragazzi si voltarono verso di lui, attenti e curiosi di sapere quale fosse il piano dello shinigami, sul cui volto era spuntato uno strano sorriso.

« Avanti Kid, spara! » lo incitò Soul. Kid era intelligente, aveva sicuramente valutato tutte le opzioni prima di trarne la giusta conclusione. Si, Soul era sicuro che qualunque cosa Kid avesse detto sarebbe stato un buon piano.

« Non dovrai far altro che fingere di avere già una ragazza – dichiarò spostando lo sguardo sulla kama shokunin – e Maka farà finta di esserlo! »

Silenzio.

Soul si corresse. Kid alle volte poteva sparare anche cazzate.

La quiete fu spezzata dalla nuova cantilena di Patti che annunciava lo stare insieme dei due, seguita immediatamente da un altro gruppo di risate di Black Star ancora più forti delle precedenti.

Maka, semplicemente, guardava i suoi amici pietrificata.

« H-haaaa? »

 

*

 

Maka percorreva a grandi falcate la strada che avrebbe ricondotto lei e Soul al loro appartamento, mentre l’idea di Kid continuava a rimbombarle nel cervello.

 

« M-Ma perché proprio io? »

« Già, perché proprio lei? »

« Ma è naturale, perché siete partner! E perché scambiarvi per qualcosa in più che semplici amici non è così difficile. » rispose pacato Kid.

« Ma-ma-ma-ma… non è affatto vero! Scommetto che nessuno ha mai pensato a noi due come… qualcosa in più! » ribattè Maka, oramai sull’orlo di una crisi isterica. Come stava procedendo quella cosa le piaceva sempre meno.

« Già, nessuno ci cascherebbe! Come potrebbe uno cool come me finire con una senza tette? »

« Maka-chop! »

« Ahaaa! Tu sei una psicopatica! » le urlò contro Soul massaggiandosi il nuovo punto leso. Di quel passo avrebbe finito per rompergli il cranio.

« Idiota! »

« Stupida secchiona! »

« Maka-chop! »

« AHIA! Che cacchio Maka, così mi uccidi! »

« Ecco vedete? – li interruppe Kid – Punto primo: litigate come una coppia di sposi. »

« Non è vero! » esclamarono all’unisono.

« Beh… io posso andare avanti con la lista… »

 

 

« Stupido Kid! » esclamò la ragazza quando erano ormai giunti sotto casa.

Come poteva sul serio pensare che loro due potessero…?

Salì in fretta le scale, seguita a ruota dalla sua buki. Aprì la porta e andò dritta in cucina. Doveva bere qualcosa di fresco.

In frigo trovò solo un succo di frutta – dovevano fare la spesa, diamine! – e, dopo averlo versato in un bicchiere, lo mandò giù tutto d’un fiato. Sì, ora stava meglio.

« Maka? »

« Che c’è? » gli rispose acida.

Soul sospirò, avvicinandosi: « Guarda che non c’è bisogno che mi rispondi con quel tono! Non ti ho mica obbligato a fare come ha proposto Kid, sei libera di rifiutare. » le disse prendendo il succo dalle sue mani e bevendo direttamente dalla bottiglia.

« Soul! Quante volte ti ho detto di- »

« Ah, non rompere! È finito! »

Buttò la bottiglia di plastica nella pattumiera e tornò a guardare la sua partner: « Non preoccuparti, vedrò come risolvere da solo la situazione. Spero solo che tutto questo non comprometta il nostro lavoro. » proferì annoiato prendendo posto sul divano del loro salotto e accendendo la TV.

Maka lo osservò. Lei si stava irritando così tanto per quello che aveva detto Kid, ma era Soul a trovarsi in quella situazione spiacevole. Lui avrebbe dovuto essere furioso, non lei.

Si sedette al suo fianco e sospirò. Che razza di partner era se non voleva nemmeno aiutare la sua buki? Sospirò: in fondo cosa c’era di male? Sarebbe stato come recitare una parte.

« Senti Soul… »

« Mh? » l’attenzione del ragazzo si spostò dal televisore a lei, che invece fissava i propri piedi.

« S-se vuoi… forse l’idea di Kid non è così malvagia. Insomma, se può servire a tirarti fuori da questa situazione – alzò lo sguardo su di lui, che la fissava senza alcuna reazione. Inconsapevolmente le sue guance si tinsero di rosso – potrei far finta… di essere la tua ragazza. »

« ...lo faresti? »

Lei annuì: « Siamo amici, no? »

Il ragazzo ghignò, si sporse verso di lei e le cinse le spalle con il braccio: « Bene allora... ora sei la mia ragazza. » proferì con un tono basso che la fece sussultare.

« Spero solo che questa farsa basterà ad annullare il fidanzamento forzato. »

Il ghignò di Soul si allargò maggiormente: « Vorrà dire che cercheremo di essere piuttosto convincenti... Maka. – le soffiò il suo nome nell’orecchio, provocandole un brivido su per la schiena. – E magari potremmo cominciare ad esercitarci fin da subito… » le suggerì sempre con lo stesso tono nascondendo il viso nel collo di lei.

Dopo pochi secondi si ritrovò steso sul pavimento con un altro bernoccolo sulla fronte.

« Deficiente! » sentì urlare, e poi una porta sbattere.

« Non si può nemmeno scherzare… stupida secchiona senza-tette. »

 

*

 

Quella mattina, un paio di giorni dopo l’arrivo della lettera, si erano recati da Shinigami-sama per ottenere il permesso di saltare le lezioni per qualche giorno, vista la situazione. Il dio della morte aveva acconsentito, incuriosito però dal motivo di tale richiesta. Soul aveva semplicemente accennato ad una visita alla sua famiglia, omettendo la vera ragione.

« E perché Maka dovrebbe venire con te? – s’intromise Spirit, irritato. Poi un’espressione terrorizzata si dipinse sul suo volto – N-non sarà che... non sarà che vuoi ufficialmente presentarla ai tuoi genitori così che possiate sposarvi e andare in luna di miele e poi al vostro ritorno ritrovarmi nonno? – a quelle parole i visi di entrambi i ragazzi assunsero una tonalità rossa – Nooo, la mia bambina! La mia Maka-chaaan! Maaaak- »

«Maka- CHOP! »

La ragazza lo colpì con tutta la forza che aveva spedendo la sua faccia dritta sul pavimento, poi sbuffò voltando il capo di lato per non guardarlo: « Smettila di dire assurdità! Soul mi ha invitata ad andare con lui e io ho accettato, tutto qui, finiscila di fare l’iper-protettivo tanto non fai che renderti ridicolo! » esclamò piccata. La Death Scythe – dalla sua pozza di sangue – si pietrificò.

« Andiamo Soul. Arrivederci Shinigami-sama! »

« Bye bye! Divertitevi! » ricambiò il saluto guardando i due giovani allontanarsi, dopodiché si voltò verso la propria arma che, in ginocchio sul pavimento, singhiozzava chiamando il nome della figlia.

« Per carità, sempre la stessa storia! Un po’ di contegno! Cosa bisogna fare con te? » sospirò Shinigami. Se non l’avesse finita di piagnucolare l’avrebbe colpito fino a fargli perdere i sensi. Almeno si sarebbe zittito.

 

 

« Soul dobbiamo muoverci! Appena a casa cominciamo a preparare le valigie. » proferì Maka accelerando il passo. Soul sbuffò, non aveva voglia di starle dietro.

« Dai, che fretta c’è? Mio fratello non sarà qui prima di- »

S’interruppe notando l’auto ferma sotto casa loro: era scura, lucida, e sapeva benissimo a chi apparteneva.

« Oh! Soul, finalmente! Ho suonato ma non ha risposto nessuno. »

I due videro avanzare verso di loro una figura alta e slanciata vestita in un abito scuro. Maka notò che i capelli avevano lo stesso colore di quelli di Soul, seppure fossero decisamente meno spettinati, mentre gli occhi erano più scuri e la pelle più chiara. Doveva ammetterlo, il fratello del suo partner era davvero un bel ragazzo, con quell’aria raffinata ed il passo leggero ed elegante.

« Wes – cominciò Soul, con un tono che poteva apparire sprezzante – cosa ci fai già qui? Non dovevi arrivare stasera? »

Il ragazzo sorrise, ponendo una mano sul capo del fratello minore: « Cordiale come sempre, eh? Ho deciso di venire un po’ prima… problemi? »

Soul si liberò dal tocco per lui fastidioso: « Per nulla – sussurrò a denti stretti – tranne che non siamo ancora pronti! »

« Siamo? »

Solo in quel momento Wes sembrò accorgersi della presenza della ragazza bionda, che lo guardava un po’ impacciata.

« Ah-hem… molto piacere, sono Maka Albarn la partner di Soul. » si presentò porgendo la mano. Wes sorrise nuovamente: « Perdonami, ero così felice di rivedere mio fratello – gli gettò un’occhiata, al suono di uno “Tzé” uscito dalla sua bocca – che non ti avevo notato. Il piacere è mio, sono Wesley Evans, ma chiamami pure Wes. » afferrò la mano della ragazza e, invece di stringerla, le baciò il dorso.

Maka arrossì per il gesto galante. Soul, invece, sbuffò.

« E così Soul ti ha invitato a venire con lui? Gentile da parte sua. Spero non ti annoierai, casa nostra non è quel che si suol dire un ambiente molto vivace. »

« Non si annoierà – intervenne la buki. Un ghigno si dipinse sul suo volto mentre le cingeva le spalle – oltre ad essere la mia partner è anche la mia ragazza. »

Wes rimase sorpreso mentre le guance di Maka tornavano ad arrossarsi: non pensava sarebbe stato così imbarazzante sentirlo dire.

« Oh… forse questo sarà un problema allora… »

 

 

 

 

 

 

 

\ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \

E questa è la parte uno di cinque – o forse sei? Non lo so ancora. Come potete vedere la vicenda si snoda soprattutto tra dialoghi ed azioni; poca, inesistente l’introspezione. Non è una fiction di quel genere dopotutto.

Bene, domande? Curiosità? Se trovate qualche errore fatemelo sapere.

Saluti e alla prossima!

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Capitolo 2
*** Darling, maybe your parents hate me! ***


2. Darling, maybe your parents hate me!

 

 

 

 

Dopo essersi scusata una miriade di volte per il caos presente in casa, Maka cominciò subito a preparare da mangiare, aggiungendo un posto in più a tavola per Wes. Immediatamente dopo sarebbe corsa a preparare la sua valigia.

Assaggiò il sugo, per testare se la quantità di sale fosse giusta, poi passò a girare le fettine di carne. Sentiva su di se gli occhi del maggiore degli Evans, e in un certo senso la cosa la metteva a disagio.

« Allora Maka... ti trovi bene con mio fratello? È un coinquilino a modo? » domandò d’improvviso il ragazzo approfittando della momentanea assenza del fratello – chiuso nella sua stanza – per dar sfogo alla sua curiosità.

Maka si voltò verso di lui, abbassando il fuoco sotto la padella: « Beh, agli inizi è stato difficile, Soul è un po’... disordinato a volte. E anche un gran dormiglione. Ma poi ho cominciato ad abituarmi e ora viviamo bene, anche se litighiamo spesso. »

Wes sorrise: « Quindi essere partner porta obbligatoriamente a convivere? »

Maka scosse il capo: « No, solo se lo si vuole. Ma è preferibile, in questo modo si impara a conoscere meglio l’altro, le sue abitudini, e lo stare così a contatto accresce la complicità tra shokunin e buki, favorendo la risonanza. » spiegò in poche parole la ragazza chiudendo uno dei pomelli del gas e ponendo la carne in un piatto.

