Leggende del Mondo Emerso - La Strada di Dubhe

di Aesir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le Ombre sopra il Mondo Emerso - La Strada di Dubhe ***
Capitolo 2: *** Prologo: COLUI CHE SUSSURRAVA NLLE TENEBRE ***
Capitolo 3: *** Scena Prima (I): DOVE GIACCIONO I NOSTRI SEGRETI ***
Capitolo 4: *** Scena Seconda (II): FIGLI DEL SANGUE ***
Capitolo 5: *** Scena Terza (III): LA VERITÀ ***
Capitolo 6: *** Scena Quarta (IV): NECRONOMICON ***
Capitolo 7: *** Scena Quinta (V): IL DONO DELLA MORTE ***
Capitolo 8: *** Scena Sesta (VI): LA SPADA DI NIHAL ***
Capitolo 9: *** Scena Settima (IV): ASTER, DUBHE, IDO E SENNAR ***
Capitolo 10: *** Scena Ottava (VIII): L'ULTIMA SACERDOTESSA DI THENAAR ***
Capitolo 11: *** Scena Nona (IX): EMENDAMENTO ***
Capitolo 12: *** Scena Decima (X): LA REGINA DELL'ARIA E DELLA NOTTE, IL RE DELLE OMBRE ***
Capitolo 13: *** Scena Undicesima (XI): I DRAGHI DELLA ROCCA DI CRISTALLO NERO ***
Capitolo 14: *** Scena Dodicesima (XII): ANIMA NERA ***
Capitolo 15: *** Scena Tredicesima (XIII): FUOCO E ACQUA ***
Capitolo 16: *** Scena Quattordicesima (XIV): PRIMO SANGUE ***
Capitolo 17: *** Scena Quindicesima (XVI): LA CITTÀ SENZA NOME ***
Capitolo 18: *** Scena Sedicesima (XVI): IL RE DEI SERPENTI ***
Capitolo 19: *** Scena Diciassettesima (XVII): NEL CUORE DI DUBHE ***
Capitolo 20: *** Scena Diciottesima (XVIII): VECCHI DEBITI ***
Capitolo 21: *** Scena Diciannovesima (XIX): MATRIMONIO IN NERO ***
Capitolo 22: *** Scena Ventesima (XX): LA GUERRA È GUERRA ***
Capitolo 23: *** Scena Ventunesima (XXI): DRAGO E VIVERNA ***
Capitolo 24: *** Epilogo: VERITAS ***



Capitolo 1
*** Le Ombre sopra il Mondo Emerso - La Strada di Dubhe ***


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Capitolo 2
*** Prologo: COLUI CHE SUSSURRAVA NLLE TENEBRE ***


 

 “[...] sopra i suoi uguali. Addio campi felici,
dove la gioia regna eternamente: a voi salute, orrori
del mondo di sotto, e tu profondissimo inferno,
ricevi il tuo nuovo possidente. Uno a cui
I tempi e i luoghi non potranno mai mutare la mente.
È la mente, infatti, il luogo perfetto, e solo lei
può fare un cielo dell'inferno, e un inferno del cielo.

  - John Milton, Paradise Lost, Book One

 

Prologo: COLUI CHE SUSSURRAVA NELLE TENEBRE

 Do you remember me
Lost for so long
Will you be on the other side?
Or will you forget me?
I'm dying, praying,
Bleeding and screaming
Am I too lost to be saved?
Am I too lost?
- Evanescence, Tourniquet

 Il viandante si guardò intorno. C'era potere, in quel luogo, lo sentiva nella terra, nell'aria, tutto intorno a sé. Il santuario doveva essere vicino.
Quella era la celebre Foresta uno dei boschi più grandi e rigogliosi del Mondo Emerso. Ora, era un luogo sterile, gli alberi consumati: tutto per opera di un folle.
Il viandante sorrise amaramente. Nulla è eterno.
Eppure, in quel luogo in cui tutto era perduto, qualcosa restava. Il grande Padre della Foresta non era altro che una pianta rinsecchita, ma una foglia dorata era intrappolata fra le radici. Non c'era vita in quel luogo, l'uomo lo sentiva. Sapeva anche che i guardiani si sarebbero nascosti da lui, non avrebbero voluto aver contatti con una supposta anima impura come lui. Non che gliene importasse del giudizio dei guardiani.
La mia missione è infinitamente più importante.
E non è mia abitudine chiedere ai miei nemici approvazione per i miei atti.
L'uomo si concentrò, ricorrendo a tecniche di un mondo ormai dimenticato. Fu tremendo. Ciò che sentì fu dolore, dolore e ancora dolore.
Un luogo pieno di rimpianti, il Mondo Emerso.
Ma non era la sofferenza che gli interessava. Già troppa ne aveva vista nella sua vita.
Si concentrò. Sì, lei era stata qui.
Evocò un incantesimo, e i suoi occhi videro ciò che era avvenuto, la videro conversare con il guardiano.
Come sai assumere un'aria innocente, quando vuoi. Chi se la prenderebbe con il povero, piccolo rappresentante di una specie estinta?
Le cose sarebbero state più difficili. Avrebbe dovuto rimuovere tutta l'influenza che quell'essere spregevole aveva avuto. Non importa. Sentiva che stavolta avrebbe fatto la cosa giusta. Indugiò ancora.
Mi temi, guardiano? Temimi, dunque, perchè il vostro tempo è giunto.
Alzò gli occhi. Era scesa la notte.
Di solito gli uomini alzavano gli occhi per trovar conforto negli dei, ma nessuna consolazione lo aspettava. Non dopo aver saputo cosa c'era dietro a quelle stelle, e ancora più oltre. Si accampò, e consumò un pasto frugale. Poi, alla luce del fuoco, aprì una bisaccia, e ne estrasse un libro consunto. La figura, vestita di nero, sospesa dinnanzi alle fiamme con quel tomo arcano in mano, sembrava uno stregone pronto a lanciare un maleficio.
Descrizione che non era molto lontana dalla verità.
Il libro era rilegato con un materiale strano, e aveva un che di diabolico.
Sulla copertina era vergato un simbolo composto da linee sinuose, e sotto, in caratteri elaborati, era scritto Al azif. Le sue mani pallide accarezzarono la copertina.
Il Necronomicon.
Mormorò qualcosa, e il falò si spense, mentre un'ombra oscura calava su di lui.
Il mattino dopo, solo la cenere, mischiata a quella antica di anni e anni, testimoniava il bivacco del viandante. Colui che sussurrava nelle tenebre, e il libro nero che possedeva, erano spariti.

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Ebbene, sì, cominciua la parte due!
Data l'alta presenza di riferimenti alle opere lovecraftiane, vi suggerisco di leggerle, o in alternativa di cercare su Wikipedia i seguenti riferimenti.
Intanto, una breve spiegazione del libro:

Il Necronomicon, di cui si può sapere di più in Storia e cronologia del Necronomicon,
il presente testo sarebbe un grimorio nero, scritto da un arabo pazzo, Abdul Alhazred che, riportando per iscritto i ricordi di un suo sogno, avrebbe creato un'enciclopedia sull'Arcano e sull'Evocazione demoniaca.
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Lovecraft nella sua narrazione, dava la sua esistenza talmente per scontata, che alla fine fu costretto ad ammettere pubblicamente che fosse una sua invenzione, vista la furia con cui i lettori avevano incominciato a cercare tale tomo. 

 

 
 


NdAesir: come mia tradizione, vi avverto che eventuali citazioni interne al fanverse (quindi dai libri delle Cronache/Guerre/Leggende) NON saranno segnalate, ma lo saranno quelle esterne al fanverse (quindi per esempio da Alien... anche se non riesco ad immaginare che potrebbe c'entrare ^ ^) Le citazioni interne al fanverse saranno utilizzate in situazioni più o meno analoghe a quelle "ufficiali": invito eventuali lettori a scovarle tutte.
Buona lettura!

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Capitolo 3
*** Scena Prima (I): DOVE GIACCIONO I NOSTRI SEGRETI ***


 

Scena Prima (I): DOVE GIACCIONO I NOSTRI SEGRETI

 Dark Angel, with thine aching lust
To rid the world of penitence:
Malicious Angel, who still dost
My soul such subtile violence!

- Lionel Johnson, Dark Angel
 

 Il cielo era scuro, violaceo. Un colore livido che presagiva tempesta.
La casa era fra la terra e il mare, appollaiata su una duna, fra la scarsa vegetazione che resisteva alla salsedine. Un'abitazione semplice, pareti di pietra e il tetto di paglia.
Il viandante si fermò dinnanzi alla porta. Sei ancora deciso, a tutto ciò?, si chiese, esitando un attimo.
Se lei avesse rifiutato, tutti suoi progetti si sarebbero infranti. Avrebbe dovuto ricominciare daccapo. Non sarebbe stato facile convincerla, soprattutto sapendo chi era. E chi era lui.
D'accordo, non era colpa sua ciò che le era capitato, non direttamente, ma... l'avrebbe capito?
Sarà disposta ad ascoltarmi? Vale la pena di dannarsi per una speranza?
Non ebbe neanche bisogno di cercare una risposta.
Bussò.

Ad aprire fu una ragazza. Non più di diciassette anni, un'espressione seria, il volto pallido, incorniciato da capelli castani legati in una lunga coda. Aveva due occhi scuri, tristi, nei quali si leggeva tutta la sofferenza del mondo.
Lui sorrise. Era esattamente come se l'era immaginata.

Salve”, fece una voce.
Dubhe scattò, la mano stretta sul pugnale, un'arma dalla guardia semplice, la lama lucente e l'elsa decorata da due serpenti, uno bianco e uno nero, che s'avvolgevano, con le fauci laddove iniziava la lama. La ragazza avrebbe voluto apparire indifferente, ma quello del reagire era un riflesso troppo radicato per poterlo ignorare.
Chi sei, tu che vieni a turbare il mio esilio?, si chiese, anche se conosceva già la risposta
Davanti a lei c'era un giovane bellissimo, di forse diciassette o diciott'anni, la pelle diafana, candida e levigata, i capelli blu che ricadevano in boccioli incorniciandogli il volto, le orecchie a punta.. Aveva due occhi meravigliosi, di un verde splendente, un verde impossibile. Non poteva esistere un colore del genere: era come se fosse stata estratta l'essenza stessa del verde, e fosse stata usata per dipingere i suoi occhi. “Posso entrare?”, chiese il nuovo arrivato. Posso rifiutartelo? No. E allora entra. La ragazza fece un cenno con la mano, così lui si infilò dentro, chiudendo la porta dietro di loro.

Tu sei Dubhe, vero?”
Lei rispose con tono apatico: “È così che mi chiamano. Mi risulta invece che tu sia Aster, che abbia quasi distrutto il Mondo Emerso quarant'anni fa, e che inoltre dovresti essere un bambino.”
Tutto questo lo pronunciò senza cambiare intonazione. Era chiaro che c'era una piaga aperta nella sua anima, una piaga che non riusciva a guarire. Il ragazzo non si arrese, non poteva permetterselo. Quella giovane era la sua unica speranza... e poi, nonostante i suoi modi freddi, risvegliava dentro di lui un calore che da molto tempo non provava... “Mi odi?”, chiese dunque.
Sei il Tiranno” fu la risposta, cristallina come quella di un fondamentalista che risponde “Dio lo vuole”. “La congrega di pazzi che mi ha schiavizzata t'adorava come un dio, ha tentato di riportarti in vita e teoricamente Lonerin e Sennar sarebbero partiti per disperdere la tua anima.” Fece una pausa. “Immagino che le cose non siano andate così.”
Non proprio. Per farla breve, erano si riusciti a liberarmi dall'involucro, ma poi presenza della lancia di Dressar mi ha catalizzato dentro al corpo che doveva ospitarmi, ancora non so bene come. È un artefatto molto potente, le sue capacità sono per la maggior parte ignoti. Comunque, questi incantesimi di richiamo sono notoriamente imprecisi. Saprai del Nemico del Grande Deserto, contro cui combatterono gli elfi; ecco, era stato riportato in vita proprio grazie ad un rito errato. Comunque, pare che mi sia stato dato l'aspetto che avevo quando Oren mi impresse il sigillo.”
Lei rise, una risata senza allegria. “Perchè dovrei crederti? Tu sei il Tiranno, sei un maestro negli imbrogli!”
Però, mentre lo diceva, non ci credeva neppure lei. Cosa voleva quell'individuo? Che giovamento avrebbe tratto dal mentirle? Non le veniva in mente proprio nulla.
Te lo chiedo per favore, ascoltami un momento. Se lo vuoi, dopo me ne andrò, e potrai riprendere ad odiarmi.” Un tuono sottolineò le sue parole. Dubhe tentennò. Quello che aveva innanzi era il Tiranno, era il mostro che aveva messo a ferro e fuoco il Mondo Emerso quarant'anni prima, però... però si fidava. Ad un livello viscerale, sentiva che quel ragazzo bello come una notte stellata non mentiva, nonostante tutti i dubbi e i sospetti che nutriva su di lui. La sua voce era sincera, e mentre aveva parlato l'aveva guardata dritta negli occhi, senza abbassare lo sguardo, una cosa che pochi erano in grado di fare. Contro ogni logica, decise che valeva la pena di starlo a sentire.
Perciò si sedette, senza mollare il pugnale. Incrociò le gambe, e fece cenno al ragazzo di prendersi anche lui una sedia. “E sia. Raccontami la tua storia, Aster della Terra della Notte...”


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Aggiornato! Capitolo breve, ma dato che sono crudele vi lascio agonizzare per il prossimo, dove le cose si fanno più interessanti. Niente Lovecraft, quindi neanche spiegazioni. Alla prossima, e recensite XD

Aesir: Dubhe... non ti fiderai mica di quel tipo, vero?
Dubhe: Beh... _ _ ///
Aesir: Come vuoi...
Dubhe: Grazie ^ ^ Era ora che mi concedessi il libero arbitrio! Dopo tutto quello che mi hai fato passare!
Aesir: ... solo non venire a lamentarti con me, dopo...

Per Bloody: Aster. Contenta? (Sono di poche parole oggi eh?)
 




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Capitolo 4
*** Scena Seconda (II): FIGLI DEL SANGUE ***


   

Scena Seconda (II): FIGLI DEL SANGUE

 All I wanted to say was:
I love you and I'm not afraid
Can you hear me?
Can you feel me in your arms?
- Evanescence, My Last Breathe

 L'ex-Tiranno rifiutò la sedia, prendendo piuttosto a camminare avanti e indietro nervosamente.
Parte di ciò che sto per dirti è narrato nelle Cronache; parte, ma non tutto. Nacqui in un giorno d'inverno, quale non lo ricordo neppure io. Non ho più badato a cose come i compleanni, dopo un po'. Come forse sai, io non sono un mezzelfo puro. Mio padre era un umano, non esistono mezzelfi con gli occhi verdi. Se in questo mondo vi fosse giustizia, io sarei vissuto nella Terra dei Giorni, e adesso ci sarebbe la mia tomba, lì da qualche parte, e riposerei in pace. Invece non fu così. I matrimoni misti erano considerati un peccato, perciò mio padre fu ucciso e mia madre marchiata ed esiliata. Il re della Terra dei Giorni temeva i maghi, e questa fu l'occasione per mandarci via. Due rifiuti della società in meno, capisci?
Ci trasferimmo nella Terra della Notte, e lì vivemmo... non felici, ma almeno ci lasciavano in pace. Poi venne Darlon. Uno qualunque dei tanti signorotti locali. Noi non sapevamo chi fosse, ma lo accogliemmo come un salvatore, eravamo convinti che saremmo vissuti meglio, che avremmo avuto di che sfamarci. Lui mandò i suoi generali e i suoi soldati, ci cacciarono tutti, e ci diedero la loro pace.”
Aster s'interruppe, sorridendo amaramente. “Li uccisero tutti, uomini, donne, e bambini. Fu allora che feci per la prima volta un incantesimo offensivo. Un soldato, dopo aver ammazzato mia madre, ignorando le suppliche, si avvicinò a me. Fu semplice, in fin dei conti. Un incantesimo del fuoco. Una magia proibita, anche se allora non lo sapevo. Dev'essermi venuto in bocca involontariamente. Credimi, ero più sorpreso di lui quando vidi quel bastardo morire fra atroci dolori. E stetti male. Gli altri se n'erano andati. Giurai che non avrei mai più fatto una cosa simile. Pregai il mago che era stato mio maestro di farmi diventare un Consigliere.
Volevo cambiare il mondo, stupido che ero. Pensavo davvero di poter fare qualcosa. Avevo... avevo un ideale. L'Ideale, con la maiuscola, lo chiamavo. Volevo fare del bene, volevo dedicare la mia vita a quest'obiettivo, ma la maggior parte dei Consiglieri erano uomini meschini, attaccati al loro potere, allo stupido potere che si erano procurati con intrighi e sotterfugi, come delle patelle ad una roccia. Non era così che mi immaginavo il Consiglio dei Maghi. Fu per colpa di uno di questi se sono diventato quel che sono. C'era questa ragazza, che si chiamava Reis. Suo padre era uno dei Consiglieri più potenti. Ma non quanto me. Mi temevano, quei cani, avevano terrore di me, perchè ero un ragazzino, ed ero più forte di loro. Il resto della storia, ti prego di leggerlo nelle Cronache. Sono sicuro che lì è riportata, e non credo che avrei la forza di narrarlo. Comunque, dopo tutto ciò voleva mettermi a morte, ma fuggii. Tornai al Consiglio, e... feci vedere loro cos'era il potere. La sala è stata ritinteggiata, ristrutturata, eccetera, ma ancora oggi ci sono i segni di ciò che ho fatto, lì. Poi trovai Oren. Lo diedi in pasto alla prima creatura che avevo creato... una specie di serpentello. Lo divorò, dall'interno verso l'esterno, finchè non ne rimase che un involucro di pelle vuota. Quella creatura era frutto della magia proibita, avevo infranto il mio giuramento, ma ormai non m'interessava più nulla. Nel giro di poche ore, divenni padrone di metà Mondo Emerso. Il mio ideale era distrutto, calpestato, dimenticato. Quel giorno capii che noi esseri mortali non sono altro che burattini nelle mani degli dei. Giocattoli.
Con questa rivelazione, sancii la mia decisione. Io mi sarei ribellato agli dei, avrei cambiato la storia del Mondo Emerso.
Quel giorno, morì Aster.
Quel giorno, nacque il Tiranno.
Il resto della storia, l'avrai sentito narrare chissà quante volte... creai i miei schiavi, i fammin, incrociando le razze fra di loro. Impressi su questi esseri magie che mi permettessero di controllarli. Ho sentito che ce ne sono ancora in giro, disprezzati da tutti e costretti a svolgere i lavori più umili. Ora che sono di nuovo qui, questa sarà una delle prime cose a cui porrò rimedio. Noi che soffriamo ci chiediamo: perché degli innocenti sono puniti? Perché questo sacrificio? Perché il dolore? Non ci sono promesse. Non ci sono certezze*.”
Si bloccò. Sembrava aver parlato senza volerlo, e cercò di mascherare l'imbarazzo, continuando dall'ultima cosa sensata che aveva detto, senza interruzione: “Poi nacquero le altre mie creazioni, i draghi neri, gli uccelli di fuoco, gli spiriti dei morti, i necromorfi**...”
I che?”
Oh... scusa, immaginavo che non fosse scritto, questo. Ai tempi della Battaglia d'Inverno erano ancora un esperimento. Non li ho mai usati. Comunque, mi detti alla conquista. Questa parte immagino che non sia mai stata raccontata dal mio punto di vista. Ero costretto a servirmi di uomini brutali, più bestie che creature coscienti, che comandassero, ma dentro di me, li odiavo. Li odiavo, perchè erano solo degli stupidi burattini, e nonostante ciò pensavano di avere potere, e tanto, anche. Li odiavo, perchè in ognuno di loro rivedevo quel bastardo di Re Darlon. Non feci mai veder loro il mio volto, tranne che ai primi tra loro che vennero e... fu un errore che non ripetei. Alcuni si ribellarono. Morirono. Non mi sono mai preoccupato della morte di uno di loro. Tanto, sarebbero dovuti morire tutti, alla fine. Popoli schiavi, popoli liberi, gli illusi che avevano creduto che servendomi li avrei ricompensati. Avevo il mio piano, avevo la logica ineccepibile del mio sogno. Ero convinto di star facendo la cosa giusta. Per me non esisteva altro. Era una fantasia grandiosa, che mi ripetevo fino alla follia nella solitudine del mio palazzo. Ero solo, e in questo stava la grandezza del mio progetto. Soltanto Yeshol sapeva cosa avrei fatto. Era il volto che avevo deciso di mostrargli, l'unico a cui avrebbe ubbidito. Si credeva il degno successore del suo profeta, pensa!” Il mezzelfo rise amaramente. “Invece era solo uno stupido soldato che insisteva per vedere le cose non come stavano nella verità, ma come egli voleva che fossero. Un giorno si sarebbe scontrato con la realtà, le sue illusioni sarebbero crollate, e sarebbe morto stupidamente***.”
Dubhe trasalì impercettibilmente a quelle parole. Questo discorso l'ho fatto anch'io...
Aster non parve accorgersene, e continuò: “Così è stato. Lui sapeva, ma non poteva capire. Solo io ero in grado di scorgere il disegno magnifico che sorreggeva quel sogno.
Quando la spada di Nihal mi ha colpito, ho capito molte cose. Ho capito che avevo sbagliato tutto, che il male non è nelle razze mortali, che popolano questo mondo. Loro riflettono solo il male che viene proiettato. In questo mondo spira vento malefico, che avvelena gli animi e corrompe i cuori; la malvagità permea ogni cosa, infetta la terra. Tutto è impregnato di odio, di desiderio di distruzione. E questo vento ha un'origine: il male, è negli dei. Ma ormai ero morto. A qualcun altro, l'onere di continuare il mio lavoro. È con questa consapevolezza che ho parlato a Lonerin, mentre liberava il mio spirito. È con questa consapevolezza, che ho rivisto Sennar. Ero in pace, che mi importava di parlare del mio piano? Pensavo fosse tutto finito. Speravo fosse tutto finito. L'altra parte, sai, non è come te la descrivono i sacerdoti. È un nulla, un nulla in cui si svanisce. È bellissimo...” Sospirò. “Ma adesso, sono di nuovo in vita. Sono tornato in questo mondo di sofferenza, dove l'unica certezza è l'odio. Il male è sempre possibile. E il bene è eternamente difficile****. Qualcuno ha deciso che dovevo andare avanti.. “
S'interruppe, quasi avesse detto troppo. “Il resto, te lo narrerò, in futuro, se t'interesserà, se deciderai di fidarti di me...”

 “...Così questa è la mia storia”, concluse Aster. “Odiami pure, adesso, se vuoi.”
Osò alzare gli occhi incontrando quelli di Dubhe. Li vide umidi. Stavolta erano pieni di emozioni. Una lacrima, una sola, scivolò giù dalla guancia della ragazza. Poi lei li abbassò, confusa. La sua mano, che era stata sul pugnale per tutta la durata del colloquio, scese inerte lungo il fianco. Si sentiva viva, davvero viva per la prima volta da quando Learco era morto. Iniziò a parlare, come un fiume in piena, non riusciva più a fermarsi. Tutta la sua vita venne messa in luce, tutto ciò che pensava su di sé, segreti che non aveva osato rivelare neanche a sé stessa. E iniziò da dove non aveva mai osato, dalla sua infanzia a Selva, dai giochi con gli altri bambini, dalla felicità. Dopo, fu come scivolare impotente lungo una china buia. Gli raccontò la sua storia, la storia di una ragazza segnata dalla morte, la storia di un inganno, di continui tradimenti, di un mostro assetato di sangue che le dimorava dentro. Di una vita trascorsa a lasciarsi trascinare dalla corrente, a mettere un piede, davanti all'altro, a prendere un respiro dopo l'altro, solo perchè il suo corpo l'esigeva. Di una vita iniziata nel sangue, e che aveva sempre pensato sarebbe finita nel sangue. Non seppe per quanto tempo fosse andata avanti a parlare, ma non le importava. Sentiva che quel ragazzo strano, il Tiranno, l'avrebbe capita meglio di chiunque altro. L'avrebbe capita, perchè le loro storie erano quelle, erano lo stesso, dannato percorso che girava in circolo, sempre, e non c'era altro che sofferenza. Mentre continuava a parlare, ad attaccare una frase dopo l'altra, le venne in mente che, nel calcolo algebrico, due numeri negativi moltiplicati fra di loro ne danno uno positivo; così, magari, dalla loro sofferenza, sarebbe potuto nascere qualcos'altro. Anche una vita piena di dolore non dev'essere sprecata. Aster la ascoltò in silenzio, e quando le parole della ragazza s'incrinarono, compì un gesto che lei non si sarebbe mai aspettata. La abbracciò. Dubhe rimase rigida, sorpresa, per un attimo, poi si sciolse in quel gesto, e rispose, poggiando il capo sul suo petto e lasciandosi cullare dalle braccia di dell'ultima persona della quale un abitante del Mondo Emerso si sarebbe fidata.
Stretta in quell'abbraccio, che sapeva di uno strano sentimento che le sconvolgeva l'anima, concluse, mentre tremava quasi fosse febbricitante, con poche parole, ma che la rappresentavano decisamente bene. Ido ne sarebbe stato contento: in quella confessione, quella ragazza triste, sola, senza un destino, senza speranza, aveva finalmente trovato sé stessa..
Io sono Dubhe, la ladra, l'Assassina, la Bestia. Io non appartengo a questa luce che adesso mi circonda, ma al buio di fuori, alla tempesta, perchè la notte è il mio regno, e solo lì sono in pace. La mia vita va così, non ci sono appigli, non ci sono ancore, c'è solo da cadere sempre più in basso. Io sono nata per spargere sangue, e per quanto lo abbia odiato, per quanto ancora lo odi, non sono altro che una servitrice della morte, e altro non ho fatto se non esserle schiava: non importa quanto abbia provato, non posso sfuggire al mio destino. Non mi toglierò mai questi pesi di dosso.
Sono la mia penitenza, il mio debito, e, se sarà possibile, ma non ci spero più di tanto, la mia assoluzione.
In che altro modo potrei lavare il sangue che ho sulle mani?
Io sono maledetta, lo sono sempre stata, già da prima di ritrovarmi una Bestia nel petto.
Ho trovato una strada per l’inferno così nitida e diretta che non potrò mai tornare indietro da essa...
Io porto i semi della morte con me, e li pianto ovunque osi fermarmi in cerca d’amore...
Mi avevano condannata a morire perché gli altri potessero vivere; ora io vivo perché gli altri possano morire...*****”
Alla fine, quando la sua voce finalmente si spense, perchè non c'era nient'altro da dire, sollevò il viso, e lo guardò negli occhi, specchiandosi in quel verde incredibile, e sentì le lacrime bagnare i suoi, senza che riuscisse né volesse fermarle.
Vieni!”, gli disse.
Spalancò la porta: fuori ormai la natura si era scatenata, quasi a sottolineare le bestemmie pronunciate dal Tiranno e accettate dall'Assassina. Tenendolo stretto per mano, corse sulla spiaggia, mentre venivano colpiti dalle gocce. C'era un ammasso di scogli, poco più avanti. Lo incitò ad arrampicarsi, per poi seguirlo agilmente. Il ragazzo, per essere un mago, era messo molto bene, fisicamente. Non ebbe bisogno d'aiuto.
Quando giunsero in cima, si voltarono ad osservare il mare in tempesta che ruggiva sotto di loro, alzando lame di schiuma come per ferire il cielo, che rispondeva tuonando e scaricando fulmini. “È bellissimo”, mormorò Aster. Poi si voltò a guardarla. Nella foga, il cappuccio le era scivolato via e i suoi capelli castani erano appiccicati in ciocche disordinate, il corpetto e i pantaloni che indossava le si erano incollate al corpo, evidenziandone la figura, e i suoi occhi scuri riflettevano tutta la terribile bufera che li circondava. La trovò meravigliosa, di una bellezza tale da mozzare il fiato.
E anche tu sei bellissima...”, disse, prima di riuscire a trattenersi. Vide la sorpresa nello sguardo della ragazza e si maledisse: Idiota, hai mandato in fumo tutto!
Ma Dubhe sollevò semplicemente il capo, lo avvicinò a quello di Aster e gli mormorò: “Ci ho pensato... no, io non ti voglio odiare... non ti posso odiare.”
Poi si spinse in avanti, e unì il suo corpo con quello del ragazzo, e dopo un attimo di sorpresa lui rispose, stringendola a sé, carezzandole i capelli castani, seguendo con la mano le dentellature della colonna vertebrale, una ad una. In un secondo, Aster fu travolto da un centinaio di percezioni diverse, mentre ognuno dei suoi sensi gli strillava che, dopo tanto, troppo tempo, stava abbracciando una ragazza. Sentì quanto gli era mancato l'amore, quell'amore che lui aveva rifiutato, che aveva sottomesso all'odio.
La guardò; in quel momento avrebbe voluto pensare qualcosa di profondo, qualcosa da tramandare ai posteri, ma l'unica impressione che riuscì a farsi strada nella sua mente confusa, in quei pochi secondi, fu: è bellissima.
In quel preciso istante, Dubhe lo baciò.
Baciò il Tiranno, il nemico, il mostro.

 Nessuno dei due seppe come finirono sul letto, dopo. Forse era solo una ricerca di conforto da parte di due persone a cui la sorte aveva portato via tutto. Forse era solo il caso, che entrambi si fossero trovati lì, nello stesso momento a narrarsi la loro storia. Forse entrambi, per la prima volta in vita loro, avevano scoperto una persona che era uguale all'altra, e nella quale poteva rispecchiarsi e capirsi. O forse era un altro stupido scherzo di quegli dei che nessuno dei due mai aveva rispettato. Ma quella notte, Dubhe riuscì a scordare ciò che era successo con Learco, e Aster riuscì a scordare Reis. All'inizio la ragazza si sentì confusa, spaventata: si diceva che stava tradendo la memoria del principe... una memoria scomoda, forse, perchè, anche se aveva compreso - troppo tardi - di non amarlo, si sentiva colpevole, perchè era morto per mano sua. Ma nel contempo non riusciva più a fermarsi. Alla fine accantonò ogni dubbio, e si lasciò andare completamente. Ad un livello profondo, sentiva, anche se non avrebbe saputo spiegare perchè, che quello che stava facendo era giusto. Si lasciò avvolgere dalle carezze, ricambio con passione i baci, e sentì che il suo core aveva ripreso a battere. E fu quando il cielo si tinse appena di chiaro, che tutto si fu compiuto, e non poterono più tornare indietro, ed entrambi sprofondarono in un sonno tranquillo, il primo dopo tanto tempo, mentre nella calma della stanza echeggiavano ancora le parole che l'Assassina aveva sussurrato al Tiranno, e la sua risposta.
Ti amo, Aster.”
Anch'io ti amo, Dubhe.” 

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* Alien 3
** I necromorfi di Dead Space... la prima cosa che m'è venuta in mente ^ ^
*** Adattato da Halo: The Cole Protocol
**** Anne Rice, Intervista col vampiro
***** Orson Scott Card, Il riscatto di Ender


Tutti: "Dillo! u_u"
Dubhe: "Ma... _ _ ///"
Tutti: DILLO! U_U"
Dubhe: "Però... _ _ /////"
Ben - Obi Wan Kenobi (Non chiedetemi che ci fa qua... è uno sclero, no?): "Ci penso io!"
*si avvicina a Dubhe* "Tu ami Aster O_O"
Dubhe: "Ehm... _ _ /////////"
*il Cavaliere Jedi fa un gesto con la mano e ripete 'tu ami Aster'*
Dubhe: "Io... amo... Aster *_*"
Ben - Obi Wan Kenobi: "Brava ragazza! Vai, e che la Forza sia con te ^ ^

Grazie a tutti per le recensioni!!!

Ah... questo (
Dubhe) è un disegno che dovrebbe incuriosirvi un poco...


1) Perchè Dubhe ha ancora il sigillo?
2) Perchè ha quella specie di strana spada in mano?
3) Perchè ha un taglio sul volto?

Le risposte... prossimamente su "Leggende del Mondo Emerso - L'Assassina e il Tiranno"

 

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Capitolo 5
*** Scena Terza (III): LA VERITÀ ***


Scena Terza (III): LA VERITÀ

Io sono prigioniera
My fate is in your arms tonight
Though love is shining in your eyes
Will you be mine tomorrow ?
Io sono prigionièra
My heart will nevermore be free
A part of you I'll always be
From now until eternity
- Adesso e Fortuna,
sigla di Record of Lodoss War

La mattina dopo la luce filtrava già da un bel po' dalle finestre, quando Dubhe aprì gli occhi scuri. Sentiva una persona che dormiva accanto a sé, sentiva il calore del suo corpo e un respiro estraneo sulla sua pelle. Ci mise un poco a fare mente locale. Quando ci riuscì, un pensiero la colpì con la forza di un maglio. Oddio, cos'ho fatto?
Si tirò indietro di scatto. Il mago disteso vicino a lei, non parve accorgersene. Aveva un'aria così tranquilla, così innocua, così infilato fra le coperte, con solo il capo e le spalle che sbucavano dalle lenzuola, che la ragazza subito si tranquillizzò.
Non devo preoccuparmi. Non è un mio nemico.
Gliene importava così tanto che il ragazzo che le dormiva vicino avesse cercato di distruggere il Mondo Emerso? No.
Primo, perchè si era pentito, aveva compreso il tremendo errore che aveva commesso, aveva potuto leggerlo nei suoi occhi la sera prima. Nessun attore, per quanto bravo, avrebbe saputo fingere quel sentimento. Secondo, perchè Aster era totalmente diverso da come se l'era immaginato. Non era un mostro nero assetato di sangue e desideroso di distruzione, ma semplicemente un ragazzo solo a cui la sorte aveva portato via tutto. Come me. Terzo, perchè lei lo amava. E lui amava lei. E si capivano. Le loro sofferenze erano così vicine, che anche senza scambiarsi parole potevano comprenderle. La sua salvezza era lì al suo fianco. Adesso aveva capito. Adesso era in pace. Adesso lo amava.
La giovane ladra, nel corso della sua esistenza maledetta, era scesa più e più volte negli abissi della sua anima, ne aveva toccato il fondo, e ogni volta era stato più difficile tornare alla normalità. Perchè non si poteva sprofondare all'inferno, e sperare di risalirne integri. Tuttavia, adesso, per la prima volta dopo tanto tempo, era davvero in pace. Tutti i pezzi si erano incastrati al loro posto. Il suo cuore lacerato dal dolore era di nuovo intatto, e lo sentiva pulsare tranquillo. Ma le bastò pensare il nome del mezzelfo, per sentire quel ritmico tum tum accelerare. Era abbastanza smaliziata da sapersi fornire da sola la diagnosi di quel male. La sua malattia si chiamava amore. Learco era un nome, Lonerin una macchia sfocata, al Maestro non pensava più. In diciassette anni di esistenza tormentata, non si era mai, mai, sentita così bene. E il merito era di quel ragazzo addormentato, del ragazzo che aveva scoperto, appena un paio d'ore dopo averlo conosciuto, di amare alla follia, e di esserne caldamente ricambiata.
Si chinò, scostandogli i capelli blu, e dandogli un leggero bacio sulla bocca. Aster socchiuse gli occhi. “Buongiorno...”
Dubhe arrossì: “Scusa, non volevo svegliarti.”
“Tranquilla.”
Allora la ragazza lo baciò di nuovo, con più slancio. Aster aveva un'espressione serena, e per un momento si domandò quanti l'avessero mai visto così tranquillo, libero dalle inquietudini. Ignorava che l'ex-Tiranno si stesse chiedendo la medesima cosa di lei.

I due stavano facendo colazione, quando il mezzelfo s'accorse che l'Assassina era pensierosa. Non aveva praticamente toccato cibo, e la tazza fra le sue mani tremava vistosamente.
“Cosa c'è?”, lo chiese gentile.
“Aster, dovrei... chiederti un favore”, mormorò. Abbassò la testa, vergognosamente.
“Certo.”
“Io... puoi aiutarmi, con questo?”, buttò fuori tutto d'un fiato. Ecco, l'aveva fatto. Si tirò su la manica, esponendo la carne del braccio, dove spiccavano, vivido contro la pelle bianca, due pentacoli sovrapposti e due serpenti che strisciavano al loro interno. Fu abbastanza differente dagli altri esami: il mezzelfo non mormorò formule, non la sfiorò con carboni... gli bastò un'occhiata per giudicare, e Dubhe sentì un guizzo di speranza. È il mago più potente mai esistito nel Mondo Emerso...
Aster annuì. “Se vuoi, posso provarci.”
Dubhe cercò di tenere sotto controllo la propria voce. Era più di quanto le fosse mai stato offerto.
“Te... te ne sarei grata...” Poi si adombrò. “Aster, ascoltami, perchè ciò che sto per chiederti non ti piacerà. In queste due settimane in cui ho spento totalmente le emozioni, la Bestia non è stata capace di tormentarmi, ma da quando sei arrivato tu, la sento di nuovo. Non ti sto chiedendo di andartene, anche perchè non servirebbe; non potrei smettere di pensarti. Io adesso chiuderò gli occhi. Tu fai quello che devi fare... se riesce, tutto bene. Altrimenti...”
La ladra estrasse il pugnale e glielo mise in mano.
“Dubhe...”, mormorò Aster, mentre sentiva la sua sicurezza venire meno.
"Mi dispiace... ma io non posso tollerarlo ancora. E non posso farlo da sola.” Gli sollevò la mano e si poggiò la punta della daga sul petto. “Infilalo qui, in mezzo alle costole.” I suoi occhi erano colmi di lacrime: “Non farà male, se sarai tu a farlo. Prometti.”
Il mezzelfo prese un respiro profondo e annuì. “Te lo giuro.”
“Grazie... se dovesse andare male, io... mi dispiace davvero che debba finire così, adesso che ho appena scoperto di amarti. Ti amo, Aster.”
Il ragazzo le sfiorò le labbra. “Anch'io. Dubhe?”
“Sì?”
“Non dovrai aspettarmi a lungo.”
Un lampo di dolore attraversò il volto di Dubhe, ma poi scomparve, e subentrò la rassegnazione. Con che coraggio potrei chiedergli altrimenti? L'ho appena supplicato di uccidermi. Quello di Aster era il più alto atto di amore che potesse immaginare, e le sembrava sbagliato sminuirlo con un rifiuto. Comunque vada, saremo insieme. Annuì e chiuse gli occhi.
La mano del mezzelfo andò a poggiarsi sul suo sterno. La ragazza sentì il battito del suo cuore accelerare, senza che potesse farci nulla. Di lì a pochi istanti si sarebbe compiuto il suo destino, e non riusciva a stare calma.
“Nelatep obresooth sythan net bekon...*” La voce di Aster sembrava provenire da molto lontano.
Poi ci fu il silenzio. Durò qualche istante, poi il mezzelfo le accarezzò la guancia.
“Dubhe?”
La ragazza si arrischiò ad aprire gli occhi.
“È finita.”
“Ma io non sento nulla di diverso”, obiettò lei.
Aster scosse la testa: “La Bestia dimora in tutti noi, ma tu che l'hai conosciuta l'avvertirai sempre, dentro di te. Saprai che c'è, ma... nient'altro. Non ti tormenterà più, te lo giuro. Sei libera, Dubhe.”
Furono quelle parole a svegliarla. Guardò dentro di sé, e constatò che era come il mezzelfo aveva detto.
“Grazie”, ansimò, mentre l'emozione le strozzava le parole in gola. “Scusami, ma mi viene da piangere...”
Scivolò in avanti, sorretta dalle braccia di Aster, che l'accompagnò a letto, aiutandola a sedersi. “È la tensione, non preoccuparti...”
La ladra annuì, continuando a tremare. “Aster, ti devo la vita...”
Il mezzelfo scosse la testa. “Non voglio una schiava, Dubhe. Non mi devi nulla.”
“Mi spiace, sono tua schiava in ogni caso, perchè ti amo.”
“Questo lo accetto”, rispose lui.
“Grazie”, mormorò la ragazza, baciandogli la guancia.
Semplicemente “grazie”, ed un bacio, questo fu il prezzo della sua libertà. Non l'avrebbe mai creduto possibile, Dubhe, eppure bastò poco a saldare il suo debito. E capì che era giusto, perchè così si comportavano due persona che si amavano. Sorridendo ad Aster, Dubhe sentì che davvero finalmente la vita era solamente sua, libera di fare ciò che voleva.

Steso supino sul letto, Aster girò la testa a guardare la ragazza. Anche da sveglia, il suo volto trasmetteva una pace che non doveva provare da molto tempo, per godersela così. Come la capisco...
Di colpo però Dubhe si accigliò, voltandosi sul fianco verso di lui.
“Questa... immagino che non sia una visita di piacere, o sbaglio?”
Il ragazzo sospirò. Era giunto il momento della verità. “No, non lo è.”
“Perchè sei qui, allora? Sinceramente, non riesco a capirne il motivo. Io sono una ladra, sono un'Assassina, non ho idea di cosa possa interessarti in me...”
Nato nel vizio, morto nel supplizio. Nato nel peccato, a entrare sia invitato.
“Innanzitutto, perchè ti amo. Me ne sono accorto da quando ti ho vista la prima volta.”
Gli occhi di Dubhe s'illuminarono, la ragazza sorrise, spiegando le sue labbra in un'espressione che secondo il mezzelfo le dava un'aria tremendamente carina, inconsapevolmente maliziosa, ma non disse niente, lasciandolo continuare.
“E poi... oh, non possiamo rimandare questo discorso? Ho voglia di restare con te, e basta, per adesso.”
“Ma prima o poi, dovrai dirmelo, no?”
Il mago la guardò. Lei indossava una camicia da notte, lunga fino ai piedi, che le andava in effetti abbastanza larga. Si sforzò di distogliere lo sguardo dalla scollatura della ragazza, ma doveva essere arrossito, perchè lei lo guardò con tenerezza, e gli chiese, con la voce che scintillava di malizia: “Rimandiamo?”
"Rimandiamo.”

Il letto era ridotto ad un disastro, sembrava un campo di battaglia. Le coperte erano accartocciate, o gettate al suolo, o entrambi. I cuscini non si vedevano da nessuna parte. Alcuni dei libri contenuti nello scaffale erano caduti, fortunatamente senza danni. I vestiti erano stati mollati più o meno dove capitava.
Dubhe, completamente nuda e coperta solo dal lenzuolo, la pelle madida di sudore che quasi riluceva, i capelli ancora legati in completo disordine, con la coda che le seguiva quasi per caso la linea delle clavicole, si rigirò, a guardare il mezzelfo. “D'accordo”, proclamò divertita. “Ci sai fare.”
Aster le mise un braccio attorno alle spalle, stringendosela addosso. “Cerco di fare del mio meglio...” S'interruppe, cercando il contatto fisico, la morbidezza del suo corpo, il calore della sua pelle: la giovane ladra era pallidissima, ma questo non le dava un'aria malata, anzi; al contrario, spiccava in mezzo al tessuto scuro, come una luce nell'oscurità. Gli piacque quell'immagine. Rappresentava bene il modo in cui la vedeva. Stupenda. No, di più: assolutamente unica. Le poggiò il mento nell'incavo del collo e incrociò le braccia sul suo petto morbido. Le baciò il collo esile, quindi la spalla nuda, poi il braccio. “Mmmhhh... che cosa stavi dicendo?”, chiese lei.
“Sai di buono.”
La ragazza sorrise. Era bello, tornare a sorridere dopo tanto tempo. L'astinenza, se ne accorgeva ora, le faceva male, e, sorprendentemente, era come un dolore fisico..
“Vediamo di sistemare questo sfacelo, cosa ne dici?”
Si alzarono. Dubhe sbadigliò, stiracchiandosi platealmente e offrendo una perfetta panoramica di sé. È magra, pensò il mezzelfo. Chissà perchè non l'aveva notato, quando l'aveva abbracciata, prima sulla scogliera e poi le due volte che erano finiti a letto. In effetti, la consapevolezza del suo amore l'aveva colpito all'improvviso, e mai si era sentito bene come in quelle ore passate stretto alla giovane ladra. O forse non vi aveva fatto caso: la sua era una magrezza che le si adattava, e mentre il mago faceva scorrere lo sguardo sulle incavature delle sue costole, sul suo addome snello, sulle sue gambe sode, s'accorse d'essersela immaginata esattamente così, e di non riuscire proprio a pensarla in modo diverso. Quel corpo era semplicemente Dubhe, e la rispecchiava benissimo. Ancora una volta, pensò che era bellissima. Glielo disse, tirandosela addosso e poggiandole un bacio al centro del petto, nel lieve incavo fra i seni. E, mentre sentiva quel bacio scioglierle il gelo che le aveva circondato a lungo il cuore, mentre lo sentiva riempire il nulla che per tanto tempo aveva portato dentro di sé, il sorriso dell'assassina fu sincero, fu il sorriso di qualcuno che ama davvero chi le parla, ed è al settimo cielo perchè sa che è con lei, e che nessuno potrà mai portarglielo via.

Mentre la ragazza rifaceva il letto, il mago si diresse alla libreria, iniziando a sistemare i tomi. Sollevò il primo: botanica. Un altro: ancora botanica. Un terzo: un erbario fatto in casa. Evidentemente, lei non badava troppo a nascondere i suoi hobby. Ne prese un quarto, che riconobbe subito, perchè era il primo libro che aveva chiesto di vedere, dopo che era tornato in vita: le Cronache del Mondo Emerso. Lo prese in mano, e si aprì da solo verso la fine, come se qualcuno avesse insistito su quel punto.
C'erano delle frasi sottolineate, messe in evidenza, e commenti entusiastici alle stesse scritti con la calligrafia minuta di Dubhe. Guardò meglio cos'aveva trovato di così interessante. Sheireen, tu che conosci tanto bene gli abissi dell’odio, sai dirmi una sola ragione per cui questo mondo dovrebbe salvarsi?
E poi: Pensaci bene, Sheireen, e capirai che ci sono molti più uomini disposti a morire per odio che per amore. E questo perché l'odio è eterno e l'amore è effimero.
Aster guardò il libro intenerito, per come costituiva un legame supplementare fra sé e la ragazza. Quasi a parlare del diavolo, sentì le sue braccia stringerlo: “Cosa leggi di così interessante?”, chiese, sporgendosi da sopra le sue spalle.
“Eri una mia fan?”, chiese invece, scherzando, lui, limitandosi a indicare il titolo del libro.
Lei annuì. “Come fai a saperlo?”
L'ex-Tiranno lo aprì al punto di prima. Dubhe gettò un'occhiata. “Sai, mi piacevano quelle frasi. Ne sono convinta tutt'ora, in fondo in fondo. Sono vissuta così tanto tempo senza una speranza che anche adesso è difficile abituarmi ad averne una.”
Aster le lanciò un'occhiata piena d'amore: “Ti ho detto che ti amo, Dubhe? Sei una brava persona, è bello parlare con te. Dici quello che pensi, non quello che la gente vuol sentirsi dire.”
Lei alzò le spalle. “Chi la morte l'ha avuta dentro, come me, può permettersi di guardare dritta negli occhi la realtà dei fatti. So cosa stai pensando, che ormai è tutto passato. Non è così. Io sono vissuta per troppo tempo nelle tenebre per sperare di poter vedere la luce. Posso illudermi quanto voglio”, continuò. “Tanto alla fine sono sempre stata costretta a sbattere contro la verità. E fa male.”
Dubhe era seria, tremendamente seria. Il tono scherzoso di poco prima era un ricordo. Lo guardò negli occhi. “Aster. Voglio sapere cosa sta succedendo.”
Il ragazzo dai capelli blu la fissò a sua volta, divenuto anche lui improvvisamente serio. ”Sei sicura di volerlo sapere?”
“Smettila di dire stronzate da oracolo e parla!”
“Potresti odiarmi, dopo.”
La voce di Dubhe s'addolcì, e ritornò la ragazza che aveva amato pochi minuti prima.
Lo baciò: “Sciocco. Sai che non potrei mai farlo. Senza di te io non esisto.”

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* Avernus, Dragon Age: Origins

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Capitolo 6
*** Scena Quarta (IV): NECRONOMICON ***


Scena Quarta (IV): NECRONOMICON

 

That's no dead wich in eternal can lie,
And with strange aeons even death may die

- Howard Phillips Lovecraft

“E va bene”, iniziò Aster.
La ragazza lo fermò. “Prima... dimmi cos'è successo nella Gilda. Cos'è successo davvero, stavolta.”
Lo scrutava con un leggero sospetto, e il giovane dovette sembrarle offeso, perchè subito dopo aggiunse, con voce meno dura: “Non come sei tornato in vita. Me l'hai già raccontato, e della tua parola mi fido. Come potrei non fidarmi? Ma non mi hai detto cos'è successo dopo... nessuno mi ha mai detto cos'è successo dopo...”
Il mezzelfo la guardò, un poco sorpreso. Nei suoi occhi scuri leggeva incertezza, un ritorno a quella cupa malinconia che l'aveva accompagnata così a lungo. Era uno sguardo che esigeva spiegazioni, e lui gliele avrebbe date, gli costasse quel che costasse. Sospirò: “Avrei preferito censurare quella parte... non è una bella cosa da raccontare...”

Sangue. Sangue ovunque, a tingere le pareti. I muri che si sgretolavano, i corpi che bruciavano, lampi di magia che s'intersecavano come venature nel cristallo nero, disgregandolo in frammenti microscopici. La statua di Thenaar orribilmente sfregiata. Gli Assassini che venivano inceneriti, congelati, pietrificati, vaporizzati. Yeshol, il suo 'più fedele servitore', che urlava mentre svaniva, semplicemente rimosso dal piano materiale e scagliato attraverso il multiverso, una brusca partenza verso un'eternità di dannazione. Aveva riflettuto su quella maledizione da quando si era ritrovato chiuso in una boccia per pesci.
Lui che trasportava con la magia Sennar, svenuto, al di fuori del tempio, mentre Ido aiutava Lonerin.
Il fragore quando l'intero edificio crollò e venne sgretolato, polverizzato, cancellato, spazzato via dal Mondo Emerso, ridotto a nulla più di un ammasso di schegge di cristallo nero.
Come la Rocca.
E lui, Aster della Terra della Notte, Aster il Tiranno, che guardava tutto ciò. Aveva ucciso di nuovo, aveva sterminato centinaia di persone.
Persone che forse meritavano di morire, che di certo meritavano di morire, ma pur sempre esseri umani.
Era stato lui.
Sì, doveva essere davvero un mostro, per provare gioia ad uno spettacolo così.
Era meschino, infantile e crudele.
E allora perchè non gliene importava niente?

La ragazza non aveva detto niente, mentre il mezzelfo elencava una ad una le atrocità che aveva perpetrato, quasi si trovasse davanti al suo confessore. Dentro di sé, aveva paura che la ladra lo disprezzasse, che decidesse di aver sbagliato tutto nei suoi confronti. La guardò. Era praticamente certo che in quel preciso momento lei si sarebbe alzata di scatto, sgranando gli occhi per l'orrore, magari gli avrebbe tirato uno schiaffo, che sentiva di meritare ampiamente, e sicuramente gli avrebbe ordinato di sparire, di lasciarla alla sua vita. Ma Dubhe decise un'altra volta di stupirlo.
Lo abbracciò.
“Avrei fatto la stessa cosa...”, gli disse. Lui fece per parlare, ma la ragazza lo precedette. “E adesso so anche perchè non me lo volevi raccontare.”
Si fermò: “Perchè so che non ne vai orgoglioso”, spiegò, e per Aster quella frase fu tutto. Lei lo capiva, lei condivideva i suoi desideri di vendetta, condivideva il suo passato oscuro, condivideva il suo odio.
Condivideva il suo amore.
Per un momento, le sue labbra morbide furono l'unica cosa che gli importò. Ma pochi istanti dopo, una nuova preoccupazione lo avvinse.
Sarebbe stata in grado di condividere anche la sua missione?
La ladra gli sorrise: “Vai avanti”, lo incitò.
Il mezzelfo prese fiato.

