Sogni D'Oro

di SHUN DI ANDROMEDA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Giacca Sulle Spalle ***
Capitolo 2: *** Una Famiglia Attorno Al Tavolo ***



Capitolo 1
*** Una Giacca Sulle Spalle ***


Nuova pagina 1

SOGNI D’ORO

CAPITOLO 1

UNA GIACCA SULLE SPALLE

 

“Takashi-kun! La cena è pronta!”

Touko-san si affacciò alla porta della cucina, scrutando nel corridoio buio e tendendo l’orecchio per sentire eventualmente i passi del quindicenne che scendeva le scale per raggiungerli.

Ma stranamente, né il ragazzino né il suo gatto sembravano averne intenzione.

“Takashi è già sceso?”

Shigeru-san l’aveva raggiunta dallo studio, incuriosito per quel silenzio.

La donna scosse la testa: “Non mi risponde… Che stia male?” rimuginò, preoccupata, ripensando alla faccia pallida che il ragazzino, che ormai amava come un figlio, aveva una volta tornato da scuola: da quando era andato a vivere con loro, si erano resi subito conto di quanto fosse fragile di salute, spesso costretto a letto da febbre e violenti raffreddori.

Scambiatasi un’occhiata col marito, si asciugò le mani nell’ampio grembiule che le copriva le gambe e s’incamminò su per le scale che portavano al piano superiore: l’unico rumore che si sentiva era il loro passo svelto sul parquet di ciliegio.

Di sopra, non c’era alcuna luce, tranne quella che filtrava dalla carta di riso della porta della camera occupata da Natsume, e il silenzio che udivano non era rassicurante:  “Takashi-kun, tutto bene?” chiese la donna, avvicinandosi.

Ancora nessuna risposta.

“Takashi, rispondi, per favore.” anche Shigeru-san sembrava preoccupato.

Ma non si udì nulla.

Con un cigolio improvviso, la porta si aprì un poco e, dallo spiraglio, i due coniugi videro uscire Nyanko-sensei, con l’espressione assonnata e il pelo tutto arruffato; Touko-san s’inginocchiò ad accarezzarlo sulla testa mentre lui, mordendole gentilmente la manica del vestito, la trascinava dentro la camera.

Vedendo ciò che c’era dentro ad aspettarla, la donna si sentì stupida ad essersi preoccupata in quel modo.

Takashi era seduto alla scrivania, con la testa sul quaderno di giapponese, profondamente addormentato e la finestra aperta che faceva entrare nella stanza il vento fresco dell’autunno ormai imminente.

Doveva essere crollato di ritorno da scuola, mentre finiva i compiti, o almeno tentava di farli.

"Ah, mou... Guarda che pasticcione... Sta rovinando tutto il quaderno dei compiti." gemette la donna con un sorriso materno, mentre prendeva il gatto tra le braccia: "Anche tu ti eri addormentato, eh?" gli disse, accarezzandogli il pelo, "Povero caro, deve essere proprio stanco." mormorò, spostando poi lo sguardo sul biondo appisolato.

Poggiato contro lo stipite della porta, Shigeru sorrise, prima di staccarsi e passare alla moglie la propria giacca: “Mettigliela addosso e lasciamolo dormire ancora un po’. La cena non scappa mica.” disse lui, raggiungendo il ragazzino immerso nel modo dei sogni; con affetto, gli scompigliò i ciuffi dorati.

Poi, scese dabbasso, seguito dal micio a breve distanza, lasciando la donna in compagnia del figlio adottivo.

Lei restò un attimo a fissarlo, sentendo le labbra incresparsi in un tenero sorriso.

Da quando aveva incontrato Takashi Natsume, quel giorno, mentre vagava tutto solo per la strada di ritorno da scuola, con quell'aria cupa e triste, era stato tutto un susseguirsi di piccoli miracoli, di piccoli sorrisi gentili che lui gli rivolgeva di sfuggita, di fiducia totale nei loro confronti malgrado tutto quello che doveva avere passato e di risate, che avevano cominciato ad allietare quelle quattro mura, ogni volta che Takashi era in casa o invitava qualche compagno di scuola a casa.

E poi, da quando erano corsi in ospedale dopo aver ricevuto la notizia dell'incidente in montagna, non lo aveva mai più visto così incupito come quel giorno: in quel momento, l'espressione che gli illuminava il volto mentre dormiva era di pura gioia, le sembrava la cosa più bella del mondo e Touko-san sperava di poterla vedere ancora, una volta che lui si fosse svegliato.

Per lei, era un figlio e, come madre, desiderava solo che fosse felice, dentro e fuori i suoi sogni.

Lo osservò ancora per qualche istante, intenerita, poi si chinò e poggiò le proprie labbra sulla sua testa spettinata, lasciandovi un bacio affettuoso: “Sogni d’oro, Takashi-kun.” sussurrò, accarezzandogli la guancia prima di scendere dabbasso.

