Red Order, Love Exorcists!

di M e g a m i
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cake 'N' Watch ***
Capitolo 2: *** Cho 'N' Shinai ***
Capitolo 3: *** Bike 'N' Letter ***
Capitolo 4: *** Jacket ‘N’ Cellphone ***



Capitolo 1
*** Cake 'N' Watch ***


DGM - long fic Mh. A quanto pare mi è stato assegnato il ruolo di narratore di questa storia. Cercherò di raccontarla nel modo più oggettivo e imparziale possibile, per quando riuscirò a raccontare, senza esprimere opinioni personali, una, o forse anche più storie d’amore. No, credo che mi sarà davvero impossibile. Mi scuso in anticipo se i miei commenti vi sembreranno fuori luogo, ma è proprio più forte di me, non capisco perché il genere umano sia tanto masochista da volersi innamorare deliberatamente. Sono convinto che la vita sarebbe molto più divertente se tutti si limitassero a rimanere sul piano del “piacere”.
Ma ora mi tocca iniziare. Prima però, lasciate che mi presenti.
Il mio nome è Tyki Mikk, è un vero piacere fare la vostra conoscenza.


Quando quel pomeriggio il ragazzo dai capelli bianchi entrò facendo tintinnare il campanello attaccato allo stipite della porta, ero seduto sulla panchina nel retro del negozio, e mi ero appena acceso una sigaretta. Sapete, ricordo ancora quando fumai per la prima volta. Dovevo aver avuto la sua età, più o meno. Ma non è dell’inizio della mia dipendenza dalla nicotina che devo parlarvi ora, anche se penso che sarebbe decisamente più interessante.
   « C’è nessuno? », chiese, guardandosi attorno mentre si sfilava la sciarpa.
Non avevo la minima intenzione di tornare dentro per servirlo, anche perché sapevo che ci avrei messo un’eternità. Quando Allen Walker entrava nel mio negozio, se ne andava lasciandolo più o meno vuoto. Non che la cosa dispiacesse al mio portafogli, sia chiaro. Ma il mio tempo era prezioso – così come la mia sigaretta – e non l’avrei certo buttato per qualcuno che non fosse stato del sesso opposto.
   « A-Allen! Anche oggi qui? ».
Mi sporsi leggermente per sbirciare all’interno, attraverso la porta socchiusa.
   Ah, ecco. Siamo a posto, adesso, pensai sospirando.
   « Ciao, Road. Mikk-san non c’è? ».
Road Kamelot era mia nipote. È, anzi. Purtroppo non mi sono ancora liberato della sua fastidiosa esistenza. Sta di fatto che, oggi come allora, era una mocciosa stressante, lunatica, egoista, prepotente, esuberante, sadica, insomma un piccolo concentrato insopportabilità. Ma la cosa più strana di tutte, era come si trasformava quando si trovava davanti Allen Walker. Diventava completamente un’altra persona, non scherzo. Si comportava in un modo talmente dolce e gentile da risultare ancora più insopportabile. Forse perché voleva piacergli a tutti i costi. E’ stata innamorata di lui da… da sempre, credo. Non ricordo un momento in cui non sbattesse le ciglia con un sorriso ebete stampato in faccia di fronte a lui. E quell’ingenuo ragazzo non aveva mai sospettato neanche minimamente né cosa provasse nei suoi confronti, né di come fosse in realtà, dietro quella maschera nauseante.
   « Credo che sia sul retro. Ma posso servirti io, non c’è problema. ». Tch, dire che quello era un sorriso ebete, è un eufemismo. Il solo guardarla mi faceva venire il diabete.
   « Uhm, allora… Prendo una fetta di quella torta al cioccolato con le fragole. Però anche quella con le pere sembra buona… Facciamo che ne prendo una fetta di entrambe. Ah, oggi sono fortunato! Ci sono pure quei cannoli siciliani dell’altra volta! Ne prendo, vediamo… quattro. E anche un paio di meringhe. E ovviamente dei chichi dango. ».
Road ridacchiò e si morse il labbro inferiore. « Credo che dovrai ripetermi tutto un’altra volta, e un po’ più lentamente. ».
   « Scusa, mi sono lasciato trasportare. », sorrise il ragazzo a sua volta, grattandosi la testa leggermente imbarazzato. « Ma non è colpa mia se questa è la migliore pasticceria della città. »
   « E tu sei il nostro miglior cliente! », continuò a civettare lei.
Vi giuro che non capisco cosa ci trovasse in lui. Che senso aveva l’essere innamorata di un ragazzo con cui non poteva neanche essere se stessa? Eppure Road non smetteva un secondo di guardarlo con occhi sognanti, anche mentre prendeva i dolci che aveva ordinato e li metteva nel vassoio, rischiando ogni volta di rovesciare il tutto perché era troppo persa nei suoi pensieri.
Spensi controvoglia la sigaretta e andai ad aiutarla, per evitare di ritrovarmi col pavimento ricoperto di crema e cioccolata.
   « Allen Walker. », lo salutai facendo un cenno verso di lui, e togliendo la pinza dalle mani di Road.
   « Ah, salve Mikk-san. Scommetto che era fuori a fumare. Se continuerà così, prima o poi le verrà un tumore ai polmoni. »
   « Tu prega che continui a vivere ancora per molti anni, oppure ti ritroverai senza le mie torte. », replicai mentre pesavo il pacchetto.
   « Tyki, le torte non sono tue. Non le fai mica tu, le fa Jerry-san. Tu non sai neanche come si fa un uovo sodo. », si intromise Road. Ah ah, la mia nipotina preferita. Sarebbe rimasta senza cena, quella sera.
   « Sì, ma il negozio è mio. Morto io, morto il negozio, morte le torte. »
   « E’ proprio per questo che lo dico, se lei morisse, mi ritroverei davvero nei pasticci. »
   « La tua apprensione nei miei confronti mi commuove, ragazzo. Sono 1071 yen. E d’ora in poi ti puoi scordare che ti faccia ancora credito. »
Allen Walker tirò fuori il portafogli, e pagò quello che doveva pagare, poi se ne andò. Road, dal canto suo, rimase a fissarlo imbambolata, continuando ad agitare la mano in segno di saluto finché non ebbe girato l’angolo. Giusto il tempo che lui fosse fuori vista, e lei si ritrasformò nella belva in miniatura che era di solito.
   « Stupido Tyki, perché sei venuto?! Per una volta eravamo soli! », mi sbraitò contro.
   « E quindi? Non sarebbe cambiato niente lo stesso. Lui viene qui per i dolci non per te. », le risposi, posandole una mano sulla testa per evitare che mi picchiasse. Infatti cominciò ad agitare i pugni, cercando di colpirmi senza risultato, finché non si arrese e mise il broncio.
   « Ma allora perché dovrebbe venire proprio qui, ogni singolo giorno? Ci sono tante altre pasticcerie in cui potrebbe andare! »
   « L’ha detto lui, no? Questa è la migliore pasticceria della città. Non viene qui per te, rassegnati. ».
Mi lanciò uno sguardo di fuoco, per poi togliersi il grembiule e tirarmelo in faccia. La sentii salire al piano di sopra con un passo talmente leggero e delicato che avrebbe fatto invidia alla migliore ballerina di danza classica, e poi sbattere con la stessa grazia la porta dell’appartamento che un destino infame e il più disgustoso dei fratelli maggiori che fossero mai esistiti, mi avevano costretto a condividere con lei.
Vi giuro, capirla mi risultava davvero impossibile.


