Amici... e chi l'avrebbe mai detto! di Kagome_86 (/viewuser.php?uid=35757)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Serpeverde ***
Capitolo 2: *** Quidditch ***
Capitolo 3: *** Educazione ***
Capitolo 4: *** Litigi ***
Capitolo 5: *** Segreti -mezzi- svelati ***
Capitolo 6: *** Niente più omissioni ***
Capitolo 7: *** Un Natale pieno di sorprese ***
Capitolo 8: *** Pregiudizi e giudizi ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Serpeverde ***
Due
noticine proprio due, prima di lasciarvi alla storia. E' tutta l'estate
che vi annoio con la mia versione di Rose e Scorpius... beh, i miei
Rose e Scorpius prendono origine da qui. Questo è forse il
progetto più lungo con cui mi stia misurando, dato che
vorrei raccontare di come si sono evoluti i rapporti per la NG, la mia
NG.
Il punto di vista principale, che userò più o
meno per tutta la narrazione - e giuro che per me è una
tortura - sarà quello di Albus Severus Potter, con alcuni
brevissimi passaggi su Scorpius Malfoy.
Qui troverete l'origine del soprannome del peluche che avete
già conosciuto in "Pius",
e anche il momento in cui Rose ha visto per la prima volta Scorpius
torturare un prato, abitudine che gli attribuisce in "Cicale".
Verrà il momento in cui scoprirete anche l'origine de "Il
primo bacio", non temete.
Le prime due storie che ho citato hanno partecipato a dei contest: Pius
si è classificata seconda al "Rose/Scorpius: flash contest"
indetto da Zuzallove, mentre Cicale si è classificata prima
per la sezione Harry Potter al contest "One shot per l'estate" indetto
da EFP.
Se non le conoscete ancora, spero che alla fine di questo capitolo vi
verrà voglia di curiosare nel mio account.
Ancora
una cosa, prima di lasciarvi alla lettura: spero che amiate questi
personaggi come li sto amando io mentre li racconto.
Ed ora, buona lettura. Se doveste essere soddisfatti, alla fine, mi
bastano due parole per saperlo. Con due paroline mi fareste davvero
felice.
***
Capitolo
1 - Serpeverde
«Serpeverde!»
urlò il Cappello
Parlante.
Albus Severus Potter aveva
pregato insistentemente quel vecchio, bruciacchiato e malandato coso
che andava in giro fin dalla
fondazione della Scuola di non spedirlo proprio lì. Solo per
un attimo lo aveva
sfiorato l’idea che forse gli sarebbe potuto piacere passare
delle giornate
intere senza vedere i suoi parenti – tutti Grifondoro
– e di quell’attimo di
debolezza il Cappello aveva approfittato per scegliere la Casa in cui
sarebbe
stato accolto per i successivi sette anni.
Il brusio soffocato che
riempiva la sala si spense completamente all’annuncio. Un
Potter tra i
Serpeverde. Nessuno voleva crederci.
Albus sfilò il copricapo il
più velocemente possibile, e si affrettò a
raggiungere il tavolo della sua
Casa. Il tavolo più lontano da quello a cui sedevano tutti i
suoi cugini.
«Tuo padre non sarà contento,
Potter!»
Si
voltò verso la
fonte delle parole. Un
ragazzino con i capelli biondo platino e gli occhi – grigi?
Sì, grigi – grigi gli
sorrideva con disprezzo. Lo zio Ron aveva avvertito Rose di stare alla
larga da
Scorpius Malfoy, ma di certo non gli era mai passato
nell’anticamera del
cervello che suo nipote sarebbe potuto finire tra i Serpeverde.
«Mio padre non è il tuo,
Malfoy. Per lui la casa in cui sono capitato non farà alcuna
differenza.» Era
quello che gli aveva detto prima che salisse sul treno, ma…
sarebbe stato
altrettanto vero quando lo avrebbe saputo?
***
La
sua stanza nell’antro dei
Serpeverde – era una cantina, né più
né meno, e anche le camere sembravano
delle celle con le porte – era una stanza singola. Era come
se si volessero
incitare i membri della casa a non fare amicizia e a pensare ognuno al
proprio
conto. Rabbrividì.
Un conto era desiderare
starsene per fatti suoi quando i suoi fratelli o i suoi cugini gli
impedivano
di leggere un libro, un altro era… quello.
Estrasse un foglio di
pergamena dal set per la corrispondenza che la zia Hermione gli aveva
regalato
ed iniziò a scrivere qualcosa ai suoi genitori. A
metà della lettera si rese
conto che quelle poche righe di inchiostro non erano entusiaste come
loro si
sarebbero aspettati, e che probabilmente li avrebbe solo fatti
preoccupare.
Stracciò la pergamena e si infilò il pigiama.
Avrebbe scritto loro il giorno
dopo, se non l’avesse già fatto James, ovviamente.
***
Il
mattino seguente si
trascinò con fatica fino alla Sala Grande per la colazione.
Non aveva legato
con nessuno dei suoi compagni – come avrebbe potuto,
d’altronde – e si sentiva
triste al pensiero di doversi sedere solo soletto ad
un’estremità della
lunghissima tavolata con sopra intagliato lo stemma della
“Nobile Casa dei
Serpeverde”. Gli ricordava quello stupido arazzo
bruciacchiato che c’era nel
soggiorno di casa.
Lanciò un’occhiata alla tavola
dei Grifondoro, dove tutti i suoi parenti si divertivano, noncuranti
degli
sguardi imbarazzati dei loro compagni. Forse Rose e James un pochino
gli
mancavano, ma la sensazione di essere osservato no di certo.
Si sedette composto a tavola,
curandosi di lasciare libero un posto tra lui e il povero malcapitato
che
sarebbe dovuto stare al suo fianco. Era sicuro che nessuno di loro
volesse
stargli vicino. Era un Potter. E i Serpeverde odiavano i Potter.
«Che c’è, ti fa schifo sederti
al nostro fianco? Guardatelo. Potterino tenerino ha paura dei brutti
Serpeverde
cattivi! Perché non chiedi al Cappello Parlante di smistarti
da un’altra
parte?»
La stessa voce che la sera
prima a cena aveva cercato di provocarlo. Scorpius Malfoy si prendeva
gioco del
suo disagio. Eppure gli si sedette al fianco, premurandosi di occupare
quel
posto rimasto vuoto.
Albus lo fissò sorpreso per
qualche istante.
«Potter, lo so che sono bello,
mi vedo allo specchio, ma se continui a fissarmi in quel modo
comincerò a
preoccuparmi.»
Un gufo marroncino scelse
proprio quel momento per planare sulla tavola ed atterrargli quasi nel
piatto.
Mollò una lettera tra le sue mani e aspettò
qualche carezza sul collo, prima di
tornarsene da dove era venuto.
«Mammina già ti scrive per
dirti che le manchi, Potter? Oppure ti informa che presto sarai
reintegrato tra
i tuoi simili?»
«Ti hanno mai detto che sei
noioso, Malfoy?» sbottò, alzandosi da tavola.
Infilò la lettera in una tasca
della borsa di scuola e si diresse verso l’uscita della Sala
Grande.
«Al!» la voce familiare della
sua saccente cugina preferita lo raggiunse proprio mentre stava per
mettere
piede fuori dalla sala. Forse la sua famiglia non lo odiava poi
così tanto per
essere finito tra i Serpeverde.
«Ciao, Rose!» la salutò
allegro.
«Tutto bene? Non abbiamo
parlato granché da…»
«Prima dello Smistamento,
Rosie. E sinceramente non capisco cosa ci faccia tu adesso qui con me.
Ho visto
come mi ha guardato James ieri sera. E come mi ha guardato tutto il
resto della
famiglia.»
«Beh, io
non sono il resto della famiglia. E visto che abbiamo lezione
insieme, voglio andarci con te! E James lascialo perdere, lo sai
com’è fatto.
Ieri sera ha mandato un gufo alla zia Ginny per dirle che non ti voleva
più
come fratello, visto che eri stato smistato a
Serpeverde…»
«E la mamma cos’ha risposto?»
«È questo il bello. Non ha
risposto la zia Ginny, ha risposto lo zio Harry. Con una Strillettera.
Ce lo
vedi lo zio Harry a scrivere una Strillettera?»
La risposta giusta era no.
Suo padre non si sarebbe mai messo a
scrivere una Strillettera, mai e poi mai.
«Sei sicura che sia stato
papà?»
«Al cento per cento. Quando ha
visto il gufo planare di fronte a lui, James ha iniziato a borbottare
qualcosa
riguardo ai genitori appiccicosi, poi ha notato il colore della busta
ed è
impallidito. E quando ha visto che la grafia era quella dello zio Harry
ha
preso la lettera ed è fuggito dalla Sala Grande. Se non ci
avessi dato le
spalle avresti visto tutta la scena. A proposito, cosa dice la
tua?»
«La mia cosa?» chiese,
inarcando le sopracciglia.
«La tua lettera, Al!» disse
spazientita Rose. Gli ricordava tremendamente la zia Hermione con lo
zio Ron,
quando faceva così.
«Non l’ho ancora aperta.
Malfoy mi stava dando fastidio. O almeno cercava di farlo. Sono
cresciuto con
James in casa, nessuno può essere peggio di lui.»
«Sicuramente è stato un buon
allenamento, Al!» rise lei, mentre prendeva la lettera dalla
tasca della sua
borsa.
«E adesso aprila.» Gli ordinò,
sventolandogli la pergamena davanti agli occhi.
«Ti hanno mai detto che sei
prepotente?»
«Hugo me lo dice tutti i
giorni. Beh, me lo diceva. Sono sicura che si godrà questo
anno da figlio
unico.»
«È di papà!»
esclamò sorpreso
Albus. Quello che Rose aveva detto della Strillettera poteva essere
vero. Era
tipico di suo padre scrivere due lettere insieme, quando aveva iniziato
a
scriverne una. Rose assunse la posa da “te l’avevo
detto”, anche quella
ereditata da zia Hermione.
«Che dice?»
Albus lesse le parole – poche
– scritte su quel foglio, poi lo passò a sua
cugina, che scoppiò a ridere e gli
restituì la pergamena.
«Tua sorella è un genio.»
«Sì, del male. Fai solo che
James sappia cosa scrive Lily di lui…»
riaprì il foglio tra le sue mani e vi
gettò un ultimo sguardo.
Siamo
fieri di te, Al, e ti vogliamo bene. Non cambia nulla.
Papà
e mamma.
PS:
James è un cretino (Lily)
Sorrise,
prima di ripiegare il
foglio e nasconderlo di nuovo nella borsa. Adorava sua sorella.
***
La
prima lezione da studente
di Hogwarts che seguì fu Pozioni, con il professor Belby.
Aveva occupato il
banco dietro a quello di sua cugina – avrebbe voluto tanto
fare il suo esordio
come pozionista insieme a lei, ma lo trattenevano i colori diversi
dell’uniforme di Rose.
«È libero?» la solita voce
sgradevole che lo perseguitava da due giorni lo raggiunse anche in aula
poco
prima dell’inizio della lezione. Come al solito non attese
che rispondesse e si
sedette vicino a lui.
«E se fosse stato occupato?»
chiese, sgarbato. I suoi genitori si sarebbero arrabbiati parecchio se
avessero
saputo che stava trattando così un estraneo. Un Malfoy,
certo, ma pur sempre un
estraneo.
«Andiamo, Potter! La gente non
è così entusiasta di sederti di fianco, pensano
tutti che un Potter che finisce
a Serpeverde deve avere qualcosa che non va!»
«Al non ha niente che non
vada, spocchioso di un Malfoy.» Sua cugina si era voltata
prima che avesse il
tempo di dire “a”, e dal tono che aveva usato Albus
capì che non era il caso di
farle notare che si sapeva difendere benissimo da solo.
«Non sono affari che ti
riguardino, Weasley. Hai l’abitudine di origliare tutte le
conversazioni dei
tuoi compagni?»
Albus si trovò, suo malgrado,
ad osservare Scorpius mentre rispondeva a Rose. C’era
qualcosa che non lo
convinceva nel suo atteggiamento. Non che questo dubbio glielo rendesse
meno
antipatico. Solo… non lo convinceva. Tutto qui.
«Non trattare così Rose.» gli
intimò, ma non poté aggiungere altro,
perché proprio in quel momento arrivò il
professor Belby ed iniziò a fare lezione.
***
Le
due ore trascorsero
velocemente, e senza troppi incidenti, per essere il loro primo impatto
con le
pozioni. Beh, quel Thomas Firefly era riuscito a far prendere fuoco
alle
sopracciglia della sua compagna di lavoro, ma lui si sarebbe salvato
dalle
prese in giro degli altri studenti, almeno per quel giorno. E poi
Malfoy se la
cavava abbastanza bene, era davvero un ottimo compagno di banco e
probabilmente
avrebbe dato del filo da torcere a sua cugina quanto a risultati
scolastici.
Erbologia e Trasfigurazione
furono le due materie successive, con i Corvonero la prima e i
Tassorosso la
seconda. Fu così che tutti quelli del suo anno capirono che
Potter era davvero
finito a Serpeverde.
«Ti abituerai alle loro
occhiate, Potter!» gli disse Malfoy, sedendosi per
l’ennesima volta accanto a
lui, quel giorno. Tra un boccone e l’altro, seduto a pranzo,
finalmente capì
cosa non lo convinceva. Quando suo padre gli raccontava del suo primo
anno ad
Hogwarts, non mancava mai di far notare quanto Draco Malfoy fosse
sempre
circondato dagli altri Serpeverde, era una sorta di divinità
per quelli della
sua casa. Scorpius invece era come lui. Un pesce fuor
d’acqua. Completamente
isolato dal resto dei loro compagni.
«Che ne diresti di mettere da
parte i cognomi e chiamarci per nome? In fondo saremo compagni di casa
per i
prossimi sette anni!» disse, tendendogli la mano. Certo non
sarebbero diventati
amici, ma almeno avrebbe avuto qualcuno con cui fare i compiti.
«Io sono Scorpius. Non Scor.
Non Pius. Men che meno Scorpiuccio. Scorpius.»
Ad Albus venne da ridere
mentre Scorpius elencava con faccia schifata i vari nomignoli che
dovevano
avergli dato.
«Io sono Albus. Ma nessuno mi
chiama così. Beh, eccetto mia madre quando James riesce a
farle credere che
sono colpevole di qualcosa combinata da lui. Puoi chiamarmi
Al.»
«Bene, Al.
Ti va di fare i compiti con me dopo le lezioni?» propose il
ragazzino, e l’espressione impassibile sul suo viso stonava
con la tonalità
speranzosa che aveva dato alla frase.
«Mi piacerebbe davvero tanto,
ma…»
«Già. E io che per un momento
ti avevo anche creduto.» Rispose, con una voce dura che non
andava bene per un
ragazzino di quell’età. Era come se tutti gli
avessero sempre risposto di no.
Si alzò in piedi, ed iniziò a raccogliere le sue
cose.
Per un momento pensò di
portare Scorpius da Hagrid con lui, ma al vecchio guardacaccia sarebbe
preso un
accidenti se Al si fosse portato dietro un Malfoy, dopo tutto quello
che gli
avevano fatto. L’alternativa era dare buca ad Hagrid, ma
quella sì che sarebbe
stata una cosa che suo padre non gli avrebbe perdonato. Decise di dire
la
verità a Scorpius.
«Ho già preso un impegno. Beh,
sarebbe meglio dire che i miei genitori hanno preso un impegno per me.
Il
professor Hagrid ci aspetta per un tè, e non voglio
deluderli. E poi Hagrid è
un amico, non voglio deludere neanche lui.»
«Ah. Capisco. Mi stai dicendo
una cosa tipo “Non è colpa tua, è solo
che sei arrivato dopo”?»
«Più o meno. Però…»
«Però cosa?»
«Pensavo di portarti con me.
Ma non devi insultare né Hagrid né Rose. Puoi
sfogarti su mio fratello, se
vuoi.»
«E quando torniamo ci mettiamo
a fare i compiti?»
