Finally Found Myself

di LadyArtemis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 - Nuovo arrivo a Quantico ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 - Quando la voce attraversa la mente ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 - L'angoscia di JJ ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 - Il sogno e la fotografia ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 - Una bugia per non soffrire ***
Capitolo 6: *** Chapter 6 - Allontana i tuoi incubi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - La proposta di Kevin ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 - Nuovo arrivo a Quantico ***


Autore: LadyArtemis

Titolo: Finally Found Myself

Genere: Mix Comedy-Romantic/Action

Personaggi: Keira Martines - Spencer Reid - Team

Disclaimer: I personaggi di Criminal Minds non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis.Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro. Keira Martines, la protagonista, e gli altri personaggi sono stati creati dalla sottoscritta.

Note: Questa storia è la mia prima fanfiction su Criminal Minds e il titolo è una frase della canzone "The Kill" dei 30 seconds to Mars che mi ha fortemente ispirata. Le immagini presenti nella storia sono realizzati dalla sottoscritta.

 

 

FINALLY FOUND MYSELF

 

Capitolo 1

 

“Per rendere sopportabile la realtà, siamo costretti a coltivare in noi qualche pazzia”

                                                                                      M.Proust

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“Mamma ora basta! Tu non mi puoi fermare, quindi lasciami andare!”

Dopo quelle ultime parole, chiusi violentemente la porta di casa e andai verso l’aeroporto. Appena che chiamarono il mio volo, ero immersa nei miei pensieri e dubbi.

Finalmente sto realizzando il sogno della mia vita. Ma sto facendo la cosa giusta, papà?

Era sicuro che quel caldo mese di settembre mi avrebbe rivoluzionato completamente la mia vita e mi limitavo semplicemente a guardare dal finestrino la mia Italia che diventava sempre più piccola e lontana.

 

Arrivai a Washington. Presi il biglietto che mi aveva lasciato mio fratello Maxy sulla mia scrivania e incominciai a leggerlo:

Sorellina, poiché sei la solita frana e ti perderai appena che metti piede in America, questo è l’indirizzo di Bruce, l’amico di papà e il tuo padrino se te lo ricordi! Sta a Dale City e ti potrà ospitare. Tranquilla già l’ho avvertito del tuo arrivo, non farmi fare brutte figure. Ci mancherai molto, telefonaci….e non ti dimenticare del fuso orario!!

Baci Maxy”

 

“Ma che amore di fratello, quella peste!” - gridai. Corsi alla metropolitana per prendere il treno che portava a Dale City e mi concessi una dormitina per tutto il viaggio. Erano le 2 del pomeriggio quando arrivai. Presi il mio palmare e cominciai a cercare l’indirizzo di Bruce. Finalmente lo trovai (dopo un’ora!). Abitava in un locale e pensai subito che o il palmare si era rotto o io mi ero persa. Ma provai ad entrare. Non c’era nessuno. Mi agitai, ma cercai di mantenere la calma. Poi ad un tratto vidi un uomo e quando mi osservò, rimase scioccato e sconvolto.

 

“Bruce sei proprio tu? Che bello vederti dopo tanto tempo! Sono io, Keira. Stiamo nel mese di settembre, è ancora presto per Halloween” - scherzai per farlo tornare in sé. Quando egli si riprese, trovò la forza per parlarmi : “Oddio Keira ma come sei cresciuta! Se tuo padre ti vedesse in questo momento, mi avrebbe dato tanti di quei ceffoni per la gelosia. Maxy mi ha detto del tuo arrivo, ma non ti avevo proprio riconosciuta! Come stanno gli altri? Oddio che sciocco! Starai stanchissima, vieni ti mostro la tua camera” - disse Bruce sorridente e mentre mi posava le mie valigie nella mia futura camera lo interruppi “Bruce, scusami, ma io dovrei andare all’incontro organizzato dalla BAU e il professore Rinaldi mi ha fatto avere un colloquio con un certo agente David Rossi. Quindi dovrei scappare poiché manca un’ora dall’incontro e non so come devo fare”. “Oh cara ma questo non è un problema! Ho la Phoenix, la moto di tuo padre; l’ho ripulita due giorni fa e ho fatto cambiare il motore e va ancora più veloce. Prendila e arriverai in un batter d’occhio. Mettiti il casco!” - rispose Bruce ed ero al settimo cielo. “Bruce sei il mio angelo americano! Non so come ringraziarti! Prometto che al mio ritorno faremo una bella chiacchierata!” - gli dissi mentre lo abbracciai affettuosamente. “Ora vai e in bocca al lupo baby” - disse Bruce dandomi un colpetto sulla spalla mentre montai sulla Phoenix.

 

Non sapevo che fosse così dannatamente bello avere il vento in faccia. E’ come cavalcare una tempesta. E’ come dieci anni fa, vero papà?

 

Finalmente arrivai in tempo all’Università di Maryland University College. Era enorme e meravigliosa. Però immaginavo che Quantico fosse ancora più bella. Scesi dalla moto. Approfittai di quei dieci minuti per controllare il mio look. “Cappotto nero lungo, canotta grigia merlettata di nero, pantalone nero con scarpe nere. La linea nera che incorniciava i miei occhi castani, lucidalabbra viola. Infine questi capelli mossi castani con le ciocche chiare : meglio legati o sciolti? Bah che importa! Andiamo a fare questa grande figura!”.

 

Entrai e vidi molti miei coetanei dirigersi verso la Sala Magna. Li seguì. Tutti aspiranti agenti. Mi ero seduta in terza fila e la domanda che mi perseguitava era “Ma come è fatto questo agente Rossi? Il professore Rinaldi non mi ha detto niente su di lui. Solamente che è un ottimo profiler e fondatore della BAU”.

 

All’improvviso calò il silenzio. I ragazzi erano eccitati per questo incontro. Forse questo agente doveva essere molto famoso. Mentre osservavo l’enorme sala bianca gremita di giovani, si avvicinò al microfono un ragazzo. Sarà più grande di me. Era alto e slanciato, capelli mossi e chiari, occhi innocenti illuminati da un viso candido. Iniziai a sentire molti commenti non certo gradevoli “Ma chi è quello sfigato? Ma come si veste, sembra mio padre! Poi con quel fisico che tiene, i criminali lo fanno a fettine prima che lui dica a loro ‘siete in arresto ‘ “ - rise il ragazzo seduto avanti a me e pensai subito che purtroppo di gente idiota se ne trova dappertutto e subito spuntò un altro dubbio “Sarà quel ragazzo l’agente Rossi? Dannato prof! Mi fa sempre queste sorpresine!” - esclamai. Il ragazzo, molto agitato e dopo che si era sistemato il colletto della sua camicia per tre volte, iniziò il suo discorso.

 

“Salve a tutti. Sono il dottor Spencer Reid e faccio parte della BAU, ovvero Unità Analisi Comportamentale. Precedentemente era nota come BSU, Unità Scientifica Comportamentale. Questa unità è una componente della NCAVC, cioè Centro Nazionale per l’Analisi dei crimini violenti…”

“Oddio ma che sta dicendo?” - disse una ragazza mentre rimpiangeva il fatto che un ragazzo così carino fosse talmente logorroico e noioso. “Steve, prepara le coperte, si promette una bella dormita”- disse un altro ragazzo vicino al suo amico. Io ero sempre più confusa “Ma allora chi è l’agente Rossi?”- mentre mi ponevo queste domande, il giovane dottore continuava a parlare

 

“... La nostra unità si occupa dell’aspetto psicologico dei crimini. Infatti la scelta della vittima, il modus operandi e il movente sono considerati delle interazioni dell’inconscio dell’S.I, cioè il soggetto ignoto. Tutte questi informazioni comportamentali vengono riassunte in un profilo, che è una sorta di impronta digitale dell’S.I. e, grazie a un supporto informatico - multimediale, scaviamo nel passato del nostro S.I. per inquadrare il fattore-stress, ossia la ragione che lo ha portato a compiere quel determinato crimine….”. Il discorso durò esattamente due ore e mezza e quando smise di parlare, i giovani aspiranti si svegliarono dal lungo letargo e quando il dottore chiese se ci fossero dubbi o domande, i ragazzi ebbero il coraggio di ringraziarlo per la dormita e fuggirono a gambe levate pentendosi di essere entrati in quella sala. Rimasi solo io. Oddio che faccio? - mi domandai ma, pensando alle corse che avevo fatto per arrivare qui, non mi potevo perdere in un bicchiere d’acqua, allora decisi di avvicinarmi verso il dottor Reid. Ero abbastanza tranquilla anche se il suo discorso, togliendo quelle sigle, era davvero interessante ed ero ammaliata dalla sua voce. Appena che ero abbastanza vicina a lui, iniziai a parlare senza rendermi conto delle conseguenze.

 

“Dottor Reid….” - non appena pronunciai queste due parole, lui, dal volto irato e amareggiato, mi stoppò con il suo sguardo.

 

“Ah sei venuta anche tu a ringraziarmi per la dormita? Potevi prendere un caffè se stavi così assonnata!” -  disse il dottor Reid fiero della sua affermazione e della sua scarica di nervi.

 

Beh gli americani non sono poi così diversi dagli italiani: si compiacciono facilmente delle loro figuracce, ma senz’altro con l’orgoglio che tengo, non gliela facevo passare liscia.

 

“Non sarebbe stata male l’idea di una bella dormita se non fosse per tutti quei caffè che ho preso da stamattina per tenermi sveglia e lucida. Poi non è colpa mia se quelli ti hanno scambiato per il dottor Morfina!!! Comunque io cercavo…”

 

Mentre il dottor Reid continuava a fissarmi, venni di nuovo interrotta da un rumore. Entrò nella sala un uomo, aveva più di una cinquantina di anni, brizzolato e con i baffi, estremamente elegante. Era affannato e si avvicinò al dottor Reid : “Reid, scusami, ma il mio SUV è morto all’improvviso e ho dovuto farmela a piedi. Lo sai deve venire una ragazza proveniente dall’Italia che collaborerà con la nostra unità…” - Reid lo interruppe subito.“Davvero, Rossi? Chi è questa?”. Finalmente avevo trovato l’agente Rossi, però non mi aveva ancora notata e mi sentivo leggermente trascurata. Decisi di intervenire

“Agente Rossi, sono io la ragazza che stavate cercando. Il professore Rinaldi mi aveva parlato di voi” - risposi e Reid era decisamente sconvolto. Oddio! Questa ragazza sarebbe la mia nuova collega!E’ irrazionale! - pensò.

“Si, mi ha parlato del tuo arrivo qui e mi ha detto anche che volevi parlarmi delle tue ricerche. Ah mi dimenticavo delle presentazioni! Io sono l’agente David Rossi e sono uno dei fondatori della BAU.”

“E’ un onore conoscerla agente Rossi. Io sono la dottoressa Keira Martines. Mi sono appena laureata in Medicina Legale e per quanto riguarda le mie ricerche sono incentrate sull’applicazione della psicologia nella medicina legale. Ce la metterò tutta per portarle avanti con successo”.

“Interessante, dottoressa Martines. Allora benvenuta a bordo. Le mostrerò la sede della BAU a Quantico e le presenterò il resto della squadra. A proposito! Questo ragazzo che sta di fianco a me è il dottor Reid, è il cervello della nostra unità. Grazie a lui siamo riusciti a risolvere i casi più enigmatici.”

 

“Si ci siamo conosciuti già, Rossi!” - rispose Reid.

“In circostanze spiacevoli a causa di un banale equivoco!” - risposi sorridendogli maliziosamente.

“No Reid di nuovo! Mica avrai raccontato la tua solita barzelletta esistenzialistica?” - disse Rossi

“Sarebbe stato piacevole per me almeno mi facevo una risata, mentre quelli si mettevano a dormire. Non capisco perché l’unità mi manda a queste riunioni solo perché sono giovane. E poi oggi sono sembrato più normale del solito” - rispose Reid mentre si sistemava la sua tracolla.

“Siamo messi bene allora” - risposi.

“Sono così simpatici gli italiani.” - disse Reid continuando a provocarmi.

“Basta!Adesso siete colleghi! E’ ora di andare a Quantico! Reid vai a prendere il tuo SUV dato che il mio gli hanno fatto il funerale” - scherzò Rossi.

“Vado subito” - corse Reid verso il parcheggio.

“Agente Rossi, io ho la moto parcheggiata fuori. Vi seguirò da dietro per Quantico!” - risposi mentre l’agente Rossi accennava un sì con la testa.

 

Cavolo! Questa è Quantico! Il mio sogno! La scarica elettrica che aspettavo per rendere eccitante la mia vita! - pensai ciò, non appena che eravamo arrivati lì. Scesi dalla Phoenix e seguii i due agenti. Finalmente vidi la squadra. All’improvviso si avvicinò un uomo dal grande fascino e da una serietà impeccabile, dai capelli neri contrastati dai suoi occhi profondi. Ben vestito. Si avvicinò a Rossi. Mi vide e iniziò a parlarmi : “Salve. Lei è la dottoressa Martines, vero? Lieto di conoscerla. Sono l’agente Aaron Hotchner, ma può chiamarmi Hotch. Sono il capo di questa unità e coordino le direttive da adoperare in ogni caso. Venga con me, le presento il resto della squadra”. Lo seguii e mi diede una sensazione di serenità e di conforto, proprio come a casa. “Lui è l’agente Derek Morgan, esperto di crimini ossessivi”. “Piacere di conoscerti! Non vedo l’ora di lavorare con te” - mi sorrise gentilmente l’agente Morgan, un uomo di colore, ma dal fisico possente che sarebbe capace di proteggere ciò che ama di più per sempre. Molto socievole ed estremamente sensuale e affascinante. “Lei è l’agente Emily Prentiss. Ti aiuterà molto nelle scene del crimine”. “Ciao cara. Per qualunque cosa, chiedi pure a me” - disse Emily stringendomi la mano mentre sfoderava un sorriso smagliante e solare. Capelli neri abbinati ai suoi occhi dai bei lineamenti. Spiritosa e molto comprensiva. “Lei è l’agente Jennifer Jereau. Lei si occupa delle questioni burocratiche”. “Benvenuta! Chiamami JJ dato che siamo colleghe ora. Ci vedremo spesso sia per i fascicoli sia davanti alla macchinetta del caffè!” - rise la graziosa agente, da bei capelli biondi e dai fini occhi azzurri. Molto dolce e sensibile. “Infine lei è il nostro tecnico informatico Penelope Garcia”. “Heilà! Felicissima di conoscerti” - disse la stravagante Garcia. Subito pensai che sarebbe nata una bella intesa, anche perché amavo particolarmente quelle sue ciocche rosa.

“Garcia, accompagna la dottoressa Martines presso il suo ufficio” - disse Rossi.

“Subito signore” - rispose Garcia mentre mi prese amichevolmente la mano.

“Grazie mille per la calorosa accoglienza. Mi auguro di passare una meravigliosa annata con voi. Ah comunque chiamatemi Keira, niente formalismi!” - dissi mentre Garcia mi aveva completamente trascinata euforicamente presso il mio nuovo studio.

 

Appena che mi allontanai, subito partirono commenti e pettegolezzi.

“Ok abbiamo trovato la sorellina di Garcia: insieme sembrano pappa e ciccia. Sarebbe più carina se non fosse per la sua stravaganza nel look. Non sembra proprio americana e poi è così giovane!” - esclamò Morgan.

“Infatti è italiana. Probabilmente avrà 25 anni.” - rispose subito Reid a Morgan

“Oooh il dottor Reid già si è informato sulla nuova dottoressa…dai dai dicci quello che sai?” - disse Emily punzecchiando Reid

“L’ho vista alla riunione per gli aspiranti agenti e posso solo dire che nessuno mi aveva mai chiamato dottor Morfina”

Tutti esplosero dalle risate, in particolare Morgan

“Oddio, Reid, non mi devi uccidere così. Quella ragazza sarà il tuo incubo peggiore e ti cambierà la vita” - rispose Morgan mentre stritolava Reid

“Ci farà divertire parecchio. Non vedo l’ora di assaporare lo spettacolo” - esclamò Emily mentre anche lei si divertiva a torturare Reid.

“Spencer vs Keira = 0-1. Spence devi pareggiare se no perdi la partita” - anche JJ si divertiva a prenderlo in giro.

“Ok, ragazzi basta. Un po’ di contegno!” - gridò Reid mentre si liberava dalle mani dei suoi colleghi.

“Ragazzino, scommetto tutto, anche le mie proprietà, che sarai cotto di lei e ammetterai che ti ha cambiato la vita” - disse Morgan.

“Vedremo Morgan! Per il momento le statistiche non sono decisamente buone dalla tua parte” - rispose Reid.

 

Nel frattempo Garcia e io ci siamo messe a chiacchierare.

“Allora Penelope, ti posso chiamare cosi?”

“Certo, cara. Infatti stavo per dirtelo” - rispose

“Che mi racconti allora degli altri? Sai inizio un po’ a conoscervi!”

“Beh Hotch dall’apparenza sembra un tipo duro e freddo per la sua implacabile serietà, ma ci tiene più di chiunque altro per la sua squadra. Se hai notato non sorride molto anche perché si è separato da sua moglie Haley, ma prova un immenso amore per suo figlio Jack”

“Oddio mi dispiace. Però sua moglie è stata egoista nei suoi confronti, posso capire che la famiglia sta sempre al primo posto, ma con il lavoro che facciamo dobbiamo fare enormi sacrifici…spero che lo ritrovi presto il sorriso. Sono curiosa di vederlo sul suo bel volto” - risposi

“Anche io cara. Poi Emily è nell’unità da quasi un anno. Lei venne di seguito quando la sua predecessora, l’agente Elle Greenaway abbandonò Quantico per le terribili conseguenze, dopo aver rischiato la vita a causa di un pericoloso serial killer. E’ una donna fantastica, anche se ha un passato tormentato e drammatico, ma lei è riuscita ad affrontare tutto.”

“Sono d’accordo con te, Penelope” - le sorrisi.

“Poi c’è JJ, anche lei, come Emily, è una cara amica, oltre che collega. E’ diventata mamma un paio di mesi fa dal suo compagno,l’agente Will La Montaigne. Reid è il suo padrino anche perché JJ gli è molto amica. E’ una zolletta di zucchero che cammina!”

“Che mi dici invece di Reid e Morgan?” chiesi incuriosita

“Eh i due fratelloni. Reid è un genio: infatti ha un Q.I. di 187 e una memoria eidetica. Ma la sua straordinaria mente è soltanto una difesa e un modo per affrontare i problemi che ha dovuto passare. Infatti il padre di Reid lo abbandonò quando era ancora un bambino e sua madre soffre di schizofrenia. Lui si sente a casa quando sta qui perché lui sa che può contare su di noi in particolare su Morgan. Quest’ultimo considera l’amicizia una cosa preziosa. Infatti sono poche le persone che si fida poiché, dopo la morte del padre, ebbe problemi con la legge a causa delle sue cattive amicizie ma riuscì a cancellare tutto una volta entrato nell’FBI. Con Morgan ho un rapporto veramente speciale. Pensa quando entrai per la prima volta nell’unità, poiché non sapeva il mio cognome, mi chiamò “Bambolina” e da lì fu subito passione scatenante. Peccato che adesso sono fidanzata con Kevin Lynch, un tecnico informatico.”

Sarà pure fidanzata con questo Kevin, ma sono convinta che Morgan è l’uomo della sua vita…chissà quando lo ammetterà?

“Infine c’è l’agente Rossi. Un ottimo profiler ma un uomo molto saggio ed eccezionale. Non so molto sul suo passato, ma ha un profondo rapporto con Hotch. Anche lui sta da quasi un anno nella nostra unità, dopo aver sostituito l’agente Jason Gideon, un altro uomo straordinario che ha dovuto abbandonare l’unità per sua scelta personale che solo Reid sa poiché proteggeva quest’ultimo sempre ed erano molto legati. Ah lo sapevi che Rossi è di origine italiana?” - mi chiese Penelope

“Un po’ lo avevo sospettato per il suo cognome che è decisamente italiano” - risi.

“Uu guarda siamo arrivati nella mia sala computer, ovvero il mio regno dove sono il Genio Assoluto!”

“E’ bellissimo Penelope, soprattutto adoro le tue penne e quell’orsacchiotto viola, che è uguale al mio”.

“Grazie Keira. Ma ti devo rivelare una cosa. Questi sono le mie mura contro l’orrore delle foto delle scene del crimine. Senza questi, perderei la mia obiettività e mi lascerei sopraffare dalla paura e dallo sgomento. Eccoci! Lì è il tuo studio. Però non mi hai detto nulla su di te! Comincia a parlarmi di quel meraviglioso medaglione che hai sul collo!” - mi chiese.

“D’accordo Penelope, hai ragione. Beh questo era di mio padre per ricordarlo quando partiva per le sue missioni militari. Era un tenente dell’esercito italiano che ha collaborato con i Marines e l’FBI. Morì in seguito a un’esplosione presso una scuola militare a New Orleans e salvò la vita a due soldati americani. Avevo 15 anni. Mia madre trovò la forza per andare avanti soprattutto per me e i miei fratelli. Ora sono ospite da Bruce Wright, l’amico di mio padre e il mio padrino, presso un locale a Dale City, che si chiama “Nirvana”.

“Caspita!! Come la rock band!! Allora ti verrò a trovare spesso perché adoro i locali e poi non è molto lontano da qui! Comunque mi dispiace per la tua storia, vedrai che tuo padre sarà orgoglioso di quello che stai facendo” - mi rispose.

“Ok! Però deve rimanere un nostro segreto!” - scherzai - “Se sto facendo questa pazzia, non è solo per me stessa, ma anche per lui”.

Poi fummo interrotti da JJ.

“Ragazze scusatemi se vi ho interrotte, ma abbiamo un nuovo caso. Keira sei pronta o vuoi aspettare ancora un po’ per ambientarti?” - chiese JJ.

Il mio primo caso. Come potevo perdermi questa occasione!

“JJ sono qui per questo! Quindi diamoci da fare” - le risposi con grande entusiasmo

“Perfetto! Vieni con me nella sala riunioni insieme agli altri” - rispose JJ accompagnandomi

“Buona fortuna, ragazza mia. Ci sentiremo lì” - disse Penelope prima di entrare nel suo regno.

 

“JJ, che abbiamo oggi?”- chiese Hotch mentre JJ distribuiva i fascicoli.

“Omicidio - suicidio a Washington. I coniugi Hill. Eric Hill e Vivian Hardy. Lei è stata uccisa con un colpo di pistola al cuore, mentre lui si è sparato alla testa. Erano entrambi distesi sul letto. I corpi sono stati scoperti dopo che la sorella di Vivian ha chiamato la polizia perché non rispondeva al telefono e si era preoccupata”.

“Perché dovremo prendere questo caso, dato che sembra evidente che sia omicidio-suicidio?” - chiese Morgan.

“Due settimane fa sono stati trovati nelle stesse condizioni i coniugi Rush. Steve Rush e Patricia Nash. Un paio di isolati più avanti dove abitavano gli Hill”

“Cosa ha detto il coroner riguardo le prime due vittime?” - chiesi.

“Beh sulla donna nessuna violenza né segni di stupro. E’ stata uccisa probabilmente nel sonno. Mentre l’uomo un solo colpo alla testa e secondo le analisi il tuo tasso alcolico era superiore alla media”.

“Anche per Eric Hill?” - chiese Reid

“Si!”- rispose JJ

“Beh o si erano ubriacati, hanno perso la testa e hanno fatto questo. Oppure c’è un killer che vuole far sembrare tali questi omicidi” - disse Emily.

“Se fosse così, è molto meticoloso e conosceva bene le sue vittime, dato che non sono stati trovati segni di effrazioni. Ora dobbiamo capire il perché!” - affermò Rossi.

 

“JJ prepara il nostro volo, andiamo a Washington. Ah Martines questo è il tuo distintivo ma la pistola non te la posso dare perché devi superare l’esame”- ordinò Hotch.

“Grazie Hotch” - risposi.

“Ah Keira, non ti abbiamo detto che noi abbiamo un jet per spostarci!” - disse Emily.

“Colleghi, andrò in moto, così leggerò con calma il fascicolo”.

“Ma sono tre ore da Quantico!” - esclamò Reid.

“Tempo sufficiente per trovare pronti i cadaveri da analizzare, se non si bucano le ruote” - scherzai.

“Ok! Allora ti aspettiamo lì e stai attenta” - rispose Morgan scioccato e abbastanza preoccupato.

“Ok colleghi a dopo allora” - risposi mentre ero già partita per Washington.

 

“Oddio che tipa strana! Mica avrà paura degli aerei o le facciamo paura noi?” - si domandò Emily.

“Forse non è stata una buona idea. Dovevamo aspettare per prepararla sul nostro lavoro” - disse Hotch.

“Hotch, è in gamba. Non sciuparle questa occasione. Vuole dimostrare il suo valore per essere degna di stare nella nostra unità. Dalle fiducia” - rispose Rossi.

“Comunque ritornando al caso, cominciamo a stilare il profilo di questo S.I.” - disse Hotch guardando il fascicolo.

“Bianco. Età dai 40 in poi. Il suo ordine è di natura ossessiva. Tutto deve stare al suo posto. Niente di spontaneo. Tutto organizzato” - pensò Morgan.

“Poi se il marito volesse uccidere sua moglie per adulterio o qualcosa di più grave, non si sarebbe limitato semplicemente con un colpo di pistola. Avrebbe trasmesso tutta la sua ira su di lei. Una sorta di transfert freudiano. Ciò è dato dal fatto che era proprio ubriaco. Mentre tutto ciò fa pensare che è stato compiuto da una persona estremamente lucida.” - espose Reid la sua teoria.

“Chiamo Garcia per scavare sul passato di queste vittime” - disse Morgan.

“Il Genio Supremo a disposizione,mio umile servo” - rispose Garcia

“Bambolina ho bisogno delle tue magie. Trovami delle collegamenti con le vittime e chi fossero”

“Certo, mon amour. Mi metto subito al lavoro”.

 

Arrivati a Washington, Reid era abbastanza agitato poiché non vedeva ancora la nuova collega:

“Ma ancora deve arrivare Keira?”

“Rilassati, Reid. Noi siamo in anticipo! Ci vorrà ancora un’oretta al suo arrivo. Vieni andiamo a vedere la scena del crimine” - lo consolò Emily.

“Detective Garner, sono l’agente Hotch. Loro sono l’agente Prentiss, l’agente Rossi, l’agente Jareau, l’agente Morgan e il dottor Reid”.

“Piacere di conoscervi, soprattutto lei agente Rossi. Venite”

“Reid, insieme a JJ, state fuori in modo tale da aspettare l’arrivo di Martines” - ordinò Hotch.

“D’accordo!” - rispose Reid mentre JJ lo accompagnava.

“Spence, io devo andare all’ufficio stampa per controllare se sta tutto in ordine. Ci vediamo dopo ok?”

“Maa…JJ…” - mentre Reid non trovava le parole, JJ già era scappata.

 

Bene! Mi ha lasciato solo ad aspettare quella pazza che ancora deve arrivare e mi sto preoccupando. Aaa perché mi preoccupo per quella tizia? Cosa ha di speciale? - pensò.

 

Arrivai e trovai Reid fuori alla villa Hill.

“Finalmente sei arrivata! Ti sto aspettando da 1 ora 12 minuti e 27 secondi!” - disse arrabbiato.

“Wow allora sarai il mio orologio-profiler! Comunque durante il viaggio ho potuto studiare le ferite delle due vittime e posso dire che si tratta di duplice omicidio. Guarda in questa foto. Osserva la posizione dell’uomo. Sta disteso in maniera dritta. Come se fosse stato paralizzato. Lo stesso anche per l’altra vittima”.

“Quindi credi che S.I. abbia drogato il signor Hill in modo tale che lo costringesse a uccidere la moglie e poi a togliersi la vita? Questo coincide a quello che pensavo riguardo alla donna. Cioè perché non l’abbia massacrata e si sia limitato a un semplice colpo al cuore. L’S.I. voleva lasciare tutto in ordine e non voleva rendere troppo cruento in modo da far pensare che si trattasse di omicidio-suicidio. Ma come è riuscito a drogarlo?” - disse Reid

“E’ questo il problema. Io ora devo andare all’obitorio per vedere di scoprire qualcosa. Tu avverti gli altri che sono lì” - risposi

“Ok ci vediamo lì” - rispose Reid mentre entrò nella villa.

“Hotch ci sono delle novità. Parlando con Keira, probabilmente il signor Hill è stato drogato dall’S.I. in modo da costringerlo a uccidere sua moglie e se stesso. Infatti l’enorme tasso alcolico è dato dalla presenza di etanolo presente anche in droghe come LSD, barbiturici, allucinogeni. I nervi muscolari si atrofizzano rendendo immobile la vittima, così S.I. se n’è approfittato”.

“Ora dov’è Martines?”- chiese Hotch

“All’obitorio. Per scoprire come ha fatto a drogarlo” - rispose Reid.

“Ragazzi, Garcia ha trovato qualcosa. Venite qui. Tesoro ti metto in viva voce. Parla!”

“Udite…udite ragazzi miei. Allora per quanto riguarda i coniugi Rush, Steve Rush era un impiegato in una società per assicurazioni, mentre invece Patricia Nash casalinga. Erano sposati da cinque anni e la casa è di proprietà del padre di lui. Non erano in buoni rapporti poiché c’è una denuncia da parte di Patricia contro il marito per maltrattamenti e stalking.

Mentre per quanto riguarda i coniugi Hill, Eric Hill era un avvocato mentre Vivian Hardy lavorava con la sorella in una profumeria. Anche loro erano sposati da poco…

“Ci sono stati problemi tra loro. Qualche denuncia?” - chiese Emily

“Nessuna denuncia! Solo un certificato medico di Eric Hill.”

“Riguarda che cosa, Garcia” - chiese Rossi

“Sterilità”

“Ok, bambolina. Sei stata grande. Continua così” - disse Morgan.

“Ai prossimi aggiornamenti” - rispose Garcia.

“Allora Morgan e Rossi andate dal padre di Steve Rush, mentre Prentiss e Reid andate dalla sorella di Vivian. Io raggiungerò Martines all’obitorio insieme al detective Garner” - disse Hotch.

 

“Detective Garner, questa è la dottoressa Martines, medico legale della nostra squadra.” - disse Hotch

“Piacere di conoscerla, detective. Ho delle novità per voi. Ho scoperto come ha fatto l’S.I. a drogare le sue vittime: sotto l’unghia del piede. Infatti ho trovato un piccolo foro sotto l’unghia del piede sia su quello di Steve Rush che di Eric Hill. Probabilmente ha utilizzato una siringa dall’ago molto piccolo e secondo l’esame tossicologico conferma l’utilizzo di droghe a base di etanolo. Quindi probabilmente l’S.I. sarà un medico o un terapeuta, se conosce bene gli effetti di queste droghe. Cosa importante: tra gli effetti personali delle vittime mancavano le loro fedi” -risposi

“E’ il premio dell’assassino!” - esclamò Hotch.

“Allora perché li uccide?” - chiese il detective

“Perché li voleva punire per le loro colpe. Probabilmente le loro mogli avevano degli amanti” - rispose Hotch

“Sono convinta anche che l’S.I. abbia avuto anche lui problemi coniugali, come l’adulterio e vuole sfogarsi sulle vittime con problemi di questo tipo” - risposi.

All’improvviso squillò il cellulare di Hotch.

“Dimmi Rossi!”

“Hotch, abbiamo parlato con il padre di Steve Rush e abbiamo scoperto che la moglie lo tradiva, in quanto aveva ingaggiato un investigatore privato e abbiamo le prove. Ma il padre sostiene che suo figlio, nonostante tutto, l’amava ancora sua moglie e non era capace di compiere questo genere di cose. Infatti si erano rivolti a un terapista di coppia, consigliato dal padre”.

“E’ quello che cercavamo. Infatti qui in obitorio, Martines conferma che è stato drogato. Incontriamoci alla stazione di polizia.” - rispose Hotch e chiuse il cellulare.

“Martines, ora andiamo insieme al detective Garner alla stazione di polizia” - mi disse “Ora chiamo Prentiss per sapere se hanno scoperto qualcosa”.

“Ok Hotch. Vado a togliermi il camice e arrivo” - risposi mentre mi preparavo.

“Prentiss ci sono novità?”

“Si, Hotch abbiamo finito di parlare adesso con la sorella di Vivian Hardy. Ci ha rivelato che Vivian era legata con uno per un paio di mesi perché voleva avere dei figli. Il marito l’ha scoperto e decisero di superare questo ostacolo andando da un terapista di coppia”.

“Prentiss, la stessa cosa anche con i Rush e Martines ha scoperto che entrambi i mariti sono stati drogati. Ci vediamo alla stazione di polizia. Avverti JJ.” - rispose Hotch.

 

Quando ci incontrammo tutti alla stazione di polizia Hotch disse:

“Allora il nostro S.I. è un terapista di coppia. Morgan chiama Garcia”.

“Il Genio Assoluto è qui per voi”

“Garcia ho bisogno di te ancora. Senti nei dati dei coniugi Rush e Hill c’è il nome del loro terapeuta?”

“No, bello mio. Purtroppo quel bastardo è stato più furbo di noi e li ha cancellati dal suo database.”

“Puoi restringere il campo dei terapisti di Washington? Non credo che questo S.I. si sposti altrove.”

“Certo, mio caro. Infatti ce ne sono tre” - rispose Garcia.

“Controlla quelli che hanno avuto problemi coniugali” - chiese Morgan.

“Beccato! Ronan Keats. Separato dalla moglie e quest’ultima si è risposata con un altro uomo”.

“Grazie Garcia. Sei sempre grande!” - rispose Morgan “Ragazzi abbiamo il nome: Ronan Keats. Il fattore stress è stata la separazione della moglie per adulterio evidentemente”

“Lo conosco. Ma non è possibile. E’ una persona gentile e un bravo terapista. Ha risolto molti problemi coniugali” - disse il detective Garner.

“Ma non per i suoi e vuole vendicarsi sulle coppie in crisi per l’adulterio. Detective,diteci dove si trova dobbiamo sapere chi è la sua prossima coppia” - ordinò Hotch.

“Subito agente Hotch” - rispose il detective

“JJ tu invece manda l’identikit di Ronan Keats alla stampa” - disse Hotch

“Subito!” - rispose JJ.

 

Tutta la squadra andarono nell’abitazione di Ronan Keats.

“Ronan Keats. FBI” - urlò Morgan

“Niente non c’è” - disse Emily.

“Cerchiamo qualcosa in cui annota i suoi clienti e appuntamenti” - dissi.

“Ho trovato un’agenda. Venite qui” - disse Reid “Ha cancellato i Rush e gli Hill. I prossimi sono i Barton”.

“Sono alla 14th St. NW. Mando la pattuglia lì” - disse il detective Garner

“Prentiss rimani qui insieme a Martines e a Reid. Mentre Morgan e Rossi vengono con me a casa dei Barton”.

“Ok. Cerchiamo di trovare le fedi delle vittime” - rispose Emily.

 

Quando arrivarono dai Barton, gli agenti trovarono i due coniugi stesi sul letto ma erano ancora vivi. Purtroppo il signor Barton non poteva muoversi e parlò sua moglie

“E’ scappato quel bastardo! Ha drogato mio marito per favore aiutatelo!” - pianse la donna.

“Non si preoccupi chiameremo subito un’ambulanza” - disse Morgan.

“Ora dove sarà?” - chiese il detective.

“Non è andato fuori città. E’ troppo ossessionato. Andare via da Washington è contro se stesso” - rispose Rossi.

“Allora è andato a casa sua! Chiamo Prentiss” - rispose Hotch mentre fece il numero.

 

 

 “Mamma mia che atmosfera triste in questa casa. Sarà stato devastante per quell’uomo la separazione dalla moglie. Si sente abbandonato e solo” - commentai.

“Però ama molto leggere. Vedo molti libri di Poe, Dickens, Marlowe. Oh il mio preferito “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust!”

“Non siamo in biblioteca, Reid” - scherzò Emily.

All’improvviso si sentì un rumore di porta. Emily disse a Reid di coprirmi poiché non avevo la pistola. Mentre Emily si avvicinava alla porta fu colpita da Keats. Emily cadde per terra ed era sotto tiro da Keats. Reid cercava di distrarlo con le parole mentre mi sussurrava “Stai dietro di me”.

“Signor Keats. Non lo faccia. Siamo qui per aiutarla. Ho saputo quello che ha passato con sua moglie…

“No, non capisce. Ho dovuto farlo perché i miei clienti erano vittime delle lussurie delle loro mogli e non sono stati capaci di evitarlo. Non le ascoltavano. E ho deciso di punirli”

“Ma signor Keats, sono venute da lei per cercare aiuto. Non volevano rimanere sole come lei. La sua rabbia per quello che ha fatto sua moglie l’ha sfogata su di loro…”

“Basta! Stai zitto! Ora ti ammazzo!” - Keats strappò la pistola di Reid ed nel frattempo Emily si era svegliata e lo aveva preso per i piedi

“Lasciami!” - gridò mentre puntava la pistola su Reid.

Non potevo permetterlo.

Vidi la pistola di Emily vicino a me. Me l’aveva lanciata lei stessa e mi diede coraggio.

“Reid, dopo mi scuserò!” - gli gridò

“Cosaaa?” - mi chiese stupefatto.

Gli feci uno sgambetto per toglierlo dal mirino di Keats e riuscii a colpire la spalla del killer e svenne. Emily lo disarmò. Io mi sdrai posando la pistola mentre squillò il cellulare di Emily. Era Hotch.

“Hotch stiamo bene a parte qualche botta. Lo abbiamo preso,venite subito” - disse Emily.

“Ok resistete stiamo arrivando”.

Reid si avvicinò a me. Ero agitata ma soddisfatta. Lui iniziò a parlarmi:

“Stai bene Keira? Ti ha colpito?”

“No, sto bene Reid. Ah ti chiedo scusa per lo sgambetto, ma non avevo altre alternative in quel momento”

“No, figurati. E poi non ti libererai di me con un semplice sgambetto” - rise.

“Ah allora devo elaborare un altro piano allora” - gli risposi maliziosamente

Si avvicinò Emily vicino a noi.

“Keira sei stata grande! Hai avuto coraggio”

“Grazie Emily. Ma il merito è stato tuo che mi hai dato la pistola e mi hai dato fiducia. Stai bene?”

“Certo cara. Ho preso sberle peggiori dai criminali” - ridemmo tutti.

 

“Prentiss, Reid, Martines! Dove siete?” - urlò Morgan.

“Siamo al secondo piano, Morgan” - rispose Reid

“State tutti bene? Emily sei ferita?” - chiese Hotch

“Si Hotch sto bene, non ti preoccupare. Il merito è stato di Keira che ha fermato Keats” - rispose Emily mentre veniva aiutata da Rossi a rialzarsi.

“Keira ti aiuto ad alzarti, vieni” - disse Reid mentre mi prese per mano.

Mentre Morgan accompagnò Reid fuori rimasi indietro con Hotch

“Ho notato il colpo che hai inferto a Keats. Dove hai imparato a sparare?”

“Scusami Hotch. Al mio arrivo non ti avevo detto che avevo frequentato due anni di scuola militare e avevo il brevetto per avere una pistola” - risposi mentre uscimmo dalla casa.

“Voglio la fiducia dai miei colleghi. Però oggi hai dato prova del tuo valore anche se sei stata imprudente. Ottimo lavoro!” - mi disse mentre tentava di fare un mezzo sorriso.

“Grazie Hotch. E’ un piacere lavorare con voi”.

 

Si avvicinò il detective Garner a Hotch

“Grazie mille agente Hotch”

“Non deve ringraziare me, agente. Ma la mia squadra” - rispose amichevolmente.

 

Avevo affrontato il mio primo caso. Non dimenticherò mai quella giornata. Anche se pensavo ancora alla discussione che ho avuto con mamma stamattina. Rossi si avvicinò

“Dovresti chiamarla! In questo momento si sarà appena svegliata” - mi disse e aveva capito tutto, del resto era un ottimo profiler.

“Keira, dai sali con noi sul jet” - mi chiese JJ

“Grazie JJ. Ho bisogno di scorazzare un po’. Prometto che la prossima volta salgo, a patto che mi fate guidare sempre la mia Phoenix e non il SUV” - scherzai.

“A domani allora collega!” - disse Emily

“Mi raccomando alle curve, baby” - scherzò Morgan.

 

Poi non riuscì a trovare il casco. All’improvviso si avvicinò Reid

“Cercavi questo!” - disse mentre me lo mise in testa

“Grazie mille, Reid” - risposi.

“Eppure pensavo che fossi una tipa sveglia, come oggi alla riunione, ma non sapevo che fossi così sbadata?” - rispose Reid e questa volta mi ha fregata.

“Ah Keira non chiamarmi Reid. Chiamami Spencer”- mi disse sorridendo mentre saliva sul jet e partì.

Rimasi senza parole.

Spencer vs Keira 1-1.

Prima di ritornare a Dale City, chiamai a mamma.

Salve qui è casa Martines. In questo momento non ci siamo. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico…Ciao mamma, sono Keira.... sei ancora arrabbiata con me? Beh ora devo andare…Ti voglio bene…Salutami Maxy, Fabio e Clelia”.

Quando chiusi il cellulare, salii sulla mia Phoenix e tornai da Bruce.

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Capitolo 2
*** Chapter 2 - Quando la voce attraversa la mente ***


Capitolo 2

 

“Oggigiorno si conosce il prezzo di tutto ma non si conosce il valore di niente”

                                                                                                                                    O.Wilde

 

“Bruce sono tornata!” - dissi appena che entrai nel locale ma non c’era nessuno. Vidi un biglietto sul tavolo.

 

“Hey Keira,

mi dispiace che non ho aspettato il tuo ritorno ma si era fatto tardi e dovevo tornare a casa. Comunque queste sono le chiavi del tua “stanza” che sta al primo piano del locale. Ci vediamo domani e voglio sapere cosa hai combinato oggi (sperando che avrai fatto una buona figura con i tizi dell’FBI!!).

Buonanotte baby

Bruce”

 

Dopo aver letto il biglietto, andai al primo piano dove si trovava la mia stanza. Appena che aprii la porta rimasi perplessa.

“Credo che Bruce dovrà portare gli occhiali! Questa non è una stanza ma un appartamento vero e proprio!!”

Poi all’improvviso sentii un tonfo. C’era senz’altro qualcuno. Mantenni la calma e cercai di avvicinarmi al corridoio. Presi una scopa come mezzo di difesa. Quando notai un’oscura sagoma di persona, il mio istinto mi diceva di attaccare e così feci.

 

“Ahia! Ma che fai! Bel modo di ringraziare a colei che ha sistemato le tue valigie!” - rispose la proprietaria di quella sagoma. Una ragazza dai lunghi capelli neri, mossi, occhi verdi.

“Ringraziarti? Cioè tu pensi ai ringraziamenti? Non pensi che mi hai fatto venire un colpo?” - risposi.

“Bruce non ti ha detto niente? Dannato! Domani farà i conti con me questo è poco ma sicuro! Comunque piacere io sono Shlainn Wilde. Sarò la tua coinquilina!” - disse la ragazze mentre mi strinse la mano.

“Piacere io mi chiamo Keira Martines. No, purtroppo Bruce non mi ha detto niente su di te. Farà i conti anche con me domani!” - risposi e ridemmo entrambe. “Come mai ti trovi qui?” - le chiesi.

“Beh io aiuto Bruce al locale la sera in quanto lavoro come reporter per il giornale Ellis Bell ; mi occupo anche di una piccola rubrica che riguarda il modo di guardare secondo il nostro punto di vista il mondo e che cosa possiamo creare in futuro. Bruce mi ha ospitato quando seguivo i miei studi all’università e, per ringraziarlo, lo aiuto qui” - rispose Shlainn mentre percorrevamo il corridoio dell’appartamento. “Tu invece? Quale buon vento ti porta qui?” - mi chiese.

“Io lavoro come medico legale per la BAU, cioè Unità Analisi Comportamentale. Sto portando avanti delle ricerche sull’applicazione della psicologia nella medicina legale. Sembra folle ma è il mio unico obiettivo e desidero tanto raggiungerlo” - risposi.

“No, non è folle Keira. Tutti noi abbiamo degli obiettivi e per raggiungerli, occorre un pizzico di follia altrimenti non sarebbe divertente” - disse Shlainn . “Come sono gli agenti della BAU? Mica ti hanno trattato male?”

“Oh, no Shlainn! Anzi sono stati molto gentili e disponibili. Pensavo che fossero delle persone riservate e fredde, invece ho avvertito un calore familiare. E’ stato emozionante svolgere il mio primo caso. Lo desideravo così tanto. Ancora di più quando ero andata all’incontro organizzato dalla BAU, anche se c’è stato uno spiacevole incidente”.

“Incidente? Che hai combinato?” - disse Shlainn curiosa.

