Red Order, Love Exorcists! di M e g a m i (/viewuser.php?uid=150368)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cake 'N' Watch ***
Capitolo 2: *** Cho 'N' Shinai ***
Capitolo 3: *** Bike 'N' Letter ***
Capitolo 4: *** Jacket ‘N’ Cellphone ***
Capitolo 1 *** Cake 'N' Watch ***
DGM - long fic
Mh. A quanto pare mi
è
stato assegnato il ruolo di narratore di questa storia.
Cercherò di raccontarla
nel modo più oggettivo e imparziale possibile, per quando
riuscirò a
raccontare, senza esprimere opinioni personali, una, o forse anche
più storie
d’amore. No, credo che mi sarà davvero
impossibile. Mi scuso in anticipo se i
miei commenti vi sembreranno fuori luogo, ma è proprio
più forte di me, non
capisco perché il genere umano sia tanto masochista da
volersi innamorare
deliberatamente. Sono convinto che la vita sarebbe molto più
divertente se
tutti si limitassero a rimanere sul piano del
“piacere”.
Ma ora mi tocca
iniziare. Prima però, lasciate che mi presenti.
Il mio nome è Tyki
Mikk, è un vero piacere fare la vostra conoscenza.
Quando quel pomeriggio
il ragazzo dai capelli bianchi entrò facendo tintinnare il
campanello attaccato
allo stipite della porta, ero seduto sulla panchina nel retro del
negozio, e mi
ero appena acceso una sigaretta. Sapete, ricordo ancora quando fumai
per la
prima volta. Dovevo aver avuto la sua età, più o
meno. Ma non è dell’inizio
della mia dipendenza dalla nicotina che devo parlarvi ora, anche se
penso che
sarebbe decisamente più interessante.
«
C’è nessuno? », chiese, guardandosi
attorno mentre si sfilava la sciarpa.
Non avevo la minima intenzione di tornare
dentro per servirlo, anche perché
sapevo che ci avrei messo un’eternità. Quando
Allen Walker entrava nel mio
negozio, se ne andava lasciandolo più o meno vuoto. Non che
la cosa dispiacesse
al mio portafogli, sia chiaro. Ma il mio tempo era prezioso –
così come la mia
sigaretta – e non l’avrei certo buttato per qualcuno
che non fosse stato del
sesso opposto.
«
A-Allen! Anche oggi qui? ».
Mi sporsi leggermente per sbirciare
all’interno, attraverso la porta socchiusa.
Ah, ecco. Siamo a posto, adesso, pensai
sospirando.
«
Ciao, Road. Mikk-san non c’è? ».
Road Kamelot era mia nipote. È, anzi.
Purtroppo non mi sono ancora liberato della sua fastidiosa esistenza.
Sta di
fatto che, oggi come allora, era una mocciosa stressante, lunatica,
egoista, prepotente,
esuberante, sadica, insomma un piccolo concentrato
insopportabilità. Ma la cosa
più strana di tutte, era come si trasformava quando si
trovava davanti Allen
Walker. Diventava completamente un’altra persona, non
scherzo. Si comportava in
un modo talmente dolce e gentile da risultare ancora più
insopportabile. Forse
perché voleva piacergli a tutti i costi. E’ stata
innamorata di lui da… da
sempre, credo. Non ricordo un momento in cui non sbattesse le ciglia
con un
sorriso ebete stampato in faccia di fronte a lui. E
quell’ingenuo ragazzo non
aveva mai sospettato neanche minimamente né cosa provasse
nei suoi confronti,
né di come fosse in realtà, dietro quella
maschera nauseante.
«
Credo
che sia sul retro. Ma posso servirti io, non c’è
problema. ». Tch, dire che
quello era un sorriso ebete, è un eufemismo. Il solo
guardarla mi faceva venire
il diabete.
«
Uhm, allora… Prendo una fetta di quella torta al cioccolato
con le fragole.
Però anche quella con le pere sembra buona…
Facciamo che ne prendo una fetta di
entrambe. Ah, oggi sono fortunato! Ci sono pure quei cannoli siciliani
dell’altra volta! Ne prendo, vediamo… quattro. E
anche un paio di meringhe. E
ovviamente dei chichi dango. ».
Road ridacchiò e si morse il labbro inferiore.
« Credo che dovrai ripetermi tutto un’altra volta,
e un po’ più lentamente. ».
«
Scusa, mi sono lasciato trasportare. », sorrise il ragazzo a
sua volta,
grattandosi la testa leggermente imbarazzato. « Ma non
è colpa mia se questa è
la migliore pasticceria della città. »
«
E
tu sei il nostro miglior cliente! », continuò a
civettare lei.
Vi giuro che non capisco cosa ci trovasse in
lui. Che senso aveva l’essere innamorata di un ragazzo con
cui non poteva
neanche essere se stessa? Eppure Road non smetteva un secondo di
guardarlo con
occhi sognanti, anche mentre prendeva i dolci che aveva ordinato e li
metteva
nel vassoio, rischiando ogni volta di rovesciare il tutto
perché era troppo
persa nei suoi pensieri.
Spensi controvoglia la sigaretta e andai ad
aiutarla, per evitare di ritrovarmi col pavimento ricoperto di crema e
cioccolata.
«
Allen Walker. », lo salutai facendo un cenno verso di lui, e
togliendo la pinza
dalle mani di Road.
«
Ah, salve Mikk-san. Scommetto che era fuori a fumare. Se
continuerà così, prima
o poi le verrà un tumore ai polmoni. »
«
Tu
prega che continui a vivere ancora per molti anni, oppure ti ritroverai
senza
le mie torte. », replicai mentre pesavo il pacchetto.
«
Tyki, le torte non sono tue. Non le fai mica tu, le fa Jerry-san. Tu
non sai
neanche come si fa un uovo sodo. », si intromise Road. Ah ah,
la mia nipotina
preferita. Sarebbe rimasta senza cena, quella sera.
«
Sì, ma il negozio è mio. Morto io, morto il
negozio, morte le torte. »
«
E’
proprio per questo che lo dico, se lei morisse, mi ritroverei davvero
nei
pasticci. »
«
La
tua apprensione nei miei confronti mi commuove, ragazzo. Sono 1071 yen.
E d’ora in poi ti puoi scordare che ti faccia
ancora credito. »
Allen Walker tirò fuori il portafogli, e pagò
quello che doveva pagare, poi se ne andò. Road, dal canto
suo, rimase a fissarlo
imbambolata, continuando ad agitare la mano in segno di saluto
finché non ebbe
girato l’angolo. Giusto il tempo che lui fosse fuori vista, e
lei si
ritrasformò nella belva in miniatura che era di solito.
«
Stupido Tyki, perché sei venuto?! Per una volta eravamo
soli! », mi sbraitò
contro.
«
E
quindi? Non sarebbe cambiato niente lo stesso. Lui viene qui per i
dolci non
per te. », le risposi, posandole una mano sulla testa per
evitare che mi
picchiasse. Infatti cominciò ad agitare i pugni, cercando di
colpirmi senza
risultato, finché non si arrese e mise il broncio.
«
Ma
allora perché dovrebbe venire proprio qui, ogni singolo
giorno? Ci sono tante altre
pasticcerie in cui potrebbe andare! »
«
L’ha detto lui, no? Questa è la migliore
pasticceria della città. Non viene qui
per te, rassegnati. ».
