Lui, lei, l’altro

di kiara_star
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lui ***
Capitolo 2: *** Lei ***
Capitolo 3: *** L’altro ***



Capitolo 1
*** Lui ***


Che dire, questa è una storia su uno dei triangoli più celebri di One Piece: Zoro-Nami-Sanji.
 Io però non c’ho mai scritto nulla, e siccome ultimamente sono in vena di “sperimentazioni” ho provato a scriverne una anche io.
 Ovviamente è una visione del triangolo tutta personale, poi ognuno lo vede come vuole. Che bella la libertà di pensiero...

 Sono solo piccoli capitoli (giusto per prenderci la mano),  3 nella fattispecie.
 Chissà se in futuro, possa scriverne altre ^-^
 Spero sia di vostro gradimento.
 Grazie per l’attenzione e buona lettura

 P.S. Scusate il titolo alquanto banale u///u  
 Kiss kiss Chiara
 _________________________________________


Lui,  lei,  l’altro

 



 

Lui

Lunghi minuti erano passati da quando Zoro aveva lasciato la cucina. Sanji era rimasto tutto il tempo con le mani nell’acqua insaponata, lo straccio infilato in un bicchiere che ormai si era consumato.
Il fumo bigio saliva stanco dalla sigaretta e lo sguardo nascosto dal ciuffo biondo si perdeva sulla schiuma fra le dita.
Lentamente, quasi fosse un automa, il cuoco continuava a strofinare la bianca ceramica.
Lui che per amore aveva sempre giocato tutto, era sempre stato pronto a sacrificare ogni cosa, anche la più preziosa, sentiva in quel momento una totale, spaventosa apatia.
Rabbia, dolore, odio, ira, gelosia, dannazione... avrebbe dato anche una sua mano per poter provare almeno una di quelle emozioni, ed invece nulla.
La donna che da sempre aveva amato si stava allontanando sempre più, la vedeva scivolare via senza poter fare nulla, senza realmente voler far nulla. Ma in fondo, non gli era mai stata così vicino come forse lui aveva ingenuamente creduto.
Zoro era stato chiaro, ma lui non gli poteva davvero credere....

- Ascoltami bene cuoco. Io non sono il tipo da relazioni! Nella mia vita ho uno scopo molto importante e non permetterò a nessuno, tanto mento ad una stupida ragazzina, di cambiare il mio percorso -
poi le dita strette a pugno di Sanji si erano schiantate sul freddo mento del compagno. E con i denti digrignati, tanto faceva male anche solo respirare, aveva sputato parole sporche di sangue.
- Nami-san non è una stupida ragazzina. Lei ti ama e tu... tu dovresti solo ringraziare il cielo per la fortuna che ti è capitata, stupido spadaccino merdoso -
ma gli occhi azzurri carichi di rabbia si specchiavano in iridi nere e ferme.
Incapaci di trasmettere alcuna emozione.
- Non te lo ripeterò due volte. Io non l’amerò mai. Ficcatelo in quella stupida testa ossigenata! Non c’è posto nel mio cuore per lei! – e ferivano come le lame che portava al fianco quelle frasi urlate senza pudore.
Il cuore di Sanji si fermò. In quel momento forse l’aveva spento per sempre. Abbassò il capo mentre i passi decisi di Zoro lasciavano la stanza.

Poi, più nulla.

- Ehi Zoro vedi qualcosa? – la voce del capitano arrivò su fino alla coffa, dove lo spadaccino era intento ad allenarsi.
- No Rufy, se avessi visto qualcosa te l’avrei detto, ti pare?! – Zoro era particolarmente nervoso quella mattina, Rufy l’aveva avvertito chiaramente.
- Lascialo perdere, lo sai che tipo è - ed Usopp non era in vena di preoccupazioni.