Bene, vi avevo già anticipato nell’introduzione che vi avrei raccontato più di una storia d’amore. Devo informarvi però, che non sono stato testimone diretto di tutti i fatti che sto per narrarvi, e che vi narrerò in seguito. Molti mi sono stati riportati dai diretti interessati, visto che questi piccoli adolescenti dagli ormoni in subbuglio, hanno pensato bene di usufruire della mia sconfinata pazienza, e di trattarmi come il loro psicologo personale.

E quindi signori e signore (e ovviamente signorine ♥) il mio paziente di oggi è… un certo Guercio-kun.


Stranamente, quella mattina di ottobre, Lavi Bookman Junior era in orario. Anzi, era addirittura in anticipo. Un evento straordinario, per lui che quasi ogni giorno si vedeva chiudere in faccia il cancello della scuola dall’affascinante signor bidello. Sì, perché nel mio tempo libero mi dilettavo anche a svolgere umili lavoretti (e ad intrattenermi oltre l’orario con le professoresse di quella scuola superiore, ovviamente), quindi ero ben consapevole dei numerosi ritardi di Guercio-kun.
Quella mattina, come tante altre, stavo spazzando le foglie dall’ingresso della scuola. Era presto, e neanche gli studenti più diligenti erano ancora arrivati. Perciò immaginatevi il mio stupore quando vidi Lavi Bookman svoltare l’angolo, ed entrare di corsa nella scuola.
   « Bidello-san, che ore sono?! Gli altri sono già tutti dentro?! E’ così tardi?! », mi chiese, ansimando. Io alzai lo sguardo verso di lui dietro gli occhiali spessi, e inarcando un sopracciglio gli feci un cenno verso il cancello alle sue spalle.
   « Cosa, cosa?! Non dirmi che è arrivato il vecchio Hitler-… il rispettabilissimo signor vice-preside Leverrier! », esclamò, sobbalzando e girandosi.
   « No. », sospirai. « Il cancello. »
   « Il cancello? Che ha il cancello? E’ rotto? »
   « No. E’ aperto. »
   « E… quindi? »
   « E quindi è presto. »
   « E’-… davvero?! »
   « No, per finta. »
   « Questo vuol dire che… CHE SONO IN ORARIO?! »
   « A quanto pare. »
   « No, ma aspetta, il mio orologio dice che sono le 9:30! »
   « Il tuo orologio dice fesserie. È quello che è rotto. Non il mio cancello. »
   « Ah. Capisco. Quindi sono davvero in orario. »
   « Hai intenzione di ripeterlo ancora quante volte? »
   « Siamo di cattivo umore ‘stamattina, eh, Bidello-san? ». Mi passò un braccio sulle spalle, atteggiandosi da uomo di mondo. « Che succede? Puoi confidarti con me. »
   « Bene, allora. Devi sapere che un certo studente dai capelli rossi di cui evito per buona educazione di fare il nome, sta sparpagliando ovunque le foglie che ho accuratamente passato la mattina a spazzare dal viale. Ecco cosa succede. »
   « Scusa! Non me ne ero accorto! T-Ti do una mano a ripulire! »
   « No. Sparisci dalla mia vista prima di causarmi altri problemi. », replicai, puntandogli il manico della scopa contro.
   « Okay, me ne vado, me ne vado! », sorrise, alzando le mani in segno di resa, mentre si dirigeva nuovamente verso il cancello. « Sai una cosa, però? Parli poco, ma quando parli, lo fai proprio bene! Non è che in realtà dietro quell’aria da nerd incallito sei un nobile o qualcos’altro del genere? ». Rimase a fissarmi per qualche secondo, cercando di valutare quante possibilità aveva quell’ipotesi di essere vera. « Naah, impossibile. ». Per poco non mi scappò un sorriso mentre lo guardavo allontanarsi.


Credo che sia stato amore a prima vista, di quelli che chiamano colpo di fulmine. Da quello che ho capito, era andata più o meno così.
Lavi Bookman Junior, dopo aver gentilmente sparpagliato le foglie, si era andato a sedere sul marciapiede davanti alla scuola, in attesa del suono della campanella. Dovete sapere quindi, che di fronte alla scuola dove “lavoravo”, ce n’era un’altra, un’Accademia femminile privata. Un piccolo Eden pieno di signorine di buona famiglia, insomma (un Eden di cui avevo colto molti frutti, ma questa è un'altra storia).
Beh, fu proprio quella mattina che la saetta dell’amore colpì il nostro eroe dai capelli rossi, una saetta incarnata in una certa signorina di questa Accademia privata, una certa signorina dai capelli verdi e due autostrade al posto delle gambe, messe in bella mostra dalla corta gonna a pieghe dell’uniforme. Una certa signorina Linalee Lee, non so se avete presente.
La signorina Linalee, al contrario di Guercio-kun, era sempre impeccabilmente in orario. Sarà stato per il suo forte senso del dovere, o forse perché era la sorella minore del preside dell’Accademia e quindi non poteva permettersi di comportarsi in un modo non consono.
Sta di fatto che, proprio a causa di questa differenza di tempismo, l’incantevole fanciulla e il baldo giovane non si erano mai incontrati, neanche visti. E bastò uno scambio di sguardi, un sorriso accennato sulle labbra della signorina Linalee mentre gli passava davanti, che il cuore di Guercio-kun cadde in trappola, e, come se indossasse dei paraocchi, da quel momento non vide che lei.
Purtroppo.
Sì, purtroppo per la signorina che camminava al fianco di Linalee Lee. Guercio-kun rimase talmente folgorato da lei, che non si accorse minimamente degli occhi di quest’altra signorina, di cui non vi rivelerò il nome, che non smisero un attimo di guardarlo, dietro le spalle dell’amica.
Per sapere la sua identità, temo proprio che dovrete pazientare ancora un po’. Un po’ di suspense non ha mai ucciso nessuno, no?
Allora… Arrivederci al prossimo capitolo.


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hoshino Katsura. ©
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

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Capitolo 2
*** Cho 'N' Shinai ***


NDA: Aaah, ce l’ho fatta, finalmente! Spero che l’attesa sia valsa la pena!
In questo nuovo capitolo, vedremo comparire nuovi personaggi, e ci renderemo ancora più conto del potere devastante del sorriso di Lina!
Alcune piccole note:
- Per chi non se lo ricordasse, Sachiko è il nome originale del corpo di Chomesuke.
- Aragi, il cognome che ho scelto per Chome, visto che poverina era l’unica non ce l’aveva, si scrive con il kanji 蘭, che significa “orchidea”. Non so voi, ma io lo trovo molto appropriato per lei. E poi mi piace come suona Sachiko Aragi.
- Lo “shinai” citato nel titolo è la spada fatta di canne di bambù che si usa nel kendō, mentre “cho” è il verso che Chome dice sempre alla fine di ogni frase, e che le è costato appunto il soprannome “Chomesuke”, datole da Lavi.
Ma prego, ora vi lascio a Tyki-pon. ♥
 
 
Ed eccoci con un nuovo capitolo.
Oggi vi introdurrò dei nuovi personaggi, e sì, anche la misteriosa signorina che osservava da lontano il nostro Guercio dai capelli rossi.

