La luce nelle tenebre

di Rupertinasora2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un patto resta sempre un patto ***
Capitolo 2: *** Difficile dirsi addio ***
Capitolo 3: *** Uno sguardo, una parola ***
Capitolo 4: *** Un incontro inaspettato ***
Capitolo 5: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 6: *** Una scoperta incredibile ***
Capitolo 7: *** Confusione ***
Capitolo 8: *** Una notte insonne per Hogwarts ***
Capitolo 9: *** Il pre-partita ***
Capitolo 10: *** La partita e il filtro ***



Capitolo 1
*** Un patto resta sempre un patto ***


1.
Un patto resta sempre un patto

 
 
 
 
Era notte fonda, e un ragazzo guardava il paesaggio di cui poteva godere stando in alto, sulla torre del castello. L’enorme distesa verde sotto di lui era coperta da un manto così scuro che, se non ci fosse stata la luna quella notte, non avrebbe saputo distinguere il limitare tra il parco del castello e la Foresta Proibita, e non avrebbe saputo dire dove finiva la distesa di alberi e iniziava il cielo.
I suoi capelli biondi parevano neri quella sera, ma gli occhi color del ghiaccio non potevano essere confusi con quelli di nessun altro. Dietro quell’iceberg si nascondeva un segreto che il ragazzo mai avrebbe voluto far conoscere a nessuno. E se si pensava che lui e la sua famiglia fossero i più cattivi del mondo magico, ci si sbagliava. Aveva imparato il significato della pietà e della compassione. Aveva imparato cosa significava essere un emarginato.
Fece un fischio, cercando di non pensare al suo passato.
Un gufo nero, con delle piume bianche, planò sul braccio che aveva alzato a mò di sostegno. Sul suo viso si dipinse un piccolo sorriso, che in realtà era una specie di ghigno triste. Guardò negli occhi quel gufo così mansueto, che gli ricambiò uno sguardo silenzioso e pieno di significato con quegli occhi azzurri che gli ricordavano la mamma.
- Non preoccuparti, Oberon. Tutto andrà bene. –
Il gufo bubolò. Si strinse a lui, quasi come se volesse abbracciarlo, e strofinò il volto sul collo di Scorpius. Si scambiarono un ultimo sguardo, mentre a Scorpius si stringeva la gola per l’apprensione verso quel gufo, che, dopo aver aperto le ali,  spiccò il volo, andando incontro alla notte.
Il biondino stette ad osservarlo ancora un po’, poi si chiuse nel mantello. Insieme al corpo voleva nascondere quelle cicatrici sul suo corpo, nascondendo così anche il suo segreto.
Chiunque avrebbe dato qualsiasi cosa per scoprire il segreto di Scorpius Hyperion Malfoy. Nessuno ci sarebbe riuscito.
Almeno per ora.
Scorpius sospirò, gettò un ultimo sguardo al silenzio e alla pace che si stava lasciando alle spalle, e a quel gufo che ormai non si vedeva più all’orizzonte.
Inspirò a fondo l’aria gelida della notte, e si tuffò ancora una volta nel castello, la sua prigione.
 
Un rumore fastidioso, ma così fastidioso che non riusciva a smettere neanche quando James si coprì le orecchie con il cuscino su cui aveva dormito quella notte, lo costrinse ad aprire gli occhi.
- Ma che palle!- sbottò lui, cercando tastoni la sveglia. Con un gesto brusco non la prese, ma la lasciò cadere per sbaglio a terra. Imprecò per l’ennesima volta.
Si mise a sedere e si scompigliò i capelli che già erano ribelli. Sbadigliò, e non si premurò di mettere la mano davanti alla bocca.
Il guaio era serio. Aveva preso in mano le redini di una squadra che non aveva più vinto costantemente a Quidditch, lasciando il merito e la gloria ai Serpeverde. Non si poteva assolutamente sentire. Nonostante fosse entrato in squadra al suo secondo anno, e come Cercatore era stato il migliore degli ultimi vent’anni, e avesse preso più boccini di quanto i cercatori di Serpeverde avessero fatto, la squadra perdeva in mancanza di buoni Portieri e Cacciatori. Era stanco di vedersi sfilare per un soffio la Coppa di Quidditch dalle mani, così aveva costretto la squadra a riunirsi per l’allenamento fin dalle cinque del mattino, e l’avrebbe fatto almeno due volte a settimana, costringendoli negli altri giorni ad allenarsi fino a mezzanotte e, perché no, anche dopo. Peccato che neanche lui avesse così tanta voglia di alzarsi presto o finire tardi con tutte quelle sedute di allenamento.
L’unico motivo per cui aveva deciso di non scaraventare la sveglia dalla finestra della stanzetta era la sua mania di competizione, e la sua smania di gloria. Non avrebbe lasciato che qualche altra Casa gli avesse soffiato la Coppa ancora una volta, quindi gli sarebbe servita ancora per un bel po’.
Lento come un bradipo, forse anche di più, si alzò dal letto, accompagnando quel gesto con un altro sbadiglio. Non avrebbe dovuto restare sveglio fino a tardi la sera prima a fare baldoria, ma, ehi! lui era fatto così. Peccato solo che la sua bella ragazza corvonero, Angel Portbell, non fosse lì in quel momento. A lui però non era dispiaciuto, dal momento che aveva ottenuto delle attenzioni interessanti da un’altra ragazza niente male. Ora che ci ripensava, non poteva fare a meno di pensare che Isabella Serinda Malfoy fosse la ragazza più attraente che avesse mai visto. Era perfetta, con il suo viso ovale, gli occhi così chiari da sembrare ghiacciati, le labbra carnose e il naso leggermente all’insù. Una massa di capelli morbidi e neri le ricadeva sulle spalle, che erano il preludio a un corpo da paura, tanto era magra e, sebbene non fosse poi così alta, aveva un portamento che avrebbe fatto invidia a chiunque.
Scosse la testa. Doveva liberare la mente da quei pensieri. Lui aveva già Angel, e l’amava. Senza contare che ad Angel serviva protezione.
Sospirò e si andò a fare una doccia gelata nel bagno.
Sotto il getto d’acqua che gli massaggiava la pelle ripensò ad ogni momento passato con Angel, a come l’aveva conosciuta, a come era riuscita a rinnegare ogni cosa pur di stare con lui.
Sorrise felice. Ben presto sarebbe riuscita a farla parlare, e così non sarebbe stata più schiva, neanche con lui. Il suo sorriso si allargò mentre rimuginava su quel piccolo particolare: sarebbe stata sua.
James uscì dal bagno e indossò la divisa dai colori rosso e oro dei Grifondoro.
Quanti ricordi erano legati a quella divisa. Sospirò e uscì dalla stanza. Scese nel silenzio le scale che lo portavano alla sala comune, attento a non fare rumore per non far svegliare i compagni di Casa.
Quando mise piede in sala comune, si stupì di trovare Isabella già pronta con la divisa , gli stupendi e morbidi capelli neri legati dietro la testa in un elegante chignon. Anche vestita sportiva aveva quel non so che di elegante che nessuna sarebbe riuscita ad eguagliare. Forse era tutto merito di quegli occhi di ghiaccio che anche il cugino aveva ereditato dal padre.
- Come mai sei già qui?- le chiese.
Isabella si alzò dal divano, sul quale era seduta, e gli si avvicinò. I colori dei Grifondoro erano perfetti su quel corpo snello e atletico tipico dei Malfoy.
- Potrei fare a te la stessa domanda, capitano-. Lasciò del tempo prima di riprendere, che riempì avvicinandosi a James per dargli un amichevole bacio sulla guancia. Accadeva di rado che lei si mostrasse così gentile con uno come lui, con un Potter, ma glielo doveva in fondo: era stato lui a volerla in squadra, in cambio delle sue prestazioni scolastiche. – E poi, dobbiamo parlare di quella pozioncina carina carina…-
- Sono tutto orecchi- affermò James, posandole una mano su un fianco. La sua natura di galantuomo faceva si che non poteva resistere al fascino di una bella donna.
- E’ quasi pronta, ma manca ancora un ingrediente-
James si adombrò. – Cosa manca ancora? Ti ho preso tutto quello che serve!-. Come dimenticare quelle sere in cui l’adrenalina gli era arrivata fino ai capelli, il cuore in gola, e sotto i vestiti tutti gli ingredienti “presi in prestito” dal magazzino di pozioni.
Isabella allargò il sorriso sghembo, così simile a quello di Scorpius da fargli prudere le mani. Odiava quando faceva così la saputella.
 - Mancano dei peli…pubici- aggiunse in un sussurro.
- Di chi?- Quella faccenda iniziava a non piacergli.
- James Sirius Potter, non essere sciocco! Ovviamente sto parlando di Wilde, Eric Wilde, l’ex di tua sorella Lily, o già te ne sei dimenticato?-
James alzò gli occhi al cielo, contrariato ancora una volta da quella pozione. Avrebbe potuto fare una fattura a Wilde, e invece no! Aveva fatto un patto non con una Malfoy, ma con un diavolo.
Sospirò. – Vedrò cosa posso fare…-
Isabella ridacchiò. – Se riesci a convincermi, potrei provvedere io stessa- disse, lasciando intendere malizia nelle sue intenzioni.
James, se fosse stato più ingenuo, sarebbe arrossito, invece ricambiò lo stesso sorrisetto alla fanciulla. – Non provocarmi, Malfoy, potrei non disporre delle mie azioni..- le sussurrò pericolosamente, afferrandole i fianchi e avvicinandola a sé.
Isabella lo lasciò fare, tenendo mollemente le braccia lungo i fianchi.
- E allora vedi di procurarmi ciò che mi serve. In fondo, sto facendo un piacere a te-
Con un’espressione trionfante, si voltò e si allontanò dal ragazzo, precedendolo verso il buco del ritratto.
- Forza, capitano. Non vorrai mica fare tardi il tuo primo giorno di lavoro di quest’anno-
 
 
Alchimia. Ecco la parola che incessantemente vagava per la testa di James Hammer in quel momento. Sfogliava svogliatamente un libro di Storia della Magia preso in prestito dalla biblioteca il giorno prima, ma in quel momento non gli interessava molto.
Alzò il volto a guardare la candela di cera che illuminava il suo letto. Sopra lo spartano comodino vicino al letto c’era una foto dei ragazzi del suo anno di Corvonero, la sua Casa, che lo salutavano e si facevano i dispetti. Ai piedi di questo, una pila di libri della biblioteca di Storia della Magia minacciava di cadere per il poco equilibrio. Tutt’attorno al suo letto c’erano quelli di altri quattro ragazzi che dormivano beatamente ormai da ore. Era rimasto il solo a essere rimasto sveglio in quella notte.
Ciò che aveva scoperto quell’estate era tutto per lui, come una rivelazione. Era stato come aver scoperto per la prima volta di essere un mago, aveva avuto le stesse sensazioni. Era riuscito a trasmutare delle cose con il solo volere e il tocco della mano. Ricordava solo di essere stato molto arrabbiato quando quel potere nuovo si era manifestato.
Si guardò ancora una volta la mano destra, come ormai faceva già da più di un mese.
Sospirò, chiedendosi se quel babbano si fosse ripreso. E, stranamente, il Ministero non era intervenuto, come invece credeva.
Tornò a sfogliare il libro, cercando di allontanare i pensieri che non voleva che gli tornassero alla memoria, cercando accanitamente quel nome. Il nome del Master. Chi era quel Master? E dove poteva mai trovarsi? Era inevitabile che iniziasse a farsi delle domande. Fino a quel momento, aveva scoperto che i libri parlavano di un solo alchimista: Nicolas Flames, ovviamente morto da qualche decennio, con la distruzione della pietra filosofale per opera di Harry Potter. In quel momento ringraziò il Capo Auror con parole un po’ colorite. Se fosse stato Flamel il Master, allora era nei guai. Avrebbe dovuto imparare tutto ciò che serviva da solo.
La sua attenzione fu colta da una frase interessante: “Coloro che di magia non dispongono, non si disperino giacchè neppure il mago dei maghi ne conosceva l’esistenza. Il Master è colui che può capire, colui che può insegnare, colui che può guidare.”
Ancora una volta, il Master era nominato in un altro libro di Storia della Magia. Ma chi mai poteva essere quel Master?
Chiuse il libro e lesse l’autore. Era intenzionato a mandare un gufo a chiunque avesse anche solo accennato il Master nei propri libri. Il nome che lesse lo colpì: John Patrick Mason. Aveva già sentito quel nome, ma non ricordava dove.
All’improvviso sbadigliò. Guardò l’orologio, stropicciandosi un occhio. Erano le cinque. Chiuse il libro e spense la luce.
E’ meglio dormire un po’. Tra qualche ora ho lezione con i Serpeverde, si disse. Non potè far altro che sghignazzare. Adorava battibeccare con Scorpius, e sapeva che anche per il biondino era lo stesso. Ora come non mai sentiva di essere molto simile al rampollo di casa Malfoy. Entrambi custodivano un segreto. Chissà se anche Scorpius avesse scoperto di possedere poteri non comuni neanche per i maghi.
Si rigirò nel letto, cercando di prendere sonno, ma l’agitazione era tanta. Era sicuro che quei poteri fossero quelli di puri alchimisti.
Era deciso a trovare questo Master, e per quello avrebbe mandato l’indomani una lettera a Mason. Se questi non gli avesse risposto, avrebbe continuato. Eppure, aveva già sentito questo nome.
Mentre rimuginava a dove avesse potuto sentire quel nome, scivolò in un sonno leggero ma tranquillo.
 
 
Stesso nella torre di Corvonero, mentre c’era qualcuno che si addormentava, c’era qualcuno che si svegliava di soprassalto.
Emma si tirò a sedere, con il volto imperlato di sudore, muovendo a destra e a manca lo sguardo, in cerca di qualcosa di sbagliato in tutta quella faccenda.
Allungò una mano e trovò il corpo di Murtagh profondamente addormentato.
Ancora ansimante per il sonno di prima, Emma si accucciò vicino a Murtagh, tenendosi stretta a lui. Nel sonno Murtagh si mosse e le si allontanò.
Così Emma, per non soffrire per quel gesto, si voltò dall’altra parte. Inconsciamente Murtagh poteva essersi allontanato da lei, ma scacciò via quel pensiero, sperando che si stesse sbagliando. Murtagh non poteva abbandonarla. Sapeva che il suo Corvonero, in quel tempo, era molto irrequieto. Venire a sapere che sua sorella, Angel, era fidanzata da ormai un anno con James Potter era stato un duro colpo. In realtà, Murtagh non aveva mai pensato che Potter fosse un vero e proprio rivale, una spina nel fianco, ma erano distanti anni luce per “schieramento politico”, diciamo così.
Emma chiuse gli occhi, e ripensò a tutto quello che fino a quel momento era successo. Ripensò a quella splendida serata, in cui il cielo limpido lasciava guardare chiaramente tutte le stelle, che brillavano in cielo. Ripensò a quel bacio sognato, agognato, con Murtagh. Si rivide mentre ricambiava il suo sguardo fermo e deciso, e innamorato. E poi ripensò a quella volta in cui aveva capito il significato di tutti quei segreti da parte di lui. Era accaduto tutto in uno stupido Luna Park, quando ci fu un attentato da parte dei Resistenti. Le sembrò di rivivere quei momenti.
Il calore era tanto, e le fiamme mangiavano quei muri fatti di cartone. Da qualche parte fuori da quella stupida casa dei fantasmi, qualcuno urlava e scappava. Sopra le urla si sentivano incantesimi e grida straziate di chi avrebbe voluto che quell’incubo finisse.
Lei era rinchiusa in una stanza, l’aria le mancava, ormai le fiamme ben presto sarebbero avvampate anche in quell’unica stanzetta al secondo o terzo piano. Era salita come una matta su tutte le scale, dato che non poteva scendere. Aveva pregato solo perché in quel momento credette che qualcosa o qualcuno potesse arrivare per aiutarla.
In quella stanza non era sola. Un uomo incappucciato, con un mantello nero, sembrava aspettarla. Era immobile, incurante del fumo e delle fiamme che stavano arrivando. Era come una statua.
Emma si soffermò, tossì. Cercava aria, ma non la trovava. Si mise la mano sulla bocca, mentre con l’altra cercava tremante la bacchetta. Imprecò mentalmente perché non riusciva a trovarla.
L’uomo fece un passo in avanti.
Le si rizzarono tutti i peli dietro la nuca, mentre un brivido le percorse tutta la schiena. Si mosse all’indietro, ma inciampò in qualcosa e cadde.
Il legno sotto ai suoi piedi cedette, e quella sensazione di vuoto le mise tanta di quell’adrenalina addosso che non riuscì a non urlare.
L’uomo si mosse repentino e la prese giusto in tempo. La tirò su e la strinse con forza.
Emma ormai era confusa. Era stata salvata da chi avrebbe volentieri ucciso gente come lei, e ora lui la stava stringendo come se fosse stata la cosa più preziosa e aveva rischiato di perderla.
Lo sentì piangere, e all’improvviso sbiancò più di quanto non avesse fatto prima. Con una mano alzò lentamente il cappuccio all’uomo. Rimase paralizzata nel vedere Murtagh.
-  Tu…-. Non aveva neanche la voce per esprimere i suoi pensieri. Era rimasta traumatizzata.
Murtagh era un Resistente.
Prima che potesse dire altro, o che lui potesse aggiungere qualcosa, un altro essere incappucciato arrivò a cavallo di una scopa, tenendone un’altra in mano.
- Cammina, Murtagh! Dobbiamo andare, qui crolla tutto. Abbiamo vinto! Ora dobbiamo scappare!-
Era la voce di donna, ed Emma immaginava chi fosse. Quando la nuova arrivata di fermò dietro Murtagh e riuscì a vedere, incrontrò gli occhi e lo sguardo di Emma.
Emma la sentì sospirare.
- Questa non piacerà a lui, spera che la Tassorosso abbia abbastanza buon senso da fare quello che le chiederà-
Detto questo, Murtagh la fece salire sulla scopa.
Proprio in quel momento si sentì un boato dietro di loro. Le fiamme avevano raggiunto il posto dove si trovavano. Emma tossì, e aggrappandosi a Murtagh volò con lui e la sorella Angel fuori da quell’inferno.
Emma scosse la testa, allontanando quei ricordi dolorosi, e si rigirò verso Murtagh. Aveva un viso molto dolce quando dormiva. Sorrise piano.
Murtagh mugulò e aprì piano gli occhi.
- Già sveglia?- le chiese, con la voce impastata di sonno.
Emma gli sorrise piano e scosse la testa. – Starei a dormire se non fosse che un brutto sogno mi ha svegliato-
Sul voltò di Murtagh lampeggiò un’espressione preoccupata. – E‘ successo qualcosa?-
Lei scosse la testa. – Niente, solo un brutto sogno-. Si accucciò accanto a lui, e chiuse gli occhi, mentre lui la cingeva con un braccio e la tirava a sé.
La bionda sentì il respiro di Murtagh diventare sempre più pesante. Capì che si era riaddormentato. Appoggiò la testa sul suo petto, e alzò lo sguardo per guardarlo meglio. I capelli un po’ lunghetti gli ricadevano sul cuscino, e le labbra carnose erano leggermente socchiuse. Il naso era perfetto in quel viso stupendo.
Lei chiuse gli occhi e si crogiolò nei ricordi di lei e Murtagh fino a che non si addormentò.
L’ultimo suo pensiero fu che, se non fosse stato con Murtagh quella volta in cui lui la salvò dalle fiamme, se non fosse stata innamorata di lui, in quel momento non sarebbe stata nel suo letto a riposare, ma in una tomba a dormire per sempre.
 
 
Guardando quei ragazzi che si destreggiavano sulle scope come caproni in mezzo a un prato per mangiare, James si infuriò. Sentì la rabbia crescere in lui fino a che, stanco di quello che aveva visto, urlò alla squadra di planare e starlo ad ascoltare.
Un Cacciatore del terzo anno, un bimbetto un po’ grassoccio, quando atterrò quasi cadde dalla scopa. James fece finta di non vedere, chiudendo gli occhi e tirando un profondo respiro, per calmarsi.
- E’ chiaro che tutta l’estate, sicuri di essere in squadra, nessuno di voi si è dato da fare per migliorare-. Iniziò a camminare su e giù per il campo davanti ai suoi giocatori, osservandoli uno a uno e soffermandosi su ognuno di loro. – Non credete che abbia scelto voi perché facevate parte della squadra, ma perché nessun altro alle selezioni è stato più bravo. Spero solo che stiate stanchi perché è presto e il sole non è ancora alto in cielo, ma se adesso  non salite in cielo e non date il meglio di voi, giuro su quant’è vero che Voldemort è morto ucciso da papà, che vi farò allenare in tutte le ore in cui non state seguendo i corsi. Non vi lascerò nemmeno dormire se necessario!-. Fece una pausa e guardò negli occhi uno per uno i suoi giocatori. Uno di loro aveva fatto un passo in avanti, e vedendo chi fosse, un ghigno si dipinse sul suo volto. – Sì, Malfoy?-
La ragazza allargò le labbra in un sorriso perfetto e talmente bianco che la luce pareva non provenire dai faretti che correvano tutt’intorno al campo, bensì da lei.
- Capitano, credo che in questo modo non farai altro che mettere sottopressione i giocatori. Suggerisco una manovra più soft-
La ragazza si avvicinò al capitano e si voltò a guardare gli altri. Era l’unica donna nella squadra, e lei sapeva anche bene perché. E allora era il caso di dare un incentivo a quella squadra.
- Bene, ragazzi. Avete sentito il capitano, e io aggiungo che se non darete il meglio non vi lascerò assistere a me che faccio la doccia-
Il livello di attenzione aumentò, e come dei fulmini, i ragazzi salirono in cielo e ripresero a giocare.
James si voltò verso di lei, guardandola dritto negli occhi. – Stai dicendo sul serio?- chiese, sospettoso.
La Grifondoro gettò la testa all’indietro e rise. – Certo che no, però guarda l’effetto che ha sortito la mia proposta.-
James guardò verso il campo e vide che realmente i ragazzi si stavano allenando come erano soliti fare. Scosse il capo e si voltò di nuovo verso la ragazza.
- Non so se pentirmi o meno di averti fatto entrare in squadra-
- Beh, è il minimo che tu possa fare, visto che ho quasi preparato gratis la pozione verso Wilde. Mi dovevi un favore, e mi hai pagato. E poiché adoro chi comanda, ti do una mano-
Detto questo, Bella fece un occhiolino mentre saliva sulla scopa, e dandosi una spinta coi piedi, planò con lo sguardo dritto sulla pluffa.
James scosse la testa. Bella era ciò che si poteva definire una donna decisa, che sa cosa vuole. Un po’ invidiava chi stava con lei, anche se, a quanto aveva capito, in quel momento non stava con nessuno. Pareva che avesse avuto una storia con Edward Greengrass, un ragazzone del loro stesso anno di Serpeverde. Avrebbe dovuto farsi spiegare meglio.
- Capitano, devi allenarti pure tu. La proposta vale anche per te!- gli urlò contro Bella, riscuotendolo dai suoi pensieri.
- Arrivo!- le gridò di rimando, inforcando la scopa e alzandosi piano. Si disse che non poteva farsi distrarre così da Bella. Lui stava con Angel.
Scosse la testa, divertito. Quella ragazza era un genio, ma non avrebbe mai permesso a nessuna donna di far parte della sua squadra. Era entrata solo a causa del patto. Sospirò tra sé. Un patto resta sempre un patto.
 



~
Rupi
Spazio riservato all'autrice:
Questo capitolo nacque qualche settimana fa, e solo dopo numerose revisioni ha visto la pubblicazione. Già vi avviso, cari lettori, ci sto mettendo davvero molto in questa storia, quindi non aspettatevi i capitoli molto presto dalla pubblicazione di questo, dal momento che devono essere molto curati.
Detto ciò, vi assicuro che cercherò di abbreviare quanto più possibile i tempi.
Fatemi sapere ciò che pensate, recensite tutti!
Un bacio.

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Capitolo 2
*** Difficile dirsi addio ***


2.
Difficile dirsi addio




 
Piove. E' uno stillicidio
senza tonfi
di motorette o strilli di bambini.
[..]





Quel giorno imperversava una tempesta, che batteva sui muri di Hogwarts. Era una tempesta così forte che, per coloro che stavano in Sala Grande, pareva che stesse cadendo il soffitto sulle teste.
Sebbene fosse prima mattina, quando Scorpius alzò lo sguardo in cerca di quella luce settembrina, debole ma piena di speranza, non riuscì a rallegrarsi.
Stare già tutto il giorno nei sotterranei per lui era uno strazio, e quel cielo nero e scuro lo faceva persino andare più in depressione. Spostò lo sguardo dal soffitto, in cerca di qualcosa che potesse essere luce per lui, e finalmente la vide. Una massa di capelli rossi che guardava in giro, spaesata, in cerca dei suoi fratelli e cugini. Rose Weasley. Era una delle creature più belle che Scorpius avesse mai visto, ma che non poteva avvicinare. Questo suo limite era capace di prendergli nel cuore, e farlo smettere di battere. Una fitta al fianco lo costrinse a distogliere lo sguardo e inspirare con forza.
Vide che accanto a lui, Michelle McCartney lo stava osservando attentamente. Scorpius fece finta di niente e tornò a mangiare il suo pudding con meno voglia di quanta ne avesse prima.
- Ti vedo pensieroso, Scorpius. E’ successo qualcosa?- gli sussurrò lei nell’orecchio.
- No, tutto a posto- cercò di chiudere il discorso lì. Michelle non obiettò.
Scorpius amava quella ragazza, come amica ovviamente, perché riusciva a percepire ogni minimo cambiamento nel suo umore. C’era quasi stato feeling a prima vista tra loro, e sarebbe stata la ragazza perfetta. Era alta, magra, con il viso un po’ ovale, i tratti leggermente orientali, con un paio di occhi che erano un misto tra il verde e il castano, e lunghi capelli castani. Li pettinava sempre lisci, ma Scorpius adorava quando li tirava su, e lasciava cadere quelle ciocche, buttate lì ma studiate, sul viso. Era bellissima, ma la cosa che più l’addolorava era che per lei non provava niente.
Dire che non provava niente era proprio dire quello che Scorpius provava. Quando gli si avvicinava con quel corpo snello e flessuoso, quelle curve perfette sul suo corpo, non piccole né esuberanti, Scorpius non provava niente. Spesso la sua mascolinità era messa in dubbio da qualche amico più stretto, ma a Scorpius non toccavano le loro provocazioni. Non avrebbero mai capito quello che provava dentro, ogni volta.
Non doveva provare forti sensazioni. Non poteva permetterselo. E il perché sarebbe rimasto per sempre dentro di lui, nascosto nel suo dolore. Quel dolore nacque all’età di sette anni, e si è prolungato ancora nel tempo, senza accennare a smettere.
Sentiva ancora lo sguardo addosso di Michelle, così si soffermò a guardarla, alzando teatralmente un sopracciglio.
- La smetti di guardarmi? Così rischi di consumarmi- la prese in giro.
Michelle fece a sua volta una smorfia di disgusto. – Figurati, non ci tengo a farti credere che ti consumerei volentieri- rispose a sua volta.
Era il loro modo di essere amici, quello. Era uno scambio di battute, ma dietro quelle battute Scorpius sapeva che Michelle aveva intuito qualcosa, ma aveva la giusta sensibilità per non dire nulla.
- E comunque, quello che sta consumando qualcuno sei tu, Scorp-. Vedendo lo sguardo interrogativo di Scorpius, Michelle riprese. – Ho visto chi stavi osservando prima, e posso dirti che puoi avere di meglio-
Scorpius vide la ragazza sporgersi verso di lui, con la camicetta volutamente sbottonata quel tanto in più da fargli notare il merletto della biancheria intima.
Normalmente, a quella vista avrebbe dovuto sentire delle scosse al basso ventre, e tutto poi sarebbe lasciato al caso. Lui non provava niente, anche se era sicuro che qualcosa si era rigonfiato nei suoi pantaloni. Scosse la testa e ghignò divertito. In fondo, anche se non riusciva a sentirsi attratto dalla ragazza, non voleva dire che non avrebbe potuto prenderla in giro.
- Andiamo, McC, non mettere in mostra le tue forme, perché è come guardare un maschio-
Non seppe se quelle parole erano state troppo forti, ma Michelle si ritirò subito e lo guardò di sbieco, tornando al suo pudding.
- Credo sia meglio andare- disse piano. Aveva paura di un qualche scatto della Serpeverde.
- E vattene- rispose lei, chiaramente offesa.
Scorpius sospirò. Portò una gamba dall’altro lato della panca e si avvicinò a Michelle, posandole una mano sulla schiena e le sussurrò all’orecchio. – Vorrei che mi raggiungessi al più presto- Aveva usato una voce sensuale, di quelle che sapeva che le piacevano, ma non avrebbe capito mai le sensazioni che riusciva a regalarle quel modo di parlarle, di toccarla.
Michelle non rispose, così Scorpius si alzò e si diresse verso i sotterranei. Quello era il secondo anno che andavano a Hogsmeade, e ogni volta era la volta buona per farsi due chiacchiere tra amici e passeggiare all’aperto, anche se, con quella pioggia che batteva violenta, la loro gita era chiaramente in bilico.
Mentre camminava e usciva dalla sala grande, Scorpius stava ripensando a Michelle. Forse aveva un po’ esagerato. Nessun ragazzo riusciva ad esserle impassibile, e non capiva perché si fosse incaponita a cercare di sedurlo.
 
***
 
La pioggia li colse all’improvviso.
James e la sua squadra si ritirarono negli spogliatoi, zuppi fin dentro le ossa, sebbene avessero impiegato pochi minuti per finire l’allenamento.
C’era già odore di pelle bagnata, un chiacchiericcio eccitato. Avevano finito l’allenamento, ora potevano tranquillamente andare a riposare.
- Ehi, Malfoy! Allora, la tua promessa?- chiese un ragazzo, avvicinandosi a Bella a torso nudo, intento ad asciugare i capelli con un asciugamano.
James si voltò a guardare, curioso di sapere come sarebbe finita.
Bella alzò lo sguardo verso il ragazzo, disgustata quasi dal fatto che il ragazzo gliel’avesse ricordato. Eppure, come diceva sempre James, un patto era un patto. Doveva trovare un modo per evitare di fare la doccia davanti a tutti. Un’idea le attraversò la mente, e ghignò fiduciosa di sé.
- La mia promessa? Io avevo detto che dovevate fare del vostro meglio. Se il capitano dice che è stato così, allora mi atterrò ai fatti-
Bella voltò lo sguardo dritto negli occhi di James, trasmettendogli quasi una sfida, arrivati a quel punto. Quasi si aspettava la risposta del ragazzo. Era sicura di quello che avesse voluto vedere James, e fargli vedere per l’ennesima volta che lei non era una tipa che si tirava indietro. Isabella Serinda Malfoy non si dava mai per vinta, e manteneva tutte le promesse che faceva.
Tutti, seguendo l’esempio di Bella, si voltarono a guardare James. Il capitano, intanto, si era spogliato quasi del tutto. Aspettava che l’unica ragazza usufruisse dei camerini per cambiarsi, per poi potersi togliere anche il pantalone, talmente zuppo che era attaccato ormai alla pelle. Osservava attentamente Bella, facendo scivolare il suo sguardo lungo il suo corpo snello ed elegante, sulla sua maglietta bagnata che aderiva ai suoi seni sodi, disegnandoli e facendoli apparire forse più grandi di quello che erano per davvero. Le gocce di pioggia che cadevano dai capelli legati sul collo e sul viso andavano tuffandosi in posti che non aveva ancora esplorato, su quella pelle del colore della luna.
Seguì la ragazza mentre si alzava e portava il peso tutto su una gamba,  poggiava le mani sui fianchi snelli e provocanti.
Era sicuro di quello che avrebbe detto. Proprio in quel momento sentì la porta degli spogliatoi aprirsi.
- James…- disse una voce che conosceva sin troppo bene.
Il sorriso malizioso che era nato sul viso di James scomparve in un batter d’occhio, mentre si voltava a guardare la figura che si stagliava vicino alla porta. Angel Jane Portbell. Gli bastò uno sguardo per capire che non era affatto sicura di come sei giocatori su sette avessero reagito alla presenza di una donna (il settimo giocatore era proprio la donna), ed era venuta lì per controllare lui.
Angel aveva una bellezza diversa da Bella, più mediterranea. Era più bassa di Bella di qualche centimetro, aveva i capelli e gli occhi castani, la sua pelle non era bianca, ma tendeva a una tonalità tra il rosa e l’ambra. Le sue curve erano decisamente più prosperose e i suoi modi non erano di certo raffinati come quelli della Malfoy. E poi, dopotutto, Angel era una ragazza con tanto bisogno di coccole e cure, dal momento che aveva rinnegato tutti i suoi credo e i suoi legami pur di stare con lui. Quasi si sentiva male, come se la stesse sfruttando. Eppure, James sapeva che una volta l’aveva amata con tutto se stesso. In quei giorni, però, non capiva cosa gli stesse accadendo. C’era qualcosa che lo bloccava quando era in presenza della Corvonero.
- Angel, come mai qui?- chiese.
La ragazza si strinse a lui, e meccanicamente James la strinse a sé. In quell’abbraccio, James percepì qualcosa in più del semplice bisogno di stringersi a lui.
- Una ragazza deve avere un motivo per voler vedere il suo fidanzato?- chiese, guardandolo con quegli occhi grandi che aveva. Il suo viso era tondo, con un nasino grazioso all’insù, le labbra carnose, e due occhi che parevano riempirle tutto il viso. Era stupenda. James sorrise di rimando.
- Certo che no. Sei scorretta, però-
- Perché mai?-. Angel piegò la testa di lato, e quando faceva così, appariva tremendamente fragile.
- Hai risposto alla mia domanda con un’altra domanda- le fece notare lui.
Angel si limitò a sorridere e a scrollarsi di dosso la questione allo stesso modo con cui si strinse nelle spalle.
Quel momento pareva così intimo che tutti gli altri ragazzi si diedero da fare e, uno alla volta, andarono via. Rimasero nello spogliatoio solo James, Angel e Bella. Il ragazzo che aveva parlato prima con Bella, Mark Winchester, andò via per ultimo. James vide con la coda dell’occhio che lanciava a Bella uno sguardo molto virile, e la cosa lo fece andare quasi fuori dalle staffe.
Sentì l’abbraccio sempre più forte di Angel, e le rivolse un sorriso. Prima che potesse dire qualcosa, si voltò verso Bella e le rivolse la parola. Era raro che le due ragazze parlassero, ma James non aveva mai capito perché Angel fosse così gelosa della sua nuova compagna di squadra.
- Io e James abbiamo da parlare, puoi andartene?- la voce con cui pronunciò la frase era dolce, James sapeva che stava sorridendo, ma a quanto pare l’espressione del viso lasciava trasparire qualcosa che diede fastidio a Bella.
La Grifondoro alzò le mani, come in segno di resa, e la schernì con un sorrisetto beffardo.
- Ehi, non ti scaldare. Non ho proprio voglia, né intenzione, di starmene qui a godere del vostro amoreggiamento-. Iniziò a recuperare la voglia. – Anche se l’unica a doversene andare qui sei tu, dato che non fai parte della squadra-
Angel fece finta di non aver per nulla udito ciò che la ragazza le aveva detto, ignorandola grandemente. James incrociò lo sguardo di Angel, e la ragazza vi leggeva del rimprovero, ma non parve darci peso.
- E’ tutta l’estate che non stiamo un po’ da soli, Jamie. – gli sussurrò, come per dirgli che non doveva scusarsi perché aveva chiesto alla Grifondoro di andare via.
Prima di lasciare lo spogliatoio, Bella richiamò la loro attenzione con un colpo di tosse.
- Capitano, non dimenticare che dobbiamo andare a Hogsmeade tutti insieme…- gli ricordò Bella, con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Era la sua piccola rivincita. Bella non avrebbe lasciato James per nulla al mondo con Angel prima di averle dato un’altra zeppata.  Prima che James potesse dire qualcosa, Bella andò via.
- Come?- Angel lo guardò, facendo un passo indietro.
Era nei guai. Avrebbe dovuto arrostire Isabella quando ne ebbe l’occasione, perché ora sarebbe stato un problema arrestare l’uragano Angel.
- Niente. Piuttosto, dicevamo?-
Con un sorrisetto divertito, avvicinò di nuovo a sé la ragazza. In quel momento aveva molto bisogno di sentire la vicinanza di Angel, di stringerla a sé, di avvertire la loro pelle sfiorare l’una contro l’altra.  Avvicinò le labbra a quelle della corvonero, pronto a baciarla con passione.
Angel gli posò una mano sulle labbra.
- James! Sii serio per una volta, riesci ad esserlo?-
Dall’espressione di Angel, capì che non aveva gradito il suo modo di alzare gli occhi, cosa che faceva quando si trovava in una situazione di imbarazzo come quella. Era inutile nascondere i fatti, era stato colto in flagrante. Sospirò e andò a sedersi su una delle panchine, di fronte agli armadietti.
- Sì, ci riesco. La squadra mi ha fatto promettere che saremmo andati tutti insieme a Hogsmeade per comprare tutti insieme il nuovo occorrente per il Quidditch di quest’anno: guanti, mazze, e cose così- dovette ammettere, ma non disse che era stata Bella a strappare la promessa a tutta la squadra.
Lo sguardo che gli fece Angel non lasciò dubbi: stavano per litigare.
A dispetto di ciò che si era aspettato James, Angel sospirò, lasciando cadere le braccia contro il corpo, quasi inerti.
Tra di loro c’era ormai un burrone. Ad ogni sguardo si separavano sempre di più. La loro unione era la paura di confrontarsi con un mondo che nel frattempo era cambiato. James afferrò Angel per le braccia e l’attrasse a sé.
Non poteva lasciarla con quello sguardo ferito, non poteva allontanarsi da lei. Non ancora, non più. Voleva sapersi ancora al sicuro come quando i loro corpi si sfioravano, come quando si stringevano come se non esistesse nulla. E la paura di perdersi ora era tangibile tra di loro.
Tentò di allontanare quella paura baciandola con forza sulle labbra. La strinse a sé, così come fece lei a sua volta. Il piccolo corpo di Angel, che quasi scompariva nei suoi abbracci, si aggrappò al suo. James capì che la ragazza era scossa da un brivido. Capì in breve che quel brivido era un singhiozzo ingoiato a metà.
- Non piangere, Angel. Non ti lascerò mai…- le sussurrò alle orecchie, tenendo a freno le lacrime che gli bruciavano dietro le palpebre.
 
***
 
Dei ragazzi stavano facendo già un gran baccano quando James Hammer aprì gli occhi e si guardò attorno.
- Insomma!- sbottò, assonnato. Guardò con gli occhi ancora chiusi l’orologio. Vedendo l’ora saltò su come se l’avessero colpito con una fattura salterina. – Cazzo! E’ tardi! Il professore mi ucciderà!-
Un ragazzo smise di ridere per la battuta di uno e guardò Hammer come se avesse detto qualcosa di davvero stupido.
- Ma di’, sei scemo o cosa? Oggi non c’è lezione. Andiamo a Hogsmeade- l’avvertì.
James si bloccò all’istante, con il pigiama mezzo tolto nella furia di doversi preparare. Sbattè le palpebre come instupidito.
- Prego?-
Il suo interlocutore alzò gli occhi al cielo.
- Per Merlino, Hammer! Non puoi fare sul serio. Giuro, non ho mai capito come tu faccia a volere di andare a lezione.
- Dato che me l’hai chiesto, Portbell, ti faccio presente che se non studiamo non possiamo essere buoni maghi-
Murtagh Portbell ghignò. Era appena tornato dalla sua stanza privata (privilegio di chi era prefetto), ed era andato dai propri compagni a svegliarli per organizzare qualche bella bravata e attacco a qualche ragazzina del terzo anno facilmente impressionabile.
- Io sono già un buon mago. E, mio malgrado, anche tu lo sei Hammer-
Dicendo questo, Murtagh lanciò un jeans a James. – Alzati e vestiti, bello mio. Sai, ho notato come guardavi quella Monaghan, di Serpeverde. E’ per questo che non vedi l’ora di andare a lezione con i Serpeverde, eh?- Lo prese in giro chiaramente.
James avrebbe tanto voluto dargli un pugno in pieno viso per togliergli quell’espressione compiaciuta e superiore che aveva sul viso. Sospirò per calmarsi. Sebbene i primi anni lui e Murtagh avessero litigato spesso, e altrettanto spesso erano arrivati a indirizzarsi subdoli incantesimi, si era ripromesso che questo sarebbe stato l’anno in cui avrebbe smesso di picchiare tutti. Eppure la furia della rabbia ribolliva sotto la sua pelle.
- Forse sei più intelligente di quanto non sembri, Portbell- lo punzecchiò.
Vide che una vena sulla fronte di Murtagh aveva preso a pulsare pericolosamente. Decise di sorridere alzando le mani. – Sto scherzando- dichiarò.
Murtagh parve perdere tutti gli interessi verso di lui e tornò a ridacchiare con altri ragazzi in modo molto mascolino, come i commenti verso le altre ragazze.
James iniziò a vestirsi. Controllò intorno, ma non vide lettere di risposta da parte di Mason. Dato che quel giorno avrebbe potuto allontanarsi da Hogwarts, allora era deciso a saperne di più persino riguardo a Mason. Guardò fuori, e la pioggia che cadeva incessante sui prati di Hogwarts e il vento che piegava le fronde dei secolari alberi lo convinsero ancora di più che aveva avuto una bella pensata a restare a scuola.
Avrebbe ancora fatto delle ricerche sul Master, e su Mason.
Si chiedeva come mai quel nome lo attirasse così tanto. Il suo istinto pareva dirgli che Mason aveva la chiave, che Mason era la chiave delle risposte a tutte le sue domande.
Un gorgoglio proveniente dalla sua pancia gli ricordò che doveva mangiare. Salutò gli altri, che ancora si stavano preparando per una giornata alla pioggia, e uscì dalla torre dei Corvonero.
Un pensiero andò anche a Crystin. L’ultima volta era andata via lasciandosi dietro quella scia di mistero che l’attirava più di ogni altra cosa.
Prima di rifugiarsi in biblioteca, come faceva ormai da quando era tornato a Hogwarts, e pure prima di andare a fare colazione, James Hammer si disse che un giro per i sotterranei era d’obbligo. In fondo, non poteva lasciare che Crystin  andasse a Hogsmeade senza neanche un suo saluto.


