La mia storia. Primo passo verso 'noi'.

di despicableandri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mattinata di maggio. ***
Capitolo 2: *** Sabbia. ***
Capitolo 3: *** Oh avanti, Bieber! ***
Capitolo 4: *** Invito. ***
Capitolo 5: *** Potresti. ***
Capitolo 6: *** Primo ringraziamento. ***
Capitolo 7: *** Capelli. ***
Capitolo 8: *** Lei. ***
Capitolo 9: *** Lo so, Justin. ***
Capitolo 10: *** This is my family. ***
Capitolo 11: *** Perfume & Shopping. ***
Capitolo 12: *** Can I ask you a pleasure? ***
Capitolo 13: *** A game of lips. ***
Capitolo 14: *** Qualcos'altro?! ***
Capitolo 15: *** I can’t stay away from you. ***
Capitolo 16: *** Her return. ***
Capitolo 17: *** I really like you, Adele. ***
Capitolo 18: *** My best friend. ***
Capitolo 19: *** I love you. ***
Capitolo 20: *** Oh my God. ***
Capitolo 21: *** Really, only with you. ***
Capitolo 22: *** Tra passato e confessioni. ***
Capitolo 23: *** The moment for my song. ***
Capitolo 24: *** The best goodbye. ***
Capitolo 25: *** A presto amore mio. ***



Capitolo 1
*** Una mattinata di maggio. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 1- Una mattinata di maggio.


La nostra storia inizia in una piovosa mattinata di maggio. Le nuvole grigie occupavano quasi tutto il cielo, oscurando i timidi raggi di sole di inizio stagione. Il vento entrava dalla finestra soffiando leggero nella stanza e facendo oscillare le tende. ‘Chi ha lasciato la finestra aperta?’ pensai, cercando di fare mente locale. Mentre mi svegliavo del tutto, notai che col vento si era alzato anche un forte odore di zucchero filato.
Quella brezza mattutina mi solleticava il naso da settimane ormai, ma ogni giorno era una sorpresa, come se sperassi che la notte, per lasciare il posto alla mattina, se lo portasse con se. Odiavo lo zucchero filato.
Non so quante volte gliel’avevo detto, ma non se ne fregava. Era più importante uno stupido profumo costoso, certo. Da settimane ero costretto a sentire quel profumo perennemente dentro casa, da settimane ero costretto a tenere lei dentro casa.
“Mh” sentii mugugnare dalla persona stesa al mio fianco in quel letto enorme.
“Già svegli?” chiesi, la voce ancora impastata di sonno.
“Così sembra” mi rispose seccamente, scrollandosi le coperte da dosso e mostrando il suo corpo coperto solo da una canottiera e gli slip.
“Siamo a inizio maggio, ti prenderai qualcosa” commentai, non perché me ne importasse granché, semplicemente perché mia madre me lo ripeteva sempre. Mia madre...
“Lo avevo messo ieri sera per farmi notare da te, ma non hai notato nemmeno che ho cambiato taglio di capelli” mormorò, seccata dalle poche attenzioni che le rivolgevo. Lei si lamentava sempre che la trascuravo, eppure secondo me le davo anche troppo peso.
“Capita, sono molto distratto dal lavoro, ultimamente. Lo sai” le rifilai, forse per l’ennesima volta, e lei sbuffò.
Mi alzai dal letto e presi un jeans con una felpa a caso dall’armadio. Non facevo più caso a cosa mettevo da tempo, ormai. Tanto prima di uscire di casa lei mi faceva cambiare altre dieci volte. Non c’era verso, qualsiasi cosa facevo, se la facevo a modo mio, non le andava giù.
La sentii mugugnare e mi voltai verso di lei.
“Cos’hai?” le chiesi, brusco.
“Ho tanto freddo” fece, imitando in modo pessimo e decisamente imbarazzante la voce di una bambina di tre anni.
“Copriti, allora”
“Ma proprio non capisci?!” questa volta tornò ad usare il suo tono di sempre, mostrandomi un’espressione decisamente contrariata alla mia ‘stupidità’.
“Sembrerebbe di no” mormorai, già spazientito da quell’inutile conversazione.
“Ho aperto la finestra mentre dormivi. Così avremo sentito freddo e mi avresti abbracciato, coccolato!” urlò.
In quel momento l’avrei presa per i capelli e sbattuta fuori casa, ma il’contratto’ me lo vietava.
‘Dimmi che scherza, ti prego’ pensai, invece la sua faccia esprimeva tutta la delusione e tutto il rancore per ciò che (non) era accaduto.
“Tu sei pazza” risposi, sorridendo senza un valido motivo. Erano settimane che mi succedeva.
“Allora, mi coccoli?” mi chiese con tono tranquillo.
“DIO, FATTI DELLE DOMANDE SELENA!” urlai, incazzato nero.
Recuperai jeans e felpa che mi erano caduti e, sbattendo la porta, uscii dalla stanza per andare al bagno.
Sono Justin Bieber, un ragazzo di diciassette anni da poco compiuti, costretto a vivere con una ragazza che non sopporto e qui inizia la mia storia. No, non quella che conoscono tutti. Questa è solo mia, mia e sua, e basta.



Note d'autore.
Hallo. Questa è la mia prima storia, spero non siate cattivi. t.t
Sia chiaro, è tutto frutto della mia fantasia e non odio la Gomez. Sul serio.
Recensite, ho davvero bisogno di sapere cosa ve ne pare, come la pensate, e sopratutto di sapere se vi piace come e cosa scrivo.
A presto, un bacio
An.
(:

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Capitolo 2
*** Sabbia. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 2 – Sabbia.


Dopo la mia sfuriata, in silenzio, ci preparammo e uscimmo con Kenny. Mi guardai intorno, annoiato. Il cielo era ancora oscurato dalle nuvole, che però avevano dato un po’ più spazio ai raggi del sole. Il rumore del mare era l’unico che giungeva alle nostre orecchie.
Eravamo arrivati in spiaggia, io, Selena e il fotografo. Avremmo dovuto fare delle foto da mandare su internet della nuova coppia felice che giocava in spiaggia nonostante le nuvole. Dio, era esasperante.
Sel si riavviò i capelli dietro l’orecchio, per l’ennesima volta e finse un sorriso splendente. Per lei era più facile, faceva l’attrice da molto più di me. Sospirando, ci provai anch’io.
Notai due ragazze, lontane da noi. Erano entrambi incappucciate in due felpe, con i cappelli tirati sulla testa. Una correva avanti e indietro, urlando qualcosa che da qui non capivo. Forse incitava l’altra a fare lo stesso. Dovevano essere pazze per stare lì, con quel vento.
Iniziammo a scattare qualche foto mentre la prendevo in braccio, qualche bacio.
“Perchè non imitiamo quelle lì, amore?” odiavo quando mi chiamava così, che senso aveva.
“Come vuoi” le risposi, cercando di non perdere la calma come quella mattina.
Iniziammo a correre su e giù per la spiaggia anche noi, mentre il fotografo faceva scatti ogni tanto. Ci allontanammo dal nostro posto di ‘partenza’ e da lì sentivo meglio le due ragazze.
“Dai Ally, alzati da lì! Non ti riscalderai mai, avanti!” disse quella che per ora si era fermata di fronte all’amica, scrollandola per le spalle.
“No davvero Ade, non ho voglia” rispose l’altra, scrollandosela a sua volta via. L’altra, Adele, senza perdersi d’animo si sedette al suo fianco e le cinse le spalle con un braccio.
“Avanti Ally, non dovresti stare così, per lui poi! Non meritava nemmeno il calcio sul suo ‘gioiello’ che gli ho dato io!” disse lei, e nonostante il rumore scrosciante del mare, riuscii a sentirla mentre io e Selena facevamo altri ‘abbracci’ in posa, da perfetta coppia.
Ally, parve capire quello che le diceva l’amica e si alzò, si rincorsero per tutta la spiaggia, ridendo e urlando. Vidi Selena fissarle e stoppare il fotografo.
“Hey, voi due!” urlò verso le due ragazze, che parvero accorgersi di noi per la prima volta e ci raggiunsero.
“Dici a n…” iniziò la ragazza che già prima correva, Adele, ma la frase su interrotta da un mezzo gridolino dell’amica.
“Hey Ade, ma quello è Justin Bieber?!” sbottò Ally.
“Già, così sembra” rispose Adele, fissandomi. Non sapendo cosa altro fare, sorrisi alle due ragazze.
Adele, che si tolse il cappello della felpa mostrandoci una chioma perfettamente liscia e color rosso vivo, sospirò qualcosa che assomigliava tanto ad un ‘Oh no’ e prese a sventolare una mano davanti al viso dell’amica, che sembrava stesse per svenire.
“Oh, adesso basta, Ally!”disse, dopo svariati secondi, dandole uno scappellotto sulla spalla. La ragazza parve riprendersi. Sel era ancora immobile, ma tremava di rabbia. Io sarei scoppiato a ridere dalla scena, se non fossi stato io la causa del suo quasi - svenimento.
“Si, stavo parlando con voi!” sbottò infuriata Selena, le due ragazze portarono di nuovo lo sguardo su di lei.
“Dicci pure, allora”disse Adele.
“State scorazzando mentre noi facciamo foto, non vedete?”sbraitò la ragazza al mio fianco, indicando il fotografo che, decisamente non colpito dalle urla di Selena, puliva in silenzio l’obbiettivo della macchina fotografica.
“Sentimi bene, carina” la additò Adele, mentre l’altra sembrava combattere tra l’istinto di fermarla e quello di urlare contro Selena anche lei.
“Sarai anche Selena Gomez, ma questa è una spiaggia pubblica e posso farci tutto ciò che voglio.” Continuò, perfettamente tranquilla. Lessi la rabbia crescere negli occhi di Selena, che iniziò a fremere tutta.
“Ma ci state rovinando le foto” sussurrò a denti stretti, mulinando la chioma bruna.
“Ah, che peccato. Hai sentito Ally? Disturbiamo i due piccioncini!” sbottò Adele, in un finto tono offeso e mulinando la lunga chioma rossa, in un’imitazione di Selena perfetta. Di nuovo combattei con l’istinto di scoppiare a ridere.
“Tu non dici niente?!”commentò Sel, voltandosi verso di me. Quasi le sorrisi in faccia, finalmente felice.
“Beh, che dire, hanno ragione, no? La spiaggia è pubblica” dissi tranquillo. Se umanamente possibile, la rabbia e il rancore crebbero ancora in lei e si allontanò sussurrando un ‘Vado a rifarmi il trucco’. Certo, il trucco, in spiaggia.
Sorrisi alle due ragazze, mi avevano decisamente salvato. Ally, quella che per poco non sveniva, ricambiò felice, Adele invece mi mostrò una specie di smorfia.
“Adesso possiamo andare o dovete dirci anche che vi roviniamo l’aria?” commentò con tono ironico.
“No, andate pure” sorrisi a entrambi un’altra volta.
“Senti, ma, cioè. Non è che sarebbe possibile, fare, si insomma, una foto?” balbettò l’altra ragazza, che non aveva parlato per tutto il tempo, guardandosi le scarpe.
“Certo!” le dissi e parve buttare a mare tutta la tristezza.
“Adele, la macchinetta” mormorò eccitata, mettendosi al mio fianco.
Adele sbuffò, ma prese comunque la macchinetta dalla tasca per far felice la sua amica.
Sorrisi apertamente all’obbiettivo, mentre cingevo le spalle di Ally con il braccio sinistro. Subito dopo lo scatto, Ally mi abbracciò forte, iniziando a lacrimare. Si staccò subito dopo, imbarazzata e mormorando scuse. Le sorrisi e smise, ma si allontanò. Adele invece si avvicinò, e il mio cuore per un motivo sconosciuto perse un battito.
“Scusala, è appena stata mollata, tu sei il suo sogno, capisci? Nemmeno io ero riuscita a tirarle su il morale. Sono in debito con te, Bieber” mi fece, torturandosi una ciocca di capelli.
“Figurati, Adele” le sorrisi, questa volta finalmente ricambiò – e il mio povero cuore ne perse un altro, di battito – e si allontanò anche lei.
Mi sedetti per terra e presi distrattamente una manciata di granelli da terra. Li guardai scivolare dalla mia mano, fin quando il mio palmo non fu di nuovo vuoto, ma all’interno rimase un sassolino.
Come il mio pugno, anche la mia mente in quel momento si svuotò completamente. Selena, il fotografo, il brutto tempo, andò tutto via. Ma lei rimase.



Note d’autore.
Hallo. :3
Anche se questo capitolo non è granché, è sicuramente più lungo del primo.
Bene, vorrei ringraziare
Christal95 per la bella recensione, per aver messo la mia storia nelle preferite e per essere la mia prima fan. :3 Grazie tesoro.
watashinkokoro_ , anche lei per la bella recensione.
Grazie anche a tutti quelli che leggono solamente. :3
Come sempre, vi chiedo di recensire. t.t
Baci, An.

:)

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Capitolo 3
*** Oh avanti, Bieber! ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 3 – Oh avanti, Bieber!


Camminavo per le strade di Santa Monica, incappucciato e con enormi occhiali da sole.
Erano passati due giorni, due lunghi e strazianti giorni dall’incontro con Adele e la sua amica, Ally. Non le avevo più incontrate, non le avevo più viste o sentite in qualsiasi modo. Eppure Adele continuava a popolare la mia mente. Avevo anche iniziato a fare sogni strani – quello che mi capitava più spesso era Selena con una lunga chioma rossa e liscia, che mi chiamava ‘Bieber’ e non ‘amore mio’.
Ne avevo parlato con Kenny, l’unico che ancora mi rivolgesse la parola spontaneamente, e aveva detto che ne ero semplicemente ossessionato. Già, lo credevo anch’io.
E nonostante avessi un bellissimo pensiero per la testa, tutto il giorno, a tutte le ore, Selena continuava a rovinarmi al giornata con le sue farse.
Fui distratto dai miei pensieri da una lunga chioma rossa. Mi bloccai all’istante sul marciapiede sul quale camminavo – e un ragazzino mi venne addosso, allontanandosi poco dopo con milioni di scuse sussurrate.
‘Deve essere lei, non posso aver iniziato ad avere anche allucinazioni’ pensai. La chioma rossa prese a correre, e ripresi il passo anche io, seguendola. Filammo dritto per altri dieci metri, curvammo a destra, altri cinque metri dritto, a sinistra.
La ragazza si bloccò all’entrata di un giardinetto e si voltò. Il mondo, l’intero mondo, mi cadde addosso. Non era lei. Non aveva i suoi occhioni verdi smeraldo, quella spruzzata leggera di lentiggini sugli zigomi. Non era Adele.
Entrai rassegnato nel giardinetto, iniziando a vagare senza una meta e senza conoscere quel posto. Ora non era più questione di sogni strani, o pensieri frequenti. La vedevo ovunque, nelle copertine delle riviste, in tv, tra la folla per le strade. Era diventata un’ossessione. Avevo bisogno di vederla, ancora un po’, per placare il mio cuore arrabbiato.
Mi sedetti sulla prima panchina che trovai, senza dare troppo peso a dove si trovasse. Chiusi gli occhi, levandomi cappello e occhiali da sole, e sospirai. Non c’era modo, non potevo vederla. Doveva rimanere una ragazza misteriosa per me, una di quelle che incontri una sola volta al supermercato e poi non la incontri più, te la levi dalla testa.
Eppure io l’ho incontrata in spiaggia.
Sentii qualcuno sospirare pesantemente al mio fianco. Immaginai fosse un vecchietto stanco che si riposava un po’, e non gli diedi peso; continuai a tenere gli occhi chiusi.
“Oh avanti, Bieber!” come potevo ignorare anche questa, come?! Questa era la sua, la sua inconfondibile voce, la voce della mia Adele. Riaprii gli occhi quasi a tempo record, accecandomi alla luce del sole – primo vero sole dopo tre giorni di nuvole. I capelli, scossi dal vento leggero, le cadevano sulla schiena, sciolti. Quei capelli che mi avevano colpito così tanto.
“Ci si rivede” mormorai, senza sapere cos’latro dirle, sorridendole involontariamente.
“Già, ma sei seduto sulla mia borsa. Quindi, per piacere, porteresti le tue chiappe da super star un attimo più in là?” mi chiese, brusca.
“Ah, certo. Scusami” le risposi, imbarazzato. Mi alzai di scatto dalla panchina urtandola.
“Scusa” ripetei.
“Basta scusarti, andiamo” disse prendendosi la borsa dalla panchina, e avviandosi sul sentiero.
“Posso venire con te? Ho vagato fin qui senza meta e non sono sicuro di sapere dove sia l’uscita” le chiesi, esitante.
“Nemmeno io so dove sia l’uscita, mio caro Bieber” sospirò.
“Stiamo messi bene” dissi, in tono ironico. Finse un’espressione offesa.
“Stai dubitando delle mie doti orientative?!” sbottò e scoppiai a ridere.
“Se ti dico di si, ti offendi?” le chiesi, sorridendole. Come sempre, non mi ricambiò. Lei era così, non donava certo sorrisi a tutti, aveva un modo tutto suo di rendere felici le persone.
“Decisamente si, ragazzino!” la fissai per cinque minuti buoni, mentre in silenzio ancora camminavamo lungo il sentiero, svolta improvvisamente a sinistra mormorando un ‘sono sicura che sia qui’.
“Mi hai chiamato ragazzino?” le chiesi, con finto tono indignato.
“È quello che sei, Bieber” rispose, continuando a guardarsi intorno mente camminavamo.
“Sono sicuramente più grande di te!” sbottai, offeso per davvero, notando per la prima volta che era più corta di me.
“L’altezza non conta, Bieber. Io ho diciotto anni” disse indifferente.
“Oh, davvero?” le chiesi, sorpreso. Come poteva una ragazza così… piccola, essere più grande di me?
Annui distrattamente, svoltammo ancora a sinistra e fissai sorpreso l’arco del cancello da cui ero entrato poco prima. Questa si che era una ragazza dalle mille doti, ma soprattutto sorprese.
“Ah! E tu che dubitavi di me!” sbottò orgogliosa, sorridendomi per la prima volta in quella giornata, come solo lei sapeva fare – come solo lei sapeva fare, mandando in tilt il mio cuore.
“Bene, dove abiti?” le chiesi, avevo intenzione di riportarla a casa con la mia Range Rover.
“Perché, ragazzino?” disse, ammiccando sul ‘ragazzino’.
“Ti accompagno a casa, non voglio farti tornare a casa da sola” mormorai, sentendo il sangue prosciugarsi da tutto il corpo e accentuarsi solo sulle guance.
“Oh avanti, Bieber!” sbottò per la seconda volta nel giro di mezz’ora, mostrandomi prima un mazzo di chiavi, e poi una mini Cooper blu elettrico sull’altro lato della strada. Si voltò verso l’auto e se ne andò, lasciandomi lì.
Seguii la sua auto fin quando non curvò, e sparì dalla mia visuale.
Iniziai ad incamminarmi da solo verso la spiaggia, dove avevo lasciato l’auto, sorridendo come un imbecille. Lei mi aveva reso un imbecille, un totale imbecille. E la cosa mi piaceva da morire.


Note d’autore.
Ollè, un altro capitolo. :3
L’avrei voluto postare ieri sera,per farci una sorpresa, ma EFP ha fatto il Cambio di Server e quindi, niente. t.t
Ma passiamo a cose più interessanti. e.e
Vorrei ringraziare inizialmente anche tutti quelli che leggono solo, facendomi arrivare anche a più di cento visualizzazioni. Grazie davvero.
Poi ringrazio chi ha messo la storia tra le sue Preferite, Seguite o Ricordate.
E infine, le mie recensiste(?). :3
Christal95 : Macciao fan numero uno. :3
Sono davvero contenta di essere il tuo primo pensiero appena accendi il pc hahaha. :3
Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
M_JDrewB : Grazie mille per i complimenti e devo dire, che anche a me è piaciuto molto il comportamento di Adele nei confronti di Justin.
Spero che anche quest’altro capitolo ti sia piaciuto. :3
_cyrusaywhat : Mia moglie. *o*
No, facciamo le persone serie. e.e
Tu scrivi da dio, mica io. Mi fa piacere che ti piaccia al mia storia, spero che questo capitolo non ti abbia delusa. u.u
BiBo_BiBo97 : Benvenuta, se sei nuova. (:
Spero ti sia piaciuto tanto anche questo capitolo.
watashinkokoro_: Ciao Bob. :3
Mi fa paicere che questa storia ti piaccia. e.e
Al prossimo capitolo, Baci.
An.
:)

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Capitolo 4
*** Invito. ***


Note d’autore.
Hallo ragazze. :3
ho deciso di mettere le note d’autore prima per dirvi un paio di cose nuove.
Innanzitutto, volevo ringraziare tutte per i complimenti, per aver messo la storia nelle preferite, o nelle seguite. :3
Ma soprattutto ringrazio che recensisce e mi fa capire cosa gli piace della storia. Grazie mille
Un’altra cosa, è che non risponderò più alle recensioni nei capitoli, ma vi risponderò appena pubblico il nuovo capitolo, in modo che sarete informate immediatamente della pubblicazione. (:
Un’altra cosa, l’ultima per vostra fortuna, è che sto cercando di fare capitoli più lunghi e più dettagliati. Spero che anche questo sia di vostro gradimento. e.e
Adesso, anziché continuare a dire scemenze, vi lascio alla lettura, sperando che sia di vostro gradimento. :3
Baci, #withlove.

An.
(:



La mia storia.Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 4 - Invito.


Quella mattina mi alzai decisamente più felice del solito. Solo poche ore prima avevo visto Adele, mi aveva sorriso, avevamo addirittura parlato. Niente avrebbe potuto rendermi più felice, in quel momento.
Aprii gli occhi, sorpreso dal silenzio che regnava nella mia stanza da letto, ma soprattutto … sorpreso dalla mancanza dell’odore di zucchero filato.
Qualcosa ruggì piacevolmente nel mio petto. Forse era il mio girono fortunato. Mi alzai dal letto, infilai la prima felpa che vidi, visto che ero a petto nudo, e uscii dalla stanza per andare a fare colazione.
La cucina, già inondata da sole delle dieci del mattino, era tranquilla e vuota. Una busta da lettere viola accanto alla mia tazza sul tavolo attirò la mia attenzione. La aprii velocemente, con un misto di stupore, felicità e preoccupazione.
Una calligrafia tutta svolazzi che conoscevo bene recitava:


Caro Justin,
ho deciso di voler prendere un momento di pausa dalla nostra relazione e di accettare la proposta di un tour estivo, visto che siamo a maggio.
Stamattina presto ho preso tutte le mie cose dal bagno e dall’armadio, le ho ficcate in valigia e ho preso un aereo per Los Angeles. Santa Monica mi sta uccidendo.
Mentre tu leggerai queste parole, io starò già in aereo o probabilmente già a Los Angeles; per ciò, Justin, non provare a fermarmi. Un giorno chiariremo tutto questo.
Non ho messo al notizia su internet e vorrei che tu non lo facessi.
A presto, con amore.
Selena.


Ero libero, libero da tutti, libero dai paparazzi, libero da una recita inutile. Libero.
Sorrisi apertamente alla lettera, per poi gettarla. ‘Non provare a fermarmi’ ma chi ci avrebbe provato, mia cara?
Cercando di eliminare la rabbia per quelle parole finte, riempii il mio cervello di felicità. Finalmente felicità. Mangiai in fretta, mi cambiai e uscii all’aperto. Una bella giornata come quella, così tranquilla e inondata di sole, andava decisamente festeggiata. La mia già enorme felicità crebbe a dismisura quando involontariamente pensai ad Adele. Avrei potuto cercarla e magari starci un po’ di più insieme, uscirci magari..
Fui distratto dalle mie fantasticherie dai singhiozzi soffocati che provenivano dal giardino della villetta accanto la mia. Notai il cancelletto semi aperto, ed entrai.
Rannicchiata su se stessa sull’erba, scossa dai singhiozzi di un pianto silenzioso, c’era Adele. I capelli legati in una cosa di cavallo disordinata, si strofinava gli occhi così forte che oltre al trucco sciolto, intorno ad essi c’era anche un alone rossastro.
Sentii la mia felicità diminuire a ogni singhiozzo che le percorreva la spina dorsale e decisi di fare qualcosa, non potevo vederla così.
Mi sedetti accanto a lei, e con una velocità che non sapevo di possedere la abbracciai, tenendola stretta contro il petto. All’inizio non disse niente, continuò a singhiozzare e strofinarsi gli occhi con i palmi, poi si accorse chi ero.
“Bieber!” sbottò, stronfinandosi ancora più energicamente le mani sugli occhi e coprendosi contemporaneamente il viso con i palmi, come a voler cancellare le prove di un grave delitto.
Non dissi niente, non sapevo cosa dirle, soprattutto quando notai che continuò a restate appoggiata al mio petto, mentre i singhiozzi diminuivano.
“Meglio?” sospirai, quando dall’ultimo singhiozzo passarono due minuti buoni di silenzio.
“Molto, non stavo piangendo” mormorò, tranquilla. Avrebbe potuto convincere qualche credulone, ma io l’avevo vista.
“Certo” le risposi ironico. Lei annui.
“Mi era entrato qualcosa nell’occhio”commentò, al mio sguardo ironicamente incredulo.
“Si, certo. Adesso mi diresti cosa ti ha fatto singhiozzare in quel modo?” le chiesi, incoraggiandola a parlare con un sorriso.
Parve pensarci su, poi sospirò. Si staccò da me – e quasi fui tentato di riabbracciarla – e aprì la bocca senza emettere alcun suono. La richiuse.
“Okay, ecco, vedi. Ally, Allison, la ragazza che era con me in spiaggia, è dovuta tornare dai genitori. Avevamo affittato insieme la villa, e vivevamo qui da qualche settimana. Ci siamo venute perché il suo ragazzo si era trasferito qui e io volevo tornare alle origini, ma ora che il ragazzo l’ha mollata i suoi la rivogliono lì.” Disse tutto d’un fiato, guardando l’erba.
“Mi dispiace, ho visto che eravate molto legate” sospirai, triste. Nemmeno una traccia della felicità con cui mi ero alzato dal letto quella mattina era ancora presente dentro me.
“Siamo migliori amiche dalla culla. Siamo nate qui, ma poi i suoi genitori per lavoro sono andati a vivere a Los Angeles, e non ci siamo viste per due anni. Poi io sono andata lì, e ci siamo incontrate di nuovo. Adesso sono di nuovo senza lei” Mormorò.
“Hai me” le risposi, pentendomi subito di quello che avevo detto, quando un sorrisino maligno le si insinuò sulle labbra piene e rosse.
“Sai che bell’affare, Justin Bieber”ghignò.
“Dovresti ringraziarmi, sai?” le dissi, fingendomi offeso.
“Oh davvero? E perché mai?” rispose lei, stando al gioco.
Feci scorrere un dito sulla mia guancia, simulando la discesa di una lacrima, e sorrise. Era un sorriso ancora umido, ma era uno di quei suoi sorrisi splendenti. Le sorrisi anche io, poi sbuffò. La guardai interrogativo. “Adesso sono due volte in debito con te, Bieber”sussurrò, alzandosi e spolverandosi i vestiti. La imitai. “Sdebitati per una volta, venendo a mangiare un gelato con me” le proposi, sentendomi avvampare, ma non distolsi gli occhi da lei, che ci stava pensando.
“Okay, si, può andare. Ma ti dispiace se prima mi do una ripulita?” disse, tranquilla, indicando la porta di casa.
“Va pure” risposi, sentendo man mano, di nuovo, crescere la felicità.
“Aspettami qui” disse, mentre correva verso casa, sparendo poco dopo dietro la porta d’ingresso.
Avevo una specie di appuntamento con lei. Magari lei era triste, ma quello era di sicuro il girono più bello della mia vita. Si era lasciata consolare da me, abbracciare da me, invitare da me. Ottimo .