Siete impazienti di scoprire chi è? Bene allora, iniziamo proprio da lei.
 
 
   « Lina, quel ragazzo di stamattina ti sta fissando anche adesso, cho. »
Sachiko Aragi piegò la testa di lato, osservando a sua volta Lavi Bookman dall’altro lato della strada, che sudava amore e cuoricini da tutti i pori.
Erano le quattro di pomeriggio, ed erano appena finite le lezioni. Gli studenti di entrambe le scuole si stavano riversando sui marciapiedi, chi in procinto di tornare a casa, chi di svolgere le attività pomeridiane e di unirsi ai club. Io stavo potando distrattamente le aiuole del giardino, lanciando ogni tanto qualche occhiata a Guercio-kun. A quei tempi non ero ancora a conoscenza di chi fosse diventata la mira dei suoi desideri, tutto ciò che di cui mi rendevo conto era che il suo sguardo da idiota faceva concorrenza con quello di Road di fronte ad Allen Walker.
   « Mh? Quale ragazzo? », chiese la signorina Linalee, sbattendo le ciglia con aria perplessa, mentre si guardava attorno.
Che dire, la signorina Linalee è sempre stata piuttosto ingenua nelle questioni di cuore, per la gioia di suo fratello maggiore. Possiamo proprio dire che non le interessavano minimamente.
   « Quale? Quello coi capelli rossi, cho, laggiù. ».
Quello.
In realtà la signorina Sachiko sapeva bene quale fosse il nome di quel ragazzo, ma non l’avrebbe mai ammesso. No, non avrebbe mai ammesso che era ormai da quasi due anni, da quando aveva iniziato a frequentare l’Accademia Privata Lee, che aveva notato quei capelli rossi così esuberanti. E sicuramente non l’avrebbe mai ammesso davanti alla signorina Linalee.
   Perché alla fine, tutti finiscono per guardare Linalee.
Non era gelosa, o altro. Non si sentiva messa in ombra. La signorina Linalee era la sua migliore amica da sempre, e non si sarebbe mai sognata di essere gelosa di lei per qualcosa di così stupido.
E poi, in fondo, non lo conosceva neanche quel Lavi Bookman.
Semplicemente, lo vedeva tutte le mattine annaspare disperatamente per raggiungere la scuola. Lo guardava dalla finestra della sua classe, che si affacciava proprio sull’ingresso della scuola pubblica di fronte alla sua. Lo osservava tutte le mattine, e pensava che quel ragazzo che correva fosse divertente. Riusciva sempre in qualche modo a strapparle un sorriso, anche se da lontano, anche se non sapeva minimamente che lei lo stesse guardando.
Ma questo non voleva dire niente. Se Lavi Bookman, si era preso una cotta per la signorina Linalee, andava bene.
   Perché alla fine, tutti si prendono sempre una cotta per Linalee. Per Linalee. Non per me.
 
 
   « Aaah, Yu, credo proprio di essermi innamorato! », sospirò Guercio-kun, sempre facendo concorrenza alla mia dolce nipotina psicopatica.
Yu Kanda lo ignorò deliberatamente, come faceva ogni volta che se ne usciva con queste dichiarazioni improvvise. Cosa che succedeva piuttosto spesso.
In fondo Lavi Bookman era sempre stato un tipo piuttosto superficiale, all’apparenza. E Yu Kanda – da me altrimenti soprannominato Spadaccino-kun, a causa dei suoi trascorsi nel dōjō di kendō – non lo sopportava quando si comportava così. In realtà non lo sopportava per la maggior parte del tempo, sta di fatto però che stavano sempre insieme. Definirli migliori amici mi costerebbe un taglio netto alla giugulare a opera del suddetto Spadaccino-kun, perciò penso sia meglio dire che fossero migliori nemici o peggiori amici. Scegliete voi la definizione che più vi aggrada.
   « Yu, Yu, mi ascolti? Cioè, guardala! E’ splendida! Ed è così dolce…! », continuò imperterrito il nostro rosso.
   « Lascia che ti chieda una cosa. Ci hai mai parlato? », gli chiese a quel punto Yu Kanda, al limite della pazienza.
   « Eh? No. », rispose Lavi Bookman, candidamente.
   « Sai almeno come si chiama? »
   « Uhm... no? », ripeté nuovamente, accennando ad un sorriso.
   « E allora mi spieghi come diavolo fai a dire di esserne innamorato?! »
   « Ma Yuuu! Guardala! Insomma, guar-da-la! ». Guercio-kun gli afferrò il viso e lo costrinse a voltarsi in direzione della signorina Linalee.  « Ecco, è lei! Quella con i capelli sul verde, corti fino alle spalle, e quelle gambe meravigliose! ».
Se in quel momento il suo grande nemico gli avesse tirato un pugno nello stomaco, probabilmente l’avrebbe colto meno di sorpresa, e gli avrebbe fatto anche meno male.
   « Vedi? VEDI?! Ora capisci? L’ho vista per la prima volta stamattina! Come ho fatto a non accorgermi prima di lei?! Cioè, Yu, capisci?! Quella ragazza ha fatto strike nel mio cuore! »
Ma ormai Spadaccino-kun non lo stava ascoltando più. Fissava davanti a se, con lo sguardo perso nel vuoto, sperando ardentemente di aver capito male, che la ragazza in questione non fosse Linalee Lee.
   Tutte, ma non lei, era l’unico pensiero che gli passava per la testa.
 
 
   « Kanda-senpai, Lavi-senpai, come mai ancora qui? », li riportò alla realtà una voce alle loro spalle. Allen Walker li raggiunse davanti all’uscita, passandomi davanti senza riconoscermi minimamente. Stavo sempre molto attento a tenermi a distanza di sicurezza da Allen Walker, visto che quegli occhi grigi avevano uno spiccato talento scrutatore.
   « Allen! », lo salutò allegramente Guercio-kun, ancora trasudante d’amore. « Com’è andata la giornata? »
   « Abbastanza bene, direi. », gli sorrise lui.
   « Aaah, che bella la vita dei primini, tutta allegra e spensierata… »
   « A me sembri tu quello spensierato, senpai. Piuttosto, Kanda-senpai sta bene? Mi sembra un po’ pallido. Forse è a causa la sua dieta a base esclusiva di soba che-… »
   « Fatti gli affari tuoi, Mammoletta. », tagliò corto Yu Kanda, riscuotendosi dai suoi mesti pensieri. Lanciò di sottecchi un’occhiata a Guercio-kun, totalmente ignaro della situazione.
“Ma che situazione?”, vi starete chiedendo. Ora vi spiego subito.
C’era una volta un piccolo bambino scorbutico, che frequentava le elementari. Non aveva amici perché allontanava chiunque cercasse di avvicinarlo, ma in realtà aveva semplicemente paura di aprirsi con qualcuno, e di rimanere nuovamente ferito, come gli era già successo in passato.
Sta di fatto che stava sempre da solo, e gli altri bambini lo prendevano spesso in giro per questo. Finché un giorno, un gruppo di suoi coetanei avevano cominciato a schernirlo più del solito, e lui non ci aveva visto più. Si era quindi andata a creare una rissa tra marmocchi, in cui il nostro Spadaccino-kun si era trovato uno contro quattro. E non c’è bisogno di dire che le stava prendendo.
Beh, capitò proprio in quel momento che una bambina, una compagna di scuola del nostro eroe dall’acconciatura femminile, passò casualmente da quelle parti. E mossa dal suo buon cuore, si mise in mezzo a quella violenta lotta all’ultimo sangue, per difendere un bambino che l’aveva respinta in malo modo ogni qualvolta aveva provato a rivolgergli la parola. Era corsa a difenderlo senza indugio, anche se aveva paura, anche se le lacrime le rigavano le guance e le gambe le tremavano.
E poi, quando quel gruppo di bambini si era allontanato, lasciandoli soli, lo aveva aiutato ad alzarsi, e gli aveva sorriso.
Mi chiamo Linalee Lee, se ti va da questo momento possiamo essere amici!
E Yu Kanda era rimasto abbagliato da quel sorriso.
Fine della avvincentissima e commuoventissima storia.
 