“Io niente. Praticamente dovevo avere un colloquio organizzato dal mio professore con l’agente Rossi per entrare nell’unità. Invece mi ritrovai un ragazzo. Anzi un dottore. Si chiama Spencer Reid e credimi non è affatto una persona normale! E’ un genio, ha un Q.I. di 187 e possiede una memoria eidetica. Però queste sue enormi capacità non erano state gradite dalla maggior parte degli aspiranti agenti della BAU. Infatti si erano addormentati tutti e addirittura lo avevano ringraziato per la dormita. Ero rimasta solo io nell’aula. Nel momento in cui mi avvicinai per chiedere informazione sull’agente Rossi, scatenò l’inferno. Con tono irato, mi disse che se avevo così sonno, mi dovevo prendere un caffè! E io, di conseguenza l’ho chiamato ‘Dottor Morfina’ “.

“Oddio! Questo si che è un bel inizio mia cara! Inizio a fare le scommesse per vedere se nascerà qualcosa tra voi due” - scherzò Shlainn.

“Che spiritosa che sei! Se avrai occasione di vederlo, vedrai come cambierai idea!”.

“Staremo a vedere! Ti avverto che ho un fiuto infallibile su queste cose. Comunque sono proprio curiosa di conoscere i tuoi colleghi. Perché non li inviti una volta nel nostro locale?” - chiese maliziosamente Shlainn.

“Ma sei impazzita? Firmerò la mia condanna a morte se facessi una cosa del genere! Mi prenderebbero in giro. Al dire la verità solo a una mia collega le ho rivelato il mio segreto: si chiama Penelope Garcia. Spero con tutto il cuore che lo riesca a mantenere” - risposi mentre entrammo nella camera da letto.

“Io spero tanto di no. Anzi le faccio una statua se ti tradisse e sarebbe la mia migliore amica. E poi ci potrebbero fare buona pubblicità al locale” - disse Shlainn.

“Non fare l’infame calcolatrice, Shlainn! Comunque ho notato che la nostra camera da letto è davvero fantastica. Mi piace il tuo arredamento: hai uno stile davvero stravagante!” - affermai.

“Grazie Keira. Mi fa molto piacere! Allora navighiamo sulla stessa linea d’onda! A proposito Keira ti devo dire una cosa: ti piace cantare?” - mi chiese Shlainn con gli occhi pieni di speranza.

“Certo mia cara! Io e mio fratello Fabio ci divertivamo a strimpellare le nostre chitarre!” - risposi.

“Che bella notizia che mi hai dato Keira! Per migliorare le serate qui al locale, avevo pensato di organizzare dei piccoli concerti. Bruce è d’accordo però non trovavamo mai un cantante. Ci hai salvati!” - rispose Shlainn saltellante.

“Mi piace questa idea! D’accordo sono con voi allora! E’ passato un po’ di tempo che non suonavo una chitarra ma penso di riuscirci ancora” - risposi sorridendo.

“Perfetto. Beh si è fatto tardi. E’ ora della nanna. Buonanotte Keira!”

“Buonanotte Shlainn! Grazie mille e scusami ancora per l’incidente con la scopa!”

“Figurati! Non ci pensiamo più” - rispose Shlainn mentre chiuse le luci della stanza.

 

 

 Ore 8:30AM.

“Keira, svegliati” - disse Shlainn che ce la metteva tutta per svegliarmi.

“Altri cinque minuti” - sussurrai.

“Cinque minuti? Dormigliona sono le otto e mezza del mattino” - urlò Shlainn.

“Cosaa? Stai scherzando?” - esclamai mentre mi alzai immediatamente dal letto.

“Ho la faccia di una che sta scherzando? Muoviti sei in ritardo. Ti beccherai una bella sgridata dal capo!” - rispose Shlainn.

“Aaah Shlainn ti prego! Non farmi la ramanzina, che già una mi aspetta tra un’ora se tutto va liscio!” - risposi mentre mi preparavo.

“E te la meriti! Tu non ti rendi conto con chi hai a che fare! Immagino che i tuoi colleghi saranno lì da un paio di ore e già stanno discutendo su un nuovo caso, mentre tu stai ancora qui con la testa tra le nuvole! E poi prendevi in giro a quel giovane dottore, che come hai detto che si chiama?” - esclamò Shlainn.

“Spencer Reid. Ah ti sei messa dalla sua parte? Bella traditrice!” - risposi.

“Certo che sto dalla sua parte!” - esclamò fiera Shlainn.

“Bando alle ciance, che ne dici sono abbastanza presentabile?” - le chiesi

“Sisi! Ora sbrigati!” - rispose Shlainn superficialmente.

 Chiudemmo la porta e scendemmo giù da Bruce.

“Buon..”

“Bruce dobbiamo scappare!” - rispondemmo entrambe.

“..giorno” - disse Bruce scioccato. “Ragazze almeno prendetevi una tazza di caffè prima di correre via”.

“Ok Bruce però niente domande perché Keira è in ritardo!” - esclamò Shlainn.

“D’accordo! Però voglio sapere solo se è andato tutto bene” - rispose Bruce.

“Si Bruce, è andato tutto bene! Gli agenti sono stati favolosi!” - risposi mentre bevvi velocemente il buon caffè di Bruce.

“Ok il mio tempo è scaduto devo correre al giornale. Muoviti Keira e mi raccomando non tormentare il dottor Reid!” - disse Shlainn mentre usciva dal locale per andare a lavoro.

“Dottor Reid? E chi è? Ti è successo qualcosa Keira? Hai la febbre?” - disse Bruce preoccupato.

“No, no Bruce stai tranquillo! E’ solo il mio collega. Ora devo scappare! Grazie per il caffè! Ah Bruce dimenticavo di dirti una cosa…” e gli diedi un bel ceffone dietro la testa. Piccola vendetta per ieri sera con Shlainn. Lo salutai, uscii fuori da locale e montai sulla mia Phoenix verso Quantico.

 

“Porca miseria! Ma ancora devi arrivare, Keira!” - disse Derek mentre sorseggiava il suo caffè.

“Beh forse non avrà sentito la sveglia o si sarà persa!” - ipotizzò Emily.

“Arriverà a momenti ragazzi. Datele un po’ di fiducia!” - rispose JJ.

“Ma io non vedo l’ora di rivederla perché stamattina ho proprio voglia di divertirmi! Chissà che battuta si inventerà oggi, vero ragazzino?” - scherzò maliziosamente Derek.

“Non lo so e non ci tengo proprio a saperlo! E’ stata un’esperienza estremamente sconvolgente. E statisticamente parlando, avere un altro dibattito con quella ragazza può provocare l’80% di instabilità mentale!” - rispose Spencer.

“Dacci un taglio con le statistiche Reid! Allora perché l’hai così protetta? Oppure dicci cosa vi siete detti ieri prima che salissi sul jet” - chiese curiosamente Emily mentre si sistemava la sua frangetta.

“Semplicemente perché adesso fa parte della squadra e dobbiamo difenderci a vicenda non credi? E poi per quanto riguarda ieri, le ho restituito il casco che aveva dimenticato” - esclamò deciso Spencer ed era sempre più agitato.

“Oh ma che bravo boy-scout il ragazzino! Però non hai l’approccio giusto con le donne. Hai bisogno di consigli da un esperto” - rispose Derek vanitosamente.

“Oh Morgan! Non tentare il mio povero cuore. Ricordati sempre che sono la tua dea!” - salvò la situazione Penelope.

“Bambolina, non ci posso fare niente se ho questo enorme potere!” - rispose Derek maliziosamente.

“Aiuto si salvi chi può!” - ribatté Emily.

“Già sto scappando” - esclamò JJ mentre andava nel suo ufficio a controllare i fascicoli.

“Hey Prentiss che ne dici di fare una bella ispezione nell’ufficio della nostra cara dottoressa?” - propose Derek ridacchiando.

“Assolutamente si, Morgan. Andiamo…andiamo!” - rispose entusiasta Emily mentre si dirigevano verso il loro obiettivo.

“E’ chiuso! Dannazione chi ha osato rovinarmi il divertimento?” - domandò Morgan irritato.

“Cercavate queste?” - rispose Rossi mentre agitava le chiavi dell’ufficio della nuova collega.

“Rossi!?...Ma cosa…!” - disse Emily imbarazzata.

“Il divertimento lo avevate avuto già con me quando ci conoscemmo per la prima volta. Ma la seconda volta non ve la faccio buona! E poi dovreste conversare con lei non con il suo ufficio!!” - rispose Rossi sorridendo, mentre i due colleghi complici si arresero.

 

Appena che arrivai a Quantico, non trovai a nessuno. Già saranno partiti per un nuovo caso? - pensai e l’idea mi rattristava. Poi vidi Spencer che stava sorseggiando il suo caffè dalla sua tazza e ricambiò il mio sguardo.

“Ma che fine hai fatto? Sei in ritardo! Ma devo farci l’abitudine dei tuoi ritardi! Hai programmato bene la sveglia?” - disse Spencer mentre beveva il suo caffè.

“E io devo farci l’abitudine dei tuoi consigli da mammina? E poi se sei così ben attento sui miei ritardi, perché non vieni tu a svegliarmi tanto sai benissimo che ore sono anche senza orologio” - risposi mentre versavo il mio cappuccino nella mia tazza.

“Io lo dico per il tuo interesse considerando che in una sola giornata ho capito che sei una persona nettamente distratta e ritardataria, eccessivamente stravagante e impulsiva!” - rispose Spencer.

“In una sola giornata? Mi deludi dottor Reid! Io in trenta secondi ho capito che sei estremamente logorroide e che pur avendo una conoscenza enciclopedica, i lacci delle scarpe non sono il tuo forte. Che ne dici, sono stata brava?” - chiesi in maniera fiera e soddisfatta.

“Però non mi è mai capitato di mettere un cappotto con l’etichetta fuori…” - rise Spencer assaporando la sua vendetta e io non riuscì a controbatterlo.

“Maledetta Shlainn questa me la paghi!” - urlai mentre tolsi l’etichetta.

“Chi è Shlainn?” - chiese curioso Spencer

Prima di rispondere, il tempismo di JJ mi salvò.

“Buongiorno Keira! Dormito bene? Abbiamo un nuovo caso: tieniti forte per un’altra avventura!” - disse JJ mentre radunava il resto della squadra in sala riunioni.

“Ehilà ragazza! Come stai? Allora come ti trovi qui?” - disse Penelope abbracciandomi.

“Ciao Penelope! Che bello rivederti! Benissimo grazie! Abbiamo un nuovo caso oggi!” - risposi.

“Già ma vedrai che te la caverai benissimo come ieri! Sei stata grandiosa. Emily mi ha raccontato tutto! Sei una forza Keira!” - rispose Penelope dandomi un colpetto sulla mia spalla.

“Grazie Penelope ma mai quanto te!” - risposi e ridemmo contemporaneamente.

“Ragazze che avete da sparlare! Non c’è gusto senza di me!” - si intromise Emily salutandomi amichevolmente.

“Ciao Emily! Non ti preoccupare non era niente di interessante! E’ ora di andare! Ciao Penelope!” - risposi mentre trascinai Emily nella sala.

“Buongiorno Martines” - disse Hotch mentre Rossi mi strinse la mano.

“Hey Keira, ti devo dare il buongiorno o la buonanotte?” - ridacchiò Derek mentre lo ricambiai con un sorriso sarcastico.

“Che caso abbiamo oggi JJ?” - chiese Hotch mentre JJ ci distribuiva i fascicoli.

“Louisville, Kentucky. Josh Barker. 24 anni. Il suo corpo è stato trovato due ore fa in un parco da un passante. Un colpo di pistola alla nuca e una pugnalata al cuore. Stesso modus operandi per Carrie Dobson, 22 anni, ritrovata vicino a un ponte a 2 km dal parco in cui è stata trovata la seconda vittima”.

“Devo consultarmi con il coroner per trovare altre informazioni, però a giudicare dalle foto sembra che la pugnalata sia stata inferta dopo il colpo alla testa; infatti la ferita al petto è ancora fresca, mentre il colpo alla nuca potrebbe risalire a parecchie ore fa” - dissi mentre notavo con attenzioni le foto.

“Queste ferite indicano rabbia e vendetta. In modo particolare la pugnalata al cuore rappresenta un motivo personale. Forse l’S.I. conosceva le sue vittime” - ipotizzò Derek.

“Ragazzi avete notato delle macchie blu sulle mani delle vittime?” - chiese Emily.

“Sembrerebbe pittura. Perché l’S.I. ha usato della pittura sulle sue vittime?” - si domandò Spencer.

“E’ quello che dobbiamo scoprire” - concluse Rossi.

“Prepariamoci che tra un’ora si parte” - disse Hotch e mentre lasciammo la sala riunioni, mi fermò “Martines ho notato le tue potenzialità, però devi essere più prudente. Non voglio pressarti!” - disse  Hotch.

“D’accordo Hotch. Le tue parole sono importanti per me e mi incoraggiano molto. Non ti deluderò” - risposi e arrossivo.

Arrivammo Louisville e ci dirigemmo alla stazione di polizia del posto.

“Agente Hotchner, salve. Detective Abby Brown. Grazie per essere venuti”.

“Dovere, detective. Questa è la mia squadra: gli agenti Rossi, Morgan, Prentiss, Jareau, il dottor Reid e la dottoressa Martines”.

“Caspita! Davvero giovane la dottoressa!” - esclamò la detective.

“Detective Brown, sono già arrivati i risultati dell’autopsia?” - chiesi.

“No, purtroppo. Però abbiamo trovato tracce di pittura sulle mani delle due vittime” - rispose

“Hotch, io vado in obitorio per analizzare le due vittime e trovare qualche indizio che ci possa aiutare con il profilo” - dissi.

“Si, Martines, Prentiss ti accompagna. Mentre Morgan e Reid andate dai familiari di Josh Barker, mentre io e Rossi andiamo da quelli di Carrie Dobson. JJ occupati della stampa e non lasciare ancora dichiarazioni fino al momento del profilo” - rispose Hotch.

“Chiamo Garcia per avere delle informazioni sulle vittime” - disse Derek mentre prese il cellulare e la chiamò.

“Sede del Genio Assoluto, cosa posso fare per voi, mio amato servitore?” - rispose Penelope.

“Ciao bambolina. Ho bisogno che scavi nel passato delle due vittime” - disse Derek.

“Certo zuccherino, mi metto subito all’opera. Qui Penelope Garcia passo e chiudo!” - rispose.

 

Mentre mi diressi verso la mia Phoenix, Emily mi chiese:“Ma mica andiamo all’obitorio in moto?”

“Certo che ci andiamo, facciamo prima! Hai paura, Emily? Non ti preoccupare ce l’ho un altro casco!” -risposi tentando di calmarla.

“Paura? Scherzi! E solo che da quando avevo la tua età che non salivo più su una moto!” - rispose ma poi superò la sua indecisione e montò sulla mia moto. “Mi raccomando non prendere nessun palo!” - disse ironicamente. “Agli ordini Emily. Tieniti forte!” - le dissi e arrivammo in obitorio.

 

“Salve sono il dottor Webb”

“Salve. Io sono l’agente Emily Prentiss e lei è la dottoressa Keira Martines”

“Seguitemi” - disse il dottor e lo seguimmo.

“Dottor Webb cosa dicono i risultati delle analisi?” - chiese Emily

“Per quanto riguarda la prima vittima, Carrie Dobson, abbiamo trovato dei lividi sulle braccia, inferte probabilmente con un bastone. Sono presenti segni di corde sui polsi e sulle dita abbiamo trovato tracce di pittura e di carboncino utilizzato per realizzare schizzi artistici. Invece su Josh Barker, non ci sono né segni né lividi e inoltre la pugnalata sul suo petto è stata inferta con meno pressione rispetto su quello della prima vittima” - spiegò il dottore.

“Ciò indica che il nostro S.I. ha avuto esitazione sulla seconda vittima, mentre nella prima ha ricevuto più soddisfazione. Le mani delle vittime sono consumate per l’uso del carboncino. L’S.I. costringe le sue vittime a disegnare o a dipingere” - risposi mentre continuavo ad analizzare.

“Quindi potrebbe essere un coetaneo delle sue vittime e frequentare un’accademia artistica” - ipotizzò Emily.

“Si, Emily. Dottor Webb sono state trovate impronte sul manico del coltello dell’S.I.?” - chiesi.

“No purtroppo. Evidentemente ha indossato dei guanti di lattice per nascondere le sue tracce” - rispose il dottore.

“Chiamo Garcia per vedere se ha scoperto qualcosa” - disse Emily.

“Dolcezza mia, mi hai letto nel pensiero. Ti stavo giusto per chiamare. Allora le nostre giovani vittime frequentano entrambi l’accademia dell’Arte di Louisville e ti dico anche il nome del loro professore: si chiama Daniel Cox. Ha scritto molti saggi riguarda l’arte contemporanea di cui ha avuto molti riconoscimenti e immagino quanti occhi invidiosi avrà intorno tra cui il nostro S.I.. Ti mando il suo indirizzo, mentre continuo a cercare. Passo e chiudo!” - rispose Penelope.

“Keira, Garcia ha confermato le nostre intuizioni. Avremo senz’altro conferme da Hotch e gli altri” - rispose Emily.

 

 

 

“Una villa molto grande e giardino ben sistemato e decorato” - notò Rossi.

“Possibile che l’S.I. si sentisse inferiore e ha voluto trarre il suo dominio uccidendola” - ipotizzò Hotch mentre bussò alla porta.

“Signora Dobson. FBI. Siamo gli agenti Hotch e Rossi. Vorremo farle qualche domanda su sua figlia Carrie” - disse Hotch.

“Prego, entrate” - rispose la signora Dobson.

“Signora Dobson, vorremo sapere cosa è successo a sua figlia prima del suo omicidio” - chiese Hotch.

“L’ultima volta che ho visto mia figlia, avevamo avuto una discussione perché non voleva frequentare più l’accademia dell’Arte e voleva lavorare come modella. Lei purtroppo aveva questo difetto di considerare ogni cosa in modo superficiale, amava le cose belle. Era molto vanitosa” - disse la signora Dobson.

“Signora, sua figlia aveva avuto problemi con qualcuno, che magari non riusciva a sopportare il suo atteggiamento” - chiese Rossi.

“Non lo so, agente. Mia figlia non mi raccontava molto della sua vita privata, però mi ricordo che una volta discuteva al telefono con il suo professore, che le aveva proposto uno stage in una galleria d’arte ma Carrie non era d’accordo e la assillava finché non accettasse”.

“Saprebbe dire il nome di questo professore?” - esclamò Rossi

“Si. Stava scritto nella rubrica di Carrie: professore Daniel Cox” - rispose la signora Dobson.

“Grazie mille per aver collaborato, signora Dobson” - disse Hotch

“Spero di essere stata utile per le indagini” - rispose la signora mentre accompagnava Rossi e Hotch.

“David, credi che questo professore Cox punisca i suoi allievi per la loro negligenza e superficialità?” - chiese Rossi

“Potrebbe essere ma c’è qualcosa che ci sfugge. Il motivo per cui sono state uccisi questi due ragazzi è qualcosa di molto più profondo. Il fattore stress è la vendetta ma per qualcos’altro” - disse Rossi.

“Chiamo Morgan per sapere cosa hanno detto i familiari della seconda vittima” - disse Hotch mentre fece il numero - “Morgan ci sono novità?”.

“Hotch, io e Reid abbiamo parlato con la sorella di Josh Barker e ci ha detto che suo fratello frequenta un’accademia artistica qui a Louisville, però era molto svogliato: infatti saltava sempre le lezioni oppure non si applicava con i disegni artistici e insultava sempre il suo professore di corso” - disse Derek

“Si chiama Daniel Cox il suo professore?” - chiese Hotch.

“Esatto” - rispose Derek.

“Morgan ci vediamo alla stazione di polizia” - disse Hotch.

“Chiamo Prentiss e Martines così ci raggiungono anche loro” - disse Rossi - “Prentiss abbiamo un sospettato tu e Martines raggiungeteci alla stazione di polizia”.

“E’ Daniel Cox, Rossi” - disse Emily

“Esatto. Avete scoperto qualcosa?” - chiese Rossi.

“Si, Garcia ci ha detto che entrambe le vittime sono studenti in un’accademia dell’Arte e il loro professore è proprio Daniel Cox e dai suoi saggi sembra che ci tenesse molto alla sua materia. Inoltre Keira, dall’analisi dei due corpi, ha notato che sulle mani delle due vittime ci sono segni di carboncino e pittura. Il nostro S.I. le costringe a disegnare. Ti raggiungiamo subito, Rossi” - disse Emily e riattaccò.

 

“Keira, Rossi ci vuole tutti alla stazione di polizia. Credo che il presunto S.I. sia questo Daniel Cox” - disse Emily.

“D’accordo Emily. Che aspettiamo, andiamo” - dissi e uscimmo dall’obitorio. Emily questa volta non era più terrorizzata dall’idea di salire sulla mia moto.

“Emily ti sei calmata adesso!” - le dissi sorridendola.

“Hai visto che non ho paura, ci vuole ben altro per spaventarmi! Dimmi una cosa Keira: cosa ti ha spinto a fare tutto questo?” - mi chiese.

“Beh Emily, sinceramente non lo so ancora. Credo che tutto quello che sto facendo, la mia stessa vita, non sia costruita solamente dall’ambizione, ma anche dalla ricerca di me stessa. Era stato mio padre a farmelo capire” - dissi.

“Ti ammiro molto Keira. Il nostro mestiere, non solo ci porta via il tempo, ma anche noi stessi. Però, nonostante la sofferenza, l’odio e l’orrore che vedo negli uomini, il solo pensiero che ho salvato una vita umana mi dà uno scopo e costruisco pezzo per pezzo me stessa” - rispose Emily.

“Oh Emily. Le tue parole le ricorderò per sempre, come ricorderò la fiducia che mi hai dato nel mio primo caso” - dissi.

“Ne sono onorata, mia cara. Adesso smettiamo di naufragare nei nostri pensieri e raggiungiamo gli altri se no ci daranno per disperse!” - esclamò Emily e raggiungemmo i nostri colleghi.

 

 

“Prentiss, cosa ti è successo?” - chiese Hotch.

“Sto bene, Hotch. Credo che Keira abbia premuto troppo l’acceleratore!” - disse Emily un po’ intontita.

“La nostra dottoressa fa anche le guide spericolate!” - scherzò Derek

“La prossima volta sarai tu il prossimo e in quel momento mi farò delle grosse risate” - esclamai.

“Allora abbiamo un sospettato, Daniel Cox e dobbiamo assolutamente interrogarlo” - disse Hotch.

“Garcia ci ha dato l’indirizzo” - risposi.

All’improvviso arrivò JJ insieme alla detective Brown.

“Ragazzi. Brutte notizie. E’ stato trovato un altro cadavere vicino a una discarica. Stesso modus operandi”

“Dannazione. Martines, tu e Reid andate insieme alla detective Brown alla discarica, mentre Morgan, Rossi e Prentiss venite con me. JJ puoi trattenere ancora un po’ la stampa dopo aver interrogato il sospettato?” - chiese Hotch.

“Non sarà facile, ma ce la metterò tutta” - rispose JJ.

 

“Professore Daniel Cox?” - chiese Derek.

“Si, sono io e voi chi siete?” - domandò l’uomo.

“FBI. Ci deve seguire alla stazione di polizia, le dobbiamo fare delle domande riguardo agli omicidi di Carrie Dobson e Josh Barker” - disse Hotch.

“Ma non c’entro niente, lo giuro. Non li ho uccisi”- rispose terrorizzato Cox.

“Questo lo stabiliremo noi, ora deve venire con noi!” - rispose deciso Derek mentre Rossi notò con attenzione i quadri di Cox.

“Cosa c’è Rossi?” - domandò Emily.

“Il luogo dove sono ambientati questi quadri. Il primo è in un parco, il secondo vicino a un ponte e il terzo in una discarica. Gli omicidi sono una proiezione reale di questi quadri, ma il mio dubbio è il movente: la vendetta cosa centra? - chiese Rossi.

“Voleva dimostrare il valore dell’arte e punire chi la disprezza” - rispose Emily.

“Non mi convince” - disse Rossi mentre pensava.

 

“Agente chi è la vittima?” - chiese la detective Brown

“Si chiama Nick Dixon. 23 anni” - rispose l’agente

“Keira, guarda la mano della vittima: c’è qualcosa che stringe. Sembrerebbe un foglietto di carta” - disse Spencer

“E’ vero. Aspetta cerco di prenderlo. E’ un messaggio: E’ la resa dei conti, Daniel. Che vuol dire?” - risposi mentre squillava il mio palmare. Era Penelope.

“Keira, grosse novità! Ho trovato un articolo di giornale che dice che il professore Cox ebbe una relazione con una sua studentessa, Melanie Shelley, durò per due anni ma poi Cox la lasciò perché si sentiva in colpa di portare avanti questa relazione; infatti la sospese dal suo corso, nonostante fosse una delle sue allieve migliori, per allontanarla e lei non la prese bene”.

“Penelope al mio ritorno, ti farò una scultura!” - dissi e riattaccai - “Spencer, Penelope ha scoperto il mittente del messaggio che abbiamo trovato! A cosa stai pensando?”

“Stavo pensando al profilo geografico: i luoghi dove sono stati trovati i cadaveri sono un parco, una discarica e un ponte. Il killer non deve essere lontano da questi tre luoghi altrimenti avrebbe impiegato più tempo oppure sarebbe stato visto da un testimone. Detective Brown qual è l’edificio più vicino ai luoghi dove sono stati trovati le vittime?” - chiese Spencer.

“L’accademia!” - disse la detective

“Allora Melanie Shelley si trova ancora nell’accademia. Gli omicidi sono soltanto un messaggio: il suo obiettivo è Cox” - dissi scioccata.

“Chiamo Morgan!” - disse Spencer mentre prese il suo cellulare.

“Reid, che avete trovato?” - chiese Derek.

“Morgan, Garcia ha trovato un articolo sul professore Cox: ebbe una relazione con una sua studentessa, Melanie Shelley, ma decise di lasciarla per eventuali scandali. Io e Keira abbiamo trovato un messaggio sulla mano della terza vittima: il suo obiettivo è Cox. Analizzando il profilo geografico, lei potrebbe essere ancora nell’accademia” - spiegò Spencer.

“Quindi Melanie Shelley è l’S.I.. Reid, tu e Keira raggiungeteci insieme ai rinforzi” - rispose Derek e riattaccò.

“Professore Cox, cosa può dirmi di Melanie Shelley?” - chiese Derek.

“Oh! Melanie era stata una delle mie studentesse più brillanti. Lei sapeva apprezzare il valore dell’arte e questa sua ossessione non fu di certa condivisa dai suoi compagni e per questo la deridevano. Si fidava solo di me e decidemmo di stare insieme. Ma mi resi conto che stavo facendo un grande sbaglio e potevo solo farle del male. Lei poteva avere un futuro radioso per il suo talento e doveva solo badare a questo e non a me. Quando la lasciai, decisi di sospenderla dai miei corsi per non farla soffrire, ma lei non lo accettò mai. E’ solo colpa mia se è successo tutto questo. Ho fallito sia come professore che come uomo. Sono responsabile io della morte dei miei studenti” - rispose il professore in lacrime.

“Professore Cox, non deve sentirsi in colpa. Lei ha scelto di fare la cosa giusta anche se era consapevole delle tragiche conseguenze” - lo consolò Emily.

“Era questo il dubbio che mi tormentava. Lei vuole vendicarsi dei soprusi e nello stesso tempo rivivere i suoi ricordi che le davano un senso alla sua vita” - concluse Rossi.

“Professore Cox, siamo convinti che lei sia ancora dentro l’accademia. Secondo lei dove potrebbe essere?” - chiese Derek.

“Credo che sia nell’aula di disegno. Era il nostro rifugio. Seguitemi” - rispose Cox.

“Morgan, tu ed Emily coprite il professore Cox mentre io e Rossi controlliamo il resto dell’edificio aspettando i rinforzi” - ordinò Hotch.

Giunti nell’aula di disegno, Emily trovò alcuni dipinti.

“Morgan, questi credo che siano i quadri che le vittime erano costretti a fare. Ci sono anche tracce di sangue che probabilmente appartengono alle vittime” - esclamò Emily.

“Vanità, odio, vendetta, rancore, indifferenza. Questi sentimenti suggeriscono questi quadri. Teniamo gli occhi aperti. Lei è qui!” - disse Morgan mentre copriva il professore Cox. All’improvviso si sentì un rumore. Un pennello a terra. La distrazione di Morgan e Daniel Cox fu fatale. Melanie aveva preso Emily come ostaggio.

“Ciao Daniel!” - disse Melanie mentre teneva in pugno Emily con il coltello.

“Melanie. Ascoltami. Lasciala lei non centra niente. Sono io quello che ti interessa” - rispose Cox.

“Perché ti preoccupi per questa? Non pensi a me? Io ti amavo Daniel e ti amo ancora. Perché mi hai allontanata? Ero meno importante dei tuoi studenti? Cosa avevano più di me se non ti ascoltavano nemmeno?” - urlò Melanie.

“Ho sbagliato. Io ti ho lasciato perché ti volevo proteggere. Non ero alla tua altezza e sapevo che, se stavi con me, non potevi realizzare le tue aspirazioni e me ne sarei pentito. Ora ti prego lascia l’agente, ti aiuterò te lo prometto. Non scapperò più via!” - rispose Cox.

“Melanie, ti sei sentita sempre da parte. La gente non ti capiva tranne il professore. Metti fine a questo incubo, per iniziare una nuova vita” - disse Derek cercando di farla ragionare.

Melanie si sentì smarrita ma, vedere il suo Daniel di fronte a lei, la rendeva felice e decise di lasciare andare Emily.

“Perdonami Daniel!” - dopo aver pronunciato quelle parole, Melanie prese il coltello e decise di tagliarsi le vene.

“No, Melanie!” - urlò Cox mentre corse da lei.

“Morgan, corri da Hotch e chiama un’ambulanza!” - disse Emily.

“Tu stai bene, Prentiss?” - chiese Derek preoccupato.

“Si sto bene. Non pensare a me adesso corri!” - disse con insistenza Emily e Derek fece come lei disse.

 

“Hotch abbiamo chiamato i rinforzi e stanno per raggiungerci. Dove sono Emily e Derek?” - chiesi.

“Sono dentro insieme al professore Cox per trovare Melanie Shelley” - rispose Hotch.

Poi Derek riuscì a raggiungere Hotch e, nonostante l’affanno, riuscì a parlare.

“Hotch, abbiamo trovato Melanie Shelley ma si è tagliata le vene e ha un’emorragia. Bisogna chiamare un’ambulanza. Prentiss sta con loro” - disse Derek.

“Se aspettiamo l’ambulanza, non credo che se la caverà” - esclamò Rossi.

Ed ero assolutamente d’accordo con l’agente Rossi. Lei potrebbe morire dissanguata. Allora decisi di andare lì di corsa.

“Keira dove stai andando? Aspettami” - esclamò Spencer.

Raggiunsi Emily e vidi il volto del professore disperato.

“Emily come sta lei?” - chiesi.

“Ha perso molto sangue, Keira, però è ancora cosciente” - rispose Emily.

“Professore Cox, ora mi ascolti. Distenda Melanie e cerchi di mantenerle i polsi” - dissi e così fece.

“Spencer vieni qui!” - lo chiamai e lui ,sorpreso, si avvicinò.

“C..che ti serve, Keira?” - mentre cercava di parlarmi, presi velocemente la sua cravatta per tamponare l’emorragia. “Professore ho bisogno anche della sua cravatta per tamponare l’altra” - dissi.

“Si, subito” - rispose Cox e si tolse la sua cravatta e me la diede per tamponare l’altra ferita.

“Emily, adesso tu e Spencer dovete stringere le due cravatte per fermare l’emorragia” - esclamai.

“Vi prego lasciatemi morire!” - sussurrò Melanie.

“Non ti lascerò, Melanie. Tu devi vivere. Ti aiuterò!” - urlò Cox disperato.

Nel frattempo, Derek ci raggiunse con i soccorritori che portarono subito via Melanie. Il professore, prima di accompagnarla non esitò a ringraziarci. Prima che uscimmo fuori, trovai un disegno, che si era sporcato del sangue di Melanie.

“Che rappresenta secondo voi?” - chiesi e lo mostrai a Emily e Spencer.

“Beh sono due ombre che cercano di incontrarsi, probabilmente rappresenterebbero lei e il professore Cox. Lo sapevate che il celebre pittore espressionista Munch diceva che “l’arte di nutre del sangue dell’artista” ? Frase tipicamente esistenzialista in quanto…”

“Oh, Reid, risparmiaci la lezione di storia dell’arte!” - esclamò Emily e io l’appoggiai.

 

Una volta fuori, mentre Hotch, Rossi e Derek si avvicinarono ad Emily per controllare come stesse, lo sguardo di Spencer rimase fisso verso di me.

“Che ti prende? Sei arrabbiato per la cravatta? Guarda te la posso ripagare senza problemi!” - esclamai.

“Grazie mille se mi consideri così ossessivo con le mie cose! Comunque il tuo gesto mi ha riportato alla mente un caso che avevamo un paio di anni fa a Washington. C’era un ragazzo di nome Nathan che aveva dei problemi psichici: riusciva a raggiungere il suo piacere immaginando di uccidere le prostitute. Era frustato per questo suo disturbo e cercò una speranza in me. Una sera ricevetti una chiamata da una sconosciuta e mi riferì che Nathan si era tagliato le vene per porre fine alla sua vita. Quando lo soccorsi, lui mi ripeteva più volte di lasciarlo morire, ma non badai alle sue parole e scelsi di salvarlo” - raccontò Spencer senza togliermi gli occhi di dosso.

“Finalmente ti ho dato una buona impressione, vero dottor Reid?” - risposi mentre gli diedi un colpetto sulla sua fronte. Spencer questa volta non riuscì a rispondere. Perché riesci sempre a sorprendermi? - si chiedeva ripetutamente.

Poi si avvicinò JJ verso di me.

“Keira, ho appena parlato con i paramedici, hanno detto che se non fossi intervenuta, Melanie Shelley non ce l’avrebbe mai fatta. Il professore ti ringrazia dal profondo del suo cuore. Ci tenevo tanto a riferirtelo per tua soddisfazione personale!”

“Grazie, JJ. Ho apprezzato tantissimo il tuo gesto; ciò mi dà una ragione per continuare il mio mestiere. Anche tu sei stata fantastica con la tua azione diplomatica e non hai permesso alla stampa di divulgare panico!” - risposi.

“Grazie, Keira. Nessuno potrà sfuggire al potere di “Super JJ”!” - ridemmo entrambe.

Poi venne Hotch ad avvertirci che il jet era pronto ma non esitò a congratularsi con la squadra per l’ottimo operato.

“Agente Hotchner, grazie mille per la vostra collaborazione!” - disse la detective Brown stringendo la mano ad Hotch.

“Grazie a lei, detective Brown!” - rispose Hotch.

E così salimmo tutti sul jet.

 

“Morgan tu che hai?” - chiese JJ.

“Un bel niente. Tu JJ?” - rispose seccato Derek.

“Idem. Tu Hotch?”

“Assolutamente niente!” - rispose Hotch.

“JJ ti prego non chiederlo al genio perché mi deprimo!” - esclamò Derek.

“Non c’è bisogno di chiedere, basta che guardi, Morgan! Coppia di assi!” - disse Spencer allegramente.

“Dannazione, come ho fatto a batterti quella volta, Spence?” - esclamò JJ affranta.

“Ti ho offerto la possibilità di battermi!” - rispose Spencer.

“Si certo, come no!” - rispose JJ.

“Ma non è possibile che devi sempre vincere! Sai Reid, dovresti sfruttare questo con le donne!” - disse Derek ridendo.

“Lui è già sulla buona strada dato che è nato a Las Vegas!” - rispose Hotch, mostrando uno dei suoi rari sorrisi.

“Sembrate dei vecchietti quando giocate a carte!” - esclamò Emily, mentre si avvicinò verso di me - “Hey Keira, cosa stai scrivendo?” - chiese curiosa.

“Sto scrivendo qualche appunto sul caso di oggi per le mie ricerche. Purtroppo niente gossip!” - scherzai.

“Io credo proprio di andare a sdraiarmi cercando di riposarmi; chiamatemi appena che siamo arrivati a Quantico. E non fate troppa confusione!” - minacciò Emily mentre si appoggiò sullo schienale della poltroncina del jet e si rilassò.

Per un attimo smisi di scrivere e rimasi smarrita tra i miei pensieri. Rossi lo notò.

“Hai fatto un ottimo lavoro oggi. Però questo non è sufficiente a dimenticare quello che stai pensando adesso”.

“Non le si può nascondere nulla, vero agente Rossi?” - risposi.

“Rossi, Martines. Così mi fai invecchiare ancora di più!” - rise Rossi.

“Hai ragione, perdonami. Ho chiamato poi mia madre ma c’era la segreteria. L’ultima volta che l’ho vista abbiamo litigato perché non voleva che io partissi. E ora mi sento in colpa. Sento, nonostante tutto, la sua mancanza!” - dissi mentre posavo i miei appunti.

“Sono convinto che tua madre se fosse riuscita nel suo intento, si sarebbe pentita. Purtroppo ha dovuto fare i conti con le successive conseguenze e non voleva lasciarti. Ma tu non devi abbandonare la tua strada: è la cosa più preziosa che tu possa avere. E lei lo sa benissimo.” - rispose Rossi mentre rimasi rapita dalle sue parole così intense e paterne.

“Sono debitrice delle tue parole, Rossi. Sai, ho avuto l’impressione che mio padre fosse proprio di fronte a me!” - risposi facendo trapelare un po’ di commozione.

“Non avere paura dei tuoi sbagli perché non lo deluderai mai!” - rispose Rossi mentre il jet arrivò a destinazione.

 

“Ragazzi! Abbiamo bisogno di rilassarci con una bella serata. Cosa proponete?” - chiese Derek.

“Colleghi purtroppo devo ritornare a casa. Mi dispiace” - risposi.

“No, Keira! Tu sei l’attrazione principale non puoi appenderci!” - insistette Derek.

“Il divertimento lo avrai la prossima volta, caro Derek!” - risposi mentre salii sulla Phoenix e partii.

“Bentornati miei prodi!” - disse Penelope.

“Ciao, bambolina! Hai qualche idea che possa rendere felice il tuo cavaliere?” - chiese Morgan con un sottile sorriso.

“Zuccherino, ricordati che, anche se sono divina, il mio cuore ha sempre dei limiti per certe proposte!” - rispose Penelope. All’improvviso le tornò in mente le parole di Keira sul locale dove lei alloggiava ed era anche vicino.

Perdonami Keira se sto per tradire la tua fiducia.

“Ragazzi ho saputo di un locale, il “Nirvana” che si trova a Dale City. Potremmo andarci stasera se non avete idee. E’ abbastanza vicino da Quantico ci impiegheremo un paio di ore. Che ne dite?”

“Brava, bambolina! Così ti voglio. Allora è deciso. Ci vediamo stasera tutti lì! Siete d’accordo?” - disse Derek.

“Contaci, Morgan! La stanchezza mi è appena passata!” - rispose pimpante Emily.

“Will ha la serata libera stasera e può occuparsi del piccolo Henry. Quindi contate su di me!” - rispose JJ.

“Hotch tu vieni giusto?” - chiese Derek.

“Beh una serata così mi mancava da un bel po’. David tu vieni con noi?” - chiese Hotch.

“Si, Aaron. Un buon drink è proprio quello che avrei bisogno!” - acconsentì Rossi.

“Ragazzi io credo che…”

“Zitto, ragazzino! Tu vieni e basta! Devi vivere! Hai bisogno di imparare un po’ di cose dal tuo maestro!” - esclamò Derek lasciando senza parole il povero Spencer e lo aveva convinto.

“Bene! Allora ci vediamo al Nirvana alle 9:00pm” - disse Penelope.

 

 

 

“Shlainn sono tornata”- ma mi resi conto che non era ancora tornata. Poi notai qualcosa sulla mia valigia. Una lettera per me. Quando riuscì a dominare la mia agitazione, cominciai a leggerla.

 

“Ciao Keira,

non ho molto talento con le lettere, però spero che con queste semplici parole, riesco a dirti ciò che desidero. Perdonami se ho cercato o cercherò di ostacolare i tuoi sogni. Ormai sei diventata una donna, anche se per me sarai per sempre la mia piccola Keira. Non posso distruggere una parte di te stessa per la paura di perderti. Tu, Massimiliano, Fabio e Clelia avete costruito la mia felicità e devo ringraziare soltanto un uomo: tuo padre. Non avere mai paura di quello che fai o quello che scegli, sarò sempre orgogliosa di te e ti veglierò silenziosa dietro le tue spalle. Perdonami per la lacrima che ha bagnato questa lettera, ma non riesco a nascondere la gioia che mi stai dando e pensare al bene che ti voglio. E’ il momento di percorrere la tua strada verso il tuo mondo”.

 

Ti voglio bene.

Mamma

 

P.S. Mi raccomando non esagerare troppo con la tua vivacità e non farci fare brutte figure! Ah, i tuoi fratelli ci tenevano tanto che io scrivessi i loro pensieri!

Da Maxy: “Sorellina ti verremo a trovare presto, nel frattempo non fare la solita sbadata e pensa anche a noi ogni tanto, soprattutto il tuo fratellone!”.

Da Clelia: “Keiraa, voglio un resoconto dettagliato sugli agenti dell’FBI: sono belli come nei telefilm?

Da Fabio: “Key, ogni tanto, strimpella la chitarra: non ti voglio arrugginita!”

Le lacrime cominciarono a scendere rapidamente. Lacrime di felicità. Rossi aveva ragione. Il mio senso di colpa era svanito lasciando posto a una grande forza d’entusiasmo che mi dà la forza di ritrovare me stessa e costruire il mio futuro.

 

Poi sentì Shlainn entrare nell’appartamento. E subito corse nella mia stanza.

“Keiraaaa!!! Allora, sputa il rospo! Raccontami tutto!” - chiese Shlainn impaziente.

“Se non mi soffochi, riuscirò a dirti qualcosa!” - risposi mentre Shlainn smise di stritolarmi. “Abbiamo risolto brillantemente il caso. Toccante la storia dell’S.I., una giovane studentessa, per riavere l’affetto e l’amore provati dal suo amato professore, uccide tre suoi colleghi, che sono stati puniti per la loro superficialità e per il loro egoismo. Poi quando siamo tornati a Quantico, il mio collega, Derek Morgan, voleva che passassimo tutti insieme, compresa anche io, una serata insieme…”

“E tu naturalmente hai accettato giusto?” - rispose decisa Shlainn.

“No, Shlainn. Ho rifiutato. Non mi sento ancora pronta per condividere con i miei colleghi la mia vita privata!” - risposi.

“Ma sei idiota! Perché hai rifiutato? Potevi conoscere meglio il dottor Spencer Reid! Meriteresti soltanto tanti schiaffi!” - rispose Shlainn irata.

“Non ricominciare, Shlainn! Anche se pregassi che venissero da noi, saresti senza speranza. Penelope non mi tradirà!” - disse con tono fiero.

“Penelopeee, anche se non ti conosco, tradisci questa stupida di Keira!” - urlò Shlainn e io risi, sapendo che stava soltanto sprecando fiato.

“Shlainn, ora ci dobbiamo preparare per stasera. Dobbiamo aiutare Bruce con il locale! E poi dobbiamo decidere che vogliamo suonare stasera” - dissi.

“Mia cara Keira! Me ne occupo tutto io! Questa serata deve essere perfetta. Ora dobbiamo pensare al tuo look e da me non scapperai!” - minacciò Shlainn. Io non potevo fare altro che dirle di si e andammo a prepararci per la serata.

 

Ore 9:00 PM.

Tutti arrivarono puntuali fuori al locale. Emily aveva un vestito nero merlettato con le bretelle grigie; capelli mossi e il suo volto truccato era incorniciato dalla sua perfetta frangetta. JJ un tailleur grigio argento abbinato con un top di seta nero; i meravigliosi capelli biondi raccolti con un nastrino nero. Penelope aveva un meraviglioso vestito color verde acqua con alcune righe nere; aveva le ciocche abbinate con il suo abito. Hotch, giacca nera, camicia bianca un po’ sbottonata all’altezza del collo e pantaloni neri. Lo stesso anche per Rossi, però con cravatta. Derek, jeans scuri, t-shirt molto aderente nera e giubbotto di pelle sempre nero. Spencer, camicia blu con maglione grigio a mezze maniche, pantaloni di colore grigio molto scuro, stesso colore anche la giacca.

“Ragazzi è il momento di entrare! Diamoci da fare!” - spronò Penelope e Derek non vedeva l’ora di mostrare i suoi sensuali balli.

“Non ti agitare troppo tigre!” - rise Emily.

“Dolcezza, non posso deludere il mio pubblico!” - rispose Derek e tutti entrarono.

Era davvero grande il locale. La pista da ballo si era riempita subito. Rossi si avvicinò presso il bancone per prenotare un tavolo. Bruce lasciò tutto per ascoltare il nuovo cliente.

“Desidera?” - chiese gentilmente Bruce.

“Buonasera, vogliamo prenotare un tavolo; c’è ne qualcuno ancora disponibile?” - chiese Rossi.

“Certo. Mi dica il suo nome!”-chiese Bruce.