« Quindi se i partner sono di sessi opposti è semplice che il rapporto diventi più profondo... come è successo a voi! » esclamò.

Maka arrossì, non sapendo esattamente cosa dire: « B-beh ecco, sì, può capitare ma non per forza! – esclamò, quasi come se stesse tentando di giustificarsi – Insomma... il legame tra maestro e arma è qualcosa di particolare e profondo e può facilmente essere confuso con altro e- »

« Però a voi è successo. »

La giovane si lasciò scappare una risata nervosa. Quella situazione era davvero, davvero imbarazzante.

« A-a quanto pare. »

« E dimmi, spero che con te si comporti da gentiluomo come gli è stato insegnato e che non si lasci guidare dagli ormoni adolescenziali. »

Maka quasi rischiò di far cadere i piatti che aveva in mano, a quelle parole; solo dopo essersi assicurata che nulla fosse in bilico si voltò verso il ragazzo: « N-non... io e lui non... i-insomma... »

Si corresse, tutto quello stava diventando esageratamente imbarazzante!

« Ehi, Wes, per chi mi hai preso? – Soul entrò in cucina con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, rivolgendo un’occhiata di sbieco al fratello e avvicinandosi a Maka – So come ci si comporta con una ragazza, non tratterei mai male Maka. » disse serio.

La ragazza sorrise. Beh, quella era la verità.

« Perdonami fratellino, ma sai, due adolescenti sotto lo stesso tetto, che per giunta stanno insieme... il dubbio verrebbe a tutti. » disse sorridendo – ma a Soul il suo sembrò più un ghigno – per poi bere dal suo bicchiere.

Il fratello minore inarcò un sopracciglio mentre il suo braccio andava ad abbracciare il fianco di Maka la quale, ormai quasi per routine, immaginò arrivare la solita risposta del ragazzo “chi mai ci proverebbe con una ragazza priva di sex appeal come lei?”.

« Anche se fosse... non mi pare che la nostra vita sessuale siano affari tuoi. » proferì invece stringendo più saldamente la presa attorno all’anca della ragazza.

Quando Wes vide l’enorme libro finire in quel modo violento sulla testa di suo fratello, la sua faccia sbattere sulle mattonelle del pavimento e perdere sangue, non si sorprese del fatto che quella ragazza uccidesse mostri.

« Bene! – esclamò sorridendo la giovane – Perché non ci mettiamo a tavola? »

 

*

 

Preparò la propria valigia in fretta e furia cercando di non dimenticare nulla, prima di vestirsi altrettanto in fretta – una semplice gonna blu ed una camicia bianca potevano andare bene, si disse – e fiondarsi fuori dalla sua camera, bagaglio in mano.

« Ho fatto prima che potevo e- » si fermò quando Soul porse la sua mano verso di lei, che fissò senza capire esattamente cosa volesse.

« Beh? »

« Beh cosa? »

« La tua valigia, sciocca! Dalla a me. »

Gliela porse senza dire una parola, seguendolo poi fuori l’abitazione – Wes era già in auto ad aspettarli. Sorrise, forse quella situazione aveva qualche punto positivo: non poteva non approfittare di un Soul più gentile e disponibile.

« Scusa l’attesa! » disse Maka rivolta al maggiore degli Evans, mentre la buki poneva le valigie nel portabagagli.

« Non c’è problema. Maka, se vuoi puoi sederti davanti. »

« Ah, davv- »

« Non se ne parla, stiamo entrambi dietro quindi ci farai da tassì, Wes. » proferì senza dare il tempo a Maka di dire nient’altro; le prese la mano e la guidò verso di lui aprendole la portiera: « Prego. » le disse.

Ancora una volta rimase a fissarlo senza far nulla, per niente abituata alla sua improvvisa galanteria. Soul tirò un sospiro: « Su, sali o no? »

Non se lo fece ripetere ancora e svelta salì in auto; Soul si posizionò accanto a lei e le pose un braccio attorno alle spalle permettendole di appoggiarsi alla propria. A quel punto, mentre Wes metteva in moto, Maka si voltò a guardarlo e gli sussurrò, così da evitare di essere sentita: « Ma che fai? »

« Il tuo ragazzo. » rispose lui soltanto ghignando e avvicinandola di più a se.

Maka sospirò, tutto quello stava diventando abbastanza ridicolo. Si domandò quanto forte avrebbe riso Black Star se li avesse visti in quel momento.

 

 

Avevano lasciato il deserto da un po’, ormai, e dopo un tragitto che Maka non avrebbe saputo quantificare, si ritrovarono a percorrere una strada alberata. La destinazione era Carson City.

Per tutto il tempo lei e Wes avevano parlato un po’ di tutto, visto che a quanto sembrava lui voleva conoscere meglio “la ragazza che stava per scombussolare i piani dei loro genitori”. E il fatto che quei due andassero così d’accordo non andava del tutto a genio a Soul.

« Quindi suoni il violino! »

« Già, ho iniziato a tre anni. »

« Wow! »

« Se ti fa piacere potrei farti ascoltare qualcosa, una volta a casa. »

« Certo che mi farebbe piacere! Soul non suona mai per me quando glielo chiedo... » disse guardando di sbieco il proprio partner, che sbuffò.

« Ah, tipico di Soul. »

« Sta zitto Wes! » si rivolse sprezzante.

« Soul! » lo rimbeccò Maka.

« Che c’è? Che ho detto? »

« Sei scortese! »

« Che t’importa, è mio fratello non il tuo! »

Il battibecco proseguì per un altro po’, fin quando Wes non scoppiò a ridere.

« Che c’è? » chiesero entrambi, irritati.

« C’è che litigate come se foste sposati, tutto qui. Forse dipende da tutta quella convivenza! » dichiarò, lasciandosi sfuggire qualche altro risolino riportando poi la propria attenzione totalmente sulla strada.

Maka si sentì arrossire: non bastava Kid? Cos’è, stava diventando un’opinione comune? Che sciocchezza!

« Smettila, e pensa a guidare! » disse un’ultima volta la buki prima di voltare la testa verso il finestrino. La ragazza si voltò verso di lui, incuriosita dal tono basso, ma non riuscì a scorgere il suo viso perché coperto dalla mano. L’altra era intrecciata alla sua, da quando poco prima aveva spostato il braccio, e rimase lì anche quando Maka cadde addormentata sulla sua spalla.

 

Si risvegliò soltanto una volta giunti a destinazione, chiamata dalla voce di Soul.

Nel momento in cui aprì gli occhi si ritrovò a fissare un enorme cancello e, dietro di esso, un’altrettante enorme villa dalle mura chiare e gli infissi eleganti.

« W-wow! È... gigantesca! » esclamò, ormai totalmente sveglia. Wes ridacchiò mentre Maka si voltava verso Soul: « Tu vivevi in una casa così grande? »

Quello sbuffò: « A quanto pare. »

Sul suo viso vi era un’espressione piuttosto infastidita, notò la shokunin. Probabilmente rincontrare la sua famiglia non faceva parte dei suoi desideri.

« Piuttosto Wes, non mi hai detto chi sarebbe questa ragazza con cui dovrei fidanzarmi. » chiese calcando con tono indignato sull’ultima parola mentre il fratello percorreva il vialetto che attraversava l’immenso giardino e che li avrebbe condotti all’atrio. Più si avvicinavano più a Maka sembrava diventare grande, quell’abitazione.

« Oh, forse te ne ricorderai, quando eri piccolo hai preso lezioni di danza con lei. È Marianne Cooper.»

Il volto della buki si pietrificò allo scoprire di chi si trattasse.

« Quella lì? I miei vogliono accasarmi… con quella lì? »

Maka non capiva il motivo dello sguardo quasi impaurito del suo partner.

« Oh, sappiamo che ha sempre avuto un debole per te. »

« Tanto da piombarmi addosso e stritolarmi ogni volta che mi vedeva! Quella ha delle pinze al posto delle mani! »

Wes rise, forse al ricordo della suddetta o all’espressione del fratello: « Beh è cambiata, sai? Ora vedrai. » proferì spegnendo la macchina.

I tre scesero ed immediatamente videro avvicinarsi una serie di persone che Maka riconobbe come un maggiordomo e delle cameriere, probabilmente per occuparsi delle valigie. Il maggiore degli Evans diede varie istruzioni, dopodiché si rivolse ai due chiedendolo di seguirlo.

Intanto la maestra d’armi si guardava attorno per paura di perdere il minimo particolare di quel luogo: non aveva mai visto tanti fiori tutti in una volta, e così ben curati, e da lontano le parve di intravedere un gazebo tra il verde. La casa vista da vicino era ancora più spettacolare, rifinita nei minimi dettagli con la massima cura; l’atrio era sorretto da due colonne imponenti ed allo stesso tempo eleganti, grazie alle piante rampicanti che le avvolgevano. Avrebbe voluto osservare di più l’esterno, ma nel momento in cui si ritrovarono fuori la porta della villa sentì qualcuno afferrarle la mano.

Soul la stringeva con forza, e lei comprese subito che stava tentando di nascondere il suo nervosismo e di cercare supporto in lei. Ricambiò saldamente la stretta, rivolgendogli un sorriso d’incoraggiamento nel momento in cui si voltò a guardarla. Lo vide sospirare poi entrambi varcarono la soglia.

Se Maka aveva pensato che l’esterno fosse meraviglioso, allora l’interno era ancora più magnifico: le mura erano coperte da una carta da parati rossa con delle intarsiature dorate, e il pavimento di marmo era talmente lucido che le sembrò di potercisi specchiare. Di fronte a loro troneggiava un’enorme scalinata degna dei castelli di un tempo ed il tutto era illuminato dalla luce proveniente dal lampadario di cristallo.

Si guardò i vestiti e sospirò: forse non aveva scelto l’abbigliamento adatto.

« Bentornati signorini Evans. È un piacere rivederla signorino Soul. » proferirono un maggiordomo ed una cameriera che si trovavano ai lati opposti dell’ingresso.

« I miei genitori? » domandò Wes.

« Vi stanno aspettando in salotto con la signorina Cooper. Prego seguitemi. »

Percorsero un tratto di corridoio fino a trovarsi in una grande sala che le ricordava quelle in cui le dame ottocentesche si incontravano per prendere il the. Avvertì la presa sulla propria mano farsi ancora più salda ed un suono indistinto fuoriuscire dalle labbra del proprio compagno, nel momento in cui intravide i propri genitori. Non sapendo come calmarlo pose anche l’altra propria mano sulla sua e si avvicinò maggiormente per sussurrargli qualcosa.

« Non preoccuparti Soul, io sono qui. »

La semplice frase sembrò tranquillizzarlo poiché le si rivolse sorridendole e mimandole un grazie con le labbra.

« Signor Thomas, Signora Eleonor, il signorino Wesley ed il signorino Soul sono arrivati. » annunciò il maggiordomo prima di spostarsi da un lato e permettere loro di avanzare.

Dai sofà di velluto bordeaux posti nella stanza si alzarono un uomo ed una donna che a Maka apparvero bellissimi.

L’uomo era in un completo nero, aveva dei folti capelli castani e degli occhi scuri, ma non avrebbe saputo dire di che colore; la donna invece portava dei lunghi capelli biondo platino raccolti in un nastro rosso che si abbinava alla camicia, e degli occhi di un azzurro agghiacciante. Da sotto il raffinato pantalone scuro si intravedevano delle alte scarpe anch’esse rosse.

