Siblings in love

di Meme06
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Everiday life ***
Capitolo 3: *** Ikuto's Birthday ***
Capitolo 4: *** The our feelings ***
Capitolo 5: *** I don't know what i feel ***
Capitolo 6: *** When you know the truth ***
Capitolo 7: *** Doubs ***
Capitolo 8: *** Presents and apologies ***
Capitolo 9: *** At the amusement park ***
Capitolo 10: *** Surpraise ***
Capitolo 11: *** Your kiss is always in my mind ***
Capitolo 12: *** Change our feelings ***
Capitolo 13: *** thoughts ***
Capitolo 14: *** Revelation ***
Capitolo 15: *** Confessions ***
Capitolo 16: *** Maybe this is a new life ***
Capitolo 17: *** Cheeks like a tomatoes ***
Capitolo 18: *** Childhood memories part 1 ***
Capitolo 19: *** Childhood memories part 2 ***
Capitolo 20: *** When you're blind ***
Capitolo 21: *** Now, i wanna accept our felling ***
Capitolo 22: *** Shopping with my friend ***
Capitolo 23: *** Our parents know everything ***
Capitolo 24: *** For our happiness ***
Capitolo 25: *** Utau's concert ***
Capitolo 26: *** There's something wrong ***
Capitolo 27: *** Don't leave me alone... ***
Capitolo 28: *** A beautiful father... ***
Capitolo 29: *** Wonderful moments ***
Capitolo 30: *** Mobile ***
Capitolo 31: *** The power of music... ***
Capitolo 32: *** Hope ***
Capitolo 33: *** Doubt and indecision ***
Capitolo 34: *** Something wrong ***
Capitolo 35: *** A little truth makes you happy ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Sbagliato.

Una parola per definirlo.

Una parola per soffrire.

Esseri umani che si crogiolano nel peccato.

Esseri umani che si annegano nella sofferenza.


Dolore.

Altra parola comprensiva.

Altra parola veritiera.

Le persone attorno non comprendono il nostro dolore.

Le persone attorno non capiscono la nostra sofferenza.


Peccato.

Parola più giusta.

Parola più dolorosa.

Noi che non possiamo accettare questa situazione.

Noi che non possiamo esprimere il nostro sentimento.


Fratelli.

Triste verità che ci consuma.

Triste evidenza che dilania il nostro spirito.

Il sangue nelle vene, una prova troppo giusta.

Il sangue che scorre lento e ci permette di vivere

giorno dopo giorno questa cruda realtà.


Non si può dire, non si può nominare.

Parola troppo avvilente per essere compresa.

Eppure noi siamo ancora qui, a dimostrarla,

a tentare di convincere che non è sbagliato.

Convincere noi, perché convincere gli altri non serve.

Restiamo qui, chiusi soli, ma felici di questo nostro segreto,

di questo nostro peccato che ci permette di amare.

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Capitolo 2
*** Everiday life ***


Prima di iniziare questo capitolo volevo ringraziare lunaticaye per aver messo la mia storia tra i preferiti.


Mattina. Una ragazza con i capelli rosa che sventolavano a ritmo dei suoi passi stava correndo giù per le scale ed entrando in cucina.

- Buongiorno mamma! - disse allegra alla donna che stava preparando la colazione.

- Buongiorno a te Amu! - le rispose sua madre con un bel sorriso. Era sempre stata raggiante come persona. Sua figlia in questo non le aveva preso molto, ma come aspetto fisico era identica. Stessi capelli, stessi occhi ambrati. La ragazza si avvicinò al tavolo e dopo essersi seduta iniziò a fare colazione.

- Ehm, mamma? - le chiese Amu dopo essersi alzata e aver posato la ciotola con le bacchette nel lavandino.

- Si cara?

- Ikuto dov'è?

- Oh… - fece la madre voltandosi a guardarla. - È uscito presto stamattina.

- Davvero? Allora lo raggiungerò. - rispose sua figlia contenta. Salutò sua madre con il comune bacio sulla guancia e uscì di casa.

Fuori l'aria era fresca, si stava davvero bene e lei adorava sentire il vento che le carezzava il viso. Camminò per almeno un quarto d'ora, calma, era in anticipo quella mattina. Era bello uscire presto, non c'era nessuno in giro.

Guardò l'orologio, le sette e un quarto. Ma dove era andato suo fratello, era da un po' che camminava, eppure ancora non lo aveva visto.

Era quasi arrivata a scuola quando qualcosa attirò la sua attenzione. C'era un ragazzo, seduto sul muretto davanti all'edificio che ascoltava la musica con gli occhi chiusi, battendo il ritmo con il piede. Eccolo qua, suo fratello maggiore di due anni di lei. Si incantò a guardarlo, i capelli blu che gli incorniciavano il volto, il suo viso rilassato, intento solo a seguire le note che l'mp3 gli trasmetteva. Si avvicinò piano a lui, quasi non volesse farsi notare, per poterlo osservare ancora di nascosto mentre se ne stava lì seduto. Purtroppo i suoi desideri non furono ascoltati. Infatti il ragazzo aprì prima un occhio in modo distratto, poi tutte e due. Si tolse gli auricolari, spense l'mp3 e se lo mise in tasca mentre si alzava.

- Che ci fai qui Amu? - le chiese fissandola profondamente con il suo sguardo ametista.

- Andavo a scuola. - gli rispose la ragazza ricambiando il suo sguardo. Rimasero per un po' così, intenti a fissarsi, fino a che Amu non si riscosse guardando l'orologio.

- Meglio che entriamo… - disse mentre si avvicinava al fratello. Gli era quasi accanto quando inciampò, per non cadere si aggrappò alla divisa del ragazzo che colto alla sprovvista si sbilanciò anche lui. Caddero l'una sopra l'altro. La ragazza diventò rossa pomodoro mentre si alzava togliendosi da sopra suo fratello.

- Ops, scusa… - disse imbarazzata porgendogli la mano.

- Tranquilla, però… la prossima volta che decidi di cadermi addosso perdi qualche chilo. - le fece sarcastico alzandosi in piedi.

- Che cosa?! - esclamò la ragazza tra lo stupito e l'arrabbiato. Il ragazzo vedendola così scoppiò a ridere, non erano tante le volte che sua sorella faceva la stizzita e quando accadeva tirava fuori il suo lato infantile che divertiva parecchio suo fratello.

Le carezzò il capo affettuosamente.

- Dai scherzavo… - le disse calmo per poi avviarsi verso la scuola, seguito dalla sorella.

Entrarono insieme. Come al solito Ikuto seguì la ragazza fino all'entrata della sua classe, per poi tornare indietro ed entrare nella propria. Facevano tutte le mattine così, non si poteva dire che non erano legati come fratelli, forse anche troppo.

- Ciao Amu! - la salutò un biondino dagli occhi marroni sorridente.

- Oh, ciao Tadase. - gli rispose la rosa ricambiando il sorriso per poi andarsi a sedere seguita sempre da quel ragazzo. Era un buon amico per lei, ma sapeva che lui non la considerava una semplice compagna, ma non se ne curava, faceva finta di niente nonostante tutti i segni che il ragazzo le mandava per farglielo capire.

- Hai fatto inglese oggi? - le chiese il ragazzo.

- Sicuro, sai quanto mi piace! Tu?

- Si, in parte… l'ultimo esercizio non l'ho capito molto… - rispose il biondo arrossendo leggermente.

- Se mi dai il libro te lo spiego subito. - gli rispose. Tadase annuì e preso dalla cartella quello richiesto da Amu glielo porse. Con calma la ragazza gli spiegò l'esercizio fino all'arrivo della professoressa d'inglese.

- Buongiorno ragazzi… - così iniziò la lezione.

Le prime due ore di scuola finirono subito, quando una cosa ti piace il tempo vola.

A ricreazione tutte le classi uscivano per poter parlare con gli altri compagni o semplicemente sgranchirsi un po' le gambe.

Amu uscì dalla classe per andarsi a comprare la merenda. Arrivata davanti alla macchinetta due mani le coprirono gli occhi. La ragazza sorrise togliendosele dal volto.

- Dimmi pure Ikuto… - disse voltandosi.

- Volevo sapere che schifezze avevi voglia di mangiare oggi per merenda. - le rispose facendo spallucce, ma dal suo tono si capiva che era sarcasmo quello che aveva usato.

- Veramente non ho molta fame, voglio solo un po' d'acqua. - gli disse lei voltandosi e facendo scendere una bottiglietta d'acqua minerale.

- Dici davvero? Allora puoi dirmi che fine ha fatto mia sorella? Una ragazza goloso di tutti i dolci del pianeta?

Lei sorrise portandosi la bottiglietta alle labbra e bevendo avidamente metà di essa.

- Me la passi? Sai, ho un po' di sete anche io. - le disse lui prendendogli la bottiglietta dalle mani e bevendone qualche goccio.

- Che lezioni hai oggi? - gli chiese la sorella riprendendogliela dalle mani e chiudendola.

- Per ora ho avuto matematica, poi avrò giapponese, inglese e musica. - le rispose.

- Musica? Oggi hai pratica?

- Purtroppo no, solo teoria.

- Ah, peccato.

- Già.

Il suono della campanella mise fine alla loro conversazione e li costrinse a separarsi dovendo rientrare in classe. Prima di entrare in classe Amu si girò un ultima volta verso il fratello:

- Fatti trovare fuori oggi, non mi va di aspettarti!

Gli disse per poi entrare in classe con un leggero sorriso sulle labbra. Ikuto annuì entrando nell'aula anche lui.


Se vi piace la fanfiction che sto scrivendo, lasciate qualche recensione, accetto anche le critiche.


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Capitolo 3
*** Ikuto's Birthday ***


Amu guardava perplessa il calendario appeso vicino al letto della sua camera. Tra pochissimi giorni sarebbe stato il compleanno di Ikuto e lei ancora non sapeva cosa regalargli. Li conosceva i gusti del fratello, ma aveva paura di sbagliare. E se poi non gli piace? continuava a ripetersi ogni volta che un'idea le veniva in mente. Sbuffò scocciata. Accidenti, era suo fratello! Solo suo fratello, non doveva essere così preoccupata, lui avrebbe accettato tutto da lei. D'un tratto un'idea le balenò in testa.

- Ma certo! - esclamò contenta balzando in piedi sul letto dove era seduta. Una crostata al cioccolato, trovato il regalo perfetto. Ikuto amava il cioccolato, sicuramente gli sarebbe piaciuta. Doveva organizzare tutto per bene per non farsi scoprire da lui, in modo da fargli una sorpresa. La prima cosa che le era venuta in mente era di informare sua madre. Magari poteva preparare addirittura una cena di famiglia. Era brava a cucinare, glielo avevano detto molte volte.

Si chiese se doveva invitare qualcun altro, magari qualche suo amico. Però ora che ci rifletteva Ikuto non aveva molti amici, lo aveva visto parlare qualche volta con dei suoi compagni di classe, ma mai uscire con uno di loro. Forse poteva invitare qualcuno dei suoi. Però… Ikuto odiava Tadase e anche se avesse chiamato le sue amiche nessuna sarebbe venuta, a nessuna di loro stava molto simpatico suo fratello. E va bene, voleva dire che sarebbe stata una semplice cena in famiglia.

Scese di sotto ed entrò in cucina.

- Mamma? - disse Amu richiamando l'attenzione della madre intenta a lavare i piatti.

- Dimmi tesoro.

La ragazza aveva esposto in poche parole la sua intenzione alla donna, che l'aveva ascoltata fino alla fine del discorso interessata.

- Che ne dici? - aveva chiesto infine Amu.

- Amore, la tua idea è bellissima, ma io e tuo padre per il compleanno di tuo fratello non ci siamo. - Amu spalancò gli occhi a quelle parole. - Non fraintenderci, è per il lavoro. Potete fare tu, lui e un po' di amici…

- Non credo che Ikuto abbia amici che si possano invitare, meglio restare da soli. - la interruppe sua figlia.

- Purtroppo è così e pensare che non vedo l'ora che tuo fratello porti a casa una ragazza, perché sai… - sua madre stava continuando a parlare, ma Amu non la sentiva più. Le prime parole l'avevano colpita, quasi ferita. Era vero, Ikuto avrebbe potuto portare a casa una ragazza da un momento a un altro. Dannazione Amu è tuo fratello, che ti importa se s'innamora? Altra fitta dolorosa. E se si fosse innamorato? Basta, non doveva pensarci. Ringraziò sua madre e uscì dalla cucina. Salì in camera e si buttò nel letto. Perché quando la madre le aveva detto quelle cose ci era rimasta male, dopo tutto anche lei poteva benissimo innamorarsi, come Ikuto. Scosse la testa, ma che pensieri stava facendo? Stava parlando di Ikuto come un semplice ragazzo, invece lui era suo fratello!

Si alzò e prese la cartella tirando fuori il libro di cucina, a scuola facevano economia domestica e su quel libro si trovavano delle ricette piuttosto carine da fare, tra cui la crostata al cioccolato. Lesse bene gli ingredienti per poi appuntarseli su un foglio. Aveva programmato proprio una bella sorpresa da fare a suo fratello. Fece un piccolo calcolo, due giorni, già, aveva a disposizione due giorni soli per organizzare il tutto, fortuna che le era venuta in mente quell'idea. Oggi sarebbe andata a comprare gli ingredienti, poi il giorno dopo avrebbe preparato il tutto e infine la sorpresa serale!

Aprì l'armadio, se doveva uscire doveva vestirsi, quindi dopo essersi tolta la divisa scolastica infilò jeans e maglietta neri. Poi si fece una coda alta, utilizzando una splilletta a forma di x nera, che le aveva regalato suo fratello lo scorso compleanno.

Prese la borsa con il portafoglio dentro e uscì di casa. All'ingresso infilò le scarpe da tennis e stava per aprire quando una voce la fermò.

- Hey, dove vai? - la ragazza si girò verso suo fratello, e ora che scusa si inventava?

- Vado in edicola, devo… devo comprare un manga, dovrebbe essere già uscito il prossimo numero! - gli rispose sorridendo nervosa.

- Ah, allora vengo con te, anche io devo comprare una cosa…

-No! - gridò lei interrompendolo. Ikuto la guardò confuso e lei si sbrigò a rimediare. - Cioè, non mi pare il caso visto che… che dopo devo andare da Rima, si ecco devo andare da lei.

- Non vedo dove si pone il problema, andiamo in edicola insieme e poi tu vai da Rima e io torno a casa. - le disse allora calmo il fratello. Amu non sapeva più dove sbattere la testa, la sua capacità di inventare scuse era limitata.

- V-va bene. - disse per poi aprire la porta ed uscire insieme al ragazzo. Si avviarono verso l'edicola.

Impiegarono dieci minuti per arrivare e cinque per uscire dal negozio. Amu aveva detto che non aveva trovato quello che cercava, mentre Ikuto aveva comprato una rivista di musica.

- Allora ci vediamo a casa Amu. - la salutò Ikuto.

Amu annuì.

- Si si, vai pure a casa! - gli rispose sorridente per poi riprendere a camminare. Qui c'è sotto qualcosa… pensò il ragazzo, ma non ci fece troppo caso e riprese a camminare verso casa sua.


Arrivata all'interno del supermercato tirò un sospiro di sollievo. Era mancato pochissimo che suo fratello avesse capito tutto. Sorrise al pensiero del suo viso quando avrebbe visto la sorpresa che gli avrebbe preparato.

Comprò gli ingredienti e subito tornò a casa. Si chiuse in cucina e mise tutto a posto in fretta e furia.

Poi uscì tranquilla e come se non avesse fatto niente corse di sopra e bussò alla camera di suo fratello.

- Avanti. - sentì dire dall'interno. Cauta aprì la porta, trovandosi davanti un Ikuto mezzo nudo, ovvero con solo i Jeans indosso. Arrossì visibilmente, cosa che non passò inosservato all'occhio attento del ragazzo.

- Come mai sei arrossita? - le chiese.

- Fa caldo qua dentro, dovresti aprire la finestra… - tentò di giustificarsi lei, al che Ikuto sorrise, solo sua sorella poteva inventare una scusa così assurda.

- Volevi chiedermi qualcosa? - le chiese poco dopo.

- Innanzi tutto se ti mettevi una maglia.

Lui le si avvicinò lentamente mettendo il viso ad un soffio dal suo volto.

- E perché mai, ti imbarazza vedere tuo fratello a petto nudo? - le domandò allora lui con una punta di malizia nella voce.

- C-cosa? No,no! - esclamò la ragazza arrossendo ancora di più. Lui sorrise e si alzò dirigendosi verso l'armadio.

- Dai, cosa volevi dirmi?

- Se domani sera hai impegni. - gli disse subito lei senza troppi giri di parole.

- No, perché? - le domandò lui, sorpreso da quella domanda, mentre si infilava la maglia del pigiama.

- Così per sapere. - rispose lei facendo spallucce.

Il ragazzo non ci fece caso e tirati fuori anche i pantaloni iniziò a sbottonarsi i jeans.

- Ma cosa fai?! - le venne d'istinto dirlo, anche se era suo fratello, già, ma se era suo fratello perché provava tanto imbarazzo a vederlo nudo?

- Mi metto il pigiama, mi sembra ovvio. - rispose lui tranquillo.

- Si, giusto, vado a metterlo anche io. - e così Amu si congedò.

In camera sua si era seduta nel letto lentamente, cercando di analizzare la situazione, perché si comportava così? Che cosa le stava prendendo? Non se lo spiegava, per questo decise di dare la colpa al fatto che stavano crescendo e che il senso del pudore stava aumentando. Era una scusa banale, poiché lei già la sapeva, in cuor suo, la vera motivazione.

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Capitolo 4
*** The our feelings ***


Ecco il giorno tanto atteso, finalmente era arrivato. Era pomeriggio, circa le sei. Se voleva preparare una buona cena doveva darsi da fare, per questo si chiuse in cucina ed iniziò a preparare il tutto per quella sera. Cominciò dal donburi, un piatto tradizionale giapponese, semplice ma buono, poi sapeva quanto ne andava matto Ikuto. Continuò a cucinare tutti i suoi piatti migliori, fino ad arrivare alla preparazione della crostata. I dolci erano sempre stati la sua specialità, anche perché per lei erano le cose più buone da cucinare. Intorno alle sette e mezza era tutto pronto, ora l'unica cosa che mancava era lui. Era emozionantissima, sia perché era stata lei a cucinare il tutto sia perché non vedeva l'ora di vedere l'espressione di Ikuto.

Aprì la porta della cucina e salì al piano superiore, bussò alla camera del fratello che aprì dopo aver avuto il suo permesso.

- Ecco… Ikuto? - iniziò la ragazza.

- Si?

- Potresti venire di sotto? - gli chiese lei distogliendo lo sguardo. Lui annuì e scese le scale con lei entrando in cucina. La guardò e le diede un buffetto sulla fronte.

- Sapevo che stavi tramando qualcosa, ma devo dire che mi hai proprio sorpreso… - le disse guardando la tavola apparecchiata per due con sopra i piatti preparati dalla sorella.

Si sedettero ed iniziarono a mangiare. Amu aveva ricevuto molti complimenti per la sua cucina, ma quella sera le sembrarono futili in confronto a quelli di Ikuto. Finite le pietanze la ragazza si alzò da tavola iniziando a sparecchiare.

- Ma dai Amu, ti preoccupi di sparecchiare?

- Si…

- E perché mai, non ce ne è motivo…

- Si che c'è, aspetta e vedrai. - gli disse la ragazza, poi finito di mettere i piatti nel lavandino si rivolse di nuovo al fratello. - Chiudi gli occhi.

- Cosa?

- Avanti obbedisci… - gli rispose la sorella con finta voce autoritaria. Ikuto fu costretto a seguire il suo comando. La sorella allora prese la crostata e la portò a tavola mettendola proprio davanti a lui. - Ora puoi aprire.

Il ragazzo aprì gli occhi, che gli si illuminarono vedendo cosa aveva davanti.

- Buon compleanno Ikuto!

- Non dovevi, davvero, mi farai ingrassare… - le disse ironico.

- Chi riuscisse a farti ingrassare vincerebbe il nobel… - ribatté la sorella iniziando a tagliare il dolce e porgendone prima una fetta al fratello, poi una a lei. Ikuto la finì subito, mentre Amu non l'aveva ancora iniziata. Stava per prenderla, ma suo fratello fu più veloce.

- Ehi! - protestò la ragazza.

- Oh andiamo, consideralo un modo per dirti che mi è piaciuta. - le disse alzandosi in piedi e stava per addentare la fetta quando anche la ragazza si alzò e gli corse incontro tentando di riprendersela. Il ragazzo venne colto alla sprovvista. Ci fu uno scambio di sguardi tra i due, poi suo fratello si sbilanciò, cadendole sopra mentre la fetta di crostata faceva una brutta fine ruzzolando a terra.

- L'altro giorno io oggi tu, deve essere destino… - disse Amu sarcastica. Ma non ottenne risposta. Il ragazzo la guardava fisso negli occhi, con uno sguardo perso, come se volesse vedere al di là di quell'iride color caramello. - Ehm… Ikuto?

Niente, nessuna risposta.

- Ikuto sveglia! - gli disse sventolando una mano davanti ai suoi occhi. Il ragazzo parve riprendersi. Si alzò seguito poco dopo dalla sorella. Amu arrossì lievemente e Ikuto distolse lo sguardo. La ragazza si fissò il grembiule che portava ancora da quando aveva cucinato. Era tutto sporco di cacao e farina, come del resto lo era per una buona parte anche lei.

- Sai una cosa, è meglio se io mi vada a fare una doccia. - gli disse per poi uscire dalla cucina e salire al primo piano, dove si trovava il bagno. Entrò subito nella doccia e mentre si insaponava e si sciacquava non faceva altro che pensare a cosa era successo e più ci pensava, più si accorgeva che quel bel ragazzo iniziava a considerando tutto meno che un fratello.

In una camera da letto vicino al bagno, lo stesso pensiero era condiviso da un ragazzo con i capelli blu che se ne stava sdraiato sul letto a riflettere. Perché mia sorella mi fa quest'effetto? si chiese ben consapevole di conoscere la risposta che non voleva ammettere a se stesso. Un rumore, il rumore di una porta che si apre, Amu era uscita dal bagno, sicuramente ora sarebbe andata in camera. Immaginò sua sorella mentre si toglieva l'asciugamano e si infilava la biancheria e poi il pigiama. Scosse la testa sorpreso e sconvolto dei suoi stessi pensieri, era sua sorella cavolo! Eppure fu più forte di lui, si alzò dal letto e andò verso la sua stanza. Bussò, ma nessuno rispose, che si fosse già addormentata? Aprì la porta lentamente per avere conferma di quello che stava facendo. Arrossì lievemente vedendola. Era ancora in asciugamano, seduta sopra il letto che si pettinava i capelli. Accorgendosi di lui la ragazza scattò in piedi.

- Hey, non si bussa? - gli chiese stringendo le braccia intorno al suo corpo.

- Ho bussato, ma visto che tu non rispondevi ho pensato che dormissi, per questo sono entrato. - le spiegò.

- Hai bussato? Devi aver fatto pianissimo perché io non ho sentito nulla. - gli disse allora lei facendo cadere le braccia lungo i fianchi, al che l'asciugamano scese un po'.

- Si probabilmente è così… - fece lui con voce piatta, poiché non era sul discorso che era concentrato in quel momento, ma in quell'asciugamano rosa confetto che non faceva altro che scendere sempre di più.

- Che cosa c'è? - gli chiese ad un tratto Amu, distogliendolo dai suoi pensieri tutt'altro che innocenti.

- Niente, se non conti il fatto che fra poco rimarrai nuda davanti a me. - le rispose allora il fratello indicando l'asciugamano. Amu si riscosse, accorgendosi improvvisamente non solo di essere ancora con l'asciugamano indosso, ma anche con il seno per metà scoperto. Arrossì con un peperone. Si coprì tirando più su il telo sul suo corpo.

- Ora v-va meglio? - chiese visibilmente imbarazzata.

- Diciamo di si, anche se non so scegliere fra quali delle due situazioni era meglio… - rispose il ragazzo pensieroso, portandosi una mano sotto al mento, era tutta una finta solo per vedere come avrebbe reagito la ragazza.

- C-cosa? Brutto pervertito esci subito dalla mia stanza! - gridò lei stringendo ancora di più l'asciugamano intorno al suo corpo. Lui sorrise divertito e uscì.

- Buona notte Amu. - disse prima di chiudersi la porta alle spalle.

- Buona notte Ikuto. - rispose lei, anche se sicuramente non l'aveva sentita.


Ho una cosa da dirvi per il prossimo capitolo:

"…" = queste rappresentano i discorsi al telefono.

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Capitolo 5
*** I don't know what i feel ***



Altro noioso giorno di scuola. Se il prof di matematica avrebbe continuato così Amu non sarebbe riuscita a tenere gli occhi aperti, che ogni tanto le si chiudevano. La sera prima era andata a letto tardi per finire di vedere un thriller insieme a suo fratello, dopo tutto era il genere che adorava. Ora però era stanchissima e in più ci si metteva il professore, che non solo insegnava una materia che non le era mai piaciuta, ma che era tremendamente noioso. Fece un grande sbadiglio prima di sentire il suono della campanella che segnava la fine di quella giornata di scuola.

- Hey Amu! - una ragazza con lunghi capelli biondi leggermente mossi le si era avvicinata e ora la stava fissando con i suoi grandi occhi nocciola.

- Oh, ciao Rima… - disse la ragazza coprendo un altro sbadiglio con la mano.

- Sei proprio stanca oggi, hai fatto le ore piccole ieri sera? - le chiese l'amica leggermente preoccupata.

- Si, ma ne è valsa anche la pena, era un bel film… - si alzò dalla sedia stiracchiandosi per bene, poi prese la cartella ed iniziò a camminare con affianco l'amica.

- Ah senti, oggi ti va di uscire? Io sono libera questo pomeriggio. - le disse ad un tratto Rima. Era raro che di pomeriggio i suoi genitori le permettevano di uscire.

- Oggi pomeriggio… - fece pensierosa Amu. - Non saprei dirti così su due piedi, caso mai poi ti chiamo.

- Ah, okay… comunque io sono arrivata, ti saluto. - le disse Rima mentre entrava in casa.

- Ciao Rima. - le rispose Amu per poi avviarsi verso casa sua, che non era tanto lontano da quella dell'amica. Passò qualche casa prima di arrivare davanti alla propria.

Una volta entrata si tolse le scarpe ed entrò in salotto.

- Sono tornata! - annunciò contenta, ma nessuno le rispose. Andò a guardare in cucina, ma stessa identica cosa, la casa sembrava vuota. Che sia in camera sua? pensò Amu. Corse di sopra e bussò alla sua porta.

- Ikuto, ci sei? - chiese la ragazza, aprì leggermente la porta scoprendo che neanche in camera c'era nessuno. Fece spallucce, anche se le dispiaceva essere sola in casa. Scese di sotto e andò in cucina intenta a prepararsi il pranzo. Ho proprio voglia di spaghetti in brodo… si disse. Aprì lo sportello della cucina cercando la confezione di pasta che le serviva. Era molto in alto, non ci sarebbe mai arrivata senza salire sopra qualcosa. Prese una sedia e dopo essersi messa in piedi su di essa allungò il braccio per cercare di prendere gli spaghetti, ma erano ancora troppo in alto. Si mise sulle punte, mentre la sedia traballava sotto di se. D'un tratto sentì la porta di casa.

- Sono a casa! - suo fratello era appena tornato ed ora stava entrando in cucina. Vedendo la sorella in quella posizione le rivolse uno sguardo interrogativo, scrutandola dalla testa ai piedi. - Che diavolo stai facendo Amu?

- Sto cercando di preparare il pranzo… - gli rispose la sorella mentre si estendeva con tutte le sue forze. - ci sono quasi… ecco l'ho preso!

Prese il pacchetto però si sbilanciò da sopra la sedia e stava per finire per terra se non fosse stato che suo fratello la prese in braccio appena in tempo.

- Che sciocca che sei, se volevi prendere gli spaghetti non dovevi far altro che chiedermelo. - le disse il fratello sempre con la sua aria tranquilla, ma guardandola profondamente negli occhi. Amu era arrossita e non sapeva se doveva dire o fare qualcosa. Sentire le mani del ragazzo che reggevano il suo corpo le scatenava dentro una miriade di emozioni. I loro volti non erano molto distanti, sarebbe bastato un movimento del capo in avanti che le loro labbra si sarebbero incontrate, ma non potevano. Amu si riscosse da quell'improvvisa trance:

- Ehm… la prossima volta lo farò, però ora se non ti dispiace io avrei fame. - gli disse mentre lui la faceva scendere. La ragazza preparò il pranzo e i due mangiarono in silenzio fino a quando Ikuto non lo ruppe:

- Sai, ho scoperto oggi che c'è una mostra di disegni in piazza Kiboku, se ti può interessare…

- Dici davvero? A che ora? - chiese subito interessata la ragazza.

- Inizia alle quattro e finisce alle nove della sera. Dura tre giorni, ho sentito che sono tutti disegni di ragazzi che hanno circa la nostra età. - le spiegò il ragazzo.

- Perfetto, io ci voglio andare! - esordì la ragazza.

- Immaginavo che lo avresti detto, allora ci andremmo insieme questo pomeriggio. - concluse lui alzandosi in piedi. - Io vado in camera.

Amu annuì sparecchiando e mettendosi a lavare i piatti. I loro genitori erano fuori per lavoro e a casa sarebbero rimasti soli per qualche settimana.

Finito di mettere a posto le posate prese il telefono e chiamò Rima.

" Pronto " - disse la biondina dall'altro capo del telefono.

" Ciao Rima, volevo dirti che purtroppo oggi non posso uscire con te "

" Che peccato, come mai? "

" Ecco, vado ad una mostra di disegno con Ikuto e… "

" Ah, ho capito. " la interruppe subito la ragazza. Si sentiva che era delusa e si poteva intuire anche che era scocciata, cosa di cui Amu non ne capì il motivo.

" Allora ciao, caso mai facciamo un'altra volta. "

" Sicuro, ciao Amu. "

La telefonata finì così. Amu posò il telefono e corse in camera sua a cambiarsi. Aprì l'armadio e scrutò bene tutti i vestiti fino a trovare quelli che avrebbe indossato. Mise un paio di pantaloncini corti in jeans e una canottiera blu notte. Infilò i sandali neri e si sedette sul letto aspettando l'ora di uscire. Erano solo le due, aveva due ore a disposizione. Per passare il tempo prese una rivista ed iniziò a sfogliarla mentre si stendeva sul letto a pancia in sotto. Il tempo però sembrava non passare mai a stare lì da sola in camera sua. Si alzò dal letto e uscì dalla stanza andando a bussare a quella del fratello. Le aprì il ragazzo.

- Amu, dimmi pure. - le disse facendole spazio per farla entrare.

- Ecco, non sapevo che cosa fare e sono venuta a vedere cosa facevi tu. - gli spiegò entrando e fermandosi davanti a lui.

- Io veramente non stato facendo niente, pensavo e basta. - le rispose.

- Pensavi? E a cosa? - gli chiese curiosa la sorella.

- Lascia stare… - rispose evasivo. Stavo pensando a te… si disse. - Sono solo le due e mezza, abbiamo ancora tempo prima di uscire.

- Appunto per questo, mi sto annoiando facciamo qualcosa! - gli disse mettendo le mani giunte davanti al suo petto. Ikuto si fermò a guardarla, scrutandola dalla testa hai piedi. Stupido, è tua sorella! si disse, ma la mente si ascolta poco in questi casi. Osservò il suo viso, quegli occhi caramello, dolci e grandi che lo guardavano. I cappelli, rosa e lisci, gli veniva voglia di carezzarli tutte le volte che li fissava. Poi lo sguardo cadde sulle sue labbra, rosee e morbide. Percorse con gli occhi tutto il suo corpo, eh si, era proprio bella sua sorella. Mia sorella, lei è mia sorella, non devo pensare certe cose di lei… si disse di nuovo, ma era più forte di lui, non ci riusciva.

- Ehm… Ikuto? Mi vuoi rispondere? - la ragazza riuscì a distoglierlo dai suoi pensieri. Tornò a guardarla negli occhi e ne lesse confusione, probabilmente non aveva capito perché si era incantato in quel modo.

- Scusami, cos'è che mi avevi chiesto? - le chiese allora.

- Ti avevo chiesto se ti andava di fare qualcosa! - gli rispose sua sorella incrociando le braccia al petto scocciata dal comportamento del ragazzo.

- Si, ma che cosa? - le domandò lui di rimando.

La ragazza ci pensò un attimo guardandosi intorno. D'un tratto il suo sguardo cadde su un oggetto. Gli si avvicinò e lo prese tra le mani porgendolo al fratello.

- Non se ne parla! - disse subito lui voltando la testa di lato.

- Daiiiii!

- No.

- Andiamo, è da tanto che non lo suoni!

- Beh, ora non mi va. - fece mettendo le mani sui fianchi.

- No, non ci credo, ti conosco troppo bene! - esclamò la ragazza ridendo.

- Ti ho detto di no. - disse nuovamente lui. Amu sbuffò posando il violino al lato del letto. - Anzi…

Alla ragazza si illuminò il volto.

- Si? - chiese ansiosa.

- Forse se mi dai in cambio qualcosa potrei accontentarti… - le disse avvicinandosi a lei. Più lui le si avvicinava più lei lo guardava senza capire, ma già con un lieve arrossamento sulle gote. D'un tratto però le venne in mente una cosa, volle fare una prova per vedere come avrebbe reagito suo fratello. Gli si avvicinò anche lei e alzandosi sulle punte lo fissò in volto.

- E cosa vorresti, sentiamo… - gli disse in tono provocatorio. Lui rimase un po' stupito da quell'atteggiamento, non era da lei, ma se voleva giocare l'avrebbe accontentata. Avvicinò leggermente il suo viso al suo, notando che più si avvicinava più lei si abbassava perdendo quell'audacia che fino a un secondo fa aveva preso. Le sorrise beffardo mentre si avvicinava sempre di più al suo volto. Chiunque li avrebbe visti li avrebbe definiti come due ragazzi che non si erano ancora rivelati i loro sentimenti, non fratello e sorella che si divertivano a stuzzicarsi.

- I-Ikuto. - balbettò lei mentre il viso del ragazzo si faceva sempre più vicino, sempre più vicino fino i nasi non si sfiorarono appena, solo in quel momento Ikuto si ritrasse da quel contatto e guardò l'orologio.

Le tre e un quarto, se il tempo passa così veloce quando si fanno certe cose doveva farlo più spesso. Cosa che di certo non gli sarebbe affatto dispiaciuta.

- Beh, è quasi ora di andare, il posto non è tanto lontano, meglio partire tra un quarto. - le disse il fratello. La ragazza annuì ancora porpora in viso. Il cuore le andava a mille e ancora non credeva a quello che stava per succedere. Dosa diavolo mi sta succedendo? Lui è mio fratello, è solo mio fratello... pensò la ragazza. - Ehi Amu!

Il richiamo di Ikuto la riscosse.

- Si?

- Vogliamo andare? - le chiese.

- Ma non sono ancora le tre e mezza.

- Non importa, almeno facciamo la strada con calma.

La ragazza sorrise e annuì uscendo dalla stanza con il fratello. Appena arrivati all'ingresso misero le scarpe e aprirono la porta di casa richiudendola alle spalle ed iniziando a camminare.

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Capitolo 6
*** When you know the truth ***


- Ikuto vieni qui! - gridò una ragazza dai capelli rosa intenta a guardare un disegno.

Il ragazzo le si avvicinò.

- Si, cosa c'è Amu? - le chiese.

- Guarda che bello questo! - esclamò lei indicando un disegno che rappresentava un parco con degli alberi spogli che ispiravano davvero tristezza, inoltre in lontananza si scorgevano delle croci. Era disegnato a matita, in bianco e nero e Ikuto dovette ammettere che era davvero fatto bene. Poi si riscosse. Non ricordava che sua sorella avesse dei gusti così macabri, ma che le era preso?

- Si, è bellissimo, ma da quando ti piacciono certe cose? - le chiese il ragazzo notando come guardava incantata quel disegno.

Amu sentendo le sue parole posò lo sguardo verso i suoi piedi arrossendo lievemente.

- Beh… diciamo che ho ampliato leggermente i miei gusti. - gli rispose. Il ragazzo sorrise. Le si mise davanti alzandole il mento con due dita.

- Non ho mica detto che non mi piacciano. - le disse facendola arrossire.

- O-okay. - balbettò la ragazza imbarazzata. Perché sono arrossita? Lui è mio fratello, ti prego Amu smettila di imbarazzarti... implorava a lei stessa inutilmente. Grazie al cielo suo fratello la lasciò.

- Senti Amu, sai che ore sono? - le chiese.

La ragazza tirò fuori il suo cellulare e guardò il display.

- Accidenti, sono quasi le otto! - esclamò.

- Forse è meglio che andiamo. - le rispose allora il ragazzo prendendole la mano. Lei annuì solamente e lo seguì mettendosi il cellulare in tasca.

Stavano camminando per strada quando qualcosa attirò l'attenzione di suo fratello.

- Hey Amu! - le fece dandole una leggera gomitata su un braccio.

- Si, dimmi Ikuto! - rispose lei.

- Che ne dici di prenderci un gelato? - le propose.

- Ma è quasi ora di cena!

- Allora vorrà dire che per cena mangeremo quello. - le disse indicando la gelateria.

Amu ci pensò un attimo poi annuì.

- Che gusto vuoi? - le chiese suo fratello mentre sceglieva il suo.

- Mmm…. vediamo un po'… - fece con aria pensierosa. - Voglio… il pistacchio!

- Finalmente hai deciso… - le fece lui sarcastico.

- E tu che gusto vorresti ah? - gli chiese di rimando la sorella.

- Dunque… io….

Amu scoppiò a ridere.

- Io cioccolato. - annunciò in fine Ikuto.

- Finalmente hai deciso… - gli disse la ragazza cercando di imitare il suo modo di parlare.

Dopo qualche minuto uscirono dalla gelateria e si sedettero su una panchina lì fuori.

- Ancora ti piace il cioccolato? - gli chiese la sorella dando una leccata al suo gelato.

- Si, perché a te non piace ancora il pistacchio? - le chiese di rimando.

- Il pistacchio è molto più buono del cioccolato. - rispose mentre stava dando un'altra leccatina.

- Ora vedremo… - le disse lui avvicinandosi al suo gelato e leccandone un po' sfiorando la lingua di Amu. La ragazza ebbe un brivido a quel contatto, mentre il ragazzo si allontanò subito. - Si… - le disse leccando nuovamente il suo gelato. - devo dire che non è male il pistacchio…

Lo disse con voce maliziosa, cosa che fece intuire subito ad Amu a cosa si riferiva, per questo diventò all'istante un pomodoro.

- Vuoi provare il mio? - le chiese il ragazzo porgendole il suo cono gelato. La ragazza deglutì, poi piano tirò fuori la lingua e diede una breve leccatina al cioccolato.

- Beh… ti piace il sapore? - le chiese in un orecchio con una punta di malizia nella voce.

La ragazza deglutì nuovamente.

- S-si… - rispose continuando a mangiare il suo gelato. Da quando è diventato così malizioso? si chiese arrossendo ancora di più, tanto da far contrasto con i capelli.

Il ragazzo le spostò una ciocca di capelli per vederle il viso di lato, avvicinandolesi.

- Hey piccola, perché sei arrossita? - le chiese.

Lei si allontanò voltandosi verso il fratello.

- E… e me lo chiedi? Mi tratti come se fossi la tua ragazza, non tua sorella! - gli disse senza pensare. Il ragazzo spalancò gli occhi e lei abbassò lo sguardo, era proprio vero, però non poteva farci niente se qualcosa dentro di lui lo spingeva a comportarsi così.

Finirono il gelato in un silenzio quasi religioso per poi avviarsi verso casa senza dire una parola, ma solo immersi nei loro pensieri. Ogni tanto si lanciavano qualche sguardo di sottecchi, ma anche se tutti e due se ne accorgevano nessuno osava parlare.

Entrati in casa salirono al piano superiore e ognuno si diresse nella propria camera senza dare la buonanotte all'altro, come di solito facevano.

Amu si sdraiò nel letto prona, La faccia premuta contro il cuscino quasi le impediva di respirare, ma era proprio quello che voleva. Nel momento in cui aveva pronunciato quella frase si sarebbe voluta sotterrare. Non solo perché aveva ferito il fratello, ma perché aveva ferito in un certo senso anche lei. Dopo tutto non le dispiaceva quando si comportava così, solo che l'imbarazzo riusciva sempre a frenare tutto in lei e allora le capitava o di dire o di fare cose che non avrebbe voluto.

In un'altra stanza vicino a quella della ragazza stava accadendo una cosa simile.

Ikuto era sdraiato nel letto, supino, con le braccia dietro la testa e le gambe incrociate. Fissava il soffitto, come se fosse la cosa più interessante in quel momento. Le parole di sua sorella erano vere e lui lo sapeva. Probabilmente era per questo che gli facevano male. Si girò su un lato sospirando. Si era accorto da tempo di quello che provava per sua sorella e allo stesso tempo si era accorto che il suo amore non era fraterno. Questo si che faceva male. Tra tutte le ragazze che c'erano al mondo doveva proprio provare quel genere di sentimenti per Amu! Eppure anche se sapeva che era sbagliato, sperava in cuor suo che lei provasse lo stesso per lui.

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Capitolo 7
*** Doubs ***


Ikuto passeggiava lentamente per le strade affollate di Tokyo, con sua sorella dopo quel giorno non aveva più avuto un dialogo aperto come era loro solito. Perché, perché era successo tutto questo? Voleva rimediare, doveva rimediare. Il rapporto che aveva con Amu era il più prezioso al mondo e lui l'altro giorno lo aveva quasi rovinato comportandosi in quel modo, questo era quello che pensava.

Si era fatta sera, sicuramente sua sorella stava preparando la cena. I loro genitori erano ancora via, l'altro giorno li avevano chiamati avvertendoli che sarebbero tornati fra tre settimane. Aveva tanto tempo da passare solo con lei, non voleva sprecarlo. E voleva impiegarlo al meglio possibile, anche se la telefonata dei suoi genitori l'aveva lasciato leggermente perplesso.


Inizio Flashback


Il telefono stava squillando da minuti interi ormai. Amu era uscita dalla doccia in fretta e furia, con addosso un asciugamano messo in quel momento.

" Pronto " aveva risposto.

" Ciao tesoro "

" Ciao mamma! Come state? "

" Benissimo e voi? Va tutto bene a casa? "

" Si si, tutto bene " mentre Amu rispondeva Ikuto era sceso dalle scale chiedendo chi era. - È mamma… - gli aveva sussurrato.

" C'è tuo fratello lì con te? " le aveva chiesto sua madre.

" Si, vuoi parlare con lui? "

" Si, passamelo… "

- Tieni… - disse porgendo il telefono a Ikuto. - vuole parlare con te.

Il ragazzo aveva preso l'apparecchio e se l'era portato all'orecchio.

" Pronto mamma. "

" Ciao tesoro, come stai? "

" Bene, voi invece, vi state ammazzando di lavoro? " le aveva detto sarcastico.

" No, non direi… però… "

" Che cosa? "

" Torneremo tra circa tre settimane, se non di più, quindi mi raccomando… " gli aveva detto queste parole con uno strano tono nella voce.

" Cosa? "

" … "

" Mamma! Mi raccomando cosa? " aveva esclamato Ikuto infastidito dal comportamento della madre.

" Ricorda che siete fratelli… " gli aveva detto per poi riattaccare.

- Che ha detto? - gli aveva domandato la sorella una volta che lui aveva ri-agganciato la cornetta.

- Torneranno fra tre settimane… - le aveva risposto lui pensieroso.

- Così tanto? Ma gli fanno fare il tour de force! - gli aveva detto ironica. - Poi?

- Poi cosa?

- Cosa ti ha detto di altro?

- Ehm… non ho capito molto bene le ultime parole.

- Perché, è caduta la line? - gli aveva chiesto lei.

