Bitch

di Serenity Moon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** # 1 ***
Capitolo 3: *** # 2 ***
Capitolo 4: *** # 3 ***
Capitolo 5: *** # 4 ***
Capitolo 6: *** # 5 ***
Capitolo 7: *** # 6 ***
Capitolo 8: *** # 7 ***
Capitolo 9: *** # 8 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***
Capitolo 11: *** Dawning bitch - Anteprima ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Bitch

 

Prologo

 

 

Non si capacitava di quel che stava per fare.

Lui non era quel tipo di persona.

Lui era forte. Lui aveva un orgoglio.

Lui aveva perso tutto esattamente quarantanove minuti e trentasette secondi prima e ora si ritrovava da solo, sotto la pioggia scrosciante della sera dicembrina, incerto, lì dove era iniziato tutto.

Ma niente era più lo stesso e lui lo sapeva.

Era arrivato il momento di prendere una decisione, quella che da più di un anno aveva rimandato di giorno in giorno fino all'esasperazione. Non poteva più tirarsi indietro, lo sapeva bene. Quella era l'ora X e lui non era un codardo o perlomeno non lo sarebbe stato più.

Sospirò ed infine lo fece.

Finalmente suonò quel campanello.


Ci si rivede fra 5 giorni! Baci, bacini, bacetti, S.
 

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Capitolo 2
*** # 1 ***


 

# 1

 

Per un attimo si era ritrovato a sperare che non ci fosse nessuno in casa, ma quando la porta si aprì, ringraziò qualunque tipo di dio esistesse in cielo o in terra per quel regalo.

Jude aveva aperto.

Sapeva chi c'era dietro lo spioncino, ricordava tutto, ma aveva aperto lo stesso ed impalata sulla soglia di casa sua lo guardava, negli occhi un'espressione indecifrabile. Non era arrabbiata, non era felice, non era sorpresa.

Sorpreso lo sarebbe dovuto essere lui vedendola, se non fosse stato troppo concentrato a capire quale delle proprie innumerevoli ferite cominciare a leccare.

Il suo cambiamento era palese. Era dimagrita. I pantaloni scoloriti della tuta coprivano le ciabatte morbide e le maniche della felpa di due misure più grande le avvolgevano malamente il busto imprigionato sotto la stretta delle braccia conserte. I capelli, legati in una coda disordinata erano cresciuti di poco da quando, in un attimo di follia, li aveva tagliati. In viso, neanche una traccia di trucco. Jude non si faceva mai vedere senza trucco. Nemmeno da lui e lui di Jude aveva visto proprio tutto.

La ragazza non spiccicò parola. Osservava le gocce d'acqua cadere e fiondarsi su quel viso che una volta di era illusa fosse il suo. Le guardava insinuarsi fra i capelli come tante volte avevano fatto le sue dita, solcare le guance ruvide di barba e perdersi fra le pieghe delle labbra che più aveva amato in vita sua. Si rese spettatrice di quello spettacolo tanto bello quanto straziante, in assoluto silenzio. Non spettava a lei parlare.

«Non sapevo dove altro andare» sussurrò Ryan guardandola fisso negli occhi vuoti, sperando magari di ritrovarci un po' di quel grande amore che mesi prima lui stesso aveva sgozzato.

Jude sospirò. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Mille e mille volte aveva provato ad immaginarselo ma nessuno degli scenari che la sua fervida fantasia aveva creato si sarebbe mai avverato, non così, non un una fredda e piovosa notte di dicembre, con un Ryan zuppo e distrutto che suonava alla sua porta chiedendo asilo dopo che aveva ben messo in chiaro che la loro storia era finita, per sempre.

«Entra. Ti prenderai un accidente» disse solo scansandosi quanto bastava per permettergli di entrare.

Lo aveva detto. Lo aveva promesso. La sua porta, per lui, sarebbe sempre rimasta aperta.


 

Grazie a Selvaggia_Chan, Sweet96 e Broncino.
Ci rivediamo fra 5 giorni, baci, bacini, bacetti, S.

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Capitolo 3
*** # 2 ***


 

# 2

 

«Cos'è successo?».

Jude non era del tutto sicura di voler sapere, ma il vedere Ryan in quelle condizioni, così giù di morale da far sembrare lei in confronto un'animatrice di feste, la faceva stare ancor più male ed aveva risvegliato quell'istinto di protezione che da sempre aveva contraddistinto il loro rapporto e che lei si era sforzata di sopprimere in quei lunghi mesi passati lontani.

Gli aveva dato un asciugamano per frizionare i capelli bagnati e un maglione che lui stesso aveva dimenticato durante una delle sue trasferte segrete a casa di Jude e che lei indossava a volte, la notte, quando faceva troppo freddo e solo il suo profumo riusciva a riscaldarle l'animo intorpidito. Lo lavava con un detersivo a parte, quello che usava lui, per non fargli perdere il suo profumo. Gli altri indumenti non potevano avere il suo stesso odore.

Aveva aspettato che lo indossasse, costringendosi a rivolgere altrove la sua attenzione, lontano dal petto dai muscoli ben definiti sul quale tante volte si era addormentata cullata dal battito regolare del suo cuore. Non era cambiato di una virgola.

Poi era tornata in cucina a preparargli qualcosa di caldo.

«E' camomilla» gli disse porgendogli una tazza arancione, la sua tazza. Nessuno poteva usarla all'infuori di lei, ma quella si prefigurava come la sera delle eccezioni. Niente trucco, aspetto trasandato, Ryan che suonava alla sua porta, un tuffo a capofitto in un passato non troppo passato che si preparava ad inghiottirla di nuovo, stavolta forse irreparabilmente. L'inizio poteva dirsi più che soddisfacente visto il tema.

Ryan ne prese un sorso. Seduto sul divano, guardava il pavimento sotto i suoi piedi, ricoperto da un pesante tappeto scuro. Jude gli stava di fronte, appoggiata al bancone della cucina in attesa che lui parlasse, che dicesse ciò che già sapeva.

«Le hanno raccontato tutto» disse dopo il secondo sorso della bevanda calda che stringeva fra le dita.

«Me lo aspettavo». Ed era vero. Da mesi ormai attendeva quel momento. «Si è arrabbiata molto?».

«Non l'ho mai vista così furiosa in cinque anni. Vuole parlare con te».

«Sai già cosa le dirò» gli rispose in tono piatto. Teneva ancora le braccia strette attorno al busto, il piede destro rialzato su una sporgenza dello sgabello lì vicino. Distolse lo sguardo da quella ce era solo l'ombra di un uomo ed incrociò il suo riflesso in una della finestre della stanza rigate dalla pioggia. Le gocce sembravano lacrime, lacrime per le quali però quella sera non c'era alcun posto anche se erano già pronte e premevano impazienti per uscire. No, non avrebbe pianto, non davanti a lui. Non quella notte in cui ancora una volta il destino dell'uomo che amava dipendeva da lei e dalle sue scelte.

«La riavrai presto, non ti preoccupare. Ti perdonerà e tornerete insieme».

'Come sempre' aggiunse fra sé e sé. Aveva studiato quel copione così bene che quasi lei stessa credette di essere sincera. Come si era ridotta? Rassicurare l'unico ragazzo che aveva mai amato sul fatto che la sua storica e cornuta ragazza, da lei profondamente odiata e detestata con tutte le sue forze, lo avrebbe riaccolto festante fra le sue braccia.

Le sue amiche glielo avevano ripetuto centinaia di volte.

'Jude, tu diventerai pazza'.

Avevano torto. Lo era già.


 Grazie a broncino, Domi, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA (Adoro il tuo nick *_*) ed Euterpe_12.
Ci rivediamo il 6/10 col terzo capitolo. Baci, bacini, bacetti, S. <3

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Capitolo 4
*** # 3 ***


 

# 3

 

«Sei venuto per avvertirmi?».

C'era un pizzico di fastidio in quella domanda. Jude non aveva bisogno di essere protetta da nessuno e da una parte sperava che a quella velata accusa, Ryan si alzasse, incazzato, dal divano sul quale vegetava e le urlasse contro tutti gli insulti che conosceva, ma non lo fece. Strinse invece ancor più forte la tazza di ceramica smaltata e chiuse gli occhi.

«No. Avevo solo bisogno di un posto dove poter stare in silenzio».

'Certo, dopotutto sono stati proprio i tuoi silenzi a distruggere la nostra storia'.

Non lo disse ad alta voce. Come sempre, le risposte taglienti, le teneva per sé. Sapeva che lo avrebbero ferito e preferiva far star male se stessa, annegare fra i dubbi piuttosto che farlo soffrire per una parola acida detta in un momento di stizza.

Un lampo illuminò l'orologio a pendolo appeso al muro. Le lancette stavano quasi per incontrarsi sul punto più alto del quadrante. Era tardi.

Ryan vi lanciò un'occhiata veloce per poi tornare a fissarsi le mani. C'era un'atmosfera pesante in quella stanza, ma dopotutto cosa poteva aspettarsi? Di sicuro con che lo accogliesse a braccia aperte dopo che lui aveva scelto l'altra, la ragazza storica, quella con cui stare sarebbe stato semplice. Ci pensò su un attimo. Si credeva un codardo perché non aveva mai preso una vera decisione. In quel momento però capì di averlo fatto. Senza rendersene conto aveva scelto. Ora però era lì, a casa di Jude. I suoi piedi, il suo istinto lo avevano guidato fino a quell'appartamento in periferia nel quale aveva trascorso clandestinamente tante notti e dalle finestre del quale aveva visto tante albe ogni mattina mentre andava via di soppiatto perché nessuno lo vedesse. Era arrivato lì senza pensarci tanto. Era un segno? Un'abitudine? O la sua coscienza sporca che gli diceva che nonostante tutto il male che le aveva inflitto Jude ci sarebbe sempre stata, come aveva giurato?

'Una promessa è una promessa'. Glielo aveva ripetuto tante volte quando stavano insieme e Jude mai si era azzardata a mancare ad un giuramento fatto a lui. Ryan l'aveva cacciata via dalla sua vita, ma lei quella sera gli aveva aperto la porta lo stesso.

«Potrei restare qui stanotte?».

'No!'.

'Sai dov'è il letto. Ti raggiungo fra poco'.

'Scordatelo! Ma chi ti credi di essere?'.