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Capitolo 5
*** Potresti. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 5 – Potresti.


Si era lasciata consolare da me, abbracciare da me, invitare da me. Ottimo.
Realizzai tutto questo solo cinque minuti dopo, quando tornò da me senza più le bavature di trucco e gli occhi rossi.
“Mi raccomando, non dire a nessuno che mi hai visto piangere. È solo la terza volta nella mia vita, e potrebbe rovinare la mia reputazione” disse tutto d’un fiato, agitatissima.
“Non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno” le risposi, aprendole il cancelletto e uscendo poi anch’io. Ci avviammo in silenzio verso la gelateria.
“Posso sapere le altre due volte?” domandai, decisamente poco convinto che si sarebbe confidata con me.
“Se proprio vuoi. La prima volta a dieci anni, quando Ally se ne andò per la prima volta. L’altra rimane top secret” disse, decisa, e non la contraddissi.
“Parlami di te” mormorai, quando svoltammo in una stradina che portava dritta dritta alla gelateria migliore di tutto il paese.
“Beh, che dire, mi chiamo Adele Habbot, Ade per gli amici. Ho diciotto anni, amo solo la mia migliore amica, e il gelato!” sbottò, quando alla nostra vista si aggiunse la gelateria. Era un locale piuttosto grande.
“Perfetto, Ade” risposi, sorridendole.
Ghignò nello stesso modo di qualche minuto prima e si sedette a un tavolino esterno, la seguii senza fiatare.
“Ho detto Ade per gli amici, Bieber” sussurrò, maligna. ‘C’era da aspettarselo, Bieber’ pensai, imitando il suo tono anche nella mia mente come un idiota.
“E io cosa sono, Habbot?” le dissi. Fece per aprire la bocca per parlare, ma fu interrotta dall’arrivo del ragazzo delle ordinazioni.
“Volete ordinare?” chiese guardandoci beffardo, cacciando un piccolo blocco dalla tasca del grembiule e prendendo una penna che aveva dietro l’orecchio.
“Una maxi coppa al cioccolato e amarena, con doppia panna e doppio strato di noccioline tritate” risposi, all’unisono con Adele.
La guardai sorpreso. Un sacco di volte quello stesso ragazzo mi aveva detto che c’era solo un altro cliente a richiedere quella maxi coppa, ma mai avrei immaginato fosse lei. Lei ricambiò il mio sguardo, fissandomi ancora più sorpresa di me.
“Adesso so chi è il ragazzo di cui non volevo dirmi il nome che ti chiede sempre la mia stessa maxi coppa, baby” disse infatti, dando uno scappellotto sul fianco al ragazzo.
“Potevi anche dirmelo che era Bieber, Max” continuò e il ragazzo rise.
“E privarmi di questa meravigliosa scenetta? Dovresti vedere la tua faccia, è esattamente quella che mi aspettavo. Dice proprio così ‘Come diamine ha fatto l’unico ragazzo che odio ad ordinare la mia stessa maxi coppa?!’” le rispose lui, continuando a ridere poco dopo. Ah bene, mi odia e lui ride, ottimo.
“Adesso odio anche te, idiota” mormorò, arrossendo quasi – il che mi fece immenso piacere, ma tornando al colorito normale in meno di una manciata di secondi.
“Vuoi portarci queste benedette coppe o dobbiamo aspettare che arrivino da sole, eh?” sbottò subito dopo, con il solito tono deciso di sempre. Il ragazzo sparì all’interno del locale, ancora sghignazzando.
“ E così mi odi, eh?” la beffeggiai.
“Ti odiavo, Bieber” disse, facendomi uno di quei suoi sorrisi “adesso sei passato a ‘sopportabile’” continuò.
“È sempre un passo avanti, no?” commentai, ricambiando il sorriso.
“Meglio di niente” annuì lei.
Max ci portò le maxi coppe al cioccolato e amarena richieste e tra una stupidaggine e l’altra le finimmo tutte.
“Oddio, il portafogli a casa! Dio, che stupida” si rimproverò. Le sorrisi.
“Ecco i privilegi di essere un ‘ragazzino’ come me, Habbot” le sussurrai, chiamando poi Max.
“Metti tutto sul mio conto, okay?” gli dissi, tranquillo. Lui annuì e tornò dentro. Raramente non pagavo, ma a volte capitava che uscivo di casa dopo uno dei tanti litigi con Selena e dimenticavo di prendere qualsiasi cosa, così avevamo deciso con Albert, il proprietario, di aprire un conto a mio nome.
“Dai, torniamo a casa” le dissi. Ci alzammo e ci avviammo verso casa sua.
“Dovrei andare a lavoro, ma forse mi prendo un giorno di ferie. Me lo merito, no?” chiese, più a se stessa, che a me. Annuii soltanto. Camminammo per un po’ in silenzio, poi una cosa mi tornò in mente.
“Stavamo dicendo, prima, quando ti ho chiamato Ade” accennai e la vidi ghignare ancora, cercai di ignorarla e continuai.
“Si, cosa sono per te, visto che non posso chiamarti Ade?” le chiesi, guardandola fisso negli occhi.
“Sei il mio vicino, Bieber”rispose, continuando a guardare la strada.
“Capisco” mormorai. Cosa mi aspettavo. Mi odia. Anzi no, sono al livello ‘sopportabile’, adesso. Sorrisi come un imbecille a me stesso.
“Grazie del gelato, Bieber, mi ha fatto bene” asserì quando ci trovammo davanti il suo giardinetto, e il mio cuore perse un battito.
“Figurati” mormorai. Si voltò a controllare la posta, e la vidi sbiancare.
“Adele, cos’hai?” le chiesi, preoccupato.
“Questa” disse, mostrandomi una lettera che aveva preso dalla cassetta “è una lettera dai proprietari della casa. Saranno qui domani per ritirare la rata dell’affitto. Ma io da sola non ce la faccio a pagare tutta la somma, prima la dividevo con Ally!” sbottò, agitandosi. Un’idea mi balenò in mente. Probabilmente era la più folle che potessi trovare, ma sembrava l’unica via d’uscita.
“Potrei pagare io metà della rata” dissi, cercando di stare tranquillo.
“Tutti i mesi, Bieber?” chiese, ironica. Se solo me lo avesse chiesto, lo avrei fatto. Senza dubbio. Ma lei non era la tipa che chiedeva l’aiuto degli altri.
“No, certamente” le dissi, sorridendo.
“Cos’hai, da sorridere?! Io sarò senza casa da domani e tu sorridi?” mi chiese, al culmine dell’agitazione.
“Potrei pagare io metà della rata e ..” iniziai, ignorando la sua domanda, ma fui interrotto da lei stessa.
“Lo hai già detto!” sbottò.
“Se mi facessi finire di parlare. Dicevo, potrei pagare io metà della rata e magari da domani potresti venire a vivere da me. Ho due camere da letto, due posti auto e due bagni, neanche avvertirai la mia presenza” le dissi, raggiante.
La sua presenza in casa mia, io sicuramente l’avrei notata, dio se l’avrei notata.
“Faresti questo per me, Bieber?” mi chiese, con un tono tra l’incredulo e il felice.
“Certo, sono il tuo vicino, no?” ammiccai e le feci scappare un sorriso.
“Grazie mille, davvero” disse, e subito dopo portò teatralmente una mano alla fronte.
“Adesso sono in debito con te tre volte, Bieber. Dovresti smetterla di farmi favori” disse, ridendo e mi unii presto a lei.
“Dai, ti faccio vedere casa” mormorai e la presi per mano. Fui subito sorpreso dai mille brividi che partirono da quell’unione e che andarono a finire in tutto il corpo, ma soprattutto fui sorpreso dal fatto che non rifiutò la mia stretta ma che, anzi, si fece accompagnare fino alla soglia della mia villetta.
“Benvenuta nella tua nuova casa, Habbot” le mormorai, lasciando la sua mano – quanto avrei voluto non lasciarla mai più!
“Adesso sei il mio coinquilino Bieber, contento?” la sentii sussurrare mentre entrava in casa.
Certo che sono contento, ma che dico, contentissimo e molto di più. Il ragazzo più felice del mondo.


Note d’autore.
Ollè, un altro capitolo. :3
Come starete notando tutti ho deciso di portare le note d’autore di nuovo giù. :3
Questo capitolo è un po’ più corto e fa davvero schifo, ma capitemi. È l’una e mezza del mattino e gli occhi si chiudono da soli.
Ma visto che domani non ci sarò, ci tenevo ad aggiornare ora. :3
Spero che le recensioni aumentino come stanno aumentando le visualizzazioni e ovviamente ringrazio chi legge, e chi aggiunge la storia tra le sue preferite e/o seguite.
Grazie mille. :3
Al prossimo capito, #withlove.

An.
(:

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Capitolo 6
*** Primo ringraziamento. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 6 – Primo ringraziamento.


L’aiutai a portare le cose da casa sua a casa mia e a sistemarle nella stanza degli ospiti.
“Come mai Selena Mi-stai-rovinando-la-scena non c’è a casa?” chiese, quando ebbe girato per tutta casa e non trovò nessuna traccia della ragazza. Quasi scoppiai a ridere per come l’aveva chiamata.
“Si è presa una vacanza, finalmente, non la sopportavo più” confessai, sospirando e posando l’ennesimo suo libro nella libreria. Ma quanto diamine leggeva questa ragazza?
“Come non la sopportavi? È la tua ragazza, no?” chiese, dubbiosa.
“No, non lo è” le dissi. Quasi non scoppiò a ridere.
“E tu mi vorresti dire che non state insieme, dopo tutte le foto che girano su internet, ma soprattutto dopo i baci che ho visto con i miei occhi alla spiaggia?” chiese, incredula. Non seppi mai perché, ma decisi di raccontarle tutto e di mandare letteralmente a puttane mesi di recita.
“Si, noi non stiamo insieme, è tutta una finzione. Iniziò tutto una sera, è una storia lunga” le mormorai, rabbrividendo al ricordo. Capì che non volevo più parlarne e cambiò discorso raccontandomi il riassunto dei suoi libri preferiti, Harry Potter.
Non ci andavo pazzo, ma l’avrei ascoltata parlare di maghi oscuri, scuole di magia e oggetti magici per ore. Per pranzo ordinammo qualcosa dal ristorante cinese dietro l’angolo, e mangiammo quasi in silenzio. Non era una ragazza da molte chiacchiere, come Selena. Rispondeva senza giri di parole e decisa. Durante il pomeriggio continuammo il trasloco, svaligiando anche il suo frigo per cena – c’erano solo una bottiglia di cocacola e un avanzo di lasagne.
“Allora, prima avevi detto che dovevi andare a lavoro” dissi, quando avemmo finito di mangiare e ci sedemmo sull’enorme divano in pelle nera nel mio soggiorno a guardare la tv.
“Mh mh” mormorò lei, intenta a fissare lo schermo che occupava metà della parete di fronte, stavamo vedendo un film d’azione che aveva portato lei.
“Che lavoro fai?” le chiesi. Voltò lo sguardo su di me, e anche nella semi oscurità della stanza notai il rossore che le si era dipinto sulle guancie. Amavo farle quell’effetto. Lei mi faceva arrossire ogni volta che mi sorrideva, ogni volta che si riavviava i capelli, ogni volta che mi guardava..
“Io n-niente” balbettò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Oh, avanti. Puoi fidarti di me”le dissi, sorridendole per incoraggiarla. Parve pensarci su, poi confessò.
“Io, allora. Io ballo e-e canto in un locale. Sia chiaro, non faccio la spogliarellista ma, è solo per mantenermi qui,cioè. Io… Dio, mi sento una puttana” quasi urlò l’ultima parte e poi si portò le mani in viso, come a volersi nascondere.
Ma cosa stava dicendo. Lei non era una puttana, no, non lo era. Ballare e cantare in un locare non significava dover fare per forza qualcosa di sporco.
“Hei, non lo sei” le sussurrai e parve calmarsi, ma tornò a fissare lo schermo. ‘No, ti prego, continuiamo a parlare’ le avrei voluto urlare, ma avrei contemporaneamente buttato tutta la mia dignità nel gabinetto.
“Allora, canti?” le chiesi, per distrarla. Con mio grande piacere, riportò lo sguardo su di me e abbassò il volume della tv.
“Oh si canto da quand’ero piccola. Mi è sempre piaciuto, ma non sono poi così brava” mi rispose.
“Lascia me giudicare, no?” le dissi, sorridendole. Mi guardò interrogativa, e poi cominciò a scuotere la testa.
“No no, e poi no. Non canterò ora” commentò.
“Ti prego, una specie di duetto” la supplicai. Scosse di nuovo la testa e prese il telecomando. Glielo levai di mano e mi guardò quasi furiosa.
“ Sei in debito con me, Adele, me lo devi” le mormorai, maligno.
“Ecco perché ti odio, Bieber” sussurrò, arrendendosi.
La feci alzare prendendole di nuovo la mano – altri brividi mi attraversarono, e l’accompagnai al pianoforte che avevo nella stanza affianco.
Era una stanza piena di mensole, sulle quali mia madre sistemava tutti i miei premi, che andavano da quelli che vinsi da piccolo per l’Hockey a quelli che avevo vinto poche settimane prima; poi al centro c’erano la mia chitarra e il mio pianoforte.
Mi sedetti al piano e la feci accomodare su uno sgabello, accanto a me.
“Inizia tu, è Overboard, conosci le parole?” le chiesi e annui. Forse la sua migliore amica gliela faceva ascoltare a ripetizione, essendo una mia fan.
Iniziai a suonare.

It Feels Like Weve Been Out At Sea
So Back and forth thats how it seems
And when I wanna talk u say to me
That if its meant to be it will be


Intonò. Aveva una voce stupenda, ma che dico, molto di più.

So crazy its this thing we call love
And now that weve got it we just cant give up
I’m reaching out for you
Got you out here in the water and im


Continuò. Era bellissima mentre cantava. Aveva gli occhi chiusi e accompagnava le parole con gesti semplici delle mani. La sua voce riempii la stanza e la mia mente, ma soprattutto il mio cuore.

Im overboard
And I need your love to pull me up
I cant swim on my own
Its too much
Feels like im drownin without your love
So throw yourself out to me
My life saver


Continuammo, insieme. Anche io avevo chiuso gli occhi per cantare, e quando li riaprii trovai i suoi puntati nei miei.
Lei, era il mio salvagente. Mi aveva riportato a galla dal mio mare di solitudine e falsità, lei era vera.

I never understood you wen you say
Wanted me to meet you half way
I felt like I was doing my part
You kept thinkin you were cummin up short
Its funny how things change how I feel


Cantai, continuando a tenere vivo l’incontro dei nostri occhi.
“Se vuoi, possiamo fermarci qua” disse, quando anch’io notai che avevo smesso di suonare.
“Okay” mormorai. Non solo la sua voce era magnifica, ma procurava in me sensazioni che prima non avevo mai provato. Quella ragazza mi stava facendo impazzire, impazzire come nessun altro era riuscito a fare prima.
“Hai una voce stupenda” le confessai, arrossendo. Non ce la facevo a trattenermi. La vidi sorridere e riavviarsi i capelli dietro l’orecchio.
“Grazie Justin, anche tu sei bravo” disse, tranquilla. Justin, mi aveva chiamato Justin.
Forse il mio mondo si stava rovesciando, o forse tutto s’era capovolto. Mi aveva appena fatto un complimento, e mi aveva chiamato Justin.
Quella giornata iniziata bene, finì ancora meglio.



Note d’autore.
Hallo gente. :3
Come vedete questo capitolo è molto dolce, ma non aspettatevi niente. e.e
è ancora troppo presto. u-u
e non dirò altro. :3
Come al solito ringrazio tutti e le trecento e passa visualizzazioni. :3
Grazie mille, davvero.
Baci, #withlove.

An.

(:

P.s.: Solo per farvi un'idea, Adele somiglia tanto a questa ragazza. :3
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Capitolo 7
*** Capelli. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 7 – Capelli.


Quando aprii gli occhi, nella mia stanza da letto, pensai di essere in paradiso. Un odore di caffè aleggiava per tutta la casa anche quando mi alzai dal letto e uscii dalla camera, insieme a quello di pancake. Si, se non era il paradiso, cos’altro poteva essere?
Andai dritto in cucina, dove la visione fu migliore dell’odore. Tutto giaceva lì, immobile sul tavolo, pronto ad essere mangiato.
Addentai un pancake dopo averlo immerso nello sciroppo e ringraziai mentalmente Adele. Quella ragazza era un genio. Quando ebbi finito la cercai per tutta la casa.
Nella sua stanza – dove il letto era già stato ri-fatto, in salone, la stanza della musica – come la chiamavo io, nella mia stanza, ma niente, non c’era.
‘Che se ne fosse andata?’ pensai, ma poi ricordai che doveva pagare l’affitto della sua ex-casa, e mi tranquillizzai. Tornai in cucina e inghiottii un altro pancake, poi decisi di fare una doccia.
Presi qualcosa a caso dall’armadio e mi sfilai il pigiama.
Percorsi il corridoio e aprii la porta del bagno più grande. Quello che mi trovai avanti agli occhi fu sorprendentemente imbarazzante.
C’era Adele, in intimo, seduta sul bordo della vasca e chinata su una scatoletta. Appena entrai sussultò, lanciando la scatoletta nella vasca e arrossendo terribilmente. Anche io sentii ogni mia parte del corpo avvampare, come se stessi bruciando.
Lei era in intimo, io in boxer; era tutto decisamente imbarazzante. Non avevo mai visto niente di così bello. Le passai la mia felpa e la indossò frettolosamente e al contrario, mentre io mi infilai i pantaloni.
“Buongiorno” sussurrai.
“A te” rispose, cercando di allungare il bordo della felpa, che a stento le arrivava sotto il sedere.
“Anche tu avevi deciso di fare una doccia?” le chiesi. Mi guardò come a dire ‘cosa?’.
“Oh, si. C-certo” balbettò, cercando di riprendere la scatoletta che aveva fatto scivolare nella vasca, ma io fui più veloce. Non mi convincevano quei balbettii. Afferrai la scatola e lessi ciò che c’era scritto sopra, a grandi lettere viola.
“Ma è una tintura per capelli!” sbottai, quasi indignato. Come poteva, come osava cambiare ciò che mi aveva colpito maggiormente di lei.
“Bravo Bieber, hai imparato a leggere” disse brusca, sfilandomela dalle mani.
“E cosa avevi intenzione di farci?”
“Tinteggiare le pareti!” sbottò ironica, ma non risi.
“Perché vuoi tingerti i capelli di” iniziai, ripesi la scatola che aveva tra le braccia e lessi il colore “ biondo!” sbottai, ancora più incredulo.
“Non sono affari tuoi Bieber..” sussurrò.
“Okay, non lo sono. Se te lo chiedo per piacere me lo dirai?” le chiesi, cercando di non perdere la pazienza.
Sapevo che in effetti non erano per niente fatti miei, ma non avrei sopportato non vedere più quella chioma rossa gironzolare per casa.
“Volevo semplicemente cambiare, tutto qui. Non posso?” rispose.
“Certo che puoi, però” sussurrai, avvicinandomi e riportando una ciocca di capelli rossi dietro il suo orecchio “io li preferisco rossi. Rossi come la passione, come le tue labbra piene..” sussurrai. Cosa stavo dicendo o cosa mi spinse a farlo, rimane tutt’ora un mistero.
Mi avvicinai ancora di più, lo sguardo fisso su quelle labbra. Eravamo a massimo tre centimetri di distanza. La voglia di baciarla, di assaporarla mi fece fremere, due secondi dopo un sorrisetto spuntò sulle sue labbra.
“Non ci provare nemmeno, Bieber” disse, scivolando dalla mia stretta.
Quando le avevo cinto i fianchi? Nemmeno ricordavo, ero troppo presto da quelle labbra così vicine alle mie. Ghignò, sfilandosi la felpa e lanciandomela addosso.
Uscì dal bagno lasciandomi così, immobile come un idiota, mentre ancora ghignava. Portai la felpa che mi aveva lanciato al naso. Profumava di vaniglia e di menta, profumava di lei.
Feci la doccia con l’acqua congelata, cercando di schiarirmi le idee. Mi asciugai in fretta e decisi di cambiare felpa, prima di impazzire.
Andai in cucina, e la vidi mangiare un pancake con le mani. Sembrava una bambina. Così bella.
Le sorrisi imbarazzato e stranamente ricambiò. Forse avrei dovuto chiederle scusa per quello che era successo poco prima, ma sarebbero state scuse davvero inutili, visto che tutto ciò che era successo era decisamente di mio gradimento.
“Senti io, cioè. Noi .. per quello che è successo..” balbettai. La vidi guardarmi interrogativa, poi sorridere al suo pancake.
“Perché, cosa è successo ragazzino?” era per questo che si insinuava sempre nella mia mente, semplicemente unica. Ecco cos’era.
Annuii e afferrai il terzo pancake, fissando il mio iPhone pericolosamente in bilico sul bordo del tavolo.
“Oh, ecco cosa dovevo dirti!” disse, portandosi una mano alla fronte. “Prima ha squillato un paio di volte, poi ti è arrivato un messaggio da..” fece un’espressione strana, arricciando il labbro, cercando di ricordare. Quasi non scoppiai ridere, ma prima lessi il nome sullo schermo.
“Da Scooter” sussurrai, e lei annuì.
Lessi il display.
Due chiamate perse e un messaggio da Scooter. Aprii il messaggio.

Cos’è successo con Selena? Perché non è con te?

La rabbia crebbe in me. Era questo che importava, ovvio. Perché la coppia da copertina non è insieme?
Quasi buttai il telefono sul tavolo, che finì rumorosamente su di esso.
“Arrabbiato?” chiese, indicando il telefono e poi il mio pugno chiuso sul tavolo. Annuii.
“Mangia il tuo pancake, sono ottimi!” disse, addentando l’ultimo pezzo del suo.
“A proposito, grazie” sussurrai e mi guardò di nuovo interrogativamente.
“Di cosa Bieber?” chiese.
“Della colazione” dissi, staccando un morso dall’ultimo pancake. Ne avevo mangiati davvero troppi, ma chi se ne fregava.
“Oh, io ho fatto solo il caffè, non so nemmeno quali siano gli ingredienti dei pancake” confessò, tranquilla.
Se non era stata lei, chi era stato?
“E allora chi è stato, Adele?” chiesi, mentre la risposta che non volevo accettare si insinuò nella mia mente.
Non poteva essere, semplicemente non poteva. Non avrei retto, non ce l’avrei fatta.


Note d’autore.
Hallo. :3
Chiedo scusa per l’attesa, ma ho avuto problemi con il pc. t-t
All’inizio era un solo capitolo molto lungo, ma poi ho deciso di tagliarlo qui, nel momento di suspense. (?) e.e
Vedo che le visualizzazioni aumentano, ma le recensioni diminuiscono t-t
Spero aumentino, dai. e.e
Ringrazio tutti, come sempre. (sono diventata anch’io loggorica. D:)
Al prossimo capitolo, #withlove. .

An .

(:

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Capitolo 8
*** Lei. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 8 – Lei.


Se non era stata lei, chi era stato?
“E allora chi è stato, Adele?” chiesi, mentre la risposta che non volevo accettare si insinuò nella mia mente. Non poteva essere, semplicemente non poteva. Non avrei retto, non ce l’avrei fatta.
Lei parve pensarci, arricciando di nuovo il labbro, che in una situazione meno tesa avrei amato.
“Sono sicura che era una donna, era magrolina e mora, si, mora e di sicuro più corta di me. Mi ha detto anche il nome, ma proprio non ricordo” sussurrò, sforzandosi di ricordare.
Il cuore mi cadde all’altezza delle caviglie, ma continuava a battere frenetico.
Non c’era via di fuga. Era per forza lei. Cosa poteva legare dei pancake a una donna bassina e mora? Solo lei.
“Pattie, si chiamava Pattie” dissi,e si accorse che non era una domanda, ma un’affermazione decisa.
“Come fai a saperlo?” chiese, versandosi del latte nella mia tazza preferita.
“È mia madre, quella che hai descritto,e si chiama Pattie. Mi faceva sempre i pancake quando era arrabbiata, o delusa” spiegai, mentre sentivo le budella torcersi alla parola delusa. Si,l’avevo delusa, eccome se l’avevo delusa.
“E oggi ti ha portato i pancake perché è arrabbiata con te, o perché te l’hai delusa?” chiese, con tono accusatorio.
“Entrambe” sospirai, accasciandomi su una sedia. Improvvisamente la vedo battersi forte con una mano sulla fronte, e sorridere.
“Oh, che smemorata che sono! Tua madre voleva sapere se c’eravamo oggi, per pranzo. Le ho detto che ci saremo stati. Ho fatto uno sbaglio?” disse, guardandomi intensamente.
‘No, lo sbaglio non lo hai fatto tu, l’ho fatto io!’ avrei voluto urlarle, ma mi trattenni e scossi solo la testa; si riavviò i capelli dietro l’orecchio, più tranquilla.
Non aveva sbagliato, anzi, aveva fatto la cosa migliore che potesse fare. Era compito mio rimettere al giusto posto le cose, solo compito mio. Fino ad all’ora non sapevo quando sarebbe arrivato il momento giusto, l’occasione giusta. Ma sapevo che prima o poi sarebbe arrivata, e questa era sicuramente quella.
“Prima o poi sarebbe arrivata” ripetei, lasciandola confusa, e andando nella stanza della musica. Dovevo sfogare e solo le corde di un pianoforte avrebbero aiutato il tutto, oppure quelle della mia adorata chitarra.
Inizia ad intonare qualcosa, poi mi accorsi che stavo suonando uno dopo l’altro tutti i pezzi preferiti di mia madre e decisi di smettere. Mi distesi sul divano di pelle nera che avevo messo lì per lei, quando veniva a vedermi mentre mi esercitavo. Sospirai, passandomi una mano sugli occhi.
Quando firmai quello stupido ‘contratto’ giurai contemporaneamente di non dirlo a nessuno, neanche a mia madre. Bene, era arrivata l’ora di disubbidire alle regole, ancora una volta. E poco importava di quello che sarebbe successo.
Era mia madre, aveva tutto il diritto di sapere. Mai avevamo avuto segreti, mai. Nemmeno sulle ragazze, parlavamo di tutto. E adesso doveva sapere anche questo.
L’avevo ferita, non le avevo parlato per giorni, l’avevo delusa, maltrattata. Il peggior figlio sulla faccia della terra.
Mi ripassai la mano sugli occhi e notai che erano bagnati. Cercai di asciugarli e uscii dalla stanza giusto il tempo per sentire la voce di Adele urlare dalla cucina.
“Biebeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeer!” urlò. La raggiunsi e trovai tutte le pentole e padelle che avevo in ordine sul tavolo, e lei con uno scolapasta in testa a mo’ di cappello e un mestolo in mano, una specie di scettro.
Scoppiai a ridere e lei mi guardò in modo sinistro, cercai di smettere.
“Cosa stai facendo con uno scolapasta in testa?” chiesi, in preda a tremolii dovuti alle risa trattenute.
“Non so, è caduto da lì sopra dritto sulla mia testa, e ho notato dal mestolo” disse, brandendo il mestolo di ferro che aveva in mano “che sono adorabile anche così!” sorrise, ironica. Ricambiai, pensando che lo era davvero.
“Volevo sapere cosa vorresti mangiare” disse, guardando attentamente tutte le pentole e padelle sul tavolo.
“Ti vanno dei semplici spaghetti al sugo?”chiesi, prendendole una pentola a caso dal tavolo e dandogliela, stoppando quel suo andirivieni intorno al tavolo.
“Okay, posso farcela” sospirò, riempiendo la pentola d’acqua e posandola sul fornello. Presi gli spaghetti dal mobile della pasta e glieli passai.
Presi a fissarla mentre aspettava che l’acqua bollisse, sempre con lo scolapasta sulla testa. Fui riportato con i piedi per terra dal suono del campanello. Immediatamente lo sguardo di Adele raggiunse il mio.
“Vai!” mimò con le labbra e io annuii. Sospirai ed andai ad aprire.