“Hai presente gli dei del Mondo Emerso?”
Dubhe fece un gesto con la mano. “Favole. Bugie per gli illusi. Chimere per gli sconfitti.“
Il mago annuì, sollevato, perchè aveva confermato le sue impressioni. “Mi era sembrato che tu non fossi una di quelle persona che vanno in giro a strillare alla prima cosa anomala che capita 'è un segno degli dei'. Il tuo è proprio l'atteggiamento giusto. Se tutti la pensassero come te, non avremmo più problemi. Comunque, supponiamo per un momento che spiriti naturali, divinità e quant'altro esistano, e io non sia un perfetto idiota. Ce ne sono tre categorie. La prima è quella degli spiriti della natura, sai, fenomeni come i Padri della Foresta, i fuochi fatui e simili. Quelli non importano al momento, ai fini di ciò che sto dicendo, voglio dire, sono forze naturali come le altre, solo che noi non possiamo comprenderle. Sono manifestazioni naturali della magia. Appartengono a questa categoria anche tutti gli animali divinizzati... non so se hai presente...”
La ladra fece cenno d'aver capito: “Gli Huyè. il popolo che mi soccorse nelle Terre Ignote, adorava dei grandi draghi che non volavano, chiamandoli Makhtahar.”
“Ecco, una cosa del genere. Comunque, come ti dicevo, non è che questi animali abbiano potere o altro, o siano dei. Sono dei normalissimi animali, così come i Padri della Foresta sono creature legate alla magia e alla natura. In ogni caso, non è di queste che mi preoccupo. Sono come i draghi, sono al di là del bene e del male. La magia, sai, è così. È legata alla natura, e totalmente indipendente dalle divinità.
Comunque, poi ci sono gli dei degli umani e gli dei degli elfi. Questo è il problema. Vedi, questi esseri non esistono in maniera indipendente dalla nostra volontà. Sono proiezioni del nostro bisogno di credere in qualcosa, concretizzazioni dei nostri sentimenti, e questo bisogno di fede li rende tangibili. In altre parole, si nutrono delle emanazioni che provengono da chi crede in loro... Quando le razze mortali si sono trovate ad adorare per la prima volta dei che non esistevano, erano primitivi e ignoranti: la loro fece smisurata, al loro paura nell'ignoto, ha dato agli dei la scintilla della vita. Da allora essi cercano i sentimenti a cui venivano associati, perchè vivono e si sostentano grazie ad essi... mi segui?”
“Aspetta... frena... ciò significa che se non ci credo li faccio morire?”
“Hai centrato il punto. O quasi. Hanno decisamente meno potere su di te. Se ci si oppone coscientemente, negando le loro capacità, cancellandole dalla propria vita, con la consapevolezza di ciò, ce ne si svincola completamente. Intere generazioni di filosofi hanno trascorso la vita a farneticare e a saltarsi alla gola per decidere l'influenza delle razze senzienti e il loro impatto su ciò che le circonda, in quale maniera ne dipendono. Se solo avessero guardato al di là dei loro libri...”
Dubhe sorrise: “Non vai tanto d'accordo con i filosofi, vero?”
“Sono degli idioti. Da quando è stata inventata, al filosofia è l'unica scienza – se si può chiamarla tale – che non sia progredita di un solo passo. Ogni nuova tesi consiste nel dire che l'autore vissuto prima di te sbagliava. O nel formulare qualche assurdità giusto per restare nella storia. Ma...”
Si alzò e andò ad aprire la finestra: “Lo senti l'odore del mare? Senti la brezza sulla tua pelle, il calore dei raggi del sole? Mi vedi qui vicino a te? Queste sono realtà. Quello che i filosofi hanno sempre negato, persi nelle loro fantasie. E fra dieci, fra cento anni rideranno di loro, perchè avranno fantasie migliori e più aggiornate...”
Si voltò a guardare Dubhe, che si era appoggiata con la mano alla testiera del letto: “Con cos'eravamo partiti?”, chiese.
Il mezzelfo rise: “Ti stavo dicendo dei presunti dei. Queste creature sono malvagie. O meglio, non si preoccupano di fare del male. Sono come i bambini che strappano le ali agli insetti. Eppure degli... insetti hanno bisogno, perchè si nutrono delle emozioni che da essi emanano. Parassiti. Non farti ingannare dall'aspetto benevolo che possono assumere. Non credo che Nihal avrebbe dato loro retta se si fossero presentati a lei come sono veramente. Queste creature giocano a dadi con i destini delle razze mortali, creano sofferenza così per divertirsi, per vedere come va a finire. Non gli interessa nulla di noi, vogliono solo continuare a divertirsi. Lo stupido giochetto di Sheireen e Marvash, che continua da migliaia di anni, ne è un esempio. Il Mondo Emerso è sempre sopravvissuto, chiunque avesse vinto, perchè non ha senso fare a pezzi la propria scacchiera. Solo per questo.”
Si accorse che Dubhe lo stava fissando con gli occhi sgranati. “Cosa c'è?”, le chiese preoccupato.
“Dopo...!”, fu la risposta.
“E poi”, riprese, ci sono gli Altri Dei.”
“Che altri dei?”
“Non 'altri dei' in generale, si chiamano così: gli Altri Dei. O Antichi Dei, o Grandi Antichi, se preferisci. Ci sono molte cose che ci sono ignote: altre creature prima di noi hanno attraversato lo spazio e si sono stabilite nel Mondo Emerso, altre civiltà sono sorte e scomparse da ere immemorabili. E su tutto ciò aleggiano gli Altri Dei... Sono creature degli spazi esterni, infinitamente più potenti delle misere divinità del Mondo Emerso. Capisci, tutte le raffigurazioni pietose che ci siamo fatti degli dei, sono bugie. Quelli che adoriamo, ci trattano come giocattoli, questi altri, che i nostri dovrebbero a loro volta adorare, sono indifferenti. Infatti loro, per di più, si disinteressano a noi... il che è un bene. Noi, per loro, siamo come formiche, e tu quando mai ti sei preoccupata di non schiacciarle? Di solito, finiamo erroneamente coinvolti in qualche loro progetto, e ne paghiamo le conseguenze, ma credimi, se davvero volessero male contro di noi, non potremmo impedirglielo. Sono molti, e pochi, dimorano lontano da qui, e infinitamente vicino. Basta. Non si possono comprendere, perchè non c'è nulla da comprendere. Non sono buoni, o malvagi. Sono, e basta, nel senso che esistono. Sono... sono forze casuali nell'universo.“
“Cosa vuoi dire?”
“Vedi, è un pochino difficile da spiegare. Mettiamola così: c'è un luogo, al di là di ciò che conosciamo, separato dal nostro mondo eppure vicino... per tornare alle formiche, hai presente un foglio di carta fra due formicai? Ecco, le due popolazioni sono vicine, però separate da questa barriera, dico bene? Ecco, in questo luogo al di là dello spazio, vi è la dimora, detta la Corte di Azatoth, di queste straordinarie divinità. E su tutto, in questo ripugnante cimitero dell'universo, si ode un sordo e pazzesco rullio di tamburi, un sottile e monotono lamento di flauti blasfemi che giungono da stanze inconcepibili, senza luce, di là dal Tempo; la detestabile cacofonia al cui ritmo danzano lenti, goffi e assurdi, giganteschi, tenebrosi ultimi dei. Le cieche, mute, stolide abominazioni la cui anima è Nyarlathotep.”*  **
“Nyarlathotep?” Non potè trattenere un fremito. Quel nome era inspiegabilmente terrificante, sembrava scatenare in lei tutte le sue paure più recondite.
“Questa è la parte più importante. Nyarlathotep, il Caos Strisciante,il dio con mille forme e nessun aspetto, agisce secondo il volere degli Altri Dei, e al contempo è il loro cuore, la loro anima e la loro volontà. È il più pericoloso di tutti loro. Gli altri, come ti ho detto, ignorano noi formiche. Nyarlathotep no. Nyarlathotep è un entomologo. È l'unico che si muove secondo uno scopo, un piano la cui portata è però impossibile da vedere per noi mortali. Scopi che non possiamo capire, che non possiamo immaginare. Scopi dei quali siamo spettatori inconsapevoli, troppo assurdi, troppo grandi perchè ci possiamo anche solo avvicinare alla comprensione.”
Vedendo che le labbra della ragazza avevano preso una piega ironica, tacque. “Stai parlando come quei fanatici...”
“Sì, ma le mie non sono farneticazioni. So che per te, che non hai mai voluto credere, è difficile, ma...” Sollevò un volumetto, un libro nero dall'aria così malefica da suscitarle alla sol vista un moto di repulsione. “Questo, è il Necronomicon. Le parole sono inutili anche perchè non è che ne sappia tanto più di te, fino al mese scorso neppure sapevo esistessero, gli Altri Dei. Aprilo, dove vuoi, e leggi.”
Dubhe pensò: In fondo, non mi costa nulla. Prese il testo, e lo aprì a caso. Cercò le lettere, e le apparvero diagrammi e ghirigori senza senso, che, assurdamente, sembravano muoversi. Stava per chiedergli se si trattasse di uno scherzo, quando all'improvviso si accorse che quegli scarabocchi formavano una scrittura di senso compiuto e che, cosa ancora più strana, era capace di leggerli:

Quelli di prima camminano invisibili ed abominevoli in luoghi solitari ed evitati là dove le Parole sono state urlate ed i Riti sono stati celebrati nei tempi opportuni. State in guardia perché le loro voci sussurrano nel vento e le viscere nascoste della Terra annunciato il loro risveglio. I loro passi piegano le foreste, le loro orme stritolano le città ma foreste e città non possono vedere l’artiglio che le colpisce. Kadath nel deserto gelato li ha conosciuti ma quale uomo può dire di conoscere Kadath? Sulle pietre dei deserti del Sud, sulle rovine nelle isole sommerse hanno impresso il loro marchio ma chi ha visto le città che dormono sotto il ghiaccio e le torri inghirlandate di alghe? Ph‘nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah‘nagl fhtagn! Ia! Shub-Niggurath! Come un’abominazione noi li conosceremo. Il loro artiglio è sulla vostra gola e ancora non riuscite a vederli! La loro abitazione è la stessa soglia delle vostre case che voi credete così ben vigilata! Yog-Sototh è la chiave della Porta. Yog-Sototh è là dove le sfere si incontrano.
L’uomo regna oggi dove essi regnavano una volta ma ricordate e tremate: essi regneranno un giorno dove una volta regnava l’uomo. Dopo l’estate viene l’inverno; dopo l’inverno è di nuovo l’estate. Loro attendono potenti perché sanno che dovranno tornare. Loro attendono pazienti perché possono attendere in eterno.***
Non è morto ciò che in eterno può attendere, e col passare di strani eoni anche la morte può morire.***
*

Quelle parole le misero dentro una paura assurda, irrazionale, inconcepibile. Provava nel contempo l'istinto di chiudere quel libro maledetto e gettarlo lontano, e continuare a leggere cercando di decifrare i segreti che conteneva. Alla fine, fu un misto dei due impulsi a prevalere. Chiuse il Necronomicon, ma continuò a tenerlo stretto come se ne andasse della sua vita, e perderlo avesse significato la dannazione eterna, seguendo con gli occhi il disegno che era impresso sulla copertina. Fu solo con un enorme sforzo di volontà che riuscì a distogliere lo sguardo e a fissare Aster. Era bianca come un panno lavato e la voce le tremava.
“Ti credo”, disse.


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* Howard Phillips Lovecraft, Nyarlathotep
** Nel frattempo, in un universo parallelo... (Haiyore! Nyaruko san/ Nyaruko san: Another Crawling Chaos) Una ragazza dagli occhi verdi e i capelli color argento si ferma e si poggia un dito sulle labbra, pensierosa: "Che strano! Mi fischiano le orecchie. Mahiro san, stai pensando a me, non è vero?"
- Fine sclero -
*** Howard Phillips Lovecraft, L'orrore di Dunwich
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Howard Phillips Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu

Nyarlathotep: Non c'è da dire su di lui molto din più di quanto non abbia detto Aster, anche perchè fra gli dei del pantheon lovecraftiano è uno dei più misteriosi. Si può aggiungere che può assumere l'aspetto di chi vuole, viaggiare ovunque nel tempo e nello spazio, e parlare ogni lingua. Assuma inoltre diversi avatars, uno dei quali si suppone essere l'Uomo Nero dei sabba delle streghe. Un altro è la suddetta ragazza con i capelli argento, ma questo è un parere piuttosto aretico, anche se l'anime è una parodia di Lovecraft davvero divertente

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Capitolo 7
*** Scena Quinta (V): IL DONO DELLA MORTE ***


Scena Quinta (V): IL DONO DELLA MORTE

Fear is only in our minds
taking over all the time
I dream in darkness
I sleep to die
erase my silence
erase my life
-
Evanescence, Sweet Sacrifice

“Ti credo”, disse.
Rimasero entrambi in silenzio, finchè la ragazza non trovò di nuovo il coraggio di parlare: “Ma noi che c'entriamo con tutta questa storia?”
Aster attese un poco prima di procedere: “Per farla breve, a quanto pare ha deciso che io servo al compimento del suo piano. E anche tu.”
“Cosa? Senti, non ho intenzione di...”
“Il piano è lo sterminio degli dei del Mondo Emerso.”
Stavolta Dubhe tacque. Era una cosa troppo grande, troppo assurda per poter essere anche solo presa in considerazione. Pensò subito di aver capito male o che il mezzelfo la stesse prendendo in giro, ma sentiva dentro di lei che non era né l'una né l'altra.
Stava fissando il vuoto, ed evidentemente doveva apparire sconvolta, perchè il ragazzo le strinse un braccio: “Dubhe? Tutto bene?”
“No. No!”, ripetè, una nota isterica nella voce: “Ma ti rendi conto di che follia è? Ammesso che questi dei esistano, che possiamo farci noi? Che senso ha tutto questo?”
“Vendetta, Dubhe, se vuoi prenderla così. Tu avresti potuto vivere tranquillamente a Selva, io avrei potuto amare Reis, se qualcuno non avesse deciso di giocare con noi. E ora che non serviamo più, che non li divertiamo più, ci hanno gettati via. Non è giusto. Sono stanco di essere il burattino nelle mani di qualcun altro. Io voglio essere l'artefice delle mie azioni, voglio essere colpevole per i miei crimini ed elogiato per le mie opere. Voglio che la mia vita sia mia, e basta.”
La ragazza lo guardò fissa, e poi parlò. Le parole che sgorgarono dalla sua gola non le parvero neanche le sue, era come se qualcuno si fosse impadronito della sua bocca. “Voglio raccontarti la storia di... una mia amica. Lei era una bambina che viveva a Selva, come me. Un giorno uccise per sbaglio un suo compagno di giochi. Quando i suoi genitori la portarono a casa, si chiuse nella soffitta, e lì stette, finchè non vennero ad esaminarla. Fu riconosciuto l'errore e i suoi si trovarono a pagare un risarcimento. Cogli anni tutti dimenticarono, e un giorno lì sarà la sua tomba. Io invece sono stata scacciata via, mi ha allevata un Assassino, sono finita nella setta che odiavo, mi hanno costretta a diventare una di loro, ho dovuto uccidere, per loro! Nel nome di uno stupido dio, mi hanno messa una Bestia nel petto. Dove sono state le divinità pietose che invocano nei templi, in tutto ciò? Questa non è la mia vita, questa non sono io!”
S'interruppe, stringendosi la testa fra le mani. Negli occhi le passavano caleidoscopi di colori. Cadde per terra, e mentre intorno a lei tutto si faceva nero, le risuonava nelle orecchie quella frase, scandita al ritmo di battiti del suo cuore: questa non è la mia vita, questa non sono io.
Questa non è la mia vita, questa non sono io.
Poi tutto divenne buio.

Camminava attraverso un campo di battaglia, che non aveva mai visto prima. Nelle mani stringeva due spade curve. Si guardò intorno, e fu come se fosse stata messa una lente davanti ai suoi occhi. Ora riusciva a vedere, chinati sui caduti, che avevano comunque un che d'innaturale che non riusciva ad identificare, degli esseri vestiti di manti grigio cenere; fluttuavano, spostandosi quasi avessero scordato di essere legati al suolo. A seconda dei casi, chi li vedeva aveva un'espressione o di grande terrore, o di grande pace. Con dolcezza si avvicinavano ai morenti, sfiorandoli gentilmente con mani adunche. Avrebbero dovuto apparire tetri, ma non c'era cattiveria nei loro atti. Solo, svolgevano il compito a cui in eterno erano destinati. Subito coloro che venivano toccati cessavano ogni movimento, mentre dai loro corpi fluttuava una luce di colore indefinibile, che si alzava sotto gli sguardi indifferenti degli esseri incappucciati. La vita, realizzò la ragazza. Fece per avvicinarsi, ma una voce la fermò.
“Lascia stare i miei servitori, Dubhe.”
Si voltò. E, nel vedere l'interlocutore, fece un sospiro. Sarebbe dovuto comunque accadere, prima o poi. Anzi, per un attimo, ne ebbe paura, ma anche questa si dissolse. Cosa c'era da temere? Era con un'amica, in fondo, la sua amica più fedele, quella che le era stata accanto per tutta la vita, nella buona sorte e nella sciagura, l'unica che potesse accompagnarla, in quel momento. A parlare era stata una figura enorme, coperta da uno sbrindellato mantello nero. In mano stringeva una falce sproporzionata anche in rapporto alle sue dimensioni.
Sei la Morte?”, chiese Dubhe, tanto per sicurezza.
“Esatto”. Vedendo che la ladra stava per parlare, la fermò. “Non c'è tempo. Non puoi resistere a lungo, il mio mondo non è adatto a te.”
Sollevò una piccola clessidra. La sabbia scorreva, inesorabile. La spezzò, consegnandogliela.
“Mangia”, ordinò.
Perchè...?”
“Mangia!”
La ragazza, sempre più confusa, ubbidì. Le scese in gola uno strano sapore, che era allo stesso tempo dolcissimo a amarissimo. Lo disse.
La Morte rispose: “Com'è giusto che sia, perchè questo dono, è al contempo una benedizione, e una maledizione, ed è il più grande e il più terribile che si possa fare ad una creatura mortale.”
Prima che Dubhe riuscisse a chiedere maggiori dettagli sul 'dono', la sagoma si voltò, facendo per allontanarsi.
Beh, arrivederci”, salutò con cinismo la ladra.
“Addio.”
Si stava per incamminare, quando un impulso irresistibile mosse la ragazza. “Aspetta!”, chiamò, e le successive parole le uscirono di bocca come sotto suggerimento: “Non c'è altro?”
La Morte la guardò da sopra la spalla, e parve sorridere: “Sei una ragazza intelligente. Come quel semi - mezzelfo che è venuto un po' prima di te. Fai buon uso di questa dote.”
E le lanciò una fialetta, piena di liquido verde. Lei la aprì, se la portò alle labbra e la mandò giù tutta d'un fiato, ma prima che potesse dire che sapore aveva...

“Dubhe! Dubhe! Stai bene?”
Lei aprì gli occhi. Le sembrava che le girasse tutto il mondo intorno, faticava a mettere a fuoco le cose. Ricordava d'aver sognato qualcosa, ma non sapeva bene cosa. Sentiva però che quel qualcosa era importante.
“Aster...”
Il mezzelfo abbassò gli occhi. “Scusami, sono stato uno stupido a raccontarti quelle cose. A farti parlare...e a farmi parlare... così dev'essere intervenuto qualcuno degli Altri Dei... Perchè ciò che provo è ben diverso. Dovremmo sentirci onorati”, fece, un pizzico di sarcasmo. “Di solito non si scomodano per così poco... anzi, per quel che ne so non è avvenuto praticamente mai. Hai sentito qualcosa di particolare?”
“Sì, ma non chiedermi altro. Non saperei descriverlo, e ho... paura, terrore, persino, a ciò che potrei dire se ci provassi.” Rabbrividì: “Per l'amor del cielo, Aster, chi ha scritto quel libro?”
“Fosse facile saperlo! Le sue origini si perdono nella Storia, potrebbe non essere neppure un oggetto di questo mondo. Ciò che accade attorno al Necronomicon è inspiegabile, Dubhe. Quel libro è senza dubbio un oggetto particolare, estremamente potente e pericoloso, ma al di là di questo non ne so più di te.” Sospirò. “Mi dispiace averti tirata dentro a questa storia.”
Il mago indugiò, incerto. “Immagino che adesso non vorrai più vedermi...”
Fece per alzarsi.
La ladra lo fermò. Sì, da quel dolore poteva nascere qualcosa di buono. “Aster... tu mi ami?”
Il ragazzo la fissò, stupito. “Certo che ti amo, più della mia vita...”
Lei sorrise. “E io amo te, quindi? Dai, abbracciami.”
Aster si chinò e la strinse prima con delicatezza, poi più forte, aiutandola a rimettersi in piedi.
“Ti aiuterò. Come potrei fare altrimenti? Ma sia chiara una cosa: io non lo faccio per il Mondo Emerso, che potrei guardare bruciare, non lo faccio per vendetta, perchè non me ne importa nulla. Lo faccio perchè, anche se ti conosco solo da due giorni, mi sembra già inconcepibile una vita senza di te.”
“Lo so, non mi devi spiegazioni. Da quando ti ho vista mi è subito stato chiaro che quel compito che tanto mi sembrava estraneo e insensato improvvisamente aveva uno scopo, e questo eri tu, Dubhe.”
Nella mente della ladra si materializzò l'immagine della sogghignante statua di Thenaar che c'era stata nella Casa, il tempio della Gilda. L'aveva sempre sentito come il responsabile di tutto quello che aveva sofferto, lui e la sua crudele religione. Fino a qualche giorno prima l'idea di una vendetta avrebbe smosso qualcosa, in lei. Era colpa di quel dio, dopotutto, quanto le era successo; per colpa del suo culto si era ritrovata una Bestia nel cuore, aveva piegato sé stessa fino alla somma umiliazione, si era gettata a capofitto in ciò che più odiava. Poi l'aveva rinnegato, vero, eppure per certe cose non c'è perdono. Per lei il cielo era sempre stato vuoto, ma se si fosse trattato di cancellare la causa delle sue sofferenze dal Mondo Emerso, certo non ci avrebbe pianto sopra. Adesso, le sembrava solo un prezzo tutto sommato equo e che era disposta a pagare, per l'offerta che le veniva fatta. La Bestia si era acquietata, e alla presenza di Aster i sogni di stragi l'avevano abbandonata. L'idea di una vita accanto a lui le sembrava una scelta ovvia – e gradita – e, se per averla c'era un lavoro da fare... ebbene, che così fosse. Sarebbero stati insieme, qualunque cosa avessero dovuto fare, l'avrebbero fatta insieme, e questo le bastava.

Pensieri empi, quelli di Dubhe, ammesso che la parola avesse un qualche significato per una ragazza che riteneva la religione nel migliore dei casi uno specchietto per le allodole, e non era la prima volta che simili idee attraversavano la sua mente, ma stavolta tese l'orecchio, in attesa di qualche segno di disaccordo divino. Un tuono, un terremoto... e invece niente. Mentalmente, sogghignò.
Si voltò, fissando il mago dritto negli occhi smeraldini. “Prometti che mi amerai per sempre.”
Lui sorrise. “Te lo prometto.”
La ragazza gli gettò le braccia al collo. “Anch'io.”
La pelle del ragazzo aveva l'odore di una notte d'estate, lo stesso sentore che invitava a sdraiarsi sull'erba a guardare le stelle.
Si baciarono.

Aster strinse il corpo della ladra a sé, assaporando il sapore di quel bacio, e la consapevolezza che lei sarebbe rimasta per sempre insieme a lui. Non si era mi sentito così, era come se un fuoco lo stesse consumando dall'interno... sentiva il profumo dei suoi capelli... gli faceva quasi perdere la testa. Era così minuta. Così sottile. Così pallida. Così fragile. Così appassionata. Così bella.
Ma mentre ancora si scambiavano effusioni, sentì all'improvviso il suo corpo irrigidirsi fra le sue braccia. “Stai bene?”
“Sì, è che...”
La ragazza sentiva il braccio bruciarle, dov'era stato il sigillo della Bestia. Si guardò, e per un attimo la sua mente, vedendo il segno sulla pelle, tracciò i due pentacoli con i serpenti. Sperò con tutta sé stessa d'essersi sbagliata, ma, non appena osò guardarlo meglio, vide che il simbolo proprio quello.
No!
Si sentì debole, le gambe le si afflosciarono e, se Aster non l'avesse sostenuta, sarebbe davvero caduta per terra. Ma lei era Dubhe! Lei non sveniva! O almeno, si corresse, non due volte nella stessa giornata! Eppure si sentiva malissimo, era nauseata e sentiva lo stomaco contorcerci violentemente nell'addome, minacciando di farle rigettare la colazione: aveva sacrificato tanto per togliersi quel sigillo di dosso e ora i suoi sforzi erano stati vanificati! Gli occhi le si riempirono di lacrime, che tentò di scacciare.
“Cos'è?”, fece, spaventata. Con un enorme sforzo di volontà riuscì a non singhiozzare come una ragazzina. Forse aveva sottovalutato le divinità. No, non di nuovo! Non lo potrei sopportare! Guardò il mezzelfo e vederlo tranquillo, quasi incuriosito, la rincuorò un poco. “Cos'è?”, ripetè, con tono più fermo, mentre una scintilla di speranza le si accendeva negli occhi. Se se ne fosse accorta, la sua natura pessimista l'avrebbe subito affogata in un mare di cupi pensieri, ma la ragazza vagava in uno strano mondo, in cui per lei niente era più come prima, persino il suo desiderio di morte si era trasformato in desiderio di vita, e fu così che quella scintilla resistette.
“Nulla, uno dei simboli che si trovano nel Necronomicon. Non è il marchio della tua maledizione, stai tranquilla.”
“Come fai a dirlo?”, domandò lei. Non c'era astio nelle sue parole, soltanto l'urgenza di sapere, se era libera, o se era condannata a morte. Se il pollice doveva girare all'ingiù o all'insù.
“La forza magica è completamente diversa. Ti giuro che non è il sigillo. Quel cretino di Thevon l'ha recuperato dal Necronomicon, per questo quello della Bestia era fatto così. Mi spiace averti fatto prendere paura, se l'avessi saputo ti avrei avvisata. Ho anch'io qualcosa del genere.” Si scoprì il braccio, mormorò qualcosa e apparve, in effetti, nello stesso punto, l'identica immagine. “L'avevo celato con la magia per non crearti disagi...”
Buona idea,riconobbe la parte razionale della mente della ladra. Se me ne fossi accorta prima che... che non mi importasse più nulla di chi eri o non eri, se non che ti amavo... in effetti, non so quanto ti sarei stata a sentire. Di nuovo ammirò la prudenza di Aster; quel ragazzo era furbo quanto lei. Con chiunque altro, si sarebbe detta di alzare la guardia, ma , dato il compito che dovevano portare a termine, e dati i suoi sentimenti per il mezzelfo dai capelli blu, il fatto che avesse una mente sveglia non poteva che essere d'aiuto.
“Da quando è comparso”, continuò il mago, “ha amplificato i miei poteri ad un limite che non immaginavo possibile, oltre a varie altre cose. Non so cosa accadrà a te, ma ti giuro su ciò che ho di più caro che non è la tua maledizione.”
Ci pensò un attimo: “Anche se non è un gran giuramento, dato che a rimetterci saresti tu...”
Dubhe scosse il capo. Era assalita da mille sensazioni. La sua vista si era affinata, come quando era sotto il potere della Bestia, e sentiva affinati gli altri sensi... anche se era tutto spiegabile con l'adrenalina e un po' di suggestione. In più il cuore le batteva a mille: sbagliava, o il mezzelfo l'aveva implicitamente definita 'ciò che aveva di più caro'? Si alzò, e inconsciamente mormorò una parola. Sul suo palmo risplendette una luce verde. “Magia?”, chiese ad Aster. Questo la suggestione non poteva farlo.
Lui fece cenno di sì. “Pensi di poterla controllare?”
“E che ne so? Un minuto fa non ne avevo neanche una scintilla!”
“Meglio se andiamo fuori...”
“Curioso, stavo pensando la stessa cosa...”
Uscirono dalla porta, e, non appena furono all'esterno, Dubhe si trovò a cantilenare una formula.
“Che sto facendo?”, chiese, la voce instabile. Nel frattempo afferrò il Necronomicon che gli porgeva il mago, inconsciamente lo poggiò al suolo, dove il glifo serpeggiante in copertina prese a risplendere.
“Elettricità... nell'aria...”, mormorò Aster. “Sta succedendo qualcosa... di non normale...”
S'interruppe, perchè le fronde degli alberi avevano preso a stormire, gli animali si erano azzittiti, e le ombre intorno a loro s'erano fatte più dense.
Queste però erano... anomale, si comportavano come se avessero avuto una forma fisica, fossero fatte di materia. Il che era, chiaramente, assurdo.
Le ombre si concentrarono, e dalla tenebra scaturì prima la luce, poi una specie di finestra circolare aperta, che brillava di azzurro, mentre tutt'intorno si era fatta notte.

In un Altrove posto vicino e allo stesso tempo lontano dal Mondo Emerso, due occhi che erano stati chiusi per troppo tempo si spalancarono.
Volere e potere, spirito e materia, energia ed entropia si fusero.
Due ali si spiegarono, spazzando via il torpore di millenni.
Due mascelle schioccarono, mentre una lingua biforcuta passava fra le file di zanne.
L'essere ruggì.

In una luce azzurra che feriva gli occhi, si materializzò la creatura più straordinaria che la ragazza avesse mai visto. Era grossa almeno come i più grandi draghi del Mondo Emerso, benchè più affusolata: il suo corpo era lungo e sinuoso. Le zampe posteriori, apparentemente sottili, terminavano con artigli curvi e possenti. Quelli anteriori mancavano, o meglio erano trasformate in grandi ali, che teneva piegate. Si appoggiava su queste, come un pipistrello. Il corpo era sottile, ma con un torace allargato, dove s'innestavano i possenti muscoli alari, e ovviamente, a differenza dei serpenti, con cui il resto del corpo aveva rassomiglianza nella forma, possedeva entrambi i polmoni, caratteristica fondamentale per il volo. Il collo era altresì allungato, e la testa, con la bocca che racchiudeva lunghi denti simili ad aghi, era più appiattita e triangolare di quella di un drago, poteva rassomigliare a quella di una vipera, ma nessun serpente aveva le grandi corna che si protendevano all'indietro, né la criniera di piume subito dietro a queste, a coprire la nuca, né gli occhi splendenti, privi di pupilla o iride ma animati da una fiamma gialla, che illuminava di arancione il resto dell'occhio, come una candela schermata da un foglio di carta, che trasmettevano indubbia intelligenza. Lungo il collo, e per tutto il dorso e la coda, correva una fila di lunghe e sottili spine cornee. Spalancò le ali, restando in equilibrio sugli arti posteriori, e stridette. E allora Dubhe si accorse di un'altra differenza con i draghi: le sue grandi ali erano piumate, ma solo alle estremità. Alla base c'era sempre la membrana tipica dei draghi, ma terminava con piume, che coprivano gli artigli affilati, e così era anche sulla coda, dove celavano sette letali punte ossee, tre per lato e una più lunga proprio alla fine. La viverna aveva la tinta dei lapislazzuli, del cielo notturno, con l'addome e le membrane alari viola scuro, il colore del cielo in tempesta, mentre la punta di tutte le piume era bianco appena appena azzurrato, come il ghiaccio visto sotto l'acqua limpida. I denti, gli artigli e le corna erano di un blu scurissimo che si sarebbe detto nero, quasi fossero stati contagiati dal colore del corpo. Era un animale di una bellezza sconvolgente, impressionante. Una bellezza terribile. Il dragone sollevò il capo e lanciò una sorta di sibilo.
La viverna abbassò il capo, fino ad incontrare gli occhi della ragazza. La creatura soffiò, e vapore le fumò dalla bocca. Dubhe incrociò gli occhi della bestia alata, senza timore; aveva affrontato la morte, non c'era molto che potesse spaventarla. E si vide riflessa in quegli specchi arancioni, illuminati da pagliuzze più chiare e più scure, rosse e gialle, in quegli occhi che appartenevano senza dubbio ad un essere che appariva come essere fuori dal suo mondo, e non si vide spaurita, o altro. Al contrario davanti al dragone stava ritta una ragazza decisa, che ricambiava quello sguardo antico come qualcuno che non aveva nulla da temere, perchè chi era disceso agli inferi, chi aveva visto l'orlo dell'inferno, chi aveva conosciuto la disperazione più profonda, non aveva nulla da temere. Gli occhi scuri di Dubhe erano calmi, e il suo respiro tranquillo. Se quella era una prova, l'avrebbe superata. Sapeva che la viverna avrebbe potuto farla a pezzi con un solo morso, ma non distolse lo sguardo, quello sguardo che qualcuno avrebbe detto insolente, anzi, allungò una mano ad accarezzarle la cresta che c'era sulla punta del muso, con una mano delicata, ma ferma. Il rettile soffiò ancora, avvolgendola nel vapore, ma non se ne curò, Era ammaliata e in qualche modo commossa da quello sguardo, e anche l'animale sembrava ipnotizzato da lei. Finalmente dopo quelli che sembrarono pochi secondi, mentre dovevano essere stati minuti interi, se non un'ora, la creatura interruppe quello sguardo, sollevando il capo.
La ladra, con un'espressione un poco delusa, come quando ci si sveglia da un bel sogno, guardò Aster. “Ho superato l'esame?”
“Sì, e a pieni voti.”
Lei sorrise: “Non avevo mai visto niente del genere. È bellissima!”
Scosse la testa: “Ma cos'è, lo sai?”
“Sì, ma purtroppo non posso dirtelo. Cerca dentro di te, conosci la risposta. Vorrei poter aggiungere altro, ma ci sono... vincoli che me lo impediscono.”
Lanciò un'occhiata eloquente al libro aperto.
“Non fa nulla. Hai anche tu uno di questi... qualunque cosa siano?”
Il mezzelfo sorrise, chiamando la sua creatura, un essere non dissimile da quello della giovane, ma lei ipotizzò che dovesse trattarsi di un esemplare maschio, mentre il suo era femmina: il colore del dorso tendeva di più al viola che al blu, mentre l'addome e le membrane alari erano del colore dei lapislazzuli...
Oppure era il contrario, il suo era un maschio e l'altro una femmina, ma più lo guardava, più si convinceva d'aver fatto centro al primo colpo.
“Sì sono bellissime”, concordò Aster. “Come te.”
Dubhe lo fissò, radiosa, poi, come di comune accordo, salirono sulle rispettive viverne. Stavano per ordinar loro di spiccare il volo, quando la ragazza si bloccò. Si mise a ridere, quasi istericamente.
Il mago la fissò divertito. “Cosa c'è da ridere?”
“Ma ci hai visti? Non posso partire così, vestita, o meglio svestita, come sono! E poi non abbiamo né armi né niente!”
Il mezzelfo si sentì avvampare, dopo essersi reso conto che in effetti la ragazza era abbigliata in modo piuttosto... poco decente, ecco.
“Beh... stai bene anche così, ma penso abbia ragione tu.”
Si accorse di ciò che le aveva appena detto: “Scusami, io, io non intendevo... cioè, sei bellissima, ma...”
“Aster?”
“Sì?”
“Vieni qua.”
Dubhe gli chiuse la bocca con la sua. “Stai zitto. Ti voglio bene.”
Fermarono le viverne, che sembrarono alquanto scocciate, e corsero ridendo verso la casetta.


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Capitolo 8
*** Scena Sesta (VI): LA SPADA DI NIHAL ***


 

 

Scena Sesta (VI): LA SPADA DI NIHAL

The world was on fire, no-one could save me but you
It's strange what desire will make foolish people do
I'd never dreamed that I'd need somebody like you
And I'd never dreamed that I'd need somebody like you

- Chris Isaak, Wicked Game Lyrics

 Sempre ridendo, Dubhe e Aster entrarono nell'abitazione, chiudendosi la porta alle spalle.
La ragazza si diresse verso un armadio. Lo aprì. Dentro c'era la sua veste, quella da ladra, non da Assassina. La casacca, il corpetto, i pantaloni, la cintura, i guanti. Li indossò, poi sistemò le armi.
I coltelli da lancio vennero fatti scivolare nei foderi sul petto, la faretra con l'arco dietro le spalle, la cerbottana e i dardi in una sacca nascosta.
Il pugnale era là dove l'aveva lasciato. Lo prese, infilandolo nel fodero e sentendone la forma familiare premerle il fianco. Sorrise.
Si drappeggiò sulle spalle il mantello nero, lo sentì avvolgerla come un'oscurità rassicurante, e si sentì pronta.
Pronunciò il nome del mago, che intanto aveva vestito il suo abito, ossia una lunga casacca nera con un largo colletto e un occhio blu dipinto sul petto, lo chiamò accanto a sé, e gli disse di seguirla. Aprì un cassetto di una cassapanca, e ne estrasse un'arma. Era una spada fatta interamente di cristallo nero, con una gemma bianca, la Lacrima, incastonata nell'elsa forgiata a forma di drago.
La spada di Nihal.
La tirò fuori, e la porse ad Aster.
Questa è tua di diritto.”

 Il mezzelfo si vide consegnare la stessa lama che l'aveva ucciso.
Ironia della sorte.
Protestò, schermendosi: “Ma Dubhe, non ti pare di malaugurio?”
La ladra alzò le spalle: “Il nostro destino ce lo costruiamo noi. Quella è solo una spada, un'ottima spada, e ti può servire.”
Alla fine dovette riconoscere le sue ragioni, così la prese, allacciando il fodero alla cintura.
Prendi anche questo”, mormorò la ragazza, dandogli un pugnale, una lama anonima, senza storia, ma resistente e affilata.
Sai come si usano queste armi, vero?” Nel suo tono c'era un pizzico di dubbio.
Certo”, rispose il mago. “Dopotutto, l'ho fondata io la Gilda, no?”. E si morse immediatamente la lingua per quel che aveva detto.
Arriva sempre il giorno in cui commettiamo una sciocchezza, è inevitabile.”
Aster la guardò, indeciso se la ragazza lo stesse prendendo in giro o meno. “Lo dici per scherzare?”, chiese, per togliersi il dubbio. “Decidi tu!”, rispose Dubhe ridendo.
Il mezzelfo la fissò, notando non senza un certo sollievo la luce divertita negli occhi, e la posa rilassata delle spalle. “Sì, lo dici per scherzare”, affermò.
La ladra lo prese per il colletto della veste da mago, e lo attirò a sé, e probabilmente la partenza sarebbe stata un'altra volta rimandata, se la ragazza non fosse stata circondata da un alone di fumo viola.
“Oh, dannazione!”, esclamò.

Tirò fuori da un sacchetto delle pietre con sopra tracciate delle rune, le dispose in circolo e lesse il messaggio. Breve e lapidario. Sennar sta male. Porta Aster. Theana.

 I due si scambiarono un'occhiata. Dubhe si chiese come avrebbe reagito appena una settimana prima. Probabilmente, avrebbe atteso finchè la nebbia magica non si fosse diradata, per poi continuare a comportarsi come se nulla fosse... ma perchè avevano bisogno del mezzelfo? D'altro canto, Sennar era anziano, e di certo le recenti strapazzature non gli avevano fatto bene. Era andato avanti finora perchè aveva una missione da compiere, ma ora, era sfinito. Entrambi lo capivano fin troppo bene.
Di comune accordo presero in fretta delle provviste e corsero fuori, saltando in groppa alle viverne.
I due dragoni spiccarono il volo in perfetta sincronia. Le loro enormi ali piumate li sospingevano a gran velocità, e le Terre sottostanti sembravano letteralmente scorrere sotto di loro. All'inizio il viaggio trascorse in silenzio: Dubhe pensava a quali erbe potessero giovare a Sennar, mentre Aster era perso nelle cause del male, che, ne era certo, era più mentale che fisico.
Quando ci arrivò, la sua semplicità lo stupì. Sciocco che sono stato a non capirlo prima.
In quel momento la ragazza lo interruppe dalle sue riflessioni.

Senti un po', c'è qualcos'altro che dovrei sapere su questa faccenda, e non mi hai detto?”
Il mago prese un respiro profondo: “Un bel po' di cose. Per cominciare, non ho mai capito bene questo punto, ma o siamo immortali, o vivremo finchè questa storia non sarà finita.”
Dubhe aveva sgranato gli occhi: “Stai scherzando?”
No, di questo sono certo. Prima, credevo fosse una condanna. Ma ora che ti ho conosciuta... la cosa ti dispiace?”
Di colpo i veli del sogno si squarciarono, e ricordò.
Tutto.
Ma neanche un po'! Anzi!”
E gli raccontò per sommi capi del suo sogno.
“Senti, in ogni caso, quella che ho visto non era veramente la Morte, vero?”
“No. Era la tua mente che ha razionalizzato, creando quella visione per cercare di spiegarsi quello che ti stava accadendo. Era molto realistica, vero?”
“Infatti.”
“Non sottovalutare mai le capacità della mente umana, Dubhe.”
“Ci avrei creduto, non fosse stato così inverosimile...”
“Secondo il Necronomicon, sarà così ogni volta che vedrai queste... supposte divinità. La tua mente si adatterà, trasmettendoti un'immagine per te comprensibile e accettabile. Però loro dipendono da quest'immagine per definire sé stesse, non esistendo fisicamente, quindi... giudica tu.”
“Un'informazione preziosa.” Tacquero entrambi, riflettendo sulla verità appena pronunciata. Fu Aster a riprendere la parola: “Comunque, dovrebbe piacerti anche la prossima: resteremo eternamente dell'età di quando ci è stato impresso il sigillo... cioè, ora.”
Ah, ecco dunque perchè era così importante la seconda fialetta...
Non male. Ora, ovunque andiate, voi incantate il mondo. Sarà sempre come oggi**
Sì, una cosa del genere.” Entrambi scoppiarono a ridere.
Ok, vai avanti.”
Ci sono diversi artefatti, oggetti custoditi da millenni con lo scopo di servire il loro possessore. In caso di problemi, possiamo trovarli e adoperarli. Sono, per farti capire, una sorta di versione più forte dei manufatti dei Consacrati, come il Talismano del Potere che ha usato Nihal. Inoltre, all'immortalità s'accompagna una resistenza alle ferite e al dolore e attributi fisici, forza, velocità, eccetera, superiori. Gli artefatti possono amplificare questi poteri.”
Wow, si preannuncia una cosa abbastanza divertente.”
Speriamo. Non ho capito tutte le complicazioni che ronzano intorno a tali oggetti e secondo me c'è qualcosa sotto che il Necronomicon non dice... o perchè l'autore non lo sapeva, o perchè è stato obbligato ad alterare la realtà.”
Mmmh...”

 Passarono altri dieci minuti in perfetto silenzio, ammirando i boschi di vegetazione della tipica macchia mediterranea, di cui abbondava la Terra del Mare, finchè il mezzelfo non osò parlare di nuovo. Quel tempo gli era servito a raccogliere tutto il suo coraggio, perchè... ecco... aveva paura. Tanta. Temeva di essere costretto ad altre sofferenze, e sinceramente, piuttosto che restare in vita per soffrire in eterno, avrebbe preferito morire. Ma non poteva rimandare. Doveva togliersi quel dubbi che gli rodeva l'anima. Non poteva vivere così, ancor di più quel desiderio profondo che covava dentro. In tutta la sua vita non s'era mai sentito così, neanche quand'era con Reis. Diede un'occhiata fugace alla ragazza, che stava seduta con la schiena eretta sul dorso della viverna, e la trovò così bella e nobile e sofferente da farle male. Perchè sentiva di amarla, così come si può amare soltanto qualcuno in cui si è vista riflessa la propria immagine come la si conosce nei momenti di angoscia più profonda. Perchè nessuno meglio di lui poteva intravedere il precipizio in bilico al quale stava la ladra, i dubbi che la tormentavano, e la consapevolezza dell'esistenza di un lato oscuro di sé, impossibile da controllare. Nessuno poteva riuscirci meglio, perchè lui era passato per la medesima via, e quella strada usciva dallo stesso identico inferno.
Si decise.
Cambiamo direzione!”, urlò per farsi sentire.
Ma... e Sennar?”
Può stare male per un altro po'.” Quelle parole lo sorpresero, per la veemenza con cui le aveva pronunciate, e perchè le pensava davvero. Del mago proprio non gli interessava nulla, adesso. Forse in futuro si sarebbe pentito di quel suo gesto meschino, ma ora sentiva che doveva farlo.
Con un sibilo, i rettili alati si diressero verso la Grande Terra.

 Un paesaggio desolato si aprì dinnanzi ai loro occhi. Dopo la Battaglia d'Inverno la Terra centrale era stata in parte divisa fra le altre. Ma era come se fosse stata ancora unita. Quello era ancora il regno del Tiranno, era una zona morta. Un deserto. Nessun arbusto, nessun albero ad alzare i suoi rami verso il cielo. E il silenzio. Un silenzio assordante. Nelle altre Terre, c'era sempre qualcosa, un insetto che friniva, lo svolazzare di un uccello. Lì niente. Un vuoto, che stupiva e terrorizzava al tempo stesso.
Sembrava che anche la natura compatisse la sofferenza che il Mondo Emerso aveva dovuto subire per colpa del Tiranno.
Il mezzelfo fece scorrere lo sguardo su tutto ciò, soffermandosi su ogni minimo particolare. Quell'occhiata gli restituiva dolore dolore e altro dolore. Eppure non riusciva a fare a meno di guardare. Che stupido che sono stato.
Una mano ferma gli si strinse sulla spalla. “Aster. Andiamo via. È stato un errore venire qui.”
Il mago scosse la testa, stordito.
Aster.”
No! Andiamo avanti, dobbiamo proseguire!” Si voltò a guardarla e la ladra scorse in quello sguardo ammaliante un pizzico di follia.
E va bene”, si arrese.

 “Adesso mi dici cosa stai cercando?”
Erano due ore che volavano con il mago che si sporgeva dalla groppa della sua viverna, scrutando ansiosamente il terreno.
Il mezzelfo non rispose, e ordinò alla sua cavalcatura di planare verso il basso, e poi di atterrare. Schegge nere vennero sollevate mentre le enormi ali del dragone sbattevano, permettendo alle zampe artigliate di aggrapparsi al suolo. Poi anch'esse vennero piegate e toccarono il terreno.
Il ragazzo non aspettò neanche che l'animale finisse, e balzò a terra. A lei non restò che seguirlo. “Fermati!”, urlò inutilmente. “Dove stai andando?”
Continuando ad inseguirlo, sentendone ora i passi, ora vedendo i lembi del mantello svolazzante, giunse in mezzo a dei colossali frammenti di cristallo nero, alcuni ben più grossi di una casa.

Le rovine della Rocca.
Aster continuò a correre fino a trovarsi sul punto più alto del terreno, e lì si fermò. Il suo sguardo spaziava ora tutta la pianura, nella quale i blocchi erano piantati.
Memorie di un tempo scomparso.
Sguainò la spada e la gettò al suolo, dinnanzi a sé.
Tutto in quel luogo gli diceva: Io sono un monumento a tutti i vostri peccati.***
prese la testa fra le mani.
Quarant'anni...”, mormorò con voce strozzata. “Quarant'anni... e ora...!”
Si voltò a guardare la giovane, che era sopraggiunta in quel momento, ansante.
Dubhe!” Lei seguì la voce, fino a trovarsi accanto al mago.
Il mezzelfo la avvicinò a sé, mettendosi di fronte a lei, e disse, con un tono a malapena più fermo di quello di prima. Stavolta gli occhi luccicavano davvero di follia. “Ascolta, devo chiederti una cosa. Tu faresti una cosa per me, se te lo chiedessi?”
La ladra, non capendo dove volesse andare a parare, ma commossa dal tono del ragazzo, annuì. “Sì. Qualsiasi cosa.”
Dubhe... non è che vorresti diventare la ragazza del Tiranno?”
Lei sgranò gli occhi. “Mi hai portata fin qui per questo?”
Sì.”
Non ti ho già detto che ti amo, che staremo insieme per sempre?”
Sì, ma... voglio averne la conferma, adesso, sopra il monumento del mio errore, sopra le macerie della mia follia. Ti prego, Dubhe...”
L'Assassina abbassò lo sguardo, poi disse a bassa voce: “Mi chiedevo quando me l'avresti chiesto.... No.”
La risposta era perentoria, ma c'era qualcosa nel suo tono che indusse il mezzelfo ad aspettare, la certezza che ci sarebbe stato un seguito a quella frase, che non doveva arrendersi.

Infatti.
No. Io non voglio essere la ragazza del Tiranno. Sarebbe come se ti chiedessi di amare la Bestia. Non possiamo toglierci di dosso questi pesi, ma non significa che non ci possa essere altro, al di fuori della nostra sofferenza...”
Il ragazzo, in un gesto automatico, prima le mise la mano sulla spalla, poi lasciò perdere e la abbracciò.

Quando lei alzò gli occhi scuri, il mago vide che erano pieni di lacrime. Ma sorrideva.
La voce di Dubhe non era più che un sussurro. “Io voglio essere la ragazza di Aster...”
Pronunciò quella frase con la certezza di chi ha capito, che ha trovato quel che aveva sempre cercato, e che non se lo sarebbe mai più lasciato sfuggire.
Rimasero così, l'una nelle braccia dell'altro, per un tempo indefinibile. Alla fine, quando, quasi di comune accordo, si sciolsero contemporaneamente, Aster raccolse la spada di cristallo nero e la guardò negli occhi. Una sguardo sicuro, ora, lo sguardo di chi ha raggiunto il culmine della felicità e si sente tranquillo, perchè nessuno potrà mai portargliela via. “Per sempre?”, chiese.
Dubhe sguainò il pugnale con i serpenti sull'elsa, lo incrociò alla sua arma, gli posò un bacio sulla bocca e gli diede la sua risposta, ferma. Il mezzelfo immaginò che dovesse suonare così la voce della ragazza, nelle innumerevoli volte in cui aveva deciso di andare avanti nonostante tutto. Mentre parlava, forse per l'emozione, forse per la gioia, forse semplicemente perchè gli voleva bene, avvampò leggermente. Era bella quando arrossiva, sembrava che le nuvole che le gravavano sempre gli occhi si diradassero di colpo.
Aster guardò quel volto meraviglioso, e pensò che mai le parole che le labbra di Dubhe pronunciarono avessero avuto un suono più bello.
Per sempre.”

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* Cersare Pavese, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
* Oscar Wide, Il ritratto di Dorian Gray
* Halo 2 Il Gravemind


 

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Capitolo 9
*** Scena Settima (IV): ASTER, DUBHE, IDO E SENNAR ***


 

Scena Settima (VII): ASTER, DUBHE, IDO E SENNAR

When you cried I'd wipe away all of your tears
When you'd scream I'd fight away all of your fears
I've held your hand through all of these years
But you still have
All of me
- Evanescence, My Immortal

 “Per sempre”, disse Dubhe.
Aster le sorrise. Le piaceva davvero, quella specie di demone vestito di nero, con gli occhi scuri, che sembrava capirlo meglio di qualsiasi altra persona prima d'ora. Le sembrava di impazzire, quand'era con lei, la ragazza gli appariva come una specie di droga ammaliante, ma mai e poi mai avrebbe voluto liberarsi da quella dipendenza! Il suo sguardo lo ipnotizzava, avrebbe voluto tenersela stretta e contemplarla in eterno.
L'incanto si spezzò quando un'ombra passò davanti a quegli occhi meravigliosi. “Dannazione... dobbiamo andare!” La ragazza stava per mettersi a correre, ma si voltò e guardò in faccia il mezzelfo, incrociando il suo sguardo in modo che lui potesse avere la certezza che non mentiva. “Non fraintendermi, Aster, ho apprezzato davvero il tuo gesto, ma...”
Ma adesso dobbiamo sbrigarci!”, concluse lui.
Esatto. Chissà cosa penseranno, c'è Sennar sul letto di morte e noi qui a baciarci come ragazzini.”
Guarda che siamo ragazzini, lo resteremo in eterno.”
Dicevo così per dire.”
Gli occhi della ladra brillavano. “Andiamo?”
Andiamo.”
Saltarono sulle viverne, e si allontanarono nel cielo, sospinti dai possenti battiti delle ali dei dragoni, diretti verso il palazzo di Laodamea.”

 Chiunque arrivasse a Laodamea non poteva non restare a bocca aperta davanti al palazzo reale. Non si trattava solo della rigida e perfetta geometria delle sue forme. Non era solo la bellezza dei suoi decori. Era la posizione in bilico sulla cascata, come se da un momento all'altro dovesse precipitarvi dentro.
Il palazzo era stato costruito dagli uomini. Le ninfe infatti non avevano bisogno di case. Si incarnavano nella linfa degli alberi, e i loro villaggi erano semplicemente piccoli agglomerati di piante l'una vicina all'altra. Fu una specie di sfida. Gli uomini erano in minoranza, nella Terra dell'Acqua, e forse per questo volevano marcare la propria presenza. Costruirono allora quel palazzo immenso e impossibile, sospeso su uno dei luoghi più sacri alle ninfe, quell'enorme cascata che era la più bella di tutta la Terra dell'Acqua. Il fatto venne giustamente considerato dalle ninfe un'intollerabile provocazione, e per questo per secoli interdirono agli umani l'accesso ai boschi. La prima ninfa che entrò in quel palazzo fu Astrea, assieme a suo marito Galla. Fu allora che quel luogo venne riempito di giardini sospesi, perchè vi fossero alberi in cui la regina potesse incarnarsi, la notte, quando aveva nostalgia dei suoi boschi.

 I corni suonarono, le sentinelle scattarono vigili. Due creature sconosciute si stavano avvicinando a tutta velocità verso la reggia. Ognuno era lì, fermo al suo posto, attento, le armi in pugno. Il fatto che una minaccia era scomparsa non significava che si dovesse star tranquilli, anzi! Frammenti della Gilda sopravvivevano ancora da qualche parte, e si diceva che gli adepti fossero depositari dell'eredità del Tiranno, della Magia Proibita elfica, la più pericolosa. Tutti sapevano che il terribile mago aveva creato i draghi neri, i fammin, gli uccelli di fuoco e chissà che altro mostro, quindi chissà che cosa avrebbe potuto fare qualcun altro, con quella magia maledetta.Le due sagome apparvero nel cielo, muovendosi ad una velocità incredibile. Erano grandi, almeno come un drago, ma avevano qualcosa di molto strano. In ogni caso, non bisognava farsi domande. Appena furono a tiro, una cinquantina di frecce partirono... per poi ricadere al suolo senza neanche sfiorare le creature alate. Sebbene fosse stata presa accuratamente la mira, tutte le mancarono, o deviarono, o si piantarono nella roccia. Contemporaneamente, gli arcieri ebbero un fortissimo, irresistibile impulso ad abbassare gli archi, e lasciarle avvicinarsi. Nessuno sapeva spiegarsi perchè, ma nessuno riuscì a contrastarlo.
Ido uscì furibondo da un portone: “Ma che fate, idioti? Tirate!”
Generale...” , provò ad obiettare qualcuno.
Macchè generale e generale, qui...”
Non riuscì a finire la frase, perchè il bastione su cui si trovavano tremò quando una viverna vi si aggrappò con le zampe artigliate e con le ali. Alzò la testa squamosa e piumata e ruggì.
I soldati erano impietriti. Come avevano sperato di poter colpire una creatura simile? Le sue squame brillavano alla luce del sole, in tutta la loro bellezza, e le penne delle ali sembravano fatte di ghiaccio lucente.
Lo gnomo fu il primo a riprendersi. “Preparate...”, iniziò.
Che c'è, Ido, non si salutano più le amiche?”

 Con un agile salto, Dubhe si catapultò davanti a nano stupefatto, tanto dalla creatura alata quanto da quella ragazza allegra, che ricordava ben diversa.. “Beh?”
Dubhe!”, esclamò quello. “Scusa, è che non potevamo...”
Lei tagliò corto con un gesto. “Va tutto bene.”
Si udì un secondo tonfo e il sibilare di un'altra viverna.
Aster sbucò dall'orlo degli spalti. “Potevate farli più comodi da scalare questo cavolo di bastioni, no?”
La ragazza gli tese la mano, poi quando l'ebbe aiutato a salire lo abbracciò, ridendo. “Ehi, mago, sei ancora tutto intero, no?”
Sì, ma quella dannata gallina gigante mi ha spappolato tutte le ossa quand'è atterrata.”
Dovremo farci l'abitudine.”
Ido li stava fissando a bocca aperta. “Ehm... voi due... siete....?”
I ragazzi si accorsero di essere entrambi arrossiti, oltre ad essere, in effetti, l'una nelle braccia dell'altro, e ben stretti, per giunta.
Negare non sarebbe servito a nulla, e poi, in fondo, cos'avevano da nascondere?
Sì.”
Lo gnomo sorrise a sua volta: “Ma che bella notizia!”
E lasciando il mago e l'assassina a guardarsi stupiti, perchè avevano previsto che Ido ci avrebbe trovato da ridire, aggiunse, cambiando completamente tono: “Siete venuti per Sennar?”
La ladra si fece immediatamente seria. “Sì.”
Seguitemi, allora.”

