Blood Story

di Meme06
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** A typical day... ***
Capitolo 3: *** A stranger meeting ***
Capitolo 4: *** The smell of blood ***
Capitolo 5: *** The going gets tough ***
Capitolo 6: *** Taste ***
Capitolo 7: *** Murder ***
Capitolo 8: *** Answers ***
Capitolo 9: *** Truth ***
Capitolo 10: *** The vampire slayer ***
Capitolo 11: *** When you became a... ***
Capitolo 12: *** Same time, difference places ***
Capitolo 13: *** Finally free ***
Capitolo 14: *** I wanna revenge... ***
Capitolo 15: *** Research ***
Capitolo 16: *** The end of everything ***
Capitolo 17: *** Return ***
Capitolo 18: *** Blood, how good drink! ***
Capitolo 19: *** Kill the hope of being killed ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sangue. Buono. Caldo…

Solo questo posso sentire,

il richiamo della mia natura,

il richiamo del mio essere…


Rosso. Liquido. Dolce…

Sulle mie labbra lo posso assaporare,

gocce scarlatte scendono per il mio mento,

poche gocce, giusto per gradire…


Lo lascio, il corpo di una ragazza che ormai

è solo un cadavere.

Cade a terra come pezza, immobile ella resta…


Mi lecco le labbra gustando fino in fondo quel

dolce sapore metallico che mi carezza il palato

e che mi permette di vivere.


Sangue, solo lui può far vibrare il mio essere e lo

può rendere unico e immortale.

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Capitolo 2
*** A typical day... ***


I raggi del sole filtravano timidi dalla spessa tenda della camera del signor Hotori. L'uomo si alzò di controvoglia dal grande letto a baldacchino che ogni notte lo ospitava, mettendosi a sedere composto, come un vero signore, con la schiena dritta e la testa alta.

Scostò un poco le pesanti coperte color vinaccio per poter stare più comodo. Allungo il braccio fino a sopra il comodino per arrivare a prendere la campanella dorata che vi era posata sopra. La suonò appena, aveva un suono forte e acuto, sarebbe bastato a chiamare la servitù.

Difatti appena posò il campanello si sentì bussare alla porta.

- Avanti. - disse l'uomo con la voce squillante.

La porta si aprì permettendo di entrare ad una ragazza di circa sedici anni con in mano un vassoio per la colazione. Buffi capelli rosa lunghi fino a metà schiena le incorniciavano il volto. Occhi color del miele e dolci quanto esso scrutavano bene la stanza per poi posarsi sugli occhi rossi del suo padrone. Abbassò subito lo sguardo incurvando un poco la figura esile in segno di saluto.

- Buongiorno Signore. - salutò educatamente la ragazza.

- Buongiorno Amu. - rispose sorridente l'uomo dai capelli biondi trattenuti da un nastrino bordò in una coda bassa e poco folta.

- Dormito bene, signor Hotori? - chiese la ragazza posando il vassoio sulle ginocchia dell'uomo che la ringraziò con un sorriso.

- Si, ti ringrazio. - rispose. Erano quasi sei anni ormai che quella ragazza era una domestica della famiglia Hotori. Tutti si erano affezionati ai suoi sorrisi e ai suoi modi di fare talvolta infantili talvolta maturi. Lei era l'unica ragazza che il signor Hotori trattava con più riguardo e a cui rispondeva più dolcemente rispetto alle altre.

- Si figuri… - rispose donandogli uno dei suoi radiosi sorrisi. - Vado a portare la colazione a suo figlio…

Disse la ragazza per poi fare un breve inchino e congedarsi. Appena fuori dalla porta corse in cucina dove prese l'altro vassoio con sopra una quantità inaudita di paste, tè, latte, una tazza in porcellana e una zuccheriera. Con estrema delicatezza si incamminò verso una porta color nocciola. Bussò tenendo il vassoio in una sola mano, anche se era molto pesante ormai ci aveva fatto l'abitudine.

- Vieni pure! - la voce delicata che tendeva al femminile del ragazzo diede ad Amu il permesso di entrare. Era sempre molto amichevole nei suoi confronti. Lei, come faceva con tutti del resto, gli sorrideva gentile, anche se dentro di se pensava tutt'altro.

- Buongiorno! - esclamò Amu.

- Grazie, buongiorno anche a te Amu! - rispose felicissimo il biondino di vederla.

Posò anche a lui il vassoio sulle ginocchia. Inaspettatamente prima che se ne andasse il biondo le prese la mano.

- Grazie. - le disse sorridendo allegro e arrossendo leggermente.

Amu ricambiò il sorriso per poi sfilare la mano dalla presa del ragazzo, non particolarmente ferrea e uscire dalla stanza.

Quel biondino tutte le mattine ripeteva la stessa scena. La stava davvero stancando. Ma che cosa voleva da lei? Se si aspettava il bacio del buongiorno poteva anche toglierselo dalla testa.

Scacciò dalla testa quei pensieri che non facevano altro che disgustarla per poi andare a prendere dal padrone i panni che quel giorno avrebbe dovuto lavare.

Come sempre riuscì nei suoi doveri in sole sei ore dall'inizio dei compiti della mattina.

Si svegliava sempre la mattina presto, le sei, in modo da poter adempiere a tutti i suoi lavori. Lavare, preparare la colazione, pulire le stanze e anche lavorare insieme a Mary in giardino.

- Dici davvero? - fece entusiasta l'amica, con voce squillante, al che Amu fu costretta a tapparle la bocca.

- Shh… - disse all'amica. - Si si, dico davvero, perché dovrei mentire su quello lì…

- Amu, ma ti rendi conto quanto sei fortunata?! - esclamò di nuovo l'amica con gli occhi che le brillavano di quanto era felice.

- No, perché io tutta questa fortuna non la vedo… - rispose la rosa continuando a strappare le erbacce dal terreno.

- Ma come non la vedi? Non fare la finta tonta, quel ragazzo è così affascinante e poi è più grande di te di quattro anni, è perfetto! - Mary era la solita sognatrice. Era cotta persa di Tadase Hotori e ogni volta che le raccontava quelle che per lei erano spiacevoli disavventure con il nostro bel principino la ragazza impazziva e non la finiva più di ripeterle quanto era fortunata.

Mmm… forse dovrei smetterla di raccontarle certe cose… si ripeteva ogni volta. Ma era più forte di lei, doveva per forza raccontare qualcosa a qualcuno, non sopportava tenersi tutto dentro. E Mary le aveva dimostrato fiducia molte volte. Non aveva mai detto niente a nessuno di quello che le aveva raccontato e questo di certo era un aspetto importante dell'amicizia fra due persone. D'altro canto infatti la rosa non aveva mai detto niente al signorino Tadase della cotta che aveva l'amica per lui. Come cavolo faceva Mary non lo sapeva. Ogni volta che lo vedeva i suoi occhi nocciola si illuminavano, le gote si colorivano di un leggero color scarlatto e non faceva altro che riavviarsi i ricci biondi dietro le orecchie.

Si vedeva che era nervosa e che cercava di nasconderlo. Amu a quella scena che si ripeteva con la frequenza minima di dieci volte al giorno, rideva sotto i baffi.

- Perfetto. - disse Amu con scherno. - Più grande lo è solo di età. Il fisico e il cervello sono di un bambino di dieci anni.

Le disse sorridendo divertita nel vedere l'espressione dell'amica farsi sempre più scocciata.

- Spero che tu stia scherzando Amu! - le disse.

- Speralo pure Mary… - le rispose la ragazza. - Qui abbiamo finito con le erbacce, forza andiamo dall'altra parte...

Disse la rosa prendendo il secchio in legno dove aveva depositato i ciuffi d'erba e dirigendosi dall'altro lato della casa, con dietro una Mary che ancora la guardava sbalordita.

Iniziarono di nuovo il lavoro. Mary restò un attimo lì impalata a fissare la ragazza.

- Ehm… grazie dell'aiuto Mary! - le disse sarcastica Amu.

- Scusa ripensavo a quello che hai detto… - le rispose per poi mettersi anche lei a strappare le erbacee. Amu scosse il capo come per dire 'Non ci sono speranze'. Era impossibile ragionare con lei. Mary aveva tutti i pregi. Era dolce, servizievole, gentile, educata, generosa… Era quel tipo però che manteneva sempre e solo i suoi ideali. I tuoi li ascoltava ma non li capiva e non voleva capirli. Per questo alla fine Amu ci aveva rinunciato a dirle per più di mille volte: Tadase non mi piace. Per quel quel biondo dagli occhi rossi, unica sua parte carina, era il massimo dei massimi come ragazzo. Sarebbe svenuta ai suoi piedi pronta a fargli da tappeto, Amu ne era convinta. E la sfortuna ha voluto che a Tadase Mary non piacesse neanche un po'. Ora qualcuno mi spieghi se non è vero quello che dico, cioè che la vita è la cosa più brutta che ci sia mai capitata. È ingiusta e scorretta nei confronti di tutti. A lei che non piaceva Tadase se lo trovava sempre alle calcagna, neanche rappresentasse la sua ombra. Mary che era stracotta di quel ragazzo non riusciva a fare altro che arrossire in sua presenza. E infine lui si ritrovava con la ragazza che gli piaceva nella stessa casa e non era contraccambiato.

- Senti una cosa Amu… - disse d'un tratto l'amica facendo voltare la rosa nella sua direzione. - Qual'è allora secondo te il ragazzo perfetto visto che non ti piace l'Adone in persona.

Amu alzò un sopracciglio mostrando tutta la sua derisione per la frase appena detta dall'amica. Ma rispose ugualmente.

- Beh, il ragazzo ideale per me non è nessuno di questi che conosciamo. - le spiegò un po' evasiva la rosa.

- Spiegati meglio. - tipica frase di Mary, la qualche chiedeva spiegazioni ma non ci capiva niente uguale.

- Nel senso a me servirebbe un ragazzo più, come dire… misterioso. - tentò di spiegarle. Mission impossible. La bionda le rivolse lo sguardo più ricco di incomprensione del secolo. - Lasciamo stare…

Fece allora la ragazza. Mary non ribatté niente. Finirono il lavoro in un silenzio tombale. Dopo di che andarono a gettare le erbacce e Amu annunciò alla ragazza di dover andare a preparare il pranzo.

Mary annuì e si dileguò per finire i suoi compiti.

Amu andò in cucina. Prese qualche verdura e un po' di formaggio fresco. Preparò una buonissima zuppa che servì in tavola a mezzogiorno e mezzo preciso.

- Ecco a voi il pranzo! - annunciò allegra la ragazza portando in tavola un pentolone con dentro la minestra.

Riempì i piatti e si congedò per andare in cucina a lavare posate e piatti sporchi.

- Le tue zuppe piacciono sempre Amu! - esclamò Eiji, un ragazzo che lavorava come cameriere in casa Hotori.

- Scommetto che l'hai assaggiata, vero Eiji? - domandò Amu guardandolo con gli occhi chiusi in due fessure.

- Lo ammetto. - rispose il moro sorridendogli sia con le labbra che con i suoi occhi verdi. Era un ragazzo molto allegro, questo era sicuro. Amu rideva sempre in sua compagnia. Gli unici momenti della giornata in ci si incontravano erano in cucina. Traduzione, molto poco. Amu era quella che aveva più compiti di tutti e di certo in cucina non ci passava molto tempo, intenta com'era a correre di qua e di là per le altre stanze della villa.

Anche di pomeriggio infatti aveva il suo bel dal fare. E non solo con il salotto grande della villa, che doveva essere sempre pulito e spolverato, ma anche con uno dei suoi proprietari.

- Amu? - eccolo qua. Il biondino odioso per lei che però sembrava tutti amassero in casa.

- Ditemi signorino Tadase! - rispose la ragazza con un falso sorriso.

Il ragazzo le si avvicinò e le prese la mano.

- Ascoltami bene, è importante… - le disse. Amu fece una faccia confusa. - Questa sera è meglio se non esci da sola.

Che cosa? Adesso voleva perseguitarla anche nelle sue pulizie? Ma che ossessione stancante!

- E perché mai? Se posso chiederlo ovvio… - fece la ragazza.

Tadase sorride bonario:

- Certo che puoi chiederlo… si dia il caso che nei giorni recenti siano stati ritrovati corpi senza vita nei pressi del nostro piccolo paesino.

- Cosa? - chiese Amu stupita.

- Purtroppo è così. La maggioranza sono ragazze, per questo vorrei che stessi molto attenta e per non rischiare ti accompagnerò io. - le rispose tutto contento.

- Vi ringrazio, ma non credo ce ne sia bisogno, insomma non vorrei che vi disturbiate…

- Nessun disturbo Amu!

- Si ma…

Per grazia del cielo in quel momento il ragazzo venne richiamato dal padre.

- Dovete andare. - gli disse sorridente la ragazza lasciando la mano del ragazzo e mettendo giunte le proprie.

- Si, spero che mio padre mi lasci in tempo per venirti ad accompagnare… - le rispose prima di dileguarsi.

Amu tirò un sospiro di sollievo non appena sentì la porta chiudersi. Pericoloso stare fuori… infatti un assassino prenderebbe proprio lei come bersaglio! Che cavolate… si disse Amu.

Finì di fare i suoi doveri e arrivata la sera uscì di fuori all'aria aperta.

Il giardino della famiglia Hotori finiva nella parte davanti con un folto bosco dove si andavano a raccogliere spesso le more per la marmellata. Amu non era mai andata in quel posto, le avevano categoricamente proibito di entrarvi.

- Chissà per cosa poi… - si disse Amu mentre si sedeva davanti a quell'ammasso di alberi e iniziava a riflettere come faceva sempre. Tutte le sere dopo il lavoro, che elle finiva di solito alle dieci della sera, si appostava là fuori e pensava. Rifletteva su tutto. Talvolta le capitava persino di immaginare come sarebbero potuti essere i suoi genitori, quelli che non aveva mai conosciuto, o almeno questo era quello che diceva sempre a tutti. Preferiva sempre raccontare la fine della storia. Aveva abitato sempre in strada, insieme ad una donna che veniva ricercata per un omicidio commesso tramite avvelenamento. Quella persona, una donna dai folti capelli biondi, di nome Emiko, era riuscita a rifugiarsi in quel paesino per cinque anni. Durante quel tempo si era affezionata ad Amu e l'aveva presa sotto la sua tutela, trovando lavoro nella villa Hotori. Amu era troppo piccola per lavorare a quel tempo. Poi, quando sua 'madre' venne portata in carcere il signor Hotori decise di prenderla con se al posto di Emiko, così all'età di dieci anni Amu iniziò a lavorare. Fin da subito notava che il biondino le lanciava sguardi particolari, ma non ci aveva fatto toppo caso fino all'età di dodici anni, quando lo sorprendeva dappertutto ed iniziava a capire che non era solo per caso.

L'aria fresca attraversò i capelli della ragazza facendole chiudere gli occhi e rilassandola. Per quell'attimo riuscì persino a svuotare la mente. Le succedeva sempre con il vento e più viveva queste esperienze con questo elemento più si convinceva che lei non era nata per essere in forma umana, ma per essere una leggera brezza che attraversa valli, monti e prati. Un sogno irraggiungibile, uno dei tanti che aveva che però le permettevano di passare un'ora in tranquillità sfruttando la sua mente non per fare le faccende di casa, ma per far prendere vita alla sua fantasia.

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Capitolo 3
*** A stranger meeting ***


Una ragazza dai capelli castani raccolti in un elegante chignon passeggiava tranquilla per le vie scure di Mitsuyo, il paesino in cui abitava.

Era da più di un'ora che camminava, per quanto fosse piccolo quel posto era comunque tanta la strada da fare per arrivare dall'altra parte. Le stoffe che reggeva cominciavano a pesare e la ragazza non faceva altro che camminare e maledire la madre per quel maledetto incarico. Ora capisco perché a mamma fa male la schiena… si disse Aiko mentre continuava il suo cammino. Sua madre era sarta e le aveva dato l'incarico di portare le coperte e le lenzuola fatte all'uncinetto e a maglia da lei stessa, poiché per la sua schiena erano troppo pesanti.

Aiko aveva accettato l'incarico solo perché non voleva far rimanere male la madre o, comunque sia, affaticarla.

Quindi eccola lì a faticare lei al suo posto. Era davvero buio, quasi non si vedeva la strada e anche se la mora conosceva bene il suo paesino aveva lo stesso paura di perdersi.

D'un tratto, appostato al lato di un vicolo, vide un ragazzo. Se ne stava lì e la guardava con i suoi profondi occhi ametista. La ragazza appena ricambiò lo sguardo si fermò come ipnotizzata da quelle due ametiste che la fissavano. Il ragazzo allora sorrise, un sorriso maligno. Si staccò dalla parete e si diresse verso la bruna che non riusciva a muovere un passo. Quando le fu più vicino lo vide meglio, la luna lo illuminava con i suoi raggi, come fosse l'unica cosa in quella notte da dover essere messa in mostra. Era davvero un bel ragazzo, molto alto, capelli lo stesso color della notte. La camicia candida ottocentesca con sopra un gilet nero e i pantaloni neri attillati. A completare il tutto degli stivali neri in pelle alti fino a metà polpaccio.

La guardò un istante, poi si abbassò alla sua altezza guardandola bene e dicendole, con una punta di ironia nella voce:

- Cosa ci fa una bella ragazza come te in un posto deserto come questo?

La ragazza non riusciva a rispondere. Sorrise divertito a quella tragica scena. Tragica, perché ella ancora non sapeva che cosa le sarebbe capitato.

Continuava a guardarlo incantata, come se non avesse mai visto nessun ragazzo in vita sua. In effetti era difficile incontrare uno come lui. Queste fanciulle al ragazzo non gli facevano altro che ridere. Le vedevi lì che arrossivano o che si incantavano e non parlavano affatto fino a che non mettevi fine alle loro sofferenze.

Però a lui piaceva giocare con loro. E infatti era quello che aveva intenzione di fare. Si alzò retto e le disse:

- Quei panni devono pesare tanto, vuoi che ti aiuti a portarli?

La ragazza restò ancora imbambolata a fissarlo, poi si rianimò. Scosse la testa balbettando frasi sconnesse:

- S-si… c-cio-oè… e-ecco… N-no… beh… s-si…

Il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata. Le fece una leggera carezza sulla guancia, al che la ragazza si agitò ancora di più arrossendo.

- Non essere così nervosa… - le disse lui. - Devi solo dirmi si o no.

- S-si… g-grazie. - disse allora la ragazza.

- Bene! - esclamò il ragazzo prendendo i panni e caricandoseli sulle spalle, mentre le rivolgeva un sorriso ampio, che però significava tutt'altro dall'aria innocentina che si portava dietro.

Camminarono per un bel pezzo. Non c'era bisogno di chiedere alla ragazza dove andava, dopo tutto era appena diventata muta. Sorrise cattivo al pensiero.

Quando poi arrivarono in un posto abbastanza isolato, dietro delle case e molto vicino al bosco Aiko si riscosse improvvisamente. Si guardò intorno e poi andò a fissare il ragazzo avanti a lei che se ne stava immobile dandole le spalle.

- D-dove siamo? - chiese la ragazza. Iniziava sudare freddo, aveva paura ora di quel ragazzo che prima l'aveva tanto affascinata.

Lui non le rispose.

- T-ti ho chiesto d-dove s-siamo! - balbettò la ragazza. La paura saliva, saliva e non si fermava, non riusciva a farla fermare.

- Sono tenuto a risponderti? - le disse con voce gelida sogghignando.

La ragazza si immobilizzò iniziando ad indietreggiare, per poi voltarsi e provare a correre. Ma con sua grande sorpresa si ritrovò a terra, il ragazzo l'aveva spinta facendole sbattere la fronte. Alzò un poco il capo e si toccò il viso. Sul sopracciglio c'era un graffio che perdeva sangue. Le sue dita se ne erano macchiate.

- Oh Signore! - esclamò alzandosi in piedi e voltandosi dove prima c'era quel ragazzo. - Ma… è sparito.

Disse. Meglio così… fu il suo pensiero immediato. Purtroppo per lei appena voltatasi se lo ritrovò davanti. Gli occhi ametista erano diventati due perle bianche e opache che la fissavano. La spinse contro un muro che le stava dietro. Aiko iniziò a piangere e a lamentarsi supplicando quel… qualunque cosa fosse…. di lasciarla stare perché era una brava ragazza e perché voleva solo aiutare sua madre.

- Non ho un soldo vi prego… - piagnucolò la ragazza.

- Stupidi esseri umani… - disse lui calmo, però con la voce colma di disprezzo. - tutti convinti che la cosa più preziosa siano i soldi. Beh ti stupirai se ti dico che per me è tutt'altro.

- Per favore, io… - il ragazzo le tappò la bocca con la mano.

- Shh… - fece lui sorridendo sadico. - Andiamo, dopo che ti ho aiutato a portare i panni non mi vuoi neanche ripagare?

La ragazza non faceva altro che tremare e piangere. Il ragazzo avvicinò le sue labbra al collo di lei. Ci passò un dito sopra sentendo scorrere il sangue nelle vene, poi piano piano con gesto esperto le affondò i canini nella carne morbida del collo fino a gustare il sangue della ragazza. Essa provò a ribellarsi lanciandogli uno schiaffo a mano piena, ma lui le bloccò subito la mano stringendola nella sua. Si staccò un attimo da lei per guardarla divertito:

- Cosa credevi di fare piccola?

Strinse la sua mano nella sua. La ragazza sentì le ossa sgretolarsi una dopo l'altra, fino a che non le uscì il sangue. Urlò e il ragazzo per farla stare zitta premette ancora di più la mano sulla sua bocca.

- Shh… Non farmi ripetere, fai la brava… - le disse. Leccò il sangue che le usciva dalla mano per poi morderle il collo dall'atra parte.

Lei si agitava tantissimo o almeno si agitò finché poté. Poiché piano piano, più perdeva sangue donandolo a quell'affascinante ragazzo, le forze l'abbandonavano sempre più fino a che la pelle non divenne fredda, le palpebre si chiusero e il corpo della ragazza fu lasciato crollare a terra accanto a quella casa.

Ikuto si leccò le labbra gustando fino in fondo la sua cena.

- Non male… - si disse per poi dileguarsi con passo felpato sparendo fra gli alberi del bosco.


La luce del sole giunse fino al volto della ragazza carezzandole una guancia. Amu si svegliò infastidita. Si alzò dal letto e andò verso la sedia malconcia dove erano posati i suoi vestiti. Si vestì velocemente infilando il vestito color muschio e il grembiule bianco con qualche macchia di sporco.

Come faceva ogni mattina portò la colazione ai signori di casa. Quando la portò al signor Hotori lui le diede un compito che non le era mai stato affidato.

- Amu… - le disse. - Oggi dovrai andare tu al mercato a rifornire la nostra dispensa per il pranzo.

- Dite davvero signore? - chiese la rosa sbalordita.

- Certo, sei abbastanza grande per farlo, il compito d'ora in poi spetterà anche a te ogni mercoledì. - le rispose.

Amu sorrise annuendo. Dopo aver salutato educatamente uscì dalla stanza, andò a posare il vassoio e poi corse a prepararsi. Mise il mantello color grano, prese il cestino di vimini e poi uscì dalla villa. Aveva un bel po' di cose da comprare e da ordinare.

Il mercato era poco distante da casa Hotori, cosa che di certo era buona, soprattutto quando dovevano comprare molte cose.

- Dunque per primo il pesce… - si disse mentre raggiungeva il primo bancone.

- Buongiorno signorina, desidera? - chiese l'uomo dall'altra parte del tavolo.

- Un merluzzo, grazie. - rispose sorridente Amu. Fare la parte della ragazza allegra era sempre stato il suo forte. Solo la sera si comportava com'era veramente. Ovviamente quella parte di lei non la mostrava mai se non a se stessa e alla notte.

- Ecco a lei signorina… - disse il mercante porgendogli il pesce ben incartato.

Amu ringraziò, pagò il pesce e proseguì nelle compere.

Alla fine del giro il cestino era talmente pieno che quasi le cose non le ci stavano.

- Allora… - rifletté la rosa. - ultima cosa, ordinare il vestito per il signorino Tadase.

Disse la ragazza. Certo che per essere mattina c'erano un bel po' di persone. Doveva farsi largo tra la gente per raggiungere il negozio di abbigliamento.

- Scusi… - continuava a ripetere mentre le persone che passavano la urtavano di continuo. Quando riuscì finalmente a uscire dalla folla un passante le diede una spinta troppo forte, facendola cadere addosso ad un altro ragazzo.

- Oh santo cielo, scusate! - esclamò la ragazza guardando la persona sotto di se. Era un ragazzo. Capelli blu e occhi di un viola profondo che la fissavano divertiti.

Amu restò per qualche secondo immobile sopra quel ragazzo, poi si riscosse alzandosi ed iniziando a raccogliere la spesa che le era caduta. Il ragazzo si alzò a sua volta aiutandola a recuperare gli alimenti. Nell'attimo in cui lui si alzò avvertì l'odore di sangue, un sangue molto dolce che gli faceva venire l'acquolina - Vi sono venuta addosso, scusate…

Disse la ragazza una volta messo tutto a posto.

- Non preoccuparti. - le rispose il ragazzo guardandola bene. Si era ferita a un braccio. - Ti sei ferita…

Le disse fissando il graffio e leccandosi le labbra. La ragazza non ci fece caso, rivolse subito la sua attenzione al braccio. Era un graffietto.

- Avete ragione… - disse per poi avvicinare le labbra e iniziando a leccare il liquido che ne fuoriusciva. Il ragazzo distolse lo sguardo, gli faceva venire fame. Quella ragazza era proprio strana. Avvertiva che c'era qualcosa di diverso in lei.

- Chi sei tu? - le chiese.

Certo, questa non era la classica domanda di cortesia posta da una persona. Ma Amu non ci fece caso.

- Hinamori Amu. - gli rispose guardandolo dritto negli occhi. - E voi?

- Beh… chiamami Ikuto. - le disse aggiustandosi una fascia nera che portava intorno al collo.

- Ikuto? - domandò la ragazza. Era un nome poco comune da quelle parti. - Beh, piacere di avervi conosciuto, ora scusatemi ma devo andare…

Fece sbrigativa, le aveva dato una strana impressione quell'individuo.

Il ragazzo annuì appena mentre la osservava dirigersi verso il negozio di abiti.

Si passò di nuovo una mano sul collo per poi andarsene da quella fiumana di gente e sparire nel bosco.


- Quindi è così che lo vuole il signorino Hotori? - chiese la sarta mostrandole il disegno che aveva fatto seguendo le descrizioni di Amu.

- Si, identico! - esclamò felice la ragazza. - Quando posso venire a ritirarlo?

Chiese poi. La rossa che le stava davanti ci pensò bene per poi risponderle:

- Tra quattro giorni sarà pronto.

- Ottimo arrivederci! - rispose la rosa uscendo dal negozio. - E anche questa è fatta…

Disse traendo un sospiro di sollievo. Istintivamente si guardò intorno. Non c'era traccia del misterioso ragazzo dai capelli blu. Non sapeva perché lo stesse cercando, ma aveva capito che c'era qualcosa in lui che era diverso dagli altri ragazzi. E questo aveva scatenato in lei il suo lato curioso. Voleva sapere chi era, come aveva detto di chiamarsi? Ah si, Ikuto… doveva saperlo assolutamente.

Stava tornando a casa quando vide un gruppo di gente ammucchiata nello stesso punto. Dalle facce si capiva che non era successo niente di buono. La ragazza si avvicinò alle persone e chiese loro:

- Che cos'è successo?

Tutte la guardavano tristi e in lacrime. Amu sbuffò e si fece largo tra la folla fino ad arrivare davanti. Lì per terra, ai suoi piedi, c'era il corpo esanime di una ragazza. I capelli bruni sparsi sulla strada erano leggermente sporchi di sangue, giusto qualche schizzo. Sulla fronte invece c'era sangue raggrumato, segno che aveva sbattuto la testa. Cosa più strana, due buchi sempre alla stessa distanza incisi in diverse parti del collo. In un punto era più profondo, in un altro un po' meno. Segno che nel lato sinistro c'era stato di più. La mano era stritolata e sanguinante. E dalle labbra usciva un liquido di un bel colore bordeaux.

Amu guardava quel corpo, studiandolo nei minimi particolari. Si guardò intorno con la coda dell'occhio. Attorno a lei tutti erano tristi. In volto le apparve un lieve sorriso. Che tristezza la razza umana… si disse.

In quel momento una donna sulla cinquantina apparve tra la gente e gridando che era sua figlia si getto sopra il corpo della ragazza, abbracciandolo e baciandolo. A cosa le serve? Tanto è morta… pensò di nuovo Amu.

- Signora si calmi… - cercava di dirle un uomo mettendole una mano sulla spalla. Inutile dire che non ci riusciva. La donna era scossa da singhiozzi e si lamentava che era colpa sua se la figlia era morta.

La rosa la guardava impassibile, come se quella scena fosse frutto di una recita che lei avrebbe dovuto giudicare.

- Chi è stato, ditemi chi è stato?! - altra frase che la signora non faceva altro che ripetere. Ad Amu sembrava stupido il suo comportamento. A cosa le sarebbe servito sapere il colpevole? Sua figlia non sarebbe tornata comunque. E poi poteva prendere quello sbagliato. Era capitato molte volte che si scaricasse la colpa su persone che non c'entravano niente.

D'un tratto però i pianti e i lamenti diventarono insopportabili da udire per la ragazza, la quale, rifacendosi largo fra la folla, se ne tornò a casa.

Una volta rientrata portò gli alimenti in cucina. In seguito si diresse dal padrone per informarlo su ciò che le aveva detto la sarta.

- Ho sentito chiasso qua fuori, sai cos'è successo? - le chiese d'un tratto il signor Hotori.

- Un altro assassinio. - rispose la ragazza con calma.

- Un altro? O santo cielo! - esclamò agitato il padrone.

- State tranquillo, questi omicidi avvengono solo durante la notte e poi solo alle ragazze. - disse Amu sorridendogli come a tranquillizzarlo. Il messaggio era chiaro. Non si doveva preoccupare per Tadase. Dopo quelle parole il signor Hotori si rasserenò un poco.

- Puoi andare a riposarti se vuoi, sarà stato orribile vedere un cadavere. - le disse preoccupato.

Amu ci pensò un po' su. Era meglio fingere, ameno per questa volta. Chinò il capo e annuì.

- Vi ringrazio… - disse prima di uscire e dirigersi nella sua stanza in soffitta. Se l'avessero trovata fuori si sarebbe trovata alle calcagna Tadase dicendole che rischiava di morire facendo in questo modo. Non lo sapeva neanche lei il perché, ma aveva come l'impressione che non le sarebbe successo niente anche se fosse uscita.

Si affacciò alla finestra o, come lo chiamava lei, al buco nella parete. Poiché non aveva ante e d'inverno si moriva di freddo, anche perché essendo un paesino in montagna era già freddo la notte, figurarsi durante i mesi come dicembre o gennaio.

Poggiò i gomiti sul davanzale, per poi poggiare il mento tra i palmi delle mani. E in quel preciso momento lo vide. Anzi, li vide. Erano due occhi bianchi, opachi, ma allo stesso tempo profondi e misteriosi. Vi rimase affascinata da quel colore così particolare. C'era qualcuno là giù, nel giardino, vicino ad un albero, che la guardava. I suoi occhi di ghiaccio erano fissi sui suoi. La osservava e le sorrideva in uno strano modo. Non riuscì a capire chi fosse. D'un tratto il ragazzo sparì lasciando posto ad un gatto nero dagli occhi viola. Non sapeva perché, ma era sicura che li aveva già visti da qualche parte.

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Capitolo 4
*** The smell of blood ***


Gli omicidi erano sempre più frequenti e nessuno si sapeva spiegare la loro natura. Non era mai capitato che in un villaggio così tranquillo succedessero così tanti assassinii in una volta sola.

- Le vittime vengono dissanguate… - spiegavano i medici indicando i fori che presentavano sulle varie parti del corpo. - per via di questi…

Ma neanche loro sapevano dire da cosa erano causati. La distanza tra i buchi era sempre la stessa. Però il tratto dei fori era impreciso e la carne infatti risultava molliccia e leggermente in rilievo. Intorno al collo della vittima erano sempre presenti tracce di sangue, segno che non era stato lasciato dissanguare da solo. Infatti il liquido si era essiccato anche in altri punti del corpo. Come se l'unico scopo dell'assassino fosse estrarre il sangue dal corpo della vittima. Motivazioni sconosciute. Questo era tutto quello che erano riusciti a dire i dottori.

In seguito erano intervenuti i preti. Con i loro credi e i loro dogmi avevano dedotto che era opera di una creatura di Satana.

- Sono cose troppo misteriosi, questo attacco è da parte del demonio! - aveva detto Padre Henry. Nel loro paesino, molto isolato tra le montagne, si praticava il cristianesimo cattolico. Essendo in una posizione geografica sfavorevole alla comunicazione le persone del villaggio erano chiuse e pendevano dalle labbra del loro parroco e di quelli che venivano considerati medici. Che poi erano semplici uomini esperti sulle erbe e le piante.

La vittima che trovarono quella mattina sconvolse il paese. Era una bambina. Capelli lisci e biondi sporchi di terra e di foglie. Gli occhi ormai opachi, grigi e spenti. Era stata trovata ai margini del bosco, a terra a pancia in sotto. Da quello che disse la madre della bambina, sua figlia Miki era andata a giocare con le sue bambole fuori da casa. Si stava facendo buio e lei ancora non era tornata. la madre la cercò per tutta la notte. La trovò la mattina presto. Il suo corpo era freddo e il sangue si era essiccato. Era morta.

I segni sul corpo della bambina erano molto simili alle altre vittime. C'era sempre uno spacco sulla nuca dove si intravedeva il sangue secco sull'osso della fronte.

Le braccia erano percorse da graffi e lividi e un piede era stato piegato con una tale forza da girarlo dall'altra parte. I buchi erano in un solo punto del corpo. Nel lato destro del collo.

- Qui non ci capiamo niente… - disse d'un trotto il signor Nakai, un medico che stava osservando insieme a un suo collega il corpo a terra della bambina.

- Avete ragione… - constatò l'altro.

- Bene, allora diciamo la solita cosa. - constatò l'altro. Si alzò e si diresse verso la donna che stava con le mani giunte e guardava i due uomini con la speranza negli occhi. - Sua figlia è morta dissanguata. Probabilmente causa di qualche animale che abita il bosco.

Era la ventesima bugia che rifilavano ai paesani. Ma non potevano farci niente, non potevano mostrarsi incompetenti agli occhi della gente. Dovevano sempre risolvere tutto anche se erano costretti a mentire nella maggior parte delle volte.


Le chiacchiere fatte dalle donne in cucina stavano dando alla testa ad una ragazza dai capelli rosa intenta a lavare i piatti nella bacinella accanto alla finestra.

- C'è stato un altro omicidio? - chiese una donna con la voce che le tremava.

- Si… - rispose la più giovane. - si dice che sia stata uccisa una bambina di appena dieci anni.

- Povera stellina! - disse una donna di mezza età mettendosi una mano sulla guancia, sconvolta.

Cosa blaterano… non hanno mai conosciuto il vero dolore… pensò la rosa guardando di sottecchi il trio di donne della casa famose per i pettegolezzi.

- Hey Amu? - la richiamò ad un tratto una ragazza dai capelli rossi intrecciati in due lunghe trecce.

La ragazza si voltò nella sua direzione incrociando i suoi occhi color miele con degli occhi color oceano.

- Si, che c'è? - chiese la ragazza mettendosi ad asciugare le posate.

- Tu hai sentito degli ultimi omicidi? - le chiese.

Amu assunse un'espressione annoiata.

- Si ne ho sentito parlare… - rispose. Da voi… avrebbe voluto aggiungere, ma sarebbe stata maleducata perché quando diceva quello che pensava il suo tono di voce assumeva delle note antipatiche.

- E che ne pensi di questi terribili omicidi? - chiese la più anziana.

- Penso che né i medici né il prete ci capisce niente. - rispose iniziando a mettere a posto i piatti con le posate.

Le tre la guardarono ammutolite. Accidenti, stava dicendo troppe cose che pensava.

- Lo pensi davvero? - chiese una bruna.

- Ecco… - e ora come se la svignava? D'un tratto qualcosa o meglio qualcuno attirò la sua attenzione. Non era mai stata così felice di vedere quel biondino. Aveva finito di lavare i piatti perciò gli corse incontro. - Signorino Tadase, come state? Avete bisogno di qualcosa in particolare? Sapete che potete riferirvi a me per qualunque cosa…

Il ragazzo insieme a quel tre restarono ammutolite dal modo in cui si era comportata Amu, non era mai stata così… come dire… disponibile nei confronti di quel ragazzo.

Nonostante questo il biondo non vi badò, anzi credette davvero che Amu stesse provando qualcosa per lui.

- Beh se vuoi seguirmi… - fece. La ragazza annuì sorridendo uscendo dalla cucina con il ragazzo.

Non appena si trovarono abbastanza lontani da quella stanza Amu si batté piano una amo sulla fronte.

- Cielo! - esclamò la ragazza. - Scusatemi tanto ma ho dimenticato un compito! Devo assolutamente portarlo a termine!

- Devi proprio? Non puoi farlo dopo? Sarà meglio passare del tempo in mia compagnia, non credi? - le chiese il ragazzo cercando di trattenerla.

- Vogliate scusarmi, ma devo andare per forza, vi raggiungo dopo! - fece sbrigativa per poi correre fuori dalla villa.

Ce l'aveva fatta, aveva evitato due problemi in una volta sola. Non avrebbe mai creduto che ne sarebbe stata capace. Ma quelle comari e quel principino che si credeva chi sa chi erano davvero esasperanti.

- Uff… spero solo che domani non mi assaliranno di nuovo. - mormorò a se stessa.

Volse lo sguardo al cielo, sulle tonalità del rosso e l'arancione. Il tramonto. Era un momento davvero meraviglioso della giornata. A suo parere uno dei migliori. Secondo i suoi gusti la notte era la parte più bella, ma il tramonto, il regalo che ti faceva il sole di un cielo tempestato di stelle dandosi il cambio con la luna era davvero bellissimo.

Amu si sedette a terra per osservare in pace e tranquillità quel meraviglioso spettacolo fino a che non si fece buio.


Un ragazzo se ne stava seduto su una poltrona rivolta verso la finestra. Da lì si vedeva il folto bosco fino ad arrivare alla cittadina.

Ikuto se ne stava seduto a leggere. Almeno era quello che tentava di fare se i suoi pensieri non lo disturbassero conducendolo in una sola via. L'episodio che gli era accaduto oggi con quella ragazza gli era rimasto impresso nella mente.

L'odore che aveva sentito, il suo sangue, era una cosa che gli dava alla testa. Di solito era sempre riuscito a mantenere una certa lucidità anche in presenza di un sangue particolarmente buono. Eppure stava quasi per perdere il controllo, afferrandole la mano e leccare e gustare quella buonissima bevanda, tanto prelibata per i vampiri e tanto disgustata dagli umani. Appunto, gli umani la trovavano disgustosa, perché lei si era fermata il sangue come se stesse leccando una cosa che le piaceva? Questa domanda gli rimbombava nella testa come un'esplosivo. E quello che lo tormentava di più era di non riuscire a darsi una risposta. Di sicuro era umana, altrimenti non sarebbe potuta andare in giro a collo scoperto e poi lo avrebbero avvertito entrambi se erano due simili.

Chiuse il libro poggiandolo sul tavolino accanto. Accavallò la gamba e poggiò il meno sul palmo della mano sinistra, precedentemente appoggiata al bracciolo della poltrona.

- Chi diavolo sei Hinamori Amu? - si chiese. La sua calma era il dono più prezioso che lo distingueva dagli altri vampiri. Non faceva mai le cose impulsivamente, ci rifletteva, ci ragionava, trovava punti deboli, strategie e calcolava il momento, il luogo e anche come poter giocare con le sue vittime.

Stava ancora pensando a quella ragazza dai capelli rosa quando un'istinto, un improvviso bisogno lo accolse. Fame. Sangue.

