The Legacy of the Darkness

di Vitriolic Sheol
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 0- prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Note di RoS ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 - ending- ***



Capitolo 1
*** capitolo 0- prologo ***


Prologo.


Era passato del tempo…. molto tempo da allora. Eppure ancora non riusciva ad entrare
nell’ordine delle idee che i fatti fossero veramente andati così; sembrava tutto così strano, così surreale… il cimitero era vuoto ma, allo stesso tempo, incredibilmente affollato… si chiese se coloro che riposavano laggiù potessero percepire il suo arrivo, sentirne i passi, ascoltarne le parole… si chiese se lui potesse sentire tutto questo, se riuscisse a distinguere la sua voce da tutte quelle che ogni giorno affollavano il camposanto. Si chiese anche se desiderasse che lo raggiungesse, passando per la terra nera e fredda, oltrepassando la cortina lignea della bara per stringersi a lui ed addormentarsi profondamente per l’eternità. Provò ad immaginarlo, togliendo fittiziamente la terra,svellendo il coperchio di legno e la placca di zinco, sdraiato là sotto, addormentato, con i begli occhi chiusi e le guance pallide, contornate dai morbidi capelli.
Non c’era quando lo avevano sepolto, non c’era quando avevano coperto la sfolgorante luce della sua bellezza con un coperchio di zinco, per poi fermarlo con chiodi di metallo, invidiosi di tanta magnificenza.

Non c’era. Anche se, pensandoci, forse lui avrebbe voluto che assistesse, per accompagnarlo almeno fino ai neri cancelli d’entrata, verso quel luogo in cui non avrebbe potuto seguirlo.

Non c’era…. perché era altrove, lontano, immobile da un’altra parte.

Guardò un’ultima volta la lapide, lesse l’epitaffio dove vi erano incisi a lettere bronzee il suo nome e le sue date di nascita e di morte, e si chiese come si potesse morire così giovani, in nome di un’utopia, di un ideale…. di un sogno… baciò lievemente la pietra sepolcrale e si incamminò verso il lungo sentiero costeggiato dai cipressi che parevano diventare ogni giorno più neri, assorbendo il dolore e la disperazione dei vivi che visitavano quel posto.

“La vita è sogno”  scriveva Caldèron de la Barca…. e forse non aveva poi così torto.

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
Confluenze


Ottobre 2009

Variazioni impalpabili ma fondamentali si erano succedute in quel periodo; l’investigatore L Lawliet era morto nel 2004 ed al suo posto era succeduto il collega, il ventitreenne Light Yagami. Parallelamente erano comparsi altri due individui, creature coeve della Wammy’ House nonché “patria” dello stesso L… Near, che aveva creato l’organizzazione non  governativa SPK (Special Provision for Kira) e Mello, che aveva preferito condurre le indagini in solitario, complice una forte rivalità ed insofferenza nei confronti di Near. E proprio all’interno dell’ SPK  si stava valutando un’impellente necessità.
( Near= NE ; Halle Lidner= HA; Antony Rester= RE ; Stephen Gevanni= GE)

RE= Near, le nostre investigazioni stanno procedendo bene… ma a mio parere non stiamo percependo abbastanza il perché di queste azioni…

NE= Mi sembra ci sia poco da capire… un assassino psicopatico mira a “ripulire” il mondo dalla feccia come lui…

GE= No Near, credo che ci sia qualcosa di più sotto… e credo che Rester intenda dire che ci vorrebbe qualcuno in grado di capire la psiche di costui che tutti osannano come Kira…

Ad un tratto, Halle, rimasta silenziosa e in disparte da questo dialogo, ebbe un’illuminazione; quando aveva frequentato il corso di addestramento della CIA, era diventata molto amica di una ragazza, con cui ancora adesso era in contatto… forse lei avrebbe potuto aiutarli.

HA= Near, so che sei molto scettico riguardo a queste cose…ma durante il mio addestramento alla CIA, ho conosciuto una ragazza, di cui sono molto amica…è laureata in psicologia; è estremamente  brava e credo potrebbe apportarci un valido aiuto…

Near la guardò interrogativo, poi assunse quella classica espressione che Halle chiamava “l’espressione del fa-come-ti-pare”

NE= Come si chiama?

HA= Caroline…Caroline Seyrig…

La ragazza guardò i suoi colleghi: sembravano favorevoli alla questione.

NE= Se credi che ci possa essere utile, convocala pure…

HA= Ehm…al momento è residente a New York, ma le telefono subito; sarà sicuramente a conoscenza del caso Kira, e conoscendola parteciperà volentieri…

GE= Bene,allora è deciso no?

NE= Si… vai pure a telefonarle Halle.

La bionda si dileguò velocemente, dirigendosi verso la cabina telefonica; mentre componeva il numero, si scoprì felice… avrebbe rivisto la sua più cara amica, ma ad un tratto le venne il dubbio se il tutto non si fosse rivelato troppo pericoloso per l’amica… lei stessa, come Gevanni e Rester, rischiavano la vita ogni giorno, non voleva mettere in pericolo anche la vita di Caroline.
HA= (PENSA) Ma no… è una ragazza in gamba, è forte…non devo preoccuparmi troppo.

E così pensando, compose le ultime cifre del numero, in cui, vista l’ora e tenuto conto del fuso orario,era sicura di trovare la ragazza.

***

America, New York, università nella città.
(Caroline (Linne) Seyrig= CA)

LI= Ted Bundy,Ed Gein, Edmund Kemper, Aileen Wuornos, John Wayne Gacy e molti altri…tutti serial killer che hanno fatto la storia “nera” dell’America, secondo voi da cosa sono accomunati?

Mentre la ragazza faceva scorrere le foto segnaletiche di ognuno di loro su un telo bianco dalla parete opposta a dove si trovava il proiettore, uno studente rispose alla sua domanda.

STUD= Hanno tutti in comune una storia famigliare disastrata… abusi,disagi, povertà e quant’altro!

CA= Esatto Damien! Eccezion fatta per Ted Bundy, tutti loro sono legati tra loro per gravi disagi familiari… Ehm, Lucy, potresti riaccendere le luci? Grazie..

Appena la ragazza riaccese la luce dell’aula, Caroline Seyrig chiamata da tutti Linne, insegnante di 22 anni, cominciò a scendere le scalette dell’anfiteatro ligneo che ospitava i banchi dei suoi 44 studenti di psicologia, dirigendosi verso la sua cattedra, che si trovava in una posizione notevolmente più bassa e fuori del lucido parquet della struttura. Mentre camminava, continuava il suo discorso, mentre il rumore cadenzato dei suoi tacchi, scandiva e accompagnava i suoi passi.

CA= Quindi possiamo affermare che i canoni creati da Cesare Lombroso, che asseriva di riconoscere il temperamento criminale e omicida di una persona solo esaminandone le caratteristiche morfologiche ed ossee, non ha alcuna valenza scientifica.. indi, per la prossima vol..

La ragazza non fece a tempo a terminare la frase poiché una segretaria entrò nell’aula.

SEG: Professoressa Seyrig, la desiderano al telefono; dicono che si tratta di una cosa di estrema importanza.

Linne guardò sbalordita l’impiegata; chi poteva chiamarla in università e a quell’ora con una questione di massima urgenza?

CA= Beh, ragazzi, sembra proprio che la fortuna giochi a vostro favore oggi… andate pure, la lezione termina qui.

Dopo i saluti calorosi dei suoi studenti, la giovane seguì la segretaria nel suo ufficio e sollevò la cornetta di acetato bianco, rimasta sospesa su una pila di documenti.

CA= Caroline Seyrig, chi mi desidera?

HA= Linne?

La mente della prima donna ebbe un sussulto: nessuno la chiamava più così da quando frequentava il college! E pensandoci bene,era rimasta una sola persona che aveva continuato a chiamarla con quel diminutivo anche dopo la laurea…

CA= Si?

HA= Sono Halle…

Il cuore di Caroline ebbe un tonfo, per poi colmarsi di traboccante gioia subito dopo… era Halle! La sua carissima amica!

CA= Halle!!! Mio dio, che bello sentirti!! Da dove mi chiami?!

HA= Sono in Giappone, a Tokyo precisamente… sto seguendo un caso e ti ho chiamato, non solo per poter avere un’occasione di rivederti, ma anche per chiederti se vorresti partecipare attivamente… con la tua laurea in psicologia e la tua bravura potresti esserci di grande aiuto!

CA= Certo, io parteciperei volentieri…ma come faccio? La casa che avevo a Tokyo l’ho messa in vendita e non so nemmeno se sia stata acquistata, e la macchina? Dove la lascio?

HA= Linne non devi preoccuparti per niente…il mio capo ha già bloccato l’appartamento e predisposto già tutto perché tu possa tornarci dentro senza nessun problema…per quanto riguarda l’auto…ehi, a proposito! Hai ancora quella macchina meravigliosa vero?

CA= Certo! È ancora come l’hai lasciata..

HA= Perfetto… tu occupati soltanto di arrivare all’aeroporto, poi faremo tutto noi…

CA= Ma non ho prenotato nulla… e lo sai che per viaggi così lunghi ci vogliono settimane d’anticipo…

HA= Tranquilla… hai un volo New York - Tokyo già prenotato, prima classe per le 20:00 di stasera… arriverai qui in mattinata…

CA= Beh, messa così non posso far altro che accettare… ehi, che ne dici se appena arrivo ti venissi a prendere in macchina?

HA= Sarebbe fantastico! Mi troverai al palazzo della NHN, uscirò per le 13:30…la strada la conosci no?

CA= Tranquilla…posso dire di conoscere Tokyo quasi come New York… bene! Allora vado subito a casa, preparo le valige e corro all’aeroporto!

HA= Ok! A domani Linne!

CA= A domani…

E chiuse la comunicazione. Come una scheggia uscì dall’ateneo e mettendo in moto la macchina, si diresse verso casa.

***

Tokyo,quartier generale del secondo L
(Light Yagami= LI  Soichiro Yagami= SO  Kanzo Mogi= MO  Hideki Ide= ID – Tota Matsuda= MT Shuichi Aizawa= AI)

MO= Sembra che in questi otto giorni Kira non abbia giustiziato nessuno…

SO= Forse la nostra idea di non divulgare gli arresti e tenere segrete le indentità dei criminali è servita…

LI= Io non credo sia così…

MO= Che vorresti dire Light-kun?!

LI= Se ben vi ricordate, 3 anni fa avevamo mantenuto segreto l’arresto di quel serial killer di Seppuku… eppure Kira l’ha eliminato lo stesso…no, io credo che si sia solo preso… una pausa diciamo…

MA= Una pausa?!

ID= Light ha ragione…magari sta solo pensando ad una nuova sfida da lanciarci…

Il ragazzo chiamato Light si diresse verso la finestra, gettando lo sguardo color miele oltre i vetri perfettamente schermati… da li sembrava si avesse l’intera città ai propri piedi, un reticolo pulsante di vite che da quattro anni era il palco di una violenta guerra psicologica…

LI= Ho come l’impressione che questa sfida arriverà presto… e noi dobbiamo tenerci pronti a raccoglierla…

***

Caroline ormai si trovava sull’aereo che, come Halle le aveva preannunciato, sembrava aspettare solo lei… rimase leggermente sorpresa quando all’aeroporto un energumeno chiamato “Sam” la scortò in una pista privata, dove vide giacere, quasi come un mostro addormentato, un enorme aereo grigio e verde; fece appena a tempo a vedere la sua auto caricata dentro il vano sotto la pancia del mezzo, prima di essere invitata a salire in un tono gentile ma che non ammetteva repliche. Con un rombo i motori si misero in moto e l’aereo decollò.
La sua avventura in Giappone era appena cominciata.

***
Alcune ore dopo…

Tokyo, sede degli studi televisivi NHN, ore 12:56

In un’auto familiare, rossa e perfettamente tirata a lucido, due ragazzi erano seduti ad attendere… Quello posto alla guida era biondo, con i capelli tagliati in un lungo caschetto,con tanto di frangia,che gli copriva interamente il collo. Era interamente vestito di nero ed i grandi occhi color del cielo erano tra il meditabondo e lo snervato; l’altro sembrava il negativo del compagno: corti e ribelli capelli vermigli facevano da cornice a due occhi sorprendentemente verdi; indossava dei jeans scoloriti che aveva infilato in stivali di cuoio scuro, accompagnati da una maglia a righe orizzontali banche e nere… a contrasto dell’amico, sul suo viso era dipinta un’espressione di assoluta indifferenza.
Rispettivamente di 21 anni il primo, e 20 il secondo, costoro rispondevano ai nomi di Mello e Matt. (ME; MA)

MA= Mel…posso chiederti per quanto hai ancora intenzione di ammuffire qui? Sto cominciando a mettere le ragnatele..

ME= Matt, sono annoiato anch’io, ma dobbiamo solo aspettare altri cinque minuti… poi Takada e Halle usciranno da lì…almeno si spera…

Ad un tratto però, l’attenzione di Matt fu interamente attirata ed esaltata da un’auto blu scuro metallizzato che parcheggiò dall’altro lato della strada, quasi parallelamente a loro…

MA= Oddio! Credevo che non esistessero più bellezze di questo genere! Mel, guarda che roba!

ME= Matt, io vedo solo un’auto… la mia cultura mi porta solo a riconoscere che è una Ford…

Ma l’attenzione di Mello fu subito attratta da qualcos’altro…qualcosa di gran lunga migliore di ciò che aveva mandato Matt in un brodo di giuggiole. Dal posto di guida era uscita una ragazza, che chiusa la portiera, vi si adagiò placidamente con la schiena, per poi accendersi una sigaretta; era vestita con jeans neri talmente aderenti che il ragazzo non doveva sforzarsi di immaginare nulla, decollèté nere dal tacco alto e dalla punta stondata, ed una camicina bianca altrettanto attillata con l’ultimo bottone aperto sul seno. A quel corpo da sballo era affiancato un viso a dir poco meraviglioso, malgrado riuscisse a scorgerne poco i lineamenti, data la, seppur risiva, lontananza…la ragazza, che sembrava giovane quanto lui, portava i lunghi capelli di un caldo castano ramato, raccolti in una morbida e fluente coda di media altezza… lei continuò a fumare tranquilla, non accorgendosi di essere osservata; intanto Matt proseguiva con le lodi della vettura, ormai in preda ad una specie di delirium tremens.

MA= Non ci credo…motore Cobra Jet… cerchi in lega originali…caspita!…una Ford Gran Torino del 1972… una signora macchina! Con la S maiuscola ovviamente!! Dio,cosa non darei per un giro su quel bolide! Mel?.... Meeel?... MELLO!!!!

ME= Uh? Eh,ah si, la macchina! Bella…

MA= Conosco quello sguardo… sei partito per la tangenziale.

ME= Cosa?! No,no! Matt non fare il cretino!

MA= Non sei bravo a mentire Mel, sei pure diventato paonazzo… ti sei impallato sulla proprietaria della macchina…

Così dicendo, anche Matt guardò la ragazza… beh,senza dubbio era attraente!

MA= Uhm…bella…non hai speranze amico mio.

ME= PI-A-N-T-A-L-A! Ehi, guarda, dalla NHN stanno uscendo! Riesco già a vedere Takada… ehi, ma cosa….Halle?!?!?!?!?

Quello che in quel momento accadde, fu sufficiente per mandare in confusione Mello… accomiatata Takada, Halle si era precipitata verso la ragazza sconosciuta, che si aperta in un radioso sorriso; le due donne si erano abbracciate e mentre,ridendo, parlavano,Halle era salita sulla vettura. La sconosciuta quindi, aveva gettato il mozzicone della sigaretta a terra e salita alla guida, aveva messo in moto dileguandosi nel traffico cittadino.


ME= Ma… si conoscono?!?!?

Intanto…

HA= Sono così contenta di vederti! Non hai idea di quanto sia felice!

CA= Anch’io lo sono!! Ma su, spiegami per cosa ti servo, ormai non sto più in me dalla curiosità!!!

HA= Te lo dirò quando saremo arrivate al ristorante, trattieni la tua curiosità ancora per un minuto pulcetta!

CA= (RIDENDO) Ehi, non cominciare! Nessuno mi chiamava più così dai tempi degli addestramenti della CIA!!!

HA= Qualcuno doveva ricominciare,no? J

Ridendo, Halle guardò l’amica: si rese conto che,dal periodo che avevano trascorso assieme alla CIA, il tempo non aveva infierito sul viso dell’amica; Caroline aveva grandi occhi azzurro-verdi contornati da lunghe e belle ciglia, un naso piccolo alla francese ed una bocca carnosa che forse, a volerle per forza trovarle un difetto, spiccava un po’ troppo su quel viso magro. Era molto magra, ma aveva un bel seno alto e sodo, perfettamente tondo e proporzionato alla sua esile corporatura…i capelli castano ramati le arrivavano ancora alla fine della schiena, come ricordava; senza invidia, ma forse con una nota di compiacimento, giunse alla conclusione che l’amica era davvero bellissima.

CA= Ehi, ti sei incantata? Ho forse qualcosa sulla faccia?

HA= No no, niente del genere tranquilla… a proposito, siamo arrivate!

***

Halle e la ragazza….la ragazza e Halle… quale diavolo di legame c’era tra le due?! Per quanto poteva conoscere Halle Lidner, non gli risultava che ci fossero mai state amicizie nella sua vita… ma quella ragazza…il modo con cui si erano salutate, come se non si vedessero da molto tempo…forse era proprio così! Ma allora chi era quella donna? E che ruolo aveva nella vita dell’algido, impenetrabile agente qualificato della CIA Halle Lidner?
Questo Mello proprio non riusciva a spiegarselo. Nel frattempo ritenne opportuno seguirle; mise in moto l’auto e si immise nella corsia.


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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
La sconosciuta


Dopo poco, le due ragazze arrivarono davanti al ristorante, un bellissimo e sofisticato locale interamente di legno e sasso, con un’ampia vetrata simil gotica che si affacciava sulla strada. Caroline, parcheggiò l’auto e gioiosa come una bambina cui hanno appena regalato la sua bambola preferita, balzò fuori dall’auto, seguita molto più tranquillamente da Halle.

CA= N-O-N CI C-R-E-D-O! te ne sei ricordata! Cavolo, mi mancava da morire l’ “HALF MOON”!!  A New York non ho trovato uno straccio di posto che ci assomigliasse!

HA= Ci andavamo sempre quando eri qui a Tokyo… ho voluto ri- inaugurarlo…

CA= Sei un genio Halle!

HA= Veramente quella con il Q.I di 180 eri tu, se non sbaglio…io mi ero fermata a 168…

CA= Ti prego non tirare fuori il mio Q.I, che ora come ora si è abbassato a 12 per la fame che ho!

HA= Non sia mai!! Mi servi con le batterie totalmente cariche! Su,entriamo…

Così, Caroline agguantò la giacca di pelle e la borsa dal sedile posteriore, chiuse la macchina e raggiunse l’amica che nel frattempo aveva già aperto la porta.

***

MA= Mel… io non vorrei fare il demente di turno, ma che senso ha spiare quelle due? Insomma, in fondo sono solo amiche…

Il ragazzo biondo rivolse uno sguardo alterato all’amico.

ME= Matt, possibile che non capisci?? Near non è tipo da permette ai suoi collaboratori di frequentare chi gli pare e piace… se ha permesso a Lidner di incontrare quella ragazza, significa che presto lei comincerà a lavorare con loro…

MA= Ne sei sicuro? Magari è solo un attacco di generosità misericordiosa…

ME= Credimi, sono sicuro…conosco Near come le mie tasche…

MA= Ergo, signor Io-conosco-tutto-il-mondo?

ME= Ergo stiamo qui e le osserviamo, signor Mi-scassa-tutto-quello-che-non-sia-una-cosa-chiamata-videogioco!

Matt si limitò ad assumere una faccia imbronciata e ad accendersi una sigaretta; ora che ci pensava, quando l’aveva vista in bocca a quella ragazza, gli era venuta subito la sfregola di accendersene una… cosa che immancabilmente fece, tra gli sbraiti di dissenso di Mello.

***

Le due ragazze si erano sedute ad un tavolo in posizione strategica, esattamente davanti alla vetrata che dava sulla strada, ed erano una davanti all’altra.

CA= Mi sento come un manichino in vetrina… sembra che la gente spii quello che ho nel piatto.. -_-‘

HA= (RIDENDO) Allora mangialo, così non vedranno niente e non ti scopiazzeranno nelle ordinazioni!

Se si fossero volute trovare due ragazze più diverse tra loro, Caroline e Halle sarebbero state le esemplari perfette… la prima era magra quasi come un’anoressica, alta 167 cm e dal peso di 45 kg scarsi, dai capelli castani e gli occhi di uno stranissimo color azzurro-verde; la seconda invece, alta 180 cm e del peso di 58 kg, aveva capelli biondo platino sfioranti le spalle con una frangia spettinata, occhi color miele e tratti leggermente più marcati rispetto all’amica, che sembrava uscita fuori dallo scalpello di Antonio Canova. C’erano inoltre cinque anni di differenza tra Halle e Caroline… rispettivamente le giovani avevano 28 e 22 anni… ma non erano
solo l’aspetto fisico così in contrasto cromatico e la grande avvenenza che le differenziavano… era il carattere e,soprattutto, il temperamento: se Halle era silenziosa,pacata e ponderata, Caroline era tutto il contrario. La psicologa aveva infatti un carattere esuberante, intraprendente che spesso veniva etichettato come “aggressivo”; c’era da dire che Caroline (o meglio, Linne, questo era il suo diminutivo) non aveva molti problemi a dirti quello che le passava per la testa in maniera schietta… aveva un carattere libero,indipendente e decisamente risoluto. Non che non fosse dolce, quello no, ma al momento opportuno sapeva tirare fuori una freddezza ed un sangue freddo che non mancavano mai di stupire Halle. Malgrado inoltre l’aspetto angelico e fragile, la bionda in molti frangenti l’aveva paragonata ad un maschiaccio: sapeva picchiare meglio di un uomo, e grazie all’addestramento di arti marziali avuto alla CIA, riusciva fare veramente male… i suoi difetti? Era decisamente impulsiva… e vendicativa. Ma tutto sommato, era una persona splendida,complice anche la pronta e brillante intelligenza.

Quindi, di fronte a due piatti di verdure e sushi, accompagnati da due sofisticati baloons di pregiato vino bianco italiano, Halle le espose tutto il caso Kira, che scoprì essere molto ben conosciuto dall’amica.

CA= Non mi è chiara solo una cosa…

HA= Ossia?

CA= Il mio ruolo in tutto questo… cioè, a che vi serve una psicologa nel team? Siete tutti molto ben preparati, non vedo come posso esservi utile…

A questa risposta, Halle si limitò a tirare fuori dalla borsa una cartellina di spessa carta color beige… la appoggiò sul tavolo (prontamente sparecchiato dai camerieri) e la spinse contro Linne, che nel frattempo stava accendendosi una sigaretta; afferrò la cartellina e sbuffò fuori il fumo biancastro, ma quando fece per aprirla, Halle la fermò.

HA= Ah! Quasi me ne dimenticavo! Tieni, ho una cosa per te…

Ed all’espressione interrogativa dell’amica, le porse un piccolo pacchettino regalo rettangolare.

CA= Halle…non dovevi… mi fai vergognare, io sono arrivata a mani vuote!

HA= E’ stata una cosa estemporanea, non preoccuparti… su, aprilo!

CA= Subito! Sono veramente curiosa!

E così dicendo, cominciò subito a scartocciare il pacchettino…quello che si rivelò ai suoi occhi, era uno splendido portasigarette di lucido legno d’ebano, meravigliosamente intagliato a motivi floreali simili a quelli medievali… era un piccolo capolavoro. Quando lo aprì, il lucido metallo le rimandò la sua immagine, perfettamente nitida, quasi come uno specchio.

LI= Halle…è meraviglioso… grazie!

HA= Se proprio vuoi continuare con quel viziaccio, sarà meglio che tu lo faccia con classe… J. Ma tornando a noi, ora puoi aprire la cartellina che ti ho dato…

Caroline eseguì, e davanti a lei apparvero cinque fascicoletti con allegati le foto di altrettante persone.

CA= Light Yagami… Mello… Matt… Teru Mikami e Near… perché mi dai questi documenti?

HA= Vorremmo che tu stilassi un profilo psicologico di ognuno di loro… pregi, difetti, debolezze, insomma tutto quello che un’ottima psicopatologa quale te ha come pane quotidiano…

CA= Ok, va bene… non c’è problema…

HA= Ovviamente godrai di assoluta libertà; avrai accesso ogni volta che lo vorrai agli archivi di polizia e di tutta la burocrazia di Tokyo…oltre che a quelli dell’SPK, naturale… Near ti ha dato carta bianca.

CA= Perfetto!! Ti dirò, questa cosa comincia a piacermi! Oh, sono già le 14:25… a che ora dobbiamo essere da Near?

HA= L’appuntamento con lui è per domani mattina alle nove…tranquilla.

CA= E mi hai fatto venire qua un giorno prima?

HA= Certo! Devi sistemarti nel tuo appartamento, sfare le valige e poi venire in giro per la città con me!

Caroline rise, l’amica non si smentiva mai.

CA= Mi sembra un ottimo programma!

E così dicendo, pagarono ed uscirono.

***

Ci aveva visto giusto. La ragazza sarebbe entrata a far parte della squadra di Near; lo aveva capito quando Lidner le aveva dato quella cartellina, in cui sicuramente c’erano sia lui che Matt… sinceramente provò un brulichio di fastidio nel scoprire che una perfetta sconosciuta stava avendo accesso ai suoi dati sensibili; era sempre stato molto geloso delle sue cose, soprattutto di quelle che riguardavano la sua sfera privata. Visto che non era assolutamente a conoscenza dell’identità della giovane donna, ritenne opportuno fare una sola cosa.
L’avrebbe seguita come la sua ombra, anche se sinceramente, l’idea di giocare a Peter Pan, con lui nella parte di Trilli, non lo soddisfaceva granché. Nel frattempo Matt si era risvegliato dal sonnellino stile bimbo di 3 anni.

MA= Mmmmh…Mel? Abbiamo finito?

ME= Si…ora possiamo tornare alla base.

MA= Cos’hai intenzione di fare con la ragazza misteriosa?

ME= Seguirò ogni suo movimento, la pedinerò ovunque vada… devo scoprire cosa Near vuole da lei a tutti i costi.

MA= Uhm, bravo, così forse potrai avvicinarla,chiederle il numero e magari ti sparirà dalla faccia quel muso da rottweiler incazzato, che hai adottato come tuo preferito…
Mello rimise in moto l’automobile e fece un’inversione a U per immettersi nella corsia stradale. Presto quella ragazza non avrebbe avuto più segreti per lui.


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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
Approcci


Il mattino dopo, Caroline si svegliò di buon ora, nel suo appartamento, al sesto ed ultimo piano di una palazzina tranquilla e graziosa, poco lontano dal quartiere più chic di Tokyo. La casa non era decisamente una piazza d’armi, lei non amava le case grandi, ma per una ragazza di 22 anni era senza dubbio adeguata: era composto di un’entrata con un piccolo corridoio che portava alla sala da cui, grazie ad una parete di cartongesso, era stato ricavato un discreto angolo cottura, situato in fondo alla stanza, in modo che non sembrasse messo lì a caso, come se tirato fuori dal cilindro del prestigiatore… dalla sala poi, partiva un altro corridoietto che conduceva alla camera da letto della giovane ed al bagno… tutta la casa era stata arredata da Caroline con gusto, alternando mobili d’antiquariato di legno scuro a pezzi più moderni bianchi o neri; naturalmente libri,quadri, fotografie e soprammobili abbondavano, ma erano posizionati talmente bene che non davano l’idea di esagerazione. Ciò che però piaceva maggiormente a lei di quella casa, era che dalla sala, nell’angolo dietro al divano, partiva una piccola scala dai gradini in legno di ciliegio, che portava a quello che si poteva definire uno studio; lì, la ragazza vi aveva messo una libreria bassa, una scrivania con il portatile,stampante e scanner ed in fondo, seguendo l’andamento del tetto spiovente, un tappeto con una piccola poltroncina con davanti un mobiletto Tv, aveva poggiato un piccolo schermo piatto, un lettore Dvd e un registratore per le videocassette. Tenendo conto che quel soppalco aveva la parete sinistra costituita solo da una grande vetrata, e che il resto della casa era disseminato di grandi finestre, non era difficile capire perché Caroline l’adorasse. Era luminosissima.
Così, la ragazza si alzò, fece la doccia, e tra una sorsata di caffè ed un indumento, si preparò per uscire. Aveva indossato un paio di jeans stretti blu scuro, un maglioncino con scollo a V viola e ballerine dello stesso colore… in un momento di vanità si era passata una sottile linea di eyeliner nero sulle palpebre, un filo di mascara ed aveva lasciato sciolti i capelli, che le ricadevano morbidi sulle spalle e sulla schiena. Dopo di che, indosso un corto cappottino nero, afferrò la borsa, chiuse il portone ed uscì. La giornata era meravigliosa, e siccome Caroline non aveva voglia di usare l’auto, cominciò a dirigersi a piedi verso il luogo dell’incontro con Near. Camminò tranquilla per le strade della città, si perdette nei suoi colori, nei suoi suoni… riassaporò ogni profumo che la città le mandava rendendosi conto di quanto le fosse mancata; Tokyo era una metropoli,certo, ma aveva conservato ancora quel calore e quell’umanità che purtroppo New York aveva perduto da tempo. Era passata poco meno di mezz’ora quando la giovane si ritrovò davanti al grattacielo descrittole, trovando, come previsto, Halle ad aspettarla.

HA= Buongiorno! Passato bene la nottata?

CA= Meravigliosamente! Devo ringraziare Near per aver mantenuto così bene l’appartamento… era ancora tutto come lo avevo lasciato.

Halle sorrise.

HA= Bene, sono contenta… vieni, Near ci sta aspettando.

Così dicendo, si avviarono verso l’entrata del grattacielo, che Caroline scoprì essere al suo interno, brulicante di gente indaffarata che camminava frettolosamente a destra ed a sinistra. Poi con l’amica si immise in un ascensore, sulla cui pulsantiera Halle schiacciò il tasto contrassegnato con -2.

CA= -2??? Addirittura una base sotterranea?

HA= Per il nostro lavoro è molto più sicuro, credimi… Near è un tipo… diciamo preventivo… eccoci, siamo arrivate!

Uscirono dall’ascensore e ciò che si presentò davanti agli occhi di Caroline fu un lungo corridoio bianco terminante con un grande portone in anodizzato.
Halle vi si diresse, digitando su una piccola superficie palmare un codice a 6 cifre ed appoggiando l’occhio sinistro su un’attrezzatura che Caroline riconobbe essere uno scanner oculare. Con un “bip” ed un rumore di serratura, il portone si aprì.

HA= Eccoci qua… siamo arrivate.

Quando entrò,scendendo i tre gradini dell’ ingresso principale,a Caroline parve di giungere sul set di un film di fantascienza… il locale era immenso, dal soffitto piuttosto alto; lo spazio attorno a lei era semibuio, illuminato solo dalla luce che giungeva dal fondo dello stanzone, rivestito da una specie di enorme cupola fatta di grossi tubi d’acciaio su cui erano innestati un centinaio di schermi a cristalli liquidi, tutti accesi con il volume a zero. Adese tutt’intorno alla base della struttura, vi erano grosse scrivanie nere unite tra di loro e disposte a ferro di cavallo, su cui poggiavano pile di documenti,computer, lampade da tavolo, stampanti, scanner e quant’altro si potesse immaginare di tecnologico. Caroline scorse due figure sedute alle scrivanie intente a lavorare, ed una terza che le dava la schiena, accucciata a terra ed attorniata da una marea di giocattoli…

CA= (SOTTOVOCE) Halle… un bambino?

La bionda si limitò a ridacchiare, facendole poi segno di seguirla. Arrivarono dentro quella cupola luminosa, dove Caroline sentì gli occhi cominciare ad avere delle piccole fitte, date dl brusco passaggio dall’oscurità quasi completa alla luce abbacinante di quegli schermi e di un piccolo lampadario che si era accorta allora, penzolare dal centro della struttura.

HA= Siamo qui… a proposito, non ti ho ancora presentato i tuoi futuri colleghi! Caroline, loro sono Antony Rester e Stephen Gevanni… Rester, Gevanni, lei è la ragazza di cui vi ho parlato e che ci aiuterà nelle indagini, Caroline Seyrig.

Gli uomini che le strinsero la mano, sembravano il giorno e la notte: Anthony  Rester era un mastodontico essere sui 45-50 anni, con una corta zazzera tagliata alla maniera dei Marine biondo chiaro ed occhi neri; vicino a lui, alto quasi 195 cm, Caroline si sentiva come un folletto, complici i quasi  trenta centimetri di differenza. Tutto sommato però, sotto quell’aspetto imponente, Rester possedeva un viso buono, dall’espressione gentile. Il secondo invece, che Halle aveva detto essere Gevanni, era un bel ragazzo moro sui 30 anni, magro, alto forse 180 cm, con grandi ed espressivi occhi azzurro ghiaccio. Entrambi la salutarono calorosamente… ma la donna non poté far a meno di soffermarsi sulla terza figura, che in quei momenti era rimasta accucciata a terra senza né voltarsi ne parlare. Quando lui (ragazzo? Bambino?) cominciò a parlare, Caroline fu colta di sorpresa nel sentire una voce che, seppur giovane, era calda e matura.

NE= Finalmente ci incontriamo signorina Seyrig…che piacere…

CA= I-il piacere è mio… lei deve essere Near, giusto?

A quest’affermazione egli non rispose immediatamente; si alzò infatti in piedi e poi,lentamente, si voltò. Colui che era davanti a Caroline, che si faceva chiamare Near e che avrebbe dato la caccia a Kira sino allo stremo delle forze, si rivelò essere un adolescente di 19 anni.
Non era molto alto, solo 155 cm, magrissimo, vestito solo di una semplice maglia bianca e di un paio di pantaloni di stoffa dello stesso colore, visibilmente troppo grandi per lui. Il volto però fu quello che la intrigò maggiormente: dei lunghi capelli color platino che forse non vedevano un pettine da settimane, contornavano un viso piccolo e magro dai lineamenti fini, impreziosito da due grandi ed intelligenti occhi grigi; Caroline però andò oltre il primo impatto ed oltre la semplice idea della grande intelligenza che traspariva dal ragazzo… riuscì, guardandolo bene, a trovare una certa graziosità in quel viso, una sorta di bellezza ancora acerba, che aspettava solo di maturare con il tempo.
Near la guardò attentamente, soffermandosi su ogni suo minimo particolare…poi sorrise.

NE= Esatto signorina Seyrig… io sono Near. Ma, la prego, mi dia del tu… dopotutto sono più giovane di lei.

Caroline ci mise qualche secondo a tornare alla realtà… naturalmente non si sarebbe mai immaginata che “Near” si presentasse sotto le sembianze di un diciannovenne magro e leggermente albino! Halle trovò la sua ipotesi confermata ancora una volta; tutti coloro che avevano conosciuto di persona Near, erano rimasti leggermente spiazzati dalla sua figura… e l’amica non fece eccezione.


CA= Ehm…va bene, come desideri!

NE= Devo dire che il suo curriculum vitae è veramente sorprendente…

Ancora parlando, prese in mano alcuni fogli che Rester gli aveva porto, e sfogliandoli, continuò a parlare.

NE= Caroline Seyrig, nata a New York il 6 febbraio 1987… diploma con 100 e lode alla Majesty High School, una brillante laurea in psicologia ad Harvard addirittura in netto anticipo rispetto alla normale tempistica, bene! Mmm… ha frequentato un corso di addestramento della CIA, di cui però non è entrata a far parte e dove le hanno accreditato un Q.I di 180 punti… veramente ammirevole…posso però chiederle come mai ha scelto di non entrare nel corpo della CIA?

CA= La vita del poliziotto non fa per me… il mio lavoro mi ha insegnato a guardare dentro la mente delle persone ed a studiarne i loro misteri, prima di etichettarli come “santi” o “reietti”. Con questo però non voglio assolutamente denigrare coloro che hanno scelto questo mestiere, decisamente no… volevo solo far capire il perché io non l’abbia scelto…

NE= Molto bene... credo che Lidner le abbia già spiegato tutto ciò di cui dovesse essere informata e consegnato il materiale che avevamo preparato per lei. Per questo mi sento di non dover aggiungere niente, tranne due cose: la prima è che ora Gevanni le consegnerà una specie di distintivo che la identificherà come membro della nostra squadra, munito di un codice di 6 cifre che le permetterà di entrare qui e di accedere ad ogni nostro documento archiviato… e la seconda è che sono contento che abbia accettato di collaborare con noi. Il suo aiuto sarà fondamentale.

Nel frattempo,Gevanni le aveva consegnato il distintivo che Near aveva descrittole. Quando lo aprì, oltre alla sua foto, trovò il codice e i suoi dati personali già compilati. Ma…

CA= Grazie mille, è un onore lavorare con voi. Ma… posso chiedere perché avete scritto Hale al cognome, anziché Seyrig?

NE= Ora fa parte dell’organizzazione a tutti gli effetti, e quindi è automaticamente diventata un altro nemico di Kira… dal momento che riteniamo che egli non abbia il possesso degli occhi dello Shinigami, il cognome fasullo può salvarla dall’eventualità che Kira scriva il suo nome sul quaderno…

Caroline lo fissò pensierosa, ormai non poteva, e non voleva, tornare indietro. Aveva dato la sua approvazione a lavorare con loro e doveva adeguarsi alle loro modalità… “In fondo,” pensò “Caroline Hale non suona male… potrebbe anche piacermi.”

CA= Hai ragione Near, perdona la mia superficialità.

Il ragazzo le sorrise nuovamente.

NE= Benvenuta nell’SPK… Caroline.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
Condizioni e compromessi



Erano passate due settimane da quando Caroline era entrata a far parte dell’ SPK, ed in quei giorni non aveva fatto altro che lavorare instancabilmente alle relazioni psicologiche dei quattro individui che Near le aveva consegnato, includendovi,chissà perché, anche lui stesso. In quei giorni era uscita raramente, complice anche il fatto che ogni volta,si sentiva come seguita, spiata od osservata. Una mattina Near la chiamò al cellulare, dicendole che quel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare una certa persona… quando le disse il nome di colui con cui avrebbe dovuto avere delle “ pubbliche relazioni”, le vennero i sudori freddi.

CA= Near…posso chiederti perché? O almeno, perché proprio io?!

NE= Perché ancora non ti ha mai vista… fidati Caroline, andrà tutto bene, mi sono messo d’accordo con lui personalmente…

Caroline emise un respiro profondo,rassegnata; ormai Near aveva deciso…l’ambasciatore sarebbe dovuta essere lei, e poco importava se la cosa le andasse a genio o meno, avrebbe dovuto farlo comunque.

CA= Va bene…lo farò. Quando?

NE= Oggi pomeriggio, alle 16:15… Rester ti invierà tra poco via e-mail, il percorso da fare e l’oggetto della conversazione… ti prego solo di recarti subito qui da me, non appena avrai terminato.

CA= D’accordo Near… a più tardi allora.

NE= Arrivederci Caroline.

E così dicendo, il ragazzo chiuse la comunicazione. Lei si trovò ad essere agitata, inquieta, come se ci fosse qualcosa di importante e contemporaneamente sfuggente in quell’incontro…qualcosa che forse avrebbe dato i suoi frutti dopo.
Di colpo guardo l’ora, erano le 12:52… solo quattro ore e qualche minuto la separavano da un incontro che avrebbe preferito con tutto il cuore evitare; al piano di sopra, il computer aveva cominciato a trillare l’arrivo di un messaggio di posta elettronica. Corse su per le scale, si sedette di fronte allo schermo del portatile ed avida, cominciò a leggere.

***

Maledetto Near! Perché ogni volta che era tanto così da fare qualcosa di costruttivo, lui immischiava il suo dannato naso distruggendogli con un massimo di 20 parole tutto quello che considerava perfetto?!?!
Ora ci mancava solo la visita di quel dannatissimo “ambasciatore” ad innervosirlo ancora di più, il quale senz’altro sarebbe stato latore di notizie sicuramente scomode per i suoi progetti o, più sicuramente, irritanti!

Ma ormai aveva dato la disponibilità all’incontro, che sarebbe venuto alle 16:15; quindi, ora che era in ballo, tanto valeva ballare.

***

Caroline era agitatissima. Guidava velocemente sulla sua Ford Gran Torino classe 1972 appartenuta a suo padre, che le aveva poi lasciato in eredità; le luci della città si allungavano sull’auto come colori liquidi portati dal vento, ma nonostante tutto, nonostante avesse letto la mail centinaia di volte e ripetuto altre duecento la frase “andrà tutto bene”, non riusciva a calmarsi. Dopo mezz’ora di tragitto, svoltò a sinistra, proseguendo per altri 30 Km. Più volte fu sul punto di fare retromarcia con la macchina e di tornarsene a casa, ma puntualmente, ogni volta, si ripeté che se l’avesse fatto non avrebbe più avuto il coraggio di guardare in faccia Near,Halle e gli altri membri dell’SPK. Halle la aveva chiamata perché aveva bisogno di lei, non poteva e non voleva deluderla. Nel frattempo si accorse di essere arrivata a destinazione, alla zona industriale della città, dove accanto ad un cantiere, una palazzina nera, fatiscente e apparentemente abbandonata, la accolse. Quando scese dalla macchina, un energumeno con folti capelli rasta le si avvicinò; Caroline non seppe dire se fosse rimasto con quell’espressione da perfetto idiota per tutto il tempo che l’accompagnò, per l’automobile o per il fatto che aveva una giovane donna di vent’anni di fronte.

UOMO= La signorina Hale?

Il nome falso a volte è veramente utile. All’improvviso lei sentì di essere nuovamente in possesso della sua sicurezza, così rispose all’uomo in tono serio e risoluto.

CA= Esatto.

UOMO= Prego, mi segua… la stavamo aspettando.

Così dicendo cominciò a camminare, rimanendo davanti a lei e conducendola verso una porta di ferro quasi completamente arrugginita, ma che in passato doveva aver conosciuto i suoi momenti di gloria. Con uno stridio l’aprì. Ed in uno slancio di galanteria, si spostò su un lato tenendo un braccio sull’anta, in modo che lei potesse entrare per prima.

CA= Grazie…

Ed entrò.

A differenza della base di Near, ciò che l’accolse fu subito luce e calore, cosa che un po’ la rinfrancò, dato il freddo pungente che c’era all’esterno. Si guardò attorno: dal piccolo terrazzino interno dove si trovava, partiva a sinistra una scala di metallo senza ringhiere e mediamente lunga. Alla fine della rampa, vi erano due divani, di cui uno orrendamente zebrato, posizionati uno di fronte all’altro, con in mezzo un basso tavolino di legno rettangolare. Parallelamente alla scala invece, vi era un’altra stanza sviluppata solo in lunghezza e sicuramente ricavata dalla prima, dove circa 6 o 7 persone lavoravano a dei computer. In tutto, compreso il tizio che le aveva fatto da portiere, Caroline contò una decina di persone. Una di loro però attirò subito la sua attenzione… era seduta al centro di quell’orrevole divano zebrato e, data la distanza fra loro, poté solo notare che era vestita di pelle nera e che aveva lunghi capelli biondi fino alla fine del collo. Dopo essersi tolta il piccolo cappotto, lo poggiò sulla mensola vicino alla porta e si diresse verso le scale, che lentamente cominciò  a scendere.

***

LEI?!??!?!

Di tutti quelli che Near avrebbe potuto mandare, proprio lei?!?!?! Quando aveva cominciato a scendere le scale, vide tutti i suoi uomini imbambolarsi a guardarla, come se stessero assistendo all’apparizione della Madonna. Persino Matt, in piedi dietro il divano, si interessò alla donna che stava arrivando. Così, anche Mello perdette un po’ del suo tempo ad osservarla: di altezza normale, era spaventosamente magra, con lunghi capelli castani che aveva raccolto in una coda di media altezza… era vestita con pantaloni di pelle nera che le sembravano dipinti addosso, infilati in due tronchetti di morbido cuoio nero dal tacco sicuramente di dodici centimetri buoni, una maglia bianca maniche lunghe scollata a V che vista la lunghezza, era stata fermata sui fianchi da una cintura nera borchiata; sopra la maglia aveva messo un gilet nero dal taglio maschile, che aveva lasciato aperto. Mello notò che le piccole mani affusolate avevano le unghie dipinte con lo smalto nero, colore che era presente anche sugli occhi della ragazza, sotto forma di ombretto,matita e mascara. Quando la ragazza si sedette sul divano di fronte a lui, accavallando sensualmente le gambe e tenendole leggermente in diagonale, il ragazzo biondo ebbe un sussulto: quella donna era semplicemente bellissima, forse la più bella che avesse mai visto in vent’anni di vita. Pallida come la luna, aveva un che di etereo, come un’aurea che l’avvolgeva, rendendola irraggiungibile ad ogni uomo mortale…i suoi occhi, grandi, intelligenti e profondi, lo catturarono con le loro inusuali sfumature azzurro-verdi; la sua bocca, che spiccava rossa come il sangue su quel biancore marmoreo, lo ammaliò.
Quando poi i suoi occhi cerulei spostarono lo sguardo sulle piccole ossa delle clavicole e sulla morbida curva del piccolo seno, un formicolio lo pervase dalla punta dei piedi fino ad un altrettanto luogo del corpo che non è difficile immaginare. Mello guardò Matt, che nel frattempo era rimasto immobile come una statua di sale. Pensò che Near avesse un gran senso dell’umorismo.

ME= (PENSA) Benissimo…anche lui ha perso la favella. Dannazione Near, ma lo fai apposta?!?

Caroline dal canto suo non smise un attimo di guardare il tanto famoso Mello di cui Halle le aveva parlato… a sua detta, lui era uno degli avversari più pericolosi ed agguerriti sia di Kira che di Near; in realtà la ragazza non trovava in lui nessuna traccia di questa suddetta pericolosità, anzi,più che altro le sembrava uno di quei classici “bulli” liceali che aveva cominciato a giocare con qualcosa di troppo grande per lui soltanto per darsi un’aria da duro. Poi, osservò l’altro ragazzo, in piedi dietro di lui: capelli rosso fiamma, occhi verdi, aria disincantata e sigaretta in bocca…non ebbe dubbi che si trattasse di Matt, il fedele compagno d’avventure del primo. Infine, Mello parlò.

ME= Allora… così sei tu l’intermediario mandato da Near... Caroline Hale…

La ragazza recepì il messaggio. Mello stava cominciando a giocare con le parole, facendo assumere a queste una forte sfumatura derisoria… benissimo, se era un duello verbale quello che voleva, Caroline avrebbe cominciato a sfoderare le sue armi… ed una per una, avrebbe affondato le portaerei del suo sprezzo, quasi come se stessero giocando a Risiko.

CA= Sei di fine intuito ragazzo…

E lo guardò con espressione di sfida, che il biondino raccolse subito.

ME= Beh, devo ammettere che almeno sta cominciando ad avere buon gusto.

CA= Devo prenderlo come un complimento?

ME= A te la libera scelta. Comunque, parlando di cose serie… per quale motivo, il “grande capo” ti ha mandato da me? Una signorina delicata come te non dovrebbe venire da sola in un posto come questo, pieno di mafiosi… e, soprattutto, di uomini.

Caroline non rispose subito, ma si prese il tempo per estrarre dalla tasca interna del gilet, il portasigarette d’ebano che le aveva regalato Halle. Al suo movimento della mano verso la tasca, gli uomini che erano attorno a lei, si mossero leggermente, allarmati dal gesto; lei senza neppure girarsi a guardarli, parlò con tono volutamente ironico.

CA= Rilassatevi scimmioni… benché me ne stia venendo la voglia, non ho intenzione di sparare al vostro capo… avanti, vi pare che un fuscellino di 45 chili come me possa girare armata?

E così dicendo si accese tranquilla la sigaretta, contornandosi di un piccolo alone di fumo bianco che la rese ancora più irreale; nel contempo, i mafiosi si rilassarono, anche per causa di un gesto che Mello fece loro e che probabilmente voleva dire “non preoccupatevi”.

CA= Il mio “capo”, se è così che vuoi chiamarlo, mi ha mandato da te, cosa che avrei volentieri evitato visto l’ambiente, per proporti uno…scambio.

Mello fu sorpreso, ma cercò di mascherarlo. La sicurezza di quella ragazza quasi lo spiazzava. Intanto, il formicolio pareva essersi acquietato. Quando rispose, cercò di usare il tono più deciso che riuscì a tirare fuori.

ME= Uno scambio… e fra cosa, di grazia?

Caroline non ci girò tanto intorno, e vista l’insofferenza che stava cominciando a provare per quel delinquente (secondo la sua opinione Mello non era altro che quello), affondò subito il colpo.

CA= Tu dà a me il Death Note che possiedi… ed in cambio, Near ti concederà la più totale immunità e protezione per le indagini che vorrai svolgere… visti i tuoi metodi investigativi decisamente poco ortodossi, direi che la cosa ti sarebbe decisamente conveniente.

Colpito.


ME= (PENSA) Merda! Come fanno questo scricciolo e Near a sapere che possiedo il secondo Death Note?!?!?!?! Merda merda merda MERDA!!!!

CA= Vista inoltre la presenza di un Death Note qui, suppongo che vi sia anche uno Shinigami qui intorno… anche se, ovviamente, non posso né vederlo né sentirlo…

Affondato.


Gli uomini lì intorno, compreso Matt, rimasero attoniti. Quella ragazza, apparentemente fragile e indifesa, complice anche la magra corporatura che la faceva assomigliare ad una sedicenne, si stava rivelando un mostro di strategia. In due frasi, pronunciate con decisione e sfrontatezza, aveva messo a nudo tutto ciò che Mello e lui avevano tentato di tenere coperto per ben 2 mesi. Ma lei non pareva aver intenzione di fermarsi, quasi avesse in mano il colpo di grazia e non vedesse l’ora di infliggerlo ad un Mello che, per la prima volta da quando lo conosceva, vide spiazzato.

CA=…tuttavia non credo che tu sia il vero proprietario del quaderno…uno come te non rischierebbe mai di diventare così vulnerabile… forse non lo hai nemmeno toccato, lasciando  che lo facessero altri al posto tuo…quindi, ne deduco che qui dentro ci sia qualcuno che fa il lavoro sporco per te…


Doppiamente affondato. Vittoria schiacciante.


Mello ci mise qualche secondo a  rispondere. Il cuore gli rombava in petto, quel diabolico piccolo elfo, sotto le sembianze di una bellissima donna, aveva intuito tutto perfettamente, benché fosse entrata lì dentro poco meno di un quarto d’ora prima. La questione dello scambio era poi da ponderare con assoluta cautela. Il ragazzo riavvertì il formicolio di prima, farsi stavolta molto più intenso al basso ventre; la sfrontatezza di Caroline, il modo duro e risoluto con cui gli si rivolgeva, lo irritavano… nessun uomo si era mai permesso di rivolgerglisi a quel modo senza subirne poi le conseguenze, figuriamoci una donna! Se non fosse stata la “portavoce” di Near, le avrebbe volentieri affondato con violenza una mano in quei morbidi capelli castano-ramati che le coprivano la nuca, ed afferrata così brutalmente l’avrebbe gettata sul letto per farle capire chi veramente tirava le redini del gioco…

…purtroppo per lui, dovette convenire che al momento entrambe le briglie erano in mani femminili.

ME= Per quale motivo dovrei accettare lo scambio? E soprattutto, spiegami perché dovrei privarmi proprio del Death Note… chi mi dice che, una volta in mano vostra, non lo userete per i vostri porci comodi?

Caroline sogghignò. Mello si stava rivelando un buon avversario, ma tenergli testa non le si stava rivelando molto difficile. Era indubbiamente intelligente e scaltro, ma aveva un difetto: era troppo impulsivo. Sbuffò fuori il fumo della sigaretta e si sporse a spegnerne il mozzicone nel portacenere sul tavolino. Lo guardò fisso negli occhi e poi parlò.

CA= La ragione è molto semplice: non sai usarlo, non sai che farci e soprattutto non sai come gestirlo… per ora ti stai solo limitando a farvi scrivere dei nomi sopra, ma non sei veramente a conoscenza del suo vero potere, né ti sei fatto premura di interrogare lo Shinigami cui veramente appartiene.

Matt  ridacchiò. Era la prima volta che sentiva qualcuno dare dell’incapace a Mello senza vederlo subito dopo ridotto ad un colabrodo dallo stesso. La ragazza cominciava a stargli simpatica… aveva fegato.

Mello intanto si sentì punto sul vivo. Si rizzò su a sedere, staccando il dorso dallo schienale del divano, gli occhi azzurri fiammanti d’ira repressa.

ME= MI STAI DICENDO CHE SONO UN INETTO?!?!?!?!?!

Caroline non si scompose, rimanendo comodamente seduta sul divano, incrociando placidamente le braccia sul ventre.

CA= Io l’ho formulata in maniera un po’ più gentile… ma in senso lato, direi che sì, il significato ultimo è proprio quello.

Mello stava per scoppiare. Ma come si permetteva quella sconosciuta di offenderlo così impunemente?!?!? Gli stava facendo fare la figura del rammollito di fronte a tutti i suoi uomini!!! Un affronto del genere il suo orgoglio non poteva proprio sopportarlo!
Ad un tratto però, Rod Loss, il “vice” di Mello, si sedette accanto alla ragazza, che non lo degnò minimamente di attenzione, rimanendo invece risolutamente con gli occhi fissi sul biondo, che ora la stava osservando con occhi assassini.

LOSS= Avanti…non è il caso di scaldare gli animi così tanto… in fondo si tratta solo di una trattativa… vero tesoro?

Così dicendo, poggiò una mano sul ginocchio di Caroline, che ancora non si era voltata a guardarlo. L’arto di Loss intanto cominciava a risalire la coscia della ragazza.

LOSS= Forse siete partiti con il piede sbagliato… dolcezza,devi capire che Mello è molto suscettibile alle scortesie che riguardano la sua persona… perciò forse dovresti essere un po’ più gen..

Quello era il momento di agire. Mentre la mano di Rod Loss si era spostata sull’interno coscia, Caroline vide con la coda dell’occhio che uno dei mafiosi stava passando dietro al divano dove lei era seduta. Quando si trovò a portata di presa, in un gesto fulmineo allungò il braccio dietro di sé, infilandone la mano nella tasca interna della giacca dell’uomo, che tranne un “EHI!” sorpreso, rimase impotente. Caroline aveva afferrato da quella tasca un coltello a serramanico che, velocissima, aprì e ne puntò la sommità della lama sull’inguine sinistro di Loss, che non ebbe il tempo di reagire e che quindi si limitò ad osservare con occhi sbarrati il viso della ragazza, rimasto una maschera di freddezza. Nel contempo Mello e Matt rimasero sgomenti; aveva agito così velocemente che nessuno era riuscito a fermarla. Soddisfatta, Caroline pensò che era ora di mettere in atto i frutti che l’addestramento della CIA le aveva dato. Poi si rivolse a Loss, giungendo a poco meno di 10 cm dal suo volto, e quando parlò, la sua voce parve diventare mille volte più tagliente della lama che aveva in mano.

CA= Ti consiglio di piantarla immediatamente, o ti taglio quel bozzetto che ti ritrovi, così che in futuro con le donne ci potrai al massimo giocare a dama.

A questa intimidazione Loss si ritrasse ancora sconvolto. Con ancora l’arma in mano Caroline si alzò in piedi, fissando prima Mello, poi Matt (che vide sorridere), infine di nuovo il ragazzo biondo che, incapace di muovere un muscolo, era rimasto seduto con la schiena perfettamente eretta. La ragazza gli si rivolse, in tono gelido.

CA= Stammi bene a sentire Mello. Se credi che pistole, mafia, e quaderni della morte possano spaventarmi, ti sbagli di grosso. Per me non sei quel temibile avversario che Halle e Near mi hanno descritto e con cui mi hanno pregato di usare cautela. No…assolutamente no… per quanto mi riguarda sei solo un ragazzino di vent’anni che gioca a fare il duro maneggiando pistole e indossando vestiti di pelle solo per dimostrare che conta qualcosa. Perciò voglio che tu sappia che io non ho la benché minima paura nei tuoi confronti; sono qui da più di un’ora e con le mie parole ho urtato il tuo smisurato ego… se sei veramente uno “tosto”, allora sparami, crivellami di pallottole, cosicché il tuo orgoglio virile possa finalmente dirsi placato…

ME= Tu non mi piaci ragazza.

CA= Non ti devo piacere…

Adesso erano entrambi in piedi, solo il tavolinetto li divideva. Mello si era alzato, il cuore e le viscere che stavano facendo i salti mortali al solo guardare il viso di quel meraviglioso demonio. La lussuria si stava impadronendo di lui avvolgendolo con le sue spire ed entrando nei pigmenti della sua pelle. Il sangue cominciò ad affluire dove non avrebbe dovuto.

CA= Avanti…che ti prende? Non dirmi che non hai il coraggio di sparare ad una donna… per di più disarmata ed indifesa.

ME= Se hai così tanta voglia di morire ti accontento subito.

Così estrasse la pistola e la puntò contro il viso di Caroline, che lo guardò strafottente. Mello non seppe dire cosa lo spinse a farlo, ma di colpo abbassò l’arma e la gettò sul tavolino.

CA= Mpf… non avevo dubbi… Near ti concede quattro giorni di tempo per decidere, valuta attentamente la situazione e decidi che fare. Se ne sei capace…

Così dicendo lanciò il coltellino verso il suo legittimo proprietario, girò i tacchi e salendo le scale, sparì alla vista del gruppo di uomini rimasti impietriti. Mello si risedette sconvolto, mentre in Matt maturò la convinzione che Caroline Hale sarebbe stata veramente l’ideale come amica.


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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
Il punto nella tela



Trascorsi tre giorni da quando Caroline aveva avuto il suo primo incontro con Mello, la ragazza aveva finito di lavorare ai profili psicologici che Near gli aveva commissionato; aveva svolto un lavoro ottimale, confermato anche dalla soddisfazione che si dipinse sul volto di Near quando li lesse.

NE= I miei complimenti Caroline…sono perfetti. Halle aveva ragione sul fatto che ci saresti stata d’aiuto.

CA= Sono contenta che siano di tuo gradimento…

D’istinto guardò l’amica: Halle le sorrideva, mentre pensava che Caroline ce l’aveva fatta. Aveva conquistato la fiducia di Near.

NE= Avrei un altro incarico da darti, se non ti spiace.

CA= No,certo, nessun problema… di cosa si tratta??

NE= Siediti, ora ti spiego…

E rimasero così per un tempo indeterminato, mentre l’interesse di Caroline saliva di grado in grado…

***

Dopo un’ora e una telefonata di Near, Caroline si stava dirigendo verso il luogo stabilito. Nonostante questo si trovasse in centro,preferì giungervi in auto, forse per sentirsi più sicura; mentre era alla guida si trovò involontariamente a pensare a Mello… quel ragazzo così villano, dai modi rudi e volontariamente arroganti…un ventenne violento, emarginato dalla società e con un revolver al posto del cervello: in poche parole, un teppista.
Non poté però non soffermarsi sulle sue fattezze; era magrissimo ed alto, quei penetranti occhi azzurri erano sempre illuminati da una luce dura, fredda, quasi astiosa verso il mondo intero, come le labbra che,sottili e pallide, erano tirate in una smorfia di disprezzo. Caroline capì che Mello non doveva aver ricevuto molte dolcezze dalla vita, ed in qualche modo provò come della tenerezza nei suoi confronti… la sua mente tornò a quel volto maschile che, di primo acchito le era parso normale, ma che stavolta le si presentò bellissimo.

CA= (PENSA) Forse se avessi la possibilità di conoscerlo meglio… MERDA,CAROLINE MA CHE DISCORSI FAI?!?!?! Quello è un mafioso, un delinquente nato, levati dalla testa certe scemenze! Se foste da soli in una stanza vi sbranereste dopo cinque minuti!!!

Nel contempo si accorse che era arrivata a destinazione; parcheggiò l’auto, scese e si diresse verso l’ingresso dell’esile grattacielo, sentendosi però addosso la sgradevole sensazione di essere spiata.
Una volta entrata, le venne subito incontro un uomo sulla quarantina, da corti capelli neri come gli occhi, ed una corta barba lasciata incolta sul mento… si presentò con il nome di Aizawa.

AI= Lei è la signorina Hale?

Caroline gli mostrò il distintivo dell’SPK; dopo averlo osservato, Aizawa le rivolse un sorriso gentile.

AI= Da questa parte la prego… mi segua.

Ad un certo punto del percorso, Caroline vide Aizawa armeggiare con un piccolo apparecchietto collegato all’auricolare che portava al padiglione destro.

AI= L, è arrivata...

Ciò che l’altra persona rispose non fu udibile alle orecchie di Caroline.

AI= Si… va bene… la porto da te.