Mi lanciò uno sguardo di fuoco, per poi
togliersi il grembiule e tirarmelo in faccia. La sentii salire al piano
di
sopra con un passo talmente leggero e delicato che avrebbe fatto
invidia alla
migliore ballerina di danza classica, e poi sbattere con la stessa
grazia la
porta dell’appartamento che un destino infame e il
più disgustoso dei fratelli
maggiori che fossero mai esistiti, mi avevano costretto a condividere
con lei.
Vi giuro, capirla mi risultava davvero
impossibile.
Bene,
vi avevo già anticipato
nell’introduzione che vi avrei raccontato più di
una storia d’amore. Devo
informarvi però, che non sono stato testimone diretto di
tutti i fatti che sto
per narrarvi, e che vi narrerò in seguito. Molti mi sono
stati riportati dai
diretti interessati, visto che questi piccoli adolescenti dagli ormoni
in
subbuglio, hanno pensato bene di usufruire della mia sconfinata
pazienza, e di
trattarmi come il loro psicologo personale.
E quindi signori e signore (e ovviamente signorine ♥) il mio
paziente di oggi
è… un certo Guercio-kun.
Stranamente, quella mattina di ottobre, Lavi
Bookman Junior era in orario. Anzi, era addirittura in anticipo. Un
evento
straordinario, per lui che quasi ogni giorno si vedeva chiudere in
faccia il
cancello della scuola dall’affascinante signor bidello.
Sì, perché nel mio
tempo libero mi dilettavo anche a svolgere umili lavoretti (e ad
intrattenermi oltre
l’orario con le professoresse di quella scuola superiore,
ovviamente), quindi
ero ben consapevole dei numerosi ritardi di Guercio-kun.
Quella mattina, come tante altre, stavo
spazzando le foglie dall’ingresso della scuola. Era presto, e
neanche gli
studenti più diligenti erano ancora arrivati.
Perciò immaginatevi il mio
stupore quando vidi Lavi Bookman svoltare l’angolo, ed
entrare di corsa nella
scuola.
«
Bidello-san, che ore sono?! Gli altri sono già tutti
dentro?! E’ così tardi?! »,
mi chiese, ansimando. Io alzai lo sguardo verso di lui dietro gli
occhiali
spessi, e inarcando un sopracciglio gli feci un cenno verso il cancello
alle
sue spalle.
«
Cosa, cosa?! Non dirmi che è arrivato il
vecchio Hitler-… il rispettabilissimo signor vice-preside Leverrier!
», esclamò,
sobbalzando e girandosi.
«
No. », sospirai. « Il cancello. »
«
Il
cancello? Che ha il cancello? E’ rotto? »
«
No. E’ aperto. »
«
E…
quindi? »
«
E
quindi è presto. »
«
E’-… davvero?! »
«
No, per finta. »
«
Questo vuol dire che… CHE SONO IN ORARIO?! »
«
A
quanto pare. »
«
No, ma aspetta, il mio orologio dice che sono le 9:30! »
«
Il
tuo orologio dice fesserie. È quello che è rotto.
Non il mio cancello. »
«
Ah.
Capisco. Quindi sono davvero in orario. »
«
Hai intenzione di ripeterlo ancora quante volte? »
«
Siamo di cattivo umore ‘stamattina, eh, Bidello-san?
». Mi passò un braccio
sulle spalle, atteggiandosi da uomo di mondo. « Che succede?
Puoi confidarti
con me. »
«
Bene, allora. Devi sapere che un certo studente dai capelli rossi di
cui evito
per buona educazione di fare il nome, sta sparpagliando ovunque le
foglie che
ho accuratamente passato la mattina a spazzare dal viale. Ecco cosa
succede. »
«
Scusa! Non me ne ero accorto! T-Ti do una mano a ripulire! »
«
No. Sparisci dalla mia vista prima di causarmi altri problemi.
», replicai,
puntandogli il manico della scopa contro.
«
Okay, me ne vado, me ne vado! », sorrise, alzando le mani in
segno di resa,
mentre si dirigeva nuovamente verso il cancello. « Sai una
cosa, però? Parli
poco, ma quando parli, lo fai proprio bene! Non è che in
realtà dietro
quell’aria da nerd incallito sei un nobile o
qualcos’altro del genere? ».
Rimase a fissarmi per qualche secondo, cercando di valutare quante
possibilità
aveva quell’ipotesi di essere vera. « Naah,
impossibile. ». Per poco non mi
scappò un sorriso mentre lo guardavo allontanarsi.
Credo che
sia stato amore a prima vista, di
quelli che chiamano colpo di fulmine. Da quello che ho capito, era
andata più o
meno così.
Lavi Bookman Junior,
dopo aver gentilmente
sparpagliato le foglie, si era andato a sedere sul marciapiede davanti
alla
scuola, in attesa del suono della campanella. Dovete sapere quindi, che
di fronte
alla scuola dove “lavoravo”, ce n’era
un’altra, un’Accademia femminile privata.
Un piccolo Eden pieno di signorine di buona famiglia, insomma (un Eden
di cui
avevo colto molti frutti, ma questa è un'altra storia).
Beh, fu proprio quella mattina che la saetta
dell’amore colpì il nostro eroe dai capelli rossi,
una saetta incarnata in una
certa signorina di questa Accademia privata, una certa signorina dai
capelli
verdi e due autostrade al posto delle gambe, messe in bella mostra
dalla corta gonna
a pieghe dell’uniforme. Una certa signorina Linalee Lee, non
so se avete
presente.
La signorina Linalee, al contrario di
Guercio-kun, era sempre impeccabilmente in orario. Sarà
stato per il suo forte
senso del dovere, o forse perché era la sorella minore del
preside dell’Accademia
e quindi non poteva permettersi di comportarsi in un modo non consono.
Sta
di fatto che, proprio a causa di questa
differenza di tempismo, l’incantevole fanciulla e il baldo
giovane non si erano
mai incontrati, neanche visti. E bastò uno scambio di
sguardi, un sorriso
accennato sulle labbra della signorina Linalee mentre gli passava
davanti, che il
cuore di Guercio-kun cadde in trappola, e, come se indossasse dei
paraocchi, da
quel momento non vide che lei.
Purtroppo.
Sì, purtroppo per la signorina che camminava
al fianco di Linalee Lee. Guercio-kun rimase talmente folgorato da lei,
che non
si accorse minimamente degli occhi di quest’altra signorina,
di cui non vi
rivelerò il nome, che non smisero un attimo di guardarlo,
dietro le spalle dell’amica.
Per sapere la sua identità, temo proprio che
dovrete pazientare ancora un po’. Un po’ di
suspense non ha mai ucciso nessuno,
no?
Allora…
Arrivederci al prossimo capitolo.
Questi personaggi
non mi appartengono, ma sono proprietà di Hoshino Katsura.
©
Questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
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Capitolo 2 *** Cho 'N' Shinai ***
NDA: Aaah, ce
l’ho fatta, finalmente! Spero che l’attesa
sia valsa la pena!
In questo
nuovo capitolo, vedremo comparire
nuovi personaggi, e ci renderemo ancora più conto del potere
devastante del
sorriso di Lina!
Alcune
piccole note:
- Per
chi non se lo ricordasse, Sachiko è il nome originale
del corpo di Chomesuke.
- Aragi, il cognome
che ho scelto per Chome, visto che poverina era l’unica non
ce l’aveva, si
scrive con il kanji 蘭, che significa “orchidea”.
Non so voi, ma io lo trovo molto appropriato per lei. E poi mi piace
come suona
Sachiko Aragi.
-
Lo “shinai” citato nel
titolo è la spada fatta di canne
di bambù che si usa nel kendō, mentre
“cho” è il verso che Chome dice sempre
alla fine
di ogni frase, e che le è costato appunto il soprannome
“Chomesuke”, datole da
Lavi.
