Exorcist's Summer Glaces

di SunVenice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rin - Black an’ Blue Glass Cup ***
Capitolo 2: *** Yukio - Mint an’ Chocolate Glass Cup ***
Capitolo 3: *** Shura - Red Cream Sorbet ***



Capitolo 1
*** Rin - Black an’ Blue Glass Cup ***


Exorcist’s Summer Glaces


Rin - Black an’ Blue Glass Cup

 

Diventare un demone per Rin non aveva comportato grandi cambiamenti. A parte la lunga coda ornata di ciuffo, le orecchie e i canini lievemente più appuntiti del normale, la sua routine quotidiana era perfettamente conforme a quella di moltissimi altri adolescenti della sua stessa età.

Si svegliava. Tardi.

Studiava. Poco.

Usciva. Tanto.

Riposava. Troppo (a detta di suo fratello, ma lui era stanco, oh!).

In poche parole, nulla di straordinario che non fosse quantificabile in termini di normalità.

L’unica cosa che poteva dirsi esageratamente aumentata, più per l’abbattimento della soglia di 35°C in Giappone che per la sua metamorfosi demoniaca, era la sua sensibilità al calore.

Uscire per andare a comprare un paio di ghiaccioli stava ormai diventando un’impresa per lui, che, con il sacchetto penzolante in una mano e la lingua libera di saggiare l’aria alla ricerca della presenza del vento, si ritrovava ad ripiegare stravolto verso il proprio dormitorio.

Giungere alla meta, comunque, non portava grandi miglioramenti e, piombando sul pavimento scricchiolante, tutto quello che riusciva a fare era ripetere, come una litania, quanto facesse caldo, offrendo poi, una volta recuperato un minimo di contegno, uno dei due ghiaccioli all’anice a Yukio.

“Non lo voglio.” rimaneva la risposta inflessibile del gemello e il giovane demone ci rimaneva non poco male, tornando dalla sua parte della camera con il morale sotto i piedi.

Faceva sempre una faticaccia tremenda per prendere quei gelati e il fratello nemmeno ne accettava uno in segno di apprezzamento.

“Argh. Fa’ come ti pare, quattrocchi.” bofonchiava alla fine stizzito addentando quasi con rabbia uno dei due ghiaccioli, gustandosi fino in fondo l’aroma rinfrescante dell’anice.

Davvero, suo fratello non sapeva cosa si perdeva.

Il gusto d’anice, a detta del più anziano degli Okumura, era il migliore in assoluto.

Non solo era lievemente dolciastro, come piaceva a lui, ma anche forte, tanto da rimanergli in bocca per ore e ore dopo averlo mangiato.

Inghiottito però l’ultimo pezzo di ghiaccio a Rin si presentava però il solito dilemma: doveva restituire l’altro ghiacciolo prima che si sciogliesse o convincere Ukobach a far entrare suddetto gelato nel freezer della Sua cucina.

Il giovane demone sospirò, riconoscendo l’impossibilità della seconda opzione.

Il demone cuoco detestava qualunque cosa fosse avvolta a carta a che riportasse la dicitura di “preconfezionato” scritta sopra.

Che fare allora?

Oscillò la coda pensieroso, rimuginando e riformulando a testa china sull’oggetto dei propri pensieri le più svariate e fantasiose soluzioni, ma nessuna di esse pareva una valida idea.

Che fare? Restituirlo non se ne parlava. Il solo pensiero di attraversare un’altra volta quella coltre di umido e caldo fuori dalla porta era fuori discussione. Provare a rifilarlo a Yukio non avrebbe portato a nulla. Stessa cosa per Bon e gli altri: il ghiacciolo si sarebbe sciolto prima di arrivare a loro, semmai avesse deciso di uscire.

L’unica era riutilizzarlo...

Il volto del più anziano degli Okumura si illuminò di colpo, allargandosi con un sorriso entusiasta.

Ma certo!

Sono un genio!- pensò sogghignando tutto contento, dirigendosi verso la cucina con la coda che gli scodinzolava dietro, mentre Yukio lo seguiva con sguardo critico.