~ Rupi
Spazio riservato all'autrice: Sapete, oggi qui piove davvero molto. C'è chi dice che la pioggia è triste, che sarebbe meglio che fosse sempre una bella giornata, con il sole che ti riscalda nelle ossa. Sebbene le mie ossa anelino il sole tutti i giorni (sembra che sono una vecchietta XD), il mio animo, mai più come oggi, guarda la pioggia con il sorriso sulle labbra. Insomma, è bella l'atmosfera che sa creare la pioggia. Talvolta crea situazioni romantiche, altre invece confonde e copre tutti i rumori, lasciandoti a fare i conti con il tuo stesso animo. Che male c'è? Talvolta la solitudine è una benedizione. Se solo ce ne rendessimo conto...

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Capitolo 3
*** Uno sguardo, una parola ***


3.
Uno sguardo, una parola
[..] 
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.

 

- Andiamo, Angel! Devi lasciarti alle spalle Potter, come devo fartelo capire?-
Una ragazza bionda camminava a braccetto con una ragazzina bassa e magra dai capelli bruni, che cercava di confondersi con il suo giubbino, cercando di ripararsi dalla pioggia sotto quell’ombrello dall’aspetto così fragile che pareva piegarsi ad ogni folata di vento.
- Emma, ti sbagli. James ha detto che mi ama. Non è come credi tu. Anche oggi, quando sono andata negli spogliatoi di Grifondoro ha voluto ricordarmelo- rispose, con lo sguardo un po’ perso nei ricordi.
- Hai la vista offuscata dall’amore, e spero che quest’ultimo non ti ferisca più di quanto sono sicura che accadrà- disse a sua volta la bionda.
Emma la fece entrare quasi di forza ai Tre Manici di Scopa, che fortunatamente non era affollato come ci si sarebbe aspettato, dato che la pioggia aveva iniziato a cadere sempre più forte.
All’interno del pub c’era un buon odore di cioccolato, e il caldo quasi riuscì a entrare nelle ossa delle due ragazze. Il chiacchiericcio le avvolse come l’abbraccio di una madre amorosa.
Si rifugiarono al loro posto preferito, in fondo alla sala, al riparo da occhi indiscreti. Solo chi le conosceva e le avesse cercato, avrebbe saputo dove trovarle.
Emma si sedette di fronte a Angel, con le spalle al muro, accanto alla finestra. Davanti all’ampia vetrata c’era una tenda semitrasparente color arancio, che dava una perfetta atmosfera a tutta la sala dei Tre Manici di Scopa.
- Quindi, ricapitolando. Dopo esservi sentiti molto sporadicamente per tutta l’estate, hai notato un certo attaccamento di James Potter e Isabella Malfoy. Sei sicura che non si siano visti?-
Angel annuì con la testa.
Emma si portò la mano sotto il mento, perdendo lo sguardo in lontananza. Era però uno sguardo vuoto. In realtà, stava pensando già a come agire.
- Ma di questo non hai ovviamente prove. E se l’uno stesse facendo un piacere all’altra o viceversa?- ipotizzò ad alta voce, ma l’idea che un Potter e una Malfoy collaborassero era così assurda, che si convinse a scartare questa ipotesi. Era, però, comunque effettivamente vero che i due stessero facendo amicizia più del necessario. Scrollò le spalle, non riuscendo a capire cosa ci fosse dietro. – Davvero, Angel. Questo è un bel problema. James non è mai stato un tipo da frequentare una Malfoy, e la Malfoy, a sua volta, non ha mai frequentato i Grifondoro. E poi, all’improvviso, ecco che entra addirittura a fare parte della squadra di Quidditch, come aveva sempre desiderato. L’unica ragazza ammessa nella squadra da quando James Sirius Potter ne è diventato il capitano, ovvero l’unica ragazza ammessa da quattro anni a questa parte. Hai provato a parlare con Eliza?-
Eliza era una ragazza purosangue, altezzosa quanto l’amica, ma di vedute molto più ristrette, proprio come il fratello di Isabella, Blaise Malfoy. A quanto pareva, tra loro c’era qualcosa di concreto, ma i due erano davvero molto circospetti, e così non c’erano prove di un’effettiva relazione tra il Serpeverde e la Corvonero. Si diceva, però, che il fratello di lei, Edward, si frequentasse con una professoressa. Delazioni, quelle, che facevano comprendere il carattere perverso che potevano avere quei giovani Resistenti. Ed Emma, essendo a sua volta una Resistente, dovrebbe avere in teoria la strada spianata nel cercare di scoprire qualcosa. Eppure doveva essere cauta. Isabella Malfoy non si era mai schierata espressamente come il fratello, lei non era mai stata marchiata, o comunque toccata in alcun modo, e il solo fatto di insinuare che lei e un Potter avevano una relazione, avrebbe messo in pericolo Blaise, Edward ed Eliza.
Era un bel rompicapo, soprattutto perché vedeva protagonista la Strega di Ghiaccio, come si soleva chiamare Isabella, dopo che aveva congelato un ragazzo che aveva osato provare a sfiorarla con attenzioni poco pudiche.
L’immagine che le suggeriva l’amica Angel su Isabella, le lasciava intendere che la Grifondoro era avvezza a certi marchingegni e sotterfugi, cosa che, come sapevano tutti, aveva invece sempre odiato.
Cosa si celava, dunque, dietro il rapporto tra James Potter e Isabella Malfoy?
Mentre si perdeva in quei pensieri, non si era accorta che era arrivato il cameriere a chiedere loro
- Un breakfast tea- chiese con un bel sorriso, portando dietro le orecchie quei numerosi riccioli d’oro che le ricadevano scomposti sulle spalle, nonostante i suoi sforzi di renderli almeno un po’ meno ribelli.
Il cameriere se ne andò, e l’attenzione di Emma fu tutta su Angel, che aveva davvero un’aria depressa. Si allungò verso di lei e le prese una mano. Non riuscì a dirle nulla, perché proprio in quel momento sbucò Murtagh che, prepotentemente, si sedette accanto a Emma e l’afferrò per darle un bacio passionale.
La biondina si divincolò.
- Insomma, non hai un po’ di tatto! Non vedi tua sorella come sta giù?- lo rimproverò con un filo di voce, indicandole con lo sguardo Angel, che iniziava a guardarsi intorno con aria preoccupata e ansiosa.
La reazione di Murtagh fu quella di scrollare le spalle.
- Gliel’avevo detto che Potter le avrebbe causato solo un mucchio di problemi. Fatti suoi- disse alla fine, senza curarsi del fatto che Angel la stesse ascoltando.
Emma lo fulminò con lo sguardo, e tornò a ignorarlo, come a volte doveva fare per evitare che i suoi nervi sensibili non saltassero in un attimo.
- Dove sei stato finora?- chiese Angel a Murtagh, dopo l’iniziale silenzio. La brunetta si stava arricciando sulle dita una ciocca ci capelli castani e corti.
Ancora una volta, Murtagh scrollò le spalle. – Un po’ qua, un po’ là- rispose, - ma sto cercando di divertirmi un po’. Lo conosci Mike Felder, quello del secondo anno di Corvonero? Quello che va dietro a quella ragazzina riccia del suo anno, quella bellina bassina ma con curve alquanto notevoli…- sentì l’occhiataccia di Emma su di sé, ma la ignorò, e continuò a raccontare dopo che Angel aveva annuito per fargli capire che aveva inteso di chi parlasse. – Ecco, io e gli altri del mio anno, escluso Hammer ovviamente, gli abbiamo teso un agguato, e per “sbaglio”, diciamo così, è finito steso nel fango ai piedi della ragazza. Dovevate vedere come biascicava con la lingua che non gli funzionava per la fattura!-
Murtagh scoppiò in così grasse risate che si tenne la pancia.
Emma sorrise divertita, ma scosse la testa. – Ma certo che siete proprio stupidi!-. Murtagh rise ancora più forte, abbandonandosi sul tavolo.
Quella scena riuscì a far sorridere anche Angel, che in quei giorni proprio non riusciva a capire dove sbagliasse con James, continuava a chiedersi cosa avrebbe dovuto mai fare.
All’improvviso la porta del pub si aprì di nuovo, e un vento gelido portò loro delle risate sin troppo familiari per Angel. Seduta com’era in disparte ma in un posto davvero strategico, le bastò una fugace occhiata per vedere la squadra di Quidditch di Grinfondoro al completo.
Erano tutti lindi e pinti, merito delle docce fatte dopo l’allenamento. Ognuno aveva lasciato a scuola le divise ed erano vestiti in modo casual. In quegli anni la moda di vestire babbana era entrata e si era radicata persino nel mondo magico. Con la morte di Voldemort, maghi e babbani si erano quasi del tutto integrati tra loro, o forse sarebbe stato più giusto affermare che i maghi, per evitare qualsiasi coinvolgimento dei babbani, avevano fatti propri mezzi all’avanguardia. Moto, macchine e biciclette erano entrate nell’uso comune dei maghi (se si trattava di viaggi non molto lunghi), che a volte preferivano questi mezzi alle scomode scope o all’imprevedibile e pericoloso nottetempo; i telefoni ormai si erano diffusi in quasi tutte le case, lasciando quasi al verde tutte le poste comunali, che mettevano a disposizione i gufi, i quali erano contenti di poter fare un giretto senza dover fare commissioni qua e là per il mondo; infine, le vecchie toghe che fino a qualche anno fa erano di gran moda erano diventate quasi inutilizzate in incontri non formali. Insomma, il mondo babbano aveva messo radici anche in quello dei maghi.
Mentre da una parte Angel ne era contenta, dall’altra non lo era, soprattutto quando vide Isabella Serinda Malfoy con una minigonna così corta che era quasi scandalosa. Eppure, Angel non poteva dire che le stesse male, dato che da sotto quel minuscolo pezzo di stoffa uscivano due gambe lunghe ed affusolate, fasciate in quasi coprenti collant, ai piedi stivali neri che le arrivavano al ginocchio e, nonostante tutto, non l’attozzivano per niente. Era davvero il sogno di ogni ragazzo perché, con tutto rispetto, se lo poteva permettere. Ed Angel l’ammirava tanto, se non fosse per il fatto che le dava fastidio vederla spesso insieme a James. Un mostro chiamato invidia la possedeva ogni volta che li vedeva ridere così naturalmente insieme.
Stava per alzarsi e raggiungerli, quando Murtagh le afferrò con violenza un braccio.
- Dove credi di andare?- chiese, con voce atona.
- Da James, ovviamente-
Angel sapeva che Murtagh non approvava per niente la sua storia con il rampollo di casa Potter, ma c’era qualcos’altro che lesse nella sua espressione, ma non riusciva a decifrare.
- Ovviamente. E perché vorresti andare da lui?-
- Forse perché è il mio ragazzo?- rispose acida lei.
- Angel, hai appena detto che James ti ha dato buca per uscire con i suoi compagni di Quidditch!- esclamò Emma, con gli occhi sgranati per quello che la ragazza aveva affermato.
- E allora?-
Emma e Murtagh si scambiarono un’occhiata. Sapevano che Angel fosse ancora piccola per certe cose, e non poteva arrivare a quelle macchinazioni che erano abituati a fare loro due, ed era per questo che c’erano loro a guidare le sue mosse.
- Potter non ti aveva mai dato buca, fino a quest’anno-, cercò di farle notare Emma.
Angel scosse la testa.
- James esce con la squadra almeno una volta ogni tre mesi, quasi come se prendesse pillole-.
- E’ la prima volta che potete uscire insieme da quando siete tornati dalle vacanze e lui che fa? Non esce con te, ma preferisce loro. E’ successo l’anno scorso?-
Angel ci pensò su.
- No- si limitò ad ammettere.
- E come mai proprio quest’anno ha deciso di uscire prima con la squadra?- continuò a chiedere Emma.
Angel si strinse nelle spalle.
- Te lo dico io, sorellina. Perché quest’anno c’è la Malfoy-. Murtagh non aveva mai adorato i Malfoy, né tantomeno li odiava, ma stava iniziando davvero a farlo.
Angel guardò i due ragazzi come se avessero appena detto eresie.
- Secondo me è una coincidenza-. Non riusciva a non difendere James, talmente era abituata a farlo. Da che ricordava, Emma e Murtagh erano sempre stati insieme, e quando si mettevano d’impegno, riuscivano ad essere davvero pericolosi.
Il tarlo del dubbio si insinuò dentro i pensieri di Angel, che si limitò a guardare i ragazzi del Grifondoro, che avevano ormai preso posto ad un tavolo lungo ottenuto unendo più di un tavolino. James era seduto a capotavola, e Bella alla sua destra. Alla sua sinistra, malgrado non facesse parte della squadra, c’era anche Albus. Winchester era seduto accanto a Bella, e tutto il resto della squadra, era distribuita attorno al tavolo.
Angel non era mai stata invitata a quegli incontri, mentre Albus poteva andarci perché era fratello del capitano, e perché “erano tutti ragazzi”. Quest’anno, invece, c’era anche Bella. Allora perché l’idea di invitarla a sua volta non aveva sfiorato la mente di James?
Si voltò dall’altro lato, ma era forse il momento sbagliato per parlare con Murtagh ed Emma, dato che avevano preso a baciarsi con passione e poca pudicizia. Angel di certo non spiccava di verecondia, ma trovava davvero esagerato quel modo di esprimersi in pubblico. Così, per evitare di sentirsi in imbarazzo, tornò a guardare dietro di lei.
Ciò che vide la fece arrossire di rabbia e vergogna. James si era appena avvicinato a Bella e le stava sussurrando qualcosa all’orecchio. Si scambiarono uno sguardo intenso e pieno di significato.
Non poteva essere vero, di sicuro c’era una spiegazione, e tutto quello era un qui pro quo. James Potter aveva sempre odiato tutti i Malfoy, a detta sua. A detta sua. Eppure, da come si comportavano i fratelli Potter con la Malfoy, non sembrava che li odiassero.
Le lacrime le riempirono gli occhi. Non voleva vedere, eppure non riusciva a smettere di osservarli. Winchester aveva cinto la vita della ragazza, ma James lo aveva fulminato con lo sguardo.
Non ti permettere, Mark. Non la toccare, riuscì a leggere sul labiale di James.
- ..gel… Angel!-
Il suo nome esclamato dal fratello, la mano di lui che le aveva scrollato violentemente il braccio, la fecero girare. Murtagh era accigliato tanto quanto Emma, che ancora stava osservando la scena dei Grifondoro.
- Vieni, Angie. Andiamo in bagno- disse lei con forza, respirando profondo. – E tu, vedi di non cercare rogne. Più stiamo in disparte e facciamo i discreti, più sapremo fin dove hanno il coraggio di arrivare quei due- aggiunse in direzione di Murtagh, che aveva tutta l’intenzione di non starsene seduto a guardare.
Angie seguì Emma senza aggiungere alcuna parola. Ripensando a quanto successo qualche ora prima, non credeva James possibile di tanta falsità. Le aveva detto di amarla, e lo aveva visto provarci con un’altra. Chiunque ella fosse stata, ad Angel non importava. La cosa che più lo feriva era vederlo legato ad un’altra.
C’era però, nella sua mente, una piccola vocina chiamata speranza, la quale le diceva di non disperare, perché James avrebbe sicuramente avuto modo di darle una spiegazione più che plausibile per quel comportamento.
Chiuse in bagno, Emma le poggiò entrambe le mani sulle spalle.
- Ehi, Angie! Fatti forza! Non devi lasciare che Ja mes vinca! Non puoi lasciarti andar così. Dagli pan per focaccia. Un vecchio detto babbano dice “occhio per occhio, dente per dente”. Se lui si comporta così con qualcun’altra, e non si fa scrupoli a farsi vedere in pubblico, devi anche tu fare lo stesso. E sta sicuro che, per essersi comportato così, di sicuro c’è stato qualcosa che tu non sai tra loro due. Sicuramente una storia fugace d’estate, senza tener conto che i sentimenti, con la vicinanza, aumentano sempre di più il desiderio-
Quel discorso mandava ad Angel continue fitte al petto, tanto che si appoggiò alla sua amica per non cadere. Si aggrappò a lei con tutte le forze, e pianse. Le lacrime le portarono via con forza tutto il dispiacere che provava in quei mesi e che si era trascinata dietro sin da allora. Diede la colpa delle poche visite tra i due a Murtagh e ad Albus, i quali si odiavano a pelle, e odiavano anche i rispettivi fratelli. Se solo avesse potuto vedere James tutto il tempo che voleva, magari questa situazione si sarebbe potuta evitare.
- Angie, Angie. Sapevi sin dall’inizio che James Potter era un tipo del genere, che va là dove lo portano i testicoli, e non dove lo porta il cuore. Potrà dirti mille volte che ti ama, ma facendo così non te lo dimostra. Per quanto altro tempo ancora vorrai farti mettere i piedi in testa?- rincarò la dose la bionda Tassorosso.
Angel era stremata. Non aveva alcuna altra lacrima da versare. Sapeva com’era il suo volto in quel momento, tutta l’estate non aveva fatto altro che specchiarsi dopo aver pianto, cercando la forza di non essere così debole, e ogni volta vedeva un viso pallido, le gote arrossate e gli occhi gonfi, sebbene non rossi di pianto. Pareva malata. Malata, sì, di pene d’amore.
Un rumore oltre la porta le fece scattare la testa.
- Cos’è stato?- chiese alla bionda, conoscendone già la risposta.
- Murtagh- sibilò Emma, prima di fiondarsi là dove la porta le divideva dalla sala principale.
Angel rimase ancora un po’ a guardare imbambolata le porte che sbattevano. Prese una bella boccata d’aria, e uscì dal bagno.
Nella sala tutti mantenevano un rigoroso silenzio, e ciò che vide Angel fu sono l’immagine di suo fratello e James che si minacciavano con le bacchette al petto. Le punte di entrambe le bacchette parevano voler trapassare da parte a parte l’avversario.
Albus aveva sotto bacchetta Emma, la quale aveva piegato un braccio dietro la schiena a Bella, prima che potesse prendere alcuna bacchetta, dato che era disarmata, e le puntava con forza la bacchetta sulla gola.
I camerieri non osavano muoversi, neanche per prendere la bacchetta e porre fine ai litiganti. Dietro James c’era tutta la squadra di Quidditch con le armi alzate, così come dietro Murtagh c’erano i suoi fedelissimi compari.
La tensione era palpabile. C’era così silenzio, che Angel potè ascoltare i battiti accelerati del suo cuore.
- No..- disse, con un fil di voce. – No, no. No!- continuava ad esclamare. Sentì le gambe sotto il suo peso, che la portarono tra il fratello e il ragazzo. Poggiò ad entrambi le mani sul petto, cercando di dividerli. – Smettetela ora! Non è questo un luogo adatto per battersi, e né c’è bisogno che vi battiate!- li rimproverò.
James ebbe un fremito, e spostò lo sguardo per qualche attimo su Angel. Alla Corvonero quello sguardo bastò a farle capire che il Grifondoro era pronto ad abbassare la bacchetta, se solo Murtagh l’avesse fatto contemporaneamente. Così Angel portò anche l’altra mano sul petto del fratello.
- Ti prego, Murtagh. Smettila.-
Fece forza con entrambe le mani. Murtagh era irremovibile. Qualcosa però guizzò nei suoi occhi, e fece qualche passo all’indietro.
Angel sospirò. Il peggio era passato. Tutti abbassarono piano la guardia, e con essa la bacchetta. Persino Emma allontanò la punta della bacchetta dal collo di Bella. Angel era sollevata. Ora Emma avrebbe lasciato stare Bella. Il chiacchiericcio era tornato a regnare sulla sala, evidentemente senza più interesse su quella contesa.
Fu un attimo, e ad Angel girò la testa. Fu spinta di lato, colluttò contro una sedia, sbattè il mento, e si ritrovò di schiena per terra. Lo sguardo era rivolto verso James, che veniva investito da un incantesimo in pieno petto. Albus lanciò a sua volta un incantesimo, ed Emma non ebbe scrupoli a farsi da scudo con il corpo di Bella, che urlò di dolore. Dietro di lei, la bionda lanciò un incantesimo dietro l’altro al secondogenito dei Potter, il quale con grande abilità li stava scansando tutti, o quasi. Uno lo colpì la braccio, lasciandogli una brutta ferita che gli strappò persino la manica.
Il chiacchiericcio nella sala era diventato un coro di grida e urla, e gente che scappava di qua e di là, nascondendosi sotto i tavoli o dietro incantesimi di protezione.
Urlò, cercando di muoversi, ma non ci riusciva per niente. Urlò quando vide il corpo di James contorcersi per terra, e Murtagh sovrastarlo. Sopra di lei sentiva il sibilare degli incantesimi tra la squadra di Quidditch e gli scagnozzi di Murtagh. Qualcuno cadde a terra ferito, qualcun altro resisteva.
- Quiescebatis!- qualcuno urlò. Il terreno fremette sotto di loro, e tutti caddero per terra, addormentati. Persino Angel fu sopraffatta quasi subito.
Vide un tipo incappucciato che trascinava con forza i ragazzi di Hogwarts gli uni vicini agli altri. Era affiancato dalla professoressa Sullivan, quella di incantesimi, la quale aveva creato un velo di color azzurrino opaco, che calò su chiunque stava ai Tre Manici di Scopa che non facesse parte di loro.
Vide i piedi dell’uomo incappucciato avvicinarsi. Si fermarono proprio vicino a lei. Le posò una mano sulla spalla. Si scambiarono giusto uno sguardo rapido, e Angel non ebbe neanche il tempo di pensare se le desse la sensazione di esserle amico o meno, che il sonno la pervase.
L’ultima cosa che pensò fu che gli occhi dell’incappucciato fossero di un nero così intenso e profondo che pareva risucchiarla.






ueQueQuella
~ Rupi
Spazio riservato all'autrice: Mi sono detta: "Questa storia sta diventando davvero smielata, tra amori e tradimenti. Una buona lotta è l'ideale", e così ne ho approfittato per introdurre qualche personaggio nuovo, ma che ben presto si rivelerà (forse) un personaggio chiave (?). Non so ancora neanche io chi è l'incappucciato, ma un'idea ce l'avrei.
Vi anticipo che, con molta probabilità, la storia di questo capitolo proseguirà qualche capitolo più in là. Quindi, se volete conoscere come va a finire, continuate a seguirmi!
Bacini. La vostra prima fan.

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Capitolo 4
*** Un incontro inaspettato ***


4.

Un incontro inaspettato

 

 

 

Era appena pomeriggio quando James Hammer venne a sapere ciò che era successo poche ore prima a Hogsmeade. Non gli ci volle molto a capire che dietro tutto quello c’era Murtagh Portbell, quello scapestrato del suo anno. Girava voce che Murtagh, insieme alla ragazza, fosse un Resistente.
Baggianate, secondo James. E lo disse anche alla sua cara amica Evelyn.
- Non saprei, James-, rispose lei, - di questi tempi non si può essere sicuri al cento per cento di chi ci sta di fronte. Chi mi assicura che tu non sia a tua volta un Resistente?-.
James annuì. La ragazza aveva ragione, ma lui aveva una ragione migliore.
- Se si decide di essere Resistente, non ci si può tirare indietro, pena la vita. Chi scambierebbe la libertà e la propria vita per perseguire un’utopia e diventare lo schiavo di qualcuno?-
La bella ragazza mosse i capelli bruni. Stava per dire qualcosa, ma si bloccò.
Qualcuno veniva verso di loro, ed entrambi lo conoscevano bene. Era una di quelle persone per cui in quel momento sarebbe stato appropriato il detto lupus in fabula.
Scorpius Hyperion Malfoy.
Scorpius era il tipico ragazzo che, secondo James, poteva ottenere tutto nella vita. Era l’ultimo rampollo di casa Malfoy, adottato alla morte misteriosa dei genitori dagli zii paterni, crescendo insieme a Blaise e Isabella, i suoi cugini. Girava voce che tra Scorpius e Isabella ci fosse una storia, ma anche su quello James nutriva forti dubbi, soprattutto perché il Serpeverde lanciava occhiate di fuoco sia alla sua compagna di casa Michelle McCartney, della quale Scorpius soleva dirsi amico, che alla grifondoro Rose Weasley. Ovviamente dell’ultima si trattava di una sua proverbiale speculazione. Avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che Scorpius fosse attratto da Rose.
Insomma, la vita del Malfoy più chiacchierato era sempre sulla bocca di tutte, soprattutto di tutte quelle che farebbero carte false per andarci a letto. Eppure, Scorpius era talmente freddo dentro che quando passava anche il tempo pareva fermarsi.
- Malfoy- lo salutò lui.
Scorpius parve cadere dalle nuvole, ma si fermò ed accennò un debole e svogliato sorriso di circostanza.
- Hammer-
Si strinsero la mano, quasi come vecchi compari. Tra loro c’era sempre stata una rivalità, ma entrambi portavano rispetto dell’altro. Poi Scorpius si voltò verso Evelyn e strinse anche a lei la mano, senza però sorridere. Se la cugina Isabella era chiamata Strega di Ghiaccio, James avrebbe dato anche a Scorpius un appellativo simile, anche se per ragioni diverse.
- Qual buon vento ti porta via dal tuo regno muschiato?- lo esortò a parlare. James sperava di spingerlo a difendersi, dato che si diceva che odiava essere chiamato “il re dei sotterranei”.
Scorpius non si degnò neanche di scoccargli un’occhiataccia.
Apatico.
- C’è stata una rissa ad Hogsmeade-, lo informò. Ovviamente James era al corrente di tutto, ma aveva voluto evitare di parlarne con l’amica, poiché era facilmente impressionabile.
Evelyn subito si portò una mano sulle labbra.
- Oddio, si è fatto male qualcuno?-
- A quanto pare no. Dicono che sia intervenuto un tizio che con un gesto della mano e una formula magica sussurrata tra i denti abbia fatto addormentare tutti-
- Chi era impegnato nella rissa?- volle sapere. Per lui era solo una conferma di ciò che aveva saputo.
- La squadra di Quidditch dei Grifondoro e certi tipi del Corvonero, alcuni del tuo anno, Hammer-.
- Potter avrà una squalifica! Si sa chi ha scatenato la rissa?-
Scorpius si strinse nelle spalle.
- Non ho nessuna idea. I professori stanno cercando di capire l’accaduto ma pare che tutto sia avvenuto per gelosia-
A quell’affermazione, James vide Scorpius essere un po’ a disagio. Forse era successo qualcosa anche alla cugina. Non riuscì ad aggiungere altro che Evelyn sospirò agitata.
- Oh, vi prego! Accompagnatemi lì! Devo assolutamente capire se posso dare una mano-
Evelyn l’afferrò per un braccio e quasi iniziò a strattonarlo, insistendo rumorosamente. Scorpius si mise due dita sugli occhi, e se li premette.
- Se permetti, Baxter, preferisco tornarmene nel mio “regno muschiato”- e scoccò un’occhiata quasi divertita a James. Forse gli era piaciuta la battuta. – Tra l’altro devo avvisare Blaise che è coinvolta anche Bella-
A quella notizia, Evelyn quasi divenne insopportabile. Era talmente insistente nella richiesta di raggiungere l’infermeria, che trascinò con forza James, senza riuscire a fargli salutare il suo miglior nemico.
Lasciandosi così il Malfoy alle spalle, che tornò a camminare in silenzio verso i sotterranei, non sollevando neanche il rumore dei passi per terra, James e Evelyn cercarono di raggiungere il più in fretta possibile l’infermeria.
Evelyn continuava a parlare, a muoversi preoccupata, arrivando persino a strattonarlo certe volte. Invece, James, più che dall’accaduto, ripensava a quanto aveva detto loro Scorpius. Un uomo che con il tocco della mano e una formula sussurrata era riuscito a far smettere il litigio, e a portare addirittura tutti in infermeria. Sembrava che chiunque potesse riuscirci, ma lui sapeva bene che quando Portbell si metteva in testa di rompere le scatole, lo faceva per bene, senza contare poi che Potter aveva un bel caratterino. Come un lampo ricordò che Potter se la faceva con Angel Portbell, quella ragazzina carina ma senza troppo carattere, che gli stava dietro dal primo giorno di scuola ma voleva darsi tante arie passando da un letto a un altro. Una volta finita nel letto “giusto”, c’era rimasta. Nonostante Potter dicesse che l’amava, gli si leggeva chiaro in faccia che mentiva, e di certo non gli è sfuggito questo particolare a Murtagh. Bene, ora aveva il pretesto. La gelosia di Angel era solo una scusa, in realtà Murtagh non vedeva l’ora di far lasciare i due ragazzi. Non credeva, però, che Angel l’avesse capito.
Povera sciocca ragazzina, non tutti i problemi si risolvono andando a letto con chi ti piace.
Se, però, Murtagh aveva scatenato una rissa, ed era stata coinvolta l’intera squadra di Quidditch e il manipolo di ragazzi che vedevano in Murtagh il capo della banda, come aveva potuto un solo uomo, con un solo tocco della mano, a mettere fine alla rissa? Era questo che non riusciva a capire.
- James, ma mi stai ascoltando?- sbottò all’improvviso Evelyn, strattonandolo, ma senza rallentare.
- Mmmh, si, certo- disse, non troppo convinto.
Evelyn lo guardò con gli occhi ridotti a fessure. – Io ti ho fatto una domanda, però…-
- Oh… credo mi sia sfuggita- ammise, un po’ imbarazzato.
Evelyn sospirò e scosse la testa. – Ti ho chiesto come mai secondo te fosse coinvolta Bella-
James la guardò stupito. – No, davvero me lo stai chiedendo?-
- Sì, perché? Cosa c’è di tanto strano?-
James ridacchiò tra sé divertito.
- Hai sentito Scorpius. Gelosia. Essendo Bella l’unica donna della squadra, non credi che Angel abbia pensato che James l’abbia fatta entrare perché è successo qualcosa tra loro due? Angel l’ha detto al fratello, e il danno è fatto.-
- Sì, ma perché proprio Bella.-
James la guardò interrogativo.
- Cosa stai dicendo? Non ti seguo- dovette ammettere.
- La Strega di Ghiaccio non si è mai fatta toccare da nessuno, e contando che è una Malfoy, escluderei una possibile relazione tra Bella e James. Inoltre, Angel sta sempre così attaccata a James che non gli lascia un attimo di respiro. Non credo che James abbia fatto entrare Bella così in squadra. No, c’è un altro motivo che c’è sotto. Quello di Angel è un pretesto. Ma cosa c’è dietro?-
James sorrise. – E’ quello che mi chiedo anche io-. Si sentì sollevato per il fatto che non fosse l’unico a pensarlo.
 
***
 
La testa gli doleva come non mai. Era come se un tamburo continuasse a suonargli nelle orecchie. Anche con gli occhi chiusi, Murtagh non riusciva ad allontanare quella sensazione di nausea che pareva averlo preso.
Provò ad aprire gli occhi, ma tutto era offuscato. Battè le palpebre e cercò di mettere a fuoco.
Da quello che riusciva ad intravedere, tutt’intorno a lui era completamente bianco. Era in infermeria a quanto pareva.
Un improvviso lampo di luce aumentò la sua nausea. Serrò gli occhi e la mascella. Inspirò a fondo cercando di calmarsi. Non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, non aveva affatto controllo sul suo corpo, e questo non gli piaceva. Una rabbia d’impotenza lo pervase. Stringere con forza ogni suo membro era come darsi mille pugni nello stomaco.
Sapeva di dover stare calmo, e così respirò a fondo.
I suoi pensieri vagarono debolmente sui ricordi di qualche ora prima. Tutto era terribilmente  confuso. Da quanto era lì? Da quanto tempo era svenuto? C’era solo lui, o c’erano anche tutti gli altri?
- …non è nulla- sentì debolmente.
La voce era chiaramente una voce profonda, saggia, anziana. Di un uomo. Non pareva nessuna voce di qualcuno che conosceva. Non era uno dei professori della scuola, come invece era quella che sentì dopo.
- Ti prego di non starci troppo a pensare, John. Sai che i ragazzi sono esuberanti-
L’uomo, che a quanto pareva era proprio questo John, si mise a ridere.
- Mia cara Evanna, dimentichi forse che ragazzo fui a mio tempo?-
La professoressa Evanna Bones stette in silenzio per un po’. Forse aveva sorriso a John.
- No, non l’ho dimenticato-
Murtagh si chiese chi fosse l’uomo che conosceva la professoressa Bones. Cercò di voltare la testa in direzione delle voci, ma un conato subito gli salì alla bocca, lasciandola amara.
Sentì dei passi avvicinarsi. Qualcuno si fermò accanto a lui.
- I segni sulla pelle di alcuni ragazzi mi lasciano da pensare, Evanna. Molto da pensare-
La professoressa respirò a fondo.
- Questi sono tempi in cui chi non è ben consapevole delle conseguenze delle scelte che fa, spesso sbaglia strada.- Una mano gli accarezzò la fronte. Era la mano morbida e calda, piena di rughe, della professoressa. La riconobbe, perché era molto simile a quella della nonna, prima che morisse. Quel contatto non fece altro che alleviargli il dolore alla testa. Respirò a fondo, riuscendo finalmente a calmarsi.
- Il nostro compito, però, è non demordere, e spiegare loro la differenza tra ciò che rispetta i diritti degli altri, e ciò che non lo fa-
- Talvolta, però, è solo tempo perso-. John pareva chiaramente dubbioso sulla riuscita dei progetti della donna.
- Talvolta, semplicemente, non si vuole ammettere di aver compiuto uno sbaglio-.
Le parole della Bones parevano celare molto più di quanto riuscisse a capire Murtagh. Il silenzio che era sceso era quasi tangibile, un silenzio teso che si attaccava alla pelle.
Murtagh provò ad aprire gli occhi. Non voleva sentire altro, cercando di far capire agli anziani che lui era lì, sveglio, e riusciva a sentire.
Una risata fu tutto ciò che riuscì a sentire prima che ripiombasse nell’oscurità.
 
***
 
Evelyn, appena arrivò in infermeria, andò a molestare la guaritrice Eleanor Lancaster, la nuova guaritrice dell’infermeria, chiedendole se potesse fare qualcosa per aiutarla. In fondo, più di dieci ragazzi da accudire contemporaneamente poteva essere oneroso per lei sola.
James approfittò della distrazione di Eleanor Lancaster per sgattaiolare in corsia. C’erano varie tende tirate, che probabilmente nascondevano degli studenti, forse a riposo. Continuò a camminare, cercando l’unico che potesse spiegargli meglio qualcosa.
Quando lo trovò, James Potter era seduto sulla brandina, un libro sul quidditch aperto sulle gambe, e lo sguardo perso nel vuoto. Evidentemente sentì i suoi passi avvicinarsi, e si voltò verso di lui.
- Ehi, tutto a posto?- gli chiese Hammer.
James Potter annuì debolmente con la testa.
- Sono un po’ intontito, in verità, ma sto bene. Niente di rotto e nessuna fattura-, l’informò.
James Hammer gli si avvicinò e si sedette sulla sedia abbandonata vicino alla brandina.
- Ma cos’è successo?- chiese subito, senza preamboli. Era un tipo a cui non piacevano inutili giri di parole.
Il grifondoro si strinse nelle spalle.
- A dire la verità, Hammer, non sono ben sicuro di aver capito cosa sia successo. Ricordo solo che Portbell…che Murtagh- si corresse quasi subito, - ha cercato un pretesto per rompere le scatole, come al solito. Solo che a un certo punto tutto si è fermato, ed è diventato tutto nero-.
Quelle parole lo fecero ancora più insospettire, ma non riuscì a chiedergli altro.
- Hammer, insomma! Che ci fai qui? Nessuno poteva entrare, Madama Lancaster…-
Hammer si voltò di scatto e iniziò a scusarsi con la professoressa Bones.
- Professoressa, mi scusi. In realtà è tutta colpa mia, ho approfittato di un attimo di distrazione della Lancaster e sono venuto a trovare James-
Lo sguardo penetrante della Bones lo scrutava, ma James non si lasciava spaventare. C’era un autore, non ricordava bene chi, che disse che il fine giustificava i mezzi. Ecco, lui diceva la verità, ma solo in parte.
Dietro la professoressa scorse un individuo. Un’occhiata migliore e quasi ne fu stupito.
- Ma lei…lei è il dottor Mason? L’autore del libro sull’alchimia?- chiese, superando senza troppi preamboli la professoressa. Era eccitato oltre ogni dire. Solo quella mattina gli aveva inviato un gufo, ed ora lo aveva proprio di fronte. Come si diceva, il caso è strano.
L’uomo sorrise sotto la barbetta brizzolata che gli copriva il mento e le guance. Gli occhi neri dell’uomo lo guardarono a fondo, uno sguardo che conosceva sin troppo bene, e che gli ricordava come lo guardava Evelyn. Il volto era pieno di rughe, alcune del tempo, altre delle esperienze. Era un uomo piacente, nel complesso, e che stranamente gli regalava una strana sensazione.
- Sì, sono proprio io. Con chi ho il piacere di parlare?- chiese, incrociando le braccia.
- James Hammer. Le ho mandato una lettera proprio in mattinata-
John Mason si lasciò sfuggire un sorrisetto.
- Hammer, eh? Chi l’avrebbe detto che ti avrei conosciuto?- chiese, allungandogli una mano. James gliela strinse, e fu strattonato verso il vecchio. – Fai domande pericolose per essere solo un curioso- gli sussurrò all’orecchio.
James non rispose, serrando la mascella. Allora aveva letto la sua lettera, ma non gli aveva risposto ancora.
- Lo scusi, professoressa. I giovani d’oggi non conoscono le buone maniere- intervenne, a difesa del ragazzo.
La professoressa bonariamente sorrise. Incitò tutti e due a lasciare “il signor Potter” a riposare, e li scortò fuori quanto prima possibile. Andando verso la porta vide che la distrazione della Lancaster ancora la importunava, così tirò via anche Evelyn, lasciando alle sole cure dell’infermiera i suoi pazienti.
James aveva voglia di parlare con John Mason. Era colui che aveva scritto del Master, era colui che pareva il più preparato sull’argomento dell’alchimia. Finalmente, con lui sentiva che avrebbe avuto tante risposte, tutte quelle che gli sarebbero servite. Il cuore gli batteva forte, allo stesso modo di quando aveva un incontro galante con chi gli piaceva per davvero. Pensò per un attimo a Crystin. Dopo, non ebbe che occhi e orecchie per il vecchio scrittore.
Mason parve accorgersi dello sguardo interessato di James. Gli mise una mano sulla spalla.
- Dai tempo al tempo, ragazzo. Saprai ciò che vuoi sapere con il tempo- gli disse, prima di voltarsi e incamminarsi insieme alla professoressa verso la fine del corridoio. Svoltarono a sinistra e sparirono dalla sua vista.
Come aveva fatto quell’uomo a indovinare quello che pensava? Tutti i pensieri di James gli turbinavano senza sosta in testa. Voleva sapere, voleva conoscere, voleva chiarimenti. Voleva sapere perché riusciva a “imporre” ciò che voleva attraverso il semplice tocco della mano.
L’uomo di cui si parlava era un tipo che non era mai stato visto da quelle parti, e aveva toccato qualcosa, sussurrato qualcosa, e chi voleva era caduto inerte per terra. L’unico uomo sconosciuto era proprio Mason.
Possibile che James e Mason fossero entrambi degli alchimisti?






~ Rupi
Spazio riservato all'autrice:
Talvolta le famiglie sono divise per così tanto tempo, che si fa fatica a riconoscersi. Eppure, quando vedo mia sorella che gioca a playstation mi chiedo come faccia a riconoscere in quell'oggetto un qualcuno più importante di sua sorella.
Mah.
Anche questo capitolo è andato. James Hammer non è certo il personaggio che più adoro, anzi a volte mi sta simpatico. Mi sa che dopo mi dedico a un capitolo su un personaggio più simpatico: Scorpius o James Potter.
Se vi state chiedendo perchè abbia chiamato Hammer con lo stesso nome di Potter, vi rispondo che è stata una semplice coincidenza. Credo che il nome James stia bene sia con Potter che con Hammer nel dirlo, non trovate?
Ringrazio chi ha recensito sinora, e spero che continuiate a farlo.
Bacioni.

