O.B.F.

di L_Fy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 : Gelosia pussa via... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 : Consigli materni ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 : L'agguato ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 : Nuovo look ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 : La partita di calcetto ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 : Tempus lacrimarum ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO

Johnny Depp è inginocchiato ai miei piedi: ha in mano una rosa rossa a stelo lungo e sul viso lo sguardo affranto del cucciolo di Labrador a cui hanno tolto il calzino che stava mordicchiando.

“Anna, amore mio…ripensaci ti prego.” sussurra muovendo quelle labbra imbronciate che andrebbero brevettate e lanciate sul mercato come insostituibile gingillo erotico.

“Spiacente Johnny” dico io con voce algida e sottilmente dispiaciuta “Ma ormai il mio cuore appartiene a Camillo.”

Accenno con la mano alle sue spalle, dove Camillo, seduto su una pila traballante di libri, sta declamando a squarciagola il canto dell’Inferno dantesco che parla di Farinata degli Uberti. Johnny lo studia per un po’, poi rivolge su di me uno sguardo che parla da solo.

“Andiamo, baby…stai scherzando, vero?” mi blandisce con voce morbida “Quella pertica di saggina ha letto tutto “I fratelli Karamazov” ed è ancora vivo…non puoi preferire lui a me.”

“Tu non sei venuto sul mio pianerottolo a baciarmi sotto gli occhi della vedova Gargiulo” ribatto io con tono accusatorio “Lui sì.”

La faccia di  Johnny sembra liquefarsi dal dolore: all’improvviso, la sua pelle prende un colorito strano, a chiazze grigiastre, e dalla bocca socchiusa esce con un “puff!” sommesso un mazzetto di fiori gialli. Sconcertata, mi allungo verso di lui, convinta di strillare il suo nome, quando apro la bocca e dico:

“Muuuu!!!”

*          *          *

Diamine, di già le sette. Il mio braccio si muove da solo, colpendo con ben poca mira la mucca Frisona sul mio comodino che funge da sveglia. La sua faccia allegra e il mazzetto di fiori gialli che le escono dalla bocca mi fanno rendere nebulosamente conto che quello da cui sono appena uscita era un sogno, dovuto all’esplosiva combinazione di peperoni per cena, ormoni adolescenziali in libera uscita e interrogazione imminente di italiano su Farinata degli Uberti. Apro gli occhi e mamma è già davanti alla porta, in attesa di una mia ricaduta nel mondo dei sogni che le consenta di scoperchiare le mie coperte con sadico zelo.

“Sono sveglia.” mento ciondolando la testa come una bambola rotta e la palpebra destra ancora ben incollata. Alle spalle dubbiose di mia madre transita fischiettando mio fratello maggiore Andrea, che mi lancia uno sguardo distratto e all’improvviso sembra affogarsi con la sua stessa lingua.

“Geeeeeesùùùù!!” strilla direttamente nell’orecchio di mamma che fa un salto di lato sbattendo contro la porta “Anna ha la faccia tutta verde! Presto, chiamate un esorcista!”

Poi, dopo questa insulsa esibizione di acido lattico nella corteccia cerebrale, si butta via dal ridere, credendosi ovviamente molto simpatico e trendy.

“Ma quanto sei stronzo.” sibilo quasi senza forze: è inutile, la sua è una deficienza congenita. L’unica cosa sensata da fare sarebbe ignorarlo.

“Ti vedesse Camillo” ridacchia Andrea, beato come una statua di Sant’Antonio “Uno di questi giorni prendo la Polaroid e ti immortalo con quella faccia da talpa in letargo che ti ritrovi…”

Devo ignorarlo, mi dico pensando con forza al mio giardino Zen mentale: devo ignorarlo, devo ignorarlo….

“Fortuna che in faccia non ti guarda nessuno: gli occhi di tutti si fermano lì, sulle ….”

“Adesso basta!” ruggisco schizzando in piedi, furibonda.

Andrea ricomincia a fischiare e se ne va in bagno, lasciandomi in fumante iperventilazione davanti a mia madre e ai brandelli carbonizzati del mio giardino Zen.

“Sai, dovresti fare qualcosa per quei nervi.” mi dice mamma con voce da chioccia.

Ok, con questa me ne vado a far colazione senza nemmeno risponderle. Alessio ed Alice, i miei due fratelli minori, stanno miracolosamente parlando senza scannarsi (evidentemente mamma li ha narcotizzati prima di lasciarli soli). Stanno parlando di animali, ovviamente: mia sorella Alice deve aver subito un innesto di WWF alla nascita, non sa parlare d’altro che di fauna. Alessio invece è stato probabilmente clonato da un videogioco: è sempre talmente attaccato al suo game boy che ormai quell’aggeggio è diventato un prolungamento di sé.

“Ti dico che l’animale sacro degli egiziani non era il gatto, ma il toro” sta cinguettando Alice con aria saccente “Diglielo anche tu, Anna.”

“L’animale sacro degli egiziani?” faccio io iniziando immediatamente a ruminare i biscotti al cacao sparsi sul tavolo “Non era la pantegana?”

Alice mi lancia uno sguardo di sufficienza, poi decide di ignorarmi: che sia impegnata anche lei a zappare il suo giardino Zen mentale? Papà arriva come al solito trafelato e mezzo svestito.

“Ciaobimbiciaoannafateibravicivediamostaseraciao” gorgoglia riuscendo contemporaneamente ad afferrare la sua ventiquattrore, ingozzarsi di plum cake, allacciarsi la giacca, aprire la porta e sparire come in un numero di magia. Quando Andrea si decide ad uscire dal bagno (lasciandolo olezzante di Gled Magic Water, il  che la dice lunga su quale sia stata la sua ultima attività), mi sbrigo a chiudermici dentro per poi fiondarmi davanti allo specchio, per riprendere al più presto il contatto con me stessa interrotto la sera prima. Ecco, sono sempre io. Né brutta né bella, né alta né bassa, né grassa né magra (tettone escluse)… insomma, potrei essere un inno alla mediocrità. O, almeno, potevo esserlo fino a tre settimane fa. Adesso non mi sento più così mediocre. Perché sono innamorata e quando uno è innamorato vede bello tutto (tettone e fratelli esclusi), persino se stesso. Il mio sguardo è lucido e vivido, le mie labbra sembrano sempre sorridere e la pelle è più luminosa, come se avessi una lampadina interna che mi fa risplendere. Chi l’avrebbe detto che un essere all’apparenza insignificante e poco attraente come il mio Camillo potesse scatenare una tale metamorfosi? Nessuno, io per prima. L’innamoramento per Camillo è stata un po’ uno sgambetto a tradimento del destino, improvviso quanto imprevedibile. Camillo è il migliore amico di mio fratello Andrea ed è anche il fratello della mia migliore amica Mariàpi. Ha sempre fatto parte della mia vita da che mi ricordi, a sette anni ho addirittura perso un dente inciampando su quei trampoli che ha per gambe! Però fino a poco tempo fa consideravo a malapena la sua presenza, anche se ammetto di aver sempre amato la sua calma olimpionica e quel pizzico di irrealtà che accompagna sempre il suo sguardo. E’ bastato un bacio dato “a scopo didattico” per risvegliare qualcosa dentro di me che sembrava addormentato e vergognoso di venire alla luce. Da quel bacio in poi non faccio che pensare a Camillo, vedendolo come avvolto da un’aura di luce: vedo i suoi ricciolini biondi da putto preraffaellita e penso solo a quanto siano morbidi e piacevole da toccare, vedo le sua braccia ossute e penso solo a quanto siano calde ed avvolgenti quando mi abbracciano…in realtà, per essere completamente sincera, vedo lui e vorrei solo che mi legasse ad un letto e che mi facesse un sacco di cose zozze, ecco. Che roba! Arrossisco anche solo ad ammetterlo con me stessa. Sono pronta per l’internamento coatto, lo so, ma d’altronde tutte le adolescenti innamorate sono degli scombussolati ammassi di ormoni ambulanti, no? Il fatto è che i miei di ormoni si sono scombussolati un po’ troppo. Voglio dire, a sedici anni è normale avere delle sane pulsioni sessuali: le mie però sembrano essere un bel po’ più convincenti di quelle che smuovono il resto del genere umano, Camillo compreso. Senza contare un sentimento che credevo non facesse minimamente parte del mio patrimonio genetico e che invece mi trovo appeso al cuore con i denti che morde come un castoro col morbo della mucca pazza. Sto parlando della gelosia, che il diavolo la fulmini! Credevo che il fatto di essere più omologata di Camillo agli standard di bellezza attuali mi avesse immunizzato da questa deprimente malattia, e invece mi ha beccato peggio dell’influenza asiatica. Davanti allo specchio, con la faccia di nuovo corrucciata, finalmente lo ammetto. Sono gelosa. Sono così verde di gelosia che Andrea probabilmente ha ragione, dovrei chiamare un esorcista. Però, analizzando i fatti con calma ed imparzialità, devo convenire che qualche ragione ce l’ho anche io…

“Annaaaaa!! Se non esci subito dal bagno lancio una bomba a mano nel tuo armadio, capito?!?”

Ok, discorso rimandato causa soave sollecitazione della mia cara mammina, affettuosamente denominata Mammetor.

Già, la mamma: a sedici anni sono ancora in tempo per chiamare il telefono azzurro?

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 : Gelosia pussa via... ***


Sono le dieci di martedì sera ed io sono già a letto. Logico: martedì e giovedì sono serate da coppiette, quindi in giro c’è un mortorio peggio che in Patagonia. Questa storia del martedì e giovedì per coppiette, però, me la devono spiegare: Camillo non si è mai fatto vedere nemmeno di striscio in quei giorni, vorrà farmi capire qualcosa che ha a che fare con “la coppia aperta” o sarà davvero così preso dallo studio? Fino a qualche tempo fa avrei messo la mano sul fuoco sul fattore studio, ma adesso…non lo so più. Non è che non mi fidi più di Camillo: è che, analizzando per bene i fatti, tutto mi porta a pensare che lui stia cercando di scaricarmi…Esaminiamo le prove a sostegno della mia tesi:

Primo punto: è storicamente e scientificamente provato che gli ormoni maschili sono molto più svegli di quelli femminili: è il maschio che fa la prima mossa e la  femmina si schermisce con dei finti “no!no!” che in realtà vogliono dire “sì! sì! E muoviti, perdio!” i quali, in teoria, dovrebbero far ingorillire ancora di più il maschio. Tra me e Camillo, le uniche due volte che siamo rimasti sufficientemente soli per poter pensare a qualche serio sviluppo della situazione, è successo esattamente il contrario. Camillo non si è mai spinto più in là di qualche bacio quando io bruciavo dalla voglia di toccarlo ed essere toccata…e quando, timidamente, gli ho sfiorato la cintura dei jeans, lui è zompato giù dal divano rischiando l’uscita di un’ernia lombare, balbettando che mi portava troppo rispetto per “correre troppo avanti” e per “costringermi a fare qualcosa che non volevo”….testuali parole. Lo ammetto, sono rimasta annichilita dalla sorpresa e dall’imbarazzo. Cioè, non dovevo essere io quella che diceva “non dobbiamo correre troppo”? Questo gioco d’anticipo di Camillo mi ha lasciata basita. E sospettosa: non è normale per un maschio comportarsi così. Certo, nemmeno per una femmina è normale non vedere l’ora di essere concupita in tutte le maniere possibili, ma insomma…non è proprio possibile fare una sorta di media matematica degli ormoni e vivere una normalissima storia d’amore adolescenziale come Dio comanda? Evidentemente no. Comunque, passiamo al

Secondo punto: quando due persone si piacciono, è ovvio che cerchino di passare più tempo possibile insieme. Io e Camillo ci vediamo praticamente tutti i giorni da sempre: siamo vicini di casa, i nostri migliori amici sono i rispettivi fratello e sorella… noi due siamo cresciuti legati a doppio filo. Eppure, da quando ci siamo messi insieme, io e Camillo ci vediamo sempre meno. Quando io vado in casa sua, lui non c’è: quando lui viene in casa mia, sembra sempre che ci sia qualche familiare che deve per forza parcheggiarsi sul mio piloro. Andrea, Alice, Alessio e persino Mariàpi gironzolano per casa entrando e uscendo dalle stanze come se ci fossero le tende invece che le porte, permettendo a me ed a Camillo la stessa intimità che avremmo in piazza di Spagna nell’ora di punta. Oltretutto, Camillo non sembra assolutamente interessato a rimanere solo con me. Da qui, si ritorna all’ovvia conclusione del punto primo.

Terzo, ultimo e fondamentale punto in questione: la francese. E qui si apre un capitolo a parte.

*          *          *

Mai come in questo periodo ho odiato i nostri cugini d’oltralpe: nei miei sogni ho accarezzato più volte con voluttà l’idea dello sterminio di massa. La francese, tale Odette Lefeburne (già il nome suggerisce l’idea di una perfetta zoccola, questo dovete passarmela per buona) è una tizia piombata alla scuola superiore che frequentano Andrea e Camillo in questo loro ultimo anno scolastico, con la giustificazione apparente di voler migliorare il suo italiano ma con l’intento subdolo e malcelato di rovinare la vita a me, Anna Tonelli, normalissima sedicenne italiana. Questa Odette, battezzata Ochette dalla solita Mariàpi, vero segugio nel cogliere al volo l’aspetto nevralgico della situazione, potrebbe anche passare per ragazza simpatica e attraente, in condizioni normali: è piuttosto belloccia con quei capelli biondi e gli occhi verdi, snella e sorridente, sempre pronta a sciorinare quel suo snervante accento moscio in qualsiasi discorso. La combriccola di amici di Andrea e Camillo, ovviamente, le sbava dietro come una muta di cani da caccia all’inseguimento di un fagiano, cosa che fa venire il voltastomaco e che fa rimpiangere di avere la stessa nazionalità di quegli invertebrati sessodipendenti. Lei però tratta tutti con quella maliziosa alterigia tipicamente francese che fa venire voglia di prenderla a sberle in venti lingue diverse: si permette di snobbare le avances di tutti compreso Andrea, il quale, ferito nell’orgoglio di patrio galletto da riproduzione, ha deciso di ignorare lo smacco e di buttarsi sulle italiche studentesse universitarie, tra cui riscuote un insospettato successo. L’unica persona per la quale Odette esprime sincero interesse è nientemeno che Camillo. Già, il povero Camillo, il MIO Camillo. Confesso che dalla prima volta che ho sentito parlare di Odette  avrei dovuto mettermi in allarme. Camillo, l’inesperto e timido Camillo, mi aveva proposto di insegnargli a baciare proprio in vista di un possibile incontro ravvicinato con la francese. In seguito agli sviluppi della situazione (io mi ero innamorata di Camillo proprio durante la nostra sessione di prove su strada, tanto per intenderci) avevo dimenticato completamente la sua esistenza fino a quando non me la sono trovata davanti, un giorno che ero andata ad aspettare Camillo davanti alla sua scuola. Ero appoggiata contro il muretto davanti al parcheggio delle bici e stavo contemplando lo sciame di persone che usciva dal portone, quando vidi Camillo avvicinarsi, ciondolante nella sua solita camminata desertica. Il mio cuore si esibì nella sua solita sequenza di capriole ed avvitamenti (come riesca quella figura dinoccolata e goffa abbinata a quel faccino angelico e stupefatto a scatenarmi tutta una inconfessabile serie di pruriti erotici non riesco a  spiegarmelo, ma è così che va ogni volta che lo vedo). Comunque, ero lì tutta presa dalle mie personalissime vampate di calore quando una figura color pastello veleggiò giù dalla scala, leggiadra come una libellula, e piombò alle spalle di Camillo avviluppandolo in un abbraccio fin troppo entusiastico. Naturalmente, quella figura pastello era la francese: non mi aspettavo che fosse così carina, devo ammetterlo. Avevo in mente l’immagine di una specie di baguette occhialuta dal naso all’insù, mica questo pò pò di Tromp d’oeil.  E non m’aspettavo nemmeno che salutasse con tanto entusiasmo Camillo, il MIO Camillo: se lo abbracciava tutto, ossicini a vista e boccoloni da cherubino compresi, scatenandomi un improvviso attacco di bile come mai mi era successo in vita mia. Rimasi basita sul posto con una specie di smorfia post ictus cerebrale a deformarmi la faccia là dove prima c’era un amorevole sorriso estasiato mentre i due si avvicinavano, mitragliandosi a vicenda con una sequela di vomitevoli cantilene piene di “ù” e “je”. Quando mi arrivarono davanti, poco mancò che saltassi in groppa alla biondina, pronta a strapparle gli incisivi uno per uno con la sola forza del pensiero, ma Camillo mi posò un braccio sulle spalle e, con un sorriso abbagliante d’orgoglio, mi presentò come la sua ragazza. La francese mi radiografò per bene, sempre con quel sorriso furbetto sulla faccia, indugiando trionfale sulle mie odiose ed ingombranti tettone (si vede che le donne francesi  sanno capire subito qual è il punto debole delle avversarie e ci schiaffano immediatamente sopra quei loro ributtanti occhietti alla Gerard Depardieu).