 Si inoltrarono nel dedalo di corridoi del palazzo. Mentre passavano per quegli infiniti sentieri, Ido prese Dubhe da parte, e le chiese: “Ho una domanda in sospeso: hai trovato una ragione per cui combattere?”
La ragazza chiuse gli occhi e indagò il suo cuore a sondo. Pensò alla sua vita, al passato, al presente e al futuro. E trovò la risposta.
Sì.”
Quando ti ho salutata sui bastioni, quella sera, sapevo che prima o poi avrei trovato nel tuo sguardo la decisione che allora ti mancava. Chi è perduto come te alla fine trova sempre la sua strada.”
Lei sorrise, imbarazzata, mentre, contro la sua volontà, imporporiva: “Sì... è così strano, devo dire... ma Aster mi capisce meglio di chiunque altro... e allora...”
“Non proseguire, basta così. Siete felici?”

Le guance di Dubhe salirono di un'altra tonalità di rosso. “Sì”, mormorò.
E allora restate felici. Aster è una brava persona, Sennar o Lonerin che l'hanno conosciuto in momenti diversi... e più favorevoli per dirlo... di me ti direbbero lo stesso. Spero che con te riesca a trovare la pace che tanto cercava, e che lo stesso possa fare anche tu.”
Ido sorrise.
Dubhe andò avanti a mettere un piede davanti all'altro, pensando, mentre uno strano, soddisfatto calore le si diffondeva nel petto: Esiste pur sempre una strada per ognuno di noi...

 Sennar era disteso su un letto. Sembrava più fragile di quando l'aveva conosciuto, e di certo molto più vecchio. Aveva gli occhi chiusi, lo si sarebbe detto morto. Aster lo guardò senza pronunciarsi, poi si rivolse a Theana: “Avete provato tutto, quindi?”
In pratica, sì. Voi sapete cos'è?”
Credo di sì. E dammi del tu, non sono più vecchio di te, almeno non apparentemente.”
Ma siete il T...” s'interruppe.
Il mago le parlò dolcemente: “Discuteremo i miei precedenti in un altro momento. Ora, guarda perchè Sennar sta male.” Si chinò vicino al volto del vecchio, e sussurrò una sola parola.
Nihal.
Subito lui si agitò nel sonno, come se cercasse di mandare via qualcosa, o di attirarlo a sé.
Aster si scostò: “Come prevedevo. Ho la cura. Ma c'è un problema: potrebbe guarirlo, ma c'è altresì la possibilità che lo shock lo uccida.”
Tutti rimasero a pensarci. Il primo a parlare fu Ido: “C'è una reale possibilità che guarisca?”
Il ragazzo non disse nulla. Si limitò ad annuire.
E allora fallo.”
Siete disposti ad assumervi questa responsabilità?”
I presenti si scambiarono un'occhiata, poi annuirono lentamente anche loro.

 “Ascoltatemi bene, tutti. Il male di Sennar non è fisico, ma indotto dalla sua mente. In altre parole, lui sta male perchè è convinto di star male, e il suo corpo reagisce di conseguenza. Gli manca Nihal. Finora è andato avanti, ma sta crollando; ciò che realmente vuole, è morire e rivederla.Perciò, adesso lo sveglierò. Io sono l'ultimo mezzelfo del Mondo Emerso. Interpreterò Nihal. Dubhe, tu sei una ragazza, dovrai parlargli. Non importa cosa gli dirai, basta che gli parli, va bene?”
La ladra annuì.
Tutti gli altri, si allontanino. Fuori!”
Chiuse la pesante porta.
Il mago alzò la mano, passandosela davanti agli occhi, mormorando qualcosa. Quando la scostò le sue iridi erano diventate viola.
Naturale, pensò Dubhe, Sennar di sicuro ricorda il Tiranno. Se si presentasse con gli occhi verdi, lo riconoscerebbe di sicuro, perchè sono il suo tratto più caratteristico. Otterremo l'effetto opposto.
Prese alcune delle erbe che aveva fatto portare, e le gettò sui bracieri. Aster si chinò sul vecchio mago, che aveva preso ad agitarsi. Lo tenne fermo con delicatezza, come si fa con un bambino. Infine Sennar aprì gli occhi.

 Una goccia. Una goccia che cadeva a poca distanza da lui. Un suono ritmico, snervante, che gli penetrava le tempie come un cuneo.

 “Nihal...”, mormorò. Evidentemente la sua mente confusa aveva prodotto l'effetto che il mezzelfo desiderava.
Ciao, Sennar”, disse Dubhe al suo posto. “È così tanto che non ci vediamo...”
Nihal... ti avevo promesso... che ti avrei rivisto... alla fine di tutto ciò... mi avevi detto che avrei avuto un ruolo...”
Oh dannazione, e adesso che dico? Scelse di improvvisare. “L'hai avuto, Sennar. Forse non quello che cercavi, ma...”
Ti voglio bene, Nihal...”
“Anc...”

 “Forse la donna a cui pensi adesso avrà creduto per un'istante, nell'estasi del piacere, di amarti, ma è un'illusione. “

Il mago le fece cenno di tacere. Sotto gli occhi di Sennar, gli occhi viola di Nihal si trasformarono in quelli verdi del Tiranno.
Cercò di urlare.
Ricordi...

 “Il tuo silenzio non ha senso. Questo mondo non merita neppure una tua lacrima, e colei che ami non merita il tuo sangue.”

 “Aster...”, sussurrò, non appena la ragione ebbe preso il sopravvento sugli istinti.
Sì, sono Aster, Sennar...”
Avevi ragione tu... alla fine... dell'amore non resta nulla... Non c'è più differenza... ora che lei è morta... Abbiamo combattuto... per niente...”
No, Sennar. Eri tu ad aver ragione. L'amore esiste, basta trovarlo.”

Chiamò la giovane ladra accanto a sé.
Ti ricordi di me, Sennar?”
Certo... venisti... per liberarti della tua maledizione...”
Dubhe fece per scoprirsi il sinistro, poi cambiò idea ed esibì il braccio destro. Vide Aster approvare. Non sapeva che reazione avrebbe avuto il mago, e potevano giocare sul suo stato confusionale. Non si sarebbe accorto dello 'scambio'.
Vedo... che adesso sei libera...”
Infatti. “Non solo, Sennar. Alla fine ho trovato la mia strada.”

 “Te lo dico perchè anch'io ho amato molto, e invano.”

 E, con un gesto che avrebbe stupito tutti, se fossero stati presenti, baciò Aster. Non fu un bacio casto, leggero, ma neanche uno di quelli che si scambiavano nell'intimità della loro solitudine. Fu il semplice gesto di due amanti, una dimostrazione del bene che si volevano.
Il vecchio mago non sembrava particolarmente sorpreso. “Bene... sono contento per... Aster... e per te... Dopo quel che avete sofferto...”
Tacque, interropendo la frase.
Mentre scivolava sul cuscino, la sua mano urtò un bicchiere, mandandolo in frantumi sul pavimento.

 Ma resistere era inutile. Fu così che alla fine Sennar sentì la mente esplodergli in un delirio di dolore e colori, e tutta la sofferenza del mondo premergli con violenza alle tempie e nel cuore. Il suo amore, la sua vita, i suoi ricordi, tutto fu messo a nudo, e in fondo a quel turbine di emozioni senza più nome né senso, il suo segreto fu svelato.

 Si udì un bussare frenetico, e il mago aprì. Si allontanò da Sennar. “Dorme. Domani dovrebbe stare bene.”
Come hai fatto?”
Un sorriso. “Ha parlato con un vecchio amico.”
Lo guardarono tutti come se non gli credessero. “Sul serio.”

 Fu così che Aster seppe.

I passi di Theana risuonavano per il corridoio. La maga si sentiva vagamente a disagio a camminare così in compagnia di Dubhe... soprattutto perchè la ragazza non emetteva alcun rumore nel poggiare i piedi al suolo, né i suoi vestiti il minimo fruscio; le sembrava di aver a che fare con uno spettro.
“Theana”, disse la ladra di colpo. “Adesso puoi dirmelo: perchè non hai fatto il rituale per liberarmi del sigillo?”
La maga si fermò stupita. “E come? Il foglio ce l'avevi tu!”
“Come sarebbe a dire...”, iniziò Dubhe, per poi fermarsi. “Aspetta un attimo. Mi viene un orrendo sospetto...”
A grandi passi si diresse verso la stanza che Theana condivideva con Lonerin. Si fece da parte per lasciare che aprisse - “non ho voglia di scassinare la serratura, oggi” - e si diresse a colpo sicuro verso il comodino: lo stesso che Theana si rese colpevolmente conto era stato urtato la notte dopo la sparizione della ragazza. Dubhe ne osservò la superficie, poi, a colpo sicuro, si chinò sul pavimento, estraendo da sotto il mobile un certo foglio coperto di polvere.
“Un applauso, prego”, disse con un cenno della testa, come un'artista circense.
“Non sei arrabbiata?”, chiese la maga. Dubhe era una delle persone più fredde che avesse mai conosciuto, ma quando l'aveva vista muoversi con tanta sicurezza Theana era stata certa che avrebbe sputato fuoco e fiamme.
“E di cosa?” La ladra fece spallucce. “In un modo o nell'altro la faccenda si è sistemata. Oh, ecco Aster.”
Theana continuava a stupirsi della familiarità con cui Dubhe chiamava per nome il mezzelfo. C'erano poi quelle occhiata che gli lanciava di tanto in tanto. Che ci fosse qualcosa sotto?
“Dai, venite”, disse. “Vi faccio preparare due camere...”
“Una basterà.”
La maga fissò stupita i due.
“Perchè...? Voi siete... oh.”
“Beh? Cosa c'è?”
“Niente!” La ragazza bionda rise. “L'avevo sospettato, a vedervi così.”
“Si vede così tanto?”
“Che sei cotta? Sì!”
Fece una pausa: “Non si direbbe, ma... state proprio bene insieme, sapete? L'Assassina e il Tiranno. Siete una belle coppia.”

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Descrizione del castello di Laodamea tratto da Le Creature II, ovviamente

Bloody come vedi Sennar non muore... non ancora.
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Capitolo 10
*** Scena Ottava (VIII): L'ULTIMA SACERDOTESSA DI THENAAR ***


 

 

Scena Ottava (VIII): L'ULTIMA SCERDOTESSA DI THENAAR

 

Breathe in deep, and cleanse away our sins
And we'll pray that there's no God
To punish us and make a fuss

- Muse, Fury

 

Non si direbbe, ma... state proprio bene, sapete? L'Assassina e il Tiranno. Siete una belle coppia.”
Dubhe la guardò. Sentiva che ciò che stava per fare era tremendamente sbagliato, che stava per rovinare la vita ad una delle persone a cui voleva più bene sulla faccia della Terra, e che soprattutto non meritava niente di tutto ciò. Theana era l'immagine dell'innocenza, non poteva neanche minimamente sospettare una cosa del genere. E far morire il seme della speranza nel cuore di una persona era un crimine orrendo. Ma se voleva dire la verità, non aveva scelta. La verità, in fondo, che cos'era? La verità è una gabbia, la verità ci incasella, ci definisce, ci rende schiavi per sempre. Ma era qualcosa di più. Dentro di lei, nei recessi del suo corpo, nell'oscurità del suo petto, fra cuore e diaframma, si spalancarono due occhi rossi. Una sensazione che, tradotta in parole, si sarebbe potuta esprimere come: Io sarò sempre con te, ricordalo. Lo sentì chiaro come in quel momento, era esattamente come quando aveva scoperto di portare dentro di sé la Bestia, e che la maledizione non richiamava un sentimento esterno, non era come se un demone di qualche genere s'impossessasse del suo corpo. No, lei era il sigillo. La rabbia della Bestia era la sua rabbia, e sopratutto... il piacere della Bestia era il suo piacere. Aveva compreso di essere sempre stata maledetta, e che l'incanto non faceva altro che risvegliare quella parte di sé che voleva dimenticare. E allora aveva capito. La verità fa paura.
Ma era la verità, e nasconderla avrebbe portato solo altro dolore. Perciò la ladra prese un respiro profondo, e disse: “Theana... ecco... ci sarebbe una cosa che dobbiamo dirti...”
Cosa?”
Innanzitutto, volevo ringraziarti. Quando avrei potuto farlo, non l'ho fatto come si doveva. E quando avrei dovuto farlo, avevo altre cose per la testa. Per essermi stata accanto nella mia missione, per avermi sostenuta, per avermi aiutata, per essere stata mia amica. So di essere stata per metà una bastarda arrogante e per metà una stronza difficile da sopportare, per gran parte del nostro viaggio, perciò... Grazie.”
Ma no, Dubhe, dai, avevi le tue buone ragioni, caspita, chiunque si sarebbe comportato così, al tuo posto...”
Theana ripensò a come aveva visto la ladra in quella loro strana avventura: il suo essere schiva, i suoi silenzi, le sue sofferenze. Tutto sommato s'era comportata anche bene. Persone più deboli, anche sé stessa, pensava, probabilmente avrebbero condannato e maledetto tutto, sarebbero ceduti al malumore e si sarebbero disperati.
Sei gentile a giustificarmi, così, ma la verità è che è stata colpa mia. Ero così concentrata nel mio dolore da non riuscire a vedere altro. È anche merito tuo se ho imparato a guardare oltre, dunque, grazie.”
La maga la guardò sorridere, quasi infantile, con quel ciuffo di capelli che rischiava di scivolarle sugli occhi, e capì quanto le avesse fatto bene l'amore di Aster, come fosse stato in grado di sciogliere il guscio gelido che circondava il cuore della giovane assassina, portando alla luce quella Dubhe che emergeva talvolta, ma che per la maggior parte del tempo aveva visto sopita nella morsa del ghiaccio.
Era così bella quando sorrideva...
Poi un'ombra offuscò quegli occhi splendenti.
Verità, sembrò mormorare sottovoce.
Si inanellò una ciocca di capelli attorno al dito, nervosamente:
C'è un'altra cosa...”

 “E questo è tutto.:.” I due si erano alternati più volte nel racconto, ma ora tacevano entrambi. Thena li stava guardando stravolta.
Volete dire che... che mio padre... beh, sbagliò tutto?”
Aster rispose: “No... ecco... sbagliò a credere in Thenaar. Le nostre azioni non dipendono da ciò in cui crediamo, Theana. Se fai qualcosa di buono, in nome del male, avrai sempre fatto qualcosa di buono. Se invece fai qualcosa di malvagio, pensando di fare in realtà del bene, ciò non sminuirà il tuo gesto.” La ladra capì che il mezzelfo si stava riferendo a sé stesso.
Ma... non può essere possibile... tutti noi... cioè, non possiamo sbagliarci così.” La giovane maga era sconvolta, e Dubhe non poteva far a meno di capirla: per lei, che non aveva mai creduto, era stato molto più facile accettare una missione che comportava in essenza l'eliminazione di dei nemici come altri, seppur infinitamente potenti. Ma Theana? Theana si aggrappava come una disperata alla sua fede per Thenaar, l'aveva sentita invocare il suo nome talmente tante volte, durante il loro viaggio verso la Terra del Sole. E mai una volta che abbia risposto, pensò, cinicamente, pentendosene poi subito dopo. Per questo le si fece più vicina e le chiese: “Theana? Tu hai viaggiato con me, hai diviso la stanza con me, abbiamo lavorato insieme, abbiamo combattuto insieme... Pensi che ti mentirei, su una cosa così?” La sua voce era dolce, cercava di parlare come avrebbe fatto con una bambina spaventata... come la maga in effetti era, in quel momento. Una bambina a cui era appena stato detto che i suoi genitori sono mostri cattivi. Vide che la ragazza la stava ascoltando, e sentì d'aver imboccato il sentiero giusto, perciò continuò: “E per cosa, poi? Che cosa ci guadagnerei dal dirti bugie?”
Theana parve pensarci su. “Niente”, ammise infine.
Ti ricordi di quando te l'ho detto la prima volta? Che l'unica cosa che la fede ha fatto per me è stato mettermi nel petto un mostro il cui orrore supera ogni immaginazione? Che nel peggiore dei casi, la fede conduce alla morte, e nel migliore è una mera consolazione per i deboli? Che mentre i sacerdoti blateravano di aver trovato il senso della vita, io vedevo solo persone morire?”
Io... non lo so... è così difficile da accettare, è...”
Stava per mettersi a piangere. Dubhe sussurrò ad Aster: “Il libro. Passami il libro.”
Il mago capì immediatamente cosa intendesse. Il testo nero, il Necronomicon, scivolò dalle sue mani a quelle della ragazza. Lei sospirò, passandolo a sua volta a Theana. “Aprilo dove vuoi e leggi.”

 Quelli che hanno osato provare a vedere oltre il Velo, ed ad accettare LUI come guida, sarebbero stati più prudenti se avessero evitato di trattare con LUI; perchè è scritto nel libro di Thoth quanto sia orribile il prezzo da pagare per un solo sguardo. Né coloro che sono passati possono più tornare indietro, perchè nell'immensità che trascende il nostro mondo ci sono ombre del buio che ti afferrano e ti incatenano. La cosa che si trascina nella notte, il male che sconfigge il Segno degli Antichi, la mandria che rimane a guardare il portale segreto che ogni tomba deve avere e che nutre quel che cresce chi si trova là sotto: tutte queste tenebre sono nulla al confronto di COLUI CHE SORVEGLIA IL GRANDE PASSAGGIO: COLUI che guiderà il temerario al di là dei pianeti dentro l'abisso abitato da indescrivibili divoratori. Perchè LUI è UMR ATAWIL, il Grande Antico, che lo scriba traduce come il prolungamento della vita... *

 La maga sollevò gli occhi. Sul suo volto Dubhe aveva visto passare tutte le emozioni che dovevano averla sconvolta quando aveva osato leggere quel testo, ma ne prevalevano due. Terrore cieco e attrazione morbosa. Le stesse che aveva provato lei. 
 E, come lei, Theana sussurrò: “D'accordo, vi credo” e “Ma cosa volete da me?”
Aster glielo disse, nella maniera più semplice possibile: “Vogliamo estirpare gli dei del Mondo Emerso dal cuore degli uomini. Vuoi aiutarci?”
La ragazza lo guardò un attimo, poi passò a Dubhe: “Vuoi anche tu la stessa cosa?”
E alla risposta affermativa scoppiò a ridere.
Che c'è di così divertente?”
Che voi siete proprio due idioti! Siete senza speranza! Gli uomini vogliono credere in qualcosa, sempre, anche davanti all'evidenza!”, e intanto continuava a ridere.
Dubhe e Aster si scambiarono un'occhiata. Era vero, non ci avevano pensato. Fortuna che c'era la maga.
Theana, ascolta. Guarda questo mondo. La Guerra dei Duecento Anni. I cinquant'anni di Nammen, cosa sono stati? Cinquant'anni di pace fra una Terra e l'altra e di guerre intestine. Poi è venuta la pace, e tutti hanno preso ad arroccarsi sulle posizioni che si erano conquistati. Venne il Tiranno..”, s'interruppe, ma il mezzelfo era tranquillo: sembrava davvero considerare quei fatti storia andata, e, se anche si era inquietato, era bravo a nasconderlo. “Venne il Tiranno, dicevo, e furono quarant'anni di guerra. La Grande Guerra, come non se n'era mai vista una prima. Un solo uomo contro tutto il Mondo Emerso. E per poco non riuscì. Poi quanti, cinque anni di pace? Arrivò quel... bastardo figlio di puttana... di Dohor, e siamo stati di nuovo in guerra, assieme alla sua maledetta Gilda. E stai parlando con una la cui vita è stata distrutta da quei fanatici. Ho ammazzato il... re – pronunciò la parola come se fosse stato un insulto dei più atroci –, Aster ha spazzato via la Casa, e adesso? Le Otto Terre sono tutte a guardarsi in cagnesco, e stanno già cercando di acchiappare una fettina di dolce prima che finisca tutto, per quanto cerchino di nasconderlo. Non ti sembra che ci sia un dannato circolo, in tutto ciò? Non sai da quanto si ripete la storiella di Sheireen e Marvash? Noi vogliamo chiudere questo cerchio, liberare tutti dal giogo degli dei, permettere che ognuno sia responsabile delle proprie azioni. È un sogno così assurdo? Beh, anche se lo fosse, noi combatteremo per realizzarlo, e faremo di tutto per permettere ai popoli di questa Terra di vivere, in pace o in guerra, ma liberi. In un mondo migliore, non ci sarebbe più bisogno di gente come me, o come Aster, ma questo è il Mondo Emerso, e non raggiungerà mai la pace da solo: dobbiamo essere noi a metterci in moto per salvarlo. Questo è il luogo in cui siamo nati e per il quale abbiamo dato il nostro sangue, questo è il luogo per il quale daremo il nostro ultimo respiro. Noi abbiamo combattuto, stiamo combattendo e combatteremo fino alla fine.”
La maga sembrava interdetta così aggiunse poche frasi ancora: “Theana, ti ricordi la nostra missione, quando mi dicevi che tu eri la ragazza che pregava la sera ed inseguiva una speranza? Quando ti risposi che a me non serviva nè pregare né sperare? Ecco, adesso è diverso. Pregare non serve. Sperare, sì. È la speranza di un mondo forse né migliore né peggiore, ma di un mondo libero. Pensaci.”
Non sapeva che altro aggiungere. D'altronde, lei era un'assassina, non una poetessa. Sarebbe stato compito di Aster parlare, piuttosto, ma il mezzelfo sembrava aver compreso il legame che c'era fra le due ragazze, e doveva aver intuito che Dubhe avrebbe avuto più possibilità di far breccia. In ogni caso la giovane ladra aveva esaurito gli argomenti.
Theana... cosa dici se ci comunichi ciò che hai deciso domani mattina?”, chiese gentilmente il mago.
Sì, forse è meglio”, annuì la chiamata in causa. “Vi lascio dormire. 'Notte , Dubhe. 'Notte...”, s'interruppe. Come lo doveva chiamare? Optò per il suo vero nome. “... Aster.”
Buonanotte, Theana.”

 “Cosa dici, siamo riusciti a convincerla?”
Sì. Domani verrà a dirci che ci aiuterà, puoi starne certo.”
Anch'io sono di quest'idea. Allora tutto si mette per il meglio...”
Speriamo.”
Si udì il rumore di uno scambio di baci.
Ci vediamo domani.”
Buonanotte, amore mio.”

______________________________________
* Howard Phillips Lovecraft, Attraverso i cancelli della chiave d'argento

 

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Capitolo 11
*** Scena Nona (IX): EMENDAMENTO ***


 

Scena Nona (IX): EMENDAMENTO

 

I nostri occhi erano così pieni di odio
che nessuno poteva vedere
che la guerra avrebbe portato solo
morte senza fine
ma giammai la vittoria.
Riponiamo ora le armi
insieme alla nostra collera.
Tu invero ci proteggerai
mentre cerchiamo il cammino.
-Preghiera Covenant, Halo: Ghosts of Onyx

 Thena strusciava nervosamente i piedi. Era giunto il momento, alla fine. Aveva passato una notte insonne, rigirandosi nel suo letto. Per la prima volta, non aveva invocato il nome di Thenaar. Le parole che i due avevano pronunciato erano giuste, dovevano aver ragione, e, in fondo, come avevano sottolineato, che motivo avrebbero avuto di mentirle? E poi c'era quel libro. Lei era una maga, s'intendeva di quelle cose. Eppure non aveva mai visto nulla come quel testo nero, nulla le era rimasto incollato in testa come quelle parole terribili. Le sue certezze erano infrante, e ora vagava in un limbo di nulla. Si sentiva esattamente come quando Dubhe aveva deciso di lasciare Learco per salvarsi: una ragazza che fino ad allora era sempre andata avanti, che aveva sopportato tutto, sebbene tante, troppe volte le fosse sembrata possibile un'alternativa che in confronto alle difficoltà che affrontava, era dolce e allettante e l'aveva sempre rifiutata, in un momento in cui la morte le avrebbe garantito l'amore, ancora una volta aveva deciso di fare la scelta più dura, aveva scelto di vivere. Così si sentiva la maga. Stava per buttare via tutto quello in cui credeva, ciò che avrebbe giurato essere la sua vita. Peggio ancora, suo padre era morto per difendere le idee che ora lei tradiva. Ma la sera prima il mezzelfo aveva giocato le carte giuste, con il suo discorso sul bene e sul male. Pensò a Nihal, a Sennar, a Dubhe, a tutti i sacrifici che ogni volta il Mondo Emerso esigeva per essere liberato dal malvagio di turno. Pensò ad Aster e a quel che aveva sofferto, poi di nuovo a Dubhe e a quel che aveva patito lei. E ancora una volta, e forse per l'ultima, quel mondo ingrato avrebbe richiesto l missione di un ragazzo e di una ragazza, per essere salvato. No, non era giusto. No, non l'avrebbe più tollerato. Sì, avrebbe lottato con tutte le sue forze per far cessare quei tributi di sangue. Ripensò a come aveva conosciuto quella ragazza dall'anima nera, come ne aveva avuto paura all'inizio, come l'aveva odiata per la sua freddezza e il suo disprezzo, e come aveva finito per diventare la sua unica amica, alla fine. Se non poteva fidarsi di lei, non poteva fidarsi di nessuno. Perciò, quando la pesante porta di legno scuro si aprì, Theana chiese scusa per l'ultima volta a suo padre e, preso un bel respiro, fece per parlare...

 "Che cavolo... è già mattina?”
Dubhe.
Dubhe in vestaglia.
Dubhe in vestaglia e pantofole.
Inaudito!
I suoi capelli apparivano più scuri del normale, e per un istante la maga pensò ad uno scherzo della luce. Poi li guardò meglio: rilucevano leggermente ed erano appiccicati al volto.
Conclusioni ovvie.
La scena era così comica che non riuscì ad impedirsi di ridere. La giovane assassina aveva chiaramente l'aspetto di una che per almeno parte della notte aveva fatto qualcos'altro, invece che dormire. E poi, con quella camicia da notte che le era chiaramente larga, lo sguardo vagamente confuso e i capelli castani così attaccati, o pendenti in ciocche disordinate, la ragazza sembrava un pulcino. Ispirava davvero tenerezza, ed era tutt'altro che la giovane decisa che aveva preso su di sé le missioni più gravose, che era disposta a tutto per una speranza, che ad incrociare i suoi occhi scuri restituiva un'aria triste e malinconica, che si era sempre, dichiaratamente sentita sola e maledetta.

 “Io sono sempre stata sola.”
Forse è ora di non esserlo più.”

 Dal suo aspetto, quella notte era stata tutt'altro che sola. Insomma, era così diversa dall'immagine che la maga aveva di lei...
Cosa c'è?”, chiese la ladra, stupita, e questo non fece che aumentare la comicità della situazione.
Ti... sei... vista... allo... specchio?”, farfugliò Theana, ridendo nel contempo.
No. Perchè, avrei dovuto?”
Vicino alla porta ce n'era giusto uno, un pesante specchio a muro con la cornice d'oro, ovale. La ladra si diede un'occhiata. “Accidenti!”
Accidenti cosa?”, chiese Aster, che era sopraggiunto.
Niente, devo darmi una sistemata”, spiegò lei, mentre si sfilava la vestaglia e indossava in fretta il corpetto e i pantaloni, e si cingeva le spalle con il mantello. Si passò la mano fra i capelli, cercando di aggiustarseli, e intanto chiese: “Sei venuta a darci la tua risposta?”
Theana tornò immediatamente seria. “Sì. Io penso... ecco... che voi abbiate ragione”, disse tutto d'un fiato. “Vi aiuterò, cercherò di fare il possibile, almeno.”
Dubhe le sorrise, e le tese la mano, che l'altra, sorpresa, strinse. “Grazie”, disse semplicemente. La maga la guardò stupita e ci mise un attimo a rammentare che quella ragazza vestita di nero non era più l'ex-Assassina dall'oscuro passato, sola e maledetta, in cerca della redenzione. Era incredibile come cambiasse una persona quando trovava qualcuno che le voleva bene. In Aster lei aveva trovato più di un amico, più di un compagno. Aveva trovato la pace. Il suo sguardo era sereno, tranquillo. C'erano sempre ombre che a tratti vorticavano nei suoi occhi, ma Dubhe era fatta così, e quello niente e nessuno l'avrebbe mai cambiato. D'altronde, sebbene non esigesse più tributi di sangue, da qualche parte nel suo corpo magro, assopita ma non morta, ancora dimorava la Bestia.
Ma quello era un peso che la ladra doveva portare da sola...
o forse no?
Che avesse finalmente trovato qualcuno in grado di capirla?

 La sala del Consiglio delle Acque era come al solito gremita di gente, anche se c'erano meno persone rispetto ai tempi della guerra contro Dohor. La ladra ricordò quando vi era entrata la prima volta, per confessare tutto ciò che sapeva sulla Gilda, e trovare la cura per la sua maledizione. Era stata delusa, allora. Ma i presenti, la maggior parte, almeno, la guardavano in modo diverso, ora. Allora era un semplice sicario, una spia, e i traditori fanno sempre paura perchè se hanno scelto lo schieramento opposto una volta, perchè non farlo una seconda? Ora invece era colei che aveva salvato il Mondo Emerso. Buffo, ma non gliene fregava nulla. Voleva solo che dessero loro ciò che chiedevano, e poi potevano anche andarsene al diavolo, dal primo all'ultimo. Li vedeva ancora come degli uomini inermi e meschini, chiusi nell'intimità delle loco case, che lei prevedeva di svaligiare.
I due presero posto: erano una strana coppia: lei vestita con gli abiti che fino a poco prima erano i più temuti delle Otto Terre, e lui che, se possibile, faceva ancora più paura. Certo, aveva un cappuccio sul volto, ma qualche ciocca dei suoi ricci blu, tenuti abbastanza lunghi per un ragazzo, sfuggiva dai limiti della stoffa, e più di un presente era stato trafitto dai suoi ammalianti occhi verdi. Non che il fatto di incutere paura li disturbasse, anzi. Più avevano timore di loro, minori erano le possibilità che tentassero di fregarli.

 L'assemblea scorreva noiosa come al solito. Dafne fece il punto sugli affari interni, e segnalò la ricomparsa di alcuni conflitti fra ninfe e umani. Theana scambiò uno sguardo con l'amica, e vi vide una punta d'irritazione dentro. Ripensò alle parole della sera prima. Sì, era un cerchio, un dannato cerchio, e alla fine ci si ritrovava sempre al punto di partenza. Perchè la pace poteva esistere solo in presenza di una guerra più grande? Poi presero la parola diversi generali, che parlarono di come andava l guerra per proteggere i fronti: la Terra dell'Acqua era sempre stata la più sguarnita delle Otto Terre, e c'era il timore che in quel periodo di anarchia politica qualcuno potesse tentare un colpo di mano.
In pratica, la faccenda andò avanti per tre ore e passa, senza che i due personaggi incappucciati proferissero alcunché, né che nessuno li interpellasse. Ma proprio quando i presenti si stavano dicendo, chi li aveva riconosciuti, beninteso, che forse erano lì solo per cortesia, il ragazzo chiese la parola.
Nel farlo gettò all'indietro il cappuccio, in maniera che chiunque potesse vedergli il volto.
Carnagione pallida, capelli blu scuro, orecchie a punta e occhi verdi.
Non c'erano dubbi, e stavolta tutti lo riconobbero.
Aster, il Tiranno, colui che quarant'anni prima aveva messo a ferro e fuoco il Mondo Emerso, parlò con voce tranquilla. “Chiedo che ci venga concessa la Grande Terra.”
Otto parole. Otto come le Terre che aveva cercato di conquistare. I mormorii si diffusero fra i presenti. Il Tiranno voleva la Grande Terra! Forse voleva riprendere la guerra, ritentare la conquista, ora che Nihal non c'era più! Oppure, che altro...
In effetti, questa è anche la mia richiesta. “
Ancora otto parole. A parlare era stata Dubhe, l'eroina che li aveva salvati da Dohor, quasi una novella Nihal. I mormorii si intensificarono. Cosa c'entrava Dubhe, l'Assassina, con il Tiranno? Un momento, lei era nella Gilda, no? Quei fanatici non adoravano forse il mago? Quindi? Che volessero riportare in vita sia il dominio di Aster, sia la Setta degli Assassini?
I commenti si stavano alzando di tono, e ognuno sembrava convinto che la sua idea fosse quella giusta. L'anarchia durò finchè la ladra non gettò un'occhiata gelida e sprezzante all'intera sala, il tipo di occhiata che di solito si rivolge a qualcosa di particolarmente ripugnante che si è trovato a strisciare nell'insalata, zittendo i presenti e portando loro immediatamente a chiedersi perchè mai avessero dubitato di lei. Ovviamente, tranne i soliti testardi irriducibili conservatori, che già le avevano causato problemi in passato: a fare da loro portavoce fu un generale: un tipo tarchiato, con due baffoni resi rigidi dalla cera. Il tipico burocrate rigido, inflessibile, che inventa nuove regole per il gusto di farlo e crede anche di star facendo del bene. Theana guardò verso la sedia di Dubhe, e vide le sue mani stringere il legno, furenti, e il suo sguardo torvo non staccarsi neppure per un istante dall'oggetto del suo biasimo, in uno scatto d'ira a fatica represso. Ma poi questi continuò a parlare, e la ragazza non ce la fece più a trattenersi. L'uomo era a metà del suo pomposo discorso, quando un coltello da lancio di piantò sul tavolo, a meno di quindici centimetri da lui.
Ci fu il silenzio per un attimo. L'uomo, oltraggiato, fece per estrarre una spada dall'impugnatura d'oro, quando l'assassina sibilò con calma, rigirandosi un'altra la ma in mano: “Fossi in te la lascerei al suo posto, quella. Se la estrai, devi esserne pronto ad affrontare le conseguenze.” Qualcuno scoppiò a ridere. I presenti ci misero un poco ad identificarlo: era Ido. Questo era veramente troppo! C'erano tre personaggi leggendari, in quella sala, che parevano essere d'accordo secondo i loro misteriosi piani e che potevano farci, i miseri mortali? Per di più, si mettevano anche a tirar pugnali!
Generale, innanzitutto, non per mancarle di rispetto, ma lei ha definito la ragazza qui presente 'nient'altro che un'Assassina'. Ora, ha visto la sua reazione. Si è trattenuta, perchè se avesse voluto colpirla l'avrebbe fatto, ma non glielo dica mai più, o si ritroverà sgozzato in meno tempo di quanto ce ne vuole a pronunciare il suo nome.”
Il mio nome?”
“Non il suo, razza d'idiota! Quello di Dubhe! Non lo sa chi è lei? Non lo sa che la Gilda l'ha costretta a servirla con l'inganno, che le ha fatto crescere dentro una maledizione che la trasformava in una Bestia assetata di sangue? Non lo sa che ha rischiato la vita per portare il mago Lonerin, che potrà confermarle ciò che le sto dicendo, fuori dalla Casa, che è, se non lo sapesse, il tempio del dio Thenaar, non appena lui, Lonerin, intendo, l'ha informata del fatto che la stavano ingannando? Che l'ha poi accompagnato oltre il Saar, affrontando mostri e pericoli di ogni sorta, per trovare Sennar? Che poi è stata lei ad ammazzare Dohor, e a incidentalmente trucidare tutti i suoi migliori generali e uomini di fiducia, dando fuoco all'accampamento? Non lo sa che questa ragazza ha reso a questo Mondo un servigio tale che nessuna ricompensa potrebbe pagarla? No? Allora s'informi, prima di sputare sentenze così, tanto perchè la diverte! Le consiglio altresì di scusarsi, se un domani non vuole svegliarsi con un coltello nella schiena.”

L'uomo era impallidito. “Chiedo perdono...”, mormorò.
La giovane ladra si alzò con un movimento fluido, la sua mano emerse dalle pieghe del mantello a divellere il pugnale dal legno, per poi fare un gesto tranquillo. “Scuse accettate.”
Aster riprese la parola. “Abbiamo una missione da compiere, che è di estrema importanza per la salvezza del Mondo Emerso, e per la sua libertà. Siamo venuti per chiedere tutto ciò in pace, ma vi avvertiamo che se non siete disposti a concedercelo, noi siamo persone tali da prendercelo ugualmente. Chiediamo pertanto di notificare che da questo momento in poi noi, Aster della Terra della Notte e Dubhe della Terra del Sole, assumiamo l'autorità suprema su queste Otto Terre, indipendente da qualsiasi regnante, o popolo, o creatura che lo abiti. Inoltre, prenderemo possesso della Grande Terra, che risulta essere attualmente disabitata, per stabilire lì la nostra dimora. In quanto ai sovrani già esistenti, li informiamo di non volerli spodestare, in quanto, per l'imponenza del nostro compito, la cui portata non vi possiamo rivelare, saremo troppo occupati per badare alle beghe fra mortali, ma che non osino mettersi contro la nostra missione, o prenderemo adeguati provvedimenti nei loro confronti. Provvedimenti che avranno esito quasi certamente letale. La mia decisione è irrevocabile, e così lo è quella della mia compagna. È tutto. Le vostre obiezioni, prego.”
Si alzò una selva di mani.
Benissimo. Avete obiezioni che non riguardano il mio passato... - e una buona metà delle mani si abbassarono - … o quello della qui presente Dubhe della Terra del Sole?” La metà delle restanti seguì l'esempio delle prime*. “Perfetto. Essendo questo un vostro diritto, siete pregati di presentare in forma scritta le vostre obiezioni e di consegnarle ad un mago, o di inviarle presso la nostra dimora, nella Grande Terra..”
“Ma non c'è alcuna dimora nella Grande Terra...”, osservò timidamente qualcuno.

Aster si concesse un sogghigno.
Ci sarà.”

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* Ispirato a Jurassic Park III

Scusate la citazione idiota all'inizio, non m'è venuto in mente di meglio.

Dubhe: "Aster..."
Aster: "Sì?"
Dubhe: "Ahahah! L'abbiamo fregata un'altra volta!"


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Capitolo 12
*** Scena Decima (X): LA REGINA DELL'ARIA E DELLA NOTTE, IL RE DELLE OMBRE ***


  Personalmente adoro questo capitolo, è assolutamente il mio preferito fra tutti quelli che ho scitto. E Dubhe e Aster sono dolcissimi insieme. Si vede benissimo quanto si vogliono bene...  Quanto mi piacciono! ^ ^. Nonchè, la canzone scelta si adatta ad entrambi. Adesso basta che mi sto facendo la recensione da solo ^ ^


Scena Decima (X): LA REGINA DELL'ARIA E DELLA NOTTE, IL RE DELLE OMBRE

 First there was the one who challenged
All my dreams and all my balance
She could never be as good as you

- Muse, Unintended

 “Hai fatto colpo in Consiglio.”
“Dici sul serio?”

Certo che sì. Tutti quegli idioti erano lì a fissarti con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite.”
Beh, grazie. Gli ho solo presentato le cose in modo che fossero costretti a concedercele in ogni caso... hanno semplicemente scelto la via meno pericolosa. Comunque, toglimi una curiosità... l'avresti davvero ammazzato, il generale?”
“Forse... se continuava a provocarmi così... un pochino se l'era cercata, no?”

Un pochino pochino”, fece il mago, allargando appena il pollice e l'indice ad indicare una quantità infinitesimale. Dubhe rise, e la sua risata contagiò anche Aster.
Fu così, stavolta, con il sorriso sul volto, che raggiunsero la Grande Terra.

 “Ok... ora, non per contraddirti, mago, ma qui non c'è nessuna costruzione, né tanto meno la dimora che hai tanto pronosticato al Consiglio. Lo trovo un po' miserello come forte per tenere sotto controllo praticamente tutto il Mondo Emerso...”
Erano atterrati di nuovo in mezzo alle rovine della Rocca, ossia quel campo di materiale fastidioso che irritava la pelle, e Dubhe stava esprimendo ad Aster le sue perplessità. In effetti lì, a parte cristallo nero, in tutte le forme possibili, dai blocchi colossali più grandi di una casa, alle minuscole e fastidiosissime schegge, non c'era altro.
Il mezzelfo alzò un sopracciglio: “Ma come? Una grande ladra come te si preoccupa di passare due o tremila notti all'addiaccio, e una grande assassina di non saper tenere a bada gli eserciti di otto misere terre? Caspita, Dubhe, mi deludi...”
Al che si mise a recitare una formula. Era lunga e difficile, e più volte il sudore gli imperlò la fronte. Ci mise più di cinque minuti ad ultimarla, e mentre una luce li avvolgeva, sussurrò: “Chiudi gli occhi, per favore...”
Dopo pochi secondi, il mago aggiunse: “Puoi riaprirli.”

 La ragazza aprì gli occhi. Si trovava in un immenso salone dalla volta acuta, diviso in cinque navate da colonne tanto grandi che tre uomini non sarebbero riusciti a circondare la base con le braccia. Non c'erano decori, non c'erano né statue né bassorilievi, solo ampie pareti nude e l'imponenza delle enormi vele sul soffitto. Davanti a tutto ciò, Dubhe si sentì minuscola, ma soprattutto percepì il sentimento che quel luogo voleva incutere. Era fredda, scura, inospitale, la dimora ideale di un'anima ferita a morte, sofferente. Un luogo che ricordava il dolore, che lo acuiva. Ma più d'ogni altra cosa, solitudine. Era la dimora di una persona infinitamente sola, e triste.
Aster?”, chiamò.
Sono qui”, rispose la voce del ragazzo, riecheggiando.
La ladra attraversò le due navate, poi percorse quella centrale con ben più sicurezza di quanto non avesse fatto Nihal a suo tempo. L'oscurità della sala fu rischiarata da una tenue luce, stagliando il contorno di un altissimo, imponente e glorioso trono di cristallo nero. Il mezzelfo, nell'oscurità, apprezzò l'ironia della sorte. Molto tempo prima un'altra giovane era giunta fin lì...

 Attraversò la sala, si sedette sul trono, e si dispose all'attesa. Se mai la ragazzina ce l'avesse fatta, se mai fosse riuscita a giungere fino a lui, l'avrebbe trovato ad attenderla, là dove era sempre stato: in cima ad un mondo che presto avrebbe raso al suolo.

 Adesso, invece, accidenti, perchè 'la ragazzina' non si sbrigava? Possibile che non avesse ancora trovato il seggio? Forse gli stava facendo uno scherzo. Non gli dispiaceva, l'idea. Sarebbe rimasta sorpresa, Nihal, a vederlo aspettare con ansia che una ragazza, poco più giovane di lei, che come lei aveva attraversato un difficile cammino, giungesse da lui. Comunque, c'era un modo molto semplice per sapere se l'assassina l'aveva visto o no.
Sono seduto, dai! Ti vedo!”, la chiamò.
Dubhe si avvicinò, constatando che la figura assisa sul trono era effettivamente Aster. Gli si avvicinò, poi, constatato con lievissimo disappunto che il seggio non bastava per due, si sedette su uno dei braccioli. L'ex Tiranno, cerimoniosamente, si tirò un poco indietro per lasciarle più spazio.
Però”, disse la ladra, per stemperare la tensione. “Bel posto.”
Il mago sorrise, ma quell'espressione aveva un che di triste. “Ero certo che ti sarebbe piaciuta, come piacque a me quando la progettai. Sai, quando Oren mi mise in cella, sono sopravvissuto alla follia solo immaginando di costruire attorno a me dei palazzi. Sembrerà folle ma, capisci, Reis mi aveva detto che mi odiava, stavo impazzendo. Nella mia mente, hanno preso forma, e io ero il loro re, e governavo con giustizia. A dir la verità, non c'era bisogno di me, perchè era un regno senza crimine, un regno di fantasmi.
Ho eretto un palazzo per i congelati, tutto di neve e di ghiaccio, e l'ho popolato di cristalli di neve sospesi in corridoi ibernati che riempivano con le loro tintinnanti cantilene.
Ho allestito una palude per gli annegati, in cui i bambini affogati navigavano pacificamente su foglie di ninfea, e potevano diventare amici delle rane e dei gigli d'acqua.
Ho acceso un falò per gli ustionati, grande e ruggente come l'incendio di un bosco e ondeggiante come un mare in tempesta...”
Si fermò. La ladra era sbiancata di colpo. Teneva lo sguardo fisso avanti a sé, e sembrava vittima di un incantesimo. “Dubhe?”
La ragazza parlò, come se fosse avvinta nelle spire di un sogno, o meglio di un incubo, di quelli assurdi che non si possono capire, ma dai quali non si riesce a fuggire: “...in cui gli spiriti potevano danzare sotto forma di fiamme guizzanti in preda ad un'estasi eterna e dimenticare le loro crudeli sofferenze.
Ho costruito una casa per coloro che si erano uccisi, la Locanda delle Lacrime, con pareti fatte di piogge eterne.
Infine ha preparato un asilo per quanti erano morti con le menti sconvolte. È diventato l'edificio più grande e splendido di tutti, dipinto di colori squillanti che non esistevano nella realtà, e retto da proprie leggi della natura: vi si poteva passeggiare sui soffitti, e il tempo vi scorreva a rovescio...”
Dubhe!”, urlò Aster.
Lei si riscosse. “Co... cosa...?”
Come lo sai?”
La ragazza sorrise: “Perchè è il modo con cui sono sopravvissuta io alla follia, quando mi hanno cacciata da Selva, e vagavo senza un luogo dove andare.” Poi riprese a parlare con quel tono sognante: “Qual'era il tuo nome, Aster, quando dominavi i palazzi della tua mente? Io mi facevo chiamare La Regina dell'Aria e della Notte.”
Il mago rabbrividì: non uguale, ma quasi. “Il Re delle Ombre”, sussurrò.
Allora è così che potemmo chiamarci, no? In questo luogo di spiriti...”
Il mezzelfo sorrise, stringendole la mano: “Sì.”

I'll be there as soon as I can
But I'm busy mending broken
Pieces of the life I had before

- Muse, Unintended

E dicevi, sulla Rocca?”
Eh? Oh, sì... dunque, quando fuggii, avevo in mente questo edificio: esso conteneva tutte le costruzioni della mia fantasia, e proteso verso le Otto Terre,visibile in qualunque luogo del Mondo Emerso. Mi ero ritagliato per me stesso un ruolo oscuro, e volevo che tutti mi odiassero e mi temessero. La Rocca era in contempo una costante e sottile minaccia, e una sfida agli dei. Lo è ancora, in effetti.”
Dubhe lo prese in considerazione solo in quel momento: già, di punto in bianco la costruzione era visibile da tutto il Mondo Emerso. Oh, beh, alle implicazioni avrebbe riflettuto più avanti. Ora era curiosa di sentire cosa le avrebbe detto l'ex Tiranno, perciò non lo interruppe.
Da questo luogo”, continuò Aster - come se parlasse di tempi lontani e dimenticati – “da questo luogo partirono gli eserciti diretti alla conquista delle Terre. Quella delle Rocce, quella del Fuoco, quella della Notte, quella dei Giorni, quella del Vento e quella dell'Acqua. Questa è la parte che non ti ho raccontato, il giorno in cui ti ho conosciuto, e la mia vita è cambiata per sempre.” Dubhe lo fissò, e nei suoi occhi scuri c'era comprensione di quel che diceva; con una carezza lo incitò a proseguire. “Chi comandava queste truppe smisurate, questi tentacoli neri che artigliavano lentamente questo mondo, era un mistero. Neanche i suoi generali più fedeli l'avevano visto in volto, o meglio, solo pochi tra essi, all'inizio della sua scalata al potere. Fu uno sciocco errore farlo, se ne rese conto subito; pertanto prese a celarlo, e così il suo aspetto uscì dalla mente dei più. In ogni caso, ben presto, assieme all'apparenza, anche il suo vero nome fu dimenticato. Così, lui, pian piano, divenne il Tiranno, e quella Rocca di cristallo nero il simbolo del suo potere. Questo era quel bambino, questo quello che possedeva. Un potere vano, che aveva cercato solo perchè gli permettesse di raggiungere il proprio obiettivo finale. Non desiderava altro che scrollarsi di dosso quel peso, compiere l'ultimo atto e dissolversi insieme a quel mondo corrotto. Il suo nome sarebbe stato maledetto nei secoli, ed era giusto così. Era quanto sentiva di meritare.
Un giorno questo bambino si guardò allo specchio. Erano secoli che non lo faceva, sai. Aveva la chiara consapevolezza di non assomigliarsi più, e per questo guardare il suo volto gli risultava intollerabile. Non poteva vedere i suoi occhi, e leggere al loro interno solo odio puro ed incondizionato, odio ardente che inceneriva ogni altra cosa.”
Dubhe trasalì. Lei aveva smesso di specchiarsi a Selva: non sopportava di veder riflessa la sua colpa; era solo di recente, dopo aver conosciuto il mago, che aveva superato quella paura e aveva fatto la pace con il suo immateriale spettro. Era un segreto che non aveva mai raccontato a nessuno.
Insomma – proseguì intanto lui - guardò la sua immagine riflessa in questo specchio. Vide che era diventato altrettanto potente, grande e forte come si era promesso quel giorno... sai quale. E altrettanto solo...”
Sembrava sul punto di mettersi a piangere. In quel momento, in lui la ragazza vide il Tiranno che era stato. Lo vide seduto su quel trono, come l'aveva visto Nihal, e sentì che tutte le impressioni che aveva provato su di lui, da quando l'aveva conosciuto, erano esatte. Aster non era l'uomo che aveva messo a ferro e fuoco il Mondo Emerso, no. Solo un bambino debole, insicuro e soprattutto immensamente triste. Vide il Tiranno che era stato, e ai suoi occhi apparve come una persona a cui la sorte aveva già strappato tutto, e che si chiedeva che altro gli sarebbe accaduto. Vide il Tiranno che era stato, e capì il grandissimo errore che era stata la missione di Nihal. Vide il Tiranno che era stato, ma non provò per lui paura, nè compassione. Soltanto rispetto, e, sopra ogni altra cosa, amore.
Come puoi dire questo?”, chiese la ragazza. “Nessun uomo, quando si comprendono le sue aspirazioni, è ingiustificabile. Come puoi dire che non c'era nulla che lui toccasse dolcemente, o nessuno che lo amasse e si sentisse riscaldare dal suo amore?” *
Chi sono io, altrimenti?

