Obscure - I Giorni dell'Ira

di Ikumi91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Overture ***
Capitolo 2: *** Seika ***
Capitolo 3: *** I primi segni ***
Capitolo 4: *** Il tempo è giunto, Edgard! ***
Capitolo 5: *** La Lamia ***
Capitolo 6: *** Che il piano abbia inizio! ***



Capitolo 1
*** Overture ***


Un lampo squarciò il cielo plumbeo prossimo alla pioggia, il vento forte faceva smuovere la polvere del terreno arido e grigio senza alcuna traccia di vita, tranne per qualche ramo secco, residuo di quello che una volta, forse, era un terreno rigoglioso.
A parte l’ululare del vento e il fragore dei tuoni, non vi erano altri suoni.
In quell’immenso spazio vi erano due splendide donne l’una di fronte all’altra che con uno sguardo serio si osservavano, una delle due, quella con i capelli di un rosso molto acceso, cambiò espressione con una più divertita.
Iniziò a parlare l’altra donna, quella dagli intensi occhi azzurri:

“Lilith, non pensi che tutto questo sia sbagliato? Guarda come stai riducendo questa terra, non pensi che gli uomini abbiano bisogno di un’altra possibilità?” Aggrottò la fronte, sperava di riuscire a cambiare idea alla donna davanti a lei, non poteva lasciare che la sua Amata Terra andasse distrutta.
“Athena…” Pronunciò come prima cosa il nome della castana che aveva di fronte “L’uomo ha già avuto un’altra possibilità, ma guarda! Osserva con quale impertinenza stanno usufruendo di questa seconda opportunità! Devono essere distrutti una volta per tutte.” Asserì determinata nella sua decisione.
“Non te lo lascerò fare, io amo questa Terra e la difenderò fino a quanto avrò la forza di vivere.”
“Se è così allora diamo via a questa lotta per la distruzione o la salvezza dell’uomo...”



Un bambino dai capelli castano scuro stava fissando con interesse uno strano figuro situato a pochi metri da lui, quando lo vide comparire inarcò le labbra come se ne fosse entusiasta di guardare quello che aveva di fronte; una persona normale probabilmente ne avrebbe avuto timore, ma non lui. Ormai era abituato a vedere questo tipo di fenomeni.
Nell’aria si sentiva odore di bruciato e zolfo, segno che quella strana presenza non era di natura benefica, ma il bambino era troppo entusiasta quella notte per accorgersene, la strana forma prese le sembianze di una sagoma umana e l’unica cosa che si poteva intravedere in quell’ammasso di oscurità erano i suoi occhi bianchissimi, luminescenti per la precisione. I due non avevano ancora fiatato però il castano non aspettava altro che pronunciasse qualcosa, era curioso di sapere che voce avesse e così si tolse le coperte di dosso per sedersi in maniera più comoda rispetto a prima.
Il figuro assottigliò gli occhi verso il moccioso seduto sul letto, che fosse troppo stupido per comprendere l’attuale situazione? Se ne avesse avuto l’opportunità in quel momento gli avrebbe fatto provare un po’ di terrore, peccato che la situazione in un cui era implicato non glielo potesse permettere, non ora almeno. Il fattore positivo era il fatto di aver trovato finalmente qualcuno adatto per sé stesso, l’unico inghippo era che quel ragazzino fosse troppo giovane per i suoi piani. Ma se ne fregò, possedeva abbastanza pazienza per aspettare che crescesse.

“Mi sto annoiando, chi sei?”  Disse con sfrontatezza il più giovane dei due.
L’altro si lasciò sfuggire una risata. “Io?” Parlò, fingendo di essere sorpreso. “Un tuo amico.”
“Davvero? ” Sorrise.
“Certo, ti puoi fidare di me…” Disse il più gentile possibile.
Il bambino l’osservò per parecchi secondi prima di rispondere “Non ti credo.” Sorrise maggiormente.
“Che impertinente.” Ridacchiò, non a caso era sangue del suo sangue. “Allora che ne dici se ci conoscessimo? Anzi, facciamo un gioco.” Si sedette sul letto ed appoggiò un suo braccio sulle spalle del giovane, poi con una mano prese quasi con forza la mascella del bambino e fece girare il volto verso di lui e lo avvicinò. “Mhh, no… una proposta.” Disse.
Al fanciullo faceva male quella presa e con le sue due mani cercò di levarsi quella mano dal viso “Lasciami!” Gli ordinò. “Cosa vuoi da me?”
Il figuro iniziava a divertirsi e con un dito fece un piccolo taglio sulla guancia del bambino, e da quella ferita uscì del sangue, benché in piccolissime quantità. Mollò la presa e con il pollice asciugò il piccolo taglio, si leccò il dito. “ Già, dopotutto non siamo così estranei.” Commentò a bassa voce. Si alzò dal letto “ Bene, pidocchio, dato che non posso ucciderti e torturarti, non ora almeno,  te lo dico chiaro e tondo: tu mi servi, quindi facciamo un patto, che ne pensi?” Fece un sorriso sardonico che fu totalmente ignorato dal piccolo poiché in quella forma dell’essere sovrannaturale si potevano intravedere soltanto gli occhi.
Al bambino bruciava quella ferita, come se del fuoco ci si fosse appoggiato sopra ed iniziò a lamentarsi, “ahia…” d’istinto si massaggiò la guancia ed iniziò a lacrimare dal dolore.
“Ma come! Ti metti a piangere per così poco? Dai che sto iniziando a stufare, allora accetti?” Non gli piaceva essere ignorato, anche se per futili motivi.
“Cosa?” Sussurrò.
Grugnì  infastidito, “E pensare che ero venuto qui con buoni propositi.” Già, solitamente lui era di tutt’altro carattere ma per questo genere di cose aveva deciso una tattica più tranquilla, ed era sicuro di riuscirci. Si avvicinò nuovamente al giovane e gli curò la piccola ferita ed infine gli prese la piccola mano sinistra “ Vedi, se tu mi aiuterai, tu, ne ricaverai molti benefici”
“E quali?” Chiese diffidente, dopo quella stretta e la ferita aveva perso un po’ di coraggio, infondo era solo un bambino di otto anni, cosa bisognava pretendere?
“Quando sarai più grande capirai cose come donne, soldi, salute e molte altre cose… Allora?”
“No.” Prese un po’ di audacia.
L’essere sgranò gli occhi luminescenti. “Cosa?” Certo che ne poteva venire fuori uno meno problematico, la cosa lo tediava terribilmente, forse era meglio se gettava la maschera che si era costruito appositamente per il moccioso e usare i soliti metodi, la prossima volta non avrebbe più dato retta a sua sorella.
“Beh… Le bambine mi fanno schifo, i soldi non m’interessano e la salute sinceramente non la vorrei, così eviterei di andare a scuola. E poi non faccio patti con voi.”
“E allora che ne pensi se con me riceveresti forza e potere?” Pronunciò la frase con fare suadente in maniera tale lui accettasse la proposta. Solitamente questo tipo di cose allettavano non poco la gente, stupidi esseri umani, pensò. “Non vorresti essere più forte? Uhm?”
Il bambino rimase in silenzio e si mise a guardare le coperte sfatte: non sapeva che fare. Nessuno gli aveva mai fatto richieste del genere però, anche se aveva otto anni la forza la desiderava comunque, ma come la poteva desiderare solo un bambino, e quella voce che lo invitava ad accettare era una  tentazione in più per lui… Che fare? Si disse mentalmente. Poi rivolse lo sguardo verso il figuro ed aggrottò la fronte. Fece un lungo respirò e con aria decisa disse: “Accetto.”
Il figuro ridacchiò soddisfatto della sua risposta; era sicuro che avrebbe accettato e senza indugiare oltre strinse una mano del piccolo dalla quale iniziò a bruciare la forza vitale del ragazzino che in parte si stava trasferendo verso di lui e man mano che accadeva rideva sempre più sguaiatamente. Dopo qualche minuto mollò la presa. “Ahaha… Bene moccioso, ora abbiamo un patto. Tra nove anni ritornerò qui da te e riceverai quello che hai desiderato, ma con una piccola clausola che non ti sto a spiegare: Troppo noiosa. E fino ad allora non avrai più alcun ricordo di quello che è successo stanotte… Vabbeh, si è fatto tardi! Ci sentiamo, Edgard Steiner.” E svanì nel nulla, facendo venire un tremendo giramento di testa che fece svenire il bambino.

 

 

1988

Era una splendida mattinata di primavera, il tutto procedeva per il meglio e questo faceva rallegrare Athena: erano passati ben due anni dalla morte del Dio degli Inferi e durante quel periodo vi era stata la calma, sperava solo che continuasse pure nei prossimi anni avvenire.
Ormai Saori non usciva quasi mai dal Santuario, se non per qualche affare importante di lavoro riguardante la fondazione Grado e le giornate le passava quasi sempre all’interno del Tredicesimo Tempio, dove riceveva o impartiva ordini ai Saint. L’unica cosa che la rattristava è il non aver potuto riportare in vita i suoi fedeli Saint, poiché trai i suoi poteri divini non era in grado di far resuscitare nessuno. Oltre ai cinque Bronze Saint dalla quale l’hanno sempre seguita ciecamente gli altri Bronze ed alcuni Silver, ed infine si era salvato, in modo alquanto miracoloso, Kanon, il Gold Saint di Gemini.
Però durante questi due anni si erano aggiunte nuove leve per cercare di ricoprire i posti vacanti e magari riuscire a trovare un nuovo Gran Sacerdote, anche se al momento non vi era nessuno in grado di ricoprire l’incarico. E ci fu quasi il completo restauro di tutto il Santuario perché, durante la Guerra Sacra, era stato danneggiato in molte parti, specie le Dodici Case, ovviamente la ricostruzione fu possibile grazie ai finanziamenti della Dea Athena.
Saori si alzò dal trono di marmo in cui vi era seduta ed uscì dal Tredicesimo Tempio per prendersi una boccata d’aria che sicuramente le avrebbe fatto bene e quando fu fuori poté vedere gran parte del panorama, nello stesso istante si era alzato un leggero venticello che fece smuovere qualche foglia situata sul pavimento in marmo.
Da quel punto riusciva a vedere tutte le Dodici Case, e le prime volte pensava  sempre ai Gold periti, ma sapeva che era inutile farsi venire mille rimorsi, quindi era meglio andare avanti e continuare ad andare avanti… E possibilmente per un futuro migliore.
Sperava realmente che tutto fosse finito, così non vi sarebbero stati più alcun tipo di sacrifici.


Nel frattempo, nei campi d’addestramento, si svolgevano le solite attività giornaliere: scontri, allenamenti e via discorrendo. C’era sempre qualcuno che si rompeva qualche arto per gli eccessivi sforzi, ma essendo una cosa abbastanza regolare nessuno ci badava più di tanto, a parte i diretti interessati.
Oltre a questo vi erano molto spesso dei piccoli episodi e non certo piacevoli causati da due Saint, questi fatti continuavano da quasi due anni ed era meglio defilarsi se non si voleva rimanere coinvolti poiché ci si poteva rimettere la propria vita, sebbene nessuno dei due aveva mai alzato le mani contro l’altro, quindi meglio evitare. Però nessuno si sarebbe mai aspettato una cosa del genere trai due suddetti Saint, essendo due persone ligie al dovere e seri, tranne per gli atteggiamenti leggermente rissosi della donna.
E come accadeva quasi tutti i giorni, i due avevano iniziato a discutere:

“Ti ho detto che questo campo l'avevo prenotato.” Lo ripeté per una seconda volta, verso la donna che aveva davanti.
“E dove starebbe scritto, di grazia?” Disse una Shaina infastidita. “Da quanto ne so è sempre stato a libero uso. E poi sono venuta prima io: quindi vedi di andartene!” Cercò di levarselo di torno, senza badare alla differenza del loro grado nella gerarchia del Grande Tempio.
“Ti ricordo che sono un cavaliere d'oro, per giunta più grande di te, ergo, vedi di mostrarmi rispetto e lasciami questo posto.”
“COSA? Io-”
“BASTA!” Ad interromperli fu Marin, la Silver Saint dell’Aquila, ormai stufa della sceneggiata era intervenuta poiché non era certo uno spettacolo molto consono all’immagine del Santuario e verso le reclute “Questo spazio è abbastanza grande per voi due e le vostre reclute: potete benissimo dividervi gli spazi.”
I due Saint rimasero zitti per qualche secondo, poi ribatterono all’unisono: “Guarda che io non c'entro nulla è stat-”
“Smettila di ricopiarmi!” Sbottò Shaina quasi urlandogli nelle orecchie, sebbene lei fosse più bassa di lui.
“Per favore, basta!”  La bloccò nuovamente, poi riprese facendo un grosso sospiro. “Shaina, dovresti mostrare più rispetto verso un tuo superiore, e voi, potente Kanon, la prego di non dare corda a Shaina.” Si prese una piccola pausa. “Perché così state dando il cattivo esempio.” Finì il rimprovero.
“...”
“Me ne torno alla casa a cui presiedo; tutto questo mi ha fatto passare la voglia di tutto.” Si incamminò verso la terza casa e pensare che stava facendo di tutto per migliorare quel suo caratteraccio, ma con una scocciatura del genere la vedeva difficile e ovviamente faceva mandare via tutti i suoi buoni propositi.
Ma qualcuno lo fermò: “Scusi, ma noi che facciamo?” Disse un giovane indicando se stesso e i suoi compagni d'addestramento che attendevano ordini dal loro allenatore.
“Avete la giornata libera.” Li congedò e i ragazzini fecero un lieve inchino di ringraziamento e se ne andarono. Mentre Kanon si dirigeva al tempio dei Gemelli, durante il suo tragitto sorpassò Shun, il Cavaliere di Andromeda e June del Camaleonte, seduti su un grosso masso intenti a chiacchierare.
“Ciao Kanon!” Fu Shun il primo a rivolgergli la parola, l'interpellato si voltò un attimo verso lui e con un cenno alla testa lo salutò mentre si allontanava e non degnò lo sguardo alla bionda vicino, anche perché non gliene importava. “Deve essergli successo qualcosa...” Disse pensieroso il Bronze Saint, mettendo la mano sotto il mento.
June era rimasta ad osservare la scena e non se la prese più di tanto per non essere stata presa in considerazione e riportò lo sguardo verso il ragazzo dai capelli verdi. “Mah, a me sembra lo stesso...” Commentò. Va bene che lei lo conosceva veramente poco, ma da quel che sapeva era sempre stato un tipo taciturno.
“Non credo...” Disse, e si mise ad osservare il cielo limpido ed era felice; finalmente da due anni non vi erano più guerre e si sentiva sollevato da tutto ciò perché non avrebbe più combattuto. “Che bella giornata” fece un respiro profondo, in modo da poter sentire il profumo delle foglie degli albero poco lontani da loro.
“Già...” Sorrise da sotto la maschera, e si mise a guardare pure lei il cielo. June dopo la Guerra Sacra si trasferì al Grande Tempio siccome all’Isola di Andromeda non vi era rimasto più nessuno. E tutto sommato si trovava bene al Santuario. “Ma tuo fratello?” Chiese.
L'adolescente sospirò. “Da qualche parte nel mondo... L'ultima volta che si è fatto vivo è stato Dicembre, a Natale... Ormai ci sono abitato”
“Oh....” Non sapeva che dire, la bionda voleva molto bene a Shun e si sentiva come una sorella maggiore verso in fratellino per cui le dispiaceva di questo fatto; le sarebbe piaciuto che Ikki, suo reale fratello maggiore, fosse più presente.

Dopo il piccolo dialogo rimasero in silenzio per parecchi minuti ascoltando i vari suoni che vi erano e la maggior parte non era certo il dolce suono degli uccelli o del vento, ma suoni di pugni, calci, urla e molta altra roba abbastanza comune nelle palestre. June non sapendo cosa dire si mise a giocherellare con una ciocca dei propri capelli creando delle piccole treccine, invece il cavaliere di Andromeda invece iniziò a dondolarsi. Ma la situazione fu salvata dall’arrivo del Bronze Saint del Cigno.

“Hyoga! Credevo fossi in Siberia!” Si sorprese Shun, ed era molto felice di rivedere il suo amico.
“Infatti. Ma sono arrivato questa mattina e come prima cosa ho dato i miei saluti a Milady, poi mi sono messo a gironzolare per il Santuario fino a quando non ho visto Kanon e Shaina litigare... Credevo che dopo quella volta l'avrebbero smesso.”
“Allora avevo ragione...” Sorrise tra sé e sé. “Sono felice che tu sia qui”
“Anche io... Seiya e gli altri?”
“Seiya è qui al Grande Tempio, mio fratello Ikki è da qualche parte, come al solito e Shiryu si trova in Cina.”
A quelle parole Hyoga annuì, ed era felice che almeno Shun fosse in Grecia. “Che stavate facendo?” Chiese nuovamente il cavaliere del Cigno verso il ragazzo dai capelli verdi.
June era rimasta ad osservare i due Saint, e si sentiva lievemente fuori luogo in quei discorsi, poi decise di rispondergli al posto del suo migliore amico: “Chiacchieravamo del più e del meno, dato che non avevamo nulla da fare...”
“Capisco, senti Shun: Ti andrebbe di venire con me in città?”
“Ehm, mi piacerebbe, ma non voglio abbandonare June.” Poi gli venne un’idea. “June… Ti andrebbe di venire con noi, sempre se Hyoga vuole…”
“Cosa? No, no, no Shun, vai pure. Mi troverò qualcosa da fare. Davvero.”
“Ma June...”
“Ooh Shun, stai tranquillo dai, su, troverò qualcosa e divertiti!”
“Va bene, come vuoi.” Gli dispiaceva lasciarla da sola, ma se insisteva allora era meglio lasciar stare. Si alzò dalla roccia e raggiunge il biondo e prima di andarsene salutò la sua amica con la mano, poco dopo si allontanò insieme all'amico.

Già, qualcosa da fare, ma cosa?
Per mezz'ora rimase seduta sul masso senza nulla da fare, colta dalla noia decise di andare verso i campi d'addestramento per vedere come andava la situazione e se vi era bisogno di qualche aiuto. Quando arrivò in lontananza notò la figura di Marin intenta ad allenarsi da sola, in disparte da tutti.

“Ehy Marin!” Salutò alzando una mano.
Tra un calcio e l'altro sferrato nell'aria, la Sacerdotessa in questione le rivolse la parola: “ June, ciao...” Si fermò. “Sei venuta ad allenarti pure tu?”
“Nono... E che mi stavo annoiando ed ho deciso di venire qua a vedere se c'era qualcosa d'interessante...” Si guardò attorno. “Ho saputo del litigio tra Shaina e Kanon.” Sorrise da sotto la maschera.
“Oh sì... L'ennesimo... Sono dovuta intervenire per farli smettere.” Raccontò.
“Capisco. Chissà se un giorno riusciranno a smetterla...”
“Io lo spero, ma con dei soggetti simili la vedo dura...” Appoggiò entrambe le mani sui fianchi. Forse l’unica soluzione era quella di non farli mai incontrare, ma dovendo abitare entrambi al Santuario sarebbe stata un po’ dura. E scartò immediatamente la convivenza forzata poiché sicuramente si sarebbero autodistrutti l’un l’altra.
“Già, sarebbe più probabilmente un'invasione di locuste anziché una loro tregua...” E si misero a ridere. “ Ma Shaina?”
“Mmh, qualche metro più in là, sta letteralmente massacrando quei ragazzi.” Cosa che era abbastanza normale per una tipa come lei, ma quando finiva di litigare col Saint di Gemini era fin peggio del solito e qualcuno rischiava sempre le penne.
“Poverini, non vorrei essere nei loro panni.” Fortuna che era già diventata Cavaliere, anche se ancora oggi si domandava come ci fosse riuscita dato che non aveva grandi doti combattive. “Bella giornata, vero?”
“Già e dato che sei qui…. Che dici di allenarci insieme?” E dal tono di voce sembrava più un ordine anziché una proposta e June lo capì perfettamente.
“No! Ehm… Avevo deciso di andare a trovare una personcina, sai…” Si stava allontanando sempre più.
Marin, accorgendosene subito l’afferrò per un braccio “Ora tu ti allenerai, capito? Non puoi stare tutto il giorno a panciolle!” La rimproverò.
“Ma noo… Ti prego, odio fare esercizi fisici…” Piagnucolò.
“E invece sì che li farai, signorina; sei o no un Saint di Athena?”
“… Sì.”
“E allora alleniamoci.”
“…Ok…” Dovevo andare con Shun e Hyoga, lo sapevo! Pensò. E fu così che si allenò controvoglia con la Silver per tutta la giornata.