Ma prego,
ora vi lascio a Tyki-pon. ♥
Ed eccoci
con un nuovo capitolo.
Oggi vi introdurrò dei nuovi personaggi, e sì,
anche la misteriosa signorina
che osservava da lontano il nostro Guercio dai capelli rossi.
Siete
impazienti di scoprire chi è? Bene
allora, iniziamo proprio da lei.
«
Lina, quel ragazzo di stamattina ti sta fissando anche adesso, cho.
»
Sachiko
Aragi piegò la testa di lato,
osservando a sua volta Lavi Bookman dall’altro lato della
strada, che sudava
amore e cuoricini da tutti i pori.
Erano le
quattro di pomeriggio, ed erano
appena finite le lezioni. Gli studenti di entrambe le scuole si stavano
riversando sui marciapiedi, chi in procinto di tornare a casa, chi di
svolgere
le attività pomeridiane e di unirsi ai club. Io stavo
potando distrattamente le
aiuole del giardino, lanciando ogni tanto qualche occhiata a
Guercio-kun. A
quei tempi non ero ancora a conoscenza di chi fosse diventata la mira
dei suoi
desideri, tutto ciò che di cui mi rendevo conto era che il
suo sguardo da
idiota faceva concorrenza con quello di Road di fronte ad Allen Walker.
«
Mh? Quale ragazzo? », chiese la signorina Linalee, sbattendo
le ciglia con aria
perplessa, mentre si guardava attorno.
Che dire, la
signorina Linalee è sempre stata
piuttosto ingenua nelle questioni di cuore, per la gioia di suo
fratello
maggiore. Possiamo proprio dire che non le interessavano minimamente.
«
Quale? Quello coi capelli rossi, cho, laggiù. ».
Quello.
In
realtà la signorina Sachiko sapeva bene
quale fosse il nome di quel ragazzo, ma non l’avrebbe mai
ammesso. No, non
avrebbe mai ammesso che era ormai da quasi due anni, da quando aveva
iniziato a
frequentare l’Accademia Privata Lee, che aveva notato quei
capelli rossi così
esuberanti. E sicuramente non l’avrebbe mai ammesso davanti
alla signorina
Linalee.
Perché
alla fine, tutti finiscono per
guardare Linalee.
Non era
gelosa, o altro. Non si sentiva messa
in ombra. La signorina Linalee era la sua migliore amica da sempre, e
non si
sarebbe mai sognata di essere gelosa di lei per qualcosa di
così stupido.
E poi, in
fondo, non lo conosceva neanche quel
Lavi Bookman.
Semplicemente,
lo vedeva tutte le mattine
annaspare disperatamente per raggiungere la scuola. Lo guardava dalla
finestra
della sua classe, che si affacciava proprio sull’ingresso
della scuola pubblica
di fronte alla sua. Lo osservava tutte le mattine, e pensava che quel ragazzo che correva fosse
divertente. Riusciva sempre in qualche modo a strapparle un sorriso,
anche se
da lontano, anche se non sapeva minimamente che lei lo stesse guardando.
Ma questo
non voleva dire niente. Se Lavi
Bookman, si era preso una cotta per la signorina Linalee, andava bene.
Perché
alla fine, tutti si
prendono sempre una cotta per Linalee. Per Linalee. Non per me.
«
Aaah, Yu, credo proprio di essermi innamorato! »,
sospirò Guercio-kun, sempre
facendo concorrenza alla mia dolce nipotina psicopatica.
Yu Kanda lo
ignorò deliberatamente, come
faceva ogni volta che se ne usciva con queste dichiarazioni improvvise.
Cosa
che succedeva piuttosto spesso.
In fondo
Lavi Bookman era sempre stato un
tipo piuttosto superficiale, all’apparenza. E Yu Kanda
– da me altrimenti
soprannominato Spadaccino-kun, a causa dei suoi trascorsi nel dōjō di
kendō – non lo sopportava quando si comportava
così. In realtà non lo sopportava
per la maggior parte del tempo, sta di fatto però che
stavano sempre insieme.
Definirli migliori amici mi costerebbe un taglio netto alla giugulare a
opera
del suddetto Spadaccino-kun, perciò penso sia meglio dire
che fossero migliori nemici o peggiori amici. Scegliete voi la
definizione che più vi aggrada.
«
Yu, Yu, mi ascolti? Cioè, guardala! E’ splendida!
Ed è così dolce…! »,
continuò
imperterrito il nostro rosso.
«
Lascia che ti chieda una cosa. Ci hai mai parlato? », gli
chiese a quel punto
Yu Kanda, al limite della pazienza.
« Eh?
No. », rispose Lavi Bookman, candidamente.
«
Sai almeno come si chiama? »
«
Uhm... no? », ripeté nuovamente, accennando
ad un sorriso.
« E
allora mi spieghi come diavolo fai a dire di esserne innamorato?!
»
« Ma
Yuuu! Guardala! Insomma, guar-da-la! ». Guercio-kun gli
afferrò il viso e lo
costrinse a voltarsi in direzione della signorina Linalee. « Ecco,
è lei! Quella con i capelli sul verde,
corti fino alle spalle, e quelle gambe meravigliose! ».
Se in quel
momento il suo grande nemico gli
avesse tirato un pugno
nello stomaco, probabilmente l’avrebbe colto meno di
sorpresa, e gli avrebbe
fatto anche meno male.
«
Vedi? VEDI?! Ora capisci? L’ho vista per la prima volta
stamattina! Come ho
fatto a non accorgermi prima di lei?! Cioè, Yu, capisci?!
Quella ragazza ha
fatto strike nel mio cuore! »
Ma ormai
Spadaccino-kun non lo stava
ascoltando più. Fissava davanti a se, con lo sguardo perso
nel vuoto, sperando
ardentemente di aver capito male, che la ragazza in questione non fosse
Linalee
Lee.
Tutte,
ma non lei, era l’unico pensiero
che gli passava per la testa.
«
Kanda-senpai, Lavi-senpai, come mai ancora qui? », li
riportò alla realtà una
voce alle loro spalle. Allen Walker li raggiunse davanti
all’uscita, passandomi
davanti senza riconoscermi minimamente. Stavo sempre molto attento a
tenermi a
distanza di sicurezza da Allen Walker, visto che quegli occhi grigi
avevano uno
spiccato talento scrutatore.
«
Allen! », lo salutò allegramente Guercio-kun,
ancora trasudante d’amore. «
Com’è
andata la giornata? »
«
Abbastanza bene, direi. », gli sorrise lui.
«
Aaah, che bella la vita dei primini, tutta allegra e
spensierata… »
« A
me sembri tu quello spensierato, senpai. Piuttosto, Kanda-senpai sta
bene? Mi
sembra un po’ pallido. Forse è a causa la sua
dieta a base esclusiva di soba
che-… »
«
Fatti gli affari tuoi, Mammoletta. », tagliò corto
Yu Kanda, riscuotendosi dai
suoi mesti pensieri. Lanciò di sottecchi
un’occhiata a Guercio-kun, totalmente
ignaro della situazione.
“Ma
che situazione?”, vi starete chiedendo.
Ora vi spiego subito.
C’era
una volta un piccolo bambino
scorbutico, che frequentava le elementari. Non aveva amici
perché allontanava
chiunque cercasse di avvicinarlo, ma in realtà aveva
semplicemente paura di
aprirsi con qualcuno, e di rimanere nuovamente ferito, come gli era
già
successo in passato.
Sta di fatto
che stava sempre da solo, e gli
altri bambini lo prendevano spesso in giro per questo.