'Okay, per te questo e altro'.

'Non hai un minimo di vergogna?'.

«Ti preparo il divano».

Non sarebbe mai stata capace di buttarlo fuori, anche se avrebbe dovuto. Lui l'aveva cercata, forse non con le migliori intenzioni, forse con la solita certezza che lei non gli avrebbe mai detto di no, ma con la consapevolezza, seppur inconscia, che aveva bisogno di lei. Ryan non lo avrebbe mai ammesso, ma la realtà era quella. Aveva bisogno del conforto di Jude e per quanto lei fosse convinta che dopo sarebbe stata di nuovo male, non gli avrebbe mai negato il suo aiuto.

Andò in camera da letto a prendere delle lenzuola pulite con le quali foderare il divano. L'avrebbe volentieri fatto dormire nel loro -mentalmente si corresse- nel suo letto, ma non era il caso. Non doveva pensare all'ultima volta che lo avevano condiviso.

«Grazie» le disse soltanto una volta che ebbe finito.

«Di niente. Se ti serve qualcosa, sai dove sono».

In cuor suo sperò che non andasse a bussare alla porta della camera da letto nel bel mezzo della notte. Non si sarebbe potuta ritenere responsabile delle sue azioni in tal caso.


Grazie mille a: broncino, Domi, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, YouGotWires, Bryce78, Michelle82, Euterpe_12 e Stellina_XxStarxX.
Al prossimo aggiornamento, puntuale fra 5 giorni. Baci, bacini, bacetti, Serenity.
 

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Capitolo 5
*** # 4 ***


 

# 4

 

Quando non riusciva a dormire, Jude ascoltava della musica. Si sdraiava sul letto, indossava gli auricolari e si perdeva in quel mondo che più che consolarla, attenuando le sue sofferenze, la torturava ancor di più. Ogni canzone era legata ad un ricordo ben preciso e sebbene cercasse con tutte le sue forze di premere il pulsante sul suo lettore mp3 che le avrebbe permesso di porre temporaneamente fine a quell'agonia, i suoi erano degli sforzi vani. Non ci riusciva e le canzoni continuavano a srotolare ignare le loro note ferendola in quel gioco masochistico.

Quella notte in particolare, nemmeno la melodia della canzone più struggente della sua play-list era riuscita a farla arrendere al sonno e Jude si rigirava fra le coperte pesanti maledicendosi in tutte le lingue che conosceva per la sua debolezza. Aveva un esame l'indomani mattina presto, aveva bisogno di riposare. Sapeva bene però che se non aveva chiuso occhio nei mesi precedenti a causa di quello che le si agitava nella testa, mai e poi mai ci sarebbe riuscita ora che il pensiero di Ryan nella stanza accanto, sul suo divano, le si era ben piantato nel cervello martellando con la forza di un trapano elettrico.

Sbuffò spazientita all'ennesima immagine di lui, distrutto, che si addormentava stringendo il cuscino, sotto il suo sguardo all'apparenza indifferente. Sì, solo all'apparenza, perché in realtà dentro bruciava. Di dolore, di rabbia, di ribrezzo. Aveva una voglia folle di correre fuori in strada e prendere a schiaffi lei che lo stava facendo soffrire così tanto e più di tutti voleva prendere a sberle se stessa. Lei che era ancora maledettamente innamorata di lui, lei che gli aveva aperto la porta accogliendolo in casa sua, lei che si costringeva a fingere di non provare più niente per l'unico uomo che avrebbe mai amato in vita sua, solo per rassicurarlo e non allontanarlo più di quanto non avesse già fatto. Si odiava con tutta se stessa.

Si strappò le cuffiette dalle orecchie gettandole da parte e si alzò bruscamente. Dovette restare per qualche secondo immobile a causa di un capogiro, infine poggiò i piedi a terra. Il gelo del pavimento le si insinuò addosso nonostante i calzini e la fece rabbrividire. Di nuovo si strinse le braccia al busto.

Negli ultimi mesi si era abituata a quel gesto. Era una specie di protezione. Quando sentiva di stare per crollare si chiudeva in quella sorta di guscio. Funzionava come un elastico. Serviva per tenere insieme tutti i pezzi e doveva ammettere che almeno fino a quel momento ce l'aveva fatta. Ora però, Ryan era solo a pochi passi da lei.

Raggiunse la cucina con passo felpato e si sedette su uno degli sgabelli vicino al bancone, proprio di fronte al divano. Ryan dormiva ancora, avrebbe detto beatamente. Almeno nel sonno doveva aver trovato un attimo di pace. Lo invidiò. A lei da troppo tempo veniva negato quel piacere. Incrociò le braccia sul piano d'acciaio e di nuovo rabbrividì al contatto con la superficie gelata. Vi poggiò sopra la testa e lo osservò bene. Non era cambiato di una virgola, se non che adesso aveva i capelli cortissimi, ma era bello come sempre.

Si perse rimuginando su paragoni fra prima e dopo. Quando si addormentò nemmeno se ne accorse. Furono i primi raggi dell'alba a svegliarla. Nonostante la posizione scomoda sentiva di aver finalmente riposato davvero.

Con una sbirciata al divano si assicurò che Ryan fosse ancora lì ed infatti dormiva attorcigliato alle coperte come un bambino. In silenzio si alzò e si preparò. Gli scrisse un bigliettino e dopo avergli posato un leggero bacio sulla fronte uscì di casa guardandosi più volte indietro. Qualcosa le diceva di imprimersi per bene nella mente quella scena perché non l'avrebbe rivista più.


 

Chiedo scusa per il piccolissimo ritardo.
Grazie a: broncino, Domi, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, YouGotWires, Bryce78, michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, Euterpe_12 e dada10.
Ci si rivede fra 5 giorni, baci, bacini, bacetti, vostra S.

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Capitolo 6
*** # 5 ***


 

# 5

 

Ryan si svegliò tardi quella mattina. Il sole di dicembre che entrava dalle finestre lo accecò per un istante impedendogli di aprire gli occhi. Non si ricordava dov'era, neanche fosse stato ubriaco, e necessitò di qualche secondo in più per schiarirsi le idee confuse dal sonno. Poi ricordò.

Jude ed il suo odio per le tendine. Ecco perché la luce era così forte. Era ancora a casa sua, sul suo divano, impregnato di quell'odore di vaniglia a cioccolato bianco che tante volte in passato aveva respirato invaghendosene.

Si alzò e si stropicciò gli occhi. Chissà per quale motivo si aspettava di vederla inginocchiata accanto ad un bracciolo del divano con le dita intrecciate alle sue, magari mentre gli cantava la ninnananna. Sapeva bene perché in realtà si immaginava uno scenario del genere. Una volta era così, ma adesso i bei tempi erano finiti e tutto perché lui aveva voluto in quel modo, perché lui aveva scelto l'altra e Jude se n'era andata, in tutti i sensi.

Trovò il post-it che lo avvertiva che era uscita per andare all'università ad affrontare un esame. 'Fa come se fossi a casa tua'. Solo qualche mese addietro avrebbe riempito quel messaggio di stupidi fronzoli come 'ti amo', 'mi manchi già', 'torno presto, sei la mia vita'. Adesso c'era invece il minimo essenziale. Si stupì quasi di aver trovato un 'ciao' alla fine.

'L'ho voluto io' pensò dolorosamente. 'Le cose vanno così perché l'ho voluto io'.

Aprì il frigorifero alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Niente latte ovviamente, Jude era intollerante. Il latte era entrato in quella casa solo durante la breve parentesi in cui lui la frequentava. Dopo la loro rottura era sparito così come le ciabatte, lo spazzolino e l'accappatoio. Jude aveva chiuso tutto in una scatola che aveva nascosto nell'angolo più buio dell'armadio che non usava mai. Occhio non vede, cuore non duole, o almeno era quello che sperava.

Ryan si accontentò di due merendine al cioccolato, quelle non sarebbero mai mancate a casa di Jude, cascasse il mondo.

Non sapendo cosa fare, una volta finita la scarsa colazione, si mise a bighellonare per l'appartamento. Era tanto che non vi metteva piede ma lo conosceva e di illuse che facendo un salto nel passato avrebbe per un po' allontanato i problemi del presente.

Quando però arrivò in camera di Jude restò pietrificato. Aveva cambiato tutto.

Delle tende color crema svolazzavano nel leggero vento che durante la notte aveva spazzato via la tempesta. Che ci facevano lì? Jude odiava le tende! E ancor più detestava i tappeti. Il pavimento della camera adesso invece ne era totalmente ricoperto. I peluche sul piumone erano spariti, sostituiti da più maturi cuscini di raso in varie tonalità dal bianco all'ocra. Il mobile da toeletta era stranamente ordinato. Vi stava sopra solo un quadernetto rosso a spirale e non c'era traccia di scarpe clandestine sfuggite all'armadio. Era un altro mondo. Freddo, asettico, non da Jude.

Ma quello che più di tutto lo stupì, fu l'assurda quantità di post-it appiccicati ovunque. Sulle pareti, sullo specchio, sulle ante del guardaroba, alla testiera elaborata del letto a due piazze che tante volte avevano diviso. Addirittura alcuni avevano trovato posto sul soffitto stuccato di bianco. Di tutti i colori, erano l'unica macchia di vita in quella stanza ormai così poco ospitale. Ne lesse alcuni e restò stupito nel notare che erano tutte citazioni di canzoni, di libri, aforismi che a quanto pareva l'avevano colpita così tanto da volerli rendere parte del suo arredamento. Ne riconobbe alcuni. Altri gli piacquero tanto da memorizzarli. Altri ancora gli misero addosso tanta tristezza oltre a quella che già portava con sé. Una frase in particolare lo ferì come un pugno allo stomaco.

'Non puoi perdere chi in realtà non è mai stato tuo'.

Non aveva bisogno di spiegazioni per capire che quello era stato il suo motto, il mantra che aveva ripetuto centinaia e centinaia di volte per farsene una ragione, per andare avanti, per dimenticare tutto il male che involontariamente le aveva fatto.

Maledisse se stesso ed il suo egoismo.


 

Grazie a: broncino, Domi, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, YouGitWires, Bryce78, michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, Blue Drake ed Euterpe_12.
Al prossimo aggiornamento! Baci, bacini, bacetti, S.