Era chiaro da chi, i due fratelli, avessero preso il colore dei capelli, ciò che non riusciva a comprendere era da chi avessero ereditato il colore degli occhi.

« Soul… » pronunciò la donna. Aveva una voce melodiosa ma il tono era fermo: apparentemente non vi era nulla di materno.

« Mamma, papà. »

« Bentornato, siamo felici di rivederti. » pronunciò invece suo padre, con lo stesso tono.

Maka notò, non c’era nulla che facesse pensare che Soul fosse davvero mancato a quelle persone. Quasi d’istinto stavolta fu lei a stringergli più forte la mano.

« Risparmiatemi i convenevoli e arriviamo al dunque. »

Per nulla scomposti dall’atteggiamento del figlio minore si voltarono e Eleonor chiamò la ragazza che solo in quel momento la shokunin si accorse essere ancora seduta a bere del the. Quella si alzò immediatamente e li raggiunse. Aveva dei fluenti capelli neri posti di lato sulle spalle e degli occhi di un blu particolare, quasi viola. Portava un’elegante camicia bianca ed un’ampia gonna nera lunga fino alle ginocchia. La carnagione chiara era nascosta, alle gambe, da delle sottili calze anch’esse nere, come pure le scarpe.

« Ti ricorderai di lei, vero Soul? – cominciò la madre – Marianne Cooper. »

« È davvero un piacere rivederti dopo tanto tempo, Soul. » lo salutò la giovane cordialmente, con tono educato ma che lasciava trasparire la contentezza nel rivedere il ragazzo di fronte a lei.

« Ciao Marianne. »  disse semplicemente lui, accennando ad un puro sorriso di cortesia.

Effettivamente la ragazza non era come lui la ricordava: era senza dubbio cresciuta, anche in punti in cui la sua partner, invece, sembrava ancora una bambina – un sospiro afflitto echeggiò nella sua mente a quel pensiero – ma nonostante tutto l’avrebbe riconosciuta anche se non gli avessero detto chi fosse. Lo guardava con la stessa aria trasognante con cui lo fissava da bambina quando suonava il pianoforte, e avrebbe scommesso che anche caratterialmente non era poi così diversa.

Si accorse, poi, che gli occhi della giovane si erano immediatamente spostati su Maka.

« E lei sarebbe? »

Solo in quel momento tutte quelle persone sembrarono accorgersi di lei che, d’improvviso, si sentì nervosa e fuori posto sotto lo sguardo indagatore dei genitori di Soul e di quella ragazza.

« Ah… i-io sono Maka Albarn, molto piacere. Sono la partner di Soul, la sua shokunin, e- »

« Ed è la mia ragazza. » concluse il ragazzo per lei fissando serio i suoi genitori.

Marianne sobbalzò, quasi indignata, mentre i due adulti la osservavano ora con uno sguardo quasi curioso. Wes ridacchiò nascondendo la bocca dietro la mano.

« Lei sarebbe- »

« Si, mamma. E se sono venuto qui è soltanto per dirvi di persona che non ho intenzione di partecipare a questa pagliacciata del fidanzamento, visto che di ragazza ne ho già una. »

Un silenzio imbarazzante calò nella sala, rotto soltanto dal ticchettio dell’elegante orologio a pendolo nella stanza.

« Soul, questo è- »

« Eleonor, ne riparleremo a cena. – dichiarò risoluto Thomas – Ora andate a cambiarvi e riposate, sarete stanchi per il viaggio. Verrete chiamati quando sarà ora di mangiare. Con permesso. »

Il signor Evans si allontanò, seguito poco dopo da sua moglie e suo figlio maggiore. La giovane Marianne, invece, aveva ancora lo sguardo fisso sui due e sulle loro mani intrecciate.

« Beh? Cos’hai da guardare, Marianne? »

Questa posò gli occhi su quelli di Soul e sorrise: «Oh, nulla! Sono davvero contenta che tu sia tornato, sai? Abbiamo talmente tanto di cui parlare, prima del fidanzamento! » esclamò non accennando a far sparire la propria espressione beata dal volto.

Impedì a Soul di dire qualunque cosa poiché parlò nuovamente: « Beh, allora ci vediamo a cena, a dopo. »

Prima di oltrepassarli e scomparire anch’essa oltre la porta Maka la vide rivolgerle uno sguardo di sufficienza malcelato da un sorriso finto.

Fu quando avvertirono il rumore delle suole sul marmo diventare sempre più flebile che entrambi tirarono un sospiro di sollievo.

« Soul, non so se riuscirò a sopportare la pressione. Ho l’impressione di non stare molto simpatica ai tuoi. E quella Marianne mi odia! Hai visto come mi ha guardata? »

Il ragazzo rise della smorfia allo stesso tempo afflitta e irritata della sua partner, poi le pose un braccio attorno alle spalle e la guidò fuori di lì per andare al piano superiore dove una cameriera già li aspettava per mostrare loro le rispettive camere.

« Ah, l’effetto sorpresa è stato indescrivibile! » quasi si rallegrò delle espressioni di stupore e incredulità che si erano dipinte sui volti di tutti.

« Già… » sospirò non soddisfatta allo stesso modo.

« So che puoi farcela Maka – ghignò lui – chi meglio di te può tener testa a tutti loro? Sei la mia ragazza, no? »

 

 

 

 

 

 

 

 

\ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \

 

Eccoci qui. Wow, sinceramente non pensavo di ricevere tutte quelle recensioni. Vi ringrazio e sono contenta che vi sia piaciuto il primo capitolo!

Il titolo di questo fa un po’ schifo, ma non ho trovato di meglio.

Siamo entrati a villa Evans. Non avendo la più pallida idea delle personalità dei genitori di Soul ho azzardato naturalmente – compresi i nomi – basandomi soltanto sul suo fastidio nell’essere chiamato per cognome. Il rapporto con i genitori verrà più a galla nel prossimo capitolo, ma nemmeno poi tanto visto che, ripeto, non vi è nulla di introspettivo, niente che indaghi più di tanto nel passato – seppur sia una cosa che desidererei fare prima o poi. Ed è comparsa la fantomatica “fidanzata”.

Wes è chiaramente il diminutivo di Wesley, ma non so se Soul si possa considerare il diminutivo di qualche nome. Mi veniva Soullivan, ma andiamo, un nome così terribile – senza offesa xD – rovinerebbe la sua aria cool, e poi non sono nemmeno sicura si scriva a quel modo. Meglio non rischiare, Soul non me lo perdonerebbe probabilmente.

Spero abbiate gradito anche questo =)

Alla prossima.

 

PS: ho dimenticato di dire una cosa nello scorso capitolo. Giusto a titolo informativo, il sottotitolo alla fiction è la traduzione inglese che ho trovato della frase “questo matrimonio non s’ha da fare” dei Promessi Sposi. Mi pareva azzeccata e l’ho messa.

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Capitolo 3
*** Dinner was hell! Breakfast was embarrassing! ***


3.  Dinner was hell! Breakfast was embarrassing!

 

 

 

 

 

La cena si tenne in una grande sala da pranzo arredata sempre secondo lo stile elegante della casa. Maka era seduta di fianco a Soul in un semplice abito blu, l’unico più formale che aveva trovato tra i vestiti che aveva portato. Era piuttosto a disagio, visto il silenzio e le occhiate che ogni tanto le lanciavano Marianne e i genitori di Soul. Marianne, in particolare, seduta di fronte a lei, non faceva che gettarle occhiatacce.

Non era affatto il suo ambiente quello lì.

La cena fu a base di numerose pietanze, anche troppe a parer della ragazza. E poi c’erano talmente tante posate che non aveva la più pallida idea di quale utilizzare, e se non fosse stato per Soul – e la sorprese il fatto che sapesse quelle cose – sicuramente avrebbe fatto una brutta figura. Annotò mentalmente di leggere qualcosa del Bon Ton al più presto.

« Bene Soul – cominciò Thomas dopo il terzo dei secondi; fino ad allora il tutto si era svolto in un rigoroso silenzio angosciante – parliamo del tuo fidanzamento ufficiale. »

« Mi pare di aver già detto che non ce ne sarà alcuno. »

L’uomo posò il tovagliolo sul tavolo alla sua destra e, non mostrando il minimo cambiamento nel tono di voce, continuò a parlare.

« Non è qualcosa che puoi decidere così, sai da quanto io e tua madre lo stiamo organizzando? »

« E non mi pare mi abbiate mai chiesto nulla, al riguardo! Come al solito dopotutto, no? – ribatté la buki cominciando ad alterarsi. – E poi perché io? Perché non Wes? »

« Wesley ha la propria carriera a cui pensare, quella a cui tu hai voluto rifiutare. » rispose. A Soul parve che lo stesse indirettamente accusando di aver abbandonato la musica per una strada che lui, a quanto sembrava, non condivideva.

« Giusto, quindi ce ne possiamo anche fregare di ciò che Soul vuole, no? – chiese con una certa ironia amara nella voce – Beh, a me non importa del cavolo di motivo per cui dovrei fidanzarmi contro la mia volontà, e non mi interessa ciò che direte, non cambio idea. » proferì deciso.

« Soul Evans- » intervenì sua madre a quel punto, ma venne immediatamente interrotta.

« Non chiamarmi in quel modo – disse sprezzante – quello non è più il mio cognome, come questa non è più casa mia. »

« Oh, e sentiamo – Thomas stavolta aveva un tono ironico – quale sarebbe, adesso, il tuo cognome? »

« Eater. »

« Eater? – se non fosse stato l’uomo che era probabilmente Thomas Evans sarebbe scoppiato a ridere, ma si limitò ad apparire irrisorio – Non farmi ridere Soul! Ho acconsentito che andassi alla Shibusen solo per volere di tua nonna, ma il pensiero che tu abbia abbandonato la tua carriera come musicista per chiamarti Soul Eater e per stare con una ragazzina come quella lì- »

« Lascia Maka fuori dal discorso! – alzò la voce e si mise in piedi sbattendo le mani sul tavolo – E poi di me e della mia musica non te n’è mai fregato niente! È sempre stato Wes il genio, no? “Guarda come è bravo tuo fratello, Soul!” “Perché non ti impegni come tuo fratello?” “Wesley diventerà un ottimo musicista, non vorresti essere come lui?” Wes, Wes, Wes, sempre e solo Wes! Andarmene è stata la cosa migliore che potessi fare! » quasi urlò quelle parole. Suo padre lo guardò con sguardo duro: « Vuoi dirmi che ora saresti felice, invece? »

« Si! Sono felice! – esclamò sicuro – Ho degli amici, e ho Maka! »

Thomas scosse la testa e ridacchiò sarcasticamente: « Sei soltanto un ragazzino stupido e insolente che non ha ben chiaro quali siano le cose importanti e quale il futuro che gli spetta. Devi ancora crescere, Soul. »

La buki stava per ribattere ancora, ma prima che potesse dire qualcosa anche Maka si era alzata.

« La smetta! – aveva esclamato, tentando invano di mantenere un tono posato – Soul avrà abbandonato una brillante carriera, ma quello che fa come buki, beh dovreste esserne fieri. Io e lui combattiamo fianco a fianco uova di Kishin ogni giorno affinché il mondo non divenga preda del disordine. »

« Ma nessuno gliel’ha chiesto. » proferì l’uomo mostrando un’espressione scocciata.