Finché un giorno, un
gruppo di suoi coetanei avevano cominciato a schernirlo più
del solito, e lui
non ci aveva visto più. Si era quindi andata a creare una
rissa tra marmocchi,
in cui il nostro Spadaccino-kun si era trovato uno contro quattro. E
non c’è
bisogno di dire che le stava prendendo.
Beh,
capitò proprio in quel momento che una
bambina, una compagna di scuola del nostro eroe
dall’acconciatura femminile,
passò casualmente da quelle parti. E mossa dal suo buon
cuore, si mise in mezzo
a quella violenta lotta all’ultimo sangue, per difendere un
bambino che l’aveva
respinta in malo modo ogni qualvolta aveva provato a rivolgergli la
parola. Era
corsa a difenderlo senza indugio, anche se aveva paura, anche se le
lacrime le
rigavano le guance e le gambe le tremavano.
E poi,
quando quel gruppo di bambini si era
allontanato, lasciandoli soli, lo aveva aiutato ad alzarsi, e gli aveva
sorriso.
Mi chiamo Linalee Lee, se ti va da questo momento
possiamo essere amici!
E Yu Kanda
era rimasto abbagliato da quel
sorriso.
Fine della
avvincentissima e commuoventissima
storia.
«
Yu, però sei pallido sul serio! Sei sicuro di stare bene?
»
«
Stesso discorso per te, stupido coniglio. Fatti gli affari tuoi.
»
Allen Walker
ridacchiò. « A quanto pare oggi
il livello di affabilità di Kanda-senpai ha raggiunto
l’apice. »
Yu Kanda
stava per replicare con una buona
dose di insulti, ma fu interrotto da Mammoletta-kun – intendo
riutilizzare
questo nomignolo, lo trovo piuttosto... appropriato? – che in
quel momento vide la
persona che stava aspettando davanti ai cancelli, e, agitando la mano,
esclamò:
« Sachiko! Sono qui! »
La signorina
Sachiko alzò lo sguardo sentendo
il suo nome, e notò subito la chioma bianca del ragazzo che
spiccava tra la
folla. Rispondendo al cenno con la mano, si fece largo tra le altre
studentesse
per raggiungere Allen Walker, seguita dalla signorina Linalee.
«
Sachi-…? Allen birbone! Non ci avevi detto di avere una
ragazza! », poi
realizzando che la signorina Linalee si stava avvicinando a loro, e
sempre
calcolando meno di zero la signorina Sachiko, a sua volta si mise ad
esclamare
al culmine dell’emozione: « Aspetta, QUELLA
è Sachiko?! Quella coi capelli
verdi?! »
« No,
quella è Linalee. Sachiko è quella-…
»
«
Liiinalee!
Che nome meraviglioso! Ma aspetta, Allen, tu come fai a
conoscerl-…?! », e non
ebbe modo di aggiungere altro perché le due signorine ormai
li avevano
raggiunti.
« Al,
sei pronto, cho? », chiese la signorina Sachiko, cercando di
ostentare un’indifferenza
che non provava. E le sue guance che si erano tinte di rosso
nell’esatto
istante in cui si era accorta di chi fosse il ragazzo con cui stava
parlando Mammoletta-kun,
non aiutavano affatto.
«
Sì,
un secondo. Prima credo che sia il caso di fare delle presentazioni.
», disse,
rivolgendo un occhiata perplessa a Guercio-kun che
“scuoricinava” a tutto
andare al suo fianco, impaziente di parlare con la signorina Linalee.
« Questi
sono Lavi Bookman e Yu Kanda. Sono due miei senpai che frequentano il
terzo
anno. E loro invece sono Sachiko Aragi, che tra parentesi non
è la mia ragazza,
è diciamo… mia sorella maggiore, e Linalee Lee,
la sua migliore amica. Loro fanno
il secondo anno all’Accademia Lee. »
«
Pia-Piacere,
cho. », balbettò la signorina Sachiko, mordendosi
il labbro inferiore, e continuando
a darsi quell’aria sostenuta.
La signorina
Linalee invece, si coprì la
bocca con la mano e rimase a guardare Yu Kanda, non credendo ai propri
occhi.
«
Ciao,
Linalee. », la salutò lui, sviando lo sguardo. Non
ce la faceva proprio a
guardarla.
«
K-Kanda!
», replicò lei, ancora piuttosto sorpresa.
« Non sapevo che frequentassi la
stessa scuola di Allen-kun! Mio dio, sono così contenta di
rivederti! Ma
guardati, come sei diventato alto! E pensare che da bambino non mi
raggiungevi
neanche…! », ridacchiò la signorina.
Spadaccino-kun, al contrario, strinse i
pugni, odiando se stesso per non essere in grado di dire nulla.
Sachiko
Aragi si sentiva a disagio. Lavi
Bookman deluso, perché avrebbe voluto parlare con Linalee
Lee, che invece si
era persa nel felice viale dei ricordi della sua infanzia. Yu Kanda non
sapeva
come reagire di fronte a lei. Era da troppo tempo che non le parlava
più,
troppo tempo che si limitava a guardarla e, sì, ad amarla da
lontano.
E il povero
Allen Walker assisteva alla
nascita di questo quadrato amoroso, senza capirci veramente niente. Si
rendeva
solo conto che l’atmosfera si stava facendo piuttosto pesante.
«
Sachiko,
andiamo? Marian si arrabbia se quando torna non siamo a casa e non gli
abbiamo
preparato la cena. », si intromise.
«
S-Sì,
cho, è meglio! ». La signorina fece un cenno del
capo in direzione dei due
ragazzi, e si affrettò a seguire Mammoletta-kun, che si era
già avviato. « Ah,
Lina! Prima ho incontrato il preside Lee in corridoio, mi ha detto che
doveva
parlarti di una cosa! », si ricordò
improvvisamente, voltandosi per avvisare l’amica.
«
Grazie,
Sachiko! Ci vediamo domani! », la salutò, mentre
tra se e se pensava: « Chissà
cosa vorrà Nii-san… ». Poi
tornò nuovamente a guardare Spadaccino-kun e
Guercio-kun. « Beh, devo proprio andare! Kanda, mi ha fatto
davvero piacere
rivederti! E Lavi-san, mi dispiace! E’ stato un vero piacere
fare la tua
conoscenza! », fece anche lei un piccolo inchino, e se ne
andò.
Decisamente,
quel primo incontro non era
andato come Lavi Bookman aveva sperato.
«
“Kanda”?!
Esigo una spiegazione! », esclamò. « E
anche da quell’“Allen-kun”!
Com’è
possibile che voi due conosciate la ragazza dei miei sogni, quando io
fino a
qualche secondo fa non sapevo neanche il suo nome?! Mpf, sappiate che
mi sento
tradito! »
A nessuno
dei due non poteva importare di
meno di come si sentisse, uno perché se ne era
già andato da un pezzo, l’altro perché
era troppo perso nei suoi pensieri e nelle sue emozioni per
preoccuparsi di
qualcos’altro.
E finisce anche qui un altro capitolo. Arrivederci di nuovo, miei cari
lettori – ah ah, credo di
starci prendendo gusto.
|
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Capitolo 3 *** Bike 'N' Letter ***
NDA: Ho voluto aggiungere
qualche piccolo mistero,
giusto per rendere le cose più interessanti. Infondo non
è bello se svelo tutto
subito, no? 8’D
Due piccole
cose:
-
La “conoscenza” di Tyki
di cui parla Road, non è femminile. Anzi. Ma tranquilli,
presto capirete.