 

Note dell'autrice:
Eccomi, sì, come avete capito ho riniziato la mia vecchia Fict... L'ho fatto perché non mi piaceva più e non stava venendo come avevo inizialmente pensato, spero solo che abbiate gradito questo capitolo! Come avrete notato sto aggiungendo varie parti ed alcune scene invece, sono state anticipate, beh, spero che vi piaccia!

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Capitolo 2
*** Seika ***


“Edgard, svegliati che è ora di alzarsi!”
Silenzio.
La donna bussò un’altra volta contro la porta della camera del figlio. “E’ tardi, rischi di arrivare in ritardo, dai su!” Attese una seconda volta un’eventuale risposta del figlio, ma come prima non ne ricevette. Sbuffò sonoramente chiudendo gli occhi, li riaprì e con essi pure la porta ed accese la luce della stanza.
Il ragazzo in questione si coprì totalmente con le coperte per non essere infastidito dalla luce e mugugnò, dopo di che si mise in posizione fetale, ed infine disse: “Non c’ho voglia di andare a scuola, sono stanco.”
La castana con passo svelto scostò le coperte rivelando la figura di Edgard che si chiuse quasi a riccio. “Oh smettila. E ora alzati!” Gli prese i piedi.
“Nooo!” Si lamentò coprendosi la testa col cuscino.
La madre gli tirò i piedi, in modo da fargli stendere le gambe, forse a una prima vista una scena del genere poteva sembrare divertente, ma non era così; perché con il figlio c’era sempre da lottare per farlo andare a scuola. “Edgard alzati! Standotene qui a casa a far nulla cosa farai da adulto, eh?”
“Il gigolò.” Rispose semplicemente.
Ingrid, la madre di Edgard, mollò la presa si portò le mani sul viso esasperata e  stanca; era mai possibile che il figlio la facesse disperare fino a tal punto? Si chinò verso il figlio e con le mani gli fece il solletico in modo da farlo scendere dal letto. “Ora voglio vedere se non ti alzi!” E ridacchiò divertita.
Edgard lo soffriva terribilmente, perciò iniziò a contorcersi e a ridere. “Va bene, hai vinto ma basta ti prego che non resisto più!”
Ingrid, smise immediatamente di fare il solletico al figlio e si allontanò, aprendo la porta della stanza e disse: “ E ora alzati che si sta facendo tardi, ok?” Ed uscì socchiudendo la porta.
Il ragazzo si alzò e si stiracchiò facendo scrocchiare alcune ossa, dopo di che si ritirò in bagno e mentre aprì il rubinetto del lavandino iniziò a parlare a voce alta in modo che sua madre lo potesse sentire. “’Ma, quando dovrebbe arrivare papà?” Iniziò a lavarsi il viso.
La donna dai capelli castani disse: “Dovrebbe arrivare a Salisburgo oggi pomeriggio, quindi arriveremo qua a casa verso l’ora di cena.” Parlò con tutta tranquillità mentre andava a prendersi una tazza di caffè.
“Capisco.” Rispose di rimando sottovoce. “Mamma! Senti: non è che oggi posso saltare scuola?”


Qualche minuto più tardi…
Edgard era uscito di casa dopo varie minacce da parte della madre, se non quasi sbattuto fuori dalla dimora, perché se avrebbe tentato di non andare a scuola Ingrid avrebbe chiamato l’edificio in questione per verificare che il figlio ci fosse andato realmente, quindi il ragazzo dovette rassegnarsi, più o meno. Perciò, dopo essersi lavato e vestito per uscire, con la tracolla in spalla e con passo lento, molto lento, iniziò a camminare per le strade della città dove anche altri ragazzi stavano andando nella sua stessa direzione. Non ne poteva più di doversi svegliare presto ogni mattina per alzarsi ed andare in quell’edificio malefico, se magari avesse trovato un modo per poter saltare scuola; anche trovarlo ora, ma sarebbe stata una cosa un po’ difficile e sebbene conoscesse sua madre molto probabilmente non avrebbe ugualmente chiamato il liceo in cui andava. Ma era meglio non rischiare… a meno che non avesse trovato una proposta allettante.
Sollevò la testa verso il cielo notando che era parzialmente nuvoloso, ma non quel tipo di nuvole che avrebbero fatto venire un temporale o altro: erano delle semplici nuvolette bianche. Faceva abbastanza fresco tra l’altro e perciò si era dovuto mettere una felpa lievemente più pesante del solito, ritornò con lo sguardo sulla strada ed ispirò profondamente in modo da far mandare tutta l’aria dentro ai polmoni, ed aveva la strana sensazione di aver dimenticato qualcosa, d’importante per giunta. Gli sarebbe venuto in mente strada facendo sicuramente, accelerò il passo.

“Ehy, Ed!” Lo salutò una voce giovanile da dietro di lui. E il tizio in questione appoggiò la propria mano su una delle spalle del castano in modo da poterlo raggiungere e fermalo allo stesso tempo.
Edgard sentendo quel contatto si fermò di scatto. “Ma che…?!” E si voltò. “Ah… sei tu.” Disse neutro.
“Grazie per l’entusiasmo!” Gli rispose mezzo deluso e divertito.
“Perché ridi? Non c’è nulla da ridere!”
Il biondo ci pensò un attimo, poi gli rispose: “Beh, che senso ha alzarsi già giù di corda senza sapere che ci aspetta? E poi, secondo me, è meglio così… Almeno la giornata ti sembrerà meno difficile… A proposito… Hai studiato per il compito in classe di oggi? E che ti è successo? Hai una faccia…”
“… Lasciamo stare, va…” Commentò le prime parole del suo amico e si  mise le mani  nella tasca  dei jeans. Poi continuò ad ascoltarlo mentre camminavano ed iniziò a guardare il marciapiede, poi, ad un tratto si fermò alle parole ‘compito in classe’. “COSA? E tu non mi hai detto  nulla?” Si disperò e si mise le mani fra i capelli.
Pure il biondo si fermò ed inclinò lievemente la testa per poter vedere meglio l’espressione di Edgard. “Tutto bene?”
“No che non va bene!” Si voltò verso di lui e gli prese le spalle ed iniziò a scrollarlo. “Dovevi avvertirmi!”
“Ma..a… basta, mi stai facendo male, lasciami!” Cercò di scrollarselo di dosso con scarsi risultati. “E poi sono giorni che la prof lo stava ripetendo alla nausea.”
Edgard si staccò da lui. “Ok… Mi sono calmato.” In verità non era così, ma era meglio darsi una controllata. Rimase immobile per qualche secondo. “Idea! Mariniamo scuola! Che genio.” Fece un sorriso a trentadue denti tutto soddisfatto per la sua idea.
“…” Michael* mise il broncio ed incrociò le braccia. Dalla sua espressione si capiva benissimo che era deluso, il biondo era sempre stato un ragazzo per bene che non accettava mai questo genere di cose… Certe volte Edgard si domandava come avevano fatto a diventare amici, bah. Misteri della vita.
“Che c’è?” Disse mezzo scocciato; sapeva benissimo che il suo amico non avrebbe provato la questione e che avrebbe cercato di farlo mandare a scuola, e in queste cose era più testardo di un mulo.
“… Lo sai cosa ne penso al riguardo!”
“Lo so! Ma non ne ho testa di andare a scuola, sono stanco e non ho studiato niente, non so manco quale verifica si tratta!” Sbuffò e si rimise le mani nelle tasche dei jeans roteando gli occhi stufato dalla situazione. Però non era questo che si era dimenticato, non era il motivo della sua preoccupazione. “Comunque di devo dire una cosa strada facendo.”
“Quindi vieni a scuola?” Domandò quasi felice.
Edgard inclinò la testa e disse: “Sì… vorrà dire che prenderò un 3… che vuoi che sia!”
“Non è bello prendere un voto basso, Ed.”
“Lo so. Ero sarcastico, Michael.”
“Oh…”
“Eh già!”
Michael rimase in silenzio per qualche secondo guardando il cemento e si mise ad osservare il suo amico: “Cosa volevi dirmi a proposito?”
“Mh? Ah! Sì! Allor-“ Ma non riuscì a finire la frase che la sua attenzione venne catturata da una ragazza dai capelli castano chiaro che lo superò con passo spedito. Edgard sorrise felice poiché riconobbe la ragazza, per cui si diede una leggera pettinata ai capelli ed urlò: “ Anna!” La ragazza in tutta risposta si girò dietro e lo guardò torvo; sembrava quasi che emanasse energie oscure cariche di rabbia e rancore, si girò nuovamente ed aumentò maggiormente il passo. “Ma…” Edgard ci rimase male, così iniziò a correrle dietro fino a piombarle davanti, facendole prendere uno spavento, “Ehi, Anna!"
La ragazza gli diede uno schiaffo sul viso, “NON MI RIVOLGERE PIU’ LA PAROLA, HAI CAPITO?” grugnì.
Edgard era rimasto shockato dalla reazione della castana, e pensare che Anna era una ragazza così gentile… Prima che potesse andarsene mise una mano su una sua spalla, in modo da non lasciarla andare “Anna, perché!? Che ti ho fatto?”
Prima di rispondere Anna tolse la mano del ragazzo che aveva di fronte a sé e gli rispose: “Che mi hai fatto? Che mi hai fatto? CHE MI HAI FATTO?” Ed ogni volta che ripeteva la frase il suo tono aumentava, ed Edgard ogni volta deglutiva più forte; non l’aveva mai vista così arrabbiata, anzi, giurò di non averla mai vista così “Ieri mi hai lasciata ad aspettarti per ben tre ore, dico tre ore davanti a quello stupido negozio in cui dovevamo trovarci! E come se non bastasse tu non mi rispondevi a casa! Ho speso pure dei soldi in una stupida cabina telefonica e tu a casa non rispondevi e pensavo: ‘magari mi starà raggiungendo’ e invece no! Fosse stata la prima volta potevo anche chiuderci un occhio, ma questa non è la prima volta che succede caro il mio, ma che dico! ARGH! Non voglio più niente a che fare con te, ho chiuso!” E se ne andò.
Edgard era rimasto immobile per tutto il tempo, sembrava quasi che gli avessero dato un paralizzante, a Michael dal canto suo gli dispiaceva vedere il suo migliore amico ridotto in quel modo, indi per cui corse dietro alla ragazza. “Dai, magari ha avuto un impegno importante e non ha potuto avvisarti!” Lo giustificò.
La bruna si fermò e si girò ancora una volta. “AH! Ecco il suo compagno di merende, sempre pronto a difenderlo! Beh, mi dispiace, anzi, non mi dispiace affatto! Ma io con lui non voglio più niente a che fare! Addio.” E se ne andò, per davvero stavolta.
L’amico si portò una mano dietro la nuca e si mordicchiò un labbro, cercò di pensare a qualcosa per poter risollevare il morale di Edgard. Si avvicinò a lui con aria addolorata. “Mi dispiace Ed…”
“Morirò vergine!” Si disperò.
“…” Michael se ne andò verso scuola.
“Ma che fai!”
“Sinceramente questa è una delle ultime cose che una persona normale penserebbe.” Lo rimproverò.
“Oh, scusami se sono un ragazzo con delle esigenze! Ma tu non puoi capire.”
“Come?”
“Beh sì! Sei un mezzo suoro!”
“Come Suoro? E poi non si dice suoro ma prete!” Lo corresse.
“VISTO!?” Lo indicò.
Michael era una persona buona e tranquilla, ma in quel momento avrebbe tanto voluto mandare a quel paese il suo migliore amico, ma non lo fece e roteò gli occhi. Anche lui come Ed aveva i suoi sogni, ma ovviamente lui certe volte aveva la testaccia dura come il marmo e non poteva capire, ma questa volta fece finta di nulla. “Invece di pensare a questo non dovresti essere dispiaciuto per lei?” Cercò di portare la cosa a una discussione normale.
“E certo che mi dispiace! Lo sai benissimo quanto mi piaceva e quanto mi piace tutt’ora… E sai quanto ci andavo dietro… Sono uno stupido.” Si rattristò. “Non vado a scuola.” Se ne andò verso casa.
Il biondo lo fermò. “Eh no, tu vieni e mentre andiamo a scuola ti sfogherai come me!”
“Ma sono troppo depresso...”
“Vorrà dire che penseremo ad altro; non dovevi dirmi una cosa prima?” Inarcò un sopracciglio.
Edgard rimase ad rimuginarsi qualcosa e alla fine parlò: “Hai ragione… volevo dire che è da un po’ di giorni che faccio dei sogni strani…” E mentre Edgard spiegava se ne andarono finalmente verso scuola.



Qualche ora più tardi del mattino Marin decise di andare a Rodorio a trovare una persona, per la precisione Seika, la sorella maggiore di Seiya.  Perché anche se si erano ritrovati i due, lei preferiva rimanere in quel villaggio anziché al Santuario, il Cavaliere dell'Aquila ogni qualvolta che poteva le andava a far visita per accettarsi che non le mancasse nulla e che si trovasse bene e magari a convincerla a trasferirsi al Santuario.
Seika abitava in una casetta a due piani nel centro della cittadina insieme alla famiglia che l'aveva e continua ad ospitarla, e lei gli aiutava con il negozio di alimentari e poiché oggi era il suo giorno libero ed era un’occasione adatta per andare a trovarla e anche se non lo ammetteva mai a Marin piaceva ogni tanto cambiare aria.
Quando arrivò davanti alla casa pigiò il campanello, e nel giro di qualche secondo ad aprirle la porta fu proprio Seika, con la sua espressione serena.

“Spero di non essere di disturbo.” Fu Marin a parlare.
La ragazza sgranò gli occhi e sorrise. “Marin, che bella sorpresa! Sei sempre la benvenuta, quindi non ti devi preoccupare! Dai entra!” la invitò ad entrare ed Accolse il Cavaliere con gioia, dopo che la fece entrare chiuse la porta e la portò nel salottino. “Vuoi che ti porti qualcosa da bere?”
“No, grazie.” Rispose con il solito tono educato. Seika la invitò ad accomodarsi in una delle poltroncine della stanza.
“Allora, Seiya come sta?” Iniziò. “E' da un po' che non viene a farmi visita; non vorrei che gli fosse successo qualcosa...” Finì la frase con un tono lievemente preoccupato. Si sedette pure lei nella poltroncina davanti a quella in cui stava il Cavaliere dell'Aquila.
“Sta bene: è sempre il solito scansafatiche!” Scherzò. “Non saprei che dirti, probabilmente ha avuto da fare.”
La castana ridacchiò alla battuta della rossiccia. “Già, magari verrò io al Grande Tempio, sempre se è possibile, logico...”
“Certo che puoi, la nostra Dea sicuramente ne sarà felice. Però non capisco il perché tu non ti sia ancora trasferita al Santuario, ti troveresti bene”
“Perché qui mi trovo bene e poi non saprei come rendermi utile laggiù, non mi piace stare con le mani in mano.” Le rispose semplicemente. Anche se in quel momento in realtà stava omettendo alcuni particolari e poi vivendo a Rodorio aveva imparato ad essere una persona laboriosa, per certi aspetti.
Marin rimase a guardare la ragazza davanti a sé per qualche istante, poi decise di prendere parola. “ Ci sono molte cose da fare, oltre al diventare Cavaliere. Come l'ancella.” Propose.
Seika abbassò per qualche istante lo sguardo ed iniziò a giocherellare coi bordi della camicetta che indossava in quel momento. La verità era un'altra, però era vero il fatto che non le piaceva rimanere con le mano in mano. Sospirò e decise di rivelare il motivo, doveva liberarsi di quel peso con qualcuno e Marin le sembrava la persona adatta. “La verità è che non mi piace il Santuario. Ogni volta che ci penso mi viene in mente il viso di quell'uomo, Matsumada Kido. Se non fosse stato per lui Seiya avrebbe vissuto una vita semplice e felice… Ne sono certa. Lo so, è morto. Ma Saori mi fa ritornare in mente quell'uomo e questo mi fa rendere leggermente o totalmente, non saprei, antipatica Saori Kido.” Fece una breve pausa e smise di giocherellare con la camicia e guardò Marin, la quale lei rimase in silenzio ad ascoltare la ragazza.“ Ho provato pure a proporre a Seiya di lasciare questo vostro mondo, ma lui non ne ha voluto sapere...” Alla fine si era sfogata, volse lo sguardo verso la porta della cucina. “Vorrei tanto tornare in Giappone con lui, davvero...”
Marin rimase tutto il tempo ad ascoltarla e quando fu certa che avesse finito di esporre le sue ragioni, prese parola: “Seika... Posso capire i tuoi risentimenti, però se non fosse arrivato qui in Grecia per diventare Cavaliere di Pegasus molto probabilmente questo mondo sarebbe finito, quindi-”
“Lo so, lo so, Marin. Ma ora che Hades è morto non dovrebbe essere tutto finito definitivamente? Io ho provato a far cambiare questa vita a mio fratello ma lui dice che è un Saint di Athena e come tale ha il dovere di star affianco ad Athena, anzi a Saori… Secondo me ne è innamorato… Cioè… E’ ossessionato da lei.” Disse l’ultima frase sottovoce e mentre perché forse stava esagerando ed aveva rivolto lo sguardo verso il Saint dell'Aquila, corrugò la fronte e sospirò stanca. “Scusa...”
“Mh?”
“Per quello che ho detto... Non dovevo dire queste cose. Ti vado a preparare un the...” Si alzò e si diresse in cucina, ma venne fermata da Marin. “Marin...”
“Non ti devo scusare. E' normale sfogarsi e poi essendo tua amica mi fa piacere che tu ti confida con me. Se avrai bisogno di aiuto, sappi che io ci sarò, chiaro?”
“... Sì, grazie Marin...” Le sorrise“ Ora ti vado a preparare il the e poi parleremo di cose più allegre, ok?”
“Non ti devi disturbare... Comunque va bene.” Sorrise a sua volta, sebbene non si capisse in quanto aveva la maschera.

Il resto della mattinata la trascorsero tranquillamente e chiacchierarono del più e del meno come due ragazze normali,
Marin e Seika durante i due anni di pace legarono molto e divennero buone amiche, pronte ad aiutarsi a vicenda ed avevano molte cose in comune, come l'aspetto fisico perché erano molto simili; potevano essere scambiate come sorelle se Marin toglieva la maschera, ma dato che lo faceva solo in sua presenza o con le sue amiche, come paragone non era molto valido per l’altra gente.
Verso le quattro del pomeriggio decisero di separarsi, così si salutarono.
La rossiccia con passo veloce si diresse al Santuario, si era assentata anche troppo oggi, pensò. E solitamente se mancava troppo al Grande Tempio era per via di qualche missione, ma dato che non era stata mandata da nessuna parte a svolgere qualche tipo di lavoro era meglio rientrare.
Marin era sempre stata una persona diligente.
Arrivata al Santuario, automaticamente, si diresse verso lo stadio ad osservare i combattimenti e magari aiutare qualcuno.