“Ma che piascere conosertì!” aveva trillato poi sbaciucchiandomi sulle guance “Camilò parla sompre di te, Anà: ero davver curiosà di vederti. Mon Dieu, mais elle est très très jolie, mon cher!”

L’ultimo farfuglio era rivolto a Camillo che sorrise a tutte gengive, gonfio come un tacchino.

“Lo so. E’ bellissima, vero?” disse poi raggiante ed io per poco non gli sputai in faccia dal nervoso: odio quando parlano di me in terza persona, come se fossi un’epigrafe di marmo invece che una persona capace di interagire verbalmente.

“Anna, lei è Odette, la studentessa francese.” terminò poi Camillo ed io mi sforzai di sorridere; devo ammettere che la cosa non mi riuscì molto bene.

“Heilà, vecchia, come butta?” mormorai magnanima, ma Odette sembrò non capire: il suo sorriso si raffreddò di un centinaio di gradi mentre sbatteva le ciglia, oltraggiata.

“Vechia?” domandò compunta “Sarais…vieille? E’ uno scherso?” 

“E’ un modo di dire” si affrettò a giustificarmi Camillo “Sai, slang giovanile…”

“Oh. Je comprend.”

Mi guardarono tutti e due come se fossi un reperto d’immondizia metropolitana e, per la vergogna, mi ammutolii del tutto.

“Volio che tu sapia, Anà, che Camilò è davero una person fantastic. Il meliore amico che ho trovato qui in Italie. Sei una ragassà molto fortunatà.”

I suoi occhi verdi, intanto, mi lanciavano un monito di ben altro genere: cocca, stai all’erta, dicevano, perché sto giusto pensando di portartelo via, il tuo povero Camilò. Glielo leggevo chiaramente nelle pupille, con tanto di accento francese e tutto il resto. Parola mia.

Dopo, se ne andò via, salutando con un gran sventolio di mani e tornando a baciare Camillo sulle guance per quattro volte: ad ogni bacio sentivo schiumarmi in bocca la bava e l’avrei probabilmente azzannata come un cane idrofobo se non fosse saltellata via, ostentando quei maledetti capelli biondi come se fosserola Tour Eiffel. Odiosa gallina francese!

*          *          *

Insomma, da quel nostro primo incontro, un tarlo in possesso di dentini acuminati e feroci mi mastica il fegato giorno e notte. L’ho già ammesso e lo ribadisco di nuovo: sono gelosa. Selvaggiamente gelosa, gelosa marcia, gelosa peggio di un siciliano con antenati argentini. Ogni giorno che passa mi abbruttisco in pensieri di morte violenta, ogni notte sogno con gioia di vedere il cervello dell’Ochette spalmato sull’asfalto come foie gras su di un tramezzino.

Possibile che questa sia davvero io? Io, l’Anna tanto dolce e sempre piena di buoni propositi? Non può essere così: non deve essere così! Ma cosa posso fare?

Ho provato a parlarne con Mariàpi, ma Camillo è suo fratello e lei ancora non riesce a coniugare il binomio fratello sfigato/esperienze sessuali della sua migliore amica: la cosa migliore che sia riuscita a consigliarmi è stata riempire lo zaino della francese di esplosivo al plastico…

Eppure, qui urge un consiglio spassionato, adulto e responsabile: escludendo Mariàpi, che non mi sembra sufficientemente posata per propinare consigli spassionati, adulti e responsabili, mi toccherà arrivare alla mia ultima spiaggia.

Insomma, chiederò aiuto alla mamma.

 

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Non poteva mancare il mio personale angolo della posta per dire due parole a :

ReaderNotViewer: Ma daiiii, cosa dici!! Ti avevo notata eccome tra i recensori, eri stata l'unica ad apprezzare la mia versione di mamma (detta anche Mammetor)...è solo che lì per lì non me lo sono ricordato. Come potrei non considerarti? Tu sei così brava a scrivere che mi metti quasi soggezione...in senso buono, non so se mi hai capito. Tu hai una sensibilità particolare nel cogliere quello che scrivo, come il concetto di Famiglia, per esempio. Per capire cosa vorrà mai dire OBF, dovremo aspettare Mariàpi ovviamente: e chi sennò? Sbaciuzzissimi!!

Kira83 : Ebbene sì, un sequel!! Anna, Camillo e soci non ne volevano sapere di finire nel dimenticatoio, e poi questa storia della gelosia mi ronzava in testa da tanto...sono contenta di aver potuto scaricare su carta la mie nevrosi!! Spero di risentirti presto, ciauz!

Nisi Corvonero: Ovviamente, come hai prospettato, il sogno con Johnny Depp è ampiamente biografico, ma le similitudini si fermano molto presto: Anna rinuncia a Jonny per Camillo, io rinuncio a mio marito, alla casa, al alvoro ed alla mia stessa sanità mentale per Johnny. Oltretutto, se mi si presentasse davanti con una rosa rossa in mano, manco avrei il tempo di sentire la sua voce: starei già facendo il carpiato dal comodino, eh...A parte questo!! Sai che ti adoro, vero? Bene. Non vorrei che te lo scordassi. Baci bacick, mio tessssoro!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 : Consigli materni ***


Mia madre è quello che normalmente viene definito “un soggetto interessante”. Avete presente quelle belle mamme del Mulino Bianco, col grembiulino di cotone, il sorriso sulle labbra e una fetta di torta sottomano sempre pronta all’occorrenza? Ecco, la mia è esattamente l’opposto. Si veste come un residuato hippie degli anni 60, con jeans a zampa di elefante, catene e catenine di ogni colore al collo e camicie di tela indiana che sembrano appena uscite dal mercatino dei freak. Sarebbe anche sopportabile all’occhio, se non avesse 10 chili di troppo per rendere credibile quel look. Comunque, a parte il fattore estetico, gli hippies erano persone solari e sempre avvolti da un’aura rarefatta di saggezza, tutti pace e amore universale: mia madre, invece,  trasmette la serenità di un carro armato cingolato ed usa una brutalità di linguaggio che mortificherebbe uno scaricatore di porto calabrese. E’ implacabile, refrattaria alle suppliche e le sue decisioni sono più inviolabili delle leggi custodite nell’Arca dell’Alleanza. Possiede un senso dell’umorismo così corrosivo che rasenta la ferocia e difficilmente da lei ci si può aspettare comprensione. Non ha mai avuto un dubbio in vita sua e nel suo vocabolario manca completamente il concetto di “forse”. Come posso pensare di ottenere un consiglio da una così? Eppure, sono seduta qui sul tavolo della cucina, a dondolare una gamba mentre lei prepara la cena con gesti essenziali e decisi da patologo legale. Il cadavere nelle sue mani, un qualcosa di rosato e molliccio che in vita doveva essere un coniglio, sta subendo la dissezione delle interiora quando finalmente mi decido a parlare.

“Mamma…che faresti se papà ti tradisse?” domando a bruciapelo e senza tanti preamboli.

Mamma inarca un sopracciglio.

 “Esattamente questo.” dice agitandomi davanti al naso le interiora del coniglio prima di buttarle nel secchio del pattume con un secco “plop” definitivo. Poi, tranquillamente, taglia in otto pezzi la carcassa dell’animale con la sua adorata mannaia che sembrerebbe perfetta per un film di Dario Argento.

“Oh.” mormoro io, depressa: il coniglio sta già rosolando sul fuoco in mezzo alla cipolla quando la mamma si gira verso di me con gli occhi limpidi di un bambino in fasce.

“Parla chiaro, Anna: sai che papà abbia un’altra donna, nel qual caso abituati all’idea di diventare orfana, o il problema riguarda la tua complicatissima sfera affettiva?”

Posso rifilarle una risposta che non mi comprometta troppo? Evidentemente no.

“Riguarda me e Camillo” ringhio per risposta “Ho saputo che c’è una che gli sta dietro.”

Mamma non fa una piega (l’avrebbe fatta se le dicevo che papà aveva un’altra? Meglio non porsi certe domande cosmiche): agita la padella con il coniglio e gli otto pezzi di carne si girano da soli, perfettamente dorati in superficie.

“Hai saputo” commenta mamma, cogitabonda “Da chi l’hai saputo? Dal cugino dello zio del trisavolo del giornalaio del vicino di casa di Camillo o da lui stesso?”

“Da Mariàpi” rispondo io, ed è come dire dal cugino dello zio del trisavolo del giornalaio del vicino di casa di Camillo: mamma e Mariàpi non si sono mai piaciute un granché.

“E’ una ragazza francese.” aggiungo subito dopo per distrarre la mamma dal pensiero della mia amica “Fa tutta la smorfiosa, gli telefona sempre e lo bacia sulle guance tutte le volte che lo incrocia per i corridoi  a scuola. Quattro baci alla volta, vorrei precisare.”

“Ma i francesi non si davano tre baci alla volta?” domanda la mamma placidamente mentre distribuisce un trito di capperi sul coniglio.

“Tre, dieci…che importanza ha? La questione non è il numero di baci” mi spazientisco io “La questione è che quella spocchiosa Ville Lumière mi vuole portare via Camillo!”

Mamma fa spallucce mentre versa un bicchiere di vino bianco nella padella.

“E se così fosse?” domanda con una calma olimpionica “Non avrai mica pensato che solo perché piace a te Camillo sia diventato indesiderabile per tutto il resto del genere femminile, vero?”

Io boccheggio, senza parole: bè, effettivamente…

“Scommetto che non ti è nemmeno passato per l’anticamera del cervello che Camillo potesse piacere a qualcun’altra” sorride la mamma col suo solito sadismo “Sei così fiera di te per essere scesa dall’Olimpo a graziare il povero Camillo con la tua attenzione…”

“Ma…non è affatto così!” strepito io  arrossendo.

“Certo che è così” dice la mamma salando imperterrita la carne “Voi adolescenti sopravvalutate troppo il fattore estetico, quindi snobbate Camillo perché non corrisponde ai vostri deprimenti standard fatti di piercing, acconciature ingellate e jeans firmati. Ma per fortuna al mondo c’è ancora qualcuno che ragiona con la propria testa e non con quella del villaggio globale e che può trovare interessante Camillo per quello che è: una persona deliziosa, sotto tutti i punti di vista.”

Io sono rimasta seduta sul tavolo, ammutolita: prima di tutto perché mia madre ha trovato subito la piaga che mi rode e ci ha ficcato immediatamente dentro il dito (cosparso di sale e di capperi, quindi brucia come l’inferno); secondo perché non avrei mai immaginato che lei potesse arrivare a definire una persona “deliziosa”. Meno che meno Camillo: credevo che a malapena si fosse accorta della sua esistenza!

“Allora, cosa dovrei fare?” annaspo alla fine, vinta dai miei stessi dubbi.

La mamma mi lancia uno sguardo sorpreso: è dall’età di sette anni che non le chiedo un consiglio, immagino che stia assaporando il momento catartico. Alla fine, abbandona la padella per correre ad abbracciarmi stretta, cosa che mi lascia leggermente sconvolta e senza fiato (gli abbracci di mamma stritolano peggio di quelli di King Kong).

“Tesoro, tu lo sai già cosa dovresti fare” mi dice con la guancia appoggiata alla mia testa “Sei una persona capace di prendere le proprie decisioni in piena autonomia…però sono molto contenta che tu mi abbia chiesto consiglio.”

Mi molla di colpo per tornare al suo coniglio, lasciandomi più piena di dubbi di quando ho iniziato il discorso.

“Quindi…non hai nient’altro da dirmi?” piagnucolo io, indifesa.

Mamma mi lancia uno di quegli sguardi saputi che anticipano sempre una delle sue classiche perle di saggezza (frasi sibilline di cui nessuno capisce mai l’utilità).

“Dio fa le pentole ma non i coperchi.” dice infatti con voce ispirata: io, naturalmente,  mi incasino ancora di più.

“E le padelle antiaderenti chi le fa?” chiedo imbronciata senza nemmeno guardarla in faccia.

La rumorosa entrata dei gemelli in cucina, richiamati dal profumo del coniglio soffritto, le evita una risposta che, sono convinta, non sa nemmeno lei.

*          *          *

“Tu ti fai troppe seghe mentali.” afferma con assoluta convinzione Mariàpi, abbandonata sul mio letto in una voluttuosa posizione da odalisca. Alla fine, ho dovuto farlo: ormai alla disperazione, sono stata costretta a sciorinare tutti i miei problemi a Mariàpi, sorvolando sulle sue idiosincrasie fraterne al pensiero di me e Camillo in azione con normalissimi approcci amorosi. Dopo avere ascoltato il mio sfogo abbastanza sconclusionato con l’espressione gioconda di una terapeuta alle prese con la schizofrenica di turno, Mariàpi si è leggermente alterata quando le ho confessato i miei scompensi ormonali per Camillo, ma è riuscita a non vomitare sul parquet e ad analizzare la situazione con il distacco accademico di uno studioso dell’argomento “adolescenti in crisi esistenziale: come, quando e, soprattutto, perché”. Alla fine di tanto lavoro neuronico, se n’è uscita con quella perla di saggezza, che poteva benissimo propinarmi quel celenterato di mio fratello Andrea: “tu ti fai troppe seghe mentali”.