 
   « Yu, però sei pallido sul serio! Sei sicuro di stare bene? »
   « Stesso discorso per te, stupido coniglio. Fatti gli affari tuoi. »
Allen Walker ridacchiò. « A quanto pare oggi il livello di affabilità di Kanda-senpai ha raggiunto l’apice. »
Yu Kanda stava per replicare con una buona dose di insulti, ma fu interrotto da Mammoletta-kun – intendo riutilizzare questo nomignolo, lo trovo piuttosto... appropriato? – che in quel momento vide la persona che stava aspettando davanti ai cancelli, e, agitando la mano, esclamò: « Sachiko! Sono qui! »
La signorina Sachiko alzò lo sguardo sentendo il suo nome, e notò subito la chioma bianca del ragazzo che spiccava tra la folla. Rispondendo al cenno con la mano, si fece largo tra le altre studentesse per raggiungere Allen Walker, seguita dalla signorina Linalee.
   « Sachi-…? Allen birbone! Non ci avevi detto di avere una ragazza! », poi realizzando che la signorina Linalee si stava avvicinando a loro, e sempre calcolando meno di zero la signorina Sachiko, a sua volta si mise ad esclamare al culmine dell’emozione: « Aspetta, QUELLA è Sachiko?! Quella coi capelli verdi?! »
   « No, quella è Linalee. Sachiko è quella-… »
   « Liiinalee! Che nome meraviglioso! Ma aspetta, Allen, tu come fai a conoscerl-…?! », e non ebbe modo di aggiungere altro perché le due signorine ormai li avevano raggiunti.
   « Al, sei pronto, cho? », chiese la signorina Sachiko, cercando di ostentare un’indifferenza che non provava. E le sue guance che si erano tinte di rosso nell’esatto istante in cui si era accorta di chi fosse il ragazzo con cui stava parlando Mammoletta-kun, non aiutavano affatto.
   « Sì, un secondo. Prima credo che sia il caso di fare delle presentazioni. », disse, rivolgendo un occhiata perplessa a Guercio-kun che “scuoricinava” a tutto andare al suo fianco, impaziente di parlare con la signorina Linalee. « Questi sono Lavi Bookman e Yu Kanda. Sono due miei senpai che frequentano il terzo anno. E loro invece sono Sachiko Aragi, che tra parentesi non è la mia ragazza, è diciamo… mia sorella maggiore, e Linalee Lee, la sua migliore amica. Loro fanno il secondo anno all’Accademia Lee. »
   « Pia-Piacere, cho. », balbettò la signorina Sachiko, mordendosi il labbro inferiore, e continuando a darsi quell’aria sostenuta.
La signorina Linalee invece, si coprì la bocca con la mano e rimase a guardare Yu Kanda, non credendo ai propri occhi.
   « Ciao, Linalee. », la salutò lui, sviando lo sguardo. Non ce la faceva proprio a guardarla.
   « K-Kanda! », replicò lei, ancora piuttosto sorpresa. « Non sapevo che frequentassi la stessa scuola di Allen-kun! Mio dio, sono così contenta di rivederti! Ma guardati, come sei diventato alto! E pensare che da bambino non mi raggiungevi neanche…! », ridacchiò la signorina. Spadaccino-kun, al contrario, strinse i pugni, odiando se stesso per non essere in grado di dire nulla.
Sachiko Aragi si sentiva a disagio. Lavi Bookman deluso, perché avrebbe voluto parlare con Linalee Lee, che invece si era persa nel felice viale dei ricordi della sua infanzia. Yu Kanda non sapeva come reagire di fronte a lei. Era da troppo tempo che non le parlava più, troppo tempo che si limitava a guardarla e, sì, ad amarla da lontano.
E il povero Allen Walker assisteva alla nascita di questo quadrato amoroso, senza capirci veramente niente. Si rendeva solo conto che l’atmosfera si stava facendo piuttosto pesante.
   « Sachiko, andiamo? Marian si arrabbia se quando torna non siamo a casa e non gli abbiamo preparato la cena. », si intromise.
   « S-Sì, cho, è meglio! ». La signorina fece un cenno del capo in direzione dei due ragazzi, e si affrettò a seguire Mammoletta-kun, che si era già avviato. « Ah, Lina! Prima ho incontrato il preside Lee in corridoio, mi ha detto che doveva parlarti di una cosa! », si ricordò improvvisamente, voltandosi per avvisare l’amica.
   « Grazie, Sachiko! Ci vediamo domani! », la salutò, mentre tra se e se pensava: « Chissà cosa vorrà Nii-san… ». Poi tornò nuovamente a guardare Spadaccino-kun e Guercio-kun. « Beh, devo proprio andare! Kanda, mi ha fatto davvero piacere rivederti! E Lavi-san, mi dispiace! E’ stato un vero piacere fare la tua conoscenza! », fece anche lei un piccolo inchino, e se ne andò.
Decisamente, quel primo incontro non era andato come Lavi Bookman aveva sperato.
   « “Kanda”?! Esigo una spiegazione! », esclamò. « E anche da quell’“Allen-kun”! Com’è possibile che voi due conosciate la ragazza dei miei sogni, quando io fino a qualche secondo fa non sapevo neanche il suo nome?! Mpf, sappiate che mi sento tradito! »
A nessuno dei due non poteva importare di meno di come si sentisse, uno perché se ne era già andato da un pezzo, l’altro perché era troppo perso nei suoi pensieri e nelle sue emozioni per preoccuparsi di qualcos’altro.


E finisce anche qui un altro capitolo. Arrivederci di nuovo, miei cari lettori 
ah ah, credo di starci prendendo gusto.