You could be the one who listens
To my deepest inquisitions
You could be the one I'll always love

- Muse, Unintended

Doveva apparire sconvolta, perchè il mezzelfo le sorrise, con dolcezza e tristezza allo stesso tempo, e s'affrettò a spiegarsi meglio: “Tranquilla... io parlavo del passato...” Alzò il capo, per guardarla negli occhi, e si perse in quegli abissi scuri di una ragazza che non era mai stata bambina, quegli abissi profondi che avevano conosciuto troppo presto la morte, e troppo tardi l'amore. Qualunque cosa dicesse, si rese conto, non solo l'assassina l'avrebbe capito, ma, ancora di più, di star parlando anche per lei, perchè loro due erano una sola cosa, erano due cadaveri nella stessa tomba, due morti che avevano appena imparato a vivere. Perciò continuò, in quel tono dolceamaro che in Dubhe evocava inevitabilmente una malinconia lontana e contemporaneamente vicina: “Dopo ti ho conosciuta... tu... tu mi hai cambiato... mi hai salvato...” Alzò la mano e le sfiorò la guancia con la punta delle dita: un gesto timido, insicuro, quasi da amante alle prime armi, che però raggiunse il suo scopo e la fece sorridere, per i sentimenti che provava per lui. “È solo che... che forse... ho commesso un errore... qui nella Rocca... è come essere tornati ad allora... è come essere di nuovo solo... e immagino che tutto questo ti ricordi la Casa...”, mormorò il mago, confuso e dispiaciuto..
No”, gli sussurrò lei. “Prima, io non riuscivo ad amare. Pensavo che l'amore mi avrebbe portato solo sofferenza, com'era sempre stato, nella mia vita maledetta. Che senso avrebbe avuto, amare ancora, per poi soffrire? Meglio stare distanti da tutto e da tutti, crogiolarmi nella mia sofferenza e lasciarmi andare, andare avanti a mettere un piede davanti all'altro, finchè non mi fossi trasformata in polvere. Poi sei arrivato tu, e ho smesso di aver paura. Ci sono persone che sono nate sotto una stella nera. Ma questa stessa stella può salvarne altre. Tu potrai anche essere stato ombra sul camino di molti, ma sul mio sei soltanto luce. Ho cercato di vivere per tutta la vita, ma non c'ero mai riuscita per davvero prima che arrivassi tu. Io sono debole, sono meschina e sono egoista, sono un'eterna indecisa sul percorso da scegliere, sono un'anima dannata, sono l'unica responsabile di tanto, troppo dolore, di tutte le morti che si sono susseguite lungo il mio cammino. Sono maledetta, e lo sono sempre stata. Ma tu mi hai portata via dal da quel limbo di dolore dove aleggiava la mia anima e, per quel che mi riguarda, questo ti redime da tutte le azioni che hai compiuto. Non importa cos'abbiamo fatto, non importa se abbiamo insanguinato il Mondo Emerso con le nostre mani. Il passato è passato; il presente è un istante che si trasforma subito in passato, ma è il futuro che possiamo cambiare. Tu hai conosciuto la morte, ne hai conosciuto la pace, ma ora sei di nuovo qui, a soffrire come allora.” Gli posò delicatamente un bacio sull'orecchio sinistro, carezzandone la forma inusuale e infondendo in quel gesto tutto il suo amore. “Tu sai come ti capisco, e non c'è bisogno di parole. Guardami. Lo vedi che ti sto sorridendo, fra le lacrime dolci che parlarti così mi fa versare? Sai quanti hanno desiderato vedermi sorridere, e io gliel'ho negato senza volerlo neppure? Ecco, adesso lo sto facendo, e non ho bisogno di sforzarmi. Il mio sorriso è per te, è per la persona che ho temuto e odiato per troppo tempo, perchè ero invasa dai pregiudizi. Dovrebbero essere bruciate, le Cronache del Mondo Emerso, per tutto il male che dicono di te, e che fanno credere alla gente. Ci ho creduto anch'io, stupida ingenua. Mai avrei pensato che fosse possibile, allora, ma adesso ti sto sorridendo, ed è con queste mani che ti accarezzo, è con questa bocca che cerco la tua, è con questa mente inquieta che so che tu sarai per sempre mio.”
Aster stava per dire qualcosa, ma lei gli chiuse la bocca con la mano, continuando: “Però... sbagliavi, a dire che io ti ho cambiato.”
Perchè?”
Perchè tu mi sei così simile che per la prima volta in vita mia non ho avuto bisogno di essere protetta, bensì di proteggere qualcuno che è debole e fragile come me. Perchè conoscerti è stato come inseguire la luce di una stella, e fino alla fine della mia vita, credo che non saprò mai se ne sono degna o no.** Perchè tu cammini apertamente in posti del mio cuore che tenevo come se fossero terreno consacrato, dove a nessun altro era permesso entrare. Perchè hai messo i piedi sui germogli che si aggrappavano ancora alla vita in quel suolo disseccato, li hai aiutati a sbocciare e adesso te ne stai lì disteso in mezzo ai fiori...
Perchè tu non sei mai stato il Tiranno, e ciò che hai fatto non è mai avvenuto. Non sei neanche la persona che ha bussato alla mia porta, quelli che mi sembrano secoli fa. Ma sei sempre stato così, Aster, sei sempre stato il ragazzo che sto abbracciando. Solo, ti mancava una persona per esserlo davvero... come io sono sempre stata quella che vedi, solo che per essere così... mi servi tu, amore mio. Ma adesso, e in eterno, ci sarò io con te, e ci sarai tu con me. Guardami. Tu sei solo Aster e io sono solo Dubhe: del Tiranno e della Bestia non resterà più traccia, le nostre azioni verranno dimenticate, cicli infiniti si alterneranno in queste Terre, infinite razze compariranno e scompariranno, le selle potranno spegnersi nel cielo, ci sarà la guerra, e poi la pace, e poi di nuovo la guerra, ma noi staremo insieme per sempre. Sono stata morta per troppo tempo, è ora che impari a vivere. E voglio farlo con te. Tu sei entrato nella mia vita inutile e hai spazzato via tutto, hai rimescolato i tasselli, hai trovato il giusto ordine e hai dato un senso ad ogni cosa. Questi tuoi occhi, che una volta scrutavano il dominio su tutto il Mondo Emerso, che dicevi gelassero chiunque osasse guardarli, a me non possono fare paura, perchè adesso sono miei, e soltanto miei. E allo stesso modo ti appartengo, sono tua incondizionatamente e disperatamente. Perciò sappi che ti sono vicina, e lo sarò per sempre. Ti voglio bene, Aster.”
Il mezzelfo la guardò, con un lieve sorriso sulle labbra, e bisbigliò, in tono accusatorio: “La smetterai di ficcare il naso nel mio cuore?” Poi la sua voce cambiò completamente, e divenne dolce, dolcissima: “Ti voglio tanto bene anch'io...”
Lei lo abbracciò forte, e lui seppellì il volto nel suo corpetto, respirando il suo profumo e il calore della sua pelle, ascoltando ogni respiro della ragazza e ogni battito del suo cuore come se ne andasse della sua stessa vita.
Dubhe”, disse Aster, stringendola a sua volta a sé. Aveva quell'aria di dolce rassegnazione che piaceva moltissimo alla ladra, almeno quanto il sorriso triste della ragazza piaceva a lui. Per la ladra, quello era lo sguardo di chi aveva conosciuto la quiete dell'eterno riposo, e gli era stata strappata. Per il mago, invece, quello dell'assassina era lo sguardo di chi aveva trascorso la vita cercando di vivere, scoprendo infine che l'unica salvezza era morire. Era stupenda, meravigliosa, divina. Era l'unica persona con cui avrebbe voluto stare, in eterno. “Cosa ti devo dire? Neanche nei miei sogni più belli, avrei mai osato immaginare che un giorno ci saresti stata tu, accanto a me, a riscaldare la mia vita con ogni tuo gesto. All'inizio, ero venuto da te perchè mi era ordinato da forze superiori, perchè avevo una missione da compiere, e non potevo certo immaginare cos'avrei trovato invece. Scoprirti, è stato tutto per me. Ti voglio bene, te ne ho voluto da quando ti ho vista la prima volta, ti voglio bene come non ne ho mai voluto a nessun altro, e ti giuro che non ne vorrò mai altrettanto a nessuno. Il Mondo Emerso potrà sembrare avermi perdonato, ma non c'è essere vivo che possa capire quanto ho sofferto, nessuno che possa condividere quanto ho sofferto. Nessuno... tranne te. Tu... tu per me sei più della mia ragazza, più della ragazza che amerò per sempre.”
Dubhe gli sorrise esattamente come piaceva a lui, e nel guardarlo negli occhi verdi capì che l'ultimo baluardo aveva ceduto, era stato spazzato via, e che il mezzelfo stava davvero spalancando per lei la porta dei suoi sentimenti più profondi, le stava regalando la chiave del suo cuore; ne ebbe per un attimo paura, ma anche questa scivolò via e fu sostituita dalla gioia, perchè comprese in un solo momento che loro anime erano finalmente unite insieme, che non si sarebbero più divise, e che era giusto così, e che voleva che fosse così. Ed era bellissimo. Allora chiese dolcemente. “E allora, cosa sono per te?”

You could be my unintended
Choice to live my life extended
You could be the one I'll always love

- Muse, Unintended

 Aster chiuse gli occhi, la strinse ancora di più e sussurrò, mezzo affondato nel petto della giovane, quasi inudibile: “Sei colei che può leggere negli abissi delle mie inquietudini... sei la mia possibilità di vivere di nuovo interamente... sei la mia redenzione... e oltre a tutto ciò, l'ho detto... sei la ragazza che amerò per sempre.”
Lei abbassò il volto, poggiando la guancia sui suoi capelli, morbidi e setosi, baciandoglieli, lasciandosi sprofondare la mano nel blu di quel mare. Posso morire, adesso. “E tu se lo stesso per me... tu sei l'aria pura che riempie i miei polmoni, sei il cibo che mi sfama e l'acqua fresca che mi disseta, sei il sangue caldo che scorre nelle mie vene, il cuore che batte nel mio petto e i pensieri inquieti che si agitano nella mia testa. Tu sei la pioggia che si mischia alle mie lacrime, e il calore del sole che me le asciuga. Tu sei la mia tristezza e la mia gioia, sei il volto che si riflette nei miei occhi quando mi guardo allo specchio. Tu sei la parte di me che si era staccata, e che ora si è ricongiunta. Sei...”
Gli baciò le labbra: “... la mia vita.”
E se sono la tua vita...”, sussurrò di rimando lui, dentro al suo orecchio, ed ogni parola era una dolce goccia di miele, “allora vivila, questa vita, perchè, ti giuro, in eterno è tua...”
Sì... io la vivrò. E... ti amo, Aster.”
No.”
Una parola sospesa fra loro due, un solo termine che in quegli istanti scavò le loro esistenze. Un dubbio eterno, alla cui fine dev'esserci il sacrificio di sapere cosa significasse quel 'no'.
E lei lo chiese. Aveva sofferto troppo a lungo per permettersi ancora incertezze.
No” ripetè il ragazzo, e le sorrise: “Voglio che mi guardi negli occhi mentre me lo dici.”
E Dubhe eseguì e ci furono per lei solo quegli smeraldi purissimi e scintillanti, e per lui quelle scure voragini senza fondo, mentre in un sussurro stavolta si diffondevano ben più dolci parole.
Ti amo.”

 Rimasero lì, quella notte, seduti sul trono di cristallo nero che per quarant'anni era stato il simbolo del potere del mezzelfo, da cui i suoi occhi verdi avevano visto la conquista di tutto il Mondo Emerso.
Sul quale era stato tremendamente solo. Ora, su quello stesso scranno il Tiranno era nuovamente salito, ma ora era felice. Non era più solo, e non lo sarebbe stato mai più. Con l'occhio della mente, vide sfilare tutta la propria vita, e si rese conto che avrebbe volentieri ripetuto tutti suoi errori, uno per uno, se il risultato era il poter essere vicino ad una persona così, una che l'amava per quello che era, una che aveva percorso il suo stesso cammino dolente, ed era giunta alle stesse conclusioni, una che mai l'avrebbe biasimato per ciò che aveva fatto, e che solo lui poteva capire a fondo, come solo lei poteva capire a fondo lui. E cosa più importante, avevano davanti un'eternità intera per far germogliare qualcosa dal loro dolore, vederlo crescere e coglierne i frutti, frutti che già avevano cominciato a spuntare. Assaporò il profumo del suo corpo, un misto di sudore e fiori, ma al quale la descrizione non si poteva avvicinare più di così... sapeva di Dubhe e basta... e pensò che doveva essere ben valsa la pena di soffrire per quarant'anni, se quella era la sua ricompensa, e riconobbe, mentre le spire della stanchezza cominciavano ad avvolgerlo, che in fin dei conti, la vita era come viaggio, o ancor meglio un libro, e non contavano l'inizio o la fine, bensì ciò che stava nel mezzo.
Quel mezzo in cui spesso stava la verità.
Quel mezzo in cui avrebbero dimorato in eterno.
Guardò la sua ragazza e vide che, sfinita, si era addormentata, sempre stringendolo a sé.
Alzò il viso e baciò il volto di Dubhe, premette le labbra sui suoi occhi chiusi, vide la sua bocca aprirsi in un leggero sorriso.
E, casomai avesse avuto ancora qualche minimo dubbio, tutto fu spazzato via, e sentì di amarla, profondamente e incondizionatamente, ripensò a tutte le cose che le aveva detto, e ne trovò altre mille, alti milioni, altre infinità, per dirle di volerle bene, e, come dell'aria da respirare e dell'acqua da bere, di aver disperatamente bisogno di lei, per vivere.
Quella vista e quei pensieri furono le ultime cose che si fissarono rispettivamente sulla sua retina e nella sua mente, prima di sprofondare in un sonno tranquillo.
Il Re delle Ombre e la Regina dell'Aria e della Notte si erano addormentati.

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* Orson Scott Card, Il Riscatto di Ender
*
Muse, Starlight

Il "discorso delle case" all'inizio è preso da La città dei libri sognanti di Walter moers e così pure il nome "Il Re delle Ombre", mentre "La Regina dell'Aria e Della Notte" è ispirato ad un racconto di P.S.Anderson

Ed ecco qui un altro disegno della mia ladra preferita:Dubhe 
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Capitolo 13
*** Scena Undicesima (XI): I DRAGHI DELLA ROCCA DI CRISTALLO NERO ***


 

Scena Undicesima (XI): I DRAGHI DELLA ROCCA DI CRISTALLO NERO

 

Once it smiled a silent dell
Where the people did not dwell;
They had gone unto wars,
Trusting to the mild-eyed stars,
Nightly, from their azure towers,
To keep watch above the flowers,
In the midst of wich all day
The red sun-light lazly lay
- Edgar Allan Poe, The valley of unrest

 “Lo hai fatto apposta, ammettilo!”
 “Ma no, ti giuro, come potevo prevedere...?!”
“Quell'affare è scomodissimo! Devo essermi spezzata la schiena in almeno tre punti diversi...”

Dai, adesso esageri...”
Sarà comodo per una persona sola, o forse ci sei abituato. Ahi! Sono a pezzi...”
Ma poverina! Lo sai che sei bella, quando ti lamenti così?”
Dici così perchè è la prima volta. Chiedi a Theana del viaggio che abbiamo fatto nella Terra del Sole, o sopportami una settimana in questo stato, e vedi se ti piace ancora...”
No, dico sul serio. A parte che tu saresti bella a fare qualsiasi cosa.”
Grazie...”
Di niente.”
Ah, prego! Senti, non è che in questa catapecchia si può fare colazione, da qualche parte?”
Sì, certo! Poi ti porto a fare una visita guidata alla Rocca, se ti va.”
Perchè no?”

 La partenza dovette essere ritardata, per la compilazione di una lunga e noiosa missiva da indirizzarsi una volta per tutte al Consiglio delle Acque, onde risparmiarsi di vagare per il successivo mese in una nebbia viola causata da troppi incantesimi per inviare i messaggi. Aveva il fine di evitare che dessero di testa alla vista della costruzione... o meglio, ad evitare che dessero di testa troppo a lungo, dato che di certo se ne dovevano essere accorti.
Forse. Non si poteva mai sapere, con la stupidità umana.
Comunque, nonostante i ritardi, erano pronti ad esplorare e a prendere possesso della loro nuova, o vecchia, a seconda dei casi, dimora.
Preparati, perchè c'è da scarpinare.”
Non preoccuparti. Piuttosto, ricordati che pretendo di vedere tutto.” Gli infilò l'indice nel colletto della veste da mago, come ad alludere a ben altro che ad una banale visita dell'edificio, poi di colpo si fece seria: “In particolare, se ci sono uscite segrete, cunicoli nascosti, armerie, cose così, che possono sempre tornare utili, non credi?”
Certo, lo pensavo anche quando l'ho edificata.”

 Cominciarono dal basso. Salirono infinite scale nere e lucide, passarono per centinaia di corridoi, con la volta a sesto acuto, attraverso cui sarebbe potuto camminare un drago, attraversarono innumerevoli sale, e di ognuna Aster sembrava conoscere la funzione, e la spiegava: per la maggior parte, ammise, erano inutili al momento presente. Per esempio una stanza piena zeppa di armi di ogni genere: avrebbero avuto bisogno di altre quattro paia di braccia, per usarne anche solo una frazione. Ci si sarebbe potuto fornire un esercito. Negli angoli delle sale vi era polvere e il genere di animaletti che ci si aspetterebbe di incontrare negli angoli delle sale. “Però!”, esclamò Dubhe, per niente impressionata da ragni e bestioline analoghe: aveva visto ben di peggio, nei suoi diciassette anni di vita. “Anche le ragnatele. Se non sapessi che l'hai tirata su ieri, ti direi che è qui da cent'anni.”
Il mezzelfo arrossì al complimento: non solo la ragazza non temeva la Rocca, sembrava addirittura apprezzarla, e non poco. Commentava entusiasticamente le pareti di cristallo nero, la geometri dei luoghi, le scelte architettoniche. Aster non avrebbe mai sperato una fortuna simile, e se non fosse stato che da molto tempo non credeva più nel fato, avrebbe pensato ad un suo scherzo. L'oscura dimora che ho costruito quarant'anni fa piace tantissimo ad una persona che allora non era ancora nata, e che adesso è la mia ragazza. Che strane cose accadono!
E poi un pensiero lo colpì, rischiando di travolgerlo: a Reis non piacque... Ma non gli fu necessario continuarlo con l'ovvio complemento. A Dubhe piaceva. Di nuovo, per l'ennesima volta, si ripetè quanto fortunato era stato ad incontrarla.
Grazie”, le disse. “Ho usato anche parte della tua magia, ieri.”
“Ah, sì? Non me ne sono accorta.”

Sì... sai, è una magia strana, la tua. Con me, si sono limitati a far diventare quella che già avevo più potente. Tu invece... sembra che non ti servano formule o simili. Non è magia vera e propria. È piuttosto la capacità di alterare la probabilità di un evento fino a farlo diventare certo. Mi segui?”
Più o meno... le parole hanno uno strano potere. Se dici una cosa...”
...subito questa diventa vera. Sì. O almeno, se decidi di usare consapevolmente questa... magia.”
Ma ieri non l'ho usata consapevolmente.”
L'ho fatto io per te. Siamo una cosa sola, in questo...”
È così strano...”
“Non preoccuparti, non ho capito neanch'io tutte le implicazioni. Avrai tutto il tempo di far pratica, vedrai.”

Passarono vicini ad un enorme pozzo centrale, profondo diverse centinaia di piedi e largo una trentina, con le pareti di cristallo nero perfettamente lisce e levigate, che sembrava sprofondare nelle viscere della terra..
Nell'arena, le due viverne s'erano già insidiate, e parevano impegnate a lisciarsi le penne delle ali. Il loro blu scuro contrastava stranamente con il nero brillante del cristallo. Saltavano giù dai muri, lasciando graffi nel materiale vetroso con i loro artigli uncinati, per planare tranquille e tornare a aggrapparsi di nuovo. Sembravano divertirsi, e li salutarono con alte strida.

 Anche dall'esterno le stanze erano disposte a caso, senza un'apparente logica: davvero la Rocca era un labirinto. Andando avanti trovarono una sala immensa, alta decine di braccia e infinitamente lunga, tanto che la parete opposta era invisibile. Scaffali su scaffali di libri, tomi polverosi che parevano essere lì da millenni, e altri più recenti. Alcuni erano vergati nei simboli sconosciuti di alfabeti dimenticati, altri in elfico, altri infine in rune. Solo la sezione di botanica, era più grande della casa della ragazza, nella Terra del Mare. Dubhe si sentiva in paradiso. “La biblioteca della città perduta di Enawar”, annunciò Aster, per correggersi subito dopo: “O meglio, una copia esatta della suddetta. Dovrò aggiornarla con tutti i libri usciti in questi quarant'anni. Stai attenta, è peggio di un labirinto. Ci sono le indicazioni sui muri, comunque. Nihal mi ha detto di essersi persa un centinaio di volte, mentre mi cercava... Chissà come ha fatto a non vederle...”
Sorrise davanti allo sguardo meravigliato della ragazza: “Puoi venire a leggere quando vuoi... in fondo, questo posto adesso è anche tuo.”
Grazie...”, riuscì a spiccare lei. Gli sorrise. Aster la guardò con adorazione. Quanto le voleva bene!
La biblioteca era così grande che occorsero loro diversi minuti per attraversarla, anche perchè ora l'uno ora l'altra si fermavano a dare un'occhiata a questo o a quel libro. Una sezione attirò l'attenzione della giovane ladra: libri rilegati in pelle, dall'aria vagamente inquietante. Niente come la malvagia influenza del Necromicon, certo, ma le davano comunque un senso di disagio. “Quelli di cosa parlano?”, chiese.
Il ragazzo sembrava imbarazzato: “Ecco... sono...”
La ladra lo guardò divertita: “Guarda che se ti aspetti il rimprovero sulla Magia Proibita, sono la persona sbagliata. Ne so abbastanza per capire la differenza, ma so anche che, per raggiungere un risultato, di solito i mezzi illegali sono quelli più efficaci.”
Aster la fissò, incredulo: “Sei unica...”, mormorò.
Dubhe sorrise: “In senso positivo o negativo?”
Positivo. Sicuramente e indubbiamente positivo.”
Lei gli diede un bacio scherzoso sulla guancia.

 Più avanti c'erano i laboratori. Il mezzelfo appariva nervoso, e Dubhe non stentava a capirlo. E se avesse riportato anche tutti i suoi esperimenti? All'inizio, persino Aster aveva avuto paura di ciò che era celato là sotto. I suoi primi esperimenti su esseri viventi l'avevano lasciato sgomentato, tanto che in un momento di follia aveva dato fuoco a tutto con la magia. Aveva allora pensato che ci fossero limiti invalicabili, orrori ce non poteva perpetrare, neppure per il suo grande sogno. E invece il fine veniva prima di tutto, e lo spinse di nuovo in quel luogo maledetto, tra i resti carbonizzati delle proprie creature. Là, riprese i propri studi, soffocando l'orrore e sopendo a forza la nausea. Perchè no, il suo sogno di morte non poteva permettersi alcun limite.
Cercò di scacciare quei pensieri funesti, e aprì la porta. Con un respiro profondo, i due entrarono. Il locale era buio, ma una parola bastò ad illuminarlo. I mille flaconi e provette erano gli stessi, vuoti, però, e così pure le erbe e i funghi appese al soffitto; la ladra si prese un attimo per identificarne alcuni: aconito, belladonna, amanita falloide, amanita muscaria, stramonio, rododendro, ovolaccio, tasso...
Però mancavano gli orrori, i corpi straziati, gli strani mostri frutto di incroci, mutazioni e magia proibita. Aster lasciò andare il fiato che non si era reso conto d'aver trattenuto. “Qui potremmo allestire qualcosa per interrogare dei prigionieri, se mai ci servisse.” La voce dell'assassina lo riscosse. “Ha un'aria sufficientemente diabolica e sinistra.”
Il mezzelfo sospirò di sollievo: “Temevo avresti odiato la Rocca.”
Odiarla? No. Pretendo solo che i locali dove la Gilda ufficiava il suo culto vengano sgomberati. Non voglio nessun ricordo di quei maledetti fanatici dove abito.”
Ah, questo è sicuro, tranquilla. In più è zeppo di statue di Shevraar, o Thenaar o che dir si voglia, e non mi dispiacerà fracassarle tutte, una ad una.”
La metà, vorrai dire.” Il mago la guardò stupita: “Cioè?”
L'altra metà spetta a me, ovvio! Ho anch'io qualche vendetta da compiere, e poi, vuoi che ti lasci tutto il divertimento?”
Aster sorrise con sincerità.
Quella ragazza era perfetta.
Assolutamente perfetta.

 Attraversarono una serie di stanze. Le camere erano disposte così irregolarmente da poter essere viste solo una per volta. Ogni venti o trenta metri c'era una svolta che apriva una vista da un angolo diverso. A destra e a sinistra, nel mezzo delle pareti, un'alta e strettissima finestra gotica dava su un corridoio chiuso che seguiva le tortuosità della zona. Queste finestre, di vetro lavorato, variavano di colore a seconda della tinta di ogni stanza, che, a differenza del resto della Rocca, erano dipinte. La prima azzurra, la seconda porpora, la terza verde, la quarta arancione, la quinta bianca e la sesta violetta. Le finestre non erano realmente aperte all'esterno, ma grazie a complicati giochi di luce ogni sala era illuminata. L'ultima, la settima, invece, era l'unica ad avere le vetrate di un colore diverso: le pareti erano nere, avvolta in drappi di velluto nero, e le vetrate erano color sangue, scarlatto.* Per un solo istante, a Dubhe ricordò la Casa. Poi capì che quella penombra tranquilla ricordava l'eterno tramonto ai confini della Terra della Notte, dove diceva d'aver abitato il mago, e quando smise di vederlo come l'interno del tempio di Thenaar, quel colore spiegò la sua vera natura e lei lo trovò decisamente tranquillizzante, l'ideale per riposarsi.
E infatti al centro della stanza c'era un letto enorme, a baldacchino, con tanto di coperte, cuscini e tendaggi come di copione. Ovviamente, in tinta con la stanza... ossia, neri. Dubhe non se ne intendeva, la sua esperienza nel capo della mobilia era decisamente limitata (era un tantino difficile sgattaiolare da una finestra con una credenza sotto braccio, per capirsi...), e per di più la stanza dei genitori per lei era sempre stato un luogo proibito, ma pensò dovesse essere un letto a due piazze o almeno ad una e mezza. A completare la stanza, c'era un onnipresente scaffale straripante di libri – in ebano –, un tappeto – nero, come c'era da aspettarsi – e delle poltrone, naturalmente scure. Sebbene non ci fosse alcun camino o altra fonte di calore, visibile, l'ambiente sembrava non necessitarne: era esattamente della temperatura giusta.

 Dubhe diede una gomitata ad Aster: “Dimmi, che se ne fa un dodicenne di un letto così? E, già che ci siamo, perchè quelle stanze assurde?” Il mezzelfo ridacchiò e rispose: “Le stanze sono fatte per sconvolgere un eventuale nemico che provasse ad entrarvi. Non capirebbe più niente, non ce la farebbe mai a raggiungermi senza svegliarmi. Questo nell'improbabile caso che qualcuno avesse avuto desiderio di provarci, è ovvio. E poi, sai, mi ricordava l'ultimo edificio...”
Quello di chi era morto con la mente sconvolta.”
Proprio. C'è una via più breve, che porta qui dalla sala del trono, ma posso usarla solo io. Dovrò sistemare due cosette, lo farò al più presto, così non dovresti avere più problemi. Sono fatte di cristallo nero, come il resto della Rocca, perchè il colore mi si addiceva. Proveniva dalla Terra della Notte, e mi sentivo l'animo pieno di oscurità. Ma anche proveniva dalla Terra della Notte, ossia l'unico luogo dove, per una seppur minima frazione della mia vita, sono stato felice. Anche se un tiranno non guarda a patria, e non l'ha.” Sospirò. “Il letto, invece... beh, mi piaceva. E poi è comodo. Sarà stata preveggenza, ma ora direi che è proprio adatto.”
Mi stai facendo una proposta, Aster?”, si finse scandalizzata.
Beh, allo stato attuale delle cose, no, ma se ti va, stasera...”
Lei lo spinse sul letto: “Attento. Lo sai che sono esigente, io.”
Con un salto Dubhe lo raggiunse, rovesciandolo e prendendo a fargli il solletico, e ben presto nella Rocca riecheggiarono rumori che mai si erano sentiti, lì.
Risate.

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* Edgar Allan Poe, La maschera della Morte Rossa

Bloody un po' di tempo fa mi aveva scritto qualcosa tipo "Perchè un letto? La Troisi lo fa fare dappertitto ai suoi personaggi, santuari, soffitte..." Il Set di Edgar Allan Poe, La maschera della Morte Rossa è abbastanza originale per te? E poi sta per arrivare qualcosa di ancora migliore


 

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Capitolo 14
*** Scena Dodicesima (XII): ANIMA NERA ***



Scena Dodicesima (XII): ANIMA NERA

 

Lasciatemi morire
lasciatemi morire;
e che volete voi che mi conforte
in così dura sorte,
in così gran martire?
Lasciatemi morire.
- Rinuccini, Monteverde, Arianna a Nasso

 La grande tavola sarebbe bastata per almeno una ventina di commensali, ma, al momento, seduti faccia a faccia a destra e a sinistra di un vuoto posto di capotavola, c'erano solo due persone. Il locale sarebbe stato semibuio, in condizioni normali, ma il mezzelfo, dato che la tetraggine iniziava ad infastidire ed annoiare anche lui, e dato che non ne vedeva più lo scopo, aveva generato alcuni globi luminosi e li aveva fatti volare sul soffitto, da dove irradiavano una luce bianca. Il ragazzo aveva controllato un paio d'ore prima la dispensa per poi sospirare. Con tutto quello che aveva avuto per la testa, non aveva pensato di alterarne anche il contenuto, e per quel giorno, per quel che riguardava i grandi incantesimi, era a secco.

Pazienza, s'era detto. Si sarebbero arrangiati. Dubhe era una cuoca passabile, dato che con il suo mestiere era abituata a fare più o meno tutto, ma non voleva scomodarla. Un paio di magie minori poteva ancora ancora farle. Perciò in tavola era riuscito a portare pane, una caraffa d'acqua, una bottiglia di vino, zuppa di funghi, una specie di pesce secco marinato e cotto con del latte, della frutta, scusandosi per la mancanza di meglio. La ragazza lo aveva guardato stupefatta, mentre le nasceva dentro un'immensa commozione per le parole di Aster: nessuno, nessuno prima d'ora aveva fatto qualcosa del genere, solo perchè non si affaticasse, vedendola stanca. Incredula, aveva sorriso alle sue scuse, essendo abituata ad arrangiarsi con molto meno, e, dopo l'iniziale imbarazzo la cena era stata piacevole per entrambi.
Quando s'erano alzati, la bottiglia brillava, ancora tappata.
Così trascorse la loro prima, vera serata nella Rocca.

 Il vento della sera scompigliò leggermente i capelli di Dubhe e s'insinuò sotto il suo colletto, facendola rabbrividire. Si tirò su il cappuccio, con un gesto elegante, e si strinse di più il mantello addosso. Una lieve foschia, fresca e umida, le baciava il volto. Era seduta, le gambe tirate al petto, sui bastioni della Rocca, e da lì il suo sguardo poteva spaziare su tutte le Otto Terre, tale era l'altezza dell'edificio; metri e metri sotto di lei, i neri tentacoli si allungavano, come una sottile ma costante minaccia, a raggiera verso tutto il Mondo Emerso.
Non un albero, non un monte che si frapponesse fra lei e l'infinito di quella vista.
Il cielo sopra di lei era di una bellezza inquietante: la luna era tonda e luminosa, e solo nel deserto era così pieno di stelle.
L'assassina pensò che Aster quel panorama doveva averlo visto ogni notte, per quarant'anni, affacciato dalla finestra della Rocca, o magari seduto nello stesso punto in cui era lei, mentre il suo dominio si allargava di giorno in giorno. Si rese conto inoltre che da allora in poi sarebbe stato anche per lei il suo eterno paesaggio, e quella la sua dimora, una dimora perfetta per lei, una casa fatta di ombre, così diversa dalla vita normale che invano aveva spiato per tanti anni, così diversa dalla luminosa reggia di Makrat, in cui invano aveva sperato di trovare la pace. No, lei non era fatta per la luce. Le tenebre sarebbero state la sua abitazione ed era giusto così, che il passato e il presente si unissero in quel luogo nel quale vedeva rispecchiate tutte le sfaccettature di se stessa, in quel luogo che le ricordava costantemente i folli palazzi della sua infanzia.
In quel luogo in cui qualcuno la amava.
Sospirò.
Sentiva una sorta di peso dentro al suo petto, una debole nota di malinconia che la frequentazione del mezzelfo leniva, ma non riusciva ad eradicare. D'altronde sarebbe stato impossibile eliminarla: era parte integrante della sua stessa natura, e non poteva farci nulla. Eliminarla avrebbe voluto perdere la sua identità, e questo non era disposta a farlo, non dopo aver lottato così tanto per conseguirla. E poi, non era che la sua presenza le dispiacesse poi così tanto. Si vedeva così, in fondo, si sentiva sé stessa quando quegli specchi che ora riusciva a guardare le restituiva l'immagine di un viso pallido e di due occhi cupi, nei quali sapeva
era difficile scrutare.

A volte non ci riusciva nemmeno lei.
Non avrebbe mai saputo immaginarsi diversa, ed era anche giusto così, pensava, perchè era necessario ricordare, e non seppellire e dimenticare, ciò che era accaduto, era necessario ricordare ciò che aveva sofferto. Non era una scelta: più che altro, non poteva dimenticare ciò che era stata. Anche se lo avrebbe tanto desiderato, dimenticare sé stessa dimenticare i suoi peccati, e dare fuoco a tutto, facendo rinascere dalle sue ceneri una nuova Dubhe.
Un'illusione, nient'altro.
Era anche per questo che apprezzava così tanto la presenza di Aster.
Era stata una sciocca a sperare di trovar salvezza nella luce. Da quando l'aveva conosciuto, aveva capito che solo nell'ombra del ragazzo le ombre che si agitavano nell'oscurità della sua anima erano placate.
Con lui non era costretta a fingere di essere diversa da quel che era, per non essere temuta o disprezzata o tutt'e due, poteva farsi vedere per quel che era davvero, senza timore, poteva mostrargli la sua essenza più profonda, il volto vero delle cose, spogliarsi delle scuse di cui si ammantava quando si muoveva fra gli altri esseri umani.
Poteva mostrargli la sua anima nera.
Poteva mostrargli Dubhe.

 Poteva essere sé stessa senza paura, poteva veder compresa ogni parola che diceva.
E poteva, finalmente, dire la verità.

 Aveva affermato di essere riuscita a staccarsi dal passato, e a sopportare le proprie azioni.
Era vero, per la maggior parte.
Anzi, nella quasi totalità delle volte era così: la presenza del mezzelfo accanto a lei allontanava le ombre dalla sua strada. Era la sua stella, la stella che aveva inseguito, e della quale era così felice che a volte credeva che sarebbe finito tutto, come in un sogno.
Ma se anche quello fosse stato un sogno, voleva goderselo il più possibile.

 Aveva affermato di essere riuscita a staccarsi dal passato, e a sopportare le proprie azioni.
Pian piano il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.
Ma a volte, quando le ombre si allungavano nella sera e si sentiva triste e malinconica, allora ecco che tornavano a reclamare il loro posto nel presente. Pensava che quando una persona decideva se ad un'altra spettasse il diritto di vivere o no, era marchiata per l'eternità, per quanto futuro si dispiegasse dinnanzi a lei, e nel suo cuore moriva comunque qualcosa, poco a poco. Era il debito degli omicidi e non si sarebbe mai estinto del tutto. E allora, anche se esternamente sei viva, dentro di te ci sono solo le rovine di ciò che eri.
Ma quelle rovine erano lei stessa, ormai. Si chiese se davvero fosse disposta a liberarsene, o se non era decisamente meglio, come aveva fatto, trarne insegnamento, sopportare e continuare a vivere.
Erano ben strani pensieri, ma le venivano, e basta. Sapeva bene di essere fatta così, che c'era solo da aspettare che le passasse, e intanto, sopportare in silenzio, e, perchè la sua oscurità non contaminasse gli altri, da sola.

 

Ma non sei sola. Ci sono io con te.
Ah. Sì. Quel lato nascosto del suo cuore, quello che batteva contro la schiena. Quel lato oscuro che odiava e nel contempo la faceva godere. Quel velo dei suoi sogni che ingannava tutto ciò che aveva visto. Quella Bestia che non era più capace di scavarsi la strada, ma che ancora portava dentro. Tutto ciò che non aveva mai accettato di sé stessa, ma che, inevitabilmente, continuava a sussurrare malevola frasi seducenti, continuava a farle apparire attraente il gusto del sangue. Perchè non poteva liberarsi dell'oscurità. L'oscurità era un manto, l'oscurità la proteggeva, l'oscurità la faceva sentire a casa. E nel contempo aveva pagato il prezzo di ciò: l'oscurità avvolgendola aveva consumando la sua anima mortale, sacrificando tutto il bene che c'era in lei; come, come avevano potuto quei seppur maledetti dei essere così crudeli?

 A volte si chiedeva se mai sarebbe riuscita a redimersi.
Non davanti al Mondo Emerso, ma ai suoi stessi occhi.
Poi poteva solo trarne amare constatazioni.
Redenzione.
Cos'era, per lei, quella parola?
'Redenzione' non esisteva.
Niente e nessuno avrebbero cancellato le sue azioni.
Perchè il futuro era mutevole, il presente, un istante, e il passato, passato.
E il passato le aveva portato via ogni fiducia in un futuro migliore, e quando pensava che ormai, per tutto quello che aveva visto e sopportato, e che non poteva più né vedere né sopportare, il paradiso... ma che poteva voler dire quella parola? Il paradiso degli dei di Theana? Stupide illusioni... insomma, il paradiso le fosse intercluso, le aveva fatto scoprire Aster.
E il mezzelfo era diventato tutto, per lei, era arrivata ad aver bisogno della sua presenza per sentirsi bene, così come lui aveva bisogno della sua.
Il ragazzo era l'unica cosa che le importasse davvero ora.
Detto ciò, esistesse pure, un demone dentro di lei. Che male c'era, in fondo? Male non poteva fare ad altri che a lei stessa, e, anche l'avesse rimosso, avrebbe sofferto sempre comunque. La sua strada era lastricata di cadaveri, perchè sarebbe dovuto cambiare? Col tempo aveva imparato a cercar rifugio nel dolore, a cullarsi nel rimpianto. Perchè nella vita di una persona, gioia e dolore dovrebbero alternarsi, ma lei finora aveva conosciuto solo il primo. Ora quella che le si era rivelata era un'inattesa possibilità di vivere per davvero.
Sentiva che la Bestia, sebbene ancora viva, non l'avrebbe più spinta su una strada di stragi, ma anche fosse stato, ne sarebbe uscita perchè l'avrebbe affrontata assieme alla persona che amava. Si rendeva conto benissimo, che nella solitudine non avrebbe ottenuto nulla. Aveva bisogno di Aster per trovare la forza di affrontare il suo passato, di squarciare il velo e vedere la verità. Perchè anche se l'aveva fatto per tutta la vita, non avrebbe saputo convivere ancora per molto con il rimorso, con l'ecatombe che dimorava nei recessi della sua mente, ponta a balzarle addosso se solo abbassava la guardia, da sola.
E con lui tutte le inquietudini se ne andavano, e non gliene importava nulla di tutte le anime che se ne erano andate, perchè lei si sentisse viva in quel momento.
Il mezzelfo era entrato nel suo sangue come una droga, lenta, e più gli stava vicino, più godeva dei suoi baci, più una separazione anche minima la faceva soffrire immensamente, perchè non solo non poteva più tornare indietro e farne a meno, e nemmeno l'avrebbe voluto, ma in più ne avrebbe voluti ancora e ancora, finchè tutta quell'eternità non fosse affogata fra le labbra del ragazzo.
Per lei non esisteva vita al di fuori di lui.
Aveva bisogno di Aster.
Per respirare.
Per vivere.

 Quando riusciva a risollevarsi, ecco una nuova serie di pensieri che la facevano sprofondare: rischiava davvero di trasformarsi in un circolo vizioso.
Una mano, posata gentilmente sulla sua spalla, la riscosse dalle sue riflessioni, e arrestò la sua caduta, sostenendola e accompagnandola dolcemente verso un terreno più solido, finchè non fu sicura e non riuscì a camminare con i propri passi.
Ti ho portato da bere”, disse il mago. La sua voce calda la fece sentire immediatamente al sicuro. Dubhe mormorò il suo ringraziamento e alzò il viso, accettando la tazza. La strinse fra le mani a coppa, riscaldandosi, mentre soffiava sulla sua superficie per raffreddarla.
Assaggiò.
Tè.
Delizioso.

 Il mezzelfo si sedette accanto a lei, mettendole il braccio attorno alle spalle in un gesto protettivo che la giovane apprezzò molto. Chiuse gli occhi, esternandogli la propria muta gratitudine.
Si sentì sfiorare la guancia dalle sue dita: “A cosa pensi, quando guardi così lontano?”
Lei cercò di ritrarsi: “Aster... non voglio che tu sprechi il tuo tempo preoccupandoti per me... non ce n'è bisogno...”
Sì che ce n'è. Non importa se mi fai preoccupare, o se sto male perchè ti vedo triste... Se dovessi sacrificare quell'eternità che è diventata la mi vita, per te, lo farei senza esitare. Anche soffrire per te mi fa star bene. Perciò, starti vicino è solo un misero risarcimento per il semplice fatto che esisti, Dubhe, che ci sei nella mia vita, in quest'eternità che senza di te sarebbe una dannazione. Perciò, adesso dimmi a cosa pensi, quando guardi così lontano... per favore.”
Pensavo... a com'è possibile che il sangue sia la mia salvezza, a come possa giustificare tutto ciò che ho fatto... che quei pazzi ci credessero... è assurdo...”
“Momento di sconforto?”

Un sorriso, debole, stanco, ma anche contento di esser capito: “Sì, una specie...”
Parlamene. Perchè?”
I suoi occhi scuri furono animati da uno sguardo incredulo. Nessuno le aveva mai chiesto di dividere le sue inquietudini. “Non lo so, a dire il vero. Non sei tu, Aster. Anzi, tu per me sei come l'aria per chi sta affogando. Sono... i... i pezzi della vita che ho avuto prima. Da quando sono insieme a te, tutti i miei dubbi e le mie inquietudini sono stati risolti così all'improvviso, che ancora non sono stati messi da parte, ma permangono, senza uno scopo, se non quello di costringermi a pensare. E allora io penso. Ogni tanto ho questi momenti, in cui mi chiedo se c'è un senso in tutto ciò che facciamo.”
Prima di parlare, la sollevò piano fra le braccia, tirandola fuori dalla chiazza d'ombra in cui si era celata, e portandola alla pallida luce. “Fatti vedere, dai, che sei bellissima, ed è un peccato nasconderti.”
Lei chinò il capo, e Aster continuò a parlarle, rassicurandola pian piano: “C'è sempre un senso. Il senso ha fine solo quando ti arrendi, quando non provi più desiderio di cambiare e di vivere la vita. E allora, per quel che varrà in futuro, sarebbe meglio morire. Ma sono le azioni a darti una speranza e uno scopo.”
Lo pensi davvero?”
Dubhe, l'unica guida sicura è il tuo cuore, se non ti fidi di ciò che ti dice, allora non potrai fidarti mai di nessuno.” Lei si tirò un po' su: “In questo momento, mi sta dicendo che ti amo, lo sai meglio di me, e sai anche che continuerà a dirmelo in eterno. Ma che altro? Credo di essere un'egoista, perchè mi dico che sarei pronta ad ammazzare di nuovo ognuna delle persone che ho ucciso, se significa sentirmi viva, cioè stare con te. E in quei momenti, mi sembra che l'amore giustifichi la meschinità che porto con me. E mi faccio schifo e mi odio per questo. E allora sto male, la bile mi riempie la bocca e lo stomaco mi si contrae nella pancia. Mi sembra d'aver combattuto a lungo una guerra per un unico ideale, per poi rendermi conto che quell'ideale era sbagliato. Vorrei dimenticare me stessa per ciò che sono stata, vorrei dimenticare i miei peccati. Eppure so che sarebbe sbagliato. E allora, che devo fare? Per me questo mondo è come una prigione, e la libertà può essere solo nella morte...”
Il mezzelfo la guardava sconvolto: “Ovviamente sto dicendo in via teorica, se non ci fossi tu, sciocchino, dai!”
Poi i suoi occhi s'adombrarono e tornò seria: “Sì, perchè tu sei l'unica ragione che ho per vivere. Mi chiedo se la gente che guarda le mie statue nelle piazze sappia in realtà che cosa c'è dietro a quei monumenti, la Bestia che vi dimora in agguato. Poi mi dico che non gl'interesserà di certo ma... è forse un peccato cercare la verità oltre la rosa?”
Il ragazzo le carezzò la testa, piano, spargendosi i capelli castani sulla mano: “Tu non sei né meschina né egoista; e anche ammesso che io mi sbagli e che tu lo sia come hai detto, allora saremmo in due ad esserlo, e quindi è giusto ciò che facciamo, è giusto che stiamo insieme, per bilanciarci a vicenda. Ma non lo sei, lo giuro. È normale che chi ha avuto una vita come la tua soffra, ora, perchè è felice, perchè si era aggrappato ai suoi rimorsi e su quelli fondava la sua esistenza. Lo so, perchè per me è stato lo stesso. Comunque, a me interessa”, le sussurrò: “E la verità oltre la rosa l'ho trovata.”
Sei dolce...”
Aster la guardò: alla fredda luce delle stelle e della luna piena, la sua pelle era pallida, quasi livida. Le sue labbra ben disegnate lo invitavano in silenzio a baciarla, e lo fece, ma con delicatezza, premendo appena la bocca della ragazza con la sua. Lei lo guardò, incuriosita e forse incredula, fremendo appena. “Mi hai colta di sorpresa...”, mormorò, sorridendo timidamente, quasi avesse paura di mostrare che ne era capace, poi con un gesto lieve ricambiò quel casto bacio, che però in quel momento valeva come un'intera notte d'amore. I suoi occhi erano cerchiati di rosso, ma questo dettaglio non ne sminuiva la bellezza, anzi. Nella profondità di quel grigio, che sapeva apparire freddo e spietato, ma anche dolce e pieno di desiderio, uno sguardo confuso, dove gioia e rimpianto si mescolavano assieme. “Io non voglio passare la vita perduta fra due mondi, eppure ho scoperto che è troppo spesso lì, in quel mezzo, che si nasconde la verità. Perchè io posso avere solo dubbi, dubbi che mi avvolgono con i loro appiccicosi viticci e non mi lasciano più andare, e mai certezze? Perchè la strada che dobbiamo percorrere dev'essere sempre quella irta di rovi?”
Dubhe... mia piccola, dolce Dubhe... adesso questa è la verità: io ti amo, e tu mi ami. Non è forse così? Divisi, siamo incompleti, siamo preda del nostro passato. Ma insieme, formiamo un intero.”
Il mago le cinse le spalle, stringendola a sé. Spostò una delle mani, e cominciò ad accarezzarle piano il collo Con un sospiro, la ragazza poggiò il capo sul suo petto, e si abbandonò a quell'abbraccio.
Sì... È buffo, sai. Per tutta la mia vita sono stata cieca, cieca e stupida perchè non vedevo, non volevo vedere, nella sua integrità la Bestia. Ora la riesco a vedere, come l'ho vista alla fine del mio viaggio.”
Si toccò il petto: “La Bestia è qui dentro, è sempre stata con me, prima che uccidessi Gornar, prima che fossi addestrata come un'Assassina, prima che la Gilda la risvegliasse. È la parte più oscura di me, quella che brama il sangue e gioisce nel spargerlo, è la mia anima nera. Ne sono stata terrorizzata quando l'ho scoperto, ho creduto che alla mia maledizione non ci sarebbe stata fine, che il mio nome stesso sarebbe stato associato allo spargimento di sangue; e allora la Bestia avrebbe vinto, e io sarei stata dannata in eterno. Ma ora non ne ho paura né me ne importa nulla, perchè sono con te.”
E, guarda, io non volevo trovarmi a rappresentare per questo mondo un grande destino fallito... non volevo, eppure l'ho fatto. Ero perduto. Ma sono stato salvato.”
Dagli Antichi.”
No, gli Antichi mi hanno riportato alla vita. Ma Dubhe mi ha salvato. Tu.... tu mi accetti per quello che sono.... e non c'è dono più grande che potresti farmi. Prima mi hai detto delle cose bellissime... ma... non voglio costringerti a me, se non lo vuoi. 'L'unica ragione che hai per vivere'. Non devi sentirti per forza legata a me.”
La ragazza mormorò, quasi facendo le fusa: “Magari invece tu potessi essere le mie catene, magari potessi fondermi con te in eterno. Tu sei la mia stella, tu sei unico, perfetto e irripetibile, e potrei avere a disposizione tutto il tempo che voglio, ma in tutto questo maledetto mondo insanguinato una persona come te non la troverò mai. Sii le mie catene, affichè io non possa mai perderti. Fonditi con me per l'eternità. Amami, e dammi col tuo amore ciò che non ho mai avuto. Io con te sono libera.”

 Ho ottenuto l'amore dall'ultima persona che prima di conoscere avrei pensato che potesse darmelo...Chiuse gli occhi, lasciandosi andare contro Aster, come a mettere in atto ciò che aveva appena detto. Sentì la mano del mezzelfo scivolare lungo la sua spalla, fermandosi appena sotto il seno sinistro. Stava per scostarla irritata, non era quello dopo tutto il momento per le effusioni, né si sentiva assolutamente in vena, però, prima di compiere quel gesto azzardato, si accorse che il ragazzo non stava facendo altro. Non l'accarezzava, né le suggeriva in alcun modo di star facendo... di star facendo ciò che aveva interpretato lei. Furono trenta secondi di riflessione, poi si rese conto che stava semplicemente seguendo il battito del suo cuore. Poi la destra di Aster raggiunse la sua, e le fece compiere lo stesso percorso che già la sinistra aveva seguito, tenendola premuta contro il corpo di lei con la medesima mano. L'assassina richiuse gli occhi, mentre sentiva pian piano il liquido, ritmato suono rallentare e l'angoscia abbandonarla, per essere sostituita da un altro e ben più dolce sentimento.

 Sembra il cuore di un uccellino, riflettè Aster. È così fragile. Ci vorrebbe così poco per mandarla in frantumi. Lo giuro, farò tutto ciò che è in mio potere perchè si senta sicura, perchè sappia che, non importa cosa accadrà, io non la abbandonerò mai. Poi semplicemente smise di pensare, e lasciò che quel battito gli risuonasse attraverso la mano e gli trasmettesse quanto quella ragazza gli volesse bene.
Dopo cinque minuti in perfetto silenzio, il mezzelfo le sussurrò: “Ecco, questa è la vita, Dubhe, questa è quella che hai odiato per così tanto tempo, ma da cui non hai mai avuto la forza di staccarti. E ne sono contento. Ti voglio bene, Dubhe.”
La ladra non rispose, ma reclinò il capo e cercò di più il contatto con il corpo dell'ex – Tiranno, facendogli capire che anche lei condivideva e ricambiava i suoi sentimenti. Per un po' non dissero nulla.
Aster?”, chiamò poi la ladra. “Posso farti una domanda?”
Dì pure.”
Ecco... se non vuoi parlarne non importa... e non fraintendermi, sono molto, molto felice che tu sia qui con me, ma... come hai fatto a dimenticare Reis?”, concluse, arrossendo leggermente.
Il mezzelfo le sorrise, e se la strinse più forte: “Sciocca... credi che abbia bisogno di ricordare lei? È vero, l'ho amata, in passato, e il dolore del suo addio ha contaminato tutto ciò che è rimasto della mia vita. Senza di lei, non sarei mai diventato il Tiranno. Ma nella morte, sai, s'imparano tante cose, e in quel nulla che è tutto, può esservi solo la verità. Per quarant'anni mi sono rappacificato con il suo spirito, solo per sentire dentro di me che la lontananza mi aveva cambiato, e non avevo più così bisogno di Reis.”
Le carezzò il volto, scostandole la lunga treccia dalla schiena e accompagnandola nel lento scivolare lungo il petto della giovane. “Lei ha rifiutato di colpo tutti i miei sogni, ha distrutto la mia vita, e per raccattare i pezzi, sono stato costretto a diventare quello che sono diventato. Eppure le sono grato.”
Si fermò, continuando però ad accarezzarle i capelli: “Perchè se Reis mi avesse amato, non ti avrei mai conosciuto. Lei non sarebbe mai stata come te. Tu sei diversa, Dubhe. Tu mi puoi capire, e non c'è nessuno, vivo o morto, che possa fare altrettanto. Mi pare d'avertelo già detto... forse. Te lo giuro, che adesso per me ci sei solo tu. Ti amo, Dubhe.”
L'assassina sorrise, poi, ricordando che, di spalle, non poteva vederla, voltò il capo, e sussurrò piano: ”Strappami il cuore, Aster.”
Cosa?”
Strappami il cuore, ho detto, perchè la mia brama del tuo amore mi sta uccidendo pian piano. E allora voglio porre fine alla mia vita prima di esserne consumata, e nel farlo desidero donarti ciò che ho di più prezioso. Vuoi accettarlo?”
Il ragazzo chinò il capo nell'incavo della spalla di lei, e le baciò a lungo e appassionatamente la base del collo, laddove le arterie scorrevano vicino alla superficie e il pulsare del suo cuore era ben udibile.
Sì, lo accetto, il tuo cuore, ma più di tutto voglio accettare te, amore mio...”
E allora, prendimi, sono tua.”
Per un altro po' rimasero lì, abbracciati.
Poi il mezzelfo s'alzò, ma invece di aiutarla a fare altrettanto si chinò e la prese in braccio.
Andiamo dentro, dai, che qua fuori rischi di prendere freddo...”

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Capitolo introspettivo, e ad occhio un po' incasinato.Ma provate a leggerlo due o tre volte, e sarà più comprensibile. Spezzettato nel capitolo c'è il testo di una canzone, praticamente completo. Vediamo se riuscite a dirmi qual'è!

Ah, non c'entra nulla, ma finalmente domenica ho trovato in giro per il web l'immagine di Dubhe bestia nello stadio intermedio (quella che nel libro va sotto il titolo "La maledizione di Dubhe". Mi serviva per un lavoro con Photoshop.
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Capitolo 15
*** Scena Tredicesima (XIII): FUOCO E ACQUA ***


 

Scena Tredicesima (XIII): FUOCO E ACQUA

 

My life
You electrify my life
Let's conspire to reignite
All the souls that would die just to feel alive
I'll never let you go
If you promise not to fade away
Never fade away
Hold you in my arms
I just wanted to hold
You in my arms
- Muse, Starlight

Aster guardò la ragazza addormentata accanto a sé. Le coperte erano state allontanate, la coprivano dall'altezza dei reni in giù. Stava respirando, tranquillamente, il fiato che le faceva vibrare una ciocca di capelli pendente sul volto, le scapole e le dentellature leggere della colonna vertebrale che si muovevano su e giù ogni volta che inspirava ed espirava. Rimase lì immobile per un tempo indefinibile, solo per guardare la linea curva della sua schiena alzarsi ed abbassarsi lentamente. Ripensò a quella fanciulla che aveva conosciuto neanche tanto tempo prima, al suo tormento, al suo sonno agitato. Il cambiamento che aveva messo in atto in lei era evidente anche sul piano fisico: la sua pelle aveva acquistato un poco di colore, e, sebbene fosse indiscutibilmente magra, l'aria emaciata che ancora aveva ostentato fino a poco tempo prima era scomparsa; in definitiva, sembrava stare molto meglio. Si chinò, poggiando il capo sul guanciale accanto al suo, guardandola attentamente, soffermandosi su ogni dettaglio: come i capelli le ricadessero sul volto, come la linea del naso le proiettasse un'ombra su un lato del viso, come la luce che filtrava mettesse in risalto la finissima peluria della sua pelle di pesca, come le sue labbra morbide fossero incurvate in un leggero sorriso, come le ciglia le delineassero la linea degli occhi, curvandosi leggermente nella loro lunghezza, mentre le sopracciglia rilassate le davano un'aria tranquilla e serena. Sì, la giovane ladra era, indubbiamente, la cosa più bella che avesse mai visto. Avrebbe voluto appoggiare la testa al suo corpo, solo per addormentarsi di nuovo, cullato dal suo respiro, e se non lo fece fu esclusivamente per timore di svegliarla. Allungò invece, lentamente, la mano, per sfiorarle la pelle pallida...