“David Rossi!”. Quando sentì il suo nome, Bruce si sentì smarrito. Se questa persona è l’agente Rossi, l’intero gruppo sarà la sua squadra. I colleghi di Keira!! Devo avvertirla!

“Si sente bene?” - chiese perplesso Rossi.

Non posso fare brutte figure altrimenti potrei compromettere il lavoro di Keira. Stai calmo, Bruce!  “Certo, non si preoccupi. Prego, seguitemi!” - rispose e accompagnò il gruppo presso il loro tavolo.

“Chiamatemi quando avete deciso cosa volete ordinare!” - disse Bruce e scappò subito.

“Però che tipo strano! Fai questo effetto con le persone, David?” - scherzò Hotch.

“Devo iniziarmi a preoccupare. Forse i miei libri hanno traumatizzato troppo. Devo cambiare genere!” - rise Rossi.

“Oh, bersaglio interessate a ore 12! Reid, segui il maestro!” - esclamò Derek tirando Spencer.

“Morgan, ti prego! Quando eravamo ad Atlanta e tu mi portasti in quella discoteca per trovare l’S.I., le ragazze credevano che fossi io!” - rispose Reid facendo resistenza.

“Ma è logico! Così ci si veste per una serata? Devi essere più sciolto ragazzino!” - esclamò Derek.

“Morgan ha ragione, Reid! Quando andrò a fare shopping, ti porto con me così ti darò una dritta!” - disse Emily.

“Verrò anche io, Spence!” - disse JJ ridacchiando.

“Mio bel genio, con il potere del trio, diventerai davvero un uomo e Morgan dovrà iniziare a tremare!” - esclamò Garcia.

“Bambolina, io non temo la concorrenza! E adesso te ne darò la prova!” - rispose fiero Derek mentre si avvicinava a un gruppetto di ragazze e iniziò a ballare.

 

Nel frattempo, Bruce, appena che vide Shlainn, la raggiunse subito.

“Shlainn dov’è Keira?” - chiese preoccupato.

“Si sta preparando. Tra cinque minuti suoniamo cosa è successo, Bruce?” - chiese Shlainn

“Un guaio grosso. Sono venuti gli agenti della BAU. I colleghi di Keira!!” - rispose Bruce.

“E tu lo chiami guaio? Che bella notizia che mi hai dato Bruce! La nostra Keira avrà una bella sorpresina!” - esclamò Shlainn soddisfatta - “Bruce non dire niente a Keira! Nel frattempo intrattienili, fino a quando noi saliamo sul palco. Intesi?”

“D’accordo, pazza! Keira ha bisogno di aprirsi con quei tizi e conoscerla anche sotto questo aspetto. E poi avevo voglia di divertirmi stasera. Corro da loro! Mi raccomando, dateci dentro!” - disse Bruce.

“Contaci, mio caro!” - rispose Shlainn.

 

“Keira, ci siamo! Sei pronta ad entrare?” - chiese Shlainn entusiasta.

“Si, stavo provando la mia chitarra e le parole della canzone! Come mai sei così pimpante?” - chiesi curiosa.

“Beh…ecco…sai…è una così bella serata! E poi sono così emozionata dall’idea di cantare e suonare in questo locale per la prima volta!” - rispose Shlainn cercando di nascondere la sorpresa.

“Tu mi stai nascondendo qualcosa, non è vero?” - chiesi mentre la fissai negli occhi.

“Chi? Io? Cara, non sono proprio il tipo! Dai, ora è il momento di andare! Le chiacchiere a dopo!” - cambiò argomento Shlainn e mi trascinò verso il palco!”.

 

“Signor Rossi, vi ho portato da bere per voi e per i suoi colleghi! Ve lo offre la casa! Quindi accomodatevi pure!” - disse Bruce mentre porgeva il vassoio sul tavolo.

“Troppo gentile! Non doveva!” - rispose Rossi.

“La ringraziamo dal profondo del nostro cuore!” - disse Penelope.

“Figuratevi, è stato un piacere! E poi ho sentito parlare di voi da una certa persona…” - interruppe il suo discorso e ritornò al suo bancone.

“Che ha voluto dire quel tizio?” - chiese perplessa Emily.

“Non lo so!- rispose JJ.

“C’è qualcosa che ci sfugge!” - esclamò Hotch pensieroso.

“E poi, statisticamente parlando, la probabilità che un proprietario di un locale offra da bere a dei clienti nuovi è pari a zero. O a meno che fa da tramite a qualcuno che noi conosciamo!” - ipotizzò Spencer.

“Dai, ragazzi, troppo dubbi e domande! E poi noi non siamo delle semplici persone. Siamo agenti ed è normale che ci conosca tramite altri suoi clienti!” - sdrammatizzò la situazione Penelope.

“Bambolina, devi dirci qualcosa? Come mai hai preso tu l’iniziativa di venire in questo locale?” - chiese Derek sfoderando un sottile sorriso.

“Nooo, ma come ti viene! E poi…cioè io…come posso dire…” - mentre tutti gli altri fissarono Penelope, si udì la voce di Shlainn.

“Buonasera, gente! Siete pronti per qualcosa di stravolgente? Reggetevi forte!” - appena che Shlainn finì la sua presentazione, salii sul palco e sistemai il microfono.

“Stasera vi canteremo Something Happened On The Way To Heaven di Phil Collins!” - urlò Shlainn e iniziammo a suonarla.

 

We had a life, we had a love,
But you don't know what you've got 'til you lose it….

 

“Dai Penelope dicci qualcosa, almeno a me, alla tua JJ!” - insistette ma Penelope non trovava le parole.

“Che bella questa canzone!” - esclamò Emily.

“E’ una canzone di Phil Collins!” - rispose Hotch mentre la ascoltava.

Ad un tratto lo sguardo di Spencer si perse nel vuoto. Si alzò dalla sedia. Qualcosa lo aveva sconvolto. “Keira!” - disse.

“Eh? Che dici, Reid! Lei non è qui! Per caso hai le visioni?” - rispose Derek divertito.

“Morgan credo che Reid abbia ragione. E’ proprio Martines!” - rispose Hotch.

“Oddio che voce sublime ha quella ragazza! Suona quella chitarra divinamente!” - disse Penelope e i suoi occhi brillavano per la commozione.

“Ah, ecco! Era questo il tuo segreto, Garcia! Però se devo essere sincero, la nostra cara dottoressa se la cava benissimo e poi è irriconoscibile con quel suo look da rock-and-roll!” - esclamò Derek.

 

Ad un tratto smisi di cantare non appena che vidi Spencer. Perché sei qui? Penelope perché mi hai tradito!

Shlainn si fermò anche lei. “Keira, cosa fai? Dai canta!”

“Shlainn ci sono loro. I miei colleghi! C’è anche Spencer Reid!” - dissi e non riuscivo a controllare le mie emozioni.

“Canta per loro, Keira! Canta per lui!” - mi incoraggiò Shlainn.

 

“Forza Keira! Non ti fermare, canta, ragazza mia!” - urlò Penelope avvicinandosi al palco.

“Penelope ha ragione! Dai Keira!” - incitò Emily insieme a JJ.

“Martines, se non canti, ti sospendo!” - esclamò Hotch mentre Rossi batteva le mani.

“Vai Keira, fai divertire il tuo collega Derek. Voglio sentire strimpellare la tua chitarra!” - urlò Derek.

 

“Hai visto, stupida! Ti apprezzano per quello che sei. Non ti devi vergognare! Sii sempre te stessa! Non deluderli.” - disse Shlainn. Ero commossa da tanto incitamento. Soprattutto da parte dei miei colleghi. Della mia squadra. Poi spostai di nuovo il mio sguardo su Spencer. Il suo stupore si trasformò in serenità. Il suo sorriso, i suoi occhi, mi rendevano felice.

 

Nonostante tutto, sono felice che tu sia qui. Naufragando nel tuo sguardo, riuscirò a ritrovare finalmente me stessa?

 

“Shlainn, riattacca!” - urlai e con grande gioia ripresi a cantare, contemplando il sorriso di Spencer

 

You can run and you can hide

But I’m not leaving less you come with me

We’ve had our problems but I’m on your side

You’re all I need, please believe in me…

 

“Spence, come mai quegli occhi da cucciolo?” - scherzò JJ.

“Simpatica,JJ! Le luci mi fanno brillare gli occhi!” - rispose Spencer agitato.

“La prossima volta, trova una scusa più convincente!” - rispose JJ mentre sorseggiava il suo drink con Penelope.

 

Ascoltare la tua voce mi da un senso di pace. Forse riuscirò a trovare veramente me stesso, dato che sei caduta così improvvisamente nei miei pensieri?

 

I only wanted someone to love

But something happened on the way to heaven

It got a hold of me and wouldn’t let go

And I want you back

How many times do I have to say I’m sorry…

 

“Mia divina Garcia, balliamo?” - chiese Derek.

“Certo, zuccherino. Però non te ne approfittare di me. Potrai farlo solo se starò tra le braccia di Morfeo!” - rispose Penelope e ballò con il suo compagno di giochi.

 

“Hey, Spence! Tu vieni con me! Hai bisogno di un paio di lezioni di ballo!” - disse JJ trascinandolo e lui non poté rifiutare.

“Siamo rimasti in tre. Che ne dite vogliamo farci un altro giro?” - propose Emily.

“Fatevelo voi due, vorrei andare a ringraziare il proprietario!” - disse Rossi mentre si alzò dal tavolo.

“Hotch, brindiamo al nostro secondo giro!” - esclamò Emily.

“Sei sicura, Prentiss? Credo che abbia perso il conto!” - scherzò Hotch.

“Alla salute!” - dissero insieme e si godettero il loro drink.

 

Tutti si lasciarono trasportare dalla spensieratezza, evadendo per un attimo dalla dura realtà e varcando i confini della felicità.

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Capitolo 3
*** Chapter 3 - L'angoscia di JJ ***


Capitolo 3

 

Spesso la saggezza è più vicina quando ci chiniamo che quando c'innalziamo in volo”

                                                                                                    W.Wordsworth

 

“Grazie a tutti voi e vi auguriamo una speciale serata!” – esclamò Shlainn al pubblico e quando andammo dietro le quinte, non ebbi esitazione di fermarla bruscamente per avere delle spiegazioni per ciò che era accaduto pochi minuti fa.

“Tu! O tu hai dei poteri soprannaturali o hai minacciato Penelope affinché rivelasse il mio segreto. Che ci fanno loro qui?”

“Ho un’idea, mia cara. Perché non andiamo a chiederlo di persona?” – rispose spudoratamente Shlainn mentre sistema le chitarre e si sistemava i capelli.

“Cooosa? Noo non ci penso proprio. Io ora salgo nel nostro appartamento e ci rimango per una settimana!” – esclamai.

“Basta con le paranoie Keira! Ti avevo avvertito che sarebbe stata una serata speciale. Ora tu taci e vieni insieme a me. Per caso vorresti negare che non ti sia piaciuto?” – chiese e questa domanda mi aveva completamente spiazzata.

“Beh…non saprei dire…forse…probabile…o è stata una cattiva idea…”

“I tuoi occhi non mentono. Si vede lontano da un miglio che ti è piaciuto. Per questo ora taci e vieni con me così me li presenti!” – rispose Shlainn e mi trascinò verso il loro tavolo.

 

Nel frattempo Rossi si avvicinò verso il bancone dove si trovava Bruce, intento a pulire le giare da birra.

“Potrei sapere il nome di colui che è stato così gentile da offrirci da bere” – chiese Rossi con un sorriso.

“Bruce Wright. Ma si figuri, agente Rossi. E’ stato un vero piacere servire la squadra di Keira. Fate come se foste a casa vostra e se ci saranno altre occasioni, sarete sempre i benvenuti”

“Lei è un parente di Keira?” – chiese Rossi.

“Sono il suo padrino e il migliore amico di suo padre, che purtroppo ci ha lasciati dieci anni fa.” – rispose Bruce

“Cosa gli è accaduto?” – chiese incuriosito Rossi.

“Il padre di Keira, Mattia Martines, era un tenente dell’esercito italiano. Mentre si trovava presso l’accademia militare di New Orleans per un incontro con i giovani Marines americani. All’improvviso ci fu un’esplosione; tutti riuscirono ad evadere tranne due giovani soldati che erano rimasti intrappolati nel loro dormitorio. Quando Mattia lo seppe, entrò nell’edificio e li trovò. Ma, nel momento in cui riuscirono ad arrivare verso l’uscita, una trave cedette e stava per colpire i due ragazzi. Per evitare che fossero colpiti, li spinse fuori all’uscita e rimase incastrato sotto la trave e le fiamme lo divorarono”.

“Come la presero Keira e la sua famiglia?” – chiese Rossi.

“Beh quando seppero della morte di Mattia, la madre di Keira, Costanza, gli promise che qualunque cosa gli sarebbe successo, non avrebbe mai perso la sua forza d’animo e avrebbe continuato a vivere la sua vita e a prendersi cura dei loro figli. Keira invece nel giorno del funerale del padre, era l’unica che non aveva pianto”.

“Perché secondo lei? Non aveva accettato la morte del padre?” – disse Rossi.

“La cosa che non avrebbe mai sopportato Mattia, più della morte, è vedere le lacrime di sua figlia Keira. Infatti lei lo sapeva e non gli voleva dare questo dispiacere a suo padre. Io credo, agente Rossi, che il motivo della sua presenza qui sia ben altro il suo lavoro” – esclamò Bruce.

“Crede che lei cerca di scoprire cosa sia realmente accaduto a suo padre?” – chiese serio Rossi.

“Si. Deve sapere, agente, che io, prima di lavorare in questo locale, io ero nei Marines e collaboravo con Mattia. Dopo la sua morte, quando gli investigatori affermavano che l’esplosione era stata provocata da un guasto nell’impianto elettrico, io non ne ero convinto. Però il problema è che non sapevo come dimostrarlo. Volevo trovare delle informazioni. Poi decisi di parlare con il mio superiore, ma lui, per timore di perdere l’onore e il prestigio della sua accademia, mi minacciò di non indagare. Allora decisi di ritirarmi perché nessuno credeva alle mie ipotesi e di dedicarmi alla mia famiglia”.

“Ha rinunciato a tutto per il suo amico?” – domandò Rossi.

“Agente, non era solo un amico. Era un fratello per me. Io l’ho sempre rispettato e voglio che sia fatta chiarezza sulla sua morte, anche se è stata eroica. Inoltre gli ho promesso di prendermi cura sia di Keira e della sua famiglia. Il mio onore non sta in una semplice divisa da soldato, ma nella lealtà di una persona a me molto cara” – rispose Bruce.

“Credo che la dottoressa Martines sia davvero fortunata ad avere al suo fianco una persona come lei. E le prometto che io e la mia squadra la aiuteremo e la proteggeremo” – rispose Rossi.

“Grazie, agente. E voglio inoltre che Keira non sia messa al corrente di ciò che le ho appena detto. Non voglio che si distragga dal suo operato nella BAU e che possa vivere la sua vita con i suoi sogni”.

 

 

“Ehi David! Che fine avevi fatto?” – domandò Hotch raggiungendo il suo collega.

“Aaron, stavo ringraziando il proprietario del locale per averci offerto da bere” – rispose Rossi.

“Salve. Sono Aaron Hotchner e la ringrazio anche io per la calorosa accoglienza.” – disse Hotch stringendo la mano a Bruce.

“Il piacere è tutto mio, agente Hotchner” – rispose Bruce.

“Senti Aaron ti va di uscire fuori per una boccata d’aria?” – chiese Rossi in tono diretto.

“Certo, David.” – rispose accennando un sorriso ed entrambi uscirono fuori salutando Bruce.

 

“Ragazzi, qualcuno ha un paio di piedi nuovi? Spence me li ha completamente distrutti!” – esclamò JJ mentre si sedette.

“JJ io te l’avevo detto che non ero incline su questo genere di cose e poi secondo le statistiche in un locale potrebbe verificarsi il 3,79% di incidenti durante un ballo…”

“Ragazzino, se le vuoi tirare fuori per forza queste dannate statistiche, che cosa dicono se mi intrufulo in quel gruppetto laggiù per due semplici chiacchiere?” – chiese Derek mentre sorseggiava il suo drink per placare la sete dopo due ore di ballo sfrenato.

“Oh, Reid! Dimmela una anche per me. Ho conosciuto prima un tipo davvero da far alzare la pressione a tremila però ho resistito alla tentazione per il mio senso morale...” – Penelope fu interrotta subito da Derek.

“Garciaaa! Dimmi subito nome, cognome, indirizzo, data di nascita di questo tizio!” – esclamò Derek.

“Ragazzi, la conversazione è molto piacevole per le mie orecchie, ma vi devo avvertire che sta arrivando Keira al nostro tavolo. La cosa diventerò molto interessante!” – ridacchiò Emily.

“Buonasera, squadra!” – dissi e il nervosismo cominciò a farsi sentire.

“Oh è arrivata la nostra Keira, dottoressa di giorno e rockstar di notte!” – scherzò Derek.

“Oh Derek Morgan….zuccone di giorno e cavolfiore di sera!” – dissi fieramente e Derek non sapendo cosa dire rise. “ Ragazzi vi presento la coinquilina, Shlainn Wilde”.

“E’ lei allora la persona che avevi citato stamattina!” – interruppe Spencer.

“Davvero? Keira perché non sono stata messa al corrente su questo dettaglio! Aspetta, tu chi saresti? – chiese Shlainn

“E’ il dottor Spencer Reid, Shlainn” – risposi prima di Spencer.

“Ah si! Il dottor Morfina! Keira mi ha tanto parlato di te!” – rise Shlainn.

“A che proposito?” – chiese Spencer dubbioso.

“Beh…allora” – e in quel momento riuscì a frenare la lingua di Shlainn.

“Shlainn non vuoi conoscere il resto della squadra?Allora ti presento Derek, Emily, JJ e Penelope…” nel momento in cui dissi il nome di Garcia, Shlainn si diresse verso di lei per abbracciarla…

“Penelopeee!! Ma io ti adoro, ti ringrazio dal profondo del mio cuore per aver svelato il segreto di Keira!” – esclamò gioiosamente Shlainn.

“Davvero? Mi sento un pochino in colpa…” – rispose Penelope

“No! Non devi sentirti così anzi hai fatto benissimo! Hai fatto la cosa giusta per Keira!” – rispose Shlainn e Penelope si sentì sollevata.

“Cosa fai nella vita, Shlainn?” – chiese JJ.

“Lavoro come reporter al giornale Ellis Bell, mi occupo un po’ di tutto!” – rispose.

“Ellis Bell? E’ il mio giornale preferito! Adoro la tua rubrica “Forever Night Never Day!” – esclamò Emily.

“Ti ringrazio! E’ il mio piccolo paradiso!” – rispose Shlainn.

“Ehi, Keira, che sta facendo il tuo amico del bancone?” – chiese Derek.

“Oh no! Oggi è venerdì: è il momento del “Drunk Girl of Friday” – risposi ed avevo la sensazione che qualcosa di imbarazzante sarebbe accaduto in pochi istanti.

“Ragazze, volete partecipare al Drunk Girl?” – esclamò Shlainn.

“Che cosa si tratta?” – chiese incuriosita Penelope.

“Ora vi spiego: consiste nel bere bicchieri di birra tutto d’un fiato e stare in equilibrio: chi cade perde! Si parte da bicchieri più piccoli fino alle giare più grandi. La vincitrice avrà il titolo di Drunk Girl of Friday” più cinquanta dollari. Allora che ne dite?” – chiese Shlainn.

“Non dico, partecipo assolutamente. JJ ed Emily?” – domandò Penelope, che si sentiva l’adrenalina a mille.

“Anche noi, Penelope” – acconsentirono in sintonia Emily e JJ.

“Benissimo, ragazze! Keira sarà la nostra giudice.” – disse Shlainn.

“Ragazze fatevi onore e non fatemi fare brutte figure!” – esclamò Derek.

“Non ti preoccupare, zuccherino! Non siamo più bambine!” – rispose Penelope.

“Ragazze io credo che non sia una buona idea! Anche perché se Hotch vi vedesse ubriache non la prenderebbe bene!” – disse Spencer preoccupato.

“Dai Spence, non fare il papino! Ce la caveremo!” – disse JJ e tutte le ragazze si diressero verso il bancone per iniziare la sfida.

“Ma JJ…”

“Spencer, non perdere fiato. La montagna di guai si avvicina sempre di più!” – risposi interrompendolo.

“Chissà per quale motivo!” – rispose in modo sarcastico Spencer riferendosi a me.

“Ecco lo sapevo! Ora è mia la colpa? Ma ti diverte così tanto provocarmi?” – esclamai.

“Non ti provoco, dico semplicemente la pura verità!” – rispose diretto Spencer.

“Davvero? Vuoi la guerra, dottor Reid?” – e fummo interrotti da Derek.

“Ohi…ohi! Basta bimbetti miei. Ora non roviniamoci la serata! Il divertimento sta per arrivare. Andiamo!” – rispose Derek e ci trascinò verso il bancone.

 

“Gente siete pronti per eleggere la nuova “Drunk Girl of Friday”? – urlò Bruce mentre stava preparando i bicchieri. La folla impazziva ed era ansiosa di sapere la vincitrice della gara. “Ragazze si comincia!”

Il primo giro le quattro ragazze era in perfetta parità. Ma la difficoltà iniziò dopo il terzo giro quando c’erano i bicchieri più grandi. Quando c’era il momento di stare in equilibrio, Emily perse l’equilibrio.

“Oh no! Non ce l’ho fatta! Quei drink di prima mi hanno fregata. Ragazze, mettetecela tutta!” – incoraggiava Emily mentre si sedette.

Al quinto giro, cadde JJ. Rimasero solo Shlainn e Penelope.

“Ragazze, siamo arrivate al giro decisivo!” – esclamò Bruce.

“Sei in gamba, Shlainn!” – disse Penelope.

“Anche tu sei forte, Penelope!” – rispose Shlainn.

“Dai, bambolina. Non arrenderti!” – urlò Derek con grande impeto.

All’improvviso l’atmosfera leggera si trasformò subito in tensione. Le due ragazze avevano perso la loro lucidità ma non si arresero. La lotta fu intensa. Ma poi il momento finì quando Shlainn si arrese per la stanchezza e Penelope ebbe la meglio.

“Siii! C’è l’ha fatta!” – esultò Derek.

“Cosa? Che è successo?” – si domandò Penelope intontita e andai subito ad aiutarla.

“Penelope sei stata fortissima. Hai vinto. Ora sei la Drunk Woman of Friday!” – esclamai.

“Ah davvero? Keira come mai hai la faccia color viola?”. Capì subito che Penelope era completamente ubriaca.

 

Nel frattempo Hotch e Rossi stavano chiacchierando riguardo la conversazione con Bruce

“Ho capito, David. Quindi secondo te, Martines sta cercando delle risposte sulla morte di suo padre?” – chiese Hotch

“Esatto, Aaron. Non dico che il fatto di lavorare qui nella nostra unità sia solo una formalità, ma credo che l’altro motivo che l’abbia spinta a venire qui sia proprio questo.” – constatò Rossi.

“Credi che sia il caso di coinvolgere l’unità per indagare su questo episodio?” – chiese Hotch.

“Lo faremo quando lei sarà pronta a confidarci su questa storia. Per il momento giudichiamola solo sul suo operato e valutarla se sarà idonea a far parte della nostra squadra. E penso che abbia buoni requisiti” – rispose Rossi.

“Si, hai ragione. Ha un temperamento impulsivo e istintivo, ma è un valido aiuto per tutti noi. Che ne dici ritorniamo dentro?” – propose Hotch.

“Certo, raggiungiamo gli altri!” – rispose Rossi ed entrarono entrambi nel locale.

 

“Ragazzi….pericolo! Sta arrivando Hotch con Rossi. Che facciamo? Cosa dirà? Ci ucciderà o ci licenzierà? Oddio sto perdendo il controllo…” – esclamò agitato Spencer.

“Spencer, basta! Mi è venuto un piano! Tu e Derek portate le ragazze in bagno e cercate di farle bere un po’ di questo succo di arancia per ridurre gli effetti dell’ebbrezza. Io cerco di distrarre Hotch. Ora andate! Sbrigatevi!” – dissi e Derek e Spencer portarono Penelope, Emily e JJ in bagno.

 

“Shlainn come ti senti?” – domandai.

“Eh, sei tu Keira? Credo di si. Per quanto riesco a reggere l’alcool, ho un terribile mal di testa e sento caldo” – rispose Shlainn barcollando.

“Ora tu mi devi aiutare, pazzoide. Dobbiamo distrarre Hotch affinché non si accorga dell’assenza dei ragazzi capito?” – esclamai.

“Si, credo di aver recepito!” – rispose Shlainn in modo confuso.

“Sei incorreggibile. Tu fai solo quello che ti dico!” – dissi – “Bruce, mi devi aiutare anche tu. Se Hotch scopre questo casino, siamo strafritti!”.

“Non ti preoccupare, Keira. Ti aiuterò!” – rispose Bruce e mi diressi verso Hotch e Rossi.

 

“Buonasera Martines!” – esclamò Hotch.

“Buonasera, Hotch. Allora, stai passando una piacevole serata?” – domandai

“Si, molto piacevole, grazie! Ma dove sono gli altri?” – e quella domanda mi fregò e cercai aiuto nello sguardo di Rossi e, da esperto profiler, capì che c’era qualcosa che non andasse e cercò di divagare il discorso.

“Aaron perché non ci sediamo?” – chiese Rossi e Hotch, confuso, non riuscì a capire la situazione.

“Agenti, gradite un altro bicchiere?” – chiese gentilmente Bruce.

“Certo volentieri!” – rispose Rossi anche per Hotch, che mentre cercava di parlare, fu interrotto dalle mie parole.

“Ah, Hotch. Mi sono dimenticata di presentarti la mia coinquilina. Lei è Shlainn Wilde, reporter e dirige anche una rubrica”

“Molto piacere, Aaron Hotchner” – rispose Hotch e aveva uno strano presentimento.

“Il piacere è tutto mio, agente!” – rispose Shlainn che aveva ancora un briciolo di lucidità.

“Scusatemi, vado un attimo in bagno. Torno subito. Voi proseguite!” – risposi, lasciando Shlainn e Bruce l’incarico di occuparsi di Hotch.

 

Nel frattempo Derek e Spencer erano disperati e non sapevano come gestire la situazione.

“Reid, siamo messi proprio nei guai e Keira non arriva! Lo so che l’idea di stare in un bagno con tre ragazze ubriache è la cornice dei miei sogni, ma sono preoccupato…” – esclamò Derek.

“Ehi, Derek. Fa tanto caldo qui dentro...perché non ti levi questa t-shirt? I tuoi pettorali vogliono assaporare l’aria della passione…” – disse Penelope che era distante dallo sguardo di Derek per un paio di centimetri.

“Tesoro, lo so che sei ubriaca e non me ne approfitto perché ti voglio bene e ti rispetto!” – rispose Derek.

“Ma che cavaliere che ho qui di fronte a me. Ma rendi felice la tua signora!” – esclamò Penelope mentre giocherellava con la maglia di Derek. La situazione peggiorò quando si avvicinò anche Emily verso Derek.

“Dai, Morgan! Non ci deludere. Ti vediamo sempre con il giubbotto antiproiettile…sono curiosa di vedere cosa nascondi sotto!” – disse Emily accarezzando la guancia di Derek.

“Reid, insomma, fai qualcosa! Ma le vedi che cosa stanno facendo?” – gridò Derek.

“Ma…ma…io non so che devo fare! Perché me lo domandi? Sembra che io fossi l’esperto in queste cose!” – rispose Spencer balbettando.

“Oh, Spence! Vuoi un aiuto? Qual è il problema?” – disse JJ accarezzandogli i capelli.

 

Arrivai finalmente al bagno.

“Ragazzi sono qui. Ho lasciato Shlainn e Bruce ad occuparsi di Hotch che sospetta di ciò che è successo. Come sta andando?” – dissi.

“Come sta andando? Malissimo. Ti prego fai qualcosa, altrimenti a casa mia non arrivano nemmeno le mie mutande!” – disse disperato Derek.

“Calma. Ora ci penso io! Spencer mantieni JJ vicino al lavandino così posso buttarle un po’ di acqua fresca sul suo volto” – dissi e Spencer fece quello che gli avevo detto e JJ si riprese.

“Oddio che mal di testa!” – esclamò JJ.

“JJ, va tutto bene. Ora siediti e bevi un po’ di aranciata!” – risposi. “Derek sei pronto con Emily e Penelope?”

“Si. Sbrigati, Keira!” – esclamò Derek. Anche Emily si riprese mentre Penelope cadde sulle braccia di Derek.

“Oddio!! Penelope è svenuta!” – mi agitai.

“Calma, si sta riprendendo!” – disse Derek.

“Sono ancora viva?” – disse Penelope mentre cercava di aprire gli occhi.

“Certo, bambolina. E’ stato tutto un sogno. Un bel sogno!” – rispose Derek mentre l’aiutava a rialzarsi.

“Penelope, prendi anche tu, insieme ad Emily un po’ di aranciata così vi passa il mal di testa!” – dissi.

“Ragazzi, ma come faremo con Hotch? Non credo che non noterà i vostri volti bagnati e le vostre facce stravolte!” – disse Spencer sempre più agitato.

“Spencer, calmati! Dobbiamo inventare una scusa” – dissi

“Ma ad Hotch non piacciono le bugie!” – disse Spencer.

“Ma dobbiamo farlo, Reid! Poi gli diremo la verità appena che ci riprenderemo da questa sbronza!” – disse Emily.

“Potremo dirgli che si sono avvicinati dei balordi che ci hanno gettato della birra addosso e voi ci avete accompagnato per pulirci, che ne dite?” – propose JJ.

“Ottima idea! Adesso usciamo tutti altrimenti ci danno davvero per dispersi!” – dissi e uscimmo tutti dal bagno.

 

Hotch, dopo aver sopportato tutti i discorsi di Shlainn riguardo la sua rubrica, si voltò su Rossi e voleva chiarezza: “David, io vado a cercare gli altri!”.

“Aspetta, Hotch. Arriveranno a breve, non ti preoccupare!” – disse Rossi.

“David! Ho il presentimento che sia successo qualcosa, quindi io vado, tu aspetta qui!” – dopo aver detto tali parole, vide arrivare i suoi colleghi appena in tempo.

“Scusaci Hotch, se ti abbiamo fatto aspettare, ma c’è stato un piccolo incidente” – disse JJ e raccontò la scusa, sperando di convincere Hotch.

“E allora come mai avete le guance rosse?” – disse Hotch ancora non convinto.

“Beh…perché…ecco…si…perché abbiamo sudato molto ballando!” – disse Emily molto imbarazzata e nervosa.

“Generalmente il sudore, il prodotto delle ghiandole sudoripare, prima di uscire dalla pelle provoca un arrossimento della cute e si verifica in situazione di stress, imbarazzo, attivo movimento…”

“Si, Reid, ho capito!” – interruppe Hotch.

 

Mentre la gente abbandonava il locale, un ragazzo dai capelli castani, si avvicinò a Penelope

“Wow è stata una bella gara! Non si dimentichi il premio!” – disse e uscì fuori dal locale.

“Che premio hai vinto, Garcia?” – disse Hotch sospettoso.

“No…Hotch…ti stai sbagliando. Quello è il mio premio!” – disse Derek prendendo il premio dalle mani di Penelope.

“Se è tuo, perché sta scritto Girl?” –e qui che cadde l’asino e si passò dalla padella alla brace.

“Probabile che hanno sbagliato. Sono abituati ad avere vincitori donne e non uomini” – rispose Derek imbarazzato e Hotch, nella confusione, trattenne una rarissima risata.

Rossi salvò ancora una volta la situazione “Credo che sia l’ora di andare a casa!”

“Si, hai ragione! E’ l’ora della nanna!” – disse JJ.

“Venite, vi accompagno dato che devo chiudere il locale.” – disse Bruce

“Bruce, veniamo anche io e Keira a salutare i nostri ospiti!” – esclamò Shlainn, mentre mi prese il braccio e mi trascinò fuori al locale.

 

Tutti eravamo fuori. Faceva freddo. Mentre io e Spencer camminammo avanti, Derek fermò JJ e Penelope e aveva in mente qualcosa

“Ragazze, aspettate un attimo! Che ne dite di far trascorrere al nostro Reid una piacevole serata?”

“E come, Derek?” – chiese curiosa JJ.

“Adesso te lo spiego subito, mia cara JJ: il ragazzino è venuto con me in macchina insieme a Garcia. Ora, dato che tu sei stata accompagnata da Will, tu farai finta che per un contrattempo con Henry, lui non può venirti a prendere e verrai con noi e appendiamo Reid!” – spiegò divertito Derek.

“Capito! Così Spence rimarrà da solo con Keira! Geniale! Ma non ne sarà molto contento!” – disse JJ.

“Chi se ne frega! E’ ora che il ragazzino diventi uomo…quindi mettiamoci all’opera!” – esclamò Derek.

“Oh il mio Morgan ha una mente così geniale! Forza JJ iniziamo!” – esclamò Penelope entusiasta e ancora sbronza e JJ era pronta.

 

“Hotch, sbaglio o fa molto caldo?” – disse Emily mentre si appoggiava sulla spalla del suo collega.

“Caldo? Prentiss qui fuori saranno circa una decina di gradi! Sei sicura di sentirti bene?” – chiese Hotch ma notò che Emily si era addormentata sulla sua spalla.

“Aaron, distendila sul sedile posteriore e portiamola a casa!” – disse Rossi mentre Hotch appoggiò Emily delicatamente.

 

Nel frattempo JJ, Derek e Penelope attuarono il loro piano.

“Ragazzi, allora vogliamo andare?” – disse Spencer assonnato rivolgendosi a Derek.

“Oh, Reid mi dispiace ma il tuo posto è occupato da JJ, poiché Will non può venire” – rispose Derek mentre apriva lo sportello della sua macchina.

“Cooosa? Ma posso sedermi dietro! Non vi preoccupate non soffro il mal di macchina!” – rispose Spencer e iniziò ad agitarsi.

“Mio bel pasticcino, dietro devo stare io perché mi devo distendere. Ho un mal di testa insopportabile!” – rispose Penelope.

“Potrei mettermi nel cofano? Andiamo ragazzi non potete lasciarmi qui da…SOLO!” – esclamò spaventato Spencer.

“Solo? Ma che dici, Spence? Ci sta Keira!” – disse JJ entrando nella macchina di Derek.

“Eh? Scusatemi, ragazzi, che centro io?” – esclamai non capendo la situazione.

“Mia cara, sarai tu ad accompagnare il genietto a casa sua!” – disse Penelope.

“Eeeeh? Cosa? Ragazzi, ma state scherzando? E’ folle!” – gridò Spencer.

“No, ragazzino, non è uno scherzo! Poi un giorno ci ringrazierai. Buonanotte Keira e grazie per la magnifica serata!” – disse Derek.

“Buonanotte ragazzi e mi raccomando andate a nanna!” – disse JJ e Derek mise in moto la sua macchina e partì.

“Martines, ci vediamo domani a lavoro. Reid purtroppo c’è dietro Prentiss che sta dormendo e quindi non ho un posto per te!” – disse Hotch

“Aspetta Hotch…non mi abbandonare anche tu!” – esclamò Spencer ma, fiato sprecato. Anche loro se ne erano andati.

“Bene, mi hanno abbandonato tutti. Adesso come torno a casa?” – pensò ad alta voce Spencer, amareggiato.

“Beh puoi andare a piedi così alleni un po’ quelle tue gambette, oltre al tuo cervello!” – risi, ma fui fermata da Shlainn.

“Dove pensi di andare? Non puoi lasciarlo andare da solo a quest’ora tardi?” – disse.

“Non ti preoccupare, Shlainn. Se comincerà a parlare delle sue statistiche anche i ladri scapperebbero da lui per la disperazione” – dissi ironicamente e Spencer mi buttava le sue occhiatacce.

“Ok, se non lo accompagni, dormirai qui fuori!” – minacciò Shlainn.

“Eeee cosa? Cosa sono questi ricatti! Ma anche se lo dovessi fare, non credo che li piacerà l’idea di salire sulla mia moto!” – esclamai.

“Ma non ti ho detto che lo devi accompagnare in moto!” – rispose Shlainn.

“Ah, e dimmi un po’, intelligentona, come lo accompagno? Lo porto in braccio?” – dissi.

Bruce si intromise nella discussione “Keira, prendi le chiavi della mia macchina! La mia casa sta a due passi dal locale, quindi posso andare a piedi!”.

“Bruce, ma…” – e Shlainn non mi diede tempo di replicare e prese le chiavi di Bruce e mi costrinse a prenderle.

“Ecco! Adesso vai ad accompagnare il dottor Reid a casa, se no ti devi fare una bella tenda qua fuori per dormire” – disse.

“Ma perché mi fai questo, Shlainn?” – chiesi.

“Poi un giorno mi ringrazierai…” – rispose, salutò me, Spencer e Bruce e salì nel nostro appartamento.

Perchè quelle parole? Anche Derek le ha pronunciate. Cosa vorrà dire?

“Keira, io vado a casa. Ci vediamo domani!” – disse Bruce e andò via anche lui.

 

Eravamo rimasti solo io e Spencer.

“Bene, dottor Reid! A quanto pare non solo te hanno abbandonato! Quindi se vogliamo dormire tranquilli stanotte, ti devo accompagnare io a casa!” – esclamai.

“Beh…allora siamo messi proprio bene!” – commentò ironicamente. Non risposi alle sue parole e salimmo entrambi nella macchina di Bruce e partimmo.

 

Rimanemmo in silenzio per un lungo tratto, fino a quando Spencer ruppe il ghiaccio.

“Comunque credo che Hotch non l’abbia bevuta la versione di JJ su quanto è successo”

“Però ho intravisto uno dei suoi rarissimi sorrisi e questo è un buon segno. Immagino che in questo momento stia ridendo a crepapelle in particolare per la scena di Derek. Darei qualsiasi cosa per vederlo così!” – risi mentre guidavo.

“Non credo proprio che ciò che è successo contraddica la sua figura seria e composta! E poi credo che domani ci sistemerà per bene!” – rispose Spencer.

“Domani ti farò vedere che avrà una reazione completamente opposta a quello che pensi. Oddio anziché fare il profiler potevi fare benissimo il drammaturgo!” – commentai seccata.

“Che..che..cosa? Io sono realista! Ma tutte a me devono capitare?” – si chiese Spencer grattandosi la testa.

“Ah guarda questo lo devo dire io, non tu! Derek domani mi sentirà per questo bello scherzetto!” – esclamai

“Devo ammettere che su questo punto sono d’accordo con te!” – disse Spencer

“Evviva! Dobbiamo festeggiare! Abbiamo trovato qualcosa in comune!” – commentai ridendo.

“E’ vero!” – rispose Spencer finalmente con un sorriso. “Keira, la prossima strada, devi girare a destra e siamo quasi arrivati”.

“Ok, Spencer. Caspita! Che belle case che ci sono qui! Sembra così diverso da casa mia!” – dissi in modo nostalgico.

“In quale zona d’Italia vivi, Keira?” – mi chiese Spencer.

“Abito a Taormina, in Sicilia. Invece tu a Las Vegas vivi, giusto? Questa si che è una contraddizione!” – risi.

“Ecco che ricominciamo!” – rispose Spencer sbuffando.

“Dai non fare così, Spencer! E’ più forte di me” – risposi mentre gli diedi un colpetto sulla sua spalla.

 

Ma all’improvviso mentre parlavamo, la macchina si fermò.

“Che…che succede?” – chiese Spencer preoccupato e agitato.

“Dannazione. Credo che una delle ruote sia andata a terra. Vado a controllare” – dissi mentre scesi dalla macchina. “Ecco come non detto! Mi pare di ricordare che Bruce avesse messo nel cofano una ruota di riserva. Speriamo bene..”.

“E se poi non ci fosse? Non vedo nessuno che ci possa aiutare. Ora che si fa? Si dice che il 20% degli incidenti stradali iniziano proprio in queste circostanze e…”

“Basta, Spencer. Ora tu taci! Guarda eccola l’ho trovata!” – risposi adirata.

“Ok, hai trovato la ruota di riserva ma chi la metterà?” – chiese Spencer mentre scese dalla macchina.

“Che domande, genio: NOI!” – risposi mentre presi gli attrezzi dal cofano.

“Eh? Cosa? Io non so come si fa!” – si giustificò Spencer.

“Bene! Questa è l’occasione per imparare! Mi devi aiutare a togliere la ruota sgonfia. Inizia a tirare!” – dissi e Spencer, non avendo altre alternative, fu costretto a fare ciò che gli dicevo. Si tolse la giacca che gli dava fastidio e tirò.

“Sù, Spencer, ci siamo quasi…” – incoraggiavo.

“Anche un quarto d’ora fa hai detto la stessa cosa!” – protestava mentre continua a tirare. Finalmente riuscimmo a toglierla.

“Bene questa è fatta! Ora dobbiamo mettere quella nuova. Devi sollevare questa parte qui in modo da inserire la ruota nuova” – dissi.

“No! Non ce la farò mai! Le mie mani non riusciranno a resistere alla grande forza di gravità esercitata da…”

“Non è il momento per una lezione di fisica. Ce la farai senz’altro…”

A quelle parole, ad un tratto l’impossibile divenne possibile per me. Cosa mi sta succedendo?  - pensò Spencer per un attimo

“Ehi, non poltrire, Spencer. Un ultimo sforzo e abbiamo finito!” – dissi.

“Credo che stanotte non dormirò per i dolori alla schiena!” – sbuffò Spencer e si mise all’opera. “Keira ti sbrighi, non ce la faccio più!”

“Ecco fatto, Spencer! E’ andata!” – risposi e ci sedemmo entrambi per terra. “Hai visto? Stanotte hai imparato a mettere una ruota!” – esclamai.

“Si, ma sono distrutto!” – si lamentò Spencer.

“Ok, andiamo! Ce la fai ad alzarti?” – dissi ironicamente.

“Spiritosa!” – rispose ma, anche se si opponeva ostinatamente, lo aiutai.

 

Dopo l’avventura della ruota, finalmente arrivammo a destinazione.

“Finalmente siamo arrivati! E’ come se avessi fatto il giro del mondo stanotte!” – commentai. “Wow! E’ fantastico questo palazzo! Spencer, che succede?”

“Mi sento stanchissimo! Non riesco a muovermi!” – si lamentava.

“Forza, Spencer! Non mi far sentire in colpa! Ora tu scendi e andiamo!” – esclamai mentre lo aiutavo a scendere dalla macchina e si appoggiò sulla mia spalla.

“Penso di farcela da solo, Keira. Puoi andare a casa” – disse Spencer.

“No, Spencer. Ti accompagno nel tuo appartamento altrimenti cadi per le scale e non voglio passare la notte all’ospedale per controllarti!” – commentai mentre salimmo le scale.

 

“Ecco, è qui il mio appartamento!” – disse Spencer mentre si appoggiava alla porta e cercava di prendere le chiavi.

“Beh allora ci vediamo domani o ti devo accompagnare anche nel tuo letto?” – dissi.

“Ma grazie! Almeno qui ce la posso fare benissimo da solo!” – rispose impetuosamente Spencer mentre aprì la porta.

“Ok, calmati! Ora me ne vado, altrimenti ricomincia di nuovo la guerra!” – risposi sbuffando e andando verso le scale.

Ma ad un tratto venni trattenuta per un braccio da Spencer.

“Keira, aspetta! Ecco…vedi…ti volevo dire…gra…graz..!”

“Prego, Spencer! Buonanotte!” – sorrisi e tornai in macchina.

 

Spencer andò verso il suo letto, ma, nonostante la stanchezza, non riuscì a chiudere gli occhi. I suoi pensieri erano fissi su quello che era successo.

Non mi era mai capitata un’esperienza del genere in tutta la mia vita. Ho la sua voce nella mia testa e ho bisogno di sentirla ancora. Anche se conosco molte cose più del normale, perché non riesco a trovare una ragione a quello che mi sta accadendo? Chi sei veramente, Keira Martines?

 

Appena che ritornai a casa, sprofondai subito nel mio letto.

Sento ancora il suo profumo sulla mia spalla. Lo voglio risentire di nuovo per placare gli impeti del mio cuore. Il suo leggero tocco risuona sulla mia pelle, dandomi una strana sensazione che non riesco a spiegare. Chi sei veramente, Spencer Reid?

 

 

Ore 6:00AM

 

Un rumore interruppe il sonno di JJ. Si alzò dal suo letto rapidamente, scompigliando le lenzuola. Il suo cuore batteva forte per la preoccupazione. Quel rumore era il suo palmare. Stava squillando. Ad ogni squillo, JJ si agitava. Per un attimo esitò, anche perché le sue mani bianche iniziarono a tremare. Se non rispondo Henry si sveglierà…- pensò JJ e trovò il coraggio di rispondere – “Pronto!”

“Jennifer! Sono io, Wyatt. Ti ricordi di me?”

“Wyatt sei proprio tu? E’ da una vita che non ci sentiamo! Come stai? E Sheila?” – chiese JJ.

“Mi dispiace che la nostra conversazione non sarà piacevole ma ti devo dare una brutta notizia: Sheila e Simon sono stati rapiti!”.