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Capitolo 3
*** Bike 'N' Letter ***


NDA: Ho voluto aggiungere qualche piccolo mistero, giusto per rendere le cose più interessanti. Infondo non è bello se svelo tutto subito, no? 8’D
Due piccole cose:
- La “conoscenza” di Tyki di cui parla Road, non è femminile. Anzi. Ma tranquilli, presto capirete. Intanto vi basti sapere che anche il nostro bar(b)one ha un cuore d’oro, dietro quella scorza da cinico dongiovanni. ♥
- Hakobune, il nome della pasticceria di Tyki, significa “arca”. Ogni riferimento è puramente casuale, eh! Come no! :’D
 

Bene, questo sarà l’ultimo capitolo con funzione di “introduzione”. Sì, perché fino ad adesso ho cercato di introdurvi i personaggi, i loro caratteri, e il contesto in cui sono inseriti. Dal prossimo capitolo, inizierò a trattare le loro vicende, il vero – chiamiamolo così – “inizio della storia”. Con chi preferireste che iniziassi? Vi lascio libera scelta in proposito, visto che per me è indifferente. Mi annoio in ogni caso, con questi drammi adolescenziali.
Ma adesso basta chiacchierare. Andiamo a parlare del nostro beneamato eroe albino.

 
 
Nel capitolo precedente abbiamo lasciato Allen Walker e Sachiko Aragi sulla via del ritorno verso casa, dopo la scuola. Era una bella giornata per essere autunno, così avevo mandato Road a fare una consegna in bicicletta, e caso vuole che si imbattesse proprio in loro due.
Road sapeva chi fosse la signorina Sachiko, le era già capitato di vederla con Mammoletta-kun, e da brava stalker psicopatica qual’era, si era informata su ogni minimo dettaglio riguardante la sua vita.
Come il suo cavaliere dai candidi capelli, la signorina era orfana di padre e madre, ed era stata adottata in tenera età dal fantomatico signor Marian – che purtroppo, in questo susseguirsi di suggestive vicende, non ho mai avuto il piacere di incontrare.
Road sapeva anche che vivevano insieme, e la cosa non la faceva esattamente saltare di gioia. Perché, nonostante il loro rapporto fraterno, restava il fatto che Allen Walker e Sachiko Aragi non fossero realmente imparentati. E la signorina Sachiko era una bella e prosperosa ragazza di sedici anni. Cosa che, invece, le faceva esattamente venire voglia di trucidarla a sangue freddo. Che tesoro di nipote.
Sta di fatto che, appena Road si accorse di chi aveva davanti, prese a pedalare come una forsennata per raggiungere Allen Walker e quella, ovvero la signorina Sachiko.
   « Aaalleeen! », lo chiamò al settimo cielo, mentre arrivava al suo fianco e faceva una brusca frenata con la bicicletta, lasciando una striscia sull’asfalto. Nello stesso istante in cui si era fermata, si era resa conto che quel suo atteggiamento non rispecchiava affatto il genere di ragazza che si preoccupava di apparire davanti a Mammoletta-kun, quindi cercò di darsi un contegno e se ne uscì con un sorridente: « Buon pomeriggio. », intriso di falsità, mentre scendeva compostamente dalla bicicletta.
   « R-Road! Cavolo, mi hai fatto prendere un colpo. », replicò il ragazzo, posandosi una mano sul petto. « Come mai da queste parti? »
   « Sto facendo una consegna », rispose, la faccia sempre paralizzata in un sorriso.
   « Da quando fate anche le consegne a domicilio? »
   « Ah, no, questo è un caso particolare. E’ per una conoscenza di Tyki. »
   « Una cono-…? Ah, capisco. Mikk-san deve essere un uomo con parecchie “amicizie”. Beh, ti lascio andar-… »
   « Ma no, tranquillo! Non ho assolutissimamente fretta! E poi guarda, dove devo andare è anche vicino a casa tua! », gongolò lei.
   « E tu come fai a sapere dove abitiamo? », s’intromise a quel punto la signorina Sachiko, guadagnandosi uno sguardo assassino proveniente da quel tesoro di mia nipote, che però cambiò immediatamente espressione, prima che Mammoletta-kun potesse accorgersi di alcunché.
   « Ah, giusto! Tu e Sachiko non vi conoscete, vero? », si rese conto il ragazzo, cambiando provvidenzialmente argomento. Quello era il giorno delle presentazioni catastrofiche per il nostro Allen Walker. Davvero, a volte mi faceva pena, poveretto.
   « Non ci siamo mai presentate, no. Tanto piacere, Sachiko-san, io sono Road. », le strinse, anzi, le stritolò la mano.
   « P-Piacere mio, cho. », replicò la signorina Sachiko, rivolgendole uno sguardo sconcertato, avvertendo l’aura omicida che la circondava.
   « Beh, allora che ne dici se facciamo un pezzo di strada insieme? », chiese Allen Walker.
Con ogni probabilità Road in quel momento avrebbe voluto saltare di gioia. Ma la parte che interpretava, non glielo permetteva, quindi stava per rispondere con un semplice “certo!”, quando venne interrotta dallo squillo del suo cellulare.
Sono convinto di avere una specie di sesto senso. Per questo l’avevo chiamata, perché avevo la sensazione che le cose non stessero andando come dovevano.
   « Road, cosa stai facendo? »
   « Uhm, niente. »
   « Male. E’ tardi, qualsiasi cosa tu stia o non stia facendo, smettila subito e datti una mossa. »
La sentii camminare, e quando mi rispose, aveva abbassato di molto il tono di voce. Si era allontanata per non far sentire a Mammoletta-kun i suoi capricci.
   « Tyki, sei un insensibile! Ho appena incontrato Allen! Non puoi essere un po’ più comprensivo? Ti prego! »
   « No. L’orario di visita finisce tra mezz’ora. »
   « Posso sempre andarci domani! »
   « No. Gli ho detto che gliel’avresti portato oggi, quindi ci vai oggi. »
   « AAARG! Ti odio! », sibilò stizzita, mentre sorrideva candidamente in direzione di Mammoletta-kun.
   « La cosa mi sconvolge, sul serio. Ora muoviti. »
Road mi sbatté il telefono in faccia, poi tornò dal suo Allen.
   « Mi dispiace, ma devo proprio andare. »
   « Sarà per un'altra volta, allora. »
   « Ma certo! Beh, allora ciao, Allen! Sachiko-san, arrivederci. Sono contenta di essere finalmente riuscita a parlare con te, ci tenevo taaanto! ». Proprio tanto, sì. Giusto per marcare il suo territorio, come un cane.
   « … Sì, cho, anche per me è lo stesso. », replicò la signorina, sempre con un’aria sconcertata. Lei, a differenza di Allen Walker non si era lasciata abbindolare dai suoi sorrisi bugiardi. Sarà stato anche per la mano che Road le aveva stretto prima, che aveva quasi perso di sensibilità.
   « Ci vediamo! », esclamò, risalendo sulla bicicletta e iniziando ad allontanarsi, mentre il nostro ragazzo dai capelli bianchi la salutava agitando la mano, imitato dalla signorina Sachiko.
   « Quella ragazza mi guardava malissimo, cho. », disse, appena Road ebbe svoltato l’angolo.
   « Chi, Road? Non me ne sono accorto. », replicò ingenuamente Allen Walker.
   « Certo, perché hai le fette di torta sugli occhi. Mi guardava come se volesse farmi fuori da un momento all’altro, cho. »
   « Ma smettila! Road non farebbe male a una mosca. E’ ancora una bambina. »
   « Una bambina, cho? Scommetto che non ti sei accorto nemmeno di come guardava te. », sbuffò Sachiko Aragi.
   « Perché, come mi guardava? »
La signorina gli prese le mani tra le sue e iniziò a sbattere ripetutamente le ciglia, imitando la voce di Road. « Così, cho: “Oh, Allen, ti prego, fammi diventare la madre dei tuo figli!” »
   « Ma che-…?! ». Mammoletta-kun ritrasse le mani, e scoppiò a ridere.
   « Quella “bambina”, come dici tu, è innamorata persa di te. Che poi, bambina? Non sembra tanto più piccola di te, cho. Quanti anni ha? »
   « Mmh, tredici o quattordici, credo. »
   « Se lei è una bambina tu cosa sei, Al? Un poppante? Avete solo uno, al massimo due anni di differenza, cho. »
   « Ma non è quello che intendevo! E comunque fidati, lei non pensa a me in quel modo. »
   « Mi correggo, cho, non ha delle fette di torta sugli occhi. Tu non ci vedi proprio. »
Allen Walker preferì non insistere oltre, anche perché non sapeva cosa dire. Lui era davvero convinto che Road non provasse niente nei suoi confronti. Insomma, sì, era sempre stata gentile e carina con lui, ma questo non voleva dire niente. Non gli sembrava il tipo che si preoccupasse dell’amore. Gli sembrava una ragazza semplice, tranquilla, a volte anche piuttosto ingenua – scusate, mi viene da ridere.
Per questo non la credeva capace di odiare così, senza un motivo apparente, la signorina Sachiko, né di innamorarsi di lui. E per questo l’aveva definita “bambina”, perché non la credeva ancora abbastanza matura per pensare a determinate cose. Non in senso dispregiativo.
E poi non si erano mai scambiati più dei soliti convenevoli, non avevano mai parlato veramente. Quindi come poteva piacergli, se quasi neanche si conoscevano?
Ma c’era anche da dire che lui non si era mai intrattenuto più del dovuto con lei. Perché sì, non gli interessava più di tanto.
Forse giusto all’inizio, l’aveva un po’ colpito. Si ricordava ancora della prima volta che l’aveva vista, e quando ci ripensava, gli veniva ancora da ridere. La prima volta che era entrato da Hakobune – che è il nome della mia pasticceria, tanto per intenderci –, l’aveva sorpresa a sgridate concitatamente Lulubell, il nostro gatto, perché aveva mangiato un’intera teglia di biscotti che erano appena stati preparati. Quel suo monologo da pazza isterica con un gatto che rispondeva solo con uno sguardo vacuo, l’aveva divertito. Aveva pensato che fosse una ragazza interessante. Ma poi, conoscendola, anche superficialmente com’era il loro rapporto a quei tempi, l’idea che si era fatto di lei era andata lentamente sfumandosi. Si era reso conto che Road era una ragazza normale, come tante altre. E il piccolo barlume di interesse, si era spento tanto in fretta come era nato.
Allen Walker scosse la testa, tornando alla realtà. « Tu, piuttosto, prima cos’avevi? Hai fatto una faccia quanto ti ho presentato Lavi-senpai… »
   « Eh?! C-Che?! Non è assolutamente vero, cho! », esclamò la signorina Sachiko, colta alla sprovvista.
   « Non sai mentire, Sachiko. Cosa c’è? Ti sta antipatico? »
   « A-Antipatico?! No, cho! N-Non l’avevo mai visto prima in vita mia. », ribatté, cercando di suonare il più convincente possibile, con scarsi risultati.
   « Te lo ripeto, non sei capace di bluffare. Per questo ti batto sempre a poker. », sorrise lui.
   « Questo non c’entra niente, cho! Sei tu che sei uno schifoso imbroglione! Come quella volta, che ti ho beccato mentre scambiavi le carte con quelle che avevi nella manica! »
Continuarono a battibeccare e a ridere per tutta la durata del tragitto verso l’appartamento che condividevano. Proprio come fratello e sorella… Non sembra anche a voi?
 