«Sei quasi peggio di Rose!»
sbuffò e scrollò le spalle
«Sì, faremo i compiti.»
«Allora va bene. Vengo con
te.»
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Capitolo 2 *** Quidditch ***
capitolo 2
Capitolo
2 - Quidditch
Albus
non capiva l’ansia di Scorpius, fare i
compiti nel
fine settimana non sarebbe stata certo una tragedia, eppure sembrava
che non
vedesse l’ora di toglierseli di torno.
Le ore di lezione pomeridiana – Storia della Magia
– furono
le più pesanti della giornata. Il professor Rüf
era ancora più soporifero di
quanto ricordasse dai racconti dei suoi genitori e di suo fratello, e
le
lezioni dopo l’abbondante pranzo favorivano il sonnellino
pomeridiano.
«Al!
Ehi, Al!»
«Ancora cinque minuti, mamma!»
Le risate che seguirono il suo lamento borbottante lo fecero
svegliare di soprassalto. La guancia gli faceva male e non si sentiva
più le
braccia. Si era addormentato sul banco. Vicino a lui, Scorpius se la
rideva.
«Per fortuna che il professor Rüf
non
si accorge di niente,
Al!»
«Quanto ho dormito? E comunque potevi anche svegliarmi
prima!»
«Ma perché avrei dovuto? Magari fossi riuscito a
dormire
anche io!» Albus diede un’occhiata alle pergamene
che
Scorpius aveva di fronte,
e riuscì a vedere appunti ordinati in una grafia minuta.
«Hai… hai seguito la lezione?»
«Beh, gli altri parlavano, e tu dormivi… cosa
avrei dovuto
fare?»
«Parlare con gli altri?» rispose, con il tono di
chi
ribadisce l’ovvio.
«Potter, non so se hai notato che io e te siamo nella stessa
situazione. Nessuno ci vuole intorno.»
«Mi hai chiamato Potter, Malfoy.»
«Hai detto una cosa irritante e stupida, Potter.»
Se avessero continuato su quella linea, forse sarebbero
anche potuti diventare amici.
***
La
visita da Hagrid era andata
esattamente come si
aspettava. I musi lunghi di suo fratello, le occhiatacce del
guardiacaccia e
gli sguardi perplessi di sua cugina Rose.
«Non devo essere molto simpatico ai tuoi parenti,
Al.»
«James credo sia stato scambiato in culla, dato che non dice
e non fa nulla di intelligente. È riuscito a beccarsi una
Strillettera di papà
ed è dire tutto. Mentre Rose… Rose
mi
vuole bene, e prima o poi accetterà anche te.»
«E i tuoi genitori? Non diranno niente del fatto che non sei
un Grifondoro?»
«I miei genitori… no. Non diranno
niente.» Estrasse
dalla
borsa la lettera che aveva ricevuto quel mattino. «Tieni,
guarda.»
Scorpius si incupì leggendo quelle poche parole piene
d’affetto scritte su un pezzetto di pergamena, e Albus se ne
chiese il motivo.
«Cos’hai?»
«Niente. Andiamo a fare i compiti.» rispose,
restituendogli
il foglio e voltandosi verso l’ingresso del castello.
Fare
i compiti con Scorpius si
rivelò un’esperienza
abbastanza familiare, per un certo verso. Gli sembrava di fare i
compiti con
Rose. Era preciso e ordinatissimo, e sapeva dove andare a cercare tutte
le
informazioni che gli servivano.
Per l’ora di cena avevano finito tutti i compiti che erano
stati assegnati durante il giorno: cinquanta centimetri di pergamena
sulle
proprietà del succo di mandragola nelle pozioni, trenta
sulla
trasfigurazione
dell’acqua in tè – anche se non ne
capiva ancora
l’utilità – e quaranta su una
delle tante guerre fra giganti del Medioevo. Neville aveva evitato di
dar loro
dei compiti, perché “a nessuno piace fare i
compiti il
primo giorno di
lezione”. Non conosceva Scorpius, probabilmente.
***
I
primi cinque giorni ad Hogwarts
si somigliarono tutti.
Albus faceva fatica a percepire il trascorrere del tempo, e
l’unica cosa che lo
aiutava a capire che i giorni stavano passando era il diverso orario
delle
lezioni.
«Allora, domani cosa facciamo, Scorpius? Non abbiamo compiti
da fare!»
«Penso che starò in camera a portarmi un
po’ in
anticipo con
il programma.» Albus lo fissò con
un’espressione che
voleva dire “ma mi stai
prendendo in giro?” «Tu avevi altri
programmi?»
«Pensavo di andare a vedere le selezioni di Quidditch dei
Grifondoro. James si candida come Cercatore, era anche il ruolo di mio
padre.»
«Gli vuoi molto bene, vero?»
«È un idiota, alcune volte. Ma sì, gli
voglio bene.
È mio
fratello, in fondo.» rispose, alzando le spalle.
«Secondo te ti fanno entrare anche se sei un
Serpeverde?»
«Ma tu non eri quello che voleva restare a
studiare?» Albus
ridacchiò per qualche istante, prima di prenderlo sul serio
«Dubito fortemente
che James non insisterà per farmi entrare, dopo la
Strillettera
di papà!»
«E posso venire anche io?» di nuovo la voce
speranzosa.
Scorpius tendeva a farla sempre quando desiderava qualcosa ma pensava
che gli
sarebbe stata negata.
«Per quale motivo sarei in camera tua ora,
altrimenti?»
Albus assistette ad un fenomeno molto strano, in quel
momento. Il primo vero sorriso di Scorpius Malfoy da quando lo
conosceva.
Continuò a fissarlo, perché era davvero stupito
dall’effetto che un semplice
invito aveva su Scorpius, ma quell’attenzione ebbe un effetto
opposto su
quest’ultimo, che si rattristì immediatamente.
«Perché mi guardavi in quel modo?»
«Perché sorridevi.»
«Sorrido tutti i giorni, Al!» Scorpius aveva
ripreso il suo
abituale atteggiamento. Albus si disse che prima o poi sarebbe riuscito
a
capire cosa c’era che non andava in lui.
«Lascia perdere. Ci vediamo domattina, Malfoy.
Buonanotte!»
«Sei
pronto?» chiese
Albus, bussando alla porta della camera
di Scorpius. Aprì la porta e trovò
l’amico seduto
composto sul letto. «Che
facevi?»
«Ti aspettavo.»
«Ah. Ok. Andiamo?»
Scorpius scese dal letto e lo raggiunse. «Andiamo.»
C’era una cosa che Albus iniziava a capire di Scorpius dopo
cinque giorni di convivenza. La loro educazione non era stata neanche
lontanamente simile.
«Sai giocare a Quidditch?» Albus odiava il
silenzio.
Cioè,
lo desiderava ardentemente quando era in mezzo ai suoi rumorosi cugini,
ma lo
odiava quando non aveva bisogno di concentrarsi su altro. Scorpius
sembrava a
suo agio, invece.
«No, ma conosco tutte le regole. E una volta con mio
padre…»
Scorpius si bloccò a metà della frase e i suoi
occhi, che per un attimo si
erano illuminati, erano tornati seri
e non
trasmettevano più nessuna emozione.
«Che hai fatto con tuo padre?» chiese Albus. Era
curioso di
sapere se avessero qualcosa in comune almeno nella loro frequentazione
degli
stadi di Quidditch. Suo padre aveva portato lui e i suoi fratelli
tantissime
volte a vedere le partite, in special modo quelle importanti. E poi da
quando
era a capo dell’Ufficio Auror del Ministero avevano sempre un
sacco di biglietti
gratis. E sua madre aveva giocato anche nelle Holyhead Harpies, prima
che
nascesse James, perciò ogni tanto erano invitati anche alle
partite della sua
vecchia squadra.
«Una volta siamo stati a vedere una partita allo stadio. Tu
sai giocare?» Scorpius aveva tagliato corto il discorso, come
se
gli pesasse
parlare della sua famiglia e di suo padre in particolare.
«Sì, papà ci ha insegnato a giocare
quando eravamo
davvero
piccoli! Mia mamma dice sempre che c’è mancato
poco che
imparassimo a volare
con la scopa prima di iniziare a camminare!»
«Non avevano paura che vi faceste male?» chiese
Scorpius,
sinceramente curioso.
«Ce l’abbiamo nel sangue, Scorpius. Mia mamma e mio
papà
hanno giocato entrambi a Quidditch nella squadra dei Grifondoro, la
mamma ha giocato
anche da professionista dopo il diploma, e nonno James era un
Cacciatore
straordinario, prima di diventare un Auror. Senza contare tutti i
giocatori
della famiglia Weasley, perché passeremmo metà
della
mattinata a parlare di
loro! Comunque credo che non ci sia mai stata neanche una riunione di
famiglia
passata senza una sfida a Quidditch. Se a Natale vieni a trovarci ti
insegno!»
Al pensava di aver avuto un’idea geniale, ma dovette
ricredersi
quando
l’espressione del suo amico divenne triste.
«Che hai?» si trovò a chiedere, per
l’ennesima
volta in quei
giorni.
«Niente, solo non credo di poter venire da te, a Natale.
Sai, i miei nonni ci tengono a festeggiarlo tutti insieme
e…»
«Finalmente!» esclamò Albus, attirandosi
un’occhiataccia di
Scorpius.
«Cosa?»
«Beh, finalmente ho scoperto qualcosa che abbiamo in comune.
Anche i tuoi nonni vogliono che passiate tutti insieme il Natale! Nonna
Molly
ci toglierebbe il saluto a vita se non andassimo alla Tana!»
«Già… infatti.»
«Beh, ma comunque potrei sempre chiedere a papà se
possiamo
ospitarti dopo Natale! Saresti sicuramente il benvenuto!»
«Non credo che…» Ma Albus non
scoprì
cos’era che Scorpius
non credeva possibile, perché proprio in quel momento suo
fratello James andò
loro incontro.
«Al! Sei in ritardo! E perché ti sei portato
dietro questo
qui, ti avevo detto che sarebbe stato difficile già far
entrare
te, figuriamoci
due Serpeverde!»
«È un mio amico!»
«Al, certe volte sei proprio stupido. Non. Siamo. Nella.
Stessa. Casa! Ci tengo che tu sia qui, ma non posso litigare con il
Capitano
proprio il giorno delle selezioni, e per colpa tua!»
«Tranquilli, non litigate. Me ne torno al castello. Al,
grazie per averci provato.»
«Non fare lo scemo, Scorpius Malfoy. Entrerai con me, come
mio accompagnatore. E Al come accompagnatore di suo fratello. E visto
che lui è
il fratello di un partecipante alle selezioni, e tu sei con me, nessuno
potrà
dire niente. D’accordo?»
«Ma…»
«James, ti costa tanto fare quello che dico, per una
volta?»
«Rose, sei… sei…» James
aprì e chiuse
la bocca per un paio
di volte, nella malriuscita imitazione di un pesce rosso, poi
annuì.
«Perfetto! Ora andiamo dentro!»
Rose precedette i tre ragazzini dentro il campo di gioco, e
si diresse verso gli spalti.
«Mi fa paura quando fa così, Al.»
«Anche a me, Jamie. Ma è meglio fare come dice, lo
sai. E
adesso muoviti ad andare dentro!»
Quando James si fu allontanato, Scorpius si permise di
sorridere. «Tua cugina è forte. Strana, ma
forte.»
Al annuì, prima di riprendere a camminare verso il campo
insieme a Scorpius.
***
«James,
sei stato
grande!» Albus era corso giù dagli spalti
lasciando indietro Rose e Scorpius. Voleva assolutamente essere il
primo a fare
i complimenti a suo fratello per l’ottima prova.
«Avevi qualche dubbio, Al?»
«Beh, quando il boccino è passato davanti al naso
di
quella
Situla Patil un po’ mi sono preoccupato, ma per fortuna
considerava le sue
unghie più interessanti della selezione!» rise,
guardando
suo fratello.
«Non hai notato che c’era un sacco di gente poco
interessata
alle selezioni, Al?»
«E che ci sono venuti a fare, se non erano
interessati?»
«Erano semplicemente curiosi di vedere se James avesse lo
stesso talento di zio Harry e di zia Ginny, Al! E lui non li ha delusi,
ovviamente.» Rose e Scorpius li avevano raggiunti.
«Tutti a mettere in dubbio il mio talento. Potrei anche
offendermi!» scherzò James, fingendo
un’aria
affranta che durò meno di cinque
secondi, dopo i quali il suo lato vanitoso tornò alla
ribalta.
«E tu, Scorpius, che dici?» il ragazzino era
rimasto in
silenzio fino a quel momento, in balia dei suoi pensieri.
«Io… credo che tu sia stato davvero molto bravo,
James.
Quella virata con avvitamento è stata spettacolare e quando
sei
sceso in
picchiata spalla a spalla con Baggins…» si
interruppe per
qualche istante,
sospirò, e quando riprese a parlare non era rimasto niente
dell’eccitazione di
poco prima «Sei stato davvero molto bravo.»
«Grazie. Rimarrei volentieri a fare quattro chiacchiere con
voi, ma devo farmi una doccia e poi finire i compiti per
lunedì,
perciò credo
che tornerò alla torre. Voi che fate?»
«Io torno con te, James. Devo rivedere il tema di pozioni,
c’era qualcosa che ancora non mi convinceva!»
«Io credo che andrò a trovare Neville alla serra.
Beh, il
professor Paciock. I compiti li ho finiti.» James
sgranò
gli occhi a
quell’affermazione di Albus, e altrettanto fece Rose.
«Che significa che hai finito i compiti, Al?»
«Che io e Scorpius li abbiamo fatti man mano che li
assegnavano, così ora abbiamo il fine settimana libero.
Perciò vado a trovare
Neville, la mamma ci teneva, te lo ricordi?»
«Beh, sì, ma… Niente,
salutamelo.» E se ne
andò borbottando
qualcosa come “Da
non credere, mio
fratello è un secchione”
seguito a ruota da Rose.
«Allora vai dal Professor Paciock?» gli chiese
Scorpius.
«Credo di sì, non vuoi venire con me?»
«Non credo che sarei un ospite gradito.»
«Neville è davvero simpatico, Scorpius.
Vedrai!»
Albus non
capiva perché Scorpius dovesse fare sempre tutti quei
problemi
quando le cose
erano davvero molto più semplici di quello che sembravano a
lui.
«Beh… lui non andava molto d’accordo con
mio
padre.»
«E allora? Pensi che ti farà dei
problemi?»
«No… non lo so…»
«Se vieni lo scoprirai!» Al sorrise, tutto contento
di aver
messo nel sacco il suo amico. A quel punto non poteva certo dirgli di
no.
Iniziò ad incamminarsi verso le serre, sicuro che avrebbe
trovato lì Neville.
Quando scriveva a suo padre le lettere odoravano sempre di terriccio e
concime.
Scorpius lo seguiva, a testa bassa e taciturno. Questa volta Albus non
provò a
farlo parlare, era sicuro che avrebbe tirato fuori solo borbottii e
lamenti,
così fecero tutta la strada fino alla serra in silenzio.
«Ma sai quante serre ci sono a Hogwarts, Al?»
chiese
Scorpius con un tono decisamente nervoso. Non c’era dubbio
che
quella fosse una
cosa che faceva controvoglia, giusto per non dover passare da solo il
resto
della mattinata.
«Sì, ma solo nella numero tre ci sono le Mimbulus
Mimbletonia!» rispose. Sapeva che Neville teneva
particolarmente
a quella
pianta bruttina e neanche tanto utile che aveva piantato nella Serra
quando
aveva iniziato ad insegnare ad Hogwarts e che lo accompagnava fin da
quando era
uno studente. Suo padre gli aveva raccontato di quella volta in cui,
tentando
di scoprirne le qualità nascoste, Neville aveva fatto
arrabbiare
la pianta e
aveva ricoperto tutti quelli che erano nel loro stesso scompartimento
di
Puzzalinfa.
«Sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire che adesso andiamo alla Serra numero
tre!»
Trovarono Neville impegnato a innaffiare. L’innaffiatoio
volteggiava nell’aria seguendo le indicazioni che
l’uomo
dava con la bacchetta.