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Capitolo 7
*** # 6 ***


 

# 6

 

Fece un giro per la stanza continuando a leggere i bigliettini più alla sua portata. Per alcuni doveva per forza aver usato una scala per appiccicarli. Jude non era alta ed il suo metro e sessantacinque scarso non aveva potuto permetterle di arrivare a più di tre quarti della parete.

'I think is time to give this up' [Not Enough]

'Is too late to apologize' [Apologize]

'I don't want this moment to ever end, 'cause everything is nothing without you' [With me]

'Can we pretend that airplanes in the night sky are like shooting stars, I could really use a wish right now?' [Airplanes]

'Everybody says that time heals the pain, I'll been waiting forever. That day never comes' [That day]

'What can you do when your good isn't good enough' [Get it right]

E tante altre del genere, spesso intere canzoni spezzettate e sparse qua e là senza un ordine apparente.

Sospirò e voltandosi lo sguardo gli cadde sul quadernetto rosso innocentemente poggiato sul mobile da toeletta. Il suo diario. Ryan lo conosceva. Lo aveva già visto in passato e sapeva quanto Jude ne fosse gelosa. Sicuramente lo aveva dimenticato lì, dopotutto chi mai avrebbe dovuto trovarlo? Lei viveva da sola.

D'istinto vi si avvicinò e ne sfiorò la copertina di cartoncino lucido. Non aveva niente di particolare, era solo un piccolo quaderno a spirale, senza decorazioni, né fronzoli. Nemmeno quello, si rese conto, aveva tanto a che vedere con Jude.

Sollevò la copertina scoprendo la prima pagina bianca occupata soltanto dal nome di lei in bella grafia. Sfogliò velocemente le altre riempite da una scrittura minuta ma ordinata e leggibilissima. Ogni spazio era sfruttato, nessuno spreco. Cominciava in un luglio e le prime pagine parlavano di amicizie secolari e vecchi amori che ogni tanto tornavano a galla. Loro non si conoscevano ancora. Sarebbe dovuto passare un altro anno prima che si incontrassero per caso venendosi incontro distratti. Il tempo, che tiranno!

Titubante si fermò un attimo a pensare. Leggere o no? Quelli erano i pensieri di Jude. Le sue idee, i suoi sentimenti, i suoi stati d'animo, quello che aveva provato stando con lui, era tutto trascritto su quel diario. Se lo avesse letto, lei si sarebbe arrabbiata? Poche storie, lui al suo posto sarebbe stato furioso. Jude d'altro canto nei mesi precedenti non aveva fatto altro che ripetergli che non aveva segreti, che lui sapeva tutto. Non aveva motivo di nascondere qualcosa all'unico ragazzo che diceva di amare, anzi voleva che venisse a conoscenza di tutto ciò che c'era da sapere su di lei. Gli raccontava anche i suoi sogni. Non l'aveva mai fatto con nessuno prima di allora.

Ryan si convinse che era meglio chiuderlo e non approfittare troppo della bontà di quella ragazza all'apparenza indistruttibile. Non voleva oltrepassare i limiti rimasti e mettere oltremodo alla prova la pazienza di Jude. Nel chiuderlo però, in una delle pagine, scorse il suo nome. A quel punto la curiosità vinse su ogni ragione.

Iniziò a leggere. La data era quella del 17 ottobre.

'Che confusione! E tutto per cosa? Per un ragazzo!!! Ma dico, si può alla mia età andare nel pallone per una cosa simile? Per un tipo incontrato per sbaglio in strada (con cui sono anche andata a sbattere, c'è da sottolineare, che brutta figura Y_Y). Però che tipo! L'ho conosciuto, si chiama Ryan. Venerdì scorso ci siamo incontrati di nuovo ed abbiamo parlato un po'. Si diverte un mondo a prendermi in giro ed io me la spasso troppo per non lasciarglielo fare. Me n'ero già andata. Lui mi ha chiamata quando ero già lontana: voleva sapere il mio nome. Ho riso per tutto il resto della sera. E' stato esattamente come la scena di uno di quei film che adoro guardare nelle notti di inverno. Chissà ora cosa succederà?'.

Si ricordava bene quella scena. Anche lui aveva riso. Tornò indietro di qualche pagina.

Il 28 settembre diceva: 'Per il resto va tutto come sempre. Sono ancora incerta, ancora confusa e più insicura di prima. Una cosa però la so: voglio assolutamente sapere chi è quel ragazzo e lo saprò, costi quel che costi!'.

Ryan sorrise d'istinto. Si erano già scontrati. La conosceva già e anche lui aveva pensato la stessa cosa.

Continuò a sfogliare il diario. Poco più avanti, il 10 del mese successivo lesse: 'L'ultima volta dicevo che volevo sapere a tutti i costi chi è quel ragazzo. Non lo so ancora. Non ho avuto modo di indagare. Mi senti così stupida quando penso a certe cose...'.

Da quel momento in poi, in ogni pagina si parlava di lui. Lui che le sorrideva, lui che non l'aveva riconosciuta, lui che scherzava con lei in una maniera talmente adorabile da farla arrossire, lui che per la prima volta le stringeva le mani e le si avvicinava più del dovuto.

Il 2 novembre iniziava in maniera diversa, più decisa.

'Mi sono innamorata. Credo davvero stavolta. Non ho altri metri di paragone, ma proprio perché non ho mai provato nulla del genere ne sono certa. E cosa più sconvolgente, lo ammetto, a me stessa prima di tutto. Jude dal cuore di pietra è scomparsa. Lui adesso è il mio tutto e senza il suo respiro, il suo tocco, le sue carezze, io mi sento niente. Esattamente una settimana fa, la mia vita è cambiata radicalmente. Lui è entrato nei miei giorni come una brezza leggera, dal sapore nuovo ed invitante e mi ha sconvolta con la forza di un uragano, facendo crollare tutto ciò in cui credevo prima ed aprendomi orizzonti che nemmeno immaginavo potessero esistere. So che per lui è lo stesso. Me lo dice e lo dimostra. Gli credo. Mi fido di lui! Siamo così uguali. Pensiamo le stesse cose, diciamo le stesse cose, vogliamo le stesse cose.

Vorrebbe fare l'amore con me. Dio quanto lo vorrei anche io! Ma non possiamo. Non possiamo perché c'è lei di mezzo, la sua ragazza, quella di cui non so niente se non che ha lui e questo mi uccide. Perché lei può vederlo, può toccarlo, può baciarlo come e quando le pare, mentre io... Mentre noi dobbiamo nasconderci come due criminali. Non è giusto! Odio tutto questo, ma amo troppo lui per non sopportarlo.

Tra poco sarà il mio compleanno. Mi chiede in continuazione che regalo vorrei ed io gli ripeto sempre “niente”. In realtà vorrei tutto. “Lascia lei e stai con me!” ecco cosa vorrei, ma non posso, non posso chiederglielo, non posso essere così egoista da obbligarlo a scegliere. Forse non lo faccio anche perché ho paura. So già che decisione prenderebbe ed attendo con terrore il giorno in cui mi dirà “è finita”.

Soffrirò tantissimo, lo so, ma per ora non voglio pensarci. Per il momento sono felice perché lui è con me. Non voglio pensare a domani. Quello verrà poi. Per adesso so che lui è con me e nel bene o nel male so che una parte del suo cuore mi appartiene. La tratterò con cura, con la massima attenzione. E' il mio tesoro, il cristallo più bello e prezioso che ho. Lo custodirò con tutto l'amore che posso'.

Si fermò, incapace di andare oltre. Quelle parole lo avevano colpito sin nel profondo tanto da fargli male. Possibile che fosse cambiato tutto? Che lei fosse riuscita a cancellare quel sentimento così forte per il quale si era messa in gioco scommettendo il mille per cento di se stessa? Aveva davvero dimenticato tutto? I suoi sacrifici, la continua lotta contro il destino, il suo amore?

«Lettura interessante?»

La domanda colse di sorpresa Ryan che lasciò cadere il diario per terra e si voltò verso la porta. Poggiata allo stipite c'era Jude, le braccia conserte e le caviglie incrociate, in attesa. Era uno dei suoi vizi. Stare sempre attaccata agli stipiti o ai pilastri, comunque a qualcosa di stabile e verticale. Un segnale che le dava il suo subconscio sul bisogno di forza e di qualcosa che la trattenesse dal crollare ferita ed indifesa, preda di qualunque male esistente.

Si avvicinò a Ryan, prese il diario da terra, diede un'occhiata veloce alla pagina su cui era rimasto aperto e glielo porse. Non sembrava arrabbiata, ma lui avrebbe di gran lunga preferito che lo fosse. Quel suo sguardo perennemente indifferente stava iniziando davvero ad infastidirlo. Avrebbe voluto urlarle di svegliarsi da quella specie di coma in cui si era buttata -perché era certo che l'aveva fatto di sua spontanea volontà-, ma in quel momento era palesemente dalla parte del torto e di rigirare la frittata non se ne parlava.

«Scusami, io...» tentò di giustificarsi ma non trovava nessuna scusa plausibile.

Jude si strinse nelle spalle. Forse si sarebbe infuriata di più se avesse trovato il gatto limarsi le unghie sulla sua poltrona preferita, o forse no. Non sapeva più che pensare.

«Non importa. Se fossi andato avanti avresti visto che ero tentata dalla possibilità di fartelo leggere un giorno o l'altro».

Ryan rimase di sasso davanti a quella rivelazione. Si sentiva bene? Fargli leggere il suo diario?

«Perché?» chiese incredulo.

«Così, tanto per vederti fuggire di fronte ai miei deliri da psicopatica». Non c'era un filo di ironia nelle sue parole. «Tieni, puoi continuare a leggere se vuoi».

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ryan non ci vide più. Le strappò di mano il diario e lo scagliò con rabbia in un angolo accanendosi contro di lei. Aveva raggiunto il punto di rottura. Possibile che non la smuovesse più nulla?

La scosse forte per le spalle mentre le urlava arrabbiato.

«Me la fai passare liscia? Ho infranto la tua privacy, ho letto il tuo diario e tutto quello che sai dirmi è 'tieni, continua pure'? Jude, ma che diavolo ti passa per la testa, cristo santo? Vuoi svegliarti? Dov'è finita la Jude che scriveva quelle parole? Sembra che tu sia morta! Guardami per la miseria!».