Il più giovane si aggiustò per un attimo gli occhiali non sapendo se preoccuparsi o meno per il fratello, ma il lavoro lo chiamava e i suoi pensieri vennero presto occupati da cose ben più importanti degli strani sbalzi di umore del proprio gemello.

 

Rin Okumura osservò il proprio operato, fiero di sè come solo lui poteva sentirsi dentro una cucina con le mani ancora impiastricciate e leggermente appiccicaticce.

Ukobach squadrò l’ultima trovata del Principe con un misto di incredulità e sospetto: come aveva fatto a ricavare una cosa simile da un singolo ghiacciolo?

Il suo nasone sniffò con interesse l’aroma che proveniva da esso e di riflesso un rivolo di saliva gli sgusciò dalle labbra.

Se la asciugò un poco imbarazzato, dissimulando il gesto con un piccolo cenno di approvazione del testone.

Mica male però. Doveva ammettere che il Principino ci sapeva fare anche meglio di lui con gli ingredienti.

“Che dici Ukobach? Questo Yukio lo mangerà?” domandò con un sorrisone il mezzo-demone, certo che la risposta dell’altro non potesse essere che affermativa.

Il piccolo demone minotauro seguì il ragazzo portare via con sé quella leccornia finché non ne vide sparire la punta della coda dietro lo stipite della porta.

Un’espressione incerta sformò ancor di più il cipiglio burbero del demone-cuoco: il Principe poteva essere anche bravo a cucinare, ma a volte peccava di ingenuità e disattenzione.

 

Yukio Okumura scrutò dall’alto l’ultima creazione del fratello, sforzandosi di non far trapelare alcuna emozione da dietro le lenti dei propri occhiali.

Non negava che il gemello fosse un vero e proprio genio in cucina, anzi, ma quando l’aveva visto sparire con in mano un ghiacciolo non si sarebbe mai aspettato che tornasse con una roba simile.

Sulla sua scrivania torreggiava la cosa più azzurra che avesse mai visto. 

Dentro un bicchiere conico, saltato fuori da chissà dove, suo fratello aveva versato strati di ghiaccio tritato e sciroppo mentolato, coronando il tutto con una pallina di gelato azzurrognola decorata da un poco di glassa al cioccolato, un pezzo di fondente incastrato sotto di essa e sorretta da uno strato di cubetti sciroppati sottostanti.

Al Dragoon-Doctor bastò fiutare appena l’aria che vi aleggiava attorno per sentirsi colpire lo stomaco da una fitta nauseante: anice, suo fratello aveva creato un vero e proprio surrogato di anice.

Lanciò un’occhiata a Rin, sperando di non vedere l’espressione speranzosa del maggiore.

Come si aspettava le sue speranze furono vane.

Rin sorrideva come un bambino, sventolando con un certo compiacimento la propria coda.

Yukio sospirò, sinceramente dispiaciuto per quello che stava per dire.

Nii-san.” disse, provocando la fine di ogni piccolo movimento oscillatorio di quella parte del corpo aggiunta del fratello e mantenendo lo sguardo fisso sulla sua espressione ormai mutata.

“Detesto l’anice.”

 

Rin bofonchiò, inghiottendo con rammarico un’altro boccone della coppa all’anice che suo fratello aveva, a suo parere, malamente rifiutato. Quel quattrocchi, avrebbe anche potuto dirglielo anche prima che l’anice non gli piaceva!

E lui che si era dato tanta pena!

Assaporò un’altra cucchiaiata fresca del suo gelato, riconoscendo di aver superato ancora una volta se stesso.

Kuro gli si strofinò sulle gambe, cercando di richiamare la sua attenzione, che, evidentemente non era riuscito ad ottenere attraverso la telepatia.

In fondo Rin doveva ammetterlo, Yukio non era mai stato tipo da sapori forti.

L’anice, in un certo senso, si addiceva di più a lui.

Già, ma Yukio?

Si stampò in faccia un’espressione decisa e malandrina, alzandosi poi di scatto dalla sedia, spaventando di conseguenza il povero Kuro, che protestò a suon di miagolii e messaggi mentali, senza però venire ascoltato.