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Capitolo 5
*** Il giorno dopo ***


5.
Il giorno dopo.




Se io potrò impedire ad un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
[E. Dickinson]
 
 




Teneva le coperte fin sopra la fronte, accucciandosi teneramente in quel lettino scomodo. Se non fosse per una coperta un po’ più pesante, avrebbe dovuto coprirsi con il solo lenzuolo bianco, quindi non si sarebbe coperta che per freddo.
In quel modo, Bella cercava invece di tenersi compagnia in qualche modo. Non aveva ancora voglia di vedere gli altri, il braccio le doleva come non mai. Emma aveva esagerato con quella stretta, per poco non sentiva le ossa del polso scricchiolare, e con la bacchetta puntata alla gola si era vista chiaramente passare la sua vita davanti. Quella ragazza era quasi priva di umanità, come il suo ragazzo. Odiava Portbell. Odiava i Portbell talmente tanto e tanto incondizionatamente che ogni tanto si chiedeva che cosa le avessero fatto mai. Angel la odiava per quel suo fare da gatta morta, strisciante e subdola.
Ripensò al loro ultimo e spiacevole incontro, negli spogliatoi di Grifondoro, dove normalmente non le sarebbe stato permesso accedere. Eppure, a quanto pare, essere la ragazza del capitano della squadra ti concedeva un pass ogni volta che giocavano. Era la prima volta che Bella si trovava negli spogliatoi della squadra. Non che questo fatto le causasse problemi, perché fino a poco tempo prima, capitava che a casa sua si riunissero tutti i giovani Malfoy, e Edward. Edward e Blaise, suo fratello, erano grandi amici, e capitava che passassero insieme del tempo a casa sua. Quando poi veniva anche il cugino Scorpius, allora il tasso di mascolinità cresceva.
Era abituata a trattare con i ragazzi, ma non con le ragazze. A parte la sua migliore amica Eliza, non riusciva a stare tranquilla. Aveva sempre paura di deludere.
Fu scossa dai suoi pensieri quando qualcuno tossì.
- Sei sveglia?- sussurrò quel qualcuno.
Sotto le coperte la voce le arrivò attutita, e non riusciva a capire chi fosse. Sentì un sospiro che non era il suo. Era restia a cacciare fuori la testa, a far vedere che fosse sveglia.
Ci furono un fruscio e dei passi, e un ombra si stanziò di fronte a lei.
Timidamente aprì gli occhi e guardò in un piccolo spiraglio. Nel buio della notte, la poca luce proveniente dalla luna, tonda e grande nel cielo, le fece distinguere i tratti di James Potter.
Il suo cuore ebbe un tuffo. Forse era proprio a causa sua che tutto quello era successo. Tirò su con il naso, e sospirò. Voleva fargli così capire che era sveglia ma non aveva voglia di parlare.
- Vorrei parlarti di una cosa, però stesso io non ne sono certo. Posso chiederti un parere?- le chiese, sempre a bassa voce, per paura che qualcuno sentisse.
La ragazza capì che non l’avrebbe mandato via tanto facilmente, e che se ne fregava del suo silenzio. Con gesti lenti, si mise a sedere, aggiustò con qualche pacca il cuscino, che mise dietro la schiena, si appoggiò allo schienale. Non tirò le coperte ancora una volta sul corpo, perché non faceva ancora tanto freddo.
Scambiò uno sguardo con James. In quel momento sembrava vederlo per la prima volta. Aveva un’espressione afflitta in viso, era chiaramente triste. I capelli neri erano scomposti più del solito. Gli occhi castani erano spenti.
Si era sempre chiesta da chi avesse preso gli occhi castani. I suoi avevano gli occhi verdi, così come i fratelli. Lui perché? Ancora non aveva ricevuto risposta.
La voce di James la distolse dalla sua stupida riflessione sui suoi occhi.
- Come stai?- chiese poi, con le sue labbra carnose, che protendeva in un broncio malinconico.
Bella non poteva fare a meno di pensare che James Potter fosse molto attraente in quel momento.
Provò a parlare, ma doveva prima schiarirsi la voce. Nonostante tutto, il suono le uscì roco e le fece male alla gola.
- Va meglio-, rispose brevemente.
James sospirò. Era un sospiro nervoso, Bella lo capì subito. Aveva infilato le mani nelle tasche della divisa, e stava osservando un imprecisato punto a terra. Muoveva ritmicamente il piede, in un gesto che gli fece tremare l’intera gamba.
Quella vista intenerì molto Bella, che sorrise suo malgrado.
- Davvero, stai tranquillo, James. Sto meglio- gli ripetè con voce flebile e roca.
- Sto pensando di lasciare Angel- disse tutto d’un fiato alzando lo sguardo su di lei.
Bella rimase frastornata da quella affermazione. Mentre il suo io interiore iniziava a fare festa, e nello stomaco sentiva tantissime farfalle che iniziavano a muoversi , sentì una tristezza assurda. James era una di quelle persone solari e allegre, e vederlo così abbattuto quasi la feriva.
Non seppe che rispondere. Aprì le labbra, ma non le venivano le parole giuste per confortarlo. In fondo, però, a ripensarci, lui non aveva ancora lasciato Angel, ma aveva pensato di farlo.
Bella portò i capelli scuri dietro la testa.
- Perché vorresti lasciarla?-
Evidentemente  James aveva messo in conto che lei avesse potuto fargli quella domanda, ma sperava che non gliela facesse. Storse la bocca.
- E’ un po’ che ci sto pensando. Credo che non la ami più come prima-
Bella rimase pensierosa su quell’affermazione. Passò un po’ di tempo prima che gli chiedesse altro.
- Non è che non l’hai mai amata, James?-
Il ragazzo si lasciò andare a un sospiro. Si portò entrambe le mani tra i capelli. Si abbassò con il busto in avanti e poggiò i gomiti sul letto dove riposava la ragazza. Bella si tirò un po’ indietro, sperando che lui non avesse visto quel suo movimento spaventato. Per un po’, la ragazza non voleva essere toccata da nessuno. Era persino sbiancata credendo che quando James si era avvicinato era stato per toccarla.
- Non lo so. Sono molto confuso. Io sto bene con lei, ma lei trova sempre il pelo nell’uovo. Non le va mai bene niente, si sente sempre trascurata, vorrebbe che passassi tutto il suo tempo con lei. Io non ce la faccio, a volte mi sento talmente oppresso che vorrei fuggire da lei piuttosto che continuare a starle vicino-.
James si tirò indietro e si alzò dallo sgabello.
- Scusa, forse non dovevo… forse tu neanche lo vuoi sapere-
- No!- esclamò Bella. Sentì il calore arrossarle le guance, ma sapeva che la pelle era talmente pallida che non si sarebbe mai colorata abbastanza. Tossicchiò. Emma prima della fine della rissa le aveva chiaramente fatto un’orribile fattura. Non riusciva ancora a parlare bene. – Cioè, no. Non preoccuparti, James-.
Rimase a guardare il ragazzo, che continuava a muoversi nervoso sul posto. Sembrava che davvero stesse mettendo in conto la possibilità di chiudere davvero con Angel.
Da quanto ricordava, James Potter aveva sempre detto di amare Angel, nonostante Bella non gli credesse sul serio. Per un po’ li aveva osservati, e conosceva benissimo l’espressione di James in quel periodo. Era convinto che fosse il padrone del mondo, era felice di stare con lei, e non faceva che trovare scuse per marinare le lezioni per correre dalla sua Corvonero.
Bella era sicura che James amasse davvero Angel. E allora cos’era che gli faceva dire di volerla lasciare?
Avrebbe voluto chiederglielo, ma l’espressione di James era tanto tetra che il suo istinto le suggerì di non chiederglielo, per evitare di farlo soffrire ancora di più.
- Ma cos’è che mi devi chiedere per un parere?- chiese, ricordando il pretesto con il quale era venuto a trovarla, e vedendo che non diceva altro. Stava in silenzio come un condannato prima di andare al patibolo.
James si sedette di nuovo. Allungò una mano verso il suo viso.
Bella deglutì silenziosamente, mentre faceva forza contro se stessa. Non voleva sottrarsi alla mano di James, sapeva che lui non le avrebbe fatto alcun male. Chiuse gli occhi, ma sentì solo le sue dita che le sfiorarono la guancia, per metterle una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Si rilassò al contatto dolce della sua mano nei suoi capelli.
- Ti volevo chiedere cosa ne pensassi se lasciassi Angel- disse tetro. Si percepiva chiaramente l’ansia nella sua voce.
Bella socchiuse piano piano gli occhi. Cosa ne pensava? Aveva sempre pensato che Angel non fosse al suo stesso livello, e che quando James decise di mettersi con lei si stava sottovalutando. Nonostante questo, i Portbell erano una famiglia famosa e potente, quasi al pari dei Potter (non dei Malfoy, ovviamente); magari Murtagh incarnava tutto di loro: la determinazione, la superbia, il loro incessante credo dell’essere sempre nel giusto. Angel era solo una ragazzina che viveva all’ombra del fratello.
- Direi che devi pensarci molto, James. Angel è stata capace di renderti felice come faceva all’inizio, o come ti saresti aspettato? E’ cambiato qualcosa nel suo modo di porsi a te, o nel tuo modo di porti nei confronti di Angel? Ti vedi ancora affianco ad Angel nel caso dovesse succedere qualcosa? Sei così sicuro che i tuoi sentimenti siano simili ai suoi? Queste sono solo poche domande rispetto a quelle che devi porti per prendere questa decisione- gli rispose, fermandosi più volte per calmare il fuoco che sentiva nella gola.
James la guardò addolorato.
- Credo che questa situazione sia solo colpa mia, e della mia indecisione di fare una scelta una volta per tutte- disse asciutto, alzandosi dalla sedia. – Torna a dormire, Bella. Riposati. Il sonno porterà a me consigli e a te sollievo. Scusa-
Come aveva creduto sin dall’inizio, sin da quando erano arrivati in infermeria, James si stava addossando una colpa che in realtà non era sua. Non riuscì a dirgli che non accettava le sue scuse, che lui non era la causa di niente.
Si passò le mani sul viso, e poi le infilò tra i capelli, portandoli tutti dietro. Sospirò e tornò a stendersi sotto le coperte che coprivano la brandina.
Scivolò pian piano in un sonno agitato, sognando ancora una volta Emma che la affatturava, Murtagh che la molestava, e James che la difendeva. La figura di Angel incombeva nei suoi sogni come un uccello del malaugurio.
 
***
 
Emma impilò tutti i libri che le sarebbero serviti quel giorno, e poi li infilò nella borsa. Guardò il suo orologio, annoiata.
L’ora della colazione era passata da un pezzo, e non le importava molto.
Ancora non aveva avuto modo di poter andare a trovare Murtagh, dopo che erano stati tutti dimessi, fino a qualche ora prima. L’aveva trovato bello e pimpante, con il solito sorriso superbo dipinto in viso. Non c’era nulla da fare, Murtagh era capace di farti vedere il mondo solo dalla perfetta prospettiva con cui vederlo.
- Non vai a lezione?- ricordò di avergli chiesto.
- Non mi va. Perché non mi fai compagnia?- le aveva chiesto, con un sorriso malandrino e un ghignetto divertito, mentre, seduto sul letto, le faceva segno di avvicinarsi.
Aveva detto di no, che doveva andare a lezione, e che lui stava sbagliando a non andarci. Ovviamente aveva fatto in modo che prima che andasse via si ricordasse di lui.
Ricordò piacevolmente le prime volte che conobbe il Corvonero. Era uno di quei tipi che normalmente avrebbe mandato via, e l’aveva fatto, se non fosse stato per la determinazione di Murtagh. Lui l’aveva adocchiata, e voleva solo lei.
Quei pensieri la fecero sorridere.
Murtagh era sempre stato un sognatore, uno di quelli con la testa sulle spalle ma con la mente proiettata in un futuro perfetto, dove ogni cosa deve andare al posto giusto. Non aveva mai superato il divorzio dei suoi, la perdita del padre che fu allontanato dalla madre quando aveva circa sette anni e Angel poco meno. In quel periodo la madre era incinta di un terzo figlio dal signor Lysander Portbell, ma al tempo del divorzio non lo sapeva. Quando partorì, la madre dopo poco morì, e questo segnò una ferita incredibile nell’animo di Murtagh. Non ne parlava mai. Emma ne era venuta a conoscenza quando andò una volta a casa di Murtagh. Ormai erano tornati a vivere tutti e tre i figli a casa del signor Portbell. Di questa triste storia gliene parlò il piccolo Sam.
La cosa che l’attirò dopo aver saputo questa storia, fu il sorriso di invincibilità di Murtagh. Forse non aveva mai superato la perdita della mamma, alla quale era molto legato, ed era per questo che lui volesse il mondo perfetto come lui lo voleva.
E c’era stato un altro mago che la vedeva come Murtagh: Belial.
Proprio al pensiero di Belial, il marchio dietro la spalla sinistra le iniziò a pizzicare.
Camminando sovrappensiero, si accorse quando fu sbalzata all’indietro che era andata a scontrarsi con qualcuno.
Si massaggiò il sedere, lamentandosi della botta ricevuta, e alzò lo sguardo. Il fiato le si mozzò.
- Scusa, Paxton- disse gelido Albus.
L’ultima volta che si erano visti era stato quando, bacchette alla mano, si erano fronteggiati ai Tre manici di Scopa (dove, ovviamente, per un po’ non potevano più farsi vedere).
- Non preoccuparti- rispose gelida lei.
Prima di alzarsi, lui le tese una mano. Emma la guardò sospettosa, e poi alzò lo stesso sguardo su di lui.
- Tranquilla, non mordo- la prese in giro.
La riccia e bionda Tassorosso si alzò, rifiutando il suo aiuto.
- Ma io sì- rispose a tono.
Per un attimo tra loro ci fu silenzio, riempito dal rumore pesante dei loro sguardi accusatori. Albus aveva spifferato che era stato Murtagh a iniziare, ed Emma invece sosteneva il contrario, che Murtagh avesse sì stuzzicato James, ma che fosse stato quest’ultimo a iniziare. Emma sapeva benissimo che aveva iniziato Murtagh, lo conosceva sin troppo bene, ma non l’avrebbe mai ammesso davanti agli altri.
- Hai finito di guardarmi?- sbottò poi Emma.
Prima che Albus potesse rispondere, giunse in suo aiuto uno dei cugini, Hugo.
- Ehi, Al! Serve una mano?- chiese Hugo, con la faccia di chi vuole rendersi ultile.
Emma lo guardò. Era più piccolo di lei, ma già era alto quanto lei stessa. Le venne da ridere che un tipetto, magro come una mazza di scopa, chiedesse ad Albus se aveva bisogno che lo spalleggiasse contro una ragazza. Era proprio un tipo strano.
Albus si limitò a scuotere la testa.
- No, Hugo. Tranquillo, ho tutto sotto controllo-
Emma ghignò. Tutto sotto controllo. Certo, come no.
- Beh, io ti saluto, Potter. Ho di meglio da fare che ammirare le tue gesta eroiche- lo canzonò.
Albus le scoccò un’occhiataccia.
- Vai a fare per caso la sgualdrina con Portbell?-
Quel termine la innervosì molto. Ma come si permetteva quel pallone gonfiato?
- E pure se fosse, sono fatti miei.- Gli si avvicinò d’un passo, sfiorandogli il mento con il naso, e guardandolo dritto negli occhi. – Meglio sgualdrina di uno che adora gente dello stesso sesso, non credi?-
Un sorriso malefico le si dipinse in volto. Da quando stava a scuola, Albus Potter non aveva mai avuto la ragazza. Si vociferava che fosse omosessuale.
Albus strinse la mascella, e la guardò con odio mal celato.
- Che succede qui?- chiese il professore di Lingue non Umane, Milo Cloud. Aveva un’aria minacciosa che incombeva sui due alunni.
- Niente, professore. Rispondevo solo a una provocazione- ammise lei.
- Guarda che hai iniziato tu!- sbottò Albus.
Emma si voltò con scatto felino verso il Grifondoro.
- Sei un bugiardo, Potter. Lo sei sempre stato!-
- Ah sì? A me risulta il contrario-
- Basta così!- esclamò il professore, strattonando entrambi per le braccia, per dividerli. – 50 punti in meno a Grifondoro, e 50 punti in meno a Tassorosso. In più stasera in punizione!-
- Ma professore…- iniziò Emma, usando tutto il suo sex appeal, mettendo un po’ di broncio e facendo gli occhi dolci.
- Niente ma-, il professore li guardò severo. – Fatevi trovare alla fine delle lezioni fuori al mio studio. Ed ora andate in classe!- ordinò.
Emma, che doveva studiare proprio Lingue Non Umane, sbuffò e andò in classe, sedendosi controvoglia su uno dei banchi all’ultima fila. Il professore la seguì quasi subito.
- Paxton, vieni avanti- le intimò lui, mostrandole un posto al primo banco. Emma provò a protestare, ma il professore ebbe la meglio dopo aver tolto altri 10 punti al Tassorosso.
Senza altre lamentele, si sedette al primo banco. Da lì poteva ammirare meglio quel professore, che non a poche ragazze piaceva. Era un tipo strano, un nuovo acquisto del corpo docenti da un paio di anni, o forse qualcosa in più. Di lui si dicevano tante cose, e c’è stato chi procedeva per illazione e diceva che fosse un licantropo, c’era chi diceva che avesse una relazione con la seducente guaritrice dell’infermeria Eleanor Lancaster.
Emma era una sostenitrice di coloro che pensavano avesse una relazione segreta con la Lancaster. In fondo erano entrambi molto belli.
Il professore Milo Cloud era uno di quegli uomini di circa quarant’anni che parevano essere dei giovanotti di appena trent’anni. Aveva capelli corti e castani (dopo che li tagliò con grande dispiacere delle ragazze), un sorriso perfetto e bianco, la carnagione chiara, e profondi occhi castani, senza contare del suo corpo da urlo. Era una bellezza mediterranea, di quella bellezza che, però, rimani senza fiato.
Eleanor Lancaster, l’infermiera, aveva anche lei capelli e occhi castani, la carnagione un po’ più pallida del professore, ma era molto elegante. Era una delle donne più influenti all’interno dell’alta società magica. I genitori la volevano semmai Medimaga, ma lei era fermamente convinta della sua scelta, anche perché voleva stare vicino ai ragazzi.
Poco dopo che arrivò lei, arrivò anche il professore Cloud. Emma credeva che quella non fosse per niente una coincidenza. Non esistevano coincidenze. Era convinta che i due stessero insieme prima di venire entrambi ad Hogwarts.
- Paxton, hai la testa tra le nuvole!- la rimproverò il professore. – Vedi di stare più attenta-.
Il professore continuò la lezione e lei continuò a prendere svogliatamente gli appunti.
Non riusciva che a pensare a quella sera, quando avrebbe dovuto scontare la punizione con uno dei ragazzi più odiosi della scuola.
 
***
 
Scorpius guardava l’orologio. Era bloccato lì da un pezzo, in attesa dei cugini.
La sala comune dei Serpeverde era talmente affollata che aveva deciso che avrebbe parlato con i due in biblioteca. Ovviamente non avrebbero potuto parlare apertamente, ma con una scusa e un’altra era riuscito a far allontanare la bibliotecaria. Peccato che lei non la pensasse allo stesso modo, e qualche ossa in meno non era l’ideale di passare la nottata che avrebbe passato in infermeria.
La biblioteca era stata chiusa fino a che proprio lui si era offerto di badare ad essa.
Sbuffò, i due erano in ritardo. Avrebbe dovuto riprenderli anche per quello. Qualcuno bussò alla porta della biblioteca.
- E’ chiuso- rispose con voce atona.
La porta si aprì lo stesso ed entrò, suo malgrado, Michelle McCartney.
- Wow, allora è vero quello che si dice in giro. Il grande Scorpius Malfoy che fa il bibliotecario. Chi l’avrebbe mai detto…- lo canzonò, avvicinandoglisi.
Scorpius era seduto su uno dei grandi tavoli, con un piede sulla sedia. Da lì potè notare come la ragazza tendesse a mettere in mostra il suo corpo, muovendolo armoniosamente.
- McC, che vuoi?-
La ragazza gli si avvicinò e si sedette anche lei sul tavolo.
- Non solo ti becchi i soldi, ma pure non segui le lezioni. Chi hai corrotto, Malfoy?-
Scorpius ghignò.
- Dettagli insignificanti, McC- rispose lui, lasciandola a bocca asciutta. Qualche maledizione imperio era bastata, ma era meglio che non si sapesse in giro. Avrebbero potuto espellerlo e spezzargli la bacchetta.
Michelle lo guardò con sguardo complice.
- E se ti dicessi che voglio prendere un libro nella sezione proibita, altrimenti spiattello tutto a tutti?-
Il biondino fece una smorfia.
- Ti direi che non ho le chiavi della sezione proibita, quindi la tua minaccia non mi tocca-
- Cosa?- esclamò la bruna, saltando su, quasi indignata. – E perché mai? Cioè, tu sei praticamente un angioletto, perché non ti hanno dato le chiavi? Per caso non hanno fiducia in te?-
Scorpius sbuffò, e scese dal tavolo.
- Non m’importa. Mi serviva un posto tranquillo dove pensare-
Michelle dietro di lui ridacchiò divertita. Scese dal tavolo e lo abbracciò sensuale sui fianchi.
- Certo… dillo che tra poco ti raggiunge una delle tue amanti…-
Scorpius scosse la testa, e sorrise divertito.
- No, per niente, McC-.
Michelle sbuffò, e gli si parò di fronte.
- Andiamo, Scorpius! Così mi fai cadere le braccia! Tu non sei mica uno di quegli scialbi Grifondoro, che ti comporti così!-
Scorpius la strinse per le braccia, e la guardò per un po’.
- No, le tue braccia stanno a posto. Non ti sono cadute- la prese in giro.
Michelle gonfiò le guance, ma poi scoppiò a ridere.
- Sei uno stupido-
- Buono a sapersi- fece lui, guardando l’orologio. Non voleva che Michelle fosse presente qualora i cugini arrivassero, anche se così facendo avrebbe dato scacco matto a Blaise, che insinuava che fosse strano, proprio perché non amava troppo restare con le ragazze.
Ovviamente, Blaise sapeva perché, ma era tutta la scuola che era meglio che non sapesse, compreso Michelle.
La ragazza bruna si muoveva per la biblioteca, cercando di attirare l’attenzione di Scorpius. E l’aveva. Era un peccato che Scorpius non potesse regalarle le attenzioni che avrebbe voluto regalarle.
Sovrappensiero, non si era accorto che Michelle l’aveva avvicinato ancora, di nuovo pericolosamente. Lo schiacciò contro il tavolo, premendogli il corpo sul suo.
- Non è che stai aspettando qualcuna?-
Scorpius sbattè le palpebre. Le curve morbide della ragazza lo distraevano dalle sue parole. Eppure, non sentiva niente. Dentro di lui c’era il buio più totale. La ragazza era stupenda, e l’attirava anche e soprattutto per il suo modo di fare e di pensare. Era sempre più convinto che fosse Michelle l’unica che avrebbe potuto spezzare il suo digiuno, ma aveva paura di farle del male.
- No- rispose lui, tranquillo.
- Non me la conti giusta-. Michelle si allontanò un po’ da lui, sospirò e si lasciò cadere sulla sedia accanto a lui. Scorpius non potè fare a meno di pensare che lei non riuscisse a stare ferma in un solo posto.
- So benissimo che ti piacciono le ragazze, eppure non ne hai mai presa nessuna nel tuo letto. Nonostante questo, dicono che sei stupendo a letto. Ma cosa c’è dietro? Cosa nascondi?-
Michelle era terribilmente seria, quando gli scoccò un’occhiata curiosa e fredda, calcolatrice.
A salvarlo furono proprio Blaise e Bella, che entrarono in biblioteca senza neanche bussare.
- Oh, non sapevo che avessi visite, cugino. Se vuoi ci vediamo più tardi- fece con un ghignetto tipico dei Malfoy sul volto. Bella si nascondeva quasi dietro il corpo del fratello, come se avesse paura di qualcosa. Sbucò fuori solo per salutare il cugino e la ragazza che gli faceva compagnia.
La Serpeverde si alzò e raggiunse Blaise, con fare spavaldo.
- Se vuoi accomodarti, lo lascio tutto a te- disse scherzosa, facendole l’occhiolino. Senza aspettare una risposta, lo sorpassò, salutò con un cenno del capo Bella, che ricambiò il saluto con un sorriso, e raggiunse la porta della biblioteca. Si voltò indietro e si rivolse a Scorpius. – Quando hai finito, vorrei che continuassimo la nostra discussione-. Gli fece l’occhiolino e scomparve dietro la porta.
Blaise alzò un sopracciglio.
- Quella te la sta sbattendo in faccia…- constatò.
- Già- rispose Scorpius con un sospirò, e poggiò la testa sullo schienale della poltrona.
Bella si sedette sulla sedia di fronte a quella di Scorpius. Il cugino si riprese, e si sedette composto. Blaise incombeva sui due, curioso di sapere come si sarebbe svolta la discussione.
La Grifondoro e il cugino Serpeverde si scambiarono uno sguardo intenso.
- Bene, e ora raccontaci tutto. Voglio sapere esattamente come si sono svolte le cose. Se deve cadere qualche testa, facciamo cadere quella giusta-, affermò Scorpius.



~ Rupi
Spazio riservato all'autrice: Questo capitolo è giunto come un'ispirazione, si legge già una certa tensione (o almeno questo ho cercato di trasmettere), come un altro capitolo di transito. Credo che ogni capitolo ormai sarà di transito per la fine, dove finalmente si capirà tutto.
Grazie per le recensioni.
Baci.

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Capitolo 6
*** Una scoperta incredibile ***


6.
Una scoperta incredibile

Love hurts
but sometimes it's a good hurt
and it feels like I'm alive.
Love sings
when it transcends the bad things
have a heart and try me
'cause without love I won't survive
[Incubus, Love hurts]
 

 
 
Quella sera, James Potter non riusciva a smettere di rigirarsi nel letto. Da quando era stato dimesso, sembrava che a Hogwarts ancora non avessero smesso di parlare di lui e di quanto successo a Hogsmeade. Era come una gioia febbrile che prendeva tutti, li scuoteva dalla monotonia.
Si chiese quando sarebbe finito tutto.
Per l’ennesima volta si voltò nel letto, e stavolta tirò così forte con uno strattone le coperte che sentì il freddo avvolgergli i piedi nudi. Sbuffò, e si mise a sedere. Decise che quella notte non avrebbe cercato più di dormire. Stare immobile ad aspettare il sonno lo innervosiva ancora di più, senza contare il fatto che avrebbe rivisto l’intera squadra a distanza di poche ore per il primo allenamento dopo l’incidente.
Poggiò i piedi per terra, e il freddo gli regalò fastidiosi brividi che gli fecero accapponare la pelle.
Si passò una mano sul volto. Sperò che Angel non lo raggiungeva all’allenamento. Era come convinto che tutto quello che era successo era colpa della ragazza, perché era stato il fratello a stuzzicarlo.
Infilò i piedi nelle pantofole, e scese in sala comune.
Ottobre aveva bussato alle porte della scuola, lasciando infiltrare già il gelo tra le fessure del castello, ricordando che il bel tempo e la bella stagione sarebbero stati ricordi lontani, così come le lunghe giornate.
Avrebbe voluto trovare il camino acceso, ma sapeva che a quell’ora di notte, in qualsiasi stagione, avrebbe trovato solo muto silenzio. Le fiamme anche d’inverno avrebbero smesso di attanagliare i pezzi di legno che gli elfi diligentemente mettevano nel camino senza farsi vedere dagli umani.
Sentì degli altri passi, e voltò la testa verso l’ingresso. Vide Albus, con il volto annoiato e quasi furente, cereo, gli occhi arrossati e infossati. Non aveva per niente un bell’aspetto come suo solito.
- Ehi, come mai ancora sveglio?- gli chiese lui, felice di vedere una persona a lui familiare che non gli avesse chiesto ancora dell’incidente, anche perché Albus era lì quando era successo.
- Cloud mi ha dato una punizione-.
Albus imprecò tra i denti, stropicciò gli occhi, e si sedette sulla prima poltrona. Sospirò a fondo, e gettò la testa all’indietro.
James parve stupito nel sentire quella notizia. Albus era sempre stato attento a non cacciarsi nei guai, era bravo a scuola, ed era il pupillo del padre. Sapeva che tra i due il padre preferiva lui, perché non faceva che ripetere che era molto simile a lui. James a volte si sentiva frustrato, ma si buttava tutto alle spalle. Non poteva voler male al fratello per pura gelosia. I genitori non avevano dato loro quell’insegnamento.
- Come mai?- chiese, senza celare la sorpresa.
Albus lo guardò per un attimo, prima di togliersi le scarpe.
- Mi ha beccato a litigare con Paxton-
- Che cosa?- esclamò una terza voce dietro di loro.
Entrambi i fratelli si voltarono per cercare di capire da dove venisse quella voce. Una ragazzina dai capelli rossi li guardava, avvolta in una vestaglia degli stessi colori del Grifondoro e i piedi in pantofole con la criniera di leone. Stava in piedi sul pianerottolo delle scale, e si precipitò quasi subito dai fratelli. Lily guardò preoccupata Albus con i suoi grandi occhi azzurri.
- Che cosa ti ha fatto quella cattiva?-
James non riuscì a trattenere un sorriso, e neanche Albus, che alla preoccupazione della sorella le strofinò i capelli.
- Niente di grave-. Alzò lo sguardo sui fratelli, perplesso. – Ma mi stavate entrambi aspettando? Che carini…- li prese in giro.
James e Lily farneticarono alcune scuse, che furono accolte da una risata spensierata da parte di Albus.
- Ad ogni modo, non sapete che cosa ho scoperto!- esclamò, soprattutto in direzione di James.
Il primogenito dei Potter era già tutto orecchi, disteso sul divano, intento a non perdere alcuna parola sussurrata da Albus.
 
Alcune ore prima
Albus stava camminando, per niente felice di dover andare a scontare la sua punizione, che non ci sarebbe dovuta essere se quel professore da strapazzo non avesse sorpreso lui ed Emma Paxton a parlare animatamente per i corridoi.
Il Grifondoro aveva sempre pensato che Emma fosse una ragazza carina e dolce, ma si era dovuto ricredere quando Murtagh aveva ufficializzato il suo fidanzamento con la ragazza, quasi marcandola come un animale, minacciando chiunque le si sarebbe avvicinato. Un vizio di famiglia, aveva pensato all’epoca, dato che anche Angel aveva fatto una cosa simile quando si era messa con James. Si era sempre chiesto come facesse James a sopportare una situazione simile. Forse all’inizio era la novità, ma già notava il fratello che aveva iniziato a scalciare, senza contare che l’unica presenza femminile nella squadra era rappresentata da Bella Malfoy, una ragazza che Albus sapeva che non sarebbe stata per niente indifferente al fratello.
L’anno prima aveva escogitato un astuto modo per farla entrare in squadra, rompendo un tabù che James aveva fatto sin da quando era diventato capitano (una regola che Albus aveva sempre sospettato che avesse importo Angel a James). La presenza di Bella aveva destabilizzato quanto bastava il rapporto tra la Portbell e il fratellone. Ovviamente, però, la corvonero non si era ancora arresa all’evidente fine del rapporto tra loro due, forse sfogandosi con il fratello Murtagh.
Murtagh. Solo il nome gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Quello schifoso. Era sicuro che avesse corrotto la Paxton in qualche modo. Da quando la ricordava (lui e Emma avevano la stessa età), Emma era sempre stata una ragazzina impaurita, che piano piano ha acquistato una certa consapevolezza di sé, sempre attenta al prossimo. Ora sembra che scavalchi il prossimo per puro piacere, un piacere che poteva rivedere chiaramente amplificato in Murtagh Portbell.
Il pensiero che il destino di James fosse in qualche modo collegato a quello del corvonero non gli piaceva per niente.
In breve, senza neanche che lui se ne accorgesse, era arrivato allo studio del professor Cloud.
Bussò una volta, e la porta si aprì. Il professore lo stava chiaramente aspettando, perché gli rivolse un sorriso compiaciuto.
- Bene, vedo che almeno tu sei puntuale- disse, alzandosi dalla poltrona facendogli segno di avvicinarsi. Con un incantesimo lasciò che la porta si chiudesse dietro Albus, mentre lui si avvicinava quietamente, come gli aveva detto il professore. Dopo qualche attimo qualcun altro bussò alla porta, e ne fece capolino la grande chioma bionda e riccioluta della Tassorosso.
Cloud fu piuttosto compiaciuto nel fatto che i due fossero stati puntuali, e rovistò ancora un po’ in una panca. Tirò fuori una balestra, più frecce, un paio di archi e qualche stiletto affilato e appuntito.
Albus sentì accapponarsi la pelle. Il professore aveva intenzione di punirli corporalmente? Era una cosa che ormai non si usava da tempo a Hogwarts. Avrebbe fatto appello alle regole della scuola per opporsi vibratamente.
Si scambiò un’occhiata fugace con Emma, e intravvide nel suo sguardo lo stesso sgomento che sapeva che mostrava il suo.
- Ora che siete qui, è bene che sappiate che quello che farò non deve per nulla al mondo essere divulgato in giro. Potrei essere cacciato via dal corpo insegnanti- affermò il professore con aria seria.
I due ragazzi stentavano anche a respirare, preoccupati, anzi terrorizzati dal fatto che anche un solo passo falso sarebbe bastato per farli uccidere. Con tutte quelle armi di tortura, Albus sperava di ricevere una morte veloce e senza dolore o torture.
Le orecchie gli ronzavano, e il sangue gli era affluito al cervello così in fretta che gli girava la testa.
Il professore intercettò le loro espressioni e scoppiò a ridere.
Confusi, i due ragazzi si scambiarono ancora una volta uno sguardo preoccupato.
- Non abbiate paura. Stasera andiamo solo a caccia-
Cloud sorrise, lasciando intravedere i denti bianchi e perfettamente curati.
Albus non riusciva a tranquillizzarsi, mentre sentiva Emma tirare un sospiro di sollievo. Non lasciava scivolare gli occhi lontano dalle frecce appuntite neanche per un secondo.
- Ci sono state morti strane, che richiedono la mia attenzione. So che non è una vera punizione, ma potete accompagnarmi, se volete- aggiunse il professore. Si avvicinò sicuro al ragazzo e gli offrì un arco con un paio di frecce di legno, e un coltello.
Solo in quel momento Albus alzò lo sguardo sul viso del professore. Era serio e scuro in volto, con un’espressione tirata che dava da pensare.
Un brivido corse lungo la schiena del ragazzo. Se quello significava pagare la sua punizione, ne sarebbe stato all’altezza. E che Emma non dica che uno dei fratelli Potter fosse un codardo!
In men che non si dica, raggiunsero la foresta armati di tutto punto. Nella destra, nonostante le armi, teneva stretta la bacchetta, l’unica vera arma che gli sarebbe stata d’aiuto. Si addentrarono presto nella foresta, mentre i gufi bubbolavano contro il cielo notturno, scuro, illuminato dalla pallida luce delle stelle, in quella notte senza luna.
E poi tutto si fece silenzioso. Il sentiero che si perdeva nel fondo della foresta era sempre più buio se le loro bacchette non avessero illuminato il percorso. Emma rischiò di cadere un paio di volte, ma il professore riuscì ad afferrarla in tempo.
Per un attimo Albus credette di scorgere nell’espressione dell’alunna un qualcosa che andava oltre il semplice ringraziamento, ma forse si era semplicemente sbagliato, anche se aveva sempre pensato che Emma si sarebbe volentieri persa nella foresta accompagnata solo dal magnifico professor Cloud. Imprecò in mente a sé, sapendo che dovevano essere tutti quei muscoli a fare gola alle ragazze. E lui di muscoli non ne aveva poi molti. Si manteneva in allenamento ma era più un tipo da cervello più che corpo.
Seguì il suggerimento di Cloud di restare tutti uniti fino a che non potè che fermarsi. Emma aveva respirato forte e si era portata una mano alla bocca. Albus si sporse oltre la sua testa e rimase scioccato tanto quanto la ragazza.
Un corpo umano, talmente cereo da sembrare morto da tanto, era steso in una posa scomposta ed innaturale. La bocca era aperta in quello che era sembrata la sua ultima espressione, e gli occhi spalancati erano completamente bianchi.
Un conato gli salì dallo stomaco. Si voltò e vomitò tutto ciò che aveva dentro, anche l’anima se possibile. Sentì che accanto a lui anche Emma vomitava.
- Non vi muovete..- sussurrò il professore ai due, porgendo loro dei fazzoletti. – Siate forti, passerà-
Gli battè una mano sulla spalla e si piegò di nuovo sul cadavere.
Albus notò subito che il cadavere non puzzava. Provò a voltarsi, e vide un particolare che prima non aveva visto. Sotto la pelle erano visibili le vene. Lunghi e intricati canali color verde muschio. E la parte di sotto del corpo era stato martoriato talmente che era quasi indistinguibile. Sul fianco nudo c’era un morso.
Un altro conato lo costrinse a voltarsi ancora una volta dall’altro lato.
Cloud sospirò, come se non ci fosse nulla da fare.
- E’ un bel problema-, lo sentì mormorare prima che desse fuoco al cadavere.
- No!- urlò Emma, aggrappandosi al braccio del professore. – Non può ucciderlo! Non così! I genitori devono sapere di lui, devono…- Tremò.
Il professore l’afferrò per le spalle e la scosse.
- Lascia stare-
Albus, nel frattempo, aveva afferrato la bacchetta. Cloud intercettò il gesto e gliela tolse di mano con un semplice incantesimo.
- Andiamo, vi spiegherò tutto…-
- Cosa c’è da spiegare? Non vi seguirò da nessuna parte, professore! Siete un assassino! O peggio, un complice! – sbottò Albus, non riuscendo a sopportare l’idea di quel che stava succedendo. Sembrava che non era neanche lui a parlare. Afferrò Emma per un braccio e la sottrasse con forza al professore. Ignorò del tutto il suo grido di dolore. – Non ci sto! Denuncerò il tutto al Preside, che provvederà sicuramente a cacciarla dalla scuola-
La testa gli girava, ogni fibra del suo corpo tremava, le gambe quasi erano inutilizzabili, ma tutto era meglio che restare ancora un secondo col professore. Peccato che la bacchetta l’aveva presa lui.
- Il Preside sa tutto- disse Cloud.
- Ma non dica scemenze!- sbottò. – Come può il Preside permettere questo?-
- Sei cieco, ragazzo mio. Era un vampiro quello che avete visto!- sbottò.
Si fece da parte e mostrò il corpo. Al suo posto c’era solo cenere, e nient’altro s’era bruciato oltre il corpo, e per di più si era bruciato in un tempo davvero breve.
Il petto di Albus si alzava e abbassava furiosamente. Se quello che il professore diceva era vero, allora Hogwarts era infestata da vampiri. E chi avrebbe potuto uccidere un vampiro in quel modo, fare della sua carne un ammasso putrido e senza sangue?
Lo chiese con forza al professore.
- Nessuno può uccidere un vampiro a quel modo! Sta mentendo, professore!-
- Io non mento, Potter! Ciò che dico è la verità. Forse è stato uno sbaglio portarvi con me, ma non pensavo che avreste potuto incappare in… in quello che avete visto!-
- Evidentemente si è sbagliato, come sono sicuro che si sbaglia sul fatto che quello sia un vampiro!- continuò Albus.
Il professore scosse la testa.
- Potter, stà a sentire. Non fare la femminuccia- lo rimproverò il professore.
Albus si sentì colto nel vivo, e tenne chiusa la bocca. Nessuno poteva dargli della femminuccia. Evidentemente rilassato, il professore continuò. – Anche io credevo che i vampiri non potessero morire. Non così, almeno. E ora la domanda è: chi è stato? O meglio, cosa è stato? Sono davvero dispiaciuto che voi l’abbiate saputo in questo modo. Nessuno degli studenti doveva esserne a conoscenza. Andate a riposarvi e cercate di dimenticare tutto quello che avete visto-.
 