“C..cosa?” – JJ rimase scioccata da quelle parole e non riuscì a rispondere al telefono.

“Jennifer ci sei? Ho bisogno del tuo aiuto! Ti prego aiutami qui stanno succedendo delle cose terribili!”.

“Arriverò subito, Wyatt con la mia squadra. Aspettami!” – rispose JJ e riattaccò.

 

Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito. Le sentì mancare le forze. Si appoggiò sulla parete del corridoio. Le lacrime scesero incessantemente, bagnandole il suo bianco viso e la sua bocca che aveva perso il suo color roseo. Will si svegliò di soprassalto, poiché non sentì più la presenza di JJ nel loro letto. Scese e la trovò seduta per terra disperata.

“JJ, che è successo?” – chiese Will, spaventato, mentre, con la sua maglietta blu, asciugava le sue lacrime.

“Oh, Will mi dispiace di averti spaventato e di procurarti pena per causa mia!” – rispose JJ appoggiando il suo volto sul petto di Will.

“Tesoro, parlami. Perché stai soffrendo così tanto? Non preoccuparti per me!” – esclamò Will stringendola forte e notò che il suo corpo era freddo come il marmo.

“Will…è successo una cosa terribile! Una persona a me molto cara è stata rapita insieme a suo figlio . E ho paura di non riuscire a salvarla. Ho avuto altri casi di rapimento. Ma questo è diverso. Ho paura, Will…” – disse JJ che non riusciva a fermare le lacrime.

“JJ, devi partire subito con la tua squadra. Devi essere forte per lei! Oggi non vado a lavoro mi prenderò cura io di Henry e del resto. Ora corri!” – incitò Will mentre la aiutava a rialzarsi.

“Hai ragione, Will! Devo avvertire di ciò a Hotch!” – rispose JJ e andò subito a prepararsi per andare a Quantico.

 

 

“Buongiorno Bruce!” – dissi mentre scesi dalle scale.

“Buongiorno, mia cara! Questa mattina ti sei svegliata presto. Arriverai in anticipo a lavoro” – esclamò Bruce mentre preparava la colazione.

“Bhe stamattina avrei un paio di cosette da fare. Shlainn sta ancora dormendo!” – risposi mentre mi sistemavo i capelli.

“Dopo la sbronza, Shlainn dorme per parecchio ore e credo che oggi non andrà a lavorare. Bhè finalmente abbiamo un po’ di tempo per parlare! Allora come vanno le cose?” – disse Bruce,

“Bene. E’ tutto quello che desideravo! Spero tanto di entrare nell’unità!” – risposi.

“Ma tu sei in gamba, ce la farai. E poi sono molto simpatici e amichevoli!” – disse Bruce.

“Vero! Sono stata davvero fortunata! Sai Bruce, ho trovato una lettera di mamma e dei miei fratelli. Pensavo che fosse ancora arrabbiata con me e mi sentivo in colpa. Invece…”

“Ti vuole bene, Keira. Tua madre aveva il tuo stesso temperamento, però quando si diventa genitori, si vuole sempre proteggere i propri figli e per questo che nascono delle incomprensioni”.

“A proposito di figli, come stanno i gemellini e Cecilia?” – domandai.

“Benissimo. Joey vuole fare il poliziotto mentre Ewan vuole fare il pilota nell’aeronautica militare! Cecilia è sconvolta: lei vorrebbe che diventassero avvocati o medici per stare più tranquilla!”

“Che carini! Immagino quando diventeranno grandi saranno affascinanti con le loro divise!” – ridemmo entrambi. Poi vidi l’orologio e notai che era il momento di andare.

“Bruce vado a lavoro! Ciao!” – dissi

“Ciao Keira e mi raccomando non combinare guai, intesi?” – rispose Bruce dandomi un colpetto sulla fronte.

“Guai? Questa parole non esistono nel mio vocabolario, tranquillo!” – esclamai e Bruce non trattenne una grossa risata.

 

Arrivai a Quantico. Non c’era ancora nessuno. Mentre andai nel mio ufficio, incontrai Penelope.

“Buongiorno Keiraaa!!” – esclamò stringendomi forte.

“Buongiorno Penelope! Vedo che ti sei ripresa dalla serata di ieri” – dissi sorridendo.

“Lo sai non ricordo proprio niente, a parte la faccia sconvolta di Reid quando ti ha vista cantare. E poi quando Morgan mi ha accompagnata a casa, mi guardava in modo strano e mi ha dato cinquanta dollari. Cosa ho combinato? Per caso mi ha pagata per aver fatto…” – e qui la interruppi.

“Penelope hai vinto una competizione con la mia amica Shlainn. La parte più comica è stata quando dovevamo nasconderlo a Hotch!” – spiegai.

“Ah certo! Ora mi ricordo tutto! Ricordo anche che avevamo lasciato Reid solo fuori al locale, però non ricordo il motivo!” – rispose Penelope grattandosi alla testa per cercare di ricordare.

“Per farmi uno scherzo, ma il caro Derek non la passerà liscia!” – esclamai fieramente.

“Cambiando argomento, come mai sei venuta così presto qui?” – chiese curiosa Penelope.

“Oh sono venuta a sistemare un po’ il mio ufficio. Non mi piace questo stile e allora ho pensato di rivoluzionarlo un po’ con qualcosa di alternativo” – dissi.

“Wow, allora ti darò una mano! Vieni andiamo!” – rispose Penelope trascinandomi verso l’ufficio.

 

Nel frattempo, mentre Rossi e Hotch entrarono nei loro uffici, Emily e Derek parlavano vicino alla caffetteria.

“Che serata incredibile! Ho la testa che mi scoppia però è stato divertente!” – disse Emily.

“Già e poi non sapevo che fossi così ‘passionale’ quando sei ubriaca!” – rise Derek.

“Oddio ricordo ancora la faccia di Hotch quando ci ha visto in che condizioni eravamo e cercavamo di nasconderlo!” – rispose Emily mentre beveva il suo cappuccino.

“Ma non sai dopo che è successo? Abbiamo lasciato da SOLO!” – esclamò.

“Cosa? Questo si che è uno scoop. Ma come è tornato a casa?” – si chiese Emily sconvolta.

“Indovina?” – disse Derek maliziosamente.

“Keira! Oh no non ci credo! Chissà cosa avranno combinato quei due!” – rispose Emily.

“Lo sapremo appena che il ragazzino arriverà qui e sperando che il mio piano abbia funzionato!” – rispose Derek.

“Non vedo l’ora! Sono curiosissima di sapere come ha passato la notte il giovane dottor Reid!” – esclamò Emily ridendo al solo pensiero.

Poi entrambi videro Penelope con degli scatoloni.

“Buongiorno bambolina! Cosa stai combinando?” – chiese Derek curioso.

“Te lo do io il buongiorno, mio bel fusto! Sto aiutando Keira a ordinare il suo ufficio!” – rispose.

“Già qui? Credevo che venisse con Reid! Accidenti qualcosa sarà andato storto!” – pensò Derek deluso.

“Eccolo che arriva, Morgan!” – esclamò Emily.

Spencer sbadigliava continuamente e quando si avvicinò verso i suoi colleghi, quest’ultimi lo fissarono.

“Buongiorno ragazzi, co..cosa c’è?” – chiese Spencer confuso.

“Non ci devi raccontare niente?” – esclamò Derek ansioso di sentire la risposta.

“Di.. che parli?”

“Pronto, Reid ci sei? Andiamo, bello, non mi tenere sulle spine. Come è andata con Keira?” – chiese Derek.

“Non mi ci far pensare! Mi ha costretto a cambiare una ruota sgonfia e mi ha distrutto la mia schiena! Ecco come è andata! Sei contento?” – disse sarcasticamente Reid mentre riempiva di zucchero la sua tazza di caffè.

“Non è molto romantico, ma sarà stato divertente!” – rise Emily.

“Oh Reid, mi fa male la pancia per le risate!” – esclamò Derek pizzicando Spencer.

“Garcia, cosa ci fai con quei scatoloni?” – chiese Spencer che l’aveva appena vista.

“Finalmente ti sei accorto che esisto anche io, genio! Niente, sto aiutando Keira con il suo ufficio. E’ già qui!” – rispose Penelope.

Spencer si sentì all’improvviso una stretta sullo stomaco. Ripensò a quello che è successo ieri. Andò subito nel suo ufficio.

“Reid, dove stai andando! Non puoi entrare nel suo ufficio!” – gridò Penelope.

“Bambolina, calmati. Lascialo andare. Vediamo cosa combina!” – ridacchiò Derek.

“Non ci ha raccontato proprio tutto se è corso da lei!” – ipotizzò Emily.

 

“Dannazione perché il gancio non vuole entrare!” – esclamai mentre stavo sistemando le tendine viola che Penelope mi ha regalato. Poi sentì la porta che si apriva.

“Penelope, non riesco a mettere il gancio, mi puoi aiutare?” – dissi e quando mi girai, rimasi scioccata. “Spencer che ci vai qui!” – gridai.

“Ecco…volevo sapere…ma che stai facendo?” – chiese curioso.

“Non vedi che sto mettendo una tenda?” – dissi ironicamente.

“In quella posizione che ti trovi, si verifica l’89% delle cadute…”

“Ah, Spencer, non lo devi dire! Se no potrebbe succedere che…” – e all’improvviso persi l’equilibrio e caddi addosso a Spencer. Sentendo lo strano tonfo, Derek andò a controllare.

“Ragazzi cosa state combinando?” – chiese e ci vide per terra. “Scusatemi di avervi disturbato. Almeno chiudete la porta!” – rise e la chiuse.

“No…Morgan…aspetta! Bene, come al solito è sempre colpa tua!” – disse Spencer che si rialzò di scatto ed era imbarazzatissimo.

“Meno male che il buongiorno si vede dal mattino! Odio le tue dannatissime statistiche!” – esclamai adirata.

“Però hanno previsto la tua caduta!” – disse Spencer.

“E non potevano prevedere l’arrivo di Derek?” – esclamai in tono diretto puntando il dito sul petto di Spencer.

“E’ una variabile casuale! Come il lancio del dado che…”

“Ok, basta! Bandiera bianca! Cambiamo argomento, come sta la tua schiena?” – chiesi mentre sistemavo le mie cose.

“Abbastanza bene! E tu…stai bene?” – chiese.

“Si, tutto bene. Ci vuole ben altro per stendermi, non certo per una caduta!” – ridemmo entrambi.

“Certo che sei estremamente stravagante! Non ho mai visto, dopo quello di Garcia, un ufficio così!” – esclamò mentre giocherellava con i miei pupazzetti.

“Lo prenderò come un complimento. Ah..ah giù le mani, non si toccano!” – minacciai.

 

Mentre Derek raccontava la scena imbarazzante nell’ufficio di Keira, JJ, con un solo fascicolo, si diresse frettolosamente da Hotch, senza notare i suoi colleghi.

“Ehi ragazzi, avete visto JJ? Cosa le prende?” – disse Emily.

“Non ho idea! Credo che sia sconvolta per il nuovo caso!” – suppose Penelope.

 

“Hotch posso parlarti un attimo?” – chiese JJ appena che entrò nel suo ufficio.

“Dimmi, JJ!” – rispose Hotch.

“Stamattina ho ricevuto una telefonata da un mio amico agente, Wyatt Drake, e mi ha inviato i particolari su un caso di rapimento di una madre e suo figlio e uno di duplice omicido. Suppongo che siano collegati” – spiegò JJ.

“Quanto tempo è passato dalla loro scomparsa?” – chiese Hotch vedendo il fascicolo.

“Nove ore!” – rispose JJ.

“Lo sai che non possiamo intervenire se non sono passati quarantotto ore dalla scomparsa. Poi non abbiamo le prove che la scomparsa sia rapimento e che ciò sia collegato ai due omicidi” – concluse Hotch.

“Senti Hotch, purtroppo io sono coinvolta in questo caso perché conosco le due vittime rapite e per quanto ci siano delle regole da rispettare, ti chiedo di aiutarmi! Odio dover dire quanto sia ingiusto il nostro lavoro, poiché dobbiamo intervenire solo dove ci siano dei cadaveri!” – le parole di JJ esprimevano tutta la sua rabbia e disperazione. Hotch lo comprese benissimo.

“D’accordo JJ. Prepara la squadra! Partiamo per Pittsburgh” – disse Hotch

“Grazie, Hotch!” – rispose JJ e andò ad avvertire gli altri.

 

“Ragazzi, abbiamo un nuovo caso. L’aereo parte tra dieci minuti per Pittsburgh” – disse JJ mentre distribuì i fascicoli.

“Vado a chiamare i ragazzini!” – disse Morgan.

Emily e Rossi, insieme a Hotch, andarono per primi. E mentre JJ andava, venne fermata da Penelope.

“JJ, per quanto lo nascondi, i tuoi occhi non mentono e questo caso ti preoccupa molto. Andrà tutto bene, cara!”.

“Grazie, Penelope. Mi conosci troppo bene a quanto pare!” – rispose JJ e la sua malinconia svanì per un attimo, tramutandosi in fiducia e speranza.

 

“Ehi, Reid! Sbrigati, tu e Keira. Partiamo per Pittsburgh!” – esclamò Derek.

“Sono pronta, Derek!” – dissi e avanzai il piede lasciando Derek e Spencer indietro.

“Senti Morgan, volevo dire che quello che è successo prima…”

“Stai tranquillo, Reid. Però, date le circostanze, sembra che io stia avendo ragione!” – rise Derek.

“Io credo proprio di no!” – rispose Spencer.

 

Durante il viaggio, JJ ci spiegava i particolari del caso.

“Allora per quanto riguarda le vittime di omicidio, abbiamo Taylor Hook, ventidue anni, ferite multiple sulla faccia e su tutto il corpo. E’ stata rivenuta dalla madre perché sentiva suo figlio di due anni piangere ininterrottamente. La seconda vittima, Libby Lang, diciannove anni, stesse ferite, tranne nella zona addominale. Il primo omicidio risale una settimana fa, mentre il secondo ieri e qui abbiamo il caso di rapimento: Sheila Collins, ventotto anni, e suo figlio Simon, dieci”.

“Se vogliamo trovare un collegamento tra Taylor Hook e Sheila Collins è che entrambe avevano avuto figli in età molto giovane. Solo non capisco perché alla seconda vittima è stata tralasciata la zona addominale” – ipotizzò Emily.

“I segni sul volto delle vittime significano che l’S.I. prova disprezzo e rabbia. Inoltre per attaccarle nei loro appartamenti, doveva conoscere le loro abitudini” – disse Derek.

“Analizzando le foto, la prima vittima non ha subito violenza sessuale e i tagli sul volto sono stati fatti post-mortem, la causa del decesso è stata dissanguamento. Mentre la seconda, la devo vedere meglio da vicino” – spiegai.

“Dove abitavano le vittime?” – chiese Rossi.

“Taylor Hook si abitava in periferia, mentre la seconda stava a due isolati dalla terza sul lato ovest della città” – rispose JJ.

“Poiché manca la componente sessuale, gli omicidi sono uno sfogo a un trauma psicologico, associato a una mancanza di affetto, oppure a qualche violenza subita, che queste donne ricordavano all’S.I. e circa il 60% sono uomini. Per questo non ha ucciso il figlio di Taylor Hook; quel bambino rappresenta lui stesso” – analizzò Spencer.

 

Arrivati a Pittsburg, ci attese un giovane agente di polizia.

“Jennifer, ti ringrazio profondamente per il tuo aiuto!” – disse Wyatt abbracciandola.

“E’ il minimo che possa fare. Il nostro obiettivo è salvarla!” – rispose JJ “Wyatt questa è la mia squadra!”

“Salve, agente Wyatt Drake. Sono un amico di infanzia di JJ” – rivolgendosi a Hotch.

“Salve, sono l’agente Hotchner. Mi spieghi i particolari sulla scomparsa di Sheila Collins”.

“Sheila Collins è una mia cara amica. L’aiutavo spesso a mantenere suo figlio Simon. Ieri, intorno alle nove di sera, bussai alla loro porta per vedere come stesse. Era una mia abitudine. Ma la porta era aperta. Entrai e non c’erano. Sheila non usciva mai tardi di sera perché tornava stanca da lavoro e voleva trascorrere più tempo con suo figlio. Poi ho trovato vicino all’ingresso questo bigliettino ‘Aiutateci!’, scritto da Simon. Avevo capito subito che si trattava di rapimento”.

“Conosceva qualcuno in particolare?” – chiese Rossi.

“Sheila lavora come psicologa in un consultorio per giovani madri. Conosceva solo le sue pazienti con cui aveva un buon rapporto. Mi raccontava sempre tutto. Se ci fosse qualche conoscenza particolare me lo avrebbe detto” – rispose l’agente Drake.

“Morgan e Rossi, andrete a parlare con i familiari di Taylor Hook, JJ e Prentiss con quelli di Libby Lang; mentre Reid tu seguirai l’esame autoptico con Martines. Io rimango con l’agente Drake” – ordinò Hotch.

 

Seguimmo gli ordini di Hotch. Poi Spencer si avvicinò a JJ.

“JJ, ti senti bene?”

“Certo, Spence. Non ti preoccupare!” – rispose JJ, ovviamente mentendo.

“La salveremo! Stai tranquilla. ” – disse Spencer come sostegno morale e JJ lo ringraziò abbracciandolo.

“Ehi, Reid, Keira ti sta aspettando! Muoviti!” – lo richiamò Emily – “JJ, noi andiamo dai Lang”.

 

Derek e Rossi arrivarono alla casa degli Hook.

“Buongiorno, signora Hook. Sono l’agente Rossi e lui è l’agente Morgan. Possiamo farle qualche domanda riguarda sua figlia Taylor?” – chiese Rossi.

“Certo, entrate!” – rispose la donna accogliendo i due agenti e li fece accomodare.

“Signora Hook, ci parli cosa è successo a sua figlia” – chiese Derek.

“Taylor era una ragazza-madre e io la aiutavo con il bambino mentre lei proseguiva gli studi all’università. Quando andai da lei per portarle la spesa, sentì Joel piangere forte. Bussai alla porta e Taylor non mi apriva; colta dalla preoccupazione, presi le chiavi di riserva e la aprì. Trovai il corpo di mia figlia vicino alla culla di Joel” – raccontò la donna mentre si asciugava le lacrime.

“Signora, per caso sua figlia frequentasse qualcuno in particolare?” – chiese Rossi.

“No, agente. Taylor era sempre impegnata con i suoi studi. Nel tempo libero andava al consultorio dove discuteva sulla sua situazione”.

“E saprebbe dirmi il suo nome?” – chiese Derek,

“Sheila Collins” – rispose la donna.

“Grazie mille, signora Hook per aver collaborato” – disse Rossi. Quando uscirono dall’abitazione, Derek espose la sua idea.

“Abbiamo trovato un collegamento, proprio come diceva Prentiss. Sheila Collins era l’unica che poteva capire la situazione delle sue pazienti perché aveva affrontato anche lei la stessa esperienza.

“Quindi il nostro S.I. odia le ragazze-madri, perché anche la sua lo era. Vede nelle sue vittime sua madre” – concluse Rossi.

 

Emily e JJ furono accolti dai genitori di Libby Lang.

“La ringraziamo per la vostra disponibilità” – disse JJ. “Comprendiamo benissimo il vostro dolore ma abbiamo bisogno di farvi qualche domanda su vostra figlia”.

“Mi dica, agente” – rispose la signora Lang.

“Signora Lang, cosa può dirci su sua figlia Libby?” – chiese JJ.

“Libby era una ragazza sensibile, molto introversa; infatti non si confidava molto con me, perché trascorrevamo poco tempo insieme a causa del mio lavoro. Scusatemi devo proprio andare di là..” – il dolore della signora Lang era troppo grande e non riusciva a rispondere alle domande. All’improvviso si avvicinò la sorella gemella di Libby, Megan.

“Voi siete dell’FBI?” – chiese Megan.

“Si. Vuoi dirci qualcosa riguardo tua sorella?” – chiese Emily.

“Si. I miei genitori non lo hanno mai saputo. Libby era incinta. Era disperata, non voleva rivelarlo ai miei per non deluderli; così la consigliai di andare presso il consultorio che si trova qui”

“Mi sai dire il nome del responsabile del consultorio?” – chiese JJ.

“Si chiama, se non ricordo male, Sheila Collins. Io coprivo Libby quando si recava da lei dicendo ai miei che andava a dare ripetizioni a una sua amica. Mi manca tanto mia sorella, vi prego trovate il bastardo che l’ha uccisa” – esclamò Megan e scoppiò a piangere. JJ uscì per prendere un po’ d’aria, Emily la seguì e cercò di parlarle.

“JJ che ti succede?” – chiese Emily.

“Ho paura, Emily. Sheila è la mia migliore amica del liceo. Era una ragazza solare, amava vivere la vita e aiutare il prossimo. Conobbe un ragazzo, che faceva parte della squadra di football, mentre ci trovavamo agli allenamenti di calcio. Si innamorarono, però io non ero d’accordo perché non voleva che trascurasse i suoi doveri e in particolare quelli con la squadra. Quando poi seppi che rimase incinta, litigai con lei, le dissi cose orribili. Poi un giorno, Wyatt, l’agente che vi avevo presentato prima, mi chiamò e mi disse che Sheila non era tornata a casa. L’andai a cercare e la trovai sul campo di allenamento. Stava piangendo; aveva perso l’amore della sua vita in un tragico incidente mentre stava cercando una casa dove convivere. Lei fu contenta di vedermi e io mi sentii così in colpa di averla lasciata da sola a sopportare il suo dolore. Decise di tenere il suo bambino, nonostante la tenera età, per sentire la presenza del suo amato. Lei mi fece capire cosa significasse ‘amare’, io invece pensavo a alle cose più futili, quali l’ambizione. Ora mentre lei si trova nelle mani dell’assassino, io sono qui e non ho trovato nulla per poterla salvare” – raccontò JJ e le lacrime cominciarono a scendere di nuovo

“JJ, devi essere forte. Tu stai facendo molto per lei: hai coinvolto tutti noi in questo caso e sapevi che non poteva essere di nostra competenza. Se non fosse stato per la tua volontà e determinazione, non staremmo mai stati qui e avremmo permesso all’S.I. di uccidere altre due vittime” – rispose Emily porgendo a JJ una fazzolettino per asciugarsi le lacrime.

“Hai ragione, Emily. Ha bisogno di noi e non devo perdere la speranza. Torniamo alla stazione e vediamo cosa hanno scoperto gli altri” .

Io e Reid ci trovavamo nell’obitorio.

“Ecco, Spencer. Sono arrivati le analisi di Libby Lang: non ci sono segni droga, malattie, ma…oddio ha la prolattina elevata” – dissi.

“Era incinta. Ora si spiega tutto. L’S.I. uccide le madri e non i loro bambini; perciò non ha colpito la zona addominale. Sapeva che era incinta e che quella zona era riservata solo per la crescita del bambino” – disse Spencer.

“Ma la domanda che dobbiamo rispondere è come l’S.I. sapeva queste informazioni sulle sue vittime” – esclamai.

“Devo andare subito dagli altri. Vieni anche tu?” – mi chiese.

“No, io rimango qui per controllare se c’è qualcosa che ho tralasciato, tu vai o ti devo accompagnare con la manina?” – dissi ironicamente.

“Più che altro mi preoccupo di lasciarti da sola qui, dato che potresti combinare guai!” – rise Spencer.

“Farò la brava papino, promesso. Ora muoviti!” – esclamai e lui uscì.

 

Tutti raggiunsero Hotch e l’agente Drake.

“Hotch parlando con entrambe le famiglie, le due vittime sono legate a Sheila Collins perché è la loro consulente” – disse Derek.

“Gli esami che Keira ha fatto su Libby Lang è emerso che lei fosse incinta e l’S.I. lo sapeva benissimo” – disse Spencer.

“Ciò è stato confermato dalla sua sorella della vittima” – concluse Emily.

“Quindi chi dobbiamo cercare?” – chiese l’agente Drake.

“Un uomo, bianco, avrà all’incirca una trentina d’anni. E’ di Pittsburgh e quando era piccolo, era stato maltrattato da sua madre che, come le sue vittime, è una ragazza-madre” – disse Rossi.

“Ma dove possiamo iniziare a cercare? Come conosceva le sue vittime?” – chiese Drake.

“L’S.I. lavorava con Sheila Collins al consultorio. Le informazioni vengono raccolte in genere su un questionario che le pazienti devono riempire prima di sottoporsi al colloquio. L’S.I. le avrà prese per documentarsi sulla loro situazione e le ha studiate bene per poter agire. E’ perfettamente organizzato” – spiegò Hotch.

“Chiamo Garcia!” – disse Derek.

“La dea della saggezza Penelope Garcia è tutta orecchie!” – esclamò.

“Garcia puoi trovare l’elenco di chi lavorasse nel consultorio con Sheila Collins?” – chiese Derek.

“Mio bignè al cioccolato mi deludi con queste richieste così banali per me. Eccolo qui. Abbiamo trenta indiziati!”

“Cerca un uomo sulla trentina, che si occupa degli archivi e dei questionari dei pazienti e che ha subito dei maltrattamenti da bambino” – spiegò Derek.

“Signori e signore l’S.I. di oggi è Douglas Ross. Maltrattato e abbandonato da sua madre. La custodia è andata ai suoi zii, perciò ha preso il loro cognome” – disse Penelope

“Sai dove si trovano?” – chiese Derek.

“Ti mando le coordinate sul tuo cellulare, zuccherino!”

“Sei favolosa, bambolina!” – disse Derek. “Ragazzi, Garcia ci ha dato le coordinate per trovare la casa degli zii di Douglas Ross”.

“Agente Drake, prepari i rinforzi!” – disse Hotch.

 

Arrivarono alla casa dei Ross.

“Salve, posso esservi utile?” – chiese il signor Ross.

“Signor Ross, siamo dell’FBI e cerchiamo vostro nipote Douglas” – disse Hotch.

“Doug non è qui, agenti e non so dove egli sia!” – rispose.

All’improvviso il cellulare di Spencer squillò. Era Keira.

“Spencer, ho delle novità. Sui capelli di Libby Lang ho trovato tracce di terreno e foglie secche. Probabilmente è il luogo dove si trova in questo momento l’S.I.” – dissi.

“E quindi dove tiene anche Sheila Collins. Grazie Keira!” – Spencer chiuse il cellulare – “Signor Ross, prima di prendere in custodia Douglas, dove viveva prima con sua madre?”

“In una vecchia casa abbandonata, vicino a un giardino. A tre isolati da qui” – rispose.

“Hotch, si trova lì l’S.I. . Keira ha trovato le tracce di terreno sulla seconda vittima. E’ lì che tiene Sheila Collins” – spiegò Spencer.

“Agente Drake, prepari i rinforzi” – ordinò Hotch.

“Subito, agente Hotch” – rispose l’agente Drake chiamando la sua pattuglia.

 

Arrivarono alla vecchia casa di Douglas. JJ non esitò a buttare giù la porta con un calcio e cercò disperata Sheila. Sentì un rumore.

“JJ c’è qualcuno qui!” – disse Derek. Salirono le scale. Il rumore si fece sempre più forte. Derek aprì lentamente la porta. Era Simon. Legato e imbavagliato. JJ lo liberò.

“Simon, va tutto bene. Ora sei al sicuro!”

“Ha portato via la mia mamma” – esclamò piangendo Simon.

“Dopo l’avrà portata quel bastardo!” – pensò ad alta voce Derek.

Poi Simon si ricordò le ultime parole di sua madre.

“La mia mamma mi ha detto di dire una cosa alla signorina JJ” .

“Sono io, Simon. Cosa ha detto di dirmi la tua mamma?”

“Terzino” – rispose Simon.

“Che vuol dire?” – chiese confuso Derek.

JJ l’aveva sentita già questa parola. Era qualcosa che riguardava il suo passato.

“Derek, so dove si trova Sheila! Terzino era il ruolo di Sheila nella squadra di calcio e credo che l’abbia costretto a trascinarla lì perché sapeva che l’avrei trovata lì!” – spiegò JJ – “Devo andare lì. Tu occupati di Simon!”

“Ma, JJ…” . Derek non riuscì a fermarla così prese in braccio il piccolo Simon e lo portò fuori dalla casa.

“Wyatt, dobbiamo andare al campo di calcio. E’ li che si trova Sheila!” – disse JJ.

“Come lo sai?” – chiese Hotch.

“Mi ha lasciato un indizio tramite Simon!” – rispose JJ.

“Andiamo!” – esclamò Rossi.

 

“Che strano posto per morire, mia cara Sheila!” – rise Douglas mentre la trascinava con i capelli verso il campo.

“Douglas, ti posso aiutare! Tu non sei cattivo! Hai tutte le ragioni del mondo per odiare tua madre, ma non devi essere costretto a fare tutto questo” – cercava di perdere tempo Sheila per aspettare i rinforzi.

“Taci! Credi di sapere tutto perché anche tu hai passato la stessa loro esperienza ma non sai come ci si sente ad essere abbandonati. Si fanno mettere incinte e poi buttano i loro figli come spazzatura, credendoli responsabili delle loro sciagure” – urlò Douglas prendendola a schiaffi.

“Ma non tutte sono come tua madre, Douglas. Io amo mio figlio, non lo avrei mai abbandonato e non mi pentirei mai di averlo messo al mondo. Metti fine a tutto questo odio e questa vendetta, tu hai bisogno di essere amato. Pensa ai tuoi zii che ti hanno cresciuto e amato” – rispose Sheila sopportando il dolore.

 

JJ finalmente arrivò e, mentre Hotch e la sua squadra si stava mettendo il giubbotto antiproiettili, andò diretta verso Douglas.

“JJ! Qualcuno la fermi!” – urlò Emily ma i suoi sforzi sono inutili.

“Douglas, mi chiamo Jennifer Jareau. Non voglio farti del male. Ecco ho buttato la pistola per terra. Voglio parlare con te, ma prima lascia andare Sheila!”

“E perché la dovrei lasciare? Lei ha la colpa di aiutare a coloro che abbandonano i propri figli, una volta messi al mondo. Sono tutti degli egoisti, non sapendo che le vere vittime siamo noi figli!” – urlò Douglas, mentre puntava il coltello alla gola di Sheila.

“Se la lasci, ti prometto che starai in un posto migliore e dimenticherai tutto il tuo passato riguarda tua madre. Non soffrirai più. Tu non vuoi che Simon rimanga solo come te. Lui vuole la sua mamma e lo sai come si prova a vivere senza l’amore materno”.

Douglas ripensava alle parole di JJ e decise di lasciare libera Sheila.

Mentre Hotch arrestò Douglas, JJ andò subito ad abbracciarla.

“Sapevo che avresti capito!” – singhiozzava Sheila.

“Non ti avrei mai abbandonata” – rispose JJ piangendo insieme a lei.

Riaccompagnarono Sheila da suo figlio. Wyatt si avvicinò verso JJ.

“Grazie, Jennifer, senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta”.

“Ma se non era per te, Wyatt, non saremo mai venuti qui” – rispose JJ con un sorriso.

“Sai mi hai fatto venire in mente i vecchi tempi, quando giocavate con la vostra squadra e vinceste il campionato” – sorrise Wyatt.

“E’ incredibile che siano passati tutti questi anni. Comunque io credo che Sheila sia fortunata ad avere al fianco una persona come te. E penso che sia giunto il momento di iniziare una nuova vita, con qualcuno al suo fianco. Tu potresti essere quella persona!” – disse JJ.

“Jen, io ero e sono ancora innamorato di Sheila, ma non so se lei prova i miei stessi sentimenti” – rispose Wyatt mentre osservava da lontano l’immagine di Sheila che abbracciava suo figlio.

“Non lo potrai mai sapere, se non farai capire i tuoi” – gli consigliò JJ e si avvicinò a lei Hotch.

“Hai rischiato la tua vita affrontando un S.I. senza arma. La tua azione è stata impulsiva e irresponsabile; però senza di te, avremo avuto un’altra vittima. Poi se non mi avessi convinto, non saremo mai venuti qui” – disse Hotch.

“Grazie, Hotch. Te ne sono debitrice” – sorrise JJ e andò verso Sheila.

 

“Mi dispiace che ci siamo riviste dopo tanto tempo in spiacevoli circostanze” – disse Sheila.

“Non importa. L’importante è che tu sia qui. E poi Simon è stato bravissimo!” – rispose JJ accarezzandogli i capelli dolcemente.

“E’ l’unica ragione per cui esisto e mi fa andare avanti” – disse Sheila.

“C’è anche qualcun altro, oltre a me, che è contento che tu sia salva” – esclamò JJ e volse il suo sguardo verso Wyatt.

“Oh, Wyatt mi ha aiutata tantissimo in questi anni; per un momento è come se avessi sentito la presenza di Jacob”.

“Una volta mi dicessi che l’amore è come una partita di calcio: c’è sempre qualcuno per cui miri la palla in rete!” – e risero entrambe.

“Sai è da molto tempo che non gioco a calcio. Ti va di fare una partita? Volevo organizzare qualcosa per beneficenza” – propose Sheila.

“Perché no? Sperando di ricordarmi come si facessero i cross” – rise JJ.

 

Raggiunsi dopo un po’ la mia squadra.

“Sei arrivata finalmente!” – disse Emily.

“Vedo che è andato tutto bene” – sorrisi.

“Ottimo lavoro, Martines!” – esclamò Hotch.

“Gr..grazie mille!” – arrossì a quelle parole.

“Vedo che siamo al completo. Ho una cosa che vi devo dire: io e Sheila vogliamo organizzare una partita di calcio per beneficenza, vi va di partecipare?” – chiese JJ.

“Bellissimo io ci sto!” – risposi.

“Anche io, JJ. Però non sono molto brava con i piedi” – scherzò Emily.

“Non male come idea” – disse Derek e acconsentì.

“Io credo che sia molto pericoloso questo sport: provoca contusioni, lussazioni e…”

“Dai, Spence! Tu giocherai vero?” – e JJ fece gli occhietti dolci e fregarono Spencer ancora una volta.

 

“Allora Wyatt chi è la vostra squadra?” – chiese Sheila.

“Siamo quattro: io, Mike, l’agente Morgan e il dottor Spencer Reid” – rispose Wyatt – “Tu Sheila?”

“Siamo io, Jennifer, Emily e Keira” – rispose.

Arrivò molta gente, mentre Rossi e Hotch si occuparono di raccogliere i fondi. “ Perché non giochi anche tu?” – chiese curioso Rossi.

“Mi piace guardarle le partite, non giocarle!” – rise Hotch.

 

Le due squadre prepararono la formazione. Sheila e io alla difesa, Emily in porta e JJ attaccante; mentre in porta stava Mike, alla difesa Spencer e Wyatt, in attacco Derek. L’arbitro fu uno degli uomini di Wyatt. La partita iniziò. La partita finiva fino a tre punti.

“JJ, sei pronta, faccio un cross per te!” – disse Sheila.

“Reid, marca JJ!” – urlò Derek.

“Cosa vuol dire marcare?” – chiese Spencer che rimase fermo nel campo, non sapendo cosa fare. JJ ne approfittò e segnò il primo punto.

“Vuol dire non permette che qualcuno tiri in porta o faccia un passaggio! Ecco adesso siamo fregati, non voglio farmi umiliare così!” – rispose adirato Derek.

“Dai ragazzi, è soltanto l’inizio. Ce la possiamo fare!” – incoraggiò Wyatt.

“Con questo ragazzino in campo, dobbiamo sperare di non perdere venti a zero!” – ironizzò Derek.

“Ragazze, siamo andando forte. Ora attaccano loro, cerchiamo di chiudere bene la difesa!” – disse JJ.

La palla questa volta era di Mike, che riuscì a evitare Sheila e passò la palla a Derek. Ma doveva fare i conti con me!

“Non passerai, caro Derek!” – dissi mentre cercavo di capire le sue mosse.

“Oh, baby, dovranno passare molti anni per fermare Derek Morgan corpo a corpo!” – rispose e segnò un gol fuori area.

“Mi dispiace, ragazze non l’ho presa” – disse dispiaciuta Emily.

“Non ti abbattere, Emily. E’ stata colpa mia se quello scimmione è riuscito a liberarsi” – dissi.

“Ragazze, niente chiacchiere dobbiamo concentrarci!” – esclamò Keira.

“Bel tiro, Morgan!” – si complimentò Wyatt.

“Grazie, ma non perdiamo la calma!” – esclamò Derek concentrato e determinato a vincere.

Emily rinviò la palla a Sheila, di nuovo marcata da Mike.

“Sheila sono libera, passa” – urlò JJ e gliela passò.

“Reid!” – urlò Derek.

“Si ho capito!” – rispose Spencer e si trovò faccia e faccia con JJ.

“Ehi, Spence. Mi puoi far passare?” – scherzò JJ.

“Non posso perché ti devo togliere la palla!” – disse e clamorosamente Spencer riuscì a prendere.

“Ehi Morgan, ho tolto la palla a JJ!” – esultò.

“Reid, devi prendere la palla!” – ma le parole di Derek furono inutili poiché ne approfittai subito.

“Grazie, Spencer!” – tirai e segnai.

“Bene, adesso stiamo due a uno! Quando togli la palla, non la devi lasciare così, per i fatti suoi. La devi PRENDERE!!” – disse Derek rimproverando Spencer.

“Non è colpa mia, perché non lo fai tu?” – rispose sbuffando Spencer.

“Ti devo prendere a schiaffi, ragazzino?“

“Ehi, ehi basta, ragazzi! Ora pensiamo a recuperare!” – disse Mike per calmare le acque.

“Bello, non dobbiamo recuperare, ma VINCERE!” – rispose Derek deciso.

“Manca ancora un punto e abbiamo vinto!” – esclamai.

“Non cantiamo vittoria subito, sono determinati più che mai” – disse Emily.

Wyatt inviò la palla a Mike e riuscì a scartarmi e a passarla a Derek.

“Sei tenace, ma mi devi far passare!” – disse Derek a Sheila.

“Non oggi, caro!” – rispose Sheila. Derek trovò un varco e tirò. Emily riuscì a parare il tiro ma gli sfuggì la palla che si avvicinò ai piedi di Spencer.

“Reid, tira subito!” – urlò Derek.

“Keira, ferma Spence!” – ordinò JJ. Arrivai troppo tardi e Spencer riuscì a segnare.

“Bravo, ragazzino! Così mi piaci!” – esultò Derek dando una pacca al suo compagno.

“Mi dispiace, ragazze. Non lo avevo visto!” – dissi dispiaciuta.

“Tranquilla, Keira! Ce la faremo!” – disse JJ.

Poi all’improvviso Mike si stese per terra. “Ragazzi, credo di essermi stirato la gamba, non posso continuare a giocare”.

“Oddio, adesso che facciamo? Chi lo potrà sostituire?” – si disperò Derek.

Rossi, osservando la situazione, cercò la soluzione

“Aaron, mi occupo io del resto, hanno bisogno di un sostituto perché non vai?”

“David, ma perché io?” – chiese Hotch.

“Fare qualcosa di diverso dal dare la caccia ai criminali sarebbe divertente ogni tanto!” – sorrise e convinse Hotch.

“Hotch che ci fai qui?” – chiese Derek.

“Che domande, giocherò io al suo posto dell’agente Mike” – rispose Hotch.

“Non ci posso credere! Questo si che è uno scoop!” – esclamò stupita Emily.

Mentre Rossi accompagnava Mike sulla panchina, Hotch entrò in campo. Mancavano pochi minuti e un solo punto mancava ad entrambe le squadre per vincere.

“JJ, voglio che l’azione d’attacco sia diretta da me!” – disse Sheila.

La folla incitava, ma tutti erano concentrati al massimo.

Derek passò la palla a Hotch che avanzò velocemente in area dove si trovava Emily.

“Emily!” – urlai. Quando Hotch tirò, lei riuscì a toccarla ma non a prenderla. Si stava dirigendo verso la porta. “Oh no! Non è possibile!” – pensò rassegnata Emily. Ma clamorosamente la palla toccò la traversa e non entrò in rete. Riuscì a prendere la palla e corsi. Poi mi ritrovai Spencer di fronte.

“Keira sono smarcata passamela!” – urlò JJ e così feci.

JJ avanzò fino alla porta e non vide ancora Sheila. Derek la bloccò. “JJ non passerai!”. Mancavano dieci secondi alla fine. JJ non sapeva cosa fare. Poi una voce la salvò. Era quella di Sheila.

“JJ sono qui, crossa!” – urlò Sheila e JJ riuscì a passargliela.

Wyatt uscì dall’area per prendere la palla. Sheila ripensò alle parole di JJ. Questo tiro lo dedico a te Wyatt. La palla entrò dentro.

L’arbitro fischiò la fine. Avevano vinto le ragazze.

“Sheila abbiamo vinto!” – disse JJ abbracciandola fortemente – “E’ come quando vincemmo il campionato!”. Emily e io le raggiungemmo per festeggiare.

“NOO! Non è possibile che abbiamo perso!” – esclamò dispiaciuto Derek.

“Però è stato divertente!” – commentò Hotch.

“Qualche volta ce l’hai un po’ di umorismo!” – scherzò Emily.

“Grazie a questa partita, abbiamo raccolto molti fondi. Complimenti a tutti voi!” – esclamò Rossi.

 

Calò la sera. Era il momento di partire.

“Bhè Sheila, credo che sia arrivato il momento di salutarci”.

“Grazie per tutto JJ. E mi raccomando salutami anche il tuo bambino” – disse.

“Ma come lo sai?” – chiese sorpresa JJ.

“Non sono una profiler ma ho visto come hai accarezzato Simon, tipico di una giovane mamma” – rise.

“Ha quasi un anno. Si chiama Henry” – disse JJ.

“Che bel nome!” – commentò Sheila.

“Ora devo andare…e poi c’è qualcuno che ti aspetta” – e JJ indicò Wyatt che aveva in braccio Simon.

“Abbi cura di te!” – rispose e si abbracciarono fortemente. Salutò Wyatt e Simon.

 

“Ragazzi che giornata! Sono distrutto!” – esclamò Derek.

“Però vi abbiamo stesi, tigre!” – disse Emily prendendolo in giro.

“Tutta colpa del ragazzino!” – sbuffò Derek.

“Ma…non ci posso fare niente! Non ho mai avuto esperienza su questo genere di cose” – si giustificò.

“Troppe ne sono!” – conclusi e tutti risero. Poi vidi JJ avvolta nei suoi pensieri.

“Ehi, JJ!”

“Ehi, Keira. Hai fatto un ottimo lavoro!” – sorrise.

“Senti JJ, ti va di venire con me in moto?” – proposi – “E’ un buon rimedio per liberarsi dai pensieri!”.

“Certo, volentieri!” – rispose JJ.

“JJ..ma..c..cosa stai facendo?” – chiese Spencer, sconvolto.

“Sto mettendo un casco, Spence. Andrò con Keira in moto” – rispose JJ.

“Coosa? Ma le moto provocano il 70% dei…”

“Shh, Spencer non gufare! Le statistiche mi hanno fatto cadere stamattina!” – esclamai.

“Ma guarda un po’ poi dove era caduta!” – rise Derek ripensando a ciò  che aveva visto stamattina.

“Ragazzi, andiamo forza! Non siete stanchi?” – si lamentava Emily.

“Ok, voglio stare io al volante però!” – esigeva Derek mentre salì in macchina.

“Prego, Derek, parti prima tu!” – dissi.

“Con piacere, ti straccerò in un batter d’occhio” – rise.

“Non ti conviene provocarmi. JJ tieniti forte!” – dissi mentre accesi il motore.

“Bye bye, baby. Ah che soddisfazione, dopo quella batosta della partita!” – esclamò fieramente Derek.

“Eh, perdonami che ti rovino il tuo momento di gloria, ma c’è JJ che ti sta dicendo qualcosa!” – gli rammentò Emily sorridendo.

“Ah, Prentiss non è possibile. La dottoressa ancora doveva mettersi il casco…” – appena che si volttò dall’altra parte non poteva crederci a quello che stesse vedendo.

“Ehi, Derek, vedi di non fare troppo tardi. Il volo sta tra un’ora!” – rise JJ, mentre sorpassai il SUV.

“Eh, Morgan, che hai intenzioni di fare? Guarda che soffro il mal di macchina!” – si preoccupò Spencer.

“Hotch, spero che non mi sospenderai per quello che sto facendo!” – disse Derek mentre cambiava la marcia.

“Eh? Non capisco…” – disse Hotch, distratto dal suo rapporto sul caso. Troppo tardi. Aveva premuto l’acceleratore e stava per raggiungere Keira e JJ.

“Ah..ah! Ride bene chi ride ultimo, bamboline! Mai mettersi contro Derek Morgan!” – esclamò.

“Mi sento male” – si lamentava Spencer mentre Emily gli faceva aria con i rapporti.

 

Dopo due ore, ritornammo tutti a Quantico. Penelope ci accolse calorosamente.

“Bentornati miei tesori. JJ sei stata favolosa!” – abbracciò la sua migliore amica.

“Grazie, Penelope. E’ stato anche merito tuo e delle tue magie cibernetiche!” – rispose JJ.