Intanto vi basti sapere che anche il nostro bar(b)one ha un cuore
d’oro, dietro
quella scorza da cinico dongiovanni. ♥
- Hakobune,
il nome della
pasticceria di Tyki, significa “arca”.
Ogni riferimento è puramente casuale, eh! Come no!
:’D
Bene,
questo sarà l’ultimo capitolo con
funzione di “introduzione”. Sì,
perché fino ad adesso ho cercato di introdurvi
i personaggi, i loro caratteri, e il contesto in cui sono inseriti. Dal
prossimo capitolo, inizierò a trattare le loro vicende, il
vero – chiamiamolo
così – “inizio della storia”.
Con chi preferireste che iniziassi? Vi lascio
libera scelta in proposito, visto che per me è indifferente.
Mi annoio in ogni
caso, con questi drammi adolescenziali.
Ma adesso basta chiacchierare. Andiamo a parlare del nostro beneamato
eroe
albino.
Nel capitolo
precedente abbiamo lasciato Allen
Walker e Sachiko Aragi sulla via del ritorno verso casa, dopo la
scuola. Era
una bella giornata per essere autunno, così avevo mandato
Road a fare una
consegna in bicicletta, e caso vuole che si imbattesse proprio in loro
due.
Road sapeva
chi fosse la signorina Sachiko,
le era già capitato di vederla con Mammoletta-kun, e da
brava stalker
psicopatica qual’era, si era informata su ogni minimo
dettaglio riguardante la
sua vita.
Come il suo
cavaliere dai candidi capelli, la
signorina era orfana di padre e madre, ed era stata adottata in tenera
età dal
fantomatico signor Marian – che purtroppo, in questo
susseguirsi di suggestive
vicende, non ho mai avuto il piacere di incontrare.
Road sapeva
anche che vivevano insieme, e la
cosa non la faceva esattamente saltare di gioia. Perché,
nonostante il loro
rapporto fraterno, restava il fatto che Allen Walker e Sachiko Aragi
non
fossero realmente imparentati. E la signorina Sachiko era una bella e
prosperosa ragazza di sedici anni. Cosa che, invece, le faceva
esattamente
venire voglia di trucidarla a sangue freddo. Che tesoro di nipote.
Sta di fatto
che, appena Road si accorse di
chi aveva davanti, prese a pedalare come una forsennata per raggiungere
Allen
Walker e quella, ovvero la
signorina
Sachiko.
«
Aaalleeen!
», lo chiamò al settimo cielo, mentre arrivava al
suo fianco e faceva una brusca
frenata con la bicicletta, lasciando una striscia
sull’asfalto. Nello stesso
istante in cui si era fermata, si era resa conto che quel suo
atteggiamento non
rispecchiava affatto il genere di ragazza che si preoccupava di
apparire
davanti a Mammoletta-kun, quindi cercò di darsi un contegno
e se ne uscì con un
sorridente: « Buon pomeriggio. », intriso di
falsità, mentre scendeva
compostamente dalla bicicletta.
«
R-Road!
Cavolo, mi hai fatto prendere un colpo. », replicò
il ragazzo, posandosi una
mano sul petto. « Come mai da queste parti? »
« Sto
facendo una consegna », rispose, la faccia sempre paralizzata
in un sorriso.
« Da
quando fate anche le consegne a domicilio? »
« Ah,
no, questo è un caso particolare. E’ per una
conoscenza di Tyki. »
« Una
cono-…? Ah, capisco. Mikk-san deve essere un uomo con
parecchie “amicizie”.
Beh, ti lascio andar-… »
« Ma
no, tranquillo! Non ho assolutissimamente fretta! E poi guarda, dove
devo
andare è anche vicino a casa tua! »,
gongolò lei.
« E
tu come fai a sapere dove abitiamo? », s’intromise
a quel punto la signorina
Sachiko, guadagnandosi uno sguardo assassino proveniente da quel tesoro
di mia
nipote, che però cambiò immediatamente
espressione, prima che Mammoletta-kun
potesse accorgersi di alcunché.
« Ah,
giusto! Tu e Sachiko non vi conoscete, vero? », si rese conto
il ragazzo,
cambiando provvidenzialmente argomento. Quello era il giorno delle
presentazioni catastrofiche per il nostro Allen Walker. Davvero, a
volte mi faceva
pena, poveretto.
« Non
ci siamo mai presentate, no. Tanto piacere, Sachiko-san, io sono Road.
», le
strinse, anzi, le stritolò la mano.
«
P-Piacere
mio, cho. », replicò la signorina Sachiko,
rivolgendole uno sguardo
sconcertato, avvertendo l’aura omicida che la circondava.
« Beh,
allora che ne dici se facciamo un pezzo di strada insieme? »,
chiese Allen
Walker.
Con ogni
probabilità Road in quel momento
avrebbe voluto saltare di gioia. Ma la parte che interpretava, non
glielo permetteva,
quindi stava per rispondere con un semplice
“certo!”, quando venne interrotta
dallo squillo del suo cellulare.
Sono
convinto di avere una specie di sesto
senso. Per questo l’avevo chiamata, perché avevo
la sensazione che le cose non
stessero andando come dovevano.
« Road, cosa stai facendo? »
« Uhm,
niente. »
« Male. E’ tardi, qualsiasi cosa tu stia o
non
stia facendo, smettila subito e datti una mossa. »
La sentii
camminare, e quando mi rispose,
aveva abbassato di molto il tono di voce. Si era allontanata per non
far
sentire a Mammoletta-kun i suoi capricci.
«
Tyki,
sei un insensibile! Ho appena incontrato Allen! Non puoi essere un
po’ più
comprensivo? Ti prego! »
« No. L’orario di visita finisce tra
mezz’ora.
»
«
Posso
sempre andarci domani! »
« No. Gli ho detto che gliel’avresti
portato
oggi, quindi ci vai oggi. »
«
AAARG!
Ti odio! », sibilò stizzita, mentre sorrideva
candidamente in direzione di
Mammoletta-kun.
« La cosa mi sconvolge, sul serio. Ora muoviti.
»
Road mi
sbatté il telefono in faccia, poi
tornò dal suo Allen.
« Mi
dispiace, ma devo proprio andare. »
«
Sarà
per un'altra volta, allora. »
« Ma
certo! Beh, allora ciao, Allen! Sachiko-san, arrivederci. Sono contenta
di
essere finalmente riuscita a parlare con te, ci tenevo taaanto!
». Proprio
tanto, sì. Giusto per marcare il suo territorio, come un
cane.
«
… Sì,
cho, anche per me è lo stesso. »,
replicò la signorina, sempre con un’aria
sconcertata. Lei, a differenza di Allen Walker non si era lasciata
abbindolare
dai suoi sorrisi bugiardi. Sarà stato anche per la mano che
Road le aveva
stretto prima, che aveva quasi perso di sensibilità.
« Ci
vediamo! », esclamò, risalendo sulla bicicletta e
iniziando ad allontanarsi,
mentre il nostro ragazzo dai capelli bianchi la salutava agitando la
mano,
imitato dalla signorina Sachiko.
«
Quella ragazza mi guardava malissimo, cho. », disse, appena
Road ebbe svoltato
l’angolo.
«
Chi, Road? Non me ne sono accorto. », replicò
ingenuamente Allen Walker.
«
Certo, perché hai le fette di torta sugli occhi. Mi guardava
come se volesse
farmi fuori da un momento all’altro, cho. »
« Ma
smettila! Road non farebbe male a una mosca. E’ ancora una
bambina. »
«
Una bambina, cho? Scommetto che non ti sei accorto nemmeno di come
guardava te.