 Dubhe si ridestò nel migliore dei modi possibili. Era distesa prona su un letto soffice, con il sole che le baciava la schiena scoperta... e non era l'unico a farlo. Emerse con una lentezza che non avrebbe potuto essere definita altro che languida da strati sovrapposti di dormiveglia, addolciti dall'unica presenza costante, il calore del ragazzo disteso contro il suo corpo. I suoi sogni, in quel momento si fondevano perfettamente con la realtà... quanto tempo era che non si prendeva una pausa così, che non si permetteva di dormire veramente, non quella specie di sonno con un occhio chiuso e uno aperto che era la sua abitudine, prima di conoscere Aster?
Questo luogo di dolore ha sentito battere insieme i nostri cuori e le parole che ci siamo sussurrati, ci ha visti amarci e ci ha visto vivere, pensò. Viva. Io sono viva. Ed è giusto che lo sia.
Contemplò per un momento l'idea di continuare a fingere di essere addormentata, le piacevano davvero le mani del mezzelfo che la accarezzavano, cercando, inutilmente, di non svegliarla, si sentiva sciogliere nel suo abbraccio, si scaldava dei suoi baci. Ma poi il ragazzo sfiorò un punto particolarmente sensibile, e non riuscì ad impedirsi di mugolare, rabbrividire di piacere e inarcare la schiena come una gatta. E allora tanto valeva voltarsi, stringere Aster fra le sue mani e coprirlo di baci. Il che fu esattamente ciò che fece. Se non che non appena lo raggiunse, le sue carezze si fermarono mentre lui s'irrigidiva, forse sorpreso. Doveva crederla realmente addormentata, e non si aspettava una reazione così rapida. “No, non smettere”, mugolò. “È un modo bellissimo di dirsi buongiorno...”
Il mago mormorò, e assentì. Solo allora Dubhe aprì gli occhi scuri, specchiandosi in quelli verdi del mezzelfo, che si era avvicinato per baciarla. “Hai degli occhi stupendi...”, sussurrò. “Anche tu...”
Si lasciò ricadere sul corpo del ragazzo, esponendosi di nuovo alle coccole.
Ma non eri tu quella che si faceva bastare poche ore di sonno per notte?”, la canzonò Aster.
Non sono in missione”, protestò lei, con la voce impastata. “E, comunque, non dormivo. Stavo meditando” affermò, seria. Lui per tutta risposta rise.
Rifletterono entrambi se alzarsi oppure no, e decisero che il Mondo Emerso poteva anche aspettare. Avevano davanti così tanto tempo... Era bello non avere urgenze, non dover prepararsi a reagire a questo e a quant'altro. Entrambi si sentivano il cuore così gonfio d'amore che temevano sarebbe scoppiato, o avrebbe smesso di battere. Ovviamente, nessuna delle due cose accadde, perciò poterono continuare a restare immersi nella morbida coltre del letto, a dirsi l'uno all'altra che si volevano bene. Nessuno dei due tenne conto del tempo che trascorsero così, semplicemente a coccolarsi, semplicemente a godersi il loro amore, semplicemente essendo un ragazzo e una ragazza...

Aster...”, chiamò però la ladra ad un certo punto, con un sospiro.
È stato bello, non lo negherei mai, ma...”
Era seria.
Entrambi erano coscienti che doveva arrivare quel momento, prima o poi: l'incanto andava rotto. Solo, avevano sperato di farlo il più tardi possibile. Il mago notò anche il cambiamento istintivo della sua posa: non l'aveva fatto coscientemente, certo, ma non era più la ragazza dolce e sensuale di pochi secondi prima. Il suo corpo nervoso appariva pronto a scattare, e lei, nonostante fosse completamente nuda, era come se fosse vestita con la sua divisa di ladra o di assassina.
Sospirò anche lui, ricordando le parole che gli aveva detto lei stessa, qualche tempo prima: Posso illudermi quanto voglio. Tanto alla fine sono sempre stata costretta a sbattere contro la verità. E fa male.
Aveva ragione, come sempre. Magari quel momento, quella loro folle luna di miele potesse non finire mai! Magari si potesse dire ad un attimo: “Fermati, dunque, sei così bello!”
Sarebbe stato magnifico. Avrebbero dimenticato tutte le preoccupazioni e quella follia che avevano intrapreso, e sarebbero stati due innamorati come gli altri, per l'eternità.
Peccato non poterlo fare.
A quanto pare, lo scopo della vita non è fare ciò che vogliamo fare, ma ciò che va fatto.*
D'accordo”, disse a malavoglia. Non aveva senso chiederle che cosa stesse per dirgli. Lo sapeva benissimo. Si alzò, e lesse negli occhi della ragazza che ne era contenta più o meno quanto lui.
Forza”, la incoraggiò. “Quando l'avremo fatto staremo meglio.”
Dubhe sorrise debolmente: “Me l'hanno già detto, e non è stato affatto così...”

 Aster camminò lungo il corridoio, fino a trovarsi nella grande armeria. Nonostante conoscesse la strada molto meglio di lei, trovò la giovane ad attenderlo, e fu lei a venirgli incontro. Sorrise nel vederla. Adesso era davvero vestita da ladra o da assassina, con il corpetto aderente, la doppia cintura che sorreggeva i pantaloni stretti, i piedi che calzavano un paio di stivali alti. Le gambe e gli avambracci erano protetti. Al fianco sinistro aveva il fodero del pugnale, vuoto, dato che l'arma era stretta nella sua mano. Sul petto aveva le guaine dei coltelli da lancio, e il tutto era coperto dal lungo mantello con cappuccio. Così vestita, con quegli abiti che, seppur involontariamente, evidenziavano ad ogni movimento il suo corpo perfetto, Dubhe sembrava veramente un frutto proibito, e il mago sentì l'irresistibile impulso di sbottonare seduta stante i bottoni del suo corpetto, scioglierle la cintura e amarla direttamente sul mantello drappeggiato sul pavimento. Avvampò, sia per i pensieri che gli provocava, anche involontariamente, sia per il timore che lei riuscisse a leggerli in lui. Ok, era la sua ragazza. Però poteva anche esserne imbarazzato, giusto?
Lei mormorò piano il suo nome e lo abbracciò, poggiando la testa sul suo petto. Aster sentì le curve del suo seno morbido premergli addosso, attirando di nuovo quei desideri che era riuscito a controllare. “Ti voglio”, sussurrò lei. Poi, quasi temesse di aver osato troppo... ma perchè poi?... si scostò di colpo, dandosi un certo contegno,e mormorò, rivolta più a sé stessa che al ragazzo: “Ma così non concluderemo nulla...”
Ciao”, disse poi, il tono della voce piatto ed esitante.
Ciao, ti ho sentita quando mi sei venuta vicina, sai?”
Un pallido sorriso. La ladra era silenziosa come un'ombra.
In qualche strano modo, quando stiamo a sfotterci così, riusciamo ancora ad illuderci di essere normali, e io sono ancora Dubhe e Aster è ancora Aster, e nessun obbligo incombe su di noi, se non quello di essere felici insieme. È bello... E lo sarebbe ancora di più se potesse durare...
Come hai fatto?”, chiese dunque, rigirandosi con abilità il pugnale fra le mani, sempre più velocemente, e mettendolo infine nel fodero, prolungando così l'attimo di normalità che le dava quella conversazione.
Il mezzelfo si sfiorò le orecchie a punta: “Con queste, no?”
Il sorriso della ragazza s'allargò per un attimo: “Mi piacciono le tue orecchie... me le mangerei di baci dalla mattina alla sera...”
Risero, ma, quando Dubhe riprese a parlare, era tornata cupa, e il suo sguardo aveva quella tipica luce di chi è tormentato dai propri demoni: “Vuoi che cominciamo?”
Sì.”
Va bene.”
Dal dialogo si capiva che entrambi stavano cercando di rimandare il più possibile la presa di consapevolezza della missione. Ma prima o poi avrebbero dovuto accettare.
Dai, facciamolo.”
Aster annuì, e fece per estrarre la spada di cristallo nero che era stata di Nihal, poi Tarik, quindi di Sennar, di Ido e infine della ladra stessa, ma fu fermato da quest'ultima. “Ehi, non così in fretta...”
Lui la fissò, interrogativo. “Come te la cavi nel combattimento a mani nude?”
Il mago sembrava stupito: “Quelle cose che ti fanno studiare così come preparazione?”
Studiare dove? Preparazione a che cosa? Comunque, immagino di sì. Adesso lo scopriamo... Fermami!”
La ragazza cominciò a saltare, sgusciare, scivolare, spostandosi, sottraendosi alle sue mani. Ad Aster sembrava davvero impossibile da prendere, ma le cose si misero meglio quando cercò di colpirlo. Forse erano anni che non praticava, ma era agile e forte anche lui. All'inizio si limitarono a scambiarsi parate, e basta, poi cominciarono a colpire, cercando lei di capire dove poteva spingersi, lui di prendere quel demonio scivoloso. Alla fine la ladra gli sferrò un calcio, mandandolo a terra.
Lo aiutò subito a rialzarsi: “Caspita, non sei tanto male. Ti confesso che mi aspettavo molto peggio.”
Già, noi maghi non siamo tenuti ad avere una preparazione fisica, vero? Comunque, sei assolutamente incredibile.”
Ti ringrazio, ma ho conosciuto un tale, di nome Sherva, nella Gilda, che ti farebbe sembrare ciò che hai appena visto mediocre e mal eseguito”, si schermì lei. “Comunque, con il corpo a corpo dobbiamo tornarci, ma sinceramente mi hai stupito, Aster. Tiriamo un po' di scherma? Prendi la spada.”
Si udì uno stridore metallico mentre la lama di cristallo nero usciva dal fodero. Dubhe non scelse, come il mago si sarebbe aspettato, una delle tante armi che decoravano il muro.
Estrasse il suo pugnale.
Con tutto il rispetto che ho per le tue capacità, amore mio, non credo che un pugnale possa battere una spada.”
Il sorriso di Dubhe fu malizioso: “Mettimi alla prova.”

Le lame cozzarono l'una contro l'altra. Aster capì ben presto che la ladra non aveva mentito. Il suo era uno stile in cui la scherma vera e propria contava poco. Il suo metodo era prendere di sprovvista l'avversario, e non esitava a giocare sporco, se occorreva. Non si basava tanto sulla forza, ed evitava la maggior parte dei fendenti, ma sull'agilità, su una notevole dose di intelligenza e su una mente astuta e veloce. Ma non era tutto, no. Sapeva duellare, se voleva, e bene anche. Passava da uno schema di combattimento all'altro con una fluidità unica, saltando e schivando con eleganza. Il pugnale era una macchia confusa nelle sue mani, sibilava e si spostava a gran velocità.
Ma neanche il mezzelfo era male. Maneggiava la spada nera con abilità, ed era veloce e resistente quasi quanto lei. Un bravo avversario. In breve, entrambi si trovarono a sorridere, divertiti, per come nessuno dei due non riuscisse a prevalere sull'altro. Alla fine Dubhe spiccò un salto, scavalcandolo e mettendogli poi il pugnale sulla gola.
Morto”, affermò.
Aster non si lasciò impressionare, e le diede una gomitata, scivolando verso il basso, e liberandosi dalla lama. La ladra cadde, ma rotolò sulla schiena come una gatta, rimettendosi in piedi. Alla fine di un altro elaborato schema di colpi, per la maggior parte fendenti vuoti del mago, o parati con il bracciale della ladra, se la vide scivolare di lato, verso di lui, lo stesso gesto che avrebbe fatto per baciarlo.
Con un gesto che lo sorprese, perchè difficilmente se ne sarebbe reputato capace, le afferrò la mano con cui reggeva il pugnale, abbassandogliela, e contemporaneamente le puntò la spada contro il ventre.
Stava per sorridere, quando sentì qualcosa di freddo dal lato destro del volto. Dubhe aveva lasciato cadere il pugnale, per poi afferrarlo al volo, prendendolo per la lama, con la sinistra. Il mezzelfo cercò di scivolare via, producendosi però un graffio sottile sotto lo zigomo. Immediatamente la ladra gli deviò la spada, premendola con il piede finchè non la mollò, per poi lasciar cadere la sua arma.
Dubhe era a pochi centimetri da lui, e ne sentiva forte il respiro, assieme al suo odore, e aveva gli occhi incollati ai suoi. Se non la bacio subito, muoio, pensò il ragazzo.
Ops”, disse l'assassina. “Scusa, ti ho fatto male?”
Aster mise in atto il suo proposito, premendo le labbra su quelle di lei e aprendogliele, scostandole con dolcezza, per dopo praticamente affogarsi all'interno della sua bocca, poi le sorrise: “Tranquilla, non è niente”, godendosi però l'attenzione che lei gli mostrava. “Sei carina quando ti preoccupi per me, sai?”
Lei gli baciò la guancia, esattamente sopra il taglio, passandovi sopra per un momento la lingua. Al ragazzo quel gesto sembrò il balsamo migliore del mondo.
Perchè sono felice che tu sia con me, Aster.” Dubhe si staccò. Aveva un aria leggermente dispiaciuta, probabilmente anche lei avrebbe gradito un... come dire... 'momento di pausa', ma ad andare avanti così non avrebbero combinato niente.
Passarono al tiro con l'arco. La ladra aveva il suo, e delle frecce che, come notò Aster, avevano l'impennaggio rigorosamente nero, piume di corvo. Lui ne prese uno a caso, certo che non sarebbe stato rovinato... non aveva neanche una settimana di vita. Comunque, la giovane pretese di esaminarlo a fondo, e fu solo dopo aver controllato la tensione e la robustezza della corda, la flessibilità del legno, ed aver minuziosamente osservato le frecce una ad una, che glielo restituì dichiarandosi soddisfatta. Iniziarono a tirare contro dei bersagli, e lì si rivelò la vera bravura del mezzelfo: Era altrettanto abile di lei, che si esercitava da quando aveva otto anni. “Prova questo”, gli suggerì a un certo punto, passandogli il suo arco e la faretra. Erano oggetti che si era costruita da sé, a costo di molto tempo e molta fatica, e che come tutte le sue armi curava maniacalmente. Non supponeva potesse dirsi lo stesso di quelle custodite nell'armeria. Prese l'arco abbandonato dal mago, e lo provò: infatti. Riusciva comunque a far centro, ma era più difficile. Spostò lo sguardo su Aster, e sgranò gli occhi: con la sua arma stava totalizzando un centro dopo l'altro, senza la minima fatica.
Restò a guardarlo, ignorata, per un po', poi un pensiero le solcò la mente.
Vediamo di fargli uno scherzetto, si disse. Anche se le sarebbe costato una freccia. Sfilò infatti una delle sue dalla faretra poggiata a terra, sentendola immediatamente ben più bilanciata, e prese la mira. Quando l'ex Tiranno tirò, rilasciò anche lei la corda. La freccia del mago si spezzò esattamente a metà, conducendo quella dell'assassina ad un centro perfetto.
Il mezzelfo si voltò, sorpreso e divertito: “Ehi!”
Complimenti”, gli disse lei.
Già, di solito i maghi potenti non sanno fare un'acca, non è così?”
Non ho detto questo.”
Aster sorrise. “Lo so, ma è la verità. Io sono l'eccezione che conferma la regola. Prendi Sennar. Cosa credi che riuscirebbe a combinare?”
“Mmmh... un sacco di disastri?”

Scoppiarono a ridere. Lui riprese la parola: “Comunque, grazie dei complimenti. Tu sei straordinaria. Sono contento di non averti come nemica, sai?”
La ragazza lo fissò nei suoi inquietanti, bellissimi occhi verdi, cercando di capire se stesse mentendo o meno. Non ci riuscì, e fu costretta a chiederlo: “Grazie, è carino da parte tua, ma... stai dicendo sul serio?”
Sì! Accidenti, Dubhe, non ho mai visto nessuno combattere come te.”
Meglio di Nihal?”, gli sussurrò, stringendosi al 'giovane' mago.
Il mezzelfo poggiò il viso nei suoi capelli: “Molto, molto meglio.”

Ehm... Aster... ascolta...”
Sì?”
Ecco... dovrei chiederti una cosa...”
Prego.”
C'è un posto dove possa lavarmi, qui?”
Ma certo, vieni! Scusa, non ci avevo pensato.”

La stanza era avvolta nella penombra. Al centro era scavata una vasca, levigata accuratamente per prevenire tagli causati dall'affilatissimo cristallo nero. In effetti, sembrava più una scodella infossata nel terreno che una piscina. La ladra avanzò fino a toccare il bordo con la mano. L'acqua era gelida, e un brivido la percorse. Perfetta, pensò.
Grazie”, sussurrò ad Aster. Poi s'immerse nel buio. Il mago sentì il rumore delle vesti che le scivolavano via dal corpo: il tintinnare dei bottoni del corpetto quando questo cadde a terra, un'imprecazione soffocata e contemporaneamente una serie di leggerissimi tonfi, da cui ipotizzò che stesse saltellando cercando di tenersi in equilibrio per sfilarsi i pantaloni, e infine un fruscio che poteva essere solo quello del mantello. La ladra scivolò nell'acqua praticamente senza far rumore, ma gli arrivarono ugualmente un paio di gocce.
C'è una specie di cascata, in fondo, se ti può servire”, suggerì il mezzelfo. Da qualche parte davanti a lui giunse la risposta della ragazza, poi il lieve scrosciare dell'acqua che si sentiva di continuo cambiò ritmo, segno che un corpo era penetrato all'interno del getto. Sentì un lieve tintinnio e si chinò: c'era qualcosa vicino ai suoi piedi. Lo prese, poi tornò indietro per guardarlo meglio, alla luce: era il nastro con cui Dubhe si legava i capelli. In quel momento si accorse che in effetti, non glieli aveva mai visti sciolti. Chissà com'è?, si chiese. Le sue riflessioni furono interrotte dalla voce di lei: “Scusa, puoi ripetermi?”
Ti ho chiesto se per favore mi vai a prendere il cambio d'abiti che ho portato con me. Già che ci sei, c'è del sapone e un pettine?”
Il mago controllo: c'erano entrambi. “Te li tiro”, avvertì.
Ok”, fu la risposta, e poi: “Presi!.”
Vado a prenderti i vestiti.”
Grazie!”

Camminava nel corridoio di cristallo nero di quella che era la sua dimora, la Rocca che svettava su tutto il Mondo Emerso. Questo è quello che possedevo, questa era la mia vita, pensò.
Chiuse gli occhi, e nella sua mente si disegnò l'immagine del corpo di Dubhe, del suo volto serio, del suo collo esposto, la magrezza del suo corpo e la morbidezza del suo petto, il pallore della sua pelle, e il suo profumo, la sensazione che gli dava il toccarla. E poi, soprattutto, lei mentre chiudeva quegli occhi grigi e tormentati e apriva le labbra per rispondere ai suoi baci. Sì, pensò, avrei potuto perdere la ragione per il suo corpo. Se i suoi occhi non me l'avessero portata via prima. Quel grigio che circondava la pupilla nera, raggiato di pagliuzze più scure, quello sguardo di disperazione che gli supplicava: amami, stammi vicino, ti prego!
Come poteva negarglielo?
Dubhe.
Mia piccola, dolce Dubhe.
Una volta, molto tempo prima, prima di diventare il Tiranno, si era sentito molto, quasi troppo, spesso ammirare per il suo aspetto. Non gli era mai andato giù del tutto. Un po', perchè la bellezza non era una virtù, uno nasceva così, e non poteva farci nulla. Un po', perchè gli appariva una cosa priva di senso. Adesso, invece, essa acquisiva una nuova consapevolezza, ed aveva uno scopo, perchè quella bellezza era un dono che poteva fare alla persona che amava. Era forse uno scherzo del destino, che lui la vedesse così intollerabilmente bella, così impossibile da ignorare, come gli altri vedevano lui? In ogni caso, aveva trovato la persona che amava, e non l'avrebbe lasciata ah, mai più.
Ti amo.

 Sola, Dubhe si sentiva come alla Fonte Scura. Solo che adesso c'è qualcuno che mi vuole bene, pensò, e quel pensiero bastò a riscaldarla dentro. Sollevò il suo corpo, salendo su una piattaforma affiorante e, colta da una bizzarra curiosità, abbassò lo sguardo, osservandosi. Era parecchio tempo che non lo faceva: il suo rapporto con gli specchi ne era ovviamente stato la causa fondante. Sono magra, pensò, ma la cosa non le diede fastidio: fu una semplice annotazione. Per sapere se era bella le bastava vedere come la guardava arrossendo il mezzelfo. Se il suo corpo piaceva a lui, allora andava bene. No, ciò che più la stupì era che in lei i suoi occhi vedessero finalmente una donna, e non quello strano essere androgino che s'era spesso figurata quando pensava a sé stessa, quello che avrebbe voluto diventare quando stava con il Maestro. Fantasia infantile? Forse. Ma c'era anche qualcos'altro di ben più profondo. Guarda un po' come mi ha ridotto l'amore, pensò, divertita. Poi si immerse, lasciandosi circondare dal buio avvolgente dell'acqua, con i capelli sciolti che le fluttuavano intorno come un mantello, godendosi finalmente la libertà di nuotare come e quanto voleva, nel freddo che amava e la faceva sentire viva, senza dover per forza sentire una Bestia che la costringeva a riemergere per respirare. Adesso si sarebbe potuta lasciar affogare, se l'avesse desiderato. Ma non lo desiderava. Un tempo, forse. Non adesso che aveva trovato qualcuno che davvero la amava. Ancora, dopo tutti quei giorni, non riusciva a crederci. Le sembrava di vivere, incredula, in un meraviglioso sogno, e aveva il terrore di svegliarsi, e scoprire di essersi sbagliata. Era normale, dopo tutto quello che aveva passato. Ma sapeva che se mai avesse desiderato una conferma, le sarebbe bastato chiamare il mago, e chiederglielo. Lo sapeva, perchè già più d'una volta aveva avuto quel dubbio, e finalmente un giorno aveva osato domandarglielo, nel calore del loro letto, sotto le coperte. Lui allora l'aveva stretta fra le braccia e le aveva soffiato, ad un millimetro dall'orecchio: “Se stai sognando? Dimmi, Dubhe, cos'è la vita, se non un sogno**?” L'aveva baciata, e aveva continuato, in un sussurro: “No... al massimo, sei nel mio, di sogno.” La ragazza si lasciò sprofondare nella dolcezza dell'amore, di quello strano sentimento che obbliga le persone a fare strane cose. A quel sentimento che fa piacere alla persone fare strane cose. Per la prima volta, in vita sua, quel destino crudele che s'era così tante volte preso gioco di lei l'aveva fatta felice.
Aster, pensò, e bastò quello a farle accelerare i battiti. La diagnosi che aveva eseguito quella prima volta che si era svegliata nel letto con lui si era rivelata esatta. E con il cuore che le martellava nel petto, scandendo quel nome che le aveva dato la pace, aggiunse due parole.
Le stesse parole che per tanto tempo aveva cercato di pronunciare, ma, se ne rendeva conto, solo ora, rivolte a lui, acquisivano significato.
Ti amo.

 Aster sentì l'acqua sciabordare di nuovo, poi un braccio pallido comparve attorno al bordo, issando il peso nervoso, pronto, snello e scattante della ladra fuori dalla vasca. Una voce lo invitò, ironicamente: “Ti volti, per piacere?” Una mano afferrò l'asciugamano. Dubhe provò un leggerissimo moto di disappunto: non bastava a coprirla completamente e, conoscendo il mezzelfo, sospettava che quell'errore non fosse del tutto involontario. Se lo drappeggiò attorno ai fianchi: era irritata con il ragazzo, ma in una maniera strana che comprendeva una certa dose di divertimento, che non aveva mai provato prima, e imbarazzata, più per il fatto di esserlo che perchè provasse reale vergogna per il proprio corpo. Non era certo la prima volta che si faceva vedere nuda da lui, ma ancora non riusciva ad abituarsi all'idea, e continuava ad un livello inconscio a vedere il proprio corpo come un tempio troppe volte saccheggiato, ammettendo però nel contempo che farsi saccheggiare da Aster non era per niente spiacevole. Tutt'altro. Studio ancora un attimo il problema dell'asciugamano, poi, con un sogghigno malizioso, giunse alla soluzione più semplice: se ne fregò di quel che le diceva l'inconscio e se lo lasciò scivolare lungo i fianchi.
Ho cambiato idea”, dichiarò. “Guarda pure.”
Il mago la fissò, completamente stregato: Dubhe nuda aveva un'aria così pura, così innocente! Anche il suo fisico trasmetteva ciò che aveva sofferto nella vita, ed una persona attenta e sensibile com'era lui lo capiva chiaramente, lo vedeva in quel suo eterno corpo magro da fanciulla da poco sbocciata, su cui poggiava il volto triste di una ragazza che non era mai stata bambina. Con quell'illuminazione sembrava ancora più pallida, e sottile, con le ombre evidenziate dalla scarsa luce. Grondava d'acqua. Dubhe rovesciò il capo, gettando all'indietro i capelli. Si voltò, e il mezzelfo vide una morbida coltre castano scuro, lucidissima, aderente e bagnata, che la copriva oltre la metà della schiena. La ragazza sciolse i muscoli delle spalle, poi girò la testa e vide Aster che la guardava incantato.
Ehi! Cosa c'è?”
Tu! Sei... bellissima.”
Dubhe arrossì e sorrise timidamente, poi si passò la mano sul viso, a scostare la frangetta che le era scivolata sugli occhi. Respirò profondamente, e fu come se un'onda le percorresse il corpo, mentre le ombre le danzavano addosso, scivolando negli incavi fra le costole, nel lieve solco che le percorreva il ventre e sulle ossa del bacino.
Rabbrividì.
Aster colse l'occasione, raccogliendo l'asciugamano e avvolgendola. “Vieni, dai, ti asciugo.” Lei gli si sedette sulle ginocchia, così le strofinò i lunghi capelli, strizzandoli per eliminare l'acqua, poi, evocato un semplice incantesimo, indirizzò un flebile vento tiepido per eliminare definitivamente l'umidità. Infine passò il panno lungo tutto il suo corpo. Sollevò la chioma della ragazza, che lo coprì come una tenda, e le baciò la nuca, e Dubhe, a sentirne il fiato caldo sul collo, rabbrividì di piacere. “È così tanto che lo volevo fare...”, mormorò lui. La giovane ridacchiò. Mentre si abbassava per raccogliere i vestiti, involontariamente, o forse non più di tanto, esibì al mago il proprio fondoschiena. Lui riuscì a trattenersi solo a fatica dal tirarsela di nuovo addosso e riempirla di baci. Poi la ladra gli sorrise con malizia, facendo crollare tutti suoi buoni propositi come un castello di carte: “Allora, Aster?”
Il ragazzo stette al gioco: “Allora cosa?”
“Da un punto di vista così... mmmh... oggettivo... ti piaccio?”

Come faresti a non piacermi?”
Dubhe alzò gli occhi: “Chissà?”, fece in tono candido e innocente. Poi lo gettò in acqua con un calcio. Il mezzelfo ne riemerse, tossendo, le vesti zuppe. “Ma che ti prende!?”
Lei rise, argentina, e si tuffò accanto a lui, sollevando alti schizzi.
Mi sa che dopo ti toccherà riasciugarmi i capelli!”
Ah, non c'è problema. Vieni qui!”
La ragazza si avvicinò, lasciando che arrivasse appena a sfiorarle i fianchi, poi con un guizzo scivolò via dalle sue mani. “Ehi! La smetti di scivolare via, cosa sei, un serpente?!”
Dicevi?”, lo provocò lei, nuotandogli accanto.
È un ordine!”, si finse offeso Aster.
Dubhe gli giunse alle spalle, spingendogli il capo sotto la superficie: “Non sei nelle condizioni di dare ordini a nessuno, Tiranno!”
Lui tirò fuori la testa dall'acqua al suo fianco: “Ma è un vizio, allora? Perchè, fanciulla, mi tormentate?”
La 'fanciulla' lo guardò: i capelli del mezzelfo, che erano stati ricci durante la sua infanzia, ma che ora gli ricadevano lisci sul collo, erano fradici, facendo risaltare la pelle alabastrina, e i suoi occhi verdi scintillavano. Era bellissimo. “Perchè mi piace farlo e perchè sei così...”, gli sfiorò le labbra con le sue, “...carino”, e mentre lo diceva sottolineò quel piace e quel carino in una maniera che entrambi conoscevano bene, e che costituiva il preludio a ben altro.
Sapessi quanto sei carina tu”, le mormorò il mago, passandole una mano fra i lucidi capelli bagnati.
Aster...”, sussurrò con tono sensuale la ragazza.
Sì?”
Dopo!”, completò lei, schizzandolo con un rapido movimento della mano.
Continuarono a giocare come bambini, meravigliandosi della loro spensieratezza, e solo quando fu finalmente stanca i suoi movimenti rallentarono e la ladra si lasciò agguantare. Erano immersi nell'acqua, ed era tutto scuro intorno a loro, tanto che si vedevano solo quando uno dei due si stagliava contro una luce; però potevano toccarsi, potevano sentire l'acqua che i loro corpi muovevano. Fu un'esperienza nuova, diversa.
Fra quelle carezze dolci ed interminabili, fatte di baci e di parole sussurrate, di corpi caldi e di acqua fredda, Dubhe sentì le mani di Aster afferrala, stringendole il bacino, e, senza opporre resistenza, accettò che, voltatala verso di lui, le baciasse la fronte, gli occhi, gli zigomi, le guance, il naso, le labbra, e dall'angolo della bocca discendere giù, lungo la gola, a seguirne il respiro accelerato, poi continuare a spostarsi verso il basso, sull'ansa del collo, sulle clavicole, e ancora più giù.
Il mezzelfo alzò il viso e la vide ansimante, con il capo gettato all'indietro, in controluce, i capelli lunghi che rilucevano di minuscole perle d'acqua, scintillanti per la lieve luce riflessa. Sembrava una divinità scesa in terra. Si giurò che non l'avrebbe mai persa, e non le avrebbe mai permesso di farsi del male, a qualunque costo. Le baciò l'ombelico, poi tutta la pancia, così magra e nel contempo così morbida, dove neanche un'ora prima aveva appoggiato la punta della spada, sentendo i muscoli contrarsi e rilassarsi sotto la pelle e la ladra rabbrividire e mugolare, mentre si stringeva al suo corpo, quasi piantandogli le unghie nella carne.
Io...”
Sssst. Non parlare.”
Chissà come, la ragazza scivolò via, e si vide sfilare davanti agli occhi il suo volto, quindi il corpo sottile, le gambe affusolate... per poi ritrovarsela all'improvviso arrivare fra le braccia. “Sei diventata di colpo matta?”
Sì, forse sì”, dichiarò lei.
E nel tuo momento di follia stai forse cercando di farmi fuori?”, chiese ancora, o almeno tentò di chiedere, perchè la bocca della fanciulla cercava la sua, e ciò gli rendeva un po' difficile parlare. Ci rinunciò e le restituì il bacio, a lungo e con passione, stringendosela a sé, mentre con le mani le percorreva la schiena, sempre più in basso.
Dubhe sussultò, e alla fioca luce s'accorse che era le sue guance si erano tinte leggermente di rosso: “Stai chiedendo troppo...”, commentò, con notevole malizia e sfacciataggine da parte sua.
Succede, quando una ragazza mi aggredisce così!”
La baciò, ma, dato che lei s'era chinata, invece della bocca incontrò lo zigomo sinistro, e allora salì a baciarle gli occhi chiusi, scendendo poi sulla guancia, e infine lungo la linea esile del collo. Rimase lì a lungo, dapprima semplicemente tenendo la bocca premuta sulla sua pelle delicata, poi la aprì e la morse pian piano sotto alla gola pulsante, dapprima, poi scendendo fino all'incrocio delle clavicole e risalendo, e ancora, e ancora, stringendo appena la presa per non farle male, poi, quando ormai la ragazza socchiudeva gli occhi per il piacere, prendendo a farle il solletico, e mentre la sentiva ridere supplicandolo di smettere, scivolò sulla mandibola e dall'angolo della bocca si infilò fra le sue labbra morbide, mutando la risata in un mugolio soffocato. E tra i reciproci baci, i loro corpi scivolarono l'uno contro l'altro, tremanti, la stretta s'intensificò, il battito dei loro cuori accelerò, e, mentre il piacere si trasformava in un'estasi quasi insopportabile, gli occhi di Dubhe si spalancarono di colpo e le pupille si dilatarono improvvisamente. Con una torsione quasi violenta la ragazza liberò la bocca dalla sua, e, gettato il capo all'indietro, mentre le sue unghie affilate gli lasciavano solchi sanguinanti sulle spalle, urlò il suo nome.
Come era stato sciocco a preferire l'odio!
Era troppo, troppo bello quell'amore!

 Nessuno dei due riuscì a quantificare la durata di quell'abbraccio, di quella stretta che li aveva condotti, ancora, a soddisfare le loro voglie, se non dal fatto che, quando staccarono, ad entrambi mancava il fiato.
Santi... dei...”, uscì in un rantolo dalla gola della ragazza, con gli occhi che le scintillavano ancora, la prima cosa che riuscì a dire dopo parecchio tempo.
Non è la prima volta”, osservò Aster.
Dubhe sorrise: “Non lo sai? È sempre la prima volta...”
Il mezzelfo spostò lo sguardo e parve improvvisamente rabbuiarsi, come se gli fosse venuto di colpo in mente qualcosa: “Io... mi dispiace... non ho pensato al bordo, e...” La ladra lo guardò, senza capire: “Bordo?”
Sì, quello della vasca...” Le sfiorò appena la schiena con la mano.
Oh...” Accidenti, ci siamo appena amati e per prima cosa pensa a me, si preoccupa di me, si preoccupa per me, e mi chiede scusa per una cosa del genere... Era commossa.
Tu sei assolutamente unico, sei l'unica persona che possa farmi felice, l'unica persona con cui io possa vivere, Aster della Terra della Notte.
Non hai assolutamente niente di che scusarti”, rispose, “piuttosto...”
 
Dubhe si scostò leggermente, un sorriso bizzarro sulle labbra, i grandi occhi scuri inquietati da una strana luce. Il ragazzo cercò di decifrare quei segni, senza peraltro grandi risultati: curiosità e imbarazzo sembravano prevalere, tanto che si vedeva un lieve rossore colorarle le guance. Lei giocherellò per un momento con una ciocca dei lunghi capelli, poi disse: “Dimmi, è un po' che mi chiedo...”
“Sì?”

Adesso era chiaramente in imbarazzo. Si sfiorò la bocca: “Di cosa so, Aster?”
Il mezzelfo la guardò, inclinando leggermente il volto. Allungò la mano, lentamente, e infilò la punta dell'indice fra le labbra della ragazza. Con uguale lentezza se la portò alla bocca: “Sai di tutto quanto c'è di buono al mondo”, le sentenziò in un sussurro. La baciò: “Mi piaci.”

 Stanchi, ma felici, i due arrancarono fuori dall'acqua, per cercare gli asciugamani e calmare il fremito dei loro corpi. La ladra si vestì lentamente, godendosi la sensazione della stoffa degli abiti che le accarezzava ila pelle, poi rimase un momento a pensare, distesa sulle gambe, un braccio a sorreggere il peso.
Poi rinunciò a quella minima parvenza di posa composta e rotolò sulla schiena, restando supina a guardare il soffitto, respirando con calma.
Ecco, fantasticò il mezzelfo, dovrebbe sempre avere gli occhi che scintillano in questo modo, dovrebbe essere sempre così tranquilla, così... così in pace con sé stessa...
Sai...”, disse Dubhe infine, con aria riflessiva, interrompendo il corso dei suoi pensieri. “Ti pensavo messo molto, ma molto peggio... mi riferisco all'allenamento, eh!” , rendendosi conto di aver involontariamente gettato un'esca che Aster non poteva non abboccare. Infatti: “Per i doppi sensi...”
Mi pare che prima ti abbia fatto capire in maniera piuttosto esplicita che in quell'altro senso ci sai fare!”, esclamò lei, incrociando le braccia sul petto in una finta espressione offesa. Poi riprese, seriamente: “Comunque, dicevo, potremmo anche degnarci di cominciare la ricerca, in fondo tu hai la tua magia, le armi le sai usare... io ho la mia, che... beh, fa quel che vuole, ma quando ne ho bisogno funziona, e...”
E...?”, chiese Aster, sdraiandosi accanto a lei.
Cosa...?”
Ne sei convinta?”
Ovviamente, sennò che te l'avrei detto a fare?”
E allora, andiamo.”

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* Non mi ricordo se Eldest o Brisingr
** Lewis Carrol, Alice attraverso lo specchio
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Capitolo 16
*** Scena Quattordicesima (XIV): PRIMO SANGUE ***


Chiedo umilmente perdono se ho aspettato due settimane ad aggiornare, ma la settimana scorsa mi si è rotto il PC, questa mi sono ammalato... insomma, questo è il capitolo ^ ^

Scena Quattordicesima (XIV): PRIMO SANGUE

 

Oh I am growing tired
Of allowing you to steal
Everything I have
You're making me feel
Like I was born to service you
But I am growing by the hour
Cause I was born to destroy you
And I am growing by the hour
And I'm getting strong in every way
So unafraid to die
- Muse, I Hate This I'll Love You

Era giunta chissà come in un pendio fangoso, e dinnanzi a lei si stagliava una mostruosa acropoli. Si guardò intorno. C'era Aster con lei e altre persone, ma non le riconobbe. Iniziarono ad incamminarsi su blocchi titanici e melmosi che non potevano assolutamente essere ritenuti gradini per esseri mortali. Guardò il cielo: perfino il sole sembrava distorto, come se visto attraverso la superficie delle acque. Quel posto, quel logo oscuro in cui gli angoli non si comportavano come avrebbero dovuto ispirava ansia e minaccia.
Si trovarono dinnanzi un'immensa porta, o meglio, quella che sembrava una porta, perchè dotata di soglia e stipiti, ma posta nella roccia di piatto o obliquamente. Dopo quelli che parvero eterni istanti, la parte superiore del pannello scivolò verso l'interno, e retrocedette, e fuse con quella stana oscurità che pareva viva.
Poi apparve. Una tenebrosa immensità innominabile, una massa enorme, terribile, che si sottraeva in ogni modo a qualsiasi tentativo di descrizione. Mentre impietriva per l'orrore, s'accorse che le altre persone erano sparite e restavano solo lei e Aster. Ma anche questo venne dimenticato, quando la cosa piantò su di lei degli occhi morti che avevano visto ogni evento e in cui si leggevano il tutto e il nulla, e una voce lenta e ritmata scandì:
Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn...”

Dubhe! Dubhe! Svegliati! Dubhe!”
Eh? Cosa?”
La stoffa scura della tenda scostata e, stagliato contro il cielo rischiarato dal plenilunio, il volto di Aster che la guardava preoccupato. Rivoli di sudore gelido scendevano dalla fronte della ragazza, aveva il fiatone e il cuore le martellava nel petto.
Stavi urlando. Tutto bene?”
Credo di sì... sogni...”, e rabbrividì.
Dormi. Domani sarà dura.”
Come se non lo sapessi... Non preoccuparti per me. Quando ho un lavoro da fare, più di poche ore per notte non ce la faccio a dormire.” Si voltò, chiudendo gli occhi e, quasi a smentire le sue parole, piombando immediatamente in un sonno profondo.

 Il Tiranno e l'Assassina strisciarono in silenzio lungo il corridoio. Si stavano inoltrando in una sorgente sotterranea. Come abbiamo fatto a ficcarci in un posto simile? Ma la risposta era cristallina: la missione lo esigeva.
Siamo sulla strada per l'inferno... e stiamo andando giù!*

 Avevano deciso di cominciare da qualcosa di semplice. Ammesso che tale si potesse definirlo. A quanto pareva, la forza di una Terra corrispondeva a quella della divinità che la custodiva. Quella dell'Acqua era sempre stata la più sguarnita delle Otto Terre. Poteva contare solamente su scarse guarnigioni, e un pizzico di magia da parte delle ninfe. Era per questo che Aster l'aveva conquistata così in fretta, grazie al suo esercito di morti. Aveva usato contro la natura la perversione della natura.
Si erano infiltrati lì, cominciando ad informarsi. Quella zona della Mondo Emerso non era cambiata affatto da quando l'aveva attraversata Nihal, quarant'anni prima, nella sua missione per trovare le pietre per il Talismano del Potere, lo stesso oggetto che pendeva legato ad una catenella argentata dal collo del mezzelfo. Quando avevano proclamato la loro presa di possesso della Grande Terra, infatti, Aster aveva anche allungato una mano, staccando l'artefatto dalla sua sede. La pietra centrale, quella detta l'occhio di Shevraar, era stata infranta.
Un buon auspicio.
Credo che questo mi appartenga”, aveva sentenziato, e nessuno aveva avuto il coraggio di obiettare.
Dopo un paio di mesi di totalmente infruttuose ricerche, il ragazzo e la ragazza avevano saputo che in un villaggio di nome Innsmouth vi era una strana, incomprensibile abbondanza. In quella Terra era uno dei pochi villaggi umani costruiti sull'acqua, e le ninfe lo evitavano come la peste. Era più di ostilità fra specie. C'era qualcosa di malvagio in quella città, qualcosa che spingeva a chiedersi il motivo della sua fertilità innaturale, qualcosa che le creature fatte d'acqua sentivano e che le spaventava. Avevano rinunciato per quel viaggio alle viverne. “Devono fare ritorno ogni tanto nel loro universo di origine. È il prezzo da pagare perchè siano immortali come noi”, aveva spiegato Aster.
La ladra aveva annuito: “E se ne dovessimo aver bisogno?”
“Basterà chiamarle per nome.”

Dubhe aveva assunto un'espressione preoccupata: “Aster... io non le ho dato alcun nome!”
Lo so. Non preoccuparti, la mia se la tirerà dietro.”
“Ok. Ti prometto che nel frattempo vedrò di pensare a qualcosa.”

 Erano giunti al villaggio, guardati con sospetto, e si erano informati. Subito gli abitanti erano apparsi più cordiali, e avevano spiegato dell'esistenza di una creatura, negli abissi dei cunicoli sotto la città, che in cambio di sacrifici di ragazze, offriva tutto ciò di cui avevano bisogno. Le giovani ricomparivano poi in stato confusionale, senza ricordare niente. Un vecchio garantì loro che però a volte si ritrovavano incinte, e che la prole che davano alla luce era parte della divinità.
Si erano scambiati uno sguardo.
In quel luogo dimorava Phenor, la divinità che costituiva l'altro volto di Shevraar, la creazione che si opponeva alla distruzione. Cretinate. Il Mondo Emerso sarebbe stato meglio senza quei parassiti succhiaemozioni.
Ad ogni modo, Innsmouth era il posto giusto.

 Era stato Aster a scoprire che talvolta, per rafforzare le credenze su di sé, gli dei si accoppiavano con gli esseri mortali. La generata prole non aveva, in realtà, nulla del genitore divino, e tutto di quello terreno, perchè in sostanza si trattava di un'enorme farsa; era stata soprattutto la Terra dell'Acqua il teatro di quella pratica, giacché ospitava un elemento naturalmente collegato al tema della fertilità. Questo però col tempo era degenerato. Ora quel luogo non era altro che un do ut des, non aveva niente di sacro. Era solo ciò che voleva il dio, e quel che dava in cambio non valeva nulla, per lui.
Il Necronomicon diceva il vero. In quel luogo di perversione, la Terra dell'Acqua avrebbe perso la sua divinità. Aster e Dubhe erano pronti a tutto, pur di terminare la loro missione.

 Il cunicolo si aprì in una larga camera sotterranea. Era piena di pozze d'acqua. A Dubhe ricordarono quella accanto alla quale aveva meditato, ascoltando i suoni della natura, e nelle cui acque gelide si era bagnata, per prepararsi alla missione. Non era la Fonte Scura, ma ormai quel luogo faceva parte del passato. Come sostituto era andata più che bene. Accanto alle vasche naturali che avevano attirato i suoi pensieri, strani insetti dai colori chiari, sbiaditi, e muniti di lunghe antenne strisciavano lungo le pareti, illuminate da licheni fosforescenti, e i laghetti erano popolati da pallidi pesci cechi. Dubhe era stata entusiasta di quelle forme di vita: “Ma ti rendi conto che non vedono mai la luce del sole?”, aveva chiesto. E Aster, che fino ad allora aveva provato un leggero ribrezzo per quegli esseri privi di occhi, rimase incantato ad osservarli. Per un attimo avevano scordato la missione.
Poi però erano dovuti andare avanti.
La caverna si era fatta più buia, e ad un incessante sgocciolio di acqua si era accompagnato uno sguazzare confuso, come se delle cose, cose su cui era meglio non indagare troppo a fondo, si allontanassero spaventate al loro passaggio.
Il mezzelfo fece cenno alla ladra di andare avanti, nascondendosi.
Prima di andare avanti però, Dubhe sentì una mano batterle sulla spalla, in un gesto quasi scherzoso, ma in contrasto con la voce preoccupata che gli sussurrò: Fai attenzione, ti prego...”
Lei annuì e gli posò un veloce, silenzioso bacio sulle labbra, poi avanzò, lentamente.
I suoi occhi, allenati al buio, erano attenti ad ogni singolo particolare dell'ambiente. Un dettaglio insignificante poteva salvarle la vita. Sentì un brivido, ma subito lo represse duramente: Sciocca, non devi aver paura. Sei già morta una volta. E una ragazza morta non ha paura di niente.
Una voce estranea si insinuò nella sua mente: Non aver paura.
Chi aveva parlato?
Per un istante ebbe il terrore che avesse potuto leggere nei suoi pensieri, poi ricordò le parole di Aster: non poteva farlo se lei non lo lasciava.
Una pozza d'acqua risplendette di una luce interiore. Ne uscì un giovane fatto interamente d'acqua, condensata. Un po' come una ninfa, però la bocca, quando sorrise, vide che conteneva denti appuntiti, e gli occhi rosseggiavano come tizzoni ardenti. Aveva la corporatura che sarebbe stata bene su un monumento.
Altrettanto falso.
Iniziò ad avvertire uno strano senso di sonnolenza e arrendevolezza. Ah!, pensò. Credi che sia una delle tue puttanelle? Stupido.
Iniziò a recitare nella mente un brano del Necronomicon: Il Grande Cthulhu emergerà da R'lyeh, Hastur l'Innominabile ritornerà dalla stella scura che è nelle Iadi vicino a Aldebaran, Nyarlathotep alzerà i suoi ululati per sempre, nell'oscurità che abita. Shub-Niggurath...
Non ci fu bisogno di dire che cosa avrebbe fatto Shub-Niggurath, il Nero Capro dei Boschi dalla Prole Innumerevole. L'influenza, al solo udire il nome degli Altri Dei degli inferi esterni, che governavano le deboli divinità del Mondo Emerso, s'era dissolta.
Ma la 'debole divinità del Mondo Emerso' non parve accorgersene.
Cosa ti porta qui?
Io... io sono stufa che la mia famiglia viva in miseria, stufa di pagare le tasse a dei regnanti che non fanno niente per noi! Voglio essere ricca, potente, e soprattutto non avere più fra i piedi quelle stupide ninfe che si lagnano perchè tagliamo gli alberi...”
Phenor la fermò. Basta, ho capito. Ti sarà concesso tutto ciò in cambio del tuo amore... o meglio, del tuo bel corpo.
Nei suoi occhi fiammeggianti aveva uno sguardo di lussuria. Aster aveva ragione, gli dei non erano onnipotenti. Vedevano ciò che volevano vedere, erano solo un debole riflesso dei peccati degli esseri mortali. Non erano dei, semplicemente. Una vera divinità, a parte che non si sarebbe mai prestata ad una cosa così, avrebbe dovuto accorgersi dell'inganno. Invece no. Non avevano potere su di te, se non credevo in loro. E per la ladra e il mago, il cielo era sempre stato vuoto.
E la forma di Phenor era terrena, era un essere simile alle ninfe, e il ragazzo le aveva rivelato che c'era una legge naturale inderogabile che affermava che una divinità era sottomessa alla forma che assumeva. Solo i più potenti Altri Dei, o Dei Esterni, che dir si voglia, ne erano svincolati.
Tu non puoi farmi niente, bastardo, perchè non esisti!
Dubhe deglutì. Era arrivata la cosa più dura da fare. Ma era per il bene della missione, e l'avrebbe fatta. Alzò la mano e sciolse il fermaglio del mantello, e sorrise, un sorriso fasullo come le riproduzioni della spada di Nihal che aveva visto ovunque... ognuna 'l'originale, unica e inimitabile'.

 Un lieve rumore, qualcosa che lei conosceva bene. Il lancio era stato preciso.
La sua mano afferrò l'arma.
Le sue dita sottili si strinsero sul pugnale, e tutti suoi i timori e le sue paure, tutti i suoi dubbi e le sue incertezze, tutti i suoi sogni e le sue speranze si dissolsero.
Restava una sottile determinazione.
Dubhe era tornata di ghiaccio.
Dubhe era tornata un'Assassina.

Adesso!
La ladra alzò la lama, e calò il colpo.
Muori, dannatissimo!!!”
La creatura d'acqua la fissò sorpresa, mentre la lama affondava nel suo corpo. La ladra la torse, allargando la ferita, e un liquido incolore le schizzò le mani, mentre le viscere dell'essere venivano lacerate. La divinità urlò, e la colpì, facendola volare per aria. Lei si rimise in piedi, il corpo che le doleva tutto: aveva sbattuto sula dura roccia, e si era escoriata in vari punti la pelle. Cominciò a correre, e lanciò il pugnale, trapassando la spalla dell'essere, che per tutta risposta la prese per la gola. Lei liberò la lama, e colpì ancora, senza sortire particolare effetto. Con la mano libera calò un colpo di taglio che avrebbe dovuto spezzare con facilità il polso della 'cosa'... se ne avesse avuto uno. Invece niente.
Adesso...”, mugugnò la ladra, sentendo le forze venirle meno.
La risposta fu un pugno nelle costole, ma sentì anche una voce che ben conosceva urlare: “Vrasta Anekhter Tanhiro!” Un globo nero investì la divinità, liberandola. Aster affondò la spada nera, ma Dubhe lo fermò.
Così non concludiamo nulla! Incanta il mio pugnale!”
Aster si concentrò, recitò nuovamente la formula dell'Ombra Inestinguibile, e un secondo globo nero gli apparve in mano. Lo stesso fece la giovane, invocando il suo potere, senza saper bene che aspettarsi, e le palme risplendettero di verde. Il suo pugnale brillava di luce innaturale.
Con un salto fu addosso a Phenor, alzò la lama e urlò con tutta la forza che aveva: “CREPA, BASTARDO!!!”
La lama affondò, tracciando fulmini neri e verdi attraverso il corpo del dio, danneggiandolo sempre di più ad ogni colpo.
MUORI!!!” La ragazza estrasse il pugnale e colpì, ancora e ancora. Dubhe sollevò la lama, il volto macchiato del sangue gelatinoso dell'essere, Aster si tirò indietro, le palme rilucenti di magia.
Adesso! CREPA!!!”
La creatura sibilò, con una voce che non aveva nulla di umano: “Stupidi illusi! Non potete vincere! Io esistevo quando ancora voi non c'eravate, ed esisterò quando voi non ci sarete più. Io... non posso... morire...”
A discapito di ciò che diceva, era evidentemente prossimo a spirare: “Voi... siete solo... mortali...”
Quelle parole, non sapeva dire il perchè, misero dentro alla ladra una furia senza limiti: la stessa furia che la portava ridurre in brandelli gli umani, quando era posseduta dalla Bestia. Phenor alzò la mano per colpire Aster, ma non raggiunse il suo obiettivo, perchè Dubhe aveva bloccato il suo arto e lo guardava con un'ira impossibile da reprimere. In realtà, sarebbe stato impossibile per qualunque umano, e a maggior ragione per una ragazza minuta come lei, avere la meglio su una divinità in un puro confronto fisico, ma lei semplicemente rifiutava di accettare questa realtà, e questo rendeva possibile che ciò che appariva nella sua mente combaciasse con la realtà, sostituendo l'oggettività dei fatti alla pura e semplice decisione di impedire a quell'essere di far del male alla persona che amava. Due occhi rossi si erano spalancati nel la notte eterna del suo petto, e il demone che vi dimorava aveva fatto udire il suo ruggito. L'assassina affondò il pugnale, concentrando in quel colpo tutta la sua forza, mentre la magia di Aster lo faceva sfavillare di una luce ultraterrena... la Formula Proibita più potente che conoscesse... poi la giovane si alzò e usò il piede per conficcare ancora più in profondità la lama. La figura si sciolse nel terreno, disgregandosi come acqua.
Siamo... tutti... mortali**”, ansimò Dubhe.
Sospirarono, esausti.
Avevano vinto, ma era stato tremendo.
Aster tirò fuori il talismano, e lo guardò. La pietra azzurra si era spenta, era diventata grigia.
Si girò per condividere la sua gioia, ma vide che la giovane ladra era scivolata contro la parete, tossendo, tenendosi il petto e la gola, un rivoletto di sangue che le macchiava le labbra. Il liquido che sanguinava... quella cosa... non doveva essere un toccasana.
Oh, dannazione!
La raggiunse con quattro passi, e recitò la formula di guarigione più efficace che gli venne in mente.
Magia Proibita, ma che importava?
La ragazza si afflosciò, svenuta, ma era una reazione naturale. La guardò, cercando di calmarsi, timoroso che l'ansia lo spingesse a dare un responso sbagliato. Lei respirava normalmente. Appoggiò l'orecchio sul suo petto, tranquillizzandosi quando udì il battito regolare del suo cuore. Tutto a posto.
Sospirò di sollievo.
La coprì come potè. Abbandonò gli abiti da donna lì. Dubhe non era mai riuscita a non soffrirli. Prese invece i suoi normali vestiti, e se all'inizio non ebbe particolari problemi, quando vi giunse si accorse con notevole disappunto che infilare il corpetto a qualcuno era molto più difficile di quel che sembrasse.
Litigò per un po' con il vestito, cercando di infilare quei maledetti laccetti nei passanti, poi si arrese e lasciò perdere i legacci vari, assicurandosi solo che la ragazza fosse ben riparata, e la avvolse nel mantello.