Con occhi chiusi e muscoli tesi, lo spadaccino era in piena meditazione.
Perso nei suoi pensieri. La sua forza sarebbe dovuta aumentare, non poteva perdere neanche un respiro in cosa vane, stupide, relegate ai deboli.
Sentì ugualmente i suoi passi. Ormai ne era abituato.
- Che ci fai qui? – non riaprì le palpebre, non c’era bisogno di verificare con gli occhi nulla che già non sapesse.
- Io.. volevo solo parlarti – quell’intenso odore di mandarino, diveniva quasi nauseabondo. Non lo aveva mai sopportato troppo. La degnò di uno sguardo mentre rilassava i muscoli.
- Dimmi – sospirò.
Le labbra di Nami si schiusero lasciando uscire solo aria.
Zoro la riguardò e lei sussultò appena. Lei, la donna tutta d'un pezzo che non si era lasciata intimorire da nessuno, Arlong compreso, rischiava di cadere sulle sue stesse ginocchia per un solo sguardo. Ma era Nami, niente poteva davvero abbatterla. Era quello che aveva sempre mostrato, quello che avrebbe continuato a mostrare a tutti.
Cercò sicurezza, la trovò e lo guardò fisso.
- So che hai parlato con Sanji-kun – la sua voce non tradì l’emozione sfuggita prima.
- Quel cuoco non sa impicciarsi degli affari suoi – si alzò Zoro e recuperò l’asciugamano a terra.
Quel dannato cuoco ottuso...
- Beh quello che volevo dirti è che Sanji-kun è sempre esagerato... non so cosa ti abbia detto.. ma sono certa, che lui abbia frainteso – il vento soffiò forte sbattendo sulla finestra chiusa.
Forse era in arrivo una tempesta.
- Non farti problemi, quando parla quel cuoco non sto mai troppo attento a quello che dice - Zoro la sorpassò e gettò l’asciugamano a terra. Prese un grosso attrezzo ginnico e lo impugnò forte.
Sanji sapeva essere davvero patetico alle volte
- Se hai finito.. io dovrei allenarmi – poche altre parole, poche altre bugie e Nami scese giu. Mise i piedi sull’erba e si lasciò schiaffeggiare dalle raffiche di vento.
Che stupida che era... forse solo adesso capiva quanto avesse sbagliato.
Aveva sempre temuto di non essere capace di provare un simile sentimento. Era un egoista, ma aveva imparato a sue spese che esserlo voleva dire sopravvivere. Era una ladra, una persona che usava gli altri solo per i suoi fini. Per anni aveva creduto che fosse l’unica cosa che era capace di fare. Poi Rufy era entrato nella sua vita e vi era entrato anche lui.
Maledetto... egoista forse anche più di lei.
Ma il suo cuore per una sola volta aveva voluto fidarsi! Che c’era di male? Che c’era di male ad amare, a lasciarsi andare, a sentire il suo cuore battere per qualcosa di diverso dalla vendetta, dall’odio. Che c’era di male se le sue mani avevano voluto stringere quelle di qualcun altro e aveva lasciato che baci crudeli la divorassero. Che c’era di male in tutto questo? Nulla... ad occhi esterni, nulla. Eppure faceva male come non mai, come non aveva fatto neanche portare quel tatuaggio. Male come solo l’amore può fare, tanto da farti soffocare, ma non abbastanza da ucciderti.
Lui... che di quell’amore, ne era conscia, non sapeva che farci...
Sentì due grosse lacrime rigarle il voltò. Le asciugò e si diresse nel suo studio lanciando uno sguardo al cielo.
Era in arrivo una vera tempesta.

 

 

 

 

 


To be continued...