», sbuffò Sachiko Aragi.
«
Perché, come mi guardava? »
La signorina
gli prese le mani tra le sue e
iniziò a sbattere ripetutamente le ciglia, imitando la voce
di Road. « Così,
cho: “Oh, Allen, ti prego, fammi diventare la madre dei tuo
figli!” »
« Ma
che-…?! ». Mammoletta-kun ritrasse le mani, e
scoppiò a ridere.
«
Quella “bambina”, come dici tu, è
innamorata persa di te. Che poi, bambina? Non
sembra tanto più piccola di te, cho. Quanti anni ha?
»
« Mmh,
tredici o quattordici, credo. »
« Se
lei è una bambina tu cosa sei, Al? Un poppante? Avete solo
uno, al massimo due
anni di differenza, cho. »
« Ma
non è quello che intendevo! E comunque fidati, lei non pensa
a me in quel modo.
»
« Mi
correggo, cho, non ha delle fette di torta sugli occhi. Tu non ci vedi
proprio.
»
Allen Walker
preferì non insistere oltre,
anche perché non sapeva cosa dire. Lui era davvero convinto
che Road non
provasse niente nei suoi confronti. Insomma, sì, era sempre
stata gentile e
carina con lui, ma questo non voleva dire niente. Non gli sembrava il
tipo che
si preoccupasse dell’amore. Gli sembrava una ragazza
semplice, tranquilla, a
volte anche piuttosto ingenua – scusate, mi viene da ridere.
Per questo
non la credeva capace di odiare
così, senza un motivo apparente, la signorina Sachiko,
né di innamorarsi di
lui. E per questo l’aveva definita
“bambina”, perché non la credeva ancora
abbastanza matura per pensare a determinate cose. Non in senso
dispregiativo.
E poi non si
erano mai scambiati più dei
soliti convenevoli, non avevano mai parlato veramente. Quindi come
poteva piacergli,
se quasi neanche si conoscevano?
Ma
c’era anche da dire che lui non si era mai
intrattenuto più del dovuto con lei. Perché
sì, non gli interessava più di
tanto.
Forse giusto
all’inizio, l’aveva un po’
colpito. Si ricordava ancora della prima volta che l’aveva
vista, e quando ci
ripensava, gli veniva ancora da ridere. La prima volta che era entrato
da Hakobune
– che è il nome della mia pasticceria,
tanto per intenderci –, l’aveva sorpresa a sgridate
concitatamente Lulubell, il
nostro gatto, perché aveva mangiato un’intera
teglia di biscotti che erano
appena stati preparati. Quel suo monologo da pazza isterica con un
gatto che
rispondeva solo con uno sguardo vacuo, l’aveva divertito.
Aveva pensato che
fosse una ragazza interessante. Ma poi, conoscendola,
anche superficialmente com’era il loro rapporto a quei tempi,
l’idea che si era
fatto di lei era andata lentamente sfumandosi. Si era reso conto che
Road era
una ragazza normale, come tante altre. E il piccolo barlume di
interesse, si
era spento tanto in fretta come era nato.
Allen Walker
scosse la testa, tornando alla
realtà. « Tu, piuttosto, prima
cos’avevi? Hai fatto una faccia quanto ti ho
presentato Lavi-senpai… »
« Eh?!
C-Che?! Non è assolutamente vero, cho! »,
esclamò la signorina Sachiko, colta
alla sprovvista.
« Non
sai mentire, Sachiko. Cosa c’è? Ti sta antipatico?
»
«
A-Antipatico?! No, cho! N-Non l’avevo mai visto prima in vita
mia. », ribatté,
cercando di suonare il più convincente possibile, con scarsi
risultati.
« Te
lo ripeto, non sei capace di bluffare. Per questo ti batto sempre a
poker. »,
sorrise lui.
«
Questo non c’entra niente, cho! Sei tu che sei uno schifoso
imbroglione! Come
quella volta, che ti ho beccato mentre scambiavi le carte con quelle
che avevi
nella manica! »
Continuarono
a battibeccare e a ridere per
tutta la durata del tragitto verso l’appartamento che
condividevano. Proprio
come fratello e sorella… Non sembra anche a voi?
Come tutte
le giornate che si prospettano
soleggiate, appena si dice “che bel tempo!”, ecco
che arriva il temporale.
Ma tanto,
quella sera, Linalee Lee non
sarebbe uscita. Non era il tipo di ragazza a cui piaceva uscire,
preferiva
starsene tranquilla a casa a guardare un film, o a leggere un libro. La
maggior
parte delle volte, era la signorina Sachiko a trascinarla fuori, e lei
la
seguiva di buon grado perché non se la sentiva di rifiutare
un invito della sua
migliore amica. Linalee Lee era semplicemente la bontà
incarnata.
Dicevamo,
che quella sera la signorina
Linalee non sarebbe uscita. Sì, perché questa
volta si era trovata costretta a
declinare la proposta della signorina Sachiko di andare al cinema.
La ragione
risiedeva nel motivo per cui suo
fratello maggiore, il preside dell’Accademia che frequentava,
l’aveva mandata a
chiamare dopo la scuola.
«
Posso? », aveva bussato alla
porta della presidenza.
«
Linalee! Entra, siediti! Ho una
notizia fantastica, non potevo aspettare di dirtela a casa!
», l’aveva accolta
Komui Lee, con lo sguardo che brillava di commozione dietro gli
occhiali.
«
Che succede, Nii-san? »
«
Tieni. », aveva replicato in
tutta risposta, porgendole una busta. « Aprila. »
La signorina Linalee era rimasta a fissare la mano
tesa del signor Komui,
non sapendo bene come reagire. Era troppo, troppo presto. Non era
passata
neanche una settimana. Come poteva essere? Eppure
dall’espressione di suo
fratello…
«
È il… il risultato dell’ultimo
concorso a cui ho partecipato? », aveva balbettato, prendendo
esitante ciò che
le veniva porto.
«
Proprio quello. Forza, aprila. »
La signorina aveva aperto con mani tremanti la
busta, estraendone un plico
di tre fogli. Non poteva negare di essere emozionata. Per quel concorso
aveva
studiato tanto, e parte del suo futuro poteva dipendere dal risultato.
«
S-Sono… Sono arrivata quinta! »,
aveva esclamato, dopo aver scorto una lista d una cinquantina di nomi
di studenti,
tra cui solo i primi dieci sarebbero passati al
“round” successivo. Sì,
perché
quel concorso era letteralmente una lotta all’ultimo sangue
per ottenere una
borsa di studio per una delle università più
prestigiose, se non addirittura la
più prestigiosa, di tutto il Giappone.
«
Congratulazioni, Linalee. Sei
ufficialmente una delle candidate per la borsa di studio. »,
le aveva detto il
signor Komui, con un sorriso raggiante.
Quindi
quella sera era rimasta a casa a
studiare. La sessione successiva si sarebbe tenuta a distanza di tre
mesi, ma
in quell’arco di tempo avrebbe dovuto scegliere un argomento,
preparare una
tesina, ed esercitarsi ad esporla a una commissione composta dalle
cattedre più
brillanti di tutto il Giappone. E la sua testa frullava di idee, che
voleva
mettere per iscritto, prima di dimenticarsi qualcosa. Che studentessa
diligente.
La sua
scrivania era coperta di libri,
fotocopie e fogli ricoperti di appunti, matite, penne, ed evidenziatori
colorati. Avrebbe potuto aprire una cartoleria.