Ne aveva bisogno adesso. Più il tempo passava più si faceva difficile trovare delle vittime nei paraggi. Tutti avevano paura perfino di affacciarsi alla finestra, figurarsi uscire mentre stava tramontando il sole.

Il ragazzo si alzò dalla sedia e uscì dalla sua 'casa', se così si poteva chiamare visto che si trattava di un palazzo 'ereditato' dalla sua famiglia.

Fuori l'aria era fresca. Gli attraversò tutto il corpo, facendogli chiudere per un attimo gli occhi, portandolo a concentrarsi solo su di esso.

Quando si riprese iniziò a camminare lentamente e con passo felpato attraverso gli alberi del bosco immersi nell'oscurità. Più camminava più la voglia di sangue si faceva sentire sul suo palato.

Arrivò all'inizio del paesino nella via dei mercati, dove di giorno c'erano tutte le bancarelle, dove aveva incontrato quella ragazza. Iniziò lì la sua ricerca. Di solito le prede si trovavano nei pressi delle case o nei prati a giocare. Magari a volte stavano anche nei balconi delle case a guardare fuori. Quella sera non c'era nessuno. Nessun anima in giro per quel piccolo paese. Male. Molto male. Così si perdeva tutto il divertimento e in questo modo rischiava di deperirsi.

Continuò il suo giro fino a che non avvertì un fruscio. Erba. Era stata l'erba che si era mossa. Lo aveva sentito subito. Il suo udito era davvero fantastico, poteva sentire il più piccolo spostamento d'aria se voleva e si sa che quando si ricerca qualcosa, specialmente per un vampiro, l'udito si fa sottile sottile e riesce ad avvertire qualunque cosa.

Proveniva alla sua sinistra. Girò appena il capo per vedere una figura in piedi che si dirigeva verso il bosco. Bene bene, come al solito la fortuna era dalla sua parte.

Si avviò silenziosamente verso quella che gli era sembrata essere una ragazza. La seguì fino a un bel pezzo dentro il bosco, dove la vide arrampicarsi su un albero e sedersi sul terzo ramo, abbastanza spesso.

Inarcò un sopracciglio confuso. Che cavolo ci faceva una ragazza, in un bosco nel bel mezzo della notte? Le si avvicinò piano. La vedeva sempre di spalle, mentre rivolgeva lo sguardo in alto e dondolava le gambe come una bambina. Inizialmente teneva sempre lo sguardo umano e con quello gli era più difficile vedere il viso della sua vittima, non che fosse una cosa che gli serviva particolarmente. Ma vedere i loro visi con un'espressione di terrore dipinta sul volto non poteva fargli altro che piacere. Poiché voleva dire che stava giocando bene le sue carte.

Bene, prima cosa farla scendere da lì. Prese un sasso che trovò per terra, lì vicino. Lo lanciò dritto sulla sua schiena facendola sbilanciare dal ramo. Precipitò a terra come un sacco di patate. Si tirò su a fatica e si voltò nella direzione del ragazzo che lentamente le si stava avvicinando. Di solito ci giocava di più, specialmente con le ragazze, ma in quel momento era così affamato che non aveva tempo da perdere.

- Chi… - tentò di dire la ragazza, ma una mano ferrea la prese alla gola impedendole di continuare il discorso.

- Però… - disse il ragazzo leccandosi le labbra. - il tuo sangue ha davvero un buon profumo…

Le fece notando che cadendo si era ferita alle ginocchia. In quel momento ebbe un senso di deja vu. Quell'odore, quel sangue, lo aveva già sentito. Ma non poteva essere lei. Quel dolce odore attivò in lui tutti gli istinti del vampiro. Sollevò la ragazza da terra mentre gli occhi gli diventavano bianchi e poteva vedere il viso della sua futura vittima. Lasciò di colpo la presa quando fu certo che quello che aveva pensato era corretto.

Amu, caduta in ginocchio, fece qualche colpo di tosse per poi andarlo a guardare dritto negli occhi. Ikuto si stupì di non trovare niente nel suo sguardo. Né paura, né risentimento, niente. Restarono ancora in silenzio a fissarsi, fino a che Ikuto non lo ruppe.

- Che hai da fissarmi così? - le chiese con la sua solita voce leggermente ironica. Si abbassò alla sua altezza e la guardò negli occhi. Ma lei non abbassò lo sguardo e neanche arrossì. - Ti aspettavi qualcos'altro da me?

Le chiese quasi provocatorio. Giocare, era quello che stava tentando di fare, cosa che gli stava risultando sempre più difficile.

- Non ho paura dei vampiri da quando avevo sei anni. - gli disse mettendosi a sedere e pulendosi le ginocchia dalla terra. I graffi erano ancora ben visibili e il profumo del sangue si faceva beffe del povero vampiro affamato.

- Sono contento per te. - le disse lui avvicinandolesi e togliendole qualche altra traccia di terra dal ginocchio, per portarsi poi le dita alle labbra e leccarsele di gusto. - Mmm hai davvero un buon sapore…

Constatò il ragazzo. Amu fece spallucce provando a coprirsi le gambe con la gonna, gesto che lui frenò afferrandole i polsi. - Hey, è tutto il giorno che non mangio!

La ragazza provò a ribellarsi. Non aveva paura di lui, no, questo non lo avvertiva, semplicemente non voleva morire.

- Piano piano piccola! - esclamò lui sarcastico sorridendo sadico. - Voglio solo assaggiare…

Stava per avvicinare le labbra quando un piede lo colpì in volto. Non bastò ad allontanarlo, per questo altri calci fu costretto a schivare, almeno fino a che non lasciò i polsi e la spinse a terra per le spalle fermandole le braccia a terra. Senza perdere tempo il ragazzo le si mise con le ginocchia sopra i piedi per fermarle le gambe. Solo allora leccò quel delizioso liquido le che stava scendendo lungo il polpaccio. Partì da metà arto per poi risalire lasciando una scia di un rosa pallido.

Quella ragazza aveva il sangue davvero molto buono, sicuramente il migliore che avesse mai provato. Iniziò a berlo proprio da quella ferita, almeno fino a che lei in un gesto di sopravvivenza non gli diede un calcio all'addome spingendolo lontano. Si alzò velocemente e scappò via rientrando in casa. Corse in cucina e prese dell'aglio, lo portò in camera con se e lo mise accanto al letto per poi infilarsi sotto le coperte.

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Capitolo 5
*** The going gets tough ***


Il ragazzo restò ancora immobile a fissare la luna che piano piano sbucava dalle nubi, nel cielo notturno. Era rimasto stupito dall'incontro con quella ragazza. Quella lì aveva qualcosa che non andava. 'Non ho paura dei vampiri da quando avevo sei anni' queste furono le sue parole. Perché non aveva paura dei vampiri, perché non aveva paura di lui? Questa cosa lo mandava in bestia, non era mai capitato, mai e di certo non doveva capitare di nuovo. E come se non bastasse non si era limitato a prenderlo in giro, ma l'aveva lasciato a bocca asciutta.

La voglia di sangue si faceva sentire sempre più e lui non vedeva nessuno preda da poter mordere e dissanguare.

- Dannazione! - imprecò il ragazzo sbattendo un pugno sul tronco di un albero lì vicino. L'odore del sangue, del suo sangue gli era rimasto nelle narici e non ne voleva sapere di sparire. Se avesse potuto sarebbe andato di corsa in quella casa e l'avrebbe uccisa subito, senza pensarci due volte.

Si portò una mano alla fronte. No, questo atteggiamento non era da lui. Doveva restare calmo o si perdeva tutto il divertimento. Quella ragazza non si sarebbe mai piegata a lui, non lo avrebbe ma implorato di non ucciderla, non avrebbe mai visto il suo sguardo miele intriso di paura. Proprio in quel momento si rese conto di quello che voleva fare. Lei doveva soffrire, aveva bisogno di soffrire in tutti i sensi, solo in questo modo quando l'avrebbe voluta uccidere lei non si sarebbe opposta.

Si passò la lingua fra le labbra per gustare ancora quel dolce sapore di vita. Poi si trasformò in gatto e sparì tra gli alberi dirigendosi verso il suo castello.


Amu intanto se ne stava nella sua stanza, stretta tra le leggere lenzuola che il suo letto possedeva. Quello era stato il primo vampiro per cui almeno per un secondo aveva provato paura, paura che lei era riuscita benissimo a mascherare. Quando lo fissava negli occhi bianchi, gelidi, quelle iridi color ghiaccio le trasmettevano tutta la malignità di cui era imperlato il suo animo. Lui la voleva davvero uccidere, lo aveva capito questo. Eppure avvertiva che c'era qualcosa di strano in quel vampiro. Alle altre vittime le torturava e gliene faceva di tutti colori prima di ucciderle. Invece con lei stava andando dritto al sodo. Probabilmente perché era molto affamato… si disse.

Si tirò su a sedere. La ferita al ginocchio le bruciava da morire. Il sangue aveva ripreso a scendere e le aveva sporcato le lenzuola. Prese un panno che aveva lì vicino e si tamponò la ferita. Non sarebbe bastato.

Corse di sotto, in cucina, e bagnò il panno per poi appoggiarlo nuovamente sulla ferita. Riuscì a fermare il sangue per un poco, ma il graffio ancora bruciava e di certo avrebbe sporcato le lenzuola.

Tornò nella sua stanza e si guardò intorno mentre premeva con il panno sullo sfregio.

Posò il pezzo di stoffa bagnato di acqua e sangue sul comodino, dopo di che prese il lenzuolo e ne strappò via un pezzo. Si fasciò per bene il ginocchio, stretto. Poi guardò la fasciatura con aria soddisfatta. Prese la pezzuola bagnata e la nascose sotto il materasso. Tirò fuori dal medesimo posto ago e filo e, dopo essersi messa comoda sopra il letto, prese il lenzuolo ed iniziò a rifargli il bordo, non dovevano accorgersi che lo aveva strappato. Era comunque sporco di sangue. Doveva lavarlo. Scese al piano di sotto nuovamente per riempire il catino d'acqua e immergerci il lenzuolo. L'acqua non bastava a smacchiarlo, il sangue non andava via così facilmente. Decise comunque di lasciarlo a mollo nell'acqua. Se lo avrebbe steso le macchie di sangue secco avrebbero insospettito prima i paesani e poi il padrone. Meglio non rischiare. Per il momento non avrebbe detto niente, avrebbe lasciato correre la cosa facendo finta che non fosse successo niente. Al momento opportuno avrebbe inventato una buona scusa.


Il sole stava per sorgere. La notte passa sempre troppo velocemente… si disse il vampiro mentre si apprestava a sedere sulla poltrona e mettersi la fascia nera al collo.

- Uff… - sbuffò. - Ho fame e fino a sta sera non posso mangiare…

Si lamentò il ragazzo. Un giorno di digiuno lo aveva reso più debole e visto che già il sole gli sottraeva gran parte delle sue energie sarebbe stato come un umano. Una cosa davvero ripugnante per un vampiro.

Quella ragazzina che lo aveva ridotto così doveva pagarla e gliel'avrebbe fatta pagare molto, ma molto cara, di questo ne era sicuro.

Si diresse verso la libreria piena di libri provenienti da tutte le parti del mondo. Non si può dire che non avesse girato. Era stato dappertutto, in tutti i posti del mondo fino a che non si era stancato e se n'era andato. Quando era arrivato qui però era stato diverso, la gente del villaggio era gustosa e dolce rispetto alle altre. Ovviamente parlando di cibo. Inoltre quella ragazza aveva un sangue davvero appetitoso, non vedeva l'ora di divorarla. Era diventata un'ossessione ormai. Era come una calamita per lui, c'era qualcosa che lo attraeva e non sapeva spiegarsi se era il suo sangue o qualcos'altro.

Prese un libro a caso dallo scaffale e si risedette sulla poltrona. Iniziò a leggere, anche se ogni tanto guardava verso la finestra.

Ora non doveva far altro che aspettare. Aspettare la notte, aspettare che l'oscurità coprisse il piccolo paesino e poi partire all'attacco.


- Potresti farmi il piacere di spiegarmelo Amu? - cavolo, non aveva mai visto Mary così arrabbiata.

Alla faccia della scusa da inventare sul momento… si disse la ragazza mentre guardava l'amica reggere il lenzuolo macchiato di sangue.

- Te l'ho già spiegato, mi sono fatta male tagliando le verdure. - rispose leggermente alterata e scocciata da quella situazione. Ma che cavolo, tutte a lei capitavano.

- Si certo! - rispose arrabbiata la biondina. - E come avresti fatto a ferirti sul ginocchio? Io quando taglio le verdure uno le mani non i piedi!

- Anche io uso le mani cara, non è questo il punto… - tentò di spiegarsi Amu. - Mi è scivolato il coltello.

- E ti ha preso sul ginocchio? A chi vuoi darlo a bere! - fece la ragazza.

- Speriamo a nessuno… - rispose la rosa ripensando agli avvenimenti della sera precedente.

- Che cosa? - domandò confusa Mary.

- No niente lascia stare. - fece sbrigativa la ragazza.

- Tu non me la racconti giusta! - sbottò la bionda. - Che cosa è successo ieri sera?

Amu sbuffò e tentò di uscire dalla stanza, azione che l'amica non le permise di portare a termine.

- Amu, sono tua amica, puoi raccontarmi tutto e lo sai… - le disse guardandola dritto negli occhi.

Era vero, lo sapeva. Ormai ne era a conoscenza che si era potuta fidare di Mary molte volte. Quindi perché non raccontarle tutto?

Chiuse la porta e portò l'amica a sedersi sul letto.

- Devi giurarmi che quello che ti sto per dire non uscirà da questa stanza. - le disse.

- Te lo giuro… - rispose la ragazza.

Passò qualche minuto prima che la rosa iniziasse a parlare.

- Ieri sera sono uscita e…

- Che cosa? Ma lo sai che è pericoloso! Potevi morire!

Amu guardò l'amica con aria assassina e sbuffando aggiunse:

- Forse se mi fai finire capiresti meglio, non credi?

Mary si zittì subito e annuì.

- Ho incontrato di nuovo un ragazzo che avevo già conosciuto…

- Porca forchetta! E perché non me lo hai detto subito! Questa si che è una notizia! Ah Amu, tu sei sempre piena di sorprese non ci credo e…

Una mano premuta sulle sue labbra fermò il suo fastidioso chiacchiericcio.

- Ti vuoi stare zitta Mary? Ci siano incontrati solo perché io gli sono caduta addosso per sbaglio… - le rispose. - E ora stai zitta o strappo un altro pezzo di lenzuolo e te lo ficco in bocca.

Alla minaccia della rosa la ragazza deglutì annuendo. Amu tolse la mano e riprese il suo racconto:

- Ottimo. Beh questo ragazzo l'ho incontrato ieri sera nel bosco…

La ragazza stava di nuovo per aprire la bocca ma vedendo lo sguardo dell'amica la richiuse subito.

- Mi ha gettata dal ramo in cui ero seduta facendomi cadere carponi, per questo mi sono fatta male. - le disse.

- E perché ti avrebbe gettata dal ramo? - chiese la bionda curiosa.

- Perché aveva fame. - rispose lei rimanendo sul vago.

- Ehm… non capisco. - disse Mary.

- Perché è un vampiro. - disse la ragazza guardandola dritta negli occhi.

Mary ebbe un sussulto. Toccò con la mano sinistra la fronte della sua amica.

- Amu, ti senti bene? - le chiese. - Per me sei caduta dal letto e ti sei sognata tutto…

Si vedeva che aveva paura. Il suo volto era diventato bianco e le mani le tremavano leggermente. Amu gliele afferrò per ambo i polsi e la guardò dritta negli occhi.

- Mary, lo sai che non sto scherzando. - le disse seria. La ragazza deglutì rumorosamente e provò ad allontanarsi. Amu la trattenne. - Mary, ricorda quello che mi hai promesso. Non una parola. Con nessuno.

- M-ma certo… - rispose. - P-perché dovrei dirlo a… a qualcuno?

- Sarà meglio per te… - rispose la ragazza lasciando andare l'amica che uscì dalla stanza della rosa senza perdere tempo.

Amu sbuffò. Mary si era spaventata, l'aveva capito subito. Ma se avesse detto qualcosa a qualcuno gliel'avrebbe fatta pagare. Ne era capace. E la biondina lo sapeva. Eccome se lo sapeva! Glielo aveva raccontato…

Si alzò dal letto, prese il lenzuolo e scese, senza farsi vedere da nessuno, le scale che la portarono in giardino. Entrò nel bosco e raccolse alcune more. Le mise tutte in una bacinella con dell'acqua e le schiacciò per bene. Il liquido diventò ben presto scuro e sul viola. Vi immerse il lenzuolo e aspettò.

Quello era il suo giorno libero, glielo aveva dato il padrone credendo che fosse ancora traumatizzata per la storia del cadavere. Lei lo aveva lasciato nella sua convinzione accettando con gioia un giorno di pausa, ne aveva proprio bisogno dopo tutte le ore passate ogni santo minuti a fare quello che le diceva.

Dopo che ebbe constatato che era passato abbastanza tempo tirò fuori il lenzuolo. Okay, ora faceva più schifo di prima, era di un lilla violaceo, in alcuni punti chiaro in altri scuri.

Fece spallucce, sempre meglio che sporco di sangue. In questo modo non avrebbe destato sospetti a nessuno. Rientrò in casa soddisfatta per poi dirigersi nuovamente nella sua stanza.


Il resto della giornata, Mary, lo passò sotto uno stato di trance. Non esistono i vampiri… si ripeteva nella mente. Cercava di convincersi di questa cosa, ma non ci riusciva. Sapeva bene che Amu non diceva le bugie e di certo se una era caduta dal letto non si poteva essere sbucciata in quel modo le ginocchia. Era un'assurdità anche solo pensarlo.

Era ormai giunta la sera.

Aveva appena finito di spazzare e ancora stava ragionando sul racconto e le parole usate dall'amica. Si accorse che quando ripensava che quello che era successo ad Amu era accaduto fuori casa rabbrividiva.

Andò a riporre la scopa nello sgabuzzino e quando allungò il braccio per metterla a posto si accorse che aveva la pelle d'oca. Strinse forte la mano attorno al manico della scopa fino a che le nocche non diventarono bianche e l'arto iniziò a tremare. Solo in quel momento si rese conto che era stata Amu a spaventarla. Lasciò andare la scopa e si strinse nelle spalle. Era stata tutta colpa di Amu. Quella ragazza aveva qualcosa che non andava. Qualcosa di diverso dalle altre. Qualcosa che l'aveva sempre spaventata.

Si diresse nella sua stanza e tirò fuori dalla tasca una catenina con una croce. Era il rosario. Mary era sempre stata una ragazza molto credente, si fidava della chiesa e delle parole del prete. Ci andava tutte le domeniche e credeva fermamente in tutto quello che il parroco predicava. E lui aveva detto che chi rende le persone partecipi di un'oscurità è perché loro stesse sono oscuri, sono malvagi. Cominciò di nuovo a tremare. Stava sudando freddo e si guardava intorno nervosamente. Era molto paurosa come ragazza e quella situazione non l'aiutava di certo. Ma ora sapeva che cosa fare, forse il male lo poteva sconfiggere anche una persona comune.

Corse veloce di sotto, stava per uscire quando andò a sbattere contro qualcuno proprio all'ingresso.

Si alzò all'improvviso scusandosi con la persona contro cui era andata a sbattere.

- Signora Kobayashi! - esclamò preoccupata aiutando la donna ad alzarsi. - Oh Santo cielo mi scusi!

- Non ti preoccupare Mary, non c'è problema, non mi sono fatta nulla. - rispose alla ragazza che si rasserenò un poco. - Dove stavi andando così di fretta figliola mia?

Domando allora la donna, curiosa. Mary trasse un respiro profondo.

- Ho un brutto presentimento a proposito di… Amu. - disse e poi le spiegò tutto. Tutti i suoi pensieri, i suoi dubbi e le sue più nascoste paure. Kobayashi ascoltò con attenzione e quando la ragazza ebbe finito il discorso le disse:

- Sia cara cosa ti dico? La penso proprio come te… Anzi verrò con te da Padre Henry.

La ragazza sgranò gli occhi, poi sorrise e annuì felice. Uscirono subito di casa, non potevano perdere tempo. Era notte, era vero, ma dovevano assolutamente trovare subito una soluzione. Per questo si misero subito in cammino. Ignare del fatto che un ragazzo aveva ascoltato tutto quello che si erano dette.


Se doveva essere sincero, Ikuto non aveva avuto intenzione di sentire quel noioso discorso fatto sul bene e sul male da quella biondina piena di efelidi in viso.

Il fatto era che si era appostato in quel preciso momento per aspettare che la ragazza dai capelli rosa uscisse, quando aveva sentito per sbaglio quei discorsi fra bigotte. Da quello che aveva capito volevano liberarsi di Amu. Eh no, questo proprio non potevano farlo. La morte di quella ragazza solo lui poteva deciderla e di cero non si sarebbe fatto battere da una donna di mezza età e da una ragazzina.

Si mise a seguirle, senza farsi notare ovviamente. Percorse un bel tratto di strada alle loro calcagna. Vedeva che le due andavano piano e che si guardavano intorno impaurite anche dall'ombra di un innocuo pipistrello. Sorrise maligno nel vederle così impacciate. Forse aveva trovato un buon posto dove andare a cenare quella sera.

Erano quasi arrivate, a pochi metri da loro si poteva vedere benissimo una piccola chiesa. Molto carina, dovette ammetterlo. Fatta in mattoncini e con dell'edera che cresceva all'esterno, era stata tagliata da poco, si vedeva dal modo rozzo in cui i rami erano stati strappati.

Le due stavano per entrare, ma con passo fulmineo il ragazzo fece un salto ritrovandosi di fronte alla più giovane che emise un grido indietreggiando e abbracciando la donna.

- Chi… Chi… - provò a dire la ragazza mentre iniziava a tremare. Aveva un brutto presentimento.

- Chi sei tu? - finì la frase la donna che le stava accanto.

Ikuto sbuffò. Possibile che gli umani fossero così monotoni? Fece un sorrisetto sadico e maligno.

- Voi chi pensate che io sia? - chiese il ragazzo, poi volse lo sguardo verso la piccola. - Amu non ti aveva parlatori me?

La bionda non la smetteva di tremare e di guardarlo con gli occhi pieni di terrore. Al che il ragazzo decise che poteva anche di iniziare.

I suoi occhi diventarono bianchi, facendo urlare la ragazza bionda, mentre la donna indietreggiava lasciando sola Mary. La ragazzina invece era paralizzata, non riusciva a muoversi da dov'era.

Il vampiro iniziò ad avanzare verso la figura esile della biondina. La si poteva veder tremare da quella distanza, cosa che gli piaceva. Arrivatole vicino alzò poco il braccio e in un gesto fulmineo le graffiò la guancia, da cui iniziò a sgorgare lento il sangue di un bel rosso. Il ragazzo si avvicinò al suo viso, dopo di che le leccò la guancia assaggiando un poco di quella dolce bevanda.

- Mmm… non male direi. - le disse a un centimetro dal suo volto, leccandosi le labbra di gusto. La ragazza non sapeva più che cosa fare, la voce le si era bloccata in gola, le corde vocali erano inutilizzabili. - Perché non parli? Così mi rendi triste…

Le disse Ikuto prendendola in giro.

- Mmm… - il vampiro si mise una mano sotto il mento pensieroso. - Forse so io come farti parlare…

Le arrivò alle spalle in un attimo e le afferrò il braccio destro. Le girò il polso facendo aderire il braccio alla schiena. Strattonò il braccio verso l'alto facendola urlare di dolore. La lasciò andare gettandola a terra. Le ossa, ormai rotte, del braccio le avevano causato un dolore terribile.

- Oh, allora non sei muta, lo stavo sospettando sai? - le chiese con voce sadica e ricca di piacere.

La donna ormai era appoggiata al muro di una casa di fronte alla chiesa, avrebbe voluto fuggire, ma le gambe le tremavano terribilmente e non sarebbe riuscita a fare un altro passo.

Ikuto si inginocchiò vicino alla biondina che alzò il viso nella sua direzione. Aveva sbattuto la nuca, si poteva vedere chiaramente la carne lacerata che aveva lasciato il privilegio di mettersi in mostra all'osso. Aveva sbattuto su una pietra. In più si era procurata un altro graffio sull'altra guancia. Con un ditali vampiro raccolse un altro po' di sangue e se lo portò alle labbra.

- Sei una ragazza molto dolce… - le disse ridendo di gusto alla vista del suo viso terrorizzato che lo guardava. Le mise una mano sulla spalla. La ragazza urlò di nuovo dal dolore, tanto era forte. - Shh, non vorrai mica svegliare tutto il paesino, no piccola?

Mary ormai aveva preso a singhiozzare, era come se avesse avvertito come sarebbe finita.

- P-per favore… - implorava la biondina tra le lacrime. Piangeva a dirotto.

- Oh… - fece Ikuto. - Lo so che sei impaziente, aspetta ancora un po'…

Disse ridacchiando. La prese da dietro per il collo alzandola in piedi. Le tolse i riccioli biondi dalle spalle, poi si girò verso la donna che era a terra e lo guardava con la paura negli occhi. Le morse il collo davanti allo sguardo terrorizzato di Kobayashi. Mary riprese ad urlare e piangere insieme, mentre sentiva i denti del vampiro insidiarsi nella sua carne e bere con avidità dal suo collo. Fu come se le rubasse ance l'anima. Fino a che il ragazzo non strinse troppo la presa sul suo collo frantumandole le ossa e finendola di uccidere. Aveva ancora fame e per non farla cadere la afferrò per il braccio rimasto sano graffiandola con le unghie. Finito di cenare gettò il corpo della ragazza. Si leccò le labbra e le dita.

Poi si voltò verso la donna. Inclinò la testa di un lato mettendosi le mani sui fianchi.

- Sai una cosa? - le disse per poi spostare una mano sotto il suo mento. - Sono pieno sta sera, quella ragazzina aveva davvero un ottimo sangue. In più il tuo non è giovane come quello, sarebbe come mangiare la carne vecchia di un giorno. Mentre io preferisco quando me la danno appena cotta.

Sorrise, il suo solito sorriso inquietante. Poteva considerarsi soddisfatto adesso. La signora raccolse le sue ultime forse e si alzò in piedi.

- Beh… non mi ringrazi? - le chiese fingendo un'aria innocente. Dopo quel parola la donna corse via.

Ikuto si tramutò in un gatto e la seguì correndo sui tetti. Quando Kobayashi si accorse che dietro di lei non c'era nessuno, credendo che se ne fosse andato rallentò il passo, anche se ogni tanto si guardava intorno terrorizzata. Il più minimo spostamento d'aria la rendeva inquieta. Rientrò dalla porta sul retro, dando un'informazione in più al vampiro.

Di fatti il ragazzo ri-tramutatosi entrò dalla stessa porta della donna. I vampiri non possono entrare se non sono invitati, ma questo vale solo per la porta principale. Ora lui sapeva che ce n'era anche un'altra. Ottima cosa.

Salì le scale. Dovette ammettere che la casa era davvero grande. Faticò a trovatella camera della ragazza, ma alla fine la scoprì che dormiva beata sul suo letto. Finalmente… pensò soddisfatto mentre le si avvicinava.

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Capitolo 6
*** Taste ***


Finalmente… pensò soddisfatto mentre le si avvicinava. La ragazza sembrava dormisse tranquilla, il viso era sereno, le labbra rosse leggermente socchiuse e i capelli rosa sparsi sul cuscino. Stava in una posizione fetale, raggomitolata in un lenzuolo che sembrava fosse caduta sulla tela di un pittore. Solo da quel piccolo particolare si poteva vedere che avesse freddo. Fissò la finestra aperta, impossibile da chiudere. E poi dicono che sono crudeli i vampiri… si ritrovò a pensare, sorprendendosi del suo stesso pensiero. Che diavolo gli era preso? E dire che lui voleva ucciderla.

Si avvicinò fino al bordo del letto. Le si inginocchiò davanti e si mise ad osservarla. Le guardò bene tutto il viso, aveva dei lineamenti particolari e interessanti. Inaspettatamente il suo sguardo cadde sulle labbra color del sangue della ragazza. Lo tentavano davvero, eppure aveva già mangiato. Vi passò un dito sopra, lentamente, quasi come volesse trovare una traccia di quel liquido vermiglio in un punto della sua bocca. Ovvio che non c'era. La sua mano scorse fino a toccarle il collo, dove poté sentire il sangue pulsare nelle vene, gli venne l'acquolina solo a pensare di poter gustare quel dolce sapore ancora una volta. Ma era da vigliacchi ucciderla mentre dormiva, prima poi voleva vedere la sua faccia quando avrebbero trovato il corpo dell'amica. Sorrise sadico al pensiero di vedere il suo volto rigato dalle lacrime, pronte ad essere versate sul corpo esanime della bionda. O sulla sua tomba, perché no? Il cimitero che vi era fuori dal paesino non era poi così brutto dopo tutto.

Notò le mani, che stringevano tra le dita il lenzuolo. Stando attenta a non svegliarla le tolse il panno prima dalle mani e poi dal corpo. Aveva avuto ragione, era proprio raggomitolata lì sotto. L'unica cosa che portava era, se era degna di essere chiamata con questo nome, una casacca nocciola, leggera, lo si poteva vedere da come traspariva sul corpo della giovane. La fasciatura sul ginocchio era ben visibile. Un pezzo di stoffa bianca strappata. Sfiorò la fasciatura.

- Questo è il lenzuolo…. - disse riconoscendo il tipo di stoffa.

In quel momento una leggera brezza mosse i capelli della ragazza, mettendo in mostra una parte del suo collo. Adesso basta, quella ragazza era nata per farlo impazzire. Persino quando dormiva lo faceva dannare. Stava diventando un ossessione per lui e proprio nel momento in cui la guardava si accorse di quanto ne fosse attratto. Avrebbe voluto morderla subito, assaporare il suo sangue e donarle il privilegio di unirsi a lui nel suo cammino nelle tenebre.

Ma doveva avere pazienza. Pazienza. Solo quella e tutto ciò che voleva lo avrebbe ottenuto con uno schiocco di dita. Stava per andarsene quando gli venne in mente una cosa. Una cosa che voleva fare prima di sparire da quella stanza. Si abbassò di nuovo sulla ragazza e le sfiorò le labbra. Avevano un sapore strano, ma buono. Si leccò le labbra per poi tramutarsi in gatto e uscire da quella camera.

Una volta che il ragazzo se ne fu andato Amu si alzò a sedere sul letto. Si toccò le labbra con due dita, disegnandone il contorno. Lui era stato lì, aveva sfiorato le labbra sulle sue. Aveva la bocca che sapeva si sangue fresco. Domani avrebbero trovato un altro corpo, sicuro. Perché non l'aveva uccisa? Eppure quella sarebbe stata un'occasione perfetta. Mille dubbi le stavano sfiorando la mente e mille domande senza risposta bussavano alla sua testa mai stata così confusa.

Si era svegliata quando aveva sentito sbattere rumorosamente la porta della stanza accanto. Quella dove si trovava la signora Kobayashi. Che ci faceva quella donna in giro ad un'ora così tarda? Ecco, aveva formulato un'altra domanda che non avrebbe avuto risposta. Ma quella era la meno importante. Ora, l'unica cosa che l'aveva davvero sorpresa era stata quando aveva sentito che il vampiro era entrato nella sua camera. Il pavimento cigolava un poco e lei se n'era accatta subito che era lui. Lo aveva riconosciuto quando aveva posato il dito sulle sue labbra. Si ricordava di come erano gelide le sue mani. Gelide proprio come lo era quella notte.

Prese il lenzuolo e si raggomitolò di nuovo in esso. Non si poteva dire che si stava caldi, ma meglio di niente era. Tentò di riprendere sonno. Ma era inutile, non riusciva a togliersi dalla testa quello che era successo solo pochi minuti fa. Possibile che niente e nessuno mai la lasciavano in pace? E se lui lo sapeva che era sveglia e lo ha fatto solo per renderla più debole? Affondò il viso nel cuscino che strinse forte fra le dita bianche. Non aveva neanche un orologio vicino, non poteva sapere che ore sono. E domani si doveva svegliare presto, magari eran già le sei senza che lei se ne fosse accorta. Accidenti, doveva controllare.

Si alzò in piedi. Prese dalla sedia i vestiti, indossò solo l'abito color muschio, senza grembiule. Dalla tasca destra estrasse un nastro, del medesimo colore e con esso si legò i capelli in una coda alta.

Uscì dalla stanza e si diresse al piano di sotto, dove c'era un orologio a pendolo che segnava le cinque e quaranta. Si era svegliata venti minuti prima. Ma dove era andata la signora Kobayashi per ritornare così tardi? si chiese la ragazza. Fece spallucce. D'altra parte era meglio, così si era potuta svegliare in orario. E non era solo grazie alla donna che ci era riuscita. Ecco, gli era tornato in mente. La cosa strana era che ogni volta che lui entrava nei suoi pensieri, lei non lo vedeva come il vampiro sanguinario che uccideva le persone del villaggio. Invece lo vedeva come un ragazzo che si, avrà avuto duecento anni portati molto bene, ma come una persona normale. A lei quelle vicende non la toccavano. Se uno per sopravvivere deve uccidere una creatura che faccia pure, a lei non interessava. Ma voleva comunque conoscere il motivo per il quale lui non l'aveva uccisa quella sera… piccola correzione, quella mattina. Se avesse saputo dove abitava probabilmente sarebbe corsa subito lì, ma nessuno lo sapeva, anche perché nessuno lo aveva mai visto più volte, come invece era capitato alla ragazza dai capelli rosa. Si era scontrata con lui durante il giorno e si può dire anche durante la notte. Ricordava bene quegli occhi bianchi, così gelidi, che la fissavano affamati. Assetati di lei, del suo sangue. E…

- Amu?

La ragazza balzò lontano un metro. Si voltò in direzione della persona che l'aveva chiamata.

- Eiji! - esclamò felice di vederlo. - Mi hai fatto prendere un colpo brutto idiota!

Disse poi con aria poco amichevole. Il ragazzo sorrise. Amu era famosa per i suoi cambi d'umore improvvisi che potevano accadere sia in un discorso che in una semplice frase come quella di poco fa.

- Scusa, non volevo è solo che ti ho vista qui e ti volevo chiedere che ci facevi in piedi così presto. - le disse.

- Potrei farti la stessa domanda Eiji… - rispose lei. - Comunque mi sono andata a letto presto ieri sera, non c'è altra spiegazione.

- Ah, capisco! - fece lui tutto allegro. Com'era solare quel ragazzo. A volte doveva ammettere che lo invidiava per la sua positività e il suo essere sempre contento, come se ogni giorno fosse il più bello. Eiji gliela ripeteva molte volte la sua filosofia, ma lei non ci credeva mai. Non tutti i giorni sono belli e spensierati. C'è sempre la goccia che fa traboccare il vaso. C'è sempre il giorno in cui vorresti sprofondare nell'abisso più profondo per non riemergere.

Ma questo lui non lo capiva. Beh, ognuno è libero di pensarla come vuole. Questo è sicuro.

Amu lanciò un'occhiata all'orologio. Mancava poco alle sei, circa cinque minuti.

- Vado a mettermi il grembiule. - annunciò la ragazza per poi salire le scale ed entrare nella sua stanza. Prese l'oggetto in questione e se lo mise legandolo in vita. Poi tornò di sotto e con sua grande sorpresa trovò la signora Kobayashi in lacrime che abbracciava Eiji. - Che cos'è successo?

Domandò la ragazza confusa e sorpresa da quell'avvenimento.

- Non ne ho idea, è quello che sto cercando di capire… - rispose il moro tentando di staccarsi la donna di dosso. Impresa ardua. - Signora Kobayashi che cosa vi è successo?

- V-vampiro… - balbettò la donna.

Sia Amu che Eiji spalancarono gli occhi.

- Che cosa ha detto signora? - chiese Amu.

- U-un v-va-vampiro… - ripeté la donna sempre balbettando. Era rimasta scioccata da quell'avvenimento.

La rosa ed il moro si scambiarono uno sguardo interrogatorio. Alla fine fu il ragazzo a prendere le redini. Prese la donna di spalle e la fissò dritta negli occhi marroni.

- Signora Kobayashi sareste così gentile da spiegarci tutto? - le chiese.

La donna annuì. Si sedettero intorno al tavolo della cucina, quello dove si cucinava.

- Io e Mary eravamo a-andate a f-fare una p-passeggiata… - iniziò a spiegare la donna, tralasciando ovviamente quello che si erano detti con la ragazza su Amu. - E improvvisamente, c-quando eravamo arrivate vicino alla chiesa del paese…

La donna si rimise a piangere rivivendo esattamente le stesse paure e la stessa sensazione di terrore che aveva avuto.

- Signora Kobayashi se piange non la capiamo. - disse fredda Amu che voleva saperne di più di questa storia.

La donna la andò a guardare con gli occhi imperlati di lacrime. Tirò fuori un fazzoletto di stoffa gialla dalla tasca e si soffiò il naso.

- Hai ragione, scusami… - disse riprendendo a raccontare. - D-dicevo quando e-eravamo vicino alla chiesa u-un ragazzo ci si p-pi-piazzò davanti…

- Un ragazzo? - chiese di nuovo Amu. - E com'era fatto?

- Beh… - rispose la donna. - Di sicuro era molto giovane, ma gli ho visto solo gli occhi, lì era molto buio…

- E com'erano? - domandò di nuovo la rosa, impaziente.

- Bianchi… - rispose Kobayashi. - Erano bianchi e terribili e poi, quello che ha fatto è stato o-orribile…

- Racconti avanti! - la incitò Eiji.

Tra i singhiozzi la donna descrisse tutta la scena, tutta l'atrocità che aveva vissuto Mary. I due la fissarono ammutoliti. Me lo aspettavo… pensò la rosa.

- Poi… - continuò la donna. - sono tornata a casa.

Eiji non sapeva che cosa dire. La guardava esterrefatto a quella donna che non aveva fatto niente per aiutare Mary. Si alzò in piedi e sbatté le mani sul tavolo:

- E voi siete restata con le mani in mano per tutto questo tempo, mentre una ragazzina moriva davanti ai vostri occhi?

Kobayashi non sapeva che cosa rispondere. Si mise di nuovo a piangere.

- Mi dispiace, lo so che sono una vigliacca… - disse singhiozzando. Amu sbuffò. Che noiosa la gente quando piange… si disse.

- Ovvio che lo siete! - gridò. Amu gli posò una mano sul braccio e con lo sguardo gli disse di calmarsi. Il moro si sedette. Divenne anche lui triste. - Quindi adesso è morta…

- Quando ritroveranno il corpo ci andremo insieme. - disse Amu. Avrebbe voluto essergli di conforto, ma non ci riusciva. Non solo perché la situazione non la toccava più di tanto, ma anche perché non faceva che pensare e ripensare a quello che era successo. Continuava a riflettere a come Ikuto avesse fatto ad entrare. Po le venne un lampo di genio.

- Dove è passata per entrare? - chiese Amu facendo ricadere i loro sguardi su di lei.

Kobayashi rimase un po' sorpresa dalla domanda della ragazza, ma rispose:

- Dalla porta sul retro…

- Lo sapevo! - disse Amu trionfante e allo stesso tempo arrabbiata. I due le rivolsero uno sguardo interrogativo. Lei si limitò a chiudere gli occhi e fare spallucce. Ma certo, i vampiri non possono entrare dalla porta principale se non sono invitati, quindi lui ora conosce anche l'entrata di servizio ora… si disse la ragazza. Ecco, quella donna oltre che aveva lasciato morire Mary aveva dato anche al vampiro il via libera in casa loro. Meglio non dire niente, altrimenti le avrebbero domandato come lo sapeva. Un momento… pensò… ma io avevo messo l'aglio nella mia stanza, come ha fatto ad avvicinarsi?

Questa era una domanda che esigeva una risposta. Corse nella sua stanza, sotto lo sguardo stranito di Eiji e Kobayashi che si guardarono un attimo confusi.