“Ragazzi, devo tornare a casa! Questo weekend tocca a me a prendermi cura di Jack. Buon fine settimana!” – disse Hotch mentre uscì dall’open space.

“Anche io dovrei andare. Domani ho un incontro riguardo la stesura del mio ultimo libro” – disse Rossi.

“Ragazzi, che progetti avete per il weekend?” – chiese curioso Derek.

“Io e Will rimaniamo a casa perché dobbiamo sistemare la cameretta di Henry” – disse JJ.

“Io e Kevin andiamo a una gara di videogiochi a Washington!” – disse Penelope.

“Io dovrei andare a una conferenza sulla psicologia criminale!” – disse Spencer.

“Oddio, Reid! Ma i tuoi weekend non cambieranno mai! Io non ho idea di cosa fare” – disse Derek.

“Morgan, mi sono ricordata che nel weekend organizzano una fiera su Kurt Vonnegut, ti va di accompagnarmi?” – propose Emily.

“Mi hai salvato il weekend, Prentiss! Certo che ti accompagnerò! E tu Keira?” – chiese Derek, mentre ero distratta dallo scrivere i miei appunti.

“Devo occuparmi del locale. Niente di particolare!” – risposi.

“Peccato!” – commentò Derek mentre guardava Spencer.

“Ragazzi, buon riposo a tutti voi!” – esclamò JJ e tutti uscimmo.

 

JJ aprì la porta di casa. “Will, sono tornata!”. Ma non trovò nessuno. Allora JJ andò in cucina e trovò la tavola ben preparata con la cena, decorata da due candele.

“Bentornata, tesoro. Ti stavamo aspettando” – disse Will tenendo in braccio il piccolo Henry.

“Oh, l’ometto della mamma. Mi è mancato tantissimo oggi!” – disse mentre lo coccolava dolcemente, godendosi il suo profumo di latte.

“Dai tuoi occhi, vedo che è andato tutto bene!” – constatò Will.

“Si. Lo sai ti devo dire una cosa: ho ritrovato me stessa non cercando di andare sempre più in alto, con l’ambizione, ma rimanere per terra stando accanto alle persone che amo. E tu ne sei la prova. La mia paura più grande è quella di non poter mai essere all’altezza di stare al tuo fianco od occuparmi di Henry per il mio lavoro...” . Will la zittì poggiando le sue labbra su quelle di JJ.

“Ma perché parli sempre? Come quella volta quando non volevi raccontare alla tua squadra di noi. Io voglio solo la tua presenza, che mi permette di guardare la realtà con un sorriso. Tu sei me. Me stesso.”

“Ora sei tu quello che parla sempre!” – rise JJ e lo baciò, sentendo un calore dentro di sé. Il calore dell’amore.

 

Is it true what they say?
Are we too blind to find a way?
Fear of the unknown clouds our hearts today
Come into my world
See through my eyes
Try to understand
Don´t want to lose what we have   (See who I am – Within Temptation)

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Capitolo 4
*** Chapter 4 - Il sogno e la fotografia ***


Capitolo 4

 

“Tu attraversi il mondo intero alla ricerca della felicità, che è a portata di mano di ogni uomo”

                                                                                          Orazio

 

6:30 PM

 

Spencer era appena tornato dalla conferenza. Poi il suo telefono cominciò a suonare. Era Penelope.

“Ciao Reid, come butta genietto?”

“Ciao Garcia. Sono appena tornato dalla conferenza. Oggi abbiamo discusso sui soggetti ignoti affetti da un disturbo ossessivo compulsivo; sinceramente mi aspettavo che discutessimo su quelli affetti da disturbo della personalità multipla…”

“Si, Reid, molto interessante. Senti ti devo chiedere un favore: ho un fascicolo per Keira e me ne sono dimenticata di darglielo. Potresti farlo tu al posto mio?”

“Ma perché io, Garcia? Potresti andarci tu?”

“Zuccherino tra un’ora io e Kevin dobbiamo stare a Washington per la gara e non possiamo fare tardi altrimenti saremmo tagliati fuori. E tu sai benissimo che quando le cose non mi vanno bene, se fossi tu la causa, posso rendere la tua vita un inferno. E tu non vorresti, vero?” – minacciò Penelope al telefono.

“O..o…ok. Ci andrò e glielo porterò” – balbettò Spencer per la paura.

“Ma che bravo il mio cucciolo! Ti aspetto. Penelope Garcia, passo e chiudo!” – riattaccò.

 

“Bene. Garcia mi ha sistemato la serata. Non si rende conto che stando anche cinque minuti con Keira, succedono le peggiori catastrofe. Mi costringerà a fare di nuovo un altro lavoro forzato. Grazie Garcia!” – si agitò Spencer, camminando avanti e indietro. Poi decise di mettersi il suo cappotto e uscì.

Penelope lo aspettava fuori casa sua insieme a Kevin.

“Reid, sei in ritardo! Comunque ecco il fascicolo di Keira. Mi raccomando non lo perdere. Ora io e Kevin dobbiamo scappare. Ti auguro una buona serata e non fare il mascalzone, anche se ci volesse un miracolo affinché possa accadere” – rise Penelope.

“Non credo proprio che sarà una buona serata” – rispose sarcasticamente Spencer mentre posò il fascicolo nella sua macchina.

“Dai, Reid. Non dire così! Keira è in gamba. E’ un po’ troppo bizzarra e vivace, ma saprà rendere interessante la tua serata. La più interessante di tutta la tua vita”

“Aspetta cosa vorresti dire?” – chiese perplesso Spencer.

“Mio bel dottore, anche se hai un Q.I. di 187, ne hai di cose da imparare. Questa è la tua prima lezione. Buona fortuna!” – concluse Penelope. Spencer cercava di fermarla, ma già era fuggita insieme a Kevin.

 

“Shlainn mi porti lo shampoo?”

“Dannazione, Keira. Sarò la tua coinquilina, ma non la tua serva! E’ la terza cosa che mi chiedi in cinque minuti” – esclamò Shlainn.

“Ti ringrazio, Shlainn, come farei senza te!” – risposi mentre mi sciacquavo i capelli.

“Ecco, quando dici così, mi freghi sempre!” – rise Shlainn. “Senti, furbacchiona, mi racconti sempre dei tuoi casi con la tua squadra, ma non mi hai detto nulla su quello che è successo l’altra sera con Spencer Reid! Avanti sputa il rospo!”.

“Niente di interessante, Shlainn. Cosa ci si può aspettare da un tipo come Spencer?” – risposi.

“Ah..ah. Non me la conti giusta, cara! I tuoi occhi non mentono. Comunque credo che dovresti conoscerlo più profondamente. Cerca di aprirti un po’ di più con lui, altrimenti ci saranno sempre delle incomprensioni; magari ci sarà qualche parte di lui che ti piacerà al di là del suo essere ‘so tutto io’. Keira, perché mi guardi così?” – chiese Shlainn sorpresa.

“Ho dimenticato il phon nella mia camera!”

Shlainn mi diede un colpetto sulla fronte.

“Ma hai sentito quello che ho detto? Sei incorreggibile! Magari ci fosse in questo momento Spencer, così mi farei due grosse risate!” – minacciò Shlainn.

“Ahaha, questa si che è buona, Shlainn. E’ capitato solo quella sera che avevi previsto la presenza dei miei colleghi al locale, ma questa volta no! Ti giuro, se si dovesse avverare, ti servirò io quando farai il bagno!” – risi a crepapelle. Shlainn uscì dal bagno, sconfitta, e andò a prendermi il phon. “Ride bene, chi ride ultimo, mia cara Keira!” – pensò.

 

Nel frattempo, Spencer arrivò al “Nirvana”.

“Che avrà voluto dire Garcia? Cosa c’è da capire? Devo soltanto portare un fascicolo a una collega e basta. Cosa c’è di interessante? Cosa c’è di speciale?” – pensò ad alta voce Spencer. Poi trovò il citofono e bussò.

“Shlainn, il citofono!” – esclamai mentre mi asciugavo i capelli.

“E guarda un po’ chi devi andare? IO!” – rispose irritata Shlainn. “Pronto?”

“Eh, Keira sei tu? Sono Spencer. Garcia mi ha dato un fascicolo che ti appartiene e sono venuto a portartelo. Posso salire?” - Spencer era imbarazzatissimo.

Shlainn non poteva crederci. Ancora una volta le sue preghiere furono esaurite. Camuffò la voce di Keira.

“Si, Spencer ti apro subito!”.

Quando uscì dal bagno in accappatoio, vidi Shlainn che si stava vestendo.

“Shlainn, dove devi andare?”

“Eh, mi sono ricordata che stasera c’era un ricevimento organizzato dal mio direttore. Credo che farò tardi quindi non mi aspettare” – rispose.

“Chi era al citofono?” – chiesi.

Shlainn doveva inventarsi una scusa. “Beh..era..era...Kim! La mia collega di lavoro. E’ venuta a prendermi e infatti sono in ritardo”.

“Ma sono le sette!”

“Allora sono in super ritardo! Devo occuparmi dei preparativi. Ora devo scappare, ci penserai tu alla cena!”

“Cosa?? Era il tuo turno fare la spesa!” – esclamai sconvolta.

“Tesoro, guarda che oggi è il tuo turno” – rispose Shlainn mentre si metteva la sua giacca.

“Aspetta come farò, se te ne vai!” – dissi disperata.

“Te la caverai. E poi le cose belle bussano sempre alla porta!” – concluse Shlainn mentre aprì la porta.

“Cosa vuoi dire?” – ero ancora più confusa.

“Buona serata, Keira!” – rispose Shlainn e chiuse la porta.

“No, Shlainn, aspetta! Bene adesso cosa faccio? Keira, stai tranquilla, su! Ora devo prepararmi per andare a fare la spesa, se non voglio rischiare di morire affamata!”.

 

Poi sentì il campanello. Avrà cambiato idea? Come è cara Shlainn! E’ così premurosa per me!

Corsi pimpante verso la porta e la aprì senza rendermi conto di cosa stesse succedendo.

Rimasi immobile. Scioccata. Non avevo più parole.

“Ciao Keira…ti..senti..” – non feci concludere la frase a Spencer e chiusi immediatamente la porta.

“Oddio! Qualcuno mi può svegliare? Questo è un incubo! Cosa ci fa Spencer qui? Shlainn! Maledetta!” . Poi sentì la sua voce dal balcone. Uscì e la vidi sotto il locale.

“Ehilà Keira, allora come va? Avevo ragione?”

“Accidenti a te, Shlainn. Dannata! Che ci fa lui qui? Mi hai visto in che condizioni sono?”

“Piccola vendetta da parte mia. Comunque è venuto a portarti un tuo fascicolo. Mi raccomando trattalo bene e non lo scaricare subito. Vedrai che cambierai idea su di lui. Ciao, Keira!”

“Si, ciao! Poi faremo i conti!” – risposi entrando in camera. “Oddio devo mettermi qualcosa addosso!”. Erano passati dieci minuti. Spencer era ancora fuori alla porta.

“Keira, è successo qualcosa? Perché non mi apri?” – chiese preoccupato e iniziò ad agitarsi.

“Si, Spencer, sto benissimo. Aspetta…arrivo ad aprirti la porta subito!”

“Subito? Sono qui fuori da tredici minuti e tre secondi!” – esclamò Spencer.

“Ma devi essere sempre così preciso?” – commentai mentre aprì la porta – “Non rimanere come uno stoccafisso qui fuori, dai entra prima che cambi idea!”.

“Grazie mille per la tua calorosa accoglienza!” – ironizzò Spencer entrando nel mio appartamento. “Perché avevi un’espressione così sorpresa? Cosa credevi chi fosse? Mi hai aperto tu il portone!” – rise Spencer, mentre girovagava.

“Non ero io era quella stupida della mia coinquilina, Shlainn, te la ricordi? Quella che aveva cantato con me l’altra sera al locale!” – risposi mentre mi stavo mettendo le scarpe.

“Ho una memoria eidetica, Keira! Certo che me la ricordo. Comunque sono venuto qui solo per portarti questo fascicolo da parte di Garcia”

“Grande, Penelope! Ora posso scrivere le mie relazioni. Grazie mille per avermelo portato, Spencer. Non sapevo che avessi un animo così altruista!” – scherzai.

“Credo che ti sei fatta troppi pregiudizi sul mio conto!” – rispose.

“Beh considerando quando ci siamo conosciuti la prima volta, cosa pretendevi che pensassi di te?”.

“Ah guarda questo lo dovrei dire io! Statisticamente l’88% delle persone che erano presenti nei miei incontri non si sarebbe mai azzardato a chiamarmi…”. Gli tappai la sua bocca con le mie dita.

“No..no! Caro dottor Reid in casa mia le statistiche non sono le benvenute! Senti dato che dovrei uscire a fare la spesa, ti va di accompagnarmi?” – sorrisi.

Spencer rimase muto e immobile per un attimo. Perché questa proposta? Se non accetto, posso tornare a casa a leggere Proust o Doyle, però non riesco a spiegarmi perché ho bisogno di rivedere il suo viso. Dai, Spencer, dille di si! Non potrà mai succedere niente, a meno che non ti farà cambiare un’altra ruota!

“Va…vab…vabben…”

“Lo prenderò come un si! Allora andiamo!” – risposi e uscimmo entrambi.

 

Mentre camminavamo, notai Spencer molto agitato.

“Ehi, Spencer! Perché sei così nervoso? Stiamo andando a un supermercato non a un campo di concentramento!”

“Nervoso? Sono perfettamente tranquillo! Cosa te lo fa credere?”

“Beh, stai tremando come una foglia, soprattutto le tue mani. Dai, rilassati!”

“Cosa dovresti comprare?” – chiese curioso Spencer.

“Beh un bel po’ di roba, il frigo ha la pancia asciutta” – ridemmo entrambi e finalmente Spencer si calmò. Aveva un nuovo viso. Adoro il suo sorriso, rimarrei incollata ore e ore ad ammirarlo.

“C’è qualcosa che non va, Keira? Ho qualcosa sulla faccia?”

“Ah…no, no! Miracolosamente stai apposto! Eccoci siamo arrivati” – dissi ed entrammo.

“Spencer, vuoi prendere il carrello, per favore?”

“Si, Keira!” – Spencer si diresse verso i carrelli, ma non riusciva a prenderlo. Era incastrato. Stava tirando forte, ma non ci riusciva. “Eh…Keira…c’è un piccolo problema…non riesco a prenderlo!”.

“Oddio, Spencer, prendere un carrello non è scalare l’Everest. Aspetta sto arrivando!” – appena che dissi quelle parole, Spencer riuscì a tirarlo ma fece cadere tutti i barattoli per terra. La commessa, spaventata da quel rumore improvviso, andò a controllare.

“Cosa era quel rumore? Cosa è successo?” – chiese.

“Ci perdoni, signora, c’è stato un piccolo incidente e sono caduti tutti i barattoli. Ma state tranquilla, li metteremo in ordine come prima” – dissi.

“Mi raccomando, non fate troppo baccano!” – avvertì la commessa.

“La ringraziamo, ci scusi ancora!” – rispose Spencer.

“Ma non ti posso lasciare un minuto da solo?” – esclamai.

“Io e i carrelli non andiamo molto d’accordo. Lo sapevi che il carrello in fisica è un vincolo che elimina un solo grado di libertà perché impedisce la traslazione dei..”

“Se hai tanta voglia di fare fisica, aiutami a raccogliere i barattoli!”

Dopo che avevamo sistemato, finalmente potei prendere quello che mi serviva.

“Mi raccomando, Spencer, cerca di non urtare il…” – un detto e un fatto, Spencer urtò il carrello verso il bancone della verdura.

“…carrello! Spencer, credo che sia meglio che facciamo cambio. Ti dirò io cosa prendere, sempre se saprai riconoscerle!”

“Molto divertente, Keira. Non capisco perché non riesco a controllarlo. Io giro a destra e quello va a sinistra. Non sono molto incline con i lavori manuali.”

“Allora, prendi tre melanzane”.

Spencer prese una busta trasparente e riuscì a prenderle senza combinare guai.

“Fatto!” – rispose.

“Bravissimo! Ora si che ci capiamo! Poi mi serve due bottiglie di sugo di pomodoro e un pacco di pasta”. Man mano che gli dettavo la mia lista della spesa, Spencer mi aiutava a riempire il carrello.

“Ok, basta così. Ora possiamo andare alla cassa!”

“Come è lungo questo corridoio!” – notò Spencer.

Mi era venuta in mente un’idea. Più che idea, una follia.

“Ehi, Spencer, ascoltami bene: ora io e te manteniamo il carrello, faremo una piccola corsa, così spingeremo velocemente il carrello e arriveremo prima di tutti verso la cassa!”

“Eh? Cosa ti viene in mente, Keira! Hai visto stesso tu che sono un disastro con il carrello. E poi si verificano il 2% degli incidenti in un supermercato tentando quello che vorresti fare!” – si preoccupò Spencer.

“Dai, Spencer, per favore! Vedrai che non succederà niente. Ti piacerà! Allora?”.

Era questo quello che Garcia intendeva dire? Non credevo che fosse così la mia prima uscita con una ragazza!

“Ok…” – rispose rassegnato Spencer.

“Grande! Allora al mio tre: uno…due…treeeeee!” – e spingemmo il carrello e percorremmo velocemente tutto il corridoio. Io e Spencer avevamo gli occhi chiusi. Era una strana sensazione. Mi sentivo bene.

“Keira, credo che dovremmo fermarci stiamo arrivando alla cassa!”

“Ok, Spencer, mettiamo giù i piedi!” – e frenammo il carrello appena in tempo. Eravamo i primi alla cassa.

“Vi auguro una buona serata!” – disse sorridendo la gentile commessa.

“Grazie. Arrivederci!” – rispondemmo entrambi contemporaneamente.

 

“Wow, è stato divertentissimo! Era da parecchio tempo che non lo facevo. Quando ero piccola mi divertivo tantissimo a giocherellare con i carrelli del supermercato” – commentai.

“Davvero? Questa è invece per me la prima volta! Io in genere vado ai ristoranti, non ho mai fatto la spesa” – rispose Spencer.

“Ah, adesso si spiega tutto. Però vedo dalla tua faccia che ti sei divertito anche tu, non cercare di nasconderlo!” – risi.

“Mi hai smascherato!” – sorrise Spencer aiutandomi a portare le buste.

Arrivammo a casa. Spencer le poggiò delicatamente.

Avanti Keira, lo so che vorresti dirglielo. Avanti, coraggio.

“Eh, Spencer...beh, visto che sei stato così gentile da avermi aiutata, ti va di rimanere qui a cena?”.

Ero molto imbarazzata, anche se la timidezza non era stata mai un problema per me, questa volta prese il sopravvento. Proprio con lui.

Spencer, senza badare ai suoi pensieri o alla voce della sua coscienza, accettò l’invito.

“Benissimo. Io vado a  sistemare le buste della spesa, tu puoi accomodarti sul divano” – dissi.

“Ok” – rispose Spencer. Mentre andai in cucina, l’attenzione di Spencer fu tentata da un album aperto sul divano. Si sedette e lo prese. Vide alcune foto sparse che ritraeva la sua collega nella sua infanzia. Si divertiva a vederle, soprattutto il suo sorriso che, nonostante gli anni passati, è rimasto sempre lo stesso.

“Spencer, cosa vuoi da bere? Ehi quello è il mio…”

“Mi dispiace, Keira. Ora lo rimetto a posto. Non volevo, credimi” – Spencer cominciò di nuovo con uno dei suoi attacchi.

“Ehi, Spencer, calmati. Tranquillo puoi vederlo però fai attenzione a non perdere le foto, che ancora le devo incollare sull’album” – sorrisi mentre gli ridiedi l’album.

“Sono le tue foto da piccola?” -  chiese Spencer e ricominciò a sfogliarlo.

“Già. Nelle prime pagine sto insieme ai miei fratelli”

“Davvero? Non sapevo che avessi dei fratelli! Quanti?”

“Tre. Questo ragazzo a destra è mio fratello maggiore Maxy, ha trent’anni ed lavora come commissario di polizia, anche se il suo sogno è quello di lavorare come detective per l’FBI. E’ un tipo molto protettivo, soprattutto con me, sensibile e ha un forte senso del dovere. Quello a sinistra è Fab, ha ventuno anni e frequenta l’accademia aeronautica. Infatti le sue due passioni sono la musica e gli aerei. A differenza di Maxy, Fab è più impulsivo, però è molto fedele sia alla famiglia che alle amicizie. Invece questa ragazza seduta per terra è mia sorella Clelia, ha diciannove anni e sta frequentando l’ultimo anno di liceo. Il suo sogno è fare l’archeologa, come mia madre. E’ davvero una piccola peste, però le voglio molto bene, un po’ di più rispetto ai miei fratelli perché è la più piccola ed è la seconda femmina della famiglia. Tu hai fratelli, Spencer?”

“Io? Ah..no! Mio padre voleva avere altri figli, ma mia madre decise di no perché, secondo il suo parere, non voleva rovinare la ‘perfezione’” – rispose Spencer accennando un po’ di malinconia nelle sue parole.

“Per dire così, ti vuole davvero tanto bene”.

“Si, peccato che il nostro rapporto si limita solo a delle lettere. Lei è ricoverata in una clinica psichiatrica a Las Vegas perché soffre di schizofrenia. Mi capita qualche volta di andare a trovarla nei giorni di festa, però le scrivo tutti i giorni riguardo solo ed esclusivamente del mio lavoro. Le mie lettere sono soltanto una maschera per farmi perdonare di averla mandata lì quando diventai maggiorenne. Non merito tutto il suo affetto”.

“Non dire così. Anche se i genitori farebbero di tutto per aiutare e proteggere i propri figli, anche noi avvertiamo le loro sofferenze e ci sforziamo per rendere la loro vita migliore. Questa è la ragione per cui tua madre continua ancora ad amarti anche se l’hai mandata via. Rimarrà sempre orgogliosa di te e anche se quelle lettere possono essere apparentemente banali, sono molto importanti per lei: una madre avverte la presenza del proprio figlio in qualunque cosa”.

“Non certo mio padre. Se n’è andato quando avevo solo dieci anni, lasciando mia madre sola ad affrontare il suo problema. Lo rividi dopo diciassette anni per un caso a Las Vegas un paio di mesi fa e la mia rabbia divenne sempre più forte e accesa anche se desideravo ardentemente rivederlo dopo tanto” – il volto di Spencer divenne sempre più cupo e malinconico.

“Aspetta mi è venuta un’idea!” – dissi mentre aprii il mio cassetto – “Eccolo l’ho trovato! Prendilo!”

“Che cos’è, Keira? Sembrerebbe un quaderno!” – disse Spencer osservandolo.

“E’ un mini-album, simile al mio. Qui potrai mettere le foto che ti riportano alla mente dei ricordi che ti hanno fatto sorridere. Magari qualcuna con tua madre così avrai una ragione in più per scriverle; le farai capire che, nonostante le avversità e la lontananza che vi separa, il tuo affetto è immutato e sentirai la sua presenza”.

“Ma, Keira, ho una memoria eidetica. So perfettamente del mio passato, le foto non servono” – disse.

“No, Spencer. Le foto sono la tua essenza e non la puoi cancellare. Quando ti senti solo o hai bisogno di riflettere, puoi rivolgerti a loro, che ti indicheranno, anche inconsapevolmente, la tua strada. Sono la tua ragione di vita. Anche se vogliamo cancellare il passato, è difficile dire addio alle nostre foto. Prendilo!” – esclamai.

“Grazie!” – disse con voce sottile, a causa della sua innocente timidezza.

“Figurati. Dopo questa chiacchierata, mi è venuta proprio fame. E tu mi aiuterai a cucinare” – esclamai mentre mi incamminai di nuovo in cucina.

“Eh? Ma..ma non ho mai…”

“Meglio! Sarà più divertente. Basta parlare, mettiamoci al lavoro”. Spencer cercava di disilludermi ma ancora una volta aveva fallito. Raggiunse anche lui la cucina.

“Allora ho già messo a bollire l’acqua, ora devi tagliare in fette sottili le melanzane” – ordinai.

“Aspetta..hai detto tagliare? Lo sapevi che gli incidenti domestici sono provocati dal 45% ..”

“Eeeh! Stai infrangendo la prima regola: NIENTE STATISTICHE! Ora ti faccio vedere così impari” – dissi e lo aiutai. “Adesso prova tu”.

Spencer, acquistando fiducia in se stesso, tentò di compiere l’arduo compito da me imposto e se la stava cavando “Sto andando bene, Keira?”.

“Wow, non è giusto che hai imparato in trenta secondi mentre io imparai in una settimana!” – ridemmo entrambi.

“Ok, basta così. Mentre io mi occupo del resto, tu puoi iniziare ad apparecchiare la tavola” – ordinai.

“Credo che sia un’ottima idea. Vado subito” – rispose Spencer, sollevato.

 

Stava andando tutto per il meglio. Fu un’esperienza indimenticabile. Shlainn aveva ragione su Spencer. Mi bastava guardarlo al di là dell’apparenza, per apprezzarlo veramente. E se mi stessi innamorando di lui? No! Non può essere! Non potrei mai essere alla sua altezza. Deve meritarsi il meglio e mi accontento solo di essere la sua collega. Niente di più. La sua presenza qui mi fa sentire meno sola e allontana la mia nostalgia. Voglio conoscere il suo cuore. Questo è il mio unico desiderio. Niente di più.

 

“Ehi, Keira, credo che sia pronto” – mi avvertì Spencer, notando che ero distratta.

“Oddio, hai ragione. Me ne stavo per dimenticarne”.

“La solita sbadata! Ormai ti sto conoscendo bene” – commentò Spencer.

“Ehi, dottor Reid, vacci piano! E’ già finita la tregua?” – risi.

 

Era tutto pronto. Trascorremmo la serata a gustarci la cena.

“Ah, ora si che mi sento piena!”

“E’ stato tutto delizioso. Non ho mai assaggiato la cucina italiana.” – disse Spencer.

“Wow ricevere i complimenti da Spencer Reid è una cosa che non capita tutti i giorni. Credo che dovremmo brindare” – dissi e versai un po’ di birra in entrambi i bicchieri.

“Non credi di esagerare?” – rispose imbarazzato.

“No, assolutamente. Un brindisi alla nostra squadra, che è una grande famiglia, e a te, Spencer, che hai imparato in tre giorni a cambiare una ruota, a portare un carrello della spesa e a cucinare”.

“Un brindisi anche a te, Keira, che sei entrata a far parte della nostra unità e hai reso possibile tutto questo”.

“Cin-cin” – dicemmo entrambi e bevemmo.

“Bene credo che sia il momento di fare i piatti, altrimenti Shlainn me li farà ingoiare. Nel frattempo, puoi fare un giro per la casa, poiché me ne sono dimenticata di mostrartela” – dissi mentre raccoglievo i piatti.

“Dovresti aggiungere una dose in più di potassio nella tua alimentazione” – rise Spencer alzandosi dalla sedia.

“Lo terrò presente, mammina!” – sbuffai.

 

Spencer cominciò a girovagare. Si sentiva bene qui. Fu incuriosito dalla camera da letto. Con un po’ di esitazione, decise di entrare. Era eccessivamente stravagante; sembrava la postazione di Penelope. Lo scaffale era pieno di dischetti di musica rock; c’erano alcuni libri: Andersen, Christie, Shakespeare, Wilde, Pirandello, Omero e Virgilio. Poi vide una grossa cesta colma di pupazzi, simili a quelli che aveva visto nell’ufficio di Keira. Ne prese uno e iniziò a giocherellarci.

Quando ero piccolo, molti bambini ne avevano uno. Io invece avevo gli scacchi o i miei libri e non capivo mai cosa significasse averne uno. Adesso ho capito. Lei mi sta aprendo gli occhi dove li ho chiusi per tutto questo tempo. Sono cresciuto troppo in fretta, dimenticandomi cosa significa essere bambini. Solo lei me lo ha fatto capire. Solo lei. Perché?

 

“Spencer dove sei?” – dissi mentre lo cercavo.

“Keira, sono nella stanza da letto. Suppongo che sia la tua!”.

Raggiunsi la mia stanza e lo trovai con uno dei miei pupazzi in mano.

“Vedo che stai facendo amicizia con Mr. Tomo!” – risi.

“Mr. Tomo?” – chiese sorpreso.

“Non fare quella faccia altrimenti Mr. Tomo si offende! E’ molto sensibile!”

“Ma è un panda di peluche! I peluche non si offendono!” – rispose.

“Oddio, sei irrecuperabile! Ma un po’ di fantasia in tutto quel cervello ci sta? Comunque Mr. Tomo è un regalo di mia madre e lo tengo con me da quando avevo cinque anni. Ha il potere di farti ridere a crepapelle!” – dissi.

“Davvero? Io non sto ridendo adesso” – disse Spencer.

“Prova a toccargli il naso” – dissi.

Spencer lo toccò e all’improvviso gli occhi del pupazzo sbalzavano fuori dalle orbite. Iniziò a ridere.

“Hai visto che avevo ragione! Le risate fanno bene all’anima nei momenti più bui”.

“Wow, non avevo mai riso così tanto!” – rispose Spencer.

“Mi fa piacere! Ora posa Mr. Tomo. E’ l’ora della nanna per lui” – esclamai.

“Ok. Ciao Mr. Tomo. È stato un piacere conoscerti” – disse Spencer mentre lo posava nella cesta.

Uscimmo entrambi dalla mia camera e portai Spencer fuori al balcone.

La notte era illuminata non dalle stelle ma dalle luci della città. Il panorama era da mozzare il fiato.

“Guarda da qui si può vedere anche casa tua, Spencer” – dissi indicando con il dito.

“E’ vero! Ma…ma mica mi spii?” – disse preoccupato Spencer.

“Ma che dici! E non credo che ci sia qualcosa di interessante da vedere!” – lo provocai.

“Beh senz’altro conduco una vita più normale della tua” – rispose sbuffando.

“Dai sto scherzando! Non iniziamo a litigare di nuovo”.

“Ehi il tuo medaglione si sta illuminando” – notò Spencer.

“Si, lo fa sempre di notte. Sai me lo ha regalato mio padre quando partiva per le sue missioni militari. Era un modo per sentire la sua presenza accanto a me e farmi sentire meno sola, anche se mi arrabbiavo quando partiva. E’ come se mi stesse abbandonando e non se ne importasse niente di me. Ma poi capì che lui in fondo mi voleva bene e lo dimostrava dando il meglio nel suo lavoro”.

Mentre parlavo il mio sguardo era fisso sugli occhi di Spencer. Anche il suo sui miei. Ciò che ci divideva era un muro invisibile che non riuscivamo a superarlo. Poi lentamente mi avvicinai. Avevo paura, ma non ci pensavo. Lui rimase immobile, anche se gli tremavano le mani, come se mi aspettasse. Anche lui si avvicinò. Un solo passo e le nostre labbra si sarebbero incontrate. I nostri sentimenti erano un sottile filo in tensione. Entrambi volevamo compiere quel passo, ma tutto finì. Tutta colpa del mio cellulare.

“Cavoli! Chi sarà mai a quest’ora! Pronto?”

“Sorellinaaaa! Sono Maxy! Ma che diavolo di fine hai fatto! Avevi promesso che mi avresti chiamato. Come al solito quando parlo con te, è come se stessi parlando con un muro!”.

“Scusami, Maxy! Sono stata impegnata! Mi dispiace…” – mentre parlavo al telefono, Spencer, imbarazzato, andò a prendere il suo cappotto lasciandomi da sola fuori al balcone. “Spencer, aspetta dove stai andando…”

“Eeeh! Keira con chi stai parlando? Mica ci sta un ragazzo nel tuo appartamento? Dammi subito il suo nome, faccio le valigie e gli spacco la faccia” – disse Maxy adirato al telefono.

“Maxy, ora devo attaccare ti chiamo dopo ok?”

“No no, cara sorellina! Ora mi spieghi che ci fa quel tipo con te…” – ma le parole di Maxy non furono mai recepite da sua sorella, dato che aveva già riattaccato.

 

“Che succede, Maxy? Keira sta bene?” – chiese Fab.

“E’ successo una catastrofe! C’è un ragazzo nell’appartamento di Keira! E’ terribile!” – disse disperato.

“Un ragazzo? Che bello! Chissà com’è!” – disse Clelia felice.

“Cavolo. Hai ragione Maxy! Nessuno può avvicinarsi a nostra sorella senza il nostro permesso!” – esclamò Fab.

“Dai ragazzi non fate i gelosi! Keira ha bisogno di un ragazzo! Sarà biondo, castano…oddio sono curiosa!”

“Zitta, Clelia. Lo sai benissimo che ci teniamo molto a te e a Keira! Oddio se ne approfitterà di lei per la sua bellezza e innocenza! NOOO!!” – Maxy era sempre più sconvolto.

“Figlioli, cosa è tutto questo baccano! Vi rendete conto che sono quasi le sei del mattino…” – disse Costanza sbadigliando.

“Mamma dobbiamo partire! C’è un ragazzo in casa di Keira!” – raccontò Fab.

“Oh, la mia piccola Keira finalmente si è decisa! Chissà che tipo sarà!”

“Sono d’accordo con te, mamma!” – rispose Clelia e mamma e figlia avevano gli occhi luccicanti, mentre Fab e Maxy erano nervosi e volevano a tutti i costi partire.

 

“Spencer, scusami per prima! Era mio fratello che non lo sento da parecchio!”

“Non ti preoccupare, Keira! Si è fatto tardi e credo che sia il momento di tornare a casa!”

“Vuoi che ti accompagni?” – chiesi.

“Tranquilla, ho la mia macchina, quindi niente ruote da cambiare” – sorrise.

“Ok!” – dissi ed ero dispiaciuta per quell’interruzione. Spencer lo notò e si avvicinò.

“Sono stato bene, stasera. Grazie mille per questo album! Allora ci vediamo domani” – disse cercando di non balbettare.

“Anche io sono stata bene. Mi sono divertita molto. A domani, Spencer. Buonanotte” – dissi mentre lo accompagnai alla porta.

“Buonanotte Keira” – disse e si allontanò da me, scendendo le scale.

 

“Dannazione! Che figuraccia! Mi sento un’idiota! Se non fosse per Maxy, ci stavamo quasi per…Oddio! Basta, Keira! Non ci pensare! E’ stato meglio così! Non sai nemmeno se lui prova i tuoi stessi sentimenti. Caspita! Devo chiamare Maxy! Immagino che starà avendo uno dei suoi attacchi di gelosia!” – dissi e chiamai.

“Pronto?”

“Maxy, sono Keira!”

“Keira, sono Clelia. Sapevo che fossi tu. Ho risposto io perché Fab e Maxy stanno andando fuori di testa”.

“Maledizione! Lo sapevo! Ho combinato un disastro!” – mi disperai.

“Dai, Keira, non dire così! Lui è ancora li con te?” – chiese.

“No, se n’è andato ed era imbarazzatissimo! Mi mancate tantissimo, Clelia! Mamma come sta?”

“Sta bene, Keira! Diciamo che l’ha presa bene la tua partenza, anche se ci manchi tantissimo. Ma non cambiare argomento, che tipo è questo ragazzo?”

“Beh è un mio collega di lavoro. Si chiama Spencer Reid ed è un genio!”

“Che bel nome. Descrivimelo” – chiese Clelia sempre più curiosa.

“Beh è alto, capelli biondo-castano, occhi marroni. E’ molto timido, il classico nerd”.

“Wow sarà senz’altro supercarino! Come sono gli agenti dell’FBI?”

“Sono fantastici. Magari foste qui, così ve li avrei già presentati!”

“Quanto ti invidio, sorellina! Ti prometto che ti verremo a trovare. Maxy e Fab sono agguerriti e hanno intenzione di fare subito le valigie!”

“Senti, Clelia, mamma sta vicino a te?”

“Si, Keira, ora te la passo! Ti voglio tanto bene e aggiornami sul tuo ragazzo!” – rise al telefono Clelia.

“Non è il mio ragazzo! Ti voglio bene anche io, pazzoide” – risposi e sentì la voce della mia mamma – “Ciao, mamma!”

“Ciao, tesoro! Stai bene? Come ti trovi lì?”

“Benissimo. Sono meravigliosi qui. Ho risolto tre casi! Senti ho trovato la tua lettera e ti volevo dire che ti voglio tanto bene e mi dispiace per quello che è successo!” – la commozione si faceva sentire dalla mie parole.

“Piccola mia, stai diventando una donna e non potevo crederci. Sappi che sarò per sempre orgogliosa di te e ti sosterrò nelle tue scelte. Tuo padre sarebbe molto fiero di te!”

“Mi manchi, mamma. Sentire ora la tua voce mi rende felice! Mi prometti che mi vieni a trovare?”

“Certo, Keira! Anche perché ho sentito che c’è un ragazzo che è entrato nella tua vita!”

“Non esageriamo, mamma. E’ soltanto un collega. Ora devo staccare perché domani devo andare a lavoro. Ti mando un bacio e cerca di calmare quelle due teste calde!”

“Non sarà facile, li conosci! Buonanotte, tesoro! A presto!” – rispose e riattaccò.

Dopo quella conversazione, ero molto stanca. Così decisi di andare a letto. Pochi minuti dopo, rientrò a casa Shlainn.

“Keira, sono tornata! Allora come è andato con il tuo Spencer?” – ma era tutto inutile. Shlainn vide la sua amica già immersa nel mondo dei sogni.

“Oh no! Già sta dormendo come un sasso. Però quel suo sorrisino vuol dire che è andato tutto bene!” – sorrise Shlainn, fiera del suo gesto.

 

Spencer tornò a casa distrutto. Ripensava a quella serata che rimarrà scritta per sempre nella sua vita. Non posso crederci a quello che è successo. Ci stavamo quasi per…calmati Spencer! E’ stato meglio così. Non volevi ferirla. Non conosci i suoi sentimenti. Stai andando troppo veloce. Siete solo colleghi. Allora perché ho bisogno di lei adesso?

 

Poi Spencer fu spaventato da uno squillo. Era Derek.

“Ciao, bel ragazzo!”

“Morgan, ti rendi conto che ore sono? E’ quasi l’una!”

“Lo so, Reid! Volevo controllare se stessi dormendo! Cosa ti tiene sveglio a quest’ora?”

“Beh…non so come spiegarti…ho passato la serata a cas..cas..casa di…”

“Di chi? Andiamo non mi tenere sulle spine!”

“Keira!” – quando disse quel nome, Spencer sentiva la pressione a mille.

“Cosa? Oddio questo si che è uno scoop! Dai racconta!”

“Beh abbiamo fatto la spesa insieme, l’ho aiutata con la cena, poi ci stavamo quasi per…”

“Davvero? L’hai fatto?”

“No! Siamo stati interrotti dal telefono di lei. Ma è stato meglio così”

“Oh, Reid! Non devi essere così scettico con i tuoi sentimenti. Si vede benissimo che sei attratto da quella ragazza, ma hai paura. Devi avere coraggio per ottenere ciò che ami” – rispose Derek.

“Morgan, non so spiegare quello che mi sta succedendo. Quando io e Lyla c’eravamo baciati, ero confuso perché era per me la prima volta, però non provai quello che sto provando adesso. Ho questo bisogno irrazionale della sua presenza. Mi sta cambiando, però non riesco ad andare oltre”.

“Reid, ascoltami: non devi vergognarti dei tuoi sentimenti. Ovviamente non si deve premere l’acceleratore, però non devi aspettare troppo tempo, altrimenti rischi di perderla. Io non ti posso dire quello che devi fare, ma ascolta quello che dice il tuo animo, non la tua mente! Non bisogna fare grandi cose per trovare la felicità, quando questa si trova dentro di te e hai bisogno di condividerla con le persone che ami! Ah ragazzino, ti prometto che ti farò diventare un vero uomo!”

“Non so se fidarmi. Piuttosto come è andata la tua giornata?”

“Magnifica! Ci siamo divertiti tantissimi e c’erano molte ragazze…”

“Quanti numeri ti sei preso?” – chiese Spencer ridacchiando.

“Ehi, frena ragazzo! Non ho preso nulla perché sono estremamente serio! Emily te lo potrà dire domani e anche lei non ci scherza: un tipo ci stava provando con lei ma l’ho allontanato a furia di calci dal didietro! Comunque io vado a nanna, a domani Romeo!”

“Grazie come sempre, Morgan. A domani” – riattaccò.

 

Spencer non aveva ancora sonno. Così frugò nei suoi cassetti per trovare delle foto da attaccare sull’album, regalatogli da Keira.

“Oh, questa è la foto di Ethan e io quando stavamo facendo la domanda per entrare nell’FBI” – ricordava Spencer, incollando questa foto nell’album.

“Questa è quando conobbi Gideon all’accademia di Quantico! Mi ricordo quando mi chiamava Steve anziché Spencer, perché non ricordava mai il mio nome. Questa è quando mamma e io andavamo al parco e ci sdraiavamo sul prato per guardare le forme delle nuvole. Questa è quando conobbi JJ perché non trovavo l’ufficio di Hotch e da lì che mi chiamò Spence. Questa è quando io e Morgan aiutammo Garcia a sistemare i suoi computer: mi ricordo che stavo quasi per farlo cadere e Garcia mi bacchettò la mia testa”. Poi Spencer trovò una foto che lo fece riflettere. Quella con suo padre. “Perché, papà? Io dovrei odiarti per tutta la vita, ma non riesco a dimenticarti. Come Gideon. Però mentre lui mi ha lasciato una lettera, tu niente”. C’era un pensiero che tormentava Spencer: la ricerca del lieto fine. Ripensava alle ultime parole di Gideon. Non aveva ancora capito il significato. Poi si ricordò di scrivere la lettera alla sua mamma. Prese un foglio bianco e iniziò.

 

Ciao mamma,

come stai? Io bene. E’ terminata anche questa settimana. Abbiamo avuto tre casi impegnativi: uno a Washington, dove un uomo uccideva le sue vittime, per punire i loro adulteri; uno a Louisville, una giovane studentessa di una scuola d’arte uccideva i suoi compagni costringendoli a dipingere, per vendicarsi del suo amato, un professore che temeva che la loro relazione potesse compromettere e rovinare il suo futuro; infine uno a Pittsburgh, un’amica di JJ (Te la ricordi? Quella ragazza con i capelli biondi e gli occhi azzurri…) è stata rapita insieme suo figlio da un uomo che è stato maltrattato da sua madre, una ragazza-madre, e voleva sfogare la sua rabbia uccidendo altre ragazze-madri. Ma alla fine siamo riusciti a salvarla. Infatti, come ringraziamento, ci ha invitato a una partita di pallone per beneficenza e per me è stata la prima volta, ma divertente. Meglio del baseball! Ti verrò a trovare appena che Hotch ci dà qualche giorno di vacanza. Nel frattempo ti aggiornerò sui vari casi, così potrai scrivere le tue storie. Sono curioso di leggerle!

 

A presto

Spencer.

 

P.S. : Mi sono dimenticato di dirti che è arrivato un nuovo membro nella nostra unità: si chiama Keira Martines, è un medico legale. E’ italiana ed è davvero una tipa bizzarra, come la mia collega Garcia. Abbiamo avuto delle incomprensioni all’inizio: pensa mi ha chiamato “Dottor Morfina!”. E’ assurdo! Però sto provando a conoscerla: pensa mi ha regalato un album per mettere delle foto che descrivono i miei momenti più belli. Infatti ti volevo chiedere se ne hai qualcun’altra di noi due, potresti mandarmela quando risponderai a questa lettera. Così sentirò meno la tua mancanza!

 

Spencer si addormentò mentre scriveva le ultime righe della lettera. Gli fecero compagnia soltanto le sue foto.

 

 

I miss that town I miss the faces
You can't erase You can't replace it
I miss it now I can't believe it

So hard to stay Too hard to leave it

If I could I relive those days
I know the one thing that would never change

Every memory of looking out the back door
I had the photo album spread out on my bedroom floor
It's hard to say it, time to say it goodbye, goodbye

 

Every memory of walking out the front door
I found the photo of the friend that I was looking for
It's hard to say it, time to say it goodbye, goodbye  (Photograph – Nickelback)

 

 

“Dove mi trovo?” – poi vidi in lontananza un’ombra. “C’è qualcuno? Chi sei?”. La nebbia svanì, come un sottile velo, e il viso di quella persona si fece sempre più nitido, fino a quando mi resi conto chi fosse.

“Papà! Sei proprio tu?” – dissi mentre gli andai incontro.

“Ciao, figliola. Sei così cresciuta”

“Oh, papà! Mi manchi tantissimo, ho bisogno di te…” – i miei occhi erano pronti a liberare le lacrime.

“No, Keira! Avevamo fatto una promessa, te la ricordi?” – disse mentre mi accarezzò la guancia.

“Si, papà! Hai ragione!” – risposi e le frenai ancora una volta.

“Sono molto fiero di te! E ricordati che starò sempre accanto a te. Sempre”

“Lo so, papà” – risposi mentre lo abbracciai forte.

“Ascoltami, figliola. Purtroppo non ho molto tempo, devo dirti una cosa importante: proteggi il medaglione che ti ho donato!” – appena che pronunciò quelle parole, mio padre iniziò ad allontanarsi.

“Aspettami, papà. Non capisco: perché lo devo proteggere? Che vuol dire? Papà…”.