Non gli piace l’anice, eh? - pensò il moro, pregustando già la rivincita -Vorrà dire che troverò il gusto che ti piace, caro il mio nii-chan!

Kuro osservò il proprio padroncino uscire a grandi passi dalla stanza, ignorandolo completamente. Inclinò la testa da un lato e captò uno strano odore nell’aria che lo portò ad arrampicarsi sulla scrivania.

Saggiò meglio il liquido azzurrognolo che galleggiava sul fondo del calice e si leccò i baffi con gli occhi traboccanti di emozione.

Yum!! Anice e cioccolato nero!! 

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Capitolo 2
*** Yukio - Mint an’ Chocolate Glass Cup ***


Exorcist’s Summer Glaces

 


Yukio - Mint an’ Chocolate Glass Cup

 

Dover svolgere quotidianamente sia i propri doveri da studente che da professore non gli era sembrato un grande impegno inizialmente. 

Era intelligente, ed anche allenato a lavorare il doppio rispetto ai suoi coetanei fin da quando era bambino. Dacchè aveva compiuto 7 anni suo padre, Fujimoto Shiro, ex Paladino dell’ordine della Vera Croce, l’aveva temprato sia fisicamente che mentalmente, facendolo diventare esorcista ad un età che nemmeno il più deciso e motivato degli esorcisti avrebbe osato sognare.

Tuttavia, nessun libro da memorizzare o compito in classe imminente, tantomeno una lezione da preparare per la sera seguente si sarebbe mai potuta paragonare alla correzione dei compiti.

Yukio trovava quel dovere particolarmente snervante con il caldo torrido.

I ventilatori posizionati strategicamente sulle scrivanie non bastavano a disperdere quella nube di pura aria calda e densa. 

Sospirò, mettendo da parte il compito di Suguro per passare ad un altro.

Il sudore sulla sua fronte aumentò alla sola vista del nome messo ad intestazione del foglio.

Okumura Rin.

Uno scarabocchio, quasi una combinazione di linee dritte e spigolose spacciate per firma.

E una sfilza di risposte sbagliate a farne da contorno.

Il caldo si fece talmente pesante che, inevitabilmente, Yukio trovò più opportuno, o meglio dire conveniente, rimandare di qualche minuto la correzione di quel particolare compito, decidendo di andare a ricercare la frescura che i due ventilatori non erano riusciti ad offrirgli.

 

Non ebbe molto successo nella sua ricerca. 

Sbuffò asciugandosi con la manica della divisa scolastica la fronte.

“Atsuu-...” sussurrò, mettendosi svogliatamente seduto all’ombra di un’acacia protesa miracolosamente su un muretto. Guardò in alto, osservando come la luce del sole gli rendesse impossibile anche solo sperare di tenere gli occhi aperti per più di 3 secondi, ricadere poi giù con il capo. 

Era raro che il caldo lo mettesse alle strette.

Solitamente il suo fisico non aveva problemi a sopportare temperature tanto ingrate, ma, stranamente, quel giorno gli sembrava che la sua resistenza, così come la sua voglia di correggere i compiti del fratello, avesse deciso di indire sciopero.

Persino la sua bocca faticava a secernere abbastanza saliva da umettare la lingua, rendendo a malapena sopportabile la sensazione pastosa che l’aria calda gli infondeva fin nella gola.

Cercò di darsi un po’ di contegno, scrollandosi nervosamente i capelli non appena si accorse di star muovendo la mascella in un modo che si sarebbe potuto benissimo paragonare a quello di un cavallo che mastica a vuoto per esternare il proprio desiderio di cibo.

“Yuki-chan?”

Quasi saltò con il cuore in mano, venendo colto alla sprovvista dalla voce gentile ed un poco incerta di Shiemi, accostatasi a lui senza che riuscisse ad accorgersene.

Accidenti. Il caldo lo aveva proprio rimbecillito.

La biondina, avvolta nel suo consueto kimono estivo rosato, lo guardò stranita, preoccupata  di aver interrotto il giovane Esorcista, magari immerso in chissà quale importante groviglio di pensieri.