Sono un po’ demoralizzata e anche offesa, a dire il vero!

“Io non mi faccio affatto troppe seghe” esclamo con forza “Io sono…gelosa marcia!!”

“Bè, questo era evidente” sorride Mariàpi, indulgente “E’ anche ovvio che tutta questa agitazione è assolutamente sprecata per Camillo.”

Io, che passeggio avanti e indietro per la mia stanza con l’aria di un leone in gabbia, mi fermo a guardare la sua placida faccia provando con tutto il cuore a credere che abbia ragione.

“Tu non sei obbiettiva” sospiro alla fine, riprendendo il mio pellegrinaggio verso la porta e ritorno “Camillo è tuo fratello ed è noto a tutti che la stima fra fratelli adolescenti rasenta lo zero assoluto. Nemmeno io sarei obbiettiva nei confronti di Andrea: ancora adesso mi viene il vomito quando vedo qualche ragazza che gli fa gli occhi dolci invece di dargli fuoco come si meriterebbe…”

“Però, in tutta sincerità, come descriveresti Andrea?” domanda Mariàpi, con gli occhi insolitamente calcolatori.

Ci penso un po’ su, cercando di liberare la mente dai pregiudizi fraterni e di esprimere un’opinione ponderata e matura.

“Andrea è uno stronzo.” rispondo alla fine, con assoluta certezza. Mariàpi sbuffa, irritata.

“Anna, sii seria.” brontola molto severamente, ed io ci riprovo.

“Andrea è…piuttosto belloccio” ammetto così di malavoglia che le parole mi grattano la gola “E, quando vuole, sa anche far ridere. Gioca benissimo a basket, balla discretamente e quando non è impegnato ad ammirarsi allo specchio o a tramortirsi di olio canforato da cospargere sui suoi preziosissimi muscoli, riesce anche ad esprimere una opinione su un argomento usando più di tre parole. Purché l’argomento non richieda l’uso completo della corteccia cerebrale, ovviamente.”

“Visto?” sospira Mariàpi pazientemente “Il fatto che Andrea abbia successo con le ragazze non ti uccide dalla sorpresa: per quanto tu sia prevenuta, riesci a capire che, pubblicamente, tuo fratello possa risultare una persona piacevole da guardare. Obbiettivamente, io, come te, so benissimo riconoscere uno sfigato quando lo vedo e, per quanto ci unisca lo stesso patrimonio genetico, vedo con assoluta chiarezza che mio fratello è uno di loro. Un completo, avvilente, incurabile sfigato.”

“Questo non impedisce alla francese di provarci con lui.”ringhio io, di nuovo così verde di gelosia da sembrare una zucchina matura.

“No” ammette Mariàpi con un sorriso “Ma di sicuro è un ottimo deterrente per il resto del genere umano.”

“Ho bisogno di un consiglio” mormoro io, arrovellandomi le mani “Devo fare qualcosa per sbloccare la situazione, oppure do fuori di matto!”

“Perché, fino ad ora ti sei comportata come una sana di mente, secondo te?” sospira Mariàpi, mettendosi a sedere.

“Non lo so” bercio io, imbronciata “Tu sei la mia migliore amica, è compito tuo darmi un consiglio. Sono anni che ti mantengo e che tu vivi da parassita in casa mia: è arrivato il momento di saldare il conto. Vedi di trovare una soluzione alla svelta, sennò ti licenzio!”

Mariàpi mi lancia uno di quei suoi snervanti sguardi col sopracciglio alzato che fa molto snob/condiscendente.

“E va bene” sospira dopo una lunga riflessione “Non ti si sopporta più tanto sei diventata isterica e nevrotica. E poi dicono che l’amore rende più sereni e malleabili…mah! Ok, possiamo partire con la progettazione dell’OBF.”

“OBF?” mormoro io, spiazzata “E che diavolo è?”

“Il nostro piano di distruzione” ammette tranquillamente Mariàpi con un sorriso ispirato “Operazione Boicottaggio Francese. Chiaro, no?”

Non dico subito quello che penso: l’ultimo piano di Mariàpi, l’OPB (operazione primo bacio) che mi ha portato ad essere la ragazza di Camillo, non ha girato affatto come doveva girare, anche se, per qualche assurda e fortunata alchimia, alla fine è andato tutto bene. Forse dovrei dirle che i suoi piani tendono ad avere la stabilità di un isotopo dell’uranio?

“Mariàpi, forse…” comincio io, ma lei si alza in piedi con fluida decisione e mi pianta in faccia i suoi occhi da volpe tzigana.

“Camillo ha bisogno di ricevere un forte shock” annuncia con sottile e sadica soddisfazione “Qualcosa che gli faccia capire chi sei e che cosa vali! Certo, non sarà facile competere con la francese: è così carina…ha due gambe da infarto e la pancia così piatta che sembra un’asse da stiro e i capelli così biondi che…”

“Mariàpi, puoi smettere gentilmente di calpestare la mia autostima? E’ già a brandelli anche senza che infierisci così, grazie.” mormoro io, avvilita.

“Camillo è un maschio” afferma Mariàpi con non troppa convinzione “Con i giusti stimoli audio/video/olfattivi anche  un emerito sfigato come mio fratello si trasformerà in un essere umano e non potrà fare a meno di saltarti addosso come un animale.”

“Oh… Prospettiva interessante.” ammetto io, ansimando come una ciminiera al solo pensiero di vedere Camillo in modalità animale “E come raggiungeremo lo scopo di trasformare Camillo in un primate assetato di sesso? Gli mettiamo del testosterone nell’inalatore per l’asma?”

“Un appuntamento per voi due soli” risponde lei, ispirata “Un pomeriggio di studio con tutta la famiglia Tonelli fuori dai piedi, solo per voi due... Non dovranno esserci dubbi in proposito a quello che succederà. Dovrai impegnarti un po’ per avere una immagine più….sexy.”

“Sexy?” chiedo io, confusa.

“Si, sexy. Ammettiamolo, tu sei carina ma con quella faccetta pulita, quelle scarpe da tennis, quegli occhioni da cerbiatto… hai il sex-appeal di un’acquasantiera, lasciatelo dire. Dobbiamo darti una ripulita dalla tua aria di bimba perbene. Sì, dobbiamo trasformarti in un oggetto sessuale.”

“Oggetto sessuale.” cogito io, dubbiosa “Certo. Io, un oggetto sessuale. Io, che inciampo al solo pensiero di uno scalino e che ho la laurea ad honorem all’università delle figure di merda…Certo, mi verrà benissimo trasformarmi in un oggetto sessuale!! Con il mio attuale livello di autostima, avresti più successo con la trasformazione di Madre Teresa di Calcutta.”

“Niente è impossibile a questo mondo” declama lei serena, per nulla scossa dal mio accorato commento “Ci vuole un piano d’assalto… ti aiuterò io, non ti preoccupare!”

E che Dio ce la mandi buona, prego io sottovoce…

NOTE DELL’AUTRICE:

La prossima settimana vado via per un po’:  vi dispiace se posto un capitolino al giorno? Vorrei finire la storia prima della mia, ehm, dipartita.

Melisanna: Che piacere leggere una recensione fresca e carina come la tua! Ovviamente, in questa storia ci sono un sacco di riferimenti autobiografici, come per esempio le tettone…Ci si fa l’abitudine, alla fine, ma che tristessa. Che ne dite di fondare un club? Aspetto adesioni, a presto!!

Londonlilyt: Far rotolare per terra la gente era esattamente la mia intenzione!! Pubblicherò al più presto anche il nuovo cap di The Runners: vorrei evitare la lapidazione, visto che ormai siamo alla fine…Ti mando un abbraccio stritoloso, SMACK!!

Nisi Corvonero: Per Johnny Depp rinuncio alla mia sanità mentale, ai miei soldi (tanto non ne ho, ma che bel gesto!), alla mia casa (e qui, un po’ mi duole…ma tanto fino al 2020 non è mia ma della banca che mi ha fatto il mutuo…), al marito (anche senza Johnny di mezzo), al cibo (mangio lui), alle mutande ecc ecc ecc. Johnny, alla fine che te ne fai di una che non ha più niente?!? Comunque: sto lavorando all’idea che mi hai dato e sta venendo fuori qualcosa di carino!! Poi, ti farò leggere in anteprima…Sbaciozzi!!

Kika2: Ciao, ma che bello risentirti!! Non era mia intenzione fare un sequel, ma i personaggi di OPB continuavano a ronzarmi in testa e ho “dovuto” rispolverarli! Avevano ancora qualcosa da dire e, spero, volevano divertire i lettori ancora un po’. Spero di risentirti, e comunque grazie di essere passata di qua a lasciarmi un commentino. Adorabile, come sempre!!

ReaderNotViewer: Allora, che te ne pare del mio Mammetor? E’ un incrocio fra mia madre (che di nome fa Pupa, ma non fatevi ingannare: è una vera leonessa!) e me stessa medesima. Io la adoro… Grazie per i complimenti che mi hai fatto, mi sono letteralmente elettrizzata quando ho letto la tua nota sui miei “francesismi”…Grazie, davvero!! Infine, una preguntina: chi caspita è Gasparone…?

Damynex: Ma ciao!! Purtroppo, non avendo fratelli maggiori a cui fare riferimento, darò per buona la tua affermazione che i fratelli maggiori sono tutti uguali! Mal tuo è anche bonazzo come Andrea? No, perché mi piacerebbe conoscerlo, così fosse… Odette, ovviamente, DEVE stare antipatica. Oltre che bella da far schifo, è pure francese, quindi la quintessenza dell’antipatia. Fleur Delacour docet, giusto?… Bacini e baciozzi!!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 : L'agguato ***


Ecco, è tutto pronto: OBF al calcio d’inizio, in quel di casa Tonelli: papà e mamma sono al lavoro, Andrea è strategicamente trattenuto da Mariàpi e Rodrigo in gelateria, i gemelli sono o a casa di amici o in viaggio verso il Tibet, a seconda di come Mariàpi sia riuscita ad organizzare le cose... la casa è vuota, tutta per me. Sul tavolo in salotto ci sono un paio di bottiglie di bibite analcoliche e una ciotola di frutta: Mariàpi mi ha violentemente bocciato i salatini, dicendo che è assurdo pensare di baciare sul serio qualcuno con la bocca impastata di pizzette alle acciughe. Ripensandoci, non ha tutti i torti, quindi ben venga il veto sulle pizzette. Davanti allo specchio, in bagno, mi guardo con occhio critico in cerca di un qualche difetto, di qualche imperfezione che potrebbe mandare all’aria il piano, ma non ne trovo: ho passato ore e ore a curare il mio corpo, nemmeno fosse la Cappella Sitina in previsione del Conclave! Partendo dai piedi per arrivare ai capelli, niente è stato trascurato: depilazione, pedicure e manicure, peeling, scrubbing, bagni di fieno della Val Pusteria, impacchi con alghe Guam del mar Morto, abluzioni con acqua di Lourdes… stavolta mi sento davvero perfetta!! Infatti, i capelli sono lucidi e profumati, il viso è sormontato da una impalcatura di trucco che-c’è-ma-non-si-vede che ha richiesto ore di studio e di applicazione, la camicia di cotone bianco è sapientemente slacciata per fare in modo che si intuisca in alto l’ombra dell’attaccatura dei seni (costretti in un push up di Roberto Cavalli che mi è costato tanto quanto uno scooter) e in basso che si intraveda l’ombelico, scoperto dai morbidi pantaloni di maglia dalla facilissima svestizione (altra scoperta di Mariàpi: i jeans sono troppo brigosi da togliere, rischierebbero di mortificare uno imbranato come Camillo che magari ci mette due anni a slacciare il bottone…). Niente calzini di cotone e scarpe da ginnastica, che potrebbero narcotizzare la vittima designata con una zaffata imprevista, ma nemmeno calze a rete e giarrettiere: primo, Camillo si spaventerebbe di tanta aggressività, secondo, sono certa che riuscirei a rendermi ridicola in cento maniere, smagliandomi le calze e rimanendo agganciata al reggicalze come una volpe nella tagliola proprio nel momento cruciale. Ai piedi, ho due morbidi infradito di pelle, molto casual chic e facilissimi da togliere, al momento giusto. La casa è pulita e silenziosa: la musica in sottofondo non è proprio Barry White (troppo platealmente da “mettiamoci in branda”, secondo me), ma è comunque rilassante ed eccitante insieme; due o tre bastoncini di incenso piazzati strategicamente seguendo le normative del feng shui stanno bruciando con sorniona lentezza; le persiane sono socchiuse quel tanto che basta per fare penombra ma non perché non si veda dove si mettono i piedi. Perfetto, ecco la parola giusta. Allora, perché diavolo Camillo non arriva?!? Sto già cominciando a sudare dall’emozione, e la cosa non va affatto bene, perché poi mi si viene l’ascella pezzata e il trucco comincia a colare e il c’è-ma-non-si-vede diventa un c’era-e-si-vede…

Ad un tratto, il campanello suona e io per poco non casco dal divano, su cui ero seduta con la rigidezza di una colonna di granito. E’ arrivato!! Ora vado ad aprire.

*          *          *

“Ciao!”

“Ciao.”

Camillo entra nella tana del leone, sorridente e tranquillo. Io, per poco non lo pianto in asso da solo dentro casa mia, tanta è l’emozione che mi attanaglia le viscere. Invece, chiuso la porta e mi dirigo con quella che spero sia tranquilla indolenza verso il divano. Camillo, invece, si guarda intorno incuriosito.

“C’è nessuno?” chiede salottiero, buttando i libri sul divano e cominciando a spazzolare con metodica cura tutto quello che c’è da mangiare sul tavolino. Lui e il suo maledetto verme solitario!

“No” rispondo io, benedicendo Mariàpi e la sua cultura in fatto di salatini “Siamo soli, oggi.”

Lo dico con un chiaro intento allusivo: e chi vuole capire, capisca, no? Bè, Camillo ovviamente non capisce.

“Ma tornano, vero?” domanda, quasi preoccupato.

Non so se smontarmi o incavolarmi.

“Certo che tornano” ringhio io, di malumore “Nel frattempo, posso chiamare la vedova Gargiulo a farci compagnia, se proprio pensi di avere bisogno di una chaperon.”

Camillo fa una risatina condiscendente e si viene finalmente a sedere di fianco a me: s’è portato dietro un kiwi, una mela e un pompelmo, giusto perché ha appena fatto fuori la dose giornaliera di frutta utile per sfamare un gorilla e non si sa mai che gli rimanga un budellino vuoto.

“Cos’è questa puzza?” mi domanda annusando l’aria “Avete dei problemi agli scarichi del bagno?”

Puzza… i miei bastoncini di incenso?!? Di colpo sento che gli ultimi brandelli di buonumore scivolano via: non avrei mai sospettato che Camillo potesse essere così inconsapevolmente crudele…e, perché no, così irrimediabilmente scemo. No, perché anche un bradipo avrebbe già mangiato la foglia… Camillo, invece, ha mangiato e basta.

