O.B.F. di L_Fy (/viewuser.php?uid=1957)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 : Gelosia pussa via... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 : Consigli materni ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 : L'agguato ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 : Nuovo look ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 : La partita di calcetto ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 : Tempus lacrimarum ***
Capitolo 1 *** PROLOGO ***
Johnny Depp è inginocchiato
ai miei piedi: ha in mano una rosa rossa a stelo lungo e sul viso lo sguardo
affranto del cucciolo di Labrador a cui hanno tolto il calzino che stava
mordicchiando.
“Anna, amore mio…ripensaci
ti prego.” sussurra muovendo quelle labbra imbronciate che andrebbero brevettate
e lanciate sul mercato come insostituibile gingillo
erotico.
“Spiacente Johnny” dico io
con voce algida e sottilmente dispiaciuta “Ma ormai il mio cuore appartiene a
Camillo.”
Accenno con la mano alle sue
spalle, dove Camillo, seduto su una pila traballante di libri, sta declamando a
squarciagola il canto dell’Inferno dantesco che parla di Farinata degli Uberti.
Johnny lo studia per un po’, poi rivolge su di me uno sguardo che parla da
solo.
“Andiamo, baby…stai
scherzando, vero?” mi blandisce con voce morbida “Quella pertica di saggina ha
letto tutto “I fratelli Karamazov” ed è ancora vivo…non puoi preferire lui a
me.”
“Tu non sei venuto sul mio
pianerottolo a baciarmi sotto gli occhi della vedova Gargiulo” ribatto io con
tono accusatorio “Lui sì.”
La faccia di Johnny sembra liquefarsi dal dolore:
all’improvviso, la sua pelle prende un colorito strano, a chiazze grigiastre, e
dalla bocca socchiusa esce con un “puff!” sommesso un mazzetto di fiori gialli.
Sconcertata, mi allungo verso di lui, convinta di strillare il suo nome, quando
apro la bocca e dico:
“Muuuu!!!”
*
*
*
Diamine, di già le sette. Il
mio braccio si muove da solo, colpendo con ben poca mira la mucca Frisona sul
mio comodino che funge da sveglia. La sua faccia allegra e il mazzetto di fiori
gialli che le escono dalla bocca mi fanno rendere nebulosamente conto che quello
da cui sono appena uscita era un sogno, dovuto all’esplosiva combinazione di
peperoni per cena, ormoni adolescenziali in libera uscita e interrogazione
imminente di italiano su Farinata degli Uberti. Apro gli occhi e mamma è già
davanti alla porta, in attesa di una mia ricaduta nel mondo dei sogni che le
consenta di scoperchiare le mie coperte con sadico zelo.
“Sono sveglia.” mento
ciondolando la testa come una bambola rotta e la palpebra destra ancora ben
incollata. Alle spalle dubbiose di mia madre transita fischiettando mio fratello
maggiore Andrea, che mi lancia uno sguardo distratto e all’improvviso sembra
affogarsi con la sua stessa lingua.
“Geeeeeesùùùù!!” strilla
direttamente nell’orecchio di mamma che fa un salto di lato sbattendo contro la
porta “Anna ha la faccia tutta verde! Presto, chiamate un
esorcista!”
Poi, dopo questa insulsa
esibizione di acido lattico nella corteccia cerebrale, si butta via dal ridere,
credendosi ovviamente molto simpatico e trendy.
“Ma quanto sei stronzo.”
sibilo quasi senza forze: è inutile, la sua è una deficienza congenita. L’unica
cosa sensata da fare sarebbe ignorarlo.
“Ti vedesse Camillo”
ridacchia Andrea, beato come una statua di Sant’Antonio “Uno di questi giorni
prendo la Polaroid e ti immortalo con quella
faccia da talpa in letargo che ti ritrovi…”
Devo ignorarlo, mi dico
pensando con forza al mio giardino Zen mentale: devo ignorarlo, devo
ignorarlo….
“Fortuna che in faccia non
ti guarda nessuno: gli occhi di tutti si fermano lì, sulle
….”
“Adesso basta!” ruggisco
schizzando in piedi, furibonda.
Andrea ricomincia a
fischiare e se ne va in bagno, lasciandomi in fumante iperventilazione davanti a
mia madre e ai brandelli carbonizzati del mio giardino
Zen.
“Sai, dovresti fare qualcosa
per quei nervi.” mi dice mamma con voce da chioccia.
Ok, con questa me ne vado a
far colazione senza nemmeno risponderle. Alessio ed Alice, i miei due fratelli
minori, stanno miracolosamente parlando senza scannarsi (evidentemente mamma li
ha narcotizzati prima di lasciarli soli). Stanno parlando di animali,
ovviamente: mia sorella Alice deve aver subito un innesto di WWF alla nascita,
non sa parlare d’altro che di fauna. Alessio invece è stato probabilmente
clonato da un videogioco: è sempre talmente attaccato al suo game boy che ormai
quell’aggeggio è diventato un prolungamento di sé.
“Ti dico che l’animale sacro
degli egiziani non era il gatto, ma il toro” sta cinguettando Alice con aria
saccente “Diglielo anche tu, Anna.”
“L’animale sacro degli
egiziani?” faccio io iniziando immediatamente a ruminare i biscotti al cacao
sparsi sul tavolo “Non era la pantegana?”
Alice mi lancia uno sguardo
di sufficienza, poi decide di ignorarmi: che sia impegnata anche lei a zappare
il suo giardino Zen mentale? Papà arriva come al solito trafelato e mezzo
svestito.
“Ciaobimbiciaoannafateibravicivediamostaseraciao”
gorgoglia riuscendo contemporaneamente ad afferrare la sua ventiquattrore,
ingozzarsi di plum cake, allacciarsi la giacca, aprire la porta e sparire come
in un numero di magia. Quando Andrea si decide ad uscire dal bagno (lasciandolo
olezzante di Gled Magic Water, il
che la dice lunga su quale sia stata la sua ultima attività), mi sbrigo a
chiudermici dentro per poi fiondarmi davanti allo specchio, per riprendere al
più presto il contatto con me stessa interrotto la sera prima. Ecco, sono sempre
io. Né brutta né bella, né alta né bassa, né grassa né magra (tettone escluse)…
insomma, potrei essere un inno alla mediocrità. O, almeno, potevo esserlo fino a
tre settimane fa. Adesso non mi sento più così mediocre. Perché sono innamorata
e quando uno è innamorato vede bello tutto (tettone e fratelli esclusi), persino
se stesso. Il mio sguardo è lucido e vivido, le mie labbra sembrano sempre
sorridere e la pelle è più luminosa, come se avessi una lampadina interna che mi
fa risplendere. Chi l’avrebbe detto che un essere all’apparenza insignificante e
poco attraente come il mio Camillo potesse scatenare una tale metamorfosi?
Nessuno, io per prima. L’innamoramento per Camillo è stata un po’ uno sgambetto
a tradimento del destino, improvviso quanto imprevedibile. Camillo è il migliore
amico di mio fratello Andrea ed è anche il fratello della mia migliore amica
Mariàpi. Ha sempre fatto parte della mia vita da che mi ricordi, a sette anni ho
addirittura perso un dente inciampando su quei trampoli che ha per gambe! Però
fino a poco tempo fa consideravo a malapena la sua presenza, anche se ammetto di
aver sempre amato la sua calma olimpionica e quel pizzico di irrealtà che
accompagna sempre il suo sguardo. E’ bastato un bacio dato “a scopo didattico”
per risvegliare qualcosa dentro di me che sembrava addormentato e vergognoso di
venire alla luce. Da quel bacio in poi non faccio che pensare a Camillo,
vedendolo come avvolto da un’aura di luce: vedo i suoi ricciolini biondi da
putto preraffaellita e penso solo a quanto siano morbidi e piacevole da toccare,
vedo le sua braccia ossute e penso solo a quanto siano calde ed avvolgenti
quando mi abbracciano…in realtà, per essere completamente sincera, vedo lui e
vorrei solo che mi legasse ad un letto e che mi facesse un sacco di cose zozze,
ecco. Che roba! Arrossisco anche solo ad ammetterlo con me stessa. Sono pronta
per l’internamento coatto, lo so, ma d’altronde tutte le adolescenti innamorate
sono degli scombussolati ammassi di ormoni ambulanti, no? Il fatto è che i miei
di ormoni si sono scombussolati un po’ troppo. Voglio dire, a sedici anni è
normale avere delle sane pulsioni sessuali: le mie però sembrano essere un bel
po’ più convincenti di quelle che smuovono il resto del genere umano, Camillo
compreso. Senza contare un sentimento che credevo non facesse minimamente parte
del mio patrimonio genetico e che invece mi trovo appeso al cuore con i denti
che morde come un castoro col morbo della mucca pazza. Sto parlando della
gelosia, che il diavolo la fulmini! Credevo che il fatto di essere più omologata
di Camillo agli standard di bellezza attuali mi avesse immunizzato da questa
deprimente malattia, e invece mi ha beccato peggio dell’influenza asiatica.
Davanti allo specchio, con la faccia di nuovo corrucciata, finalmente lo
ammetto. Sono gelosa. Sono così verde di gelosia che Andrea probabilmente ha
ragione, dovrei chiamare un esorcista. Però, analizzando i fatti con calma ed
imparzialità, devo convenire che qualche ragione ce l’ho anche io…
“Annaaaaa!! Se non esci
subito dal bagno lancio una bomba a mano nel tuo armadio,
capito?!?”
Ok, discorso rimandato causa
soave sollecitazione della mia cara mammina, affettuosamente denominata
Mammetor.
Già, la mamma: a sedici anni
sono ancora in tempo per chiamare il telefono azzurro?
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 : Gelosia pussa via... ***
Sono le
dieci di martedì sera ed io sono già a letto. Logico: martedì e giovedì sono
serate da coppiette, quindi in giro c’è un mortorio peggio che in Patagonia.
Questa storia del martedì e giovedì per coppiette, però, me la devono spiegare:
Camillo non si è mai fatto vedere nemmeno di striscio in quei giorni, vorrà farmi
capire qualcosa che ha a che fare con “la coppia aperta” o sarà davvero così
preso dallo studio? Fino a qualche tempo fa avrei messo la mano sul fuoco sul
fattore studio, ma adesso…non lo so più. Non è che non mi fidi più di Camillo: è
che, analizzando per bene i fatti, tutto mi porta a pensare che lui stia
cercando di scaricarmi…Esaminiamo le prove a sostegno della mia tesi:
Primo punto: è storicamente
e scientificamente provato che gli ormoni maschili sono molto più svegli di
quelli femminili: è il maschio che fa la prima mossa e la femmina si schermisce con dei finti
“no!no!” che in realtà vogliono dire “sì! sì! E muoviti, perdio!” i quali, in
teoria, dovrebbero far ingorillire ancora di più il maschio. Tra me e Camillo,
le uniche due volte che siamo rimasti sufficientemente soli per poter pensare a
qualche serio sviluppo della situazione, è successo esattamente il contrario.
Camillo non si è mai spinto più in là di qualche bacio quando io bruciavo dalla
voglia di toccarlo ed essere toccata…e quando, timidamente, gli ho sfiorato la
cintura dei jeans, lui è zompato giù dal divano rischiando l’uscita di un’ernia
lombare, balbettando che mi portava troppo rispetto per “correre troppo avanti”
e per “costringermi a fare qualcosa che non volevo”….testuali parole. Lo
ammetto, sono rimasta annichilita dalla sorpresa e dall’imbarazzo. Cioè, non
dovevo essere io quella che diceva “non dobbiamo correre troppo”? Questo gioco
d’anticipo di Camillo mi ha lasciata basita. E sospettosa: non è normale per un
maschio comportarsi così. Certo, nemmeno per una femmina è normale non vedere
l’ora di essere concupita in tutte le maniere possibili, ma insomma…non è
proprio possibile fare una sorta di media matematica degli ormoni e vivere una
normalissima storia d’amore adolescenziale come Dio comanda? Evidentemente no.
Comunque, passiamo al
Secondo punto: quando due
persone si piacciono, è ovvio che cerchino di passare più tempo possibile
insieme. Io e Camillo ci vediamo praticamente tutti i giorni da sempre: siamo
vicini di casa, i nostri migliori amici sono i rispettivi fratello e sorella…
noi due siamo cresciuti legati a doppio filo. Eppure, da quando ci siamo messi
insieme, io e Camillo ci vediamo sempre meno. Quando io vado in casa sua, lui
non c’è: quando lui viene in casa mia, sembra sempre che ci sia qualche
familiare che deve per forza parcheggiarsi sul mio piloro. Andrea, Alice,
Alessio e persino Mariàpi gironzolano per casa entrando e uscendo dalle stanze
come se ci fossero le tende invece che le porte, permettendo a me ed a Camillo
la stessa intimità che avremmo in piazza di Spagna nell’ora di punta.
Oltretutto, Camillo non sembra assolutamente interessato a rimanere solo con me.
Da qui, si ritorna all’ovvia conclusione del punto primo.
Terzo, ultimo e fondamentale
punto in questione: la francese. E qui si apre un capitolo a parte.
*
*
*
Mai come in questo periodo
ho odiato i nostri cugini d’oltralpe: nei miei sogni ho accarezzato più volte
con voluttà l’idea dello sterminio di massa. La francese, tale Odette Lefeburne
(già il nome suggerisce l’idea di una perfetta zoccola, questo dovete passarmela
per buona) è una tizia piombata alla scuola superiore che frequentano Andrea e
Camillo in questo loro ultimo anno scolastico, con la giustificazione apparente
di voler migliorare il suo italiano ma con l’intento subdolo e malcelato di
rovinare la vita a me, Anna Tonelli, normalissima sedicenne italiana. Questa
Odette, battezzata Ochette dalla solita Mariàpi, vero segugio nel cogliere al
volo l’aspetto nevralgico della situazione, potrebbe anche passare per ragazza
simpatica e attraente, in condizioni normali: è piuttosto belloccia con quei
capelli biondi e gli occhi verdi, snella e sorridente, sempre pronta a
sciorinare quel suo snervante accento moscio in qualsiasi discorso. La
combriccola di amici di Andrea e Camillo, ovviamente, le sbava dietro come una
muta di cani da caccia all’inseguimento di un fagiano, cosa che fa venire il
voltastomaco e che fa rimpiangere di avere la stessa nazionalità di quegli
invertebrati sessodipendenti. Lei però tratta tutti con quella maliziosa
alterigia tipicamente francese che fa venire voglia di prenderla a sberle in
venti lingue diverse: si permette di snobbare le avances di tutti compreso
Andrea, il quale, ferito nell’orgoglio di patrio galletto da riproduzione, ha
deciso di ignorare lo smacco e di buttarsi sulle italiche studentesse
universitarie, tra cui riscuote un insospettato successo. L’unica persona per la
quale Odette esprime sincero interesse è nientemeno che Camillo. Già, il povero
Camillo, il MIO Camillo. Confesso che dalla prima volta che ho sentito parlare
di Odette avrei dovuto mettermi in
allarme. Camillo, l’inesperto e timido Camillo, mi aveva proposto di insegnargli
a baciare proprio in vista di un possibile incontro ravvicinato con la francese.