“Ah- Moriyama-san. Buongiorno.” Rispose Yukio, cercando di rimediare alla magra figura appena fatta. 

“Posso aiutarti in qualche modo?” Sorrise, mandando di conseguenza nella confusione più totale la ragazza che, come suo solito, iniziò a balbettare sconnessamente con le guance imporporate di rosa per l’imbarazzo.

“Ah? Ah!N-no Yuki-chan non era per q-quello. S-solo che mi sembravi pensieroso, m-ma non mi sembrava stessi facendo niente e q-quindi h-ho pensato che c-con questo caldo...”

Gli occhi verdi della giovane si abbassarono ostinatamente a terra, rimuginando per cercare le parole adatte per non sembrare troppo sfacciata, torturando al contempo i manici della cesta in vimini che stava trasportando.

Nel frattempo Yukio aveva smesso di ascoltare le parole della giovane, attratto da qualcosa d più forte della voce sottile dell’altra.

Un odore leggero, deciso, inebriante.. balsamico.

Abbassò gli occhi azzurri proprio sulla cesta della giovane Esorcista, dando fondamento ai propri sospetti.

“Moriyama-san. Quella è menta?” chiese, continuando a guardare i rametti cosparsi di foglioline verdi spuntare da dentro la busta bianca opaca.

Shiemi si riscosse dal proprio stato confusionale, sbarrando gli occhioni verdi con leggero stupore.

“Oh... ehm..sì. Okaa-san vuole preparare qualcosa di fresco per via del caldo...”

Qualcosa di fresco...

Yukio si era ancora una volta fermato a metà frase della ragazza, stavolta avvertendo la lingua farsi più insopportabilmente secca al solo pensiero di qualcosa di ghiacciato sulle papille gustative.

Tempo di riscuotersi dal torpore in cui era caduto, e darsi mentalmente dello stupido, che rialzò la testa, incontrando l’espressione perplessa di Shiemi che lo guardava attentamente da in piedi, inclinando leggermente la testa di lato, come se osservare il giovane professore da un’altra angolazione l’avrebbe aiutata a capire il perchè di quello strano comportamento.

Per la prima volta in vita sua Yukio sentì il bisogno di abbassare la testa e pregare, con le guance accaldate di imbarazzo, di poter sparire nel nulla e tornare nel proprio dormitorio.

Che figure...

“Yuki-chan... vuole unirsi a noi?”

Benedetta la signora Moriyama per aver allevato una figlia così comprensiva e ponderata.

 

“Sono contenta di avervi come ospite.” asserì cortesemente la donna dopo averlo accolto nel retro della bottega per esorcisti. 

Yukio chinò leggermente il capo in segno di ringraziamento, godendosi nel frattempo l’atmosfera leggermente più fresca e rilassante che pervadeva il salottino della famiglia Moriyama.

Pareva quasi che il legno sprigionasse una forte sostanza rinfrescante e non si sarebbe certamente stupito se Shiemi se ne fosse uscita con chissà quale nome di pianta, a lui ignota, capace di mantenere bassa la temperatura dell’ambiente anche dopo essere stata intagliata, ma, sapeva bene, che quella piacevole sensazione era semplicemente dovuta al giardino retrostante al negozio, dove le piante creavano una specie di barriera naturale contro il caldo.

Strano che le due donne avessero deciso di fermarsi un attimo ed assaporare qualcosa di fresco, ma, d’altra parte, la calura doveva aver decimato la clientela rendendo quindi possibile una piccola pausa.

“La ringrazio ancora per l’invito. So di poter sembrare un po’ opportunista...” fece di nuovo, seduto sui talloni di fronte al tavolino in stile tipicamente giapponese

“Ma no Yuki-chan! Che dici!” lo interruppe prontamente la giovane Exwire, sporgendosi sul tavolo con le guance nuovamente imporporate di rosa e le labbra strette.

“Sono stata io ad invitarti!! è ovvio che non ci crei alcun disturbo!”

“Shiemi! Un po’ di contegno!”

“Ips!”