Note d’autore.
volevate sapere chi ha fatto i pancake? E.e
Eccovi accontentate, belle mie. Ebbene si, è Pattie. Anche se molte avevano sospettato fosse Selena. e.e
Altro avviso. Almeno per ora Adele non si tingerà i capelli, care. HAHAHAHAH
Come sempre ringrazio tutte,e noto con piacere che le recensioni sono aumentate. VI ADORO .
Al prossimo capito, #withlove.

An
.
(:

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Capitolo 9
*** Lo so, Justin. ***


La mia storia. Primo passo verso 'noi'.
Capitolo 9 - Lo so, Justin.


Presi a fissarla mentre aspettava che l’acqua bollisse, sempre con lo scolapasta sulla testa. Fui riportato con i piedi per terra dal suono del campanello. Immediatamente lo sguardo di Adele raggiunse il mio.
“Vai!” mimò con le labbra e io annuii. Sospirai ed andai ad aprire.
Attraversai il corridoio più lentamente che potei, ma la porta si parò d’avanti a me dopo nemmeno cinque minuti. Sospirai ancora.
Portai la mano alla maniglia e l’abbassai lentamente. Quando la porta si aprii, mi trovai d’avanti Kenny.
Cosa?! Qualcosa non andava. Lo squadrai. Aveva una valigia con se, una valigia che sembrava tanto familiare.
“Ciao Justin” disse, sorridendomi e cercai di ricambiare. Cosa ci faceva lui lì, con una valigia?
“C-ciao” balbettai, facendolo passare. La mia auto era parcheggiata un po’ più avanti di dove l’avevo lasciata l’ultima volta.
“Ho preso la tua auto, si” disse, notando il mio sguardo puntato sulla vettura.
“Per fare che?” chiesi, sentendo il peso sullo stomaco affievolirsi. Magari mia madre aveva portato i pancake, ma sarebbe stato Kenny a restare con noi a pranzo, anche se quella valigia non ricordavo appartenesse a Kenny.
“Per lei” disse indicando prima la valigia, poi qualcuno alle mie spalle. Mi voltai, e sotto lo stipite della porta c’era lei, mia madre. Il peso sullo stomaco tornò tutto. Mi sentivo male.
Ci guardammo per un po’ negli occhi. Probabilmente Adele s’era affacciata dal corridoio, perché la sentii bisbigliare qualcosa. E poi Kenny dire qualcosa tipo ‘Non ti capisco!’.
Poi entrambi sparirono, portandosi dietro la valigia.
“Ciao mamma” sussurrai, con una forte sensazione di paura e tensione.
“Ciao Justin” mi rispose, con un tono tagliente che fece contorcere le mie budella.
“Senti mamma, io, devo parlarti” dissi, tutto d’un fiato.
“Lo so, Justin” commentò, con tranquillità. Ci sedemmo sul divano e presi a guardare le mie dita mentre le contorcevo tra di loro. Non ce la facevo ancora a guardarla negli occhi.
“Mi dispiace, per tutto. Per non averti chiamato, per averti trattato malissimo. Mamma, mi dispiace per tutto” quasi lo urlai. Era tanta la voglia che avevo di levarmi quel peso dal cuore, e forse ci sarei riuscito.
“Lo so, Justin” ripeté, ma potei sentire quel tono rigido sciogliersi un po’.
“Sono un pessimo figlio. Io, devi sapere la verità. A proposito, mi dispiace anche di averti mentito” le dissi, alzando un secondo lo sguardo nei suoi occhi, quegli occhi belli e profondi che mi avevano cresciuto.
“Io non sto davvero con Selena, mamma. È tutta una farsa pubblicitaria, è lei che esagera” continuai, sempre tenendo lo sguardo incatenato al suo, e quasi vidi un sorriso sfiorarle le labbra.
“Lo so, Justin” ripeté ancora, alleggerendo ancora di più la rigidità del tono di voce.
“Io avrei voluto dirtelo, credimi mamma. Sai bene quanto sia difficile per me mantenerti un segreto. Per questo ultimamente ti ho evitato” sussurrai, ancora. Sentivo il peso sciogliersi parola dopo parola.
“Lo so..” iniziò, ma non la lasciai finire. L’avevo già sentita
“Quindi, sono perdonato?” la interruppi. Mi sorrise.
“Ma certo, tesoro mio” disse, prima di stritolarmi in un abbraccio togli fiato. Ricambiai con tutto l’affetto e amore possibile.
“Ti dispiace se resterò qui?” chiese mia madre, una volta che avemmo districato l’abraccio.
“Ovvio che no, mamma” le sorrisi e ricambiò.
“È pronto!” urlò Adele dalla cucina.
“Ah, a proposito Bieber. Lei chi è?” chiese mia madre, al suono della sua voce, mentre ci alzavamo dal divano.
“Una mia amica, una.. importante, si” sospirai, pensando che ‘amica’ non era esattamente il termine adatto.
“Ragazzo, ti ho partorito e ti ho cresciuto io, ti ho capito mentre recitavi, e adesso vorresti raccontarmi balle così evidenti?” rispose lei, sogghignando. Ah, come potevo mentirle, come potevo mentire a lei.
“Infatti, hai ragione. È un’amica, ma mi ha fatto impazzire” sospirai, indeciso se accasciarmi sul divano e fantasticare su di lei oppure andare dall’Adele reale, in cucina. Alla fine, visto che lo stomaco brontolava, scelsi la cucina.
“Ma va!” sospirò mia madre, dandomi uno scappellotto. Ci avviammo in cucina. Quelli che sembravano i migliori spaghetti al sugo che avessi mai visto, occupavano quattro piatti sulla tavola apparecchiata – quello di Kenny era il doppio degli altri.
Mangiammo tra le risate generali. Mamma aveva subito legato con Adele, la quale sembrava sorridere a mia madre molto più frequentemente che a me. Parlavano fitto tra di loro, accennando me o Kenny solo per fare qualche battuta, e noi – io e Kenny – ci scambiavamo sguardi consapevoli, come a dire ‘Ah, le donne’.
Sparecchiammo io e Kenny, mentre le ‘donne’, parlando fitto di come far arricciare i capelli in modo perfetto, se n’erano lavate le mani, trasferendosi nel salotto.
“Allora, Adele. Com’è vivere con mio figlio?” chiese mia madre, quando tutti e quattro fummo nel salotto. “Devo dire che è un sasso quando dorme, non si è svegliato nemmeno quando ho distrutto il mio vaso nel corridoio, nada!” rispose lei, sorridendo come solo lei sapeva fare. Risero tutti e tre, e scappò una risata anche a me.
“Credimi, devi ancora vedere il peggio!” sospirò mia madre, in una mossa teatrale.
“Perché, è umanamente possibile?” rispose Adele, scatenando un’altra ondata di risate.
Che stupido che ero stato. Mi ero preoccupato così tanto, e alla fine mia madre mi aveva capito subito e mi aveva perdonato senza batte ciglio. E tra l’altro, adorava Adele.
Ricapitolando, adesso avevo di nuovo una madre al mio fianco, una ragazza stupenda come coinquilina ma uno Scooter Braun che continuava a tartassare il mio povero iPhone.
Ma che me ne importava ora delle sue preoccupazioni.
Ad Adele squillò il telefono e si allontanò, scusandosi. Appena non fu a portata d’orecchio, mia madre esultò. La guardai, sorpreso e divertito.
“Ragazzo, lei è la migliore che tu mi abbia mai presentato. È fantastica, credo di adorarla quasi quanto te!” disse, sorridendo. Le sorrisi. Si, era fantastica.
“Si, è..magnifica, credo. Perfetta” sussurrai.
“Io gliel’avevo detto da subito che era in fissa, da subito!” sbottò Kenny, sbatacchiandomi per una spalla.
Adele ritornò in salotto, in silenzio. Si voltò e notai una lacrima sul suo viso perfetto.


Note d’autore.
Scusate il ritardo. t-t
Questo capitolo non è granché, mi rifarò con il prossimo, promesso. e-e
Noto con piacere che le recensioni aumentano. :3
Ringrazio tutti, quelli che recensiscono, quelli che leggono e quelli che aggiungono la storia alle preferite o ricordate o seguite. :’33
Grazie a tutti. Al prossimo capito, #withlove.

An
.
(:

P.s.: Questa è un'altra foto di Adele. e-e

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Capitolo 10
*** This is my family. ***


La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 10 – This is my family.


Adele ritornò in salotto, in silenzio. Si voltò e notai una lacrima sul suo viso perfetto.
“Successo qualcosa, cara?” disse mia madre, alzandosi dal divano per abbracciarla. Lei si lasciò abbracciare, scoppiando in un pianto sonoro. Ogni suo singhiozzo era una coltellata alle spalle, una lama nel petto.
Facevano male, quelle lacrime sul suo viso roseo.
“Avanti, piccola” continuava a sussurrare mia madre, accarezzandole la schiena. Non sapevo che fare. Avrei voluto correrle incontro, spostare mia madre e consolarla io, come l’ultima volta. E non so cosa mi spinse a fare ciò che stavo per fare, ma lo feci.
“Adele” sussurrai piano, cauto, mentre mi avvicinavo al suo corpo tremante. Non si voltò, c’era da aspettarselo.
“Vieni qui” continuai, deciso. Mia madre allentò la sua presa e lei si voltò verso di me. Quel viso, di nuovo così maltrattato dalle lacrime, un colpo al cuore.
Si avvicinò, poi si buttò tra le mie braccia, lasciandosi abbracciare. Singhiozzò per un po’, mentre mamma e Kenny lasciarono la stanza.
“Hei, hei. Cos’è successo?” le sussurrai dolcemente all’orecchio, quando nella stanza fummo finalmente soli.
“N-niente” risponde, abbandonando le mie braccia e strofinandosi gli occhi.
“Oh, ma davvero?” le chiedo, ironico. Parve non accorgersi della mia domanda.
“Scusa, ti ho macchiato tutta la maglia” disse invece, indicando una grossa macchia di mascara sulla mia spalla sinistra. L’ignorai con un gesto della mano.
“A me puoi dirlo” mormorai, asciugandole una lacrima nuova che le solcò lo zigomo.
“È una storia lunga, di lì c’è tua madre e.. e già le ho pianto addosso, non vorrei peggiorare le cose..” balbettò, raccogliendosi i capelli in un’alta coda di cavallo.
“Ho tanto tempo, e mia madre saprà aspettare. Le piace essere utile alla gente e quindi non si arrabbierà per le lacrime” risposi, prendendola per mano e accompagnandola sul divano. Si lasciò cadere sul divano, distratta.
“Avanti, parla” l’incitai.
“Okay” sussurrò. “Ma è una storia orrenda, e davvero compassionevole”
“Voglio sentirla” replicai, deciso. Annuì.
“La mia famiglia. Se così possiamo chiamarla. Inizia tutto lì. Mio padre sapeva solo bere, mentre mia madre lavorava e guadagnava abbastanza per andare avanti da benestante. Una notte, mio padre tornò ancora più ubriaco te solito, e violentò mia madre. Letteralmente. Infatti mia madre era da parecchio che viveva con lui solo per avere un tetto sopra la testa, non lo amava più. E grazie tante.
“Da quella violenza nacque mio fratello. Per un po’ mio padre sparì nel nulla, deciso a non affrontare un figlio non voluto. Dopo sei lunghi anni mio padre tornò da mia madre. Ci tornò solo perché la sgualdrina che frequentava l’aveva mollato, e aveva bisogno d’una casa. Mia madre disse di no, ovviamente. Ma lui era ancora ubriaco. Mia madre, che all’epoca era indebolita anche da una malattia di cui ora non ricordo neanche il nome, fu..fu picchiata da quell’essere, e poi violentata. Lì, nacqui io.
Mia madre, come fece con mio fratello, mi tenne; e questa volta neanche mio padre andò via. No, disse di essere cambiato. Certo. Ci picchiava, tutti. Io, mio fratello Ryan, e mia madre. Se lo dicevamo a qualcuno, picchiava anche loro. Già a cinque anni, la mia era orribile. Eppure veniva resa migliore dalla presenza delle mie due migliori amiche, tra cui Ally. A loro non potevo dire niente, ma mi facevano comunque essere felice.” Disse, quasi tutto d’un fiato.
Altre silenziose lacrime le scendevano calde sul volto, ma lei se ne fregava, continuando col suo racconto. Era davvero una cosa orribile. Io avevo vissuto la mia infanzia lontano da mio padre, lontanissimo. Ma mi amava, e questo bastava. Invece averlo vicino, ma così brutalmente doveva esser stato un incubo.
“Se vuoi la smetto” sussurrò.
“Continua, ti prego” le risposi, tranquillo.
“Quando avevo dieci anni, la malattia di mia madre era allo stremo. Sapevamo che stava per morire, ma non sapevamo che sarebbe successo quello che successe. Quando mio padre ci giustiziava, come diceva lui, lei era quella che urlava di più, e a mio padre questo dava ai nervi. Una volta, quella dannata sera d’aprile, mia madre scoppiò anche a piangere, e.. credo che presa dalla disperazione e dal dolore, iniziò a prenderlo a pugni anche lei. Mio padre andò su tutte le furie. La uccise. A colpi di calci e pugni sul viso, la fece morire d’avanti ai nostri occhi, nella nostra casa sudicia. Uccise l’unica che ci avesse mai difeso, che si prendeva le botte al posto nostro. Uccise mia madre, quella bestia la uccise” raccontò. Sentii anche io una lacrima bruciare all’interno dell’occhio.
“Mio fratello aveva già sedici anni, da due mesi ormai, e fuggimmo insieme. Non avevamo nessuno, né nonni né zii. Visto che Ally da poco s’era trasferita a Detroit, ci andammo anche noi. All’inizio ci ospitò la sua famiglia. Denunciammo mio padre, e finì in carcere. Quello bastardo finì dove meritava. Lo odiavo, lo odiavo da quando ero nata e lo odierò sempre. Mio fratello smise di studiare e iniziò a lavorare per mantenerci. Io avevo ancora dieci anni, e mi vietò di finire la scuola. La situazione era decisamente migliore. Eravamo più poveri, ma almeno felici e senza lividi.
“Tutto filava liscio. Io andavo a scuola, lui lavorava in un bar. Finì anche io gli studi a sedici anni, e festeggiammo partendo per il mio paese d’origine, Firenze. Mamma non ci aveva mai potuti portare, figurarsi mio padre. Sembrava quasi una vita nuova. Il ricordo della vecchia era nelle nostre menti, e sul cuore, ma non lasciavamo mai che intralciasse la nostra nuova e felice vita. Fin quando mio fratello non si ammalò ti un cancro maligno, ai polmoni. Sei mesi fa. I dottori dissero che sarebbe potuto restare in ospedale, a fare la chemio o cose del genere. All’inizio, per due o tre mesi, restai a Detroit, mentre Ally andò a New York. Poi i dottori mi dissero che stava migliorando, che potevo stare tranquilla. Se li avessi adesso sotto mano li strozzerei.
“Dopo averne parlato con Ryan, mi trasferii qui accanto con Ally, la mia migliore amica. Ci siamo da circa tre mesi. E i dottori continuavano a dirmi che andava tutto bene. Certo, tutto bene. Invece no. M’hanno portato via anche lui!” continuò.
Ascoltai tutto in silenzio, lasciandola parlare, lasciando che facesse scendere quelle lacrime colme di dolore e che se le asciugasse ritmicamente con la mano.
“Tuo fratello è..” iniziai.
“Morto, anche lui. Sono sola” sbottò, scoppiando di nuovo i singhiozzi. L’abbracciai, ancora.
“Non sarai mai sola, mai. Ci sarò io, sempre Adele, sempre” le sussurrai. Parve annuire contro la mia stessa spalla, continuando a singhiozzare.
“So che è difficile, hei” iniziai “ smettila di piangere, su. Non è quello che vorrebbe lui, no? Ti vorrebbe vedere felice, sorridente, vivere la tua vita” le sussurrai, accarezzandole la coda rossa con delicatezza.
“Lo so, lo so” singhiozzò, dall’altro lato della spalla.
“Dio, adesso ti ho macchiato anche l’altra spalla” la sentii sussurrare, mentre si allontanava da me strofinandosi ancora gli occhi già gonfi.
“Ti porto in un posto” dissi, d’istinto.
“No dai, cioè, sono orribile e ci sono Kenny e Pattie di lì, cioè..” balbettò, ma la zittii con un gesto della mano.
“Primo” dissi, alzando il pollice “non sei orribile, basterà lavare la faccia e tornerai perfetta” continuai, arrossendo un po’.
“Secondo” dissi, alzando anche l’indice “ me ne frego di loro e poi non si arrabbieranno, è per un ottima causa!” continuai, mostrandole le due dita alzate.
“Come vuoi” sussurrò.
“Esatto!” sbottai, raggiante.
“Però prima cambiati la maglia, mentre mi lavo il viso. Non esco da queste mura con te così conciato!” disse, fingendo un tono disgustato indicando le due macchie nere sulle mie spalle. Sorridemmo insieme. Era ancora un sorriso umido, ma c’ero riuscito, c’ero riuscito ancora a farla sorridere.


Note d’autore.
Ecco un nuovo capitolo. :3
Come avrete potuto notate, ho cambiato nome ala storia. All’inizio era solo ‘la mia storia’, ma ho pensato di aggiungere qualcos’altro, per rendere di più l’idea; e quindi è diventato ‘La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.’
E si, ho preso spunto dal libro di Justin. :3
Ringrazio tutti, come sempre ormai, per le quasi 700 visualizzazioni del capitolo scorso. Anche se mi dispiace pensare che su 700 visualizzazioni solo 5 persone recensiscano. t-t
A proposito, so già che adesso iniziata l’estate nessuno di voi resterà al pc per leggere la mia stupida storia, quindi credo che sospenderemo la storia fino a settembre, dopo questo capitolo. :3
Ringrazio ancora tutti.
Al prossimo capito, #withlove.

An
.
(:

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Capitolo 11
*** Perfume & Shopping. ***


La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 11 - Perfume&Shopping.


Dal capitolo precedente:
“Ti porto in un posto” dissi, d’istinto.
[…]
“Come vuoi” sussurrò.
“Esatto!” sbottai, raggiante.
“Però prima cambiati la maglia, mentre mi lavo il viso. Non esco da queste mura con te così conciato!” disse, fingendo un tono disgustato indicando le due macchie nere sulle mie spalle. Sorridemmo insieme. Era ancora un sorriso umido, ma c’ero riuscito, c’ero riuscito ancora a farla sorridere.

Misi la chiave nel quadro e feci partire il motore, con Adele seduta al lato passeggero. Avevamo parlato della sua storia, si era rimessa a posto e io m’ero camuffato per uscire ed ora eravamo nella mia macchina, diretti dove solo io sapevo. Le avevo promesso una pausa dai brutti pensieri e così sarà. Sotto felpa e cappello stavo decisamente morendo di caldo, però.
Per tutto il tragitto rimase in silenzio a fissare il paesaggio dal finestrino, giocherellando con una ciocca di capelli o i bordi della maglietta. Quando arrivammo, mi guardò divertita.
“Mi hai portata al centro commerciale, Bieber?” chiese, fissandomi dritto negli occhi
. “Esatto, proprio così” risposi, per poi posare lo sguardo sulla chiave e spegnere il motore. Scendemmo dall’auto.
“E perché?” chiese, ancora. Non era evidente?
“Quando anch’io sono triste vado al primo centro commerciale che trovo aperto e mi diverto a fare shopping sfrenato!” dissi, allontanandomi dalla macchina e avvicinandomi all’enorme entrata del centro.
“L’ho sempre detto che hai tendenze femminili, ragazzino” commentò arrivando al mio fianco e guardandomi malefica. Le diedi un buffetto sulla spalla e scoppiammo entrambi a ridere. Aveva un potere speciale quella ragazza. Anche se mi prendeva in giro, riusciva a farmi divertire.
“Seriamente. Quando sei triste devi cercare di allontanarti dal resto del mondo, da ciò che ti rende così, e pensare un po’ a te stessa. Devi essere un po’ egoista, insomma” le spiegai, aspettando che le porte in vetro si aprissero. Entrammo e l’aria condizionata quasi gelata annullo il calore che mi procurava la felpa.
“Sai Bieber, penso che ormai sia inutile che tu debba soffrire così tanto il caldo. Tanto ti si riconosce anche così” asserì Adele, notando il mio sospiro di sollievo.
“Dici?” chiesi e annuì, convinta. Mi sfilai la felpa e il cappello, per poi aggiustarmi i capelli guardando il mio riflesso in una delle tante vetrine illuminate.
“E adesso dove avresti intenzione di metterli?” chiese, mentre fissavo i miei indumenti con la stessa domanda per la testa. Posai lo sguardo su di lei e finalmente mi venne un’idea.
“Nella tua borsa, ovviamente. So bene che dentro c’hai messo massimo due cose, ed è enorme” dissi, deciso.
“Assolutamente no, Bieber” disse decisa, nascondendo la borsa dietro la schiena.
“Se te lo chiedo per piacere?” chiesi, speranzoso.
“Probabile” rispose.
“Per favore, Habbot, mi faresti posare queste inutili cose nella tua borsa?” dissi, con uno strano tono gentile.
“No” sorrise beffarda.
“Oh, avanti!” sussurrai, porgendole la felpa e il cappello.
“Prova a prendermi Bieber” disse scappando, mentre prontamente, con i vestiti tra le braccia, la inseguivo.
Zigzagammo per un po’ tra le persone che affollavano il centro commerciale, mentre queste ultime ci guardavano con sguardi accusatori e ci urlavano insulti. ‘I ragazzi di oggi, sempre in corsa!’ sentii urlare una vecchietta, mentre Adele l’aveva completamente travolta. Quest’ultima si girò per scusarsi, ma la signora s’era già allontanata indignata. Ne approfittai e in una sola falcata le fui dietro, abbracciandola e infilando velocemente gli indumenti nella sua borsa.
Annusai a pieni polmoni il suo odore di menta fresca e quasi lottai contro l’istinto di baciargli quella dolce e morbida pelle del collo, di assaggiarla..
“Mi hai presa, cazzo! Dannata vecchietta” la sentii sussurrare, con la mente ancora annebbiata da quella piacevole sensazione.
“Justin” disse, con voce vibrante. Mi ridestai al suono della sua voce così..così sua che pronunciava il mio nome.
“Adele” risposi, non staccandomi di un solo centimetro, ma anzi, appoggiando la fronte sulla sua spalla sentendola rabbrividire. Qualcosa, ancora quel qualcosa, fece le fusa al mio interno.
“Il tuo profumo” sussurrammo all’unisono. Si voltò, facendomi alzare di scatto la testa dalla sua spalla.
“Ho fatto qualcosa che non va?” chiesi, notando una lacrima farsi di nuovo spazio tra i suoi occhioni verdi.
“Il tuo profumo” ripeté, avvicinandosi. La guardai interrogativo.
“Non l’avevo notato, è..è lo stesso di Ryan, mio fratello”.
“Scusa, io, cioè..” sussurrai in imbarazzo, strofinandomi una mano sul collo, nel inutile e stupido tentativo di portare via quell’odore.
Si asciugò l’unica lacrima che l’era arrivata fino allo zigomo e si avvicinò. Prese con le sue piccole mani le mie che grattavano sul mio collo – provocando altre fusa di quel ‘qualcosa’ e parecchi brividi.
“Non è colpa tua. Mi piace questo profumo, glielo regalai io la prima volta” disse, per poi sporgersi verso di me e baciandomi una guancia, così pericolosamente vicino alle labbra che mi sentii morire.
Le sorrisi, e mi prese per mano.
“Andiamo qui” sussurrò, quasi più a se stessa che a me, trascinandomi in un negozio di scarpe femminili. Sempre tenendomi per mano – il che di certo non mi dispiaceva, girammo tutto il negozio; mi indicò alcuni paia di scarpe davvero orribili, che ci rubarono una risata, ed altre che sembravano carine, ma non vedemmo nessuna che la convinse. Fin quando non si bloccò di botto, lasciando la mia mano per portare entrambe le sue alla bocca.
Notai un paio di scarpe, nere, col tacco alto e con la suola rossa. Erano semplici rispetto alle altre, e forse per quello sembravano le più belle.
L’afferrò con mani tremanti, facendomela osservare più attentamente. Sia sotto la suola rossa, che all’interno della scarpa c’era scritto a lettere dorate ‘ Louboutin’.
“Ho in mano il sogno d’una vita” sussurrò, fissando ancora la scarpa.
“Comprale” risposi.
“Costano troppo per il mio povero portafogli” sussurrò, rattristandosi e posando la scarpa al suo posto.
“Perfetto, te le compro io” le dissi, tranquillo. Mi fissò incredula per un po’.
“Non posso, è troppo” commentò agitando le mani.
“Ma non dire sciocchezze, prendilo come un regalo, no? Avanti, prendi il paio del tuo numero.” Parve pensarci sopra, poi sospirò. Iniziò a cercare tra le scatole quella giusta.
“Okay, infondo oggi è il mio compleanno” asserì, riemergendo con una scatola bianca tra le mani. L’afferrai.
“Fai già diciannove anni?” chiesi, sorpreso.
“Ma no, Bieber. Oggi ne faccio diciotto” rispose, tranquilla.
“Mi avevi mentito quindi?”
“Giorno più, giorno meno. Ho sempre diciotto anni adesso, uno in più a te” rispose divertita e spingendomi verso la cassa. Un ragazzo più o meno della mia età emerse dal bancone, sorridendomi. Mi avvicinai e gli passai la scatola e i contanti.
“Sono per la tua ragazza?” chiese lui, facendo lo scontrino per poi indicare Adele che curiosava tranquilla tra altre scarpe.
“Non è la mia ragazza” sussurrai deluso.
“Lo diventerà se le regali queste. Qualsiasi tipo di ragazza cade ai piedi del ragazzo che le regala delle Louboutin, fidati” disse passandomi la busta.
“Si spera” risposi prendendola.
“Ce la farai, Justin Bieber” disse così a bassa voce che dovetti sforzarmi per ascoltarlo. Capii che aveva abbassato il tono perché passarono due ragazze alle mie spalle.
“Grazie” balbettai e mi allontanai.
Con la busta infiocchettata in una mano, picchiettai sulla spalla ad Adele con l’altra all’uscita del negozio, visto che mi dava le spalle.
“Hei” disse, voltandosi.
“Buon compleanno Adele” le risposi, passandole la busta che prese con mani tremanti.
“Grazie, grazie mille Justin!” quasi lo urlò, gettandomi le braccia al collo. Le accarezzai la schiena, prudente. Si staccò da me, mio malgrado, e prese la busta.
“Lo sai che sei passato da ‘sopportabile’ a ‘grazie di esserci, ti voglio bene’?” sussurrò abbassando lo sguardo. La vidi arrossire. In quel momento, invece, il mio cuore urlava.
“Ti voglio bene anch’io, Adele” le sorrisi, scompigliandole i capelli lisci. Sbuffò.
“Ma a volte rimani insopportabile!” sbottò e scoppiammo entrambi a ridere.