Eppure,
nonostante davanti a lei fosse tutto
pronto, nonostante stesse impugnando la penna desiderosa di scrivere,
non ci
riusciva, non le veniva niente. Perché un pensiero
più degli altri, oscurava
tutto il resto.
«
Dimentica quello che ho detto. Non è
importante, non ci pensare più. »
Erano
passati quattro anni, ma non aveva
dimenticato. Non aveva dimenticato le sue
parole di quel giorno. Ci aveva provato, ma non ci era riuscita. Quelle
parole
ogni volta tornavano, e le facevano battere il cuore, e la facevano
arrossire,
e le facevano salire le lacrime agli occhi. Esattamente come quel
giorno.
Esattamente
come adesso.
Perché?
Anche se provava a non pensarci, era
impossibile. Eppure la sua vita era andata avanti, aveva conosciuto
nuove
persone. Ultimamente si era quasi rassegnata, con tutto il tempo che
era
passato.
Non lo
vedeva da quattro anni. Quattro anni,
e ancora non era riuscita a dimenticare l’espressione dei
suoi occhi scuri
mentre le aveva detto quelle parole, gli stessi occhi scuri che prima
avevano
fatto di tutto per evitare il suo sguardo.
E
tu? Hai dimenticato?
Lanciò
ancora un’occhiata distratta al foglio
del concorso, asciugandosi le guance con la manica.
Chissà,
forse se quella sera la sua mente non
fosse stata occupata da altro, e quell’occhiata fosse stata
più attenta, si
sarebbe resa conto del primo nome di quella lista.
Un nome che
avrebbe imparato a conoscere
bene.
1. Lavi Bookman
Fine del
terzo capitolo. Arrivederci di nuovo,
signori, signore, e – specialmente – signorine mie.
E vi rinnovo
l’invito a dirmi su quale dei
nostri giovani ed impavidi eroi vorreste che verta il prossimo racconto.
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Capitolo 4 *** Jacket ‘N’ Cellphone ***
NDA:
Mi scuso per averci messo tanto tempo ad
aggiornare, ma le idee e il tempo scarseggiavano. Questo capitolo non
è tanto
lungo, ma vedrò di recuperare coi prossimi! ♥
-
E io che
quasi speravo dopo tutto questo
tempo che quella disgraziata dell’autrice si fosse
dimenticata di questa
storia. Dannazione.
Mi tocca
andare avanti a raccontare, quindi?
E andiamo avanti...
« EHI,
ASPETTA! »
Sachiko
Aragi si bloccò al suono di quella
voce. L’aveva riconosciuta subito, anche se quel pomeriggio
era la prima volta
che l’aveva sentita. Le era rimasta... come dire, impressa.
Per un
attimo la sfiorò il pensiero che
stesse chiamando lei. Ma fu solo un attimo, e scuotendo la testa si
rincamminò
verso casa sua. Non si voleva nemmeno voltare a guardarlo, sarebbe
stato tempo
sprecato.
«
Cho-... Chomesuke...? ».
Si
bloccò. Ora quella voce era decisamente
troppo vicina per pensare che si stesse rivolgendo a qualcun altro. Si
voltò
lentamente, quasi sperando di essersi sbagliata, ma al tempo stesso
desiderando
che non fosse così – ci rinuncio a capire la mente
contorta femminile. E no,
non si era sbagliata.
Lavi Bookman
aveva chiamato proprio lei.
«
“Chomesuke”,
cho? », domandò perplessa, cercando di non far
trasparire quanto il fatto di
trovarsi di fronte a lui la facesse sentire nervosa. Aaah, questi
adolescenti
innamorati...
«
E’
quello che c’è scritto sul tuo giubbotto.
», le rispose lui, indicandolo. La
signorina Sachiko piegò leggermente la testa per cercare di
leggere la scritta
sulla sua schiena. Non se ne era mai accorta, tanto era svampita.
«
Scusa, è che... non sapevo come chiamarti. »,
continuò Guercio-kun, sorridendo
e grattandosi la testa. « Di solito chiamo le persone per
nome da subito, ma
molti si offendono, e così... »
«
Non fa niente, cho. Chomesuke è... carino. »,
borbottò in risposta,
distogliendo lo sguardo.
Il giubbotto
le stava parecchio grande, tanto
che era costretta a doversi tirare su le maniche in continuazione per
poter
usare le mani. Anche la tuta che indossava era di una o due taglie
più grandi.
Ma non le importava, anzi. Aveva sempre preferito i vestiti larghi e
comodi a quelli
aderenti. Non le era mai interessato far risaltare la sua bellezza
– un vero
peccato, direi.
Neanche in
quel momento, mentre stava
parlando con il ragazzo che in teoria le piaceva, si sentiva a disagio
perché
non era vestita bene. Era semplicemente... se stessa.
«
Hai... bisogno di qualcosa, cho? »
«
Eh? No. E’ che ti ho vista e ho pensato di salutarti, tutto
qui. », sorrise
ancora lui.
E
certo, cho, “tutto qui”. Lavi Bookman
non si rendeva neanche minimamente conto di quanto il suo
“tutto qui” e il suo
sorriso spensierato fossero fonte di palpitazioni tachicardiche per la
signorina Sachiko.
«
Fammi
capire un po’... ma tu fumi? », le
domandò all’improvviso un Guercio-kun
piuttosto sconcertato, facendo un cenno verso il pacchetto di sigarette
che la signorina
teneva in mano. Anche lei abbassò lo sguardo.
«
Ma...
ma ti sembra, cho?! », sbottò dopo qualche secondo
che le era servito per
realizzare il tutto. Dovete capire che la velocità dei
processi mentali di una
giovane fanciulla il cui cuore è stato rapito
dall’amore rasentano la staticità
e il rimbambimento più totale. Se vogliamo aggiungere, poi,
che questa
fanciulla in particolare non era già molto sveglia di suo,
fate voi i conti...
Beh,
tornando a noi. Lavi Bookman era scoppiato
a ridere davanti alla sua espressione scandalizzata, come se
l’avesse accusata
di chissà quale crimine – fumare fa bene alla
salute, ne sono fermamente
convinto –, ed ora le stava prendendo di mano il pacchetto,
per leggere la
marca. Marlboro rosse. Mh.
« Beh,
e allora che ci fai con queste? »
« Queste... »,
sottolineò leggermente
stizzita, riprendendosele, « sono per Marian, cho. Manda
sempre a me a
prenderle, perché se no è costretto a pagare i
debiti che ha col gestore della
tabaccheria. »
« E
il cassiere te le da anche se sei minorenne? »
«
Marian dice che ha una cotta per me, anche se io non ci credo. Dice che
è per
questo che me le da e che non fa mai storie perché non ho i
soldi per saldare
il conto delle scommesse che ha perso alle schedine. »
«
Questo Marian è proprio un approfittatore! »,
esclamò il nostro guercio
accennando ad un'altra risata.
Anche la
signorina si mise a ridere. « Approfittatore
è un complimento! Allen ti ha mai raccontato di quella volta
che... », e qui iniziò
a divagare, e io non ho la benché minima voglia di
trascrivere tutto.
Accontentatevi della mia immensa pazienza fino ad adesso.