“Sono bastoncini di incenso” dico piuttosto bruscamente “Aiutano a concentrarsi ed a rilassarsi.”

Camillo arriccia il naso, vagamente disgustato, poi starnutisce.

“Per me fanno odore di stalla” dice allegramente, soffiandosi il naso “Mi ricordano le mucche in campagna da zio Nando.”

Ripenso ai dodici euro sprecati per l’acquisto degli incensi che, secondo l’etichetta, dovevano “rilassare e far entrare in contatto con il proprio io più profondo per percepire gli impulsi del nostro karma cosmico”. Non ho nessuna intenzione di accomunare il mio io più profondo con le mucche dello zio Nando, quindi mi alzo e vado a spegnere i mozziconi di incenso rimasti, buttandoli con rabbia dentro il water e tirando l’acqua. Torno in salotto dove Camillo ha già ripescato i libri e sta fischiettando con tranquillità.

“Non c’è un po’ troppo buio qui dentro?” mi dice sorridendomi in maniera disarmante “Non riusciremo a studiare, se non apri un po’ le persiane.”

Io mi siedo di nuovo sul divano, avvilita ed ormai prossima ad arrabbiarmi sul serio.

“Sono bloccate” dico, mentendo così platealmente che ho quasi l’impressione di vedermi crescere il naso come Pinocchio “I perni sono arrugginiti o congelati o liquefatti, non ricordo bene. Comunque, avvicinati, così possiamo leggere insieme.”

Camillo, obbediente, si avvicina e io metto in pratica la famosa tecnica del “qui casca l’asino” che Mariàpi mi ha diligentemente insegnato per settimane: busto leggermente inclinato in avanti, petto in fuori, mento alto, profilo di tre quarti….se Camillo è un maschio, il suo occhio cadrà proprio lì, calamitato dalla scollatura dentro cui ha versato un intera boccia di Eau de Dior che lo tramortirà di effluvi eccitanti… lui sarà travolto da un fiume di passione e finalmente capirà che quei maledetti libri li può anche buttare nel cesso, a far compagnia agli incensi di zio Nando… Ancora un secondo…Bè? Niente?

Niente. Nessuna reazione da parte di Camillo, al mio fianco. Con la coda dell’occhio guardo cosa sta facendo e incontro il suo sguardo azzurro e limpido (il quale non è affatto sprofondato nella scollatura come previsto).

“Ti fa male la schiena?” domanda Camillo guardandomi con la dolce premura di una crocerossina “Sei così rigida…”

Dopo qualche attimo di lenta metabolizzazione, cedo in un sospiro accorato. Niente da fare: evidentemente Camillo proprio non ci sente da quell’orecchio. Quasi sull’orlo delle lacrime, gli giro le spalle: immediatamente sento le sue mani grandi e leggere che mi si posano sulla schiena, delicate come soffi di vento.

“Deve farti male davvero per cucirti la bocca così” dice con condiscendenza “Dai, che ti faccio un massaggio.”

Un massaggio! Potrebbe anche…ma no, figurarsi. Camillo ha già iniziato ad impastarmi le spalle con lo zelo accademico di un fisioterapista gay. Mi tocca la schiena come se stesse toccando un quarto di bue, quello stupidissimo trampoliere!

“Non ce n’è bisogno” ringhio io, incattivita “Non è della mia schiena che dovresti preoccuparti.”

“Voglia di studiare, saltami addosso, eh?” ridacchia Camillo, gioviale. E’ anni luce lontano da qualsiasi pensiero anche solo vagamente erotico nei miei confronti, glielo si legge negli occhi. A me viene voglia di strozzarlo.

“Non tutti hanno la tua passione sfrenata per lo studio.” ribatto stizzita, fingendo di non accorgermi che, nonostante l’assoluta mancanza di sensualità nei gesti di Camillo, il mio battito cardiaco si è alzato, per non parlare del livello di ormoni nel sangue e del ritmo del respiro.

“Se non hai voglia di studiare, possiamo anche non farlo.” risponde Camillo, ignaro di essere la causa della mia improvvisa iperventilazione.

Cavolo. Che faccio? Devo essere più esplicita? Metodi subdoli per fargli capire cosa voglio da lui, non ne conosco più… Prendo una decisione su due piedi: mi giro verso di lui con lo sguardo determinato e le guance rosse dall’imbarazzo. Ormai non mi resta che sbattergliela in faccia, sperando che non lo prenda come un incoraggiamento ad intraprendere la carriera di ginecologo…

“Sì” dico con voce bassa e decisa “Non ho voglia di studiare, oggi. Voglio passare del tempo con te. Noi due soli.”

“Ok” risponde Camillo, guardandomi negli occhi leggermente sorpreso “Noi due soli, certo. Che ne dici di una partita alla Play Station?”

Lo guardo con espressione assente, leggermente attonita. Io dico…si può essere così maledettamente stupidi?!?

“Oh, diavolo” dico, di colpo fredda e glaciale come un iceberg “Mi sono ricordata adesso che dovevo andare in centro con Mariàpi.”

“Oh” fa Camillo, nemmeno sorpreso. Anzi, sembra quasi…sollevato?!? “Ci vediamo domani?”

Sento il cuore che mi si sta spezzettando in tanti piccoli frammenti organici.

“Non so” rispondo con finta indifferenza “Ci sentiamo.”

Il mio è un commiato così deciso che persino Camillo lo capisce al volo: si alza in piedi, prende lo zaino coi libri e mi ciondola davanti, perplesso. Magari starà pensando che con Odette sarebbe stato più facile…

“Bè, allora…ciao.” dice, incerto.

Io nemmeno rispondo.

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE

 

Damynex: Tuo fratello mi risulta parecchio interessante. E’ maggiorenne? Biondo, moro, magro, muscoloso..insomma, che tipo è? Non che mi faccia molti problemi, eh: se è topo va bene anche coi capelli azzurri. Mandami la sua scheda personale, devo meditarci su…

Kira83: Ebbene sì, un’altra operazione messa in moto dalla fida Mariàpi…ovviamente, tutto ciò preannuncia catastrofi naturali in arrivo, tipo uragani, smottamenti e piaga delle locuste…ma no, dai, facciamo qualcosa di più contenuto!! Bacini baciozzi!!

Minako: Uelà!! E tu non sai a me quanto fa piacere “sentire” di nuovo la tua presenza!! Come OPB, anche OBF sarà corta corta. Un concentrato della Elfie/essenza, che Dio vi aiuti!! Spero solo di non essere tossica…A presto, bacioni!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 : Nuovo look ***


“Non gli piaccio più” singhiozzo col viso affondato nel cuscino “E’ così! Adesso gli piace la fr-fr-francese!”

Mariàpi, seduta sul bordo del letto, fa un sospiro esasperato: sono passati tre giorni e ancora sono qui a piangermi addosso in puro stile sceneggiata napoletana: ormai la sua pazienza ha raggiunto il limite.

“Anna, sei sicura di averle tentate proprio tutte…?” domanda con dolcezza.

Io mi decido a schiodare la faccia dal cuscino e la guardo con ferocia.

“Sono sicura!” strillo con voce isterica “Anche un cadavere putrefatto avrebbe intuito le mie intenzioni! Evidentemente stare da solo con me è più complicato della fisica quantistica, perché quella invece Camillo la capisce bene. C’è mancato un pelo che non iniziassi a ballare nuda intorno al divano, ma per fortuna non l’ho fatto. Ho salvato almeno l’ultimo brandello di dignità, visto che comunque non sarebbe servito a niente. Lui adesso pensa solo a lei.”

“Alla fisica quantistica?” domanda Mariàpi, facendo dell’humor penoso.

“All’Ochette” rispondo io, sputando il nome come se fosse vomito “c’è del tenero fra quei due!”

“Io non credo che Camillo sia in grado di pensare a due ragazze contemporaneamente” decreta Mariàpi, decisa “Comunque, la mia opinione non è rilevante. Se è questo quello che pensi, non dovresti gettare la spugna così: c’è l’OBF in ballo ed è necessario che passiamo al piano B.”

La guardo, tirando ancora su col naso.

“Abbiamo un piano B?” domando incerta.

“Ovviamente” risponde lei, col naso per aria “Per prima cosa, si va a fare shopping.”

Shopping? Ecco, lo sapevo: la parola magica capace di sciogliere come neve al sole il mio galoppante scetticismo…Mariàpi sa bene che sono una maniaca compulsiva dello shopping. Ai saldi di primavera vado quasi in estasi mistica davanti ai cestoni di vestiti “Tutto a 1 Euro”…

“Va bene.” dico velocemente, prima che lei cambi idea.

“Ma” mi avverte, piazzandomi un severo dito indice sotto il naso “Decido io cosa comprare e cosa farti indossare.”

“Ehm…va bene.” ripeto io, un pò meno convinta.

 “Perfetto” decide Mariàpi con un sorriso sadico “Metteremo alla prova  il nuovo oggetto sessuale che sta per nascere qui, in casa Tonelli!”

*             *             *

“Mariàpi, ti prego” mormoro io con voce soffocata, spalmata contro la porta del bagno “Non posso uscire conciata così…”

“Sciocchezze” sbuffa lei al di là della porta “Stai una favola.”

“Sì, quella che parla del mostro della laguna… ti prego, Mariàpi!”

“Esci che ne parliamo.”

“Non posso!” gemo io, disperata.

“Che razza di patetica mezza suora che sei!” grugnisce Mariàpi, esasperata “Sono solo vestiti. Esci di lì, ti ho detto.”

Ci penso un po’: d’altronde, non ho chiesto io il suo aiuto? Chi rompe paga e i cocci son suoi, no?

“E va bene” sospiro, quasi sull’orlo delle lacrime “Ma se ti azzardi a ridere giuro che ti strozzo.”

“Correrò il rischio.” sbuffa Mariàpi, e io finalmente mi decido.

Esco dal bagno rasentando il muro ma rimanendo aggrappata alla maniglia come a un’ancora di salvataggio. Lo sguardo di Mariàpi mi scannerizza tutta per bene con l’implacabile attenzione critica del creatore verso la sua creatura. L’analisi è attenta e accurata e sembra quasi seria: poi, capisco che sta zitta perché le scappa da ridere e allora mi arrabbio di colpo.

“Mariàpi, ti odio.” dico con convinzione e Mariàpi si lascia sfuggire un sorrisetto maligno.

“Guarda che stai bene.” dice mordendosi l’interno delle guance per non ridere.

“Non dire stronzate. Perché mi hai comprato questa roba? Adesso me la tolgo e gli diamo fuoco.”

“Ma dai, non stai così male…” abbozza lei, sempre più ridanciana.

“Non sto male!” strillo io, inviperita “Ma guardami!! Sembro pronta per un raduno di Drag Queen! Questa non è una gonna, è un biglietto da visita! E questi tacchi…se li vede la Black & Decker li brevetta come nuovo trapano senza filo! E tutto questo cerone in faccia, dico io… sembro un panda! Il WWF mi salverà anche dall’estinzione, ma non dalla figura di legno più colossale della mia vita! Faccio schifo e voglio solo farmi una doccia, se solo mi…”

“Hei.”

All’improvviso, la testa di Rodrigo sbuca dalla porta della cucina, ammutolendo me e Mariàpi flashate dalla sorpresa. Una domanda fulminante mi attraversa la mente, gettandomi nel panico più completo: che ci fa la testa di Rodrigo in casa mia?! Poi, un’altra domanda, ancora più terribile: ci sarà mica anche il resto del suo corpo in cucina, vero…?

Risposta ovvia e spaventosa: c’è.

*          *          *

Io sono innamorata persa di Camillo Castelletto, questo è assodato. Ma ammettiamolo: lui non è certo un Adone. Agli occhi dei più, la sua figura alta ed allampanata è più simile all’incrocio tra un bradipo ed un cammello che alle fattezze del Principe Azzurro. Sempre agli occhi dei più, risulta chiaro ed evidente che il prototipo di principesca ed azzurra bellezza maschile, con o senza cavallo bianco coordinato, è Rodrigo Roversi. Sembrerà assurdo, ma poco tempo fa, prima della mia illuminazione sulla via di Damasco, ho rischiato seriamente di ricevere il mio primo bacio da lui. A considerarla adesso, mentre lo sguardo di Rodrigo mi passa addosso, dall’alto in basso e di nuovo verso l’alto, con una significativa sosta a livello pettorale, gli occhiali a specchio sollevati sulla fronte e un sorriso così abbagliante che se lo vede la Mentadent lo scrittura su due piedi per la pubblicità, questa idea non sembra poi così malvagia. Mariàpi, infatti, mi lancia uno di quei suoi sguardi dubbiosi, della serie “Come diavolo hai fatto a preferire il povero Camillo a Rodrigo non lo capirò mai”. Io sono ancora immobile e con le giunture congelate, tipo statua di peltro.

“Ciaaao, Rodrigo.” bela Mariàpi, e dal tono della voce capisco che dentro di se sta schiattando dalle risate e che se non schiatta anche fuori è solo perché mi vuole bene e probabilmente adesso le faccio pena.

“Ciao” risponde lui, leggermente basito “Ero venuto a prendere la borsa di Andrea: dobbiamo andare a giocare a calcetto e l’ha dimenticata a casa. Mi ha fatto entrare Alice, spero di non disturbare…”

Alice!!! Se torno a sufficienza indietro nel tempo, pago a papà una vasectomia dopo la mia nascita. Siccome non è possibile, devo convincere la sorella piccola a non far entrare chicchessia in casa nostra, soprattutto mentre sto provando nuovi e imbarazzanti look da meretrice di Babilonia.

“Capiti proprio a fagiolo!” cinguetta Mariàpi, prendendomi in contropiede “Avevamo giusto bisogno di una consulenza maschile esperta ed eccoti qua!”

“Davvero?” dice lui, allegro “Le parole “consulenza” ed “esperta” mi hanno eccitato. Sono tutto vostro. Che devo fare?”

Un migliaio di risposte sconce passano nello sguardo di Mariàpi senza, fortunatamente, raggiungere la verbalizzazione.

“Devi dirci cosa ne pensi del nuovo look di Anna.” dice Mariàpi decisa.

Lo sguardo di Rodrigo si posa su di me e io comincio ad arrossire e  a sudare come se fossi in una sauna a 800 gradi. Rodrigo fa un sorriso ancora più scintillante e a me viene voglia di chiedergli in prestito gli occhiali da sole per non rimanere abbagliata.

“Bè, come uomo trovo il tuo abbigliamento molto…estroverso, direi.”

“Dici?” risponde immediatamente Mariàpi, dubbiosa “Pensi che conciata così potrà riuscire a risvegliare sessualmente il fidanzato dal suo perenne stato vegetativo?”

Che stronza!!

“Grazie, Mariàpi.” borbotto io, offesa.

Rodrigo inarca le sopracciglia, divertito.

“Parli di Camillo?”

“Già” conferma Mariàpi, salottiera “A quanto pare, non scalda a sufficienza il motore quando sono in intimità.”