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Capitolo 2
*** Lei ***


Lei

Le vele erano sistemate, le cime erano al loro posto. Tutte le direttive erano state eseguite alla perfezione.
- Ok ragazzi, stanotte preparatevi a ballare un po’ – sorrise Nami ai suoi compagni. Rufy saltò sulla sedia e iniziò ad esultare, Usopp invece sbatté la testa sul tavolo in preda ad una vera e propria crisi depressiva.
- Finiscila di fare l’idiota, Usopp! - il ringhio della navigatrice provocò un’allegra e divertita risata del capitano. Di spalle Sanji, intento a cucinare, pareva ascoltare tutto senza troppa attenzione.
Lo aveva sempre sospettato, era stata una voce fastidiosa nella sua testa ormai da tempi immemori. Sempre lì, pronta a sussurrargli cose sbagliate, sciocche ipotesi, impossibili congetture. Mai avrebbe creduto fosse realtà. Uno stupido gioco delle sue paure, non poteva essere vero. Poi l’aveva visto, li aveva visti con i suoi stessi occhi.
- Finalmente Zoro, sei dei nostri – il rumore della porta che cigolava precedette le parole di cappello di paglia. Poi stanchi passi, una sedia che si spostava, il suono delle katane che tintinnavano fra di esse, un sonoro sbadiglio. In tutto questo, il cuoco non era ancora riuscito a voltarsi.
- Allora Sanji, è pronto? – un sì falsamente sicuro lasciò le sue labbra insieme al fumo. Prese i piatti e le pietanze e servì tutti. La sua Nami-san per prima.
- Spero ti piaccia – quanto faceva male sorridere, quanta sofferenza c’era in quella dovuta gentilezza.
Il suono delle posate sulla ceramica, il bofonchiare di Rufy e Usopp, la sottile risata di Robin e il friggere della cola di Franky. Più forte di tutti, il rumore del sakè che scivolava veloce nel bicchiere.
Sanji mangiò silente, non era davvero in grado di poter fare di più.
- Ancora Sanji! – quante donne aveva adorato... quante erano state accarezzate dalle sue mani... a quante di loro aveva giurato una fedeltà pressoché inesistente. Nessuna di esse era entrata davvero nel suo cuore, sempre controllato, attento a non cadere, ben custodito nelle sue forti catene di inquietudini. Non sarebbe stato mai facile portarglielo via, lo aveva sempre amaramente creduto. Solo una ladra astuta sarebbe potuta riuscire nell’impresa. E l’ironia del destino, come ben noto,  poteva essere davvero beffarda.
- Vuoi che ti dia una mano Sanji-kun? – scosse la testa e sorrise.
- Non preoccuparti Nami, finisco di sistemare la cucina e vado a letto – la vide sorridere a sua volta. Dolci come il miele quelle labbra, aspre come un mandarino acerbo allo stesso tempo. Le aveva potute assaggiare poche volte, ma in quel momento sentiva che forse non ne aveva mai assaporato il vero gusto. Non era destinato a lui.
- Mi raccomando Usopp, non nasconderti e fai la guardia come si deve – la voce della navigatrice, pungente come uno spillo si conficcò nelle orecchie del povero cecchino, che abbassò ancora il capo negrino e annuì debolmente.
Nel frattempo era iniziato a piovere, una leggera pioggia che sarebbe di certo aumentata. Il vento soffiava senza sosta dall’intero pomeriggio.
Quella notte avrebbero ballato sul serio.
- Ehi, c’è dell’altro sakè? – a quelle parole Sanji rischiò di rompere un bicchiere con le dita.
Indegno! Maledetto indegno....
- C’è ancora ... – prese un respiro per non far spezzare quella frase fra i denti. Avesse potuto ucciderlo, l’avrebbe fatto senza esitazioni, eppure qualcosa glielo impediva. Ma forse era solo il troppo rispetto che portava a Rufy a non permettergli di rendere realtà le sue sanguinarie intenzioni...
- Forse c’è ancora qualche bottiglia nella credenza a destra – lo guardò negli occhi. Pochi attimi e poi scostò lo sguardo. Non meritava nulla!
- Ok! Allora buona notte! – con la sua allegra risata il capitano uscì dalla cucina portandosi dietro uno sconsolato Usopp. Gli altri erano già andati via, Nami-san, era già andata via.
Il vetro picchiò sul legno del tavolo. Ancora il rumore trascinante del sakè che bagnava il bicchiere.
- Ehi tu – Zoro si girò verso il cuoco che però aveva pronunciato quelle parole senza voltarsi.
- Cerca di non finirtela, è l’ultima – finalmente gli occhi azzurri di Sanji si specchiarono in quelli neri di lui.
- Non preoccuparti... non ho troppa voglia di bere stasera – perché quello stupido insensibile spadaccino da quattro soldi era stato scelto dal suo cuore? Che poteva darle lui? Uno stolto guerrigliero incapace di una qualsiasi gentilezza. Rozzo, primitivo!
Un fottuto misogino!
Maledetto, maledetto, maledetto bastardo!
- Quando te ne vai, chiudi bene la porta della cucina... Non voglio che Rufy si faccia fuori tutte le provviste - gettò lo straccio nel lavandino e strinse fra i denti la sua fedele bionda. Le mani sprofondate nelle tasche. Il suo cuore perso ormai in chissà quale girone infernale.
Le iridi nere di Zoro lo videro sparire dietro il legno della porta. Incollò le labbra alla bottiglia e fece un profondo sorso.