Note d’autore.
Ed ecco finalmente l’undicesimo capitolo. :3
Okay, avevo detto di non postare fino a settembre, ma leggendo le vostre nove (si, dio santo, nove. *o*) recensioni ho deciso di continuare.
Me le merito altre nove recensioni, no? u-u NO. D:
Ringrazio i 18 preferiti, le 3 ricordate e le 16 seguite. Grazie mille.
Al prossimo capito, #withlove.

An.
(:

P.s.: Le scarpe sono tipo queste. :3 .

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Capitolo 12
*** Can I ask you a pleasure? ***


La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 12 - Can I ask you a pleasure?


Dal capitolo precedente:
“Buon compleanno Adele” le risposi, passandole la busta che prese con mani tremanti.
“Grazie, grazie mille Justin!” quasi lo urlò, gettandomi le braccia al collo. Le accarezzai la schiena, prudente.
Si staccò da me, mio malgrado, e prese la busta.
“Lo sai che sei passato da ‘sopportabile’ a ‘grazie di esserci, ti voglio bene’?” sussurrò abbassando lo sguardo. La vidi arrossire. In quel momento, invece, il mio cuore urlava.
“Ti voglio bene anch’io, Adele” le sorrisi, scompigliandole i capelli lisci. Sbuffò.
“Ma a volte rimani insopportabile!” sbottò e scoppiammo entrambi a ridere.

Erano passati due o tre giorni dal compleanno di Adele.
Alla fine si era decisa a dirlo anche agli altri e mia madre le aveva preparato una torta davvero ottima e un vestitino magnifico.
Ma adesso e giugno, e io sapevo cosa significava. Canada. Fino a qualche settimana fa avrei detto ‘Finalmente!’ ma adesso non volevo lasciare Adele, per niente al mondo. Stare con lei è come essere sempre ad agosto.
Circondato dal sole e nella calma totale, anche se a volte le faceva grosse ( come quando distrusse un quadro nel corridoio alle quattro del mattino in una maniera inspiegabile, costringendo entrambi a una notte in bianco a raccogliere vetro, per poi cadere stremati sul divano).
Avrei voluto farla venire con me, ma sapevo che i nonni avevano solo una camera in più, per me e la mamma. Avrei voluto farle conoscere la mia famiglia, i miei amici come aveva fatto lei. Ma sembrava impossibile. E ovviamente arrivò mamma a ricordarmelo.
Il sole di inizio giugno si accomodava tranquillo su tutta la città, e faceva un caldo bestiale. In casa c’eravamo solo io e lei; Adele aveva ripreso a lavorare e Kenny era andato a fare la spesa.
“Buongiorno Justin” mi salutò entrando nella mia stanza portando luce in quello che prima era un buio perfetto. Ero rimasto a letto per trovare un modo di dire ad Adele che non ci sarei stato per le prossime due settimane, che mi sarebbe mancata da morire e magari anche che mi piaceva. Ma forse avrei sorvolato sull’ultimo punto della lista, per ora.
“Buongiorno ma’” sussurrai in risposta da sotto le coperte.
“Come sta la mia star preferita?” chiese, aprendo la finestra e sedendosi accanto a me.
“Bene, credo” le risposi, portando entrambi le mani sugli occhi per alleviare il bruciore dovuto alla luce improvvisa.
“Tra due giorni sarai in Canada, contento?” chiese ancora, accarezzandomi i capelli delicatamente. Lo faceva sempre, ogni volta che mi veniva a svegliare, da anni.
“Adele non verrà” dissi secco e parve scoppiare a ridere.
“Ti ha colpito davvero quella ragazza!” sbottò, ancora in preda alle risate.
“Non so come ci sia riuscita, davvero. Ormai penso solo a lei e la vorrei con me per sempre, anche in Canada..” sussurrai, cercando di sotterrare la testa nel cuscino.
“Lo sai che non puoi. Infondo sono solo due settimane, poi sarai di nuovo qui, con lei. Avanti, puoi farcela superstar!” cercò di incoraggiarmi, ma no, non ce l’avrei fatta.
Mi ero abituato alla sua presenza. Il suo odore di menta fresca che impregnava il divano o gli asciugamano in bagno, i suoi vestiti sparsi anche in camera mia, i suoi disastri, al sua risata cristallina, il suo sorriso alle battute su di me di mia madre. E si sa, è facile abituarsi alle cose migliori, ma è difficile ritornare a quelle peggiori dopo.
“Mi mancherà da morire!” sbottai, quasi in preda al panico.
“Justin, non sei più un bambino, sai che non puoi; proverò a parlarne con i nonni, ma non aspettarti nulla” sussurrò prima di andarsene, lasciandomi solo.
Allroa, ricapitolando. Avrei dovuto semplicemente dirglielo e stare senza di lei due settimane. Con un po’ – davvero tanto – impegno, ce l’avrei fatta con successo.
Lasciai scorrere la giornata e finalmente arrivarono le sei. Adele s’era licenziata dal vecchio lavoro ed adesso sostituiva Max alla gelateria, così potevamo avere le nostre coppe gratis una volta a settimana. Ottimo, no? Corse in uno dei due bagni e ne uscii poco dopo, in accappatoio, raggiungendomi in cucina.
La guardai fisso negli occhi, interrogativo.
“Mi è finito lo shampoo” disse semplicemente.
“Strano, di solito ne compri tre bottiglie alla settimana” le sussurrai ghignando.
“Semplicemente perché faccio più passate, mi piace che profumino tanto..” sussurrò imbarazzata in risposta, abbassando lo sguardo.
“Puoi usare il mio” le dissi, tornando a sgranocchiare i miei popcorn.
“Li hai messi sotto chiave ieri mattina quando minacciai di usarli per annaffiarti il giardino” disse semplicemente e ricordai.
“Ah, vero. Vieni allora”
Uscimmo dalla cucina e tornammo in bagno. Aprii un mobiletto e ne cacciai due bottigliette.
“Ecco qui” le dissi e lei le afferrò. Ne prese una, la aprì e ci guardò dentro.
“Il balsamo è quasi finito”
“Ma come? Fammi controllare” e mi ripresi la suddetta bottiglia, facendo la cosa più stupida di tutta la mia vita. La puntai contro i miei occhi per vedere all’interno, premendo contro la plastica della bottiglia e in quello stesso momento un po’ di balsamo alle mandorle colpì in pieno il mio occhio destro.
“Brucia cazzo, brucia!” urlai, cercando di sciacquarlo sotto l’acqua fredda del lavandino, mentre Adele era scoppiata in una fragorosa risata, fregandosene di me.
Dopo poco l’occhio smise di bruciare e mi asciugai il viso delicatamente.
“Cosa cavolo ti ridi, stavo per morire” sussurrai mentre ancora cercava di riprendersi.
“Ti giuro, è stata una scena epica! Comunque, ne hai ancora un po’ qui” disse avvicinandosi pericolosamente e levando un po’ di balsamo dal mio sopracciglio.
Ancora una volta eravamo così vicini, nello stesso bagno. I nostri occhi non si staccavano e la vidi sorridere mentre si avvicinava ancora.
Sapevo cosa stava per succede, e un qualcosa paragonabile a una scossa elettrica mi fece tremare dall’eccitazione. Le cinsi i fianchi e successe tutto troppo velocemente per rendermene conto. Arrossì violentemente e si allontanò da me a una velocità da record. ‘Me la sono fatta scappare, ancora!’ pensai.
“Ho fatto qualcosa che non va?” sussurrai preoccupato. Iniziò ad agitare la testa.
“N-no, no, non ti preoccupare. Grazie dello shampoo, comunque” disse per poi spingermi fuori e chiudere la porta del bagno a chiave. Diedi un pugno al muro. Non poteva essere successo ancora.
Cenammo nel silenzio totale e cercai di non guardare mai dal lato di Adele. Mamma mi vide in difficoltà e annunciò lei che la notte seguente saremo partiti. Adele accennò semplicemente un ‘Buone vacanze, mi mancherete’ per poi sbadigliare e rifugiarsi nella sua stanza, e mia madre nella sua.


*


“Bene” sussurrai, passando l’ultima valigia a Kenny che la sistemò nella mia Range Rover e si avviò all’aereo porto da solo. Io e mamma saremo partiti con la sua nuova macchina, non c’entravamo con tutte quelle valigie. Adele si avvicinò a me, sotto l’arco della mia porta d’ingresso.
Non disse nulla, semplicemente mi abbracciò.
“Sai che ti odiavo, e sai anche se ora mi sei più simpatico. Credo tu debba sapere che mi mancherai” mi sussurrò, con la fronte poggiata sulla mia spalla. Era la dichiarazione più divertente che avessi mai sentito.
“Anche tu mi mancherai, prenditi cura della casa, mi raccomando. E non distruggere niente!” le dissi divertito accarezzandole i capelli. Il nostro rapporto era passato da un semplice rapporto di convivenza tra coinquilini a ‘forse siamo amici’.
“Questo non te lo posso assicurare” sbottò allontanandosi da me e facendo scoppiare entrambi in una risata. La guardai attentamente. I suoi occhi verdi brillavano sotto la luce del sole, i suoi capelli rossi che odoravano ancora del mio stesso shampoo le cadevano liberi sulle spalle, la pelle candida coperta solo dalle lentiggini.
Era stupenda. Dovevo muovermi. Volevo partire con la sicurezza che quando sarei tornato non sarebbe stata più la stessa storia.
“Posso chiederti un favore, Adele?” chiesi, sapendo perfettamente cosa fare. Mi sorrise.
“Tutto quello che vuoi, hai fatto così tanto per me. Però non chiedermi di annaffiarti le piante o pulirti casa, sai che sono negata” sorrisi anch’io.
“Non te lo chiederei mai, metterei a rischio la vita della mia intera casa!” sbottai e mi beccai uno scappellotto. Ci sorridemmo.
“Allora, cosa vuoi che faccia?”
“Baciami” dissi secco e spalancò gli occhi.
“No” rispose arrossendo.
“Perché?!” le chiesi, quasi disperato. Sapevo quello che era successo nel bagno e sapevo che quello non era di certo un no.
“Non posso. Anche se magari a te non sta bene, sei comunque il ragazzo di Selena e a me non va di …” lasciò la frase in sospeso per portarsi una mano sulla fronte, continuando a negare con la testa.
“Fallo e basta, me lo devi” le dissi avvicinandomi a lei, la vidi arretrare e cozzare contro lo stipite della porta.
“Ti prego” le sussurrai avvicinandomi, posando una mano sulla porta, poco sopra la sua spalla. Si avvicinò lentamente, sospirando sulle mie labbra.
“Adele, ti pre..” ma la frase rimase così, perché le mie labbra si trovarono a contatto con le sue.
Morbide, calde, piene. Come le avevo sempre immaginate. Iniziò a muoverle piano e dolcemente sulle mie e credetti di impazzire. In preda all’emozione, toccai con la punta della lingua il suo labbro inferiore.
La sentii sorridere contro le mie labbra, per poi lasciarmi passare. Sospirai sommessamente premendomi contro di lei per poi stingerla a me, portando le mani su quei fianchi perfetti.
Con mia enorme sorpresa, portò le mani sul mio collo, iniziando a giocherellare con i corti capelli che avevo sulla nuca. Un gemito si fece spazio tra le mie labbra, facendomi staccare per un secondo da lei. Sorrise ancora.
“Mi fai impazzire” le sussurrai e mi attirò di nuovo a lei. Era forse un sogno?!
Non ci pensai due volte, e mentre ancora le nostre labbra danzavano insieme, percorsi con le mani la poca distanza tra i suoi fianchi e le sue cosce, facendomi circondare il bacino. In questa stessa posizione, rientrammo dentro e la poggiai con grazia sul divano. Ciò che mi sorprese di più è che lei ci stava, senza opporsi o procurarmi lividi.
Le diedi un ultimo bacio a stampo per poi scendere a baciarle il collo. Questa volta fu il suo turno di sospirare. Sorrisi contro la sua pelle profumata.
“Justin” sussurrò, avvicinandomi a sé. Non me lo feci ripetere due volte e ripresi quella dolce tortura. Preso da chissà quale istinto primordiale, portai una mano al bordo della sua maglietta e la sentii tremare sotto il mio tocco. Poi scosse violentemente la testa.
“Justin”sussurrò ancora, ma questo non era un gemito, era un sussurro deciso e forse anche amareggiato. Mi staccai da lei, mettendomi a sedere e lei mi imitò.
“Scusa non avrei dovuto” dissi imbarazzato.
“No, non è per quello che stavi per fare” sussurrò, tornando a posare lo sguardo nel mio e vidi che era sincera “è per quello che stiamo facendo entrambi, io non” continuò.
“Ragazzi!” ci interruppe mia madre dal piano di sopra. Dio mamma, proprio ora?!
Si allontanò ancora di più da me, si riavviò i capelli e si strofinò energicamente un palmo sulle labbra, come a voler cancellare ciò che era successo. No ragazza, non si sarebbe mai cancellato.
Mia madre arrivò da noi, con un enorme sorriso sulle labbra.
“I nonni hanno detto che Adele può venire con noi!” disse raggiante. E ecco di nuovo l’emozione colmarmi.
“Davvero?” sussurrammo all’unisono io e Adele.
“Certo!” sbottò mia madre, correndo ad abbracciare Adele.



Note d’autore.
Okay, capisco che vorreste uccidermi per l’attesa, però dopo questo capitolo bello lungo lungo pero non lo farete. t-t
C’ho messo più tempo perché, viste le mille visualizzazioni, le ventuno preferite, venti seguite e anche le quattro ricordate volevo premiarvi. :3
Spero di non avervi deluse. :3
Vi adoro, ragazze.
Al prossimo capitolo dolcezze. #withlove.

An.
(:

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Capitolo 13
*** A game of lips. ***


La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 13 – A game of lips.


Dal capitolo precedente:
Le diedi un ultimo bacio a stampo per poi scendere a baciarle il collo. Questa volta fu il suo turno di sospirare. Sorrisi contro la sua pelle profumata.
“Justin” sussurrò, avvicinandomi a sé. Non me lo feci ripetere due volte e ripresi quella dolce tortura. Preso da chissà quale istinto primordiale, portai una mano al bordo della sua maglietta e la sentii tremare sotto il mio tocco. Poi scosse violentemente la testa.
“Justin”sussurrò ancora, ma questo non era un gemito, era un sussurro deciso e forse anche amareggiato. Mi staccai da lei, mettendomi a sedere e lei mi imitò.
“Scusa non avrei dovuto” dissi imbarazzato.
“No, non è per quello che stavi per fare” sussurrò, tornando a posare lo sguardo nel mio e vidi che era sincera “è per quello che stiamo facendo entrambi, io non” continuò.
“Ragazzi!” ci interruppe mia madre dal piano di sopra. Dio mamma, proprio ora?!
Si allontanò ancora di più da me, si riavviò i capelli e si strofinò energicamente un palmo sulle labbra, come a voler cancellare ciò che era successo. No ragazza, non si sarebbe mai cancellato.
Mia madre arrivò da noi, con un enorme sorriso sulle labbra.
“I nonni hanno detto che Adele può venire con noi!” disse raggiante. E ecco di nuovo l’emozione colmarmi.
“Davvero?” sussurrammo all’unisono io e Adele.
“Certo!” sbottò mia madre, correndo ad abbracciare Adele.

Eravamo finalmente in aereo.
Erano passate ormai ore dal quel momento idilliaco che era stato il bacio tra me e Adele. ‘Il bacio ’, certo. “I baci, vorrai dire” dissi a me stesso, pensando alle carezze per nulla innocenti, le mie labbra esigenti sul suo candido collo. Da quando mia madre ci aveva interrotti, si, proprio lì, Adele aveva fatto finta che nulla – e dico nulla – di tutto ciò che era successo fosse davvero accaduto. Un’ingiustizia.
Adele aveva preparato la sua valigia in meno di un quarto d’ora, ficcandoci entusiasta qualsiasi cosa – aveva cercato di farci entrare anche un minuscolo vaso da fiori.
Avevamo preso la macchina, eravamo arrivati lì, io la mamma e lei. Mia madre e Adele borbottavano fitto su cosa avrebbero fatto una volta in Canada, mentre mamma le spiegava tutto ciò che poteva fare in quei dieci minuti di tragitto in macchina. Arrivati in aeroporto Kenny ci aveva fatto una specie di ramanzina sul ritardo, dicendo che probabilmente avevamo perso l’aereo, invece in quel preciso istante una voce femminile aveva detto in tono pratico che il nostro aereo avrebbe tardato di ben due ore.
Lì era iniziata un’altra fase post-bacio. Adele s’era accasciata su una poltroncina, non una qualunque, ma quella accanto alla mia e mia madre l’aveva immediatamente affianca.
Iniziarono di nuovo quella frivola conversazione sul Canada, mentre io riflettevo su quanto fosse stato magnifico quel minuscolo mucchio di minuti in cui ero stato così vicino a lei da sentirla quasi mia e che adesso vederla così, parlare con mia madre senza degnarmi di una parola, neanche uno sguardo era un pugno allo stomaco. Come poteva far così finta che nulla fosse accaduto?
Da quello che riuscivo a sentire sopra il ronzio della mia mente che diceva quanto Adele fosse carina con i capelli arruffati, Adele non aveva mai preso l’aereo.
Avrei voluto dirle che non era niente di che, che era solo un po’ di movimento, come stare su delle montagne russe un po’ speciali; ma non avevo avuto neanche la forza di guardarla negli occhi quando si girò verso di me, allo scoccare delle due ore, per dirmi di andare.
La voce metallica della donna risuonò ancora dagli altoparlanti per avvisarci di allacciare le cinture e cercai di scacciare dalla mia mete il pensiero che Adele mi avesse baciato solo perché le avevo detto che me lo doveva, dopo i favori che le avevo fatto io. Non poteva essere così, lei non era una che donava sorrisi, figuriamoci baci.
Allacciai la cintura e lasciai che i pensieri scivolassero via dalla mia mente. Ero accanto a Kenny. Lo riconobbi nonostante gli occhi chiusi perchè sentivo l’odore della sua colonia e il suo calore accanto alla mia spalla. Ma improvvisamente qualcosa cambiò. Il suo calore abbandonò il posto accanto al mio, mentre borbottava qualcosa, per poi essere rimpiazzato da un odore migliore e da un corpo decisamente meno..espansivo, ecco.
Riaprii gli occhi, sorpreso.
“Dormivi?” chiese Adele, accoccolandosi come meglio poteva sul sedile trattenuta dalla cintura. Alla fine riuscì a portare entrambi i piedi sul sedile.
“No” risposi senza sapere bene cosa dirle, ipnotizzato da quegli enormi occhi verdi.
“Kenny ha detto che preferiva il posto vicino al finestrino, mentre io ho una fifa esagerata. Quindi eccomi” disse sorridendomi. La voglia di averla ancora premuta sotto di me risvegliò quella cosa nel mio petto, facendola sussultare.
“Ho preso l’aereo abbastanza volte per dirti che dopo la prima ci fai l’abitudine, anzi, diventerà piacevole, vedrai” la rassicurai, cercando di buttare giù dall’aereo l’immagine di me e lei, avvinghiati uno all’altro sul divano di casa mia.
Mi guardò attentamente negli occhi, poi si sporse verso di me portando di nuovo entrambe le gambe affusolate giù dal sediolino.
Mi era pericolosamente vicina. In due secondi le avrei potuto circondare quel viso perfetto con entrambe le mani e baciarla fino all’atterraggio.
“So a cosa stai pensando” sussurrò a cinque centimetri dal mio naso, continuando a sostenere il mio sguardo.
“E a cosa penso?” le chiesi, cercando di non guardarla fisso negli occhi, ma quei due fari verdi erano due calamite.
“Al bacio” disse tranquilla.
Sospirai, abbassando ancora la testa contro il cuscinetto intriso di quell’odore pungente del disinfettante.
“Non era un favore, Bieber” disse, posando la testa rossa nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla. Sussultai suscitando in lei una risatina, ma non si mosse.
“E cos’è stato, per te?” le chiesi, cercando di mantenere la voce ferma.
“Lo volevo” disse rialzando la chioma dalla mia spalla e fissandomi negli occhi ora di nuovo aperti. Il mio cuore non aveva perso un battito questa volta, aveva iniziato a battere così freneticamente che avevo paura che potesse scappare dalla mia gabbia toracica.
Mi scrutò per un minuto intero, poi sorrise accarezzandomi i capelli.
“Credo di volerlo ancora. Tu?” disse tranquilla, col sorriso ancora sulle labbra. Aveva un tono pacato e normale, come se stessimo parlando delle previsioni meteo o una festa in paese. Come faceva a essere così tranquilla, mentre dentro di me scoppiava una tempesta?!
Portò ancora lo sguardo nel mio, notando che non rispondevo. Cercai di sorriderle.
“Lo voglio da quando per poco non facevi scoppiare di rabbia Selena in spiaggia Adele, da sempre” sussurrai sincero e parve notarlo, perché nel suo sguardo lessi orgoglio. Ero sicuro che la mia faccia dovesse somigliare più a un pomodoro che ad una faccia vera e propria. Riportò la fulva chioma sulla mia spalla, sospirando.
“Lo sai che non possiamo, meglio di chiunque altro” mormorò iniziando a giocherellare con le pieghe della mia felpa.
“Non sto davvero con Selena, lo sai. Siamo amici e magari all’inizio mi piaceva. Ma la nostra storia è vera quasi quanto un’ipotetica amicizia tra quel Fotter e Vold-qualcosa che mi hai raccontato tu” le dissi, sorpreso dalla sincerità della nostra conversazione.
“Potter e Voldemort, Justin” mi corresse e la sentii sorridere contro la mia spalla.
“Non importa..” sbuffai.
“Ovvio che importa, invece” rispose, alzando la testa e fissandomi. Sospirò.
“Okay, devo dirtelo”
“Dirmi cosa?” chiesi, tra il sorpreso e il confuso.
“Che io e Selena eravamo migliori amiche – oh, non fare quella faccia da ebete! – Lo siamo state finché non le ho rubato il ragazzo” disse. Questa volta in quei due squarci di prato che erano i suoi occhi lessi tristezza, tanta.
“C-cosa?” sbottai, decisamente confuso.
“Si, eravamo insperabili. Io lei e Ally eravamo un trio. Poi lei è diventata famosa ma non ci siamo mai davvero divise. Quando Ally se ne andò mi rimase solo lei, ma anche lei era lontana. Avevamo sedici anni e lei usciva con Nick Jonas, non so se ricordi. In quel periodo ero maledettamente sola e quando mi chiamò per passare il week end da lei, il suo ragazzo ci provò per scherzo con me e io lo baciai. Selena era furiosa. Non posso farle lo stesso, non di nuovo!” sbottò, due lacrime le solcarono il viso. E adesso sapevo anche l’unica altra terza volta che aveva pianto nella sua vita, quella ‘top-secret’.
“Mi dispiace contraddirti Adele” sussurrai, asciugandole con il pollice la lacrima “ma io e lei non-stiamo-insieme. Se lei continua a dirlo è solo per la fama. Io non la amo” continuai, indeciso se dirle che probabilmente l’unica che amavo era lei.
“Volente o no, Justin, a lei piaci e sarebbe una conferma di quel ‘troia’ che mi urlò d’avanti a tutti due anni fa” sussurrò avvicinandosi.
Non ci pensai due volte e le porsi la domanda che vagava nella mia mente: “Perché ieri nel bagno non hai voluto baciarmi?”
“Per lo stesso motivo, scemo” disse facendo comparire un sorrisetto sulle sue labbra perfette. Sentii ridacchiare alle mie spalle. Sporsi la testa e scorsi mia madre, che sorrideva come una bambina davanti al cioccolato. Scossi la testa. Sempre la solita. Ormai era palese che amava Adele.
Mi avvicinai alla ragazza in questione, spostandole dalla fronte una ciocca che era sfuggita alla coda che stava cercando di farsi.
“Adele?” la chiamai. Lasciò perdere la coda e una cascata di capelli rosso vivo invase entrambi. Ci sorridemmo.
“Potresti..rifarlo?” chiesi, con voce tremante. Mi avvicinai ancora di più. Sentivo il suo respiro solleticare il mio, le sue labbra che per parlare sfioravano le mie così leggermente da farmi formicolare il labbro inferiore.
“Intendi la cascata di capelli?” sussurrò maliziosa.
“No” mormorai a meno di un centimetro dalla porta del paradiso. La vidi sorridere, prima di portare entrambi le mie mani sui suoi fianchi perfetti e le sue raggiunsero la mia nuca.
“Ti ho mentito. Ho già preso l’aereo, per andare con mio fratello in Italia. Quando eravamo così vicini al cielo facevamo finta di essere in un’altra vita, fingendo di avere enormi ville o cose del genere” disse, ma sapevo che c’era dell’altro. Eppure non la lasciai finire.
“Potremmo fingere di essere Justin e Adele, due ragazzi che si baciano dolcemente in un aereo senza preoccuparsi del fatto che potrebbero vederci e” ma questa volta lei interruppe me, portando un dito alle mie labbra.
“Per una buona volta, Bieber, usa quelle labbra per qualcosa di utile!” sbottò a bassa voce, mentre si appropriava delle mie – ma ormai anche sue – labbra.
Ci baciammo, ancora, e ancora. Sentivo mia madre esultare in silenzio e dare gomitate a Kenny ogni volta che le nostre labbra si allontanavano per riunirsi. Era uno strano gioco. Lei stuzzicava me mordendomi il labbro e io scendevo a baciarle il collo – avevo capito che era quello il suo punto debole – e per punirmi mi mordicchiava il labbro, intrecciando le dita sottili ai miei capelli, il mio punto debole. E tutto ricominciava d'accapo. Esattamente come un gioco.
Si, uno strano gioco, ma forse il mio preferito.
Più dell’hokey col nonno, i canestri con Kenny sul Tour bus, la xbox. Era un gioco di labbra, carezze passionali e, almeno da parte mia, tutto l’amore che avevo.



Note d’autore.
Macciao donzelle. :3
Ho notato che non aspettavate che il bacio, beh, credetemi, anche io.
Ma in realtà questo è solo l’inizio. Ma non voglio anticiparvi nulla. v.v
Vi ringrazio come sempre, siete fantastiche. Anche se vedere che le recensioni diminuiscono non è bello. e.e
Ma sono comunque contenta per le mille e passa visualizzazioni, graaaaazie ancora. :3
Sperando che vi piaccia. e.e
Al prossimo capitolo, #withlove.

An.
(:

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Capitolo 14
*** Qualcos'altro?! ***


Note d’autore.
Macciao. :3
Okay, questo capitolo non è granchè. e.e
Ma dovevo comunque far vedere l’arrivo e perché da un momento all’altro Adele si sia fatta baciare comunque. :3
Ringrazio i 25 preferiti, i 5 ricordati e i 24 seguiti. Siete adorabili
Grazie ancora, ragazze. Vi amo. :3
Adesso vi lascio al capitolo e.e BUONA LETTURA.
Al prossimo capitolo, #withmuchlove.

An.
(:


P.s.: Vorrei dire ad Alee che per le visualizzazioni basta andare in gestisci storie e ti escono affianco ad ogni capitolo. :3
P.p.s: A chi piacesse Harry Potter ho scritto anche una One-shot. :3
La potete trovare qui: Finalmente noi. .
Grazie mille a tutti quelli che la leggeranno. :3


La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 14 – Qualcos’altro?