Jude alzò gli occhi incrociando quelli castani di lui. Erano stati quegli stessi occhi, ormai più di un anno prima, a rendersi colpevoli della sua rovina ma nonostante ciò erano anche uno dei motivi per cui amava profondamente Ryan. In quegli occhi lei perdeva e ritrovava se stessa, la vera Jude, la donna che voleva davvero essere. Non esistevano maschere quando guardava quelle iridi tanto belle. Ma non in quel momento. Non mentre era consapevole del fatto che ancora una volta stava per ferire l'unico uomo che avrebbe mai amato in vita sua.

«Lo hai voluto tu» disse con voce atona. Dopodiché girò i tacchi e lasciò la camera.

 


 

Grazie a: broncino, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, Bryce78, michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, Blue Drake, Defying, FairyLeafy ed Euterpe_12.
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Capitolo 8
*** # 7 ***


 

# 7

 

«Jude».

Ryan la trovò appoggiata alla ringhiera del piccolo balcone, lo sguardo perso nel vuoto. Era più tardi di quanto pensasse. Il sole cominciava già la sua discesa terminando così quel giorno breve ma intenso.

Aveva aspettato qualche minuto prima di raggiungerla. Lo stupore o qualunque tipo di sentimento gli si fosse annidato nel petto dopo quell'ultima frase lo aveva pietrificato.

Per chiamarla dovette concentrarsi. Non era sicuro che la voce sarebbe stata al suo gioco, forse l'avrebbe abbandonato anche lei.

«Jude» riprovò.

«Mi dispiace. Non dovevo» disse abbassando il viso così da nasconderlo. I capelli le ricaddero in avanti e la aiutarono nel suo intento.

Finalmente Ryan scorse un filo d'emozione nelle sue parole. Non positiva, ma pur sempre un'emozione. Forse non era tutto perso, la sua Jude c'era ancora, sepolta chissà dove. Purtroppo quello che aveva sentito non gli era per niente piaciuto. Odiava quando Jude si scusava per nulla. Diceva sempre che era un'abitudine (cattiva, pessima) che aveva preso da quando aveva incontrato Ryan. Da ché si ricordasse gliele aveva sempre fatte passare tutte lisce.

Frenò l'istinto di urlarle addosso quanto fosse stupida quando si comportava in quel modo. Non voleva litigare, non adesso che aveva capito che forse c'era ancora una mezza speranza. In realtà non sapeva proprio cosa voleva, ma ferire Jude di certo non rientrava nei suoi piani.

Lei, da parte sua, restava di spalle, le braccia poggiate sui passamano della ringhiera, le dita intrecciate ed il viso basso, ancora nascosto. Lottava con tutta se stessa l'istinto di piangere. Non lo aveva mai fatto in presenza di Ryan e di sicuro non avrebbe iniziato quella sera. Non per orgoglio. Con lui, quel sentimento non era mai esistito. Era solo il ricordo ormai sbiadito di una sera di novembre dell'anno passato in cui Ryan le chiedeva di non piangere perché non voleva che fosse triste, non voleva che i suoi occhi venissero oltraggiati in quella simile maniera. Si era ripromessa di non piangere mai davanti a lui solo per non ferirlo.

«Jude.»

Stavolta Ryan le si avvicinò e le posò le mani sulle braccia. Lei rabbrividì ma non si voltò nemmeno a quel tocco e da una parte fu meglio così. Era più facile per entrambi parlare senza guardarsi negli occhi.

«La colpa è mia. Per una volta smettila di scusarti solo per aver detto la verità».

«Non dovevo» ripeté testarda come sempre.

«Invece sì ed era anche ora che lo facessi. E' quello che continuo a ripetermi ogni giorno. L'ho voluto io. Il responsabile sono io. Ma non potevo fare altro, lo capisci Jude? Era la cosa giusta!». C'era angoscia nella voce di Ryan o almeno a lei sembrò tale quella vena di disperazione che colorava le sue parole nell'arduo tentativo di giustificarsi, ancora.

Jude sospirò ancora ed in uno scatto di quella che poté giudicare solo come pura follia si voltò per guardarlo finalmente in faccia, negli occhi uno strana scintilla che da tanto non li accendeva: rabbia.

«Era la cosa giusta per te, per il tuo orgoglio, per la tua faccia» lo accusò. Ogni parola feriva tanto lui quanto lei. «Non te n'è mai importato niente di noi. Hai sempre e solo pensato a te, te e te! Tu mi hai lasciata» disse scandendo bene le sillabe ma subito se ne pentì. Era stata troppo dura e l'espressione dolorante di Ryan le faceva desiderare solo di rimangiarsi ogni lettera sputata fuori in quello sfogo. 'Che fine aveva fatto il suo carattere forte e deciso?' si chiese vergognandosi di se stessa e della sua debolezza.

'E' andato a puttane' le rispose una vocina dentro di sé sottolineando l'ironia della situazione. La stronza, la puttana, l'amante era lei. 'Per amore, amore vero' tentò di difendersi, ma questo non cambiava i fatti, né quelli che erano già successi, né quelli che ancora dovevano accadere e il fatto che Ryan fosse lì, di fronte a lei, con la stessa intensità che un anno prima l'aveva irrimediabilmente legata a lui senza possibilità di potersi liberare da quelle catene, non faceva presagire nulla di buono.

Abbassò di nuovo il volto per sfuggire allo sguardo di lui. Le mani di Ryan erano stranamente calde e nonostante lo spessore del maglioncino di lana, Jude poteva sentirne il calore forte propagarsi per tutto il suo corpo come una scossa elettrica che le attraversava le membra. Adorava quella sensazione che Ryan e solo Ryan era da sempre riuscito a dargli ed era inutile negare che le era mancata, tanto, troppo in quei mesi. Non era stata capace di farsi sfiorare da nessun altro uomo da quando aveva conosciuto la bellezza del tocco di Ryan. Voleva per sempre conservare quel ricordo, impedire che qualcun altro lo cancellasse o semplicemente provasse a sbiadirlo. Sarebbe morta col suo sapore addosso. Era proprio pazza.

Ryan non si arrabbiò alle parole d'accusa, sarebbe stato da vero ipocrita farlo quando lui per primo era consapevole che corrispondevano alla verità.

«Mi dispiace» sussurrò. Il tono di voce era diverso stavolta, più sommesso, sussurrato, rotto dal rammarico, quasi sensuale. Il tono a cui Jude non aveva mai saputo resistere e che risvegliava in lei il suo innato senso protettivo. Prima lo avrebbe volentieri preso a schiaffi. Ora invece desiderava solo dargli una carezza, far scivolare lentamente il dorso della mano su quella guancia ispida di barba, come tante volte aveva fatto in passato.

Fu lui a prendere l'iniziativa. Mosse le mani così piano che ogni movimento fu quasi un'agonia. Dalle braccia risalì al collo, sul quale si fermò un istante di più passando il pollice sulla giugulare e sul mento. D'istinto Jude alzò la testa per guardarlo. Deglutì forte mentre lui continuava il suo cammino verso le guance e le labbra.

Lei cercava di tenere gli occhi chiusi onde evitare di tradire qualcosa, una scintilla che gli facesse capire che stava premendo i tasti giusti. Purtroppo ci pensava il battito accelerato del suo cuore a tradirla. Ad ogni tocco aumentava sempre di più, svelando il subbuglio di emozioni che le tartassava il corpo e la mente. E lui lo sapeva.

Azzardò l'improbabile. Avvicinò la fronte a quella di Jude fino a che si ritrovarono a pochi millimetri l'uno dall'altra. Quando i loro respiri si confusero ebbe la sensazione che la temperatura attorno a loro fosse aumentata di almeno una ventina di gradi. Sentivano caldo anche se lì fuori, su quel balconcino esposto agli spifferi tutto faceva presagire che presto avrebbe nevicato. Nonostante questo però Ryan non si tirò indietro. Sapeva quel che faceva. Aveva aspettato quel momento negli ultimi mesi con la stessa trepidazione di un malato che attende l'esito di una ricerca per una nuova cura, quasi con disperazione ed ogni giorno, anche se la mente gli diceva che era sbagliato pensarlo, bramarlo con tanto ardore, il suo cuore di era battuto come un leone per vedere realizzato l'unico desiderio a cui teneva realmente.

«Mi manchi» le sussurrò prima di annullare gli ultimi residui di distanza e rapirle le labbra in un bacio, casto all'inizio e dolorosamente breve. Jude lo interruppe subito ritraendosi. Voleva allontanarsi completamente ma non ci riuscì. La presa di Ryan la bloccava, si disse, ma in realtà era la sua stessa volontà ad impedirle di andarsene davvero e lasciarlo lì. Era mancato troppo anche a lei.

'Resisti!' si impose. Non poteva cedere. Se lo avesse fatto sarebbe crollata in mille pezzi e stavolta in nessun modo sarebbe stata capace di riprendersi.

«Ryan, ti prego» mormorò nel vano tentativo di concludere velocemente quella parentesi di debolezza.

Lui neanche la sentì. Le si avvicinò di nuovo e stavolta riuscì nel suo intento. Jude schiuse le labbra accettando quel dolce supplizio che già sapeva l'avrebbe uccisa ma che in quel momento era l'unico toccasana per il suo animo messo a dura prova dalla distanza forzata dei mesi appena trascorsi. Lo amava troppo per respingerlo e preferiva di gran lunga morire davvero per l'abbandono ed il dolore una volta che lui se ne fosse andato di nuovo piuttosto che rinunciare al sapore delle sue labbra. Aveva bisogno di lui.

Per questo motivo non si tirò indietro quando Ryan insinuò le mani sotto il maglioncino, sfiorandole la pelle morbida. Jude rabbrividì a quel tocco gentile, esperto e allo stesso tempo insicuro. Andare avanti? Che domande, non c'era più modo di tornare indietro, neanche se lo avessero voluto. Ryan continuò ad accarezzarle la schiena, spostandosi poi sui fianchi e sulla pancia piatta. La strinse forte a sé e Jude si lasciò cullare dalle sue braccia forti. Affondò la faccia fra le pieghe della maglia che lui indossava e fu travolta da un'ondata di magnifico profumo, finalmente non solo quello del detersivo. C'era la sua essenza imbrigliata fra le fibre di lana e Jude se ne riempì i polmoni fino in fondo.