Prima di arrivare a scuola, Emma costrinse Albus a fermarsi.
- I-io… non credo di farcela Potter-
Si piegò a metà e vomitò ancora una volta. Era la terza volta che lo faceva lungo il tragitto per tornare. Avevano lasciato Cloud al limitare della foresta, e probabilmente li stava ancora osservando. Ma che importava ormai?
Albus la sollevò con premura per le spalle.
- Dai, altri pochi passi e entriamo nel castello. Vuoi che ti accompagni in infermeria?-
La ragazza annuì piano. Si abbandonò tra le braccia forti del Grifondoro che la sostenevano con fermezza, e per quella volta entrambi decisero di sotterrare le spade del loro reciproco dissenso su ciò che era e faceva l’altro. Per quella sera buia e fredda non c’era nessun altro che avrebbe potuto capire ciò che stavano passando.
La vista di quel ragazzo, o vampiro, ancora tornava a loro nella mente, ed ognuno si ripeteva di essere forte, di non pensarci. Eppure, i pensieri tutti correvano a quegli interminabili minuti, al ricordo delle fiamme che lambivano le membra senza vita del corpo straziato a terra, e quell’urlo silenzioso e muto che si innalzava al cielo come quello di un disperato che nessuno avrebbe potuto più salvare, quell’urlo che nessuno aveva sentito, ma tutti avevano percepito.
Albus strinse la ragazza, facendole passare un braccio attorno alle spalle. Cercò di accelerare il passo.
- Paura, Potter?- disse con un mezzo sorriso di scherno la ragazza.
- Solo uno stolto non ne avrebbe. Qualcuno ha ucciso quel ragazzo, vampiro, o che so io. E quel qualcuno, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere qui da qualche parte- ammise lui, scuro in volto, attraversando l’entrata della sicura dimora in cui vivevano per la maggior parte dell’anno.
Emma si strinse a lui.
- Hai ragione. Anche io ne ho tanta, ma credo che il professore se la caverà-, rispose alle sue paure.
Infine il silenzio calò ancora una volta sui due, dividendoli di nuovo. Albus era certo che se il giorno dopo Cloud si sarebbe presentato a colazione al tavolo degli insegnanti o era stato bravo a non farsi fare la pelle, o potrebbe essere stato lui a uccidere il ragazzo.
La notte era talmente silenziosa che i loro passi che rimbombavano per i corridoi parevano tuoni di un vicino temporale, i loro respiri sibili di serpenti, il loro cuore che batteva forte un tamburo potente di una battaglia imminente. Arrivarono in infermeria, dove trovarono la guaritrice ad attenderli.
L’infermeria era vuota e silenziosa. Albus aiutò Emma a distendersi su un letto lì vicino.
- Aspettatemi qui. Vado a preparare una tisana che scioglierà i nervi a entrambi- sussurrò piano, come se avesse paura di svegliare entrambi.
Albus stava per replicare, ma la donna era già quasi scomparsa dietro ad una porta. Sospirò e si guardò attorno. Intravide delle tende tirate attorno a un letto nella corsia. Non erano i soli, e forse per questo la nuova infermiera parlava piano.
Fu richiamato all’attenzione dalla mano di Emma che gli sfiorava il collo appena sopra la spalla.
- Potter, ti ringrazio-
- Di cosa?- domandò Albus, che era tutto assorto nei suoi pensieri.
- Per avermi accompagnata qui-
Il Grinfondoro si strinse le spalle. Osservò gli occhi di lei abbassarsi sui suoi piedi, le labbra tremare incerte. Era quasi carina quando si portava una ciocca di capelli riccioluti dietro l’orecchio, e si mordeva un angolo del labbro inferiore.
- Io direi che è meglio se non diciamo niente a nessuno-. I loro occhi si incrociarono. – Sarebbe strano spiegare quello che è successo, non credi?-
La ragazza annuì. Stava per replicare, ma si fermò quando Eleanor Lancaster li raggiunse con due tazze calde di qualcosa che profumava di gelsomino e giglio.
- Ragazzi, bevete velocemente. Non dovete lasciare che si raffreddi, altrimenti avrà l’effetto contrario- li ammonì.
Fece loro compagnia, offrì un letto anche ad Albus, perché aveva una faccia bianca e malata, ma questi declinò cortesemente l’offerta, asserendo di stare bene. Una volta finita la tisana, Albus ringraziò la donna, salutò con un cenno del capo la Tassorosso, e raggiunse con calma la sala comune dei Grifondoro, con l’unico pensiero di infilarsi sotto le coperte e dormire.

***
 
 
 
La notte proseguiva, fino a che non iniziò a schiarirsi sulla linea dell’orizzonte, dividendo quel che era il cielo e quello che era la infinita distesa di alberi dalle chiome scure della foresta di Hogwarts.
I ragazzi erano calmi, e dormivano beatamente. La preoccupava una ragazza, arrivata la sera prima, e un ragazzo. Il ragazzo non aveva voluto fermarsi.
Voltò lo sguardo pensieroso dall’orizzonte alle tende tirate del paziente ricoverato. Era stato grave quella sera, quando la cacciatrice l’aveva portato, sporco di sangue, e al limite della follia. Aveva ferite profonde, e se non fosse stato per quella ragazza, sarebbe morto di sicuro. Aveva capito di chi era stata la colpa, ma non l’aveva detto a Milo. Conoscendolo, sarebbe corso a vedere cosa non andava, avrebbe cercato il colpevole. Eppure il colpevole era già stato ucciso.
Nella notte, guardando fuori, aveva visto uno strano fumo innalzarsi dalla foresta, ma forse era stata solo suggestione. Non aveva visto nessuno, quindi aveva creduto di essersi sbagliata.
Tornò a guardare fuori. Gli occhi minacciavano di chiudersi, ma non poteva.
D’un tratto, dei passi riempirono la stanza. Erano passi leggeri ma pesanti, passi di un uomo che camminava felpato. In cuor suo sapeva bene chi fosse.
Si sentì cingere i fianchi. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a quell’abbraccio. Fu voltata e assaporò ancora una volta quelle labbra sottili ma soffici, calde. Ricambiò il bacio con lo stesso calore che l’altro ci stava mettendo.
Ed infine aprì gli occhi, e si ritrovò quelli grigio-castani dell’uomo che la guardavano allo stesso modo con cui lei lo stava guardando.
- Eleanor…- sussurrò piano, stringendola ancora a sé.
Lei ancora non parlò. Si limitò a sorridere.
- Mi sei mancata oggi. E’ stata una giornata stancante..-
Gli posò una mano sulla guancia ruvida per la barba.
- Vuoi parlarmene?- sussurrò a sua volta la guaritrice.
L’uomo si voltò per sedersi, ma la sua attenzione fu catturata da alcune tende tirate attorno a un letto. C’era anche una ragazza che riposava, ma non erano tirate le sue tende.
- Chi c’è lì?- il suo tono si fece un po’ più feroce.
Eleanor non riuscì a dire niente che lui in pochi passi aveva raggiunto il letto e aveva tirato un angolo di tenda. La sua mano ebbe uno spasmo, e i suoi muscoli visibilmente si contrassero.
- Da quanto è qui?- sussurrò, chiudendo ancora una volta la tenda e voltandosi verso Eleanor. La donna non parlava, si limitò a guardare le sue scarpe. Sapeva che l’uomo avrebbe scoperto tutto, che si sarebbe arrabbiato molto.
L’afferrò per le spalle, scuotendola piano, cercando il suo sguardo con il proprio. Eleanor cercava di non farsi catturare lo sguardo dai suoi occhi magnetici, ma non ci riuscì.
- Da quanto, Eleanor?-
Alla fine, la sua volontà cadde in pezzi. Non poteva continuare a celare ciò che c’era di visibile.
- Verso sera. La cacciatrice me l’ha portata dicendo di aver dovuto per forza uccidere il colpevole. Mi ha assicurato che non era contro le regole, ma che ci sarebbe stata presto una rivolta, e di avvisarti-
- Perché non l’hai fatto subito, Eleanor?-
La donna serrò le labbra carnose.
- Perché?- ripetè lui.
- Volevo aspettare il giorno dopo, la mattina dopo, così da farti riposare tranquillamente. Io..-
Inutili furono le scuse, perché l’uomo con grandi falcate raggiunse la porta. Eleanor lo raggiunse correndo, ma non riuscì ad essere abbastanza veloce. Quando raggiunse la porta, lui era già fuori pronto a correre.
- Milo!- lo chiamò infine, cercando di farlo girare.
Il professore si voltò verso di lei, la raggiunse e le lasciò un bacio intenso.
- Non mi aspettare oggi. Avvisa i professori che io e la cacciatrice stiamo cercando di sedare una possibile rivolta. Mi aspetto che stavolta non aspetterai il giorno-, aggiunse, indicandole la finestra, - perché il giorno è già arrivato-
Le lasciò un altro bacio e corse per il corridoio, sparendo dietro l’angolo quando svoltò.
Eleanor sospirò, mentre le lacrime le bruciavano gli occhi. Chiuse la porta dell’infermeria e si andò a chiudere nel suo piccolo studio, piangendo silenziosamente per quella strana sensazione che sentiva. Aveva come l’impressione che quella volta Milo non sarebbe tornato indenne, e questo probabilmente ne avrebbe causato la morte.

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Capitolo 7
*** Confusione ***


Capitolo 7
Confusione



Se uccidere è un dovere, perché non farlo senza odio?
[Avner]


Quella mattina il vento era già freddo, un segnale che quell’Ottobre sarebbe stato il preludio ad uno degli inverni più duri a cui Hogwarts era andata incontro, e non solo per il freddo. Nell’aria si respirava qualcosa di indecifrabile, ma capace di accapponare la pelle anche allo studente più scavezzacollo. In tutte le case si cercava di capire chi quell’anno avrebbe vinto la Coppa di Quidditch, chi la Coppa delle Case, ma c’era anche chi cercava di capire cosa stesse succedendo a tutti quanti, e cosa significavano certi cambiamenti nel corpo insegnanti.
Uno tra questi era James Hammer. Il Corvonero non faceva che cercare di capire come mai il migliore degli alchimisti era entrato al posto del vecchio professore di Antiche Rune, ma soprattutto come mai Mason si trovava lì. Di certo, non avrebbe creduto alla storia che il professore stava male, perché c’era chi sosteneva addirittura che il professore fosse stato brutalmente assassinato, ma erano solo delle supposizione, macabre supposizioni. No, Mason era lì per qualcos’altro. E lui avrebbe scoperto perché.
Lasciò la Sala Grande dopo aver fatto la sua sostanziosa colazione, ma soprattutto dopo che quasi tutti i professori ebbero lasciato il loro posti scuri in volto. Cercando di non dare nell’occhio, li seguì.
La professoressa Sullivan camminava spedita. Aveva i lunghi capelli castani legati in uno chignon perfetto, che le teneva in ordine tutti i capelli. Indossava una lunga tunica, che di certo non le metteva in risalto le belle forme. Parlava fitto fitto e a bassa voce con il professor Chase. La professoressa allungò una mano verso di lui, titubante, gli sfiorò il braccio ma poi si ritrasse verso di sé.
- Rose, non è possibile. E’ incredibile quello che mi hai detto- bisbigliò il professore.
La Sullivan sospirò, stringendosi nelle spalle.
- Credici, Will. E’ quello che mi ha detto John-
- Già inizio a odiarlo, quel pomposo. Vorrei proprio saperlo a lui chi l’ha detto- fece Chase, con una smorfia.
La Sullivan sorrise e scosse piano la testa.
- John è un grande mago, e sai bene come stanno le cose. Semplicemente dobbiamo capire come abbia potuto tutto sfuggirci di mano- rispose lei, con aria grave.
- Rose, andiamo. Quando mai abbiamo avuto le cose sotto controllo? E’ tutto inutile, quello che cerchiamo di fare. Avremmo dovuto negare il loro ingresso sin dall’inizio. Ecco perché cercai di oppormi con tutto me stesso, ma mi avete messo con le spalle al muro. Ora potrei sentirmi onorato solo dicendovi che avevo ragione, ma non c’è successo per aver previsto la disgrazia che sta succedendo-
Stettero in silenzio, continuando a camminare. Svoltarono in un corridoio poco distante. James si avvicinò al muro, e allungò le orecchie. Sentì il rumore di un tocco sulla porta.
Sentì la necessità di entrare. Lui doveva farcela. Che cos’era quella frase enigmatica del professor Chase, e cos’è che stava succedendo ad Hogwarts?
Agì d’istinto, unendo le mani, e poi imponendo su di sé una delle due. Si sentì un po’ frastornato, ma si guardò una mano. Fu contento di non vederla.
La porta si aprì. Ne era certo poiché ne sentì il cigolio dei cardini. Si tuffò nel corridoio e riuscì a entrare nella stanza prima che la porta si chiudesse dietro i due professori.
La Sullivan rabbrividì.
- Tutto bene?- chiese Chase, preoccupato.
- Sì, ho solo sentito…- guardò in direzione di James, e lui stette immobile, senza neanche respirare. – Mi sarò sbagliata. Sarà questa assurda situazione. Ho paura, Will-
- E dobbiamo averne!- s’intromise una terza voce.
James si voltò verso il punto da cui era uscita la voce. Lì, seduto su una poltrona c’era Mason. Il volto era segnato da molte rughe, e sia la barba che i capelli erano completamente bianchi. Sarebbe sembrato un vecchio lasciato ammuffire lì, che aspettava che la vita lo abbandonasse, facendosela scivolare addosso, se non fosse stato per quegli occhi che brillavano e esplodevano di vitalità, di avventura. Erano degli occhi che a James ricordarono la sua amica Evelyn, ma non riuscì a capire perché.
Il volto dell’uomo era illuminato dalla luce del mattino che entrava dalle finestre alte fino al soffitto della stanza. C’era un grande tavolo al centro della sala, era un tavolo ovale che occupava la maggior parte della sala, attorno al quale c’erano più sedie di quanti fossero i professori nella grande sala. Mason era seduto su una sedia ricoperta dal velluto rosso in quello che, se fosse stato rettangolare, sarebbe stato il capotavola. Aveva tra le labbra un grosso sigaro, uno di quelli per cui James andava pazzo, ma che tutti gli dicevano che puzzava, una mano era stretta in pugno sul bracciolo in legno di pioppo, mentre con l’altra tamburellava sull’antico tavolo dello stesso tipo di legno.
In effetti, a guardarsi intorno, tutta la stanza era arredata con mobili in legno massiccio. Gli enormi scaffali che si susseguivano su un’intera parete contenevano numerosi volumi, alcuni che parevano più vecchi di quelli della biblioteca.
Ovunque si guardasse intorno, James aveva l’impressione che quella era una stanza per delle discussioni importanti. Ottimo, così era sicuro che sarebbe stato più che interessante il discorso a cui stava per assistere.
Infine, entrò una ragazza dai capelli biondi, bassina ma magra, con dei grandi occhi castani che sembravano riempirle tutto il volto. Il naso era piccolo e con la punta un po’ all’insù, il labbro inferiore era più carnoso di quello superiore. I capelli erano legati in una coda che la sveltiva molto, ma quello che attirò di più James era il suo abbigliamento.
Indossava una tuta in pelle bordeaux, con stretta in vita una cinta, e sui fianchi pendevano i foderi decorati di alcuni pugnali, c’era anche qualche sacca legata, che conteneva qualcosa di strano. Da una spalla s’intravedeva l’elsa di una spada; riuscì a capire che l’impugnatura era forse d’osso, ricoperta da cuoio ormai consunto, nel pomolo era incastonata una pietra,  era d’un materiale che non riuscì a capire, forse metallo. Era una spada semplice, ma che si sfilava facilmente da dietro la schiena. Dai polsi della tunica in pelle uscivano delle specie di guanti, ma non riuscì a capire a che servissero, e gli stivali che le arrivavano al ginocchio erano bassi e comodi, probabilmente in cuoio.
Aveva un aspetto molto minaccioso, eppure aveva qualcosa di conosciuto. Era possibile che conosceva quella ragazza che pareva portatrice di morte?
Dietro di lei c’era la possente figura di Cloud. Entrarono e Cloud chiuse la porta dietro di loro, sedendosi in silenzio, come seguendo un muto ordine da parte di Mason.
Tutti quelli che erano in piedi si sedettero, e per qualche secondo non si sentì che il rumore delle sedie attraverso la sala. Al lato diametralmente opposto a Mason si sedette il preside di Hogwarts, che a occhio e croce doveva avere la stessa età del nuovo professore.
Ed infine il silenzio discese, rotto quasi subito dal vecchio Mason.
- Sapete bene tutti quello che è successo, ma sarebbe meglio conoscere l’intera vicenda. I protagonisti qui presenti della vicenda sono due, e vorrei ascoltare entrambi. Signorina Fowl?- invitò la ragazza a parlare.
James trattenne il fiato. Non ci credeva. Ecco chi era: Karin Fowl, del Tassorosso. Se non sbagliava stava al sesto o settimo anno, e l’aveva vista crescere. Era una ragazzina taciturna, sempre chiusa in se stessa, con l’aria assonnata, perennemente stanca, che di tanto in tanto si addormentava a lezione ma nessuno le diceva niente, e James non riusciva a capire come, ma andava bene in molte materie, e se la cavava nelle altre.
Ed ora, veniva a scoprire che Karin Fowl era una bomba sexy in quella tuta di pelle, armata fino ai denti. Ma il punto era: perché era vestita a quel modo?
- Successe tutto ieri, e tutto molto in fretta, devo ammettere-, esordì la cacciatrice. – Ero a fare la solita ronda, quella che mi permette di controllare che anche di notte non succeda niente. Questa sera toccava a me, e non agli altri. E così mi diedi da fare. Il perimetro da perlustrare è grande, e facilmente avrei potuto non vedere qualcuno che si infiltrava nei boschi. E alla fine, ho sentito un urlo. Era chiaramente un urlo di ragazza. Sono accorsa velocemente, il più velocemente possibile, e sono riuscita a salvare la ragazza in questione. Poiché le regole di Hogwarts sono chiare su questo punto, non ho potuto fare a meno di uccidere la vampira-, concluse spiccia, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Il silenzio calò su di loro. Ancora una volta fu Mason a interromperlo, chiedendo al professor Cloud di raccontare il ritrovamento del vampiro, e della sua uccisione, avvenuta mentre Karin stava accompagnando la ferita in infermeria. Cloud avvisò che due alunni avevano assistito, e disse chi erano.
La mente di James lavorava freneticamente su ciò che aveva intuito: ad Hogwarts c’erano i vampiri. D’accordo, la nuova politica elastica del Ministero, e quindi delle scuole, prevedeva anche l’insegnamento ad esseri non propriamente umani, come licantropi e vampiri, ma quello non era previsto. Un vampiro che attaccava. Chi era la ragazza? E come stava ora? Ma soprattutto, chi erano i vampiri? E come mai Mason aveva l’aria di chi la sapeva lunga ed era lì non solo per insegnare Antiche Rune?
Voleva presto dare una risposta a quelle sue domande, ma per il momento non poteva far altro che aspettare che Cloud finisse di parlare.
- La cosa strana, professore, è che nessun vampiro ha fatto alcuna mossa-, concluse Cloud.
Prima che chiunque altro potesse intervenire, Karin aggiunse: - I vampiri sono esseri dotati di molta pazienza, la stessa che li aiutati a sopravvivere nei secoli, con rancori millenari e odii altrettanto antichi. La vera domanda non è perché nessuno ha ancora agito, la domanda vera è cosa ha spinto Anne Hudgens ad attaccare la studentessa? Per un torto, o c’è qualcosa di peggio sotto?-
- I suoi compari che hanno detto?- chiese Mason atono.
- Ho parlato con Chris Watrin. Lui ha ammesso di non saperne niente-.
Chris e Anne erano due studenti di Hogwarts. Uno faceva parte dei Serpeverde, e l’altra se non sbagliava era una Grifondoro. Entrambi si isolavano spesso, e avevano pochi contatti con gli altri studenti di Hogwarts, per non dire rari.
E così, aveva scoperto che loro erano vampiri. Chiunque altro stava con loro, allora, era un vampiro? Probabilmente.
Vampiri e cacciatori. Ad Hogwarts. E senza che nessuno lo sapesse. Quello era un vero scoop, che avrebbe fatto rivoltare tutti i genitori, costringendoli a ritirare i ragazzi da scuola, come ai tempi di Voldemort. Chissà che ne avrebbe pensato Silente, il vecchio preside di Hogwarts; probabilmente si sarebbe rivoltato anche lui nella tomba.
James aveva sempre pensato che la nuova politica adottata dal Ministero era assurda. A suo non molto modesto parere era stata una follia, come mettere in una stessa gabbia galline e lupi. Acconsentire l’entrata anche dei vampiri, ad ogni modo, era stata una mossa molto sospetta da parte del Ministero. C’era in giro anche chi diceva che non era un’idea propria del Ministro.
- Ma allora, chi può aver costretto Anne a fare una cosa del genere? Io la conosco bene, essendo direttore della casa dei Grifondoro. Era sempre stata una ragazzina sulle sue, che non eccelleva in nessuna materia, eppure non mi sembrava una di quelle che assaliva gli umani per saziarsi-, espose il professor Chase, riscuotendo James dai suoi pensieri.
- Le regole di Hogwarts sono chiare in proposito, William- rispose piano l’anziano preside, - scegliamo tra i vampiri con molta accuratezza, e solo chi ha dato prova di enorme fermezza, e prova che non assaggiava sangue umano da secoli. Ovviamente, però, se metti un cioccolatino davanti a un bambino e gli dici di non mangiarlo, difficilmente il bambino riuscirà a non mangiarlo. E’ per questo che abbiamo chiesto ai cacciatori di inviarci i loro ragazzi migliori: per dissuadere i vampiri a fare mosse azzardate e sciocche. Se non fosse stato per la signorina Fowl, probabilmente a quest’ora la vittima sarebbe morta.-
- Ritorniamo quindi al punto di partenza. Anne Hudgens ha agito da sola, o è stata persuasa ad attaccare? Non possiamo neanche prendere sotto gamba le piccole faide tra i ragazzi della scuola-, continuò Mason. Aveva l’aria di chi ne sapeva di più di quanto ne volesse dare a vedere. – Non dimentichiamoci che sono intervenuto per puro caso, e per fortuna aggiungerei, a sedare una di quelle brutte risse da bar-. Si lasciò sfuggire un sorriso, lo stesso di chi la sapeva lunga, e James ci avrebbe scommesso che a suo tempo il mago era stato parte attiva nelle sue “risse da bar”.
- Staresti quindi insinuando che qualcuno abbia chiesto alla vampira di agire come per regolare i conti?- chiese stupita la professoressa Sullivan, sbattendo le lunghe ciglia su quei suoi grandi occhi color nocciola. Nonostante le rughe che tradivano che la donna stesse oltre la quarantina, restava sempre una bella donna.
Mason si piegò in avanti, e tutti parerono imitarlo.
- Al bar c’erano i Portbell, la Paxton, i Potter, l’intera squadra di Quidditch del Grifondoro, e Isabella Serinda Malfoy- asserì, contando i nomi sulle dita. – Cosa sappiamo noi professori degli intrighi amorosi degli alunni? E se anche quella rissa fosse una conseguenza di qualcosa avvenuto ancora prima? Ci metterei la mano sul fuoco sul fatto che dietro questa storia ci sono i ragazzi più influenti e scapestrati che abbia mai avuto tutti insieme Hogwarts!- esclamò infine, battendo il palmo sul tavolo.
Tutti trasalirono e si rizzarono.
- Ma noi cosa possiamo fare?- chiese Chase. Dall’aria sembrava che voleva piangere perché si era trovato tra capo e collo in una di quelle situazioni scomode che avrebbe volentieri evitato.
Mason si lasciò sfuggire un sorriso pieno di soddisfazione verso se stesso.
- Ho pensato anche a questo. Se dietro la Hudgens c’era qualcuno che non è un vampiro, allora dovrà solo aspettare di conoscere i fatti. E allora attenti, miei cari colleghi, perché tutti saremo in pericolo-
- Chi è stata ferita a morte?- chiese con una vocina sottile e stentorea la professoressa Sullivan.
Il silenzio dopo la domanda si fece teso, l’aria così densa che pareva tangibile. Tutti parevano conoscerne la risposta, ma James no, ed era molto curioso di conoscerne la risposta.
- La signorina Portbell- rispose piano Eleanor Lancaster, che era rimasta tutto il tempo nell’ombra.
James non riuscì a non trattenere rumorosamente il fiato. Tutti si voltarono verso di lui. James stette immobile, incrociando però lo sguardo di Mason.
- Mi chiedevo quando ti saresti fatto avanti, alchimista- affermò con una voce divertita. Si alzò e lo raggiunse. Impose la sua mano su James, come prima James aveva fatto con se stesso. Si sentì passare addosso un bel po’ d’acqua gelida, ma in realtà era completamente asciutto. Asciutto e visibile.
Sorrise imbarazzato, sotto lo sguardo di disappunto dei suoi professori. Intravide la Fowl serrare la mascella. Probabilmente non avrebbe gradito che qualcun altro conoscesse il suo vero ruolo nella scuola.
Mason gli fece segno di sedersi, e lo accompagnò alla sua sedia. Tornò poi a sedersi.
- Bene. Ora che siamo tutti in grado di vedere chi parla e ascolta, vuoi per caso illuminarci sulle vicende che coinvolgono i tuoi compagni?- chiese Mason, non riuscendo a reprimere un accenno di riso.
James prese un bel respiro. Non aveva alcuna intenzione di farsi intimorire da un paio di mummie stantie che erano abituate a stare solo dietro la loro scrivania.
- Per quello che so io, e credetemi, so davvero poco, Angel Portbell e James Potter stanno insieme. Probabilmente è tutta una messa in scena da parte del fratello di lei, Murtagh, che conosco personalmente. E’ una persona che, a mio parere, non proprio modesto, fa pena. E’ un tipo che se può ignorare le regole, lo fa; se può prendere in giro qualcuno calandogli le mutande in mezzo ai corridoi, lo fa; se può dare cazzotti a destra e a manca, beh, non si lascerà di certo sfuggire l’occasione.-
- Stai per caso suggerendo che c’è lui dietro ciò che è accaduto a sua sorella?- domandò il preside, assottigliando lo sguardo. James si disse che non capiva una parola di quello che voleva dire.
- No.- Prese un respiro profondo, e poi ci riprovò. – Murtagh Portbell è una testa calda, è vero, ma ha il “culto” della famiglia, diciamo. Credo che sia molto legato a lei, e quando lei gli disse che stava con Potter, lui andò così sulle furie che ho temuto un duello di magia. Ma, no. Non è stato lui a far ferire la ragazza da una vampira.-
Rose Sullivan aggrottò le sopracciglia.
- Un attimo. Credo di essermi persa. Stai dicendo che poteva essere lo stesso Murtagh Portbell a far ferire la sorella ma che in realtà non lo è?-
James la guardò. Probabilmente aveva capito, ma non voleva accettare ciò che James suggeriva.
- No, ma pensateci. Murtagh non sopporta l’attuale ragazzo della sorella, e credetemi, quando è così, non ci penserei due volte a dire che anche da parte di Potter c’è poca simpatia per Murtagh Portbell.-
- Quindi dev’essere stato il signor Potter?- chiese Cloud, anche lui perplesso.
- No-, intervenne la Fowl. Aveva una voce piatta, gelida, così come il suo sguardo. – E’ stato qualcuno che odia sia Potter che Portbell-
- Bingo!- esclamò James Hammer, saltando quasi sulla sedia e battendo il palmo sul tavolo.
Mason lo osservava attentamente, massaggiandosi la barbetta bianca che gli copriva il mento, e sorridendo divertito sotto i baffi. James lo ignorò, anche se gli dava fastidio tutto quel suo divertimento.
James, però, non aggiunse altro, e la stanza ricadde per l’ennesima volta nel silenzio.
Mason prese un profondo e rumoroso respiro.
- Mi dispiace avvisarvi, professori, che il signor Hammer ci ha appena dato i compiti a casa!- rise di gusto, gettando la testa all’indietro. Tutti, compresi la cacciatrice e l’alchimista, si  guardarono l’un l’altro. – Beh, che aspettate?- esplose poi Mason, - i ragazzi aspettano i loro insegnanti per le lezioni-
Si alzò come per dare il buon esempio.
Tutti titubanti si alzarono e uscirono uno alla volta. Mason chiamò la cacciatrice e Cloud, e chiese loro di restare ancora, così come per Hammer e il preside.
Una volta che loro cinque furono soli, Mason tornò con aria grave.
- La situazione non è ancora disperata, ma dobbiamo evitare il peggio. Milo, ti consiglio di aiutare la signorina Fowl a sedare qualsiasi protesta da parte dei vampiri, anche se probabilmente tutti ignoreranno per il momento l’accaduto. E date un’occhiata anche ai licantropi, sapete, per evitare che si ripeta l’accaduto-
I due annuirono e poi uscirono dalla stanza.
Restarono solo loro tre, e James iniziò a pensare che Mason si era dimenticato che gli aveva chiesto di restare.
- William-, fece Mason al preside, - non credi bisogna prendere dei provvedimenti?-
Il preside, che per tutto quel tempo, era rimasto pressoché silenzioso e pensoso, annuì.
- John, non ho proprio idea di come le cose stiano. Se il signor … Hammer ha ragione, si tratta di espulsione, e anche di accusare un minorenne di un’azione deplorevole che gli cambierà per sempre la vita-.
- Non penso che sia stato un qualcosa venuto da fuori- disse Mason a bassa voce, anche lui scuro in volto.
James guardò entrambi, a turno, ma quelli non aggiunsero altro.
- Un attimo, che significa da fuori?- chiese loro.
Mason alzò lo sguardo.
- Hammer!- esclamò con la sua voce burbera. – Che ci fai ancora qui? Vai, su. Vai a lezione-.
James si alzò controvoglia e si avvicinò alla porta.
- Ah, Hammer. Stasera sei in punizione, e tutte le sere per un mese. Sono escluse anche le visite a Hogsmeade-. James aprì la bocca per replicare. – La prossima volta ti fai i fatti tuoi e vai a lezione anziché seguire i professori e renderti invisibile con un banale e mal riuscito trucco di alchimia-
James lo guardò annoiato e si chiuse la porta dietro.
Battè più volte gli occhi. Merlino, quella giornata era iniziata davvero bene.
Proprio in quel momento passò di lì Crystin Monaghan, probabilmente diretta a Erbologia. Con la scusa che doveva andare anche lui lì, la chiamò.
Lei si voltò, e gli sorrise. James non potè fare a meno di pensare che fosse la ragazza più carina che avesse mai visto.
Ci ripensò. La giornata era iniziata bene, e stava per migliorare.



***



- James! James!- urlò trafelata la voce di un ragazzo.
James Potter planò e parlò con quella persona. Bella ancora giocava, ma tenne d’occhio il capitano. Quella distrazione le costò l’errore di farsi togliere la pluffa almeno un paio di volte.
Planò anche lei quando vide James correre verso la scuola.
- Ehi!- chiamò l’attenzione del ragazzo. Da vicino vide i colori della casa di Tassorosso. – Ehi, che è successo?- chiese, curiosa di sapere il motivo per cui James stava correndo verso la scuola.
- Emma mi ha incrociato nei corridoi. Ha detto che non ce la faceva ad avvertire James, per cui l’ha lasciato detto a me-
Bella annuì, e capì che c’era qualcosa sotto. Emma era la ragazza di Murtagh, che odiava a morte James perché era il ragazzo di Angel.
- Potrei sapere che gli hai detto?-
Il ragazzo si strinse nelle spalle. – E a te che importa?-
Bella si sentì il sangue salirle fino al cervello. Era sicura che qualche vena pulsante era visibile sulla sua fronte.
- M’importa, sì, perché il mio capitano, nonché migliore amico, ha appena lasciato di corsa il campo da Quidditch, cosa che non fa mai. Quindi, o parli, o ti affatturo-, replicò con un tono minaccioso che non ammetteva repliche.
Il ragazzo fece un passo indietro. In quel momento Bella era tanto carina quanto pericolosa.
- Emma mi ha detto che qualcuno caro a James era finito in infermeria, ed era molto grave-.
Bella sbiancò. Nemmeno ringraziò il ragazzo, e subito si fiondò sulla scia di James. Era allenata nelle lunghe corse, perché ogni mattina (tempo permettendo) correva lungo buona parte del perimetro del grande castello.
Nella sua mente credé di vedere in quel bianco letto dell’infermeria, adagiato e cereo in volto, Albus, e poi la piccola Lily. Scacciò via quei pensieri, raggiungendo trafelata l’infermeria.
Entrò. Era mattina presto, e nella scuola non c’era nessuno, o meglio, tutti andavano a fare colazione, e nessuno aveva saputo niente.
La sala era vuota. Qualcuno però piangeva.
Si avvicinò alla persona nascosta che piangeva. Raggiunse un letto quasi in fondo alla corsia. Trattenne il fiato, vedendo James inginocchiato per terra.
- James!- esclamò con un filo di voce. Per un attimo rivide le sue paure più grandi. Uno dei Potter non poteva finire in un letto d’ospedale, con ferite gravi. Nella sua mente, le immagini più brutte e le situazioni più irrecuperabili si susseguirono, facendole perdere quasi tutte le forze.
Si avvicinò a lui e gli sfiorò la spalla.
Solo allora James si accorse di lei. Cercò di parlare, ma non ci riuscì. Aveva la bocca impastata dalle lacrime, le guance rosse e bagnate, gli occhi gonfi. Per un attimo credé che quel ragazzo non era lui.
- E’…è tutta colpa mia, Bella..- sussurrò tra un singhiozzo e l’altro.
Non seppe dove, ma Bella riuscì ad abbracciarlo, a stringerlo a sé in quello struggente attimo in cui ogni parte del corpo di James urlava e chiedeva aiuto.
Lo strinse forte, sentendo le spalle tremare sotto il peso di quel pianto, le membra che andavano stancandosi. Posò il volto sul suo petto. Bella non lo rimproverò, ma al contrario lo lasciò sfogare. Gli accarezzò i capelli, e trattenne le lacrime d’emozione nel vederlo piegato a quel modo. Chi c’era stato su quel letto? Chi adesso era stato portato da qualche altra parte.
- Chi..?- domandò lei, ma non ebbe il coraggio di continuare.
Come avrebbe dovuto continuare? Cosa avrebbe potuto domandargli?
- E’ colpa mia, Bella. Tutta colpa mia!-
L’attirò a sé, stringendole forte le braccia, tanto da farle male. Ma ancora non gli disse niente.
Sentì dietro di lei dei passi svelti.
- Cos’è successo?-
Bella alzò lo sguardo verso chi aveva parlato. Aveva una voce troppo uguale a quella di Albus. Quindi era Lily a stare male?
Si voltò, e sbiancò quando vide entrambi i fratelli di James sani e in piedi, preoccupati.
Bella stava per replicare, quando James guardò Albus.
- E’ colpa mia. Le avevo detto che era finita, le avevo detto che non potevo continuare. Al, Angel ha tentato il suicidio!-
Albus sbiancò, e si dovette sedere. Si guardò intorno, e parve riconoscere il posto dove si trovavano.
Per un attimo, il silenzio era rotto solo dal pianto interrotto di James.
- Bella, riesci ad aiutarmi a portare James di sopra? Credo che abbia bisogno di riposo. Non ha dormito per niente stanotte-.
Bella non replicò, né rispose. Annuì con le testa.
Albus l’aiutò a liberarsi dalla feroce stretta di James, ed insieme lo sollevarono. Lily gli asciugò con un fazzolettino il viso e tutti e quattro raggiunsero la sala comune dei Grifondoro. Prima di entrare attesero che la maggior parte uscisse per poi entrare e fare come se nulla fosse.
Bella adagiò con cura James sul letto, che subito si raggomitolò e scivolò pian piano nel sonno quando fu stanco di piangere.
- Accidenti, credo sia meglio andare a seguire le lezioni, o si chiederanno che è successo- fece Albus, aggiustandosi gli occhiali sul naso. – Vieni Lily. Bella, tu resti con lui?-
Bella fu scossa dai suoi pensieri. Lo guardò e annuì piano.
- Sì. Quando hai un po’ di tempo, poi, dammi il cambio. Non ce la faccio a lasciarlo solo, non in queste condizioni-, si ritrovò ad ammettere.
Lily si piegò e lasciò un bacio sulla guancia del fratello.
- James, andrà tutto bene. Se è al San Mungo, se la caverà sicuramente- cercò di rincuorarlo.
James, però, riposava placidamente. Bella non era neanche sicura che l’avesse sentita.
Lily seguì Albus, e chiuse la porta dietro di sè.
Bella rimase così sola nella stanza di James. C’erano solo loro due, e si sentì andare le gote in fiamme. Eppure, quella situazione era ancora più imbarazzante, soprattutto dal momento che James piangeva e si disperava per Angel.
Fino a quel momento non aveva avuto il tempo di pensare a quello che James le aveva confessato, ed ora aveva paura di illudersi, di infondere in se stessa false speranze. Con la rottura del fidanzamento con Angel, James sarebbe stato assaltato da quelle che scherzosamente lei e la sorella definivano sue “fan”. Dentro di lei sentì salire un moto di ribrezzo verso tutte quelle che avrebbero gioito del dolore di James. Lei sola poteva sapere cosa James stesse provando, lei sola gli stava accanto, e non voleva che finisse tra le braccia sbagliate.
Passò un po’ di tempo prima che James si svegliasse. Si guardò intorno, e notò la figura snella di Bella appoggiata alla parete accanto alla finestra, che guardava silenziosa il paesaggio fuori. Il cielo si era coperto di plumbee nubi, che minacciavano di pioggia.
- Bella…- la chiamò mettendosi a sedere.
Bella trasalì, e si voltò. Era pensierosa e scura in volto, ma subito il suo volto si illuminò quando gli sorrise.
- Sei sveglio. Non me n’ero accorta-
James sospirò, e le fece segno di sedersi accanto a lui.
Bella si avvicinò con calma, e si sedette su un angolino del letto. Non voleva approfittarne. Gli prese una mano e la strinse tra le sue, iniziando a carezzarla dolcemente.
- Sei più calmo ora? Mi hai fatto spaventare prima-.
- Mi dispiace-, rispose lui, abbassando lo sguardo.
Da ché si era svegliato, non aveva ancora sorriso. Per quanto conoscesse James, seppur da poco, non l’aveva mai visto così avvilito.
- Non dispiacerti per me. Piuttosto, dimmi tu. Come ti senti?- chiese, allungando una mano verso il suo viso. Dolcemente lo voltò per il mento, costringendolo a guardarla negli occhi.
- Male, Bella. Mi sento molto male. Io..-
Serrò la mascella, e strinse la mano che ancora teneva stretta alla sua.
- Mi sento terribilmente in colpa.- Sembrava che volesse piangere, ma non lo faceva. – Sai, quando hanno iniziato a minacciarti…a minacciare te, mio fratello e tutta la squadra di Quidditch, pensavo che Portbell non facesse sul serio. Probabilmente ora sarà ancora più furioso, ma almeno sarà felice che non mi avvicino più a sua sorella-
Bella aggrottò la fronte.
- Che stai dicendo, James?-
Gli passò la mano dal mento alla fronte, preoccupata che stesse delirando per la febbre. Lui la allontanò stizzito.
- Sto dicendo che ho lasciato Angel perché non potevo continuare a vivere nel terrore che il fratello potesse far del male a qualcuno a me vicino. Murtagh è un pazzoide, un tipo pericoloso, un folle. E guai a chi gli tocca la sorella se non era stato da lui deciso. Inoltre, tra me e Angel già non funzionava più da un po’-. Stette in silenzio per un po’, in attesa che Bella chiedesse o dicesse qualcosa. Poiché la ragazza non parlava, continuò. – Proprio ieri sera ci siamo dati appuntamento, approfittando del fatto che non ero più costretto a rimanere rinchiuso in infermeria. Lei era già pallida, come se s’aspettasse un discorso come quello che le ho fatto-. Sospirò a fondo, e rise per allentare la tensione. – Ma perché parlartene, magari ti sto annoiando! Sono uno sciocco, scusa-.
Bella scosse la testa.
- Oh, no James. Ti prego, continua. Se può farti stare meglio, ti prego, preferisco che ne parli con me piuttosto che con chi potrebbe non capirti-.
James scosse la testa.
- Capirmi? Come puoi capirmi?- chiese, un po’ maldestro.
Bella si sentì il cuore balzarle nel petto. Strinse le labbra, e inspirò a fondo.
- Ti capisco, James, perché anche io sono stata tanto innamorata di una persona, ma non è andata avanti perché non poteva continuare, perché ci siamo accorti che, crescendo, non eravamo fatti per stare insieme ma per essere solo amici-, replicò all’accusa di James.
Il ragazzo si scusò piano.
Bella attese che continuasse, ma James non aggiunse altro. Quel ragazzo saggiava duramente la sua pazienza. Anche se voleva che James si sfogasse con lei, ora lui l’aveva lasciato con tanta curiosità, e lei voleva solo conoscere tutti i fatti, sapere i particolari per filo e per segno. Non voleva, però, costringerlo a parlare di qualcosa che magari non voleva.
Sussultò quando James si sporse verso di lei, le loro labbra talmente vicine che nella mentre di Bella risuonava solo il desiderio che lui la baciasse.
- Mi dispiace averti detto che non potevi capirmi. Angel è stata la prima persona che sono riuscito ad amare veramente, la prima persona che è riuscita a comprendermi, e a darmi molto più di quanto le avessi mai chiesto. Le cose, però, sono degenerate. Da un po’ sentivo che il suo attaccamento non era sincero, era un attaccamento morboso, e la nostra relazione è presto andata a gambe all’aria. Stavamo insieme solo perché nessuno dei due voleva ferire l’altro-.
James si passò entrambe le mani nei capelli neri e arruffati.
- Sapevo di farle del male a prendere in mano la situazione, anche a me ha fatto male dover ammettere che le cose non funzionavano più, ma non credevo che sarebbe stata così disperata da tentare addirittura il…- si morse il labbro inferiore scuotendo la testa. – E’ tutta colpa mia, Bella. Non me lo perdonerò mai-
Bella ebbe un tuffo al cuore, gli afferrò con vigore le spalle e lo scosse.
- No, James! Non è per niente colpa tua se Angel non vuole aprire gli occhi e ammettere che tutto quello che le hai detto è vero! Non metto in dubbio che tu l’amavi, né che lei ti amava, ma se tra voi non c’era più l’attrazione di prima, James, allora il vostro non era quell’amore capace di legare per sempre due persone. E se lei non ha capito quello che hai fatto, ovvero che le hai reso un favore lasciandola libera di cercare chi è capace di renderla felice non uno, due o tre giorni, ma per tutti i giorni della sua vita, allora è lei che non ha capito niente! James, renditi conto che non è colpa tua se Angel ha tentato il suicidio. Non capisci che è disperata quanto te? Magari ama le azioni eclatanti, magari è il suo modo di chiedersi se è ancora capace di provare qualcosa dopo di te. Il problema è suo, James, non tuo. Non puoi ammalarti per la sua incapacità di andare avanti!-
Bella sputò tutto quello che aveva dentro, cercando di scuotere James da quel torpore in cui era caduto, da quell’ipocondria di cui era diventato vittima. James, semplicemente, non vedeva con occhi chiari e mente lucida quanto Angel fosse melodrammatica, e lei voleva farglielo capire.
James la allontanò con uno strattone così forte da farle perdere l’equilibrio e finire seduta al centro del grande letto dalla trapunta rossa.
- Come puoi essere così insensibile? Bella, mi hai completamente deluso!- esclamò James alzandosi.
Bella rimase a bocc’asciutta, senza capire di cosa la stesse accusando.
- Non puoi dire questo di Angel. Tu non hai idea di ciò che abbiamo passato insieme. Tu non puoi parlare!-
- James, lo so che non sono stata una presenza nella tua vita…-
- Tu non lo sei mai stata!- esclamò lui, interrompendola. – Tu non sai niente di me, Bella. Avevi detto che capivi quello che provavo, e invece sei insensibile, arida, come tutti i membri della tua famiglia! Voi non sapete cos’è davvero l’amore! Amore? Tu dici di aver amato qualcuno? Credo piuttosto che tu abbia amato solo la sua posizione sociale e i suoi soldi, è questo che sei in grado di fare. Sei una fottuta aristocratica!-
Bella si sentì rivolgere addosso tutte quelle accuse, vomitate con una veemenza e una forza tale da riuscire a spezzarle il cuore. E quando James mise in dubbio i sentimenti che lei sapeva di provare, le lacrime raggiunsero i suoi profondi occhi blu.
Si alzò dal letto e raggiunse in fretta la porta.
- Vai a quel paese, James Sirius Potter. Sei tu quello che non ha capito niente di me. Sei confuso, e perciò ti perdono tutto quello che hai detto: che non provo niente. Parli e sputi sentenze sulla mia famiglia, ma tu non conosci la mia famiglia. Chi te ne dà il diritto di giudicare? Prima di parlare, apri gli occhi, smettila di piangerti addosso, e capisci che tra me e te, in questo momento, sono io quella ferita-.
Senza dargli tempo di replicare, sbatté la porta dietro di sé e corse verso il dormitorio delle ragazze. Si chiuse la porta dietro di sé, e si abbandonò ad un pianto ferito, stringendo il suo cuscino, e piangendo per tutto il sentimento che provava per James. Se non l’avesse voluto così bene, probabilmente se ne sarebbe infischiata delle sue accuse, ma per ora non riusciva a perdonarlo. Gli aveva detto di averlo fatto, ma dentro di sé sapeva che sarebbe stato difficile farlo per il momento.