“Davvero?” domanda Rodrigo, piuttosto sorpreso “Problemi di carburazione o motore in panne?”

“Potreste evitare di parlare di me e Camillo come se fossimo fermi ad un pit-stop, grazie?” mormoro io, completamente demoralizzata.

“Camillo ha il motore di una Due Cavalli.” garantisce Mariàpi, convinta “Ne ha anche la stabilità in corsa, a ben pensarci.”.

“Vuoi scherzare?” fa Rodrigo, piuttosto seriamente “Con una ragazza come Anna, anche un’Ape Car si sentirebbe una Porche. Magari ha solo bisogno di una pulitina alle candele.”

“Ferrari e MacLaren ringraziano sentitamente per la pubblicità occulta” balbetto io, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia e sentendo contemporaneamente le orecchie che vanno in ebollizione “Direi che ora che abbiamo sfruttato fino in fondo la metafora motoristica posso anche chiudermi in bagno e tuffarmi negli scarichi dalla vergogna, grazie.”

“Fossi in te non sprecherei tutto quel ben di Dio nelle fogne, stasera” sorride Rodrigo, accomodante “Potresti venire a vederci giocare a calcetto: saresti la nostra arma segreta per distrarre gli avversari, che dici?”

Ammicca verso di me, sorridendo. Cavolo, quant’è bello. Se gli ormoni femminili potessero disegnare, farebbero di sicuro il suo ritratto.

“E’ un’idea fantastica!” cinguetta Mariàpi, esultante.

Io mi guardo intorno, incerta: non avrò mai il coraggio di uscire conciata così, lo so.

“C’è un sacco di gente che viene a fare il tifo tutte le volte che giochiamo” continua Rodrigo, suadente “Ormai abbiamo una vera e propria curva sud a disposizione. Dovreste sentire come strilla Odette quando qualcuno di noi subisce fallo…”

Di colpo, i miei sensi si bloccano lì, su quel nome buttato lì per caso, odiato con tutto il cuore, temuto peggio dell’influenza dei polli…Mariàpi si gira di scatto a guardarmi con gli occhi sgranati.

“Chi?” domando avvicinandomi bellicosa a Rodrigo, dimentica di avere  addosso meno di due grammi di stoffa.

“Odette” risponde lui, sorpreso “Viene tutte le settimane a guardare la partita. Non te lo ha detto Cam…?”

“Andiamo” lo interrompo io bruscamente, marciando decisa verso la porta e bucando quasi il parquet con le punte da trapano dei miei tacchi a spillo  “Facci strada. Non vedo l’ora di vedervi giocare.”

“OBF in arrivo!” ridacchia Mariàpi e per fortuna Rodrigo non fa domande inutili e imbarazzanti a cui non potei rispondere nemmeno volendo.

 

 

NOTE DELL’AUTRICE

ReaderNotViewer :  Non me ne volere, ma per me è stato un piacere se ti è andato di traverso il panino…lo interpreto come un segnale che la mia storia provoca reazioni di vario genere e natura, cosa che va sempre bene finché non ci va di mezzo la sala da bagno… Avevo immaginato che Gasparone fosse qualcosa del genere, dal nome era improbabile che fosse il principe azzurro di Biancaneve. Sono davvero lusingata della tua opinione su Mariàpi e Nadja, che più che riflettere le mie amiche, con le loro rispostine al vetriolo, riflettono me stessa. Quindi, indirettamente o no, mi prendo il complimento io!! Grazie!! Infiniti bacioni, tua Elfie

Nisi Corvonero: Ti ringrazio davvero tanto per la solidarietà femminile dimostratami: vero che la Vanessa è una sciaquetta fatta e finita? E secondo te, a chi diavolo assomiglia Odette? Tornando a noi, nemmeno mia madre mi avrebbe mai detto qualcosa del genere, ma la mamma di Anna è di ben altra pasta rispetto alle nostre…fosse solo per il fatto che è più vicina alla nostra età di quanto lo sia Anna stessa (Sob!!). Fortuna che abbiamo sempre la possibilità di rimanere incastrate in caso di abbraccio: sono convinta che, nell’opportuno frangente, sia cosa buona e giusta!! Baci baci, mio panzarotto alla mozzarella, a presto!!

Damynex: Ma no, dai , poverino…Camillo ha le sue ragioni per comportarsi così. Non sparategli addosso, porello, e così…pucci!! Ma passiamo alle cose serie: tuo fratello! Sorvolando sul fatto che, benché maggiorenne, è ancora troppo spaventosamente giovane per me, rimaniamo sul platonico e dimmi: è un tipo romantico? Come si chiama? Che sport segue? Quando si sparge i muscoli di olio canforato assomiglia più a Keanu Reeves in Siddharta o a Stallone in Rocky 4…?

Kika2 : Camillo non ha un problema ormonale, o almeno, non ce l’ha così “serio”…capirete tutto a suo tempo (frase da leggersi con la posizione yoga del fenicottero). Grazie per i complimenti, sei tu ad essere sempre carinissima con me, e questo è lo stimolo più grosso che ci sia per uno scrittore (o presunto tale…).

Romina: Che peccato per il recensionone, oh mia Diletta! Anche a me, da quando c’è il sito nuovo, è successo parecchie volte di perdere i commenti, e anche i capitoli, a dire il vero. Ma per me una tua parola, un gesto, una poesia…mi basta per venir via! Felicità! E’ una canzone pazza che cantare mi fa! Lalalala…ok, quando arrivo a Viola Valentino, sono proprio alla frutta. Ma comunque… non esiste età per l’ormone impazzito, è proprio vero. Se penso alla ola che fanno i miei di ormoni quando vedo Johnny…alla mia età dovrebbero solo recitare il miserere, altro che ululati! Ma tant’è, mi mantengo giovane così (ehm). Prossima spedizione DHL che faccio, ti mando il gingillo a forma di labbra di Johhny Depp, chiamato il Jobbra (felice incrocio di Johnny e labbra). In sua compagnia ti garantisco giornate deliziose! Ti saluto e ti mando tanti bacini dappertutto!

Kira83 : Ottima ipotesi quella dell’ansia da prestazione!! E anche piuttosto plausibile: parlando coi maschietti moderni, spesso per loro è facile spaventarsi davanti ad una fanciulla leggermente “aggressiva” che sa trattare piuttosto bene l’argomento. Poveri uomini bistrattati! Offrirò un gelato a Camillo, per scusarmi con lui…Niente aiuti dalla francese, comunque, o Anna fa una strage davvero.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 : La partita di calcetto ***


Rodrigo ci accompagna in macchina e per tutto il tragitto Mariàpi e lui chiacchierano piacevolmente mentre io mi intrattengo da sola addentandomi con entusiasmo il mio stesso fegato. La francese che va a guardare le partite di calcetto!! Dovevo immaginarmelo che quella sanculotta del cavolo stesse tramando qualcosa alle mie spalle. E quell’invertebrato di Camillo che non mi dice niente!! Quando lo becco lo strozzo. Anzi, prima strozzo lei, strangolandola coi suoi stessi capelli, prendendola a sberle finché la faccia non si riduce in una poltiglia sanguinolenta e…

“Siamo arrivati.” annuncia Mariàpi distraendomi dai miei soavi pensieri di omicidio.

La palestra dove Andrea e la sua corte dei miracoli gioca a calcetto è situata nel bel mezzo del centro sportivo, così per arrivare al campo di calcetto devo attraversare i campi da tennis, il campo da basket, quello di pallavolo e quello di pallamano. Cammino col passo spedito del bersagliere, gli occhi bassi, le guance di bragia, una scia di fischi di vario genere e natura che mi segue e Mariàpi che se la ride come una disgraziata, trottando di fianco a me. Rodrigo mi cammina di fianco e anche lui sembra divertito: la cosa non è che mi faccia stare così bene (dovrei davvero trovare simpatici i cosiddetti amici che se la ridono così platealmente alle mie spalle?). Sto odiando il mondo intero, compresa qualsiasi forma di vita aliena esistente nell’universo, quando la vedo: seduta sul primo scalino delle gradinate, esattamente dietro la panchina, intenta a parlare con Camillo, la francese ride e scuote la testa, ancora ignara della valanga di bile che sta per crollare sulla sua preziosa chioma bionda.

“Camillo!” ruggisco senza riuscire a staccare lo sguardo dall’Ochette che si gira a guardarmi, sorpresa. Camillo, mi vede e sorride, leggero, solare e rarefatto come al solito. Poi, vede la mia gonna e il sorriso gli si congela un po’ sulle labbra. Si alza in piedi e mi viene vicino, rallentando l’andatura ad ogni passo quando nota il colorito della mia faccia.

“Ciao.” dico io, bellicosa quando mi arriva a tiro.

“Ciao.” risponde lui con gli occhioni sporgenti che inciampano sulla mia scollatura da meretrice di Babilonia. Sembra un po’ meno rarefatto, adesso.

“Che bello vederti qu…”

“Non ti dispiace che sia venuta, vero?” sussurro digrignando i denti.

“Certo che no!” esclama Camillo sbattendo le ciglia “Però credevo che il calcetto non ti inter…”

“Tu credi troppo, mio caro” lo interrompo, col tono di voce della strega di Biancaneve “Trovo il calcetto interessante, invece. Molto, molto interessante.”

“Bene!” esclama lui, nervoso: guarda me, poi Mariàpi e Rodrigo come in cerca di aiuto “L’avessi saputo ti avrei invi…”

“Inoltre, mi hanno detto che qui circolano un sacco di persone interessanti!” lo interrompo di nuovo, quasi a morsi “Ecco qui che ne arriva una: ciao, Odette!”

La francese si sta avvicinando, leggiadra, ondeggiante e gustosa come un croissant: Camillo ci mette un po’ a disincagliare gli occhi da me per guardare lei.

“Oh, ah… certo, Odette…” balbetta, arrossendo.

Vigliacco! Arrossisci guardando lei!!

“Sciaò, Anà!” trilla sorridendo la francese “Non sapevo che venivi anche tu, ce soir…”

“Davvero?” ringhio io, bellicosa.

Mi squadra ben bene, dai piedi che cominciano a gonfiarsi, infilzati su questi tacchi a spillo del cavolo alla faccia così abbondantemente cosparsa di glitter sbarluccicoso da farmi sembrare un cristallo di Swaroski.

“Ma scerto” continua lei “Possiamo sedersci viscine, n’est pas?”

Oh, saprei bene cosa risponderti, cocca: com’è che si dice vaffanculo in francese? Peccato, non lo so: credo che vafancual possa andare, per il momento.

“Perché no!” tubo io, rispondendo al sorriso “Conosci già Mariàpi, vero?”

“Sì, sì” sorride la mia amica, da vera faina “Odette viene spesso a casa mia. Spessissimo. Quasi più spesso di mio padre, a dire il vero!”

Ci avviamo verso le gradinate con un Camillo piuttosto confuso stretto tra me e la francese.

“E così, vieni spesso alle partite di calcetto?” domanda Mariàpi rivolta ad Odette, con leggerezza. La francese sorride, ignara di stare ballando su un campo minato.

“Oh, j’adore le calcetò!” risponde, piena di falso entusiasmo.

Come no: scommetto che non te ne fregherebbe una cippa nemmeno se giocasse Platini in persona, maledetta oca!

“Nessuna ragazza ama il calcetto” risponde Mariàpi, lapidaria “Nemmeno voi francesi. Scommetto che in realtà sei qui come qualsiasi ragazza italiana per ben altri motivi. Per un maschietto, ad esempio!”

Odette non ride alla battuta, non si offende, non reagisce: china la testa sul regale collo da cigno mentre le sue orecchie arrossiscono. Mariàpi ci ha azzeccato in pieno! E quella baguette nemmeno ci prova, a mentire!! Una rossa cortina di furore mi appanna la vista mentre mi siedo come una automa di fianco a Camillo.

“Che ne dite voi due di andare a prendere qualcosa da bere?” suggerisco girando appena il mento.

Mariàpi mi guarda dubbiosa.

“OBF.” spiego io: lei capisce l’antifona al volo e afferra molto fraternamente Camillo per una manica.

“Andiamo.” ordina e si allontana a passo spedito, trascinando il fratello con sé.

Odette li guarda andar via, incuriosita: e adesso, che le dico? Va bene che la devo boicottare, va bene che devo marcare il mio territorio e decidermi a rimettere l’Ochette al suo posto, ma non sono mai stata capace di fare la cattiva, io…e seguire un piano, poi? OBF del cavolo!

“Quanto sono divertonti e teneri, quei due fratelì…” sospira lei con materna tenerezza.

Di nuovo la cortina rossa mi appanna la vista e di colpo tutto diventa più facile.

“Piantiamola con questi stupidi giochetti marsigliesi” mi scappa detto con voce cattiva “So cosa stai cercando di fare e la cosa non mi piace affatto!”

La schiena di Odette si irrigidisce appena: il suo profilo perfetto freme leggermente, come scosso da un alito di vento.

“Quoi?” dice con voce educata fingendo di non capire, ma i suoi occhi mi evitano: crepa, cretinissima crépe!

“Hai capito bene” continuo io bellicosa “Stai puntando il ragazzo sbagliato, cocotte. Ti consiglio di smettere subito, se non vuoi passare dei brutti guai.”

Odette fa una pausa lunga, immobile come una statua: poi, lentamente, si gira a guardarmi e nei suoi occhi c’è qualcosa di strano…cos’è? Un misto francese di origine subdola, di sicuro.

“Non ti piasce quelò che sto fascendo, disci?” mormora sottovoce “Non dovrebè interesartì così tant, aprés tout.”

Un qualcosa di innominabile mi ribolle nello stomaco e se non prendo a sberle la sua faccia di marmo qui davanti a tutta la tifoseria è solo perché ho ancora un brandello di dignità da salvare. Mi chino verso di lei e tento di ricordarmi com’era il tono di voce di Paul Newman nel film “lo spaccone” prima di parlare.

“Ascoltami bene” dico alla fine, tutto d’un fiato “Stai alla larga da lui. Ti consiglio di tenere le tue brioche in tasca, se non vuoi trovarti con una torre Eiffel al posto del naso dopo che te lo avrò spaccato. Mi sono spiegata?”

Odette alza di nuovo lo sguardo torbido: cos’è? Un misto di sfida, tristezza….delusione?

“Ti credevo molto meliore, Anà” sussurra quasi con rimpianto “Tu non meriti un ragasso buono come Camilò.”

Odio il nome di Camillo detto da lei: ha un suono così intimo, come se fosse un segreto fra loro due. Mi fa sentire esclusa, piccola, meschina… Vedo Camillo che sta tornando verso di noi, un sorriso solare stampato sul viso e le braccia cariche di bibite. Gliene cadrà qualcuna di sicuro, goffo com’è…infatti, una lattina di Coca rotola per terra, dispettosa. A quel punto, sento qualcosa di potente che mi trafigge il cuore, una tenerezza mista a un dolore sordo che rosicchia via pezzetti di anima: tu non meriti un ragasso buono come Camilò…d’un tratto, scopro di averne abbastanza: della francese, del calcetto, dei tacchi a spillo e , soprattutto, di me.