In seguito agli sviluppi della situazione (io mi ero innamorata di Camillo
proprio durante la nostra sessione di prove su strada, tanto per intenderci)
avevo dimenticato completamente la sua esistenza fino a quando non me la sono
trovata davanti, un giorno che ero andata ad aspettare Camillo davanti alla sua
scuola. Ero appoggiata contro il muretto davanti al parcheggio delle bici e
stavo contemplando lo sciame di persone che usciva dal portone, quando vidi
Camillo avvicinarsi, ciondolante nella sua solita camminata desertica. Il mio
cuore si esibì nella sua solita sequenza di capriole ed avvitamenti (come riesca
quella figura dinoccolata e goffa abbinata a quel faccino angelico e stupefatto
a scatenarmi tutta una inconfessabile serie di pruriti erotici non riesco a spiegarmelo, ma è così che va ogni volta
che lo vedo). Comunque, ero lì tutta presa dalle mie personalissime vampate di
calore quando una figura color pastello veleggiò giù dalla scala, leggiadra come
una libellula, e piombò alle spalle di Camillo avviluppandolo in un abbraccio
fin troppo entusiastico. Naturalmente, quella figura pastello era la francese:
non mi aspettavo che fosse così carina, devo ammetterlo. Avevo in mente
l’immagine di una specie di baguette occhialuta dal naso all’insù, mica questo
pò pò di Tromp d’oeil. E non
m’aspettavo nemmeno che salutasse con tanto entusiasmo Camillo, il MIO Camillo:
se lo abbracciava tutto, ossicini a vista e boccoloni da cherubino compresi,
scatenandomi un improvviso attacco di bile come mai mi era successo in vita mia.
Rimasi basita sul posto con una specie di smorfia post ictus cerebrale a
deformarmi la faccia là dove prima c’era un amorevole sorriso estasiato mentre i
due si avvicinavano, mitragliandosi a vicenda con una sequela di vomitevoli
cantilene piene di “ù” e “je”. Quando mi arrivarono davanti, poco mancò che
saltassi in groppa alla biondina, pronta a strapparle gli incisivi uno per uno
con la sola forza del pensiero, ma Camillo mi posò un braccio sulle spalle e,
con un sorriso abbagliante d’orgoglio, mi presentò come la sua ragazza. La
francese mi radiografò per bene, sempre con quel sorriso furbetto sulla faccia,
indugiando trionfale sulle mie odiose ed ingombranti tettone (si vede che le
donne francesi sanno capire subito
qual è il punto debole delle avversarie e ci schiaffano immediatamente sopra
quei loro ributtanti occhietti alla Gerard Depardieu).
“Ma che piascere conosertì!”
aveva trillato poi sbaciucchiandomi sulle guance “Camilò parla sompre di te,
Anà: ero davver curiosà di vederti. Mon
Dieu, mais elle est très très jolie, mon cher!”
L’ultimo farfuglio era
rivolto a Camillo che sorrise a tutte gengive, gonfio come un
tacchino.
“Lo so. E’ bellissima,
vero?” disse poi raggiante ed io per poco non gli sputai in faccia dal nervoso:
odio quando parlano di me in terza persona, come se fossi un’epigrafe di marmo
invece che una persona capace di interagire verbalmente.
“Anna, lei è Odette, la
studentessa francese.” terminò poi Camillo ed io mi sforzai di sorridere; devo
ammettere che la cosa non mi riuscì molto bene.
“Heilà, vecchia, come
butta?” mormorai magnanima, ma Odette sembrò non capire: il suo sorriso si
raffreddò di un centinaio di gradi mentre sbatteva le ciglia,
oltraggiata.
“Vechia?” domandò compunta
“Sarais…vieille? E’ uno scherso?”
“E’ un modo di dire” si
affrettò a giustificarmi Camillo “Sai, slang giovanile…”
“Oh. Je
comprend.”
Mi guardarono tutti e due
come se fossi un reperto d’immondizia metropolitana e, per la vergogna, mi
ammutolii del tutto.
“Volio che tu sapia, Anà,
che Camilò è davero una person fantastic. Il meliore amico che ho trovato qui in
Italie. Sei una ragassà molto fortunatà.”
I suoi occhi verdi, intanto,
mi lanciavano un monito di ben altro genere: cocca, stai all’erta, dicevano,
perché sto giusto pensando di portartelo via, il tuo povero Camilò. Glielo
leggevo chiaramente nelle pupille, con tanto di accento francese e tutto il
resto. Parola mia.
Dopo,
se ne andò via, salutando con un gran sventolio di mani e tornando a baciare
Camillo sulle guance per quattro volte: ad ogni bacio sentivo schiumarmi in
bocca la bava e l’avrei probabilmente azzannata come un cane idrofobo se non
fosse saltellata via, ostentando quei maledetti capelli biondi come se fosserola
Tour Eiffel. Odiosa
gallina francese!
*
*
*
Insomma, da quel nostro
primo incontro, un tarlo in possesso di dentini acuminati e feroci mi mastica il
fegato giorno e notte. L’ho già ammesso e lo ribadisco di nuovo: sono gelosa.
Selvaggiamente gelosa, gelosa marcia, gelosa peggio di un siciliano con antenati
argentini. Ogni giorno che passa mi abbruttisco in pensieri di morte violenta,
ogni notte sogno con gioia di vedere il cervello dell’Ochette spalmato
sull’asfalto come foie gras su di un tramezzino.
Possibile che questa sia
davvero io? Io, l’Anna tanto dolce e sempre piena di buoni propositi? Non può
essere così: non deve essere così! Ma cosa posso fare?
Ho provato a parlarne con
Mariàpi, ma Camillo è suo fratello e lei ancora non riesce a coniugare il
binomio fratello sfigato/esperienze sessuali della sua migliore amica: la cosa
migliore che sia riuscita a consigliarmi è stata riempire lo zaino della
francese di esplosivo al plastico…
Eppure, qui urge un
consiglio spassionato, adulto e responsabile: escludendo Mariàpi, che non mi
sembra sufficientemente posata per propinare consigli spassionati, adulti e
responsabili, mi toccherà arrivare alla mia ultima
spiaggia.
Insomma, chiederò aiuto alla
mamma.
NOTE DELL'AUTRICE:
Non poteva mancare il mio personale angolo della posta per dire due parole a
:
ReaderNotViewer: Ma daiiii, cosa dici!! Ti avevo notata eccome tra i
recensori, eri stata l'unica ad apprezzare la mia versione di mamma (detta anche
Mammetor)...è solo che lì per lì non me lo sono ricordato. Come potrei non
considerarti? Tu sei così brava a scrivere che mi metti quasi soggezione...in
senso buono, non so se mi hai capito. Tu hai una sensibilità particolare nel
cogliere quello che scrivo, come il concetto di Famiglia, per esempio. Per
capire cosa vorrà mai dire OBF, dovremo aspettare Mariàpi ovviamente: e chi
sennò? Sbaciuzzissimi!!
Kira83 : Ebbene sì, un sequel!! Anna, Camillo e soci non ne volevano sapere
di finire nel dimenticatoio, e poi questa storia della gelosia mi ronzava in
testa da tanto...sono contenta di aver potuto scaricare su carta la mie
nevrosi!! Spero di risentirti presto, ciauz!
Nisi Corvonero: Ovviamente, come hai prospettato, il
sogno con Johnny Depp è ampiamente biografico, ma le similitudini si fermano
molto presto: Anna rinuncia a Jonny per Camillo, io rinuncio a mio marito, alla
casa, al alvoro ed alla mia stessa sanità mentale per Johnny. Oltretutto, se mi
si presentasse davanti con una rosa rossa in mano, manco avrei il tempo di
sentire la sua voce: starei già facendo il carpiato dal comodino, eh...A parte
questo!! Sai che ti adoro, vero? Bene. Non vorrei che te lo scordassi. Baci
bacick, mio tessssoro!!
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 : Consigli materni ***
Mia madre è quello che
normalmente viene definito “un soggetto interessante”. Avete presente quelle
belle mamme del Mulino Bianco, col grembiulino di cotone, il sorriso sulle
labbra e una fetta di torta sottomano sempre pronta all’occorrenza? Ecco, la mia
è esattamente l’opposto. Si veste come un residuato hippie degli anni 60, con
jeans a zampa di elefante, catene e catenine di ogni colore al collo e camicie
di tela indiana che sembrano appena uscite dal mercatino dei freak. Sarebbe
anche sopportabile all’occhio, se non avesse 10 chili di troppo per rendere
credibile quel look. Comunque, a parte il fattore estetico, gli hippies erano
persone solari e sempre avvolti da un’aura rarefatta di saggezza, tutti pace e
amore universale: mia madre, invece,
trasmette la
serenità di un carro armato cingolato ed usa una brutalità di linguaggio che
mortificherebbe uno scaricatore di porto calabrese. E’ implacabile, refrattaria
alle suppliche e le sue decisioni sono più inviolabili delle leggi custodite
nell’Arca dell’Alleanza. Possiede un senso dell’umorismo così corrosivo che
rasenta la ferocia e difficilmente da lei ci si può aspettare comprensione. Non
ha mai avuto un dubbio in vita sua e nel suo vocabolario manca completamente il
concetto di “forse”. Come posso pensare di ottenere un consiglio da una così?
Eppure, sono seduta qui sul tavolo della cucina, a dondolare una gamba mentre
lei prepara la cena con gesti essenziali e decisi da patologo legale. Il
cadavere nelle sue mani, un qualcosa di rosato e molliccio che in vita doveva
essere un coniglio, sta subendo la dissezione delle interiora quando finalmente
mi decido a parlare.
“Mamma…che faresti se papà
ti tradisse?” domando a bruciapelo e senza tanti
preamboli.
Mamma inarca un
sopracciglio.
“Esattamente questo.” dice agitandomi
davanti al naso le interiora del coniglio prima di buttarle nel secchio del
pattume con un secco “plop” definitivo. Poi, tranquillamente, taglia in otto
pezzi la carcassa dell’animale con la sua adorata mannaia che sembrerebbe
perfetta per un film di Dario Argento.
“Oh.” mormoro io, depressa:
il coniglio sta già rosolando sul fuoco in mezzo alla cipolla quando la mamma si
gira verso di me con gli occhi limpidi di un bambino in
fasce.
“Parla chiaro, Anna: sai che
papà abbia un’altra donna, nel qual caso abituati all’idea di diventare orfana,
o il problema riguarda la tua complicatissima sfera
affettiva?”
Posso rifilarle una risposta
che non mi comprometta troppo? Evidentemente no.
“Riguarda me e Camillo”
ringhio per risposta “Ho saputo che c’è una che gli sta
dietro.”
Mamma non fa una piega
(l’avrebbe fatta se le dicevo che papà aveva un’altra? Meglio non porsi certe
domande cosmiche): agita la padella con il coniglio e gli otto pezzi di carne si
girano da soli, perfettamente dorati in superficie.
“Hai saputo” commenta mamma,
cogitabonda “Da chi l’hai saputo? Dal cugino dello zio del trisavolo del
giornalaio del vicino di casa di Camillo o da lui stesso?”
“Da Mariàpi” rispondo io, ed
è come dire dal cugino dello zio del trisavolo del giornalaio del vicino di casa
di Camillo: mamma e Mariàpi non si sono mai piaciute un
granché.
“E’ una ragazza francese.”
aggiungo subito dopo per distrarre la mamma dal pensiero della mia amica “Fa
tutta la smorfiosa, gli telefona sempre e lo bacia sulle guance tutte le volte
che lo incrocia per i corridoi a
scuola. Quattro baci alla volta, vorrei precisare.”
“Ma i francesi non si davano
tre baci alla volta?” domanda la mamma placidamente mentre distribuisce un trito
di capperi sul coniglio.
“Tre, dieci…che importanza
ha? La questione non è il numero di baci” mi spazientisco io “La questione è che
quella spocchiosa Ville Lumière mi vuole portare via
Camillo!”
Mamma fa spallucce mentre
versa un bicchiere di vino bianco nella padella.
“E se così fosse?” domanda
con una calma olimpionica “Non avrai mica pensato che solo perché piace a te
Camillo sia diventato indesiderabile per tutto il resto del genere femminile,
vero?”
Io boccheggio, senza parole:
bè, effettivamente…
“Scommetto che non ti è
nemmeno passato per l’anticamera del cervello che Camillo potesse piacere a
qualcun’altra” sorride la mamma col suo solito sadismo “Sei così fiera di te per
essere scesa dall’Olimpo a graziare il povero Camillo con la tua
attenzione…”
“Ma…non è affatto così!”
strepito io arrossendo.
“Certo che è così” dice la
mamma salando imperterrita la carne “Voi adolescenti sopravvalutate troppo il
fattore estetico, quindi snobbate Camillo perché non corrisponde ai vostri
deprimenti standard fatti di piercing, acconciature ingellate e jeans firmati.
Ma per fortuna al mondo c’è ancora qualcuno che ragiona con la propria testa e
non con quella del villaggio globale e che può trovare interessante Camillo per
quello che è: una persona deliziosa, sotto tutti i punti di
vista.”
Io sono rimasta seduta sul
tavolo, ammutolita: prima di tutto perché mia madre ha trovato subito la piaga
che mi rode e ci ha ficcato immediatamente dentro il dito (cosparso di sale e di
capperi, quindi brucia come l’inferno); secondo perché non avrei mai immaginato
che lei potesse arrivare a definire una persona “deliziosa”. Meno che meno
Camillo: credevo che a malapena si fosse accorta della sua
esistenza!
“Allora, cosa dovrei fare?”
annaspo alla fine, vinta dai miei stessi dubbi.
La mamma mi lancia uno
sguardo sorpreso: è dall’età di sette anni che non le chiedo un consiglio,
immagino che stia assaporando il momento catartico. Alla fine, abbandona la
padella per correre ad abbracciarmi stretta, cosa che mi lascia leggermente
sconvolta e senza fiato (gli abbracci di mamma stritolano peggio di quelli di
King Kong).
“Tesoro, tu lo sai già cosa
dovresti fare” mi dice con la guancia appoggiata alla mia testa “Sei una persona
capace di prendere le proprie decisioni in piena autonomia…però sono molto
contenta che tu mi abbia chiesto consiglio.”
Mi molla di colpo per
tornare al suo coniglio, lasciandomi più piena di dubbi di quando ho iniziato il
discorso.
“Quindi…non hai nient’altro
da dirmi?” piagnucolo io, indifesa.
Mamma mi lancia uno di
quegli sguardi saputi che anticipano sempre una delle sue classiche perle di
saggezza (frasi sibilline di cui nessuno capisce mai
l’utilità).
“Dio fa le pentole ma non i
coperchi.” dice infatti con voce ispirata: io, naturalmente, mi incasino ancora di
più.
“E le padelle antiaderenti
chi le fa?” chiedo imbronciata senza nemmeno guardarla in
faccia.
La rumorosa entrata dei
gemelli in cucina, richiamati dal profumo del coniglio soffritto, le evita una
risposta che, sono convinta, non sa nemmeno lei.
*
*
*
“Tu ti fai troppe seghe
mentali.” afferma con assoluta convinzione Mariàpi, abbandonata sul mio letto in
una voluttuosa posizione da odalisca. Alla fine, ho dovuto farlo: ormai alla
disperazione, sono stata costretta a sciorinare tutti i miei problemi a Mariàpi,
sorvolando sulle sue idiosincrasie fraterne al pensiero di me e Camillo in
azione con normalissimi approcci amorosi. Dopo avere ascoltato il mio sfogo
abbastanza sconclusionato con l’espressione gioconda di una terapeuta alle prese
con la schizofrenica di turno, Mariàpi si è leggermente alterata quando le ho
confessato i miei scompensi ormonali per Camillo, ma è riuscita a non vomitare
sul parquet e ad analizzare la situazione con il distacco accademico di uno
studioso dell’argomento “adolescenti in crisi esistenziale: come, quando e,
soprattutto, perché”. Alla fine di tanto lavoro neuronico, se n’è uscita con
quella perla di saggezza, che poteva benissimo propinarmi quel celenterato di
mio fratello Andrea: “tu ti fai troppe seghe mentali”.