«Ciao, zio Neville!» Albus gli andò
incontro con un
sorriso
allegro stampato in volto. Era chiaro che adorava il professor Paciock
e che
era ricambiato, dato che lo stesso sorriso si formò sulle
labbra
di Neville
mentre lasciava che l’innaffiatoio si poggiasse delicatamente
sul
lungo tavolo
di legno al centro della serra e si preparava ad accoglierlo tra le
braccia.
«Ciao, giovanotto! Come mai da queste parti? Non hai compiti
da fare?»
«Sono appena arrivato e già vuoi mandarmi
via?» fece
il
broncio per qualche istante, ma era troppo contento di vedere quello
che
considerava a tutti gli effetti uno zio acquisito, e il sorriso
tornò sulle sue
labbra un istante dopo. «Comunque io e Scorpius abbiamo
già fatto tutti i
compiti di questa settimana!»
Il ragazzino biondo, che fino a quel momento era rimasto in
disparte, sentì lo sguardo del professor Paciock su di
sé.
«Scorpius?» domandò, lasciando andare
Albus.
«Sì, professore. Scorpius. Scorpius Hyperion
Malfoy.»
«Vedo che nella tua famiglia non hanno perso
l’abitudine di
dare i nomi di costellazioni e stelle. Come sta tuo padre?»
«Bene, professore.»
«Mandagli i miei saluti, la prossima volta che gli scrivi.
Sono quasi vent’anni che non lo vedo, ma d’altra
parte dopo
il diploma ho perso
i contatti con quasi tutti i compagni di scuola, soprattutto da quando
mi sono
sepolto qui. Ho saputo che si era sposato dall’inserto
domenicale
della
Gazzetta del Profeta!»
«Lo farò sicuramente, professor
Paciock!» Scorpius
se ne
stava tutto impettito, con l’espressione più seria
che si
potesse vedere in
faccia ad un bambino di undici anni. Era nervoso, quasi impaurito.
Neville gli
si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla.
«Sei un bravo ragazzino. Specialmente se riesci a far fare
tutti i compiti ad Al senza farlo lamentare troppo!» rise al
termine della sua
frase, e anche Scorpius e Albus risero con lui. «Al, oggi
c’erano le selezioni
della squadra di Quidditch dei Grifondoro, vero? Se non sbaglio Harry
mi aveva
accennato che Jamie voleva provare a entrare nella squadra nel ruolo di
Cercatore. Sai com’è andato?»
«È stato bravissimo! Ha fatto un paio delle mosse
che gli
ha
insegnato mamma quest’estate, ed è andato alla
grande!
Perché non sei venuto a
vederlo anche tu?»
«Perché le piante delle serre hanno bisogno di me
anche il
sabato e la domenica» disse, riprendendo in mano la bacchetta
e
ricominciando
ad innaffiare le piante. Al e Scorpius si sedettero sulla panca ed
osservarono
in silenzio il lavoro del professor Paciock.
«Professore, ci insegnerebbe a fare quello che sta facendo
lei?» Ad Albus si illuminarono gli occhi, Scorpius non
avrebbe
potuto avere
un’idea migliore.
«Sì, zio Neville! Così poi possiamo
aiutarti!»
«Vi potrei dire che è una magia troppo complessa
da
insegnare a due del primo anno, ma la verità è
che
utilizzo due semplici
incantesimi che fanno parte proprio del programma del vostro anno. E se
non mi
sbaglio, uno dovreste averlo imparato proprio in questi
giorni!»
«Perciò usi Wingardium
Leviosa e
qualcos’altro?»
«Esattamente, Al. L’altro incantesimo è Aguamenti.»
proprio in quel momento le campane dell’orologio grande
del castello si misero a suonare.
«Per la barba di Silente, è già
l’ora di
pranzo! Correte al
castello, ragazzi!»
«Lei non viene?» Era stato Scorpius a fare quella
domanda,
poco prima di uscire dalla serra.
«Vi raggiungo tra poco, finisco di innaffiare e vengo a
mangiare!»
Il professor Paciock gli sorrise con dolcezza e Scorpius
ricambiò il sorriso, prima di raggiungere Albus.
***
Grazie
mille a chi ha voluto lasciare un segno del suo passaggio... le
risposte arriveranno a breve ;)
|
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Capitolo 3 *** Educazione ***
Capitolo
3. Educazione
Le
differenze tra l’educazione di Albus e quella di Scorpius
venivano fuori soprattutto a tavola. Non che Al si comportasse da
selvaggio,
certo, ma dover difendere il suo piatto dagli assalti di James lo aveva
abituato ad assumere una strana postura mentre mangiava.
«Se continui così ti verrà la
gobba» Scorpius l’aveva ripreso
per l’ennesima volta. A tavola si comportava come un nobile,
lui. Schiena
dritta, gomiti lontani dalla tavola, tovagliolo sulle ginocchia e
posate
perfettamente allineate. Non faceva rumore quando tagliava la carne,
né quando
masticava e si rifiutava di rispondere alle sue domande se prima di
farle non
aveva completamente svuotato la bocca.
«Ti diverti per caso?» chiese Albus, raddrizzando
la schiena
e cercando di imitare il portamento di Scorpius.
«No, Al. Odio dovertelo ricordare, ma a questo tavolo non
puoi permetterti di comportarti come vuoi. La gente a Serpeverde
è abituata a
giudicare dalle apparenze.»
Albus sapeva che Scorpius aveva perfettamente ragione, ma
non voleva adattarsi. Lo trovava assurdo. Poggiò le posate
sul piatto e si alzò
da tavola, come al solito osservato da tutti gli altri ragazzi. Si
avvicinò al
tavolo dei Grifondoro e richiamò l’attenzione di
Rose poggiandole una mano
sulla spalla. La ragazzina sobbalzò per lo spavento.
«Al, mi hai fatto spaventare! Che vuoi?»
«Hai… hai voglia di fare quattro passi?»
era stranamente
imbarazzato. In fondo a quel tavolo c’erano tutti i suoi
cugini, avrebbe dovuto
sentirsi a casa. Eppure, dopo una sola settimana, si sentiva
più a suo agio al
tavolo di Serpeverde che vicino a tutti i parenti.
«Finisco il succo di zucca e arrivo!» gli sorrise
Rose,
attirandosi un’occhiataccia di Fred.
«Ehi, Serpeverde, non vorrai mica scopiazzare i compiti da
una Grifondoro!» disse, e rise sguaiato seguito da Victoire e
tutti i più
grandi. Rose e James si alzarono contemporaneamente.
«Devo fare i compiti» fu la scusa di suo fratello,
che si
allontanò velocemente dal tavolo.
Rose sistemò le posate nel piatto e si incamminò
verso
l’uscita. Al la seguì in silenzio. Fuori dalla
Sala Grande, James li aspettava
appoggiato al grande corrimano di pietra.
«Stasera Fred non la passa liscia» disse,
arrabbiato per come
il cugino aveva trattato il fratello minore.
«Jamie, non c’è bisogno. È
solo un pallone gonfiato. Delle
volte dubito che sia davvero figlio di zio George!» Al
cercava di
tranquillizzare suo fratello, ma la verità è che
le parole del cugino gli
avevano fatto davvero male. Si era sentito disprezzato per una cosa
che, di
fatto, non era neanche colpa sua.
«Voglio scrivere a papà» dissero in coro
i due fratelli. Si
guardarono e scoppiarono a ridere, mentre Rose li osservava scuotendo
la testa.
«Al, tutto a posto?» la voce di Scorpius li
raggiunse prima
ancora che si accorgessero della sua presenza. Il ragazzino pareva
tranquillizzato dalle risate dei fratelli, eppure continuava ad avere
lo
sguardo serio.
«Sì, tutto bene. Le solite liti di
famiglia» rispose con un
bel sorriso.
«Tuo cugino – è tuo cugino, vero?
– Si è messo a fare il
cretino dopo che siete usciti. Sei sicuro che non sia successo
niente?»
«Scorpius, la mia mamma e il mio papà continuano a
volermi
bene, credo che sia abbastanza. Se ai miei cugini non va bene possono
sempre
farsi un giro… nella Foresta Oscura!» disse con
convinzione. Rose e James
annuirono alle sue parole.
Albus mostrava una sicurezza che in realtà non aveva, ma non
poteva permettere a Fred e a tutti i loro cugini di rovinare la sua
permanenza
a Hogwarts. Se avevano deciso di smettere di volergli bene
semplicemente per
una decisione del Cappello Parlante la cui motivazione rimaneva ignota
ai più
significava che non gliene avevano mai voluto davvero.
«Adesso andiamo a fare quella passeggiata per la quale ti
sei avvicinato al nostro tavolo?» Rose sembrava davvero
felice che suo cugino
l’avesse cercata, perché per lei il fatto che lui
fosse finito in un’altra casa
non contava per niente. Albus sapeva che doveva essere rimasta delusa,
almeno
all’inizio, perché da anni immaginavano
un’avventura dietro l’altra da vivere insieme,
ma doveva aver capito che sarebbero potuti rimanere amici comunque. In
fondo
anche sua nonna Lily era stata una Grifondoro e il suo migliore amico
un
Serpeverde. Perché dovevano creare problemi che non
esistevano?
«Scorpius, vuoi venire anche tu?» Albus chiese con
gli occhi
il permesso a Rose, ma parlò prima che questa potesse
darglielo. Non che Rose
avrebbe mai detto di no, in fondo Scorpius le piaceva, sembrava buono.
O
comunque era un buon amico per Al, e tanto le bastava.
«Non vorrei dare fastidio» disse il ragazzino.
Scorpius
tentennava sempre quando gli offrivano di partecipare a qualcosa, come
se
avesse paura che da un momento all’altro potessero decidere
che era di peso.
Albus non riusciva proprio a capire questo suo atteggiamento, e stava
iniziando
anche a dargli un po’ fastidio. Più che invitarlo
che cosa doveva fare per
dimostrargli che non gli era di nessun peso?
«Se mi dessi fastidio non ti inviterei»
ribatté e si
incamminò verso l’esterno.
Si era alzato un vento fresco che scompigliava i capelli dei
tre ragazzini, diretti verso il Lago Nero. Passarono di fronte alla
tomba di
Silente, sempre bianchissima nonostante fossero passati ormai
vent’anni, e si
sedettero sotto un albero.
«La mamma mi ha detto che quando lei e papà
litigavano veniva
sempre a rifugiarsi qui al Lago» esordì Rose,
sdraiata a pancia in giù
sull’erba con la testa appoggiata sui palmi delle mani.
«Anche nonna Lily lo faceva. Me l’ha raccontato
papà… a lui
l’aveva detto il papà di Teddy.»
«Io non ho cose divertenti sui miei genitori ad Hogwarts da
raccontare.» mugugnò Scorpius, che si teneva le
ginocchia strette al petto e
dondolava spingendosi con i piedi.
«Davvero?» chiesero in coro Albus e Rose.
«Sì. L’unica cosa che so è
che erano entrambi dei Serpeverde
e che per qualche motivo papà ha dovuto ripetere
l’ultimo anno.»
«Anche mio padre ha ripetuto l’ultimo anno, e anche
i
genitori di Rose. E a quanto ne so anche il professor Paciock lo ha
fatto. Chissà
come mai!»
«La mamma mi ha detto che avevano trovato diversi compiti
d’esame del tutto identici, e che per questo motivo decisero
di far ripetere
l’anno a tutti.»
«Accipicchia, devono essere davvero severi!»
esclamò Albus.
«Devono esserlo, altrimenti non impareremmo niente»
Scorpius
pronunciò la frase in tono solenne, con lo sguardo fisso
verso il lago.
Sembrava davvero convinto di quella teoria, tanto che
sollevò lo sguardo verso
i due amici, quando non li sentì replicare. Albus e Rose
erano sorpresi, non
avevano mai visto le cose in quel modo. Le loro madri avevano sempre
spiegato
loro le cose con dolcezza, eppure non erano cresciuti così
male. O almeno a
loro non sembrava.
Albus si alzò di scatto, ricordandosi improvvisamente di
qualcosa di importante.
«Devo scrivere ai miei!» esclamò,
agitato. «Se non scrivo
loro nel pomeriggio non avrò una risposta
domattina!»
«Cosa devi scrivere?» chiese Rose.
«Niente di importante, ma non li sento da lunedì!
Non voglio
che pensino che non mi mancano!»
«Io non li ho ancora mai sentiti» Scorpius
sospirò
strappando un ciuffo d’erba. «E non ho intenzione
di farlo, prima che diciate
qualcosa.»
«Non ti diciamo niente. E io vado!» Albus corse
via,
lasciando Rose e Scorpius a chiacchierare sotto l’albero.
«Perché
ti mangi le unghie?» chiese Scorpius
all’improvviso.
Lui e Rose erano rimasti in silenzio ad ascoltare il vento muovere
l’acqua del
lago, scambiandosi occhiate di tanto in tanto quando pensavano che
l’altro non
stesse osservando.
«Non lo so, me lo chiedo spesso. Immagino che se sapessi
perché mi mangio le unghie smetterei di farlo.»
Rose si era messa sulla
difensiva. A Scorpius dispiaceva davvero moltissimo che lei avesse
reagito in
quel modo, anche perché non pensava di aver fatto una
domanda così strana. Il
silenzio tornò prepotente tra di loro, e Scorpius ci si
adattò, anche perché
non era tipo da concedersi due volte, se avevano già
ampiamente dimostrato di
non gradirlo.
«Posso farti una domanda?» la voce di Rose era
sottile,
quasi timida, come se si vergognasse di lui.
«Dimmi.» rispose, con il tono rassegnato di chi sa
che la
domanda arriverà comunque.
«Perché non ti piace stare a Serpeverde?»
La velocità con la quale quella ragazzina dai capelli rossi
aveva centrato il punto lo aveva lasciato senza parole. Lo stupore se
ne andò
in fretta, così come era arrivato, permettendogli di
sorriderle.
«Dai per scontato che non mi piaccia.»
«Se ti piacesse non staresti sempre appiccicato ad Al,
staresti con gli altri e lo prenderesti in giro.»
«E tu perché stai con due Serpeverde invece che
con quelli della
tua casa?»
«Perché Al è mio cugino, e tu non mi
hai ancora risposto!»
«Perché avrei preferito non finire a
Serpeverde,» aveva
detto. Aveva detto quello che gli frullava nella testa fin da quando
aveva
ricevuto la lettera di ammissione. «Non lo dire a nessuno,
per favore.»
«Se tu la smetti di torturare questo povero prato.»
Scorpius
si guardò intorno e si rese conto di aver strappato tutti i
ciuffi d’erba ai
lati delle sue gambe. Sorrise.
«Affare fatto.»
«C’è un’altra cosa che vorrei
chiederti.»
«Posso dire di avere paura?»
«No, è una cosa stupida! Come sei riuscito a
convincere Al a
fare i compiti tutta la settimana?»
Al
si era chiuso in camera a scrivere la lettera per i suoi
genitori. Non si sarebbe lamentato per il comportamento di Fred
– l’avrebbe
fatto James, ci avrebbe scommesso la paghetta mensile – ma
voleva che suo padre
si muovesse al più presto per chiedere ai genitori di
Scorpius il permesso di
ospitarlo per le vacanze di Natale.
Aveva quasi finito, quando bussarono alla sua porta.
«Avanti!» disse.
La porta si aprì su Scorpius, con la faccia rossa per il
sole e per il vento, e probabilmente anche per la corsa che aveva fatto
dal
Lago Nero fino al castello.
«Non avrai mica lasciato Rose da sola!» si
agitò subito. La
cugina sapeva cavarsela certamente meglio di lui, ma non gli piaceva
saperla in
giro da sola.
«No, siamo tornati perché lei voleva rivedere i
compiti di
pozioni. E forse è il caso che vada a rileggere il tema
anche io.»
«Siete due perfezionisti.» borbottò Al,
mentre la porta si
richiudeva, e tornò a dare attenzione alla pergamena.