Rientrarono in casa consapevoli che il balcone non era adatto a certe profusioni e senza staccare un attimo lo sguardo da lei, Ryan l'accompagnò sul grande letto che fino a poco prima aveva fatto da spettatore all'ennesimo litigio. La seguì all'istante permettendole di denudarlo e cingergli le spalle grandi da nuotatore. Era bello, bellissimo. Jude amava il suo corpo. Il petto ampio e muscoloso, i fianchi possenti. Ryan era un dio per lei, un meraviglioso adone da adorare ed amare in ogni modo concepibile e non.

Si lasciò coccolare dalle carezze sempre più audaci di lui che non tardò a ricambiare. Fece scivolare le mani sul torace e sull'addome giù fino all'ombelico, senza tralasciarne un centimetro mentre gli riempiva il collo di baci. Lo sentiva rabbrividire ad ogni suo tocco e questo la mandava in estasi: era ancora attratto da lei.

Ryan dal canto suo aveva staccato totalmente il cervello, affidandosi sooltanto agli istinti del cuore che lo incoraggiavano a concentrarsi sull'unico scopo di cui in quel momento gli importava realmente ovvero amare come solo lui sapeva e poteva fare la creatura che giaceva fra le sue braccia e che come lui voleva solo abbandonarsi alla bellezza del loro stare insieme come non facevano da tanto.

La baciò ancora avidamente, assaporando ogni angolo della sua bocca e sorprendendosi di come, nonostante il tempo, il suo sapore fosse ancora ben impresso nei suoi sensi.

Lei inarcò istintivamente la schiena quando Ryan arrivò a lambire l'orlo delle mutandine. Scese più giù accarezzandole i fianchi e poi l'interno coscia che si limitò solo a sfiorare per poi subito risalire verso i seni che liberò senza tanti convenevoli e di cui si appropriò famelico.

Era come assistere ad un temporale dopo mesi e mesi di siccità. La terra che ritorna a respirare, i fiori che si riprendono dopo il lungo ed asfissiante caldo, la rinascita.

Riprese a baciarle la labbra, il collo, le dita, i palmi delle mani, la pancia. Fece di tutto per imprimersi addosso il suo sapore e nonostante la foga fu attento a non tralasciare nessun particolare.

«Non sai quanto mi sei mancata» sussurrò con la voce roca della passione. Era vero ma allo stesso tempo era troppo difficile parlare. Faceva male, quasi un dolore fisico.

«Smettila Ryan» lo zittì invece lei. Non voleva sentire le sue parole dolci, l'avrebbero solo illusa più del dovuto. Era cosciente che quello che stava avvenendo quella notte era solo un piccolo sgarro che mai più si sarebbe ripetuto.

Ryan fraintese il significato della richiesta di Jude e per un attimo, incerto, si fermò.

«Vuoi che mi fermi?» le chiese.

«No!».

Il panico dilagò in Jude riempiendole gli occhi di lacrime. No che non voleva fermarsi. Per niente al mondo lo avrebbe fatto. Voleva fare l'amore con Ryan, col suo Ryan, fin quando poteva considerarlo tale, fino a morirne, anche se solo per poche ore. Gli strinse forte le spalle facendo aderire i loro corpi come a voler ribadire il concetto. Non lo avrebbe lasciato andare per nessun motivo.

Ryan affondò il viso fra i suoi capelli e ne inalò il profumo di shampoo. Non l'aveva cambiato. Adorava quell'essenza. Si allontanò poco solo per poterla ammirare.

«Quanto sei bella» le disse sfiorandole una guancia morbida ed arrossata. Fece scivolare la mano lungo il collo ed infine la posizionò a sinistra dello sterno.

«Hai il batticuore» constatò felice. Sapeva che non era dovuto alla fatica. Era ancora innamorata di lui. Anche se faceva di tutto per nasconderlo, Jude lo amava ancora ed ognuno di quei battiti accelerati ed irregolari sembrava dirglielo palesemente. Bum-bum, bum-bum, bum-bum. 'Ti amo', 'ti amo', 'ti amo'.

Jude lo attirò di nuovo a sé e con le gambe gli cinse i fianchi entrando in pieno contatto con la sua eccitazione.

«Non andartene» lo supplicò, consapevole che in quelle parole c'era ben più del desiderio di appartenergli temporaneamente.

«Sono qui, piccola» la rassicurò baciandola dolcemente e con un trasporto che tanto le era mancato. Era quello che adorava più di tutto nel loro stare insieme, come Ryan la facesse sentire protetta e al sicuro, come la rendesse certa che lei era sua e viceversa. Quelli erano gli unici momenti in cui era sicura al cento per cento che lui l'amasse davvero.

«Sei sicura?» le chiese come da rituale prima di accingersi ad unirsi a lei.

Glielo aveva domandato mille volte la prima volta che avevano fatto l'amore ed aveva continuato a chiederglielo solo per il piacere immenso che gli procurava il sentirle dire 'sì'. Un sì che era molto più di un semplice assenso. Significava 'voglio solo te, ora e per sempre, ogni giorno della mia vita'. Un sì che era una promessa più che una concessione. Un sì che lo riempiva d'orgoglio perché era la continua conferma che su tutti Jude aveva scelto lui e che lei era sua.

«Sì».

Anche quella volta Ryan si sentì galvanizzato da quel consenso.

«Sono tua» gli sussurrò guidandolo dentro di sé. Poi gemette.

Ryan scivolò in lei con una naturalezza che quasi lo sconvolse. Chiunque avrebbe detto che ciò che stavano facendo era sbagliato. Ma come poteva essere sbagliato qualcosa di così bello e semplice? Qualcosa di così normale? Sembravano modellati apposta per fondersi insieme, misurati al millimetro per combaciare in ogni loro parte. Ed in un certo senso per Jude era davvero così. Non era mai stata con nessun altro e d'altronde non ne sentiva il bisogno. Il suo desiderio quando si accendeva, non era quello di fare l'amore e basta. Lei voleva fare l'amore con Ryan. Chiunque altro non sarebbe stato all'altezza.

Gli strinse i fianchi ancora di più, invitandolo in quel modo ad andare più a fondo. Non voleva risparmiarsi. Ryan cominciò a spingere aumentando gradualmente la potenza di ogni affondo. Si muovevano insieme, coordinati nel ritmo e nelle reazioni. Sospiravano, gemevano, urlavano contemporaneamente. Era quello il vero paradiso e poco importava ad entrambi se sarebbero finiti all'inferno. Non avrebbero rinunciato a tutto quello nemmeno in cambio del più prezioso dei tesori. La beatitudine l'avevano ottenuta dal primo momento in cui si erano uniti ed avevano scoperto che insieme erano loro la perfezione.

Jude però temeva il momento in cui si sarebbero dovuti separare. Non voleva mettere fine a quel piacere così grande, abbandonare il rifugio sicuro delle braccia di Ryan.

Mentre stavano per raggiungere l'orgasmo un flash improvviso la catapultò ad un novembre ormai lontano dodici mesi e le riportò alla mente ciò che aveva pensato la prima volta che avevano fuso i loro corpi.

'Sto facendo l'amore con l'uomo che amo'. Si era sentita immensamente fortunata quella notte.

Al contrario, adesso, mentre lui la amava, la tristezza le dilaniò il cuore. Paradossalmente l'unico pensiero che incessantemente le si affacciava in testa era una frase di una delle più strazianti canzoni di James Blunt, quella che più di tutte si rifiutava di ascoltare perché detentrice dell'unica verità che sapeva prima o poi di dover accettare ma che la uccideva più di tutto quel che stava vivendo.

'Ma è il momento di affrontare la realtà. Io non starò mai con te'.

Una lacrima cattiva le solcò il viso ed un post-it cadde vorticando dal soffitto per adagiarsi leggero in un angolo nascosto.

 

Scusate il ritardo, era saltata la linea telefonica. Troverete il prossimo aggiornamento giorno 31.
 Grazie a: broncino, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, Bryce78, michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, Blue Drake, Defying, FairyLeafy, Sharpettes, Noctis17, Viking_, myllyje, _maddy_25 ed Euterpe_12.
Al prossimo aggiornamento! Baci, bacini, bacetti, S.
 

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Capitolo 9
*** # 8 ***


 

# 8

 

Una luce accecante che si infiltrava violenta dalle fessure della persiana costrinse Jude ad aprire gli occhi. Non voleva svegliarsi, aveva vissuto un sogno meraviglioso e non le andava proprio di ritornare alla realtà dura e crudele. Sapeva cosa l'aspettava e non voleva affrontarlo.

Come un gatto si stiracchiò per sgranchirsi le ossa. Stranamente si sentiva bene, più del solito. Di nuovo era riuscita a riposare. Sarà perché aveva scaricato gran parte delle sue preoccupazioni o forse per la semplice presenza di Ryan, il cui calore era assai più assuefacente di un sonnifero, aveva dormito divinamente. Stirò per bene le braccia, ruotando di lato e ritrovandosi a pancia in giù. Il lenzuolo scivolò lasciando scoperta la schiena e rivelando anche parte delle natiche ancora nude.

Nella stanza accanto, lo scrosciare tranquillo dell'acqua la invitava, come una dolce ninnananna a richiudere gli occhi e tornare a dormire. Per quel che riguardava i sogni le bastava solo immaginare Ryan sotto il getto caldo della doccia. No, non sarebbe stato un sogno, soltanto una visione paradisiaca. Una volta una donna amica sua le aveva detto che il nudo maschile era brutto. Da bambina qual'era aveva chiuso il becco e non aveva risposto. Quasi ci aveva anche un po' creduto. Col passare degli anni però si era dovuta ricredere. Quella donna non aveva visto Ryan.

Chiuse gli occhi valutando seriamente l'idea di fare un pisolino. Il suo telefono cellulare però non sembrò essere d'accordo. Con un trillo acuto l'avvisò dell'arrivo di un SMS. Di sottecchi lanciò un'occhiata alla sveglia sul comodino accanto al letto. Le sette. Era ancora troppo presto perché fosse l'oroscopo. Chi mai poteva cercarla a quell'ora? Di malavoglia prese l'apparecchio e lesse il messaggio.

Non si arrabbiò, né si spaventò. Si limitò ad affondare la faccia nel cuscino sbuffando. Il numero del mittente era sconosciuto, ma qualcosa le diceva di conoscere bene chi lo aveva inviato.