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Capitolo 8
*** Una notte insonne per Hogwarts ***


8.
Una notte insonne per Hogwarts


 
A tutti è dovuto il mattino,
ad alcuni la notte.
A solo pochi eletti la luce dell'aurora.
[E. Dickinson]
 




.
 
Le nuvole ormai avevano lasciato Hogwarts, regalando una notte insolitamente limpida e stellata per essere ottobre. Non era, però, il cielo a preoccupare Scorpius, bensì quello che  il buio nascondeva. Erano i sotterfugi, i marchingegni, gli inganni che facevano tremare i nervi deboli di Scorpius.
Alzò gli occhi al cielo, e non vide nessuna luna che spuntava in cielo. Era una di quelle notti di novilunio. Dei passi dietro di lui lo costrinsero a voltarsi. Un ragazzo, alto quanto lui, con gli occhi blu della sua stessa forma, lo stesso mento e lo stesso naso, lo guardava fiero. Aveva i capelli neri che gli arrivavano lunghi quasi alle spalle, e il torso era nudo.
- Oberon -, lo salutò Scorpius, lanciandogli un maglione, che il ragazzo si affrettò a mettere. – Vedo che continuiamo a portare la stessa taglia- aggiunse il biondo, quasi compiaciuto.
Il ragazzo annuì.
- Già, una bella fortuna. Peccato per me che posso vestire questi panni solo per poche ore al mese-.
Scorpius sospirò, incapace di rincuorarlo.
- Papà sbagliò su tutta la linea con te- ammise.
- E con la mamma-, aggiunse il ragazzo, incolpando Draco per tutto quello che gli era successo. – E’ stato inutilmente brutale, un animale. Lui…-
- Oberon, basta-, intimò Scorpius. – Quello che è successo, è successo. Ora dobbiamo vedere come rimediare-
Prima che Oberon potesse rispondere, entrambi sentirono dei passi.
- Presto nasconditi!- sussurrò Scorpius al bruno. Aspettavano qualcuno, ma conosceva molto bene quei passi, e non erano della persona che stavano attendendo.
- Non ci penso neanche. Già lo faccio per ventinove giorni al mese, e poi credo di aver aspettato sin troppo-.
Entrambi non ebbero tempo di fare niente, che sbucò dalla porta una ragazza, dai lunghi capelli neri.
- Scorpius!- chiamò lei, riconoscendo il biondo.
Il Serpeverde le sorrise.
- Michelle, che ci fai qui?-
- Sempre molto simpatico, Malfoy-
Si fermò accanto a lui, con il suo commento sarcastico che ancora aleggiava nell’aria, e osservò attentamente il ragazzo bruno che stava parlando con Scorpius. Il suo volto riuscì a non tradire alcuna emozione, se non un po’ di perplessità prima di nascondersi dietro la sua maschera di freddezza.
- Non credo di averti mai visto ad Hogwarts-, disse rivolgendosi al ragazzo.
- Non credo che a quest’ora dovresti essere qui-, rispose lui con lo stesso tono, lasciandosi sfuggire lo stesso sorrisetto di Scorpius.
- Non credo che siano affari tuoi, questi- replicò Michelle, divertita, poggiando una mano su un fianco, e l’altra al braccio di Scorpius.
- Touchè- capitolò infine il suo interlocutore, alzando le mani in segno di resa.
Scorpius sospirò rumorosamente.
- Michelle, lui è Oberon. Oberon, lei è Michelle, la mia compagna di Casa-, li presentò.
Michelle lo guardò sorpresa.
- Piacere mio, Oberon-, ammise, stringendogli la mano. Oberon fece lo stesso. – Scorpius, dovrei parlarti in privato, ti dispiace venire con me?- chiese poi.
Scorpius la guardò attentamente. Nei suoi occhi leggeva una certa impazienza, come di qualcosa che la preoccupava, e premeva parlargliene. Il biondo sospirò, sapendo che non avrebbe saputo dire di no a quelle due perle verdi che brillavano in quella notte senza luna. Adorava perdersi in quegli occhi, anche se sapeva di non poterle dare di più.
- D’accordo. Aspettami in sala comune, va bene?- le propose.
Michelle stava per replicare, ma alla fine annuì. Gli disse di non fare tardi, e di nuovo sparì dentro il castello. Scorpius tornò a dedicarsi di nuovo ad Oberon.
- Credi che sospetti qualcosa?- chiese il bruno dagli occhi blu.
- E’ probabile. Michelle non è mai stata una stupida, ma non credo che abbia capito-
I due ragazzi si guardarono, e in quello sguardo intenso si dissero molto più di quanto sarebbero riusciti a fare con le parole.
- Andrai da lei?- chiese Scorpius. Oberon annuì, e lui gli posò una mano sulla spalla. – Un altro po’ di pazienza, e tutto per voi si renderà normale. La tua maledizione svanirà-
Scorpius cadde in un profondo stato di depressione dovuto al pensiero di quello che invece lui avrebbe dovuto passare per tutta la vita. Oberon parve accorgersene, e quindi gli battè una mano sul viso.
- Sei sempre stato più bravo di me a trattenerti, e forse potresti fare più di quanto tu stesso possa ammettere. Lasciati andare un po’ di più, e magari capirai che questa tua “maledizione” in realtà è solo un dono-.
I due si scambiarono l’ennesimo sguardo, penetrando l’uno nell’anima dell’altro, e rispondendo a domande mute, e discutendo con la sola forza dei sentimenti che in quel momento provavano.
- Se fosse così semplice…-
- Lo è, Scorpius. Sei tu che ti lamenti più di quanto dovresti fare in realtà-
- E tu allora?-
Oberon gli scoccò uno sguardo pieno d’ira.
- La mia è una realtà, la tua una possibile realtà. Sai controllare ciò che sei, puoi farlo. Io sono condannato. Hai sempre avuto un’abilità speciale a piangerti addosso, ma è ora che ti scuoti un po’. Guarda me, non mi sono lasciato scoraggiare. Tu lo fai ogni volta che apri gli occhi dopo una lunga nottata di sonno. Lo vedo, Scorpius. Vorrei parlarti, e non sono in queste notti, ma sai bene che non posso. Tu puoi vivere convivendo, io devo aspettare-.
Il rimprovero del ragazzo diede da pensare a Scorpius, il quale scrollò le spalle. Stava per replicare quando udirono di nuovo dei passi, stavolta più leggeri e titubanti. Qualcuno bussò alla porta per uscire.
Era il segnale.
Il volto di Oberon si illuminò. Scorpius comprese che il momento della discussione era finita. Si avvicinò alla porta e aprì.
La ragazza che stava dietro la porta aveva dei lunghi e morbidi capelli rosso fuoco che le ricadevano sulla schiena, sciolti, e un paio di occhi castani che aspettavano ansiosi che Scorpius parlasse o dicesse qualcosa. Rose Weasley. Lo sguardo di Scorpius si addolcì nei confronti di quella ragazza. Adorava il suo sguardo perso e incerto quando si scambiavano gli sguardi.
- E’ qui?- chiese lei, a bassa voce, come se avesse paura di essere sentita, come se temesse una probabile negazione.
- E’ qui-, confermò lui.
Senza indulgere oltre, Scorpius la scavalcò e si allontanò velocemente dalla torre di astronomia, lasciandosi dietro tutto ciò che al mondo amava, o credeva di amare. Era di fronte a lui il suo futuro, ma si sentiva così solo e incerto che ne aveva paura. Per un attimo lo sguardo di Rose balenò nella sua mente, puro ed innocente. Si chiese come mai lui non potesse essere così, come mai il destino aveva scelto per lui una strada persino più tortuosa di quella che Draco aveva scelto per Oberon.
 

***
 
 
Michelle scese nei dormitori di Serpeverde, la sua Casa da ormai cinque anni. Conosceva e sapeva il nome di chiunque stesse lì, chi a leggere la gazzetta, chi invece a parlottare. Nessuno, in quel momento, era degno della sua attenzione.
Senza altri indugi, quindi, salì le scale a chiocciola che l’avrebbero portata al bivio: da una parte i dormitori dei ragazzi, dall’altra quella delle ragazze. Le finestre filtravano la luce verde attraverso le acque del lago. Adorava quella sensazione che la prendeva quando guardava attraverso i vetri. Era come se si trovasse d’improvviso in mezzo alle acque, in balia della corrente, eppure perfettamente immobile, e l’unica in grado di respirare. Paradossalmente, quella sensazione di poter respirare la costringeva a trattenere il fiato.
Per un attimo i pensieri che le affollavano la mente si zittirono, incantati anche loro dall’acqua calma del lago.
Solo in quella calma, e in quel silenzio, sentì delle voci ovattate parlare concitatamente. Incuriosita, si sporse verso i dormitori dei ragazzi, ma le parole non erano chiare. Aveva la sensazione, tuttavia, di conoscere le persone che stavano parlando. Mosse qualche passo verso il lungo corridoio illuminato dalla pallida e debole luce delle candele che aleggiavano a mezz’aria, dando un’aria malata a coloro che venivano illuminati nel piccolo cono di luce. Proseguì, il rumore dei passi attutito dal lungo tappeto dai toni verdi e argentati. Si appostò alla porta da cui provenivano le parole indistinte.
- quindi non c’è nulla da fare, Blaise?! – chiese una vocetta stridula piagnucolante.
- Quante volte te lo devo dire? E’ finito. E’ tutto finito- rispose il ragazzo. Pareva calmo e risoluto in quello che diceva o faceva.
Michelle subito pensò che fosse una delle tante ragazzine innamorate di Blaise, che lui stava lasciando. Stranamente, volle continuare ad ascoltare.
- Non ci posso credere. Eppure me l’avevi promesso- esclamò la ragazza.
- Mi dispiace, ma sai bene come la penso-
- Come la pensi! Ti fai semplicemente influenzare. Io ti conosco bene, e posso dirlo-
- Ora basta!- sentenziò Blaise alzando la voce.
Il silenzio calò, e Michelle sentì un brivido lungo la schiena. Le molle del letto si lamentarono. Qualcuno singhiozzò, probabilmente la ragazza.
Avrebbe dato di tutto per cercare di capire o vedere cosa stesse succedendo. Chi stava insieme a Blaise? E perché aveva l’impressione che conoscesse la ragazza?
Si sentì gelare quando una mano le si posò calma sulla schiena. Saltò su, voltandosi di scatto. Stava per parlare, ma appena vide chi aveva di fronte si zittì, e tutti i pensieri che aveva dimenticato erano tornati come un’onda a stravolgerle la calma.
Scorpius sorrise. Era un sorriso stirato.
- Non dovresti essere qui- disse con calma.
Michelle farfugliò qualcosa di incomprensibile. Non capiva come mai riuscisse sempre a sconvolgerla in quel modo. Il ragazzo le rivolse un sorriso compiaciuto, e lei si infuriò. Stava per lamentarsi, ma in qualche modo non riuscì a trasformare le sue emozioni in una frase di senso compiuto. Abbassò le spalle, in segno di una resa temporanea.
Senza aggiungere altro, Scorpius bussò alla porta.
Si sentirono dei passi raggiungere l’uscio, e la porta si spalancò.
- Era ora, Scorp! Ti stavamo aspettando-, fece Blaise. Non si accorse di Michelle, che venne coperta dal biondo quando oltrepassò l’uscio. Non appena anche Michelle ebbe messo piede nella stanza, Blaise grugnì, ma non aggiunse altro, e chiuse la porta dietro entrambi.
Michelle si guardò attorno. Non era mai stata in una stanza come quella. Ovunque c’erano foto di famiglia, articoli di giornali che parlavano della famiglia Malfoy, che li vedeva al centro della situazione. Gli scaffali erano pieni di trofei, coppe di Quidditch che avevano vinto i Serpeverde, e coppe delle case. Solo in quel momento capì dove erano posizionati i trofei: era la stanza del Caposcuola.
Blaise Malfoy era il Caposcuola dei Serpeverde, e quella era chiaramente la stanza perfetta per un Malfoy, dove ogni cosa urlava con una gran voce silenziosa la superiorità di se stesso.
Una grande finestra dava il colorito verdognolo ad ogni cosa e persona che si trovava nella stanza. Fu allora che si accorse di Bella. La ragazza era seduta sul letto, con una mano a coprirle la bocca, e i capelli portati avanti a coprire il resto del viso. Michelle aveva sempre pensato che Isabella non fosse per niente una Malfoy, e che non era neanche in grado di portare quel nome. D’altro canto, lei stessa aveva sempre dichiarato di non essere d’accordo con quasi tutte le convinzioni dei Malfoy.
Michelle era rimasta sbalordita quando la ragazza era stata assegnata a Grifondoro, ma col tempo aveva capito perché il Cappello Parlante avesse trovato quella Casa più consona alla ragazza.
Scorpius la riscosse dai suoi pensieri, parlando a Blaise. Non riuscì a capire cosa gli chiese, perché le sfuggì la domanda.
- Non ha capito niente-, fu la secca risposta di Blaise, che prese una sedia e si mise a cavalcioni. Unì le braccia sullo schienale, poggiandovi il mento, e aspettò che Scorpius continuasse.
Il biondo sospirò e si avvicinò a Bella, sfiorandole delicatamente la schiena con la punta delle dita. Michelle guardò tanto intensamente quel tocco che riuscì ad immaginare che Scorpius stesse sfiorando lei a quel modo, e questo le provocò un lungo brivido.
- Bella…che cosa ti turba?- le chiese dolcemente.
Non aveva mai visto Scorpius comportarsi così, ma evidentemente aveva un debole per l’unica donna di casa Malfoy. Si percepiva che provava qualcosa di profondo per lei, e Michelle ebbe un moto di gelosia, che non avrebbe ammesso mai di aver avuto. Scorpius la attraeva intensamente, ma era troppo cupo e misterioso per i suoi gusti. Non voleva vivere con una persona che viveva di segreti.
- Tutto, Scorpius. Mi chiedo se ci poteva essere un’altra conclusione, se tutto questo si sarebbe potuto evitare. Io..- si morse il labbro inferiore. Le guance rosse, e gli occhi azzurri e grandi le donavano una sensualità unica, una sensualità che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi una parte dei ragazzi di Hogwarts. L’altra parte già era ai piedi della stessa Michelle, dopotutto.
- Shh… non piangere, Bella. Non è successo niente.-
- Niente? Tu, come puoi dire proprio tu una cosa del genere! Scorp, tu e Blaise mi avevate promesso che non muovevate un dito, e invece non l’avete fatto!- sbottò lei, scoppiando ancora una volta in lacrime.
- Oh, andiamo Bella! Non abbiamo effettivamente mosso un dito, e comunque mica è morto qualcuno!- sbottò Blaise.
- Ah, no? E di Anne che mi dici? Lei non la conti come morta perché, essendo vampiro, era già morta?- urlò la ragazza verso il fratello.
Michelle sentì il pavimento allontanarsi da sotto i piedi, e le gambe estremamente molli. Di che cosa si stava discutendo in quella camera? Di assassinio?
Sbiancò involontariamente. L’ultima cosa che ricordò prima di cadere nel buio erano gli occhi glaciali di Scorpius fermi su di lei.
 
- Potevi evitare di portartela dietro, mio caro-
- L’ho trovata comunque qui-
- Oh, zitti tutti e due! Lasciatela respirare…- esclamò una voce di donna.
Quando Michelle riprese i sensi, si ritrovò tre paia di occhi che la guardavano attentamente.
Si mise a sedere faticosamente, e bevve l’acqua che le porse Bella. Subito si sentì meglio, ma aveva una gran confusione in testa.
- Voglio sapere che succede- biascicò.
I tre ragazzi si guardarono intensamente, Blaise scosse la testa. Scorpius stava per replicare, ma Bella precedette tutti.
- Mettiti a sedere, Michelle. La storia non è lunga, e credo che comunque tu debba conoscere la verità-
In quel momento era Bella che teneva le redini della situazione, e per un attimo riconobbe il carattere austero e autoritario di Scorpius. In fondo, era pur sempre una Malfoy.
- Io non credo che debba sapere- ribattè Blaise.
- E invece sì. E seppur non fosse stata amica di Scorpius, non la si deve lasciar credere una cosa che non è vera-, fu la risposta di Bella. Era come se stessero parlando di lei come se lei stessa non fosse in quella camera.
Non sapendo cosa dire, o fare, si mise seduta, accorgendosi solo in quel momento che era stata adagiata sul letto. Appoggiò con cura la schiena su un cuscino e guardò a turno i tre cugini.
Scorpius abbassò lo sguardo, e si allontanò dal letto, fermandosi accanto alla grande finestra, assorto nei suoi pensieri. Blaise mise una mano in tasca e ne estrasse un pacchetto di sigarette. Se ne accese una. Solo Bella era rimasta sul letto, a guardarla intensamente con gli stessi occhi grigio azzurri di Scorpius.
- E’ una storia che ti lascerà perplessa, ma è meglio che tu sappia. Non voglio che tu pensi che mio fratello e mio cugino siano degli assassini-. Quella parola fece rabbrividire Michelle, che sentì subito la gola troppo arida per urlare. – Loro, però, ci hanno messo lo zampino, nonostante abbiano agito contro il mio volere. L’hanno fatto solo per me. Mio malgrado, lo devo ammettere.-
Michelle aggrottò la fronte.
- Continuo a non capire- affermò.
La grifondoro sorrise sommessamente.
- Ricordi quello che è successo a Mielandia? Ricordi che sono finita in infermeria?- le chiese.
Michelle annuì senza aggiungere altro.
- Credo che è stato perché Angel ha visto me e James che scherzavamo e ridevamo-
C’era qualcosa che a Michelle sfuggiva, e che Bella sapeva. Le sorrise piano.
- Angel ha paura che io sia l’amante di James-
Michelle sgranò gli occhi. – Oh-, fu l’unica cosa che riuscì a dire, ma si mise meglio a sedere. La storia poteva non essere lunga, ma pareva interessante.
- Quando Angel ci ha visto, deve essersi comportata da sciocca, e Murtagh, per ricucire la ferita causata dallo “sgarro” di James nei confronti dell’onore della sorella, ha messo su una rissa. Da lì sono uscita indenne, cosa che non credo che fosse stato nei programmi di Murtagh. Angel non si è data per vinta, e non ha permesso a James di lasciarla-
- Stop, ferma qui. Quand’è che James ha lasciato Angel?-
Bella perse il sorriso, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. – Quando più o meno ha capito che non provava più niente per lei. Angel però è legata morbosamente a James. Credo che abbia chiesto aiuto a Murtagh-
Una lacrima le scese lungo la guancia.
- Perché piangi?- le chiese Michelle con voce tirata.
- Perché è tutta colpa mia, Michelle. Ho spinto io James a lasciare Angel-.
Michelle scosse la testa.
- Ancora non capisco-
- Murtagh è un pazzo, è uno di quelli da cui è meglio stare alla larga- intervenne Scorpius, in aiuto della cugina, che per trattenere le lacrime non riusciva a chiarire il punto della situazione. – Era convinto che Bella era la causa per cui James ha deciso di lasciare Angel, cosa che invece non è- ci tenne a precisare, nonostante le parole di Bella. – Se ho ben capito questa parte della storia, James ha chiesto consiglio a Bella, e lei le ha suggerito di fare quello che si sente di fare, e non di lasciare Angel, cosa che invece lei continua a ripetere. Se Potter ha deciso di lasciare la Portbell, è stato un suo pensiero, e non tuo-, precisò ancora una volta, stavolta rivolto alla cugina. -Ma a quanto pare, Murtagh è riuscito a convincere persino Bella che James voleva lasciare Angel a causa sua- continuò guardando Michelle dritto negli occhi.
- Quindi, fammi capire. James non ama più Angel, decide di lasciarla…e Murtagh dice che è stata Bella a convincerlo di ciò? Perché mai?- chiese, sempre più perplessa.
- Perché è convinto che Bella sia innamorata di James- fu la secca risposta di Scorpius, come se volesse chiudere lì il discorso.
- Bagginate! Mia sorella non può innamorarsi mica di un Potter!- sbottò Blaise, accendendosi la sua seconda sigaretta. Era parecchio nervoso.
Bella abbassò lo sguardo.
- E non è tutto. Quella del bar non è stato l’unico tentativo del ragazzo di allontanare Bella da James, ma ci ha provato in tutti i modi, a volte usando anche la sorella, senza che Angel se ne accorgesse a sua volta-.
- E come?-
- Emma. Angel ascolta moltissimo Emma, che è pericolosa quando Murtagh. E’ stata lei infatti a ferire Bella nella lotta al bar-, rispose Scorpius.
- Non mi ha ferita!- esclamò Bella, volendo puntualizzare.
Scorpius decise di ignorarla completamente.
- Emma è la ragazza di Murtagh, giusto? A quanto ne so io, è innocua- obiettò Michelle, che ogni tanto aveva avuto qualche discussione con la ragazza di Tassorosso.
- Per niente. Credo che a muovere Murtagh è stesso Emma, che è più furba di lui. Ad ogni modo, non voglio entrare in certi dettagli oscuri anche a me- concluse Scorpius.
Michelle ebbe la sgradevole sensazione di essere più confusa di prima.
- Ma cosa c’entra tutto questo con…quello che stavate dicendo prima?-. Non aveva avuto il coraggio di dire la parola “assassinio”.
- Per proteggere mia sorella, le abbiamo messo alle calcagna un vampiro- fece Blaise, la cui faccia sembrava galleggiare nell’alone di fumo che lo avvolgeva.
- Alle calcagna di chi?-
- Di Bella, ovviamente. Anne Hudgens aveva il preciso compito di sorvegliare Bella-
Michelle sgranò gli occhi.
- Anne Hudgens era la guardia del corpo di Bella?- chiese incredula.
- Io non ne avevo idea, e né ne sapevo niente!- precisò Bella, che sembrava volersi difendere così.
- E certo, perché altrimenti non avresti mai accettato!-
A Michelle tornò a girare la testa. Scorpius se ne accorse e le prese la mano.
- Blaise, controllati.- lo rimproverò.
Il ragazzo sbuffò, tagliò l’aria attorno a lui e a grandi passi uscì dalla stanza, chiudendosi la porta dietro con forza. Scorpius guardò la porta come a volerla sostenere per evitare che cadesse per la forza con cui era stata sbattuta.
Bella tirò su col naso e si asciugò le guance con le mani.
- Non avrei mai accettato perché non credo sia giusto che qualcuno mi protegga fino a morire, come ha fatto Anne-, disse piano la ragazza.
- Anne voleva proteggerti da un eventuale attacco da parte di Murtagh?-
Entrambi i cugini annuirono. Erano fisicamente diversi, ma in quel momento le loro espressioni erano uguali.
- Solo che fu Angel ad attaccarmi. Ero andata a chiedere aiuto quando sono stata attaccata. Anne intervenne e mi protesse fino all’ultimo incantesimo, mentre io correvo a chiedere aiuto. Incontrai la cacciatrice, la Fowl, ma lei era convinta che stavo farneticando e che Anne avesse attaccato me ed Angel. Il resto lo sai-
Michelle aggrottò la fronte.
- L’hai detto a Potter?- fu l’unica cosa che riuscì a chiederle. Angel Portbell era davvero una pazza come diceva Bella? O era tutta una storia inventata da lei per coprire qualcun altro?
Bella scosse la testa.
- Ho provato, ma James non ha alcuna intenzione di darmi ascolto. Ha offeso la mia famiglia, ha detto che noi  eravamo gli stolti che non capivamo, e che Angel avesse “ingaggiato” Anne per ucciderla, ma che la cacciatrice fosse intervenuta appena in tempo-.
Michelle aggrottò la fronte.
- Allora è proprio scemo!-
Scorpius trattenne a stento le risate, mentre Bella lo fulminò con lo sguardo.
- No. La pensa così perché non sa la verità. Nessuno deve sapere la verità, o Murtagh e Angel verranno espulsi da scuola. E non mi va-
Michelle la guardò incredula, spalancando la bocca.
- No? Allora scusa, ma la scema sei tu! Hai la possibilità di buttare fuori a calci Murtagh e Angel, e di fargliela pagare per quello che stai vivendo!-
Bella abbassò lo sguardo, e scosse la testa.
- Michelle, io vado a cercare Blaise. Vedi se riesci a far ragionare tu questa sciocchina- affermò Scorpius. Arruffò amorosamente i capelli scuri di Bella, e si allontanò, chiudendosi dietro le spalle la porta con classe ed eleganza.
Michelle temette di arrossire, e non riusciva a capire perché. Eppure, in qualche modo capiva Bella.
- Ti piace James?- le chiese a bruciapelo.
Bella arrossì. Incredibile. La Regina di Ghiaccio stava arrossendo. Forse la situazione era più grave di quel che pensava.
- No- fu la breve risposta di lei.
La serpeverde allungò una mano verso di lei, e le sfiorò la spalla.
- Ti giuro che non ti capisco per niente, Bella. Tu sei bella, splendente, e potresti avere tutta la scuola ai tuoi piedi se solo lo volessi. Ti potresti innamorare di chiunque, e scegli proprio la persona che tuo fratello disprezza di più al mondo. Eppure, nonostante tutto, hai la possibilità di eliminare da davanti a te le uniche persone che ti remano contro, cioè i Portbell, e hai così la possibilità di far aprire finalmente gli occhi a Potter, e non fai niente? Perché?-
Bella fiondò i suoi profondi occhi chiari nei suoi scuri, e Michelle vi lesse un’innocenza ben preservata, nonostante le macchinazioni di Blaise, Scorpius, Murtagh ed Emma che vedevano lei al centro. Provò una profonda invidia per quell’innocenza.
- Perché non riuscirei mai a ferire James- rispose piano.
Michelle rimase spiazzata da quella risposta. Le chiese ulteriori spiegazioni.
- Hai ragione quando dici che provo qualcosa di più della semplice simpatia nei confronti di James, eppure come potrei far soffrire James dicendogli cose così brutte? Preferisco che pensi male di me, piuttosto che soffra per chi ama-.
- Se James non ha capito questo, Bella, o è profondamente stupido perché non ha capito quello che provi, o non ti ama quanto te. O entrambe-.
Bella si strinse nelle spalle.
- Mi basta sapere che è felice per essere felice-
Ancora una volta, Bella riuscì a spiazzarla. Era la prima volta che si trovava di fronte a un amore profondo, vero e puro come quello della ragazza.
Non poterono continuare la discussione perché Scorpius e Blaise erano tornati. Con lo sguardo, Bella la supplicava di qualcosa, probabilmente le stava chiedendo di non dire niente agli altri Malfoy. Lei le strinse la mano, per dirle che non ne avrebbe fatto parola con nessuno. Bella le ispirava una tenerezza infinita. Era come una bambina, che non si era ancora accorta di quanto il mondo fosse marcio.
Scorpius rimase sulla porta.
- Vieni, Michelle. Andiamo. Lasciamo soli Bella e Blaise, hanno tanto di cui discutere-
Scorpius lasciò intendere quello che tutti sapevano. Pareva che solo James non si fosse accorto della verità.
 

***
 

Quella stessa sera, James Hammer era andato nello studio del professor Mason per la punizione che avrebbe dovuto svolgere. Era pieno di sé, perché era convinto che avrebbe potuto estorcere qualche informazione utile sull’alchimia e sul Libro Mastro di cui aveva tanto sentito parlare. Ed inoltre voleva chiarire il perché di quei poteri, e perché Mason fosse in grado di contrastarli. A quanto pareva, anche lui era un alchimista.
Arrivò con qualche minuto d’anticipo, ma non se ne preoccupò. Bussò alla porta ed attese che Mason lo invitasse ad entrare.
La porta si aprì bruscamente, e comparì l’uomo alto, robusto e con la barba bianca che James aveva visto tante volte dietro quella copertina del libro che aveva letto e riletto fino ad impararlo a memoria.
- Sei già qui. Entra- disse burbero l’uomo.
James non se lo fece ripetere due volte ed entrò. Rimase per un po’ a guardarsi attorno. Sperava che ogni cosa trasudasse alchimia, ed invece era un semplice studio. C’era una scrivania di legno dall’aria pesante vicino a una finestra, una sedia dallo schienale anch’esso di legno e alto che dava le spalle alla finestra e due altre sedie più moderne dall’altro lato della scrivania. Le pareti erano coperte da scaffali colmi di libri sulle antiche rune. C’era anche qualche volume di trasfigurazione sul tavolo pieno di carte, ma di studi alchemici neanche l’ombra.
Mason prese a sedersi sulla sedia. Con un gesto della bacchetta accese tutte le altre candele presenti nella stanza, e fu come se qualcuno avesse acceso per la prima volta la luce nel buio di quella notte senza luna.
- Siedi, Hammer- gli intimò, mostrandogli le sedie di fronte a lui.
James non se lo fece ripetere due volte.
Notò sulla scrivania una ceneriera, e un sigaro appoggiato lì, come dimenticato, che emanava un odore pungente. Era un odore che aveva già sentito una volta, molto tempo prima, ma non riusciva a ricordare quando di preciso.
- Bene, bene. E’ ora che qualcuno ti insegni le buone maniere, eh?- ridacchiò Mason, appoggiandosi allo schienale come se fosse molto comodo.
James fu riscosso dai suoi pensieri.
- In che senso?- chiese perplesso.
- Nel senso che non è bene origliare le conversazioni altrui-
Il Corvonero si sedette meglio sulla sedia. Era stato colto il punto della situazione.
- Professore, come ha fatto a capire che ero lì?- chiese, avvicinandosi di più.
Il professore unì le dita tra loro, e sorrise sotto i baffi bianchi.
- Ah, Hammer. Hai ancora molto da imparare. Ti dirò poche cose, ma voglio che tu ci rifletta molto bene. L’alchimia non è altro che un ramo della magia, che si fonda su alcuni concetti che la magia di per sé non accetta. La Pietra Filosofale: la vita eterna; la Trasmutazione dei metalli vili in oro; l’onniscienza. Finora solo uno è riuscito a creare la Pietra Filosofale, ma è stata distrutta. Nicholas Flamel-.
Era tutto magnifico, ma lui queste cose le conosceva già. Stava per dirglielo, ma il professore non lo lasciò parlare.
- Come ben sai, Nicholas Flamel è morto da un pezzo, e con lui il segreto della vita eterna. Ma Flamel aveva creato una copia della pietra filosofale. La vera pietra è ancora oggetto di molti studi. Per quanto riguarda la trasmutazione, che per certi versi ha le stesse basi della trasfigurazione, credo che sia la tua arte più consona, non credi? Sei capace di trasmutare le cose a tuo piacimento, non è vero?-
Hammer era senza parole, e si limitò ad annuire. Quello che stava dicendo il vecchio era quasi senza senso.
Mason sospirò.
- Ma, al contrario della magia, l’alchimia richiede un prezzo, e non tutti sono disposti a pagarlo. E’ per questo che la tua arte deve essere fermata, ponderata in qualche modo, Hammer. Tu hai delle doti innate, e come te ce ne sono altri di alchimisti. Ma devi stare attento. L’alchimia lascia sempre un segno dietro di sé-.
Mason aveva lasciato James Hammer a bocca asciutta. Non sapeva che dire. Il suo cervello funzionava velocemente, cercando di recepire al meglio tutto quello che stava dicendo il professore. Forse era stata proprio quella “traccia” che lasciava l’alchimia a far capire a Mason che c’era anche lui in quella stanza, dopotutto.
- Professore, mi scusi. Cos’è che esattamente chiede l’alchimia?-
Mason lo guardò attentamente, con quei suoi occhi scuri capaci di scrutargli l’animo. Aveva l’impressione che a guardarlo fosse la sua amica Evelyn quando voleva dirgli che aveva colto il punto della situazione ma che non c’era molto da fare.
- Un prezzo equivalente. Se chiedi la luce, vuole le tenebre, se chiedi la felicità vuole tristezza, che chiedi il sole vuole la luna. E’ il principio di equivalenza che è alla base dell’alchimia- gli rispose.
James stava per chiedergli come avrebbe potuto pagare il prezzo all’alchimia, ma Mason si alzò e gli diede le spalle, guardando fuori dalla finestra.
- Buffo, questo tempo. Lì c’è qualcuno che chiede oscurità, e qui qualcuno che chiede l’esatto opposto. Ma c’è anche chi non chiede niente, ed è costretto a farlo-. Allungò una mano sullo schienale e lo strinse forte. Le nocche sbiancarono. – Non fermarti alle apparenze, James Hammer. Un giorno capirai le mie parole, ma per ora non badarci. Sono semplici farneticazioni di un vecchio.- Lo guardò con quel suo sguardo profondo e tagliente.- Ma adesso pensiamo alla tua punizione!- esclamò allegramente.
James rimase a bocca aperta.
- Ma credevo che fosse tutta una scusa per parlarmi!-
Il vecchio gettò la testa all’indietro e si mise a ridere.
- Dopotutto sono un professore, Hammer. Non posso non darti la punizione quando penso che lo meriti, non trovi?-
James sbuffò. Aveva pensato di passarla liscia, e invece per quella sera avrebbe dovuto rimandare l’incontro che aveva in mente.
 

***
 

Un leone. Ecco cosa pensava Emma di Murtagh in quel momento. Il ragazzo copriva la distanza tra una parete e l’altra nella stanza a grandi passi come un leone furioso. Aveva ancora il mantello poggiato sulle spalle, bagnato della pioggia che c’era a Londra. Era appena tornato dal San Mungo, dove aveva passato tutta la giornata, in attesa che Angel fosse fuori pericolo. Se in quel momento era lì, significava che il peggio era passato. Eppure, Emma aveva visto il corpo straziato della sorella del suo ragazzo, e sapeva che Murtagh non l’avrebbe facilmente dimenticato, e che sarebbe andato a capo di tutta la storia.
- Qualcuno la pagherà. E se non è stasera, sarà molto presto!- digrignò rabbioso tra i denti.
- Murtagh, ora devi solo ringraziare Merlino che tua sorella se la sia cavata- disse Emma a bassa voce. Anche lei talvolta aveva timore della furia incontrollata del ragazzo.
Murtagh diede un pugno al muro con forza, facendo rimbombare il suono nella stanza.
- Mia sorella se l’è cavata, sì, ma a che prezzo? Resteranno le cicatrici, è stata sfregiata permanentemente. Tutta colpa di quella vampira! Ma io se la prendo…-
- La vampira è morta, Murt-, gli ricordò Emma a bassa voce. Non voleva contraddirlo, ma non voleva che andasse oltre. In quel momento aveva la pelle d’oca, e non era solo per l’aria gelida e umida di quella sera.
Murtagh pareva incontrollabile, come se fosse fatto di pura rabbia e terrore. Aveva il viso distorto dall’ira in una smorfia che incuteva più timore delle sue minacce, le quali, Emma ne era certa, non sarebbero state fatte a vuoto.
- Ah già. La cacciatrice mi ha preceduto. Peccato. Avrei voluto sentire urlare e supplicare quella puttana succhiasangue-
Digrignò i denti. Sembrò che ringhiasse. Emma trasalì. Con lentezza, Emma scivolò dalla sedia su cui era seduta e si avvicinò piano a lui, cercando di non fare passi falsi, come se avesse di fronte un toro inferocito.
- Murtagh-, gli sfiorò il braccio titubante. Il ragazzo voltò con uno scatto felino il viso verso di lei.
Emma sentì il sangue gelarsi nelle vene. – Va tutto bene, per fortuna…La vampira è morta. In qualche modo hai avuto la tua vendetta, no?-
Lui l’afferrò per le spalle con forza, facendole male.
- Vendetta? No, quella mi è stata preclusa. Ma riuscirò a salire in fondo a questa faccenda, Emma. Stanne certa!-
La vista le si annebbiò, e sbattè velocemente le palpebre, cercando di rimettere a fuoco il viso pericolosamente vicino del ragazzo.
- Murtagh, ora devi solo calmarti, amore mio…-
- Calmarmi?  Come posso farlo sapendo mia sorella in ospedale? Dimmi, Emma, come?- le urlò in viso.
Emma tremò di paura, e gli occhi le si inumidirono. Lei sapeva cosa stava succedendo, ma aveva paura a parlarne con Murtagh. Eppure, doveva farlo. In un modo o nell’altro doveva pur riuscire a calmarlo.
- Murtagh, siediti. Devo dirti alcune cose, e non ti piaceranno-
Murtagh irrigidì tutti i muscoli, rafforzando la presa sulle sue braccia. Emma non riuscì a trattenere un lamento, e fu forse quello a farlo tornare in sé. La lasciò andare e si sedette sulla sedia, come se si fosse seduto su un letto di spine.
- Sto aspettando-, la incitò.
Emma prese un profondo respiro, e si tenne a debita distanza da Murtagh.
- Prima che succedesse l’incidente di Angel, Potter è andata a trovarla.- Aspettò qualche secondo, nel quale l’espressione di Murtagh mutò improvvisamente dal rabbioso al furioso, ma non parlava aspettando che lei continuasse. Così Emma decise di andare avanti. – Potter le disse che era meglio se si fossero lasciati, perché non poteva continuare a dover combattere con te, e perché non era sicuro dei suoi sentimenti  verso Angel. Dovevano chiarirsi, andare avanti, ma non insieme-
- Saggio, Potter, a lasciar stare mia sorella. Non è abbastanza per lui-
Emma annuì piano.
- E’ quello che Angel mi ha detto che le ha detto. Ma tua sorella, come ben sai, non riesce più ad essere lucida. Ama te, ma ama anche lui. Era convinta che Potter non avesse parlato con lucidità con lei-
Murtagh aggrottò la fronte, improvvisamente preoccupato.
- Che cosa intendi dire?- le domandò.
Emma si strinse forte nelle spalle. – Era convinta che Potter fosse stato manipolato da qualcuno della sua famiglia. Era convinta che Potter non intendesse veramente lasciarla. Era andata a parlargli, quando è successo il fatto. Voleva convincerlo che non era un bene stare lontani-
- Sciocca!- esclamò Murtagh, battendo con forza il pugno sul tavolo vicino a lui. – Più gli sta vicino, più si farà del male! Questa è la dimostrazione!-
Emma provò ad avvicinarsi piano a lui.
- Amore mio… non ti sembra strano che abbia incontrato la vampira? Non ti sembra strano che la Hudgens sia intervenuta proprio quando Angel voleva tornare con Potter?-
Murtagh assottigliò lo sguardo.
- Stai dicendo che era una specie di trappola?-
- Sto dicendo che qualcuno è intervenuto prima che Angel raggiungesse James-.
- Ma chi? E’ possibile Albus Potter?-
Emma scosse la testa. – No. Ero con Albus quando abbiamo scoperto il corpo della vampira. E’ rimasto scosso quanto me-.
- La sorella?- provò allora Murtagh.
Ancora Emma scosse la testa. – Lily Potter è innocua. Non riuscirebbe a far del male a una mosca, figurarsi a Angel, quando, dopo tutto, non le dispiaceva neanche che suo fratello la frequentasse-.
Murtagh si toccò la fronte, perplesso e confuso.
- Chi, allora?-
Emma si avvicinò di più a lui, si accoccolò davanti ai suoi piedi, e appoggiò le mani sulle sue ginocchia.
- Isabella Malfoy- sussurrò lei con odio.
- La Regina di Ghiaccio?- esclamò incredulo Murtagh, non credendo a quelle parole.
- Sì, Murtagh. Pensaci. Quand’è iniziato tutto? Quando la Malfoy è entrata a far parte della squadra di Quidditch! Sta sempre azzeccata a James, e questo ha sempre fatto soffrire Angel. E’ stata lei a insinuare in James il pensiero che Angel non va bene per lui-
- Almeno lei ha capito qualcosa!- sembrò difenderla lui.
- Ma non capisci, Murt? Quando lei ha saputo che Angel voleva tornare da James, ha scagliato la vampira, sua amica, contro tua sorella!-
Murtagh sbiancò. Finalmente aveva compreso tutta la faccenda.
- I Malfoy…-
Murtagh si alzò di scattò e tornò a girare in tondo per la stanza.
- Metterci contro i Malfoy non è saggio, Emma-
La bionda annuì, e il silenzio calò su di loro. Qualsiasi cosa avrebbero deciso, non sarebbe stato facile.
Murtagh prese il mento di Emma tra le dita e le alzò il viso.
- Per prima cosa, mia cara, dobbiamo accertarci che i Malfoy ci hanno messo lo zampino in questa storia. E poi ci regoleremo di conseguenza. Se sono stati loro, saggio o meno, dovranno pagare. E se non vogliamo inimicarci Scorpius e Blaise, ci converrà fargli aprire gli occhi sul carattere debole e infetto della piccola Malfoy, non trovi?-. Un ghigno malefico si dipinse sul suo volto.
Emma sentì lo stomaco stringersi, e non riuscì a trattenere anch’ella lo stesso ghigno sadico.
- Nessuno può far male alla tua famiglia senza nuocere anche me. Sai bene che puoi contare su di me-
- Alzati- le ordinò Murtagh.
Emma si alzò, e gli sfiorò la mano che teneva sul suo viso con una sua. Bastò uno sguardo per capire che erano sempre stati fatti l’un per l’altra.
La bionda Tassorosso si avvicinò al ragazzo e si lasciò andare in un bacio che suggellava così la loro promessa di farla pagare ai Malfoy.
 