Saori come era suo solito risiedeva al tredicesimo tempio e pensava ad un bel po’ cose, alcune riguardanti il suo passato e altri per il futuro; forse doveva smettere di pensare e godersi un po’ la vita, anche se era una Dea questo non significava non divertirsi… O almeno la pensava in questo modo al momento. D’altronde era pur sempre una ragazza di quattordici anni che quest’estate ne avrebbe fatto quindici.
Mentre pensava a tutto ciò era uscita dal Tredicesimo Tempio dirigendosi verso la statua che la rappresentava: aveva bisogno di aria fresca e da lì poteva godere una buona visuale del Santuario. Era uno spettacolo suggestivo il paesaggio che le si presentava dinanzi, il restauro aveva portato buoni frutti, ora pareva sul serio di trovarsi nell'antica Grecia, sebbene ogni tanto circolavano oggetti di ultima generazione.
Sorrise.
Si appoggiò alla ringhiera di ferro in modo da trovare una posizione comoda. Però ad interrompere i suoi pensieri fu l’arrivo improvviso e il saluto di Seiya che le rivolse, infatti sobbalzò.

“Tutto bene Saori-san?”
“Oh sì! E che non aspettavo nessuno...” Lo tranquillizzò. Poi, proprio lui doveva venire? Non che le dispiacesse la sua presenza, per carità, ma in quel momento avrebbe preferito rimanere sola con i propri pensieri, ma era anche vero che aveva bisogno di un po’ si svago ogni tanto.
“Beh, se sono di troppo me ne vado...!” Si mise le mani dietro alla nuca come era il suo solito fare, Saori sorrise.
“No, non arrechi nessun disturbo, Seiya.” Si avvicinò lentamente verso il ragazzo e sorpassandolo gli chiese: “Ti andrebbe di venire con me a fare una passeggiata?” Lo invitò.
“Oh, ma certo!” E la raggiunse felice nel passare del tempo con Saori.

Durante il tempo che avevano trascorso insieme per via delle battaglie combattute insieme, tra di loro si era creato un rapporto speciale, ma non si trattava di amore, almeno dalla parte della Dea. In verità aveva creato un legame speciale anche con gli altri cavalieri di bronzo e voleva loro molto bene, come ne voleva anche agli altri ma con loro cinque era diverso poiché fin da subito sono sempre stati al suo fianco.
Durante il tempo trascorso parlottarono del tempo e cose di tutti i giorni e mentre lo facevano camminarono per quasi tutto il Santuario e durante il loro passaggio, anzi, al passare della Dea Athena gli abitanti si inchinavano in segno di riverenza.
Shaina mentre si stava avviando insieme a June all’agorà, notò il passaggio dei due e la Silver Saint si fermò di colpo e con lei pure la bionda poiché di era scontrata con la sua schiena. La Bronze  Saint cercò di intuire lo stato d’animo della sua amica; sapeva che Shaina provava qualcosa per Seiya, ma pensava che fosse solo una cosa passeggera, ma a questo non seppe darsi delle rispose perché aveva timore di parlare a sproposito in quell’istante. E poi la reazione che aveva avuto era abbastanza intuibile cosa provasse, o almeno credeva così.
Shaina dal canto suo provava un po’ d’invidia verso Saori, non per il suo ruolo di Dea sia chiaro ma per il fatto che Seiya le stesse vicino; aveva provato a cancellare questo tipo di sentimenti ma non ci riusciva, eppure era una ragazza determinata e arrendersi così non le sembrava il caso, ma non poteva certo sopprimere tutti i sentimenti.

“Shaina...” Cercò di richiedere la propria attenzione in modo da distrarla.
“Ah, sì… Andiamo.” Così le due abbandonarono i campi d’addestramento.



*
Michael: la pronuncia del nome è Micael, come è intuibile dal nome viene preso dall'arcangelo Michele.

Note dell'autrice: Eccomi qua! Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, lo so che non è successo quasi nulla ma prima di entrare nel vivo della storia vorrei prima 'presentare' i vari personaggi della fanfiction, spero che non vi dispiaccia! E vorrei ringraziare chi legge la fict, la recensisce e chi la mette tra i preferiti e le sseguite, grazie davvero!

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Capitolo 3
*** I primi segni ***


Erano ormai le dieci di sera ad Hallein, in Austria, e Edgard aveva invitato il suo amico Michael a passare una serata insieme a casa, o meglio: Michael aveva forzatamente chiesto, dopo esasperanti richieste, di essere invitato per far sì che il suo amico studiasse. Così avrebbe recuperato il votaccio che aveva ricevuto nella verifica di economia.
Ormai il castano non ne poteva più di studiare; non era il tipo, avrebbe preferito fare tutt’altro, tipo uscire e divertirsi, che rimanere rintanato in casa ad arrovellarsi il cervello, ormai gli stava per scoppiare la testa!
Però Michael era un ragazzo dotato di grande pazienza, di conseguenza non badava più di molto a quello che diceva o alle lamentele del suo amico, per cui continuava a fargli ripetere la materia in questione, anche se certe volte era veramente una vera e propria impresa. E chissà se sarebbe riuscito a fargli entrare qualche cosa di economia, pensò il povero biondo.

“Bene, per ora abbiamo finito. Mi raccomando Ed, ripassa domani, eh?” Chiuse il libro che teneva in mano e lo poggiò sulla scrivania. Dopo di che si alzò e si stiracchiò siccome era rimasto quasi tutto il tempo seduto.

Edgard invece era rimasto ad osservare i fogli davanti a lui, ma con sguardo vuoto, stava pensando  non alla materia, ma a tutt’altro. Chissà a cosa, si disse mentalmente Michael. Dopo qualche minuto gli rispose: “Evviva! Non ne potevo più!” Si alzò di scatto e buttò con mala grazia la penna che teneva in mano sulla scrivania.
“A cosa pensavi?” Chiese curioso Michael mentre si liberava dell’elastico, lasciando cadere i capelli che gli arrivavano fino alle spalle.
“Mah, a nulla; le solite cose” Fece un gesto di stizza.
Micheal fece spallucce. “Comunque io vado Ed, ci sentiamo domani a scuola, notte” Prese lo zaino e salutò con mano il castano.
“Aspetta, ti accompagno.”
“Ma la conosco la strada, tranquillo” Disse gentilmente, non voleva scomodare il suo amico.
“Nono, ti accompagno o mi offendo!” inclinò lievemente la testa e lo guardò con uno sguardo semi serio per via del suo sorrisetto.
“Va bene” Rise sommessamente.

Anche se Edgard non era il massimo della cordialità in alcune occasioni, con Micheal tentava di esserlo, in fondo era l’amico a cui teneva maggiormente e sarebbe stato terribile se l’avrebbe perso per via dei suoi modi. Così l’accompagnò alla porta e lo salutò, poi il moro se ne andò in cucina a sgranocchiarsi qualcosa.


Notte fonda.

Gli unici rumori che si potevano percepire erano quelli delle lancette della sveglia del ragazzo che dormiva beatamente sul proprio letto, la stanza era sommersa nel buio completo, se non per la piccola luce proveniente dal televisore e quella dei lampioni che filtrava tra le tapparelle.

Edgard in quegli istanti sembrava un piccolo bambino indifeso, rilassato com’era tra le calde coperte del proprio letto; come quando era piccolo, dove il suo unico problema erano se i suoi genitori gli compravano quello che desiderava o no. E non doveva andare a scuola, soprattutto quello.
Qualche minuto più tardi Edgard si svegliò tranquillamente e si scompigliò maggiormente i capelli dopo essersi grattato la testa, gli occhi li teneva ancora socchiusi e si stiracchiò facendo un grosso sbadiglio che andò a riempire la camera.
Dopo aver aperto gli occhi cercando di vedere nell’oscurità della stanza, andò a sbirciare la sveglia per scoprire che orario era e prendendola tra le mani si accorse che erano quasi le tre del mattino. Si lamentò tramite un piccolo sbuffo, dopo di che si alzò dal letto per andare in cucina a bersi un bicchiere d’acqua.
Anche per il resto della casa non si udiva nulla, era una calma quasi irreale poiché durante il giorno c’era sempre un po’ di trambusto, anche se magari a livelli molto bassi. Dopo essersi dissetato ritornò nella sua amata stanza a riprendere il sonno, appena si mise sotto le coperte dal nulla gli apparve la sagoma di un volto a qualche centimetro di distanza tra la fine del letto e la sponda destra.
Edgard si prese un mezzo infarto che gli fece mancare l’aria per qualche secondo, e si sedette di scatto. Sembrava che il suo cuore da un momento all’altro stesse per esplodere da quanto batteva forte, eppure era un allucinazione, si disse mentalmente; cose di questo tipo non gli comportavano mai reazioni del genere. Forse lo era causato perché era notte fonda, forse…
Una manciata di minuti dopo che si fu calmato ed ebbe controllato la stanza guardando sia a destra che a sinistra, si sdraiò cercando di addormentarsi, sperando di non avere nuove allucinazioni.

Il mattino e buona parte della giornata procedettero normalmente come le altre, se non per  una strana sensazione di pesante dalla parte del collo e schiena che gli facevano perdere la concentrazione più del solito. All’inizio non sapeva come spiegare il perché, ma alla fine optò per il fatto che aveva dormito male o che stava iniziando a covare l’influenza.

A inizio del secondo intervallo appoggiò la testa sulla superficie del proprio banco, anche se era già occupata dal quaderno e libri vari e cercò di rilassarsi, nonostante il chiasso.
Micheal invece non si accorse dello stato del suo amico, anche perché non si notava molto ed era stato impegnato a seguire la lezione  o per altre faccende, perciò appena iniziò la pausa uscì dall’aula per farsi una piccola passeggiatina per i corridoi, finché non si imbatté su Anna.

“Ehy” Fu la ragazza a parlare per prima, fermando Micheal per la spalla.

Il giovane si voltò tranquillamente e rimase sorpreso: “A-Anna” Non era solito per loro due parlarsi, specie se non erano in compagnia di Edgard, per questo era un po’ imbarazzato. “Tutto bene?”
“Sìsì… E che… è da stamattina che non vedo Edgard… Gli è successo qualcosa?” Chiese.
“Ehm.. non ti ha ancora importunato oggi?” beh, in fondo era il termine giusto da usare; da quando la ragazza davanti a lui gli aveva urlato di tutto Edgard cercava in tutti i modi di riappacificarsi con lei, anche se con scarsi risultati.
“No. E’ per questo che ti ho fermato; sai com’è dopo un po’ ti ci fai l’abitudine.” Spiegò tranquillamente facendo spallucce. Poi le venne un’idea un po’ ridicola, ma la disse lo stesso: “Non è che ha iniziato a frequentare un’altra ragazza?” Guardò in maniera molto seria Micheal.
“Cos-No! Non lo farebbe mai…. E poi… magari è solo per oggi. Dai.” Anche se non lo mostrava Micheal ne era felice poiché c’era ancora qualche speranza per il suo amico.
Annuì a quelle parole “Mh, mi fido. Vabbeh, ti lascio, ci si vede in giro” E si allontanò per ritornare dalle sue amiche.
Il biondo fece un sospiro di sollievo e fece dietro front per ritornare in aula e parlare con Edgard, appena si avvicinò a lui lo scosse lievemente, in modo da richiedere la propria attenzione “Ehy Ed, tutto bene?”
“Mh, lasciami” Con la mano sinistra cercò di  scacciarlo via infastidito nell’essere disturbato.
Micheal non ci rimase male perciò continuò ugualmente: “ Sai... Anna mi ha cercato e chiesto di te, forse è la volta buona che ti perdona!” Disse con entusiasmo.
“Ah… bene… Però ora lasciami che son stanco.” Cercò di farlo allontanare.
“Ma tra pochi minuti inizia la lezione…” Disse con un tono un po’ rattristato.
“Fa lo stesso; vorrà dire che mi sveglierò a quel tempo.” Lo liquidò.
Il biondo fece un’espressione preoccupata e si allontanò fino ad arrivare al proprio banco e si sedette. Rimase ad osservare il moro, non era da lui comportarsi in quel modo se si trattava di Anna, forse si era svegliato col piede sbagliato. Pensò.

Kanon quel giorno aveva deciso di allenarsi da solo e poiché non voleva nessuno trai piedi pensò che il posto migliore per fare un po' di allenamento fosse la prateria, una modesta area verde nei confini ovest del Santuario. Un luogo adatto per lui in quanto non amante della compagnia.
Era una giornata mite: poche nuvole coprivano il cielo azzurro e la quiete veniva interrotta solo dagli cinguettii degli uccelli.
Poggiò una bottiglietta d'acqua sotto l'ombra di un albero ed iniziò ad allenarsi, man mano che il tempo passava il sole saliva più in alto in cielo facendo capire che ormai era mezzogiorno, ma non se ne preoccupò poiché aveva deciso di saltare il pranzo, per pensare esclusivamente agli allenamenti.
In quel momento della giornata il sole picchiava più forte e, di conseguenza, il cavaliere di Gemini sudava maggiormente. I ciuffi di capelli davanti erano appiccicati al viso e la maglietta bianca era ormai aderente e facevano mostrare il corpo scolpito frutto dei vari anni di allenamento e battaglie. Nonostante il male fosse stato sconfitto dopo la morte di Hades, Kanon preferiva non poltrire anche perché non gli si addiceva per nulla.
Se fosse stata una persona socievole, forse, avrebbe fatto conoscenza di altre persone anziché fare l'asociale e starsene lì da solo, ma era difficile per lui rapportarsi con gli altri. Saga era quello più socievole e cordiale.
Saga... Era da molto che non pensava a lui; avrebbe preferito che avesse vissuto lui al suo posto, sicuramente se lo meritava più lui questa vita di pace, ma il fato aveva deciso così e non restava che andare avanti.
Ad un certo punto sentì un cosmo familiare avvicinarsi al posto e quando la figura uscì dalla boscaglia ebbe conferma: era il cavaliere di Andromeda.

“Oh.... Scusa...” Disse mortificato il giovane dai capelli verdi.
Kanon, che nel frattempo aveva smesso di allenarsi, stava raggiungendo un albero dove aveva posto vicino la bottiglietta d'acqua “ E perché?” Aprì la bottiglia e ne bevve un sorso.
“Per aver interrotto l'allenamento...” Rispose.
“Mft... Non c'era bisogno. Avevo deciso di prendermi una pausa.” Posò la bottiglietta a terra e si tolse la maglietta sporca di sudore “Non sapevo che venissi in questo posto”
“In effetti non ci vengo molto spesso, di solito quando ho voglia di starmene un po' da solo per conto mio.” Spiegò tranquillamente.
“Capisco” Si allontanò dal tronco e si rimise ad allenarsi.

Shun invece si sedette all'ombra di un albero rimanendo a guardare il Gold Saint in silenzio. Come altri giorni, aveva preferito rimanersene da solo e dato che si trovava da quelle parti andò nella prateria a pensare.
Appoggiò la schiena sul tronco dell'albero ed osservò Kanon allenarsi e lo studiò.
Shun immaginava che sotto quella scorza di durezza ci fosse in fondo una persona gentile, un po' come Shaina, anche se lei quel suo lato lo aveva dimostrato diverse volte, soprattutto per la difesa di Seiya.
Per quando potessero essere simili, o almeno così la pensava Shun, Shaina e Kanon non si potevano soffrire e questo era ormai un dato di fatto al Santuario e alle nuove reclute: venivano persino avvisati dai loro compagni d'addestramento più anziani.
Da due anni ormai  andava questa storia e si domandava se mai un giorno avrebbero risolto le loro divergenze, ci aveva provato pure lui una volta ma fu invano. Ma di certo non aveva  perso la speranza.
Beh, un fatto positivo c'era: movimentavano la vita al Grande Tempio. Non che fossero noiose le giornate sia chiaro, ma a volte erano pure divertenti.
Chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò.

 
Verso il tramonto Shun si svegliò a causa della voce dell'ex Generale Sea Dragon che lo invitava ad alzarsi, quando aprì gli occhi si ritrovò davanti un Kanon circondato dalla luce del sole che stava tramontando, e tutta quell'aurea di luce sembrava un dio disceso dal cielo. Sebbene Kanon avesse trent'anni ne dimostrava meno, quasi ventisei, almeno era quello che pensava il Bronze Saint.
Il ragazzo rimase ad osservarlo per diversi secondi arrossendo leggermente.

 “Tutto bene?” Chiese il Gold Saint.
“Eh? Oh sì...” Si alzò da terrà pulendosi i pantaloni dall'erba. “Come si è fatto tardi, grazie per avermi svegliato”
“Di nulla.” Sorpassò l'adolescente per dirigersi  verso la sua casa, Shun lo seguì poco dopo.

Mentre camminavano alcune sacerdotesse guerriero si imbambolarono alla vista di Kanon a petto nudo e mezzo sudato, il Gold Saint era indubbiamente uno dei uomini più belli che calpestavano il Santuario e in quello stato era qualcosa di irresistibile per le donne, beh, una buona parte. A parte Shaina che stava passando da quelle parti per andare nella sua stanza nel dormitorio femminile.
Cosa ci provavano  quelle donne per un tipo come lui doveva ancora capirlo, però almeno da quel che sapeva non era un tipo come Milo. Qualcosa di positivo almeno ce l'aveva.
Nel breve istante in cui incrociarono gli sguardi, Kanon diede sfoggio ad un sorriso beffardo, come una sorta di sfida personale.
Shaina, con uno sonoro sbuffo se ne andò a passo svelto verso il dormitorio.




Note dell'autrice:
Lo so che questo capitolo è molto pro Kanon o almeno dal punto di vista di una fangirl, ma non ho saputo trattenermi u__u. La storia inizia lievemente a smuoversi e spero che vi piaccia! E Anna non doveva neanche comparire in questo cap, vabbeh °_°' E mi scuso del cap corto, ma non sapevo che scriverci ;O; e non mi piace neanche molto com'è venuto, vabbeh D: Alla prossima E come sempre ringrazio chi recensisce, legge, la mette tra le Preferite/Seguite/Ricordate, un grazie di cuore, mi rendete felice ç_ç

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Capitolo 4
*** Il tempo è giunto, Edgard! ***


Shun si fermò un attimo, giusto per vedere in che direzione stesse andando Shaina che camminava a passo spedito verso il dormitorio, da quanto aveva osservato in quell'istante: per un attimo gli sembrò che al Cavaliere di Ofiuco i capelli avessero assunto vita propria da come si erano raddrizzati e mossi senza alcuna logica apparente, o forse era meglio dire che avevano preso ad 'ondeggiare' come serpenti, come i capelli della Gorgone Medusa. Sbatté un paio di volte le palpebre a quella visione: sarà stata sicuramente un allucinazione, pensò Shun. Improvvisamente qualcuno lo chiamò facendogli cambiare oggetto della sua attenzione, ovvero una voce femminile a lui familiare, la sua amica June.
Il Bronze Saint rivolse lo sguardo alla ragazza bionda mentre si avvicinava all'amico, poco prima di sorpassare Kanon, che stava avanzando verso la sua casa, fece un piccolo inchino in segno di rispetto, poi continuò a correre, raggiunto Shun si fermò.
Aveva il fiatone.

Tirò un sospiro di sollievo, finalmente l'aveva trovato. “Eccoti, ti stavo cercando da un bel po', ma dov'eri finito?” Chiese June con tono leggermente sfiancato ed esasperato, dato che aveva girato per tutto il Santuario e Rodorio come un’ossessa.
“Perché mi cercavi June?” Chiese un po' tra il preoccupato e il curioso, doveva essere qualcosa d'importante probabilmente, pensò.
“Non mi hai-Vabbeh! Volevo sapere se saresti venuto con noi a Rodorio.”
Il giovane Shun ci pensò un attimo prima di parlare, “Noi chi?”
June rispose prontamente: “Beh, io, Hyoga, Seiya e gli altri Bronze...”
Shun ci pensò un po' prima di  decidersi, non che non avesse voglia dopo tutte le battaglie affrontate in precedenza un po' di divertimento se lo meritavano, poi ora che c'era la pace non vi era motivo di preoccuparsi nel caso qualche nemico attaccasse il Santuario e facesse del male a Saori. “Ok, verrò con voi!” sorrise annuendo.
“Ottimo!” Esclamò la bionda, si guardò attorno come se cercasse qualcuno. “Uff che peccato, se n'è andato...” Disse mezza sconsolata.
“Che succede June?” Domandò.
“Mi chiedevo se anche al cavaliere di Gemini, Kanon, sarebbe piaciuto venire con noi, ma non c'è!”
“Non credo che a Kanon sarebbe interessato venire con noi, June. Fidati.” Sorrise alle proprie parole, non sconosceva bene il cavaliere di Gemini ma sapeva che non era il tipo da uscite in gruppo et similia.
June invece rimase interdetta dalla sua frase, ma fece spallucce. “Se lo dici tu, Shun, allora ti credo. Andiamo?” La Bronze Saint le porse la mano. Il ragazzo dai capelli verdi prontamente annuì e prese la mano della bionda, dopo di ché seguì al di fuori del Santuario.