« Appunto! Nessuno l’ha mai obbligato, ma l’ha scelto! E… una volta ha anche rischiato la sua vita per me, ha una cicatrice che lo dimostra. – alla parola “cicatrice” vide gli occhi di Eleonor spalancarsi e l’incredulità dipingersi sul viso di Marianne – Soul è... lui è straordinario, è una delle poche persone di cui mi fido e a cui affido ogni giorno la mia vita. Signor Evans, lei dovrebbe essere fiero di suo figlio. » concluse seria. Soul la stava guardando in modo strano, e sperò solo di non aver fatto qualcosa di sbagliato. In fondo stava soltanto cercando di difendere il proprio partner.

« Mi stai per caso dicendo come devo comportarmi con mio figlio, signorina? »

Lo sguardo che le rivolse era severo; Maka sobbalzò: « N-no, io sto soltanto- »

« Tu cosa? – anche Thomas si alzò in piedi – Vuoi dirmi che lo capisci meglio di me? Che sai cosa è meglio per lui, meglio della sua famiglia? »

Maka strinse le labbra: quell’uomo la irritava incredibilmente.

« Si. »

Fu Soul a rispondere, nei suoi occhi la stessa fermezza di suo padre. Nessun tremore nella voce. Maka si voltò verso di lui, e le fu inevitabile accennare un lieve sorriso.

« Lei prova sempre a comprendermi, tu l’hai mai fatto? Mi costringe a parlare di quello che mi tormenta anche quando non voglio, ed è davvero una rottura a volte ma – sorrise allo sguardo minaccioso della sua shokunin – lei per lo meno ci prova, e non si arrende al primo tentativo. »

L’uomo stava per aggiungere ancora qualcos’altro, ma la moglie lo fermò prima che la discussione degenerasse: « Thomas, se continui a parlare invece di mangiare si raffredda e diventa immangiabile. E voi sedetevi, la cena non è ancora terminata. – proferì seria e composta mentre tutti ubbidivano – Wesley, ricorda che domani mattina hai le prove, domani sera devi fare bella figura. » disse poi.

« Certo. »

« Perché – domandò Soul incontrando lo sguardo del fratello – hai un concerto domani sera? »

Il giovane scosse la testa: « Non te l’ho detto fratellino, ma domani sera è stata organizzata una festa qui in occasione del tuo fidanzamento, ma non vedo che senso avrebbe ora... »

« Wesley! – lo riprese la donna – Smettiamola di parlare di questa faccenda, a domani le chiacchiere. Tra poco arriva il dolce. »

Il resto della serata tornò nel silenzio fastidioso di poco prima. Soul non alzò più il proprio viso dal piatto mentre Marianne dalle semplici occhiatacce era passata a rivolgere alla ragazza di fronte a lei sguardi carichi d’odio. E di gelosia, probabilmente.

Sospirò. Si era davvero ficcata in una situazione più grande di lei, stavolta.

 

 

Al termine della cena, dopo aver dato una fredda buonanotte a tutti, Soul l’aveva presa per il braccio e l’aveva condotta nella propria camera. Appena aveva chiuso la porta e acceso la luce si era lasciato andare ad un sospiro scivolando contro il muro.

« Che serata tremenda! » esclamò.

« Sono d’accordo – disse lei sedendosi sul letto – giuro che non ti costringerò più ad aprire una lettera dei tuoi genitori. E io che pensavo di avere il padre peggiore al mondo! »

Per un attimo piombò il silenzio, ma non freddo come quello che c’era stato durante tutta la sera, bensì uno dei loro silenzi, quelli che cadevano ogni volta che, a casa loro, erano seduti accanto sul divano a non far niente. Era un silenzio familiare.

Maka vide la propria buki guardarla, aveva nuovamente quello sguardo che non aveva saputo decifrare poco prima. Era strano e... intenso.

« Grazie. » le disse così, d’improvviso.

« Eh? Per cosa? »

« Per aver detto quelle cose in mio favore – lo vide voltare il capo di lato e grattarsi la nuca – e poi qui dentro nessuno aveva mai controbattuto a quel modo mio padre, a parte me. Beh fino ad ora. »

Lei sorrise, seguita a ruota da lui. Ben presto, però, vide il suo sorriso tramutare in uno dei suoi soliti ghigni ironici, mentre si alzava e si sedeva al suo fianco.

« E così... io sarei straordinario? È così che hai detto? » quasi le sussurrò avvicinandosi al suo orecchio. A Maka quella vicinanza innervosiva, di un nervosismo tuttavia diverso da quando la prendeva in giro : « B-beh, sei una buki straordinaria, no? Lo dice anche Shinigami-sama! »

Il ghigno del ragazzo si allargò maggiormente, le sue labbra quasi sfioravano la pelle di lei: « Sei sicura? Non mi pare che tu abbia detto la parola buki. »

« Era sottinteso naturalmente! »

« Certo... come era sottinteso che sono straordinariamente cool. Ma hai fatto bene a specificarlo. »

La sua mano raggiunse il fianco di lei forse per la quarta volta in quella giornata, anche se in quel momento non era minimamente necessario.

« Soul- »

« Domani li convinceremo del tutto, così potremo andarcene in santa pace. Ma per convincerli così del tutto – iniziò portando l’altra mano sotto al suo mento – dovremmo fare pratica anche in altro modo, non credi? Anzi, ho un’idea. Facciamo un po’ di rumore stanotte, così magari domani mattina ci sbattono loro stessi fuori di qu-AH! Porca miseria Maka, senza libri fai anche più male! » urlò portandosi le mani al capo sulla zona appena lesa dal pugno di lei, che stringeva il palmo irritata.

« Volevi far rumore? Beh, i miei Maka-chop e le tue urla fanno davvero rumore insieme! Vuoi veramente far questo per tutta la notte? » chiese minacciosa.

Il ragazzo arretrò sul materasso: « Stavo scherzando! Perché non stai mai allo scherzo? »

« Perché ti piace fare il pervertito! – dichiarò abbandonando il posto e avvicinandosi alla porta. – Buonanotte Soul, ci vediamo domani mattina. » disse sparendo dietro l’uscio.

La buki sospirò e si buttò sul letto a pancia all’aria a fissare il soffitto.

Uno strano sorriso comparve sul suo viso. Maka ignorava che in quel momento l’avrebbe baciata sul serio se non l’avesse colpito.

 

*

 

Quando l’indomani mattina Maka si svegliò, sentì distintamente il suono di un violino provenire dal piano inferiore. Gettò uno sguardo all’orologio nella stanza che segnava le sei e trenta.

« Wes comincia ad esercitarsi sempre così presto? »

Dopo essersi stiracchiata per bene decise di vestirsi e di scendere. Passò davanti alla stanza di Soul, in cui decise di dare un’occhiata: aprì lentamente la porta e vide la sua buki dormire, russando e mugugnando qualcosa che non comprese. Sorrise e, dopo aver richiuso l’uscio, si diresse nella la direzione da cui sentiva provenire il suono.

Wes era nel salotto, quello dove era già stata il giorno prima. Il sole di primo mattino illuminava la stanza con quella luce ancora flebile, mentre il ragazzo se ne stava con la schiena dritta di fianco alla finestra aperta del balcone.

Maka non fiatò, quasi tentò di annullare la propria presenza, per paura di interrompere la splendida esecuzione. Non ne capiva di musica, era vero, ma sapeva che il ragazzo stava suonando divinamente.

Il brano proseguì per qualche altro minuto, per poi interrompersi su una nota lunga e grave. Non poté evitare di applaudire.

« Oh, Maka! Già sveglia? »

« Si, sono abituata a svegliarmi presto. Ho sentito la musica e ho deciso di scendere. Era veramente bellissima. »

Lui le sorrise, posando il violino al suo fianco: « Ti ringrazio. Sono tutti ancora a letto, ma mi sono fatto portare la colazione qui fuori. Ti unisci a me? » le chiese indicandole il tavolo rotondo che si trovava sul balcone su cui vi erano alcuni dolci e del the.

« Volentieri! »

Presero posto e cominciarono a mangiare. A Maka non dispiaceva affatto passare del tempo con lui, era piacevole. Wes era educato, gentile e poteva parlargli senza doversi aspettare qualche insulto, a differenza di qualcun altro.

« Ti svegli sempre così presto, per esercitarti? »

« A volte anche prima. »

« Ma sei già perfetto! »

Lui rise: « Non si è mai perfetti, c’è sempre da migliorare. »

La ragazza si ritrovò ad annuire a quell’affermazione: era così anche per lei con l’essere shokunin, dopotutto.

Wes posò la forchetta con cui stava mangiando e si appoggiò allo schienale della sedia, posando il capo sul palmo della mano. Maka bevve un sorso del suo the, ma finì quasi per sputarlo tutto nel momento in cui il ragazzo le chiese come si era innamorata di suo fratello.

Okay, forse però Wes era un po’ troppo invadente con le sue domande.

« Eh? M-m-m-ma... che domanda è? »

Aveva il volto arrossato, ancora una volta, e le mani stringevano convulsamente il manico della tazzina.

« Beh? Sono curioso! Si è dichiarato lui? Vorrei proprio vederlo in una situazione del genere! Per quanto provi a immaginarlo non riesco a visualizzarlo in una circostanza come quella! » esclamò divertito.

« N-non è proprio così... cioè... insomma... »

Non le veniva in mente nulla. Eppure avrebbero dovuto pensare a certi dettagli, domande del genere non erano così rare. Mise in moto il suo cervello per tentare di trovare una storia convincente, ma i romanzi d’amore non erano affatto il suo genere preferito e di conseguenza mancava di spunti.

« Wes! – chiamò una voce familiare d’improvviso – Infastidisci la mia ragazza di prima mattina? Per di più con domande degne di una vecchia pettegola! »

Sul balcone, accanto alla portafinestra, c’era la buki ancora in pigiama che guardava in malo modo il proprio fratello.

« Oh, andiamo! Tentavo di soddisfare la mia sete di curiosità! Non so praticamente più nulla di mio fratello, almeno fammi divertire un po’! » si lamentò.

Soul digrignò i denti e prese posto accanto a Maka: « Non è affatto cool. »

Wes lo ignorò e tornò a rivolgersi alla ragazza: « Allora? Come ti ha dichiarato il suo amore il mocciosetto? »

« E fatti gli affari tuoi! » urlò in malo modo Soul, accaparrandosi una delle fettine di torta poste sul tavolo.

Il fratello sospirò: « Stai uccidendo la mia sete di sapere, Soul. E poi è interessante quando Maka arrossisce imbarazzata non sapendo che dire. Mi piace, diventa più carina. – espresse con totale nonchalance lasciando che il viso della shokunin si dipingesse di rosso – Vedi? Proprio come adesso! »

La ragazza abbassò il viso vergognosa. Si ricredette: anche Wes si divertiva a stuzzicare le persone, seppur in maniera diversa. In fondo, se pure a modo suo, le aveva appena fatto un complimento.

Soul sbuffò, irritato sia dalle parole del fratello che dalla reazione della propria partner:

« Chiudi quella bocca Wes e tieni gli occhi a posto! »

« Non era “tieni le mani a posto”? »

« Anche quelle! »

Il maggiore le tirò su mostrandogli i palmi: « Non le ho messo un dito addosso, ho solo fatto un apprezzamento gentile su di lei. Maka è carina, ho soltanto detto questo. – Wes ghignò – Ma a quanto pare il mio fratellino è un tipo piuttosto geloso! Non l’avrei mai detto… »

« Taci idiota! Essere gelosi non è cool! »

« Nemmeno tu lo sei in questo momento, potresti competere con uno di quei fidanzati possessivi. »

Andarono avanti a battibeccare in quel modo ancora un po’ – con una Maka che di intromettersi in litigi tra fratelli a prima mattina non ne aveva la minima voglia – fino a quando sul balcone fece la sua comparsa la madre dei due giovani musicisti in un’elegante camicia da notte bianca: a quel punto si zittirono entrambi. Con quegli occhi gelidi, la carnagione lattea e i capelli chiarissimi lasciati sciolti sulle spalle, alla ragazza ricordava la dama dei ghiacci, un personaggio facente parte di una delle storie lettale da suo padre quand’era ancora una bambina.