Finita la conversazione, Aizawa si fermò e si voltò verso Caroline; in mano teneva una sottile striscia di stoffa nera. La giovane lo guardò con aria interrogativa.

AI= Sono desolato signorina Hale, ma L ritiene sia più giusto bendarla per questo tratto di percorso…

Caroline sbuffò di disappunto, lasciando che l’uomo la aggirasse per posarle delicato la benda sugli occhi. Il buio calò su di lei; mentre avvertiva Aizawa stringerle i due lembi della benda, non poté esimersi dal pronunciare una frase sardonica.

CA= Credevo si trattasse di un colloquio di lavoro, non di una partita a mosca cieca…

AI= Mi spiace signorina, ma si tratta di misure di sicurezza, sia per noi che per lei…ora mi dia la mano…

Caroline obbedì e quando la sua mano venne a contatto con quella grande e calda dell’uomo, si lasciò guidare come una bambina.

Quando la luce le riapparve innanzi, scoprì di essere in un elegante ufficio; il parquet scuro e le pareti verniciate di un caldo color arancio, davano all’ambiente un’atmosfera accogliente, complici le luci soffuse, diametralmente agli antitesi con la freddezza della base di Near. Anche qui vi erano computer a bizzeffe, ma l’arredamento da salotto non conferiva all’ambiente l’austera severità di un nucleo investigativo. Anche qui solo uomini l’accolsero, erano sei, che appena si accorsero della sua giovane età ( e del fatto che fosse una donna) rimasero allibiti.

CA= (PENSA) Cavolo, anche qui solo uomini… hanno qualche problema conflittuale con le donne in Giappone?!

Un signore sui cinquant’anni le si avvicinò; alto,robusto con corti capelli e baffi brizzolati. Educatamente le porse la mano, che Caroline strinse.

SO= Buon pomeriggio… lei deve essere la signorina Caroline Hale, giusto? La dipendente di Near…

CA= Collaboratrice è meglio… ma perdoni l’irriverenza; lei è il vicedirettore Soichiro Yagami se non sbaglio…

Soichiro Yagami le rispose con una risata sommessa.

SO= Esatto… e loro sono Hideki Ide, Kanzo Mogi, Tota Matsuda ed L. il signor Aizawa ha già avuto modo di conoscerlo…

Caroline li guardò uno ad uno, rispondendo alle cortesi strette di mano degli stessi. Quando però il suo sguardo cadde sul ragazzo che portava il pesante fardello del nome di L, lo riconobbe immediatamente.

CA= (PENSA) Light Yagami?!?!? Ho studiato il suo fascicolo fino alla nausea… è quello che Near sospetta maggiormente essere Kira. Lui è L?!?!?

Light e Caroline si guardarono attentamente. Il ragazzo era veramente bellissimo, con quel fisico perfetto, i lineamenti fini ed i caldi occhi color bronzo incorniciati da una cascata di capelli castani, si sarebbe potuto definire “perfetto”. Lui d’altro canto, la scrutava attentamente, tanto intensamente che Caroline, nonostante i jeans neri ed il maglioncino viola, si sentì come nuda di fronte a quegli occhi indagatori.

Ad un tratto Light si sporse leggermente, avvolgendo la mano della ragazza in una stretta calda e delicata; le parlò con voce suadente.

LI= Il piacere è mio signorina Hale… ma prego,senza dilungarci oltre, ci spieghi per cosa Near l’ha mandata qui da noi…

Caroline cominciò ad esporre le sue relazioni, in un monologo che andò avanti per un’ora inframmezzato dalle domande che i poliziotti e lo stesso Light le ponevano. La ragazza, dopo il primo imbarazzo, riacquistò pian piano la proverbiale spigliatezza, pur sentendosi leggermente a disagio ogni volta che i suoi occhi incontravano le calde pupille bronzee di Light, che non l’avevano persa di vista un secondo.

LI= I miei complimenti signorina… il suo lavoro è davvero notevole…

CA= Se non le dispiace preferirei ci dessimo del Tu… mi mette meno a disagio; chiamami pure Caroline…

LI= Come desideri…


Caroline rimase alla base di L per altre due ore,osservando attentamente il loro “modus operandi” e appuntando coscienziosamente su un taccuino tutto ciò che considerava degno di nota. Erano di poco passate le sei del pomeriggio, quando ritenne opportuno andarsene.
Decise di non tornare subito a casa, ma di fermarsi in un piccolo locale, per esaminare le annotazioni raccolte in precedenza.

Arrivata al locale,si sedette in un tavolino accanto alla finestra ed ordinò un caffè; adorava quel posto, di sasso e legno scuro, anche perché il gestore, tabagista senza speranza, permetteva agli avventori di fumare liberamente all’interno. Così si sedette… con di nuovo quella fastidiosa sensazione di essere spiata.

***

Era appostato lì presso quel caffè da circa mezz’ora; era ottobre, ma per Tokyo equivaleva a dicembre. Lei era dentro, seduta ad un tavolo vicino alla vetrata, e mentre fumava una sigaretta, stava leggendo qualcosa da un piccolo taccuino. Una piccola folata di vento gelido soffiò verso il ragazzo, che si strinse ancora di più nel suo piumino nero lungo fino alle ginocchia.

ME= Brrr, che cavolo di freddo.. quanto vorrei entrare lì dentro a bermi una cioccolata calda! Ma se lo facessi, equivarrebbe a mettermi un cartello al collo con scritto “MORDIMI” davanti ad un vampiro a digiuno da tre settimane…

Ad un tratto la vide alzarsi e sparire dalla sua vista; suppose fosse andata alla toilette.

ME= Bah, l’unica cosa di buono è che mi guardo una bella tipa…

“Grazie”

Appena sentì la voce, si voltò istintivamente; ma appena lo fece, un pugno (piccolo di mano ma pur sempre un pugno) lo colpì alla mandibola. Spiazzato barcollò e sarebbe senz’altro caduto se non si fosse appoggiato al muro. Alzò poi lo sguardo… ERA LEI!! Ma come aveva fatto?! Senza che lui se ne fosse minimamente accorto gli era arrivata dietro silenziosa come un gatto.
Ancora piegato in avanti, Caroline gli si avvicinò.

CA= ANCORA TU?!?!?!?! DA QUANTO TEMPO MI STAI SEGUENDO?!?!?!?!?

Dopo aver parlato, lo afferrò per le spalle tirandolo verso di sé, con lo scopo perfettamente riuscito di sferrargli una terribile ginocchiata allo stomaco.
Il ragazzo biondo boccheggiò, non aveva mai lottato contro una donna ed ora le stava pure incassando.

CA= SI PUO SAPERE COSA VUOI DA ME?!?!

Mello non seppe come ci riuscì, ma prima che potesse colpirlo nuovamente, si rialzò per gettarsi contro Caroline, chiudendola tra il muro ed il suo corpo, afferrandole entrambi i polsi con le mani e tenendoli adesi alla parete. Il ragazzo sentiva i seni della giovane premere prepotentemente contro il torace ed il suo cuore battere esattamente sopra quello di lei; la guardò in volto: era bellissima…ma quello non era proprio il momento di perdersi in smancerie!
Gli occhi di Caroline, così inusuali nel colore e così profondi, erano brillanti d’ira.

CA= Cos’è, sei venuto a vendicarti per la pessima figura che ti ho fatto fare al tuo covo?!?!

I loro visi erano vicinissimi.

ME= Non sai quanto avrei voglia di farti una bella presa d’aria in quella testolina che ti ritrovi…

CA= Sto già cominciando a tremare… te l’ho già detto,non ho paura di te.

Mello la guardò negli occhi; tenebre e luce si stavano scontrando in una lotta impari. Allentò la presa, staccandosi pian piano dal corpo caldo ed invitante di lei.

ME= Suppongo che se lo facessi, la sfida con Near assumerebbe contorni poco interessanti…e a me i giochi prevedibili non piacciono…

CA= Parli di giochi…tsk, niente di più normale vista la tua mentalità! Sparisci di qua, e ti consiglio di non ricapitare mai più sulla mia strada…

Mello la guardò un’ultima volta, poi girò i tacchi e sparì. Dopo un po’ raggiunse la macchina dove Matt lo stava aspettando; entrò e stizzito sbattè la portiera per chiuderla. L’amico lo guardò con occhi colmi di stupore.

MA= Ma dove sei stato?! Sei tutto scombinato…!

ME= Non certo a prendere dei fiori… mi ha visto!

MA= Cioè, si è accorta che la stavi spiando?! Sei proprio un mago degli appostamenti mio caro Houdini!

Ad un tratto però Matt scoppiò in una sonora risata, enfatizzata dal fatto che si rovesciò sul volante.

MA= AH AH…Non ci credo!... AH AH AH AH AH Ti sei picchiato con una donna…AH AH AH AH AH AH AH E LE HAI PURE PRESE!!!
AH AHA AH AH AH AH AH AH !!!!!!!!!!!!!!!!

Matt mise in moto l’auto, non smettendo però di ghignare per la disavventura di Mello… il ragazzo biondo però non riusciva a smettere di pensare; quando si era avvicinato a lei ed il suo profumo gli era entrato nelle nari, l’aveva riconosciuto immediatamente, avvertendo una fitta dolorosa al cuore: quello era lo stesso profumo che usava sua madre.
In un doloroso flash-back si ricordò di quando lo teneva in braccio, mentre passeggiavano per le vie di Winchester, e lui si addormentava cullato da quella dolce e calda fragranza…ma lei era una ragazza-madre, aveva appena 17 anni quando rimase incinta, ingravidata da uno sbandato di sei anni più grande di lei e per il quale aveva perso la testa; la famiglia di lei, per limitare l’onta, l’aveva cacciata fuori di casa, ripudiandola come figlia e con lei il bambino che portava in grembo…lui.
Lo partorì nella gelida notte del 13 dicembre,assistita solo dall’ultima amica che le era rimasta e che non l’aveva abbandonata…ma sua madre era diventata di colpo povera, e lo spettro della fame e della miseria stava già cominciando a calare su di loro. Tuttavia, Kaellie (questo era il nome della madre di Mello) si era adoperata in tutti i modi per non far mancare nulla al figlioletto, amandolo ogni giorno sempre di più e non considerandolo mai come fonte dei suoi guai… ad opinione di sua madre, stava crescendo bellissimo e nonostante gli sguardi di disapprovazione e di sdegno della gente, era orgogliosa di camminare per le vie della città tenendolo in braccio… pareva pensasse “ecco,l’ho concepito nel peccato, ma guardatelo…guardate come è bello il mio bambino”. Ma poi non ci riuscì più… erano sempre più poveri e Kaellie non poteva mantenerlo come avrebbe voluto; negli ultimi tempi si umiliò a lavorare come prostituta, pur di far mangiare il suo piccolo miracolo, come spesso lo chiamava…

“Sei un miracolo,angelo mio… il mio miracolo.”

Poi un giorno decise che non poteva, non voleva, far vivere il suo angelo così… e quando compì due anni lo portò in un orfanotrofio…la Wammy’s House. Da quel giorno, Mello non la vide mai più.

Sua madre…appena un’adolescente quando lo mise al mondo, aveva saputo donargli l’amore più grande,assoluto e disperato che nessun altro avrebbe potuto dargli…

…o almeno così credeva.


***

Caroline tornò a casa, ripensando a ciò che le era capitato pochi minuti prima… e non riusciva a capire: cosa diamine voleva da lei quel delinquente di Mello tanto da pedinarla?!?! Appena mise piede nell’ingresso, Antares, il gatto della ragazza, la accolse con un miagolio di benvenuto, strusciandosi contro le sue gambe; Caroline lo aveva comprato quasi d’istinto, accattivata da quel magnifico persiano dal pelo grigio perla e dagli occhi color del carbone. Dopo essersi tolta la giacca e le scarpe, si accoccolò pensierosa sul divano accendendosi una sigaretta… tempo due minuti ed Antares balzò sul sofà, acciambellandosi sulle gambe della padrona, che cominciò ad accarezzarlo sotto il mento.

CA= Dimmi un po’ Ant… ma che razza di gente c’è al mondo??

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
Scommessa



6 Ottobre. L’ultimatum di Near a Mello era scaduto. Quando Caroline sarebbe tornata al covo del ragazzo biondo, egli avrebbe dovuto prendere la sua decisione.

Prendere o lasciare?

Questa domanda aveva arrovellato per quattro giorni la mente di Mello,e ancora non riusciva a darvi risposta. Ne aveva parlato con Matt, l’unico tra quella banda di degenerati con cui poteva confidarsi, ed il ragazzo gli aveva consigliato di consegnare il Death Note e di stare, almeno per allora, al gioco di Near.

MA= L’immunità che Near ci darebbe, gioverebbe non poco alle nostre indagini amico mio… forse per ora dovresti fare così…

ME= E chi mi dice che non sia una trappola? Con il quaderno, Near potrebbe farmi fuori in un niente..

MA= Non credo dovresti preoccuparti di quello…Near non è tipo da agire in questo modo e non credo che Caroline si sia fatta araldo di una menzogna…

Eccola. L’aveva tirata fuori. Caroline, quel folletto anoressico che gli stava dando parecchio filo da torcere… non aveva allentato minimamente la sorveglianza su di lei, era un personaggio troppo di rilievo, troppo importante per il lavoro di Near da lasciarla agire senza controllarla…

ME= Tsk, Caroline! Sei tanto sicuro di quello che dici?

MA= Fidati… è una ragazza intelligente e scaltra, dubito che si lascerebbe ingannare così…

“intelligente,scaltra….e bellissima” avrebbe voluto rettificare Mello, ma il suo orgoglio e la paura di apparire come un rimbecillito che appena vede una gonna va in visibilio, lo frenarono… si limitò ad addentare con rabbia la sua tavoletta di cioccolato; dopo che ebbe masticato e deglutito il boccone, parlò:

ME= E sia...consegnerò il quaderno a Near.

MA= E’ la cosa più giusta da fare ora, Mello.


***

“Alle 23.59 moriranno tutti i membri della criminalità organizzata… i nomi già li sapete, in quanto sono riuscito ad identificarli entrando nei programmi di istituzioni militari come l’FBI. I loro nomi sono già stati scritti sul quaderno,pertanto tale evento non potrà più essere modificato. Inoltre io so dove si nascondono i colpevoli, vi invierò l’indirizzo con il quaderno.”

“Che motivo hai di comunicarcelo?!”

“Perché il sei ottobre, alle 23.59, rappresenta la vostra miglior, se non unica, occasione per recuperare il quaderno.”


***

Ore 23.00 base dell’SPK.

Caroline era inquieta, agitata dentro da qualcosa che non sapeva riconoscere. A mezzanotte e mezzo avrebbe dovuto recarsi nuovamente da Mello, per conoscere l’esito della sua decisione: non sapeva se sarebbe stata positiva o negativa, di quello se ne curava parzialmente… ciò che la agitava forse, era il fatto che l’avrebbe rivisto.

CA= Near, posso sapere per quale motivo hai scelto un orario così assurdo per l’incontro?

NE= Per il semplice motivo che è molto più sicuro per entrambe le parti… durante il pomeriggio, la zona industriale è molto affollata, e qualcuno avrebbe potuto accorgersi di qualcosa… è raro, se non impossibile, che una ragazza si rechi in quel luogo.

Caroline assunse un’espressione scocciata, per poi sedersi su una sedia ed accendersi una sigaretta.

CA= Fantastico… davvero meraviglioso…

GE= Devi proprio tenerla accesa QUI quella sigaretta?

La ragazza poggiò il dorso sulla schienale della sedia ed accavallò le gambe, sbuffando lentamente fuori il fumo.

CA= Arrestami se non ti va…

Allo sguardo piccato di Gevanni ed ai sogghigni di Halle e Rester, la ragazza buttò la testa all’indietro e chiuse gli occhi per pensare…

***

Ore 23.20

ME= Sei ancora convinto che sia la cosa giusta?

MA= Mi hai frainteso Mel… io non ho mai detto che fosse la cosa giusta… ma solo quella più conveniente.

***

Ore 23.56

Freddo. Tensione. Paura per quello che avrebbero potuto trovare oltre quella porta. Vincita o sconfitta. Tripudio o amarezza.
Vita o Morte.

Light Yagami, il secondo L, era seduto alla sua scrivania, davanti al largo schermo del suo computer. Era rimasto alla base, mentre suo padre, Matsuda, Mogi, Aizawa e Ide, avrebbero fatto incursione nella fatiscente casa a due piani che si trovavano davanti.

LI= Allora, siete tutti pronti signori?

La voce che gli rispose dall’altro lato dell’auricolare, fu quella di Soichiro Yagami.

SO= Si..

LI= Bene… vicedirettore Yagami, proceda pure con lo scambio degli occhi.

Soichiro Yagami guardò lo shinigami Ryuk. Doveva farlo, il buon esito della missione dipendeva solo da lui e da quel piccolo, seppur terribile, gesto.

SO= Ryuk…adesso.

Lo shinigami lo guardò con una smorfia ironica dipinta sul volto immortale, dopodiché posò la sua mano sul volto dell’uomo.

RY= E va bene…

Quando la ritrasse, gli occhi di Soichiro Yagami brillavano come due carboni ardenti.

LI= Vicedirettore Yagami, ora osservi bene le foto che le ho dato…riesce a vedere i nomi e la durata vitale di quei criminali?

SO= Si, li vedo!

LI= Non appena saranno scomparsi, farete irruzione.

***

Quella sensazione non l’abbandonava, trasformandosi pian piano da inquietudine a paura… aveva come il presentimento che quella volta non sarebbe andato tutto liscio come in precedenza. Si alzò dalla sedia per avvicinarsi con passo lento agli altri che,dietro Near, osservavano uno dei cento schermi, inquadrante il rifugio di Mello.

***
23.58.56
Attesa…

23.58.57
Timore…

23.58.58
Ansia…

23.58.59
Adrenalina…


23.59
MORTE!


SO= FORZA, ENTRIAMO!

Nel momento in cui Mello vide tutti i suoi uomini cadere a terra, contorcendosi e portandosi le mani al petto, capì che quella non era opera né di Near, né tantomeno di Caroline…
Quello era Kira.

Matt non c’era, lasciandolo solo in mezzo a quell’inferno; in contemporanea, udì suoni di spari, sfondare la porta d’entrata.

ME= E così si è messo di mezzo anche Kira… non me lo aspettavo… mi hanno colto impreparato…merda!

D’istinto, si alzò dal divano e si mise a correre verso le rampe che portavano al piano superiore.

ME= ROY! SKIAR! ILQUADERNO E’ SOTTO IL CORPO DI ROD! PRENDETELO E PORTATELO ALLA SALA MONITOR!

E sparì di sopra. I due uomini però, riuscirono soltanto ad afferrare il quaderno, quando ,spalancatasi la porta, un poliziotto lanciò contro di loro un fumogeno, confondendoli. Ci fu un breve scontro a fuoco, in cui i due vennero disarmati, lasciando cadere il quaderno a terra.

Soichiro Yagami lo raccolse.

SO= L, ne abbiamo presi due! Abbiamo anche recuperato il quaderno!

MA= Torniamo indietro!

LI= No. Non ancora.

MA= Ma cosa…?!

LI= Non abbiamo ancora trovato nessuno che corrisponda alla descrizione di Mello… sono sicuro che è lì nascosto da qualche parte… quindi restate e perlustrate accuratamente l’edificio.

***

RE= Cosa diavolo sta succedendo?!?!?!?

Caroline si voltò di scatto al sentire il tono concitato di Rester e quando posò i suoi occhi sullo schermo alla sua sinistra, il suo cuore si colmò di orrore.

GE= Sembra quasi un’incursione!

NE= Questa è opera di L…

CA= N-non è… possibile…

HA= Linne, va tutto bene?

La ragazza si riscosse, cercando di riacquistare un po’ di colore su quel viso che era divenuto mortalmente pallido.

CA= Si… sto bene, grazie…

Dopo poco però, non resistette più e come una scheggia, si catapultò fuori dalla base per salire in macchina, che fece partire con uno stridio di pneumatici per l’alta velocità.

***

Soichiro Yagami era salito al piano superiore, il quaderno stretto tra le braccia ed il cuore a mille. Appena entrò nella stanza buia, una piccola esplosione lo accolse. Nel buio, sentì una voce.

ME= Non muoverti. Ho appena fatto saltare tutti e due gli ingressi… questo era solo un avvertimento, la prossima esplosione farà saltare tutta la baracca.
Ora fate come vi dico…

Contemporaneamente a quando Soichiro Yagami si tolse il casco dal viso, l’ambiente si illuminò, contornato da una sadica risata amara.

ME= Di nuovo tu Yagami? Avrei fatto meglio ad ucciderti subito…però è buffo che sia la stessa persona a consegnarmi il quaderno per due volte…

Mello però non era al corrente del fatto che il vicedirettore avesse un’arma ben più pericolosa ed infallibile di una pistola…e non badò agli occhi dell’uomo che erano mutati da castani ad un diabolico color cremisi.



***

Stava oltrepassando i limiti di velocità, ma non gliene importava…

ME= MERDA! MA COME?!

…la strada sembrava non finire mai, un labirinto letale di case e palazzi….

SO= Non hai scelta Mello, arrenditi… se non opponi resistenza prometto che non ti ucciderò.

…con il cuore martellante, schiacciò il pedale dell’acceleratore, 110 Km/h.
La Ford Gran Torino rombò di soddisfazione…

Soichiro Yagami aprì il quaderno e lo guardò fisso negli occhi.

SO= Se scrivo il tuo nome su questo quaderno morirai, getta l’interruttore e alza le mani!

… aveva imboccato l’uscita per la zona industriale; guidava come una pazza e le mani le tremavano, ma doveva farcela…

ME= Yagami…

SO= Non muoverti! Devo solo scrivere il tuo cognome, mi ci vorrà un secondo!

ME= Mi dispiace, lo sai? In realtà non avevo mai avuto seriamente l’intenzione di ucciderti…

SO=…

ME= Yagami, tu…non hai mai ucciso nessuno vero?


…ce l’aveva fatta, era arrivata! Lasciò la macchina all’ingresso della strada e cominciò a correre più veloce che poteva verso il luogo di cui ormai conosceva perfettamente l’ubicazione; forse era ancora in tempo…


Dopo la raffica che Josè aveva sparato contro il vicedirettore, Mello fece appena in tempo ad indossare il casco protettivo che era stato dell’uomo, prima di trovarsi di fronte il resto dei poliziotti,che gli puntarono addosso mitra e pistole.

AI= Hai chiuso Mello! Resta dove sei e alza le mani!


…pochi metri, ancora pochi metri ed avrebbe scoperto la verità. Correva...mentre Mello schiacciò il pulsante che avrebbe attivato la detonazione.

***

L’esplosione la colpì di sprovvista, talmente violenta che l’onda d’urto che si propagò la spinse lontano, scaraventandola a terra. Quando toccò il terreno, batté violentemente la testa e perse i sensi, facendo appena in tempo a vedere che un enorme incendio cominciava a divorare le macerie dell’edificio. Poi, tutto divenne buio…

***

Riprese conoscenza dopo poco; quando aprì gli occhi, ci mise un attimo a registrare quello che era successo. Era riversa su un terreno erboso, con la fronte estremamente dolorante… si tirò su a sedere e quando vide le macerie ed ancora alcuni piccoli falò attorno a lei, si ricordò immediatamente.

CA= L’esplosione! Mello ha fatto saltare tutto per aria… AHIA! MA CHE…?!

Una fitta la costrinse a fermarsi un attimo: si portò poi la mano alla fronte, in alto a sinistra, quasi vicino all’attaccatura dei capelli e quando la ritrasse la trovò sporca di sangue. Restò a guardare quella macchia rosso cupo che giaceva beffarda nel palmo della sua mano, rivelatrice che tutto quello non era un sogno.

CA= Fantastico…è possibile che ogni cosa che faccio, finisca con il farmi male?!

Si alzò lentamente in piedi e davanti ai suoi occhi si stagliò la desolazione; rovine di quella che un tempo era stata una casa, seppur fatiscente, piccoli incendi non ancora spenti, scheletri di alberelli carbonizzati ed erba bruciata… un irreale, mortale silenzio era calato su quel luogo, in cui lei ora camminava attenta a non cadere, quasi fosse l’unica sopravvissuta.
Poi all’improvviso, un flash mentale le mozzò il respiro, ricordandole la ragione per la quale si era recata lì quando aveva visto nello schermo di Near la prima esplosione.

CA= No…non è vero…non può essere…non lui, non così…

Spinta da una disperazione che non riusciva a spiegarsi, cominciò a camminare più velocemente tra le macerie, scavando tra quelle con le mani, spostando e svellendo quelli che poteva. Ma quello che trovava, o non era niente o erano i corpi senza vita degli altri mafiosi.
Continuando a cercare, sentì che i suoi occhi cominciavano a pizzicarle di lacrime represse…la vista si faceva annebbiata per colpa di quelle, il cuore le si stava avvolgendo in una stretta di ghiaccio, mentre lo smarrimento la colmava. Inciampò più volte, cadde e si rialzò, continuando implacabile nella sua ricerca.
Perché si sentiva così? Perché quel sentimento orribile nel cercarlo?
Non era nessuno per lei, non un amico o un parente… qual’era la causa scatenante di quelle azioni?!

Inciampò nuovamente e cadde riversa al suolo; quando alzò gli occhi e vide quello che le stava a circa 10 centimetri dal viso, il suo cuore finì definitivamente stritolato in quella morsa che lo attanagliava..

…davanti a lei, abbandonato tra i sassi ed i pezzi di muro esplosi, vi era un guanto. Un piccolo guanto di pelle nera, leggermente sgualcito dalla polvere e dai detriti… un indumento che non fece fatica a ricondurre al proprietario.

Mettendosi in ginocchio poggiata sui talloni, lo afferrò e stringendolo al petto, lasciò finalmente libere le lacrime, che cominciarono a scendere sulle sue guance in un pianto silenzioso, senza sussulti e singhiozzi.
Stette così per qualche minuto, finché due fari bianchi ed abbaglianti, non la sorpresero. Agendo d’istinto, preferì non farsi vedere e fuggì via, vedendo appena, quando i fari si spensero, che un’automobile rossa si era fermata.

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


CAPITOLO 7
La verità effettuale


Non poteva crederci. Raggomitolata sul divano, illuminata solo dal caldo color giallo-arancio del fuoco del caminetto, tentava di pensare ad ogni possibile speranza di salvezza cui aggrapparsi, cercando di allontanare una verità che forse non avrebbe mai voluto accettare. E più cercava di non pensarla, più questa si faceva strada, con le unghie e con i denti, nel suo cuore e nella sua mente.

CA= L’ho vista con i miei occhi…l’esplosione… il fuoco. No, mi rifiuto di crederlo…lui…lui non può essere morto così.

Guardò l’ora: erano le cinque del mattino. Non aveva sonno,ne si sentiva stanca…decise di uscire. Si vestì in fretta, con un paio di jeans blu scuro, maglia di cotone nero a V, giubbotto nero di pelle e Converse All Star dello stesso colore; prese la borsa, le chiavi e le sigarette ed uscì nell’aria leggermente fredda del mattino. Il cielo era ancora scuro, ma presto i colori rosati dell’alba l’avrebbero addolcito; non aveva una meta precisa, ma camminare l’aiutava a rilassarsi. Sin da quando era bambina, tutte le volte che la madre o gli amici la facevano arrabbiare, lei se ne andava per fare lunghe passeggiate che potevano durare anche tutto il pomeriggio. Caroline trovava Tokyo meravigliosa nelle prime ore del mattino, i colori e le luci che aveva erano ancora vergini,scevri del caos pomeridiano che li avrebbe travolti; i profumi colpivano le nari pieni, corposi ed intensi ed il vento, quella brezza che tanto la ragazza adorava, soffiava limpido, fresco e ialino.
Camminò per quasi un’ora e quando guardò l’orologio, si stupì: aveva perso la nozione dello spazio e del tempo.

CA= Accidenti, sono le sette e un quarto! Beh, conoscendo Halle sarà già in piedi dalle sei e mezza…

Così si immise nella via che conduceva a casa dell’amica.

***

Halle era appena uscita dalla doccia, strofinandosi i capelli con un piccolo asciugamano. Data l’ora mattiniera si era limitata ad accendere tutte le abat-jour della casa,dando all’appartamento una parvenza ancora sonnolenta.
Fece appena a tempo a vestirsi con una larga maglia di cotone bianco, quando sentì il campanello suonare gentilmente.

HA= Mio dio, ma chi può essere a quest’ora?!

Ancora scalza, andò ad aprire, rimanendo leggermente sorpresa quando si trovò davanti Caroline. L’amica stava appoggiata con la spalla allo stipite del portoncino, sollevando il braccio il libero e lasciando penzolare da quello un sacchettino marrone.

CA= (SORRIDENDO) Servizio caffè espresso…

HA=(COME SOPRA) Buongiorno…vieni entra, ma che ci fai già in piedi?

Caroline rispose entrando nel cucinino dell’amica e poggiando sul tavolo i due grossi bicchieri cartonati colmi di fumante caffè:

CA= Non riuscivo a dormire…perciò ho pensato di fare una passeggiata e di fare poi una capatina da te…

HA= Una passeggiata? Alle cinque del mattino? Certo che sei proprio strana…

CA= Forse sono una tipa notturna… J

Chiacchierando del più e del meno si sedettero al tavolo della cucina,sorseggiando lentamente il caffè; ad un tratto però Halle non resistette più, e guardando dritto negli occhi l’amica, pose la famosa domanda “da cento milioni di dollari”:

HA= Dì un po’… cosa ti è saltato in quella testolina quando ti sei catapultata al covo di Mello?

Ecco. L’aveva detto… si prese un attimo per rispondere; si alzò, dirigendosi verso la finestra e poggiando la schiena alla rientranza del muro… buttando lo sguardo in strada,rispose all’amica:

CA= A doverti rispondere sinceramente, non lo so nemmeno io…forse ho agito d’impulso…

HA= Quando tu agisci d’impulso, c’è sempre qualcosa sotto… e ti conosco abbastanza bene per essere sicura di quello che dico…

Caroline tremò… possibile che Halle avesse intuito tutto quello che lei cercava di tenere nascosto?

CA= Che…che cosa vuoi dire?

HA= Caroline… tu sei una ventiduenne fuori dalle righe, testarda, orgogliosa e impulsiva…hai un caratteraccio,e non ci pensi due volte a saltare al collo di chi ti infastidisce…ma così come sono visibili i lati più espliciti del tuo carattere, per me lo sono anche quelli reconditi.

CA= N-non ti seguo…

HA= Voglio dire che la tua azione di andare a cercar di “salvare” Mello, non è priva di significato… tu l’hai fatto per un motivo che non è quello dello spirito da crocerossina… c’è un sentimento alla base di tutto questo,che forse il tuo cuore ha già accettato, ma che la tua mente cerebrotica,contorta e razionale si rifiuta di accogliere…

CA= Halle non essere ridicola! Io e Mello andiamo d’accordo come l’acqua e il fuoco! L’unico sentimento che possiamo condividere l’uno verso l’altro è l’odio…

HA= Non vorrei sembrarti retorica e patetica, ma è vox populi che l’odio è il corroborante perfetto per l’amore… e non lo dico solo io, ma anche esimi scrittori come Victor Hugo…

CA= (IRONICA) Ti dai alla letteratura ora?

HA= Se vuoi posso tirarti fuori anche i filosofi… Platone, Socrate,Giordano Bruno…

CA= Va bene,va bene, va bene, basta così, o comincerò a pensare seriamente che ti abbiano lobotomizzato!

E rimasero così, a chiacchierare finché non arrivò l’ora in cui avrebbero dovuto recarsi da Near. Si prevedeva una giornata tranquilla…

…o almeno, così credevano.


Erano passate alcune ore, ed Halle era uscita un istante per andare a prendere dei caffè nel bar all’altro lato della strada; Caroline si trovava nell’archivio della base, in un’altra stanza poco lontana da quella centrale, ma questo non bastò a non farle rendere conto che l’assenza dell’amica era un po’ troppo prolungata.

CA= O è andata direttamente alla torrefazione oppure si è persa…

Purtroppo per lei, non sentì le voci dei suoi colleghi, complici le enormi scaffalature di scartoffie che costituivano un infallibile muro del suono.

RE= NEAR!

Il ragazzo si voltò in direzione di Rester;seguendo lo sguardo dell’uomo, vide sullo schermo collegato alle telecamere di sorveglianza arrivare Halle con dietro di lei Mello che,minacciosamente, le puntava la canna della pistola alla nuca.

RE= Che facciamo?

NE= Lasciamoli entrare.

Mello e Halle entrarono, posizionandosi esattamente davanti a Near, che accucciato a terra dava loro la schiena, concentrato con dei trenini meccanici.

NE= Mello…benvenuto.

RE= Getta la pistola!

A questa frase, sia Rester che Gevanni puntarono le loro contro il ragazzo biondo, che assunse un’espressione infastidita.

NE= Anche voi signori, abbassate le armi… sarebbe inutile far scorrere altro sangue.

GE= Ma Near! Lui ha ucciso senza pietà tutti i nostri compagni!

NE= Non fatemelo ripetere due volte. Il nostro obiettivo è assicurare Kira alla giustizia… se ora uccidessimo Mello non ne ricaveremmo assolutamente nulla.

Rester e Gevanni abbassarono contemporaneamente le armi, seguiti a ruota da Mello, che inoltre permise ad Halle di allontanarsi.

ME= Finora è andato tutto come ti aspettavi eh, Near?

Ad un tratto però, qualcosa che né Near, né Mello si aspettavano,comparve. Quasi distrattamente, Caroline uscì dall’archivio, per dirigersi da loro; ma quando vide la situazione e soprattutto chi era a pochi centimetri di distanza da Near e da lei stessa, il suo cuore ebbe un tuffo e quasi involontariamente, spalancò i grandi occhi dalla sorpresa.

Sentì il respiro farsi affannoso, spezzato…avvertì il cuore cominciare a battere febbrilmente mentre guardava quegli occhi color del cielo che la stavano fissando altrettanto attoniti. Un filo di pensieri, sebbene impercettibile l’uno dall’altra, legò le loro menti.

….allora non è morto…


…lei qui?!...



…che cosa è venuto a fare all’SPK?...

…allora lavora ufficialmente per Near…




…sta mettendo a repentaglio la sua vita! Per quale scopo?!



…Caroline…


…Mello…

…PER QUALE MOTIVO TI TROVI QUI?!?!...
 

NE= Già… immagino che Lidner ti abbia già parlato del secondo L…devo confessarti che è grazie a tutto quello che hai fatto che mi sono avvicinato a Kira.


A questa frase Mello si infuriò a tal punto che non esitò a puntare la sua pistola contro Near, ancora impassibilmente girato. A quel gesto, Caroline ebbe un sussulto, che si trasformò in paura quando Gevanni e Rester ripuntarono le loro armi contro di lui.

ME= NEAR! TI AVVERTO CHE IO NON SONO UNO STRUMENTO PER COMPLETARE IL TUO PUZZLE!

NE= Mello…se vuoi spararmi qui,ora, sei libero di farlo.

Sotto lo sguardo terrorizzato di Caroline, Mello cominciò a tirare il grilletto dell’arma, in un silenzio così carico di tensione da poter chiaramente distinguere il suono metallico dell’oggetto sottoposto a trazione.
Prima che potesse accadere l’irreparabile, la ragazza arrivò come un fulmine davanti a Mello; frapponendosi fra lui e Near, poggiò la mano su quella del ragazzo, dirottando la pistola contro il suo seno. Dopodiché parlò, guardandolo dritto negli occhi per tutto il tempo necessario. Il tono della giovane donna non era beffardo né minaccioso…era umile.

CA= Mello, se tu sparassi a Near ti assicuro che non usciresti vivo da qui;
e che cosa ne ricavereste, dimmelo! Fareste solo felice Kira.

Il ragazzo alzò il braccio, liberandosi così dalla stretta leggera ma decisa di Caroline ed abbassò l’arma. Quando rispose, la sua voce era fredda come il ghiaccio e più affilata di un rasoio.

ME= Non preoccupatevi. In realtà sono solo venuto a riprendermi la mia fotografia.

NE= (TIRANDO FUORI DALLA TASCA LA FOTO) Ok, la foto è questa…

Mentre parlava, la lanciò a mo di frisbee verso Mello, che l’afferrò prontamente tra indice e medio.

NE= Non ne esistono altre copie…inoltre sappi che ho già sistemato le cose con tutti coloro che in passato ti hanno visto in volto alla Wammy’s House. Non posso assicurartelo al 100% ma ora non potrebbe essere possibile ucciderti con il quaderno della morte.
Abbiamo altro da dirci, Mello?

ME= Near…

Quelle quattro lettere, pronunciate con freddezza e quasi con malcelato disprezzo, dipanarono agli occhi di Caroline quella matassa inestricabile che sembrava essere l’anima di Mello. Con quella sola parola, il ragazzo biondo aveva lasciato trapelare anni e anni di frustrazione, rivalità e complesso di inferiorità… l’eterno numero due.

ME= In realtà, io non ho nessuna voglia di allearmi con te…

NE= Questo lo so.

ME= Però ti confesso che mi secca molto prendere questa fotografia ed andarmene via così…il quaderno assassino appartiene ad uno shinigami,  che può essere visto solo da chi possiede il quaderno,

RE= Che sciocchezza!

GE= Chi crederebbe ad una cosa del genere?!

NE= Io gli credo.

RE+GE= Che cosa?!

NE= Che cosa ne ricaverebbe Mello nel dire una bugia tanto assurda? Se proprio avesse voluto mentire, avrebbe cercato una menzogna più plausibile…ne deduco quindi che gli shinigami esistono.

ME= Il quaderno che ho avuto per le mani era già stato di qualcun altro, oltre che dello shinigami stesso…inoltre non tutte le regole che vi erano scritte erano vere. Questo è tutto ciò che posso dirti.

Così dicendo, Mello, dopo aver guardato un’ultima volta Caroline, si voltò e si incamminò verso l’uscita. Quasi giunto davanti al portone si fermò.

ME= Near.

NE= Mello?

ME= Vogliamo vedere chi sarà il primo a trovare Kira?

NE= Vuoi fare una gara?

ME= Tanto la nostra meta è la stessa… ti aspetterò al traguardo.

NE= D’accordo.


E Mello definitivamente se ne andò, inghiottito dalle fauci buie del corridoio. Caroline rimase un attimo immobile, guardando fisso a terra; ripensò al suo volto, quel bellissimo ed angelico viso che ora era solcato nella sua parte sinistra da una terribile cicatrice, a quegli occhi che ora la guardavano in modo diverso, quasi come fosse sotto una nuova luce… non si curò di dissimulare ciò che provava, anche perché sarebbe stato inutile: ormai tutti, da Rester a Gevanni, da Halle allo stesso Near, avevano intuito che ciò che stava cominciando a legare Caroline e Mello,non era più indifferenza né odio…

Dopo quest’incontro, la giornata proseguì tranquilla, fino all’ora in cui le ragazze si congedarono da Near e dai colleghi. Caroline non vedeva l’ora di tornare a casa… lì sarebbe stata al sicuro, protetta dalla tranquillità delle sue mura e cullata dai suoi pensieri, che sarebbero stati tutti diretti a quell’ angelico demonio che da più di tre settimane permeava nelle sue riflessioni.


***
Era scesa la notte su Tokyo; la casa di Caroline era buia e silenziosa, mentre la ragazza dormiva placida nel suo letto mentre Antares, il suo gatto, era acciambellato ai piedi del giaciglio. Ad un tratto però, un miagolio del felino ed un suo movimento, svegliarono la ragazza che, mettendosi leggermente supina, si guardò attorno; si impaurì quando, alla flebile luce argentea della luna, scorse quella che sembrava una figura umana in piedi appoggiata allo stipite della porta. Lì per lì pensò si trattasse di un sogno o di uno scherzo della luce, ma questo non le impedì di accendere la piccola lampada del comodino.

Quando vide che la figura era reale e che era veramente nella sua camera da letto, con lo sguardo fisso su di lei, alla paura iniziale, quando riconobbe l’individuo si sostituì la furia.

CA= (SCENDENDO DAL LETTO E ANDANDOGLI DAVANTI) TU…! TU! MA COME TI SEI PERMESSO DI ENTRARE IN CASA MIA?! E PER GIUNTA IN PIENA NOTTE!!!

Mello strinse ancora di più le braccia conserte al petto e la guardò: con i capelli sciolti ed una cortissima vestaglietta di raso nero era ancora più bella di quanto si immaginasse… il fremito che aveva provato da Near, quando lei lo aveva toccato, era rivelatore del fatto che la desiderava più di ogni altra cosa al mondo.

ME= La serratura di casa tua non è granché…

CA= Oltretutto! Sfotti pure?! Sei solo un criminale, un delinquente nato senza alcuna possibilità di recupero!!!

Caroline si avvicinò ancora di più al ragazzo, gli occhi fiammeggianti d’ira reposta.

CA= Hai fatto saltare tutto per aria, così, come si fa con un castello di carte!! Credevo fossi morto, sono persino venuta a cercarti tra le macerie di quella maledetta casa!!! E tu per ringraziare cosa fai?!?!? MI ENTRI IN CASA COME UN LADRO!


Ancora più vicino. Le viscere di Mello si contorcevano sempre di più, il corpo tremava leggermente, febbricitante di desiderio.

ME= Hai finito?

E senza aspettare una risposta, l’afferrò per poi chiuderla tra il muro ed il suo corpo; dopo averla guardata intensamente, la baciò vorace… e lei rispose.

Cominciarono a baciarsi con la stessa furia che usano gli animali per sbranarsi, intrecciando le lingue in una danza passionale e disperata. Caroline accarezzava il viso di Mello, affondando le mani in quella serica chioma color dell’oro colato, mentre lui esplorava con le mani ogni centimetro del suo corpo… ad un tratto la ragazza si staccò, per parlare con voce ansimante:

CA= No…non possiamo… io lavoro con Near e tu sei suo nemico… ci ammazzerebbero  se lo venissero a sapere…

ME= Adesso la pubblica decenza è l’ultimo dei miei problemi…

E ricatturò la sua bocca…Caroline si sentiva persa, smarrita nella morbidezza e nel sapore di quelle labbra angeliche che ora stavano cercando voraci le sue.
Un barlume di razionalità però la visitò nuovamente.

CA= E’ sbagliato quello che stiamo facendo…

Mello la guardò con occhi seri ed indagatori.

ME= Dimmi che non provi niente per me e andrò via.

CA= (SFORZANDO UN TONO SERIO) Non provo niente per te…

ME= Bugiarda.

Detto questo ricominciò a baciarla; nel contempo le afferrò le gambe, avvolgendosele attorno ai fianchi, spingendosi con il corpo ancora più contro di lei. Le lunghe dita diafane di Mello, sciolsero il piccolo nodo della vestaglietta, svelando alla sua vista il seno della giovane che lo lasciò stupefatto, tant’era tondo, minuto e ben fatto. Si staccò dalle labbra di Caroline e mentre le parlò, cominciò ad accarezzarla partendo dalla gola ed arrivando a quelle due magnifiche coppe d’avorio.

ME= Fa l’amore con me,stanotte… una sola ed unica notte… e poi non ti darò più fastidio, te lo giuro. Ma almeno stanotte sii mia…

Caroline sentì il suo autocontrollo vacillare, per poi infrangersi miseramente; si strinse al corpo magro di Mello, ispirandone il dolce profumo della pelle.

CA= Sono tua…

Il ragazzo, serrandole ancora di più le gambe attorno alla propria vita, non se lo fece ripetere due volte… e addossati ad un muro, la fece sua, attento a non arrecarle troppo dolore, ed anzi tenendola più vicino a sé, mentre lei si avvinghiava alle sue spalle ed alla sua schiena come un naufrago al frammento di un relitto. Non avevano smesso di baciarsi un attimo, quasi timorosi di perdere la vita eludendo quel contatto.

Dopo poco tempo e sollevandola del tutto, stupendosi di quanto fosse leggera, la portò sul letto, per poi sdraiarsi sopra a lei, lasciando che lo spogliasse del tutto.

Poggiandole poi una mano sulla guancia e mordendole appena il labbro inferiore, entrò nuovamente in lei sentendo il cuore quasi uscirgli dal petto; aveva trovato il paradiso, in quel letto, tra le sue braccia c’era colei che lo avrebbe elevato alle stelle. Caroline gemette, serrando le mani contro le braccia di Mello, che aveva cominciato a muoversi dolcemente sopra di lei, con ritmo regolare, tranquillo, quasi volesse gustarsi ogni momento,ogni sensazione di quell’estasi.


E furono sospiri.
Anelanti. Trattenuti inutilmente.

Furono gemiti.
Piacere. Lussuria. Estasi.

Furono baci.
Affannati. Diabolici. Infiniti.

Due bocche. Rosse come l’inferno e bollenti come le fiamme.
Mani che se non esplorano i rispettivi corpi, sono impegnate a cercarsi per poi stringersi spasmodiche.

Le anime incatenate. Fuse in un unico Ego.
Il cuore palpitante in un unico, sincrono folle battito.

La carne è morbida e calda, i respiri ancora più furiosi, i baci più violenti, le gambe di Caroline stringono più forte la vita di Mello.
L’acme del piacere li colse simultaneamente, creando uno spasmo nel corpo della ragazza che inarcò la schiena gettando la testa all’indietro,mentre Mello nascose il viso nell’incavo del collo di lei.

Piano. Pianissimo ora. I muscoli contratti si rilassano, il corpo si stende e si ammorbidisce, il cuore riacquista il suo palpito regolare, mentre il sangue cessa la sua folle corsa nelle vene.

Lentamente Mello si adagia sul corpo di Caroline e dopo aver sigillato con un ultimo bacio la loro unione, poggiò il capo sul seno di lei, cingendole i fianchi con le braccia e lasciando che le dolci ali di Morfeo si chiudessero su di loro.


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8
415


Mello venne risvegliato dai raggi ancora tiepidi di un sole appena sorto. Appena i suoi occhi si abituarono alla luce, voltò il viso verso il comodino del suo lato di letto: erano appena le 6:05 del mattino. Spostò poi lo sguardo su Caroline, ancora addormentata accanto a lui, coperta solo dal lenzuolo leggero del letto; ancora non ci poteva credere…lei gli si era data,senza paura, senza riserve…aveva fatto l’amore con lui, seguendo l’istinto, senza badare alle conseguenze ed al futuro… ma lui non poteva rischiare; e non poteva nemmeno permettere che lei si trovasse in una situazione critica o pericolosa.

ME= (PENSANDO) L’hai appena trovata… sei davvero disposto a rinunciarvi?

“Devo…” pensò. Per questo, si alzò delicatamente dal letto e cominciò a rivestirsi, il più silenziosamente possibile per non svegliare quella magnifica ninfa con cui aveva condiviso il letto tutta la notte. Quando fu pronto, si diresse verso la porta della camera…ma qualcosa lo frenò. L’occhio gli cadde sul mobile con specchiera della ragazza, su cui era poggiato un portagioie ovale; lo aprì e ne osservò il contenuto… vide poi una sottilissima e corta catenina d’oro, che portava come ciondolo una piccola medaglietta tonda, anch’essa aurea, dove vi era incisa l’immagine del viso di una Madonna. Senza pensarci, l’afferrò e guardandosi allo specchio se la mise al collo… la medaglietta gli arrivava appena all’altezza delle clavicole e dopo averla accarezzata con la punta delle dita, la nascose sotto il colletto del gilet.

ME= (PENSANDO) Rinunciare non vuol dire dimenticare…

E se ne andò.

***



Caroline fu svegliata,circa due ore dopo, dal suono del telefono. Ancora assonnata, si mise supina ed afferrò la cornetta di acetato nero.

CA= Pronto?

“Caroline Seyrig?” la voce che pronunciò il suo nome era calda, matura e maschile…ma a lei sconosciuta

CA= Si…sono io.

“Sono il dottor Hideki Reiver (DR)… la chiamo dall’ospedale psichiatrico della città…”

CA= L’ospedale psichiatrico? Mi dispiace, ma ci deve essere stato uno sbaglio…

DR= Nessuno sbaglio signorina… la chiamo perché abbiamo in cura come paziente, una sua conoscenza…almeno, così è riportato nella cartella clinica della paziente…

CA= Di chi…si tratta?

DR= Di sua sorella, signorina.

A quella notizia, Caroline sentì come se il tutto il mondo si fosse fermato. Sua sorella….Rachel… era a Tokyo?

CA= Grazie mille dottor Reiver… tempo tre quarti d’ora e sono da lei..

DR= Nessun problema signorina…grazie a lei.

E riattaccò. Mentre si tirò su a sedere, Caroline si accorse solo allora della mancanza di Mello accanto a lei… e, sbalordendo persino se stessa, non si stupì più di tanto. Il ragazzo non sembrava proprio quello che al risveglio da una notte d’amore, si perdeva in smancerie…

E sapeva altrettanto bene che una donna, per istinto o per esperienza, sa che il momento cruciale dell’amore fisico, si  nasconde nei primi raggi del sole, nel loro potere di benedire o di frantumare ciò che è appena stato.

Nel suo caso, ciò che era seguita alla notte, era stata la frantumazione delle azioni pregresse.

CA= Che cos’altro potevo aspettarmi? Lui mi aveva avvertito… “una sola notte”… ed io ho avventatamente accettato…

Senza dilungarsi oltre, si alzò dal letto per dirigersi poi sotto la doccia. Dopodiché, sorseggiando un caffè, si vestì con aderenti pantaloni turchesi a vita bassa, un maglioncino nero con scollo a barca e ballerine di vernice dello stesso colore… afferrò cappotto e borsa ed uscì, dirigendosi verso la sua Ford Gran Torino.

***


MA= Tu sei tutto scemo Mello!!

Matt esordì con queste parole, sbuffando fuori una nuvola di fumo, quando Mello gli raccontò dov’era stato la notte appena passata.

ME= E’ un piacere discutere di queste cose con te Matt… ci si può sempre aspettare un consiglio saggio ed avveduto…

MA= Non puoi aspettarti altro… ma te ne rendi conto? Non ti sei  comportato solo da stronzo… ma da stronzo approfittatore!

ME= E’ stata la cosa migliore…non voglio metterla in pericolo…

MA=  Almeno le hai lasciato detto o scritto qualcosa?

ME= No…

MA= Ti odierà, lo sai questo vero?

ME= Preferisco che mi odi, piuttosto che mi consideri quello che con i suoi capricci l’ha fatta ammazzare…

MA= Non è una giustificazione, per quanto il pensiero possa essere onorevole… a me Caroline sta simpatica, e tu ti sei comportato con lei come se fosse una prostituta.. devi spiegarle, altrimenti quando la ricercherai, potrai aspettarti solo una bella porta in faccia.

ME= Stai parlando tu di ricercare, Matt…io non l’ho nemmeno menzionato..

MA= Intendi dire che non vuoi più rivederla?

ME= E’ meglio per lei… e per me.

MA= Tu hai la particolare propensione ad allontanare chiunque provi ad entrare in contatto con te, Mello… ma devi stare attento, o ti ritroverai solo.

ME= Tutte le persone che ho conosciuto, o sono morte o hanno gettato le speranze e se ne sono andate… è come una maledizione… e Caroline non ne deve essere toccata… almeno lei si deve salvare.


***


Caroline nel frattempo era arrivata davanti all’ospedale psichiatrico, che si presentava come un’imponente struttura bianca e rettangolare. Si sentiva strana, agitata ed inquieta… rivedere sua sorella l’avrebbe riportata al suo passato, cosa che negli ultimi nove anni aveva cercato di lasciarsi alle spalle. Se avesse seguito l’istinto, avrebbe girato i tacchi e sarebbe corsa via… ma il buon senso la convinse a restare; se il dottor Reiver l’aveva contattata significava che Rachel aveva bisogno di lei… era sua sorella minore, non poteva lasciarla da sola.
Mentre chiuse la portiera della macchina, due cose la turbarono: la prima era costituita da una macchina rossa dai finestrini completamente oscurati che aveva posteggiato dall’altro lato della strada… la seconda invece, fu come una specie di flashback che la colse alla sprovvista

…la loro casa estiva in New Jersey…


…il pianoforte di Rachel, dove lei cantava con la sorella…
 

…i litigi, le urla, Rachel che veniva da lei per essere consolata…
 

…quel tardo pomeriggio in cui non riuscivano a trovare la sorella…
 

… le luci delle volanti della polizia…



CA= Avevo solo dodici anni… ero troppo piccola per poter capire…

Inspirò profondamente e si avviò verso il viale alberato della clinica; quando entrò, la accolse un arredamento minimalista, bianco ed asettico… si  guardò intorno, non avendo la minima idea di quale fosse l’aspetto del dottor Reiver.

“ La signorina Caroline Seyrig?”

Caroline si voltò; dietro di lei era comparso un uomo sui 45 anni, dai capelli corti neri…gli occhi, di un interessante color grigio perla, avevano il classico taglio a mandorla dei giapponesi, ma il resto del viso sembrava quasi europeo.

CA= Il dottor Reiver?

DR=(PORGENDOLE LA MANO) Piacere di conoscerla… per dio, Rachel mi aveva detto che era bella, ma non immaginavo così tanto… i miei complimenti.

CA= Grazie mille…ma parlando d’altro, mia sorella come sta? Come mai è qui a Tokyo?

DR= Vedo che non si perde in convenevoli… prego, mi segua…

L’accompagnò verso un corridoio talmente bianco da sembrare irreale, pieno da entrambi i lati di porte azzurrine... “Le porte dei pazienti” pensò Caroline.

DR= Mi dica signorina, lei sa cos’ha esattamente sua sorella?

CA= Le hanno diagnosticato una forma di schizofrenia paranoide; il primo diagnosta l’ha supposto dalle visioni e dagli scatti aggressivi improvvisi che aveva..

DR= Beh, mi sembra piuttosto informata…

CA= Sono una psicologa… ovvio che lo sia.

DR= (SORRIDENDO) Psicologa? Bene, è bello poter parlare con una collega! Comunque, sua sorella è stata portata qui, perché stiamo mettendo a punto una terapia sperimentale non invasiva…sugli altri pazienti ha dato buoni risultati…

CA= State usando mia sorella come cavia da laboratorio?

DR= Oh no, assolutamente no… abbiamo prima testato i farmaci sui classici “topini bianchi da laboratorio”… Oh, a proposito, ecco la sua stanza.

Il dottor Reiver aprì delicatamente la porta contrassegnata con il numero 415. il cuore di Caroline cominciò a martellarle nel petto, costringendola a respirare profondamente. Nascosta dal dottor Reiver, potè solo scorgere una stanza immersa nella penombra.

DR= Rachel… è arrivata tua sorella, come mi avevi chiesto…

Un sussurro arrivò alle orecchie di Caroline, un bisbiglio sommesso che però bastò a farle riconoscere la voce di quella sorella che non vedeva da troppo tempo…Rachel (RA) era lì, a pochi centimetri da lei.

RA= Caroline…la faccia entrare…

DR= Prego signorina Seyrig… vi lascio sole.

CA= Grazie dottore…

Il dottor Reiver se ne andò in contemporanea a Caroline che faceva il suo ingresso nella stanza che conteneva solo un letto, un armadio, una scrivania ed una piccola toilette; Rachel era seduta sul letto, fissandola intensamente.

CA= Rachel… sono Caroline…sono qui..

RA= Sorellina…

Vedendo la sorella maggiore tendere le braccia verso di lei, Caroline si rese conto di quanto le fosse mancata Rachel; si gettò contro di lei, abbracciandola stretta e cominciando involontariamente a piangere. La sorella cominciò a cullarla, come faceva quando lei era bambina.

RA= Caroline… quanto tempo…la mia sorellina…la mia piccola,dolce e bellissima sorellina…

CA= (PIANGENDO) Rachel…mi dispiace…mi dispiace…non sai quante volte avrei voluto venirti a trovare…

RA= Non importa, io l’ho sempre saputo che non mi avresti dimenticato… no…non piangere…

Caroline si sciolse dall’abbraccio e la osservò: era più magra di quanto si ricordasse, ma era ancora bella… i capelli che tanto le invidiava da bambina, erano ancora biondi come il miele arrivanti fino alle reni e gli occhi erano ancora brillanti di un caldo color castano.

CA= C-come stai?

RA= Io sto bene…qui mi trattano bene,sono tutti molto gentili…tu?

CA= Anch’io sto bene…non sai quanto mi sei mancata…

RA= Anche tu mi sei mancata Linne… ma su, ora non piangere più, non sei felice?

CA= Si… certo che sono felice... ora si…

Parlarono a lungo…della loro vita, di quello che avevano passato e soprattutto di quello che non avevano potuto condividere assieme…Caroline le parlò di Mello, nel fatto che si era laureata in psicologia, dell’SPK e di mille altre cose…Rachel ascoltava rapita, immergendosi nei ricordi della sorella minore come se stesse assistendo alla proiezione di un film… aveva 25 anni, tre più di Caroline, ma le sembrava di averne vissuti meno di dieci, in confronto alla vita della sorella…

RA= Sei cresciuta Linne, sei diventata una giovane donna… papà ne sarebbe orgoglioso…

CA= Non sai quanto mi manca papà, Rachel… a volte vorrei che fosse qui con me, per consigliarmi su ciò che devo fare…

RA= Anche  a me manca, ma non credo che avresti bisogno del suo aiuto… hai il suo carattere Linne, forte e determinato… per questo sei sempre stata la sua preferita… io invece ho il carattere della mamma, debole e fragile…

 

CA= (PRENDENDOLE IL VISO CON UNA MANO) Non dirlo neanche per scherzo Rachel, papà amava entrambe con la stessa intensità! E non è vero che hai lo stesso carattere della mamma, perlomeno non interamente… sei un misto di mamma e papà…

DR= Ehm…scusate se disturbo, ma l’orario delle visite è finito…

CA= Oh, si,certo…arrivo subito…(ABBRACCIANDO RACHEL) Ciao… torno domani, ok?

RA= Va bene… ti aspetto…ciao sorellina.

CA= Ciao Rachel…



Il dottor Reiver l’accompagnò all’uscita, salutandola affabilmente e dandole l’appuntamento per l’indomani. Quando uscì, inspirò profondamente chiudendo gli occhi… Rachel…un frammento della sua vita stava tornando da lei…

Si incamminò verso l’auto; appena vi arrivò però, si accorse che la macchina rossa era ancora parcheggiata là dove l’aveva lasciata un’ora e mezza prima, e ciò che la lasciò maggiormente interdetta fu il fatto che, appena era arrivata alla propria auto, l’altra partì immediatamente con una sonora sgommata, sparendo a tutta velocità nel viale.

CA= Ma cosa…?! Quell’auto...perché ho l’impressione di averla già vista?

Rimuginandoci su, salì a bordo della Gran Torino e mettendo in moto, uscì dal viale dell’ospedale, immettendosi nel traffico cittadino.






 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9
Stage Beauty



Erano trascorsi cinque giorni dal primo incontro tra Caroline e Rachel, e la prima non aveva mai mancato ad un appuntamento con la sorella. Nel contempo aveva perso ogni traccia di Mello, ma questo era un pensiero che si concedeva raramente di esaminare… era molto presa dal lavoro, assai spesso doveva recarsi da Light Yagami (personalmente non riusciva a chiamarlo L) e la sera era a dir poco esausta.

Quella mattina però, si trovava ancora all’SPK, intenta a esaminare l’ultimo membro della lista che Near le aveva dato…Teru Mikami.
Caroline faticava a trovare qualcuno di più scontato di lui, dalla mente così prevedibile, così alla luce del sole che perfino un bambino avrebbe potuto stilarne il profilo psicologico.

CA=(PENSA) Teru Mikami è l’orgoglio della prevedibilità…segue sempre una sua routine, stesso orario di sveglia, stessi posti, stesse conoscenze… da cinque anni abita sempre nello stesso appartamento; tuttavia non deve essere proprio l’ultimo degli stupidi, se a soli ventotto anni è diventato magistrato… ma allora perché Near avrebbe dovuto metterlo nella lista tra Light,Mello e compagnia cantante?! C’è qualcosa di lui che ancora mi sfugge, che non riesco a cogliere…forse perché non ho avuto ancora occasione di vederlo personalmente…

HA= Ehi, Freud, sei ancora tra noi??

Caroline alzò la testa dai fogli e guardò l’amica che le era accanto, reggente due bicchieri di cartone ricolmi di fumante caffè.

HA= Ancora problemi con Mikami?

CA= In qualche modo si… è fin troppo tranquillo, prevedibile… eppure il mio sesto senso da psicologa mi dice che non devo prenderlo sotto gamba…

HA= Infatti… ecco perché Near ha messo Gevanni a pedinarlo…

CA= C-cosa?! Davvero, e quando??
HA= Circa tre giorni fa… comunque non era di questo che volevo parlarti.

Sorridendo,Halle tirò fuori dalla tasca due lunghi rettangoli di carta bianca plastificata e li porse all’amica.

HA= Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere…

CA= (LEGGENDO I BIGLIETTI) Mio dio, Halle… due biglietti per andare a vedere “LA TRAVIATA”, ma come hai fatto?