Rilesse la lettera due
volte per vedere se avesse lasciato qua e là qualche errore,
la firmò, attese
che si asciugasse, la infilò in una busta e corse fino alla
Guferia. Al suo
ingresso scese dal trespolo un piccolo gufo grigio che strinse nel
becco la
lettera e attese istruzioni.
«Al dodici di Grimmauld Place.» Disse scandendo
bene le
parole. Mandare una lettera con un gufo era come viaggiare con la
Metropolvere.
Bisognava stare attenti a come si pronunciavano gli indirizzi.
Mentre
attraversava i corridoi, di ritorno dalla Guferia, ad
Al sembrò di sentire la voce di suo fratello. Era
arrabbiata, ed aveva un tono
troppo alto, perciò la inseguì e trovò
James che faceva a pugni con Fred,
mentre Bob Jordan – il migliore amico di Fred – li
guardava.
«James, smettila!» gridò, lanciandosi
tra suo fratello e il
cugino.
«Al, togliti dai piedi» rispose James, dandogli una
spinta
che per poco non l’aveva fatto cadere a terra. Proprio in
quel momento Albus si
accorse di un paio di acquosi occhi gialli che li osservavano. E se
quella era
Mrs Purr, allora… «Jamie, smettetela, dobbiamo
andare via! Il signor Gazza sarà
qui fra poco!»
Il pensiero che l’anziano custode della scuola potesse
arrivare e farli mettere in punizione ebbe la precedenza, per qualche
istante.
«Non pensare che sia finita qui!» disse infatti
James.
«Finita cosa,
signor Potter?»
Non si erano accorti di essere finiti quasi addosso alla
Preside. La Professoressa McGranitt li guardava severamente, fissandoli
uno per
volta.
«Allora? Preferite parlarne nel mio ufficio?» Non
volava una
mosca. La McGranitt aveva l’effetto di un incantesimo
silenziante, con l’unica
differenza che non si vedevano neanche bocche aperte
dall’effetto grottesco di
pesci in un acquario.
«È… è colpa mia,
professoressa McGranitt» Albus non voleva
che finissero tutti nei guai, e poi in effetti era colpa sua. Se quella
mattina
non si fosse avvicinato a Rose, Fred non l’avrebbe trattato
male e James non
avrebbe voluto difenderlo.
«È sicuro, signor Potter?»
«Sì» annuì con forza.
«Benissimo. Signor Weasley, signor Jordan, spero che abbiate
finito i vostri compiti, perché sono sicura che il signor
Gazza troverà
qualcosa da farvi fare domani. E per tutti i fine settimana a venire
fino a
Natale. È un fatto gravissimo che vi siate picchiati nei
corridoi della scuola.
E lei è colpevole tanto quanto loro, signor Jordan,
perché non li ha fermati
pur avendone la possibilità» la professoressa
McGranitt era incredibile,
sembrava quasi leggere nella mente degli studenti.
«Per quanto riguarda voi due, invece, verrete nel mio
studio. Dobbiamo farci una chiacchierata.»
Lo
studio della Preside era arredato in modo spartano.
Nessuna tovaglia ricamata all’uncinetto – di quelle
che avevano visto a casa
della zia Petunia – e nessun soprammobile inutile. Dietro la
larga scrivania di
legno massiccio c’era una poltrona in pelle di drago
dall’ampio schienale. Di
fronte due sedie ricoperte dallo stesso materiale che non aspettavano
altro che
ospitare Albus e suo fratello.
«Allora, mi spiegate cosa ci facevate in quel corridoio? E
non provate a rifilarmi di nuovo la storia che è colpa di
Albus» Minerva
McGranitt non era soltanto la preside di Hogwarts, ma una strega molto
brillante nonché amica di famiglia. Difficilmente avrebbero
potuto passarla
liscia con quella bugia.
«Ma è
colpa mia!»
disse Al con una vocina acuta e lamentosa, risentito dal fatto che non
gli
avesse creduto.
«Oh, sta’ zitto, Al! Non è vero che
è colpa tua! Come se si
potessero controllare le decisioni di quel vecchio coso impazzito che
sarebbe
l’ora che andasse in pensione!»
«Posso assicurarti, James, che il vecchio Cappello Parlante
è tutto tranne che impazzito. Se ha mandato Albus a
Serpeverde deve aver avuto
i suoi motivi, anche se al momento non ci sono chiari.» a
parlare era stato il
preside dipinto nel quadro appeso proprio dietro la scrivania. Albus Percival Wulfric Brian Silente,
1881-1997, recitava
l’etichetta in ottone attaccata alla cornice.
Al aveva visto Silente soltanto nelle figurine delle
cioccorane, ma in quel quadro aveva un aspetto molto meno maestoso e
molto più
amichevole di quanto non lo avesse nell’immagine delle
figurine.
«Perciò se sono finito a Serpeverde non
è perché volevo
stare lontano dai miei parenti?» chiese, mettendosi in
ginocchio sulla poltrona
e puntando i gomiti sulla scrivania della Preside in modo da sporgersi
verso il
quadro.
«Diciamo che quello potrebbe aver giocato nella decisione
del Cappello, ma ci sono sicuramente altri motivi, Albus»
Silente gli aveva
risposto con un sorriso divertito, e quando lo sguardo di Al
incontrò il
cipiglio della professoressa McGranitt si rese conto del motivo e si
affrettò a
raddrizzarsi sulla sedia. «Somigli davvero molto a tuo padre
alla tua età,
Albus. James, tu somigli molto di più a tuo nonno!»
«Bene. Ora posso sapere perché tu e il signor
Weasley siete venuti
alle mani?» la McGranitt si era rivolta direttamente a James,
escludendo Al
dalla risposta. Eppure lui le aveva già spiegato che era
colpa sua, no?
«Fred prendeva in giro Albus per il fatto che fosse finito a
Serpeverde. Diceva che non deve essere tanto normale, se dopo tutto
quello che
è successo alla nostra famiglia per causa loro è
finito in quella Casa e sta
facendo amicizia con loro. Ma è mio fratello, io so che
è buono! E dovrebbero
saperlo anche lui e gli altri!»
Silente sorrise e si scambiò un’occhiata con la
McGranitt.
«Potete andare, ragazzi» disse la Preside, con
dolcezza.
«James, nonostante le tue nobili intenzioni sono costretta ad
avvertire tuo
padre per la rissa e a darti una punizione. Per le prossime due
settimane
aiuterai il professor Hagrid a prendersi cura dei thestral.»
«Ma non posso vederli!»
«James.»
«Sì, professoressa McGranitt. Aiuterò
il professor Hagrid
con i Thestral.»
«Benissimo. Ora scendete in sala grande per la cena, si
staranno chiedendo che fine avete fatto.»
Al era stupito dall’arrendevolezza che suo fratello aveva
dimostrato con la Preside, e continuava a lanciargli occhiate cercando
di
evitare che se ne accorgesse.
«Cosa c’è, Al?» Ovviamente,
senza successo.
«Hai paura che papà dica qualcosa?»
«No, Al. Non ho paura di papà, e neanche di mamma.
Ho paura
dei Thestral!»
«Come puoi avere paura di una cosa che non vedi?»
«Proprio perché non li vedo, Al!» e
accelerò il passò,
infilandosi nella Sala Grande prima ancora che avesse il tempo di
raggiungerlo.
Con la testa bassa si avvicinò al tavolo dei Serpeverde e si
sedette al solito
posto, vicino a Scorpius.
Il ragazzino sollevò il viso e lo guardò per
qualche
istante, poi lasciò cadere la forchetta nel piatto e si
girò verso di lui.
«Prendi qualcosa da mangiare, e torniamocene alla sala
comune. E tirati un po’ su, Al.» Scorpius lo
aiutò a raccogliere qualcosa in un
piatto, e scese con lui nel sotterraneo.
***
Grazie
a chi sta leggendo questa storia e grazie a chi la commenta,
lasciandomi sempre con un sorrisino soddisfatto e gongolante.
Grazie
davvero.
|
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Capitolo 4 *** Litigi ***
Capitolo
4 - Litigi
Al
così abbattuto non era uno spettacolo di tutti i giorni.
Non gli andava molto di chiedergli cos’era successo, di
solito quando lui stava
in quello stato non voleva avere nessuno intorno, eppure era curioso di
sapere
cosa avesse intristito il suo amico.
«James e Fred hanno fatto a botte nel corridoio, e James
è
in punizione… ed è colpa mia.»
Ovviamente Scorpius avrebbe dovuto immaginare
che non ci sarebbe stato nessun bisogno di chiedere, Al era troppo trasparente
per non dirgli tutto.
«E tu?»
«Io?»
«Sei in punizione anche tu?» chiese.
«No, io no.» Scorpius sospirò di
sollievo, era da egoisti
pensare che se Al non era in punizione lui avrebbe avuto qualcuno con
cui fare
i compiti anche per la settimana seguente?
«Hai finito di controllare il tema per pozioni?»
chiese Al,
probabilmente con l’intento di cambiare argomento.
«Sì, l’ho riletto due volte. Ed entrambe
le volte l’ho
trovato perfetto, come l’avevo lasciato lunedì
scorso. La teoria di Rose che i
compiti si possono sempre perfezionare con me non va bene»
Scorpius era
davvero serio, perciò quando Al sorrise pensò che
lo stesse prendendo in giro e
lo guardò storto. «Perché
sorridi?»
«Perché… l’hai chiamata
Rose.»
***
La
domenica mattina era trascorsa in tutta tranquillità, per
Albus e Scorpius. Avevano fatto colazione nella sala grande –
le attese di Al
per il gufo di suo padre erano state deluse – e poi erano
corsi giù al lago a
prendere un po’ di sole, visto che ancora potevano farlo.
Rose non si era vista
in giro per tutto il giorno.
«Sarà nella sala comune dei Grifondoro a
controllare i suoi
compiti, Al!» sbottò Scorpius
all’ennesima volta che nominava sua cugina.
«Ma… scusa» disse mogio. Si rendeva
conto di non essere
stato una buona compagnia. «Tu cosa facevi di domenica,
Scorpius?»
«Di solito papà mi controllava i compiti per il
lunedì, il
mio tutore era molto severo, poi ci vestivamo bene per andare a pranzo
dai
nonni e dopo pranzo andavamo a fare una passeggiata a Diagon
Alley.»
«Noi invece di solito andiamo alla Tana dalla nonna Molly.
Poi nel pomeriggio giochiamo a Quidditch. È davvero ingiusto
non poter avere
una scopa personale al primo anno!»
«Per me la settimana scorsa a lezione è stata la
prima volta
su un manico di scopa» rivelò, sdraiandosi
sull’erba con le braccia sotto la
testa.
«Ma tuo padre… non giocava a Quidditch anche
lui?» suo padre
gli aveva raccontato delle loro sfide sul campo, e gli sembrava assurdo
che il
padre di Scorpius non avesse fatto altrettanto.
«Sì, ma mamma… mamma no, ed
è parecchio ansiosa. Non le
piacciono le scope e non le piace il Quidditch, perciò
papà non mi ha mai
insegnato a cavalcare la scopa.»
Al pensava che tutto ciò fosse tremendamente ingiusto, il
Quidditch
era il più bel gioco del mondo e Scorpius non poteva non
averci mai giocato. Si
ritrovò a sperare che suo padre lo ascoltasse ed invitasse
Scorpius a
trascorrere le vacanze di Natale da loro, così avrebbe
scoperto quale gioia ci
fosse nel cavalcare una scopa.
«Ieri ho mandato una lettera a mio padre. Gli ho chiesto se
potevamo invitarti per le vacanze di Natale.»
«Non ti ha risposto, vero?»
«Non ancora, ma mi dirà di sì, sono
sicuro» Al aveva
fiducia in suo padre. Era stato lui ad insegnargli
l’importanza degli amici, e
non gli avrebbe negato di portare a casa il suo primo vero amico. Ne
era certo.
«Io non ci credo poi tanto» Scorpius
ricominciò a strappare
ciuffi d’erba ed Al capì che non era il caso di
insistere. Per di più
l’orologio della torre rintoccò il mezzogiorno e i
due ragazzini scattarono in
piedi per correre a pranzo.
***
La
lettera che Albus aspettava arrivò soltanto il
mercoledì.
James aveva già iniziato a scontare la sua punizione, e gli
aveva detto che i
Thestral non erano sgradevoli come pensava… ovviamente una
volta fatta
l’abitudine a vedere scomparire il cibo a morsi senza nessuno
che lo mangiasse.
Le parole che suo padre gli aveva scritto però non
esaudivano il suo desiderio, o meglio, lo esaudivano soltanto a
metà. Il padre
di Scorpius aveva detto che per le vacanze di Natale avevano
già organizzato un
viaggio, ma che per l’estate non ci sarebbero stati problemi.
Scorpius avrebbe
trascorso da loro il mese di agosto.
Con la lettera tra le mani Al cercò di raggiungere Scorpius
giù al campo di Quidditch prima che iniziasse la lezione di
volo. Lo trovò ad
esercitarsi con il comando di richiamo della scopa e, ignorando il
fatto che
gli desse fastidio essere disturbato quando studiava, lo interruppe per
mostrargli la lettera. Contrariamente a quello che si aspettava,
Scorpius non
mostrò il minimo entusiasmo.
«Lo sapevo da ieri sera. Il tuo gufo è lento,
Al.»
«E non mi hai detto niente?»
«No. Avrei preferito che non chiedessi niente ai tuoi, ed
ora sono obbligato a passare un mese con te
quest’estate» lo disse con voce
dura, tanto che Al si chiese se davvero si fosse arrabbiato.
«Io… pensavo ti avrebbe fatto piacere»
rispose, abbassando
la testa. Andò a prendere la vecchia scopa della scuola che
gli sarebbe servita
per l’esercitazione e si mise in fila con gli altri studenti,
lontano da
Scorpius.
Fu
il migliore della lezione, e guadagnò venti punti per i
Serpeverde eseguendo correttamente due manovre per lui quasi naturali,
ma che
per gli altri non lo erano affatto.
«Sei stato davvero bravo, Potter» era un ragazzino
poco più
alto di lui, dai lineamenti orientali. Doveva essere un tale Tsih Ke
Kwan, uno
di quelli che prendevano in giro Scorpius, di solito. «Oggi
non stai
appiccicato a Malfoy?»
«No, noi…» non gli andava di dirgli che
avevano litigato.
Quello Tsih non gli piaceva e non gli andava di raccontargli i fatti
suoi.
«Hai capito che è una nullità e che
stare con lui non fa
bene alla tua reputazione? Dovresti venire un po’ con noi,
Potter, se sei riuscito
a capirlo anche tu.»
«Scorpius è mio amico!»
affermò con sicurezza, scuotendo la
spalla per liberarsi della mano che il ragazzino gli aveva appoggiato
sulla
spalla.
«Sì, certo. Amicone. Ti sei mai chiesto cosa sia
successo
durante la seconda guerra?»
«La seconda che?» chiese Al. Suo padre non gli
aveva mai
parlato di guerre.
«La Seconda Guerra, Potter. Cercala nel libro di Storia
della Magia, e vedrai che il tuo amichetto non è poi
così pulito come pensi.»
«Lasciami perdere, Ke Kwan!» si
allontanò da quel bulletto e
andò a cercare Scorpius. Come al solito, lo trovò
già seduto al suo banco,
pronto per la lezione dell’ora successiva.
«Scusa» gli disse, mentre prendeva posto alla sua
destra.
«No, scusami tu. Sono contento di poter passare
l’estate a
casa tua, solo che… papà mi ha preso alla
sprovvista. Pensavo che lui e la
mamma non avrebbero mai detto di sì, per via… sai
di quello che è successo
durante la seconda guerra.»
«Anche tu con questa storia della seconda guerra? Che
cos’è,
una roba che si mangia?»
«Non sai niente della Seconda Guerra? Eppure… tuo
padre è un
eroe!»
«Mio padre è la persona più normale
della terra. È un Auror,
non un eroe!»
«È assurdo, il figlio di Harry Potter che non sa
niente
della Seconda Guerra. Perciò non sai neanche
cos’è un Mangiamorte?» Al scosse
la testa. «Assurdo.»