Dal capitolo precedente:
“Potremmo fingere di essere Justin e Adele, due ragazzi che si baciano dolcemente in un aereo senza preoccuparsi del fatto che potrebbero vederci e” ma questa volta lei interruppe me, portando un dito alle mie labbra.
“Per una buona volta, Bieber, usa quelle labbra per qualcosa di utile!” sbottò a bassa voce, mentre si appropriava delle mie – ma ormai anche sue – labbra.
Ci baciammo, ancora, e ancora. Sentivo mia madre esultare in silenzio e dare gomitate a Kenny ogni volta che le nostre labbra si allontanavano per riunirsi. Era uno strano gioco. Lei stuzzicava me mordendomi il labbro e io scendevo a baciarle il collo – avevo capito che era quello il suo punto debole – e per punirmi mi mordicchiava il labbro, intrecciando le dita sottili ai miei capelli, il mio punto debole. E tutto ricominciava d'accapo. Esattamente come un gioco.
Si, uno strano gioco, ma forse il mio preferito.
Più dell’hokey col nonno, i canestri con Kenny sul Tour bus, la xbox. Era un gioco di labbra, carezze passionali e, almeno da parte mia, tutto l’amore che avevo.

Eravamo lì da pochi minuti, o forse ore, chi avrebbe potuto saperlo. Eravamo chiusi in quella nostra bolla di fantasia.
Mi baciò ancora le labbra, con estrema delicatezza. Un bacio casto, un leggero sfiorarsi di labbra.
Le accarezzai esitante la schiena mentre poggiava la fronte contro la mia. Le sorrisi, felice.
“Avanti voi due, stiamo per atterrare, le cinture!” sbottò Kenny dietro di me, mentre mia madre sembrava stesse sognando, con quell’espressione euforica appiccicata al viso. Neanche due secondi dopo la metallica voce femminile annunciò la stessa cosa.
“Levami le mani da dosso, razza di molestatore” mi sussurrò Adele all’orecchio, prima di baciarmi il collo annullando qualsiasi cosa per la quale l’avrei potuta lasciare.
Notando gli scarsi sintomi di vita da parte mia, si allontanò lei, sorridendo tranquilla. Salutò con un gesto della mano un perfetto sconosciuto che ci osservava da parecchio tempo, il quale distolse subito lo sguardo, imbarazzato.
“Non vorrei mai tornare con i piedi per terra” sbuffai allacciando la cintura.
“Oh, ma davvero?” mi fissò maliziosamente – mentre mia madre se la rideva alla grande accompagnata da Kenny, per poi allacciare la sua cintura e iniziare a canticchiare indisturbata.
Prima o poi le avrei chiesto come diamine faceva.
Poco dopo ci trovammo in macchina, di nuovo. Io, Kenny e Adele nella mia macchina e mia madre con le valigie nella sua. Aveva insistito perché io e Adele stessimo insieme. In certi momenti credi di amare tua madre più del solito.
Fissavo il finestrino cercando di non pensare ad Adele che chiacchierava eccitata con Ally al telefono, commentando qualsiasi ragazzo canadese ci sfilasse accanto. Dopo venti minuti interminabili si salutarono e lei sospirò.
Appoggiò la testa sulle mie gambe risvegliandomi dal come apparente. Mi sporsi verso di lei, accarezzandole la nuca e posandole un bacio gentile sulla tempia.
“Adesso siamo con i piedi per terra” sussurrò. La macchina sobbalzò. “Più o meno” continuò facendo sorridere tutti e tre.
“Non possiamo semplicemente continuare a restare dov’eravamo?” chiesi abbandonando la testa sulla sua. “No che non possiamo, lo sai” disse alzandosi. Le bloccai una spalla e la riaccompagnai alle mie gambe. Si lasciò guidare. Prese a giocherellare con i lacci della felpa.
Okay, dovevo solo fingere di non pensare solamente a lei, di non volerla sempre accanto a me. Di non amarla.
“Come vuoi” sussurrai in risposta, continuando ad accarezzarle la chioma. Ogni carezza era seguita da un mugolio. Come potevamo restare ‘solo amici’ ?!
“Ti devo delle scuse, Justin” sospirò improvvisamente, stendendosi a pancia in su.
“Perché mi vieti ciò che voglio?” domandai con tono ironico, guadagnandomi uno sguardo tra il divertito e il severo.
“Okay, scusa. Continua”
“Dicevo. Ti devo delle scuse. Sto usando questa specie di nostra…” continuò, ma la interruppi ancora.
“Secondo te è una relazione clandestina” mormorai e la vidi annuire.
“Esatto. La sto usando per – è difficile ammetterlo – per essere felice. Sai bene come ultimamente la mia vita stia andando a rotoli e” no, basta.
Le premetti quasi con violenza le labbra sulle sue.
“È ciò che voglio, che su queste labbra ci sia sempre un sorriso” le sussurrai “da baciare” continuai avvicinandomi ancora, ma mi premette una mano sul petto.
“Siamo arrivati, Biebs” disse.
“Come mi hai chiamato?” chiesi, sorpreso. Mi sorrise alzandosi e riavviandosi i capelli. Quasi tremai dall’emozione notando la casa dei nonni di fronte a noi. ‘Sei a casa, Bieber’ pensai.
“Biebs. Tua madre mi ha detto che spesso ti chiamano così, no?” annuii sorridendo come un ebete. Uscimmo dall’auto e aiutai Kenny a cacciare tutte le valigie.
“Oh oh, chi si rivede” oddio, quella voce. Alzai lo sguardo di scatto.
Loro, quelli con cui ero cresciuto, quelli che nonostante lontananza e fama erano sempre stati i miei migliori amici.
“Chaz. Chris. Ryan. Ommioddio” sbottai, correndogli incontro. Ci abbracciammo uno alla volta. Poi Chaz tornò a sorseggiare la sua bibita.
“Come va super star?” mi chiese Chris aggiustandosi la visiera del cappellino.
“A meraviglia” dissi, sorridendo a tutti e tre. Mi erano mancati così tanto.
“C’entra qualche ragazza” dissero all’unisono Ryan e Chaz, per poi fissare Adele che, sostenendo un peso molto più grande di lei, era caduta per terra e se la rideva accompagnata da mia madre, mentre Kenny cercava di riportarla in piedi.
“Qualcos’altro?!” sospirò Ryan deluso facendo scoppiare tutti a ridere. In quello stesso istante Adele, tornata magicamente in piedi, mi affiancò.
“Di cosa parlate?” chiese con tono amichevole e sorridendo a tutti; prese il cappellino di Chris, aggiustandoselo per bene sulla testa e sfilò il succo dalle mani di Chaz. Entrambi la fissavano con sguardi quasi omicidi. Sorrise ancora.
“Grazie del benvenuto” disse felice, sorseggiando la bevanda. “Uh, ottimo” sussurrò allontanandosi.
“Ripeto. Qualcos’altro?!” sbottò Ryan.
“Almeno a te non ha preso niente!” piagnucolarono Chaz e Chris,e io scoppiai a ridere sotto i loro sguardi.
“Vi assicuro che è unica, qualcosa di mitico” dissi ancora tra una risata e l’altra, accompagnandoli dentro.
Salutai i nonni presentandogli Adele – ‘Oh, ma che carina!’ aveva subito risposto la nonna. Quella ragazza riusciva a farsi amare da tutti – poi tornammo in giardino, dove trovammo Adele stesa sul prato, il succo ormai vuoto di Chaz al suo fianco, il cappellino ancora sugli occhi.
“Hei tu! Dammi il mio cappello” le urlò Chris. Adele si alzò con tranquillità, avvicinandosi a noi.
“Ciao anche a te” sussurrò, per poi sfilarsi il cappello dalla fronte e sistemarlo su quella di un imbambolato Chris. Gli aggiustò il ciuffo biondo con le sue dita delicate e quel qualcosa ruggì nel petto, decisamente non più felice. Avrei voluto prenderla per le spalle e allontanarla da lui. Come potevo essere geloso di un mio migliore amico?!
“Anche io voglio il mio succo, però” sussurrò imbarazzato Chaz, fissando quasi disperato la bottiglia vuota nell’altra mano di Adele.
“Prima o poi te ne farò uno. Era fatto a mano, vero? Ottimo” rispose deliziata. Lui annuì sorridendo. Okay, stavamo esagerando.
“Chi sei bellezza?” chiese Ryan, rivolgendosi ad Adele. L’aveva chiamata davvero ‘bellezza’?!
“Piacere Adele, Adele Habbot. Coinquilina distruggi-tutto della super star” disse sorridendo a tutti, indicandomi con il pollice. Le pizzicai un fianco e mi fece un occhiolino. Distolsi immediatamente lo sguardo mentre Ryan ridacchiava. Gli diedi uno scappellotto e parve riprendersi.
“Loro sono Chaz, Christian, meglio conosciuto come Chris, e ultimo ma non meno imbecille Ryan. Migliori amici, da sempre” dissi indicandoli uno ad uno – questa volta mi beccai io uno scappellotto da Ryan.
“Justin! Adele! Le vostre valigie non si disferanno da sole!” urlò mia madre dalla finestra della cucina. Adele la salutò con un gesto energico della mano facendola sorridere.
Salutai i ragazzi con la nostra stretta di mano secolare mentre Adele si limitò a un sorrisetto. Quando fummo in cucina, lontano dai ragazzi, Adele mi scompigliò i capelli.
“Ultimo ma non meno imbecille “ mi fece il verso, cercai di ignorarla anche se da quanto era vicina sembrava tutto più difficile.
“Geloso, Biebs?” mi chiese, senza allontanarsi di un millimetro.
“Assolutamente no; e smettila con tutti questi ‘Biebs’. Sono Biebs solo per gli amici” sussurrai imitandola.
“Oh, ma per piacere. E vorresti dirmi che io e te non siamo amici?” mormorò con voce bassa ed estremamente sensuale, per poi darmi un energica pacca sul sedere.
“Mh mh” mormorò piacevolmente colpita. Le sorrisi orgoglioso e lei me ne diede un’altra, avvicinandosi così tanto che il mio petto toccava il suo. Non potevo resisterle. Le circondai il viso con entrambi le mani e la baciai con tutta la passione possibile.
Mi lasciò giocare con la sua lingua mentre lei giocava con i miei capelli, ma poi si staccò.
“Autocontrollo Bieber” mi sussurrò all’orecchio per poi andarsene.
“Dio ragazza” sussurrai a me stesso, visto che lei ormai era già scivolata via dalla stanza.
“Parli da solo adesso?” chiese mia madre alle mie spalle.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli.
“Quella ragazza ti sta facendo diventare pazzo. L’adoro!” sbottò mia madre prima di uscire anche lei.
‘Si mamma, mi sta facendo diventare decisamente pazzo’.


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Capitolo 15
*** I can’t stay away from you. ***


Spazio autore.
Okay okay, lo dico da ora. e.e
Non aspettatevi nulla, è un capitolo orribile. Ma mi sembrava dolce e l’ho pubblicato comunque. :3
Non so se il prossimo capitolo lo metto prima di agosto, parecchie sono in vacanza twt
Però nulla è deciso ancora. e.e
Ringrazio come al solito (Diamine e quanto sei ripetitiva!) tutte voi. :’)
Dio, quasi dimenticavo. e.e
un favore enorme, passate da lei ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=760601&i=1 ) MERITA. e.e Al prossimo capitolo dolcezze, #withlove.
An











La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 15 – I can’t stay away from you.


Dal capitolo precedente:
“Geloso, Biebs?” mi chiese, senza allontanarsi di un millimetro.
“Assolutamente no; e smettila con tutti questi ‘Biebs’. Sono Biebs solo per gli amici” sussurrai imitandola.
“Oh, ma per piacere. E vorresti dirmi che io e te non siamo amici?” mormorò con voce bassa ed estremamente sensuale, per poi darmi un energica pacca sul sedere.
“Mh mh” mormorò piacevolmente colpita. Le sorrisi orgoglioso e lei me ne diede un’altra, avvicinandosi così tanto che il mio petto toccava il suo. Non potevo resisterle. Le circondai il viso con entrambi le mani e la baciai con tutta la passione possibile.
Mi lasciò giocare con la sua lingua mentre lei giocava con i miei capelli, ma poi si staccò.
“Autocontrollo Bieber” mi sussurrò all’orecchio per poi andarsene.
“Dio ragazza” sussurrai a me stesso, visto che lei ormai era già scivolata via dalla stanza.
“Parli da solo adesso?” chiese mia madre alle mie spalle.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli.
“Quella ragazza ti sta facendo diventare pazzo. L’adoro!” sbottò mia madre prima di uscire anche lei.
‘Si mamma, mi sta facendo diventare decisamente pazzo’.




La nonna aveva acconsentito a far restare Adele in Canada, a una condizione.
Uno di noi due avrebbe dormito sul divano. E di sicuro da bravo gentiluomo sarei dovuto andare io, ma come facevo a dire di no a quel letto in cui ero cresciuto?
La mamma aveva detto ‘siete così amici, perché non dormite insieme?’ e da allora l’immagine di me e lei, nello stesso letto a una sola – minuscola – piazza aveva abitato la mia povera mente. Ma Adele aveva accettato di dormire sul divano e tutto era svanito.
Eppure l’immagine restava. Avrei dovuto trovare qualcosa per scacciare via i pensieri.
Dopo cena, finalmente, mi venne in mente un rimedio.
Da sempre, le docce fredde riuscivano a farmi calmare e dimenticare per un po’ il resto del mondo. Insomma, era l’ideale in quel momento.
Presi qualcosa a casaccio dall’armadio – okay magari per sbaglio presi una T-shirt di Adele per farmi da pigiama – e quasi ipnotizzato la portai al naso.
Menta, Dio santo. Stavo davvero annusando una maglietta?!
Scossi la testa come se potessi così eliminare anche quest’altro pensiero e la presi comunque. Aprii la porta del bagno mantenendo in bilico su una sola mano l’accappatoio e il ‘pigiama’, ma qualcosa mi fece cadere tutto per terra.
Adele. Sotto la doccia. Sentii quel maledetto qualcosa rivoltarsi entusiasta nel petto.
“Pattie, sei tu?” chiese lei, chiudendo l’acqua e tirando un asciugamano che aveva appoggiato alla cabina della doccia.
“N-no” balbettai, prendendo ciò che avevo lasciato cadere.
“Justin!” sbottò lei, uscendo dalla cabina con l’asciugamano ben arrotolato addosso.
“Non ho visto nulla Ade, non ti preoccupare” sussurrai girandomi dall’altro lato.
“Non chiamarmi Ade” rispose e vidi dallo specchio di fronte a me che si stava sciogliendo la coda che aveva fatto per non bagnarsi i capelli, mentre le guance le si erano tinte di una deliziosa tonalità chiara di rosso.
“Tu non chiamarmi Biebs” le risposi voltandomi di nuovo.
“Odio quando hai ragione” sussurrò facendomi voltare ancora una volta e premendo una mano sui miei occhi. Sentii il fruscio dell’asciugamano che cadeva sul pavimento e quello molto più leggero del cotone che toccava la sua pelle. ‘Justin, resta calmo per favore, calmo’ sussurrai a me stesso, così a bassa voce che non uscì quasi alcun suono dalle mie labbra.
“Hai detto qualcosa?” mi chiese lasciando stare i miei occhi e donandomi di nuovo la vista. Indossava la maglietta che avevo portato io lasciando le gambe perfette scoperte. Non sarei riuscito a stare calmo ancora a lungo.
“No” dissi secco mordendomi il labbro e cercando di non fissare quella sua porzione di corpo.
“Come mai avevi una mia maglietta?” chiese sorridendo maliziosamente. ‘perché il tuo profumo mi fa andare in estasi’ sarebbe stata una risposta corretta, ma ovviamente non le dissi nulla.
“Ne ho una uguale, forse le ho confuse..” bofonchiai.
“Oh. Allora forse questa è la tua!” disse, portando le mani al bordo dell’enorme t-shirt per sfilarla. Le bloccai entrambi i polsi facendo cadere di nuovo l’accappatoio.
“Non-levarla. Ti prego” le sussurrai sentendo le guancie avvampare.
“Oooh” ripeté, ma questo significava ‘oh, t’ho beccato’, ne ero certo. Mi guardo intensamente, per poi poggiare le labbra sulle mie. No, non dovevo sempre cedere, non poteva ancora trattarmi così. Mi prendeva quando voleva per poi posarmi nell’angolo quando si era annoiata. Assolutamente no. Mi staccai e mi guardò sorpresa.
“La devi smettere di baciarmi quando siamo soli e poi trattarmi come uno sconosciuto. Non è facile andare avanti così” dissi tutto d’un fiato cercando di mantenere la calma. Abbassò la testa.
“Scusa è che” sussurrò ma la stoppai.
“Niente scuse o roba simile, ti prego. Adesso mi lasci fare la doccia?” mormorai allontanandomi da lei e sfilandomi la felpa.
“Si, certo” disse più alle sue scarpe che a me, e poi sbattè la porta alle sue spalle.
Magari avevo detto ciò che mi passava per la testa ma mi sentivo solo peggio. L’avevo vista piangere, ma vederla così per colpa mia mi faceva stare peggio. Eppure non sopportavo l’idea di doverla avere solo quando lei ne aveva voglia.

*

Mi rigirai nel letto. Ero lì da ore, probabilmente. Non riuscivo a dormire. Appena chiudevo gli occhi pensavo alla cazzata che ho fatto con Adele. Sospirai e per la decima volta mi scrollai le coperte da dosso e mi alzai dal letto. Decima volta che avevo deciso di andarle a chiedere scusa.
Mi ributtai nel letto rassegnato. Non avevo il coraggio di andare lì, guardarla di nuovo negli occhi. Solo per la mia stupida ossessione, non posso perderla. Infondo mi bastava anche averla tra le braccia quei pochi momenti al giorno. Passai una mano sugli occhi. Un rumore mi distrasse dal mio monologo interiore. Assomigliava tanto a qualcosa che cadeva.
“Non di nuovo!” sbottai.
Saltai giù dal letto e corsi nel corridoio. Tutto sembrava tranquillo. Camminai lentamente fino al salotto stranamente ancora illuminato dalla luce fioca di una lampada, dove trovai Adele stesa per terra a guardare il soffitto.
“Hai sentito anche tu quel rumore?” chiesi, cercando di evitare il suo sguardo.
“Si, colpa mia, ovviamente. Ho lanciato una ciabatta” mi rispose, con tono piatto.
Sospirai facendomi coraggio. Mi stesi accanto a lei sul tappeto.
“Perché fissi il soffitto?” chiesi ancora. Assomigliava tanto a uno di quegli interrogatori in cui io ero il poliziotto e lei la detenuta. No, non andava bene.
“Sono caduta per lanciare la ciabatta, in realtà” sussurrò alzandosi e spolverandosi la t-shirt che ancora lasciava scoperte le sue cosce.
“Tu resti lì?”domandò indicando il pavimento mentre si stendeva sul divano.
“No. E nemmeno tu” sussurrai accatastando tutto il coraggio possibile e alzandomi. Mi fissò.
“Infatti sono già sul divano” mormorò prima di girarsi dall’altro lato.
“Adele, scusa per oggi dopo cena. Sono stato uno stronzo. Non dovevo e” dissi ma mi fermò con un gesto della mano alzandosi.
“E stai sbagliando tutto Justin. Non è colpa tua, e hai ragione a dirmi di smetterla. Tutto quello che è successo non doveva succedere e ti ho spiegato il perché; invece è accaduto e credo dovremmo smetterla” sbottò superandomi e camminando decisa verso la porta d’ingresso.
“Eh no. Hai parlato tu, parlo anche io” asserii prendendola per un braccio. Sbuffò ma la ignorai.
“Oggi è stato solo uno scatto di gelosia per quel ‘bellezza’ di Ryan e perché i miei amici ti trovano fantastica e io ti voglio solo per me” sussurrai per poi attirarla tra le mie braccia. Mi cinse i fianchi quasi a tempo record e ci trovammo aggrovigliati in un abbraccio di riappacificazione. Le baciai la testa.
“Non riesco a stare lontano da te” le dissi sincero alzandole il mento verso di me. Mi fissava dritto negli occhi.
“Sei importante Justin” sussurrò prima di rifugiare ancora la testa nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla.
“Pace” mi chiese allontanandosi da me e mostrandomi il mignolo. Glielo strinsi col mio.
“Pace” sussurrai prima di sfiorarle le labbra con le mie.
“Ragazzi?” una voce fuori campo, mia madre.
Io e Adele ci staccammo all’istante.
“Cosa fate?” chiese con un finto tono ingenuo, sorridendo.
“Justin mi è venuto a dire che il letto non fa per lui, ma preferisce il divano. Ho proprio accettato in questo momento di andare a dormire io lì lasciando a lui l’adorato divano!” sbottò Adele sorridendo a mia madre.
“Ma..” iniziai ma lei già aveva salutato mia madre e si era avviata verso il corridoio dopo avermi fatto un occhiolino.
“Quando è dolce il mio ometto!” sussurrò mia madre prima di andarsene anche lei. Sbuffai accasciandomi sul divano.
Cosa avevo fatto per meritarmi una ragazza così?!


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Capitolo 16
*** Her return. ***


Spazio autore.
Ecco il nuovo capitolo ragazze e.e
Alla fine ho aggiornato comunque u.u
Ho due notizie. Una buona, l’altra cattiva e.e
Quella buona è che continuerò ad aggiornare e quella cattiva è che mancano solo quattro capitoli alla fine twt
Vi rignrazio tutte ragazze, tutte.
#withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)







La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 16 - Her return.


Dal capitolo precedente:
“Oggi è stato solo uno scatto di gelosia per quel ‘bellezza’ di Ryan e perché i miei amici ti trovano fantastica e io ti voglio solo per me” sussurrai per poi attirarla tra le mie braccia. Mi cinse i fianchi quasi a tempo record e ci trovammo aggrovigliati in un abbraccio di riappacificazione. Le baciai la testa.
“Non riesco a stare lontano da te” le dissi sincero alzandole il mento verso di me. Mi fissava dritto negli occhi.
“Sei importante Justin” sussurrò prima di rifugiare ancora la testa nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla.
“Pace” mi chiese allontanandosi da me e mostrandomi il mignolo. Glielo strinsi col mio.
“Pace” sussurrai prima di sfiorarle le labbra con le mie.
“Ragazzi?” una voce fuori campo, mia madre.
Io e Adele ci staccammo all’istante.
“Cosa fate?” chiese con un finto tono ingenuo, sorridendo.
“Justin mi è venuto a dire che il letto non fa per lui, ma preferisce il divano. Ho proprio accettato in questo momento di andare a dormire io lì lasciando a lui l’adorato divano!” sbottò Adele sorridendo a mia madre.
“Ma..” iniziai ma lei già aveva salutato mia madre e si era avviata verso il corridoio dopo avermi fatto un occhiolino.
“Quando è dolce il mio ometto!” sussurrò mia madre prima di andarsene anche lei. Sbuffai accasciandomi sul divano.
Cosa avevo fatto per meritarmi una ragazza così?!



Non sapevo bene se ero già sveglio o no. Qualcosa di caldo era scivolato sotto la mia testa e un brusio piacevole mi riempiva le orecchie. Delle carezze gentili iniziarono a posarsi tra i miei capelli. Dopo alcuni minuti tutto finì, anche il calore scivolò di nuovo via.
Aprì gli occhi lentamente, accecato da una luce improvvisa.
“Ma buongiorno!” sbottò Adele lasciando scivolare dalle sue mani la tenda e facendo tornare un po’ di oscurità nella stanza.
“Non solo mi hai rubato il letto ma mi vieni anche a svegliare. Cosa ho fatto per avere questo trattamento speciale?” chiesi ancora assonnato guardandola sedersi accanto a me. Fianco contro fianco, pelle contro t-shirt.
“Ah-ah. Divertente. Ma io so come farmi perdonare” sussurrò prima di avvicinarsi a me e posarmi le labbra calde e morbide sul collo. Mugugnai agganciandole le braccia sui fianchi. Ridacchiò nel mio orecchio.
“Non intendevo così, Justin” mormorò dandomi un altro bacetto per poi alzarsi. Sbuffai e sorrise a qualcosa che stava per terra. Si abbassò sul tappeto e riemerse con un vassoio pieno di biscotti e due bicchieri di latte.
“Wow” sussurrai mettendomi seduto sul divano di fronte ad Adele. L’aiutai a poggiare il vassoio tra di noi senza far cadere nulla.
“Dove hai trovato la roba?” chiesi assaggiando un biscotto. Era semplice pastafrolla con scaglie di cioccolato ma aveva un sapore squisito.
“Ieri ho aiutato tua nonna a cucinare quindi sapevo dove stava tutto. Li ho fatti io, ti piacciono?” chiese addentandone uno anche lei.
“Sono buonissimi” le risposi sorridendole.
“Tutto ciò che è fatto in casa è migliore” disse indicando il vassoio.
“E avresti fatto tutto questo per me?” chiesi.
“No, sinceramente. Non riuscivo a dormire, così mi sono data alla cucina, mia madre era brava essendo metà italiana e mi ha insegnato come fare. Siccome mangiare tutto da sola è triste, e gli altri dormono perché sono quasi le sei del mattino..” raccontò.
Quasi mi strozzai con un pezzo di biscotto.
“Sono quasi le sei?!” sbottai tossendo.
“Si perché?” chiese lei, dandomi colpetti leggeri sulla schiena.
“Non mi sono mai svegliato prima di mezzogiorno in vacanza!” sussurrai tornando a respirare come un umano.
“Bene, perché non sei in vacanza. Ti ho assunto come giuda turistica” mi rispose raggiante.
“Sorvolando il fatto che mi hai svegliato nel cuore della notte, che mi hai fatto dormire sul divano quando tu non dovevi dormire nel mio letto e che mi hai costretto a farti da accompagnatore, devo farti i complimenti per i biscotti, sono ottimi” le confessai.
“Grazie Bieber. Hai delle briciole qui” disse avvicinandosi e pulendomi con il pollice le labbra. Rabbrividii.
“G-grazie” borbottai quando si staccò da me per addentare un altro biscotto.
Prese un telecomando dal tavolinetto avanti al divano e accese la tv.
“Non credi che sveglieremo tutti così?”
“No, non credo. Il volume è bassissimo e poi tu non ti sei svegliato quando mi sono seduta sotto la tua testa. Hai solo mugugnato” disse fissando quello che davano in tv. Quindi era stata lei a svegliarmi con le sue dolci mani tra i miei capelli.
Guardai anche io le immagini scorrere sullo schermo. Visti i personaggi ricoperti di sangue doveva essere un horror.
“Darò la colpa a te se succede” sussurrai masticando un altro delizioso biscotto e strisciando accanto a lei, contro lo schienale.
“Non succederà”replicò appoggiando la testa sulla mia spalla. Annuii e lasciai perdere.
Un tizio dallo strano colorito verde inseguiva un altro poveretto; sentii Adele tremare.
“È un horror” sussurrò stringendosi ancora di più a me, facendomi ridere.
“Non venirmi a dire che hai paura!”le risposi, abbracciandola comunque e tenendola stretta contro il mio petto nudo.
“Preferirei vedere altro” sospirò abbracciandomi.
Spensi la tv facendo ricadere la stanza nella semi oscurità e nel silenzio.
“Così va meglio?” chiesi poggiando la guancia sulla sua testa.
“Abbastanza” rispose allontanandosi da me, ancora.
“Almeno un buongiorno decente me lo dai?” sbottai stendendomi di nuovo sul divano. Chiusi gli occhi ma la sentivo muoversi per la stanza. Poco dopo mi picchiettò sulla spalla. Aprii gli occhi. Era seduta a cavalcioni su di me e mi fissava dall’alto.
“Sono le sette del mattino, credo sia un’ora abbastanza decente per alzarsi sai?” sorrise lei prima di poggiare le sue labbra sulle mie. Questa volta non me la sarei fatta scappare.
Le cinsi i fianchi nello stesso momento in cui – prevedibilmente – si staccò da me.
“Non scappare” le sussurrai a due centimetri dalle labbra. Mi guardò fisso negli occhi. Mi accarezzò una guancia sorridendomi. Mi baciò di nuovo.
Ogni volta che le sue labbra toccavano le mie era una sensazione nuova, non avevo mai provato niente di simile. Neanche niente di minimamente compatibile alla sensazione di felicità che mi invadeva, alle farfalle nello stomaco. Qualcosa di unico e inspiegabile.
Le mie mani vagavano sulla sua schiena coperta dalla t-shirt mentre le sue esploravano il mio petto nudo; solo una volta osai toccare la pelle liscia e nuda della sua coscia.
“Okay, questa volta non vi chiederò cosa state facendo” CAZZO!
“Dio, ma come fa ad interromperci sempre?! Ci spia!” sussurrai così a bassa voce che mi sentii solo Adele –menomale – che scoppiò in una risata senza staccarsi da me.
“Che carina, ride anche alle mie battute!” disse mia madre divertita andandosene.
“Non stavi mica ridendo alla sua battuta?” chiesi ironico accarezzandole ancora la coscia. Sotto il mio tocco sentivo la sua pelle rabbrividire piacevolmente.
“No” sussurrò. Anche solo due lettere sembravano sensuali uscite dalle sue labbra.
Portai le mani intorno al suo viso e la baciai con tutta la passione possibile, fin quando non mi morse il labbro inferiore. Sentii il sapore metallico del sangue sulla lingua. Mi staccai.
“Ahia” sussurrai allontanando il labbro dall’altro.
“Scusa, non volevo” disse con uno sguardo che significava tutt’altro. Sfregò il suo labbro inferiore con il mio prima di baciarlo.
“Ahh, avevi un secondo fine!” mugugnai mentre ci passava sopra la lingua. Sorrise contro le mie labbra.
Si staccò da me e in tempo record mi spinse al limite del divano per poi insinuarsi tra me e lo schienale, di fianco, e posando la testa sul mio petto.
“Ora si. Sai, si sta scomodi a cavalcioni sul divano”
“Certo” e risposi stringendola a me.
“Dovremo fare qualcosa per mia madre. Trovarle un hobby, non so” sbottai accennando alle sue continue interruzioni. Per tutta risposta Adele rise di gusto prima di posarmi le labbra sulla spalla.
“Però prima pensiamo a dove ti porterà la tua guida personale”
“Oh no. È il mio primo giorno qui, devo riprendermi dal viaggio in aereo e dal sonno perso!” disse accoccolandosi sul mio petto. Sospirai.
“Ma cosa devo fare con te, razza di pigrona?” risposi accarezzandola.