- Probabilmente è così… - le aveva risposto per poi salire in camera. Che avesse capito tutto? si era chiesto prima di addormentarsi.


Fine Flashback


Sua madre non era stupida, per cui non sarebbe stato tanto strano se avesse capito i suoi sentimenti ma, anche se non sapeva il perché, questa cosa lo infastidiva. Scosse la testa per cercare di non dover pensare oltre. Stava ancora camminando quando una cosa attirò la sua attenzione.

A casa, Amu era intenta a cucinare la cena ma non era l'unica cosa che si era permessa di preparare, infatti aveva cucinato anche una bella sorpresa per il fratello. Voleva e doveva farsi perdonare da lui, perché anche lei teneva molto al loro rapporto, che era sempre stato aperto. Si erano sempre confidati l'uno con l'altra e questo ad Amu piaceva. L'idea che era colpa sua se questa cosa non sarebbe mai potuta accadere di nuovo e che suo fratello fosse triste per le sue parole la mandava fuori di testa. Certo, un dolcetto non risolve una situazione ma aiuta a trovare un buon pretesto per iniziare una conversazione. Quindi tutti e due erano preoccupati per quello che era successo. Ikuto perché credeva che la sorella non provava i suoi stessi sentimenti e perciò era preoccupato per come si era preoccupato gli ultimi tempi. Amu perché credeva che con quella stupida frase detta senza riflettere aveva rovinato il loro rapporto.

Sentì il rumore della porta che si apriva e si richiudeva. Era tornato a casa, tra poco avrebbe varcato la porta della cucina per mangiare e sarebbe stato lì che si sarebbe fatta avanti.

Ikuto era davvero nervoso. Quello che aveva comprato non era neanche sicuro che le sarebbe piaciuto ma era una buona scusante per parlare. Ora non doveva fare altro che entrare in cucina e cercare di risolvere quella situazione una volta per tutte.

Amu intanto stata apparecchiando. A vederla sembrava tranquilla mentre apparecchiava la tavola per due. In realtà dentro di se l'agitazione e l'impazienza stavano crescendo a dismisura. Ma quanto ci voleva a suo fratello per entrare in cucina? E se non avesse avuto fame? E se non voleva parlare? E se magari lo aveva ferito così tanto che non avrebbe più voluto riallacciare i rapporti con lei? Scosse la testa, pensare negativo non le sarebbe servito a niente, anzi peggiorava la situazione. Fece un respiro profondo e prese la padella con dentro la cena, facendo i piatti e sperando con tutto il cuore che le cose sarebbero andate per il meglio.

Il ragazzo dai capelli blu era paralizzato sulla porta, non riusciva ad aprirla. Aveva troppa paura di sentirsi dire da Amu che lui era solo suo fratello e che era per questo che gli aveva detto quelle cose. Ma doveva farsi coraggio, restando lì non sarebbe andato da nessuna parte. Fece un respiro profondo e aprì la porta.

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Capitolo 8
*** Presents and apologies ***


Fece un respiro profondo e aprì la porta. Amu si voltò verso di lui. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, poi tutti e due li distolsero fissando il pavimento.

- Ascolta… - dissero all'unisono.

- Prima tu. - disse Amu. Ikuto fece un altro respiro profondo, non credeva gli sarebbe mai mancato tanto ossigeno, ed iniziò a parlare:

- Ascolta Amu, io, non so come dirlo… io credo, si beh… ecco…

- Ikuto organizza la frase e poi dilla, altrimenti non capisco una sola parola di quello che…

- Mi dispiace. - la interruppe lui alzando lo sguardo e posandolo nei suoi occhi color caramello.

- Tu mi stai dicendo…

- Sto dicendo che non volevo farti soffrire.

- Cosa? Ma guarda che…

- Si lo so che sono un idiota! Dillo pure, ti ascolto…

- Allora fammi parlare, vedi io…

- Il fatto è che non riesco a non comportarmi così perché tu sei importante per me quindi… - la ragazza stanca di essere interrotta prese una cosa da un cesto sopra il tavolo lì vicino e glielo infilò in bocca. Ikuto si tolse il muffin ai mirtilli dalle labbra assaggiandone però un pezzo. - Buono!

- Li ho fatti per te… - iniziò a dire la ragazza. - Non sei tu quello che deve scusarsi, ma io. Sono stata una stupida a dire quelle cose. Anche tu sei importante per me. E vorrei tanto poter tornare al rapporto che avevamo prima.

Lui la fissò per un attimo, teneva lo sguardo basso ed era leggermente arrossita. Posò il dolcetto sul tavolo e le si avvicinò. Prendendole il viso fra le mani con delicatezza le alzò il volto costringendola a guardarlo negli occhi. La tentazione era enorme in quel momento di mettere fine alla distanza che c'era fra loro, ma si limitò a darle un piccolo bacio sulla fronte. Poi staccatosi da lei prese la borsa e ne tirò fuori un pacchettino bianco che porse alla ragazza.

- Non sei stata l'unica a pensare di addolcire la situazione con un regalo. - le disse mentre la ragazza lo prendeva dalle mani del fratello e lo apriva.

- Ikuto… - mormorò guardando il quaderno nero che aveva davanti. Era di medie dimensioni e possedeva un lucchetto argentato per chiuderlo. - È bellissimo.

- Puoi scriverci quello che vuoi, pensieri, poesie, puoi disegnarci, oppure puoi farne il tuo ricettario personale. - le spiegò.

- Grazie davvero… - gli disse.

- Dai non fare troppo la sentimentale che non ti ci vedo! - le fece lui ironico.

- Stupido che non sei altro, sempre il solito eh? - gli rispose lei per poi correre ad abbracciarlo. - Ma è così che ti voglio…

Gli disse. Restarono così per alcuni minuti. Lei che lo abbracciava forte poggiando la guancia sul suo petto. Lui che con un braccio le circondava le spalle e l'altro le accarezzava i capelli. Fu lei a sciogliere il contatto guardando di nuovo il regalo di suo fratello, stranamente l'unica persona che azzeccava sempre i suoi gusti.

- Ma la chiave del lucchetto dov'è? - gli chiese d'un tratto lei mostrandogli il quaderno.

- Me ne ero quasi dimenticato… - fece lui tirando fuori dalla tasta una chiave argento. - Eccola.

Detto questo infilò la chiave nella serratura e fece scattare il lucchetto che si aprì. Poi la porse alla sorella.

- Tieni. - le disse. Lei la prese osservandola per poi depositarla insieme al block-notes sopra una sedia vicino mentre si sedeva a tavola.

- Dai ora mangiamo! - gli disse la ragazza prendendo le bacchette iniziando a cenare. Lui la seguì a ruota sedendosi e gustando quella delizia.


Erano le nove di sera e nessuno dei due aveva sonno, per questo optarono per vedere un film insieme.

- Sai che domani sarò in coma se vediamo il film vero? - gli chiese lei.

- Lo so, ma è un bel film quello che ho in mente di farti vedere, vedrai non te ne pentirai. - le rispose lui mettendo su un dvd, lo aveva comprato da poco, ma con la scuola le occasioni di vedere un bel film durante la settimana erano poche, per questo il sabato era l'unica soluzione.

- Di che film si tratta? - gli chiese ad un tratto Amu.

- 'Il silenzio degli innocenti' . - le rispose lui sedendo accanto a lei sul divano.

- L'ho sentito dire, in effetti dicono che sia un bel film.

- Ora lo vedremo… - fece lui avvicinando sua sorella a sé mentre il film iniziava.

Così un'ora e cinquantotto minuti li passarono a vedere un thriller avvincente. Ai titoli di coda Ikuto spense la televisione e si alzò dal divano.

- Ottima scelta! - gli disse lei alzandosi a sua volta e sbadigliando.

- Grazie… - le rispose lui. - Sicura di riuscire a reggerti in piedi fino alla tua stanza?

Le chiese poi lui, aveva seguito il film attentamente, ma non era abituata a stare in piedi fino a tardi e si vedeva quanto era stanca.

- Ora lo vedremo. - rispose lei iniziando a fare qualche passo verso le scale fino a che non si sentì presa in braccio. - Ikuto, che stai facendo?

- Ti porto a dormire, un altro passo e saresti caduta a terra come un sacco di patate. - le rispose lui salendo le scale. La ragazza chiuse gli occhi, era davvero stanca, ma a quanto pare ne era valsa la pena. Sorrise al suo pensiero leggermente malizioso. D'un tratto si sentì poggiare su qualcosa di morbido. Un letto, non c'erano dubbi. Non aprì gli occhi, neanche quando sentì un leggero movimento. Restò così attendendo paziente che il sonno si impossessasse di lei.


Il mattino dopo i raggi del sole filtravano attraverso il vetro della finestra illuminando, sebbene in parte, il viso di Amu. Infastidita da quella luce tentò di aprire gli occhi, ma fu subito accecata dai raggi del sole. Per questo dovette spostarsi leggermente in dietro per poi aprire piano un occhio dopo l'altro. Lì per lì non realizzò subito quello che stava accadendo. Si limitò a infilarsi sotto le coperte e a mormorare un buongiorno. Si stava per riaddormentare quando si accorse che c'era qualcun altro accanto e lei. Scattò seduta guardando suo fratello che dormiva profondamente girato su un lato. Che cosa ci faceva lì? Si guardò intorno, ma quella non era la sua stanza, era quella di Ikuto. Perché si trovava lì? Dovrebbe essere in camera sua. Poi d'un tratto ricordò. La sera prima era stato lui a portarla a letto, ecco che cos'era stato il leggero movimento che aveva sentito prima di addormentarsi. Si avvicinò al suo fratello e mettendogli una mano sulla spalla iniziò a scuoterlo leggermente.

- Ikuto? Hey Ikuto, sveglia… - gli disse piano in modo da farlo svegliare dolcemente.

Il ragazzo però non dava segni di vita, anzi, per quanto stesse composto ad Amu venne anche il dubbio che non respirasse.

- Accidenti a te iKuto, svegliati! Mi devi delle spiegazioni fratellino… - gli disse lei sempre a basso tono della voce e scuotendolo per la spalla.

Finalmente dopo qualche tentativo riuscì a svegliarlo. Il ragazzo si alzò lentamente portandosi a sedere sul letto e stropicciandosi gli occhi, era davvero buffo quando faceva così, sembrava un bambino piccolo. Guardò la ragazza davanti a se.

- 'Giorno Amu… - le disse con la voce ancora insonnolita. - Già sveglia?

- Mi devi delle spiegazioni Ikuto… - gli disse lei. Vedendo che il ragazzo non capiva glielo spiegò. - Questa mattina invece di svegliarmi nel MIO letto, mi sono svegliata nel TUO. Ora saresti così gentile da spiegarmi perché?

- Beh… - disse il ragazzo. - Tu hai detto che volevi tornare in buoni rapporti con me e io ho deciso di iniziare da subito a riallacciarli.

Amu spalancò la bocca, che spiegazione era? Degna di suo fratello. Scosse la testa ridendo.

- Sei incorreggibile… - gli disse. - Comunque ho dormito bene… con te in tendo.

Gli disse in ultimo, mentre si alzava ed usciva dalla stanza a testa bassa e con un leggero rossore a colorarle le gote.

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Capitolo 9
*** At the amusement park ***


- Per me è una cosa da bambini. - disse Ikuto non appena Amu ebbe finito di parlare.

- E dai! - esclamò la ragazza mettendo le mani giunte davanti al volto.

- Non mi va di venire. - le rispose lui serio. La ragazza sbuffò, doveva convincerlo, ma non sapeva come fare, quando ad un tratto le venne in mente un'idea.

- E va bene, vorrà dire che ci andrò con Tadase al luna park. - gli disse mentre saliva le scale. Quel nome, suo fratello sgranò gli occhi guardandola con la bocca aperta.

- Tadase? Non ci puoi andare con Rima? - le chiese. Tombola! si disse la rosa soddisfatta.

- Perché? Non sarai mica geloso… - gli disse lei ormai arrivata davanti alla porta della sua stanza. Il ragazzo la raggiunse. Le prese il mento tra due dita e glielo alzò.

- Se fosse così cosa faresti? - le chiese. Ecco, l'aveva spiazzata. E ora che gli rispondo? si chiese mentre arrossiva.

- Beh… ecco… - cercò di dire qualcosa, ma uscirono solo parole sconnesse. Vedendola così impacciata Ikuto sorrise.

- E va bene, hai vinto! - le disse ad un tratto.

- Vinto? - gli chiese la ragazza confusa.

- Si, ti ci porto io al luna park.

Amu sorrise soddisfatta.

- Bene, allora alle quattro si parte, sii puntuale. - si raccomandò sua sorella aprendo la porta della sua stanza.

- Con te nei paraggi è difficile non esserlo. - le rispose ironico per poi entrare nella camera di sua sorella.

- Hey! Hey! Che stai facendo?

- Se vuoi che sia puntuale sarà meglio che tu mi sia vicino. E poi mi devi un favore, anzi due. - le spiegò suo fratello.

- Come?

- Eh si! Uno per l'altro giorno, ricordi con chi hai dormito? - le chiese leggermente malizioso. La ragazza arrossì e distolse lo sguardo annuendo. - Uno per oggi.

- Nessuno ti ha costretto! - ribatté la sorella di rimando.

- Però siccome lo faccio quasi contro la mia volontà…

- Quasi?

- Allora mi devi un favore. - terminò il fratello sdraiandosi sul letto.

- Ripeto: quasi? - gli chiese curiosa, ma senza ottenere risposta. Suo fratello era steso sul suo letto, teneva gli occhi chiusi e le braccia erano incrociate dietro la nuca. - Ehm… devi proprio stenderti?

Lui aprì un occhio.

- Non posso?

- Intendevo dire che almeno potevi lasciarmi un po' di spazio! - esclamò lei sbuffando. Il ragazzo si spostò un tantino verso destra.

- Vieni. - le disse aprendo di nuovo gli occhi. Poi notando che la ragazza non faceva altro che arrossire si mise seduto nel letto guardandola divertito. - Oh andiamo, abbiamo anche dormito insieme!

- Io non ero cosciente. - si giustificò la ragazza incrociando le braccia.

- Può darsi, fatto sta che… - lasciò la frase in sospeso, per poi riprenderla. - Dai Amu, vieni qui a farmi compagnia!

Amu mosse qualche passo in direzione del suo letto, arrivata al bordo si fermò di colpo.

- Allora? - fece il fratello, ma la ragazza non accennava a muoversi, perciò decise di provvedere lui per lei prendendole il braccio e facendo cadere la ragazza tra le sue braccia.

- Ma cosa…

- Se aspettavo a te sarebbero arrivate le quattro in un lampo. - la interruppe il ragazzo sdraiandosi con lei. Amu era ancora imbarazzata, poi si lasciò andare anche lei, poggiando la guancia sulla sua spalla e stringendosi a lui.


- Amu? Amu? - la ragazza sentendo il suo nome aprì gli occhi e si alzò lentamente dal letto. Mi devo essere addormentata… si disse.

- Ikuto, è già ora di andare? - gli chiese mentre apriva l'armadio. Suo fratello se ne stava seduto sul letto, già pronto per uscire.

- Si, sono le quattro meno dieci. - le rispose.

- Ehm, Ikuto? - lo richiamò Amu mentre prendeva dei vestiti.

- Si, dimmi.

- Mi devo vestire.

- Fai pure. - disse lui tranquillo.

- Esci!

- Perché?

- C-come perché? Non ho mica intenzione di vestirmi davanti a te! - gli disse.

Il ragazzo si alzò dal letto e uscì dalla stanza dicendo:

- Come se fosse la prima volta che ti vedo mezza nuda.

Amu arrossì. Si sbrigò a vestirsi e raggiunse l'ingresso, dove c'era suo fratello ad attenderla.

Arrivarono al luna park in pochi minuti.

- Che giostra vuoi fare per prima? - le chiese Ikuto.

- Vediamo… andiamo sulle montagne russe? - chiese la ragazza indicando la giostra scelta.

- E sia. - acconsentì il ragazzo andando dirigendosi con lei verso la struttura.

Passarono un paio d'ore in quel luogo, a provare giostre e a ridere insieme, divertendosi un mondo, proprio come facevano quando erano piccoli.

- Hey Ikuto? - fece ad un tratto sua sorella mentre stavano tornando a casa.

- Si?

- Mi sono divertita tantissimo oggi.

- Si, anche io.

- Ma come, non erano cose per bambini? - gli fece la sorella, dandogli una leggera gomitata, scherzando.

- Perché chi ho portato al parco giochi? - le chiese lui di rimando.

Amu non si scompose, decidendo di continuare quel gioco.

- E perché io con chi ci sono andata?

- Ma guarda un po', hai imparato a rispondere piccola? - le chiese circondandole con un braccio le spalle.

Piccola? ripeté Amu nella mente. Da quando mi chiama così?

- Siamo arrivati. - le annunciò ad un tratto suo fratello aprendo la porta ed entrando, seguito subito da lei.

- Vuoi cenare? - gli chiese la sorella.

- Veramente non ho molta fame.

- Meglio così, non ho voglia di cucinare oggi. - rispose la ragazza stiracchiandosi e salendo le scale. - Vado in camera.

- Cosa? Ma sono solo le sette!

- Lo so.

- E sei così stanca da andare a dormire adesso?

- Non vado a letto. -.-'

- E allora che vai a fare?

- A scrivere. - gli rispose per poi entrare nella sua stanza. Suo fratello sorrise, a quanto pare il suo regalo le era piaciuto davvero.

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Capitolo 10
*** Surpraise ***


Lunedì, il giorno più brutto della settimana. Una ragazza dai capelli rosa si era appena alzata dal comodo letto che fino a cinque minuti prima l'aveva ospitata, tenendola calda sotto le coperte. Si stiracchiò emettendo un lieve gemito, per poi alzarsi e rifare il letto. Guardò la sveglia. Le sei e tre quarti. Si era svegliata presto quella mattina. Meglio così, almeno poteva fare tutto con calma. Si spogliò, piegando il pigiama lilla con cura e riponendolo sotto il cuscino. Aprì l'armadio e percorse con lo sguardo tutti i vestiti che aveva appesi fino a raggiungere la divisa scolastica. Si mise prima la camicia bianca, poi la gonna che le arrivava di dieci centimetri buoni sopra il ginocchio, nera. In fine sopra una giacchetta, nera anch'essa. Si sedette sul letto così da potersi mettere le parigine bianche e poi infilarsi le scarpe di un marrone scuro, che personalmente odiava.

Scese le scale ed entrò in cucina dove trovò suo fratello a fare colazione.

- Tu in cucina che ti prepari la colazione? - chiese incredula sedendosi davanti a lui.

- Non essere così sorpresa, piuttosto mangia… - gli disse suo fratello mentre si alzava e prendeva la cartella. - Io vado.

- Cosa? Aspettami! - esclamò sua sorella. finì in un lampo la colazione, prese anche lei la borsa della scuola e lo raggiunse in tempo prima che lui chiudesse la porta.

- Ti andrà di traverso la colazione. - le disse lui iniziando a camminare. Amu scrollò le spalle per poi seguire il ragazzo.

Arrivati a scuola, davanti alla classe della ragazza, prima di andare via Ikuto le disse:

- Appena esci ho una sorpresa per te.

- Ah? - chiese sua sorella confusa, ma lui si era già dileguato. La rosa entrò in classe e si andò a sedere al suo banco pensando alle parole del fratello. Che cosa avrà in mente? si chiese. Continuò a pensare a che cosa avesse organizzato il fratello fino a che il professore non entrò in classe. Non era solo, vicino a se entrò anche un ragazzo. Alto, occhi verdi e capelli di un castano scuro. E questo chi è? si chiese la ragazza fissandolo curiosa. Sarà un nuovo studente?

- Buongiorno ragazzi… - iniziò il professore. - Come potrete vedere avete un nuovo compagno di scuola.

Il ragazzo fece un cenno del capo a mo di saluto.

- Piacere di conoscervi, il mio nome è Eijiro. Eijiro Satou. - si presentò il ragazzo per poi andarsi a sedere dopo aver avuto il permesso del professore.

- Mettiti in quel banco vuoto là infondo. - gli disse l'insegnante indicando il banco vicino ad Amu. Lui si sedette ed iniziò a tirare fuori il materiale.

- Bene ragazzi, iniziamo… - disse il professore dando inizio alla lezione di giapponese.

La lezione finì presto, probabilmente perché quella era una materia che Amu digeriva quasi quanto inglese.

Arrivò la ricreazione e la ragazza si alzò per uscire dall'aula, quando una mano sulla spalla la fermò. Si girò trovando davanti a se il nuovo ragazzo.

- Cosa c'è? - gli chiese scrollandosi la sua mano di dosso.

- Scusa, volevo solo sapere come ti chiamavi. - le disse il ragazzo.

- Hinamori Amu. - gli si presentò la rosa. Poi riprese a camminare e uscì dall'aula. Non che volesse essere scortese, ma voleva assolutamente scoprire che cosa aveva in mente Ikuto.

In corridoio non c'era.

- Che sia rimasto in classe? - si chiese Amu. Andò a controllare in aula, a neanche lì era. - Ma dove diavolo si è cacciato?

Continuò a cercarlo fino a che la campanella non suonò e lei fu costretta a tornare in classe.

Per il resto delle lezioni la mente di Amu era concentrata solo su un pensiero che aveva preso il nome di Ikuto. Che diavolo starà combinando? Non è da lui sparire in questo modo, dove si era nascosto? Quando torno a casa gliene dico quattro… si disse mentre l'insegnante continuava a spiegare i problemi di geometria analitica.

La campanella suonò la fine della scuola cogliendo di sprovvista Amu che fece un piccolo salto. Si alzò e stava mettendo a posto i libri nella cartella quando qualcuno le si avvicinò.

- Ehm, ciao Amu… - era Eijiro. Ancora lui, ma cosa vuole? pensò la ragazza scocciata.

- Si, ci vediamo. - disse lei evasiva uscendo dall'aula.

Il ragazzo rimase a bocca aperta e con gli occhi spalancati. Ma cosa le ho fatto? si chiese grattandosi la testa.

Amu intanto stava tornando a casa. Ikuto neanche lì fuori si era fatto vivo, iniziava davvero ad arrabbiarsi. D'un tratto qualcuno le mise una mano sulla spalla.

- Uff, ma oggi mi volete proprio rompere! - sbottò la ragazza voltandosi.

- Ehm, scusa. - le disse Tadase.

- Tadase! No scusa tu, oggi sono un po' nervosa. - disse la ragazza anche se un po' scocciata.

- Non ti preoccupare, volevo solo chiederti se ti andava di uscire oggi pomeriggio. - le disse lui sorridendole.

- Mi dispiace molto, ma oggi esco con Ikuto.

- Ikuto? Di nuovo? Non ci esci sempre con lui? - le disse il ragazzo con tono deluso.

- Beh, si e allora? Dopo tutto è mio fratello.

- Appunto, è solo tuo fratello Amu. Chi vi vede potrebbe dire che siete fidanzati. - le disse sempre triste ma con una punta di gelosia nella voce.

Amu a quelle parole spalancò gli occhi. Perché Tadase mi sta dicendo queste cose? si domandò. Non si sarebbe mai aspettata si sentire quelle cose proprio da quel ragazzo, che cosa gli importava a lui se lei preferiva stare con suo fratello?

- Scusami, ma devo andare… - fece sbrigativa voltandosi e correndo verso casa sua.

- Sono tornata! - disse una volta entrata a casa, ma non ricevette risposta. - Adesso basta. Passi a scuola, passi il tragitto per tornare a casa ma qui non passi!

E detto questo corse di sopra e senza troppi ripensamenti spalancò la porta della camera di suo fratello. Trovò il ragazzo intento ad aprire la custodia di uno strumento.

- I-Ikuto? Tu… e il violino? chiese lei incredula spalancando gli occhi.

- Giuro che siamo solo amici. - le rispose lui finendo di aprire la custodia e tirando fuori il violino.

- Stupido! Intendevo dire che stai suonando. - si spiegò la sorella. Poi d'un tratto si ricordò che doveva dargli una bella lezione. Gli si avvicinò spedita e messe le mani nei fianchi iniziò. - Allora, tu mi devi delle spiegazioni!

- Ah?

- Che cavolo ti è saltato in mente e soprattutto dove sei sparito per tutto questo tempo? - gli domandò arrabbiata.

- Sei curiosa eh?

- Certo che lo sono! - sbottò Amu. Ikuto si mise a ridere. - Cos'hai da ridere?

- Tu, mi fai troppo ridere… - disse, poi dopo essersi calmato riprese a parlare. - Comunque se proprio vuoi sapere cosa avevo in mente, è questo.

Disse mostrandole il violino.

- Ehm… il tuo violino che da quando sei nato che ce l'hai? - gli chiese confusa.

- No, ho scritto una nuova melodia e l'ho dedicata ad una buffa ragazzina dai capelli rosa. - le spiegò.

- Oh… Beh… Ecco…

- Credo che un grazie basti. - le disse Ikuto vedendola così impacciata.

- Si… giusto… grazie... - fece imbarazzata arrossendo lievemente. - Comunque non mi hai ancora spiegato dove sei finito da stamattina fino a dopo la scuola.

- A scuola ero in aula di musica a provare il brano, poi sono uscito prima per poterlo provare anche a casa, ma a quanto pare non ho fatto in tempo, spero solo che ti piaccia lo stesso. - disse e dopo aver messo il violino sulla spalla iniziò a suonare una bellissima melodia. Sua sorella rimase a guardarlo incantata, era davvero bello quando suonava, aveva un'espressione concentrata sul volto e allo stesso tempo serena. Teneva gli occhi chiusi mentre suonava quella fila di note. Questa musica… l'ha davvero scritta per me? pensò mentre anche lei chiudeva gli occhi e si lasciava trasportare dal suono di quel meraviglioso strumento. Quella musica era bella, ma sapere che era stato lui a scriverla e che adesso la stava suonando per lei valorizzava di più quel brano.

Quando la musica finì la ragazza aprì gli occhi andando a puntare il suo sguardo miele su quello ametista del fratello.

- Ti è piaciuta? - le chiese lui posando il violino e avvicinandosi a lei.

- Si… - disse piano, ancora incantata da come suo fratello aveva suonato. Lui si abbassò alla sua altezza fino a mettere il suo viso a qualche centimetro da quello della ragazza, che si riscosse improvvisamente. - Cioè… no, o meglio si si mi è piaciuta molto e sono contenta che tu l'abbia scritta per me questa bella melo…

Non riuscì a finire la frase poiché le labbra di Ikuto premute sulle sue glielo impedirono. Ci mise qualche secondo a realizzare quello che stava accadendo. Non può essere vero… si disse. Il ragazzo le mise una mano sulla schiena attirandola di più a lui e un'altra sulla guancia. Dopo quel contatto Amu non ebbe più dubbi e ricambiò quel bacio che si faceva sempre più profondo.

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Capitolo 11
*** Your kiss is always in my mind ***


Quando si staccarono da quel contatto per riprendere fiato si guardarono tutti e due negli occhi. Erano un tumulto di emozioni. imbarazzo, confusione, stupore e gioia. La felicità la si poteva leggere chiaramente. Lentamente unirono di nuovo le loro labbra, assaporando tutti e due quel bellissimo momento. Troppo avevano resistito e ora non ce la facevano più.

- Ikuto… - disse la ragazza una volta staccatasi dal fratello.

- Amu. - disse lui.

- Noi, noi non… - provò a dire la ragazza ma lui le mise un dito sulle labbra impedendole di continuare.

- Non mi importa. - le disse. La ragazza rimase ancora un po' perplessa poi fu lei a chiudere le distanze fra loro. Il ragazza la attirò ancora di più a se finché non si sbilanciò e cadde sul letto con sua sorella sopra di lui. Non se ne curarono, ma continuarono a baciarsi, solo a baciarsi.


- Amu? Hey Amu? Insomma Amu mi vuoi rispondere? - sbottò la ragazza scocciata.

- Eh? Cosa? Che c'è? - chiese Amu voltandosi verso la biondina che era da più di mezz'ora che provava a farla risvegliare dal suo stato di trance. - Scusami Rima, cosa dicevi?

- Ti avevo chiesto se volevi uscire insieme a me, Tadase ed Eijiro.

- Ah, quando? - chiese la ragazza.

- Oggi pomeriggio. Comunque si può sapere che diavolo hai? È da stamattina che sei in questo stato. Non è che è successo qualcosa di molto bello di cui io non sono a conoscenza, vero? - le disse l'amica con aria maliziosa.

- Eh? - chiese Amu improvvisamente imbarazzata, diventando un peperone. - No no, che vai a pensare?

- Mmm… sei sospettosa… - le fece Rima avvicinandosi al suo volto e scrutandola ben bene. Poi si rialzò. - Beh non importa… allora esci con noi oggi?

- Si. - disse decisa sua sorella. Almeno riuscirò a distrarre la mia mente da quello che è successo ieri… si disse.

Dopo le lezioni tornò a casa sempre facendo la strada con Rima.

- Sono a casa! - annunciò appena entrata.

Suo fratello sbucò dalla porta del salotto.

- Ciao. - le disse. Lei abbassò subito lo sguardo diventando rossa.

- Vado a preparare il pranzo. - gli disse lei dirigendosi in cucina. - A proposito, oggi pomeriggio esco.

Gli disse. Il ragazzo la raggiunse in cucina.

- Esci? Con chi? - le chiese mentre si sedeva a tavola.

- Con Rima, Tadase e un nuovo compagno di classe. Eijiro mi pare… - gli rispose intanto che stava tagliando le zucchine.

- Ah e dove andate?

- Cos'è un interrogatorio? - gli chiese d'improvviso lei. - Sappi che se hai intenzione di pedinarmi diventerò improvvisamente muta ogni volta che mi dirai qualcosa.

Conosceva bene suo fratello e non era la prima volta che quando usciva la seguiva si nascosto. Sorrise leggermente a quel ricordo.

- Volevo solo sapere dove uscivi, scusa se ti sono sembrato invadente.

- Fa niente. - risposerei con un alzata di spalle finendo di preparare il pranzo. Lui la osservava silenziosamente. Era da quella mattina che non lo aveva mai guardato in faccia. Sicuramente pensava a quello che era successo ieri. D'altronde come non pensarci? Anche lui non aveva fatto altro che portare la sua mente a quel ricordo. Così piacevole e allo stesso tempo atroce poiché tutti e due sapevano che quell'episodio non si poteva più ripetere.

Pranzarono in silenzio e quando ebbero finito tutti e due corsero nella propria stanza.

Amu si buttò nel letto e ogni cinque secondi fissava l'orologio, non vedeva l'ora di uscire con i suoi amici, piccola correzione con due amici e un ragazzo che non conosceva e che francamente non aveva proprio tanta voglia di conoscere.

Ikuto invece se ne stava seduto alla scrivania a disegnare su un foglio pentagrammato il viso della ragazza che stava nella porta accanto. Perché doveva provar tutte queste emozioni, Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto ripetere quel contatto con lei. Ogni volta che guardava la porta della sua stanza, la voglia di spalancarla, di prendere il suo viso fra le mani e baciarla si faceva sempre più insopportabile. Scosse la testa, doveva scacciare via questi pensieri. D'un tratto sentì la porta di casa chiudersi, Amu doveva essere uscita. Chiuse gli occhi tentando di concentrare la sua mente su un altro pensiero, tutto inutile, sua sorella occupava tutto in lui. Avrebbe voluto seguirla, ma non poteva. Non gli restava altro da fare che aspettare il suo rientro.


Intanto una ragazza dai capelli rosa era seduta su una panchina e attendeva l'arrivo dei suoi amici. Era in anticipo, mancava mezz'ora al loro appuntamento, ma un altro minuto in casa e sarebbe andata nella camera di suo fratello per ricevere una altro bacio. Scosse la testa, non doveva pensarci. Lui è tuo fratello, ricorda che è tuo fratello… si ripeteva all'infinito questa frase, che ormai non funzionava più.

- Siamo in anticipo eh? - una voce la distolse dai suoi pensieri.

- Ciao Tadase, si sono in anticipo, non sapevo che fare a casa… - mentì la ragazza sorridendogli.

Il biondo le si sedette vicino.

- Neanche io, infatti come vedi sono uscito. - le disse, si vedeva che voleva attaccare bottone. Amu era sempre stata una buona amica per lui, ma da qualche tempo si era accorto di provar qualcosa che andava al di là dell'amicizia e voleva dirglielo. Dopo tutto lei non aveva mai preso una cotta per nessuno della classe, non aveva neanche mai avuto il ragazzo, forse qualche chance l'aveva. Le si mise più vicino, cosa che infastidì la ragazza, ma non fece una piega. - Ehm, Amu?

- Tadase.

- Eccovi! - una voce fece sobbalzare Tadase, che dispiaciuto dovette rimandare il suo intento.

- Ciao Rima e… - iniziò Amu guadando l'amica e il nuovo arrivato.

- Eijiro. - le disse lui. Ma perché dimentica sempre il mio nome? si domandò sconsolato il castano.

- Giusto, scusa è che… è un nome particolare. - disse Amu.

- Beh… andiamo! - esordì Rima. Amu e Tadase si alzarono e tutti e quattro iniziarono a camminare. All'inizio Amu stava vicino a Rima a parlare. Poi non si sa come si ritrovò vicino Eijiro.

- Ehm… io non capisco una cosa. - iniziò lui.

- Ah? - fece Amu.

- Non capisco perché ti sto antipatico. - le disse.

- Guarda che stai sbagliando, non mi stai antipatico, quel giorno ero solo un po' nervosa, non ce l'avevo con te. - si scusò la ragazza. A dirla tutta mi stai sui nervi... si disse Amu guardando il ragazzo accanto a se.

Il pomeriggio passò abbastanza presto, Amu restò fuori fino alle otto, dopo di che si scusò con i suoi amici e ritornò a casa.

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Capitolo 12
*** Change our feelings ***


Amu rincasò verso le otto della sera. Appena entrata andò subito in camera sua, aveva bisogno di fare una doccia. Per questo prese la biancheria, i vestiti puliti e si diresse in bagno. L'acqua fredda era un toccasana per lei. Che meraviglia… si disse mentre si sciacquava tutto il corpo e i capelli lunghi e rosa. Uscì dalla doccia dopo una mezzora circa.

- Ahh, ci voleva proprio. - fece mentre pendeva l'asciugamano e iniziava ad asciugarsi. Poi una volta vestita prese il fon e si asciugò i capelli accompagnandoli con la spazzola.

Pronta scese al piano di sotto, dove trovò suo fratello intento a guardare un film. Gli arrivò alle spalle silenziosa come un gatto.

- Bu! - fece. Il ragazzo sobbalzò voltandosi verso sua sorella che rideva a crepapelle. - Scusa, non ho resistito!

- Ah si eh? Bene, vediamo allora se resisti a questo. - le disse dopo di che si precipitò da lei, la alzò di peso e dopo averla buttata nel divano iniziò a farle il solletico.

- Ahah, Ikuto, ahah, basta ti prego, ahah, non resisto! - gridava lei. Il ragazzo allora la lasciò andare divertito e soddisfatto.

- Cavolo, mi fa male lo stomaco da quanto ho riso… - disse d'un tratto la sorella. Non mi divertivo così da quando ero piccola… pensò la ragazza. Provò a guardare suo fratello in viso e vide che lui la guardava serio.

- Perché mi guardi così?

- Dobbiamo parlare Amu. - le disse lui.

Anche la ragazza divenne seria e alzatasi dal divano disse:

- Non c'è niente di cui parlare.

- Si che c'è invece.

- Ti ho detto di no! - Amu stava per allontanarsi ma un braccio la trattenne facendola poi ricadere seduta sul divano.

- Hey, ma cosa…

- Dimmi solo se l'altro giorno quando ci siamo baciati non hai sentito niente? - le chiese. La rosa spalancò gli occhi dallo stupore, non si aspettava che suo fratello sarebbe andato dritto al punto in questo modo.

- Non ha importanza.

- Amu, certo che ce l'ha!

- No invece, perché tanto non ha senso! È tutto inutile, non lo capisci? - sbottò lei. Una lacrima le solcò il volto. Lui gliela asciugò con il pollice.

- No che non lo capisco. - le disse lui calmo avvicinandolesi un poco.

- Invece io credo che tu lo capisca molto bene, solo che non vuoi. - fece allora lei alzandosi sottraendosi dal contatto della mano del ragazzo sulla sua guancia.

- Amu… - fece lui alzandosi. - Io non credo ci sia niente di sbagliato, insomma è pur sempre amore…

- Si ma è proibito…

- Da chi?

- Per la miseria Ikuto, ti rendi conto che siamo fratelli? Pensa cosa succederebbe se i nostri genitori lo scoprissero? Cosa direbbero?

- Glielo spiegheremo e capiranno…

- Cosa capiranno? Di certo non accetterebbero mai di vederci insieme e farebbero di tutto pur di farci ragionare e farci separare. - gli disse allora la ragazza. - E io, non voglio vivere così.

- E allora come si può fare? Non possiamo semplicemente cambiare i nostri sentimenti, non è una cosa che controlliamo noi.

- È vero, non la controlliamo noi… - iniziò a dire la ragazza. - ma questo non significa che non possiamo provarci.

Ikuto spalancò gli occhi.

- Mi stai dicendo di rinunciare a quello che provo per te?

- Mi sembra di essere stata abbastanza chiara, non credi?

Lui scosse il capo.

- No, no, non è così semplice!

- Non ho mai detto che sia semplice. - e detto questo uscì dalla sala dicendo. - Io vado in camera, non ho molta fame oggi.

Ikuto rimase ancora per qualche istante a fissare il vuoto. Non sarebbe mai riuscito a fare quello che gli aveva detto la sorella. Perché doveva vivere questa situazione? Poi come poteva riuscire a cambiare i suoi sentimenti se ogni volta che la guardava mille emozioni rimbombavano nel suo petto.

Poco dopo salì in camera anche lui. Quindi era così che doveva andare, dovevano cambiare i loro sentimenti. E va bene, se era questo che Amu voleva sarebbe stato questo che avrebbe avuto. Da domani per lui quella bella ragazza sarebbe stata solo sua sorella.

Purtroppo però nessuno dei due sapeva ancora quanto difficile sarebbe stato portare a termine quest'impresa.


Mi scuso per la lunghezza del capitolo, ma sono di fretta.inoltre devo avvertirvi che vado in vacanza, per cui fino al 27 non aggiornerò. Ma non preoccupatevi perché appena torno pubblicherò subito i nuovi capitoli.

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Capitolo 13
*** thoughts ***


Avvertimento: Questo capitolo e il prossimo saranno divisi in due, ovvero farà vedere come vivono la giornata tutti e due i personaggi e i loro pensieri sugli avvenimenti.


IKUTO


Era pomeriggio inoltrato e un ragazzo dagli insoliti capelli blu si stava crogiolando nei suoi pensieri e dubbi da più di due ore. Dopo quello che si era detto con la sorella non aveva smesso neanche un secondo di pensare a lei. Stava diventando matto, perché cavolo Amu gli aveva detto quelle cose? Eppure era sicurissimo che lei provasse per lui i suoi stessi sentimenti. Alle sue parole c'erano solo due spiegazioni. O che non lo ricambiasse o che aveva paura.E secondo lui era la seconda. Sapeva anche lui che era sbagliato, sapeva benissimo che non si poteva fare, ma a lui non interessava, lui voleva solo stare con lei e con nessun'altra. Però probabilmente Amu la stava pensando diversamente. E quella mattina ne era stata la prova concreta.


Inizio flashback


Ricreazione. Ikuto era uscito proprio in quel momento dall'aula e si stava dirigendo verso la classe di sua sorella. Anche se avevano discusso era pur sempre suo fratello e poteva benissimo starle vicino. Eccola. Era uscita dall'aula, ma non era sola, vicino a lei un ragazzo castano con degli occhi verde le stava vicino. Stava osservando la scena con interesse, curioso e allo stesso tempo stupito. Chi è quello? si chiese. Il ragazzo poi le disse qualcosa, lei annuì. Lui la prese per mano e si avviarono verso la macchinetta. Non si era neanche girata per vedere se lui era lì, di solito lo cercava sempre con lo sguardo se non lo vedeva arrivare. Abbassò lo sguardo, fissando il pavimento.

- A quanto pare Amu hai preso in parole quello che mi hai detto… - disse piano a sé stesso, triste.


Fine flashback


Continuava a ripensare a quella mattina come se fosse l'unico ricordo nella sua mente. Perché gli aveva fatto questo? Non capiva.

- Ora basta Ikuto, ti sei sfinito anche troppo! - disse a se stesso alzandosi dalla sedia nella quale era seduto e prendendo il violino, unica cosa che poteva distrarlo.

Lo tirò fuori dalla custodia ed iniziò a suonare una melodia che sia lui che sua sorella conoscevano molto bene. Era stata la prima musica che aveva imparato all'età di sei anni. Era facile, ma molto bella da suonare.

Continuò a suonare quella melodia fino a che qualcosa non si ruppe.

- Questa non ci voleva… - disse fissando la corda spezzata. - Dovrò andare a comprarne delle nuove.

Detto questo prese il violino ed uscì dalla sua stanza. Uscì di casa ed iniziò a camminare. In tre quarti d'ora era già arrivato al negozio di musica. Era fatto a posta per gli appassionati e suonatori di violino, lì dentro ci trovavi tutto e fortunatamente era anche vicino.

Il ragazzo entrò dirigendosi subito al bancone. Lì dentro lo conosceva il proprietario, il signor Mitamura. Ogni volta che entrava era solito chiedere a lui tutto quello di cui aveva bisogno, per questo si stupì quando trovò una ragazza al suo posto.

- Mi dica. - fece. Era bionda e aveva gli occhi di un bel colore blu. Ikuto dovette ammettere che era davvero una bella ragazza.

- Volevo le corde per il violino. - disse lui senza perdere tempo.

La binda annuì dirigendosi in uno scaffale e prendendone un pacchettino nero con la scritta celeste. Tornata la banco lo porse al ragazzo.

- Ecco tieni. - gli disse. - Sono 1102,137 yen. ( traduzione: 10 euro nostri )

Il ragazzo pagò e stava per andarsene quando la bionda lo trattenne.

- Aspetta, non ti ho già visto da qualche parte?

- Non direi proprio. - tentò di tagliar corto lui, senza riuscirci.

- Mi è parso che venissi qui molto spesso. Mi sarò sbagliata… - fece, ma continuò comunque a parlare. - Ma a parte questo io sono Akane. Tu?

- Ikuto, piacere. - si presentò lui senza entusiasmo.

- Ikuto... e quanti anni hai? - gli chiese sempre più interessata, dopo tutto non capita tutti i giorni di vedere un bel ragazzo nel posto di lavoro.

- Diciassette.

- Ma guarda che coincidenza, anche io tra poco ho diciassette anni. Li compio domani per la precisione. - disse la ragazza sorridendo.

- Ah, allora auguri. - rispose il ragazza sempre meno interessato.

- Ti andrebbe di venire?

- Venire?

- Si, ti andrebbe domani di venire al mio compleanno?

- Senti ragazzina, non so per chi tu mi abbia preso, ma ti conosco solo da venti minuti, non so se mi sono spiegato. - chiarì il ragazzo.

- Ma che maleducato, scusami se volevo fare amicizia con te! - sbottò la ragazza. Ma non mollò lo stesso. - Ti prego dai.

Stava per ribattere quando gli balenò in testa un'idea. Amu voleva che lui cambiasse i suoi sentimenti? E va bene, allora ci proverà anche lui.

- E va bene, a che ora è? - le chiese. Alla ragazza le si illuminò il viso.

- Che bello! - disse allegra. - Alle tre in punto.

- Così presto? - si stupì il ragazzo.

- Si, perché non ti va bene? - chiese delusa.

- No benissimo, era solo una domanda. - e detto questo uscì dal negozio. La giornata successiva si preannunciava interessante.


AMU


Era pomeriggio. Una ragazza dai capelli rosa fissava l'orologio vedendo ticchettare i secondi, passare i minuti e le ore. Si era sentita malissimo l'altro giorno a dire quelle cose al fratello. Er stata una bugiarda, era tutta una menzogna quel discorso, quelle parole. La verità era che lei aveva paura, paura di fare qualcosa di sbagliato. Paura di cosa le avrebbero detto i suoi genitori, i suoi amici. Paura di pentirsi di quello che aveva fatto. In realtà lei non voleva affatto cambiare i propri sentimenti. Lo aveva capito quella mattina a scuola.