HA= Ho un amico che lavora alla biglietteria, me li ha tenuti da parte… guarda, siamo nei palchi vicini al palcoscenico, la zona dei vip e degli intenditori…

CA= Cavolo, non so come ringraziarti…

HA= Semplicemente potresti venire…passo a prenderti io stasera alle 20:45 ok?

Caroline abbracciò d’istinto l’amica.

CA= GRAZIE! Grazie grazie grazie grazie grazie!!!!!!!

HA= Eh eh, non esageriamo! J ho pensato fosse la cosa giusta, anche per farti “staccare un po’ la spina”.

CA= Sei F-O-R-M-I-D-A-B-I-L-E!

HA= Grazie grazie, gli applausi a dopo! Su,ora rimettiamoci al lavoro, altrimenti Rester e Near chi li sentono?! J

***


“MI STAI PRENDENDO PER IL CULO VERO?! IO NON CI VENGO A VEDERE QUELLA ROBA!!”

“Non fare il bambino…chissà, potrebbe anche piacerti!”

“Si, certo, se fossi sotto endovene di sonniferi! Poi i biglietti vengono un occhio della testa, mi spieghi, visto che non navighiamo propriamente nell’oro, come hai fatto a procurartene DUE?!”

“Mai sentito parlare di contraffazione?”

“Ok, mi trovo costretto a venire solo per averti fatto una domanda così stupidamente ovvia…”

“Bravo…perché ci saresti venuto comunque.”

La controparte si limitò ad osservarlo risentita.


***


Ore 20:40. casa di Caroline.

Era seduta sul divano, con accanto Antares che, placidamente raggomitolato, si prendeva le carezze della padrona. Dopo poco udì il clacson di Halle in strada e in fretta, afferrò cappotto, pochette e la raggiunse.

***

Ore 20:55, teatro della città

Caroline ed Halle si erano appena accomodate nel palco a loro riservato, il primo vicino al palcoscenico, dove la vista della rappresentazione si sarebbe rivelata perfetta. La ragazza si prese qualche istante per osservare il meraviglioso teatro dove si trovava; sul calco dei teatri barocchi del 1600 italiano, era un trionfo di legno scuro e lucido, velluto porpora, stucchi dorati e soffitto a cassettoni con tanto di cupola. Sbirciò inoltre la gente che si stava accomodando in platea e sui palchi accanto al suo e dal lato opposto, ma non trovò nessuno di sua conoscenza, fra gli smoking e gli eleganti abiti da sera delle signore. Ad un tratto le luci cominciarono ad abbassarsi lentamente fino a raggiungere una calda luce aranciata e soffusa.

HA= Sta cominciando, buona visione… e ricorda, se hai paura del buio, io sono qui vicino a te! J

Caroline le tirò una leggera gomitata, mentre entrambe ridacchiarono…poi l’opera cominciò.

La musica cominciò a risuonare nel teatro ed involontariamente Caroline si trovò come estraniata dal mondo…aveva sempre amato le opere liriche italiane, soprattutto quelle di Giuseppe Verdi, così cariche di passione e di potenza. Si ricordò di quando suo padre portava lei e Rachel al teatro di New York ad assistere alle rappresentazioni…quanto le sembravano lontani quei ricordi…eppure erano passati solo nove anni. Lo sguardo si spostò un attimo su Halle, che sembrava rapita dall’opera quanto lei… gli occhi color miele della bionda incontrarono un attimo i suoi, si sorrisero, e tornarono a concentrarsi sul palco.
Caroline era sempre più coinvolta da ciò che stava accadendo sul
palcoscenico… si trovò addirittura a congratularsi mentalmente con il soprano che stava gioendo per  le vincite di quella serata. Il suo sguardo ricominciò a vagare per la platea, soffermandosi ad osservare le espressioni degli spettatori… alcune delle donne scrutavano  impunemente il vestito della vicina, mentre altri uomini guardavano più che altro ciò che era contenuto dentro il vestito. Fortunatamente, pensò Caroline, la maggior parte sembrava ipnotizzata quanto lei dallo svolgimento della trama, dall’armonia della musica e dalle portentose voci dei vari soprani, tenori e baritoni.

***

Dopo un’ora, la rappresentazione si interruppe per concedere ad attori e spettatori un poco di intervallo; mentre le luci riacquistavano intensità ed un brusio di chiacchiere riempiva il teatro, Caroline si alzò.

CA= Vado a fumarmi una sigaretta, vieni anche tu?

HA= No, grazie,preferisco rimanere qui a spiare che è sotto di me… J (FACENDO UN ESPRESSIONE INORRIDITA) Mio dio, ma quello che è, un avanzo della tenda del soggiorno?!?!  Caspita quant’è brutto!!

CA= (RIDENDO) Va bene, comare, non preoccuparti, torno subito! J

Così, afferrò la pochette argentata e uscì dal palchetto, scese le scale ed aprendo una pesante tenda di velluto rosso sangue, si ritrovò praticamente davanti alle prime file della platea.

CA= (PENSANDO) Già,dimenticavo… qui devi passare attraverso la platea per poter uscire…beh, speriamo che le arpie non facciano troppi commenti sul vestito!

Si immise nel corridoio che divideva le due ali dei posti a sedere e cominciò a camminare verso l’uscita a passo svelto; fece appena a tempo a passare tre file, quando una voce la fermò.

“Caroline?”

La ragazza si voltò subito, trovandosi davanti una persona che ben conosceva e rimase sorpresa.

CA= Light, ciao! Scusa, non ti avevo visto!

LI= Che bello trovarti qui, appassionata di opera?

CA= Si, è un amore che ho fin da bambina… anche tu?

LI= Diciamo che non mi dispiace…ma stasera sono in vece di accompagnatore… Caroline, ti presento Kyiomi Takada, la mia compagna… Takada, la signorina Caroline Hale.

Caroline strinse la mano ad una ragazza di bell’aspetto,dai corti capelli corvini e fasciata in un elegante abito a sirena nero; senza nessun invidia, constatò però che era una bellezza troppo ordinaria per poter affiancare quello che era il fascino di Light Yagami.

TA= Piacere…

CA= Il piacere è mio…

LI= Devo farti i miei complimenti Caroline, stasera sei davvero bellissima.

Light non poteva avere più ragione in quel momento. Per quella serata Caroline aveva indossato un lungo abito di “crepe de Chine” verde smeraldo; il corpetto dell’abito, dallo scollo a cuore sul seno, le fasciava la vita esile ed il ventre piatto, per poi ammorbidirsi un poco sui fianchi, iniziando una gonna morbida,fluente e lunga fino a piedi. Aveva lasciato i capelli sciolti, che ricadenti morbidi sulla schiena e sulle spalle, aveva acconciato semplicemente con una riga da una parte, che copriva in parte la guancia sinistra della ragazza. Era veramente uno splendore.

CA= Grazie mille…anche tu sei fantastico stasera.

LI= Di nuovo grazie…su, ora ti lasciamo andare, altrimenti il tuo viaggio sarà stato senza meta! J magari ci vediamo dopo, all’uscita.

CA= Oh, grazie mille! Buon proseguimento, allora! Light… Takada.

TA= Arrivederci signorina Hale.


***

Venti minuti dopo, Caroline fece ritorno al suo palco; l’opera non era ancora ricominciata ed Halle la stava osservando sghignazzante.

CA= Avanti, spara…con quella faccia sorniona so già perfettamente quello che mi vuoi chiedere…

HA= Hai conosciuto il fascinoso Light Yagami…allora, com’è?

CA= E come vuoi che sia?! È un bel ragazzo,anche se un po’ troppo formale per i miei gusti…

HA= E la sua accompagnatrice di turno?

CA= Accompagnatrice di turno?!? O.o
HA= Avanti, lo sanno tutti che Light Yagami cambia più partner che una donna con le acconciature!!!

CA= Aspetta, ho un dubbio… sei un agente della CIA o un paparazzo in cerca di gossip scandalistico?

HA= Ah-ah, mooolto simpatica…sono pur sempre una ragazza!

Le luci cominciarono ad abbassarsi.

CA= Grazie al cielo ricomincia l’opera… mi ha salvato da una conversazione da quattordicenni!

HA= Tanto te lo richiedo all’uscita…

CA= E io potrei richiederti di te e Gevanni…

Halle si chiuse in un silenzio imbarazzato, accentuato dal rossore che le si dipinse sulle guance.

CA= Oh-oh, guarda come arrossisce la signorina Halle Bullook!

HA= Non ci credo, ti ricordi ancora il mio vero cognome?!

CA= Come se non lo sapessi che “Lidner” è un cognome di copertura… e poi tu ti ricordi ancora il mio no?

HA= Certo,signorina Caroline Seyrig… anche se ormai visto che ti chiamano tutti con Hale come cognome, prima o poi mi sbaglierò anch’io…

CA= Ti prego no! Odio quel cognome!!

HA= Perché scusa? È anche il cognome di una delle protagoniste di Twilight…

CA= Appunto.

Non poterono continuare oltre perché l’opera ricominciò…

Mezz’ora dopo, Caroline, afferrando i  piccoli binocoli offerti dal teatro, si cimentò nel giochetto di sbirciare gli altri spettatori… poggiati i cannocchiali davanti agli occhi cominciò nell’osservare la platea, rivedendo anche Light e Takada… poi, pian piano salì verso i palchi della parete opposta; quando giunse a guardare quello esattamente davanti al suo, si irrigidì sbalordita.

CA= (PENSA) Ma cosa…?! No, devo essermi sbagliata…

E per accettarsene, guardò meglio… purtroppo per lei non si era sbagliata:seduto nel palco davanti al suo, nella parete opposta, in quello stesso teatro… c’era Mello.

E non solo era là seduto, ma la stava osservando con un altro binocolo! Quasi fossero stati sincronizzati, abbassarono in contemporanea gli oggetti per guardarsi ad occhio nudo… lui la stava fissando, e neanche tanto discretamente! Caroline distolse lo sguardo, cercando di concentrarsi sulla rappresentazione, ma lui non fece altrettanto.

Cominciò così un gioco di sguardi degno di due liceali: quando Caroline guardava Mello, lui distoglieva lo sguardo e viceversa, per poi tornare ad osservarsi dopo neanche cinque minuti.

*

MA= Dio mio, ma quanto ce n’è ancora di questo strazio?!  Giuro che questa è l’ultima volta che mi faccio infinocchiare da te Mel! Tutta questa tortura solo per spiare la ragazza che ti piace?!?! A questo punto vai da lei, portatela a letto e sparisci di nuovo, così almeno due settimane di autonomia ce l’hai!

ME= Matt, stai zitto da solo o devo cucirti quella fastidiosa telescrivente che hai al posto della bocca?! Siamo a vedere un’opera, un po’ di contegno!

Per tutta risposta,Matt si stravaccò sulla poltroncina di velluto porpora, mentre Mello tornò ad osservare Caroline…non l’aveva persa di vista neanche un momento, da quando era entrata a quando aveva parlato con Light Yagami.
ME= (PENSA) Quel damerino impagliato… se prova ancora a toccarla, giuro che…CHE COSA?!?! MA CHE DISCORSI STO FACENDO?!?!?!

Dire che Mello non fu geloso di quando Caroline parlò con Light, sarebbe ipocrita e menzognero; provava per quella ragazza un’attrazione talmente esagerata da spaventare persino se stesso e quella sera, con quel magnifico abito color dello smeraldo, era di una bellezza indescrivibile. Continuò ad osservarla per tutto il resto dell’opera, ma lei (chissà se per auto imposizione o per interesse all’opera) non incrociò più il suo sguardo.
Un’ora dopo, l’opera giunse a conclusione, sollevando uno scroscio di applausi. Halle e Caroline indossarono i loro cappotti e fecero per dirigersi verso l’uscita; prima di seguire la bionda, la ragazza osservò per l’ultima volta il palco dove , fino a pochi istanti prima, era stato seduto Mello, ma rimase stupita nel vedere che il ragazzo era già sparito.

Giunta poi a casa, e salutata Halle, cominciò a spogliarsi in camera sua, per poi indossare una corta sottana serica nera. La vestaglietta abbinata l’aveva buttata via, l’aveva indossata la notte che Mello era andato da lei, e dopo quell’evento non era più riuscita ad indossarla.

CA= Certo che sono veramente stupida…

E con questo edificante pensiero, diede la buonanotte al mondo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10
Chiedi alla polvere



Tokyo, novembre 2009.

Era trascorsa una settimana da quella serata all’opera e Mello e Caroline, non avevano più avuto occasione di incontrarsi faccia a faccia.
Il fatto che non si fossero incontrati di persona è però ben poco rilevante, dal momento che Mello pedinava e spiava Caroline quasi ogni giorno, stando ben attento a non farsi scoprire: il pugno e le botte che aveva ricevuto sere addietro in quel vicolo vicino al bar, gli bruciavano ancora troppo!
Aveva notato però che molti giorni della settimana si recava presso il manicomio della città, e non riusciva a darvi una spiegazione…
Un pomeriggio, protetto dai vetri oscurati dell’auto, stava attendendo il suo arrivo…

ME= Che cosa la spinge a venire quasi ogni giorno qua??

Il filo di pensieri venne interrotto dall’arrivo della ragazza, che senza vederlo, scese dalla macchina. Quel giorno indossava una maglia nera scollata a V dalle maniche lunghe, una minigonna di jeans, collant neri coprenti e degli stivali di camoscio bassi portati morbidi poco più sotto della metà del polpaccio. Mello la vide bellissima, ma con gli occhi velati dall’apprensione e dalla tristezza… e per la prima volta in vita sua, si sentì in colpa.
Benché le mancasse disperatamente ed avesse voglia di rivederla, non poteva esporsi,(ed esporla) ad un così alto rischio; sapeva di essere cercato da Kira, e sapeva altrettanto bene che un minimo errore avrebbe potuto ucciderlo.

ME= (PENSA)…o ucciderci? No,non posso, non voglio mettere a rischio la sua vita così! Devo proteggerla…anche a costo di perderla per sempre…

Nel frattempo Caroline era entrata nell’ospedale, e mentre la guardò chiudersi la porta alle spalle, riecheggiò nella testa di Mello una frase che Watari, il direttore della Wammy’s House, gli ripeteva sempre.

"Fin dove saresti disposto a spingerti per salvare le persone che ami, Mello??"

Il ragazzo era sicuro che per Caroline, si sarebbe spinto oltre ogni limite.

***

La ragazza aveva fatto il suo ingresso nella hall dell’ospedale. Dopo la prima visita aveva incontrato rare volte il dottor Reiver, ma di questo non se ne preoccupava granché. Scortata da una gentile infermiera sulla quarantina presso la camera di sua sorella, non poté fare a meno di ripensare alla sua famiglia, in apparenza così perfetta, quasi magica… ma con la voragine del buio al suo interno. L’equilibrio che la famiglia Seyrig mostrava orgogliosa nei salotti chic di New York, si infrangeva dolorosamente una volta giunti in quel luogo che per ogni bambino dovrebbe essere il luogo dei sogni,della pace e della sicurezza…
“Casa”… in quel posto Caroline aveva trovato solo tensione e dolore, mitigate solo dalla figura quasi angelica di suo padre.

INF= Siamo arrivate signorina, io la lascio qui…Signorina? Signorina Seyrig
mi sente?!

CA= Uh? Ah,si, mi scusi..

INF= Va tutto bene?

CA= Si si, non si preoccupi…ero solo soprapensiero. Grazie mille, può andare ora…

Mentre l’infermiera se ne andò, guardandola apprensiva, Caroline entrò nella stanza di Rachel.

CA= Rachel, sono io, Caroline…Rachel? Rachel dove sei?

Una volta entrata nella stanza, quello che vide tra la penombra la fece rabbrividire. Rachel, con dell’inchiostro nero, aveva ricoperto tutte le pareti della stanza di scritte, numeri e simboli esoterici…pentacoli, triscele, croci cristiane, stelle ebraiche a sei punte, triangoli con un occhio dentro, facevano da contorno a migliaia di frasi. Con orrore, Caroline si soffermò su queste:

CA= (LEGGENDO TRA SE E SE) E vidi salire dal mare una Bestia che aveva dieci corna e sette teste, e sulle corna dieci diademi, e sulle teste nomi di bestemmia… (PASSANDO AD UN'ALTRA FRASE) E vidi un’altra Bestia che saliva dalla terra ed avea due corna come quelle d’un agnello,ma parlava come un dragone…(PASSANDO AD UN'ALTRA FRASE) Io vidi una donna, che sedeva sopra una bestia, e la donna aveva in mano un calice d’oro pieno di abominazioni e delle immondizie della sua fornicazione… e vidi la donna ebbra del sangue dei santi e dei martiri di Gesù… (RIVOLGENDOSI ALLA SORELLA) Questa è l’Apocalisse…Rachel ma che significa tutto questo?!

La sorella maggiore era seduta al centro del letto, con le ginocchia adese al petto, e si stava dondolando avanti e indietro, guardando fisso davanti a se.
Caroline le si sedette accanto ma lei parve non accorgersene.

CA= (POSANDOLE UNA MANO SUL BRACCIO) Rachel…ehi,sono Caroline…ma che ti è successo? Cosa vogliono dire tutti questi simboli e queste scritte?

Quando Rachel le rispose, la sua voce era ridotta ad un mormorio.

RA= Li sento…sono qui…sono vicini…sta iniziando…sta iniziando… saremo tutti morti…sta iniziando…

CA= Calmati Rachel, altrimenti non capisco… cosa sta iniziando?

RA= L’Apocalisse… la fine del mondo sta arrivando… loro me l’hanno detto… mi parlano sempre, sono sempre con me… quando dormo, quando sono sveglia… loro me l’hanno detto…

CA= Loro chi, Rachel?

Rachel la guardò fissa negli occhi…il suo sguardo sembrava quello di un animale selvatico spaventato.

RA= Gli angeli…

CA= Angeli?!

RA= Si…loro mi parlano… sento le loro voci anche adesso… devi metterti in salvo Caroline, devi fuggire di qui…l’Apocalisse sta arrivando…moriremo tutti…salvati almeno tu…

Caroline non seppe dire se agì d’istinto o se fu veramente spaventata da quelle parole, sta di fatto che corse via dalla stanza di Rachel e dall’ospedale, per giungere poi alla sua macchina; una volta lì, si appoggiò con la schiena alla portiera del conducente e,lasciandosi scivolare fino a sedersi per terra, si lasciò andare al pianto, cercando di mascherarlo mettendosi una mano davanti alla bocca…

***

Piangeva. E questo non poteva tollerarlo… quanto avrebbe voluto scendere da quell’auto, correre da lei ed abbracciarla forte, sussurrandole che le sarebbe stato per sempre accanto, che l’avrebbe sempre soccorsa,consolata…protetta.
Avrebbe voluto conoscere l’origine di quelle lacrime, lenire il suo dolore, rimarginare le sue ferite… ma non poteva. Almeno non adesso.

La guardò montare in macchina, mettere in moto e partire, mentre avvertiva nel petto un crescente nodo d’angoscia.

***

Cinque giorni dopo…

Caroline, Near, Halle e tutti gli altri membri dell’SPK, erano riuniti come di consueto nel loro quartier generale. Gevanni sintonizzò uno dei televisori sul telegiornale.

ANNUNCIATRICE= Salgono a 34 le vittime della strana epidemia che sta colpendo la città di Tokyo. La vittima, una studentessa diciannovenne, è morta questa mattina nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale cittadino. Incerte sono ancora le cause scatenanti di questo morbo, che colpisce indistintamente ogni cittadino di qualsiasi età o sesso, i sintomi invece rimangono sempre uguali: febbre molto alta, pallore,tremito, affaticamento della cassa toracica, battito accelerato e nausea con rigurgito di sangue. Si raccomanda alla popolazione di prestare la massima attenzione.

GE= Si,certo, come se il virus ci venisse davanti facendoci ciao-ciao con la manina e noi dovessimo buttarlo fuori di casa a calci…

CA= E’ normale che i media parlino così, devono mantenere tranquilla la popolazione, cercare di non scatenare il panico… se questo dovesse accadere, Tokyo sarebbe esposta ad una furia cieca e comprensibilmente disperata; ed i cittadini non nutrirebbero più alcuna fiducia nelle autorità, abbandonandosi al caos più totale.

GE= Parli da psicologa…

CA= E’ quello che sono infatti… il mio compito è quello di studiare i comportamenti della gente…

RE= Possibile che non si sia isolato il virus scatenante o che le industrie farmaceutiche non abbiano ancora trovato un vaccino adatto? Le vittime ormai sono quasi 40! Aspettano che salgano a cento o a centocinquanta per fare qualcosa?!

Ascoltando questi discorsi, Halle si avvicinò a Near, rimasto accucciato a terra tra i suoi giochi e stranamente troppo silenzioso. Quando gli fu accanto, accucciandosi accanto a lui, lo trovò immobile come una statua.

HA= Near, va tutto bene? Mi sembri troppo silenzioso oggi…persino per la tua natura è strano…

Nessuna risposta. Halle gli pose delicatamente una mano sulla spalla; sapeva che il ragazzo odiava l’eccessivo contatto fisico, ma lo trovò essenziale.

HA= Near…? Ehi,mi senti?! O mio dio…NEAR??! NEAR!! RAGAZZI, AIUTATEMI PRESTO!!!

Quando Halle lo aveva scosso leggermente, il capo di Near si era reclinato all’indietro, come se si fosse trattato di una marionetta senza fili… il ragazzo era eccessivamente pallido, sudava freddo e quello che spaventò maggiormente i ragazzi, fu il fatto che i suoi occhi, benché semichiusi, erano cerchiati di un inquietante rosso vivo ed erano anormalmente lucidi.
Il ragazzo svenne all’istante, prontamente preso dalle braccia di Caroline, che gli era arrivata dietro la schiena.

CA= STA MALE! PRESTO, PORTIAMOLO A CASA MIA!!

RE= Santo Dio…Near! MA CHE COS’HA?!?!

CA= Credo che abbia contratto il virus endemico! PRESTO, PORTIAMOLO ALLA MACCHINA!!

Caroline prese tra le braccia Near, passando un braccio sotto l’incavo delle ginocchia e l’altro sotto il collo…il ragazzo pesava come una piuma benché fosse totalmente abbandonato su di lei.

CA= Brucia di febbre… Gevanni, nella mia borsa ci sono le chiavi dell’auto, presto prendile!

HA= Non sarebbe meglio portarlo all’ospedale?

RE= Non credo sia una buona idea… chiederebbero referenze, nomi, luoghi, tutte cose che ne lui ne noi possiamo dare! Svelti, ora dobbiamo muoverci! Caroline, sei sicura che riesci a portarlo?!

CA= Nessun problema, ora andiamo! (AL RAGAZZO, SOTTOVOCE) Forza Near…resisti ti prego…

Correndo fuori dal piano interrato dell’SPK, i quattro raggiunsero la macchina di Caroline, parcheggiata poco lontano.

CA= Halle, tu vieni con me; devi salire dietro e tenere Near… Rester,Gevanni, voi ci seguirete con la vostra auto ok?

GE= Va bene, ma vediamo di muoverci!

Velocemente Halle salì nei sedili posteriori e Caroline le pose delicatamente Near tra le braccia; poi corse al posto di guida, per partire con una sgommata.

***

LI= Come sta Ide?

MO= Ancora debole, ma il medico l’ha dichiarato fuori pericolo…non è più contagioso…

LI= Molto bene…

Light Yagami si alzò dalla scrivania dove era seduto e si diresse verso la finestra, buttando lo sguardo sulla città.

AI= Cos’hai intenzione di fare ora, Light?

LI= Voglio concentrarmi su un certa persona… una persona che non ci ha detto tutto, e che nasconde ancora molti punti oscuri…

MA= Quindi?

LI= Mogi, Aizawa… do a voi il compito di sorvegliarla… non dovrà sfuggirvi nulla di tutto quello che fa, di chi incontra, di cosa scopre…intesi?

MO= Va bene Light.

AI= Faremo come desideri…

LI= Perfetto… mi sta dando parecchio filo da torcere con la sua sfuggevolezza… ora andate, comincerete subito.

A queste parole, Mogi e Aizawa si congedarono; Light si allontanò quindi dalla finestra, spostandosi verso il tavolo.

LI= (TRA SE E SE) Hai giocato abbastanza con me… ora è tempo delle mie mosse…

Ed andandosene, sbatté leggermente sul ripiano una cartellina, da cui scivolò a terra una foto…

…quella di Caroline Hale.

***

Erano appena arrivati nell’appartamento di Caroline, dove avevano già messo Near sotto le calde coperte del letto della ragazza… erano inquieti.

GE= Forse Halle ha ragione, dovremmo portarlo in ospedale… se diventasse contagioso?

CA= Near non sentirebbe ragioni… in più il contagio avviene solo con lo scambio di fluidi corporei e credo che su questo campo possiamo ritenerci al sicuro…

HA= Ma come possiamo curarlo?!

RE= Mio genero è medico, non avrà problemi a venire a curarlo qui… sa il lavoro che faccio ed è pronto ad ogni evenienza…

CA= Chiamalo ora se puoi, Rester… è meglio farlo visitare subito…

HA= A quanto ha la febbre?

CA= Vado a vedere…

Caroline si diresse così verso la camera da letto, immersa nella penombra, il silenzio rotto solo dal respiro affannoso e profondo di Near. Lo avevano sdraiato esattamente al centro del letto, con entrambi i cuscini dietro la schiena, e non aveva ancora ripreso i sensi. Caroline si sedette il più possibile vicino a lui, accese la lampada del comodino, e allungò il braccio per afferrare il termometro che gli aveva messo sotto l’ascella.

CA= 39.5°… santo cielo,Near ti prego, resisti…. Non posso perdere anche te….

Presa dallo sconforto, Caroline pose la fronte sulla mano, il cui gomito si puntellava sul ginocchio; d’un tratto, un mormorio la riscosse.

NE= (MORMORANDO) C-ca… Caroline…

La ragazza alzò lo sguardo ed  il suo cuore parve un poco risollevarsi. Si piegò verso di lui, accarezzandogli il volto con una mano e sorridendogli.

CA= Near….meno male, ti sei svegliato…

NE= Dove…dove sono?

CA= Sei a casa mia… hai la febbre molto alta e sei svenuto all’SPK… Io, Halle, Gevanni e Rester ti abbiamo portato qua…

NE= Grazie… mi sento uno straccio, e fatico a respirare….

CA= Hai contratto il virus pandemico, ma non preoccuparti, andrà tutto bene…e guarirai…

Caroline fece per alzarsi  ma la debole stretta di Near intorno al suo polso, la fermò.

NE= Dimmi che non morirò Caroline… ti prego…

CA= Tu non morirai Near… è una promessa…

NE= Grazie…anche perché sarebbe imbarazzante andare davanti a L senza aver catturato Kira…

CA= (SORRIDENDO) Guarirai e potrai tornare a dar la caccia a Kira… su, ora riposati….

Ed uscita dalla stanza,si diresse nella sala, dove Halle e i due uomini la stavano attendendo; Rester stava parlando al cellulare… e dopo poco mise giù.

RE= Mio genero sta venendo qui…

HA= Sia ringraziato il cielo…

GE= Caroline, come sta?

CA= Si è svegliato…ma è molto debole e la febbre non accenna a calare…

HA= Che cosa facciamo?

CA= Non possiamo tornare alla base, e nemmeno lasciare da solo Near… restate qui.

RE= Restare qui?!

CA= Trasferiremo qui il minimo indispensabile per continuare a lavorare e finché Near non sarà guarito resteremo a casa mia.

RE= Caroline io apprezzo… ma siamo quattro persone più un malato… e casa tua non è certo un palazzo reale per dimensioni… perciò cred…

HA= Linne ha ragione, non abbiamo altra scelta… dobbiamo restare qua ed aiutare Near a rimettersi.

GE= Sicura che non ci siano problemi Caroline?

CA= Assolutamente no… credetemi, non c’è nessun problema…

Il campanello suonò.

RE= Dev’essere Taro… ha fatto presto.

CA= Vado ad aprire…

Caroline si diresse verso il portone ligneo dipinto di verde; quando lo aprì si trovò davanti un uomo di circa 30 anni, con folti capelli neri ed occhi dello stesso colore. (Taro= TA)

TA= Ehm… sono il genero di Anthony… lei è la signorina Hale?

CA= (SORRIDENDO) Si, certo, sono io… prego, si accomodi.

Lo fece entrare. Dopo alcune parole, Caroline lo portò nella sua camera da letto, dove Near giaceva addormentato. La ragazza gli si avvicinò premurosa, ponendogli una mano sulla tempia.

CA= Near… è arrivato il medico…

Il ragazzo si risvegliò lentamente, aprendo a stento i suoi occhioni grigi sulla stanza.

NE= M-medico? No…vi prego…

CA= (SORRIDENDOGLI DOLCEMENTE) Andrà tutto bene… siamo qui…

TA= Ehm…signorino Near sono il dottor Taro Hideki… (RIVOLTO A CAROLINE) Signorina Hale, lei e i suoi colleghi dovreste uscire…

CA= Come desidera…

Halle, Rester, Gevanni e Caroline si avviarono verso la porta… la ragazza, l’ultima nella fila, fece appena a tempo a mettere un piede nel corridoio quando…

NE= La prego… vorrei che Caroline rimanesse qui…

Caroline rimase sorpresa da quest’affermazione: nei due mesi in cui vi aveva lavorato assieme, era sempre stata certa di essere solo una collega per Near… il ragazzo sembrava preferire non entrare troppo in confidenza con le persone, complice una certa misantropia che sembrava contagiare tutti gli ex “figli” della Wammy’s House. Allora perché quella strana richiesta?
Spiazzata,Caroline guardò prima il ragazzo e poi il medico.

TA= Se è il desiderio del paziente…

Near annuì faticosamente; si sentiva come se avesse un dirigibile al posto della testa.

CA= Va bene Near… resterò con te, se è quello che vuoi.

NE= Si… ti prego… siediti vicino a me…

La ragazza obbedì e delicata si sedette nel letto accanto al giovane; sentirlo parlare così, con la voce esausta, intervallata da lunghi respiri la faceva star male… aveva sempre visto un Near risoluto, dalla voce nitida e senza mai un velo di incertezza, neppure sulle questioni più spinose;
Il medico cominciò  a visitarlo, palpandone il corpo per trovarvi delle tumefazioni, controllando i movimenti delle giunture, sentendo con lo stetoscopio i polmoni ed il respiro del ragazzo

CA= Allora?

TA= Il respiro è molto debole, così come il battito… non ci sono tumefazioni, ma la febbre così alta è il chiaro sintomo dell’infezione.

CA= E i dolori ossei ed alla cassa toracica?

TA= Sono legati alla febbre… e anche al virus…

Mentre parlava con il dottor Hideki, Caroline avvertì il respiro di Near farsi più corto ed accelerato,mentre la piccola mano cercava il suo braccio… quando lo trovò, lo strinse convulsamente.

CA= NEAR! MIO DIO CHE TI SUCCEDE?!?!?

Il ragazzo le rispose in rantoli, gli occhi erano ancora cerchiati di rosso e lucidi come gemme.

NE= Non…riesco…a… respirare…

Il medico corse velocemente verso di lui, ponendo l’estremità dello stetoscopio sul suo petto.

TA= Ha una crisi respiratoria, il polmone sinistro si sta chiudendo! Mi serve una siringa per riaprirlo!

CA= Non le ho in casa!! C’è una farmacia qui vicino, corro subito!

TA= Faccia in fretta! E prenda anche degli antibiotici e della morfina!

Mentre Caroline si precipitò fuori dalla stanza, il medico cominciò a fare la respirazione artificiale al ragazzo. Arrivò in strada, e correndo si diresse verso la farmacia che fortunatamente trovò ancora aperta; entrò come una furia, fermandosi solo quando si schiantò contro il bancone. La farmacista di turno la guardò storta… Caroline pensò che l’avesse presa o per una pazza o per una drogata… o tutte e due le cose assieme.

CA= (CON IL FIATONE) Mi serve una siringa…della morfina… e degli antibiotici, i più forti che avete! Faccia presto la prego, un mio amico sta molto male!!

La farmacista la servì il più velocemente possibile ed appena afferrata la roba, Caroline, urlandole poco educatamente un “TENGA PURE IL RESTO!” , ritornò in strada verso casa, correndo se possibile, più velocemente dell’andata. Quando fece ritorno nella stanza, il dottor Hideki, stava ancora facendo la respirazione artificiale a Near, ormai di uno spaventoso pallore cadaverico in viso.

TA= Meno male, è arrivata!! Ha la siringa?!

Senza rispondergli,Caroline gliela lanciò contro e lui, afferrandola prontamente, la affondò nello sterno di Near, togliendo poi lo stantuffo. Con questo gesto, il ragazzo cominciò a respirare di nuovo normalmente, mentre l’aria usciva dal cilindro di plastica con un sibilo... dopo circa cinque minuti, il medico levò la siringa e tamponò il sangue uscito dal minuscolo foro. La ragazza si rimise accanto all’amico; era scossa e sentiva il cuore martellarle furiosamente.

CA= E’ andata bene…

TA= Ce l’abbiamo fatta per il rotto della cuffia… signorina, qualora dovesse ricapitare ed io non sia qui presente, lei deve essere in grado di farlo… ha capito come?

CA= Si… credo di si…

TA= Prima di tutto deve sentire quale polmone sta collassando, e per farlo, deve poggiare le mani su entrambi, avvertendo quale dei due è immobile e indurito… poi dovrà mettere la siringa, con forza, tra la terza e la quarta costola, come se stesse pugnalando qualcuno.

CA= O-ok…

TA= Non abbia paura di fargli male, non sia frenata da questo pensiero…o rischierà di farlo morire… ha capito?

CA= Si… non c’è problema…

TA= Bene. Ecco,con questo dovrebbe sentirsi meglio…

Il medico iniettò nell’incavo del gomito di Near, una piccola dose di morfina. Il ragazzo ne sentì gli effetti all’istante, addormentandosi.

TA= Si riposi anche lei signorina… ne ha bisogno.

Appena il dottor Hideki uscì dalla stanza e dalla casa, Caroline si sedette meglio accanto a Near, poggiando la schiena alla testiera del letto e stendendo le gambe sul materasso… la scarica di adrenalina che aveva provato era passata, lasciandole come effetto collaterale, una forte spossatezza che la portò ad addormentarsi all’istante.

***

La mattina seguente poté definirsi tranquilla, intervallata soltanto dai controlli che a rotazione i ragazzi dedicavano a Near. Ma la grande svolta venne data da Halle e da Caroline, che esordirono con una notizia davvero spettacolare.

GE= Cavolo, ma siete sicure?! Cioè,proprio qui a Tokyo?!

HA= So che è incredibile…ma è così!

RE= Una catacomba romana in centro città… strabiliante.

CA= Dovremmo andare a controllare…ma non possiamo lasciare da solo Near…

NE= Andate pure…

I quattro si voltarono interrogativi verso la camera da letto; Near era là, supino sotto le coperte e con gli occhi chiusi.

NE= avete lasciato la porta aperta… e solo perché ho gli occhi chiusi non vuol dire che non vi senta…

CA= Ops… siamo stati un po’ rumorosetti… J

HA= Near sei sicuro?

NE= Assolutamente… Rester e Gevanni sapranno cavarsela benissimo anche da soli…

A quella parole, le ragazze si guardarono sorridendo ed afferrati i giubbotti e agguantate le chiavi della Gran Torino, schizzarono in strada.

***


ME= Matt! MATT! Sveglia, metti in moto!

MA= Dio mio Mel, ma non è che ti fai di cocaina? Mi sembri un po’ troppo agitato di questi tempi!

ME= Per te chiunque è più reattivo di un bradipo è strano! Dai,svelto, sono andate via con la macchina!

MA= Che devo fare?

ME= Seguirle forse?!?!?!?!

Tra il rumore del motore e i borbottii di dissenso di Matt, la loro auto si accodò alle altre, a poca distanza da quella di Caroline.

***

Dopo circa un quarto d’ora di strada, le ragazze arrivarono nel luogo dove avrebbe dovuto trovarsi la fantomatica catacomba. Caroline scese velocemente dalla macchina con, aperta tra le mani, la cartina che avevano utilizzato.

CA= Se non ci siamo sbagliate, dovrebbe essere qui…
HA= I calcoli sono esatti, ho anche rincontrollato!

Mentre Halle era rimasta accanto alla macchina, Caroline cominciò a camminare attorno, guardando a terra nella speranza di trovare un segno rivelatore. Ad un tratto, dopo essere salita sul marciapiede e dopo aver fatto qualche passo, si arrestò bruscamente. Si voltò verso la direzione della bionda, rimasta poco lontano.

CA= HALLE!

Al richiamo, l’amica accorse subito.

HA= Che c’è?

Caroline le indicò un punto del marciapiede, dove alcuni sampietrini di bruna terracotta, non solo erano bordati in ottone, ma erano disposti in forma alquanto singolare.

HA=  Sette sampietrini bordati di ottone… e che formano una croce cristiana… Mio dio Linne… l’abbiamo trovata.

CA= Già… ce l’abbiamo fatta…aspetta qui.

Velocissima, Caroline corse verso la macchina, poggiò la cartina e tornò dall’amica con due torce elettriche in mano.

CA= Non credo che là sotto ci sia l’impianto elettrico…

Dandone una ad Halle, si piegò in avanti per andare a toccare con la mano, il simbolo a terra; immediatamente, il sampietrino che costituiva il punto di intersezione tra la linea orizzontale e quella verticale si abbassò fino a scomparire nel terreno. Subito dopo, fu imitato da tutti gli altri.

HA= Wow… mai vista una cosa del genere…

A processo ultimato, centinaia di sampietrini si erano dislocati, lasciando solo una grande gola nera con una scala di pietra ai piedi delle ragazze.

CA= (ACCENDENDO LA TORCIA) Andiamo Indiana… è ora di ritrovare l’arca perduta!

HA= (ACCENDENDO LA SUA) Ti seguo… basta che non fai più battute di questo genere!

E cominciarono a scendere.

***

Mello non riusciva veramente a capire… cosa stavano combinando in mezzo alla strada?! Quando poi le vide scendere giù per quella scala, fu preso dall’angoscia: e se le fosse successo qualcosa, là sotto? Non avrebbe esitato a scendere dall’auto per correrle in aiuto, quello era poco ma sicuro!
Negli ultimi giorni si era sforzato di non pensare a lei, ma quanto più aveva tentato, tanto più gli ronzava in testa. Tornava con la mente a quell’unica notte in cui lei era stata sua…. Ripensava al profumo della sua pelle, alla morbidezza delle sue labbra ed all’amore che aveva saputo regalargli in quella fredda notte.

Istintivamente andò a ricercare con le dita la medaglietta che aveva preso dal suo portagioie e che non si era mai tolto, neppure per dormire; sapeva che era solo oro, ma gli sembrava portasse ancora un po’ del profumo di lei ed il sapere che era stata a contatto con la sua pelle, gliela faceva sentire un po’ più vicina… a questo punto, Mello non aveva più alcun dubbio.

Si era innamorato di lei.

***

Appena finita la discesa, le ragazze si trovarono in quella che doveva essere la camera mortuaria: a entrambi i lati di un piccolo colonnato, si aprivano, in tutto, circa quaranta loculi, consunti dal tempo, pieni di polvere ed ormai illeggibili.

HA= Mamma mia, senti che odore!

CA= Sono le esalazioni dei gas corporei e della terra… ci sono circa quaranta cadaveri qua dentro, la maggior parte dei quali ridotti ormai a sola polvere… aspetta aspetta… e quello?

Ciò che attirò l’attenzione di Caroline, fu quello che vide in fondo al colonnato,esattamente all’opposto di dove lei si trovava; piano piano si avvicinò  e quello che scorse la lasciò senza parole.

CA= Non posso crederci…

Incastonato nel muro, un cerchio di bronzo di elevato diametro, portava incise delle parole; illuminandole con la torcia elettrica, la ragazza cominciò a leggerle:

Viatore, tu ad talem locum obscurum et omni spe deiectum venias
Resta, et lege quae tibi debeo dire.

Septem sigilla aperientur et semptem supplicia vos percutient.

Cum iis quattuor equites renascabuntur et metent hominum vitas.

-    Appariet eques in albo equo cum arcu et corona, constitutus victoriae

-    Sequetur ruber equus adductus ad habenas ab eo qui magno gladio a terra pacem eripiet quod istigabit homines erga similes suos

-    Inde niger equus calcabit terram recans eum qui portam stateram

-    Postremo, equus gilvus recans eum qui percutient gladio inediaque.


Nomina eorum sunt : Inopia,Bellum,Interitus et Mors.

Apparient martyres in albo induti clamantes ultionem,
sexto die terra tremet et lux non erit.
Et cum hora septimi diei sonabit, ecce septem angeli ante deum, ferentes septem procula.

-    Vulnus fera hominibus cum corde ferino
-    Mar fiet sanguis et vita non erit
-    Flumina et fontes a sanguine vinctorum colorabitur
-    Sol ardebit homines blasphemos
-    In nigro regno mali tenebre atque dolor erunt
-    Euphrates fiet aridus,externi victoria causa.
-Denique terraemotus et incensa saxa procumbent in terra

Ut restetis hoc, cospergite aram sanguine hominis concepiti a parentibus in luce.

Confeci tamen

Ave atque vale.


CA= Halle, vieni a vedere... quello che ho trovato è sorprendente…

***


Ormai erano là sotto da più mezz’ora e Mello cominciava ad essere roso dall’ansia… che avevano trovato di così trascendentale in quel nero antro?!
Ad un tratto però, la sua attenzione venne catturata da qualcosa di molto strano… qualcosa che non sarebbe dovuto accadere.

***

Halle, ancora immersa nella contemplazione dei loculi che, al piccolo fascio di luce della torcia le apparivano come materializzazioni dal mondo delle tenebre, si voltò verso Caroline allarmata.

HA= L’hai sentito?

CA= Sentito cosa?

Ma la bionda non poté rispondere. La terra aveva cominciato a tremare violentemente, e dalle millenarie colonne, della polvere stava cominciando a cadere.

HA= QUESTO!!! PRESTO, ANDIAMO VIA!!!

Tra i violenti scossoni che ormai squassavano il terreno, le ragazze si unirono, seppur in precario equilibrio e con l’eterno pericolo di cadere a terra o travolte dalle pietre, e si diressero velocemente verso l’uscita: con orrore si accorsero che la scala si stava sgretolando quasi del tutto; se non fossero riuscite a risalire sarebbero rimaste la sotto, immancabilmente travolte e uccise dalle macerie. Il terremoto era ormai così violento e roboante che dovevano urlare per riuscire a capirsi.

HA= LA SCALA! SI STA SFACENDO!! PRESTO DOBBIAMO USCIRE DI QUI!

A metà percorso però, Caroline si arrestò, tornando indietro verso l’iscrizione latina che aveva trovato.

HA= CAROLINE CHE FAI?!?!?! DOBBIAMO ANDARCENE DA QUI!!!

CA= NON POSSO PERDERE QUESTA!! È TROPPO IMPORTANTE!!!

Così dicendo, corse verso quel cerchio bronzeo ed impugnando un foglio e un pezzo di carboncino (preso prima di scendere la sotto) che aveva estratto dalla tasca dei pantaloni, iniziò a fare un calco dell’iscrizione, mentre tutto si stava distruggendo attorno a lei; la polvere si stava facendo sempre più fitta, le faceva bruciare gli occhi e le rendeva difficile respirare.

HA= CAROLINE!!! NON FARE LA STUPIDA, VIENI VIA!!!!!

CA= HO QUASI FINITO, MI MANCA SOLO UN ATTIMO!!!

HA= AVRAI TUTTI GLI ATTIMI DI QUESTO MONDO UNA VOLTA MORTA!! MUOVITI!!!

Terminato quello che stava facendo, corse verso l’amica ai piedi della gradinata…una delle colonne però, dopo l’ennesima furiosa scossa, crollò del tutto, sfracellandosi nel punto dove fino a pochi minuti prima vi erano i piedi della ragazza, che venne gettata a terra dall’urto e nascosta agli occhi di Halle dalla polvere che ne sorse.

HA= CAROLINE!!!!

Senza risponderle, la ragazza emerse velocemente dal pulviscolo e dai detriti e raggiungendola, corse con lei su per la scala, ormai ridotta a poche rovine traballanti.

CA= CE LA STIAMO FACENDO, TRA POCO SAREMO FUORI!!!

La luce del giorno stava quasi illuminando i loro occhi; Caroline era pressoché arrivata, riuscendo ad essere quasi del tutto sulla strada, quando con un urlo, si sentì violentemente afferrata per la caviglia; non prevedendo la cosa, perse l’equilibrio e sbatté brutalmente a terra con tutto il corpo.
Ci mise qualche secondo a riprendersi, intontita dal violento urto, e quando mise a fuoco quello che stava accadendo, i suoi proverbiali nervi saldi vacillarono.

Il gradino su cui Halle aveva poggiato il piede era crollato, lasciando l’amica penzolante nel vuoto…ma non fu solo quello a spaventarle: la gamba sinistra di Halle era artigliata da centinaia di mani grigie e senza tempo che,emerse dall’ombra, la trascinavano ferocemente verso di loro.

HA= CAROLINE!!! AIUTO!!

La ragazza però si trovava in una posizione estremamente disagevole: era prona a terra, con una gamba libera e l’altra stretta dall’amica. Per fare qualcosa, doveva contare solo sulla forza delle proprie braccia. Non fece però a tempo a pensare riguardo al da farsi che,con un forte strattone, Halle la fece scivolare all’indietro; con orrore si accorse che le “mani” erano salite anche sui fianchi dell’amica, tirandola sempre più forte.

CA= HALLE NON MOLLARE!!! TI PREGO NON LASCIARE LA MIA GAMBA!!

HA= CAROLINE!!!

Cercando di riacquistare il sangue freddo, Caroline si voltò faticosamente, mettendosi supina; con un ulteriore sforzo, si puntellò a terra con la gamba libera e facendo leva sul ginocchio sollevò il busto, piegandosi verso Halle.

CA= AFFERRA LE MIE BRACCIA!!!

HA= NON POSSO!!!

CA= NON DIRE IDIOZIE!!!

HA= SE LASCIO LA PRESA LORO MI PORTERANNO GIU’!!!!

CA= AFFERRA LE MIE BRACCIA TI DICO!!! E RISALI USANDO IL MIO CORPO COME APPIGLIO!!!!

HA= NON CE LA FACCIO!!!

CA= FORZA!!!

Terrorizzata ed in preda al panico, Halle cominciò ad eseguire quello che l’amica le aveva ordinato di fare; lottando contro la forza sovrumana di quelle mani che non volevano lasciarla, cominciò a risalire artigliandosi prima alle cosce e poi alle braccia di Caroline, che, sottoposta a uno sforzo immane, cominciava a tremare dalla tensione muscolare che stava patendo.
Quando le braccia delle due donne si incontrarono, Caroline fece un’ultima fatica, tirando violentemente contro di se Halle, che le cadde sopra; al contatto con la luce, le mani arrestarono la loro corsa, rintanandosi nuovamente nell’ombra, mentre la catacomba terminò di crollare in un ultimo,spaventoso boato.

Poi, la calma e il silenzio.

Le due donne erano ancora sdraiate a terra, supine e con il respiro affannoso.

HA= Che cos’erano?

CA= Non…lo so…

HA= Erano terrificanti, avevano una forza spaventosa…

Tiratesi su a sedere, si guardarono: erano scosse,visibilmente spaventate, arruffate e con il corpo ed i vestiti pieni di polvere rossastra e laceri in alcuni punti. Dopo essersi osservate per qualche secondo, Caroline cominciò a sghignazzare…poi di più, sempre di più finché seguita da Halle, non proruppe in una risata fragorosa.

HA= (RIDENDO) Certo che ce la siamo cavata per un soffio eh?

CA= (RIDENDO) Lo puoi ben dire!! Rischiavamo di lasciarci la pelle!

Aiutandosi reciprocamente, si alzarono in piedi, scrollandosi di dosso un po’ di quella polvere che le ricopriva interamente.

HA= E tutto per farti fare l’Indiana Jones della situazione, con quella maledetta iscrizione!!!

CA= (TIRANDO FUORI DALLA TASCA IL FOGLIO SU CUI L’AVEVA COPIATA) E l’epigrafe… è quiiiiiiii!!!! J J

HA= Sono troppo sfinita per mandarti a quel paese… ma fai conto che lo abbia fatto!!!!

CA= Coraggio, andiamo! Quello che ora io e te dobbiamo vedere sono una doccia calda ed un cambio pulito!

Barcollanti e con i nervi a pezzi, si incamminarono verso la macchina.

***

MA= Santo dio ma hai visto che roba?! Rischiavano di farci la fine del topo là sotto!!!

ME= Già…

La laconica risposta di Mello lasciò di stucco Matt che senza aggiungere oltre, mise in moto l’auto. Mentre le ruote scorrevano sull’asfalto, il ragazzo biondo rimuginava frustrato.

ME= (PENSA) Sono un inetto…ho assistito a tutto e pur sapendo che sarebbero potute morire non sono stato in grado di aiutarle. Perché non sono sceso da questa dannatissima macchina?! Perché non sono andato ad aiutarla quando ho visto che era in  pericolo?!? Avevo ragione… per lei è meglio perdermi che trovarmi, come dice il proverbio…

Si sentiva inutile, frustrato per la protezione che non aveva saputo dare alla persona di cui si era innamorato. D’istinto guardò Matt, il suo unico vero amico,colui che gli era stato accanto in ogni momento e si chiese cosa avrebbe fatto qualora avesse trovato una persona da amare…

…ma non trovava che dubbi ancora maggiori e certezze di non essere all’altezza della giovane donna di cui s’era invaghito.





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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11
Riemergere



Tre giorni dopo la scoperta dell’iscrizione, i membri dell’SPK erano ancora “accampati” a casa di Caroline, che aveva cominciato a cimentarsi nel tentativo di tradurla; proprio per questo in quel momento si trovava seduta al tavolo della sala con davanti un quaderno, il foglio con riportata la profezia, un vocabolario di latino che aveva ripescato nei meandri del piccolo studiolo dell’appartamento e circa 5 o 6 libri di grammatica latina. I risultati fino ad allora conseguiti erano però estremamente sconsolanti.

CA= Maledizione, ma perché non ricordo una sola regola di come si traduce il latino?!?!?!? Eppure l’ho studiato e me la cavavo anche piuttosto bene!!!

GE= (CON ARIA SARCASTICA) Carthago delenda est!

CA= Non sei d’aiuto Gevanni -_-“

GE= Ah ah, simpatica la professorina…

Caroline provò a ribattere, ma a metà discorso, un violento attacco di tosse la bloccò. La tosse era talmente violenta che credette di soffocare, si sentiva i polmoni esplodere dentro la cassa toracica che ora le doleva da impazzire. Quando l’attacco finì , si ritrovò a dover respirare profondamente per riacquistare un minimo di fiato.

HA= Hai questa tosse da quando siamo usciti da quella maledetta catacomba… sicura che non sia niente?

CA= (CON IL RESPIRO AFFANNOSO) Si…non preoccuparti…è solo un po’ di tosse… non è niente.

RE= Dovresti andare a farti vedere…

CA= Ora non c’è tempo, dobbiamo preoccuparci per Near, non per una stupida tosse.

HA= Testa dura…
Così dicendo, Caroline si diresse verso la camera da letto, dove Near giaceva ancora; in quei due giorni era un po’ migliorato, la febbre era un poco scesa, le occhiaie vermiglie si erano attenuate e il ragazzo poteva respirare decisamente meglio…sembrava che tutto stesse volgendo per il meglio.
Prima di entrare, la ragazza fu colta da altri tre colpi di tosse; all’ultimo sentì che il palmo della mano si era leggermente bagnato, ma non se ne curò ed afferrando un fazzolettino di carta l’asciugò senza neanche guardarla, poi si sedette accanto al ragazzo e gli sorrise dolcemente.

CA= Ciao…

NE= Ciao…

CA= Come ti senti?

NE= Ancora un po’ strapazzato ma decisamente meglio… allora, come è andata l’esplorazione alla catacomba?

Caroline gli raccontò di tutto quello che avevano trovato, omettendo però la disavventura finale e quelle mani infernali che erano emerse dal buio; Near era ancora troppo debole e non voleva crucciarlo con altri problemi.

NE= Siete state grandiose ragazze… mi fai vedere l’iscrizione?

CA= Sai il latino?

NE= No, ma la curiosità è troppo forte…

CA= Va bene, allora vado a prend…COUGH COUGH COUGH!! (RIPRENDENDOSI) Maledetta tosse…giuro che se continua così mi asporto la laringe…

NE= Hai una brutta tosse… c’erano polveri quando siete scese?

CA= A dire il vero ce n’era una quantità industriale…

Near non rispose, limitandosi ad osservarla preoccupato, finché lei non andò nell’altra stanza per poi tornare a tempo di record con il foglio in mano.
Ne parlarono assieme, lei gli illustrò tutto quello che fino ad allora era riuscita a tradurre. Per la prima volta risero assieme.

NE= Ho fatto bene a permettere ad Halle di contattarti… sei un elemento prezioso..

CA= E’ un piacere lavorare per te Near…

NE= Grazie per tutto quello che hai  fatto e che stai facendo… davvero.

Dicendo così Near scivolò verso la spalla di Caroline, quando fu lì lì per appoggiarsi risollevò il capo e la guardò.

NE= Posso…appoggiarmi?

Caroline gli sorrise dolcemente, commossa da quella richiesta. Halle le aveva parlato molto di Near prima che lo incontrasse; le aveva raccontato di come il ragazzo vedeva il mondo, una pulsante macchina da guerra in procinto di attaccare, e di come odiasse il contatto con le persone. La richiesta di potersi appoggiare a lei era il chiaro segnale che aveva conquistato la sua fiducia.

CA= Ma certo Near…

Il ragazzo appoggiò così il capo sulla spalla di Caroline, che gli cinse le spalle con il braccio.

CA= Hai mai avuto una sorella Near?

NE= No, ma avrei tanto voluto averla… tu hai ancora la tua famiglia Caroline?

CA= Si… a parte mio padre, che è morto otto anni fa…

NE= Ricordi ancora il suo viso?

CA= Ricordo ogni cosa di lui… il suo viso, la sua voce… il suo modo di ridere quando giocava con me…

Nel tirare fuori quei ricordi, le lacrime affiorarono agli occhi di Caroline.
NE= Ti manca vero?

CA= Mi manca da  morire… vorrei tanto riaverlo qui con me, anche per un giorno, un’ora, un solo istante per dirgli quanto gli volevo bene…

NE= Io non ricordo nemmeno il viso dei miei genitori… sono cresciuto alla Wammy’s House dall’età di tre anni…

CA= Sei fortunato Near… avere memoria di coloro che hai perduto forse è più doloroso che non averne…

Near si addormentò sulla spalla di Caroline, che lo tenne abbracciato a se, facendogli dolcemente posare il capo sul suo seno, cullandolo con il lieve movimento del respiro, carezzandogli la fronte con la mano. Il ragazzo le aveva fatto capire che ora rivestiva tutto per lui: padre, madre, fratello,sorella… Near era stato solo per diciannove anni, abbandonato a quella solitudine che aveva scavato un solco nero e freddo dentro la anima. La Wammy’s House lo aveva forgiato così, il tempo aveva indurito quel cuore giovane ed inesperto convincendolo che dal mondo non ci si può aspettare altro se non dolori e tradimenti.

Era ora di colmare quel vuoto.

HA= Sono orgogliosa di te…

La ragazza spostò lo sguardo verso la porta, dove stazionava Halle, guardandola con occhi colmi di vellutata comprensione.

CA= Grazie…davvero…

HA= Ti sei guadagnata la sua completa fiducia… confida in te come non ha mai fatto con nessuno…

CA= Capisco quello che prova… la vita è stata troppo crudele con lui…

HA= Aiutalo Linne… aiutalo a riemergere dal buio, a vivere… e nel farlo, aiuta anche te stessa…

CA= Che intendi dire?
HA= Anche tu devi riemergere, anche tu hai il buio dentro l’anima… un buio che ti divora, ti distrugge e non ti lascia vivere serena… ma questa oscurità, per te ha le sembianze di due persone…

CA= Due?

HA= Tua sorella Rachel… e…. Mello.

Il cuore di Caroline ebbe un fremito, anche il solo nome del ragazzo la faceva trasalire; girò il capo, osservando le luci della città che si stagliavano nel cielo buio come milioni di fiaccole incandescenti.

CA= Già…Mello… il ragazzo che mi ha portato a letto e che poi è sparito dileguandosi nel nulla…

HA= Da quant’è che non hai sue notizie?

CA= Ormai da un mese o più… ma non mi faccio illusioni, non tornerà mai. Ho costruito illusioni delle quali nemmeno io ero convinta…

HA= So che potrà sembrarti una domanda scomoda ed inappropriata… tu lo ami?

CA= Non so se si possa chiamare amore…ma ancora non riesco a non pensare a lui. Per me, lui è ancora qui, sento il suo profumo in tutta la casa, la sua voce in ogni strada di Tokyo, il suo sguardo in ogni occhio azzurro che incontro… e si sa che l’odio non da simili sensazioni… mi sento come una ragazzina invaghita del bastardo sbagliato.

HA= E a te sta bene?

CA=….Si.

Il loro discorso venne però interrotto dal fatto che Near cominciò a tossire forte, sempre più forte, mentre quel piccolo,fragile corpicino veniva violentemente scosso dagli spasmi.

HA= Near!! Near, va tutto bene?!

CA= Non capisco, prima sembrava essersi ripreso!

Ad un tratto, il corpo di Near ebbe un moto convulso in avanti, che lo portò a spalancare gli occhi, in un espressione di assoluta sofferenza.
Dopodiché si sporse oltre il letto e vomitò un ingente quantità di liquido vermiglio.

Sangue.

Dopo aver rigettato, il ragazzo svenne stremato ed indebolito dal volume del sangue perduto.

CA= CAZZO! NEAR! NEAR TI PREGO RISPONDIMI!!!!

HA= VADO A CHIAMARE IL MEDICO!!!

Mentre la bionda stava uscendo dalla camera, fu costretta a fermarsi dopo pochi attimi: Caroline aveva cominciato anch’ella a tossire, ma la sua era diversa da quella del ragazzo e mille volte più inquietante; un sibilo usciva dalla bocca di Caroline ogni qualvolta ella si sforzava di respirare…sembrava che non riuscisse ad incamerare aria sufficiente, costringendola ad una sorta di crisi asmatica. Allarmata, Halle le si inginocchiò davanti.

CA= N…on…. Res…p…iro.

HA= Caroline, guardami, guardami!

Ma la ragazza venne colta da un altro colpo di tosse, che parò portando una mano alla bocca. Quando la ritrasse, l’orrore si dipinse sui suoi occhi e su quelli dell’amica.

HA= H-hai…. Tossito….sangue.

CA= Che mi sta succedendo?!?!?!

HA= Non lo so…

E rimasero li, sedute a terra l’una davanti all’altra, tra il sangue e il terrore che le stava attanagliando sempre di più nella sua morsa gelida.
***

Quattro ore dopo, Caroline, Halle e i due uomini dell’SPK si trovavano raccolti nella sala, seduti sul divano o sulle poltrone; il genero di Rester, medico curante di Near era appena uscito dalla stanza, che le ragazze avevano ripulito del sangue.

TA= Ho finito…adesso dorme e sembra stabile…

CA= Venga, l’accompagno alla porta…

La ragazza si alzò per scortare il medico fino al piccolo portoncino verde; prima di uscire però, il dottor Hideki le parlò, porgendole anche un piccolo biglietto da visita.

TA= Signorina, seppur io l’abbia visitata, è meglio che faccia dei controlli da uno specialista…mentre ero di là mi sono permesso di telefonare ad un mio collega, il dottor Masashi Kishimoto… è un pneumologo estremamente bravo e saprà certo aiutarla. Mi sono permesso di fissarle un appuntamento per dopodomani, alle 17.30..

CA= Dottore, io la ringrazio…non doveva disturbarsi così,non so come ringraziarla…

TA=  Vada da lui dopodomani e quello sarà il suo ringraziamento verso di me… mi raccomando signorina Hale… Buonanotte..

CA= Buonanotte anche a lei dottor Hideki… seguirò il suo consiglio…

***

Il giorno in cui Caroline dovette recarsi all’appuntamento medico, arrivò prima del previsto. Non poteva nascondere a se stessa di essere nervosa, ma per lo meno poteva occultarlo agli altri, fin troppo angosciati per la salute di Near; nella solitudine del suo bagno, indossò un aderente maglioncino nero dal collo alto, jeans neri e ballerine dello stesso colore, racchiudendo poi i capelli in uno chignon basso, che conferiva al suo viso ed al suo corpo, la grazia e la delicatezza di una ballerina di danza classica. Si guardò a lungo nello specchio del lavabo, immobile e con le braccia lungo i fianchi.
CA= (PENSA) Che cosa sto facendo? Dovrei essere di là ad occuparmi di Near, anziché andare a farmi gli affari miei! Quasi quasi disdico l’appuntamento…

Si mosse per uscire ed andare a prendere il telefono; quando arrivò al mobiletto del corridoio fece appena a tempo a posare la mano sulla cornetta.