Arrivata nella sua stanza guardò in tutte le parti della camera, ma dell'aglio non c'era traccia. Che fine ha fatto? Era una collana intera… si disse. Decise di cercare fuori, nei pressi della camera. Percorse tutto il corridoio fino a che non sentì un odore molto forte che riconobbe subito. Entro nella stanza che fino a qualche ora fa apparteneva a Mary.

- Eccola qua… - disse per poi afferrare la collana d'aglio appesa accanto al letto. Allora l'avevo spaventata quando le ho raccontato di Ikuto… constatò la ragazza. - Beh… ora non ne avrà più bisogno.

Disse in ultimo. Stava per riportare l'aglio nella sua camera quando ci ripensò. Non seppe perché, ma qualcosa la bloccò, facendola rimane immobile a metà corridoio. E se… provò a dire nella sua testa, ma non ci fu bisogno di tanti giri di parole. Per una volta avrebbe seguito il suo istinto.

Scese di sotto e nascondendo l'aglio dietro la schiena rientrò in cucina. Non c'era nessuno. Probabilmente avevano già iniziato a lavorare. Meglio così… si disse. Rimise l'aglio a posto e cominciò anche lei a lavorare.


La giornata trascorse abbastanza tranquilla, finché non giunse la notizia che era stato ritrovato un altro cadavere. Eiji si avvicinò ad Amu. La ragazza gli posò una mano sulla spalla sorridendogli amichevolmente, come per rassicurarlo.

- Non ti preoccupare… - gli disse solo. In questi casi era sempre meglio parlare poco perché non sai mai quali sarebbero le parole migliori da dire.

Si avviarono verso la chiesa insieme. Eiji con il viso scuro e Amu invece con l'aria impassibile, anche se in fondo in fondo anche lei ci teneva a quella ragazzina.

Quando arrivarono dovettero farsi largo tra la gente per andare a vederla. Arrivati davanti al gruppo di persone Eiji impallidì e si lasciò scendere le lacrime che fino a quel momento aveva trattenuto.

Amu osservò bene il corpo della sua amica. Era messo in modo tale da far vedere il volto. Mary, era proprio lei. Ikuto l'aveva ridotta davvero male. Non aveva mai fatto niente del genere alle precedenti vittime. Stavano peggiorando gli omicidi e questo poi stava facendo soffrire terribilmente il suo amico Eiji. Ikuto, so perché lo hai fatto… pensò la rosa.

Volse lo sguardo al ragazzo che se ne stava inginocchiato vicino al cadavere di Mary. Il braccio capovolto faceva davvero impressione e gli occhi aperti, velati e privi di vita di certo non aiutavano a rendere tutto meno suggestivo.

Si abbassò all'altezza del moro e gli mise una mano sulla spalla. Il ragazzo volse lo sguardo verso di lei. La guardava con gli occhi verdi ricolmi di lacrime.

- Eiji… - le disse lei cercando di essere il più dolce possibile. - dobbiamo andare adesso, la… la devono portare via.

Il ragazzo annuì alzandosi insieme a lei.

Era giunto ormai il tramonto.

Se si guardava il cielo si scopriva una bella tonalità arancione e una strana sfumatura rossa. Amu lo guardava come al solito incantata.

Che meraviglia… si disse mentre ritornava a casa con il moro. Lo guardò di sottecchi. Aveva lo sguardo abbattuto e non guardava neanche la strada che percorreva, si fidava della sua amica. Mentre lui era stranamente interessato alla strada.

- Eiji, ascoltami bene, devi passare sopra a quello che è successo. - gli disse decisa. Il ragazzo si fermò di botto andandola a fissare negli occhi. Il miele caldo si era improvvisamente congelato nel suo sguardo. Eiji non l'aveva mai vista così alla sua amica. Nei suoi occhi smeraldo si poteva intravedere un barlume che era un misto di paura e stupore.

- Amu… - iniziò a dire il ragazzo. - Come puoi anche solo pensare che io riesca a dimenticare una cosa del genere?

- Non ho detto che devi dimenticarla… - rispose la ragazza. - Ho detto semplicemente che devi passarsi sopra.

- Semplicemente? - ripeté il ragazza. - Non ci riuscirò mai! È come se mi avessero strappato via il cuore!

Esclamò per poi iniziare a correre via. Aveva bisogno di restare solo, neanche Amu lo capiva, nessuno capiva quello che provava, che cosa gli era stato strappato via.

Un ragazzo aveva seguito tutta la scena nell'ombra. Mi hai dato una bella idea ragazzino… pensò.

Era dal tramonto che li seguiva. Aveva un regalino per Amu, ma voleva consegnarglielo di persona.

La ragazza rimase un attimo perplessa per la reazione di Eiji. Alla fine alzò le spalle.

- Che idiota… - si disse per poi riprendere a camminare. - Capisco che sia dispiaciuto, ma la sta facendo troppo lunga…

Concluse così il suo discorso mentre se ne rientrava in casa attraverso il cancellato laterale, quello che si adoperava per scaricare le merci.

Ikuto intanto la seguì fino ad entrare in casa con lei sotto forma di gatto.


Kobayashi era restata nella sua stanza per tutto il giorno, provata dalla situazione. Lo sapeva che era stata stupida e se lo ripeteva secondo dopo secondo, ma ormai era troppo tardi e di certo non sarebbe andata a vedere il cadavere di Mary. Era stato abbastanza terrificante vederlo al buio, figurarsi alla luce del giorno.

Sapeva che Eiji ce l'aveva con lei per aver lasciato morire quella ragazzina a cui era tanto affezionato, ma non ci poteva fare niente lei se si era spaventata. Quel ragazzo era stato terrificante, le aveva spaventate di gran lunga. In più era stato cattivo e atroce. Aveva ucciso una ragazzina di quattordici anni invece che una di cinquanta, solo per il gusto del sangue e per la sua freschezza. Certo, lei non che si era offerta di farsi prendere al posto della ragazza. È nella natura umana l'istinto di sopravvivenza e nessuno, che lei almeno conoscesse, ha mai desiderato di morire. E Kobayashi si riteneva una parte convinta di questo gruppo.

- Chiunque lo avrebbe fatto… - continuava a ripetersi per soffocare il senso di colpa che cresceva e cresceva in lei. Cercava di convincersi da queste parole, da quello che pensava che aveva fatto la cosa giusta, che non era stata colpa sua. Che non avrebbero potuto far nulla per sfuggire alla sua sete di sangue.

Se ne stava ancora seduta sul letto a riflettere quando bussarono alla porta.

- Avanti. - disse la donna.

La porta si aprì e fece la sua comparsa Amu, con dietro uno strano gatto nero dagli occhi viola.

- Kobayashi? - chiese. - Posso parlarti?

La donna si irrigidì un poco per poi annuire.

- Che cosa vuoi Amu? - le chiese.

- Non voglio mangiarvi tranquilla… - disse ironica. Ottima cosa… pensò la donna. - Che cosa ci facevate vicino alla chiesa voi e Mary?

Domandò senza troppi giri di parole.

- Beh… eravamo andate a fare una passeggiata… - disse leggermente nervosa. Nervosismo che Amu notò.

- Ah-ah… - fece la rosa avvicinandolesi. - e voi siete arrivate fino in piazza, in piena notte, solo perché volevate sgranchirvi le gambe e… non sapevate affatto che c'era un vampiro che uccideva le persone durante la notte…

Fece la ragazza sarcastica. La donna deglutì.

- No, me lo chiedo perché lo stesso giorno io avevo avvertito Mary di questa storia… - continuò la rosa. Si avvicinò ancora di più alla donna, la quale indietreggiò sul letto fino al muro, dove c'era appoggiata una scopa con il manico di legno. - Me lo vuole spiegare che cosa è successo ieri Kobayashi?

La donna deglutì di nuovo e rumorosamente. Ripensò alle parole della ragazza e guardò gli occhi di Amu. Era vero, era cattiva quella ragazza e andava eliminata. Beh, se non era riuscita a dirlo al prete tanto vale pensarci da sole.

Estrasse la scopa da dietro il letto e provò a darla in testa alla ragazza. Era abbastanza pesante da farle perdere almeno la conoscenza. Ma con grande sorpresa sia della donna che di Amu, che era rimasta sorpresa da quel gesto, il colpo non andò a segno.

Un ragazzo dai capelli blu e gli occhi come due ametiste aveva fermato la scopa con la mano impedendole di arrivare a segno. Riconoscendolo Kobayashi iniziò di nuovo a tremare.

- T-tu… - provò a dire. - Tu che cosa diavolo ci fai qui?

- Che accoglienza… - fece. Si girò verso Amu avvicinando il volto a quello della ragazza, che per la prima volta arrossì, anche se lievemente. - Non credi anche tu Amu?

- Che accoglienza ti aspettavi? - ribatté la ragazza incrociando le braccia al petto e guardandolo dritto negli occhi.

- Se vuoi te lo dico io che cosa è successo ieri… - le disse.

La rosa sgranò gli occhi andando a fissare incredula il ragazzo.

- M-ma… - provò a ribattere Kobayashi ma le fu impossibile.

Ikuto l'afferrò per il collo facendole il gesto di tacere sorridendole malvagio.

- Perché non racconti ad Amu che cosa vi siete dette ieri tu e la biondina? - le chiese. - E che cosa volevate fare?

Amu era ancora completamente confusa. La donna non si decideva ad aprire bocca. Il vampiro allora estrasse dalla manica un pugnale. Aveva il manico nero e ornato con strane decorazioni. Lo puntò al cuore della donna.

- Così va meglio? - le chiese maligno. - Avanti ora parla, almeno che tu non voglia morire subito…

Morire subito… si ripeté nella mente. Quindi l'avrebbe uccisa comunque. Ma no ti sta solo spaventando, non preoccuparti… cercò di tranquillizzarsi la donna.

- Volevamo… noi sapevamo che Amu è malvagia… - iniziò col dire la donna, al che Amu sgranò gli occhi ancora di più. - … e volevamo aiutarla a… volevamo liberarla.

Un modo gentile per dire che mi volevano morta… pensò la ragazza. I tempi possono cambiare, ma non le persone. Come una persona era diversa veniva subito classificata nella lista nera.

- Volevate liberarla? - chiese il ragazzo prendendosi gioco di lei. - Ma che donna di buon cuore… - continuò per poi poggiarle il pugnale sul petto. - Chissà se è vero…

- Cos… - tentò di dire la donna, ma la sua domanda fu interrotta dal tremendo dolore che la costrinse ad urlare.

Il ragazzo con il pugnale si fece largo tra la sua carne ed i suoi organi fino a creare un buco abbastanza grande e profondo da mostrare il cuore che le estrasse poco dopo con un gesto fulmineo del braccio, aiutandosi con la lama del coltello. La donna non aveva mai smesso di urlare fino a quel momento. Poi… un ultimo grido, un ultimo respiro e giunse la morte. Ikuto la lasciò cadere a terra. Il buco che aveva sul petto perdeva tantissimo sangue.

Il cuore, infilzato sul coltello era ancora caldo e così glassato di sangue gli faceva venire l'acquolina in bocca.

Lo avvicinò alle labbra e leccò quella gustosa bevanda da sopra l'organo. Amu lo guardava stupita, impaurita e inorridita da quello che aveva visto e quello che stava vedendo.

- Mmm… - fece il ragazzo mentre iniziava ad assaggiare un pezzetto del suo cuore. - Devo dire che non è affatto male… era davvero una donna di buon cuore…

Disse per poi scoppiare a ridere. Mentre continuava a mangiare e succhiare il cuore ricoperto di sangue guardava la ragazza di sottecchi. Amu lo osservava con un senso di disgusto dipinto sul volto. Rabbrividì quasi quando iniziò a spellare l'organo per gustarselo meglio. Che schifo… pensò la ragazza.

Quando ebbe finito si leccò le labbra con gusto finendo di gustare in tutta la sua bontà il suo pasto. Leccò la lama del pugnale che poi lasciò cadere a terra, incurante di dove finisse. Caso ha voluto che si andasse ad infilare nel cranio della donna, facendo uscire altro sangue. Ikuto lo guardò un attimo, poi fissò Amu. I suoi occhi erano diventati ghiaccio:

- Lo berrei volentieri, ma sono pieno…

Le fece il gesto di massaggiarsi la pancia, era più una presa in giro che per dire sul serio.

Amu indietreggiò fino alla porta.

- Me l'immagino… - disse la ragazza. - Dopo l'ottimo banchetto…

Il vampiro le si avvicinò e chiuse con il braccio la porta alle sue spalle.

- Già… - le disse avvicinandolesi a un centimetro dal suo volto. - ma non credo possa competere con quello che ho davanti…

La ragazza deglutì ma non distolse lo sguardo. Ikuto le spostò i capelli da un'unica parte del collo, lasciando in bella vista il lato sinistro. Ci passò un dito sopra. La ragazza rabbrividì a quel contatto, cosa che fece sorridere il vampiro.

- Prova a mordermi e te ne pentirai… - disse cercando di sembrare minacciosa, ma con lui non ci riusciva molto bene.

Infatti il ragazzo avvertì subito la paura che provava in quel momento.

- Oh… - fece avvicinandosi un poco al suo collo. Per bloccarlo la ragazza provò ad alzare le mani, ma lui le prese subito i polsi bloccandoglieli al muro. - Hey piano, non sono uno che va di fretta…

Le si avvicinò ancora di più. La ragazza strinse gli occhi e trattenne il respiro. Ma l'unica cosa che ricevette fu una sensazione di umido. Il ragazzo le aveva appena passato la lingua sulla sua pelle candida.

- Che cavolo fai? - gli chiese con disprezzo e anche un poco alterata.

Lui puntò i suoi occhi ghiaccio negli occhi ambrati della ragazza. Si passò la lingua fra le labbra sensualmente.

- Era solo un assaggio, per ora… - le disse per poi allontanarsi da lei. Si tramutò in gatto e saltò giù dalla finestra.

Amu trasse alcuni respiri profondi prima di riprendersi completamente. Aveva creduto davvero di stare per morire, mentre quello stupido non facevo altro che divertirsi e basta con lei. Come poco prima che era venuto solo per farsi uno spuntino. Perché faceva così? Che cosa voleva ottenere? Scosse la testa per scacciare tutte quelle domande che le si formavano nella testa.

Uscì da quella stanza. Ora doveva assolutamente trovare qualcosa per far ritrovare il cadavere senza che nessuno sospettasse di lei. Beh, la sfortuna che si era accumulata durante tutta la giornata lasciò posto ad una cosa che l'aiutò molto con il cadavere della signora Kobayashi.

Il biondino o signorino Tadase era appena rientrato ed era andato subito da Amu. Di corsa salì le scale e le si mise davanti dicendo:

- Amu, ho qualcosa di importante da dirti…

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Capitolo 7
*** Murder ***


Il biondino o signorino Tadase era appena rientrato ed era andato subito da Amu. Di corsa salì le scale e le si mise davanti dicendo:

- Amu, ho qualcosa di importante da dirti…

La ragazza gli rivolse uno sguardo che esprimeva una sola cosa: incomprensione.

- Ehm… che cosa volete dirmi signorino Hotori? - chiese la ragazza. Questa volta non riusciva ad immaginarselo neanche lei di cosa avesse bisogno. - Le devo dire qualcosa anche io…

- Fa parlare prima me. - la interruppe.

-Ehm… va bene. - rispose la ragazza poco convinta.

- Per favore, andiamo nella tua stanza. - le disse, senza aspettare che lei dicesse niente ce la trascinò e la fece sedere sul letto accanto a lui.

Notò che era arrossito e che si sfrenava nervosamente le mani. Oh no, ti prego dimmi che non è quello che penso… si disse Amu. - Ecco Amu…

- Si?

- Era da molto… - continuò lui. - Da molto tempo che volevo parlarti di una certa cosa…

- Che cosa? - chiese impaziente la ragazza, aveva ben altro a cui pensare. Il cadavere già iniziava a puzzare e lei se ne doveva liberare il prima possibile.

- Ecco, vedi… io mi sono accorto… di certi… di certe…. no, no di certi… s-sentimenti… che… beh ecco… che io… che io credo di provare… verso… cioè no… nei tuoi… si beh nei tuoi… confronti. - disse in tre quarti d'ora d'orologio. Teneva la testa bassa, per non far vedere ad Amu quant'era arrossito in viso visibilmente. E fu un bene che non alzò lo sguardo, almeno non vide la faccia scocciata di Amu e anche annoiata che lo guardava con le braccia incrociate.

- Lo sapevo già. - ammise la ragazza, costringendo il ragazzo ad alzare lo sguardo e a posarlo su di lei. Si rattristò vedendole il volto impassibile, allora era come sospettava, lei non provava niente per lui. - Solo che… non è facile da dire… - disse la rosa.Veramente è facilissimo è che non voglio che si mette a piagnucolare… pensò la ragazza. - Ma io non credo di ricambiare i tuoi sentimenti.

Il viso di Tadase diventò sempre più triste.

- Capisco Amu… - le rispose. - tu credi di non essere alla mia altezza perché cono di una famiglia nobile…

- Che cosa, guarda che… - il ragazzo le posò un dito sulle labbra, gesto che la irritò parecchio. Stai calma Amu, tranquilla… si ripeteva. Ogni minuto che passava però quel biondino la irritava ancora di più. Tadase le prese la mano e la strinse fra le sue. Liberarla per tirargli uno schiaffo non le sarebbe costato niente, se non il posto di lavoro.

- Non ti preoccupare, ne parlerò con mio padre e lui alla fine sarà d'accordo vedrai… - le diceva. - Tu non ti preoccupare, dimmi solo una cosa…

- Signorino Tadase… - lo interruppe lei sottraendo la mano. - prima che voi diciate qualunque altra cosa è meglio che voi sappiate che io…

- Lo so, lo so che essendo di una famiglia bobine tu credi di essermi inferiore. ma ti ho già detto di stare tranquilla. - le disse.

- La superbia è un peccato capitale… - provò a digli Amu.

- Voglio sapere che cosa provi per me. - le disse lui improvvisamente, stupendo persino lui stesso di essere riuscito a dire quelle parole senza balbettare o arrossire paurosamente.

Amu sbuffò. E va bene, ora basta fare la carina e la gentile. Si era rotta del suo modo di fare da superiore. Si alzò dal letto e lo fissò fritto negli occhi.

- Ascoltatemi bene signorino Tadase, sono stanca dei vostri modi di fare. A me voi non piacete, non siete mai piaciuto. Non ve l'ho mai detto solo perché avrei perso il lavoro e io ci tengo a vivere. - iniziò mettendo le mani sui fianchi. - Ora l'unica cosa che mi preme di più non è affatto dirvi che cosa provo per voi, ma liberarmi di un cadavere che si trova nell'altra stanza e che voi dovete aiutarmi a portare fuori di casa.

Il ragazzo restò ammutolito dalle parole di quella ragazza sempre così dolce e gentile con tutti. Lo ferì profondamente il discorso che gli aveva fatto. Lei non lo amava, non gli era neanche mai piaciuto, si sentiva umiliato e preso in giro. Preso in giro da lei e umiliato per aver confessato i suoi sentimenti ad una semplice cameriera.

Poi d'un tratto, mentre ripassava nella mente il discorso della ragazza si accorse di una parola che aveva usato. Cadavere.

- Cadavere? - ripeté il ragazzo guardando Amu.

Lei annuì facendolo alzare dal letto.

- Potreste anche non credermi se volete, ma un vampiro è stato qui, quello che ha ucciso tutte le persone che sono state ritrovate. Ha ucciso la signora Kobayashi e ha lasciato il corpo nell'altra stanza. Ho bisogno che voi mi aiutate a portarlo fuori di qui o comunque a trovare il modo di non farci addossare la colpa… - gli disse.

Il biondo la fissò a lungo, poi annuì. La ragazza le rivolse un sorriso, uno vero stavolta.

Si diressero entrambi nell'altra stanza. A Tadase venne da vomitare non appena visto il corpo e sentito la puzza di morte e sangue secco di cui era impregnata quella stanza.

- Amu, ma come fai a resistere? - le chiese mentre si teneva premuto contro il naso un fazzoletto con la mano sinistra.

- Non è il momento giusto per essere schizzinosi. - gli spiegò, poi guardandolo capì che avrebbe vomitato da un momento all'altro se fosse rimasto poco di più in quel posto. - Facciamo così, tu prendi un sacco mentre io cerco di spostare il corpo.

Tadase annuì e stava per uscire quando la ragazza lo richiamò:

- E portami anche qualcosa per pulire per terra.

Il biondo annuì di nuovo precipitandosi di sotto.

- Bene, a noi brutto cadavere in putrefazione… - mormorò fra se e se Amu. Si avvicinò alla donna e la studiò per bene. Puzzava da morire. La scrutò centimetro per centimetro prima di decidere che cosa doveva fare. Allungò una mano verso la sua fronte e le estrasse il pugnale. Rimase per un po' di tempo incantata da quell'oggetto così bello e letale. Senza pensarci di più lo ripulì dal sangue utilizzando il suo vestito e se lo mise nella tasca interna, pregando che Tadase non si accorgesse di niente.

Il biondo ritornò qualche minuto dopo con un sacchetto di stoffa marrone scuro in mano. Senza neanche entrare nella camera lo lanciò alla rosa che dopo averlo preso ci infilò dentro il corpo esanime della signora Kobayashi. Sistemò bene il sacco in modo che sembrasse spazzatura, mettendoci dentro anche le coperte e le lenzuola, anch'esse sporche di sangue. Per terra era sporco, ma quello lo avrebbe pulito dopo. Prima di tutto doveva far uscire il sacchetto. Lo trascinò fino all'ingresso, raccomandando Tadase di restare di guardia.

Il biondo annuì un po' titubante.

- Guardate che è morta… - disse la ragazza. - Non morde di certo. Io torno subito…

Fece per poi risalire in camera e iniziare a pulire a terra il pavimento terra. Fu molto dura, ma dopo qualche ora riuscì a pulire l'intera stanza dal sangue che il vampiro aveva sparso dappertutto.

Prima di scendere dal ragazzo accese un incenso per togliere quell'odore di putrefazione e poi uscì in corridoio.

Corse di sotto gridando:

- Eccomi signorino Tadase, sono…

Si bloccò all'istante. All'ingresso c'era solo il cadavere, Tadase era sparito. Si avvicinò con cautela alla porta. Si affacciò ad essa, ma non trovò nessuno se non un biglietto poggiato sull'erba. Sempre lentamente e guardandosi intorno lo raccolse.


Buonasera piccola, romantico il ragazzino,

spero non ti dispiacerà se l'ho invitato a cena,

a presto…

I


Presa dalla rabbia improvvisa stracciò in mille pezzettini il biglietto. Quel maledetto! Ma non si sazia mai? Aspetta un momento… romantico il ragazzino? Che voleva dire.

- Oh mio Dio! - esclamò portandole mani al volto. - Non mi dirai che ha visto quella scena pietosa avvenuta nella mia camera? Questo è peggio di perdere il lavoro…

Sbuffò per poi rientrare in casa e provare a prendere in braccio il sacco. Non riusciva neanche a spostarlo di mezzo millimetro.

- Uff… - si lamentò. - la prossima volta dirò a quel vampiro di mangiarsene una più magra.

Raccolse tutte le sue forse e alla fine riuscì a coricarselo in spalla. Uscì traballando e incerta si diresse verso il pozzo. Fortuna che era vicino, altrimenti non avrebbe retto.

Riuscì a gettarcelo senza perdere tempo e dopo aver fatto questo enorme sforzo si lasciò andare a terra per riposare le sue povere braccia.

- Cavolo però! - esclamò mentre cercava di riprendere la sensibilità delle dita. - Questa situazione si fa sempre più brutta. Ma perché non posso avere una vita normale? E per di più adesso c'è anche il problema di questo affascinante e seducente vampiro che non fa altro che pedinarmi. Ora ha rapito anche Tadase, sicuramente lo ucciderà e il suo cadavere domani verrà ritrovato da qualche parte di questo posto schifoso. Che noia mortale…

Che avrebbe fatto adesso? Sarebbe dovuta andare a salvarlo o era meglio abbandonarlo al suo destino. Un'eroina magari sarebbe andata ad aiutarlo. Lei no. Non ne aveva nessun motivo e di certo non avrebbe rischiato di nuovo la vita per un bamboccio come quello lì. E poi non sarebbe stata di certo lei a far ragionare Ikuto. Si sa che i vampiri affamati è difficile distoglierli dal proprio interesse e lei non ci teneva neanche a provarci. Lo sapeva troppo bene come erano intrattabili, quella sera era riuscita a fuggire per miracolo dalla sua sete di sangue.

Si alzò dall'erba e tornò in casa. Sia i domestici che il padrone erano andati in chiesa per il funerale di Mary, lei aveva preferito restare a casa. Non se n'era mai pentita tanto.


Un ragazzino biondo sonnecchiava legato ad una sedia. Era ormai da un paio d'ore che aveva perso conoscenza e non reagiva più a niente.

Ora però Ikuto era davvero stanco di aspettare. Prese un secchio d'acqua e glielo tirò addosso facendolo sobbalzare.

- Aaah! Dove, cosa, quando perché? - disse una raffica di parole distinte che non si collegavano fra loro per poi guardarsi intorno. - Dove diavolo sono finito?

Provò a muoversi, ma con suo grande stupore si scoprì legato ad una poltrona stranissima, rossa e nera con delle decorazioni particolari.

- Ben alzato signorino Hotori… - da un angolo in penombra della stanza comparve un ragazzo. Molto alto, dai capelli blu notte e gli occhi bianchi e freddi, inquietanti. Tadase rimase a bocca a pretta dallo stupore e dalla paura. Che cosa voleva quell'individuo da lui, non si ricordava neanche di averlo mai visto. - Qualcosa non va?

Il biondo si riscosse, la voce derisoria del ragazzo lo irritava, ma doveva rimanere calmo e tutto sarebbe andato bene. Nessuno poteva fargli del male.

- Affatto… - rispose sicuro di se. - Stavo giusto pensando a che cosa ti succederà quando verrà a salvarmi mio padre.

Ikuto scoppiò in una fragorosa risata.

- Sei proprio un nobile, tutti uguali… - iniziò a dire il ragazza mettendo le braccia incrociate dietro la schiena e iniziando a girare intorno alla futura vittima. - Vi credete sempre troppo importanti per morire…

- M-morire?

- Ci dev'essere sempre qualcuno a salvarvi… - disse ancora il vampiro. - Non è così signorino Tadase?

Tadase non seppe come rispondere, chiuse la bocca e deglutì.

- Voi potete avere chiunque, non è vero? - questa domanda però era diversa dalle altre, mirava ad un bersaglio preciso, che però Tadase non era riuscito a centrare.

- Non capisco… - rispose il biondo.

- Oh… te lo faccio capire io… - gli disse per poi tirare fuori da un portaombrelli una specie di spadino in argento con un serpente nero che decorava il tutto, attorcigliato intorno al manico. Tadase si irrigidì alla vista di quello che sembrava proprio essere un'arma. - Tu conosci una ragazza?

- Ma che razza di domanda è, io ho conosciuto milioni di ragazze… - gli rispose vantandosi.

Il ragazzo poggiò appena la lama sul collo del ragazzo.

- Oh non lo metto in dubbio… - disse sorridendo ironico. - ma ce n'è una in particolare, vero? C'è sempre la ragazza che vale più di tutte le altre messe insieme.

Negli occhi di Tadase passò un ombra. Si fece improvvisamente serio e triste.

- Vedi che c'è? - riprese Ikuto. - Ma questa ragazza non ci contraccambia, non è vero signorino Hotori?

- Basta! - gridò il biondo tentando di trattenere le lacrime che gli scendevano sulle guance a tradimento. - Tu non sai niente, non conosci la ragazza che amo, non conosci me e non sai nemmeno se lei mi ricambia oppure no!

Disse questo tutto d'un fiato, gridando come un pazzo, tanto che alla fine aveva il fittone. Il suo petto si muoveva velocemente a tempi regolari.

- Invece lo so… - rispose calmò il vampiro fissando negli occhi la sua vittima. - Lo so chi sei tu, so chi è la ragazza di cui ti sei innamorato… -l'ultima parola la marco con ironica premura. - Ti ho anche visto mentre le confessavi i tuoi sentimenti. Devo dire che mi è piaciuta la reazione della ragazzina, ti ha fatto rimanere davvero male, ah?

Tadase abbassò lo sguardo. La conversazione stava diventando insostenibile.

- Beh… - provò a dire il biondino. - ora che mi hai detto tutto questo che cosa hai intenzione di farmi?

Il vampiro ridacchiò maligno.

- So che la mamma dice che non si gioca con il cibo… - iniziò il ragazzo. - ma io ho giocato con lei quindi ora non ha più importanza se si può fare o no.

Tadase rabbrividì.

- Che cosa… - tentò di dire. - Che cosa vuoi fare con me?

- Oh tranquillo non mi attrai se è quello di cui hai paura… - gli rispose ironico Ikuto. - Non in quel senso almeno. Come ostaggio sei più che affascinante.

Scoppiò a ridere in una risata malvagia, sotto lo sguardo inquieto del ragazzino.

- Andiamo Tadase, non mi dirai che hai paura? - lo schernì il ragazzo. Tolse il coltello da sotto il suo collo. Gli prese la mano sinistra e gli disse:

- Bene mio piccolo principe… Facciamo un gioco, ti va?

Tadase deglutì e tentò di scuotere la testa, ma il vampiro non lo ascoltò.

- Io ti farò ogni tanto una domanda, tu mi dovrai rispondere sinceramente, so quando le persone mi mentono, lo avverto… - gli disse. - E poi non ti conviene farlo, perché ad ogni risposta che non mi piacerà perderai una delle tue preziose dita.

Gli sorrise sadico. Il biondo lo guardo terrorizzato, ma riuscì lo stesso ad annuire.

- Hai paura di me? - gli chiese fissandolo negli occhi.

Okay, essere sincero si, ma perdere la dignità in questo modo no. Il grande Tadase pensò bene di rispondergli:

- No.

Ikuto sorrise.

- Risposta sbagliata biondino… - gli rispose. Poggiò il pugnale sul dito indice e lentamente glielo segò staccandoglielo dalla mano. Tadase urlò come non aveva mai fatto il vita sua. Il dolore era insostenibile e non poteva neanche guardare l'atroce ferita che aveva, poiché aveva la fobia del sangue. - Ora mi credi che faccio sul serio?

Gli chiese mostrandogli il dito appena mutilato. Lo gettò lontano da loro quasi con disgusto.

Era stato davvero uno stupido a mentirgli già dalla prima domanda. Tutta colpa dell'orgoglio.

- S-si… - rispose il biondino. - ora ti credo…

Il ragazzo prese in mano un altro dito e si preparò a parlare.

- Altra domanda… vorresti sopravvivere a questa situazione?

- Certo che si! - esclamò il ragazzino facendo uscire di nuovo le lacrime.

Ikuto strinse il dito medio e con un gesto seccò lo spinse all'indietro, verso le spalle. Altro grido di dolore da parte del ragazzo.

- P-perché lo hai fatto? Era la verità… - gli chiese il biondino.

- Non ho mai detto che agli altri diti non avrei fatto niente se mi avessi dato la risposta corretta… - gli spiegò dando vita ad un'altra sadica risata.

Tadase non riusciva a smettere di tremare. Quel vampiro lo terrorizzava e non riusciva a non avere paura di lui.

- Ultima domanda… - gli disse. - La ami?

- Chi? - domandò Tadase sperando di aver capito male.

Ikuto per risposta gli tagliò l'anulare con il pugnale. Le urla rimbombavano per tutta la stanza. Il dolore che stava provando in quel momento era inconcepibile.

- Non giocare con me piccolo principe… - lo prese in giro il ragazzo. Poi si fece di nuovo serio e si avvicinò al volto del ragazzino. - Hai fatto un grosso sbaglio sta sera a rivelarle i tuoi sentimenti…

- Per… - stava per chiedere, ma Ikuto con un gesto veloce del braccio che reggeva il pugnale gli tagliò la gola, sporcandosi con qualche schizzo del suo sangue.

Stranamente non ne provò neanche una goccia. Ripulì la lama del coltello e lo posò sopra la scrivania.

Slegò il corpo del ragazzo e lo portò di peso fuori dalla sua casa. Lo infilò in un sacco e lo portò di peso in un fosso vicino, dove lo gettò all'istante, senza ripensamenti. Era una fossa comunque, lo avrebbero ritrovato presto. Non vedeva l'ora di vedere la faccia di Amu. Per la prima volta non aveva ucciso per cibo, il sangue di quel ragazzino non lo avrebbe mai leccato. Perché il suo era stato un gesto impulsivo, causato da un specie di gelosia che gli aveva formato un groppo alla gola, quando aveva visto che Tadase si era dichiarato. La sua gelosia però si era tramutata in istinto omicida che lo aveva portato fino a quel punto.

Rientrò nella sua casa. Si diresse verso il bagno e si spogliò di tutti i vestiti. Si fece un bel bagno gelido. Si ripulì del sangue che lo aveva sporcato sfregando con foga la spugna sul suo corpo freddo e bianco.

Quando uscì si cinse un asciugamano intorno alla vita e gettò via i vestiti usati prima. Infilò una camicia rosso sangue, con dei pantaloni di pelle sotto e delle scarpe comode e tipiche di quell'epoca. Così cambiato sorrise, prima di tramutarsi in gatto e sparire nella notte diretto in un posto ben preciso.


Una ragazza se ne stava distesa sul letto della sua stanza. Ikuto aveva intenzione di uccidere Tadase, che cosa diavolo sarebbe accaduto quando il padrone avrebbe ritrovato il corpo del suo amato figlio? Un grande disastro, ecco cosa… rispose a se stessa la ragazza.

Da fuori la finestra un ragazzo la guardava. non poteva accorgersi di lui, era distesa e non poteva vedere la finestra, visto che ce l'aveva davanti. Quella ragazza era diventata proprio un'ossessione per lui. Avvertiva in lei qualcosa di diverso, di più oscuro, come se il suo animo non fosse candido come tutti gli umani, ma avesse qualcosa di demoniaco dentro. E questo lo attraeva e lo eccitava al tempo stesso. Tutto il suo interesse dopo tutto era mirato in due punti precisi. Uno il suo dolce sangue, il solo pensarci gli veniva fame. E l'altro era l'oscurità che si portava dietro e che lo attirava come una calamita. Dopo tutto era un vampiro e come tale non avrebbe mai provato l'amore, solo ossessione, solo attrazione. Niente di più. Ma anche queste facevano la sua parte e mettevano in moto l'istinto che c'era nel vampiro.

La ragazza si era appena messa seduta sul letto quando un gattino nero le balzò in grembo. Lo riconobbe subito, ma non fece in tempo a toglierselo di dosso che il piccolo gatto si trasformò.

La rosa si ritrovò sdraiata sotto Ikuto che le stava sopra a cavalcioni. La teneva per i polsi, divertito, ferma sotto di lui, dove le era impossibile muoversi.

- Ma che cavolo! - esclamò tentando di ribellarsi, anche se il suo unico risultato fu scalciare paurosamente senza riuscire mai a colpire il ragazzo. Ikuto rise di gusto nel vederla così indifesa. -Allora, com'andata la cena?

Gli chiese poi. Il ragazzo la guardò un attimo perplesso, poi sorrise sadico.

- Benissimo… - le rispose, poi le si avvicinò fino a sfiorarle il volto. - Ma ci mancava il dessert…

Amu volse la testa di lato per non rischiare di arrossire in sua presenza, sarebbe stato un colpo fatale. A quel gesto i capelli le si spostarono leggermente mettendo in mostra una parte del corpo molto tentatrice per il vampiro.

Il ragazzo ridacchiò per poi posare le sue labbra gelide sul collo della ragazza lasciando piccoli baci su di esso e cominciare ad aspirarne il dolce e delicato profumo della pelle.

La ragazza agitò un poco la testa infastidita.

- L-lasciami stare… - tentò di dire, ma la sua voce era come rotta e roca. Lui non le diede retta, in un certo senso era come se sapesse che lei non voleva, lo avvertiva. La reazione della ragazza era solo pe non fargli capire che aveva ottenuto quello che voleva, lei. Prese i polsi in una sola mano e le volse il viso nella sua direzione.

- Oh andiamo… - le disse. - Perché non ammetti che ti è piaciuto?

- C-che cosa? - domandò stupita la ragazza.

- Hai capito bene, si può sentire lontano un miglio quanto tu emozioni sempre ai miei gesti. - le disse con voce sensuale e provocatoria. - Mi è bastato sfiorarti le labbra per farti andare nel pallone, non è vero?

Le chiese con sguardo d'intesa. La ragazza capì subito che si era accorto che lei era sveglia. Bastardo, lo ha fatto a posta… pensò.

- Affatto… - gli rispose.

- Ma davvero? - le chiese il ragazzo. Alzò un dito e lo andò a posare sul naso della ragazza. Dopo qualche minuto iniziò a scendere fino ad arrivare all'altezza del petto della rosa, che cominciava già a sudare freddo.

Da solo un dito aprì tutta la mano e gliela posò all'altezza del cuore.

- Il cuore ti batte all'impazzata… - le disse.

- Tutti i vivi hanno il cuore che batte. - provò a ribattere Amu.

- Non va mai così veloce… - le rispose. - Sono stato umano anch'io, sai? Quando il cuore accelera vuol dire che l'emozione sta crescendo… perché non lo ammetti Amu?

- P-perché non è vero… - disse la ragazza, ma lei stessa era incerta di quello che stava dicendo.

- Non ho mai conosciuto una ragazza così ostinata a mentire, Tadase ha imparato proprio oggi ad essere sincero… - le disse allora il ragazzo sogghignando.

- Che intendi dire? - chiese Amu.

Ikuto la guardò un attimo negli occhi, sorrise sadico, poi la lasciò andare e si sedette sul bordo della finestra.

- Lo vedrai da te… - rispose per poi dileguarsi lasciandola sola.

Amu rimase per un po' immobile, senza riuscire a muovere un muscolo. Ma che cavolo le prendeva? Era come se ogni volta che lo vedesse dimenticava che la voleva uccidere. Anche perché…

Era solo un assaggio, per ora…

Non credo possa competere con quello che ho davanti…

Ma ci mancava il dessert…

Perché le diceva tutte queste cose e poi non le faceva nulla? Questa era proprio bella… Scosse la testa per scacciare il pensiero e si alzò in piedi, non sarebbe riuscita comunque a dormire, quindi tanto valeva aspettare.

Trascorse tutta la notte in bianco, con la sola compagnia dei suoi pensieri.

Verso le sei poi scese di sotto, dove trovò Eiji già sveglio, con il volto bianco e un'espressione di terrore dipinta sul volto. Amu lo guardò a lungo prima di chiedergli che cos'era accaduto. In un certo senso era come se lo avvertiva che…

- Hanno trovato il corpo del signorino Tadase morto, in un fossato. - appunto, proprio questo. Eiji le aveva detto tutto con voce tremante, mentre lei in risposta aveva solo annuito, sbuffato e detto:

- Bisognerà dirlo al padrone.

Eiji si stupiva sempre di più per la calma con la quale la ragazza diceva delle cose orribili. Non era una cosa facile da fare.

- Non vorrai mica che glielo dica io? - le chiese il moro. Odiava queste situazioni, non le sopportava proprio.

- Perché no? Tu sicuramente saprai che cosa dirgli e nel modo giusto… - gli rispose la ragazza. - Io mi limiterei a bussare alla sua camera, entrare e dire 'vostro figlio è morto.' Non sono la persona più adatta a dare queste notizie.

Magari Amu aveva anche ragione, ma lui non sarebbe riuscito a dire niente senza balbettare e agitarsi. Era troppo ansioso e da quando aveva visto il cadavere di Mary lo era diventato ancora di più. Sotto gli occhi gli si erano disegnate due borse viola, insonnia. Terrore che potesse essere preso anche lui. Questo lo portava a guardarsi sempre intorno e a non riuscire a prendere sonno.

- Coraggio… - la voce di Amu lo distolse dai suoi pensieri. - Andiamo a vedere questo cadavere…

Disse sbuffando nuovamente.