 Non prima di aver drappeggiato il suo mantello per proteggerla dalle asperità, scelse di distenderla su una sorta di altare naturale nella roccia: non che pesasse poi così tanto, anzi, il suo corpo era sorprendentemente leggero fra le sue braccia e in più da quella posizione, se abbassava il viso, praticamente lo immergeva dentro i suoi capelli, aspirandone il profumo, ma... ma lui era davvero stanco. Per un attimo, le morbide curve della ragazza premettero contro il suo corpo, poi la sentì muoversi, cercando di adagiarsi meglio.
Dubhe sentì per prima cosa il freddo della pietra contro la schiena, e quel freddo improvviso la aiutò a riprendersi. Era indolenzita e un paio di punti le facevano proprio male. Alzò il viso, guardando Aster negli occhi, come faceva sempre, un sorriso timido ed incerto che le increspava le labbra, “Ciao”, mormorò con voce esile. “Ce l'abbiamo fatta.” Era completamente inzaccherata di sangue e fango, e aveva diversi graffi ed escoriazioni, tanto che, mentre la teneva in braccio, il mezzelfo l'aveva sentita lamentarsi inconsciamente più di una volta, ma chissà come il volto era pulito, e la pelle liscia, senza abrasioni, ad eccezione di un taglio che le solcava la guancia sinistra. Aster rimase a lungo a contemplare quella lieve ferita, come le divideva simmetricamente il profilo e si prolungava nella sottile goccia di sangue che scivolava giù da quel viso pallido e bellissimo.
Come ti senti?”, le chiese, preoccupato.
Non lo so. Un po' frastornata, e mi fa male tutto. Ma tutto sommato non credo sia nulla di grave.”
Notò la sua espressione accorata, e un'ondata di paura le scese nel cuore: “Aster... se sto davvero male... se sto per morire... devi dirmelo!”
No, cosa ti salta in mente? Non morirai, certo che no! Avevi due costole spezzate, di cui una ti aveva bucato un polmone, ho usato la mia magia per curarti e per un po' l'ho esaurita, solo per questo stai ancora così male.” Si finse tranquillo, ma l'assassina non ci cascò: “E allora cosa c'è?”, chiese.
È che...”
La guardò, e le orecchie a punta gli si tinsero leggermente di rosso al pensiero di come aveva visto il suo corpo poco prima, rimproverandosi poi sia per aver invaso la sua intimità in modo così esplicito, sia per il fatto di crearsi così tanti problemi in seguito a ciò. Accidenti, non era certo la prima volta che la vedeva così.... esplicitamente! Ma non era solo semplice attrazione fisica, no. Il ragazzo era così disperatamente innamorato che non riusciva proprio a smettere di fissarla, orecchie a punta in fiamme o no, di pensare alla fortuna che aveva avuto a conoscerla. Pur così stropicciata e sofferente, la trovò bellissima, tanto che guardarla ridotta così gli faceva tremendamente male. Il pensiero di aver rischiato di perderla, solo perchè si erano mossi troppo presto, lo faceva infuriare. Avevano vinto, ma era stata mera fortuna, ed era andata così solo perchè avevano l'effetto sorpresa dalla loro e la divinità non se l'aspettava. No, avrebbero cercato le successive quando sarebbero stati ragionevolmente sicuri di poter vincere...
Prese fiato: “Ti giuro che troverò un altro modo. Io... consulterò il Necronomicon, capirò dove sono gli artefatti, e useremo quelli. Abbiamo battuto una divinità grazie alla pura fortuna, ma con quelli sarà molto più facile, sarà...”
La voce gli si spense. No, mai più avrebbe permesso che la persona che amava sopra ogni altra corresse qualche rischio! Si accorse che però Dubhe non intendeva parlare di quello, né gli rimproverava alcunché. “Ce l'abbiamo fatta”, ripetè infatti, dolcemente, come quando si cerca di calmare qualcuno di molto spaventato. “Non è successo niente, non ci sta crollando il mondo addosso, e soprattutto... ce ne restano sette. Conta solo questo.” Aveva una luce strana negli occhi.
Lo osservò meglio: “Sei ferito...”, mormorò, e prima che lui riuscisse a fare nulla, tese la mano e sussurrò: “Guarisci.” Entrambi rimasero per un po' in silenzio, lui a pensare, lei ad osservare il taglio sul braccio del mago che si richiudeva in pochi istanti.
Mi aiuti a scendere?”, chiese infine la ragazza.
Lui rispose senza guardarla negli occhi: “Se pensi di farcela a stare in piedi... dopoutto ho appena rischiato di farti morire...”
Dubhe capì di colpo il motivo della sua aria afflitta: “Oh, non posso morire, sciocchino, non ricordi? Nessuno di noi due può farlo.”
È vero”, sussurrò il ragazzo. “Ma la paura rimane.”
Aster la tirò giù dal masso; lei per un attimo ebbe un capogiro, le gambe le cedettero, e si sentì il suolo mancare. Chiuse gli occhi e gli si appoggiò contro, controllando il respiro. La nausea passò così com'era venuta. “Tutto ok”, disse al ragazzo, prima che si preoccupasse.
Quando riaprì gli occhi, il mezzelfo la stava guardando di rimando. Fece un gesto, indicando il luogo in cui si era svolto lo scontro e disse, senza apparente nesso logico: “Perchè, tu, questa, non la chiami follia?”
Avrei sacrificato solo me stessa.”
E avresti salvato ben poco. Io avrei sacrificato un mondo intero, e avrei salvato tutti.”
Fece una pausa. “A che sarebbe servito? Lo capisci che non potrei sopportare di perderti? Già il pensiero che tu sia rimasta ferita, mi fa star male. Non tollero l'idea che tu ti sia fatta male per colpa mia. Ti giuro che non accadrà mai più.”
La ladra gli baciò la fronte, un bacio tranquillo, casto. “Non pensarci. Te l'ho detto. Conta solo che questa storia finisca... e che noi due siamo insieme, per sempre”, sussurrò. “Se questo è il prezzo che dobbiamo pagare per le ore in cui siamo felici, per le ore in cui siamo assieme, è troppo alto?”, gli chiese con dolcezza.
Il mago chinò il capo. In quel momento la ragazza gli appariva molto più forte e più saggia di lui. Sebbene non avesse più di diciassette anni, ne sapeva, della vita, eccome se ne sapeva.
Allora?”, chiese Dubhe, un sorriso lieve lieve sulle labbra, la frangetta che le cadeva sugli occhi.
Aster le sorrise di rimando. “No, non sarà mai troppo alto. Ti voglio bene.”
Le poggiò la mano aperta sul corpo, e rimase a lungo ad ascoltare il ritmo del suo respiro. Lei socchiuse gli occhi, godendosi quel contatto. Il mezzelfo iniziò ad intingere una pezzuola nell'acqua delle borracce, per detergerle i tagli. La sua magia era molto più potente di prima, e si rigenerava più in fretta, ma dopo lo sforzo che aveva fatto, per un paio d'ore almeno era a secco. Le passò il tessuto bagnato sulle ferite, cercando di essere il più leggero possibile. La sentì fremere più di una volta, ma mai pronunciare una parola. L'assassina si limitò, quando lui ebbe finito, a sorridergli di nuovo, e ad allungare le braccia per stringerlo in un abbraccio. Lui accettò di buon grado, si lasciò circondare dalle sue braccia fresche e sentì il contatto con il suo corpo sudato. Temendo di farle male, rimase per un momento passivo; poi rinunciò al controllo: quella ragazza lo attirava come una calamita, non c'era nulla da fare. E non avrebbe accettato nulla di meno.
La strinse fra le braccia, e la sentì gemere e ritrarsi istintivamente, mentre le sfiorava uno dei molti tagli. “Perdonami... io...”
Dubhe lo zittì e gli sussurrò: “No. Continua”, e per prima rinnovò l'abbraccio.
In quel momento non ci fu spazio per la missione compiuta, per il successo conseguito, o per riflettere su ciò che li avrebbe attesi dopo. L'unica cosa che ad Aster interessava era il volto della ragazza, sempre più vicino al suo.
Mormorò qualcosa, qualcosa che aveva a che fare con amore, e tra i licheni fosforescenti gli insetti pallidi, i pesci cechi e le altre creature di quel mondo senza luce davano un ultimo, indifferente sguardo alle loro bocche unite insieme.

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* Aliens
** I principi del fuoco

Di Cthulhu vi parlerò nel prossimo capitolo. Il nome Innsmouth è ovviamente da The Shadow over Innsmouth di Lovecraft. Piccola precisazione: gli ecosistemi di grotta che ho citato esistono veramente, e in particolare gli insetti che ho descritto sono ispirati a certi weta nezolandesi.
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Capitolo 17
*** Scena Quindicesima (XVI): LA CITTÀ SENZA NOME ***


 

Scena Quindicesima (XV): LA CITTÀ SENZA NOME

 

I believe in you
I'll give up everything
just to find you
I have to be with you
to live, to breathe
- Evanescence, Taking Over Me

 

Allora? Trovato niente?”
Erano giorni che Aster scartabellava i libri della Rocca, alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarli anche in minima parte nella loro ricerca. Giorni passati ad arrampicarsi come un geco sulle pareti della biblioteca, trascinando poi la scala di legno dalla parte opposta, colto da un'illuminazione, per lo più fallimentare, ripetendo un'eterna nenia di 'no' intervallati da qualche rarissimo 'sì', al quale riemergeva con stretto saldamente in mano il suo ritrovamento, un testo che si presentava regolarmente più vetusto e malefico di quelli che l'avevano preceduto. Ovviamente, in bella vista, aperto su un leggio sicché la consultazione fosse rapida e agevole, stava il più vetusto e malefico di tutti, quello al cui confronto gli altri erano innocui libri di fiabe, il tomo che parlava dei neri abissi che stavano in agguato al di là della pallida, fievole luce della conoscenza umana, il volume che conteneva i nomi terribili del grande Cthulhu e della sua dimora a R'lyeh, di Shub – Niggurath, il Nero Capro dei Boschi dalla Prole Innumerevole, di Nyarlathotep, l'Abitatore delle Tenebre, di Yog – Sothoth, il Tutto - in - Uno, di Azatoth, la Cieca, Stolida Divinità, di Hastur, Colui Che Non Deve Essere Nominato, il Re in Giallo di Carcosa, e di infiniti altri oscuri, tremendi dei, di luoghi inconcepibili, al di là dello spazio e del tempo, di cose che sarebbe stato meglio fossero state dimenticate: Shoggots, il Segno Giallo, Kadath nel deserto gelato, i Mi -go, Bethmoora, l'Altopiano di Leng, i letali Segugi di Tindalos. Era il libro delle regole dei morti, Al azif, il Necronomicon. Da quella biblioteca emanava una tale aura di potere da essere avvertibile fisicamente; Aster ci aveva messo più di vent'anni a leggere quel libro rilegato in pelle umana, ma non perchè fosse un pessimo lettore. A soffermare troppo gli occhi sull'opera di Abdul Alhazred, scritta al di là del tempo e dello spazio, un comune mortale avrebbe fin troppo probabilmente oltrepassato le soglie della follia.

 Dubhe aveva insistito a tutti i costi per dargli una mano, e in effetti faceva la sua parte: era minuziosa e attenta, e abile ad individuare ciò che era importante dai testi, estrapolandolo da tutto il loro contenuto, un'eredità del suo passato di ladra. In più, aveva un'ottima memoria. Adesso si trovavano nell'enorme sezione dedicata alla Magia Proibita. Nel vederla, avevano provato un moto di sconforto: ci sarebbe voluta una vita ad esaminare tutto. Per la prima volta nella sua esistenza, Aster desiderò che il campo che aveva deciso d'esplorare fosse meno esteso.
Vuoi gettare la spugna?”, aveva chiesto alla ragazza, prima di iniziare quella che sembrava la classica ricerca dell'ago nel pagliaio.
Dubhe aveva risposto con un sogghigno: “Mai. Non ho intenzione di arrendermi alla prima difficoltà. E comunque, non ti lascerei fare tutto il lavoro da solo. Ci siamo dentro in due in questa storia, e in due ne usciremo.”
Aster le aveva carezzato la guancia: “Sei proprio una brava ragazza, devo ammetterlo.”
Sebbene il tono fosse scherzoso, le parole erano serie, ed era per tali che la ladra le aveva intese.
Da allora, l'aveva aiutato nella sua folle ricerca.
Il mezzelfo aveva deciso di escludere già da subito i libri che aveva scritto lui stesso, concentrandosi sugli altri. Il problema era che i riferimenti al Necronomicon c'erano, sembrava che ogni autore si fosse preso la briga di declamare che l'aveva letto, che lo conosceva, ma non c'era mai nulla di davvero importante.
La voce della ragazza lo chiamò di nuovo. “Sì, forse. Guarda qui”, rispose.
Dubhe abbassò gli occhi sul foglio: era mezzo smangiato dalla muffa, ma qualcosa era ancora leggibile.
In essenza, parlava di un oggetto chiamato 'lama stregata', ma fra arcaismi e lacune non si capiva molto. La ragazza sospirò. Avevano chiesto all'esercito 'regolare' di ripulire Innsmouth e a quanto pareva non c'erano stati problemi. Ma da allora, era stato solo un peggioramento: tutto il resto sembrava immensamente difficile.
Sbuffò. “Mi arrendo. Cosa dice?”
Nulla di che, ma il manufatto è descritto anche nel Necronomicon, con maggiori dettagli, e in più lì dicono chiaramente dove possiamo trovarlo. E cosa più importante, dicono che può essere utilizzato per sconfiggere una divinità.”
Davvero?” Dubhe drizzò le orecchie, di colpo vigile e attenta: il discorso si era fatto interessante. “E dove si troverebbe?”
Oltre la Terra della Notte, nel Grande Deserto.”
In un luogo di nessuno, in pratica?”
In pratica, sì.”
Silenzio.
Senza troppo entusiasmo, eh! In fondo, non siamo ancora arrivati!”, la prese in giro Aster.
Beh, solo mi sembrano un po' approssimative, come informazioni. Come credi di trovarla?”
Oh, non preoccuparti di trovarla. Qui dicono abbastanza, e poi, vuoi che i nostri 'protettori' non ci consentano di usare ciò che ci serve? Mi preoccupo però per ciò che potremmo trovarci ad affrontare.”
Ti ho detto che è andata male quella volta! E neanche così tanto poi! Qui ci sono solo gli Altri Dei, no? Che ragione avrebbero di nuocerci? Non ci stanno usando per spazzare via le divinità locali?”
“Sì, ma... adesso che abbiamo capito cosa dobbiamo fare potremmo anche fermarci un po', cosa dici? Abbiamo appena iniziato, siamo tornati da una missione solo adesso.”

Ascolta, io ho capito che dobbiamo toglierci di dosso questa storia il prima possibile, dopo potremmo fare ciò che meglio ci pare, no? E allora andiamo.”
Aster la guardò negli occhi. Si stava dando la zappa sui piedi, perchè alla profondità di quello sguardo non sapeva resistere, ma lo fece lo stesso. Il suo volto era ad un soffio da quello della ragazza quando parlò.
E sia”, si arrese. “Come vuoi.”

 Quando si avvicinarono alla Città Senza Nome, capirono che era maledetta. Viaggiavano in una vallata riarsa e terribile sotto la luna, e, da lontano, la videro sporgere stranamente dalle sabbie del Grande Deserto così come parti di un cadavere sorgono da una tomba mal coperta. La paura parlava dalle pietre consunte di quell'antica sopravvivenza del diluvio, di quell'antenata della piramide più antica; e un'aura irresistibile li respinse e gli ordinò di allontanarsi da quei segreti che nessun uomo avrebbe mai dovuto vedere, e che nessun uomo aveva mai osato vedere. Non c'era nessuna leggenda tanto antica da darle un nome o da ricordarla in vita. Ma nelle tenebre se ne sussurrava, e avrebbero dovuto sapere che c'erano buone ragioni per evitare la Città Senza Nome, la città di cui si parlava in strani racconti ma che non era mai stata vista da nessun uomo vivente. Quando se la trovarono davanti nella quiete spettrale di un sonno infinito, lei li guardò, gelida nella luce di una luna fredda nel calore del deserto. E quando le restituirono lo sguardo, scordarono l'esaltazione per averla trovata. *

 Il tempio non era esteso, questo no. Almeno in apparenza. Era sviluppato in altezza, e, per un orribile, spiacevole istante, a Dubhe ricordò la Casa. Però questo era diverso. Non traspirava nessun aria malefica, ammesso che con questo termine si intendesse il male che derivava dagli uomini. Perchè in quella tomba della realtà, in quel monumento posto lì da innumerevoli eoni, collocato a leghe e leghe di distanza dal mondo degli uomini illuminato dalla luce del sole, echeggiavano le maledizioni in strane lingue e le spettrali protesta di demoni ultraterreni. Ma era una paura che non si poteva contrastare, irrazionale e assurda. Fisicamente, non c'era nulla da temere. A parte che non si avesse la fobia dei rettili. Perchè tutto, tutto l'edificio era coperto da sculture di serpenti, di tutte le fogge e dimensioni. In comune avevano solo il materiale in cui erano realizzati. Cristallo nero. Vi erano raffigurati sia rettili reali, colubri, e vipere, sia mitologici, afisbene, regoli e creature analoghe, come ad esempio degli strani ofidi con una specie di 'cappuccio' attorno al capo. “Guarda, serpenti - assassini”, aveva commentato Aster, per stemperare la tensione. Dubhe aveva sorriso appena, poi erano tornati entrambi seri.
Sulla porta era iscritto, in caratteri contorti e illeggibili un testo, ma non appena i due si fecero più vicini, una voce scandì nella loro mente la scritta:

 Dall'ombra l'ultima giunse, portando
Un passato gravoso con sé, una
Bestia dimorante nel cuore, salvata
Ha sofferto a lungo, e mai amato
E nella tenebra infine ha trovato l'amore
E una stella discesa in terra, come lei
Ammantata nell'oscurità cammina
Sa che per le genti il suo nome è
Terrore, ma poesia per chi l'accompagna
E che solo insieme possono fuggire i

Ricordi di quel ch'è passato

 Ci sono prodigi che devono avvenire nell'oscurità
Venuti dalle tenebre, porteranno la luce

 “L'hai sentita anche tu?”, si chiesero in sincronia, poi decisero dopo un breve consulto di avanzare comunque. Le strane impressioni che avevano provato nell'entrare si acuirono, perchè il velo che separava razionalità da follia si faceva sempre più sottile passo dopo passo. Era strano, d'accordo, però un poco se lo aspettavano, e questo confermava solo le loro idee. Erano attesi, erano predestinati. Camminavano in un luogo dove passato, presente e futuro si mescevano in una cosa sola. Ma era stato comunque un bel colpo venirlo a sapere così: chissà quanti eoni prima era stata impressa quella scritta, chissà di chi era la mano inconsapevole che l'aveva vergata, se uomo, gnomo, elfo o che altro? E i serpenti, cosa c'entravano in tutto ciò? Qual'era lo scopo di quel luogo? E, soprattutto, cosa voleva dire l'ultima?

 Non appena misero un passo all'interno, Dubhe si fermò, stringendo istintivamente la mano sull'elsa del pugnale. “C'è qualcosa che non va?”, chiese Aster,
Lei sulle prime scosse il capo, senza sapere bene cosa rispondere. Era più un'impressione, la sua. Poi, come quando si guarda a lungo il dettaglio di un quadro e all'improvviso lo si comprende, enunciò: “Questo posto ha qualcosa di sbagliato”
Cioè?”
Guarda gli angoli. Guarda i soffitti. Guarda le porte. Non è...?”
Assurdo?”
No. Assurdo è stato vedere le rovine della Casa. Assurdo... e piacevole. Quello era un luogo che meritava d'essere ridotto in schegge di cristallo nero, non la Rocca. Beh, polverizzato lo è stato, e il piacere perverso nel vederlo l'ho provato...”
Aster ripensò a quando erano arrivati nella Terra della Notte, e si erano fermati nei pressi di quel che restava del tempio di Thenaar. Dubhe era scesa dalla viverna, quasi incredula. Aveva toccato le schegge di cristallo nero, come a capacitarsi che fosse la verità quella che vedeva, e non un sogno. Lui era rimasto in disparte. Sapeva bene quanto l'assassina odiasse Thenaar in particolare, e tutto ciò che riguardava la Gilda e quel culto perverso in generale. Non era rimasto affatto sorpreso di vederla sedersi al suolo, soppesando in mano un frammento del tempio, la sguardo fisso: in quel momento, dentro di lei, nel posto precedentemente occupato dall'odio per la Setta, c'era un vuoto che non aveva idea di come colmare; certo, sapeva già del suo annientamento, ma un conto era averlo sentito dire, un conto era trovarsi le rovine davanti agli occhi. Era un processo che era iniziato quando aveva ammazzato quel ragazzino della Gilda, e poi Rekla, e poi ognuno degli assassini che erano caduti per mano sua. Era un inspiegabile senso di perdita. Era vissuta così a lungo nel timore della Setta, che il fatto di uccidere i suoi membri, e con facilità, le appariva irreale, e la sua definitiva distruzione quasi dolorosa. Il pensiero di vendicarsi, un giorno, di far affogare quei bastardi nel loro sangue, aveva dato sostegno alla sua esistenza, le aveva dato uno scopo quando non ne aveva avuto nessuno. Ma la guerra dev'essere un mezzo, e mai un fine.
E sapeva che a volte lei sognava, la notte, di riavere dinnanzi la sua antica nemica, Rekla, di affondarle il pugnale nella gola, di contare quei quattro minuti di agonia con estremo piacere, e di ridere sul suo sangue. Quei sogni le facevano paura, le ricordavano che, in fondo, il suo corpo era ancora dimora della Bestia. Ci aveva pensato lui, a colmare quel vuoto e ad evitare che sprofondasse nella depressione, scivolandole dietro le spalle e abbracciandola, senza che fosse necessario dire una sola parola. Dubhe aveva reclinato la testa, lasciando che le sue mani la cullassero e la accarezzassero, e aveva sussurrato: grazie.
La voce della ragazza lo riscosse: “No, lascia perdere la Casa e guarda meglio: questo posto è... disturbante.”
Il mago fece come aveva detto: in effetti, i dettagli sembravano... distorti. Glielo disse, e lei annuì, soddisfatta di trovare una conferma alle proprie idee. “E poi senti... non fa freddo. Non come fuori. E scommetto che di giorno non fa altrettanto caldo.”
Era vero: l'interno del tempio era fresco e umido, abbastanza piacevole in confronto al terribile gelo della notte del deserto esterno. “Forse hanno convogliato in qualche modo le acque sotterranee così che evaporino qui...”, ipotizzò il mezzelfo.
Cominciarono a vagare per le sale, ma quell'edificio, che prima era sembrato loro tanto tranquillo, cominciava ad inquietarli. Perchè non c'era alcun iscrizione in una lingua nota? Perchè era stato costruito in una maniera così... così 'sbagliata'? La geometria infatti era chiaramente non euclidea, e memore di sfere e dimensioni diverse dalle nostre. Alla fine, nel vagare, si ritrovarono in una grande sala. Al centro vi era una statua, di proporzioni ciclopiche: era la prima cosa che non fosse fatta di cristallo nero. Nessuno dei due riuscì ad identificare il materiale, in effetti, ma aveva un che di putrido che li disturbò: era una pietra untuosa, nero - verdastra con macchie e striature dorate e irridiscenti. In quel tempio ai serpenti, l'essere era anomalo. Il soggetto della statua era una creatura dal profilo vagamente antropoide, ma con una testa da piovra, la cui faccia era un ammasso di tentacoli, un corpo squamoso, artigli prodigiosi alle zampe posteriori e anteriori e strette ali sul dorso. Quella cosa, che sembrava permeata di una malvagità spaventosa e perfida, era acquattata malignamente su un blocco rettangolare, o piedistallo, coperto di caratteri indecifrabili, simili a quelli della scritta all'ingresso. Le punte delle ali toccavano il bordo posteriore del blocco, il corpo ne occupava il centro, mentre i lunghi artigli delle zampe posteriori, ripiegate e rannicchiate, afferravano il bordo davanti e si allungavano verso il fondo del piedistallo. La testa cefalopode era china in avanti, cosicché le estremità dei tentacoli facciali sfioravano il resto delle enormi zampe anteriori che stringevano le ginocchia poste in alto. Tutto in quella statua trasudava dei misteri di un'epoca remotissima: quale creatura rappresentava? Perchè era stata eretta? A quale scopo? Era buono, o malvagio? O era qualcos'altro ancora?**
Aster ruppe il silenzio. “Questo luogo, tutto, i serpenti, il tempio, potrebbero essere stati costruiti dalle razze di questo mondo, ma... questa...”, scosse il capo.
Dubhe indicò l'uomo - drago - piovra con la mano: “Chi è? Cos'è?”
Il Grande Cthulhu, che nella sua dimora di R'lyeh attende e sogna.”
Impressionante.”
Già.”

 Con la mente ancora in subbuglio per la terribile visione, ripresero a vagare attraverso i corridoi di quel tempio dimenticato, finchè Dubhe non si bloccò di colpo, stringendo il braccio al mago.
Cosa fai?”, le chiese Aster.
Fermati. Quella statua mi ha fatto venire un'illuminazione; sento che stiamo violando questo luogo, non otterremo niente. Se davvero è legato agli Antichi, dobbiamo prostrarci a chi lo comanda.”
“E tu come lo sai?”

Uno sguardo smarrito fu l'unica risposta. Il mago si accontentò: aveva imparato da tempo ad aver fiducia nell'intuito di Dubhe. La ragazza si stava spostando quasi correndo fra le navate, sembrava alla frenetica ricerca di qualcosa; Aster avrebbe voluto aiutarla, ma non avrebbe saputo proprio da dove iniziare. Alla fine s'arrese a chiederglielo. Lei glielo spiegò: “Qui ci sono solo serpenti, a parte il nostro amico faccia - di - polpo, no? Dobbiamo trovare la statua più grande e impressionante, e dobbiamo farlo in fretta. Potremmo aver messo in moto qualcosa...”
Il mezzelfo la prese per la spalla, facendola voltare. “Cosa... Oh.”

 Sulla parete si annodava un rettile enorme. Più che scolpito sembrava pietrificato, tale era il dettaglio delle sue squame, o delle sue zanne affilate. Doveva raggiungere una lunghezza di più di trenta metri, una volta svolto dalle spire. Aveva un cranio robusto, appiattito, leggermente uncinato all'estremità. Una cresta si allargava sulla sua nuca. Le squame erano seghettate, carenate, come quelle di una vipera. Sembrava davvero una creatura reale, anche se nessuno dei due aveva mai visto rettili così. Probabilmente era solo un animale mitologico.
I ragazzi scivolarono intimoriti verso il colossale serpente, inginocchiandosi davanti al suo capo. Se fosse stato vivo, il rettile avrebbe potuto farsi un sol boccone di loro.
Invece il pavimento si aprì sotto i loro piedi, e, troppo stupiti anche per urlare, precipitarono nel buio.

 “Ehi, mago. Sei ancora vivo?”
Io sì. Tu, come va?”
"Abbastanza bene. Un po' ammaccata. Mi sei precipitato addosso.”
Scusa.”
“Fa niente. Un po' di luce?”

Oh, certo.”
Un bagliore illuminò le mani del mago per spegnersi subito dopo.
Serpenti!!!”

 “Calmati!”
Non mi piacciono. Serpenti furbi, anche. Si sono tolti dai piedi per farci cadere per terra.”
Toh, il grande Tiranno che ha paura dei serpenti! Non dovrebbe essere la povera fanciulla indifesa che ha bisogno d'essere protetta? Senti, se mi riaccendi la luce posso dirti di che tipo sono, forse.”
Ok, contenta tu...”
Intendevo dire che posso capire se sono velenosi oppure innocui... se accendi una luce.”
 Le mani di Aster avvamparono di nuovo e Dubhe fu svelta ad afferrare uno degli animali, tenendolo dietro la testa, così che non mordesse. Il rettile si contorse, avvolgendosi attorno al suo braccio e cercando di sottrarsi alla sua presa ferrea, ma la ragazza non si scompose.
Lo avvicinò alla luce, guardandolo un momento: forma del capo, occhi, squame sopra la testa, struttura fisica.
Per poi scoppiare a ridere.
Cosa c'è di così divertente?”, chiese il mezzelfo, stupito.
Sono natrici dal collare. Sono assolutamente innocue!”
Ah, ora va già meglio.”
Alla fioca luce, gli occhi della ragazza parvero adombrarsi. Rimise con delicatezza l'animale per terra, osservandone la decorazione del corpo con aria nostalgica, poi sospirò appena, ma ad Aster non sfuggì. Le mise un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé. Era per uno di quei serpenti che Dubhe aveva ucciso la prima volta.
Dopo un po' la ladra scosse il capo, il gesto che faceva per scacciare i pensieri indesiderati, e si scostò da sola. “Andiamo avanti”, mormorò.

 “Allora? Siamo in una fossa in compagnia di qualche migliaio di serpi, fortunatamente non velenose. Dobbiamo uscirne, credo.”
Certo che ne usciamo. Proviamo ad andare ancor avanti. Non pestare le bisce!”
Perchè?”
Chi ha costruito questo posto era ossessionato dai serpenti, mi sembra chiaro. Ora, abbiamo entrambi visto abbastanza cose strane da non stupirci più di nulla. Non credo che chiunque abbia fatto un tranello così, per poi riempirlo di rettili innocui, sarebbe contento se gli facessimo del male.”
Va bene. È un ragionamento un po' strano ma fila. Proseguiamo. Sciò, andatevene via!”
Dubhe rise: “Sono sorde, non ti possono sentire!”
Davvero? Non appena torno alla Rocca devo rispolverare le mie conoscenze di erpetologia.”
Faresti bene. Almeno sapresti se hai davanti una vipera o no.”
Ahi! Maledetto, mi ha morso!”
L'hai fatto arrabbiare. Tranquillo, ti ho detto che non è velenoso.”
Sicura?”
Sospiro. “Sicura.”
Sicura sicura?”
Subito dopo, il suono di un bacio.
Ehi!”
Allora possiamo andare avanti.”
Risate.

 “Non finisce mai, questo cunicolo?”
No. Occhio, stai per calpestargli la coda.”
Grazie.”
Non... oh, guarda. Si esce!”
I due si trascinarono verso la fine di quella fossa di colubri, con gli animaletti irritati che si contorcevano e sibilavano per far loro spazio. Nell'ultimo tratto dovettero arrampicarsi per tirarsi fuori da quella tomba. C'era una sorta di luminescenza azzurro – grigia nell'aria, quindi Aster spense i globi magici luminosi.
Finalmente! Non ne potevo più! Mi sembrava d'essere sepolto vivo. Scusami per prima, con i serpenti, è che mi fanno diventare nervoso. Lo so che non c'è niente di malvagio nella natura, che sono gli uomini ad essere malvagi, ma..”
Ma Dubhe non aveva neanche ascoltato. Stava guardando le altre fosse, gli occhi fissi.
Hai visto che avevo ragione io?”, mormorò. “Cosa? Perchè?”
Lei puntò solo il dito verso i rettili che strisciavano negli altri cunicoli. Aster si chinò a guardare meglio quelli che a prima vista gli erano parsi uguali agli altri serpenti. Poi vide che erano più tozzi, le teste triangolari e gli occhi con la pupilla verticale. Anche il colore era diverso. Il loro sguardo aveva un che di sinistro e calcolatore, ma probabilmente era solo un'illusione ottica. Probabilmente.
Vipera berus”, spiegò Dubhe. “Marassi. Quelli sono velenosi, e non poco. Abbiamo agito bene.”
È cosssì, Dubhe dalla Terra del Sssole”, disse una voce. Non sembrava neppure la parlata di un essere umano, né era mimetizzata per fingerlo, questo potevano dirlo. Ovvia deduzione era che, per quanto assurdo potesse sembrare, chi parlava non era un uomo.
La ladra sguainò il pugnale, il mezzelfo mise la mano sull'elsa di una spada, ma chiunque fosse, li fermò: “Mettete via le armi...”
Stiamo calmi, e cerchiamo di capire cosa e dov'è”, sussurrò la ragazza. “Provo farlo parlare.”
Aster annuì.
Come sai che avevamo preso la spada e il pugnale?”
La voce parve divertita. “Sssono molte le cossse che ssso.”
L'assassina individuò la sorgente: proveniva dalle fauci di una statua simile allo strano serpente gigante che c'era di sopra.
Sei... una specie di... di custode, di... guardiano?”
L'illuminazione si riflettè su due occhi lucidi, freddi, privi d'espressione, ed essi si accesero, ad un altezza decisamente limitata, se davvero il loro possessore era dentro la bocca del serpentone. Una figura uscì alla luce.
Sssì...”

_________________________________________
*Descrizione della Città Senza Nome tratta da La Città senza nome  di H.P.Lovecraft
** Descrizione del Grande Cthulhu presa da Il richiamo di Cthulhu di H.P.Lovecraft

So che la poesia sembra insensata, ma leggetela come se fosse un acronimo, saltando le ultime due righe (CV)
Quanto a Cthulhu

Non è morto ciò che in eterno può attendere
E col passare di strani eoni anche la morte può morire


 

Il Grande Cthulhu è l’unico degli Dei Esterni (N.d.A. Sìlfae, lo so! Sto semplificando!) che viva in mezzo agli uomini.
Millenni fa le creature che aveva condotto con se (“Esseri piovra”, “Cthulhoidi”, Progenie di Cthulhu” o che dir si voglia) avevano edificato una città (R’lyeh); ma a causa di movimenti terrestri la città finì inabissata.
Tuttavia, grazie ai suoi poteri, la creatura continua a vivere negli abissi, superando la morte, sognando in eterno e parlando nella mente degli uomini, fino al giorno “in cui le stelle saranno di nuovo allineate”. Ancora oggi per il mondo si aggirano gli adepti di quest’infernale liturgia da esso creata, che dovrebbe presagire al Risveglio.
Della vita e della morte il Grande Cthulhu rappresenta gli orrori.
Si ritiene che sia una personificazione del principio noto in fisica come "Morte termica" dell'universo.
 l'invocazione "Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn", che ricorderete dal capitolo precedente, significa solo "Nella sua dimora di R'lyeh il morto Cthulhu attende e sogna" 
______________ 

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Capitolo 18
*** Scena Sedicesima (XVI): IL RE DEI SERPENTI ***


 Scusatemi del ritardo. Purtroppo il mio PC è morto, pertanto ho dovuto riscrivere tutto daccapo. Sto cercando di recuperare i dati, finora senza esito. Perciò mi scuso in anticipo per futuri e quasi inevitabili ritardi. Continuate a leggere, e sarete ricompensati... forse. Si suppone.

Scena Sedicesima (XVI): IL RE DEI SERPENTI
 

      Your face still haunts
My once pleasant dreams
Your voice chased away
All the sanity in me
- Evanescence, My Immortal
    

  Una figura uscì alla luce.
“Sssì...”
Dubhe e Aster la fissarono ad occhi sgranati: era uguale identico al serpente delle statue, quello che avevano scambiato per un animale mitologico tranne che per un dettaglio: le dimensioni.
Era lungo un metro e venti al massimo, e avanzava in linea retta, senza serpeggiare, la parte anteriore del corpo sollevata, un po' come un cobra in procinto di attaccare.
Era colorato di un blu cupo, tendente al grigio, ma attorno al capo la cresta frangiata, che già avevano notato, era bianca.
I suoi occhi neri, freddi e privi d'espressione, sebbene da rettile, avevano nel contempo indubbiamente una luce intelligente, e inoltre, beh, da chi altro poteva provenire la voce?
“Ordunque? Che vi prende? Non era me che cercavate? Vi abbiamo attesssi, i Grandi Antichi ed io. Sssiete i benvenuti, anche ssse è passsato molto tempo.”
Sì, era lui che cercavano. Ma i serpenti non dovrebbero parlare.
“Che... che cosa... cioè, volevo dire, chi sei?” Era stato Aster a parlare, e ora si guardava stupito, quasi a non capacitarsi di ciò che aveva fatto.
“Non c'è da aver di che temere. Io sssono un Altro Dio minore, condivido la natura del Grande Cthulhu che dorme in R'lyeh, sempre risssuonino le Sssue preghiere. Cosa sssono, lo dovresssti sssapere. Avanti, Assster della Terra della Notte, chiamami con il mio vero nome.”
Basiliskos”, mormorò il mezzelfo, per niente stupito che il rettile conoscesse il suo, di nome. “Il piccolo re.”
Vedendo che la creatura sembrava compiaciuta, piuttosto che incline a saltargli alla gola, ritrovò un poco di coraggio.
La testa del rettile fissò Dubhe. Forse era il fatto che non sbatteva mai le palpebre, ma quello sguardo la metteva a disagio. Si sentiva nuda. “Vedo che sssegui il nossstro ssscambio di battute, ragazza. Ti vedo perplesssa. Hai qualcosssa da chiedere?”
La ladra arrossì. “Ciò che tocchiamo, lo restituiamo alla terra da dove è venuto. Ma voi, non vi toccheremo, giacchè venite dalle stelle. Quindi, non abbi timore di parlare.”
“Ecco... tutti voi serpenti siete così?” Era una domanda idiota, se ne rendeva conto benissimo. Quando mai un rettile le aveva rivolto la parola? “Ti sssei risssposssta da sssola, Dubhe della Terra del Sssole. Comunque, no. Sssolo io sssono in grado di parlare.”
Seguì una pausa. “Sssiete qui per la lama ssstregata.”
Non era una domanda, bensì un'affermazione.
I due erano sul punto di rispondere di sì, poi ci pensarono. Quell'essere era indubbiamente potente. Meglio blandirlo offrendogli qualcosa in cambio? Cos'avevano da perdere? Valeva la pena di provare.
“Ecco... sì. Cosa vuoi in cambio?”
Il basilisco non mutò espressione, ma la sua voce parve divertita. “Non era necesssaria quessst'offerta. Comunque, dato che sssiete ssstati cortesssi con me, vi guiderò persssonalmente alla lama ssstregata, e vi aiuterò a prenderne posssesso. In cambio, dovrete portarci fuori di qui.”
“Cosa?”
“Dubhe della Terra del Sssole, Assster della Terra della Notte, voi non conossscete la ssstoria dell'artefatto. Non è riportata nel tesssto che posssedete, né da nesssun'altra parte. Volete che ve la narri, e così sssappiate a cosssa andate incontro?”
Il mago e l'assassina si scambiarono un'occhiata. Tanto valeva, e poi avrebbe potuto davvero essere utile. Assentirono.
 
“Dovete sssapere che la lama ssstregata è un artefatto dai poteri unici. Ssso perchè la cercate, e non temete: il Necronomicon non mente, può davvero dissstruggere una debole divinità legata a questo piccolo mondo. Essa rappresssenta il bilanciamento fra tutte le forze, e perciò può esssere portata sssolamente da essseri di sessso femminile. Quesssta è la condizione basssale che non può esssere mutata. Per la sssua ssstesssa natura, non è né 'buona' né 'malvagia', sssemplicemente è. Il concetto non è sssemplice per dei mortali, lo ssso. In ogni cassso, è ssscritto che la sssua ssstoria potrebbe terminare oggi. Sssiete disssposssti a porre fine ad un ciclo che continua da millenni?”
“Perchè dovrebbe finire, scusa?”
“Dubhe della Terra del Sssole, tu meglio di altri dovresssti sssaperlo. Possso fugare uno dei dubbi che sssi annidano nel tuo animo: voi due sssiete davvero immortali. L’ultima di cui parla l’iscrizione sul portale sei tu. Altre prima di te sssono giunte, e ssse sssono state degne hanno ricevuto la lama – il cui vero nome, per incissso, è Uruboros, altrimenti ssssono ssstate ressspinte. Ma è dalla sssua creazione, migliaia e migliaia di ani fa, un’età che voi razze mortali non potete concepire, un’età in cui sssstrane creature che neppure riussscirebbe ad immaginare la più fervida delle vostre fantasssie calcavano quel che voi chiamate Mondo Emerso e gli elfi chiamano Erak Maar, che è ssstata destinata a te, ragazza, affinché tu la portasssi.
Ci sssono due futuri posssibili. Tu dovrai riussscire a dominare e ad usssare la lama ssstregata, e la porterai per sssempre. Noi guardiani sssaremo liberi dal nossstro compito.”
“E se fallirò?”
“Morirai.”
 
“Ssse hai paura, non è necesssario che tenti. Puoi tornartene sssana e sssalva da dove sssei venuta. Ma ssse ssscegli di tentare...”
La pausa fu terribile ma in sé la creatura non sembrava maligna, anzi.
“Vi lassscio il tempo di decidere. Non è sssemplice. Quando avrete ssscelto, io verrò.”
Detto questo, il Re dei Serpenti scomparve, lasciandoli soli.
“Non sei obbligata a farlo se non vuoi. Troveremo un altro modo.”
“Quale? Un altro ancora? E non è detto che fallisca. Potrebbe andarmi bene, il... dio, guardiano, là, ha detto che ci offrirà il suo aiuto. E poi... penso che il serpente ci nasconda qualcosa.”
“Vuoi dire che mente?”
“Non è un umano, è difficile capirlo, ma, secondo me, non mente. Sembra abbastanza ansioso di andarsene via di qui. Se davvero è un Altro Dio, il suo aiuto potrebbe essere essenziale. Hai visto come ha stabilito le sue condizioni? Sembra certo che ce la farò. Io dico di provare.”
“È una scelta tua. Vuoi farlo?”
“Sì.”
“Ti prego, stai attenta. Darei la vita per te, non voglio perderti.”
“Non mi perderai, amore mio, te lo giuro.”
“Sai bene che, se potessi, mi sacrificherei volentieri al tuo posto.”
“E tu sai bene che non te lo lascerei mai fare.”
“Dubhe… se ti accadesse qualcosa io… giuro che troverò il modo di seguirti, giuro che troverò il modo di venire con te, hai capito? In un modo o nell’altro, saremo sempre insieme.”
“Oh, Aster… a tenere il mio ultimo respiro al sicuro dentro di me ci sono i miei pensieri di te, e giuro, giuro che non lo lasceranno mai andare.”
“Ti amo, Dubhe.”
“Anch'io ti amo.”
 
“Accettiamo la tua offerta, Re dei Serpenti... e... tenterò.”
“Come desssiderate.”
“Ti offriamo come ricovero per te e il tuo popolo i locali della Rocca dove era alloggiato il culto di Thenaar, ma non sappiamo come trasportarvi i tuoi sudditi.”
“Loro verranno da sé. Non dissstrurbarti a dessscrivermi il luogo, ragazzo. Possso leggerlo dalla tua mente.”
La creatura parve esaminare accuratamente la faccenda, prima di parlare ancora.
“Apprezzo che abbiate eliminato gli idoli che la infessstavano. Il sssito è adeguato, accetto la vossstra offerta. La vossstra generosssità sssarà ben ricompensssata, vi do la mia parola. Ora ssseguitemi, perchè la vossstra prova è vicina.”
 
I tre attraversarono innumerevoli condotti, cunicoli e corridoi, con il basilisco che forniva indicazioni con la sua voce sibilante e di tanto in tanto suggeriva al mezzelfo di non pestargli la coda. Giunsero infine in una sala le cui pareti erano dei serpenti scolpiti, larghi come un braccio, che si intrecciavano in volute tali da sembrare a prima vista una selva di rampicanti. Il rettile ignorò le statue dei suoi simili, e indicò un bracciale posato su un piedistallo. Era formato da un serpente simile all'Altro Dio, solo molto più piccolo e sottile; il suo corpo era contorto su sé stesso così che il rettile raffiguratovi si azzannava la coda, in un circolo senza fine. Era scolpito in un materiale che sembrava argento, e i suoi occhi erano due perfette ametiste. “Ecco ciò che cercate.”
La ladra prese un respiro profondo, fece un passo in avanti, poi si fermò. Guardò in faccia il mezzelfo e gli prese il volto fra le mani: “In qualunque modo vada, io ti amerò per sempre.”
Tese il braccio, titubante. Poi lo ritrasse. Il cuore le martellava nel petto e sembrava scandirle ad ogni secondo la pazzia che stava compiendo. Il basilisco fece un cenno impercettibile con il capo, incoraggiante.
Al che Dubhe si convinse: protese la mano e sfiorò apena il bracciale. Per un attimo le sembrò che gli occhi scolpiti la fissassero malevoli, poi l'argentea creatura si mosse, svolgendo la spira, risalendole le dita e ricomponendo la propria forma originaria attorno al suo polso. Subito i muscoli della ragazza cedettero, e se Aster non l'avesse afferrata sarebbe scivolata sul pavimento.
“L'ha accettata”, osservò tranquillo il basilisco.
“Ora che si fa?”, chiese il mago.
“Aspettiamo.”
 
Bianco.
Era tutto bianco intorno a lei.
Non c'era nulla.
Non aveva più un corpo, o forse il suo corpo si trovava miglia e miglia distante.
Non aveva né mani né bocca. Né polmoni. Né cuore.
Sembrava sola.
Sembrava.
Un'altra sprovveduta.
Un'altra che non sa che fare della propria esistenza...
Non sapeva da dove venisse la voce, la sentiva tutto intorno a sé.
Guardami, ragazzina.
Il bagliore si fece più intenso.
Mi vedi?
Non sai come usarmi, vero?
Lo immaginavo.
Io sì.
Lo sai chi sono, vero?
Sì, il tuo cuore lo sa sei venuta qui per questo.
Ma vedi, non è necessario.
Nulla è necessario.
Sai cosa potresti fare se ti donassi a me?
Potremmo diventare potenti, potremmo dominare tutto il Mondo Emerso.
Com'era suadente quella voce. Ma soprattutto le parole che usava. Non è necessario. Dubhe non si era mai sentita dire che qualcosa non era necessario. Aveva sempre avuto troppe responsabilità addosso, troppe. Non era mai riuscita a vivere davvero...
Sì.
Tu vuoi la libertà.
Io posso dartela...
Tu non sei altro che una patetica creazione di questo mondo infame, uno strumento, e nulla più. Non esisti. Tutto ciò che possiedi, è il nulla, tutto ciò che provi, non ha importanza. Non sei nessuno.
Insieme potremmo fare grandi cose... Concediti a me.
Dammi la tua anima, ammesso che ne abbia una...
 
La ragazza si agitò. Il suo volto era concentrato, le sopracciglia aggrottate, e rivoli di sudore le scorrevano lungo il corpo. Per un attimo o due mormorò qualcosa, che il mago non riuscì a cogliere.
“Assster. Parlale.”
“Csa?
“Il manufatto sssta avendo il sssopravvento. Parlale!”
 
“Dubhe. Non so cosa dirti. Eppure ci sono tante cose che dovrei confessarti. Vedi, io non ho mai amato nessuno, prima d'ora, come sto amando te. Te l'ho detto, sei la mia redenzione. Non potrei lasciarti... Ti prego Dubhe, non arrenderti. Lascia perdere gli ideali, lascia perdere tutto. Questo mondo non merita neanche una tua goccia di sangue, neanche una tua lacrima. Ti voglio bene, e ti voglio per me, non per qualunque sciocca missione dobbiamo compiere noi due. Ti voglio perchè sei la mia ragazza. Non è tempo per te di cercare la pace, non lo capisci? Esiste un solo futuro per te, ed è qui con me. La tua pace è qui con me. Sono un egoista, ma ti voglio. Io non posso esistere, se te ne vai.”
Vedendo che non reagiva, si chinò su di lei, e le baciò la bocca con tutta la disperazione che sentiva riempirgli l'anima.
“Ti amo”, le sussurrò.
La ragazza sussultò.
Aster, sentendosi sulla strada giusta, la baciò, ancora e ancora.
La tirò su, stringendola forte contro di sé.
“Dubhe, dannazione!” 

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Un piccolo regalo: a questo link, c'è Dubhe come l'ha vista Aster nel tredicesimo capitolo... con qualche concessione alla decenza.
Hope you enjoy!
http://aesirthedarkone.deviantart.com/#/d4h5acm 

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Capitolo 19
*** Scena Diciassettesima (XVII): NEL CUORE DI DUBHE ***


Nota: la fic cambia titolo. Eh, sì, ma non preoccupatevi. Questa prende il nome della prima parte, e quella viene rimominata "Il Sigillo della Morte". Questo per una serie di ragioni. Sicche invece di "La Strada di Dubhe" avete "Il Sigillo della Morte", e invece di "L'Assassina e il Tiranno" avete "La strada di Dubhe". Scusate il disagio.
Scena Diciassettesima (XVII): NEL CUORE DI DUBHE
 

  Blinded to see the cruelty of the Beast
It is the darker side of me
The veil of my dreams deceived all I have seen
Forgive me for what I have been

Forgive me my sins
- Within Temptation, The Truth Beneath The Rose
  

Era così bello.
Quasi era sul punto d'accettare.
Poi qualcosa cambiò.
Una fiamma nera l'avvolse, le divampò intorno.
Dubhe vide le cose come stavano.
Perchè non si arrendeva?
Perchè non si lasciava andare?
Perchè non poteva. Perchè non poteva desiderare la libertà, se quella libertà che le veniva offerta era una schiavitù. Perchè lei voleva Aster e basta. Voleva uscire da quella prigionia, voleva solo abbracciarlo, voleva sentire il suo peso sopra di lei, voleva sentirlo mormorare che la amava.
Capì che quella pace che le veniva offerta era un'altra forma della Bestia. Di nuovo il suo corpo non le sarebbe più appartenuto. Ma non poteva permetterlo. Non poteva permettere che qualcun'altrotoccasse il mezzelfo, che lo baciasse. No, decisamente quella che le era offerta non era la pace. La sua pace era nelle coltri di un letto, era nella voce di Aster, era in quel “Ti amo”che l'aveva raggiunta anche nell'inferno bianco in cui stava sprofondando impotente.
Avevauna ragione per andare avanti, per combattere, per vivere. Dubhe aveva finalmente trovato la sua strada, e non avrebbe permesso mai a nessuno di portargliela via.
Le sue stesse parole, pronunciate ad Aster quella che le pareva una vita intera prima, le risuonarono nella mente: Non possiamo toglierci di dosso questi pesi, ma non significa che non ci possa essere altro, al di fuori della nostra sofferenza...
Ma ora aveva bisogno di evocare quella sofferenza, perchè per lei avrebbe significato vita. Quella ragione di vivere aveva un nome.
Era la persona che la chiamava.
Tutto pur di rivederlo.
Tutto.
La sua presa si rafforzò.
Ma non bastava.
Tentò e tentò, combatté come solo una disperata può combattere.
Fu tutto inutile, era giunta ad uno stallo.
Non poteva più sprofondare.
Ma non riusciva più a risalire.
Quasi le venne da ridere, amaramente: è la storia della mia vita, cercare una via d’uscita senza riuscirvi.
Io posso aiutarti...
La follia era lì, ad un passo.
Il terrore di poter ancora dar retta quella voce la convinse.
Bisognava ricorrere a mezzi estremi.
Dubhe non poteva sconfiggere la lama stregata.
Ma qualcun altro sì.
 
Si chiese se davvero fosse stata lei a decidere tutto ciò. Si chiese se davvero fosse così pronta a rituffarsi in ciò che aveva sempre negato, in ciò che faceva più fatica ad accettare. Sì stupì della propria arrendevolezza, e se ne preoccupò.
Peccato che ormai non potesse più tirarsi indietro.
Si concentrò. Sangue. Nettare. Dolore. Piacere. Sofferenze. Gioia. Morte. Vita. Vita. Morte. Una vita dannata, una morte cercata. Una morte respinta, una vita cui era avvinta. Nel buio del suo corpo, negli oscuri recessi della sua anima, nel buco nero che dimorava dentro di lei, due occhi rossi si aprirono, spandendo una cupa luce ad illuminare il nulla.
Il silenzio riempie la tomba vuota, ora che sono morta. Ma la mia mente non riposa, perché molte domande sono ancora senza risposta. Io le porrò e tu risponderai.*
Una zampa artigliata calò, dilaniandole lentamente le viscere. La giovane ladra strinse i denti. Almeno era tornata cosciente del suo corpo.
Questo è per avermi rifiutata.
Il bianco, lentamente, si tinse di rosso, goccia dopo goccia. Il rosso del sangue che zampilla, il rosso dei corpi straziati, il rosso della furia. Pian piano, sgocciolò fino a riempire tutto. E lo sentì nelle sue narici, con il suo odore metallico, sulle sue mani con la sua viscida appicciccosità.
Era immersa nel sangue.
Ma quella era la sua natura, era la Dubhe che aveva sempre rifiutato..
Nato nel vizio, morto nel supplizio.
Nato nel peccato, a entrare sia invitato.**
La sentiva tutt’intorno a sé, la Bestia, era la paura della preda che sapeva che il predatore era vicino, il terrore atavico che aveva permesso ai suoi antenati di sopravvivere, milioni di anni prima.
Hai visto che avresti avuto bisogno di me un'ultima volta?
Aveva ragione, ma Dubhe era spazientita, e in ogni caso non gliel'avrebbe mai data, ragione, neanche a costo di mettersi dalla parte del torto. Ma alla Bestia non parve interessare.
Mi hai negata a lungo, schiacciandomi tra cuore  e diaframma. Ho dovuto respirare l'aria mefitica dei luoghi oscuri in cui  mi hai confinato, ma io ci sono sempre stata. Ero il tuo piacere quando hai ucciso Gornar; ero la tua follia quando  ti sei vendicata. Ora sono tornata, e non potrai  più incatenarmi.
Non gliene fregava neanche un po' di sentire l'autobiografia della sua maledizione. Doveva fare quel che doveva, e spicciarsi. Ma la Bestia pareva divertita della sua impazienza: Sono la tua essenza più profonda, il volto vero delle cose spogliato delle scuse di cui ti ammanti quando ti muovi tra gli altri esseri umani. Resto solo io. La tua anima nera, la vera Dubhe.
Una mano artigliata si strinse con crudeltà sul cuore della ladra, incidendolo lentamente dall’alto verso il basso. Sto tenendo in mano il tuo cuoricino, sibilò la maledizione. Se te lo strappassi, di certo tu moriresti…
In un’altra occasione Dubhe avrebbe apprezzato l’ironia della sorte.
Strappamelo, aveva chiesto ad Aster.
Che beffa che dovesse finire proprio così…
 
Faceva male. Tanto, tanto male. Basta… io…
Io sono un monumento a tutti i vostri peccati*, la sbeffeggiò la creatura oscura.
Non poteva ribellarsi. Non poteva fare assolutamente nulla. È la mia vita che finisce, come altre volte in passato. La conclusione giunse inevitabile: muoio.
Incredulità, in quella parola. C’era voluto così poco a dirlo. E poi, il silenzio. L’essenza della morte era tutta lì, in quel silenzio assordante e fastidioso.
Ma non è vero. Io voglio Aster. Io voglio vivere. Si concentrò sui battiti disperati del suo cuore, perdendo la concezione del tempo, mentre ognuna delle ferite che le infliggeva la sua maledizione non si fondeva con gli altri, finchè tutti non si unirono in un’unica ferita pulsante, che la avvolgeva come una serpe fra le sue spire.
Finalmente, quando sembrava che a quella tortura, al macabro divertimento della Bestia, non ci sarebbe stata più fine, un ruggito scosse l'intera essenza della ragazza, le strappò stille di dolore da ogni singolo nervo. Ma una parte di lei si stava godendo quel dolore. Non c’era più altro, ormai. Quella solitudine era stata la sua condanna, e ora sarebbe stata la sua salvezza. Niente più lama stregata, niente più tempio di serpenti, niente più assurde divinità. C’erano solo lei, e la maledizione che portava dentro. C’era però qualcosa di diverso da tutte le altre volte in cui era stata posseduta dalla Bestia, una singola nota, meravigliosa, che stonava. Nella sua mente restava l’immagine di un volto delicato e alabastrino, due orecchie a punta, capelli blu notte lunghi fino al collo e soprattutto due stupendi occhi verdi, gli occhi in cui aveva visto riflessi i suoi. E questo le diede la forza di mantenere il controllo. Scattò in avanti, concentrando in un solo colpo una vita piena di sofferenze, un desiderio struggente della persona che amava e una determinazione a vincere ad ogni costo, a portare a termine la sua missione. Rivolse quei pensieri affilati come una lama contro l'artefatto, e ruggì.
La sua coscienza si spinse in avanti con la forza di un uragano, spazzando letteralmente via l'influenza della lama, schiacciandola, comprimendola, annientandola, cacciandola via dall'artefatto che d'ora in avanti sarebbe appartenuto a lei sola.
Questa è la MIA vita, e né gli dei né gli uomini riusciranno mai a portarmela via!
Io sono Dubhe della Terra del Sole... E IL MIO DESTINO MI APPARTIENE!
 