 
Come tutte le giornate che si prospettano soleggiate, appena si dice “che bel tempo!”, ecco che arriva il temporale.
Ma tanto, quella sera, Linalee Lee non sarebbe uscita. Non era il tipo di ragazza a cui piaceva uscire, preferiva starsene tranquilla a casa a guardare un film, o a leggere un libro. La maggior parte delle volte, era la signorina Sachiko a trascinarla fuori, e lei la seguiva di buon grado perché non se la sentiva di rifiutare un invito della sua migliore amica. Linalee Lee era semplicemente la bontà incarnata.
Dicevamo, che quella sera la signorina Linalee non sarebbe uscita. Sì, perché questa volta si era trovata costretta a declinare la proposta della signorina Sachiko di andare al cinema.
La ragione risiedeva nel motivo per cui suo fratello maggiore, il preside dell’Accademia che frequentava, l’aveva mandata a chiamare dopo la scuola.
 
 
   « Posso? », aveva bussato alla porta della presidenza.
   « Linalee! Entra, siediti! Ho una notizia fantastica, non potevo aspettare di dirtela a casa! », l’aveva accolta Komui Lee, con lo sguardo che brillava di commozione dietro gli occhiali.
   « Che succede, Nii-san? »
   « Tieni. », aveva replicato in tutta risposta, porgendole una busta. « Aprila. »
La signorina Linalee era rimasta a fissare la mano tesa del signor Komui, non sapendo bene come reagire. Era troppo, troppo presto. Non era passata neanche una settimana. Come poteva essere? Eppure dall’espressione di suo fratello…
   « È il… il risultato dell’ultimo concorso a cui ho partecipato? », aveva balbettato, prendendo esitante ciò che le veniva porto.
   « Proprio quello. Forza, aprila. »
La signorina aveva aperto con mani tremanti la busta, estraendone un plico di tre fogli. Non poteva negare di essere emozionata. Per quel concorso aveva studiato tanto, e parte del suo futuro poteva dipendere dal risultato.
   « S-Sono… Sono arrivata quinta! », aveva esclamato, dopo aver scorto una lista d una cinquantina di nomi di studenti, tra cui solo i primi dieci sarebbero passati al “round” successivo. Sì, perché quel concorso era letteralmente una lotta all’ultimo sangue per ottenere una borsa di studio per una delle università più prestigiose, se non addirittura la più prestigiosa, di tutto il Giappone.
   « Congratulazioni, Linalee. Sei ufficialmente una delle candidate per la borsa di studio. », le aveva detto il signor Komui, con un sorriso raggiante.
 