« Buongiorno. » salutò atona.

« Buongiorno mamma. » risposero i fratelli. Il saluto pronunciato da Maka, invece, fu piuttosto nervoso ed arrancato. Quella donna la fissava in quel modo così freddo e distaccato che non poteva che sentirsi a disagio.

Prese posto accanto al figlio maggiore, che immediatamente cominciò a versarle una tazza di the caldo. Dopo aver chiesto lui informazioni sugli esercizi al violino, si voltò d’improvviso verso di lei facendola sobbalzare.

« Il tuo nome è Maka Albarn, vero? »

« S-si. »

« Ce l’hai un abito per stasera? » le chiese, non mutando affatto il tono di voce.

« No, non ho nulla di adatto per un’occasione così particolare. »

Quella annuì dopodiché chiamò a se una cameriera: « Vedi di procurare a miss. Albarn un abito adatto per stasera, che si intoni coi suoi occhi possibilmente. » disse soltanto, tornando a bere tranquilla la propria bevanda mentre la cameriera, dopo un rapido inchino, si allontanava.

Maka non parlò. Aveva tentato di decifrare lo sguardo di quella donna, ma non ci era riuscita. Sentì l’impulso di osservare la sua anima, per comprendere che persona fosse, ma il tocco della sua buki sulla propria spalla glielo impedì.

« Andiamo. » le disse atono afferrandole il polso.

« Con permesso! » ebbe il tempo di dire, prima di essere trascinata via.

 

 

 

 

\ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \

 

Salve salve salve! Ecco il terzo, che non mi convince affatto. Soprattutto la discussione a cena... ma va beh, è andata così. Non è un capitolo particolarmente entusiasmante, qualcosa di più interessante probabilmente accadrà nel prossimo, in cui la Cooper farà la sua nuova apparizione. E per il titolo di questo... no, non ho fantasia in fatto di titoli, si sarà notato.

Non ho molto da dire stavolta, ma voglio ringraziare di cuore chi commenta e anche chi ha messo la storia tra preferiti e seguite. Davvero, sono veramente contenta che questa storiella piaccia.

Ecco, magari posso lasciare una sorta di “nella prossima puntata...” chissà, magari suscita curiosità...

 

« Io non diventerò il tuo fidanzato, Marianne. »

 

« Beh, provami che mi sbaglio allora. [...] Dimmi che la ami. »

 

« Avevo detto che ti avrei strappato la lingua, ed è quello che farò! »

 

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** He’s mine, give him back! ***


4. He’s mine, give him back!

 

 

 

 

 

Lei e Soul stavano passeggiando nell’enorme giardino, dopo che Maka aveva espresso il desiderio di poterlo ammirare più da vicino; dato che più tempo la buki passava fuori da quella casa e meglio era per lui, non esitò nell’accettare.

La ragazza osservava affascinata ogni angolo e ogni fiore, e ancora si sorprese del fatto che il suo partner prima di incontrarla vivesse in un luogo come quello. In qualche modo non lo vedeva così adatto per uno come lui, sempre così pigro e cinico. Ma forse era proprio quell’ambiente che l’aveva portato a comportarsi in una certa maniera. O meglio, le persone che vi abitavano.

« Ohi, Maka. »

« Mh? » si voltò a guardarlo. Aveva le mani in tasca e il volto annoiato.

« Domani mattina andiamo via. »

La ragazza si fermò: « Sei sicuro che per domani sarai riuscito a convincere i tuoi? »

« Non lo so, ma andiamo via comunque. Questo posto mi dà fastidio. »

Il tono con cui l’aveva detto era sprezzante e non ammetteva repliche. Ma effettivamente anche lei non vedeva l’ora di tornare a casa a leggere un buon libro.

« D’accordo. »

Raggiunsero il gazebo che Maka aveva intravisto quando erano arrivati e si sedettero. Da lì si poteva ammirare gran parte del giardino ed il profilo dell’abitazione imponente.

« Stamattina stavo per sbirciare nell’anima di tua madre. » ammise d’improvviso. Soul la guardò curioso: « Perché mai? »

« Beh… quella donna è impenetrabile, e poi mi guardava in quel modo che... – tirò un sospiro – per Shinigami-sama, Soul, tua mamma mi fa quasi paura! » confessò alla fine. Il ragazzo scoppiò a ridere, e lei sbuffò.

« Fa’ questa impressione a tutti. Ma se vuoi saperlo credo che tu le stia simpatica, dopo ieri sera. »

« Eh? Io invece penso che mi odi! Insomma… ho parlato a quel modo a tuo padre. »

« Forse proprio per questo. In fondo conosco mia madre, e penso sia rimasta sorpresa dalla tua tenacia e dal tuo ardore nel difendermi. E poi non hai visto il suo sguardo quando hai nominato la mia cicatrice. » le disse guardandola chinando il capo all’indietro e poggiando le braccia sullo schienale della panca. Maka non parlò, attese solo che il ragazzo aggiungesse qualcos’altro.

« Sai, credo fosse preoccupazione, è pur sempre mia madre, ma anche dell’altro. Stupore, suppongo. Di come io… di quanto mi sia legato a te. »

Non la stava più guardando, il suo sguardo era rivolto verso l’alto. Maka si sporse per toccargli una spalla ma qualcosa, o meglio qualcuno, irruppe d’improvviso urlando il nome di Soul e scaraventandosi addosso a lui.

« Soul, ti ho cercato ovunque! » disse stringendogli il collo tanto da non farlo respirare.

Maka riconobbe la chioma scura e la voce melliflua appartenenti all’aspirante futura moglie di Soul – si, poteva chiamarla così.

« Marianne! Staccati, mi stai strangolando! »

La giovane si allontanò immediatamente e, con un gesto secco della mano, portò i capelli dietro la nuca. Indossava un abito con le spalline sottili, di un viola spento, lungo fin sotto alle ginocchia che dietro alla vita chiudeva in un buffo fiocco.

« Cosa vuoi? » domandò Soul con un tono piuttosto seccato.

« Come cosa voglio? Devi venire con me, dobbiamo provare per stasera quando dovremo danzare insieme! »

Maka alzò un sopracciglio nel momento in cui pronunciò la parola danzare.

« Scordatelo! »

« Ma Soul! È la nostra festa di fidanzamento! »

Sbuffò: « Io non diventerò il tuo fidanzato, Marianne. »

Quella stette zitta per un po’ a fissare il ragazzo di fronte a lei, poi si voltò di scatto verso Maka e le puntò il dito contro: « Tu! È colpa tua! Ti sei presa il mio Soul! » le disse con tono accusatorio.

Il ragazzo in questione sospirò afflitto mentre la shokunin strabuzzò gli occhi: « I-il tuo Soul? »

« Esattamente! Quindi, se tieni alla tua vita, restituiscimelo immediatamente! » le ordinò puntando su la testa, incrociando le braccia e guardandola dall’alto in basso con sguardo assassino.

Maka si portò una mano alla fronte: perché doveva avere a che fare con quella ragazza?

« Ascoltami Marianne... » cominciò a parlare, ma fu immediatamente interrotta.

« Chi ti ha dato tanta confidenza? Per te sono Miss Cooper, chiaro? »

Se pure il tono non fosse affatto alterato, la vocetta naturalmente stridula rimbombò nella sua testa in maniera fastidiosa; in quel momento sentiva la strana mancanza degli urli di Black Star, il che era grave.

Tirò un sospiro per tentare di restare calma e non urlare.

« Dicevo- »

« Non voglio sentire le tue chiacchiere, voglio solo che lasci Soul così che possa sposarmi! »

« Perché continui a interrompermi? »

« Perché non mi interessa ciò che hai da dire. Soul è mio, punto. »

Decisa, risoluta e più che convinta delle sue parole.

La vena sulla tempia della maestra d’armi stava cominciando a pulsare forte, e se il suo partner non l’avesse trattenuta per le spalle le sarebbe saltata al collo e le avrebbe staccato la testa: come poteva una ragazza così – apparentemente – posata, rivelarsi anche così insopportabile? Non poteva parlarle con quel tono insolente, non la conosceva neppure!

« Marianne, potresti smetterla? – s’intromise la buki – Non mi farai cambiare idea costringendo Maka a mollarmi, minacciandola davanti ai miei occhi tra l’altro. » proferì seccato. Tutta quella situazione stava diventando davvero una rottura di palle, solo una grande, gigantesca rottura di palle.

Gli occhi della giovane si posarono su di lui e immediatamente l’espressione mutò, perdendo ogni traccia di ostilità ma rimanendo comunque composta.

« Soul… stai davvero insieme a questa ragazza? » chiese, ancora incredula. Le sopracciglia erano corrugate e le labbra chiuse e all’insù.

« Sì. »

« Perché? »

La buki aggrottò la fronte: « Che razza di domanda è perché? »

« Non mi pare così bella! È magra come uno stecchino, manca di forme, la sua gonna è volgarmente corta e porta i capelli in due stupidi codini. Perché dovresti stare con una come lei? »

Maka tentò di ingoiare le critiche senza ribattere, seppur con enorme fatica. Non voleva Maka-choppare quella ragazza, altrimenti l’avrebbero cacciata da lì e lei doveva aiutare Soul. Inspira, espira, inspira, espira, continuava a ripetersi.

« Cosa c’entra tutto questo con il voler stare con una persona? Era un’osservazione superficiale la tua. » disse con tono annoiato il ragazzo.

La giovane Cooper, in tutta risposta, assunse un’aria indispettita degna di una ragazzina viziata.

« Beh, io non posso credere affatto che voi due stiate veramente insieme, non avete l’aria di due innamorati e per di più… per di più lei non ti merita. » dichiarò piccata col naso all’insù portando ancora una volta i lunghi capelli dietro le spalle con fare altezzoso.

L’ennesimo sospiro fuoriuscì dalla bocca di entrambi e Soul oramai era sul punto di perdere la pazienza, soprattutto quando sentì le forme della giovane Cooper aderire al proprio braccio destro alla quale si era aggrappata come una ventosa.

« Dai, andiamo dentro a provare! » pregò ancora una volta tentando di tirarlo a se, senza veramente riuscirci.

« Marianne, mollami per favore. Ti ho già detto di no. » le disse un po’ a disagio, liberando il proprio braccio dalla stretta. Pinze, sì, ricordava bene.

Ancora una volta i suoi occhi viola si posarono sulla figura di Maka, alla quale riservò un’altra occhiataccia prima di parlare ancora.

« Quindi preferisci stare con lei! » la sua non era una domanda, ma Soul annuì comunque.

Marianne chiuse gli occhi e strinse le braccia sotto al proprio seno, assumendo una posa elegante e austera. Quando li riaprì un ghigno era dipinto sul suo viso.

« Non penso che i tuoi genitori annulleranno così facilmente il fidanzamento... »

« Non m’importa. »

« ... ma potrebbero se anche io mi rifiutassi, e lo sai che non ho intenzione di rinunciare facilmente a te. » dichiarò, ora con voce più bassa tanto da non far trasparire il tono squillante.