“Tu ricordati quello che ti ho detto” ringhio, alzandomi in piedi di scatto “Ti tengo d’occhio!”

Odette rimane col viso ostinatamente girato verso il campo vuoto, assorta nei suoi pensieri. Io scappo via senza nemmeno avere il coraggio di salutare Camillo.


Capitolo 6 : La slavina

 

“Bastarda.”

Nella sala ricreativa  del centro sportivo infilo i soldi nella macchinetta con forza, come se la mia moneta da cinquanta centesimi potesse sodomizzarla. Ogni due secondi rivedo passarmi davanti agli occhi la testa bionda della francese chinata e le sue orecchie rosa….

“Puttana.”

Schiaccio il bottone rosso di fianco ai Kinder cereali: per far sbollire la rabbia, urge una dose massiccia di cioccolato via endovenosa, altrimenti mi scoppia il cervello e/o inizio a piangere come una deficiente qui, in mezzo a tutti, coi miei vestiti da meretrice di Babilonia…

“Zoccola.”

Raccatto la confezione del mio Kinder cereali che si è sbriciolata in mille pezzi dopo la caduta dall’ultimo ripiano in alto della macchinetta. Mollo anche un calcetto stizzoso contro quel grosso parallelepipedo di metallo che ha l’ingrato compito di sorbirsi il mio malumore e finalmente faccio per andare via. Cozzo violentemente con una figura che stava in piedi alle mie spalle, con ulteriore danno al mio Kinder già così ingiustamente leso: è mio fratello Andrea, intento ad ingozzarsi di panino traboccante mortadella e maionese (…poco prima di iniziare a giocare a calcetto…? Roba da matti). La sua faccia è incupita e curiosamente imbronciata e i suoi occhi sono carichi di sospetto.

“Che ci fai qui?” ringhia, con insolito amore fraterno.

Normalmente, questo atteggiamento severo mi incuterebbe soggezione: ma non stasera, ciccio, stasera non è proprio serata!

“Non sono cazzi tuoi.” rispondo, con l’aplomb di una vera lady. Perché diavolo mi devo giustificare con quel paramecio di mio fratello?

“Hei!”

E’ Mariàpi che arriva tutta trafelata coi capelli rossi che le ondeggiano sulla schiena “Dove stavi…?”

Vede Andrea e si ferma di botto, mentre una curiosa espressione di indifferenza le nasconde la faccia. Se non fossi così presa dalle mie personali paturnie mentali, giurerei che…ma no, che vado a pensare! Andrea, comunque, la ignora: sembra ancora alterato per chissà quale motivo. Torna a radiografarmi esprimendo un certo schifo fraterno.

“Tu non esci da sola conciata così.” afferma con assoluta convinzione.

“Perché?” si intromette Mariàpi, recuperando il suo (e il mio) orgoglio femminista “Mica sei Dolce e Gabbana: non puoi dirle come deve o non deve vestirsi.”

Andrea mi punta contro un dito accusatore.

“Sembra una zoccola.” dice con convinzione.

Mariàpi, ovviamente, si inalbera ancora di più.

“Che stronzata islamica!” ringhia socchiudendo le palpebre in maniera pericolosa “Anna si veste come le pare e piace! Non deve renderti conto di niente.”

“Le si vede tutto” brontola Andrea, del tutto indifferente ai dialoghi che lo circondano “Sarebbe meno ridicola in costume da bagno!”

Anche loro stanno parlando di me in terza persona come se fossi un oggetto: è contagiosa questa nuova mania? E’ davvero così impossibile interagire verbalmente con me?!?

“Parla di ridicolo uno che si abbuffa pubblicamente di maionese e mortadella!” mi difende Mariàpi, rannuvolata.

“Scommetto che è opera tua.” ringhia Andrea, decisamente incavolato: ha persino dimenticato di avere un panino in mano e guarda Mariàpi con autentica furia omicida.

“E anche se fosse?” risponde Mariàpi, arrogante.

“Non voglio che mia sorella diventi una puttanella sculettante e sfrontata come te!” ruggisce Andrea, e qui le cose cominciano a farsi interessanti.

Questa è un’offesa bella e buona: io smetto per un attimo di pensare a quanti omicidi si possono perpetrare sulla stessa vittima (la francese) per dedicarmi momentaneamente al colorito cinereo che sta assumendo la faccia di Mariàpi.

“Cosa hai detto?” mormora quest’ultima a voce bassissima.

Brutto segno, fratello mio! Conoscendo Mariàpi, questo è decisamente un segno bruttissimo. Genuflettiti e cospargiti il capo di cenere, prima che sia troppo tardi!!

“Hai sentito benissimo” risponde invece Andrea, ancora arrabbiato “Non voglio che Anna vada in giro con le tue magliette cucite addosso, con le tue minigonne formato francobollo o a dimenare il sedere davanti a qualsiasi maschio che transiti nel raggio di un chilometro come fai tu!”

Io mi allontano di un passo, inconsciamente: Andrea a Mariàpi non si sono mai piaciuti un granché, ma hanno sempre tentato di mantenere rapporti civili per il bene mio e di Camillo. Stasera, però, sembra che un argine sia definitivamente crollato.

“Oh, senti da che pulpito viene la predica!” strilla Mariàpi con la voce che trema “Parla quello che comincia a sbavare come i cani di Pavlov al solo sentir nominare la parola tette! Proprio tu che frequenti solo femmine col quoziente intellettivo di una cimice, purché ti concedano le mutandine!”

“Che ne sai tu di mutandine? Scommetto che a forza di darle via non te n’è rimasto nemmeno un paio!”

Ma che diavolo sta succedendo? Mi sembra di assistere alla nascita di una slavina: da un mucchietto di neve piccolo così sta venendo fuori una cosa di proporzioni epiche!

“Ehm, ragazzi…” cerco di intromettermi con un filo di voce.

“Cosa ne puoi sapere tu di me?” grida Mariàpi con gli occhi lucidi di furore (o di lacrime?) “Sedici anni che ci conosciamo e nemmeno una volta mi hai guardato negli occhi!”

“Forse perchè eri sempre distratta da qualche …com’è che dici tu? Oh, gran pezzo di manzo, già!”

Non ho mai visto mio fratello così furioso, nemmeno la volta che gli ho distrutto la pista Playmobile.

“Ragazzi!” provo di nuovo io, sull’orlo delle lacrime. Neanche avessi parlato al vento…

“Sei uno stronzo!” strilla Mariàpi, col mento che trema.

“E tu sei una…maledetta….ragazzina!” risponde Andrea, sovrastandola di tutta una testa.

Si immobilizzano di colpo ammutoliti, due nanosecondi prima di iniziare a prendersi a sberle. Si guardano negli occhi, vicinissimi, ansimandosi addosso come due tori da corrida. Si guardano e si riguardano ed io leggo una fame nei loro occhi che è come ricevere uno schiaffo senza preavviso. E, all’improvviso, chiaro e potente come un fulmine a ciel sereno, ho un’illuminazione divina.

Nom d’un nom d’un nom d’un nom... No, questo lo direbbe la francese! Cosa direi io, italianotta ruspante e nostrana?

“Minchia!” mormoro, gustando la parola tra lingua e palato, ma ormai il momento è passato: Andrea si è allontanato d’un passo e Mariàpi ha girato i tacchi e la sua chioma rossa da tzigana sta correndo via, accompagnata da un sospetto rumore a singhiozzo. Io e Andrea rimaniamo impalati a guardarla sparire oltre la porta dal maniglione antipanico, lui col panino in mano, afferrato a mò di scimitarra spaziale, io col mio Kinder cereali che chissà cosa avrebbe dato pur di rimanersene sul piano più alto della macchinetta. Per un bel pezzo io e mio fratello rimaniamo in silenzio senza guardarci: poi, Andrea si decide a riscuotersi. Butta il panino nel pattume con aria quasi schifata e si ficca le mani ancora imbrattate di maionese in tasca. Quando si azzarda a lanciarmi uno sguardo di traverso, gli sorrido, quasi senza volere.

“E così” esordisco salottiera dopo essermi schiarita la voce “Da quant’è che va avanti questa storia?”

La faccia di Andrea si accartoccia ancora di più, burbera e indifesa insieme.

“Non so di cosa stai parlando.” mente in maniera così plateale che mi fa quasi tenerezza.

“Da quant’è che hai una cotta per Mariàpi, intendo dire.” spiego molto educatamente.

Le spalle di Andrea hanno una specie di attacco epilettico, ma le sue mani rimangono saldamente in tasca.

“Da quella fogna che hai per bocca escono solo puzzolenti gas organici.” bercia, arrossendo.

Io annuisco, molto saggiamente.

“E pensare che era così evidente” mormoro io distrattamente “Le tue sceneggiate da orso bruno tutte le volte che lei esprimeva un giudizio positivo verso qualcuno che non fossi tu. E gli attacchi di bile di Mariàpi ogni volta che arrivavi con una ragazza nuova! Che deficiente a non arrivarci prima…”

Di nuovo, Andrea ha un attacco epilettico.

“Che stronzate vai dicendo?” ringhia, cattivissimo. Poi, come se gli scappasse di bocca: “Quali attacchi di bile?”

Dietro alla sua facciata burbera c’è quasi una supplica. Il mio fratellone, in questo momento, mi fa una tenerezza infinita! Ed io che stavo lì a sospirare per l’amore inespresso di André per Oscar: questa storia è molto, molto meglio di qualsiasi manga! Gli sorrido ancora di più, furbetta.

“Attacchi di bile tipo quello che stai avendo tu adesso” affermo, convinta “Quelli che vengono alle persone che sono così fesse da dirsi di continuo: sono troppo tosto/a per parlare con qualcuno della mia cotta mostruosa e segreta, preferisco cazzeggiare con chiunque altro ma non con lei/lui perchè se solo intuisse che le/gli muoio dietro da una vita sai che figura da stronzo/a che ci farei…”

Andrea mi guarda: apre la bocca e la richiude. E’ senza parole, poveraccio. Non fosse così evidentemente indifeso, questo sarebbe il momento buono per distruggerlo!

“A lei piace Rodrigo” butta fuori alla fine con evidente sforzo, deglutendo subito dopo “Non lo dice di continuo? Lo chiama “il Bronzo” e quasi sbava tutte le volte che lui entra nella stessa stanza dove c’è lei…”

“Andrea, tu non sbaveresti se Monica Bellucci entrasse nella stessa stanza dove sei tu?” domando io, paziente.

Ho usato un paragone sicuro: persino io sbaverei per la Bellucci…Andrea aggrotta le sopracciglia, cogitabondo. Apre di nuovo la bocca e di nuovo la richiude.

“Aspetta!” mormoro io, ispirata “Sento un rumore strano, come di motosega arrugginita…proviene dal tuo cervello! Allora stai pensando!!”

Per un attimo, penso che Andrea mi sputerà in faccia: poi, incredibilmente, dai meandri corrucciati del suo viso spunta fuori un sorriso storto e stranamente complice.

“Fila a casa a cambiarti” brontola, girandomi le spalle “Se ti rivedo in giro conciata così, ti chiudo in convento dalle Carmelitane scalze per tutta la vita.”

“Col cavolo.” rispondo io, immediatamente.

Lui fa una piccola pausa, sempre a spalle girate.

“La gente non deve pensare male di te.” aggiunge sottovoce, filando poi via a passo spedito.

Io mi metto a fissare il mio Kinder cereali con sguardo stranito: che fosse l’inizio di un segno di affetto da parte del mio atavico nemico…?

Naaaaa….!

 

 

 

NOTE DELL'AUTRICE:

 

Nisi Corvonero: Bè, ovviamente Fleur è stata l’ispiratrice di tutto questo…anche se devo dire che prima di Fleur c’era Vanessa Paradis a tenere alto lo stendardo dell’odio per le francesi. E comunque, la Fleur della Row è mille volte meno interessante della tua (che oltretutto veste proprio bene…he he he…viva Chez Sabine!!!). Bacini baciozzi, mi corazon!!

Damynex: Ti piace Rodrigo? Tutto tuo!! Lo accetti in cambio del tuo fratellino fig…ehm, simpatico? Mi piace che non sia troppo romantico: dopo una certa età, ti stufi di guardare tramonti e cominci ad apprezzare i facoceri ventenni…ehm…Ti mando un vagone di baci, a presto!!

ReaderNotViewer: L’immagine di te che sputacchiavi panino sulla tastiera ha fatto sputacchiare ME…che ridere! La mia però era una piadina al Camoscio d’Oro e pomodori, non ti dico il pantano che c’è venuto sulla tastiera…Convengo con te (e qui magari è l’età a darci esperienza) che una partenza in sordina spesso nasconde prestazioni brillanti del motore: chissà se il nostro Camillo…ma passiamo oltre! Quanto ho riso per l’uomo/Mentadent? Un po’ meno per la tua solidarietà verso la francese: l’ho fatta perché la si odi, eh. Anche a me piacciono gli uomini francesi, con la loro ariettina snob e quella erre rotolante: molto sexy, invero. Ce ne compriamo un paio in multiproprietà con anche la Nisi bella?

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 : Tempus lacrimarum ***


Ovviamente, come ho girato le spalle ad Andrea mi sono completamente dimenticata di lui e di Mariàpi per rituffarmi nel mio personalissimo romanzo d’appendice intitolato “il triangolo francese (che non è un tramezzino)”. Arrivo a casa da sola, scalza, col trucco sbavato (ho anche piangiucchiato, tra via del Corso e via Makallè) e sufficientemente triste per far zittire di colpo mamma e fratellame piccolo. E sono solo le nove di sera! Faccio ancora in tempo ad organizzare un suicidio abbastanza coreografico entro la mezzanotte, se mi ci metto di buzzo buono. Mi chiudo in camera e subito dopo la mamma bussa con decisione alla mia porta.

“Non stasera, mamma.” dico con voce drammatica buttandomi sul letto.

“Mi guardo bene dal voler ascoltare le tue confessioni” risponde lei, pragmatica “Io e i bambini andiamo a prendere un gelato. Vuoi che ti porto una coppetta?”

Mi scappa un sorriso, nascosto tra le lenzuola: il gelato, la panacea universale della mamma…

“Oh, Anna, ti sei soffocata con la tua stessa lingua?”

“Fior di latte e nocciola.” rispondo con voce neutra: sento mamma che si allontana, caccia due urli ai poveri pargoli che si stanno mettendo la giacca e, poco dopo, sento la porta di casa chiudersi. Sono sola, adesso: che pace. Finalmente posso piangere con calma, crogiolandomi per bene nel brodo dell’autocommiserazione, usando l’immagine di Odette e Camillo come un cilicio chiodato per farmi del male. Forse dovrei lasciar perdere, mi dico affogata nei meandri del mio masochismo. In fondo, loro due sembrano fatti l’uno per l’altra. Posso inventarmi l’OBF, posso chiamare la CIA, l’FBI e il circolo ARCI come supporto tecnico, ma se questa cosa deve succedere, succederà indipendentemente dalle mie assurde manovre belliche. Col cuore che sanguina, mi tocca ammettere che Odette è molto più adatta di me a Camillo: lei è brillante, intelligente e sicuramente più affascinante; lei ha il nome di un’eroina dei balletti russi, io ce l’ho palindromo e noioso; lei è snella e aggraziata come un giunco, io devo convivere con le mie ingombranti tettone; lei sa giocare a scacchi e a Sudoku, io nemmeno so dov’è nascosta la scatola del Monopoli; a lei piacciono i film d’essai (quelli in bianco e nero, doppiati in ceceno coi sottotitoli in polacco, per intenderci), io a malapena capisco la trama dei Teletubbies; lei legge Tolstoj, io Topolino.