- Io non vengo. - annunciò Eiji.

Amu fece spallucce.

- Fai come ti pare, ma io ci devo andare… - disse e stava per uscire quando il moro la trattenne.

- Devi? - chiese sospettoso.

- Certo, mi devo assicurare che non si siano sbagliati. - rispose evasiva, poi lo guardò dritto negli occhi con sguardo glaciale. - Lasciami subito il braccio.

Il ragazzo tolse la sua mano all'istante, permettendo alla rosa di uscire e dirigersi verso il fossato.

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Capitolo 8
*** Answers ***


Amu camminò per qualche minuto fino a giungere nel posto dove avrebbe visto il corpo del biondino. Lo riconobbe subito, come al solito i paesani si erano riuniti tutti per piagnucolare e per compatire una persona che neanche conoscevano. Le anziane andavano lì solo per dire:

- Povero ragazzo, era tanto bravo…

Oppure fingere di piangere tenendo un fazzoletto davanti al naso, cosa stupida che Amu non aveva mai compreso.

Si avvicinò all'ammasso di gente e si fece l'argo tra di loro con la scusa che lo conosceva. Questa volta le persone erano di più e sembravano tutte incollate per come se ne stavano appiccicate l'una all'altra.

Una volta arrivata davanti a loro lo vide. I capelli biondi erano arruffati e appiccicati al viso. Gli occhi erano aperti e il colore rosso era spento. Sembrava vetro. Inoltre aveva dei strani segni sul corpo, come se fosse stato legato, la corda gli aveva segato la pelle. Inoltre la mano del ragazzo aveva due dita mutilate e un dito rotto.

Tadase ha imparato proprio oggi ad essere sincero…

Le parole del ragazzo le ritornarono alla mente. Ecco che cosa voleva dire, ecco come aveva imparato, la lezione era stata piuttosto pesante considerando il dolore che doveva aver patito. Ma ancora non riusciva a capire che cosa intendeva per essere sincero. Che bugie potrebbe aver detto e poi perché? Non capiva, ma ben presto avrebbe capito.

Si inginocchiò davanti al corpo del ragazzo e gli tolse i capelli dal viso scoprendo il collo. I paesani la guardavano disgustati e sorpresi. Lei non se ne curò e guardò da tutti e due i lati del collo di Tadase. Non ci sono fori… pensò sorpresa Amu.

-Allora, com'andata la cena?

Gli chiese poi. Il ragazzo la guardò un attimo perplesso, poi sorrise sadico.

- Benissimo… - le rispose, poi le si avvicinò fino a sfiorarle il volto.

Le parole pronunciate da quel vampiro le rimbombarono nella mente. E anche il biglietto.


Buonasera piccola, romantico il ragazzino,

spero non ti dispiacerà se l'ho invitato a cena,

a presto…

I


Diceva 'cena'. E allora perché Ikuto non l'aveva morso? perché non aveva bevuto il suo sangue? Cercò su tutto il corpo tracce di morsi o comunque una prova che gli aveva succhiato il sangue, ma niente. Non lo aveva neanche sfiorato con le labbra.

La rosa si alzò in piedi. C'era un motivo del perché non l'aveva morso e lei doveva sapere perché, doveva sapere tutta la storia. E aveva già in mente chi sarebbe stato a raccontarle tutto.

Si girò verso le persone che la guardavano ancora sbalordite. Le guardò tutte con lo sguardo freddo e distaccato. Poi si rifece largo tra la folla. Questa volta non dovette spingere molto, le persone la lasciavano passare. Aveva toccato un cadavere e non volevano di certo rischiare di essere infettati dalla puzza di un morto.

Meglio così, fece prima a passare ed era proprio quello che voleva. Non aveva tempo da perdere. Iniziò ad incamminarsi verso la sua meta a passo svelto e deciso. Non sapeva bene dove abitava, ma sapeva che era al di là del bosco e poi sicuramente sarebbe stato lui a farsi vivo per primo.

Infatti…

La ragazza era appena entrata. Era mattina presto e il sole aveva iniziato da poco a farsi alto nel cielo. Amu cercava delle tracce nel terreno. Forse poteva riuscire a scoprire qualcosa e a trovare magari un sentiero, una scorciatoia o qualcosa che solo lui utilizzava per tornare a casa. Ma non trovò niente. Era proprio un vampiro, non lasciava traccia, dove passava lui restava tutto com'era prima. Dannazione, di questo passo non lo troverò mai… pensò la ragazza. Si inginocchiò a terra e tastò il terreno con le mani, come alla ricerca di qualcosa.

- Ahio! - esclamò d'un tratto sottraendo la mano da cui sgocciolava sangue. Aveva un taglio abbastanza profondo nel palmo. Se lo era fatto mentre passava la mano veloce sul terreno. Con cautela tolse le foglie secche dal luogo in cui si era fatta male e con sua grande sorpresa scoprì un paletto. Con la mano destra, quella sana, lo tirò fuori dal terreno e lo guardò con attenzione e stupore. - Chi diavolo ha messo un paletto qui?

- E chi lo sa! - rispose una voce alle sue spalle. - Ce ne sono passati tanti qui! E tutti sono finiti nello stesso punto… al cimitero.

Disse per poi mettersi a ridere.

- Posso facilmente indovinare per mano di chi… - gli disse lei tornando a guardare il paletto. In quel breve attimo si sentì prendere la mano tagliata e il polso destro e si ritrovò davanti Ikuto.

- Brava… - le disse lui ironico. Poi fissò la sua mano, ispirò l'odore del sangue, che gli arrivò fin nelle interiora. E nonostante la ragazza opponesse resistenza riuscì comunque a gustare un po' di quel delizioso liquido rosso che tanto lo inebriava. Le leccò via tutto il sangue dalla ferita, che poi non era neanche tanto grande, a parte la profondità. Poi si concentrò sull'altra mano, quella che reggeva il paletto.

- Mmm… - fece. - Con questo coso rischi di farti male…

Le disse con finta premura, infatti sorrise ironico subito dopo per poi toglierle dalle mani quell'aggeggio, spezzarlo e lanciarlo lontano da lì.

- Oh, grazie di avermi messo in guardia… - gli rispose scocciata, cercando di tamponare la ferita con l'abito. - Ah…

Faceva davvero male e il sangue non si voleva fermare.

- Dai vieni… - le disse il vampiro prima di trasformarsi in gatto e farle il gesto di seguirlo con la testa.

La ragazza si alzò in piedi, non aveva scelta e poi voleva delle risposte.

Lo seguì per tutto il bosco, dovette ammettere che era davvero grande e sotto certi aspetti inquietante. Più ti inoltravi nel bosco più ti sembrava che qualcosa ti seguiva, che ti osservava e che era sempre pronta ad attaccarti. Ora capiva perché tutti erano così spaventati ad entrare in quel posto e che non andavano mai oltre l'inizio del bosco.

D'un tratto si trovò davanti ad un'impotente struttura nera. Era un castello, fortuna che si era aspettata una casa. Guardò quell'abitazione stupefatta, era davvero bellissima, anche se oscura e terrificante.

Ikuto si tramutò nuovamente in ragazzo e aprì l'entrata, guardando di sottecchi Amu che era ancora impegnata a fissare dettaglio per dettaglio la dimora.

La porta si aprì così silenziosamente che neanche se ne accorse fino a che il ragazzo non le schioccò le dita davanti agli occhi ambra.

- Hey! Ti sei incantata? - le fece. Poi le indicò la porta. - Entra…

Anche se un po' titubante la ragazza varcò la porta che si richiuse pesantemente alle sue spalle, facendola sobbalzare. Davanti a lei un grande ingresso con una scala larga che portava al piano di sopra al centro. Tutto questo, comprese le pareti era nero e il distacco lo facevano il grande tappeto che percorreva tutta la scala e le pesanti tende alle grandi finestre laterali, entrambi rosse. Non c'era niente in quella stanza, era completamente vuota.

- Devi salire le scale… - le disse all'orecchio, facendola sobbalzare leggermente.

- Non è uguale se restiamo qui? - gli chiese leggermente agitata. Il ragazzo sorrise divertito e sadico al tempo stesso.

Le poggiò le mani sulle spalle, facendola rabbrividire, poi le sussurrò all'orecchio:

- Di sopra si sta più comodi.

Fortuna che non la poteva vedere, perché il sangue le era salito tutte sulle gote, facendole diventare rosse come non lo erano state mai.

- V-va bene allora andiamo… - rispose cercando di mantenere la calma. Era troppo curiosa e ostinata per tirarsi indietro e anche lo avesse voluto, ormai era troppo tardi.

Si lasciò condurre al piano superiore dal ragazzo che non la smetteva di cogliere l'occasione per imbarazzarla o per spaventarla. La ragazza se ne era accorta da tempo che lui era il solo che ci riusciva a farle scatenare queste due emozioni. La cosa non le piaceva, ma allo stesso tempo quando lo faceva la faceva sentire strana, non lo avrebbe saputo mai spiegare il perché o meglio, non avrebbe voluto spiegarlo.

Arrivati al piano di sopra si ritrovò in una stanza molto particolare. Le pareti ed il pavimento erano sempre nere. Le tende alla finestra posta sul lato destro erano porpora. Al centro della stanza, poggiata alla parete c'era una scrivania in legno con sopra varie carte, inchiostro e pennino. Il lato destro era interamente ricoperto di libri a parte una porta in legno scuro nell'angolo.

Davanti a lei c'era una poltrona nera e rossa. C'erano delle tracce di sangue su di essa e della corda tagliata ancora intrecciata sullo schienale. Ad Amu non servì fare complicati ragionamenti per arrivare alla conclusione che lì ci era morto Tadase. Sorrise, un sorriso strano, quasi maligno che non sfuggì di certo all'occhio attento di Ikuto. Vagò ancora con lo sguardo e vide poco lontano due dita. Improvvisamente provò ad immaginare il biondino mentre piangeva e urlava per il dolore provocatogli da quella magnifica creatura della notte. Sorrise sadica al pensiero. Quanto avrei voluto esserci… pensò la ragazza stupendosi dei suoi stessi pensieri. Ritornò seria e si volse verso il ragazzo che la guardava con uno sguardo profondo e interessato.

- A cosa pensavi? - le chiese curioso.

- A niente, osservavo la stanza. - mentì lei.

Lui sorrise, aveva capito che mentiva, ma non disse niente stavolta.

- Dammi la mano… - le disse e senza aspettare risposta le afferrò la mano ferita.

- Hey, niente scherzi! - lo mise in guardia la ragazza. - E poi fai piano, fa male sai?

Lui le sorrise derisorio.

- Oh andiamo, nemmeno un assaggino? - le chiese con la faccia da bambino dispiaciuto. La ragazza sbuffò. - Dai vieni qua che ti medico…

Amu gli rivolse uno sguardo di assoluto stupore.

- Come? - chiese davvero sorpresa.

- Se non ti fermo subito il sangue non risponderò delle mie azioni. - le spiegò semplicemente mentre prendeva un pezzo di stoffa dalla tasca.

- Oh… - disse solo Amu. Era logico che fosse contro la sua sete quello che stava facendo. A dir la verità era un po' delusa, ma era anche normale. Era pur sempre un vampiro. - Ikuto?

Era la prima volta che lo chiamava per nome e la cosa le suonava alquanto strana.

- Si, Amu? - rispose lui intento a fasciarle la mano.

- Risponderesti a delle domande? - gli chiese sicura.

Il ragazzo la guardò stranito, alzando un sopracciglio.

- Certo signorina Hinamori, tutto quello che vuole… - le fece ironico.

- Non prendermi in giro! - esclamò lei irritata.

- Avanti, che cosa vuoi chiedermi? - domandò mentre legava la benda e finiva di fasciarle la mano.

- Oggi ho visto il corpo di Tadase… - disse la ragazza.

Lui continuava a guardarla profondamente, come se volesse vederle l'anima.

- Questa non è una domanda. - disse il ragazzo.

- Fammi finire… - riprese la rosa. - Ho guardato bene il corpo e non ho trovato tracce di morsi…

Il ragazzo le si avvicinò lentamente e si abbassò all'altezza del volto della ragazza.

- E allora? - chiese.

- E allora volevo sapere perché non gli hai succhiato il sangue visto che lo hai fatto con tutte le vittime. - rispose la rosa mettendo le mani sui fianchi e cercano di apparire il meno agitata possibile.

Il vampiro si fece serio un attimo, poi il sorrisetto ironico ricomparve sul suo volto.

- Ero pieno, ti ricordo che avevo appena mangiato un cuore. - le rispose.

- Non centra, sono sicura che non è questo il motivo. - disse.

Il ragazzo si avvicinò ancora di più al suo viso. Con la mano le fece una carezza di cui sentì appena il tocco.

- Beh, non si può dire che non sei sveglia, ma nello stesso caso non ti riguarda. - le disse ad un soffio dalle labbra.

La ragazza fece un passo indietro. Aveva capito che era solo un trucco per distrarla.

- Io credo di si… - continuò sempre più convinta. - Quindi ora mi dirai perché.

Ikuto fece un mezzo sorriso.

- Però, non me lo sarei mai aspettato… - disse. - Va bene hai vinto.

- E allora? - chiese di nuovo incrociando le braccia al petto.

Il ragazzo si tolse la fascia nera dal collo e lanoso sopra la scrivania, poi rispose.

- Non lo avrei mai bevuto il suo sangue… - le rispose.

- Che razza di risposta eh? - disse la ragazza arrabbiata.

- Hey calma! - esclamò il ragazzo mettendosi a ridere. - Non l'ho bevuto perché mi faceva schifo…

- Non era del tuo gruppo sanguigno preferito? - chiese sarcastica la rosa.

- Beh a parte quello quel ragazzo non mi piaceva… - rispose per poi avvicinarsi a lei. - Non è stato troppo frettoloso?

Amu capì all'istante a cosa si riferiva e sgranò gli occhi. Lo aveva sentito, aveva assistito alla sua dichiarazione. Non ci poteva credere e l'unica cosa che riuscì a dire fu:

- Bleah! Come hai fatto a resistere a quel discorso? Se avessi potuto lo avrei ucciso io con le mie mani…

Ikuto scoppiò a ridere. Non aveva sbagliato affatto, l'animo di quella ragazza era speciale, benché fosse umana.

- Hai altre domande? - le chiese una volta calmatosi.

- Si… - rispose Amu. - Cosa intendevi dire con la frase 'Tadase ha imparato proprio oggi ad essere sincero…'?

- Non lo hai scoperto vedendo il suo cadavere? - domandò a sua volta il vampiro.

- Ho visto come ma non ho visto perché. - rispose allora la rosa passandosi una mano fra i capelli mettendo il risalto per qualche secondo il collo.

- Gli ho fatto alcune domande e volevo che lui mi rispondesse sinceramente. - disse con noncuranza il ragazzo.

- Che domande? - chiese a sua volta lei.

Il vampiro socchiuse gli occhi in due fessure e si avvicinò ancora di pi alla ragazza che preoccupata per quell'atteggiamento iniziò a indietreggiare fino a toccare il muro.

- Dì un po' piccola umana… - iniziò Ikuto con uno strano tono della voce. - Credi di poter dettare le regole del gioco? Se è così ti stai sbagliando…

- Ma di che…

- Zitta! - esclamò il ragazzo afferrandola per il collo. I suoi occhi cambiarono colore diventando due bigie di ghiaccio che la guardavano minacciosi. - Quello che gli ho chiesto non ti deve riguardare…

Le disse. Amu lo guardava sbalordita senza riuscire a capire la sua reazione, dopo tutto non gli aveva chiesto niente.

In realtà il ragazzo non si era arrabbiato per le sue domande, ma perché aveva paura che la ragazza capisse. Capisse la sua ossessione verso di lei, capisse il motivo specifico per cui l'aveva fatto.

Il viso della ragazza iniziò a cambiare colore, non riusciva a ricevere più ossigeno tanto era forte la presa del vampiro. Vedendola così il ragazzo la lasciò andare. Lei cadde in ginocchio tossendo e cercando di riprendersi facendo lunghi respiri, per cercare di riempirsi i polmoni con tutto l'ossigeno possibile.

Lui la guardava impassibile, con le braccia incrociate.

- Andiamo, non posso averti fatto così male… - le disse. - Non ho usato nemmeno metà della mia forza.

La ragazza lo guardò con gli occhi gelidi, rivolgendogli uno sguardo rabbioso. Lui non si scompose.

Quando Amu riuscì ad alzarsi e a riprendersi completamente guardò la fascia nera sopra la scrivania.

- A che ti serve quella? - gli chiese indicandola con un cenno del capo.

Il ragazzo si voltò.

- La fascia? - le chiese. Lei annuì. - Serve per non morire.

- Come? - domandò confusa la rosa.

- Beh, quando una persona diventa vampiro tecnicamente non può stare alla luce del sole, a meno che non si copre questi… - e spiegò indicandosi i buchi cicatrizzati sul collo. - I poteri di un vampiro sono già limitati di giorno, infatti per non perdere le forze si caccia la notte. Ma se il sole ti colpisce sul collo brucerai vivo.

- Oh… - commentò Amu. - Per questo la porti solo di giorno…

Lui annuì. Sembrava che si fosse calmato. Amu ammise che le aveva fatto davvero paura. Sembrava la volesse davvero uccidere. Forse è vero che la curiosità uccise il gatto dopotutto. Ma lei non voleva assolutamente morire per colpa della sua stupida curiosità. Però si volle permettere lo stesso un'ultima domanda.

- L'hai uccisa tu Miki? - gli chiese.

Il vampiro la guardò con sguardo interrogativo.

- Ah? - domandò confuso alzando un sopracciglio.

- La bambina di circa dieci anni, l'hai uccisa tu, vero? - chiese di nuovo.

- Si, perché me lo chiedi?

- Così, mi è venuto in mente che quel delitto ha fatto davvero tanto scalpore fra la gente… - rispose facendo spallucce. - Sai le frasi fatte come 'era solo una bambina' eccetera insomma…

- Come sono polemici, quella sera avevo poca fame e ho deciso di prendere una porzione più piccola… - le spiegò. - Non mi piace sprecare il cibo inutilmente…

Amu rabbrividì un poco dal modo in cui lo aveva detto. Dopo tutto era cinica, ma era anche umana, il lusso del 'non avere sentimenti e emozioni' non poteva permetterselo pienamente.

- Dimmi tu una cosa… - iniziò il vampiro.

- Che cosa? - chiese.

- Vorresti tornare a casa? - le domandò.

Era una domanda piuttosto strana e insolita da porre.

- In che senso? - chiese facendo una faccia confusa.

- Nel senso… - rispose lui. - vuoi rimanere qui con me?


Eiji andava avanti e indietro per la cucina della grande villa. Il padrone non si era ancora svegliato, eppure era quasi giunto il pomeriggio, possibile che fosse così stanco? Certo, forse era meglio che aspettasse, perché a dirla tutta lui non sapeva proprio come dirgliela la suddetta notizia.

Non faceva altro che ripetersi qual era il modo più adatto, qual era il tono da usare, le parole, i gesti, tutto. Eppure era ancora indeciso e agitato. Le mani erano sudate e se le sfregava in continuazione, alternando questo movimento al gesto di riavviarsi indietro i capelli color pece.

E adesso che cosa doveva fare, doveva svegliarlo o no? Avrebbero aspettato a portare via il corpo del ragazzo oppure no. Di certo lui non sarebbe andato a vedere. Stava ancora aspettando che Amu tornasse, ma che cavolo stava facendo quella ragazzina? Il ritratto a un cadavere? Mah, chi la capiva era proprio un genio. Lui infatti non ci riusciva.

- Ma quanto ci metti Amu? Perché non torni? - continuava a ripetere il ragazzo.

D'un tratto dei passi attirarono la sua attenzione. Il padrone stava scendendo le scale, ne era certo, solo lui faceva rumore quando camminava. Lui e le cameriere, ma esse ancora non lavoravano, perciò era impossibile. Corse dal signor Hotori all'istante. Non doveva perdere tempo.

- Signor Hotori! - esclamò non appena lo vide.

L'uomo rimase sorpreso nel vedere Eiji così malmesso.

- Buongiorno a te Eiji, ma che hai fatto ti senti male forse? Hai bisogno di un giorno di ferie? - gli chiese leggermente preoccupato.

- Veramente è lei quello che rischia di stare male signore… - rispose il ragazzo. - ho da dirle una cosa che le farà poco piacere.

- Si, però prima dimmi, Tadase sta ancora dormendo o sta con Amu? - domandò.

Il moro scosse il capo.

- Beh… è proprio di vostro figlio che devo parlarvi. - rispose.

- Dimmi. - disse allegro il biondo. Era di buon umore quella mattina. E lui doveva rovinargli la giornata con questa notizia.

- Ecco signore, none facile da dire… - iniziò.

- Beh quale cosa lo è? Coraggio parla. - rispose l'uomo.

- Questa mattina… - proseguì il ragazzo. - C'è stato il ritrovamento di un altro cadavere.

Il padrone fece una faccia sconvolta.

- Ancora? E chi è la vittima? - chiese preoccupato. - E poi stavolta lo hanno preso l'assassino?

- No signore, non lo hanno preso… - rispose Eiji cercando di prendere tempo. Ma tutte a lui dovevano capitare? Okay che Amu non sapeva come dirlo, ma perché proprio a lui toccava? - Il corpo è di…

- Si?

- Di… - niente, il ragazzo non riusciva a dirlo.

- Avanti Eiji! - lo incitò il signor Hotori. - Di chi è questa benedetto cadavere?

Eiji prese un respiro profondo. Doveva dirlo, adesso.

- Di vostro figlio signore...

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Capitolo 9
*** Truth ***


Eiji prese un respiro profondo. Doveva dirlo, adesso.

- Di vostro figlio signore...

La serenità sul viso dell'uomo scomparve come fumo nell'aria. Il suo viso divenne preoccupato e terribilmente triste. L'espressione di chi non vuole credere a ciò che ha appena sentito.

- Eiji… - mormorò il biondo. - mi puoi dire un'altra volta di chi è il corpo?

- Non credo ci sia altro da aggiungere signore. - rispose lui. - Mi dispiace tantissimo.

- Dov'è? - chiese quasi in un sussurro.

Il moro gli indicò la porta.

- Là fuori, dentro il fossato… - gli rispose. - Condoglianze signore.

Disse in fine, ma l'uomo non lo aveva neppure sentito, era come paralizzato. Voleva andare a vedere il corpo del figlio, certo. Ma aveva paura. Dopotutto nessun padre dovrebbe seppellire il proprio figlio, o meglio nessuno lo vorrebbe.

Decisosi uscì di casa e corse verso il fossato. La gente si era moltiplicata rispetto a prima e l'uomo dovette fare lo slalom per passare tra di loro.

Quando arrivò davanti le sue gambe non ressero la scena e crollarono trasportandosi il peso di tutto il corpo che si piegò in terra, distrutto. Lacrime amare di dolore e di rabbia scesero sul volto dell'uomo. I paesani lo guardavano commossi da quella pietosa scena. L'uomo carezzò il volto di quello che una volta era suo figlio. Gli carezzò i capelli. Gli prese la mano e con orrore si accorse che mancavano due dita e che altre erano state rotte.

- Chi è stato a farti questo e perché? - chiese l'uomo a se stesso. Ora era veramente infuriato.

Chi si era permesso di uccidere suo figlio l'avrebbe pagata cara, eccome se l'avrebbe pagata. Gli avrebbe fatto le stesse identiche cose che aveva fatto a lui. Voleva vendetta, solo quella. E quella avrebbe avuto.

Dopo che ebbero portato via il corpo del biondino l'uomo tornò a casa. Eiji era ancora lì, intento a pulire la cucina.

- Signore… - mormorò il giovane, vedeva una luce strana negli occhi dell'uomo.

- Eiji, tu sai chi è stato? - chiese il padrone guardandolo dritto negli occhi.

- No signore. - rispose.

- E non sai nemmeno chi potrebbe dirmelo? - chiese ancora.

Un lampo illuminò la mente di Eiji, certo che conosceva la persona che avrebbe saputo dirglielo. O meglio, credeva di conoscerla. In quei giorni si stava comportando stranamente e probabilmente lei sapeva qualcosa, lo aveva intuito.

- Amu signore, credo proprio che Amu Hinamori glielo potrebbe dire. - rispose.


Amu guardò il ragazzo sbalordita e impaurita al tempo stesso. Perché le aveva chiesto di restare, che cosa aveva in mente?

- P-potresti ripeterlo? - domandò appiattendosi di più al muro.

- Stai calma, non ti voglio mica mordere… - rispose lui. - O meglio vorrei, ma non lo farò stai tranquilla… ti ho chiesto di restare qui.

Odiava quando le diceva tutto con una calma teatrale, come se con lui non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.

- Ecco, non lo so… - riuscì solo a rispondere.

- Oh andiamo, basta solo un si, non è difficile come risposta.

- Dai per scontato che io voglia rimanere con te? - gli chiese davvero stupita. - Ti sbagli di grosso se è così…

Lui allora le si avvicinò, poggiò una mano sulla parete dietro di lei e l'altra sul suo fianco.

- Beh… non credo che se rispondessi di no ti lascerei andare così facilmente… - le disse sorridendo sadico.

Amu deglutì. Quel ragazzo scatenava in lei strane emozioni. La paura era in cima alla lista, poi c'era l'attrazione e altre che non sapeva identificare, perché in sua presenza ne cambiava almeno dieci.

Decise allora di seguire le sue emozioni, quello che loro le trasmettevano.

- Va bene resto, ma al primo tentativo di mordermi il collo me ne andrò via di corsa da qui. - doveva essere una minaccia, ma suonò piuttosto strana e non fece il suo effetto.

- Credi che se io ti voglia mordere tu riusciresti a scappare? - le chiese fissandola con i suoi occhi penetranti. Gli erano tornati ametista e ora la guardavano profondamente.

- No, ma ci proverei lo stesso… - gli rispose.

- Amu? - la richiamò lui. - Ora sei tu che devi rispondere ad una mia domanda.

- Quale? - domandò la ragazza con fare sospettoso.

- Che cosa hai fatto quando avevi cinque anni? - chiese il vampiro serio.

Amu sgranò gli occhi. Non si sarebbe mai aspettata questa domanda. Cosa ne sapeva lui di questa storia. Beh, visto che glielo chiedeva non molto, ma era comunque uno shock per lei.

Abbassò lo sguardo fissando il pavimento che sembrava poterla inghiottire da un momento all'altro, tanto era scuro.

- Ecco… - disse la ragazza.

Ikuto le tirò su il viso con due dita, costringendola a guardarlo in viso.

- Amu, voglio la verità…

- Perché? - chiese lei.

- Perché tu sei diversa dalle altre ragazza. La tua anima è per metà nera, cosa che non capita molto spesso a quella degli umani, capita di più ai vampiri…

- Io non sono un vampiro.

- Lo so, ma sei comunque diversa dentro da tutta la razza umana… - le rispose. - Ho fatto delle… per così dire ricerche sul tuo conto e ho scoperto delle cose davvero molto interessanti. Però nessuno mi ha saputo dire che cosa sia successo undici anni fa. E voglio saperlo da te.

Cavoli, era davvero deciso a sapere la verità, voleva a tutti i costi farla parlare. Amu prese un respiro profondo un paio di volte, poi iniziò a parlare.

- Nella mia famiglia eravamo in quattro. Io, babbo, mamma e mio fratello, maggiore di dieci anni, Nik. - iniziò a dire la ragazza. - I miei genitori stavano spesso fuori per motivi di lavoro e a me mi lasciavano con Nik. Lui mi odiava, anche se la cosa era reciproca, se non facevo quello che diceva lui mi picchiava. I miei genitori non mi credevano, lui mi medicava sempre dopo avermi picchiata e faceva credere loro che ero caduta giocando. Poi un giorno…


Mihra e Kazuo erano già partiti lasciando i loro bambini a casa insieme. Si fidavano di Nik, era davvero un bravo ragazzo, secondo loro.

Amu aveva appena salutato i genitori che suo fratello le disse:

- Entra… - le disse.

Lei lo guardò duramente. Non le metteva paura nonostante fosse così violento con lei.

- Voglio restare fuori. - ribatté la bambina.

- Tu fai quello che dico io! - rispose diventando serio. La afferrò per i capelli trascinandola dentro casa e sbattendola sul pavimento.

- Mi hai fatto male! - urlò la piccola cercando di difendersi scalciando, inutile dire che era troppo debole per lui.

Lui rise di gusto.

- Sai qual'è la cosa più bella? Che nessuno dei due ti crede e che io possa sfogarmi sulla mia piccola sorellina… - le disse deridendola. - E non sai quanto mi diverto…

La piccola cercò di trascinarsi via, ma sapendo bene che l'avrebbe ripresa afferrò un pezzo di legno che stava per terra, suo padre era falegname e spesso le lasciava dei legnetti per giocare. Si voltò e glielo tirò in testa facendogli uscire il sangue.

Appena compiuto questo gesto impulsivo si sentì afferrare per le braccia e sbattere contro il muro in legno. Le sembrò di morire nell'esatto momento in cui il muro le colpì la nuca facendole vedere doppio.

Ma non si arrese, voleva fargli di più. Purtroppo non ci riuscì. Il ragazzo l'afferrò per le gambe e la gettò nel divanetto della stanza. Prese una corda lasciata lì vicino.

- Adesso vediamo se ti comporterai di nuovo in questo modo… - le disse prima di sferrarle un colpo con la corda sulla schiena. Continuò a frustarla fino a che non vide il sangue che le sporcava il vestitino lilla. Sorrise, poi la prese in braccio e la portò nella sua camera. Le disinfettò le ferite per poi metterla sotto le coperte. Non sarebbe riuscita a muoversi tanto facilmente. Avrebbe detto ai suoi genitori che si era già addormentata e l'avrebbe passata di nuovo. - Notte sorellina…

Le disse per poi dileguarsi. Amu strinse i pugni, non poteva continuare così, di questo passo l'avrebbe di certo uccisa.

Notte fonda, aveva aspettato a lungo questo momento. Nonostante il dolore riuscì ad alzarsi dal letto e a uscire dalla stanza.

Percorse tutta la casa e uscì fuori, al buio. C'era vento quella sera, un vento freddo ma piacevole. Andò nella stanza di lavoro del padre e prese i fiammiferi. Ne accese uno e lo lanciò verso la casa che piano piano prese fuoco fino a consumarsi del tutto. Sentì le urla di terrore dei genitori, quelle di suo fratello. Sentì persino il suo nome e per un attimo se ne pentì, poi però l'odio prese il sopravvento e senza pensarci di più alzò i tacchi e se ne andò via.


- E questo è quello che ho fatto. - concluse tranquilla, non provava alcun rimorso in proposito. - Per questo non ho paura dei vampiri, non possono farmi quello che mio fratello mi ha fatto per cinque anni di seguito.

- Beh non si può dire che non gliel'hai fatta pagare e devo dire che sei stata brava. - le disse.

- Avrei voluto ucciderlo malmenandolo come lui faceva con me fino a farlo morire dissanguato. - disse la ragazza con la voce imperlata d'odio.

- Sai che mi hai fatto venire fame? - le chiese una volta ascoltata la sua storia. La prese per le spalle e la gettò sulla poltrona. Le si mise sopra bloccandole i polsi allo schienale. La ragazza non aveva neanche reagito, era accaduto tutto così veloce che nemmeno se n'era accorta. Ma non l'avrebbe di certo assecondato.

Nell'intento di liberarsi riuscì a sottrargli la mano fasciata, la ferita in questo modo si riaprì e quando la agitò per tentare di allontanarlo le volarono alcuni schizzi di sangue, alcuni sul viso del ragazzo, altri sul suo, mentre un rivolo di sangue le scendeva giù per il braccio. - Mi voi tentare per forza piccola, ah?

La ragazza non sapeva davvero che cosa fare.

Con una mano il vampiro si pulì il viso e si succhiò le dita, poi si avvicinò al volto della ragazza e le leccò il naso, cove c'era del sangue.

Infine le tirò su il braccio e sempre con la lingua partì da metà braccio e risalì fino al palmo dove la insinuò nella ferita, facendo uscire un gemito di dolore dalle labbra di Amu. Si fermò e la guardò in viso con il labbro ancora sporco di sangue. Amu gli pulì il sangue con il pollice e se lo portò alle labbra.

Quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire, non c'era altra soluzione.

- Che c'è? Il sangue è mio… - gli disse la ragazza notando il modo in cui la guardava.

- Nulla ma… - le rispose avvicinandosi al suo volto. - Sii generosa con me…

La ragazza per la paura si coprì il collo all'istante. Le sue labbra erano ancora sporche del sangue che aveva leccato.

- Eh no te lo scordi pr… - non finì alla frase per il fatto che la bocca del ragazzo bloccò il suo parlare, leccandole di gusto le labbra e costringendola a schiuderle. La bocca della ragazza sapeva di sangue, cielo che buon sapore, ora che ci pensava era la prima umana che gli capitava di tenere in vita per così tanto tempo.

Strana cosa il sangue, cosa misteriosa i legami che esso creava. Ti faceva sentire parte del tutto, parte di tutti gli esseri, di qualcosa di più grande.

Quando si staccarono Amu aveva uno sguardo indecifrabile dipinto sul volto. Era sorpresa di questo, era certo, ma era anche felice in un certo senso. Si toccò le labbra incerta, come se avesse paura che non fosse successo realmente.

Non riusciva a dire nulla.

- Ha davvero un sapore delizioso il tuo sangue… - le disse passandosi la lingua fra le labbra.

Non seppe perché, ma sorrise. Lo guardò negli occhi ametista e sorrise. Da quanto non lo faceva con sincerità? Undici anni. I suoi sorrisi erano sempre dovuti alle occasioni, non aveva mai 'davvero' sorriso.

- Che hai da sorridere? - le chiese il ragazzo con faccia stranita.

- N-niente. - colta in flagrante. Nessuno l'aveva mai vista sorridere così, lui era la prima persona. Se persona si può chiamare. Un brontolio di pancia riuscì a distogliere l'attenzione del vampiro sul suo volto, portandola sulla sua pancia.

- Hai fame? - le chiese ridendo.

- Un po'… - rispose la ragazza rossa in viso per l'imbarazzo.

- Non ho idea di cosa darti da mangiare… - le disse per poi avviarsi verso una credenza dove teneva le cose per il 'cibo'. - Vediamo, avevo mangiato qualcosa negli ultimi tempi… ah si! Vediamo ho biscotti… biscotti… e per cambiare biscotti.

Si voltò verso la ragazza per attendere una sua risposta.

- Per me va bene, ma davvero tu mangi i biscotti? - chiese stupita la rosa.

- Biscotti ai mirtilli e sangue hanno un sapore delizioso. - le rispose leccandosi le labbra. Amu fece una smorfia di disgusto.

- Se lo dici tu… - disse solo.

- E ho anche ragione a dirlo, è vero. - rispose lui. - Senti, perché non la prepari tu la cena?

Le chiese con un sorrisetto poco rassicurante.

- Che intendi dire? - gli chiese.

- Beh li conosci i miei gusti… - rispose a sua volta il ragazzo, poi scoppiò a ridere vedendo in viso l'espressione della ragazza. - Dai che scherzo… vado a cena, vieni?

Le domandò, ma senza aspettare la sua risposta la tirò su di peso e uscì con lei che ormai ci era quasi abituata e se ne stava buona con il mento poggiato sul palmo della mano destra.

Quando arrivarono al paesino la lasciò andare dicendole di restare nel più assoluto silenzio. Amu obbedì, era troppo curiosa di vedere tutto per disobbedire al vampiro.

Gli occhi di Ikuto divennero ghiaccio non appena si posarono su un bambino che stava tornando a casa.

- Bene… - mormorò il ragazzo per poi partire all'attacco. Si avvinco al piccolo. - Ti sei perso?

Gli chiese. Il bambino si volse a guardarlo. Avrà avuto circa otto anni. Il venticello serale gli scompigliava i capelli nocciola, mentre gli occhioni marroni scrutavano dal basso verso l'alto il ragazzo di fronte, molto più alto di lui.

Scosse la testa in risposta alla domanda postagli dal vampiro.

- Come ti chiami? - chiese ancora Ikuto.

- Joan… - rispose il bambino soffiando su un ciuffo di capelli che continuava ad andargli davanti al viso.

- Joan, devi tornare a casa? - domandò ancora il ragazzo abbassandosi all'altezza del piccolo.

Il piccolo annuì. Ikuto gli sorrise e lo prese per la manina.

- Coraggio, ti accompagno! - gli disse.

Il viso del bambino si illuminò in un sorriso. Percorsero un tratto di strada insieme, almeno fino a che non vide il bambino più calmo.

A quel punto lo afferrò per la maglia e lo sbatté forte sul muro di una casa, facendolo crollare a terra già morto. La testolina era delicata e facendogliela sbattere era uscito subito del sangue. Ne succhiò un po' da lì, poi lo morse sul collo e finì il suo pasto nel modo classico del vampiro che uccide le sue vittime succhiando loro il sangue.

Il corpo del bambino venne gettato malamente a terra. Ikuto si pulì le labbra leccandosele di gusto. Certo che dopo aver assaggiato quello di Amu non c'è quasi gusto a fare cena… pensò il vampiro mentre raggiungeva la ragazza che non mostrava nessuna emozione per la scena appena vista, era impassibile.

- Era buono? - gli chiese d'un tratto la rosa.

- Abbastanza, il tuo è meglio… - le fece fissandole il collo. - Se solo…

- No. - rispose secca la ragazza incrociando le braccia al petto.

- Uff… era solo per gradire. - ribatté lui per poi avvicinarsi con le labbra all'orecchio della ragazza. - Prima o poi sarai tu a chiedermi di bere il tuo sangue…

Le sussurrò facendola fremere.

- Devo ancora capire dove le tiri fuori certe idee. - disse la ragazza.

Ikuto fece una risatina per poi tornare ritto e incamminarsi, con dietro Amu, verso la sua dimora.

- E io quando mangio? - chiese la ragazza appena entrati. La pancia non faceva altro che brontolare.

- Anche adesso, tanto io mi devo fare un bagno… - rispose il ragazzo.

- Tu ti lavi? - chiese sempre più sorpresa la rosa.

- Grazie, certo che mi lavo! - rispose quasi offeso Ikuto, per poi entrare nella porta scusa.

- Scusa… - mormorò la ragazza, ma poco dopo si mise a ridere.

Prese dalla credenza qualche biscotto e provò a mangiarlo.

- Sono ammuffiti… - mormorò la ragazza mentre li rimetteva a posto. - E adesso?

Si guardò intorno, ma il ragazzo probabilmente aveva solo quelli. Pazienza, dopo tutto era stata lei a voler accettare di rimanere.

In quel momento la domanda, 'che cavolo ho fatto' ci stava a pennello, ma gliene sorse un'altra in testa. Perché mi ha chiesto di restare? si domandò. Poteva sapere la verità sul suo conto senza farla rimanere lì. Qualcosa non quadrava. Non che non le piacesse restare in sua compagnia, ma la sua domanda meritava una risposta e l'avrebbe avuta.

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Capitolo 10
*** The vampire slayer ***


L'anziano signore si era appena messo seduto. La barba grigia poco curata era cresciuta e gli dava leggermente fastidio.

L'assemblea si era appena riunita e tutti aspettavano che l'uomo iniziasse a parlare.

- Dunque… - disse l'anziano aggiustandosi gli occhiali. - Siamo tutti d'accordo che questi omicidi sono stati fatti e sono tutt'ora portati avanti dalla stessa persona…

- Scusi signore ma non credo si tratti di una persona. - disse uno interrompendo il discorso dell'anziano.

Il quale annuì grave e riprese a parlare:

- Avete ragione, quindi deduco che su questo siamo tutti d'accordo. Per questo dopo lunghe settimane di riflessione sono giunto alla conclusione che il nostro consiglio non sia abbastanza per combattere questa 'cosa'.

Tutti annuirono concordi con il saggio anziano, colui che prendeva sempre le più importanti e intelligenti decisioni.

- Quindi che cosa dobbiamo fare? - chiese allora un altro uomo.