*


Alla fine avevamo scelto di non visitare il mio paese d’origine, ma di andare a trovare i miei amici a casa di Christian. Adesso ci trovavamo mano nella mano d’avanti la porta d’ingresso. Bussai al campanello mentre Adele scriveva con il dito cose sconce sul dorso della mia mano. Le lanciai un’occhiataccia e lei ricambiò lo sguardo con uno innocente.
Se, lei innocente.
Ci venne ad aprire Caitlin. Eravamo stati insieme, intorno i miei dodici, tredici anni. Ma in fondo eravamo come fratelli. Nonostante tutto siamo rimasti buoni amici, fortunatamente. Sarebbe stato tragico perdere l’unica migliore amica che avevo avuto e anche l’unica con un po’ di cervello nella nostra comitiva.
Mi abbracciò sorpresa, ricambiai solo con un braccio mentre con l’altro tenevo ancora per mano Adele, che continuava a disegnare.
“Mi avevano detto che eri tornato! Come stai?” chiese entusiasta per poi salutare con un sorridente ‘Ciao!’ Adele che ricambiò felice.
“Bene Cait, tu?” le risposi cercando di non riderle in faccia mentre il pollice di Adele mi scriveva sulla mano ‘Sei un procione gay’.
“Bene, Biebs. Piacere Caitlin, detta Cait” disse porgendo la mano ad Adele.
Quest’ultima lasciò la mia per stringere quella di Cait.
“So chi sei, in realtà conoscevo anche quei tre di ieri. Sai, la mia migliore amica Ally è tipo fanatica di ‘sto tipo!” sbottò indicandomi con il pollice. Scoppiarono tutte e due a ridere, mentre io le fissavo.
“Finito?!” chiesi con un finto tono offeso. Adele riprese la mia mano e la strinse con la sua.
“Vorrei dirti tante altre cose, tesoro mio” disse per poi scrivermi sul palmo ‘sesso’. Mi trattenni dal ridere.
“Uhh ma voi state insieme!” sbottò Cait indicando le nostre mani unite. Le sorrisi orgoglioso.
“In realtà è un progetto di assistenza sociale. Devo aiutare quelli ridotti peggio!” disse Adele con finto tono professionale facendo scoppiare di nuovo entrambe a ridere.
“Ci rinuncio sapete?” sospirai entrando dentro. Le due ragazze mi seguirono ancora sghignazzando. Mi sistemai sul divano che conoscevo bene accanto un Adele divertita a prendere tutti in giro e Ryan che non staccava gli occhi da Cait; quest’ultima appena Ryan spostava lo sguardo tornava a fissarlo anche lei.
Tra quei due sembrava esserci qualcosa ma non mi ci soffermai, la mia attenzione era rivolta tutta ad Adele che interagiva con i miei amici neanche li conoscesse da sempre come me. Ci divertimmo un casino a lanciarci i seimila cuscini che la madre di Chris e Cait aveva in casa fin quando Chaz non ruppe un vaso e ognuno torno sghignazzando a casa propria, lasciando i due poveri fratelli a incollare di nuovo tutti i pezzi.
“Tra Ryan e Cait c’è qualcosa, l’hai notato?” chiese Adele mentre camminavamo per tornare a casa.
“Certo che l’ho notato, ma ero troppo impegnato a guardare te” le sussurrai.
“Non mi sorprendi con frasi sdolcinate Bieber” disse in risposta sorridendomi complice e lasciandomi la mano per bussare alla porta.
Mia madre con un’espressione alquanto preoccupata ci venne ad aprire.
“Cos’è successo Pattie?”
“È qui. Vuole parlare con te” ci disse mia madre facendoci entrare. ‘Perfetto, manteniamo la calma.’

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Capitolo 17
*** I really like you, Adele. ***


Spazio autore.
Ciao bellezze :3
Avevo promesso a una mia amica un capitolo entro venerdì e visto che non è ancora superata la mezza notte ho mantenuto la promessa uù
In questo capitolo tutti cambiano. èé
Adele cambia, Selena cambia. Tutti uù
Spero che non sia uno schifo totale çWWç
Ovviamente ringrazio tutte, mi rendete così dannatamente felice ed orgogliosa di voi :’33
Al prossimo capitolo, #withlove

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La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 17 - I really like you, Adele.


Dal capitolo precedente:
“Uhh ma voi state insieme!” sbottò Cait indicando le nostre mani unite. Le sorrisi orgoglioso.
“In realtà è un progetto di assistenza sociale. Devo aiutare quelli ridotti peggio!” disse Adele con finto tono professionale facendo scoppiare di nuovo entrambe a ridere.
“Ci rinuncio sapete?” sospirai entrando dentro. Le due ragazze mi seguirono ancora sghignazzando. Mi sistemai sul divano che conoscevo bene accanto un Adele divertita a prendere tutti in giro e Ryan che non staccava gli occhi da Cait; quest’ultima appena Ryan spostava lo sguardo tornava a fissarlo anche lei.
Tra quei due sembrava esserci qualcosa ma non mi ci soffermai, la mia attenzione era rivolta tutta ad Adele che interagiva con i miei amici neanche li conoscesse da sempre come me. Ci divertimmo un casino a lanciarci i seimila cuscini che la madre di Chris e Cait aveva in casa fin quando Chaz non ruppe un vaso e ognuno torno sghignazzando a casa propria, lasciando i due poveri fratelli a incollare di nuovo tutti i pezzi.
“Tra Ryan e Cait c’è qualcosa, l’hai notato?” chiese Adele mentre camminavamo per tornare a casa. “Certo che l’ho notato, ma ero troppo impegnato a guardare te” le sussurrai.
“Non mi sorprendi con frasi sdolcinate Bieber” disse in risposta sorridendomi complice e lasciandomi la mano per bussare alla porta.
Mia madre con un’espressione alquanto preoccupata ci venne ad aprire.
“Cos’è successo Pattie?”
“È qui. Vuole parlare con te” ci disse mia madre facendoci entrare. ‘Perfetto, manteniamo la calma.’




Entrammo in silenzio. Mia madre sgattaiolò sotto l’arcata della porta che divideva il salotto dal resto della casa mentre Adele si sistemò sulla poltrona lasciando a me il posto accanto a Selena sul divano.
“Hallo” sospirò Adele incrociando le gambe.
“Ciao Justin” mi salutò Selena con un sorrisetto. Adele sbuffò ma non si alzò.
“Mia madre ha detto che vuoi parlarmi, dimmi tutto” le dissi guardandola fissa negli occhi. Non avrei mai più fatto finti appuntamenti con finti paparazzi. Già non li sopportavo normalmente, figuriamoci ora che c’era Adele.
“Non hai ancora letto i giornali?!” sbottò quasi indignata prendendo una rivista dalla sua borsa firmata e porgendomela. Era già aperta su una pagina precisa, dove una foto mia e di Selena di qualche settimana prima che sorridevamo all’obbiettivo dominava un’intera pagina.
Sotto a grandi lettere rosa shocking il titolo dell’articolo recitava ‘Justin Bieber e Selena Gomz, la coppia più sparlata sul web’.
L’altra pagina era coperta da scatti poco precisi di una coppietta che cenava in un ristorante di periferia, scambiandosi chiacchiere, risate e baci.
Iniziai a leggere l’articolo. La parte iniziale riassumeva la nostra ‘storia’ in base ai vari scatti trovati sul web per poi passare agli altri scatti dell’articolo, quelli dell’altra coppietta.
Quando lessi ‘la loro storia non è mai stata una vera e propria storia’ alzai lo sguardo sulle due ragazze che mi fissavano. Selena era parzialmente tranquilla mentre sul viso di Adele c’era qualche briciola di tristezza.
“Io non ho detto niente, davvero” dissi rivolto a Selena, che sorrise.
“Lo so, perché ho parlato io” mi rispose sempre con tono tranquillo. Qualcosa non andava.
“Tu che tanto tenevi a questa farsa hai detto tutto a una rivista?” chiesi incredulo. Lei annuì sorridendo.
“Ho capito che non era una cosa…giusta. Fingere un rapporto, intendo” sospirò indicandomi una riga dell’articolo.
“Jelena è durato poco, tutto finito, almeno per Selena che cena felice con un ragazzo normalissimo in un normalissimo pub della periferia di Los Anegel” lessi.
“Già. Ho conosciuto Jack. In realtà mi ha quasi investito e da lì ci siamo conosciuti. È un ragazzo stupendo e mi ci sono affezionata subito. Gli ho raccontato tutto e mi ha suggerito di essere sincera. Così ho detto la verità” disse indicandomi la rivista. Inarcai un sopracciglio.
“Okay, quasi tutta la verità. Non ho detto che era una totale finzione, ma solo che tra noi non funzionava e che quindi sono corsa tra le braccia del mio Jack” confessò mentre i suoi occhi si riempivano di felicità. Quindi non solo io ero caduto tra le braccia di qualcun altro.
“Mi fa piacere, davvero. Odiavo fingere!” sbottai lanciando un occhiata ad Adele, che guardava Selena.
“Lo so. Per questo sono qui” asserì riavviandosi i capelli mossi dietro l’orecchio.
“E sei venuta fin qui da Los Angeles per dirmi questo?” le chiesi dandole la rivista che posò di nuovo nella borsa.
“No, in realtà Jack ha origini canadesi. Quindi mentre lui va a trovare i suoi parenti io sono venuta a trovare te” sbottò sorridendomi per poi abbracciarmi. Si staccò da me solo dopo avermi baciato entrambe le guance.
Adele scosse la testa e fece per alzarsi, ma Selena fu più veloce e le bloccò un polso.
“Adele, devo dire una cosa anche a te”
“Oh ma davvero? Adesso esisto anche io per la grande Selena Gomez?!” disse quasi infuriata Adele
“Scusami se in questi anni non ti ho voluto ascoltare. Con Jack abbiamo parlato anche di questo e ho capito che la vera stupida sono stata io ad abbandonarti così, senza dirti niente, solo per andare in tv” confessò Selena guardandola dritto negli occhi.
“Sai cosa ho passato in questi anni, da sola? Ally non c’era mai per il lavoro del padre e mi avevi giurato che saresti rimasta, e invece non l’hai fatto. Poi quando io sono venuta a trovarti hai fatto tu l’offesa, quella che non veniva chiamata da me per mesi interi. Però appena ho commesso un errore, uno stupido e insensato bacio a stampo mi hai insultata d’avanti a tutti. Quindi si, cara mia. La stupida sei tu” disse Adele sorpassando Selena, che ancora una volta la fermò.
“Si,lo so e mi dispiace. È nato tutto per un mio errore. Sono stata un’emerita imbecille” sussurrò Selena lasciando la presa dal braccio di Adele. Quest’ultima la fissò per un po’.
“Ovvio che lo sei, Selly” sussurrò sorridendo, per poi abbracciarla. Restarono strette in quell’abbraccio probabilmente per minuti interi per poi sorridersi.
“Ah, le donne” sussurrai alzandomi dal divano. Adele per tutta risposta mi pizzicò sul braccio.
“Fai male Ade!” sbottai fingendomi adirato, strattonandola. Mi sorrise.
“Stop. Stop. Stop. Cosa mi sono persa? Ele, ti fai chiamare Ade da lui?!” sbottò Selena. Adele fece una smorfia.
“Sono caduta in basso, lo so” disse poi fingendo un tono serio e addolorato; la spintonai ancora.
“Si faceva chiamare Ade solo dalla madre. Gli altri la dovevano chiamare Adele, solo per me e Ally era Ele. Raramente ci permetteva di chiamarla così, solo dopo la morte della madre” mi confessò Sel guadagnandosi un occhiata da Adele. La guardai con sguardo interrogativo.
“Okay, confesso. Ti ho detto che mi faccio chiamare Ade solo dagli amici perché tu non eri mio amico e ti odiavo. E non c’erano miei amici lì che potevano confermare. Però volevo che tu sapessi che do a pochi – pochissimi – la possibilità di chiamarmi così” confessò a sua volta Adele guardandomi fisso negli occhi. Il qualcosa nel mio petto ruggì orgoglioso. La tirai velocemente per a me stringendola in un abbraccio.
“Come siete carini. Me l’aveva accennato Pattie. Più o meno sei volte!” sbottò Selena, sorridendo a mia madre, della quale avevo quasi dimenticato la presenza. Lei ricambiò il sorriso imbarazzata.
Salutammo Sel che tornò felice tra le braccia del suo Jack.


*



“Visto che adesso posso chiamarti Ade, domani ti porto a vedere un posto. Forse uno dei più importanti di tutta la mia vita.” Sussurrai ad Adele, che ora giaceva stesa accanto a me. Fissavamo insieme il soffitto.
“Come vuoi. È l’una del mattino e non ho le forze per dirti no” sussurrò accoccolandosi sul mio petto. Sorpreso ma compiaciuto la strinsi a me.
“Dirmi no a qualsiasi cosa?” chiesi malizioso accarezzandole un fianco.
“Provaci” disse. Nonostante la voce impastata dal sonno il tono non ammetteva repliche.
Prese a disegnare cerchi immaginari sul mio petto nudo mentre io esaminavo il suo viso perfetto. Quegli occhioni verdi che seguivano il suo dito sulla mia pelle, i capelli rossi raccolti in una coda alta, la pelle spruzzata dalle lentiggini. Era perfetta, e finalmente era anche mia.
“Mi piaci davvero tanto, Adele” sussurrai accarezzandole i capelli. Alzò lo sguardo dalla sua mano sul mio corpo per guardarmi negli occhi.
“Lo so” disse avvicinandosi alle mie labbra per assaporarle, poi si avvicinò al mio orecchio.
“Anche tu ragazzino” sussurrò per poi dedicarsi al mio collo.

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Capitolo 18
*** My best friend. ***


Spazio autore.
Hallo world(?).
Lo so, non aggiorno da giorni e questo capitolo farà cagare e.e
Ho avuto anche problemi con il font, quindi non si capisce niente çWç
Le recensioni sono diminuite, come avevo previsto çWç
Me ne farò una ragione.(?) Al prossimo capitolo, #withlove

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La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 18 – My best friend.



Dal capitolo precedente:

“Visto che adesso posso chiamarti Ade, domani ti porto a vedere un posto. Forse uno dei più importanti di tutta la mia vita.” Sussurrai ad Adele, che ora giaceva stesa accanto a me. Fissavamo insieme il soffitto.
“Come vuoi. È l’una del mattino e non ho le forze per dirti no” sussurrò accoccolandosi sul mio petto. Sorpreso ma compiaciuto la strinsi a me.
“Dirmi no a qualsiasi cosa?” chiesi malizioso accarezzandole un fianco.
“Provaci” disse. Nonostante la voce impastata dal sonno il tono non ammetteva repliche.
Prese a disegnare cerchi immaginari sul mio petto nudo mentre io esaminavo il suo viso perfetto. Quegli occhioni verdi che seguivano il suo dito sulla mia pelle, i capelli rossi raccolti in una coda alta, la pelle spruzzata dalle lentiggini. Era perfetta, e finalmente era anche mia.
“Mi piaci davvero tanto, Adele” sussurrai accarezzandole i capelli. Alzò lo sguardo dalla sua mano sul mio corpo per guardarmi negli occhi.
“Lo so” disse avvicinandosi alle mie labbra per assaporarle, poi si avvicinò al mio orecchio.
“Anche tu ragazzino” sussurrò per poi dedicarsi al mio collo.






“Adele” mugugnai mentre lei giocava con le labbra sulla pelle del mio collo, mettendosi ancora una volta a cavalcioni su di me.
“E se davvero non avessi più voglia di dirti no?” chiese improvvisamente guardandomi fisso negli occhi. Inarcai un sopracciglio e sorrise.
“Non voglio più trattarti come amico, negare il fatto che mi piaci, dire a Cait che sei solo uno dei tanti. Non voglio fare più niente di tutto questo” mi sussurrò a due centimetri dalle labbra, tenendo vivo il contatto tra i nostri occhi. Un sorriso a quindicimila denti si aprì sul mio volto.
“Hai detto a Cait che sono uno dei tanti? Devi pagarmela” le risposi ribaltando le posizioni in una frazione di secondo.
Adesso lei era sotto di me, che mi cingeva i fianchi con le sue gambe perfette e scoperte, e io che cercavo di mantenermi su di lei senza pesarle troppo.
Presi a torturarle il collo, poi scesi alla liscia pelle lasciata scoperta dalla scollatura sentendola fremere sotto il mio tocco.
“Benedetto quel giorno in spiaggia” la sentii mugugnare mentre infilando le mani tra i miei capelli mi incitava a continuare. Fece scivolare le mani dalla mia testa prima sul collo, poi su tutta la schiena facendomi rabbrividire. Avvicinai di nuovo le mie labbra alle sue. Mentre le sue mani vagavano sulla mia schiena le mie scesero ad accarezzare i suoi fianchi perfetti coperti dall’enorme t-shirt.
Iniziai a giocherellare con il bordo di quest’ultima mentre le nostre lingue si rincorrevano frenetiche, l’una nella bocca dell’altra.
“Puoi levarmela” sussurrò staccandosi un po’ da me quando notò che avevo lasciato andare il bordo della maglia. Mi sorrise mentre riportava la mano dov’era; la sua mano destra che si appoggiava sul mio sedere.
Con estrema lentezza le sfilai la maglia fino all’ombelico, agevolato dai suoi movimenti.
Ma qualcosa in quell’istante interruppe tutto. Un cellulare stava squillando.
Sbuffai lasciando andare la maglia di Adele, che a sua volta mi guardò delusa.
“Dovrei rispondere, è il mio” sussurrò, arrossata.
“C-certo” balbettai rotolando a pancia in su sul letto.



-Adele.

Scendo dal letto cercando di non pensare a Justin che mi guarda il sedere. Prendo il cellulare dal pavimento, dove lo avevo lasciato l’ultima volta.
Sul display l’enorme scritta ‘Ally è qui’. Credo sia la prima volta che non voglio ascoltare la mia migliore amica, ma passo comunque il dito sullo schermo per accettare la chiamata.
“Heeei bellezza” mi dice eccitata lei. Sospiro.
“Aloha Ally. A cosa devo questa telefonata nel pieno della notte? Avresti potuto svegliare tutti!” la rimprovero per poi guardare Justin. Nel suo sguardo leggo che lo svegliare tutti era l’ultimo dei suoi problemi. Gli sorrido consapevole.
Metto il vivavoce stendendomi accanto a Justin, che subito circonda le mie spalle con il suo braccio.
“Mi mancavi. E poi da quando non mi hai detto che sei in Canada, a sbaciucchiarti Bieber e a fare pace con vecchie amiche mi sono sentita esclusa bella. Mi dispiace anche per tuo fratello” dice tutto d’un fiato. Tipico di Ally.
“non ti ho chiamato solo perché ero molto impegnata tra valigie e aereo” mento spudoratamente.
“Si, come no. Come bacia Bieber?” ovvio che non ci aveva creduto.
“ALLY!” sbotto arrossendo immediatamente mentre Bieber ridacchia.
“Dai diglielo” mi sussurra all’orecchio iniziando a giocare con il lobo. Rabbrividisco.
“Bacia. Questo è quanto” dico con tono pratico.
In tutta risposta Bieber mi mordicchia il lobo facendomi morire e Ally ridacchia.
“Lo avete già fatto?” chiede la mia migliore amica senza un briciolo di pudore.
“Ally, Justin è qui accanto a me e sinceramente vorrei vedere te in questa situazione” dico mentre l’oggetto della mia morte prematura mi tortura il collo.
“Oddio, che figuraccia! Vi lascio alla vostra serata di sesso violento. Quanto vorrei essere nei tuoi panni, Ele. Che fortuna! Adios” mi saluta attaccando e io faccio lo stesso posando il cellulare sul comodino.
Dovevano essere un semplice saluto ma quelle parole mi colpiscono.




-Justin.

Posò il cellulare sul comodino per poi tornare accanto a me.
Appena mi avvicinai si allontanò.
“Hei. Cos’hai?” le chiesi guardandola negli occhi.
“N-niente” balbettò.
“Allora perché non vuoi che ti tocchi se fino a cinque minuti fa stavamo per fare..” iniziai, ma si alzò di scatto dal letto interrompendomi.
“Non dire nulla. Andrò a dormire sul divano” sussurrò afferrando un cuscino dal letto.
“Adele!” sbottai inutilmente, visto che era già sgattaiolata via.




-Adele.

Prendo un cuscino dal letto e scappo via, cercando di non guardarlo negli occhi. Mi butto sul divano scoppiando in un pianto quasi isterico. Come ho potuto farlo, come ho potuto farlo di nuovo?!
Non merito tutto questo, lo meriterebbe lei. È sempre stato il suo sogno e come sempre arrivo io a sfasciarglielo.
Mi faccio schifo.

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Capitolo 19
*** I love you. ***


Spazio autore.
Ma buonasera, buongiorno o buon pomeriggio(?).
Questo capitolo fa cagare, ossè.
Ma sono soddisfatta del finale, c’è suspense e.e
No ok, dovrei farmi curare ma ok. e.e
Ovviamente vi ringrazio per tutto, per le visualizzazioni, i 30 preferiti e eccetera.
Siete tutte fighe e.e
Al prossimo capitolo, #withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)










La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 19 – I love you.





Dal capitolo precedente:

Posò il cellulare sul comodino per poi tornare accanto a me.
Appena mi avvicinai si allontanò.
“Hei. Cos’hai?” le chiesi guardandola negli occhi.
“N-niente” balbettò.
“Allora perché non vuoi che ti tocchi se fino a cinque minuti fa stavamo per fare..” iniziai, ma si alzò di scatto dal letto interrompendomi.
“Non dire nulla. Andrò a dormire sul divano” sussurrò afferrando un cuscino dal letto.
“Adele!” sbottai inutilmente, visto che era già sgattaiolata via.



-Adele.

Prendo un cuscino dal letto e scappo via, cercando di non guardarlo negli occhi. Mi butto sul divano scoppiando in un pianto quasi isterico. Come ho potuto farlo, come ho potuto farlo di nuovo?!
Non merito tutto questo, lo meriterebbe lei. È sempre stato il suo sogno e come sempre arrivo io a sfasciarglielo.
Mi faccio schifo.









-Justin.

Guardai il sole sorgere, appollaiato sul davanzale.
Non ero riuscito a dormire quella notte. Non riuscivo neanche a spiegarmi il comportamento di Adele, o forse si.
‘Si preoccupa troppo per gli altri, si fa troppi problemi’ tagliai e andai a farmi una doccia.




-Adele.

Mi sciacquo la faccia per la decima volta.
Ho pianto tutta la notte come una bambina. Forse non avrei dovuto lasciarlo lì, forse avrei dovuto dirgli tutto.
No, l’unica cosa da fare è chiamare Ally.
Solo lei mi potrà consolare, farmi sentire meglio come abbiamo sempre fatto.
‘Oppure potresti chiarire con Justin e fregartene degli altri, una buona volta’ sta zitta coscienza, già basto io. Torno sul divano dopo aver infilato un paio di pantaloncini a caso e cerco il cellulare.
Appena lo trovo – sotto il cuscino – sento la porta della stanza di Bieber aprirsi e il mio cuore perdere un battito. Di corsa mi fiondo in giardino componendo il numero di Ally.
“Piccola” mi saluta lei, sospiro.
“Scusa l’orario. Sono depressa” sussurro sedendomi sull’erba colpita debolmente dal sole del mattino.
“Lo so, mi ha chiamato Pattie qualche minuto fa” mi risponde lei.
“Justin l’ha sempre detto che ci spia” rispondo io automaticamente, facendomi scappare un sorriso al suo nome.
“So cosa stai pensando Adele, e no. Non lascerai Bieber e la tua felicità a causa mia. Io non amo Bieber in quel senso, lui è il mio idolo. E sono davvero felicissima per voi due, giuro” mi fa col suo tono rassicurante e sincero.
“Già, tu non lo ami in quel senso” dico io, cercando nella maniera più veloce un modo per farmi perdonare da Justin.
“Perfetto. Ora che lo sai alza il culo e va da lui, stupida”
“Grazie di esistere” la saluto prima di attaccare.




-Justin.