Nel giro di qualche istante il tramonto era quasi scomparso per dare spazio al cielo notturno, tant'è che ormai erano apparse le prime stelle, un piccolo ricordo affiorò alla mente del Gold Saint di Gemini llegato a quando era ancora un bambino, nel periodo in cui lui e Saga andavano d'accordo e i problemi erano una cosa lontana. Avevano sei anni, se lo rimembrava perfettamente, erano i primi tempi in cui stavano al Santuario, sotto la protezione di Shion, allora Gran Sacerdote del Grande Tempio…

Era quasi tramontato il sole ed erano apparse le prime stelle del firmamento, Saga e Kanon erano seduti su degli scalini che avrebbero portato verso l’acropoli, alzò lo sguardo verso cielo. Saga gli disse che se si vedeva la prima stella per primo, si poteva esprimere un desiderio, in quel momento ne erano presenti due o tre, allora, insieme, espressero un desiderio per ognuno, Kanon, curioso di sapere cosa avesse chiesto il fratello gli chiese cosa aveva richiesto alla stella, ma lui prontamente rispose: ”Non te lo dico e sai perché?” Diede uno leggero sguardo al fratello per poi ammirare il cielo farsi scuro. “Perché sennò il desiderio non si avvererà!” Kanon fissava il fratello e annuì comprensivo anche se era curioso di scoprire cos’era.

L'aria si era fatta più fresca del solito e un leggero venticello faceva muovere i fili d'erba e le foglie degli alberi, Kanon ormai era quasi giunto alla sua dimora, in quella scalinata, oltre al rumore dei suoi passi, non si udiva alcun suono che provenisse da una delle case vicino, se fosse stato un tipo sentimentale avrebbe detto che tutto questo fosse malinconico. Chissà se le undici case vuote sarebbe state occupate da dei nuovi cavalieri; Seiya, Hyoga, Shiryu, Shun e Ikki erano dei validissimi candidati, ma a quanto pare la sua Dea non li riteneva adatti, o chissà cos’altro avesse in mente per loro.
Entrando nella Terza Casa di cui era custode Kanon, udì chiaramente che dentro a quella dimora vi regnava il silenzio più assoluto e dava ad un aspetto quasi spettrale alla casa, anche se non avrebbe mai superato la Quarta sotto quell’aspetto, sebbene ormai il suo custode fosse assente da molto tempo. I suoi passi rimbombavano per tutta l’entrata del tempio che era austero, quasi privo di ogni decorazione, non si era preso neanche la briga di accendere la luce anche se non serviva; la luce esterna arrivava persino dentro la casa per via dell’entrata.
Ormai aveva quasi raggiunto le sue stanze private e dentro vi era la completa oscurità, ma il Gold Saint sapendo a memoria la sua abitazione non aveva problemi ad orientarsi, appena ci arrivò vicino ad una porta l’aprì e quando entrò nella stanza, accese la luce; con la ristrutturazione del Grande Tempio avevano modernizzato l’impianto elettrico che prima si trovava solo in alcune stanze.
Dopo di ché si ritirò in bagno per lavarsi e poi si sarebbe rifocillato.


Intanto, a Rodorio, in uno dei bar del centro cittadino vi si trovavano alcuni Saint di Athena e Seika. Rodorio faceva parte del mondo segreto dei Saint. O meglio, era una specie di confine tra due mondi, ossia quello moderno e quello cosiddetto ‘Antico’; era l’ordine del giorno vedere delle ragazze col volto coperto da una maschera, oppure ragazzi con indosso delle armature. Quella sera il bar era pieno di gente e la maggior parte proveniva dal Santuario per trovare un po’ di svago, Seiya e gli altri avevano trovato un tavolo verso il fondo del locale per starsene un po’ tranquilli per i fatti loro. Tutto era nella normalità, il piccolo gruppo parlava e scherzava, in apparenza potevano sembrare dei ragazzini normali anche se non erano così.
June era felice nel fatto di non essere l’unica ragazza del gruppo, perché se fosse stato così non avrebbe accettato l’invito: non che avesse paura che le facessero qualcosa, sia chiaro, soprattutto Shun che lui non avrebbe fatto male neanche ad una mosca, ma si sarebbe sentita fuori luogo; peccato che con loro non ci fossero Marin e Shaina, ma da quel che aveva capito erano stanche e necessitavano di riposo.
I Ragazzi del gruppo stavano parlando del più e del meno, ricordando qualche aneddoto del passato, anche se ogni tanto scendeva il silenzio per via di alcuni ricordi tristi e degli amici che avevano perso durante le varie battaglie, ma poi tutto ritornava come prima poiché ormai era inutile rimpiangere il passato. L’unico che invece era rimasto quasi sempre giù di morale era Shun. Hyoga e Seiya, vedendo il loro amico malinconico, cercavano di fargli passare quel sentimento negativo.
Seika dal canto suo era felice di passare il tempo con loro, soprattutto col fratellino; si ricordava ancora il periodo di quando era una bambina, dove i ragazzi ora presenti con lei (escludendo June) passavano le giornate a divertirsi in villa Kido.
In quel momento stava meditando alle parole pronunciate da Marin qualche giorno fa, ovvero quelle di trasferirsi al Santuario. Sarà stata l’aria di allegria a farle venire la pulce nell’orecchio, eppure era stata ben chiara le precedenti volte con se stessa e gli altri: non aveva nessuna intenzione di alloggiare alla Tredicesima Casa, specie se vi era pure la presenza della nipote di Matsumada Kido.
Sicuramente le sarebbe passata, una bella dormita ed avrebbe risolto tutto.

“Ma qualcuno sa qualcosa di Shinryu?” Chiese improvvisamente Nachi, mentre prendeva qualche stuzzichino.
“Da quanto ne so” iniziò a parlare Seiya, “E’ in Cina con ShunRei, ovviamente!” E rubò da sotto il naso il salatino a Nachi e se lo trangugiò. Il Bronze Saint del Lupo lo guardò malissimo e lo fulminò con lo sguardo. Il Saint di Pegasus gli fece la linguaccia in tutta risposta.
“Iniziavo a sentire la sua mancanza, non si fa sentire molto spesso.” Commentò Ichi ridacchiando.
“Già! Potrebbero venire qua al Grande Tempio, pure ShunRei; è una ragazza così cara!” Propose Seiya, appoggiando le mani sul bordo del tavolo.
Jabu rispose prontamente: “ Certo, e poi? Manco fosse un albergo il Santuario; perché non invitiamo pure qualcun altro! Chessò: i clienti di questo locale!”
Seiya si voltò di scatto verso il Saint dell’Unicorno. “Ho detto solo di invitare la fidanzata di un nostro amico e compagno, manco invitassi chissà chi!” Gli rispose stizzito.
“Dai ragazzi, vi sembra il momento di litigare? Ci dovremmo divertire piuttosto, siamo qui per questo, no?” Intervenne June, ci mancava solo che rovinassero la serata. “Vero Marin? Oddio… Lapsus, volevo dire: Seika?” Arrossì da sotto la maschera, che figura; ci mancava solo questo!
“Non ti preoccupare, cose che succedono.” La tranquillizzò sorridendole, poi aggiunse tranquillamente: “Ha ragione June, sarebbe meglio evitare di litigare in queste uscite.” Guardò attentamente i due Bronze.

Così i due si calmarono ed a unisono presero il loro bicchiere e si bevvero il contenuto quasi con foga, finendo per andare di traverso, gli altri risero di gusto alla scena.
Seika pensò che quella scena fosse mandata quasi da qualche entità superiore, insomma; stava meditando sul fatto di trasferirsi al Santuario per stare più vicina a Seiya e ora? Si ritrova questa scena con Jabu che, giustamente diceva che il Santuario non era un albergo. Forse erano segni del destino… Prese tra le mani sul bicchiere e rimase a fissare il liquido contenuto dentro.



Con una lentezza disarmante Edgard spense la sveglia.
Non ne aveva proprio voglia di alzarsi, colpa dei stupidi sogni che lo perseguitavano una notte sì e le altre quattro pure; erano nottate che li faceva. E gli erano comparse pure le occhiaie per quanto non riusciva a riposare a sufficienza.
Con tutta la forza che possedeva in corpo si alzò dal letto e andò a prepararsi per andare a scuola, magari era la volta buona che si sarebbe confidato con Micheal su questa faccenda, se non andava errato lui sapeva i significati dei sogni, perciò appena lo beccava gliene avrebbe parlato.

Appena uscito di casa si apprestò a camminare alla svelta, in modo da poter trovare subito il biondo amico e potergli parlare.
Nel giro di un quarto d’ora arrivò all’edificio scolastico e si direzionò verso la propria aula, ovvero al secondo piano a qualche metro dopo le scale, appena vi entrò non lo trovò, anzi, era il primo ad essere entrato nella stanza, non c’era neanche il professore. Edgard fece un espressione triste, sembrava un cucciolo bastonato o forse un panda, per via delle occhiaie.
Raggiunse il proprio banco e ci appoggiò la tracolla e la sua giacca, poco dopo uscì dalla classe si fece un giro per il piano, da quanto osservava vi erano ancora pochi studenti in giro e la cosa lo stupiva, poiché in tutti quegli anni era probabilmente la prima volta che arrivava così in anticipo in tre anni di scuola superiore. Forse l’influenza positiva di Micheal si faceva sentire.
Già, dove cavolo era? Solitamente, da quando diceva, era uno dei primi ad arrivare… Magari era appena entrato mentre lui si stava facendo la sua passeggiatina, per cui fece marcia indietro e si incamminò  nella propria aula. E proprio quando stava per superare la soglia una mano fredda e femminile lo bloccò per una mano.

“Buh!” Disse in tono scherzoso la presenza femminile.
Edgard rabbrividì leggermente a quel contatto e voltò verso la figura: “Ciao.” Sorrise felice.
“Ciao!” Ripeté lei e lo baciò sulla guancia sinistra. Edgard arrossì lievemente; era felice di essere tornato insieme ad Anna dopo quel litigio e le cose sembravano tornate nella normalità, poi la castana disse: “Non è da te arrivare così in anticipo, che ti è successo?”
Il ragazzo rimase qualche secondo in silenzio e le rispose: “Bah, così!” Fece sul vago.
Lei inarcò le sue sopracciglia sottili e l’osservò meglio e con una mano andò a toccargli le occhiaie, facendo attenzione a non fargli del male agli occhi. “Queste occhiaie fanno paura Ed, sei sicuro di dormire a sufficienza?” Gli chiese in tono preoccupato.
“Sìsì! Non ti preoccupare.” Cercò di tranquillizzarla.
“Se vuoi ti posso dare una sistemata, non so… ti metto un po’ di fondotinta!” E ad Anna gli occhi si illuminarono in una luce molto inquietante ad Edgard.
“NO, ti prego! Non voglio essere truccato che poi che figura ci faccio?” Si disperò il povero austriaco.
“Beh, dai! Una volta si truccavano pure gli uomini sai? Ritorni solo a delle vecchie tradizioni.” Cercò di convincerlo facendo l’occhiolino.
“No.” Rincarò serio ed imbarazzato al contempo. Non aveva alcuna voglia di essere truccato, specie in un edificio pubblico come la scuola, preferiva sembrare un panda anziché venire deriso da tutti e preso per quello che non era.
“Daii!” Cercò di far maggior leva, sbatté le ciglia più volte e con la mano strinse maggiormente quella del suo ragazzo, quasi da fargli male.
Edgard spalancò li occhi dal dolore che stava subendo, certe volte Anna era terribile quando si impuntava su certe faccende. Il povero ragazzo dal canto suo faceva quel che poteva per non far arrabbiare lei, però questa era una situazione molto diversa a detta sua, in quel momento avrebbe tanto voluto piangere. Dov’era Micheal quando ne aveva bisogno? Lo pensò intensamente, o almeno cercava di richiamarlo in qualche maniera per farsi che gli potesse salvare la vita; non voleva certo morire giovane. Si voltò un attimo e come una manna venuta dal cielo vide il suo amico tutto allegro e con lo sguardo da beato avvicinarsi a loro, e li salutò con un accenno alla testa, sempre felice, l’austriaco con una velocità impressionante bloccò il biondo per lo zaino. “Michael” Disse in un tono quasi strozzato, il suo amico lo guardò stranito.
“Sì?” Li guardò entrambi, Anna sembrava preda a qualche tipo di problema delle palpebre degli occhi da quanto le sbatteva e Edgard cercava di dirgli qualcosa, ma cosa?
La ragazza del trio si voltò di scatto verso il biondo. “Oh, ciao!” Gli parlò con tutto il tono più dolce possibile, ai due ragazzi vennero dei brividi lungo la schiena. “Dillo anche tu a Ed che è meglio che si trucchi! Guarda con che occhiaie si ritrova!” Il castano faceva cenno di no con la testa, desiderava tanto non essere truccato.
E da lì Micheal capì la situazione! “…” Non sapeva che dire. “Beh… Secondo me sta meglio così! Li danno un’aria di… Maturità!” Sparò a caso, voleva tanto sprofondare nel pavimento.
“Visto? Sembro più maturo!” Cercò di mollare la pressante presa; ormai non sentiva più la mano! Nel frattempo il piano si stava riempendo di gente, segno che ormai stavano per iniziare le lezioni.
Anna mollò la presa e Edgard cantò un Alleluia mentale, “Per ora passi.” Disse. Salutò i due e se ne andò nella propria aula.
“Grazie al cielo che sei arrivato tu!” Lo ringraziò e lo seguì mentre Micheal appoggiava la sua roba nel proprio posto.
“Non c’è di che!” E si sedette.
“Comunque volevo chiederti un altro favore..”
“Ovvero?”
“… Non è proprio il luogo adatto però ecco… E’ da un po’ di giorni che faccio degli strani sogni e dato che tu sai il significato di essi… Mi chiedevo se tu…”
“Che io ti dica il significato? Ok.” Gli finì la frase con tutta tranquillità.
“Davvero? Oh grazie! Son giorni che non riesco a dormire decentemente per via di questi maledetti sogni!”
“Eh, si vede!” Osservò l’amico. “Comunque riprendiamo dopo allora! Che è appena suonata la campanella.”


Finita la scuola e dopo aver salutato Anna, i due amici fecero la strada per il ritorno e nel mentre Edgard iniziò a parlare del problema:

“Ti dicevo: Son notti che mi sogno più o meno le stesse cose.” Spiegò.
“Ovvero?”
“Beh… Sogno di essere nell’Antica Grecia… E che combatto contro una donna...” Si grattò la testa in segno di imbarazzo.
“E da quanto tempo li fai questi sogni?” Chiese curioso.
“Da circa due settimane.” Gli rispose, avrebbe voluto dirgli che è da quando ha visto quella strana allucinazione che li fa, ma lui di questo non ne sapeva nulla.
“Capisco.. e poi c’è dell’altro?”
“Sì… Poi ogni tanto cambio scenario e mi ritrovo in un posto arido, e poi in un deserto in compagnia di altre persone con delle armature.”
Micheal si voltò sgranando gli occhi verso il suo amico “… Prima eri in Grecia e poi a fare delle crociate?” Ci scherzò un po’ su.
“Divertente.”
Ridacchiò “Scherzavo! Comunque al momento non saprei Ed..”
“Fa nulla.” Fece spallucce. “Beh, io sono arrivato, al massimo ti telefono, ci sentiamo!” Ed entrò dentro un piccolo condominio.
“Ciao!” Lo salutò con una mano.

Alla fine Ed trascorse una giornata abbastanza piacevole, alla sera si andò a ritirare in camera propria, per poter dormire e possibilmente riuscire a non sognare. Dopo essersi cambiato si mise sotto le coperte e spense la luce e si accoccolò per bene, era mezza notte passata.
Proprio quando stava per prendere sonno qualcosa lo turbò, non sapeva il perché ma gli sembrava già di conoscere quella strana sensazione, si sentiva osservato, con un po’ di timore cercò di accendere la piccola lampada del comodino.
E la luce si accese, e non era stato lui. La cosa lo paralizzò.
Si spaventò ulteriormente quando avvertì uno strano odore nell’aria; gli sembrava odore di bruciato, scartò immediatamente l’idea che la madre potesse aver bruciato qualcosa anche perché e era in salotto insieme al padre a guardare la TV.
Con un po’ di coraggio e un profondo respiro si voltò nella direzione dei piedi del letto e sbiancò letteralmente.

“Ciao Edgard, Il tempo è scaduto; i nove anni sono passati e ora e il tempo che mi prenda quello che era negli accordi.”

E fu così che Edgard si ricordò di tutto e sapeva che non poteva fare più nulla per tornare indietro.