Poi mi risvegliai e capì che era solo un sogno. Presi in mano il medaglione e lo guardai fisso.

 

“Cosa nasconde questo medaglione, papà? E’ legato a quello che ti è successo? Ti prometto che lo proteggerò e scoprirò la verità, anche a costo della mia vita”.

 

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Capitolo 5
*** Chapter 5 - Una bugia per non soffrire ***


Capitolo 5

 


“Un sacrificio protratto nel tempo può rendere il cuore una pietra”
                                                                    W.B. Yeats
 

Ore 9:00 AM
 
“Buongiorno Bruce” – dissi.
“Ehilà Keira! Hai una brutta cera stamattina. Che è successo?” – chiese Bruce preoccupato.
“Stai tranquillo, Bruce. Sono soltanto un po’ stressata per tutti questi casi!” – inventai una scusa.
“Sei sicura, cara? Con me puoi parlare…” – disse Bruce, appoggiando la mano sulla mia schiena.
“Sto bene…” – chinai il capo per nascondere la mia espressione. La visione di mio padre nel mio sogno mi ha tolto il sonno e non volevo farlo preoccupare. Soprattutto la mia nuova squadra.
Improvvisamente scese dalle scale Shlainn, agitatissima e corse frettolosamente verso me.
“Signorina, credi di scapparmi ancora? Ora ti incollo qui e mi racconti come è andata con il tuo bel dottore” – disse mentre mi strinse i polsi.
“Ora dovrei andare a lavoro. Ti dispiace lasciarmi?” – le chiesi con tono cupo, lasciandola esterrefatta – “Ci vediamo gente!”.
“Shlainn, hai idea di cosa abbia? Cosa è questa storia del dottore?” – chiese Bruce, aggrottando le sopracciglia.
“E’ una lunga storia, vecchio mio! Diciamo che ho lasciato Keira in compagnia di…un ragazzo” – rispose Shlainn mentre si grattò la testa.
“Sei pazza? Oddio sono fritto! Spero che non abbia chiamato Maxy e Fab”.
“Chi sono?”.
“Sono i fratelli di Keira! Sono molto protettivi e gelosi della sorella e mi hanno raccomandato che lei non dovesse avvicinarsi a nessun ragazzo!”.
“Che esagerazione! E’ una donna, non una suora!” – sbuffò Shlainn.
“Tu non li conosci! Mi taglieranno il collo!”.
“Dai non ci pensare! Sono in ansia per Keira. Spero che non abbia infierito troppo e l’abbia ferita” – disse Shlainn.
“Non è contro te, Shlainn. Forse ho capito perché sta così: sta pensando a suo padre. L’ho vista già quella espressione”.
“Credi che sia venuta qui per cercare la verità?”.
“Suppongo di si e i suoi superiori me l’hanno confermato”.
“Povera Keira! Si preoccupa del prossimo, ma non vuole che gli altri si fanno carico delle sue sofferenze. Ma quanto potrà reggere?”.
“Io vorrei tanto che vivesse i suoi sogni e trovasse la felicità. E’ il mio desiderio” – disse Bruce.
“Ci riuscirà. Dobbiamo avere fiducia in lei. Beh credo che sia il momento di andare al giornale! A stasera, papino!”.
“Non chiamarmi papino, Shlainn!” – rispose Bruce offeso.
 
“Papà perché sei ricomparso nei miei sogni? Che hai cercato di dirmi stanotte con il medaglione? I miei incubi stanno ritornando e ho paura di non trovare più la forza di allontanarli”  - pensai mentre assaporavo la leggera brezza mattutina di città, a bordo della mia moto. Mentre arrivai a Quantico, la mia vista, improvvisamente si appannò, e stavo andando contro marcia, facendo cadere un individuo che non riuscì a riconoscere. Quando riacquistai la lucidità, capì che era Spencer.
“Keira! Ma che ti prende?” – esclamò fortemente.
“Cosa intendi dire, Spencer?”.
“Stavi per investirmi. Lo sapevo che le mie probabilità non avrebbero mai tradito su quella specie di ‘mostro della strada’!” – disse mentre si rialzò in piedi.
“Ma cosa dici? Sei andato tu sulla mia traiettoria! Non è colpa mia se il tuo super cervello non ti ha dato una vista impeccabile!” – dissi mentre scesi dalla moto, togliendomi il casco.
“Ho una memoria eidetica e ricordo benissimo la scena: hai deviato la strada e mi sei andata addosso! Quindi non alterare la mia versione!”.
“Se dovevo sentire tutte queste lamentele, non mi sarebbe dispiaciuto tapparti la bocca con i pneumatici della mia moto!” – rispose con tono secco, mentre mi avviai verso l’ingresso. Lui mi trattenne per un braccio.
“Ehi che cosa hai?” – mi chiese fissandomi negli occhi, per cercare da solo una risposta al mio comportamento.
“Vorrei che la smettesse tutti di domandarmelo stamattina…”.
“Sei strana. Ti è successo qualcosa stanotte che ti ha fatto perdere il sonno. Lo vedo dai tuoi occhi”.
“Ecco il dottor so-tutto-io! Stai fantasticando, Spencer! Non è quello che pensi!”.
“Invece è così! Per caso…ti ha turbata…quello che è successo ieri?”.
“Come sei egocentrico! Lasciami, vorrei andare nel mio studio” – risposi mentre mi liberai dalla sua presa. Spencer guardò la sua collega allontanarsi e sapeva perché si fosse comportata così duramente nei suoi confronti. Anche lui aveva vissuto la sua stessa esperienza. “Lo so perché ti senti così, Keira! Non serve a niente tenerti tutto dentro: ti logora dentro e perderai la tua lucidità. Soffrirai di più. Come me”.
“Buongiorno Keira!” – mi salutò JJ, con tenero sorriso.
“Ciao JJ…”.
“Ehi tutto bene?”.
“No! Spencer mi sta alle costole adesso perché è convinto che lo abbia quasi investito con la mia moto! Se lo vedi arrivare, cerca di fermarlo, affinché non mi segua” – la implorai e JJ acconsentì.
Cinque minuti dopo, JJ vide arrivare Spencer.
“Ehi Spence, vuoi una tazza di caffè? E’ appena calda!” – tentò di distrarlo.
“Scusami, JJ, ma non ne ho voglia. Devo parlare con Keira…”.
“Eh non credo che sia possibile, adesso! E’ andata da Hotch…” – mentì JJ.
“Ha parlato con te, vero?”.
“Accidenti, a volte mi dimentico che parlo con un genio!” – rise JJ, pensando che aveva finito tutte le sue risorse per trattenerlo. Ma troppo tardi, lui già si era allontanato.
“Buondì, cara!” – disse Penelope pimpante e radiosa, seguita da Emily.
“Buongiorno ragazze!” – rispose rassegnata.
“Tutto ok?” – chiese Emily.
“Keira e Spencer hanno discusso…”.
“E perché? Oddio speriamo che non abbia creato una catastrofe sovrannaturale!” – disse agitata Penelope.
“Che intendi dire, Garcia?” – chiese Emily.
“Ieri ho mandato Reid dove alloggia Keira per dei fascicoli che le servivano e non vorrei che avessi peggiorato la situazione!”.
“No, tranquilla, Penelope! Il motivo è tutt’altro!” – la consolò JJ.
“Meno male. Oddio che dico! E’ tutto male!”.
“Vedrai che chiariranno…” – rispose fiduciosa Emily.
 
“Ehi Keira!” – mi salutò Derek.
“Ciao Derek!”.
“Ehi perché quella faccia?”.
“Sto bene, Derek. Solo che adesso il tuo amico genietto sta andando di matto e mi vuole fare il terzo grado seguendomi, ma non voglio”.
“Avete discusso?”.
“Crede di sapere tutto sugli altri e mi dà sui nervi! Ci conosciamo da quasi una settimana…”
“Non è come sembra, Keira”.
“Ora devo andare altrimenti me lo ritrovo di nuovo e non voglio rovinarmi la giornata. A dopo” – dissi lasciando solo Derek senza parole. Subito dopo lo raggiunse Spencer.
“Buongiorno, ragazzino…” – disse Derek dandogli un colpetto sulla sua schiena.
“Non è il momento, Morgan”.
“Ehi come mai tutta questa fretta, Reid?” – chiese Derek facendo il finto tonto per distrarre il suo collega.
“Scusami ma te lo spiegherò dopo…” – rispose Spencer scansandosi dalla presa di Derek e andando dritto verso lo studio di Keira.
“Il ragazzino sta diventando un uomo! Vediamo cosa mi combinerà” – pensò Derek ridacchiando.
 
Misi piede nel mio ufficio e andai subito a sedermi sulla mia sedia girevole nera. Appoggiai la testa sulla scrivania, chiudendo gli occhi, cercando di compensare il sonno perduto. Ma il momento finì quando sentì la porta aprirsi in modo violento.
“Ma che modi sono questi! Chi ti dà il diritto di entrare nel mio studio senza il mio permesso?” – dissi con tono forte a Spencer, mentre lui mi fissava solamente senza battere ciglio.
“Voglio capire perché ti comporti così”.
“Non c’è niente da capire. Sono soltanto stanca ma non ti preoccupare mi riprenderò presto e sono pronta per affrontare un nuovo caso. Non ti devo dare alcuna spiegazione”.
“Si, invece. E’ una mia responsabilità”.
“Responsabilità? Non sapevo che l’essere ficcanasi avesse cambiato nome!” – feci del sarcasmo, volgendo lo sguardo altrove.
“Non girarci intorno all’argomento…” – disse cercando di catturare la mia attenzione.
“Non ho niente da dirti. Chiudiamo qui la nostra discussione”.
Spencer si avvicinò sempre di più, appoggiando le mani sulla scrivania e mi guardò dritto negli occhi.
“E’ stato per quel quasi…”.
“Senti, vuoi sapere la verità? Quello che è successo ieri è stato un errore. Un grosso errore. Si è vero hai ragione questo mi ha turbato molto, in quanto mi fa perdere la mia lucidità e obiettività e odio quando non riesco a dare il massimo nel mio lavoro!”.
Spencer rimase in silenzio, con occhi sbarrati. Poi, rassegnato, si diresse verso la porta del mio studio e si girò lentamente per guardarmi.
“Non ci sarà più una seconda volta…” – disse e chiuse la porta.
Diedi un pugno sul tavolo e poi coprì con le mani il mio volto, pensando a ciò che avevo appena fatto.
“Ho dovuto mentire. Non voglio che conosca le mie angosce o le mie paure. Non voglio che entri nella mia sconosciuta oscurità. Combatterò da sola i miei incubi. Perché hai insistito così tanto? Solo per responsabilità, Spencer?”.
Poi improvvisamente qualcuno bussò alla porta.
“Avanti?” – dissi.
“Ehi…” – era Penelope.
“Ciao Penelope. Come stai?” – dissi cambiando subito espressione. Ero contenta di vederla.
“Bene, tu?” – mi chiese.
“Come è andato a Washington?” – cercai di evitare l’argomento che mi riguardava.
“Primo posto. Io e Kevin siamo fenomenali li abbiamo scassati e ubriacati. Ti è successo qualcosa?”.
“Wow! Sei fantastica! La prossima volta vorrei venirci anche io. Me la cavavo abbastanza ai tempi del liceo”.
“Certo, ti chiamo appena che si riorganizza. Aspetta perché eviti le mie domande?” – Penelope mi aveva colpita e affondata.
“Speravo che non me lo chiedessi, Penelope” – chinai il capo per l’imbarazzo.
“Ehi, non voglio quella tua espressione. Voglio il tuo sorriso raggiante sul tuo visino. E’ per Reid che stai così?”.
“No, Penelope. Non voglio che pensiate a ciò che sto passando. Il prossimo ha più priorità”.
“Ma, tesoro, se ti tieni tutto dentro, non potrai mai affrontare questo lavoro. Non provare vergogna, tutti noi abbiamo le nostre debolezze e le abbiamo superate insieme, anche se preferivamo affrontarle da soli”.
“Grazie…” – dissi abbracciandola.
Poi fummo interrotti da Emily.
“Keira, Hotch ci vuole tutti in sala riunione e chiede urgente la tua presenza”.
“Grazie Emily. Ti raggiungo subito”.
“Per qualunque cosa, il mio regno ti apre le porte!” – disse Penelope.
“Seguirò il vostro consiglio, Genio Assoluto!” – ed entrambe ridemmo.
 
Spencer non riuscì ad allontanare dalla sua mente le parole di Keira.
“Perché non riesco a essere distaccato con te. Eppure conosco il motivo per cui ti comporti così, ma non riesco a trovare pace. Ieri la mia mente è stata squarciata e ho visto le cose con nuovi occhi.  E’ stato davvero un errore, Keira?”.
 
“Ragazzino…” – disse Derek, venendo dietro a Spencer – “Hotch ci ha chiamati”.
“Ok”.
“Ehi come è andata?”.
“Si è chiusa. Ma non capisce che può ostacolarci nel nostro lavoro se si comporta così…”.
“Mi ricorda tanto una persona che conosco…” – sorrise Derek.
“Se ti riferisci a me, ti stai sbagliando di grosso. E’ assolutamente illogico!”.
“Andiamo, Reid, perché come ti comportavi quando avevi gli incubi?”.
“Tu credi che anche lei li abbia?”.
“Tutti li hanno. Ovviamente lei non vuole essere un peso e per questo si è chiusa. Dalle tempo. Con le donne bisogna avere una santa pazienza!” – disse allargando le braccia.
“Allora so come devo agire” – disse e avanzò il piede, mentre Derek lo seguiva da dietro.
 
“JJ, che ti prende?” – dissi mentre la vidi sulla soglia della porta della sala, mentre Emily stava al mio fianco.
“C’è la Strauss…” – disse a bassa voce.
“Ahia! Guai in vista. Quando quella donna sbuca, succedono sempre cose terribili” – disse Emily, mettendosi una mano in fronte.
“Chi è colei?” – chiesi confusa.
“E’ il superiore di Hotch” – disse JJ.
Nel frattempo Derek e Spencer arrivarono.
“Ehi perché state tutte qui fuori?” – chiese Derek.
“Strass” – disse in contemporanea JJ e Emily.
“Perché è qui?” – chiese Spencer.
“Non ne ho idea!” – rispose JJ.
“Rossi dov’è?” – chiesi.
“Sta in Florida. Doveva ritornare stamattina, strano. Non è che la Strauss vuole togliere di mezzo anche Rossi?” – pensò Emily.
“Impossibile. La Strauss non si contraddice mai” – rispose Derek.
Ad un tratto Hotch ci venne incontro.
“Che ci fate qui fuori? Entrate!” – ordinò.
Nel momento in cui entrammo tutti, vidi una donna dai capelli corti biondi, ben preparata. Mi vide e si avvicinò.
“Lei è la dottoressa Keira Martines?”.
“Si” – risposi decisa quando me lo chiese.
“Sono Erin Strauss, capo dell’unità. L’agente Hotch mi ha fatto notare le sue capacità nelle scene del crimine e devo ammettere che il potenziale c’è”.
“Ne sono lusingata, signora. Per me è un onore lavorare qui”.
“Mi auguro che l’agente Rossi non abbia commesso un errore, anche se la sua scelta si sia rilevando efficiente per l’unità”.
“Non lo sarà” – risposi in tono serio.
“Molto bene. Adesso la lascio con la squadra. Ci rivedremo presto. Ah, dimenticavo: cerchi di moderare la sua immagine, dato che gran parte della nostra tolleranza è riservata all’agente Garcia” – disse, stringendomi la mano, lasciandomi senza parole, e si allontanò.
“Non preoccuparti” – mi sussurrò Hotch, tranquillizzandomi.
“Bene, visto che ci siamo tutti possiamo iniziare” – chiamò l’attenzione JJ.
“Dove ci porti stamattina JJ?” – disse Derek, tenendo la matita in bocca.
“Florida…”.
“Oddio Rossi è lì…” – disse sconvolta Emily.
“Questo caso è molto particolare. Anzi direi il più strano che abbia mai visto”.
“Aggiornaci, JJ” – disse Hotch.
“Sonia Coleman, 25 anni, è stata trovata stamattina su una barca vicino a un porto appena fuori città. Se notate bene, non ci sono segni d’arma da fuoco o ferite da taglio. La particolarità del caso sta nei vestiti della vittima…”.
“Peplo dell’età arcaica. Era il tipico indumento delle donne greche ed è maggiormente descritto nelle tragedie di molti aedi” – spiegò Spencer.
“Inoltre accanto al corpo è stato trovato un foglio con delle frasi”.
“Che frasi?” – chiese Derek.
Nella tua terra un foglio con delle frasi"anticastraniera non potrò mai raggiungerti, preferisco naufragar con il mio cuor dolente per dimenticar il tuo candido volto, anche se le stelle hanno sancito la mia condanna in quanto hanno disegnato sulla mia pelle l'immagine della tua ombra..." - lesse JJ.
"Sembra una tragedia greca! Chi l'ha scritta?" - si chiese Emily.
"Non ho mai sentito queste frasi da nessun aedo o drammaturgo greco" - disse Spencer.
"L'S.I. ti ha fregato uno dei tuoi libri?" - scherzò Derek.
"Due settimane fa, Dana Clarkson, 26 anni, è stata ritrovata nel suo appartamento, distesa sul letto. A differenza della seconda vittima, presenta un taglio all’altezza del petto. Indossa vestiti del periodo vittoriano e un altro foglio con delle frasi “Il mio sacrificio è la prova del mio amore impossibile per te.. Perciò dono il mio profondo, affinché la mia anima possa scorrere sulle tue vene per farti volare sempre più in alto, fino a toccare le nuvole..…” .
“Su questo S.I. possiamo dire che è estremamente colto in quanto si dedica alla poesia e alla tragedia. I vestiti sono il riflesso di una particolare fantasia che vorrebbe rivivere. Magari queste ragazze rappresentano un simbolo molto significativo per lui e se lo capiremo, lo cattureremo” – disse Derek.
“Ovviamente l’S.I. avrà utilizzato qualcosa per dominare le sue vittime, per esempio droghe o altre sostanze che le paralizzi, in modo tale da poter compiere il suo scopo. Che ne pensi, Keira?” – disse Emily, mentre osservava la giovane collega seduta sul davanzale della finestra, con lo sguardo perso nel vuoto.
Io, anche se dall’apparenza sembravo che stessi evadendo in un’altra realtà, avevo ascoltato la conversazione della squadra riguardo al caso e risposi: “Devo analizzare e consultarmi con la scientifica, ma potrei ipotizzare subito che l’S.I. ha una preparazione farmacopea o sarà stato a contatto con qualcuno che lavora in tale campo, per esempio i genitori o altri familiari” – risposi con tono cupo e abbassai subito il capo, per non mostrare ciò che in quel momento stavo provando.
Spencer non smise un solo attimo di fissarla e ripensava alla discussione avuta stamattina e nello stesso tempo la serata trascorsa da lei. “La mia mente mi ha abbandonato nel momento in cui ho bisogno di certezze. Perché mai? Perché proprio con te…”.
“JJ, prepara il volo tra un’ora. Appena che atterreremo, chiamo Rossi così potrà raggiungerci” – disse Hotch ma improvvisamente, mentre gli altri membri della squadra si stavano alzando dalle loro sedie, Spencer chiamò la sua attenzione.
“Hotch, io credo che sia opportuno che Keira non venisse con noi per questo nuovo caso”. Quando Reid, disse quelle parole, vidi i volti dei miei colleghi tutti puntati verso me. Cercai di controllarmi, per non compromettere il mio operato qui all’unità.
“Reid, sono io che decido chi è idoneo o meno a partecipare alle indagini. Quindi i miei ordini rimarranno immutati e verrà anche Martines. Ora concentriamoci su questo nuovo caso e chiudiamo qui questa questione” – ribatté Hotch e si allontanò dalla sala.
Andai spedita, non appena vidi uscire Hotch, verso Spencer e lo fissai con occhi adirati.
“Mi vuoi spiegare cosa ti è preso? Perché hai detto quelle cose a Hotch?”.
“Non sei razionalmente stabile per affrontare questo nuovo caso. Hai bisogno di rimanere qui per riposarti e riflettere bene sulle tue problematiche che contrastano la tua lucidità. Noi riusciremo a risolvere questo caso, anche senza il tuo intervento” – si giustificò Spencer.
“Ascoltami bene: ho fatta tanta strada per entrare in questa unità non per rimanere a riposare o guardare mentre risolvete il caso. Tutti abbiamo delle problematiche personali, ma di certo non ci impedisce di eseguire il nostro dovere. Che ti piaccia o no, io salirò in quel dannato jet e risolverò il caso insieme alla squadra. Ma non osare più decidere cosa sia meglio per me: ho abbastanza sale in zucca per capire quando è il momento di intervenire o meno!” – risposi e mi allontanai dalla sala, per preparare le mie cose per la partenza. Emily mi seguiva da dietro, lasciando JJ e Derek con Spencer.
“Ehi Reid, non credi che abbia esagerato con tale reazione?” – disse Derek.
“Perché, Morgan? Sai benissimo quanto sia rischioso che uno della squadra sia poco lucido. Ti sei dimenticato cosa accadde ad Elle dopo lo scontro con il Re Pescatore? Il suo ego era completamente distrutto per la mancanza di fiducia e per la paura di provare dolore e sofferenza da sola. Quale è stata la conseguenza di ciò: ha ucciso un uomo, giustificando il gesto come legittima arma da fuoco”.
“Ma, Spence, Elle aveva intenzione di abbandonare l’unità, come anche Gideon. Keira invece è determinata a rimanere qui a Quantico. Sta affrontando un ulteriore stress, dato che si sente osservata al microscopio, in quanto sta dimostrando le sue capacità per essere degna di far parte della BAU. Se ha dei problemi, di certo non l’aiuterai ostacolandola!” – spiegò JJ.
“JJ non possiamo rischiare: lei potrebbe compromettere la nostra squadra e lo sappiamo come vanno i rapporti tra Hotch e la Strauss. E’ meglio che resti; d’altronde c’è Garcia e quindi può seguire le indagini insieme a lei”.
“Ragazzino, è lodevole la tua premura nei suoi confronti, ma non ti rendi conto che siete molto simili” – disse Derek.
“Che intendi dire?”.
“Cavolo, Reid, meno male che hai una memoria eidetica! Ti sei dimenticato quando avevi gli incubi e cercavi sempre di nascondere il tuo disagio perché volevi continuare a lavorare e ti opponevi ai consigli di tutti noi, in particolare i miei”.
“Io non credo che il suo comportamento riguarda i suoi incubi” – teorizzò Spencer.
“Allora cosa pensi che abbia?” – intervenne JJ. Ma Spencer preferì non rispondere. “Quella serata è stato il nostro sbaglio…”.
 
“Keira..” – mi chiamava da dietro Emily, mentre percorrevo il corridoio con passo spedito.
“Emily, spero tanto che non terrai conto delle parole di Reid! Non so cosa gli è preso, è stato un gesto inammissibile e ancora peggio davanti a Hotch! Lo vorrei ammazzare con la mia moto quel genio so-quanti-capelli-hai-in-testa dei miei stivali!”.
“Ti volevo dire scusa, se ti ho fatta intervenire. Non avevo notato che stavi soprappensiero. E’ colpa mia se Reid ha avuto tale reazione!”.
“Emily, non prendertela con te stessa. Anzi hai fatto benissimo, dato che mi sto impegnando per rimanere con voi”.
“Ti capisco la tua agitazione e preoccupazione. Quando arrivai qui per la prima volta, avevo l’impressione di sentirmi una di troppo o addirittura non all’altezza, ma è stata la mia volontà che mi ha permesso di dimostrare le mie capacità ed eccomi qui. Ovviamente tutti hanno dei pensieri che impediscono di dormire la notte, ma non te ne devi vergognare o preoccuparti che possa compromettere il tuo operato. Stai andando benissimo perché sei te stessa”.
“Grazie, Emily. Ma non voglio che gli altri si facciano carico dei miei problemi. E comunque questo lavoro mi permette di scacciarli via oppure di trovarne le soluzioni. Per questo ero così adirata nei confronti di Reid quando ha tentato di escludermi dalle indagini. Ora non perdiamoci in chiacchiere, altrimenti Hotch ci verrà a prendere per i capelli” – dissi ed Emily mi diede subito ragione sorridendomi.
 

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 “Agente Rossi, non potrò mai ringraziarla per la sua cortese disponibilità. Il suo gesto significa molto per me e per questa nuova biblioteca” – disse una donna con un tailleur verde acqua e i capelli rossi sciolti.
“Si, figuri. E’ stato un piacere per me”.
“Ora dovrei andare, ma se vuole, può trattenersi qui tutto il tempo che desideri” – disse con modi gentili e garbati la donna, mentre si allontanava.
Rossi sfogliava alcuni libri, completamente diversi per quanto riguarda il genere da quelli che lui stesso scriveva. Poi rimase colpito da un libro, ‘Cuore nel mare ’ , ma ancora di più quando lesse il nome della scrittrice. Shania Langley. Improvvisamente Rossi sentì la presenza di qualcuno che si stava avvicinando verso lui. Una donna dai capelli biondi, corti e dagli occhi azzurri che sembravano due diamanti. Indossava un vestito bianco latte con alcuni balzi all’altezza delle ginocchia. Il silenzio scioccante e imperterrito di Rossi fu rotto dalle parole della donna.
“David, sei proprio tu?”.
“Ciao Shania” – rispose Rossi stringendole la mano.
“Lo sai quanti anni sono passati?”.
“Ventitrè”.
“Eppure ho ancora chiara l’immagine del tuo volto pieno di gioia quando mi desti la notizia che ti avevano accettato nell’FBI e che eri riuscito a fondare la BAU”.
“Anche la tua quando pubblicarono il tuo primo romanzo”.
“E’ vero e ricordo anche gli effetti per quei due bicchieri di Jack Daniel’s”.
“Bicchieri? Ne dobbiamo parlare dei chili che mi hai fatto perdere per portarti a casa?”.
“Niente rancori! Come mai sei qui?”.
“Conferenza per la pubblicazione del mio nuovo libro”.
“Alcuni li ho letti, dato che mio figlio Harrison è un tuo fan”.
“Figlio? Quando ti sei sposata?”.
“Veramente è una lunga storia, più grande dei miei libri” – rise Shania e Rossi preferì non insistere sull’argomento, anche se aveva in quel momento tante domande per togliersi tutti i suoi dubbi.
“Vorrei tanto conoscerlo, magari gli posso lasciare un autografo” – sorrise Rossi.
“Dovrebbe arrivare a momenti. Comunque non hai mai pensato di scrivere da ‘vero scrittore’ e non da profiler?”.
“Beh, è una bella domanda! I miei libri rispecchiano le scelte e la persona che sono diventata, non importa che genere sia. Però mi incuriosiscono gli altri libri, come ad esempio questo che ho in mano”.
“Ah, se vuoi prendilo. Magari troverai ispirazione nello scrivere qualcosa di diverso. E’ divertente dovresti provarlo”.
La conversazione si interruppe a causa del telefono di Rossi.
 
“Dave,
abbiamo un nuovo caso qui in Florida. Raggiungici subito alla stazione di polizia, così ti aggiorniamo sui dettagli. La faccenda è molto strana rispetto alle altre che abbiamo affrontato.
Hotch”.
 
“Problemi?”.
“Mi dispiace, Shania, devo andare. Però mi farebbe piacere rivederti, magari potremo andare a berci qualcosa di forte”.
“Però cammino da sola questa volta! Mi dispiace solo che Harrison non ti possa vedere”.
“Troveremo l’occasione giusta! A presto” – disse Rossi e si allontanò rapidamente.
Cinque minuti dopo arrivò un ragazzo alto, dai capelli castani e lunghi e dai bei lineamenti.
“Mamma che ti prende?” – disse notando il volto assente della donna.
“Harrison, sto bene. Ti serve qualcosa?”.
“Sto cercando alcuni libri di criminologia per la mia tesi”.
“Lo sai chi ho appena incontrato? David Rossi!”.
“Oddio, dov’è? Ho tante domande da fargli. Me ne hai parlato tanto in questi anni e vorrei conoscerlo in persona”.
“Non ti preoccupare, ci sarà questa occasione” – disse Shania.
“Ho paura che il tuo ritorno romperà il segreto che porto dentro di me da troppo tempo. Perché non sono riuscita a dimenticarti e sei sempre rimasto vivo nella mia mente e nel mio corpo, David?”.
 
“Salve, sono l’agente Jareau. Ci siamo sentiti al telefono questa mattina”.
“Agente James Krauss. Grazie per essere venuti qui in Florida. Sta succedendo qualcosa di strano qui in città. E’ il mio primo caso”.
“Questa è la mia squadra: gli agenti Hotch, Prentiss, Morgan, il dottor Reid e la dottoressa Martines”.
“Caspita non sapevo che l’FBI reclutasse anche i dottori!” – disse sorpreso l’agente.
“Veramente io non sono un dottore come lei pensa. Non ho una laurea in medicina ma un dottorato in chimica, matematica e…”.
“Non credo che all’agente Krauss interessi il tuo iter intellettuale, Reid” – lo interruppi e lo lasciai a bocca aperta.
“Agente Krauss chi ha rivenuto il corpo della seconda vittima?” – chiese Hotch.
“Un gruppo di pescatori. Infatti abbiamo una denuncia di scomparsa su questa vittima”.
“Da parte di chi?” – chiese Emily.
“Del fidanzato della ragazza” – rispose l’agente.
“Quando è stata fatta tale denuncia?” – chiese Derek.
“Esattamente due giorni fa”.
La conversazione fu interrotta dall’arrivo di Rossi.
“Eccomi! Ho fatto il più prima possibile” – disse.
“Agente Krauss, lui è l’agente Rossi” – disse Hotch.
“E’ un onore conoscerla agente Rossi” – esclamò con entusiasmo l’agente mentre stringeva la mano a Rossi.
“Hotch, credo che sia il caso che io vada in obitorio per analizzare la seconda vittima e trovare qualche collegamento con la prima vittima” – intervenni.
“Sarai guidata da uno di noi”.
“Perché, Hotch? Posso cavarmela benissimo da sola” – dissi pensando che sicuramente avesse intenzione di affiancarmi Spencer e la cosa mi dava sui nervi.
“I miei ordini non si discutono: sarai accompagnata da Morgan; Prentiss vai con Reid a parlare con i familiari di Sonia Coleman; JJ tu andrai dai quelli di Dana Clarkson insieme all’agente Krauss; Dave invece vieni con me sulla scena del crimine e ti spiegherò meglio i particolari del caso”.
“Credo che ce la spasseremo molto, vero Keira?” – sorrise Derek scompigliandomi i capelli.
“Fossi in te non ne sarei così sicura, Derek! Vieni con me o ti devo lasciare qui a ridere come un idiota uscito da un club per spogliarelliste?” – dissi mentre iniziai ad avviarmi.
“Ragazzi ci si vede! La ragazzina mi sta sfuggendo di mano” – disse Derek e seguì la ragazza irritata frettolosamente.
“Buona fortuna, Derek!” – disse Emily ridendo, mentre Spencer la notava da lontano e si perse ancora nei suoi dubbi e pensieri.
“Reid, sto aspettando te! Vogliamo andare anche noi” – lo fece scendere dalle nuvole Emily.
“Io sono già pronto, Prentiss! Se non accenno una parola, non significa che ho la mente altrove: infatti secondo le leggi della fisica, due cose non possono occupare contemporaneamente lo stesso spazio…”.
“Ok, grazie mille per questa lezione! Ora alza i tacchi e andiamo!” – minacciò Emily e Spencer non osò contraddirle.
 
 
“Che ne pensi?” – chiese Hotch.
“Un caso alquanto insolito, Aaron” – rispose Rossi.
“Due vittime in due settimane. Secondo i dossier, le vittime sono state ritrovate dopo quarantotto ore dalla scomparsa”.
“Quindi ha passato del tempo con loro ed è probabile che le vittime potessero conoscerlo”.
“Nell’appartamento di Dana Clarkson non ci sono segni d’effrazione. Cosa ci dice la vittimologia?”.
“Ragazze giovani, età compresa tra i 25 e i 30 anni; non seguono un modello o un ideale preciso: Dana Clarkson era bionda e Sonia Coleman era castana. L’utilizzo di vestiti che rievocano epoche antiche è la fantasia ossessiva dell’S.I.. Sta cercando di dimostrare qualcosa…”.
“Ha un totale controllo sulle vittime, in quanto non hanno opposto resistenza”.
“Dobbiamo aspettare l’esame autoptico di Martines. A proposito l’ho vista molto dura, quale è il motivo?”.
“Il motivo è una persona direi…”.
“Reid? Non credo che lo sia, ho potuta conoscerla bene e sono convinto che la ragione sia un’altra”.
“Il suo turbamento potrebbe provocare danni seri alla squadra, ma non me la sentivo di rinunciare lei in questo caso, dato che deve essere messa alla prova, soprattutto con la pressione della Strauss…”.
“Stai facendo la cosa giusta, fidati! Tornando al caso, ci sono altri elementi particolari?”.
“Si, leggi queste frasi che l’S.I. ha lasciato alle sue vittime” – disse Hotch mentre consegnò il foglio dove erano state trascritte. Rossi improvvisamente impallidì. “Non è possibile: queste parole sono le stesse di quel libro”.
“Dave, che ti prende? Hai qualche idea riguardo ciò?”.
“Credo di si, ma dovrei allontanarmi per un attimo” – disse Rossi, lasciando solo il suo collega.
 
“Keira, le analisi sono pronte” – disse Derek ma notò la sua giovane collega, dormiente sul banco. Urlò d nuovo il suo nome e la fece saltare dallo spavento.
“Ma perché urli, Derek! Non sono sorda, cavolo!” – dissi.
“Ma tu sentila! Tesoro, stavi nel mondo dei sogni e chissà cosa stessi sognando”.
“Non mi rendevo conto che fossi idiota a questi livelli” – dissi mentre mi stropicciavo gli occhi e guardavo nel vuoto.
“Ehi ti va di parlare?”.
“Di cosa?”.
“Di quello che hai. Questo non è il tuo vero io”.
“E tu come lo sai se ci conosciamo da una settimana?”.
“Lo so perché ci sono passato anche io e credimi non è una vergogna o qualcosa che possa compromettere il tuo operato”.
“Derek, non posso dimostrare a voi tutti le mie debolezze, altrimenti non potrei continuare quello che sto facendo e non meriterei di entrare in questa unità. Sarebbe un disastro per la squadra ritrovarsi uno dei membri con conflitti interiori”.
“Parli proprio come Reid!” – rise Derek.
“Ora si che l’hai sparata grossa”.
“E’ vero. Tu non lo sai, ma anche Reid si sentiva frustrato o scontroso per nascondere ciò che non lo faceva dormire la notte, per timore di essere considerato incapace di fare il profiler. Ma lui sa che può fidarsi di noi ed è riuscito ad aprirsi, nonostante tutto”.
“Ma come può uno come lui?”.
“Credimi, tutto quel suo enorme cervello non è altro che una maschera per occultare la sua enorme sensibilità. Non considerare il suo atteggiamento di stamattina un tentativo per infangarti o screditarti. E’ semplicemente preoccupato”.
“Vedo che si fida molto di te, se è riuscito ad aprirsi così tanto. E tu, Derek?”.
“Beh, Keira, non lo so ancora. La fiducia è l’unica cosa preziosa che un uomo come me possa avere, anche se avvolte ci sono momenti in cui la perdi totalmente e in quel attimo si alzano le ombre di un passato che non vorresti mai riviverlo”.
“Che ti è successo?”.
“Persi mio padre quando avevo nove anni. Ora sono qui cercando di imitare l’eroe che era in lui e soprattutto che era per me”.
“Mi dispiace”.
“Per quanto siano passati tutti questi anni, il suo ricordo è ancora vivo nella mia mente e in certi momenti mi impedisce di fare questo lavoro dolendomi sul fatto che sono stato inerme, immobile e non ho fatto nulla affinché fosse mai accaduto. Però stesso questa squadra ti dà la forza di aprire gli occhi e di andare avanti, nonostante i dubbi e gli incubi…”.
Ascoltando le parole di Derek, riuscì a trovare la forza di rivelare ciò che appesantiva il mio animo.
“Stanotte ho avuto un incubo…”.
“E’ la prima volta che li fai?”.
“No. Mi capita di sognare volti di persone che cercano aiuto da me e non riesco a salvarle. Poi me le ritrovo sul banco dell’obitorio piangenti e mi incolpano. Ma questo che ho fatto stanotte riguardava mio padre…”.
“Lo hai visto?”.
“Si. Era molto preoccupato e malinconico: mi ha pregato di proteggere questo medaglione. Ho subito pensato che fosse legato alla sua morte o qualche segreto che nessuno dovesse scoprire e ho il compito di proteggerlo”.
“Keira, gli incubi sono proiezioni del tuo animo. Stai tentando di trovare una giustificazione per quello che è successo a tuo padre e ti addolora l’idea che tu non abbia fatto nulla per salvarlo”.
“Non riesco più a dormire per questi miei pensieri. Non era delle mie intenzioni rivelare il motivo del mio comportamento duro e scontroso, perché non vorrei essere giudicata come una vittima delle mie stesse debolezze”.
“Ragazzina, ascoltami, non c’è cosa migliore che parlare, anche se può far male a noi stessi”.
“Grazie, Derek. Non saprò mai come ringraziarti per il tuo sostegno”.
“Veramente ci sarebbe qualcosa che potresti fare…” – disse con tono malizioso.
“Dimmi…”.
“Devi uscire con Reid!”.
“Ma ti sei bevuto il cervello? Assolutamente NO!”.
“Allora dovete parlare. Che vuoi fare: prendere o lasciare?”.
“E’ una minaccia?”.
“E’ un ordine!”.
“E’ meglio tornare al caso, grande capo zucca vuota!” – dissi mentre mi alzavo a confrontare le analisi dei corpi delle due vittime.
“Non te la caverai così facilmente. Comunque cosa dicono gli esiti? Come ha fatto l’S.I. ad attaccarle e ad avere tanto dominio su di loro?”.
“Secondo gli esami del sangue delle due vittime, ad entrambe è stata riscontrata un’elevata percentuale di Zohypnol, un farmaco per stordire e paralizzare le vittime. La morte è stata provocata dall’overdose, in quanto l’S.I. non si è accontentato solo di questo farmaco”.
“Che altro ha usato, Keira?”.
“Atropina Belladonna: una droga che veniva usato dalle donne ai tempi degli Egizi fino alla fine dell’Ottocento per dilatare le pupille nella speranza di apparire più belle. Secondo la mia ipotesi, l’S.I. l’ha utilizzato per immedesimare meglio le sue vittime in queste epoche. Il punto cruciale è il motivo” – spiegai.
“Quindi ha formazione letteraria e anche medica”.
“Medica non direi in quanto il taglio che è stato inferto sul petto di Dana Clarkson è molto impreciso. Ha esitato in quanto non era nelle sue intenzioni, ma ha dovuto agire per via della sua ossessione”.
“E l’uso di questi farmaci?”.
“Probabilmente avrà un familiare che ha una grande competenza farmacopea e a giudicare le dinamiche e i risultati delle analisi, l’S.I. non ha intenzione di uccidere le sue vittime, ma riprodurre un tipo di fantasia che lo soddisfa, che però ha come effetto collaterale l’overdose e quindi perde il controllo sulle vittime”.
“Le trasforma in burattini: è un tipo che ha perso la sua autostima in seguito a delle delusioni e cerca attenzione, lasciando frasi e facendo indossare strani vestiti alle vittime. Abbiamo elementi a sufficienza per elaborare un profilo. Chiamo Hotch…” – disse Derek, mentre estraeva il cellulare dalla sua tasca.
“Vengo anche io!” – dissi ma improvvisamente mi sentii le gambe pesanti e la vista appannarsi.
“Tu rimani qui a riposare. Hai fatto un ottimo lavoro” – disse mentre mi fece sedere.
“Non posso riposarmi, devo concentrarmi sul caso” – risposi, mentre sbadigliai.
“Piccola, i tuoi occhi approvano la mia idea. Appena che avrai acquistato le forze ci raggiungerai. Guarda, ora ti presto il mio giubbotto, così me lo potrai restituire” – disse Derek e me lo mise addosso come coperta per farmi calore e decisi di non contestarlo più e accettare il suo consiglio.
“Ehi…grazie!”.
“Se non mi posso accontentare di quell’appuntamento, lo accetto” – rise.
“Sei sleale, non stiamo combattendo ad armi pari!” – sbuffai.
“Buonanotte dottoressa!” – esclamò e si allontanò dalla stanza.
Chiusi lentamente gli occhi, anche se c’era ancora il timore che gli incubi ritornino. Ripensavo alle parole di Spencer. “In fondo era una bugia per non soffrire. Ma allora perché sento lo stesso questa angoscia?”.
 
Rossi trovò l’appartamento di Shania Langley e bussa alla porta. Si trovò di fronte un giovane ragazzo dai capelli lunghi castani e mossi, stesso colore anche gli occhi; di statura elevata e fisicamente magro.
“Posso fare qualcosa per lei?” – disse.
“Sto cercando la signora Langley: è qui in casa?”.
“Mi dispiace ma mia madre non è ancora tornata. Chi la desidera?”.
“Sono l’agente David Rossi” – appena che pronunciò il suo nome, il ragazzo rimase a bocca aperta.
“Rossi! Quel David Rossi? Sono un suo grande fan: i suoi libri sono stati preziosi per me”.
“Ti ringrazio per gli encomi, tu dovresti essere Harrison giusto?”.
“Esattamente, signore. Prego, si accomodi” – disse e fece entrare Rossi.
“Abitate solo voi due in questa enorme casa?”.
“Si. Mia madre adora avere grandi spazi, mentre io preferirei starmene in un piccolo angolo dove posso godere la mia tranquillità”.
“Su questo punto siamo uguali” – commentò Rossi, mentre fissava il ragazzo. Notava qualcosa. Una strana somiglianza.
“Come mai questa visita?” – chiese curioso Harrison, mentre Rossi camminava per la casa e osservava le foto di Shania da giovane.
“Per parlare con tua madre”.
“Mamma mi ha parlato molto di lei. E’ stato una figura importante nella sua vita, una sorta di fratello” – sorrise fieramente.
“Davvero?”.
“Certo, anche se le sue parole non rispecchiano molto il suo carattere che assume nei suoi libri”.
“Vuoi diventare anche tu un profiler?”.
“Si, anche se non è semplice. Infatti mi accontenterei di fare il detective di contea”.
“La mancanza di fiducia è una delle più grandi debolezze dell’uomo ed è il tallone di Achille per un profiler”.
“Quei libri non potranno mai rimpiazzare le sue parole, agente Rossi”.
“Niente formalismi, Harrison. Chiamami Dave” – sorrise – “Tuo padre è sempre assente da casa?”.
“Non ho un padre ed è meglio così”.
“Come mai tanto rancore?”.
“Mio padre non accettò la gravidanza di mia madre e decise di allontanarsi per sempre. Non capisco cosa sia più triste sapere di non essere accettato o vivere l’esistenza senza un padre!”.
“Quanti anni hai, Harrison?”.
“Ventitrè. Scusami come mai tutte queste domande? Riguardano il caso?”.
“No, tranquillo, anzi scusami per il disturbo. Ora è meglio che vada” – disse Rossi, mentre poggiò la mano sulla schiena del ragazzo, come scusa per prendergli un capello.
“Mi ha fatto molto piacere parlare con lei. Mi auguro che questa nostra conversazione possa ripetersi di nuovo”.
“Ne sarei davvero lieto” – disse Rossi e uscì dalla casa. Guardò il capello e iniziò a riflettere. “Troppe somiglianze per essere delle coincidenze: che cosa mi hai tenuto nascosto, Shania? Finalmente potrò capire il motivo per cui ti ho perduta per ventitrè anni…”.
 
“Cosa avete scoperto?” – chiese Hotch.
“Abbiamo trovato il fattore comune delle due vittime: entrambe frequentavano una scuola di recitazione” – spiegò Emily.
“I vestiti sono fatti di stoffa sintetica utilizzata per realizzare costumi scenici e a giudicare quelli che sono stati trovati addosso alle vittime, l’S.I. ha una vasta preparazione sulle tragedie sceniche da quelle greche fino a quelle vittoriane” – concluse Reid.
“Ho chiamato Garcia e mi ha fornito l’indirizzo di questa scuola” – disse JJ porgendo un foglietto a Hotch.
“Si trova nel centro della città, vicino ai luoghi dove sono state trovate le vittime” – intervenne l’agente Krauss.
La conversazione fu stoppata per l’arrivo di Morgan.
“Eccomi! Ho i risultati autoptici: l’S.I. stordisce e paralizza le vittime; la morte è per overdose. Inoltre ha una estrema conoscenza delle usanze antiche in quanto è stato riscontrato sui corpi dell’atropina belladonna”.
“Ha una formazione medica?” – chiese Emily.
“Secondo Keira, l’S.I. avrà appreso da un familiare le conoscenze farmacopee. La morte delle vittime non è altro che un effetto collaterale dei farmaci che utilizza sulle vittime; le trasforma in oggetti che richiamano la sua fantasia e credo che non si fermerà” – spiegò Derek.
“Dove si trova adesso Keira?” – chiese deciso Spencer.
Morgan fu colto di sorpresa, ma, per proteggere la ragazza, inventò una scusa.
“Si trova ancora in obitorio perché stava cercando altri indizi che possano aiutarci nel profilo”.
“Doveva tornare qui alla stazione dato che così aveva ordinato Hotch e la sua competenza poteva servirci sulla scena del crimine per capire quando agirà l’S.I.” – insisteva Reid, non convinto della versione del suo collega.
“Non vedo Rossi: che fine ha fatto?” – salvò la situazione Emily.
“Eccolo sta arrivando…” – disse JJ.
“Hai una pista?” – chiese Hotch.
“Non ancora. Ho bisogno di parlare con Martines: si trova ancora in obitorio?” – chiese Rossi.
“Si. Credo che sia meglio non disturbarla…” – disse Derek ma non riuscì a fermarlo. “Dannazione!”.
“Cosa ti prende, Morgan?” – chiese JJ.
“Speriamo che non succeda un casino”.
“Che intendi dire con la parola ‘casino’? Cosa stai nascondendo? Ormai è palese il tuo atteggiamento” – intervenne Spencer sempre più confuso, ma Derek preferì non rispondere.
 