'PRETENDO DI PARLARE CON TE FACCIA A FACCIA, NIENTE SCUSE. CI VEDIAMO OGGI ALLE 10.30 AL PARCO'.

Se lo aspettava, non poteva negarlo. Quello che la sorprese fu la propria reazione di fronte a quella semi-minaccia, l'assoluta indifferenza che accompagnò la lettura di quel messaggio. Non poteva importargliene di meno.

Ryan arrivò qualche secondo dopo con un asciugamani stretto alla vita, i capelli bagnati ed in viso un'espressione preoccupata. Jude si mise a sedere sul letto tirandosi addosso il lenzuolo per coprirsi e si costrinse a guardar fuori dalla finestra. Non si accorse che anche lui teneva il cellulare in mano fino a quando non si permise una sbirciata in sua direzione. Lo sguardo contrito la diceva lunga sul tipo di SMS che aveva ricevuto.

«Ne ha inviato uno anche a te?» gli chiese interessata. A lei aveva tante cose da chiedere okay, ma cosa poteva volere da Ryan nella stessa mattinata? Avvertirlo che aveva convocato Jude al banco degli imputati? Possibile che volesse vederli entrambi contemporaneamente?

«Mi auguro davvero che non abbia mandato lo stesso anche a te e a giudicare dalla tua espressione direi che no, non l'ha fatto o saresti incazzata nera».

Jude fece spallucce come per fargli capire che non le sarebbe importato nemmeno se avesse disseminato la città di manifesti in cui la denigrava.

«Tanto per curiosità» volle informarsi per puro sfizio. «Quante volte mi ha chiamata puttana?». Se gli avesse chiesto che tempo c'era fuori avrebbe usato lo stesso identico tono disinteressato. Anzi forse quell'altra informazione le sarebbe più utile visto che doveva uscire.

«Diciamo che non si è limitata soltanto a quello» confessò Ryan evidentemente imbarazzato.

Jude abbozzò un sorriso e poi sospirò. Dopotutto se l'era scelta lei quella vita. Aveva fatto diventare Ryan un traditore, un bugiardo, uno di cui non fidarsi, ma a sua discolpa poteva dire che non lo aveva fatto per sfizio e tanto meno per cattiveria. L'aveva fatto per amore. Lei lo amava con tutta se stessa, più di quanto avesse mai amato qualcuno in vita sua. Era stato lui a preferire il doppiogiochismo. Ciò però non toglieva che fosse lei la puttana. E pazienza! La reputazione e la dignità se l'era giocate nel primo istante in cui gli aveva messo gli occhi addosso.

«Okay» esclamò battendo le mani sul piumone ed alzandosi. «Si va in scena!».

La prendeva davvero come una recita e la sua sarebbe stata una performance da oscar.

«Jude».

Ryan voleva dirle qualcosa ma neanche lui sapeva cosa di preciso. Forse un semplice 'fermati, lascia stare'. Non sarebbe più capitata un'occasione del genere. Forse il destino voleva proprio quello, dargli modo di concludere la farsa che stava vivendo ormai da anni per iniziare una storia diversa ma vera. Non disse nulla.

Jude interpretò la sua insicurezza come paura. Gli aveva ripetuto centinaia di volte la sua linea di comportamento, possibile che non si fidasse di lei e temesse un'improvviso colpo di testa volto a rovinare tutti e tre?

«Puoi stare tranquillo» lo rassicurò evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo. Non voleva che lui leggesse quanta sofferenza le provocava quello che stava per fare, soprattutto dato che lui con mezza parola avrebbe potuto totalmente ribaltare il corso degli eventi che di lì a poco sarebbero accaduti.

'Ti prego, chiedimi di non farlo. Significo così poco per te?' si domandò nell'esatto istante in cui la sua bocca diceva tutt'altro.

«Sai già cosa le dirò. Farete la pace e tornerà tutto come prima».

Si sentì quasi in colpa verso se stessa. Glielo stava consegnando senza combattere, senza nemmeno provarci. 'E' inutile' si disse, ma una parte di lei continuava a sperare che non lo fosse.

'La sua felicità prima di tutto' ricordò a se stessa.

Decisa lo oltrepassò per recarsi in bagno, ma Ryan la fermò afferrandola per un braccio. Jude non seppe decifrare ciò che si nascondeva nei suoi occhi. Dispiacere? Stupore? Indecisione?

«Perché fai tutto questo?» le chiese soltanto.

Lei rimase di spalle. Guardarlo l'avrebbe obbligatoriamente costretta a tradirsi e non poteva permettersi il lusso di mostrarsi debole, sentimentale, innamorata, anche se era quella la vera risposta alla domanda che le aveva posto.

'Perché ti amo'.

«Perché sei una brava persona e non voglio che passi per un bugiardo o un traditore agli occhi della gente. Dopotutto ti ho cacciato io in questo casino e adesso ho l'opportunità di tirarti fuori». Le tremò la voce alla fine ma per i resto poté ritenersi soddisfatta.

«Ti sono debitore» le disse.

«Ti rifarai accettando di farmi da testimone al mio matrimonio». Gli strizzò l'occhio impedendogli di capire se stesse scherzando o meno. Lo lasciò impietrito e proseguì verso il bagno. Aveva bisogno di una doccia.

 

Alle dieci e venticinque erano arrivati entrambi al luogo dell'appuntamento. Avevano preferito prendere strade diverse per non destare ulteriori sospetti ed ora stavano ad un paio di metri l'uno dall'altra evitando di guardarsi o rivolgersi la parola. L'ora X stava per giungere ma di lei, dell'altra, non c'era ancora traccia. Che se ne fosse pentita?

Prima che la speranza prendesse del tutto forma, in lontananza videro qualcuno avvicinarsi a loro, uno sculettare familiare ed un ondeggiare di capelli che tante volte Jude aveva sognato di strappare uno ad uno.

«Ryan?». Avevano ancora qualche secondo. Doveva dirgli un'ultima cosa.

«Sì?».

«Qualunque cosa io dirò, sappi che è una bugia» disse. Poi indossò la migliore delle maschere che aveva, un misto fra orgoglio spavaldo ed impertinente menefreghismo. Incrociò le dita per se stessa, per Ryan e sperò che tutto andasse bene.

«Grazie per essere venuti» esordì la nuova arrivata senza tanti convenevoli. Era palese quanto si stesse sforzando di restare tranquilla. In testa chissà quanti flash l'avevano illuminata riguardo a quella mattina. Forse aveva anche scritto ciò che avrebbe detto.

«Figurati» le rispose Ryan. La sua era la posizione peggiore, immobile fra due fuochi che rischiavano di incendiare tutto senza controllo.

Jude invece rimase in silenzio, all'apparenza annoiata da quelle false moine. In realtà studiava la situazione ed i suoi possibili risvolti.

'Non devi arrivare alle mani. Trattieniti, fallo per Ryan' si ordinò riuscendo a rilassarsi.

L'altra lanciava continue occhiate prima a lei poi a Ryan e viceversa come se aspettasse che da un un momento all'altro si tradissero con un gesto, una parola, uno sguardo.

All'improvviso Jude capì perché aveva voluto che ci fosse anche lui. Era un modo per metterli alla prova, per tastare la loro sincerità. Qualunque legame avesse deciso che li unisse doveva essere tanto forte da non ammettere bugie. Se erano davvero innamorati come la situazione imponeva non sarebbero mai stati capaci di mentire, o almeno non Jude. Da donna non ci sarebbe riuscita, non se fosse stata obbligata a guardare negli occhi l'uomo che ama. Era una trappola ma lei non conosceva Jude. Si era fregata con le sue stesse mani.

«Sapete perché ho voluto vedervi. No, tu per ora sta' zitto» intimò a Ryan quando lui provò ad interromperla. «Voglio sentire cos'ha da dire lei» disse indicando col mento Jude che nel frattempo aveva trovato qualcosa di estremamente interessante da osservare nelle sue unghie. Si guardarono per qualche secondo, poi l'altra distolse lo sguardo intimidita da quello duro ed impassibile di Jude.

«Cosa vuoi sapere?» le chiese, ma più che una domanda era una sfida che l'altra accolse ingenuamente. Non sapeva in che guaio si stava cacciando.

«Sei stata a letto col mio ragazzo?». Dritto al sodo. Meglio così, Jude lo preferiva.

«No». Schietto, deciso, sicuro. Per non lasciare alcun margine di dubbio.

«Mi hanno detto che avete avuto una storia» ritentò.

«Oh sì, l'ho sentito dire anche io e sai, mi piacerebbe davvero sapere chi è stato. Almeno avrebbero potuto inventarsi qualcosa di meglio».

Quella la guardò stranita.

«Che vuoi dire?».

«Mi hai guardata? Secondo te una come me potrebbe mai stare con un tipo del genere?» disse lanciando un'occhiata sprezzante in direzione di Ryan che ancora restava impassibile davanti a quella scenetta.

'Ti prego, perdonami' pensò nell'esatto istante in cui terminava di sfotterlo. Si sentiva uno schifo a metterlo in mezzo.

«Non prendermi in giro» ruggì l'altra arrabbiata. Aveva toccato un nervo scoperto.

«Non mi permetterei mai!».

L'altra fece minacciosamente un passo avanti e d'istinto Jude serrò pugni e mascella. Guardò Ryan alla sua sinistra. Non nascondeva di essere agitato. Se le cose fossero degenerate non avrebbe saputo di chi prendere le parti. Si maledisse ancora una volta di averlo coinvolto in quella situazione.

«Non puoi negare però che vi conoscete» disse incrociando le braccia ed assumendo l'atteggiamento sfacciato di chi vuol avere ragione a tutti i costi. Non si rendeva conto che si stava arrampicando sugli specchi.

«Conosco anche te ma questo non vuol dire che siamo state a letto insieme». Jude la pietrificò e per un attimo in faccia a quella presuntuosa comparve una smorfia di puro fastidio.

«Ascoltami» iniziò con voce stridula alzando l'indice contro Jude. Stava perdendo la calma. «Faccio finta di crederti, anche se delle tue parole non me ne faccio proprio nulla, ma esigo che tu sparisca. Non voglio che gli ti avvicini di nuovo per nessun motivo, che abbiate alcun tipo di contatto o rapporto. Voi due non vi siete mai visti. Da questo momento non vi conoscete. Sparisci, hai capito?».