Sono un po’ demoralizzata e
anche offesa, a dire il vero!
“Io non mi faccio affatto
troppe seghe” esclamo con forza “Io sono…gelosa marcia!!”
“Bè, questo era evidente”
sorride Mariàpi, indulgente “E’ anche ovvio che tutta questa agitazione è
assolutamente sprecata per Camillo.”
Io, che passeggio avanti e
indietro per la mia stanza con l’aria di un leone in gabbia, mi fermo a guardare
la sua placida faccia provando con tutto il cuore a credere che abbia
ragione.
“Tu non sei obbiettiva”
sospiro alla fine, riprendendo il mio pellegrinaggio verso la porta e ritorno
“Camillo è tuo fratello ed è noto a tutti che la stima fra fratelli adolescenti
rasenta lo zero assoluto. Nemmeno io sarei obbiettiva nei confronti di Andrea:
ancora adesso mi viene il vomito quando vedo qualche ragazza che gli fa gli
occhi dolci invece di dargli fuoco come si meriterebbe…”
“Però, in tutta sincerità,
come descriveresti Andrea?” domanda Mariàpi, con gli occhi insolitamente
calcolatori.
Ci penso un po’ su, cercando
di liberare la mente dai pregiudizi fraterni e di esprimere un’opinione
ponderata e matura.
“Andrea è uno stronzo.”
rispondo alla fine, con assoluta certezza. Mariàpi sbuffa,
irritata.
“Anna, sii seria.” brontola
molto severamente, ed io ci riprovo.
“Andrea è…piuttosto
belloccio” ammetto così di malavoglia che le parole mi grattano la gola “E,
quando vuole, sa anche far ridere. Gioca benissimo a basket, balla discretamente
e quando non è impegnato ad ammirarsi allo specchio o a tramortirsi di olio
canforato da cospargere sui suoi preziosissimi muscoli, riesce anche ad
esprimere una opinione su un argomento usando più di tre parole. Purché
l’argomento non richieda l’uso completo della corteccia cerebrale, ovviamente.”
“Visto?” sospira Mariàpi
pazientemente “Il fatto che Andrea abbia successo con le ragazze non ti uccide
dalla sorpresa: per quanto tu sia prevenuta, riesci a capire che, pubblicamente,
tuo fratello possa risultare una persona piacevole da guardare. Obbiettivamente,
io, come te, so benissimo riconoscere uno sfigato quando lo vedo e, per quanto
ci unisca lo stesso patrimonio genetico, vedo con assoluta chiarezza che mio
fratello è uno di loro. Un completo, avvilente, incurabile
sfigato.”
“Questo non impedisce alla
francese di provarci con lui.”ringhio io, di nuovo così verde di gelosia da
sembrare una zucchina matura.
“No” ammette Mariàpi con un
sorriso “Ma di sicuro è un ottimo deterrente per il resto del genere
umano.”
“Ho bisogno di un consiglio”
mormoro io, arrovellandomi le mani “Devo fare qualcosa per sbloccare la
situazione, oppure do fuori di matto!”
“Perché, fino ad ora ti sei
comportata come una sana di mente, secondo te?” sospira Mariàpi, mettendosi a
sedere.
“Non lo so” bercio io,
imbronciata “Tu sei la mia migliore amica, è compito tuo darmi un consiglio.
Sono anni che ti mantengo e che tu vivi da parassita in casa mia: è arrivato il
momento di saldare il conto. Vedi di trovare una soluzione alla svelta, sennò ti
licenzio!”
Mariàpi mi lancia uno di
quei suoi snervanti sguardi col sopracciglio alzato che fa molto
snob/condiscendente.
“E va bene” sospira dopo una
lunga riflessione “Non ti si sopporta più tanto sei diventata isterica e
nevrotica. E poi dicono che l’amore rende più sereni e malleabili…mah! Ok,
possiamo partire con la progettazione dell’OBF.”
“OBF?” mormoro io, spiazzata
“E che diavolo è?”
“Il nostro piano di
distruzione” ammette tranquillamente Mariàpi con un sorriso ispirato “Operazione
Boicottaggio Francese. Chiaro, no?”
Non dico subito quello che
penso: l’ultimo piano di Mariàpi, l’OPB (operazione primo bacio) che mi ha
portato ad essere la ragazza di Camillo, non ha girato affatto come doveva
girare, anche se, per qualche assurda e fortunata alchimia, alla fine è andato
tutto bene. Forse dovrei dirle che i suoi piani tendono ad avere la stabilità di
un isotopo dell’uranio?
“Mariàpi, forse…” comincio
io, ma lei si alza in piedi con fluida decisione e mi pianta in faccia i suoi
occhi da volpe tzigana.
“Camillo ha bisogno di
ricevere un forte shock” annuncia con sottile e sadica soddisfazione “Qualcosa
che gli faccia capire chi sei e che cosa vali! Certo, non sarà facile competere
con la francese: è così carina…ha due gambe da infarto e la pancia così piatta
che sembra un’asse da stiro e i capelli così biondi che…”
“Mariàpi, puoi smettere
gentilmente di calpestare la mia autostima? E’ già a brandelli anche senza che
infierisci così, grazie.” mormoro io, avvilita.
“Camillo è un maschio”
afferma Mariàpi con non troppa convinzione “Con i giusti stimoli
audio/video/olfattivi anche un
emerito sfigato come mio fratello si trasformerà in un essere umano e non potrà
fare a meno di saltarti addosso come un animale.”
“Oh… Prospettiva
interessante.” ammetto io, ansimando come una ciminiera al solo pensiero di
vedere Camillo in modalità animale “E come raggiungeremo lo scopo di trasformare
Camillo in un primate assetato di sesso? Gli mettiamo del testosterone
nell’inalatore per l’asma?”
“Un appuntamento per voi due
soli” risponde lei, ispirata “Un pomeriggio di studio con tutta la famiglia
Tonelli fuori dai piedi, solo per voi due... Non dovranno esserci dubbi in
proposito a quello che succederà. Dovrai impegnarti un po’ per avere una
immagine più….sexy.”
“Sexy?” chiedo io,
confusa.
“Si, sexy. Ammettiamolo, tu
sei carina ma con quella faccetta pulita, quelle scarpe da tennis, quegli
occhioni da cerbiatto… hai il sex-appeal di un’acquasantiera, lasciatelo dire.
Dobbiamo darti una ripulita dalla tua aria di bimba perbene. Sì, dobbiamo
trasformarti in un oggetto sessuale.”
“Oggetto sessuale.” cogito
io, dubbiosa “Certo. Io, un oggetto sessuale. Io, che inciampo al solo pensiero
di uno scalino e che ho la laurea ad honorem all’università delle figure di
merda…Certo, mi verrà benissimo trasformarmi in un oggetto sessuale!! Con il mio
attuale livello di autostima, avresti più successo con la trasformazione di
Madre Teresa di Calcutta.”
“Niente è impossibile a
questo mondo” declama lei serena, per nulla scossa dal mio accorato commento “Ci
vuole un piano d’assalto… ti aiuterò io, non ti
preoccupare!”
E che Dio ce la mandi buona,
prego io sottovoce…
NOTE DELL’AUTRICE:
La prossima settimana vado via
per un po’: vi dispiace se posto un
capitolino al giorno? Vorrei finire la storia prima della mia, ehm, dipartita.
Melisanna: Che piacere leggere
una recensione fresca e carina come la tua! Ovviamente, in questa storia ci sono
un sacco di riferimenti autobiografici, come per esempio le tettone…Ci si fa
l’abitudine, alla fine, ma che tristessa. Che ne dite di fondare un club?
Aspetto adesioni, a presto!!
Londonlilyt: Far rotolare per
terra la gente era esattamente la mia intenzione!! Pubblicherò al più presto
anche il nuovo cap di The Runners: vorrei evitare la lapidazione, visto che
ormai siamo alla fine…Ti mando un abbraccio stritoloso, SMACK!!
Nisi Corvonero: Per Johnny Depp
rinuncio alla mia sanità mentale, ai miei soldi (tanto non ne ho, ma che bel
gesto!), alla mia casa (e qui, un po’ mi duole…ma tanto fino al 2020 non è mia
ma della banca che mi ha fatto il mutuo…), al marito (anche senza Johnny di
mezzo), al cibo (mangio lui), alle mutande ecc ecc ecc. Johnny, alla fine che te
ne fai di una che non ha più niente?!? Comunque: sto lavorando all’idea che mi
hai dato e sta venendo fuori qualcosa di carino!! Poi, ti farò leggere in
anteprima…Sbaciozzi!!
Kika2: Ciao, ma che bello
risentirti!! Non era mia intenzione fare un sequel, ma i personaggi di OPB
continuavano a ronzarmi in testa e ho “dovuto” rispolverarli! Avevano ancora
qualcosa da dire e, spero, volevano divertire i lettori ancora un po’. Spero di
risentirti, e comunque grazie di essere passata di qua a lasciarmi un
commentino. Adorabile, come sempre!!
ReaderNotViewer: Allora, che te
ne pare del mio Mammetor? E’ un incrocio fra mia madre (che di nome fa Pupa, ma
non fatevi ingannare: è una vera leonessa!) e me stessa medesima. Io la adoro…
Grazie per i complimenti che mi hai fatto, mi sono letteralmente elettrizzata
quando ho letto la tua nota sui miei “francesismi”…Grazie, davvero!! Infine, una
preguntina: chi caspita è Gasparone…?
Damynex: Ma ciao!! Purtroppo, non
avendo fratelli maggiori a cui fare riferimento, darò per buona la tua
affermazione che i fratelli maggiori sono tutti uguali! Mal tuo è anche bonazzo
come Andrea? No, perché mi piacerebbe conoscerlo, così fosse… Odette,
ovviamente, DEVE stare antipatica. Oltre che bella da far schifo, è pure
francese, quindi la quintessenza dell’antipatia. Fleur Delacour docet, giusto?…
Bacini e baciozzi!!
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 : L'agguato ***
Ecco, è tutto pronto: OBF al
calcio d’inizio, in quel di casa Tonelli: papà e mamma sono al lavoro, Andrea è
strategicamente trattenuto da Mariàpi e Rodrigo in gelateria, i gemelli sono o a
casa di amici o in viaggio verso il Tibet, a seconda di come Mariàpi sia
riuscita ad organizzare le cose... la casa è vuota, tutta per me. Sul tavolo in
salotto ci sono un paio di bottiglie di bibite analcoliche e una ciotola di
frutta: Mariàpi mi ha violentemente bocciato i salatini, dicendo che è assurdo
pensare di baciare sul serio qualcuno con la bocca impastata di pizzette alle
acciughe. Ripensandoci, non ha tutti i torti, quindi ben venga il veto sulle
pizzette. Davanti allo specchio, in bagno, mi guardo con occhio critico in cerca
di un qualche difetto, di qualche imperfezione che potrebbe mandare all’aria il
piano, ma non ne trovo: ho passato ore e ore a curare il mio corpo, nemmeno
fosse la Cappella Sitina in
previsione del Conclave! Partendo dai piedi per arrivare ai capelli, niente è
stato trascurato: depilazione, pedicure e manicure, peeling, scrubbing, bagni di
fieno della Val Pusteria, impacchi con alghe Guam del mar Morto, abluzioni con
acqua di Lourdes… stavolta mi sento davvero perfetta!! Infatti, i capelli sono
lucidi e profumati, il viso è sormontato da una impalcatura di trucco
che-c’è-ma-non-si-vede che ha richiesto ore di studio e di applicazione, la
camicia di cotone bianco è sapientemente slacciata per fare in modo che si
intuisca in alto l’ombra dell’attaccatura dei seni (costretti in un push up di
Roberto Cavalli che mi è costato tanto quanto uno scooter) e in basso che si
intraveda l’ombelico, scoperto dai morbidi pantaloni di maglia dalla facilissima
svestizione (altra scoperta di Mariàpi: i jeans sono troppo brigosi da togliere,
rischierebbero di mortificare uno imbranato come Camillo che magari ci mette due
anni a slacciare il bottone…). Niente calzini di cotone e scarpe da ginnastica,
che potrebbero narcotizzare la vittima designata con una zaffata imprevista, ma
nemmeno calze a rete e giarrettiere: primo, Camillo si spaventerebbe di tanta
aggressività, secondo, sono certa che riuscirei a rendermi ridicola in cento
maniere, smagliandomi le calze e rimanendo agganciata al reggicalze come una
volpe nella tagliola proprio nel momento cruciale. Ai piedi, ho due morbidi
infradito di pelle, molto casual chic e facilissimi da togliere, al momento
giusto. La casa è pulita e silenziosa: la musica in sottofondo non è proprio
Barry White (troppo platealmente da “mettiamoci in branda”, secondo me), ma è
comunque rilassante ed eccitante insieme; due o tre bastoncini di incenso
piazzati strategicamente seguendo le normative del feng shui stanno bruciando
con sorniona lentezza; le persiane sono socchiuse quel tanto che basta per fare
penombra ma non perché non si veda dove si mettono i piedi. Perfetto, ecco la
parola giusta. Allora, perché diavolo Camillo non arriva?!? Sto già cominciando
a sudare dall’emozione, e la cosa non va affatto bene, perché poi mi si viene
l’ascella pezzata e il trucco comincia a colare e il c’è-ma-non-si-vede diventa
un c’era-e-si-vede…
Ad un tratto, il campanello suona
e io per poco non casco dal divano, su cui ero seduta con la rigidezza di una
colonna di granito. E’ arrivato!! Ora vado ad aprire.
*
*
*
“Ciao!”
“Ciao.”
Camillo entra nella tana del
leone, sorridente e tranquillo. Io, per poco non lo pianto in asso da solo
dentro casa mia, tanta è l’emozione che mi attanaglia le viscere. Invece, chiuso
la porta e mi dirigo con quella che spero sia tranquilla indolenza verso il
divano. Camillo, invece, si guarda intorno incuriosito.
“C’è nessuno?” chiede salottiero,
buttando i libri sul divano e cominciando a spazzolare con metodica cura tutto
quello che c’è da mangiare sul tavolino. Lui e il suo maledetto verme
solitario!
“No” rispondo io, benedicendo
Mariàpi e la sua cultura in fatto di salatini “Siamo soli, oggi.”
Lo dico con un chiaro intento
allusivo: e chi vuole capire, capisca, no? Bè, Camillo ovviamente non
capisce.
“Ma tornano, vero?” domanda,
quasi preoccupato.
Non so se smontarmi o
incavolarmi.
“Certo che tornano” ringhio io,
di malumore “Nel frattempo, posso chiamare la vedova Gargiulo a farci compagnia,
se proprio pensi di avere bisogno di una chaperon.”
Camillo fa una risatina
condiscendente e si viene finalmente a sedere di fianco a me: s’è portato dietro
un kiwi, una mela e un pompelmo, giusto perché ha appena fatto fuori la dose
giornaliera di frutta utile per sfamare un gorilla e non si sa mai che gli
rimanga un budellino vuoto.
“Cos’è questa puzza?” mi domanda
annusando l’aria “Avete dei problemi agli scarichi del bagno?”
Puzza… i miei bastoncini di
incenso?!? Di colpo sento che gli ultimi brandelli di buonumore scivolano via:
non avrei mai sospettato che Camillo potesse essere così inconsapevolmente
crudele…e, perché no, così irrimediabilmente scemo. No, perché anche un bradipo
avrebbe già mangiato la foglia… Camillo, invece, ha mangiato e basta.