GE= Non provarci nemmeno per scherzo.

CA= Gevanni! Mio dio, mi hai fatto prendere un colpo!

GE= Stavi per chiamare l’ospedale e disdire l’appuntamento, dico bene?

Caroline calò in un silenzio imbarazzato come quello di un bambino appena sorpreso dalla mamma a mangiare una fetta del dolce per la cena della sera.

GE= Dalla tua espressione e dal silenzio, direi che ho indovinato…

CA= Non dovrei farlo Gevanni! Near è malato e io sto perdendo tempo per qualcosa che nemmeno so!

GE= Già, Near è malato…ma almeno sappiamo cos’ha. Tu invece non sei propriamente il ritratto della salute, e lo sei per qualcosa che non sai cos’è… direi che sia di gran lunga peggio..

CA= (IRONICA) Sempre confortante…

GE=…E da qui la necessità assoluta di andare a quell’appuntamento medico…su, ora va, di solito è Rester che fa i predicozzi morali!

CA= (SORRIDENDO) Grazie… ci vediamo dopo.

Sotto gli occhi di Gevanni, la ragazza afferrò borsa e chiavi ed uscì.

***

MO= L, l’obiettivo è appena uscito di casa…

La voce che rispose a Mogi dall’altro capo della cornetta era calma e non lasciava trasparire il minimo senso di curiosità

L= Ha preso l’auto?

MO= Si… è partita ora.

L= Seguitela.

MO= Va bene..

L= Mantenetemi aggiornato.

La conversazione si chiuse.

***

Caroline era dentro quell’ambulatorio da più di un quarto d’ora, aspettando che il dottor Kishimoto la convocasse nel suo studio, nel reparto di pneumologia dell’ospedale centrale. Dopo altri dieci minuti di attesa, arrivò infine il suo turno quando un’infermiera la chiamò per portarla nello studio medico. Quando entrò, le venne incontro un uomo sui 55-60 anni,alto e slanciato,dai capelli brizzolati e gli occhi di un profondo nero.

KI= Lei deve essere la signorina Hale… piacere, sono il dottor Masashi Kishimoto; prego, mentre mi spiega cos’ha, si tolga il maglione e si sieda sul lettino…

Caroline obbedì alle direttive,spogliandosi e sedendosi sul lettino, trasalendo soltanto al contatto gelido dello stetoscopio sulla sua schiena. Su indicazione del medico, ispirò ed espirò profondamente, intervallando però violenti spasmi di tosse che rilasciarono alcune goccioline di sangue, velocemente asciugati e nascosti da Caroline in un fazzoletto di stoffa blu scuro. Quando il dottor Kishimoto staccò lo strumento dalla sua schiena e la guardò, il suo viso non portava un’espressione delle migliori.

KI= Signorina Hale, è stata a contatto con qualcuno infettato dal virus pandemico in questi ultimi giorni?

CA= Si, un mio amico lo ha contratto…ma io ne sono rimasta immune, anche il dottor Hideki lo ha confermato.

KI= Certo, ne sono a conoscenza, il collega mi ha informato… e sempre nell’ultimo periodo è venuta a contatto con polveri o simili?

Caroline diede conferma positiva anche a questa domanda, pur omettendo per quale contesto vi fosse venuta a contatto.

KI= Capisco… il suo fisico, seppur rimasto immune al virus, ne è uscito molto provato ed il suo sistema immunitario si è conseguentemente abbassato ed indebolito, non riuscendo più a schermarla adeguatamente…

CA= Che cos’ho quindi?

Il medico tirò fuori da una busta giallognola, una radiografia e dopo averla attaccata ad una rettangolo illuminato, la fece scendere dal lettino per posizionarsi accanto a lui.

KI= Questa è la radiografia che le infermiere le hanno fatto prima di portarla da me…la guardi e mi dica cosa vede…

CA= (PREOCCUPATA) Quelli….sono i miei polmoni?

KI= Si signorina, il destro e il sinistro…

Caroline sentì che l’angoscia saliva sempre di più in lei, tanto da sentirsi la gola otturata da un grave groppo.

CA= Dottore, io sono una psicologa e non mi intendo molto di medicina diagnostica… ma so anche che una radiografia che riporta tale vista può significare solo una cosa…

KI= Purtroppo ha ragione signorina Hale… quell’unica cosa che riporta questa radiografia è quello di cui lei realmente soffre…

CA= Quindi è così… l’ho contratta?

KI= Mi dispiace signorina…
Nel fissare quella radiografia ed alla risposta affermativa del medico, l’angoscia di Caroline si trasformò in disperazione. Le sembrava troppo irreale come cosa, avrebbe tanto desiderato che tutto quello fosse solo un incubo da cui l’indomani mattina si sarebbe svegliata… ma non era così.

Quel maledetto rettangolo nero e fluorescente, erano l’impietosa e tragica prova che quella era la realtà.

Come un automa si rivestì, pagò e salutò il medico,ed uscì dall’ospedale per tornare a casa; camminava verso la macchina a testa china, con lo sguardo perso… non aveva nemmeno la forza per piangere, per arrabbiarsi,per reagire, tanto quella notizia l’aveva shockata.

Questa volta, non aveva la forza di combattere.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12
Libero arbitrio



Che cosa le stava accadendo? Camminava verso l’automobile con passo incerto, lento, quasi avesse timore che le gambe le cedessero da un momento all’altro. Che cosa era successo, quale sventura le era piombata addosso in quel momento? Nel mentre di quei ragionamenti, arrivò all’auto e nell’aprire la portiera, i suoi occhi incontrarono la vita che le scorreva intorno, ma che a lei giungeva lontana, attutita e smorzata. Si guardò intorno, ma quegli occhi non erano i suoi… erano occhi spenti, vuoti  persi in pensieri lontani…
Quella non era Caroline… quello era un corpo freddo e atonico che una volta era stata una ragazza di ventidue anni colma di vita.

Che cosa le era stato riferito? Cosa, l’aveva scossa a tal punto da ridurla alla stregua di un automa?

Questo, Mello non sapeva spiegarselo.

***


Si sentiva stanca, infiacchita nel corpo e nella mente… sentiva il suo corpo, quel corpo egro che una volta era stato agile ed efficiente, come un peso estraneo che doveva portarsi appresso ma che non le apparteneva. Il dottor Kishimoto era stato chiaro riguardo a ciò che lei aveva contratto, la radiografia che ancora teneva in mano era lo specchio delle sue conferme.

…“Sono spiacente signorina, ma forse c’è una speranza”…

“Una speranza” pensò  lei “il mondo non sa più che farsene delle illusioni, ha bisogno di aggrapparsi a delle certezze”

…”Una casa farmaceutica canadese ha appena messo a punto un farmaco contro questa patologia…non c’è ancora niente di sicuro, ma se lei facesse delle analisi e se il suo gruppo sanguigno fosse compatibile e il suo fisico in grado di sopportare il farmaco, potremmo iniziare la terapia...

“Quante probabilità ci sono che io guarisca, dottore?”

…”Non ci è possibile fare previsioni signorina, tutto sta nella capacità del fisico di reagire al farmaco; ma io le consiglierei di provare, fare almeno un tentativo…potrei inserirla facilmente nel Trial clinico…”

“Chi gestisce il Trial?”

…” Io stesso, ed ha la mia parola che la seguirò personalmente… farà con me tutti i test e la terapia di riabilitazione, non si preoccupi… accetta?”…

“Mi inserisca nel Trial dottor Kishimoto; verrò.”

…” Benissimo! Venga giovedì della settimana prossima alle 15:00 in ospedale per fare le analisi, se sono positive la inserirò nel Trial che comincerà tra tre settimane…arrivederci Signorina Hale.”

“Arrivederci dottor Kishimoto.”

Caroline entrò in casa in perfetto silenzio, immersa ancora nei ragionamenti che la conversazione con il medico le aveva insinuato nella mente; si era fatta inserire nel Trial non senza un certo dubbio: avrebbe funzionato? Sarebbe davvero guarita?
Apaticamente lasciò cadere la borsa ed il giubbotto sulla sedia d’entrata ed entrò in sala tenendo in mano solo la busta con il referto e la radiografia; si sedette sul divano, subito raggiunta da Halle.

HA= Ciao… hai fatto presto!

CA= Già… dove sono Rester e Gevanni?

HA= Rester ha fatto un salto all’SPK mentre Gevanni è andato un attimo a casa…

CA= Come sta Near?

HA= Decisamente meglio! Si sta riprendendo…la febbre sta calando così come gli altri sintomi…ora dorme.

CA= E là fuori?

HA= Non sono stati così fortunati… il notiziario riporta i decessi di 65 persone ed il contagio di altre 30…

CA= Merda!

La ragazza poggiò i gomiti sulle ginocchia, chiudendosi la fronte con le mani, in preda allo sconforto. Halle le andò più vicino, preoccupata.

HA= Linne… com’è andata la visita?

Senza parlare, Caroline allungò il braccio verso il tavolino dove aveva poggiato la busta e la fece scorrere in orizzontale verso Halle; la bionda l’afferrò e cominciò a  leggere avidamente… ma quando arrivò a metà della perizia, si ghiacciò.

HA= No… non è possibile… non può essere…

Forse per cercare smentita alle sue paure o forse per convincersi del dubbio, afferrò lesta la radiografia dell’amica e la mise in controluce per guardarla…ma come era stato per Caroline, anche per Halle quel maledetto foglio di sostanza traslucida frantumò ogni sua labile speranza..

HA= No… avranno sbagliato, ci sarà stato un errore…avranno scambiato le cartelle!

CA= Nessun errore Halle… quella cartella è la mia…

HA= Ma com’è successo?

CA= Il medico ha detto che il mio fisico, seppur immune al virus dell’epidemia, ne è uscito indebolito, con il sistema immunitario praticamente semidistrutto… la polvere e le esalazioni che abbiamo incontrato giù nella catacomba mi hanno dato il colpo di grazia…

Halle guardò l’amica con occhi sofferenti. Era dalla morte del padre che non la vedeva così… stava soffrendo, ma sapeva che Caroline aveva una sua personale concezione del dolore; non lo esternava, non lo sfogava, non si lasciava travolgere dalle emozioni, mantenendo quel contegno e quella razionalità che il suo carattere, e il suo essere psicologa, le conferivano. Lasciava che si torcesse dentro di lei, in un muto urlo, udibile a lei sola…lasciava che la divorasse dentro,che la dilaniasse, come una bestia assetata di sangue… e poi, da sola, cercava di tirarsene fuori. Halle era convinta che nel fondo dell’amica, ci fosse una sorta di “zona proibita”, un angolo di anima che solo lei conosceva, dove non vi aveva mai fatto accedere nessuno, nemmeno le persone a lei più care… ora Caroline era in quella zona, lontana da lei, lontana dal mondo, presente ma assente, a lasciarsi sommergere dalle acque scure della disperazione.

HA= Ci sarà qualche terapia… un qualcosa per ritardare l’aggravamento…

CA= Il dottor Kishimoto mi ha inserito in un Trial clinico… devo fare delle analisi la settimana prossima per vedere se il mio fisico è in grado di sopportarla…

HA= Mio dio, questo è già un sollievo!

CA= Sollievo effimero…non si ha alcuna certezza che funzioni. Halle, io vado a farmi una doccia, sono stremata…

Così dicendo si alzò e fece il giro del divano. Halle, ancora seduta, girò il busto verso di lei.

HA= Non vuoi avvertire nessuno? Rachel, tua madre…

Senza nemmeno girarsi e dandole così la schiena, Caroline rispose con voce atona.

CA= No. Vorrei che di questa cosa ne foste al corrente solo tu e Near… dopo andrò a dirglielo.

Halle sapeva che quella che stava per avanzarle era una domanda rischiosa, ma non poté far a meno di porgliela.

HA= … Mello?

CA= Questa sì che è un’assurdità… non gli importa di me da sana, figuriamoci da malata…

E sparì nel corridoio in direzione del bagno. Halle non riusciva ad accettare la decisione dell’amica di tacere sulla malattia che la stava divorando nel corpo e nell’animo; guardò il proprio telefonino, poggiato sulla superficie di cristallo del tavolo e con quella vista, un’ipotesi cominciò a farsi strada nella sua testa.

HA= (PENSANDO) Che cosa devo fare? Se seguissi l’istinto, quel cellulare starebbe già cercando una persona… Caroline è la mia migliore amica,una sorella per me… e non posso lasciare che si annienti così per il suo orgoglio.

Quando sentì l’acqua della doccia cominciare a scendere, guardò l’orologio: aveva venti minuti, più che sufficienti per quello che doveva fare. Dopodiché afferrò il cellulare e con mano incerta compose sulla tastiera alfanumerica quei dieci fatidici numeri che costituivano il suo infrangere una regola con il proprio libero arbitrio.

HA= (PENSANDO) Che almeno Dio mi perdoni… perché Caroline non lo farà di certo…

Si avvicinò all’orecchio il telefono, che aveva cominciato a dare il segnale di connessione di chiamata.

Il suo libero arbitrio aveva preso la decisione. Ora non poteva più tornare indietro.

***


Tic…tac… tic…tac…tic… tac..

Quella sera,la sua mente era occupata.

Occupata a rimuginare su pensieri snervanti.

Massacrava incessantemente i suoi capelli arrotolandone piccole ciocche attorno al dito, mentre riflessioni isolate e frammentate rimbombavano nel suo cervello senza alcun filo conduttore che potesse legarle assieme.

Tic…tac…tic…tac…tic…tac…

L’orologio alla parete scandisce minuti e secondi che non gli appartengono…quando pensava, quando meditava o rifletteva, gli sembrava che il tempo intorno a lui si cristallizzasse, che la vita rallentasse il suo caotico e sconclusionato flusso, per poi riprendere a velocità doppia una volta terminate le elucubrazioni.

Tic…tac…tic…tac…tic…tac…

Distrattamente guardò la persona che sedeva nella poltrona accanto al divano; era talmente grossa che lui, nella sua esilità, sembrava ancor più minuscolo e lì lì per essere inghiottito dal cuoio di un caldo color marron bruciato.  A lui doveva tutto, in amicizia e in affetto, più che a chiunque altro. Lo aveva sempre sostenuto, in ogni decisione, in ogni frangente, anche in quello più stupido o più rischioso… aveva sempre trovato la sua mano tesa ad aiutarlo ogni volta che era caduto, con il suo essere ironico e disincantato aveva trovato il modo di arrivare a mitigare la sua durezza, riuscendo talvolta a farlo persino ridere…

…e gli aveva salvato la vita, quando il proprio libero arbitrio gli aveva dato una sentenza di morte e un biglietto di sola andata per l’inferno.

Perso in quelle riflessioni, ci mise qualche secondo ad accorgersi che il cellulare nella sua tasca aveva cominciato a vibrare. Quando lesse l’utente che lo stava cercando rimase leggermente stupito; poi rispose.

“Halle…perché mi cerchi?”

La voce della donna, dall’altro capo della cornetta, era preoccupata, velata di insicurezza.

“Ho poco tempo per parlarti, perciò seguimi attentamente dato che non lo ripeterò una seconda volta...”

“Ti ascolto.”

“ E’ malata…gravemente.”

Il suo cuore perse un battito; quando rispose alla donna la voce gli tremò leggermente.

“Ha contratto il virus?”

“No… forse qualcosa di più terribile.”

“C…cosa allora?”

Quando Halle gli rispose sentì come se il mondo gli piombasse direttamente addosso. Sbiancò all’improvviso, mentre il cuore cominciò a battere furiosamente e le mani ad essere pervase da un leggero tremito. La donna poi, chiuse la telefonata, lasciandolo incapace di reagire e di parlare, a fissare un punto morto con occhi vacui.

“Dio…” pensò “è questa la sensazione che si prova quando qualcuno che cerchi di proteggere viene colpito?”

MA= Ehi… Mel, va tutto bene?

Il ragazzo biondo guardò l’amico con occhi privi di espressione. Non poteva essere vero, quella malattia non aveva potuto colpire Caroline… si credeva estinta ormai da anni, decenni…forse secoli.

ME= No Matt, va tutt’altro che bene…

MA= Che succede?

ME= Caroline è malata…

Sul volto di Matt si palesò l’apprensione, fissando i suoi occhi smeraldini sull’amico.

MA= Che cos’ha?

L’altro ci mise qualche secondo a rispondere, pronunciando quella parola con voce incerta, come se si trattasse di un abominio o di una maledizione…che forse,in fin dei conti, era.

ME=………Tubercolosi.

***
Una settimana dopo

Sette giorni dopo, Near si era completamente ripreso ed aveva fatto ritorno alla base dell’SPK. Con tale notizia arrivò però anche il giovedì in cui Caroline avrebbe dovuto recarsi all’ospedale civico; quasi per scongiurare la paura che in cuor suo nutriva, decise in modo scaramantico di indossare quegli abiti che più apprezzava e che più la facevano sentire a suo agio: si vestì quindi con dei leggins neri, un lungo maglione nero anch’esso dallo scollo a V e dalle maniche lunghe che fermò sui fianchi con una cintola,e mise ai piedi dei tronchetti di pelle nera dal tacco alto e con la punta stondata.

CA= (PENSANDO) Avanti… sii positiva, andrà tutto bene…



Il tragitto da casa all’ospedale era di circa mezz’ora con la macchina e tre quarti d’ora a piedi; sebbene Caroline fosse in orario per l’appuntamento dato, non volle arrischiarsi, prediligendo così la prima opzione.

Arrivò all’ospedale con dieci minuti di anticipo, per i quali l’infermiere della reception la invitò ad accomodarsi in sala d’attesa. Sedutasi, cominciò ad osservare il frettoloso adoperarsi medici ed infermiere spostando poi lo sguardo sui pazienti che come lei aspettavano il proprio turno: un ragazzo, un uomo sui quarant’anni con un palese sintomo asmatico,una donna, una coppia con la donna forse al sesto o settimo mese di gravidanza ed altri due uomini, di cui uno attirò per un attimo la sua attenzione; sui cinquant’anni, magro, stempiato con occhi azzurri come il ghiaccio. Indossava un lungo impermeabile grigio scuro ed era tranquillo… stranamente troppo tranquillo per il reparto in cui si trovava. Dopo altri dieci minuti, Caroline vide il dottor Kishimoto venirle incontro.

KI= Signorina Hale, mi scusi se l’ho fatta attendere così tanto…

CA= Nessun problema dottore…

KI= Sono contento che abbia accettato di partecipare al Trial, ma ora la prego, mi segua…

Caroline si alzò per seguire il medico, ma con la coda dell’occhio, notò che l’uomo con l’impermeabile si era alzato in piedi, a capo chino, mettendosi una mano in tasca. Il lasso di tempo che la ragazza ed il medico impiegarono per fare circa quattro passi, furono sufficienti all’uomo per estrarre una pistola e puntarla contro tutti loro; a quel gesto, grida spaventate e tentativi di chiamare aiuto, fecero voltare medico e paziente che rimasero immobili, ad occhi sgranati, con una pistola puntata al ventre.
Raccogliendo tutto il suo autocontrollo il dottor Kishimoto cominciò a parlare con l’individuo.

KI= Signore, la prego si calmi…metta giù quell’arma, non succederà niente! Avanti, mi dia retta…posi quell’arma.

UOMO= Zitto!! Stia zitto!!!

Anche Caroline, a quel punto, non si sa se per istinto di sopravvivenza o per essere psicologa, intervenne; sapeva per esperienza che con soggetti così bisogna mantenere la calma, o si rischia di scatenare il peggio, cosa che anche il medico aveva intuito. Quando gli si rivolse, la sua voce era calma ma indiscutibilmente ferma.

CA= Signore, mi ascolti, sono una psicologa, potrei esserle d’aiuto… come si chiama?

UOMO= Joseph Bells  (JO)

CA= Bene signor Bells… ora faccia come le ha detto il dottor Kishimoto, posi la pistola… la prego…

JO= IO SONO MALATO!!!!!!!

CA= Signor Bells, è in un ospedale, tutti sono malati, compresa me… ma minacciare i medici con una pistola non è la cosa più saggia… mi dia retta, posi quell’arma…

JO= IO SONO MALATO, E VOGLIO SAPERE CHE COS’HO!!! (RIVOLTO AL MEDICO) SE LEI NON MI DICE DI COSA, UCCIDERO’ QUESTE PERSONE!!!

Il medico si rivolse verso Caroline.

KI= Cosa facciamo adesso?

CA= Dobbiamo assecondarlo… e sperare iddio che questo delirio abbia presto termine.

***

Sede dell’SPK, ore 15:25

Near, con gli altri tre membri della squadra aveva fatto ritorno alla base, dove il lavoro era ripreso funzionale e rapido come era solito essere; ad un certo punto Gevanni, osservando il televisore sintonizzato sul telegiornale, esclamò:

GE= Cristo santo! Ma quello non è l’ospedale dove è andata Caroline?!

Halle e Rester gli si catapultarono accanto mentre Near si limitò ad alzare la testa.

HA= Si, è proprio quello, l’ospedale cittadino… ma che sta succedendo?!

A Rester bastò un’occhiata allo schermo per capire cosa stava accadendo.

RE= Un pazzo ha messo sotto sequestro l’ospedale.


***

Quartier generale di L, ore 15:27

Mentre Light Yagami stava lavorando al computer, seduto alla scrivania, Matsuda fece il suo irruento ingresso nella stanza.

MO= Matsuda!! ti sembra il modo di entrare?!

MT= Presto, accendete il televisore e sintonizzatelo sul telegiornale!!! Sta accadendo di tutto all’ospedale centrale!!!

Aizawa, seguendo le istruzioni del collega, accese l’apparecchio televisivo e lo sintonizzò sul programma indicato.

AI= Che mi venga un colpo…

ID= Che succede?!

Lo schermo riportava una panoramica aerea dell’edificio, il cui ingresso era interamente piantonato da macchine della polizia e da agenti sia in divisa che con l’abbigliamento da incursori.

MO= (LEGGENDO LA SCRITTA IN SOVRAIMPRESSIONE) L’ospedale centrale messo sotto sequestro da un uomo armato…

MT= Visto?!?!?!? Ve l’avevo detto!!!!!

ID= Complimenti Matsuda, vuoi un applauso o un balletto? come se ce ne fosse da andar fieri..

MT= Beh… O.o

AI= Light, che facciamo? dobbiamo intervenire o lasciamo che se la sbrighino le unità operative della polizia?

Prima che Light potesse rispondere, lo schermo su cui stava lavorando divenne completamente bianco,facendo risaltare solo una grande N scritta in caratteri gotici.

MO= E’ Near!

Senza perdere la calma, Light Yagami premette il tasto di accettazione della comunicazione, sporgendosi leggermente in avanti per raggiungere il microfono.

LI= Near… ogni tanto ricompari eh?

NE= Signori della polizia…L… siete al corrente di quello che sta succedendo all’ospedale centrale vero?

LI= Certo… siamo sintonizzati sul telegiornale.

NE= Perfetto. Ho una richiesta da farvi…

LI= Parla, ti ascoltiamo.

NE= Vorrei che vi mobilitaste assieme ai miei uomini e che vi dirigeste all’ospedale. Le pattuglie che hanno inviato non sono adeguatamente preparate ad un evento simile.

LI= Se posso chiederti… come mai tanta urgenza?

NE= All’interno di quell’ospedale, preso come ostaggio, vi è un membro del mio team.

LI= Chi, precisamente?

NE= La signorina Caroline Hale.

Quelle parole furono sufficienti a Light per dare l’assenso; si fosse trattato di Lidner o di Rester avrebbe potuto prendersi più tempo per decidere, ma con lei… con lei no, non poteva, era tutto diverso. La prospettiva che potesse correre dei pericoli non lo allettava, benché giocasse la partita dal lato opposto della scacchiera.

MO= La signorina Hale è una degli ostaggi, credo sia giusto assecondare Near.

LI= E così faremo. Near, verremo in vostro aiuto, ci incontreremo davanti all’ospedale tra dieci minuti.

NE= Bene, allora farò partire anche la mia squadra. Grazie.

E chiuse la comunicazione. Ruotando la poltrona su cui sedeva, Light Yagami si rivolse ai quattro poliziotti.

LI= Signori, siamo nel pieno di un emergenza, in cui è rimasta coinvolta una nostra collega. Siete pronti per andare?

MO= Nessun problema Light, è la cosa giusta da fare.

LI= Bene, allora direi che potete andare. Io vi seguirò tra poco.

I quattro poliziotti uscirono velocemente, dirigendosi verso il deposito delle volanti, che il ragazzo vide partire a tutta velocità pochi istanti dopo.

***

Ospedale centrale, ore 15:30

Li aveva costretti a barricarsi dentro un ufficio, chiudendo tutte le porte e lasciando come unica fonte di luce, una grande finestra dietro la scrivania da cui tentare la fuga era altamente improbabile, dato che si trovavano all’ottavo piano. Aveva preso come ostaggi non solo il dottor Kishimoto e Caroline, ma anche un’infermiera e i pazienti in sala d’aspetto, per un totale di dieci
persone. Mentre la ragazza e gli altri erano obbligati a spostare la mobilia contro la porta d’entrata, il sequestratore aveva costretto il medico a sedersi alla scrivania, puntandogli contro la canna dell’arma.

KI= Non è la cosa giusta mi creda, la signorina che le ha parlato poco fa ha ragione… segua il suo consiglio.

JO= Non ho bisogno delle sue prediche, quindi stia zitto!

Mantenendo sempre la pistola puntata contro il medico, l’uomo cominciò a rovistare dentro la borsa manageriale che portava con se, estraendo poi delle cartelle cliniche.

JO= Ecco le mie cartelle…le deve leggere. Sono stato da sedici dottori negli ultimi due anni, ho fatto tre TAC total body, due risonanze, sette analisi del sangue complete e sono andato anche da un omeopata.

KI= Mancava solo la minaccia di fare una strage..

JO= No, quello che manca è una risposta!!! Non riesco a respirare, sono sempre stanco,sfinito,stremato e ho dei rush cutanei. Palpitazioni e soffro di insonnia.

KI= Certo è un bel misto di sintomi…può essere una cosa da niente in confronto all’ergastolo che evidentemente preferisce prendere piuttosto che vedere altri sedici specialisti.

Joseph Bells lanciò le cartelle sul tavolo davanti al medico, avvicinandosi a lui tanto da puntargli l’arma alla fronte.

JO= Stia zitto e faccia il suo lavoro.

CA= (AL DOTTORE) Io non sono un medico diagnostico, ma qualcosa di medicina all’università l’ho studiata… forse se mettiamo insieme le teste riusciremo a capire che cos’ha…

KI= Già… è l’unica soluzione… in più, nella sfortuna abbiamo avuto la coincidenza di avere anche un’infermiera tra gli ostaggi… (IRONICO) Beh… siamo in una botte di ferro…

***

Esterno dell’ospedale, ore 15:35

Sia la squadra dell’SPK che quella di L erano arrivate davanti all’ospedale, che le pattuglie già presenti avevano fatto evacuare da tutto il personale e dai pazienti non presi in ostaggio. Scendendo dalla macchina, Halle si sistemò all’orecchio destro un auricolare bluetooth, da cui chiamò Near, rimasto alla base.

HA= Near, siamo appena arrivati!

NE= Com’è la situazione?

HA= Le pattuglie già presenti hanno evacuato l’edificio, il sequestratore è barricato dentro un ufficio all’ottavo piano.

NE= Qual è il numero degli ostaggi presi?

HA= Dieci persone, contando il medico e Caroline.

NE= Mantienimi aggiornato se ci sono degli sviluppi, io monitorerò la scena da qui, pensando al da farsi.

HA= Va bene.

E chiuse la comunicazione. Nel frattempo, anche Mogi aveva chiamato Light.

MO= L, siamo sul posto.

LI= Situazione?

Mogi fece a Light lo stesso discorso fatto poco prima da Halle a Near.

LI= Va bene… tra di voi c’è qualcuno che ha già effettuato un incursione nella sua carriera?

MO= Io e Ide tre anni fa. Non sarà un problema rifarlo.

LI= Perfetto; ora contatterò la centrale di polizia affinché veniate inglobati nella sezione. Chiamatemi ogni qualvolta vi siano degli sviluppi.

MO= Ok.

Nel frattempo, Halle si era avvicinata all’ispettore che dirigeva le operazioni.

HA= Salve, sono l’agente federale della Cia, Halle Lidner.

ISP= Salve…ispettore Arisada.

HA= Come sta procedendo?

ISP= Per ora la situazione è stabile…

***

Interno dell’ospedale, ore 15:45

Fatto sedere il sequestrante su una sedia, il dottor Kishimoto gli si accucciò davanti, cominciando una possibile diagnosi, ascoltandogli i polmoni con uno stetoscopio.

JO= Non ha letto le cartelle…

KI= Non serve a molto, i sintomi sono quelli per cui si piange addosso, tutti i test negativi o non sarebbe qui.

All’improvviso, l’uomo che accompagnava la giovane donna incinta, parlò.

UOMO= Mi scusi, mia moglie ha la nausea e mal di stomaco.

KI= In uno slancio di zelo, il simpaticone (INDICA IL SEQUESTRATORE) ha barricato il bagno…

DONNA= (AL MARITO) Ora mi passa…non preoccuparti..

Nello stesso momento, il telefono dell’ufficio cominciò a squillare; in quel silenzio terrorizzato, quel suono fece trasalire Caroline, al contempo rassicurandola: se il telefono squillava, voleva dire che qualcuno era arrivato… forse la polizia, e con quella fors’anche l’SPK. Le speranze della ragazza furono però subito frantumate dal fatto che Joseph si alzò, sollevò la cornetta e la ributtò giù immediatamente.

CA= Mi dia retta, tenere aperta una linea di comunicazione aiuta a risolvere i conflitti…

JO= Come fa ad esserne così sicura?

CA= Sono una psicologa, studio l’anima della gente…

JO= Bene, anche una strizza cervelli..

KI= (RIVOLTO ALL’UOMO) Lasci in pace la signorina Hale.. che problemi respiratori hai?

JO= Respiro con affanno…e sento un forte dolore quando inspiro…

KI= Mh… ha un fiammifero?

JO= Perché?

KI= Perché non voglio essere qui quando deciderà di lasciare un ostaggio in cambio di uno spirometro.

CA= Io fumo, ma la mia borsa è rimasta in sala d’attesa… guardo nella scrivania.

Appena fece per avvicinarsi, l’uomo le puntò la pistola contro.

KI= Non troverà nulla nella scrivania… il dottore che ha questo studio non fuma…

Ad un tratto però Joseph Bells si alzò di scatto, dirottando l’arma da Caroline al ragazzo addossato al muro dietro di lei.

JO= EHI! Che stai facendo?!?!

RAG= (ALZANDO LE MANI SPAVENTATO)Scusi… volevo solo prendere l’accendino…

JO= Lentamente…

Il ragazzo estrasse dalla tasca un piccolo accendino rosso che porse al medico; una volta presolo, il dottor Kishimoto lo diede in mano al sequestratore.

KI= Lo tenga più lontano che può e provi a spegnerlo.

L’uomo accese l’oggetto, tendendo più che poté il braccio lontano dal viso e cominciò a soffiare rochi rantoli d’aria in direzione della fiammella; ma per quanto soffiasse, quella non si spegneva.

KI= Volume polmonare ridotto, palpitazioni, affaticamento, epigastralgia, rush intermittente…può essere qualunque cosa ma se aggiungi quest’ultimo sintomo può essere solamente sclerodermia.

JO= Ma cosa dice? Quale ultimo sintomo?

KI= Quello che è sfuggito ai sedici dottori… le prescrivo un agente alchilante. Caso risolto.

Il telefono ricominciò a squillare e questa volta, Joseph incitò il dottore a rispondere.

KI= Dottor Kishimoto.

“Sono l’ispettore Arisada, com’è la situazione?

KI= Mi serve il Propofol per curare la sclerodermia, così finirà tutto.

“Ne è sicuro?”

KI= Lo faccia portare da una guardia.

JO= No, niente guardie. Lo porterà lei (INDICO’ L’INFERMIERA A FIANCO DI CAROLINE) Sarà lei a portare i farmaci,  e poi tornerà qui dentro. E se farà tanto di fuggire,ammazzerò tutti quanti.

L’ispettore Arisada, udite le parole dell’uomo, rispose:

“ E’ l’unica soluzione?”

KI= Gliene vengono in mente di migliori?

“ E sia… mandi fuori la donna tra cinque minuti e le dica di dirigersi alla reception del piano terra.”

Chiusa la comunicazione, l’ispettore Arisada si rivolse ad Halle.

ISP= Spero che quel medico sappia quello che fa…

***

Quartiere industriale, ore 16:00

Mentre Mello stava in piedi davanti alla finestra mangiando una tavoletta di cioccolato, Matt stravaccato sul divano stava alternando il gioco alla PSP con lo zapping televisivo.

ME= Matt ti prego… mi sembri un bambino di 5 anni con il disturbo dell’attenzione…

MA= Mi annoio… e tu non sei d’aiuto! Guarda che la finestra ha già il suo muro portante, non serve che contribuisci a farla stare dritta.

Il biondo sospirò e tornò a guardare fuori, osservando gli operai del cantiere navale al lavoro; con invidia pensò a come doveva essere una vita normale, con una dimora fissa, un impiego stabile e a quanto doveva essere bello tornare a casa la sera e trovare un tetto e un bacio, regalato da una moglie e magari da un figlio che tutto orgoglioso ti mostra quello che ha fatto la mattina a scuola e che ti chiede aiuto con i compiti… aveva sempre sognato una famiglia così, una monocorde e felice routine accanto alle persone che hai scelto di amare. Ma la sua vita non doveva andare così evidentemente, a lui non erano permesse tali piccole gioie; per Mello ogni attimo poteva essere incerto, ogni azione rivelarsi pericolosa, ogni notte si addormentava pregando Dio di concedergli di scorgere il sole della mattina seguente. La sua esistenza correva continuamente sul filo del rasoio, come un equilibrista doveva destreggiarsi tra la sopravvivenza e la sconfitta... cosa che si protraeva ormai da tre anni e che cominciava a diventare insopportabile. A volte, mentre camminava per la città, si soffermava a guardare i ragazzi della sua età che uscivano dall’università o che giravano con gli amici ridendo e scherzando spensierati; pensava se anche la sua vita sarebbe stata così, se una volta uscito dalla Wammy’s House non si fosse interessato al caso Kira, animato anche dai propositi di vendetta per la morte di L, il solo,vero ed unico L, a danno di quell’effimera, scialba imitazione che il quartier generale giapponese aveva messo per occultare la morte del vero L.
Il suo filo di pensieri venne però interrotto da Matt, che con gli occhi fissi sul televisore, cominciò ad ululare:

MA= Per la miseria…MEL VIENI A VEDERE PRESTO!!

ME= Che c’è, quel mentecatto di Demegawa ogni tanto da una notizia come si deve?

MA= Alla faccia del come si deve!!! Questa è una vera bomba!

Mello distrattamente posò gli occhi sul telegiornale…conoscendo Matt e l’idiozia del conduttore televisivo, prese la cosa con le dovute pinze; ma mentre ascoltava le parole del giornalista ed osservava le immagini che scorrevano sullo schermo, si rese conto che quella volta l’amico aveva ragione.

ME= Hanno sequestrato l’ospedale Tomoyasu… è opera dei seguaci di Kira?

MA= Macché! ti pare che, se lo fosse stato, Demegawa ne parlerebbe in tono così accusatorio?!?! Un pazzo è entrato lì dentro con una pistola e ha preso in ostaggio tutti quelli che erano intorno a lui!!

Le sinapsi di Mello cominciarono a lavorare a velocità quadrupla, mentre si fiondava sul cellulare poggiato sopra il tavolo.

MA= Ehi, ma che fai?!?! (SERIO) Non penserai che sia tra gli ostaggi…

ME= (POGGIANDOSI IL TELEFONO ALL’ORECCHIO) Ho solo bisogno di una conferma….

***

Interno dell’ospedale, ore 16:20

L’infermiera era uscita da cinque minuti, lasciandoli in un attesa snervante; Caroline era in piedi da circa un’ora, ma dovendo stare immobile, con le braccia lungo i fianchi ed addossata contro una parete, sentiva le gambe e le articolazioni del ginocchio cominciare ad irrigidirsi. Dopo un lasso di tempo che parve loro eterno, l’infermiera tornò, portando con se una siringa ed una fialetta di liquido azzurrognolo.
Subito, il dottor Kishimoto cominciò a preparare la dose, dopo circa un minuto si avvicinò a Joseph con in mano la siringa.

KI= Tiri su la manica.

JO= Prima la faccia a qualcun altro.

KI= Solo lei ne ha bisogno.

JO= No. La faccia ad uno di loro, se tutto va bene farà una seconda iniezione a me.

Messo alle strette, il medico si voltò verso il gruppo di persone che con lui si erano trovate a condividere quella follia.

JO= Scelga qualcuno, non mi importa chi.

KI= Purtroppo nel suo brillante piano ha coinvolto un gruppo di ostaggi in gravidanza, con infezioni batteriche da funghi il cui sistema immunitario è troppo debole per questo stress… o forse prendono analgesici che hanno interazioni fatali.

A quelle parole Joseph indicò con un movimento dell’arma uno dei due uomini che Caroline aveva visto aspettando il suo turno.

JO= Lui non li prende, gliel’ho sentito dire in ambulatorio.

L’individuo, un armadio a quattro ante per circa un metro e 85 d’altezza, si risentì.

UOMO1= Avanti, amico…non te la prendere con noi; ce l’hai a morte con i dottori, prenditela con i dottori… (INDICANDO CAROLINE) Scegli lei!

KI= Ha la tubercolosi, non se ne parla. Tu sei un bestione ben piazzato, togliti la camicia.

Sbuffando, l’uomo obbedì, mentre su Caroline si catapultarono sette paia di occhi che andavano dal sorpreso, al compassionevole fino al terrorizzato.

INF= Mi dispiace tanto… sia per la sua malattia che per quel buzzurro…

CA= (SORRIDENDOLE MESTA) Non si preoccupi, va tutto bene signora…

INF= Mi chiami pure Maiko… tra tutti lei sembra l’unica a non aver perso il sangue freddo…

CA= Grazie Maiko…a proposito, io sono Caroline.

Nel mentre di questa piccola conversazione, il dottor Kishimoto aveva finito di somministrare la prima dose di farmaco alla “cavia” scelta, apprestandosi a prepararne una seconda;

KI= Soddisfatto?

JO= Bene…

KI= Tiri su la manica.

Nell’attendere che Joseph arrotolasse la manica della camicia, l’uomo cui il medico aveva somministrato per primo il farmaco, cominciò a barcollare per poi cadere rovinosamente a terra privo di sensi. A quella vista, Caroline chiuse gli occhi poggiando la nuca al muro, sospirando sconsolata, mentre il sequestratore si alzò in piedi furioso, puntando la pistola contro il medico.

JO= Crede che sia un idiota?!?!? EH?!? E’ QUESTO CHE CREDE!?!?!!!!!

KI= Pensavo di avere più tempo con uno di quella stazza…

A quelle parole, l’uomo caricò l’arma e la puntò contro la fronte del medico con una tale veemenza che il secondo si trovò costretto ad indietreggiare.

KI= Non farà proprio niente…ha bisogno di me

JO= E’ vero, ho bisogno di lei…ma la avverto non provi più a fregarmi.

***

Esterno dell’ospedale, ore 16:40

Il cellulare nella tasca di Halle cominciò a vibrare, così la ragazza premette un piccolo bottone sulla superficie dell’auricolare che ancora aveva all’orecchio.

HA= Agente Lidner.

“Sono Mello.”

Dato l’interlocutore, la donna ritenne opportuno porsi in disparte e parlare a bassa voce.

HA= Ma sei pazzo a chiamarmi adesso?! Sono in mezzo a dozzine e dozzine di poliziotti, tra cui quelli della squadra di L!! Potrebbero sentirci!

“E’ l’ultimo dei miei problemi ora…dov’è Caroline?”

HA= Mello, ora non è il momento…

“Se tu sei lì con l’SPK, lei dovrebbe essere con te!”

HA= Mello ti preg…

“DOV’E’ ?!!!!!”

Prima di rispondere, Halle prese un respiro profondo.

HA= E’ dentro l’ospedale… è una degli ostaggi del sequestratore.

“CAZZO! CAZZO CAZZO CAZZO!! PORCA PUTTANA HALLE, PERCHE’ L’HAI LASCIATA ANDARE DA SOLA?!?!?”

HA= Perché ha 22 anni, è autonoma e autosufficiente e non è all’ordine del giorno che un pazzo entri dentro armato di pistola mettendo sotto sequestro l’intero ospedale!!!

“Sta bene?!?!”

HA= Credo di si, la situazione al momento sembra tranq AAAH! CAZZO, CAROLIIIIINEEEEE!!!!!!

“CHE COSA E’ SUCCESSO?!?!!! HALLE!!!! COSA CAZZO E’ SUCCESSO?!?!?!!!!!”

HA= C’E’ STATO UNO SPARO!!

“Cazzo! Giuro che se quel verme esce vivo di lì lo ammazzo io! Vengo subito!”

HA= No, Mello! Potrebbe essere rischio…

Ma il ragazzo aveva buttato giù. Ad Halle non rimase che tornare alla sua postazione in preda all’angoscia.

Nel frattempo, Rester aveva contattato Near, mentre Mogi stava parlando con Light; entrambi gli agenti li stavano informando degli sviluppi.

***

Interno dell’ospedale, ore 16:46

L’uomo cui Joseph aveva sparato era l’individuo con la patologia asmatica, che ora stava seduto a terra con la schiena poggiata contro il muro, tenendosi la gamba ferita e grondante sangue, in preda al panico e alle grida di dolore.
Pochi secondi dopo lo sparo, il telefono prese a suonare mentre Caroline e l’infermiera si affaccendavano a medicare la gamba della vittima, dopo averlo fatto sedere sul divano e poggiato l’arto sul tavolino che vi era davanti. Lo squillare continuava insistente, interrotto soltanto da Joseph che alzava il ricevitore per buttarlo giù subito dopo.

Nel frattempo, al suono dello sparo, un unità di 15 incursori (compresi anche Mogi e Ide) aveva fatto il suo ingresso nell’ospedale, silenziosi ed attenti a non farsi scoprire.

KI= Allora…cosa potrebbe essere?

CA= Palpitazioni ed affaticamento…potrebbe essere un tumore che coinvolge i polmoni…se il diaframma non lavora forse i nervi stanno cominciando a paralizzarsi…

INF= La causa dell’epigastralgia e dell’insonnia può essere un’insufficienza circolatoria che insieme alla dispnea fa pensare ad una cardiopatia…

KI= Maiko, prendi un campione del suo sangue per l’emocultura e market tumorali, signorina Hale, controlli le cartelle e guardi se uno delle migliaia di farmaci che prende gli possa aver recato danni al cuore.

Le due donne, eseguirono velocemente gli ordini del medico e mentre l’infermiera stava prendendo il sangue dell’uomo, Caroline si sedette alla scrivania per controllare tutte e sedici le cartelle; prima di iniziare venne però colta da un attacco di tosse che le lasciò sulla stoffa rosea del fazzoletto, alcune macchie vermiglie simili a piccole rose.

KI= Merda, con lo stress si sta aggravando… si sente bene signorina??

CA= Si… va tutto bene…

Nel mentre, il telefono cominciò nuovamente a squillare e il dottor Kishimoto si precipitò a rispondere.

“Ispettore Arisada, che succede lì dentro?”

KI= Un paziente ha una ferita da arma da fuoco e un altro è privo di sensi…

“La situazione è sotto controllo?”

KI= Al momento si… tra pochi istanti dovrebbe tornare l’infermiera con gli esiti degli esami del sangue. A risentirci.

E chiuse la telefonata. Contemporaneamente Joseph si sollevò dalla sedia, muovendosi a passi felpati verso la porta lignea, nel cui centro vi era un rettangolo di vetro coperto da una tendina bianca rigida.

KI= Con lei è dura fare il proprio mestiere…

JO= Stia zitto! (PUNTANDO LA PISTOLA CONTRO UNA DELLE DUE DONNE) Apri la tendina della porta, svelta! Solo pochi centimetri.

DONNA= Perché io?!

JO= Muoviti e apri quella tendina!

DONNA= Perché io, può farlo chiunque, perché ha scelto me?!

Presa dal panico, la donna non resse oltre e si piegò in avanti per vomitare; a quella scena, Caroline si alzò ed esaudì la richiesta dell’uomo. Nello scostare di un poco la tenda della porta, si videro davanti due incursori, entrambi con un mitra sottobraccio. Joseph, furioso, andò verso la porta con la pistola puntata verso di loro.

JO= STATE INDIETRO! INDIETRO!! (PUNTANDO L’ARMA AL VENTRE DI CAROLINE) GIURO CHE L’AMMAZZO SE NON VE NE ANDATE IMMEDIATAMENTE!!!

A quella minaccia, i poliziotti furono costretti a retrocedere e ad andarsene. Non prima però di riuscire a fissare un piccolo microfono nella parte lignea della porta.

KI= Interessante…qualcun altro di voi ha sentito gli agenti la fuori? Signorina Hale?

CA= No… non ho sentito nulla…

KI= (A JOSEPH) Soffre di iperacusia.

JO= Cosa significa?

KI= Significa che ora abbiamo un nuovo indizio… è dovuta al nervo acustico.

Caroline si avvicinò al dottor Kishimoto, mettendosi entrambi davanti all’uomo.

CA= L’udito amplificato può essere correlato alla paralisi del nervo facciale…

KI= Bene, gonfi le guance…dai..

Joseph, stranamente mansueto e senza opposizioni, obbedì.

CA= Muscoli ipotonici a sinistra…

KI= Paresi del settimo nervo, più rush intermittente, più emicrania… Nevralgia post erpetica.

JO= Che cosa vuol dire?!?!? che ho l’herpes?!?!?!?!

KI= Può essere causato anche dal virus della varicella.

JO= Ne voglio la prova. Adesso.

KI= Si può fare un test, è pericoloso e doloroso, mentre la cura è sicura e non provoca dolore…(VEDENDO CHE JOSEPH STA PER RIBATTERE) Si ho capito, vuole la prova adesso…aspettiamo l’infermiera che torni e faremo il test; se ha la nevralgia non sentirà niente.

JO= Fa male soltanto se la sua diagnosi è sbagliata?!

KI= Proprio così.

***

Esterno dell’ospedale, ore 17:00

Lo stare lì fuori, inerme e impotente stava portando Halle sull’orlo di una crisi di nervi, aggravata dalla consapevolezza che la dentro, in pericolo ed a rischio della vita, vi era la sua più cara amica; era seduta sul bordo del sedile passeggeri dell’auto, con la portiera aperta ed i piedi poggiati sull’asfalto, sola: Rester era con i poliziotti ed aveva perso di vista Gevanni. In quel momento però, il suono roboante di pneumatici da moto la costrinse ad alzare lo sguardo; in fondo al viale, vi era una moto completamente nera, cavalcata da un esile ragazzo in abbigliamento e casco integrale dello stesso colore,che guardava dritto verso di lei. Ci mise meno di due secondi per identificarlo ed attenta a non farsi notare, si incamminò verso di lui.

HA= Dì un po’, ma ti ha dato di volta il cervello?!?!? Qui è pieno di gente che non aspetta altro che di mettere le grinfie su di te! E’ persino arrivato L!!

A quella parola, il ragazzo sollevò la visiera del casco, scoprendo un rettangolo di pelle bianca e due grandi,superbi occhi color del cielo.

ME= Hai detto L? Come fai a sapere che è lui?!

HA= Solo noi dell’SPK  e i membri della sua squadra sanno che è L… Near ci ha fatto vedere il suo volto su un file precedentemente redatto dal vero L… Ma per tutti gli altri poliziotti, lui è solo Light Yagami, figlio del vicedirettore Soichiro Yagami, deceduto il mese scorso.

ME= Voglio vederlo in faccia… indicami chi è.

Quando Halle glielo indicò, Mello rimase leggermente interdetto; quel ragazzo, che dimostrava solo due o tre anni più di lui, dai tratti così angelici e fini era Kira?!

ME= Certo che la vita ha un gran senso dell’umorismo… a volte le persone più insospettabili risultano essere fautrici di nefandezze oltre ogni limite.

HA= Non è per L che siamo qua Mello, e nemmeno per Kira, benché probabilmente questi due ruoli siano racchiusi nella stessa persona… siamo qui per Caroline.

Quando la donna pronunciò il nome dell’amica, Mello parve riaversi ed il suo tono assunse una sfumatura d’ansia.

ME= E’ ancora là dentro?! Sta bene?!

HA= Credo di si, ma anche se fosse il contrario né io né te potremmo farci qualcosa…

ME= Proverò ad entrare nell’ospedale; sono da solo, non mi vedranno.

HA= Mello, gli ultimi due incursori che si sono avvicinati alla porta, hanno posizionato un microfono attraverso cui sentiamo ogni parola. Secondo il medico lì dentro, il sequestratore soffre di iperacusia.

ME= Ip… cosa scusa?!

HA= Iperacusia! E’ una malattia che colpisce le orecchie e che rende l’udito molto più sviluppato rispetto ai livelli normali… se tu entrassi, ti sentirebbe immediatamente ed ammazzerebbe tutti coloro che sono in quella stanza…

ME= Merda… che cosa possiamo fare?!

HA= Per ora solo aspettare…ma per te non è sicuro qui…
ME= Tranquilla, ho adocchiato un albero che fa al caso mio… se vuoi, mi troverai là..

Mello ripartì con la moto, allontanandosi leggermente dal viale; dopo pochi istanti, Halle lo vide giungere furtivamente presso l’albero, arrampicarvisi sopra con l’agilità di un gatto e vederlo scomparire tra le fitte fronde; dovette ammettere che stavolta la ragione era dalla parte del ragazzo: tra il fitto fogliame non l’avrebbe visto nessuno. Si trovò a sorridere.

HA= (PENSANDO) Ah, Mello… pare che stavolta tu ti sia proprio innamorato…

***

Interno dell’ospedale, ore 17:12

L’infermiera era tornata con l’esito degli esami: erano tutti negativi. Joseph Bells allora, prese il telefono e compose il numero che lo collegava alla linea interna della hall.

“Joseph, sono l’ispettore Arisada, la prego di non riagganciare.”

JO= Dovete mandare…(CON UN GESTO FA SEGNO AL MEDICO DI CONTINUARE)

KI=…la capsaicina, 200 microgrammi.

JO= Due siringhe questa volta.

“Niente più farmaci Joseph e nessuna consegna senza qualcosa in cambio. Lei ci deve dare un ostaggio.”

KI= Ve ne darò due…

“Bene, mando subito un agente per lo scambio.”

JO= No, farà tutto l’infermiera che è qui dentro… e non provate a farla uscire o ammazzo quelli che sono rimasti in quest’ufficio.

“Joseph, io non glielo posso permettere.”

Spazientita, Caroline si rivolse all’ispettore dall’altro capo del telefono.

CA= Primo, non ripeta continuamente il suo nome, non suona rassicurante ma ipocrita; secondo, non sparerà ad una delle poche persone di cui si fida per avere quel farmaco. Farà fuori gli ostaggi se non le permette di venire!

Al suono della voce dell’amica, Halle si risollevò; dal tono deciso e risoluto che aveva, sembrava stesse bene.

HA= (SOTTOVOCE AD ARISADA) E’ Caroline… un membro della mia squadra, la riconosco! Oh, grazie a Dio sta bene!

“E’ la dottoressa Caroline Hale che parla?”

CA= Sono una psicologa, non un medico. E comunque si, sono io.

(SARCASTICO) “E’ un piacere sapere che anche in situazioni come questa non ha perso il suo piglio. La richiamo io.”

Alla fine della chiamata, l’uomo si voltò verso Halle.

ISP= Spero che la sua amica sappia cosa sta facendo.

HA= Mi creda…non ho dubbi a proposito.

All’interno dell’ospedale intanto, l’infermiera, su direttiva di Joseph, uscì dall’ufficio per andare a prendere il farmaco, con due ostaggi al seguito per effettuare lo scambio. Preso il medicinale, vennero liberati l’uomo con la ferita da arma da fuoco e il colosso usato come cavia per il primo farmaco; quando li videro uscire dalla porta dell’ospedale, sottobraccio ai poliziotti, sia Halle che Mello rimasero delusi nel vedere che uno dei due non era Caroline.

HA= (PENSANDO) Perché la tiene dentro?! Ha la tubercolosi, necessita di cure tempestive!

JO= Chi prende la prima dose?

KI= (PREPARANDO LA SIRINGA) Non so, vediamo… qualcuno di voi ha una nevralgia di vecchia data che gli ha disintegrato i nervi?

L’ostaggio più giovane del gruppo, un ragazzo di non più di 19 anni, rispose:

RAG= Fa molto male?

KI= Cos’è, vuoi fare l’eroe?

RAG= No, ma ne ho prese tante, sopporto bene il dolore.

INF= Quanti anni hai?

KI= Quello ha una pistola perciò cade l’obbligo del consenso dei genitori.

INF= Quella roba può anche causare danni a nervi e muscoli…

CA= Lo faccio io.

***

Esterno dell’ospedale, ore 17:25

HA= DOVETE FERMARLA!!! E’ UNA PAZZIA, NON PUO’ PRENDERE QUEL FARMACO!

ISP= Non possiamo fare niente agente Lidner, mi dispiace.

HA= L’HA SENTITO QUELLO CHE HA DETTO!! QUEL MEDICINALE PUO’ CAUSARE DANNI A NERVI E MUSCOLI!!! NON DEVE PRENDERLA!!!

“Che succede?!”

ISP= Vicedirettore Yagami, non mi aspettavo di vederla…

LI= Non sono vicedirettore, quello era l’incarico di mio padre, sono un  semplice poliziotto… che sta succedendo?

ISP= La signorina Hale si è offerta come cavia per la prima dose della capsaicina…

LI= Non mi risulta che la signorina soffra di nevralgia…

HA= Ed è per questo che non deve prenderla!!! Il dolore sarà dilaniante, potrà rischiare di rimanere paralizzata o peggio!

LI= Ehm…con chi ho l’onore di parlare?

HA= Agente Lidner.

LI= Bene… signorina Lidner, capisco la sua premura, ma come le ha già detto l’ispettore Arisada, non possiamo fare nulla per impedirlo. Se entriamo nell’ospedale, quel pazzo ucciderà tutti gli otto ostaggi rimasti, compresa la signorina Hale… e non possiamo rischiare.

HA= Ma…

LI= Mi dispiace, agente Lidner.

Dopo queste parole, Light se ne andò, lasciando la donna nello sconforto e nella disperazione; si portò una mano sui fianchi e l’altra a coprire la bocca orizzontalmente.

HA= (TRA SE E SE) Signore dalle forza… ti prego dalle la forza per sopportarlo…

***

Interno dell’ospedale, ore 17:30

Il dottor Kishimoto andò dietro Caroline che, sollevato un lembo del maglione, offriva all’ago della siringa, un triangolo di pelle nivea del fianco; il contatto del batuffolo di cotone imbevuto di gelido alcool la faceva rabbrividire.

KI= Sa vero che con la sua patologia è molto più rischioso di quanto non sia già abbastanza?
CA= Lo so, ma qualcuno doveva pur farlo…

KI= Non qualcuno con una malattia degenerativa incompatibile con certi farmaci…

L’ago affondò nella carne, il liquido cominciò a circolare nelle vene.

CA= (CON IL RESPIRO MOZZATO) Non tutto è un affascinante difetto genetico…

KI= Il suo non è un difetto genetico, era sana come un pesce prima di venire a contatto con quel virus e con quelle polveri… è la tubercolosi che parla, è lei che sventola bandiera bianca…

CA= La mia aspettativa di vita è ridotta, motivo in più per offrirmi volontaria…AAAARRGGGHHH!!!

Il farmaco cominciò a fare effetto; dolori dilanianti pervasero l’esile corpo della ragazza, tanto che si lasciò cadere a terra in ginocchio, aggrappandosi allo spigolo della scrivania per non cadere a peso morto. Le sembrò come se i suoi muscoli venissero recisi da artigli affilati e i suoi nervi strappati ed annodati come si fa con dei semplici fili di lana. Un altro urlo ed uno spasmo la colsero, mentre le mani si strinsero talmente forte e convulsamente, che le nocche sbiancarono.

KI= Maledizione… se sente dolore vuol dire che la tubercolosi sta avanzando (A JOSEPH) Tocca a lei.

Velocemente, il medico fece l’iniezione anche all’uomo….ma il risultato non fu quello sperato, dal momento che anch’egli, come Caroline, si accasciò sulla sedia dolorante.

KI= O il cuore si è guastato… o è il cancro.

CA= (CON VOCE DEBOLE) E’ il cuore…

KI= Non può esserne certa… come si sente?

CA= Il dolore si è attenuato, ma non sono io il problema… guardi la giugulare, è distesa…

JO= (AL MEDICO) Cosa vuol fare?!

CA= Controlli….le pulsazioni…

Il medico allungò una mano, arrivando a toccare il collo dell’uomo.

KI= Galoppa… 160.

CA= Va…defribillato…

JO= Chieda il defribillatore…

KI= Quel macchinario fa contrarre i muscoli, compreso quello del dito sul grilletto.

JO= Non gliela do la pistola…MANDATE IL DEFRIBILLATORE!!

KI= No!

JO= FALLO PORTARE IMMEDIATAMENTE!!! OPPURE LA AMMAZZO!

KI= Minacciare di morte chi le sta facendo la diagnosi direi che ha senso…farlo fuori davvero non ne ha molto…

INF= Gli dia la pistola,può salvarla!

CA= Potreste…dargli dei farmaci…

KI= Non sappiamo qual è il suo ritmo cardiaco..

CA= Se non facciamo nulla ammazza qualcuno, vado a prendere il medicinale.

JO= Nessuno si muove da qui!!!

KI= Se lei non torna hai un bel po’ di gente da uccidere.

Dopo aver riflettuto, Joseph si posizionò dietro l’infermiera, puntandole l’arma alla nuca; poi guardò Caroline.

JO= Va bene…ha un minuto per prendere quello che le serve.

Su indicazioni del dottor Kishimoto su dove poter reperire l’occorrente, la ragazza uscì dall’ufficio veloce come il vento; facendo le scale di corsa, arrivò al piano terra, dove vi erano la hall e l’infermeria del pronto soccorso ed entrata lì dentro cominciò a rovistare velocemente nel mobile indicatole. Una volta aperto, afferrò due siringhe e una fiala di medicinale, quando ad un tratto, sentì bussare sul vetro: si voltò e vide all’esterno due poliziotti,armati di tutto punto che le facevano segno di uscire in maniera concitata.

In quel momento, guardandoli, Caroline si trovò di fronte ad un bivio: seguirli e salvarsi sacrificando sette persone, o ritornare di sopra ed a una sorte incerta? In quel momento tutto stava nelle sue mani e nel suo libero arbitrio; poteva scegliere se sopportare per tutta la vita il peso della morte di sette persone o se continuare a condividere con loro quel dramma. Buttando lo sguardo al di là dei poliziotti, poteva vedere il giardino dell’ospedale, riempito di volanti e di agenti…era sicura che tra quelli vi fossero anche Halle, Rester e Gevanni, se non addirittura Light. Tornò con lo sguardo sui due incursori, che la stavano ancora aspettando. Doveva scegliere, e velocemente.

Il suo libero arbitrio la stava chiamando a prendersi il peso e le responsabilità delle sue azioni.

***

KI= Non tornerà.

INF= Certo che torna.

KI= Non dovrebbe…è malata, ha bisogno di cure.

INF= Mi ucciderà?

KI= Non lo so…

Il minuto concesso da Joseph a Caroline era scaduto.

L’uomo si avvicinò ancora di più all’infermiera, caricando la pistola.

INF= (PIANGENDO) LE DIA PIU’ TEMPO LA PREGO, LE DIA PIU’ TEMPO, STA CERCANDO I FARMACI ,LA PREGO HA SOLO BISOGNO DI PIU’ TEMPO!!! TORNERA’ TORNERA’!!!

In quel mentre, Caroline fece la sua irruzione nella stanza con in mano i medicinali che porse al medico.

KI= Non sarebbe dovuta tornare…

CA= E lasciare che vi uccidesse? No…

Appena il dottore si avvicinò al sequestratore con la siringa, quello sbottò indicando Caroline:

JO= No, prima lei.

KI= L’adenosina rallenta la frequenza cardiaca, il che va bene se è alta come la tua, non se è normale come la sua. Allora, mi sono spiegato?

JO= Ho detto che la prima la deve fare a lei! Non voglio correre rischi.