Inizio flashback


Ricreazione. Amu era uscita dall'aula insieme a Eijiro. Quel ragazzo era come un'ombra e lei non lo sopportava proprio. prima o poi glielo avrebbe detto, ne era certa. Uscita dall'aula stava per vedere se c'era suo fratello quando quel ragazzo le aveva fatto una domanda:

- Raggiungiamo Rima e Tadase? Dovrebbero essere in fondo al corridoio.

Amu lo aveva guardato e aveva annuito appena.

- Si, solo un secondo che… - ma non era riuscita a finire la frase che lui l'aveva presa per mano e trascinata fino ai suoi amici, impedendogli di salutare suo fratello.


Fine flaskback


Ora sapeva benissimo che l'unico ragazzo a cui tiene veramente è lui. Si alzò di scatto dal letto. Doveva andare a dirglielo e subito. Stava per uscire dalla sua stanza quando una melodia la bloccò. Era Ikuto a suonarla, ne era certa. E sapeva anche benissimo che melodia fosse. L'aveva accompagna per tutta l'infanzia quella dolce musica che suo fratello le suonava sempre. Si era completamente abbandonata alla musica, quando il brano si fermò d'improvviso.

- Ma… che sarà successo? - si chiese. Sentì suo fratello aprire la porta della sua stanza e uscire di casa. - Ma dove va?

Uscì anche lei ed iniziò a seguirlo tenendosi a debita distanza, era troppo curiosa di vedere dove stava andando, specialmente con in spalla il violino. Dopo che avrebbe visto cosa stava facendo gli avrebbe fatto le sue scuse dicendogli quello che pensava. Lo vide entrare in un negozio.

- Ma certo! Ecco dove andava, scommetto che deve comprare le corde per il violino. - disse soddisfatta sua sorella che lo conosceva come le sue tasche, se non meglio. Sbirciò dal vetro del negozio e lì assistette a tutta la scena. E lì si rattristò. - A quanto pare hai preso in parola quello che ti ho detto l'altro giorno Ikuto…

Disse e con qualche lacrima che le rigava le guance se ne tornò a casa.

Lui stava già iniziando a cambiare i suoi sentimenti, probabilmente lei doveva fare lo stesso.

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Capitolo 14
*** Revelation ***


IKUTO



Il giorno dopo arrivò presto. A dirla tutta Ikuto non aveva alcuna voglia di andare al compleanno di quella ragazza che era bella di aspetto ma dentro aveva le mosche, non il cervello. Lo aveva capito subito, ma volle comunque andare da lei, diciamo che era una specie di vendetta verso sua sorella. Stava per uscire quando una voce molto familiare lo fermò:

- Esci?

Si voltò trovando Amu davanti a lui. Aveva gli occhi lucidi, che avesse pianto? E per cosa poi? si chiese.

- Si.

La ragazza annuì sconsolata abbassando lo sguardo, cosa di cui Ikuto non capì il motivo. Eppure era lei che aveva voluto il loro distacco, era lei che gli aveva detto quelle parole, era lei che gli aveva detto di tentare di cambiare i suoi sentimenti ed era lei che, benché lui ancora non lo sapesse, se ne stava pentendo più di chiunque altro al mondo. Comunque lui dovette ammettere che vederla giù di morale e non saperne il motivo gli faceva male, ma lei era solo sua sorella, questo doveva ficcarselo bene in testa.

- Allora ciao. - lo salutò lei per poi correre in camera sua.

- Ma che le è preso? - si chiese il ragazzo per poi aprire la porta e uscire all'aria fresca. Durante tutto il tragitto pensò ad Amu, che cosa le era successo? Perché era così triste? Non si era neanche accorto di essere giunto a destinazione se una voce non lo faceva voltare.

- Eccoti finalmente! - esclamò la ragazza correndogli incontro. - Hai dieci minuti di ritardo, ma ti perdono per questa volta.

Per questa volta? si chiese il giovane.

- Ah, bene. - rispose lui.

- Avanti entra… - lo invitò la ragazza. - A quanto pare ieri per telefono ti ho spiegato bene dov'era casa mia, ci sei arrivato subito.

- Conoscevo questa via, ci sono già stato. - le rispose. Ci sono già stato con Amu… si ritrovò a pensare. Scosse la testa. Non doveva pensare a lei. - Ma… quando arriveranno gli altri?

- Gli altri? - domandò la ragazza stupita. Ikuto annuì. - Che sciocco, ci siamo solo io e te qui! Sei il solo che voglio a casa mia.

Gli disse maliziosa. Oddio qui le cose si mettono male… pensò il ragazzo mentre la bionda gli si avvicinava sempre di più fino a metterglisi sopra.

- Senti io… - tentò di dire il ragazzo, ma lei non volle sentire ragioni. Gli posò un dito sulle labbra sussurrandogli parole ben precise all'orecchio, che anche il ragazzo più stupido avrebbe capito.

- Fatti perdonare per il ritardo. Poi è il mio compleanno, non hai pensato a che regalo mi sarebbe potuto piacere? - gli disse sempre maliziosa. A questo punto lui se la tolse di dosso alzandosi in piedi.

- Senti, se avevi bisogno di una botta di vita potevi anche prendere chiunque, perché il sottoscritto qui non è disponibile.

La ragazza lo guardò delusa e arrabbiata.

- Che cosa? Non mi dirai che sei fidanzato? - gli chiese.

- Ecco…

- Visto? - e detto questo gli si riavvicinò. - Andiamo, che anche tu lo vuoi…

Provò a baciarlo ma lui la spinse in dietro.

- E va bene ora basta! - sbottò il ragazzo infastidito. Senza salutare poi uscì di casa lasciando Akane furiosa. Quel ragazzo le era piaciuto appena lo aveva visto ed ora aveva perso l'opportunità, chissà che aveva che non andava. Secondo me è omosessuale, nessuno è capace di resistere ad una come me... si disse per poi salire in camera sua.


Fuori pioveva. Ikuto se ne era accorto solo dopo che era scappato da quella casa. Ma perché capitavano tutte a lui? Le micie in calore venivano tutte a fare le fusa dal sottoscritto. Per un ragazzo sarebbe stato un sogno che si avvera, ma non per lui che aveva un unico sogno impossibile.

Camminava, camminava sotto la pioggia che a confronto alle parole della sorella che gli rimbombavano ancora la testa sembrava calda. Amu doveva essere ancora a casa, non gli aveva detto che usciva, anche se considerando quel poco che si dicevano non si sarebbe sorpreso se ora si trovasse a casa di una sua amica o in un bar ad esempio.

Comunque non aveva voglia di tornare a casa, per questo decise di dirigersi al parco, con questa pioggia non ci sarebbe mai stato nessuno.

Si incamminò e in poco tempo arrivò là. Stava piovendo sempre più fitto e se prima non se ne curava ora iniziava ad infastidirlo. Decise di ripararsi sotto un albero. Ne cercò uno con la chioma abbastanza folta e quando lo trovò il suo cuore perse un battito, lì sotto infatti c'era appoggiata sua sorella.


AMU


Era pomeriggio, l'orologio segnava un quarto alle tre. Amu se ne stava in camera sua a riflettere su quello che aveva visto ieri. La vita era proprio ingiusta, lei decide di mettere a posto le cose e un negozio di musica glielo impedisce. Non poteva andarle peggio di così.

D'un tratto dei passi che scendevano le scale portarono la ragazza ad alzarsi e uscire dalla sua stanza. Scorse suo fratello che si dirigeva verso l'ingresso e senza che se ne accorgesse gli era già arrivata alle spalle, mormorandogli una semplice e stupida domanda:

- Esci?

Gli occhi erano ancora lucidi per le lacrime che aveva versato la sera scorsa. Lui la guardò per un attimo poi rispose un semplice:

- Si.

Quella risposta seppur breve le fece un grande male al petto che la portò ad annuire e abbassare lo sguardo. Sentiva lo sguardo di suo fratello puntanto addosso. Lui non aveva capito il motivo della sua tristezza. Le stava per venire di nuovo da piangere, che stupida era stata. Come si dice è inutile piangere sul latte versato, eppure lei continuava a fare quello. Il loro rapporto era una tazza di latte che lei continuava a rompere e solo dopo che vedeva il latte per terra capiva il danno che aveva fatto e piangeva.

- Allora ciao. - lo salutò di fretta la ragazza per poi correre nella sua stanza. Un altro po' lì davanti a lui e gli avrebbe confessato tutto, cosa che non poteva fare.

A distoglierla dai suoi pensieri ci pensò il suo cellulare che iniziò a vibrare. Rispose cercando di sembrare serena, ma nella sua voce si intravedeva una nota di tristezza.

" Pronto. "

" Ciao Amu! "

" Ciao Tadase. " disse senza molto entusiasmo.

" Tutto bene? "

" Si si, avanti cosa volevi dirmi? "

" Volevo chiederti se ti andava di uscire oggi. "

" Oggi? A che ora? "

" Alle quattro, ti va bene? "

" Benissimo! " disse entusiasta. Aveva proprio bisogno di distrarsi un po'.

" Ci vediamo al parco? "

" Si, alle quattro sarò lì. "

" Perfetto, allora a dopo Amu. "

" A dopo Tadase. "

La chiamata si chiuse così. Bene, almeno potrò non pensare ad Ikuto per un paio d'ore buone... Di certo non sapeva che i suoi piani sarebbero andati a farsi benedire.

Erano le tre e mezza ed Amu era stufa di starsene a casa, per questo uscì di casa lo stesso, era in anticipo, ma non le importava, avrebbe fatto la strada verso il parco con calma. Dopo dieci minuti buoni che camminava iniziò a piovere, prima piano poi sempre più forte. Cosa che portò Amu a correre fino al parco e ad andarsi a riparare sotto un albero.

Erano solo le tre e tre quarti, Tadase era il tipo sempre puntuale, mai in ritardo ma neanche mai in anticipo. Si poggiò alla corteccia dell'albero e si immerse di nuovo nei suoi pensieri. In quel momento desiderò sul serio poter avere lì vicino suo fratello.

- Ikuto… - mormorò. Un nome che solo lei e la pioggia potevano sentire in quel momento. D'un tratto scorse una figura che si avvicinava, Finalmente è arrivato! pensò, ma non appena si accorse di chi era il suo cuore perse un battito.


Ikuto ed Amu si fissarono intensamente. Lui veniva bagnato dalla pioggia, ma sembrava non curarsene. Che ci fa lei qui? si chiese il ragazzo per poi fare un passo nella sua direzione. Il suo pensiero era condiviso da Amu, che lo stesso mosse un passo verso di lui. Fino a che non si mise proprio a correre nella sua direzione, l'erba era bagnata , rischiava di cadere da un momento all'altro. Di fatto arrivata quasi vicino a suo fratello scivolò. Pensava di finire a terra, ma Ikuto pronto si sporse verso di lei e la trattenne posandole una mano sulla schiena e poi portandola verso di lui. A quel contatto tutti e due sentirono come un brivido, ma fecero finta di niente.

- Imbranata. - disse suo fratello in tono dolce però e non derisore.

- Lo so. - gli rispose lei abbracciandolo. Ora era pronta a dirgli tutto quello che si era tenuta dentro.

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Capitolo 15
*** Confessions ***


Anche se stavano sotto la pioggia non sentivano freddo, perché erano abbracciati e ognuno trasmetteva il suo calore all'altro.

- Ikuto? - disse ad un tratto Amu. Lui la guardò staccandosi leggermente da lei. - Io… si beh… ecco… io ti devo parlare.

A quelle parole il ragazzo sciolse l'abbraccio. Probabilmente si aspettava un'altro discorso come quello dell'altro giorno.

- Sia ben chiaro Amu che io non voglio più sentire niente del tipo 'proviamo a cambiare i nostri sentimenti' oppure ' Ikuto devi ricordarti che siamo fratelli'. - chiarì bene il ragazzo con tono serio.

Amu sorrise.

- Non sentirai niente del genere, anzi… io… - stava per parlare quando una voce la interruppe.

- Amu?

La rosa si girò verso il ragazzo alle sue spalle.

- Ciao Tadase. - disse lei.

- Non mi avevi detto che sarebbe venuto anche tuo fratello. - disse scandendo bene la parola fratello. Amu lo notò perfettamente ma non vi prestò attenzione, ora che sapeva cosa voleva fare non si sarebbe di certo arresa.

- Non era previsto che venisse. - disse.

- Già, ma ora che sono qui… - intervenne Ikuto, ma anche lui fu bloccato da una voce alluse spalle.

- Ikuto! - lo chiamò una ragazza bionda, dall'aria molto incavolata.

- Oh, che sorpresa! Che ci fai da queste parti Akane? - chiese il ragazzo con una punta di sarcasmo nella voce, cosa che irritò ancora di più la ragazza davanti a se.

- Ehm… Ikuto? Quella chi è? - chiese Amu fingendo di vederla per la prima volta.

- Questa è Akane, una ragazza che oggi mi aveva invitato al suo compleanno sperando di poter vivere un'esperienza indimenticabile con me. - disse trattenendo le risate. Anche Amu stava per scoppiare a ridere ma anche lei si trattenne.

- Ma come ti permetti! - sbottò la miciettina in calore rossa di rabbia. - Come se tu non lo avessi voluto!

Disse cercando di giustificare la brutta figura che quel bel ragazzo le aveva fatto fare.

- Amu? - l'attenzione cadde di nuovo su Tadase, che in quel momento era serio, serio come poche volte lo si era visto. - Potrei parlarti?

Ce l'aveva fatta glielo aveva chiesto. Le aveva chiesto di uscire per una ragione ben precisa, ovvero quella di metterla a conoscenza dei suoi sentimenti per lei. Prima di arrivare lì aveva fatto mille prove allo specchio. Su cosa dirle, su come dirlo. I gesti da fare, gli sguardi. Vedendo che pioveva poi aveva nascosto nel suo impermeabile un ombrello di quelli piccoli. In questo modo se Amu lo avesse avuto le avrebbe chiesto se poteva ripararsi con lei. Se invece lei ne sarebbe stata sprovvista lui si sarebbe offerto di accompagnarla a casa per impedirle di bagnarsi. Era tutto programmato. Avrebbe perfino giurato che tutto sarebbe andato per il meglio, poi ecco che il fratello della ragazza si era messo in mezzo. A lui non era mai stato simpatico Ikuto. Lui Amu la conosceva da quando aveva nove anni eppure anche a quel tempo il fratello della ragazza era tremendamente insopportabile per lui.

- Dimmi pure Tadase. - gli disse la ragazza riportandolo alla realtà e tirandolo fuori dai suoi pensieri.

- Ecco… in privato. - aggiunse. La ragazza deglutì, poi si voltò verso il fratello.

- Torniamo subito. - disse, dopo di che raggiunse il biondo e tutti e due si misero sotto l'albero a parlare. O meglio, Tadase parlava e Amu lo ascoltava poco interessata, più che altro con una domanda che le frullava per la testa. Come lo respingo? si chiedeva ad ogni parola del ragazzo.

- Vedi Amu, io non te l'ho mai detto ma tu sei molto importante per me, fin dal primo giorno in cui ci siamo incontrati io… - e bla bla bla… si disse la ragazza. Non lo facevo così smielato. Il discorso finì con una dichiarazione in piena regola che fece arrossire, imbarazzare e stupire la ragazza. Non avrebbe mai immaginato che il suo amico timido e riservato sarebbe mai arrivato a tanto. In questo modo tutto si faceva più complicato. Come respingerlo?

- Vedi Tadase… - iniziò lei incerta. - Io ti voglio bene, tu sei un amico prezioso per me, sei come un fratello, ma solo questo… - prese fiato cercando di trovare le parole giuste per non ferirlo, cosa molto difficile. - non ti ho mai considerato più di un amico.

Lo sguardo del biondo si incupì, d'altronde come dargli torto. Ma lei non poteva farci niente. Anche se non sarebbe stata innamorata di suo fratello probabilmente non si sarebbe mai innamorata di Tadase, era proprio una cosa impossibile.

Il ragazzo abbassò lo sguardo e versò qualche lacrima ( Ma oggi siete tutti così frignoni? -.-' Nda Insensibile T.T Nd Tadase ).

- Ho capito… - disse. - Tu dici di considerarmi come un fratello, eppure chi dovresti considerare così nel tuo cuore ha un posto più importante, vero Amu?

Aveva detto quelle parole con freddezza, stringendo i pugni, sempre con lo sguardo basso.

- Tadase, sia ben chiaro che questi non sono affari tuoi. - disse Amu.

- Come vuoi Amu, ma ti ricordo che è sbagliato quello che state facendo.

E fu da quelle parole che la sicurezza che Amu aveva accumulato vacillò. Sbagliato. Era vero, era sbagliato. Ma allora era meglio che lasciava le cose come stavano oppure che le migliorava dicendo però al fratello di trattarla solo come la sorella? No, questo lei non lo voleva, sarebbe stato peggio che quando non si rivolgevano la parola. Ovvero guardarsi negli occhi e sapere di doversi comportare in modo diverso da come desideravano. Ma allora perché improvvisamente la sua sicurezza stava scomparendo? Che avesse ragione Tadase? Forse stava sbagliando tutto. Voltò lo sguardo verso suo fratello che ascoltava annoiato il discorso di quella bionda. Anche loro due si erano rifugiati sotto un albero, anche se più distante dal loro. Mentre osservava suo fratello era ancora immersa nei suoi dubbi poi… uno sguardo. Ikuto si voltò incrociando gli occhi di Amu, immergendo l'ametista nel caramello, in un'unione sia bizzarra quanto affascinante.

Fu in quegli occhi che Amu riacquistò tutta la sua sicurezza e capì realmente che cosa voleva. Ora non poteva fare altro che provare a realizzarlo. Mosse qualche passo, prima incerto, in direzione del fratello, mentre il biondo da dietro la guardava cercando di prevedere le sue mosse. La rosa non faceva altro che muoversi lentamente, passo dopo passo, come se stesse camminando sopra una corda e da un momento all'altro potesse cadere. Poi tutto d'un tratto di mise a correre verso suo fratello. La bionda gliele stava ancora cantando, sgridandolo anche perché non la guardava in faccia e solo quando la sorella lo raggiunse abbracciandolo la ragazza si accorse di lei e smise di parlare.

- Wow Amu, se avessi saputo prima che ci volevi tu per zittirla ti avrei chiamato subito… - le disse suo fratello ricambiando l'abbraccio e guardando duramente la bionda davanti a se. - Se non ti dispiace preferirei che te ne andassi.

Lei lo fissò un attimo, poi se ne andò, stizzita, ma senza dire una parola e con lo sguardo basso.

Restarono così abbracciati, fino a che non smise di piovere. A quel punto si staccarono guardando il cielo.

- Ikuto guarda, l'arcobaleno! - esclamò Amu sorridente. Erano giorni che suo fratello non la vedeva così raggiante e sarebbe stato da stupidi pensare che la sua felicità dipendeva solo da un arcobaleno.

- Prima mi volevi dire qualcosa se non sbaglio… - iniziò a dire suo fratello. La ragazza si voltò verso di lui ritornando seria, ma non triste, si poteva scorgere determinazione nel suo sguardo. Annuì. - Allora andiamo…

Le disse suo fratello incamminandosi con lei verso casa. Prima di andare però Amu si avvicinò a Tadase.

- Tadase, mi dispiace per quello che è successo. Sappi comunque che anche tu sei importante per me come amico. Anzi, sei il mio migliore amico. - gli disse la ragazza sorridendo.

Il biondo la guardò un attimo, annuì tristemente, poi anche lui fece un sorrisetto.

- Beh… è già qualcosa. - disse cercando di sembrare sereno. Amu annuì contenta, anche se aveva colto perfettamente la nota di tristezza nella sua voce. - Ci vediamo a scuola Amu…

Disse poi il ragazzo incamminandosi anche lui verso casa.

- Si, ciao Tadase! - lo salutò lei per poi tornare dal fratello.

- C'è rimasto male il piccolino? - le chiese Ikuto.

- Lo sai che è inutile fare le domande quando sai già la risposta?

- Lo so, ma mi piace sentire le cose dalla tua bocca. - le disse fissandole le labbra rosee.

Arrivarono a casa ed entrarono subito nella stanza di Amu dove cominciarono a parlare.

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Capitolo 16
*** Maybe this is a new life ***


La frase 'iniziarono a parlare' non era del tutto esatta.

Erano seduti da almeno mezz'ora sul letto della camera di Amu senza dire una parola. Nessuno osava parlare, si limitavano a scambiarsi sguardi e ogni tanto ad aprire appena la bocca per tentare inutilmente di mettere fine a quel silenzio che si era creato da quando erano rientrati. Amu non credeva sarebbe stato così difficile dire certe cose, specialmente alla persona con la quale hai passato tutta la vita.

- Allora… - finalmente era riuscita a parlare. - Io ti volevo chiedere scusa.

Lui voltò il suo sguardo verso di lei. La ragazza guardava il pavimento, era rossa come un peperone e si contorceva nervosamente le mani ad ogni parola.

- Continua. - la incitò lui.

La ragazza parve riprendersi, probabilmente stava pensando al discorso, da come esporlo, a tutte le parole da utilizzare. Ikuto era sicuro che avesse analizzato frase per frase, parola per parola. Conosceva troppo bene sua sorella.

- Io non dovevo dire quelle cose. O meglio, non so neanche che cosa mi ha spinto a dirle visto che non pensavo niente di quello che ho detto. - disse. - Solo che, ho paura… questa situazione mi spaventa e non so come affrontarla e come affrontare gli altri. Dopo tutto non possiamo mica fare le cose in segreto per sempre.

Lui annuì.

- Questo è vero, ma magari ci conviene aspettare un po' prima di dirlo ai nostri. - suggerì lui.

Stavolta fu Amu ad annuire.

- Comunque si… - riprese. - Quando mi hai baciato ho sentito qualcosa, di certo non lo so descrivere, anche perché mi ci è voluto un po' per realizzare la situazione. Però… volevo dirtelo… perché lo so che le mie parole ti hanno fatto stare male.

- A quanto ho capito non sono stato l'unico a stare male. - le disse lui. La ragazza teneva ancora il viso basso e il rossore sulle sue guance non faceva altro che aumentare. D'un tratto il fratello le si mise davanti. - Amu, guardami…

La ragazza alzò il viso per poi ritrovarsi a contatto con le labbra del fratello. Questa volta si accorse subito di quello che stava accadendo, perché anche lei non aspettava altro che riavere quel contatto con lui. Era sbagliato? Può darsi. Era peccato, anche fosse? Chi potrebbe negare a due persone di amarsi a vicenda? Nessuno, eccola la parola giusta. A nessuno doveva importare se loro due stavano facendo qualcosa di sbagliato, perché ora quello che volevano lo sapevano chiaramente entrambi e avrebbero fatto tutto pur di ottenerlo.

Si staccarono dopo qualche minuto.

- Beh… ora cos'hai sentito? - le chiese il ragazzo.

Amu in risposta arrossì baciandolo di nuovo, cosa che a lui di certo non dispiacque. Via via il bacio si faceva sempre più profondo. A malincuore si dovettero staccare per la mancanza di ossigeno.

- Forse potremmo… - iniziò a dire la ragazza, stavolta però guardando Ikuto negli occhi. - Si, ecco… provare ad accettare quello che proviamo.

- Lo pensi sul serio? - le chiese il ragazzo stupito.

- L'ho sempre pensato… solo che non l'ho mai detto. - gli spiegò lei. Il ragazzo allora la abbracciò forte, quasi volesse constatare se quello che stava vivendo era un sogno oppure la realtà. E dopo aver appurato che era reale la felicità lo invase più di prima.

- Ehm… Ikuto? - fece d'un tratto sua sorella. - Sono felice anch'io che mi vuoi bene, ma ti sarei grata se alla fine di questa giornata sarò ancora viva.

Lui si staccò sorridendo. D'ora in poi sarebbe stato tutto diverso per loro, di questo ne erano certi.

- Hai fame? - gli chiese d'un tratto la sorella. In risposta ci fu il brontolio dello stomaco del fratello. La ragazza scoppiò a ridere alzandosi dal letto. - Direi proprio di si!

Esclamò sorridente uscendo dalla camera per andare in cucina a preparare la cena.

Poco dopo anche il ragazzo scese con un leggero sorriso ad increspargli le labbra.


- Hinamori Amu! - la professoressa era intenta a fare l'appello, ma la ragazza non la stava ascoltando minimamente. Infatti anche quando chiamò il suo nome lei non lo sentì, era troppo impegnata a perdersi nei suoi pensieri. Con suo fratello le cose stavano andando a meraviglia, se non di più. Si comportavano in modo diverso quando erano soli e questo alla ragazza piaceva. - Hinamori Amu!

Tuonò l'insegnate, al che la ragazza saltò spaventata in piedi.

- Si, presente! - disse. Ma come mai è così nervosa oggi? si chiese la rosa.

- Era ora, signorina Hinamori lei sta un po' troppo sulle nuvole ultimamente, la pregherei di prestare più attenzione perché la prossima volta non sarò così indulgente. - solita sgridata con tanto di tono minaccioso, tipica dei professori. Minacce che non metterebbero mai in atto ma che dicono cercando di spaventarti. Che stupida quella professoressa… si disse Amu rimettendosi a sedere.

La ricreazione arrivò presto, soprattutto per Amu che aveva seguito a stento la lezione, un po' perché era noiosa, un po' perché pensava a cosa stava accadendo nella sua vita e a quanto si sentisse fortunata ad avere un fratello così ( ti credo!XD Nda ).

- Hey Amu? - la salutò Rima.

- Ciao come va?

- Stavo per farti la stessa domanda. La professoressa non ha tutti i torti, sei sempre fra le nuvole, è successo qualcosa? - le chiese l'amica.

Altro che se è successo qualcosa… pensò Amu, ma rispose tutt'altro.

- No no, niente. Solo che questo periodo ho dormito poco, perciò sono sempre stanca. - mentì la ragazza.

- Ah… guardi i film con tuo fratello? - le domandò allora la bionda.

- Eh? Ah, si si… - Un film non si può paragonare a lui… pensò ancora Amu, da quando penso queste cose? Non mi riconosco più… si disse.

- Amu, sicura che va tutto bene? - le chiese di nuovo l'amica preoccupata. Poi le mise una mano sulla fronte. - Non è che hai la febbre?

- Che cosa?

- Scotti da morire e sei bianca come un cadavere, vai in infermeria. - le disse.

- Ma non posso…

- Si che puoi , dico tutto io ai professori. - le disse. - Coraggio alzati e seguimi.

Amu anche se un po' incerta fece come le aveva detto l'amica. Arrivate in infermeria aspettarono circa dieci minuti prima di veder arrivare qualcuno.

- Avete bisogno di qualcosa? - domandò una donna di mezza età appena entrata.

- Si, la mia amica qui non si sente bene. - disse Rima per lei.

La donna annuì, poi tirò fuori il termometro e dopo aver mandato il mercurio verso la punta lo porse alla ragazza che se lo mise in bocca.

Tolto quell'oggetto l'infermiera guardò quanto era salito il liquido al suo interno.

- Oh Dio santo! - esclamò. - Hai 40 di febbre, ti conviene andare subito a casa.

- Che cosa?

- Fatti venire a prendere, non puoi restare in queste condizioni. - le disse ancora la donna.

Amu ci pensò su, i suoi genitori erano fuori. Come faccio adesso? si chiese.

- Amu, non c'è nessuno a casa tua, come fai a tornare a casa?

- Non lo so.

La donna che aveva sentito le fece una proposta.

- Se non sbaglio hai un fratello qui a scuola, vero?

Amu annuì.

- Fatti portare a casa da lui, sicuramente per farti andare a casa glielo danno il permesso per uscire. - le disse.

La rosa ci rifletté, in effetti poteva avere ragione, provò ad alzarsi, ma la testa le girava terribilmente. Rima se ne accorse.

- Resta qui, vado io a chiamare Ikuto.

Accidenti, devo stare proprio male se Rima si offre di parlare con mio fratello… si disse Amu che in risposta all'amica annuì.

La bionda uscì in corridoio che in quel momento della giornata scolastica pullulava di ragazzi. Iniziò a camminare, se non sbagliava Ikuto aveva due anni in più di Amu, per cui doveva fare il secondo anno di medie superiori. Infatti fu proprio in quella classe che lo trovò. Stava mangiando un panino al tonno quando si accorse della presenza di Rima nell'aula.

- Che ci fai qui? - le chiese dando un altro morso.

- Amu ha quaranta di febbre e deve essere portata a casa. - gli disse semplicemente. Ikuto spalancò gli occhi. Lasciò stare il panino e seguì subito Rima in infermeria. Sua sorella era bianchissima in volto, si vedeva che non stava bene. Le si avvicinò facendole una piccola carezza.

- Hey Amu, quando la smetterai di farmi preoccupare? - le disse con finto rimprovero.

La ragazza sorrise.

- Mi piace troppo quando sei preoccupato per me. - disse la ragazza abbracciando il fratello, il quale la prese in braccio per poi andare a chiedere il permesso di uscire. Ottenuto prese le sue cose, quelle di Amu e con sua sorella fra le braccia, ormai nel mondo dei sogni tornò a casa.


La testa le sembrava un macigno e il suo corpo era più caldo del fuoco. Aveva il viso pallido e lo stomaco chiuso. Amu si svegliò nella sua stanza. All'inizio non realizzò subito che cos'era successo, poi però i frammenti di memoria si ricomposero e lei ricordò perché era a casa invece che a scuola ad annoiarsi con le spiegazioni dei professori.

Si toccò la fronte, sopra c'era un panno tiepido, chissà chi glielo aveva messo. Si portò lentamente a sedere. Il mal di testa era insopportabile.

- Come ti senti? - una voce la fece sobbalzare. Si girò di lato e vide suo fratello che la osservava seduto su una sedia.

- Mi sento come se in testa avessi una grossa pietra vulcanica. - disse.

Lui le prese il panno dalla fronte.

- Aspettami qui, vado a rinfrescarlo. - le disse uscendo poi dalla stanza.

La ragazza annuì lentamente per poi stendersi di nuovo. Ikuto tornò dopo cinque minuti, insieme al panno aveva preso anche il termometro. Posò il pezzo di stoffa bagnata sulla fronte di sua sorella che sorrise a quel piacevole contatto, poi le misurò la febbre.

- Ottimo, sta scendendo, hai 38 e mezzo. È sempre alta, ma di certo è meglio di 40. - le disse. Amu annuì. - Dai, continua a riposare, ti fa bene dormire…

La ragazza accolse subito il suo consiglio riaddormentandosi.

Ikuto restò lì con lei tutto il tempo. Il fatto che i loro genitori non c'erano lo faceva sentire responsabile, per questo si era ripromesso che fino a che Amu non fosse guarita sarebbe rimasto sempre vicino a lei. Al diavolo la scuola, mia sorella viene prima di tutto… si era detto.

Dopo un po' iniziò a sentire anche lui le palpebre pesanti e finì con l'addormentarsi sulla sedia.

- Ikuto? Hey, Ikuto? - lo chiamava la sorella per svegliarlo.

Il ragazzo aprì lentamente gli occhi specchiandosi in due occhi dolci color miele che lo fissavano.

- Amu… - mormorò. Notò che la sorella si era alzata, per questo le mise le mani sulle spalle e la fece sedere sul letto. - Non devi alzarti, peggiorerai le cose.

- Ikuto tranquillo, la febbre sta passando, ora ho solo 37 e mezzo. - cercò di tranquillizzarlo sua sorella. Suo fratello la guardò dubbioso poi acconsentì rimettendosi seduto sulla sedia.

- Ikuto?

- Si?

- Ecco… - la ragazza abbassò lo sguardo arrossendo. - Non è che ti metteresti vicino a me?

Gli chiese sempre più rossa. Lui sorrise e annuì infilandosi nel letto con lei che lo abbracciò poggiando la guancia sul suo petto. Lui le diede un bacio sulla testa. Era davvero carina sua sorella quando lo abbracciava. Sembrava una bambina che aveva bisogno di affetto e a lui almeno, faceva tenerezza.

Si sdraiarono insieme addormentandosi poco dopo, più felici di quanto lo fossero già, poiché ora stavano provando ad avverare il loro sogno.

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Capitolo 17
*** Cheeks like a tomatoes ***


- Okay, ammetto che in parte la colpa è mia, ma tu te ne stai approfittando. - disse Amu mettendo le braccia incrociate.

- Perché? - rispose suo fratello semplicemente.

- E me lo chiedi? Ormai sono giorni che mi è passata la febbre, tu potresti anche tornare a dormire nel tuo letto! - gli disse. In effetti suo fratello ci stava facendo l'abitudine, dormiva sempre nella sua stanza, a quanto pare gli era piaciuto il periodo che le restava accanto per controllare se la febbre scendeva o saliva.

Ogni sera infatti si ripeteva la stessa scena. Amu seduta a gambe incrociate sul letto che guardava il fratello disteso accanto a lei.

- Oh andiamo, non puoi dirmi che ti dispiace… - le disse con malizia, al che la ragazza arrossì e distolse lo sguardo dandogli le spalle.

- E-e cosa te l-lo fa pensare che io sono contenta? - gli chiese mentre il suo viso diventava un pomodoro troppo maturo.

- Il fatto che arrossisci e balbetti… - le disse poi allungando il braccio la prese per una spalla facendola ricadere sul letto e abbracciandola.

- I-Ikuto? - gli chiese lei.

- Sssh… fammi restare così ti prego… - le disse, con un tono di voce al quale la ragazza non poté resistere o forse non avrebbe voluto resistere.

- E va bene, ma che sia l'ultima sera. - fece.

- M-mm… - rispose lui. Due frasi famose che si ripetevano ogni sera e che non diventavano mai reali.

- Ehm, Ikuto? - lo richiamò la sorella.

- Dimmi Amu.

- Perché dormi tutte le sere con me? - gli chiese un po' imbarazzata.

In risposta lui la abbracciò per i fianchi portandosi sopra di lei.

- Perché mi piace dormire con te. - le disse. La ragazza deglutì, possibile che lui dovesse farle sempre quest'effetto? La imbarazzava e la emozionava al tempo stesso. E una cosa che non avrebbe mai ammesso neanche a lei stessa, la eccitava terribilmente. Ogni volta che lui la toccava le succedeva, proprio come in quel momento.

Per il ragazzo era la stessa identica cosa, solo che cercava di non pensarci troppo, altrimenti se si sarebbe eccitato con la sorella non sarebbe stata una bella figura. Si sarebbe parecchio vergognato.

- Lo avevo intuito… - disse, era davvero imbarazzata, se non trovava una scusa al più presto la sua faccia avrebbe preso fuoco. - E-e comunque s-sei pesante, ti toglieresti?

Stupida, stupida, stupida… si disse. Era la cosa che meno voleva in quel momento. Lui in risposta la strinse di più poggiando la testa sul suo petto e mormorando un impercettibile no.

Amu sbuffò, anche se dopo sorrise, in effetti non le dispiaceva affatto quella situazione. Certo, dargliela vinta tutte le sere non le piaceva molto, ma non era facile guardarlo negli occhi ametista e dirgli una cosa che non pensava come 'Non voglio dormire con te'.

Doveva ammettere che a volte il dubbio che quello che stessero assecondando fosse sbagliato la invadeva e allora ripensava alle parole di Tadase. Poi però ripensava allo sguardo e alle parole di Ikuto e ai suoi sentimenti per lui. Ormai dopo quella specie di confessione era diventato impossibile mentirgli solo per la paura di commettere un errore. Purtroppo però non potevano continuare in questo modo, prima o poi si sarebbero stancati di nascondersi. Una cosa che tra pochi giorni poi sarebbe risultata più difficile visto che i genitori sarebbero tornati. Ma ora basta pensare a queste cose, in questo momento doveva solo vivere il presente, poi quando esso si sarebbe mutato in una decisione da prendere allora avrebbe vissuto quel dubbio e lo avrebbe affrontato con tutta la razionalità possibile.

Chiuse gli occhi stringendo anche lei tra le sue braccia il fratello che già dormiva utilizzando lei come cuscino. Anche quando erano piccoli facevano così, Amu lo ricordava bene.

Gli fece un'ultima carezza, facendo passare quei fili di seta blu fra le sue dita affusolate, poi anche lei si abbandonò al sonno sperando in cuor suo che quel momento non finisse mai.


- Accidenti, abbiamo finito il latte, oggi sarà meglio andarlo a comprare. - disse Amu mentre guardava in frigo, cercando con lo sguardo qualcosa da mettere sotto i denti e da trasformare in colazione.

- Ci vai tu o ci vado io? - le chiese Ikuto mentre prendeva dei biscotti al cioccolato dalla credenza.

- Se non hai impegni possiamo anche andarci insieme. - gli propose la ragazza.

Il ragazzo annuì addentando un biscotto.

- Allora andiamo! - gli disse la rosa correndo in camera sua. - Mi vado a vestire e a prendere il portafoglio, per quando scendo voglio che tu sia pronto.

Ikuto annuì. Quel giorno e per tre giorni di fila non ci sarebbe stata scuola per via di uno sciopero. La cosa non era affatto male, perché non solo avevano più tempo libero, visto che non c'erano i compiti, ma lui poteva stare ventiquattrore su ventiquattro con Amu.

La ragazza intanto aveva tirato fuori dall'armadio una maglia a maniche corte blu con tre teschietti disegnati al lato, in basso a destra. Poi si era presa una gonna di jeans e messa la cinta che le avrebbe evitato di perdersi l'indumento per strada, afferrò la borsa e corse di sotto.

Come si era raccomandata, Ikuto era già pronto sulla porta, vestito con jeans e camicia bianca un poco sbottonata. ( Meraviglioso… *.* nda )

- Bene, possiamo andare. - disse Amu aprendo la porta ed uscendo con il fratello.

Andarono in centro, dove si diressero subito al supermercato.

- Dunque, il latte dovrebbe essere… Ah, eccolo qua! - disse Amu prendendo una bottiglia del dolce liquido bianco.

- Dobbiamo comprare solo il latte o siamo sprovvisti di qualcos'altro? - chiese Ikuto.

Amu fece un'espressione pensierosa.

- Io sono sprovvista di pantaloncini veramente… - gli fece la ragazza portando un braccio dietro la testa e sorridendo.

- Vuoi vederne un paio?

- No, non preoccuparti, ci ritornerò con Rima magari…

- Come vuoi tu, allora andiamo. - concluse Ikuto dirigendosi insieme alla sorella alla cassa a pagare.

Usciti dal negozio si incamminarono verso casa, quando qualcosa attirò l'attenzione di Amu.

- Hey Ikuto, guarda là! - gli fece la ragazza.

- Golosona che non sei altro… - disse Ikuto. - Però ne voglio uno anch'io.

Le disse poi facendole l'occhiolino. Cinque minuti dopo avevano in mano un taiyaki ciascuno.

- Che buono, amo i taiyaki… - fece Amu mentre mangiava il suo seduta su una panchina con accanto suo fratello.

- Devo ancora trovarlo un dolce che non hai detto di amare. - le fece lui ironico.

La ragazza alzò le spalle arrossendo leggermente.

- Almeno non sono una che si lamenta… - si giustificò Amu.

Si alzarono pochi minuti dopo e ritornarono a casa.

- È mezzogiorno… - disse stupita la ragazza guardando l'orologio.

- Beh, considerando che ci siamo svegliati alle dieci e che poi siamo andati a comprare il latte, che abbiamo mangiato i taiyaki… credo che spieghi il fatto che sia mezzogiorno. - disse Ikuto salendo le scale.

- Hey, dove vai? - chiese sua sorella raggiungendolo.

- In camera, vuoi venire?

- Si, tanto non so che fare. - gli rispose entrando nella sua stanza con lui.

- Veramente neanche io lo so. - le disse il ragazzo sedendosi sul letto.

- Ehm, io lo saprei… - fece la ragazza mettendo le braccia dietro la schiena.

- Ah si? - le chiese lui con un po' di malizia nella voce.

- Si, ma non è quello che pensi tu! - sbottò sua sorella diventando rossa in volto. Lui si mise a ridere, era troppo forte quando si imbarazzava. - Non ridere e ascoltami!

- Dai, dimmi… - disse il fratello smettendo di ridere.

- Suoneresti il violino? - gli chiese speranzosa.

- Uff… - sbuffò lui. -

- Andiamo suona qualcosa! - lo pregò la ragazza. - Ti prego…

Il ragazzo ci pensò per un po', poi annuì:

- E va bene, ma voglio qualcosa in cambio. - le disse.

Lei annuì soddisfatta, solo dopo comprese le ultime parole di suo fratello.

- Che cosa? - domandò.

- Hai sentito benissimo, se vuoi che suoni dovrai darmi qualcosa in cambio.

- C-che c-cosa? - chiese sospettosa sua sorella, alla quale non piaceva per niente quella situazione.

- Te lo dirò alla fine della melodia. - disse lui prendendo la custodia del violino tra le mani. - Allora, accetti?

Amu deglutì.

- Va bene, basta che mi suoni quella che suonavi sempre quando eravamo piccoli. - disse sua sorella incrociando le braccia.

- Andata. - acconsentì Ikuto tirando fuori il violino ed iniziando a suonare. I ricordi li invasero tutti in una volta e fu in quel momento che tutti e due ripensarono ai momenti più belli della loro infanzia.

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Capitolo 18
*** Childhood memories part 1 ***


Avvertimento: Questo e il prossimo capitolo descrive tutti i momenti dell'infanzia di Ikuto ed Amu a cui la ragazza ripensa mentre suo fratello suona.


Due bambini se ne stavano in disparte a giocare da soli. Il maschio aveva dieci anni, la femmina otto. Giocavano a pallavolo e sembrava proprio che si divertissero.

- Uff… - fece ad un tratto la bambina prendendo la palla. - Lanciala più bassa, non riesco a prenderla altrimenti!

Il ragazzino sorrise.

- Tappetto che non sei altro, come faccio a lanciare una palla più bassa se sono più alto di te di trenta centimetri… - fece il bambino con aria di superiorità, chiudendo i suoi particolari occhi viola.

La piccola diventò rossa per la rabbia e gli corse in contro a velocità supersonica.

- Ah si? Allora vediamo… - disse mettendosi accanto al fratello. Gli arrivava poco sotto del petto, mi sa che erano più di trenta centimetri.

- Hai visto nanetta, che ti dicevo?

La bambina incrociò le braccia stizzita.

- Beh, guarda che sei tu che sei un lampione e sei troppo alto. - si giustificò.

- Un lampione? Ora ti faccio vedere io chi è il lampione! - le disse prima di gettarsi addosso a lei, rotolarono per qualche metro fino a che non si fermarono ridendo insieme.

- Riprendiamo a giocare a palla? - chiese la piccola dai capelli rosa alzandosi da terra e andando a recuperare il pallone. Il ragazzo però non si muoveva da terra. - Dai Ikuto giochiamo!

Si lamentò la bambina.

- Uff, va bene… - rispose poi il piccolo dai capelli blu alzandosi e mettendosi di qualche metro distante da lei. - Dai lancia.

Amu sorrise contenta.

- Arriva! - disse lanciando la palla altissima. Troppo alta e anche troppo lunga visto che si impigliò sopra il ramo di un albero.

- Brava la nostra piccola Amu… - fece sarcastico il fratello.

- Ops e adesso?

- Ci penso io. - disse il piccolo avvicinandosi all'albero e iniziando ad arrampicarcisi.

- Ma cosa fai?! - domandò la sorella preoccupata.

- Prendo la palla e sistemo il disastro che hai fatto… - rispose il fratello salendo sempre più in alto.

- Attento a non cadere!

- Io non mi chiamo mica Amu Hinamori…

- E smettila di prendermi in giro, sono preoccupata per te! - gli urlò la sorellina arrabbiata.

Ikuto sorrise mentre raggiungeva la palla. Preso l'oggetto scese dall'albero raggiungendo la sorellina che gli andò vicino.

- Dove hai imparato ad arrampicarti?