- Semplice… - rispose l'anziano aggiustandosi per una seconda volta gli occhiali. - Dobbiamo chiamare colui che può sconfiggere questa creatura tanto temuta sin dai tempi remoti. Il suo nome è John Williams.

- Signor Takegawa, state parlando del cacciatore di vampiri? - domandò di nuovo l'uomo di prima.

Takegawa annuì per poi alzarsi e congedarsi dall'assemblea con poche parole.

- Annuncio la fine dell'assemblea. Chiameremo John Williams non appena saremo tutti usciti da questa stanza. Chi è l'addetto ai messaggi dovrà inviarne uno al sottoscritto. - disse. - E ora scusatemi ma devo andare.

Si salutarono tutti garbatamente per poi andarsene. I componenti del gruppo dei messaggeri scrissero la lettera al suddetto esperto di vampiri, in seguito la consegnarono al postino che dopo averla presa se la mise nella sacca e continuò il suo lavoro.

Tutti in cuor loro speravano di ricevere presto l'onore di avere vicino a, come grande aiuto, un maestro con così tanta esperienza come John Williams. In seguito tornarono tutti alle rispettive case, sempre con il pensiero di quell'uomo impresso sulla mente.


Un uomo sulla quarantina, capelli castani, occhi di un blu notte magnetico, se ne stava seduto sulla poltrona color mattone del suo salotto.

Era intento a leggere un grosso e pesante tomo, dall'aria molto antica. Mentre nella mano destra reggeva un bicchiere di whisky che beveva a piccoli sorsi, gustandosi il sapore della sua bevanda preferita.

Fuori era notte e pioveva, si poteva sentire dalle gocce di pioggia che davano piccoli colpi sul vetro, per poi lasciarsi andare scivolando lungo la parete trasparente.

Il volume che stava studiando trattava di anatomia umana, argomento molto interessante quanto complicato da studiare.

Ecco che cosa stava facendo il cacciatore esperto di vampiri John Williams quando suonarono alla porta.

Chiuse il libro mettendo tra le pagine un segnalibro dorato, lo poggiò sul comodino accanto, dove vicino si mise il bicchiere di whisky. Si alzò dalla poltrona, anche se controvoglia e andò ad aprire alla porta, di cui il campanello non le voleva sapere di smettere quel fastidioso din-don.

- Arrivo arrivo! - esclamò spazientito l'uomo per poi aprire il pesante portone e scoprire all'infuori di esso un ragazzo dai capelli rossi, le lentiggini a decorargli il volto. Teneva in mano una lettera ed era bagnato fradicio. - Santo Dio ragazzo vuoi entrare? Fuori sta diluviando.

- Grazie signore… - rispose il ragazzino pulendosi i piedi e accettando all'istante l'invito del signor Williams. Gli porse la lettera. - Questa è per voi…

Gli disse. L'uomo la prese, guardò distrattamente il destinatario, poi la mise in tasca e si diresse verso l'armadio del salotto.

- Tieni, metti questa… - disse al ragazzo lanciandogli una coperta tirata fuori dal mobile.

Il giovane l'afferrò prontamente e si avvolse in quel tessuto di lana rosso fuoco. Sempre dopo aver ricevuto il permesso dall'uomo si accomodò in salotto e si riscaldò davanti al fuoco.

Solo in quel momento l'uomo tirò fuori la lettera. La scrutò ancora per un po' prima di aprirla e leggere la lettera…


Egregio signor John Williams,

Noi, il consiglio di Mitsuyo, siamo obbligati a richiedere il suo prezioso aiuto per un problema presentatosi dinanzi a noi solo poche settimane fa.

Omicidi sempre più atroci si sono susseguiti notte dopo notte, incutendo paura agli abitanti che ritrovavano i cadaveri delle vittime il giorno dopo. All'inizio abbiamo pensato ad un semplice forestiero pazzo che si divertiva con le persone, magari anche a saccheggiarle.

Come avrete già capito questa era una scusa banale per tranquillizzare la gente del nostro piccolo e sperduto paesino.

La verità è che un non morte, più comunemente chiamato vampiro, ha scambiato questo piccolo luogo per la sua personale dispensa.

Per questo, con le migliori intenzioni, vi chiediamo per favore di lodarci della sua presenza e aiutarci a combattere questa belva assetata di sangue. Se vi è possibile giungere qui da noi entro tre giorni ne saremo più che lieti.


Cordiali saluti

Il consiglio di Mitsuyo


Rilesse la lettera più volte per assimilarle meglio il contenuto.

- Mitsuyo, ah? - si chiese pensieroso. - L'ho già sentito nominare, non dev'essere troppo lontano da qui.

Pensò bene sulla proposta. Non era certo giovane come una volta, ma aveva abbastanza energia per vivere un'altra avventura, magari l'ultima, chi può saperlo?

- Ragazzo? - domandò l'uomo voltandosi verso il divano beige del salotto, dove aveva fatto sedere il postino, infreddolito e fradicio per via del brutto tempo. Il rosso si voltò in direzione dell'uomo. - Tu sai dove si trova Mitsuyo?

Il ragazzo annuì.

- Mi ci potresti condurre domani se ti offro vitto e alloggio per stanotte? - chiese ancora Williams.

- Si signore. - rispose il ragazzo.

- Come ti chiami?

- Kay. - rispose.

- Sei giovane Kay, non è vero? Quanti anni hai?

- Sedici, signore. - rispose nuovamente il ragazzo ravviandosi i capelli rossi dietro le orecchie.

- Bene, allora domani si parte. - annunciò John. - Seguimi che ti mostro dove dormirai, domani sarà un lungo cammino…

Kay si alzò in piedi e seguì Williams fino al piano di sopra. Si sentiva alquanto confuso, doveva essere una cosa davvero importante per portare quell'uomo a chiedere aiuto a lui per arrivare a Mitsuyo.

Non si torturò ancora la mente con altre domande, si limitò ad addormentarsi nel letto della stanza dove lo aveva condotto il signor Williams.


Il giorno seguente si incamminarono all'alba per poter giungere in massimo due giorni di viaggio il luogo dove avrebbero preso una carrozza per essere condotti a Mitsuyo.

- Ragazzo, sei sicuro che sia questa la direzione da prendere? - chiese ad un tratto l'uomo mentre cercava in tutti i modi di far fronte al terribile vento che si era alzato durante la notte precedente.

- Si signore, questa strada la faccio tutti i giorni, so benissimo dove porta. - rispose il ragazzo mentre si metteva un braccio davanti al viso per cercare di proteggerlo.

Williams decise di fidarsi e proseguirono per quella via arrivando, come aveva detto il ragazzo, dove avrebbe dovuto prendere una carrozza.

- Signore, io devo andar, vi lascio qui. - annunciò d'un tratto il giovane. L'uomo gli rivolse uno sguardo interrogativo. - Per me è ancora giorno di lavoro e di paga, devo consegnare altra posta.

Si spiegò meglio il rosso.

- Capisco, grazie figliolo. - detto questo tirò fuori qualche moneta e la diede al ragazzo che sorridendo accettò il dono dell'uomo. Il quale di seguito salì in carrozza dando la meta di Mitsuyo.

- Dove deve andare signore? - aveva chiesto il cocchiere.

- Mitsuyo, grazie.

Il viaggio fu lungo e anche se ci volevano solo due ore per arrivare, John era così stanco che non si accorse neppure di essersi addormentato quando il cocchiere giunse a svegliarlo.

Si sentiva solo leggermente scosso.

- Signore, siamo arrivati… - gli disse il biondo che guidava la carrozza.

Williams aprì gli occhi e se li sfregò come fanno i bambini quando vengono svegliati dalle loro madri.

Si guardò intorno un attimo spaesato, poi ricordò tutto e con uno 'scusi', un 'grazie' e un 'buona giornata anche a lei' si dileguò entrando nel piccolo paesino che aveva richiesto il suo aiuto.

Appena varcata la soglia la tranquillità e la pace lo investirono. Nel villaggio erano giorni che ormai non usciva più nessuno di casa se non per andare a prendere l'acqua, operazione che facevano a mezzogiorno, per la paura di essere attaccate.

I banchi posti in fila per il corso, erano vuoti e tristi. Da tempo non facevano neanche più le fiere, troppa gente ammucchiata insieme e il vampiro poteva essere ovunque.

L'uomo percorse un bel tratto prima di giungere alla 'casa del consiglio', così veniva chiamata la dimora in cui si tenevano tutte le assemblee e in cui venivano prese tutte le decisioni.

Bussò con vigore al portone. Prima di aprirli gli chiesero tutte cose assurde, lui sapeva che era la paura che parlava, ma era lo stesso spazientito.

- Ascolti signora, no, non sono un vampiro, non sono uno zombie e non sono stato appena ucciso, ora mi lascia passare? Sono il signor Williams, John Williams, sono giunto qui sotto richiesta del consiglio. - disse l'uomo cercando di mantenere la calma.

La donna che era dietro la porta, anche se un po' titubante, aprì delicatamente l'entrata, facendo accomodare il signor Williams in salotto.

- Mi scusi, ma vede, con i tempi che corrono abbiamo tutti paura di tutti, dopo tutto nessuno ha mai visto il vampiro e lo ha potuto raccontare… - disse la donna mentre si dirigeva in cucina per preparare del tè.

- Oh non si preoccupi signora, ci sono abituato. - disse l'uomo con un accenno di ironia. - Dov'è l'uomo con cui devo parlare?

Chiese poi.

- L'ho chiamato proprio adesso, dovrebbe giungere fra poco. - rispose la donna mentre tirava giù due tazze bianche dalla credenza.

Fu proprio come aveva detto, in pochi minuti un anziano signore si presentò davanti a Williams.

- Buongiorno signor Williams. - salutò il vecchio per poi porgergli la mano che l'uomo accettò volentieri.

- Buongiorno a lei signor…

- Takegawa, signor Takegawa. - si presentò.

- Takegawa, perfetto. - disse allora John. Si sedettero di nuovo mentre aspettavano che la cameriera portasse il tè. - Sono giunto da voi per il problema del non morto che attacca il vostro villaggio.

L'anziano annuì grave.

- Non sappiamo come fare con questo problema. - disse.

- Bene, ora che sono giunto qui vedrà che non avrà più vita tanto facile il nostro caro vampiro. - disse con un sorrisetto appena accennato. - Dove abita?

- Chi?

- Il vampiro è ovvio. - rispose l'uomo.

- Oh, non lo sappiamo, non lo abbiamo nemmeno mai visto mentre uccideva le persone. - rispose Takegawa.

Williams diventò serio e pensieroso.

- Ho visto che c'è un bosco qui vicino… - iniziò a dire. L'anziano annuì. - E se si trovasse al di là di esso? Ci avete mai pensato?

- Si, ma nessuno entra mai in quel luogo. Chi vi è entrato non ne è più uscito…

- Sicuramente perché è stato preso dal vampiro, ma se uno lo sa affrontare non deve avere timore. - disse John interrompendo il signor Takegawa. - Domani inizieremo le ricerche Quando è stato l'ultimo omicidio?

- Proprio ieri, un bambino di otto anni. - rispose tristemente il vecchio aggiustandosi gli occhiali.

- Quindi sta sera avrà di nuovo fame e dovremo essere pronti a riceverlo… - ragionò Williams.

In quel momento la cameriera portò loro il tè. Fecero giusto in tempo a prendere in mano le tazzine e a sorseggiare un po' della bevanda che bussarono alla porta.

La cameriera corse ad aprire, questa volta meno impaurita di prima. Entrò in casa un uomo biondo, dall'aria esausta, che si avvicinò lentamente al signor Takegawa.

- Signor Hotori, cos'è successo? Prego si sieda. Cameriera, una tazza di tè per il signor Hotori! - disse l'anziano guardando sbigottito l'uomo biondo che aveva davanti.

- Subito signore. - rispose la cameriera mentre si dirigeva in cucina a preparare nuovamente il tè.

Il biondo seguì il consiglio e si accasciò letteralmente sulla poltrona di fronte a Takegawa e vicino a Williams.

- Ho bisogno d'aiuto… - stava per dire il signor Hotori, ma Takegawa lo fermò.

- Questo è il signor Williams, è un noto cacciatore di vampiri ed è stato così gentile e giungere fino qui per aiutarci a sconfiggere il vampiro. - disse.

Il biondo annuì e diede la mano a John.

- Piacere, io sono…

- Non occorre che mi ripete il suo nome, mi dica solo qual'è il problema. - ecco come risolveva le cose Williams, sempre schietto e preciso.

- Beh dopo la morte di mio figlio… - iniziò il biondo. - È successa una cosa molto strana. La mia domestica più fidata, Hinamori Amu è sparita.

- Sparita? - domandò sempre più sorpreso Takegawa.

Hotori annuì.

- Da quanto è sparita? - chiese John.

- Da quasi due giorni ormai. - rispose il biondo tentando di mantenere la calma.

Il tè arrivò anche per il terzo uomo appena giunto. Il quale prese subito la tazzina e iniziò a berlo a piccoli sorsi, anche se velocemente. Fuori si gelava e un po' di tè caldo di certo non guastava.

- Domani c'è il rischio che ritroveremo il so corpo? - chiese Takegawa all'uomo castano di fronte a lui.

- Non è detto… - rispose. - Il vampiro di solito uccide e basta e anche volesse giocarci un po' non lo fa mai per due giorni di seguito, la voglia di sangue diventerebbe insopportabile da reprimere.

- Quindi? - chiese Hotori.

- Quindi credo proprio che l'abbia in qualche modo rapita o che lei sia andata da lui e…

- Non può esse andata da lui… - intervenne il biondo interrompendo il signor Williams. - Amu è una brava ragazza, che ragione avrebbe di andare da lui?

- La stessa per cui lui la vuole lì. - rispose l'uomo. - Molte persone credono che diventare immortali sia una cosa spettacolare, fuggire alla morte è sempre stato il sogno di noi vivi…

- Amu è una ragazza intelligente! - esclamò Hotori, voleva davvero bene a quella ragazza.

- Si calmi si onor Hotori, non c'è motivo di adirarsi. - disse calmo John. - Non sto mettendo in dubbio niente e sto traendo nessuna conclusione. Quelle che faccio si chiamano ipotesi.

Il biondo parve calmarsi.

- Anche perché… - iniziò a dire Williams. - il non morto ha il potere di attrarre la sua vittima, questa Amu è comunque umana…

- Ma perché trattenerla così a lungo? - domandò Hotori sempre più confuso.

- Non ne ho idea… - disse pensierino Williams. Dopo di che si batté le mani sui ginocchi e si alzò. - Deduco che dovremo attraversare il bosco stasera.

Entrambi i signori annuirono.

- Ci dobbiamo mettere bene d'accordo. - disse John riferito a Takegawa. - Chiamate tutti gli uomini del consiglio.


Ikuto uscì dal bagno proprio nel momento in cui la ragazza riponeva i biscotti.

- Non ti piacciono i mirtilli? - chiese mentre si passavo un panno sulla testa.

La ragazza si voltò a guardarlo e stava per rispondere quando ci ripensò e decise di arrossire. Il ragazzo era uscito solo con due asciugamani, uno in vita e l'altro il mano, per i capelli.

Dopo quella visione era anche logico che avesse perso l'uso della parola. Soprattutto quando lui le si avvicinò andandola a scrutare.

- Hey, ti chiesto solo una cosa, perché sei diventata un pomodoro? - le domandò.

Solo in quel momento lei si riprese andando ad arrossire ancora di più però.

- N-non lo so… - rispose nervosa. - Comunque non è per quello che non li ho mangiati, ma perché sono ammuffiti.

- Certo che lo sono, è proprio la muffa a dar quel buon sapore al sangue. - rispose il ragazzo.

- Bleah… - fu l'unica cosa che disse la ragazza prima di voltarsi. - Vai a vestirti manico tombale.

Come lo aveva chiamato?

- Maniaco tombale… - ripeté il ragazzo perplesso per poi scoppiare a ridere.

Le si avvicinò da dietro e le cinse la vita con le braccia, sussurrandole all'orecchio un sibilante 'd'accordo'. Il tono della sua voce era inquietante ma a lei piaceva proprio perché la faceva rabbrividire.

Il ragazzo la lasciò andare e si chiuse di nuovo in bagno.

Amu rimase ancora per un po' girata di spalle rispetto alla porta del bagno, dopo di che iniziò a gironzolare per la stanza, fino a che non notò il portaombrelli.

Al posto degli ombrelli c'erano tutti pugnali, spadini, spade e un Athame. Si guardò intorno prima di sbottonarsi il vestito ed estrarre dalla tasca interna il pugnale, quello che aveva preso l'altra volta quando Ikuto se n'era andato. Lo aveva conservato fino a quel tempo, se lo era sempre portato appresso.

In quel momento uscì dal bagno Ikuto. La ragazza accortasi di lui rimise dentro il pugnale e prese a riabbottonarsi la camicia.

Il ragazzo avvicinandolesi vide che cosa era in tenta a fare e con un sorrisetto malizioso le disse:

- Hai tutta questa fretta di spogliarti?

Amu avvampò all'istante mentre si richiudeva l'ultimo bottone.

- Non è come pensi. - disse solo per poi girarsi ed entrare in bagno.

- I vestiti sono già pronti! - le disse il ragazzo ridendo.

La vasca era già stata riempita, si immerse all'istante e l'acqua era…

- Fredda!!! - esclamò balzando fuori dalla vasca. Si strinse nelle spalle tremando. - Brrr… m-ma c-come fa… brrr…

Si voltò a guardare la vasca con terrore, avrebbe dovuto farsi il bagno in quel bagno gelato? Se fosse andata al polo Nord a fare il bagno sarebbe stata di certo più al caldo che lì dentro.

Però non poteva non lavarsi, doveva farsi il coraggio e rientrare. Piano piano, piede per piede per poi abbassarsi, riuscì ad immergersi in acqua e a fare un bagno anche se continuava a tremare. L'acqua troppo calda non le piaceva, ma se entro dieci secondi non sarebbe uscita di nuovo da lì Ikuto avrebbe trovato il suo corpo ibernato.

Uscì nuovamente dalla vasca. L'asciugamano che volse intorno al corpo le sembrò caldissimo al confronto.

Tirò un sospiro di sollievo. Accettare di restare insieme a quel ragazzo stava diventando una serie di torture da superare.

Si guardò intorno e trovò dei vestiti sopra un tavolino, probabilmente erano quelli gli abiti che le aveva lasciato. Li prese in mano.

- Santo cielo… - mormorò sottovoce. Erano grandissimi per lei. La maglia le arrivava fino alle ginocchia e i pantaloni erano per modo di dire più alti di lei. - Beh… credo che la scelta sia abbastanza facile.

Prese la camicia nera e si mise solo quella. Prese il suo abito e il coltello e uscì dalla stanza.

- Ho fat… - si bloccò all'istante vedendo la stanza vuota. - Ehm.. Ikuto?

Ma nessuno le rispose. Gironzolò un po' per la stanza, convinta che tornasse, ma non arrivò nessuno.

Uscì fuori e percorse il corridoio superiore, quello che si trovava subito fuori da lì. Sembrava non vi fossero altre porte, almeno fino a che non vide una porta blu notte con il pomello argento. Forse è lì dentro… si disse. Decise di provare a bussare, ma di nuovo nessuna risposta.

Spazientita aprì la porta.

- Ikuto, lo so che sei qui dentro! Si può sapere perché non mi rispondi? - chiese con un tono di voce innervosito. La stanza era immersa nel buio. Non poteva essere andai a dormire, era notte fonda e aveva anche cenato. Dove diavolo si era cacciato? Decise di entrare lo stesso, magari voleva solo spaventarla, sadico com'era.

Entrò piano cercando di abituare i suoi occhi al buio. Iniziò a camminare quando…

- Ahio! - esclamò cadendo su qualcosa di morbido. Tastò il territorio. - Ma… è un letto…

E adesso? Che avrebbe fatto lì? Fece spallucce e decise di aspettare, prima o poi doveva tornare.

Iniziava seriamente ad annoiarsi. Tirò fuori il pugnale e iniziò a lanciarlo per poi riprenderlo.

- Certo che sono proprio in una situazione strana… - iniziò a dire in un sussurro a se stessa. - Sto in un castello vicinissimo al paesino in cui vivo, però siccome nessuno attraversa mai il bosco, nessuno lo conosce. Sono qui insieme ad un affascinante vampiro che non fa altro che imbarazzarmi ed attrarmi. E poi… - aggiunse guardando il letto. - Ma i vampiri non dormono nelle bare?

- Alcuni si… - rispose una voce. Una figura da lei fin troppo conosciuta varcò la soglia della camera.

La ragazza avvampò all'istante, aveva sentito tutto quello che aveva detto? Ops.

Il ragazzo le si avvicinò mettendosi seduto vicino a lei. I suoi occhi erano bianchi e poteva così vedere al buio. Rise nel vederla rossa sulle gote. Le si avvicinò a un centimetro dal volto chiedendole:

- E così sono un vampiro affascinante che ti imbarazza e ti attrae, non è vero?

Ecco, ora la sua faccia era identica a quella di un peperone. Era davvero strano come una creatura demoniaca potesse scatenare in lei emozioni umane più di quanto lo fosse mai stata in realtà.

- E-ecco… non ti hanno insegnato a non origliare quello che dicono gli altri? - chiese cercando di passare sopra a cosa era appena successo.

Lui fece un mezzo sorriso:

- E a te invece non hanno insegnato a non parlare delle persone che non ci sono?

Le chiese con aria soddisfatta. Allora anche lei sorrise.

- A quanto pare c'eri… - rispose con tono di sfida.

- Ma tu non potevi saperlo…

- N-non c'entra. - tentò di ribattere la ragazza, ma poco convinta.

- Ti piace? - domandò. Era una domanda un po' fuori dal contesto.

- Che cosa? - chiese confusa la rosa.

Un battere di mani da parte del vampiro diede vita a quattro candele rosse disposte nella stanza a due per lato. La stanza era comunque poco illuminata, ma almeno adesso poteva vedere in viso il vampiro.

Ikuto le indicò il pugnale che, senza rendersene conto, aveva ancora in mano.

- Oh, questo… - disse. - Si…

Rispose abbassando lo sguardo e annuendo.

- Mi fa piacere… - disse il ragazzo prendendolo dalle sue mani. - Visto che l'ho fatto io…

- Dici davvero? - chiese stupita la rosa.

Ikuto annuì.

- Quindi lo avevo lasciato nella tua stanza… - disse. Era una semplice constatazione.

- Già… - rispose la ragazza. Il vampiro dopo averlo guardato allungo glielo porse nuovamente. - Ehm… non è tuo?

- Visto che ti piace te lo regalo. - le disse.

La ragazza lo prese sorridendo.

- Grazie… li fai tutti tu? - gli chiese.

- I pugnali? - la ragazza annuì. - Si tutti io.

- Pratichi anche la magia? - chiese curiosa.

Lui le rivolse una strana espressione.

- Perché me lo chiedi? - chiese il vampiro.

- Perché ho visto un Athame insieme alle altre spade… - rispose.

- Ah, no mi piaceva la forma del pugnale e ne ho fatto uno. - disse Ikuto. - Te ne intendi, non è vero?

- Un po'… - fece Amu abbassando di nuovo lo sguardo. - Ma non ci puoi uccidere con quello, lo sai no?

Chiese ancora. lei le alzò il viso prendendole il mento tra le dita. Le prese nuovamente il pugnale e glielo posò leggermente sulla guancia.

- Si lo so… - le disse guardandola negli occhi. - Ti sei mai chiesta perché ti tengo qui e ancora non ti ho uccisa?

La ragazza rabbrividì un attimo specialmente a causa del coltello, perché quella domanda? Voleva ucciderla adesso? Scosse il capo.

- Non mi mentire… - le disse guardandola sempre negli occhi e costringendo lei a fare lo stesso.

Amu deglutì.

- Si, me lo sono chiesto.

- Vuoi saperlo? - le chiese sibilante.

- S-si.

Trattenne il respiro mentre il ragazzo le passava il coltello sul viso. Sentiva la lama carezzarle la pelle, magari l'avrebbe uccisa adesso. Un colpo secco alla gola. Sentì la lama fredda poggiarsi sul suo collo, sentiva l'ansia e la paura di morire crescerle dentro come fuoco che bruciava la legna.

- Voglio farti conoscere l'oscurità. - le disse.

Ecco, come al solito aveva capito male. Ikuto non poteva averle detto quelle parole. Aveva capito male, sicuramente, non poteva aver detto che…

- Amu, Ti voglio con me, o meglio… - si spiegò Ikuto. - Come me.

La ragazza lo guardava con un'espressione sorpresa dipinta sul volto. Ma allora, lei per lui… significava qualcosa, al di là di un buon pasto da gustare.

- Amu? Rispondimi. - le disse serio. - Tu vuoi essere come me?

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Capitolo 11
*** When you became a... ***


Tante domande riempivano la mente di Amu. Sarebbe morta, avrebbe vissuto una vita attraverso gli occhi di un demone, il suo corpo sarebbe stato ancora suo? Oppure la creatura demoniaca avrebbe preso il sopravvento? Cosa devo fare? si chiese la ragazza.

Poi in un attimo capì tutto. La sua anima era già per metà nera, lo aveva detto Ikuto, si sarebbe solo completata, non sarebbe successo niente a lei, al suo modo di essere. E poi se doveva davvero ascoltare per una volta quello che quell'organo vitale le diceva, il suo cuore, allora già sapeva la sua risposta.

Lo guardò dritto negli occhi, prima di dire:

- Si…

Mormorò la ragazza. Ikuto sorrise, un mezzo sorriso soddisfatto. Il pugnale scese di lato lungo il collo e le tagliò la veste per poter far lavorare meglio il vampiro. Gettò a terra il coltello. Prese fra e mani il capo e il collo candido della ragazza. Lo spostò delicatamente di lato. Lentamente vi affondò i denti. Ed il sangue che ne sgorgava e che gli donava era caldo e davvero buono. Come aveva desiderato questo momento, come aveva desiderato poterle succhiare il sangue e finalmente c'era riuscito.

Il ragazzo continuava a prelevarle il sangue come una sanguisuga. Faceva male, Amu dovette ammetterlo, ma era in un certo senso anche piacevole. Lui le stava ridando la vita, si, si poteva dire così. La stava rimettendo al mondo. In un modo un po' strano e macabro, ma lo stava facendo.

Il tempo passava ed il ragazzo ancora non aveva smesso di gustare il suo sangue. In quel momento Amu avvertì le forze abbandonarla e la paura invadere il suo corpo come mai prima d'ora. Il dubbio che il ragazzo avesse potuto prendersi gioco di lei per poter gustare il suo pasto tanto ambito la faceva gelare. Inoltre i denti del ragazzo stavano affondando sempre di più nel suo collo. Le sfuggì un gemito di dolore di cui il ragazzo si accorse subito e si staccò da lei. Il volto della ragazza era pallido, l'aveva quasi uccisa. Il suo sangue era così buono che si riteneva davvero privilegiato per averlo bevuto. Purtroppo per l'ultima volta, poiché quando diventi vampiro il sangue è la prima cosa che se ne va, per questo hanno tutti fame appena si svegliano.

- Scusa… - mormorò per poi lasciarla un attimo, permettendole di poggiarsi sulla sua spalla.

Si scoprì il polso. Riprese in mano il pugnale e si taglio in un secondo le vene. Quando il sangue iniziò a sgorgare lentamente, le porse il braccio. La ragazza esitò un attimo, poi quando il liquido iniziò a sporcare il letto si decise a provarlo dandogli una piccola leccatina.

Il sapore era buono, dolce e metallico, ma le piacque. Prese la mano del vampiro fra le sue, iniziando a bere avidamente dalla sua vena. Avrebbe voluto affondare i denti lei stessa, ma non era ancora un vampiro. Però se aveva questo istinto voleva dire che iniziava a trasformarsi.

D'un tratto però il ragazzo le tolse la mano da sotto la bocca, nonostante la rosa gli lanciò un'occhiataccia.

- Basta così… - le disse carezzandole i capelli e avvicinando le labbra alle sue leccandole via il sangue e gustando di nuovo il sapore all'interno della sua bocca. Un rivolo di sangue scese lungo il mento della ragazza, lo ripulì con la lingua per poi riprendere quel bacio al sangue. La ragazza già si sentiva e si comportava in modo diverso. Sentiva il sangue ribollire nelle vene. Avvertiva ogni minimo spostamento d'aria e sentiva ogni singolo cigolio che il letto produceva.

Si staccarono e si guardarono dritti negli occhi. Quelli del ragazzo color ghiaccio e quelli della ragazza che stavano mutando, diventando anch'essi bianchi.

- Ikuto… - mormorò Amu prima di chiudere gli occhi e cadere sul letto morta.

Era un processo normale, prima si moriva, poi si resuscitava in un'altra vita e sotto un'altra forma per così dire. I tuoi pensieri mutavano e anche la tua fame. I tuoi sentimenti e le tue emozioni prendevano una piccolissima parte nella tua esistenza e non sei tu a comandare, ma il demone dentro di te. La tua anima viene imprigionata in un piccolo spazio del tuo corpo, da una rete tessuta di fili oscuri.

Per questo il vampiro ha poco a che vedere con la persona che eri. Quando diventino creatura della notte, i tuoi lati più negativi e quelli che non avresti mai mostrato escono fuori in un secondo e si avventano sul tuo corpo costringendoti a viverli.

Ikuto prese in braccio il corpo di Amu e lo mise bene sopra il letto. Le si stendete vicino e attese.

Aspettò fino a che la ragazza non aprì gli occhi e smarrita si guardò intorno.

- D-dove sono? - si chiese per poi posare lo sguardo su Ikuto, i cui occhi erano tornati ametista. Anche i suoi erano di nuovo color miele e fissavano il ragazzo interrogativi.

- Sei nella mia stanza, se adesso non ti ricordi è normale… - le rispose.

- No… mi ricordo, solo che… mi sento strana. - confessò la ragazza.

Guardò di nuovo Ikuto andandogli a fissare il collo, in cerca di qualcosa che potesse farla stare meglio.

Il ragazzo se ne accorse subito.

- Calma piccola, faremo colazione più tardi. - le disse sorridendo sadico.

La ragazza ricambiò il sorriso.

- Che ore sono? - chiese.

- Le due del mattino, ma non ti devi più preoccupare del tempo che passa… - le disse. Poi prese da sopra il comodino accanto una fascia. - Tieni, questa è tua.

La ragazza la prese e la guardò bene.

- La devi portare solo di giorno, te la metti prima che sorge il sole. - le disse.

- Non sono mai stata mattiniera. - rispose. Il ragazzo scoppiò a ridere. Amu era sempre Amu, anche da vampiro. La sua anima non era molto diversa, aveva solo voglia di sangue ora.

- Guarda che noi non dormiamo. - le disse con un mezzo sorriso.

- Oh… - fece la rosa. Si alzò a sedere e si guardò di nuovo intorno. - Ikuto?

- Si?

- Io ho fame… - confessò la ragazza mentre lo guardava con la speranza negli occhi. La voglia di sangue era insostenibile, ora capiva perché il ragazzo faceva quelle cose alle vittime. A pensarci le venne ancora di più l'acquolina in bocca.

- Va bene, andiamo a mangiare… - le disse. Uscirono in corridoio e scesero le scale, pronti a mangiare.

In quel preciso momento, le porte del castello si spalancarono all'istante. Ne uscirono fuori otto uomini. Tra cui due che Amu conosceva molto bene. Il signor Hotori e Eiji.

- Signore è lui! Lo abbiamo trovato! - gridò uno di loro.

- Prendete la ragazza! - disse il signor Hotori.

- Ma che… - provò a dire la ragazza ma non le fu possibile. Un braccio la strattonò di lato e la lanciò tra le braccia di Eiji che la afferrò saldamente per impedirle di fuggire. Infatti la ragazza cercava in tutti i modi di liberarsi, ma i suoi poteri, la forza da vampiro, non li aveva ancora sviluppati.

Ikuto divenne serio, i suoi occhi gelidi e bianchi.

- Se non la lasciate andare immediatamente vi ridurrò come i precedenti. - disse in ragazzo in modo maligno.

- S-scordatelo! - ribatté con voce tremante Eiji.

Amu non faceva altro che scalciare, ma il ragazzo la teneva con le braccia dietro la schiena e le era difficilissimo muoversi come voleva.

Ikuto sorrise sadico e avanzò verso di loro. Tirò fuori dalla maglia un pugnale e fulmineo colpì il braccio di Eiji, fu talmente veloce il lancio che gli tagliò la mano facendola cadere a terra e riempendo sia la ragazza che il ragazzo di schizzi di sangue. Lasciò Amu che affiancò il vampiro, mentre si leccava i pochi schizzi di sangue dalle braccia.

Eiji gridò per il dolore.

- Presto prendete Amu! - ora che aveva perso suo figlio, l'unica persona che credeva gli fosse rimasta era quella ragazza che aveva lavorato per lui per ben sei anni. Non gli era rimasto nessuno, non poteva perdere anche lei. Era solo egoismo il suo, ma non lo capiva questo. O meglio, non voleva capirlo.

- Muovetevi solo di un passo e farò una strage in meno di dieci secondi. - disse Ikuto. Gli uomini si gelarono e non si mossero di un millimetro. Ikuto sorrise maligno, attirò Amu a se circondandole le spalle con un braccio. La ragazza sorrise sadica accanto a lui. Il ragazzo si abbassò alla sua altezza. - Avevi fame, vero piccola?

Lei annuì leccandosi le labbra. E sussurrò all'orecchio del ragazzo:

- Tu che ne dici?

- Io dico che è ora di colazione.

Nessuno sentì niente di quello che si dissero, ma a giudicare dagli sguardi che si lanciarono i due non doveva essere nulla di buono.

Purtroppo però per i vampiri non appena provarono ad avvicinarsi quattro uomini, compreso il cacciatore di vampiri, si lanciarono contro Ikuto. Mentre gli altri quattro, dove c'erano Eiji e Hotori afferrarono Amu.

I due ragazzi vennero allontanati l'uno dall'altro e imprigionati al muro.

- Bastardi vigliacchi, lasciatemi subito! - esclamò rabbioso il vampiro mentre tentava di liberarsi.

Gli uomini lo tenevano saldamente inchiodato alla parete. Il cacciatore di vampiri tirò fuori l'acqua santa e gliela gettò sul collo, facendo gridare di dolore il vampiro e ustionandogli la pelle che iniziò a fumare pericolosamente per qualche minuto. Amu guardò il ragazzo con sguardo spaventato. Lo volevano morto, lo sapeva, ma lui non poteva, non doveva morire.

Il ragazzo in un impeto di rabbia graffiò la gola di un uomo facendolo cadere a terra, morto.

- No… - provò a dire un altro, il fratello del cadavere. Ma ben presto lui fece la stessa fine, solo per mezzo di un coltello, che Ikuto era riuscito a prendere all'interno della giacca grazie al fatto che si era liberato il braccio.

Amu lo guardava con la speranza negli occhi, non aveva neanche più voglia di ribellarsi, solo lo guardava incantata lanciandogli sguardi di fiducia.

- Maledetto vampiro… - iniziò Williams. - Ora te la vedrai con me…

Lo spinse di più al muro e tirò fuori un paletto.

A questo punto Amu non ci vide più, con uno strattone si liberò di tutti e quattro e corse verso John e Ikuto. Diede una spinta forte alla spalla di John facendogli cadere il paletto di mano e facendolo allontanare di due passi, molto pochi. Infatti non fece in tempo ad abbracciare il ragazzo che l'uomo la prese per le spalle e la trascinò via.

- Lasciatemi subito! - gridò a ragazza, ma giunsero gli altri a portarla lontano.

L'ultimo rimasto con Ikuto prese la croce e lo allontanò fino all'angolo della stanza con essa.

- Se avessi il paletto ti ucciderei… - gli disse con disprezzo. - Miki era una brava bambina e poteva avere un bel futuro finché tu non l'hai uccisa!

Ikuto sorrise maligno.

- E tu ringrazia che non ho voglia di mangiare carne da macello… - rispose.

Uno schiaffo bruciante gli arrivò in pieno volto. L'uomo lo aveva appena colpito con la croce. Poi se ne andò lasciando lì Ikuto, infuriato. Aveva appena avuto Amu nella sua ombra oscura che gliela portavano via tentando di portarla alla luce. Questo non poteva accettarlo. Doveva assolutamente fare qualcosa.


La ragazza venne portata di peso attraverso tutto il bosco fino a che non giunsero alla stanza dell'assemblea.

La misero giù e la lasciarono a Eiji che la costrinse a stare ferma.

- Calma signorina Hinamori… - disse John Williams.

La ragazza lo guardò con uno sguardo di fuoco. Era successo tutto in fretta, tutto tremendamente in fretta.

La ragazza non rispose, si limitò a fissare Williams negli occhi con sguardo truce.

- Eiji fa in modo che la ragazza non scappi… - disse John.

Il moro capì all'istante e portò la ragazza in una stanzetta buia e umida.

- Resta qui… - disse con voce spenta. Anche se stava con Ikuto le voleva ancora bene.

- Eiji… - mormorò Amu. - Perché mi fai questo? Eravamo amici, lo siamo sempre stati, che cos'è successo?

Ovviamente la rosa faceva la parte, voleva soltanto uscire da lì e voleva farlo subito.

- Amu, ti prego… - disse Eiji. Era un ragazzo debole, lo era sempre stato e la ragazza lo aveva capito bene. Avrebbe sfruttato questa cosa a suo favore.

- Eiji, il per favore spetta a me stavolta… - disse la ragazza avvicinandosi a lui e sfiorandogli la guancia con la mano.

Il ragazzo rabbrividì.

- Amu, sei gelida… - le disse prendendole la mano.

- Beh… se vuoi puoi aiutarmi a scaldarmi… - gli disse con aria innocente.

Eiji le si avvicinò abbracciandola e guardandola in volto. Solo ora si accorgeva di quanto quella ragazza lo attraesse. Stava per avvicinare le labbra alle sue quando una voce lo richiamò alla realtà. Si allontanò all'istante, neanche avesse visto un fantasma.

- S-scusa… - disse per poi correre via.

Amu sorrise maligna, prima o poi ce l'avrebbe fatta. Era solo questione di tempo e avrebbe avuto vitto, alloggio e via d'uscita in una sola volta.

Eiji corse così veloce che quando arrivò da Williams gli mancò il fiato.

- Ragazzo, che ti è successo? - chiese l'uomo mentre posava la sigaretta sul posacenere..

- Nulla, nulla… - rispose Eiji, ma era bianco come un lenzuolo in volto e Williams se ne accorse.

John gli si avvicinò sospettoso.

- Oh… quindi se io ti dicessi che a mio modesto parere la signorina Hinamori essendosi trasformata in vampiro ha sviluppato i poteri di seduzione sugli esseri umani tu mi crederesti? - disse tutto questo velocemente, senza prendere fiato un attimo.

- Ehm… scusi signore ma eh? - chiese confuso il moro.

- Dicevo… - riprese più calmo il cacciatore di vampiri. - Che la signorina Hinamori si sta trasformando in vampiro, anzi, si è trasformata in vampiro e ha sviluppato un potere che solo le vampire hanno. Riescono ad attrarre qualunque uomo e sfruttarlo a loro piacimento.

- Signore, non credo affatto che Amu sia cambiata… - rispose Eiji.

- Classica risposta da polli. - disse Williams. - Tutti quelli che dicono così vuol dire che sono già stati sottoposti a tale esperienza.

- Signore inizio a pensare che lei non di sta con la testa… - disse il moro.

- Da quanto tempo conosci questa ragazza? - chiese.

- Siamo amici da tre anni, perché? - chiese con il cervello sempre più scosso.

- Quindi la conosci bene e credo che tu sia abbastanza intelligente da capire se sia lei o no. - constatò il signor Williams.

- Non credo… - disse Eiji.

- E perché mai? - chiese allora John.