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Capitolo 2
*** Una Famiglia Attorno Al Tavolo ***


SOGNI D’ORO

CAPITOLO 2

UNA FAMIGLIA ATTORNO AL TAVOLO

 

Quando Takashi cominciò a svegliarsi, la prima cosa che percepì fu un tenue tepore che, partendo dalla schiena, scendeva fino alla punta dei piedi, facendolo sentire bene.

Una volta aperti pigramente gli occhi, si stupì di trovarsi al buio; frastornato, si mise seduto: non riusciva a distinguere nulla, ma udiva come un mormorio di voci allegre proveniente da fuori: sicuramente era ancora in camera sua, ma…

Era da solo.

Eppure la giacca di Shigeru-san era lì, quel tessuto era inconfondibile, al tatto, e anche il vago aroma dolciastro del tabacco da pipa dell’uomo, che impregnava sia l’indumento che l’aria, confermava la sua presenza lì, almeno fino a poco prima.

Doveva averlo trovato addormentato e, per non fargli prender freddo, doveva averlo coperto con quella.

A quel pensiero, Natsume sentì un misto di felicità e malinconia farsi strada in lui: da che ricordava, nessuno si era mai comportato così con lui, e l’affetto che i Fujiwara provavano per lui lo disorientava e, al tempo stesso, lo faceva sentire amato.

Una sensazione che non ricordava di avere mai provato.

Natsume si sfregò gli occhi, asciugando furtivamente una lacrima prima di alzarsi in piedi poi, cercando di mantenere l’equilibrio, mosse qualche passo verso la porta: la testa pulsava terribilmente e il collo gli faceva male, accidenti! S’era addormentato sui compiti senza aver finito e il torcicollo se l’era meritato.

Da una delle finestre del corridoio, vide la Luna ormai alta nel cielo e si chiese quanto avesse dormito: era tutto indolenzito e frastornato.

Si guardò attorno con aria circospetta ma non vide Nyanko-sensei da nessuna parte, malgrado fosse assolutamente certo di ricordare la sua presenza sul morbido cuscino mentre lui si arrabattava con i libri di scuola.

A passo lento e cadenzato, si mosse lungo il corridoio, tra uno sbadiglio e l’altro, e infine raggiunse le scale: i suoi occhi, non abituati alla luce, gli fecero appena un po’ male, ma non durò molto.

Perché la voce gentile di Touko-san raggiunse le sue orecchie e lui provò l’irresistibile desiderio di raggiungerla.

Proveniva dalla cucina.

Una volta trovatosi lì davanti, non poté fare a meno di sorridere, chiedendosi come avesse fatto, fino a quel momento, a rinunciare a tutto quello mentre vedeva i coniugi Fujiwara seduti attorno al tavolo apparecchiato e con la piccola radio accesa poggiata accanto alle spezie, e Nyanko-sensei che se ne stava appollaiato sulle ginocchia della donna, sgranocchiando un calamaro grigliato.

Nascosto per metà dallo stipite della porta, Takashi continuava a godersi quella vista che gli allietava il cuore, senza avere il coraggio di interrompere quell’idillio mentre, alle labbra, saliva spontanea una parola che, mai, aveva associato a qualcuno dei tanti parenti che lo avevano preso a vivere con loro.

Famiglia…

Anche il solo pensarla lo rendeva oltremodo felice.

Mamma…

Papà…

Altre parole che mai era riuscito a pronunciare, neppure tra sé e sé, ma che gli sembravano così naturali in quel momento, in quella casa e davanti a quelle persone, che si, avevano legami di sangue con lui ma forse erano così flebili da essere quasi inesistenti; eppure, per lui era quella la sua famiglia.

In quel momento, Touko-san alzò la testa e lo vide.

Alzarsi di scatto, facendo cadere un indispettito Nyanko-sensei, e raggiungere il biondo fu un attimo.

“Ben svegliato, Takashi-kun.” disse lei, tirandolo dentro la cucina, al caldo: “Dovresti dormire di più,” la voce di Shigeru-san suonava ferma e gentile, pur se con una nota di rimprovero, dovuto in massima parte alla preoccupazione che, Natsume lo sentiva chiaramente, provava per lui, “Non ti fa bene crollare in quel modo.”.

Il micio si appropriò della spalla del biondo, osservando con attenzione i gesti della donna mentre riempiva il piatto del ragazzo con tutte le leccornie che aveva preparato per cena, lo vide avvampare leggermente mentre prendeva in mano le bacchette e cominciava a mangiare.

Era cambiato qualcosa in lui, anche lo yokai se n’era accorto, nel cuore del suo protetto ribolliva tutto un calderone di sentimenti intensi, che non c’erano quando si erano incontrati per la prima volta.

E per quanto i sentimentalismi non facessero per lui, era contento di vedere quell’espressione felice sul viso di Natsume.

E anche al ragazzino piaceva stare lì, riunito assieme ai Fujiwara, come una normalissima famiglia attorno al tavolo, perché sentiva che era quello il posto dove doveva, e voleva stare.

E che voleva sognare sempre e comunque.

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