- Boh… - fu la risposta che ricevette dal fratello.

- Che razza di risposta è? -.-'

Ikuto alzò le spalle.

- Dai riprendiamo il gioco… - disse il bambino superando la rosa camminando.

- Mi insegni? - gli chiese d'un tratto la sorella facendolo voltare.

- Che cosa?

La bambina per risposta indicò l'albero.

- Scordatelo. - le rispose lui voltandosi di nuovo. La piccola lo raggiunse attaccandosi al suo braccio.

- Andiamo, per favore!

- No.

- Cosa ti costa?

- No.

- Perché?

- No.

- Stavolta ti avevo chiesto perché!

- Perché no.

Amu sbuffò.

- Bene, se tu non vuoi insegnarmelo imparerò da sola. - disse allora lei avvicinandosi di nuovo all'albero e tentando di salirvi.

Il fratello la osservava serio fino a che, dopo l'ennesimo tentativo, la bambina non si mise a sedere per terra con le braccia incrociate.

- Uff… non è giusto!

Ikuto sorrise avvicinandolesi.

- Stai sbagliando metodo… - le disse.

- Cosa cambia, tanto non ci riuscirò uguale…

Il bambino si abbassò alla sua altezza e le sorrise.

- Dai, ti insegno basta che ti togli quel broncio. - le disse facendola sorridere. La aiutò ad alzarsi, dopo di che le fece vedere come si arrampicava lui. Era davvero bravo, sembrava quasi un gatto per come si muoveva veloce e silenzioso. Si fermò nel primo ramo e le gridò:

- Coraggio raggiungimi!

Amu fissò un attimo suo fratello, poi l'albero con sguardo incerto. Si avvicinò piano alla corteccia e dopo qualche tentativo vano riuscì a salire e raggiungere Ikuto.

- Brava. - le disse lui quando la bambina riuscì a mettersi seduta nel ramo.

- Grazie di avermi insegnato, in effetti è divertente! - esclamò la rosa sorridente. Quella fu una delle più belle giornate primaverili passate con Ikuto.


- Andiamo suona! - lo implorava sua sorella. Già, anche quando era piccolo Ikuto non era facile da convincere.

- Non mi va…

- Si che ti va invece, per favore! - esclama Amu.

Il ragazzino sbuffa. Sua sorella neanche adesso che era in prima media era cambiata, era sempre una rottura di scatole. Anche se non glielo avrebbe mai detto però le voleva davvero bene.

- E va bene, ti accontento. - dice togliendosi il violino dalla spalla e tirandolo fuori dalla custodia. - Lo faccio solo per te, quindi hai un debito.

Amu mise il broncio.

- Mi sembrava troppo bello per essere vero… - fece sconsolata.

Il fratello sorrise iniziando a suonare. Amu riacquistò subito il sorriso e anche se un po' timidamente iniziò a cantare, prima piano e poi un po' più forte.

- Perché ti sei fermato? - chiese Amu notando che Ikuto non suonava più.

- Tu perché stai cantando?

La ragazzina arrossì.

- Non potevo forse?

- Non è questo, è che non hai mai cantato sulle mie note. - le spiegò alquanto sorpreso. - E va bene, vorrà dire che accompagnerò il tuo orribile canto.

- O-orribile?

Il ragazzino sorrise riprendendo a suonare mentre sua sorella cantava felice con lui.


Mancavano pochi giorni all'inizio della scuola, casa era vuota e due bambini una di sei e uno di otto stavano soli a giocare e parlare.

- No, non devi fare così! - gli disse sua sorella.

- Ah? - fece il bambino al quanto confuso grattandosi la testa. - Perché c'è un modo ben preciso per mettere la maglia alla tua Barbie?

Le chiese alquanto stranito.

- Certo che c'è… - fece la bambina mettendo le mani nei fianchi e prendendo l'indumento dalla mano del fratello. - Anche perché questa è una gonna e non una maglia.

Gli disse infilandola alla sua bambola. Lui alzò le spalle.

- Scusa, ma non gioco molto spesso con le bambole. - le disse.

- Dovresti fare pratica. - gli rispose Amu finendo di vestire la Barbie.

- Guarda che sono un maschio!

- Si, però sei anche mio fratello ed è tuo dovere giocare con me.

Il piccolo le rivolse un'espressione che significava tutto quello che pensava in quel momento del discorso della sorella:

- -.-'

Poi se ne andò in camera sua. Femmine…


D'un tratto la melodia che Ikuto stava suonando si fece più triste e ad Amu venne in mente il ricordo della discussione successa quando lei aveva nove anni.


Amu era appena entrata in classe, quando si ritrovò davanti un ragazzino biondo con gli occhi marroni che le sorrise.

- Ciao, mi chiamo Tadase Hotori. - le si presentò porgendole la mano.

Amu la strinse rispondendo anche lei con un sorriso:

- Piacere, io sono Amu Hinamori.

Era stata quella mattina che aveva conosciuto quello che sarebbe diventato il suo migliore amico.

Quel pomeriggio si erano messi d'accordo per uscire. Ikuto era restato tutto il giorno a casa per via della febbre, se ne stava in camera sua a dormire e non aveva visto sua sorella che usciva con il biondino.

Amu si stava divertendo moltissimo con Tadase, era un bambino davvero simpatico e solare, ci si stava molto bene con lui. Fu in quel momento che credette di aver preso la prima cotta per qualcuno, senza rendersi conto che in realtà quello che stava provando era solo una forte amicizia.

Il bambino la riaccompagnò a casa. Amu gli offrì di entrare e lì le cose precipitarono. Si trovò Ikuto in piedi sulle scale che la fissava stupito e che fissava Tadase confuso.

- Amu, chi è quello? - le chiese.

- Oh, lui è Tadase, è un mio compagno di scuola. - gli spiegò la rosa sorridendo.

Ikuto non seppe perché ma avvertì come una scossa di tristezza e gelosia insieme.

- Ah e perché è qui? - chiese freddo cosa che Amu notò molto bene.

- Ehm, l'ho invitato io… - gli disse un po' incerta.

Tadase notò che le acque non erano del tutto calme e decise di andarsene:

- Senti Amu, grazie per la bela giornata, sono stato benissimo, io vado. - le disse con il solito sorriso da ebete stampato in volto uscendo di casa.

- Ciao Tadase, anche io sono stata benissimo. - gli rispose salutandolo sulla porta, chiudendola poco dopo.

- Amu mi spieghi perché questo pomeriggio sei uscita con lui?

- Cosa vuoi dire?

- Lo sai…

- Illuminami! - gli fece con tono di sfida.

- Sei solo un'allocca ecco cosa… - le disse.

- Come? - Amu non sopportava proprio le offese.

- Un'allocca e anche una stupida.

A questo punto sua sorella scoppiò.

- Se tu sei geloso non è colpa mia, come non è colpa mia se mi sono presa una cotta! - gli urlò in faccia. Notò l'espressione del fratello mutare da arrabbiata a incredula e infine triste.

- Ah… hai ragione Amu, scusami. - disse mente la sorpassava salendo le scale. Quello fu il loro primo litigio. E fu anche la prima volta che Amu corse in camera e dopo essersi buttata nel letto si mise a piangere a dirotto.

Il giorno dopo la rosa era così decisa a rimediare il pasticcio che aveva fatto con suo fratello che fece il suo primo esperimento di cucina. Preparò un dolce semplicissimo, una crostata con la marmellata di ciliegie. Si era svegliata alle sei per potergliela far mangiare a colazione. Solo che non si era accorta che suo fratello era già sveglio e che la stava osservando da quasi quaranta minuti ormai. Mentre la bambina sfornava il dolce lui decise di arrivarle alle spalle dicendole:

- Che cosa fai?

Amu tirò un urlò di spavento e voltandosi lanciò la crostata facendola finire involontariamente in faccia al fratello.

- Ikuto, che diavolo ci fai qui, mi hai fatto spaventare…

- L'ho notato… - le rispose togliendosi la crostata dalla faccia.

- Scusami, anche se è colpa tua… - gli fece mettendosi a ridere.

- Ridi pure, non sei tu ad avere la faccia ricoperta di marmellata. - disse tentando di pulirsi il viso.

- Aspetta ti aiuto… - disse sua sorella prendendo uno straccio ed iniziando a pulire il fratello in volto anche se qualche volta una risatina ci scappava. - Ecco fatto, ora sei di nuovo Ikuto.

- Perché stavi cucinando una crostata?

- Volevo chiederti scusa per quello che ho detto ieri, ma non sapevo come fare. - disse abbassando lo sguardo.

- Quindi quella era per me.

- Si, anche se non era esattamente quello il modo in cui volevo darti la crostata… - gli disse lei.

- Comunque ho sbagliato anche io, tu sei… - quanto gli costava dire queste parole. - si beh, tu sei libera di prenderti una cotta per chiunque.

- Lo so, anche se non è per Tadase che me la sono presa… - gli rispose.

- Non mi dirai che ti piace qualcuno? - chiese il bambino incredulo.

Amu scoppiò a ridere.

- E tutte le belle parole che mi hai detto dove sono andate? - gli disse tra le risate. - Comunque tranquillo non mi piace nessuno… ahahahah

- Sei sempre la solita sciocca… -.-'

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Capitolo 19
*** Childhood memories part 2 ***


Era una domenica mattina, assolata, quando una ragazzina intorno ai dodici anni stava camminando nei dintorni di casa sua godendosi la fresca aria mattutina. Ad Amu piaceva fare un giretto la mattina presto, era silenzioso e poi la faceva come rinascere. Molto meglio di svegliarsi con il sole negli occhi, cosa che accadeva spesso nella sua stanza.

Mentre stava ancora camminando una cosa attirò la sua attenzione.

- Miao! - era un micetto che le stava venendo dietro da qualche tempo e che ora aveva deciso di strusciare il suo musino nella gamba della ragazzina. Amu lo prese in braccio carezzandogli il pelo nero. Gli occhi gialli la fissavano incuriositi, era davvero piccolo ed aveva una voce fina quando miagolava.

- Che carino che sei, quasi quasi ti porto a casa… - fece la rosa dicendo più a se stessa che rivolta al gattino che teneva fra le braccia.

Rientrò a casa piano piano, probabilmente dopo quello che avrebbe fatto suo fratello si sarebbe arrabbiato, ma almeno lei si sarebbe divertita. Voglio proprio vedere la sua faccia… si disse mentre apriva piano la porta della camera di Ikuto. Suo fratello dormiva composto su un lato, era sempre stato immobile mentre dormiva e per questo sarebbe stato ancora più divertente. Entrò richiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò piano piano a suo fratello e dopo un po' posò il gattino nel suo letto. Il micetto dapprima restò fermo, poi saltò sulla spalla del fratello, facendolo svegliare di botto, ogni volta che lo si toccava mentre dormiva lui sobbalzava e la sorella che lo sapeva ora stava ridendo di gusto. Vedere suo fratello con la faccia assonnata e spaventata al tempo stesso che si guadava intorno smarrito. Amu rideva proprio forte, non riusciva a smettere. Ad un tratto il ragazzo vide il micetto e dopo averlo preso in braccio lo guardò bene riuscendo un poco a realizzare la situazione.

- Che diavolo ci fa un gatto nel mio letto? - chiese confuso, prima di notare sua sorella che si piegava in due dal ridere per la faccia che aveva Ikuto in quel momento. - Sei stata tu, vero Amu?

Le chiese mentre posava il gattino a terra e si alzava. Non ottenne risposta, poiché quella ragazzina era troppo impegnata a ridere che a badare alle sue parole.

- Ti diverti tanto?

- Si… - riuscì a dire fra le risate. - Avresti dovuto vedere la tua faccia!

Gli disse calmandosi un poco. Poi riprese in braccio il micetto.

- Comunque non puoi dire che non è carino… - gli fece mettendoglielo a pochi centimetri dal viso. Lui sorrise.

- Si, è carino, ma lo era di meno mentre mi è saltato nella spalla… - le rispose alzando un sopracciglio provocando nuovamente le risate della ragazza.


- E dai, solo uno! - lo implorò la ragazza con le mani giunte poste davanti al viso.

- Amu, davvero… non mi pare il caso…

- Oh andiamo, magari poi sono buoni lo stesso! - ritentò Amu.

- Mmm… va bene… - disse anche se poco convinto, era da due ore che sua sorella lo implorava di mangiare i suoi esperimenti culinari leggermente bruciacchiati… da notare 'leggermente', il che voleva dire interamente neri. - Però se muoio è colpa tua…

- E dai!

Ikuto prese il muffin che una volta doveva essere al cioccolato. Se lo portò alle labbra e strizzando gli occhi diede un piccolo assaggio. Il suo viso cambiò colore diventando bianco, se non giallo. Sputò sul tavolo quel pezzo che aveva assaggiato.

- Amu, io ti voglio bene e spero che anche tu provi lo stesso per me, perché se io mangio questi così finisco dritto all'ospedale…

La ragazza fece una faccia delusa.

- Dai non fare così, la prossima volta però controlla meglio il forno. Insomma neanche la befana è così crudele! - le fece facendola sorridere un poco. Secondo tentativo culinario fallito. E va bene… non importa.


Aprile, il diciassette. Pioveva a dirotto da tre giorni, era impossibile quasi anche andare a scuola, purtroppo quella rimaneva sempre intatta. Però quel mercoledì non era un giorno di pioggia come un altro, no, era il compleanno di una ragazza dai capelli rosa, che proprio in questo momento se ne stava accovacciata sul divano a guardare le gocce di pioggia formare tante stradine tremolanti sul vetro della finestra del salotto.

- Che pizza, ha rotto questa pioggia! - sbottò il ragazzo vicino a lei. Ancora suo fratello non le aveva fatto gli auguri, che si fosse dimenticato? Fece un tentativo per vedere se era così.

- Ikuto? - lo richiamò.

- Dimmi Amu…

- Che giorno è oggi?

- Mercoledì.

- La data.

- Ehm… il diciassette. Perché vuoi saperlo? - le chiese, non è possibile, si era davvero dimenticato del suo compleanno.

Amu abbassò lo sguardo sconsolata.

- No niente, era tanto per sapere… - fece triste. Dopo ancora qualche minuto a star lì a far niente si alzò. - Vado in camera… almeno lì avrò qualcosa da fare.

Disse. Suo fratello la seguì con lo sguardo fino a che non entrò nella sua stanza. Dopo di che anche lui si alzò, prese il giubbotto e uscì fuori scontrandosi con il terribile acquazzone che c'era in quel momento.

Intanto sua sorella se ne stava sdraiata supina sul letto, un braccio sopra la fronte e l'altro steso lungo il corpo.

- Che delusione, e dire che lui non si dimenticava mai il mio compleanno… - si disse sconsolata voltandosi a pancia in sotto. Preso un libro poi iniziò a leggere, anche se non lo seguiva molto, era solo per provare a distrarsi, cosa impossibile, non sapeva il perché, ma quando c'era di mezzo il fratello era impossibile che la sua mente vagasse altrove. Cosa che purtroppo succedeva spesso in classe.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta. Andò di corsa ad aprire trovandosi davanti sua madre con una torta in mano, dove sopra c'era infilzata la candelina con il numero 10 in bella mostra.

- Auguri tesoro! - le disse sorridente. Amu ricambiò il sorriso, anche se avrebbe preferito che ci fosse stato qualcun altro sullo stipite della porta a farle gli auguri di buon compleanno.

- Grazie mamma… Ikuto dov'è? - chiese curiosa, anche se un po' triste.

- Oh, è uscito poco fa, ha detto di avere una cosa da fare.

Ma bene, ora non c'era nemmeno per festeggiare il suo compleanno, che non solo si era dimenticato ma che stava ignorando completamente. Non mise in mostra quello che provava limitandosi a dire un 'Ah, ho capito'.

- Beh, non spegni la candelina? - le fece sua madre solare come al solito. - Se vieni di sotto c'è anche babbo, non voleva perdersi il compleanno di sua figlia.

Le disse, fantastico, persino suo padre aveva fatto prima di suo fratello. Di solito lui era sempre il primo a farle gli auguri e a comprarle una torta, poiché in cucina era proprio negato e poi sinceramente Ikuto ai fornelli non lo vedeva proprio.

- Wow, scendo subito, un attimo solo… - disse rientrando in camera e mettendo a posto il libro. Si sedette qualche minuto sul letto a cercare di accettare quella situazione, dopo di che scese di sotto entrando in cucina e trovando i suoi genitori lì. Suo padre era la copia perfetta di Ikuto, mentre sua madre era la sua di copia perfetta. Ovviamente come carattere, visto che né lei né Ikuto erano solari come la madre.

- Buon compleanno Amu. - fece suo padre sorridendole. Era davvero un'occasione speciale che restasse a casa con loro. Suo padre lavorava come musicista, Ikuto aveva preso la passione per il violino da lui. Proprio per suonare il violino in pubblico quell'uomo si spostava sempre girando paesi e città ed anche per questo erano rare le occasioni di incontrarlo.

- Grazie babbo. - rispose Amu.

- Beh, allora mangiamo la… - stava per dire sua madre quando suonò il campanello. - Oh, Amu vai tu ad aprire.

La ragazza annuì andando alla porta e aprendola. Ikuto era lì davanti a lei, bagnato fradicio che la guardava sorridente.

- Ho dimenticato le chiavi… - le disse per poi porgerle un pacchettino regalo lilla. - Auguri Amu.

La rosa lo prese dalle mani del fratello delicatamente, quasi avesse pausa di romperlo. E dire che aveva pensato che lui si fosse dimenticato del suo compleanno. Era stato un pensiero sciocco, lui non se l'era mai dimenticato e mai lo avrebbe fatto.

- Grazie Ikuto. - disse osservando il pacchettino felice.

- Guarda che devi aprirlo tu, none un autodidatta… - le fece entrando.

- Deficiente. - gli disse la sorella.

- Come?

- Guarda come ti sei ridotto per andare a comprarmi un regalo.

- A quanto pare ne è valsa la pena.

- Ah?

- Adesso sorridi. - le spiegò il fratello. Amu infatti aveva appena increspato le labbra in un dolce sorriso, dopo di che andò in cucina con Ikuto che salutò il padre abbracciandolo, ovviamente dopo essersi tolto il giubbotto intriso d'acqua. Sua sorella scartò il piccolo pensiero fatto dal fratello, era un fermaglio, a forma di X, nero. Lo prese tra le mani abbracciando il fratello contenta, non tanto per il regalo, ma per il fatto che lui avesse pensato di andarglielo a comprare, rischiando anche di beccarsi una polmonite.

- Caspita quanto affetto, se era d'oro che avresti fatto? - le chiese ricambiando il suo abbraccio.

- Idiota! - esclamò la ragazza stringendolo più forte. Lo aveva chiamato idiota, buon segno, voleva dire che la sua Amu era di nuovo felice.

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Capitolo 20
*** When you're blind ***


La melodia del violino si concluse. Amu stava ancora con gli occhi chiusi a ripensare al loro passato, quando una voce le disse:

- Ehi, bell'addormentata ho finito di suonare!

La ragazza aprì gli occhi trovandosi suo fratello davanti a lei che la guardava divertito mentre riponeva il violino nella custodia.

- Sei bravissimo a suonare Ikuto, mi hai mandata indietro nel tempo… - gli disse felice.

- Già, ma ora che siamo nel presente… - disse il fratello avvicinandolesi. - ricordi il nostro patto?

Amu inclinò leggermente la desta verso destra.

- Ah? - fece. Ikuto si avvicinò di più a lei.

- Ricordi? Io suono tu mi dai qualcosa in cambio… - le fece.

Solo in quel momento la ragazza ricordò la promessa fattagli prima. E ora come se ne tirava fuori?

- G-giusto. - balbettò indietreggiando di un passo che Ikuto recuperò subito. - E che cosa vorresti?

Disse mentre indietreggiava sempre di più fino a trovarsi spalle al muro con suo fratello a pochi centimetri dal suo volto che la fissava.

- Prova ad indovinare… - le fece fissandola dritto negli occhi. Amu annegò in quel pozzo ametista che la fissava intensamente nelle sue pozze dorate.

- Forse lo so… - fece la ragazza. Lui inarcò un sopracciglio, che avesse capito sul serio? - Ma voglio sentirlo da te.

- Beh, è molto semplice… - le disse con voce suadente avvicinandosi al suo orecchio.

- Voglio… - e a questo punto si alzò allontanandosi dal viso peperone della ragazza. - Una crostata al cioccolato.

Annunciò infine. ( Come? O.O ndlettori Continuate a leggere…XD nda)

- Come? - chiese Amu sbalordita staccandosi dal muro ancora un po' rossa in volto. - E dovevi fare tutta questa scena per una semplice crostata?

Gli chiese incrociando le braccia.

- Avresti dovuto vedere la tua faccia, insomma era troppo buffa, eri terrorizzata, stupita e imbarazzata al tempo stesso.

- Terrorizzata? - chiese lei.

Lui annuì.

- Stupita? - domandò ancora la ragazza.

Il ragazzo annuì di nuovo.

- Imbarazzata? - chiese in fine Amu.

Ikuto annuì.

- Beh, allora ti saresti dovuto vedere anche tu, sembravi un pesce lesso mentre cercavi di fare il seducente! - gli disse ridendo.

Lui la guardò un attimo stranito, poi sorrise beffardo. La prese per la vita e staccandola da terra poggiò le sue labbra su quelle della sorella che era rimasta pietrificata da quell'improvviso contatto. Si sentì poggiare con la schiena contro il muro. Lei gli circondò le braccia intorno al collo, mentre lui la stringeva a se.

- E adesso come sono? - le chiese staccandosi un attimo. Lei rispose baciandolo di nuovo, cosa che ad Ikuto non dispiacque.

Poi d'un tratto il ragazzo si staccò posando Amu a terra.

- Sai una cosa, vado a farmi una doccia… - le disse per poi uscire dalla camera e dirigersi in bagno, anche se prima di entrare le fece. - Oh e nel frattempo preparami la crostata.

Dopo di che chiuse la porta ed iniziò a lavarsi.

- Che cosa? Ma allora non era uno scherzo… - si disse Amu. Fece spallucce dopo di che scese di sotto entrando in cucina. Chi capiva suo fratello era proprio bravo.

Tirò fuori tutti gli ingredienti e una volta sopra il tavolo iniziò a fare la pasta per la crostata che poi poggiò sulla teglia. La riempì di cioccolato, fece la decorazione a quadrati con le strisce di pasta, dopo di che la infornò.

Mentre scorrevano i minuti della cottura del dolce Amu rifletté su cosa era successo poco prima. Quasi non le sembrava vero che con suo fratello aveva un rapporto del genere. Era sempre stata convinta che sarebbe stato impossibile anche se lo avesse voluto pure lui, eppure eccoli qua a coltivare i loro sentimenti tra litigi, baci e… dolci al cioccolato? Perché no, anche quelli avevano una parte importante, dopo tutto, nel loro rapporto.

Il 'tin' del forno che segnava la cottura del dolce la tirò fuori dai suoi pensieri riportandola alla realtà. Lasciò riposare il dolce cinque minuti, proprio come le aveva insegnato sua madre. Bisogna sempre farlo freddare prima nel forno e dopo tirarlo fuori metterlo in un piatto e coprirlo con un telo aspettando che diventi tiepido, pronto per essere mangiato. Così le aveva detto sua madre e così lei faceva sempre. Una volta messo il dolce a tavola e coperto guardò l'orologio. Facendo un breve calcolo suo fratello era ormai un'ora che stava in bagno. Venti minuti da quando suo fratello era entrato in bagno, quaranta la cottura del dolce e dieci il resto.

Salì le scale anche per avvertirlo che gli aveva preparato la sua tatto desiderata crostata. Bussò.

- Ikuto, sono Amu, posso entrare? - fece, anche se con un tono id voce un po' basso. Non ottenne risposta. - Ikuto?

Niente, non rispondeva. Iniziava a preoccuparsi, quindi senza pensarci due volte aprì la porta del bagno, trovandosi davanti uno spettacolo tanto bello quanto imbarazzante.

- I-I-I…. Ikuto? - riuscì finalmente a completare il suo nome tanto era imbarazzata. Il ragazzo preso alla sprovvista si legò subito l'asciugamano in vita.

- Hey Amu, esistono anche i libri di scienze per conoscere certe cose… - le disse calmo come era suo solito fare.

La ragazza rossa di rabbia e di vergogna chiuse la porta violentemente per poi gridare da dietro di essa.

- Volevo solo dirti che la crostata è pronta. - fece alquanto irritata. Okay che era suo fratello, okay che si conoscevano da tutta la vita, okay che vivevano insieme. Ma lui era pur sempre un ragazzo di diciassette anni e lei una ragazza di quindici. Insomma, non lo vedeva più nudo da quando avevano otto anni, quando ancora facevano il bagno insieme.

- Amu, sei ancora lì fuori? - le chiese d'un tratto il ragazzo.

- Si, cosa c'è? - rispose lei ancora leggermente arrabbiata.

- Mi prenderesti la biancheria e i vestiti? Ho dimenticato di prenderli io… - le disse.

Ecco, questo era il colmo. Ma oggi tutte a lei dovevano capitare? Cioè, piccola correzione, ma sempre tutte a lei dovevano capitare?

Entrò nella camera del fratello e prese un paio di boxer, poi una maglia, un pantalone e un paio di calzetti. Tornò verso il bagno, con quello stupido rossore che non ne voleva sapere di sparire dalle sue guance.

- Posso entrare? - chiese stavolta ottenendo un si come risposta. Amu entrò rivivendo lo spettacolo di poco prima, anche se senza un dettaglio fondamentale. - Ecco a te…

Disse porgendogli i panni mentre voltava la testa pomodoro di lato.

- Oh andiamo, non mi dirai che ti vergogni? - le fece senza prendere i vestiti. - Siamo fratelli dopotutto…

Esatto, dopotutto quello che era e stava accadendo. Sempre con il viso voltato Amu gli chiese leggermente irritata:

- Ti decidi a prendere questi panni o no?

- Non finché non ti decidi a guardarmi…

Rossa in viso la ragazza si girò verso il fratello che sorrideva divertito dal comportamento di sua sorella. La quale dopo averlo guardato un istante gli buttò i panni in faccia e uscì sbattendo di nuovo la porta.

- Ma che scemo che ho per fratello! - sbottò scendendo le scale e entrando di nuovo in cucina.

Ikuto scese di sotto poco dopo, con un sorrisetto divertito stampato in volto. Amu lo notò subito.

- Divertente vero?

- Da morire… - fece lui trattenendo le risate, cosa molto difficile visto che aveva davanti sua sorella rossa in viso e gonfia di rabbia. L'aveva proprio imbarazzata, ma doveva ammettere che non gli era fatto dispiaciuto, dopo tutto quando uno si imbarazza vuol dire che prova qualcosa di forte per te. Almeno Ikuto la pensava così.

- Beh… - le disse ad un tratto. - Ti sei già mangiata la crostata?

Amu parve riscuotersi e tolto il telo da sopra il dolce disse:

- No, eccola qui.

Ikuto solo a vederla veniva l'acquolina in bocca. La ragazza si alzò e preso un coltello ne tagliò una fetta per il fratello e una per lei.

- Buonissima Amu, anche se sei ancora in debito con me… - le fece d'un tratto il fratello.

- Che cosa? - sbottò stupita Amu.

- Esatto, la sorpresina che hai avuto in bagno va ricompensata.

- Pervertito che non sei altro, guarda che io non ti ho chiesto nessuno spogliarello sia ben chiaro! - esclamò diventando di nuovo scarlatta in viso.

- Ancora meglio che lo hai avuto gratis… - le rispose soddisfatto.

- Beh, non aspettarti niente del genere da me! - sbottò.

- Tranquilla… - le ripose con un tono un po' più rassicurante, anche se i suoi pensieri erano altri.


- Ben ragazzi, otto giri di corsa intorno al campo! - annunciò la professoressa di educazione fisica.

Ad Amu gli occhi diventarono due tondini bianchi tanto era lo stupore.

- C-c-cosa? Otto giri? - si chiese.

- Questa pro sta un po' esagerando… - fece Rima accanto a lei.

- Un po' solo dici? Questa qui è completamente fuori! Hai visto quant'è largo il campo? - chiese la rosa terrorizzata.

- Si, ma che ci vuoi fare?

- Beh? Cosa state aspettando? Muovetevi! - gridò. I ragazzi iniziarono a correre composti e silenziosi. Fecero tutti gli otto giri di campo, anche se alla fine più della metà della classe era sfinita, Amu compresa.

- Ti senti bene? - le chiese Rima guardandola mentre se ne stava sdraiata per terra a pancia in sotto.

- Si… - le rispose sfinita. - Sto benissimo, non preoccuparti…

Si alzò lentamente dirigendosi insieme all'amica negli spogliatoi a cambiarsi.

- Io quella la ammazzo! - disse facendo il gesto di strozzare un essere immaginario.

- Si, lo farei anche io Amu, purtroppo però si va in galera… - le rispose la biondina infilandosi la giacca.

- Già… - disse sconsolata. - Hai detto proprio bene, purtroppo…

Come al solito tornarono verso casa facendo la strada insieme.

- Esci oggi pomeriggio? - le chiese ad un tratto Rima.

- E tu pretendi che dopo otto giri di campo faccia anche lo sforzo di uscire con te? - le chiese Amu sfinita.

- Oh andiamo, trova almeno la scusa di tuo fratello… - le fece per poi allontanassi gridando un… - Ci vediamo domani!

Correndo verso casa. Amu rimase un attimo lì impalata come un'allocca. Allora era così evidente quello che lei ed Ikuto stavano facendo, se se n'era accorta perfino Rima doveva essere lampante.

Tornò a casa lentamente riflettendo sulle parole dell'amica. Erano stati due sciocchi a voler nascondersi da 'occhi indiscreti'.

Entrò a casa e si diresse subito verso il bagno, anche se prima disse:

- Ikuto Sono a casa! Ascolta faccio una doccia e poi cucino ok?

Non ottenne risposta. Fece spallucce ed entrò in bagno. Iniziò a spogliarsi togliendosi la tuta da ginnastica, era bagnata fradicia di sudore.

- Dico davvero, se non andassi in galera per omicidio a quella professoressa la farei fuori… - si disse gettando i panni nel contenitore degli abiti sporchi.

Finito di spogliarsi aprì la porta della doccia.

- Aaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh! - lanciò un urlo disumano che probabilmente anche Rima aveva sentito.

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Capitolo 21
*** Now, i wanna accept our felling ***


Finito di spogliarsi aprì la porta della doccia.

- Aaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh! - lanciò un urlo disumano che probabilmente anche Rima aveva sentito. Mise un braccio intorno al seno, mentre con l'altro tentò di coprirsi le parti intime. - Brutto maniaco maiale pervertito, che cosa ci fai qui?

Ikuto rideva a crepapelle mentre usciva soddisfatto dalla doccia.

- Ti avevo detto che avevi un debito… - le disse.

- E io ti avevo detto che non ci tenevo a vederti nudo! - urlò rossa di imbarazzo e di rabbia.

- Beh, non ti ho mai detto che la pensavo come te. - fece lui scrutandola da cima a fondo, cosa che fece aumentare la temperatura del viso di Amu.

- Girati subito! - gridò.

- Perché?

- Come perché, perché devo entrare nella doccia! - urlò ancora Amu.

- Entra.

- Ikuto!!!!! - esclamò il più forte che poteva. Suo fratello uscì dal bagno ridendo di gusto e anche di soddisfazione. Non solo aveva imbarazzato sua sorella, ma aveva ricevuto un gran bel premio.

Intanto la ragazza nella doccia,mentre si insaponava, borbottava tra se e se:

- Maledizione a lui, ma da chi ha preso? Io non ce lo vedo babbo così… Ma tu guarda fra tutti i fratelli normali che esistono quello più strano doveva capitare a me… - il problema era che i suoi sentimenti per il fratello la portarono a cambiare dagli insulti ai complimenti. - Certo che però sono stata proprio fortunata ad avere un fratello così, anche se a volte non lo sopporto quando… - e di nuovo agli insulti e continuò così fino a che non finì di fare la doccia.

Uscita si mise velocemente l'asciugamano.

- Ci vorrebbe pure che aprisse la porta di scatto quel… quel… - non sapeva come nominarlo. Poi d'un tratto le venne in mente quando da piccoli si arrampicavano sugli alberi. - Quel gattaccio pervertito!

Scoppiò a ridere da sola. Adesso ce lo avrebbe chiamato sempre in quel modo, era troppo divertente.

Finì di ridere in tempo per accorgersi che mancava una cosa fondamentale.

- I vestiti!!!!!!!!! - gridò.

Sentì bussare. D'istinto bloccò la porta con il corpo, per poi rispondere:

- C-chi è?

- Babbo Natale, chi vuoi che sia? Sono io, no? - le fece trattenendo una risatina.

- Gattaccio pervertito che non sei altro, che cosa vuoi? - sbottò Amu ritornando rossa in viso.

- Ti ho portato i panni, come hai fatto tu con me ieri, poi ho sentito che te li eri dimenticata… - le disse ignorando il nomignolo.

Ad Amu venne normale compiere un piccolo calcolo.

Ikuto+Panni=cassetto della biancheria.

- Che cosa? Vuoi dire che hai in mano la mia biancheria? - chiese mentre diventava color pomodoro.

- Si, perché tu forse non hai preso in mano la mia?

- Questo è completamente diverso, io sono una femmina!

- Ma cosa centra, piuttosto mi fai entrare?

- Questa poi, non ci penso nemmeno!

- E allora con cosa ti vesti?

Amu rifletté un attimo poi disse:

- Semplice, tu lasci i panni fuori dalla porta e te ne vai in camera tua. Quando poi io sono sicura che il gattaccio pervertito è in camera sua esco, li prendo e mi vesto.

- Amu, siamo fratelli come puoi vergognarti, io non mi sono vergognato con te.

Si, Ikuto, siamo fratelli, ma è diverso ora che sappiamo tutti e due cosa proviamo… pensò la ragazza.

- E va bene, sporgi solo il braccio però… - disse mentre apriva la porta. Come non detto. Il ragazzo la spinse indietro ed entrò in bagno. - ma mi ascolti si o no quando parlo?

- Dovrei? - le chiese sorridendo. Amu sbuffò porgendo la mano.

- Panni prego.

- Ecco a te… - le fece dandoglieli. Stop, fermi tutti. Le aveva dato i panni senza dire niente o fare niente.

- Cosa c'è sotto? - gli chiese stringendosi i vestiti al petto, quasi per paura che glieli riprendesse.

- Sotto?

- Si, cos'hai in mente? - gli chiese di nuovo.

- Niente… perché?

- Allora esci… - fece mentre poggiava i panni sopra la sedia del bagno.

- Vado. - disse il ragazzo mentre usciva DAVVERO dal bagno. Quando poi Amu si ritrovò di nuovo da sola sentì la voce di suo fratello. - Sei di nuovo in debito.

- Che cosa? - domandò mentre si rivestiva, ma allora ci faceva a posta! Maledizione a lui! Però dopo tutto era per questo che gli piaceva, perché era imprevedibile e misterioso.

Stranamente questa volta non tentò di scacciare dalla sua mente quel pensiero. Che suo fratello avesse ragione e che dovevano accettare e basta quello che provavano? Ma accettarlo per davvero voleva dire ammettere di stare 'insieme'. Doveva parlargliene.

Uscì dal bagno circospetta, se se lo fosse trovato alle spalle non si sarebbe poi tanto sorpresa.

- Ikuto, sei in camera? - domandò. La risposta venne poco dopo:

- No, sono in salotto!

La ragazza scese raggiungere suo fratello che a quanto pare scriveva sdraiato sul divano.

- Cosa fai? - gli chiese sedendosi vicino a lui su uno spaziato che era riuscita a trovare nel divano.

- Scrivo.

- Cosa?

- Note.

- Una nuova melodia?

- Si, mi è venuta in mente adesso e l'ho scritta. - le rispose.

- Vuol dire che l'hai anche suonata? - chiese delusa.

- Si, perché?

- E non potevi aspettare, adoro sentirti suonare il violino! - esclamò incrociando le braccia con fare stizzito.

- Dai, almeno la senti completa… - le disse.

Okay, era il momento, doveva parlargli. Dove trovò il coraggio di dirglielo non lo seppe neanche lei.

- Ehm… Ikuto? - lo richiamò facendo voltare il ragazzo nella sua direzione.

- Si?

- Ecco, io… supponevo che noi… si ecco… - tentò di dire la ragazza mentre il fratello la guardava sempre più confuso. - Okay, voglio dire che forse quando torneranno i nostri genitori dovremmo dire loro del nostro si… 'rapporto'.

- Tu dici? - chiese incerto. La ragazza annuì. - Io la penso diversamente.

- Ah?

- Insomma, tornano dal lavoro appena adesso e li accogliamo con una notizia del genere?

- Magari dopo qualche giorno allora, però dovremo dirlo prima o poi, pensa che Rima già a capito tutto. - gli confidò la rosa.

- Anche tadase se è per questo, no?

Amu annuì.

- Mi sembra stupido tenerlo nascosto… - gli disse incrociando il suo sguardo con quello del fratello.

- Va bene, allora diciamo… tre giorni dopo l'arrivo dei nostri genitori lo confideremo a loro. - le propose. - Però in questo tempo lo dovremmo tenere segreto.

- Ci sto, fra quanto dovrebbero tornare? - gli chiese.

- Diciamo due giorni massimo… - e come si dice le ultime parole famose. La porta in quel momento si schiuse, lasciando passare la madre e il padre dei ragazzi.

- Mamma? - chiese incredulo Ikuto.

- Babbo? - domandò lo stesso stupita Amu. Si avvicinò all'orecchio del fratello. - Due giorni è? Sicuro che non erano due minuti?

- Eppure ti assicuro che avevano detto così… - bisbigliò il fratello mentre si avvicinavano ad abbracciarli.

- Ciao ragazzi! - disse la madre abbracciandoli e baciandoli su tutto il viso.

- Ciao…mamma… - fece Amu ancora confusa, soprattutto perché ora c'era meno tempo per organizzare la cosa. - Ciao babbo…

- Come siete stati senza la nostra presenza? - chiese suo padre.

- Magnificamente bene. - rispose Ikuto ricevendo una gomitata dalla sorella.

- Ikuto! - lo riprese.

- Tranquilla Amu, è normale. - le disse sua madre sempre sorridente.

- A voi piuttosto, come è andato il lavoro? Soprattutto come mai siete tornati prima? - chiese Ikuto che era leggermente infastidito dal fatto di non poter rimanere solo con la sorella.

- Siamo riusciti a finire il lavoro in tempo, quindi ci hanno permesso di tornare a casa prima. - spiegò loro la madre.

- Ah, beh in cucina dovrebbe essere rimasta ancora la crostata al cioccolato che aveva preparato ieri… - disse Amu, al solo ricordo arrossì violentemente guardando di sottecchi il fratello che se la rideva sotto i baffi.

- Allora abbiamo fatto bene a tornare prima… - disse il padre mentre andavano in cucina.

Già, proprio bene… pensò deluso Ikuto.

- Eccola qui. - disse soddisfatta Amu iniziando poi a tagliarne qualche fetta e a porgerla ai genitori, i quali la mangiarono di gusto.

Con questo ritorno improvviso il loro piano era stato stravolto, ma non di tanto, Amu era comunque convinta a dirlo ai genitori, cosa di cui però non era convinto il fratello.

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Capitolo 22
*** Shopping with my friend ***


- Ci sono, sono arrivata! - esclamò Amu varcata la soglia della classe.

- Amu? - la richiamò Rima mentre la ragazza si accasciava sul banco sfinita. - Non è da te arrivare in ritardo che ti è successo?

La rosa a quelle parole avvampò all'istante.

- N-niente, p-perché m-me lo c-chiedi?

- Stai balbettando come una deficiente, che ti è preso? - le chiese la biondina stranita dal comportamento dell'amica. Poi le avvicinò le labbra all'orecchio e le disse maliziosa:

- Non è che centra Ikuto per caso, vero?

Ecco, ora era un pomodoro pronto per essere colto.

- M-ma c-che ti s-salta in mente? - le chiese ancora sempre più imbarazzata.

La ragazza capì all'istante. Prese una sedia e le si sedette vicino poggiando i gomiti sul suo banco e sorridente disse:

- Racconta.

Amu fece un respiro profondo, poi iniziò a parlare.

- Ecco vedi, ieri sono tornati i nostri genitori. spiegò a Rima.

- E loro lo sanno di voi due?

- No, per questo abbiamo deciso di dirlo loro, il problema è che abbiamo deciso di farglielo sapere fra tre giorni.

- E allora? - chiese la biondina, davvero non capiva il problema.

- E allora volevamo passare più tempo insieme, da soli intendo. Adesso siamo sempre in ansia. - disse sbuffando la rosa.

- Capisco, ma ancora non mi hai detto che cosa è successo ieri. - le disse l'amica.

- Beh, ieri… - avvampò di nuovo.

- Ieri?

- Ieri…

- Ieri?

- Ieri…

- Santo cielo Amu ieri cosa diavolo è successo? - sbottò in fine la bionda incrociando le braccia al petto.

- Ecco ieri…

- Si?

- Abbiamo visto un film…

- E poi?

- Beh, lo abbiamo visto con i nostri genitori, quindi non potevamo permetterci scenate in pubblico sai no?

Rima annuì sempre più curiosa di sapere che cosa era successo all'amica.

- Dopo il film abbiamo parlato un po'. Anche del fatto che domani sera avremo una cena, eccetera insomma. E noi lì a fremere dalla voglia di stare da soli… - le spiegò sempre più rossa.

- E poi? - ripeté la ragazza visto che Amu faceva sempre più pause.

- Quando siamo andati tutti al piano di sopra…


Inizio Flashback


Amu, Ikuto, Aruto e sua moglie salirono tutti al piano superiore.

- Notte ragazzi! - annunciò la loro madre.

- Notte mamma! - dissero in coro loro due.

- Beh che dire… - disse d'un tratto Amu mentre si dirigeva verso la sua stanza. - Io vado a letto.

Aprì la porta.

- Bene anche io. - disse il fratello entrando nella sua camera e sdraiandosi nel letto.

- Ikuto! - lo richiamò la ragazza.

- Si dimmi. - fece lui con noncuranza.

- Sia ben chiaro che tu non dormi in questo letto! - esclamò mettendo le mani sui fianchi.

- Se tu non vuoi dormire per me va bene… - le disse con malizia facendola arrossire.

- M-ma che vai blaterando razza di gattaccio pervertito! - gli fece.

- E dai, ancora ti da fastidio che io stia nel tuo letto? - gli chiese con una faccina quasi da cucciolo bastonato.

- Si.

- :3

- Non fare quella faccia tanto non cambio idea.

- E va bene… - disse alzandosi. - Vorrà dire che ci penserò da solo…

E detto questo prese di peso la ragazza e si infilò sotto le coperte con lei.

- Sei davvero incredibile, ma hai forse dimenticato che tu sei in pigiama e io no? - gli chiese però abbracciandolo.

- Non credo la cosa ti disturbi…

- In effetti è così.

- Senti Amu?

- M-mm?

- Hai davvero intenzione di dire ai nostri genitori di noi?

- Si, perché tu no forse?

- In effetti è proprio così, io non vorrei dirglielo.

- Ma Ikuto devono saperlo.

Ikuto sospirò.

- Amu, lo sanno già…

- C-come?

- Mamma lo aveva già intuito, dirglielo sarebbe una conferma dei loro sospetti, che a detta del tono che ha usato mamma sono orribili. - le spiegò mentre le carezzava i capelli affettuosamente.

- Io però ci vorrei provare lo stesso, che ne sai, magari potrebbero anche accettare quello che proviamo. - gli disse speranzosa. Quando faceva così sembrava proprio una bambina ingenua. Al fratello faceva tenerezza quando si comportava in questo modo, una tenerezza che lo portò a stringerla più forte a se. Amu stava talmente bene in quel modo che si addormentò subito.


Fine flaskback


- Tutto qui? -.-' - le chiese la ragazza.