Dalla finestra del bagno la vedevo torturarsi una ciocca di capelli mentre parlava a telefono.
Aveva i miei pantaloncini da calcio e la solita maglietta extralarge. Era così bella.
L’espressione triste che aveva lasciò lo spazio ad un sorriso, prima accennato che poi si trasformò in un vero e proprio sorriso.
‘Così bella’ ripetei a me stesso passandomi una mano nei capelli bagnati.
Mi allontanai dalla finestra per asciugarmi i capelli. Percorsi il corridoio e non so bene perché ma andai anche io in giardino. Lei era ancora lì, seduta sull’erba a guardare il cielo.
Cercando di fare il minor rumore possibile mi sedetti accanto a lei. Per un po’ non notò la mia presenza, forse era davvero concentrata su qualcos’altro. Poi improvvisamente balzò in piedi.
“Che ci fai qui?” chiese mentre anche io mi alzavo in piedi.
“Questa è casa dei miei nonni, Adele” le risposi secco. Mi pentii di averlo detto appena lessi un briciolo di delusione nei suoi occhi.
“Justin! Adele!” la voce di Chris irruppe in quel imbarazzo totale. Lui e una ragazza ci vennero incontro. La ragazza era Nicole, una nostra vecchia compagna di classe. Chris aveva sempre avuto una cotta per lei.
“Buongiorno a te Chris, e a anche a te!” sbottò Adele rivolta ai due arrivati.
Si tenevano per mano e Chris sorrideva come un imbecille. Conoscevo bene la sensazione.
“Come mai qui così presto?” chiesi guardando l’orologio. Da quando conoscevo Chris non l’avevo mai visto svegliarsi prima delle undici, ed erano solo le nove.
“Pattie ha chiamato Chaz, che stava ancora dormendo; allora ha chiamato Ryan che però era a pescare e quindi è toccato a me, che per vostra fortuna ero in spiaggia” disse facendo dondolare la sua mano incastrata in quella di Nicole.
“Non ci credo, ha chiamato tutti voi? Ci spia davvero!” sbottò sorridendo Adele.
Sussurrai un ‘Già’ sorridendo mio malgrado al prato.
“Abbiamo anche interrotto il vostro appuntamento” continuò lei con un tono di scuse.
Chris sorrise ancora più ampliamente, se umanamente possibile, mentre Nicole gli si avvicinava lentamente.
“Non era esattamente un appuntamento, cioè. Io e Nicole stiamo insieme da qualche mese” disse lui orgoglioso.
“Qualche mese e non mi hai detto niente?!” chiesi con finto tono arrabbiato rubandogli il cappellino che mi venne automaticamente rubato da Adele. Alzai un sopracciglio.
“Cosa vuoi, amo i cappellini” sussurrò aggiustandoselo sui lunghi capelli rossi.
“Se te ne regalo uno smetterai di fregarti i miei?” Chris si affrettò a riprendesi il cappellino. Adele fece una smorfia come a dire ‘Come ti pare’.
“Comunque, noi non siamo qui per i cappellini” si intromise Nicole, mentre Chris le appoggiava il cappellino sui capelli mossi e castani.
“Ma va” sussurrammo all’unisono io e Adele.
“Non ce ne andremo finché non farete pace, l’abbiamo promesso a Pattie” continuò la ragazza incrociando le braccia al petto, un’espressione seria sul volto. Chris la imitò immediatamente.
“Io e Justin non abbiamo litigato, ok? Va tutto bene, abbiamo avuto solo una minuscola complicazione” fece Adele al mio fianco. Sei occhi si puntarono su di lei.
“Ah, Dio mi aiuti. È andata così. Io e Justin stiamo, si insomma, stiamo per farlo. Mi chiama una mia amica, anzi no, la mia migliore amica dicendo che sono fortunata, che vorrebbe essere me e blablabla; allora io mi sento un po’ in colpa e me ne vado dalla stanza” confessò ma la interruppi.
“Non te ne sei andata, sei scappata!” sbottai, questa volta fu lei a stopparmi.
“Sta zitto. Dicevo, me ne sono andata. Non riesco a dormire, così chiamo quella mia amica, cioè la mia migliore amica, e mi dice che non intendeva dire quello. Quindi io capiscoche non è lei ad amarlo come persona – cioè, lo ama come cantante – ma sono io quella ad amarlo in quel modo” continuò gesticolando e tenendo lo sguardo sempre sulle sue infradito.
“Lo ami?!” chiesero increduli Nicole e Chris. Spostai lo sguardo su di lei quasi imbambolato mentre lei alzava il suo su di me.

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Capitolo 20
*** Oh my God. ***


Spazio autore.


Aw, cosa triste cwc
Le recensioni sono diminuite tantissimo twt
mi sento sola.(?) e.e
Ma tornando persone serie, ringrazio comunque chi l’ha fatto :3 vi adoro.
Ccomunque, il capitolo è quello che è – ed pè anche cortissimo – e se fa cagare prendetevela con la mia adoratissima scassa balle personale, nonché fidanzata immaginaria di Chris(?), Nicole. e.e
Bene o male, è sempre colpa sua, ma ok u.u
Anche qui ci sarà suspense sul finale e.e
Al prossimo capitolo, #withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)














La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 20 – Oh my God.







Dal capitolo precedente:


“Ah, Dio mi aiuti. È andata così. Io e Justin stiamo, si insomma, stiamo per farlo. Mi chiama una mia amica, anzi no, la mia migliore amica dicendo che sono fortunata, che vorrebbe essere me e blablabla; allora io mi sento un po’ in colpa e me ne vado dalla stanza” confessò ma la interruppi.
“Non te ne sei andata, sei scappata!” sbottai, questa volta fu lei a stopparmi.
“Sta zitto. Dicevo, me ne sono andata. Non riesco a dormire, così chiamo quella mia amica, cioè la mia migliore amica, e mi dice che non intendeva dire quello. Quindi io capiscoche non è lei ad amarlo come persona – cioè, lo ama come cantante – ma sono io quella ad amarlo in quel modo” continuò gesticolando e tenendo lo sguardo sempre sulle sue infradito.
“Lo ami?!” chiesero increduli Nicole e Chris. Spostai lo sguardo su di lei quasi imbambolato mentre lei alzava il suo su di me.











-Adele.

“Lo ami?!” sbottano increduli i due piccioncini. Beh, lo amo?
Non credo ci sia bisogno di chiedere.
Solo ora mi rendo conto di aver detto a Justin Bieber di amarlo, nella maniera peggiore.
Forse non sono brava con queste cose, ma poteva anche uscirmi qualcosa di meglio.
Continuo a fissare le loro facce. Chris ha un sorrisetto alla ‘io l’ho sempre saputo’, Nicole mi guarda come a dire ‘beh, che aspetti?!’ e Justin, lui aspetta solo una mia risposta, l’espressione sul viso perfetto tra il sorpreso e il confuso.



-Justin.

La vedevo torturarsi il labbro inferiore con i denti, lo sguardo fisso nel mio, ma non mi bastava.
Mi amava? Bene, volevo sentirlo uscire dalle sue labbra.
“Io..cioè, volevo dire… potete lasciarci soli per piacere?” disse improvvisamente interrompendo quel contatto visivo per rivolgersi agli altri due.
“Puoi contarci!” sbottò Chris, solito sorrisetto malizioso. Nicole sorrise.
“Almeno andateci piano..” sussurrò in risposta Adele.
Lasciammo che i due entrarono in casa, poi riprese a fissarmi. Solo i suoi occhi verdi mi facevano capire che ero questo che volevo.
Lei qui con me, che mi amava così come io amavo lei. Mi bastava davvero solo questo.
“Anche io” mormorai, senza riuscirmi a trattenere.
“Cosa?” “Oh avanti, non fare la finta tonta. Anche io ti amo” le dissi con semplicità.
Con lei era tutto più semplice, anche esprimere i miei sentimenti. Sin dalla nascita non c’ero mai riuscito, riuscivo solo a cantarli. Ma con lei sarei riuscito anche ad urlarli dalla cima della torre eiffel.
Arrossì così tanto che il colore delle guance per poco non superò quello dei capelli.
“Non sono un massimo nelle dichiarazioni, avrei voluto dirtelo prima, è stata la dichiarazione più orribile sulla faccia della terra!” sbottò con tono piagnucoloso, sedendosi di nuovo sull’erba e circondando la testa con le ginocchia, proprio come una bambina capricciosa. Sorrisi sedendomi accanto a lei.
“L’importante è averlo detto, no?” chiese cercando una conferma che aveva già ottenuto dal mio enorme sorriso che sicuramente mi si era stampato in faccia. Annuii stringendola a me.
“Se solo avessi saputo cosa mi avresti fatto diventare, caro Bieber, non avrei mai accettato di venire a vivere da te!” sussurrò divertita al mio orecchio prima di ricambiare l’abbraccio.
Le diedi un minuscolo buffetto sulla spalla e lei per tutta risposta mi baciò. Non era uno dei nostri soliti baci, ma ne era uno estremamente dolce.
Le accarezzavo la guancia con il pollice e lei non mi mordeva provocatoria; era un bacio da scena da film, o qualcosa di molto simile.
“Dillo” le sussurrai sulle labbra quando l’impellente bisogno d’ossigeno ci fece staccare.
“Ti amo, Justin Drew Bieber” mi rispose lei guardandomi fisso negli occhi. Strofinai la punta del naso contro la sua facendola sorridere.
“Conosci anche il mio secondo nome, mi sorprendi” le dissi ironico e sorrise ancora.
Quanto potevo amare quel sorriso, quanto?!
“Conosco tante cose di te, Justin Bieber” disse alzandosi.
Appena entrammo in casa, mia madre ci apparve d’avanti. Il solito sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
“Si mamma, abbiamo fatto pace” la rassicurai facendole notare le nostre dita incrociate. Ci sorrise ancora più ampiamente e scappò di sopra.
Ridacchiando ci avviammo anche noi alla mia camera.
“Credi che stiano facendo qualcosa a luci rosse?” chiesi ad Adele fissando la porta della mia camera.
“Nah!” sbottò lei aprendo quest’ultima, lasciando la mia mano.
Beh, sbagliato. Chris era steso sul mio letto a petto nudo e Nicole aveva la maglia di Chris al rovescio. Entrambi esibivano guance arrossate e capelli ingovernabili.
Non potevano esserci dubbi.
“Non in camera mia, almeno!” sussurrai quasi indignato.
“Non stavate mica facendo quello?!” quasi lo urlò Adele al mio fianco. Chris si passò una mano nei capelli mentre Nicole abbassava lo sguardo sul copriletto.
“Lo stavamo per fare quando lei ci ha interrotti” sussurrò Chris indicando un punto non preciso alle nostre spalle.
“Ma di chi diavolo stai parl… OH MIO DIO!” urlò Adele voltandosi.

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Capitolo 21
*** Really, only with you. ***


Spazio autore.


AAAAAAW *u*
(è la seconda volta che inizio un capitolo così, ma ok çwç )
Vedervi così attive, così tante visualizzazioni e così tante recensioni, mi riempie il cuore (sembro mia nonna D: )
No, seriamente. È magnifico :3
E per tutte che eravate tanto ansiose di sapere chi fosse alle loro spalle, beh, adesso lo potrete sapere e.e
L'unica cosa orribile è che capitolo dopo capitolo ci avviciniamo sempre di più alla fine - mancano al massimo altri due capitoli - ed è davvero triste çwç
Ma per ora non pensiamoci. e.e
Ovviamente vi ringrazio, mi fate sentire quasi brava HAHAHAHAH
Spero che questo non faccia schifo e.e
Al prossimo capitolo, #withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)

Ah, ps. Vorrei precisare di essere una ragazza.
Non mi sono offesa o roba simile, voglio solo dirlo :3
e pps(?). Ringrazio la mia cocca, Erika, per avermi dato senza volerlo uno spunto enorme per questo capitolo :3
BUONA LETTURA e.e














La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 21 – Really, only with you.







Dal capitolo precedente:


“Dillo” le sussurrai sulle labbra quando l’impellente bisogno d’ossigeno ci fece staccare.
“Ti amo, Justin Drew Bieber” mi rispose lei guardandomi fisso negli occhi. Strofinai la punta del naso contro la sua facendola sorridere.
“Conosci anche il mio secondo nome, mi sorprendi” le dissi ironico e sorrise ancora.
Quanto potevo amare quel sorriso, quanto?!
“Conosco tante cose di te, Justin Bieber” disse alzandosi.
Appena entrammo in casa, mia madre ci apparve d’avanti. Il solito sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
“Si mamma, abbiamo fatto pace” la rassicurai facendole notare le nostre dita incrociate. Ci sorrise ancora più ampiamente e scappò di sopra.
Ridacchiando ci avviammo anche noi alla mia camera.
“Credi che stiano facendo qualcosa a luci rosse?” chiesi ad Adele fissando la porta della mia camera.
“Nah!” sbottò lei aprendo quest’ultima, lasciando la mia mano.
Beh, sbagliato. Chris era steso sul mio letto a petto nudo e Nicole aveva la maglia di Chris al rovescio. Entrambi esibivano guance arrossate e capelli ingovernabili.
Non potevano esserci dubbi.
“Non in camera mia, almeno!” sussurrai quasi indignato.
“Non stavate mica facendo quello?!” quasi lo urlò Adele al mio fianco. Chris si passò una mano nei capelli mentre Nicole abbassava lo sguardo sul copriletto.
“Lo stavamo per fare quando lei ci ha interrotti” sussurrò Chris indicando un punto non preciso alle nostre spalle.
“Ma di chi diavolo stai parl… OH MIO DIO!” urlò Adele voltandosi.











-Justin.


Mi voltai incuriosito anche io e una felicissima Ally sostava sulla soglia della mia camera.
“Ally, cosa cavolo ci fai tu qui?!” sbottò Adele correndole incontro per poi abbracciarla.
“Sono qui da un po’, in realtà” le rispose l’amica ricambiando calorosamente l’abbraccio.
“Ma se fino a qualche minuto fa eri a New York a consolarmi da un telefono?”chiese Adele.
“Ah, sbagliato tesoro. Ero in camera di Pattie prima, poi sono venuta qui a posare le valigie e ho trovato loro in quelle condizioni, allora sono uscita di nuovo; poi Pattie e venuta a dirmi che avevate chiarito. Sai, tiene così tanto a voi, cioè a voi insieme, che mi ha fatto preoccupare e son corsa qui. Ho anche una cosa per te!” rispose lei, per poi posare lo sguardo su di me sull’ultima frase.
“Me? Almeno ora riesci a parlarmi senza morire per iperventilazione!” scherzai sorridendole e la vidi arrossire.
“Ah, mi dispiace per voi due, belli. E il tuo vestito è sotto il letto” continuò facendo scomparire il rossore sulle guancie in pochi secondi rivolgendosi a Nicole, poi si rivolse a Chris. “Il tuo cappellino invece è caduto stranamente tra la roba di Ade, se non lo riprendi subito potrà rubartelo. Ha una specie di ossessione per i cappellini!”
“Lo sappiamo!”sospirammo io, Nicole e Chris all’unisono facendola ridere.
“HEI!” sbottò Adele pizzicandomi un fianco.
“Perché te la prendi solo con me? Lo hanno detto anche ‘sti due” le feci notare, indicando Nicole e Chris, che mentre noi eravamo girati s’erano rivestiti decentemente.
“Perché, perché tu sei tu, basta” farfugliò abbassando lo sguardo. Ally ridacchiò e fu il suo turno di essere pizzicata.
“Fa male, vero?” chiesi ironico.
“Decisamente,maledette unghia!” sbottò lei dando uno spintone ad Adele.
“Ah ah” disse ironica Adele per poi buttarsi sul letto.
“Dicevo, ho portato una cosa per voi” sbottò Ally, attraversando la stanza per prendere una borsa che non avevo notato dal pavimento. Ne cacciò due cappellini.
“Non so perché ma c’avrei scommesso” confessò Adele sorridendole.
“Sono personalizzati, me li ha suggeriti Pattie!” esclamò entusiasta Ally passandomi un cappellino viola, per poi passarne uno identico a Ade.
Lo sistemammo per bene sui capelli guardandoci negli occhi e sorridendo come ebeti.
Poco dopo la vidi scoppiare a ridere.
“Cos’hai?” chiese Ally guardandola di sottecchi.
“Ma cosa c’hai scritto su ‘sti cosi, Ally?” disse facendo piccole pause tra le parole per ridacchiare.
“Anche quella idea di Pattie, amore mio”
“Perché, cosa c’è scritto?” chiedemmo all’unisono io e Chris. Nicole si avvicinò alla fronte di Adele e lesse.
“Solo Justele” sentenziò poi tornado al suo posto sul mio letto.
“Mh, Justele? E cosa potrebbe significare?” sussurrò Adele grattandosi il mento. Sospirai.
“Non ti facevo così distratta. Credo che sia tipo il nostro nomignolo, sai, quella cosa che hanno tutte le coppie di persone famose con il proprio nome, o qualcosa del genere. Justin più Adele, Justele” dissi guardandole le lettere stampate in bianco a caratteri semplici sul suo capello.
Era una cosa stupida, e forse anche banale, ma mi rendeva stranamente felice. E poi ammettiamolo, suonava davvero bene!
“Ho un nomignolo!” cinguettò sorridendomi tutta contenta. Era una visione troppo buffa.
“Oggi i capellini, magari domani anche i portachiavi” sussurrò per poi ridere da sola.
“Ti correggo, abbiamo un nomignolo baby” dissi prendendola per un polso facendola alzare dal letto e portandola in piedi d’avanti a me.
Le cinsi i fianchi e prima che potesse fare qualsiasi altra cosa l’abbracciai.
“Mh, noi andiamo a vedere cosa sta facendo Pattie, eh?” sussurrò imbarazzata Ally trascinando gli altri due per i polsi.
“Come se ci importasse” rispose Chris, che sicuramente aveva ben altro per la testa. Sorrisi contro la spalla di Adele, aspirando ancora quel profumo di menta.
“Sta zitto idiota!” lo rimbeccò subito Nicole trascinandolselo fuori dalla porta.
Mi alzai dalla sua spalla per guardarla negli occhi.
“Dai, è carino Justele. So che magari Jelena era più figo, però, cioè, noi due..” farfugliò sorridendo imbarazzata.
“Jelena mi è sempre sembrato un nome per una marca di caramelle per la gola, o qualcosa di molto simile” confessai facendola ridere.
“E poi cosa parli tu, sono sicura che la tua amica abbia fatto cappellini personalizzati a tutti i tuoi ragazzi” sussurrai fingendo un tono offeso levandole il capellino per rimetterglielo al contrario.
“In realtà, solo con te” sussurrò, posando le labbra piene sulla mia guancia destra.
“Buon per me. Ma di sicuro, così come sei, nella tua vita sei stata invitata da moltissime altre star a passare una vacanza con loro” scherzai avvicinandola ancora di più a me.
“In realtà, solo con te” ripetè sorridendo contro la mia guancia.
Le circondai il viso con entrambi le mani e la baciai. Era da parecchio che c’eravamo scoperti in una situazione del genere, ma ogni volta che le sue labbra toccavano le mie succedeva qualcosa di nuovo e decisamente piacevole dentro di me.
“Anche io ti amo, Adele Habbot” le sussurrai sulle labbra, prima di farle di nuovo mie.

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Capitolo 22
*** Tra passato e confessioni. ***














Spazio autore.





Macciao :3
C’’ho messo un sacco ad aggiornare, lo so çwç sono un disastro.
Ma tra spiaggia ed altri progetti non ho avuto neanche il tempo di rileggere il capitolo, quindi se magari ci sono errori o ripetizioni non fateci caso çwç
Maaaaa(?) tornando alla storia.
Anche a me dispiace tantissimo che sta per finire, e infatti avevo una mezza idea per la test, ma non so; non vi posso anticipare nulla e.e
Questo capitolo non so perché, ma mi piace tanto. Il ricordo di Justin non famoso mi fs sempre in un certo senso sorridere. e.e
ho preso di nuovo spunto dal libro, lo leggo sempre e mi aiuta parecchio e.e
Come sempre ringrazio, davvero :’) Spero che vi piaccia :3
Al prossimo capitolo, #withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)















La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 22 – Tra passato e confessioni.










Dal capitolo precedente.
“Dai, è carino Justele. So che magari Jelena era più figo, però, cioè, noi due..” farfugliò sorridendo imbarazzata.
“Jelena mi è sempre sembrato un nome per una marca di caramelle per la gola, o qualcosa di molto simile” confessai facendola ridere.
“E poi cosa parli tu, sono sicura che la tua amica abbia fatto cappellini personalizzati a tutti i tuoi ragazzi” sussurrai fingendo un tono offeso levandole il capellino per rimetterglielo al contrario.
“In realtà, solo con te” sussurrò, posando le labbra piene sulla mia guancia destra.
“Buon per me. Ma di sicuro, così come sei, nella tua vita sei stata invitata da moltissime altre star a passare una vacanza con loro” scherzai avvicinandola ancora di più a me.
“In realtà, solo con te” ripetè sorridendo contro la mia guancia.
Le circondai il viso con entrambi le mani e la baciai. Era da parecchio che c’eravamo scoperti in una situazione del genere, ma ogni volta che le sue labbra toccavano le mie succedeva qualcosa di nuovo e decisamente piacevole dentro di me.
“Anche io ti amo, Adele Habbot” le sussurrai sulle labbra, prima di farle di nuovo mie.














-Adele.


Mi siedo silenziosamente sul sediolino del lato passeggeri dell’auto di Justin.
Non so dove voglia portarmi , ma spero non sia uno di quei posti non adatto a me.
Come un locale romantico, dove mi sentirei estremamente in imbarazzo. Per non parlare di una pista da pattinaggio o il bowling. Rovinerei anche la sua reputazione da superstar.
E non sarebbe carino da parte mia, la sua..mh, credo di essere la ragazza non famosa con cui esce.
Un brivido strano mi percorre la schiena.
Ah, cosa sei diventata Adele, una romanticona!
Se Ally ti vedesse ti prenderebbe a sprangate, o qualcosa di simile.
Sorridendo al pensiero sposto lo sguardo su Justin. Ha entrambi le mani sul manubrio e osserva la strada dinanzi a lui con sguardo fisso.
Indossa uno di quei jeans scuri e a vita bassa che gli ho visto parecchie volte nei poster di Ally, un paio di supra rosse – anche quelle avevo visto spesso, e una semplice t-shirt bianca a mezze maniche che metteva in risalto i piccoli ma decisamente visibili muscoli.
La voglia di andare lì e sentire la sua pelle sotto le mie dita sta diventando insopportabile, ma cerco di mantenere un certo contegno, portando le mani unite tra le ginocchia. A scanso d’imprevisti.
“Ho qualcosa che non va?” la sua voce giunge chiara alle mie orecchie. Ci siamo appena fermati davanti il semaforo rosso e io non me ne ero neanche accorta, assorta com’ero.
“N-no, almeno credo. Cosa intendi dire?” balbetto in imbarazzo. Sento le guancie andarmi letteralmente a fuoco e la voglia di spostare lo sguardo aumentare, ma non riesco a spostarlo dal suo. Sorride. Ah, quel sorriso.
“Mi stai fissando da un po’”sussurra compiaciuto senza smettere di sorridere.
“Mi piace come sei vestito, soprattutto il cappellino rosso, sai ch li amo e … è una cosa così strana? Fissare la gente, intendo” farfuglio mentre il suo sorriso mi sta facendo impazzire.
“Beh dipende chi fissi” mi risponde facendomi un occhiolino, per poi rimettere in moto l’auto allo scattare del verde.
Durante il resto del piccolo viaggio in auto cerco di focalizzare la mente sul paesaggio intorno a me, anziché continuare a fissare Justin.
“Arrivati!”annuncia entusiasta, spegnendo l’auto. Scende e lo imito, sentendolo sbuffare al mio fianco.
“Volevo aprirti io la portiera e farti uscire tenendoti per mano!”sbotta facendomi quasi scoppiare a ridere.
“Si portava qualche decennio fa, però” sussurro cercando di non pensare alla romanticità della mia vita, da quando ero con Justin.
“Un po’ di cavalleria non fa mai male. Giusto?” chiede porgendomi la mano, l’accetto sorridendogli.
“Ps. Anche a me piace come sei vestita. Il blu ti dona” sussurra accarezzandomi il dorso della mano. Indosso un paio di shorts di jeans, una maglia lunga e abbastanza scollata di Ally, ovviamente blu e in fine un paio di supra blu regalatemi da Justin. Diceva che non gli andavano e le ha date a me.
Facciamo qualche passo a piedi da dove aveva parcheggiato, poi giriamo l’angolo e mi trovo d’avanti l’edificio, l’unico edificio canadese con cui condividevo ricordi, e che ricordi!




-Justin.

L’avevo portata dove tutto aveva avuto inizio. Non ci avevo mai portato nessuno , anche se era il posto più importante della mia vita.
D’avanti a noi, colpito dai raggi del sole estivo, c’era l’Avon Theatre.
Senza darle l tempo di dir qualcosa accompagnai sempre tenendola per mano sulle grandi scale all’ingresso. Ci sedemmo sul primo scalino e mi lasciò la mano per riavviarsi i capelli, sorridendo.
“Non ci credo, sono di novo qui..e con te, tra l’atro. È una cosa, credo assurda! Chi l’avrebbe mai detto!” la sentii borbottare mentre si guarda intorno.
“Piace anche a te?” chiesi sorridendole, ricambiò annuendo.
“Magnifico, ecco cos’è. E poi racchiude un mese del mio passato che preferirei non ricordare mai!” sbottò ridendo.
“Quante cose non so di te?” le sussurrai alzando un sopracciglio.
“Questa devi saperla per forza. Anche se sono più delusa di allora, visto che non ricordi!” disse fingendosi offesa. Continuavo a non capire, quindi la lasciai parlare.
“Hai presente quando facevi qui il busker? Suonavi con la tua chitarra proprio su queste scale” disse continuando a guardarsi intorno.
“Mh, davvero ero io?!” dissi ironico e posò lo guardo su di me.
“In quel periodo ero qui. Mia madre aveva una visita da uno specialista qui in zona, ma io non volevo vederla lì, ferma in quel letto d‘ospedale, e me ne venivo qui. Dopo i primi due o tre pomeriggi ti eri aggiunto anche tu allo scenario. Piccolo ma con un grande talento. Questo si diceva. Mi avevi colpita ma non avevo il coraggio di venirti a parlare. Così ti ho lasciato un biglietto nella custodia della chitarra” raccontò tutto d’un fiato mentre parola dopo parola la fissavo sorpreso.
“Si stata tu? Se lo avessi saputo ti avrei chiamato subito!” le risposi ironico,fece una smorfia.
“Proprio per questo ti ho un pò odiato da lì. Non mi avevi chiamato, almeno non so, notata. Mi sentivo trascurata e quando sei diventato l’idolo di tre quarti di mondo era ancora peggio” confessò, gli occhi ancora attaccati ai miei.
“Quindi, sei davvero la mia prima fan, in un certo senso” le dissi sorridendo. Era strano sentirsi dire quelle cose da una ragazza che neanche poche settimane fa diceva di odiati, com’era strano il fatto che ora stavamo insieme, da vera coppietta.
“Strana la vita, eh?” fece e appoggiò la fronte sulla mia spalla.
“Dovemo recuperare il tempo perduto, ora che ci penso.” Sussurrai alzandole il mento con due dita baciandola. Come suo solito si staccò subito da me.
“Hei, dovremo recuperare un anno intero se non di più, troppo! Io voglio sentirti cantare”esclamò portando entrambi le braccia al petto. Sorrisi.
“Avrei una canzone a cantarti ma..”iniziai ma mi interruppe.
“Ma nulla, canta per me!” mi rispose convinta, scossi la testa.
“Assolutamente no. È ancora da finire” dissi meccanicamente poi mi resi conto di averle svelato tutto.
“Stai scrivendo una canzone? Per me?!” sbottò sorridendo felice e sporgendosi di nuovo in avanti per abbracciarmi.
“Doveva essere una sorpresa. Volevo cantartela a casa di Chris, questo sabato sera”
“Ti rendi conto che è tra tre sere? Non avrei resistito comunque!”Sbottò accoccolandosi contro di me mentre la abbracciavo ridendo.
“Ma tu non lo avresti saputo!” la feci notare e anche lei accennò una piccola risata.
“Dettagli”

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Capitolo 23
*** The moment for my song. ***


Capitolo dedicato alla Nicole, buon compleanno piccola. :3







Spazio autore.