“Questa è la MIA vita, e né gli dei né gli uomini riusciranno mai a portarmela via!
Io sono Dubhe della Terra del Sole... E IL MIO DESTINO MI APPARTIENE!”
Aster trasalì: la ragazza aveva urlato. Di colpo vide il suo corpo scuotersi, spinto in avanti, come se ci fosse stato qualcosa nel suo petto che aveva deciso che la via più rapida per liberarsi era spaccarle la cassa toracica. Poi i suoi occhi si spalancarono.
Occhi scuri, profondi.
Vi colse per un attimo un abisso smisurato, infinitamente profondo, il baratro da cui era a fatica risalita, con le sue forze, e dolore, tanto, tanto dolore, ma dopo appena un istante, probabilmente quello che occorse alla giovane per fare mente locale, la vide più tranquilla. C'era sempre un'aria inquieta, in quegli occhi, ma Dubhe era così, e quello era un altro dei tanti motivi per cui l'amava.
Il mezzelfo le scostò dal volto i capelli bagnati di sudore gelido, lo stesso che le scorreva a rivoli addosso, e la guardò come se la vedesse per la prima volta.
La trovò stupenda.
Ma se l'artefatto l'avesse cambiata? Se le avesse alterato la mente, rendendola sua schiava? Se quella che giaceva contro di lui non fosse stata più Dubhe? Erano tante, troppe le paure. La ladra tossicchiò, poi si tirò su. Si fissò il braccio, e vide gli occhi ametista del serpente pulsare. “Ce l'ho fatta...”, mormorò con un filo di voce, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Poi guardò Aster. La sua immagine riempiva il suo campo visivo, ed era bello, bello come una stella discesa in terra, bello come nessun altro. Gli sorrise appena, un sorriso tirato e stanco, ma indubbiamente un sorriso, che per un attimo parve illuminare il suo volto delicato, e ogni dubbio che il mago poteva aver avuto si dissolse come un'ombra davanti alla luce di mezzogiorno: quella era veramente la sua Dubhe.
Incredulo, Aster la strinse fra le braccia, ridendo e piangendo allo stesso tempo. Era un regalo bellissimo: non ci avrebbe mai scommesso, avrebbe giurato davanti a testimoni che era sicuro che sarebbe andato storto qualcosa, ma... ma la sua ragazza ce l'aveva fatta, era viva, aveva quell'artefatto e adesso stava fra le sue braccia come se niente fosse accaduto. “Dubhe… io ti amo… ti amo… ti amo! …e ho corso il rischio di perderti per sempre…! Ho avuto paura di perderti per sempre…! Promettimi che non farai mai più una cosa del genere, mai più...”
Lei lo notò per la prima volta la sua fronte corrugata, e le labbra serrate, e quando incrociò il suo sguardo si sentì confermare ciò che già la sua voce avrebbe dovuto digli, ma che era troppo stupita per accettare. Il mezzelfo era spaventato a morte. Non l’aveva mai visto così. Di colpo l’enormità del suo gesto la colpì. Lo abbracciò con disperazione: “Te lo prometto, amore mio, non sarà necessario... Dei, Aster, sono così stupida! Non immaginavo sarebbe stato così tremendo per te… ti prego, perdonami.”
“Non ho niente da perdonarti, amore mio… Ricordati, Dubhe, io ti vorrò bene sempre… qualunque cosa tu faccia…”
Adesso scorrevano lacrime anche sul viso della ragazza. Perchè non gliene importava nulla della loro missione, nulla dell'oggetto conquistato con tanta fatica. L'unica cosa che davvero desiderava era accanto a lei, e la stringeva fra le sue braccia, e respirava contro il suo corpo. La vita, come l’aveva conosciuta in quella che le era sembrata un’eternità, in balia della sua maledizione, le era parsa un’unica, lunga notte buia.
Si era sbagliata. C’era una stella ad illuminarla.
“Baciami”, gli sussurrò Dubhe.
“Cosa?”
“Baciami. Qui e ora.”
Le mise una mano dietro alle scapole e le sollevò il busto, poggiando appena le labbra su quelle di lei.
“Eh, no! Cosa mi combini?!”, si ribellò la fanciulla. “Baciami come si deve!”
Il mezzelfo fu ben contento d'ubbidire. In effetti, non desiderava altro. Unì la sua bocca a quella della ragazza, mentre lei faceva la stessa cosa, e in quel momento il mondo attorno a lei scomparve, e ci fu solo il sapore dolce della sua gola, l'odore della sua pelle, le sue braccia che lo stringevano per assecondarla meglio. Le sue labbra erano bollenti, e le bruciavano la pelle come acido, laddove la toccavano. Quel calore la pervase, le scese giù dalla gola, nel petto e nel ventre, sanando le ferite degli artigli della Bestia, poi risalì all’altezza del cuore e lì rimase. Si accorse di averlo atteso in ognuno degli istanti che aveva passato sotto il controllo della maledizione, di averlo atteso… e adesso di possederlo senza più limiti. Fu un bacio lungo, e bellissimo, senza tempo. Quando si staccò da lui, ad entrambi brillavano gli occhi, e il respiro era accelerato. “Accidenti”, le mormorò il ragazzo, facendole correre un brivido lungo la schiena. “Se sapevo che baci così bene dopo che hai compiuto qualche impresa assurda...”
“Non dirlo neanche per scherzo.”
Aster ci pensò su. “Hai ragione. È stato stupido da parte mia. Mi perdoni?”
Con tanto di occhioni sgranati da cucciolo, e un sorriso allo stesso tempo mortificato e dolcissimo.
Tu stai tenendo in mano ‘il mio cuoricino’, e io voglio regalartelo.
L'assassina si allungò e gli asciugò una lacrima dalla guancia, per poi baciare lo stesso punto: “Certo che ti perdono. Non ce la posso fare senza di te”, sorrise, e poi ripetè le parole con cui gli aveva dato il permesso di iniziare quella follia.
“Senza di te io non esisto.”
 
Solo allora si ricordarono del basilisco. “Ehm...”, fece il serpente, mettendoci pochissimo impegno per sembrare sinceramente dispiaciuto. I due, comunque, erano troppo imbarazzati per notificarlo: le effusioni in pubblico potevano anche andare bene, però davanti ad un rettile mitologico era un po' troppo. Cercarono di ricomporsi. “Grazie per averci aiutato.”
“Non c'è di che. Tornate a trovarci, ogni tanto. Fa piacere parlare con qualcuno.”
La ragazza, che stava giusto per chiedere al Re dei Serpenti dove volesse sistemarsi per il viaggio, ammutolì: “Ma... la Rocca...”
Il rettile le sorrise. “La lama ssstregata ti ha reputata degna, Dubhe della Terra del Sssole, ma ci sono altre cossse oltre a ciò. Il coraggio, e l'onore, e la compasssione, e la volontà di vivere. Ho avuto la conferma che voi due sssiete davvero delle brave persone. Ora ricordate: là fuori vi attenderà altro dolore. Dovrete combattere a lungo, dovrete sssoffrire. Ci sssarà la gioia, e sssarà il tormento, così come l'essstate sss'alterna all'inverno, e il ciclo  non ha mai fine, come la fenice che becca il corpo della ssserpe, e la ssserpe morde la coda della fenice, ed Uruboros ssstriscia sssempre in cerchio, azzannato alla sssua essstremità. Pressserverate, e giungerete a ciò che agognate alla fine di quesssta misssione. La felicità non è una vita sssenza dolore, ma piuttosssto una vita in cui il dolore è un giusssto prezzo. Non arrendetevi mai, non permettete ad alcun insuccessso di ssscoraggiarvi, e ricordatevi che occorre morire per rinassscere, che è dalla morte del ssseme che nasssce l'albero, e che ogni dolore nasssconde una gioia, e ogni fine un principio.”
Si fermò, sembrava incerto se continuare o no.
“Non tutto il futuro che mi si ssschiude dinnanzi, purtroppo, è dissspensabile. Ma qualcosa mi è concessso rivelarvi, e ssso che è ciò che più vi preme.”
Fece una teatrale pausa di circostanza.
“La risssposssta è sssì, Dubhe della Terra del Sssole e Assster della Terra della Notte.
Ssstarete sssempre insssieme.”
 
E mentre si allontanavano dalla Città Senza Nome, il vento s’insinuò fra i cunicoli e le pietre di quel luogo maledetto, facendo risuonare un lungo sibilo, quasi il lugubre verso, le maledizioni e le spettrali proteste, di una schiera lontana di demoni lì incatenati. Il suo volume crebbe rapidamente, finchè non echeggiò stridulo e lamentoso mentre si riversava nell’abisso. E quel suono spettrale sembrava scandire:
Ci sono prodigi che devono avvenire nell’oscurità. Venuti dall’ombra, porteranno la luce. 

________________________________________
*
Il Gravemind, Halo 2 e Halo 3
** Stephen King, La tempesta del secolo

Un paio di disegbi... se vi piacciono, un commentino è sempre gradito
Dubhe... come l'ha vista Aster nel tredicesimo capitolo
Dubhe
L'ultima a mio parere è quella riuscita meglio
 

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Capitolo 20
*** Scena Diciottesima (XVIII): VECCHI DEBITI ***


Scena Diciassettesima (XVII): VECCHI DEBITI
 

  I’m your sacrifice
You poor sweet little thing
Do you wonder why you hate?
Or are you still too weak
To survive your mistakes?
- Evanescence, Sweet Sacrifice
  

Era sera, e nuvoloni all'orizzonte non preannunciavano nulla di buono. Dubhe sospirò. Il tempo era una cosa che andava accettata, che niente e nessuno avrebbe cambiato.Il basilisco aveva ragione, pensò. Tutto si alterna, in un ciclo che non ha mai fine. Il Mondo Emerso si è tenuto in vita attraverso di questo, non per i suoi dei. Tutto scorre.
E poi: Ma noi resteremo.
Si era svegliata di umore cupo, quella mattina; il mezzelfo l’aveva trovata nella palestra, mentre, vestita semplicemente con una casacca senza maniche e un paio di pantaloni leggeri, a piedi nudi, eseguiva una serie di movimenti fulminei. I suoi pugnali tagliavano l’aria sibilando, il suo corpo si muoveva sinuoso e il suo volto serio appariva totalmente concentrato. Aster era rimasto appoggiato ad una colonna per tutta la durata del suo allenamento, poi, quando lei aveva infilato il pugnale nel fodero, ansimante e con la pelle pallida che luccicava come se fosse stata spalmata di olio, si era limitato a chiederle: “Meglio, adesso?”
La ragazza si era detersa con la mano una goccia di sudore che le imperlava il sopraciglio destro, e aveva annuito, ma poi aveva passato la giornata a dare sfoggio del suo pessimismo, segno che non tutto il suo turbamento si era dissolto. Non si sarebbe accorta di niente, se il suo fine udito non l'avesse avvertita del battere al portone dell'ingresso. Si trovava ai piani inferiori, altrimenti non l'avrebbe mai sentito. Con cautela, dischiuse la porta.
 
Pioveva. Era raro, ma quando si scatenavano, le tempeste della Grande Terra erano devastanti. Era un luogo senza limiti: o arsura, o diluvio. Una figura avanzava, avvolta in un mantello usurato. Era sporca, e lacera, ma avanzava con decisione. Nel suo campo visivo c'era posto solo per il suo obiettivo: l'enorme, mostruosa sagoma della Rocca. Dominava tutto il Mondo Emerso, ma da lì la costruzione di cristallo nero appariva davvero per quel che era in realtà: una sfida agli dei.
Si avvicinò al suo enorme, colossale portone, quello che era stato abbattuto, molto prima che lui nascesse, ad imitazione dei cancelli di Seferdi.
Bussò, chiamando furiosamente.
Ma quando qualcuno venne ad aprirgli, sentì solo una voce femminile urlare il suo nome.
Poi svenne.
 
No, non era possibile.
Era più alto, sempre magro, e la pelle del volto si era fatta più regolare.
Solo, appariva smunto, ma comunque Dubhe lo riconobbe benissimo.
“Jenna?!”, esclamò.
 
Si è svegliato,pensò. E ora cosa gli dico?
Il momento della loro separazione era stato imbarazzantissimo per entrambi, con lei che non era riuscita ad ucciderlo, e poi gli aveva rivelato ogni cosa sulla Gilda, con l'ordine tassativo di levarsi dai piedi, nascondersi, perchè la Setta lo voleva morto. Poi non aveva più saputo nulla. Gli aveva anche promesso che l’avrebbe cercato, quando tutto fosse stato finito: l’ennesima promessa che non era stata in grado di mantenere.
E ora se lo ritrovava fra i piedi. Beh, che poteva fare?
Ancor prima che il ragazzo facesse domande, gli raccontò tutto: di Lonerin, del Consiglio delle Acque, del viaggio per cercare Sennar, dell’unica strada che il destino aveva tracciato per la sua salvezza: uccidere chi le aveva imposto la maledizione. Raccontò poi del viaggio che lei e Theana avevano intrapreso per infiltrarsi nella corte della terra del Sole e assassinare Dohor, quindi del suo amore per il principe, della loro fuga, della morte di Dohor e di quella di Learco. Lo disse con tono tranquillo, di chi si limita ad enunciare degli avvenimenti. Mentre parlava del principe della Terra del Sole, si accorse che, quando, nella disperazione, gli aveva detto che per lui lei era solo una vendetta su suo padre (sembravano passati secoli!), aveva avuto pienamente ragione. Il suo volto era sfumato, distorto, la sua voce un ronzio indistinto. Non l'aveva mai amato veramente. Era stato solo una consolazione. No, non era a Learco che era destinata. Aster, pensò, e nella sua mente si disegnarono il volto pallido del mezzelfo, i suoi capelli blu e i suoi occhi verdi, e sentì la sua voce mormorarle che la amava e le sue mani carezzarle la pelle. Aveva una voglia matta di uscire di lì e tirarlo sul primo letto a disposizione, e si promise che sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto, non appena avesse finito con Jenna.
Quando terminò il suo racconto, il ragazzo le sorrise. “Sei rimasta la solita, Dubhe. Uguale ad allora. Come una volta, avevi bisogno di qualcuno che potesse aiutarti, che ti sostenesse, perchè non eri capace di camminare da sola.” La sua voce aveva preso un tono innaturale che alla ladra non piacque per nulla. “Che vuoi dire?”
“Che abbiamo scoperto il vostro punto debole, sì: quando siete divisi, e vendicheremo Aelon...”
La ragazza spiccò un salto all'indietro, sguainando il pugnale. Era finita in una trappola come una stupida, ma non avrebbe permesso che quell'errore si ripetesse. Ammesso che le restasse la possibilità di farne tesoro. Ma l'arrendersi non le passò neanche per un istante in mente.
Vinci.
O muori. Combattendo.
 
Sempre sogghignando, il giovane si sollevò, lasciando cadere le coperte sul suo corpo, che iniziò a mutare. Di umano mantenne solo la forma generale, mentre la sua testa si trasformò in quella di un grande felino selvatico, gli occhi fiammeggianti e zanne lunghe un palmo. Il corpo si ricoprì di una pelliccia ardente, le dita si allungarono in artigli e il mostro rise.
Ma come? Scappi da me, Dubhe? Non mi hai sempre cercato per tutta la tua vita? Io sono l'oblio. Io sono l'oscurità.”
“Ti piace parlare, Gloriar?”, fece sarcastica lei, scagliando due dei coltelli da lancio, che si infissero in profondità nella carne. Ma la divinità rise e se li scrollò di dosso, strappandoli e ritirandoglieli contro. Dubhe fu costretta a schivare.
Il mostro fece per avventarsi contro di lei, certo della vittoria, ma in quel momento accadde qualcosa. Gli occhi viola del bracciale a forma di serpente s'accesero, sfavillando e puntandosi contro la creatura, mentre una sorta di filamenti di uno strano metallo organico si arrampicarono come viticci su per la mano della giovane, avvolgendo il pugnale. La lama brillò di una luce bianca, accecante, e la ladra vide un attimo di incertezza nell'essere.
Evidentemente i poteri della lama stregata dovevano essersi destati. Comprese che quel prodigio aveva cambiato le forze in gioco, e così, quando il dio le fu addossò, lei piroettò con eleganza e, con un gesto fulmineo, gli piantò il pugnale nel cuore, affondandolo più che poteva, torcendolo nella ferita e strappandolo subito dopo.
Gloriar si guardò stravolto il foro nel petto, da cui sgorgavano rivoli di oscurità. La giovane assassina approfittò della sua distrazione e gli tirò un calcio, mandandolo al suolo. Controbilanciò il colpo atterrando sulle mani, il respiro solo leggermente accelerato. Dalla sua mano si generò un globo luminoso che scagliò contro il capo della creatura, facendola accasciare. Sangue nero e denso come pece gli colava dalla bocca.
Stupidi illusi! Non potete vincere! Io esistevo quando ancora voi non c'eravate, ed esisterò quando voi non ci sarete più. Io... non posso... morire... Voi... siete solo... mortali...”*
Le stesse, arroganti, sciocche parole dell'altra volta, pensò Dubhe. Non provava pietà per quell'essere: doveva essere distrutto, era un nemico. E non c'era posto per la compassione: un avversario del genere si sarebbe ripreso, e si sarebbe vendicato, sarebbe tornato, non importava quanto lei lo danneggiasse. Lei lo sapeva, e lo sapeva anche la divinità. Doveva morire. O io, o lui. Alzò la mano, generando un secondo globo luminoso, e lo unì alla lama del pugnale, che poi lo calò là già dove la sua arma aveva trovato la facile via. Gli occhi di Gloriar si dilatarono, e il suo pelo avvampò di un bagliore intenso, sfrigolando, come se la luce fosse stata un incendio che lo divorava, e un istante più tardi il suo corpo consumato si accasciò, sciogliendosi lentamente.
“Sei stato furbo, bastardo. Non abbastanza, però”, ansimò Dubhe, concludendo lo scambio di battute.
Si rialzò, e sebbene sapesse che Gloriar non potesse più sentirla, sibilò, autocitandosi.
“Siamo tutti mortali.”*
 
“Dubhe!”, urlò una voce un secondo più tardi.
Tempismo perfetto, pensò lei, andando ad aprire. Aster non le lasciò il tempo di parlare, e la strinse in un abbraccio. “Stai bene?”
“Sì”, sorrise la ragazza. Indicò il corpo liquefatto. “Ci sono riuscita!”
Il mago sgranò gli occhi: “Com'è successo?”
“Beh, mi aveva presa alla sprovvista, ma il bracciale si è acceso, e ha illuminato il pugnale, brillando di una luce fortissima. L'ho ucciso con quello. E ho anche scagliato globi di energia dalle mani!”
“Sul serio? Prova a controllarlo, dai.”
“Cioè? Cosa devo fare?”
“Ordinagli di fare qualcosa.”
La ragazza si concentrò. Fuoco, pensò, e la sua mano avvampò. La calò in un colpo, incenerendo parte del cadavere. Tuttavia, quasi a capire le sue intenzioni, le fiamme non lambirono nient’altro. Il pavimento non venne neanche strinato. La ladra si guardò incantata la mano, come se non credesse a ciò che aveva fatto.
“Wow...”, sussurrò.
Aster la afferrò, e prima che potesse reagire la prese in braccio.
“Qui bisogna festeggiare”, esclamò, salendo le scale, in direzione della camera da letto.
Dubhe si aggrappò al corrimano, fermandolo e, in risposta al suo sguardo interrogativo, baciandolo appassionatamente.
 
“Non riesci a dormire, eh?”
“No...”
“Neppure io. Troppi pensieri...”
Rimasero in silenzio. Il mezzelfo allungò una mano a sfiorare la spalla sinistra di Dubhe. Sulla superficie del muscolo, sentì un ispessimento, una vecchia ferita rimarginata. L'aveva notata da un po', ma era sempre stato zitto, timoroso di risvegliare in lei ricordi poco piacevoli. Ma questa volta non riuscì a trattenere la curiosità. Le sfiorò la cicatrice: “Come te la sei fatta, questa?”
Dalla sua bocca sgorgò una risata fredda, senza allegria, brusca e sarcastica, e, quando parlò, la voce della ragazza era cupa: “Rekla.”
Lasciò quella parola in sospeso, poi si decise a spiegare. “Quando ero nelle Terre Ignote, ed ero capitata  nelle sue mani, si divertì a torturarmi. Questa è la ferita che inferse con il mio pugnale. Erano anni che quella lama non toccava la mia carne...” Il suo tono era gelido, e Aster se ne accorse. La ladra stava descrivendo gli eventi, ma cercando di tenersi distante da ogni partecipazione emotiva. Qualunque cosa fosse successo, era una piaga che ancora sanguinava... come tante altre.
“Che altro accadde?”
“La tortura è tortura. Non mi va di parlarne”, tagliò corto lei.
E non c'era solo quello...
 
… prese Rekla e la sbattè a terra. Era quasi i fin di vita, ma per la Bestia non era sufficiente. Dubhe le mise le mani attorno al collo e strinse, strinse, mentre sentiva i piedi della sua vittima che si dibattevano convulsamente.
Basta!
Le ossa del collo si ruppero sotto la sua presa e Dubhe sperò di poter morire, di potersi perdere per non dover continuare ad essere spettatrice di quell'orrore...
 
Come a indovinare i suoi pensieri, il mezzelfo disse: “Non c'è niente da vergognarsi nell'essere deboli, talvolta... e ti giuro che tu lo sei assai meno di quanto sembri credere.”
La ladra trasalì: non sopportava di vedersi sbattuta in faccia ogni volta la propria debolezza, lei che al prezzo di grandi sofferenze aveva infine imparato a essere forte, a essere insensibile. Eppure sentì distintamente che l’irritazione momentanea scompariva, per essere sostituita da un muto ringraziamento per le parole dell’altro. Questo dapprima la stupì, poi fu il turno di meravigliarsi del proprio stupore, perché sapeva benissimo che il ragazzo sapeva toccare in lei i tasti giusti per dissolvere le sue inquietudini. Infine rimase solo l’accettazione di quanto l’ex Tiranno fosse importante per lei, e il timore di come sarebbe caduta in rovina la sua vita senza di lu.Rimasero in silenzio. Il mezzelfo sentiva provenire da lei tristezza e rimpianto. Erano sentimenti tipici di Dubhe, ma erano presenti in una quantità tele che quasi lo spaventarono. E poi c’era qualcos’altro, che sopraffaceva anche quelle sensazioni, qualcosa che non riusciva ad identificare e che perciò lo preoccupava ancora di più. Quando Aster osò allungare la mano, sfiorò piano le guance della giovane; sentì sotto alle dita qualcosa di bagnato. Pur sapendo che era perfettamente inutile, se le portò alle labbra.
Sale.
“Dubhe... non piangere...”
Dispiaciuto per averla fatta soffrire, e desideroso di far qualcosa, qualsiasi cosa, per alleviare il suo dolore, avvicinò il viso al suo. Ma prima che potesse fare ciò che gli era venuto in mente, la voce della giovane assassina ruppe il silenzio. “Scusami, sono stata troppo dura, ti ho trattato male. Mi dispiace.”
“Non preoccuparti.”
“Invece mi preoccupo, perchè non voglio offenderti...”
Sospirò. “È solo che…”
“Solo che cosa? Su, parlane. Alla fine vanno via sempre, questi momenti in cui il mondo sembra crollarti addosso e vorresti solo trovarti un posto dove rifugiarti. Lo so, com’è, credi che non ci sia passato anch’io? Torneranno, è vero, però intanto saranno andati via… Non lasciare che il pensiero del dolore futuro rovini la felicità del presente… Dubhe, c’è qualcosa in te che non riesco ad identificare… aiutami, per favore!
La ragazza rimase zitta così a lungo che Aster pensò che non avrebbe più parlato, ma all’improvviso la sua voce, intervallata da singhiozzi, ruppe il silenzio. “Sento le lacrime bagnarmi le guance, eppure non sono triste. Sento i ricordi dilaniarmi la mente, eppure non ho rimpianti. È come se non esistessi, e allo stesso tempo fossi il mondo intero. Perché tu sei accanto a me. Ho paura, tanta paura. È che tu sei tutto per me, maledizione! Nonostante quello che so, nonostante quello che ci è stato detto, ho paura d perderti, ho paura di essere di nuovo sola.In quale luogo, io? C’è un posto o un tempo in cui io possa essere felice? Nessuno può darmi la risposta, tranne tu. Tu sei tutto per me, non lo capisci? Senza di te io non sono nulla, sono solo un mucchio di tristi ricordi, tenuti insieme dal sordo dolore. Senza di te non posso provare emozioni, non posso pensare a me stessa, non mi sembra nemmeno di esistere. La morte non mi fa paura, ma… vivere senza di te? Le mie speranza sono state infrante troppe volte perché io possa anche solo pensare ad un futuro migliore. Io… io.. io sono stanca del dolore, stanca della mia solitudine, sono stanca di tutto. Non voglio soffrire mai più! E allo stesso tempo, sono vissuta così tanto tempo in compagnia del dolore che ho paura di sapere che genere di persona sarei, senza di esso.**”
Nel buio, Aster sorrise. Conosceva la prassi: quando la ragazza soffriva, si isolava dal mondo e si rinchiudeva nel suo guscio, sprofondando sempre di più nel suo abisso di disperazione. Spettava a lui, tirarla fuori. “Non accadrà, tu hai finito di soffrire, te lo prometto. Non devi aver paura, Dubhe, perché io ti sarò accanto. E lo scopriremo assieme.”
Poi da quella voce carica di certezze addolcì il tono: “Vorrei prendere su di me questa stanchezza, questa tristezza, vorrei risollevarti dalla prostrazione e darti finalmente pace, perché ne hai bisogno.”
“Lo stai già facendo.” Un sussurro, appena, che non potè avere la certezza di aver udito. Lei non si muoveva e non reagiva, sembrava addirittura controllare il respiro. Continua!, lo stava implorando.
Tacque un attimo, come se fosse perso in qualche pensiero lontano, poi disse: “Un giorno ti sveglierai, e proverai una sensazione strana. Ti ci vorrà un po’ per capirlo, e forse di più per identificarla. Ma quel giorno aprirai gli occhi, e capirai quel che non vuoi ammettere, capirai di essere libera davvero.”
“È una profezia?”, chiese la ragazza, sempre sussurrando. Aveva voluto suonare sarcastica, ma le riuscì malissimo. Almeno, sembrava divertita, e Aster se ne compiacque: se era riuscita a farla sorridere, era già qualcosa.
“No, è una promessa. Intanto… sai, Dubhe… quando ci si sente così, è utile avere qualcosa che riempia i tuoi giorni di speranza e tenga a bada il dolore. Così, anche se il mondo sembrerà crollarti intorno, in realtà avrai sempre un posto sicuro dentro di te, dove saprai di trovare la pace. E tu, Dubhe, tu ce l’hai un luogo dove rifugiarti, quando il mondo attorno a te si fa semplicemente troppo duro, e non vale la pena di affrontarlo?”
La abbracciò, stringendo a sé quel fisico esile scosso da tremori. Sembrava terrorizzata, o in preda a qualche febbre. La ladra sentì il suo corpo premuto contro il suo, sentì quel profumo che era solo il suo, e capì che il mezzelfo era stato totalmente retorico, con il suo discorso.
Sì, ce l’ho un posto dove rifugiarmi.
Non lo disse ad alta voce, ma si strinse di più a lui, e in quella richiesta non espressa di protezione Aster comprese che la sua ladra aveva capito ciò che aveva voluto dirle, aveva capito che non l’avrebbe mai lasciata. I suoi capelli gli solleticavano la pelle. Vi immerse il volto, inspirando il suo profumo.
All’improvviso Dubhe sussurrò, rompendo il silenzio: “Quando ero nella Gilda, ogni sera mi ripetevo, per darmi quel poco di forza che riuscivo a ricavarmi per vincere le torture quotidiane: non avranno la mia anima. Ma una notte, alla luce tremolante dell’unica candela che mi era concesso di possedere, mi sono accorta che nemmeno quella frase sembrava avere molto senso. La mia anima l’avevo persa molti anni prima. Ma adesso, è tornata accanto a me. È questa stella, la mia anima.”
Aster rimase in silenzi, non sapendo bene come rispondere a quella dichiarazione d’amore così appassionata. “Sei la mia stella”, continuò Dubhe. “E senza di te io non posso vivere.”
Rimase in silenzio, distesa di schiena sul grande letto nero.
Dopo un po’ il mezzelfo osò: “Posso darti un bacio?”
La ragazza si rigirò, e se lo strinse addosso. “Ma perchè non riesco mai a dirti di no?”
“Forse perchè, in fondo in fondo, mi vuoi bene...”
“No, Aster, io non ti voglio bene… io ti amo.”
“Anch'io ti amo.”
 
Il sole filtrava dalle finestre, Dubhe aprì gli occhi scuri.
Avvertiva un peso sul suo corpo. Chinò il capo, e vide quello del mezzelfo, appoggiato sul suo stomaco. Il suo volto assopito aveva qualcosa di dolce e infantile, e nel sonno sembrava aver trovato la spensieratezza che solo lei sapeva dargli. Sorrise, intenerita, incerta se svegliarlo o no.
I suo dubbi divennero puramente accademici quando Aster aprì gli occhi: “Ben svegliato”, lo salutò. La sua voce aveva perso ogni traccia della tetraggine della notte, e sembrava avesse scordato ogni cosa. “Si sta comodi?”, sorrise.
“Magari se mangiassi un po' di più...”
La ragazza sorrise, poi si portò la mano davanti alla bocca, emettendo dei leggeri singulti, come se stesse soffocando. Infine s'arrese, abbandonò il contegno e rise. Il mago la guardò, increspando le labbra prima in un sorriso divertito, poi prese a ridere anche lui.
 
Dubhe tornò di colpo seria e attenta, avendo sentito un cinguettio. Alzò il capo, notando una figura che svolazzava.
E questo com'è entrato?
Si mise in guardia, temendo un nuovo attacco, ma non ce ne fu bisogno. Non avvertì il formicolio al braccio, il fremito del bracciale, l'urgenza di agire che aveva sottovalutato quando si era trovata di fronte a Gloriar, e che aveva reputato preoccupazione per una persona che, anche se si era illuso nei suoi confronti, era comunque stato suo amico. Ora aveva capito che invece si trattava di una specie di campanello d'allarme: quella è una divinità travestita.
Ma non sentì nulla nei confronti della creatura, se non curiosità per la sua presenza, segno che era ciò che mostrava di essere. L'uccello, un animale nero con il becco giallo, un merlo maschio, si posò davanti al letto, cinguettò e depositò un foglio su di lei.
“Che cos'è?”, chiese Aster, che intanto si era alzato, sbadigliando.
Dubhe lo prese, poi si spostò nella zona meglio illuminata, raccattando nel frattempo i suoi vestiti, che erano stati lasciati, la sera prima, più o meno dove capitava. Lo lesse, poi sorrise.
“Cancella tutti gli appuntamenti. Ti va di andare ad un matrimonio?”
“Il nostro?”, le sorrise di rimando il mago, mentre le sfiorava con gli occhi ogni centimetro di pelle.
“Nooo, per quello c'è tempo!”, rise la ragazza, stringendosi i legacci del corpetto. “Quello di Lonerin e Theana.”
“E perchè no?” 



____________________________________________
* I prinmcipi del fuoco
**
Orson Scott Card, Il Gioco di Ender

Avviso: mi sta riuscendo sempre più difficile capire dove ho citato Card. Pertanto, iin futuro non lo indicherò. sappiate solo che le citazioni dei suoi bellissimi libri, che vi invito a leggere, ci sono eccome!

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Capitolo 21
*** Scena Diciannovesima (XIX): MATRIMONIO IN NERO ***


 

Scena Diciottesima (XVIII): MATRIMONIO IN NERO

 

Out, damned spot! Out, I say!
[…] Here the smell of the blood still:
all the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand!
Oh! oh! oh!
- Wlilliam Shakespeare, Macbeth, Act V, Scene 1

La cerimonia era semplice, ma ben preparata. In effetti, qualcuno aveva mosso un po' di pedine per assicurarsi la cosa. Fu Ido a proclamare i due sposi, e Dafne in persona si recò a porgere loro le congratulazioni. Theana era davvero bella vestita così, ma d'altronde lei era perfetta per la vita di corte. Addobbata di pizzi e merletti, avrebbe potuto essere una principessa, mentre i capelli le scendevano sulla schiena come oro fuso. La ladra ripensò a quando l'aveva vista la prima volta, a quanto poco l'avesse stimata. Oh, beh, tutti commettiamo degli errori. L'importante è sapervi porre rimedio quando ce ne accorgiamo.
Lonerin al suo fianco, sprizzava gioia da tutti pori, e, libero momentaneamente dalla sua timidezza, rideva e scherzava con tutti.
Gli occhi della maga, però, stavano cercando qualcuno tra la folla. Quando la vide sorrise. D'altronde, che doveva aspettarsi?
Dubhe era vestita come al solito, ma almeno stava sorridendo di rimando, e Theana si chiese quanti fossero stati gratificati da un suo sorriso. Aveva il cappuccio calato sul volto, così come ce l'aveva Aster, accanto a lei. Il matrimonio si era svolto, per somma disgrazia, vicinissimo ad una statua di Dubhe, che campeggiava allegramente davanti al palazzo di Laodamea - evidentemente, la ladra avrebbe dovuto essere più persuasiva, in futuro - e la ragazza non avrebbe gradito attirare l'attenzione. “Dimmi un po', da quando hai quell'aria così truce?”, aveva chiesto Aster indicando la scultura. Dubhe si era limitata ad alzare gli occhi al cielo e a scuotere la testa.
La maga li chiamò, e i due si fecero largo fra la folla, e la giovane assassina fu praticamente avvolta dal vaporoso abito bianco. “Contavo proprio che venissi!”
Come potevo mancare? Non ti avrei mai fatto un torto simile.”
Mi sarei vendicata! Ciao, Aster!”
Auguri, Theana! Auguri, Lonerin!”
I due sposi arrossirono, al pensiero che un personaggio del genere, Aster il Tiranno, colui che aveva quasi distrutto il Mondo Emerso, fosse lì a congratularsi con loro. “Beh, non mi abbracci?”
La maga ridacchiò, e strinse il mezzelfo a sé. “Davvero, e la vostra missione?”, finse di rimproverarli.
Abbiamo un'eternità davanti, credo che i lavori si possano sospendere per un giorno.”
“Sicuro! E a voi, quando tocca?”

Stavolta toccò all'Assassina e al Tiranno arrossire: “Più avanti, magari.”
Mentre Aster si fermava a parlare con Lonerin, Dubhe tirò da parte Theana e la punzecchiò, una luce divertita e maliziosa nello sguardo. “Allora, come si vive senza Thenaar fra i piedi?”
Abbastanza bene, grazie”, replicò l’altra. “Diciamo che ho trovato qualcos’altro da sostituirgli come oggetto della mia venerazione. Piuttosto…”
Finse di pensarci su. “Tu e il Tiranno…”, le restituì la frecciatina.
È assolutamente perfetto”, affermò la ladra con un sogghigno.
Ti riferisci alla tua vita con Aster… o ad Aster e basta?”
Fu il turno dell’Assassina fingere una riflessione. “Tutte e due, posso dirlo?”
Mmmh, sì, credo che per stavolta te lo lascerò passare.” La maga indicò il vestito della ragazza: “Matrimonio in nero?”
Sì, più o meno. Perché, come mi volevi?”
Così”, ammise con sincerità l’ex sacerdotessa di Thenaar. “Senza, non saresti te stessa.”
Una folata di vento fece svolazzare il mantello e cadere il cappuccio a Dubhe, che borbottò qualcosa e si precipitò a sistemarselo. Quando rialzò lo sguardo, sia Lonerin sia Theana la guadavano ad occhi sgranati.
Ch'è qualcosa che non va?”, chiese.
Da... da quando hai i capelli sciolti?”
Oh”, esclamò lei, abbassando nuovamente il cappuccio e passandosi la mano sulla morbida chioma castana. “Vi piacciono?”
A me sì!”, esclamò Aster, infilandole la mano sotto alla nuca, solleticandola appena e facendola sorridere. “Non è bellissima?”
Altrochè!”
Altrochè era limitativo. Era stupenda con i capelli sciolti, e possedeva una grazia naturale che la collocava fuori dai normali canoni di bellezza. Guardandola, Theana s'accorgeva di quanto l'avesse sottovalutata durante il suo viaggio: mai e poi mai avrebbe pensato che la giovane assassina potesse avere un aspetto del genere: sebbene i suoi abiti fossero esattamente agli antipodi del regolare vestiario femminile, e nonostante fosse evidente che non doveva interessarsi granchè della sua bellezza, la ragazza aveva un aspetto più nobile e regale di molti degli aristocratici che aveva conosciuto come maga di corte. Sembrava davvero un'altra, e fu solo quando, guardandola negli occhi, sotto l'apparente serenità scorse inquietudine e cupi pensieri, che la maga accetto il fatto che quella fosse proprio Dubhe.
Sembri una regina!”, esclamò.
Davvero?”, chiese la ragazza, regalandole un sorriso stupito, quasi stesse cercando di capire perchè mai Theana avesse detto così, e la maga si accorse allora che la ladra era tanto estranea a quel mondo, quanto lo era stata lei al suo, durante quella maledetta missione nella Terra del Sole. Era assurdo come una persona così bella non fosse assolutamente consapevole del proprio aspetto.
Davvero!”, rispose con sincerità.
Le due si guardarono un attimo negli occhi, poi scoppiarono a ridere come ragazzine.

Quando i festeggiamenti si spostarono all'interno, Theana e Lonerin li presero da parte: “Aspettate un secondo prima di entrare?”
“Perchè?”

Vogliamo vedere come la prende l'uditorio...”
I due risero e fecero come era stato chiesto. Si sentiva una musica allegra, e canti, e fumo usciva da un camino. Sentirono la voce chiara degli sposi risuonare nel padiglione, proclamando. “E adesso, facciano il loro ingresso i due individui che hanno fatto tremare il Mondo Emerso con i loro nomi: Dubhe della Terra del Sole e Aster della Terra della Notte!”

Le urla e i canti cessarono di colpo mentre la coppia, tenendosi per mano, scivolava dentro. Non appena furono entrati, gettarono indietro i cappucci, mostrando il proprio volto. Ci fu un timido applauso. Poi un altro. Poi un altro ancora. Alla fine tutta la folla li stava applaudendo: implicitamente, ma non troppo, avevano messo in chiaro che il ragazzo e la ragazza rappresentavano l'autorità più elevata di tutto il Mondo Emerso, e né re, né regine potevano sperare di competere con loro. Ne avevano tutto l'aspetto: come avevano proclamato in quella fantomatica seduta, non avevano interesse per le questioni dei mortali. La loro misteriosa missione era ben più importante. E quindi, aveva molto, molto valore il fatto che avessero deciso di venire a quel matrimonio. Finalmente la gente, esaurita la curiosità, tornò a divertirsi e i due, con un sorriso, si avvicinarono agli sposi: “Lo sapete che odiamo il casino, vero? Lo avete fatto apposta!”
Ma no!”, risposero Theana e Lonerin, con fare innocente.
Sì, certo, guardate, vi crediamo sulla parola…”
Dubhe sfilò da una tasca un oggetto, e Aster fece lo stesso. Erano due pugnali, con la lama in acciaio, serpeggiante, l'elsa decorata da due serpentelli, uno bianco e uno nero, intrecciati, le cui teste si incontravano proprio al termine della lunghezza, e, al centro della guardia crociata, su fondo bianco, lo stesso simbolo del sigillo di Dubhe.
Non è granchè, come dono, ma spero lo apprezzerete lo stesso. Porgete i polsi.”
Perché?”, chiesero i due, confusi.
Voi fatelo.” Avevano appena ubbidito all’ordine, che le lame si poggiarono sulla loro pelle, disegnando una sottile linea rossa. Il Tiranno e l’Assassina subito li ritrassero, e guarirono gli sposi con una parola: “Ecco. Quando li porterete, se mai sarete nei guai, chiamateci, e noi vi sentiremo, foste anche dall'altra parte del Saar o del Grande Deserto, o nel Mondo Sommerso. Inoltre le lame sono incantate e vi difenderanno da qualsiasi pericolo. Con l'augurio che non debba mai servire... in bocca al lupo, che possiate vivere felici, a lungo!”
Lonerin e Theana li ringraziarono, abbracciandoli, e inserirono le due lame in dei foderi neri, con inserti argento, che erano stati consegnati assieme ai pugnali.
Dubhe li prese in disparte dopo un po’. “Allora”, chiese con un sogghigno, “avete già deciso come chiamarlo o chiamarla?”
La maga divenne rossa: “E tu come lo sai?”, chiese ingenuamente.
La ladra si picchettò un dito sotto all’occhio. “Vedo.” Poi si spiegò: “La maggior parte degli esseri umani è capace di vedere, ma non di osservare. Il mondo cambia incessantemente sotto i loro occhi, ma loro sono troppo distratti per accorgersene. Ma in realtà…”
In quel momento un ruggito scosse l'intera struttura, il cielo fu solcato dalle ali dalle estremità color ghiaccio delle due viverne. Tutti rimasero estasiati a vederle: erano creature di tale grazia e bellezza da far apparire un drago una semplice lucertola gonfiata, ed era difficile pensarli anche come terribili predatori.
I dragoni, quello blu e quello viola, compirono un'altra planata e poi si posarono nello spiazzo, proprio davanti ai due sposi. Chinarono il capo viperino, scrutandoli negli occhi, con uno sguardo che gli parve mettere a nudo la loro anima, poi sollevarono la testa all'unisono e, spalancate le fauci, soffiarono due lingue di fuoco bianco e azzurro che rischiararono il cielo.
I due maghi si tirarono indietro, intimoriti, ma l'Assassina e il Tiranno si affrettarono a rassicurarli.
È il loro modi di farvi gli auguri.”

Calò la sera, e fra le risa e gli scherzi vennero accese le lanterne, illuminando il luogo come se fosse stato pieno giorno. La musica cambiò, e iniziarono le danze. Vennero aperti i barili di birra, e i calici colmati. Ido stava raccontando un aneddoto, descrivendo con enfasi la scena, quando si accorse che mancava qualcuno.
Qualcuno che non avrebbe dovuto mancare.
Oh, dannazione, pensò.
Si scusò, e si avvicinò a Dubhe e ad Aster. Non ci aveva messo molto a trovarli. Erano semplicemente nel punto più distante dalla luce. Per prima cosa porse loro il boccale. “Bevete.” Il mezzelfo declinò con un cenno, la ladra lo fissò: “No, grazie, Ido. Scusami, ma voglio restare lucida.” La sua risposta lo colpì per la sua semplicità. E così, pensò con un velo di tristezza, c'è ancora ombra che ti ammanta. Che ammanta tutti e due. Tentò un altro approccio.
Non ce la fate proprio a dimenticare?”
La ragazza lo fissò, confusa. “Dimenticare? Dimenticare? Se siamo noi due, io e Aster, cioè, sì. Ma ora? Come posso ballare e divertirmi, se ho le mani macchiate di sangue? I ricordi tornano a reclamare il loro posto nel presente, e mi sembra di sporcare tutto ciò che tocco, mi sembra che tutto ciò che metto in bocca abbia il sapore del sangue.”
Quella ragazza era di una sincerità disarmante.
Le prese la mano nella sua, e se la passò davanti agli occhi: “A me sembra pulita...”, scherzò.
Dubhe lo squadrò freddamente; non aveva affatto gradito il tentativo di fare dell'ironia, e nei suoi occhi passò un ben evidente lampo di fastidio: “Dovresti saperlo, Ido... quando ammazziamo, ammazziamo una parte di noi stessi... e le macchie che il sangue lascia quando una persona uccide si trovano nella sua anima, non sul suo corpo...”
A confronto, far ballare Nihal era stata una passeggiata. La festa intorno a loro decollava, ma quei due sembravano ad un funerale. Detestavano il contatto con la gente, e si vedeva benissimo. Per entrambi, era un risultato della vita che avevano condotto: avevano sofferto tanto a lungo ed erano così abituati a mostrarsi sofferenti, che non riuscivano proprio a rappresentarsi agli altri in maniera diversa. Per quanto si sforzassero, il passato era sempre ad un passo, pronto a riacchiapparli non appena tentavano di svincolarsi. E questo li aveva spinti a celare la loro debolezza mostrandosi orgogliosi e indipendenti, soffocando con la loro freddezza la pietà altrui. In realtà, quella freddezza era l’ultimo rifugio di due anime ferite a morte.
Però, che diavolo, poteva almeno dire di aver tentato.
Li costrinse ad alzarsi, e li condusse al limite della pista. Aster sorrise: “Ci stai provando, ma non ce la farai.”
Ido lo ignorò: “Ballate! Non mi levo di qui finchè non vi ho visti danzare.”
I due alzarono gli occhi al cielo. Aster strinse le mani della ragazza. “Ci tocca.”
Dubhe di rimando fece una smorfia che poteva passare per un tentativo di sorriso: “Ci tocchi”, rispose.
Poi ballarono.

Aster la strinse fra le braccia, e scivolarono sulla pista. Non che Dubhe non sapesse ballare; solo, non le piaceva farlo. Ma era brava. Aveva senso del ritmo, un altro regalino del suo addestramento, sembrava che i suoi piedi e le sue braccia si muovessero autonomamente. I due, abbracciati, si spostarono rapidi, lungo lo spazio, volteggiando, stringendosi e separandosi, senza accorgersi neppure che tutti si erano staccati per guardarli. Perchè erano una meraviglia. Sembravano due angeli venuti dall'inferno. Aster con i capelli blu in sintonia con il disegno che appariva sul petto della sua tunica, i suoi occhi splendenti e il fascino di quel che era: l'ultimo rappresentante di una specie estinta, e soprattutto il Tiranno, ma Dubhe! Dubhe era assolutamente stupenda. Si era calata il cappuccio, e i suoi capelli scendevano morbidi sulle spalle e sulla schiena. La sua pelle chiara brillava alla luce delle torce, e il suo corpo, magro, sì, ma comunque un bel corpo di ragazza, era tutto vestito di nero, con i pantaloni in pelle, la casacca e il corpetto, che le aderivano addosso, lasciando indovinare la muscolatura tornita delle braccia e delle gambe e la vita sottile, gli avambracci e le mani celati dai bracciali e dai guanti e il mantello, rigorosamente nero, che le ondeggiava tenebrosamente sulle spalle. Era bella, perchè era diversa, era bella perchè si vedeva che non era una di quelle ragazza vezzose che attendevano solo il matrimonio, si vedeva che il suo lavoro era un altro, era il mestiere dell'oscurità e della lama, era bella perchè in ogni passo della sua andatura decisa si vedeva la sua maestria nel combattimento. Ed era bella, perchè chiunque guardasse i suoi occhi scuri, leggeva la sua storia di sofferenza, e ne era inevitabilmente commosso.

Alla fine, Aster l'abbracciò, e la baciò con trasporto, e intorno a loro scoppiò un applauso. Solo allora parvero rendersi conto della presenza della folla. Arrossirono, imbarazzati. Theana e Lonerin li raggiunsero, e la maga esclamò: “Sapevo che avreste dovuto farlo in pubblico prima o poi!”
Dubhe sospirò con finta drammaticità, e scosse il capo. Lo gnomo li raggiunse: “Allora?”
Allora, Ido, sempre con quella pipa, eh? Alla tua età?”, lo punzecchiò la ladra.
Appunto, alla mia età ci sono ben poche cose che un vecchio gnomo con la barba bianca può concedersi, e io non intendo rinunciare a nessuna di esse. Ma non mi faccio sviare così facilmente. Ti è piaciuto ballare?”
Nooo!” Ma nel dirlo, la ladra gli sorrise, e quel sorriso fu come togliersi un peso di dosso.
I due chiesero mestamente, ma sempre sorridendo sotto i baffi: “Che altro volete, ora? Tanto, più in basso di così non possiamo scendere...”
Dite?” Gli sposi e Ido si consultarono, sogghignando.
Hmmm...”, fece l'ex maestro di Nihal con tono noncurante. “È bravo a combattere il tuo ragazzo, Dubhe?”
Sì...”, replicò lei, cercando di capire dove volesse andare a parare.
Un duello”, proclamarono alla fine.
L'Assassina e il Tiranno si scambiarono un'occhiata: “Ci hanno incastrati proprio bene...”
Poi però, a voce alta, accettarono.

La voce si sparse in un secondo, e tutti si fecero da parte per guardarli. Non appena si fu liberato dalla pista uno spazio soddisfacente, i due entrarono. Arrivò anche Ido, pronto ad annunciare le regole, ma la ladra lo zittì: “Le regole le stabiliamo noi, se non ti dispiace: non ci è concesso di ferire l'avversario in alcun modo, non ci è concesso di ucciderlo, ovviamente, e il primo che riesce a disarmare l'altro e a impedirgli di reagire ha vinto. Per il resto, non esistono regole.”
Quest’affermazione fu seguita da una selva di applausi.
Aspettate però un attimo”, continuò. Pescò da una tasca una lunga striscia di tessuto, e si legò nuovamente i capelli. Alle proteste, alzò le spalle: “I capelli sciolti saranno anche belli, ma per combattere sono un disastro.”
La folla applaudì mentre i due scivolarono l'uno di fronte all'altro. Aster, con la tunica da mago, la spada nera, e i capelli blu splendenti alla luce, Dubhe, vestita di nero, il pugnale in mano, la coda castana dei capelli che scivolava sulle sue spalle e lungo la schiena.
Per un po' i due non fecero altro che fronteggiarsi, poi iniziarono a scambiarsi i primi colpi. Dubhe evitò, e basta. Scattò in avanti, ed eseguì una manovra che la portò vicinissima ad Aster, costringendolo a piegare in un angolo la spada. Quando la giovane si staccò, nelle sue mani brillavano due pugnali.
Sorrise. Allora cominciò ad attaccare, giocandosela solo in velocità e astuzia. Non seguiva uno schema, nulla. Affondo. Para. Schiva. La ladra era uno spettacolo, un perfetto misto di controllo e violenza, e chi l'aveva vista prima faticava a conciliare l'idea della splendida ballerina con quella del demonio vestito di nero che si trovava dinnanzi. Ed era più di un modo di dire: ammantata di scuro, il volto pallido delineato dal tessuto e dai capelli, la lama in mano, la ragazza sembrava davvero una creatura infernale.
Mentre ancora si scambiavano fendenti, senza una ragione precisa, fece volare in aria il secondo pugnale che aveva preso, e cominciò a retrocedere, parando soltanto. La lama volteggiava a mezz'aria. Quel che il mezzelfo non si accorse, era che, spostandosi indietro, la ladra stava solo compiendo un largo giro... fino a trovarsi esattamente nel punto in cui aveva lanciato il pugnale.
Con sincronia incredibile lo afferrò al volo, poi alzò e ruotò la gamba in un movimento apparentemente impossibile e la schiacciò sul braccio di Aster, proprio sul gomito, colpendo un fascio nervoso e facendogli di riflesso mollare la spada. Da quella posizione Dubhe prima poggiò per un attimo la lama che aveva nella destra sulla gola del ragazzo, poi lasciò cadere a sua volta i pugnali, abbassò il volto per trovarsi alla sua stessa altezza e sorrise maliziosa, la lingua che scivolava per un secondo sulle labbra, in un gesto noncurante e sensuale allo stesso tempo: “Prima è toccato a te, mi pare...”
E lo baciò.
Ai margini del campo improvvisato, la folla scoppiò di nuovo in applausi frenetici, e Aster, dopo un secondo, la sollevò fra le braccia, liberandola da quella posa scomoda, e rispose al bacio. Di sottofondo, sentì Ido dire: “Per gli dei, è il miglior duello a cui abbia mai assistito... e dire che ho allenato io Nihal!”

La musica saliva, e così le voci, che ormai avevano preso quel tono cantilenante tipico degli ubriachi. Dopo un altro giro di danze, Dubhe sentì le mani di Aster serrasi sulle sue spalle e premerla contro una colonna. Aveva gli occhi lucidi, ma come lei era completamente sobrio. Fu un istante, e poi le labbra del mezzelfo si chiusero sulle sue in un bacio mozzafiato. La ragazza era cosciente del fatto di essere davanti ad una folla intera, ma, assurdamente, non gliene importò nulla. Fu solo quando lui si staccò che gli sibilò, in tono più divertito e canzonatorio che realmente arrabbiato: “Cretino - e diede a quella parola una notevole sfumatura d’affetto – davanti a tutti…”
Il mezzelfo rise e la baciò di nuovo: “Lascia che guardino”, le sussurrò. “Magari imparano qualcosa di nuovo.”
Dubhe, sorprendendo sé stessa, non potè fare a meno di ridere con lui.
Si sentiva leggera, e libera, come non lo era da molto tempo, esclusi tutti i momenti passati nell'intimità delle braccia di Aster.
Era tutto perfetto...
Troppo perfetto per durare.