Note dell'autrice: Prima di tutto mi scuso per il capitolo forse un po' frettoloso >-< ma volevo finirlo di scrivere entro sera! E spero che vi sia piaciuto e che non l'abbiate trovato noioso. Ed ecco che possiamo dire che è finito questo intro di 4 capitoli! XD D'ora in poi spero di fare capitoli più interessanti! E come al solito Anna non doveva starci nel capitolo ma è finito così omg °-°.... Ho voluto inserire pure i bronzini meno citati nelle fict per il semplice fatto che mi dispiace che siano un po' bistrattati! XD E come al solito ringrazio chi mi legge, recensisce e mette la mia fict tra i Preferiti/Seguite/Ricordate! Un grazie di cuore e alle risposte alle recensioni ci penserò domani, ora son stanca >-<
EDIT: mi sono dimenticata di dire una cosa! Il pezzo del ricordo di kanon l'ho lasciato corto per una ragione, cioè che voglio riprendere anch in altre parti il loro rapporto

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Capitolo 5
*** La Lamia ***


 

Quella mattina Saori si era svegliata in maniera abbastanza tranquilla, come ormai accadeva da molti mesi d’altronde, ed aveva deciso di farsi portare la colazione a letto con  quotidiano annesso, giusto per tenersi informata su quello che accadeva nel mondo.
Quando le era arrivato il vassoio con sopra il cibo aveva dato un leggero sguardo all’orologio che segnavano le 9:42 del mattino, dopo di che iniziò a mangiare. Mente si gustava il pasto aprì il giornale e sfogliandolo arrivò ad una notizia che riguardante l’Iraq; non era la prima volta che si riportavano notizie riguardo quel paese nell’ultimo periodo. Infatti vi erano stati dei lievi terremoti nelle vicinanze della capitale e non solo, pareva che il tasso degli incidenti e delle morti fossero aumentati, c’era chi che credeva che fosse terrorismo, altri l’inquinamento. 
Saori invece non credeva a nessuna delle due ipotesi; era già da qualche tempo che sentiva una sorta di campanellino d’allarme nella sua testa quando leggeva notizie riguardanti a quel paese arabo, ma non sapeva come interpretare quella sua sensazione. Pensava che era meglio non ignorare e magari fare qualcosa al riguardo, se poi si fosse trattato di un buco nell’acqua pazienza, almeno si sarebbe tolta ogni dubbio al riguardo. Più tardi avrebbe chiamato Tatsumi e gli avrebbe ordinato di fare qualche ricerca approfondita riguardante l’Iraq.
Qualche ora prima…
“Tesoro tutto bene, non è che hai la febbre?” Chiese Ingrid preoccupata per il suo unico figlio. Era da quando era andato a svegliarlo che lo vedeva sempre teso, con un colorito molto pallido e tremante. E la cosa strana era di averlo trovato già pronto per uscire; era seduto sul letto che fissava il vuoto davanti a sé. Cosa mai successa se non quando da bambino gli avevano promesso che il giorno successivo sarebbero andati al Luna Park per un’intera giornata.
“…” Edgard stava fissando la tazza contenente il suo tè ormai diventato tiepido.
“Tesoro?” Gli domando ancora una volta, appoggiandogli una mano su una spalla.
“AH!” Sussultò spaventato nel sentire la mano di sua madre. E si sentì come svegliato dopo un lungo stato di coma, o almeno così sembrava a lui.
“Tu non stai bene… Ora vado a prendere il termometro così vediamo quanto hai di febbre.” Disse inarcando una sopracciglia, e si avviò verso il bagno.
“NO! Sto benissimo, lo giuro!” Si alzò di scatto. “Ora vado a scuola, sìsì!” Si diresse si corsa verso l’uscita dove aveva appoggiato lo zaino e la giacca.
No, questo era veramente strano. Fin dai tempi dell’asilo Edgard aveva sempre odiato qual si voglia di tipo di edificio educativo, e vederlo che aveva fretta per andarci la faceva preoccupare. “Edgard!” E sentì sbattere la porta di casa; suo figlio era uscito. Tirò un sospiro preoccupato e si sedette su una delle sedie della cucina. E non aveva neanche toccato la colazione… 
Edgard non aveva badato a nessuno mentre camminava a passo spedito per la strada, ad un certo punto aveva pure rischiato di essere investito da un motorino da quanto era concentrato sui suoi pensieri. Era rimasto letteralmente shockato dall’incontro; era stato proprio un deficiente per accettare una cosa del genere,  perché sempre a lui dovevano capitare le peggiori sfighe? Ora non sapeva proprio che fare e di certo in quel momento non aveva la minima idea di come sciogliere un patto simile, e dubitava fortemente che nella biblioteca comunale esistessero libri sui patti con i demoni. E non conosceva nessuno in grado di porre fine ad un contratto del genere. E pensare che non credeva a queste cose, beh almeno aveva capito da dove provenivano quei sogni strani e visioni, era lui che lo stava contattando.
Ora la cosa migliore da fare era stare il più lontano possibile da casa poiché non aveva nessunissima intenzione di stare un minuto di più in quel posto, dato che ci stava quel coso in camera sua… Sperava almeno che non facesse del male alla sua famiglia. 
E non riusciva a togliersi quel tremore che teneva nel corpo… Aveva troppa paura e scappare non gli sembrava una soluzione, perché Quello l’avrebbe trovato subito. Oltre a quei pensieri non riusciva a formulare altro. E non poteva dirlo a nessuno. Si malediceva per la sua stupidità...
 La cosa più assurda per lui era che da moccioso poteva vederle quelle cose e pure parlarci, come cavolo aveva fatto a dimenticarsi di una cosa così importante e strana, perché per il momento tutto gli sembrava così strano e bizzarro; gli pareva di stare in un film dell’horror.  Almeno non come ‘L’Esorcista’, per ora almeno…
Finalmente era arrivato a scuola e non gli pareva vero di essere così felice di andarci, stava proprio male…
Da quanto era entrato a scuola si era diretto immediatamente in classe e rimase seduto sul suo banco per tutto il tempo, a guardar fisso la lavagna. Micheal aveva provato a parlarci ma da lui non era uscita nessuna parola, anzi, quando aveva provato a toccarlo si è scostato immediatamente, c’era rimasto veramente male. Ma non solo con lui, pure con altri compagni di classe, tranne con Anna, anche perché lei non era presente quel giorno.
Urgeva fare qualcosa.
Ma cosa? Pensava Micheal.
Durante la precedente ora di lezione, mentre il professore di letteratura aveva predetto che avrebbero fatto il ‘Faust’ Edgard si era alzato di scatto e aveva lanciato un urlo di spavento, l’intera classe era rimasta basita tant’è che il moro aveva chiesto di poter andare in bagno subito dopo quella reazione.
Ora doveva solo scoprire che aveva, ma prima doveva capire come riuscire a parlarci, sennò non avrebbe cavato un ragno dal buco.
Tanto valeva riprovarci.
“Ehy Ed!” Si avvicinò a lui con aria amichevole. Ma non ricevette nessuna risposta. Ritentò:“Yu-uuh! Terra chiama Edgard Steiner! Prontooo!” Si mise davanti a lui e si avvicinò al ragazzo, alla fine gli toccò una spalla. “Qui campo base  Micheal Heinrich richiede informazioni!”
“Non mi toccare.” Scrollò la spalla innervosito.
“… Scusa…” Indietreggiò di qualche passo e corrugò la fronte. “Beh, almeno sono riuscito a farti parlare!” Sdrammatizzò. “Comunque che hai? Sembri così teso… Problemi in famiglia per caso?”
“Non sono affari che ti riguardano.” Lo guardò torvo. “Ora mi lasceresti stare, per una buona volta nella mia vita?”
“…” Era rimasto basito da quella risposta, non sapeva che dire tranne un “Ok” uscì dalla sua bocca e si allontanò, ritornando nel suo banco. Pensare che con lui non si era mai rivolto con quel tono, doveva essergli successo qualcosa di realmente molto grave da farlo comportare in quel modo, perché sinceramente non riusciva a capire cosa avesse mai fatto lui, era sempre stato un buon amico… o almeno lo sperava.
Era una giornata particolarmente calda, pensò un povero guidatore mentre con la sua macchina si stava dirigendo verso il suo luogo di lavoro. Anche se caldi lo erano stati pure i precedenti giorni, non solo nella sua città; persino nelle zone circostanti, per non parlare pure di quelle morti improvvise… Chissà cosa stava succedendo al paese; forse era meglio non pensarci mentre guidava o avrebbe rischiato di distrarsi e non aveva per niente voglia di finire in ospedale, poi oggi avrebbe tenuto una riunione molto importante con dei clienti che, se la cosa andava in porto, avrebbe portato molti vantaggi.
Per far prima decise di prendere una strada secondaria meno trafficata; non voleva di certo arrivare in ritardo e poi con quella calura rischiava di morire arrostito dentro la macchina. 
Finalmente presa una scorciatoia in una vecchia strada, che per via della strada stretta vi era almeno un po’ d’ombra e mentre avanzava, sebbene un po’ lentamente dovette fermarsi di colpo tutto da un tratto.
Il motivo era che un uomo gli si presentò davanti all’improvviso e prontamente frenò la macchina, mancandolo solo per pochi centimetri. Costui lo guardò per un attimo con occhi terrorizzati e continuò a correre come un forsennato, manco lo stessero inseguendo, perché da quel che aveva potuto vedere non c’era nessuno alle sue calcagna. O almeno così gli era sembrato; perciò continuò per la sua strada fino a che non sentì un urlo disumano che gli fece letteralmente gelare il sangue. 
Frenò la macchina un’altra volta.
Con un po’ di titubanza uscì dall’abitacolo, se fosse stato più menefreghista avrebbe continuato per la sua strada, ma il suo sesto senso gli diceva che doveva fermarsi. Perciò appena chiuso lo sportello della sua macchina si diresse non poco lontano da dove aveva sentito quell’urlo, in un piccolo vicolo cieco (e sporco) tra l’altro.  “C’è qualcuno?” Chiese, mentre si guardava intorno. Continuò ad avanzare fino a quando non trovò un’ombra nera in un angolino. Per prima cosa pensò che fosse una qualche tipo di ombra di un oggetto, ma la forma non rappresentava nulla di quello che vi era presente, e non poco lontano c’era il corpo esamine, o meglio fatto a pezzi dell’uomo che aveva incrociato qualche minuto fa e gli venne il voltastomaco. Con una mano si coprì la bocca per contenere il conato di vomito ed andò a rimettere vicino ad un cassonetto. 
Per i primi secondi non riuscì a formulare nulla d’intelligente, se non che l’unica cosa da fare era quella di andarsene via come se non fosse successo nulla, tanto nessuno l’aveva visto e se nessuno aveva sentito quell’urlo significava che aveva una buona chance di farla franca, manco fosse stato lui l’assassino… In effetti chi è che avrebbe potuto fare una cosa del genere, magari era lui la causa di quelle morti. Sì, doveva essere così, pensò. Senza aspettare un secondo corse velocemente verso la macchina, ma malauguratamente inciampò sulle sue stesse scarpe e cadde a terra. Ci mancava solo questa. Si rialzò in fretta e furia ritornò nella sua macchina, poiché era preso dall’agitazione non riuscì ad accendere il motore siccome non riusciva a far entrare le chiavi dentro la fessura, dopo una decina di tentativi vi riuscì.
Un sospirò di sollievo fuori uscì dalla bocca dell’uomo.  Con la poca calma che gli restava accese il la macchina e partì velocemente solo che davanti a lui gli apparve quella strana ombra che vi era in quel vicolo e dal terrore svoltò con la macchina, andando a sbattere contro un muro. Fortuna che non si era fatto nulla e aprì la portiera lentamente, quando uscì non c’era più quella strana cosa. In un certo senso si tranquillizzò, ma non del tutto, poi con la macchina sfasciata e con tutto il ritardo che aveva accumulato sicuramente la riunione stava già iniziando e ci avrebbe rimesso la carriera. L’unica cosa da fare in quel momento era quello di trovare un telefono e chiamare un meccanico e poi un taxi.
Con una mano si scompigliò i capelli. Gli unici dolori che si sentiva era un leggero fastidio al collo, ma forse non era nulla di grave, fortuna che aveva messo la cintura di sicurezza appena si era seduto. Doveva ammettere che era partita abbastanza male come mattinata, molto velocemente cercò di uscire dalla via ed inciampò nuovamente… Solo che questa volta non riuscì ad alzarsi, era come se avesse le gambe bloccate, così girò lievemente la testa indietro per saperne il perché e rimase incredulo, perché sopra di lui non vide nulla; eppure pareva che qualcosa fosse addosso a lui. 
Ci provò svariate volte ma senza alcun risultato, provò a chiamare qualcuno ma non ricevette nessuna risposta, dubitava fortemente che con la batosta ricevuta prima e quel dolorino al collo fosse la causa,  provò nuovamente a chiamare qualcuno, ma davanti a lui apparve nuovamente quella strana ombra incontrata poco prima. 
Sobbalzò.
“Non avere timore di me, uomo…” Disse con voce calma ed allo stesso tempo cupa. “Giacché l’altro tuo simile non è riuscito a contenermi e sopportare il mio spirito, tu ne sarai in grado?” L’altro  non capiva il significato di quelle parole e non rispose. “ Proviamo, che ne dici?” E così dicendo si andò a depositare per poi scomparire dentro il corpo dell’uomo. Quest’ultimo, non riuscendo a sopportare la presenza, cominciò ad urlare per qualche minuto, fino a smettere all’improvviso. Per qualche secondo rimase immobile come un cadavere, poi con la voce mischiata a quello dell’uomo pronunciò: “ Finalmente sono riuscito a trovare un corpo adatto a me, ed ormai non dovrebbe mancare molto al risveglio della nostra signora.” Si rialzò. “Molto bene. E’ tempo che raggiunga gli altri.” 
E scomparve. Quando arrivò la polizia trovarono solo una macchina distrutta dalla parte del cofano e a pochi metri  di distanza un corpo martoriato, probabilmente il proprietario della macchina. Anche se la verità era tutt’altra. 
Grecia, Grande Tempio. 
Seika insieme a Shun e Seiya camminavano per le grandi stanze della Tredicesima casa mentre quest’ultimo le faceva da guida turistica, non che non ci fosse mai stata; ora che aveva deciso di stabilirvisi era giusto che dovesse conoscere ogni millimetro dell’edificio, o almeno così la pensava Seiya e ovviamente non mancavano di certo le sue uscite con qualche sua battuta su qualcosa. Doveva dire che Seika era stata parecchio indecisa ultimamente, però alla fine si era detta di sì, poi se non si sarebbe trovata bene avrebbe fatto ritorno nella sua vecchia casa, a  Rodorio. Magari sarebbe riuscita a riportare suo fratello in Giappone. 
Dovette ammettere che il palazzo era veramente immenso, più di quanto si aspettasse. Erano quasi arrivati ad un grosso salone che riconobbe subito, ossia quello delle udienze e dove si solito vi risiedevano il Gran Sacerdote oppure la Dea Athena. Solo che in quel momento era vuoto. 
“Milady non c’è a quanto pare.” Constatò Shun, guardando il trono di marmo vuoto. “Probabilmente è impegnata.” Continuò a dire.
“Già, ma siamo sicuri che la Kido sia d’accordo della mia permanenza?” Non era la prima volta che lo domandava, più che altro non riusciva ancora a crederci.
“Ovvio che sì! Anzi è stata molto felice di accettare!” Ripose prontamente il Saint di Pegasus. “Direi che il giro turistico sia finito, questa era l’ultima tappa! Allora che ne pensi, sorella?” Appoggiò le mani sui fianchi.
“Beh… Devo ammettere che è proprio un bel posto, molto adatto ad una Dea.” Disse.
Rimasero dentro la stanza per almeno un quarto d’ora continuando a parlare del più e del meno, poi entrò Saori insieme a Tatsumi, un po’ sorpresa nel vederli: “Ragazzi, che piacere vedervi; soprattutto te Seika, sono felice che tu abbia deciso di trasferirti qui, Seiya non ne vedeva l’ora.” Sorrise, mentre Seiya si grattò la punta del naso, poi si rivolse all’uomo vicino a lei: “Allora farai così Tatsumi, appena hai qualche notizia avvisami!”
“Certo signorina.” Tatsumi si inchinò ed uscì dalla stanza.
“Cosa sta succedendo mia Signora?” Chiese genuinamente Shun, incuriosito dalle parole della Dea.
“Nulla, voglio solo accertarmi di alcune cose.” Rispose gentilente al ragazzo dai capelli verdi; per il momento era meglio non dire nulla, per non causare preoccupazioni magari inesistenti in caso non vi fosse niente, se invece vi era qualcosa, solo in quella situazione avrebbe riferito agli altri. Cambiò argomento: “Dimmi Seika, hai già visto la tua stanza, la trovi di tuo gradimento?”
“Sì, è molto bella.” Ed era pure spaziosa, al dire il vero. Sicuramente con i suoi oggetti ne avrebbe riempito a malapena la metà.
“Sono contenta che ti piaccia, se hai problemi non esitare a riferirmeli.”
In qualche stanza più indietro una donna sui venticinque anni stava per commettere un danno irreparabile, ossia quello di rompere un vaso molto antico in perfette condizioni che però riuscì a prendere in tempo, con un sospiro di sollievo lo rimise al suo posto, solo che poco dopo fu ripresa dalla governante, una donna sulla cinquantina che faceva di nome Clio.
“Disgraziata! Guarda cosa stavi per combinare!” Le urlò dietro e con una mano le prese l’orecchio, facendo male alla povera donna.
“Mi scusi… è stato un momento di distrazione; non accadrà più!” Piagnucolò.
“Se fosse stata la prima volta ti avrei perdonato, ma questa è la settima volta che capita in una sola giornata, per non parlare degli altri giorni! Mi domando come abbia potuto prenderti in servizio qui al Grande Tempio…” Tolse la mano dall’orecchio della giovane, che ancora dolorante, si massaggiò l’orecchio. “E ora va vai da un’altra parte e vedi di non combinare guai!”
“Sì signora!” Prese a terra un panno per spolverare. Cambiò immediatamente stanza per la precisione quella adiacente alla Sala delle Udienze, sentendo delle voci si avvicinò maggiormente ed aprì lievemente alla porta, giusto per colmare la sua curiosità e vide la Dea Athena in compagnia di due Saint e una ragazza mai vista prima. Fece un passo più avanti, giusto per capire chi fosse, solo che venne nuovamente rimproverata da Clio.
“Ma cosa devo fare con te?” La sgridò. 
“Mmh.. sono veramente insopportabili ‘sti Ateniesi!” Disse a bassa voce.
“Cosa hai detto?”
“NIENTE!” Si girò di scatto, solo che appoggiando tutto il suo peso fece aprire buona parte della porta, facendola cadere all’indietro, creando un piccolo tonfo che interferì nel piccolo gruppo fino ad interrompere le chiacchere.
“Che sta succedendo?” Disse Saori preoccupata.
Clio: “ Mi scusi per averla interrotta mia Dea.” S’inchinò lievemente. “Ma questo impiastro ne combina sempre di tutti i colori”
La dea osservò per qualche attimo la donna che si stava lentamente alzando dal pavimento, poi si rivolte a quella più anziana: “Non si preoccupi, sono cose che possono succedere, dopotutto.”
Verso sera, in una piccola casetta non poco distante da Rodorio, nella zona della soffitta un trio era seduto intorno ad una piccola candela, in modo da far luce all’ambiente scuro. Uno dei due uomini portava dei capelli neri e mossi, ed era più tosto pallido e mingherlino all’apparenza, l’altro uomo invece era quasi l’opposto: carnagione abbronzata, muscoloso e con dei capelli biondi raccolti da una coda alta e portava una barba e dai lineamenti duri. La donna invece aveva i capelli ricci e castani.
Iniziò a parlare il tizio dai capelli biondi: “Allora Nives che ci racconti?” Chiese serio.
La donna interpellata spostò una sua ciocca di capelli dietro le spalle ed iniziò a dire: “ Da quanto ho potuto osservare Athena non è quasi mai da sola; c’è quasi sempre qualcuno con lei. In particolar modo quel Saint di Pegasus. Per ora non sospetta nulla di quello che sta accadendo alla Terra e di Gold Saint ne è presente soltanto uno, ossia quello di Gemini. Da quel ho sentito in giro è un ex traditore, ed era gemello dell’ultimo Gran Sacerdote, anch’esso un traditore… O almeno così ho capito…” Si grattò una guancia, non molto convinta delle  parole appena dette. “Poi… Poi… Sì! Bisognerebbe stare attenti a cinque Bronze  Saint, dicono che abbiamo raggiunto l’ottavo senso e che abbiamo sconfitto non solo Poseidone, ma persino Hades!” Pronunciò le ultime frasi preoccupata.
“Quindi è rimasto solo un Gold Saint, significa che quella guerra contro Hades ha portato a molte perdite importanti” Disse asettico l’uomo pallido.
“… Più che altro alcuni erano giù morti prima….” Gli disse.
“Contro Poseidone?” Domandò il biondo
Nives scrollò la testa. “No, alcuni sono morti contro i Bronze che ho citato prima…” Il biondo la guardò con occhi confusi, così la donna continuò a parlare: “Beh, purtroppo essendo da loro da poco più di una settimana non sono riuscita a ricavare molto, ma… Vi ricordate del Gran Sacerdote traditore? Ecco… Da quel che so si scontrò contro la Dea stessa e dalla sua parte aveva praticamente tutto il Santuario, così Athena avendo solo dalla sua parte questi bronzini hanno fatto la scalata delle Dodici case e alcuni, se non la metà, perirono.” Terminò con un sospiro.
Il moro rimase in silenzio ed iniziò a pensare: se questi cinque Cavalieri erano così forti bisognava stare attenti, ma poiché gli era stato ordinato di indebolire le difese del Grande Tempio non bastava di certo uccidere qualche soldato di poco valore, perciò aveva pensato che creare un po’ di disordini all’interno sarebbe stata una buona idea. Poi con questa notizia le cose si facevano più interessanti del previsto e più facili poiché i fiori all’occhiello del Santuario erano praticamente tutti morti, indi metà del lavoro era già stato svolto. “ Quindi per ora non hanno scoperto nulla, nessun sospetto, neanche su di te?”
“No… Però oggi sono riuscita ad avvicinarmi ad Athena, più o meno… Se non fosse stato per quella vecchia antipatica forse sarei riuscita a ricavare anche qualche notizia in più, forse. Comunque dobbiamo ringraziare quelli se non ci hanno ancora scoperto!” Si toccò un piccolo braccialetto che portava al polso sinistro. “ Meno male che abbiamo questi.”
“Ma non basta, poi tu che lavori proprio da lei devi essere la più cauta; un solo errore e ci potrebbero scoprire, tu ti faresti scoprire.” Parlò il biondo.
“Lo so Ignis, lo so… Non ti preoccupare per me!”
“Non sto dicendo questo. E’ solo che rivorrei una vita normale e loro ce ne hanno promesso una, se tutto andrà come vogliono.” La donna ci rimase un po’ male, ma non lo diede a vedere. 
“Per una volta tanto ha ragione lui, devi stare attenta. Comunque stanotte inizieremo col piano.”
Ormai era notte fonda e quasi tutti dormivano al Santuario, se non qualche guardia che faceva la ronda notturna; non viera quasi nessun tipo di rumore nei paraggi, a parte quello del vento tra le foglie degli alberi. 
Era riuscita ad entrare di soppiatto nella Terza Casa, ossia quella dei Gemelli e come si aspettava era completamente buia e silenziosa, ora doveva solo capire da che parte erano le stanze private del Gold Saint. Purtroppo non riusciva a percepire bene il cosmo del custode, perciò ci mise qualche minuto in più, però appena entrata in stanza lo trovò a dormire sul suo letto. In apparenza sembrava caduto in un sonno profondo; meglio per lei, meno problemi. 
Così con la sua coda iniziò ad avvolgerlo lentamente, sembrava tutto per perfetto, se non fosse che Kanon si svegliò di soprassalto sentendo il tocco freddo della creatura e riuscì a liberarsi in tempo dalla morsa.
Il Gold Saint saltò dal suo letto in modo da distanziarsi e rimase stupito da quello vide, non avrebbe mai creduto di poter osservare nella sua vita una cosa del genere: una Lamia. 
Non riuscì ad formulare altro che la creatura partì all’attacco, avventandosi su di lui con l’inconveniente di prendersi un pugno in pieno muso, così da portare il Gold in vantaggio. Doveva fare molta attenzione ai movimenti poiché la stanza non era poi molto spaziosa e la Lamia era abbastanza grande da occuparne la metà per via della coda. 
“Il mio naso, maledetto!” Si toccò il naso grondante di sangue. “La pagherai!”
Kanon senza aspettare altro espanse il suo cosmo e lanciò un nuovo attacco che la creatura riuscì ad evitare grazie alla sua agilità, solo che il colpo andò a bucare una parete della camera. Se in quel momento avesse fatto meno problemi avrebbe usato uno dei suoi colpi per neutralizzare il nemico, ma trovandosi in un ambiente non molto spazioso e ristrutturato da poco non gli pareva giusto distruggerlo.
Così iniziò a dire: “Chi sei e chi ti manda?” Domandò un po’ alterato.
“Non sono affari che ti riguardano.” Rispose acida la donna mezzo serpente.
“Invece credo proprio di sì.”
E così continuò il combattimento per almeno una ventina di minuti, portando in svantaggio la creatura e l’unica soluzione che trovò fu quella di fuggire dalla finestra, sebbene fosse chiusa, ma non era un problema. Così con tutta la forza che possedeva in corpo, e prima che Kanon la potesse colpire, balzò contro il vetro della finestra che riuscì a spaccare con facilità e fuggire dal Gold Saint. Il Saint dei Gemelli provò ad inseguirla, solo che sparì in un attimo dalla sua vista e non ne percepiva il suo cosmo. 
L’uomo si girò trovandosi praticamente tutta la stanza distrutta e tra le macerie raccolse i suoi abiti e si vestì in maniera adeguata e partì verso la Tredicesima Casa, sperando che Athena non fosse in pericolo.
Nello stesso istante in Austria, nella camera di Edgard…
Il ragazzo era ormai allo stremo; non riusciva più a sopportare la situazione e a momenti voleva pure piangere, purtroppo però era ormai era troppo tardi. Avrebbe voluto chiedere aiuto a qualcuno, a Micheal magari, lui magari avrebbe trovato una soluzione a tutto… Ora che ci pensava era quasi sempre lui a tirarlo fuori dai guai e gli dispiaceva averlo trattato in quel modo, tutta colpa della sua stupidità. Quanto odiava l’essere che era nella sua stanza, se ne fosse stato capace l’avrebbe mandato via. Alzò lo sguardo e lo vide lì, poco distante da lui che giocava con una delle sue penne.
Ora aveva assunto le sembianze di un uomo alto dai capelli bianchi, stesso valeva per gli occhi. Dall’aspetto sembrava uno che aveva superato i trenta. Il castano sospirò e parlò con aria frustrata.
“Quindi sei sempre accanto a me, giusto? Mi segui ovunque, pure a scuola…”
“Esatto!” Rispose sorridente. “Sai, non voglio di certo perderti di vista, non voglio che tu mi combini delle sciocchezze e poi avendo un patto con me, mi pare anche il minimo. E non fare quella faccia; sei anche abbastanza fortunato.” Ridacchiò. “ Comunque avrei un po’ di fretta, quindi che ne dici se ci affrettiamo?”
“Cosa?”
“Beh… Credi che mi sarei avvicinato a te per nulla?” Posò la penna su un mobiletto poco distante a lui. “Credo che tu l’abbia capito.”
“In verità no…” Era molto confuso e non capiva il senso delle sue parole.
La presenza sospirò divertita. “ Caro mio, tu sei l’unico che tu possa contenere il mio spirito, fai parte di me, come io di te.” Il castano era ancor più confuso di prima. “Lasciamo perdere, non mi va di spiegarti ogni singola cosa.” Ridacchiò nuovamente. “Comunque ora ce ne andremo da qui che mi sono stufato di questo posto!” Ghignò.
Erano le sette del mattino e Micheal si era alzato già da mezz’ora e si stava finendo di prepararsi per andare a scuola, con ancora un asciugamano trai capelli sentì lo squillo di un telefono, un po’ sorpreso andò a rispondere.
“’Ma rispondo io!” così corse verso la cucina e mise la cornetta all’orecchio destro. “Qui casa Wolff… Ah, signora Steiner… N-no… Edgard non è qui, perché? Successo qualcosa?” Chiese  preoccupato, non sarà mica scappato di casa? “Come non c’è in casa? … Si, ok… Non si preoccupi… Certo… Farò avere sue notizie non appena so qualcosa, prego non si figuri, vedrà che si troverà… A presto.” Chiuse la chiamata e mezzo shockato si sedette su una delle sedie della  cucina. Edgard non c’era in casa, un tipo come lui a quell’ora figurarsi se aveva voglia di uscire… O era scappato… o non lo sapeva… Non riusciva a connettere bene in quel momento… Fatto sta che Edgard era scomparso.