“Chi è?” – dissi, mentre mi svegliai di soprassalto a causa di un rumore insolito. Presi lentamente la pistola come difesa e uscì dalla sala per percorrere il corridoio. Sentì una mano appoggiata sulla mia schiena e mi voltai di colpo.
“Calma, Martines, sono io”.
“Scusami, Rossi! Certo che mi hai fatto prendere un brutto spavento: per poco ti potevo bucare la fronte!”.
“Ho bisogno che tu mi faccia un favore”.
“Di che si tratta?”.
“Devi analizzare questo capello”.
“Morgan non mi aveva detto che avevate trovato delle tracce sulla scena del crimine! Mi metto subito al lavoro”.
“No, Martines! Non riguarda il caso…”.
“Non capisco, Rossi! Spiegati meglio” – dissi e notai che si tirò anche lui un capello e me lo diede.
“Voglio che tu faccia l’esame di paternità”.
“Non posso farlo!”.
“E’ una tua competenza, quindi dove è il problema?”.
“Non condivido questa storia! Non devono essere i dati scientifici a dire chi è il padre e chi è il figlio”.
“Non puoi capire: è una questione personale! Quindi esegui quello che ti ho detto” – alzò il tono di voce Rossi, ma io ero più testarda di lui e continuai a rifiutare. Anche se poteva compromettere il mio lavoro, ero pronta a tutto pur di portare avanti le mie idee e i miei sentimenti. Poi la tensione fu interrotta dal suono del mio cellulare. Era JJ.
“Dimmi, JJ” – risposi.
“Keira, abbiamo un’altra vittima, raggiungici subito. Ti mando le coordinate via GPRS”.
“Arrivo subito” – dissi e riattaccai.
“Dobbiamo andare: abbiamo un altro cadavere. Comunque ci sono modi migliori per scoprire la verità…” – dissi e mi allontanai da Rossi, che rimase indietro solo. “Forse è questo il motivo per cui pago il prezzo della solitudine: cercare la verità nel materialismo”.
 
“Chi è la vittima, agente Krauss?” – chiese Derek.
“Katy Stuart, 24 anni. Anche lei risulta scomparsa da quarantotto ore”.
“L’S.I. avrà rapito a breve distanza le due vittime e passa il tempo con loro prima di ucciderle” – ipotizzò Emily.
“Ma perché avrebbe scelto un luogo pubblico? Non aveva timore di essere scoperto? Non credo che le persone non notassero qualcuno che trasportava in braccio una donna vestita in modo strano” – disse JJ.
“Il parco è chiuso al pubblico alle 18 e dopo un’ora è il turno di sorveglianza. Infatti ci sono dei segni di effrazione vicino alle sbarre del cancello. L’S.I. è stato prudente in quanto ha agito dopo l’orario di chiusura, quindi nessuno lo avrebbe notato; secondo punto ha voluto che il corpo fosse ritrovato, sapendo l’orario di sorveglianza. In conclusione l’uomo che cerchiamo conosce perfettamente la città e ha intenzioni di comunicare qualcosa attraverso questi omicidi” – terminò Spencer.
Finalmente riuscì a raggiungere la scena del crimine.
“JJ, ho fatto il più presto possibile” – dissi, mentre sentivo gli occhi di Spencer puntati addosso.
“Keira, ti avevo detto di rimanere in obitorio” – disse Derek.
“La pausa è finita, Derek. Ora è il mio turno, quindi scansati” – dissi e mi avvicinai verso il corpo della vittima – “La vittima è stata paralizzata con lo stesso farmaco utilizzato per le altre due vittime; inoltre ci sono segni di colluttazione e una ferita dietro la testa, provocata senz’altro da un corpo contundente, come una mazza o un bastone. E’ stata sorpresa dietro le spalle”.
“C’è qualcosa sulla mano sinistra” – notò Emily.
“Un pezzo di carta” – dissi.
“Ennesima frase lasciata dall’S.I.. Poggio il mio corpo in questa terra fredda, pregando che il respiro della mia anima dia la vita a quel fiore che non crescerà mai sulla riva dove è sepolto il nostro amore” – lesse JJ.
“I vestiti risalgono all’epoca del…”.
“…Rinascimento” – finì la mia frase Spencer.
“Ragazzi credo che sia meglio che ritornassimo alla stazione e riprendere le indagini domani” – consigliò Emily ed la squadra fu d’accordo.
 
“Dave…” – vide Hotch l’arrivo del suo collega alla stazione.
“Ehi..”.
“Dove sei stato? Hai trovato un’altra pista?”.
“Più o meno…”.
“Cosa c’è che non ti convince? Ho capito che non riguarda il caso…”.
Rossi preferì non rispondere.
 
“Harrison, sono tornata…”.
“Ciao, mamma”.
“Ti vedo strano: cosa è successo?”.
“E’ venuto qui l’agente David Rossi e ti cercava”.
“Davvero? Cosa voleva?” – rimase scioccata Shania.
“Non lo so. Ha iniziato a farmi delle strane domande: voleva sapere riguardo mio padre. Mamma perché non mi racconti mai chi fosse veramente?”.
“Ne abbiamo già parlato, Harrison. Comunque se per caso ti capitasse di rincontrare l’agente Rossi, cerca di mantenere le distanze”.
“Perché? Mi stai per caso nascondendo qualcosa? Lui sa qualcosa riguardo mio padre?” – iniziò ad alzare il tono della voce Harrison.
“Basta! Non ti intromettere in simili questioni e fai come ti dico!”.
“E’ meglio che me ne esco; è inutile parlare con te” – disse e chiuse violentemente la porta.
Shania nel frattempo notò una lettera sul tavolo. Era indirizzata a lei.
 
“Presto la tua vita sarà nelle mie mani e la distruggerò così come tu hai distrutto la mia. Prenderò ogni cosa fino a quando non avrai più la forza di raccontare nei tuoi libri ciò che ti accadrà. E’ il mio momento di scrivere questa nuova storia...”
 
Mentre leggeva quella lettera minatoria, Shania sentiva alla radio la notizia riguardo gli omicidi e quando sentì una delle frasi lasciate dall’assassino a una delle sue vittime, rabbrividì.
 
“Sono morte a causa mia…” 

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Capitolo 6
*** Chapter 6 - Allontana i tuoi incubi ***


 

Capitolo 6

 

 


 

Ore 8.30AM
 

 
 

Il telefonino di Derek iniziò a squillare.
“Sto parlando con un agente dell’FBI o con il dio dei sogni proibiti?”.
“Un dio infatuato da una maga! Ciao, bambolina, che notizie mi porti?”.
“Ho trovato l’autore, anzi direi l’autrice, delle frasi lasciate dall’S.I.” – disse Penelope.
“Dimmi il nome”.
“Shania Langley. Ma la cosa sconvolgente è che l’S.I. non ha ripreso soltanto le frasi dai suoi libri, ma riproduce ogni scena. Le vittime e i luoghi si adattano perfettamente alla trama delle sue storie. Ti mando subito i dettagli più importanti”.
“Sei la migliore”.
“Lo so, bel maschione! Senti come sta Keira? Si è sbollita la situazione con il genietto?”.
“Ci stiamo lavorando; il ragazzino ormai è cresciuto quindi riuscirà ad affrontare da solo la situazione, soprattutto con una donna!”.
“Wow, non sembri proprio un playboy? Che fine hai fatto, Derek Morgan?” – rise Penelope.
“Sarò sempre nei tuoi sogni e soprattutto sotto le lenzuola!” – rispose in tono malizioso Derek.
“Ok, è meglio che vada a prendere un superfrullato con caramello e cioccolato per riprendermi. Qui Penelope Garcia, Oracolo di Quantico, passo e chiudo” – disse e riattaccò.
Derek convocò tutta la squadra per riferire ciò che Penelope aveva scoperto.
“Ragazzi, abbiamo una pista: l’S.I. riproduce le opere letterarie di una certa Shania Langley”.
“Shania Langley?” – disse sorpreso l’agente Krauss.
“La conosce?” – chiese incuriosito Rossi.
“E’ molto famosa qui per i suoi libri che sono diventati dei bestseller in quasi tutto il territorio nazionale in poco tempo. Credete che sia coinvolta negli omicidi? Vi posso giurare che non è quel genere di persona che faccia del male al prossimo. E’ benvoluta da tutti e non ha mai avuto problemi con la legge”.
“L’S.I., riproducendo le sue storie, vuole tentare di interagire con la scrittrice stessa e ciò che porta a compiere il suo gesto è la sua profonda ammirazione, che diventa ossessione, in quanto è consapevole che lei è irraggiungibile e teme di essere trascurato da lei. Oppure cerca di vendicarsi verso di lei, in quanto non è corrisposto, facendola sentire responsabile della morte di queste vittime, generando instabilità psicologica e paura nei suoi confronti” – teorizzò Spencer.
“Chiamo Garcia per farci avere il suo indirizzo…” – disse JJ ma fu interrotta da Rossi.
“Che succede, Dave?” – chiese con occhi sbarrati Hotch.
“Non c’è bisogno perché lei è già qui!” – rispose, mentre il suo sguardo era indirizzato verso una figura femminile, posta sull’ingresso della stazione di polizia. Decise di raggiungerla.
“Come faceva Rossi a sapere la donna che cerchiamo è proprio quella?” – chiese confusa Emily.
“Non ho proprio idea! Forse si conoscono in altre circostanze…” – ipotizzò JJ.
“Questa storia è più complicata del previsto e Rossi è decisamente coinvolto” – sentenziò Derek.
“Ehi, ma dov’è Keira? Non è ancora arrivata!” – notò Spencer.
“Penso che stia ancora nella sua stanza d’albergo. Non l’ho vista uscire dalla sua camera, nonostante fossi l’ultima. Aveva una faccia così stressata e stanca; chissà cosa le sia successo” – disse Emily.
“Vado da lei! E’ inammissibile che un membro della squadra tardi a lavoro, qualsiasi siano i motivi, e non posso tollerare come collega” – tuonò Spencer.
“Reid, non essere duro! Ha fatto un ottimo lavoro ieri, quindi un po’ di riposo in più se lo merita, ancor di più se sta attraverso un periodo difficile” – intervenne Derek.
“Perché la difendi? La tua risposta non è logicamente giustificata”.
“Non difendo nessuno, io dico solo quello che penso e reputo giusto”.
“Se fossi stato giusto, avresti notato anche tu della sua mancanza sconsiderata! Ciò può generare problematiche sempre più complicate all’interno della squadra, rendendo più difficile operare. E’ meglio che vada non voglio più sprecare fiato” – disse con impeto Spencer allontanandosi dal gruppo, lasciando Derek che teneva il capo abbassato in segno di rassegnazione.
“Sembra arrabbiato…” – commentò JJ.
“Era meglio che rimanevo zitta!” – disse Emily sentendosi responsabile della situazione.
“Invece no, Prentiss. Questa è l’occasione giusta che quei due mettano la testa apposto, altrimenti non ci mettono in condizione di poter lavorare sul caso” – rispose Derek.
 
“Mio figlio Harrison mi ha detto che sei venuto a far visita nella mia casa e mi cercavi…” – disse Shania.
“Non mi sembra una giustificazione attendibile e coerente che spiega il motivo per cui sei qui” – rispose Rossi con tono duro e freddo.
“Già, mi ero dimenticata che eri un profiler! Comunque ho bisogno di parlarti…”.
“Perfetto! Allora seguimi! Agente Krauss, ci sono problemi se io e la signora Langley utilizzassimo la stanza per gli interrogatori per conversare?”.
“No, agente Rossi, faccia con comodo” – rispose l’agente sorpreso e i due si allontanarono. “Agente Hotch, lei ha capito le intenzioni dell’agente Rossi?”.
“Intervista cognitiva: cerca di non mettere pressione la signora Langley in modo tale da scoprire informazioni utili sul caso, trasformando l’interrogatorio in una conversazione amichevole e pacifica” – spiegò Hotch, anche se aveva molti dubbi sull’atteggiamento del suo collega nei confronti di quella donna.
 
“Cosa volevi dirmi, Shania?” – chiese Rossi, tenendo le braccia incrociate.
“Beh prima di parlare, mi verrebbe da chiederti il motivo per cui sei passato a casa mia” – disse Shania.
“Allora anche io dovrei chiederti il motivo per cui sei venuta qui alla stazione di polizia. Vuoi dirmi qualcosa riguardo il caso di cui mi sto occupando?”.
“Perché pensi questo?”.
“Andiamo, Shania. Non mi trattare come un idiota. Ho letto le frasi che l’S.I. ha lasciato alle sue vittime e appartengono ai tuoi romanzi; inoltre questo killer non si attiene soltanto a quelle, ma all’intera trama. Vuoi sapere cosa penso? Tu sei il motivo per cui sono morte, a meno che tu non mi dici la verità o ti risulta difficile?”.
“Non ti tratto come un idiota, perché lo sei! Da quando pensi queste cose di me? Non voglio perdere più il fiato con te, visto che non credi più nella fiducia reciproca che ci è sempre stata in tutti questi anni, anche con la lontananza. Ritornando al caso, sono consapevole che sono coinvolta in questo dannato caso, perciò sono venuta a portarti questa..” – disse Shania, mentre poggiava violentemente un foglio di carta sul tavolo.
“Cos’è?”.
“E’ una lettera minatoria. Il mittente è il vostro assassino”.
“Hai idea di chi sia?”.
“Onestamente no. Ricevo lettere di questo tipo da molto tempo e credo che sia la stessa persona per la calligrafia”.
“Questa è una lettera di vendetta. Cosa è accaduto in passato?”.
“Niente che possa suscitare in qualcuno una vendetta! Posso dire che un paio di anni fa vinsi un premio in denaro come miglior romanzo dell’anno. Infatti con quei soldi riuscii a mantenere Harrison all’università; da quel momento la gente iniziò ad apprezzare i miei romanzi, ma la cosa non mi interessava più di tanto, perché mi sento bene soltanto immergendomi nella scrittura in sé. Purtroppo ci si deve mantenere con i piedi di piombo alla triste realtà e dovevo pensare anche al futuro di mio figlio”.
“Tra i partecipanti ci fu qualcuno che non aveva digerito bene la sconfitta?” – chiese Rossi.
“Ora che ci penso, tra i partecipanti, c’era un uomo che lo avevo conosciuto in biblioteca e dichiarava di essere un fan dei miei libri, prima che diventassero famosi. Questa sua ammirazione divenne un attaccamento morboso per me, ma io l’avevo sempre respinto. Quando seppe di non aver vinto il concorso, andò di matto e da quel momento non lo vidi più”.
“Ti ricordi il suo nome?”.
“Rupert Cohen. Oddio è lui l’assassino!”.
“Perché non sei corsa subito dalla polizia, Shania?”.
“Non potevo mettere in pericolo mio figlio, David! Non immaginavo che potesse fare una cosa del genere!”.
“Non hai altro da nascondere?”.
“Ti ho detto tutto quello che ti dovevo dire. Ho sbagliato a venire da te. La vita è mia e sono io che decido il mio destino. E’ meglio che vada…” – disse Shania decisa e nel momento in cui stava per aprire la porta, fu fermata per un braccio da Rossi.
“Perché non mi racconti della paternità di tuo figlio?”.
“No. Cosa centri con mio figlio?”.
“Ha 23 anni. La tua memoria non ti dice niente?” – la presa di Rossi divenne sempre più forte e gli occhi di Shania divennero sempre più lucidi, si sentiva crollare e perdere le forze.
“Lasciami, David…”.
“Dopo quella notte passata insieme, i nostri sentimenti emersero e provavamo un amore reciproco, anche se ero in procinto per sposarmi. Quando riuscii a fondare l’unità analisi comportamentale, mi ero ripromesso di rinunciare al matrimonio e abbandonare FBI per trascorrere la mia vita con te, nella consapevolezza che tu mi amassi. Ma le cose non andarono a buon fine quando tu decidesti di rompere la nostra relazione e pretendesti che io ti dimenticassi per sempre, senza alcuna spiegazione”.
“Ciò che è successo tra noi rimarrà solo un ricordo nostalgico. E’ stato meglio così”.
“Allora dimmi la verità!”.
“Non posso…”.
“Perché?”.
“Non voglio che tu soffra. Credimi non è stato facile per me prendere quella decisione, ma l’ho fatto proprio perché ti amavo e non voleva che la tua vita e le tue ambizioni sprofondassero per colpa mia”.
“Credi davvero che così facendo sia stato felice in tutto questo tempo? Per quanto sia vincolato al mio lavoro e alla caccia, non riuscivo a placare il vuoto che avevo dentro di me e trovavo sfogo nella mia solitudine. Questo è stato il tuo atto d’amore per me?”.
“David, tu avevi come futuro un matrimonio e una carriera che tanto bramavi e sapevo che non potevi rinunciare, perché dovevo rovinare tutto?”.
“Non era tua la decisione, Shania! Spettava me scegliere cosa farmene della mia vita. Ora voglio sapere una cosa…” – disse Rossi mentre portava le sue mani sul volto della donna – “…Harrison è mio figlio?”.
Shania non riuscì a trattenere le lacrime e le sue mani iniziarono a tremare. Non aveva più un filo di voce e il suo petto non riusciva più a reggere i forti battiti del cuore.
“Rispondimi! Sono io suo padre?” – urlò Rossi.
“Si…” – quando sentì la verità uscire dalla bocca della donna, Rossi si allontanò immediatamente e si sentiva perdere l’equilibrio. Diede le spalle a Shania e si manteneva rigidamente con le mani sul tavolo freddo.
“Mi hai tenuto lontano da mio figlio per tutti questi anni…”.
“L’ho dovuto fare, David. Per noi tre...” – rispose singhiozzando.
“Vattene, ti prego”.
“David, mi disp…”.
“Vattene!” – alzò la voce, trasmettendo tutta la sua ira. Shania uscì, lasciando la porta aperta, in lacrime.
Hotch entrò subito nella stanza dove si trovava Rossi.
“Cosa è successo?”.
“Abbiamo un nome: Rupert Cohen”.
“Non mi interessa del caso ora, perché sei così arrabbiato? La Langley è uscita piangendo”
“Come ti sentiresti se venissi a sapere di essere padre dopo ventitrè anni?” – quella risposta fece calare il silenzio e allentò la tensione.
 
“Cavolo! Sono le nove e mezza!” – dissi, mentre vidi la sveglia, e scesi subito dal letto. Avevo un mal di testa incredibile; raccolsi i fogli che avevo lasciato sparsi sul tavolo la sera prima per scrivere alcune relazioni sul caso. Mi vestii alla velocità della luce, senza tener conto dell’abbinamento delle scarpe con la maglietta o con i pantaloni; i capelli se ne andavano per fatti propri, senza seguire un verso, così decisi di legarli. Poi sussultai quando sentii bussare alla porta. “Non aspetto alcuna visita, chi potrà mai essere? E se fosse Hotch che è venuto per cantarmele quattro? Stai tranquilla, Keira, non fare la bambina: è il tuo capo, non il mostro di Lochness. Quindi vai ad aprire la porta…”  - seguii l’istinto e mi diressi ad aprirla.
“Per quanto tempo avevi intenzioni di farmi rimanere qui fuori?” – sbraitò Spencer.
“Il mostro di Lochness fa un baffo al dottor Reid!” – pensai in quel frangente. “Che sei venuto a fare, Reid?” – dissi mentre lo feci entrare nella mia camera, anche se l’idea non mi piaceva.
“Il tuo ritardo a lavoro, senza alcun preavviso, è inaccettabile!”.
“Lo so benissimo, non c’era bisogno che venivi fin qui. Darò le mie motivazioni ad Hotch, contento?”.
“Perché non inizi a darle a me?”.
“Non ne vedo la ragione”.
“So perfettamente cosa stai passando”.
“Non voglio sprecare fiato con te…” – dissi mentre mi voltai, evitando ogni suo sguardo. Lui insisteva per ottenere la mia attenzione, mettendosi avanti sul mio cammino.
“So come sono fatti gli incubi: facili da vederli, ma difficili da dimenticarli”.
“Che belle parole filosofiche! Peccato che non siano un mio problema…”.
“Non serve a nulla mentire…”.
“Sei diventato adesso una macchina della verità?”.
“No, dico così semplicemente perché anche io li ho avuti” – disse Spencer con tono diretto e io rimasi per un attimo perplessa.
“Tu? Non ne vedo il motivo per cui li abbia…”.
“Accusi me di sapere tutto sugli altri senza alcuna prova, quando invece sei tu la prima!” – il tono di Spencer divenne sempre più alto.
“Dove vuoi arrivare? Perchè ti preoccupi di me?”.
“Voglio aiutarti…”.
“Ho visto come mi hai aiutata! Mi hai messo in difficoltà con Hotch…” – risposi con sguardo deciso, aggrottando le sopracciglia.
“Immaginavo che non sarebbe stata una buona idea che tu venissi qui!”.
“Mi dispiace, ma io rimarrò e continuerò a lavorare sul caso che ti piaccia o no!” – mi avvicinai sempre di più verso lui, portando il mio volto verso il suo, affinché le mie parole arrivassero dritte nella sua mente.
“Allora perché non riesci a dirmi cosa ti angoscia?” – mi chiese.
“Non posso, non voglio”.
“Non ti fidi di me?”.
“Perché me lo chiedi? Tu hai fiducia in me?”.
“Devo, perché sei della squadra. Comunque, logicamente, ho fatto prima io la domanda quindi dovresti rispondere!”.
“Sono della squadra? Si fida di me, non perchè sono me stessa, ma perché sono una della squadra? E’ possibile che lui non ha ancora capito chi sono veramente, proprio perché ancora devo ritrovare il mio io?” – pensai, mentre rimasi in silenzio e mi limitai a fissarlo negli occhi.
Poi, improvvisamente, lui si allontanò, in direzione della porta. Girò il pomello e prima di uscire, si voltò verso me, con un’espressione delusa e, ancor di più, confusa.
“Non potrai mai rispondermi, se menti anche a te stessa. Non servirà a nulla nascondersi: la sofferenza incrementa in proporzione alla tua esitazione” – disse e si allontanò, lasciandomi sola, con le idee che si affollavano incessantemente nella mia testa.
Lui non poteva capire il mio gesto. Anche se ero consapevole che ciò avrebbe ingigantito le distanze tra noi, non volevo permettere che lui conoscesse questo mio lato, questa mia paura. E’ una battaglia che dovevo combattere da sola. Ma, pensandoci, alla fine cosa otterrò?
 
Shania continuava a camminare con passo pesante per strada, senza alcuna meta, in compagnia delle lacrime che non smettevano di bagnare il suo pallido viso. Si fermò di scatto; avvertiva una presenza sinistra nei dintorni di un vicolo isolato. La paura si fece sentire attraverso il tremolio delle sue mani. Aprì la borsa dove teneva il suo telefonino; lo prese e tentò di fare il numero di suo figlio.
“Andiamo, Harrison, rispondimi…”.
“Shania…” - una voce misteriosa pronunciò il suo nome. Chiuse subito il telefono e cercò di capire da dove provenisse.
“C’è qualcuno?”.
“Sono molto più vicino di quanto credessi…”.
“Non ti vedo…”.
“Ti accontento subito, mia cara…” – la voce misteriosa apparteneva ad uomo dai capelli grigio-neri, occhi azzurri e fisicamente alto. Shania dilatò le pupille perché sapeva chi fosse l’uomo di fronte a lei.
“Sei un assassino!” – quando disse quelle parole, l’uomo l’afferrò e teneva la pistola puntata sulla sua schiena, mentre con un braccio la bloccava.
“Assassino? Che brutta parola! Direi copista, dato che ho riprodotto le tue storie nella versione reale. Ti sono piaciute? Mi sono sempre domandato perché tu fossi così irraggiungibile?”.
“Se ho fatto qualcosa, prendimi, ma non uccidere più altri innocenti…”.
“E’ questo il tuo desiderio? Stavo pensando che potremo scappare via, potresti portare tuo figlio e diventare così una famiglia, quella che avevo perso molti anni fa. Potevi rendere le cose più semplici. Invece? Hai sempre respinto ogni mio sguardo, ogni mia parola, ogni mia attenzione verso te. Mi hai rovinata la vita, ma posso perdonarti se sceglierai di essere mia”.
“Preferisco la tortura, il dolore e anche la morte, anziché essere tua, perché non lo sarò mai…”.
“Ucciderti? Non lo posso fare, mia adorata! Però se devo mandare qualcuno all’inferno so dove cominciare: un certo agente dell’FBI? Sarebbe un ottimo inizio…” – rise maleficamente l’uomo, mentre trascinava la donna nella sua macchina scura con la forza.
 
Spencer ritornò alla stazione.
“Keira non è venuta?” – chiese JJ, non vedendo la giovane dottoressa.
“Beh…tecnicamente…” – Spencer non terminò la frase, quando si trovò il soggetto della frase dietro le sue spalle.
“Eccomi, squadra!” – dissi e mi feci spiegare da Emily gli aggiornamenti sul caso. Nel frattempo arrivò Hotch con Rossi.
“Abbiamo un nome: Rupert Cohen” – disse Rossi.
“Rupert Cohen? Lo tengo nell’elenco dei sospettati” – disse Derek mentre rovistava le carte – “Eccolo qui! Rupert Cohen: scenografo e registra teatrale presso la scuola di recitazione ‘Belle Drama’, la stessa frequentata dalle tre vittime. La madre era un’alcolista, mentre il padre un farmacista. Divorziato da dieci anni dalla moglie e non gli è stato permesso di vedere i figli per volere di lei. Situazione economica precaria per i debiti. Inoltre c’è un articolo dove ha partecipato a un concorso per scrittori e la vincitrice, guarda caso, è la Langley”.
“Ecco il fattore stress” – affermò Hotch.
“Questo conferma la sua conoscenza farmacopea” – dissi.
La conversazione fu interrotta dall’agente Krauss.
“Abbiamo un’altra vittima”.
“Dov’è?” – chiese Emily.
“Alla scuola di recitazione. Vi accompagno subito sulla scena del crimine” – disse l’agente.
 
C’erano molti giornalisti sul luogo. JJ cercò di rendere la situazione meno caotica possibile con la sua diplomazia.
“Agente perché questo assassino mette dei costumi antichi alle sue vittime? Vuole attirare la sua attenzione con la sua capacità teatrale?” – chiese uno dei giornalisti.
“Vi pregherei di non enfatizzare su questo particolare, al fine di non incoraggiare l’assassino. Non appena avremo finito di perlustrare la scena del crimine, posso rispondere alle vostre domande. Adesso vorrei che aspettasse pazientemente e lasciasse passare al personale competente” – rispose JJ.
Il resto della squadra si trovava con l’agente Krauss ad esaminare il corpo della vittima.
“La vittima è Drew Well, 22 anni. E’ stata trovata da una delle ragazze della scuola nella stanza dei costumi” – spiegò l’agente.
“Tre coltellate alla schiena e i capelli sono stati tagliati. L’ha colta di sorpresa mentre si stava cambiando” – dissi mentre osservavo il corpo.
“C’è qualcosa dietro l’orecchio” – disse Emily e trovò un foglietto ripiegato – “E’ il momento di chiudere la storia dove è iniziato tutto … che significa?”.
“Sembra essere un ultimatum alla Langley, dato che l’S.I. si ispira a lei nei suoi omicidi” – ipotizzò Spencer.
“Dobbiamo cercare la Langley. L’S.I. l’ha scelta come sua ultima vittima” – disse Derek.
Il telefono di Rossi iniziò a squillare e rispose.
“Pronto?”.
“Dave, sono Harrison”.
“Harrison che succede?”.
“Temo che mia madre sia stata rapita dall’assassino che state cercando. Ho trovato una sua chiamata insolita sul mio cellulare e a casa non mi risponde. Sto andando a cercarla e penso di sapere dove sia”.
“Rimani a casa, Harrison. Ci penserò io! Non voglio che tu corra pericolo” – urlò Rossi.
“Non posso, papà…” – quel lapsus di Harrison fece scendere la voce a Rossi, che ritornò subito in sé.
“Sai dove l’avrebbe portata? L’S.I. ha scritto che vorrebbe chiudere i conti dove è iniziato tutto!”.
“Nella vecchia biblioteca dove mamma ha fatto il concorso e ha incontrato quel tizio. Si trova a Madison Street 32. Ci vediamo lì…”.
“Non ti muovere fino a quando arrivo io con i rinforzi” – disse Rossi, ma Harrison aveva già riattaccato.
“L’S.I. ha già agito…” – capì subito Hotch.
“Si e dobbiamo muoverci! Martines, ho bisogno che tu mi dia un passaggio con la tua moto” – disse Rossi e quando mi chiamò in causa, rimasi come uno stoccafisso.
“Io?”.
“Tu, proprio tu! Sbrighiamoci! Agente Krauss, chiami i rinforzi presso Madison Street 32”.
“Lo farò subito, agente Rossi” – rispose.
Mentre gli altri si diressero verso i SUV, sentì Spencer che mi chiamava.
“Rimani qui con JJ! Lascia la tua moto a Rossi”.
“Scordatelo! Nessuno e dico nessuno andrà a spasso sulla mia Phoenix senza me! Stai tranquillo, ti coprirò io le spalle” – dissi, con un filo di sorriso e raggiunsi subito Rossi.
“Sei tu quella che deve guardarsi le spalle, non io!” – rispose ad alta voce Spencer, ma si sentì lo stesso ignorato.
 
“Ci sta impiegando molto, il nostro amico agente” – disse ironicamente l’S.I., mentre osservava Shania legata ad una sedia.
“Rupert, non devi fare tutto questo! Sfogati con me, ma non fare del male agli altri. La causa sono io di tutto questo” – disse Shania con voce debole.
“Credi che io mi accontenti solo di torturati? No, mia cara Shania: devi soffrire come ho sofferto io tutte le volte che mi hai ignorato. A stento riuscivi a ricordare il mio nome! Ma dimmi una cosa: ami così tanto quell’agente? E’ lui il misterioso padre di tuo figlio?”.
“Non ti permetterò che tu gli faccia del male!”.
“Ma che animo eroico. Un amore tormentato come i tuoi romanzi; ancora non capisco come mai la gente abbia scelto i tuoi invece dei miei! Devi sapere che, mentre uccidevo quelle ragazze, un po’ ho imparato ad apprezzarli. Comunque sarà un gran spettacolo ammazzare quel bastardo del tuo amato sbirro sotto i tuoi occhi. Sarà una tragedia degna di essere messa in scena. Peccato che tu non abbia un costume adatto, ma sei splendida lo stesso” – disse mentre le accarezzava le gote morbide.
“Sei pazzo! Non voglio essere toccata da mani codarde sporche di sangue innocente” – disse Shania e l’S.I. le diede una sberla violenta facendola cadere per terra, con tutta la sedia, perdendo i sensi.
“Dolcezza, è meglio che riposi. Voglio che tu non perda un solo istante di questo momento. Presto sarai mia per sempre”.
 
Sia la squadra che il giovane Harrison arrivarono nella vecchia biblioteca.
“Voglio entrare lì dentro” – disse Harrison.
“E’ fuori discussione, Harrison. Non posso pensare anche a te, mentre tento di salvare tua madre. Se ti accadesse qualcosa non me lo perdonerei mai” – disse Rossi, abbracciando il ragazzo.
“Promettimi che la salverai”.
“Te lo giuro” – disse Rossi.
“Prentiss, tu rimani qui fuori, insieme a Reid e Martines, ad aspettare i rinforzi. Morgan invece affiancherai e me e Rossi” – ordinò Hotch.
“Scusami, Aaron, voglio che Martines mi affianchi nell’operazione” – intervenne Rossi, suscitando scalpore negli altri e entusiasmo in me.
“Dave, sei sicuro di quello che dici? E’ presto per Martines…”.
“Non possiamo metterla sempre in disparte, Aaron. E poi è una buona tiratrice, quindi ci potrà essere d’aiuto” – rispose Rossi.
“D’accordo. Martines, tu starai insieme a Morgan” – disse Hotch, mentre iniziò ad avviarsi con Rossi.
“Aspetta, Hotch. Non sono d’accordo: se entra lei lì dentro, entro anche…” – diedi un pestone a Spencer facendolo ammutolire.
“Mi dispiace che tu non possa entrare, Reid, ma apprezzo comunque il tuo gesto” – ridacchiai, mentre mi mettevo il giubbotto antiproiettile.
“Prentiss, abbi cura del ragazzino” – disse Derek sorridendo.
“Lo farò, Morgan. Tu invece tieni al guinzaglio Keira” – rispose Emily ridendo, mentre aiutava Reid.
Entrammo nell’edificio e tutto sembrava apparentemente tranquillo. Cercavo di mantenere la mira e la concentrazione, nonostante dentro di me avvertivo una forte agitazione.
“Qui non c’è” – disse Derek.
“Andiamo al piano di sopra” – disse Hotch e noi tutti lo seguimmo, facendo le scale con passo lento e silenzioso.
“Keira, non ti agitare, mantieni sempre la mira” – disse Derek notando la mia eccessiva ansietà.
“Ce la faccio, Derek” – risposi.
 
L’S.I. vide dalla finestra l’arrivo dei rinforzi. “E’ il momento del grande spettacolo!” – disse, mentre diede un calcio sulla parete per attirare l’attenzione.
Shania riprese i sensi e cercò di emettere degli urli, nonostante la benda che aveva in bocca.
“No, mia cara. Non essere impaziente! Il tuo amato agente deve vederci insieme…” – disse mentre la sollevò da terra, puntando la pistola sul volto della donna.
“Morgan e Martines, andate nella stanza di destra, io vado quella di sinistra” – ordinò Hotch, mentre sfondava la porta.
Prima di entrare, notai Rossi andare nella direzione opposta. Mi allontanai silenziosamente da Derek e lo seguì.
Shania, ti prometto che questo incubo finirà. Resisti….” – pensò Rossi e raggiunse il luogo dove aveva sentito quello strano tonfo. La porta era semiaperta. La spinse con cautela, mantenendo sempre la guardia. Li trovò.
“Rupert Cohen, lascia andare la donna e non ti accadrà niente!” – disse Rossi.
“Credi di essere nella posizione migliore di fare minacce, agente?”.
“Lascia la pistola, altrimenti…”.
“Vuoi che le faccia un bel buco sulla testa? Perché non la getti tu quella pistola?” – ordinò il killer e Rossi fece come gli disse, tenendo le braccia spalancate.
“Così mi piaci! Ho tanta voglia di parlare con te…”.
“Lo sai, mi hai letto nel pensiero. So tutto su di te…”.
“Illuminami”.
“Sei un povero fallito, che, per cacciare le palle e valerti come uomo, hai ucciso delle donne indifese. Tutto questo per cosa? Per avere attenzione da quella donna? A nessuno interessa un cacasotto!” – Rossi continuò a sfidarlo, nel tentativo di far distogliere la sua attenzione da Shania.
 
“Keira, hai trovato qualcosa? Keira…Keira” – disse Derek e si accorse che la sua collega non era più accanto a lui. Corse subito da Hotch.
“Hotch, Keira non è con me!”.
“Nemmeno Rossi. Lo avrà seguito mentre eravamo intenti nella ricerca!” – rispose Hotch, strofinandosi la fronte.
“Dove diavolo potranno essere? Qui sembra un labirinto!” – esclamò Derek.
“Chiamo Prentiss e le do l’ordine di dare il via libera agli S.W.A.T.” – disse Hotch, mentre prese il suo cellulare.
 
“Perché ci impiegano così tanto?” – disse agitato Harrison.
“Stai tranquillo, andrà tutto bene” – tentò di consolarlo Emily.
“Non va tutto bene, se stanno lì dentro da più di trentacinque minuti!” – esclamò Spencer.
“Grazie per la tua precisione, Reid!” – fece del sarcasmo Emily.
“L’agente Rossi dovrà avere molta fiducia in quella ragazza, se ha deciso di coinvolgerla in un’operazione così pericolosa. Spero che stia bene…” – disse Harrison.
“Keira farà un ottimo lavoro! E’ molto determinata e si è rivelata utile nei nostri casi” – la elogiava Emily.
“E’ stato un gesto irresponsabile da parte di Rossi scegliere lei! Le statistiche non indicano qualcosa di buono!” – rispose Spencer.
“Tratti così male la tua ragazza?” – chiese Harrison con sorriso sottile.
“Cosa? Lei..non..è..la…mia…” – balbettava Spencer, scioccato dalla domanda.
“Allora non ci sono problemi se mi facessi avanti, giusto amico?” – Spencer preferì non rispondere, anche se lo guardava con un’espressione di disapprovazione.
Emily, nel frattempo, ricevette la telefonata da Hotch ed eseguì i suoi ordini.
“Agente Krauss, l’agente Hotch vuole che voi entrate in azione tra cinque minuti” – disse Emily.
“Siamo già pronti, agente Prentiss! I miei uomini sono impazienti…” – rispose l’agente Krauss.
“Che succede, Prentiss?” – chiese Spencer.
“Rossi e Keira si sono allontanati da Hotch e Morgan e non riescono a trovarli. Probabilmente avranno trovato l’S.I. con l’ostaggio” – quando Emily spiegò la situazione, Harrison e Spencer avevano gli occhi sbarrati.
“Lo sapevo che non era una buona idea che Keira fosse coinvolta, entro lì dentro” – disse Spencer deciso.
“Ti seguo…” – concordava Harrison, ma Emily si mise davanti ai due.
“Ragazzi, dobbiamo rimanere qui fuori! Anche io sono preoccupata, però dobbiamo essere fiduciosi. Se entrassimo, peggioreremo solo la situazione”.
 
Mi muovevo lentamente lungo la parete del corridoio e sentii delle voci. Capii subito che mi stavo avvicinando sempre di più verso Rossi e l’S.I.. Mi fermai pochi centimetri dalla porta, ma riuscii a intravedere Rossi da dietro, che teneva le mani protratte in alto. Decisi di aspettare il momento opportuno per agire.
“Non hai un termine per giudicarti, agente? Dato che saresti un profiler, come definiresti un uomo che ha permesso di lasciare andare la cosa più cara che ha in tutta la sua vita?” – disse l’S.I. mentre accarezzava avidamente il volto di Shania.
“E’ inutile che fai questi giri di parole per farmi incazzare! Perché non cerchi di spararmi oppure non ci riesci?” – ribattete Rossi.
“Perché lo sta provocando? Che piano avrà in testa Rossi?” –pensai mentre sentii il dialogo attraverso la sottile parete legnosa, attenta a non far alcuna mossa sbagliata.
“Non provocarmi, maledetto bastardo! Lei sarà mia per sempre e tu hai perso…”.
“Se ho veramente perso, sparami! Avanti, premi quel cazzo di grilletto se sei un uomo per una volta. Fammi vedere come riesci a dimostrare il tuo ardore per quella donna” – quando Rossi disse quelle parole, si voltò verso destra e riuscì a vedermi. Mi fece cenno con l’occhio. Avevo capito finalmente le sue intenzioni ed ero pronta.
“Ok, agente Rossi, sarà un vero onore mandarti all’inferno!” – disse il killer e liberò Shania dalla sua presa, che non smetteva per un solo istante di versare le lacrime. L’S.I. non riusciva a prendere bene la mira.
“Cosa ti prende, Rupert? Ci vuole tanto per sparare un colpo? Come potrai mai amare e difendere una persona, se sei solo un perdente e vigliacco?” – Rossi lo continuava a guardare dritto negli occhi.
“Chiudi quella cazzo di bocca!” – accecato dalla rabbia, il colpo partì dalla sua pistola e colpì Rossi all’altezza della spalla di striscio.
Quando sentì il colpo, caricai la pistola e avanzai diretta verso la stanza. L’S.I. si avvicinò verso Rossi, accasciato per terra, mentre con una mano premeva sulla ferita.
“Avevo scritto in quel biglietto che avrei determinato io la fine di questa storia e devo confessarti che l’adoro tantissimo…” – Rossi vedeva Shania con sorriso, pensando che, se dovesse morire, l’ultima persona che avrebbe voluto vedere fosse proprio quella donna che aveva reso il suo cuore sempre vivo.
“Sarà la tua storia a finire!” – dissi e colpì l’assassino sulla fronte. Rupert Cohen cadde rapidamente per terra, tenendo in mano la pistola. Mi avvicinai verso il suo corpo per confermare la sua morte. Poi andai subito verso Rossi.
“Rossi, stai bene?”.
“Si, aiutami a rialzarmi, Keira!” – disse e mi sentivo per un attimo in imbarazzo, quando Rossi pronunciò il mio nome. Rossi slegò e liberò Shania.
“David, mi dispiace! Perdonami, sono stata così stupida…” – disse, mentre si appoggiava sul petto dell’uomo che le aveva salvato la vita.
“Va tutto bene, Shania! Adesso sono felice…” – rispose Rossi, stringendola forte a sé.
“Keira…Rossi dove siete?” – urlò Derek.
Uscii dalla stanza, per farmi vedere. “Derek, siamo qui” – dissi. Lui riuscì a localizzarmi e mi raggiunse insieme a Hotch. Andammo tutti verso Rossi, che era intento ad aiutare Shania a rialzarsi da terra.
Hotch fissò il corpo di Cohen, in modo particolare la ferita alla testa.
“Sono stata io…” – dissi, mentre mi avvicinavo a lui – “L’ho ucciso io”.
“Hai fatto la cosa giusta, anche se potevi correre un grosso pericolo”.
“Ha fatto quello che gli avevo chiesto, Aaron!” – intervenne Rossi e Hotch decise che non era il caso di farmi una delle sue ramanzine. Derek, intanto, prese il cellulare e chiamò Emily.
 
L’agente Krauss e i rinforzi entrarono subito nell’edificio, subito dopo aver udito il secondo sparo.
Spencer avvertiva dentro di sé un’irrazionale angoscia. “Non me lo perdonerei mai se ti fosse successo qualcosa….”.
Il telefono di Emily squillava e lei rispose, destando l’attenzione di Harrison e Spencer.
“Prentiss, sono Morgan, la Langley è sana e salva”.
“Rossi e Keira come stanno? Li avete trovati?”.
“Si, Rossi è ferito ma se la caverà; Keira ha ucciso l’S.I.. Tra poco vi raggiungiamo” – disse Derek e riattaccò.
“Agente Prentiss, che novità ci sono?” – chiese Harrison.
“Tua madre sta bene, presto la potrai rivedere” – rispose Emily, rassicurando il giovane.
“Keira come sta?” – chiese Spencer, tentando di essere quanto più distaccato e freddo possibile.
“Lei ha ucciso l’S.I. per salvare Rossi. Cerca di non pressarla troppo, intesi Reid?” – lo minacciò Emily.
 