Il moro ridacchiò sotto i baffi di fronte a quella scenetta: nelle rare volte in cui si concedeva piccoli slanci di sicurezza Shiemi assumeva sempre un’espressione assolutamente adorabile, e ancor di più quando la signora Moriyama la riprendeva, riportandola nuovamente sulla cosiddetta via delle brave ragazze.

Non che a lui dispiacesse la cosa, ma a volte si chiedeva se fosse un bene per la biondina  essere educata così rigidamente, al punto da non sapere nemmeno come indossare una normale divisa scolastica.

La mano della signora Moriyama poggiò qualcosa davanti a lui, interrompendo il corso dei suoi pensieri.

“Ecco qua. Spero sia di vostro gradimento Okumura-san.”

Fu l’odore di menta la prima cosa che lo colpì.

Sottile.

Fresco.

Leggero.

Abbassando lo sguardo Yukio pensò quasi di trovarsi in paradiso e poco ci mancò che perdesse quel poco di dignità che era riuscito a mantenere.

Una coppa in vetro, forse l’unica in possesso della signora Moriyama, tonda con dentro uno stato di ghiaccio grattugiato ricoperto da un po’ di sciroppo alla menta e con unica pallina di gelato sopra di essa.

Era un po’ sfasciata a dirla tutta.

Si vedeva chiaramente quanto l’assoluta mancanza di latte facesse sì che la pallina si squagliasse velocemente a contatto con l’aria comunque calda della casa.

Niente a che vedere con quel surrogato all’anice che Rin aveva cercato di rifilargli il giorno prima che, doveva ammetterlo, sotto il punto di vista estetico era una vera e propria opera d’arte.

I suoi occhi verde acqua si allargarono accorgendosi di qualcosa.

Non c’era solo menta nella pallina di ghiaccio, ma anche qualcos’altro.

Guardò meglio, incuriosito: piccole chiazze marroncine puntellavano la superficie irregolare della sfera, conferendogli un’aspetto lievemente inquietante.

“Cioccolato al latte.”

Non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che subito la padrona di casa gli aveva dato risposta.

“Ne avevamo un po’ messo da parte nella dispensa e ho pensato di metterlo nella granita.”

Shiemi, che sedeva davanti a lui, annuì vigorosamente.  

“E questo?”

Il silenzio cadde un poco più pesantemente di quanto succedesse a casa Moriyama, nelle rare volte in cui madre e figlia rimanevano senza parole.

Nessuna delle due, infatti, aveva idea a cosa stesse alludendo il ragazzo, ma, seguendo il dito indice di quest’ultimo, la padrona di casa capì al volo la situazione, aprendosi in un sorriso.

“Oh, quello.” ripetè la donna, coprendosi lievemente la bocca con la manica del kimono per non far vedere al giovane la piega divertita che aveva assunto la sua bocca.

Una gocciolina di sudore scivolò sulla fronte del più giovane Okumura, mentre i suoi occhi guardavano con sospetto quel pezzo di cioccolato al latte assemblato in modo tale da somigliare drammaticamente ad un paio di occhiali.

 

Shura Kirigakure sbadigliò, mezza sdraiata sul pianerottolo di casa Moriyama con il pigiama-kimono tutto sgualcito e gli occhi intenti ad osservare svogliatamente il panorama, alternando rutti ben poco femminili a lunghe sorsate di birra fresca.

Dalla sua postazione poteva sentire perfettamente tutto quello che il quattrocchi diceva.

Per questo, quando, finalmente, quel sapientone occhialuto si accorse del suo regalino, uscendo di conseguenza dalla casa con espressione arcigna, non si stupì più di tanto, limitandosi ad alzare con nonchalance la lattina di birra, ormai vuota, e mormorare con bocca impastata.

“Era ora che te ne accorgessi, occhialuto. Se fossi stata un demone avrei già raso al suolo la casa e tu non te ne saresti neanche accorto. Per punizione vammi a comprare un’altra cassa di birre da otto.”

Il giovane Okumura guardò quella donna con le mascelle serrate e soppresse con grande dolore il desiderio opprimente di caricare le sue pistole ad acqua santa. 

Quel demone di donna...

Shura-san...” sussurrò piano, tremando dalla vergogna e dalla rabbia.