Ciao gente. :3
Ho cambiato scrittura, ma a nessuno interessa HAHAH
Dopo ciò, tra l’altro per nulla divertente, arriva la parte brutta twt
Questo è il capitolo 23 e scriverlo è stato orribile.
Ok, perché?
Perché è quello prima del penultimo(wtf?) ed è una cosa triste
Mi dispiacerà non scrivere più di Justele… ma forse potrei cambiare idea, ma boh, non so u.u
Altra cosa divertente.
Non sono riuscita a scrivere una canzone decente.
L’avevo già iniziata a scrivere a giugno, quando postai il primo capitolo ma è uscito fuori qualcosa di..WOW,orribile e.e
Quindi, mi dispiace dirlo, ma dovrete accontentarvi di una canzone già scritta.
Facciamo tutti finta che l’abbia scritta lui a giugno, e che poi sia stata incisa da lui e qualcun altro. :3
Ok, non state capendo nulla, ma ok. e.e
Vi lascio al capitolo, che è meglio.
Al prossimo capitolo, #withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)
Ah, ps. sempre grazie mille a tutte. ♥











La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 23 – The moment for my song.










Dal capitolo precedente.
“Hei, dovremo recuperare un anno intero se non di più, troppo! Io voglio sentirti cantare”esclamò portando entrambi le braccia al petto. Sorrisi.
“Avrei una canzone a cantarti ma..”iniziai ma mi interruppe.
“Ma nulla, canta per me!” mi rispose convinta, scossi la testa.
“Assolutamente no. È ancora da finire” dissi meccanicamente poi mi resi conto di averle svelato tutto.
“Stai scrivendo una canzone? Per me?!” sbottò sorridendo felice e sporgendosi di nuovo in avanti per abbracciarmi.
“Doveva essere una sorpresa. Volevo cantartela a casa di Chris, questo sabato sera”
“Ti rendi conto che è tra tre sere? Non avrei resistito comunque!”Sbottò accoccolandosi contro di me mentre la abbracciavo ridendo.
“Ma tu non lo avresti saputo!” la feci notare e anche lei accennò una piccola risata.
“Dettagli”














Le cinsi le spalle con il mio braccio sinistro mentre ci incamminavamo verso casa di Christian.
“Wow. Sono emozionata” disse all’improvviso sospirando.
“Ti ho solo abbracciata, tesoro” le risposi ironico beccandomi uno scappellotto sul petto.
“Intendo per la canzone, montato” mi fece, allontanandosi da me.
“Lo avevo capito, mica sono così ritardato” risposi ancora, sorridendole. Fece una smorfia ironica all’asfalto sotto i nostri piedi.
“Ah no?” disse subito dopo scoppiando a ridere.
Mi fermai di botto guardandola.
“Non dovevi dirlo” sussurrai.
“Mh, peccato. L’ho detto” si affrettò a rispondermi ironica, avvicinandosi di nuovo. Nel giro di pochi secondi la presi in braccio, per poi sistemarla sulla mia spalla come un sacco di patate.
“Fammi scendere, Justin. Ora!” urlò dandomi piccoli colpi – così delicati che neanche li avvertivo – sulla schiena.
“Cos’è, non sei più emozionata per la canzone piccola?” le dissi iniziando a camminare in questa posizione sempre verso casa di Chris.
Suo malgrado fece una risatina alla mia battuta.
Quando arrivammo alla porta d’ingresso la lasciai andare.
“Guarda in che condizioni m’hai ridotto. Io già non sono un granché a sistemarmi i capelli, poi ti ci metti te!” sbottò sistemandosi i capelli.
“Sei sempre stupenda, invece” mormorai suonando il campanello.
In tutta risposta allacciò le sue dita alle mie. Non era brava con le parole, lo sappiamo.
“Heilà piccioncini” ci salutò Chris.
“Zitto tu. Nicole m’ha raccontato quanto sei sdolcinato con lei,potrei anche ricattarti” lo salutò a modo suo Adele, sorpassandolo per salutare gli altri.
“Da, non prendertela sul personale amico,tratta tutti così” feci io, cercando di consolare un confuso Chris.


*


“Credo sia il momento adatto amico” mi sussurrò all’orecchio Chaz passandomi la chitarra di Chris.
Ero lì da una mezz’oretta e mentre tutti ridevano alle battute a volte acide di Adele non facevo che pensare alle parole di quella canzone.
“Momento adatto per cosa?” chiese Nicole ad alta voce. Era seduta accanto a me, forse aveva sentito.
Tutti si girarono a fissarmi. Ad Adele apparve un mega-sorrisone sul viso.
“Il momento della mia canzone” disse felice sedendosi comoda sul divano, di fronte alla poltrona, dov’ero io.
“Oddio, che cosa dolce” sentii sussurrare alle mie spalle.
“Dai, inizia” mi esortò lei, guardando solo me. Tossicchiai e sistemai la chitarra.

You’ve got that smile,
That only heaven can make.
I pray to God everyday,
That you keep that smile.

Yeah, you are my dream,
There’s not a thing I won’t do.
I’ll give my life up for you,
Cos you are my dream.

Baby, everything that I have is yours,
You will never go cold or hungry.
I’ll be there when you’re insecure,
Let you know that you’re always lovely.
Girl, cos you are the only thing that I got right now

One day when the sky is falling,
I’ll be standing right next to you,
Right next to you.
Nothing will ever come between us,
I’ll be standing right next to you,
Right next to you.

You’ve got that smile,
That only heaven can make.
I pray to God everyday,
To keep you forever.


Durante tutta la canzone c’eravamo solo noi. I nostri occhi uniti, la mia voce e il suono della chitarra.
Parola dopo parola, nota dopo nota, quella canzone diventava sempre più nostra.
‘To keep you forever’. Fine. Feci scorrere le dita su tutte le corde per farle suonare tutte, poi smisi.
“Dio Justin, se fossi gay ti salterei addosso” la voce di Ryan interruppe il momento romantico.
Tutti si girarono a guardarlo, indecisi se ridere o arrabbiarsi con lui.
“Perché, non lo sei?” chiese Chaz ironico.
Caitlin intrecciò la sua mano destra alla sinistra di Ryan, affermando decisa un “Non credo proprio”.
Adesso tutti guardavano lei.
“Finalmente vi siete decisi” sussurrò Chris sospirando sollevato.
“Che carini” li complimentò Nicole.
“È stupenda” la sua voce, impastata da qualche lacrima che le solcò il viso, accarezzò le mie orecchie.
Di nuovo la stanza cadde nel silenzio, come se ci fossimo di nuovo solo io e lei.
Ero incapace di dire qualsiasi cosa anche se la paura che non le fosse piaciuta svanì.
Si alzò lentamente, camminò verso di me. Prese delicatamente la chitarra che ancora avevo sulle gambe, per farsi spazio e poi sedersi.
“Ti piace anche se è dolce?” chiesi a un centimetro dalle sue labbra.
“Soprattutto per quello. Nessuno mi aveva mai dedicato una canzone e sono felice che tu sia il primo” mi rispose, poi fece incontrare le mie labbra con le sue in un casto bacio a fior di labbra.
Sentii il cellulare vibrare nella tasca, ma lo ignorai completamente abbracciando un’Adele tutta sorridente.
“Hei Scooter sarà a casa dei nonni di Justin martedì” annunciò Chris fissando lo schermo del suo cellulare.
“Ti sembra il momento adatto?” lo canzonò immediatamente Nicole indicano me e Adele.
“Scooter? Scooter Braun?! Voglio conoscerlo!” disse Adele.
“Lo conoscerai martedì, piccola” le risposi baciandole una guancia.
“Mi piace da impazzire quando mi chiami piccola” mi sussurrò poi all’orecchio per poi mordermi il lobo quando gli altri iniziarono a scegliere il film.
“Tu mi fai impazzire anche se non fai nulla” sospirai rassegnato.

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Capitolo 24
*** The best goodbye. ***










LEGGI, E’ IL PIU’ IMPORTANTE CHE IO ABBIA MAI SCRITTO.





Hallo °w°
da quando ho promesso alle mie amiche che avrei postato regolarmente tutti i martedì non l’ho mi fatto, ce çwç
In realtà questa volta ho aspettato perchè vedevo che le recensioni non aumentavano, allora.. e.e
Vabbè, tornando al capitolo u.u
Spero non faccia cagare, e di non avervi deluse e.e
maaaaaaa devo dirvi perché queste sono le note d’autore più importanti. e.e
Come ricorderete dall’ultimo capitolo che ho postato, la storia sta per finire. *fazzoletti, prego! çwwç* Ho davvero bisogno che voi rispondiate in qualsiasi modo – con qualsiasi intendo davvero tutti, dalla semplice recensione ai segnali di fumo. :3 – a questa seguente domanda. e.e
Vuoi che ci sia un continuo di questa storia, quando sarà finita?
Siccome ho già qualche idea ma non sono sicura che, come dire, potrebbe piacere.. non so, fatemi sapere voi u.u
Ah, tengo a precisare, che la parte finale del capitolo è una specie di scenetta aggiuntiva, ci tenevo a farla. :3
Un’altra cosa, l‘ultima e me ne vado. e.e
Ci sono tantissimi errori , credo, è che lho scritto di fretta e furia e non ho avuto neanche il tempo di rileggerlo çwç

Ottimo, ora posso andarmene. :3
Buona lettura.

Al prossimo capitolo, #withlove

@OhhthatsDrew (mio twitter :3)
Ah, ps. sempre grazie mille a tutte. ♥
pps.(?) Questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto, forse è’ troppo lungo ma mi dispiaceva non dire certe cose. e.e
Vabbè vi lascio al capitolo u.u










La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 24 – The best goodbye.










Dal capitolo precedente.
“Ti piace anche se è dolce?” chiesi a un centimetro dalle sue labbra.
“Soprattutto per quello. Nessuno mi aveva mai dedicato una canzone e sono felice che tu sia il primo” mi rispose, poi fece incontrare le mie labbra con le sue in un casto bacio a fior di labbra.
Sentii il cellulare vibrare nella tasca, ma lo ignorai completamente abbracciando un’Adele tutta sorridente.
“Hei Scooter sarà a casa dei nonni di Justin martedì” annunciò Chris fissando lo schermo del suo cellulare.
“Ti sembra il momento adatto?” lo canzonò immediatamente Nicole indicano me e Adele.
“Scooter? Scooter Braun?! Voglio conoscerlo!” disse Adele.
“Lo conoscerai martedì, piccola” le risposi baciandole una guancia.
“Mi piace da impazzire quando mi chiami piccola” mi sussurrò poi all’orecchio per poi mordermi il lobo quando gli altri iniziarono a scegliere il film.
“Tu mi fai impazzire anche se non fai nulla” sospirai rassegnato.














“Avanti Ade, non è da te chiuderti in camera a farti problemi su un vestito!” le urlai dal corridoio per la decima o forse ventesima volta.
“Non è nel mio stile neanche questo dannato vestito che m’ha dato Cait! È tutto attillato!” sbuffò dall’altra parte. Mi immaginai il suo corpo fasciato dal vestito blu notte che avevo sbirciato a Cait ma la cancellai l’immagine subito dopo, cercando di non fare pensieri troppo sconci.
“Fregatene, di sicuro starai benissimo. Infondo è solo una cena con Scooter”la rassicurai.
“E se dal vivo fosse ancora più carino e si innamorasse di me?” mi provocò. Quasi la sentivo sorridere dietro la porta.
“Non credo, è felicemente fidanzato tesoro”ribattei. Fece una minuscola risatina.
“Meglio ancora, più divertente” si affrettò a rispondermi e scossi la testa.
“Se me ne vado, apri questa dannata porta e scendi?” sospirai allontanandomi di parecchi passi dalla porta.
La serratura scattò e la porta si aprii lentamente. Adele fece un passo avanti cercando con lo sguardo la mia presenza; quando mi trovò sbuffò.
All’inizio non ci faci caso. Il mio sguardo era troppo occupato a guardare tutto il resto. Il bel vestito blu di Cait sembrava starle alla perfezione, finendo qualche spanna - troppo - sopra il ginocchio. I capelli li aveva lasciati sciolti, che le cadevano sulle spalle. Era … wow.
“Pensavo non ci fossi. Sto malissimo” sussurrò imbarazzata lisciandosi con le mani il vestito.
“Invece sei stupenda” ribattei io ma nulla, continuava a cercare di allungare il bordo del vestito.
“Scusate se mi intrometto, ma Adele smettila di cercare di allungarlo, hai due gambe stupende e bisogna metterle in evidenza e tu Justin smettila di fissarla” elencò Cait uscendo dalla stanza con un bauletto enorme tra le braccia, sorridendoci. Alle sue parole spostai immediatamente lo sguardo.
“Dai andiamo” mormorò Adele.
“Hei, ma sei più alta di me!” sbottai fingendomi indignato quando la presi per mano per scendere le scale.
“Le scarpe fanno miracoli” disse Cait alle nostre spalle ridacchiando. Guardai quelle che indossava e non mi stupii nel vedere che erano quelle che le regalai io a Santa Monica. Le sorrisi.
“Ah, finalmente sei sceso Justin!” mi rimproverò mia madre appena scendemmo. La guardai sorpreso.
“Già, è appena uscito dalla sua camera, ci ha fatto aspettare un ora.” Sbottò Adele al mio fianco, sorpassandomi per andare ad aiutare mia nonna con la tavola, che le sorrise riconoscente.
Scossi la testa, era inutile mettersi contro Adele.
“Le altre ragazze?” chiese il nonno contandoci con lo sguardo.
“Nicole e Ally sono ancora di sopra” rispose Cait lisciandosi i capelli. Anche lei aveva messo uno di quei vestiti eleganti.
“Non vedo l’ora di vedere la faccia di tuo fratello quando vedrà la sua dolce Nicole in quel vestito” ridacchiò Adele passando a Cait le posate da sistemare.
“Posso dare anche io una mano, nonna?” chiesi cercando di non pensare a cosa avrei voluto fare io avendo visto Adele in quel vestito.
“Non ti preoccupare, ha già fatto tutto questo splendore!” mi liquidò anche lei, passando accanto ad Adele per accarezzarle una spalla, mentre la ragazza mi fece una linguaccia. C’era caduta anche la mia adorata nonna.
Qualcuno alla porta bussò e la mamma andò ad aprire. Nello stesso momento Nicole e Ally scesero le scale.
“Ma siete uno schianto!” disserro all’unisono Caitlin e Adele abbracciandole.
“Ciao ragazzi!” salutò mia madre i nuovi arrivati. Christian, Ryan e Chaz oltrepassarono la porta mentre mamma per poco non sveniva.
“Lo abbiamo trovato a metà strada” spiegò Chris fissando Nicole come ipnotizzato e andandola a salutare.
Mi sporsi per vedere di chi parlavano affiancando mia madre e per poco non svenni anche io. Sotto l’arco della porta c’era mio padre.
“Papà!” sbottai per poi saltargli letteralmente addosso. Ridendo, ricambiò la stretta. Quanto m’era mancato.
“Hei ci sono anche io!” sbottò un offeso Scooter.

*

Ancora non era passata neanche un ora intera ma tutta l’enorme quantità di cibo che aveva preparato la nonna era scomparsa.
Alla mia destra avevo Adele, che avendo dimenticato totalmente l’imbarazzo iniziale parlava e faceva battute con tutti, come suo solito.
Di fronte a me, invece, avevo Scooter. Aveva un comportamento strano. Cioè, rideva anche lui alle battute ma non le faceva di sue, come se avesse la mente occupata a pensare ad altro.
“Hei Scott, cos’hai?” gli chiede mia madre come se mi avesse letto nel pensiero.
“Una grande notizia da dare” sussurrò lui guardandomi fisso negli occhi.
“Beh, spara” rispose Chris mettendo un braccio intorno alle spalle di Nicole.
Tutti gli sguardi di tutte le persone sedute a quel tavolo erano puntati su di lui che sospiro.
“Un nuovo tour, tra un po’ uscirà il nuovo disco, quindi abbiamo deciso che sarebbe una bell’idea..” annunciò, finalmente con uno sguardo diverso. Le reazioni furono diverse.
“Oddio, un nuovo concerto!” sbottò eccitata Ally.
“Ragazze di qualsiasi stato tu voglia!” si affrettò ad esclamare Chaz.
“Tanti nuovi posti da vedere” “Cibo internazionale!” e tante altre interi razioni del genere. Ma il mio pensiero fisso era Adele.
“wow, è una cosa stupenda” mi sorrise mia madre.
Annuii, poggiando una mano sul ginocchio scoperto di Adele.
“Ti piacerebbe venire?” le chiesi sperando che Scott non mi rispondesse come ben sapevo.
“Non si può, Justin” mi risposero all’unisono Adele e Scooter. Ecco, come pensavo.
“So di poter portare solo mia madre su quel bus, ma per una volta, un’eccezione” sospirai cercando appoggio da mia madre.
“Justin, sono la prima che vuole che voi due stiate insieme, ma sai che non si può” mormorò lei abbassando lo sguardo.
“Anche con Ally sono stata separata ma è comunque la mia migliore amica. Siamo nel ventunesimo secolo, abbiamo tantissimi mezzi per sentirci. Io tornerò a vivere con Ally e quando farai il concerto lì ti verrò a trovare” mi rassicurò Adele stringendo la sua mano sulla mia.
“Sono serissima, se non mi telefonerai tutti i giorni mi arrabbio!” concluse dandomi una pacca sulla spalla.
“Diventerò la tua ossessione”feci io, sorridendole e incrociando le nostre dita.
“Non ti dimenticare di noi, eh” dissero quasi in un'unica voce tutti gli altri facendo scoppiare un enorme risata.
“Quand’è il primo concerto?” chiese mia madre.
“Sabato prossimo” annunciò Scott. Sorrisi, infondo le fan erano la mia priorità.
Improvvisamente sentii una stretta quasi impercettibile, Adele mi aveva stretto le braccia al collo avvicinandosi al mio orecchio.
“Non sarà poi così difficile, possiamo farcela. Ti amo.” Mi sussurrò. Incurante dei miei amici, Scooter, mio padre e tutti gli altri la baciai.

*

“Allora buonanotte” le sussurrai contro una spalla per poi baciarla. Annuì e spensi la luce della lampada sul comodino facendo cadere tutta la stanza nel buio.
Mi stesi a pancia in su aspettando che come ogni sera lei venisse a poggiare la testa sul mio petto.
“Però la notte non è ancora finita” sussurrò. Grazie a quel po’ di luce che entrava dalla finestra vedevo il suo profilo avvicinarsi. Subito dopo sentii il suo corpo pericolosamente vicino al mio.
“C-cosa intendi dire?” deglutii a vuoto.
“Ti voglio Justin, ora. una specie di addio” continuò, la voce roca, mentre le sue mani percorrevano lente ed invitanti il mio corpo.
“S-sicura?” chiesi respirando a fatica quando le sue labbra soffici toccarono il mio collo e le sue mani andarono a finire sull’elastico della tuta.
“Certo Justin. È la mia prima volta, non te lo avrei chiesto se non ero convinta” sussurrarono ancora le sue labbra, per due secondi non impegnate sulla mia pelle già calda.
Sentii il cuore andare completamente.
Quella sera non solo persi la verginità con la ragazza che amavo, ma constatai anche che non avrei potuto vivere senza il suo calore sulla pelle, le sue labbra, la sua presenza. Senza lei.


*

Il ragazzo col cappellino al contrario prese per mano la ragazza, che arrossì sorridendo.
“Andiamo di qui” disse lui, facendola svoltare a sinistra.
“Ma casa di mia nonna è dall’altro lato, Chris” gli ricordò lei.
“Lo so Nicole, ma voglio parlarti. Quindi allungo la strada” fece Chris. Nicole annui, incitandolo a parlare con un gesto della mano.
“A settembre dovrai tornare al college” non era una domanda, ma un’affermazione. La ragazza annui di nuovo.
“Ma io non voglio separarmi da te, ora che finalmente posso averti” continuò serio lui.
“Anche a me dispiace ma sai che devo tornarci” rispose lei, decisa.
“Lo so, per questo ho deciso che non starai lì. Non ci tornerai a dormire, dormirai da me.” Un’altra affermazione.
“Stai scherzando, vero?” disse incredula lei. Chris scosse la testa.
“Ma da casa tua ogni mattina con la metro sarà un casino. E poi sei sicuro che i tuoi vogliono?”
“Sarò felice di accompagnarti tutti i giorni con la mia nuova macchina e mia madre ti adora, Nicole, ovvio che vuole!” spiegò lui, guardandola negli occhi.
“Faresti davvero tutto questo per me?” chiese quasi con le lacrime agli occhi Nicole. Lui annui passandole un braccio sulle spalle. Adorava tenerla il più vicina possibile.
Sospirò prima di arrivare al vero nocciolo del discorso.
“Tu diventeresti davvero la mia ragazza?” si decise a dirle, con voce sicura.
Questa volta fu lei a bloccarlo, scuotendo la testa.
“Che c’è?” chiese preoccupato lui. Lei gli sorrise.
“No, dico. Certo che voglio è che..” iniziò, guardandosi le scarpe. Chris si sentì il mondo crollare sulle sue spalle.
“Cosa?” chiese esitante.
“Non hai neanche l’anello..” iniziò lei, fissandolo. Chris di tutta risposta pesco una scatolina nera dalla tasca dei jeans, facendola sorridere. “ e dei fiori” concluse la frase.
“I fiori mica potevo nasconderli sotto la maglia, tesoro” le rispose lui, infilandole l’anello per poi baciarla.

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Capitolo 25
*** A presto amore mio. ***








Ho cambiato nome, ora. Mi chiamo horansmile , prima ero ItsJustAn

Spazio autore.
Oddio, è l’ultimo. çwç
Innanzitutto voglio dirvi che mi dispiace tantissimo aver aggiornato così tardi. Si mette il caldo, l’inizio della scuola, il mio blocco degli appunti che si diverte a perdersi(?) e il mio cervello, che è come se non volesse farsi uscire più una parola pur di non finire questa storia. çwç
Ma tornando a noi.
Voglio ringraziare tutte. Le 50 preferite, le 15 ricordate, le 44 seguite e ovviamente chiunque abbia fatto anche solo una di queste 225 recensioni.
Siete fantastiche, vorrei abbracciarvi fino al soffocamento(?) una per una, tutte voi e.e
Grazie di tutto. Spero continuate a seguirmi.
Withlove, @horansmile (si, ho cambiato anche nome twitter çç)








La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 25 - ' A presto amore mio '.










“Questa è tua” sospirò Adele sporgendosi verso di me per passarmi la mia maglietta extralarge con cui aveva dormito qui in Canada.
Anche se ormai tutto ciò che era mio adesso era anche suo. I miei amici, la mia famiglia, la casa. Me stesso. Sentivo il suo profumo anche lì, su quella maglietta. Come avrei fatto a lasciarla lì, sola?
“No, tienila tu” cercai di sorriderle respingendo la sua mano con un gesto delicato. Eravamo l’uno di fronte l’altro, ai due lati del letto. Ritornò dov’era e sorrise anche lei, mostrandomi un sorriso che non arrivò a farle illuminare gli occhi.
Era l’ultimo giorno. Tra un ora e trentacinque minuti avrei iniziato un secondo conto alla rovescia.
“Bene, la mia è pronta” sussurrò chiudendo la valigia posata sul letto. Era stupenda anche tutta sudata, i capelli legati in ciò che doveva essere una crocchia arrangiata sulla nuca.
“Hai dimenticato questo piccola” le dissi raccogliendo ciò che intendevo.
Si sporse di nuovo verso di me e io le mostrai i due cappellini.
Sorrise, un sorriso vero. Prese il suo carezzando con le dita la scritta in bianco. Da ormai due o tre giorni nella nostra vita regnava il silenzio. Non avevamo bisogno di dirci mille parole. Bastava uno sguardo, un gesto per farci capire quanto ci sarebbe mancato l’altro.
Lasciai che posasse il cappello sulla sua testa, aggiustandoselo sulla crocchia malridotta, per poi attirarla a me.
Un abbraccio. Un semplice abbraccio. Poggiò la guancia sulla mia spalla destra, mentre col naso mi sfiorava leggermente il collo.
Forse passarono pochi minuti, o forse tutta l’ora e trentacinque minuti. In quel momento mi interessava solo poter stringerla ancora, sentire il suo calore sulla pelle, sentirla sfiorare con le piccole mani la mia schiena.
“Tutto pronto ragazzi. Pattie dice di scendere” annunciò dall’uscio della porta Ally, cercando di far suonare la sua voce più bassa per non disturbarci.
Avevo già salutato i ragazzi – quasi sempre facevamo così, senza recitare la solita scenetta d’addio d’avanti all’imbarco.
“Andiamo” sussurrò Adele al mio orecchio districando l’abbraccio per andare a prendere la valigia. Sospirai.


*


“Allora alla prossima Bieber” mi salutò Adele, una lacrima sull’angolo dell’occhio, quasi impercettibile. Si sforzava tanto di sorridere..
“Ti amo piccola” le baciai di nuovo le labbra. Era la quarta volt che dicevamo le stesse due frasi, senza uscirne.
La voce metallica annunciò l’arrivo del mio aereo.
“Ti amo anche io” mormorò quasi impercettibilmente spingendomi verso la porta d’imbarco.
“Mi mancherai” sussurrammo all’unisono. Mi sorrise. Diamine, quel sorriso.
La salutai di nuovo, facendole un pigro gesto della mano.
“Non portartene troppe a letto in mia assenza, Justin Bieber” scherzò voltandomi le spalle. Faceva sempre così. Quando era sulla soglia delle lacrime faceva una delle sue battute.
“Vale lo stesso anche per te” le dissi, quando ormai aveva già iniziato a camminare nella direzione opposta alla mia, mano nella mano con Ally, verso l’imbarco per Detroit.
Rassegnato voltai lo sguardo su mia madre, che cercò di sorridermi incamminandosi. La seguii.
“A presto amore mio” pensai lasciando sfuggire una lacrima.






-Adele.


‘Ciao ragazzo che m‘ha cambiato vita e anima. A presto. ‘ sono le prime e ultime parole che gli ho scritto su uno stupido foglio di carta. Le uniche parole che avrà di me durante questi sei mesi.
Guardo un ultima volta i suoi occhi. Oro e nocciola. Era strano vederli così lontani, così tristi.
Sospiro, cacciando via le poche lacrime che avevo riservato al momento dell’addio. Non volevo ancora piangere, non d’avanti a lui. So che gli farebbe male, e non voglio questo.
“Allora alla prossima Bieber” gli ripeto, ho perso il conto delle volte in cui gliel’ho detto.
“Ti amo piccola” mi risponde lui, baciandomi di nuovo. Le sue labbra sulle mie che giocano dolcemente, sfiorandosi quasi impercettibilmente.
Quella fastidiosa voce annuncia quel maledetto aereo. Quanto vorrei prendere a bastonate gli altoparlanti in questo momento, e far si che tutti i voli fossero cancellati.
“Ti amo anche io” mormoro invece, rassegnandomi e spingendolo verso la porta.
Vorrei dirgli che m’ha davvero cambiato la vita. Vorrei dirgli che è l’unico che io abbia davvero amato, l’unico con cui io sia mai stata dolce, l’unico che non fosse Ally che è riuscito a farsi amare con tutta me stessa. Vorrei dirgli qualcosa di unico qualcosa che gli faccia pensare a me quando sarà solo, stanco dopo un concerto. Ma le uniche parole che mi escono sono banali e scontate.
“Mi mancherai” le diciamo insieme, sorridendoci. Mi saluta on la mano, come un bambino.
“Non portartene troppe a letto in mia assenza, Justin Bieber” scherzo cacciando di nuovo via quelle fottute lacrime.
“Vale lo stesso anche per te” gli sento dire, ma io mi sono già girata. La parte dura di me è andata via da quando l’ho conosciuto più a fondo , da quando gli ho dato l’anima e adesso devo accettare il fatto che io stia piangendo per lui.
Ally mi stringe la mano, trascinandomi quasi verso il nostro, d’imbarco.
‘A presto amore mio’ .

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