« A meno che? » chiese lui. La conosceva abbastanza bene da pensare che avesse qualcosa in mente.

La ragazza allargò il proprio ghigno: « A meno che non mi convincerete della profondità del vostro rapporto, non posso nulla contro il “vero amore”. Ma sai, Soul, conoscendoti potresti aver messo su una bella sceneggiata con la tua shokunin pur di evitare il fidanzamento. »

I due sobbalzarono a quelle parole.

« Cosa ti farebbe pensare un’assurdità simile? » domandò lui tentando di non scomporsi più di tanto per non mandare a monte tutto, mentre Maka evitava di guardare la ragazza negli occhi.

« Puro istinto femminile. »

Lui ridacchiò: « E tu baseresti tutto semplicemente sul tuo istinto? Andiamo Marianne! »

« Beh, provami che mi sbaglio allora. – alzò la voce guardandolo decisa. Assottigliò gli occhi – Dimmi che la ami. »

« C-come? »

« Dimmi che la ami. Sei innamorato di lei, no? Allora dillo. »

Soul deglutì. Ecco, a eventualità come quelle non aveva pensato. Si voltò per un attimo verso Maka che, con gli occhi spalancati e il viso arrossato, lo guardava in attesa che parlasse.

Si sentì arrossire anche lui, per la richiesta imbarazzante – che però l’avrebbe tolto dai casini in cui i suoi genitori l’avevano ficcato senza nemmeno chiedere il suo permesso – e anche per lo sguardo della propria shokunin fisso su di se.

Maka, dal canto suo, si chiedeva cosa aspettasse a parlare. Doveva fingere, era quello che stavano facendo da prima che arrivassero, quindi perché non diceva quello che Marianne voleva sentirsi dire? Non poteva essere così complicato mentire.

Soul inspirò ed espirò per tentare di liberarsi del ridicolo rossore che aveva sulla faccia.

Che cosa disgustosamente poco cool.

Boccheggiò un paio di volte prima e si schiarì la voce prima di parlare: « La amo. – soffiò d’un fiato – Si, sono innamorato di lei. Sto insieme a lei perché la amo, sei contenta? » chiese non sapendo più di che colore fosse la propria faccia e maledicendosi per questo. Certe cose non potevano proprio essere dette a quel modo!

Si voltò ancora una volta verso Maka, che aveva il viso puntato per terra ma riuscì a notare comunque le orecchie arrossate.

« Baciala allora. »

La nuova richiesta della giovane Cooper le fece alzare di scatto la testa e la portò a lamentarsi: « Non ti sembra di esagerare con queste richieste? » domandò in uno stato a metà tra la vergogna e l’irritazione.

« Perché? – chiese fintamente innocente – Se è il tuo ragazzo dovresti essere abituata a farti baciare, no? »

« È soltanto timida – s’intromise Soul – non le piace che la baci in pubblico, né tanto meno sotto richiesta. »

« Stavolta farà un’eccezione allora. – dichiarò concisa, gli occhi ridotti a due fessure ormai. Voleva metterli alla prova fino in fondo. – Sempre se quello che mi state dicendo è la verità. »

Soul non disse nulla: si voltò verso Maka, le si avvicinò, e pose una mano su una delle sue guance. La ragazza si era irrigidita. Si avvicinò prima al suo orecchio: « Ascolta, se non vuoi dillo e ci inventeremo qualcos’altro. » le sussurrò. Lei scosse la testa: « Non importa. – pronunciò non del tutto sicura – Ma se mi ficchi la lingua in bocca giuro che dopo te la strappo! » lo minacciò. Lui rabbrividì al pensiero e annuì.

Si chinò maggiormente verso di lei posandole anche l’altra mano sul viso: « Rilassati. – bisbigliò percependo la sua agitazione. – Chiudi gli occhi. » le ordinò infine.

Ubbidì. Per un attimo Soul si soffermò ad osservare il volto arrossato della sua compagna, accarezzandole la guancia col pollice. Vide le sue labbra tremare e non aspettò altro tempo prima di farle combaciare con le proprie: le trovò morbide e umide. Quel contatto, la sensazione della bocca di Maka sulla propria, gli piaceva. Terribilmente.

Non riuscì a tener a mente la minaccia della ragazza, mentre la propria lingua s’infilava tra i suoi denti facendo diventare il bacio più profondo. E poi lei non aveva opposto la minima resistenza, troppo semplice.

Avvertì un mugolio scappare dalla sua compagna, sorpresa probabilmente per ciò che lui aveva appena fatto. Sorrise contro le sue labbra mentre una delle mani si spostava dietro al suo collo per attirarla maggiormente a se e l’altra le prendeva una mano per portarla tra i propri capelli.

« Può... può bastare! » sentì dire, ma era troppo impegnato a baciare la sua shokunin per cogliere davvero il significato di quelle parole. Forse si stava impegnando fin troppo, ma non gli importava. Nemmeno un po’.

Maka gli tirò i capelli, per incitarlo a fermarsi, ma la sua intenzione in quel momento non era precisamente quella.

« Ho detto che può bastare! » tuonò la voce di Marianne. Solo in quel momento Soul la lasciò andare, permettendole di riprendere fiato; aveva immediatamente abbassato la testa per non guardarlo in viso.

Soul si voltò verso la giovane Cooper che, le guance rosse, lo guardava basita e probabilmente anche un po’ ferita.

« Ora, sei contenta? » le chiese infilando le mani nelle tasche. Non parlò subito: chiaramente non era affatto contenta.

La vide mordersi le labbra e contrarre la fronte, mentre le mani erano strette a pugno.

Si voltò, dandogli le spalle, e soltanto in quel momento proferì, con la voce quanto più atona le fosse possibile in quell’istante: « Il fidanzamento è annullato. » dopodiché, dopo aver spostato per l’ennesima volta i capelli scuri con un gesto secco e orgoglioso, cominciò ad allontanarsi a grandi falcate.

La buki tirò un sospiro, finalmente sollevato. Il gesto l’aveva ferita, ne era conscio, ma d’altronde se non gli avesse chiesto di baciare la sua partner non avrebbe finito per correre a piangere in camera. E lui non poteva permettersi di farsi scoprire per poi essere costretto in un matrimonio di puro interesse.

« A quanto pare ce l’abbiamo fatta Maka. » le disse girandosi per guardarla. Ma ciò che vide non gli piacque per nulla.

« Soul... » il tono con cui aveva pronunciato il suo nome non prometteva nulla di buono. Ed infatti sul suo capo, ancora abbassato, aleggiava un’ombra scura.

« M-Maka. »

« Cosa ti avevo detto? »

Un brivido di terrore gli corse lungo la spina dorsale mentre lei si avvicinava minacciosamente. Quasi come se potesse frenarla pose in avanti le mani sventolandole per difendersi: « A-ascolta, se non avessi fatto in quel modo non ci sarebbe cascata mai! Chi speri di prendere in giro con un innocuo bacio sulle labbra, in fondo? »

Le sue parole non bastarono a placare la sua rabbia, chiaramente dipinta sul suo viso visto il rosso acceso – ma forse era più vergogna.

« Avevo detto che ti avrei strappato la lingua, ed è quello che farò! » esclamò lanciandosi verso di lui, il quale tuttavia riuscì a scansarsi e a correre via. Ma si sarebbe trattato di una questione di minuti: Maka era più veloce e più allenata di lui e presto l’avrebbe raggiunto, e allora sarebbero stati dolori.

Beh, pensò, a me quel bacio non è dispiaciuto. Neppure un po’.

 

 

 

 

 

 

 

\ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \ \

 

Ah, non mi soddisfa. Per tanti motivi. Il personaggio di Marianne non è riuscito moltissimo, è piuttosto piatto, ma per la sua “utilità” e per la brevità (oddio come suona male) di questa fic non mi sembrava necessario “arrotondarla” molto. Non è una fan-fiction impegnativa questa xD È più un passatempo direi.

Comunque! Non so ancora se il prossimo sarà l’ultimo o il penultimo, dipende da quanto si allungherà e se dividerò o meno il tutto. E devo ancora scrivere la fine. E i finali non li so fare (un altro motivo per cui non amo scrivere long-fic). Ora come ora sento davvero il bisogno di ispirazione per una flash-fic!

Ma la smetto di blaterare! Ringrazio ancora tutti, vi saluto e ci vediamo alla prossima!

Niente “nella prossima puntata”, non saprei che mettere xD

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Capitolo 5
*** Dance, run and steal a motorbike! ***


5. Dance, run and steal a motorbike!

 

 

 

 

Aveva passato l’intero pomeriggio a leggere nell’enorme biblioteca di quella casa, dopo la vicenda del bacio. Non aveva voluto pensarci più di tanto, perché quando lo faceva si sentiva terribilmente in imbarazzo, nervosa; non aveva nemmeno riflettuto sul se le fosse piaciuto o meno, aveva soltanto chiesto al suo partner un libro e un posto in cui leggere e quello, dopo un “la solita secchiona” a cui aveva seguito l’ennesimo colpo dietro la nuca, l’aveva accompagnata lì. Ogni tentativo di conversazione della buki era stato smorzato da lei: voleva soltanto stare sola, immergersi totalmente in un libro e svuotare la testa del resto. Rimuginare sull’accaduto non avrebbe avuto senso, era stato un po’ come un bacio di scena in fondo. Nient’altro, si disse.

E quindi se ne stava seduta su di una poltrona di velluto con la testa immersa in un volume di storia antica e la mente piena solo delle parole del testo; fu soltanto quando una voce che non conosceva la chiamò, che alzò il viso dal tomo che aveva tra le mani.

« Miss. Albarn, la signora Evans mi ha detto di venirla a chiamare. »

Era una cameriera, quella che l’attendeva all’ingresso della biblioteca. Non poté far altro che sospirare e abbandonare la lettura per seguire la dipendente.

« Posso chiedere che ore sono? » domandò Maka una volta che furono fuori da lì.

« Le venti in punto. La signora mi ha mandata a chiamarla per avvisarle di prepararsi per la festa di stasera. » le spiegò in poche parole.

L’idea non l’allettava moltissimo, avrebbe tanto preferito continuare a leggere, ma aveva la sensazione che non avrebbero di certo gradito la sua assenza dopo che si era presentata a sorpresa in casa loro, aveva risposto a tono al padre di Soul e portato all’annullamento del fidanzamento. Sospirò di nuovo e tentò di trovare il lato positivo: almeno avrebbe avuto modo di sentire ancora Wes suonare.

 

*

 

Il salone delle feste era inondato di luci e suoni di ogni tipo, ed era pieno di gente in ghingheri giunta lì solo per assistere all’ufficializzazione del fidanzamento.

Soul ghignò: avevano solo sprecato tempo a vestirsi.

Allentò il nodo alla cravatta in modo da poter respirare meglio, in quell’ambiente così fastidioso e rumoroso. Opprimente. Ne aveva viste a bizzeffe di quelle feste in passato, e non gli erano mai andate a genio; la cosa che più odiava era sentire le chiacchiere in cui lui e la sua musica erano spesso gli argomenti di conversazione. Oppure quelle in cui lo confrontavano a Wes – anche loro. Le persone in passato avevano sempre fatto di tutto per tentare di rivolgergli la parola soltanto perché era un Evans, ma non c’era mai stato un reale interesse disinteressato verso di lui. Per questo preferiva isolarsi.