Senza far continuare oltre la conversazione, Caroline si lanciò sul dottor Kishimoto, gli strappò di mano la siringa che si inserì nell’incavo del braccio destro, premendo lo stantuffo per far si che il liquido le entrasse in circolo nel corpo. Appena si sfilò l’ago dal braccio, il respiro le si fece affannoso, mentre la vista le si offuscava; sentì le gambe cederle e cadde a terra, prontamente sorretta dal medico che una volta fattala sdraiare, cominciò a contarle le pulsazioni

KI= La frequenza è pericolosamente bassa. Allora, è pronto?

Dopo avergli fatto l’iniezione, controllò le pulsazioni.

KI= La frequenza è nella norma, non c’è cardiopatia… sta sudando…

JO= Per poco non rischiavo un infarto…la sorprende che io sudi?

KI= No, se non per il fatto che questo avvenga solo su un lato del volto… c’è un tumore che coinvolge il simpatico: ha un cancro ai polmoni.

***

Esterno dell’ospedale, ore 17:56

Aveva preso un altro farmaco, ed ora la sua frequenza cardiaca era sotto la media… per quale motivo doveva improvvisarsi martire di turno?! Non era abbastanza il fatto che fosse tisica?!!
Appollaiato su quell’albero, Mello dava libero sfogo ai suoi pensieri; di nascosto,Halle gli aveva fatto avere un auricolare impostato sulla frequenza del microfono posto sulla porta dell’ufficio. Caroline si stava massacrando per gente che nemmeno conosceva e che una volta usciti da li non l’avrebbero nemmeno ringraziata…per questo si sentì pervadere da un’ira cocente e furibonda, incrementata dal fatto che non poteva far nulla per aiutarla.

***

Interno dell’ospedale, ore 18:01

INF= (SENTENDO LE PULSAZIONI A CAROLINE) Frequenza al di sotto dei 50.

KI= Fatela camminare, aumenterà la frequenza.

JO= Mi serve la prova che sia cancro.

KI= Dev’essere sindrome di Pankhurst…ha dispnea, paresi del settimo nervo e anidrosi omolaterale.

INF= Il cancro ai polmoni di solito non coinvolge il settimo nervo…controlli la gola.

KI= Sputi sul pavimento.

JO= C..cosa?

KI= Sputi e basta.

Joseph, seppur interdetto, obbedì al medico, tentando di sputare sul pavimento.

KI= Bocca asciutta. Le ghiandole salivari non funzionano.

INF= Se c’è tumefazione è sindrome di Pankhurst con metastasi…

Il dottor Kishimoto iniziò a tastare la gola dell’uomo, per poi fermarsi circa all’altezza della carotide.

KI= Infatti, c’è tumefazione.

JO= Se è un cancro dovrebbe farmi un test con una radiografia…

KI= Cosa difficile, visto che la sala per le TAC è dall’altro lato dell’ospedale.

JO= E quanti ostaggi potrebbe costarmi, fare un viaggio in radiologia?

***

Esterno dell’ospedale, ore 18:15

MO= Ispettore Arisada! Si stanno spostando verso radiologia.

L’ispettore distese sul cofano dell’auto la mappa con la planimetria dell’ospedale.

ISP= E’ dall’altra parte dell’edificio. Dite agli incursori di sgomberare il piano terra.

MO= Subito.

***

Dopo aver liberato altri due ostaggi, la donna incinta e la ragazza con il braccio rotto, Joseph costrinse i restanti, a porsi in cerchio attorno a lui ed a legarsi insieme con quattro giri di corda. Caroline, davanti al sequestratore ed a fianco del dottor Kishimoto, si reggeva a stento in piedi; sentiva gli occhi farsi pesanti, difficili da mantenere aperti, la testa le girava e le gambe la sorreggevano a malapena.

Dopo un percorso di poco più di tre minuti, compreso un viaggio discendente con l’ascensore verso il terzo piano, arrivarono nella sala di radiologia; giunti lì, si slegarono dalle corde e fecero sedere Caroline a terra.

JO= (DOPO AVER CHIUSO A CHIAVE LA PORTA) Voi restate tutti qui.

Nel contempo, gli incursori fecero il loro ingresso nel reparto, piazzandosi davanti e a lato della porta.

JO= (AL MEDICO) Se le serve qualcosa che è là dentro la prenda adesso.

Dopo quest’ordine, l’uomo si sdraiò sul lettino delle TAC, in attesa che il medico prendesse gli strumenti necessari.

JO= Spostatevi. Se qualcuno si muove, gli sparo.

La macchina andò in moto, inghiottendo Joseph in uno spesso cilindro di plastica bianca. Dopo pochi istanti, ritornò fuori.

KI= Se vuole una risposta deve darmi la pistola.

Il medico, per avvalorare la sua tesi, ruotò lo schermo del computer in direzione dei presenti: quest’ultimo riportava la radiografia dello sterno di Joseph, resa illeggibile da una specie di irradiazione luminosa che partiva dalla cima del torace.

CA= Sembra una stella che esplode. Il metallo della pistola rovina l’immagine.

KI= A meno che non pensi che abbiamo organizzato tutto nel caso ci avesse preso in ostaggio uno a cui serviva una TAC, non sto mentendo. Quindi ha due scelte: darmi la pistola e avere la risposta, oppure spararmi.

JO= (PUNTANDOGLI CONTRO L’ARMA) Io non gliela do  la pistola.

***

Esterno dell’ospedale, ore 18: 35

AI= (FINENDO DI PARLARE ALL’AURICOLARE) Si.. ok va bene…lo comunico subito. Ispettore Arisada!

ISP= Che c’è agente Aizawa?!

AI= Gli incursori hanno circondato la porta di radiologia e piazzato le cariche; uno di loro sta facendo uscire altri due ostaggi.

ISP= Bene.

HA= La prego, mi dica che uno dei due ostaggi è Caroline!

ISP= Presto lo vedremo, agente Lidner.

Dopo circa un minuto, gli ostaggi uscirono in preda al panico, accompagnati dal poliziotto che tornò poi subito dentro. Ancora una volta le speranze di Halle vennero disattese: ad uscire dall’ospedale furono il marito della donna in gravidanza e l’infermiera.

ISP= Come mai vi ha rilasciati?

INF= Il dottor Kishimoto con la signorina Hale lo hanno convinto a dar loro la pistola, noi siamo scappati!

ISP= (AD HALLE) In gamba la sua amica…

HA= (TRA SE E SE) Perché rimane li dentro?! perché non è scappata come loro?!?!?!

La donna lanciò uno sguardo all’albero dove era nascosto Mello, sapendo che, sicuramente, stava patendo esattamente quanto lei, se non di più.

***

Interno dell’ospedale, ore 18:46

Con la pistola posata accanto, il dottor Kishimoto stava facendo una seconda TAC al sequestratore, assistito da Caroline che, stremata e barcollante, si era posizionata a fianco del macchinario.

KI= E tu che ci fai ancora qua?! perché non sei uscito?

L’ultimo ostaggio, il ragazzo diciannovenne, lo guardò facendo spallucce:

RAG= Curiosità. Siamo al sicuro adesso.

KI= Se lo dici tu… (A CAROLINE) Lo faccia pure uscire dalla macchina signorina Hale

JO= Entreranno da un momento all’altro, mi faccia vedere il tumore.

KI= Non è un tumore. Io non so che cos’ha.

JO= E così…è finita. Grazie di aver provato.

CA= Dottor Kishimoto, cosa sta facendo?!

Ciò che lasciò interdetta Caroline, fu il fatto che il medico agguantò la pistola, si alzò in piedi…. e la porse nuovamente all’uomo che l’afferrò prontamente.

JO= Avete fatto quattro ipotesi e lei le ha escluse tutte…magari nessuno può curarmi.

CA= (AL MEDICO) Lei è un codardo! Vuole sempre sapere tutto perché teme di fare errori; cos’è, ha paura di essere un uomo qualunque, un medico qualunque, un qualunque essere umano, da mettere a rischio la vita degli altri per la scelta egoistica del proprio libero arbitrio!?!

KI= Io sarò arrogante, ma è lei la codarda! La tisi la terrorizza e vuole fregarla facendola arrivare prima, così si illude di avere il controllo!

RAG= Posso andarmene?

KI= Mi dispiace, potresti servirci. Torniamo a noi… dispnea, anemia, paresi del settimo nervo, tachicardia…

CA= Può essere filariasi…

KI= E’ mai stato in Sudafrica?

JO= No.

CA= Febbre Q se è stato a contatto con ovini…

JO= Per carità, no, niente ovini!

KI= L’istiocitosi X spiegherebbe il coinvolgimento dei polmoni… ehi! ha girato la testa per sentire…ipoacusia all’orecchio destro.

CA= Due ore fa aveva un udito da supereroe…il Kushing causa affaticamento,dispnea e disturbi dell’udito…

KI=…e rende più aggressivi e temerari.
 
JO= Quello che faccio, lo faccio per mia scelta, non è un sintomo.

Il medico si diresse verso il telefono, componendo così il numero della hall.

KI= Mi serve il desametasone e del tempo per confermare l’ipotesi di Kushing.

“Sono Arisada. Più tempo?! Kishimoto, non stiamo trattando con lei, anzi abbiamo chiuso
con i negoziati.”


JO= Senta, ho ancora tre ostaggi…. ve ne do uno.

“Va bene…ma non testi altri farmaci sulla dottoressa malata”

JO= Va bene…mandi il medicinale.

***

Esterno dell’ospedale, ore 18:57

GE= Sta uscendo un altro ostaggio!

HA= Ti scongiuro, almeno questo che sia Caroline!!

Nel vedere però che l’ostaggio era il ragazzo diciannovenne, i nervi della donna non ressero più e si lasciò andare ad un pianto manifestante la tensione accumulata in quelle quattro infernali ore; protettivo, Gevanni l’abbracciò, facendole poggiare la fronte sulla sua spalla e lasciando che si sfogasse.

GE= Tranquilla…vedrai che andrà tutto bene… Linne se la caverà, è una ragazza tosta…

Non ne era così sicuro Mello, che preso dalla frustrazione e dall’angoscia, aveva cominciato a prendere a pugni il tronco ruvido dell’albero fino a farsi sanguinare le nocche.

***

Interno dell’ospedale, ore 19:03

KI= Se hai la sindrome di Kushing le rallenterà la respirazione…

JO= La faccia prima a lei.

KI= Non erano questi i patti. Lei ha la tubercolosi…questo farmaco le devasterebbe il fegato!

Spazientita, Caroline afferrò la siringa e prima che il medico potesse fermarla se ne iniettò il contenuto nel fianco.

CA= Il rischio è minimo, le probabilità che spari a uno di noi invece..

KI= NON LO FACCIA!!

Ma era troppo tardi. Estrattasi la siringa dal fianco, Caroline si accasciò a sedere sul lettino della TAC.

JO= La faccia a me ora.

Dopo aver somministrato il farmaco all’uomo, Kishimoto andò da Caroline, posandole una mano sul collo ed una sulla fronte.

KI= Battito accelerato…febbre. (LA FA SDRAIARE SUL LETTINO, POI SI RIVOLGE A JOSEPH) E la tua respirazione è invariata.

JO= Vale a dire?

KI= Che mi ero sbagliato… i suoi reni stanno cedendo per i farmaci che le ha fatto prendere.

***

Esterno dell’ospedale, ore 19:12

Gli incursori avevano circondato la sala delle TAC, piazzando piccole cariche di esplosivo, intervallate da circa 50 cm di distanza l’una dall’altra, lungo il perimetro dei due muri portanti; Mogi e Ide erano con loro, Matsuda alle volanti e Light,con Aizawa,controllava l’andamento delle operazioni. Dovevano stare molto attenti nelle loro prossime azioni: là dentro, oltre al sequestratore, vi erano il medico e Caroline, lei in gravi condizioni fisiche per il cocktail letale di tubercolosi e farmaci assunti.
Istintivamente Light si trovò a fissare il portone principale dell’ospedale, come se confidasse da un momento all’altro di vedere spuntare la ragazza; sarebbe ipocrita dire che in quelle ore non fu preoccupato per la sua sorte, Caroline gli interessava, il suo fare così risoluto, così sprezzante delle convenzioni, lo affascinava. Il fatto che lavorasse per Near? forse una piccola macchia sulla quale non avrebbe avuto problemi a soprassedere; ma era consapevole del fatto che se Caroline fosse stata un membro della sua squadra, sarebbe stato un notevole vantaggio; quella ragazza aveva un Q.I di 180 punti a soli ventidue anni, mentre un uomo normale, sulla quarantina arrivava ai 100…120 se era piuttosto brillante. Si ritrovò a pensare che fosse lei la sua donna ideale, la compagna da aere al proprio fianco: non Misa, un’oca stupida e viziata, ma nemmeno Takada che con lui aveva il pessimo vizio di autoannullarsi.

No…nessuna di loro…Light, al suo fianco, aveva bisogno di una donna forte…e bellissima. Proprio come Caroline.
Il suo     libero arbitrio gli consigliò di cominciare la strategia della conquista.

                        ***

Interno dell’ospedale, ore 19:17

“AAAAAARRRRRGGGGHHH!!!!”

L’urlo eruppe, violento e straziante, dalla gola di Caroline quando il dottor Kishimoto, dopo averla fatta coricare su un fianco, le andò a premere in modo deciso le reni.

KI= Deve andare via da qui…

CA= (CON VOCE AFFANNOSA E FLEBILE) Il desametasone ha bloccato….i reni… a me….ma non a lui….perchè? Ha preso…migliaia di farmaci….i reni….dovrebbero cedergli…forse qualcosa li …protegge.

KI= (RIVOLTO A JOSEPH) Devo prenderla a schiaffi.

JO= Mi sta prendendo in giro?

KI= Se fosse così, pensi che mi limiterei ad uno schiaffo?

Il dottor Kishimoto allora, incontrata la remissiva disponibilità dell’uomo, lo schiaffeggiò, per poi osservare le reazioni della guancia colpita.

KI= La contrazione è il segno di Shvostek. Ha una carenza di calcio, i farmaci che bloccano il calcio mettono al riparo da danni ai reni…Per anni ha preso inibitori della pompa protonica per la gastrite…

CA= E…quei farmaci…hanno protetto i reni…per anni…ha qualcosa…con un lungo…periodo…di incubazione.

KI=…qualcosa che avrebbe dovuto distruggere i reni e che causa dispnea, cardiopatia, fascicolazione e l’anemia… può essere Leismaniosi.

CA= Avrebbe senso se lui fosse un beduino…Mieloidosis? I…batteri vanno…nei polmoni…e arrivano…al cuore.

KI= Nelle cartelle c’è scritto che non è mai stato in un paese tropicale.

CA= Ne è…assolutamente sicuro? Messico…Costa Rica…

JO= Mai stato più a sud della Florida.

A quell’affermazione, Caroline sgranò gli occhi incontrando lo sguardo del medico, tra il sollevato ed il furioso; entrambi avevano capito.

KI= (IN TONO DURO) Ma che razza di idiota!

JO= L…la Florida conta?!

KI= Non per la corte suprema, ma è abbastanza calda per i germi! Tu dai la colpa ai medici, ma non sai nemmeno fornire un’anamnesi  decente!

Il medico si diresse verso il telefono della sala, componendo il numero della hall; dopo solo due squilli l’ispettore Arisada gli rispose.

“I negoziati sono finiti.”

KI= Lo saranno dopo che ci avrà dato 3 grammi di Ceftazidime

“Se lui esce potrà avere tutte le medicine che vuole.”

JO= Prendetevi il dottor Kishimoto!

A quell’affermazione, il medico interruppe la telefonata.

KI= (SORPRESO) Perché si libera di me?

JO= La rilascio in cambio di una risposta.

KI= (GUARDANDO CAROLINE) Le darà quel medicinale.

JO= No…

KI= Piuttosto lo dia a me.

JO= Lei ha preso tutto quello che ho preso io…la combinazione di farmaci mi può stendere.

KI= Ha un’insufficienza renale, se le dà quel medicinale lei sarà morta prima che ti ammanettino!

JO= Ho bisogno di una risposta…

KI= La sua ossessione la ucciderà!

JO= LA SUA OSSESSIONE MI HA RIDATO LA PISTOLA!!

KI= E’ inutile darle quel farmaco, anche se volessero fregarla questa è la mia ultima diagnosi!

JO= Solo se ha ragione!

CA= (TIRATASI SU A SEDERE) Dottor Kishimoto…esca da qui.

KI= La smetta,non me ne vado.

CA= Chi è il codardo adesso? Se non mi uccide quel medicinale…lo farà lui…non c’è poi molta differenza.

                        ***

Esterno dell’ospedale, ore 19:30

Stremata dall’attesa, Halle andò a sedersi sotto un albero, poggiando la schiena e la testa al tronco, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente. Che ne sarebbe stato di Caroline? Quanti farmaci aveva assunto per poter confermare la diagnosi su quel pazzo? Da quando aveva scoperto di essere tisica, si era lasciata avvolgere da una spirale di autodistruzione, e questa ne era indubbiamente la conferma… sarebbe uscita viva da quell’ospedale?
Non sapeva dirlo… e questo non faceva che attanagliarla nel freddo baratro del dubbio.

“Come sta?!”

Halle sussultò spaventata, poi guardò sopra il proprio capo.

HA= Mello! Dio mio, da quanto tempo sei lassù?

ME= Da quasi quattro ore… Halle, con l’auricolare che mi hai dato, ho sentito tutto quello che è accaduto… dimmi che non prenderà il farmaco ed uscirà tra pochi minuti…

HA= Lo spero anch’io Mello, credimi… ma non lo so…

ME= Io non resisto più! Saperla là dentro, malata, nelle mani di un pazzo ipocondriaco e non poter fare nulla per aiutarla, mi distrugge! Non mi sono mai sentito così inutile prima d’ora…

Halle fu commossa da quel ragazzo appollaiato su un albero dalle quattro di quel pomeriggio; aveva corso un enorme pericolo nel venire qua, nello stare a poco meno di un metro dall’uomo che voleva la sua testa su un piatto d’argento più di qualsiasi altra cosa. Ma l’aveva fatto, aveva sfidato tutto e tutti per andare ad assistere, seppur occultamente, la donna che amava più di ogni altra cosa su questa terra.
Mello le ricordava Caroline; come lui, la ragazza era forte,decisa, padrona di sé, autoritaria ed irremovibile.

Fragile, remissivo, volubile,arrendevole: Caroline, come lui, poteva essere tutto e il contrario di tutto. Probabilmente era l’unica persona di cui Mello si sarebbe potuto innamorare.

Caroline, che in quel preciso istante era solo a pochi metri da lei, ma che sembrava lontana anni luce.

Caroline, che mentre lei era seduta sotto un albero ad assistere passiva allo scorrere interminabile dell’attesa, stava lottando con le unghie e con i denti per rimanere appesa a quell’unico, ultimo brandello di vita che le era rimasto.

                        ***

Interno dell’ospedale, ore 19:39

Con il medicinale tra le mani, Mogi, in veste di incursore, si avvicinò alla porta della sala TAC; in contemporanea, la porta si aprì e con un movimento fulmineo, mentre il dottor Kishimoto usciva fecero scivolare sul pavimento la dose del farmaco, che venne raccolta da una mano piccola, bianca come la neve, affusolata e tremante. Poi, la porta si richiuse velocemente, quasi a voler delimitare il confine tra la salvezza e l’inferno.

Con un espressione di assoluta sofferenza in volto, il medico uscì nell’aria fresca serale del giardino ospedaliero. Subito vide andargli incontro una donna bionda, alta, che gli si presentò con il nome di Halle Lidner.

HA= Dov’è Caroline…? Perché non è con lei…?!?!?

KI= E’ rimasta dentro…ora sono solo lei e il sequestratore…

HA= (ANGOSCIATA) Ha lasciato che rimanesse dentro… come ha potuto?!? LEI NON E’ UN MEDICO, E’ UN MACELLAIO!!!!

KI= Mi dispiace tanto signorina Lidner…

Il medico oltrepassò Halle, che rimasta in piedi senza voltarsi, si coprì il viso con le mani

HA= (SOTTOVOCE) Caroline…Caroline, amica mia ti prego…resisti.

Cercò lo sguardo di Mello,ma il ragazzo, udite le parole del medico, le ricambiò uno sguardo che Halle non aveva mai visto, che non credeva possibile vedere in lui…

…negli occhi di Mello ora non c’era più né rabbia, né dolore, né frustrazione.

Ora c’era terrore.

                        ***

Interno dell’ospedale, ore 19:44

Erano rimasti solo loro due,nessun altro. Caroline e Joseph. Vittima e carnefice. Condannato e boia. Lei era seduta a terra, il braccio destro teso su uno sgabello e la mano sinistra brandente la siringa con la dose dell’ultimo medicinale; lui, in piedi davanti a lei.

CA= Non si sente in colpa all’idea di uccidermi?

JO= No, visto che ha tanta voglia di suicidarsi…

CA= Io non voglio morire…

JO= Si che lo vuole…solo che non ha il coraggio di ucciderti…non vuole farlo con le sue mani, beh, ci penso io…dato che ho una pistola.

Dicendo così puntò l’arma alla testa di Caroline che quasi scoppiando a piangere, avvicinò l’ago all’incavo del gomito.

CA= (singhiozzando) Non ce la faccio…non ci riesco..

JO= Prenda quel farmaco. Non ho molto tempo da perdere!

CA= Non voglio morire!!!

JO= Ha la tubercolosi, non sa se potrà guarire…che la uccida io o la malattia non fa differenza…

CA= Lei non è giapponese…

JO= Vengo da Manchester… ma nemmeno lei sembra la classica ragazza nipponica.

CA= Sono americana…perché è arrivato qui?

JO= Ho girato centinaia di ospedali, d’Inghilterra, d’Europa e dell’America, e nessuno è stato in grado di dirmi cosa avessi… mi rimaneva solo Tokyo.

CA= Perché…perché tutto questo?

JO= Il terrore è un buon corroborante per spingere la gente a cercare la verità. Prenda quel farmaco dottoressa Hale.

CA= D…dottoressa? Non sono un medico…

JO= E’ una psicologa, ergo un medico, ergo una dottoressa. Ora si faccia l’iniezione.

Caroline si riavvicinò tremante l’ago all’incavo del gomito, ma non fu in grado di spingere quella sottile linea argentea a fondo nella carne. Dalla paura e dalla tensione accumulata, scoppiò a piangere. A quello, Joseph le riavvicinò pericolosamente la canna dell’arma, che ora si trovava a poco meno di trenta centimetri dalla sua fronte

CA= (PIANGENDO) La prego!!! a volte bisogna fidarsi delle persone!!!

JO= Si faccia quella maledetta iniezione.

La ragazza avvicinò di nuovo l’ago al braccio, mentre gli occhi le si offuscavano dalle lacrime…la sua vita era giunta al termine, il mezzo erano quei tre grammi di liquido trasparente o una pistola puntata alla testa…

Il libero arbitrio di Joseph, l’aveva spinto a mettere sotto sequestro un intero ospedale, trascinando con lui anche lei stessa, portandola a scegliere con quale mezzo darsi la morte.

Ora era lei a dover scegliere.

 ***

Esterno dell’ospedale, ore 19:55

Le cariche erano state piazzate. Gli incursori posizionato nelle vicinanze della sala di radiologia. Ancora cinque minuti e avrebbero fatto esplodere i muri per poter entrare

ISP= E’ l’ultima carta che abbiamo da giocare.

HA= Se Caroline non dovesse uscire di qui viva Ispettore, giuro che pagherà la sua morte sulla propria pelle.

                        ***

Interno dell’ospedale, ore 20:00

JO= Come ha preso la tubercolosi?

CA= Lavorando… le polveri ed i gas esalati mi hanno infettato…

JO= Mi dica, dottoressa Hale…lei ha figli?

Caroline, singhiozzando, scosse la testa in segno di diniego.

JO= Quanti anni ha?

CA= …Ventidue…

JO= Non c’è nessuno nella sua vita?

CA= S…si… c’è una persona…

JO= Lui la ama?

Caroline piangeva…ed il ricordo di Mello non faceva che incrementare la cosa… l’aveva abbandonata dopo una notte d’amore, sparendo nel nulla… perché dire che era ancora nella sua vita?!

CA= Io…non lo so…

JO= E lei lo ama?

A quella domanda, la ragazza scoppiò in un pianto disperato.

CA= SI!!! LO AMO! LO AMO SOPRA OGNI COSA!

JO= Morirebbe per lui?

Il pianto di Caroline, cessò, non potendo credere a quello che aveva sentito.

CA= C…cosa?

JO= Prenda tutto questo come un sacrificio per lui…perché se non si farà quell’iniezione, giurò che lo cercherò… e quando lo troverò, perché sarà così mi creda, lo ucciderò…

CA= NO!! NO,LA PREGO NON LO FACCIA, FARO’ TUTTO QUELLO CHE VUOLE! MA NON LO TOCCHI LA PREGO!!!

JO= Mi basta che prenda quel farmaco, signorina.

Caroline ridistese il braccio, e mentre la siringa vi si stava avvicinando pericolosamente, Joseph parlò:

JO= Vede dottoressa Hale, la genetica del suo viso è benedetta, perché lei è davvero bellissima… ma la chimica del suo corpo lo è un po’ meno… un po’ come per me… solo che io voglio scoprire perché, a differenza di lei che ha accettato la sua diagnosi passivamente. Io voglio la verità.

CA= La vuole sequestrando un ospedale?

JO= Sono pronto ad uccidere per averla.

CA= Joseph, se lei mi ammazza, quando i poliziotti entreranno, non solo l’arresteranno ma la condanneranno a morte…o se non lo faranno, la lasceranno marcire in prigione per il resto della sua vita… se mi uccide non potrà aggrapparsi a nulla per ridurre la sua pena…la prego, ci pensi… potrebbe rifarsi una vita una volta uscito di galera…allora la sua ricerca avrà avuto un senso… ma se mi uccide, tutto il suo sforzo sarà andato in fumo…

JO= Se non dovesse guarire…quanto tempo le rimarrebbe da vivere?
CA= Cinque…sei anni al massimo…ma con questa iniezione poco meno di un’ora.

E così dicendo, si avvicinò risoluta l’ago al braccio; Joseph però, le strappò la siringa dalla mano e fece appena a tempo ad iniettarsene il contenuto, che il muro della stanza esplose. L’onda d’urto scaraventò l’uomo a terra, seguito da Caroline, che già seduta, ebbe un contraccolpo minore nel cadere distesa sul pavimento.

Tra la polvere e i detriti, Halle corse angosciata verso di lei e le si accucciò accanto, temendo di trovarla morta. Ma il cuore di Caroline aveva continuato a battere, non rassegnandosi all’idea della morte.

HA= (SORRIDENDOLE TRA LE  LACRIME) Sei viva…

CA= Non me l’ha fatta prendere…si è fidato…

HA= (PRENDENDOLA TRA LE BRACCIA) Vieni con me tesoro…è tutto finito.

***

Si svegliò due ore dopo nel reparto di terapia intensiva; aprendo lentamente gli occhi, vide che era sotto le coperte di un letto d’ospedale, in una camera riservata a lei sola. Aveva due cuscini dietro la testa ed accanto al letto, un macchinario che riconobbe essere quello della dialisi, collegato ai suoi polsi ed alle sue braccia tramite lunghi e sottili tubicini trasparenti. Si guardò il corpo: Halle l’aveva vestita con una piccola canottiera grigia e con dei pantaloni di morbido jersey nero…tutto sommato non stava neanche male. Dopo tutto questo, mise a fuoco l’amica, seduta accanto a lei;

HA= (SORRIDENDO) Una settimana di dialisi e i reni torneranno a posto…

CA= Grazie…per la tubercolosi?

HA= Hanno fatto le analisi… il tuo fisico può sopportare la terapia…

CA= (SORRIDE) D…Davvero?

HA= Potrai guarire!!! Tesoro, non hai idea di quanto sia felice!

Risero e si abbracciarono, poi Halle la baciò sulla fronte.

HA= Qualcuno è venuto a farti visita…ci vediamo dopo.

Halle se ne andò, e subito dopo di lei, Caroline vide entrare lui… colui che in una stanza, con una pistola puntata alla testa, aveva detto di amare alla follia.

Mello.

Non lo vedeva da molti giorni, e le sembrò più bello che mai. Dopo esser rimasto sulla porta per qualche istante, si avvicinò al letto, sedendosi sullo sgabello dove poco prima vi era stata Halle. I suoi occhi azzurri come acquamarine, la osservarono ardenti.

ME= Come stai?

CA= Ora bene…cosa ci fai qui? Gli uomini di Light potrebbero vederti e, per quanto mi risulta, non hai obblighi verso di me… non sono la “tua ragazza”…

ME= Non lo sei mai stata.

CA= Ah, buono a sapersi…

ME=…Perché sei sempre stata molto di più per me…

CA= Che intendi dire?

ME= Sei la mia unica ragione di vita…

CA= Ero la tua unica ragione di vita… visto che sei sparito nel nulla devi averne trovata una più importante.

ME= Sei brava a giocare con le parole Caroline… è una tua particolarità.

CA= Devo prenderlo come un complimento suppongo…

ME= Ma per quanto tu sia abile, non puoi giocare con quello che provi dentro…

CA= Perché, tu si?

ME= Nessuno a questo mondo può…

CA= Tu mi ami?

Quella domanda lasciò Mello spiazzato; benché il suo cuore e la sua mente urlassero “SI! DILLE CHE LA AMI!”, la sua bocca pronunciò, in un sospiro sofferto, tutt’altro.

ME=…No…

Se Caroline rimase ferita da quella parola, lo mascherò molto bene; quando rispose, la sua voce era tranquilla.

CA= Lo sapevo…allora vuol dire che neanche tu sei convinto di quello che dici…e sei venuto qui senza sapere perché…

ME= Perché vuoi rovinare tutto?

CA= Ti sbagli… è già tutto rovinato.

ME= Non puoi capire…

CA= Ecco perché tra noi non potrà mai esserci niente…

Mello la guardò in tutta la sua folgorante bellezza: seppur malata e sfinita, aveva rivelato una fibra caratteriale forte e determinata. Scoprì che la differenza tra lui e Caroline era quella che, dopo l’abbandono, lei era riuscita a rialzarsi… lui invece, barcollava ancora terribilmente.

ME= Forse è meglio che vada…

CA= Buona fortuna Mello…

ME= Buona fortuna anche a te Caroline.

E se ne andò. Soltanto quando fu sicura di essere sola, chiuse gli occhi, ripensando a tutto ciò che si erano detti; reclinò la testa sul cuscino, lasciando che una lacrima, una e una sola, le scendesse calda e corrosiva, lungo la gota. Il suo ultimo ricordo di Mello fu quello, un ragazzo sofferente, tribolato e bellissimo al suo capezzale di momentanea inferma.

               

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13
Non chiudere gli occhi



Si trovava all’SPK, ma il luogo,già ombroso di sua natura, era immerso in un buio ancora più nero e nel silenzio più assoluto. Chiamando uno ad uno i suoi colleghi, ma non ottenendo risposta, Caroline cominciò ad insospettirsi;
con passo incerto cominciò a scendere le prime scalette del portoncino interno, guardandosi attorno e realizzando di essere completamente sola.

CA= Halle…Near…ragazzi, dove siete?

Arrivò così alla sala monitor, che riempiva più di metà luogo, illuminata come d’abitudine dalla luce traslucida e semovente degli schermi televisivi; aguzzandola vista, vide che di schiena, seduto sul seggio che di solito occupava Rester, vi era un ragazzo. Sollevata, Caroline andò verso di lui.

CA= Near,santo cielo, cominciavo a preoccuparmi! Potevi rispondermi almeno!

Quando gli fu vicino, quasi per un gesto automatico gli pose la mano sulla spalla e lo girò verso di se; quando lo ebbe davanti, i suoi occhi si allargarono ed impiegò qualche secondo a registrare l’immagine:

Non c’era Near seduto su quella sedia….


Un volto cereo ed inespressivo la stava fissando…
 

Seduto sul seggio, reggeva un Near dormiente tra le braccia..
 

Il volto dell’altro, da inespressivo, divenne beffardo.
 

“Salve Caroline…mi chiedevo quando ti avrei incontrato…”

Ed allungò una mano verso il viso della ragazza.
                       
***

Si svegliò di soprassalto, con il cuore a mille ed il respiro affannoso. Si guardò attorno: era nella sala ospedaliera adibita al Trial, seduta su una poltrona e con una flebo attaccata all’incavo del braccio destro; un’infermiera le stava accanto,sorridendole gentilmente.

INF= Signorina Hale, ha finito la sua prima seduta…

CA= (TRA SE) Era solo un sogno… dio mio, solo un sogno…

INF= Si, si è addormentata a circa metà della flebo…mi è dispiaciuto svegliarla, sembrava non dormisse da giorni…

CA= Più o meno la situazione è quella… comunque grazie mille, mi perdoni se mi sono svegliata in quel modo brusco.

INF= Si figuri, nessuno è padrone consapevole di ciò che sogna e delle azioni che compie durante il sonno. Bene, ora deve andare dal dottor Kishimoto… la strada la sa, vero? J

CA= Si, certo, non è un problema…scusi ancora e arrivederci!

INF= Arrivederci a lei, signorina Hale…

Mentre saliva le scale per dirigersi nello studio medico, Caroline non poté non ripensare al sogno fatto ed allo sconosciuto che vi aveva trovato…era sicuro di non averlo mai visto e per questo, cercò di concentrarsi sulle sue caratteristiche fisiche. Ma per quanto si sforzasse, i lineamenti del ragazzo misterioso, le tornavano alla mente sfocati, non chiari, come se avesse osservato una fotografia mal messa a fuoco. Su quella confusione pero, una cosa le risultò perfettamente nitida: gli occhi.
Gli occhi dello sconosciuto erano grandi, voragini senza tempo, forse di un’altra dimensione. Occhi che la osservarono dentro, andando oltre la pelle, oltre i muscoli, arrivando al sangue ed al cuore… occhi che Caroline, seppur in sogno, sentì bruciarle addosso come carboni roventi.

Nel frattempo era giunta davanti all’ufficio del medico, bussò delicatamente e dopo aver atteso educatamente l’invito ad entrare, aprì la porta.

KI= Signorina Hale, salve! Mi perdoni se sono andato via a metà del suo Trial, ma mi hanno chiamato in pronto soccorso…

CA= Non si preoccupi dottore, non sarebbe stato entusiasmante comunque… mentre ero sotto flebo mi sono addormentata…

KI= Beh,allora suppongo che per lei sia stato meglio non avere gente attorno! J ma via, cominciamo la visita di controllo… mi dia il braccio…

Sedutasi sul lettino, sotto invito del medico, Caroline gli porse l’arto destro; il dottor Kishimoto l’afferrò mettendo pollice, indice e medio di una mano sulla giuntura ossea del gomito della ragazza, mentre con l’altra mano ne muoveva l’avambraccio avanti e indietro, con velocità, forza e pressione alternata. Dopo due minuti, fece la stessa cosa con il braccio sinistro.

KI= Bene,l’attività muscolare è ancora in buono stato, così come le ossa…

Subito dopo, le mise davanti una strana apparecchiatura; aveva si e no la grandezza di una scatola da scarpe, ma sulla sua superficie vi erano disegnati i contorni di due mani dove, nel luogo in cui sarebbe dovuto essere il polpastrello, vi era un Led piatto e ovale.

CA= Mi scusi…posso chiederle che cos’è?

KI= Ci servirà per osservare il funzionamento delle sue terminazioni nervose… semplicemente lei dovrà poggiare un palmo alla volta sul disegno della mano qui sopra, io accenderò la macchina ed i Led cominceranno a lampeggiare in sequenza ordinata, partendo dal pollice per arrivare al mignolo.

CA= E io che devo fare?

KI= Semplicemente dovrà schiacciarli con le dita, senza staccare la mano dalla macchina… un po’ come se stesse tamburellando mentre aspetta qualcuno….

CA= Va bene….

Il test durò dieci minuti, cinque per mano, durante i quali il dottor Kishimoto controllava incessantemente i dati che la macchinetta, collegata al suo computer, gli proiettava sullo schermo. Al termine, sembrava soddisfatto.

KI= Va bene…direi che per oggi è sufficiente…

CA= Risultato?

KI= Non sta andando male signorina Hale… i nervi sono un po’ rallentati, ma è normale dopo le prime sedute di flebo… ma continui così.

Dopo un ultimo controllo ai polmoni ed alla respirazione, il medico congedò Caroline con l’appuntamento al mercoledì della settimana successiva.
Un pochino più sollevata, uscì dall’ospedale sentendo l’aria fresca ed i raggi del sole accarezzarle il viso, muovendosi poi per scendere le scale…

“Credo che tu sia la sola che vedo sorridere quando esce dall’ospedale…”

Al suono di quella voce, la ragazza si voltò verso la sua provenienza, riconoscendo ancor prima di vederla, la persona cui apparteneva.

                        ***

NE= Halle…

HA= Si?

NE= Dov’è Caroline?

HA= All’ospedale, per il Trial… dovrebbe uscire a momenti…

NE= Devo comunicare una cosa ad entrambe…ma per ora la dirò a te, poi gliela riporterai…

HA= Ok… dimmi.

NE= Sappiamo tutti che Kira ha scelto come sua portavoce Kyiomi Takada, giusto?

HA= Si,certo…lei stessa lo ha annunciato in diretta televisiva al telegiornale… e con ciò?

NE= Per poter sconfiggere Kira, ci servono più informazioni possibili. E proprio per il suo ruolo, Takada sta cercando delle guardie del corpo… e per un suo capriccio, le sta cercando femminili…

HA= Non mi starai dicendo che io e Caroline dovremo entrare a farne parte?

NE= Purtroppo si… siete le uniche donne della mia squadra, e con le vostre referenze di agente della CIA per te, e di ex facente parte per Caroline, non credo avreste delle difficoltà ad entrarvi.

HA= (SOSPIRANDO) Per me non c’è problema…ma sei consapevole del fatto che Caroline non la prenderà bene vero?

NE= Ha altra scelta?

Halle guardò sconsolata il ragazzo; sapeva bene che quel tono e quel modo di porre il discorso, contemplavano solo due risposte da ricevere dagli interlocutori: “accetto” e “va bene”.

HA= No….direi di no…

 ***

CA= Light! Ma che ci fai qui? Non dovresti essere al quartier generale?

LI= Sono sicuro che Mogi e gli altri sapranno cavarsela benissimo da soli se manco per un po’… volevo sapere come stavi…

CA= Direi bene… ancora un po’ scossa per la settimana scorsa, ma nel complesso bene…

LI= Mi fa piacere…Caroline, voglio essere sincero con te; non ti chiederò perché ogni settimana tu venga in ospedale e perché  tu ti trovassi qui il giorno del sequestro…sono convinto che queste cose debbano rimanere private, a meno che il diretto interessato non abbia il desiderio di parlarne.
Ma voglio dirti che per qualsiasi cosa, utile o futile che sia, potrai sempre contare sul mio aiuto.

Caroline rimase piacevolmente stupita da quel discorso, fatto mentre insieme stavano scendendo la scalinata ed attraversando il viale immerso nel verde. Light le stava offrendo il suo appoggio incondizionato, pur accettando di rimanere all’oscuro di ciò che la spingeva a recarsi li ogni mercoledì della settimana. Non stava cercando di spingerla a parlare, gli bastava solo che si fidasse di lui, lasciandole la libertà di scegliere quando e se metterlo al corrente della sua situazione.

CA= Grazie…davvero. E’ la prima volta che sento qualcuno parlare così…

LI= E’ la mia natura… “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” in sostanza…

Caroline gli sorrise, non potendo non accorgersi dell’elevata bellezza maschile che le stava accanto; alto, magro e con un fisico invidiabile, dai grandi espressivi occhi color bronzo incorniciati in un viso d’angelo, Light Yagami probabilmente incarnava il desiderio proibito di qualunque donna avesse avuto l’occasione di incontrarlo…non si stupì quindi della scenata che Misa Amane aveva piantato alla notizia della relazione tra il ragazzo e Kyiomi Takada. Doveva essere stato uno smacco duro da digerire, per una idol famosa come Amane, l’essere scaricata da Light; un vero affronto mediatico.


CA= Allora Light… come va la tua relazione con Takada? (PENSANDO) Domanda rischiosa…ma si sa, la curiosità è donna.

LI= E’ stabile…ha i suoi alti e bassi ma procede… e tu?

CA= Io? Ah, no niente di tutto questo…

LI= Vorresti dire che sei sola? una ragazza bellissima come te?

CA= Forse “bellissima” è un po’ esagerato… comunque si, hai centrato il nocciolo della questione…

LI= Non posso crederci… relazione finita male?

CA= (PENSANDO) Perché, ce n’è mai stata una? (A LIGHT) No, assolutamente…nessuna relazione… sono sola e basta.

LI= Sorprendente…

Chiacchierando erano arrivati alla fine del viale, davanti alla macchina di Caroline.

LI= Pare che siamo giunti a destinazione… arrivederci Caroline, è stato bello parlare con te…

CA= Lo è stato anche per me… arrivederci Light.

Salì in macchina e mise in moto; Light rimase fermo ad osservarla finché l’auto non sparì dalla sua visuale svoltando a destra.


“Ragazza interessante eh, Light?”

LI= Ryuk… quante volte ti ho detto che non posso parlare con te all’aperto? Io ti vedo e ti sento, ma la gente attorno a me no, e penserà che sia pazzo.

 “Non c’è nessuno adesso.”

LI= Per una volta devo darti ragione Ryuk… Caroline è parecchio interessante; quel suo mistero, quell’aura di sfuggevolezza, il fatto che mantenga sempre le sue difese ben alte… sono stimolanti.

RY= Hai intenzione di usarla come hai fatto con Amane e come  stai facendo tutt’ora con Takada?

LI= Oh,no…no, per niente. Con lei è tutto diverso, è un gioco nuovo, una scommessa differente… Caroline non è Misa e non è Takada… è sveglia,intelligente, astuta... con lei la cosa sarà più impegnativa.

RY= Io sono uno shinigami…ma in quanto tale, è mia facoltà poter percepire le variazioni umorali di chi mi circonda… Lei non suscita in te l’indifferenza che hai per Takada o l’irritazione per Misa… lei ti interessa; e non solo sul piano Kira vs SPK…

LI= Forse hai ragione Ryuk… lei mi interessa.

Con queste ultime parole Light si voltò, incamminandosi fuori dall’ospedale. Ryuk, nella sua imperscrutabile eternità di dio della morte, aveva colto nel segno; Caroline gli interessava, lo seduceva con la sua bellezza e con la sua intelligenza; nonostante sapesse di cimentarsi in un gioco estremamente pericoloso, il suo fine ultimo era quello di averla…

…e conoscendosi, non nutriva dubbi sul fatto che, presto o tardi, l’avrebbe avuta.

***

Stava entrando all’SPK, con il cuore stranamente leggero dopo molto tempo; subito Halle le andò incontro, chiedendole del Trial e di come si sentisse.

CA= Dal tuo viso deduco che tu debba dirmi anche qualcos’altro… avanti, sputa il rospo.

Halle, la mise al corrente di ciò che Near aveva escogitato. La reazione della mora fu esattamente come Halle aveva pronosticato.

CA= COOOSA?!?!?! NO NO NO E ASSOLUTAMENTE NO!! NON ENTRERO’ MAI A FAR PARTE DEL CORPO DI GUARDIA DI QUELL’OCA CON SINDROME DI ONNIPOTENZA DI TAKADA!

HA= Linne, non abbiamo scelta…

CA= SI CHE L’ABBIAMO!E FINCHE NE POSSO ANCORA USUFRUIRE IO ESIGO DI SCEGLIERE DI NON PARTECIPARE A QUEL CIRCO DEGLI ORRORI!!!!

NE= Mi dispiace Caroline, ma Halle ha ragione… e poi, anche volendo non potresti più tirarti indietro.

CA= E PER QUALE MOTIVO?!?!?!

NE= Ieri vi ho inserito nelle graduatorie… siete state entrambe scelte.

CA= MI STAI PRENDENDO IN GIRO?!?!

HA= (STRINGENDOSI L’INIZIO DEL SETTO NASALE CON LE DITA) Ora lo uccide…ora lo disintegra… lo ammazza, lo ammazza me lo sento…

CA= (A NEAR) QUESTO E’ TROPPO! MI HAI FATTO FARE DA AMBASCIATORE MANDANDOMI IN QUEL COVO DI SPOSTATI E PASSI! SONO DOVUTA ANDARE DA L SENTENDOMI COSTANTEMENTE SOTTO ESAME E PASSI ANCHE QUELLO! MA MANDARMI IN QUEL CARNAIO, IN QUELLA SOTTOSPECIE DI CIRCO PER SOTTOSTARE A QUELLA DONNA, PROPRIO NON POSSO SOPPORTARLO!

Near la fissò imperscrutabile, i grandi occhi grigi indecifrabili ma pervasi da durezza; Halle si sbalordì. Era la prima volta che Near usava quello sguardo e quel tono con Caroline.

NE= Tra due giorni tu entrerai in servizio con Halle come guardia del corpo di Kyiomi Takada. Se non ti presenterai allora, non darti nemmeno la pena di tornare qui.


Il gelo calò su di loro, mentre gli sguardi di Halle, Gevanni e Rester erano fissi su di loro, attoniti, quasi smarriti. Bosco e velluto si stavano scontrando, fissi l’uno nell’altro, in uno scontro muto e feroce. Impulso contro Razionalità. Fuoco contro Ghiaccio.

O più semplicemente, Caroline contro Near.

Quest’ultima, presa dal nervosismo, si voltò per uscire a grandi falcate dall’ufficio, sbattendo violentemente la porta dietro di se. Halle fece per seguirla.

HA= Caroline!

NE= Lasciala andare.

HA= Near…

NE= Caroline è un carattere indomito e ribelle, il che può avere i suoi vantaggi. Ma deve imparare che,a volte, bisogna scendere a compromessi. Altrimenti non si tratta più di impulsività….ma di autodistruzione.

HA= Se tra due giorni non dovesse presentarsi…se non dovesse accettare l’incarico… davvero la caccerai?

NE= Non ce ne sarà bisogno…tornerà. Ha preso troppo a cuore questo lavoro.

HA= Spero tu non ti sia sbagliando Near…

NE= Accade raramente…

***

-La sera stessa-


Aveva fatto di nuovo quel sogno, che ormai si ripeteva da tre notti; sempre la stessa dinamica, sempre le stesse parole e sempre lo stesso, il momento in cui si svegliava.

CA= Maledizione! comincio ad esserne esasperata!

Si era assopita rannicchiata sul divano, davanti ad un piccolo fuoco ardente che illuminava la stanza di ombre rosso-arancio tremolanti, il libro che stava leggendo era scivolato a terra. D’istinto guardò l’ora: erano le 22:30.

CA= Tu non hai di questi problemi eh, Ant?

La ragazza parlò in direzione del gatto, acciambellato ai piedi del caminetto. Dopo circa dieci minuti, il telefono fisso cominciò a squillare.

CA= (PENSANDO) Chi diavolo può essere a quest’ora?! (RISPONDENDO) Pronto?

“Signorina Seyrig?”

CA= Sono io…ma chi parla?

“Sono il dottor Reiver, dell’ospedale psichiatrico.”

CA= Si, certo, ora la riconosco… mi dica, di che vuole parlarmi?

“Sua sorella…è scappata dall’ospedale.”

Caroline sentì il suo cuore perdere un battito.

CA= S…scappata? Ma dove?! quando?!

“Poche ore fa… ha tramortito l’infermiere che doveva portarle i farmaci ed è fuggita.”

CA= Vado subito a cercarla.

“ Quattro nostri agenti di vigilanza sono già in giro per la città… ma con la processione tutto è più complicato.”

CA= La processione?

“Si, non se n’è accorta? Una sorta di fiaccolata contro l’epidemia…sta attraversando tutta Tokyo”

CA= Ah.. beh, è inutile star qui a parlare. Vado a cercarla; a risentirci dottor Reiver.

“Buona fortuna signorina Seyrig…faccia attenzione.”

Conclusa la telefonata con il dottor Reiver, Caroline utilizzando quel poco di sangue freddo che le era rimasto, telefonò ad Halle che le rispose con voce assonnata.

HA= Pronto….?

CA= Sono io…perdona l’ora ma mi serve il tuo aiuto…

HA= Che c’è?

CA= Rachel… è scappata dall’ospedale psichiatrico.

HA= Cosa? Ma, adesso?

CA= Qualche ora fa… mi ha chiamato il medico che l’ha in cura.

HA= Santo dio…con tutta la gente che è alla processione, sarà come cercare un ago in un pagliaio!

CA= Lo so… ma non può restare fuori con addosso un paio di pantaloni e una maglia… è notte e siamo a fine novembre!

HA= Dove ci incontriamo?

CA= Davanti all’SPK, tra dieci minuti…grazie di tutto.

HA= Io ci sono sempre per te…a tra poco.

Terminato di parlare con l’amica,Halle si mise a sedere sul letto, poggiando i piedi sul tiepido parquet; appena fece per alzarsi, un braccio le cinse i fianchi a cui seguì una voce assonnata.

“Chi era?”

HA= Caroline… ha bisogno del mio aiuto…

“Le vuoi bene vero?”

HA= Come se fosse mia sorella… è la persona più cara che ho…

“Più di me?”

HA= Non essere sciocco Stephen… sai che ti amo…

“Caroline sa della nostra relazione?”

HA= Si…non è stupida. Ma non preoccuparti, se vuoi che un tuo segreto sia mantenuto, dillo a lei e sarai al sicuro…


“ Anche perché non so come la prenderebbe Near sapendo che l’agente Gevanni va a letto con l’agente Lidner…”

HA=  (SORRIDENDO) Già…

GE= Come va tra Caroline e Mello?

HA= Quei due sono orgogliosi,testardi e si infiammano velocemente… ma si amano come non ho mai visto prima… e presto o tardi torneranno assieme.

GE= Lo spero per lei…

HA= Devo andare… tu resta pure qui a dormire…ma prima devo fare una telefonata…

***

Si trovarono davanti all’SPK in perfetto orario; decisero di dividersi, così Halle si diresse verso destra, Caroline a sinistra, la prima delle due che l’avesse trovata, avrebbe contattato l’altra.

CA= Rachel…ma che ti è saltato in testa?

Camminò a passo rapido per più di un’ora e senza accorgersene arrivò nella strada principale, affollata di gente di tutte le età e di ambo i sessi, intonante canti gregoriani e portanti migliaia di fiaccole. In testa al corteo, Caroline poté scorgere da lontano un sacerdote con a lato due chierichetti reggenti un grosso crocifisso ligneo pieno di fiammelle. Correndo, attraversò la fiumana di gente, finché non andò a sbattere contro qualcuno.

CA= Mio dio, scusami, scusami tanto, non ti ho proprio vis…Light?!

LI= Caroline! Sembra proprio che io te dobbiamo incontrarci nei luoghi più improbabili… sei alla processione?

TA= Salve signorina Hale…

CA= Miss Takada… no, Light, scusa ma vado veramente di fretta…

LI= Mio dio, sei sconvolta! E’ successo qualcosa?!

CA= E’ troppo lungo da spiegare Light, ora non posso prop..

“CAROLINE!”

Per la seconda volta, Caroline rimase con il discorso a mezz’aria. Nel sentirsi chiamare con un tono di voce così autoritario si voltò di scatto.

A lato del marciapiede, a circa mezzo metro da lei, vi era una moto di grossa cilindrata completamente nera, in tinta con il colore dell’abbigliamento di chi la cavalcava e che celava il volto dietro un casco integrale nero anch’esso.

CA= (PENSANDO) Ma è pazzo?! Farsi vedere da me con Light e Takada davanti?!

La ragazza osservò l’espressione dei due: se Takada non vi aveva prestato molta attenzione, Light non stava perdendo di vista nemmeno per un secondo sia la moto che il suo proprietario. L’individuo la chiamò nuovamente.

“CAROLINE!”

A quel punto la ragazza si mosse verso di lui.

CA= Scusa Light…

Quando si avvicinò alla moto, il ragazzo voltò la testa verso di lei che riuscì a vedere, seppur la visiera fosse quasi completamente schermata, due sfavillanti occhi cerulei. Non ebbe più dubbi su chi avesse davanti.

CA= (IN TONO DURO) Che cosa vuoi?

ME= Sali sulla moto. Non ce la farai mai a trovarla se cammini a piedi.

CA= Non ho bisogno del tuo aiuto.

ME= SALI.


Caroline si voltò per continuare a camminare, ma dopo aver fatto due soli passi, Mello l’afferrò bruscamente per il braccio in una stretta che avrebbe potuto stritolare l’acciaio; la portò vicinissima a se, senza mollare la presa e sibilò.

ME= Sali su questa moto. O quant’è vero iddio, giuro che mi tolgo il casco e vado davanti a Yagami a presentarmi.

Messa alle strette, Caroline salì sulla moto posizionandosi dietro Mello, cingendone la vita con le braccia sottili; il contatto con il corpo di lui la fece tremare leggermente. Dopodiché, la moto partì a tutto gas.
Light nel frattempo non aveva perso di vista la benché minima azione, intuendo che sotto quel casco vi fosse qualcuno di molto importante…sia per Caroline che per lui. Ricominciò quindi a camminare, ma di colpo, come un flash o una fiammata, si ricordò di dove aveva già sentito quella voce.

LI= Mello….Caroline stava parlando con Mello…

Sentì un sorriso diabolico affiorargli alle labbra; bene….da quella sera avrebbe avuto un motivo in più per avvicinarsi a lei.

***

Giravano per la città da più di mezz’ora. Mello sentiva il corpo di Caroline adeso delicatamente al suo, quasi lo sentisse come una protezione dal mondo circostante. Dal canto suo il ragazzo doveva ricorrere ad ogni goccia di forza di volontà per non cedere all’impulso che gli si stava agitando nel ventre; sentire le piccole braccia della ragazza stringergli i fianchi ed avvertire la dolce pressione del suo seno sulla propria schiena facevano crescere in lui la brama di gettare la moto in qualche angolo buio, baciarla voracemente, strapparle i vestiti che indossava e farla sua all’istante. Caroline risvegliava in lui quelle brame, quei desideri che aveva cercato di sopire per ben due mesi, ma che ora, avendola così vicina, sgorgavano in lui mille volte più brucianti.
Ad un tratto avvertì la ragazza mettere una mano alla tasca dei pantaloni e capì che qualcuno, forse Halle, la stava chiamando; per questo motivo, accostò, la fece scendere e finalmente liberò il capo dal casco.

CA= Halle! L’avete trovata?

“Caroline, sono Matt…Halle è con me, ma al momento sta cercando di tranquillizzare tua sorella…”

CA= Matt, grazie al cielo! Dove siete?!

MA= La stiamo portando all’ospedale sanitario, ha preso molto freddo, credo abbia la febbre.

CA= Va bene, ci vediamo là…

MA= Mello è con te?

CA= Si…arriviamo subito!

ME= Non mi hai mai detto che avevi una sorella.

CA= Come se ti fosse interessato…

ME= Sei troppo rancorosa Caroline.

CA= (AVVICINANDOSI AL VISO DI MELLO, MINACCIOSA) Rancorosa?! Io?! Ah, questa è bella! E tu allora?! Hai preso quello che volevi da tutti…

ME= Stai sbagliando…

CA= (ANCORA PIU’ VICINO) Hai preso quello che volevi da me!

Erano vicinissimi, lo sguardo irato di lei in quello glaciale di lui; i loro visi erano a meno di 5 centimetri di distanza, se si fosse sporto di un millimetro, Mello avrebbe potuto baciarla, perdersi nel sapore e nella morbidezza di quelle labbra cui aveva rinunciato tempo addietro…era vicina,in silenzio…così vicina… sapeva che se l’avesse baciata non sarebbe più stato in grado di fermarsi.

ME= Forse è meglio se ci dirigiamo all’ospedale…Sali.

***

Dopo altri venti minuti di tragitto, arrivarono in ospedale, salirono di corsa le scale e seguendo le indicazioni di Halle, corsero verso il padiglione dove avevano ricoverato la sorella. Matt e l’amica li stavano aspettando fuori dalla porta di Rachel.

CA= HALLE! MATT!

HA= Grazie al cielo, sei arrivata!

CA= Come mai siete fuori?

MA= E’ entrato il medico a visitarla, abbiamo ritenuto opportuno rimanere fuori…


CA= Mio dio ragazzi, non so come ringraziarvi abbastanza… siete stati fondamentali per me…

MA= Tu avresti fatto lo stesso per uno di noi… comunque wow…

HA+ME= O.o?

CA= Wow che?

MA= Una sorella… deve essere forte… io sono sempre stato solo…

CA= Credimi Matt, a volte non è tutto rose e fiori…

HA= Linne, io ero già a conoscenza dell’esistenza di Rachel… ma da quando ci conosciamo, non hai mai voluto parlare della sua storia… credo che ora sia arrivato il momento di farlo…

CA= Già… forse avete ragione…

MA= Siamo tuoi amici…ti ascoltiamo.

Dopo un respiro profondo, la ragazza cominciò a raccontare:

CA= Ci sono tre anni di differenza tra me e Rachel, tre anni che non ci sono mai pesati…avevamo un rapporto meraviglioso, ci volevamo bene, eravamo non solo sorelle ma anche reciproche amiche, confidenti… lei mi difendeva sempre sia tra i bambini che in casa, contro mia madre. All’età di otto anni le diagnosticarono una forma di schizofrenia latente che si manifestava con sbalzi umorali improvvisi ed aggressività; se per mia madre fu un crollo psicologico, per me non fu che una definizione campata per aria: Rachel con me era sempre dolce, premurosa…perfetta….non mi ha mai fatto del male e tutte le volte che avvertiva che nella sua mente cambiava qualcosa, si nascondeva da me per far sì che io non vedessi e non mi spaventassi. Ricordo che dormivamo in camere vicine ma separate, e tutte le volte che mi sentiva gridare per un incubo, correva da me, mi svegliava ed abbracciandomi mi sussurrava “era solo un brutto sogno…torna da me…torna da me..”. Ho passato gli anni più belli della mia infanzia con lei, Rachel era un genio! Mi insegnò a suonare il pianoforte, mi leggeva libri meravigliosi e mi raccontava storie incredibili… lei, per molto tempo, è stata la mia figura materna…mia madre era troppo impegnata a cercare di far carriera per occuparsi di noi, l’unico nostro conforto era nostro padre, che ci amava oltre ogni immaginazione. New York in quegli anni offriva molto alle ragazze di buona società, come venivamo giudicate noi…ma offriva anche pericoli e rovine…come quella che ci capitò addosso quando Rachel compì 15 anni…”

HA= Che cosa successe?

CA= Era un giorno d’estate… luglio,se non ricordo male… mia madre aveva mandato Rachel a comprare l’occorrente per la cena della sera ed io l’aspettavo con gioia, perché voleva a tutti i costi avermi al suo fianco mentre doveva fare qualcosa o se doveva cucinare; erano circa le sei di sera e dopo due ore lei non era ancora tornata a casa...i miei genitori cominciarono a preoccuparsi ed io più di loro… dopo nemmeno un’ora arrivò davanti a casa una volante della polizia: dentro, seduta nel sedile posteriore, ammanettata e con i vestiti semi strappati c’era Rachel. Quando incrociai i suoi occhi,seppi all’istante che era successo qualcosa di grave…lei teneva lo sguardo fisso su di me, quasi volesse comunicarmi qualcosa, volermi chiedere scusa, mentre mio padre parlava concitatamente con il poliziotto. Per quanto una bambina di dodici anni qual’ero io possa comprendere, ascoltai ciò che il poliziotto aveva da dire a mio padre: tornando a casa dall’emporio, Rachel era stata abbordata da un ragazzo, che aveva cominciato a, definiamolo così, corteggiarla…
vedendo che lei non cedeva e che gli rispondeva a malo modo, decise di aggredirla per poi violentarla… in quel momento, Rachel perse il controllo e rispose alle aggressioni del ragazzo…

MA= Cosa successe tra loro?

CA= Lo picchiò in modo così selvaggio che lo ridusse in fin di vita…se i poliziotti non fossero intervenuti, lo avrebbe sicuramente ammazzato…. poi ci fu il processo, in cui mio padre si batté in tutti modi per far sì che Rachel non venisse rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Ma forse il destino per noi aveva in serbo una sconfitta…


HA= Che vuoi dire?

CA= Mio padre morì a metà del processo…era malato di tumore al fegato e non avevano trovato un donatore in tempo… mia madre si trovò così sola, davanti ad una giuria ben poco incline al perdono e con me che ero ancora una bambina…ed accettò che Rachel venisse internata in manicomio. Mi proibì di parlare di lei, di fare il suo nome, di pensare a lei…e mi impedì di andarle a far visita all’ospedale…    quando compii 16 anni me ne andai di casa; non la riconoscevo come madre, non la sentivo vicina come avrebbe dovuto essere per una figlia… era un’estranea, una persona che non conoscevo e che non conosceva me… da allora non ho più nessun contatto con lei. Mi ricordo solo ciò che mi disse quando ero sulla porta con le valigie in mano… “se esci da quella porta, uscirai anche da questa famiglia…”

Caroline terminò il racconto con il groppo alla gola; Halle le cinse le spalle con un braccio e Matt strinse una mano alla sua…solo Mello rimase immobile, fermo,incapace di dire qualsiasi cosa...si rese conto che il buio non albergava solo nella sua anima, che il rimorso non rodeva solo il suo cuore… ma anche quelli di Caroline. Nel frattempo il medico uscì dalla stanza, e mentre la ragazza vi conversava, Mello si defilò in silenzio seguito da Matt.

