La scrittrice del mare

di Ziggie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Maire, la stella del mare ***
Capitolo 2: *** Tortuga prende e non ridà nulla indietro ***
Capitolo 3: *** Orizzonte, luogo di incontri ***
Capitolo 4: *** Appartengo al mare ***



Capitolo 1
*** Maire, la stella del mare ***


Buon pomeriggio amati lettori :) Eccomi qua con un piccolo esperimento. Quella che state per leggere è una storiella originale inventata su due piedi, tanto per non parlare sempre di Barbossa, ma sempre inerente al mondo piratesco che amo da impazzire. No, non ha nulla a che vedere con pirati dei Caraibi, è giusto qualcosa di diverso dal solito, spero che vi piaccia. Buona lettura :)
 

     “La scrittrice del mare”
 

           1.Maire, la stella del mare

Il mio nome, così come la mia vita, è legato a quella vasta landa blu che è il mare.

Sono cresciuta nella contea di Antrim, laddove i giganti hanno costruito la loro via per passare dall’altra parte, distruggendola, poi, in seguito. Vivevo, con mio padre, in una piccola casetta di pietra, con il tetto di paglia, sulla scogliera: baciata dalla spuma dell’onda e attorniata dal verde della brughiera.

Il mio vecchio, Lothar, era un pescatore, che a volte si improvvisava commerciante con gli stranieri e i mercanti  cittadini. Era una vita di stenti, non proprio quella adatta ad una bambina, ma a me piaceva.

Tra bancarelle e differenti moli, apprendevo le più svariate storie delle terre lontane e degli uomini del mondo. – Crescendo – mi dicevo – avrei viaggiato anche io, ed avrei fatto delle storie, il mio lavoro -.

Capelli ramati, mossi e occhi verdi: Maire, la stella del mare, si presenta a voi.

Ora ho 18 anni e ho lasciato la mia verde Irlanda, ma il suo Shamrock è il mio ciondolo e nessuno cancellerà le mie origini.

Il vecchio lotta è morto due mesi fa e due settimane dopo la sua morte, presi il mare a bordo dell’Avvelenata, un mercantile dallo scafo blu notte e dalle velature bianche, intrise ai lati di rosso bordeaux.

Giusto per rinfrancarvi anima e corpo, su quella nave non ero l’unica donna a bordo e perciò non occorsero travestimenti. Con me, vi era la figlia del capitano, da cui la nave prendeva il nome: Maeve.

- Perché vuoi imbarcarti, bambina? –
- Per rendere omaggio, al mare e ai suoi uomini, con le mie storie -.
- Un’oratrice, dunque? –
- Una scribacchina -.

Rimasi a bordo dell’Avvelenata per tre mesi, allietando l’equipaggio ogni sera con i miei racconti, solitamente accompagnati da un dolce sottofondo musicale.

Vidi le coste calde della Spagna mediterranea; l’isola di Capo Verde, ma quando avevamo all’orizzonte la meta più agognata, fummo attaccati da un vascello senza bandiera: pirati!

Fu una carneficina. L’avvelenata perse l’albero maestro, il capitano e di cinquanta uomini, ne rimasero quindici.

Il capitano pirata fece appello alla sua misericordia, sarcastico; risparmiò me e Maeve, pensando bene che potevamo intrattenere la ciurma con le nostre doti femminili; spedì poi dieci uomini del nostro vecchio equipaggio su una scialuppa, abbandonandoli al loro destino e cinque li imprigionò, fino ad un cambio repentino di idee.

Partimmo per Tortuga:  regno di pirati e perdizione, dove fiumi di alcool, tabacco, donne dai facili costumi la facevano da padrone. Le vie pullulavano di pirati ubriachi, stravaccati e privi di sensi a terra, mentre altri, più impegnati, carezzavano le labbra interiori di qualche pulzella, sotto le loro sottane. Il rum, con il suo odore acre, impregnava le menti più caste, aprendo i sensi più impuri e nascosti.

Ero affascinata da quel nuovo mondo, che mi si presentava, decisa ad imprimerlo nella mia mente per poi raccontarlo. E fu così  che, alla taverna più in voga della città, seduta ad un tavolo appartato, mi misi a scrivere.

Fu allora che il mio capitano mi guardò con occhi diversi, non bramosi di sesso, ma curiosi.