- S-si. - chiese Amu mentre ripensava ancora ai baci e le carezze che si era scambiata con suo fratello. Aveva raccontato una versione limitata della vicenda, ma non era mica colpa sua se si vergognava troppo per poter dire la verità.

- Cioè, quindi fammi capire… - tentò di ragionare la bionda. - Tu ora mi stai dicendo che i tuoi genitori sono già a conoscenza della vostra relazione, ma che tu non ne sei sicura, quindi glielo vuoi dire lo stesso… però Ikuto non è d'accordo e , Oh santo cielo ho il mal di testa!

- O.O

- Facciamo una cosa… - propose in fine Rima dopo essersi massaggiata ripetutamente le tempie. - Ti va oggi di andare a fare shopping?

- Sh-shopping?

- M-mm.

Amu ci rifletté un attimo. In effetti poteva andarci benissimo, doveva solo avvertire a casa.

- Okay ci sto, a che ora?

- Alle quattro a casa mia, poi andiamo insieme al centro commerciale e ci diamo sotto con i vestiti! - disse tutta emozionata la sua amica.

- -.-' Santo cielo Rima non ti facevo così patita di certe cose… - fece Amu stupita dal comportamento della biondina.

- Beh… le cose cambiano… - fece l'amica arrossendo leggermente.

- Andiamo chi hai incontrato? - le chiese la rosa, intuitiva. Infondo non ci voleva molto a capirlo. Rima che vuole fare spese, Rima che arrossisce, sono tutti si nonnini di Rima che conosce un ragazzo.

- C-cosa…

- Senti, sorvoliamo le scuse e dimmi chi è, dove lo hai conosciuto e com'è fatto. - la interruppe l'amica.

Rima si dovette arrendere.

- Beh l'ho conosciuto vicino casa mia, si è trasferito lì, si chiama Nagihiko e… è alto, occhi nocciola e capelli lunghi e viola. - rispose la ragazza.

- Quindi è per questo che non vedi l'ora di andare a fare shopping, ah? - le domandò Amu facendole l'occhiolino.

Rima annuì nervosamente, sempre con il rossore a colorarle le guance.

- Dai, non essere così imbarazzata, è normale! - esclamò Amu.

-Parli proprio tu di imbarazzo Amu? Sbaglio o poco fa sei arrossita come un peperone per… - non riuscì a finire che la ragazza le tappò la bocca.

- Ma cosa ti salta in mente... O////////O


- Sono a casa! - annunciò Amu non appena si tolse le scarpe ed entrò in cucina.

- Bentornata tesoro! - fece sua madre intenta a preparare il pranzo.

- Ciao mamma… - rispose sua figlia, non era più abituata a vedere sua madre in cucina, di solito era lei quella che cucinava tutti i pasti principali.

- Ikuto cara?

- Oh, arriva subito, è passato un attimo in libreria ha detto. - rispose Amu mentre andava in camera sua a posare la cartella.

- Ehm, senti mamma… - iniziò la ragazza una volta tornata al piano di sotto.

- Si?

- Oggi esco.

- Ah, dove vai?

- A fare shopping con Rima.

- A che ora?

- Alle quattro ci incontriamo a casa sua poi andiamo insieme al centro commerciale. - le spiegò. Sua mamma non chiedeva le cose, faceva gli interrogatori.

- Benissimo e verso che ora torni?

Ci risiamo.

- Verso le otto va bene? - chiese speranzosa.

- Sette e mezza.

- Sette e tre quarti.

- Sette e quaranta, ultima possibilità.

- Uff, va bene. - fece Amu arresasi.

- Ottimo, ora siediti a tavola che Ikuto deve per forza tornare adesso. - le disse sua madre mentre faceva il piatto alla ragazzo.

La porta si aprì e come previsto dalla madre Ikuto era tornato a casa subito.

- Ciao tesoro! - disse la madre felice.

- Ciao mamma… e Amu. - disse il suo nome con un tono che alla ragazza non piacque per niente. Tradotto: malizioso.

La madre se ne accorse, ma decise di non farci caso, almeno per ora.

- Hey Amu hai impegni oggi? - le chiese il ragazzo sedendolesi accanto.

- Si, esco con Rima. - gli rispose mentre iniziava a mangiare.

- Andate a fare compere? - chiese.

- E tu come fai a saperlo?

- Siete femmine è normale che andate in giro per negozi… - disse Ikuto facendo spallucce.

- Che cosa? Ma guarda questo… - la frase le fu bloccata dalle bacchette del fratello.

- Prova questo, ti piace?

- Si è buono… - rispose Amu. - ma… Ikuto!!!!

- Dai calmati, scherzavo… - le disse sorridendo. Amu ricambiò, era impossibile non sorridergli.


Erano le tre e tre quarti e la ragazza era già arrivata davanti casa di Rima. Suonò il campanello attendendo paziente che l'amica le venisse ad aprire.

- Sei già qui? - le chiese sorpresa.

- Si, non sapevo cosa fare a casa… - chiese.

Rima le mostrò uno sguardo malizioso.

- Ah no?

- Smettila! - sbottò Amu rossa in volto.

- Dai entra, stavo scherzando. - le rispose sorridendo.

Una volta in casa si misero a parlare del più e del meno fino a che non vennero le quattro e le ragazze uscirono di casa.

- Ma cosa ti vorresti comprare dimmi? - domandò curiosa Amu.

- Beh… ora lo vedrai… - le rispose Rima con aria misteriosa.

Arrivate la bionda adocchiò subito un paio di vestiti. Amu odiava fare shopping e già al terzo capo non ne poteva più di stare dietro all'amica.

- Ehm… Amu? - chiese Rima mentre stavano facendo la fila alla cassa.

- Si dimmi.

- Ma tu non compri niente? - le chiese mentre si avvicinavano sempre di più alla cassa.

- No, non ho bisogno di nulla. - le rispose facendo spallucce. - Se devo dire la verità sono venuta solo ad accompagnarti…

- Ah, allora grazie! - le sorrise l'amica.

Appena pagato si diressero al bar a prendere un frullato, dopo di che tornarono tutte e due a casa.

- Ciao Amu, mi sono divertita oggi!

- Ciao, anche io Rima! E la prossima volta voglio conoscere Nagihiko… - rispose la rosa entrando in casa. Rima arrossì all'istante.

- Amu, sei tornata? - era la voce di sua madre.

- Si sono a casa… - rispose la rosa. - Vado in camera…

- Va bene, ma scendi per la cena più tardi!

- Okay mamma! - disse entrando nella sua stanza e trovando suo fratello lì dentro, sdraiato sul suo letto che la stava osservando sorridendo.

- Bentornata Amu… - le disse sedendosi.

- Felice di essere a casa. - rispose la ragazza avvicinandoglisi…


Okay, ci tengo a precisare che questo non è uno dei miei capitoli migliori, ma che l'ho fatto apposta non solo per parlare anche un po' di altri personaggi, ma anche perché dal prossimo capitolo in poi le cose si faranno davvero serie e sarà sempre più difficile per Amu e Ikuto stare insieme. Quindi diciamo che era quasi per staccare un po'.

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Capitolo 23
*** Our parents know everything ***


Una miriade di vestiti sparsi decorava la stanza di una ragazza dai capelli rosa, che era ancora indecisa su cosa mettersi. D'un tratto qualcuno bussò alla porta.

- Chi è?

- Sono io Amu, se non ti sbrighi faremo tardi.

- Arrivo, solo un minuto! - rispose mentre raccoglieva un vestito a caso e lo indossava. Dopo di che raccolse tutti gli altri vestiti e li gettò nell'armadio richiudendolo prima che la montagna di panni cadesse.

Si guardò un ultima volta allo specchio dopo di che uscì dalla camera.

- Finalmente, la cena è alle otto non alle undici di sera… - le disse suo fratello.

- Già… - fece lei guardandolo dalla testa ai piedi. Indossava i jeans strappati, una maglietta bianca con sopra una bellissima camicia di jeans. Che sogno… pensò la ragazza arrossendo leggermente. Anche lui d'altro canto non la pensava diversamente guardando come si era vestita sua sorella.

Tra i due cadde un silenzio di tomba, che fu interrotto dalla loro madre:

- Hey, vi siete incantati? Coraggio che altrimenti facciamo tardi!

I ragazzi la guardarono un attimo poi annuirono e corsero in macchina entrambi.

- Ma perché andiamo a cena fuori? Se non volete cucinare c'è Amu. - fece Ikuto una volta entrato e messo comodo.

- Hey! - ribatté la sorella. - Non sono a completa disposizione di nessuno io, chiaro?

Fece con fare minaccioso, poi scoppiò a ridere. Il fratello la guardava stupito, con un espressione molto significativa:

- O.O

- Andiamo non guardarmi così, sto solo ridendo! - fece la ragazza frenando le sue risate, mentre la macchina partiva con meta ristorante.

La conversazione era finita lì e la ragazza decise di tirare fori il suo mp3 per far passare il tempo.

Ikuto vedendo quello che la sorella stava facendo le si avvicinò di più togliendole un auricolare e portandoselo all'orecchio.

- Ma è una fissa questa canzone per te… - le disse sorridendo.

- Può anche darsi, ma secondo me Hoshina Utau è la migliore… - gli rispose mettendosi a canticchiare la melodia.

- Ehm… Amu è una bella serata, ti gradirei se non facessi piovere. - le disse Ikuto prendendola in giro.

- Che cosa?! - sbottò la sorella girandosi e incatenando lo sguardo negli occhi del fratello.

Ci fu un attimo di silenzio fra i due, dopo di che scoppiarono a ridere, più per nascondere quello che stava per accadere che perché fossero davvero divertiti dalla situazione.

La madre intanto li osservava dallo specchietto retro visore. Aveva un'espressione seria sul volto mentre li guardava che ascoltavano la musica e si lanciavano occhiatine.

- Siamo arrivati ragazzi. - annunciò loro il padre.

Amu mise via l'mp3 e scese dall'auto seguita da Ikuto.

I genitori erano insieme più avanti rispetto a loro. Per questo Amu si permise di avvicinarsi al fratello e di chiedergli:

- Credi che dovremo dirglielo stasera?

Ikuto ci pensò un attimo poi rispose:

- No, meglio aspettare domani, rovineremo loro la serata.

Amu annuì anche se lei era convinta a dirglielo quella sera, prima avrebbero parlato meglio era, o almeno lei la pensava così. Suo fratello invece credeva che più tardi glielo avrebbero detto meglio sarebbe stato, perché così poteva passare più tempo con Amu senza che loro sospettassero niente, anche se lui credeva che sua madre aveva capito bene il loro rapporto.

- Hey ragazzi, cosa fate lì impalati venite a sedervi… - li richiamò suo padre mentre andava a sedersi vicino alla moglie.

- Arriviamo subito babbo… - disse Amu seguendo il padre e andandosi a sedere. Ikuto si sedette vicino a lei.

Mentre aspettavano l'arrivo di un cameriere parlarono come una normale famiglia.

- Allora ragazzi, questa sera possiamo finalmente parlare… - disse la madre. - Intendo che abbiamo abbastanza tempo per poter dialogare di tutto quello che vogliamo. Ad esempio…

I ragazzi per un attimo sudarono freddo sentendo le parole della madre.

- Ad esempio com'è andata oggi a scuola? - chiese in fine. Tutti e due avrebbero voluto tirare un sospiro di sollievo, ma si trattennero.

- Come al solito, noioso e monotono… - fece la ragazza.

- Per una testa calda come te è ovvio… - le disse sua fratello. La ragazza le diede un pugno amichevole sulla spalla.

- Ma sentitelo, ha parlato il genio! - gli rispose.

I genitori intanto li guardavano, osservando i loro movimenti e i loro sguardi e tutti e due intuirono che c'era qualcosa di strano tra i loro figli.

- Volete ordinare? - chiese loro una cameriera.

- Si, grazie… - rispose per loro il padre ordinando i piatti che avevano deciso e l'acqua.

- Bene, arrivano subito. - rispose loro la ragazza per poi dileguarsi.

- Comunque, a parte noi due… - disse Amu. - A voi il lavoro come sta procedendo? Babbo, hai scritto una nuova melodia?

Il padre scosse la testa:

- No, ma ci sto lavorando.

- Beh, è proprio vero che l'allievo supera il maestro, eh Ikuto? - chiese la ragazza al fratello sorridendo.

- Già… - rispose lui, monosillabico come sempre.

- Cosa intendete dire ragazzi? - chiese curiosa la madre sporgendosi più in avanti con la sedia.

- Che Ikuto ha scritto una melodia bellissima! *.* - esclamò entusiasta la sorella. - Me l'ha suonata mentre voi eravate ancora via per lavoro e vi assicuro che non ho mai sentito una musica più bella. Sembra quasi che il violino sia stato creato su misura per lui per come lo suona con disinvoltura.

- Ma davvero? - chiese il padre. - E tu non ci dici niente?

Chiese rivolgendo al figlio che fece spallucce e rispose semplicemente:

- Dovevo?

- Certo che dovevi a noi fanno piacerei tuoi progressi nella musica, come fanno piacere i progressi di Amu nella cucina… - spiegò lui la madre.

- Beh… - Ikuto stava per parlare quando la cameriera arrivò e portò loro le ordinazioni.

Iniziarono subito a mangiare in silenzio. Non proferendo parola fino alla fine, ovvero fino a che non ordinarono il dolce.

- Ma questa è un'eresia! I dolci di Amu sono molto più buoni… - commentò Ikuto.

- Grazie… - commentò la ragazza arrossendo mentre si portava alla bocca un pezzetto di torta alla panna. Dettaglio che alla madre non sfuggì affatto. Questi non me la raccontano giusta… si disse la donna mentre finiva il dolce.

- Si, i dolci di Amu sono più buoni ma neanche questo era male. - disse Aruto mentre si alzavano da tavola e si dirigevano a pagare il conto.

Usciti dal ristorante salirono di nuovo in macchina.

- Adesso però dovete dircelo… - iniziò a dire Ikuto.

- Che cosa? - chiese la madre.

- Perché siamo andati a cena fuori è ovvio, cosa dobbiamo festeggiare? - chiese. - Oppure cosa dovete dirci.

Sua madre lo guardò dritto negli occhi attraverso lo specchietto della macchina.

- Eppure… - disse la donna. - Ero convinta che eravate voi a doverci dire qualcosa…

I due si guardarono sgranando gli occhi. Allora era vero che sua madre si era accorta dei loro sentimenti. E ora dovevano dire a loro tutto.

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Capitolo 24
*** For our happiness ***


Arrivarono a casa in assoluto silenzio e altrettanto entrarono nell'abitazione. I due ragazzi si contorcevano le mani nervosamente e tenevano lo sguardo basso. E adesso come facevano a dirlo ai loro genitori? Maledizione, non credevano sarebbe stato così difficile.

- Amu… - la richiamò sua madre. La ragazza alzò lo sguardo verso sua madre che le circondò le spalle con un braccio e insieme si diressero nella camera della rosa.

- Figliolo… - lo richiamò allora Aruto. Ikuto capì all'istante e si diresse in camera sua seguito dal padre.


Amu e sua madre si sedettero nel letto. Amu non sapeva davvero cosa dire, era come se avesse la bocca sigillata. Il pensiero che una sua parola avesse compromesso il rapporto che aveva con il fratello la faceva stare male, facendole contorcere lo stomaco.

- Amu… - la chiamò di nuovo sua madre.

La ragazza si voltò verso di lei. La donna aveva uno sguardo serio e allo stesso tempo dispiaciuto.

- Mi dispiace chiederlo così tutto d'un tratto, ma voglio sapere in che rapporti sei con tuo fratello. - le disse. Ecco, la comanda che più temeva era arrivata. Non rispose, non ci riusciva. - Sappi che è solo una conferma quella che voglio, avevo già capito tutto.

- E va bene… - la rosa fece un respiro profondo. - è vero…

Sua madre chiuse un attimo gli occhi. Allora aveva visto giusto, come sempre d'altronde. Le madri hanno sempre un sesto senso in certe cose.

- Spero che tu ti renda conto della gravità della situazione… - le disse sua madre.

- Forse.

- Forse?

- Mamma santo cielo, è amore! - sbottò d'improvviso la ragazza. - È lo stesso amore che tu provi per babbo…

- Ma io e tuo padre non siamo parenti! - disse allora sua madre.

Amu abbassò lo sguardo.

- Lo so, so che è…

- Proibito. Amu, è proibito quello che state facendo. - le disse la donna guardandola seriamente.

- Mamma cosa mi stai chiedendo? - sua figlia era intuitiva proprio come lei.

- Ti sto dicendo di cercare di innamorarti di qualcun altro.

Amu sorrise amaro.

- Come se non ci avessi provato… - le rispose. - Mentre eravate via io e Ikuto abbiamo fatto di tutto per cambiare i nostri sentimenti, ma come ci allontanavamo c'era sempre qualcosa che ci riavvicinava e alla fine abbiamo deciso di accettare i nostri sentimenti, dicendo che era inutile cacciarli. Potevano solo spedirli per un breve tratto, poi tornavano indietro. Sono troppo forti e non possiamo fare altro che assecondarli.

La madre osservò bene la figlia mentre parlava. La stava guardando dritta negli occhi ed era sincera. Davvero sincera. Poteva vedere chiaramente quanto avrebbe sofferto sua figlia a provare a cambiare i suoi sentimenti.

La donna chiuse gli occhi di nuovo.

- Ma Amu, ti rendi conto di cosa state facendo?

- Dobbiamo solo stare attenti, ma non puoi impedirci di amarci… - le disse sua figlia. - Mi dispiace mamma, so che questa situazione non ti piace, ma non posso fare altrimenti. Non ci riesco davvero… è più foto di noi.

- Ho capito Amu, so che non è facile e che purtroppo io a parte tentare di farvi ragionare non posso fare altro. - le disse sua madre. - Ma da ragazza intelligente quale sei mi aspetto la massima attenzione da parte tua.

Si alzò dal letto e stava per uscire dalla camera quando si girò un ultima volta verso la figlia:

- Sappi però che non accetterò mai questa situazione.

Uscita dalla sua stanza Amu tirò un sospiro di sollievo, si sentiva meglio ora. Come svuotata da tutti i suoi problemi. Ora però doveva aspettare che anche Ikuto finisse il suo colloquio.


Ikuto appena entrato nella sua stanza si sedette nel letto. Suo padre restò in piedi, appoggiato con le spalle al muro e lo sguardo basso.

- Credimi se ti dico che io non sarei voluto arrivare a tanto… - gli disse il padre.

Ikuto fece una risatina di scherno.

- Ah, quindi tu mi vorresti dire che sei stato 'costretto'? - gli chiese sarcastico. - Risparmiamelo…

- Ikuto ascolta…

- Non abbiamo fatto niente. - lo interruppe il ragazzo. - Ci siamo solo baciati qualche volta e stati abbracciati sul letto. Abbiamo anche pranzato e cenato insieme se proprio vuoi saperlo. E fatto colazione, ma nient'altro.

- Va bene… - disse suo ade sedendosi vicino al ragazzo. - Ti credo. Ciò non toglie però il fatto che siete fratelli e che è sbagliato quello che state facendo. Spero che tu ti renda conto di questo almeno.

- Se stai cercando di farmi cambiare idea su mia sorella sprechi il tuo tempo. - gli rispose Ikuto. - Ci abbiamo già provato a cambiare i nostri sentimenti e vuoi sapere i risultati? Ci siamo amati ancora di più. Non c'è niente che riesca a farci stare lontani, niente. Tu e mamma inclusi.

Disse tutto in tono molto freddo. Quella situazione non gli piaceva per niente. Gli sembrava di stare a un interrogatorio.

- Con questo cosa vuoi dirmi?

- Di andartene dalla mia stanza e farmi vivere la mia vita come cavolo mi pare… - gli disse sempre con il suo atteggiamento freddo.

- Ikuto non posso accettare questa situazione, sono vostro padre e per quanto ne so questo è un incesto. - gli disse. Il ragazzo sgranò gli occhi. - Mi dispiace se non puoi fare a meno di amare tua sorella, ma io questa cosa non l'accetto.

- Non mi importa un fico secco di quello che tu accetti, io so quello che voglio e stavolta nessuno me lo porterà via… - detto questo il ragazzo si alzò aprendo la porta della camera e uscendo. Vide sua madre in corridoio, segno che Amu era sola. Con un solo gesto entrò nella camera della sorella e chiuse la sua porta alle spalle.

I genitori di fuori si guardarono con aria triste. Non erano riusciti a far ragionare i loro figli, d'altronde i figli non ascoltano mai i genitori. Però ben presto e di questo ne erano sicuri, si accorgeranno della gravità della loro situazione.


Amu si alzò dal letto non appena vide suo fratello.

- Ikuto cosa…

- Shh, lascia perdere quello che dicono i nostri genitori, capito? - le disse poggiandole un dito sulle labbra. - Non voglio neanche provare a perderti.

Le disse per poi chiudere la distanza tra di loro posando le sue labbra su quelle della ragazza. Amu ricambiò felice, ora sapeva davvero che cosa voleva e che cosa avrebbe fatto della sua vita. Quindi, perché distruggere questo momento con l'ascoltare sua madre? D'ora in poi voglio solo vivere… si disse per poi abbandonarsi al fratello.

Sarebbe stato doloroso, sarebbe stato duro, forze sarebbe stato perfino triste, far accettare ai loro genitori la situazione. Ma dopo tutto che cosa non si fa per raggiungere la felicità? E in questo momento tutti e due la volevano, volevano una cosa precisa: stare insieme.

E tutti e due erano pronti ad ottenerla, con le buone o con le cattive.


Scusate se il capitolo è un po' cortino, ma volevo centrare tutta la vicenda sul dialogo e il ritrovamento dei due ragazzi in un solo capitolo, senza 'fastidi', non so se mi sono spiegata…XD

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Capitolo 25
*** Utau's concert ***


Rima entrò in classe più felice che mai. Il giorno prima era riuscita a fare amicizia con Nagihiko e oggi ci sarebbe uscita insieme.

- Ciao Rima… - la saluto una ragazza dai capelli rosa.

La bionda appena la vide l'abbracciò stringendola forte, tanto che Amu dovette ripeterle un paio di volte di lasciarla altrimenti la soffocava. Quando fu liberata poi dalla stretta dell'amica si sedette al suo banco. - Hey, ma cos'è successo che sei così felice?

- Oh Amu, non ci crederai mai! - esclamò contenta facendo il gesto di riabbracciarla. Amu mise subito le mani avanti:

- Racconta e basta.

Non le piaceva essere stritolata.

- Beh, ieri per dare il benvenuto ai nuovi vicini, mia madre li ha invitati a cena a casa nostra… - iniziò Rima sorridente. - Dopo cena io e Nagihiko abbiamo parlato e lui mi ha invitato ad uscire con lui oggi pomeriggio.

- Beh è fantastico Rima, ma… non farti troppe illusioni, magari ti considera solo un'amica. - le rispose l'amica.

- Per il momento forse… - disse la biondina diventando improvvisamente seria.

- Ma che classe fa, è più grande o più piccolo? - chiese poi Amu.

- Ha l'età di tuo fratello. - le rispose la ragazza. - A proposito, come vanno le cose con Ikuto?

- Bene, perché? - domandò la rosa stupita dal tono che aveva usato l'amica.

- Perché ho portato qualcosa per te… - disse prendendo la cartella ed iniziando a frugare fra i libri. - Ma dove l'ho messo…

- Che cos'hai portato Rima?

- Aspetta… che ora te lo faccio vedere… trovati! - disse trionfante tirando fuori due biglietti e porgendoli all'amica.

- Ma questi sono… - disse Amu sorpresa. - I biglietti per il concerto di Hoshina Utau!

Esclamò felice e incredula.

- M-mm… - le rispose l'amica. - A mio padre li hanno regalati a lavoro e lui li ha dati a me, però di noi due la fan sfegatata sei tu, quindi mi sembrava giusto darli a te.

- Grazie tanto Rima. Che bello!!! - esclamò contenta.

- Felice di averti fatta felice! - rispose di rimando la biondina sorridendo.

Amu davvero non vedeva l'ora di andare a quel concerto, i suoi genitori non le avevano comprato i biglietti perché erano tutti finiti, ma a quanto pare per una volta la fortuna sarebbe girata dalla sua parte.


Tornò a casa felice come una pasqua. Il rapporto con i genitori non era più lo stesso da quando avevano scoperto di lei e suo fratello e questa ad Amu un po' dispiaceva.

- Sono a casa! - annunciò.

- Bentornata! - rispose sua madre.

Era sempre più freddo e distaccato il tono di voce di sua madre, ma lei non se ne curava più di tanto. Fece spallucce e corse al piano di sopra.

Bussò alla camera del fratello.

- Ikuto, sono io! - disse la ragazza. Il ragazzo le venne subito ad aprire.

- Bentornata a casa Amu! - le disse sorridendo.

La ragazza non perse tempo e una volta entrata nella stanza di Ikuto tirò fuori dalla borsa i biglietti. Li porse al fratello.

- Chi te li ha dati? - le chiese.

- Rima, suo padre glieli ha regalati, ma è a me che piace più di tutte questa cantante! - fece entusiasta.

- Vuoi che ci venga con te? - chiese il ragazzo, intuitivo.

- Se vuoi…

- Va bene, tanto so che mi pregherai fino allo sfinimento se non vengo… - disse regalandole però un bellissimo sorriso che la ragazza contraccambiò abbracciando forte il fratello.

- Allora è deciso, domani alle nove di sera andremo al concerto della favolosa Hoshina Utau! - gridò Amu eccitata al massimo.

A Ikuto piaceva vederla così felice, poi sapere era lui una parte della sua felicità lo faceva diventare ancora più contento.

- Dai trottola, andiamo a pranzo, altrimenti i nostri genitori pensano male… - le disse prendendole la mano e scendendo al piano di sotto con lei.

Anche il pranzo venne svolto in silenzio, i genitori li fissavano seri, mentre loro non se ne curavano e continuavano a mangiare ogni tanto guardandosi.

Finito il pranzo si alzarono insieme.

- Grazie per il pasto. - dissero e se ne andarono tutti e due in camera di Amu.

- Non capisco cos'hanno da guardarci in quel modo… - commentò Ikuto mentre chiudeva la porta.

- Cerca un po' di capirli, dopo tutto noi siamo fratello e sorella, è vero che non dovremmo stare insieme. - gli rispose Amu.

- No, non è vero. Fosse sbagliato, fosse proibito, quello che ti pare, non mi interessa più ormai… - disse. - A meno che tu non mi voglia rivedere con un'altra micetta in calore…

- No no! - esclamò sua sorella. - Cioè… ovvio che no.

Cercò di fare la seria ma scoppiò a ridere.

- Perché sei scoppiata a ridere? - le chiese suo fratello stupito dalla reazione della ragazza.

- Ho ripensato alla tua faccia mentre quella bionda ti faceva la romanzina, ti ricordi? - gli chiese continuando a ridere. - Avevi una faccia tipo: =.='

- Sei proprio una ragazzina, ridi per cose senza senso… - commentò il ragazzo mettendosi una mano fra i capelli e scuotendo la testa piano, un gesto che dice perfettamente: ' non c'è più speranza'.

- Hai solo due anni più di me, non sei tanto più grande… - fece la ragazza.

- Magari non sono più grade di età… - lasciò la frase in sospeso così da lasciar intendere alla ragazza il resto. La rosa ci mise un secondo a capirlo e arrabbiata gli si lanciò addosso facendolo cadere a terra con lei sopra. Tutti e due rimasero stupiti da quel gesto e restarono parecchio tempo così a guardarsi negli occhi. Ci sarebbero restati di più se non fosse stato che la loro madre aprì la porta di botto:

- Cos'è successo, ho sentito un rumore, state…

Vedendo la scena non riuscì a continuare la frase. Amu si tolse da sopra il fratello e insieme dissero:

- Non è come credi!

- Ah no? E allora sentiamo cosa stavate facendo?

- Sono inciampata e gli sono caduta addosso… - mentì Amu.

Sua madre fece un respiro profondo dicendo:

- Proverò a crederti…

Dopo di che chiuse la porta della stanza e scese di sotto.

- Così non si può continuare a vivere… - fece d'improvviso Ikuto sedendosi nel letto. - Anche il più piccolo rumore fa scattare il loro il sospetto che noi…

- Ikuto, è normale. - lo interruppe sua sorella sedendoglisi vicino. - È perfettamente normale che abbiano paura di questo.

Il ragazzo sbuffò. Perché le cose di dovevano complicare così tanto? Perché non riuscivano a vivere normalmente?

- Hey Amu? - le chiese d'un tratto il ragazzo.

La rosa si girò verso di lui.

- Dimmi Ikuto, cosa c'è?

- Mi faresti un favore?

- Quale?

- Mi prenderesti il violino, ho voglia di suonare… - le disse. Alla ragazza le si illuminarono gli occhi. - Ti faccio ascoltare la nuova melodia che ho scritto.

- Corro! - disse la ragazza uscendo dalla sua camera e andando a prendere il violino nella camera del fratello. - Eccolo qua!

Disse appena tornata porgendogli la custodia con dentro quel meraviglioso strumento.

Ikuto tirò fuori il violino e dopo qualche minuto per prepararsi iniziò a suonare. Meravigliosa… pensò Amu mentre chiudeva gli occhi e si abbandonava alla melodia.

Quando la musica finì la ragazza riaprì gli occhi trovandosi un Ikuto soddisfatto davanti.

- Ma come fai a scrivere melodie così belle? - gli chiese.

- Avrò l'ispirazione adatta… - le rispose guardandola dritto negli occhi avvicinandolesi.

- P-può darsi… - disse imbarazzata.

- ma come, non mi dirai che ti senti ancora in imbarazzo a starmi così vicino? - le chiese avvicinandosi di più alla ragazza.

- Certo che no… - provò a dire. Pessima risposta. Il ragazzo ripose il violino nella custodia che stava posata vicino al letto. Poi si avvicinò alla ragazza che si era seduta nel frattempo. Le si sedette vicino per poi prenderla e farla sedere su di lui. - Ikuto, cosa…

Non finì la frase a causa di suo fratello che le aveva imprigionato la bocca fra le sue labbra. In questi momenti Amu si sentiva come se tutto il resto sparisse e ci fossero solo loro due.


- Amu, sbrigati! - erano cento volte che bussava alla porta della camera di sua sorella.

- Un secondo! - e ti pareva che rispondeva così? Era sempre uguale, ci metteva sempre una vita a prepararsi. - Fra poco esco, tu piuttosto sei pronto?

- Io? Ma se è da una vita che sono pronto! - esclamò sbuffando.

- Arrivo, dammi ancora qualche minuto. - disse la ragazza. Dopo qualche quarto d'ora Amu uscì dalla sua camera. Inutile dire che agli occhi di Ikuto apparve più che bellissima. Forse ne era valsa la pena di aspettare così tanto, pensò il ragazzo. Anche per Amu suo fratello appariva sempre il più bello fra tutti, soprattutto poi vestito in quel modo. Completamente in pelle. Pantaloni e cappotto. L'unica cosa che staccava era la maglietta bianca che portava sotto.

- Wow Ikuto… - mormorò Amu.

- Lo so, sono bello sta sera.

- Ma come siamo modesti! - esclamò ironica la ragazza.

- Anche tu sei bella Amu… - le disse, la ragazza arrossì. Anche perché era il primo vero complimento che suo fratello le faceva.

- Dai andiamo, che voglio stare sotto il palco! - fece la ragazza uscendo di casa.

- Agli ordini signorina Hinamori!

- Signorino Hinamori si sbrighi prego… - rispose la ragazza prendemmo suo fratello per il braccio e strattonandolo fuori. Camminarono fino alla stazione delle metropolitane. Ne presero una che li portò dritti dritti vicino al luogo del concerto.

- Coraggio andiamo! - esclamò la ragazza iniziando a correre verso l'entrata quando si scontrò con qualcuno. Caddero tutti e due a terra. - Oh mio Dio mi scusi!

- Non fa niente, anche se potresti fare più attenzione… - le rispose la ragazza contro cui aveva sbattuto. Amu le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. - No, grazie, faccio da sola.

Disse rimettendosi in piedi.

- Ah, va bene scusi… - fece delusa Amu. Cosa di cui la ragazza si accorse.

- Perdonami ma vado di fretta…

- Anche tu sei qui per vedere il concerto? - le chiese scrutandola. Sembrava quasi che si volesse nascondere, per come era vestita e in più portava gli occhiali.

- Io? Diciamo di si… - fece evasiva voltando la testa di lato. - scusa, ma ora devo andare…

- Aspetta! - esclamò Amu afferrando la ragazza per il polso, la quale si girò incrociando il suo sguardo con quello della rosa. - Utau…

mormorò incredula la ragazza. Cavolo mi ha scoperta… pensò la bionda.

- Non so di cosa tu stia parlando… - fece, provando di nuovo ad andarsene. - Ascolta, non lo dico a nessuno promesso, io sono una che sa mantenere i segreti, ma ti prego dimmi se sei Utau, io ti ammiro molto davvero e ho sempre desiderato incontrarti…

Le disse. La bionda si voltò un attimo, provò a fidarsi, in effetti guardando negli occhi di quella ragazzina non sembrava che mentisse.

- Si, sono io… - ammise. - Sappi però che non faccio autografi, chiaro? Né a te né alle tue amiche.

Amu sorrise.

- Ora che ti ho conosciuta non mi interessa il tuo autografo… - le disse.

- Come vuoi, come ti chiami?

- Hinamori Amu.

- Anni?

- Ho quasi la tua età, ne ho quattordici.

- Guarda che io non ho quindici anni, ne ho diciassette. - le rispose.

- Come? - fece stupita Amu.

- Quella è la versione per la stampa, le fanno sempre più giovani… - disse.

- Oh, non lo sapevo… - disse. - Comunque ci togliamo solo tre anni, non è poi così tanto.

- Se lo dici tu…

- Ovvio che lo dico io… - le fece ironica la ragazza, per poi aggiungere… - Ma ora vai o il concerto inizierà tardi…

Utau annuì entrando dal retro della sala.

- Davvero quella era Utau? - le chiese il fratello vedendole vicino.

- Era lei. - gli rispose. - Si riconosce facilmente.

- Ovvio, hai visto che bel sedere che ha? Si fa notare la biondina!

- Come? E perché io non ho forse un bel di dietro quanto lei? - sbottò Amu stizzita.

Ikuto scoppiò a ridere, meno di un secondo ci voleva per far ingelosire la sorella.

- Guarda che scherzavo…

- E dillo prima >////////<…


Poco dopo che furono entrati il concerto iniziò. Utau era splendida come sempre. Ma d'altronde agli occhi di una fan il suo idolo appare sempre magnifico. Per questo Amu la guardava con una sua altra tipica espressione:

- *.*… è magnifica…

Ikuto la guardava con un leggero sorriso sulle labbra. Sua sorella solo poteva riuscire a conoscere il suo idolo di persona, come ave fatto prima. Era davvero una ragazza speciale.

- Ikuto, senti che bella, questa è la mia canzone preferita… - disse sua sorella.

- Ma è nuova?

- Si, fa parte dell'ultimo album… - gli rispose mentre si lasciava trasportare alla voce melodiosa della cantante.

- Amu, il concerto è finito, vuoi incontrarla di nuovo?

La ragazza annuì in tempo per rivedere la bionda che usciva per dirigersi verso l'auto. Utau le rivolse un sorriso consegnandole un biglietto.

- Ma questa è la via del Ramen shop. - disse Amu leggendo il biglietto. Poi lo voltò. - 27/11 alle 18,00. Che sia…

- Ti ha invitato a mangiare il ramen con lei. - le disse Ikuto.

- A quanto pare si. :) - disse Amu contenta. Che si sia fatta amica la sua cantante preferita?

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Capitolo 26
*** There's something wrong ***


Amu era nella sua stanza. Nelle cuffie collegate al suo portatile c'era la musica con il volume a palla della sua cantante preferita. Erano da ore che non faceva altro che cantare e ballare, per modo di dire, le canzoni che passavano una dopo l'altra. Utau aveva fatto cinque album e per il momento lei ne aveva sentiti solo due. Se li stava riascoltando tutti. Non solo perché era da tanto che non li sentiva, ma anche perché non aveva niente di meglio da fare. I compiti che avevano dato i professori erano pochi e si erano ancora diminuiti ulteriormente con il fatto che la rosa non capisse alcuni esercizi. Quel pomeriggio pur di fare qualcosa avrebbe anche accettato i compiti. Si stava annoiando e anche se le piaceva ascoltare la musica lei avrebbe voluto fare qualcos'altro. Qualcosa di più emozionante. Il giorno prima era uscita con Utau, era una ragazza davvero speciale. Avevano fatto cena insieme ed erano diventate subito amiche. Amu non avrebbe mai creduto che una cosa del genere sarebbe potuta capitale proprio a lei. Ora però si stava annoiando davvero.

Prese un quaderno lì sopra la scrivania e lo aprì iniziando a scrivere frasi senza senso. Così, giusto per fare qualcosa. La musica aveva smesso, l'album era finito. Tolse le cuffie e le posò al lato della scrivania.

- Bu!

- Aaaahhhhhh! - urlò la ragazza balzando sulla sedia. Si girò trovando suo fratello davanti a lei che rideva a crepapelle. Realizzato quello che era successo gli si piazzò davanti con le mani chiuse a pugno posate sui fianchi. - Ti diverti a farmi spaventare, vero?

- E come non potrei, la tua espressione è troppo buffa! - esclamò il ragazzo smettendo di ridere.

- Uff! - sbuffò la ragazza incrociando le braccia al petto e sedendosi sulla sedia. Ikuto si mise seduto nel letto osservando sua sorella che continuava a scarabocchiare fingendo di ignorarlo.

Lui le si avvicinò e le posò un braccio sulla spalla avvicinando il volto a quello della sorella.

- Fai finta di ignorarmi? - le chiese. - Sai che non ci riesci…

Detto fatto la ragazza arrossì di botto. In effetti era difficile ignorare un ragazzo come lui piazzato a pochi centimetri dal suo volto.

- Okay… ho capito… - mormorò voltandosi verso di lui e aumentando il colorito sulle guance. - Che cosa vuoi?

- Strano che tu me lo chieda… - le fece in tono malizioso.

- Ikuto!!! - esclamò la ragazza trasformando la sua faccia in un vero e proprio pomodoro.

- E dai Amu, sto scherzando… non mi aggredire sempre! - le disse, anche se moriva dalla voglia di scoppiarle a ridere in faccia. - Che cosa stavi facendo?

Le chiese poi cambiando argomento.

- Ascoltavo la musica e… - prese il quaderno e lo alzò verso il ragazzo. - …scarabocchiavo frasi incomprensibili.

- Interessante… - fece Ikuto in senso ironico.

- Si, molto. - gli rispose Amu per poi prendere un pennarello rosso e continuare a scarabocchiare quella povera pagina a righe.

- Facciamo qualcosa? - le chiese d'un tratto il ragazzo mettendosi nuovamente seduto nel letto.

Amu voltò lo sguardo nella sua direzione.

- E cosa? - gli chiese chiudendo il pennarello e posandolo accanto al libro di cucina che era sempre sopra la sua scrivania.

- Mah, non ne ho idea, basta che non stiamo qui a non far niente…

- Senza idee non facciamo niente comunque genio… -.-' - gli disse sua sorella con la sua solita aria passiva quando suo fratello diceva frasi a suo parere stupide.

- Allora pensiamo, mi sembra che adesso ne sei capace… - le fece sdraiandosi nel letto e poggiando la testa nel morbido cuscino.

- Che cosa vorresti insinuare? - si alzò dalla sedia per domandare quella cosa e lo stava guardando leggermente arrabbiata. Si vedeva che sua sorella non era un tipo permaloso. Soprattutto quando si trattava di lui. La faceva sempre un po' innervosire, ma mai perché veramente le importasse quello che diceva lui, semplicemente per puro divertimento.

Certo che le cose ci mettono davvero poco a cambiare. Se ripensava all'anno prima nemmeno avrebbe riconosciuto lui ed Amu che si comportavano da veri fratelli. L'anno scorso poi ne erano successe tante…


Ikuto si era steso sul letto con fare da micio che richiedeva coccole e si era rannicchiato tutto in un lato. Sua sorella era entrata qualche minuto dopo a fargli compagnia prima di partire per la vacanza che i loro genitori erano mesi che programmavano, visto quanto era difficile guadagnarsi qualche giorno di svago.

- Ikuto? - lo aveva chiamato sua sorella sedendosi sul letto accanto a lui.

- M-mm? - domandò lui, se si può chiamare domanda quella specie di verso che aveva fatto.

- Prima di partire mi suoni qualcosa? - gli chiese.

- Okay… - le rispose sedendosi e indicando sopra l'armadio in legno della sua camera. - Mi prendi il violino?

- Non ci arrivo! - esclamò la ragazza.

- E dai, provaci! - disse il ragazzo.

- ma prenditelo da solo! - sbottò lei incrociando le braccia.

- E fammi questo favore, non ti chiedo mai niente! - le disse.

- Uff… - fece Amu alzandosi e prendendo la sedia della scrivania. Vi salì sopra, ma ancora era troppo in alto. Con uno sforzo immane riuscì a salire sopra l'armadio. Afferrò il violino e con aria trionfante esclamò… - Preso!

- Passamelo… - le disse il ragazzo mentre andava sotto l'armadio e parava le mani.

Amu si sporse verso il bordo del mobile. Gli stava dando il violino quando le scivolò di mano. Cadde preciso sulla testa di Ikuto.

- Ahio! Ma sei forse impazzita? - domandò massaggiandosi la testa. - Se vuoi uccidermi dimmelo, almeno la prossima volta sarò pronto.

- Scusa, non ci ho fatto a posta… - disse sua sorella. Poi si guardò intorno un attimo prima di posare di nuovo lo sguardo sul fratello, intento ancora a massaggiarsi la nuca. - Mi fai scendere? Da sola non ci riesco…

Un sorriso sornione si dipinse sul viso del ragazzo, che senza badare alle parole della sorella tirò fuori il violino iniziando a suonarlo.

- Ikuto! - lo chiamava la rosa. - Ikuto, fammi subito scendere! Hey, mi hai sentito?

Inutile dire che più la ragazza faceva così più lui si divertiva.


Ripensando a quella scena gli venne da ridere, cosa che non sfuggì di sicuro ad Amu.

- Perché ridi? - gli chiese curiosa.

- Ti ricordi quando mi hai tirato il violino sulla testa e io per ripicca ti ho lasciata sopra l'armadio fino alla mattina dopo? - le domandò tra le risate.

Amu sorrise, si, e come se lo ricordava. In effetti non aveva mai riflettuto sul fatto che loro solo quell'ultimo anno erano stati così legati, prima erano tutt'altro. O meglio, prima si comportavano più in modo fraterno. Traduzione: prese in giro, calci, pugni e all'occorrenza box.

Ricordava perfettamente anche quando avevano litigato per un motivo stupidissimo, il latte…


Era mattina inoltrata. Ma come si sa, di domenica c'è l'abitudine a svegliarsi in ritardo e in questo Amu era una maestra. Alle undici precise era in piedi e alle undici e venti circa era, già lavata e vestita, in cucina per la colazione. Ikuto si svegliava sempre prima di lei. Era mattiniero lui. Massimo che si svegliava erano le otto, anche se era un'impresa farlo dormire sino a quell'ora.

- Buongiorno! - salutò sorridente la ragazza.

- 'Giorno! - rispose lui mentre stava preparando la colazione. - Lo vuoi un bicchiere di latte caldo?

Le chiese mentre spegneva il latte e lo versava sulla sua tazza blu.

- Si grazie. - gli rispose. Il ragazzo versò il liquido anche per lei e poi glielo porse. Amu se lo portò alle labbra. - Cavolo! È bollente!

- Ovvio, che latte è se non è caldo? - le disse suo fratello mentre le si sedeva di fronte e addentava un toast con la marmellata di ciliegie.

- Caldo è un conto, questo è fuoco! - si lamentò la ragazza. - E poi il latte è più buono freddo.

- Mi dispiace Amu, qui ti sbagli, il latte migliore è quello bollente.

- No, sei tu che ti sbagli, il modo più buono di bere il latte è berlo freddo.