***

La mattina dopo, Caroline e Halle si recarono all’SPK, dove la prima dopo essersi seduta ad una delle tante scrivanie, cominciò la stoica battaglia del voler tradurre la maledetta epigrafe, mentre la seconda osservava sullo schermo di un computer, collegato Wi-fi con quello di Gevanni, i movimenti di Teru Mikami.

GE= Confermo quello che dice Caroline… Mikami è un elogio della metodicità…

HA= Niente di sospetto?

GE= Qualcuno a 28 anni ha qualcosa di sospetto?

CA= Ted Bundy ha cominciato ad uccidere all’età di vent’anni…

GE= Beh, Mikami non mi sembra proprio il tipo che adeschi ragazze in cerca di un passaggio in macchina…

HA= Se Near è convinto che sia legato a Takada e implicitamente a Kira, significa che qualcosa da nascondere effettivamente ce l’ha…

GE= Gia… EHI! ASPETTATE UN SECONDO!! Beh…questo direi che è veramente strano…

Nel frattempo, Caroline si era diretta vicino ad Halle, posizionandosi dietro la sua schiena e piegando il busto in avanti per vedere meglio lo schermo; questo raffigurava Teru Mikami seduto su una panchina del giardino del tribunale durante la pausa pranzo…

HA= Non è possibile….sta…

CA=….parlando da solo…

D’istinto si avvicinò ancora di più allo schermo per poter leggere il labiale…


CA= Halle, riesci a mandarlo indietro e rallentarlo?

La bionda batté qualche comando sulla tastiera ed ottenne ciò che Caroline le aveva chiesto.

CA= (LEGGENDO IL LABIALE DI MIKAMI) Shinigami… perché… sono…stato… scelto…io…per… svolgere…il compito…di…Dio?

HA= Cristo santo…gli shinigami sono dei della morte…ma che centra con loro Dio?

CA= Mikami considera Kira pari a un Dio, i quaderni della morte sono tutti legati ad uno shinigami. Lui ha un Death Note fra le mani.

HA= Mikami ha un quaderno della morte?!?!?!

CA= Se non uno intero, almeno qualche pagina…

GE= Io torno alla base, direi che qui ce n’è per almeno una settimana.

NE= Gevanni resta lì dove sei. Non sappiamo ancora cosa decida di fare Mikami e non possiamo permetterci errori.

GE= O-ok Near… resterò qui…

Caroline, pensando a ciò che aveva decifrato dalle labbra di Mikami, si sedette per pensare, ma di colpo una violenta fitta alla testa le impedì qualsiasi azione.

CA= (PORTANDOSI LE MANI ALLE TEMPIE) La mia testa….maledizione…

HA= Hai l’emicrania?

CA= E’ uno degli effetti collaterali del farmaco… poi mi passerà, tranquilla..

NE= Caroline, a che punto sei con l’epigrafe?

CA= Ad un punto morto…non riesco a tradurla…

NE= Mmm…ok.

CA= A che stai pensando?

NE= Niente di che…poi ti farò sapere.

***

-Una settimana dopo-

Era in casa sua, seduta sul divano a leggere, al calore confortante del camino… ad un tratto un soffio scosse le fiamme del focolare, ma non ci fece particolare caso. Ma ad un tratto, quasi involontariamente, alzò gli occhi: le fiamme stavano uscendo dal camino, per andarsi a posizionare a mezz’aria poco distante da lei; questo procedimento continuò finché le fiamme non cominciarono a formare la sagoma di una persona. Una volta terminata la figura, queste cominciarono a spegnersi per mostrare sotto di loro, arti umani perfettamente integri e vestiti di abiti ordinari; prima che il viso fosse interamente completato e svelato, Caroline aveva già indovinato chi fosse il suo “visitatore”.

CA= Sei ancora tu?

Il viso dell’entità fu interamente svelato, e le sorrise beffarda.

“Chi altri vuoi che sia,Caroline?”

CA= Che cosa vuoi da me? perché mi perseguiti?!

“Non ti sto perseguitando… ti sto aiutando…”

Stavolta, il viso della presenza era perfettamente nitido, e Caroline lo scrutò attentamente…se lo sarebbe stampato nella memoria.

CA= Aiutandomi? Per cosa?

“Ti conviene svegliarti ragazza…ci saranno altre occasioni di parlare per noi…”

Nello stesso momento in cui l’entità scomparve, Caroline si svegliò. Era rimasta in ospedale per passare la notte con la sorella e si era assopita seduta sulla sedia con il busto e la testa riversi sul letto. L’unica cosa che non ricordava era perché si trovasse li con lei, seppur dormiente, Matt. Cominciò a guardarsi intorno, per poi accorgersi con orrore di una cosa.

Il letto di Rachel era vuoto.

CA= CAZZO! MATT! MATT SVEGLIA!


Sotto gli scrolloni dell’amica il ragazzo si svegliò.

MA= Cavolo, dormivo così bene…che c’è?

CA= Rachel non è a letto!

MA= Cosa?!?!? (VEDENDO IL LETTO VUOTO) O CAZZO! Dobbiamo cercarla!

E si catapultarono fuori dalla stanza.. fuori cominciava ad albeggiare.

***

Camminava…

Voci che le risuonavano nella testa…

I piedi nudi sul freddo marmo…

La luce prima dell’alba, le voci…

Chiamavano il suo nome…

Il silenzio dell’ospedale addormentato intorno a lei…

Una voce che spiccava su tutte le altre…

Suo padre…suo padre la stava chiamando…

Doveva raggiungerlo….

Si trovò davanti alle scale.

E cominciò a salire.

La luce prima dell’alba era meravigliosa.


***

CA= Qui non c’è!

MA= Qui nemmeno!!

I due stavano aprendo tutte le porte del corridoio per cercare Rachel, dovendo parlare piano per non svegliare gli altri pazienti. Salirono di un piano, nella flebile speranza di trovarla lì.

MA= Dove può essere andata?!

CA= E’ vestita con la camicia dell’ospedale ed ha al polso il braccialetto di riconoscimento… non lontano sicuramente.

Quando furono al piano, ricominciarono a cercare…ma Rachel non era nemmeno lì. Ad un tratto però Matt buttò lo sguardo oltre Caroline.

MA= Linne…

CA= Che c’è?

MA= Guarda…

La ragazza seguì lo sguardo dell’amico; una porta era rimasta aperta e lasciava entrare della fredda corrente. D’istinto vi si diressero e cominciarono a salire di corsa le scale che aveva al suo interno.

***

L’alba…quella di un nuovo giorno… di una nuova esistenza per lei… stava cominciando a sorgere…

***

Finirono di salire le scale trafelati, spalancando di colpo la porta alla fine; si ritrovarono in balia del vento e dell’aurora, che con i suoi caldi colori rosati aveva cominciato a dipingere il cielo.

MA= Mio dio… siamo sul tetto dell’ospedale…

Il tetto dell’edificio era una semplice piattaforma rettangolare piastrellata di grigio. Caroline si trovò a pensare se avessero fatto bene a seguire l’istinto ed a dirigersi fino lì. Finché…

CA= RACHEL!

La sorella era sul ciglio del tetto e le stava dando la schiena…era immobile, e sembrava tranquilla.

CA= RACHEL! Sono Caroline!

A quelle parole, Rachel si voltò verso la sorella, che rimase agghiacciata: gli occhi della prima non avevano nulla di naturale…erano completamente bianchi.

RA= Caroline….sei tu?

CA= (COMINCIANDO A MUOVERSI PIANO VERSO DI LEI) Si… sono io… vieni con me…hai fatto un brutto sogno….torna da me…

Rachel le sorrise.

RA= Non posso Linne…papà mi sta chiamando, vuole che vado con lui… e così vogliono anche gli altri….

CA= Papà? Gli altri?

RA= Gli angeli… mi stanno chiamando…devo andare Linne, altrimenti si arrabbieranno…

Così dicendo, Rachel si staccò dal polso il braccialetto di carta, lasciando che venisse portato giù dal vento…poi, ancora con il volto verso Caroline allargò le braccia.

MA= Cristo santo, dobbiamo fermarla!

CA= Rachel! non ascoltarli!! torna da me, ti prego!!

RA= Arrivederci sorellina mia…ci rincontreremo…

Così dicendo, chiuse gli occhi e alzò il mento verso l’alto, poi con una piccola spinta, andò all’indietro con tutto il corpo.

E si gettò.

CA= RAAACHEEEEEEEEEEL!!!NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!

Caroline si affacciò dal punto dove si era buttata la sorella; la vide cadere nel vuoto e poi sfondare con la schiena la vetrata sottostante che riconobbe essere quella della hall… poi il rumore sordo e orribile del corpo che si ferma.

CA= (PIANGENDO) RACHEEEEEEL!!!!!NOOOOOOOOOOOOOO!!!

Fece un movimento in avanti, ma subito le braccia di Matt la fermarono, chiudendola contro il corpo del ragazzo.

MA= Caroline, ferma, non ci possiamo più fare nulla!

CA= Rachel! No, forse è ancora viva!

MA= Caroline, si è buttata dal settimo piano…

CA=…forse posso salvarla, forse ce la posso fare…

MA= E’ MORTA, CAROLINE!!!

A quella nuda, cruda ed ineluttabile verità, Caroline si ammutolì per un attimo; stretta a Matt, fissò gli occhi smeraldini del ragazzo, che la guardavano altrettanto sconvolti.

MA= Mi dispiace tesoro…mi dispiace tanto…

La ragazza non resse più, e nascondendo il viso nel petto dell’amico, cominciò a piangere e a gridare tutto il suo dolore, mentre il vento scompigliava i loro capelli e i loro vestiti trasportando lontano le urla di Caroline.

L’alba era sorta.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14
Speechless



Non poteva essere vero… forse aveva solo sognato…uno dei suoi tanti incubi dell’ultimo periodo… eppure sembrava così vero, così reale…

“Linne? Linne va tutto bene?”

La ragazza trasalì ed annuì poco convinta…no, quello non era un sogno, quello era reale… e la barella su cui era adagiato il corpo freddo e senza vita di Rachel ne era la conferma.

HA= Tesoro come stai?

Caroline rispose un laconico “bene” all’amica che ora le era davanti angosciata; ma il suo sguardo era altrove, fisso in quella barella bianca che portava via il cadavere di quella che era stata sua sorella.

GE= Come è successo?

La ragazza cominciò a raccontare, ma quando fu il momento di narrare l’episodio sul tetto le mancarono le forze, per cui Matt dovette sostituirla. Lei era come un automa lasciato in stand-by: sentiva le persone attorno a se parlare, chiederle, domandare, affaccendarsi…ma non riusciva a rimanerne coinvolta.

HA= Come ti senti? Hai bisogno di qualcosa?

Rispose di no… Caroline prestava sembianze e parole che non le appartenevano, si sentiva come in una bolla di sapone, presente ma estraniata dalla calca di persone che affollavano la hall dell’ospedale… non voleva vedere nessuno di loro, solo una persona avrebbe potuto capire il suo dolore e portarla via da lì…

…e quella persona c’era.

La vide fuori, lontano da tutti, ma la vide.

Senza dire niente oltrepassò gli amici, uscì dall’ospedale e cominciò a camminare lenta per il viale alberato fino a raggiungere chi la stava aspettando. Senza che parlassero, lei gli si avvicinò, nascose la testa nell’incavo del suo collo e lasciò che delle braccia l’avvolgessero. Si sentiva al sicuro tra quelle braccia, protetta da ciò che le stava piombando addosso… e poco importava che le fossero quasi del tutto sconosciute, in quel momento sentiva di conoscerle quel poco che bastava.

Non c’era bisogno di parole. Quelle, al momento, erano tutte superflue.

La portò a casa, prendendola in braccio nel fare le scale; capiva che era troppo debole e sconvolta, ed una volta entrati la portò in camera, adagiandola sul letto. Dopodiché le si sdraiò accanto, abbracciandola di nuovo e facendole posare la testa sulla spalla.
Caroline aveva voluto solo quella persona accanto a lei…che poteva capire il suo dolore, che sapeva cosa si prova a perdere qualcuno di amato…che riusciva ad esprimerle la sua vicinanza anche senza parlare.

Non dissero una sola parola per tutto il giorno…ma stettero così, fermi, uniti nel letto, finché lei non si addormentò, cullata dal battito del cuore di chi le era accanto come se si trattasse di una dolce ninna nanna.

Nessuna parola. Nessun discorso. Ma una muta e disperata richiesta d’aiuto.

E quella richiesta, letta nei suoi occhi, Mello l’aveva accolta.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15
Come l’acqua che scorre

 

Mater Purissima...ora pro nobis
Mater Castissima...ora pro nobis
Mater Inviolata... ora pro nobis

 

L’aria è resa dolce dai profumi degli incensieri che rilasciano azzurre volute di fumo in tutta la cattedrale, le fiammelle dei candelabri sembrano, con il loro tremore, voler accompagnare il dolore dei presenti, l’uno vicino all’altro seduti sulle panche…. il silenzio che li avvolge grida e si dispera per loro… e alla sommità del corridoio tra le due navate, davanti all’altare, una lunga bara di legno nero lucido circondata da migliaia di rose, giace sul pavimento marmoreo, vegliata dallo sguardo di una persona.

Rosa Mystica...ora pro nobis
Regina sine labe originale concepta...ora pro nobis
Stella Matutina...ora pro nobis

 

Dopo l’omelia del sacerdote,  Caroline fu invitata da questo ad alzarsi, per pronunciare un discorso in onore della defunta; lasciando il posto tra Halle e Matt, si diresse lentamente all’altare, ponendosi dietro il leggio…prima di parlare, li osservò uno ad uno: Rester, Gevanni, il dottor Reiver ed alcuni del personale ospedaliero… tutte persone che come lei non riuscivano a capire ed a spiegarsi il perché di quel gesto tanto terribile… poi parlò:

Secundum Mysterium Gloriosum
Qui in coelium ascendit

 

CA= Tre giorni fa è morta Rachel…ed io non so descrivervi quello che ho dentro,quello che il mio cuore e la mia anima urlano al cielo, a quel dio eterno e misericordioso che dovrebbe preservarci da ogni sofferenza. Rachel non era solo mia sorella… era me…era mio padre… era mia madre… era voi…un individuo catapultato in questo mondo senza la concezione del perché sia stato scelto per quest’epoca, per questi giorni…ognuno di voi, credo, vorrebbe sapere che morte lo attende al termine di questo viaggio incomprensibile chiamato vita; la morte è un pensiero che ci arrovella, che attanaglia la nostra mente ed incute terrore. Ma voglio farvi una domanda, su cui vi prego di riflettere e di non prenderla solo come uno sfogo di una persona disperata: tutti noi siamo cresciuti con il dogma che dopo la morte ci attenda una vita migliore che ci strapperà via da questa valle di lacrime; allora io vi chiedo…perché,se abbiamo questa rassicurazione, siamo così terrorizzati di “passare oltre”? perché ci aggrappiamo con le unghie e con i denti all’esistenza umana, a questo mondo di violenza, sofferenza e dolore? perché gioiamo una nascita e piangiamo una morte? Dovrebbe essere il contrario, se crediamo che al neonato sia destinato solo un percorso sventurato… là fuori, imperversa un’epidemia, che ogni giorno falcidia vite e vite…. i malati dovrebbero essere contenti di morire, dovrebbero gioire del poter raggiungere il paradiso, la miglior vita tanto decantata… mi ritornano alla mente le parole di Achille, rivolte al compagno di guerra Odisseo, incontrato nell’Ade: “Preferirei essere l’ultimo tra i vivi, che il primo tra i morti…”, ma non era di questo che volevo parlare. Rachel non era pazza…non lo è mai stata…lei mi ha insegnato tutto ciò che so sulle arti; avrei voluto farla conoscere a tutti voi, anche solo per pochi minuti, per farvi capire la persona meravigliosa che era; aveva un sua concezione della vita e della religione….era convinta che dio non fosse in nessuno degli uomini, ma nelle piccole distanze che separano due corpi vicini. Non ho mai potuto fare abbastanza per lei, ed ora non ne avrò più la possibilità… se qualcuno lassù può sentirmi, se lei può sentirmi, allora l’unica parola che voglio dirle è: perdonami.
Perdonami per tutte le azioni che non ho fatto, per tutte le parole che non ti ho detto, per il dolore che non ti ho lenito…perdona ogni mio errore se puoi; avrei voluto dirti  tante cose Rachel, ma sono arrivata troppo tardi…ed è sempre così presto per dirsi addio…vorrei avere un’ultima occasione per vederti, per abbracciarti, per parlarti…se avessi solo un altro giorno, un’ora, un minuto, soltanto uno per dirti quanto già mi manchi da quando sei scivolata via dalla mia mano, lasciandomi camminare da sola, io, che barcollo come un bambino nei suoi primi passi… l’ultimo dono che posso farti è quello di suonare la tua melodia preferita… arrivederci sorella mia… ci rincontreremo…

Regina Martyrum...ora pro nobis
Auxilium Christianorum
Ora pro nobis

 

Scese dall’altare e si diresse verso il pianoforte alla destra; sedendosi cominciò a schiacciare delicatamente i tasti… dopo un momento d’incertezza  una melodia dolce e struggente iniziò a risuonare per la cattedrale… e con esse le lacrime fino ad allora represse della ragazza.

La guardava… non poteva fare a meno di guardarla, i suoi occhi sembravano incatenati a quell’esile figura seduta al pianoforte,scossa dai singhiozzi e dalle guance rigate di lacrime copiose…un fiume…un fiume di dolore e sofferenza si riversava dal suo corpo, inondando il pavimento della navata, bagnando i presenti fino alle caviglie e sollevando la bara di Rachel come una zattera di un funerale vichingo…si infiltrava tra le panche della chiesa, penetrava nei piccoli solchi dei mattoni e della pietra, infondendoli della sua sofferenza… arrivando fino alle porte della cattedrale…. Mello sentì quell’acqua gelida e tormentata arrivare fino a lui, la sentì bagnargli il corpo, permeargli la pelle… allungò una mano per toccare il liquido ialino con la punta delle dita; il contatto lo fece dapprima rabbrividire, ma subito dopo lo pervase una sensazione di tranquillità…quello era l’animo di Caroline, che stava riversando tutta la sua sofferenza nel mondo esterno….quella era l’acqua che lo legava a lei, mentre le dolci note della melodia scaturivano dalle sue belle,esili mani… l’acqua nel frattempo, aveva creato morbide spire attorno alle dita del ragazzo, accarezzandolo dolcemente e risalendo delicata lungo il suo braccio… l’anima di Caroline lo accarezzò sulla spalla,sul collo e sul volto, soffermandosi senza paura sulla cicatrice, con lo stesso amorevole struggimento che aveva avuto lei quando le era ricomparso davanti. In quel momento si rese conto di quello che lei veramente era, la sua metà perfetta, il suo compendio, la sua altra essenza… si rese conto che,anche se lontani, erano legati da un filo indissolubile, una catena di rose e spine che mai sarebbe sfiorita, un’alchimia al di fuori di ogni ragionevole interpretazione…

…in quell’istante si accorse di quanto fosse follemente innamorato di lei.

***

 

“La vita è imprevedibile tesoro mio…ma ogni azione ha il suo perché, ogni sentimento una ragione …”.

Quella frase, sua madre gliela ripeteva spesso, sin da quando era bambina; nei momenti più difficili, negli istanti dove tutto sembrava più nero, dove ogni via di fuga le sembrava preclusa, sua madre le diceva quella frase; con una dolcezza ed un amore che, gradualmente, aveva cominciato a credervi veramente…finché non arrivò questo, che nel giro di pochi minuti aveva sconvolto la certezza di una vita. Guardò l’amica, straziata dal pianto nel suonare la melodia della sorella... non l’aveva più vista suonare il pianoforte dai tempi dell’addestramento della CIA, e si stupì nuovamente di quanto ancora fosse brava. Non riusciva a realizzare una possibile giustificazione per tutto questo, per un suicidio così improvviso. A costo di apparire cinica ed insensibile, non nutriva pietà nei confronti dei suicidi…li aveva sempre considerati dei gran egoisti, dei deboli che non avendo il coraggio di affrontare i propri disagi, preferivano porre fine alla propria vita…e a quella dei loro cari…e Caroline ne era la prova tangibile; perché doveva soffrire lei? perché lei doveva versare lacrime che nessuno avrebbe potuto consolare? Nel guardare l’amica più cara che aveva sprofondare nell’abisso più nero, un solo sentimento la pervase… rabbia. Ad un tratto però sentì la mano di Gevanni  cercare la sua ed intrecciare delicato le dita con quelle femminili; a quel contatto, la collera che albergava nel suo cuore si attenuò un poco… in quel momento, ebbe la sensazione che in quella cattedrale ci fosse l’interezza della natura umana, il sottile anello di congiunzione tra cielo e terra.

Amore e morte.


***

Regina Martyrum...ora pro nobis
Auxilium Christianorum
Ora pro nobis

 

La bara scendeva, allontanandosi sempre più da loro… e da lei. Scendeva ancora, inghiottita dalla nera terra; Rachel stava andando in un luogo dove Caroline non poteva raggiungerla… dove non l’avrebbe rivista mai più. Il silenzio aleggiava attorno a lei, rotto solo dalla voce del sacerdote che formulava con voce piatta e atona la formula funebre.

Agnus deis,qui tollis peccata mundi
Miserere nobis

 

Si sentiva sola…incredibilmente sola…il mondo, la gente che la circondava non c’erano, erano sparite, alienate, lontane…in quel momento su uno sfondo nero e vuoto c’erano soltanto lei e Rachel… due sorelle, lo stesso sangue, la stessa carne, una sulla terra ed una nella terra. Gettò un rosa bianca sul coperchio ligneo della bara, osservandola mentre veniva lentamente ricoperta dal terreno, e si ritrovò a fare un bilancio della sua vita: che cosa aveva oltre ad un lavoro ed una bella presenza? Aveva 22 anni, una malattia degenerativa come la tubercolosi dalla quale non sapeva se sarebbe potuta guarire… amava una persona di cui non conosceva che il nome falso ed il volto, che spariva come un’ombra  e che lasciava più dubbi che certezze… ma aveva anche un’amica, come una sua seconda sorella, che le aveva sempre dato l’aiuto di cui aveva bisogno e che sempre glielo avrebbe dato…

No…tutto sommato non era sola.

Alzò gli occhi dal feretro ormai interamente scomparso sotto la terra…Rachel se n’era andata definitivamente, ora tutto ciò che la legava a lei erano solo ricordi ed immagini di un’infanzia passata… si guardò intorno poggiando morbidamente gli occhi su tutti i presenti, che ringraziò mentalmente; poi i suoi occhi andarono più in là, oltre il sepolcro, oltre la gente, per arrivare al cancello della cattedrale;

Lux perpetua luceat eis
Requiescan in pace

 

E lo vide.

Poggiato con la schiena al muro, a volto scoperto, ricambiando intensamente il suo sguardo. Lui… la sua croce e delizia, il suo paradiso ed il suo inferno, il suo piacere ed il suo tormento….

O più semplicemente, Mello.

Il ragazzo non si avvicinò, ma si limitò soltanto a sollevare la mano con il palmo rivolto verso di lei…a quel gesto, Caroline fletté delicatamente la testa in avanti, come in un segno d’intesa, e lui voltandosi se ne andò.

La cerimonia terminò, e la gente cominciò a scemare muovendosi all’unisono come un lungo e sinuoso serpente nero.

HA= Linne…. andiamo tesoro…

CA= Si… hai ragione, andiamo via…

MA= Come stai?

CA= Bene…sto bene,davvero… grazie di tutto ragazzi…senza di voi non ce l’avrei mai fatta…

GE= Saremo sempre al tuo fianco Caroline… siamo una squadra.

Assieme si accodarono al resto della gente che stava lasciando il camposanto, uniti come non lo erano mai stati. Si… la vera solitudine era tutta un’altra faccenda…

 

Amen.



 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16
Gioco di donna



Erano trascorse due settimane dai funerali di Rachel, e Caroline pareva pian piano essersi ripresa… l’impiego suo e di Halle come guardie del corpo era definitivamente confermato, mancava solo l’annuncio ufficiale della presentatrice Kyiomi Takada. Intanto, all’SPK…

NE= Dove è finita Caroline?

RE= Già, l’annuncio ufficiale di Takada è tra meno di un’ora…rischierete di arrivare in ritardo..

HA= Mi ha detto che doveva fare una cosa, ma sono sicura che sarà puntuale come sempre…

NE= Lo spero per lei…

***


“E’ di suo gradimento signorina?”

Caroline si prese un attimo prima di rispondere, osservandosi con un sorriso compiaciuto.

CA= Hai fatto un ottimo lavoro Tao.. perfetto, proprio come desideravo.

“Mi fa piacere signorina…”

Caroline pagò ed uscì dal negozio, immettendosi nell’affollata strada di Tokyo, sotto un cielo limpido ed un sole caldo, incamminandosi verso il grattacielo dell’SPK. Aveva attuato una cosa radicale e ne era perfettamente cosciente, ma era una piccola,grande cosa che le sarebbe servita da memento per non sprofondare nelle spire nere e mefitiche dell’autocommiserazione, quasi come rivestisse la funzione di un nuovo punto di partenza, in una nuova gara. Si guardò attorno, osservando la vita pulsante degli abitanti di Tokyo scorrere intorno a lei; era una città che non si fermava mai, nemmeno per dormire, un grande organismo vivo ed attivo destinato a vita perpetua. Amava quella città, ne adorava il suo sapiente mescolio di moderno ed antico, di tradizione ed innovazione…quel pomeriggio aveva l’ennesima seduta di terapia contro la tubercolosi, ma questo pensiero non l’abbatté ed in poco meno di venti minuti, si ritrovò davanti all’SPK.

Superati i metal detector e i sistemi di riconoscimento, il grande portone di acciaio del seminterrato scorse davanti a lei, che lentamente cominciò a scendere i tre piccoli gradini, mentre Halle le andava incontro.

HA= Finalmente, credevamo arrivassi in ritar…O SANTO DIO, CHE HAI FATTO?!?!!!!!!!!!

CA= Niente di trascendentale...

HA= I tuoi….capelli…TI SEI TAGLIATA I TUOI SPLENDIDI CAPELLI!!!

RE= Accidenti, come sono corti… e scuri…

Quello che aveva “sconvolto” Halle, erano semplicemente i nuovi capelli di Caroline; li aveva tagliati cortissimi, scoprendo tutto il collo e lasciando solo una banda più lunga che le contornava la guancia sinistra… inoltre li aveva tinti di un intenso nero corvino, che faceva risaltare ancora di più la carnagione diafana, i tratti delicati del viso ed i grandi occhi azzurro-verdi.

GE= Cavoli…sembri Lisbeth Salander…

CA= Grossomodo, il taglio che volevo era quello…

HA= Ma che ti è saltato in mente?!?!? Erano meravigliosi!!! Oh cristo santo, non ci posso credere…

E cominciò a mugolare il proprio “strazio” sotto gli sguardi perplessi di Caroline, Rester e Gevanni.

GE= A parte il compianto della Maddalena penitente… stai benissimo…

RE= Concordo appieno!

CA= Grazie…

Ad un tratto però, Near, rimanendo accucciato a terra come sua abitudine, e senza voltare la schiena, parlò con voce ferma e ponderata, di sua sola prerogativa.

NE= Si dice che tagliarsi i capelli sia come voler dare un taglio al proprio passato… da cosa scappi Caroline?

CA= Non sto fuggendo da nulla Near… ma ho voluto darmi una nuova immagine, alla guisa di un nuovo inizio… quello che ho passato non è stato tagliato via con le ciocche, rimarrà sempre dentro di me…

NE= Sei sicura che sia sufficiente?

CA= No, non credo… ma non costa nulla tentare….

NE= Bando alle chiacchiere allora, avete un lavoro da svolgere. Tu e Halle dovete recarvi immediatamente agli studi televisivi della NHN, tra mezz’ora Kyiomi Takada farà l’annuncio speciale delle sue guardie del corpo… non vorrete arrivare in ritardo spero…

CA= (SARCASTICA) Non sia mai…

NE= Bene, allora direi che è tutto. Potete andare.

HA= (A CAROLINE) Andiamo sciagurata… ma guarda cos’hai fatto…

CA= Suvvia, Halle, ho solo tagliato i capelli, non ho firmato per il reclutamento nella Legione Straniera!

HA= Contenta te…

E si avviarono verso l’uscita.

***

Quartier generale di L .

MA= L’annuncio di Takki sarà fra pochissimo, chissà che avrà scelto!

ID= Questo lo scopriremo tra poco…e ti prego, smettila di chiamarla Takki, è profondamente irritante e immaturo!

MA= O.o ….

AI= (VOLTANDOSI VERSO LA VETRATA) A che cosa stai pensando Light?

Il ragazzo si voltò verso Aizawa, seduto sul divano, e camminando verso di lui, sorrise leggermente.

LI= Niente di particolarmente importante…sono solo curioso di vedere chi è passato alla selezione.

A quelle parole, Matsuda scattò verso il tavolino agguantando il telecomando e accendendo la televisione.

MA= Lo scopriremo presto… sta iniziando!

Appena si sintonizzarono sulla NHN, lo schermo presentò loro l’immagine di una rassegna stampa, con Takada al centro del piccolo palco, sola.

TA= Buonasera gentili telespettatori… come ben sapete, in quanto portavoce degli ideali di Kira, mi è stato consigliato, per preservare la mia incolumità, di fornirmi di agenti che possano far fronte a tale esigenza; tra le venti guardie del corpo che sono state severamente selezionate pochi giorni addietro per proteggermi, sono state scelte quattro donne….

MA= Avanti, quest’attesa è snervante! Dì i nomi!!!

MO= Matsuda, ti riuscirà mai una volta nella tua vita di capire quando non è il momento di parlare?!?!

Dall’apparecchio televisivo, Takada cominciò di nuovo a parlare: gli occhi di Light erano attenti, fermi e concentrati sullo schermo.

TA= Hanno avuto l’onore di svolgere questo ruolo…Tatsumi Oyama, vincitrice del ventiduesimo torneo internazionale di karate femminile categoria 60 kg…

Accanto a Takada, comparve subito un’alta e robusta donna sui 35 anni, dai lineamenti molto marcati e dai corti capelli neri tagliati in un caschetto nero.

TA=…Yuki Makahi, incursore della squadra antiterrorismo dell’ICPO…

La seconda donna, relativamente più minuta rispetto alla prima e sulla quarantina, si posizionò accanto a Tatsumi Oyama.

AI= Ne mancano ancora due…

LI= Già… avanti Takada, sputa quei nomi…

TA=…. la terza donna selezionata è Halle Lidner,agente della CIA in istanza in Giappone…

Al pronunciare il suo nome, Halle fece la sua apparizione, affiancandosi alle altre due nuove guardie, creando reazioni di stupore negli agenti al servizio di Light.

TA=… E  concludiamo con l’ultima donna scelta, l’ex agente della CIA, Caroline Hale.

Caroline apparve alle telecamere senza tradire alcuna ombra di nervosismo; senza degnare di uno sguardo l’obiettivo, salì sul palco e si fermò a fianco dell’amica.

Se la vista di Halle suscitò meraviglia nei cinque uomini, quella di Caroline li portò ad un incredulo sbigottimento.

MA= Quella è la signorina Hale! E’ venuta qui più volte!

ID= Light, se non mi ricordo male, Caroline Hale è la psicologa… che, come Halle Lidner, lavora per Near…

LI= No Ide, non ti stai sbagliando… è proprio lei.

AI= Non ci posso credere… ma me la ricordavo diversa…. che c’è di anomalo?

MA= Svegliaaaa, si è tagliata i capelli e se li è tinti di nero! Certo che voi non avete proprio occhio per queste cose!!! Però…non me la ricordavo così bella…

ID= Non avrei mai immaginato che fosse un ex agente della CIA… è talmente minuta e magra che sembra possa spezzarsi da un momento all’altro…

LI= (PENSA) Caroline… perché ti sei fatta scegliere da Takada? Quale losco, subdolo piano state architettando tu, Halle Lidner e Near….?

Ma Light non era l’unico che in quel momento era assorto nei suoi pensieri. Aizawa, saettando lo sguardo dallo schermo all’espressione stupita, ma sapientemente dissimulata, di Light, stava riflettendo.

AI= (PENSA) Halle Lidner e Caroline Hale? Due membri dell’SPK sono stati assegnati al corpo di guardia di Takada? Near aveva detto di non farsi troppi problemi a chiedergli chiarimenti riguardo a questa decisione, ma non mi sembra assolutamente il momento adatto! Ciò che mi lascia di stucco è la reazione avuta da Light alla comparsa della signorina Hale… cos’è che lo lega a quella donna e che noi non sappiamo?

Light, nel frattempo si era seduto alla scrivania, poggiando i gomiti sul ripiano, intrecciando le dita delle mani e ponendole poggiate alla bocca, come se volesse sostenersi nel formulare pensieri  eccessivamente perniciosi.

LI= (PENSA) Due agenti dell’SPK come guardie del corpo di Takada… Near non ha intenzione di nasconderlo, anzi, sta facendo in modo che io ne venga a conoscenza. Ovviamente avrà pensato all’eventualità che io possa manipolarle, e se uccidessi una delle due donne che sono diventate le guardie del corpo di Takada in quanto seguace di Kira, non solo Near, ma anche Aizawa e gli altri si convincerebbero che io sono Kira… Near lo sa e ha intenzione di usarle per indagare a partire da Takada. Tuttavia, io l’ho avvertita che qualunque sconosciuto l’avvicini potrebbe essere un membro dell’SPK… anche se queste due donne cercassero di fare qualcosa a Takada contro la sua volontà, ci sono sempre le altre guardie. Non ci sarebbe nulla di strano se, alla prima mossa sospetta, i loro nomi venissero annunciati per essere giustiziate da Kira. In ogni caso, sembrerei sospetto se chiedessi agli altri di ostacolare le indagini dell’SPK e qualora lo facessi, nell’immediato non ricaverei nulla. Se Near dovesse dirmi qualcosa al riguardi, mi basterà comportarmi come se sospettassi che sono loro.


L’SPK aveva fatto la sua prima mossa sulla scacchiera, ora il quartier generale giapponese doveva pensare alla contromossa.

La partita tra Light e Near era appena cominciata, senza esclusione di colpi.

***


RE= E’ andata come dicevi tu Near; contando sul fatto che Kyiomi Takada non aveva guardie del corpo donna e che sicuramente prima o poi ne avrebbe avuto bisogno, siamo riusciti a far assumere Halle e Caroline in quanto agenti della CIA. Certo, Kira se ne accorgerà molto facilmente…

NE= Già…sono grato ad entrambe per aver anteposto le indagini alla loro incolumità…

RE= Ci vuole coraggio…praticamente si sono gettate nel covo di Kira…

NE= A proposito Rester… ha trovato una risposta?

RE= Ti riferisci alla domanda su chi sceglierei come portavoce ufficiale oltre Demegawa se fossi Kira?

NE= Esattamente..

RE= Ho bisogno di più tempo per valutare.. la mia mente non è come la tua…

NE= Capisco, ma non ci si arrovelli troppo, mi basta anche una risposta approssimativa…

RE= D’accordo…ci penserò.

***

Verso le cinque del pomeriggio, Caroline si congedò da Halle e da Takada, per dirigersi all’ospedale dove la attendeva una nuova seduta del Trial clinico contro la tubercolosi; il mal di testa atroce che si protraeva già da più di due giorni continuava a tormentarla, ma lo attribuiva solo ad un effetto collaterale del medicinale. In meno di venti minuti arrivò all’ospedale e iniziò la seduta.
Al termine di questa, si recò come da prassi, nello studio del dottor Kishimoto che cominciò la sua consueta visita. Quando arrivò il momento del macchinario per misurare la recettività delle terminazioni nervose, una volta giunti al termine il suo viso si adombrò.

CA= Dottore, va tutto bene?

KI= Caroline, il suo valore di recettività nervosa è attualmente a 0,67 ricezioni al secondo…

CA= Ed è una cosa negativa?

KI= La volta scorsa erano 0,87 al secondo… sono calati di 20 decimi…

CA= C…che vuol dire?

KI= Vuol dire che i suoi nervi stanno cominciando a degenerare…

Per Caroline fu come un colpo al cuore; aveva cominciato a sperare di poterne uscire fuori, ma le parole del medico mandarono in briciole tutta la sua speranza.

CA= Che cosa posso fare?

KI= Naturalmente continuare il Trial… e per mantenere comunque allenati e attivi muscoli e nervi, le consiglio del nuoto…

CA= Nuoto?!

KI= L’ospedale è fornito di una piscina coperta, nessuno le farà problemi se vorrà servirsene…

CA= Oh…beh, grazie mille allora…seguirò il suo consiglio. Arrivederci dottor Kishimoto.

KI= Arrivederci Caroline… ci vediamo tra una settimana per la prossima seduta.

***

Quattro giorni dopo…

Sede dell’SPK.

Mentre Halle e Gevanni stavano controllando su indicazione di Near tutti gli ultimi programmi televisivi riguardanti Kira, Rester era in archivio e Caroline, seduta ad una scrivania, tentava nuovamente di tradurre l’epigrafe latina trovata nella catacomba.

CA= Confeci… dal verbo Conficio se non ricordo male… si ma a che mi serve sapere il verbo se non so come tradurlo?!

NE= Caroline, a che punto sei con l’epigrafe?

CA= Allo stesso di due settimane fa… non riesco a districarmene…

NE= Credo dovrò prendere provvedimenti…

CA= E sarebbero?

NE= Al momento opportuno te lo dirò…

Sospirando sconsolata, Caroline riafferrò la matita a mine che aveva poggiato sul tavolo, nell’intento di attuare un ultimo tentativo di traduzione prima di buttare tutto alle ortiche.

CA= Accidenti, devo cambiare mina, questa è un mozzicone ormai…

Afferrata la sottilissima mina in carboncino fra le punte di pollice ed indice, l’avvicinò al corpo della matita per infilarvela… ma per quanto ci provasse, il tremito violento che aveva ad entrambe le mani glielo impedì; piccata, buttò la matita sul tavolo con malagrazia, poggiando poi la fronte su entrambe le mani.

CA= Merda…

NE= Da quant’è che hai quel tremito alle mani?

CA= Da quattro giorni… è insorto dopo l’ultimo Trial…

NE= Non va bene…

HA= No, non va affatto bene! Per niente!

CA= (AD HALLE) Che fai, origli?!

NE= Halle ha ragione, non è una cosa positiva…

CA= Ragazzi, tranquilli, sto bene!! Non sono ancora una semiparalizzata e non ho il Parkinson… è l’effetto collaterale del farmaco, ma è normale in una terapia sperimentale! Vi prego…non preoccupatevi…

HA= (GUARDANDO L’OROLOGIO) Sono le 17:30… perché non stacchi un po’ e ti vai a fare una nuotata per rilassarti?

NE= Esatto… qui non c’è nulla da fare per ora.

CA= Cosa? ma se c’è una montagna di roba da fare! C’è da visionare i programmi televisivi, proseguire le indagini su Kira, tradurre l’epigr…

NE= Caroline. Fila.

Trovandosi in svantaggio sia per avversari che per argomenti, Caroline si trovò costretta a cedere; afferrando così la sua borsa e le chiavi dell’auto, lasciò l’SPK; ma nel mentre di queste azioni, avvertiva nuovamente la sgradevole sensazione di essere spiata…

CA= Forse sto diventando paranoica…non c’è nessuno in giro…

E partì.

***


“Dove vuoi andare?”

“Devo far visita ad una persona…”

“Alle cinque e mezzo di sera?”

“Si…non c’è nulla di strano…”

“Se lo dici tu…”

***

L’acqua leggermente riscaldata scorreva su di lei come pura seta, in uno sciabordio morbido e sommesso. Oltre a lei non vi era nessuno ed il completo silenzio, rendeva l’ambiente ancora più rilassante, complice l’enorme vetrata sul fondo del muro che dava sul panorama del vespro,
 una sorta di oasi di pace moderna; dopo quattro vasche di stile libero, si concedette un piccolo momento di pausa, nuotando lentamente sott’acqua…quando riemerse, l’accolse un’insolita sorpresa.

“Non ti facevo un tipo sportivo…”

Caroline guardò verso il bordo asciutto della piscina: in piedi vicino alla scaletta, con in mano un asciugamano per lei, vi era l’ultima persona che si aspettava di trovare in quel determinato frangente.

CA= Light?!

LI= Beh, devo ammettere che mi hanno salutato in molti modi, ma così è la prima volta…

CA= Scusa, è che non mi aspettavo di vederti qui…

LI= Mi piace sperimentare… vieni, altrimenti ti verrà freddo.

La ragazza con una bracciata si avvicinò ai gradini della scaletta e cominciò a salirne i piccoli gradini a pioli; nel guardarla emergere, Light fu completamente rapito… le gocce che scorrevano come lacrime sul viso d’alabastro, gli occhi di quel bellissimo ed insolito colore sotto lunghe ciglia, le labbra color della melagrana… un desiderio ardente cresceva nel suo petto. Continuò ad emergere, avvicinandosi sempre più a lui, con le spalle e poi con il seno, fermo e sodo come due coppe d’avorio celate da un piccolo reggiseno nero, il ventre piatto e teso e da ultime le cosce dritte e lucide come il bronzo per effetto dell’acqua.

Com’era possibile? Come poteva lei essere per Light una tentazione così invereconda da non potervi resistere?

Afferrando il telo dalle sue mani, Caroline cominciò ad asciugarsi, prima strofinandosi i capelli poi tamponandosi il viso; mentre parlava con lui, proseguiva nell’asciugatura, non imbarazzandosi nel trovarsi di fronte a lui con solo dell’intimo bagnato addosso.

CA= Allora… come mai io e te ci incontriamo sempre nei posti più improbabili?

LI= Chissà… forse può essere una mia pianificazione o una straordinaria coincidenza…non entrambe le cose…

Erano a pochi centimetri l’uno dall’altra, tanto che Light riusciva perfettamente ad avvertire la freschezza che l’acqua aveva lasciato sul corpo di lei. Era bella… meravigliosamente bella, e lui non poteva più resisterle. Lei gli andò ancora più vicino, incatenando i suoi occhi nei propri.

CA= Allora… preferisco pensare che sia frutto di una coincidenza particolarmente fortunata…

Si avvicinò ancora…e tutto seguì naturalmente. Le loro labbra si incontrarono, calde e sottili quelle di Light, morbide e fresche quelle di Caroline, cominciando ad accarezzarsi mentre le lingue iniziarono ad intrecciarsi. Un bacio voluttuoso, sensuale, agognato da lui per troppo tempo, che racchiuse il morbido e snello fianco femmineo con un braccio. I corpi si strinsero di più. Il cuore di Light batteva furiosamente, per l’emozione e la soddisfazione di poter finalmente avere tra le braccia la donna che  da tanto desiderava; Caroline era la sua donna ideale: intelligente, autonoma, decisa…sexy e disinibita. Avrebbe fatto carte false per averla, ed ora il cielo aveva ascoltato ed esaudito la sua preghiera.

Dopo qualche istante si staccarono, e lei lo guardò dritto negli occhi.

CA= E’ stato un piacere vederti Light… arrivederci…

Così dicendo lo oltrepassò, per dirigersi verso gli spogliatoi, mentre lui rimase quasi imbambolato, fermo in piedi con le braccia lungo i fianchi; dopo qualche istante, si portò la mano alla bocca, quasi come credesse di aver appena vissuto un sogno.

LI= Arrivederci…Caroline…

E se ne andò.

***

E’ difficile descrivere le sensazioni di un cuore che si infrange: smette di pulsare per un attimo, per poi cominciare a dolere come se fosse stato colpito da mille aghi. Faceva male, ma finché non lo provi sulla tua pelle non lo puoi capire veramente appieno. Ma è in quel momento, in quel preciso istante di percezione del dolore, che ci si rende conto di cosa vuol dire amare, che rischi comporta e soprattutto, cosa si prova nel vedere la persona che ami più di ogni altra cosa su questa terra, scivolare via da te, per qualcosa che tu stesso hai voluto.

Non poteva biasimarla. Lui l’aveva abbandonata, e sapeva che, presto o tardi, ne sarebbe uscita; ma non immaginava che potesse accadere proprio in quel momento, in cui egli stesso non era preparato a quell’eventualità che ogni giorno di lontananza diventava sempre più probabile.

Anzi, non avrebbe nemmeno dovuto sentirsi così, non avrebbe dovuto sentire dentro di lui un senso di vuoto così voraginoso.

Eppure lo sentiva. Sentiva il suo cuore fargli male, sentiva un buco nero e profondo scavare all’altezza del suo stomaco, mentre la sua mente, così impulsiva e irrazionale faceva risuonare una frase, letta tempo addietro in un libro…

“L’amore a volte, è la più crudele di tutte le bestie”

Solo quel giorno, Mello ne comprese appieno il significato.

***

La sera seguente…

Dopo tanto tempo, Halle e Caroline, si concessero una serata solo per loro, consistente in una cena nel più esclusivo ristorante di Tokyo. La serata trascorse meravigliosamente, finché non videro qualcosa che le lasciò esterrefatte.

CA= Mio dio, ma quello è…

HA= Sono le 23:30, che ci fa qui in giro? Ehi, no, Caroline! Che stai facendo?!

CA= Voglio seguirlo…Mikami non è il tipo da vita notturna…

Halle non poté far altro che pagare e seguire l’amica che ormai era alle calcagna dell’uomo.

HA= Si può sapere cos’hai in mente?!?!?!

CA= Voglio scoprire dove va…

Lo seguirono per circa un quarto d’ora, finché non lo videro entrare in una…

CA=…discoteca?

HA= Sempre detto che i più tranquilli in realtà poi sono i più perversi…

CA= Io entro.

HA= Mi tocca seguirti pure qui…

Entrarono nel locale, illuminato solo da luci stroboscopiche multicolori e da fari color rosso sangue; il posto era gremito di gente, ma riuscirono comunque a vedere Mikami andarsi a sedere su una delle poltroncine, cominciando a osservare la folla attorno a se. Nel frattempo, Halle si sedette al bancone, mentre Caroline, rimasta in piedi vi si appoggiò con la schiena, guardandosi intorno… ad un tratto però, gli occhi della bionda intercettarono qualcosa di molto, molto singolare… e decisamente fuori contesto.

HA= O mio…dio…

CA= Che c’è?

HA= Che ci fa lui qui?

Caroline seguì lo sguardo dell’amica e non poté non irrigidirsi.

CA= Aspetta qui, torno subito.

Camminò un poco tra la folla, arrivando poi alla destinazione: seduto ad un tavolo lungo la parete e contornato da tre individui, c’era l’ultima persona che si aspettava di vedere in quel posto.

ME= Caroline… che ci fai qui? Non ti credevo tipo da discoteche…

CA= Non lo sono infatti, ma a quanto pare ho un radar speciale per gli idioti.

Mello ridacchiò, gettando la testa all’indietro; quando tornò su, era serio.

ME= Per quale motivo sei qua?

CA= Per lo stesso che dovrebbe essere il tuo. Anche se vedo che preferisci ubriacarti.

Uno dei tre ragazzi che erano attorno a Mello, le rivolse la parola.

R1= Ehi dolcezza, perché non bevi qualcosa con noi?

CA= Preferirei guardarvi bere una bottiglia di acido muriatico piuttosto…

R2= Ehi, gattina, non tirare fuori gli artigli… ci stiamo solo divertendo. Su… (COMINCIA A TOCCARLA) bellezza, facci divertire….

CA= Levami le mani di dosso, lurido porco.

R3= Ehi, stronzetta, guarda che noi abbiamo usato le buone maniere.

CA= Ah, davvero? e io dov’ero mentre le usavate?

R3= Ora ti faccio il culo, puttana.

Mentre l’uomo faceva per alzarsi, e Caroline mettersi sulla difensiva, una voce immobilizzò entrambi.

ME= Non azzardarti a toccarla, David.

R3= Ma Mello…

ME= Mi hai sentito.

La ragazza si avvicinò a lui, che la guardò indecifrabile.

CA= Sei ubriaco.

ME= Non è una novità…dovevi esserlo anche tu, quando sei venuta a letto con me.

Caroline buttò uno sguardo sul tavolino, e tra migliaia di bicchieri, vide alcuni residui di polvere…bianca come la neve.

CA= E sei fatto.

ME= Parolona.

CA= Non azzardarti a muoverti.

Dopo essere andata da Halle a spiegarle la situazione, Caroline fece ritorno dal ragazzo.

CA= Alzati.

ME= Non ci penso nemmeno…EHI?! MA CHE CAZZO FAI?!!!!

Caroline aveva estratto una pistola dalla giacca di uno dei tre uomini, e gliela puntò contro.

CA= Alzati.

ME= Non mi spareresti ma…ARGH! CRISTO FAI ATTENZIONE!

La ragazza aveva sparato un colpo contro il muro, a circa 10 centimetri di distanza dalla testa di Mello.

ME= (ALZANDOSI) Ok ok, va bene… mi sto alzando, vedi? Sono in piedi.

Il ragazzo andò, con passo incerto, davanti a lei.

ME= Eccomi principessa… dove andiamo?

CA= Ti porto a casa, coglione.

Così dicendo, lo spinse in modo brusco verso destra, in direzione dell’uscita.

ME= Non mi aiuti caritatevolmente a camminare?

CA= Sei in grado di farlo da solo, avanti. Esci.

Arrivati a casa, Mello, colto da un attacco violento di nausea, rigettò anche l’anima; poco dopo, Caroline entrò in bagno trovandolo, sfinito, abbracciato al water e gli porse un bicchiere colmo di tiepido liquido ambrato.

CA= Bevi questo, E’ zenzero, ti aiuterà ad alleviare la nausea.

ME=( BEVENDONE UN SORSO) Cazzo, è amaro come il tossico! Mi vuoi forse avvelenare?!

CA= Sono stata tentata. Quando hai finito il tuo monologo con la tazza del water, sciacquati la faccia e vai di là.

E se ne andò.

Dopo circa un quarto d’ora, Mello la raggiunse in camera,sentendosi lievemente meglio; la ragazza lo aiutò a spogliarsi della felpa e della maglia.

ME= Sei un angelo…

CA= Cos’è, sei ancora nel delirio della cocaina?

ME= Dico sul serio…

CA= Certo.

ME= Perché lo fai?

CA= Forse perché sono incline al masochismo…

ME= Anch’io…

CA= Tra masochismo e autodistruzione c’è differenza. Tu sei sulla seconda frequenza Mello.

Un momento di silenzio calò su di loro; poi Mello, guardandola fisso negli occhi, riprese la parola.

ME= Provi qualcosa per me?

CA= Me lo avevi già chiesto…

ME= Voglio saperlo di nuovo: provi qualcosa per me?

CA= No.

ME= Ancora bugiarda.

CA= Vai a letto Mel. La strada la sai, visto che sei già stato qua.

ME= Mi fa effetto entrare nel tuo letto senza te dentro. Vieni a farmi compagnia?

CA= Scordatelo. Fila.

Mello andò a letto, dove si addormentò all’istante. Caroline, dopo aver acceso il fuoco nel camino e spento tutte le luci, si sedette sul divano, e avvicinate le ginocchia al petto, venne sommersa dai pensieri… e qualcosa che aveva creduto essersi rimarginato, si riaprì per ricominciare a sanguinare.

Dopo qualche istante, si alzò nella semioscurità rischiarata soltanto dalla luce aranciata delle fiamme e si diresse verso la camera da letto; sentendo il respiro tranquillo di Mello, si fermò sulla porta e lo osservò…

CA= (PENSANDO) Possono ondeggiare i sentimenti, sparire e risalire d’un tratto dal loro serpeggiare sotterraneo, ma tu non puoi mancarmi, e lo dico proprio a te, all’uomo che cerca di sottrarsi a me.
Tu sei indifeso Mello, esposto al più grave pericolo, e questo pensiero non ti fa impallidire…dovrò prendere io in mano la tua vita , deviare da te la corrente mortale, e questo farò ad ogni costo. Arriverò a firmare accordi segreti con i tuoi nemici che trafiggeranno  le tue passioni, il tuo orgoglio, la tua dignità stessa se sarà necessario… una fortezza metterò tra te e lui, quel Light che non finisce mai di polverizzare,rovinando chi non lo schiva abbastanza; ma tu resterai vivo, ed è questa la cosa più importante…
E io? affronterò il rischio di non amarti più.

-Il mattino dopo-

Caroline entrò in camera; Mello era ancora addormentato, coricato su un fianco e lei si prese un attimo per guardarlo: era bellissimo. Lo sguardo di lei vagò sulla cicatrice del volto, enorme, estesa e leggermente più rosea della pelle diafana del ragazzo…ma era comunque estremamente bello. Quando si sedette sul materasso, vicinissimo a lui, che aprì gli occhi, sentì un tremito nel vedere quei due angoli di cielo posarsi su di lei.

ME= Buongiorno…

CA= Buongiorno. Tieni, ti farà bene.

Gli porse una tazza colma di caffè; prima di prenderla, Mello si tirò su  a sedere e poggiò la schiena alla testiera del letto.

ME= (RIGIRANDOSI LA TAZZA TRA LE MANI) Matt dice che faccio scappare tutti quelli che provano ad avvicinarsi…

CA= Matt ti conosce bene… forse è l’unico che può definirsi in tal modo.

ME= Perché hai tagliato i capelli…?

CA= Per archiviare tutto quello che è successo il mese passato…

ME= Compreso me?

CA=…compreso te…

ME= Mi dispiace che sia finita così tra noi, Caroline…

CA= E’ mai iniziata?

ME= No… spero che Light Yagami possa darti quello che io non sono stato in grado di dare…

Mello avrebbe voluto darsi un morso alla lingua, ma quelle parole erano uscite dal suo cuore spontaneamente, senza preavviso. Si accorse di aver fatto uno sbaglio madornale, vedendo la ragazza irrigidirsi ed il suo sguardo farsi gelido.

CA= Vedo che stai meglio. Appena hai finito, và a farti una doccia, io intanto chiamerò Matt.

Ed uscì dalla stanza, mentre due occhi azzurri come il cielo la avvolgevano in tutta la sua esile figura.

***

Trascorse un’ora da quel dialogo, Matt era sottocasa di Caroline ad attendere Mello.

CA= (AFFACCIANDOSI ALLA FINESTRA) Matt è arrivato…

ME= E’ ora che io vada…

Lo accompagnò al portoncino ed aprì la porta lei stessa; dopo aver fatto un solo passo, Mello si fermò per voltarsi verso di lei.

ME= Grazie…per tutto.

CA= Tu l’avresti fatto per me.

Rimasero a guardarsi nel silenzio…erano vicinissimi, talmente vicini che i respiri si confondevano; Mello si avvicinò lentamente con il viso a quello di lei… ma quando non mancarono che pochi millimetri a quelle labbra così desiderate, si ritrasse.

ME= Mi sento come se stessi bruciando dentro e non potessi far nulla per acquietare questo fuoco…

Senza dare tempo alla ragazza di replicare, se ne andò scendendo velocemente le scale. Caroline richiuse così la porta, ma una volta serrata, si attaccò con la schiena al muro, lasciandosi poi scivolare a terra. Cominciò a piangere sommessamente, portandosi una mano alla bocca.

CA= Brucia… brucia brucia brucia…

***

“Il prigioniero che assaggia la libertà è come un uccello selvatico; se gli si presenta l’occasione di fuggire, nessuno lo riprende più”

Risponde lo Sferzatore filosofo: “Tutti preferiamo essere liberi piuttosto che schiavi.”

“Anche tu?” chiede Egione.

“Io più di tutti. Non sono forse schiavo dei miei prigionieri? Magari potessi fuggire.”


Plauto , “I Captivi” 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17
Rex gloriae, Domine Kira



Due soli si erano succeduti dal giorno in cui Caroline aveva rincontrato Mello. Quella mattina, la ragazza si stava vestendo nella camera da letto, ripensando al sogno che aveva fatto durante la notte… non era minimamente cambiato dalla volta scorsa, sempre le stesse modalità, situazioni, ambienti… stava cominciando a diventare snervante.

CA= Ancora qualche nottata del genere e avrò bisogno di un analista… ma estremamente bravo!

Ad un certo punto, sentì un piccolo, sommesso rumore provenire dal fondo del corridoio, dalla porta che collegava alla sala. Inizialmente non ci badò, ritenendolo un’impressione o, comunque, niente di grave.
Ma quando questo si ripeté, con intensità maggiore, si catapultò fuori dalla stanza con lo scopo di scoprirne la causa; afferrando la maniglia della porta del corridoio, la spalancò veementemente.

Quando scoprì la causa scatenante di quei rumori, i suoi occhi si sgranarono increduli.

“Ciao Caroline…”

***

 Aizawa, con in mano una grande quantità di fogli, si avvicinò a Light seduto ad una delle due scrivanie.

AI= Light…

LI= Si?

AI= Riguardo alla signorina Hale… ho delle novità.

LI= Dimmi…

Per tutta risposta, Aizawa stese di fronte a lui una piantina, chiaramente di origine catastale.

AI= Una catacomba.

LI= Cosa?!

AI= Caroline, sicuramente con l’aiuto dell’agente Halle Lidner,  ha scoperto una catacomba di età romana nel centro di Tokyo…

LI= Ma è impossibile…una catacomba romana in Giappone?

Aizawa mise di fronte a lui altri quattro fogli, fitti di calcoli e annotazioni.

AI= So che sembra assurdo… ma i rilevamenti e gli studi storici e archeologici confermano che si tratta di un cimitero sotterraneo di età romana…

LI= E se tanto mi da tanto, conoscendo Caroline, avranno trovato cose molto interessanti là sotto…

AI= Mi hai preceduto… la catacomba è per metà crollata, ma gli archeologi hanno potuto comunque trovare dei frammenti di un’epigrafe…

LI= Che cosa portava iscritto?

AI= Purtroppo i frammenti erano così piccoli e consunti dal tempo che è stato possibile interpretarne solo una minima parte…

LI= Grazie per l’informazione Aizawa… ora penserò sul da farsi…

Lasciato solo, Light cominciò a pensare a come comportarsi…doveva assolutamente scoprire cosa racchiudeva quella catacomba di così prezioso, tanto prezioso da spingere Caroline a calarvicisi all’interno rischiando di rimanere travolta dalle macerie… Avrebbe scoperto il motivo di quell’azione, doveva farlo.

E avrebbe fatto ricorso ad ogni mezzo. Lecito o illecito che fosse.

***

Era il colmo. Veramente il colmo. Quella era la prova palese che stava impazzendo.

“Un benvenuto un po’ più accogliente non guasterebbe…”

No…quello non era un sogno…. anche se il volto che aveva davanti era quello che tormentava le sue notti ormai da molte settimane. Sentiva la sua voce, vedeva la sua figura in piedi davanti a lei, la cassa toracica mossa lievemente dal respiro..

CA= Cos’è? Oltre il sonno, mi sconvolgi anche la vita normale?

“Io sono reale.”

CA= Tu sei morto.

“ E tu sei tisica.”

CA= Dovresti essere tra le nuvole a suonare l’arpa con gli angioletti!

“ E tu in un ospedale a fare una terapia.”

La ragazza istintivamente si lanciò sul telefono e compose un numero.

CA= Dottor Kishimoto?... si, buongiorno, sono Caroline Hale…. si,sto benissimo, grazie…. volevo chiederle se il farmaco del Trial porta come effetti collaterali le allucinazioni…. no? allora sto veramente impazzendo. Grazie comunque, arrivederci.

“Te l’avevo detto che sono reale…”

Quando mise giù il ricevitore, gli occhi di L la guardarono beffardi.

***

MA= Santo cielo, ma cosa sta succedendo?!

Aizawa e Mogi si affacciarono alle finestre del grattacielo, e ciò che videro li lasciò attoniti: un corteo di migliaia e migliaia di persone, si stava snodando lungo la via principale della città, come un enorme serpente nero; portavano con se fiaccole, spranghe e bandiere…recanti il nome di Kira.

AI= Questo è veramente il colmo…  un corteo a favore di Kira.

LI= Abbiamo toccato il fondo… l’umanità sta regredendo sempre di più… (PENSANDO) Bene…assolutamente perfetto… Takada e Mikami hanno svolto un lavoro eccezionale; finalmente l’umanità sarà ai miei piedi… e con loro ci sarai anche tu Caroline….

Fuori il corteo continuava ad avanzare.

***

Caroline ancora non poteva crederci; sperava vivamente che tutto quello fosse solo un sogno… un bruttissimo, terribile sogno da cui voleva svegliarsi al più presto.

L= E’ inutile che cerchi di convincerti che tutto questo sia un sogno… è realtà pura ragazza..