 
Quindi quella sera era rimasta a casa a studiare. La sessione successiva si sarebbe tenuta a distanza di tre mesi, ma in quell’arco di tempo avrebbe dovuto scegliere un argomento, preparare una tesina, ed esercitarsi ad esporla a una commissione composta dalle cattedre più brillanti di tutto il Giappone. E la sua testa frullava di idee, che voleva mettere per iscritto, prima di dimenticarsi qualcosa. Che studentessa diligente.
La sua scrivania era coperta di libri, fotocopie e fogli ricoperti di appunti, matite, penne, ed evidenziatori colorati. Avrebbe potuto aprire una cartoleria.
Eppure, nonostante davanti a lei fosse tutto pronto, nonostante stesse impugnando la penna desiderosa di scrivere, non ci riusciva, non le veniva niente. Perché un pensiero più degli altri, oscurava tutto il resto.
   « Dimentica quello che ho detto. Non è importante, non ci pensare più. »
Erano passati quattro anni, ma non aveva dimenticato. Non aveva dimenticato le sue parole di quel giorno. Ci aveva provato, ma non ci era riuscita. Quelle parole ogni volta tornavano, e le facevano battere il cuore, e la facevano arrossire, e le facevano salire le lacrime agli occhi. Esattamente come quel giorno.
Esattamente come adesso.
Perché? Anche se provava a non pensarci, era impossibile. Eppure la sua vita era andata avanti, aveva conosciuto nuove persone. Ultimamente si era quasi rassegnata, con tutto il tempo che era passato.
Non lo vedeva da quattro anni. Quattro anni, e ancora non era riuscita a dimenticare l’espressione dei suoi occhi scuri mentre le aveva detto quelle parole, gli stessi occhi scuri che prima avevano fatto di tutto per evitare il suo sguardo.
   E tu? Hai dimenticato?
Lanciò ancora un’occhiata distratta al foglio del concorso, asciugandosi le guance con la manica.
Chissà, forse se quella sera la sua mente non fosse stata occupata da altro, e quell’occhiata fosse stata più attenta, si sarebbe resa conto del primo nome di quella lista.
Un nome che avrebbe imparato a conoscere bene.
1. Lavi Bookman
 
 
Fine del terzo capitolo. Arrivederci di nuovo, signori, signore, e – specialmente – signorine mie.
E vi rinnovo l’invito a dirmi su quale dei nostri giovani ed impavidi eroi vorreste che verta il prossimo racconto.

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Capitolo 4
*** Jacket ‘N’ Cellphone ***


NDA: Mi scuso per averci messo tanto tempo ad aggiornare, ma le idee e il tempo scarseggiavano. Questo capitolo non è tanto lungo, ma vedrò di recuperare coi prossimi! ♥
 
-
 
E io che quasi speravo dopo tutto questo tempo che quella disgraziata dell’autrice si fosse dimenticata di questa storia. Dannazione.
Mi tocca andare avanti a raccontare, quindi? E andiamo avanti...
 