«Aspetta. Hai detto che mio padre è un
eroe… quindi è per
questo che alla stazione ci guardavano tutti?»
«Malfoy, Potter, dovrò sopportare ancora a lungo
questo
vostro borbottio incessante durante la mia spiegazione?» non
si erano accorti
dell’arrivo della professoressa Leaven, né
tantomeno del fatto che avesse
iniziato a spiegare. Borbottarono le loro scuse e smisero di parlare
tra di
loro. Sapevano entrambi che la questione era solo rimandata.
«Bene,
ragazzi. Per la prossima settimana voglio sessanta
centimetri di pergamena sull’utilità
dell’incantesimo Feraverto.
Malfoy, Potter, da voi ne voglio almeno il doppio.» Al e
Scorpius sapevano di aver meritato quella punizione, perciò
non si lamentarono
affatto, soprattutto perché non avevano nessun arretrato di
compiti, e quel
pomeriggio avrebbero avuto lezione di Erbologia. E il professor Paciock
non
aveva ancora mai assegnato nessun compito a casa.
«Allora, Scorpius. È per quello che alla stazione
ci
guardavano tutti?»
«Immagino di sì, Al» Scorpius era
abbastanza triste, e Al
si chiedeva perché. Non gli sembrava di aver chiesto niente
di male, era solo
curioso di saperne di più. Suo padre non gli aveva mai
parlato di una guerra,
ma tutti gli altri studenti del suo anno sembravano sapere
più cose di lui
riguardo alla sua famiglia.
La cosa che più gli premeva in quel momento, comunque, era
capire perché Scorpius ci fosse rimasto tanto male.
«Scorpius, perché sei
triste?»
«Pensavo… pensavo che mi avessi scelto nonostante
tutto. E
invece non sai niente!»
«Non so niente di cosa?»
«Non sai niente di come la mia famiglia sia stata impegnata
nel cercare di distruggere la vita di tuo padre. Non sai niente di
niente del
perché io e te abbiamo due cognomi da cui tutti i Serpeverde
vogliono stare
lontani! Non sai niente di come ci si senta ad essere continuamente
indicati
come traditori o ad essere guardati con disprezzo semplicemente per il
cognome
che hai. Ho imparato a cinque anni che la gente quando sapeva come mi
chiamavo
diceva ai suoi figli di starmi lontano, e ora che pensavo che qualcuno
mi
stesse vicino nonostante tutto… scopro che invece non sapeva
niente.»
Al non capiva come potesse sentirsi Scorpius, perché non
aveva mai provato quelle cose. Lui era sempre stato accolto bene nelle
case
degli altri maghi, e lo trattavano bene persino quando combinava
disastri. Però
capiva che le parole di Scorpius erano troppo dure per venire solo da
un
bambino di undici anni. E c’era un’altra cosa che
capiva: i suoi genitori sapevano
tutto, e avevano comunque accettato di farlo entrare nella loro casa.
«Ma i miei genitori lo sanno» disse allora a
Scorpius.
«Loro lo sanno e hanno deciso comunque di farti passare le
vacanze da noi.»
Scorpius si asciugò gli occhi con la manica della veste e lo
guardò. Per un attimo ad Al sembrò che
sorridesse. Solo per un attimo, però.
«Hai… hai ragione» disse, e
tirò su con il naso. Poi sembrò
ricordarsi di qualcosa. «Hai un fazzoletto, per
caso?»
***
Il
tiepido sole di settembre cedette il posto alle nuvole in
ottobre. Nel castello la vita era piuttosto monotona e ripetitiva. Le
lezioni e
lo studio si alternavano con i vari allenamenti di Quidditch e le
lezioni di
volo.
Albus e Scorpius trovavano comunque il modo di divertirsi.
Un sabato pomeriggio si misero a giocare a scacchi magici nella sala
comune dei
Serpeverde, perennemente deserta.
«Sei bravo, Al. Chi ti ha insegnato?»
«Lo zio Ron. Papà è una schiappa con
gli scacchi» rispose,
allungando la mano verso un pedone, e poi ripiegando sul cavallo. Fatta
la sua
mossa, si rese conto di aver commesso un errore dal sorrisetto che
comparve
sulle labbra di Scorpius. La regina bianca si mosse quasi senza bisogno
che lui
la toccasse e distrusse il re rosso.
«Scacco matto. Sei bravo, ma io lo sono di
più.» disse
trionfante.
«Quest’estate mi insegnerai qualche mossa per
ripagarmi
delle lezioni di Quidditch!» Al faceva spesso riferimento a
quell’estate che
avrebbero passato insieme, anche se Scorpius temeva ancora che i suoi
genitori
potessero revocargli il permesso. Per questo motivo il ritmo del suo
studio era
diventato ancora più serrato, ed Albus faticava a stargli
dietro.
«Vedremo.»
«Cosa?»
«Se ti insegnerò, ovviamente. Mio padre ci ha
messo undici
anni a farmi diventare il campione di scacchi magici che sono
ora!» gli
rispose, gonfio d’orgoglio. Albus aveva capito che Scorpius
era tremendamente
impaurito dall’idea di poter deludere suo padre, anche se non
riusciva a
comprendere davvero perché un figlio potesse sentirsi
così.
Suo padre e sua madre gli volevano bene, nonostante fosse
finito a Serpeverde, e non pensava potesse esserci un disonore
più grande per
un Potter.
«Che facciamo per Halloween?» chiese, cambiando
argomento.
«Io salirò a mangiare e poi tornerò
giù a studiare.»
«Non rimani per la festa?»
«I compiti non si fanno da soli, Al!»
«Ma per quell’ora li avremo sicuramente
finiti!»
***
Ehm...
scusate per il ritardo, sono stata impicciata con degli impegni che mi
hanno tenuta un po' lontana dal pc, giovedì e ieri... spero
comunque che il capitolo vi sia piaciuto :)
Grazie
a Vannagio
che mi ha riportata all'ordine
|
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Capitolo 5 *** Segreti -mezzi- svelati ***
Capitolo 5: Segreti
-mezzi- svelati
Tanto
disse e tanto fece Al, che
alla fine Scorpius si convinse a partecipare alla festa di Halloween.
La Sala Grande, illuminata da
centinaia di Jack O’Lantern, era diversa da come erano
abituati a vederla. Le
quattro lunghe tavolate erano state sostituite da tavolini rotondi da
otto
posti e le dimensioni della stanza sembravano aumentate.
Il chiacchiericcio festoso degli
studenti copriva in parte la musica prodotta da un enorme grammofono
magico e i
fantasmi delle case si aggiravano bonari tra i tavoli. Tutti tranne il
fantasma
di Grifondoro.
«Ehi, ma che fine ha fatto Sir
Nicholas?» chiese Al ai suoi compagni di tavolo.
«Dvffrlfcmplnn» bofonchiò James
con la bocca piena, facendo nascere una smorfia di disappunto sul viso
Rose e
dei tre Corvonero che aveva portato al loro tavolo. Scorpius invece
scoppiò a
ridere, tanto che dovette affrettarsi a bere del succo di zucca per non
soffocare con il pollo arrosto che stava mangiando.
«Dicevo,» si schiarì la voce
James dopo aver inghiottito il boccone. «Mi pare che
papà ci avesse detto che
il trentuno ottobre è il compleanno del vecchio
Nick!»
«Giusto!» Al si batté il palmo
sulla fronte, al ricordo di quel dettaglio.
«Chissà se prima o poi inviterà
anche noi alla sua festa!»
«La festa di compleanno di un
fantasma? Sarebbe tempo perso per gli studi!» si
lamentò Gwinevre Stain, una
dei tre Corvonero.
James le lanciò un’occhiata che
sembrava dire “tanto non saresti stata invitata”, e
tornò a rivolgersi al
fratello. «Perché non ci imbuchiamo stasera,
Al?» gli chiese.
«Secondo me non è il caso»
mormorò Scorpius, e Rose gli diede ragione con un cenno del
capo.
«Perché?» domandarono in coro i
due fratelli.
«Beh, prima di tutto perché
imbucarsi a una festa è indice di grande maleducazione e non
credo che i vostri
genitori ne sarebbero contenti. E poi… che razza di festa
vuoi che sia, quella
di un fantasma?»
«Un mortorio!» rispose
prontamente James e Al non poté fare altro che scuotere la
testa.
«Zio George dice sempre che
l’umorismo che doveva ereditare Fred l’hai preso
tu… ma questa non faceva per
niente ridere, Jamie.»
Rose si alzò in piedi e trascinò
sulla pista da ballo Trevor Goldkey, scocciata dalle chiacchiere con i
cugini.
«Mmmmh, e così la piccola Rosie
si è già fatta il fidanzatino, eh?
Chissà come la prenderà zio Ron, quando lo
scoprirà!» sghignazzò James.
«Non avrai mica intenzione di
dirglielo!» gridò Al, fortunatamente coperto dalla
musica che si era fatta
assordante.
«No. Ma abbiamo una sorellina dai
capelli rossi a casa che sarà molto felice di non farsi gli
affari suoi» rise
James, e spettinò i capelli a suo fratello.
Presi dalla loro discussione, nessuno
dei due Potter si accorse della smorfia formatasi sul viso di Scorpius
e subito
scomparsa.
***
Novembre
arrivò e portò con sé la
prima partita di andata del campionato di Quidditch. Come ogni anno la
sfida di
apertura sarebbe stata Grifondoro – Serpeverde e si
vociferava che quell’anno
sarebbe stata particolarmente accanita, viste le squadre eccezionali di
entrambe le Case.
«Corri, Scorpius! Perderemo
l’inizio della partita!»
«Ma sei sicuro di voler andare?
Non sai neanche per chi tifare!»
I due ragazzini si affannavano
lungo la discesa per arrivare in tempo. La sera prima avevano
fatto particolarmente tardi per poter finire i compiti e avere il fine
settimana libero e non erano riusciti a svegliarsi presto. Non avevano
neanche
fatto colazione per correre al campo!
«Ma è proprio quello il bello,
Scorpius! Se saranno i Grifondoro a vincere sarò felice per
mio fratello, e se
vincerà Serpeverde sarò felice perché
è la mia casa!»
Scorpius a volte non capiva i
ragionamenti di Al, ma era altrettanto vero il contrario. Al spesso si
fissava
a guardare Scorpius in attesa di spiegazioni che non arrivavano mai. Ma
non gli
aveva mai fatto domande. Forse la loro amicizia funzionava proprio per
questo.
La partita – alla quale arrivarono
appena in tempo – finì centottanta a
duecentotrenta per i Grifondoro. James
aveva acchiappato il Boccino ed aveva chiuso la partita che fino a quel
momento
aveva visto il gioco duro dei Serpeverde trionfare.
Al e Scorpius uscirono dal campo
insieme a quelli della loro casa, ma poi raggiunsero Rose fuori dagli
spogliatoi dei Grifondoro. Aspettavano James per andare da Hagrid, che
diceva
di avere una sorpresa per loro.
Quando James finalmente uscì,
aveva ancora le guance rosse per il vento preso durante la partita e
gli occhi
scintillanti per la felicità. I capelli castani gli
ricadevano spettinati sulla
fronte e sembrava camminare a tre metri da terra. Non che lì
a scuola sarebbe
stato del tutto impossibile, ovviamente.
«Devo mettere via la Firebolt, mi
accompagnate al capanno?» i tre ragazzini annuirono, stupiti
del fatto che
James non si vantasse della propria impresa. Non durò molto,
comunque. Appena
riposta la scopa, James iniziò a coprirsi di complimenti e
non chiuse bocca
fino al momento in cui arrivarono al capanno di Hagrid.
«Entrate, entrate. Vi libero
qualche sedia!» disse il guardiacaccia, affannandosi a
riordinare la casa.
«Non ti ricordavi della visita,
vero Hagrid?» gli chiese Rose, con un gran sorriso stampato
in volto.
«Certo che me lo ricordavo! La
vostra sorpresa è diventata più lunga di quanto
credevo!»
Porse loro una scatola di legno
dall’apparenza innocua. Scorpius allungò le
braccia per avvicinarla a sé, dato
che nessuno dei suoi amici sembrava intenzionato ad aprirla, ma al
scosse forte
la testa e lui rinunciò.
«Hagrid, come si apre questa
cosa?» chiese Rose, intimidita.
«Normale» rispose. Poi, vedendoli
tutti impauriti, capì. «Harry ci ha detto del
Mokessino, eh?»
I tre cugini annuirono con forza,
mentre Scorpius continuava a chiedersi cosa fosse.
«E del libro di Cura delle
Creature Magiche che ha quasi staccato una mano a zio
Neville!» aggiunse Al
sottovoce, in modo che lo sentisse solo Scorpius.
«Ce lo apro io, allora» borbottò,
Hagrid. Lasciò cadere nella ciotola di Thor III un grosso
cosciotto arrostito
e, dopo essersi pulito le mani su uno straccio lurido,
sollevò il coperchio
della scatola.
«A voi» disse e tornò alle sue
occupazioni precedenti, lasciandoli liberi di curiosare.
Al e Scorpius, la cui curiosità
batteva il timore mille a zero, furono i primi a mettersi in ginocchio
sulle
sedie per vedere cosa contenesse la scatola.
Erano foto. Fotografie del padre
di Al e James e dei genitori di Rose da quando avevano più o
meno la loro età.
«Hagrid, come fai ad avere tutte
queste foto? Mamma e papà mi hanno sempre detto che non le
avevano!» esclamò
sorpreso Al.
«Erano tra la roba di Colin
Canon. I genitori ce l’hanno rimandata qui quando hanno
sistemato le cose del
figlio.»
«Perché?» chiese Rose, curiosa.
«È morto diciannove anni fa,
durante la… ed ho già detto troppo. È
meglio che tornate al castello, si sta
facendo buio.»
«E dai, Hagrid!»
«Non voglio che la professoressa
McGranitt sia costretta a mettervi in punizione per colpa
mia» insistette, restituendo
i mantelli a James e Albus, mentre li accompagnava alla porta.
«Queste sono
vostre» mise in mano a Scorpius la scatola con le foto e li
chiuse fuori. Al
quartetto non rimase che tornare al castello.
«Pensate anche voi che stesse per
dire -»
«Seconda Guerra» fecero tutti l’eco
a Rose.
«Dobbiamo scoprire di cosa si
tratta.»
«Già, sta venendo fuori un po’
troppo spesso.»
«Rose, sei sicura che in “Storia
della Magia” di Bathilda Bath non ci sia niente?»
«No, Al. Arriva solo fino agli
inizi degli anni Ottanta, con la caduta di un mago oscuro di nome
Voldemort.»
«E non dice niente del padre di
Al? Impossibile» li canzonò Scorpius e gli altri
tre si voltarono a guardarlo.
«Che vuoi dire?» gli chiese
James.
«Siete voi quelli con dei buoni
rapporti con i vostri genitori. Chiedetelo a loro!»
Quella sera, d’accordo con James
e Rose, Al scrisse una lettera brevissima a suo padre.
Il mattino dopo ricevette una
altrettanto breve risposta da lui. Stranamente, era firmata anche dai
suoi zii.
***
Dunque,
prima di tutto scusatemi
per il ritardo. I capitoli sono scritti, ma su carta, perciò
tra le mille cose
che devo fare devo anche trovare il tempo di copiarli… non
so, spero che mi
perdonerete comunque. Tra le altre cose questo è il capitolo
più corto in
assoluto di tutta la storia, ma spero che vi piaccia lo stesso (e
soprattutto
che abbiate trovato il vecchio, caro, Hagrid abbastanza IC).
La
seconda cosa che voglio fare è pubblicizzare tre bellissime
storie che tre autrici bravissime mi hanno dedicato per il mio
compleanno: inizio da Vannagio,
che ha scritto una storia legata a questa serie, Iene,
gnomi e paranoie. Poi
c'è Chiaki89,
che ha scritto una bellissima storia nel fandom Twilight con il pairing
Jared/Kim, Gomma,
e poi, ultima ma non meno importante, Dragana,
che mi ha fatto una grossa sorpresa con una storia davvero divertente
nel fandom La Confraternita del Pugnale nero, Desideri.