“Sono bastoncini di incenso” dico
piuttosto bruscamente “Aiutano a concentrarsi ed a rilassarsi.”
Camillo arriccia il naso,
vagamente disgustato, poi starnutisce.
“Per me fanno odore di stalla”
dice allegramente, soffiandosi il naso “Mi ricordano le mucche in campagna da
zio Nando.”
Ripenso ai dodici euro sprecati
per l’acquisto degli incensi che, secondo l’etichetta, dovevano “rilassare e far
entrare in contatto con il proprio io più profondo per percepire gli impulsi del
nostro karma cosmico”. Non ho nessuna intenzione di accomunare il mio io più
profondo con le mucche dello zio Nando, quindi mi alzo e vado a spegnere i
mozziconi di incenso rimasti, buttandoli con rabbia dentro il water e tirando
l’acqua. Torno in salotto dove Camillo ha già ripescato i libri e sta
fischiettando con tranquillità.
“Non c’è un po’ troppo buio qui
dentro?” mi dice sorridendomi in maniera disarmante “Non riusciremo a studiare,
se non apri un po’ le persiane.”
Io mi siedo di nuovo sul divano,
avvilita ed ormai prossima ad arrabbiarmi sul serio.
“Sono bloccate” dico, mentendo
così platealmente che ho quasi l’impressione di vedermi crescere il naso come
Pinocchio “I perni sono arrugginiti o congelati o liquefatti, non ricordo bene.
Comunque, avvicinati, così possiamo leggere insieme.”
Camillo, obbediente, si avvicina
e io metto in pratica la famosa tecnica del “qui casca l’asino” che Mariàpi mi
ha diligentemente insegnato per settimane: busto leggermente inclinato in
avanti, petto in fuori, mento alto, profilo di tre quarti….se Camillo è un
maschio, il suo occhio cadrà proprio lì, calamitato dalla scollatura dentro cui
ha versato un intera boccia di Eau de Dior che lo tramortirà di effluvi
eccitanti… lui sarà travolto da un fiume di passione e finalmente capirà che
quei maledetti libri li può anche buttare nel cesso, a far compagnia agli
incensi di zio Nando… Ancora un secondo…Bè? Niente?
Niente. Nessuna reazione da parte
di Camillo, al mio fianco. Con la coda dell’occhio guardo cosa sta facendo e
incontro il suo sguardo azzurro e limpido (il quale non è affatto sprofondato
nella scollatura come previsto).
“Ti fa male la schiena?” domanda
Camillo guardandomi con la dolce premura di una crocerossina “Sei così
rigida…”
Dopo qualche attimo di lenta
metabolizzazione, cedo in un sospiro accorato. Niente da fare: evidentemente
Camillo proprio non ci sente da quell’orecchio. Quasi sull’orlo delle lacrime,
gli giro le spalle: immediatamente sento le sue mani grandi e leggere che mi si
posano sulla schiena, delicate come soffi di vento.
“Deve farti male davvero per
cucirti la bocca così” dice con condiscendenza “Dai, che ti faccio un
massaggio.”
Un massaggio! Potrebbe anche…ma
no, figurarsi. Camillo ha già iniziato ad impastarmi le spalle con lo zelo
accademico di un fisioterapista gay. Mi tocca la schiena come se stesse toccando
un quarto di bue, quello stupidissimo trampoliere!
“Non ce n’è bisogno” ringhio io,
incattivita “Non è della mia schiena che dovresti preoccuparti.”
“Voglia di studiare, saltami
addosso, eh?” ridacchia Camillo, gioviale. E’ anni luce lontano da qualsiasi
pensiero anche solo vagamente erotico nei miei confronti, glielo si legge negli
occhi. A me viene voglia di strozzarlo.
“Non tutti hanno la tua passione
sfrenata per lo studio.” ribatto stizzita, fingendo di non accorgermi che,
nonostante l’assoluta mancanza di sensualità nei gesti di Camillo, il mio
battito cardiaco si è alzato, per non parlare del livello di ormoni nel sangue e
del ritmo del respiro.
“Se non hai voglia di studiare,
possiamo anche non farlo.” risponde Camillo, ignaro di essere la causa della mia
improvvisa iperventilazione.
Cavolo. Che faccio? Devo essere
più esplicita? Metodi subdoli per fargli capire cosa voglio da lui, non ne
conosco più… Prendo una decisione su due piedi: mi giro verso di lui con lo
sguardo determinato e le guance rosse dall’imbarazzo. Ormai non mi resta che
sbattergliela in faccia, sperando che non lo prenda come un incoraggiamento ad
intraprendere la carriera di ginecologo…
“Sì” dico con voce bassa e decisa
“Non ho voglia di studiare, oggi. Voglio passare del tempo con te. Noi due
soli.”
“Ok” risponde Camillo,
guardandomi negli occhi leggermente sorpreso “Noi due soli, certo. Che ne dici
di una partita alla Play Station?”
Lo guardo con espressione
assente, leggermente attonita. Io dico…si può essere così maledettamente
stupidi?!?
“Oh, diavolo” dico, di colpo
fredda e glaciale come un iceberg “Mi sono ricordata adesso che dovevo andare in
centro con Mariàpi.”
“Oh” fa Camillo, nemmeno
sorpreso. Anzi, sembra quasi…sollevato?!? “Ci vediamo domani?”
Sento il cuore che mi si sta
spezzettando in tanti piccoli frammenti organici.
“Non so” rispondo con finta
indifferenza “Ci sentiamo.”
Il mio è un commiato così deciso
che persino Camillo lo capisce al volo: si alza in piedi, prende lo zaino coi
libri e mi ciondola davanti, perplesso. Magari starà pensando che con Odette
sarebbe stato più facile…
“Bè, allora…ciao.” dice, incerto.
Io nemmeno rispondo.
NOTE DELL’AUTRICE
Damynex: Tuo fratello mi risulta
parecchio interessante. E’ maggiorenne? Biondo, moro, magro, muscoloso..insomma,
che tipo è? Non che mi faccia molti problemi, eh: se è topo va bene anche coi
capelli azzurri. Mandami la sua scheda personale, devo meditarci su…
Kira83: Ebbene sì, un’altra
operazione messa in moto dalla fida Mariàpi…ovviamente, tutto ciò preannuncia
catastrofi naturali in arrivo, tipo uragani, smottamenti e piaga delle
locuste…ma no, dai, facciamo qualcosa di più contenuto!! Bacini baciozzi!!
Minako: Uelà!! E tu non sai a me
quanto fa piacere “sentire” di nuovo la tua presenza!! Come OPB, anche OBF sarà
corta corta. Un concentrato della Elfie/essenza, che Dio vi aiuti!! Spero solo
di non essere tossica…A presto, bacioni!!
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 : Nuovo look ***
“Non gli piaccio più”
singhiozzo col viso affondato nel cuscino “E’ così! Adesso gli piace la
fr-fr-francese!”
Mariàpi, seduta sul bordo
del letto, fa un sospiro esasperato: sono passati tre giorni e ancora sono qui a
piangermi addosso in puro stile sceneggiata napoletana: ormai la sua pazienza ha
raggiunto il limite.
“Anna, sei sicura di averle
tentate proprio tutte…?” domanda con dolcezza.
Io mi decido a schiodare la
faccia dal cuscino e la guardo con ferocia.
“Sono sicura!” strillo con
voce isterica “Anche un cadavere putrefatto avrebbe intuito le mie intenzioni!
Evidentemente stare da solo con me è più complicato della fisica quantistica,
perché quella invece Camillo la capisce bene. C’è mancato un pelo che non
iniziassi a ballare nuda intorno al divano, ma per fortuna non l’ho fatto. Ho
salvato almeno l’ultimo brandello di dignità, visto che comunque non sarebbe
servito a niente. Lui adesso pensa solo a lei.”
“Alla fisica quantistica?”
domanda Mariàpi, facendo dell’humor penoso.
“All’Ochette” rispondo io,
sputando il nome come se fosse vomito “c’è del tenero fra quei
due!”
“Io non credo che Camillo
sia in grado di pensare a due ragazze contemporaneamente” decreta Mariàpi,
decisa “Comunque, la mia opinione non è rilevante. Se è questo quello che pensi,
non dovresti gettare la spugna così: c’è l’OBF in ballo ed è necessario che
passiamo al piano B.”
La guardo, tirando ancora su
col naso.
“Abbiamo un piano B?”
domando incerta.
“Ovviamente” risponde lei,
col naso per aria “Per prima cosa, si va a fare shopping.”
Shopping? Ecco, lo sapevo:
la parola magica capace di sciogliere come neve al sole il mio galoppante
scetticismo…Mariàpi sa bene che sono una maniaca compulsiva dello shopping. Ai
saldi di primavera vado quasi in estasi mistica davanti ai cestoni di vestiti
“Tutto a 1 Euro”…
“Va bene.” dico velocemente,
prima che lei cambi idea.
“Ma” mi avverte, piazzandomi
un severo dito indice sotto il naso “Decido io cosa comprare e cosa farti
indossare.”
“Ehm…va bene.” ripeto io, un
pò meno convinta.
“Perfetto” decide Mariàpi con un sorriso
sadico “Metteremo alla prova il
nuovo oggetto sessuale che sta per nascere qui, in casa
Tonelli!”
*
*
*
“Mariàpi, ti prego” mormoro io con voce soffocata,
spalmata contro la porta del bagno “Non posso uscire conciata
così…”
“Sciocchezze” sbuffa lei al di là della porta “Stai una
favola.”
“Sì, quella che parla del mostro della laguna… ti prego,
Mariàpi!”
“Esci che ne
parliamo.”
“Non posso!” gemo io,
disperata.
“Che razza di patetica mezza
suora che sei!” grugnisce Mariàpi, esasperata “Sono solo vestiti. Esci di lì, ti
ho detto.”
Ci penso un po’: d’altronde,
non ho chiesto io il suo aiuto? Chi rompe paga e i cocci son suoi, no?
“E va bene” sospiro, quasi
sull’orlo delle lacrime “Ma se ti azzardi a ridere giuro che ti
strozzo.”
“Correrò il rischio.” sbuffa
Mariàpi, e io finalmente mi decido.
Esco dal bagno rasentando il
muro ma rimanendo aggrappata alla maniglia come a un’ancora di salvataggio. Lo
sguardo di Mariàpi mi scannerizza tutta per bene con l’implacabile attenzione
critica del creatore verso la sua creatura. L’analisi è attenta e accurata e
sembra quasi seria: poi, capisco che sta zitta perché le scappa da ridere e
allora mi arrabbio di colpo.
“Mariàpi, ti odio.” dico con
convinzione e Mariàpi si lascia sfuggire un sorrisetto
maligno.
“Guarda che stai bene.” dice
mordendosi l’interno delle guance per non ridere.
“Non dire stronzate. Perché
mi hai comprato questa roba? Adesso me la tolgo e gli diamo
fuoco.”
“Ma dai, non stai così
male…” abbozza lei, sempre più ridanciana.
“Non sto male!” strillo io,
inviperita “Ma guardami!! Sembro pronta per un raduno di Drag Queen! Questa non
è una gonna, è un biglietto da visita! E questi tacchi…se li vede
la Black &
Decker li brevetta come nuovo trapano senza filo! E tutto questo cerone in
faccia, dico io… sembro un panda! Il WWF mi salverà anche dall’estinzione, ma
non dalla figura di legno più colossale della mia vita! Faccio schifo e voglio
solo farmi una doccia, se solo mi…”
“Hei.”
All’improvviso, la testa di
Rodrigo sbuca dalla porta della cucina, ammutolendo me e Mariàpi flashate dalla
sorpresa. Una domanda fulminante mi attraversa la mente, gettandomi nel panico
più completo: che ci fa la testa di Rodrigo in casa mia?! Poi, un’altra domanda,
ancora più terribile: ci sarà mica anche il resto del suo corpo in cucina,
vero…?
Risposta ovvia e spaventosa:
c’è.
*
*
*
Io sono innamorata persa di
Camillo Castelletto, questo è assodato. Ma ammettiamolo: lui non è certo un
Adone. Agli occhi dei più, la sua figura alta ed allampanata è più simile
all’incrocio tra un bradipo ed un cammello che alle fattezze del Principe
Azzurro. Sempre agli occhi dei più, risulta chiaro ed evidente che il prototipo
di principesca ed azzurra bellezza maschile, con o senza cavallo bianco
coordinato, è Rodrigo Roversi. Sembrerà assurdo, ma poco tempo fa, prima della
mia illuminazione sulla via di Damasco, ho rischiato seriamente di ricevere il
mio primo bacio da lui. A considerarla adesso, mentre lo sguardo di Rodrigo mi
passa addosso, dall’alto in basso e di nuovo verso l’alto, con una significativa
sosta a livello pettorale, gli occhiali a specchio sollevati sulla fronte e un
sorriso così abbagliante che se lo vede la Mentadent lo scrittura su due piedi
per la pubblicità, questa idea non sembra poi così malvagia. Mariàpi, infatti,
mi lancia uno di quei suoi sguardi dubbiosi, della serie “Come diavolo hai fatto
a preferire il povero Camillo a Rodrigo non lo capirò mai”. Io sono ancora
immobile e con le giunture congelate, tipo statua di
peltro.
“Ciaaao, Rodrigo.” bela
Mariàpi, e dal tono della voce capisco che dentro di se sta schiattando dalle
risate e che se non schiatta anche fuori è solo perché mi vuole bene e
probabilmente adesso le faccio pena.
“Ciao” risponde lui,
leggermente basito “Ero venuto a prendere la borsa di Andrea: dobbiamo andare a
giocare a calcetto e l’ha dimenticata a casa. Mi ha fatto entrare Alice, spero
di non disturbare…”
Alice!!! Se torno a
sufficienza indietro nel tempo, pago a papà una vasectomia dopo la mia nascita.
Siccome non è possibile, devo convincere la sorella piccola a non far entrare
chicchessia in casa nostra, soprattutto mentre sto provando nuovi e imbarazzanti
look da meretrice di Babilonia.
“Capiti proprio a fagiolo!”
cinguetta Mariàpi, prendendomi in contropiede “Avevamo giusto bisogno di una
consulenza maschile esperta ed eccoti qua!”
“Davvero?” dice lui, allegro
“Le parole “consulenza” ed “esperta” mi hanno eccitato. Sono tutto vostro. Che
devo fare?”
Un migliaio di risposte
sconce passano nello sguardo di Mariàpi senza, fortunatamente, raggiungere la
verbalizzazione.
“Devi dirci cosa ne pensi
del nuovo look di Anna.” dice Mariàpi decisa.
Lo sguardo di Rodrigo si
posa su di me e io comincio ad arrossire e
a sudare come se fossi in una sauna a 800 gradi. Rodrigo fa un sorriso
ancora più scintillante e a me viene voglia di chiedergli in prestito gli
occhiali da sole per non rimanere abbagliata.
“Bè, come uomo trovo il tuo
abbigliamento molto…estroverso, direi.”
“Dici?” risponde
immediatamente Mariàpi, dubbiosa “Pensi che conciata così potrà riuscire a
risvegliare sessualmente il fidanzato dal suo perenne stato
vegetativo?”
Che
stronza!!
“Grazie, Mariàpi.” borbotto
io, offesa.
Rodrigo inarca le
sopracciglia, divertito.
“Parli di
Camillo?”