 
   « EHI, ASPETTA! »
Sachiko Aragi si bloccò al suono di quella voce. L’aveva riconosciuta subito, anche se quel pomeriggio era la prima volta che l’aveva sentita. Le era rimasta... come dire, impressa.
Per un attimo la sfiorò il pensiero che stesse chiamando lei. Ma fu solo un attimo, e scuotendo la testa si rincamminò verso casa sua. Non si voleva nemmeno voltare a guardarlo, sarebbe stato tempo sprecato.
   « Cho-... Chomesuke...? ».
Si bloccò. Ora quella voce era decisamente troppo vicina per pensare che si stesse rivolgendo a qualcun altro. Si voltò lentamente, quasi sperando di essersi sbagliata, ma al tempo stesso desiderando che non fosse così – ci rinuncio a capire la mente contorta femminile. E no, non si era sbagliata.
Lavi Bookman aveva chiamato proprio lei.
   « “Chomesuke”, cho? », domandò perplessa, cercando di non far trasparire quanto il fatto di trovarsi di fronte a lui la facesse sentire nervosa. Aaah, questi adolescenti innamorati...
   « E’ quello che c’è scritto sul tuo giubbotto. », le rispose lui, indicandolo. La signorina Sachiko piegò leggermente la testa per cercare di leggere la scritta sulla sua schiena. Non se ne era mai accorta, tanto era svampita.
   « Scusa, è che... non sapevo come chiamarti. », continuò Guercio-kun, sorridendo e grattandosi la testa. « Di solito chiamo le persone per nome da subito, ma molti si offendono, e così... »
   « Non fa niente, cho. Chomesuke è... carino. », borbottò in risposta, distogliendo lo sguardo.
Il giubbotto le stava parecchio grande, tanto che era costretta a doversi tirare su le maniche in continuazione per poter usare le mani. Anche la tuta che indossava era di una o due taglie più grandi. Ma non le importava, anzi. Aveva sempre preferito i vestiti larghi e comodi a quelli aderenti. Non le era mai interessato far risaltare la sua bellezza – un vero peccato, direi.
Neanche in quel momento, mentre stava parlando con il ragazzo che in teoria le piaceva, si sentiva a disagio perché non era vestita bene. Era semplicemente... se stessa.
   « Hai... bisogno di qualcosa, cho? »
   « Eh? No. E’ che ti ho vista e ho pensato di salutarti, tutto qui. », sorrise ancora lui.
   E certo, cho, “tutto qui”. Lavi Bookman non si rendeva neanche minimamente conto di quanto il suo “tutto qui” e il suo sorriso spensierato fossero fonte di palpitazioni tachicardiche per la signorina Sachiko.
   « Fammi capire un po’... ma tu fumi? », le domandò all’improvviso un Guercio-kun piuttosto sconcertato, facendo un cenno verso il pacchetto di sigarette che la signorina teneva in mano. Anche lei abbassò lo sguardo.
   « Ma... ma ti sembra, cho?! », sbottò dopo qualche secondo che le era servito per realizzare il tutto. Dovete capire che la velocità dei processi mentali di una giovane fanciulla il cui cuore è stato rapito dall’amore rasentano la staticità e il rimbambimento più totale. Se vogliamo aggiungere, poi, che questa fanciulla in particolare non era già molto sveglia di suo, fate voi i conti...
Beh, tornando a noi. Lavi Bookman era scoppiato a ridere davanti alla sua espressione scandalizzata, come se l’avesse accusata di chissà quale crimine – fumare fa bene alla salute, ne sono fermamente convinto –, ed ora le stava prendendo di mano il pacchetto, per leggere la marca. Marlboro rosse. Mh.
   « Beh, e allora che ci fai con queste? »
   « Queste... », sottolineò leggermente stizzita, riprendendosele, « sono per Marian, cho. Manda sempre a me a prenderle, perché se no è costretto a pagare i debiti che ha col gestore della tabaccheria. »
   « E il cassiere te le da anche se sei minorenne? »
   « Marian dice che ha una cotta per me, anche se io non ci credo. Dice che è per questo che me le da e che non fa mai storie perché non ho i soldi per saldare il conto delle scommesse che ha perso alle schedine. »
   « Questo Marian è proprio un approfittatore! », esclamò il nostro guercio accennando ad un'altra risata.
Anche la signorina si mise a ridere. « Approfittatore è un complimento! Allen ti ha mai raccontato di quella volta che... », e qui iniziò a divagare, e io non ho la benché minima voglia di trascrivere tutto. Accontentatevi della mia immensa pazienza fino ad adesso.
Ma passiamo a quello che pensò Guercio-kun mentre la osservava parlare, ridere e gesticolare. L’unico occhio che gli rimaneva – sì, perché se non s’era ancora capito, l’altro era coperto da una benda dall’aria piratesca, ma questa è un'altra storia... – catturava anche la più piccola fossetta che le si formava sulla guancia, e registrava quante volte arricciasse il naso, o scrollasse le spalle, divertita. Quello che però non aveva mai notato fino a quel momento era quanto fosse... bella, soprattutto quando rideva. Non come la signorina Linalee, non di una bellezza semplice ma anche talmente curata da sembrare perfetta. Eppure c’era qualcosa che a pelle gli piaceva di quella ragazza, saranno stati i capelli ribelli tirati indietro come capitava, sarà stato quel giubbotto enorme e di un giallo assurdo, sarà stato il suo modo infantile di parlare, aggiungendo sempre quel “cho” alla fine di ogni frase. Guardandola, gli veniva spontaneamente da sorridere, cosa più unica che rara per lui.
Eppure quello non era il momento di lasciarsi andare a sorrisi e chiacchiere amichevoli. Lavi Bookman scosse appena la testa come per scrollarsi quei pensieri di dosso.
   « Senti Sachiko, già che ci siamo, ti volevo chiedere... uh... pensi che Linalee uscirebbe con uno come me? »
Il sorriso le si congelò in faccia. Ecco perché. Adesso si spiegava tutto. Era stata una povera illusa a credere che Lavi Bookman l’avesse avvicinata solo per scambiare quattro chiacchiere disinteressate.
   « Sachiko...? »
   « Chiamami... chiamami Chomesuke, cho. », si sentiva una stupida per come si stava aggrappando a quel nome ridicolo. Ma voleva tenersi almeno quello. Quel soprannome era suo, solo suo. E gliel’aveva dato lui, anche se per caso.
   « Lina ti piace proprio tanto, eh, cho? »
   « Forse è un po’ presto per dirlo, però... non lo so, vorrei conoscerla. Diciamo che mi ha colpito, ecco. »
La signorina accennò a una risata nervosa. « Lina non passa mai inosservata, sfortunatamente per Komui-san, cho »
   « Komui-san...? E chi è, il suo ragazzo? »
   « Eeehm, no, non proprio! E’... suo fratello maggiore. O meglio, cho, un rottweiler capace di sbranare chiunque le si avvicini. »
   « Ahia. »
   « Ti sei cacciato in un bel guaio. »
   « A quanto pare... Però... non mi hai risposto. »
   « Uhm... è una domanda difficile, cho. Lina non è mai uscita con un ragazzo, per quel che ne so. No, veramente c’era un tipo che le piaceva, ma è stato parecchio tempo fa, cho, quando ancora io non la conoscevo, e non me ne ha mai parlato molto, quindi non so che dirti. Comunque posso provare a chiederle che... che cosa ne pensa di te, o qualcosa del genere. Con qualche scusa tattica e giri di parole da spettegolatrice professionista, ovviamente, cho. » E comunque, cho, Lina è talmente ingenua che non capirà neanche di che sto parlando.
   « Davvero? Mi faresti un grandissimo favore! »
   « Ma va’. Beh, allora ti faccio sapere lunedì a scuola, cho! »
   « Eeeh?! No, non posso aspettare fino a lunedì! Aspetta, ti do la mia mail. »
L-La sua mail?! Questo vuol dire che si aspetta che gli scriva?! E che gli dovrei scrivere?! Come posso iniziare...?, ma la frazione di secondo dopo la povera signorina si rese conto che quello che veramente importava a Guercio-kun non sarebbe stato il suo messaggio, ma il contenuto.
La risposta della signorina Linalee.
    « Uhm, sì... ». Con ostentata noncuranza si mise a frugare nelle mille tasche del giubbotto e dei pantaloni, neanche fosse quel gatto blu che Road si guarda in televisione. « Aspetta solo un secondo che cerco il cellulare... ah, ero convinta di averlo messo qui, e invece... dove caspita è fini-trovato, cho! Tieni. », e tirandosi su per l’ennesima volta la manica del suo giubbotto giallo, glielo porse, mentre lui faceva lo stesso col suo.
Non appena ebbero finito di scambiarsi i relativi recapiti, una leggera pioggia cominciò a cadere. Che tempismo, eh?
   « Acc-...! Sarà meglio che vada! Se le sigarette s’inzuppano, Marian mi uccide, cho. », si lamentò la signorina Sachiko, coprendosi la testa con una mano. « Allora... a lunedì, cho! »
  « A stasera. », ribattè lui, agitando il cellulare.
  « ... Certo, cho. ». Gli rivolse ancora uno sguardo, poi si girò e iniziò a correre verso l’appartamento che divideva con Marian Cross e Allen Walker. Ma non aveva fatto che qualche metro che il semaforo rosso dell’incrocio l’aveva bloccata. No, in realtà era qualcos’altro ad averla costretta a fermarsi e a voltarsi di nuovo indietro.
   « Chomesuke! Grazie! »
   « Non c’è problema! Se sei un bravo ragazzo, potresti anche farla felice. E se è felice Lina, lo sono anch’io, cho. Quindi... », e accennò ad un sorriso. « ... sei un bravo ragazzo, Lavi Bookman? »
   « Ti sembro un bravo ragazzo? », replicò lui, ricambiandolo – ‘sti due sono tutti sorrisi...
   « ... Non lo so, cho. Non ne sono ancora... sicura. », e con un ultimo sorriso furbo, lo aveva lasciato sul ciglio della strada, sconcertato.
 
 
Ronzio.
   Le ho chiesto che cosa ha pensato di te, e ha detto che ha prima vista le sei sembrato un ragazzo simpatico. Ha detto anche che ti aveva notato stamattina fuori da scuola. Wow, Lina che nota un ragazzo! Ormai c’è da decidere solo la data delle nozze! (≧▽≦)
 
   « Lavi. »
Guercio-kun chiuse con un scatto il cellulare mentre il sorriso gli spariva dal volto, e si strofinò ancora più forte l’asciugamano sui capelli bagnati – e no, mie care signorine infoiate, non ho intenzione di mettermi a descrivere come le gocce d’acqua ricadessero sul suo collo e sulla sua schiena nuda – coprendosi in parte la faccia. Non aveva voglia di guardarlo e neanche di farsi guardare. Lo conosceva troppo bene, avrebbe finito per capire che c’era qualcosa che non andava. Che poi, nemmeno lui sapeva che cosa ci fosse che non andava.
Era tutto a posto. Tutto stava andando... secondo i piani.
   « Lavi. », ripeté.
   « Cosa? », e distolse ancora di più lo sguardo.
   « Non chiedermi “cosa” quando sai benissimo di “cosa” sto parlando. »
 Il nostro eroe si lasciò andare a un sospiro esausto. « Sta... andando tutto bene. », rispose. « Niente intoppi. Ancora qualche giorno, e potrò passare alla fase successiva. »
Ci fu un attimo di silenzio, in cui Guercio-kun si senti squadrare dal capo ai piedi. Quegli occhietti malvagi probabilmente erano in grado anche di vedere attraverso l’asciugamano.
   « Lavi... non devi lasciarti coinvolgere. », gli aveva letto dentro come niente fosse.
   « Lo so. »
   « Ne sei sicuro? »
   « ... Avrò quella borsa di studio ad ogni costo, vecchio, il resto... non conta. »


 
23 e 37. Altro ronzio.
   Buonanotte... (・ω・)/
Altro sorriso.
Però non le rispose.
 
 
Mi sto calando troppo nella parte del narratore, accidenti.
Però sono bravo. Parecchio bravo.

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