Se
ci passate (e vi assicuro che meritano davvero), lasciate un segno :)
Un
bacio a tutti quanti sono arrivati quaggiù a leggere anche i
miei sproloqui :)
|
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Capitolo 6 *** Niente più omissioni ***
Capitolo
6 - Niente più omissioni
Novembre
e dicembre passarono in fretta e molto presto Al,
Scorpius e tutta la compagnia si ritrovarono sul treno che li avrebbe
ricondotti a casa per trascorrere le vacanze di Natale.
«Spero proprio che papà mi regali quel set per la
cura della
scopa che avevamo visto in vetrina a Diagon Alley» stava
dicendo James, quando
Fred e Roxanne entrarono nel loro scompartimento.
«Sentite…»
«Sì, siete due idioti. E sì, la tregua
durerà tutto il periodo
che staremo da nonna Molly.»
Era stata Rose a parlare, anticipando i suoi cugini e dando
prova di essere davvero la strega più intelligente della sua
famiglia. Al pensò
che non ci sarebbe mai arrivato prima che i cugini dicessero quello che
volevano.
«Grazie. Non avevamo voglia di spiegare a papà
perché non vi
parliamo.»
«Dubito che zio George non lo sappia, dato che Rose
l’ha
detto a zio Ron, comunque prego, cugini» borbottò
James.
Quando se ne furono andati, Scorpius distolse gli occhi dal
paesaggio che scorreva velocemente al di là del finestrino.
«Siete ancora in lite con i vostri cugini per me?»
domandò,
incredulo che qualcuno potesse preferirlo al sangue del suo sangue.
«Non è proprio per te, Scorpius. Fred diceva che
io non ho
tutte le rotelle a posto perché sono finito a Serpeverde.
Forse ha ragione, ma
non perché sono a Serpeverde, ecco.
«Sai di chi è il secondo nome che
porto?» gli chiese, drizzandosi sul sedile
pieno di orgoglio.
«Severus Piton, Serpeverde, insegnante di Pozioni dal 1981 al
1996 e di Difesa contro le Arti Oscure per l’anno 1996-1997.
È stato anche
preside di Hogwarts durante la Seconda Guerra, ed era a capo della casa
di
Serpeverde. Ho dimenticato qualcosa?» domandò
Scorpius, fiero di tutte le
notizie che aveva saputo dare su Severus Piton.
«Sì, era uno degli uomini più
coraggiosi che mio padre abbia
conosciuto in vita sua.»
***
All’arrivo
in stazione James e Al ebbero la sorpresa di
trovare il padre ad attenderli, e non la madre e la sorella, come
credevano.
Scorpius invece si ritrovò a cercare i suoi genitori su una
banchina ormai
semideserta, ed iniziava a credere che si fossero scordati di lui.
«Scorpius, hai sentito cosa ha detto
papà?» chiese Al, con
un gran sorriso stampato in volto.
Scorpius tirò su con il naso e si affrettò ad
asciugare le
lacrime che iniziavano ad affacciarsi agli angoli degli occhi, prima di
voltarsi verso il signor Potter e rispondere.
«No, mi scusi.»
Harry gli sorrise e gli passò una mano sulla testa per
scompigliargli i capelli, come faceva sempre con i suoi figli.
«Ho detto che tuo padre ha avuto un imprevisto sul lavoro e
tua madre non sa guidare, a quanto mi ha detto mia moglie,
perciò ci ha mandato
un gufo rapido stamattina per sapere se potevamo accompagnarti
noi.»
Sul viso di Scorpius si formò un gran sorriso.
Aiutò il
signor Potter a caricare il suo baule sul carrello e tutto contento
chiacchierò
di Quidditch con James e Harry fino all’arrivo a casa. Al
pensò che era
decisamente strano vederlo così allegro.
***
Al
rimase a bocca aperta vedendo l’enorme villa coloniale
con i muri bianchi, le tegole rosse e l’edera che si
arrampicava sulle pareti
che era la casa di Scorpius.
«Me la ricordavo più tetra»
mormorò suo padre e la battuta
non passò inosservata alle orecchie dei tre ragazzini.
«Nonna Cissy si affanna sempre tanto perché sia
così
luminosa. Dice sempre che c’è stato un periodo in
cui vivere qui non le piaceva
per niente, perché era sempre buia e sporca.»
«Sei già stato qui, papà?»
«Diciannove anni fa, James. Io, zia Hermione e zio Ron fummo
imprigionati qui» rispose Harry, superando il cancello che
dava l’accesso al
viale di ingresso della grande villa.
Al e James si fecero tutti orecchie, mentre Scorpius si
rannicchiò sul sedile, cercando di farsi il più
piccolo possibile. Harry però
non proseguì con il racconto, e si rivolse a lui.
«Scorpius, quanto sai del ruolo della tua famiglia nella
Seconda Guerra?»
«So che da allora le altre famiglie Purosangue non hanno un
buon rapporto con noi e so che nonno Lucius è in prigione da
allora, mentre
papà e nonna Cissy si sono salvati per merito suo.»
«Non sai perché ho intercesso con il Wizengamot
perché non
fossero imprigionati?»
«No.»
«Tuo padre mi ha salvato la vita. Due volte. E tua nonna
anche. Gli altri Purosangue odiano la tua famiglia? Un po’.
In fondo hanno
voltato le spalle a Voldemort, ma è stato allora che ho
capito che non potevano
essere così marci, se si volevano tanto bene»
sospirò, e sembrò quasi parlare a
sé stesso quando continuò: «Di elfi
domestici e storie per bambini, di amore, fedeltà e
innocenza Voldemort non sa
e non capisce niente.»*
«Davvero
mio padre le ha salvato la vita?» chiese Scorpius,
incuriosito da quella storia che aveva sentito tante volte, ma mai da
quel
punto di vista.
«Sì, Scorpius» rispose Harry,
riscuotendosi. «Quando ha
disarmato Silente prima che Piton lo uccidesse e quando ero prigioniero
qui e,
nonostante mi avesse riconosciuto, disse che non era sicuro che fossi
io.»
«Piton ha ucciso Silente? Ma papà, tu mi hai detto
-»
«È molto più complicato di
così, Al. Ti spiegherò tutto a
casa» lo interruppe.
«Mi sta dicendo che mio padre è sempre stato
buono?»
«No, Scorpius, e non posso darti giudizi del tipo
“buono” o “cattivo”
su di lui. Quando avevamo la vostra età io lo odiavo, ed ho
continuato ad
odiarlo per quasi tutta la durata della scuola. Fui il primo a capire
che si
era unito ai Mangiamorte.
«Quello che non sapevo era che, nonostante tutte le
barbarità sulla purezza del sangue dei maghi che gli erano
state insegnate fin
da piccolo, c’era una cosa che i tuoi nonni gli avevano
trasmesso, ed era l’amore
per la famiglia. Tuo padre era impaurito da due cose, però:
aveva il terrore di
Voldemort, ma soprattutto temeva di deludere tuo nonno
Lucius.»
«Davvero?»
«Beh, è quello che ho pensato dopo, per sapere la
verità
devi chiedere a lui» disse, mentre fermava l’auto e
la spegneva.
«Harry Potter» lo chiamò una voce
femminile, altera, un po’
gracchiante, mentre scaricava il baule di Scorpius dall’auto,
aiutato dal
bambino.
«Nonna» la salutò Scorpius, abbozzando
un inchino.
«Sei sempre così serio, tesoro. Vieni qui e
abbraccia la tua
vecchia nonna!»
«Signora Malfoy» Harry salutò la donna
con la stessa reverenza
che le aveva rivolto Scorpius.
«Scorpius, sei già qui?» Asteria Malfoy
raggiunse il
gruppetto scendendo di corsa i gradini dell’ingresso e
strinse a sé il figlio,
senza quasi curarsi degli altri presenti. «Sei cresciuto
tantissimo, tesoro
mio. E dovrei rimproverarti e tenerti in punizione fino alla fine delle
vacanze
perché non ti sei fatto sentire per quasi quattro mesi, ma
la verità è che sono
troppo felice di riaverti a casa!»
Strinse di nuovo il figlio, tanto che il ragazzino dovette
lamentarsi della mancanza di aria per farsi lasciare, scatenando
l’ilarità di
tutti i presenti.
Harry tornò serio quasi immediatamente, e si rivolse a
Scorpius,
«È vero che non scrivi a casa
dall’inizio delle lezioni?»
Scorpius, un po’ intimorito dal cipiglio assunto dal signor
Potter, si affrettò ad annuire con la testa.
«Mai? E di cosa avevi paura?»
«Di… di deluderli» ammise il piccolo
Scorpius, a bassa voce.
Harry sorrise. «Come potrebbe il miglior mago di Hogwarts del
vostro anno deludere i suoi genitori?» chiese, prima di
risalire in auto senza
attendere la risposta.
Al si affacciò al finestrino. Fino a quel momento aveva
seguito la discussione seduto composto dentro l’auto. Odiava
ammetterlo, ma
quella casa gli incuteva rispetto.
«Ehi, Scorpius! Ricordati di farmi sapere cosa pensi del
nostro
regalo!» urlò, beccandosi uno schiaffo da suo
fratello James.
«Mi hai fatto male!» si lamentò.
«Tu hai usato dei modi da troll!» e se James gli
dava
lezioni di bon-ton, beh, allora l’aveva combinata davvero
grossa!
James e Al litigarono in quel modo per tutto il tragitto che
li separava dalla casa di Grimmauld Place, dove abitavano praticamente
da
sempre, dimenticando completamente le domande che volevano fare al
padre.
***
A
casa l’atmosfera festosa data dal caminetto acceso e
dall’albero
di Natale con il solito gnomo da giardino appeso in cima –
zio George ne
mandava uno ogni anno – era ingigantita dalla piccola Lily
che continuava a
fare ai fratelli domande su Hogwarts e sui loro amici.
«Lily, ma se ti raccontiamo tutto noi quando arriverai non
avrai
più nessuna sorpresa!» sbottò Albus, un
po’ scocciato dalle continue domande
della sorellina.
«Al, non rispondere male a tua sorella e vai ad aprire agli
zii» lo riprese la madre, precedendo di qualche istante il
suono del
campanello.
Al rientrò nel salotto con i cugini e gli zii e si sedettero
tutti a tavola per godersi i manicaretti di Ginny. Fu solo dopo cena,
seduti
davanti al fuoco, che Ginny, Harry, Ron ed Hermione si mostrarono
disposti a
parlare dell’argomento che tanto premeva ai loro figli: la
Seconda Guerra.
Rose allora tirò fuori dalla sua borsetta la scatola con le
foto – dimostrando ancora una volta di essere la degna figlia
di sua madre – e la
porse allo zio Harry, che la aprì e sorrise.
«Le foto di Colin Canon! Quel ragazzino mi perseguitava, al
suo primo anno. Me lo ritrovavo dappertutto e mi scattava continuamente
foto.
Negli anni l’abitudine non era cambiata, solo che lo faceva
con più
discrezione. La macchina fotografica gli salvò la vita
contro il basilisco, ma
contro i Mangiamorte non ha potuto granché» disse
con un po’ di amarezza,
passando alcune foto ad Hermione.**
«Per la barba di Merlino! Queste andrebbero
bruciate!» Ron
le sfilò le foto dalle mani ed iniziò a ridere.
«Sei un troll!» si lamentò Hermione,
riappropriandosi delle fotografie
incriminate e infilandole nella borsetta, dove nessuno le avrebbe
potute mai più
vedere.
«Ma dai, eri bellissima anche allora, ed ero già
cotto di
te, anche se non me ne rendevo conto» disse Ron, nel
tentativo di rabbonirla,
ma guadagnando solo occhiate torve.
«Fatto sta che non riesco a capire come mi abbia scattato
quelle foto. Mi coprivo sempre la bocca quando ridevo!» ***
«Non sempre, quando eri con noi» la riprese Harry,
che
sorrideva come Ron.
Il momento gioioso si interruppe quando Harry prese anche
l’album
di cuoio che aveva sfogliato tante volte insieme ai suoi figli per
mostrare
loro i nonni ed iniziò a raccontare la sua storia. Quando
ebbe finito, figli e
nipoti lo guardavano stupito.
«Perciò la nonna di Scorpius ti ha salvato davvero
la vita!»
esclamò Al, che fino ad allora si era limitato ad annuire di
tanto in tanto.
Il padre gli sorrise. «Credo che l’abbia fatto
più per
riabbracciare il figlio, che per me, ma sì, mi ha salvato la
vita.»
«Perché non ci avete raccontato niente
prima?» chiese James,
che sembrava decisamente arrabbiato. Guardava fisso il pavimento e
stringeva i
pugni. Al temeva che si sarebbe messo ad urlare prima o poi.
«James, quando sei nato tu io e tua madre prendemmo la
decisione di non dire niente ai nostri figli fino a che non fossero
stati
abbastanza grandi per saperlo. E avremmo saputo quando sareste stati
abbastanza
grandi quando avreste iniziato a fare domande.
«Un genitore deve sempre compiere delle scelte, che siano
giuste o sbagliate. Per undici anni io non ho saputo chi fossero
realmente i
miei genitori e che cosa avessi fatto di male per finire ad abitare da
zia
Petunia e zio Vernon. Quando Hagrid arrivò il giorno del mio
undicesimo
compleanno con la lettera da Hogwarts fui il bambino più
felice del mondo,
perché finalmente avevo una via di uscita da quella casa.
«Quando scoprii tutte le cose che mi erano state tenute
nascoste – e ti assicuro che ero parecchio più
grande, quando successe – mi arrabbiai
molto, perché credevo di essere grande e di avere il diritto
di sapere. Eppure
quando è toccato a me ho fatto di tutto perché
voi non sapeste. Addirittura ho
raggiunto un accordo con il Ministero per cancellare il mio nome da
ogni libro
di Storia della Magia fino al 2020 in modo che voi non scopriste nulla
per
sbaglio, prima che io potessi raccontarvi tutto.
«È stato importante per noi – me e tua
madre, ma anche per
gli zii – preservare la vostra innocenza e la
capacità che avete di fidarvi
delle persone. Silente si augurava una scuola in cui tutti gli studenti
potessero
essere uniti a dispetto delle differenze di Case, ed ora guardatevi:
Albus è un
Serpeverde e ha fatto amicizia con altri Serpeverde. Pensi che una cosa
del
genere sarebbe potuta accadere se voi aveste saputo tutto fin da subito?
«E c’è un’altra cosa che ci ha
trattenuti dal raccontarvi
tutto fin da subito. Abbiamo toccato con mano quello che succede alle
persone
quando si sentono troppo importanti e volevamo che i nostri figli
crescessero
come eravamo cresciuti noi, senza troppi grilli per la testa e gioendo
anche
per le piccole cose.
«Vi abbiamo voluto proteggere dal male che quelle
informazioni avrebbero potuto farvi. Spero che tu ci capisca un
po’» concluse
Harry, chinandosi di fronte a James e stringendolo.
«Prometti di non nasconderci più
niente?» chiese James,
guardando negli occhi il padre.
Harry annuì e strinse nel suo abbraccio anche Lily e Albus.
***
Al
non vedeva l’ora di mandare un gufo a Scorpius, per
fargli sapere che era davvero felice di conoscerlo e che nessuno si
poteva
permettere di dire che loro due non potevano essere amici,
perché i loro padri
si erano salvati la vita a vicenda anche se si odiavano, ma il sonno
iniziava a
chiudergli gli occhi, perciò rimandò tutto al
mattino successivo.
L’ultima cosa che sentì prima di addormentarsi fu
sua madre
che faceva una domanda a suo padre. «Avremo fatto bene a
raccontare tutto?»
-----------------------------------------------------
Dunque,
qualche noticina: innanzitutto spero che il capitolo
di spiegazioni vi sia piaciuto e vi abbia chiarito un po’ le
motivazioni di
Harry. La seconda cosa che voglio fare, prima di passare ai dovuti
credits è
ringraziare chi sta recensendo questa storia e mi riempie di
complimenti. L’ho
già fatto singolarmente ma voglio farlo pubblicamente:
GRAZIE!