Una.. due... tre ore.
Era rimasto immobile lì, a bere. Ormai non c’era rimasto molto se non il lascito sul fondo di vetro.
- Che ci fai qui? – sospirò quando una sagoma comparve sulla porta.
- Veramente.. credevo di trovarci Sanji... la luce era accesa... di solito lui... - le parole si spensero per qualche attimo
- Beh potrei farti la stessa domanda, Zoro -  i loro occhi si incontrarono. Quelli di Zoro erano ridotti in due sottili fessure.
- Il cuoco... lui prova qualcosa per te.. lo sai questo? – si alzò lo spadaccino dirigendosi verso di lei. Nami non aveva scostato neanche per un secondo i suoi occhi nocciola da quelli dell’altro.
- Sì lo so – ammise quando ormai la figura possente del compagno le era di fronte.  
- Non è un gioco pulito il tuo... sai anche questo immagino – pochi attimi di silenzio. Nami annuì e fece un passo verso di lui.
- Neanche il tuo – già. Neanche lui stava giocando lealmente, ed era una verità che lo spadaccino stava ancora cercando di accettare.
- Sanji-kun... lui è davvero una persona splendida -  il nocciola si riempì di lacrime. Fece fatica a trattenerle e le lasciò scivolate sulle guance.
L’indice dello spadaccino si poggiò sotto il suo mento e lo sollevò appena.
Le lunghe ciglia nere bagnate, le gote calde e arrossate, le sue labbra umide di salate lacrime che vibravano ad ogni singhiozzo. Il cuoco avrebbe sentito il cuore spaccarsi a quella vista ma lui, Zoro, non provava quell’emozione. Non avrebbe mai potuto provarla.
Poggiò le labbra sulla sua bocca tremante. Ne assaporò la sofferenza, il senso di colpa, un’insospettata vergogna.
- Io ti odio per questo – le sentì sospirare.
Le mani iniziarono a vagare, la sua pelle, il suo calore, il suo pazzo desiderio.
Le stava facendo del male.

Quando lei ansimava, gemeva di piacere al suo tocco, lo implorava di non lasciarla andare ancora, la stava ferendo.
Ogni volta che l’aveva cercato e lui aveva aperto la porta, ogni volta che era stato lui a cercare lei, ognuna di quelle volte in cui i loro corpi si erano uniti senza vergogna, lui stava solo giocando sporco.
Mentiva, mentiva, e poi mentiva ancora.
Ed era un circolo vizioso.
Sapeva di sbagliare, e non riusciva a non farlo, sapeva di farle del male eppure non provava rimorso.
E di tutto questo Zoro ne era così cinicamente conscio.

La guardò dormire dolcemente, con il respiro regolare e le labbra socchiuse. Così, tranquillamente poggiata sul suo braccio. Avrebbe voluto stringerla a sé, o meglio avrebbe voluto provare desiderio e piacere nel farlo.
Ma non ne era in grado.


Io non l’amerò mai...



Provò comunque ad avvolgerle il braccio attorno alla vita ed avvicinarla al suo petto.


Non c’è posto nel mio cuore per lei...

 

Riuscì solo a disegnare nella sua testa la nuca bionda di quello stupido cuoco.

 

 

 

 











 

To be continued...

 

 

 

 




_________________________

Un grazie a chi ha letto e recensito (e preferito e seguito e solo letto e tutto ciò che si possa fare con una fic XD)
Ho ricontrollato nuovamente anche il cap precedente e l’ho corretto (spero di non aver lascito indietro qualche errore >.<)  ^-^ Grazie a tutti per gli appunti.
Non avendo una beta mi sfugge sempre qualcosa (u///////////u) scusaaaatemi >.<
Grazie a Bio che mi ha dato il bentornato, mi fa tanto piacere che qualcuno abbia sentito la mia mancanza, ora posso gongolare in Chopper-mode XDDDDD
Credo che si sia capito che il mio animo ZoSan non se ne sta in soffitta ad ammuffire ma è sempre qui a farmi compagnia XD però vi avviso, non sperato troppo in un lieto fine U_U... lo so che sono cattiva, ma la vita è cattiva è_é
Sbarellamenti a parte, spero abbiate gradito anche questo secondo atto.
Alla prossima con l’ultimo capitolo (augurandomi, di non deludere nessuno) ^_^
kiss kiss Chiara