Nyaahn--?

“Da quando è ospite dei Moriyama?”

“Da due settimane. Baakaa--!”

Okumura Yukio era certamente uno dei ragazzi più calmi, intelligenti che mai avessero messo piede all’accademia della Vera Croce.

Serio. Dedito al proprio dovere ad un livello quasi maniacale.

Nulla sembrava smuoverlo. Nulla riusciva a fargli rimpiangere le proprie scelte, qualunque cosa avessero comportato.

Solo una cosa, però, era in grado di smontare quella sua descrizione.

“Allora, queste birre?”

E in quel momento si trovava sdraiata di fronte a lui, guardandolo torvo ed ordinandogli con aria di superiorità di andare a fare una cosa per il quale sarebbe potuto benissimo essere fermato dalla polizia.

Ma soprattutto...

“Ehi! Ma mi ascolti?!”

Gli stava facendo rimpiangere di aver rimandato la correzione di un particolare compito.

 

“Ehi, Yukio. Che significa questo ‘+’ accanto al punteggio?”

“Consideralo un atto di espiazione.”

“Espiazione? Ma che..? Ohi! Yukioo!”


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Capitolo 3
*** Shura - Red Cream Sorbet ***


Shura - Red Cream Sorbet

 

Shura Kirigakure non non riscuoteva molte simpatie tra i suoi colleghi esorcisti. 

Certo, il fattore “davanzale” che si portava dietro, insieme a delle alquanto indecenti, a detta dell’occhialuto, scollature, se non altro funzionali per garantirle rapido accesso alla propria spada demoniaca, avevano portato molte povere anime ad avvicinarla con bocca sbavante, ma la maggior parte di questi, ok diciamo tutti, fuggiva via non appena apriva bocca.
Era risaputo, infatti, quanto Shura, nel parlare, fosse delicata: come uno scaricatore di porto, o comunque ci andava molto vicina.

Poco importava quanto lei si ritenesse raffinata e femminile.

“Mattaku, quanto ci mette l’occhialuto a portarmi le birre?!”

Era e sarebbe sempre stata un’ubriacona incallita.

La donna dai capelli bicolore sbuffò ancora una volta, poggiando una guancia su una mano.

Davanti a lei il giardino di casa Moriyama risplendeva quasi di luce propria, riflettendo su ogni foglia e petalo il sole che, dall’alto del mezzogiorno, scendeva a capofitto sulle teste dei comuni mortali.

L’esorcista tatuata non doveva fare i conti con la stella infuocata in questione, essendosi accuratamente sistemata all’ombra del passaggio coperto della casa in perfetto stile giapponese, ma in ogni caso...

“Atsuuuuu-”

L’aria secca e rovente non lasciava scampo nemmeno a lei, specialmente dopo che il piccolo Yukio se ne era andato via senza più tornare indietro con le sue bambine.

La sua vita. Il suo sostentamento. La sua cura di bellezza. 

Le sue benedette bevande ghiacciate!!!  

Respirò una boccata d’aria torrida, rigettandola immediatamente fuori con faccia disgustata.

Senza una bella lattina gocciolante tra le mani non riusciva a godersi la giornata.

Dannato occhialuto!

Dove caspita era finito?

“Shura-san, tutto bene?”

La voce sottile ed un po’ intimorita di Shiemi fece capolino dall’interno della sala.

L’esorcista Knight sospirò frustrata.

Stare in quella casa non gli aveva dato molti problemi, anzi si stava, come si soleva dire tra i giovani, da Dio: la padrona di casa e sua figlia seguivano scrupolosamente il codice del perfetto padrone di casa, lasciandole tutto lo spazio che desiderava e riservandole tutti gli onori possibili ed immaginabili.

Tuttavia quell’inaspettato risvolto della situazione l’aveva messa alle strette.

L’occhialuto l’aveva snobbata.

Chiaro come l’acqua santa.

Non ci sarebbero state birre ghiacciate e lei, benché diplomata in opportunismo estremo, non si sarebbe mai sognata di mandare una delle sue ospiti a comprarle appositamente delle birre.