***
 

Anche nella Torre dei Grifondoro, però, c’era chi faceva fatica ad addormentarsi.
La piccola Lily sorseggiava tranquillamente il suo tè, mentre sedeva tranquilla sul letto accanto al fratello maggiore. Albus, invece, era seduto ai piedi del letto, con la schiena appoggiata ad uno dei pali del letto a cui erano poggiate le tende.
Entrambi sorvegliavano il sonno di James, che dopo tanto sbattersi, aveva finito le energie ed era crollato in un sonno senza sogni.
- E’ incredibile quanto riesca a dormire bene James quando è stanco- fece allegramente la ragazzina, portandosi dietro un orecchio una ciocca di capelli rosso fuoco.
- Già, è quello che stavo pensando anche io-, ammise il secondogenito di casa Potter, guardando il fratello con i suoi occhi preoccupati.
- Non so che pensare di tutta questa storia, Al. Sembra un brutto sogno. Vorrei svegliarmi domani e sapere che nulla è cambiato-, ammise Lily affranta, appoggiando la tazza sulle ginocchia. Il tè era ancora bollente.
Albus osservò attentamente quella ragazzina che stava crescendo a poco a poco. Per lui era sempre una bambina, nonostante iniziasse a capire che il mondo era tutt’altro che felice.
- L’anno è appena cominciato, Lily. Tutto si sistemerà-.
- A me Angel è sempre piaciuta. Mi dispiace così tanto che sta male, e per di più si è lasciata con James. E’ un periodaccio per lei. Spero che non sia stata ferita in modo molto grave-
Albus ricordò l’immagine della vampira.
- C’è chi non tornerà più. Le passerà-
- Ma come puoi essere così freddo?- chiese incredula, sgranando gli occhi. Si passò una mano tra i capelli rossi. – Angel ha sempre amato James, e sono sicura che anche James la ama!-
Albus la guardò con tenerezza.
- Non dirlo a James, Lily. Sono tuoi pensieri. Devi lasciare che trovino da soli la loro strada-,ribattè il fratello, per niente convinto di quanto la ragazza dicesse.
Lily si accorse che il fratello non la pensava come lei.
- Albus, vorrei proprio sapere chi ha messo in testa a James certe sciocchezze-
Si zittirono entrambi quando James si mosse sotto le coperte. I voltò dall’altro lato e continuò a dormire.
Lily gli sfiorò i capelli. Sbadigliò, mettendo una mano davanti alla bocca.
- Spero che capisca che non gli fa bene allontanarsi da Angel-
- Da quando Angel è entrata nella sua vita, James non è mai stato tranquillo. Vuoi questo per lui, per il suo futuro?- la rimproverò il fratello sveglio.
- Angel l’ha reso felice-
- Per un po’ di tempo, è vero. Ma ora non hai notato quanto James sia nervoso quando deve stare con lei? Non hai notato che non le parla volentieri? Che riempie le sue giornate sempre di più pur di starle lontano? Non hai notato tutto questo, Lily?-
La ragazzina strinse le labbra, e afferrò con più forza la tazza. Si alzò dal letto.
- Credo che andrò a dormire-, sentenziò, allontanandosi a grandi passi dalla stanza, lasciando dietro di sé la porta aperta.
Così Albus fu lasciato solo a sorvegliare la notte di James. Aveva tanta voglia di dormire, eppure non voleva che James si svegliasse nella notte e sgattaiolasse via da Hogwarts fino al San Mungo.
Rimasto solo, rimase a pensare a quello che stava succedendo nella vita del fratello in tutto quel tempo.
Da un po’ di tempo si era accorto che il cuore di James aveva cambiato direzione, e lui solo da poco si era accorto in che direzione andasse. James è sempre stato una di quelle teste calde che segue ciò che gli dice il corpo, e non la mente o il cuore. E’ sempre stato uno spirito libero, fino a che non aveva incontrato Angel.
La ragazza era bella, ed era molto simile a James caratterialmente. Dietro il suo sguardo si nascondeva la conoscenza di qualcuno di più adulto e maturo, e quella stessa conoscenza non doveva celarsi in lei. Quell’incontro con James le ha fatto perdere la strada. Entrambi l’hanno persa. Hanno incontrato il proprio ego, amandosi e odiandosi. Era un’unione voluta da loro due soli. Fino a che James non ebbe incontrato qualcuno che gli aveva lanciato inconsciamente una sfida, e lui, sempre inconsciamente, l’aveva accettata.
La Regina di Ghiaccio. Isabella Malfoy. La bella di casa Malfoy, la cugina del suo più odiato “nemico”. James si era sentito subito attratto da quella bellezza glaciale, quasi eterea. E quella corazza fredda e indifferente a tutti e tutto aveva sfidato a gran voce il fratello, sempre in cerca di nuove sfide, facendogli dimenticare tutto quello che credeva di provare per Angel.
Dal canto suo, non credeva che Isabella si lasciasse comunque avvicinare da James, anche se aveva espresso interesse per il fratello. Forse ella stessa non se n’era accorta, ma ad Albus, attento osservatore, non era sfuggito niente.
Come se avesse indovinato, sentì bussare alla porta aperta. Quando alzò lo sguardo, Albus si trovò di fronte Bella.
- Posso entrare?- chiese lei, piano.
- Certo-. Le lasciò fare qualche passo, la osservò attentamente. – Credevo non saresti venuta-
Bella stava guardando James con un’aria afflitta. Sembrava divisa e incerta sul da farsi.
- Non volevo venire, infatti-, convenne lei. – Ma sulle scale ho incrociato Lily. Mi ha detto che James, dopo una brutta serata, finalmente si è addormentato. Mi ha chiesto di fare a cambio con te, così da lasciarti dormire-.
Albus scosse la testa. Nonostante quello che Lily diceva, pareva che i suoi gesti riflettessero quello che Albus pensava: anche la sorellina più piccola aveva intuito che la “migliore amica di James”, come chiamava Bella, aveva molto a cuore il fratello.
- Non preoccuparti, Bella. Ho sonno, ma ce la posso fare- ammise. Voleva vedere dove Bella potesse arrivare.
La ragazza scrollò le spalle.
- Come vuoi. Tanto non credo che riuscirò comunque a dormire questa sera-.
Osservandola attentamente, Albus notò quanto fosse pallida, con gli occhi cerchiati come se avesse pianto, e le labbra rosse come se le avesse truccate. I suoi occhi azzurro ghiaccio erano fermi su James, ma non osava avvicinarsi più di tanto a lui.
- Hai l’aria stanca, invece-
Bella spostò lo sguardo su Albus. Aveva le labbra serrate come se si trattenesse dal piangere. Pensava che non gli rispondesse, e invece lo fece.
- Sì, sono stanca. Ma non ho sonno-, ribattè. – Te l’ho detto: se vuoi resto io con James-.
Albus comprese che era ciò che voleva lei. Così annuì e si alzò dal letto.
- Bene. Allora vado a dormire, così domani non sono costretto a saltare altre lezioni. Buonanotte, Bella-
- Buonanotte Albus-.
Bella lo seguì con lo sguardo fino a che non rimase sola con James. Si coprì il viso con le mani, cadde in ginocchio, e tornò a piangere.
 

***
 

Michelle si rigirava nel suo letto, ma ancora non riusciva a dormire. Quello che aveva scoperto quella sera era stato più di quanto avesse mai immaginato. C’era una macchinazione dietro ogni mossa di Scorpius che la turbava. E, tra l’altro, non aveva neanche dimenticato quel ragazzo sconosciuto con cui il suo compagno di Casa stava parlando sulla torre.
Stanca di stare stesa, in attesa che il sonno la vincesse, scese da letto.
Non appena mise piede sulle gelide mattonelle, rabbrividì. Cercò le pantofole e le infilò. Prese la bacchetta, si avvolse nella vestaglia e si avviò verso il dormitorio dei ragazzi, cercando di fare meno rumore possibile.
Passò oltre la porta della stanza di Blaise, fino a che non giunse in quella di Scorpius.
- Alohomora- sussurrò. La porta si aprì docilmente, e lei sgattaiolò all’interno della stanza. Senza sorpresa, vide che Scorpius dormiva placidamente e solo nella stanza. Non si chiese dove fossero finiti gli altri, immaginando già la risposta.
Coprì velocemente la distanza che la separava da Scorpius.
- Ehi, Scorp. Sveglia!- disse, scuotendolo piano ad una spalla.
Il biondo si svegliò di soprassalto.
- Cos…che succede? Un assalto?- chiese lui. Le coperte gli scivolarono di dosso, cadendogli sul grembo.
Lo sguardo di Michelle cadde sulla pelle diafana del ragazzo dal collo fino a che non si andava a nascondere sotto la camicia abbottonata del pigiama. Si riscosse in fretta, senza perdere eccessivamente il controllo. Era lì per avere delle spiegazioni, e non per altro. Così prese l’espressione altezzosa e sprezzante di sempre.
- Non mi piace come ti stai muovendo, Scorpius. Odio che hai segreti anche con me- ammise.
Scorpius sbattè più volte le palpebre, per riuscire a mettere a fuoco la ragazza. Si stropicciò gli occhi e fece un lamento.
- Michelle…ma lo sai che ore sono? Domani avrò una giornata pesante, da passare tutta dietro i libri, e tu mi svegli per queste sciocchezze?-
- Non sono sciocchezze, Scorp!-
Il ragazzo grugnì qualcosa in risposta, e tornò a stendersi. Michelle rimase seduta sul letto accanto a lui.
- Senti, parliamoci chiaro, Malfoy. Io ho accettato di essere tua amica, ma voglio che tu sia sincero con me-
- Accettato?- chiese incredulo lui, strabuzzando gli occhi. – Scusami, ma nessuno te l’ha chiesto…bel culetto- ghignò infine.
Michelle si sentì travolgere. Aveva sempre odiato quell’appellativo che le diede lui tempo prima, ma in quel momento le regalò la strana sensazione di essere a casa. Strano a dirsi, ma le era mancato che lui la chiamasse così.
- Smettila, Malfoy. Lo so che ho un bel fondoschiena, ma di certo non voglio che sottolinei la cosa-
Michelle guardò il ragazzo sbuffare, come annoiato, ma non rispose. Così approfittò del silenzio del ragazzo per chiedergli tutto quello che le passava per la testa.
- Chi era il tipo sulla Torre?-
- Sulla Torre?- ripetè lui, come se scendesse dalle nuvole.
- Ma sì, Scorp. Quel tipo che mi hai presentato oggi!-
- Ah..- sembrava a disagio. – Te l’ho presentato, quindi sai chi è-
- No, Scorpius. Voglio che mi dici la verità. Chi è quel ragazzo? E perché non l’ho mai visto prima?-
Scorpius si voltò dall’altro lato, tirandosi le coperte sulla testa, rischiando di farla cadere.
- Ma che vuoi da me a quest’ora, McC? Tornatene a dormire- le intimò.
Michelle gonfiò le guance. Certe volte Scorpius si comportava da insopportabile Serpeverde, per l’appunto. Non le dava soddisfazione proprio di nulla. Così decise di sfoderare le sue migliori arti di seduzione, alle quali nessun ragazzo era riuscito ancora a dire di no.
Iniziò a sfiorare con le dita quei soffici capelli biondi di Scorpius, fino a scendere piano sul collo, premendo dolcemente con i polpastrelli. Si avvicinò un po’ di più al ragazzo in modo che il suo respiro gli accarezzasse la pelle.
- Rispondi a queste poche domande, Scorpius, e ti lascerò in pace per tutta la notte- promise, abbassando la voce.
Scorpius sembrò ignorarla, e lei gli si strinse un po’ di più. Più che lusingato, il ragazzo pareva ancora più a disagio di prima. Intuendolo, Michelle si ritrasse un po’. Si chiese come mai Scorpius era a disagio con lei che tentava di sedurlo, e le balenò nella mente uno strano pensiero, che scacciò sin da subito. No, Scorpius non poteva per niente essere omosessuale! Era contro tutte le logiche, e sarebbe stato davvero uno scherzo della natura veder sprecato tutta quella classe innata.
- Michelle, per piacere. Non ho voglia di rispondere a queste domande ora-
Michelle si snervò per quell’ennesimo rifiuto, e mandò all’aria anche le tecniche di seduzione. Gli si sedette a cavalcioni, e si piegò in avanti per costringerlo a guardarla.
- Scorpius Hyperion Malfoy, io ti sono amica, ti sono vicina, ma voglio da parte tua un po’ di collaborazione! Devi essere sincero con me, ed evitare tutti questi segreti. Io sono tua amica, e sta’ sicuro che non andrò a spifferare niente a nessuno!- sbottò, spazientita.
Il biondo la guardò attentamente, e la ragazza vide varie espressioni passargli davanti agli occhi. E poi tornò lo Scorpius di sempre, quello che tendeva a reprimere ogni emozione.
- Io mi fido di te, Michelle, ma non sono ancora pronto a parlartene-.
Quelle parole ferirono Michelle più di quanto lei stessa avrebbe mai ammesso.
- Scorpius, credimi, se davvero tu ti fidassi di me, già me ne avresti parlato. E invece no, anche questa volta tu ignori le mie domande, ignori ciò che faccio, e non ce la faccio ad andare avanti così. Saremo anche amici da quando abbiamo messo piede ad Hogwarts, ma anche nel nostro rapporto di amicizia io voglio sincerità, Scorpius! Lo capisci?-. Sentì gli occhi bruciarle, ignorò il fastidio. – Sei sempre più riservato, ed ora inizi anche a parlare con persone che non sapevo neanche che esistessero! Parli più con loro che con me, e tu non vuoi capire che mi dispiace, Scorpius! Io sono sincera con te, perché tu non puoi esserlo con me?-
Prima che finisse di urlargli contro l’ultima frase, il serpeverde la prese per le spalle e la scosse piano. Aveva gli occhi ridotti a fessure e le labbra sottili e stirate.
- Non posso parlartene perché tu scapperai via da me- sibilò.
Michelle lo guardò incredula. – Andare via da te? Ancora credi che possa scappare via, Scorpius?-
- Non sei pronta!-
- E invece sì. Credimi, sono più pronta di quanto tu stesso voglia ammettere. Chi è quel ragazzo? E perché ho sempre l’impressione che tu non ti sia mai completamente aperto con me?-, tornò ad attaccarlo.
Lui la spinse via in malo modo.
- Va’ via, Michelle. Per piacere, vai via!- suggerì con voce sforzata. Stringeva talmente con forza il lenzuolo che le nocche gli divennero bianche, e il volto sembrava sempre più cadaverico. Quella trasformazione preoccupò Michelle, che sentì il cuore batterle in gola.
- Scorpius…-
- Vai via!- le urlò contro per la prima volta da quando lo conosceva. In men che non si dica, Scorpius la raggiunse, e la afferrò per un braccio. Michelle era incapace di muoversi. Era terrorizzata da quegli occhi sempre più bianchi, dal sangue che sembrava non affluirgli più al viso.
Lui la sbattè con forza contro il muro, e le si avvicinò ringhiando.
- Devi stare lontana da me!-
Michelle era terrorizzata. Voleva parlare, dire qualcosa, ma le parole le morirono sulle labbra. Perché Scorpius si era arrabbiato a quel modo? Che cosa aveva mai potuto dirgli?
Osservava con paura e disgusto la saliva che si era addensata vicino ai denti e ai lati della bocca di Scorpius.
La stretta sul suo braccio divenne troppo forte e insopportabile, e piagnucolò.
- Mi fai male, Scorpius! Lasciami!-
Ogni parola che pronunciava tremava, incerta.
Scorpius iniziò a inspirare a fondo, e troppo velocemente. Un sordo ringhio gli riaffiorò dalla gola. Le narici si dilatavano sempre di più.
Gli occhi terrorizzati di Michelle si erano ormai persi in quelli dell’amico. Era la prima volta che Scorpius la trattava a quel modo, era la prima volta che vedeva Scorpius trattare qualcuno a quel modo. In quel momento non riusciva a dispiacersene, troppo preoccupata a capire perché la pelle le si era accapponata.
Scorpius le girò il braccio.
- Va’…via!- le urlò contro, e lei non riuscì a trattenere un grido spaventato.
- Va-vado via.. lasciami… mi fai male, Scorpius- gemette.
Sentì da lontano una porta sbattere con forza.
- Scorpius! No!- urlò qualcuno.
La vista di Michelle si annebbiò per il dolore dello strattone di Scorpius, che la stringeva sempre di più al muro. Altre mani cercarono di staccarla, e solo dopo vari tentativi riuscirono a liberarla.
La ragazza cadde a terra, disorientata, cercando di capire cosa stesse succedendo. A liberarla era stato il ragazzo dai capelli bruni che, ne era certa, aveva incontrato sulla torre.
- Scorpius, calmati. Respira. Michelle sta andando via. Stai calmo, Scorpius. Non mandare all’aria quello per cui hai sempre combattuto!- gli ripeteva.
Scorpius si piegò in avanti. Michelle sobbalzò, credendo che volesse afferrarla. Invece il ragazzo respirava con forza, tenendo gli occhi chiusi con forza, e trattenendosi ad Oberon.
Con uno sforzo incredibile, Oberon trascinò nella stanza Scorpius. Prima di chiudere la stanza con un incantesimo, si voltò verso Michelle, guardandola intensamente.
- Vattene, e non tornare. Non dire niente a nessuno. Ma vattene, e subito- le ordinò.
Michelle sobbalzò quando sentì la porta sbattere.
Il corridoio cadde in un silenzio tombale. Solo allora si accorse che aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo, e aveva gli occhi sbarrati. Ancora nelle orecchie aveva l’eco dei ringhi e dei gemiti di Scorpius, e ancora aveva la sensazione di quello sguardo candido che la osservava famelico.
Michelle chiamò a raccolta tutte le sue forze, e cercò di alzarsi. Le sue gambe tremarono. Si appoggiò con la schiena al muro, chiuse gli occhi e inspirò a fondo cercando di calmarsi.
Era tutto finito. Tutto.
Si ripromise che avrebbe chiesto a Scorpius anche il perché di quel suo comportamento.
Impaurita, ma testarda, radunò tutto il suo orgoglio e, stringendo i denti, tornò al suo dormitorio. Cercò di fare il minor rumore possibile, per non svegliare nessuno, e scivolò sotto le coperte.
Ancora tremava per lo spavento che si era presa. Maledetto Scorpius, questa non gliel’avrebbe perdonato. Avrebbe avuto bisogno di un bicchiere d’acqua, ma non riusciva più a muovere un muscolo. Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, e pian piano scivolò in un sonno non poco agitato.





Spazio riservato all'autrice:
Con questo capitolo credo di essere giunta a una svolta: o essere chiara, o non essere chiara. Mi sembra che da questo capitolo, apparentemente "statico" (come direbbe qualcuno), dovesse svilupparsi più di quanto non si sia sviluppato finora.
E' la storia che mi parla, e mi chiede una decisione. La mia decisione verrà nel capitolo 9, che posterò a breve perchè già lo sto scrivendo.
Ringrazio le vostre recensioni, continuate a scrivermi! Un bacio.

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Capitolo 9
*** Il pre-partita ***


9.
Il pre-partita




Anch'io vi saluto, rosso-alabardati,
[...]
Trepido seguo il vostro gioco
.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.

[...]
[U. Saba]







Sebbene Michelle fosse riuscita a riposare, e quindi a non pensare a quanto successo con Scorpius la sera prima, le era difficile dimenticare. Come poteva riuscirci se, ogni volta che chiudeva gli occhi da quella mattina, immaginava quello sguardo glaciale di lui, la sua espressione furibonda, la sua rabbia non repressa. Ne era così impaurita che il solo pensiero le chiudeva lo stomaco, un brivido le attraversava la schiena.
Avrebbe tanto voluto non pensarci e impegnarsi ad ascoltare ciò che dicevano i professori, ma quel giorno non c’erano lezioni. Era una giornata stranamente soleggiata per essere ottobre, ma il vento era sempre più duro e tagliente, e purtroppo era domenica, e questo significava solo una cosa per la maggior parte degli studenti: Quidditch.
In quei giorni il freddo aveva attanagliato l’antico castello di Hogwarts, costringendo tutti ad incappucciarsi con abiti più pesanti di quelli che fino a quel momento avevano indossato. Settembre, infatti, era andato via da un pezzo, e con esso pareva essere scivolato da sotto le mani degli studenti anche il mese di ottobre.
La maggior parte degli studenti parlottava e faceva scommesse sulla partita che si sarebbe giocata quel giorno, e a detta di tutti era una di quelle partite che non bisognava perdere.
Quella domenica mattina si sarebbe giocato Serpeverde contro Grifondoro.
Quando Michelle entrò nella sala Grande per poter fare colazione, c’era un gran baccano. Gente che si alzava di qua, che urlava di là, e già si iniziavano a cantare più cori.
I Grifondoro erano sicuramente i più chiassosi. James, che a quanto pare aveva deciso di non lasciarsi scoraggiare dagli eventi che lo avevano visto quasi protagonista, era in piedi sulla grande panca e, con un bicchiere di succo di zucca in mano, si agitava e cantava a squarciagola, seguito da tutti i suoi compagni di squadra. Anche Bella, che restava in disparte e non partecipava a quelle manifestazioni euforiche pre-partita, sorrideva mentre guardava attentamente il capitano. Michelle si chiese come nessuno riuscisse a vedere quello che, ormai, per lei era chiaro come il sole.
Al tavolo dei Serpeverde anche si intonavano cori contro i Grifondoro, e a quanto pare si portava il motto “Potter sei una schiappa, fai una virata e cadi su una chiappa”. Scosse la testa e si sedette accanto ad un completamente su di giri Blaise Malfoy.
- Questa volta li facciamo neri!!- urlava il Caposcuola, nonché Capitano dei Serpeverde. – Voglio vederli piangere!-
Un boato di approvazione si levò dai compagni di squadra.
Michelle cercò con lo sguardo Scorpius, o Oberon, ma di nessuno dei due c’era alcuna traccia quella mattina. Si chiese dove stavano, ma i Serpeverde erano così numerosi che, alla fine, dimenticò di preoccuparsi di quei due.
Blaise si sedette e addentò un pezzo di bacon.
- Ehi, Michelle! Sarai dei nostri oggi?- le chiese, con il sorriso sulle labbra. Era come se se ne fregasse altamente del fatto che Michelle avesse scoperto il segreto dei cugini Malfoy.
Michelle annuì.
- Ovviamente. Il Quidditch è di sicuro un gioco che non amo praticare, ma non me lo perderei per nulla al mondo-.
- Ottimo, perché dopo la vittoria abbiamo bisogno di più gente che c’è per entrare negli spogliatoi dei Grifondoro e umiliarli un po’-, aggiunse sottovoce. Michelle quasi fece fatica ad ascoltarlo.
- Ma non si può!- esclamò, quasi indignata, ma con il sorriso sulle labbra.
Blaise si limitò a stringersi nelle spalle. – Non vedo perché no. Non sta scritto da nessuna parte che è vietato, se non rompiamo troppa roba-, concluse sghignazzando.
Michelle rise, portandosi i capelli indietro in un gesto fatto senza accorgersene.
- Ne sai una più del Diavolo!-
- Non lo so. So solo che sono una gran canaglia-
- Una fottutissima gran canaglia!- lo corresse Edward Greengrass, il Cercatore dei Serpeverde. – Talmente grande che farai un incantesimo confundus a Potter così potente che non si accorgerà neanche che avrò preso io il boccino, non è vero amico mio?-
Michelle alzò un sopracciglio. Era in disaccordo con chi faceva incantesimi confundus, ma se questo poteva portarli alla vittoria, forse poteva anche chiudere un occhio. Di certo non avrebbe venduto i suoi compagni di Casa ai professori: avrebbe preferito morire più che fare la spia. E poi, non si faceva la spia contro Blaise, né contro Edward Greengrass.
Edward Greengrass era il primogenito di Paul Greengrass, uno dei discendenti della famiglia Greengrass, ovviamente quindi di stirpe Purosangue. E, così come i Malfoy, era orgoglioso di esserlo, con i suoi muscoli avvenenti, lo sguardo profondo degli occhi verdi e il naso dritto, che ben si adattava al suo viso, leggermente tondo e dalla mascella squadrata. E se Michelle odiava quei gradassi dei fratelli Greengrass, non poteva non amare quella capigliatura castana e lunga da divo di Hollywood, soprattutto quando volava sulla scopa. I suoi capelli erano una tale massa morbida e fluente che, a ogni mossa del capo, qualche ragazza (ne era certa) sveniva. Era per questo che Michelle era solito chiamarlo “Belli Capelli”.
Blaise e Edward erano da sempre amici. Erano come due gemelli separati alla nascita. Facevano le stesse cazzate e si ritrovavano negli stessi guai. E, neanche a farlo apposta, erano nella stessa Casa.
Blaise gli diede una forte pacca sulla scapola.
- Ovviamente no, non ci tengo a farmi espellere dalla squadra al mio ultimo anno, e non dovresti volerlo neppure tu-, gli rispose il biondo. – Ecco perché ci penserà la nostra McC, non è vero cara?-
Michelle li guardò di sbieco.
- Certo che non ci penso neanche! Neanche sotto tortura potrei voler farmi beccare a confondere i giocatori delle altre squadre- replicò.
Blaise piegò leggermente la testa di lato, socchiuse gli occhi e stese le labbra in un sorriso sghembo.
- Neanche se ti chiamo “bel culetto”?-
Michelle quasi rischiò di avvampare, ma il succo di zucca che stava bevendo le andò di traverso.
- Ma sei scemo?!- sbottò, assicurandosi che non si fosse sporcata con il succo, mentre i due ragazzi ridevano divertiti, dandosi pacche l’uno con l’altro.
La Serpeverde alzò gli occhi al cielo.
- Ragazzi…- si ritrovò a dire tra sé.
- Smettetela. Solo io posso chiamarla così!-
Michelle si voltò di scatto verso la figura che si era avvicinata senza che lei stessa se ne accorgesse. Scorpius, dal canto suo apparentemente molto tranquillo, si sedette accanto alla ragazza.
Blaise alzò le mani.
- Oooh, scusami, mio Principe delle Serpi- lo prese in giro il cugino, - ma in tua assenza volevamo convincerla. A quanto pare, resiste solo al tuo fascino-
Scorpius scrollò le spalle.
- E’ ovvio. Voi due siete due zoticoni. Non sapete come si trattano le donne, né tantomeno la mia McC-, disse lui, guardandola con un ghigno e facendole un occhiolino.
Michelle strinse le labbra e trattenne il fiato. Non sapeva come replicare a Scorpius, non dopo quello che era successo la sera scorsa. Era assurdo che ora facesse come se nulla fosse successo.
- Hai sentito, Blaise? La sua McC..- fece Edward ridacchiando.
- Ah, questo è proprio amore!-
- Oh, amore, proteggimi tu… Questi due zoticoni mi hanno fatto bagnare con il succo di zucca-
Scoppiarono a ridere senza senso.
- Oh Merlino! L’abbiamo fatta bagnare- continuava a ridere Blaise.
- Poverina. Ma Scorpius di certo saprà come pulirla, non è vero?-
Michelle avvampò sul serio, ma tentava di ignorarli. Cercava di non perdere le staffe, ma quando Blaise e Edward si mettevano insieme e iniziavano a prendere in giro, niente li riusciva a fermare.
Si voltò di scatto, fulminandoli con lo sguardo.
- Per vostra informazione, non sono bagnata. E mi dispiace dovervelo dire, ma non credo che siate capaci di far mai bagnare una donna, così come pensate voi-, rispose a tono.
Sospirò alzando lo sguardo e fece in modo di ignorarli. Si alzavano degli “ooh” di finto stupore e risate. Le dispiaceva per i Serpeverde, ma sperava davvero che perdessero quei due. In quel gran baccano che stavano facendo, non riusciva a sentire neanche i suoi pensieri. Si era quasi dimenticata di Scorpius, quando lo sentì parlare.
- Di certo, questo non è il miglior modo per farvi notare da lei. In fondo, mi avete detto che eravate molto attratti da lei-, li prese in giro Scorpius.
Per un attimo i due rimasero a bocca aperta, ma alla fine iniziarono a scambiarsi battute tra di loro e iniziarono a molestare un tipo del primo anno di Tassorosso che camminava intimidito davanti a loro per raggiungere quelli del suo tavolo.
Non più sotto le attenzioni di Edward e Blaise, Michelle si sentì libera di mangiare e bere tranquillamente. E in più poteva parlare con Scorpius senza destare ancora la loro attenzione.
- Mi devi parlare di ieri- gli disse, senza mezzi termini, continuando a guardare il piatto di fronte a lei.
Scorpius fece finta di non capire. Michelle alzò un sopracciglio.
- Scorpius, sto parlando di Oberon. E della tua reazione di ieri-.
- Ero stanco, e mi hai svegliato. Non sai che non si sveglia la gente nel cuore della notte?- rispose lui, fingendo che era tutta ordinaria amministrazione.
Michelle, impaziente e annoiata da quello stupido gioco che Scorpius faceva con lei, si voltò verso di lui.
- Adesso basta prendermi per i fondelli, Scorpius!- lo rimproverò.
Lui la guardò e si lasciò sfuggire un sorriso.
- E ora che c’è?- sbottò Michelle.
Scorpius piegò la testa di lato. – Peccato, perché mi sarebbe davvero piaciuto-
Michelle, indignata, si alzò dalla panca. – Ora mi avete scocciato. Sei uno stupido come tuo cugino. Ti odio!- dichiarò infine, prima di voltarsi e raggiungere a grandi passi il cortile, per poi dirigersi verso il campo da Quidditch, rimuginando ancora su Scorpius e su tutti i suoi segreti.