 

 

P.S. Annotazioni e correzioni sono sempre ben accette ^____^

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Capitolo 3
*** L’altro ***


L'altro

I fili d’erba erano ancora bagnati dalla notte di pioggia e vento che aveva imperversato in quelle lunghe ore. Robin si vide allungare un bicchiere di the caldo.
- Non stare troppo fuori Robin-chan, non vorrei prendessi freddo – la mora accarezzò le dita bianche accettando sorridente quella gentilezza.
- Grazie –
Vide il compagno poggiarsi sulla balaustra e perdersi con gli occhi al mare, ora calmo ma che era capace di nascondere dentro il suo silenzio ogni inquietudine.
E lei sapeva.
Sagace e acuta come sempre, non aveva chiesto né voluto risposte. Solo ascoltato e osservato nel suo angolo, ed era così assordante l’infrangersi di un cuore.
Come piccole perle le lacrime che vedeva celarsi dietro gli occhi dei suoi compagni. Compagni di vita e di lotta, compagni nel suo dolore e nella sua rinascita, compagni che l’avevano presa per mano e le avevano ridato speranza e fiducia, e ora lei, non sapeva come ricambiare.
- Sanji – il volto del cuoco si riempì di obbligata cortesia mentre le sorrideva, mentre Robin sapeva, aveva solo voglia di nascondere il pianto nell’orizzonte che li avvolgeva.
Lo guardò nelle iridi celesti e per la prima volta si vide impotente. Non aveva parole, nessuno dei suoi cari libri riportava una parola, che fosse una sola, capace di ridargli un sorriso sincero. Spostò lo sguardo al mare, che sapeva calamitare i cuori irrequieti, le anime che sanguinavano. Il mare che lei non poteva abbracciare ma solo amare. Quel mare da cui aveva imparato ad ascoltare e capire ma senza pretendere di saperne troppo.
- Il mare dopo una tempesta... è davvero bello, non trovi? – Sanji annuì stringendo forte con la mano il legno.
- Sì Robin... è bellissimo – seppe solo sospirare. Lui che quella tempesta doveva affrontarla ogni giorno e ad ogni respiro era una sconfitta di più.

 