Quella mattina Saori si era svegliata in maniera abbastanza tranquilla, come ormai accadeva da molti mesi d’altronde, ed aveva deciso di farsi portare la colazione a letto con  quotidiano annesso, giusto per tenersi informata su quello che accadeva nel mondo.
Quando le era arrivato il vassoio con sopra il cibo aveva dato un leggero sguardo all’orologio che segnavano le 9:42 del mattino, dopo di che iniziò a mangiare. Mente si gustava il pasto aprì il giornale e sfogliandolo arrivò ad una notizia che riguardante l’Iraq; non era la prima volta che si riportavano notizie riguardo quel paese nell’ultimo periodo. Infatti vi erano stati dei lievi terremoti nelle vicinanze della capitale e non solo, pareva che il tasso degli incidenti e delle morti fossero aumentati, c’era chi che credeva che fosse terrorismo, altri l’inquinamento.
Saori invece non credeva a nessuna delle due ipotesi; era già da qualche tempo che sentiva una sorta di campanellino d’allarme nella sua testa quando leggeva notizie riguardanti a quel paese arabo, ma non sapeva come interpretare quella sua sensazione. Pensava che era meglio non ignorare e magari fare qualcosa al riguardo, se poi si fosse trattato di un buco nell’acqua pazienza, almeno si sarebbe tolta ogni dubbio al riguardo. Più tardi avrebbe chiamato Tatsumi e gli avrebbe ordinato di fare qualche ricerca approfondita riguardante l’Iraq. 


Qualche ora prima…

“Tesoro tutto bene, non è che hai la febbre?” Chiese Ingrid preoccupata per il suo unico figlio. Era da quando era andato a svegliarlo che lo vedeva sempre teso, con un colorito molto pallido e tremante. E la cosa strana era di averlo trovato già pronto per uscire; era seduto sul letto che fissava il vuoto davanti a sé. Cosa mai successa se non quando da bambino gli avevano promesso che il giorno successivo sarebbero andati al Luna Park per un’intera giornata.
“…” Edgard stava fissando la tazza contenente il suo tè ormai diventato tiepido.
“Tesoro?” Gli domando ancora una volta, appoggiandogli una mano su una spalla.
“AH!” Sussultò spaventato nel sentire la mano di sua madre. E si sentì come svegliato dopo un lungo stato di coma, o almeno così sembrava a lui.
“Tu non stai bene… Ora vado a prendere il termometro così vediamo quanto hai di febbre.” Disse inarcando una sopracciglia, e si avviò verso il bagno.
“NO! Sto benissimo, lo giuro!” Si alzò di scatto. “Ora vado a scuola, sìsì!” Si diresse si corsa verso l’uscita dove aveva appoggiato lo zaino e la giacca.
No, questo era veramente strano. Fin dai tempi dell’asilo Edgard aveva sempre odiato qual si voglia di tipo di edificio educativo, e vederlo che aveva fretta per andarci la faceva preoccupare. “Edgard!” E sentì sbattere la porta di casa; suo figlio era uscito. Tirò un sospiro preoccupato e si sedette su una delle sedie della cucina. E non aveva neanche toccato la colazione…

Edgard non aveva badato a nessuno mentre camminava a passo spedito per la strada, ad un certo punto aveva pure rischiato di essere investito da un motorino da quanto era concentrato sui suoi pensieri. Era rimasto letteralmente shockato dall’incontro; era stato proprio un deficiente per accettare una cosa del genere,  perché sempre a lui dovevano capitare le peggiori sfighe? Ora non sapeva proprio che fare e di certo in quel momento non aveva la minima idea di come sciogliere un patto simile, e dubitava fortemente che nella biblioteca comunale esistessero libri sui patti con i demoni. E non conosceva nessuno in grado di porre fine ad un contratto del genere. E pensare che non credeva a queste cose, beh almeno aveva capito da dove provenivano quei sogni strani e visioni, era lui che lo stava contattando.
Ora la cosa migliore da fare era stare il più lontano possibile da casa poiché non aveva nessunissima intenzione di stare un minuto di più in quel posto, dato che ci stava quel coso in camera sua… Sperava almeno che non facesse del male alla sua famiglia.
E non riusciva a togliersi quel tremore che teneva nel corpo… Aveva troppa paura e scappare non gli sembrava una soluzione, perché Quello l’avrebbe trovato subito. Oltre a quei pensieri non riusciva a formulare altro. E non poteva dirlo a nessuno. Si malediceva per la sua stupidità...
La cosa più assurda per lui era che da moccioso poteva vederle quelle cose e pure parlarci, come cavolo aveva fatto a dimenticarsi di una cosa così importante e strana, perché per il momento tutto gli sembrava così strano e bizzarro; gli pareva di stare in un film dell’horror.  Almeno non come ‘L’Esorcista’, per ora almeno…
Finalmente era arrivato a scuola e non gli pareva vero di essere così felice di andarci, stava proprio male…

Da quanto era entrato a scuola si era diretto immediatamente in classe e rimase seduto sul suo banco per tutto il tempo, a guardar fisso la lavagna. Micheal aveva provato a parlarci ma da lui non era uscita nessuna parola, anzi, quando aveva provato a toccarlo si è scostato immediatamente, c’era rimasto veramente male. Ma non solo con lui, pure con altri compagni di classe, tranne con Anna, anche perché lei non era presente quel giorno.
Urgeva fare qualcosa.
Ma cosa? Pensava Micheal.
Durante la precedente ora di lezione, mentre il professore di letteratura aveva predetto che avrebbero fatto il ‘Faust’ Edgard si era alzato di scatto e aveva lanciato un urlo di spavento, l’intera classe era rimasta basita tant’è che il moro aveva chiesto di poter andare in bagno subito dopo quella reazione.
Ora doveva solo scoprire che aveva, ma prima doveva capire come riuscire a parlarci, sennò non avrebbe cavato un ragno dal buco.
Tanto valeva riprovarci.

“Ehy Ed!” Si avvicinò a lui con aria amichevole. Ma non ricevette nessuna risposta. Ritentò:“Yu-uuh! Terra chiama Edgard Steiner! Prontooo!” Si mise davanti a lui e si avvicinò al ragazzo, alla fine gli toccò una spalla. “Qui campo base  Micheal Heinrich richiede informazioni!”
“Non mi toccare.” Scrollò la spalla innervosito.
“… Scusa…” Indietreggiò di qualche passo e corrugò la fronte. “Beh, almeno sono riuscito a farti parlare!” Sdrammatizzò. “Comunque che hai? Sembri così teso… Problemi in famiglia per caso?”

“Non sono affari che ti riguardano.” Lo guardò torvo. “Ora mi lasceresti stare, per una buona volta nella mia vita?”
“…” Era rimasto basito da quella risposta, non sapeva che dire tranne un “Ok” uscì dalla sua bocca e si allontanò, ritornando nel suo banco. Pensare che con lui non si era mai rivolto con quel tono, doveva essergli successo qualcosa di realmente molto grave da farlo comportare in quel modo, perché sinceramente non riusciva a capire cosa avesse mai fatto lui, era sempre stato un buon amico… o almeno lo sperava.

 

Era una giornata particolarmente calda, pensò un povero guidatore mentre con la sua macchina si stava dirigendo verso il suo luogo di lavoro. Anche se caldi lo erano stati pure i precedenti giorni, non solo nella sua città; persino nelle zone circostanti, per non parlare pure di quelle morti improvvise… Chissà cosa stava succedendo al paese; forse era meglio non pensarci mentre guidava o avrebbe rischiato di distrarsi e non aveva per niente voglia di finire in ospedale, poi oggi avrebbe tenuto una riunione molto importante con dei clienti che, se la cosa andava in porto, avrebbe portato molti vantaggi.
Per far prima decise di prendere una strada secondaria meno trafficata; non voleva di certo arrivare in ritardo e poi con quella calura rischiava di morire arrostito dentro la macchina.
Finalmente presa una scorciatoia in una vecchia strada, che per via della strada stretta vi era almeno un po’ d’ombra e mentre avanzava, sebbene un po’ lentamente dovette fermarsi di colpo tutto da un tratto.
Il motivo era che un uomo gli si presentò davanti all’improvviso e prontamente frenò la macchina, mancandolo solo per pochi centimetri. Costui lo guardò per un attimo con occhi terrorizzati e continuò a correre come un forsennato, manco lo stessero inseguendo, perché da quel che aveva potuto vedere non c’era nessuno alle sue calcagna. O almeno così gli era sembrato; perciò continuò per la sua strada fino a che non sentì un urlo disumano che gli fece letteralmente gelare il sangue.
Frenò la macchina un’altra volta.
Con un po’ di titubanza uscì dall’abitacolo, se fosse stato più menefreghista avrebbe continuato per la sua strada, ma il suo sesto senso gli diceva che doveva fermarsi.
Perciò appena chiuso lo sportello della sua macchina si diresse non poco lontano da dove aveva sentito quell’urlo, in un piccolo vicolo cieco (e sporco) tra l’altro.  “C’è qualcuno?” Chiese, mentre si guardava intorno. Continuò ad avanzare fino a quando non trovò un’ombra nera in un angolino. Per prima cosa pensò che fosse una qualche tipo di ombra di un oggetto, ma la forma non rappresentava nulla di quello che vi era presente, e non poco lontano c’era il corpo esamine, o meglio fatto a pezzi dell’uomo che aveva incrociato qualche minuto fa e gli venne il voltastomaco. Con una mano si coprì la bocca per contenere il conato di vomito ed andò a rimettere vicino ad un cassonetto.
Per i primi secondi non riuscì a formulare nulla d’intelligente, se non che l’unica cosa da fare era quella di andarsene via come se non fosse successo nulla, tanto nessuno l’aveva visto e se nessuno aveva sentito quell’urlo significava che aveva una buona chance di farla franca, manco fosse stato lui l’assassino… In effetti chi è che avrebbe potuto fare una cosa del genere, magari era lui la causa di quelle morti. Sì, doveva essere così, pensò. Senza aspettare un secondo corse velocemente verso la macchina, ma malauguratamente inciampò sulle sue stesse scarpe e cadde a terra. Ci mancava solo questa. Si rialzò in fretta e furia ritornò nella sua macchina, poiché era preso dall’agitazione non riuscì ad accendere il motore siccome non riusciva a far entrare le chiavi dentro la fessura, dopo una decina di tentativi vi riuscì.
Un sospirò di sollievo fuori uscì dalla bocca dell’uomo.  Con la poca calma che gli restava accese il la macchina e partì velocemente solo che davanti a lui gli apparve quella strana ombra che vi era in quel vicolo e dal terrore svoltò con la macchina, andando a sbattere contro un muro. Fortuna che non si era fatto nulla e aprì la portiera lentamente, quando uscì non c’era più quella strana cosa. In un certo senso si tranquillizzò, ma non del tutto, poi con la macchina sfasciata e con tutto il ritardo che aveva accumulato sicuramente la riunione stava già iniziando e ci avrebbe rimesso la carriera. L’unica cosa da fare in quel momento era quello di trovare un telefono e chiamare un meccanico e poi un taxi.
Con una mano si scompigliò i capelli. Gli unici dolori che si sentiva era un leggero fastidio al collo, ma forse non era nulla di grave, fortuna che aveva messo la cintura di sicurezza appena si era seduto. Doveva ammettere che era partita abbastanza male come mattinata, molto velocemente cercò di uscire dalla via ed inciampò nuovamente… Solo che questa volta non riuscì ad alzarsi, era come se avesse le gambe bloccate, così girò lievemente la testa indietro per saperne il perché e rimase incredulo, perché sopra di lui non vide nulla; eppure pareva che qualcosa fosse addosso a lui.
Ci provò svariate volte ma senza alcun risultato, provò a chiamare qualcuno ma non ricevette nessuna risposta, dubitava fortemente che con la batosta ricevuta prima e quel dolorino al collo fosse la causa,  provò nuovamente a chiamare qualcuno, ma davanti a lui apparve nuovamente quella strana ombra incontrata poco prima.
Sobbalzò.

“Non avere timore di me, uomo…” Disse con voce calma ed allo stesso tempo cupa. “Giacché l’altro tuo simile non è riuscito a contenermi e sopportare il mio spirito, tu ne sarai in grado?” L’altro  non capiva il significato di quelle parole e non rispose. “ Proviamo, che ne dici?” E così dicendo si andò a depositare per poi scomparire dentro il corpo dell’uomo. Quest’ultimo, non riuscendo a sopportare la presenza, cominciò ad urlare per qualche minuto, fino a smettere all’improvviso. Per qualche secondo rimase immobile come un cadavere, poi con la voce mischiata a quello dell’uomo pronunciò: “ Finalmente sono riuscito a trovare un corpo adatto a me, ed ormai non dovrebbe mancare molto al risveglio della nostra signora.” Si rialzò. “Molto bene. E’ tempo che raggiunga gli altri.”

E scomparve. Quando arrivò la polizia trovarono solo una macchina distrutta dalla parte del cofano e a pochi metri  di distanza un corpo martoriato, probabilmente il proprietario della macchina. Anche se la verità era tutt’altra.


Grecia, Grande Tempio.

Seika insieme a Shun e Seiya camminavano per le grandi stanze della Tredicesima casa mentre quest’ultimo le faceva da guida turistica, non che non ci fosse mai stata; ora che aveva deciso di stabilirvisi era giusto che dovesse conoscere ogni millimetro dell’edificio, o almeno così la pensava Seiya e ovviamente non mancavano di certo le sue uscite con qualche sua battuta su qualcosa. Doveva dire che Seika era stata parecchio indecisa ultimamente, però alla fine si era detta di sì, poi se non si sarebbe trovata bene avrebbe fatto ritorno nella sua vecchia casa, a  Rodorio. Magari sarebbe riuscita a riportare suo fratello in Giappone.
Dovette ammettere che il palazzo era veramente immenso, più di quanto si aspettasse. Erano quasi arrivati ad un grosso salone che riconobbe subito, ossia quello delle udienze e dove si solito vi risiedevano il Gran Sacerdote oppure la Dea Athena. Solo che in quel momento era vuoto.