“Già” conferma Mariàpi,
salottiera “A quanto pare, non scalda a sufficienza il motore quando sono in
intimità.”
“Davvero?” domanda Rodrigo,
piuttosto sorpreso “Problemi di carburazione o motore in
panne?”
“Potreste evitare di parlare
di me e Camillo come se fossimo fermi ad un pit-stop, grazie?” mormoro io,
completamente demoralizzata.
“Camillo ha il motore di una
Due Cavalli.” garantisce Mariàpi, convinta “Ne ha anche la stabilità in corsa, a
ben pensarci.”.
“Vuoi scherzare?” fa
Rodrigo, piuttosto seriamente “Con una ragazza come Anna, anche un’Ape Car si
sentirebbe una Porche. Magari ha solo bisogno di una pulitina alle candele.”
“Ferrari e MacLaren
ringraziano sentitamente per la pubblicità occulta” balbetto io, senza avere il
coraggio di guardarlo in faccia e sentendo contemporaneamente le orecchie che
vanno in ebollizione “Direi che ora che abbiamo sfruttato fino in fondo la
metafora motoristica posso anche chiudermi in bagno e tuffarmi negli scarichi
dalla vergogna, grazie.”
“Fossi in te non sprecherei
tutto quel ben di Dio nelle fogne, stasera” sorride Rodrigo, accomodante
“Potresti venire a vederci giocare a calcetto: saresti la nostra arma segreta
per distrarre gli avversari, che dici?”
Ammicca verso di me,
sorridendo. Cavolo, quant’è bello. Se gli ormoni femminili potessero disegnare,
farebbero di sicuro il suo ritratto.
“E’ un’idea fantastica!”
cinguetta Mariàpi, esultante.
Io mi guardo intorno,
incerta: non avrò mai il coraggio di uscire conciata così, lo so.
“C’è un sacco di gente che
viene a fare il tifo tutte le volte che giochiamo” continua Rodrigo, suadente
“Ormai abbiamo una vera e propria curva sud a disposizione. Dovreste sentire
come strilla Odette quando qualcuno di noi subisce fallo…”
Di colpo, i miei sensi si
bloccano lì, su quel nome buttato lì per caso, odiato con tutto il cuore, temuto
peggio dell’influenza dei polli…Mariàpi si gira di scatto a guardarmi con gli
occhi sgranati.
“Chi?” domando avvicinandomi
bellicosa a Rodrigo, dimentica di avere
addosso meno di due grammi di stoffa.
“Odette” risponde lui,
sorpreso “Viene tutte le settimane a guardare la partita. Non te lo ha detto
Cam…?”
“Andiamo” lo interrompo io
bruscamente, marciando decisa verso la porta e bucando quasi il parquet con le
punte da trapano dei miei tacchi a spillo
“Facci strada. Non vedo l’ora di vedervi giocare.”
“OBF in arrivo!” ridacchia
Mariàpi e per fortuna Rodrigo non fa domande inutili e imbarazzanti a cui non
potei rispondere nemmeno volendo.
NOTE DELL’AUTRICE
ReaderNotViewer : Non me ne volere, ma per me è stato un
piacere se ti è andato di traverso il panino…lo interpreto come un segnale che
la mia storia provoca reazioni di vario genere e natura, cosa che va sempre bene
finché non ci va di mezzo la sala da bagno… Avevo immaginato che Gasparone fosse
qualcosa del genere, dal nome era improbabile che fosse il principe azzurro di
Biancaneve. Sono davvero lusingata della tua opinione su Mariàpi e Nadja, che
più che riflettere le mie amiche, con le loro rispostine al vetriolo, riflettono
me stessa. Quindi, indirettamente o no, mi prendo il complimento io!! Grazie!!
Infiniti bacioni, tua Elfie
Nisi Corvonero: Ti ringrazio
davvero tanto per la solidarietà femminile dimostratami: vero che
la Vanessa è
una sciaquetta fatta e finita? E secondo te, a chi diavolo assomiglia Odette?
Tornando a noi, nemmeno mia madre mi avrebbe mai detto qualcosa del genere, ma
la mamma di Anna è di ben altra pasta rispetto alle nostre…fosse solo per il
fatto che è più vicina alla nostra età di quanto lo sia Anna stessa (Sob!!).
Fortuna che abbiamo sempre la possibilità di rimanere incastrate in caso di
abbraccio: sono convinta che, nell’opportuno frangente, sia cosa buona e
giusta!! Baci baci, mio panzarotto alla mozzarella, a presto!!
Damynex: Ma no, dai ,
poverino…Camillo ha le sue ragioni per comportarsi così. Non sparategli addosso,
porello, e così…pucci!! Ma passiamo alle cose serie: tuo fratello! Sorvolando
sul fatto che, benché maggiorenne, è ancora troppo spaventosamente giovane per
me, rimaniamo sul platonico e dimmi: è un tipo romantico? Come si chiama? Che
sport segue? Quando si sparge i muscoli di olio canforato assomiglia più a Keanu
Reeves in Siddharta o a Stallone in Rocky 4…?
Kika2 : Camillo non ha un
problema ormonale, o almeno, non ce l’ha così “serio”…capirete tutto a suo tempo
(frase da leggersi con la posizione yoga del fenicottero). Grazie per i
complimenti, sei tu ad essere sempre carinissima con me, e questo è lo stimolo
più grosso che ci sia per uno scrittore (o presunto tale…).
Romina: Che peccato per il
recensionone, oh mia Diletta! Anche a me, da quando c’è il sito nuovo, è
successo parecchie volte di perdere i commenti, e anche i capitoli, a dire il
vero. Ma per me una tua parola, un gesto, una poesia…mi basta per venir via!
Felicità! E’ una canzone pazza che cantare mi fa! Lalalala…ok, quando arrivo a
Viola Valentino, sono proprio alla frutta. Ma comunque… non esiste età per
l’ormone impazzito, è proprio vero. Se penso alla ola che fanno i miei di ormoni
quando vedo Johnny…alla mia età dovrebbero solo recitare il miserere, altro che
ululati! Ma tant’è, mi mantengo giovane così (ehm). Prossima spedizione DHL che
faccio, ti mando il gingillo a forma di labbra di Johhny Depp, chiamato il
Jobbra (felice incrocio di Johnny e labbra). In sua compagnia ti garantisco
giornate deliziose! Ti saluto e ti mando tanti bacini dappertutto!
Kira83 : Ottima ipotesi quella
dell’ansia da prestazione!! E anche piuttosto plausibile: parlando coi
maschietti moderni, spesso per loro è facile spaventarsi davanti ad una
fanciulla leggermente “aggressiva” che sa trattare piuttosto bene l’argomento.
Poveri uomini bistrattati! Offrirò un gelato a Camillo, per scusarmi con
lui…Niente aiuti dalla francese, comunque, o Anna fa una strage davvero.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 : La partita di calcetto ***
Rodrigo ci accompagna in
macchina e per tutto il tragitto Mariàpi e lui chiacchierano piacevolmente
mentre io mi intrattengo da sola addentandomi con entusiasmo il mio stesso
fegato. La francese che va a guardare le partite di calcetto!! Dovevo
immaginarmelo che quella sanculotta del cavolo stesse tramando qualcosa alle mie
spalle. E quell’invertebrato di Camillo che non mi dice niente!! Quando lo becco
lo strozzo. Anzi, prima strozzo lei, strangolandola coi suoi stessi capelli,
prendendola a sberle finché la faccia non si riduce in una poltiglia
sanguinolenta e…
“Siamo arrivati.” annuncia
Mariàpi distraendomi dai miei soavi pensieri di omicidio.
La palestra dove Andrea e la
sua corte dei miracoli gioca a calcetto è situata nel bel mezzo del centro
sportivo, così per arrivare al campo di calcetto devo attraversare i campi da
tennis, il campo da basket, quello di pallavolo e quello di pallamano. Cammino
col passo spedito del bersagliere, gli occhi bassi, le guance di bragia, una
scia di fischi di vario genere e natura che mi segue e Mariàpi che se la ride
come una disgraziata, trottando di fianco a me. Rodrigo mi cammina di fianco e
anche lui sembra divertito: la cosa non è che mi faccia stare così bene (dovrei
davvero trovare simpatici i cosiddetti amici che se la ridono così platealmente
alle mie spalle?). Sto odiando il mondo intero, compresa qualsiasi forma di vita
aliena esistente nell’universo, quando la vedo: seduta sul primo scalino delle
gradinate, esattamente dietro la panchina, intenta a parlare con Camillo, la
francese ride e scuote la testa, ancora ignara della valanga di bile che sta per
crollare sulla sua preziosa chioma bionda.
“Camillo!” ruggisco senza
riuscire a staccare lo sguardo dall’Ochette che si gira a guardarmi, sorpresa.
Camillo, mi vede e sorride, leggero, solare e rarefatto come al solito. Poi,
vede la mia gonna e il sorriso gli si congela un po’ sulle labbra. Si alza in
piedi e mi viene vicino, rallentando l’andatura ad ogni passo quando nota il
colorito della mia faccia.
“Ciao.” dico io, bellicosa
quando mi arriva a tiro.
“Ciao.” risponde lui con gli
occhioni sporgenti che inciampano sulla mia scollatura da meretrice di
Babilonia. Sembra un po’ meno rarefatto, adesso.
“Che bello vederti
qu…”
“Non ti dispiace che sia
venuta, vero?” sussurro digrignando i denti.
“Certo che no!” esclama
Camillo sbattendo le ciglia “Però credevo che il calcetto non ti
inter…”
“Tu credi troppo, mio caro”
lo interrompo, col tono di voce della strega di Biancaneve “Trovo il calcetto
interessante, invece. Molto, molto interessante.”
“Bene!” esclama lui,
nervoso: guarda me, poi Mariàpi e Rodrigo come in cerca di aiuto “L’avessi
saputo ti avrei invi…”
“Inoltre, mi hanno detto che
qui circolano un sacco di persone interessanti!” lo interrompo di nuovo, quasi a
morsi “Ecco qui che ne arriva una: ciao, Odette!”
La francese si sta
avvicinando, leggiadra, ondeggiante e gustosa come un croissant: Camillo ci
mette un po’ a disincagliare gli occhi da me per guardare
lei.
“Oh, ah… certo, Odette…”
balbetta, arrossendo.
Vigliacco! Arrossisci
guardando lei!!
“Sciaò, Anà!” trilla
sorridendo la francese “Non sapevo che venivi anche tu, ce
soir…”
“Davvero?” ringhio io,
bellicosa.
Mi squadra ben bene, dai
piedi che cominciano a gonfiarsi, infilzati su questi tacchi a spillo del cavolo
alla faccia così abbondantemente cosparsa di glitter sbarluccicoso da farmi
sembrare un cristallo di Swaroski.
“Ma scerto” continua lei
“Possiamo sedersci viscine, n’est pas?”
Oh, saprei bene cosa
risponderti, cocca: com’è che si dice vaffanculo in francese? Peccato, non lo
so: credo che vafancual possa andare, per il momento.
“Perché no!” tubo io,
rispondendo al sorriso “Conosci già Mariàpi, vero?”
“Sì, sì” sorride la mia
amica, da vera faina “Odette viene spesso a casa mia. Spessissimo. Quasi più
spesso di mio padre, a dire il vero!”
Ci avviamo verso le
gradinate con un Camillo piuttosto confuso stretto tra me e la francese.
“E così, vieni spesso alle
partite di calcetto?” domanda Mariàpi rivolta ad Odette, con leggerezza. La
francese sorride, ignara di stare ballando su un campo
minato.
“Oh, j’adore le calcetò!”
risponde, piena di falso entusiasmo.
Come no: scommetto che non
te ne fregherebbe una cippa nemmeno se giocasse Platini in persona, maledetta
oca!
“Nessuna ragazza ama il
calcetto” risponde Mariàpi, lapidaria “Nemmeno voi francesi. Scommetto che in
realtà sei qui come qualsiasi ragazza italiana per ben altri motivi. Per un
maschietto, ad esempio!”
Odette non ride alla
battuta, non si offende, non reagisce: china la testa sul regale collo da cigno
mentre le sue orecchie arrossiscono. Mariàpi ci ha azzeccato in pieno! E quella
baguette nemmeno ci prova, a mentire!! Una rossa cortina di furore mi appanna la
vista mentre mi siedo come una automa di fianco a Camillo.
“Che ne dite voi due di
andare a prendere qualcosa da bere?” suggerisco girando appena il mento.
Mariàpi mi guarda
dubbiosa.
“OBF.” spiego io: lei
capisce l’antifona al volo e afferra molto fraternamente Camillo per una
manica.
“Andiamo.” ordina e si
allontana a passo spedito, trascinando il fratello con sé.
Odette li guarda andar via,
incuriosita: e adesso, che le dico? Va bene che la devo boicottare, va bene che
devo marcare il mio territorio e decidermi a rimettere l’Ochette al suo posto,
ma non sono mai stata capace di fare la cattiva, io…e seguire un piano, poi? OBF
del cavolo!
“Quanto sono divertonti e
teneri, quei due fratelì…” sospira lei con materna
tenerezza.
Di nuovo la cortina rossa mi
appanna la vista e di colpo tutto diventa più facile.
“Piantiamola con questi
stupidi giochetti marsigliesi” mi scappa detto con voce cattiva “So cosa stai
cercando di fare e la cosa non mi piace affatto!”
La schiena di Odette si
irrigidisce appena: il suo profilo perfetto freme leggermente, come scosso da un
alito di vento.
“Quoi?” dice con voce
educata fingendo di non capire, ma i suoi occhi mi evitano: crepa, cretinissima
crépe!
“Hai capito bene” continuo
io bellicosa “Stai puntando il ragazzo sbagliato, cocotte. Ti consiglio di
smettere subito, se non vuoi passare dei brutti guai.”
Odette fa una pausa lunga,
immobile come una statua: poi, lentamente, si gira a guardarmi e nei suoi occhi
c’è qualcosa di strano…cos’è? Un misto francese di origine subdola, di
sicuro.
“Non ti piasce quelò che sto
fascendo, disci?” mormora sottovoce “Non dovrebè interesartì così tant, aprés
tout.”
Un qualcosa di innominabile
mi ribolle nello stomaco e se non prendo a sberle la sua faccia di marmo qui
davanti a tutta la tifoseria è solo perché ho ancora un brandello di dignità da
salvare. Mi chino verso di lei e tento di ricordarmi com’era il tono di voce di
Paul Newman nel film “lo spaccone” prima di parlare.
“Ascoltami bene” dico alla
fine, tutto d’un fiato “Stai alla larga da lui. Ti consiglio di tenere le tue
brioche in tasca, se non vuoi trovarti con una torre Eiffel al posto del naso
dopo che te lo avrò spaccato. Mi sono spiegata?”
Odette alza di nuovo lo
sguardo torbido: cos’è? Un misto di sfida,
tristezza….delusione?
“Ti credevo molto meliore,
Anà” sussurra quasi con rimpianto “Tu non meriti un ragasso buono come
Camilò.”
Odio il nome di Camillo
detto da lei: ha un suono così intimo, come se fosse un segreto fra loro due. Mi
fa sentire esclusa, piccola, meschina… Vedo Camillo che sta tornando verso di
noi, un sorriso solare stampato sul viso e le braccia cariche di bibite. Gliene
cadrà qualcuna di sicuro, goffo com’è…infatti, una lattina di Coca rotola per
terra, dispettosa. A quel punto, sento qualcosa di potente che mi trafigge il
cuore, una tenerezza mista a un dolore sordo che rosicchia via pezzetti di
anima: tu non meriti un ragasso buono
come Camilò…d’un tratto, scopro di averne abbastanza: della francese, del
calcetto, dei tacchi a spillo e , soprattutto, di me.