Come ho potuto pensare di poter competere con lei? Che stupida. Ha ragione Odette, Camillo merita di più di una ragazzina in crisi ormonale che si inventa improbabili piani di battaglia dalle sigle fantasiose…

Gesù, quante lacrime: se continuo così rischio la disidratazione!

Il telefono squilla, ma io sono troppo congestionata per rispondere e comunque non voglio parlare con nessuno in questo momento. Poco dopo che il telefono ha smesso di squillare, qualcuno armeggia con le chiavi contro la porta. Mamma e i gemelli sono tornati dalla gelateria, penso soffiandomi il naso e tirandomi su dal letto; i pusher con la mia droga, una dose di gelato in arrivo! Marcio verso la cucina, anelando il primo cucchiaino di nocciola gelata che mi scende in gola come una benedizione…e in salotto quasi mi scontro con Camillo.

Camillo!! Che ci fa qui? Non faccio nemmeno in tempo a registrare la sorpresa che già il cuore ha iniziato a ballare una furiosa rumba nel petto.

“Oh, ah…ciao.” balbetta impacciato mentre io lo guardo con espressione ebete “Tu madre ha chiamato Andrea e gli ha chiesto se lui c’entrava qualcosa col fatto che sembravi pronta per la cremazione a vivo, allora lui ha spiegato che è colpa mia anche se io non credo affatto che questi siano i reali termini della questione visto che…”

“Camillo.” mormoro molto piano e lui si interrompe di colpo: allunga una mano verso di me, quasi spaventato.

“Andrea mi ha dato le chiavi.” spiega un po’ meno agitato.

“Caro consanguineo” sibilo io, incrociando le braccia davanti al petto “Che sei venuto a fare?”

Camillo deglutisce un paio di volte, come aspettandosi un aiuto da parte mia.

“Dobbiamo parlare.” afferma alla fine, sospirando.

Una specie di voragine buia si apre ai miei piedi: il cuore batte ancora ad un ritmo forsennato e l’angoscia sta dilagando nel mio petto come un liquido gelido che mi invade i polmoni. Lo sapevo, dovevo aspettarmelo! Non così presto, forse, ma sapevo che sarebbe successo: è venuto a dirmi che è innamorato dell’Ochette, è venuto a dirmelo qui, in casa mia, con quegli occhioni azzurri e franchi dove vorrei solo perdermi… e invece è venuto a dirmi addio. Devo deglutire a secco un paio di volte prima di riuscire a parlare con voce ferma.

“Ok, dimmi quello che mi devi dire.” annuncio con ammirevole calma.

Camillo mi lancia uno sguardo stranamente triste e allarga le braccia, quasi rassegnato.

“Non avevo nessuna voglia di venire” ammette riottoso “Cioè, sapevo che dovevamo parlare, ma proprio non mi decidevo…non volevo che arrivasse questo momento, capisci?”

E me lo chiedi? Ogni tua parola è una scudisciata nei denti… e tu mi chiedi se capisco?

“Vai avanti.” gli ordino, imperiosa.

“Quando ho capito i motivi per cui ultimamente le cose tra di noi sono cambiate ho deciso che sarei uscito dalla tua vita in punta di piedi…non volevo che tu ci stessi male; la tua felicità, nonostante tutto, conta sempre troppo, per me.”

Ciccio, mi stai spezzando il cuore, o mandando a cagare, per usare un eufemismo più calzante: dalle mie parti questo non è considerato procurare felicità. Anzi: comincio ad essere vagamente incazzata, oltre che triste.

“Sono venuto per dirti che…ti auguro tutto il bene possibile. Sappi che in me troverai sempre un amico fedele e fidato e che il bene che ti voglio non intaccherà in nessun modo la nostra amicizia.”

Lentamente, sento una scia di lava infuocata di puro, autentico furore che mi sale dal petto verso le guance: amicizia? Ha detto proprio AMICIZIA?!?

“…perché siamo ancora amici, vero, Anna?”

Lo guardo: lui e i suoi occhioni azzurri e supplicanti, lui e i suoi riccioloni da cherubino…lui e le sue mani calde, lui e il suo cuore grande così. Siamo ancora amici…?

Sto tremando come una foglia: mi avvicino a lui di un passo, le guance febbricitanti e la voglia di spaccargli qualsiasi oggetto contundente sulla testa, tanto sono furibonda e col cuore a pezzi.

“AMICI…?!” strillo d’un colpo, facendo fare a Camillo un salto indietro dalla sorpresa “Vuoi che restiamo amici?!? Ficcatela nel culo, la tua amicizia! Ficcatela su così tanto da ritrovartela in gola e soffocarti!! Io non voglio la tua stronzissima amicizia!! Io…voglio…questo…! ”

Mi avvento su di lui, gli afferro saldamente il viso con le mani e lo bacio con la bocca aperta. Sono furibonda, rabbiosa, e decisamente stufa di tutto: mi spalmo addosso a lui, strusciandomi contro il suo corpo in un messaggio così esplicito che solo un cadavere non lo capirebbe. E Camillo è ancora vivo, almeno a giudicare dal gridolino sorpreso che gli esce dalla gola quando lo butto sul divano e gli monto a cavallo, spingendolo con brutalità contro i cuscini del divano. Fa quasi per difendersi, puntellandosi con le braccia per respingermi, ma sono troppo furiosa per lasciarlo fare: gli spingo le braccia sopra le testa, brutalmente, continuando a baciarlo con rabbia. A pensarci col senno di poi, che scena assurda!! Ci manca la frusta e il completo di pelle nera e sembrerei una maitresse sadomaso… se solo non cominciassi a provare gusto in quello che sto facendo! Gesù, perché mi piace tanto baciare Camillo? Vorrei mantenere intatta la mia rabbia e la mia frustrazione, ma sento già che tutto il risentimento sta scivolando via, trascinato da una marea di languido e liquido desiderio. Le sue labbra sono troppo maledettamente dolci e succose e sanno di frutta; il suo profumo mi fa letteralmente impazzire di frustrazione. Non va affatto bene così: mi stacco da lui, bruscamente come gli sono saltata addosso, ansimando come una ciminiera a vapore e congestionata come se fossi appena uscita da un giro di centrifuga in lavatrice.

“Ecco!” balbetto con la bocca secca come il deserto di Gobi “Quanto me ne frega della tua amicizia!”

“Anna…” sussurra debolmente Camillo: è ancora spalmato sul divano, gli occhi spalancati e stupefatti, la bocca umida e i capelli arruffati. Perché mi viene da piangere a guardarlo?!?

“Hai finito di trattarmi come se avessi una qualche forma di eczema contagioso!” proseguo io , ancora più arrabbiata “Hai finito di guardarmi con lo stesso amore che metteresti nel guardare una teiera! Ammettilo, Camillo, a te di me non te n’è mai fregato niente!”

Camillo alza di scatto gli occhi su di me e il dolore che ci vedo dentro è così palese che è impossibile che non sia sincero.

“Come puoi dire questo…?” soffia fuori dolente, ma io non lo lascio parlare.

“Non c’è bisogno che ti giustifichi!” scalpito, alzando la voce “Non è colpa tua se ti faccio lo stesso effetto di un merluzzo surgelato, no? Adesso esci di qui e vai a rifarti un po’ gli occhi dall’Ochette!”

Camillo sembra sinceramente sbalestrato.

“Chi?” mormora, e io mi arrabbio sul serio.

“Da Odette!” sbotto, stringendo i pugni e diventando rossa, bianca e verde come una bandiera “Non è per lei che vuoi che rimaniamo amici? Non ti ha travolto col suo fascino da crème brulée? Non ti ha incantato con quel suo merdosissimo humor francese? E allora, vai, no? Corri da lei!”

Camillo si alza in piedi, con un movimento molto deciso: la sua faccia si è incupita e non sembra affatto, affatto tranquilla.

“Tu non sai quello che dici, Anna.” mormora con voce molto misurata mentre un lampo attraversa l’azzurro terso dei suoi occhi.

“Risparmiami le citazioni bibliche!” strillo, lasciando fluire la rabbia che mi brucia dentro, vomitandogliela addosso per ferirlo e cercare di sentirmi meno umiliata e meno triste “Non c’è nessun bisogno che perdi tempo con me! Piantala di guardarmi con quei tuoi ma-maledetti fa-fanali blu, schioda le tue chia-chiappe ossute da casa mia e fo-fo-fottiti!”

Storicamente, quando arrivo alle balbuzie significa che sono alla frutta: mi decido a girargli le spalle e correre verso la cucina, lo sguardo offuscato dalle lacrime e sto per sbattere la porta, convinta che Camillo stia già ruzzolando giù dalle scale con la coda tra le gambe quando me lo ritrovo davanti, improvvisamente. Il cuore mi balza in gola, battendo come in preda ad un forsennato attacco di adrenalina: la faccia di Camillo non è né dispiaciuta né trasognata né dolente, come dovrebbe essere. E’, per la prima volta in tutta la vita, assolutamente e meravigliosamente  infuriata.

“Tu non capisci un cazzo.” scandisce con profonda convinzione prima di lasciarmi senza parole afferrandomi per le braccia e baciandomi con forza sulla bocca.

*          *          *

Subito provo a resistere, cercando di divincolarmi, ma la sua presa sui miei avambracci è insolitamente salda, così desisto subito. E poi, diciamocelo, non credo di avere davvero voglia di staccarmi da lui. Anzi, non mi staccherei nemmeno se venissero a trascinarmi via col carro attrezzi, a dirla tutta. Camillo mi sta baciando con una decisione, una passione così potente e sincera che ne rimango folgorata. La sua bocca sulla mia non è gentile e nemmeno delicata come al solito: è travolgente, calda, squisitamente prepotente.

Gesù, quanto ho sognato di essere baciata così.

Le mani di Camillo lasciano gli avambracci per cominciare a carezzarmi con rude urgenza le spalle, la schiena, i fianchi… io inizio a tremare come una foglia mentre lui mi stringe a sé, premendo coi palmi aperti sulle mie natiche, facendo completamente aderire il suo corpo contro il mio.

Mi sembra, improvvisamente, di essere sotto l’effetto di una potente doccia scozzese: lunghi brividi di calore mi attraversano la colonna vertebrale, alterandosi a folate di ghiaccio che mi atrofizzano completamente mani e piedi, mentre lui mi tocca, mi tocca dappertutto con urgenza, e io voglio solo che lui continui così in eterno.

Non so nemmeno come e ci ritroviamo sul tavolo, mezzi su e mezzi giù: le sue mani sono infilate sotto la mia camicetta e stanno facendo qualcosa che non avevo programmato facessero prima di un paio di sessioni di perlustrazione, ma tant’è, non ho assolutamente la forza (e la voglia) di protestare. Anzi: mi spingo contro di lui perché ogni centimetro del mio corpo urla di desiderio, frustrato da quei maledetti vestiti che ci separano… ma non per molto, decido improvvisamente, non per molto. Gli tolgo la maglietta, staccandomi da lui solo il tempo di un respiro, e gli passo le mani aperte sul petto, assaporando la sensazione meravigliosa della sua pelle calda contro i palmi. Un verso rauco, animalesco, esce dalla gola di Camillo quando gli accarezzo l’addome: la mia camicetta si apre e vola via con un morbido fruscio malizioso che recepisco con i sensi completamente ottenebrati. Ho il cuore che batte così forte che potrebbe uscire dalla cassa toracica: sono mezza morta di desiderio, ma soprattutto sono completamente stordita di felicità. Camillo mi vuole…Camillo vuole davvero ME! Lui mi desidera, lo sento con chiarezza finalmente! Lo capisco da come il suo corpo trema contro il mio, dal suo respiro affannato, dal battito forsennato del suo cuore… e anche da qualcos’altro, a meno che Camillo non abbia in tasca un portachiavi a forma di vibratore. La cosa mi riempie di orgoglio e mi pervade un senso di onnipotenza misto a gioia che mi sommerge come un’onda anomala:  allora mi viene spontaneo e naturale accogliere Camillo, stringerlo a me, chiedendomi remotamente dove diavolo stia trovando la faccia tosta di fare tutto questo.

Poi…

Poi, proprio quando non pensavo più a niente, Camillo mi molla improvvisamente e io quasi cado come un sacco di patate dentro al lavello. Alzo gli occhi su di lui e prima ancora che possa aprire bocca sento un tramestio sospetto proveniente dal salotto: un misto di voci e rumori che mi fa capire che in casa non siamo più soli. Io e Camillo siamo mezzi nudi…in cucina!!

“Sta arrivando qualcuno!” sussurro io, abbandonando di colpo i rimescolamenti ormonali per il sano, atavico terrore di essere beccata a fare atti osceni in luogo pubblico dai propri consanguinei. Scatto in piedi con la velocità di un centometrista olimpico, raccatto il reggiseno che era finito sul ceppo dei coltelli, valuto in un nanosecondo che non avrò mai tempo a sufficienza per infilarmelo e passo direttamente alla camicia, infilando un’asola su tre.

“Camillo, la maglietta!” sibilò agitatissima, ma Camillo rimane immobile, con una faccia così bianca e così piena di orrore che sembra abbia appena visto un Alien fuoriuscire dal forno a microonde.

“Gesù….” Mormora con labbra livide, completamente nel pallone.

“Camillo, muoviti!” gli ordino, buttandogli la sua maglietta addosso: lui lascia che questa gli cada in testa, ma non muove un muscolo. In quel momento, l’intera famiglia Tonelli fa il suo ingresso in cucina e gli schiamazzi da cui era preceduta si interrompono di colpo.


Capitolo 8 : Qui pro quo pro…che?

 

Ci sono proprio tutti, che Dio li abbia in gloria: in pole position Alice e Alessio, con in mano due coni gelati sgocciolanti e le facce curiosamente identiche come quelle di due angioletti di porcellana; poi, la mamma che evidentemente non ha collegato il cervello tramortito dalla sorpresa con la mano che sta ancora rovistando nei recessi della sua borsetta; poi Andrea, con un’espressione così attonita da sembrare una caricatura di se stesso. Dopo lunghi, affannosi secondi di immobile mutismo, capisco che tutti hanno intuito che in cucina stava succedendo qualcosa di sconcio e immediatamente le mie guance si trasformano in due bistecchiere arroventate pronte per la grigliata. Il silenzio è insopportabile, pesante come un macigno: ed io sono qui ad affrontare tutto questo con i capelli sconvolti, la camicia allacciata storta, senza reggiseno e con Camillo di fianco con la sua maglietta in testa e la cintura dei calzoni slacciata!!