***



James lasciò la squadra a scherzare ancora un po’ in Sala Grande, affrettandosi a raggiungere il campo di Quidditch. Prima di ogni partita lui era solito andare al campo e guardare il cielo, inspirare l’aria che si respirava, toccare l’erba morbida che avrebbe attutito il colpo di chi sarebbe caduto dalla scopa. Sapeva bene per esperienza che, quando si giocava contro i Serpeverde, cadeva puntualmente qualche giocatore, che finiva inevitabilmente in infermeria.
Ricordava come se fosse ieri la sua prima partita di Quidditch, ormai cinque anni prima, in cui aveva giocato per la prima volta con Isabella Malfoy come compagna. Lei era stupenda, e anche lui era stato ammaliato da quei lineamenti ancora da bambina. Quello sguardo vispo non era mai riuscito a dimenticarlo. Anche lui allora era un bambino di dodici anni, e era rapito da come Bella affrontava tutti, soprattutto il fratello più grande e il suo amico. Si diceva che Edward e Bella avessero una storiella, di quelle che hanno i bambini. James sorrise al ricordo di quanto era invidioso e geloso di Edward. Pareva una scheggia impazzita. Eppure, essendo lei una Malfoy, non poteva accettare il fatto di essersene invaghito.
Dopo cinque anni durante i quali era accaduto di tutto, James si rese conto che solo una cosa gli era veramente mancato: volare e giocare insieme a Bella. Già da quando avevano dodici anni si erano resi conto che si capivano al volo, e coppia migliore di loro non c’era. Il primo anno in cui James giocò in squadra, erano al primo posto. Almeno, fino alla bravata di Bella, che le è costato l’appellativo di Regina di Ghiaccio.
Nel silenzio che ancora avvolgeva il campo di Quidditch, sentì una voce chiamarlo.
Per un attimo, sperò di voltarsi e vedere lunghi capelli corvini legati in quella splendida coda di cavallo che facevano risaltare gli zigomi alti e gli occhi da felino di Bella. Di fronte, invece, c’era la sua cara e dolce sorellina Lily, piccola e aggraziata, con i rossi capelli sciolti e talmente lunghi che le arrivavano quasi ai fianchi.
- Ehi, tutto bene?- chiese lei.
James annuì, senza dire molto, e senza neanche stare troppo a rimuginare sul pensiero di Bella. Aveva desiderato che fosse lei perché la stava pensando, ma ciò non toglieva che avevano litigato. In realtà, neanche ricordava per quale motivo avessero litigato. Ricordava solo che era stata una vera e brutta discussione. Tutta quella situazione di Angel lo metteva a disagio e lo rendeva nervoso.
- Non ti ho visto più e mi sono preoccupata-, disse Lily.
- Sto bene-, tagliò corto, tornando a guardare di fronte a lui tutti gli spalti.
Lily sospirò e gli si avvicinò, appoggiando una piccola mano al suo braccio. – Non hai mangiato molto a colazione-
- Non avevo molta fame- fu la sua rapida risposta, che a Lily non piacque.
- Non hai mangiato molto neanche ieri. Che cos’hai?-
- Ah, insomma, Lily! Va tutto bene. E’ la nostra prima partita, e la prima che Bella gioca dal suo secondo anno. Sono un po’ preoccupato perché, tu forse non lo ricordi, l’ultima volta che Bella ha giocato, ha letteralmente congelato una persona! Se lo dovesse fare di nuovo…- sospirò scuotendo la testa – beh, verrebbe squalificata e noi resteremmo con un validissimo Cacciatore in meno-
Lily lo ascoltò attentamente. Sorrise e piegò la testa di lato, guardandolo con i suoi brillanti occhi castani.
- Sei davvero sicuro che sia per quello?-
James corrugò la fronte, non riuscendo a capire dove volesse arrivare. Lily portò i pugni sui fianchi, come di solito faceva la madre quando voleva sgridarlo.
- Io invece penso che ti senti ancora in colpa per Angel-, sentenziò.
James si passò una mano tra i capelli neri e scarmigliati, non riuscendo a celare la verità dietro un finto sorriso.
- Io mi sentirò sempre in colpa per quello che ha tentato di fare Angel-
- E invece io credo che tu debba lasciarti alle spalle questa storia. Non è un segreto che Angel mi piaccia, ma odio vedere chi toglie il sorriso al mio fratellone. Non posso permetterlo. Capito?-
Vedendo Lily così furibonda, con le gote arrossate e il dito puntato verso di lui, James trattenne a stento una risata. Guardare l’espressione della sorella lo fece subito rallegrare. Alla fine scoppiò in una risata, sperando di lasciarsi alle spalle tutti i suoi pensieri su Angel Portbell e, soprattutto, quelli su Isabella Serinda Malfoy.
L’abbracciò e le frizionò i capelli rossi con le nocche.
- La mia sorellina è gelosa-, la prese in giro.
- Sì, molto-.
Lily si lasciò travolgere dalle risate di James. Per un po’, i problemi non dovevano contare. James doveva solo fare del suo meglio per vincere quella partita.
Piegati in due dalle risate, i due fratelli Potter non sentirono arrivare nessuno alle loro spalle.
- Guarda guarda-, fece Edward.
L’intera squadra di Quidditch dei Serpeverde seguiva il capitano Blaise Malfoy e la sua serpica spalla, Edward Greengrass. – Che bella scenetta. Potrei mettermi a piangere-
Tutti i Serpeverde iniziarono a ridere.
L’umore di James si incrinò, di nuovo.
- Fatti gli affari tuoi. Nessuno ti ha chiesto di commentare-, rispose acido.
- Oh, aiuto. Potter ha tentato di minacciarmi-. Edward finse di essere una ragazzina che aveva paura. I Serpeverde risero.
Lily si mise davanti al fratello con fare materno.
- Ridi quanto vuoi, Greengrass, ma mio fratello non ha bisogno di minacciarti. Lui è centomila volte meglio di te!-
Blaise si portò le mani alle labbra e fece un verso di sorpresa. Si piegò in avanti per portare il viso davanti a quello della ragazzina.
- Senti, senti. Signorina, i tuoi fratelli non ti hanno insegnato a non insultare un Serpeverde?-
- Non ho paura di te- digrignò lei tra i denti. James la strattonò con un braccio, allontanandola il più possibile da Blaise e Edward.
Il capitano dei Serpeverde si drizzò e guardò i compagni di squadra, allargando le braccia in un gesto teatrale.
- Avete sentito la piccola Potter? Mi sa che il buon caro vecchio Harry ha dato le palle al figlio sbagliato!-
Per la rabbia, a James si appannò la vista.
- Brutto..- iniziò, ma prima che James potesse saltargli addosso, Bella si intromise tra i due ragazzi.
Se ne stava lì, tra i due, come se nulla fosse. La sua figura si innalzava snella e longilinea. Il suo portamento era fiero e austero, e nei suoi occhi lampeggiava un fulmine di rimprovero.
- Blaise, smettila. E tu, non lo provocare-.
Bella rivolse il suo sguardo duro a James, che rimase a bocca aperta.
- Ehi, ehi. Sono stati loro a cominciare-, si difese Edward, alzando le mani come se non avesse colpa.
La bella ragazza lo guardò di sbieco, ma gli sorrise, scuotendo la testa.
- Non ci credo neanche se me lo giurassi, Ed-, rispose lei, spostando il peso da una gamba all’altra.
James non si perse neanche una mossa della ragazza, che aveva ancora i capelli sciolti. Quei lunghi capelli lisci e corvini che le arrivavano a metà schiena gli permisero di accarezzarle con lo sguardo la curva della schiena, fino un po’ più giù. Si passò una mano sugli occhi per qualche secondo. Non doveva neanche pensarci a lei, o, con gli animi bollenti, se Blaise se ne fosse accorto, gli sarebbe saltato addosso, rimprovero di Bella o meno.
Prese un profondo respiro e si drizzò ancora di più.
- Vedremo in campo chi ha veramente le palle, Malfoy-, lo sfidò.
Blaise non potè fare a meno di ghignare.
- Con vero piacere, Potter-. Con un cenno del capo, Blaise si avviò verso gli spogliatoi dei Serpeverde, senza aggiungere altro.
Sia James che Lily sospirarono. Non si erano neanche accorti del fatto che stessero trattenendo il fiato.
Lily guardò di sbieco Bella, e poi si voltò verso James.
- Non mi piace come ti trattano-
Il ragazzo si strinse nelle spalle. – Non posso certo giocarmi la prima partita di campionato finendo in infermeria per una zuffa nel pre-partita!-
- No, non puoi-, intervenne Bella. Era scura in volto, e ancora guardava il fratello che si allontanava. – Odio quando fa il gradasso. Dobbiamo batterlo. Assolutamente-, aggiunse, stringendo un pugno.
- Allora ti dovrai impegnare più di tutti, dato che lei l’unica donna in squadra-, le suggerì Lily con un tono leggermente acido e piccato.
I due ragazzi più grandi la guardarono interrogativi.
- Ovviamente…- rispose piano Bella, un po’ sorpresa dalla reazione di Lily. Si morse il labbro sovrappensiero, e poi si strinse nelle spalle. – Vado a prepararmi-, avvisò e li scavalcò senza aggiungere altro.
James la osservò andare via, e con uno scatto si voltò verso Lily.
- Ma che ti è preso?- le sussurrò arrabbiato. – E’ la migliore in campo, non puoi mettermela storta! Se lei non è dell’umore adatto, potremmo davvero vincere contro i Serpeverde.-
Lily fece finta di non aver attaccato verbalmente la ragazza.
- Non so di che parli. E poi stai tranquillo, vincerete. Dato che nessun Serpeverde vuole inimicarsi i Malfoy e Greengrass, non credo che verrà disarcionata dalla scopa. E se lei è davvero la migliore in campo, allora non devi neanche preoccuparti del suo umore. La capacità di essere la migliore è una caratteristica estrinseca all’umore-.
James alzò un sopracciglio, certo di non aver capito una sola parola di quello che aveva appena detto la sorella. Si grattò il capo.
- Secondo me, devi smetterla di fartela con Albus. Stai iniziando a parlare come lui-, l’ammonì.
Lily rise e abbracciò il fratello, dandogli un bacio sulla guancia.
- Forse hai ragione tu. E comunque, in campo Bella non è la migliore. Lo sei tu-
James sorrise e le lasciò un dolce bacio sulla fronte.
- Grazie. Voglio vederti fare il tifo per me, mi raccomando-.
- Come sempre-
I due fratelli si salutarono, e si separarono. Lily tornò al castello per raggiungere Albus e gli altri, e James raggiunse Bella negli spogliatoi.
Prima di attraversare la porta, si guardò attorno. Nella notte aveva piovuto, e il cielo era limpido, senza neanche una nuvola, sebbene comunque facesse un gran freddo. Si sentiva quell’odore pungente di erba bagnata che lo riportava con i ricordi a quando tutti si riunivano alla Tana per festeggiare. In lontananza, già si sentiva il brusio dei cori, e la prima gente che andava ad accaparrarsi i posti migliori sugli spalti.
Stette ancora un po’ sulla porta. Se entrava adesso, sarebbero stati solo lui e Bella. Il cuore iniziò a martellargli in petto. Si chiese cosa avrebbe potuto dire Angel di tutta questa sua emozione. Avrebbe mai capito che il suo cuore andava da un’altra parte? Allo stesso tempo, si sentiva un verme. Non poteva abbandonare Angel ora, nel momento in cui lei stessa aveva più bisogno. Sarebbe stato un uomo senza scrupoli.
Con quella grande confusione nella testa, seguì il corpo che premeva per entrare e approfittare di quei pochi minuti da soli.
Non appena entrò, il suo cuore iniziò a battergli sempre più forte, sperando quasi di poter osservare quel corpo flessuoso non nascosto dai vestiti. Cercò di scacciare quei pensieri.
In effetti, Bella si trovava seduta sulla panca, sola, ad aspettare tutti gli altri, ma era vestita già. Cercò di nascondere dietro un sorriso la sua delusione. La osservò attentamente, e vide che l’espressione sul viso era triste. Non lo aveva sentito entrare.
- Ehi-, la chiamò, riscuotendola dai pensieri.
Bella si voltò verso di lui e gli sorrise piano.
- Ehi-, rispose.
- Mi dispiace per quello che ha detto mia sorella. Non voleva-
La ragazza si strinse nelle spalle, si alzò e si avvicinò a uno specchio, guardandolo attraverso l’immagine riflessa.
- Non importa. Sono abituata a essere trattata male dalle ragazze-.
Raccolse i capelli in una coda, che fermò con un elastico. Era un’operazione che catturò quasi del tutto l’attenzione di James.
- E poi, la capisco. Anche io sono gelosa di qualsiasi persona che si avvicina a mio fratello. Se potessi, strapperei loro tutti i capelli-. Rise.
James si lasciò trascinare da quella situazione, rilassandosi. Neanche si era accorto di stare così teso.
- Beh, non credo che sia gelosa di te. Credo che sia gelosa del fatto che tu stia in squadra-
Bella alzò gli occhi al cielo, come stufa di quella frase.
- James, io e te sappiamo perché sono in squadra-. Si guardò le mani, prese un respiro e si girò. – Se io non dovessi essere la migliore, ti prego, ripensaci. Ti avrei fatto quella pozione anche se non mi avresti proposto un posto nella squadra. Non voglio farti fare brutta figura-
James fu sorpreso nel sentire quelle parole. Mai e poi mai avrebbe pensato che Bella potesse essere così fragile. E quell’espressione addolorata sul suo viso ovale era dannatamente attraente.
In un attimo le fu di fronte e le prese le mani, stringendole forte. Erano snelle, lisce e insolitamente fredde.
- Bella, non te l’avrei proposto se non avessi saputo che tu avresti potuto fare la differenza. E poi, con te in squadra, di sicuro riusciamo a restare con un Cacciatore in squadra fino alla fine della partita-. Sorrise per incoraggiarla.
Il suo viso si illuminò di ilarità.
- Ah, quindi è per questo che mi hai voluto in squadra! Perché sono la sorella di Blaise!-
- No, no.- saltò su James. Non voleva offenderla. Non era per quello, ma perché pensava che potesse fare davvero la differenza. – Io non ti ho preso perché sei una Malfoy. Io..-
Bella rise divertita.
- Tranquillo, capitano. Potrai essere fiero di me, oggi. E poi, anche io mi devo prendere la mia rivincita su chi pensa che vengo a letto con te e non perché sia brava-
Gli accarezzò una guancia con i polpastrelli freddi, lasciandogli una scia di insoddisfazione. Voleva che quelle dita continuassero a sfiorargli il volto. Schiuse le labbra, guardandola dritto negli occhi, in quelle iridi azzurre e profonde come il cielo.
Si fermarono lì, tutti e due, in mezzo alla stanza. Solo loro due. L’unico tempo che passava e percepivano era quello scandito dai battiti dei loro cuori. I respiri si fecero profondi. Entrambi sentivano palpabile quella attrazione tra di loro.
Quell’attimo, però, non era destinato a durare di più.
I chiacchiericcio dei compagni si avvicinava. Avevano sempre meno tempo per parlare, per nascondere ciò che in un momento avevano percepito e non volevano ammettere.
James non poteva ammettere di aver visto la stessa attrazione negli occhi di Bella. Non poteva lasciarsi andare. Non voleva usarla per un attimo di insoddisfazione carnale.
- Promettimi di non congelare nessuno alla partita-
L’espressione tesa di Bella si sciolse in un sorriso sincero.
- Cercherò di fare del mio meglio-.
James fece un passo indietro, annuendo.
Ebbe appena il tempo di prendere un profondo respiro per scuotere il cervello da quella sensazione di torpore che lo aveva preso.
Il resto della squadra irruppe nello spogliatoio nel momento in cui Bella si girò verso lo specchio e James verso la porta.
Non potevano stare insieme. Entrambi lo sapevano.
James era ancora legato ad Angel.


***


Mentre tutti raggiungevano il campo di Quidditch, Murtagh camminava avanti e indietro per la sala comune dei Corvonero, stretto in un mantello scuro con gli interni foderati con una fodera blu cobalto. Rimuginava su ogni cosa che era successa in quei soli due mesi. Pareva un leone in gabbia.
Le mani erano strette dietro la schiena, lo sguardo abbassato davanti ai suoi piedi, e borbottava tra sé tutte le imprecazioni che nei suoi diciassette anni di vita aveva imparato.
Su un divano di pelle blu era seduta tranquilla Emma, con un braccio appoggiato ad un bracciolo, e la testa ciondolante sulla spalla. I capelli ricci e biondi erano lasciati ricadere sulla sua schiena. Le gambe accavallate e affusolate erano appoggiate ad un poggiapiedi rivestito di tessuto blu con ricami color bronzo.
- Smettila di pensarci, Murtagh-
- Quella grande beota di mia sorella! Ma cosa le è saltato in mente? Emma, quando ho saputo quello che ha tentato di fare…-
La rabbia lo assalì come un’onda, e non riuscì ad aggiungere altro.
Era furibondo. Chiunque ne avrebbe avuto paura, ma Emma sapeva che era quasi innocuo. D’altronde, can che abbaia, non morde.
- L’importante è che non sia morta!-
- Quei Malfoy…me la pagheranno!- sbottò, avvicinandosi al camino e guardandolo intensamente. Probabilmente pensava di poter appiccare il fuoco con la forza del pensiero.
Emma scosse la testa.
- Murtagh, che cosa c’entrano i Malfoy?-
- Se non avessero messo una guardia del corpo a Bella…-. Strinse un pugno.
Emma saltò su, stanca di quei discorsi.
- Cosa? Avresti preferito che tua sorella finisse ad Azkaban come assassina, o, peggio ancora, al San Mungo dopo essere stata etichettata come pazza?-
Murtagh si voltò di scatto verso di lei. Gli occhi ridotti a fessure.
- Almeno avrebbe avuto la sua vendetta-
Emma gettò la testa all’indietro, incurante del pericolo, ridendo.
- Per piacere, Murtagh. Quale vendetta avrebbe dovuto avere quella ragazza?- Scosse la testa e si grattò la fronte.
Murtagh non le rispose, limitandosi a osservarla. Le narici erano dilatate per poter inspirare più a fondo.
- Non ti capisco. Hai fatto la guerra quando hai saputo che stava con Potter. E ora che lui l’ha scaricata, ti dispiace?-
Murtagh corrugò la fronte, e si passò una mano sul viso.
- Odio vederla soffrire. Odio quando la fanno soffrire-
- Ma quando le hai fatto guerra contro Potter, sei tu che la facevi soffrire. In quel periodo ti odiavi?- continuò. Pur cercando di fargli aprire gli occhi, restò a debita distanza. Murtagh era imprevedibile, forse per colpa di quella ossessione sua e della famiglia sui Purosangue che li portava a sposarsi tra cugini, rendendo il potere instabile e incontrollabile.
Emma pensava che lei potrebbe essere la cura per Murtagh, il cui potere era davvero grande.
- E’ diverso-.
- No, è lo stesso, Murtagh. E ora calmati. Dobbiamo far capire a tua sorella che sta sbagliando su tutta la linea. Che se vuole riconquistare James deve giocare la carta dell’indifferenza, e se deve togliere di mezzo un rivale, ci vuole un complice-
Emma si lasciò sfuggire un ghigno. Murtagh se ne accorse, e parve rilassarsi. Bastava parlare di piani e di vendetta, e lui era calmo e tutto orecchi.
La Tassorosso sapeva come trattare Murtagh, era come rubare caramelle a un bambino.
Emma infilò una mano nella tasca della gonna e ne estrasse una boccetta piccola e di cristallo con un liquido leggermente rosa.
- Sai cos’è questo?- gli chiese.
Murtagh osservò attentamente quella boccetta dall’aria fragile nella sua mano. Negò con la testa.
- E’ un potentissimo quanto mai raro filtro d’amore, ed è quasi pronto. Mi serve solo che tu mi procuri un capello di Edward Greengrass-.


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Capitolo 10
*** La partita e il filtro ***


10.
La partita e il filtro
 
 
 
 
 
 
Angel camminava tranquillamente per i corridoi di Hogwarts, seguendo una silenziosa professoressa Anderson. Finalmente era tornata, ed era grata per il fatto che fosse tornata proprio durante lo svolgimento di una partita che vedeva come protagonisti due delle più potenti Case di Hogwarts, nonché quelle storicamente più in competizione tra loro.
Durante il suo lungo, solitario, soggiorno al San Mungo, circondata dall’odore di sangue e pozioni amare, da mura bianche e grigie e da persone messe peggio di lei, si era interrogata sul suo rapporto con James, e finalmente era riuscita ad ammettere che tutta quella situazione che si era creata non era colpa di James, né di Bella, né tantomeno la sua. Semplicemente, tra lei e James c’erano troppi dissidi, troppa lontananza di opinioni, troppa divergenza. La prima, e forse più importante, era che lei era una Resistente.
I Resistenti sono i seguaci di Belial, uno stregone senza molti scrupoli, con un passato oscuro e sconosciuto, che aveva messo insieme alcune delle migliori teste del Mondo Magico per impadronirsi di un segreto antico come la magia. Era un segreto che aveva promesso di rivelare solo ai Resistenti. Per fare ciò, doveva sovvertire il Ministero, ormai corrotto da filobabbani e mezzosangue.
Angel non era mai stata una persona interessata a questi disegni, ma Murtagh sì. Murtagh, il suo amato fratello, si metteva spesso nei guai, seguito a ruota da Emma, alla quale Angel stessa era legata. La Corvonero pensava che sarebbe occorso a Murtagh e Emma più tempo di quello effettivamente impiegato per decidere se diventare o meno Resistenti. Per amore del fratello, Angel l’aveva seguito, diventando anche lei Resistente.
Dopo quello che aveva tentato di fare a Bella, era stata la cosa meno sensata e più stupida che avesse mai fatto.
Guardò di sottecchi la donna che la stava accompagnando nella sala delle riunioni di tutti i professori. Non ricordava di averla mai vista. Aveva un’espressione dura, ma non cattiva. Era seria, ma non le sembrava di quella serietà triste. Era come se si impegnasse con tutta se stessa per qualcosa in cui credeva. A primo impatto pareva una brava professoressa, pensò Angel, ma era quasi sicura fosse la prima volta che si incrociavano.
Tentò di farle qualche domanda, ma la professoressa Anderson non le rispose, limitandosi a guardarla. Alla fine Angel capì che dalla donna non avrebbe avuto risposta, e così si limitò a camminarle al fianco, fino a destinazione.
Entrarono in una stanza nascosta accanto al gargoyle che portava allo studio del preside, il professor Dumbledore.
Non ricordava di essere mai entrata in quell’aula. Era tutta in pietra, con delle bifore lungo le pareti che davano all’esterno, con qualche candelabro tra esse. Un paio di armature in ferro erano appoggiate agli stipiti della porta interna, e osservavano silenziosamente il lungo tavolo in legno scuro che attraversava la stanza.
A capotavola c’era il professor Dumbledore. Aveva un’aria molto più stanca di quanto ricordasse. Vicino a lui sedevano due professori, sicuramente nuovi nel corpo docenti, e in silenzio nell’ombra, dietro di loro, c’era un uomo con un’espressione truce, quasi diabolica, nella sua serietà.
La professoressa Anderson si andò a sedere accanto ad uno dei nuovi professori. Vedendoli vicini, Angel capì che erano fratelli. I fratelli Anderson. No, decisamente erano arrivati da poco.
Vedendo tutti quei volti nuovi, non potè fare a meno di pensare che erano cambiate molte cose a Hogwarts durante la sua permanenza di due mesi circa al San Mungo.
L’uomo in piedi dietro il preside fece un passo avanti e assottigliò lo sguardo. Sì, era decisamente pericoloso. Angel si sentì giudicata sotto il suo sguardo, e molto a disagio. Cercò di non pensarci. Spostò il peso da un piede all’altro e salutò con un timido “buongiorno”. Qualche professore le rispose, qualcuno no.
Tutti si voltarono a guardare il preside Dumbledore, che allungò una mano.
- Vieni qui, cara. Raggiungimi e fatti osservare meglio-, le disse.
In silenzio, e a disagio sotto lo sguardo attento dei professori, Angel si spostò dalla porta e si avvicinò al vecchio preside. Facendo questo, sentì lo sguardo penetrante dell’uomo alle sue spalle su di lei, cosa che la rese più nervosa di quanto già non fosse.
Quegli sguardi le suggerivano che stavano pensando tutti “sappiamo cosa sei, sappiamo che sei una Resistente”. Era assurdo. Non potevano di certo sapere cosa fosse per davvero. Aveva il marchio, ma non era visibile se non quando bruciava per la chiamata di Belial.
Ricordava bene quanto le fu imposto. Una croce rovesciata a cui era avvinghiato un serpente dalle spire verdi. Le entrò nella pelle dietro la spalla sinistra, scomparendo. Più volte l’aveva cercato, ma non l’aveva trovato. Belial aveva detto ai Resistenti che sarebbe affiorato in superficie e sarebbe stato visibile solo nel caso in cui egli stesso li avrebbe chiamati a sé.
Quelle parole la fecero sentire meglio. I professori non potevano sapere. Loro la guardavano a causa del vampiro Anne, ne era certa.
Arrivò accanto al professore, che le prese il mento con dolcezza e iniziò a guardarla attentamente. Visto così da vicino, Angel non potè fare a meno di pensare a quanto fosse vecchio, con il viso pieno di rughe profonde ben visibili. Gli occhi, sebbene fossero scuri, erano spenti. Era come se qualcosa lo stesse divorando dall’interno.
- Stai bene, mia cara?- le domandò con il respiro pensante.
- Sì, professore. Sto bene. Ho ricevuto ottime cure al San Mungo-
- Mi fa piacere…- annuì lui. – Sono dispiaciuto tantissimo per quello che è successo. Lo dico a te ora, che sei stata assente per molto tempo. Dopo il tuo incidente, ho deciso di incrementare la sicurezza. Loro sono i professori Anderson, Saphira e William-, la donna che l’aveva accompagnata e il fratello annuirono, - e lui è Christopher Bloodworth-, l’uomo dietro di lui si impettì e la guardò dall’alto in basso. Nonostante il disgusto che trapelava dal suo sguardo grigio, era un bell’uomo. – Sono dei Cacciatori, persone addestrate sin da bambini a combattere licantropi e vampiri.-, spiegò subito il professore.
- Spero che con loro nessuno verrà ferito come è successo a me-, mentì.
Di certo, non voleva che si sapesse che voleva andare a fare del male a Bella Malfoy. Quando ne aveva parlato con Murtagh, avevano convenuto di dire a tutti di essere stata ferita.
- Non capiterà-, assicurò con fermezza William Anderson. A prima vista, Angel pensò che avesse una quarantina di anni. I muscoli forti le suggerivano che non aveva mai lasciato la palestra, e che si allenasse anche più di un’ora al giorno, senza sosta. Da seduto, non pareva molto alto. O almeno, non era alto quanto Christopher Bloodworth, che sicuramente superava il metro e ottanta.
Angel era sicura che aggiungesse altro, ma non lo fece, e gliene fu grata. Era un uomo di poche parole, e questo l’apprezzava.
Si voltò alla sua sinistra, e osservò l’altro professore che aveva notato.
- Anche lei è un cacciatore?- chiese innocentemente all’uomo.
Il professore si voltò a guardarla, poi guardò Christopher Bloodworth di sfuggita, per poi tornare a guardarla. Non era un uomo di quelli che a prima vista ci lasciano folgorati. Aveva un naso dritto che spiccava dal viso ovale, i capelli neri e ricci, corti, e le labbra talmente sottili che pareva che il sorriso fosse tagliato nel viso. Nonostante tutto, aveva dei profondi occhi azzurro-verdi da cui trapelava una dolcezza infinita, e tanto dolore antico. Angel non sapeva come avesse capito che era un uomo che aveva sofferto e soffriva ancora, ma era stata questa la sua prima impressione. Quando le sorrise, delle piccole e poco profonde rughe si formarono attorno agli occhi. Con dolcezza infinita e una voce bassa e profonda, che le fece vibrare il cuore, le parlò. – No, io non sono un cacciatore. Sono solo il professore di Astronomia, il professore Aleck Wilson-
Il sorriso del professore la indusse a sorridergli. Già gli stava simpatico, e già pregustava le lezioni di Astronomia.
- Signorina Portbell-, la richiamò all’attenzione il preside. – Noi tutti abbiamo bisogno di capire meglio cosa sia successo quel giorno-.
- Già-, lo interruppe il professor Mason. – Davvero, mi sembra strano che un vampiro che abbia accettato di non fare alcun male ad un essere umano della scuola, improvvisamente si metta a mordere qua e là la gente. Scusa, ma di certo non penso che tu ci abbia detto tutto. Né tu, né tuo fratello-.
- John!- esclamò scandalizzata la professoressa Rose Sullivan. – La ragazza non ha ancora parlato!-
Angel guardò di sbieco il professor Mason, senza celare il suo disprezzo per quell’uomo senza scrupoli. Non le era mai piaciuto. Era troppo sicuro di sé, in un modo così scostante che volentieri Angel avrebbe afferrato la bacchetta e l’avrebbe fatto fuori. Ma non poteva. Non davanti a tanti testimoni almeno.
- Mi associo con la professoressa Sullivan. Professor Mason, le assicuro che non sono una persona che va in cerca dei guai…-
- Non credo. Soprattutto con il fratello che ti ritrovi. Spiegaci, cosa ci facevi la sera fuori dalle mura di Hogwarts? Non rispettavi il coprifuoco-.
- Ha ragione, non lo rispettavo, ma di certo non sono andata a cercare i vampiri, se è questo che sta insinuando-, si scaldò. – Ero fuori per prendere una boccata d’aria. Avevo dei problemi, e di questo non voglio parlarne. Avevo bisogno di camminare, e l’ho fatto. Mi può biasimare per questo?-
- Suvvia, signorina Portbell, non credo che il professor Mason la stia biasimando-, cercò di calmare gli animi il preside, ma per quanto ci provasse, per calmare di nuovo Angel avrebbe dovuto cacciare da lì Mason. – Qui tutti la crediamo. Continui a raccontare, si senta libera di raccontare la sua versione-.
Angel tirò un sospiro, cercando di calmarsi. Doveva solo ignorare Mason.
- Stiamo aspettando con grande curiosità-, fece Mason.
Angel strinse un pugno, sognando a occhi aperti di tirarglielo dritto sul naso.
- Bene, come stavo dicendo, per problemi di…beh, problemi di cuore, professor Dumbledore, ho cercato il sonno stancandomi con una lunga e sfiancante passeggiata nel cortile. Purtroppo era molto buio e non potevo vedere molto. Non sapevo che qualche vampiro fosse in giro per il cortile. Ero sicura che seguissero le regole della scuola, e che le stessi infrangendo solo io. Se avessi saputo che i vampiri potessero girovagare la notte per l’esterno di Hogwarts, avrei fatto molta più attenzione-
- I vampiri hanno bisogno di bere, e glielo permettiamo solo la notte, in modo da non spaventare nessuno studente, e glielo permettiamo solo entro un certo terreno nella foresta-, spiegò con calma il preside.
- Con questo ancora non ci hai detto come ha provocato la vampira, Portbell-, ricordò Mason.
Il preside gli fece un segno con la mano, e lui non aggiunse altro, restando però piegato in avanti a guardare la ragazza.
- Beh, tornando sono inciampata. Come ho detto, era buio e non vedevo bene. Cadendo, mi sono graffiata ed è iniziato a uscire del sangue. Credo che sia stato allora che sono stata attaccata. Ho cercato di proteggermi, ma non ero né abbastanza forte, né abbastanza veloce. Ma per fortuna, sono stata soccorsa in tempo-.
Il preside annuì. Sospirò guardando per un attimo gli altri professori. Il professor Wilson annuì impercettibilmente.
- Signorina Portbell, sono molto contento che non sia successo nulla di irreparabile, e sono contento anche per il tuo ritorno a scuola. Purtroppo, però, sono costretto ad ammonirti. Hai sbagliato ad uscire di notte da scuola,  qualsiasi motivo non era valido per indurti a non seguire le regole. Sono costretto, quindi, a metterti in punizione. Il professor..-
- William-, lo interruppe per l’ennesima volta il professor Mason. – Se proprio devi, mandala da me in punizione-
Angel sbiancò. Avrebbe sopportato pazientemente la punizione con chiunque, tranne che con il professor Mason. Se avesse potuto, avrebbe gridato “no” con tutto il fiato che aveva in gola, ma non pensava che sarebbe servito. Probabilmente, l’avrebbero rispedita di nuovo al San Mungo per farla curare per pazzia.
- Mi dispiace, John, ma già avevo chiesto al professor Wilson di provvedere. Ma se il professore accetta, posso esaudire la tua richiesta-.
Tutti si voltarono verso il professore, che lanciò per un attimo lo sguardo ad Angel. La ragazza ne approfittò per guardarlo supplicando silenziosamente, negando impercettibilmente con la testa.
No, ti prego. Ti prego, no.
Quando parlò, il cuore di Angel fece un balzo. La speranza ancora la accompagnava.
- Essendosi presentata questa eventualità, signor preside, penso che il professor Mason sia più adatto conoscendo da più tempo la ragazza. Sono sicuro che sia la soluzione migliore-
Il professore poi guardò Angel e corrugò la fronte, guardando i suoi occhi quasi in lacrime.
- Benissimo!-, tuonò l’anziano professore, con un sorriso di trionfo sul viso. – Portbell, ci vediamo domani sera nel mio ufficio dopo le lezioni. Mi raccomando, sii puntuale.-
Angel ingoiò l’amarezza e l’odio verso il professor Wilson che non aveva pressato il preside per tenerla con sé per la punizione, ignorando la proposta di Mason. La ragazza guardò Mason con disprezzo.
- E ora, andiamo tutti alla partita. Tra poco inizia-, esclamò il professore Dumbledore, come se ritenesse chiusa per il meglio la questione.
Tutti i professori si alzarono e iniziarono a chiacchierare allegramente tra loro, dimenticandosi improvvisamente che lei era lì.
Angel stava per precedere tutti verso la porta, quando il professor Wilson catturò la sua attenzione.
- Mi dispiace tantissimo-, ammise, con lo sguardo triste.
La ragazza lo guardò con aria interrogativa.
- Per cosa?- chiese, confusa.
- Per quello che ti è successo. Io non ero ancora arrivato e quando ho saputo…- si adombrò per un attimo. – E mi dispiace anche di non averti potuto salvare da Mason-
Angel sospirò, stringendosi nelle spalle.
- Già. Avevo sperato che combattesse un po’ di più per me-
Il professore si guardò intorno e si abbassò un po’ di più su di lei.
- Ti prego, chiamami Aleck. Mi fai sentire tremendamente vecchio- le bisbigliò.
Nonostante tutto, Angel non potè non sorridere a quel professore così strano.
- D’accordo, Aleck.- Il suo cuore palpitò. Forse si era innamorato a prima vista di lei, per quello le chiedeva di chiamarlo con il suo nome.
- Ehi, Aleck-, lo chiamò la professoressa Anderson. Le speranza di Angel si sgretolarono. Era stata una sciocca a pensare che un professore si innamorasse di lei, una semplice studentessa. A prima vista, tra l’altro. – Vieni anche tu a vedere la partita?-
- No, grazie, Saphira. Anche stavolta passo-.
La professoressa li raggiunse, seguita dal fratello e da Christopher Bloodworth, che li osservava con talmente tanta forza che gli occhi si erano ridotti quasi a fessura.
- Bene. E tu, signorina? Vieni?- chiese, voltandosi verso di lei. Angel annuì. E così, si ritrovò a seguire i tre cacciatori, lasciandosi alle spalle il misterioso e affascinante professor Wilson.
 
***
 
Il vento gli tagliava la faccia, e ormai James Sirius Potter non aveva più sensibilità alle dita dei piedi. Sua madre, in fondo, glielo diceva sempre, e non faceva altro che ricordarglielo. Metti sempre qualcosa per riscaldarti i piedi, soprattutto dopo una giornata piovosa quasi invernale, o dovranno tagliarti i piedi!, gli ripeteva sempre. James, però, come qualsiasi ragazzo della sua età, non dava molto peso ai consigli dei genitori.
La mascherina gli permetteva di vedere senza fastidio agli occhi, ma era scomoda. Non riusciva ad avere l’intera visuale del campo.
Riuscì a vedere, o meglio, a sentire il sibilo di un bolide diretto verso di lui, e riuscì a schivarlo. Trovava difficile anche sentire qualsiasi cosa gli si avvicinasse con la folla urlante e delirante tutt’intorno, che riusciva quasi a coprire i rumori più forti, come quello di un bolide che spacca qualche scopa.
Osservava dall’alto la partita, e non riusciva a fare a meno di urlare a destra e a manca ordini e a ricordare ai suoi giocatori gli schemi.
- Winchester, vuoi per favore buttare giù qualche Serpeverde? Di questo passo finiremo senza giocatori!- gli urlò contro, schivando un battitore avversario che si avvicinava ostilmente. Diede un calcio alla scopa, e quello si ritrovò a piroettare per tutto il campo.
Si sentì una “ola” dalla curva dei Grifondoro.
- Sei l’unico battitore rimastoci. Vedi di essere utile!- gli ringhiò contro.
Winchester lo guardò di sbieco e si fiondò verso il primo bolide intercettato.
Lo sguardo di James fu catturato da una bellissima azione di un loro Cacciatore. La ragazza volteggiava nell’aria come se quello fosse il vero posto dove dovesse essere. Era il suo elemento. Era una giocatrice perfetta. Non si accorse che una giocatrice avversaria la stava raggiungendo.
- Forza Bella, forza. Segna per me, Bella-, si ritrovò a sussurrare. Guardava con forza la compagna di squadra, come se volesse darle più velocità.
Bella riuscì a schivare un battitore avversario. Qualcuno le tagliò la strada. Dovette sterzare di lato, planò, aggirando l’avversario volandogli sotto, e impennò. La cacciatrice e l’altro giocatore Serpeverde finirono uno addosso all’altro, quasi raggiungendo pericolosamente Bella.
La Grifondoro si guardò un attimo indietro.
- No no no no! Guarda avanti!- le urlava James, non consapevole del fatto che Bella non riuscisse a sentirlo più.
Si voltò giusto in tempo per individuare almeno una porta e lasciare che la pluffa la oltrepassasse.
In tribuna, insieme ai professori, un eccitatissimo ragazzo del terzo anno faceva la cronaca, commentando il meno possibile, anche per paura di una possibile punizione con il professor Cloud, che aveva fama di essere sin troppo severo. Era un ragazzetto bassino, un po’ tarchiato e con le guance perennemente rosse, come se fosse sempre imbarazzato.
- …e altri 10 punti a Grifondoro! Sono inarrestabili quest’anno. Isabella Malfoy, sulla sua windjet 400, è stata la miglior entrata di quest’anno. Speriamo solo che non congeli nessuno come nella sua prima partita. Ma ecco che la pluffa viene recuperata da Bass…oooh, quel bolide deve aver fatto male! Ehi, ma quello…Ecco James Potter che insegue il boccino! E ovviamente Edward Greengrass lo segue a ruota! La lotta è spietata, ragazzi. Greengrass ha quasi raggiunto Potter…-
James si abbassò contro la scopa, doveva arrivare quanto prima possibile al boccino, prima di Edward.
Sentì un ululato venire dal pubblico, come se insieme stessero urlando contro di lui.
Non doveva distrarsi, doveva andare avanti. Quella piccola pallina dorata con le ali era quanto di più infimo ci potesse essere. Scartava a destra, tornava indietro costringendolo a effettuare un giro della morte. Sentiva i commenti di Edward Greengrass giungergli alle orecchie, ma cercò di non pensare al fatto che lui lo aveva praticamente raggiunto. Cercò di piegarsi in avanti ancora di più. Cercò di allungare la mano per afferrare il boccino, ma era ancora troppo lontano. Perse per qualche secondo l’equilibrio perché si era sbilanciato troppo in avanti.
- Ehi, femminuccia, non mi cadere dalla scopa- rise Edward.
- E tu stai attento a non farti soffiare il boccino, Greengrass- ribatté James. Non voleva rispondergli, ma era più forte di lui. Odiava quel modo di fare di Edward, quel suo sentirsi superiore a tutto e tutti. Una cosa però di buono ce l’aveva: la cugina, Bella.
A quel pensiero, James non riuscì a trattenere un ghigno e si lanciò in avanti, oltre la scopa, cercando di afferrare il boccino.
 
James iniziò a cadere non appena si lanciò dalla scopa. Il Serpeverde rimase a guardarlo a bocca aperta, senza riuscire a fare niente.
- Potter sta cadendo! Potter si è lanciato dalla scopa e sta cadendo!- ripeteva il ragazzo che commentava la partita.
Dalla folla si levarono ora grida di spavento. A James pareva di sentire le urla di Albus e Lily che fuoriuscivano da quel boato spaventoso. E poi le grida diventarono il lamento del vento e dell’aria che stava tagliando, acquistando sempre più velocità. I colori e i contorni di ogni cosa divennero indistinti, e i polmoni erano schiacciati. Iniziò a boccheggiare.
Sentì uno strattone e iniziò a non cadere più, qualcosa gli faceva male sotto lo stomaco. Aveva gli occhi chiusi. Ecco. Era caduto. Stava per morire. Ma almeno, dentro la mano, qualcosa si agitava.
 
- James, James!- lo chiamava qualcuno. Non voleva aprire gli occhi per rispondere. Aveva paura che fosse la nonna. Quella bella e armoniosa voce che lo chiamava era qualcosa di soprannaturale.
- Per la barba di Merlino, James! Apri gli occhi!- continuava a dire quella dolce voce. Era un balsamo per le sue orecchie.
E poi iniziò a sentire grida su grida, che rischiavano di coprire quella voce.
Aprì piano un occhio e fu sorpreso di vedere che il prato sotto di lui era sempre più vicino. Eppure sapeva di non star cadendo. Pensava che fosse morto, perché quella sensazione allo stomaco non smetteva.
Così si guardò la pancia e vide che gli faceva male lo stomaco a causa di un manico di scopa.
- James!-
Si voltò verso la voce. Sgranò gli occhi.
Bella.
Quella voce eterea era di Isabella Malfoy.
Il viso magro e allungato di Bella gli era vicino. Poteva distinguere i riflessi del sole in quelle iridi azzurre. Gli zigomi alti donavano altezzosità a quel viso altrimenti troppo comune. In fondo, Bella Malfoy non poteva essere comune.
Si riscosse velocemente da quei pensieri, soprattutto quando pensò che Angel, la sua ragazza, era ricoverata al San Mungo. Come poteva lasciarsi andare a quei pensieri? Era un farabutto.
- Ma che ti è saltato in mente? Buttarti dalla scopa… Stupido!-
Solo in quel momento vide che il volto di Bella era contratto dalla rabbia.
Non appena a terra, con un gesto stizzito, la ragazza lo fece scivolare fuori dalla scopa. James ebbe le vertigini e cadde per terra.
- Rialzati. La partita non è finita- lo ammonì lei. – E se non riesci a recuperare la scopa, mi sa che perdiamo-. Gli diede le spalle, e partì di nuovo alla volta dei giocatori.
Sopra di lui tutti continuavano a giocare come se nulla fosse.
Qualcosa si muoveva nella sua mano. La aprì e vide la pallina dorata che dibatteva freneticamente le ali.
Il boccino d’oro. Alla fine, l’aveva preso.
Non potè fare a meno di sorridere, compiaciuto di sé. Riuscì ad alzarsi in piedi, nonostante il forte dolore allo stomaco, e alzò entrambe le braccia in segno di vittoria.
Da dentro gli uscì un urlo di felicità. Lasciò che tutti vedessero che aveva preso il boccino.
Il fischio della professoressa di volo segnò la fine della partita, decretando i Grifondoro vincitori.
I suoi compagni di squadra lo raggiunsero e gli assestarono numerose pacche sulla schiena, rischiando di farlo cadere di nuovo. Tutti lo avevano accerchiato, e gli facevano i complimenti. Chi lo tirava a destra, chi gli dava i pugni, chi lo abbracciava.
James rideva, felice anche del fatto che per un soffio non era finito in infermeria con il cranio spaccato, e tutto grazie a Bella. La cercò con lo sguardo, ma non la trovò a festeggiare in campo. Notò solo che qualcuno del Grifondoro stava raggiungendo un Serpeverde. Sicuro era Bella che si avvicinava a Blaise. Erano lontani e non riusciva a vedere bene. Si accorse che aveva ancora la mascherina, e diede a quella la colpa del fatto che non riuscisse a vedere in lontananza. Se la tolse con un gesto arrabbiato.
Lasciò cadere a terra la mascherina, ma non potè fare altro sentendosi strattonare.
- Potter! Potter, devi venire in infermeria!-
Si voltò e vide la signorina Lancaster che lo tirava per un braccio. Aveva un’espressione preoccupata.
- Sto bene, sto bene. Mi lasci andare- rispose, cercando di liberarsi dalla stretta.
- No che non lo sei. Sei caduto da trenta metri finendo piegato a metà su un manico di scopa. Devo visitarti!-
Iniziò a non vedere più bene. Il mondo si riempiva di pallini rossi, come se avesse la varicella.
- Sto bene- continuava.
Eleanor Lancaster continuava a strattonarlo e a ripetere che non stava bene, e lui le diceva che si stava sbagliando, fino a che sentì le gambe cedergli e finire a terra.
Tutt’intorno a lui si fece sempre più scuro, e alla fine si lasciò avvolgere dal torpore.
 