Ryan si irrigidì. Lei gli rivolse la sua attenzione, le labbra strette tanto da renderla inguardabile.

«Se è vero che non c'è stato nulla tra di voi non ho niente da perdonarti. Mi fido di te. So che mi ami e non mi tradiresti mai. Dille di sparire dalla nostra vita e chiudiamo questa brutta storia» lo esortò addolcendosi ad ogni parola così da risultare più persuasiva.

Calò il silenzio. Ryan non aprì bocca.

Jude era pronta a sentirsi dire -di nuovo- di chiudere per sempre il loro rapporto. Lo aveva sopportato già una volta, ce l'avrebbe fatta ancora. Un po' come una malattia. Guarita la prima volta, gli anticorpi permetteranno che passi anche la seconda, la terza e così via. Erano già in circolo.

Ryan invece era assalito dai dubbi. Ora più che mai sentiva la responsabilità di dover prendere una decisione vera, una di cui andare fiero. Guardava Jude, ferma, immobile, le braccia distese lungo i fianchi ed in volto l'espressione annoiata di chi sa già cosa sta per succedere e non vuole assistere alla propria fine. Stringeva i pugni per scaricare il nervosismo che le attanagliava lo stomaco e si sforzava di tenere lo sguardo lontano per non tradire un'emozione che li avrebbe potuti smascherare, un'emozione che nascondeva una supplica ben precisa: 'Sei ancora in tempo. Non lasciarmi andare, ti prego. Non farlo'.

Dall'altra parte c'era lei, la ragazza di sempre, quella che tutti volevano sposasse, quella con cui, secondo gli altri, avrebbe dovuto trascorrere il resto dei suoi giorni, quella che gli stava chiedendo, anzi peggio, ordinando di abbandonare nuovamente Jude solo ed esclusivamente per il suo stesso tornaconto. Gli stava imponendo di lasciare la stessa Jude che gli aveva aperto la porta e lo aveva amato come solo lei sapeva fare anche con il cuore in mille pezzi e rimesso insieme con il nastro adesivo. La Jude che stava sacrificando la sua felicità per lui, per la sua dignità e la sua reputazione. Se c'era qualcuno che avrebbe tradito sarebbe stata lei, la sua Jude.

Fu proprio lei a toglierlo di nuovo dagli impicci.

«Non c'è motivo che lui dica niente o ti faccia chissà che promesse. Questa discussione è inutile. Me ne vado. Sono stufa dei tuoi giochi da bambina» disse più dura di quanto era stata in precedenza. Aveva bisogno di forza e doveva perlomeno sembrare decisa. Era consapevole del fatto che stava lasciando la sua vita in quel parco.

«Stammi bene» concluse girando i tacchi prima che uno dei due potesse aprire bocca e sfarfallò le dita come a voler sottolineare la sua ultima presa in giro nei confronti di quella presuntuosa.

Quando fu nel punto più vicino a Ryan rallentò impercettibilmente e continuando a guardare avanti gli sussurrò due parole quasi inudibili.

«Addio Ryan».

Poi se ne andò accompagnata solo dal soffio del vento.

 

L'ultimo capitolo Y_Y. No, scherzo. C'è ancora l'epilogo. E tra 5 giorni saprete come finirà la storia della nostra cara Jude. Appuntamento al 5 novembre, mi raccomando! Ricordate per sempre il 5 novembreeeeee!!! (L'aria di Halloween si fa sentire)
 Grazie a: broncino, Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, Bryce78, michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, Blue Drake, Defying, FairyLeafy, Sharpettes, Noctis17, Viking_, myllyje, _maddy_25, Poisoned_Tear, Cri_o ed Euterpe_12.
Buon Samhain!!!! Al prossimo aggiornamento! Baci, bacini, bacetti, S.
 

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


 

Epilogo

 

Cinque anni dopo

 

Una leggera brezza invernale scompigliava i lunghi capelli castani di una ragazza che, seduta su una panchina al centro del parco cittadino, osservava un folto gruppo di bambini giocare a palla. In viso, un sorriso malinconico la diceva lunga sul fatto che la sua mente era in realtà ben lontana da quel luogo, persa in chissà quali ricordi.

Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva messo piede in quello spazio verde ed anche allora era una fredda mattina di dicembre cullata dal vento.

Chiuse il libro che stava leggendo mettendovi in mezzo un dito per tenere il segno e sospirò coprendosi la faccia con il palmo della mano. Si sentiva così debole a volte...

Alzò lo sguardo ed incrociò quello di un bambino davanti a sé. Il piccolino le sorrise felice, la salutò sventolando la manina e di corsa tornò a giocare con i suoi amichetti.

Quella visione le diede forza. Rilassò le spalle ed accavallò le gambe per stare più comoda e godersi la tranquillità del parco.

«Jude?!».

Una voce troppo vicina la fece trasalire e voltare di scatto. Alla sua sinistra c'era l'ultima persona che si aspettava di incontrare.

«Sei proprio tu?» le chiese, il tono un misto di sorpresa e stupore.

Per un attimo la sfiorò il pensiero di negare l'evidenza, alzarsi ed andarsene lentamente, come se non avesse sentito nulla. Poi qualcosa la spinse a rimanere. Un forte tuffo al cuore che nonostante gli anni perse un colpo udendo quella voce che gli era stato negato sentire per tanto, troppo tempo.

«Ciao Ryan» lo salutò come se fosse la cosa più normale del mondo.

«Non posso crederci. Come stai? Sei sola?».

Rischiò di sommergerla con la raffica di domande che le pose. Era passato tanto tempo dopotutto dall'ultima volta, assalirla gli venne naturale.

Lei non si scompose più di tanto. Si limitò a guardarlo con l'espressione serena di chi, dopo tanto male, si è fatto una ragione ed ha imparato se non a vivere perlomeno a sopravvivere.

«Bene grazie, tu? Siediti» lo invitò mostrando col la mano lo spazio libero sulla panchina. Ryan accettò e prese posto accanto a lei. Solo una ventina di centimetri li divideva ma era come se nel corso degli anni tra di loro di fosse formato un muro invalicabile.

«Tutto come sempre» le rispose. Jude annuì. Per qualche minuto calò il silenzio. Non era facile fare conversazione, non dopo cinque anni passati ad ignorare quello che avevano vissuto ed il ricordo ancora vivo in Jude del loro ultimo incontro con il suo conseguente e sofferto sacrificio che le aveva reso tutto ancora più difficile. Lei non aveva mai smesso di pensare al fatto che nonostante tutto lui l'avesse lasciata andare, che non l'avesse più richiamata, nemmeno di nascosto, anche solo per sapere come stava, mettendosi così di fatto alla mercé di chi aveva preteso il diritto di decidere al posto suo.

Inutile negare che ne era uscita più ferita di quel che si aspettava e Ryan da parte sua non aveva proprio fatto nulla per evitarlo. Ma potava rimproverargli qualcosa dopo che era stata lei stessa a convincerlo che quella era la decisione migliore? Troppo bello poter scarrozzare agli altri le proprie responsabilità.

Il rancore nei suoi confronti non era durato più di mezzora.

«Allora». Fu Ryan a rompere il silenzio per primo. «Hai trovato con chi dovrò farti da testimone?». Squallido tentativo di fare conversazione, ma per un millesimo di secondo sul viso di Jude comparve un ghigno divertito.

«Non ho nemmeno iniziato a cercare» gli rispose facendo spallucce ed era anche vero. Non le era mai importato di trovare qualcuno con cui stare, nessuno sarebbe stato come lui. A prescindere. Non aveva senso sprecare energie per piacere a qualcuno che non fosse lui.

Ryan accolse con timore quello che riconobbe come sollievo alle parole di Jude. Aveva deciso di restare da sola. Era altamente improbabile che non avesse davvero trovato qualcuno disposto ad amarla. Conoscendola aveva tenuto tutti ben alla larga con chissà quale stupido atteggiamento da insensibile. La solita cocciuta!

«Invece sono venuta a sapere che quello che si sposa sei tu».

Ryan provò la stessa sensazione che sentì Jude quando aveva scoperto del loro fidanzamento ufficiale. Era stato come ricevere una doccia fredda in pieno inverno: inaspettata e dolorosa. Mille lame gli trafissero lo stomaco.

«Vuoi farmi tu da testimone?» le chiese ironicamente per dare una piega diversa alla conversazione.

«Sono l'ultima persona che può giurare davanti a Dio che il vostro amore è sincero».

Di nuovo silenzio. Stavolta le lame colpirono un po' più su.

Ryan osservò bene Jude. Nonostante la battuta tagliente non sembrava arrabbiata, però qualcosa gli diceva che il male che le aveva fatto era solo sopito e pronto ad esplodere da un momento all'altro. Non si era ancora reso conto del tipo di persona che era Jude. Gliele avrebbe lasciate passare tutte. Lo avrebbe perdonato anche se l'avesse accoltellata in mezzo alla strada e se solo per un attimo si fosse concentrato su di lei, se solo l'avesse osservata bene per un istante in più avrebbe capito che si sbagliava e che ormai era tutta acqua passata.

Il vento soffiò muovendo i capelli di Jude e questi le ricoprirono il viso. I lineamenti morbidi della gioventù erano spariti, sostituiti dalla rigidezza tipica dell'età adulta. Dai tratti del volto Ryan capì che era più matura rispetto all'ultima volta che si erano visti, forse più stanca, sicuramente cresciuta.

'Chissà cos'ha vissuto in questi anni?' si chiese.

«Jude, io non ti ho mai detto tante cose, ma due in particolare costituiranno il rimpianto più grande dei miei giorni se continuerò a tenerle per me».

«Ryan...». Jude tentò di fermarlo ma lui la zittì con un gesto della mano. Jude tacque.

«La prima è grazie. Per tutto quello che hai fatto per me da quando ci siamo conosciuti. Tu mi hai ascoltato, mi hai aiutato e amato quando meno me lo meritavo e per me è stato importante averti al mio fianco, anche se mai totalmente. La seconda è mi dispiace. Mi dispiace per quello che io ho fatto a te. Non sono stato corretto nei tuoi confronti».

«Non importa. Non è colpa tua» lo interruppe. 'Ero io che non andavo bene per te, è questa la verità'. A quel pensiero strinse i pugni conficcandosi le unghie nella carne.