Ora
i credits:
*
La
frase
viene dritta dritta da Harry
Potter e i
Doni della Morte. Ma sicuramente
l’avevate riconosciuta J
**
Se volete leggere una storia davvero
commovente sugli ultimi
momenti di Colin Canon durante la Seconda Guerra
dovete
sicuramente fare una visitina al profilo di Chiaki.
Non leggete solo quella, ma
tutto quello che ha scritto. E commentate, possibilmente, che se lo
merita
davvero J
***
L’idea che prima del “rimaneggiamento”
Hermione nascondesse sempre la bocca mentre rideva viene da una storia
di
Kukiness,
Denti
Timidi. Leggetela
perché ne vale davvero la pena.
Un
bacio grande grande grande a tutti, e al prossimo
capitolo!
|
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Capitolo 7 *** Un Natale pieno di sorprese ***
Capitolo
7 - Un Natale pieno di sorprese
Il
mattino seguente Al non volle sentire ragioni: doveva
assolutamente spedire un gufo a Scorpius prima di colazione, altrimenti
si
sarebbe scordato troppe cose e voleva raccontargli tutto quello che
aveva
scoperto e rassicurarlo sul fatto che sarebbero stati amici per sempre.
Mentre scendeva in cucina un gufetto gli lasciò tra le mani
una busta di pergamena pregiata, e la grafia che diceva “Al
signor Albus Potter”
era quella del suo amico Scorpius. Ma non poteva già essere
la risposta, a meno
che Athena non fosse stata così veloce da arrivare a casa
Malfoy in un minuto!
Lui e Scorpius dovevano aver avuto la stessa idea.
Aprì la lettera e lesse quello che c’era scritto e
un
sorriso gli si formò sulle labbra mentre l’ultima
riga gli scorreva sotto gli
occhi.
“Amici
per sempre”
***
La
mattina di Natale Al si svegliò alla Tana. Come sempre
avevano trascorso la Vigilia dai nonni, e come ogni anno erano rimasti
a
dormire cercando di incastrarsi tra vecchi divani e materassi
trascinati giù
dalla soffitta e ripuliti a dovere. Da che si ricordava, non credeva di
aver
mai trascorso un solo Natale in maniera differente.
Corse nel salotto, mentre dall’aria profumata di biscotti
fatti in casa capiva che la nonna era già al lavoro da un
bel po’. Si affacciò
in cucina, dove la trovò abbracciata a nonno Arthur a
ballare un pezzo di
Celestina Warbeck. Doveva ancora capire cosa ci trovasse la nonna nella
voce
gracchiante di quella strega.
«Al, sei già in piedi? Non vedi proprio
l’ora di aprire i
tuoi regali, eh?» lo salutò la nonna, mettendogli
in mano un pacchetto morbido.
Al lo scartò lentamente, era stranamente piccolo per essere
uno dei soliti
maglioni tipici del Natale Weasley e non voleva rovinarsi la sorpresa.
Dentro il
pacchetto c’era una sciarpa verde e argento con lo stemma dei
Serpeverde.
Alzò gli occhi verso i nonni e sorrise.
«È bellissima,
nonna! Grazie mille!»
Si lasciò abbracciare, poi nonno Arthur gli
ricordò che gli
altri regali lo aspettavano sotto l’albero e lui si
precipitò ad aprirli prima
che i suoi fratelli scendessero.
Nei pacchi con il suo nome trovò una Firebolt Deluxe
identica
a quella che James aveva ricevuto l’anno precedente, da parte
dei suoi
genitori. Gli zii Ron ed Hermione gli avevano regalato un set di
pergamena da
lettere molto pregiata – Rose doveva averli avvisati del
fatto che aveva già
finito quella che aveva comprato a Diagon Alley prima di partire per la
scuola.
James e Lily gli avevano comprato una scatola di Cioccorane, di cui era
molto
goloso e da Rose e Hugo aveva ricevuto una Ricordella NG, che oltre a
fare del
fumo rosso quando avevi dimenticato qualcosa, mostrava anche cosa avevi
dimenticato.
Era rimasto un ultimo pacchetto, che non osava aprire perché
temeva che fosse da parte di Hagrid. Lentamente gli si
avvicinò e, notando che
non saltellava e non tremava, prese coraggio e lo sollevò
per un angolo della
carta. Quando vide che a mandarlo era Scorpius trasse un respiro di
sollievo e
lo aprì. Conteneva un set di penne auto inchiostranti e un
biglietto con su
scritto:
“almeno
i tuoi
compiti non saranno più pieni di macchie”
Tipico
di Scorpius preoccuparsi dei compiti anche nel bel
mezzo delle vacanze. “Proprio come Rose,”
pensò. E poi si mise a ridere per
l’assurdità
di quello che gli era appena passato per la mente.
«Che fai? Ridi da solo? Non lo sai che lo zio Bilius ha
iniziato così?» disse James, irrompendo nel
soggiorno e sedendosi al suo
fianco.
«Ma lo zio Bilius non aveva visto un Gramo?»
«Sì, e si era messo a ridere.»
«Non me la ricordo proprio così.»
«Te la ricordi male. Ho ragione io.»
«Ma voi due dovete litigare anche la mattina di
Natale?»
James e Albus si voltarono verso la nuova arrivata. Rose era
vestita di tutto punto e si era seduta composta sul divano, prima di
rimproverarli. Al e James si scambiarono un’occhiata.
Indossavano ancora i loro
pigiami rossi e non avevano neanche fatto colazione.
«E tu come mai sei già vestita?»
«Vengono Trevor e i suoi, sai il padre è un
collega della
mamma e allora…» si interruppe, arrossendo
parecchio.
«Bleah!» dissero in coro i due ragazzini.
«James, Al! Perché siete ancora in pigiama? Per la
barba di
Merlino, ho due selvaggi per figli, e i Malfoy saranno qui fra poco! E,
Al! Li
hai invitati tu!» la mamma aveva il piglio autoritario della
nonna e Al si
preoccupò immediatamente.
«Ma è ancora pres-» gli mancò
la voce, quando gli occhi trovarono
l’orologio e si alzò di scatto, trascinando il
fratello nella stanza che
condividevano con Hugo e Fred.
Quando Al tornò al piano di sotto i Malfoy e i Goldkey erano
già arrivati. Nonna Molly li aveva fatti accomodare in
salotto e continuava a
sfornare biscotti.
«Al!» lo chiamò Scorpius appena lo vide,
ma prima di alzarsi
chiese con gli occhi il permesso ai genitori. «Al! Ho
ricevuto una Nimbus! Una
Nimbus Duemiladiciotto! Quest’estate la porterò
qui e…» Al era scoppiato a
ridere, non aveva mai visto Scorpius tanto entusiasta per qualcosa e
Scorpius
si interruppe confuso. «Ho detto qualcosa di buffo?»
«No, ma quest’estate ci divertiremo da
matti!» annunciò e
infilò una mano nella ciotola dei biscotti. Ne
afferrò due o tre e se ne mise
uno in bocca. Poi, notando lo sguardo severo di sua madre, ne
offrì uno a
Scorpius.
«Pfuoiupifcotto?» chiese e sua madre scosse la
testa,
rassegnata.
Una
mezz’oretta dopo, suo padre ricevette un gufo, lesse la
lettera e improvvisamente si fece serio.
«Malfoy, posso parlarti un secondo in privato?»
chiese al
padre di Scorpius e i due bambini si guardarono stupiti.
«Cosa potrà volere mai da tuo padre?»
bisbigliò Al nell’orecchio
di Scorpius, che in risposta alzò le spalle, come per dire
che non lo sapeva
proprio.
Proprio in quel momento Roxanne comparve alle loro spalle e
li abbracciò entrambi.
«Curiosi di sapere quello che si dicono di
là?» chiese, con
atteggiamento cospiratorio, e i due annuirono.
«Allora venite di sopra» disse secca, precedendoli.
Sulle scale trovarono Fred con un paio di Orecchie Oblunghe
che ascoltava la conversazione tra suo padre e il padre di Scorpius.
«E quelle dove le hai prese?» chiese Scorpius,
indicando le
Orecchie Oblunghe.
«Quando sei il figlio del proprietario dei Tiri Vispi
Weasley ne hai sempre un paio di scorta» affermò
con orgoglio. «Comunque, la
conversazione non è granché interessante, almeno
per me. Per te potrebbe
esserlo.»
Fred passò il filo dell’Orecchio a Scorpius,
mentre Roxanne
estraeva dalla tasca un groviglio di filo dello stesso colore e lo
passava a
Albus.
Al
termine della conversazione tra i loro padri, Al e
Scorpius si affrettarono a togliere di mezzo le Orecchie Oblunghe.
Sapevano
perfettamente che nessuno dei loro genitori avrebbe molto gradito se li
avessero scoperti ad origliare.
Quando furono di nuovo in salotto, i genitori di Scorpius
avevano già indossato i loro mantelli.
«Scorpius, che fine avevi fatto?» gli chiese
curiosa la
madre.
«Ero di sopra con Albus a vedere la sua Firebolt
Deluxe»
mentì, ma con il tono sicuro di chi diceva la
verità. Al non sarebbe mai stato
così bravo.
«Una Firebolt? L’hai già provata,
ragazzo?» il padre di
Scorpius si era rivolto a lui, che si sentì un po’
in imbarazzo. Il tono di
voce di Draco Malfoy, tra l’altro, lo intimoriva un
po’. Ora capiva perché
Scorpius avesse tanta paura di deluderlo, eppure rimaneva convinto che
lui gli
volesse molto bene.
«No, signor Malfoy. L’ho ricevuta
stamattina» rispose.
«E prima su cosa volavi?»
«Avevo una Comet Quattrocentonovanta. Ma quella va bene per
le partite in giardino, non per il Quidditch a scuola.»
«Per che ruolo ti proporrai il prossimo anno? Anche tu
Cercatore come tuo padre?»
«No, io preferisco Cacciatore, come la mamma, o Battitore,
come lo zio George» Albus non capiva davvero tutte quelle
domande e guardò
Scorpius, ma dalle occhiate dell’amico comprese che neanche
lui riusciva a
capire il perché di quell’interrogatorio.
«Anche tua madre era una bravissima Cercatrice» gli
sorrise.
Forse stava solo cercando di conoscere meglio l’amico di suo
figlio, si disse
Albus.
«Sì, ma Harry era molto più bravo di
me» rispose sua madre.
«Già, Potter era infallibile. Una volta
riuscì a fregarmi il
Boccino da sotto il naso anche con un braccio rotto!»
«Non mi ricordare quella volta, ti prego. Ho ancora incubi
in cui provo a fermare Allock dal tentare di ripararmi le
ossa!»
Albus scoppiò a ridere, aveva sentito quella storia un
milione di volte, ma ogni volta che suo padre la raccontava finiva con
il
ridere a crepapelle.
«Papà, mi insegneresti a giocare a
Quidditch?» chiese
Scorpius, con gran sorpresa di tutti. Soprattutto di suo padre.
Draco Malfoy mise un braccio sulla spalla del figlio ed
attese che rialzasse la testa. Quando Scorpius lo fece, il signor
Malfoy
sorrise. «Temevo che non me l’avresti mai
chiesto.»
«Pensavo che non volessi farlo. Ogni volta che parlavo di
Quidditch mamma si innervosiva e allora…»
sospirò, invece di terminare la
frase.
«Tesoro mio, il Quidditch mi rende nervosa perché
è un gioco
in cui ci si fa parecchio male, come ti ha appena raccontato il signor
Potter,
e tu eri davvero troppo piccolo. Però se questa è
una cosa importante per te,
come posso dirti di no? E almeno il Quidditch non è il
Torneo Tre Maghi, e non
vuoi neanche andare a cavalcare draghi… direi che
dovrò rassegnarmi al fatto
che mio figlio sarà un magnifico giocatore di
Quidditch» la signora Malfoy
concluse con un gran sorriso, e Scorpius corse ad abbracciarla.
Al era tremendamente felice per il suo amico. Quel Natale
era fantastico, e quell’estate che avrebbero trascorso
insieme lo sarebbe stato
ancora di più.
«Ora però dobbiamo proprio andare. Nonno Lucius
sarà a casa
tra poco e non voglio che non ci trovi lì ad
attenderlo» disse il signor Malfoy
e la zia Hermione sussultò sul divano, portandosi una mano
alla gola. «Potter,
non so come ringraziarti. È un regalo di Natale
meraviglioso, più di quanto tu
possa immaginare.»
Suo padre sorrise. «Non sai cosa darei per riabbracciare i
miei genitori.»
--------------------------------------------------------------
Dunque
dunque dunque... cosa vi devo dire alla fine di questo capitolo? Non
so... che spero che vi sia piaciuto? Lo so che sono un po' in anticipo
sul Natale vero... ma se avessi dovuto sincronizzare le cose non avrei
postato fino al 24-25 dicembre, immagino che sia meglio
così, no?
Un
bacio a tutti, soprattutto alla mia GSAN Vannagio
e alla cara BD dal CdB Dragana,
che ha appena fatto un trasloco. E a Jakefan,
che ha da poco concluso la sua Meravigliosa Creatura Rising
Sun, che anche se non vi piace
Twilight vi piacerà sicuramente, e al caro Abraxas,
che piano piano sta portando a termine la sua long slash In
Un'Altra Vita.
CONSIGLI DI LETTURA (lo
so che già ne ho fatto qualcuno):
Blood
Pudding di Vannagio
Harry
Potter e l'altra apertura di
Kukiness
Tattoos&Dragons
di Dragana
Sono tutte e tre storie
bellissime scritte per il contest "Diagon
e Notturn Alley: Aprite il vostro negozio" indetto da Ottonovetre
Ok,
ho finito
|
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Capitolo 8 *** Pregiudizi e giudizi ***
Capitolo 8 - Pregiudizi e
giudizi
Quando
anche i Goldkey se ne furono andati, la zia Hermione
guardò il padre di Al con uno sguardo omicida.
Al, seduto attorno all’albero con gli altri cugini, fingeva
di ammirare i loro regali, ma in realtà non perdeva un
secondo della
conversazione dei grandi.
«Lucius Malfoy fuori da Azkaban, Harry? Sei per caso
impazzito? Lui era uno dei fedelissimi di Voldemort!»
«È ad Azkaban da quasi vent’anni,
Hermione! È vecchio e
malato e l’assistenza sanitaria in prigione è
minima, per quanto le condizioni
siano molto migliorate da quando non ci sono più i
Dissennatori.»
«Ci doveva morire, in quella prigione!»
«Non ragioni in maniera lucida. Ha diritto di passare gli
ultimi anni che gli rimangono con la sua famiglia.»
«E tutte le famiglie che lui e i suoi amichetti hanno
distrutto? I tuoi genitori, Harry? E quelli di Neville? E tutte le
persone che
hanno torturato? Il signor Olivander? Luna? Neville? -»
«Te? Hermione, te l’ho detto. Non sei lucida
abbastanza su
questo argomento. È vecchio, è malato e Draco
Malfoy mi ha dato la sua parola
che si prenderanno cura di lui. Per me è abbastanza per
dargli i domiciliari.»
«Da quando ti fidi di Malfoy, Harry?» gli chiese lo
zio Ron.
Aveva una voce strana, tetra, lui che di solito era sempre allegro. Al
rimase
un pochino perplesso.
«Le persone cambiano, Ron. E se ha educato un figlio di cui
il mio riesca a fidarsi non può essere cambiato che in
bene.»
«I bambini si fidano di tutti, Harry!» lo riprese
Hermione.
«Alla loro età noi non ci fidavamo di chiunque, o
te lo sei
scordata?» Al pensò che era insolito sentire il
tono fermo, quello “da Auror”,
che suo padre usava quando rimproverava lui e James rivolto agli zii.
«Ma lui è Draco Malfoy, Harry. È un
Serpeverde!»
«Anche mio figlio, Ron. E vorrei ricordarti che Peter Minus
era un Grifondoro. Per me la questione è chiusa. Il
Wizengamot ha deciso e io
ho firmato l’ordine di scarcerazione in qualità di
capo dell’Ufficio Auror.