“Tu ricordati quello che ti
ho detto” ringhio, alzandomi in piedi di scatto “Ti tengo
d’occhio!”
Odette rimane col viso
ostinatamente girato verso il campo vuoto, assorta nei suoi pensieri. Io scappo
via senza nemmeno avere il coraggio di salutare Camillo.
“Bastarda.”
Nella sala ricreativa del centro sportivo infilo i soldi nella
macchinetta con forza, come se la mia moneta da cinquanta centesimi potesse
sodomizzarla. Ogni due secondi rivedo passarmi davanti agli occhi la testa
bionda della francese chinata e le sue orecchie rosa….
“Puttana.”
Schiaccio il bottone rosso
di fianco ai Kinder cereali: per far sbollire la rabbia, urge una dose massiccia
di cioccolato via endovenosa, altrimenti mi scoppia il cervello e/o inizio a
piangere come una deficiente qui, in mezzo a tutti, coi miei vestiti da
meretrice di Babilonia…
“Zoccola.”
Raccatto la confezione del
mio Kinder cereali che si è sbriciolata in mille pezzi dopo la caduta
dall’ultimo ripiano in alto della macchinetta. Mollo anche un calcetto stizzoso
contro quel grosso parallelepipedo di metallo che ha l’ingrato compito di
sorbirsi il mio malumore e finalmente faccio per andare via. Cozzo violentemente
con una figura che stava in piedi alle mie spalle, con ulteriore danno al mio
Kinder già così ingiustamente leso: è mio fratello Andrea, intento ad ingozzarsi
di panino traboccante mortadella e maionese (…poco prima di iniziare a giocare a
calcetto…? Roba da matti). La sua faccia è incupita e curiosamente imbronciata e
i suoi occhi sono carichi di sospetto.
“Che ci fai qui?” ringhia,
con insolito amore fraterno.
Normalmente, questo
atteggiamento severo mi incuterebbe soggezione: ma non stasera, ciccio, stasera
non è proprio serata!
“Non sono cazzi tuoi.”
rispondo, con l’aplomb di una vera lady. Perché diavolo mi devo giustificare con
quel paramecio di mio fratello?
“Hei!”
E’ Mariàpi che arriva tutta
trafelata coi capelli rossi che le ondeggiano sulla schiena “Dove
stavi…?”
Vede Andrea e si ferma di
botto, mentre una curiosa espressione di indifferenza le nasconde la faccia. Se
non fossi così presa dalle mie personali paturnie mentali, giurerei che…ma no,
che vado a pensare! Andrea, comunque, la ignora: sembra ancora alterato per
chissà quale motivo. Torna a radiografarmi esprimendo un certo schifo
fraterno.
“Tu non esci da sola
conciata così.” afferma con assoluta convinzione.
“Perché?” si intromette
Mariàpi, recuperando il suo (e il mio) orgoglio femminista “Mica sei Dolce e
Gabbana: non puoi dirle come deve o non deve vestirsi.”
Andrea mi punta contro un
dito accusatore.
“Sembra una zoccola.” dice
con convinzione.
Mariàpi, ovviamente, si
inalbera ancora di più.
“Che stronzata islamica!”
ringhia socchiudendo le palpebre in maniera pericolosa “Anna si veste come le
pare e piace! Non deve renderti conto di niente.”
“Le si vede tutto” brontola
Andrea, del tutto indifferente ai dialoghi che lo circondano “Sarebbe meno
ridicola in costume da bagno!”
Anche loro stanno parlando
di me in terza persona come se fossi un oggetto: è contagiosa questa nuova
mania? E’ davvero così impossibile interagire verbalmente con me?!?
“Parla di ridicolo uno che
si abbuffa pubblicamente di maionese e mortadella!” mi difende Mariàpi,
rannuvolata.
“Scommetto che è opera tua.”
ringhia Andrea, decisamente incavolato: ha persino dimenticato di avere un
panino in mano e guarda Mariàpi con autentica furia
omicida.
“E anche se fosse?” risponde
Mariàpi, arrogante.
“Non voglio che mia sorella
diventi una puttanella sculettante e sfrontata come te!” ruggisce Andrea, e qui
le cose cominciano a farsi interessanti.
Questa è un’offesa bella e
buona: io smetto per un attimo di pensare a quanti omicidi si possono perpetrare
sulla stessa vittima (la francese) per dedicarmi momentaneamente al colorito
cinereo che sta assumendo la faccia di Mariàpi.
“Cosa hai detto?” mormora
quest’ultima a voce bassissima.
Brutto segno, fratello mio!
Conoscendo Mariàpi, questo è decisamente un segno bruttissimo. Genuflettiti e
cospargiti il capo di cenere, prima che sia troppo tardi!!
“Hai sentito benissimo”
risponde invece Andrea, ancora arrabbiato “Non voglio che Anna vada in giro con
le tue magliette cucite addosso, con le tue minigonne formato francobollo o a
dimenare il sedere davanti a qualsiasi maschio che transiti nel raggio di un
chilometro come fai tu!”
Io mi allontano di un passo,
inconsciamente: Andrea a Mariàpi non si sono mai piaciuti un granché, ma hanno
sempre tentato di mantenere rapporti civili per il bene mio e di Camillo.
Stasera, però, sembra che un argine sia definitivamente
crollato.
“Oh, senti da che pulpito
viene la predica!” strilla Mariàpi con la voce che trema “Parla quello che
comincia a sbavare come i cani di Pavlov al solo sentir nominare la parola
tette! Proprio tu che frequenti solo femmine col quoziente intellettivo di una
cimice, purché ti concedano le mutandine!”
“Che ne sai tu di mutandine?
Scommetto che a forza di darle via non te n’è rimasto nemmeno un
paio!”
Ma che diavolo sta
succedendo? Mi sembra di assistere alla nascita di una slavina: da un mucchietto
di neve piccolo così sta venendo fuori una cosa di proporzioni epiche!
“Ehm, ragazzi…” cerco di
intromettermi con un filo di voce.
“Cosa ne puoi sapere tu di
me?” grida Mariàpi con gli occhi lucidi di furore (o di lacrime?) “Sedici anni
che ci conosciamo e nemmeno una volta mi hai guardato negli
occhi!”
“Forse perchè eri sempre
distratta da qualche …com’è che dici tu? Oh, gran pezzo di manzo,
già!”
Non ho mai visto mio
fratello così furioso, nemmeno la volta che gli ho distrutto la pista
Playmobile.
“Ragazzi!” provo di nuovo
io, sull’orlo delle lacrime. Neanche avessi parlato al
vento…
“Sei uno stronzo!” strilla
Mariàpi, col mento che trema.
“E tu sei
una…maledetta….ragazzina!” risponde Andrea, sovrastandola di tutta una
testa.
Si immobilizzano di colpo
ammutoliti, due nanosecondi prima di iniziare a prendersi a sberle. Si guardano
negli occhi, vicinissimi, ansimandosi addosso come due tori da corrida. Si
guardano e si riguardano ed io leggo una fame nei loro occhi che è come ricevere
uno schiaffo senza preavviso. E, all’improvviso, chiaro e potente come un
fulmine a ciel sereno, ho un’illuminazione divina.
Nom d’un nom d’un nom d’un
nom... No, questo lo direbbe la francese! Cosa direi io, italianotta ruspante e
nostrana?
“Minchia!” mormoro, gustando
la parola tra lingua e palato, ma ormai il momento è passato: Andrea si è
allontanato d’un passo e Mariàpi ha girato i tacchi e la sua chioma rossa da
tzigana sta correndo via, accompagnata da un sospetto rumore a singhiozzo. Io e
Andrea rimaniamo impalati a guardarla sparire oltre la porta dal maniglione
antipanico, lui col panino in mano, afferrato a mò di scimitarra spaziale, io
col mio Kinder cereali che chissà cosa avrebbe dato pur di rimanersene sul piano
più alto della macchinetta. Per un bel pezzo io e mio fratello rimaniamo in
silenzio senza guardarci: poi, Andrea si decide a riscuotersi. Butta il panino
nel pattume con aria quasi schifata e si ficca le mani ancora imbrattate di
maionese in tasca. Quando si azzarda a lanciarmi uno sguardo di traverso, gli
sorrido, quasi senza volere.
“E così” esordisco
salottiera dopo essermi schiarita la voce “Da quant’è che va avanti questa
storia?”
La faccia di Andrea si
accartoccia ancora di più, burbera e indifesa insieme.
“Non so di cosa stai
parlando.” mente in maniera così plateale che mi fa quasi
tenerezza.
“Da quant’è che hai una
cotta per Mariàpi, intendo dire.” spiego molto
educatamente.
Le spalle di Andrea hanno
una specie di attacco epilettico, ma le sue mani rimangono saldamente in
tasca.
“Da quella fogna che hai per
bocca escono solo puzzolenti gas organici.” bercia,
arrossendo.
Io annuisco, molto
saggiamente.
“E pensare che era così
evidente” mormoro io distrattamente “Le tue sceneggiate da orso bruno tutte le
volte che lei esprimeva un giudizio positivo verso qualcuno che non fossi tu. E
gli attacchi di bile di Mariàpi ogni volta che arrivavi con una ragazza nuova!
Che deficiente a non arrivarci prima…”
Di nuovo, Andrea ha un
attacco epilettico.
“Che stronzate vai dicendo?”
ringhia, cattivissimo. Poi, come se gli scappasse di bocca: “Quali attacchi di
bile?”
Dietro alla sua facciata
burbera c’è quasi una supplica. Il mio fratellone, in questo momento, mi fa una
tenerezza infinita! Ed io che stavo lì a sospirare per l’amore inespresso di
André per Oscar: questa storia è molto, molto meglio di qualsiasi manga! Gli
sorrido ancora di più, furbetta.
“Attacchi di bile tipo
quello che stai avendo tu adesso” affermo, convinta “Quelli che vengono alle
persone che sono così fesse da dirsi di continuo: sono troppo tosto/a per
parlare con qualcuno della mia cotta mostruosa e segreta, preferisco cazzeggiare
con chiunque altro ma non con lei/lui perchè se solo intuisse che le/gli muoio
dietro da una vita sai che figura da stronzo/a che ci
farei…”
Andrea mi guarda: apre la
bocca e la richiude. E’ senza parole, poveraccio. Non fosse così evidentemente
indifeso, questo sarebbe il momento buono per
distruggerlo!
“A lei piace Rodrigo” butta
fuori alla fine con evidente sforzo, deglutendo subito dopo “Non lo dice di
continuo? Lo chiama “il Bronzo” e quasi sbava tutte le volte che lui entra nella
stessa stanza dove c’è lei…”
“Andrea, tu non sbaveresti
se Monica Bellucci entrasse nella stessa stanza dove sei tu?” domando io,
paziente.
Ho usato un paragone sicuro:
persino io sbaverei per la Bellucci…Andrea aggrotta le
sopracciglia, cogitabondo. Apre di nuovo la bocca e di nuovo la
richiude.
“Aspetta!” mormoro io,
ispirata “Sento un rumore strano, come di motosega arrugginita…proviene dal tuo
cervello! Allora stai pensando!!”
Per un attimo, penso che
Andrea mi sputerà in faccia: poi, incredibilmente, dai meandri corrucciati del
suo viso spunta fuori un sorriso storto e stranamente
complice.
“Fila a casa a cambiarti”
brontola, girandomi le spalle “Se ti rivedo in giro conciata così, ti chiudo in
convento dalle Carmelitane scalze per tutta la vita.”
“Col cavolo.” rispondo io,
immediatamente.
Lui fa una piccola pausa,
sempre a spalle girate.
“La gente non deve pensare
male di te.” aggiunge sottovoce, filando poi via a passo
spedito.
Io mi metto a fissare il mio
Kinder cereali con sguardo stranito: che fosse l’inizio di un segno di affetto
da parte del mio atavico nemico…?
Naaaaa….!
NOTE DELL'AUTRICE:
Nisi Corvonero: Bè, ovviamente
Fleur è stata l’ispiratrice di tutto questo…anche se devo dire che prima di
Fleur c’era Vanessa Paradis a tenere alto lo stendardo dell’odio per le
francesi. E comunque, la
Fleur della Row è mille volte meno interessante della tua (che
oltretutto veste proprio bene…he he he…viva Chez Sabine!!!). Bacini baciozzi, mi
corazon!!
Damynex: Ti piace Rodrigo? Tutto
tuo!! Lo accetti in cambio del tuo fratellino fig…ehm, simpatico? Mi piace che
non sia troppo romantico: dopo una certa età, ti stufi di guardare tramonti e
cominci ad apprezzare i facoceri ventenni…ehm…Ti mando un vagone di baci, a
presto!!
ReaderNotViewer: L’immagine di te
che sputacchiavi panino sulla tastiera ha fatto sputacchiare ME…che ridere! La
mia però era una piadina al Camoscio d’Oro e pomodori, non ti dico il pantano
che c’è venuto sulla tastiera…Convengo con te (e qui magari è l’età a darci
esperienza) che una partenza in sordina spesso nasconde prestazioni brillanti
del motore: chissà se il nostro Camillo…ma passiamo oltre! Quanto ho riso per
l’uomo/Mentadent? Un po’ meno per la tua solidarietà verso la francese: l’ho
fatta perché la si odi, eh. Anche a me piacciono gli uomini francesi, con la
loro ariettina snob e quella erre rotolante: molto sexy, invero. Ce ne compriamo
un paio in multiproprietà con anche la Nisi bella?
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 : Tempus lacrimarum ***
Ovviamente, come ho girato le
spalle ad Andrea mi sono completamente dimenticata di lui e di Mariàpi per
rituffarmi nel mio personalissimo romanzo d’appendice intitolato “il triangolo
francese (che non è un tramezzino)”. Arrivo a casa da sola, scalza, col trucco
sbavato (ho anche piangiucchiato, tra via del Corso e via Makallè) e
sufficientemente triste per far zittire di colpo mamma e fratellame piccolo. E
sono solo le nove di sera! Faccio ancora in tempo ad organizzare un suicidio
abbastanza coreografico entro la mezzanotte, se mi ci metto di buzzo buono. Mi
chiudo in camera e subito dopo la mamma bussa con decisione alla mia porta.
“Non stasera, mamma.” dico con
voce drammatica buttandomi sul letto.
“Mi guardo bene dal voler
ascoltare le tue confessioni” risponde lei, pragmatica “Io e i bambini andiamo a
prendere un gelato. Vuoi che ti porto una coppetta?”
Mi scappa un sorriso, nascosto
tra le lenzuola: il gelato, la panacea universale della mamma…
“Oh, Anna, ti sei soffocata con
la tua stessa lingua?”
“Fior di latte e nocciola.”
rispondo con voce neutra: sento mamma che si allontana, caccia due urli ai
poveri pargoli che si stanno mettendo la giacca e, poco dopo, sento la porta di
casa chiudersi. Sono sola, adesso: che pace. Finalmente posso piangere con
calma, crogiolandomi per bene nel brodo dell’autocommiserazione, usando
l’immagine di Odette e Camillo come un cilicio chiodato per farmi del male.
Forse dovrei lasciar perdere, mi dico affogata nei meandri del mio masochismo.