Pochi minuti dopo, sgominammo l’edificio. Rimasi indietro volutamente. Hotch si fermò accanto a me.
“Qualcosa non va, Martines?”.
“Posso farti una domanda, Hotch?”.
“Certo che puoi”.
“Non credi che certe volte noi possiamo essere simili agli S.I.? Intendo dire, anche noi possiamo uccidere…”.
“Gli S.I. sono umani come lo siamo anche noi; ciò che ci distingue sono le scelte che facciamo: quell’uomo ha deciso di uccidere altre vite per imporsi ed essere qualcuno, tu lo hai ucciso per salvare non solo la vita di Rossi e della Langley, ma anche di tante altre persone”.
“Forse ci poteva essere qualche altra alternativa per fermarlo, anziché ucciderlo direttamente”.
“Ascoltami, Martines, ti sei chiesta perché Rossi abbia scelto te?”.
“Sinceramente non me lo aspettavo, dato che sono un membro effettivo della squadra…”.
“Lui sapeva che lo avresti seguito, perché credi nel tuo istinto, anche se sapevi che saresti andata contro i miei ordini. Inoltre sapeva che l’S.I. non era un buon tiratore, perché usava come arma sempre un coltello. Sfruttando ciò, si era fatto sparare, perché sapeva che tu saresti intervenuta e lo avresti colpito, senza esitare. Ecco perché ti ha scelto: crede nelle tue capacità e ha avuto ragione” – spiegò Hotch, mentre poggiava la sua mano sulla mia spalla e io mi limitai semplicemente a sorridergli e ad accettare la sua versione dei fatti, convincendomi che fosse davvero così.
“Vado dal resto della squadra; vieni anche tu?” – mi chiese Hotch.
“Ti raggiungo tra cinque minuti” – dissi e lui si avviò lasciandomi da sola. Camminavo lentamente, tenendo le braccia incrociate, lungo il ciglio della strada e mi fermai per pensare. La mia solitudine fu stroncata dall’arrivo di Spencer.
“Perché mi guardi con quella faccia?” – chiesi guardandolo con la punta dell’occhio.
“Cosa ha che non va la mia faccia?”.
“Lo so già che muori dalla voglia di farmi il lavaggio del cervello con la tua moratoria”.
“Te la meriti! Tu non hai proprio idea del pericolo che avresti potuto correre”.
“E invece sono qui sana e salva a sopportarti. Contento?”.
“E’ inutile che fai del sarcasmo con me! Potresti trovarti in guai peggiori e le statistiche non saranno dalla tua parte”.
“Io la chiamerei fortuna”.
“La fortuna è un’illusione inconscia dell’uomo emessa dalla pura irrazionalità per spiegare fatti non scientificamente dimostrabili”.
“Però esiste…”.
“La prossima volta non permetterò che tu sia coinvolta in questo genere di situazioni”.
“E avrai un altro pestone!” – dissi e mi allontanai da lui, dirigendomi verso la mia Phoenix.
 
Mentre Shania fu caricata dentro l’ambulanza, Harrison si avvicinò a Rossi.
“Stai bene?”.
“Un graffio non stenderà un vecchio come me”.
“Non vieni con me?”.
“No, è meglio che stia tu accanto a tua madre”.
“Potresti passare da lei, quando si sarà ripresa…”.
“Non posso, Harrison”.
“La lascerai un’altra volta?”.
“Sai, forse la nostra storia non potrà mai continuare, perché non ha mai avuto un inizio”.
“Invece si! Ti devo dire una cosa: mamma mi ha sempre raccontato di te quando ero piccolo e dice che i giorni più belli della sua gioventù li ha condivisi soltanto con te. Ha reso te una figura paterna per me e l’idea mi piaceva. Ora che ti ritrovo davanti, è come se fosse arrivato Natale in anticipo. Non voglio che te ne vada…”.
“Mi dispiace…” – disse Rossi e si allontanò da Harrison, che chinò il capo per nascondere il dolore.
 
Facemmo ritorno alla stazione dove ci aspettava JJ.
“Garcia reclama la nostra presenza e il nostro volo è tra un quarto d’ora”.
“Nemmeno il tempo per un po’ di divertimento qui in Florida?” – si lamentò Emily.
“Prentiss, il divertimento lo troverai sempre se avrai al tuo fianco uomini del mio calibro” – esclamò Derek.
“Te la potevi risparmiare, Morgan”.
“Però potremo lasciare qui Reid, così si potrà concedere una vacanza”.
“Non sei tu quello che decide le mie mete vacanziere”.
“Allora dimmi un altro posto dove sei stato in vacanza, oltre Las Vegas…” – disse con tono pungente Derek e Spencer rimase in silenzio.
Mentre Hotch conversava con l’agente Krauss, io andai verso Rossi che stava seduto in un angolo.
“Ehi…”.
“Martines…”.
“Volevo scusarmi se sono stata dura con te riguardo quella cosa sulla paternità…”.
“Avevi ragione tu, quindi non devi scusarti”.
“L’hai scoperta la verità?”.
“Si…”.
“Allora cosa ti angoscia, Rossi?”.
“Per fare la cosa giusta, c’è sempre un prezzo da pagare”.
“Credi davvero che sia giusto lasciare, scappare di nuovo da qualcosa che hai sempre amato?”.
“Se non è stato possibile ciò, credo di si…”.
“Come fai a crederlo, se non hai mai tentato? Pensi che loro due siano felici se tu te ne andassi, senza lasciargli nulla?”.
“No, Martines, è troppo tardi! E poi è il momento di lasciare questa città…”.
“Non è mai troppo tardi per essere felici, anche per un solo secondo”.
“Che dovrei fare, allora?”.
“Vai da lei!”.
“Non posso…”.
“Invece puoi!” – e riuscì a convincerlo.
Andai subito da JJ.
“JJ, dovrei chiederti un favore”.
“Dimmi Keira”.
“Possiamo spostare il volo a domani? E’ per una giusta causa, per favore!”.
“Ok, infatti credo che ci meritiamo un po’ di riposo”.
“Grazie mille” – dissi e l’abbracciai.
“Vieni, Rossi, ti accompagno io”.
“Ma, Martines, non volevo che tu ti scomodassi”.
“Niente scuse! Poi non credo che ti dispiaccia l’idea di risalire sulla mia moto vero?” – scherzai e Rossi rise. Ci allontanammo sotto gli occhi di Hotch, Emily, Derek e Spencer.
“JJ, mi puoi dire cosa succede? Dove stanno andando Rossi e Keira? Dovremmo partire, visto che stiamo in ritardo da ben sette minuti” – esclamò Spencer.
“Mi dispiace, Spence. Ma il volo è stato spostato a domani mattina! Che ne dite di andare a bere qualcosa?” – propose la bionda agente.
“Così mi piaci, JJ” – cambiò subito umore Emily.
“Facci piano, Prentiss” – intervenne Derek.
“Hotch, ti unisci anche tu?” – chiese Emily.
“Perché no? Agente Krauss si vuole unire anche lei?”.
“La ringrazio per l’invito, agente Hotch. Ma a casa i miei figlioli reclamano il loro papà. Divertitevi” – rispose l’agente.
“Io ritorno nella mia camera” – intervenne Spencer.
“Fuori discussione, ragazzino! E’ una buona serata per fare lezioni di seduzione” – disse Derek, puntando il dito verso Reid.
 
“Mamma, vado a prendermi qualcosa da bere. Torno subito” – disse Harrison, uscendo dalla stanza.
“Ok, figliolo” – rispose Shania, mentre fissava il panorama dalla finestra dell’ospedale con occhi malinconici.“David, se dovevi andartene per sempre, perché non mi hai detto addio?” .
 
“Siamo arrivati” – dissi, mentre frenai di fronte all’ingresso dell’ospedale.
“Martines, non potrò mai ringraziarti”.
“Non è tempo dei ringraziamenti. Sbrigati…”.
“C’è una cosa che voglio dirti: sono fiero di te e credo che tu abbia le carte in regola per far parte dell’unità” – disse Rossi e io ero felice di sentire quelle parole di gratificazioni da lui stesso.
Corse verso il centro informativo e trovò l’infermiera di turno.
“Mi scusi, sapeste dirmi in quale camera si trovi la signora Langley?”.
“L’orario delle visite è terminato” – rispose l’infermiera.
“La prego, è molto importante”.
“Lei per caso si chiama David?”.
“Si, perché me lo chiede?”.
“La signora Langley non fa che ripetere il suo nome da quando è arrivata qui. Quindi posso chiudere un occhio. Stanza 41, secondo piano. Mi raccomando non faccia troppo rumore!”.
“Grazie mille” – rispose Rossi e si precipitò verso la rampa di scale che portava al secondo piano. L’affanno diventava sempre più forte, ma alla fine riuscì a trovare la stanza e aprì immediatamente la porta.
Shania non riusciva a credere che colui che si trovasse di fronte a lei fosse arrivato qui.
“David…”.
“Non voglio andarmene più, Shania. Non riesco a sopportare questa solitudine che risiede dentro me da troppo tempo. Il dolore che abbiamo patito in questi lunghi anni non potrà mai cancellare ogni minimo istante di felicità che abbiamo condiviso insieme. Eri il mio passato e voglio che diventi il mio futuro…”.
“Ti amo, David” – disse Shania, interrompendolo.
“Davvero?” – chiese Rossi mentre accarezzava i suoi capelli biondi e morbidi.
“Non l’ho detto mai a nessuno uomo e perdonami se non ho mai avuto il coraggio di dirtelo prima”.
“Shh…” – in quell’istante le loro labbra si incontrarono in un caldo bacio, facendo rianimare i loro sentimenti, rimasti rinchiusi dentro loro per molto tempo, divenendo delle lastre di ghiaccio. La mano di Rossi scivolava lentamente sul collo di Shania, sfiorando dolcemente i suoi capelli biondi. Quando si allontanarono reciprocamente, rimasero immobili, guardandosi negli occhi. Non c’erano parole, né rancori, né paure. Semplicemente loro due.
“Puoi rimanere con me stanotte?” – chiese Shania.
“Non era il posto che speravo trascorrerla, ma andrà bene comunque” – sorrise Rossi.
“Stavo pensando che dovrei smettere di scrivere storie così tragiche: l’amore è stato un nemico per me. Ma adesso credo che esso sia la cosa più misteriosa, più strana e, in particolare, più forte che esista”.
“Io dovrei finire con i libri sul profiling! Mi bastano già i criminali che affronto quotidianamente”.
Nel frattempo, Harrison aveva sentito e visto tutta la scena dal buco della serratura e scattò improvvisamente nella stanza, facendo sussultare sua madre.
“No, ti prego! Ho bisogno dei tuoi libri…” – disse con aria sconvolta e Rossi rise ininterrottamente.
“Non ne hai bisogno, Harrison. Stai già sulla buona strada”.
“Harrison, ci sarebbe una cosa che dovresti sapere” – intervenne Shania, cercando di trovare le parole giuste e soprattutto il coraggio – “Lui è…”.
“Lo so, mamma. L’ho sempre saputo” – rispose Harrison, spiazzando sua madre.
“Non sei arrabbiato con me? Ti ho negato di avere una famiglia completa…”.
“Mi hai dato tutto quello che un figlio poteva desiderare, mamma” – rispose Harrison, mentre andò incontro a sua madre per abbracciarla. La commozione, per una volta, prese il sopravvento sul volto di Rossi. La sua impassibilità lo aveva reso duro come una roccia. Forse era quella la ragione per cui non riusciva a trovare la felicità. Si diresse lentamente, andando verso la finestra; Harrison lo raggiunse, staccandosi da Shania.
“Grazie…”.
“No, Harrison. Grazie a te!”.
“Spero di entrare presto nella BAU e magari di far parte della tua squadra…”.
“Credo in te, perché ” – rispose Rossi e tenne vicino il ragazzo con un abbraccio.
“Ti voglio bene, papà”.
“Anche io, figliolo”.
 
This thing called love I just can't handle it
This thing called love I must get round to it
I ain't ready
 
Crazy little thing called love
 
This (this Thing) called love (called Love)
It cries (like a baby) in a cradle all night
It swings It jives
It shakes all over like a jelly fish,I kinda like it
 
Crazy little thing called love



Vidi da lontano la scena e capii subito che le cose erano andate per il meglio. Improvvisamente il mio cellulare iniziò a squillare. Era Shlainn.
“Keiraaa! Santo cielo, stai bene?” – chiese la ragazza preoccupatissima.
“Si..Shlainn…tranquilla!”.
“Tranquilla? Hai una bella faccia tosta! Sono due giorni che non ci hai dato tue notizie; Bruce sta con le flebo e io sto impazzendo! Ora, se vuoi farti perdonare, raccontami tutto riguardo te e il tuo dottor-genio!”.
“Io avrei la faccia tosta? Ma che razza di amica sei? Anziché chiedermi se sono riuscita a risolvere il caso, te ne esci con questa cretinata? E poi non è il mio DOTTORE!” – iniziai ad alzare la voce.
“Che palle, Keira! Non fare la seria che non ti si addice! Almeno stai con lui adesso?”.
“Meglio che stacco, prima che mi farai venire una crisi di nervi!”.
“E’ l’amore, cara. Ok, ti lascio sola con lui…”.
“Aspetta, Shlainn…dii a Bruce che torno domani e salutamelo”.
“Non pensare a Bruce! Pensa ogni tanto anche a te, piuttosto che agli altri” – disse Shlainn e riattaccò.
“Shlainn…Shlainn. Ha riattaccato quella pazza!” – dissi, però ero contenta di sentire la sua voce.
“A proposito di dottore, forse è meglio che vada a parlare con Spencer? Era davvero preoccupato per me, è stato un pensiero così…Aaah Keira! Ma che vai a pensare? Quello ti vuole solo ostacolare, non lasciarti tentare…devi pensare a cose ben importanti che questo! Però…non ci sarebbe niente di strano se lo invitassi nella mia camera e bevessimo qualcosa come colleghi, no? “. Per non sprofondare nei miei caotici pensieri, decisi di ritornare all’albergo.
 
Salii le scale e mi ritrovai di fronte alla porta della mia camera. Presi le chiavi dalla borsa e l’aprii. Rimasi immobile quando scrutai da lontano l’ombra di una persona. Camminai di soppiatto, anche se l’ansietà aveva preso il dominio delle mie gambe. Quando vidi il volto di quella persona, spalancai la bocca.
“Che ci fa qui Spencer? Non è che mi abbia letto nel pensiero, perciò è venuto qui? Che tipo: viene qui e si addormenta pure! Però sembra un essere umano: è così bello vederlo così…” – pensai mentre poggiavo le mie cose sul tavolino. Ma, accidentalmente, feci cadere la sedia per terra, provocando un tale tonfo che lui aprì gli occhi di scatto.
“Che è successo?” – disse spaventato.
“Stai calmo, Reid! E’ solo la sedia, scusami…” – dissi mentre cercai di metterla apposto.
“Mi sono addormentato…”.
“Si, come vedo! Però questa è la mia stanza: non è che hai sbagliato camera?” – dissi sorridendo.
“So benissimo qual è la mia stanza. Come mai ci sono quei due frullati sul tavolo? Aspettavi qualcuno?” – disse Spencer curiosamente.
“Nooo, cosa dici! Beh…ecco…sono per me! E’ la mia cena…”.
“Mille kcal a testa mi sembra eccessivamente troppo per una cena”.
“Ok, dottore-delle-mie-converse, mi hai colpita e affondata! Desideravo parlare con te. Ecco, tieni spero che ti piaccia…” – risposi mentre gli diedi uno dei frullati.
“Non male…”.
“Questa è una tregua?” – esclamai, sedendomi di fronte a lui.
“Non era mia intenzione esserti d’intralcio sul lavoro, ma, notando che c’era dentro te qualcosa che ti tormentava, pensavo che sarebbe stato meglio metterti in disparte…”.
“Ho degli incubi…” – dissi la verità e Spencer non smise di osservarmi, pronto per ascoltarmi.
“Di cosa parlano?”.
“Vedo i volti delle persone morte nell’obitorio che mi danno la colpa per non averle salvate…”.
“Ascoltami, non possiamo salvare tutti purtroppo. Avere incubi non è una debolezza, anzi è una sorta di incitamento a continuare ciò che fai. Anche io li ho avuti e me ne vergognavo, temendo di non poter fare più nulla. Ma, confidandomi con Morgan e, in seguito con Gideon, ho imparato ad allontanarli momentaneamente, perché ci saranno sempre…”.
“Inoltre ho visto anche mio padre…” – il mio tono di voce cominciava a diventare più malinconico.
“Cosa faceva? Che ti diceva?”.
“Soltanto di proteggere questo medaglione”.
“I sogni, a volte, si mescolano con i ricordi e non danno totali certezze”.
“Temo che questo braccialetto nasconda qualcosa legato a lui…”.
“Hai paura di scoprire la verità?”.
“Un po’…”.
“Hai avuto oggi l’audacia di affrontare quell’S.I. armato, avrai la forza di affrontare anche questo. Quando sognai mio padre che era coinvolto in un omicidio, ero determinato a scoprire la verità, forse anche perché volevo trovare una spiegazione razionale del suo allontanamento. Credo che opportuno che io vada nella mia rispettiva camera, visto che domani ritorniamo a Quantico…” – disse Spencer alzandosi dalla sedia e io feci altrettanto.
“Si, anche perché vorrei riposarmi un po’…”.
“A domani allora…” – nel momento in cui lui stava per aprire la porta, lo fermai.
“Aspetta…” – dissi e lui si girò, incrociando il mio sguardo.
“Avanti, Keira, diglielo che hai mentito riguardo quella sera…” . Mi mordevo le labbra e le mie mani iniziarono a sudare.
“Vuoi dirmi qualcosa?” – Spencer attendeva una mia risposta il più presto possibile.
“No, niente. Ti volevo augurare la buonanotte…”.
“Grazie…” – rispose e non aggiunse altro. Ci pensò lui a chiudere la porta, mentre lo guardavo allontanarsi, come un sasso. “Ma che cavolo mi è passato per la testa? Mi odio quando non riesco ad affrontare questo genere di cose! Tutto sommato vabbene così, stiamo in due mondi talmente diversi, dove non potrà mai esserci una collisione”. Sprofondai nel mio letto e chiusi lentamente gli occhi. Ora avevo la forza di allontanare le mie paure e i miei incubi.
 
Spencer non faceva altro che voltarsi, per guardare da lontano la stanza dove c’era lei.
“Possibile che uno sbaglio riesce a travolgermi così tanto? E’ stato giusto mentirle? Allontanerò questa misteriosa tentazione, anche se sarà difficile, ma lo farò...era questa che stavi cercando di dirmi, Keira?”.
 
She knows how to Rock n' roll
She drives me crazy
She gives me hot and cold fever
Then she leaves me in a cool cool sweat
I gotta be cool relax, get hip
Get on my track's take a back seat, hitch-hike
And take a long ride on my motor bike
Until I'm ready crazy little thing called love……. (Crazy little thing called love – Queen


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - La proposta di Kevin ***


  

    Capitolo 7
    


“Ama tutti. Fidati di pochi. Non fare torto a nessuno”
                                                                                               W. Shakespeare
 

 

“Kevin va tutto bene?” – chiese Penelope mentre passeggiava appoggiata sulla spalla di lui.
“Perché me lo chiedi?”.
“Ti devo fare il profilo? Non costringermi a farlo che odio questo genere di cose!”.
“Stai sulla buona strada, mia cara” – rispose lui baciandola teneramente sulla fronte. “Volevo aspettare ancora un po’ per dirtelo…”.
“Dirmi cosa?” – l’agitazione di Penelope era decisamente indescrivibile.
“Ho ricevuto una proposta come operatore informativo dall’Interpol…”
“Cosa? Interpol? Tu cosa hai fatto?”.
“Ho accettato…”.
Penelope rimase senza parole.
“Ma non parto da solo. Ho parlato anche del tuo operato e ne sono rimasti affascinanti tanto da poter garantire che la tua presenza è fondamentale nella loro unità”.
“Kevin ne avevamo parlato riguardo a possibili proposte esterne. Lo sai il mio rapporto con la mia unità. E’ la mia famiglia…”
“Ma lo potremmo essere anche noi, Penelope. Sai benissimo che questa è la nostra occasione per costruire una nuova vita senza S.I. o foto delle scene del crimine o profilers. E poi andremo a Londra!”.
“E diventeremo Syd e Nancy!”.
“Allora che ne pensi?”.
“Non lo so, Kevin…”.
“Ehi, piccola! Tu mi ami?”
“Ma perché mi fai queste domande?”.
“Voglio una risposta!”.
“La conosci già, mio amore informatico!”.
“Allora vieni con me. Segui il tuo cuore...”
“Il mio cuore…”.
 
 
Ore 8:30 AM
 
Ero già nel mio ufficio. Stavo risistemando i miei appunti riguardo il mio operato nella squadra. Gli incubi purtroppo rimangono prigionieri nella mia mente. “Forse mi stanno cercando di dire qualcosa? Dovrei scavare il passato di mio padre?”.
 
Mentre ero assorta nei miei monologhi, sentii la presenza di qualcuno nella stanza.
“Possibile che ti trovo sempre a ficcanasare qui dentro, Spencer?” – tuonai.
“Non mi aspettavo che arrivassi così in anticipo? Questa cosa è al di poco assurda…” – rise.
“Tranquillo su questo piano, non ti rubo il posto…”.
“E’ la realtà dei fatti”.
“Certo! Risparmiami i tuoi esercizi di dialettica…” – risposi mentre mi rubai un sorso di caffè dalla sua tazza e lui rimase al di poco allibito.
“Perché mi guardi così? Mi spaventi…” – chiesi.
“Non ti stavo guardando!”.
“Colpito e affondato questa volta da me, caro dottor Reid…” – dissi mentre uscì dalla stanza e lui iniziò a seguirmi.
“Sei terribilmente egocentrica! Lo sai che l’occhio umano ha un grande campo visivo e il nervo ottico riesce a registrare…”.
“Perché farmi una lezione di anatomia quanto invece non ammetti, come tu dicevi, “la realtà dei fatti”?”.
 
La nostra discussione fu interrotta quando entrambi osservammo Emily e JJ origliare fuori la porta di Hotch.
“Ragazze, cosa state facendo?” – chiesi.
“Ssssh! Zitta, Keira! Questa è una questione di vita o di morte!” – disse Emily.
“Chi è vivo? Chi è morto?” – esclamò Reid iniziando ad entrare in paranoia.
“Calmati, Spence! Praticamente abbiamo visto Penelope entrare nell’ufficio di Hotch ed è là da un bel po’ e siamo preoccupate…” – spiegò JJ.
 
“Ne ho sentito discutere riguardo questa storia…” – disse Hotch.
“Stamattina mi è arrivata la comunicazione ufficiale e desiderano al più presto una risposta; perciò mi sono rivolta a te su cosa devo fare…” – rispose Penelope, mentre stava seduta, intenta a fissarsi le unghia colorate delle sue mani per evitare il contatto visivo.
“Sono lusingato di aver posto la tua fiducia in me nel prendere tale decisione, ma è una faccenda che deve essere risolta soltanto dalla tua coscienza. Per parte mia, posso solo dirti che sarà un’enorme perdita, considerando quanto ho sempre lodato e ammirato il tuo operato e soprattutto il tuo spirito…”.
 
“Perdita? Ma di cosa stanno parlando?” – si chiese Emily sorpresa.
“Non mi dite che se ne va?” – esclamò JJ, con un volto spento dalla malinconia.
“Diamo fiducia a Hotch, ragazze. Le farà cambiare idea…” – conclusi.
 
“Non lo so, Hotch. Sono proposte che ti cambiano la vita. A me piace stare qui; siete la mia famiglia; però…”.
“…c’è una parte di te che vorrebbe seguire i propri sogni!”.
“Esatto! Kevin è il mio amore, ma questa unità è parte integrante della mia vita”.
“Penelope, qualunque decisione tu possa prendere, rimarrai il migliore tecnico informatico con cui abbia avuto l’onore di collaborare, oltre ad essere la persona più stravagante e speciale che abbia mai incontrato nella mia vita…” – disse Hotch, accennando un sorriso, facendo commuovere Penelope.
 
“Fiducia in Hotch? Così dicevi, Keira?” – disse  con molto sarcasmo Emily.
“Ma non può andarsene…” – commentò Spencer.
“Per una volta, sono d’accordo con te!” – esclamai girandomi verso lui e poi ritornai ad origliare.
 
“Vuoi che ti prenda una pausa in modo tale che ti sistemi le tue cose?” – propose Hotch.
“No, non è necessario. Anzi, Hotch, ti prego solo di farmi lavorare a quest’ultimo caso…”.
“Se è questo quello che desideri, non faccio obiezioni. Quando è prevista la partenza?”.
“Tra due giorni…” – rispose Penelope.
 
Gli altri membri della squadra si allontanarono dalla porta, nonostante che Hotch e Penelope continuassero ancora a discutere. Ma avevano sentito abbastanza.
“Non ci credo! Non è possibile…” – continuava a ripeterselo JJ.
“Non possiamo fare nulla?” – chiesi io, immensamente addolorata.
“Se Hotch non ha potuto farci nulla, vuol dire che non ci sono speranze…” – rispose Emily.
“Convinciamola a rifiutare questa proposta…” – intervenne Reid.
“Spence, è giusto così! Merita di vivere la sua felicità con la persona che ama…” – giustificò JJ.
“Andiamo ragazze! Questa volta il genio ha ragione! Penelope deve rimanere; bisogna convincerla…” – dissi.
“Ascolta, Keira: lo so che certe decisioni non soddisfano il prossimo, però considera che se lei si fosse stancata di fare questa vita? Fosse stanca di vedere l’orrore che viviamo ogni giorno?” – disse Emily.
“Morgan non la prenderà molto bene…” – disse Spencer, mettendosi una mano sul mento.
“Ma sei pazzo? Derek non lo deve sapere…” – tuonammo io e le ragazze talmente forte verso Spencer, che Derek, appena arrivato ha sentito la frase.
“Cosa non dovrei sapere?” – disse l’affascinante uomo di colore, tenendo le braccia incrociate in attesa di una risposta, sfoderando uno di quei sorrisi malefici.
Il quartetto rimase in silenzio alla ricerca di una valida giustificazione. Ma per loro fortuna la porta dell’ufficio di Hotch si aprì e tutti videro uscire Penelope con il loro capo.
“Ragazzi che ci fate voi qui?” – chiese perplessa l’informatica.
“Eh…abbiamo un nuovo caso e vi volevo dire che vi attendo tra dieci minuti nella sala riunioni…” – disse JJ ricordandosi il suo compito e salvò la situazione.
“Bene…” – rispose Hotch e tutti si allontanarono lasciando me e Reid soli.
 
“Io credo che debba saperlo…” – disse Spencer fermandomi.
“Ehi, non peggiorare le cose! Non sono questioni che ci riguardano…”.
“Tecnicamente siamo coinvolti, dato che avete “origliato”!”.
“Avete? Abbiamo origliato, genio!” – esclamai con disappunto.
“Non sarebbe giusto nei confronti suoi…”.
“Ma nemmeno di quelli di Penelope! Sarà lei se vorrà confidargli questa sua decisione. Noi ci dobbiamo limitare a far finta di non sapere nulla…”.
“Morgan si fida di me, non me la sento di fare questo….”.
“Senti, zuccone alla centottantasettesima che non sei altro, non mi costringere a prenderti a pedate! Ti terrò d’occhio, sai? Quindi guai a te…” – dissi con tono minaccioso mentre lui mi gettò uno sguardo di sfida.
“Ehi, voi due! Possibile che ogni volta che vi vedo, sembrate cani e gatti!” – disse Rossi dando un colpetto sulla nuca sia a me che a Reid.
“Rossi! Come è andata? Di nuovo auguri per le tue nozze…”
“Grazie, ragazza! Infatti siamo andati a visitare il lago di Como…”
(Italiano) “Oh, quel ramo di lago di Como, che volgeva a mezzogiorno…” – dissi.
“Battuta a pennello, vero Keira?” – disse Rossi mentre risi.
“Non direi proprio a pennello dato che tale romanzo aveva più un valore didattico e metteva in risalto il pessimismo storico, piuttosto che l’amore dei due protagonisti…” – concluse Reid.
“Ah, ragazzo mio…” – disse Rossi rassegnato all’ingenuità innocente del suo giovane collega.
“Rossi, mi dispiace interrompere questo piacevole dialogo, ma JJ ci aspetta con un nuovo caso…” – dissi e ci dirigemmo tutti verso la sala.
 
“Dave, di nuovo auguri!” – disse Hotch abbracciando il suo amico collega, così come tutti gli altri.
“I confetti non ve li ho portati per scaramanzia…” – disse divertito Rossi.
“Bene, ragazzi, abbandoniamo confetti e sposi e portate le vostre menti sui vostri fascicoli. Dayton, Ohio. Samantha Summers, 20 anni, è stata trovata questa mattina in un parco. Segni di corde sui polsi e sulle caviglie. Ma la particolarità non sta in questo: l’assassino le ha asportato gli occhi..” – illustrò JJ.
“Da quanto tempo risultava scomparsa?” – chiese Morgan.
“Cinque giorni. Ma la storia non è finita…”.
“In che senso?” – chiese Emily.
“Un anno fa, fu trovato il corpo di Jennifer Bixler, 19 anni, sepolto nello stesso luogo del ritrovamento dell’ultima vittima e le furono asportate le orecchie. Una settimana dopo, fu rinvenuto in fondo al lago il corpo di Julie Milner, 22 anni; l’S.I. le ha portato via il naso…” – concluse JJ, rabbrividita nel raccontare i dettagli del caso.
“Perché in quell’anno la polizia non ci ha chiamati?” – chiese Rossi.
“La polizia di Dayton ritennero che i primi due omicidi fossero di stampo satanico, dato che hanno ricevuto parecchie segnalazioni di aggressioni e delitti che indirizzassero a quella pista…” – rispose JJ.
“Il satanismo mira ad asportare gli organi ritenuti la sede dell’anima per entrare in contatto con la divinità, implicando anche il cannibalismo. Questi corpi sono assenti ferite multiple o elementi che ci fanno presupporre che l’assassino abbia infierito su di loro…” – teorizzò Reid.
“Il nostro bastardo ci sa fare anche con l’asportazione; non ho mai visto nessuno sezionare in maniera così egoisticamente precisa il setto nasale…” – commentai mentre osservavo le foto.
“Ha una formazione medica?” – chiese Emily.
“Esatto. Ottima conoscenza della chirurgia e anche della farmacologia dato che l’asportazione è post-mortem. Devo esaminare da vicino per fornirvi maggior dettaglio…” – conclusi.
 
L’unica che rimase per tutto il tempo in silenzio fu Penelope. Vedendo quelle foto entrava ancora in quell’abisso, facendole offuscare quel minimo di speranza che lei teneva in riserbo dentro di lei. Forse stava motivando ancora di più la sua scelta?
 
“Tra cinque minuti partiamo. Garcia vieni anche tu con noi…” – ordinò Hotch, suscitando lo stupore di Penelope mentre era assorta nei suoi pensieri e dubbi.
“Sei sicuro, Hotch?”.
“Niente discussioni. Prepara le tue cose…” – disse Hotch, allontanandosi insieme al resto della squadra.
“Ehi bambolina tutto bene?” – chiese Morgan.
“Si.. tranquillo…” – rispose evitando il contatto visivo del suo affascinante compagno.
“Sei sicura?”.
“Ho detto di si, Derek! Non mi trattare come se avessi un malanno!” – rispose infuriata Penelope allontanandosi velocemente da lui, lasciandolo a bocca aperta.
Io e Reid osservammo da fuori la scena.
“Credo che sia il momento di dirglielo…” – propose Spencer.
“No, Spencer! Purtroppo non possiamo fare nulla noi. Se Derek conosce Garcia meglio di qualunque altro di noi, capirà e sarà lui a farle cambiare idea…” – dissi fiduciosa.
“Le probabilità sono molto basse!”.
“Anche nel prenderti a calci…” – dissi con tono iroso e insieme raggiungemmo gli altri sul jet.
 
La squadra arrivò nella stazione di polizia, mentre io raggiunsi l’obitorio per analizzare il cadavere della vittima appena ritrovata.
“Agente Irving?” – chiese incerta JJ.
“Si, sono io. Lei è l’agente Jareau?”.
“Si, questi sono l’agente Hotch, Rossi, Morgan e la tecnica informatica Garcia”.
“Agente, avete una scrivania libera per sistemarmi?” – chiese gentilmente Penelope.
“Certo! Usi quella laggiù!” – rispose l’agente mentre Penelope si diresse ad appostarsi.
“Cosa può dirci sulle vittime, agente?”.
“Tutte le ragazze frequentarono il college di Dayton. Quando seguimmo le indagini sui primi omicidi, parlammo con il rettore della scuola e ci disse che ci furono casi insoliti di sparizioni, suicidi sospetti e morti atroci. Tutto portava alla pista satanica ed avevamo ragione. Riuscimmo a prendere la setta e chiudemmo il caso, anche se loro non ammisero mai quei due omicidi. E in effetti non avevano torto, dato che stanno marcendo in galera…” – raccontò l’agente.
“Molto probabilmente l’assassino è di questa città, in quanto conosce bene le zone e soprattutto il college frequentato dalle vittime. Probabilmente sarà un ex allievo…” – disse Rossi.
“E’ intelligente, meticoloso e paziente, considerando il tempo che è passato da primi due omicidi al terzo. L’asportazione è la sua firma; vuole mantenere uno stretto legame con le vittime. Devono far parte del suo progetto…” – concluse Hotch.
“Cosa ci consigliate di fare?” – chiese l’agente Irving.
“Il nostro S.I. ha un’età compresa tra i 25 e i 40 anni, di sesso maschile, soffre di un disturbo delirante della personalità; è un tipo solitario, sociopatico, vive in un mondo tutto suo” – spiegò Morgan.
“Agente, lei ha descritto l’intera comunità giovanile di questa città, ma vedremo di fare il possibile” – esclamò l’agente.
La conversazione fu interrotta dalle urla di una giovane donna.
“Oh no di nuovo…” – borbottò l’agente Irving.
“Chi è?” – chiese JJ.
“E’ Florence Sackville, una pazza squilibrata. Sua sorella, Annabelle, è scomparsa da quasi un anno e vuole che continuiamo le indagini. Ma lo sapete la questione della priorità dei casi…”.
La donna riuscì ad entrare e si diresse verso il suo diretto interessato.
“Agente Irving, cosa cazzo aspetta a trovare mia sorella?”.
“Flo, mettiti con il cuore in pace. Tua sorella sarà in un posto migliore…”.
“Non dire stronzate, figlio di puttana! Ti mando lì io se non ti muovi a trovarla…” – una volta detto questo, la ragazza sfoderò un coltello dalla tasca, ma fu fermata tempestivamente dagli agenti e portata in una cella.
 
Nel frattempo Emily e Spencer andarono al college per raccogliere informazioni sull’ultima vittima. Incontrarono un’amica di corso della Summers.
“Amanda, ti ricordi l’ultima volta che hai visto Samantha?” – chiese Emily.
“E’ stato due giorni fa..”.
“Hai notato qualcosa di strano nei suoi atteggiamenti?” – chiese Reid.
“No. Sam è sempre stata una ragazza aperta e disponibile. Però una cosa strana successe: di solito quando finivamo i corsi e andavamo sempre insieme nel nostro dormitorio. Quel pomeriggio Sam mi disse che doveva andare in biblioteca per incontrare una ragazza che la poteva aiutare con la sua ricerca. Dovevo capire che c’era qualcosa di strano…”.
“Non devi sentirti in colpa, Amanda. Non potevi fare nulla, però ci stai aiutando tantissimo per scoprire cosa è successo alla tua amica. Ti ricordi per caso come era fatta questa ragazza?”.
“Non lo so. Sam non me ne ha mai parlato. Scusatemi la lezione sta per iniziare, fatemi sapere se avete bisogno di aiuto…” – disse Amanda ringraziando Spencer ed Emily e li lasciò soli.
“L’S.I. ha un complice…”  - concluse Emily.
“Potrebbe essere una delle studentesse che ha rapito. L’ha risparmiata e lei sta facendo quello che ha in mente l’S.I.” – ipotizzò Spencer.
“Chiamo Keira per vedere cosa dicono i risultati dell’autopsia…” – disse Emily mentre prese il cellulare e chiamò.
 
“Dimmi, Emily” – dissi.
“Che notizie mi dai…”.
“Il nostro furbastro ha avvelenato le sue vittime una quantità elevata di baclofene, un veleno che atrofizza i tessuti cardiaci provocando l’infarto e non lascia tracce, per mantenere i corpi intatti al solo scopo di effettuare tranquillamente l’asportazione, senza provocare danni alle parti del corpo interessate. Consultandomi con il medico legale che ha analizzato gli altri due corpi, ha utilizzato lo stesso metodo. Poi secondo la mia modesta esperienza, l’S.I. possiede tutte le attrezzature tipiche di una sala operatoria; quindi come dato per restringere la ricerca, guardate se qualche membro della sua famiglia possiede un laboratorio privato o ci sia una vecchia struttura ospedaliera abbandonata” – dissi.
“Sei stata grande, Keira!”.
“Ehi, Emily, notizie di Penelope?”.
“JJ mi ha detto che è assolutamente calma…”.
“Vuole sviare i sospetti da Derek…”.
“Ne sono convinta. Ci sentiamo dopo, ragazza…” – disse Emily e riattaccò.
 
Mentre JJ era intenta a mandare il profilo ai media, Hotch, Rossi e Morgan ascoltavano Reid al telefono riguardo le novità sul caso, Penelope si diresse verso la cella dove si trovava Florence Sackville.
“Ehi, chi sei tu?” – chiese la donna.
“Mi chiamo Penelope Garcia…”
“Dal tuo aspetto non sembri uno sbirro…”.
“Infatti sono una maga dei computer. Adoro le tue extension azzurre..”.
“Io adoro le tue unghia a pois! Anche mia sorella se le faceva così…”.
“Quanti anni tiene?”.
“18. Si è diplomata con il massimo dei voti ed era molto contenta di andare al college. I nostri genitori ne sarebbero molto fieri…”.
“Che è successo?”.
“Uccisi durante una rapina in casa per proteggerci, fino a quando la polizia riuscì a salvare me e mia sorella. Andammo a vivere dai nostri zii. Ma io non riuscivo ad accettare la loro perdita e iniziai una vita che non me ne posso vantare. Ho iniziato a bere, entrai in un giro di prostitute e ebbi problemi con la legge per piccoli furti. Ma l’unica che mi dava un senso alla mia vita era Annabelle. Non era arrabbiata per il mio atteggiamento, anzi riusciva a capirmi, sebbene fosse più piccola di me. E adesso? E’ sparita e io sto qui senza fare un cazzo, mentre in questo momento sarà spaventata e sola!” – raccontò Florence, scoppiando in lacrime.
“Ehi” – disse Penelope allungando la mano attraverso le sbarre per confortarla – “anche io ho perso i miei genitori alla tua età. Capisco cosa si prova quando fanno del male alla tua famiglia; una parte dentro di te si lacera piano piano e ti manca il respiro. Per questo ti prometto che troverò tua sorella…”.
“Sei l’unica persona che è riuscita ad ascoltarmi…”.
“Mi devi promettere che smetterai di bere e continuare a volere bene il tuo prossimo…”.
“Questa promessa l’ho fatta da quasi un anno, per mantenere la speranza di trovarla…”.
“Senti, Florence ho una domanda da farti…”.
“Dimmi…”.
“Ti ricordi quando e come tua sorella è sparita?”.
“L’ultima volta che l’ho vista stava andando al parco per leggere dato che amava stare all’aperto. E’ accaduto il 28 ottobre…” – quando Florence disse quella data, si accese una lampadina nella mente di Penelope.
 
“Cosa c’è Rossi?” – chiese Morgan.
“Non noti qualcosa di strano nelle foto delle vittime?”.
“Sono giovani?”.
“No…si somigliano particolarmente! Sono tutte bionde, di statura media, magre e frequentano lo stesso college”.
“Sono caratteristiche significative per l’S.I.; forse è la rappresentazione di una persona a lui cara: sua madre, sua sorella  o la sua fidanzata…”.
“L’asportazione è un modo per poterla riportare in vita…” – concluse Hotch, mentre Garcia chiamò l’attenzione di tutti.
“Venite, ho scoperto qualcosa…” – disse e gli altri la raggiunsero.
“Illuminaci, bambolina!” – disse Morgan.
“Parlando con Florence…” – prima ancora di iniziare a parlare, Hotch tuonò su di lei.
“Garcia, dovevi consultarti prima con me!”.
“Scusami, Hotch. Ma se lo avessi fatto, lei non mi avrebbe parlato. L’ho dovuto fare per istaurare un dialogo. Comunque mi ha detto che sua sorella è scomparsa il 28 ottobre e cosa vi fa pensare?”
“La data del primo omicidio…” – rispose Rossi.
“Benissimo. Ora, stando alle testimonianze di Emily e Reid, la sorella di Florence potrebbe essere la complice usata dall’S.I. e, ritornando alla data del primo omicidio, l’S.I. si è fermato poi. Ora ho un altro quesito per voi: quando ha iniziato ad uccidere?”.
“Zuccherino sei grande!”.
“Garcia trova qualche evento di cronaca, accaduto all’inizio degli omicidi, riguardo a delle ragazze con le stesse caratteristiche delle vittime, appartenenti al college…” – ordinò Hotch e Garcia fece il suo lavoro.
“Hotch, ho solo tre nomi…” – rispose delusa Penelope.
“Hai fatto comunque un ottimo lavoro…” – disse Hotch.
 
Nel frattempo JJ raggiunse i suoi colleghi con aria preoccupante.
“Ragazzi, ci sono cattive notizie: ci è arrivata una registrazione. E’ l’S.I.”. In quell’istante arrivammo io, Emily e Spencer. Fummo messi al corrente delle novità sul caso.
 
“Presto sarete testimoni della mia più grande invenzione di tutti i tempi; ora ho il potere di dare la vita alla morte. Domani si attuerà il destino e chi mi ostacolerà, non sfuggirà alla mia ira…”
 
“E’ assurdo!” – commentò l’agente Irving.
“Agente, invii i suoi agenti in ogni posto di blocco della città. Non dobbiamo permettere all’S.I. di scovare la prossima vittima. JJ avverti il rettore del college…” – ordinò Hotch.
“Adesso che facciamo?” – chiesi sconvolta.
“Dobbiamo aspettare…” – rispose Rossi – “..ci conviene che tutti andassimo a riposare. Ora non serve a nulla agire se l’S.i. non fa la sua ultima mossa”.
“Ha ragione, Rossi” – disse Emily e tutti noi uscimmo dalla stazione di polizia. Mentre ci avviammo verso il nostro albergo, Penelope si allontanò da sola per fare due passi. Derek la raggiunse da dietro.
“Ehi, Garcia, aspetta…”.
“Ma è mai possibile che non posso fare nemmeno due passi da sola?”.
“Si può sapere che ti succede?” – disse Derek, fermandola e tenendola per le spalle.
“Niente…” – disse con sguardo calato Penelope.
“Non ha senso il tuo atteggiamento. Non capisco perché mi eviti; penso che ho diritto ad una spiegazione…”.
“Ti prego, Derek, non insistere…”.
“Di cosa, Garcia? Sono preoccupato per te? Stai male? Qualcuno ti ha fatto del male? Santo cielo, parlami…”.
Penelope ormai era arrivata al colmo; i suoi sentimenti non riuscivano più a reggere il suo misterioso silenzio.
“Derek, io lascio la BAU…” – disse a voce alta, con le lacrime agli occhi.
“Cosa? Che significa questa storia? E’ stata la Strauss?”.
“No! Ho ricevuto la proposta di andare a lavorare nell’Interpol. Anche Kevin. Tra due giorni è prevista la partenza…”.
“E tu cosa hai fatto?” – chiese Derek, quasi balbettando in quanto era sovrastato dallo stupore e dall’agitazione.
“Beh…ecco…” – Penelope non finì la sua frase e fu attaccata dall’ira di Derek.
“Perché non me l’hai detto? Potevo fare qualcosa per impedirlo! E poi perché hai accettato? Il tuo posto è qui! Io mi fidavo di te; eri l’unica che mi dava un senso alle mie giornate. Ma a quanto pare sono stato fregato da un’illusione. Sono stato proprio uno stupido!”. Dopo aver cacciato con tutto il dissapore tali parole, Derek lasciò Penelope sola per strada, mentre quest’ultima si inginocchiò per terra, consumate dalle sue lacrime salate e non faceva altro che ripetere “Perdonami, Derek…”.
 
Dopo essersi ripresa dalla discussione, Garcia si rialzò e, prima di incamminarsi, sentì delle urla. Si diresse verso la zona dove proveniva tale grido. E si ritrovò davanti una ragazza tremante e spaventata. Penelope si avvicinò verso lei.
“Ehi che ti è successo?”.
“Ti prego vai via, prima che ci uccida!”.
“Non me ne vado senza te…”.
Penelope estrasse dalla borsa una pistola e la diede in mano alla ragazza.
“Ascoltami, qualunque cosa succeda, tu spara e poi scappa più velocemente possibile, capito?”.
All’improvviso Penelope fu sorpresa da dietro da una misteriosa ombra.
“Coraggio, spara…” – urlò Garcia.
“Non ci riesco…” – rispose la ragazza.
“Allora scappa; corri più veloce che puoi” – la ragazza fuggì e mentre la misteriosa ombra tentò di inseguirla, Penelope prese la pistola per terra e riuscì a ferirlo ad una gamba. Ma lo sconosciuto ritornò indietro. Penelope sapeva che ormai era sconfitta dato che la pistola aveva un solo colpo, ma non aveva paura. Aveva fatto la cosa giusta: era riuscita a salvare quella ragazza. Lo sconosciuto con una spranga, disarmò Penelope e la colpì in testa, facendole perdere i sensi.
 
Nell’arco di dieci minuti, lei scomparve insieme al suo aggressore. 


P.S. Scusatemi per la lunga assenza ma ho avuto problemi con il pc, impegni vari e anche un pò di blocco della scrittrice ma grazie ai vostri commenti e alla mia assurda follia sono riuscita ad andare avanti...Keira e io vi ringraziamo dal profondo del nostro cuore e vi aspettiamo al prossimo capitolo...Ringraziamento speciale vanno a What_else,takara,Deutschelieber,smoky,giadi82,kia97 e tutte le persone che stanno seguendo e che leggono questa storia!!

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