- Sei proprio messa male, il latte caldo è molto più buono, inoltre non fa venire il mal di pancia.

- No, in compenso fa venire il fuoco di pancia. Ribadisco, freddo è migliore.

- Eh no.

- Eh si.

- No…

- Si...

- No.

- Si.

- No!

- Si!

- No no!

- Si si!

- Ti ho detto di no!

- E allora io ti ho detto di si!

Si erano alzati tutti e due in piedi e si fissavano minacciosamente negli occhi.

- Il latte più buono è bollente. - ribadì Ikuto.

- No, è più buono freddo, direttamente dalla bottiglia! - lo aggredì nuovamente Amu.

- No, ti sbagli!

- Quello che si sbaglia sei tu!

- Basta Amu, quello più buono è quello bollente!

- Bene… - fece allora la ragazza. - Allora se ti piace tanto quello bollente ecco a te!

E detto questo afferrò la tazza di latte e gli lanciò il liquido in faccia. Scottava da morire. Ikuto da prima rimase senza parole, poi si riscosse.

- Ma che accidenti fai? - le chiese afferrando uno straccio e pulendosi il viso. - È forse un vizio per te gettarmi le cose in faccia?

Le chiese riferendosi anche alla storia della crostata. Amu da parte sua rideva a crespelle. Una cosa più spassosa non poteva succedere e sapere che era stata lei a causarla era una sensazione fantastica.

- Ridi? Beh, ride bene chi ride ultimo Amu… - e detto questo Ikuto aprì il frigorifero, prese una bottiglia di latte e bagnò anche lui la sorella. - Che dici? È abbastanza freddo o ne vuoi ancora?

Amu era rossa di rabbia.

- Questo non dovevi farlo… - sibilò per poi iniziare a tirare di box con suo fratello, solo senza guantoni, quindi quando le prendeva sotto la mascella il dolore eccome se si sentiva!


Anche Amu si mise a ridere ripensando a tutte e due quelle 'avventure' o 'scenette' che avevano vissuto l'anno prima. Prima lei non si vergognava di abbracciare il fratello e non arrossiva mai per lui. Però poi, si era accorta che i suoi sentimenti stavano subendo una trasformazione e allora quel ragazzo non era più solo suo fratello. E ormai provava un sentimento troppo forte per poterlo ignorare.

D'altro canto lui era già dall'anno scorso invece che provava qualcosa, solo che all'inizio pensava solo che era la classica gelosia fraterna, invece no.

- Amu? - la richiamò il ragazzo riemerso dalle sue riflessioni.

- Si?

- Mi fai scarabocchiare anche a me? - le chiese.

Lei lo guardò un attimo perplessa, poi annuì e preso due pennarelli, uno nero e uno rosso si spostò con il quaderno dalla scrivania al letto.

- Scegli… - gli disse porgendogli i due pennarelli. Come sospettato prese quello nero.

Iniziarono a scarabocchiare su una nuova pagina, fino a finire a giocare all'impiccato. Dovevano essere proprio annoiati.

Amu stava per indovinare la parola che il fratello aveva scelto quando il telefono squillò.

- Rispondo io… - disse la rosa.

- Ovvio che rispondi tu, io non ne ho voglia.

Amu prese la cornetta del telefono che aveva in camera sopra la scrivania.

-- Pronto --

-- Pronto, sono mamma… -- dissero dall'altra parte, era da tempo ormai che sua madre non usava più appellativi, tipo tesoro cara, su quello che diceva loro. Amu all'inizio ci era rimasta delusa, perché lei voleva bene a sua madre e le dispiaceva farla 'soffrire' in questo modo.

-- Ah ciao, dimmi… --

-- Disgraziatamente oggi saremo di ritorno la sera tardi, tipo a mezzanotte. -- Disgraziatamente… si ripeté Amu nella mente. Ma allora avevano davvero paura che potevano fare qualcosa.

-- Va bene, vorrà dire che cucinerò io la cena. --

-- Già… Beh, allora ciao. --

La telefonata finì così e Amu ritornò a sedersi vicino ad Ikuto.

- Chi era la telefono? - le chiese il fratello.

- Mamma.

- E cosa voleva? - domandò con tono leggermente annoiato.

- Dirci che torneranno a mezzanotte. - gli rispose con noncuranza riprendendo a ragionare sulla parola. - Per caso è gatto?

- No, non può essere gatto se non ha cinque lettere…

- Uff, mi arrendo… - disse cadendo all'indietro sul letto.

- Bene, era anatra… - le rispose.

La ragazza si rimise seduta guardando il gioco.

- Giusto…

- Penitenza! - esclamò Ikuto.

- Come? O.O

- Eh si, sono cinque volte che non indovini una mia parola. Penitenza ogni cinque! - le spiegò.

- Ma questa regola l'hai inventata adesso perché io non ne ho mai sentito parlare…

- Infatti l'ho inventata, problemi?

- Dipende dalla penitenza…

- Oh, vedrai non è poi così difficile...

- Allora?

- One kiss… - le disse.

- Che cosa? - le chiese la ragazza facendo colorire le sue guance.

- Oh andiamo, ormai è passato un bel po' dall'ultimo e poi siamo soli a casa… - le disse in tono malizioso.

- Solo uno però… - disse la ragazza.

Lui annuì piano. I loro volti si avvicinarono e ci fu il contatto fra le loro labbra. Si staccarono un attimo, poi ripresero a baciarsi. Il 'solo uno però' andò a farsi benedire.

In poco tempo Amu si ritrovò sotto suo fratello che continuava a baciarla e a stringerla. La passione che avevano oppresso si stava facendo largo tra di loro e li stava portando a fare un cambiamento radicale nella loro relazione.

Le cose stavano degenerando. Il ragazzo le infilò le mani sotto la maglia sfilandogliela. Lo stesso fece lei con la sua gettandogliela a terra vicino alla propria. Ormai stavano perdendo il nume della ragione e continuavano a fare quello che avevano iniziato senza fermarsi. Solo quando arrivarono alla biancheria del ragazzo tutti e due si resero conto di quello che stava per accadere.

La parola fratelli li trafisse come una spada ed entrambi rimasero sorpresi di cosa sarebbero arrivati a fare.

Istintivamente Ikuto le si tolse da sopra ed Amu si coprì il seno con le mani rannicchiandosi tutta sul letto.

Nessuno disse una parola. Restarono imbambolati un attimo a fissarsi. Poi il ragazzo prese i suoi vestiti e uscì dalla stanza dirigendosi nella propria.

Amu si vestì velocemente. Che diavolo era preso loro? Lo sapevano che non potevano eppure… Scosse la testa per scacciare via quella parola che continuava a fare capolino nella sua mente. Si buttò nel letto, che anche se vagamente ancora ospitava il profumo di suo fratello. Poi chiuse gli occhi e finì con l'addormentarsi.

Intanto Ikuto, nella sua camera, non smetteva di pensare a quello che avrebbe potuto fare con la sorella. E la cosa che lo preoccupava di più era che lui lo voleva davvero. E sapere di non poterla avere era atroce da sopportare. Avrebbe preferito morire piuttosto che non poterla avere. Doveva reprimere i suoi istinti. La cosa però non era facile visto che vivevano nella stessa casa. Continuò a pensare a un modo per rimediare la cosa. Poi d'un tratto un lampo di genio. Era atroce, lo sapeva. Era brutto solo pensarlo, ma andava fatto.

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Capitolo 27
*** Don't leave me alone... ***


- Me ne vado. - disse tutto d'un fiato mentre sua madre e suo padre lo guardavano impassibile e sua sorella triste, stava facendo uno sforzo enorme per non piangere e lui lo aveva capito e dentro di se si sentiva un bastardo e un vigliacco. Ma era l'unica soluzione.

- Dove vorresti andare? - gli chiese la madre.

- In America. - rispose. Era un luogo abbastanza grande per impedire a sua sorella di poterlo raggiungere.

- Per quanto tempo? - chiese invece il padre.

- Vorrei andarci a studiare, il prossimo anno andrò all'università. - rispose. - Quindi non so per quanto.

Amu abbassò lo sguardo, non riusciva a guardarlo. In quel momento lo stava odiando e allo stesso tempo sentiva che le era impossibile. Senza dire niente si alzò dal divano del salotto e andò nella sua camera. Solo lì si permise di scoppiare a piangere stringendo forte il cuscino.

- Ikuto, sei un idiota! - gridò con la faccia premuta su quel soffice oggetto. - Sei solo un idiota! Non capisci niente! Così è peggio!

Non riusciva a smettere di piangere, le lacrime le uscivano da sole dagli occhi. Sarebbe partito tra qualche giorno, visto che la scuola era quasi finita. Aveva detto per ambientarsi meglio. Era solo uno stupido, starle lontano non farà altro che peggiorare le cose.

- Brutto cretino!

Erano solo gli insulti quelli che riusciva a dire al cuscino del suo letto fingendo che fosse lui. Poiché non riusciva neanche a guardarlo in faccia quando aveva annunciato la sua partenza.

Non poteva, non doveva assolutamente partire. E poi mancava così poco al giorno della partenza. Solo tre giorni aveva a disposizione, per passare del tempo con lui. Li avrebbe dovuti impiegare al meglio, invece se ne stava lì a litigare con il suo cuscino e a piangere su di esso senza riuscire a fare altro.


Nella stanza accanto suo fratello stava disteso nel letto pensieroso.

- Sono un cretino… - si disse. Non avrebbe dovuto annunciare in quel modo la sua partenza, specialmente ad Amu. Sapeva che la stava facendo soffrire, sapeva che lei non voleva che lui partisse. Come sapeva che se avesse potuto sarebbe venuta in America con lui. Ma non poteva, perché lui glielo avrebbe impedito. Infatti non stava partendo solo per lo studio, ma anche per cercare davvero di cambiare i sentimenti stavolta. Amu aveva ragione, dovevano cambiare i loro sentimenti finché potevano. Lui non le aveva dato retta dicendole che dovevano accettare i loro sentimenti, perché dopo tutto era quello che tutti e due volevano. Ma dopo quello che era successo qualche giorno fa si era ricreduto. Erano comunque fratello e sorella e per quanto volessero accettare quello che provavano, non potevano negare che erano esseri umani e che la passione ardeva nei loro animi quando erano vicini. Per questo non dovevano stare insieme, perché rischiavano di perdere il controllo e fare l'amore. Ecco, lo aveva detto.

Però anche se andava via non voleva che sua sorella gli portasse rancore. Non voleva trascorrere gli ultimi giorni con Amu che neanche lo guardava in faccia.

Il bussare della porta lo distolse dai suoi pensieri.

- Posso?

- Vieni pure… - rispose il ragazzo.

La porta si aprì permettendo a suo padre di entrare. Si sedette accanto al figlio che aveva seguito i suoi movimenti con interesse.

- Che cosa vuoi babbo? - gli chiese il ragazzo.

- Parlarti.

- beh, fino a lì ci arrivavo…

- Ottimo, allora forse arrivi anche a sapere di cosa ti voglio parlare.

- Amu. - una parola. una sola parola che significava il mondo intero per Ikuto.

- Ascolta. Tua madre è contraria al vostro rapporto. E anche io lo ero. - gli spiegò.

- Eri?

- Ho riflettuto sulle tue parole. L'amore è sempre amore, hai ragione. E così ho tratto la conclusione che forse non è proprio sbagliato, se ci state attenti intendo, perché…

- Siamo quasi stati a letto insieme. - disse tutto d'un fiato il ragazzo facendo tacere di colpo il padre. - Io non vorrei andarmene, perché so quanto Amu ci stia male, ma non può continuare così. L'altro giorno abbiamo perso il controllo e se ci siamo fermati è stata solo una fortuna. Siamo troppo attratti l'uno dall'altra per poter stare vicini. Rischiamo di commettere un grosso errore.

Dopo queste parole ci fu un lungo silenzio. Nessuno dei due osava più parlare, fino a che suo padre non si alzò dicendo.

- Comunque sia, tre giorni possono essere sia pochi sia tanti. Dipende dal tuo modo di trascorrerli. Come un addio può diventare bello come può essere brutto. Dipende dal tuo modo di salutare.

- E questo che vuol dire?

- Vuol dire che anche se te ne andrai non lasciare a tua sorella un brutto ricordo. Ma dalle un bell'addio.

- Perché parli di addio?

- Perché ho capito la tua intenzione. - detto questo lasciò la stanza e un Ikuto più confuso che mai.

- E va bene, le darò un bell'addio… - si disse alzandosi dal letto e uscendo dalla sua stanza.

Non bussò nemmeno, entrò subito nella camera di sua sorella. La ragazza alzò di scatto il viso, andandolo a guardare dritto negli occhi. Abbassò subito lo sguardo affondandolo nuovamente nel cuscino.

- Vattene Ikuto… - mormorò con la voce rotta.

Lui non le rispose, ma le si sedette vicino.

- Amu…

- Non hai capito forse? Ti ho detto di andartene. Sappi che per quanto mi riguarda puoi partire anche oggi!

Lui le si sdraiò vicino abbracciandola.

- Bugiarda. - le disse solo.

- Che cosa vuoi?

- Dovresti chiedermi che cosa non voglio.

- Okay, che cosa non vuoi?

- Non voglio che tu mi porti rancore.

- Difficile.

. Può darsi, ma sono pronto a tutto…

- Anche a restare? - chiese tutto d'un fiato la sorella stringendolo più forte.

- No. - fu la sua risposta. - Lo sai perché… ma non voglio che questo… saluto sia triste.

A queste parole la ragazza si alzò di scatto allontanandosi da lui. tenendo sempre lo sguardo basso disse:

- Ah, tu quindi vorresti che sia felice la tua partenza ah? Ma come ho fatto a non pensarci subito, adesso mi metto a festa e ti canto anche 'Goodbye to you' . Che ne dici?

Disse tutto in senso ironico prima di iniziare a piangere silenziosamente. Ikuto si anche si alzò in piedi e le si avvicinò asciugandole le lacrime con i pollici.

- Amu, guardami… - le disse.

La ragazza non lo ascoltava. Per questo lui le alzò il mento con un dito facendo in modo che lo guardasse dritto negli occhi.

- Non dico che deve essere allegro, ma non voglio vederti triste quel giorno. Fammi questo di regalo, anche perché sentirti cantare non è il massimo… - le disse.

Amu sorrise. Bene, ci era riuscito a strapparle un sorriso. Non gli piaceva vederla triste. Quando sorrideva era come un toccasana per lui.

- Ma quando tornerai? Per le feste veni giù vero? - gli chiese speranzosa.

- Adesso vedo piccola… - le rispose baciandole la fronte. Lui già la sapeva la risposta, ma era meglio non dirglielo.

D'impeto lei lo abbracciò. Lasciò sorpreso anche Ikuto, che però ricambiò felice l'abbraccio.


Nei seguenti giorni seguì l'esempio del padre, godendosi il tempo rimasto con Amu. Certo, sapere che non l'avrebbe rivista più se non fra anni lo faceva star male, ma non doveva pensare a quello. Di sicuro tra quattro anni te la sei già dimenticata, avrai già dimenticato i tuoi sentimenti per lei… si diceva cercando di convincersene.

Ormai era all'aeroporto e non poteva permettersi di avere ripensamenti.

I suoi genitori lo salutarono con un lieve sorriso sulle labbra. Dopo di che lo lasciarono da solo con Amu. Sua madre fu un po' scocciata da quello, ma Aruto la convinse bene ad allontanassi.

- Ci siamo… - disse la rosa fissandosi i piedi.

- Già… - disse Ikuto avvicinandolesi.

- Beh, io mantengo la mia promessa quindi… - e detto questo alò il viso sorridendogli, anche se tristemente. - ti auguro un buon viaggio, almeno credo.

- Grazie… - le disse. E io ti auguro di dimenticarmi… pensò il ragazzo.

Amu gli corse in contro e lo abbracciò forte. Cacciò via le lacrime che facevano capolino nei suoi occhi. Non doveva piangere, doveva farlo per Ikuto. Doveva mostrargli che era contenta per lui anche se non era affatto così. E poi lui lo sapeva. Ma talvolta è meglio mentirsi, perché la verità è troppo brutta da subire. Si staccarono poco dopo e si fissarono negli occhi. Quegli occhi color miele gli sarebbero rimasti sempre impressi nella mente, questo purtroppo doveva ammetterlo. Come d'atro canto gli occhi ametista del ragazzo sarebbero sempre rimasti nei ricordi di Amu. Durante quello scambio di sguardi la voce all'alto parlante avvisò della prossima partenza del volo che partiva per l'America. - Devo andare…

No, non poteva lasciarla così, on due semplici parole. Si avvicinò al suo orecchio sussurrandole due parole ben precise, che chiunque capirebbe. La ragazza sgranò gli occhi arrossendo visibilmente. Abbassò lo sguardo e mormorò:

- Anch'io.

Ikuto su soddisfatto della risposta. Le fece un ultima carezza, le diede un ultimo bacio sulla fronte e poi salì sull'aereo.

Solo quando il mezzo partì Amu si permise di scoppiare a piangere. Di buttare fuori tutte le lacrime trattenute fino a quel momento.

Ma non sapeva che un ragazzo, mentre guardava fuori dal finestrino dell'aeroplano, stava facendo lo stesso.

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Capitolo 28
*** A beautiful father... ***


Lacrime. Ormai solo le lacrime riusciva a sentire. Solo quelle ancora ad esprimere un sentimento.

Tutto il resto del corpo era come colto da una paralisi. Erano giorni ormai che se ne stava a letto, senza neanche provare a lasciare quella stanza.

Voleva solo pace. Voleva solo tranquillità. I genitori l'avevano capita e la lasciavano perdere. Lei non poteva far altro che ringraziarli mentalmente, perché anche la parola non voleva uscire. Aveva l'impressione che come sarebbe uscito qualche suono dalle sue labbra avrebbe gridato a squarciagola. Avrebbe gridato si, perché le parole non sarebbero servite a niente. Ci sono delle cose per cui nessun vocabolo è adatto, ma di cui basta uno sguardo o un suono.

Ogni tanto i suoi genitori senza dire niente le portavano del cibo, lo poggiavano sulla scrivania e dopo qualche ora venivano a ritirare il vassoio. Amu se n'era accorta. Si era accorta che era tutto un metodo per farla stare meglio. L'ultimo vassoio conteneva un piatto di riso in bianco, il suo piatto preferito. Aveva preso qualche boccone e poi aveva lasciato perdere. Tanto nessun cibo avrebbe colmato il vuoto che aveva dentro.

Sarebbe stato tutto inutile, quindi perché sforzarsi di mangiare.

Di solito le persone che sentono la mancanza di qualcuno si tengono vicine i suoi oggetti, le sue foto. Lei no, anzi, lei aveva trasferito tutto quello che aveva di Ikuto nella camera accanto. Camera accanto, un nome per scacciare un ricordo.

Ormai lo aveva capito che lui non sarebbe più tornato da lei, che era partito per non vederla più. Vigliacco…

Non avrebbe più visto il suo viso, i suoi sorrisi, i suoi occhi profondi puntati nei suoi. Stupido…

Non avrebbe mai più sentito le note del suo violino, non avrebbe mai più ascoltato una melodia come solo lui sapeva suonarla e non gliel'avrebbe più visto fare. Idiota…

Ma soprattutto non avrebbe più sentito il suo profumo, i suoi abbracci, perfino le sue labbra le sarebbero mancate. Deficiente…

Magari lui non sentiva la sua mancanza, forse a lui andava bene così. Ma a lei no. A lei non andava affatto bene così. Lei lo voleva qui, lo voleva accanto a se. Lo voleva vicino.

Gli ultimi giorni passati insieme erano stati stressanti. Fingere di sorridere, di stare allegri era una cosa che non sopportava, ma che per lui aveva fatto con piacere. Per lui faceva sempre tutto e infatti sbagliava. Aveva assecondato troppo i suoi capricci. Aveva dato troppo peso al suo stato d'animo. E lei allora? Chi si sarebbe curato di lei? Egoista…

Era stata solo un idiota e pensare che era lui prima che voleva che lei accettasse quello che provava.

Di certo le lacrime non la aiutavano, le ricordavano solo di essere stata una stupida a lasciarlo partire. Eppure non riusciva a smettere di versare quelle gocce salate. Era più forte di lei.

Ecco, come previsto aveva ricominciato a versare lacrime. Si sentiva stupida a piangere, ma almeno lui non poteva vederla.

- Non mi potrà mai più vedere… - disse sprofondando di nuovo la testa sul cuscino.

Il bussare della porta la sorprese. Erano giorni che nessuno bussava più alla sua stanza.

- Chi è? - chiese sedendosi.

- Sono io… - rispose una voce familiare prima di entrare.

- Babbo… - mormorò la ragazza stupita mettendosi seduta. Suo padre le si mise vicino abbracciandola.

- Amu, non prenderla così per tuo fratello. - schietto come sempre. Il padre andava dritto al sodo, in ogni occasione, era sua abitudine.

- Come potrei non prenderla così? Lui… lui è solo un egoista! Ha fatto tutto di testa sua e mi… mi ha lasciata! - disse stringendosi forte a sua padre che le fece una carezza sulla testa.

- Ascolta Amu, credo che tu sappia bene perché se ne sia andato. - le disse Aruto.

Amu annuì piano. Lo sapeva, ma non voleva dirlo, perché non voleva ammettere che loro non avrebbero mai avuto una relazione vera, concreta come tutti. Il loro rapporto era destinato a finire.

- Ma andarsene è da vigliacchi… - sussurrò la ragazza.

- Anche fregarsene di tutto lo è. - le rispose l'uomo.

Sua figlia allora alzò un poco la testa, andando a fissare suo padre dritto negli occhi. Quanto le ricordava suo fratello, forse fu a causa di quello che si mise a piangere a dirotto. Suo padre aveva ragione, suo fratello aveva ragione e lei lo sapeva, ma in fondo voleva rivederlo di nuovo.


Un ragazzo giapponese era appena arrivato all'aeroporto di Los Angeles. Aveva scelto quella città come meta del suo viaggio. Lo aveva sempre incuriosito parecchio quel luogo. Ma nonostante questo i suoi pensieri avevano un unico indirizzo.

Sua sorella non lo avrebbe mai perdonato. Che ti importa tanto non la rivedi più… si era detto.

Sua sorella avrebbe tanto voluto venire con lui. Ma non può, non sa neanche dove sei…

Amu lo starà odiando in questo momento. Tranquillo, è dall'altra parte del mondo…

Questi erano i suoi pensieri per rassicurarsi e consolarsi in un certo senso. Quando stai male la cosa migliore è pensare sempre con il cervello e allora la sopporti di più la cosa. Così gli diceva sempre sua madre. Con lui purtroppo funzionava poco questo metodo. Capelli rosa e occhi caramello erano sempre nei suoi pensieri e non provavano nemmeno ad uscire. Forse era lui a non volerlo… Scosse la testa per cercare almeno per un secondo di non pensare a lei per poter trovare l'appartamento che aveva preso in affitto.

Dopo aver chiesto un paio di indicazioni riuscì a trovarla. Era una donna di mezza età proprietaria della casa. La quale lo condusse a visitare l'appartamento.

- Allora, qui c'è il bagno, qui il salotto, la cucina… poi ecco la tua stanza. - gli disse, in inglese ovviamente. Dopo avergli spiegato un paio di cose gli diede la chiave e se ne ritornò al piano di sotto.

Ikuto si fece subito una doccia fresca e rigenerante. Dopo ore di viaggio ci vuole proprio una bella rinfrescata.

uscì dal bagno solo con l'asciugamano legato in vita. Questa cosa gli riportò alla mente il ricordo di quando Amu era entrata in bagno ed era arrossita quando era uscito dalla doccia. Ecco, ci era cascato di nuovo. Stava pensando nuovamente a sua sorella. Era proprio un chiodo fisso. Un chiodo che ormai il martello aveva spinto troppo dentro il muro per essere tirato fuori.

All'inizio le cose stavano andando benissimo, se solo non stavano per commettere quell'errore poteva proseguire tutto a meraviglia. Però… disgraziatamente non si poteva tornare indietro. Anche se l'avrebbe fatto volentieri. Dio se l'avrebbe fatto. ogni giorno ci pensava e si chiedeva, stupidamente, se qualche scienziato pazzo avesse inventato un congegno per viaggiare nel tempo.

Di nuovo scosse la testa, era la quinta volta che lo faceva in ore di viaggio. Stupidi pensieri, non fanno altro che portarti in posti dove non vorresti andare.

Si diresse in camera. Aprì la valigia tirandone fuori una felpa e un jeans. Entrambi neri.

Poi si stese sul letto nella sua posizione abituale. Chiuse gli occhi e si mise a pensare. Il giorno dopo sarebbe andato a vedere dov'era la sua scuola, dopo tutto l'intenzione di studiare c'era. Ora era decisamente troppo tardi. L'orologio segnava quasi le otto della sera. Avrebbe dovuto cenare, ma il fuso orario glielo impediva, non aveva fame, dopo tutto doveva ancora farci l'abitudine.

Decise di leggere un po'. Prese a caso un libro dalla valigia blu, quella più piccola che si portava sempre dietro.

Portò il libro davano agli occhi. La copertina era bianca e non aveva titolo. Come diavolo era finito lì? Che ce lo avesse messo lei? Dopo tutto non ci voleva mica un genio per riconoscerlo…


- Magnifico… - mormorò Amu mentre usciva dal bagno con indosso solo l'asciugamano. Poteva farlo benissimo, suo fratello non era nei paraggi. No, stava tornando di nuovo triste. Non doveva pensare certe cose, doveva… doveva provare… no, non voleva dimenticarlo, non voleva affatto. Sapeva già che non ci sarebbe riuscita. Provarci le avrebbe solo provocato più dolore.

Entrò nella sua stanza e aprì l'armadio scegliendo i vestiti con cura, come non faceva da tanto tempo.

La scuola era finita ormai da qualche giorno. Aveva tanto tempo libero ora. Certo, i compiti delle vacanze le rendevano le vacanze un po' difficili da trascorrere, ma per il resto era okay.

Quella mattina si era svegliata alle quattro. Non che lo avesse voluto, ma era andata a letto troppo presto e quando lei si svegliava non riusciva più ad addormentarsi.

Una volta vestita scese di sotto a fare colazione. Latte e qualche biscotto preparato da lei stessa il giorno prima. Erano al cioccolato e vaniglia. Suo fratello amava quei biscotti. Magari glieli poteva far ricevere. Ma lui li avrebbe accettati? Ultimamente aveva dei forti dubbi su quello che al fratello avrebbe fatto piacere e quello che invece avrebbe gettato nel cestino. Sicuramente li avrebbe accettati, si si. No, lui la voleva dimenticare, non li avrebbe mai accettati. Mille dubbi vorticavano pericolosi nella sua testa.

- Basta pensare, chiudi la mente e mangia… - si disse addentando un biscotto. Questa volta le erano venuti meglio del solito. Avrebbe voluto davvero farglieli assaggiare.

Persa nei suoi pensieri e mangiando lentamente. Trascorse le seguenti tre ore sul tavolo. E in tre ore aveva bevuto solo mezza tazza di latte e aveva mangiato solo tre biscotti.

Riuscì comunque a finire di fare colazione. In quei giorni era dimagrita notevolmente e solo dopo il discorso di suo padre si era ripresa un poco.

Lavò la tazza e coprì i biscotti con un tovagliolo giallo. Stava per ritornare nella sua stanza, quando il cellulare che aveva in tasca vibrò. Che fosse lui? si chiese e d'istinto rispose:

-- Ikuto! --

-- Ehm… sono Utau… --

-- Ah, scusami Utau… -- che figuraccia, solo lei poteva farne di così buffe.

-- Fa niente. Senti… posso venire a trovarti questa mattina? --

-- Davvero? -- fece la rosa stupita.

-- Si, mi hanno voluto dare qualche giorno di vacanza e ho deciso di passarlo con te. --

-- Che bello! -- esclamò la ragazza felice. Le ci voleva proprio qualche giorno passato in compagnia di un'amica.

-- Felice di averti resa contenta… posso venire fra una mezzora? --

-- Sicuro, per me puoi venire anche subito! -- esclamò.

-- Ottimo, allora a tra poco… --

La telefonata si chiuse in questo modo, con Amu che se avesse potuto avrebbe fatto i salti di gioia. Almeno per un po' poteva avere la testa altrove.

Detto fatto la ragazza arrivò alle sette e mezza. Entrata in casa abbracciò subito la sua nuova amica.

- Allora come va?

- Bene.

- Sei sola a casa? - le chiese la bionda sorridendo.

- Si, i miei genitori devono lavorare per tre giorni di seguito. - le rispose ricambiando il sorriso.

- Ah e tuo fratello? - pessima domanda.

Amu abbassò lo sguardo diventando improvvisamente triste.

- Lui…

- Che è successo? - le chiese preoccupata la cantante.

Salirono nella camera della rosa, dove la ragazza le raccontò tutto. A partire dall'inizio della loro storia fino alla sua partenza.

- Scusami, sono solo una stupida, so quanto sia inutile piangere. - disse alla fine del discorso Amu.

- Hai fatto bene a dirmelo… - le disse l'amica. - Ascoltami, io non ricordo molto bene tuo fratello, ma per come me ne hai parlato mi pare di capire che anche lui non sia meglio di te in questo momento.

- Se vuoi te lo faccio vedere… - le disse.

- Chi?

- Ikuto. - le rispose. - Le foto le ho messe tutte via, quindi non saprei dove andarle a prenderle, però… tutti e due amavamo una passione per i ritratti. Ci copiamo a vicenda fin da quando eravamo piccoli. Ikuto è molto più bravo di me, ma molti suoi ritratti non mi sono venuti male…

- Dai, fammeli vedere! - la incitò Utau.

Amu si alzò dal letto cove si erano precedentemente sedute. Si diresse verso la sua scrivania. Aprì il primo cassetto e frugò fra le cose che vi erano dentro. Non era lì. La sua scrivania aveva quattro cassetti, due per lato, ma in nessuno trovò quello che cercava.

- O santo cielo, dov'è finito il mio quaderno? - domandò quando si arrese all'evidenza che era sparito.


Ikuto sfogliò quel quaderno con un lieve sorriso sulle labbra. Però, sua sorella era migliorata notevolmente a farle il ritratto. Nei primi disegni sembrava un carciofo, ora era migliorato.

Tirò fuori un quaderno pentagrammato dalla stessa valigia blu. Lui ne portava due con se. Uno per scrivere nuove musiche e uno per disegnare. Ne aveva uno blu per le musiche e uno rosso per i disegni.

Lei non lo aveva mai fatto, ma lui a volte anatrava nella sua stanza di nascosto e le faceva il ritratto anche mentre dormiva. Quello era il momento che preferiva per farle il ritratto. Non solo perché stava ferma, ma anche perché era dolcissimo il suo viso quando dormiva serena fra le coperte del suo caldo letto.

Non avrebbe dovuto portarlo con se quel quaderno dove c'erano i ritratti che lui stesso aveva fatto alla sorella, ma era stato più forte di lui. Dopotutto doveva dimenticare i sentimenti per lei, non il suo viso.

- Sono comunque un bel ricordo… - si disse. Anche se ancora gli sfuggiva come aveva fatto a finire il quaderno di Amu nella sua valigia. Scrollò le spalle, meglio così. Un ricordo in più, anche se sicuramente ad Amu dispiaceva non poterlo avere più con se. E se glielo avesse spedito? Ma la spedizione costava parecchio e lui non aveva abbastanza soldi.

Le parole della sorella gli tornarono in mente. Tornerai a trovarci, non vero? gli aveva chiesto. Poteva essere una buona scusa per tornare. Scosse forte la testa. Ma che pensieri faceva, era lì neanche da un giorno e già pensava ad una scusa per tornare a casa. Avrebbe trovato una soluzione per farglielo riavere senza dover farsi vedere.


Intanto in una sala prove, un uomo che si stava esercitando con un violino sorrideva felice al pensiero di quello che aveva fatto. Lui voleva bene ai suoi figli e anche se era andato contro gli ideali di sua moglie poco importava. Loro erano felici solo se erano insieme e una seconda possibilità va data a tutti, poi dipende da come la si sfrutta. Lui ci aveva provato, ora stava a loro, o meglio, a lui svolgere i fatti. Era stato davvero incredibile. Sarebbe riuscito a far felice i suoi figli con l'aiuto di un semplice oggetto, un quaderno.

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Capitolo 29
*** Wonderful moments ***


- Questo ti piace? - le chiese la ragazza bionda con un leggero sorriso sulle labbra rosa.

- Uff… - sbuffò la rosa. - Non capisco perché tocchi a me darti dei consigli, sei tu quella che si deve fare bella…

- Le amiche fanno questo… - le rispose Utau.

- Si, ma il ragazzo è il tuo.

- Amu tu non capisci, sono disperata! Non so davvero che cosa mettermi! - fece la ragazza gettando a terra anche quel vestito celeste che le aveva proposto.

La rosa sbuffò di nuovo.

- Okay, okay, fammi solo capire che tipo è questo Kakui…

- Ehm, Kukai… - la corresse la bionda.

- Ah, Kukai giusto… - riprese Amu. - Dimmi che tipo è…

- Dunque… - iniziò la cantante poggiando un dito sul mento con fare pensieroso. - beh, è bellissimo! .

- Utau… -.-'

- D'accordo, sono seria… - si ricompose la ragazza. - beh, è un tipo piuttosto sportivo. Adora qualunque sport…

- La descrizione?

- Questo non centra con l'abbigliamento.

- Ma centra con il gossip del tuo fidanzato. - le rispose ironica Amu.

- Beh, è un castano rossastro con gli occhi di un bel verde acceso… - le disse Utau di nuovo con gli occhi a cuoricino.

- Ho capito…

- Allora? Come mi vesto? - le fece. Erano tre ore che le faceva sempre la stessa domanda. Era venuta a prenderla alle due ed erano arrivate a casa sua alle due e un quarto. L'appuntamento era alle sei, ma di questo passo non avrebbero fatto niente.

- Ecco… - fece Amu pensierosa. Non sapeva davvero cosa consigliarle. Non era abituata a certe cose. Neanche lei sapeva mai come vestirsi, probabilmente era per quello che le stava girando la testa a forza di guardare tutti quei vestiti sparsi sul letto, sul tappeto e caduti dalle stampelle dentro l'armadio. - Per me ci devi andare vestita semplice. una maglia… vediamo, ecco questa qui nera! E un jeans chiaro che le si addice. Ecco, che ne pensi? Non è sportivo e non è neanche troppo vistoso. È semplice ma carino.

- Okay… - concordò l'amica prendendo i vestiti. - E le scarpe?

- Beh, o scarpe da tennis o stivali… - le consigliò.

- Vada per gli stivali. - concordò la ragazza. - Vado subito a cambiarmi!

Esclamò poi entusiasta dirigendosi in bagno.

Passò qualche minuto, poi la bionda uscì dal bagno con una faccia triste e sconsolata.

- Che c'è Utau non ti piace? - le chiese Amu.

- No non è questo… - le disse. - Non so come truccarmi…

- Ci rinuncio, la consigliera Amu Hinamori va in pensione! - esclamò la rosa mettendosi a ridere.


In un oretta riuscirono a prepararsi, quindi un quarto d'ora di ritardo. Kukai era arrivato puntualissimo e gli era toccato aspettare nel salotto che richiamava le tonalità del blu.

- Eccomi! - esclamò ad un certo punto una ragazza bionda scendendo velocemente le scale. Si avvicinò al suo ragazzo felice come non mai. - Scusa il ritardo, Amu è sempre così appiccicosa!

- Hey! - fece la rosa appena arrivata in salotto.

- Ops, sei qui? - fece la bionda. Si sorrisero. - Amu, ecco lui è Kukai…

- Piacere. - fece il ragazzo porgendole la mano che Amu strinse subito.

- Piacere mio Amu, posso chiamarti per nome vero? - le chiese.

- Sicuro!

- Bene, allora fa anche tu lo stesso con me! - era un ragazzo davvero molto solare. Sorrideva sempre, sicuramente Utau aveva fatto una buona scelta.

La bionda si avvicinò al ragazzo e lo salutò per bene, dandogli un bacio a stampo sulle labbra. Davanti ad Amu oso quelli a stampo, era la regola fra le amiche. La rosa già soffriva abbastanza per suo fratello. Se lo avesse avuto fra le mani era sicura che lo avrebbe ucciso, questo pensava Utau si Ikuto. Certo, sapeva come stavano le cose, ma credeva lo stesso che aveva sbagliato. Non c'era motivo di andare proprio in un altro stato. Le aveva detto quello che pensava, ma la risposta della sua amica l'aveva sorpresa: Ikuto è fatto così, è come un gatto non può restare in un posto dove ha lasciato anche solo una traccia di sé se lo vuole dimenticare.

Probabilmente aveva ragione, ma non lo riteneva lo stesso giusto. Va bene, basta pensare, ora la sola cosa che le occupava la mente doveva essere Kukai. Così, anche se era ancora in pensiero per la sua amica, si avvicinò al suo ragazzo e lo prese per mano dicendo:

- Coraggio andiamo…

Kukai annuì. E dopo aver salutato Amu se ne andarono a godersi il loro appuntamento.

La rosa li guardava felice. Felice per loro ma triste per se stessa. omenti come quelli che avrebbe vissuto Utau lei non avrebbe mai più potuto goderseli.

Ikuto… pensò tristemente …sei un'idiota. Non aveva capito niente. Era sicurissima che anche lui in quel momento stava soffrendo, proprio come lei.

Scacciò quel pensiero dalla testa. Non doveva pensare negativo. utau le aveva detto che doveva provare a ricominciare una nuova vita, non poteva continuare solo sperando nel ritorno di suo fratello.

Eppure a lei non importava vivere così, a lei sarebbe bastato anche solo rivederlo una volta all'anno. Beh, no al mese. Diciamo pure a settimana. Forse, anche al giorno. E va bene! Voleva vederlo in ogni ora, ogni minuto, ogni secondo della sua esistenza. Lo voleva parte della sua vita. Voleva che in questo istante prendesse un aereo e tornasse dritto da lei per poi non andarsene mai più.

Non le importava se non potevano avere una relazione come tutti, basta che lo poteva vedere, che lo poteva toccare, lo voleva come una cosa concreta accanto a lei. Non come una cosa astratta che faceva parte solo dei suoi pensieri.

Aveva pensato a tutte queste cose mentre tornava a casa.

- Sono tornata! - annunciò appena entrata.

- Bentornata! - le rispose suo padre. Ultimamente il lavoro gli occupava poco e aveva più tempo da passare a casa.

Si diresse in cucina, dove lo sorprese a mangiare i suoi biscotti al cioccolato.

- Ti piacciono? - gli chiese sedendosi nella sedia davanti.

- Molto, adoro il cioccolato… - le rispose mordendo un'altro pezzettino di biscotto e godendosi tutto il sapore del cacao.

- Lo so… - disse con tristezza. Non era la sola persona che amava il cioccolato. Perché ogni cosa le riportava alla mente lui?

- Amu, dammi retta, la speranza non va mai persa. - le disse.

- Wow oto-chan, da quando in qua sei così filosofo? - le chiese ironica.

- Diciamo da quando ti ho vista giù di morale. - le rispose con un sorrisetto molto simile a quello di qualcuno di sua conoscenza.

- Mi sa che ne dovrò cucinare altri di biscotti, altrimenti non mi basteranno per la colazione… - disse la rosa alzandosi con l'intento di cucinare quelle delizie.

- Ti aiuto. - annunciò suo padre.

- Sai cucinare?

- Credevi di aver preso le tue doti culinarie da tua madre? Prova a farti cucinare qualcosa da lei e finisce all'ospedale in meno di un'ora. - le fece ironico mentre prendeva lo zucchero.

Amu intanto cercava di prendere la farina, intento complicato per una che non ci arrivava allo sportello. Si sforzava facendo dei piccoli salti.

Aruto sorrise e le si avvicinò.

- Aspetta, te la prendo io… - le disse per poi allungare il braccio e tirare giù un pacchetto bianco. - Ecco…

- Visto che ci sei prendimi anche il cacao… - gli disse prendendo la farina dalle mani di suo padre per poi poggiarla sopra il tavolo, accanto alla scodella bianca che le sarebbe servita per fare l'impasto.

Appena preparati tutti gli ingredienti iniziarono a cucinare i biscotti insieme. Amu non si era mai sentita così vicina al padre come in quel momento.

Il loro rapporto stava diventando davvero molto bello e unito, non se lo sarebbe mai immaginato. Di solito a lui era importato molto di più suonare il violino in giro per il mondo. In questo periodo di pausa non aveva pensato di andare in vacanza con la moglie, ma di restare con lei. Probabilmente perché l'aveva vista giù di morale. Ma a lei andava bene lo stesso. Chi lo avrebbe mai detto che quella situazione avrebbe portato achee lati positivi. Che sciocca, eppure lei lo aveva sempre pensato. Ogni cosa che accade ha dei lati positivi e negativi e lei li aveva sperimentati tutti e due. Uno doloroso, ma l'altro meraviglioso. Okay, era solo una scusa per pensare positivo, quello che dopo la sua partenza non aveva più fatto.

Appena i biscotti furono cotti li misero in un piatto azzurro e li coprirono con un tovagliolo, per poi posarli al centro della tavola.

- Très bien! - disse una Amu entusiasta, facendo un sorriso, uno davvero felice.

Suo padre la osservò fiero di quello che aveva fatto. Finalmente l'aveva fatta sorridere.

- Già e ora…

Lo squillo del telefono interruppe la frase di Aruto, costringendo Amu ad uscire dalla cucina e a rispondere.

-- Pronto… --

-- Ciao Amu! --

-- Utau, allora, com'è andata? --

-- Benissimo, come vuoi che sia andata? --

-- No comment… --

-- Dai, piuttosto ho una notizia per te! --

-- Spara! --

-- Faccio un concerto, anche se questa volta in un posto piccolo, visto che è una specie di anticipazione per il mio nuovo album. --

-- Dove e soprattutto quando? --

-- A Tsukami, ( non ho idea se esista una cosa del genere in Giappone, è inventato ) fra tre mesi.

-- Fantastico, non vedo l'ora! --

-- Sapevo che l'avresti detto, i biglietti te li do io ovviamente! --

-- Ottimo, perfetto, fantastico ecc… --

-- Hey frena! --

-- Ahah --

Chiusero la chiamata con un saluto e delle risate.

- Chi era? - chiese suo padre.

- Utau, mi ha informata del suo nuovo concerto. Si terrà fra tre mesi a Tsukami.

- Perfetto.

- Mi ci mandi davvero?

- Ti accompagnerò io, è ovvio!

- Ehm oto-chan da qui a Tsukami è solo un'ora di macchina.

- Si, ma di autobus è mezz'ora in più con tutte le fermate.

- Uff e va bene! - fece ironica la rosa per poi dirigersi nella sua camera. - Notte oto-chan!

- Notte piccola!

Amu chiuse la porta della sua stanza e una volta sola si gettò nel letto e i pensieri misti a ricordi la invasero fino a diventare come una ninnananna.

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Capitolo 30
*** Mobile ***


- Per favore, non respiro… - fece la rosa ironicamente mentre la sua amica l'abbracciava.

- Poco importa, non vedi quanto sono felice?! - esclamò la bionda stringendola ancora più forte.

- Si, si quindi la mia vita non conta niente…

- Non quando la tua cara amica è contenta! - le disse sarcastica lasciando andare la povera Amu, la quale trasse un sospiro di sollievo.

- Okay, ora puoi anche raccontarmi tutto… - le disse.

La ragazza si sedette ed iniziò a parlare:

- Beh, per prima cosa ci siamo incontrati davanti casa mia, siamo andati a passeggiare un po' per negozi…

- Fissata con lo shopping come sei tu lo avrai costretto! - ironizzò la rossa mentre ascoltava l'amica interessata.

- Ssh, fammi finire! - le disse la bionda. - Poi siamo andati al parco, dove abbiamo preso un gelato…

Parco. Gelato. Ricordi. Ikuto. Queste semplici quattro parole passarono tutte in una volta sola nella mente di Amu, che abbassò lo sguardo rattristata ripensando a quell'uscita che avevano fatto insieme.