E anche questa volta i bisbigli non mancavano: erano tutti sorpresi di rivedere di nuovo il minore degli Evans dopo tanto, dopotutto. Strinse i denti reprimendo la voglia di fuggire.

Una mano gli si posò sulla spalla e si voltò per ritrovarsi di fronte il fratello maggiore.

« Beh, la tua dama non si è ancora fatta viva? »

Voltò la testa di lato, un po’ per tentare di scorgerla, un po’ per evitare di guardare Wes:

« Non ancora. »

« Si starà facendo bella per te, allora. » gli disse prima di allontanarsi.

« Già. » un po’ gli veniva da ridere al pensiero. A Maka non importava apparire bella, men che meno a lui, che tra l’altro conosceva i suoi lati peggiori. Per lei l’importante era solo essere una brava, anzi un’ottima shokunin – perché non avrebbe accettato la mediocrità – e portare a termine le missioni nel miglior modo e nel minor tempo possibile. Non che non tenesse affatto al suo aspetto, ma l’estetica veniva dopo questo e un’altra miriade di cose. Lei non era come le tante altre ragazze fissate in maniera maniacale col proprio aspetto – o sarebbe stata insopportabile il doppio – e di questo non poteva che esserne felice.

Era diversa, perciò era la sua partner.

« Soul. » si sentì chiamare, e quando si voltò nuovamente vide il viso della sua compagna a pochi metri dal suo.

Non disse niente, semplicemente si stupì di quanto potesse trovarla graziosa in quel momento.

Graziosa, puah, che aggettivo poco cool. Niente di meglio Soul? domandò a se stesso.

Forse si era sbagliato: aveva davvero passato il tempo a “rendersi bella”? Lei?

La osservò, in quell’abito verde senza maniche che, a partire dalla vita, le scendeva leggero fino su le ginocchia; i capelli erano raccolti sulla nuca e il viso, notò, era stato leggermente truccato. Ancora, non proferì parola.

« Ah… Maka? » chiese poi per accertarsi. Quella gli rivolse un’espressione per dirgli “e chi sennò?”

« Non guardarmi a quel modo! A quanto pare tua madre ha mandato una serie di persone per vestirmi e truccarmi! – disse con tono quasi esasperato avvicinandosi a lui – Non mi sento affatto a mio agio conciata così! I capelli mi tirano e i piedi mi fanno male in queste trappole, sono troppo alte! » proferì riferendosi alle scarpe aperte abbinate all’abito.

« Oh, ecco perché eri più alta. »

« Prima o poi mi vedrai cadere a terra, non riesco a camminare su questi aggeggi! »

« Allora l’importante sarà che tu resti al mio fianco. » le disse mentre stavolta fu lui ad avvicinarsi porgendole il gomito del braccio. Lei lo guardò dapprima scettica, poi appoggiò le proprie mani sulla manica scura del suo vestito.

« E comunque non stai tanto male, il verde ti dona. » le disse con tono basso ponendo la propria mano sulle sue. Maka arrossì un po’, guardandolo negli occhi: « Beh, grazie. » rispose soltanto, sorpresa dal complimento.

Ben presto altre chiacchiere riempirono la sala: la stragrande maggioranza degli invitati si chiedeva chi fosse la ragazza vicino al minore degli Evans e dove si trovasse invece la giovane Cooper, quella che avrebbe dovuto essere la sua fidanzata ufficiale.

La ragazza in questione se ne stava in un angolo in disparte nel suo abito rosso, mentre i suoi genitori parlavano con i padroni di casa. Aveva mantenuto la parola e aveva espresso la volontà di annullare tutto, ed ora stavano tentando di trovare un modo per risolvere l’imbarazzante situazione che era venuta a crearsi – e sembrava che Eleonor Evans avesse già trovato una soluzione, visto che era l’unica a parlare, ma cosa dicesse non ne aveva idea; sapeva solo che gli invitati si aspettavano un fidanzamento che invece non ci sarebbe stato e che il marito della donna sembrava piuttosto infuriato, più dei propri genitori.

Marianne guardava da lontano Soul e Maka con sguardo accigliato: era chiaramente infastidita e gelosa, ma aveva dato la sua parola a Soul e non avrebbe potuto tirarsi indietro. Non più.

« Non saresti stata felice con lui, Marianne, perché lui non sarebbe stato felice con te. » le disse Wes che l’aveva avvicinata.

« Cosa ne sai? » domandò senza voltarsi e continuando a fissare i due giovani più distanti.

« Lo so, perché non ho mai visto mio fratello così. » ammise, guardandolo ridere con una Maka che invece appariva piuttosto irritata, forse per qualcosa che lui aveva detto.

Marianne strinse i pugni lungo i fianchi: « Non capirò mai questa cosa! – esclamò, la voce incrinata – Loro… loro sono… sono esteticamente incompatibili, ecco! » se ne uscì puntando il naso all’insù e incrociando le braccia al petto.

Wes rise di gusto a quelle parole, poi le pose una mano sul capo con fare affettuoso.

« Come si dice Marianne, il mare è pieno di pesci! »

 

*

 

Maka quasi inciampò quando vide avvicinarsi a loro la signora Evans nel suo lungo e raffinato abito blu notte. Era elegante ed austera e il suo sguardo era fisso su di lei.

« Vedo che il vestito che ti ho fatto procurare ti dona. »

« G-grazie. »

Ormai si era rassegnata all’idea che quella donna le incutesse un certo timore, la faceva sentire in continua soggezione. Forse se il suo viso non fosse stato sempre così serio... in qualche modo era convinta che se avesse anche solo sorriso sarebbe stata pure più bella di ciò che già era.

« Come ti sembra la serata? » le chiese.

Maka si resse più forte al braccio della sua buki: « Ecco, non ho molta dimestichezza con questi eventi così eleganti, ma mi sembra tutto molto bello. »

La donna annuì flebilmente, poi voltò lo sguardo verso il figlio minore: « Tuo padre è furioso, sai? »

« E tu sai che a me non importa, vero? »

Una gomitata dritta nelle costole da parte di Maka lo fece traballare.

« Soul... » la donna pronunciò il suo nome con un tono che a Maka parve il più dolce che avesse usato nei confronti del figlio da quando l’aveva vista la prima volta.

« Si, mamma? »

« Sono felice di averti rivisto, stai crescendo bene. » un sorriso appena accennato comparì sulle sue labbra mentre gli poneva una mano sul capo. Poi, con lo stesso sguardo si voltò nuovamente verso la ragazza e le pose l’altra mano su di una spalla: « Abbi cura di lui Maka, per favore. » le disse solamente. Lei ebbe solo il tempo di annuire prima che la donna li lasciasse nuovamente per raggiungere qualche nuovo ospite.

Quando la shokunin volse lo sguardo verso Soul questo la guardava esterrefatto.

« Che c’è? »

« Nulla. Solo che probabilmente piaci a mia madre più di quel che pensassi. »

« Eh? Ne sei convinto? »

« Ne sono certo. – annuì con sicurezza – Dai, vieni con me. »

 

 

L’aveva condotta sul balcone, dove non sentiva l’aria opprimente avvolgerlo del tutto; doveva respirare e stare il meno possibile in mezzo a tutta quella gente con la puzza sotto il naso o sarebbe soffocato sul serio.

« Soul, tutto a posto? »

« Si – rispose poggiando le mani sulla ringhiera di metallo freddo – ma come avrai capito odio questo genere di feste. »

Maka gli si avvicinò, posandogli una mano su di una spalla: « Resisti, domattina andremo via no? E rallegrati, la sceneggiata ha funzionato alla fine. » disse, voltando però il capo mentre diceva le ultime parole. Già, come aveva funzionato.

D’improvviso avvertirono il vociare sommesso terminare e la musica cessare, fino a quando non fu il suono di un violino a riempire l’aria.

« Tuo fratello ha cominciato a suonare! » esclamò entusiasta verso un Soul decisamente meno euforico – per nulla.

« Già. »

« Andiamo a vederlo? »

« Se tu vuoi vai, io resto qui. E poi la musica si ascolta, non si vede mica. »

Maka però non si mosse dal suo posto e non smise di osservare il ragazzo al suo fianco.

« Beh, non vai? »

Quella spostò lo sguardo sui propri piedi: « Le scarpe mi fanno male, da sola rischierei di cadere. » mentì. E lui se ne accorse dal lieve rossore che le si era dipinto in volto.

Non aveva mai visto Maka arrossire così tanto come in quei due giorni, lo trovava inusuale ma in qualche modo anche vagamente carino. Scosse il capo al pensiero poco cool.

« Puoi almeno ballare con me? » gli chiese poi, rivolgendo nuovamente il proprio sguardo verso di lui, che sospirò sconfitto: « E va bene. Ma levati quelle armi dai piedi, non sia mai che me li pesti ancora. »

La ragazza gonfiò le guance, offesa, ma ubbidì ugualmente: chissà quando avrebbe avuto la possibilità di ballare con lui di nuovo, meglio cogliere l’occasione.

Lui le prese la mano e le strinse un fianco, mentre lei poggiava l’altro palmo sulla sua spalla. Cominciarono a muoversi lentamente sulle note che fuoriuscivano dal violino di Wes, guidati dalla musica. Soul posò la fronte su quella di Maka ed entrambi chiusero gli occhi: avevano già ballato a quel modo anche se con una melodia diversa ad accompagnarli.

« È una bella musica. » disse lei con tono rilassato.

« Già. »

« Ma preferisco il suono del piano. » rivelò sorridendo.

Lui ridacchiò.

Stettero in silenzio, lasciandosi trasportare solo dal suono della musica, fino a quando la melodia terminò e, dopo un applauso, ne iniziò un’altra. Ma stavolta ad accompagnare il violino c’era un altro strumento.

« Mia madre. Sta suonando la viola. » le disse prima che Maka potesse chiedere qualcosa.

Lei annuì soltanto. Per un attimo desiderò che quel suono continuasse all’infinito. Non conosceva il brano che stavano eseguendo, non avrebbe saputo dire quanto perfetto fosse, ma di certo riusciva ad abbandonarsi totalmente a quelle note.

« Te l’ho già detto, che il verde ti dona? » la domanda di Soul fece riemergere la sua mente dalla nebbia di suoni in cui si era immersa. Riaprì gli occhi e li posò sul suo viso, aperto in un ghigno.

« Cos’è, sei in vena di complimenti? » chiese dubbiosa. Soul non gliene faceva mai. Non sul suo aspetto, per lo meno.

« Stavo solo valutando che mia madre ha buon gusto. »

Maka arricciò il naso: « Ora non sembra più un complimento. »

Soul rise: « Stai bene, stupida. Ma preferisco come sei di solito: senza trucco, senza acconciature elaborate, senza agghindi inutili insomma. Sei più... più Maka! » esclamò facendole inarcare un sopracciglio. A quel puntò, sfruttando la vicinanza, si sporse maggiormente verso il suo orecchio: « Anche se ammetto, come al solito nulla per le tette ma ti fa proprio un bel sedere questo vestito. » proferì quasi in un sussurro mentre la sua mano sinistra le percorreva la schiena mezza nuda, rallentando nei pressi del bordo superiore del suo fondoschiena.

« Soul! Se non vuoi morire tira su quella mano! – sbraitò irritata colpendolo alla nuca con il palmo chiuso a pugno. – Possibile che tu non riesca a resistere troppo a lungo senza fare queste battutine idiote? »

Lui rise ancora, risalendo la schiena e spingendo il suo corpo minuto maggiormente verso di se.