- Non vi divertite, Maire? –
- Certo, capitano – convenni sorridente – scrivo -.
Lui alzò un sopracciglio – è questo, infatti, che ha scaturito la mia domanda -.
Mantenni il sorriso – scrivere è la mia vita capitan Daimy. E’ con l’intento di raccontare del grande blu e dei suoi uomini, che ho preso il mare: marinai o pirati che siano -.
- Cosa state scrivendo, or dunque, ora? –
- La storia di una scribacchina che, per puro caso, è diventata pirata -. 

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Capitolo 2
*** Tortuga prende e non ridà nulla indietro ***


 Gente! Son vivamente contenta delle vostre recensioni e quindi, ecco a voi, come promesso il secondo capitolo, spero vi piaccia :D Buona lettura 
 

2. Tortuga prende e non ridà nulla indietro

Raccolsi i fogli che avevo scritto e li impignai in ordine.

- Lasciali sul tavolo – mi consigliò Maeve sorridendo – così la tua storia la leggerà qualcuno -.
- L’analfabetismo, però, divampa – le feci notare. Scrivevo si, ma ero conscia di quel dannato punto in questione; non potevo pretendere che, di quei tempi, tutti sapessero leggere.
- Ci sarà qualcuno che leggerà per loro – mi convinse Maeve, ma quella fu l’ultima volta che la vidi.

Partimmo in tarda mattinata, non prima di averla cercata in lungo e in largo, ma ciò che Tortuga prende, non lo ridà mai indietro, lo tiene con sé nei suoi vicoli oscuri.

Non so dire per quanto navigai; i miei occhi si posavano su lande desolate e sull’immensità dell’oceano; su relitti e luoghi della storia appena passata. Leggende mi accarezzavano l’udito, mentre quei paesaggi mi toccavano la vista.
Scrivevo, scrivevo e non ero mai stanca. Bastava un minimo particolare a colpirmi, che io rendevo omaggio non solo a quanto avevo sentito a riguardo, ma anche al luogo in questione, volendo suscitare negli altri, quanto il mio io aveva provato alla vista.

“Il fato mi strinse tra le sue braccia e io seguii il richiamo del mare. Fanciulla delle acque, la pirateria mi aveva raggiunta, portandomi in grembo alla gran madre: Tortuga. Regno di perdizione e sregolatezze, di pirati e di sgualdrine; i fiumi di ogni sorta di alcool annacquavano le ugole dei presenti e inebriavano le membra dei passanti. Le lanterne erano solleticate dal vento e le chiglie delle navi alla fonda parlavano tra loro, cozzando appena con le piccole onde del porto, riguardo a viaggi passati, presenti e futuri.”

Scoprii che la mia opera di Tortuga era finita ai piani alti della Compagnia delle Indie Orientali, una sera a Nassau, quando Louis, il quartiermastro, si fece largo tra coloro che stavano ascoltandomi e mi prese, con malagrazia, in disparte.

- Questa tua dote ti porterà alla forca – esclamò digrignando i denti, un po’ preoccupato.
- Perché dici ciò? – chiesi pacata. Ero conscia che quanto diceva il quartiermastro non fosse il mio destino, i miei giorni li avrei conclusi in mare, donando a lui la mia vita, mentre la mia anima avrebbe continuato a vivere nelle mie storie, non vedevo il motivo per cui preoccuparmi.
- La più alta carica della Compagnia delle Indie è sulle tue tracce – mi comunicò imbronciato per la mia tranquillità – ha trovato il tuo manoscritto di Tortuga e ha dichiarato che ti seguirà in lungo e in largo, finché non ti avrà -.
- Che mi segua, dunque. Non vedo cosa vi fosse di male in quel racconto -.
- Così metterai in pericolo l’intera ciurma, Maire!-
- Vorrà dire che ripartirò da sola, Louis – gli feci notare: era tempo di aprirsi la strada verso l’orizzonte.

“E il sole baciava l’orizzonte quando, spiegate al vento, quelle velature alla fonda, mi chiamarono. Le assi del molo scricchiolavano sotto i miei stivali e sotto quelli dei miei cinque compagni di viaggio. Non avevo intenzione di imbracciare la carica di comandante, non ne avevo ambizione, ma la paura negli occhi di Louis e il timore negli occhi del mio vecchio capitano mi fecero capire quanto gli uomini tengono alla propria vita, e sono ben pochi quelli disposti a perderla per il grande padre: il mare.” 