Si riprese quasi subito, anche se ormai l'amica la sentiva a tratti. A volte l'ascoltava, le altre si perdeva in un mare di ricordi, in cui il più bello erano un paio di occhi viola.

- Ehm, Amu? Mi stai ascoltando o sto parlando da sola? - le chiese infine la biondina.

- No no ti ascolto, continua pure… - le disse. Diavolo, se n'era accorta che pensava a tutt'altro. Cercò di riprendere il filo del discorso ascoltando attentamente le parole dell'amica.

- Beh, in seguito mi ha fatto vedere come sa giocare a basket, anche perché abbiamo incontrato un paio di amici suoi… - le disse l'amica continuando la storia del suo appuntamento. - E infine, beh… quando mi ha riaccompagnato a casa…

- Vi siete baciati? - chiese Amu tutta entusiasta.

- No.

- Ah…-.-'

- O meglio, quasi… - le disse infine la bionda morendo la mano aperta un po' a destra un po' a sinistra.

- Quasi?

- Si, c'è stato uno scambio di sguardi… nulla di che insomma… mi aspettavo di più sinceramente. - fece leggermente delusa.

- Non mi aspettavo comunque che ti saresti fatta avanti così presto! - esclamò la rosa contenta per la sua amica. - Com'è questo cambiamento?

- Diciamo che ho cambiato tattica… - le disse facendole l'occhiolino.

- Se lo dici tu… - fece Amu. - A proposito, quando uscirete insieme la prossima volta?

- Oggi pomeriggio! - fece tutta soddisfatta, con gli occhi che le brillavano.

- E brava la mia amica Rima! - disse Amu.

- A te invece? - le chiese la ragazza.

- A me cosa?

- Come fa con tuo fratello? - le domandò. Giusto, Rima non sapeva niente. Ma sarebbe stato opportuno dirle di questa faccenda? Lei era un tipo abbastanza ansioso, farla preoccupare per lei era l'ultimo dei suoi pensieri.

- B-bene, anzi benissimo! - esclamò cercando di apparire sorridente.

- Sicura? - le chiese dubbiosa.

- Certo! Perché me lo chiedi? - le domando la rosa cercando di mantenere un'espressione serena.

- Boh, ti vedo strana questi giorni e poi…

- Cosa ordinate? - la cameriera aveva interrotto Rima.

- Io prendo una coppetta di gelato, vaniglia e cocco. - disse la bionda.

- Anch'io un gelato, però pistacchio e cioccolato. - ordinò Amu.

- Bene, arrivano subito… - fece la ragazza che dopo aver appuntato le ordinazioni si dileguò.

- Stavi dicendo? - chiese Amu all'amica.

- Dicevo che tuo fratello non si vede mai in giro! E lui non è tipo da stare rinchiuso dentro casa… - le fece notare Rima. Cavolo, era vero… e adesso? Che scusa si sarebbe potuta inventare?


Un ragazzo seduto sul letto faceva scorrere la rubrica del suo cellulare con lentezza. Quasi fosse obbligato a compiere il gesto con il pollice di passare tutti i numeri di telefono. Avrebbe dovuto telefonare a casa, lo sapeva. Sua madre sicuramente l'avrebbe voluto uccidere. Quasi tre mesi. Erano quasi tre mesi che ormai mancava da casa e non si era degnato neanche di chiamarli al cellulare. La verità era che non se la sentiva ancora di ascoltare le loro voci e poi aveva paura a chiamare a casa.

Se lei fosse stata là e gli avesse risposto per lui sarebbe stato peggio di ricevere una spina sul cuore. Quella ti fa male solo fino a che non muori, ma sapere di parlare con una persona che non rivedrai più per la quale hai provato forti sentimenti è ancora peggio. Anche per questo rimandava in continuazione.

Inoltre più passava sul suo numero di cellulare più la tentazione di chiamarla si faceva insopportabile.

Alla fine gettò quel maledetto oggetto nel letto e si distese lentamente con mille pensieri nella testa. Anche se riguardavano la stessa persona. Diamine, possibile che in tre mesi non aveva smesso un attimo di pensarla? Era così ossessivo nei suoi confronti?

Chissà… magari lei stava facendo lo stesso. No, non doveva considerare quest'ipotesi, lo faceva stare ancora più male.

Ogni tanto voltava la testa di lato e andava a guardare il cellulare, avrebbe voluto prenderlo cliccare il tastino verde sul nome Amu e chiederle se le mancava, se avrebbe voluto che lui tornasse, che cosa stava facendo? Che cosa era cambiato… però non aveva il coraggio di farlo.

Penserà che sono un bastardo… si ripeteva molte volte nella testa. Frase che poteva anche essere considerata come una domanda senza risposta, visto che erano più le volte che se lo chiedeva che quelle che la trasformava in una constatazione.

Continuò a crogiolarsi nei suoi pensieri cambiando posizione nel letto svariate volte.

Fece così fino a che il cellulare non squillò.


- Ehm, ecco… - cercava di inventarsi una scusa la povera Amu. - Lui è in vacanza.

- O.o

- Già, da… dalla zia ecco. - una frottola buttata lì solo per giustificarsi.

- Oh… - fu il commento di Rima. - E perché tu non sei con lui?

- Perché io ho preferito restare qui… - Rima la guardò strano. - per il momento è ovvio! ^ ^

La bionda non era del tutto convinta, ma visto che credeva non ci fosse motivo di mentirle volle darle fiducia.

- Ah, ho capito e tu quando parti? - le chiese.

Okay, questo era troppo, adesso era incastrata davvero. Oppure no… un'idea geniale le balzò dentro la testa.

- Il 24 luglio. - disse.

- Così presto? perché non me lo hai detto prima?

- Scusami, non ci ho pensato… - le rispose. Il 24 luglio sarebbe partita insieme ad Utau per vedere il suo concerto, che si sarebbe tenuto il 26. La cantante si era offerta di farle passare qualche giorno in sua compagnia anche dopo il concerto e lei ovviamente aveva accettato con gioia ed entusiasmo la proposta. ingraziò mentalmente Utau per averle fatto trovare quella scusa appropriata. Sicuramente sarebbe stata via circa una settimana, quindi era perfetto per chiamarla vacanza e rifilarla a Rima.

- Non preoccuparti, però la prossima volta pensaci… - le disse.

- Si si, tranquilla… - le rispose. in quel momento arrivarono i gelati. Era la stessa cameriera di prima a portarglieli. Le due ragazze guardarono le loro scodelle con gli occhi a cuoricino. Avevano un aspetto delizioso.

Tutte e due, dopo esseri armate di cucchiaino, provarono subito un po' di quel cibo sublime. Lo assaggiarono con la stessa raffinatezza di un critico, gustandoselo per bene. Ovviamente solo il primo, perché già dopo il secondo la classe era sparita e aveva lasciato spazio alla golosità. Infatti in pochi minuti la ciotola era completamente ripulita, quasi a sembrare che l'avessero già lavata.

- Era buonissimo, il pistacchio poi era sublime! - esclamò la rosa mentre si alzavano per andare a pagare.

- Si, poi perché tu non hai provato il cocco… - continuarono a parlare del gelato fino a che non uscirono dalla gelateria e non ripresero a camminare per le vie di Tokyo, fino ad arrivare all'incrocio dove si laccavano sempre.

- Ciao Amu, allora quando ci si rivede? - chiese Rima.

- Non saprei dirti con precisione, penso tra una settimana, se non di più… - le fece.

- Ah, okay, buone vacanze e a fra una settimana! ^ ^ - le disse sorridente per poi correre verso casa sua.

- Si, a fra una settimana… - le rispose, anche se per come lo aveva detto a voce bassa era difficile che l'avesse sentita. Dopo tutto si sentiva un po' in colpa per averle mentito, ma non poteva fare altrimenti, non aveva voglia di raccontare tutto da capo e di piangere di nuovo rivivendo tutte quelle spiacevoli emozioni.

- Sono a casa! - annunciò appena rientrata. Nessuno le rispose. - C'è… o ciao babbo!

Disse entrata in salotto. Suo padre era intento a parlare al telefono, probabilmente era quello il motivo del perché non le aveva risposto. Chiuse la chiamata subito dopo che vide la figlia.

- Ciao Amu, bentornata! - la salutò suo padre.

- Ciao, chi era al telefono? - chiese la figlia sospetta.

- Era tua madre, ha detto che non sarebbe venuta a cena sta sera e che quindi dovevamo cucinare noi sta sera… - le rispose.

- No problem! - esclamò Amu contenta dirigendosi subito in cucina.

Aruto la seguì poco dopo. Poco dopo aver dato un ultimo sguardo al telefono.


Finalmente il giorno tanto atteso da una simpatica ragazza dai capelli rosa era arrivato. Utau la stava portando con lei al suo concerto. Durante il viaggio parlarono del più e del meno e ascoltarono un po' di musica. Ovviamente non l'album della bionda, lo avrebbe sentito al concerto, sarebbe stato banale metterlo su.

Ci volle solo un'oretta per arrivare nel posto desiderato. Alloggiarono in un albergo, che benché fosse per la cantante più famosa di Tokyo in quel momento non era poi così lussuoso, questo pensava Amu.

La loro stanza ovviamente era a due letti separati, avrebbero dormito insieme e questo emozionava ancora di più Amu, dormire con il suo idolo, diventato sua amica, sarebbe stato fantastico.

- Sono davvero contenta che tu sia venuta. - le disse la bionda mentre si cambiava. Faceva caldo, quindi si voleva mettere indumenti più leggeri.

- Perché non sai quanto sia contenta io di essere qui con te! - esclamò Amu sedendosi sul letto.

- Mi fa piacere…

- Quasi quasi mi cambio anche io, fa caldo oggi… - disse la ragazza aprendo la valigia e iniziando a tirare fuori i vestiti che aveva.

- Amu?

- Si?

- Hai notizie di tuo fratello? - le chiese, sapeva che era doloroso per lei, ma non poteva continuare in questo modo.

- No, non ha mai chiamato… - le confidò abbassando il capo.

- Dai, vedrai che chiamerà… - cercò di consolarla l'amica.

- Si, dopo tre mesi pensi che si metta a chiamarmi? - le domandò triste.

- Uff, ora basta con la tristezza, okay sono stata una stupida a chiederti di tuo fratello però lo sai come sono le amiche, sono curiose e apprensive quindi per favore ora recupera il sorriso o per pranzo non avrai i miei buonissimi piatti ma le crocchette! - le disse con un accenno d'ironia sull'ultima frase.

- Cucini tu? - le chiese con un lieve sorriso guardandola negli occhi.

- Ecco… veramente no.

- Ma allora i piatti non sono tuoi.

- No, però li cucina mio cugino… - le disse. - E comunque hai sorriso visto?

- Si… - rispose ampliando un po' di più il sorriso.

- Ottimo e ora andiamo! - esclamò.

- Dove? Dove andiamo? - chiese Amu.

- A fare il soundcheck mi sembra ovvio! - disse la bionda facendo alzare Amu dal letto.

- Giusto! Ma è fantastico, non ho mai assistito alle prove di un concerto! - era davvero entusiasta glielo si leggeva negli occhi dolci e colorati come il miele.

- Bene, ora che ti ho fatta contenta si può andare… - le disse la ragazza, per poi dirigersi con lei alla sala prove.

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Capitolo 31
*** The power of music... ***


Le prove durarono circa tre ore. Amu vi aveva assistito per tutto il tempo, estasiata dalla fortuna che aveva nell'essere diventata amica di Utau.

- Ciao… Hinamori giusto? - le chiese il ragazzo.

- Ciao Kukai! Ti avevo detto di chiamarmi Amu! - gli disse sorridendo.

- Ah, okay! - le rispose sedendolesi vicino. - Da quanto tempo sei qui?

- Da circa tre ore… - rispose la rosa.

- Wow, sono in ritardo allora… - disse. Quel ragazzo era davvero solare, non passava momento che non sorrideva. Aveva un carattere fantastico, utau doveva davvero trovarcisi bene insieme.

- Solo un pochino, ma non credo che tu non ci abbia fatto a posta ad arrivare dopo il soundcheck! - gli disse la ragazza ridendo.

Kukai distolse lo sguardo.

- Beh… diciamo forse. - le rispose voltandosi di nuovo a sorriderle.

- Immaginavo! - esclamò la rosa. Almeno riusciva a ridere un po'. Era da molto che non rideva e non era così allegra e serena.

Dopo qualche minuto Utau smise di provare e scese dal palco.

- Ciao! - fece entusiasta notando il suo ragazzo. Prese poi la bottiglia d'acqua ed iniziò a bene avidamente.

- Sei davvero grandiosa! - esclamò Amu alzandosi dalla sedia.

- Ti ringrazio… - fece la ragazza appena finito di bere.

- Amu ha ragione, concordo con lei… - disse allora Kukai salutando la sua ragazza come si deve.

- Benissimo, allora di sicuro non mancherai al concerto di stasera! ^ ^ - gli disse la cantante bevendo un'altra sorsata d'acqua.

- Sicuro! - rispose Kukai. - Ehm… a che ora eh?

- Alle 21.00 cretino… -.-" - lo riprese Utau.

- Hey! - esclamò il ragazzo sempre sorridente. - Okay, sarò puntuale!

- La puntualità non ti si addice, ma fingerò di crederci… - le disse Utau facendo l'occhiolino con un leggero sorrisetto sulle labbra.

- Grazie mille per la fiducia Utau, - le disse il ragazzo con sarcasmo. - non so come farei senza il tuo appoggio!

- Figurati Kukai… - rispose la cantante tranquilla.

Amu fece un sorrisero divertito. Era proprio fantastico il modo in cui dimostravano di volersi bene.

D'un tratto la bionda la prese per un braccio trascinandola letteralmente.

- Torniamo subito Kukai! - disse come scusante dell'improvvisa reazione al ragazzo che la guardava confuso.

- Ah… - fece. - Okay.

Amu fu trascinata vicino ai camerini, dove Utau si fermò e le rivolse uno sguardo serio.

- Che c'è? - chiese la rosa.

- Amu… - le disse. - Mi devi di nuovo aiutare a vestirmi!

- Che cosa? Sei impazzita forse? Io non sono mica una stilista! - le fece l'amica mettendo le mani avanti in segno di difesa.

- Andiamo! Per favore! - la implorò la ragazza.

- Uff… - sbuffò l'altra. - d'accordo…

- Si!!! La mitica Utau trionfa sempre! Prendi esempio Amu! - le disse felice.

- Come no, sarà fatto… - mormorò sospirando la rosa.

- A proposito… - fece d'un tratto l'amica diventando nuovamente seria.

- Cosa, vuoi che ti aiuti anche a truccarti? - le chiese Amu, ormai si era rassegnata.

- A parte quello, vorrei parlarti di una cosa. - le disse.

Allora anche Amu si fece seria, sapeva già di che cosa la ragazza le voleva parlare e francamente lei non ne aveva nessuna voglia.

- Cosa? - chiese.

- Di tuo fratello. - le rispose l'altra.

Amu abbassò lo sguardo.

- Che cosa vuoi chiedermi?

- Non ti voglio chiedere niente, voglio darti un consiglio… - le disse avvicinandolesi e mettendole le mani sulle spalle.

- Quale?

- Chiamalo.

- Come prego? - fece Amu stranita da quella richiesta insolita.

- Hai capito benissimo.

- Ovvio che ho capito! Ma, si beh ecco insomma, chiamarlo? - le chiese sempre più scandalizzata.

- Esatto, componi il suo numero e parlargli.

- Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? - le domandò sempre con gli occhi sgranati. - Sono mesi che non si fa sentire! Questo è un ego evidente del fatto che non vuole che nessuno lo contatti…

- Oppure è un segno evidente del fatto che abbia troppa paura per telefonare e sentire la tua voce. - Utau era sempre stata una ragazza molto intuitiva, aveva sempre capito subito come stavano le cose, ovviamente analizzando bene persone e situazioni.

- Forse…

- E allora che cosa aspetti! - esclamò la bionda scuotendola un poco. - Lo so che muori dalla voglia di sentirlo e di sapere sue notizie, fatti avanti coraggio! Amu, non puoi sempre aspettare che sia lui a fare il primo passo!

- Magari hai anche ragione tu, ma non è facile come credi… - le disse indecisa.

- Lo so che non è facile, ma secondo me dovresti chiamarlo… - le consigliò allora la ragazza. - Ti lascio sola…

Le disse per poi allontanarsi.

Per dieci minuti Amu non seppe che fare, resto a dondolarsi in piedi come una cretina.

Solo poi si decise a tirare fuori il suo cellulare e a fissarlo per minuti interi, quasi fosse la cosa più interessante da vedere in quel momento.

Aprì la rubrica e scorse i numeri di telefono che aveva registrati in memoria, fino ad arrivare al nome Ikuto. Restò a guardarlo per un bel po' di tempo fino a che non premette il tasto verde e si portò il cellulare all'orecchio.

Sarà stata la paura, l'ansia e magari anche un po' di vigliaccheria a far si che appena emise il primo squillo lei spense subito il cellulare.

Sospirò profondamente, si, dopo tutto anche lei era vigliacca, avevano qualcosa in comune lei e suo fratello. Ma come avrebbe fatto a parlargli, non sapeva nemmeno se sarebbe più riuscita a salutarlo.

Dopo una mezz'ora circa arrivò Utau. Amu ci mise un po' a sceglierle i vestiti, ma alla fine la missione risultò compiuta.

- Ben fatto Amu! Ora sono pronta! - esclamò Utau soddisfatta. - Puoi anche aspettarmi tra il pubblico, io fra pochi minuti sarò là!

- Okay! - disse la ragazza alzando il pollice.

Uscì dal camerino e prima di mimetizzarsi fra la folla accese di nuovo il cellulare per vedere se c'erano nuove chiamate. Proprio come si aspettava, zero chiamate. E va bene, dopotutto era stata lei a non voler continuare la chiamata.

Senza pensare di spegnere il portatile lo mise in tasca e si andò a mimetizzare fra la folla.


Amu era emozionantissima, era già la seconda volta che assisteva al concerto di Utau, da sempre la sua cantante preferita.

Mancavano ormai pochi minuti all'inizio del concerto e lei era riuscita a stare in prima fila, ovviamente dando gomitate in giro per poter passare.

- Amu! - si sentì chiamare d'un tratto la ragazza sai capelli rosa. Si voltò trovandosi vicino Kukai. - Utau mi aveva detto che saresti venuta. Sei stata brava a farti largo tra la folla.

- Si, ma ci ho rimesso i gomiti… - disse ironicamente.

Kukai sorrise. Stava per dirle qualcosa quando le luci si spensero e il concerto ebbe inizio.

Amu guardava Utau incantata. Non solo sapeva cantare, ma si sapeva muovere sul palco, sapeva catturare il pubblico ecco. Non poteva fare a meno di pensare quanto fosse bella lì sopra. Quanto fosse melodiosa la sua voce e quanto belle fossero e note scritte dalla bionda.

Chiuse gli occhi per poter così assaporare tutto, far entrare dentro di se tutta la musica che stava ascoltando in quel momento. Non credeva che quella canzone sarebbe mai riuscita a farle svuotare la mente dai cattivi pensieri per un attimo. Per quel poco che durò Amu riuscì a non pensare a Ikuto che era partito, a tutti i momenti vissuti insieme a suo fratello e a rivivere come faceva ogni minuto della giornata il giorno della sua partenza, quando lo aveva salutato all'aeroporto e aveva trattenuto le lacrime per non ferirlo. Cosa che però aveva ferito lei. Avrebbe voluto gridargli di non partire, oppure sarebbe voluta partire con lui. Ma queste sono solo stupide fantasie, era fin troppo ovvio che suo fratello per non ' rischiare' non la voleva più vicino ed era questo che a lei faceva male da morire.

Quando erano piccoli le difficoltà le avevano sempre superate insieme, perché adesso non potevano? Che cos'era cambiato così tanto da rivoluzionare il tutto e da far si che quando c'è una difficoltà uno prende e se ne va via? Per Amu era tutto come allora. Ma a quando pare per Ikuto no.

La fine della musica purtroppo la riportò alla realtà. Il concerto era finito , come sempre Utau aveva legato tutte le canzoni come fossero una sola e ti accorgevi subito quando era la fine dello spettacolo quindi.

- Bellissimo… - mormorò Amu.

- Ti è piaciuto? - le chiese Kukai avvicinandolesi.

- Si, molto e a te?

- Ovvio che mi è piaciuto ho amato quella ragazza prima come cantante! - le confessò il ragazzo.

Amu sorrise, si vedeva quanto quel ragazzo tenesse alla sua amica e non poteva che essere felice per la bionda.

- Io vado da Utau, vieni con me, non è vero? - chiese Amu al ragazzo.

- Sicuro, andiamo! - esclamò entusiasta per poi seguire la rosa fino al camerino della cantante.

Davanti alla porta, come in tutti i posti, c'era un uomo. Il quale dopo aver visto Amu la fece passare insieme a Kukai, si ricordava bene di quella ragazza, visto che era dall'inizio del viaggio che stavano insieme.

- Hey! - salutò Amu entrando nel camerino e sedendosi accanto alla bionda.

- Ciao, ditemi un po', come sono andata? - chiese la cantante.

- Benissimo, ma cosa lo chiedi a fare ormai? - le fece Amu con lo stesso entusiasmo di una bambina piccola.

- Beh… io voglio un'opinione… - disse utau arrossendo leggermente sulle gote.

- Hai ragione, però non ti serve davvero! - s'intromise Kukai.

Si sorrisero tutti insieme.

- E poi… - Amu stava per dire qualcosa, ma fu interrotta dallo squillare improvviso del suo cellulare. - Scusatemi…

Disse tirandolo fuori e guardando il display. Non è possibile… pensò prima di rispondere.

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Capitolo 32
*** Hope ***


Il telefono continuava a squillare senza che lei si decidesse a rispondere, lo teneva semplicemente in mano e lo guardava incantata. Perché l'aveva chiamata? Che cosa voleva dirle? Aveva visto la sua chiamata? Mille domande le passavano sulla testa e per trovare la risposta a tutte doveva fare quella cosa che ancora si era decisa a compiere.

Utau la osservava ansiosa di vederla premere quel pulsante, un'azione semplicissima da fare infondo. Ma lei sembrava come se non la volesse compiere.

Ad un certo punto utau non ci vide più, afferrò il cellulare e fece partire la chiamata, poi lo porse ad Amu:

- È per te.

Le disse decisa. Con la mano che le tremava leggermente la rosa afferrò il cellulare portandoselo all'orecchio.

-- Pronto… -- mormorò.

-- Amu, sono io. -- dall'altro capo del telefono si sentiva che anche ad Ikuto tremava la voce. Anche lui doveva averlo pensato e ripensato prima di fare quel gesto. Amu deglutì.

-- C-ciao I-I… -- non riusciva a dirlo il suo nome, non ci riusciva davvero. Ma doveva farsi coraggio e assimilare un po' di sicurezza.

-- Come stai? --

-- B-bene, a te come va? --

-- Non c'è male, dove sei? Sento una confusione! --

-- Sono al concerto di Utau, tu invece? --

-- A casa. --

Okay, era ora di farsi seri ed andare dritto al sodo.

-- Perché mi hai chiamata? --

Ci fu un lungo tempo di silenzio. Fu Ikuto ovviamente a romperlo.

-- Volevo sentire la tua voce. --

-- Ah… --

-- Amu? --

-- Si? --

-- C'è qualcosa che mi vorresti chiedere? -- come al solito la capiva sempre. Neanche al telefono gli sfuggiva mai qualcosa.

-- Ecco… no. --

-- Si che c'è, avanti Amu, dimmelo, prometto che la risposta non sarà negativa. -- che avesse già capito che cosa gli volesse chiedere? Non ci sarebbe da meravigliarsi intuitivo com'era. Ma se avesse già capito e davvero la risposta non sarebbe stata negativa, allora… valeva la pena di tentare.

-- Io… --

-- Tu? --

-- Io… --

-- Ripeto, tu? --

-- Non mettermi fretta! -- sbottò Amu, anche al telefono la faceva innervosire.

-- Dai, continua… --

Intanto Utau e Kukai se ne andarono lasciando sola la ragazza, che nonostante avesse implorato a gesti ad Utau di restare niente le aveva fatto cambiare idea.

-- Mi chiedevo… --

-- Che cosa? Andiamo Amu, guarda che il cellulare costa! -- le disse ironicamente.

E va bene adesso basta, o la va o la spacca.

-- Mi chiedevo quando tornerai in Giappone. -- disse tutto d'un fiato. Ecco, ora poteva anche morire, finalmente era riuscita a chiederglielo.

-- Non lo so. --

-- Non era la risposta che volevo… -- gli disse Amu. C'era una nota amara nella sua voce, Ikuto la individuò subito, ma cercò di non farsi condizionare più di tanto.

-- Prometto che se tornerò tu sarai la prima a saperlo. --

-- Se? --

-- Amu… --

-- No, lasciamo perdere. -- lo interruppe la ragazza.

-- Già lo sapevo che sarebbe finita così… -- continuò sempre la rosa.

-- Come stanno mamma e babbo? --

-- Bene… -- disse.

-- Sai, babbo si è preso un po' di pausa e adesso sta a casa. -- continuò la ragazza.

-- Ah, avrai passato molto tempo con lui immagino. --

-- Già… --

Passarono altri attimi di silenzio tra i due, che nessuno riusciva a rompere.

Almeno fino a che Ikuto non si decise a parlare.

-- Ti frequenti ancora con Rima? --

-- Si, si è fidanzata sai? --

-- Wow, non me lo sarei aspettato, lo conosco? --

-- No, ma a dirla tutta neanche io, si chiama Nagihiko, abita vicino casa sua. --

Non c'era bisogno di dire che stavano facendo di tutto pur di parlarsi senza centrare l'argomento.

-- Ah, e invece Tadase? --

Insomma parlando seriamente, quando mai Ikuto Hinamori le avrebbe chiesto di Tadase, il ragazzino con cui era da una vita che si beccava. Erano come due galli che lottavano per chi doveva restare nel pollaio con tutte le galline. E lei era una delle galline che assisteva alla scena e che era la causa di tutto. Questo almeno pensava Amu di quella storia ormai vecchia e ammuffita.

-- Veramente è da un po' che non lo sento. Siamo usciti insieme una quindicina di giorni fa… --

-- Ah… --

-- Tu, hai conosciuto qualcuno? -- gli chiese. Non voleva che restava in silenzio per troppo tempo, voleva sentirla la sua voce.

-- Veramente no, a parte la donna da cui ho affittato l'appartamento. --

-- Sai già però dov'è la tua scuola, vero? --

-- Si, ma ancora non mi sono iscritto… --

-- Oh… -- era davvero stupita di questo. Che ci sia ancora qualche possibilità di farlo tornare? si chiese la ragazza.

-- Beh, Amu… --

-- Si? --

-- Ora ti devo salutare… --

-- Perché? -- chiese delusa.

-- Perché altrimenti mi costerà di più aver parlato con te che andare all'università. -- le disse sarcastico, come suo solito.

-- Si, ho capito, però fatti sentire più spesso d'ora in poi. -- gli disse nascondendo la tristezza che c'era in lei in quel momento.

-- Ci proverò… -- disse e chiuse la chiamata. Amu restò ancora per un po' con il cellulare poggiato sull'orecchio.

Delle lacrime le scesero dagli occhi, lasciò loro percorrere il percorso delle sue guance per poi lasciarle cadere dal mento.

Quando sentì la porta aprirsi mise giù il cellulare e si asciugò quelle goccioline salate che in quel momento erano amare.

- Allora, che ha detto? - chiese Utau chiudendosi la porta alle spalle.

- Abbiamo parlato del più e del meno… - cercò di dire Amu per chiudere subito il discorso.

- E poi? - niente da fare, l'amica era insistente e di certo non l'avrebbe scampata così facilmente, questo lo sapeva.

- Gli ho chiesto se tornava… - disse in un sussurro la rosa.

- E lui che cos'ha risposto? - Utau sembrava più ansiosa di quanto non lo era stata lei. Voleva vederla sorridere, non le piaceva vedere la sua amica triste. Utau non era mai stata un tipo che si affezionava troppo alle persone, ma doveva ammettere che ad Amu voleva bene come se fosse una sorella.

- Che non lo sa se tornerà… - rispose Amu lasciando scendere un'altra lacrima.

- E… non ti ha detto nient'altro? - chiese l'amica avvicinandolesi.

- Ha evitato l'argomento. - disse Amu tutto d'un fiato quasi scocciata da questa cosa.

- Come immaginavo… - le rispose Utau quasi sospirando. - Poi a parte del più e del meno… di che cosa avete parlato?

- Gli ho chiesto anche se si sarebbe fatto risentire, in ultimo gliel'ho chiesto. - le rispose riavviandosi una ciocca rosa che le era finita davanti agli occhi.

- E lui che cosa ti ha risposto? - le chiese la bionda.

- Ci proverò… sono state queste le sue testuali parole… - disse con amara ironia.

- Andiamo Amu, sono sicura che chiamerà… - cercò di dirle Utau.

Amu scosse la testa.

- No utau, questa volta non voglio più farmi illusioni… - le disse. - Mi ha chiamato per non dirmi addio. Era sottinteso. Mi ha fatto sentire la sua voce un'ultima volta, ne sono sicura. Così da non avere rimorsi e per poter cominciare una nuova vita. Devo farlo anche io. Ikuto non tornerà più, quindi perché sperare?

- Basta! - sbottò all'improvviso l'amica facendo trasalire la rosa. - Non sopporto quando ti comporti così!

- Utau…

La bionda afferrò l'amica per le spalle portando il viso davanti al suo.

- Ascoltami bene! - le disse seria. - Uno non chiama per dire un addio sottinteso ad una persona! Uno chiama perché sente la mancanza di qualcuno! Lo so che è dura Amu, che non sopporti questa situazione e che vorresti soltanto avere tuo fratello qui vicino, ma sai bene che non è facile quindi smettila di fare la malinconica e sorridi! Ikuto tornerà, perché altrimenti non sarai l'unica a volerlo morto…

Concluse il discorso facendole l'occhiolino e sorridendole. La faccia perplessa di Amu mutò in una felice, sorridente, fino a che non si mise del tutto a ridere.

- Che hai da ridere? - chiese confusa la bionda.

- Sei troppo buffa quando fai la seria! - disse ridendo.

- Come?

- Dovresti vedere la tua faccia in questo momento! - Utau sorrise, almeno era riuscita a farla ridere. Ottima cosa.


Il cellulare era posato sul comodino ebano situato accanto al letto.

Un ragazzo se ne stava seduto lì a fissare quell'aggeggio che gli aveva permesso di sentire la voce della sorella fino a pochi minuti prima. perché l'aveva chiamata? Forse perché voleva sentire se era triste. Che sciocca cosa da pensare, era ovvio che anche se era triste non glielo avrebbe mai dimostrato per non farlo dispiacere.

Quindi la spiegazione più semplice da dare era che suo padre era stato convincente.


Inizio Flashback


Ikuto era intento a sfogliare il quaderno dei disegni di Amu per la centesima volta. Ormai non sapeva più che altro poteva fare se non ricordarla attraverso dei tratti di matita che aveva fatto da quando era piccola fino a pochi mesi prima.

D'un tratto il cellulare squillò. Inizialmente non voleva rispondere, non voleva neanche vedere di chi si trattava, sarebbe bastato solo il suo nome o un epiteto a far scatenare in lui una miriade di emozioni.

Contro voglia guardò il display. Non si sarebbe mai aspettato una chiamata da parte sua. Prese il cellulare e rispose.

-- Pronto… --

-- Ciao Ikuto, come stai? -- chiese suo padre piuttosto allegro.

-- Ciao babbo, bene bene, tu? -- rispose stendendosi sul letto. Era ancora leggermente sorpreso dell'improvvisa telefonata di suo padre.

-- Anche io bene. --

-- E la mamma? --

-- Bene anche lei. --

-- Perché mi hai chiamato? -- chiese sempre più curioso di andare a fondo di quella faccenda.

-- Un padre non può telefonare al figlio per sapere come sta? --

-- Tu non telefoneresti mai solo per sapere some sto. -- rispose il ragazzo. Conosceva troppo bene suo padre per credere ad una scemenza simile.

-- Wow, felice di aver fatto nascere un ragazzo così intelligente! -- esclamò Aruto.

-- Vai al punto babbo! -- disse un Ikuto stavolta scocciato dal dialogo che stava avendo con suo padre. insomma, lo chiama e non gli dice neanche che cosa vuole?

-- Va bene, va bene, vado subito al dunque… -- disse. Ma il seguito fu un grande silenzio che venne rotto da Ikuto.

-- Babbo! Se non ti dispiace vorrei andare a letto, magari da te è presto, ma da me sono le tre di notte… -- si lamentò il ragazzo passandosi una mano fra i capelli.

-- Scusa, ho capito. --

-- Allora?! --

-- Chiama tua sorella. -- la chiamata finì così.

- Pronto? Babbo mi senti? - ripeteva Ikuto che avrebbe voluto chiedere spiegazioni. Spostò il telefono portandoselo davanti al viso. - Ha chiuso…

Posò il cellulare sul comodino, vicino alla lampada dove stava prima. Si mise seduto passandosi di nuovo una mano fra i capelli. Chiamarla. Chiamare Amu. Perché suo padre gli aveva chiesto una cosa del genere? Non aveva capito che in questo modo avrebbe sofferto di più?

Non sapeva che cosa fare. Forse glielo aveva chiesto perché vedeva Amu triste. No, Amu aveva capito, lo aveva capito perché lui era partito. Eppure anche lui si sentiva male a pensare a lei, anche lui era triste per quella situazione. Ma che cosa poteva dirle anche se l'avrebbe chiamata? Non poteva certo comportarsi come se non fosse successo niente. I dubbi in quel momento stavano invadendo la sua mente.


Fine Flashback


Sei giorni dopo ecco che si decide a chiamarla, anche se non prese da solo questa decisione. Infatti notò con piacere che aveva una chiamata senza risposta sul cellulare. Lo aveva chiamato. Era proprio così, sua sorella lo aveva chiamato. Allora non c'erano più dubbi. Aveva digitato subito il suo numero e l'aveva chiamata.

Era stato davvero bello poterla sentir parlare di nuovo. Certo, le domande che gli aveva posto se le aspettava, anche se avrebbe preferito che sua sorella non avrebbe chiesto niente. ma la conosceva troppo bene per non aspettarsi certe cose da lei.

Fatto sta che da quella misera telefonata aveva capito che lui a sua sorella mancava molto. Ed era stato lì che quello che aveva fatto gli era sembrato in un attimo la cosa più stupida del mondo. Stava solo peggiorando le cose in quel modo. Ora si che non sapeva che cosa fare. Non sapeva se sarebbe restato in America, come era intenzionato a fare o se sarebbe partito per tornare in Giappone.

Di nuovo fece il gesto di passarsi una mano fra i capelli. In quel momento era davvero caldo. Aveva proprio bisogno di una doccia. Si alzò dal letto e si diresse in bagno, forse l'acqua fresca l'avrebbe aiutato a prendere la decisione giusta.

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Capitolo 33
*** Doubt and indecision ***


Per questo capitolo ci sono dei dialoghi che sono un ricordo da parte di Amu e quelli sono segnati così: "…"


L'ultimo giorno di vacanza passò molto in fretta. E verso il pomeriggio si misero in viaggio.

- Che peccato che sia durata così poco! - esclamò Utau rivolta alla rosa.

L'amica aveva lo sguardo perso nel vuoto. Fissava fuori dal finestrino il paesaggio che si muoveva a film davanti a lei. Pensava ancora a quella telefonata. Non riusciva proprio a togliersela dalla testa, era diventata un chiodo fisso per lei. Continuava a sperare che Ikuto avesse capito che le mancava e che sarebbe tornato non appena lei fosse tornata a casa. Magari trovandolo a suonare il violino nella sua camera, come faceva sempre quando la voleva vedere. Senza farglielo capire le si intrufolava in camera. Lo faceva anche quando era piccolo. O meglio, quando era un ragazzino.Quando aveva tredici anni le si era messo sotto le coperte del letto. Lei non si era accorta di niente e entrata in camera e infilatasi sotto le coperte sentì una mano sfiorarle il volto. Dopo aver guardato davanti a se aveva notato una figura nera che la guardava con gli occhi di un viola cupo. Dallo spavento lanciò un urlo disumano balzando fuori dal letto. Il ragazzo se la rideva a crepapelle senza riuscire a smettere.

Preoccupati i genitori erano accorsi a vedere che cos'era successo.

"Amu, che succede? Perché hai urlato?" aveva chiesto sua madre appena aperta la porta. L'unica cosa che aveva visto era la faccia di Amu bianca come un cencio e il corpo di Ikuto seduto nel letto della ragazza che non la smetteva di ridere. La rosa era andata, arrabbiata, verso il frenello. Lo aveva preso per la maglia dandogli pesanti scossoni.

" Ti sembra questo il modo di trattare tua sorella? " gli aveva urlato in faccia.

" Ma è stato troppo divertente… " le aveva risposto fra le risate.

Quella volta gliene aveva dette così tante che non se le ricordava tutte.

- Hey Amu? - la voce di Utau la fece sobbalzare, visto che la bionda le aveva parlato nell'orecchio. - Sogni ad occhi aperti?

La ragazza si voltò a guardarla.

- Ah? - chiese ancora confusa.

- Avevi lo sguardo perso nel vuoto… - le spiegò Utau. - Pensi ancora a quella telefonata?

Ecco, aveva capito. D'altronde come poteva pensare che quella ragazza non l'avrebbe capito subito?

- Si. - rispose sinceramente. - Vorrei che tornasse…

- Amu, se non è stupido e da quanto mi hai raccontato non credo che lo sia, tornerà prima di quanto te lo aspetti. - le disse Utau per tirarle su il morale.

Amu fece un sorriso tirato. Lei non ne era del tutto convinta. Dopo tutto una chiamata non cambia la vita e la scelta di una persona. Ad Ikuto nessuno lo aveva costretto a partire. Era stata un sua scelta, quindi perché tornare?

- Tornerà. - Utau sembrava aver risposto alla sua domanda posta mentalmente.

- E se non fosse così? - chiese guardandola tristemente.

- Uff, te l'ho già detto no? Andiamo in America e lo uccidiamo. - le rispose facendola sorridere.

- Siamo arrivate ragazze. - annunciò l'autista fermatosi davanti casa di Amu.

Tutte e due scesero ed entrarono a casa della rosa. Avevano deciso che per un'altra sera potevano dormire insieme, tanto il concerto era passato e nessuno si aspettava di vedere in giro la cantante.

Entrate in casa salirono subito nella camera della ragazza a poggiare i bagagli.

Quando scesero di sotto trovarono il padre e la madre della rosa davanti a loro.

- Bentornata a casa! - disse suo padre facendole una carezza sulla testa.

- Ciao babbo! - esclamò invece Amu abbracciandolo.

- Ciao Amu… - disse sua madre.

La rosa si staccò da suo padre.

- Ciao mamma. - rispose senza muovere un muscolo. I rapporti con la madre non erano dei migliori ed era sempre peggio. Lei non avrebbe mai accettato i loro figli insieme e questo le aveva portate al disaccordo. Solo suo padre sembrava capirla davvero. Se non facevano niente potevano restare insieme, ma neanche questo quella donna capiva. - Utau resta a dormire a casa nostra, in camera mia, il mio letto è abbastanza grande, possiamo dormire insieme. Voi siete d'accordo vero?

Prima che sua madre aprisse bocca il padre prese la parola per entrambi.

- Assolutamente. - disse, di poche parole ma convinto.

Le due ragazze si sorrisero e volarono in camera a cambiarsi e a mettersi il pigiama.

- Posso farmi una doccia Amu? - chiese la bionda.

- Si, certamente!

- Grazie, dov'è il bagno? - chiese dopo aver preso l'asciugamano bianco con la spugna verde acqua.

- Vieni ti faccio vedere. - la rosa aprì la porta della camera indicandone una di qualche metro più distante da quella. Era più scura, ma sempre in legno. - Quello è il bagno.

- Ah, okay, torno subito… - disse la ragazza uscendo.

- Ma va, fai pure con comodo! - esclamò la ragazza richiudendo la porta e andandosi a sedere alla scrivania. Prese una rivista a caso ed iniziò a sfogliarla distrattamente. Guardava solo le figure, che però non le piacevano molto, per questo la rimise a posto e ne prese un'altra, la quale le fece quasi venire un infarto. Sulla copertina c'era la foto di un violino, uno molto simile a quello di Ikuto. Ma perché tutte a lei? Come ci era finita la rivista di strumenti musicali di Ikuto nel suo portariviste? Boh…

A distrarla ci fu il cellulare. Non credeva l'avrebbe mai fatto ma ringraziò mentalmente quell'aggeggio fastidioso e anche la persona che la stava chiamando. Ebbe un attimo di esitazione, pensando che fosse suo fratello, poi si fece coraggio e guardò sul display. Sospirò di sollievo, non che non avesse voluto che suo fratello la chiamasse, ma in quel momento dopo aver visto il suo violino non era il momento più adatto, rischiava di piangere al telefono.

Fece partire la chiamata.

-- Pronto Rima… -- disse.

-- Ciao Amu! -- fece solare l'amica.

-- Ciao, come mai così contenta? --

-- Oh sapessi! Puoi uscire oggi? Sei tornata da casa di tua zia no? --

-- Si, ma vedi devo disfare i bagagli e poi sono stanchissima, non è che possiamo uscire domani? --

-- Uff, va bene per questa volta passi, ma ti assicuro che è uno scoop eccezionale! --

-- Ci credo, ma oggi davvero non posso… --

-- Va bene dai, com'è andata la vacanza, vi siete divertiti tu e tuo fratello? --

Quella domanda fu come ricevere un pugno allo stomaco per Amu.

-- S-si, sai lui è il solito stupido… -- disse cercando di sembrare il più naturale possibile.

-- Dici sempre così eppure vi volete molto bene e si vede. -- continuò la biondina.

Altro colpo basso per Amu, se non fossero state solo metafore le sarebbe uscito il sangue dalla bocca per quanto erano forti.

-- Si, lo so che mi vuole bene. -- disse con gli occhi che le pizzicavano.

-- Poi se non lo sai tu! -- fece l'amica sarcastica. -- Dimmi una cosa, domani a che ora sei libera?

-- Mmm… vediamo… domani… domani… Ah si! Alle cinque e mezza se ti va bene. -- rispose dopo averci pensato bene.

-- Così tardi? Ma che devi fare di così urgente? -- chiese sorpresa l'amica.

-- Niente di che, problemi familiari. -- rispose vaga.

-- Ah, capisco, basta che vieni perché è davvero una grande notizia quella che devi sapere! -- era proprio entusiasta.

-- Stai tranquilla io non ti ho mai dato buca, che motivo avrei per dartela domani? -- le chiese ridendo.

-- Okay, okay proverò a fidarmi. -- rispose l'amica ironica.

-- Spiritosa… -- mentre diceva queste parole sentì la porta che si apriva, Utau era tornata in camera. -- Scusa Rima, ora ti devo lasciare, ci vediamo domani… --

-- Oh, okay, ciao! --

-- Si ciao --

E così chiuse la chiamata.

- Era una tua amica? - chiese Utau mentre si asciugava i capelli con il fon.

- Si, Rima… - rispose la rosa riponendo il cellulare in tasca. - Ha detto che domani sono obbligata ad uscire con lei perché ha uno scoop eccezionale. Fa sempre così quando si mette con un ragazzo, probabilmente si è messa con Nagihiko e me lo vuole far conoscere, però come al solito prima ne dobbiamo parlare fra amiche e poi usciremo tutti e tre insieme.

- Wow, la tua amica è come un libro aperto per te eh? - chiese la ragazza sorridendo.

- Si, e pensa che… - fu interrotta da una buffissima suoneria che sembrava tanti campanelli di gatti che danzavano l'hula. Era carino pensare cose così buffe per Amu. Estrasse il cellulare e aprì il messaggio. - Ancora Rima…

Fece sorpresa. Utau le si avvicinò.

- Che dice? - chiese la bionda guardando sul display. Amu rimase allibita una volta letto il messaggio.