In fondo, loro due sembrano fatti l’uno per l’altra. Posso inventarmi l’OBF,
posso chiamare la CIA, l’FBI e il circolo ARCI come
supporto tecnico, ma se questa cosa deve succedere, succederà indipendentemente
dalle mie assurde manovre belliche. Col cuore che sanguina, mi tocca ammettere
che Odette è molto più adatta di me a Camillo: lei è brillante, intelligente e
sicuramente più affascinante; lei ha il nome di un’eroina dei balletti russi, io
ce l’ho palindromo e noioso; lei è snella e aggraziata come un giunco, io devo
convivere con le mie ingombranti tettone; lei sa giocare a scacchi e a Sudoku,
io nemmeno so dov’è nascosta la scatola del Monopoli; a lei piacciono i film
d’essai (quelli in bianco e nero, doppiati in ceceno coi sottotitoli in polacco,
per intenderci), io a malapena capisco la trama dei Teletubbies; lei legge
Tolstoj, io Topolino.
Come ho potuto pensare di poter
competere con lei? Che stupida. Ha ragione Odette, Camillo merita di più di una
ragazzina in crisi ormonale che si inventa improbabili piani di battaglia dalle
sigle fantasiose…
Gesù, quante lacrime: se continuo
così rischio la disidratazione!
Il telefono squilla, ma io sono
troppo congestionata per rispondere e comunque non voglio parlare con nessuno in
questo momento. Poco dopo che il telefono ha smesso di squillare, qualcuno
armeggia con le chiavi contro la porta. Mamma e i gemelli sono tornati dalla
gelateria, penso soffiandomi il naso e tirandomi su dal letto; i pusher con la
mia droga, una dose di gelato in arrivo! Marcio verso la cucina, anelando il
primo cucchiaino di nocciola gelata che mi scende in gola come una benedizione…e
in salotto quasi mi scontro con Camillo.
Camillo!! Che ci fa qui? Non
faccio nemmeno in tempo a registrare la sorpresa che già il cuore ha iniziato a
ballare una furiosa rumba nel petto.
“Oh, ah…ciao.” balbetta
impacciato mentre io lo guardo con espressione ebete “Tu madre ha chiamato
Andrea e gli ha chiesto se lui c’entrava qualcosa col fatto che sembravi pronta
per la cremazione a vivo, allora lui ha spiegato che è colpa mia anche se io non
credo affatto che questi siano i reali termini della questione visto che…”
“Camillo.” mormoro molto piano e
lui si interrompe di colpo: allunga una mano verso di me, quasi spaventato.
“Andrea mi ha dato le chiavi.”
spiega un po’ meno agitato.
“Caro consanguineo” sibilo io,
incrociando le braccia davanti al petto “Che sei venuto a fare?”
Camillo deglutisce un paio di
volte, come aspettandosi un aiuto da parte mia.
“Dobbiamo parlare.” afferma alla
fine, sospirando.
Una specie di voragine buia si
apre ai miei piedi: il cuore batte ancora ad un ritmo forsennato e l’angoscia
sta dilagando nel mio petto come un liquido gelido che mi invade i polmoni. Lo
sapevo, dovevo aspettarmelo! Non così presto, forse, ma sapevo che sarebbe
successo: è venuto a dirmi che è innamorato dell’Ochette, è venuto a dirmelo
qui, in casa mia, con quegli occhioni azzurri e franchi dove vorrei solo
perdermi… e invece è venuto a dirmi addio. Devo deglutire a secco un paio di
volte prima di riuscire a parlare con voce ferma.
“Ok, dimmi quello che mi devi
dire.” annuncio con ammirevole calma.
Camillo mi lancia uno sguardo
stranamente triste e allarga le braccia, quasi rassegnato.
“Non avevo nessuna voglia di
venire” ammette riottoso “Cioè, sapevo che dovevamo parlare, ma proprio non mi
decidevo…non volevo che arrivasse questo momento, capisci?”
E me lo chiedi? Ogni tua parola è
una scudisciata nei denti… e tu mi chiedi se capisco?
“Vai avanti.” gli ordino,
imperiosa.
“Quando ho capito i motivi per
cui ultimamente le cose tra di noi sono cambiate ho deciso che sarei uscito
dalla tua vita in punta di piedi…non volevo che tu ci stessi male; la tua
felicità, nonostante tutto, conta sempre troppo, per me.”
Ciccio, mi stai spezzando il
cuore, o mandando a cagare, per usare un eufemismo più calzante: dalle mie parti
questo non è considerato procurare felicità. Anzi: comincio ad essere vagamente
incazzata, oltre che triste.
“Sono venuto per dirti che…ti
auguro tutto il bene possibile. Sappi che in me troverai sempre un amico fedele
e fidato e che il bene che ti voglio non intaccherà in nessun modo la nostra
amicizia.”
Lentamente, sento una scia di
lava infuocata di puro, autentico furore che mi sale dal petto verso le guance:
amicizia? Ha detto proprio AMICIZIA?!?
“…perché siamo ancora amici,
vero, Anna?”
Lo guardo: lui e i suoi occhioni
azzurri e supplicanti, lui e i suoi riccioloni da cherubino…lui e le sue mani
calde, lui e il suo cuore grande così. Siamo ancora amici…?
Sto tremando come una foglia: mi
avvicino a lui di un passo, le guance febbricitanti e la voglia di spaccargli
qualsiasi oggetto contundente sulla testa, tanto sono furibonda e col cuore a
pezzi.
“AMICI…?!” strillo d’un colpo,
facendo fare a Camillo un salto indietro dalla sorpresa “Vuoi che restiamo
amici?!? Ficcatela nel culo, la tua amicizia! Ficcatela su così tanto da
ritrovartela in gola e soffocarti!! Io non voglio la tua stronzissima amicizia!!
Io…voglio…questo…! ”
Mi avvento su di lui, gli afferro
saldamente il viso con le mani e lo bacio con la bocca aperta. Sono furibonda,
rabbiosa, e decisamente stufa di tutto: mi spalmo addosso a lui, strusciandomi
contro il suo corpo in un messaggio così esplicito che solo un cadavere non lo
capirebbe. E Camillo è ancora vivo, almeno a giudicare dal gridolino sorpreso
che gli esce dalla gola quando lo butto sul divano e gli monto a cavallo,
spingendolo con brutalità contro i cuscini del divano. Fa quasi per difendersi,
puntellandosi con le braccia per respingermi, ma sono troppo furiosa per
lasciarlo fare: gli spingo le braccia sopra le testa, brutalmente, continuando a
baciarlo con rabbia. A pensarci col senno di poi, che scena assurda!! Ci manca
la frusta e il completo di pelle nera e sembrerei una maitresse sadomaso… se
solo non cominciassi a provare gusto in quello che sto facendo! Gesù, perché mi
piace tanto baciare Camillo? Vorrei mantenere intatta la mia rabbia e la mia
frustrazione, ma sento già che tutto il risentimento sta scivolando via,
trascinato da una marea di languido e liquido desiderio. Le sue labbra sono
troppo maledettamente dolci e succose e sanno di frutta; il suo profumo mi fa
letteralmente impazzire di frustrazione. Non va affatto bene così: mi stacco da
lui, bruscamente come gli sono saltata addosso, ansimando come una ciminiera a
vapore e congestionata come se fossi appena uscita da un giro di centrifuga in
lavatrice.
“Ecco!” balbetto con la bocca
secca come il deserto di Gobi “Quanto me ne frega della tua amicizia!”
“Anna…” sussurra debolmente
Camillo: è ancora spalmato sul divano, gli occhi spalancati e stupefatti, la
bocca umida e i capelli arruffati. Perché mi viene da piangere a
guardarlo?!?
“Hai finito di trattarmi come se
avessi una qualche forma di eczema contagioso!” proseguo io , ancora più
arrabbiata “Hai finito di guardarmi con lo stesso amore che metteresti nel
guardare una teiera! Ammettilo, Camillo, a te di me non te n’è mai fregato
niente!”
Camillo alza di scatto gli occhi
su di me e il dolore che ci vedo dentro è così palese che è impossibile che non
sia sincero.
“Come puoi dire questo…?” soffia
fuori dolente, ma io non lo lascio parlare.
“Non c’è bisogno che ti
giustifichi!” scalpito, alzando la voce “Non è colpa tua se ti faccio lo stesso
effetto di un merluzzo surgelato, no? Adesso esci di qui e vai a rifarti un po’
gli occhi dall’Ochette!”
Camillo sembra sinceramente
sbalestrato.
“Chi?” mormora, e io mi arrabbio
sul serio.
“Da Odette!” sbotto, stringendo i
pugni e diventando rossa, bianca e verde come una bandiera “Non è per lei che
vuoi che rimaniamo amici? Non ti ha travolto col suo fascino da crème brulée?
Non ti ha incantato con quel suo merdosissimo humor francese? E allora, vai, no?
Corri da lei!”
Camillo si alza in piedi, con un
movimento molto deciso: la sua faccia si è incupita e non sembra affatto,
affatto tranquilla.
“Tu non sai quello che dici,
Anna.” mormora con voce molto misurata mentre un lampo attraversa l’azzurro
terso dei suoi occhi.
“Risparmiami le citazioni
bibliche!” strillo, lasciando fluire la rabbia che mi brucia dentro,
vomitandogliela addosso per ferirlo e cercare di sentirmi meno umiliata e meno
triste “Non c’è nessun bisogno che perdi tempo con me! Piantala di guardarmi con
quei tuoi ma-maledetti fa-fanali blu, schioda le tue chia-chiappe ossute da casa
mia e fo-fo-fottiti!”
Storicamente, quando arrivo alle
balbuzie significa che sono alla frutta: mi decido a girargli le spalle e
correre verso la cucina, lo sguardo offuscato dalle lacrime e sto per sbattere
la porta, convinta che Camillo stia già ruzzolando giù dalle scale con la coda
tra le gambe quando me lo ritrovo davanti, improvvisamente. Il cuore mi balza in
gola, battendo come in preda ad un forsennato attacco di adrenalina: la faccia
di Camillo non è né dispiaciuta né trasognata né dolente, come dovrebbe essere.
E’, per la prima volta in tutta la vita, assolutamente e meravigliosamente infuriata.
“Tu non capisci un cazzo.”
scandisce con profonda convinzione prima di lasciarmi senza parole afferrandomi
per le braccia e baciandomi con forza sulla bocca.
*
*
*
Subito provo a resistere,
cercando di divincolarmi, ma la sua presa sui miei avambracci è insolitamente
salda, così desisto subito. E poi, diciamocelo, non credo di avere davvero
voglia di staccarmi da lui. Anzi, non mi staccherei nemmeno se venissero a
trascinarmi via col carro attrezzi, a dirla tutta. Camillo mi sta baciando con
una decisione, una passione così potente e sincera che ne rimango folgorata. La
sua bocca sulla mia non è gentile e nemmeno delicata come al solito: è
travolgente, calda, squisitamente prepotente.
Gesù, quanto ho sognato di essere
baciata così.
Le mani di Camillo lasciano gli
avambracci per cominciare a carezzarmi con rude urgenza le spalle, la schiena, i
fianchi… io inizio a tremare come una foglia mentre lui mi stringe a sé,
premendo coi palmi aperti sulle mie natiche, facendo completamente aderire il
suo corpo contro il mio.
Mi sembra, improvvisamente, di
essere sotto l’effetto di una potente doccia scozzese: lunghi brividi di calore
mi attraversano la colonna vertebrale, alterandosi a folate di ghiaccio che mi
atrofizzano completamente mani e piedi, mentre lui mi tocca, mi tocca
dappertutto con urgenza, e io voglio solo che lui continui così in eterno.
Non so nemmeno come e ci
ritroviamo sul tavolo, mezzi su e mezzi giù: le sue mani sono infilate sotto la
mia camicetta e stanno facendo qualcosa che non avevo programmato facessero
prima di un paio di sessioni di perlustrazione, ma tant’è, non ho assolutamente
la forza (e la voglia) di protestare. Anzi: mi spingo contro di lui perché ogni
centimetro del mio corpo urla di desiderio, frustrato da quei maledetti vestiti
che ci separano… ma non per molto, decido improvvisamente, non per molto. Gli
tolgo la maglietta, staccandomi da lui solo il tempo di un respiro, e gli passo
le mani aperte sul petto, assaporando la sensazione meravigliosa della sua pelle
calda contro i palmi. Un verso rauco, animalesco, esce dalla gola di Camillo
quando gli accarezzo l’addome: la mia camicetta si apre e vola via con un
morbido fruscio malizioso che recepisco con i sensi completamente ottenebrati.
Ho il cuore che batte così forte che potrebbe uscire dalla cassa toracica: sono
mezza morta di desiderio, ma soprattutto sono completamente stordita di
felicità. Camillo mi vuole…Camillo vuole davvero ME! Lui mi desidera, lo sento
con chiarezza finalmente! Lo capisco da come il suo corpo trema contro il mio,
dal suo respiro affannato, dal battito forsennato del suo cuore… e anche da
qualcos’altro, a meno che Camillo non abbia in tasca un portachiavi a forma di
vibratore. La cosa mi riempie di orgoglio e mi pervade un senso di onnipotenza
misto a gioia che mi sommerge come un’onda anomala: allora mi viene spontaneo e naturale
accogliere Camillo, stringerlo a me, chiedendomi remotamente dove diavolo stia
trovando la faccia tosta di fare tutto questo.
Poi…
Poi, proprio quando non pensavo
più a niente, Camillo mi molla improvvisamente e io quasi cado come un sacco di
patate dentro al lavello. Alzo gli occhi su di lui e prima ancora che possa
aprire bocca sento un tramestio sospetto proveniente dal salotto: un misto di
voci e rumori che mi fa capire che in casa non siamo più soli. Io e Camillo
siamo mezzi nudi…in cucina!!
“Sta arrivando qualcuno!”
sussurro io, abbandonando di colpo i rimescolamenti ormonali per il sano,
atavico terrore di essere beccata a fare atti osceni in luogo pubblico dai
propri consanguinei. Scatto in piedi con la velocità di un centometrista
olimpico, raccatto il reggiseno che era finito sul ceppo dei coltelli, valuto in
un nanosecondo che non avrò mai tempo a sufficienza per infilarmelo e passo
direttamente alla camicia, infilando un’asola su tre.
“Camillo, la maglietta!” sibilò
agitatissima, ma Camillo rimane immobile, con una faccia così bianca e così
piena di orrore che sembra abbia appena visto un Alien fuoriuscire dal forno a
microonde.
“Gesù….” Mormora con labbra
livide, completamente nel pallone.
“Camillo, muoviti!” gli ordino,
buttandogli la sua maglietta addosso: lui lascia che questa gli cada in testa,
ma non muove un muscolo. In quel momento, l’intera famiglia Tonelli fa il suo
ingresso in cucina e gli schiamazzi da cui era preceduta si interrompono di
colpo.
Ci sono proprio tutti, che Dio li
abbia in gloria: in pole position Alice e Alessio, con in mano due coni gelati
sgocciolanti e le facce curiosamente identiche come quelle di due angioletti di
porcellana; poi, la mamma che evidentemente non ha collegato il cervello
tramortito dalla sorpresa con la mano che sta ancora rovistando nei recessi
della sua borsetta; poi Andrea, con un’espressione così attonita da sembrare una
caricatura di se stesso. Dopo lunghi, affannosi secondi di immobile mutismo,
capisco che tutti hanno intuito che in cucina stava succedendo qualcosa di
sconcio e immediatamente le mie guance si trasformano in due bistecchiere
arroventate pronte per la grigliata. Il silenzio è insopportabile, pesante come
un macigno: ed io sono qui ad affrontare tutto questo con i capelli sconvolti,
la camicia allacciata storta, senza reggiseno e con Camillo di fianco con la sua
maglietta in testa e la cintura dei calzoni slacciata!!