Mica era colpa loro se l’occhialuto aveva disertato.

Diamine, aveva degli scrupoli anche lei dopotutto!

Si alzò, lasciando senza parole la ragazza che fino ad allora aveva aspettato pazientemente dietro di lei una sua risposta.

“Vado a fare quattro passi.” bofonchiò, dirigendosi stancamente verso l’entrata dell’abitazione sotto gli occhioni preoccupati di Shiemi.

“Shura-san?”

 

 

“Appena metto le mani addosso all’occhialuto giuro che..”

Alitò per l’ennesima volta, mentre i propri passi pesanti la conducevano sempre più vicina alla scuola di quell’eccentrico di Mephisto.

Grondava sudore da ogni poro.

I capelli le si erano impiastricciati sulla fronte e persino i suoi sandali a tacco alto le facevano scivolare in avanti la pianta del piede tanto erano pregni.

Aria! Aveva bisogno di aria!

A stento riusciva a respirare sotto quella campana di aria bollente e umida.

“Urgh, se si potesse trasformare l’umidità in birra...”

Per lei fu quasi un miracolo raggiungere lo sbatacchio della porta, fresco, spalancarla con slancio disperato e animalesco, ed infine richiuderla dietro di sè, beandosi di una frescura che solo un liscio e lucido pavimento in marmo poteva dare.

“Dio esisteeeee.” 

Molti studenti si fermarono a guardare straniti quella donna che, sbavando e con addosso un kimono particolarmente succinto, si era letteralmente buttata a terra, strusciando una guancia contro il pavimento della hall principale.

Riprendendosi dopo un po’, l’esorcista dai capelli bicolori ritornò fieramente sulle proprie gambe, sorpassando con noncuranza quel branco di ragazzini che si erano fermati a guardarla e con un unico pensiero in testa.

LA MENSA.

 

 

Era risaputo quanto il preside Johann Faust V ci tenesse a coccolare i propri studenti con cibi di prima scelta.

Sugli scaffali refrigerati del self service non mancavano mai di fare la loro bella figura le più fresche e ricercate ricette. Gli studenti della Vera Croce aspettavano con ansia l’arrivo dell’ora dei pasti poichè, specie in estate, la varietà dei piatti a loro disposizione era a dir poco incredibile andando dall’antipasto al dolce, dall’europeo all’orientale, dal più caro ... al più caro ancora.

“Ehi, Bon...”

Lo sguardo attento di Suguro Ryuji continuò a studiare assorto il gruzzolo di soldi che aveva in mano, apparentemente senza curarsi di Konekomaru e di Shima, appiccicati alla sua schiena in attesa di un suo verdetto.

Shima deglutì rumorosamente, con la gola ormai secca e la divisa fradicia almeno quanto quella dei suoi compagni.

Erano appena tornati da nientemeno che l’ora di fisica.

E questo diceva tutto.

Come faceva quel pazzo del loro preside a permettere che, con un clima torrido come quello, venissero ancora impartite lezioni di ginnastica?!

“Dimmi che ci arriviamo Bon. Ti prego. Ti pregooo.” sussurrò stancamente il rosato, sentendosi mancare le ginocchia per la stanchezza.

Lentamente, quasi in maniera estenuante, Bon rialzò gli occhi e ... sorrise smagliante con le lacrime agli occhi.

Shima e Konekomaru capirono immediatamente e spalancarono di rimando i visi in espressioni altrettanto commosse.

Un turbinio di luci ed putti alati muniti di tromba apparvero attorno inneggiando alla loro vittoria.

Ci erano riusciti.

Mesi e mesi di privazioni avevano finalmente portato al risultato sperato.

Dopo tanto soffrire ed attendere avrebbero finalmente messo le mani sul...

“Il Japan Summer Full Course è finalmente nostro!!” gioì Shima con le braccia al cielo non riuscendo più a trattenersi.

Avevano studiato a lungo questo giorno: Bon aveva calcolato scrupolosamente la quantità di soldi da mettere da parte giorno per giorno, Konekomaru aveva incessantemente fatto la guardia al loro salvadanaio, e lui aveva cercato di non cadere in tentazione e ridurre il più possibile le sue visite alla sezione VM18 dell’edicola.