«Davvero, mi dispiace» insistette lui.

«Ryan, ti ricordi cosa mi hai detto una volta? Siamo noi gli artefici del nostro destino» disse citando le stesse parole che una mattina di quelli che sembravano secoli fa, Ryan aveva usato con tono di rimprovero all'ennesima dichiarazione di resa. «Abbiamo voluto noi che andasse così. Niente scuse, niente rimorsi, niente rimpianti, intesi?».

Ryan non rispose. Si limitò a guardare davanti a sé verso lo stesso gruppo di bambini che prima aveva attirato l'attenzione di Jude.

Uno in particolare lo incuriosì.

Biondo come il sole, era il più vivace di tutti. Scattava a destra e sinistra scartando i compagni per poi segnare un gol deciso in una porta improvvisata fra due alberi. Il bambino si mise ad urlare esultando per la sua performance e si girò verso la panchina a lanciare un sorriso smagliante a Jude.

Lei si accorse di come lo guardava Ryan, orgoglioso ed invidioso insieme. Gli ricordava di quand'era piccolo anche lui e si divertiva a giocare al pallone con i suoi amici. Bei tempi, quando l'unica preoccupazione che aveva era non sporcarsi troppo i vestiti per non fare arrabbiare sua madre. Quanto avrebbe voluto tornare ad essere pure lui un bambino.

«E' bravo, vero?». Jude lo indicò col mento proprio mentre il piccolo riprendeva a correre dietro alla palla.

Ryan annuì. «Mi fa pensare a quando giocavo anch'io» confessò preso dalla nostalgia.

Jude gli lanciò un'occhiata veloce e strozzò una risata.

«Sì, avete molto cose in comune. Ti somiglia più di quanto dovrebbe» ammise in un sussurro appena udibile ma che Ryan intercettò perfettamente.

Guardò Jude con espressione interrogativa. Lo strano ghigno divertito che le si era disegnato in volto diceva e non diceva.

«Che intendi?».

Jude non rispose. Si alzò sollevando le braccia per stiracchiarle ed evitò accuratamente di guardare Ryan.

Il bambino segnò un'altra rete e tornò a voltarsi verso di lei. Vedendola in piedi corse in sua direzione e le si gettò fra le braccia felice come una pasqua.

«Lo sai, vero, che tra un po' non potrai più fare una cosa del genere o mi spezzerò in due, tesoro mio?». Gli scompigliò i capelli per punizione ed il bambino rise scuotendo la testa di qua e di là per sistemarli. Poi le allacciò le braccine al collo e le schioccò un forte bacio sulla guancia. Tutto sotto lo sguardo stupito di Ryan.

«Ray, saluta il signore» esclamò Jude divertita mettendolo giù. La faccia di Ryan era tutta un programma.

Ray gli si mise di fronte e da bravo ometto gli porse la mano.

«Buongiorno signore. Piacere di conoscerla». Il bambino sciorinò il discorso imparato alla scuola materna.

Ryan gli prese la manina e questa sparì, piccola com'era in confronto al grande palmo del 'signore'.

«Ciao piccolo, il piacere è tutto mio».

Jude osservò quei due con una tenerezza che quasi le sfondò il cuore. Era la scena più bella e più dolce a cui avesse mai assistito.

Scambiò un paio di occhiate con Ryan che analizzava il bambino cercando di capire qualcosa in più. Chi era? Qual'era il suo ruolo nella vita di Jude? Possibile che...

«Ray, quanti anni hai?» gli chiese per togliersi quel dubbio che si era insinuato fra i suoi pensieri.

«Quattro» rispose subito il bambino orgoglioso mostrando il numero con le dita, due per ogni mano.

Ryan trasalì. La tempistica confermava o perlomeno accreditava la sua teoria. Quel bambino dai profondi occhi castani poteva davvero... No, non assomigliava per niente a Jude.

«Ray, è ora di andare. Perché non vai a salutare i tuoi amichetti?» lo esortò Jude. Con lo sguardo lo accompagnò mentre a perdifiato correva verso il campo da gioco.

«Jude». Ryan provò a dire, a chiedere qualcosa, ma la voce gli si era bloccata in gola. Quello che ne uscì fu solo un balbettio incredulo e confuso.

«Shhh».

Jude si portò un dito alle labbra inarcate in un sorriso e lo zittì dolcemente.

«Adesso devo andare».

Gli si avvicinò ed azzardò l'improponibile.

Si sporse sulle punte dei piedi e piano, lentamente, per non far mai finire quel momento, gli posò un leggero bacio sulla guancia ruvida.

«Addio Ryan. Di nuovo» sussurrò allontanandosi.

Gli diede le spalle ed andò incontro al piccolo Ray che correva già in sua direzione per raggiungerla.

«Andiamo amore» gli disse senza lasciar trasparire nessuno dei molteplici sentimenti che le si agitavano nel cuore. Ancora una volta il dolore della separazione era tanto e forte ma stavolta era stemperato dalla piccola manina morbida che stringeva nella sua. Una parte di lui le sarebbe per sempre appartenuta.

Il bambino si voltò e sventolando la mano salutò Ryan che, immobile, li guardava andare via, lontano da lui.

«Arrivederci signore!» urlò Ray ed il sorriso che gli rivolse fu per lui come una pugnalata al cuore.

Era il sorriso di Jude. Quello che tanto aveva amato e che lei gli regalava prima che lui se ne andasse dopo che erano stati insieme. Un sorriso fatto di speranza e attesa, di tempo e voglia che questo passasse il più in fretta possibile perché arrivasse presto un'altra occasione per vedersi. Corresse l'impressione sbagliata che aveva avuto prima: quel bambino era Jude.

Li guardò andare via ed il cuore gli si strinse in petto. Quella volta capì davvero l'importanza di ciò che aveva perso.

«Mamma, come si chiama il signore tuo amico?» chiese il bambino quando già avevano girato l'angolo.

«Ryan, amore mio. Si chiama Ryan».

«Come me!» esclamò sorpreso ed il ricordo di alcune parole che la mamma gli aveva detto neanche troppo tempo prima gli si parò davanti ben chiaro.

 

Un compito per la scuola.

«Mamma, perché mi chiamo Ryan?».

«Vedi amore, è un nome stupendo a cui sono molto affezionata. E' il nome dell'unica persona che abbia mai amato ed amerò per sempre. Dopo di te» aveva aggiunto per poi

iniziare a giocare come sempre.

 

«Sì tesoro».

Jude sorrise ripensando a quello stesso episodio. Gli strinse forte la manina mentre attraversavano l'incrocio che li avrebbe riportati al loro appartamento.

Si concesse un'occhiata alle sue spalle ed entrò in casa. Accompagnò la porta perché non sbattesse a causa del vento.

La chiuse.

Ma in cuor suo sapeva che nonostante tutto sarebbe sempre rimasta aperta, pronta ad accoglierlo semmai ce ne fosse stato bisogno.

 

FINE

 

Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa dall'altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza”

 

Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere.


 

Anche quest'avventura è finita. Spero di essere riuscita a tenervi compagnia e soprattutto che nessuno di voi mi venga a cercare con un'accetta XD
Ho voluto concludere con questa citazione perché col passare del tempo l'ho fatta un po' mia e forse si può adattare anche al nostro Ryan. E' stato fantastico poter condividere questa storia e le emozioni che porta insieme a voi. Grazie mille a tutte:
Selvaggia_Chan, Sweet96, masa18, Stalker_conlaA, Emmeti, bimbic, Shinichina, oo00carlie00oo, Bryce78, Michelle82, FrancescaVincenzo, lizz1183, PinkPrincess, cara_mello, layla493, Giulietta7, mariaanna, BlueDrake, Defying, FairyLeafy, Sharpettes, Noctis17, Viking_, myllyje, _maddy_25, Cri_o, Poisoned_Tear, bluevalentine, Camilla91, Eve_, Nikita26, blair89 ed Euterpe_12.
Grazie.
Per le lettrici del fandom di TMM, presto troverete una sorpresina ;)
Baci, bacini, bacetti, come sempre la vostra, Serenity.


 

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Capitolo 11
*** Dawning bitch - Anteprima ***


 

Torna Jude con il suo amore folle e vitale al tempo stesso. Un piccolo assaggio dal prequel di questa storia così importante. Seguitemi con:

 

Dawning bitch

 

  

Prologo

 

Good girl gone bad

 

Capita che le brave ragazze diventino cattive, così, senza accorgersene, senza volerlo realmente.

Capita che una bella mattina si alzino e la loro vita cambi radicalmente, in due minuti, camminando per strada, come se nulla fosse.

Uno sguardo, il tocco di una mano sconosciuta, un brivido diverso.

«Scusa, ero distratto».

Quanto costa un attimo di distrazione!

Da bambina che ero, io sono diventata una donna. Uno schiocco di dita e mi sono ritrovata catapultata in un mondo che non era il mio.

Ho rinunciato al mio sorriso.

Ho rinunciato al mio orgoglio.

Ho mandato a puttane chi, con tanto sforzo, ero diventata per accogliere in cambio una nuova me, diversa, grigia, vittima e carnefice contemporaneamente.

Però, allo stesso tempo, è stato così che ho cominciato a vedere la luce.

L'ora che precede l'alba è sempre quella più nera, ma piano piano, i raggi del sole cominciano a far capolino. Con una lentezza dilaniante, squarciano le nubi e colorano il cielo di infiniti miliardi di sfumature. E' quello lo spettacolo più bello, l'attimo prima dell'alba. L'istante in cui il sole si fa attendere, hai paura che non arrivi più, ma sai che c'è, devi solo dargli il tempo giusto perché sorga e ti abbagli, in tutto il suo splendore.

Ed io ero così. Ero un'alba che aspettava di nascere.

E lui era la Terra che gira. Mi ha dato vita e luce e poi me le ha tolte entrambe.

Adesso c'è solo una nuvola.

Jude, prima, aveva due palle grandi quanto due ville, vista mare, piscina e giardino inclusi.

Jude, adesso, ha solo la forza di amare qualcuno che non la ricambia.

Com'era? Ah, sì. Se tu non ce la fai, tranquillo, io amerò anche per te.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1296118&i=1
Qui il link della storia già al sesto capitolo. Vi aspetto!

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