La musica cambiò ancora, il ritmo divenne più incalzante e la velocità con cui le note si susseguivano aumentava sempre più.

Avrebbe voluto ascoltare anche Soul al piano, in quel momento. Avrebbe amato qualunque melodia avesse suonato.

Alzò il viso verso i suoi occhi e si accorse che la stava fissando, ancora con quello sguardo intenso che la confondeva. Le portò una mano dietro la nuca e tirò via il fermaglio prezioso che le teneva i capelli, che ricaddero sulle spalle.

« Così va meglio. » disse.

« Un’ora per acconciarli, nemmeno un minuto per disfarli. Ma almeno non mi sento più la faccia tirare! » esclamò ridendo.

« E poi a Kid non sarebbe piaciuta l’asimmetria di quella acconciatura! »

« E da quando ti preoccupi di Kid? »

« Beh, in fondo la sua idea non si è rivelata così male... no? » sorrise sornione, mentre Maka sbuffava voltando il capo di lato; inevitabilmente la sua mante tornò al presunto bacio, ma scosse immediatamente la testa: « Ti ha aiutato a salvare il sedere da un matrimonio-trappola, quindi direi di no. » proferì.

D’improvviso Soul smise di seguire il ritmo e si fermò, costringendo anche lei a farlo.

« Qualcosa non va? » gli domandò, ma le parole successive del ragazzo non diedero risposta a quella domanda.

« Non era precisamente quello di cui parlavo... – Maka lo fissò curiosa, aspettando che dicesse qualcosa di più preciso magari – Io mi riferivo ad altro. » aggiunse sporgendosi maggiormente verso lei.

« E a cosa, precisamente? »

Soul ridacchiò: « Andiamo! – esclamò – Non sei stupida Maka, hai capito a che mi riferisco. » pronunciò l’ultima frase con tono serio, spingendosi ancora più avanti.

Lei non disse nulla. Semplicemente si ritrovò a socchiudere gli occhi seppure le era sembrato che il suo cervello non avesse mai formulato quel comando. Probabilmente il suo sistema nervoso, in quel momento, si era preso una pausa senza chiederle il permesso.

Il respiro del suo partner le solleticava la pelle, mentre con un dito le carezzava il labbro inferiore. Anche volendo non sarebbe più riuscita ad allontanarlo.

Non si erano accorti che la musica era cessata del tutto e che qualcuno stava parlando a gran voce. Quel qualcuno, per la precisione Eleonor Evans, dopo uno sproloquio pieno di strane spiegazioni e chiarimenti sull’impossibilità di impedire il nascere del vero amore – testuali parole – aveva appena annunciato l’imminente fidanzamento tra Soul Evans e la giovane Maka Albarn – la brillante idea della donna: se non puoi sconfiggere il nemico schierati dalla sua parte.

Era stato in quell’istante che il cervello della ragazza aveva riallacciato tutte le sinapsi; entrambi si stavano fissando ad una distanza quasi nulla, increduli di ciò che avevano appena udito.

« Soul... »

« Mh? »

« Tua madre ha appena- »

« A quanto pare... »

Non si erano ancora allontanati, quando la voce della donna invitò i due giovani a farsi avanti.

« Maka? »

« Mh? »

« Corri! »

Le aveva afferrato un polso e, di corsa, entrambi avevano percorso il salone sotto lo sguardo sbigottito di tutti gli ospiti e quello divertito di Wes, e le numerose domande che si erano levate nell’aria.

« Soul! Ora dove stai andando? » tuonò Thomas.

Non rispose, pensò soltanto a correre dirigendosi verso una direzione precisa.

« Dove stiamo andando? » fece la stessa domanda poco dopo Maka, che percorreva i vari corridoi del tutto scalza.

« Al garage. »

« E che ci andiamo a fare lì? »

« A cercare una moto! »

Effettivamente una moto lì c’era, splendida a detta di Soul. Il problema, ammise il ragazzo, era che non sapeva di chi diavolo fosse. Nonostante questo le aveva ordinato di salire.

« Soul! Questo è furto! » lo rimbeccò lei.

« Io lo chiamo “prendere in prestito”. E poi ci sono le chiavi nella toppa, è chiaramente un invito a prenderla e correre via. – asserì levandosi la giacca – Tieni, altrimenti gelerai. »

Maka non obiettò: s’infilò la giacca scura e al comando del ragazzo di salire ubbidì.

Una volta messo in moto partirono immediatamente.

Percorsero il vialetto a grande velocità, Maka ebbe giusto il tempo di voltarsi e scorgere tutte quelle persone affacciate al balcone dove poco prima si trovavano lei e Soul.

Prima di chiunque altro c’erano i familiari della buki, anche se di certo non riuscì ad intravedere da quella distanza il volto irritato di Thomas e quello quasi sorridente di Eleonor. Wes, invece, non tratteneva più le risate.

« Tieniti forte! » le disse, per poi accelerare. Si strinse a lui appoggiando la testa alla sua schiena e chiudendo gli occhi.

Stavano tornando a casa.

 

 

« Eleonor, non hai fatto che peggiorare la situazione! » tuonò Thomas rivolto alla moglie.

« Dici? In verità mi aspettavo finisse così. » proferì lei.

« E allora avresti dovuto ascoltarmi! Non c’era motivo di annullare il fidanzamento e di assecondare le richieste di un ragazzino indisciplinato! » gridò irato mentre gli ospiti confusi continuavano a domandarsi cosa fosse appena successo.

La donna si volse a guardare il marito, quando Soul e Maka erano ormai scomparsi alla vista: « Sarebbe fuggito lo stesso – disse – tuo figlio ha scelto un’altra strada. Volevo soltanto divertirmi a vedere cosa avrebbe fatto dopo quell’annuncio. » rivelò.

Le imprecazioni del signor Evans andarono avanti tutta la serata mentre la donna richiamava dentro gli ospiti per tornare a quella che, ormai, era diventata una semplice occasione mondana senza un reale motivo.

 

*

 

Giunsero a Death City poco prima dell’alba.

Dopo aver posato la moto sotto casa, salirono su nel loro piccolo appartamento: Soul non si era mai sentito così felice di trovarsi di nuovo lì, tra quelle mura accoglienti.

La prima cosa che fecero una volta dentro fu stravaccarsi sul divano e tirare un sospiro di sollievo.

« Abbiamo lasciato lì la nostra roba. » si rese subito conto Maka, fissando i propri piedi scalzi.

« Manderanno sicuramente qualcuno a riportarci tutto, e a riprendersi la moto. Peccato, già pensavo di tenerla. – la shokunin gli rivolse un’occhiataccia – Scherzavo! »

« Sarà meglio, non voglio essere complice di un furto! »

« E dai Maka, sembrava essere messa lì appositamente per noi! Che posso farci io se il proprietario della moto è un idiota tanto da lasciare le chiavi nella toppa? – incrociò le braccia dietro la nuca e chiuse gli occhi – Parcheggiare il tuo veicolo in un garage di una casa piena di ricconi non significa per forza che sia al sicuro. » proferì.

Calò il silenzio. Maka si guardò attorno, contenta di rivedere le pareti familiari del loro appartamento che le conferivano un senso di sicurezza. Di Blair non c’era traccia, probabilmente era ancora al lavoro.

Si voltò verso il suo partner, che se ne stava ancora con gli occhi chiusi. Sapeva però che non stava dormendo poiché il suo respiro non sembrava essere rallentato.

« Ohi, senza-tette. » la chiamò d’improvviso voltandosi a fissarla con un solo occhio aperto. Maka era troppo stanca per arrabbiarsi e Maka-chopparlo, avrebbe rimandato la violenza alla mattina successiva. Quindi si limitò ad emettere un mugugno d’irritazione ed un “che c’è?”

« Ti ringrazio – le disse – per avermi mantenuto il gioco fino alla fine. »

Lei annuì: « In realtà in certi momenti ho davvero rischiato di mandare tutto al diavolo; tra i tuoi genitori, le domande imbarazzanti di tuo fratello e l’irritante Marianne... – sospirò – non pensavo potesse mancarmi dare la caccia alle uova di kishin. » rivelò.

Risero entrambi.

« Beh, la stretta di Marianne è peggio di quella di un uovo di kishin munito di pinze, credimi! » esclamò tra le risa.

Dopo poco calò nuovamente il silenzio: erano stanchi e stressati e probabilmente avrebbero avuto bisogno di una doccia, ma si sarebbero addormentati nel mentre.

« Vado a letto. » proferì Soul facendo forza sulle braccia per rimettersi in una posizione seduta.

« E io seguirò il tuo esempio. »

Non appena la ragazza curvò in avanti il busto trovò le labbra di Soul sulle proprie in quello che si era rivelato un bacio lieve e rapido, un semplice sfiorarsi di labbra. Mezzo secondo dopo si era già staccato, ma lei lo guardava comunque come in attesa di una spiegazione – ancora una volta si sentiva troppo stanca per picchiarlo come invece avrebbe dovuto...

Domani, si disse.

« Beh, solitamente nei film stupidi e sdolcinati quando due si lasciano si concedono un ultimo bacio. » disse alzandosi – se mai lei avesse deciso di colpirlo aveva il vantaggio si essere già in piedi e scappare. Sul suo viso era appena accennato un ghigno.

Anche Maka si alzò e, portandosi le mani ai fianchi, pronunciò con finto tono irato:

« Quindi mi stai mollando, Soul Eater? »

« Già, mi spiace, sono troppo cool per trovarmi incastrato in una relazione. »

Risero ancora, dirigendosi verso le rispettive camere. Ma prima che Maka potesse davvero percorrere il piccolo corridoio, Soul la ritirò a se.

La strinse contro il proprio corpo e tornò a baciarla con impeto, al quale la shokunin non riuscì a sottrarsi.

Quando si allontanarono fu lei a parlare per prima: « Che diamine ti prende? » chiese, sconvolta e col viso ancora una volta arrossato.

« Ne parliamo domani. » le disse soltanto, lasciandola andare e avviandosi verso la propria camera.

Sentì la porta della stanza di Maka chiudersi con violenza, prima che anche lui entrasse nella sua.

Non sapeva esattamente di cosa avrebbero parlato l’indomani – o meglio, più tardi in serata visto che era già domani – ma era piuttosto sicuro di aver fatto soltanto ciò che voleva.

Perché la voleva.

 

Ciò che non desiderava affatto, invece, erano i feroci Maka-chop che ricevette appena sveglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ci sono tante cose che odio di questo capitolo – tipo il finale – ma sto tentando di diminuire il numero giornaliero di lamentele – senza grossi risultati. Ho riscritto alcune parti più di una volta, senza essere riuscita a renderle davvero più decenti. Alla fine ho dovuto fermarmi, o non avrei più pubblicato questo capitolo xD Ma è finita e questo mi basta.

La signora Evans... beh, diciamo che in qualche modo la mamma è pur sempre la mamma, e tutto ciò che ha fatto in questo capitolo è venuto fuori da se, quasi l’abbia deciso lei.

Che dire? Vi ringrazio infinitamente per aver seguito questa storiella/passatempo, siete sempre stati molto gentili.

Spero di riuscire a tornare con qualcosa di più lungo di 500 parole, e magari anche più interessante e più in linea Soul Eater; nel frattempo tenterò di mantenere viva la raccolta.

Inoltre spero di poter riprendere in mano, prima o poi, la famiglia Evans – soprattutto Wes, poiché credo di aver cominciato ad adorarlo xD – magari con qualcosa di più serio.

 

Ancora grazie a tutti, alla prossima!

 

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