“Milady non c’è a quanto pare.” Constatò Shun, guardando il trono di marmo vuoto. “Probabilmente è impegnata.” Continuò a dire.
“Già, ma siamo sicuri che la Kido sia d’accordo della mia permanenza?” Non era la prima volta che lo domandava, più che altro non riusciva ancora a crederci.“Ovvio che sì! Anzi è stata molto felice di accettare!” Ripose prontamente il Saint di Pegasus. “Direi che il giro turistico sia finito, questa era l’ultima tappa! Allora che ne pensi, sorella?” Appoggiò le mani sui fianchi.
“Beh… Devo ammettere che è proprio un bel posto, molto adatto ad una Dea.” Disse.
Rimasero dentro la stanza per almeno un quarto d’ora continuando a parlare del più e del meno, poi entrò Saori insieme a Tatsumi, un po’ sorpresa nel vederli: “Ragazzi, che piacere vedervi; soprattutto te Seika, sono felice che tu abbia deciso di trasferirti qui, Seiya non ne vedeva l’ora.” Sorrise, mentre Seiya si grattò la punta del naso, poi si rivolse all’uomo vicino a lei: “Allora farai così Tatsumi, appena hai qualche notizia avvisami!”
“Certo signorina.” Tatsumi si inchinò ed uscì dalla stanza.
“Cosa sta succedendo mia Signora?” Chiese genuinamente Shun, incuriosito dalle parole della Dea.
“Nulla, voglio solo accertarmi di alcune cose.” Rispose gentilente al ragazzo dai capelli verdi; per il momento era meglio non dire nulla, per non causare preoccupazioni magari inesistenti in caso non vi fosse niente, se invece vi era qualcosa, solo in quella situazione avrebbe riferito agli altri. Cambiò argomento: “Dimmi Seika, hai già visto la tua stanza, la trovi di tuo gradimento?”
“Sì, è molto bella.” Ed era pure spaziosa, al dire il vero. Sicuramente con i suoi oggetti ne avrebbe riempito a malapena la metà.
“Sono contenta che ti piaccia, se hai problemi non esitare a riferirmeli.”

In qualche stanza più indietro una donna sui venticinque anni stava per commettere un danno irreparabile, ossia quello di rompere un vaso molto antico in perfette condizioni che però riuscì a prendere in tempo, con un sospiro di sollievo lo rimise al suo posto, solo che poco dopo fu ripresa dalla governante, una donna sulla cinquantina che faceva di nome Clio.

“Disgraziata! Guarda cosa stavi per combinare!” Le urlò dietro e con una mano le prese l’orecchio, facendo male alla povera donna.
“Mi scusi… è stato un momento di distrazione; non accadrà più!” Piagnucolò.
“Se fosse stata la prima volta ti avrei perdonato, ma questa è la settima volta che capita in una sola giornata, per non parlare degli altri giorni! Mi domando come abbia potuto prenderti in servizio qui al Grande Tempio…” Tolse la mano dall’orecchio della giovane, che ancora dolorante, si massaggiò l’orecchio. “E ora va vai da un’altra parte e vedi di non combinare guai!”
“Sì signora!” Prese a terra un panno per spolverare. Cambiò immediatamente stanza per la precisione quella adiacente alla Sala delle Udienze, sentendo delle voci si avvicinò maggiormente ed aprì lievemente alla porta, giusto per colmare la sua curiosità e vide la Dea Athena in compagnia di due Saint e una ragazza mai vista prima. Fece un passo più avanti, giusto per capire chi fosse, solo che venne nuovamente rimproverata da Clio.
“Ma cosa devo fare con te?” La sgridò.
“Mmh.. sono veramente insopportabili ‘sti Ateniesi!” Disse a bassa voce.
“Cosa hai detto?”
“NIENTE!” Si girò di scatto, solo che appoggiando tutto il suo peso fece aprire buona parte della porta, facendola cadere all’indietro, creando un piccolo tonfo che interferì nel piccolo gruppo fino ad interrompere le chiacchere.
“Che sta succedendo?” Disse Saori preoccupata.
Clio: “ Mi scusi per averla interrotta mia Dea.” S’inchinò lievemente. “Ma questo impiastro ne combina sempre di tutti i colori”
La dea osservò per qualche attimo la donna che si stava lentamente alzando dal pavimento, poi si rivolte a quella più anziana: “Non si preoccupi, sono cose che possono succedere, dopotutto.”


Verso sera, in una piccola casetta non poco distante da Rodorio, nella zona della soffitta un trio era seduto intorno ad una piccola candela, in modo da far luce all’ambiente scuro. Uno dei due uomini portava dei capelli neri e mossi, ed era più tosto pallido e mingherlino all’apparenza, l’altro uomo invece era quasi l’opposto: carnagione abbronzata, muscoloso e con dei capelli biondi raccolti da una coda alta e portava una barba e dai lineamenti duri. La donna invece aveva i capelli ricci e castani.

Iniziò a parlare il tizio dai capelli biondi: “Allora Nives che ci racconti?” Chiese serio.
La donna interpellata spostò una sua ciocca di capelli dietro le spalle ed iniziò a dire: “ Da quanto ho potuto osservare Athena non è quasi mai da sola; c’è quasi sempre qualcuno con lei. In particolar modo quel Saint di Pegasus. Per ora non sospetta nulla di quello che sta accadendo alla Terra e di Gold Saint ne è presente soltanto uno, ossia quello di Gemini. Da quel ho sentito in giro è un ex traditore, ed era gemello dell’ultimo Gran Sacerdote, anch’esso un traditore… O almeno così ho capito…” Si grattò una guancia, non molto convinta delle  parole appena dette. “Poi… Poi… Sì! Bisognerebbe stare attenti a cinque Bronze  Saint, dicono che abbiamo raggiunto l’ottavo senso e che abbiamo sconfitto non solo Poseidone, ma persino Hades!” Pronunciò le ultime frasi preoccupata.
“Quindi è rimasto solo un Gold Saint, significa che quella guerra contro Hades ha portato a molte perdite importanti” Disse asettico l’uomo pallido.
“… Più che altro alcuni erano giù morti prima….” Gli disse.
“Contro Poseidone?” Domandò il biondo
Nives scrollò la testa. “No, alcuni sono morti contro i Bronze che ho citato prima…” Il biondo la guardò con occhi confusi, così la donna continuò a parlare: “Beh, purtroppo essendo da loro da poco più di una settimana non sono riuscita a ricavare molto, ma… Vi ricordate del Gran Sacerdote traditore? Ecco… Da quel che so si scontrò contro la Dea stessa e dalla sua parte aveva praticamente tutto il Santuario, così Athena avendo solo dalla sua parte questi bronzini hanno fatto la scalata delle Dodici case e alcuni, se non la metà, perirono.” Terminò con un sospiro.
Il moro rimase in silenzio ed iniziò a pensare: se questi cinque Cavalieri erano così forti bisognava stare attenti, ma poiché gli era stato ordinato di indebolire le difese del Grande Tempio non bastava di certo uccidere qualche soldato di poco valore, perciò aveva pensato che creare un po’ di disordini all’interno sarebbe stata una buona idea. Poi con questa notizia le cose si facevano più interessanti del previsto e più facili poiché i fiori all’occhiello del Santuario erano praticamente tutti morti, indi metà del lavoro era già stato svolto. “ Quindi per ora non hanno scoperto nulla, nessun sospetto, neanche su di te?”
“No… Però oggi sono riuscita ad avvicinarmi ad Athena, più o meno… Se non fosse stato per quella vecchia antipatica forse sarei riuscita a ricavare anche qualche notizia in più, forse. Comunque dobbiamo ringraziare quelli se non ci hanno ancora scoperto!” Si toccò un piccolo braccialetto che portava al polso sinistro. “ Meno male che abbiamo questi.”
“Ma non basta, poi tu che lavori proprio da lei devi essere la più cauta; un solo errore e ci potrebbero scoprire, tu ti faresti scoprire.” Parlò il biondo.
“Lo so Ignis, lo so… Non ti preoccupare per me!”
“Non sto dicendo questo. E’ solo che rivorrei una vita normale e loro ce ne hanno promesso una, se tutto andrà come vogliono.” La donna ci rimase un po’ male, ma non lo diede a vedere.
“Per una volta tanto ha ragione lui, devi stare attenta. Comunque stanotte inizieremo col piano.”

Ormai era notte fonda e quasi tutti dormivano al Santuario, se non qualche guardia che faceva la ronda notturna; non viera quasi nessun tipo di rumore nei paraggi, a parte quello del vento tra le foglie degli alberi.
Era riuscita ad entrare di soppiatto nella Terza Casa, ossia quella dei Gemelli e come si aspettava era completamente buia e silenziosa, ora doveva solo capire da che parte erano le stanze private del Gold Saint. Purtroppo non riusciva a percepire bene il cosmo del custode, perciò ci mise qualche minuto in più, però appena entrata in stanza lo trovò a dormire sul suo letto. In apparenza sembrava caduto in un sonno profondo; meglio per lei, meno problemi.
Così con la sua coda iniziò ad avvolgerlo lentamente, sembrava tutto per perfetto, se non fosse che Kanon si svegliò di soprassalto sentendo il tocco freddo della creatura e riuscì a liberarsi in tempo dalla morsa.
Il Gold Saint saltò dal suo letto in modo da distanziarsi e rimase stupito da quello vide, non avrebbe mai creduto di poter osservare nella sua vita una cosa del genere: una Lamia.
Non riuscì ad formulare altro che la creatura partì all’attacco, avventandosi su di lui con l’inconveniente di prendersi un pugno in pieno muso, così da portare il Gold in vantaggio. Doveva fare molta attenzione ai movimenti poiché la stanza non era poi molto spaziosa e la Lamia era abbastanza grande da occuparne la metà per via della coda.

“Il mio naso, maledetto!” Si toccò il naso grondante di sangue. “La pagherai!”

Kanon senza aspettare altro espanse il suo cosmo e lanciò un nuovo attacco che la creatura riuscì ad evitare grazie alla sua agilità, solo che il colpo andò a bucare una parete della camera. Se in quel momento avesse fatto meno problemi avrebbe usato uno dei suoi colpi per neutralizzare il nemico, ma trovandosi in un ambiente non molto spazioso e ristrutturato da poco non gli pareva giusto distruggerlo.

Così iniziò a dire: “Chi sei e chi ti manda?” Domandò un po’ alterato.
“Non sono affari che ti riguardano.” Rispose acida la donna mezzo serpente.
“Invece credo proprio di sì.”

 
E così continuò il combattimento per almeno una ventina di minuti, portando in svantaggio la creatura e l’unica soluzione che trovò fu quella di fuggire dalla finestra, sebbene fosse chiusa, ma non era un problema. Così con tutta la forza che possedeva in corpo, e prima che Kanon la potesse colpire, balzò contro il vetro della finestra che riuscì a spaccare con facilità e fuggire dal Gold Saint. Il Saint dei Gemelli provò ad inseguirla, solo che sparì in un attimo dalla sua vista e non ne percepiva il suo cosmo.
L’uomo si girò trovandosi praticamente tutta la stanza distrutta e tra le macerie raccolse i suoi abiti e si vestì in maniera adeguata e partì verso la Tredicesima Casa, sperando che Athena non fosse in pericolo.


Nello stesso istante in Austria, nella camera di Edgard…
Il ragazzo era ormai allo stremo; non riusciva più a sopportare la situazione e a momenti voleva pure piangere, purtroppo però era ormai era troppo tardi. Avrebbe voluto chiedere aiuto a qualcuno, a Micheal magari, lui magari avrebbe trovato una soluzione a tutto… Ora che ci pensava era quasi sempre lui a tirarlo fuori dai guai e gli dispiaceva averlo trattato in quel modo, tutta colpa della sua stupidità. Quanto odiava l’essere che era nella sua stanza, se ne fosse stato capace l’avrebbe mandato via. Alzò lo sguardo e lo vide lì, poco distante da lui che giocava con una delle sue penne.
Ora aveva assunto le sembianze di un uomo alto dai capelli bianchi, stesso valeva per gli occhi. Dall’aspetto sembrava uno che aveva superato i trenta. Il castano sospirò e parlò con aria frustrata.

“Quindi sei sempre accanto a me, giusto? Mi segui ovunque, pure a scuola…”
“Esatto!” Rispose sorridente. “Sai, non voglio di certo perderti di vista, non voglio che tu mi combini delle sciocchezze e poi avendo un patto con me, mi pare anche il minimo. E non fare quella faccia; sei anche abbastanza fortunato.” Ridacchiò. “ Comunque avrei un po’ di fretta, quindi che ne dici se ci affrettiamo?”
“Cosa?”
“Beh… Credi che mi sarei avvicinato a te per nulla?” Posò la penna su un mobiletto poco distante a lui. “Credo che tu l’abbia capito.”
“In verità no…” Era molto confuso e non capiva il senso delle sue parole.

La presenza sospirò divertita. “ Caro mio, tu sei l’unico che tu possa contenere il mio spirito, fai parte di me, come io di te.” Il castano era ancor più confuso di prima. “Lasciamo perdere, non mi va di spiegarti ogni singola cosa.” Ridacchiò nuovamente. “Comunque ora ce ne andremo da qui che mi sono stufato di questo posto!” Ghignò.

Erano le sette del mattino e Micheal si era alzato già da mezz’ora e si stava finendo di prepararsi per andare a scuola, con ancora un asciugamano trai capelli sentì lo squillo di un telefono, un po’ sorpreso andò a rispondere.

“’Ma rispondo io!” così corse verso la cucina e mise la cornetta all’orecchio destro. “Qui casa Wolff… Ah, signora Steiner… N-no… Edgard non è qui, perché? Successo qualcosa?” Chiese  preoccupato, non sarà mica scappato di casa? “Come non c’è in casa? … Si, ok… Non si preoccupi… Certo… Farò avere sue notizie non appena so qualcosa, prego non si figuri, vedrà che si troverà… A presto.” Chiuse la chiamata e mezzo shockato si sedette su una delle sedie della  cucina. Edgard non c’era in casa, un tipo come lui a quell’ora figurarsi se aveva voglia di uscire… O era scappato… o non lo sapeva… Non riusciva a connettere bene in quel momento… Fatto sta che Edgard era scomparso.

 



Note dell'autrice: Mi scuso per il ritardo ma questo cap mi ha fatto un po' penare, per essere precisi la parte del povero guidatore! Ho voluto inserire quella scena per staccare un po' dai due lati e per far vedere come si stanno svolgendo le cose al di fuori degli altri personaggi. Per la scena del "combattimento" ho fatto quel che ho potuto poiché non sono brava con questo tipologia di scene, quindi mi scuso se è orrida! ;_; Beh, spero che vi sia piaciuto il cap! E che i pg siano almeno un po' IC ;___;....
Alle recensioni risponderò domani! E grazie ancora per chi legge la fict!

 

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Capitolo 6
*** Che il piano abbia inizio! ***


Prima che inizi il capitolo vorrei dire due parole:
1- ringrazio Lady_Acquaria per avermi betato il capitolo (quindi se trovate errori date la colpa a lei u.u OVVIMENTE scherzo.)
2- mi scuso tantissimo per il ritardo ma soffro da sindrome "blocco da scrittore" molto spesso.
La scrittura in corsivo significa che si sta parlando in una linua straniera. Dopo questo buona lettura.



“Hai sentito quello che è successo questa notte? Spero solo che il nobile Kanon non si sia fatto nulla!” Parlò preoccupata una giovane ancella.
L’altra ancella che era in sua compagnia rispose: “Non ti preoccupare; ho sentito dire che non si è fatto nulla, a parte una delle sue camere private… Si dice che sia stato attaccato.”
“Beh sai non credo si vada a distruggere una camera così per noia.” La guardò seria, corrugando le sopracciglia.
“Vero…” Abbassò la testa un po’ mortificata e con un dito si andò a grattare una guancia dalla vergogna.  “Comunque ora è a parlare con Athena da questa mattina presto.” Continuò a dire preoccupata.
“Cosa sta succedendo?” Arrivò da dietro alle spalle delle due ragazze Nives, con un cerotto sul naso e lo sguardo un po’ stanco.
“Chi? Ah, ciao Nives… Cosa ti è successo?” Domandò preoccupata la più giovane del trio di nome Aglaia. La castana la guardò stranita “Mi riferisco al naso.”
“Ah… Nulla… stanotte sono caduta dalle scale e mi sono fatta male al naso, passerà tra pochi giorni” Le disse. In verità era una scusa bella e buona, non poteva certo dire che era stata picchiata da un Gold Saint solo perché aveva cercato di stritolarlo nel sonno. Però era rimasta ancora incuriosita da cosa stavano dicendo le due, perciò ripropose la domanda: “Non mi avete ancora risposto; di che stavate parlando?”
Daphne, il nome dell’altra ancella, rispose: “ Questa notte il Cavaliere dei Gemelli è stato attaccato in piena notte, il danno ha procurato quasi l’intera distruzione di una delle sue stanze private, lui da quanto si sa sta bene… Che fortuna, vero?”
“Già…” Per lui, di certo a lei non era andato per nulla tutto liscio, soprattutto quando ha dovuto dire com’era andata e come ricompensa s’è dovuta sorbire due ramanzine in piena regola. Perché non potevano farlo loro? Sempre a lei e ovviamente tiravano fuori delle scuse… Anche se di certo non poteva biasimarli. “Ma ora dov’è?”  Si riferì al Gold Saint.
Daphne rispose: “A parlare con Athena.”
Nives rimase a pensare per parecchio tempo, doveva trovare un piano per sbarazzarsi di lui; ormai dopo quel pugno sul naso aveva una sfrenata voglia di fargliela pagare, di ammazzarlo nella maniera più cruenta possibile. Però doveva trovare un altro sistema, in modo da coglierlo alla sprovvista e forse aveva trovato il piano adatto! “Ragazze… Ma è vero quello che si dice in giro su Kanon? Insomma… Del fatto che non è impegnato…” Guardò le due con sguardo lascivo.
La ragazzina con gli occhiali, ossia Aglaia, la guardò con sguardo interrogativo “No, perché?”
“Pensavo che… insomma… Dopo quello che è successo abbia bisogno di un certo tipo di ‘cure’…” Fece la vaga, sebbene si intuisse benissimo dove andava a parare.
Daphne parlò con la sua voce nasale “Ma se sta bene.” La fissò perplessa, poi poco dopo ci arrivò. “Oh, non sapevo che anche a te piacesse Kanon.”
“E a chi non piace?” Ci rise su la ragazzina con i capelli color paglia.  “Secondo me Nives avrebbe qualche possibilità.” Si rivolse alla bruna, sua collega.
“Il punto è uno: come potrebbe mai iniziare a parlargli; Kanon  è un universo a sé… è… Troppo avanti.”
“… Scommettiamo?”  Disse con aria di sfida. “ Scommettiamo che io riesca a parlargli e non solo! Magari pure uscirci insieme.” Nives sorrise, mostrando una parte dei suoi denti.
Aglaia: “ E se non ci riuscissi?”
“In quel caso… vi offrirò il pranzo per un mese”
“Tu che ne pensi Daphne?”
La mora la guardò con aria complice e rispose: “Pranzo per due mesi.”
“Va bene!”
“Ehi voi tre invece che bighellonare perché non vi rendete utili?”  Urlò a pochi metri di distanza Clio, visibilmente arrabbiata.
Le tre ragazze a bassa voce dissero all’unisono: “La vecchia befana, andiamocene!”