“Ehm, ciao!” dico con la forza
della disperazione. Il suono improvviso e isterico della mia voce sembra un
colpo di fucile in quel silenzio opprimente, però almeno sortisce l’effetto di
far scongelare il quadretto familiare davanti ai miei occhi.
Alice mi guarda con occhi
sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e sussurra, piena di sacra
ammirazione:
“Caaaavolooooo…”
Alessio mi guarda con occhi
sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e sbotta, pieno di
divertita esultanza:
“Fico!”
Mamma mi guarda con occhi
sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e per un attimo di
impossibile delirio ho l’impressione che stia per scoppiare a piangere in puro
stile “la-mia-bambina-è-diventata-grande-e-io-non-me-ne-ero-accorta”. Poi, un
velo impassibile scende sul suo viso a coprire qualsiasi emozione materna e
domanda educatamente, con un sopracciglio altezzosamente alzato:
“Nella mia cucina?”
Andrea mi guarda con occhi
sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e la sua faccia si
arriccia di furore e diventa rossa come la cresta di un gallo tanto che ho paura
gli stia venendo un colpo apoplettico.
“Tu!” sibila in direzione di
Camillo, che intanto si è tolto la maglietta dalla faccia, è impallidito e poi è
diventato verde peggio di un cadavere in putrefazione e sta adesso vagliando la
possibilità di tuffarsi nello scarico del lavello, buttarsi fuori dalla finestra
o finire ammazzato dalla furia omicida del suo ex migliore amico.
“Non è come…ehm…sembra.” balbetto
io con gli occhi che guardano dappertutto fuorché qualcuno di loro.
“Anna e Camillo fanno gli
sporcaccioni!” esulta Alice esplodendo in un sorriso a 34 denti.
“Fico!” aggiunge Alessio con un
ghigno mefistofelico.
“Nella mia cucina.” ripete mamma
con aria di rimprovero.
“Io ti ammazzo!” ringhia Andrea,
sempre rivolto a Camillo con aria omicida “Ti avevo detto di venirle a parlare e
tu…le salti addosso come un animale?!?”
Veramente, sono io che sono
saltata addosso a Camillo come un animale…ma questo è molto meglio non dirlo ai
miei parenti, no? Sembrano già abbastanza sconvolti così, senza bisogno di
ulteriori sollecitazioni. Quindi, rimango zitta e rossa come una bottiglia di
passato di pomodoro mentre Andrea si avvicina minaccioso a Camillo che sembra
sempre più accartocciato su se stesso.
“An…Andrea…non è come…” balbetta
con un filo di voce, ma Andrea non sembra ascoltarlo.
“Cosa ti avevo detto quando ti
sei messo con mia sorella?!? Toccala con un dito e ti ritrovi con lo scroto
cucito alle tonsille! Non ti avevo detto così?”
“Cos’è uno scroto, mamma?”
domanda immediatamente Alice col sorriso un po’ meno esultante di prima “E’ per
caso un animale?”
“Tu hai detto cosa?” domando io
rivolta ad Andrea, ritrovando di colpo la parola.
“C’è il reggiseno di Anna sul
ceppo dei coltelli.” annuncia invece Alessio con aria soddisfatta.
Gesù, che razza di situazione
kafkiana! Mamma, fortunatamente, decide di prendere in mano le redini della
storia: appoggia la coppetta di gelato a me destinata sul lavello, afferra i
gemelli per le braccia e li trascina fuori dalla cucina, la faccia imbronciata
che trema per trattenere le risate.
“Voi grandi sbrigatevela da soli”
annuncia lapidaria “Andrea, se devi uccidere qualcuno vedi di non macchiare le
tende nuove e usa il contenitore dei rifiuti organici; Anna, fai sparire la tua
biancheria intima dagli oggetti di uso comune…se tuo padre entra adesso in casa,
come minimo ti spedisce in un collegio svizzero fino alla menopausa. Bimbi,
filare in camera vostra.”
“Io voglio sapere cos’è uno
scroto!” piagnucola Alice, giustamente offesa.
“Te lo spiego io.” le mormora
Alessio, beccandosi un ceffone dalla mamma così forte che quasi lo fa ruzzolare
per terra. Distrattamente, li sento andare via mentre ancora sto cercando di
raccapezzarmi su quello che ha detto Andrea.
“Tu hai detto a Camillo che non
mi doveva toccare?!” mormoro sinceramente esterrefatta.
“Certo che sì” sbuffa Andrea, tra
l’imbarazzato e l’offeso “So che cosa è capace di fare un ragazzo della nostra
età ad una ragazzina della tua…sei ancora troppo piccola per affrontare certe
cose!”
Non so bene come prendere questa
nuova, agghiacciante notizia: mi giro verso Camillo con aria supplice.
“E’ per questo che non volevi mai
rimanere solo con me?” chiedo accorata e con gli occhi lucidi “Non perché non ti
interessassi, ma perché c’era di mezzo quel deficiente ficcanaso puzzone di mio
fratello?”
Camillo fa passare lo sguardo da
me ad Andrea e sembra così mortificato e così infelice che mi fa quasi
tenerezza.
“Oh, ah…in un certo senso sì.”
risponde alla fine chinando il capo “In realtà avevo paura di quello che provavo
quando ero solo con te… non ero certo di riuscire a…trattenermi…”
“Che schifoso pervertito!” bercia
Andrea con gli occhi scintillanti di furore.
“Zitto tu!” strillo io, così
felice che sento ogni poro della pelle dilatato come se avessi fatto una sauna
miracolosa “Vorrei vedere cosa saresti capace di fare tu se rimanessi cinque
minuti solo con Mariàpi!”
Andrea si zittisce di colpo,
Camillo sbianca come un cencio lavato.
“Mariàpi?” mormora tra le labbra
livide “Cosa c’entra Mariàpi?”
“Quei due hanno una cotta l’uno
per l’altra” spiego io, perfida, mentre Andrea si trasforma tutto d’un
tratto in un fungo gobbo e vergognoso “E chissà da quanto, per di più!”
Camillo più che assimilare la
notizia sembra che gli venga infilata di forza dentro alle narici.
“Tu…e mia sorella?” mormora piano
piano. Poi, più deciso: “TU e MIA SORELLA?”
“Bè, adesso sai come ci si
sente!” reagisce immediatamente Andrea, spaventato “E comunque io non ho mai
sfiorato Mariàpi nemmeno con un dito!”
“Tutte le volte che ti tocchi
sotto la doccia pensi…a …MIA SORELLA?” continua Camillo, ora decisamente
incavolato.
“No!” ribatte Andrea,
affannosamente “Cioè…non è che faccia la doccia così spesso…”
“Che problema c’è?” sorrido io,
appendendomi al braccio di Camillo con un sorriso radioso “Adesso basta, abbiamo
parlato anche troppo del nostro parentado e dei loro problemi sentimentali.
Torna a concentrarti su di me: stasera non eri venuto qui per mollarmi?”
“Io?” domanda Camillo, sorpreso
“Certo che no! Ero venuto a farmi mollare, visto che avevo capito che ti eri
innamorata di Rodrigo…”
“Io non sono innamorata di
Rodrigo” mormoro col cuore che canta “Io sono innamorata di te, stupido fifone
mezzacalzetta!”
“E’ Mariàpi che è innamorata di
Rodrigo.” si intromette Andrea, rabbuiandosi.
“Mariàpi, pfiu!” dico io,
sprezzante “Quella i tipi come Rodrigo se li mangia a colazione.”
“No, è Odette che è innamorata di
Rodrigo” annuncia a sorpresa Camillo, sospirando “La poveretta è cotta di lui
dal primo giorno, solo che è troppo timida per dichiararsi…”
D’un tratto mi gira la testa:
sempre stretta al braccio di Camillo, mi siedo sul tavolo cercando di
raccapezzarmi sulla situazione.
“Fermi tutti!” mormoro affranta
“Non ci capisco più niente! Vuoi dire che Odette non è innamorata di te?”
“Vuoi scherzare?” sorride
Camillo, canzonatorio “Era così contenta che tu fossi diventata la mia ragazza,
visto che sapeva quanto fossi cotto di te da sempre…”
Gesù, Giuseppe e Maria… questo
vuol dire che tutti ci sbagliavamo su tutti? Allora cos’era quel discorso a pera
di Odette alla partita di calcetto? Forse…non stava parlando di Camillo…?
“Io credevo che Odette fosse
innamorata di te.” mormoro sottovoce.
“Io credevo che tu fossi
innamorata di Rodrigo.” mi risponde Camillo con dolcezza, appoggiando la guancia
sui miei capelli.
“Io credevo che Mariàpi fosse
innamorata di Rodrigo” si imbroncia Andrea, cogitabondo “Ci siamo sbagliati
tutti e tre come pirla qualsiasi?”
“Che situazione assurda!”
annuncia Camillo, deliziato “Non sono mai stato tanto felice di essermi
sbagliato!”
Mi abbraccia stringendomi
delicatamente con le sue braccia lunghe e goffe e io mi sento d’un tratto
catapultata in cielo…non a destra, non a sinistra, ma proprio lì, nel bel mezzo
del paradiso. Mi allungo verso di lui e lo bacio sulle labbra, così grata di
esistere che avrei voglia di fare un monumento ai miei genitori.
“Puà” grugnisce Andrea,
allontanandosi schifato “Non avete un minimo di decenza: sbaciucchiarsi in mezzo
alle cose da mangiare…non è affatto igienico!”
Camillo smette di baciarmi con un
sospiro afflitto e mi guarda. Quanto amo i suoi occhi, quanto li amo! Guardare
negli occhi di Camillo è come guardare il sole al tramonto: fa quasi male, ma è
di una bellezza così struggente che non si riesce a smettere.
“Senti tu” dice Camillo senza
staccare lo sguardo “Non credi di dovere delle spiegazioni ad una ragazza che in
questo momento sta quasi sicuramente svuotando il frigo rosicchiando dal nervoso
tutto quello che trova?”
Sta parlando di Mariàpi e delle
sue crisi di fame: quando è triste è capace di fare fuori le scorte alimentari
di una intera nazione! Andrea si imbroncia mentre le orecchie gli diventano
rosso fuoco.
“Ehm…non saprei…”
“Lo so io” mi intrometto,
impaziente “E’ ora che voi due vi chiariate qualche dubbio. O che vi uccidiate a
vicenda, a vostra scelta.”
“Scommetto che non vuole
parlarmi.” mormora Andrea, improvvisamente timido.
“Potresti almeno provarci.”
“Magari suo padre mi caccia a
pedate…”
“Mamma e papà non ci sono”
annuncia Camillo con voce neutra “E io fingerò di credere che andrai là solo per
parlare.”
Andrea ci pensa su seriamente,
poi gli occhi gli si illuminano come lampadine.
“Per cinque minuti” si affretta a
rettificare Camillo “Poi, chiamo la
guardia nazionale.”
Andrea riflette ancora un
nanosecondo, poi schizza via alla velocità della luce, non senza avermi fatto
intravedere un sorriso ampio e scintillante come quello di un bambino, prima di
sparire oltre la porta.
Ora, in cucina, siamo soli io e
Camillo: abbracciati stretti, in silenzio, così felici che ho paura di muovermi
per non rompere qualcosa.
“Che paura che ho avuto” sussurra
Camillo con la sua guancia tiepida e confortante premuta sulla mia testa “Quando
mi hai strillato che non mi volevi più nemmeno come amico, ho creduto di
morire…”
“Taci” supplico velocemente “Se
penso a come ho trattato Odette…avrà pensato che sono proprio una stronza.”
“Qualcosa del genere.” ammette
Camillo sorridendo contro i miei capelli.
“Dovrò chiederle scusa.” mormoro
accoccolandomi ancora di più tra le sue braccia.
“Sì” ammette Camillo “E dovrai
anche far sparire il tuo reggiseno dal ceppo dei coltelli prima che arrivi tuo
padre: non credo che resisterei fino alla menopausa per vederti uscire dal
collegio svizzero.”
Mi scappa da ridere mentre un
curioso calorino mi scende sulla pancia.
“Lo farò” dico arrendevole “Dopo,
però. Adesso baciami.”
Camillo ubbidisce con zelo: l’ho
sempre detto io che dai ragazzi diligenti c’è sempre da imparare…
*
*
*
La negletta coppetta di gelato,
dimenticata sul lavello, assiste in silenzio al nostro bacio mentre si scioglie:
indulgente, ci lascia fare, sapendo che per un po’ sarà sostituita come panacea
universale da un certo paio di braccia avvolgenti che proprio non si decidono a
lasciarmi andare.
FINE
Elfie, 30/05/2006
NOTE DELL’AUTRICE
E così…siamo giunti al termine a
tempo di record!! Volevo finire in
questa settimana, poiché parto per stare via un po’ e non volevo lasciarvi in
sospeso…(so che sareste sopravvissuti lo stesso, ma preferivo evitare anche solo
il pensiero di un anatema, già sono sfigata di mio…).
Spero che questa storiella
piccina picciò, che non aveva nessuna velleità se non quella di farvi sorridere
per un po’, abbia ottenuto il suo scopo. Mando un bacio sentito e sincero a
chiunque abbia letto questa storia e a chiunque abbia avuto la gentilezza di
lasciare una parola all’autrice… Grazie, di cuore, a tutti quanti.
Un saluto, a presto!!
Elfie
Damynex: Eh…la storia di Andrea e
Mariàpi è a parte. Sotto consiglio di Nisi bella ci sto lavorando…magari a breve
avremo anche la versione dei fatti di quei due sciroccati!! Nel frattempo,
mandami ben tuo fratello, a fungere da fonte di ispirazione…uaz uaz uaz!!
Tranquilla, alla mia età non ci si fida più di nessuno, facoceri e non. Intanto,
bacini e bacetti a te e al tuo ragguardevole fratello! CIAO!!
Romina: Oh, mia Diletta! Che
peccatone per la recensione rigurgitata! Ma a me basta sapere che ci sei e che
mi leggi e che mi pensi…(e che mi ramazzi la stanza…? No, eh? Ok, pretendevo un
po’ troppo). Ma…il Jobbra (gingillo fatto a labbra di Johnny Depp) non te lo
avevo già mandato? Devo inviartene uno nuovo? Non è che lo stai già spacciando
in giro a mia insaputa?!? Attenta: ti tengo d’occhio!! Per la foto di Garrie, te
la manderò…quando torno da Parigi. Mille e mille baci, mia diletta, a presto!!
P.S.: Cuba la voglio visitare in blocco, compreso Varadero anche se so che la
vera Isla Grande non è lì…però un bagnetto me lo fai fare lo stesso,
veeeroooo?
Kira83: Sono felice che la coppia
Andrea/Mariàpi non sia risultata impossibile…anzi! Ha riscosso un sacco di
successo insperato! Spero che anche il finale della storia ti sia piaciuto…sob!!
E’ già finito!. Un bacione, a presto!!
Nisi Corvonero: Mia dolcissima!!
Volevo ringraziarti pubblicamente per avere funto da assaggiatrice ufficiale /
beta reader di questa storiella. GRAZIE NISI BELLA!! Non credo che, senza il tuo
incoraggiamento, avrei avuto il coraggio di pubblicare “tout de suit” .
Comunque…accordiamoci per il figone anglosassone (posto che ne trovi uno
abbastanza caliente) da dividere anche con la Reader, che è tanto carina e mi fa
sempre i complimenti…grazie ancora di tutto, tesoro mio, ti devo davvero tanto.
Sei fantastica!!
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