Per l’ennesima volta dopo una partita di Quidditch, James si svegliò in infermeria. Aveva la testa che gli doleva e lo stomaco che lo costringeva a restare disteso.
- Ehi, fratellone. Finalmente ti sei svegliato…-
La voce di Lily era sollevata. Voltò lo sguardo verso di lei e fu come se la vedesse per la prima volta. Era diventata una graziosa ragazza dai capelli rossi e lisci, tutta sorrisi e allegria, con un corpo snello e alto come quello della madre. I suoi occhi castani lo scrutavano con apprensione.
Dietro di lei si ergeva, austero e apparentemente indifferente, Albus, con  quel suo viso volutamente inespressivo. James si era sempre chiesto come riuscisse ad apparire così distante pur non essendolo. Gli occhi verdi, però, parlavano più di quanto egli stesso soleva fare.
- Ci hai fatto venire un colpo quando ti abbiamo visto saltare dalla scopa. Sapevamo fossi matto, ma non fino a questo punto- disse Albus aggirando la sorella e sedendosi sul letto accanto a lui.
James tentò di alzarsi, ma Lily gli mise una mano sulla spalla.
- No, James. Madama Lancaster ci ha raccomandati di non farti sedere ancora per un po’-
- Quanto ho dormito?- chiese.
- Più o meno cinque minuti. Il tempo di farti trasportare qui e farti curare-, gli rispose Albus.
- Quella scema di Bella poteva anche evitare di farti male con la scopa-, si lamentò Lily imbronciata.
- Se quella scema di Bella non ci fosse stata, con tutta probabilità James ora sarebbe al San Mungo- commentò una voce dietro di loro.
I tre fratelli Potter si voltarono e videro proprio Bella che, ancora con la divisa della squadra di quidditch, si stava avvicinando.
Furono tutti un po’ sorpresi di vederla lì. L’ultima volta che Bella e James avevano parlato in infermeria si erano feriti a vicenda, litigando di brutto. Nonostante quello che era successo nel pre-partita, James si riteneva ancora responsabile per ciò che era accaduto ad Angel, e Bella ancora non poteva ammetterlo. Lily e Albus cercavano di non entrare nei loro affari, ma un po’ tutti si erano resi conto che Bella era arrabbiata con James perché in fondo gli voleva bene.
- Pensavo stessi coi Serpeverde- fece James.
Bella si strinse nelle spalle. – A far cosa? Stanno tutti con i musi perché hanno perso-
- E che mi dici dei Grifondoro? Staranno sicuramente festeggiando…- fece notare Albus.
Ancora una volta, Bella si strinse nelle spalle. – Non penso che si possa festeggiare con un capitano in infermeria. soprattutto se quel pazzo del capitano ha rischiato di rompersi l’osso del collo pur di farci vincere-
Lo sguardo di Bella finì dritto per trafiggere gli occhi di James, che si sentì mancare il letto sotto di lui. Non voleva che lei lo vedesse steso come una mummia. Provò ad alzarsi, ma un dolore lancinante dallo stomaco gli fece girare la testa.
- Tranquillo, stai steso-, gli disse piano Bella, sorridendogli timidamente, e sfiorandogli appena la spalla.
James si sentì scoperto. Non voleva che i fratelli fossero lì, perché sapeva che quando stava con Bella non aveva più il controllo del suo corpo, che fremeva e arrossiva ad ogni contatto.
Lily sbuffò, mentre Albus stese le labbra sottili in un sorriso sogghignante, come se tutto questo lui l’avesse già calcolato.
- E così, si festeggia... Forse è per questo che i ragazzi non ti sono venuti ancora a trovare-, si intromise Albus, che parlava con James ma osservava ogni mossa di Bella.
- Avrebbero dovuto farlo prima di festeggiare-, si lamentò Lily fingendo che Bella non l’avesse sentita prima.
- Lasciali stare, se lo sono meritati. Ah come vorrei poter festeggiare anche io…- si lamentò James alzando gli occhi al cielo.
- Ma non puoi- gli rammentò Lily.
- No, non può. E comunque, James, mi hai fatto prendere un colpo. Ti prego, la prossima volta se ti trovi a dover scegliere tra sconfitta e la vita, scegli la vita. Non ti salverò di nuovo-, scherzò allegramente Bella.
Albus fu l’unico a ridere a ciò che aveva detto la ragazza.
- Già, James. Non morire per una stupida partita. Ci mancherai-. Albus diede volutamente più enfasi del dovuto sulle ultime parole.
Il capitano della squadra di quidditch dei Grifondoro sorrise mesto.
- Potevi pensare prima di farlo finire in infermeria- sibilò Lily in direzione dell’altra ragazza.
Bella sbattè le palpebre dalle lunghe ciglia nere.
- Non siamo dotati di bacchetta in campo. E proprio prima di entrare mi hanno perquisita. Che cosa avrei dovuto fare?- si strinse nelle spalle.
- Pensare?- ribattè acida Lily.
- L’ho fatto. Ho pensato che se non fossi intervenuta, sicuramente sarebbe caduto a terra. Preferisci un fratello in infermeria o uno morto?-
Lily serrò le labbra e i pugni.  A quella domanda non trovò risposta adatta.
James grugnì nel suo letto, per attirare le attenzioni delle due ragazze. Si tirò a sedere con evidente sforzo.
- Non voglio che parliate tra voi come se io non ci fossi. Sono qui, e sarei più arrabbiato con Bella se non mi avesse afferrato al volo- aggiunse osservando di sbieco Lily.
La ragazzina si alzò, furibonda per il fatto che nessuno la appoggiasse.
- Bene. Benissimo. Avrei potuto fermare la tua caduta se questa qua non ci avesse pensato-, indicò Bella pur continuando a rivolgere il suo sguardo furioso a James. – Avevo la bacchetta in mano, e ti avevo sotto tiro. Ma no! Lei si è messa davanti e ha pensato…a cosa ha pensato? A non farti morire? Non è stata così intelligente come tu professi che sia. Avrebbe potuto pensare che con più di dieci professori e più di mille studenti, qualcuno avrebbe potuto farti un incantesimo. A questo non ci hai pensato?- sbottò rivolta a Bella, stavolta. – Ma no! Non importa! Facciamo l’eroina agli occhi di tutti, facciamo dimenticare che sono la Regina di Ghiaccio salvando James, vero? Facciamoci la bella faccia davanti a James, così si accorge di te, vero? Beh, ti do una notizia. James è innamorato di Angel, e lei è centomila volte migliore di te!-
Lily ansimava, rossa in viso per quella sfuriata addosso all’altra ragazza. Bella respirava a fatica, anche lei rossa in viso, ma per l’imbarazzo e per quelle parole che l’avevano colpita nel cuore.
Albus intervenne prima che Lily potesse dire altro.
- Basta così, Lily. Non è questo il luogo. Va’ nella sala comune, ti raggiungo subito-, le disse gelido.
- Ma…-
- Niente ma. Vai. E prima di farlo scusati con Bella-
Lily scoccò uno sguardo di odio verso Albus, si voltò di scatto verso Bella con un’espressione di disgusto dipinta chiaramente sul volto.
- Sappi che non mi scuserò mai-
Bella provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Prese solo un gran respiro e la guardò con astio malcelato.
Prima che James o Albus potessero dire altro, Lily si allontanò a grandi passi, raggiungendo di gran carriera il corridoio, sbattendo la porta dietro di sé.
I due ragazzi si rivolsero alla Grifondoro rimasta con loro, che si era fatta piccola piccola e si era quasi appoggiata al muro. Le tremava il labbro.
- Bella, non ti curare di quello che ha detto Lily. E’ stata molto sgarbata, ma non ce l’aveva con te. Ce l’aveva con se stessa. Non faceva che ripetere che avrebbe dovuto salvare lei il fratello- cercò di rassicurarla Albus.
Bella si portò una tremante mano alle labbra.
- Io ho solo cercato…- si fermò e inspirò. Improvvisamente fu come se tutto l’orgoglio dei Malfoy ritornasse in superficie, e lei ritrovò se stessa. Scosse piano la testa. I capelli, ancor legati nella coda alta, le caddero sulla spalla. Lei li gettò dietro con un gesto meccanico. – Ho fatto del mio meglio. Non sapevo che stesse per fare un incantesimo. Se l’avesse fatto, forse sarebbe stato tanto meglio, così magari non finivi in infermeria-
- Basta! Non voglio più sentire se e ma!- sbottò infine James, battendo un pugno con forza sul letto, mentre con l’altra mano si teneva lo stomaco. – E’ solo una piccola botta, e sono sicuro che passerà in fretta. Non voglio più sentirvi litigare per questa scemenza!-
Albus annuì e fece segno a Bella di sedersi sulla sedia dove stava seduta Lily.
- Siediti. Assicurati tu che non faccia scemenze. Io vado a vedere che Lily non faccia scemenze- le raccomandò ridacchiando Albus, che salutò James con una pacca sulla spalla e uscì con molta calma dall’infermeria.
L’aria che si respirava tra i due ragazzi rimasti in infermeria era talmente densa che si poteva tagliare facilmente.
James ruppe il silenzio piegandosi in avanti e prendendo la mano di Bella nella sua. La ragazza alzò il viso su di lui, stupita da quel gesto. Era convinta che dopotutto al ragazzo sarebbe occorso un po’ più di tempo per sfiorarla di nuovo con quella naturalezza con cui lo stava facendo.
- Ehi, per essere stata la tua prima partita dopo quella volta, sei stata magnifica. Non ti ho perso neanche un attimo. Sono fiero di te-.
Bella allargò il suo sorriso, illuminandosi e dimenticando quasi del tutto il rimprovero di Lily.
- Più che guardare me, avresti fatto meglio a guardare il boccino, capitano-
Si scambiarono un sorriso d’intesa, prima che lei si alzasse e gli lasciasse un leggero bacio sulla fronte.
- Io vado da Blaise, che si starà sicuramente incazzando al massimo per aver perso. Vado a godermi la sua faccia anche per te-
- Oh, se solo potessi venire….-
- Se potessi farlo, non sarebbe molto saggio-, ridacchiò lei, allontanandosi e lasciandosi dietro il Grifondoro che tornava con i pensieri alla partita.
James Potter non aveva occhi che per lei, oramai, ma non avrebbe mai abbandonato Angel in un momento così delicato della sua vita.
 
 
***
 
L’atmosfera che si respirava nei dormitori dei Serpeverde era tutt’altro che serena e felice, e questo era facile comprenderlo. Per quanto si fossero impegnati, i Grifondoro avevano soffiato praticamente sotto il naso la vittoria ai Serpeverde. Murtagh sapeva bene che chi provocava in quelle occasioni avrebbe ottenuto una lite, ed era proprio ciò che voleva.
Per evitare di far soffrire sua sorella, aveva ammesso che aveva sbagliato ad allontanarla da James, e ora voleva rimediare al danno che aveva creduto di fare. Parlandone con Emma, erano giunti alla conclusione che avrebbe dovuto prendere un capello di Edward Greengrass.
Il piano era semplice. James era convinto che allontanarsi da Angel sarebbe stato dannoso, soprattutto dopo che si era sparsa in giro la voce che aveva tentato il suicidio a causa sua. James, però, era chiaramente attratto da Bella. Se Bella non avesse avuto occhi che per un altro, a lungo andare, James si sarebbe lasciato convincere che Angel era la sua unica e migliore soluzione. Dal momento, poi, che Bella e suo cugino Edward avevano avuto una storia d’amore, non sarebbe parso a nessuno strano che tornassero insieme.
Sarebbe stato sicuro che Bella, sotto le pressioni dell’amore di Edward, si gettasse ancora una volta tra le sue braccia? A quanto pareva, era stata lei a lasciarlo. Era a questo che serviva almeno un capello di Edward Greengrass. Ottenuto quello come ultimo ingrediente del filtro d’amore, ci avrebbe pensato Emma a somministrarlo a Bella.
I Serpeverde squadravano Murtagh con astio. Non era la prima volta che il Corvonero faceva irruzione nei loro dormitori, solitamente per parlare con Scorpius o Blaise, ma era la prima volta che lo faceva dopo che questi avessero perso una partita. La cosa che faceva rabbia a tutti era il sorriso soddisfatto di qualcuno che non riusciva a nascondere la propria felicità.
Tutti pensavano che era felice perché i Serpeverde avessero perso. Nessuno sapeva che Murtagh era felice perché tutto stava andando per il meglio.
Cercò Edward e lo trovò stravaccato su una poltrona, solitario, a guardare il fuoco che scoppiettava nel camino. Aveva un gomito poggiato sul bracciolo della poltrona in pelle nera, e il mento sulla mano.
- A che cosa stai pensando?- esordì.
Edward non diede segno di averlo sentito, così Murtagh gli si parò di fronte. Il Serpeverde non potè più ignorarlo e alzò gli occhi verdi su di lui.
- Portbell.-, lo salutò.
- Greengrass-, fece di rimando Murtagh, prendendo una sedia e spostandola, per poter stare vicino al Serpeverde e provocarlo. Vedendo che Edward non diceva altro, prese di nuovo a parlare. – Bella partita, quella di oggi. Meritavate di vincere…-
Murtagh meritò un’occhiata di sbieco dal Serpeverde.
- Già.-, rispose secco.
- Quel Potter. Chi se l’aspettava che si sarebbe buttato dalla scopa. Se non l’avesse fatto, di sicuro avreste vinto.-
- Potter è stato solo molto fortunato-
- Potter è stato molto salvato, direi. Se non ci fosse stata Isabella, probabilmente ora ne staremmo piangendo tutti le gesta-, sghignazzò.
Edward represse un sorriso con forza, stirando il viso. Murtagh sapeva che due erano gli argomenti intoccabili al momento, e lui li aveva toccati entrambi.
- Un vero peccato che Isabella non è tra i Serpeverde. La sua presenza avrebbe di sicuro sollevato i vostri animi, e i vostri Cacciatori. Ah, che punti che ha portato a casa! Un talento, davvero. E dire che l’ha quasi sprecato volando incontro a Potter.-, sospirò in maniera molto teatrale.
Edward ne approfittò per rizzarsi sulla poltrona e piegarsi verso il Corvonero.
- Bella non è tra i Serpeverde perché non possiede le nostre qualità-, sibilò.
- Oh, senza dubbio non ha il vostro caratteraccio. Non quando sta con Potter, almeno. Ho visto come era spaventata e si è lanciata a soccorrerlo. Oh, e la faccia di lui quando l’ha vista…ah, che spettacolo!-
Murtagh stava giocando davvero con il fuoco, e sperava di bruciarsi molto presto.
- Potter non meritava né il boccino, né di essere salvato-.
- Ma non puoi dire che, prendendo il boccino, non si sia guadagnato il rispetto di tua cugina. Ah, posso rivedere ancora ora la scena, quasi come se la rivedessi al rallenty.- Unì le mani davanti ai suoi occhi e le allargò, indicando un immaginario schermo. – Lui che si lancia, soffiandoti il boccino da sotto il naso, lei che lo vede, mette le mani sulla bocca, urla “James” con tutto il fiato in gola, si piega sulla scopa e cerca di raggiungerlo il prima possibile. Riesce a salvarlo. Ah, che sguardi che si sono scambiati. Davvero, se non sapessi che lei è una Malfoy, direi che si infilerebbe volentieri nel letto di Potter-
Fu un attimo, e fu la reazione che aveva sperato di ottenere.
Edward si alzò, afferrandolo per la collottola e alzandolo dalla sedia.
- Cerchi rogne, Portbell?- digrignò tra i denti.
- Mi stai intrigando…e se ti dicessi di si?-
- Beh, ci stai andando molto vicino-
I loro nasi ormai si sfioravano.
Murtagh continuò a fare finta di niente, sorridendo e scrollando le spalle.
- Fammi capire. Ti stai irritando perché Potter ti ha soffiato il boccino, o perché Isabella, che tanto ami, si scoperebbe alla grande Potter?-
Non riuscì neanche a finire alla frase che Edward gli assestò un pugno in pieno viso. Quacosa si ruppe in bocca e sputò sangue. Si pulì con il dorso della mano, e guardò il sangue su di essa. Rise.
- Ora capisco. Non ti va che Potter utilizzi i tuoi scarti, eh?-
Un altro pugno gli arrivò sotto il mento, facendolo barcollare.
- Smettila di dire stronzate! Bella non oserebbe mai fare una cosa del genere?-
- Dici davvero?-, rise Murtagh. – Ah, quello che ho intravisto in infermeria era un bacio, e passionale anche-
- Tu menti!- gli urlò contro Edward, avvicinandosi di nuovo a lui. – Non oserebbe-
- Oh, oserebbe, credimi-. Il muso tagliato di Murtagh si tirò in un gran sorriso.
Senza aggiungere altro, usò la testa, sbattendola contro il naso di Edward. Sotto la sua fronte, sentì le ossa spaccarsi.
Il Serpeverde urlò di dolore, portandosi entrambe le mani sul naso. Murtagh ne approfittò per tirargli i capelli e scoprirgli la gola.
- Sei patetico, Greengrass- gli disse piano all’orecchio. – Cos’è? Stai aspettando che Bella torni ad aprirti quelle sue belle gambine? -
Edward scattò subito verso di lui con un urlo rabbioso, ma Murtagh era pronto e scartò di lato, senza lasciare i capelli del ragazzo. Glieli tirò fino a che non ne sentì una ciocca staccarsi.
Con quei pochi capelli stretti in mano, scartò tra i tavolini, evitando Edward che lo rincorreva.
Sentiva distrattamente qualcuno urlare. Urtò contro qualcosa o qualcuno, ma levò l’ostacolo gettandolo di lato per terra e guadagnò la porta.
Nel corridoio corse a perdifiato fino a che non sentì Edward fermarsi e minacciarlo di fargli il resto non appena si fosse ripreso.
Murtagh, ormai, era troppo lontano. Rallentò fino a fermarsi. Aprì piano la mano, e vide una manciata di capelli. Richiuse la mano in pugno e scivolò lungo il muro, senza riuscire a smettere di ridere.
Quando si fu ripreso dalle risate, raggiunse il quadro poco distante dalle cucine, disse la parola d’ordine e il quadro si spostò, rivelando l’ingresso della sala comune dei Tassorosso. Entrò, salutò qualcuno e salì nella stanza di Emma. Entrò e si richiuse la porta alle spalle.
Emma era seduta davanti a uno specchio, intenta a intrecciarsi i capelli. Non appena sentì la porta richiudersi si voltò verso Murtagh.
- Allora?- chiese ansiosamente.
Murtagh sorrise, mostrandole i denti insanguinati, e allargò le braccia.
- Ce li ho!-
Emma lo guardò con rimprovero, scuotendo la testa.
- Non dirmi che avete litigato-
- Sì, ma lui sta peggio-. Con un movimento della mano mise da parte il discorso. – La cosa importante, amore mio, è che ti ho portato ciò che mi hai chiesto-. La raggiunse e le fece cadere nelle mani la ciocca di capelli.
Emma non disse niente, limitandosi a sospirare. Aprì un cassetto della toeletta e prese una boccetta, la stessa che gli aveva mostrato qualche giorno fa. L’aprì e la stanza fu invasa da un buon profumo di lavanda. Emma fece scivolare dentro la pozione i capelli, la richiuse accuratamente e la scosse. Poi si fermò a guardarla fino a che i capelli scomparvero.
Prese poi un’altra boccetta con dentro un liquido denso e blu notte e glielo mostrò.
- Questo è l’antidoto, nel caso servisse. Se vedi che parlo di Greengrass, dammelo subito, anche se ti dico che non mi serve, capito?-
Il Corvonero annuì.
Un sorriso sadico le illuminò il volto. Si alzò e diede un veloce bacio sulle labbra a Murtagh.
- Il tuo compito è finito. E ora tocca a me-
Murtagh si finse triste, lasciandosi cadere sul letto.
- Tutto qui? E’ così che mi ringrazi per aver preso un pugno in faccia pur di accontentarti?-
Emma lo guardò, sospirò e posò la boccetta sulla toeletta.
- Oh, povero cucciolo…-
Gli prese il volto tra le mani e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Un mostro iniziò a urlare dentro Murtagh, lanciandogli fitte nel basso ventre, che prontamente rispose.
Emma lo baciò con trasporto, mentre le mani di lui vagarono sulle sue gambe, coperte da leggere calze. Prima che potesse afferrarle le natiche, Emma si allontanò da lui e incrociò le braccia.
- Bene. Ora vai, mi devo cambiare-
- Mmh… se vuoi ti aiuto io a cambiarti- le propose lascivo il ragazzo, riafferrandola per i fianchi e avvicinandola a sé.
- No, no, no. Non puoi. E ora vai, o non farò in modo da avvicinare Bella e darle la pozione-
Con molte proteste Murtagh uscì dalla stanza.
 
***
 
Bella arrivò di fronte il ritratto della Signora Grassa, che la guardò con un sorriso.
- Ho saputo che hai fatto una buona partita. Complimenti-, le disse allegramente il ritratto.
La ragazza sorrise cordialmente, dimenticando per un attimo i suoi pensieri.
- Grazie mille, Signora. Ma il merito della vittoria va tutto a James-
- Ah, James.. è tutto suo nonno! Ricordo che anche lui era bello e attraente come il tuo James-, ridacchiò.
Bella sorrise imbarazzata, ma non aggiunse altro.
- E se te lo stai chiedendo, anche lui aveva un sacco di ammiratrici, ma a lui ne piaceva una, che non riusciva ad avere-, continuò.
- Ah, non credo che James abbia di questi problemi. Angel è una cara ragazza, e stanno così bene insieme-.
- Non prendermi in giro, piccola Malfoy. So quello che vedo, e vedo che tu gli vuoi bene-, insinuò.
Bella si drizzò con la schiena.
- Signora, cosa sta dicendo? E’ meglio che mi faccia entrare, o sarò costretta a farla spostare da qui-, dichiarò con il suo solito cipiglio testardo.
Capendo che non avrebbe dovuto aggiungere altro per evitare che Bella incendiasse la sua tela, la Signora si finse offesa, ma alla fine le chiese la parola d’ordine. Aspettò che la ragazza glielo dicesse, e la lasciò entrare.
Bella attraversò il buco dietro il ritratto con i pensieri così confusi che le ci volle qualche istante per trovare il filo della matassa e riordinarli. Entrando, notò che Lily stava sorseggiando dell’acqua davanti al camino, mentre svogliata girava delle pagine di un libro.
Il brutto litigio di poco prima la convinse che non era ancora il momento di parlarle.
Ancora arrabbiata per le parole che la ragazzina le aveva rivolto poco prima, salì le scale e entrò nella sua stanza.
Fu sorpresa nel vedere un ragazzo seduto ai piedi del letto. Non era difficile riconoscerlo. Aveva ordinati capelli neri, e stava seduto composto. Quando entrò, il ragazzo si alzò e le sorrise.
- Scusa, non voglio spaventarti-
- Non l’hai fatto-, lo rassicurò lei, chiudendo la porta alle spalle e raggiungendo il davanzale della finestra. Si sedette e lo guardò con un sorriso stanco.
Albus le sorrise e le venne vicino, appoggiandosi allo stipite della finestra.
- Tutto bene?-, le chiese premurosamente.
- Potrebbe andare meglio, in verità-.
- Ti riferisci a Lily?-, chiese, assottigliando lo sguardo.
Bella non riuscì a trattenere un profondo sospiro. Si passò una mano tra i capelli e sciolse la coda alta. Avrebbe tanto voluto mettersi comoda, spogliarsi e stendersi sul letto, per lasciarsi trasportare dalla stanchezza nel mondo dei sogni. Ma il letto doveva aspettare un altro po’, a quanto pareva.
- Mi riferisco a tante cose. Da cosa vuoi iniziare, Al? Da quel tuo dannato fratello testardo, o dal mio dannato fratello testardo, o da tua sorella che mi odia, o da quella stupida di Angel che tenta il suicidio?-
Appoggiò la testa al vetro della finestra, grata per il refrigerio datole dai vetri freddi.
La temperatura si stava abbassando, mentre Ottobre volava ormai via.
- Angel.. sai che è tornata dal San Mungo?- l’informò il ragazzo.
- Di già?- esclamò sorpresa Bella.
Albus annuì. – Sì, me l’ha detto Louis. L’ha vista passeggiare con la professoressa Anderson. Credo l’abbia portata dal preside-
Bella fece una smorfia e rammentò quello che era successo. Tutti erano convinti che Angel avesse tentato il suicidio, provocando Anne. A quanto pareva, era solo grazie alla cacciatrice Karin Fowl che non era morta, e al suo posto era morta la vampira. Bella, invece, sapeva la verità.
Si domandava se doveva dire almeno ad Albus la verità, quando il ragazzo la precedette.
- Ho saputo una cosa nuova. Pare che Angel non abbia tentato il suicidio-
Bella sbiancò e si drizzò per guardarlo. Cos’era quella storia? E James lo sapeva? Come si sapeva già in giro? Quali sarebbero state le conseguenze?
Era talmente preoccupata e stupita, che a stento riuscì a chiedergli niente.
- A quanto pare, o almeno così affermano lei e il fratello, Angel stava passeggiando, è caduta e Anne affamata l’ha attaccata-
Sì, certo, come no, pensò Bella. Quella ragazza e il fratello sarebbero stati i primi a screditare qualcuno che non si può difendere se quella situazione poteva volgere a loro favore. Se si fosse saputo in giro che Angel voleva attaccarla, probabilmente la ragazza sarebbe stata espulsa.
E ora si trovava ancora con Angel tra le scatole.
Non sapeva a cosa fosse dovuto tutto quel fastidio. Non sapeva se la innervosisse di più il suo attaccamento morboso a James, o il fatto che aveva tentato di ucciderla.
Quella di certo non era una buona notizia.
Decisamente, la giornata stava peggiorando.
- Ah, davvero? Mi sorprende-
Al la guardò con quello sguardo sospettoso che faceva sempre. Era timido, ma questo non gli impediva di essere cauto e, se necessario, calcolatore. In fondo, era stato lui a suggerire a James di chiederle aiuto, e Bella sospettava che l’avesse fatto per fare in modo che loro due finalmente legassero.
James e Bella non avevano mai parlato più di tanto prima della faccenda della pozione. Se non fosse stato per quello, si sarebbero salutati ancora ora come quasi due estranei.
La ragazza ricordava ancora la sua prima impressione nel vedere James. Lo trovò scostante e pieno di sé, troppo melodrammatico per i suoi gusti. Poi le cose erano migliorate, e aveva imparato a sopportarlo, poi ad accettare la sua presenza, e infine a non riuscire a fare a meno della sua amicizia. Nel frattempo, lei e Edward avevano avuto una storia, conclusasi per mancanza di amore da parte di lei, e aveva stretto amicizia molto con Albus negli ultimi anni, prima di innamorarsi perdutamente di James.
Non voleva ammetterlo, ma era quella la verità.
- Ti sorprende?- domandò Albus, sedendosi accanto a lei, e riscuotendola dai suoi pensieri.
Lei annuì. – Anne è sempre stata una brava vampira, e non le era mai accaduto-
- Non possiamo saperlo. Era comunque una vampira-, sospirò, stringendosi nelle spalle. – Ad ogni modo, Angel è tornata, prima del previsto direi. E’ stata quanto? Un mesetto? Credevo sarebbe rimasta di più.
- Proprio non la sopporti, eh?-
Albus la guardò e le sorrise amaramente. – No, non mi è simpatica. Né lei, né il fratello. Emma…no, lei non è male, ma non si può dire sia uno stinco di santo. Ad ogni modo, credo che la sua vicinanza a James non faccia bene a nessuno dei due. Lui deve ammettere di non amarla, e lei deve ammettere di essere ossessionata-
- Chissà, magari pensa di esserne davvero innamorata-
- Io dico che sa di non esserlo. Dico che le rode il fatto che tra te e mio fratello ci sia qualcosa-
Bella avvampò. Normalmente non l’avrebbe fatto, ma era la seconda volta nel giro di un quarto d’ora che qualcuno insinuasse una cosa del genere.  – Tra me e James non c’è niente-
Il ragazzo le sorrise bonariamente e scosse la testa. – Non sto dicendo che abbiate una storia, ma solo che se vi metteste insieme, a nessuno dei due dispiacerebbe…-
- Basta così, Albus!- sbottò Bella, senza fargli finire il discorso. Si alzò di scatto e si allontanò, scuotendo con forza la testa. – James è ancora molto legato a Angel. Fattene una ragione. E tra l’altro, a me dispiacerebbe se mi mettessi con James, per non parlare di mio fratello, mio cugino Scorpius, Oberon, e Edward e..-
- Tutto qua? Quello che provi è davvero niente? Quello che senti per mio fratello non è tale da farti combattere contro la tua stessa famiglia?-
- La mia famiglia è tutto ciò che ho. Quando mi capita qualcosa, è da loro che corro a piangere. Ma se a piangere sarebbe James, non li avrò più-
Albus sorrise soddisfatto. Battè le mani e si alzò dal davanzale. – Quindi ammetti che ti piacerebbe-
Bella gonfiò le guance, adirata per quelle parole.
- Basta così. Non ti permetto di aggiungere altro. Tra me e James non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai niente. Fattene una ragione!-
Al evidentemente capì che non era il momento per parlarne ancora, così annuì, si scusò e la lasciò sola.
Arrabbiata e frustrata, odiandosi per le lacrime che le bruciavano gli occhi, Bella imprecò e si gettò sotto la doccia, sperando che l’acqua fredda la calmasse. E invece, sotto il getto d’acqua che le bagnava il corpo, le lacrime scesero copiose, senza che se ne riuscisse a spiegare il motivo.
Decise, quindi, di andare a fare una lunga passeggiata nel cortile.
Dopo il pranzo della domenica, solitamente tutti andavano a Hogsmeade, per discutere ciò che era successo in campo. Avrebbe potuto andare a trovare James, come le aveva proposto la squadra, ma non se la sentiva. Aveva salutato James appena dopo la partita, e aveva voglia di prendere un po’ d’aria.
Per arrivare al cortile che serpeggiava tutt’attorno le mura esterne del castello, Bella doveva scendere tutti i sette piani che la dividevano dal portone d’ingresso, uscire sperando che nessuno studente la fermasse per chiederle un autografo o un appuntamento, e raggiungere le serre. Dopodichè avrebbe dovuto oltrepassare un piccolo muretto, seguire un sentiero sterrato e raggiungere una piccola radura circondata da un basso muretto il pietra, con qualche albero a fare ombra a un paio di panchine. Sperava non solo di non essere fermata, ma anche di non incontrare nessuno in quel piccolo posto dove amava stare sola e riservata.
A quanto pareva, però, quel giorno la sua buona stella l’aveva abbandonata appena dopo la partita, perché come giunse a piano terra, fu chiamata da Emma.
La Tassorosso le corse incontro, sorridendole e sbracciandosi. La salutò per non sembrare maleducata, ma la sua espressione secca e gelida avrebbe allontanato chiunque. A quanto pareva, però, Emma era di tutt’altro avviso, e non l’avrebbe lasciata andare tanto presto.
Così, insieme, si incamminarono verso il cortile.
Il pomeriggio era più freddo della mattina, e le nuvole in cielo minacciavano ancora pioggia. Il prato era già bagnato un po’, e di recente. Forse, durante il pranzo, aveva piovuto, con il risultato che le gocce non erano ancora evaporate dai fili d’erba, piegati sotto il loro peso.
- Mi chiedo con quale voglia i ragazzi hanno voglia di andare a Hogsmeade. Non gli è bastato il gelo di stamattina?- chiese Emma, cercando di cavarle qualcosa di bocca.
Bella, restia a parlare, e innervosita dalla sua prepotenza nell’accompagnarla, annuì in silenzio.
- Ah, a proposito. Che partita! Sei stata molto brava. Non ti ricordavo così dotata. I Grifondoro hanno acquistato un valido Cacciatore quest’anno. Era ora-
- Grazie-, ringraziò semplicemente.
- Mi dispiace solo per i Serpeverde. Anche loro meritavano di vincere-
Bella si strinse nelle spalle. Non riusciva a gioire di una vittoria se il fratello e i cugini erano tristi per aver perso.
- E’ solo un po’ di sano sport-
- Sano? Non direi, a giudicare dal lancio di Potter. Giuro, in quella famiglia tutto il buonsenso l’hanno dato ad Albus-
Bella tornò con la mente alla loro discussione di poco prima, e non poteva essere d’accordo.
- No, credo che nessuno abbia buonsenso, in quella famiglia, almeno. Se consideriamo anche i vari cugini, forse Rose ha questa qualità-
- Ah, Rose…ma Rose non è una Potter-, replicò allegramente Emma. – Ma sarebbe di sicuro una Potter validissima. Mi meraviglio di come, però, non parli più con Scorpius. Ricordi come erano amici? Tutti credevano si sarebbero messi insieme-.
Bella fece una smorfia.
- Per quanto Scorpius abbia voluto bene a Rose, non credo sia mai stato attirato da lei-
- Ne sei così convinta?-
- Potrei giurarci. Rose è stata un’ottima amica, ma credo che Michelle abbia catturato la sua attenzione-
- Ah…quindi non possiamo tifare nessuna coppia Malfoy-Potter, giusto?-
Bella sospirò, chiedendosi come mai tutta Hogwarts non faceva che ipotizzare una coppia del genere.
- Credimi quando ti dico che noi Malfoy siamo completamente diversi dai Potter. Non potremmo mai andare d’accordo, o, se lo facciamo, la cosa dura poco-
Emma la guardò di sbieco, ma non aggiunse altro, e Bella la ringraziò mentalmente per non aver insinuato che tra lei e James ci fosse qualcosa.
- Hai ragione. D’altronde, è quello che ripeto sempre a Murtagh. Ma anche lui è d’accordo. Anzi, credo che abbia sempre sostenuto il fatto che le vostre famiglie non potranno mai andare d’accordo. Però, sai, non posso fare a meno di pensare che tu sia costretta a fare amicizia con loro-
- Hai detto bene. Sono costretta-.
- E la costrizione non porta mai a nulla di buono-
Senza essersene rese conto, le due ragazze erano arrivate nel piccolo luogo che Bella considerava sacro, e si sedettero su una panchina. Rabbrividirono, e constatarono con disappunto che era bagnata, e che ora le loro divise sarebbero inzuppate.
- Avremmo dovuto prevederlo. Dopo la partita c’è stato quasi un acquazzone!-
- Davvero? Io ero troppo impegnata a portare il capitano dei Grifondoro in infermeria per accorgermene-
Emma era stupita sinceramente. I suoi occhi sgranati le strapparono un sorriso sincero.
- Quindi non hai festeggiato con i tuoi compagni la vittoria sulle Serpi?-
Bella negò. Era la prima partita a cui partecipava, e non aveva avuto l’occasione. Tra l’altro, pensò che i compagni erano troppo abituati a festeggiare solo tra maschi, che non avevano per niente sentito la sua mancanza.
- Ma è una notizia grandiosa!- esclamò Emma.
- Come?- domandò Bella, troppo confusa per pensare ad altro.
Emma tirò fuori una bottiglia e un paio di bicchieri dalla borsa che portava a tracolla.
- Stavo giusto cercando una buona compagnia per stappare questa bottiglia. Me l’ha regalata mia sorella, me l’ha portata dalla Francia, e mi ha assicurato che è il miglior rosè che si possa trovare in commercio-. Le mostrò la bottiglia con il liquido rosato all’interno.
- Non sapevo avessi una sorella-, riflettè Bella.
Emma scacciò quel dubbio con la mano. – Oh, non puoi conoscerla. E’ già sposata e con figli. Ha frequentato Hogwarts ma se n’è andata prima che la frequentassimo noi-
Mentre parlavano, si affrettò a riempirle un bicchiere e a porgerglielo, poi riempì il suo.
Bella non aveva mai assaggiato un rosè, anche se a casa spesso lo si beveva con ospiti. Non ricordava profumasse così di lavanda.
- Bene. Brindiamo al successo della tua prima partita, e a tutte quelle che seguiranno!- esclamò la bionda, senza perdere tempo.
Bella sorrise.
- E anche a noi donne, senza le quali i ragazzi non sarebbero in grado di fare nulla-, propose.
- Sì, brindiamo anche a noi donne!-
Le due lasciarono toccare i due bicchieri di plastica. Senza indugi, Bella buttò giù tutto il bicchiere in un sorso.
Sentì uno strano torpore percuoterle il corpo, facendola avvampare. Si leccò le labbra e guardò il bicchiere vuoto.
- Davvero. Non ne ho mai assaggiati di così buoni. Tu non bevi?- chiese alla ragazza, osservando il suo bicchiere ancora pieno.
Emma rise.
- Bevo a piccoli sorsi, o finirò per ubriacarmi-. Per dimostrarle che diceva la verità, portò il bicchiere alle labbra e ne bevve un sorso. Tossì e le cadde il liquido dalle labbra.
Allarmata, Bella si piegò su di lei, mentre tossiva.
- Ehi, Emma, tutto bene?-
Le sbattè le palpebre e scosse la testa.
- Maledizione. Temo di aver preso freddo-, sospirò triste.
- Allora è meglio se vai dentro. Vuoi che ti accompagni?-
- Non vorrei disturbarti…-
- No niente disturbo!- esclamò prontamente lei. Le prese il bicchiere e glielo svutò per terra. – Questo non fa bene se sei malata. Vogliamo andare in infermeria? Se vuoi ti accompagno..-
- Oh, no, tranquilla-, rispose Emma, prendendo la bottiglia e porgendogliela. – Se vuoi te lo regalo-.
Bella scosse la testa, e le girò un attimo. Nonostante le apparenze, quel liquido era forte. – No, tienilo tu. In fondo, tua sorella l’ha dato a te-
Emma si strinse nelle spalle. Insieme si incamminarono verso il castello. Lungo il tragitto, Bella insisteva ad andare in infermeria, ma alla fine Emma ammise di avere già una pozione, dato che non era la prima volta che le accadeva, e che non era niente.
Al contrario di quanto Emma sperasse, Bella insistè e alla fine non potè che capitolare.
Le due ragazze entrarono in infermeria, e madama Lancaster disse a Bella di aspettare mentre controllava Emma.
Bella, non sapendo che fare, decise che ne avrebbe approfittato per dare una sbirciatina a James. Sentì un gran trambusto, e vide attorno al suo letto un bel po’ di ragazzi che ridevano e scherzavano. Così ne approfittò per avvicinarsi a loro.
- Malfoy!- la salutò Winchester, mettendole una mano attorno alle spalle e stringendola a sé. La ragazza sorrise e non disse niente. Non le andava di litigare. Era decisamente allegra, e forse quell’allegria era dovuta al rosè che aveva assaggiato con Emma e bevuto tutto d’un sorso.
Sorrise ai ragazzi e poi sorrise anche a James, che la guardò preoccupato.
- Tutto bene?-
- Mai stata meglio, James- rise lei. Si strinse a Winchester e tutti la guardarono un po’ straniti. – Ma cosa sono quelle facce? Abbiamo vinto o no?-
A quella domanda, un boato riempì l’infermeria. Bella rise, mentre James sorrideva ma la guardava sospettoso.
- Chi sono i migliori?- chiese ancora.
- Grifondoro!-  risposero tutti.
Bella ripetè la domanda ancora una volta, e gli altri le risposero, fino a che non furono sgridati da madama Chips. L’anziana signora mise i pugni in vita e li rimproverò, dicendo loro che c’erano altri malati.
- Oh, madama, andiamo! Tutti sono contenti di vedere i Serpeverde sconfitti, quindi a nessuno può mai dare fastidio la nostra felicità-, sindacalizzò Winchester.
- Non ai Serpeverde-, ribattè la guaritrice.
- Ah, davvero? Beh, mi spiace, ma non ci interessa-, fece Bella.
Tutti la guardarono come se avesse detto qualcosa di male. Lei si strinse nelle spalle. – Beh, che c’è? Abbiamo vinto no? Se non volevano sentirci, potevano vincere-
- Mi meraviglio di lei, signorina Malfoy. Suo cugino è qui e lei pensa a festeggiare?-
Bella si fermò e la guardò interrogativa.
- Scorpius?-
- Il signor Greengrass-.
Bella sbiancò e si zittì. Tutti si scusarono e la Chips li ammonì: se avessero fatto di nuovo troppo baccano, li avrebbe cacciati. Ma la Grifondoro non riusciva più a pensare ad altro che a Edward.
Cosa gli poteva essere successo? Doveva trovarlo, assicurarsi che non fosse nulla di grave.
Come in uno stato di trance, neanche salutò i Grifondoro, che la guardarono interrogativi, e si avviò per la corsia fermandosi solo quando lo vide.
Edward era seduto con le braccia in grembo che guardava fuori dalla finestra. Il suo sguardo era duro e lontano. Aveva un lungo taglio sul naso e del sangue raggrumato attorno alle labbra e ad una guancia. I lunghi capelli scuri erano tirati indietro, ed erano bagnati, forse per togliere le tracce di sangue.
- Edward- soffiò, avvicinandosi a lui. Poggiò le mani sul letto e lo guardò intensamente.
Il suo cuore fece un balzo quando la guardò. Era quasi un anno che non erano così vicini e che non parlavano da soli. In un attimo, tutto intorno a loro scomparve, e per Bella c’erano solo loro due.
Gli sfiorò con mano tremante la guancia malandata.
- Cosa ti è successo?-
Edward strinse le labbra e non le rispose. Lei insistè, prendendo una sedia e sedendosi accanto a lui. Fece per prendergli una mano tra le sue, ma il Serpeverde si allontanò.
- Cos’è, ora ti interessa di un Serpeverde? Non vuoi tornare insieme ai tuoi amici rompipalle?-
- Chi se ne frega. Tu sei più importante di ogni cosa-, rispose lei ansiosa con trasporto.
Edward la guardò come se quella che stesse parlando non fosse sua cugina.
- Non prendermi in giro. Ho smesso di essere importante per te già da un po’…-
Una fitta al cuore la colpì. Non riusciva a capire perché, ma le facevano male quelle parole.
- Io…sono stata una cieca, Ed. Sono stata talmente cieca da non capire che ti ho fatto soffrire. Tu si che sei importante, e io sono una stupida-.
Abbracciò con forza Edward, che era talmente stupito per riuscire a fare qualsiasi cosa.
Al di sopra della spalla della ragazza, guardò i Grifondoro, che li osservavano quasi a bocca aperta. Anche loro avevano saputo che Bella lo aveva lasciato perché non lo amava, e ora dichiarava il contrario. Guardò il viso di James, atterrito. Un sorriso sghembo gli attraversò il viso e abbracciò la ragazza.
Bella si sentì calma, finalmente a casa. Era come se finalmente avesse capito il suo posto. No, tutti sbagliavano su di lei. Lei non poteva provare niente per James, perché il suo cuore era sempre stato di Edward.
Lo guardò. I suoi occhi verdi continuavano a essere duri, ma il sorriso gli illuminava il volto.
Bella glielo prese tra le mani e lo baciò con passione.
Qualcuno alle loro spalle fischiò, seguito da una risata divertita. Bella si riscosse improvvisamente, cercando chi aveva rovinato quel momento magico. Se non fosse stata Emma, avrebbe già cacciato la bacchetta.
Si avvicinò serena e felice.
- Ecco perché dicevi che nessuna coppia Malfoy-Potter potesse esserci- ridacchiò.
- Già. Non te l’ho detto, ma solo ora l’ho capito. Il mio cuore è sempre stato di Edward. E lo amo. Lo amo. Ti amo tantissimo-, esclamò guardandolo.
Edward le sorrise e le prese una mano, se la portò alle labbra e la baciò.
- Non ho mai smesso di farlo…- le sussurrò.
Bella si sentì le farfalle nello stomaco, e prese un sospiro, guardandolo come in un sogno.
In quel momento, la Chips entrò per dire a tutti che l’orario delle visite era finito.
Bella, con disappunto, dovette lasciarlo andare.
- Tornerò il prima possibile- promise, e seguì Emma e i Grifondoro fuori dall’infermeria.
 
 

Spazio dell'autrice:
Prima di tutto, scusate l'imperdonabile ritardo per questo capitolo, ma l'università mi ha praticamente succhiato via il tempo. Spero che con questi avvenimenti mi sia fatta perdonare.
Ringrazio chi costantemente continua a seguirmi e recensirmi. Aspetto vostri commenti.
Baci,

Rupi
 

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