- Amu non è mais tata se stessa con nessuno… - riprese il moro. - Ha sempre finto con tutti. Almeno questo è quello che credo. In questi tre anni è sempre stata dolce. Poi dopo la morte di Mary è diventata cinica e in un certo senso sadica e adesso si può dire che sia passionale e confusa… non credo di aver mai saputo chi sia realmente. Non penso proprio di conoscerla.

Ammise il ragazzo abbassando lo sguardo.

- Dovremmo farle delle domande… - disse pensieroso l cacciatore di vampiri.

- Crede che lei ci risponderò? - chiese quasi ironico Eiji.

- Credo che dovremo provarci. - rispose l'uomo.

- Cosa vuole chiederle?

- Mah… credo che inizierò con chiederle il suo passato e poi come ha conosciuto il non morto. - disse Williams.

- Non le dirà mai il suo passato, nessuno lo ha mai saputo. Nessuno conosce il suo passato. - concluse Eiji.

- Non sei molto positivo ragazzo, dovresti esserlo di più…

- La mia positività si è spenta quando ho visto il corpo di Mary e lì ho capito che siamo tutti condannati… - disse allora il ragazzo passandosi una mano tra i capelli e scoprendo la fronte imperlata di sudore. Era agitato e si vedeva.

- Non siamo tutti condannati se il vampiro muore.

- E cosa propone di fare per ucciderlo?

- Beh… - fece l'uomo con un alzata di spalle. - Noi abbiamo qualcosa che lui vuole, perché non usarla come calamita per attrarlo…

- Ma è pazzo forse? Potrebbe ucciderla! - esclamò il ragazzo, il quale continuava a non capire, non voleva accettare la realtà e non l'avrebbe accettata mai probabilmente.

L'uomo si avvicinò al giovane e gli diede una pacca sulla spalla.

- Ragazzo, lei è già morta… - gli disse. - Non so che cosa ti spinge a non crederlo, ma è così…

- Ma… lei è la mia sola amica… - disse il ragazzo con gli occhi lucidi. Il signor Williams lo abbracciò lasciandolo sfogare.


Debole, è solo un debole… pensò Amu con derisione.

- A quest'ora starà piagnucolando come un bambino… - disse con disprezzo. Quel ragazzo no aveva spina dorsale, ecco che cosa pensava la ragazza. Era proprio un bambino, puro, infantile e piagnucolone.

Non seppe come, ma da Eiji arrivò a pensare ad Ikuto. Chissà dov'era adesso, chissà come stava. D'un tratto poi scoppiò a ridere di lei stessa. Sembrava una ragazzina pronta a fantasticare sulla sua storia amorosa. Mentre era tutt'altro. Il suo amore era per lui e per il sangue, due elementi essenziali per completare la sua vita. Due elementi per la quale senza, la sua vita non ha senso.

Durante quei ragionamenti entrarono nella stanza Eiji, Hotori e Williams.

- Amu… - disse il biondo andandola ad abbracciare. La ragazza non si ribellò, invece aspirò felice l'odore del collo dell'uomo.

- Signor Hotori non è il caso… - disse John allontanandolo dalla ragazza.

- Oh andiamo, non mi vorrete far morire di fame… - disse la ragazza con aria innocentina iniziando ad avvicinarsi.

Tutti e tre tirarono fuori all'istante la croce, facendo ringhiare la ragazza.

- Hinamori… - disse John. - Devo farle delle domande.

- O-oh! - esclamò la ragazza. - Il grande signor Williams si è deciso a fare la sua mossa! Io inizia sempre dalle mani, lei?

- Non voglio torturarla… - disse con voce calma.

- E allora come crede di farmi parlare, ah? - chiese ridendo.

- Ci riuscirò, perché se lei non risponde alle nostre domande uccideremo il suo amato vampiro. - rispose.

- Oh già… - fece Amu con aria pensierosa. - Si Ikuto me ne aveva parlato. usate sempre lo stesso metodo, che però non funziona mai. Beh credo sia meglio sorvolare su queste sciocchezze e lasciarmi in pace una volta per tutte! Oh, quasi dimenticavo, chi si offre volontario?

Chiese la ragazza passandosi sensualmente la lingua fra le labbra.

- Hinamori… - tentò di dire il cacciatore di vampiri.

- Eiji? - chiese guardando il ragazzo dritto negli occhi smeraldo.

Lui non rispose, si limitò a dire 'scusi' e a dileguarsi.

Rimasero Hotori e Williams.

- Amu, ti prego, ti voglio bene come una figlia…

- Solo perché avete perso Tadase. - ribatté la rosa.

- Questo non è vero e tu lo sai, io ti ho sempre trattato bene… - disse.

- Certo e farmi sgobbare dalla mattina alla sera lo chiama voler bene a una persona? - domandò.

- Tu non ti sei mai lamentata.

- E come potevo? - chiese. - Dovevo vivere e se mi avesse licenziata… beh le assicuro che la strada non è un posto molto comodo, esperienza personale.

- Bastava che me lo dicessi…

- Parliamoci chiaro signor Hotori… - disse subito Amu. - Lei non mi avrebbe mai ascoltata, a meno che non fossi andata a letto con suo figlio…

- Questo è troppo! - esclamò Hotori e provò ad avvicinarsi alla ragazza, ma John lo trattenne.

- Signor Hotori è solo un trucco, se lo ricordi la prego… - disse per poi rivolgersi alla ragazza. - Non abbiamo finito, ricordatelo…

Disse per poi andarsene. Amu sorrise. Iniziava a divertirsi.

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Capitolo 12
*** Same time, difference places ***


Scusate se ci ho messo tanto per aggiornare, ero partita per una vacanza di tre giorni in Svizzera, ma ora sono tornata e sono di nuovo pronta a trascinarvi nel Black Shugo Chara. XD Spero che mi scuserete per la lunghezza del capitolo. U.U

Vi informo subito che questo capitolo è diviso in tre parti. Tutte le tre parti si svolgono in luoghi diversi alla stessa ora.


L'acqua bruciava sulla sua pelle come fuoco. Ogni volta che uno schizzo la colpiva le sembrava di morire.

- Hinamori, noi non vogliamo farle del male… - tentò di dire Williams, ma una risata di disprezzo da parte della ragazza gli impedì di continuare.

- Risparmiamelo ti prego… - disse. - L'unica ragione per cui mi tenete in vita è perché quell'idiota del signor Hotori non capisce chi sono… altrimenti mi avreste già uccisa…

Williams tacque, non sapeva più che dire. Le parole erano morte nella sua bocca. Non riusciva neanche a ribattere, sapeva che aveva ragione quella ragazza e che quello che stavano facendo era tutto inutile. Hotori voleva vendetta e voleva qualcuno che rimpiazzasse suo figlio.

- Eiji… - mormorò l'uomo al ragazzo accanto a lui, il quale non riusciva più muoversi. Era come paralizzato. Il signor John Williams aveva ragione, quella non era più la sua amica. Ma allora chi era? - Eiji!

Esclamò l'uomo facendo sobbalzare il ragazzo.

- S-si signore, mi dica. - rispose.

- Andiamocene. - disse l'uomo per poi uscire dalla stanza seguito dal moro.

Tornarono nuovamente in salotto. Ormai era una routine. Andavano dal salotto alla stanza e dalla danza al salotto. Williams non faceva altro che bere e leggere nel tempo libero, mentre Eiji si girava i pollici e meditava su quanto era accaduto negli ultimi giorni.

Com'era possibile che la quiete di un villaggio così tranquillo e sereno possa essere rovinato da una osa creatura. Un vampiro. Quel ragazzo che sempre di più odiava. Lo odiava per aver distrutto l'equilibrio nel suo amato paesino, lo odiava per aver sconvolto l'intera popolazione, lo odiava per aver ucciso tutte quelle persone, per aver ucciso Mary, lo odiava perché aveva preso di mira proprio quel posto e infine lo odiava per avergli portato via l'unica persona che gli fosse rimasta da amare. Amu.

Posò lo sguardo sul cacciatore di vampiri. Apparentemente sembrava tranquillo mentre i suoi occhi scorrevano sulle pagine del libro e il suo indice veniva regolarmente bagnato per voltate pagina. Ma in realtà, dentro, era più agitato, più arrabbiato, più nervoso di chiunque altro. Perfino di quel debole ragazzo dall'aria stanca e depressa. Anche lui non sapeva che cosa fare. La sera prima avevano discusso con Hotori. Quell'uomo era più cocciuto ed egoista di altri. Non voleva credere nella trasformazione della ragazza pur di poter avere un rimpiazzo, un ripiego. Cosa ignobile anche da parte di un disperato che è solo da pochi giorni che ha perso suo figlio.

Sospirò. Erano dieci volte che leggeva la stessa riga e il libro aveva ormai perso significato per lui. La sua mente non riusciva più a concentrarsi su altro. Non riusciva più a perdersi nei meandri dell'oblio e della fantasia che i libri e la lettura ti offrono.

Ora, l'unica cosa che occupasse la sua mente era quel dannata situazione. Il vampiro prima o poi sarebbe ritornato per riprendere la ragazza. Dopo tutto se un vampiro ne crea un altro è perché si è formato un legame particolare e talmente profondo che non si deve dissolvere neanche con la morte.

Quando sarebbe arrivato quel momento che cosa avrebbero fatto? Che cosa avrebbero potuto fare, questa era la domanda giusta da porsi. Era pur sempre un vampiro e per quanto gli costasse ammetterlo, John non aveva mai incontrato un vampiro così forte. Possedeva un potere di concentrazione impressionante e la sua forza era superiore a qualunque altro vampiro che il cacciatore avesse mai affrontato.

Sospirò nuovamente, stressato da quella situazione. Chiuse il libro e lo poggiò sulle ginocchia. Chiuse gli occhi massaggiandosi le tempie. Si tolse gli occhiali e li ripulì con cura maniacale. Non aveva niente di meglio da fare dopo tutto.

Aveva provato a far parlare la ragazza prima con le buone, poi era passato alle torture. Frusta, botte, ostie e schizzi di Acqua Santa. Ma niente, era stata tutta una perdita di tempo. La ragazza non faceva altro che ridere loro in faccia. Rideva, eccome se rideva, rideva di loro. Rideva dell'umanità intera.

Dovette ammettere che molte volte anche lui aveva l'impressione che questa vita fosse tutta una presa in giro, che la vita stessa ridesse di noi fino a che non siamo morti. Non ics ava capendo niente, dannazione!

- Signore, si sente bene? - la voce del ragazzo lo riportò alla realtà.

- Come, scusa? - chiese confuso.

- Le ho chiesto se sta bene… - domandò di nuovo Eiji.

L'uomo lo guardò un istante, poi annuì.

- C'è qualcosa che la turba? - chiese il ragazzo preoccupato.

- Mmm… - rispose l'uomo. - Stavo solo pensando che la vita è tutta un'inculata.

Il moro sgranò gli occhi alle parole di Williams.

- Prego? - chiese sempre con gli occhi sgranati.

- Lascia perdere… - tagliò corto l'uomo.

In quel momento fece il suo ingresso il biondo. Aveva un'aria tutt'altro che allegra. Si vedeva quanto fosse preoccupato anche lui, ma era ovvio che cercasse di non darlo a vedere.

- Allora? - chiese impaziente.

- Allora cosa? - domandò a sua volta John.

- Amu. - una parola. Chi l'avrebbe detto che una sola parola bastasse a far comprendere tutto? Una sola parola, può bastare a sconvolgere la vita di chiunque. - Ha parlato?

- Come ci pensa che ha parlato? - domandò scocciato il cacciatore di vampiri. - Quella ragazza non parlerà mai e noi saremo tutti fottuti quando il vampiro verrà a prenderla e a portarsela via.

- C-crede che lo farà? - chiese allora Eiji.

- Ovvio che lo farà. - rispose sicuro, ma con voce assonnata, Williams. - E non solo. Ci ucciderà tutti per quello che le abbiamo fatto.

Il moro deglutì. Morire. Lui non voleva morire, era giovane, poteva vivere altri cinquant'anni, perché doveva morire? Aveva paura, non voleva assolutamente raggiungere Mary, non così presto almeno. E poi non in quel modo, per mano di un vampiro pluriomicida che l'aveva uccisa a quella bella ragazza dai capelli color sole e gli occhi color mandorla.

Ma ora basta pensare a questo, doveva concentrarsi, doveva pensare a una soluzione, a qualcosa per farla parlare.

- E se catturassimo il vampiro? - chiese senza pensare, facendo ricadere su di lui sguardi perplessi. Arrossì.

- E come credi di poterlo catturare? - domandò quasi con scherno il signor Williams.

- Non so, credevo che la risposta me l'avreste data voi…

John sogghignò esausto.

- E cosa credi che ti dica io? Ci sono dentro fino al collo, proprio come te e il signor Io. - rispose abbandonandosi alla morbida poltrona del salotto.

Eiji abbassò lo sguardo. Aveva detto una sciocchezza come sempre. Ma lui dopo tutto faceva tutto quello per la sopravvivenza, voleva vivere e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, voleva che Amu tornasse quella di prima. Una volta aveva letto che se uccidi il vampiro che ha generato l'altro, esso tornerà normale. Non che lui fosse un fanatico di queste cose, non era neanche troppo incuriosito da certi argomenti. Ma dopo alcuni avvenimenti aveva deciso di tenersi informato in caso di pericolo. Per questo quando aveva tempo libero leggeva e appuntiva paletti. Faceva le collane d'aglio, pregava con il rosario. Faceva di tutto pur di essere pronto, di essere preparato a qualunque evenienza. Anche se la verità più profonda era che a smuoverlo era la paura. Lui aveva paura, si preparava, ma voleva che quel momento non arrivasse mai. Si ripeteva più volte che era pronto, ma in realtà non ci si sentiva per niente.

Non era mai stato un ragazzo deciso. Neanche con i fagioli. Sua madre era sempre indecisa e quando gli chiedeva che fagioli volesse lui rispondeva sempre 'uguale', poiché non riusciva a prendere una decisione e aveva paura di prenderla. Aveva davvero paura.

- Hotori… - la voce del signor Williams richiamò sulla terra sia il moro che il biondo.

Tutti e due volsero lo sguardo di lato, dando l'attenzione al cacciatore di vampiri.

John bevve un lungo sorso di whisky prima di parlare. I due attesero pazienti.

- Signor Hotori le deve prendere una decisione… - iniziò a dire serio. - Una decisione non molto facile…

- Dica… - disse in un sussurro Hotori, probabilmente se l'aspettava.

- La ragazza è un vampiro ormai… o va uccisa e va lasciata andare con il ragazzo. - disse con voce ferma mentre si apprestava a bere un altro sorso della bevanda.

- U-uccisa? - domandò in un sussurro Eiji, non aveva affatto pensato a quest'evenienza, a questa possibilità, di veder uccidere la propria amica.

- Esatto… - continuò Williams. Sapeva quanto fosse dura per loro due questa faccenda, ma triste o no le cose andavano sempre fatte come si deve. E la decisione spettava ad Hotori. - Lei è ancora convinto che Amu sia umana?

- Perché no… - disse il biondo, con un tono di voce leggermente incerto però. - Quella ragazza è vissuta con me per sei anni, crede che non sappia chi sia?

Lo sbattere forte dei pugni di John risuonò per tutta la stanza.

- Dannazione! - imprecò l'uomo. - Qui non stiamo parlando di quello che è stata per sei anni, qui stiamo parlando di quello che è diventata ora! Ora, stiamo parlando! Signor Hotori apri quei suoi occhi sognanti che vedono tutto il mondo rosa ed inizi a guardare in faccia la dura realtà dei fatti. Nn bastano le speranze, non bastano le preghiere. Ormai Amu è condannata e lo sappiamo tutti e due.

Pronunciò il nome della ragazza per far capire bene al signor Hotori che ormai non era più una persona, era un demone, era un demone quello che risiedeva dentro di lei.

- Però… - disse Hotori. - io capisco, ma…

- No. - lo interruppe Williams. - Se lei avesse davvero capito il 'ma' non ci sarebbe.

- Ma che cosa vuole che faccia? - sbottò il biondo. - Come solo mi può chiedere di decidere di una vita di una persona a me cara poi….

- Le sto chiedendo questo per avvertirla della mia decisione. - rispose John riempiendosi il bicchiere. - Come le ho già detto… Crede che il non morto aspetterà tanto a farsi vivo? Le assicuro che sicuramente sarà già sulle nostre tracce. L'acqua santa può fermare un vampiro due giorni massimo, pecche gli annienta i poteri fino a che la ferita non è guarita. Ma i vampiri guariscono molto in fretta. Anzi, mi chiedo perché ancora non ci abbia attaccati.

Concluse portandosi il bicchiere alle labbra.

- Siete riusciti a sapere almeno perché l'ha trasformata se è come dice lei? - chiese Hotori.

- Le assicuro che è come dico io… - rispose marcando la lettera 'è'. - E comunque… no, non siamo riusciti a sapere niente. Quella ragazza è più tosta dei miei stivali in cuoio.

Sospirò di nuovo, se si fosse fatto pagare per tutti i sospiri che aveva fatto in quell'arco di tempo avrebbe avuto abbastanza soldi per vivere di rendita, senza lavorare più a quei casi maledetti.

Dopo tutto aveva quasi cinquant'anni. Una volta, quando era giovane, gli piaceva e lo emozionava risolvere un caso su un vampiro e portare quiete tra la popolazione, ma di questi tempi si era come afflosciato e il suo entusiasmo era stato tutto sotterrato dalla frase 'è solo un lavoro'. Iniziava a stancarsi subito e aveva bisogno sempre di più riposo.

- Ma se la lasciassimo andare che cosa succederebbe? - chiese poi il biondo.

Williams lo guardò. Ma quell'uomo era stupido oppure aveva il cervello di cavalletta di natura?

- Che cosa pensa che succederà? - chiese ironico l'uomo.

- Beh… non saprei… io…

- Ci uccidono insieme ecco che succederà… - rispose sospirando di nuovo il signor Williams.

Era davvero esausto, tentò di riprendere la lettura, doveva restare sveglio in caso di pericolo. Ma era un impresa più facile a farsi che a dirsi.

Le righe del testo che stava leggendo ogni tanto si sdoppiavano oppure venivano nascoste dalle sue palpebre.

Inutile, non riuscì a resistere e si addormentò sulla poltrona.


Una ragazza su una stanza dall'aria smorta. I polsi legati in grosse catene e le caviglie trattenute da una corda spessa. Sentiva bruciore e dolore dappertutto. L'acqua santa aveva avuto un bruttissimo effetto su di lei, neanche se lo sarebbe immaginato. Inoltre sulle braccia era piena di lune piene e mezze lune. Ostia. Appena le aveva poggiato quella roba sulla chiesa le aveva procurato scottature in tutta la pelle. Figuriamoci, non l'aveva mai presa neanche da viva. Non era credente, non si affidava mai agli altri. Figuriamoci ad un dio che è un'idea del popolo solo per farsi forza, diceva sempre a se stessa ovviamente. Se avesse parlato così la parola eretica sarebbe risuonata per tutto il villaggio. E di scottature poi le erano bastate quelle ricevute quel pomeriggio, senza che ci si mettessero anche il rogo e le candele.

Diede uno strattone alle catene, ma i suoi poteri l'avevano come abbandonata. Anche se non erano la sola cosa da cui si sentiva abbandonata.

Ikuto…

Già, lui. Perché non veniva a salvarla? Perché non arrivava e la liberava? Aveva forse paura? No, era impossibile, in tutta la storia non c'era mai stato un vampiro più coraggioso di lui, che affrontava anche la chiesa per i suoi interessi. Ma allora perché era ancora rinchiusa lì e lui era fuori? L'aveva forse presa in giro? I vampiri non piangono lacrime di acqua, no, piangono lacrime di sangue, ma in quel momento neanche quelle le uscivano dagli occhi. Era troppo delusa da quel ragazzo per piangere, troppo.

Perché l'aveva trasformata se poi se n'era andato? Voleva farla soffrire? L'aveva presa in giro? Che bisogno ne aveva di farla soffrire?

Si rannicchiò su se stessa, anche se a fatica. Le lesioni sul corpo le dolevano terribilmente, ma lei cercò di non curarsi di loro. Quei bastardi l0avevano massacrata e per cosa poi? Per sapere il motivo chiaro ed evidente, per la quale lui avesse generato lei.

- Per me sono solo dei balordi gonfi di orgoglio come i pavoni… - si disse per poi poggiare la testa sul muro di lato e chiudere gli occhi. Non dormiva, non poteva dormire, ma almeno poteva fingere per riposarsi e sentire i loro discorsi quando sarebbero venuti a controllarla. E poi poteva provare a combattere con la voglia di sangue che premeva tantissimo nel suo stomaco.


Ikuto scagliò anche il terzo bicchiere contro il muro, ferendosi con i vetri sulle mani. Sangue, il sangue che lei anche aveva bevuto.

Il sangue scendeva dalle sue mani, ma anche dagli occhi del ragazzo. Come avevano osato portargli via Amu? L'avrebbero pagata cara. Davvero molto cara. Questa volta la pietà non ci sarebbe stata.

Lui non si era mai considerato un vampiro molto cattivo, perch faceva alle sue vittime sempre la grazia di ucciderle dopo una tortura. Ma stavolta non ci sarebbero stati solo morti ma anche giochi da appendere alla parete, con cui giocarci quando si è annoiati. Già vedeva lui ed Amu mentre si divertivano a torturare quel ragazzino, Eiji. Lo vedeva lì davanti a lui, appeso alla parete, tremante e scosso dai singhiozzi causati dal pianto.

Sorrise sadico e si leccò le labbra. Quella visione lo aveva reso affamato. Aveva bisogno di bere quel buon liquido rosso. Ma prima le cose importanti. Si, prima Amu.

Appena le ferite si fossero chiuse del tutto sarebbe partito all'attacco con più forza di prima. Eccome se sarebbe partito all'attacco, aveva anche lui voglia di vendetta.

Prese un altro bicchiere, ma stavolta lo frantumò al suolo. Era uno sfogo, un passatempo, frantumare bicchieri.

Continuò a romperli tutti, finché non si rese conto che se non voleva tagliarsi di più le mani doveva smettere e pulire quel casino.

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Capitolo 13
*** Finally free ***


I suoi occhi color miele, ma freddi come il ghiaccio guardavano fisso il ragazzo che non aveva idea di quale doveva essere la sua prossima mossa. La ragazza gli stava davanti. Sorrisetto divertito stampato in volto. Era legata, certo. Ma chi poteva sapere che non si sarebbe potuta liberare da un momento all'altro? In più il suo sguardo ambra imprigionato nei suoi occhi smeraldini la rendevano ancora più inquietante. Il modo in cui lo guardava lo faceva rabbrividire. Sarebbe voluto sparire in quel preciso momento, ma non gli era possibile. Doveva aspettare che il signor Williams tornasse con la croce, l'acqua santa ed il paletto. E forse dopo sarebbe riuscito ad andarsene via.

- Andiamo Eiji… - disse la ragazza. - Sii uomo e liberami, oppure non hai abbastanza fora in quei due rami che tu chiami braccia?

Il moro deglutì. Ogni sua parola, il modo in cui la pronunciava, il senso di derisione che vi era nascosto dietro. Tutte queste caratteristiche messe insieme la rendevano terribile e accendevano in lui la paura. L'emozione più brutta che possa esistere sulla faccia della terra, a suo parere. Con la paura chiunque può manovrarti e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, lei ci stava riuscendo con lui.

- N-non ho voglia di liberarti. - disse con voce tremante distogliendo lo sguardo dai suo occhi.

La ragazza sogghigno.

- Lo sai… - stava per dire qualcos'altro quando entrò John che parò davanti ad Amu una croce in legno. La ragazza si appiattì sulla parete. - Siete tutti bravi eh? Non è molto difficile usare le debolezze altrui per non fare il lavoro sporco…

Disse la ragazza. L'uomo non capì bene il significato delle sue parole o a chi fossero riferite. Amu teneva il viso coperto dai capelli,per questo non si riusciva a capire chi stesse fissando al di là di quelle liane rosa.

I capelli le erano notevolmente cresciuti, quasi fino ai fianchi e in poco tempo. Brutto segno, la trasformazione si stava completando, presto le catene non sarebbero più bastate.

- Che cosa vuoi dire? - chiese Williams confuso.

- Facile usare un ragazzo debole come scudo per non essere uccisi… - disse guardando dritto negli occhi John. L'uomo rabbrividì un istante. Gli occhi della ragazza erano diventati bianchi e opachi, c'era determinazione e malignità nel suo sguardo.

Williams abbassò la croce mentre si allontanava. Poi si abbassò all'altezza dell'orecchio del ragazzo.

- Rafforza le catene domani mattina, sarà come se fosse un'umana… - gli disse a bassa voce per non farsi sentire dalla ragazza.

- Oh si, rafforzami le catene, altrimenti il cacciatore si fa la bua… - disse con disprezzo la ragazza, misto ad ironia.

Williams la ignorò uscendo dalla stanza. Eiji indugiò un attimo a guardare Amu, con uno sguardo triste e rassegnato. Ma bastò un richiamo da parte del cacciatore di vampiri per far uscire anche lui.

Questa volta si diressero tutti nella stanza da tè. Williams aveva programmato un'assemblea per decidere una volta per tutte che cosa farne della ragazza.

- La trasformazione completa è molto vicina e noi non abbiamo più tempo… - iniziò a dire mentre la cameriera gli versava il tè. - Inoltre c'è la probabilità che da un momento all'altro il vampiro sbuchi fuori e che per noi si metta davvero male.

- Signore? - lo chiamò il moro.

- Dimmi ragazzo. - disse mentre si portava la tazzina alle labbra.

- Sono passati due giorni, domani sarà il terzo, perché il non morto tarda a farsi vivo? - domandò.

John Williams sospirò. Bevve un lungo sorso di tè, dimezzando la tazzina.

- Credo che si stia preparando per attaccarci. Le ferite dovrebbero essersi già tutte rimarginate, secondo i miei calcoli tra… - guardò l'orologio che segnata mezzanotte e un quarto. - prendiamo i paletti.

Disse in fine. Eiji iniziò a sudare freddo. Perché quell'ordine improvviso? Che cosa sarebbe successo adesso?

Si alzò dalla sedia per obbedire all'ordine dell'uomo, dirigendosi in salotto dove avevano lasciato gli oggetti.

- Signor Hotori chiami subito gli altri uomini. - disse poi il cacciatore alzandosi anche lui e bevendo l'ultimo goccio di tè.

Il biondo non ci stava capendo niente.

- Ma insomma, che sta succedendo? Non sta succedendo niente! - disse Hotori affondando ancora di più nella poltrona.

- Usi il cervello per una buona volta, forse ci potrà arrivare… - disse Williams prima di uscire dalla stanza e raggiungere Eiji.

Il ragazzo aveva in mano un paletto e una croce, che tremavano quanto il corpo del moro.

John sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.

- Stai tranquillo se le cose si mettessero male ricorda che siamo quattro contro uno. - tentò di rassicurarlo.

Eiji fece un sorriso tirato, ma il tremolio delle sue mani non lo voleva abbandonare.

Dopo qualche minuto altri uomini entrarono in casa, anche essi armati, forse anche troppo. Williams sospirò.

- Per favore signori, evitate di portare armi di cui non sapete neanche l'utilizzo. - disse. Quei babbei tendevano sempre ad esagerare. Sospirò di nuovo, questa volta rumorosamente.

- Scusate perché ci avete fatto venire qui di corsa? - domandò un ragazzo.

- Veramente io vi ho solo fatti chiamare, chi è venuto di fretta è solo un problema suo… - rispose il cacciatore, prendendo dal baule un paletto appuntito da tutti e due i lati. Lo aveva fatto lui stesso quando si era appropriato della carica di cacciatore di vampiri. Erano quasi vent'anni che lo aveva con se e vi era molto affezionato. Una questione sentimentale stupida, ma lui e Mr. tip ne avevano passate così tante insieme che sarebbe stato un delitto non far vivere a quel paletto un'altra avventura, un'altra uccisione di un vampiro e chissà… forse anche l'ultima.

- Siete pronti? - chiese d'un tratto un uomo alto con la barba nera.

Williams si girò a guardarlo. Era il classico fessacchiotto che fa il capo banda, ma che poi è il più fifone. Sbuffò, che rottura collaborare con la difesa del paese. Era sempre più scandente, sempre più noiosa e tremendamente incapace.

Gli uomini però si facevano condizionare facilmente perché in un attimo tutti alzarono le braccia in pugni e gridarono forte un si pieno di carica ed energia. Tutti tranne Eiji che preferiva restarsene in un angolo a tremare e ad attendere la sua fine. L'unica cosa che faceva era pregare. Pregava perché non morisse, pregava perché poi perch se proprio doveva morire fosse il più veloce e più indolore possibile, pregava infine perché il vampiro non facesse malia sua comparsa. La prima e la seconda erano realizzabili, ma la terza no. E lo appurò poco dopo.

- Uomini? - chiese di nuovo a gran voce l'uomo barbuto. - Vogliamo uccidere il vampiro?

Il si si librò di nuovo in aria.

- Vogliamo uscire vincitori?

Altro si possente venne pronunciato.

- E infine vogliamo portare la pace nel nostro paesino?

Di nuovo tutte le persone gridarono si. Eiji le guardava, avrebbe voluto essere sicuro anche lui come sembravano esserlo loro. Ma non ci riusciva. Le gambe lo tremavano e la voce non ne voleva sapere di fare la sua uscita.

- E allora appena arriverà… - non riuscì a finire la frase l'uomo dalla barba nera che cadde a terra inerte producendo uno strano scricchiolio del collo. Dietro di lui fece la sua comparsa Ikuto con un sorrisetto stampato in volto, sadico e divertito.

Tutti rimasero allibiti alla sua presenza. Deglutirono rumorosamente, facendo scomparire gli uomini sicuri che poco prima erano stati.

Ikuto fece un passo in avanti e meccanicamente loro ne fecero uno indietro. Si mise a ridere. Sarebbe stato fin troppo facile la lotta contro di loro.

- Dunque… - disse. - Dov'è Amu?

Williams si mise davanti a tutti gli uomini e sorrise anche lui reggendo lo sguardo del vampiro, cosa che non piacque affatto ad Ikuto.

- Se vuoi Amu prima devi uscire vivo da questa stanza. - disse.

- Mh… ti vedo sicuro di te, chissà se lo sarai ancora dopo che ti avrò ucciso… - disse il vampiro mutando il colore dei suoi occhi dal viola al bianco.

- Non contarci troppo… - rispose l'uomo tenendosi pronto a colpire il vampiro con il suo fido Mr. tip.

Ikuto alla vista del paletto sogghignò.

- Paletto amico? - fece ironico indicando il pezzo di legno appuntito che teneva in mano John Williams. Il legno era un po' storto e scorticato in alcuni punti.

- Si, paletto amico… - rispose il cacciatore per poi tentare di colpirlo al petto. La mano gli fu bloccata e ricevette all'istante un pugno sotto il mento che quasi gli fracassò la mascella.

Era stato troppo precipitoso, quel ragazzo era un vampiro di alto livello, doveva andarci cauto.

Si mosse di qualche passo indietro per poter studiare meglio il suo avversario, ma si accorse subito di essere in grave difficoltà e in grande svantaggio rispetto al suo avversario.

Ikuto osservava l'uomo dall'alto in basso. La dose di calma che si portava dietro gli rendeva tutto più facile. Studiava tranquillo la situazione e poi agiva.

Williams si muoveva invece confuso e disorientato. Cercava un appiglio, qualcosa in cui poter sperare di avere qualche possibilità di vittoria. Ma più si guardava intorno, più fissava il vampiro, più tutte le sue speranze andavano in fumo. Era frustrato, per un attimo ebbe la sensazione che anche Mr. tip provava lo stesso. Mise di nuovo il paletto davanti quando vide Ikuto avanzare nella sua direzione.

Tentò un pugno che venne parato, una mossa di gambe che venne schivata. Tentò di nuovo di affondargli il paletto nel petto ma nello stesso istante Ikuto gli prese il polso e glielo strinse forte girandolo e spezzando tutte le ossa. Williams urlò di dolore ritraendo la mano e facendo cadere il paletto.

Ikuto lo raccolse e fulmineo inchiodò il cacciatore di vampiri al muro con solo l'uso della mano sinistra, prendendolo per la gola. Poggiò il paletto sul petto e sibilò a qualche centimetro di distanza dal suo viso:

- Non è così che si fa signor Williams?

E in un attimo iniziò a conficcargli lentamente il paletto nella carne, facendogli subire tutto il dolore.

John tentava di non gridare, per non dare soddisfazione al vampiro, sapeva che era il suo dolore che voleva. Però per quante resistesse le urla straziate di dolore uscivano dalle sue labbra. Quasi senza che lui se ne accorgesse.

Quando poi il pezzo di legno raggiunse il cuore il dolore cessò, lasciando spazio alla morte che lo stava ricoprendo lentamente. Sorrise, un sorriso di arresa, di rassegnazione.

Questa volta non ce l'abbiamo fatta, vero Mr. tip? fu il suo ultimo pensiero, prima di dare il permesso ai suoi occhi di velarsi e di crollare a terra inerte.

Ikuto sorrise di nuovo, soddisfatto del suo lavoro. Poi si voltò verso gli uomini che lo guardavano con la paura negli occhi.

- Qualcun altro vuole fare l'eroe o preferisce dirmi subito dov'è Amu? - domandò.

Eiji avrebbe voluto rispondere, rispondere che non aveva paura di lui e che era disposto a combatterlo fino alla morte. Ma la paura aveva preso il sopravvento in lui così tante volte che ormai resistergli gli era impossibile. Per questo preferì restare in silenzio, rinchiuso nell'armadio dove si era nascosto appena si era accorto della presenza del vampiro e ciò era avvenuto prima che spezzasse il collo di quell'uomo.

Un castano con gli occhi cioccolata si fece avanti brandendo un'ascia.

- I-io t-ti combatto… - disse con voce tremante.

Ikuto si avvicinò a lui.

- Come vuoi… - gli disse.

Il ragazzo alzò l'arma, pronto a tagliare la testa al vampiro. Lui non si scompose e non appena il colpo stava per arrivare afferrò il manico dell'ascia e capovolse l'arma tagliando la testa del ragazzo che rotolò per qualche metro per terra.

Gli altri rimasero allibiti, impauriti e disgustati dalla scena.

- Ascoltatemi bene… - disse Ikuto in tono minaccioso e tremendamente serio. - Non ho tempo da perdere con dei cani randagi come voi quindi o mi dite subito dov'è la mia creatura oppure fare te la stessa fine, se non peggiore, dei vostri compagni.

Disse indicando i cadaveri stesi a terra che iniziavano già ad emettere uno sgradevole odore.

I due rimasti deglutirono di nuovo, si scambiarono occhiate pensierose, poi decisero dicendo in coro:

- In fondo al corridoio seconda porta a destra.

Ikuto sogghignò.

- Saggia decisione ragazzi… - disse voltandosi. - Davvero saggia…

Ora, un essere umano avrebbe mantenuto la sua parola di non far loro del male. Ma un vampiro, una creatura della notte come lui no. Si girò e con le unghie tagliò in un solo colpo le due gole leccandosi poi le dita soddisfatto.

Si voltò e iniziò a camminare per il corridoio. Ora che vedeva la porta si accorse che non ci sarebbe stato neanche bisogno di domandare. Era fin troppo evidente che fosse quella. Tutte le altre porte erano marrone, fatte in ebano. Questa era in ferro ed era molto più pesante. Ovviamente paragonata alla forza di un vampiro e soprattutto ad un vampiro come lui era ben poco.

Con un calcio la buttò giù facendo sussultare la figura che vi era al suo interno.

La ragazza alzò lo sguardo stupita e felice. Era rannicchiata in un angolo, delle catene le tenevano i polsi e corde strette le segavano la carne delle caviglie. Le si avvicinò abbassandosi alla sua altezza. La ragazza gli saltò al collo felice di vederlo, come non lo era mai stata.

Il ragazzo ricambiò l'abbraccio staccandola da lui poco dopo e guardandola in viso.

- Che ti hanno fatto? - le chiese notando i segni di bruciatura sul viso e sul corpo e i lividi che aveva. Il viso era sporco di terra e di sangue, il suo sangue secco e raggrumato.

Lei scosse il capo.

- Ti racconto tutto dopo, ora limitati a portarmi via da qui. - disse la rosa.

Il vampiro annuì. Ruppe le catene che le serravano i polsi e le corde che le segavano le caviglie e che le lasciarono graffi e tagli sulla carne, senza contare i segni rossi e terribilmente visibili causati dalle corde troppo strette.

La ragazza provò ad alzarsi ma ricadde a terra. Erano giorni che non camminava e non ci riusciva, specialmente a causa del dolore che provava.

Ikuto sorrise e la prese in braccio uscendo dalla stanza e dirigendosi all'uscita della casa.

L'aria fresca che le carezzava la pelle sembrò quasi una benedizione alla ragazza che il vampiro teneva tra le sue braccia, con fare possessivo.

- Adesso raccontami tutto… - le disse.

Amu disse al ragazzo tutto quello che le avevano fatto e i discorsi che aveva sentito. Infine poi chiese a lui che cosa fosse successo e nell'altra stanza, aveva sento una puzza terribile e, anche se già immaginava di che cosa si trattasse, adorava sentirlo raccontare dalle labbra del ragazzo.

- Sono morti… - iniziò col dirle, seguendo poi con le descrizioni di ciò che aveva fatto ai loro corpi. Amu lo guardava estremamente interessata e con una luce strana negli occhi. - Che c'è?

- Mi hai fatto venire fame… - rispose. - Sono giorni che non mangio.

Disse. Ikuto annuì.

- Provvederemo subito, non ti preoccupare. - le rispose continuando a camminare fino ad entrare nel castello. - Ho già preso qualcosa da asporto…

Disse ridendo. Amu seguì la sua risata leccandosi le labbra. Finalmente si mangia… si disse soddisfatta.


Aspettò ancora qualche ora prima di uscire dall'armadio. Voleva essere sicuro che il vampiro se ne fosse andato. Ricontrollò più volte che cosa vedeva dalla fessura che creava la distanza fra le due ante dell'armadio. Non vedeva nessuno passare, sentiva solo un tanfo terribile riempirgli le narici.

Finalmente si fece coraggio e spinse le ante del mobile uscendo. A terra cinque cadaveri se ne stavano scomposti sul pavimento. Il ragazzo non aveva assistito alla scena della loro morte, ma considerando lo stato dei loro corpi e le pozze di sangue con gli schizzi, messi qua e là, non doveva essere stato bello.

Un conato di vomito si fece largo tra il suo intestino, portandolo a vomitare sopra la testa di uno di quelli che fino a poco tempo fa erano stati esseri umani, con una vita, una famiglia e un obbiettivo.

Si asciugò la bocca con la manica della maglia, una volta che ebbe vomitato anche l'anima.

Iniziò a camminare per dirigersi verso l'uscita che non appena trovò si fermò per circa tre quarti d'ora a riflettere sulle ipotesi del fatto che Ikuto fosse fuori dalla porta ad attenderlo.

Impossibile… si disse in fine. Lui voleva Amu, che motivo avrebbe avuto per voler aspettare lui? Se però Amu avesse avuto fame? Ma no, lei… lei non si sarebbe mai approfittata del suo migliore amico. Non che ne fosse poi così sicuro, era solo un modo per decidersi.

Alla fine si disse 'o la va o la spacca' e con uno sforzo e un coraggio immane, che neanche lui credeva di possedere, aprì la porta e uscì all'aria fresca e pulita della notte.

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Capitolo 14
*** I wanna revenge... ***


Il castello era rimasto proprio come se lo ricordava, solo una cosa non quadrava, c'erano dei vetri per terra.

- Ehm… Ikuto? - domandò attirando l'attenzione del ragazzo su di se. - Perché ci sono dei vetri a terra?

Ikuto si guardò in torno, non aveva pulito molto bene, aveva fatto tutto di fretta.

- Beh… passatempo. - rispose semplicemente.

- Che genere? - chiese Amu.

- Rompere i bicchieri mi rilassa. - rispose lui non curante. Salirono le scale insieme. La ragazza era sempre tra le braccia del vampiro e lui sembrava non sentire nessuna fatica nel portarla.