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Capitolo 3
*** Orizzonte, luogo di incontri ***


 
 

Salve a tutti readers! So che questo capitolo è parecchio corto, ma il prossimo sarà l'ultimo e questa è una piccola finestrella sulla fine. Spero vi piaccia, chiedo venia per il madornale ritardo, ma ho poco tempo per scrivere ultimamente. Buona lettura.
 

          3. Orizzonte, luogo di incontri
 

“Il fasciame vibrava sotto il vento che soffiava da est; le sartie erano scosse e le vele accoglievano quella brezza in loro, come se il signore dell’aria volesse penetrarle, più volte, mai stanco. Il pennone di prua sembrava trafiggere il sole, ormai prossimo all’orizzonte e, il suo rosso acceso, incrociava i colori caldi a quelli freddi dello specchio marino, creando un gioco di tinte.”
 
- Nave in vista! – avvertì la vedetta, distogliendomi dal mio scritto – tre quarti a babordo -.

- Che bandiera? – chiesi a gran voce, mettendo mano al cannocchiale.

- E’ la Compagnia delle Indie, milady – esclamò allarmato.

E così mi avevano raggiunto. Richiusi il quaderno rilegato in pelle e me lo misi nella tasca della giacca.

- Milady, ordini? –

- Caricate i cannoni, ma non sparate. Se quanto Louis mi aveva riferito è vero, lo scopriremo in questo momento – dettai pacata, senza che la preoccupazione mi sovrastasse.

- Ma ci cattureranno! – brontolò il mio primo ufficiale.

- Abbiate fiducia nelle capacità del vostro capitano, mastro Skun -.

“Le vele bianche si avvicinavano sempre di più, illuminate dal sole come fossero angeli che si presentavano, in visita, ai demoni. Gli sguardi intimoriti e gli animi agitati dei miei attendevano ordini: ordini che io sapevo non avrei mai dato. Alzarono bandiera bianca e allungarono una passerella, mentre i miei occhi osservavano il tutto con la massima discrezione: il mondo della nobiltà faceva visita ai pendagli da forca.”

- La stella del mare, dico bene? – chiese, con un inchino galante, un ragazzo, che ad occhio e croce doveva avere la mia stessa età: il famoso lord.

- Conoscete il gaelico? Me ne compiaccio – commentai con un sorriso sardonico.

- Giusto l’essenziale -.

“ I suoi occhi scuri incontrarono i miei.
Il contrasto era evidente: Libertà nei miei, ebbrezza di potere nei suoi.”


- Suppongo che vogliate discutere in privato, dico bene? – chiesi in tono ovvio, scendendo le scalette del cassero di poppa e avviandomi in cabina.

- Molto perspicace, milady -.

“ Mi seguì. I suoi occhi fissi sul mio fondoschiena ancheggiante nell’oscurità. Era un libro aperto e il suo sguardo mi consentiva di conoscere le sue mosse, ancor prima che le sue labbra emettessero un suono.
Voleva i miei scritti, voleva me. Affondare la mia nave non era nei suoi interessi e il gioco valeva la candela: era una questione tra me e lui; tra un pendaglio da forca e un cacciatore di pirati; tra una scribacchina e un lord. Due antipodi che forse non avrebbero potuto coesistere.” 

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Capitolo 4
*** Appartengo al mare ***


Ed eccomi qui con l'ultimo capitolo di questa bella storia. No, non me la sto tirando, solo che sono soddisfatta del risultato che è scaturito fuori dalla mia bella fantasia, tutto lì. Spero che anche a voi piaccia. Buona lettura e buone recensioni.                 
 

                    4. Appartengo al mare

 

“La cabina, luogo accogliente che dovrebbe mostrare la fierezza del capitano ed esaltarlo, quasi proteggerlo dagli agenti esterni, senza mostrare il suo io interiore, in quel momento era così fredda, che pareva ostile; non più accogliente come una casa, ma fredda come una prigione.”


Aggirai la mia scrivania in ebano nero e guardai fuori dalle ampie finestre che davano sul mare, come in cerca di aiuto, o meglio, di consiglio.

- Spero non vi dispiaccia se mi accomodo – distolse la mia attenzione il lord.