Le riviste della linea Hot Kitties costavano, sapete?

Ma erano le sue preferite!

Bon si asciugò le guance con un braccio, pronto all’ultima grande battaglia: la fila!

“Forza, andiam-!”

“Queste le prendo io, nyaaah ~!”

Veloci come solo quelle di una donna esorcista potevano essere, le dita affusolate di Shura Kirigakure sfilarono dalle mani di Bon l’intero gruzzoletto di yen, allontanandosi con una nonchalance invidiabile per una donna che ha appena compiuto un furto a scapito di ben tre studenti.

Ma se non poteva punire l’occhialuto, sarebbero stati i suoi studenti a pagarla per lui.

Letteralmente.

 

“Una birra per favore.”

La povera commessa dietro il vetro della mensa non ebbe il coraggio di rispondere sprezzante a quella richiesta assurda, già preoccupata della situazione di puro caos che quella donna scostumata aveva provocato facendosi strada a forza fino a lei, infischiandosene altamente della fila di giovani affamati.

Uno stuolo di studenti in preda a delle vere e proprie emorragie al setto nasale, combattevano tra la vita e la morte riversi sul pavimento, mentre un coro di versi indignati si alzavano dalle ragazzine presenti, magari piccate per l’aver visto il proprio ragazzo svenire dopo aver sbirciato la scollatura di quella straniera.

Già, perché solo una straniera avrebbe potuto comportarsi in modo tanto barbaro ed al contempo possedere una capigliatura tanto bizzarra.

“Allora?”

“Ehm... signor..ina...” si riprese cercando di parlare il più cortesemente possibile.

“Siamo in una scuola...”

“E quindi?!” rispose quella, chiaramente prossima a spazientirsi.

Ma che colpa aveva lei?!

“Non vendiamo alcolici agli studenti.” 

L’altra rimase senza parole, sicuramente spiazzata.

“P-per favore, può tornare in fondo e rispettare la fila?”

 

Quella commessa impertinente! Come si era permessa di dirle di tornare in fondo a quella fila di poppanti?

E poi che diavolo significava “non vendiamo alcolici agli studenti”??!! E i professori non bevevano?! Argh! Che rabbia!

Portò alla bocca un’altra cucchiaiata del sorbetto che era riuscita a procurarsi.

Aveva piantato su un tale casino non appena aveva realizzato le parole dell’inserviente che alla fine quest’ultima, esasperata ed anche un po’ intimorita dal suo fare aggressivo, le aveva ceduto uno degli ultimi sorbetti speciali della giornata.

Completamente gratis.

Non era un granché, anche se c’era qualcosa che glielo rendeva particolarmente piacevole.

Abbassò gli occhi sul calice che teneva tra le mani.

Era un bicchiere stranamente elegante per un sorbetto così semplice: un calice riempito sul fondo da una crema ghiacciata e sovrastata da uno strato rosato dal sapore vagamente fruttato, il tutto guarnito da una pallina più densa di ghiaccio alla crema e da un rametto di ribes rosso così splendente da sembrare finto.

“Tch!”

Si sentì urtata da tanta perfezione.

Prese il rametto e lo buttò dietro di sè, sporgendo in modo infantile le labbra per poi continuare a gustarsi il resto del proprio gelato.

Fu però il notare una cosa a frenarla: lo strato rosato di ghiaccio alla frutta non era solo composto da acqua e sciroppo.

C’era dell’altro.

“E così non vendevate alcolici agli studenti, eh?” sussurrò con una punta di rabbia.

Essendo abituata a quel genere di sapore lei non se ne era accorta, ma nella mistura per sorbetto era chiaramente stato aggiunto un goccio di Alchermes.

“L’occhialuto me la pagherà doppiamente..” bofonchiò, facendosi strada per i corridoi refrigerati della scuola con ancora il calice in mano.

E i soldi dei suoi studenti se li teneva lei! Ecco!

 

 

“Bon..”

“Che c’è Shima-san?”

“Siamo stati troppo avidi?”

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