Quando poi entrarono nella stanza piena di libri gli occhi di Amu si illuminarono. Al centro della stanza stava legata alla sedia una donna. Quella donna lei la conosceva bene, ne era sicura.

Tentò di ricordare e dopo qualche minuto ci riuscì.

- Questa era la donna che era in quella casa infernale… - mormorò per poi sorridere sadica.

La donna era stordita, muoveva la testa in modo confuso e mormorava parole incomprensibili. Amu si leccò le labbra. Erano giorni che non mangiava e la fame si era fatta sentire fin troppo. Ora voleva godersi quel momento.

Ikuto sorrise e la lasciò andare andandosi ad appoggiare con la schiena al muro, per godersi meglio lo spettacolo. La ragazza da umana già era sadica, però le cose che pensava non le metteva mai in pratica, era giunto il momento di farlo.

Si avvicinò a quella figura che ancora non aveva realizzato dove fosse, almeno fino a che no vide qualcuno di familiare avvicinarsele. Mise a fuoco e la riconobbe. Iniziò a gridare per il terrore mentre con tutte le sue forze si dimenava cercando di liberarsi. L'aveva vista, l'aveva riconosciuta. Era lei la ragazza che stavano torturando Williams e gli altri. Perché era libera? Che ci faceva lei qui insieme a quella vampira? Troppo domande senza risposta.

- T-ti prego… - mormorò la donna intuendo la prossima mossa della ragazza.

Ella sorrise malignamente tirando fuori dal solito portaombrelli un bel pugnale con la lama tutta decorata, con scritture in sumero incise sulla lama.

La ragazza ne carezzò la punta affilatissima, tagliandosi, anche si poco, il polpastrello del dito indice. Fermò il sangue portandosi alla bocca in dito e succhiando il liquido che ne fuori usciva. Poi si avvicinò di più alla donna, fino a starle completamente davanti.

- P-per f-fa-favore… - ripeté nuovamente la donna guardando Amu con gli occhi azzurri pieni di terrore.

Amu non smise un attimo di sorridere. Portò il suo viso di fronte a quello della persona tremante che le stava davanti, non facendo altro che implorarla di una cosa impossibile, risparmiarla.

- Sai… - le disse mettendosi la mano sotto il mento e fingendo concentrazione. - Hai dei bellissimi occhi…

La donna la guardò perplessa. E quello che centrava adesso?

- Mi piacerebbe tanto averli anche a me… - disse Amu. La signora ancora non capiva. Per schiarirgli meglio le idee la rosa alzò il pugnale, facendo iniziare dimenarsi la donna. Le afferrò la testa per farla stare ferma, le posò il pugnale al lato interno dell'occhio, poi premette infondo cavandoglielo e facendolo rotolare a terra.

La donna urlò di dolore, di un dolore atroce, mai provato. Il sangue sgorgava dal buco nero che era rimasto nel suo viso. Amu lo leccò con gusto, inumidendo la guancia della signora.

Poi con mano esperta cavò anche l'altro, con lo stesso procedimento, con la sola differenza che le grida erano aumentate.

Rise di gusto nel vedere tanta sofferenza in quel corpo che veniva scosso da tremiti e singhiozzi causati dal dolore provato.

Dopo aver leccato il sangue anche dal secondo occhio raccolse entrambi da terra, dove avevano precedentemente ruzzolato.

Li guardò mentre li reggeva con la mano sinistra. Erano diventati opachi, avevano perso la loro lucidità.

- Fa lo stesso… - si disse Amu. - Grazie del ricordino signora.

Disse sogghignando.

- Come posso fare per sdebitarmi con lei? - chiese con aria pensatrice e vocina innocente. Si portò l'indice sotto il mento. - Che ne dici se ti invito a cena?

E detto questo afferrò il capo per i capelli e strattonandolo con forza verso sinistra morse il collo, affondando i canini nella carne, un po' dura per i suoi gusti. Aveva talmente fame che finì in poco tempo quasi tutto il liquido, bevendo avidamente, con l'obbiettivo di non lasciare neanche una goccia.

Quando ebbe finito si staccò. Si leccò le labbra con gusto e poi volse la sua attenzione ad Ikuto.

- Ora si che si ragiona. - gli disse sorridendo sadica. - Tu avevi già mangiato?

- Io si. - disse il ragazzo mentre le si avvicinava. Le era rimasto un po' di sangue al lato della bocca, lui glielo tolse con la lingua, leccando la parte al lato delle labbra. - Non è male, ma ho assaggiai di meglio…

Disse guardandola intensamente e lasciandole intuire tutto. Con uno sguardo così se fosse stata umana sarebbe arrossita, ma si limitò a sorridere, un sorriso vero.

Saltò tra le braccia del vampiro che anche se colto impreparato riuscì a mantenere l'equilibrio.

- Ce ne dobbiamo andare… - le mormorò all'orecchio.

- Andare? E dove? - chiese la ragazza imprigionando i suoi occhi ambrati negli occhi viola cupo del ragazzo.

- Non ne ho idea dove, ma qui non siamo di certo al sicuro, se quegli uomini ti riprendono sarebbe la fine. - le disse. - Dobbiamo partire sta notte. Qui ci torneremo te lo prometto, ma per il momento è meglio starne alla larga.

Le disse notando come guardava quel posto la ragazza. In effetti se lo sarebbe dovuta aspettare, avevano appena fatto cinque cadaveri, la gente del villaggio non era battagliera, ma se si mettevano in branco, ala caccia di vampiri, con le torce in mano magari, beh… quello sarebbe stato un problema da considerare.

Annuì. Non era sicura se quello che stava facendo era giusto, ma dopo tre giorni senza la sua presenza lo avrebbe seguito ovunque. Il ragazzo si diresse verso la finestra, tra poco sarebbe sorto il sole. Si mise la fascia al collo e ne lanciò un'altra ad Amu, la quale la legò subito.

Ikuto attirò la ragazza a se ed aprì la finestra. Si gettarono insieme. Il ragazzo la teneva per la vita e per la nuca, evitandole di farsi male, mentre lei si teneva stretta a lui.

Solo ora si rendeva conto del cambiamento che aveva fatto la ragazza. Come essere umano sarebbe arrossita e morta di vergogna in una situazione simile e gli avrebbe fatto una scenata per un semplice abbraccio. Dovette ammettere che gli mandava la Amu umana e per un attimo si pentì di ciò che aveva fatto facendola diventare come lui. Poi però scosse il capo. Non sarebbero potuti vivere insieme se lei fosse rimasta umana. Insomma una scenetta tipo:

Ikuto torna a casa.

- Che ti preparo amore?

- Mah non so… che cadaveri ci sono rimasti?

Non andava proprio. Era demenziale solo pensarla una cosa del genere.

Atterrati iniziarono a camminare furtivamente. Il buio della notte li avvolgeva e li proteggeva sotto un manto scuro, ben presto però il manto sarebbe volato via lasciando posto a dei fastidiosi raggi del sole.

- Quanto vorrei che oggi piovesse… - disse Amu mentre scansava tra l'erba e la terra e seguiva Ikuto nella fuga verso un luogo che neanche loro sapevano quale sarebbe stato. - Il sole proprio non lo sopporto.

Ikuto fece una risatina.

- Oh… - disse. - Questa mi giunge nuova…

Amu sorrise. Continuarono a camminare. Il sole si stava facendo alto nel cielo e Amu sentiva le forze abbandonarla, venirle sempre meno, le sembrava di ritornare umana. Rabbrividì a quella sensazione e si sentì mancare. Poggiò la mano sul braccio del ragazzo per non rischiare di cadere.

Lui si voltò a guardarla e le circondò le spalle con il braccio.

- All'inizio è normale, stai tranquilla… - le disse all'orecchio. - Col tempo ci farai l'abitudine.

Lei annuì ancora un po' traballante. Era una sensazione tremenda, come se le stessero risucchiando via l'energia.

Si portò una mano al petto, in segno di sofferenza. La ritrasse di scatto.

- Non batte… - sussurrò quasi con stupore, ma anche felice. Allora era vero che ora poteva restare per sempre con Ikuto.

Il ragazzo avendo notato che cosa aveva fatto Amu scoppiò a ridere. La rosa gli rivolse uno sguardo interrogativo mentre abbassava la mano. Ikuto in risposta le posò una mano sul petto, al centro, in mezzo al seno. Se avesse potuto sarebbe arrossita, questa era una fortuna per lei perché si vergognava quando accadeva.

- Anche questa è una cosa a cui ti dovrai abituare… - le disse sorridendo e guardandola intensamente negli occhi. Continuarono a camminare uno affianco all'altra.

- Davvero non sai dove possiamo andare? - gli chiese d'un tratto.

Ikuto la guardò.

- Beh… ora che ci penso un'idea ce l'avrei. - le rispose con aria pensierosa.

- Quale?

- Un altro paesino poco lontano da questo, ci ho passato pochi giorni, non ho fatto in tempo a seminare il panico come qui… - disse sghignazzando. - Sei mai uscita da Mitsuyo?

Le chiese guardandola in viso. Amu annuì.

- Io non sono nata a Mitsuyo. - spiegò. - Sono venuta qui a cinque anni, perché me lo chiedi?

- Semplice curiosità… - le rispose con un'alzata di spalle.

Il resto del viaggio lo fecero in silenzio, pensando ognuno a quello che d'ora in poi sarebbe aspettato loro.


La mattina. Che bel momento della giornata. Dopo quegli avvenimenti il buio iniziava a spaventarlo sempre di più.

Era seduto al tavolo della stanza da tè da ore ormai. Aveva lo sguardo fisso nel vuoto ed erano giorni che non mangiava.

La scena a cui aveva assistito non era delle migliori e lo aveva notevolmente colpito. Il suo viso era smagrito e pallido, sembrava un morto. Non si sentiva affatto in forma. Il signor Hotori non era da meno. Anche lui sembrava mezzo morto e pensare che non aveva assistito a niente. Però era stato lui a trasportare i cadaveri dei cinque uomini fuori dalla casa e quella di certo non era stata una bella esperienza.

- L'ha portata via di nuovo! - esclamò d'un tratto il biondo mentre si carezzava il mento. La barba aveva cominciato a crescere nuovamente e lui non aveva tempo di rasarsi.

- Signore… - provò a dire Eiji, l'uomo era partito da un bel pezzo, ma il moro non avrebbe mai creduto che sarebbe mai arrivato a questo livello.

- No, bisogna andarla a salvare Eiji! E quindi…

- Signor Hotori! La ragazza è fuggita perché anche lei è un vampiro andarla a prendere non servirebbe a niente! - sbottò Eiji alzando la voce e scattando in piedi, miracolosamente le gambe ancora lo reggevano. - E poi… - aggiunse in seguito con più calma fissando il tavolo. - Credo che per come l'abbia trattata il signor Williams sia meglio così. La tortura non va bene per nessuno… uomo o demone che sia.

Hotori rimase impietrito da quello che aveva detto il ragazzo. No, Amu non era un vampiro. Quello che stavano vivendo era tutto un sogno e non appena avrebbero riportato a casa la ragazza, fatto una bella dormita e in seguito alzarsi dal letto con i raggi del sole sul viso, si sarebbero resi conto che sarebbe stato tutto solo un brutto e terribile incubo. Tadase lo avrebbe salutato radioso come sempre. Amu gli avrebbe portato la colazione a letto e gli avrebbe rivolto uno dei suoi dolci sorrisi. Eiji avrebbe cucinato un buonissimo pane e infine Mary avrebbe combinato un altro dei suoi tanti disastri con il secchio dell'acqua. Si, tutto si sarebbe aggiustato. Perché avrebbero scoperto che era stato solo un sogno, uno stupidissimo sogno che si fa la notte.

L'uomo sospirò contorcendosi nervosamente le mani callose.

- Eiji… - richiamò il ragazzo con lo sguardo basso, le sue mani erano diventate improvvisamente interessanti.

Il oro posò lo sguardo sull'uomo, il quale ancora ancora non lo aveva alzato.

- Dite. - rispose.

- Io… - iniziò l'uomo. - Io voglio recuperare la ragazza.

Eiji spalancò gli occhi. Okay, ora stava delirando sul serio. Non avrebbe mai creduto una cosa del genere, neanche dopo il folle cambiamento che aveva fatto Hotori.

- Signore, vi siete forse ammattito? - domandò ancora con gli occhi increduli. - Amu è con un vampiro… e non con un semplice non morto, ma con uno dei più forti, credete davvero che sarà così facile andarla a prendere?

L'uomo sospirò di nuovo. Sapeva perfettamente con chi era Amu, sapeva anche che non sarebbe stato facile prenderla, ma era pronto a qualunque cosa ormai, la rivoleva con se, anche se avrebbe voluto dire farsi uccidere da lei. Voleva avere qualcuno caro vicino a se.

- Eiji, io voglio andare a prenderla, che tu venga con me o no, perché sappi che…

- Ci sto. - disse d'un tratto il moro. No, non era pazzo. Aveva solo ragionato. Ormai anche lui non aveva più niente per cui vivere, inoltre forse la storia che se il sire, ovvero il vampiro che aveva generato l'altro, moriva il vampiro da lui creato tornava libero. Forse potevano anche tentare. Perché no dopo tutto. - Avete capito bene, ci sto signore.

Hotori ancora lo guardava sorpreso, ma trovò la forza di sorridere lo stesso e alzarsi dalla sedia.

- Dove dovremmo andare? - domandò il moro.

Hotori ci rifletté un attimo, poi rispose:

- Andiamo al suo castello, non può averla portata altrove.

Il biondo annuì. Detto fatto uscirono dalla casa e con passo svelto attraversarono il bosco ed arrivarono davanti al castello.

Ebbero tutti e due un attimo di esitazione davanti all'imponente fortezza nera. Poi dopo aver deglutito un paio di volte Eiji spinse la porta ed entrò.

Lo seguì poi Hotori, deglutendo anche lui.

- Dove andiamo adesso? - chiese il biondo con voce tremante, forse non era stata una buona idea.

- Andiamo d-di sopra… - disse il moro, anche lui intimorito. Salirono le scale e aprirono la prima porta che trovarono.

Lo stomaco di Eiji fece una capriola e le budella si contorsero tutte. Lo spettacolo che avevano davanti era davvero disgustoso e l'aria di morte aleggiava nell'aria.

La donna che avevano incontrato nella casa ora era davanti a noi in visibile decomposizione.

Hotori quasi non vomitò anche l'anima, ma si limitò a rigurgitare la colazione sul pavimento pece della stanza.

- Io credo che non sia qui… - appurò richiudendo la porta il moro.

Hotori annuì a fatica, con la gola che bruciava a causa del vomito.

Ripercorsero le scale ed uscirono dalla dimora.

- Se non è qui dove saranno, forse dovevamo controllare se c'erano altre stanze… - disse Hotori.

- Non credo… - rispose Eiji. - Se ne sono andati signore.

Se avessero potuto le braccia del biondo sarebbero cadute a terra macchiando il terreno di sangue. Ma restarono incollate alle spalle senza muoversi.

- N-non è p-possibile. - balbettò incredulo.

- A quanto pare lo è. - rispose.

- No, io vado a cercarli! - esclamò l'uomo iniziando a camminare per uscire dal paesino ed iniziare la sua ricerca.

- Signore ragionate, anche se riusciste a trovarli come pensate di prendere Amu con…

- Dannazione Eiji! Io voglio vendetta! - disse infine con l'ira negli occhi. Ecco, lo aveva detto. Era quello che voleva veramente, voleva vendetta verso colui che aveva ucciso suo figlio.

- Signore che cosa…

- Mio figlio è stato ucciso da quel vampiro e io lo voglio morto e inoltre rivoglio vicino a me una persona cara! - disse adirato e triste al tempo stesso.

Il moro rimase muto a fissarlo. Il silenzio durò per ancora qualche minuto, fino a che Hotori non riprese a parlare:

- Credevi davvero che avrei voluto farla passare liscia a quel mostro che ha ucciso il mio piccolo Tadase?

Piccolo Tadase. Quel ragazzo grande e grosso con il cervello di un bambino era ancora il suo piccolo Tadase. Penoso.

Eiji sospirò.

- Va bene signore… - disse infine. - Vi aiuterò a portare a termine il vostro obbiettivo.


So che è un po' cortino, ma per mantenere la tensione e anche per problemi di compiti, penso che i capitolo seguenti saranno più o meno di questa lunghezza. Spero vi piaccia lo stesso! ^ ^ Kiss kiss

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Capitolo 15
*** Research ***


- Va bene signore… - disse infine. - Vi aiuterò a portare a termine il vostro obbiettivo.

Hotori sorrise dandogli una pacca su una spalla.

- Hai fatto la scelta più giusta caro il mio ragazzo. - gli disse entusiasta. - E ora mettiamoci in viaggio, non possono essere andati lontano.

Eiji annuì. A dire il vero non era del tutto convinto di quello che aveva detto. Probabilmente perché non aveva dato ascolto al cervello prima di dire quelle parole. Lo aveva fatto d'istinto, più che altro per non rimanere solo. Ma più ci pensava più era convinto che aveva sbagliato. Esattamente come: più guardava il signor Hotori più si ripeteva nella mente che era impazzito. Non era mai stato un uomo vendicativo, diceva sempre che non bisognava mai perdere la calma e la freddezza per affrontare qualunque cosa. Il moro capiva perfettamente che la perdita di un figlio non si poteva dire cosa da poco, ma il signor Hotori era proprio impazzito dopo quella vicenda. La testa non gli connetteva più. Ormai ne aveva avuto la prova.

- Ehm… signore? - domandò il moro.

Hotori si volto a guardando, dato che prima era intento a guardarsi intorno come un cane che fiuta la pista.

- Si?

- Da che parte credete che siano andati? - chiese facendo combaciare i polpastrelli degli indici con fare confuso.

Hotori si voltò completamente nella sua direzione.

- Veramente non lo so. - disse grattandosi la testa.

Eiji si batté la mano sulla fronte in un gesto di disperazione. Ma perché se ne stava ancora qui invece di portarlo al manicomio direttamente?

- E come credete di trovarli se non sappiamo la loro direzione? - chiese leggermente adirato.

Hotori fece un sorriso tirato, nervosismo.

- Non so neanche questo. - gli rispose. - Ma potremmo sempre chiedere indicazioni…

- Signore! - esclamò infine Eiji arrabbiato. - Credete davvero che ci siano molti passanti fuori dal nostro paesino? Se tutti lo chiamano sperduto ci sarà un motivo, non crede? E inoltre anche chiedessimo indicazioni, cosa potremmo dire? Ci scusi ha visto forse passare due ragazzi con una luce sinistra negli occhi? Sa sono vampiri…

il biondo rimase zitto, lo aveva sorpreso con quella reazione improvvisa. Non se lo sarebbe mai aspettato da un ragazzo che era stato sempre così tranquillo.

In effetti non aveva tutti i torti. Però potevano sempre tentare.

- Beh, intanto mettiamoci in viaggio… - disse per poi voltarsi e dirigersi verso l'uscita dal paese.

Eiji sospirò, ma lo seguì lo stesso. Sarebbe stato stupido rimanere lì.

Camminarono per almeno tre ore. I piedi iniziarono a fare male e le gambe imploravano pietà ai due viaggiatori che alla fine crollarono in ginocchio, esausti.

- Ragazzo… - lo richiamò Hotori. - Conosco un pesino qui vicino.

- Dite davvero? - domandò Eiji stupito, forse anche se era pazzo qualche speranza di sopravvivenza poteva esserci.

- Si… - rispose. - Credo che per passare la notte andrebbe bene, poi domani continueremo le ricerche.

Eiji sospirò annuendo. Almeno per una sera si sarebbe riposato, anche se la voglia di cominciare nuovamente quella estenuante e, a suo parere, inutile ricerca non l'aveva affatto.

Arrivarono al paesino, che sembrava leggermente più grande di Mitsuyo.

Si diressero subito in una locanda. Lì trovarono una ragazza mora, con occhi celesti, incredibilmente chiari.

- Buonasera, desiderate? - chiese con un bellissimo sorriso.

- Una camera per due… - disse il signor Hotori, ma Eiji lo corresse. Una notte con lui sarebbe come dire: Ikuto vieni ad uccidermi.

- Due camere separate. - disse il moro con un sorriso stanco.

La mora annuì.

- Seguitemi prego. - disse loro con gentilezza.

I due annuirono seguendo la ragazza che li scortò fino a due porte in legno chiaro vicine.

- Sono queste? - domandò Eiji.

La mora annuì lasciando loro le chiavi.

- Ecco a voi, quando intendete andarvene basterà riconsegnarmele e potrete lasciare la locanda. - li informò con un sorriso, poi con un breve cenno del capo se ne andò.

I due entrarono nelle rispettive stanze, augurandosi un buon risposo a vicenda.

L'arredamento della camera era molto semplice. Fu la prima cosa che notò Eiji non appena accese il lume accanto al letto. Il quale aveva la coperta di lana bianca, con sotto un lenzuolo, di color nocciola. Il cuscino bianco sporco era morbido e molto grande.

nella camera vi erano anche un armadio in legno di acero, dall'aspetto molto vecchio. Un comodino dove vi era posta sopra una candela per la notte e infine una semplice sedia accanto alla porta.

Si infilò all'istante sotto la pesante coperta di lana che lo riscaldò donandogli un tepore che avrebbe giurato di non riuscire più a sentire, dopo tre ore passate al gelo. Eh si… era proprio stanco, si addormentò subito. Cadde nel mondo dei sogni non appena il suo capo corvino toccò il cuscino.


- Tranquilla, siamo quasi arrivati… - le disse mentre la ragazza continuava a lamentarsi. Non era stanca, solo annoiata.

- Sono ore che ripeti la stessa frase, dimmi pecche questa volta dovrei crederti? - gli domando lei incrociando le braccia.

- Perché questa volta ci siamo davvero… - rispose indicando l'ingresso di un paesino che portava il nome di Tawaris. Era scritto a caratteri gotici sul cartello in legno sorretto da due grandi pali.

- Era ora! - esclamò stiracchiandosi e aggrappandosi al braccio del ragazzo.

- Devi fidarti di me… - le sussurrò all'orecchio facendola fremere.

La rosa annuì entrando insieme a lui nel villaggio. Possibile che nonostante il suo cambiamento si imbarazzasse ancora come un'umana?

Fece spallucce. Pazienza, l'unica cosa importante era che ora fosse con lui e che nessuno avrebbe mai potuto mettersi fra di loro.

Il ragazzo l'attirò a se circondandole le spalle con le braccia.

- Dovrei avere ancora un'abitazione da queste parti… - le disse guidandola attraverso le vie del piccolo paese.

- Davvero? - domandò stupita. - Come fai a sapere che nessuno l'ha occupata?

- Infatti non lo so… - le rispose con un mezzo sorriso. - Ma non sarà difficile anche ci fosse qualcuno prendere nuovamente la dimora.

Ridacchiò al solo pensiero. Amu sorrise sadica pensando la stessa cosa di Ikuto.

Attraversarono vari vicoli, fino a giungere all'entrata di un altro bosco.

- Sei proprio fissato… - osservò la rosa, guardando il ragazzo che fece spallucce dee entrò nel bosco, seguito dalla ragazza.

- Può darsi, ma oltre un bosco è il posto più tranquillo che si possa desiderare. - le disse.

Amu sorrise, in effetti aveva ragione, il posto era tranquillo dove stavano prima che quegli imbecilli la venissero a prendere.

Mentre ripensava a quella vicenda non poté far a meno di notare che il ragazzo si era tolto la fascia e che aveva una cosa strana sul collo.

- Ikuto? - lo richiamò facendolo voltare.

- Che cosa c'è? - la ragazza non rispondeva, si limitava a fissargli un punto preciso del collo. Lui le si avvicinò. - Vedi di trattenere la fame ancora per un po'…

Le disse. La ragazza si riprese e scosse la testa.

- Ma cosa vai pensando, non parlavo di quello… - gli rispose.

Lui si mise a ridere.

- Non mentire… - le disse guardandola profondamente. - Ho visto come mi guardavi il collo interessata…

Lei non distolse lo sguardo, invece alzò la mano e gli scostò i capelli da collo e dal viso, andando a posare l'indice su quella che sembrava una ferita.

- Stavo guardando questo. - gli disse.

Lui parve stupito, se ne era dimenticato. Con la mano destra toccò anche lui.

- Che cos'è? - gli domandò la ragazza.

- Mah… una scottatura probabilmente. - le rispose con noncuranza.

- Come te la sei fatta? - chiese ancora la ragazza.

- Acqua santa. - le disse.

- Prego? - sbatté più volte gli occhi incredula.

- Quella volta che il gruppo dei 'ti salviamo noi' è venuto a prenderti mi hanno tirato addosso l'acqua santa e in quel punto preciso ne è finita troppa, infatti ancora non mi è andato via…

Lei passò tutte le dita sulla scottatura, delicatamente. Poi si avvicinò al collo del ragazzo, il quale stava per ritrarsi.

- Stai fermo, non ti mordo… - gli disse.

- Non è che mi fido molto. - le rispose, ma lei non lo ascoltò. Avvicinò la bocca alla scottatura e la leccò. In poco tempo la ferita si rimarginò, non lasciando traccia, come se non ci fosse mai stata.

Ikuto si toccò il collo, notando con stupore quello che aveva fatto Amu,

- Come diavolo hai fatto? - le chiese sorpreso.

- Non lo so, mi è venuto d'istinto farlo. - rispose facendo spallucce.

- Probabilmente si stanno sviluppando i tuoi poteri… - le disse. - ma è la prima volta che mi capita di incontrare un vampiro che guarisce.

Lei allargò le braccia.

- C'è una prima volta per tutto.

Lui sorrise chiudendo gli occhi per un attimo e annuendo.

- Dev'essere vero. - rispose. - Coraggio, riprendiamo il cammino…

Amu annuì e ripresero a camminare in silenzio.

Attraversarono una parte molto oscura del bosco, prima di trovarsi davanti ad una casetta in legno, dall'aspetto semplice e ospitale.

- Perché siamo arrivati a casa di cappuccetto rosso? - domandò la ragazza con scherno.

- Molto spiritosa… - le rispose. - Questa era l'unica abitazione che avevo trovato abbastanza isolata, dovrai accontentarti.

Lei si mise a ridere.

- Stavo solo scherzando… - disse la ragazza entrando insieme al vampiro in quella casetta.

Era notte fonda, l'interno della casa era buio, ma lei ci vedeva benissimo e anche il suo udito funzionava alla perfezione. Infatti distingueva chiaramente i respiri regolari delle persone che probabilmente in quel momento ci abitavano. Provenivano dalla porta che le stava di fronte.

Si avvicinò ad Ikuto con fare furtivo e soddisfatto.

- Abbiamo ospiti… - gli sussurrò all'orecchio.

Lui sorrise maligno e annuì avvicinandosi alla porta in legno. La aprì stando attento a non fare rumore.

All'interno vi erano due corpi, un uomo e una donna, che dormivano sereni nello stesso letto matrimoniale dalle lenzuola rame.

Amu si avvicinò al ragazzo e si leccò le labbra vedendo un buon cibo che si offriva loro così volentieri.

Poi disse al vampiro:

- Nell'altra stanza c'è un antipasto.

Lui la guardò e si diresse con lei nella porta accanto. Vi erano tre bambini. Due gemelle e un neonato.

Si guardarono e annuirono sorridenti. Amu andò a prendere una sedia e la mise davanti alla porta della stanza dei genitori, bloccandola.

Tornata da Ikuto si chiuse insieme a lui nella stanza e si avvicinò alle bambine. Il pavimento scricchiolava e nonostante lei avesse un passo felpato non voleva smettere di fare rumore. Quello stesso cigolio fece svegliare una delle piccole, che vedendo le ombre nella stanza si spaventò e svegliò la sorella.

- Kiki… svegliati… - le disse scuotendola.

La bambina piano aprì gli occhi.

- Mimi che c'è, è notte… - le disse mentre si sfregava gli occhi blu e si toglieva alcuni riccioli castani dal viso.

Si tirarono tutte e due a sedere, mentre Amu e Ikuto le guardavano con gli occhi ormai divenuti bianchi.

Quando le bambine furono completamente sveglie e andarono a fissare negli occhi i due ragazzi provarono ad urlare, ma Ikuto fu più veloce a tappare loro la bocca.

- Shh… state tranquille… - disse loro con voce maligna. Poi sogghignò prendendo una bambina per un braccio e lanciandola ad Amu. - A te piccola.

Amu l'afferrò all'istante. La bambina iniziò a tremare e ad agitarsi, aveva una brutta sensazione.

Amu non si fece distogliere dal suo obbiettivo. Semplicemente le mise una mano sul collo, una sulla bocca e con un gesto seccò spezzò le ossa del collo bianco e sottile della bambina, uccidendola.

Sorrise mentre affondava i denti nella carne morbida e fresca della creaturina che teneva tra le braccia.

Ikuto fece la stessa cosa, solo che prima di spezzarle il collo, per tenerla ferma le spezzò le braccia. Il sangue gli colava dal mento, mentre con avidità beveva il sangue dalla biondina che aveva preso.

- Mmm… buono. - fece Amu passandosi la lingua tra le labbra. Ikuto lasciò andare il corpo della bambina, ormai inerme e le si avvicinò. - Non trovi anche tu?

Lui per risposta posò le labbra su quelle della ragazza. Adorava quando il sapore della sua bocca si mischiava a quello del sangue. Aveva un sapore che gli provocava una strana attrazione.

Anche Amu lasciò andare il corpo della biondina, ricambiando il bacio del vampiro e gustando anche lei il sapore delle sue labbra. Si staccarono un attimo e lei gli leccò sul mento il sangue che gli era sceso.

In quel momento sentirono degli strani rumori provenire dalla stanza accanto.

- Mangiamo il piatto del giorno? - chiese Amu facendo una risatina.

Il vampiro annuì. uscirono dalla stanza e si diressero nell'altra. I due alla vista di estranei in casa loro scattarono in piedi. Il marito con fare minaccioso, mentre la donna si nascose alle sue spalle.

- Scena madre… - commentò Ikuto con ironia. - Hey piccola, ci divertiamo un po'?

Chiese ad Amu che annuì leccandosi le labbra ancora una volta.

- Non osare avvicinarti! - lo minacciò l'umano che gli stava davanti. I pugni alzati all'altezza del petto, tremanti di paura.

- Tesoro, i bambini… - gli disse la moglie.

- Oh i bambini stanno benone! - esclamò Amu. - Sono stati davvero molto buoni!

La donna rabbrividì. Non poteva essere quello che pensavo, quale essere umano era in grado di commettere una simile atrocità.

L'uomo si lanciò contro Ikuto, che lo schivò mandandolo a sbattere sul muro dietro di lui. Poi lo prese alle spalle e lo buttò fuori dalla stanza. Con la ragazza non ce ne fu bisogno, per aiutare il marito uscì da sola.

In un batter d'occhio legarono entrambi in due sedie. Sorrisero osservando il loro impegno nel tentare di liberarsi.

- Senza che vi sforziate… - commentò Amu. - Sono troppo strette, è tutto inutile.

- Dove sono i miei figli? - chiese la donna. - Dove sono le mie bambine!

Gridò. Ikuto fece un mezzo sorriso. Si diresse nell'altra stanza, sotto lo sguardo speranzoso della donna.

- Voglio vederle! - gridò ancora. - voglio vedere il loro viso innocente sorridermi…

Disse scoppiando in lacrime.

- Beh… non so quanto possano sorridere… - disse Ikuto uscendo dalla stanza e lanciando ai piedi della donna due teste, per poi riporre nell'interno della giacca il pugnale che aveva usato.

La donna gridò di orrore e dolore.

- No!!! Kiki! Mimi! - continuava a ripetere.

- Cavolo, abbiamo ancora i timpani, stai zitta! - gridò Amu.

Il marito anche piangeva, ma lo faceva in silenzio, mentre guardava ad occhi sgranati e con sguardo ipnotizzato i capi delle loro figlie, che continuavano a spargere sangue e a guardarli con gli occhi un tempo blu e accesi, ora spenti e velati.

L'uomo ebbe il coraggio di alzare lo sguardo e chiedere.

- E Akira?

- Chi? - chiese Ikuto confuso.

- Il neonato. - rispose.

Amu sorrise sadica e andò a prendere il bambino, che si mise a piangere non appena la ragazza lo prese in braccio.

Nel vedere il piccolo, la madre parve calmarsi e lo sguardo dell'uomo si illumino per un attimo. Un attimo solo, perché non appena Ikuto si avvicinò alla rosa entrambi affondarono i denti nel corpo del neonato che piano piano smise di piangere.

I due umani guardarono la scena con orrore e tristezza, una tristezza devastante che li risucchiava completamente. La donna si era già sentita mancare quando aveva visto che le sue splendide figlie erano state uccise. Ora che assisteva all'omicidio del suo piccolo Akira si era sentita come se le stessero portando via l'ultimo frammento della sua anima. Non riusciva neanche più a piangere. Le lacrime si erano consumate. Non riusciva più a gridare. La gola era diventata secca.

Anche il marito d'altro canto non era da meno. Anche lui si era sentito portare via qualcosa. Per un attimo entrambi desiderarono che si trattasse di un sogno. Perché erano arrivati quei due ragazzi? Che cosa ci facevano lì? Perché Dio aveva dato loro una sofferenza così grande da patire. Che cosa avevano fatto di male?

Finito il pasto Amu e Ikuto si sorrisero e guardarono i due con sguardo sadico e maligno.

Entrambi rabbrividirono. Presto sarebbe toccar a loro. Non che ormai importasse loro. La vita senza i loro figli sarebbe stata inutile e vuota, tanto valeva morire.

Infatti così fu. Amu prese due fiammiferi e accesi li gettò addosso ai due che presero fuoco. Le loro carni si dilaniarono accompagnate dalle grida degli umani, dei quali in seguito non rimasero che le ceneri.

Amu e Ikuto si guardarono ancora una volta soddisfatti. Poi la ragazza gettò le ceneri fuori dalla porta e portò via i cadaveri di quel persone, li gettò nel bosco senza troppo riguardo. Nessuno li avrebbe trovati per un bel po', a detta di Ikuto nessuno entrava mai nel bosco.

- Avranno comprato questa casa perché era la più economica. - le aveva detto, come spiegazione. - Nessuno si azzarda mai ad entrare in questo bosco e forse fanno anche bene…

Le disse mettendosi una mano sotto il mento e sorridendole sadico.

Amu ricambiò. La rosa si diresse in camera da letto e si sedette sopra il mobile. Il materasso non era troppo morbido, anzi, proprio come piaceva a lei.

Il ragazzo la raggiunse poco dopo.

- Hai sonno? - le chiese ironico.

- Sto crollando… - rispose la ragazza, sempre scherzando.

- Se vuoi ti faccio compagnia… - le rispose lui, ma se lo sarebbe anche potuto risparmiare. Visto che mentre lo diceva si era già avvicinato alla ragazza e si era allungato su di lei.

Si guardarono per qualche istante prima di unire le loro labbra, impregnate ancora del sapore del sangue del neonato, un sangue dolce. In quel momento la passione crebbe in entrambi. Ikuto esplorava il corpo della ragazza con le mani gelide e candide. Lui semplicemente intrecciava le dita tra i suoi capelli. Il ragazzo prese a morderle le labbra, dove uscì il sangue. Il suo sangue.

L'unico posto dove il sangue, anche ad un vampiro, rimane quello di quando era umano, sono le labbra.

Con quel gesto poté riassaporare il suo sangue. Il sangue di quella ragazza lo aveva sempre attratto, ma mai così tanto. Beh, sono vampiri, non possono arrivare a fare niente se non ad esplorarsi il corpo e a baciarsi. Ma a loro non importava, erano comunque uniti. nel sangue e nel male.


I raggi del sole del mattino attraversavano le tende bianche e leggere della finestra della camera dove aveva alloggiato Eiji.

Il ragazzo si alzò infastidito dalla luce forte che gli premeva nel viso.

- Accidenti, ma le tende non potevano prenderle di un altro colore? - si chiese mentre tentava di ripararsi come meglio poteva dal sole. La finestra gli era proprio di fronte e visto che la stanza era piccola non c'erano molti posti dove ripararsi dai raggi solari. Cercò di non curarsene ed uscì dalla stanza. Andò a bussare alla porta accanto.

- Signor Hotori! - esclamò. - Siete sveglio?

Nessuna risposta. Provò ad aprire la porta. La stanza non era chiusa a chiave e quando la aprì vide chiaramente che la stanza era vuota. Doveva essere già sceso al piano di sotto.

Decise di seguirlo e dopo essersi dato una rinfrescata al bagno si diresse anche lui nella stanza dedicata agli ospiti, quella della colazione. I tavoli erano circa una ventina, ma quelli occupati non superavano i tre. Non doveva avere molta clientela quella locanda. Però ora che ci rifletteva poteva anche essere presto, magari non erano ancora svegli tutti.

Scorse con lo sguardo per la stanza fino a trovare il tavolo dove vie era seduto il signor Hotori.

Vi andò a sedere vicino.

- Buongiorno signore. - disse il moro mentre prendeva un biscotto alla mela, posto sul piatto davanti a lui.

- Buongiorno a te Eiji. - rispose L'uomo bevendo un sorso di tè dalla tazza in porcellana bianca. - Appena finita la colazione si riparte alla ricerca.

Eiji sospirò. Come aveva anche solo tentato di sperare che se ne sarebbe dimenticato. Possibile che fosse così ottuso o pazzo da non capire che era solo fiato sprecato?

Sospirò di nuovo, prima di annuire.

- Va bene signore, come vuole lei. - rispose per poi bere anche lui un sorso di tè alle erbe, davvero molto buono.

Finita la colazione, proprio come previsto, lasciarono la locanda e si misero di nuovo sulle tracce dei due vampiri.

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Capitolo 16
*** The end of everything ***


Finita la colazione, proprio come previsto, lasciarono la locanda e si misero di nuovo sulle tracce dei due vampiri.

- Signore, voi vi rendete conto che possono essere andati chi sa dove, vero? - domandò Eiji. Non aveva alcuna voglia di andare a cercare Amu e Ikuto e più che mai la mattina.

- Si, me ne rendo conto. - rispose tranquillo il biondo guardandosi intorno. - Oggi però andremo nel bosco…

- Perché? - chiese il moro stupito.

- Perché se dovessero essersi stabiliti qua è nel bosco che li troveremo. - rispose Hotori.

- Oh… - fece Eiji poco convinto.

Ripresero a camminare e passarono quasi tutto il paesino prima di trovare la via che il avrebbe condotti all'interno del bosco. Un uomo anziano, vedendo le loro intenzioni, disse loro:

- Io ve lo sconsiglierei.

Eiji e Hotori si voltarono con fare confuso verso l'uomo.

- Perché mai? - domandò Hotori.

L'anziano li guardò con sguardo prima stupito, poi severo:

- Volete dire che non sapete che tra i boschi di questo villaggio si nascondono strane creature?

Hotori improvvisamente divenne interessato a quello strano individuo.

Gli si avvicinò.

- Voi signore le vedete sempre queste creature? - gli chiese.

L'anziano annuì.

- Sempre proprio no… - rispose. - Ma giusto ieri notte si sono sentite delle urla provenienti dall'interno del bosco ed è un bosco molto fitto. Dov'essere successo qualcosa...

L'uomo assunse un'aria pensierosa che incuriosì parecchio Eiji.

- Hotori? - domandò. - Voi credete che…

Prima che finisse la frase Hotori annuì convinto e nel cuore di Eiji si accese la paura.

- Vi siamo grati… - disse il biondo. Poi entrò nel bosco. Il moro, anche se la paura lo avrebbe trattenuto, entrò seguendo l'uomo dinanzi a se.

L'interno del bosco era abbastanza illuminato, avevano fatto bene ad andarci di mattina, altrimenti lui sarebbe morto per strada, di paura.

Era un fifone, era vero, ma dopo tutto quello che gli era successo aveva i suoi buoni motivi per avere paura. Inoltre sapere contro chi stavano andando non lo calmava affatto.