CA= No… non è possibile… tu non puoi essere qui.

Lo guardò attentamente… alto, magrissimo e diafano come Near lo aveva sempre descritto, vestiva con dei semplici jeans scoloriti ed una maglietta bianca, chiaramente di una taglia più grande della sua. Aveva tratti del viso delicati e aggraziati, quasi efebici... gli occhi grandi, neri e profondi erano segnati da marcate occhiaie. Il tutto contornato da folti capelli corvini estremamente spettinati.

Caroline si avvicinò a lui, con passo cauto, leggero… come se avesse il timore di toccare qualcosa di estremamente fragile, alzò la mano per avvicinarla lentamente al suo viso. Vedendo che lui non si ritraeva al tocco, cercò il definitivo contatto; ma nel momento in cui la sua mano avrebbe dovuto toccare la gota maschile, la passò da parte a parte…

CA= Oh… è come agitare la mano in mezzo a del fumo…

L= E’ uno degli inconvenienti di essere morti…

Caroline si ritrasse leggermente per guardarlo fisso negli occhi… voleva porre quella terribile domanda di cui non era sicura di voler sentire la risposta; quando parlò, la sua voce era velata di incertezza.

CA= Chi è Kira?

Per tutta risposta L scoppiò in una risata amara.

L= Tsk, bella lei! “Chi è Kira”… io sono morto per scoprirlo e tu ora vieni a chiedermelo così, senza il minimo di fatica!

CA= Ti prego…è importante!

L= Hai un Q.I di 180… usalo. Però…sei venti punti sotto di me…

CA= Mi stai dando della minorata?

L= Ci provi gusto ad offenderti da sola?

Caroline non fece a tempo a ribattere, interrotta come fu dallo squillo del cellulare.

CA= Si, Halle dimmi!

HA= Caroline, dobbiamo vederci dall’SPK subito!!

CA= Halle, che c’è? Perché sei così agitata?!

HA= Accendi la televisione, non posso stare molto al telefono! Ci vediamo davanti alla sede, tra venti minuti! Vieni a piedi, usare la macchina è troppo rischioso!

E interruppe la comunicazione. Subito dopo, la ragazza accese l’apparecchio televisivo e si sintonizzò sul telegiornale che riportava l’immagine di Demegawa, il presidente e principale conduttore di Sakura TV, a bordo di un elicottero, descrivente enfatizzato la situazione che si stava sviluppando sotto i suoi occhi.

CA= O mio dio… devo andare, subito!

L= Fa pure, tanto non ho fretta!

Ma Caroline non lo sentì, poiché si era già catapultata fuori di casa.

***

DE= FRATELLI!!! SEGUACI DI KIRA!!! NON DOVETE ENTRARE TUTTI ASSIEME, ALTRIMENTI I COSPIRATORI POTREBBERO APPROFFITTARNE PER FUGGIRE MESCOLANDOSI TRA LA FOLLA!!SEGUITE LE MIE INDICAZIONI, ENTRATE POCHI ALLA VOLTA IN MODO DA AVERE LA CERTEZZA DI METTERLI CON LE SPALLE AL MURO! LI COSTRINGEREMO A MOSTRARSI DI FRONTE ALLE TELECAMERE COSI CHE KIRA POSSA GIUSTIZIARLI!

La situazione davanti all’SPK stava pericolosamente degenerando; orde di invasati stavano assaltando le porte del grattacielo per sfondarle e fare così il loro ingresso… ma al piano interrato, un altro scontro stava avendo luogo… più tranquillo, più pacato ed attraverso un microfono….ma mille volte più violento.

LI= E ora Near? Devi pensare a scappare…

NE= Che faccia tosta, proprio tu che sei Kira me lo dici?

LI= Ancora con questa storia?! Dovete mettervi al riparo, o vi uccideranno tutti quanti!

NE= Con tutte le organizzazioni mondiali e non che danno la caccia a Kira, perché questa folla è venuta proprio da noi? Non può essere un caso, Kira sei tu.

LI= COSA?! COME HAI DETTO?! STAI COMMETTENDO UN GROSSO SBAGLIO!! UNO SBAGLIO CHE COSTERA’ LA VITA A TE E A TUTTI COLORO CHE TI STANNO INTORNO SE NON TI DECIDI A SCAPPARE!

La voce di Demegawa irruppe, sgradevole e amplificata dall’enorme megafono che teneva vicino il microfono della bocca.

DE= IL PRIMO GRUPPO SFONDI LE PORTE ED ENTRI NELL’EDIFICIO!!! IL SECONDO GRUPPO RESTI IN ATTESA  FINCHE’ NON SARANNO ENTRATI TUTTI E VENTI GLI UOMINI DEL PRIMO!!

RE= Near, non possiamo più stare qui! Dobbiamo andarcene!

NE= (AL MICROFONO) Ascoltatemi signori del quartier generale; posso almeno affermare che Kira sia tra di voi, e vi invito a rifletterci su. Con questo chiudo la comunicazione.

GE= Dobbiamo sbrigarci Near, entreranno a momenti!

NE= Bene… ci siamo tutti?

RE= Mancano Halle e Caroline… Gevanni, prova a contattarle!

Il giovane uomo compose il numero di entrambi i cellulari delle ragazze, ma da ambedue non ottenne risposta.

GE= Non rispondono!

NE= Non perdiamo la calma innanzitutto! Prima organizziamoci per l’evacuo , poi riproveremo a contattarle!

***

Caroline stava correndo a perdifiato per la via della città, schivando piccoli nuclei di persone e manifestanti; avvicinandosi sempre di più all’SPK, fu costretta a tuffarsi nella folla dei dimostranti, sgomitando per poter passare e sballottata qua e là dalla veemenza degli uomini.

CA= (PENSA) Mio dio…non hanno più di 45 anni fra tutti! Il mondo sta andando alla rovescia!

Ad un certo punto, una voce attrasse la sua attenzione.
HA= CAROLINE!! SONO QUI!

La ragazza, al richiamo, si voltò per vedere Halle al lato posto dirimpetto della via… erano arrivate da fronti opposti, e questo non giovava loro granché. A fatica si avvicinarono l’un l’altra, cercandosi con le mani per stabilire un contatto. Il frastuono dell’elicottero misto al vociare elevato della folla, le obbligava a parlarsi quasi gridando.

HA= Va tutto bene?!!!!

CA= Si, credo di si!!!!

Ad un tratto però, l’irreparabile. Un cameraman a bordo dell’elicottero le aveva viste entrambe, e una volta riconosciutole, le indicò a Demegawa.

DE= FRATELLI!!! GUARDATE CHI E’ ARRIVATO TRA NOI, LE DUE FANCIULLE COSPIRATRICI CONTRO KIRA! PRESTO, PRENDETELE….VIVE!

A quel messaggio, circa venticinque persone si voltarono verso di loro, con sguardi tutt’altro che benevoli.

CA= Le ultime parole famose…

***

MO= Light devi fare qualcosa, subito!

LI= Che succede Mogi?!

L’agente gli indicò con il braccio lo schermo televisivo.

MO= Demegawa ha ordinato ai manifestanti di catturare Caroline e l’agente Lidner!

LI= (DIRIGENDOSI DI FRONTE ALLO SCHERMO ALLARMATO) Che cosa?!?! Aizawa, Mogi, Ide recatevi sul posto! Matsuda, tu resterai qua a controllare se accade qualcosa!

MO+ID+ AI= Subito!

LI= (PENSA) Maledetto Demegawa… ma cosa ti è saltato in mente?! Eppure Takada ti ha espressamente detto di non prendere iniziative!


Si ritrovò a fissare lo schermo, per la prima volta insicuro su ciò che avrebbe
dovuto fare… doveva andarci cauto, se fosse successo qualcosa a Caroline, non se lo sarebbe mai perdonato. Di tutta quell’immensa scacchiera che per lui stava diventando il mondo, lei non era un pedone da muovere e da sacrificare a suo piacimento… lei era la regina bianca al lato opposto della pedana, e lui il re nero che doveva conquistarla.

***

Correvano.

Correvano a perdifiato per le vie secondarie della città, evitando così i luoghi intasati dal corteo. La cercavano disperatamente: ogni volto, ogni voce femminile, ogni corpo a terra già colpito dalla violenza degli scontri poteva essere il suo… e questo lui non poteva permetterlo.
Aumentarono il ritmo della corsa. Avevano solo una manciata di minuti, prima che potesse accadere l’insanabile.

***

La folla le stava accerchiando, venticinque uomini che le guardavano feroci, armati di spranghe, bastoni o semplicemente delle loro mani. Furono costrette a mettersi schiena contro schiena.

HA= Che cos’hai intenzione di fare?

CA= Io non ne ho idea…

HA= Fantastico…davvero fantastico.

CA= Aspetta un momento… ti ricordi ancora le tecniche di combattimento corpo a corpo della CIA?

HA= Credo di si…

CA= Bene… allora afferrami per le braccia e tirami più su che puoi..

HA= Cosa?!

CA= ORA!

Presa alla sprovvista, Halle si ritrovò a dover eseguire gli ordini impartitele da Caroline: facendo leva sulla schiena e piegandosi in avanti, sollevò l’amica da terra, che andò a colpire con un calcio il mento di un manifestante, lasciandolo a terra privo di sensi.

CA= Visto? Non era poi così difficile!

UOMO1= Ehi, le puttane fanno sul serio!

UOMO2= Diamole una bella lezione!

Gli uomini cominciarono a stringersi sempre di più attorno a loro… erano in trappola.

HA= Bel lavoro Bruce Lee… ora quale altra fantastica idea tirerai fuori dal cappello?!

CA= L’ultima che ci è rimasta…. li affrontiamo!

HA= COSA?! E COME?!?

CA= Devo farti un disegnino?! Muoviti se non vuoi fare la fine del topo!!

Cominciarono così un violento scontro corpo a corpo con i dimostranti; riuscirono ad atterrarne circa dieci, ma più ne “sconfiggevano” più se ne facevano avanti. In un fugace momento nel quale sollevò lo sguardo verso la folla, a Caroline parve di scorgere Mello fissarla angosciato, emergendo dalla nera scia dei manifestanti come un miraggio; quando però lo vide muoversi verso di lei, capì che lui era reale… era venuto ad aiutarla. Ma mentre i loro occhi si incontrarono, lei venne afferrata violentemente al polso da Halle.

HA= Caroline, sono troppi! Dobbiamo andarcene di qui!

Prima che potesse risponderle, Halle la tirò via dalla folla, costringendola ad una fuga precipitosa; il contatto visivo con Mello si interruppe mentre venivano inseguite da una fiumana inferocita.

***

ME= NO!! CAROLINEEEEE!!!

Non poteva lasciarla andar via così. Non ora che l’aveva trovata e che poteva finalmente proteggerla.

MA= Mello, che facciamo?!?! Hanno una folla atroce alle costole!!!

ME= Le seguiamo!!!

E ripresero a correre nella stessa direzione presa dalle ragazze.

***

DE= LE IGNOBILI TRADITRICI STANNO SCAPPANDO!!! PRENDETELE FRATELLI, PORTATE QUESTE SGUALDRINE
NEMICHE DELLA LIBERTA’ AL GIUDIZIO INAPPELLABILE DI KIRA E SARETE RICOMPENSATI PER LA VOSTRA DEVOZIONE!!!

Light osservava angosciato lo schermo televisivo, che riportava per via aerea le immagini della fuga delle due donne, tallonate da più di venti uomini; per la prima volta quello che provò nel suo cuore fu l’ansia; l’ansia di vedere una persona a cui teneva particolarmente minacciata da un pericolo mortale.

L’incertezza si fece sempre più strada nel suo animo.

***

Corsero per miglia e miglia, ma la folla sembrava non abbandonarle… Loro si erano accodati agli inseguitori, superandoli di volta in volta per trovarsi sempre più vicino alle ragazze… e a lei. Ad un certo punto, si trovarono sul ponte Kototoi, la struttura che univa le due parti della città di Tokyo… e lì l’orrore si impadronì di Mello.
Un altro gruppo di dimostranti era sbucato dalla parte opposta del ponte, bloccando la via; erano in trappola.

Le vide fermarsi, accerchiate dagli uomini che si stringevano sempre di più attorno a loro…arretravano verso la ringhiera del ponte. In preda al panico, Mello cercò di avvicinarsi sempre di più, ma un muro impenetrabile di schiene e spalle lo divideva da Caroline.

CA= Siamo in trappola…

HA= Non dobbiamo farci prendere… altrimenti moriremo.

CA= Ci resta solo una cosa da fare…

HA= Cosa?

CA= Dammi la mano… seguimi e non lasciarla per nessun motivo.

HA= (STRINGENDO LA MANO DI CAROLINE) Ok… mi fido di te…

CA= (INSPIRANDO PROFONDAMENTE) Va bene; comincia ad indietreggiare lentamente…

All’unisono, Halle e Caroline cominciarono a retrocedere, gli occhi fissi sulla schiera di gente che le stava accerchiando.

CA=…Uno…due…tre…ORA!

Scattando all’improvviso, si voltarono verso il parapetto del ponte, e prima che qualcuno potesse fermarle lo scavalcarono, dandosi lo slancio finale… saltarono al di là del ponte, precipitando per oltre 14 metri.

Finirono il loro salto, tuffandosi nell’acqua gelida del fiume, per scomparire dentro i suoi flutti azzurrini.

***

Erano saltate giù dal ponte… un volo di 14 metri senza nessuna protezione e con la superficie acquea che, a quella velocità e distanza, era comparabile ad una lastra di ardesia. Tra gli sbraiti di dissenso di Demegawa che minacciava di far giustiziare tutti i manifestanti, la folla si affacciò sul parapetto del ponte, per vedere la riemersione delle due fuggitive… ma per quanto aspettassero, non ottennero nulla di ciò che attendevano.

In quel momento, due cuori, seppur lontani miglia e miglia, battevano freneticamente, in un crescente climax di ansia, paura e disperazione; sia Light che Mello l’avevano vista saltare giù e venire inghiottita dai torbidi flutti del fiume che la nascondeva ancora ai loro occhi… ma prima che il ragazzo biondo potesse fare qualcosa, tre volanti della polizia arrivarono sul posto, sgombrando la strada e allontanando i manifestanti, compreso lui  e Matt, che dovettero allontanarsi.

-    Intanto…-

Erano passati due minuti da quando si erano lanciate dal ponte, 120 lunghissimi secondi di apnea sotto le acque torbide e naftaliniche del fiume; finalmente si decisero a riemergere, nascondendosi sotto gli enormi piloni della struttura.

HA= (RIPRENDENDO FIATO) MA DICO, TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO?!?!?! QUANDO MI HAI PRESO LA MANO CREDEVO AVESSI UN PIANO UN PO PIU SENSATO CHE QUELLO DI SCARAVENTARCI GIU DA UN PONTE DI 14 METRI!!!!

CA= Una folla inferocita alle costole, chiuse entrambe dai lati del ponte e un pazzo con elicottero e megafono sopra la testa… che cosa pensavi facessi, la danza del ventre per ipnotizzarli?!?!

Prima di rispondere, Halle si guardò sconsolata: era fradicia dalla testa ai piedi, infreddolita e il colore azzurrastro dell’acqua non era granché invitante; poi guardò l’amica: Caroline non era messa meglio di lei, e si rincuorò leggermente.

HA= Se ne sono andati?

La mora, per controllare, nuotò leggermente verso destra, alzando il capo in direzione del ponte.

CA= Si… direi decisamente che possiamo toglierci da ammollo…

Cominciarono a nuotare verso la riva, attente a non farsi vedere troppo… in fin dei conti non era molto usuale che due ragazze facessero un bagno a Novembre, vestite e nel fiume della città; arrivarono alla riva accompagnate dal sottofondo dei mugolii di dissenso di Halle.

HA= Santo dio che schifo! Sapevo che l’acqua del Tama era lurida, ma non immaginavo fino a questo punto! Che schifo… che schifo che schifo che schifo!!!

CA= Bene, appurato il fatto che tutto questo ti faccia schifo, potresti chiudere la bocca un secondo?! sembri mia madre!

Contrariata, Halle si limitò solo ad aprire e chiudere la bocca in atteggiamento di disappunto. Quando uscirono dall’acqua e si alzarono in piedi sulla riva di arenaria, i vestiti pregni d’acqua costituivano una zavorra di circa quattro volte il loro peso reale.

CA= Andiamo a casa… qui non siamo al sicuro.

***

Una volta accompagnata Halle a casa e chiamato Near per avere (e dare) notizie, Caroline fece ritorno alla propria. E puntualmente venne accolta da L

L= Bella fuga… mi sono davvero emozionato.

CA= Molto divertente… perché non mi lasci in pace?

L= Perché i pezzi grossi mi hanno mandato qui e, nonostante io non ne capisca l’utilità, ci devo restare fino a nuovo ordine!

CA= Fantastico…ora anche la versione troppo cresciuta di Casper devo sorbirmi…come se la mia vita non fosse già abbastanza incasinata…

L= Credimi, presto lo sarà ancora di più…

CA= Ok, facendo finta di non aver sentito, credo che andrò a farmi un bagno…

Una volta sotto il getto caldo della doccia, Caroline ricominciò a rimuginare… le era comparso L tutto d’un tratto, senza un motivo o una spiegazione logica; “in fondo” pensò “tutto quanto sta acquistando delle sfumature tutt’altro che logiche…” ma ad un tratto, l’illuminazione le arrivò.
Uscì veloce dalla doccia, si avvolse in un asciugamano e si catapultò in camera… doveva fare velocemente, per quello che aveva in mente, necessitava dell’aiuto di una persona.

Dopo aver indossato la biancheria, si mise davanti allo specchio afferrando due piccoli abiti, uno color grigio perla, l’altro di un intenso blu zaffiro.

CA= (TRA SE E SE) Mmmmh… quale dei due?

L= Quello blu.

Caroline si girò di soprassalto, L era comparso nella camera, appollaiato sul bordo del letto.

CA= (SARDONICA) Da quando ti intendi di vestiti?

L= E tu da quando in qua ti intendi di strategie? Un abito ben scelto, a volte fa molto di più che un’eccellente orazione. Quello blu.

Per ripicca, Caroline afferrò l’abito grigio perla, lanciando il secondo addosso a L ; andando dietro il piccolo paravento cominciò ad indossarlo.

L= A proposito, ti dispiacerebbe chiamarmi Ryuzaki? Ho sempre odiato quella dannata lettera L .

CA= Va bene L… ops, Ryuzaki.

Uscì dal paravento e si rimise davanti allo specchio per osservarsi… il corto abito le cadeva perfettamente, fasciandone la magra silhouette; ma c’era qualcosa che secondo lei stonava, che non la convinceva del tutto. Sbuffando, tornò verso il paravento con passo spedito, afferrando dal braccio teso di Ryuzaki, che nel frattempo si era alzato poggiando la schiena contro la parete, il secondo abito.

CA= (TRA SE E SE) Quello blu….MALEDIZIONE!

***

L= Near, sono L… state tutti bene?

NE= Si… abbiamo dovuto evacuare l’edificio, ma fortunatamente i manifestanti non sono riusciti ad arrivare al nostro piano… abbiamo fatto ritorno ora.

L= Bene, mi fa molto piacere sapere che tra di voi non c’è nessun ferito…ho seguito l’indegna scena alla televisione, siete riusciti a rintracciare le signorine Hale e Lidner?

NE= Non ancora, ma credo si faranno vive a momen..

Near non poté terminare la frase, poiché Caroline fece il suo irruento ingresso, dirigendosi celere verso di lui, in collegamento audio con L .

CA= Near, ho assolutamente bisogno del tuo aiuto per fare una cos…

RE+GE= CAROLINE!!

NE=…ecco, appunto, come stavo dicendo.

GE= Mio dio, vi credevamo spacciate! Che è successo?!

CA= Te lo racconterò dopo Gevanni, ora devo parlare con Near…

Appena si avvicinò al microfono, la voce di Light la accolse.

L= Caroline! Allora stai bene, quale sollievo!!

CA= Ehm… si, certo… sto benissimo grazie.

NE= L, riprenderemo questa conversazione più tardi.. la signorina Hale sta smaniando nel tentativo di dirmi qualcosa.

L= Nessun problema Near… Caroline.

E chiuse la comunicazione.

NE= Perché ti serve il mio aiuto?

CA= Devo andare alla Wammy’s House… il più presto possibile.

Caroline si accorse che alla menzione dell’orfanotrofio di Winchester, Near si era irrigidito… ma decise di rischiare comunque.

NE= Per cosa?

CA= Devo fare delle ricerche…

NE= Su chi?

CA= L…. il vero, L .

Quella semplice lettera gelò improvvisamente tutti i presenti; Near la guardò intensamente negli occhi, sapeva che accordarle il permesso di recarsi alla Wammy’s House voleva dire rendersi vulnerabili agli occhi di un’altra persona all’infuori di lui e del direttore… ma ricordò quanto Caroline aveva fatto per lui e quante volte, compresa quest’ultima, aveva messo a rischio la sua vita per soddisfare un suo ordine.

NE= E sia… telefonerò al direttore questa sera stessa e domattina potrai partire per Winchester.

CA= Grazie mille Near… grazie  davvero.

E fece per andarsene; quando fu sulla porta, la voce del ragazzo la costrinse a fermarsi.

NE= Ancora una cosa Caroline…

CA= Si?

NE= Quando cerchi una via di fuga…cerca di non fare venire un infarto a quelli che stanno in pensiero per te, mh?

CA= (SORRIDENDO) Va bene, prometto che la prossima volta ci penserò!

NE= Buona serata Caroline…

CA= Buona serata anche a te Near…

E se ne andò.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18
Il linguaggio dei numeri

 


Near c’era riuscito; aveva telefonato al direttore della Wammy’s House ed aveva fissato un incontro per Caroline in quello stesso pomeriggio.

Erano le quattro della mattina, Caroline stava attendendo all’aeroporto l’arrivo del velivolo che l’avrebbe portata a Winchester; per il viaggio e l’incontro aveva scelto un abbigliamento informale composto da jeans blu scuro, T-shirt scollata a V bianca, ballerine dello stesso colore e un piccolo giubbotto della stessa stoffa dei pantaloni. Affacciata ai finestroni della sala d’attesa, vide l’aereo fare la sua comparsa sulla lunga pista; non sapeva cosa avrebbe trovato, ma di sicuro quello era un viaggio che doveva fare.

Si avviò verso il corridoio d’imbarco.

***

Il telefono di Halle cominciò a vibrare veementemente sul comodino; un braccio spuntò da sotto le coperte e una mano assonnata cominciò a tastare la superficie lignea nella ricerca del cellulare.

HA= Pronto?

ME= Dov’è?!

HA= Buongiorno anche a te Mello…

ME= Dov’è Caroline?

HA= E’ partita stamattina… tornerà domani…

ME= Partita?! Stai scherzando?!?!? E per dove?!?!?!

HA= … per Winchester…

ME= COSA?!?!?!

HA= Non ho idea di cosa sia andata a fare…. ma non ho dubbi sul fatto che per lei sia molto importante…. quando tornerà potrai chiederle tutto quello che vorrai…

ME= Per quale motivo è andata a Winchester?!?!

HA= Buona giornata Mello…

E riagganciò. Nel contempo, Mello sprofondò nella più assoluta incapacità di trovare una spiegazione logica… non riusciva a capire perché Caroline avesse deciso di partire di punto in bianco per Winchester… ed escludendo la visita turistica della città, c’era solo un luogo dove la ragazza avrebbe avuto intenzione di dirigersi;

Credeva di aver chiuso i conti con il suo passato… ma probabilmente il passato non aveva chiuso i conti con lui

***


Arrivò nel pomeriggio inoltrato, soleggiato ed incredibilmente tiepido per essere una giornata novembrina; quasi in un momento di estrema fortuna, trovò immediatamente un taxi.

TASSISTA= Dove la porto signorina?

Prima di rispondere, Caroline estrasse dalla borsa la piccola agendina e controllò l’indirizzo.

CA= Marlowe Road 145a…

L’uomo mise in moto e si avviò placidamente sulla carreggiata; a circa metà del tragitto non poté più reprimere la curiosità; era troppo giovane per essere la madre di uno di loro,ed al contempo troppo vecchia per esserne la sorella. Cominciò a parlare.

TASSISTA= E’ una parente di uno dei bambini?

CA= Come scusi?

RZ= Ti ha chiesto se sei la parente di qualche orfano, sveglia!

Caroline fece un balzo spaventata sul seggiolino posteriore; L , o Ryuzaki, come diavolo si chiamasse, era comparso all’improvviso seduto accanto a lei.

RZ= Allora, ti sei mangiata la lingua? Mh? Su, il signore vuole una risposta…

CA= (AL TASSISTA) Oh, ehm… no! No, non sono una parente di nessun bambino…

TASSISTA= Siete molto giovane… per quale motivo vi recate alla Wammy’s House?

CA= Devo incontrare una persona…

TASSISTA= E che aspetto ha? Magari la conosco…

CA= Non l’ho mai vista….

Indubbiamente, a quella risposta l’uomo la prese per una poco di buono, tanto che tacque all’istante per non proferire nient’altro durante tutto il restante tragitto.

RZ= Bella risposta… ora penserà che sei una depravata che si butta in appuntamenti al buio…

CA= (SOTTOVOCE) Sei piuttosto informato… c’è niente di cui vorresti parlarmi?

RZ= Niente di importante… per ora.

Con un mezzo sorriso, Caroline volse lo sguardo verso il finestrino, ammirando il superbo e verdeggiante spettacolo del paesaggio britannico. Dopo altri venti minuti di tragitto, giunsero a destinazione.

TASSISTA= Eccoci arrivati signorina…

CA= Grazie mille…

Dopo aver pagato, Caroline rimase sola davanti all’entrata del così famoso orfanotrofio, “accompagnata” da Ryuzaki.

RZ= Ecco la Wammy’s House signorina…

La ragazza osservò l’edificio: era un enorme struttura in mattoni bianchi in stile vittoriano, situato in un immenso giardino perfettamente curato con migliaia di bambini vocianti e impegnati in vari giochi; a chiudere il tutto, un immenso cancello di ferro battuto, alternato da piccole colonne in marmo.

CA= Beh… ci siamo… direi di entrare.

Si avvicinò al campanello e dopo aver suonato, il dispositivo elettronico fece scattare il cancello, consentendo così alla ragazza di fare il suo ingresso… camminò per l’immenso parco, mentre i bambini le correvano intorno, per nulla interessati all’estranea che si stava muovendo attorno a loro.

RZ= Mio dio… erano anni che non venivo qui… è tutto come lo ricordavo…

CA= Quanto tempo sei stato qui?

RZ= Non ho mai conosciuto i miei genitori… e non ho memoria degli anni che ho passato fuori di qui… si può dire che sono cresciuto in questo orfanotrofio…

CA= Mi dispiace…

RZ= Con il tempo ci si fa l’abitudine… ecco Roger… mamma mia come è invecchiato…

Ryuzaki le indicò un esile e leggermente curva figura maschile, che la stava attendendo sulla soglia del grande portone ligneo; dopo aver salito i piccoli gradini, strinse la mano ad un anziano signore sui 70 anni, dai capelli canuti e gli occhiali… (Roger= RO)

RO= Lei deve essere la signorina Hale, l’assistente di Near…

CA= Esattamente…

RO= (STRINGENDOLE LA MANO) Lieto di conoscerla signorina… sono Roger Ruvie, il direttore della Wammy’s House… prego, si accomodi…

La fece entrare in un ampio corridoio, arredato con mobili di gusto antico e stile liberty, tendenza che si ripeteva per tutto l’edificio. Mentre camminavano, Caroline non poté non guardarsi attorno… si trovava nel luogo dove sia Near che Mello, ed anche Matt,
avevano trascorso la loro infanzia, camminava dove loro erano passati, sentiva gli odori che avevano percepito loro da bambini… si chiese quali giochi, quali divertimenti avessero intrattenuto le loro menti puerili, quali ninnoli fossero passati attraverso le loro mani… ma si chiese anche quali rancori, quali rivalità stillassero da quegli impenetrabili ed austeri muri di pietra viva…

RZ= Non pensare a loro… ci sono cose del passato che è meglio rimangano sepolte dal tempo trascorso…

Di colpo, Roger si fermò davanti ad una porta lignea di media altezza dall’arco superiore in forma gotica.

RO= Questo è il mio ufficio… prego signorina, si accomodi.

L’anziano direttore fece entrare Caroline in un ampio studio dallo scuro parquet; le pareti contornate da ampie librerie dagli scaffali colmi di libri antichi, un divano e due poltrone di cuoio con in mezzo un tavolino sulla sinistra; in mezzo alla stanza, sopra un tappeto purpureo, un immensa scrivania lignea in stile vittoriano, antecedente un enorme mobile a vetrata. A dare luce a tutta la stanza, due smisurate finestre ad entrambi i lati del mobile. Roger, dopo essersi seduto alla scrivania, fece accomodare la ragazza davanti a se, seduta su una comoda sedia rivestita di nero cuoio.

RO= Allora… in cosa posso esserle utile? Sinceramente, la telefonata di Near, a parte annunciare il suo arrivo, mi è parsa molto lacunosa…

CA= Sono spiacente, ma la discussione che dobbiamo intraprendere, è molto meglio che avvenga in privato…

RO= Sono veramente ansioso di cosa l’ha portata qui… non molte persone vengono in questo posto…

CA= I bambini… sono tutti quanti orfani?

RO= Tutti…nessuno escluso… perché me lo chiede?

CA=… ho bisogno di avere notizie su tre vostri ex…. ex….

Non riusciva a trovare la parola per poter descrivere esattamente i bambini che passavano da quel luogo…fortunatamente Roger la aiutò…

RO= Vogliamo definirli ex “inquilini”?

CA= Ehm…si, definiamoli così….

RO= Non si faccia una cattiva impressione su di me signorina Hale… Watari amava ognuno di questi bambini come fossero suoi figli, ed io sono stato il suo braccio destro per ben trent’anni… ho visto passare per questi corridoi ogni sorta di genio, dalla danza alla pittura, dall’informatica alla letteratura… ma nessuno mi ha mai colpito particolarmente; Watari invece pur, come ho già detto, amando tutti, aveva preso sotto la propria ala tre ragazzini, dopo l’uscita di L da questo orfanotrofio…

CA= Io credo che questi tre ragazzini siano gli stessi di cui io ho necessito informazioni…

RO= Non si aspetti che io le riveli i veri nomi dei ragazzi… questa è una regola dell’orfanotrofio che non ho intenzione di trasgredire…

CA= Non mi aspetto che lo faccia… ho solo bisogno di sapere le peculiarità di ognuno di loro…

RO= Near è arrivato qui quando era estremamente piccolo… un bambino particolare, chiuso, enigmatico, all’inizio sia io che Watari avevamo la convinzione che soffrisse di una qualche forma d’autismo. Non legava e non interagiva con nessuno degli altri orfani… poi arrivò Mello, e da subito cominciò a rappresentare l’esatto rovescio della medaglia del carattere di Near… il bambino dimostrò di avere un carattere spigliato, intraprendente e leggermente aggressivo; strinse subito amicizia con l’ultimo arrivato, Matt, un bambino dal carattere tranquillo, pacato… smorzava la vivacità di Mello con una facilità sorprendente, sembrava quasi la sua epitome naturale.

CA= Quali erano i “talenti” dei ragazzi?

RO= Sia Near che Mello dimostrarono subito grandi doti investigative… Matt invece rivelò un grande talento per la tecnologia e l’informatica…
Discussero per un’altra ora, finché per Caroline non arrivò il momento di andare…ma prima di andarsene, Roger la fermò sulla soglia della porta.

RO= Signorina Hale?

CA= Si?

RZ= Roger…. daglielo.

RO= Credo che debba avere una cosa… se ci fosse stato Watari sono sicuro che gliel’avrebbe consegnato…

A quelle parole, Roger mosse qualche passo verso l’armadio dalle ante di vetro ed aprendolo ne estrasse un piccolo cofanetto di lucido legno, finemente intarsiato con motivi floreali…

RO= Non ho idea di cosa ci sia all’interno… Ma credo che se il mio predecessore l’ha conservato con così tanta cura, sia qualcosa di veramente importante…

Si mosse verso la ragazza tenendo tra le mani il cofanetto… quando fu il momento di darglielo, l’uomo parve esitare.

RO= Anche se mi chiedo….

RZ= ROGER! Daglielo. Subito.

A quel tono così imperioso di Ryuzaki, Caroline si voltò di scatto verso di lui: il volto del ragazzo era talmente duro, tirato, che il profilo squadrato della mandibola spiccava nettissimo. Nel contempo, Roger assunse un’aria quasi trasognata., come se fosse… manovrato.

RO= (SORRIDENDOLE) Tenga signorina… sono certo che sarà molto più utile a lei che a me… (VEDENDO CHE CAROLINE STA APRENDOLO) Ah-ah, no… non lo apra qui… forse è meglio per entrambi.

CA= Come desidera signor Ruvie… le sono grata per tutto il tempo che mi ha dedicato…

RO= Di niente signorina… arrivederci.

Caroline si incamminò nuovamente nel corridoio dell’edificio, con tra le mani l’antico cofanetto che le aveva consegnato Roger.

CA= Tu l’hai manipolato.

RZ= Che idee strampalate ti vengono in mente ragazza?! Certo che no!

CA= Il tuo tono… quando hai visto che cominciava a mostrare reticenza, è diventato imperioso… e lui ha ceduto subito. Tu l’hai manipolato!

RZ= Guardi troppi film di fantascienza Caroline…

CA= Io ti ho visto! E non farmi passare per idiota perché questa è una cosa che non sopp…

“L? Che ci fai qui?”

Sia Caroline che Ryuzaki si voltarono attoniti; dietro di loro vi era una ragazzina, di circa dieci anni, estremamente graziosa che “li guardava?!” impassibile…

CA= C-cosa? Ma, bambina… ci sono solo io qui…

La ragazzina rispose con la voce piena di candore.

“No signorina, guardi… è esattamente accanto a lei… altrimenti sarebbe da matti parlare da soli…”

La ragazza e l’entità maschile si guardarono increduli… poi Caroline si rivolse nuovamente alla ragazzina.

CA= Come ti chiami tesoro?

“ Sinead… Sinead O’Donovan…”

CA= Mi raccomando Sinead… non dire a nessuno quello che hai visto ok? Questo sarà il nostro piccolo segreto…

“Va bene signorina… come desidera…”

CA= Grazie tesoro…

La baciò sulla fronte per poi ricominciare a camminare.

“Ancora due cose Signorina…”

CA= Si?

“A volte i numeri parlano, sia per i vivi che per i morti… e credo che Rachel debba dirle ancora qualcosa…”

CA= Cosa… ehi! Come fai a sapere di Rachel?! EHI….. EHIIIIII!!!!

La  bambina chiamata Sinead, era sparita su per la scalinata, e quando Caroline fece per seguirla, la mano di Ryuzaki si posò sulla sua spalla, fredda come il ghiaccio e più stretta di una morsa ferrea.

RZ= Andiamo via Caroline… come ti ho detto prima, ci sono cose che è meglio rimangano oscure…almeno per ora…

CA= Io…. io sento la tua mano… com’è possibile? qualche giorno fa sembravi fatto solo di aria…

RZ= Man a mano che la tua coscienza accetta il fatto che io sono qui e che non sono frutto della tua immaginazione, io acquisto intensità… vieni, ora andiamo via…

CA= Va bene…

***

Otto ore di aereo dopo, Caroline si trovò nuovamente a Tokyo… non aveva ancora aperto il cofanetto che Roger le aveva consegnato, ma continuava a rimuginare su ciò che quella bambina le aveva detto riguardo ai numeri… e a Rachel.

CA= Come faceva ad essere a conoscenza di mia sorella? Eppure sono sicura che se l’avessi vista prima, con quei capelli di fuoco e gli occhi così verdi, di sicuro l’avrei riconosciuta…

Si ritrovò dunque a pensare… ma sfortunatamente trovava sempre più dubbi e minori spiegazioni logiche. Una volta seduta sul taxi, si decise ad aprire il piccolo scrigno che Ryuzaki aveva tanto insistito per farle avere; passò la mano sul coperchio liscissimo e poi fece scattare il piccolo sistema di chiusura.

RZ= Avanti…aprilo…

Quando sollevò il coperchio, Caroline si trovò davanti a decine e decine di fogli pergamenati delle dimensioni di una cartolina…

CA= Ma… sono piene… di numeri!

La ragazza cominciò a sfogliare velocemente i piccoli fogli, attenta a non recarvi danno… non aveva torto, né visto male…  quelle pagine erano veramente ricoperte di cifre! ne prese uno per osservarlo…

43 34 31 15/ 11 31 31 / 15 43 44 15 42 33 34
31 45 33 11/ 11 31 31/ 24 33 44 15 42 33 34
43 22 45 11 42 34/ 14 24/ 44 15 33 15 12 42 11/ 15/
13 45 34 42 15/ 14/  24 33 21 15 42 33 34
11 43 3515 44 44 34 / 14/  11 33 22 15 31 34/
33 11 44 45 42 11/ 14 24/ 14 15 32 34 33 24 34/
14 24/ 43 45 11/ 51 24 34 31 15 33 44 11/ 22 24 45 43 44 24 55 24 11/ 31/
45 34 32 34 /15 / 24 31/ 13 11 35 42 30/ 15 43 35 24 11 44 34 42 24 39/
24/ 43 15 22 45 11 13 24/ 43 34 33 34/ 33 15 31 31/ 34 32 12 42 11/
11 22 24 43 33 34 33 34/ 14 24/ 35 11 31 32 11/ 33 34 33/ 14 24/ 31 11 32 11/
13 34 31 35 24 43 13 34 33 34 / 34 51 45 33 41 45 15/ 14 34 51 15/ 35 24 45/
33 34 33/ 43 15 32 12 42 11/ 51 15 13 13 23 24 34/ 34/ 24 33 21 11 33 44 15/
14 15 43 44 24 33 34/ 24 32 32 45 44 11 33 44 15


A.D 1772



CA= Ma… che cosa sono?

RZ= Non lo so… la loro ragione è rimasta oscura persino a me… (VEDENDO CHE CAROLINE STA PER RIBATTERE) No… non chiedermi come li ho avuti… o almeno non adesso… quando saremo a casa ti spiegherò tutto…

La ragazza annuì impercettibilmente, per poi guardare fuori dal finestrino. Dopo venti minuti di taxi, arrivò a casa; quando entrò però…

RZ= Casa dolce casa… ehi, cos’è quella faccia?

L’espressione di Caroline assunse un espressione corrucciata mentre  si guardava attorno, camminando lentamente per gli ambienti.

CA= I libri sono un po’ spostati… il cassetto della credenza è leggermente aperto… le foto sono state toccate…. (GIRANDOSI VERSO RYUZAKI) Hai toccato tu gli oggetti?

RZ= Assolutamente no… sono uno spettro, ricordi?!

CA= Qualcuno è entrato qui dentro… (CON VISO IRATO)… E credo di sapere chi.

Si catapultò fuori dalla casa, e quando si diresse verso la Ford Gran Torino partì talmente velocemente che i pneumatici stridettero sull’asfalto.

***

Quartier generale di L.

LI= Mogi, Aizawa, nessuna novità?

MO= Nessuna Light… niente di rilevante.

AI= Confermo le parole di Mogi; niente che valga la pena di puntualizzare.

MT= Io non capisco che cosa vi sia servito fare tutto ques…

Matsuda non fece a tempo a terminare la frase, poiché le porte dell’ingresso si spalancarono con un colpo violento, seguite da Caroline, che fece il suo ingresso a grandi falcate e con il volto rassomigliante ad una maschera d’ira.
Dire che i cinque uomini non rimasero affascinati dalla giovane che gli stava parando innanzi sarebbe falso: seguirono i suoi passi e le sue movenze con lo sguardo, riammirarono il viso angelico, incorniciato stavolta da quei corti capelli ora corvini. Caroline fermò la sua marcia solo una volta essere arrivata davanti alla scrivania di Light.

LI= (IRONICO) Caroline… qual buon vento.

CA= (CON ASTIO) Tu… tu, subdolo serpente, mefitico manovratore, ipocrita…

LI= (COME SOPRA)Che parole grosse…a volte possono ferire gli animi delle persone..

CA= I TUOI SGHERRI SONO ENTRATI IN CASA MIA!!!

A quelle parole, i poliziotti si gelarono, colpiti dalla straordinaria intelligenza della ragazza; erano stati attenti a non toccare nulla eccessivamente, in modo che nessuno avrebbe potuto accorgersi del loro passaggio… ma con lei gli accorgimenti non erano stati sufficienti; l’unico che parve non essere turbato, fu Light, che si alzò e le si avvicinò.

LI= E di tutti quelli che possono essere stati tu hai pensato subito a me… (SARDONICO) Caroline… Caroline Caroline Caroline… credevo che ci fosse un rapporto di fiducia tra di noi (SOTTOVOCE, VICINISSIMO AL VISO) Sai, dopo quel bacio…

CA= Perché li hai fatti entrare? Che cosa cercavi nel mio appartamento?

LI= Perché ti ostini a pensare che sia opera mia? Potrebbe essere stato chiunque…

CA= Certo, l’SPK avrebbe uno spiccato interesse a entrare in casa mia… se non fosse per il piccolo particolare che io lavoro con loro!

LI=…potrebbe essere stato Mello.


Caroline si irrigidì; sapeva che Light aveva pronunciato quella frase in tono volutamente provocatorio, con il solo scopo di indurla a tradirsi… non doveva perdere la calma, non doveva fare il suo gioco.

CA= Che cosa intendi dire?

LI= Ho notato che da un po’ di tempo a questa parte nutre un certo interesse per te…

CA= (SARDONICA) Hai per caso voglia di prendermi in giro Yagami?

LI= Beh, sai com’è… io ho buon occhio per i visi e le persone… e sono proprio convinto che quando ci siamo incontrati alla processione, il ragazzo sulla moto nera che ti ha avvicinato, fosse proprio lui.

CA= Tu vaneggi… il potere di L ti ha dato alla testa. Ma credimi, andrò in fondo a questa storia, e quando scoprirò chi è entrato in casa mia, lo farò pentire di essere nato.

Fece per andarsene, ma Light la fermò dopo pochi passi.

LI= Caroline…

CA= Si?

LI= Se in un giorno di questi volessi farmi l’onore di uscire con me, mi farebbe molto piacere…

CA= Vedremo. Arrivederci Light… Signori.

E uscì.

AI= Light, quella ragazza è sorprendente… si è accorta che eravamo entrati in casa sua da particolari infinitesimali…

LI= Caroline è molto intelligente… non sarà facile trattare con lei…

ID= Capisco che sia una ragazza estremamente bella, ma che bisogno c’era di proporle un appuntamento proprio qui, in questo modo?

LI= Ide… la signorina Hale è un osso estremamente duro… ma è pur sempre una donna…

Di colpo, a quelle parole, tutto fu subito chiaro ai poliziotti… ma tra gli autoconvincimenti generali, solo Mogi rimase dubbioso… possibile che Light volesse uscire con Caroline al solo scopo professionale? Non gli era sfuggito il modo in cui la guardava, né quello con cui le parlava, e per esperienza era sicuro di non aver mai visto Light usare quei toni e quegli sguardi con Misa Amane.

***


Il giorno seguente…

Un altro giorno si stava avvicendando nel filo del tempo, e tutto il personale dell’SPK era riunito nel solito ufficio; Gevanni stava lavorando al computer, Rester controllando  dei fogli e Near, continuava imperterrito nel suo giocare. Caroline e Halle erano sedute ad una scrivania nel tentativo, sommerse da vocabolari, libri e fogli di latino, di tradurre anche una minima parte dell’epigrafe.
Ad un tratto però, l’attenzione di Halle fu attratta da uno degli schermi televisivi; girando appena gli occhi verso sinistra ebbe una visuale completa.

HA= Ehi, Linne, guarda, parlano di Takada…

Quando Caroline si voltò per osservare lo schermo, Halle rimase stupita: la ragazza non aveva girato solo gli occhi come lei, che sarebbe stato un modo sufficiente per vedere lo schermo, ma aveva voltato tutta la testa, in modo che il televisore fosse in linea retta davanti a lei. Al termine del servizio, Caroline dovette alzarsi ed andare nella sala adiacente.

HA= Ha voltato la testa per vedere lo schermo….

NE= Sta perdendo la visione periferica.

GE= Un effetto della tubercolosi?

NE=…Oppure del Trial. Ma in entrambi i casi non è una buona cosa…

CA= Allora?! Di cosa state parlando?

Senza parlare, Halle, seria in volto, allungò una mano verso il viso di Caroline, mettendole a lato dell’occhio sinistro la penna che teneva tra le dita, in posizione perfettamente verticale.

HA= Non muovere gli occhi… la vedi?

CA= No…

La bionda ripeté lo stesso movimento dall’occhio sinistro a quello destro.

HA= E ora?

CA= (IMPAURITA) No….

Halle sospirò di sconforto, mentre Near si adombrò.

CA= Che sta succedendo?!?!?!

***

Chiudendo la porta rumorosamente, Caroline gettò borsa e giubbotto sulla piccola poltrona dell’entrata, lanciando poi le scarpe in mezzo al corridoio e sedendosi a peso morto sul divano.

RZ= Ehi, signorinella, quelle sono scarpe di marca! Dovresti trattarle con un po’ più di riguardo!

CA= Credimi,adesso ho altro per la testa che uno stupido paio di scarpe!

RZ= Che ti succede?!?

CA= La mia vista! Sta calando giorno dopo giorno! Prima pensavo fosse un fattore dovuto allo stress ed alla stanchezza, ma adesso non riesco nemmeno a vedere quello che mi sta a lato del viso!

RZ= Pensi sia un effetto collaterale del Trial?

CA= Io non lo so…

Dopo aver detto questo si alzò di scatto, ma la vista non perfettamente nitida, la fece barcollare; sarebbe senz’altro caduta se Ryuzaki non l’avesse prontamente afferrata.

RZ= Ooops, attenta Wonder Woman, o rischierai di farti male!

CA= Grazie…

Si diresse di sopra, nel soppalco; accese il computer, e dopo aver effettuato la connessione a internet, cominciò a cercare qualcosa che potesse combaciare con il suo repentino calo della vista.

***

“Che novità ci sono?”

“Niente che possa interessarla signore… questo mondo è particolarmente tedioso.”

“Io credo… che tra  qualche giorno cominceremo a divertirci…”

“Posso chiederle perché, mio signore?”

“Arriverà qualcuno…per la figlia di Eva che ora state controllando…”


***

Il mattino seguente, Halle si diresse di buon’ora a casa di Caroline; il giorno prima l’amica le era sembrata sconvolta, e voleva accertarsi che stesse bene. Entrò quindi nella palazzina dove la ragazza abitava, ed una volta giunta davanti al suo portone, suonò il campanello; alla mancata risposta, riprovò una, due, tre volte, sempre con gli stessi risultati. Ipotizzando che fosse sotto la doccia, estrasse dalla borsa le chiavi di riserva che Caroline le aveva dato… le fece scattare nella serratura ed entrò; rimase di stucco, quando vide che la casa era completamente immersa nella penombra e avvolta dal silenzio.

HA= Linne? Ehi, sono io, ci sei?!

L’amica le rispose con voce flebile.

CA= Vieni…sono in sala…

Halle, la raggiunse, e lo stupore divenne sempre più grande; Caroline era seduta a gambe incrociate sul divano, il dorso poggiato allo schienale, e lo sguardo dritto davanti a sé… era vestita con dei semplici pantaloni di jersey nero, canotta dello stesso colore ed era scalza.

HA= Ehi, ma che ci fai ancora vestita così?! Sono le otto e mezza, conoscendoti avresti già dovuto essere pronta da un pezzo…Caroline, tesoro… va tutto bene?

Si sedette sul tavolino di fronte a lei e la guardò in volto.

HA= O mio Dio, Caroline! Che ti è successo?!?!?

In quel momento, gli occhi di Caroline erano diversi… contornate dalle iridi azzurro-verdi non vi erano più due piccoli carboni neri, ma due pupille…bianche come la neve. Quando la ragazza rispose, la sua voce era incrinata dal pianto e dalla paura.

CA= Non ci vedo…. NON VEDO PIU NIENTE!!!!!!!

***

Aveva chiamato Near, avvertendolo di quello che era accaduto e subito dopo, il dottor Kishimoto. In quel momento il medico, stava visitando Caroline, passandole la luce della piccola torcia sulle pupille non reattive.

HA= Allora dottore?

KI= Non riesco proprio a capire… il Trial stava andando discretamente bene per la signorina…

HA= Che intende per “discretamente”?

KI= Purtroppo i tempi di ripresa variano da individuo a individuo… è quasi impossibile stimare in quale percentuale il farmaco abbia fatto il suo effetto nel corpo della signorina..

HA= (IRATA) Lei è il suo medico e non sa nemmeno cos…

CA= Halle, ti prego, il dottor Kishimoto non ha colpa, davv… COUGH! COUGH COUGH!!

Un violento attacco di tosse colpì Caroline, talmente forte da farle mancare il respiro. Halle si precipitò su di lei, accucciandovisi davanti.

HA= CAROLINE! Mio dio stai bene?!?

Caroline, terminato l’attacco di tosse, con il respiro affannato, staccò la mano dalla bocca, che venne prontamente afferrata da quella dal medico, che ne rivoltò il palmo verso l’alto.

CA= Ehi, che sta facendo?!?!

KI= Sangue… gli attacchi erano cessati… da quanto tempo ha ricominciato a tossire?

CA= Da circa tre giorni…

KI= Maledizione….

HA= Che cosa c’è?

KI= La malattia si sta rivelando più forte del previsto… dovremo aumentare le dosi  del Trial.

Un’ora dopo  il dottor Kishimoto se ne andò, mentre Caroline si sdraiò sul divano, mettendosi alle orecchie le cuffiette dell’I-Pod e scegliendo una dolce canzone di un cantante italiano che aveva ascoltato quando aveva visitato Roma tempo addietro… cullata dalla vibrante, profonda e avvolgente voce di Ligabue, si addormentò dopo pochi minuti. Halle rimase seduta sulla poltrona davanti a lei, osservandola affettuosa… quando però vide una lacrima sgorgare dagli occhi chiusi dell’amica e solcarle la gota, le si avvicinò, asciugandole delicatamente l’umido tratto con il pollice; capì che sotto la maschera di sicurezza che Caroline portava, si nascondeva un animo tormentato, fragile e colmo d’angoscia… aveva bisogno che qualcuno le stesse accanto, che la sorreggesse… ma non un’amica, non un conoscente, né tanto meno un medico… aveva bisogno di una persona che rappresentasse qualcosa di profondo per lei… qualcuno che l’amasse.

Allontanandosi per non farsi sentire, prese il cellulare e mentre questo dava il segnale di avvenuta connessione, mormorò.

HA= Non si può fare tutto da soli amica mia… a volte, persino per chi è orgoglioso come te, si deve chiedere aiuto…

***


Erano trascorsi due giorni, e Caroline, assistita amorevolmente da Halle, era ancora cieca; in quel momento, la ragazza si era appena vestita dopo una doccia, e si stava dirigendo verso il divano.

HA= (TENENDOLE IL BRACCIO) Stai attenta, o rischi di farti male… attenzione… piano..

CA= Halle sono cieca, non deficiente!

HA= Linne lo so che odi che gli altri debbano accudirti, ma in questo caso non c’è altra soluzione!

CA= Hai ragione… scusa…

HA= Di niente… su, ora siediti, pestifera!

Ad un tratto Halle sentì il cellulare cominciare a vibrare violentemente nella tasca; dopo aver fatto sedere l’amica, andò a rispondere.

HA= Si?

“Sono qui.”

HA= Arrivo.

***

Entrò titubante in quella casa … ancor prima di vederla, riconobbe immediatamente il suo profumo, che permeava in ogni angolo della casa…e con quello, arrivò anche una stretta al cuore.

HA= (SOTTOVOCE) Vieni… è di la, ma mi raccomando, devi stare in silenzio…

Stando il più attento possibile a non fare rumore, arrivò davanti a Caroline e la guardò: bella, bellissima, ancora più incantevole di quanto se la ricordasse realmente… talmente meravigliosa al suo sguardo che i suoi occhi, con quelle spaventevoli pupille bianche, sembravano più splendidi che mai, contornati dai capelli che ora rilucevano corti e neri come l’ala di un corvo. Restò fermo davanti a lei, consapevole del fatto che non poteva vederlo; ma ad un tratto, Caroline alzò il capo, fermandosi all’altezza del viso maschile.

CA= Sai Halle… se non sapessi che è impossibile, direi che ora ci sia Mello davanti a me…

Il ragazzo rimase a bocca aperta; non aveva mosso un muscolo, ne aperto bocca, come aveva fatto a capire che era lì?! Quando Halle rispose, il suo tono non tradì nessuna ombra di stupore.

HA= Che cosa te lo fa pensare?

CA= Sento il profumo della sua pelle… lo riconoscerei tra mille…

HA= Sarebbe così fuori luogo la sua presenza qui?

CA= Avrebbe senso che venisse? No… per niente.

HA= C’è un sentimento forte che vi lega…

CA= Un sentimento forte che lega due persone non spinge una delle due a portarti a letto una volta, non è venirti a vedere su un letto d’ospedale per dirti che non gliene importa nulla di te, non è farti soccorrere da drogato e ubriaco per poi sparire nuovamente… questo non è un sentimento Halle… questo è voglia di farsi male…

HA= Tu parli così e non a torto… è il tuo orgoglio che parla per te, il tuo animo ferito…

CA= Umiliato, Halle… umiliato… te l’avevo già detto, mi sento come la ragazzina attratta dal bastardo sbagliato… che si fa tutte le più fighette del liceo continuandola ad illudere che è lei il solo amore della sua vita…

A quelle parole, Mello avrebbe voluto sprofondare;si sentiva un verme per averla fatta sentire così, un inetto per non aver saputo proteggere la donna che amava… un ignobile, per aver giocato così con il suo cuore…la guardava, rapito,estasiato, ammaliato… e sofferente.

HA= Se ora tu lo avessi davanti… se ti facesse capire che ti sta accanto, cosa faresti?

CA= Vuoi la verità più assoluta?

HA= Si…

CA= Lo abbraccerei come mai ho fatto prima d’ora… lo bacerei e gli direi che lo amo più della mia stessa vita…

HA= Davvero?

CA= Perché dovrei mentire? Ma comunque non mi farei troppe illusioni e sarei pronta ad un secondo abbandono…

Mello sentì gli occhi cominciare a pizzicargli… doveva andarsene, non poteva reggere il confronto con lei, con le parole che aveva pronunciato, con cui aveva messo a nudo ciò che provava con un candore e una schiettezza disarmanti… no, non avrebbe potuto combattere questa volta… si rese conto che con lei sarebbe uscito sempre vinto. Le si avvicinò leggermente, in silenzio e le sfiorò la guancia con una amorevole, delicata carezza, alla quale Caroline, presa alla sprovvista, sobbalzò.

HA= Non ti preoccupare… sono io.

Mello, silenzioso come era arrivato, se ne andò, portando con sé il forte sentimento di inadeguatezza che provava tutte le volte che era a contatto con Caroline.

***

Un nonnulla ci consola, poiché
un nonnulla basta ad affliggerci

- Blaise Pascal-

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19
Crocevia



Quando ero piccola, mia madre mi parlava di una profezia…di quando il mondo sarebbe stato avvolto dalle tenebre e si sarebbe compiuto il destino dell’uomo. Una sera trovai il coraggio di chiederle perché Dio avrebbe dovuto adirarsi contro i suoi figli… “Non lo so” rispose rimboccandomi le coperte “sarà stanco di tante stronzate.”

***

E’ strano vivere senza la vista… senza gli occhi che osservano il mondo circostante nel suo fluire incessante, che contemplano i volti di persone vicine e amate; ma nella sventura del non vedere si trova la possibilità di volgere la cosa a proprio favore… Nelle due settimane da transitoria non vedente, Caroline aveva scoperto che ci sono altri modi per “vedere” anche senza l’ausilio degli occhi… aveva affinato l’udito, imparando a percepire anche il minimo spostamento d’aria, o un respiro in più, o il più piccolo, smorzato suono; migliorato l’olfatto, consentendole di captare anche il profumo più latente… perfezionato il tatto, che l’aveva  resa capace di fare affidamento anche sulle sue sole mani. Si rese conto che se anche la Natura avesse l’intenzione di menomare un uomo defalcandolo di uno dei tre sensi primari, poco importava… alla disperazione iniziale, avrebbe saputo ribellarsi a tale debolezza.

Le mancanze, quelle vere, importanti, necessarie, non erano quelle che colpivano il corpo…

Ma bensì l’animo.

***

Nei quattordici giorni di infermità (in cui Halle non l’aveva lasciata un attimo), il dottor Kishimoto non mancò mai un giorno di visita alla ragazza, per controllarne le condizioni sia fisiche che psicologiche; per favorire la “guarigione”, che sarebbe avvenuta quando il fisico muliebre avesse smaltito tutto il medicinale, ritenne opportuno coprire con bende gli occhi della ragazza, da togliere solo nel momento in cui avrebbe dovuto somministrarle un particolare collirio. La mattina dello scadere del tempo, egli si trovava, puntualmente, davanti a lei.

KI= Signorina Hale, ora proverò a toglierle le bende dagli occhi… quando avrò finito, dovrà aprire le palpebre molto lentamente…

CA= Per la luce del sole?

KI= Esattamente… i suoi occhi sono stati al buio e inattivi per due settimane, il sole potrebbe bruciarle la cornea o danneggiarle il cristallino, qualora una quantità troppo elevata di luce li colpisse…

CA= (IRONICA) Meraviglioso… non solo cieca, ma anche alla stregua di un vampiro. Cos’è, ora quando vedrò un crocifisso comincerò a liquefarmi urlando di dolore come un’ossessa?

KI= (RIDACCHIANDO) Niente di tutto questo signorina, si tratta solo di riabituarsi… ora faccia come le ho detto…

Obbediente Caroline cominciò a socchiudere piano le palpebre…appena però
 un minimo raggio di sole la colpì, sentì come se due carboni ardenti le venissero infilati a forza nelle orbite; istintivamente si portò le mani agli occhi.

CA= AH! Maledizione, è come se stessero per prendere fuoco!

KI= E’ normale signorina… coraggio riprovi, non abbia fretta…

Volenterosa e determinata a riuscirci, Caroline ritentò… sempre lentamente, ma resistendo al dolore quasi con filosofia stoica, aprì sempre di più le palpebre finché gli occhi non furono completamente svelati; Halle, che stava seguendo l’intera azione non senza un briciolo di ansia, sentì il cuore farsi più leggero nel vedere che le pupille dell’amica non erano più bianche, ma nuovamente nere.

La ragazza intanto stava patendo le pene dell’inferno nel tenere aperti gli occhi… bruciavano come ferri roventi, tanto che cominciò a lacrimare come se stesse piangendo disperata.

KI= Che mi dice signorina?

CA= E’ ancora tutto annebbiato, ma sta piano piano diventando sempre più nitido ed il bruciore si sta attenuando…

KI= Riesce a vedere?

CA= Si… si, posso farlo! Posso vedere di nuovo!

Alle lacrime di sofferenza, subentrarono quelle di gioia. Halle abbracciò stretta Caroline, felice per l’amica come non lo era mai stata.

HA= Sono orgogliosa di te, tesoro… ce l’hai fatta.

CA= Grazie di tutto Halle… non ci sarei mai riuscita se non mi fossi stata accanto.

HA= Ci sarò sempre  per te…per qualunque cosa…

KI= Bene… credo che il mio lavoro qui sia finito.

Così dicendo, si alzò in piedi, afferrò la valigetta e fece per dirigersi verso l’uscita.

CA= Dottore?

KI= Si?

CA= Che cosa devo fare ora con il Trial clinico, sospenderlo o continuarlo?

KI= Credo che questo sia meglio discuterlo quando verrà in ospedale la prossima settimana… intanto lei si goda il ritorno della vista, io studierò il caso se aumentare o diminuire la dose..

CA= Come desidera… grazie, per tutto. Davvero.

KI= Dovere.

CA= Non era obbligato… il mio corpo ha reagito così, lei non ne era responsabile…

KI= Sono un medico, il mio compito non è solo quello di prescrivere analgesici e antipiretici, ma di seguirli e curarli per ogni cosa.

Caroline si aprì in un dolce sorriso. Il dottor Kishimoto era burbero, scontroso e taciturno… quasi un misantropo che rifuggiva il contatto umano come il diavolo l’acqua santa… ma era pur sempre un uomo, con sensi, affetti e passioni.

CA= In entrambi i casi, grazie di cuore.

KI= Di nulla… arrivederci signorina Hale, alla settimana prossima.

CA= Non mancherò… arrivederci.

E se ne andò.

***

Due giorni dopo, la ragazza fece ritorno all’SPK, accolta calorosamente dai colleghi.

NE= Come stai?

CA= Meglio, grazie…  

NE= Allora puoi tornare al lavoro.