Saori e Kanon al momento risiedevano all’interno di un piccolo studio, la dea era seduta sulla grossa poltrona in velluto mentre parlava al Gold Saint.
Stavano parlando di quello che era accaduto nella notte scorsa:

“Non dobbiamo prendere questo attacco alla leggera, quindi te ne sarei grata se tenessi d’occhio chiunque abbia un’aria sospetta, Kanon.” Terminò la Dea con aria seria.  “E se dovessi rincontrare quella Lamia ti chiedo di catturarla, senza ucciderla per cortesia.” Disse infine, con tono quasi gentile. Magari se l’avessero presa sarebbero riusciti a ricavare qualcosa… Magari se dipendeva da qualcuno o altro. O forse agiva per un resoconto personale… Se fosse stato così, allora, era meglio chiedere a Kanon stesso. “Per caso nell’ultimo periodo, o magari quando eri al servizio di Poseidon, hai avuto dei problemi con qualche tipo di creatura di quel genere, del tipo delle Lamie?”
Kanon che era rimasto per tutto il tempo in piedi, mentre ascoltava le parole della Dea, rispose alla domanda appena espressa: “No mia Signora. Almeno quanto riguarda me, ma credo che pure i miei ex-compagni non abbiano avuto nessun tipo di screzio con loro, come tutti gli altri soldati che erano al servizio di Poseidon.” Rispose sinceramente. Anche perché nel fondo del Mar Mediterraneo di certo quel tipo di creature non c’erano. “Comunque farò quanto mi ha ordinato, Athena.” S’inchinò lievemente.
“Bene, mi fido di te Kanon. Ora puoi andare.” Sorrise in modo materno, poi rivolse lo sguardo a Tatsumi che era rimasto per tutto il tempo in silenzio, in un angolo della grossa stanza. E l’uomo pelato aprì la porta della stanza, facendo uscire il Saint di Gemini.

 

Ormai erano le tre del pomeriggio dove viveva Michael, vicino al confine con la Germania, ad Hallein, in Austria. E casa sua si trovava un poco più lontano dal paesello, era situato poco più in alto, in una collinetta.
Sebbene non fossero ancora passate 24 ore, per poter chiamare la polizia e dare per scomparso il suo amico, lui proprio non ci riusciva a star lì a far nulla. Così insieme alla madre aveva deciso di mettere un po’ d’ordine in casa, anche perché la donna era quasi sempre fuori casa. Giacché lavorava come medico ed aveva poco tempo per mettere in ordine l’abitazione, e anche se lo faceva Michael ogni tanto il ragazzo non si poteva definire ‘il mago del pulito’.
La madre che faceva di nome Nessa, era una donna sui 45 anni, anno più, anno meno, finalmente le erano state date un po’ di ferie e così da poterle trascorrere con il figlio, magari per andare in vacanza da qualche parte. D’altronde alla fine della scuola non era tanto lontana; mancava quasi un mese dal termine. E con i voti che aveva il ragazzo di certo non avrebbe creato problemi se fossero stati via per sette giorni. Solo che non aveva previsto la scomparsa del suo migliore amico e con evento del genere Michael non si sarebbe staccato dal suolo di casa propria o di Hallein.
Forse era meglio cancellare le ferie e rimandarle… Perché di certo non le avrebbe fatto piacere vedere il volto del figlio sempre preoccupato o in ansia. Ma era anche vero che se partivano per almeno una settimana Michael avrebbe potuto liberare la mente e pensare a qualcos’altro. Sospirò, mentre trasportava uno scatolone da portare in cantina.
Era da tutto il pomeriggio che faceva avanti indietro in casa e quanta roba aveva trovato da buttare! Soprattutto dalla cantina, cose che se le gettava in un cassonetto nessuno ne avrebbe sentito la mancanza. Comunque in quel momento stava per aprire la porta che l’avrebbe portata di sotto, con l’unico problema che poco prima di aprire la maniglia avvertì degli strani rumori, ed era sicura che di topi non ce ne fossero. Con molta calma abbassò il manico della porta, con molta pazienza, ma ciò non bastò per quello che le successe dopo, infatti un cane dal lungo pelo nero e bianco uscì dalla cantina, abbaiando festoso. La povera donna si prese uno grosso spavento urlando come meglio poteva.

“Stupido cane! Mi hai fatto spaventare.” Quasi gli urlò contro ad Alf, il cane. “ Ora vattene!” Cercò di farsi strada ma nulla da fare, il canide le bloccava continuamente la strada, scodinzolandole intorno. Così dalla disperazione chiamò il figlio: “MICHAEL! Vieni subito qui!”

“Arrivo” Rispose a gran voce dal secondo piano della casa, mentre scese rischiò di cadere a terra, ma riuscì ad impedirlo aggrappandosi alla ringhiera delle scale. Dopo un’altra piccola corsa raggiunse la madre che cercava disperatamente di mandare via Alf. “Cosa succede?”
“L’hai voluto questo cane? E’ ora che ti assumi le tue responsabilità: portamelo lontano dalla mia vista” Disse con tono imperioso. “E dato che ci sei… in cantina c’è uno scatolone che riguarda quel disgraziato di tuo padre. Buttalo.”
“Ma… Magari-“
“Fa come ti ho detto.” Ordinò nuovamente. Meno cose aveva a che fare con il suo ex marito, meglio era per lei. Dopo quelle parole in pochi minuti scese dalla cantina per appoggiare lo scatolone ed uscì, andando in cucina a bersi un sorso d’acqua.
Michael dopo aver portato il Bobtail* in giardino fece come gli fu ordinato dalla madre e prese gli oggetti appartenenti al padre, solo che non li andò a buttare, anzi, se li portò in camera propria. Curioso di sapere cosa vi era dentro. Appena chiuse la camera aprì la scatola. All’interno vi trovò dei libri e dei quaderni contenenti degli appunti. “Mmh, vediamo un po’!” Prese a caso un quaderno alla copertina gialla.

Finalmente Nives stava realizzando il suo sogno di vendetta. Dopo varie suppliche era riuscita a farsi trasferire nella Terza Casa, quella dei Gemelli. E poi così non avrebbe  più avuto quella rompiscatole di Clio tra i piedi, per gli Dei dell’Olimpo se l’odiava! Ora doveva aspettare l’arrivo del Saint. Per prima cosa doveva far finta di pulire la dimora, e nel mentre organizzare meglio il suo piano ‘Sedurre quello schifoso e poi ammazzarlo strappandolo a pezzi più piccoli che poteva’. Ovviamente il titolo era provvisorio.
Poi doveva capire tutte le abitudine di quel tipo, fare in modo che si accorgesse di lei. Anche se era una opzione da scartare, anche perché era impossibile che qualcuno non la notasse, diamine. Era troppo bella. Bellissima!
Della serie: autostima alle stelle.
Ora però doveva mettersi al lavoro, così girò per casa, anche se impiegò poco a trovare tutta la roba per pulire. Ogni tanto la casa veniva invasa da quelli che sembravano dei muratori, siccome nello scontro della notte scorsa la stanza del Gold Saint era stata quasi rasa al suolo, e da quello che poteva intuire provenivano da Rodorio.
Con un po’ di lentezza nei movimenti iniziò a spazzare per terra, pensando a che parole usare per abbindolare Kanon; così mentre puliva il pavimento di marmo iniziò a canticchiare.

“Vedo che te la stai prendendo comoda.”
“Ah, Ignis! Che diavolo ci fai qui?”
Il biondo, alto almeno sui due metri, la stava guardando con uno sguardo che traspirava perplessità, iniziò a parlare a bassa voce, in modo che gli altri non li potessero sentire: “Se non ricordo male questa è la mia copertura e dato che serviva qualcuno per sistemare il macello che hai combinato stanotte, sono venuto io, così da poter controllare la situazione. Non sapevo che lavorassi proprio in questa casa.”
Anche la donna iniziò a parlare bassa voce: “Infatti. Mi ci sono fatta trasferire, sai, dopo quello che mi ha fa fatto la deve pagare.”
“Per un naso?” Aggrottò una delle sue spesse sopracciglia. “Vabbeh, l’importante che tu compia la missione senza farti scoprire, siamo intesi?”
“Tu lo sai quanto ci tengo a questo naso. E comunque so come farlo, tranquillo! In pratica lo seduco e nel momento in cui avrà la guarda completamente abbassata lo ucciderò!” Le partì una risata malvagia e si sfregò le mani, gustandosi il suo momento di gloria. Poi si bloccò e guardò dritto negli occhi Ignis e gli sorrise con sguardo innamorato. “Però non ti preoccupare, lo sai che Amo solo te e non ti tradirei mai!” Gli urlò, cercando di saltargli addosso. “Non devi essere geloso!”
L’uomo alto di fronte alla dichiarazione rimase all’apparenza inflessibile e cercò di staccarsela di dosso. “Smettila!” Non amava questo genere di manifestazioni d’amore, specialmente in pubblico. Da Nives poi! Iniziò a tossire, non perché avesse mal di gola, ma per il semplice fatto che dietro alla donna era comparso niente che di meno il Saint di Gemini.
La donna non se ne accorse subito, ma solo quando Ignis, con la sua forza, la fece staccare da lui e la fece girare. Le sue guance divennero più rosa del solito. “Oh, non è come crede… E’ mio fratello maggiore, io gli voglio molto bene… Ci scusi” Il biondo alla parola ‘fratello’ la guardò malissimo.
Kanon rispose tranquillamente: “Non c’è bisogno di spiegazione, infondo l’amore è bello perché vario, no? O almeno dicono così. Però sarei felice che le vostre effusioni amorose le andaste a manifestare in un ambiente più… Privato.” Superò i due, andando a vedere i lavori nella sua stanza. Sinceramente avrebbe preferito fare lui da sé i lavori di ristrutturazione, però Athena aveva deciso così.
“Ci scusi tantissimo sire Kanon, non capiterà più… E poi io e lui siamo semplicemente fratelli, nulla di più!” Si giustificò ancora una volta la donna, abbassando la testa. Il Cavaliere la guardò per pochi secondi, per poi andarsene  via, verso la sua stanza. Quando scomparve la donna si rimise normale. “Dannazione. Spero che il piano ‘S. q. S.e. p. A. S. a. p. p. P. c. P’ non vada in fumo. Ora capisci perché lo odio?”
Ignis continuò a guardarla in modo strano, infine disse: “Vado a mettermi al lavoro e tu sta attenta.”

“Va bene, tesoro!”


Michael aveva sempre trovato suo padre un po’ strambo, aveva dei modi di fare un po’ strani, specie quando parlava  di alcune cose. Forse perché quando ancora i loro genitori stavano assieme era solo un bambino; di conseguenza non capiva perfettamente gli argomenti su cui discutevano. Beh, ora dopo quello che aveva trovato sui suoi appunti e su dei libri, (un po’ vecchi tra l’altro) era assurdo. Certi punti li aveva dovuti rileggere più volte per capire per bene il senso e la calligrafia. Una parte parlavano di mitologia greca, in particolare della Dea Athena, tutto quello che si poteva sapere su di essa.
Anche se non aveva letto tutti i libri, poiché erano un po’ troppo di numero e voluminosi per essere letti in un solo pomeriggio, ma nei titoli dei volumi era abbastanza intuibile. Nei quaderni invece c’erano scritte delle piccole cronache, giusto su Athena, Hades il dio dell’Oltretomba, in particolare, su una guerra che durava da secoli e che secondo quello che c’è scritto accadrebbe una volta ogni 200 anni circa. E altre cose relative ad altre battaglie con sempre protagonista la Dea della Sapienza. In un altro appunto invece parlava della forza del cosmo e del sesto, ottavo e nono senso e con quelle un essere umano inizierebbe fare cose fuori dal comune, poi con il nono avrebbe raggiunto il grado di divinità. In alcune parti parlava di aver conosciuto un tizio e che era stato lui a spiegare tutte queste cose, c’era scritto che era un Gold Saint della seconda casa dello zodiaco.
Però la cosa che incuriosì maggiormente a Michael era che con questo fantomatico cosmo si poteva avvertire la presenza di persone. E siccome in quel momento ne aveva tremendamente bisogno per trovare Edgard, si era deciso di chiamare un po’ suo padre, anche se la chiamata sarebbe costata un più del solito poiché dopo il divorzio con la madre si era trasferito a Londra. Ma tanto valeva tentare.
Erano le sei e se si ricordava bene in Inghilterra erano solo le cinque del pomeriggio, suo padre era sicuramente nel suo negozio a lavorare.

Dalla sua scrivania prese una piccola agenda con dentro scritti vari numeri telefonici e l’aprì alla ricerca del numero del negozio, poi appena lo trovò prese la cornetta del telefono di camera sua e compose i numeri. Michael aveva uno strano senso di agitazione e non riusciva a capire il motivo.
Dopo qualche minuto dall’altra parte una voce femminile rispose in inglese, con un lieve accento francese.

Pronto? Qui è il negozio ‘Arkana Kabana’, desidera?” La donna canticchiò il nome del negozio.
Michael rimase per qualche secondo in silenzio. Non se lo ricordava che il nome del negozio fosse così, era più ridicolo di come se lo ricordasse! Però riconobbe la voce; era Charlotte, la nuova moglie del padre. Rispose in tedesco: “Pronto? Ciao Charlotte, sono Michael… Mio padre c’è per caso?”
La donna emise un piccolo gemito di sorpresa: “Oh, Michael che piacere sentirti, te lo passo subito.”
“Grazie”
Dopo qualche minuto di silenzio dove si sentiva la voce della donna chiamare il compagno, arrivò Arthur, il padre di Michael, a rispondere al telefono, non prima di aver rischiato la vita, rischiando sulle sui suoi stessi piedi. “Michy! E’ un piacere sentirti… Come stai?” Chiese, felice nel sentire la voce del proprio figlio.
“Ciao ‘pa! Bene dai… Ehm… Sai… Oggi ho trovato un tuo vecchio scatolone con dentro dei tuoi libri e quaderni che parlano di cose particolari…” Si fece sul vago, sperando che capisse subito.
Dall’altra parte della cornetta ripartì di nuovo il silenzio, dopo qualche istante rispose: “Della roba particolare” Si scompigliò i capelli arancioni. “ Non sarà mica roba porno spero!”
Michael arrossì di colpo. Se fosse stato possibile pure i suoi capelli biondi sarebbero diventati di un colore rosso acceso. “Papà!”
“Veramente, se lo viene a scoprire tua madre sono guai, molto probabilmente li prenderebbe e li brucerebbe con una fiamma ossidrica, però se li vuoi tenere fai pure, ma tienili ben nascosti. Poi alla tua età, con gli ormoni… Un momento! La tieni la ragazza?”
Il ragazzo voleva sprofondare giù nel terreno e non ritornare mai più su in superficie… “No… Non c’è l’ho la ragazza.” Disse imbarazzato. Voleva dire pure dell’altro, che dentro allo scatolone c’erano cose riguardanti ad Athena e molte cose relative ad essa, ma non vi riuscì poiché riprese a parlare il padre.
“Peccato… Sai… Io alla tua età ne avevo una… Com’è che si chiamava? Ah, sì! Josephine, proprio una bella ragazza, aveva dei capelli rossi pazzeschi e poi il sedere...” Sospirò estasiato nel ricordare quel nome. “L’ultima volta che l’ho rivista era diventata una Hippy, quando sarà stato… Nel ’75 mi pare… Tu eri già nato, sì!”
Michael voleva letteralmente morire. Però alla fine prese un po’ di coraggio e disse il motivo per cui l’aveva chiamato. “Papà! Ti ho chiamato per un motivo particolare; dentro a quello scatolone parlavi di questo fantomatico cosmo e altre cose. Mi chiedevo se mi potevi spiegare meglio. Voglio cercare una persona.”
“Ah.” Ad un tratto si fece serio. “E’ una cosa particolare Michy… Servono mesi, se non anni di esercizio….”
“Come?” Sembrava deluso “Ci deve essere un modo più semplice, no? Ti prego.”
Athur sospirò “Figliolo… Ci sarebbe un modo, ma è diverso dal cosmo… Ma dimmi… Chi stai cercando?”
“… Il mio amico Edgard, sai, è scomparso e ho un brutto presentimento… Già prima che scomparisse era strano. L’hai già conosciuto… E’ stata quella volta che sei venuto qua in Austria due anni fa.”
“Me lo ricordo, era quel ragazzetto un po’ particolare, emanava strane sensazioni.” Si grattò il mento “Cosa gli è successo?”
“E’ scomparso, voglio trovare un modo per ritrovarlo… E’ il mio migliore amico. Però una cosa… Quella cosa della dea Athena, cosmo e tutta quella roba lì”
L’uomo dai capelli arancioni era dispiaciuto di quel fatto e voleva aiutare suo figlio. “Beh, figlio mio, quella è una faccenda particolare… Te lo ricordi quello spettacolo televisivo di due anni fa, dove c’erano dei ragazzi con delle armature? Ecco… Non era finzione e lì quei giovani erano stati sottoposti a duri anni d’allenamento, quindi, Michael…”
“Ma tu li conosci, no? Nei tuoi appunti c’era scritto che ne conoscevi uno!”
“Sì, ma è da tanto che non lo sento… Un momento! Forse ho trovato un modo. E’ diverso dal cosmo, ma è sempre una variante, però non stare troppo in pensiero per il tuo amico! Sicuramente ritornerà e non cercarlo.”
Il biondo fece finta di non ascoltare le raccomandazioni del padre “Hai detto che c’è una maniera alternativa, quale?” Chiese, come se non aspettasse altro una risposta del genere.
“Basta che tu abbia una foto del tuo amico, oppure un suo oggetto; poi pensi intensamente a lui, libera l’energia che è in te e lo troverai… Ovviamente con te devi avere una cartina geografica, prenditi anche una penna, così mentre rimarrai concentrato con gli occhi chiusi così saprai dov’è. Ma come ho detto prima: non andare a cercarlo.” Corrugò la fronte.
“Ho capito. Grazie Papà, ci sentiamo. Ti voglio bene e salutami Charlotte e il mio fratellino” Riagganciò la cornetta del telefono. Ora doveva provare a cercare di rintracciare Edgard.

Erano giorni che il giovane cercava, o meglio dire provava a rintracciare il suo amico, siccome non vi erano tracce al riguardo, neanche un avvistamento, nulla. E la cosa iniziava a innervosirlo. Per un giorno aveva cercato di dare retta alle parole del padre, ma la alla fine decise di fare a modo suo, sebbene quello che andava a fare erano cose più da sensitivi, in un certo qual senso e non ci credeva più di tanto, ma poiché voleva ritrovare il suo amico valeva provare. Ogni volta che ritornava da scuola prendeva la cartina geografica del mondo che si era procurato in una cartolibreria, una foto del suo amico e cercava di focalizzare, ma dopo una settimana non era riuscito a ricavare nulla. In certi momenti pensava che fosse proprio colpa sua la causa di tutto, magari se avesse insistito con Edgard non sarebbe fuggito chissà dove.
Voleva piangere.
Una sera dopo l’ennesimo tentativo si era addormentato seduto sul pavimento di camera propria, aveva fatto uno strano sogno e giurava di aver visto il suo caro amico che gli diceva qualcosa, ma non capì neanche una parola. Poi una mano blu gli era apparsa all’improvviso, fortuna volle che si svegliò di colpo.
Aveva caldo, con una mano si asciugò la fronte sudata e diede uno sguardo a terra, sorprendendosi di quello che stava vedendo. Sulla cartina c’era un segno di matita, un cerchio che segnava una città. Baghdad.
Che fosse quello il posto in cui si trovava il suo amico?



 
*Bobtail: è una razza di cane, avete presente il cane nel cartone "la sirenetta"? E' quello!
Ignis: è il diminutivo di Ignazio che significa "Fuoco"
Nives: il suo nome significa "Neve"
Baghdad: Capitale dell'Iraq.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto questo capitolo, a chi gli piace questa storia soprattutto e chi rcensisce e mette la storia tra le seguite/Preferiti e altro ancora, davvero. Spero vi sia piaciuto, nel prossimo capitolo il destino di Michael s'incrocerà con quello dei Saint. Credo che la cosa che il padre di Michy conosca i Saint e cose varia sia una forzatura, ma non ho trovato altro modo per poter andare avanti e dare una svolta abbastanza decisiva e comprensibile alla storia. Spero che non vi dispiaccia e al prossimo capitolo!

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