Il signor Hotori, davanti a lui, sembrava camminare calmo e sereno, come se fossero andati a fare una gita di piacere e non una specie di salvataggio o suicidio, dipende come andrà a finire poi.

Si strinse nelle spalle, erano entrati in una parte del bosco più fredda rispetto alle altre, probabilmente perché gli alberi riparavano meglio dalla luce del sole. Chiunque usando la logica lo avrebbe capito. Ma quando ci si mette la paura…

- Siamo vicini a loro… - disse Eiji. - Tutti i posti freddi sono maligni.

Hotori neppure lo sentì continuando a camminare. Eiji sbuffò, quel pazzo lo voleva trascinare nella tomba con lui.

Camminarono ancora per un bel pezzo, tanto che il moro, quando si fermò, sentì tutto il dolore della camminata sui piedi.

- Eiji, ci siamo… - annunciò il biondo indicando una casetta in legno. Si avvicinarono un poco.

- Che cos'è questa puzza? - domandò Eiji tappandosi il naso.

Si guardarono intorno.

- Probabilmente quelle là… - disse Hotori indicando due teste di bambine. Eiji per poco non sveni, decise di essere forte. Se ci riusciva quel pazzo a mantenere così bene la calma poteva riuscirci benissimo anche lui, oppure no? Fatto sta che più guardava quei capi che erano in via di putrefazione, più si chiedeva dome mai Hotori avesse fatto un cambiamento così radicale del suo carattere all'improvviso.

Era da quella mattina che lo vedeva più calmo, che fosse per il suo obbiettivo?

Fece spallucce tentando di non guardare quei due pezzi umani ancora infantili.

- Signor Hotori, dobbiamo entrare in casa? - chiese tremante Eiji.

Il biondo si voltò verso di lui e annuì. Il moro deglutì rumorosamente, ma neanche di questo Hotori si accorse, troppo impegnato a pensare come poter far soffrire quel vampiro ripugnante che aveva osato macchiare di sangue la loro famiglia.

Lentamente, tentando di non fare alcun rumore, entrarono in casa. Apparentemente sembrava una normale casina nel bosco. Anche se la puzza di morte e di bruciato aleggiava nell'aria e giungeva alle narici con una facilità impressionante.

In quel momento si trovavano in soggiorno, c'era una grande quantità di cenere a terra. Doveva essere bruciato qualcosa di molto grande.

Aprirono una porta. Dentro vi erano un lettino e una culla. Le coperte di entrambi i letti erano spostate e spiegate. Non c'era nessuno dentro.

Decisero di prendere la porta adiacente. Era molto buio, non si vedeva nulla. Anche se aguzzavano la vista più che potevano sarebbe stato inutile.

- Signore… - lo richiamò Eiji. - Credo che abbiamo sbagliato posto.

- lo credo anche io… - rispose una voce maligna, molto conosciuta da loro. Talmente tanto che il moro non poté fare a meno di iniziare a tremare.

Si avvicinarono loro due figure familiari e inquietanti.

- Ma guarda un po' chi c'è… - fece la ragazza leccandosi le labbra. - Dopo tutto non abbiamo ancora fatto colazione…

Disse. Eiji era paralizzato. Volse lo sguardo al signor Hotori che al contrario di lui era tranquillissimo.

Il biondo non aveva paura. La vendetta aveva risucchiato anche quella. Tirò fuori un paletto e mise una mano sulla spalla al ragazzo.

- Sii freddo… - gli disse. - Ricorda che è lui che ha ucciso Mary…

Le parole dell'uomo lo colpirono. Eiji ripensò a quella volta che aveva visto il cadavere della biondina. Di quella biondina che gli piaceva tanto. Ripensò alla freddezza delle parole di Amu quel volta che ce lo aveva portato. Era stato atroce per lui eppure quella ragazza non gli aveva riservato neanche una parola di conforto.

Strinse i pugni. Hotori aveva ragione, doveva essere forte. Doveva dimenticare che quella davanti a lui era sua amica e aiutarlo a sconfiggere il vampiro.

- Va bene… - disse il moro. In quel preciso momento si lanciò contro Amu che colta alla sprovvista cadde a terra sotto il ragazzo che la teneva ferma per dare la possibilità ad Hotori di combattere contro Ikuto.

Infatti, subito dopo, al vampiro toccò parare un colpo da parte del biondo che era agguerrito come nessuno lo aveva mai visto.

- Hey vecchietto perché non ti dai una calmata? - disse Ikuto schernendolo.

Ma l'uomo non si fermava con nulla. Continuava a lanciargli contro il paletto, senza che però esso riuscisse a colpire nemmeno di striscio il non morto.

- Riuscirò ad ucciderti dannato vampiro! - gridava il biondo mentre tentava in ogni modo di mandare a segno il suo paletto.

Nel frattempo Amu non faceva altro che provare a liberarsi dalla presa di Eiji.

- Che cavolo vuoi Eiji! Se non mi lasci subito andare la mia vendetta su di te non sarà tanto leggera! - esclamò la ragazza, ma il moro non si muoveva. - Ikuto! Insomma togliti di mezzo! Ikuto! Ikuto!

Continuava a dimenarsi. Era mattina e i suoi poteri non funzionavano come la notte. Non riusciva a muoversi.

- Amu, per favore non rendere le cose ancora più difficili… - le diceva invece Eiji con gli occhi tristi.

- Oh se non ti togli subito vedrai come si faranno difficili per te le cose! - gridò di nuovo la ragazza.

Lui non l'ascoltava lo stesso.

- Perché lo hai fatto? - le chiese.

- Ah? - il viso della ragazza assunse l'aria più sorpresa che si fosse mai aspettata.

- Perché sei voluta diventare un vampiro… - mormorò.

Lei sorrise malignamente.

- E a te che cosa te ne importa? Cambia forse qualcosa? - domandò.

- Certo che cambia! - gridò il ragazzo di rimando. - Tu eri un'amica importante per me!

Amu non si scompose. Anzi, chiuse gli occhi un attimo. Poi riaprendoli lo guardò duramente dicendo:

- Beh sappi che tu per me non sei mai stato la stessa cosa.

Eiji sgranò gli occhi. Lo aveva preso in giro per tutto il tempo, anche quando era in vita? No, era il demone a parlare, non era lei. Non l'avrebbe mai creduto.

- No, mi rifiuto di crederlo! - esclamò.

- Oh, povero piccolo… - fece. - Mi dispiace tanto, non era questo che volevi sentirti dire vero?

Ironizzò lei. Il moro strinse la presa sui polsi, diventando davvero arrabbiato.

- Stai zitta! - sbottò.

Amu rimase impassibile.

- È triste vero? - domandò lei. - Scoprire che nessuno ti ha mai voluto bene…

- Che cosa stai dicendo? - domandò con fare smarrito il ragazzo.

- Oh andiamo… Io non ti ho mai considerato altro che un rammollito buono a nulla, il signor Hotori non si fidava di te e in quanto a Mary… diciamo la verità, sei sempre stato solo una palla al piede per lei.

- Menti… - mormorò il moro.

- Oh fosse così! - esclamò la rosa sempre più maligna. - Purtroppo per te Mary mi raccontava tutto, povero piccino, triste come scoperta, non è vero?

Dagli occhi vuoti di Eiji scesero calde lacrime amare. La presa sui polsi della ragazza venne allentata di un poco, ma ancora non riusciva a liberarsi.


Una lama raggiunse la spalla del ragazzo facendogli uscire il sante. Ikuto era ancora intento a combattere il signor Hotori. Era davvero pesante la cosa. Non riusciva a toglierselo dalle scatole e Amu era bloccata da quel fessacchiotto. Ogni tanto provava a vedere che cosa stava accadendo e con suo grande sollievo non accadeva niente alla ragazza.

D'un tratto un paletto gli sfiorò la gola.

- Hey ora mi hai davvero stancato… - sibilò il vampiro tirando fuori un pugnale. - Mi sono rotto di voi esseri umani…

Lanciò il pugnale contro il signor Hotori, conficcandoglielo nella carne della coscia. L'uomo urlò per il dolore. Strinse i denti lo stesso e si estrasse il pugnale dalla gamba emettendo un gemito strozzato.

- N-non mi sconfiggerai c-così f-facilmente… - mormorò il biondo.

Ikuto sorrise sadico.

- Meglio, più divertimento per me. - rispose il ragazzo mettendo le mani sui fianchi e continuando a sorridere.

Partì all'attacco sferrando al biondo un pugno sotto il mento, facendolo rotolare per qualche metro. L'uomo si rialzò e colpì veloce il vampiro, che colto alla sprovvista non fece in tempo a spostarsi e si ferì al braccio sinistro.

- Bastardo… - mormorò il ragazzo dai particolari capelli blu. Prese di nuovo in mano il pugnale. Si diresse verso l'uomo e con un calcio lo gettò a terra. Gli si mise sopra e gli infilò di nuovo il pugnale nella ferita.

Il biondo urlò, il dolore era insopportabile.

- Non è finita tranquillo… - gli disse Ikuto. E dopo questa frase iniziò a girare il coltello all'interno della ferita. Altre grida da parte di Hotori. L'uomo poteva avvertire la carne che si lacerava e gli organi che venivano tagliati malamente dal ragazzo che non faceva altro che guardarlo con sguardo divertito. - Che ne dici? Sono bravo eh?

Il biondo provava a trattenere i gemiti, ma era inutile dire che non ci riusciva, il dolore era troppo forte. Lo stava devastando. Con un calcio al petto se lo tolse dai piedi.

Ikuto continuò a ridere, sicuro ormai della sua vittoria. Guardò Amu che stava riuscendo a liberarsi, poi guardò Hotori che invece tentava, senza riuscirci, di fermare l'emorragia della ferita.

- Io lo avevo detto che avrei vinto… - disse per poi avvicinarsi a lui.


- Non è vero… - disse Eiji in un sussurro. - M-Mary mi voleva bene, lo so… me lo ha detto molte volte…

- Per non farti rimanere male. - concluse la ragazza che stava riuscendo a sgattaiolare via dalla presa del ragazzo, il quale non faceva altro che avere lo sguardo perso nel vuoto e piangere. Penoso, davvero penoso.

- Tranquillo Eiji… - le disse lei. - la rivedrai presto…

E con si tolse il ragazzo di dosso.

- Ikuto! Ikuto! Sono qui! - gridò correndo verso il ragazzo. Stava per raggiungerlo quando finì a terra. Eiji le si era gettato addosso di nuovo. - Maledetto! Lasciami subito!

Il vampiro si voltò a guardarla negli occhi. Voleva stare con lui, era questo che voleva. La ragazza diede una gomitata ad Eiji e riuscì a liberarsi. Si alzò da terra affiancando il ragazzo.

- Ikuto… - disse.

- Beh Amu, vogliamo fare colazione? - le chiese.

Fecero in tempo a girarsi per accorgersi che Hotori si era alzato e che teneva una mano sulla maniglia della porta. La paura attraversò veloce il cuore di Amu, facendolo esplodere dalla certezza di quello che stava per accadere.

- Sai non morto che fuori è giorno? - domandò Hotori.

Ikuto portava la fascia e sorrise. Si voltò verso Amu e fissò il collo della ragazza. Su di lei non c'era.

- Amu… - mormorò. La ragazza sorrise.

- Non importa Ikuto… - rispose lei. La porta si stava per aprire.

Non c'era più tempo da perdere. Sarà una stupidaggine, ma credo sarebbe la cosa migliore che farei in vita mia… si disse il vampiro. La guardò intensamente negli occhi e le sorrise, un vero sorriso. Si tolse la fascia e la legò al collo di Amu.

- Ikuto, cos… - non fece in tempo a finire la frase. Bastò fissare i suoi occhi e vedere il sorriso fare capolino sul suo volto, per poi trovarselo ridotto in cenere ai piedi.

Il corpo del ragazzo si era tramutato in polvere, dell'inutile polvere da spazzare. La ragazza rimase ancora per qualche istante a fissare il vuoto, quel vuoto che prima era riempito dalla sua presenza.

Poi si inginocchiò a terra e immerse le mani nelle ceneri, tirandone su un poco.

- Ikuto no baka…(ikuto sei un idiota) - mormorò la ragazza prima di lasciare scendere dal suo volto una lacrima rossa che andò a decorare per prima il pavimento. Poiché in seguito venne seguita da tutte le altre. Lacrime rosso scuro, perché anche il dolore che una persona prova all'interno è una ferita e sgorga sangue.

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Capitolo 17
*** Return ***


- Ikuto no baka… - mormorò la ragazza prima di lasciare scendere dal suo volto una lacrima rossa che andò a decorare per prima il pavimento. Poiché in seguito venne seguita da tutte le altre. Lacrime rosso scuro, perché anche il dolore che una persona prova all'interno è una ferita e sgorga sangue.

Non riusciva a smettere di colorare il pavimento di quel colore che a Ikuto faceva venire l'acquolina in bocca. Sangue. Si asciugò una lacrima che le stava percorrendo la guancia e se la portò alle labbra.

La cenere… si disse. Non voleva lasciarla lì, era tutto ciò che rimaneva di lui. Ma dove l'avrebbe messa?

La boccetta… pensò. Aveva visto una boccetta nella cucina di quella casa l'altra sera, era piccola e sicuramente ci sarebbero entrate. Provò ad alzarsi ma due braccia premute sulle sue spalle minute la rimisero a sedere. Si voltò con uno sguardo d'odio verso l'assassino del vampiro.

- Amu, ora sarai libera… - le disse. La ragazza gli rivolse uno sguardo d'incomprensione.

- Che cosa state dicendo? - domandò la rosa.

- Come, non lo sai? - questo era Eiji che ora si era alzato e le si era messo di fronte.

- Sapere cosa? - chiese ancora Amu.

- Quando un vampiro muore la creatura da lui generata ritorna umana. - le disse sorridendo felice.

No, non è possibile… disse nella sua mente la ragazza con orrore. Sarebbe stata l'ultima goccia. Quella era l'ultima cosa di Ikuto che le era rimasta davvero. Non poteva tornare umana.

I due ragazzi si abbassarono su di lei. Tutti e due avevano nelle loro facce da idioti due bei sorrisi a trentadue denti stampate in viso.

- Ritornerà tutto come prima… - la 'rassicurò' Hotori. - Domani sarai di nuovo umana.

- Io non voglio tornare umana! - gridò la ragazza totalmente preda dell'ira. - Non voglio essere di nuovo come voi!

Continuò marcando bene l'ultima parola. Eiji sembrò rattristato, mentre Hotori sorrise ancora di più.

- Si che lo vuoi, solo che ancora il demone non se n'è andato. - le disse sempre più convinto di quello che le diceva.

Dal canto suo, Amu era terrorizzata all'idea di tornare ad essere una comune ragazza di sedici anni. No, non voglio perdere anche quest'ultimo ricordo… si disse… però, ora che ci penso non ha senso continuare a vivere come vampiro, senza lui. Non ci sarebbe divertimento a spezzare le ossa delle dita di una mano senza lui accanto che fa la stessa cosa con l'altra. Le grida di dolore non me le godrei mai a pieno senza le sue risate maligne. Forse è meglio se torno umana…

Era talmente assorta nei suoi pensieri che neanche si accorse di essere stata presa in braccio e portata fuori dalla casina.

- Perché non mi lasci andare? - chiese avvicinandosi all'orecchio del ragazzo.

Il moro mosse lo sguardo, nervoso.

- Perché ancora non sei Amu.

La ragazza avrebbe voluto ridergli in faccia e sputargli addosso tutto il suo disprezzo. Ma se avesse fatto così poteva dire addio alla libertà per sempre.

Bene, passiamo alla tattica numero due. Il suo viso si oscurò e iniziò a piangere.

- Voi mi ucciderete, non è vero? - domandò.

- Ma che stai dicendo? - le disse. - G-guarda c-che non m-m'incanti.

Fece con voce tremante. La rosa sogghignò nella sua mente e con il viso nascosto dai capelli sfoderò un bellissimo sorriso malefico.

- Non ti voglio incantare ma credo di meritare la libertà. - rispose la vampira tentando di recitare la parte il meglio possibile. Alzò il viso sporco di sangue a causa delle lacrime, posò i suoi occhi miele su quelli smeraldo del ragazzo. - Anche se sono un demone… non merito di essere libera?

Per un attimo l'idea di lasciarla andare senza che Hotori se ne accorgesse attraversò la mente del ragazzo. Ma subito dopo scosse la testa e rafforzò la presa sul corpo della ragazza, come se avesse paura che scappasse.

- Tu tornerai umana, di questo devi stare tranquilla… - le disse.

Era proprio una testa bacata. Questo pensava la ragazza. Sciocchi esseri umani. Perché dovevano tentare di convincersi con frasi false? Ma lei la sapeva la risposta.

Perché sono deboli. Sono deboli gli umani, non riescono ad accettare la verità e per non essere schiacciati da essa preferiscono essere abbindolati con futili parole e affermazioni che non hanno né capo né coda.

Avrebbe voluto dirgli quello che pensava, ma doveva restare calma ed essere paziente fino alla sera.

- Se lo dici tu ci credo… - gli rispose nascondendo di nuovo il viso sotto i fili di seta rosa.

Eiji la guardò sorpreso. Che stia riacquistando la sua umanità così presto? si chiese.

Cercò di non pensarci, finché non ne era pienamente convinto non doveva lasciarsi andare così facilmente.

Hotori davanti a loro camminava tranquillo e sereno. Tutto sarebbe andato per il meglio, ne era convinto. Sicuramente tutto sarebbe tornato come prima. Domani mattina Amu sarebbe tornata umana, magari avrebbe perso la memoria e non si sarebbe più ricordata di quel vampiro, come se non fosse mai esistito. Avrebbe trascorso tutta la sua vita con lui, facendogli compagnia e lui l'avrebbe trattata come una figlia. Come trattava Tadase.

Questi pensieri lo rincuoravano ed era come se si volesse rassicurare, se volesse convincersi che non sarebbe più stato solo.

Non sarò più solo d'ora in poi… questa frase ormai era un loop nella sua mente.

- Signore? - domandò Eiji.

Il biondo si girò a guardare il ragazzo. Aveva l'aria stanca e frastornata, forse dovevano fare una sosta, ma non erano ancora usciti dal bosco.

- Dimmi Eiji.

- Vi prego fermiamoci per un po'… - supplicò il moro.

Hotori guardò lui, poi spostò lo sguardo su Amu, la quale non sembrava nemmeno parte di questo mondo in quel momento. La sua mente era altrove e solo il suo corpo era rimasto a dare la prova della sua presenza. (come faccio io mentre sto in classe u.u)

- Va bene. - rispose l'uomo sedendosi a terra, seguito, dopo un sospiro di sollievo, dal ragazzo.

Eiji posò Amu vicino a lui. Non gli sembrava neanche più di avere a che fare con una persona, ma piuttosto con una bambola.

- Amu… - la richiamò scostandole i capelli dal viso. - Come stai?

Come vuoi che stia brutto deficiente, mi sento come se fossi stata massacrata in mille pezzi e le mie ossa siano state frantumate e chiuse in un urna senza possibilità di essere ritrovate…

- Bene. - fu la risposta apatica della ragazza.

Eiji avrebbe voluto chiederle nuovamente che cosa aveva, poiché era chiaro che stesse male. E anche se non lo avrebbe mai detto al signor Hotori lui la capiva. Lui non aveva visto Mary morire davanti ai suoi occhi come era capitato ad Amu. Ma aver visto il suo corpo era stato davvero atroce. E nonostante odiasse Ikuto capiva che quando gli occhi miele della ragazza avevano fissato per l'ultima volta quelli ametista di lui era stato il momento più intenso e triste di tutti. Lo capiva, ne era convinto e avrebbe tanto voluto poter trovare un modo per tirarla su di morale.

Il signor Hotori aprì una borsa di stoffa che si era portato dietro, l'aveva nascosta dietro un albero prima di andare nella casetta.

Tirò fuori da essa un sacchetto marrone, in carta.

- Ecco qua… - disse sorridente, porgendo ad Eiji due panini con all'interno cipolla e formaggio.

Il ragazzo prese i panini con gli occhi illuminati. Aveva tantissima fame. Porse l'altro ad Amu, mentre addentava avidamente il suo.

- Amu… - mormorò Hotori prendendo il panino dalla mano di Eiji e porgendolo lui stesso alla ragazza. - questo è per te… ricordo… ricordo che ti piaceva molto il panino con la cipolla e il formaggio.

Prima mi torturi, poi uccidi Ikuto e adesso osi pure parlarmi come se tra di noi ci fosse un rapporto intimo? si chiese la ragazza colma d'ira.

Questa volta non ce la fece a mantenere del tutto la calma. Con un gesto della mano colpì il polso del biondo facendogli rotolare il panino distante. Poi alzò il volto e lo fissò negli occhi con il fuoco che ardeva in lei.

L'uomo chiuse gli occhi e annuì.

- Capisco che tu non abbia fame… - le disse alzandosi e tornando al suo posto.

La ragazza seguì i suoi movimenti con lo sguardo senza mai smettere di trasmettergli uno sguardo ricolmo d'odio.

Eiji che aveva guardato tutta la scena ora riservava ad Amu uno sguardo pieno di comprensione e tristezza.

- Riprendiamo il cammino… - disse Hotori non appena ebbe finito di mangiare anche il suo, preso poco dopo che ebbe offerto il cibo ad Amu.

Il moro annuì. Prese di nuovo la ragazza, che stranamente non oppose resistenza e si incamminò insieme al biondo.


In mezza giornata riuscirono ad attraversare tutto il bosco e a sbucare nuovamente nel paesino. Eiji non ricordava di averci messo così tanto all'andata, probabilmente era dovuto al fatto che ora portava Amu e che si erano fermati a fare diverse soste.

- Signore? - lo richiamò il moro.

- Dimmi.

- Credete che ce la faremo a giungere a Mitsuyo per questa notte? - domandò con fare incerto.

- Se ci sbrighiamo si, ma se continuiamo a procedere a passo lento sarà difficile arrivare in tempo. - rispose accelerando il passo.

Eiji era davvero stanco, avrebbe voluto riposare ancora, ma sapeva che non poteva. E inoltre anche lui non vedeva l'ora che la sua migliore amica tornasse ad essere se stessa.

In circa tre quarti d'ora avevano attraversato tutto il paesino ed erano giunti all'uscita.

- Adesso ci aspetterà un bel po' di strada da fare… - disse Eiji sospirando. Più andavano avanti più rimpiangeva la sua stupida scelta di seguire quo pazzo. Quasi quasi rimpiangeva davvero che Ikuto non avesse potuto ucciderlo quel biondo psicopatico.

- Hey Eiji, sei stanco? - chiese la ragazza. - Sei vuoi posso camminare da sola.

Proposta allettante, ma non doveva farsi fregare.

- T-ti ringrazio Amu, ma non ne ho bisogno. - rispose, anche se era incerto di quella risposta.

- Andiamo, se mi fai scendere puoi sempre tenermi per mano… - gli disse.

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. Era pomeriggio, non era neanche tanto tardi, forse non poteva usare i suoi poteri.

Forse avrebbe dovuto rischiare. Sentiva le braccia stanche che gridavano in cinque lingue diverse di lasciarle riposare.

- Va bene, ma niente scherzi ti avverto… - le rispose mettendola giù.

La ragazza annuì 'felice'. Toccare con i piedi il suolo era una sensazione che le sembrava quasi meravigliosa. Odiava essere trasportata. Ora sapeva che cosa provava un povero zaino a stare sulle spalle del proprio padrone.

Continuarono a camminare silenziosamente. Fecero un'altra sosta quando furono sicuri che ci avrebbero messo poco per raggiungere il paesino e che ormai Mitsuyo era a meno di un'ora di viaggio.

- Siamo quasi arrivati, ben presto potremo riposarci. - disse Hotori mentre se ne stavano tutti seduti a terra,a fare cena. Ovviamente gli unici che mangiavano erano Eiji e Hotori. Amu li guardava semplicemente. Il moro a volte si sentiva a disagio sotto il suo sguardo. Ma tanto stavano migliorando le cose, no? Amu avrebbe potuto ricominciare una nuova vita, da umana. Si, si lo avrebbe dimenticato Ikuto.

Hotori intanto non faceva altro che sonnecchiare. Aveva deciso di fare almeno mezz'ora di riposo. Al ragazzo non importava, avrebbe aspettato.

- Sei nervoso Eiji? - chiese la vampira con un sorriso derisorio dipinto sul volto.

Il ragazzo la fissò con gli occhi sgranati. Come lo aveva capito?

- C-come?

- Sei ancora convinto che lo dimenticherò? - gli chiese ancora la ragazza. - Sei convinto che ritornerò umana? Che tutto ritornerà come prima?

Gli strisciò lentamente davanti e imprigionò il suo sguardo miele negli occhi verdi del ragazzo, facendolo rabbrividire.

- Le cose non ritorneranno mai come prima… - gli disse. - Neanche se ritorno umana. Sono cambiate da quando è stato ritrovato il primo cadavere. Già da quel giorno tutto è cambiato, le nostre vite sono cambiate. Ma questa cosa riguarda solo me…

- Che cosa stai dicendo? - chiese confuso.

- Sto dicendo che ti puoi sforzare quanto ti pare, tanto non ritornerà mai niente come prima. Altrimenti la tua preziosa Mary dovrebbe resuscitare… - gli disse maligna.

Eiji deglutì rumorosamente. E se avesse avuto ragione lei? No, non doveva farsi impressionare. Quella che parlava non era Amu, era il demone che aveva dentro.

- Ed è qui che ti sbagli… - disse d'improvviso lei. - dentro di me non c'è mai stato un demone, questa sono io…

Non è possibile che senta i miei pensieri… si disse.

- Incredibile, vero? Piccolo pregio che mi è stato donato quando diventi vampiro. Non capita spesso, sai? - gli disse sempre più cattiva, godendo dello sgomento del ragazzo.

- Eiji… - il signor Hotori si era svegliato proprio in quel momento. Aveva ancora l'aria stanca, ma si alzò lo stesso in piedi e riprese a camminare incitando il ragazzo. - Coraggio, andiamo o non arriveremo mai…

Il moro annuì, anche se ancora sotto shock. Prese la ragazza per un polso e si avviò alla svelta verso l'uomo davanti a loro.

L'ultima ora a camminare la passarono in un religioso silenzio, come se stessero compiendo un cammino spirituale.

Nessuno osava aprire bocca, tanto che sembrava che neanche respirassero.

Dopo tutta la camminava videro finalmente l'entrata per Mitsuyo. Eiji sorrise soddisfatto, ce l'aveva fatta, finalmente era riuscito a portare a termine qualcosa.

Entrarono nel villaggio che era tardo pomeriggio. Si diressero subito a casa del signor Hotori.

- Portala qua… - disse il biondo. Chiusero Amu nella sua vecchia stanza. - Ci vediamo domani Amu…

Un ultimo sincero sorriso da parte dell'uomo, prima di andare nella propria camera. Eiji dopo avergli augurato la buonanotte fece lo stesso.

La ragazza si guardò intorno. La conosceva bene quella camera. Ricordava benissimo quando Ikuto aveva mangiato il cuore di quella donna. Quando era umana le aveva fatto schifo, ora che ci pensava invece aveva l'acquolina. Beh, dopotutto era un vampiro, no?

Sentì che la notte si stava avvicinando e che l'oscurità le donava le forze di cui aveva bisogno per poter portare a compimento quello che doveva fare. Si passò la lingua fra le labbra.

- Direi che è ora di cena...

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Capitolo 18
*** Blood, how good drink! ***


- Direi che è ora di cena... - si disse la ragazza dirigendosi verso la porta. Provò ad aprirla ma con sua grande soppressa non riuscì nell'intento. - Bastardi! Mi hanno chiusa dentro a chiave!

Iniziò a tempestare la porta di pugni, con il tentativo di buttarla giù. Il legno non era così pesante, la stanza in fondo era quella di una domestica. Si sorprese del fatto che possedeva una serratura.

Iniziò poi a prenderla a calci e in poco tempo riuscì a far aprire la porta. - Mmm… vediamo un po' a chi tocca per primo… - si disse mentre usciva silenziosamente dalla stanza. Da chi poteva iniziare? Beh da quello più fastidioso forse. - Andiamo a dare la buonanotte a Eiji…

Sogghignò. Ricordava bene dov'era la sua stanza, dopo tutto ci aveva passato quasi tutta la sua vita in quella casa, con Eiji. Arrivò in fondo al corridoio e aprì a porta che le stava a destra. Il moro dormiva. Mmm… ucciderlo mentre dormiva sarebbe stato più silenzioso, ma poco divertente. Gli si avvicinò e sibilò al suo orecchio:

- Io dico che faresti meglio a svegliarti…

Eiji aveva il sonno delicato e Amu lo sapeva. Dopo quelle parole trasalì come una foglia mossa dal vento e andò a specchiarsi negli occhi caramello della vampira, che mano a mano diventavano bianchi.

- A-Amu? - balbettò incredulo. Era convinto di aver chiuso la porta a chiave, come aveva fatto ad uscire? - C-come…?

- Credevi davvero che una porta mi avrebbe fermata? - domandò la ragazza in tono derisorio.

- I-io…

- T-tu c-cosa? - gli fece il verso, sempre più maligna. - Pensavi che non l'avrei vendicato? Che l'avrei dimenticato?

Eiji deglutì, era proprio arrabbiata, ma perché si voleva vendicare con lui? Non era stato lui ad uccidere Ikuto?

- No, non pensavo questo… - mormorò abbassando lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello della ragazza. - Ma non sono stato io ad uccidere il vampiro…

Ci fu una risatina da parte della ragazza.

- Oh povero, dolce, innocente pargolo. - lo prese in giro la ragazza. - Hai ragione, non sei stato tu ad ucciderlo, non eri tu a tenermi per impedirmi di aiutarlo, non eri tu quello che mi si è ripetutamente gettato addosso per permettere a quel deficiente di ucciderlo.

Eiji deglutì rumorosamente, sentiva il sudore scendere sulla fronte e le mani iniziare a tremare, così come le gambe. Ma non aveva freddo, era terrorizzato. Terrorizzato da lei.

- Non eri tu Eiji? - chiese con voce innocente Amu, ma allo stesso tempo maligna.

Il moro non riusciva a rispondere, aveva la gola secca e non riusciva a parlare. L'unica cosa che voleva in quel momento era vivere. Alzò un attimo lo sguardo andandolo a posare su Amu, poi con un gesto fulmineo scese dal letto e corse fuori dalla stanza. Il suo obbiettivo era giungere il più presto possibile dal signor Hotori. Ma purtroppo c'era qualcuno che non era d'accordo.

Un calcio alla schiena e il ragazzo si era ritrovato con la faccia premuta contro il pavimento.

- Lo sai che è maleducazione non rispondere alle domande? - gli chiese beffarda.

Dagli occhi di Eiji scesero lacrime di amara consapevolezza. Non voleva morire, non voleva affatto morire. Ma come fermarla?

Si voltò sdraiandosi di schiena sul pavimento.

- A-Amu… - balbettò mentre le gocce salate gli inumidivano gli occhi e gli scendevano lungo le gote. La ragazza lo guardò inclinando la testa di un lato, sorridendo sadica.

- Si? - domandò divertita.

- I-io sono tuo amico… - disse, tentando di farla ragionare. - Io e te s-siamo s-sempre stati a-amici… ricordi? Vero?

Lei si mise a ridere, ma la sua risata si spense con uno sguardo severo rivolto al ragazzo.

- A-amici hai detto? - gli domandò, gli occhi ricolmi d'odio. - E un amico farebbe quello che hai fatto tu?

- I-io… l'ho fatto per te. - gli disse tremante.

La vampira si abbassò alla sua altezza e lo guardò dritto negli occhi.

- Per me? Oh ma grazie Eiji! - esclamò derisoria. - Non vedevo l'ora che la mia vita venisse rovinata da te! Sei stato davvero così coraggioso a trattenermi per impedirmi di aiutare Ikuto! Ah… non so che cosa avrei fatto senza di te.

Eiji la guardava sempre più terrorizzato. Sapeva che per lui non sarebbe finita bene, ma non sapere come era anche peggio. Avrebbe sofferto? Sarebbe stata così atroce la sua fine per mano della sua migliore amica?

- A-Amu… per favore… non farlo… - la pregò. Le lacrime ormai gli offuscavano la vista e non faceva altro che piangere e singhiozzare.

La rosa d'altro canto non poteva far altro che guardarlo con disprezzo. Lo avrebbe ucciso certo, ma lo avrebbe fatto lentamente.

Prese per il collo il ragazzo, tanto veloce che il moro si rese conto della situazione solo quando la ragazza gli si mise sopra a cavalcioni. - A-Amu…

- Senti un po' ma è l'unica parola che conosci? - gli domandò maligna.

Eiji deglutì. La vampira tirò fuori dalla manica del vestito un pugnale e lo poggiò sulla guancia del moro. Lui rabbrividì a contatto con la lama, ma rimase fermo, paralizzato dalla paura.

- Vediamo cosa si può fare per darli una lezione che non scorderai neanche nella tomba… - mormorò la ragazza.

La lama raggiunse l'orecchio destro e con un movimento rapido della mano volò via facendo gridare il ragazzo di dolore.

- Shh… non è finita… - sussurrò la vampira.

Il pugnale strisciò lungo il viso arrivando alla fronte e partendo dal lato destro iniziò a tagliargli via la pelle, mentre il ragazzo si agitava gridando come un pazzo e tentando di resistere al dolore.

- Stai zitto! - gridò la ragazza conficcandogli il pugnale nella guancia. - E questo non è ancora niente!

In un attimo il pugnale venne conficcato nel petto, ma non raggiunse il cuore. La ragazza si limitò ad aprirgli il torace con un colpo secco e deciso, facendo giungere la lama fino all'ombelico.

Un ultimo respiro , un ultimo urlo stentato di dolore e il ragazzo morì miseramente, come aveva trascorso tutta la sua vita del resto.

- Patetico… - disse Amu prima di avvicinare i denti al suo collo e mordere il ragazzo, godendo appieno del suo sangue. Era dolce e davvero molto buono. Per un attimo pensò che lei non aveva mai avuto l'onore di provare il sangue di Ikuto e questo la rattristò. Il sangue è la cosa più preziosa che si possiede e per un vampiro avere l'onore di assaggiare il sangue di un altro era una cosa fantastica, ma lei non aveva fatto in tempo.

Dopo aver succhiato abbastanza sangue dal corpo del ragazzo si pulì la bocca e si alzò da terra.

- Ho ancora fame e poi… posso permettermelo un dessert… - si disse sogghignando e dirigendosi verso la carena di Hotori.

Aprì la porta. Nel grande letto matrimoniale non c'era nessuno. L'uomo doveva essere scappato dopo aver sentito le grida di Eiji. Maledetto ragazzino per colpa sua adesso non poteva finire di cenare! Si guardò intorno credendo davvero che se la fosse data a gambe, ma con sua grande felicità non fu così. Nella stanza notò che dall'armadio spuntava, purché leggermente, la manica di una giacca e Hotori era fin troppo preciso per permetterlo quindi non poteva che essere lì dentro.

Si avvicinò lentamente e aprì all'istante le due ante del grande armadio in legno.

Ma anche lì era vuoto.

- Dove diavolo è quel… - non finì in tempo la frase che un'asse di legno la colpì alla schiena facendola cadere a terra. Si girò di scatto trovando il biondo con la trave in mano sospesa a mezz'aria.

- Lo ammetto… - iniziò a dire. - Non volevo crederci che tu eri davvero diventata un demone, non ho mai voluto ammettere niente su di te. Né quando la gente del villaggio ti giudicava strana perché non piangevi o ridevi, né quando ho saputo di come erano morti i tuoi genitori. Ma adesso basta, smettila Amu, te ne prego, non puoi continuare così!

Un sorriso beffardo si accese sul volto di Amu che andò a puntare il suo sguardo miele sugli occhi impauriti e tristi del signor Hotori.

- Oh per favore, mi risparmi la predica! Lo sa meglio di me che questa banale scusa è solo un modo per dirmi guarda che in realtà non ti voglio uccidere. E che è solo una messa in scena per mascherare le sue intenzioni. Quindi la prego, me lo risparmi…

Detto questo la ragazza si alzò.

- Per favore… - provò a dire l'uomo. - Non farmelo fare…

Amu non lo fece nemmeno finire che gli lanciò un calcio al ginocchio facendolo sbilanciare. Il biondo si rialzò subito, sfruttando di una sua distrazione per colpirla alla gamba provocandole un brutto taglio. Amu non se ne curò e si gettò su Hotori graffiandogli il viso e leccandosi le dita.

- Non male… - commentò la ragazza passandosi la lingua fra le labbra.

L'uomo la guardò con disgusto.

- Se io ti devo risparmiare la predica almeno tu risparmiami questo… - le disse.

Amu fece spallucce.

- Non era una richiesta la mia, ma un ordine… - gli disse ripartendo all'attacco.

Tirò fuori nuovamente il pugnale, precedentemente rimesso a posto. E provò a ferire il biondo, che schivò il colpo colpendo la ragazza alla testa e facendola cadere carponi. La rosa si alzò subito da terra e girandosi velocemente verso l'uomo gli procurò un taglio al torace, facendogli emettere un gemito di dolore.

Amu sogghignò soddisfatta.

- Sono una vampira Hotori… - mormorò prima di affondare il pugnale nel petto dell'uomo ed estrarlo subito dopo, permettendo al sangue di scendere. - Non mi puoi uccidere…

Il biondo alzò lo sguardo, facendo un mezzo sorriso.

- Già… - disse in tono strozzato. - E purtroppo per te resterà sempre così…

- Che vuoi dire? - chiese confusa la rosa. Lui sorrise solo irritando la ragazza che presa da uno scatto d'ira gli tagliò la gola ponendo fine alla sua vita per sempre. - Che vuoi saperne tu stupido essere umano…

Lasciò cadere il pugnale e si avvicinò al corpo, leccandone il sangue che ancora fuoriusciva dal petto e dalla gola.

Dopo aver finito di mangiare anche Hotori uscì dalla stanza e successivamente aver percorso tutto il corridoio e le scale che portavano al piano inferiore, uscì dalla casa, con la promessa di non farci mai più ritorno.

In un qualche modo sentiva che le parole del biondo l'avevano turbata, ma non sapeva perché. Decise di non pensarci più a quell'inutile essere umano, ma invece di concentrarsi su qualcosa di ben più importante.

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Capitolo 19
*** Kill the hope of being killed ***


Cammino nel buio, nel buio delle tenebre.

Solo lì posso sentirmi a mio agio,

solo lì posso compensare la mia anima

e il mio dolore.

Nessuno mi capisce, nessuno può sentire quello che provo.

Dicono che la morte ti toglie le sofferenze,

allora perché io mi sento così male,

così vuota?

Questa volta non credo sia il sangue

quello che voglio.

Non è stato il rosso a trasmettermi

quelle emozioni, è stato lui…

...sei stato tu.

Le tue ceneri le conservo ancora.

Una volta conclusa la mia vendetta sono

tornata nella casa nel bosco, ho raccolto

le tue ceneri e le ho messe

in una boccetta da cui non mi

separo mai.

So che è stupido, ma è come averti vicino.

Sono rimasta qui,

nella tua dimora,

quella dietro il bosco di Mitsuyo,

mi dispiaceva in fondo abbandonare

un così bel posto.

Per questo sto qui,

esco di notte per cacciare e nutrirmi

del mio elemento.

Spio le mie vittime e ci gioco

proprio come facevi tu.

Ma a differenza di te neanche

più l'eccitazione di bere il sangue

mi è rimasta.

Poiché ormai ho solo una ragione di vita…

…Uccido sperando di essere uccisa...




FINE!!! :3 Spero che questa fine vi sia piaciuta, non è proprio un capitolo e neanche una poesia, diciamo che è un discorso che fa Amu nella sua mente. Dunque, anche questa storia uscita dalla mia mente veramente molto malata (che è peggiorata per giunta u.u) è giunta alla fine. Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita e che hanno avuto il coraggio di reggermi fino alla fine ^ ^

Kiss kiss

Darkmeme13

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