Ma passiamo
a quello che pensò Guercio-kun
mentre la osservava parlare, ridere e gesticolare. L’unico
occhio che gli
rimaneva – sì, perché se non
s’era ancora capito, l’altro era coperto da una
benda dall’aria piratesca, ma questa è un'altra
storia... – catturava anche la
più piccola fossetta che le si formava sulla guancia, e
registrava quante volte
arricciasse il naso, o scrollasse le spalle, divertita. Quello che
però non
aveva mai notato fino a quel momento era quanto fosse... bella,
soprattutto
quando rideva. Non come la signorina Linalee, non di una bellezza
semplice ma
anche talmente curata da sembrare perfetta. Eppure c’era
qualcosa che a pelle
gli piaceva di quella ragazza, saranno stati i capelli ribelli tirati
indietro
come capitava, sarà stato quel giubbotto enorme e di un
giallo assurdo, sarà
stato il suo modo infantile di parlare, aggiungendo sempre quel
“cho” alla fine
di ogni frase. Guardandola, gli veniva spontaneamente da sorridere,
cosa più
unica che rara per lui.
Eppure
quello non era il momento di lasciarsi
andare a sorrisi e chiacchiere amichevoli. Lavi Bookman scosse appena
la testa
come per scrollarsi quei pensieri di dosso.
«
Senti
Sachiko, già che ci siamo, ti volevo chiedere... uh... pensi
che Linalee uscirebbe
con uno come me? »
Il sorriso
le si congelò in faccia. Ecco
perché. Adesso si spiegava tutto. Era stata una povera
illusa a credere che
Lavi Bookman l’avesse avvicinata solo per scambiare quattro
chiacchiere
disinteressate.
«
Sachiko...? »
«
Chiamami... chiamami Chomesuke, cho. », si sentiva una
stupida per come si
stava aggrappando a quel nome ridicolo. Ma voleva tenersi almeno
quello. Quel
soprannome era suo, solo suo. E gliel’aveva dato lui, anche
se per caso.
«
Lina ti piace proprio tanto, eh, cho? »
«
Forse è un po’ presto per dirlo,
però... non lo so, vorrei conoscerla. Diciamo
che mi ha colpito, ecco. »
La signorina
accennò a una risata nervosa. «
Lina non passa mai inosservata, sfortunatamente per Komui-san, cho
»
«
Komui-san...? E chi è, il suo ragazzo? »
«
Eeehm,
no, non proprio! E’... suo fratello maggiore. O meglio, cho,
un rottweiler
capace di sbranare chiunque le si avvicini. »
«
Ahia.
»
« Ti sei cacciato in un bel guaio. »
« A
quanto pare... Però... non mi hai risposto. »
«
Uhm...
è una domanda difficile, cho. Lina non è mai
uscita con un ragazzo, per quel
che ne so. No, veramente c’era un tipo che le piaceva, ma
è stato parecchio
tempo fa, cho, quando ancora io non la conoscevo, e non me ne ha mai
parlato
molto, quindi non so che dirti. Comunque posso provare a chiederle
che... che
cosa ne pensa di te, o qualcosa del genere. Con qualche scusa tattica e
giri di
parole da spettegolatrice professionista, ovviamente, cho. » E comunque, cho, Lina è talmente ingenua
che
non capirà neanche di che sto parlando.
«
Davvero?
Mi faresti un grandissimo favore! »
« Ma
va’. Beh, allora ti faccio sapere lunedì a scuola,
cho! »
«
Eeeh?!
No, non posso aspettare fino a lunedì! Aspetta, ti do la mia
mail. »
L-La sua mail?! Questo vuol dire che si aspetta che
gli scriva?! E che gli
dovrei scrivere?! Come posso iniziare...?, ma la frazione
di secondo dopo la povera signorina si rese conto che quello che
veramente
importava a Guercio-kun non sarebbe stato il suo messaggio, ma il
contenuto.
La risposta
della signorina Linalee.
« Uhm, sì... ». Con
ostentata noncuranza si
mise a frugare nelle mille tasche del giubbotto e dei pantaloni,
neanche fosse
quel gatto blu che Road si guarda in televisione. « Aspetta
solo un secondo che
cerco il cellulare... ah, ero convinta di averlo messo qui, e invece...
dove
caspita è fini-trovato, cho! Tieni. », e tirandosi
su per l’ennesima volta la
manica del suo giubbotto giallo, glielo porse, mentre lui faceva lo
stesso col
suo.
Non appena
ebbero finito di scambiarsi i
relativi recapiti, una leggera pioggia cominciò a cadere.
Che tempismo, eh?
«
Acc-...!
Sarà meglio che vada! Se le sigarette s’inzuppano,
Marian mi uccide, cho. », si
lamentò la signorina Sachiko, coprendosi la testa con una
mano. « Allora... a
lunedì, cho! »
« A
stasera. », ribattè lui, agitando il cellulare.
« ...
Certo, cho. ». Gli rivolse ancora uno sguardo, poi si
girò e iniziò a correre
verso l’appartamento che divideva con Marian Cross e Allen
Walker. Ma non aveva
fatto che qualche metro che il semaforo rosso dell’incrocio
l’aveva bloccata.
No, in realtà era qualcos’altro ad averla
costretta a fermarsi e a voltarsi di
nuovo indietro.
«
Chomesuke!
Grazie! »
« Non
c’è problema! Se sei un bravo ragazzo, potresti
anche farla felice. E se è
felice Lina, lo sono anch’io, cho. Quindi... », e
accennò ad un sorriso. « ... sei
un bravo ragazzo, Lavi Bookman? »
« Ti
sembro un bravo ragazzo? », replicò lui,
ricambiandolo – ‘sti due sono tutti
sorrisi...
« ...
Non lo so, cho. Non ne sono ancora... sicura. », e con un
ultimo sorriso furbo,
lo aveva lasciato sul ciglio della strada, sconcertato.
Ronzio.
Le
ho chiesto che cosa ha pensato
di te, e ha detto che ha prima vista le sei sembrato un ragazzo
simpatico. Ha
detto anche che ti aveva notato stamattina fuori da scuola. Wow, Lina
che nota
un ragazzo! Ormai c’è da decidere solo la data
delle nozze! (≧▽≦)
«
Lavi. »
Guercio-kun
chiuse con un scatto il cellulare
mentre il sorriso gli spariva dal volto, e si strofinò
ancora più forte l’asciugamano
sui capelli bagnati – e no, mie care signorine infoiate, non
ho intenzione di
mettermi a descrivere come le gocce d’acqua ricadessero sul
suo collo e sulla
sua schiena nuda – coprendosi in parte la faccia. Non aveva
voglia di guardarlo
e neanche di farsi guardare. Lo conosceva troppo bene, avrebbe finito
per
capire che c’era qualcosa che non andava. Che poi, nemmeno
lui sapeva che cosa
ci fosse che non andava.
Era tutto a
posto. Tutto stava andando...
secondo i piani.
«
Lavi.
», ripeté.
«
Cosa?
», e distolse ancora di più lo sguardo.
« Non
chiedermi “cosa” quando sai benissimo di
“cosa” sto parlando. »
Il
nostro eroe si lasciò andare a un sospiro esausto.
« Sta... andando tutto bene.
», rispose. « Niente intoppi. Ancora qualche
giorno, e potrò passare alla fase
successiva. »
Ci fu un
attimo di silenzio, in cui
Guercio-kun si senti squadrare dal capo ai piedi. Quegli occhietti
malvagi
probabilmente erano in grado anche di vedere attraverso
l’asciugamano.
«
Lavi...
non devi lasciarti coinvolgere. », gli aveva letto dentro
come niente fosse.
« Lo
so. »
« Ne
sei sicuro? »
« ...
Avrò quella borsa di studio ad ogni costo, vecchio, il
resto... non conta. »
23 e 37.
Altro ronzio.
Buonanotte...
(・ω・)/
Altro
sorriso.
Però
non le rispose.
Mi sto
calando troppo nella parte del
narratore, accidenti.
Però
sono bravo. Parecchio bravo.
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