- Dice… se vuoi puoi portare anche Ikuto, almeno uniamo le due coppie. - disse la rosa. - E adesso che cosa le rispondo?

- Dille che Ikuto non vuole uscire. - propose Utau.

- Si, le rispondo così è l'unica soluzione. - accettò il consiglio scrivendo breve messaggio ' mi spiace Ikuto non vuole uscire'.

Poco dopo le rispose. 'Non importa' le disse poi l'amica.

- Non hai detto niente alla tua amica ah? - fece la bionda.

Amu scosse piano il capo.

- Non potevo dirle niente. - rispose. - Rima si sarebbe preoccupata per me e questo io non lo voglio.

Utau annuì finendo di asciugarsi i capelli e rimettendo poi il fon a posto.

- Capisco. - fu il commento da parte della cantante. - e adesso che facciamo?

Amu rivolse lo sguardo a l'orologio.

- Direi che si va a mangiare. - disse per poi scendere insieme all'amica la piano di sotto.


Ore 3.26. Una ragazza se ne stava tutta rannicchiata sul divano del salotto a pensare. I capelli rosa le ricadevano sulle spalle e qualche ciocca le era finita davanti agli occhi. Non che se ne curasse più di tanto, i suoi pensieri erano altrove in quel momento.

Una mano sulla spalla la fece trasalire. Si voltò.

- Babbo, mi hai fatto prendere un infarto! - esclamò a bassa voce. - Che ci fai sveglio a quest'ora?

- Potrei farti la stessa domanda Amu… - rispose suo padre sedendolesi accanto. - Che cos'è successo?

Okay, a volte era meglio quando qualcuno capiva senza che tu glielo stavi a spiegare, ma in questo caso no, era peggio. Perché lei non aveva nessuna intenzione di parlarne.

- Niente. - rispose, ma non lo convinse.

- Amu, centra qualcosa Ikuto? - e va bene, uno può essere intuitivo ma ora basta.

- Perché pensi questo? - chiese allora la figlia.

- Tu rispondi e basta.

- Si… - mormorò la ragazza. - L'altro giorno mi ha chiamato…

Il padre non ne era affatto stupito cosa di cui Amu si sorprese.

- E che cosa ti ha detto? - domandò l'uomo tranquillo come se fosse la cosa più naturale del mondo che dopo quello che è successo e dopo che non i è fatto vivo per tre mesi uno telefoni.

- Abbiamo parlato di cose irrilevanti. Gli ho chiesto se tornava e lui mi ha risposto che non lo sapeva. - gli disse.

Aruto annuì, conosceva bene suo figlio e in quel periodo sapeva quanto fosse indeciso.

- Ma dimmi babbo… - iniziò Amu. - Tu quanto ne sai di questa storia?

Chiese la ragazza, dopo tutto era sua figlia, era intuitiva quanto lui.

- Perché me lo chiedi?

- Perché ho il sospetto che tu e Ikuto avete parlato. - disse.

Centrato in pieno. Che ragazza speciale…

- Esatto. - disse solo Aruto. - Sono stato io a telefonargli e a dirgli di chiamarti. A quanto pare li segue i miei consigli.

L'ultima frase era quasi sarcastica, poiché suo figlio non gli ubbidiva mai.

- Perché lo hai fatto babbo? - chiese la figlia stupita.

- Perché non sei stata contenta?

- Certo che ne sono stata contenta, ma io credevo che…

- Amu. - la interruppe il padre. - Non mi importa di questo, voglio solo come ogni genitore vedere i propri figli contenti, anche se la loro felicità sia proibita.

La ragazza lo guardò un attimo sorpresa, poi sorrise e si alzò dal divano.

- Grazie e buonanotte babbo! - disse allegra per poi tornare nella sua stanza.


Nel frattempo, in un altro stato un ragazzo sui diciotto anni era intento a prendere una decisione che avrebbe cambiato di nuovo il corso della sua vita. Questa volta però, per sempre.

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Capitolo 34
*** Something wrong ***


Era mattina presto. Il sole era alto nel cielo e faceva capolino dalla finestra della camera di una ragazza intenta a pettinarsi i suoi lunghi capelli rosa.

- Uff… - sbuffò la ragazza. I suoi capelli oggi erano messi proprio male, non riusciva a pettinarli come voleva. - Mi sa che mi tocca fare la piastra…

Si disse alzandosi dalla sedia e aprendo l'armadio. Tirò fuori una scatola viola che conteneva quella maledetta piastra. D'estate non era la soluzione migliore visto che faceva caldo. Ma decise comunque di lisciare i suoi capelli, decisione saggia poiché dopo che si era guardata allo specchio doveva dedurre che stava benissimo.

Scese di sotto a fare colazione. Utau era già sveglia, lo aveva appena constatato visto che era seduta al tavolo a inzuppare i biscotti nel latte.

Amu le si sedette vicino.

- Buongiorno! - la salutò la bionda.

- Buongiorno! - le rispose.

- Piastra? - chiese la ragazza guardandole i capelli.

- Ah-ah, potevi anche rimanere su a darmi una mano, io sono diventata stilista e truccatrice per te. - rispose la ragazza.

- Scusa, potevi chiedermelo. - le disse la cantante dando un morso al biscotto che le era rimasto a mezz'aria per parlare.

- Si hai ragione… - disse la ragazza attirando a se la tazza con il latte dentro e prendendo un biscotto dal piatto messo fra le due ragazze. - Non ho dormito molto ieri notte…

Confessò all'amica.

- Avevo sentito dei movimenti del letto, ma credevo fosse solo la mia immaginazione. - disse allora l'amica portandosi la tazza alle labbra e prendendo un sorso di latte freddo.

- Esatto, sono stata io, ti ho svegliata? - chiese Amu.

- No tranquilla, ci vuole ben altro per svegliarmi… - rispose la bionda sorridendo. La rosa ricambiò il sorriso. Finirono la colazione in silenzio per poi dirigersi nuovamente nella camera di Amu. - Come mai non hai dormito sta notte?

Le chiese allora Utau per poi sedersi sulla sedia accanto alla scrivania.

- Pensavo… - rispose vaga l'amica rivolgendo tutta la sua attenzione al paesaggio fuori dalla finestra della sua stanza.

- Pensavi? E a che cosa? - Utau voleva saperne di più e anche se aveva intuito come erano andate le cose voleva sentirselo dire dall'amica.

- Lo sai… - la rosa non era stupida e ormai conosceva abbastanza bene Utau per non farsi più imbrogliare dal suo modo di manovrare le parole.

- Lo ammetto, ma ieri sera è successo qualcosa e non capisco perché tu non voglia parlamene. - le disse allora la ragazza.

- Ieri sera ho parlato con mio padre di questa situazione. - confessò Amu raccontando all'amica anche dei precedenti discorsi svolti con Aruto. - Mio padre vuole che io e Ikuto siamo felici ma comincio a credere che la felicità non esista affatto…

- Amu cosa…?

- Ogni volta che ci sembra di raggiungerla lei prontamente sguscia via e ci lascia vuoti, come se ci mancasse qualcosa. Beh, in questo momento quella che dovrebbe essere la mia felicità è dall'altra parte del mondo, oltre il pacifico e c'è il rischio che non ritorni più in dietro. - disse la ragazza interrompendo l'amica. - Dimmi una cosa Utau…

- Che cosa? - la bionda la guardava con uno sguardo stupito e sorpreso, la rosa aveva completamente cambiato espressione e stava parlando con una serietà che quasi non le si addiceva.

- È forse troppo quello che sto chiedendo a mio fratello? È così difficile prendere una decisione per lui?

- Amu io non lo so, probabilmente ha paura di sbagliare… - tentò di dire la bionda mordendosi il labbro inferiore.

- Sbagliare, abbiamo già sbagliato, no? Perché non dovremmo più 'sbagliare'? - chiese marcando bene la parola sbagliare.

- Amu, niente è sbagliato se ci pensi bene, non c'è niente che non si può fare se non danneggia nessuno e voi non fate del male a nessuno.

- Lo abbiamo già fatto. - disse la rosa. - Tadase mi ha rivelato i suoi sentimenti e io gli ho dovuto dire che non potevo ricambiarli perché amavo qualcun altro. I miei genitori l'hanno presa malissimo e solo dopo qualche tempo mio padre ha capito. Mia madre ancora non mi parla quasi più.

- Amu… - disse Utau. - Tadase avrebbe sofferto comunque, se tu non lo ami o Ikuto o non Ikuto le cose non sarebbero cambiate. I tuoi genitori era normale la cosa, magari prova a parlare con tua madre e cerca di farle capire bene quello che provi.

- Non capirebbe…

- Se non ci provi non capirà no. - la interruppe la bionda.

Amu si voltò in direzione della sveglia.

- Le dieci… - disse. - Mia madre tornerà sicuramente sta sera tardi…

Continuò la ragazza.

- E allora le parlerai sta sera tardi, a quanto ho capito non hai difficoltà a restare sveglia. - le fece scherzosa la bionda.

La ragazza le sorrise per poi stiracchiarsi per bene e dire:

- Che ne dici se usciamo?

- Dove?

- Boh, potremmo andare a fare una passeggiata qui intorno. Tanto sono ancora libera fino alle cinque e mezza. - le rispose la ragazza prendendo il cellulare e mettendoselo in tasca. - Allora che ne dici?

- Per me va bene. - concordò l'amica per poi scendere al piano di sotto con Amu.

- Lascio un attimo un biglietto a mio padre per dirgli che siamo uscite. - disse la ragazza correndo in cucina e scrivendo su un post-it che poi attaccò sul frigorifero. Tornò di là e finalmente uscirono. Essendo vicini ad agosto fuori faceva caldo, terribilmente caldo.

- Sai, penso che forse avrei dovuto mettere la canottiera… - disse un Utau che tentava di farsi venire un po' d'aria sventolando la mano.

- Dai non ci pensare, piuttosto cammina… - la incoraggiava la rosa. Inutile dire chela bionda a volte non l'ascoltava per niente, presa dal tentativo di racimolare in qualche modo ossigeno.

- Forse dovrei legare i capelli più alti… - faceva tutte ipotesi ad alta voce e Amu la guardava si sottecchi con la sua tipica espressione -.-'. - Che hai da guardarmi così?

- Ti sei accorta che stai facendo una lista di cose da fare o non fare quando fa caldo? Mi sembri una pubblicità… - spiegò la rosa.

Dopo questa affermazione le due si guardarono, ci fu qualche attimo di silenzio poi scoppiarono a ridere entrambe.


- Accidenti sono già le cinque! - esclamò Amu in preda al panico. - Sono in ritardo!

- Hey Amu che succede? - chiese suo padre affacciandosi alla porta della camera della figlia.

- Sono in ritardo oto-chan! - esclamò di nuovo. Utau era andata via da un paio d'ore e li come una deficiente si era appisolata sulla scrivania e per poco che non faceva tardi. Per arrivare a casa di Rima una mezz'ora ci voleva dopo tutto. Finito di prepararsi schioccò un bacio sulla guancia di suo padre e se ne andò. - Ciao babbo ci vediamo dopo!

Suo padre sorrise, anche se aveva quasi quindici anni era ancora un bambina qualche volta. E cosa più buffa si addormentava come faceva suo fratello alla sua stessa età. Lui appena finiti i compiti e suonato il violino si metteva a dormire per recuperare le forze. Era buffissimo quando dormiva perché ovunque si trovasse lui si rannicchiava tutto, una volta era perfino caduto dalla sedia e aveva sbattuto la testa.

Prima di andare in salotto il padre sperò ancora una volta che suo figlio aveva fatto la scelta giusta.

Nel frattempo Amu era arrivata a casa di Rima, puntuale. Aveva corso bene allora…

Suonò il campanello e ad aprirle venne la biondina che per come si era vestita sembrava una bambola di porcellana. Notando come la guardava Amu la ragazzina le chiese:

- Ti piace?

- Si, ora ti mancano solo il viso bianco e le labbra rosse. - le rispose. Era conciata come quella moda molto comune in Giappone, sweet lolita. Amu odiava quella moda. Era ingombrante, per lei era meglio un jeans e una maglietta, ovviamente nello stile che piacevano a lei. Di certo non la vedevi mai con una maglia gialla o arancione, colori che detestava.

- Uff… - sbuffò la biondina incrociando le braccia al petto. - Almeno dimmi che non ti piace invece di prendermi in giro…

Amu sorrise all'espressione da cucciolo che stava facendo in quel momento l'amica.

- Dai non ti sto prendendo in giro, era una battuta… - disse per poi entrare in casa.

- Quando ti metterai anche tu il vestito che ti ho regalato sarò io a prenderti in giro. - le disse Rima.

Si, come no. E lei era così supina da mettersi un vestito da principessina e andare in giro per Tokyo conciata in quel modo. Non che le interessasse quello che pensavano le altre persone, era semplice piacere personale. Lei vestita così non ci si vedeva e non ci si sarebbe mai vista. A Rima dopo tutto quei vestitini stavano bene e poi dovevano piacere a lei.

- Allora qual'è questo scoop? - chiese quasi ironica Amu.

Le due amiche andarono nella camera della biondina e si sedettero nel letto.

- Mi sono messa con Nagihiko! - esclamò contenta RIma quasi saltandole a dosso dalla felicità, fu un miracolo che si limitò ad abbracciarla.

Presa e affondata. Rima era come un gioco a battaglia navale, bastava prendere le coordinate giuste e capivi subito che cosa la rendeva triste o felice, a seconda dell'umore insomma. Ovviamente lei non glielo diceva, ma l'assecondava fingendosi sorpresa.

- Wow! Davvero? Che bello Rima, sono felice per te! - esclamò la rosa ricambiando l'abbraccio.

- Che peccato che Ikuto non sia potuto venire, sarebbe stato carino mettere insieme le due coppie. - disse provocando inconsapevolmente all'amica un forte dolore. Anche lei avrebbe desiderato che lui fosse lì.

- Già, ma lo sai com'è fatto… - cercò di dire Amu rimanendo allegra.

D'un tratto si sentì il campanello della porta suonare.

- È lui Amu, è lui sicuro! - esclamò la bionda precipitandosi ad aprire la porta. Amu la seggi più calma.

Come previsto dalla porta entrò un ragazzo alto, con lunghi capelli viola e occhi nocciola.

- Ciao Rima e… - si bloccò nel vedere Amu. - tu sei?

- Amu, amica di Rima.

Il ragazzo le porse la mano.

- Piacere, io sono Nagihiko. - disse.

Amu gli strinse la mano. Quel ragazzo aveva uno sguardo dolce negli occhi, sarebbe stato perfetto per Rima, se lo sentiva.

- Piacere mio. - rispose istintivamente la ragazza.

- Hey! Già vi siete scordati di me? - sbottò la biondina avvicinandosi a loro.

- Ma no Rima… - le disse il ragazzo carezzandole una guancia. - Hai davvero un bel vestito oggi!

- Ti piace? - chiese la ragazza contenta.

- Si, molto! - rispose lui arrossendo leggermente mentre la guardava sorridente.

Più che perfetto per Rima… si disse Amu abbozzando un sorrisetto.

- Vogliamo uscire? - chiese d'un tratto la biondina dopo che si era messa in mostra abbastanza per il suo nuovo vestitino.

- D'accordo. - rispose Nagihiko.

- Anche per me va bene. - disse Amu.

Così d'accordo uscirono di casa iniziando a camminare e parlare fino ad arrivare anche al centro commerciale a far shopping. Rima entrò subito in un negozio di vestiti lasciando quei due da soli.

Amu ebbe così l'opportunità di conoscere meglio questo Nagihiko che era un ragazzo davvero molto simpatico. Scoprì che amava giocare a palla canestro, un gioco che anche se a lei non piaceva giocare era appassionante da vedere.

Inoltre le aveva dimostrato che voleva davvero bene alla sua amica e questa di certo era una buona cosa.Si ritrovò di nuovo a pensare a suo fratello, anche lui le aveva detto che le voleva molto bene e glielo aveva anche dimostrato.

Doveva aver cambiato espressione perché Nagihiko le rivolse uno sguardo preoccupato e le chiese:

- Qualcosa non va?

Amu si riscosse improvvisamente. Guardò Nagihiko che le porse un fazzoletto.

- Tieni…

- Perché? - chiese stupita dal gesto del ragazzo.

Lui in risposta sorrise e le passò piano il fazzoletto sulla guancia sinistra.

Stava piangendo, non se ne era neanche accorta. Prese il fazzoletto dalle mani di Nagihiko e si asciugò le lacrime.

- Grazie…

- Amu, che è successo? - chiese Rima tornando dal negozio carica di ben quattro buste verdi. Vedendo l'amica così si era preoccupata.

- Ah?

- Perché piangi? - le chiese scaricando le borse su Nagihiko che barcollò per un po' prima di fermarsi. Che cos'ha comprato, i mattoni? si chiese il ragazzo.

- No niente… mi è andato qualcosa nell'occhio… - tentò di dire Amu.

- In tutti e due? - chiese la ragazza mettendo le mani chiuse a pugno sui fianchi.

- Ecco…

- Hey Rima, mi fai vedere che cosa hai comprato? Almeno mi dai una mano a portare le buste... - intervenne Nagihiko. Quel ragazzo le stava se possibile più simpatico di prima. Gli lanciò per questo un'occhiata di gratitudine che lui ricambiò con un sorriso.

La ragazza corse incontro ad aiutare Nagihiko e a mostrare sia a lui che ad Amu gli abiti comprati.

- Rima, mi chiedo che cosa diranno i tuoi genitori… - commentò l'amica.

- Perché? - chiese la ragazza con fare innocente stringendo al petto una delle maglie che stava mostrando loro.

- Trentotto vestiti! Ti rendi conto? - domandò la rosa.

- E allora? Erano in sconto! E poi i miei genitori sanno quanto amo lo shopping… - rispose con gli occhi da cucciolo.

- Va bene, mi arrendo! - fece sorridente Amu. Scoppiarono tutti e tre a ridere.

Mentre tornarono a casa si fermarono a prendere un taiyaki ciascuno, anche questo fonte di ricordi per Amu…


Usciti dal negozio si incamminarono verso casa, quando qualcosa attirò l'attenzione di Amu.

- Hey Ikuto, guarda là! - gli fece la ragazza.

- Golosona che non sei altro… - disse Ikuto. - Però ne voglio uno anch'io.

Le disse poi facendole l'occhiolino. Cinque minuti dopo avevano in mano un taiyaki ciascuno.

- Che buono, amo i taiyaki… - fece Amu mentre mangiava il suo seduta su una panchina con accanto suo fratello.

- Devo ancora trovarlo un dolce che non hai detto di amare. - le fece lui ironico.

La ragazza alzò le spalle arrossendo leggermente.

- Almeno non sono una che si lamenta… - si giustificò Amu.

Si alzarono pochi minuti dopo e ritornarono a casa.


- Hey Amu! - il richiamo di Rima la riportò alla realtà.

- Si? - rispose la rosa un po' sconnessa sbattendo circa tre volte gli occhi.

- Oggi sei molto assente, che cosa c'è? - chiese la biondina prima di addentare il taiyaki.

- Niente, davvero… - rispose la ragazza dando un morso al taiyaki anche lei. - Mmm che buono!

Disse divorandolo in cinque minuti.

- Mamma mia Amu, sembravi una che non mangiava per una settimana! - esclamò la biondina sarcastica, riferendosi alla golosità dell'amica.

- Silenzio tu! - la riprese la rosa per poi mettersi a ridere.

Finita la giornata tornarono tutti a casa.

- Ciao Amu, è stato un piacere conoscerti. - le disse Nagihiko prima di andare a casa con Rima.

- Ciao Nagihiko, anche per me è lo stesso. - rispose la ragazza per poi prendere la via di casa ed entrare nell'abitazione.

- Sono qui! - annunciò appena chiusa la porta.

- Ciao Amu! - questa era sua madre.

Amu per un attimo ripensò alle parole di Utau. Forse doveva parlarne con sua madre.

- Mamma? - domandò sulla soglia della cucina.

La donna dai capelli rosa si girò a guardarla.

- Si?

Pensò ancora una volta, la prossima cosa che avrebbe detto avrebbe potuto o migliorare o peggiorare i rapporti con la madre. Lei era pronta a correre questo rischio?

- No niente… - rispose per poi correre nella sua stanza. Avere paura è umano dopo tutto e lei ne aveva davvero tanta. Non voleva peggiorare il rapporto che aveva con sua madre. E lì in cucina l'aveva vista quasi arrabbiata quando l'aveva guardata. Le lacrime le rigarono nuovamente il volto. Corse verso il letto e vi si gettò sopra. Ma c'era qualcosa che non quadrava...

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Capitolo 35
*** A little truth makes you happy ***


Avvertimento: Questo capitolo è strettamente collegato al capitolo 17, per chi non se lo ricordasse è meglio se lo rileggesse.


Le lacrime le rigarono nuovamente il volto. Corse verso il letto e vi si gettò sopra. Ma c'era qualcosa che non quadrava...

Tastò con la mano sinistra il letto. C'era un rilievo troppo grande e spesso per essere della coperta.

- Che cavolo ha fatto mamma? - chiese per poi tirare via le coperte e vedere che cosa c'era là sotto. Alla ragazza quasi non venne un infarto. Le lacrime che prima si erano fermate ripresero a scenderle lungo le guance. - Ikuto…

Mormorò incredula. No, non è possibile… si ripeteva dentro la testa. Non è possibile, è assurdo… continuava a dire.

Si diede un forte pizzicotto al braccio, fino a farsi male. Il dolore lo sentiva. Eppure ancora non ci credeva. Quello era un sogno, non era la realtà. Il ragazzo si mise seduto sul letto, guardò un attimo la sorella che lo fissava incredula. La prese per le spalle e la abbracciò forte a se.

- Ciao Amu… - mormorò al suo orecchio. La rosa era ancora un po' scossa, ma decise di assecondare le sue fantasie. Se doveva sognare, allora avrebbe assecondato quel magnifico sogno. Strinse anche lei il fratello. Lo sentiva il suo corpo contro il suo, eppure ancora non ci credeva. Voleva conferme e voleva sapere perché era tornato.

Si staccò lentamente da lui, anche se non avrebbe voluto farlo.

- Ikuto, sei qui oppure è la mia mente malata che proietta ologrammi? - gli chiese.

Lui sorrise e per risposta avvicinò le labbra a quelle della sorella, baciandola. Quella fu la conferma che quello che stava accadendo non era solo immaginazione. Era reale, cavolo se era reale, il sapore delle sue labbra non era mai stato così vivo in lei.

Quando si staccarono si fissarono negli occhi. Il ragazzo asciugò le lacrime dagli occhi della sorella, per poi carezzarle delicatamente le guance.

- Che ci fai qui? - gli chiese.

- Shh… - rispose lui posandole un dito sulle labbra. - Non ti vuoi godere questo momento?

Le chiese con il suo solito sorrisetto. Okay, la ragione l'avrebbe spinta a dire di no e a chiedere nuovamente le spiegazioni. Ma si sa… quando il cuore decide è difficile non starlo a sentire. Infatti Amu seguì le parole di suo fratello abbracciandolo.

- Non andartene mai più… - singhiozzò la ragazza mentre lui le cingeva le spalle con le sue braccia. Quando si fu calmata si staccò da lui e lo guardò dritto negli occhi. - Mamma e babbo lo sanno?

- Si.

- Come l'hanno presa?

- In un certo senso bene. Babbo benissimo, anche perché si può dire che sia stato lui a chiedermi di tornare. mamma l'ha presa malissimo, non la smetteva di guardarmi male… - spiegò. Eh si, loro made era cambiata proprio negli ultimi tempi.

- Quindi è per questo che mamma aveva quell'espressione sul volto oggi! - esclamò la ragazza collegando le due cose.

- Probabile… - non era cambiato affatto. Il suo modo di parlare era sempre lo stesso. E anche il suo modo di fare.

- Vogliamo scendere? Così diremo a tutti come stanno le cose, babbo mi ha già detto che per lui non ci sono problemi e che… - venne interrotta dalle labbra di suo fratello che si posarono con delicatezza sulle sue. Perché era tornato, perché continuava a non farle finire di parlare? Perché non voleva dirle niente?

- Amu… - disse dopo che si era staccato. - Lasciami passare questa giornata solo in tua compagnia…

- Perché? - chiese la ragazza.

- Perché te lo sto chiedendo io. - le rispose.

- Vuoi dire che vorresti restare qui seduto per il resto della giornata? - chiese la ragazza.

- Beh… se vuoi fare qualcos'altro… - le disse malizioso.

La ragazza le diede un pugno sul braccio amichevolmente. Poi sorrise:

- Mi mancava il tuo modo di fare da gattaccio pervertito…

Il ragazzo ricambiò il sorriso. Poi si alzò andando verso la valigia che aveva posato vicino all'armadio. Aprì la tasca davanti tirando fuori un quaderno bianco e uno blu.

- Che cos'è? - chiese la ragazza notando che cosa teneva in mano Ikuto.

- Il tuo quaderno di disegni, lo ricordi? - le chiese porgendole quello bianco.

- Si, lo cercavo giusto l'altro giorno. - rispose la ragazza prendendolo e iniziando a sfogliarlo.

- Mi fai vedere come hai migliorato in questo periodo? - le domandò poi il fratello.

- Che cosa? - chiese come risposta la ragazza.

- Fammi un ritratto.

Amu guardò Ikuto stupita, come se le avesse chiesto la luna.

- Dici sul serio e stai scherzando? - domandò con gli occhi sgranati.

- Dico sul serio, avanti, ti ricambierò il favore dopo… - le disse mettendosi seduto. - Andiamo Amu!

La rosa prese la matita, la gomma e iniziò a fare un altro disegno sul quaderno. Le ci volle molto, era da tanto che non disegnava e non si era più esercitata sui volti.

Tra una cancellatura e l'altra riuscì a finire il disegno. Quando lo mostrò al fratello lui lo prese in mano e lo scrutò per bene.

- Amu è bellissimo, sei migliorata molto! - le disse.

- Figurati, non mi sono più esercitata…

- Hai ragione, è impossibile disegnare male il mio volto. - disse lui vantandosi in modo scherzoso.

- Evviva la modestia! - esclamò la ragazza scoppiando a ridere insieme a suo fratello.

- Bene, tocca a te! - esclamò suo fratello rubandole di mano la matita e prendendo quello blu, messo momentaneamente da parte sul cuscino del letto.

Amu restò ferma fino a che suo fratello non le mostrò il quaderno. Come al solito era venuto benissimo. Suo fratello era davvero bravo a disegnare. Aveva così tante doti quel ragazzo, che avrebbe potuto fare almeno cinque lavori.

- Ikuto, è davvero stupendo… - gli disse prendendo il quaderno fra le mani e scrutando centimetro per centimetro il disegno con gli occhi sgranati.

- Grazie! - rispose lui soddisfatto.

- Ehm… - fece d'un tratto la ragazza. - Mi dici una cosa?

Chiese con una strana espressione di tristezza.

- Si…

- Che cazzo ti è saltato in mente eh? - urlò sbattendogli forte un cuscino sulla testa.

- Come? - chiese il ragazza confuso.

- Mi hai fatto passare l'inferno brutto idiota e questo per cosa? Per tornare dopo tre mesi? - domandò la ragazza. Era arrabbiata, ma si notava anche una nota di tristezza nella sua voce.

- Veramente sono quattro e…

Un altra cucinata lo colpì in pieno volto.

- Non mi importa quanti sono, dico solo che non è molto e che potevi anche evitare di farmi stare così male! - ecco, finalmente lo aveva detto.

- Anche io sono stato male… - le confessò Ikuto. - Non mi sono fatto sentire perché altrimenti sarei voluto tornare subito e io non volevo tornare.

Le disse. Amu spalancò un attimo gli occhi anche se non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto. Se lo sentiva, ogni minuto, ogni secondo pensava questo. Che lui non sarebbe più tornato, che non l'avrebbe più sentito. A quanto pare non avrebbe dovuto più dare ascolto ai suoi pensieri. Ora lui era qui, era tornato. Eppure qualcosa non andava. Amu aveva una strana sensazione, come se… ah basta! si disse la ragazza basta pensare negativo Amu! Ikuto è qui e ora ti devi preoccupare solo di questo.

Questo era da quando aveva trovato suo fratello in camera sua e avevano iniziato a parlare che se lo ripeteva dentro la testa. Scosse il capo, cercando di scacciare quel pensiero che era come uno yo-yo, saliva e scendeva, veniva e tornava.

- Qualcosa non va? - le chiese suo fratello.

- No no. - rispose di fretta la rosa.

- Amu, guarda che ho capito…

- Come? - chiese sorpresa, okay che Ikuto l'aveva sempre capita, ma da cui a leggerla nel pensiero ce ne vuole. - Cosa hai c-capito?

Il ragazzo si alzò in piedi, posò matita e quaderno sul letto e poi si diresse verso il balcone. Fece scorrere la porta e in un attimo fu fuori.

- Vieni. - disse rivolto verso Amu, facendole gesto di uscire.

Amu obbedì uscendo sulla terrazza con lui.

- Che cosa c'è Ikuto? - gli chiese, pensando ancora che avesse capito tutto.

Lui per risposta balzò sopra il balcone.

- Ma che fai sei forse impazzito?! - domandò la ragazza agitata.

- Usciamo dai! - le disse.

- Come? - la sua espressione era inimitabile quando si stupiva, i suoi occhi diventavano due tondi perfetti e grandi.

- Ho visto come guardavi il terrazzo prima e ho dedotto che volessi uscire. - rispose lui.

Non ci poteva credere, il suo sguardo perso nel vuoto rivolto alla finestra lui lo aveva interpretato come il desiderio di uscire.

- Ah… - disse solo, la risposta che ti salva sempre da ogni situazione.

Lui sorrise poi con un gesto veloce prese in braccio la sorella e si buttò dal terrazzo, che non era poi così distante dal terreno. - Non cambierai mai Ikuto…

- E chi vuole cambiare? - chiese lui ironico, come sempre del resto. Esatto, era l'Ikuto di sempre eppure la sensazione di disagio rimaneva.

Scacciò di nuovo il pensiero che aveva fatto.

- Dove andiamo? - domandò la ragazza guardandosi intorno un attimo per poi posare nuovamente lo sguardo sul fratello.

- Seguimi… - le disse prendendola per mano e iniziando a camminare.

Arrivarono fino al luna park, dove si fermarono un attimo a guardare. Fuori di esso c'era un cartello con su scritto: Lavori in corso.

- Lo hanno smantellato. - disse Amu, era una constatazione, vedendo Ikuto che lo guardava con gli occhi sgranati.

- Ho visto, non credevo che lo avrebbero fatto così in fretta. - disse triste. - Andiamo al parco…

Fece dopo qualche minuto. Sua sorella lo seguì fino a quel parco dove mesi prima avevano deciso di accettare i loro sentimenti e dove lei aveva scaricato Tadase.

Ikuto si mise vicino a d un albero e con grande sorpresa di Amu prese il violino da dietro di esso.

- Ma sei matto? E se te lo avessero rubato? - domandò.

- Qui non ci viene quasi nessuno e poi era coperto con tutte foglie ed erba.

- Per me sei pazzo, perché hai lasciato il violino qui?

- Colpo di scena! - esclamò lui sorridente. - Se mi fossi portato dietro il violino era scontato che suonassi…

la rosa scoppiò a ridere, solo suo fratello poteva usare certi metodi. Lui e nessun altro.

- Allora inizia a suonare! - fece la sorella, era tantissimo che non sentiva la melodia del suo violino. Era quasi un privilegio poterla sentire di nuovo.

Il ragazzo tirò fuori lo strumento e iniziò a suonarlo. Sua sorella chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare da quella melodia. La musica le faceva sempre uno strano effetto.La musica che le piaceva la traspirava in un luogo a lei sconosciuto, dove dar vita alle sue fantasie e dove poteva benissimo farsi cullare dalla melodia di suo fratello.

La musica che stava suonando era malinconica, triste ma allo stesso tempo bella e piena di emozioni.

D'altronde in pochi suonavano bene come suo fratello. E pochi riuscivano a trasmetterti le stesse sensazioni che la sua musica ti trasmetteva. Amu era convinta che la stessa melodia suonata da qualcun altro non avrebbe reso per come la suonava suo fratello. Non perché fosse più bravo con il violino, semplicemente perché ci metteva più animo. Riusciva a diventare insieme al violino una cosa sola.

Quando il brano finì la rosa riaprì gli occhi.

- Senza che ti dico più niente, ormai o sai come la penso sul tuo modo di suonare. - gli disse la ragazza sorridendogli.

Lui ricambiò il sorriso annuendo. Rimise a posto il violino, poi si avvicinò a sua sorella e avvicinando il viso al suo le diede un bacio lungo e passionale, tanto che nemmeno Amu se lo aspettava.

Staccatosi la guardò dritto negli occhi, le sorrise. Poi si alzò in piedi e mise il violino in spalla.

-Beh… è giunto il momento che me ne vada. - fece il ragazzo.

Fu come se una saetta colpì in pieno il cuore della ragazza.

- Come? - chiese sperando di aver sentito male.

- Hai capito bene Amu, me ne vado… - le rispose.

Ecco, ora il mondo poteva anche crollarle addosso, le avrebbe solo fatto un favore.

- Perché? - riuscì soltanto a chiedere cercando di trattenere quelle gocce salate che non facevano altro che scendere lungo le sue guance.

- Perché è giusto così Amu.

- Ma iKuto io…

- Anch'io. - le rispose lui mettendole un dito sulle labbra. - Ma non possiamo e lo sai.

- Lo abbiamo già fatto questo discorso! Che cavolo ti prende! Perfino nostro padre è d'accordo… - tentò di dire la ragazza.

- Ma io non lo sono. - la interruppe lasciandola a bocca aperta. Sospirò. - Amu non fraintendermi io ti voglio bene ma… hai visto ad esempio come ci guarda mamma?

- Cosa vuoi che me ne importi! Ikuto affronta il problema per una volta! Scappare è da vigliacchi! - gli gridò la ragazza stringendo forte i pugni.

- E allora preferisco essere un vigliacco che vivere questa situazione. - le rispose. - Ci metterebbero sempre i bastoni fra le ruote, lo sai. E io con te voglio vivere un rapporto vero.

- Tutte le relazioni hanno le difficoltà, basta solo saperle affrontare! - gli disse allora Amu.

- Amu, lo capisci che non mi sento pronto? - le disse.

- E allora perché sei tornato? Ti diverti tanto a farmi del male? - gli chiese.

- Ma che cavolo dici? Non penserai queste cose…?

- Non so più che cosa pensare di te veramente. Se vuoi andartene vai allora! Vai al diavolo Ikuto… - disse la ragazza e stava per correre via quando un braccio la trattenne.

- Sono tornato perché volevo vederti. - le disse.

- Vedermi per un giorno? - gli domandò a sua volta.

- No - rispose.

- E allora?

- Vederti un'ultima volta, avere un ultimo bel ricordo… - le disse.

- Tu non ci stai proprio! - esclamò Amu strattonando il braccio dalla presa di suo fratello. - Pensi solo a te stesso! Non ti rendi conto che in questo modo è peggio? Sei tornato e mi ha fatta felice, poi improvvisamente mi dici che te ne vai via subito perché volevi un ultimo ricordo? Ikuto sei… sei… sei solo un egoista!

- Perché non capisci? Io… - tentò di dire ma uno schiaffo lo colpì in pieno volto girandogli la testa di lato.

Quando voltò lo sguardo verso sua sorella vide solo il suo viso arrabbiato, con le lacrime che le rigavano il volto. La mano era sospesa a mezz'aria tremante.

- Tu? - gli chiese lei con la voce rotta. - Tu cosa? Risparmiamelo Ikuto...

Gli disse per poi girarsi.

- Amu, no, non hai capito, lasciami spiegare...

- Lasciami in pace Ikuto! - urlò per poi correre a casa. Che se ne vada… si disse. Che mi lasci pure da sola… Correva, correva veloce, non guardava nemmeno dove andava, fino a che non andò a sbattere contro qualcosa di duro…


- Ahio! Che botta! - esclamò la ragazza massaggiandosi la testa. Alzò il volto e si guardò intorno spaesata.

Si alzò in piedi, la testa le girava da impazzire. Provò a far passare quel fastidio massaggiandosi le tempie, ma era come avere una bigia dentro la testa che seguiva un suo percorso. Di nuovo guardò in giro tentando di connettere che cosa stava accadendo e dove fosse. - Questa è la mia stanza…

Constatò la ragazza. Lo sguardo le andò sulla sua figura riflessa sullo specchio. Era in pigiama. Ricordava solo che suo fratello era tornato e che avevano litigato perché lui aveva deciso di ripartire. Poi lei era corsa a casa e aveva inciampato sbattendo il viso. Ma come ci era arrivata nella sua camera? E perché era per terra? Era caduta dal letto? Magari ce l'avevano portata i suoi, suo padre probabilmente visto che avevano instaurato un bellissimo rapporto quel periodo.

- Ikuto… - si ritrovò a mormorare. Se n'era andato, per sempre e lei non lo aveva neanche salutato come si deve. - Adesso crederà che io lo odi…

Si disse mettendosi a piangere. In quel momento bussarono alla porta.

- Avanti… - disse Amu cercando di tenere a freno le lacrime.

Sua madre aprì la porta. Era da un pezzo che non veniva nella sua camera.

- Tesoro, finalmente sei sveglia! - le chiese. Tesoro? si domandò Amu nella mente. Sembrava una vita che non la chiamava più così.

- Che cosa vuoi? - le chiese. Sua madre la guardò perplessa e rattristata. Le si avvicinò abbracciandola.

- Perché usi questo tono nei miei confronti, mi hai fatta preoccupare sai? - le chiese per poi guardarla in volto. - Amu, ma hai pianto piccola mia?

- Mamma, sicura di sentirti bene? - le domandò la rosa.

- Questo dovrei chiederlo a te, fortuna che sei sveglia ora! Aspetta che prendo un termometro. - annunciò la madre per poi correre di sotto. Lasciando Amu nella confusione più totale.

- Termometro? - chiese la ragazza sempre più confusa. La madre aveva lasciato la porta aperta. Proprio in quel momento si affacciò alla porta della sua camera un viso. Proprio il suo viso.

- Ikuto? - chiese incredula Amu ricominciando a piangere.

- Ehm, si… ciao Amu, ben alzata! - le disse. La ragazza cominciò nuovamente a singhiozzare. - Hey, se ti faccio quest'effetto me ne vado subito!

Disse ridacchiando. Questa volta Amu non riuscì a trattenersi, corse verso il fratello e gli saltò letteralmente addosso facendolo cadere.

- Amu, che cavolo ti prende? - le chiese sorpreso. la ragazza le stava incollata come una calamita addosso.

- Scusami… - mormorò lei. - Scusami, io non volevo dire quel cose, io… mi dispiace per favore dimmi che non te ne andrai più!

Disse fra i singhiozzi. Ikuto piano la staccò da se e la guardò dritto negli occhi. Poi le mise una mano sulla fronte.

- Non ti sarà mica tornata la febbre, vero? - le chiese.

- Che cosa? Adesso ti va anche di scherzare? - gli domandò iniziando ad innervosirsi. - Oggi siete tutti strani! Mamma che mi tratta di nuovo bene…

- Di nuovo? - chiese il fratello.

- Tu che decidi di rimanere…

- Rimanere?

- E babbo che ancora non si è fatto vivo…

- Babbo?

- Esatto e chissà che fine ha fatto Utau, perché ancora non mi ha chiamata?

- Utau?

- Si Ikuto! So quello che dico non ho bisogno del replay. - gli disse alquanto scocciata togliendosi da sopra di lui permettendogli di alzarsi.

- Amu, credo che tu debba spiegarmi un po' di cosette… - le disse.

- Io? - urlò la ragazza. - Io dovrei spiegare un po' di cosette a te? Sei tu quello che non mi ha mai dato una spiegazione concreta del perché te ne sei andato in America e poi sei tornato e prima te ne volevi di nuovo andare però a quanto pare sei restato… Mmmmm che confusione!

Okay, ora si poteva proprio dire che era diventata isterica.

- Ma che cavolo hai fatto durante questi quattro giorni? - le chiese Ikuto confuso ed ironico.

- Quattro? Giorni? - chiese Amu stavolta davvero sorpresa. - Se è un modo di dire ti assicuro che non lo avevo mai sentito?

- Modo di dire? - chiese il ragazzo inarcando un sopracciglio.

- Diamine sono trascorsi i quattro mesi più brutti e allo stesso tempo eccitanti di tutta la mia vita! - esclamò la ragazza completamente rossa in volto, in un misto di rabbia ed imbarazzo.

- Quattro mesi? - il ragazzo scoppiò letteralmente a ridere. - Brutti ed eccitanti?

Le chiese sempre ridendo. Ma che cavolo avevan era partito oppure si era drogato la sera prima?

- Ma che cavolo hai da ridere? Io… - prima che potesse finire la frase il fratello le prese il volto fra le mani poggiando la fronte su quella della sorella.

- Amu, ascoltami bene… - iniziò col dirle. La ragazza sbuffò scocciata ma annuì. - Sono trascorsi solo quattro giorni. Ti sei ammalata e hai avuto la febbre alta. Non ti svegliavi se non per dire frasi sconnesse e delirare…

Le spiegò il ragazzo. Lui lo guardò senza capire.

- Come? - chiese. - Ma è impossibile!

- Invece è così…

- Mi stai prendendo in giro, se avessi sognato allora perché mai quando ti sognavo ho sentito la musica del tuo violino?

- Perché a volte suonavo in camera tua…

- E perché lo facevi?

- Perché me lo chiedevi tu quando parlavi nel sonno! - le disse sorridente. - Ma adesso, parlando seriamente…

Le disse serio, alche la ragazza si preoccupò un poco.

- Mi racconti che cosa hai sognato?

- Beh, dopo che sono guarita siamo andati a comprare il latte insieme e… - iniziò il suo racconto, da dove secondo il ragazzo, aveva iniziato a sognare. - E poi sono corsa via e sono caduta per terra.

La risata cristallina di Ikuto riempì la stanza. Il ragazzo non riusciva a trattenere le risate.

- Certo che… hai una bella immaginazione! - le disse poi quando riuscì a parlare di nuovo. - Questo tuo sogno esprime tutto di te…

- Che vuoi dire?

- Si insomma, i ricordi dell'infanzia, le tue più grandi paure, come quella che i nostri genitori vengano a scoprire certe cose di noi. Poi anche i tuoi desideri, come quello di incontrare la tua cantante preferita, il tuo idolo. Cosa che non succederà mai…

- Grazie… -.-'

- Figurati. - rispose sorridendo Ikuto.

- Un sogno… - mormorò la ragazza. Eh già, solo uno stupido sogno. Un sogno 'aveva fatta felice, l'aveva fatta soffrire e l'aveva fatta ridere.

- Esatto!

- Mi sembra impossibile, sembra tutto così reale…

- Beh… Lo sai che siamo in maggio vero? - le chiese.

- Come? Non in agosto? - domandò la ragazza.

Lui sempre ridendo le porse il calendario. 25 maggio le indicò con l'indice.

- Era tutto un sogno Amu… - le disse abbracciandola. - Purtroppo anche la parte di Utau.

- Purtroppo si, ma se questo mi fa capire che tu sei ancora a casa con me mi sta bene uguale! - gli disse per poi schioccargli un bacio sulla guancia e affondare il viso nel suo petto. Era tutto un sogno… si ripeté felice nella mente.

Buffo come una piccola verità talvolta può far scatenare in te il più bello delle emozioni.


Fine!!! ^ ^

Evviva! Festeggiamo tutti la fine della fanfiction più messa male di tutto il creato XD Okay, a parte gli scherzi, a me la fine è piaciuta molto e spero che sia lo stesso per voi. Scusate se ci ho messo tanto a scriverla, ma volevo che venisse fuori per lo meno decente ^ ^.

Ringrazio tutti quelli che hanno avuto il coraggio di seguirmi fino alla fine, io non ce l'avrei fatta u.u … XD

Che dire, fatemi sapere che ne pensate di questa fine che spero nessuno di voi si aspettava.

Kiss kiss for everyone! XD

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