Lucius Malfoy tornerà a casa dalla sua famiglia.»
«Ehi, Al, me l’hai regalato tu?» James
attirò la sua attenzione
e gli agitò sotto il naso la scatola del set per la Cura dei
Manici di Scopa
che aveva tanto desiderato.
«No, Jamie. Credo che quello sia da parte di
Scorpius!»
Si perse nel chiacchiericcio dei suoi cugini e il resto del
discorso dei suoi genitori gli rimase oscuro.
***
Il
rientro ad Hogwarts fu traumatico. Al si era abituato ad
essere svegliato più o meno tardi dalla voce della sua
mamma, e tornare là,
dove doveva svegliarsi da solo, lo rendeva triste.
Per di più per colpa delle regole della scuola aveva dovuto
lasciare la sua Firebolt Deluxe a casa. E questo lo rendeva ancora
più triste.
C’era una cosa che lo metteva di buonumore: Rose aveva
litigato con Trevor a Capodanno e non si parlavano da allora. Avere la
cugina
tutta per sé lo rendeva felice. Odiava ammetterlo, ma era
proprio geloso che
lei rivolgesse la sua attenzione a qualcun altro, specialmente se quel
qualcuno
non aveva passato il suo esame. E quel Trevor la sua approvazione non
l’avrebbe
mai avuta.
Quella mattina camminava con Scorpius verso l’ingresso della
Sala Grande per la colazione, quando furono raggiunti da Rose.
«Scorpius, non ti ho ancora ringraziato per
questo!»
esclamò, agitando il braccialetto che portava al polso
davanti agli occhi del
ragazzino. «Ammetto che è stato davvero maleducato
da parte mia, ma sai, ho
litigato con Trevor e non avevo molta voglia di sentire nessuno. A te
come sono
andate le vacanze? Come è andata con tuo nonno a
casa?»
Al aveva provato a fermarla, aveva scosso la testa e fatto
smorfie strane nel tentativo. Non che ci fosse niente di strano in
quello che
lei aveva domandato e in quello che il suo amico aveva fatto, ma a
Scorpius le
domande non piacevano, soprattutto quelle sulla sua famiglia, e
allora…
«Bene, direi» rispose Scorpius, placando i pensieri
di Al.
«Solo “bene”?»
«Beh, sì. Il nonno è anziano e malato.
Sono stato un sacco
di volte a fargli compagnia, dice che gli piaccio. Gli ho raccontato di
Hogwarts e di te e Al. Mi è sembrato felice.»
Al fissò per un lungo istante Rose, poi spostò lo
sguardo su
Scorpius e alla fine decise di entrare nella Sala Grande, passando in
mezzo ai
due amici.
«Ti tengo il posto.»
Non aveva fatto neanche in tempo a sedersi, però, che
già il
posto accanto al suo era occupato.
«Si può sapere cosa ti è preso,
Al?» sbuffò Scorpius,
appoggiando con cura la sua cartella di pelle di drago alla panca.
«Niente, mi sembrava di disturbare e me ne sono
andato.»
«Sei uno scemo. E poi le ho semplicemente ripetuto quello
che ho detto a te ieri sera.»
«Lo so, ma… insomma, tu sei il mio
amico! Lei può cercarsene altri!»
borbottò Al e la cosa fece
ridere Scorpius così tanto, che dovette appoggiare il
cucchiaio con cui
mangiava il porridge e bere un sorso di succo di zucca per riprendersi.
«Ma ti senti? Comunque tua cugina è una testarda e
lo sai
anche tu che non si sarebbe tolta di torno finché non le
avessi detto tutto. E
poi il nonno mi ha detto che devo essere gentile con lei,
perché la nostra
famiglia ha tanto da farsi perdonare dalla vostra.»
«Ah, è solo per questo che mi sei
amico?» Al si indispettì
un po’.
«No, e siamo amici da prima che conoscessi mio nonno, mi
pare. Se ti sono amico è perché tu sei stato mio
amico fin da subito.»
Al non capì cosa volesse dire Scorpius, ma non gli
importava.
La risposta che voleva l’aveva avuta.
«E senti, non mi hai detto se hai imparato a giocare a
Quidditch!»
«Un po’. Ma abbiamo giocato poco, è
stato sempre brutto
tempo, su alla villa. E poi ho preferito passare il tempo con il nonno,
mi ha raccontato
un sacco di cose divertenti su papà quando era piccolo!
Posso comunque imparare
quest’estate da te, no?»
«Certo che puoi!» Al afferrò la sua
sacca di cuoio e se la
buttò sulla spalla, prima di uscire dalla Sala Grande quasi
saltellando.
«Mio padre ha chiesto un periodo di aspettativa per aiutare
la nonna e la mamma, o almeno ha detto così. Secondo me
è solo perché vuole
stare vicino al nonno, almeno finché non sarà
sicuro che sta bene.
«Credo che la mamma chiederà ai tuoi se posso
stare con voi
tutta l’estate, o un po’ di più di
quanto dovessi stare.»
«Come mai?» chiese Al. Non poteva dire al suo amico
che ne
era felice, perché magari Scorpius non lo era affatto.
Magari lui voleva stare
con suo nonno. Magari…
«L’ho chiesto io. Almeno papà non
dovrà dividere il suo tempo
tra me e lui.»
«E lui che ti ha detto?»
«Niente che potesse farmi cambiare idea.»
«Scorpius…» Al non sapeva che
aggiungere. Immaginava che il
padre di Scorpius avesse fatto tutto quello che poteva per tenerlo a
casa. L’aveva
fatto, no? «Spero proprio che mia madre accetti.»
Si sedettero a lezione, e non parlarono più
dell’argomento.
***
I
mesi passarono velocemente e la primavera portò con
sé l’ansia
da esame di fine anno. Scorpius, che aveva solo in parte risolto i suoi
complessi da mi-sacrifico-prima-che-mi-chiedano-di-farlo parlando con i
suoi
genitori, aveva raddoppiato i suoi sforzi sui libri, per essere sicuro
che il
nonno fosse orgoglioso di lui. Al doveva ancora capire dove trovasse il
tempo
per fare tutto. Rose passava ogni minuto libero dalle lezioni in
biblioteca,
perciò ad Albus non restava da fare che imitarli e studiare.
La sua testa però divagava. L’estate stava per
arrivare e
avrebbe portato Scorpius a casa sua per due mesi. Sapeva che si
sarebbero
divertiti, ne era sicuro, ma era preoccupato per Scorpius, che non
aveva
mostrato mai nessun ripensamento sulla decisione di non passare a casa
neanche
un giorno.
Ad agosto Teddy sarebbe tornato dall’addestramento Auror. Non
vedeva l’ora di riabbracciare quello che a tutti gli effetti
era il suo
fratello maggiore, ma sapeva che Victoire l’avrebbe preteso
tutto per sé,
soprattutto perché quello era il suo ultimo anno ad Hogwarts
e avrebbe avuto l’estate
completamente libera.
Una cosa buona era successa, in tutti quei mesi. Rose si era
impegnata a non fidanzarsi fino alla fine della scuola. Che fosse
perché era
convinta che Trevor l’avesse distolta troppo dagli studi era
un altro conto, ma
ne era felice.
«Al, tutto bene?» gli chiese Scorpius. Al
annuì. «Era più di
mezz’ora che guardavi fuori dalla finestra con la piuma in
mano. Sei sicuro che
sia tutto a posto?»
«Sì, forse ho solo bisogno di una pausa.
Perché non usciamo
un po’? È una così bella
giornata!»
«Ma domani iniziano gli esami!»
«E sono due mesi che ci prepariamo, Scorpius!»
insistette
Al.
«E va bene. Finiamo di rivedere i dodici usi del sangue di
drago nelle pozioni e usciamo a fare una passeggiata. In effetti mi
sento un po’
stanco anche io.»
«Un’ora dopo lasciarono la Biblioteca e si
diressero verso l’esterno.
Al soffocò uno sbadiglio.
«Forse sarebbe meglio se andassi a dormire prima.»
«Ma non mi va di lasciarti solo. La sala comune di notte fa
paura!»
«Hai ancora paura della sala comune dopo un anno che vivi
nella casa di Serpeverde? Sei assurdo!»
«Grazie.»
«Prego. È solo la verità.»
Dovettero coprire gli occhi con la mano per qualche secondo,
una volta fuori. Il sole brillava alto e in giro c’erano
davvero tanti studenti
con i libri.
«Perché non ci abbiamo pensato anche
noi!» esclamò Scorpius.
Al lo guardò, non era stupito dall’esclamazione
dell’amico,
perché ormai sapeva che per lui staccarsi dai libri era una
vera e propria
tortura. Esattamente come per sua cugina Rose, che
identificò sotto un albero
in riva al lago circondata dai loro parenti. Lei studiava, loro
giocavano. Come
facesse a studiare con tutto quel rumore lo sapeva solo lei.
Sentì il solito pizzico di nostalgia che lo assaliva ogni
volta in cui vedeva tutta la sua famiglia ridere e scherzare in quel
modo. Dopo
Natale la tregua era finita e, sebbene non l’avessero
più preso in giro come
nel primo periodo, era anche vero che praticamente non lo consideravano
quasi più.
James e Rose almeno partecipavano alle attività di famiglia.
«Perché non vai con loro?»
«Perché tu sei mio amico e non voglio lasciarti
solo»
rispose.
«Ma è chiaro che ti mancano, Al!»
insistette Scorpius.
Al sospirò. «Anche a te mancano i tuoi, eppure
passerai l’estate
con me!»
«Non c’entra niente, Al. Io…»
Scorpius non completò la
frase, ed era strano, per uno come lui. «Ok. Torno a casa per
un mese.
Esattamente come eravamo d’accordo all’inizio. Va
bene?»
Al sorrise. Aveva ottenuto di fargli ammettere che la sua
famiglia gli mancava. Annuì.
«Vieni con me» disse e, prima che Scorpius potesse
ribattere
qualsiasi cosa, lo afferrò per un braccio e lo
trascinò di fronte a tutta la
sua famiglia. All’improvviso ad Al non parve più
una buona idea, quella che
aveva avuto, ma ormai c’era e doveva andare fino in fondo. Ai
Serpeverde il
coraggio non mancava, solo che spesso preferivano salvarsi la pelle, o
no? Fece
un passo in avanti, in modo che tutti i cugini si accorgessero di lui.
«Ehm… ciao» disse e Scorpius
alzò gli occhi al cielo. Non
era proprio il miglior modo di iniziare un discorso, quello. Al si
fissò le
scarpe per un secondo, poi decise che doveva mostrarsi coraggioso come
il suo
papà e iniziò a parlare alternando lo sguardo su
tutti i suoi cugini, per
dimostrarsi più sicuro di quello che era.
«Sentite. Io sono un Serpeverde e probabilmente mi
farò
degli amici tra di loro, ma me ne farò anche nelle altre
case, come mio padre.
La sua prima fidanzata era una Corvonero, Luna era una Corvonero,
Cedric
Diggory era un Tassorosso. Ok, non aveva amici tra i Serpeverde, ma il
Cappello
Parlante voleva spedirci lui. Io sono un Serpeverde e Scorpius Malfoy
è mio
amico. Ma questo non significa che voi non siete la mia famiglia o che
io non
vi voglio bene!» finito di parlare, tornò a
fissarsi le scarpe. Il coraggio che
lo aveva spinto fino a quel momento era completamente svanito nel nulla.
Si accorse di qualcuno che si stava avvicinando quando una
nuvola di profumo alla vaniglia lo avvolse tra le sue braccia,
facendogli
finire in bocca i lunghi capelli rossi.
«Anche tu sei sempre famiglia, Al! E sei sempre il mio
preferito di questa banda di doxy indisciplinati. Mi dispiace non
avertelo
fatto capire prima.»
Dopo Victoire, che essendo la più grande era una sorta di
capo del clan Weasley-Potter, tutti gli altri cugini lo abbracciarono e
si
scusarono con lui. Rimase solo Fred.
«Senti… io… cioè…
Beh, hai capito, no?»
«Scuse accettate, Fred. Ma quest’anno sei in
squadra con me
e Scorpius.»
«E Teddy, Al. Non ti perdonerebbe mai se lo facessi stare in
squadra con Jamie. Sai quanto sono competitivi!»
«Guarda che sono qui, Vic! Non parlare come se non ci
fossi!»
si lamentò James, e tutti scoppiarono a ridere.
«Scusaci anche tu, Scorpius. Avremmo dovuto fidarci del
giudizio di Al molto tempo fa, invece di ragionare con i pregiudizi
vecchi di
vent’anni. Ora io devo andare a studiare, e fareste bene
anche voi a rientrare,
banda di scansafatiche!»
«Tua cugina è bellissima» disse
Scorpius, quando ormai
Victoire si fu allontanata.
«E irresistibile» aggiunse Fred.
«E fidanzatissima» fu la battuta di James.
«E ha un quarto di sangue Veela»
borbottò acida Rose, senza
neanche alzare la testa dai libri.
Al pensò che fosse del tutto insolito che Rose parlasse male
della cugina più grande, ma si convinse che fosse soltanto
perché stavano
disturbando il suo studio.
______________________
Questo
primo anno ad Hogwarts è praticamente finito. La
settimana prossima pubblicherò un brevissimo epilogo e poi
inizierò a scrivere
(non a pubblicare) il secondo anno… che
pubblicherò quando sarà finito.
Spero
che la storia vi sia piaciuta, ci sono un sacco di
cose che approfondirò in seguito (in particolar modo i
rapporti tra Scorpius e
la sua famiglia), considerato che questo anno è stato
praticamente tutto
narrato dal punto di vista di Albus, mentre il prossimo sarà
più incentrato su
Scorpius e sui Malfoy, e spero davvero che vi piacerà allo
stesso modo.
Per
il momento e per i ringraziamenti, ci rivediamo la
prossima settimana.
Un
bacio a tutti.
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Capitolo 9 *** Epilogo ***
Gli
esami andarono incredibilmente bene per tutti. Persino
James e Fred, che avevano trascorso gli ultimi due mesi a progettare
gli
scherzi da fare durante le vacanze, passarono tutte le materie con dei
buoni
voti.
Il banchetto finale elesse Grifondoro come vincitore della
Coppa del Quidditch e Corvonero di quella delle Case.
Nei giorni successivi i bauli vennero chiusi, i dormitori
riordinati e le divise furono sostituite da abiti Babbani.
Il viaggio di ritorno fu per certi versi più malinconico di
quello di andata, ma per Al era ancora più eccitante.
L’estate avrebbe portato
tantissime avventure per lui e Scorpius.
All’arrivo c’erano i rispettivi genitori ad
aspettarli.
«Ci vediamo tra un mese, Scorpius! E ricordati di portare la
tua scopa!» disse Al, salutando il suo migliore amico.
Se ne andarono in direzioni diverse, pronti a riunirsi
presto, per passare insieme l’estate.
Suo padre gli circondò le spalle.
«Sei felice, Al?»
«Certo, papà. Non potrei esserlo di
più» rispose. E ne era
davvero convinto.
Ed
ecco qui l'epilogo.
Lo
dedico alla carissima Vannagio
per il suo compleanno, avrei voluto scrivere mille altre cose, ma non
ci sono riuscita... spero che l'epilogo ti sia comunque gradito.
Ora
passiamo ai ringraziamenti:
-
ringrazio Vannagio,
Dragana,
Abraxas
e Kukiness,
che sono state le prime cavie di lettura di questa storia. L'hanno
conosciuta quando era ancora in divenire e mi hanno convinta che fosse
una cosa che meritava di essere pubblicata. Un bacio grande a tutti e
quattro.
-
un grosso ringraziamento va a chi non mi ha mai fatto mancare il suo
supporto con le recensioni, anche quando non si trovava d'accordo con
alcune mie scelte
-
grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite e le
ricordate, e grazie soprattutto a chi attenderà che finisca
di scrivere il secondo anno di questa amicizia. E' pensando a voi che
cercherò di sbrigarmi a scriverla.
Un
bacio grandissimo e a presto (speriamo).
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