In quel momento, l’Uruboros - la lama stregata - fremette.

_____________________________________
Dubhe che balla sa un po' di Predator che dice "Vuoi una caramella?", ma dato che Predator effettivamente dice "Vuoi una caramella?", ci sta X D!

Questo dovrebbe piacervi... con la solita concessione alla decenza ^ ^:  Aster... come l'ha visto Dubhe nel tredicesimo capitolo

 

 

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Capitolo 22
*** Scena Ventesima (XX): LA GUERRA È GUERRA ***


 

Scena Ventesima (XX): LA GUERRA È GUERRA

 

I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.

Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio.
O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha un solo sguardo.
Verrà la morte e avrà I tuoi occhi.
- Cesare Pavese, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

 

In quel momento, l’Uruboros - la lama stregata - fremette.
Dubhe non attese un secondo.
Aster!”, urlò, e sguainò il pugnale. Sotto i suoi occhi esterrefatti, l'arma mutò: la guardia si allungò e si ispessì, incurvandosi verso la lama, e le sue semplici barre di metallo si trasformarono in una piatta struttura, esile e svasata, di un materiale semitrasparente, tendente al viola, che non riconobbe. Dentro a quel cristallo, ondeggiava un liquido rosso, che sembrava sangue - e avrebbe potuto benissimo esserlo davvero - e dava l’idea che la guardia dell’arma fosse perennemente insanguinata. I due serpenti che avvolgevano l’elsa si fecero uno di cristallo nero, l’altro di quel materiale di cui era fatta la guardia, scintillando di luce. In cima alla spada, le code dei due rettili si avvolgevano attorno al pomolo, sempre viola e semitrasparente, dove si ritrovava il liquido rosso. A causa della struttura, sembrava che nell’elsa ci fosse incastonato un rubino, ma non appena la spada veniva mossa l’illusione svaniva con lo sciabordare del liquido. La ragazza ci mise un attimo a capire cosa fosse quella strana sostanza, e quando finalmente giunse l’illuminazione, la stupì con la sua semplicità.
Vetro.
Vetro e cristallo nero, pensò. Le venne quasi da ridere.
Fragilità e durezza.
Come me.

 Oltre all'elsa, anche la lama cambiò. Diventata di cristallo nero, piatta e trasparente, si fece molto più lunga, e ricurva, quasi come una falce, anche se, a paragone, era più larga alla base e aveva delle strane svasature che correvano lungo tutto il filo. La lama, dopo una prima rientranza subito dopo l’elsa, correva lungo una dolce curvatura fino a circa la metà, dove si restringeva bruscamente a metà della precedente lunghezza, per poi tornare ad allargarsi proprio sulla punta, che si protendeva minacciosa come un artiglio. Era affilata come un rasoio. Contemporaneamente nell'altra mano ne apparve una seconda, perfettamente speculare alla prima.
La ladra non perse tempo ad esaminarle ulteriormente, ma si mise a correre, con la massima rapidità possibile, nella direzione che le indicava nella sua testa l'artefatto. Era veloce, ma le scale, sebbene volassero sotto i suoi piedi, mentre saliva i gradini a tre a tre, sembravano non finire mai, i corridoi che attraversava con poche falcate le apparivano chilometrici. Mentre correva, si chiedeva che diavolo ci facesse una divinità lì, cosa volesse, perchè non li aveva attaccati quando ne aveva l'occasione. Non potè inoltre far a meno di notare che le spade che impugnava erano bilanciatissime, e che si adattavano alle sue mani come neanche il pugnale del Maestro. Strinse più saldamente l'elsa, e le sentì quasi fondersi con le sue mani, diventare un'unica entità; le sentì prepotentemente sue, sentì il bisogno di combattere, e, in un maniera che la sorprese, di spargere sangue con quelle armi stupende, di vedere il rosso macchiare il nero e quelle volute fiammeggianti. Erano lame che supplicavano di essere usate.
La porta era, ovviamente, sbarrata. Legno spesso dieci centimetri. Non sarebbe mai riuscita a sfondarla. Imprecò, furiosa. Se qualcosa può andar male lo farà. Passò i successivi secondi a riflettere disperata, poi l'illuminazione venne. Ce l'aveva avuta sotto gli occhi, o meglio, in mano, tutto il tempo. Alzò le spade e le calò sul legno.
Fuoco, pensò. Tantissimo fuoco.
Le lame avvamparono, dissolvendo e carbonizzando la zona della serratura.
Quanto bastava. Un semplice calcio fece il resto.
All'interno, la scena era totalmente, inaspettatamente, diversa qualunque cosa si fosse attesa.
Ma questo non bastò ad intimorirla.
Sguainò le due spade gemelle, e sibilò: “Lascialo andare, troia!”

 I battiti del suo cure rallentarono.
Il suo respiro si regolarizzò.
La presa sulle lame si accentuò.
Ogni emozione defluì dal suo corpo, lasciando un pezzo di ghiaccio.
Un pezzo di ghiaccio mosso da una mente ben addestrata.
Gli occhi scuri di Dubhe brillavano di determinazione

 Davanti a Sennar, che ostentava un'espressione beata, stava una ragazza minuta, vestita con una corazza aderente, nera. Aveva la pelle chiara, i capelli blu, gli occhi viola e spropositate orecchie a punta. La ladra ci mise meno di un istante a riconoscerla, ma non permise che l'assurdità della situazione la distraesse dal suo compito. L'impeto con cui era entrata nella stanza la portò ad incrociare le due lame curve, a parare ogni colpo della spada nera di Nihal. A parare, appunto. Perchè nei suoi occhi non c'era uno sguardo normale, perchè i suoi colpi non erano precisi e mirati come avrebbero dovuto, stando alle storie. Sembrava drogata, o qualcosa del genere, e poi la lama stregata reagiva in maniera contrastante. Sembrava cercarle di dire che quella era e non era, contemporaneamente, ciò che cercava. Voleva andare a fondo a quella faccenda. L'assassina e la guerriera si fronteggiarono. Con un colpo delle lame, la ladra fece scivolare la spada della mezzelfo, e le tirò un calcio frontale diretto al diaframma. Una mossa semplicissima, che la ragazza dai capelli blu avrebbe dovuto evitare. Invece no, il colpo la prese in pieno, svuotandola di tutto il fiato e facendola accasciare contro un mobile. Dubhe, perfettamente calma, preparò le spade al successivo attacco. Non ce ne fu bisogno.
In un lampo, Aster fu al suo fianco, la lama nera stretta in pugno, e mormorò una parola secca. Il corpo di Nihal si sollevò a mezz'aria, fluttuando verso di loro.
Che succede?”, chiese l'assassina, uno sguardo perplesso. Non aveva rinfoderato le spade.
Controllo a distanza.”
Cioè... questa è davvero Nihal?”
Il mezzelfo guardò il corpo sospeso: “Sì, lo è. È controllata da questi deuccoli da strapazzo, ma dato che non sanno fare le cose come si deve, la sua mente si sta ribellando. Ecco perchè non era coordinata, e agiva in modo sciocco. Dev'essere Thoolan, che presiede il dominio del Tempo. Perchè amava molto noi mezzelfi, sai, si vede, no?”, chiese, sarcastico.
Cioè, non è come con Gloriar?”
“No, stavolta, non chiedermi perchè, hanno ricreato e poi dominato il corpo di Nihal. Avranno avuto le loro stupide ragioni.”

Cosa devo fare? Ucciderla?” Pronunciò l'ultima parola con un attimo di esitazione. Un conto era una divinità che si fingeva qualcuno, un conto era una persona vera, una ragazza che aveva vissuto, sofferto e amato come lei. Ma se ucciderla fosse stato l'unico modo per liberarla, non avrebbe esitato a farle quel favore.
No”, rispose il mezzelfo. “Non se possiamo evitarlo.”
E allora piantala di dirmi cosa non devo fare e dimmi cosa devo fare!”
È semplice: colpiscila.”
Dubhe, confusa, fece per sollevare le lame.
No, no, non con le spade!” Il ragazzo si precipitò a fermarla: l'aveva frainteso. “Intendevo, prendila a schiaffi, tirale acqua addosso, non so, fai come se non volesse svegliarsi.”
Va bene”, annuì la ladra, e scivolò in posa.
Pronta? Tre, due, uno...”
Aster mollò l'incantesimo che teneva bloccata Nihal, e questa piombò al suolo come un sacco di stracci. Si rialzò a fatica, vide Sennar, che stava osservando la scena ad occhi sgranati, fece per prendere la spada...
Uno schiaffo, forte, la raggiunse sulla guancia. Si piegò, e subito gliene arrivò un altro.
Vattene.” La voce di Dubhe era calma. “Non è posto per te, questo, maledetto! Vattene! Lascia in pace questa ragazza!”
Intanto continuava a colpirla, ogni volta che tentava un nuovo gesto aggressivo. Ormai la pelle del volto della mezzelfo era arrossata, quando le spade di Dubhe scintillarono di luce e mutarono, assumendo un aspetto puro, e senza tempo. Incorruttibili. Immutabili.
Poggiagliele addosso!”, la incitò Aster, e lei non se lo fece ripetere. Il punto scoperto più vicino era il braccio, quindi passò lì la lama, e vide del vapore sollevarsi dalla pelle, come se il cristallo fosse divenuto bollente, e lei fosse stata bagnata, anche se nessuna delle due cose era vera.
Vergogna! Vi nascondete dietro ad una mortale! Vergogna! Non siete neanche capaci di guardare in faccia i vostri nemici! Vergogna! Siete dei codardi! VERGOGNA!”
Gli sforzi della guerriera diminuirono. “Tienila ferma!”, gridò Dubhe, e il mago corse a stringere le braccia della mezzelfo. L'assassina prese un respiro profondo, poi le premette le due spade ai lati del volto.
Nihal gridò, come se la stessero spellando viva, era un suono agghiacciante, il suono di qualcuno che viene torturato. La ragazza ne ebbe pietà, e quindi insistette, ancora e ancora.
VATTENE!!!”, ordinò, la voce ridotta ad un ringhio.
Dopo un ultimo contorcimento spasmodico, e un altro di quei suoni laceranti, il corpo della ragazza s'accasciò, respirando pesantemente. Dubhe non si fidò: “È a posto?”, chiese, senza rinfoderare le armi. Guardò la spada di destra: la lama era tornata normale. La mise via, mentre entrava, per qualche strana magia, nella guaina del pugnale, poi, vedendo che la seconda non accennava a sparire, si accontentò di tenersela in mano, in attesa di meglio. “È morto, lui?”, chiese poi, e Aster capì al volo a chi si riferiva. “Credo di no. Penso abbiano deciso di usare questa buffonata perchè comporta meno rischi...”
Tirò fuori il talismano, e controllò le pietre. “È ancora illuminata, infatti”, commentò in tono dispiaciuto.
Furbi bastardi.”
Già... ma non hanno ottenuto niente.”
Noi nemmeno. Siamo ancora vivi, ma c'è una mezzelfo mezza morta, scusa il gioco di parole, in questa stanza, una mezzelfo che dovrebbe essere morta da vent'anni, e non so come stia Sennar...”
Vero, dannazione!”, esclamò Aster. “Non avevo pensato a Sennar!”
Si avvicinarono con cautele, timorosi per quel che avrebbero potuto trovare. Il mago era anziano, e fragile, e nessuno dei due voleva pensare...
La ladra si fece coraggio, e poggiò due dita sul polso. “È vivo”, sospirò, sollevata.

 Sennar aprì gli occhi azzurri. Aveva visto Nihal, prima che l'emozione prendesse il sopravvento avendo ragione del suo corpo stanco. Adesso avvertiva un respiro fresco, il respiro di una ragazza, su di sé.
Guardò chi gli incombeva sopra. Non era Nihal. Era Dubhe.
Meglio di niente, si sorprese a pensare. In fondo, la giovane ladra era la persona in quel mondo che gli ricordasse di più la mezzelfo, da quando l'aveva vista allenarsi, nelle Terre Ignote, quando l'aveva di certo scorto e udito arrivare, ma aveva scelto di non badarvi. L'aveva vista scivolare fra gli alberi come una gatta, aveva sentito il sibilo dei suoi pugnali. Era stato come ascoltare una canzone a lungo dimenticata. Gli aveva fatto male quella vista, allora, era stato come riaprire una vecchia piaga.
Prima, quando ti ho vista allenarti, mi hai ricordato molto Nihal, lo sai? In un certo senso anche lei era maledetta.”
Si accorse che, in fin dei conti, anche se non l'aveva rivelato a nessuno, anche se non l'avrebbe mai rivelato a nessuno, era stato per lei, che era tornato nel Mondo Emerso, più che per suo figlio. Era tornato per quella ragazza sola, triste, e maledetta, che gli aveva riportato, per un attimo, la persona che aveva amato. E se era andato avanti, l'aveva fato per quella ragazza triste, che l'aveva aiutato a scendere d Oarf, che gli aveva detto con decisione che era l'unico che poteva salvare il Mondo Emerso, riaccendendo in lui la voglia di vivere. Ricordava anche di com'era apparsa sorpresa, quando le aveva dato la spada nera, e di quanto fosse bella, quand'era sorpresa. Tornò a guardarla, e passò lo sguardo sul suo volto pallido, incorniciato dal castano dei capelli, e dal nero del tessuto, sull'espressione seria, anche se leggermente in ansia. Infine la fissò negli occhi scuri, e si vide riflesso al loro interno, e, per un istante, quegli occhi divennero viola, e i capelli blu. Ma non aveva senso rimpiangere ciò che era stato. Scacciò quell'illusione, tornando a fissare Dubhe, invece che Nihal, e capì che cosa trovasse in lei Aster il Tiranno, perchè se ne fosse perdutamente innamorato. Vide tutto il dolore del Mondo Emerso, nei suoi occhi, ma, sopita in fondo, una debole, fievole scintilla di speranza, che, seppur ignota alla stessa ladra, c'era sempre stata. Il suo riflesso giaceva esattamente lì.
Sorrise.
Era un bel posto, per morire.
Espirò.

 Nel contempo Nihal aprì gli occhi viola.
Io... che... succede?”, chiese, confusa.
Aster si piazzò davanti a lei. “Ti ricordi di me?”
Certo che si ricordava. Avrebbe riconosciuto quel volto ovunque. “Aster?!”
Esatto.” Nel frattempo, l'assassina si era staccata dal letto di Sennar e veniva verso di loro, un’espressione mortalmente seria sul volto. Le ultime parole del mago, un sussurro appena, le rimbombavano ancora nelle orecchie come il fragore di un tuono. Belle parole, in effetti. Ma che la mettevano in un mare di guai. Sembrava sul punto di dire qualcosa, ma non appena vide la mezzelfo si azzittì.
Aster... ma...”, disse questa.
Il ragazzo sospirò: “Sì, lo so, non sono più un bambino apparente dodicenne. Sono successe un po' di cose negli ultimi vent'anni...”
Vent'anni?!”
Quaranta dalla Battaglia d'Inverno.”
Oh... cavolo.”
Il mago si era reso conto che la ragazza non ricordava assolutamente niente del periodo della possessione, e stava cercando di metterla giù nel modo più delicato possibile. L'assassina l'aveva percepito, benchè non fosse a conoscenza del fatto che Aster ignorasse della dipartita di Sennar. Quando, alla domanda di Nihal su chi fosse lei, il mezzelfo aveva risposto stringendosela addosso e definendola la sua fidanzata, la giovane ladra aveva mantenuto nell'espressione un contegno molto maggiore di quel che ci si sarebbe dovuto aspettare. Mentre il ragazzo la abbracciava, Nihal ne approfittò per guardarla meglio: sui diciassette anni, magra e minuta, vestiva con una casacca a maniche lunghe, stretta ai polsi da un paio di bracciali di metallo, un corpetto di pelle, un paio di pantaloni, cintura, stivali alti al ginocchio, un paio di guanti che le coprivano le mani fino agli avambracci e un mantello con cappuccio che le frusciava dietro alle spalle. Tutto in toni scuri. Quella che appariva l’unica concessione al canone della fanciulla-tipo era un braccialetto argentato, sottile, a forma di serpente che si mordeva la coda, con gli occhi d’ametista. La pettinatura sembrava scelta più per praticità che per altro: i capelli, castani e lucidissimi, erano tagliati corti intorno al viso, mentre erano legati dietro in una lunga treccia che le arrivava a metà schiena. Aveva un volto pallido, dalle linee delicate, da ragazzina, che su qualcun altro sarebbe potuto apparire dolce, ma che insieme ai grandi occhi grigi e tormentati le dava piuttosto un’aria triste e sofferente, ma non come di chi è sul punto di scoppiare a piangere; piuttosto, sembrava aver versato tutte le sue lacrime molto tempo prima.
Provò una simpatia istintiva per quella ragazza, e non le ci volle molto a capire perché Aster se ne fosse innamorato. Quel volto serio mostrava la stessa dolente sofferenza che aveva visto quando aveva guardato il Tiranno negli occhi. Era indubbiamente carina, per non dire bella, una bellezza che andava al di là del corpo perfetto, e risiedeva nell’anima tormentata che si leggeva specchiandosi nei suoi occhi grigi. Occhi in cui si leggeva tutto il dolore e tutta la disperazione del Mondo Emerso, occhi che mostravano i più profondi abissi in cui una persona potesse calarsi, occhi bellissimi e spaventosi allo stesso tempo.
Nihal non resse quella vista, e preferì concentrarsi su altri dettagli. Dubhe sembrava decisamente una ragazza che sapeva il fatto suo: i muscoli delle bracci erano sottili ma ben torniti, le gambe lunghe e sode, il corpo disegnato dall’esercizio. A tracolla c’era la faretra di un arco, sul petto delle guaine che dovevano contenere dei coltelli da lancio, sul fianco il fodero di un pugnale, dall’elsa decorata con due serpenti che s’avvolgevano su sé stessi, e probabilmente c’erano altre armi che lei non era in grado di vedere. Aveva in mano una spada di cristallo nero, più corta e curva della sua, con un'elsa decorata da due serpenti intrecciati e la guardia di un materiale cristallino e riempita di liquido rosso. Nihal non avrebbe mai pensato che ci fosse una lama che potesse competere in bellezza e contemporaneamente mantenere la funzionalità come quella che possedeva, ma in quel momento sentì che forse era il caso di rivedere il giudizio.
Intanto, sentendola rigida fra le sue braccia, Aster la guardò, stupito: “Dubhe? Stai bene?”
Io sì...”, rispose lei, con tono prudente. Aveva una voce fredda, notò la mezzelfo, eppure allo stesso tempo incredibilmente delicata, e ferma. “Ecco... potrebbe essere una cosa un po' difficile da spiegare...”
Sembrava star soppesando accuratamente cosa poteva permettersi di dire e cosa no: “Ehm... non so come dirtelo... ma Sennar...”
Comprese di aver commesso un errore nel momento stesso in cui vide Nihal sgranare gli occhi e chiedere del mago. Oh, dannazione. Non disse nulla, e si limitò ad accennare al letto. Che la mezzelfo la prendesse pure per fredda e sgarbata, se voleva. Lei non sapeva cosa dire.
La ragazza si avvicinò di corsa al letto, un'espressione di gioia pura sul volto, ma si pietrificò non appena vide chi vi giaceva. Era un vecchio. Per un istante, non lo riconobbe, poi i tratti gli dissero che quello era davvero Sennar.
Aveva un sorriso sulle labbra.
I suoi occhi azzurro ghiaccio fissavano il vuoto.
Era morto.

 Dubhe, nel frattempo, si era avvicinata ad Aster e, attenta che Nihal non riuscisse a sentirla, gli sussurrò rapidamente le ultime parole del mago.
L’ex Tiranno rimase un attimo interdetto, poi scosse il capo: “Oh. Bel casino che ci lascia in eredità…”
Sì. Che cosa facciamo?”, sibilò la ladra, una nota di panico nella voce.
Lasciamo le cose così come stanno, e noi teniamo la bocca chiusa. È la cosa migliore.”

 Nihal si sentiva malissimo. Di colpo ricordò tutto, di ciò che aveva fatto, di come, posseduta da quella stana forza aveva tentato di uccidere il suo amato.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Una parte di lei avrebbe voluto ringraziare Dubhe per averla fermata, dirle che non avrebbe mai saputo ripagarla abbastanza per ciò che aveva fatto, un'altra avrebbe voluto odiarla, perchè non l'aveva ammazzata, perchè l'aveva lasciata vivere, perchè l'aveva costretta a vedere la morte di Sennar.
In quel momento, l'eroina che aveva salvato il Mondo Emerso era inginocchiata contro il letto, piangendo come una bambina. Nessuno dei due si fece innanzi, rispettarono entrambi il dolore della mezzelfo, ma non sapevano che un infausto pensiero si era affacciato nella sua mente sconvolta.
C'era una terza opzione.
Nihal prese la spada.
Aspettami, Sennar, pensò. Saremo di nuovo insieme.
La sollevò, godendosi quelli che sarebbero stati i suoi ultimi secondi di vita.
Chiuse gli occhi e la abbassò, certa che il colpo sarebbe stato letale, ma non fu il sibilo della falce della Morte, e poi la pace, quella che sentì.
No, provò un terribile contraccolpo sulla spada, la lama che la colpiva molto più in basso di quanto si sarebbe aspettata ed un acuto, fortissimo dolore.
Un debole rantolo le sfuggì dalle labbra.

 Non appena Nihal aveva iniziato a muovere la spada, i sensi di Dubhe, potenziati dal sigillo degli Altri Dei, l'avevano avvertita di ciò che stava accadendo. Aveva preso la lama curva e senza riflettere l'aveva frapposta sulla strada della spada della mezzelfo, cercando di deviare il colpo.
Aveva sentito resistenza, poi nulla. La lama di cristallo nero, forgiata da Livon dopo tanta fatica, una lama che era parte della leggenda, si era spezzata.
Non si era conficcata nel petto di Nihal, ma cosa era cambiato? Il troncone, rotto alla base, laddove la spada si restringeva, le aveva attraversato il ventre da parte a parte.
Gli occhi della ladra si riempirono di lacrime, e Dubhe si sentì completamente inutile. Tutti i suoi favolosi poteri, e che era riuscita a fare? Aveva barattato una morte istantanea con un'altra lenta e dolorosa.
Non posso sfuggire al mio destino, pensò amaramente. E la morte è il mio destino. Ancora una volta, io spargo sangue innocente, la mia strada è lastricata di cadaveri, e vivo perchè gli altri possano morire.
Si chinò sul corpo della mezzelfo, cercando di negare l'inevitabile, chiedendosi se fosse stata in grado di guarire la ferita con i suoi nuovi poteri... quando una strana, fredda lucidità s'impadronì di lei.
No, non avrebbe fatto niente.

 Che senso aveva, darle la vita? Condannarla alla sofferenza dato che Sennar, l'unica ragione della sua vita, era morto? Non era meglio, lasciare che si incontrassero, e che fossero, almeno, felici per sempre?
Alzò lo sguardo, e cercò gli occhi verdi di Aster, e nel suo sguardo vide che lui capiva, e approvava, e, più importante di ogni altra cosa, che se fosse stato al suo posto non avrebbe esitato a fare la stessa scelta. Perchè certe volte il limite fra giustizia è ingiustizia è molto più labile di quanto crediamo. E spesso, lo valichiamo senza nemmeno accorgercene.
Occorrono alcuni miliardi di anni a creare un essere umano.
E bastano pochi secondi per morire.

 La giovane dai capelli blu cercò debolmente di sollevarsi, ma Dubhe se ne accorse, e corse al suo fianco, sorreggendola. Nihal era pallidissima, ancora più del solito, e la pozza di sangue che si allargava sotto di lei non lasciava dubbi sulla diagnosi.
Si inginocchiò, la tenne fra le braccia. Non aveva mai conosciuto davvero quella ragazza, non aveva neanche effettivamente parlato con lei, ma in quell'attimo, nello sguardo che si scambiarono, negli occhi viola che incontrarono quelli grigi, si capirono.
La mezzelfo sorrise, e indicò il fodero del pugnale della ladra.
Fallo.”
A quella parola tutta la determinazione dell'assassina venne meno. “Io... non...”
Dubhe... ti prego...”
Il suo corpo agì per lei.
Un semplice, rapido gesto.
Sapeva come non far soffrire.
La sua mano non tremò, e infilò la lama con un movimento fermo.
Per la prima volta, non chiuse gli occhi.
Bisognava guardare.
Quello non era un omicidio, era un gesto d'amore.

 Fece scivolare il pugnale fuori dal petto della mezzelfo.
Nihal le sorrise. “Grazie...”
E fu l'ultima cosa che disse.

 Dubhe chiuse gli occhi, mentre un'unica, fredda lacrima cadeva sul fiore vermiglio che era apparso sotto il seno di Nihal.
Era giusto ciò che aveva fatto, l'aveva liberata da una lenta agonia, le aveva ridato Sennar... e allora perchè mi sento uno schifo?
Fu la sua stessa voce a risponderle, con parole pronunciate quelli che le sembravano eoni interi prima. Neanche un anno, in realtà. Non è perchè lo fai. Non conta se avevi ragione quando prendesti quella vita; non conta se fu un incidente o cosa. Conta che l’hai fatto. E nulla è più come prima.
Sgorgò dagli abissi della sua anima e come una risata amara le riverberò nelle orecchie, come una dolorosa consapevolezza l’accettò e la fece sua: io sono Dubhe della Terra del Sole... io sono un'Assassina.
Strinse il pugno fino a conficcarsi nel palmo le unghie, per poi osservare con uno strano distacco le tracce sanguinanti che stavano sgocciolando lungo il braccio. Aveva rovinato il guanto, ma che gliene importava? In quel momento vedeva solo dolore, davanti e dietro a sé. Pagherete anche questa!, giurò, e quella morte inutile, la morte di un'eroina che già aveva sacrificato molto per il Mondo Emerso, non fece altro che gettar alimento sulla fiamma del suo odio.
La guerra è guerra”, mormorò.
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 UFFICIO RECLAMI (aperto 24 h su 24, 7 d su 7)
Nihal: Sennar... cos'hai detto a Dubhe?
Sennar: Non lo posso dire... _ _///
Nihal: Sono sicura che invece puoi.
Sennar: Ehm... proprio no... c'è di mezzo l'Autorità (Aesir. NdAesir) _ _///
Nihal *socchiude gli occhi sospettosa*: ok... allora perchè la stavi guardando in quella maniera?
Sennar: Non fraintendermi! Nihal, io ti amo! Anche se bisogna dire che Dubhe...
Nihal *sguainando la spada*: Dubhe COSA?
Aster *con le mani che scintillano di magia*: Dubhe COSA?
Sennar: *dilemma – se dico una cosa, Nihal mi fa a pezzi. Se ne dico un'altra, lo fa Aster... _ _ ///*
Dubhe *chiudendo un cellulare; non ha seguito la conversazione ed è stata attratta dal suo nome*: Io cosa?
*Non riceve risposta, torna a sollevare Il cellulare*: No... ok, riferirò.
*chiude la comunicazione*: Dall'altra parte dicono che dobbiamo smetterla di fare tutto questo casino, perchè stiamo interrompendo una sacra caccia allo xenomorfo.
Tutti: O_O
Nihal: In ogni caso... io che ci faccio qui? E poi, insomma, vi pare giusto come sono stata trattata?
Aesir: Senti, Nihal, sta zitta e può darsi che nel prossimo capitolo resusciti, ok?
Nihal: Promesso promesso?
Aesir *sospira*: Sì...
Nihal: Evviva !!! *se ne va saltellando come Heidi*
Aesir: Per fortuna si accontenta di poco...
Aster: Già e comunque... Sennar?
Sennar: Si?
Aster *gli molla uno schiaffo*: Osa guardare un'altra volta così la mia ragazza...
Aesir: Temo sia KO...
Dubhe *batte una mano sulla spalla di Aster*: Ben fatto ^ ^
Aster: Grazie ^ ^

 Ok, ok. Lo so che mi odierete perchè ho fatto morire Sennar. Però, pensateci. Sennar è vecchio. Anche nel libro originale muore, e ben prima. Sarebbe comunque dovuto morire, prima o poi, e sinceramente non mi sembra di avergli fatto fare una fine così orrenda. Anzi. Sinceramente, preferisco vederlo andarsene così, piuttosto che uno spegnersi poco a poco... com'era stato finora anche se non l'ho detto, dopo il “crollo psicologico” da cui è stato salvato da Aster e Dubhe (ricordate?). Quanto a Nihal... la sua morte non è altrettanto giustificabile. Serve semplicemente a far aumentare l'odio di Dubhe e a farle capire che lei non è semplicemente un'assassina, e che anche uccidere può essere giusto. Se vi lamentate perchè la mezzelfo è stata sconfitta... beh, considerate che Nihal stava combattendo contemporaneamente con l'influenza degli dei e con Dubhe, fra l'altro sostenuta da poteri di natura demoniaca/spirituale ben più potenti. La spada di Nihal si spezza a contatto con quella di Dubhe per la medesima ragione. Detto ciò aspetto i vostri commenti. 

La Lama di Dubhe see, dovete immaginarvene due, ma questa è la versione definitiva.

 

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Capitolo 23
*** Scena Ventunesima (XXI): DRAGO E VIVERNA ***


 

Scena Ventesima (XX): DRAGO E VIVERNA

 

Thy soul shall find itself alone
'Mid dark thoughts of the grey tomb-stone
Not one, of all the crowd, to pry
Into thine hour of secrecy
- Edgar Allan Poe, Spirits of the Dead

 Un ruggito costrinse Dubhe ad alzare il capo. Fuori dalle vetrate, un grande drago volava in cerchio lanciando versi lancinanti, tanto che ne rimase in un primo momento stordita: non pensava che una creatura così potesse emettere grida così strazianti. Alla luce delle sue fiammate, vide che il manto era di un bel verde brillante, smeraldino, e le grandi ali traslucide erano tese per sostenerlo in continue planate davanti alla finestra.
Ovviamente l'aveva riconosciuto subito: era Oarf, l'animale che l'aveva ricondotta indietro dalle Terre Ignote. L'animale sul quale Nihal aveva compiuto la sua missione alla ricerca delle pietre del Talismano del Potere.
Nihal.
Oh, cazzo.
Lanciò un'occhiata colpevole al corpo della mezzelfo, disteso supino con un'espressione serena sul volto. In quel momento, realizzò, nonostante i suoi eroici precedenti, quel drago rappresentava essenzialmente un grosso problema.
Stava per interrogare il compagno sul da farsi, quando all'ennesimo ruggito disperato fece seguito uno stridio, e una sagoma che si era confusa con il cielo stellato piombò contro Oarf, facendogli perdere quota di almeno quindici metri.
La grande viverna affiancò la finestra, stridendo ancora e battendo le grandi ali piumate. Era una visione imponente, maestosa e bellissima, tanto che a confronto il drago, seppure un esemplare superbo, impallidiva. Le sue piume scintillavano come ghiaccio, le sue squame irridiscenti sembravano una perfetta copia della notte che la circondava. Quando il drago tentò di farsi di nuovo sottò, la viverna lo sferzò con la coda armata di punte, per poi spalancare le mascelle ed eruttare verso il cielo una colonna azzurrata di fuoco.
Le due creature continuavano a sfidarsi, e Dubhe, che stava osservando impotente, fu certa d'aver scorto una luce spaventata negli occhi rossi di Oarf. Mentre l'animale veniva respinto una terza volta, se ne chiese il motivo...
 La viverna calò all'improvviso in picchiata, agguantando con gli artigli il drago dietro le ali, e serrando le fauci sul retro del collo. Le sue grandi ali piumate batterono mantenendoli per ancora pochi istanti in quota, poi lentamente presero a scendere. La creatura se ne accorse, e intensificò la stretta.
Dubhe, dalla finestra, pensò: Dannazione, non lo uccidere!
Ci sarebbe mancato altro! Avrebbero fatto proprio il carniere pieno, quel giorno, riconobbe amaramente. Sennar, Nihal, e anche Oarf.
Nella sua mente passò un lampo di comprensione, un sentimento totalmente esterno, e vide, chissà come, che il rettile alato aveva ubbidito.
I due contendenti calarono al suolo, mentre la viverna continuava a tenere immobilizzato il drago. “Prendi Sennar!”, urlò la ragazza, colta da un'illuminazione, e prese a trascinare per le spalle il corpo della mezzelfo
Era ben poco dignitoso, d'accordo, ma, accidenti, non era leggerissima, e inoltre i morti non potevano lamentarsi di quel che accadeva loro, né ne avevano diritto.
I due, un po' zoppicando, un po' tirando, giunsero davanti ai due animali.
Con un cenno, Dubhe disse alla viverna di liberare Oarf, poi sollevò, con fatica, il corpo di Nihal.
È questo che vuoi?” chiese sottovoce.
La creatura la fissò con i suoi occhi rosso acceso, la tristezza che traspariva da quello sguardo.
Si dice che un drago non possa sopravvivere alla morte del suo cavaliere. Oarf aveva già perso il suo primo padrone. Eppure era sopravvissuto allora, e anche dopo la morte di Nihal. Ma forse, ritrovarla per poi perderla di nuovo era stato troppo per lui.
Crollò al suolo, le braci degli occhi che si spegnevano lentamente mentre esalava l'ultimo respiro.
Dubhe guardò Aster, e Aster guardò Dubhe.
Non ci fu bisogno di parole
Semplicemente, si abbracciarono.

 Li trovarono lì, il Tiranno che teneva stretta a sé l'Assassina e l'Assassina che teneva stretto a sé il Tiranno, con la grande viverna che vegliava su di loro come la gargolla di un antico edificio.
Erano un monumento al dolore così grande che nessuno osò disturbarli. Finalmente, quando si sciolsero da quell'abbraccio, la loro voce era tranquilla, i loro volti asciutti.
Che venga preparata una pira”, ordinarono. “E che tutti assistano.”
Nessuno osò contraddirli.

 La cerimonia funebre si tenne il giorno dopo, mentre le ombre della sera si allungavano nella Terra dell'Acqua. Nonostante le insistenze, c'era voluto più tempo del previsto ad organizzarlo. Vi presero parte tutti i personaggi più importanti della reggia di Laodamea, e inoltre una vastissima folla di curiosi. Davanti a tutti, Ido, Theana, Lonerin, Aster e Dubhe.
Il corpo di Nihal, vestita nella sua tenuta da battaglia, la corazza di cristallo nero e quel che restava della spada, e quello di Sennar che indossava la sua tunica da mago, vennero adagiati insieme, sulla stessa catasta di legna. Non venne tenuto alcun discorso, perchè tutti ben sapevano chi erano quei due, e cosa avevano fatto.
Una ragazza sottile, vestita di nero, con un cappuccio calato sul volto, che ben pochi riconobbero, si alzò semplicemente, camminò dinnanzi alla pira, e disse semplicemente: “Ricordate!”
Con un tonfo sordo, un libro venne adagiato vicino ai corpi.
Le Cronache del Mondo Emerso.

 A quel punto tutti pensarono che sarebbe stata accesa la catasta, ma non fu così. Invece, due figure incappucciate si misero di nuovo davanti alla catasta e alzarono all'unisono le mani verso il cielo tinto di rosso e piombo, dato che preannunciava tempesta. Gettarono all'indietro i cappucci. Allora tutti li riconobbero, chi aveva festeggiato con loro il giorno prima, e chi no. Perchè lì in piedi, vicino a quelle in attesa dell'estremo rito, stavano due leggende altrettanto grandi.
Sembravano eterne e immutabili, insensibili al tempo, e al lutto, un monumento alla necessità di andare avanti nonostante tutto.
Solo lo gnomo, Lonerin e Theana vedevano che la ragazza stringeva forte il pugnale, come a cercare nella lama la determinazione che non aveva, e che il ragazzo si guardava intorno, con aria vagamente dubbiosa. La ladra sussurrò al suo compagno, con la voce che leggermente tremava: “Dammi la forza di farlo, ti prego...”
Scandirono una formula, e il cielo cominciò ad aprirsi, mentre il mondo intorno a loro si dissolveva...

 Vagava in un limbo bianco, in cui il tutto e il nulla si confondevano.
Né giorno, né notte, né freddo, né caldo, niente di niente.
Era, e basta.
La morte era diversa da come Sennar l'aveva immaginata.
Era... bella.
Né rimpianti, né niente. Era quasi piacevole anche il solo svanire in quel bianco. Ma poi sentì qualcosa che gli fece scordare tutto.
Sennar!!!”
Si voltò di colpo, abbracciando la ragazza che gli era corsa incontro: “Nihal?”
Oh, dei, fate che non lo venga mai a sapere!
Sennar, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...”
Nihal... calmati, ti prego. Va tutto bene.”
Dispiace anche a me, tanto, troppo.
“No, non va tutto bene! Ti ho ucciso io, ti rendi conto?!”

Nihal... non è colpa tua...”
Potrai mai perdonarmi?
La ragazza scoppiò in lacrime. “È stato orribile! Era come se il mio corpo non mi appartenesse più! Io... io non volevo fare nulla, ma ero prigioniera della mia testa, mi vedevo le mani muoversi, e non riuscivo a fermarle!” Dunque era così che si sentiva Dubhe quando la Bestia possedeva il suo corpo..., pensò il mago.
Nihal, dai. È tutto finito, adesso. Siamo qui, siamo felici, e siamo di nuovo giovani. Non sei almeno un po' contenta?”
La mezzelfo tirò su col naso: “Sì, hai ragione...” Abbozzò un sorriso, che poi divenne più ampio, fino a farle gettare le braccia al collo di Sennar: “Mi sei mancato!” Singhiozzò. Poco dopo stava di nuovo piangendo, ma stavolta di gioia, e anche il ragazzo aveva gli occhi lucidi. Se lo strinse sempre di più: “Ti voglio bene...”
Il mago guardò la ragazza sorridere, e sì sentì scaldare il cuore.
Non è successo niente, pensò.
Quando si furono entrambi calmati, e fu il momento delle spiegazioni, la mezzelfo notò un vago imbarazzo di Sennar a parlare della sua morte. Quando toccò a lei, invece, era piena di dubbi. Aveva fatto la cosa giusta? Si era lasciata indietro una ragazza in preda al senso di colpa.
Mi dispiace per Dubhe...”, osservò, abbassando gli occhi, dispiaciuta.
Anche a me”, disse il mago. “Non hai idea di cos'abbia passato prima quella povera ragazza. Ma si riprenderà in fretta, vedrai. Ormai, al dolore è abituata. E poi c'è Aster con lei.”
Aster”, disse Nihal, lasciando quell'unica parola sospesa fra loro due.
Cosa ne pensi?”, chiese poi. “Di cosa?”
Del fatto che se la sia scelta proprio carina? Del fatto che abbia ripreso ad amare, alla fine...”
Che non avrebbe potuto scegliersi una persona migliore.”
All'improvviso vennero travolti da un'oscurità, una fiamma nera che squarciò il bianco, costringendolo a ritrarsi, lacerato, lungo la sua stessa struttura.
Prima che entrambi riuscissero a farsi un'idea di cosa fosse successo, una voce che ben conoscevano disse: “Grazie...”

Riaprirono gli occhi. Stavano sospesi sopra a due pire funebri, non ancora accese, e davanti a loro stavano il Tiranno e l'Assassina.
Voi!”, esclamarono. “Sì, noi. Siete sorpresi di vederci?”
Che cosa state facendo?!”
I due si scambiarono un'occhiata: “Beh... abbiamo pensato che c'erano un paio di persone a cui non siete riusciti a dire addio come avreste voluto...”
Si fece avanti una piccola folla. Ido, che si soffiava il naso con un fazzolettone. Lonerin e Theana, ancora vestiti da sposi. Dafne. Folwar. Un'infinità di volti ignoti, venuti semplicemente a rendere loro omaggio.
La mezzelfo abbassò gli occhi sul suo mentore, stupita per quanto fosse invecchiato: “Ido...”, disse, sorpresa. Lo gnomo si soffiò il naso un'ultima volta, poi si sforzò di tirare fuori un sorriso: “Ciao Nihal.”
Ido... guarda che non devi essere triste, per me. Adesso sono con Sennar.”
Lo gnomo sospirò: “Lo vorrei tanto, non essere triste. Ma attorno a me, è tutto un viavai di gente che conosco che sparisce, e io resto...” Sembrava imbarazzato.
Dai, Ido, un giorno saremo insieme. C'è anche Vesa che ti aspetta, sai?”
Lo gnomo parve illuminarsi. “Vesa? Davvero?”
Abbassò lo sguardo e parve parlare più a sé stesso: “Arriverà quel giorno...”
Tornò a rivolgersi alla mezzelfo: “Beh, se rivedete Soana... ecco... ditele che io... salutatemela, insomma...”
Nihal sorrise, e gli tese la mano: “Grazie, Ido, per tutto quello che hai fatto per me, per avermi insegnato a combattere e per avermi insegnato ad aver paura. Grazie.”

 Sennar intanto stava salutando Lonerin e Theana: “Mi dispiace di avervi rovinato il matrimonio”, esordì, la faccia contrita. “Sennar, non lo devi neanche dire!”, esclamarono i novelli sposi. “Non è stata mica colpa tua!”
Lui annuì, felice che non gli mostrassero rancore: “E... Lonerin... mi dispiace davvero per quel che ti ho fatto penare, in questi mesi, ma Nihal non c'era più, e io...”
Lascia perdere, Sennar. Ho capito. Vai. Ci rivedremo, un giorno.”
Il mago sorrise.

Gli ultimi furono proprio Dubhe e Aster. Avanzarono verso di loro, tenendosi per mano, per poi fermarsi imbarazzati. Non sapevano cosa dire. Toccò ai due redivivi prendere la parola: “Grazie”, dissero semplicemente. L'Assassina e il Tiranno fecero un cenno vago: “Prego.”
I quattro incrociarono lo sguardo, e fu come se si fosse aperta una finestra nel tempo, e ognuno riconobbe negli occhi dell'altro una strada di dolore, più o meno delineata, che l'aveva accompagnato per tutta la vita. Fu il calore di un solo momento... e poi... e poi ci fu da girarsi di nuovo, verso il sole morente verso un futuro incerto, aspettative da un lato, dubbi dall'altro.
Il ragazzo dai capelli rossi, e la ragazza dai capelli blu, si incamminarono verso la finestra che era rimasta aperta. All'ultimo momento, Nihal si voltò.
Dubhe?”
“Sì?”

Le tese una mano, che la ladra strinse. Sapeva che avrebbe toccato solo aria, ma lo accettò, e cercò di trasmettere in quel gesto tutta la fiducia che poteva, come se fosse stata lei ad andare via, e la mezzelfo quella che restava in quel mondo di dolore.
Io...”, disse Nihal, tentennando. “Sei una brava persona, Dubhe.”Lei chinò il capo, lusingata: “Grazie.”Abbi cura di Aster. Non voglio rivederlo tanto presto, dall'altra parte.”
I due si scambiarono un'occhiata nervosa e distolsero lo sguardo, fissando ostentatamente il suolo: “In effetti... non ci rivedrete mai più.”
Cosa? Perchè?”
Un silenzio di tomba era sceso fra i presenti. “Non siete mica...”
“Immortali? Sì.”

Quella rivelazione sembrava pesare come un macigno, scavando un solco che divideva i due dal resto della folla.
Com'erano sempre stati, in realtà.
Due anime dannate, che vagavano per il mondo.
Con gli occhi che rilucevano leggermente, le due anime li salutarono, rompendo il silenzio.
Oh... beh... allora...”
Adesso erano loro a non trovare parole per il commiato. Quelle che uscirono alla fine, esitanti, dalle loro labbra, furono di quanto più banale e stereotipato ci fosse. Ma era il meglio che avessero trovato.
Addio, Aster. Addio, Dubhe.”
Addio”, fu la risposta, assieme ad un incoraggiante quanto forzato sorriso, e l'ultima cosa che Nihal e Sennar udirono, prima che il bianco li travolgesse di nuovo, e l'oscurità ritornasse ai due più grandi eroi che il Mondo Emerso avesse mai conosciuto.

Furono Dubhe e Aster ad accendere la pira. Sentivano di doverlo fare, per tutto ciò che Nihal e Sennar avevano rappresentato per il loro mondo. Per quel maledetto, eterno cerchio che avevano giurato di chiudere. Mentre le fiamme salivano verso il cielo, parve loro di vederli, abbracciati, in mezzo al fuoco, e insieme per l'eternità.


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Questo capitolo fa schifo, ma neanche avendone ritardato la pubblicazione sono riuscito a migliorarlo. Vi pregherei di volgere la vostra attenzione e, possibilmente, di recensire, le due One-Shot su Dubhe: In Fera Veritas - Stand My Ground e In Fera Veritas - The Truth Beneath The Rose. Grazie mille!!!e e_____________
 

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Capitolo 24
*** Epilogo: VERITAS ***


 

Epilogo: VERITAS

 

As much as I’d like
The past not to exist
It still does
And as much as I’d like
To feel like I belong here
I’m just as scared as you
- Evanescence, Lost in Paradise

 “Se ne sono andati...” La voce di Ido ruppe il silenzio.
Dubhe gli afferrò il braccio, e perciò forse lo gnomo fu l'unico, a parte Aster, a notare la singola lacrima che solcava la sua guancia: “Non se ne sono andati, Ido. Forse i loro corpi non ci sono più, ma il loro ricordo vive ancora fra noi e ciò che hanno fatto resterà per sempre nel Mondo Emerso. E chi vive nei ricordi, vive per sempre.” Lo lasciò andare.
Il ragazzo e la ragazza ignorarono le persone che li chiamavano, e si allontanarono, camminando fino ai bastioni del palazzo, e sedendosi lì, con le gambe penzolanti nel vuoto.
Dubhe strinse la mano di Aster, intrecciò le dita fra le sue e gli posò il capo sulla spalla, con gli occhi chiusi. Il mezzelfo abbassò la testa, fino ad appoggiarla su quella della ragazza. Iniziò a cadere una pioggerellina sottile, che prese ben presto ad inzupparli. La ignorarono come avevano fatto prima con la folla.
Cazzo...”, ringhiò ad un certo punto l'assassina. “Stava andando tutto così bene.”
Se ci fosse un po' di giustizia nella vita...”
Ma la vita non è mai giusta”, lo interruppe lei. “che lo sia, ce lo raccontiamo per darci la forza di andare avanti, ma non è così. Non solo è una bugia, ma è anche una bugia crudele. La vita non è mai giusta, non lo è mai stata e non lo sarà mai.”
Forse. Forse è come dici tu, che la vita è ingiusta e non vale la pena di viverla. Ma tu hai anche detto che questa è la nostra vita, e che nessuno ce la potrà mai portar via. Capito, Dubhe? È la nostra, di vita, e ci appartiene. Siamo insieme, in fondo. Che altro?”
Un mondo tranquillo per trascorrerla assieme, potrei risponderti. Ma non lo farò, perchè sinceramente non me ne frega proprio niente. A me basti tu, e al diavolo tutto il resto. Ma c'è come un senso di insoddisfazione dentro di me. Non riesco a farmene una causa, ma è come... come se avessi trovato una ragione che mi spinge a combattere per questo mondo. Ma non ne ho una. Non me ne è mai importato, del Mondo Emerso, di questa terra che teme e disprezza le persone come noi, non ho mai avuto bisogno di quelle folle che strisciano al mio passaggio perchè sono più forte di loro.”
Siamo diversi, Dubhe.”
Sì”, rabbrividì lei. “Diversi da tutti. Ma uguali fra di noi.”
E anche riuscissimo a separarci dal Mondo Emerso, nella sua tomba vuota spirerebbero sempre le domande che ci siamo lasciati dietro, domande che sono ancora senza risposta.”
Allora facciamole. Qualcuno risponderà.”
Risponderanno le persone che ci vogliono bene, Dubhe. Lonerin, Theana, Ido. Quanto resta del nostro passato.”
È comunque troppo perchè lo si possa cancellare. Ah, potessimo anche solo per un momento appartenere davvero a questo luogo!”
Questo... è un desiderio...?”
No... No”, disse Dubhe con voce più ferma. “Se appartenessimo al mondo Emerso per davvero, non saremmo noi.” Le parole di una voce non umana le tornarono alla mente: ciò che tocchiamo, lo restituiamo alla terra da dove è venuto. Ma voi, non vi toccheremo, giacchè venite dalle stelle.
Siamo degli ospiti, qui”, concluse.
Non è strano - disse lentamente il mezzelfo - che sia l'ospite a dover difendere il padrone di casa?”
Altrochè. Ma è così. Sì, Aster, combatteremo, andremo avanti fino alla fine, fino al giorno dell'ultima battaglia.”
Una sottile, cristallina risata seguì alle sue parole. “Il destino del Mondo Emerso è nelle mani di chi a meno interessa.”
Dubhe fece spallucce: “Combatto per me stessa, lo sai. E per te. Se dalla nostra vendetta ha da sorgere qualcosa di più grande, questo non c'è dato scoprirlo. Chissà.”
Ci hai pensato, che nel mondo che pensiamo di creare non ci sarebbero né Tiranni né Assassine?”
Ecco, appunto. Né TiranniAssassine. Noi infatti saremo gli unici.”
Si guardarono negli occhi e si sorrisero.
Era tempo di scatenarsi davvero, di andare a cercare gli dei di quel mondo nei loro più recessi rifugi, stanarli, e ucciderli? Era tempo di finire quel ciclo di dolore che sembrava essere l'unica cosa a cui le razze coscienti del Mondo Emerso potessero aspirare?
Era tempo di vendicare tutte quelle morti?
Era tempo di giungere per quel mondo alla pace?Era tempo di iniziare davvero la loro guerra?
L'ultima guerra del Mondo Emerso.
La battaglia finale, per un nuovo regno.
Sì.

Avevano stabilito di trovarsi nel giro di mezz'ora, ma la ragazza era da ormai tre quarti d'ora sul bastione, e Aster ancora ritardava. Si sentì toccare la spalla. Pensò che fosse lui, e si voltò, ma incontrò invece il muso della viverna.
Sorrise con dolcezza.
Sei stata brava:”
Le posò la mano sul capo.
E una valanga di sensazioni la travolsero.
Le sue sensazioni.
E per un solo istante Dubhe vide la creatura che cavalcava per quello che era, un drago formato da spire di tenebre raggruppate a formarne la figura, che mutavano costantemente nei bordi, arricciandosi e contorcendosi. La forma restava sempre la stessa, ma forse il paragone più calzante sarebbe stato avvicinarla ad una figura composta di fiamme: l'aspetto permeava, ma le estremità di quella creatura dell'abisso si intrecciavano, oscillavano, le guizzavano intorno. Solo che invece di avere il colore delle braci ardenti, erano nere come la notte. La mutazione durò un istante, poi il mostro riprese l'aspetto consueto.
Illuminati dai bassi raggi del tramonto, che tingevano di rosso le nubi grigie, quasi il sole stesse morendo nel cielo, e lì versasse tutto il suo sangue, rimasero in piedi, la ragazza e la viverna, come un monumento d'altri tempi, tempi consumati nella polvere da eoni, oramai.
E fu allora, vedendo arrivare il mezzelfo, che Dubhe sentì quale sarebbe stato il nome del suo animale.
Andiamo, Veritas”, mormorò. E allora la ladra seppe. Seppe che le tenebre di cui era composta la creatura erano le stesse che guizzavano nei suoi occhi e offuscavano il suo sguardo, che quell'essere sovrannaturale era parte di lei. Ecco dove andava, quando spariva.
Il mezzelfo sorrise: “Hai capito? Non potevo dirtelo a parole. Dovevi essere tu a rendertene conto. Spero che tu non te la sia presa se ti ho taciuto qualcosa, ma, davvero, la comprensione doveva venire da te. Non c'era altro modo.”
“Tranquillo. Forse se me l'avessi detto prima, che c'era qualcosa che non potevo sapere, che non potevi spiegarmi, sì, me la sarei presa, ma adesso non più; proprio perchè, come dici tu, ho capito. Piuttosto, senti, ce ne sono altre, di creature del genere? Questo puoi dirmelo?”, scherzò, per fargli capire di non essere arrabbiata.
Diverse Solo perchè non le vediamo, non significa che non esistano.”
Bene, era solo per sapere. Chissà che questa informazione non possa servirci, un giorno?”
Guardò la viverna: aveva di nuovo assunto l'aspetto di oscurità concretizzata. Resta così, pensò, e la creatura ubbidì.
Dubhe chiuse gli occhi.
Aster”, disse poi a bassa voce.
Cosa c'è?”, chiese lui, allarmato.
La ragazza aveva le lacrime agli occhi.
Niente. Cosa farei senza di te? Sono felice.... grazie di esistere per me, Aster.”
Il mago le sorrise, e la abbracciò. “E a te di esistere per me.”
La giovane ladra sollevò il volto, mentre la mano di Aster saliva lungo la sua guancia ad asciugare le sue lacrime.
Ti amo.”
Anch'io.”
E il dolore, il rimpianto, la compassione, lasciarono il posto ad un lungo, lunghissimo bacio.
E non fu nella vendetta, nel rimpianto, nel dolore e nei tristi ricordi, che avevano costituito i capisaldi della sua esistenza, bensì in quel bacio, in quell'estremo momento in cui il tempo parve fermarsi, che Dubhe si sentì compiuta.
Fu in quel meraviglioso, splendido bacio che Dubhe si sentì vera.
E sentì anche di essere pronta a fare qualsiasi cosa.

 Aveva smesso di piovere. Nel basso sole del crepuscolo, due puntolini si allontanavano, battendo le ali, diretti verso la grande Rocca di cristallo nero che dominava il paesaggio del Mondo Emerso. Due strane creature volanti, e, a guardar bene, sedute in groppa a loro, tanto piccole da sembrare invisibili, due persone vestite di nero.
Dubhe e Aster.



Questa fiction continua con "Leggende del Mondo Emerso - L'Assassina e il Tiranno"

Dubhe e Aster - nonchè l'autore stesso - ringraziano tutti coloro che l'hanno seguita e che la stanno seguendo. Preserverate, e sarete ricompensati. Spero ^ ^.

 

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