“Ehm, ciao!” dico con la forza della disperazione. Il suono improvviso e isterico della mia voce sembra un colpo di fucile in quel silenzio opprimente, però almeno sortisce l’effetto di far scongelare il quadretto familiare davanti ai miei occhi.

Alice mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e sussurra, piena di sacra ammirazione:

“Caaaavolooooo…”

Alessio mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e sbotta, pieno di divertita esultanza:

“Fico!”

Mamma mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e per un attimo di impossibile delirio ho l’impressione che stia per scoppiare a piangere in puro stile “la-mia-bambina-è-diventata-grande-e-io-non-me-ne-ero-accorta”. Poi, un velo impassibile scende sul suo viso a coprire qualsiasi emozione materna e domanda educatamente, con un sopracciglio altezzosamente alzato:

“Nella mia cucina?”

Andrea mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e la sua faccia si arriccia di furore e diventa rossa come la cresta di un gallo tanto che ho paura gli stia venendo un colpo apoplettico.

“Tu!” sibila in direzione di Camillo, che intanto si è tolto la maglietta dalla faccia, è impallidito e poi è diventato verde peggio di un cadavere in putrefazione e sta adesso vagliando la possibilità di tuffarsi nello scarico del lavello, buttarsi fuori dalla finestra o finire ammazzato dalla furia omicida del suo ex migliore amico.

“Non è come…ehm…sembra.” balbetto io con gli occhi che guardano dappertutto fuorché qualcuno di loro.

“Anna e Camillo fanno gli sporcaccioni!” esulta Alice esplodendo in un sorriso a 34 denti.

“Fico!” aggiunge Alessio con un ghigno mefistofelico.

“Nella mia cucina.” ripete mamma con aria di rimprovero.

“Io ti ammazzo!” ringhia Andrea, sempre rivolto a Camillo con aria omicida “Ti avevo detto di venirle a parlare e tu…le salti addosso come un animale?!?”

Veramente, sono io che sono saltata addosso a Camillo come un animale…ma questo è molto meglio non dirlo ai miei parenti, no? Sembrano già abbastanza sconvolti così, senza bisogno di ulteriori sollecitazioni. Quindi, rimango zitta e rossa come una bottiglia di passato di pomodoro mentre Andrea si avvicina minaccioso a Camillo che sembra sempre più accartocciato su se stesso.

“An…Andrea…non è come…” balbetta con un filo di voce, ma Andrea non sembra ascoltarlo.

“Cosa ti avevo detto quando ti sei messo con mia sorella?!? Toccala con un dito e ti ritrovi con lo scroto cucito alle tonsille! Non ti avevo detto così?”

“Cos’è uno scroto, mamma?” domanda immediatamente Alice col sorriso un po’ meno esultante di prima “E’ per caso un animale?”

“Tu hai detto cosa?” domando io rivolta ad Andrea, ritrovando di colpo la parola.

“C’è il reggiseno di Anna sul ceppo dei coltelli.” annuncia invece Alessio con aria soddisfatta.

Gesù, che razza di situazione kafkiana! Mamma, fortunatamente, decide di prendere in mano le redini della storia: appoggia la coppetta di gelato a me destinata sul lavello, afferra i gemelli per le braccia e li trascina fuori dalla cucina, la faccia imbronciata che trema per trattenere le risate.

“Voi grandi sbrigatevela da soli” annuncia lapidaria “Andrea, se devi uccidere qualcuno vedi di non macchiare le tende nuove e usa il contenitore dei rifiuti organici; Anna, fai sparire la tua biancheria intima dagli oggetti di uso comune…se tuo padre entra adesso in casa, come minimo ti spedisce in un collegio svizzero fino alla menopausa. Bimbi, filare in camera vostra.”

“Io voglio sapere cos’è uno scroto!” piagnucola Alice, giustamente offesa.

“Te lo spiego io.” le mormora Alessio, beccandosi un ceffone dalla mamma così forte che quasi lo fa ruzzolare per terra. Distrattamente, li sento andare via mentre ancora sto cercando di raccapezzarmi su quello che ha detto Andrea.

“Tu hai detto a Camillo che non mi doveva toccare?!” mormoro sinceramente esterrefatta.

“Certo che sì” sbuffa Andrea, tra l’imbarazzato e l’offeso “So che cosa è capace di fare un ragazzo della nostra età ad una ragazzina della tua…sei ancora troppo piccola per affrontare certe cose!”

Non so bene come prendere questa nuova, agghiacciante notizia: mi giro verso Camillo con aria supplice.

“E’ per questo che non volevi mai rimanere solo con me?” chiedo accorata e con gli occhi lucidi “Non perché non ti interessassi, ma perché c’era di mezzo quel deficiente ficcanaso puzzone di mio fratello?”

Camillo fa passare lo sguardo da me ad Andrea e sembra così mortificato e così infelice che mi fa quasi tenerezza.

“Oh, ah…in un certo senso sì.” risponde alla fine chinando il capo “In realtà avevo paura di quello che provavo quando ero solo con te… non ero certo di riuscire a…trattenermi…”

“Che schifoso pervertito!” bercia Andrea con gli occhi scintillanti di furore.

“Zitto tu!” strillo io, così felice che sento ogni poro della pelle dilatato come se avessi fatto una sauna miracolosa “Vorrei vedere cosa saresti capace di fare tu se rimanessi cinque minuti solo con Mariàpi!”

Andrea si zittisce di colpo, Camillo sbianca come un cencio lavato.

“Mariàpi?” mormora tra le labbra livide “Cosa c’entra Mariàpi?”

“Quei due hanno una cotta l’uno per l’altra” spiego io, perfida,  mentre Andrea si trasforma tutto d’un tratto in un fungo gobbo e vergognoso “E chissà da quanto, per di più!”

Camillo più che assimilare la notizia sembra che gli venga infilata di forza dentro alle narici.

“Tu…e mia sorella?” mormora piano piano. Poi, più deciso: “TU e MIA SORELLA?”

“Bè, adesso sai come ci si sente!” reagisce immediatamente Andrea, spaventato “E comunque io non ho mai sfiorato Mariàpi nemmeno con un dito!”

“Tutte le volte che ti tocchi sotto la doccia pensi…a …MIA SORELLA?” continua Camillo, ora decisamente incavolato.

“No!” ribatte Andrea, affannosamente “Cioè…non è che faccia la doccia così spesso…”

“Che problema c’è?” sorrido io, appendendomi al braccio di Camillo con un sorriso radioso “Adesso basta, abbiamo parlato anche troppo del nostro parentado e dei loro problemi sentimentali. Torna a concentrarti su di me: stasera non eri venuto qui per mollarmi?”

“Io?” domanda Camillo, sorpreso “Certo che no! Ero venuto a farmi mollare, visto che avevo capito che ti eri innamorata di Rodrigo…”

“Io non sono innamorata di Rodrigo” mormoro col cuore che canta “Io sono innamorata di te, stupido fifone mezzacalzetta!”

“E’ Mariàpi che è innamorata di Rodrigo.” si intromette Andrea, rabbuiandosi.

“Mariàpi, pfiu!” dico io, sprezzante “Quella i tipi come Rodrigo se li mangia a colazione.”

“No, è Odette che è innamorata di Rodrigo” annuncia a sorpresa Camillo, sospirando “La poveretta è cotta di lui dal primo giorno, solo che è troppo timida per dichiararsi…”

D’un tratto mi gira la testa: sempre stretta al braccio di Camillo, mi siedo sul tavolo cercando di raccapezzarmi sulla situazione.

“Fermi tutti!” mormoro affranta “Non ci capisco più niente! Vuoi dire che Odette non è innamorata di te?”

“Vuoi scherzare?” sorride Camillo, canzonatorio “Era così contenta che tu fossi diventata la mia ragazza, visto che sapeva quanto fossi cotto di te da sempre…”

Gesù, Giuseppe e Maria… questo vuol dire che tutti ci sbagliavamo su tutti? Allora cos’era quel discorso a pera di Odette alla partita di calcetto? Forse…non stava parlando di Camillo…?

“Io credevo che Odette fosse innamorata di te.” mormoro sottovoce.

“Io credevo che tu fossi innamorata di Rodrigo.” mi risponde Camillo con dolcezza, appoggiando la guancia sui miei capelli.

“Io credevo che Mariàpi fosse innamorata di Rodrigo” si imbroncia Andrea, cogitabondo “Ci siamo sbagliati tutti e tre come pirla qualsiasi?”

“Che situazione assurda!” annuncia Camillo, deliziato “Non sono mai stato tanto felice di essermi sbagliato!”

Mi abbraccia stringendomi delicatamente con le sue braccia lunghe e goffe e io mi sento d’un tratto catapultata in cielo…non a destra, non a sinistra, ma proprio lì, nel bel mezzo del paradiso. Mi allungo verso di lui e lo bacio sulle labbra, così grata di esistere che avrei voglia di fare un monumento ai miei genitori.

“Puà” grugnisce Andrea, allontanandosi schifato “Non avete un minimo di decenza: sbaciucchiarsi in mezzo alle cose da mangiare…non è affatto igienico!”

Camillo smette di baciarmi con un sospiro afflitto e mi guarda. Quanto amo i suoi occhi, quanto li amo! Guardare negli occhi di Camillo è come guardare il sole al tramonto: fa quasi male, ma è di una bellezza così struggente che non si riesce a smettere.

“Senti tu” dice Camillo senza staccare lo sguardo “Non credi di dovere delle spiegazioni ad una ragazza che in questo momento sta quasi sicuramente svuotando il frigo rosicchiando dal nervoso tutto quello che trova?”

Sta parlando di Mariàpi e delle sue crisi di fame: quando è triste è capace di fare fuori le scorte alimentari di una intera nazione! Andrea si imbroncia mentre le orecchie gli diventano rosso fuoco.

“Ehm…non saprei…”

“Lo so io” mi intrometto, impaziente “E’ ora che voi due vi chiariate qualche dubbio. O che vi uccidiate a vicenda, a vostra scelta.”

“Scommetto che non vuole parlarmi.” mormora Andrea, improvvisamente timido.

“Potresti almeno provarci.”

“Magari suo padre mi caccia a pedate…”

“Mamma e papà non ci sono” annuncia Camillo con voce neutra “E io fingerò di credere che andrai là solo per parlare.”

Andrea ci pensa su seriamente, poi gli occhi gli si illuminano come lampadine.

“Per cinque minuti” si affretta a rettificare Camillo  “Poi, chiamo la guardia nazionale.”

Andrea riflette ancora un nanosecondo, poi schizza via alla velocità della luce, non senza avermi fatto intravedere un sorriso ampio e scintillante come quello di un bambino, prima di sparire oltre la porta.

Ora, in cucina, siamo soli io e Camillo: abbracciati stretti, in silenzio, così felici che ho paura di muovermi per non rompere qualcosa.

“Che paura che ho avuto” sussurra Camillo con la sua guancia tiepida e confortante premuta sulla mia testa “Quando mi hai strillato che non mi volevi più nemmeno come amico, ho creduto di morire…”

“Taci” supplico velocemente “Se penso a come ho trattato Odette…avrà pensato che sono proprio una stronza.”

“Qualcosa del genere.” ammette Camillo sorridendo contro i miei capelli.

“Dovrò chiederle scusa.” mormoro accoccolandomi ancora di più tra le sue braccia.

“Sì” ammette Camillo “E dovrai anche far sparire il tuo reggiseno dal ceppo dei coltelli prima che arrivi tuo padre: non credo che resisterei fino alla menopausa per vederti uscire dal collegio svizzero.”

Mi scappa da ridere mentre un curioso calorino mi scende sulla pancia.

“Lo farò” dico arrendevole “Dopo, però. Adesso baciami.”

Camillo ubbidisce con zelo: l’ho sempre detto io che dai ragazzi diligenti c’è sempre da imparare…

*          *          *

La negletta coppetta di gelato, dimenticata sul lavello, assiste in silenzio al nostro bacio mentre si scioglie: indulgente, ci lascia fare, sapendo che per un po’ sarà sostituita come panacea universale da un certo paio di braccia avvolgenti che proprio non si decidono a lasciarmi andare.

 

 

 

 

FINE

 

Elfie, 30/05/2006

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE

E così…siamo giunti al termine a tempo di record!!  Volevo finire in questa settimana, poiché parto per stare via un po’ e non volevo lasciarvi in sospeso…(so che sareste sopravvissuti lo stesso, ma preferivo evitare anche solo il pensiero di un anatema, già sono sfigata di mio…).

Spero che questa storiella piccina picciò, che non aveva nessuna velleità se non quella di farvi sorridere per un po’, abbia ottenuto il suo scopo. Mando un bacio sentito e sincero a chiunque abbia letto questa storia e a chiunque abbia avuto la gentilezza di lasciare una parola all’autrice… Grazie, di cuore, a tutti quanti.

Un saluto, a presto!!

Elfie

 

 

Damynex: Eh…la storia di Andrea e Mariàpi è a parte. Sotto consiglio di Nisi bella ci sto lavorando…magari a breve avremo anche la versione dei fatti di quei due sciroccati!! Nel frattempo, mandami ben tuo fratello, a fungere da fonte di ispirazione…uaz uaz uaz!! Tranquilla, alla mia età non ci si fida più di nessuno, facoceri e non. Intanto, bacini e bacetti a te e al tuo ragguardevole fratello! CIAO!!

Romina: Oh, mia Diletta! Che peccatone per la recensione rigurgitata! Ma a me basta sapere che ci sei e che mi leggi e che mi pensi…(e che mi ramazzi la stanza…? No, eh? Ok, pretendevo un po’ troppo). Ma…il Jobbra (gingillo fatto a labbra di Johnny Depp) non te lo avevo già mandato? Devo inviartene uno nuovo? Non è che lo stai già spacciando in giro a mia insaputa?!? Attenta: ti tengo d’occhio!! Per la foto di Garrie, te la manderò…quando torno da Parigi. Mille e mille baci, mia diletta, a presto!! P.S.: Cuba la voglio visitare in blocco, compreso Varadero anche se so che la vera Isla Grande non è lì…però un bagnetto me lo fai fare lo stesso, veeeroooo?

Kira83: Sono felice che la coppia Andrea/Mariàpi non sia risultata impossibile…anzi! Ha riscosso un sacco di successo insperato! Spero che anche il finale della storia ti sia piaciuto…sob!! E’ già finito!. Un bacione, a presto!!

Nisi Corvonero: Mia dolcissima!! Volevo ringraziarti pubblicamente per avere funto da assaggiatrice ufficiale / beta reader di questa storiella. GRAZIE NISI BELLA!! Non credo che, senza il tuo incoraggiamento, avrei avuto il coraggio di pubblicare “tout de suit” . Comunque…accordiamoci per il figone anglosassone (posto che ne trovi uno abbastanza caliente) da dividere anche con la Reader, che è tanto carina e mi fa sempre i complimenti…grazie ancora di tutto, tesoro mio, ti devo davvero tanto. Sei fantastica!!

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