- Assolutamente, sedete – concessi voltandomi, ora più sicura di prima. Mi bastava un solo sguardo con quell’infinità acquatica, che le parole per affrontare ogni situazione giungevano spontanee. – Ordunque… Lord? –

- Kensington, Lucas Kensington. Onorato di fare la vostra conoscenza, capitan Maire -.

Accennai ad un sorriso, senza stupirmi per come sapesse il mio nome: l’avevo riportato nel racconto di Tortuga, dopotutto.

- Mi compiaccio che avete letto uno dei miei racconti. Posso sapere come ne siete venuto in possesso? – Semplice curiosità, i miei racconti parlavano di uomini del mare e a loro erano particolarmente diretti, ma un aristocratico del suo calibro, di certo, non si sarebbe avventurato per le vie di quel delirio che era Tortuga, dato che i suoi traffici tendevano a tenerlo lontano da lì, per questo, ero quasi ansiosa di sapere.

- Forse conoscete capitan Armagh -.

Ci pensai su. – Mi spiace, no. Molti nomi vagano tra le onde del mare e tra le vie dei porti, ma il suo non è mai giunto al mio orecchio -.

- Non importa, vi parlerò io di lui. E’ uno dei miei più abili corsari; un capitano temuto dalle navi spagnole e da quelle delle compagnie marittime francese e olandesi, ma, come ogni uomo, ha un punto debole: le donne. Forse vi chiederete come sta la vostra amica Maeve … -

- Come fate a sapere di lei? – mi accigliai, quell’uomo sapeva molto, come se mi leggesse nell’anima i ricordi.

- E’ sua moglie, ora. E grazie a loro ho letto di voi -.

Silenzio. Non mi aspettavo un gesto del genere da parte della mia amica, ma era sempre stata ben diversa dal mio animo libero.

“Ad una donna serve completezza, Tortuga e il mare conducono lontano da ciò. La città del vizio e della perdizione fa conoscere gli aspetti carnali, la passione. Con la foga un agglomerato di corpi si unisce diventandone uno solo, madido di sudore, inebriato da sapori intimi e odore di alcool. Ad una donna serve un uomo, un compagno, ma io avevo già a chi appartenere.”

- I vostri scritti incantano, Maire. Mostrano verità chiare a molti, ma visibili a pochi. Ho conosciuto molti scrittori nella mia vita; ho letto molto, ma nessuno ha il vostro dono, capitano. Che sortilegio usate, Maire? Perché la vostra è magia, vero? –

- Nessun sortilegio, my lord. L’unica magia sono i pensieri che i luoghi mi suscitano e liberi, a contatto con la carta, si librano, raccontando la storia di marinai e naviganti, amanti del mare -.

- Rispetto la vostra spiegazione, ma le vostre parole non fanno altro che aumentare il sentimento, che è nato in me alla prima lettura della vostra opera -.

La prima dichiarazione della mia vita: un grande onore, ma avrei dovuto declinare. Non conoscevo quell’uomo, ma non era la paura di quella nuova avventura o dell’osare, avevo già la mia vita, non volevo cambiarla perché ero conscia del mio destino.

- Le vostre parole sono davvero profonde my lord, ma non è di me che siete invaghito, bensì dei miei racconti, delle mie parole. Parole sincere, vero, ma che non raccontano completamente la mia persona. Quanto volevate sapere, lo avete appreso -.

Parole dirette lo colpirono al cuore e potei vedere il dispiacere nel suo sguardo.

- E’ troppo per un pirata unirsi ad un nobile? –

- No, non è il cambiamento che temo, così come non temo i nemici che affronto ogni dì. La mia vita è scrivere, lord. E’ raccontare quanto i miei occhi vedono e quanto uomini coraggiosi compiono: la loro vita, è la mia vita. Sono una stella del mare, così come narra il mio nome; a lui appartengo ed apparterrò in eterno. E sarò con lui quando le mie storie voleranno libere, e sarà a lui che il mio cuore e la mia anima, apparterranno sempre -.

“E’ tra le onde che i ricordi si racchiudono, ed è quando si infrangono sulla scogliera che si cerca di dimenticarli. Il mare racchiude la storia di ognuno di noi naviganti; è con la sua dolcezza e impetuosità, che ci invita a reagire. E’ accogliendoci come un padre, che ci guida tra le sue meraviglie.” 
 

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