A pochi metri, palpebre sigillate per celare lo sguardo, respiro regolare per non lasciarsi sbilanciare da nulla. Forte e freddo come una statua di gesso.
Il sole era tiepido, ma sulla pelle pareva bruciare. Stavolta fece fatica a ingoiare un sospiro. Aprì un solo occhio e lo diresse verso le due sagome, verso quel sorriso falso e quelle bugie che riusciva a udire nonostante la distanza.
Com’era palese la misera condizione in cui stava sprofondando e com’era difficile accettarla, il solo provarci era a dir poco devastante.  Mandò giù il grappolo di collera che si era fermato in gola. Lo mandò giù con tutte le grida che udiva nel cervello e con tutte le realtà che non aveva più alcuna voglia di guardare. Richiuse gli occhi, ma il suo udito non poteva essere annullato. Acre e ispida la sua voce, le sue parole che giungevano a lui sorrette dal vento...
Per quanto non volesse, per quanto si fosse sforzato di allontanarlo, era disarmante il modo in cui i suoi occhi, le sue orecchie e talvolta i suoi stessi pensieri venissero come  magnetizzati da lui. Dalla sua semplice e apparentemente innocua presenza, dai suoi gesti, da una parola masticata con il filtro della sigaretta. Ed erano incontabili le ore che aveva sostato davanti a quella porta fingendo di riposare, solo per sentire il rumore dei passi che vagavano fra i fornelli solo per sentirne i profumi...
Faceva male il suo sorriso che mai gli era rivolto, e faceva incredibilmente male il modo in cui gli aveva urlato di amarla. Lacerava l’anima ancora prima del cuore quel sentimento così mal riposto, che mai avrebbe ricevuto indietro, e quel mai era feroce come le zanne di una tigre.
Avrebbe dovuto ferirlo e ferirlo ancora per poter pareggiare i conti, per fargli provare almeno in minima parte ciò che nel suo cuore ardeva da troppo tempo. E Nami c’era andata di mezzo. Lei, croce e delizia dei suoi problemi. Come un paradossale errore celeste. Come un gioco di ruoli che nessuno aveva chiesto, ma che era costretto a giocare fino alla fine, fino a che uno di loro non si fosse arreso, anche se infondo nessuno ne sarebbe uscito da vincente.
La sentì avvicinarsi e vide quegli occhi azzurri raggiungerli come due fari. Pochi attimi gli furono consentiti per perdervisi dentro prima che gli venissero negati ancora una volta, mentre lo vedeva rientrare in cucina e sparire. Come ogni dannatissima volta.
- Credo che Sanji-kun mi odi – quella voce pareva rotta eppure lei era sempre stata forte. Non si preoccupò di guardarla.
- Come se quello lì ne fosse capace – un mezzo sorriso, più una smorfia cattiva che lei vide disegnarsi su quelle labbra sottili. Quante bugie sapevano dire quelle labbra. Menzogne che ferivano come ogni bacio che riusciva a rubargli solo nell’ombra della notte. In quell’oscurità amica, che non pareva voler dare giudizi. Si strinse le braccia attorno al petto Nami e strinse i denti pregando affinché lui non si accorgesse che stava per cedere, che stavolta non poteva mantenere la maschera.
- Ti serve qualcosa? – domanda crudele la sua, quel tono freddo e neanche si degnava di guardarla!
Ringhiò un insulto e andò via. Solo allora, quando sentì i passi farsi lontani, quando non c’era più nessuno nei paraggi. Solo allora si concesse di aprire gli occhi. Si alzò e diede le spalle al mare, all’oceano che era un po’ casa sua.
Da quando si era preso l’ardire di giocare con gli altri? Di trattarli come si sentiva, così da renderli un po’ più vicini, perché un dolore comune pare far meno male.
Eppure lui del dolore non ne aveva mai avuto paura. La sofferenza ed il sangue, i suoi alleati, ma quel male non poteva guarire con dei punti. Non esisteva medicazione per cicatrizzare un cuore sanguinante.
Il suo obiettivo, le sue promesse, era quello che gli permetteva di andare avanti.
Alzò lo sguardo fino ad allora relegato al pavimento e vide quella chioma bionda smossa da vento. Il fumo salire alto nel cielo e l’azzurro gelido penetrare la pece dei suoi occhi
- Ti sarei grato se ti degnassi di venire a tavola – avesse potuto fermare il tempo l’avrebbe fatto. Si sarebbe perso nell’odio che proveniva da quell’esile figura dinanzi a sé, si sarebbe inebriato della sofferenza che gli provocava la consapevolezza di non poterlo mai avere. Come un masochistico svago. Il dolore, l’unico che paradossalmente poteva purificarlo dallo squallore in cui si sentiva annegare. Il dolore per esorcizzare il dolore.
Non aspettò risposta, vide la sua schiena nera andare via e come fosse un semplice aquilone sorretto dalle correnti d’aria gli andò dietro. Dietro i suoi passi lenti, dietro il silenzio che lo avvolgeva, dietro quell’odore di nicotina tanto amaro quanto annebbiante. Dietro le sue bugie e le maschere, dietro quel desolante sentimento che in un modo o nell’altro li rendeva simili.


In cucina gli occhi di Nami erano fissi sul piatto, persi anch’essi nell’oblio. Si sedette e aspettò. Lo vide sedersi qualche posto più in la.
Rufy e Usopp, e poi Chopper e Franky... Robin... nessuno di loro....
Erano tutti compagni, tutti uniti da un unico filo rosso, ma nessuno era più unito di loro tre.
Tre cuori sfasciati, tre anime grondanti di lacrime. Tre menzogne intrecciate fra di esse, petali di una stessa corolla d’amore e odio.
Mai sarebbero stati più vicini, mai una catena più pesante li avrebbe legati.


 

 

 

 











 

The End


 

 

 

 




_________________________

Ancora un grazie a tutti e un “mi dispiace” per aver fatto soffrire qualcuno é.è
Però nessun happy ending: nessuno è felice e tutti soffrono come cani U_U

Sono contenta che questa storia vi sia piaciuta ^.^
Un grazie a tutti e siccome ultimamente sono un po’ fissata, sicuramente tornerò con qualche altro tipo di triangolo, magari meno drammatico (oppure no?)... ^-*
chi lo sa...

E per la terza volta ancora grazie!
kiss kiss Chiara

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