CA= Ehm, si , certo! O.o

NE= Bene, perché durante la tua assenza, ci sono stati due sviluppi molto importanti.

CA= E sarebbero?

NE= La prima è che tra tre giorni, l’ICPO ha convocato un vertice internazionale extraordinario…

CA= La ragione?

NE= Vogliono che tu presenti loro il profilo psicologico che hai elaborato su Kira.

CA= Non è un gran problema… il fascicolo è pronto da tempo, l’ho studiato nei minimi dettagli.

NE= Dovrai essere molto più che dettagliata, dato che parteciperanno tutti i principali esponenti giudiziari degli stati del mondo.

CA= Perdona la mia domanda, ma dopo sei anni l’Interpol si sveglia soltanto adesso riguardo a Kira?

NE= Evidentemente dei polli un po’ più ardimentosi hanno rimpiazzato polli più codardi di loro.

CA= Riguardo al secondo sviluppo?

NE= Questo ti piacerà meno…

CA= Meno dell’idea di dover affrontare dei noiosi burocrati con i paraocchi in una spiegazione di cui so che recepiranno meno del 60%? Sono quasi curiosa…

NE= L ha commissionato degli studi sulla catacomba che tu e Halle avete trovato, scoprendo che ne è crollata solo una parte…

CA= E?

NE= E desidera che tu conduca là due suoi agenti per visionare la situazione.

A quelle parole, la rabbia che aveva cominciato piano a montare nel cuore di Caroline come panna montata, esplose furibonda.

CA= CHE COSA?! NO, MI RIFIUTO! HO RISCHIATO DI MORIRE LA SOTTO, TRAVOLTA DALLE MACERIE, COSI COME HALLE! E LUI PRETENDE CHE IO FACCIA DA CICERONE A DUE SUOI TIRAPIEDI PORTANDOLI IN GITA TURISTICA?!?! NO, ASSOLUTAMENTE NO!

NE= Non abbiamo scelta.

CA= Oh, si che l’abbiamo. Near, se loro mettono le mani sull’epigrafe stai pur certo che la useranno per i loro loschi affari… e io non posso permetterlo.

NE= Che cosa vuoi fare?

CA= Credimi… sono pronta a distruggerla con le mie stesse mani.

NE= A te e ad Halle la scelta… voi l’avete trovata, voi avete rischiato… il diritto decisionale è soltanto vostro. Sicura sia una buona idea?

CA= Queste indagini stanno diventando un po’ come una partita a scacchi: per vincere devi essere disposto a perdere qualche pezzo.

***

Interlude:

L’estremismo,nella difesa della libertà, non è un vizio.
La moderazione nel perseguimento della giustizia
non è una virtù.

-    Barry Goldwater -



***


Dicembre 2009

Alla fine si era trovata a dover cedere; Near aveva acconsentito alla “visita” dei due poliziotti di L, e suo malgrado, avrebbe dovuto essere lei a condurli all’ ipogeo. L’appuntamento era stato fissato per le 17:30 di quel pomeriggio, a metà di via Otaku, strada principale di Tokyo. Caroline decise che sarebbe andata da sola, la considerava una questione personale che doveva gestire autonomamente; In quel momento si trovava in camera, in piedi davanti al grande specchio, osservando il suo riflesso: aveva indossato una camicetta aderente bianca come le ballerine che portava ai piedi, pantaloni neri ed un piccolo giubbotto di pelle; poco prima, mentre si stava vestendo, le cadde l’occhio sul braccio destro, arto che, da qualche giorno a quella parte, le doleva ogni volta che terminava una seduta del Trial. Quando lo osservò, mormorò a denti stretti una velata imprecazione: sull’incavo del gomito e nella piccola zona circostante, le erano comparsi circa una decina di lividi violacei del diametro di circa 3-4 centimetri… nei punti dove le veniva inserito l’ago della flebo, si erano formate tante piccole petecchie color rosso vivo. Decise così di bendarlo leggermente, in modo che non venisse a contatto con la stoffa degli abiti.

RZ= Sicura che sia la cosa giusta?

CA= (STUPITA) Scusa la domanda… ma quelli dove li hai presi?!

Ciò che aveva sbigottito Caroline fu il fatto che Ryuzaki, allegramente appollaiato sulla sua poltrona, stesse mangiando una quantità industriale di Dango, tipici dolcetti giapponesi, accompagnati da un’enorme tazza di caffè.

RZ= Essere un fantasma ha i suoi vantaggi… non mangiavo più a scrocco da quando avevo undici anni…

CA= I fantasmi possono avere fame?!

RZ= No, ma certe abitudini sono difficili da abbandonare… e poi queste delizie non ci sono “lassù”… visto che devo stare qua a tempo indeterminato, tanto vale fare un tour gastronomico.

CA= Stavolta le ho proprio sentite e viste tutte… morto, fantasma e pure goloso…bah!

RZ= Parlando di cose più serie…sei sicura che sia la cosa giusta da fare?

CA= Non ho altri mezzi… devo combattere con quelli che ho a disposizione…

RZ= Quello che conta è che tu ne sia convinta…

CA= Ne sono più che convinta.

RZ= Ti fa ancora male il braccio?

CA= Non smette un secondo di farmi male… ma è sopportabile.

RZ= Sei coraggiosa Caroline… poche persone al tuo posto avrebbero l’ardire di fare quello che tu ti sei proposta…

CA= La vita a volte ti porta a superare limiti che mai avresti creduto possibile oltrepassare…

RZ= Una vita vera… Se mai solo ne avessi vissuta una, almeno per un giorno…

Caroline si voltò verso il ragazzo, ed incontrò i suoi occhi neri come l’erebo e velati da una profonda tristezza; Ryuzaki… L… il detective più famoso al mondo… si
chiese tra se e se: come veniva ricordato dalle persone con cui aveva lavorato assieme?

Come un maniaco, che accorreva felice a un omicidio efferato, come “l’uomo computer” dalla mente fredda e razionale che sapeva solo ridurre a numeri e calcoli, senza fare distinzioni, assassini seriali e criminali?
E lui, come reagiva ai giudizi sulla sua personalità? Questo non poteva saperlo che lui. Ma c’era un’altra cosa, ben più importante, nota solo a lui: L non aveva mai dimenticato il volto delle vittime delle migliaia di crimini che aveva risolto.

La vita che lui rimpiangeva, svanita come un sogno, forse le lacrime di una persona a cui non è rimasto che il dolore, i giorni in cui aveva affrontato criminali per i quali la vita aveva meno peso di una piuma…Aveva vissuto tutto ciò,forse, come routine quotidiana. Nessuno poteva capire come gli fosse difficile sottrarsi a quell’esistenza. Chi sarebbe mai stato in grado di leggere il dolore della sua anima?

Caroline lo guardò ancora più intensamente,mentre dentro di lei cresceva un grande senso di tenerezza:

Era stato  il peso della sofferenza, troppo perché una sola persona potesse farsene carico, a incurvargli la schiena?

Era stata l’angoscia a confondersi con l’insonnia, provocando quelle sue terribili occhiaie perenni?

Era stata la sua una vita amara, così amara da richiedere una tanto grande e continua quantità di zucchero?

Una schiena incurvata come per una malattia incurabile, occhiaie perenni e , probabilmente, gusti e abitudini strane… L aveva dovuto sigillare in fondo al proprio cuore tutti i dolori, per continuare a rappresentare la giustizia, alienarsi dal mondo per non cadere preda delle emozioni che avrebbero condizionato il suo essere imparziale…

Forse quella era la prova che egli fu, e avrebbe continuato ad essere anche da defunto, il solo, vero, unico L .

CA= Ci sono uomini nati per vivere una vita semplice, e altri nati per grandi cose… tu appartieni alla seconda schiera Ryuzaki, quella che per perseguire lo scopo a cui è stata messa al mondo ha dovuto sacrificare qualcosa per un bene più grande… ma una persona muore davvero quando non c’è più nessuno che si ricorda di lui… e credimi, tu vivi ancora nella memoria di molte persone.

RZ= Grazie… spero che quello che ti sei prefissa di fare vada per il meglio…

CA= Tra poco si vedrà…

***

LI= Siete pronti?

I due agenti, in concomitanza, gli risposero affermativamente.

MA= Credi che sia una buona idea? Dopotutto Caroline è molto intelligente…

LI= Non lo metto in dubbio Matsuda… Ma Caroline ha il brutto difetto di essere estremamente impulsiva, ed orgogliosa… non sarà facile trattare con lei.

MA= Manca ancora mezz’ora all’appuntamento… che facciamo?

LI= Aspettiamo, Matsuda… aspettiamo.

***

Aspettava… appoggiata con la schiena allo stipite della finestra, le mani incrociate sul ventre e lo sguardo al di là del vetro… Aspettava… Aspettava qualcosa che nemmeno lei riusciva a comprendere appieno… qualcosa di cui lei stessa ne era l’artefice; sapeva che stava rischiando molto, ma non se ne curava più di tanto. Non aveva niente da perdere, o da sacrificare… Rachel era morta, Halle fuori da ogni sospetto e Mello… Mello era lontano, come un miraggio, una chimera, un sogno che si infrange alle prime luci del mattino; da una parte poteva definirsi contenta, non sarebbero mai riusciti a risalire a lui, ma dall’altra… dall’altra il suo cuore ancora sanguinava, i suoi occhi si trovavano ancora a cercarlo tra le strade affollate, ogni sguardo ceruleo, ogni diafana figura vestita di nero poteva essere lui.
Alessandro Magno diceva: “I sognatori vanno eliminati, perché con i loro sogni possono distruggerci…”

Caroline aveva un sogno… e sarebbe stata disposta a farsi ammazzare pur di realizzarlo.

Nessuno a questo mondo può dire cosa sia veramente giusto e cosa sbagliato… la giustizia è filo sottile, esposto ad ogni intemperie, ad ogni vacillamento; sta agli uomini custodirlo e proteggerlo, come se si trattasse del filo della propria vita minacciato dalle Parche, coltrici, tessitrici e distruttrici di ognuno di noi. Giustizia… un nome importante, che spaventa e che vediamo in bocca a persone che nemmeno dovrebbero osare a pronunciarla… era il momento di fare la propria mossa, di muovere le pedine sul tavolo…qualunque fosse stato il risultato.

RZ= Mancano dieci minuti…

CA= E’ ora che vada.

RZ= Buona fortuna Caroline…

Così dicendo, le posò una mano sulla spalla, stringendola dolcemente; dopo avergli sorriso, la ragazza afferrò le chiavi della macchina ed uscì.


***

Arrivò in perfetto orario, nonostante ci fossero già Mogi ed Aizawa ad attenderla appoggiati all’automobile. Quando parcheggiò e scese dalla Gran Torino, la sensazione di essere spiata le ripiombò addosso.

CA= Buon pomeriggio signori… è molto che aspettate?

MO= Caroline, che piacere rivederla…

AI= Salve signorina Hale, non si preoccupi, siamo qui solo da cinque minuti… comunque, i miei complimenti per la macchina… Ford Gran Torino 1972 vero?

CA= Esatto! Vedo che se ne intende…

AI= Oh, sono solo un semplice appassionato di auto vintage…

CA= Venite, prego… a quanto pare devo condurvi alla catacomba…

Affiancata dai due uomini, Caroline cominciò ad incamminarsi verso la cripta; camminarono per circa un metro, metro in cui la ragazza si guardò attorno per scorgere la ragione di quella sgradevole sensazione: a circa tre metri, si fermò.

AI= Qualcosa non va signorina?

CA= Forse è  meglio che scendiate voi soli nella cripta.. la struttura è molto instabile, e un peso eccessivo potrebbe essere estremamente pericoloso se non fatale…

MO= Nessun problema, ci attenda pure qua.

Dopo che gli uomini ebbero fatto due soli passi, Caroline li fermò.

CA= Ancora una cosa…

AI= Si?

CA= L’equilibrio chimico, date le polveri e i gas esalati, è molto precario… prestate attenzione.

Caroline li guardò avanzare, ed avvicinarsi sempre più all’imboccatura del sotterraneo, quando furono a mezzo metro di distanza, estrasse dalla tasca una sigaretta e dall’altra un accendino… in tutta tranquillità, schiacciò il bottoncino a scatto dell’oggetto, creando una calda fiammella color arancio… accese la sigaretta, e dopo aver soffiato fuori il fumo, allontanò dal viso l’accendino dove manteneva ancora la fiamma.

CA= (MORMORANDO) Che il gioco abbia inizio…

Interruppe così il contatto con il piccolo tasto, alzando leggermente il pollice; quando la fiamma scomparve, se ne accese una più grande.

Un’esplosione improvvisa, roboante, ma non eccessivamente pericolosa, eruppe dal fondo della catacomba, tanto che Mogi ed Aizawa, spaventati e presi alla sprovvista, finirono a terra, occhi e bocca spalancati ma illesi: Caroline aveva calcolato tutto con estrema precisione, di modo che la detonazione, partita dal ventre della cripta, non mettesse in pericolo i due agenti al limitare dell’imboccatura. Non vista da loro, infilò la mano libera dalla sigaretta in tasca, girò i tacchi e cominciò ad incamminarsi verso l’auto a passi lenti, tra il fuoco, il calore e la gente che cominciava a correre verso il posto, mentre sul suo viso cominciava a dipingersi un sorriso di soddisfazione.

Aveva giocato la sua carta… ora aspettava la contro mossa.

***

Dopo vent’anni di vita passata all’adiaccio, dedita alla fuga ed al correre sempre al di fuori degli schemi della legge, una persona è convinta che più niente al mondo possa riuscire a stupirla.

Ma non è sempre così. E questa ne era una prova.

MA= Io non ci credo… l’ha fatta saltare in aria!

Al momento della deflagrazione, per non essere completamente investiti dall’aria rovente, si erano lasciati scivolare sotto i sedili; sentendo che il calore andava attenuandosi, cominciarono a riemergere con occhi sgranati dallo stupore… dopo aver osservato le alte lingue infuocate, si guardarono tra loro…

ME= Non posso crederci… ma come avrà fatto ad organizzare tutto in così poco tempo?

MA= Ah, non lo so… ma sicuramente ha tratto ispirazione da te!

***


Mentre la città era ancora scombussolata, Caroline arrivò allo studio della NHN, dove avrebbe dovuto, una volta raggiunta Halle, iniziare il suo lavoro di guardia del corpo di Kyiomi Takada. Camminando per i corridoi degli studi televisivi, sentiva gli sguardi degli uomini e delle donne posarsi su di lei e seguirla anche quando li oltrepassava… pur non curandosene eccessivamente, ne capì la ragione quando vide Halle aspettarla nella saletta d’anticamera, affiancata da uno dei poliziotti al servizio di Light: Hideki Ide.

CA= Signor Ide… a che devo la sua visita?

ID= Sono venuto solo a portarle questo biglietto da parte del mio capo.

L’uomo allungò il braccio verso di lei, porgendole una busta candida di piccolo formato; mentre la prese, la ragazza rispose.

CA= Avrebbe potuto farla recapitare allo studio, i segretari me l’avrebbero fatta avere, senza bisogno di scomodare lei…

ID= Lui stesso ha voluto che fossi io a recapitargliela… si tratta di una questione estremamente importante, e visti i tempi che corrono…

CA= Capisco.. beh, grazie mille.

ID= Dovere; se non posso far nient’altro per voi, con permesso toglierei il disturbo.

CA= Nessun problema, può andare. Arrivederci signor Ide.

ID= Arrivederci anche a lei signorina Hale…. (AD HALLE) Signorina Lidner.

HA= Arrivederci.

Appena l’uomo uscì dalla stanza, Halle ,alzandosi, si diresse velocemente a fianco dell’amica, rimasta in piedi ad osservare, rigirandosela tra le mani, la piccola busta.

HA= Ma dico, sei impazzita del tutto?! Sapevo che eri una testa calda, ma non avrei mai creduto che fossi in grado di fare una cosa simile!

CA= Ho soltanto risposto al fuoco…

HA= No, tu hai fatto saltare in aria una cripta nel centro di una metropoli come Tokyo! Ed è un po’ diverso che rispondere al fuoco!

CA= Quanto la fai lunga per qualche botto e un po’ di fuoco… non è successo nulla di grave..

HA= Quei due agenti potevano lasciarci la pelle! Vuoi aggiungere l’omicidio volontario e premeditato all’accusa di ostacolamento alle indagini per caso?!

CA= Era tutto calcolato nei minimi dettagli…nessuno si sarebbe fatto male; e come vedi, tutto è andato liscio.

HA= Non apri la busta?

CA= Credo di sapere già cosa ci sia scritto… probabilmente L, vorrà parlare al più presto con me riguardo alla catacomba…(DANDO UN’OCCHIATA AL BIGLIETTO) Infatti, come pensavo…stasera alle 21:00.

Si avviò verso la porta, ma mentre l’apriva, Halle non poté fare a meno di aggiungere:

HA= Più andiamo avanti e più ti scopro simile a Mello.

La mora parve come raggelarsi, rimanendo con la mano sulla maniglia e dando la schiena ad Halle; senza nemmeno girarsi le rispose, con un tono che avrebbe potuto far arretrare Cerbero negli inferi.

CA= Non dire mai più una cosa simile in mia presenza. Io e Mello non abbiamo nulla in comune se non una notte passata assieme.

HA= Scusami…

CA= Andiamo ora. Takada ci starà aspettando.

***

“Parlo con il signor ****?”

“Sono io, chi mi desidera?”

“Sono ****”

“Ditemi che non state scherzando.”

“Mai stato più serio di ora…”

“Datemene la prova.”


La controparte mormorò ciò che le avrebbe consentito di fugare ogni dubbio sulla propria identità.

“Ne siete convinto ora?”

“Non ho più dubbi…sei tornato.”

“Ho bisogno del vostro aiuto..”

“Di cosa si tratta?”

“Preparatevi, perché sarà un discorso molto lungo…”



***

Con grande sollievo di Caroline, la trasmissione cui era conduttrice Takada, giunse al termine; ancora qualche minuto e avrebbe tirato un morso a chiunque si fosse avvicinato. Dopo un’altra interminabile attesa davanti al camerino della “primadonna”, finalmente poterono uscire dalle sale di registrazione; in poco tempo arrivarono nel corridoio anticipante il portone d’uscita

MI= Ah, uffa! Mi spieghi perché non sarò io ad esibirmi per ultima?!?!?!?!? Non avevano detto che quest’anno sarei stata io l’ospite d’onore della sfida musicale?!?!?

Mogi, contando fino a dieci per non perdere la pazienza, rispose tranquillo:

MO= Certo che lo sarai…ma di solito fanno esibire i grandi nomi alla fine… ehi, che ti prende Misa?

Misa Amane, la celeberrima idol, si arrestò di colpo, quando vide passare davanti a lei Kyiomi Takada, scortata dalle guardie del corpo. Dopo essersi squadrate per qualche istante, Misa Amane sbottò:

MI= Povera idiota, nemmeno si immagina che Light la sfrutta solo per le sue indagini!

MO= Zitta, se ti sentono farai una brutta fine!

MI= Lo so, è per questo che ho parlato a bassa voce!

Forse per non aver voglia di ribattere o per ostentare un palese sentimento di superiorità, Takada si limitò solo a sogghignare divertita, per poi riprendere il proprio tragitto.

MI= EEEEHH?! HA RISO DI ME?! ADESSO LA PRENDO A CALCI!!!

La ragazza poté solo fare qualche passo verso la “rivale”, prima di finire placcata da Halle in maniera non troppo riguardevole: andandole dietro la schiena, le tese il braccio sinistro verso l’alto, ruotandolo in modo che l’articolazione del gomito non potesse lavorare e storcendole dolorosamente l’altro, piegandoglielo sul dorso. Dall’attacco, Misa Amane era caduta in ginocchio, fissando il pavimento come se volesse liquefarlo con lo sguardo… Caroline nel contempo non riuscì a frenare un principio di risata, mascherato poi sapientemente dietro un’improbabile tossetta.

HA= Allora, che intenzioni avresti?

MI= “Che intenzioni hai” è quello che dico io,di solito!

A quel punto, dopo essersi goduta il momento per qualche istante, Takada intervenne, parlando con una tono a metà tra il compassionevole e l’irrisorio

TA= Lidner, la lasci stare… quella ragazza è una mia carissima amica. Non si preoccupi, non mi farà del male.

CA= (TRA SE E SE) Alla faccia della carissima amica… a quelle che le stanno sulle scatole è riservata la stanza degli orrori?

HA= Va bene, come vuole… mi scusi signorina Takada.

Halle mollò la presa su Misa, che rovinò a terra in modo non proprio elegante; dopodiché, si affiancò accanto a Caroline che ancora sorrideva.

CA= (SOTTOVOCE) Bel placcaggio… mai pensato di darti al rugby nel tempo libero?

HA= ( COME SOPRA) Senti chi parla…

CA= ( C.S) Io? Non ho mosso un muscolo…

HA= (C.S) Preferisci che parta in ordine alfabetico o cronologico?

Sorridendo, Caroline si voltò indietro, per osservare la ragazzina ancora seduta a terra.

CA= Aspetta un secondo…

HA= (VEDENDO CHE CAROLINE SI INCAMMINA VERSO MISA) Ehi, ma che vuoi fare?!

La ragazza andò davanti alla bionda, tendendole la mano.

CA= Tu devi essere Misa Amane…

MI= (AFFERRANDO LA MANO DI CAROLINE E ALZANDOSI) E tu devi essere la famosa Caroline Hale… tutti i giornali parlano di te e della tua amica.

CA= Gradirei fare due chiacchiere con te se fosse possibile…

MI= Non vedo cosa ci sia di particolarmente interessante per te a parlare con me…

CA= (SORRIDENDO) Scoprilo… ci vediamo tra cinque giorni davanti al bar del parco Harajuku per le 16:00… va bene?

MI= Ci sarò…

CA= (PORGEDOLE UN BIGLIETTINO) Se hai un problema per il posto o l’orario, chiamami pure.

MI= Va bene… grazie.

CA= Arrivederci.

E girando sui suoi tacchi, se ne andò, raggiungendo nuovamente Halle.

HA= Sei sempre una sorpresa…

CA= Almeno puoi dire che sono originale no?

HA= Evito di rispondere….

***

Quartier Generale di L, ore 21:00

Caroline si trovava davanti alla porta dell’ufficio di Light… porta che, una volta varcatane la soglia, l’avrebbe gettata nella fossa dei leoni; ora si sarebbe trattato soltanto di saper giocar bene le proprie carte, in un gioco senza esclusione di colpi che stavano diventando sempre più violenti. Dopo un respiro profondo, bussò sulla superficie lignea.

LI= Avanti.

Quando entrò, Caroline si sentì incollati addosso cinque paia di occhi, indagatori e scandagliatori.

CA= Permesso…

LI= Caroline, che piacere vederti… sono contento nel vedere che stai bene dopo tutto quel trambusto…

CA= Che intendi dire?

LI= Confesso che sono rimasto notevolmente colpito… sapevo già del tuo Q.I di 180, ma questo è di gran lunga superiore ad ogni aspettativa…

CA= A cosa ti riferisci?

MO= Credo che sia riferendo alla cripta.

LI= Esattamente, Mogi ha centrato in pieno la questione!

CA= Vi sembro la classica kamikaze?

LI= (RIDACCHIANDO) Oh, no… ci mancherebbe altro!

Tornando di colpo serio, Light cominciò a camminare attorno a Caroline, vicinissimo a lei tanto da sfiorarne le esili spalle con le proprie.

LI= Vedi Caroline, mi basterebbe un semplice gesto per farti arrestare e poco conterebbe la tua difesa… dopotutto, tra L ed una semplice psicologa, a chi credi darebbe ragione una giuria?

Nel rispondere, la ragazza mantenne lo sguardo gelido fisso davanti a se.

CA= Allora cosa aspetti? Non c’è nulla che ti frena… almeno, nulla di intelligibile a noi.

LI= Mi stai dando dell’incompetente?

CA= Offendere e giudicare sono due uffici distinti ed opposti per natura…

Nel frattempo, Light si era fermato dietro Caroline, avvicinando la propria bocca al delicato orecchio femminile, mentre lei perpetrava ostinata nel dirigere lo sguardo dritto davanti a se.

LI= Sei sfuggevole Caroline…misteriosa e indecifrabile come i ricordi di un antico passato; la tua mente è un luogo inaccessibile,il tuo cuore precluso ad ognuno. Ma io credo che nel tuo animo sia custodito un segreto… un segreto che si agita nelle tue viscere e che anche tu ti rifiuti di accettare pienamente. Un qualcosa che sa di occultamento,reticenza… tradimento verso la giustizia che dici di servire.

CA= Chiedimi quello che ti preme e facciamola finita… così sono come messa alla tortura.

LI= Alla tortura, Caroline? Confessi che il tradimento si cela nel tuo animo?

CA= Nessun tradimento, se non quello del dubbio. E’ più probabile che nasca amicizia tra un lupo ed un agnello, che tra il mio cuore e il tradimento.

LI= Temo che queste siano parole che si dicono sotto supplizio, quando il condannato è disposto ad ammettere qualsiasi cosa.

CA= Sarebbe un tormento felice, se il mio torturatore mi indicasse le risposte per la mia salvezza.

LI= E sia, allora lo farò… la domanda, così come la risposta, è molto semplice… (PIU VICINO AL SUO ORECCHIO) Chi proteggi Caroline?

CA= Proteggo chi amo, le persone a me più care.

LI= Nessun altro?

A quella domanda così volutamente capziosa, Caroline voltò il viso verso di lui, trovandoselo vicinissimo; brillanti occhi verde-azzurri si trovarono rispecchiati nel caldo, liquido bronzo. I loro nasi quasi si sfioravano, le loro bocche talmente vicine quasi da essere in procinto di un bacio.

CA= Nessuno che tu possa odiare abbastanza da ucciderlo.

LI= Perché dovrei odiare chi ami?

CA= Forse tutti gli uomini uccidono le cose che non amano?

LI= Ma chi può odiare qualcuno senza, nel profondo del suo cuore, volerlo morto?

CA= L’astio non è subito odio…

LI= Tu lasceresti che il serpente ti mordesse due volte?

CA= Né io né lui ne usciremmo veramente vincitori… lui guadagnerebbe solo la morte ed io, dopo aver placato il mio odio, verrei tormentata dai fantasmi del suo sangue versato.

I poliziotti, spettatori silenziosi di quel dialogo, erano attoniti; quello non era un semplice discorso “burocratico”, ma un vero e proprio confronto di mondi: l’idealista e passionale realtà di Caroline ed il cinico, razionale credo di Light. Nessuno dei due
prevaricava l’altro, l’uno non faceva crollare l’altro; con sapiente loquela e acutezza di ingegno, Caroline fronteggiava Light con inespugnabile fermezza, in un testa a testa tra due intelligenze di molto sopra la media.

Stavano assistendo ad uno scontro tra Titani.

Nel frattempo Light si era leggermente scostato da Caroline.

LI= E’ stata una conversazione interessante, e credo che per oggi possa bastare; dopo tutto, manca solo un giorno al tuo incontro con l’ICPO…dovrai essere in perfetta forma.

CA= Verrai anche tu?

LI= Purtroppo no, questo lavoro è pieno di imprevisti e non mi sarà concesso di partecipare alla seduta; ma ti sarei veramente riconoscente se, una volta terminato il vertice, potessi passare per farmi un resoconto e consegnarmi una copia dei documenti da te redatti.

CA= (VOLTANDOSI VERSO DI LUI) Va bene… lo farò. Posso andare ora?

LI= Ma si, certo! Scusa se ti ho trattenuta qui così a lungo!

CA= Arrivederci Light… Signori.

E se ne andò.

MA= Wow, cavolo che scontro verbale! La signorina Hale ci sa fare con le parole! Confesso che ad un certo punto mi sono un po’ perso… più o meno a tutto quel discorso sull’odio che non è odio, ma solo astio…

AI= MATSUDA!!!!! -_-“

ID= In sostanza però non abbiamo ricavato molto da lei… è più ermetica di una tomba.

LI= Oh, no Ide… qualcosa abbiamo ottenuto.

MO= Che intendi dire Light?

LI= Lei sta proteggendo qualcuno che io sto cercando… qualcuno che per lei è importante.

AI= Può darsi… ma chi?

LI= Io credo di avere qualche idea…

***


-    Il giorno seguente -


Il gran giorno era arrivato. La data tanto attesa e tanto demonizzata da Caroline era arrivata; oggi avrebbe dovuto parlare di fronte alle più alte cariche istituzionali. Sebbene si fosse vestita semplicemente con una minigonna di jeans ed a vita bassa, un maglioncino di cotone nero scollato a V e stivaletti dal tacco alto dello stesso colore, ed avesse studiato la relazione migliaia e migliaia di volte, si sentiva insicura ed incerta come se avesse dovuto affrontare l’esame di stato. Nell’anticamera della sala consiliare, camminava nervosa avanti e indietro, guardata con occhi sconsolati da Halle, seduta su una poltroncina.

CA= E se sbagliassi qualcosa? E se mi impappinassi? E se non sapessi rispondere alle domande che mi fanno? E se…

HA= E se mia nonna avesse le ruote sarebbe un carretto! La vuoi finire di fare su e giù? Mi stai facendo venire il mal di mare!

CA= Cos’è, metodo Sparta alla 300?

HA= Esattamente! Dì la verità, mi ci vedi un sacco a fare Leonida vero?

CA= Mmmmh… io opterei per Efialte.

HA= Stronza!

CA= Grazie, anch’io ti voglio bene.

HA= Hai visto? Ti ho fatto passare l’ansia.

CA= Assolutamente no, non mi ha mollato un attimo!

HA= Linne, stai tranquilla, andrà tutto bene! Hai fatto un ottimo lavoro!

CA= Lo dici solo perché sei la mia migliore amica…

HA= No, lo dico perché io c’ero sempre mentre ci lavoravi e ti ho visto perderci più di una nottata…

Ad un tratto un inserviente arrivò a chiamare la giovane psicologa, comunicandole che entro cinque minuti avrebbe dovuto iniziare la relazione.

CA= O mio Dio, sarà uno sfacelo, peggio del 15-18!!!!!

HA= Linne stai andando a presentare una relazione, non in trincea sotto le granate tedesche!

CA= Halle, dovrò parlare davanti agli ambasciatori di tutto il mondo!

HA= E farai un figurone… pensa al fatto che io, Gevanni e Rester saremo a goderci lo spettacolo; anche Near ti sentirà, pur in collegamento Wi-fi con Rester!

CA= Ci saranno anche i poliziotti che lavorano con L…

HA= E allora? Un incentivo in più per far vedere di che pasta sei fatta! Ora vai, ci vediamo dall’altra parte.

Dopo essersi abbracciate, Caroline si diresse verso la direzione indicatale dall’inserviente: la sala consiliare dell’ICPO era strutturata come un anfiteatro, per permettere agli “spettatori” la piena visuale del “palco” in basso, ornato solo di un piccolo leggio ligneo; sul muro un enorme schermo, riportante il logo dell’associazione. Dopo che gli agenti diplomatici ebbero preso tutti i loro posti e si furono muniti delle cuffie per la traduzione simultanea, Caroline fece il suo timido ingresso, posizionandosi davanti al leggio, di modo che tutti potessero vederla bene. Come lei stessa si aspettava, i diplomatici rimasero leggermente spiazzati quando si trovarono davanti una ragazza di poco più di vent’anni,magra come un’anoressica, dal viso angelico e dai capelli corvini tagliati in modo così singolare.

CA= Signori dell’ICPO, buongiorno. Sono Caroline Hale, psicologa e membro operativo dell’SPK, organizzazione che voi tutti conoscete. Siete riuniti qua per essere messi al corrente  delle conclusioni cui sono giunta studiando il caso Kira. Vi prego di prestarmi la massima attenzione e, qualora ve ne saranno, risponderò a tutte le vostre domande. Bene… possiamo cominciare.

A quel punto, si diresse verso lo schermo, che si rivelò essere dotato di tecnologia touchscreen e scrisse a lettere cubitali “KIRA”; dopodiché si rivolse nuovamente agli agenti governativi.

CA= “Kira”… temuto e ricercato in pubblico, osannato e riverito in privato; è strana la reazione che questo nome, senza ancora né corpo né sembianze, suscita nella gente. Questa stessa gente, che lo teme e lo venera come si fa con una divinità… esattamente quella che lui millanta di essere; ma comincerei ad esaminare quello che potrebbe essere un probabile profilo, che io stessa ho stilato, dell’offender che stiamo cercando. Partendo dall’età, stiamo cercando un individuo tra i 18 e i 45 anni, anche se studi recenti hanno abbassato la media al di sotto dei 35; personalmente, vista l’accuratezza e la capacità di mantenere segreta la sua identità dal 2003 fino ad oggi, sono portata a pensare che ci troviamo davanti ad una persona con un’intelligenza nettamente superiore alla media. A livello d’istruzione, possiamo certamente affermare che abbia completato la scuola superiore e che possa avere avuto esperienze universitarie, dove in entrambi i casi si è distinto per essere un ottimo studente. L’offender in questione inoltre, non ha alle spalle storie di violenze, soprusi e/o abusi di alcun genere: di  condizione economicamente agiata, grazie alla condizione lavorativa stabile del padre, ha vissuto un infanzia tranquilla avendo con altissime probabilità un’alta genitura nella famiglia, in quanto primogenito. Anche a livello collettivo, l’individuo si presenta socialmente ben integrato, è socievole ed estroverso, apparendo a volte l’amico ideale di chi si trova a contatto con lui; tuttavia questa apparenza crolla miseramente quando si rivela essere un soggetto preoccupato solo di se stesso e la sua disponibilità dimostrarsi solo apparente. E’ inoltre un buon conversatore, forte di una grande capacità retorica che molto spesso impiega come manipolazione o plagio. Parlando a livello sociale, è impossibile escludere il rapporto che ha con il sesso opposto: potrebbe essere convivente, se non addirittura sposato, in una relazione dove la compagna (o il compagno) riveste una posizione di rilievo; se non impegnato in una relazione stabile ha frequenti occasioni di interagire con l’altro sesso, che spesso diventa sua conquista ma, attenzione, raramente sua prossima vittima. Credo sia ora opportuno passare ora ad analizzare la psicologia di questo individuo: l’offender si presenta come un mentitore patologico, come colui che fa promesse che puntualmente non mantiene con una personalità “camaleontica” capace di condurre una a vita a “compartimenti” ben distinti. E’ inoltre un attore consumato, capace di interpretare qualunque ruolo desideri, evocare qualsiasi stato d’animo, suscitare il pianto o la simpatia e manipolare i sentimenti altrui; per quanto riguarda l’aspetto fisico, il soggetto si presenta ben strutturato fisicamente e, perché no, di bell’aspetto. Proprio per questa consapevolezza, tende a curare molto la propria persona, vestendo con abiti di gusto e firmati, consapevole del proprio stile; se dovessimo descriverlo con un termine quotidiano, lo definiremmo quasi “un damerino”, dai modi affabili, estremamente educati, affascinanti e compiti. Spesso, è proprio per questo “collage” di modi di essere, che può diventare la persona più insospettabile di questo mondo. Come ho già annunciato prima, grazie ad una brillante intelligenza, è spesso in grado di prevedere azioni e pensieri di chi cerca di contrastarlo, soppesando tutte le conseguenze che i suoi atti comporteranno; è caratterizzato però, a differenza di altri offender con caratteristiche psicologiche simili alle sue, da un forte concetto di giustizia, una ferma volontà di voler “ripulire” il mondo dalla fetta marcia della società. E’ per questo riconducibile al concetto machiavelliano del “fine che giustifica i mezzi”… ed è per questo che non mi sento di escludere la possibilità che possa, un giorno o l’altro, plagiare un esponente della giustizia per legittimare così in maniera ancora più moralistica, i suoi crimini. Ma prima di passare alla seconda parte della relazione, vorrei sapere se ci sono domande…


A quelle parole, il delegato tedesco alzò la mano; in un momento di ironia fra se e se, Caroline si sentì come la maestra che ha appena insegnato ai suoi piccoli alunni le divisioni.

CA= Si? Prego Eccellenza, mi dica…

GERMANIA= All’inizio della sua relazione, che peraltro mi pare molto accurata, lei signorina specifica l’età dell’individuo in questione in termini ben precisi, ma non specifica se questi appartenga  al sesso maschile o femminile… per quale motivo?

Prima di rispondere, Caroline dovette attendere per qualche minuto… l’auricolare al suo orecchio le stava finendo di trasmettere la traduzione dal tedesco all’americano.

CA= La ragione che mi ha spinta ad eludere questo particolare, è molto semplice,e si basa su due supposizioni: la prima riguarda aspetti dell’opera criminosa di Kira, che sono riconducibili talvolta ad una mano maschile, talvolta ad una femminile; se nell’uomo l’insorgere dell’istinto omicida avviene tramite l’attrazione per la violenza, la volontà di affermarsi e il gusto per le sfide, nella donna le ragioni sono molto più prosaiche ed il loro “modus operandi” rispetto al soggetto di natura maschile, è molto più attento, metodico e preciso; maggiore inoltre è la freddezza nell’esecuzione del delitto e minore il coinvolgimento emotivo. La seconda supposizione che mi ha spinta a non eludere la possibilità che l’offender sia una donna, riguarda i tempi in cui si è protratta l’indagine, dal 2003 fino ad oggi: se per “incastrare” un uomo servono in media quattro anni, per una donna normalmente ne occorrono il doppio.

GERMANIA = Estremamente esaustiva Fraulein… grazie mille per l’attenzione.

CA= Di nulla Eccellenza… ah, ma vedo che c’è un’altra domanda… prego.

Prese la parola l’ambasciatore del Portogallo.

PORTOGALLO = Abbiamo ascoltato le ragioni con cui non esclude la possibilità per la quale il serial killer possa essere una donna… io vorrei invece sapere cosa la spinge a pensare che possa invece essere opera di un individuo di sesso maschile.

CA= In questi anni, sono state colpite dalla furia omicida del killer anche donne, indipendentemente dall’età, dal luogo di provenienza e dallo stato sociale… sono cadute sotto il suo “giudizio” sia rispettabili signore dell’alta società che coprivano gli affari illeciti del marito, sia casalinghe borghesi, prostitute, zingare ed immigrate. Una donna omicida non agisce così, ma di solito colpisce donne che conosce e con le quali a volte, ha dei rancori mai sopiti o dei conti in sospeso… posso asserire che di solito, quando la donna decide di colpire una sua simile e non un uomo, come più frequentemente accade, lo fa con il preciso movente della vendetta. Inoltre ciò che mi ha spinto a non accantonare l’identità maschile, sono le morti che l’offender ha riservato alle sue vittime: arresto cardiaco, impiccagione, suicidio mediante arma da fuoco o recisione delle vene o dell’arteria carotidea, fino ad arrivare ai metodi tradizionali nipponici del Seppuku (meglio conosciuto come Harakiri) e del Jigai. Tutte morti violente, che condizionano una vicinanza fisica ed un contatto tra vittima e carnefice, cosa che la potenziale assassina tende ad evitare, salvo casi sporadici come era stato quello della prostituta Aileen Wuornos, che uccideva i suoi clienti con mirati e precisi colpi di pistola. Il decesso avvenuto per mano femminile non è quindi particolarmente cruento, passa quasi inosservato, grazie al metodo scelto da circa l’80% delle assassine seriali: un silenzioso, letale veleno come il cianuro o la cicuta (più difficile però da reperire) o un overdose di farmaci.

PORTOGALLO = Può continuare signorina…

CA= Grazie mille Eccellenza… credo sia il momento ora di passare alla seconda parte della relazione.

Caroline si avvicinò al leggio ligneo ed afferrando quello che a prima vista poteva sembrare un telecomando, fece comparire sulla schermo tre foto: la prima rappresentante un gruppo di otto uomini vestiti in eleganti completi manageriali, la seconda e la terza riportavano invece il viso di una donna bionda sui 40 anni con abiti in stile anni ’50, e di un uomo di bell’aspetto coetaneo della prima,con tratti somatici tipicamente francesi. Subito dopo, ingrandì la prima delle tre diapositive:

CA= Gli otto dirigenti della Yotsuba, in ordine: Kyosuke Higuchi, Takahashi Eichi, Takeshi Ooi, Reiji Namikawa, Masahiko Kida, Shingo Mido, Arayoshi Hatori e Suguru Shimura… tutti morti tra il 2005 e il 2006, eccezion fatta per Higuchi, morto nel 2004 dopo un teatrale arresto dopo l’accusa di essere Kira. Di sua sponte, l’arrestato ha confessato che gli omicidi avvenivano tramite la semplice trascrizione dei nomi delle vittime su un diabolico quaderno chiamato “Death Note”… confessione che gli è costata la vita, dal momento che è morto per arresto cardiaco  
subito dopo, davanti agli occhi dei poliziotti che lo tenevano in custodia; una morte molto sospetta e fin troppo perfetta per pensare ad una coincidenza.

A quelle parole, l’ambasciatore spagnolo prese la parola.

SPAGNA = Mi scusi signorina, ma mi sembra di intuire che lei non creda particolarmente alle coincidenze…

CA= Un arrestato con la pesante accusa di essere Kira, che muore di arresto cardiaco pochi minuti dopo il fermo e dopo aver spiegato la dinamica degli omicidi, lei la considera una semplice coincidenza?

SPAGNA = Potrebbe essere una giustizia divina…

CA= Direi molto tardiva… Dio deve essere stato sordo, cieco o molto impegnato per non sentire le invocazioni di giustizia che gli uomini elevano al cielo da sei anni a questa parte, prima di morire come mosche.

SPAGNA = Lei ha fede signorina?

CA= La fede è una cosa che la mia mente non riesce ad accettare.

SPAGNA = Ed il suo cuore?

CA= Il mio cuore non è ancora stato toccato dal regalo della divina provvidenza…

SPAGNA = (SORRIDENDO) Capisco…

CA= Posso continuare?

SPAGNA = Prego, si figuri… e scusi per l’interruzione.

Halle non poté non avvertire un brivido nell’assistere a quella, seppur spicciola, conversazione; la religione non era mai stata l’argomento preferito di Caroline, materia che dopo la morte del padre e di Rachel era diventata ancora più ostica alla ragazza… pareva che il suo animo razionale, sempre alla ricerca del percepibile e del concreto, non riuscisse ad entrare nell’ordine di idee di dover accettare qualcosa di etereo, invisibile e inscindibile come dato di fatto in cui riporre tutte le sue speranze e le sue gioie… Caroline era dell’idea che ognuno è il piccolo Dio di se stesso, e che nessuno, né prete, né suora né pontefice poteva farla sentire inferiore a qualcuno,come un granello di sabbia da sbalzare via con un semplice gesto stizzito delle dita. Infreddolita dall’aria dicembrina che raggelava l’ambiente, si strinse di più a Gevanni, incurante delle reazioni che avrebbe potuto suscitare; se c’era qualcosa che Caroline le aveva insegnato in tutti quegli anni di amicizia, era quella di non curarsi delle impressioni e dei giudizi altrui…

“La gente” le diceva “espone sentenze quando non può più dare cattivo esempio”

Nel frattempo, la psicologa aveva ripreso la sua rassegna.

CA=…riprendendo quindi l’esposizione, sono abbastanza sicura nell’affermare che Higuchi non fosse il vero Kira, ma una semplice pedina mossa da lui.

A quest’affermazione, una gragnuola di osservazioni piccate, partenti da diversi ambasciatori, si abbatté sulla ragazza:

“Vuole forse dire che Kira ha qualcuno al suo servizio!?”

“Potrebbero passarsi i ruoli a seconda delle utilità…”

“Così sarebbe come dare la caccia ad un fantasma!”

“Può forse controllare la mente degli uomini a distanza?!”

“Potremmo essere tutti le sue prossime vittime!”

“E’ inaudito!”

“Siamo di fronte a pura fantascienza!”



Un vociare elevato si alzò per tutta la stanza che, dati i soffitti estremamente alti, cominciava fastidiosamente a rimbombare… Rester,Gevanni ed Halle guardavano sorpresi ora gli ambasciatori  ora Caroline, rimasta in piedi ad osservare lo “spettacolino” suscitato dalle sue affermazioni

CA= Signori… Signori, vi prego…

Vedendo infruttuosi i suoi tentativi, Caroline sbuffò ritenendo opportuno adottare una linea molto meno “cortese”.

CA= (GRIDANDO) SIGNORI!

Di colpo tutte le voci si acquietarono, e migliaia di occhi rimasero puntati sull’esile figura muliebre con un’espressione palesemente seccata dipinta sul volto. Gevanni, Rester e Halle non poterono far a meno di sorridere… sembrava che Caroline dovesse tenere a bada più di 300 bambini irrequieti.

CA= Prima di lanciarvi in quanto mai fantasiose elucubrazioni, vi pregherei di ricordarvi che non siamo sul set di X-Files né tanto meno ad un raduno di fan di Star Trek. State inoltre dimenticando la cosa più importante… Kira è un abile oratore, con elevata capacità persuasiva e abilità manipolatoria. Direi che non gli è difficile trovare giorno dopo giorni nuovi adepti. E questa capacità manipolatoria, Kira l’ha messa in atto proprio con queste otto persone, cui ha fatto dono, seppur temporaneamente, del Death Note di sua proprietà. Negli archivi della polizia, abbiamo trovato anche le schede di questi individui (INGRANDISCE LE FOTO DI AIBER E WEDY)… Aiber , all’anagrafe Thierry Morello, genio francese della truffa e Wedy, ladra di professione, alias Merrie Kenwood.

Quando Caroline pronunciò il vero nome di Wedy, un altro mormorio si levò tra i delegati.


“…non ci posso credere…”

“…la figlia maggiore della casata Kenwood…”

“…chissà che scandalo in Inghilterra…”

“…il povero Sir Thomas…”



BELGIO = Mi scusi signorina, ma nel parlare di Merrie Kenwood…

CA=…intendo la figlia primogenita di Sir Thomas Kenwood, magnate inglese dell’omonima ditta. Si, proprio lei.

BELGIO= Ma i Kenwood sono una famiglia più che rispettabile, da decenni e decenni inseriti nei salotti più aristocratici di Londra e Inghilterra…

CA= Evidentemente a Lady Kenwood quei salotti sono piaciuti talmente tanto da spingerla a portarsene via dei pezzetti per ricordo… ognuno  ha le proprie debolezze..

A quel punto, l’ambasciatore britannico si alzò in piedi di scatto, rosso in viso per l’imbarazzo e l’ira.

INGHILTERRA = (IRATO) Signorina! Non posso tollerare questa impertinenza nei confronti di uno dei maggiori benefattori del paese che qui rappresento!

CA= Perdoni l’irriverenza nel ribatterle Eccellenza, ma io non ho mosso nessun vituperio alla famiglia Kenwood; mi sono solo limitata a riportare ciò a cui si dedicava la loro primogenita.

INGHILTERRA = Non ha prove per dimostrarlo!

CA= In tutta verità, Milord, ci sono fascicoli e fascicoli negli archivi di polizia che rendono assolutamente fondate tutte le mie affermazioni…

INGHILTERRA = Si rende conto che, se renderà pubbliche quelle notizie, sarà lo sfacelo per la casata?!

CA= Lei conosce Omero, Milord?

INGHILTERRA = Certo, chi non lo conosce? Ma non vedo cosa possa servire al momento…

CA= Omero è il primo che attua un distinguo tra civiltà della colpa e civiltà della vergogna… oggi come oggi noi viviamo nella civiltà della colpa, dove ognuno è responsabile dei propri errori, a differenza della prima, dove il disonore di uno colpiva indistintamente tutti coloro che gli erano accanto. Alla luce di tutto questo ragionamento, la invito a riflettere ed a convincersi che la “cattiva condotta” della signorina Kenwood non intaccherà il lignaggio della famiglia; ora, se vuole riaccomodarsi e seguire il resto  della relazione…

Chetato, l’ambasciatore inglese, si risedette alla sua postazione; nel contempo, Mogi e Aizawa si scambiarono un’occhiata estremamente eloquente… più assistevano alla presentazione di Caroline, più si rendevano conto dell’enorme intelligenza e delle grandi capacità della ragazza; capirono che sarebbe stata un grande avversario qualora si sarebbero dovuti trovare a combatterla, un muro quasi insormontabile.
Compresero che nemmeno tutte le loro menti messe assieme avrebbero potuto eguagliare quell’intelligenza femminile verso cui persino Light Yagami aveva delle riserve.

CA=… come stavo appunto cercando di spiegare, la signorina Kenwood si presuma sia stata a contatto con Kira durante il  corso dell’anno 2004, per poi morire, pochissimo tempo dopo, in un incidente motociclistico su una statale nei dintorni di Liverpool.

USA = Quindi è stata anche lei una complice di Kira?

CA= Non credo… oserei dire che nel periodo di tempo in cui la signorina si è trovata a contatto con l’assassino, fosse assolutamente all’oscuro della vera identità di Kira… come ho già detto, qualora l’offender si riveli un uomo, raramente le donne che avvicina e a cui probabilmente rivela la sua natura seriale, diventano sue vittime. No, Merrie Kenwood non sapeva di essere fianco a fianco con Kira, che l’ha utilizzata solo come una semplice pedina del suo gioco perverso e che poi se n’è sbarazzato una volta terminata la sua utilità. Diverso è però il discorso da fare con costui (INGRANDISCE LA FOTO DI AIBER)… truffatore di origini francesi, Thierry Morello non solo viene avvicinato da Kira, ma si infiltra all’interno dell’azienda Yotsuba, spacciandosi per il famoso detective Erald Coil, secondo solo ad L, allo scopo di fuorviare le indagini sul conto di L che l’azienda, ingenuamente, gli aveva affidato. Il signor Morello, muore quasi in contemporanea alla signorina Kenwood, per una neoplasia ai polmoni. Ora...io vi chiedo questo: secondo voi, cosa possiamo desumere da questi dati?

ITALIA = Lei ha parlato di capacità manipolatoria e di plagio… e se a questi si sommasse la convinzione di essere una sorta di divinità terrena?

CA= Esattamente! Kira non è convinto di essere un semplice assassino, né di essere una sorta di “giustiziere divino” come si ritenne Gaspare Zinnanti nella Milano del 1997 dove mieté ben tre vittime: Lui è Dio, un semplice mortale assurto ad una nuova, assolutistica dimensione divina; ed è proprio questa ferma convinzione, che lo spinge ad osare sempre di più, sfidando le autorità in giochi e scommesse perverse e mortali, cercando ed eleggendo suoi portavoce che trovano luogo in Demegawa prima ed ora nella celebre conduttrice televisiva Kyiomi Takada.

ITALIA = Crede che anche loro siano stati plagiati da lui?

CA= In questo caso no… sia Demegawa che Takada, sono volti noti, personaggi famosi che ogni giorno entrano nelle nostre case attraverso lo schermo televisivo. Su di loro, Kira non ha avuto necessità di intervenire subdolamente, in quanto sia l’uomo che la donna sono sempre stati suo palesi sostenitori…

ITALIA = E’ più che sufficiente signorina…

A queste parole, l’ambasciatore giapponese, “presidente” del vertice, si alzò in piedi, salì sul palco e si pose accanto a Caroline.

GIAPPONE = Bene signori, direi che abbiamo elementi sufficienti per condurre le nostre indagini con maggiore chiarezza… con questo, considero sciolta la seduta, non prima però di fare i dovuti complimenti alla signorina Hale, che ha svolto egregiamente il lavoro da noi richiesto.

A quelle parole, tutti i delegati si alzarono in piedi, facendo partire un lungo, scrosciante applauso cui non si esentarono Mogi,Aizawa e Ide ed (ovviamente) Rester, Gevanni ed Halle.

La mano di Caroline, sorridente e leggermente imbarazzata da tutta quella temporanea popolarità, venne stretta energicamente dal diplomatico nipponico.

GIAPPONE = Spero di riavere l’opportunità di lavorare nuovamente con lei, Signorina… magari in una situazione più tranquilla…

CA= Lo spero anch’io Eccellenza…

***


Alcuni minuti dopo…


Quando Caroline raggiunse i colleghi e l’amica all’uscita della sala consiliare, venne accolta dai loro applausi.

HA= Tesoro sei stata favolosa, un’esposizione meravigliosa!

CA= Grazie, grazie mille… ma vi prego, smettetela di applaudire, mi mettete ancor più in imbarazzo!

GE= Halle ha ragione, sei stata bravissima! Il colloquio con l’ambasciatore inglese è stato da cardiopalma!

CA= Esagerato…  addirittura?!

GE= I miei complimenti Caroline… sei stata davvero magnifica.

Ad un tratto, Rester le andò più vicino, porgendole il proprio telefono cellulare.

RE= Caroline… Near ti vuole parlare…

CA= (ACCOSTANDO IL TELEFONO AL VISO) Si?

NE= Ottimo lavoro Caroline…ho seguito tutta l’esposizione in collegamento audio.

CA= Grazie mille Near..

NE= Complimenti… sei stata brava.

CA= Ancora grazie…

NE= Un’ultima cosa Caroline… ho ricevuto una chiamata da L e mi ha chiesto se potevi procurargli un fascicolo della relazione, visto che non ha potuto assistere personalmente..

CA= Va bene, nessun problema… ci passo subito.

E chiusero la comunicazione.

CA= Off, ho perso la nozione del tempo…che ore sono?

HA= Le 18:20…

CA= Ho parlato per due ore e venti?!?!

HA= Una volta che parti, neanche un tappo in bocca ti fa star zitta…

CA= Cavolo, devo muovermi… L non starà in ufficio in eterno…

Contemporaneamente,i tre poliziotti al servizio di L comparvero sull’entrata.

AI= Signorina Hale, i miei complimenti… relazione estremamente interessante.

CA= Grazie mille…

AI= A proposito… L mi ha detto di consegnarle questo appena l’avessi incontrata.

Caroline aprì la busta e lesse il piccolo biglietto all’interno

"Probabilmente quando leggerai questo biglietto sarà tardo pomeriggio;
mi troverai a casa,all’indirizzo 28c del quartiere Akihabara.
Ti aspetto.

Light."



HA= Credo sia meglio che tu vada…

CA= Ok… ci vediamo domani ragazzi…

E dopo aver abbracciato Halle e salutato i due uomini, Caroline si diresse verso l’auto e partì pochi secondi dopo…

…ma non si era accorta che una seconda auto, rosso fiamma, la seguì immediatamente.

***

Arrivò davanti all’abitazione indicatale in pochi minuti,trovandosi davanti una palazzina semplice ma allo stesso tempo raffinata; salì tre rampe di scale, finché non si trovò Light davanti, poggiato con una spalla allo stipite della porta.

LI= (SORRIDENDO) La tua puntualità ha dell’incredibile…

CA= Con la macchina si fa presto…. riguardo al teletrasporto, ci sto lavorando…

Il ragazzo le rispose con una piccola risata, affascinante come tutto il resto…poi si scostò leggermente verso sinistra.

LI= Vieni, entra pure…

Caroline fece il suo ingresso nell’appartamento di Light, trovandolo signorile, estremamente geometrico ed ordinato… notò libri,riviste, piccoli soprammobili che adornavano,seppur rari, l’ambiente conferendogli un po’ di calore umano; era penetrata in un piccolo angolo di umanità del ragazzo, che aveva sempre visto sotto una luce (non si sa quanto autoconferitasi) di rigida formalità.

LI= (SOTTOVOCE ALL’ORECCHIO DI LEI) Benvenuta nella tana dell’orco…

Non poté non sorridere… fuori dall’ambiente lavorativo, Light acquistava nuovi toni, nuove luci che contribuivano a raddolcirne l’immagine algida di L .

CA= E’ una bella casa… sei qui da solo?

LI= Prima ci vivevo con Misa… ma dopo la rottura sono rimasto io da solo.

CA= Takada non…

LI=(SORRIDENDO) Oh, no Takada è una donna molto impegnata, sempre in giro per lavoro, dubito che accetterebbe…

CA= Non gliel’hai chiesto?

LI= No… conosco già la risposta… Comunque, passando ad argomenti più seri… sono proprio ansioso di avere tra le mani questa tua relazione!

CA= Ti accontento subito…

Caroline riportò a Light quello che aveva precedentemente relazionato all’ICPO. Il ragazzo rimase affascinato dall’opera della ragazza, dal suo modo di esporre le cose, dalla sua loquela così sicura; erano seduti l’uno accanto all’altro sul divano, con i fogli del fascicolo sul tavolino di fronte a loro… Light la guardava, sempre più desideroso di averla, bramante un secondo bacio ugualmente sensuale ed appassionato come quello che gli aveva regalato giorni addietro.

Poi, dopo un tempo che lui non fu in grado di quantificare, Caroline terminò l’esposizione.

LI= Davvero un ottimo lavoro… complimenti, sei davvero brava!

CA= Grazie…(GUARDANDO L’OROLOGIO) O mio Dio, sono le dieci passate e io sono ancora qua a tenerti inchiodato al divano!

LI= (RIDACCHIANDO) Esagerata…vieni, ti accompagno alla porta.

Una volta aperto l’uscio, Light vi si appoggiò con la schiena.

CA= Beh…grazie per avermi sopportato per tutto questo tempo!

LI= Sopportarti? Per me è sempre un piacere…

CA= Buona serata Light…

Fece per andarsene, ma appena dopo due passi, si sentì afferrata dolcemente per il polso e tirata indietro; senza dire una parola, Light la strinse a se per poi chiuderla in un bacio mozzafiato, mentre le dita della mano andavano a cingerle delicatamente la nuca. Caroline, sentendo le labbra del ragazzo dischiudersi, rispose al bacio mentre una sua mano si posava sul petto maschile. Come se fosse stata una piuma, Light la portò dentro, richiudendo la porta; quando le sue mani cominciarono ad insinuarsi sotto il maglioncino, lei si staccò, per dargli poi la schiena.

CA= Light, non possiamo… io lavoro per Near e tu stai con Takada… hai degli obblighi verso di lei…

Per tutta risposta, il ragazzo le arrivò dietro, facendo aderire il proprio petto alla sua schiena, posandole poi una mano sul fianco mentre con l’altra le fece piegare dolcemente il collo da un lato, che cominciò a baciare sensualmente. A quel contatto, Caroline rabbrividì di piacere, e chiudendo gli occhi reclinò il capo all’indietro abbandonandosi al tocco vellutato delle labbra di Light. Le mani maschili intanto, vagavano delicate dal suo fianco, al ventre magro, fino al seno, che racchiuse lieve nel suo palmo.
Obnubilata dal piacere dei sensi, la ragazza si voltò verso di lui, racchiudendolo in un secondo bacio; quasi come se fosse stato un tacito accordo, Light la sollevò, stupendosi di quanto fosse leggera, e dopo averla fatta sedere sul tavolo, si insinuò tra le sue gambe. Sempre baciandola, la spogliò del maglione e lasciò che lei lo privasse della camicia, rivelandone il fisico snello, dai muscoli magri, perfetti come se fossero stati creati da uno scultore. Da quel momento in poi, Caroline ricordò solo un crescendo di sensazioni e frammenti di immagini…

Le mani di Light che le accarezzavano le cosce, insinuandosi sotto la gonna…

…la serica pelle, calda e profumata di lui sotto le mani…

…il brivido quando lui la fece sua…

…le loro bocche che si cercavano, mescolando i respiri…

…e l’estasi, raggiunta da entrambi, di un piccolo e fugace momento di immortalità.


***

Non riusciva a pensare… non riusciva ad accettare la cosa come fatto compiuto, ad entrare nell’ottica che lei non era più sua.

La gelosia lo stava divorando,era avvinghiata a lui quell’orripilante creatura dagli occhi verdi…verdi…verdi come quelli di lei con quella strana e bellissima sfumatura d’azzurro,il suo miracolo, il suo unico amore; il sangue gli ribolliva nelle vene, i battiti del suo cuore acceleravano quando lui la toccava, la guardava,le parlava…avrebbe voluto ucciderlo, farlo bruciare nelle stesse fiamme in cui stava ardendo lui; se quello era l’inferno,beh…Mello non avrebbe avuto difficoltà ad adattarsi dopo morto… lui, il suo inferno personale, lo stava vivendo sulla terra, giorno dopo giorno, man mano che il legame con lei diventava sempre più flebile.

Sentì gli occhi cominciare a pizzicargli dalle lacrime fino ad allora represse e si fermò con l’auto in uno spiazzo isolato; domande sconnesse si avvicendarono nella sua mente…


Cosa dimostra davvero il pianto?

Se piangi liberamente fregandotene di essere preso per il culo sei sicuro di te stesso?

Oppure se trattieni le lacrime reprimendo la tua rabbia e la tua frustrazione dai segno di maturità e compostezza?

Forse la realtà è che non bisogna mai farsi sopraffare dalle emozioni...

In maniera positiva o negativa che sia.....

L'amore.... è davvero una cosa complicata...

Forse la vita ce l'ha davvero con me....

Forse....... forse ci gode nel farmi soffrire come una dannata bestia....

Chissà se la mia vita avrebbe potuto prendere una piega diversa...

Il cuore..... mi fa troppo male.... batte a stantuffo, quasi a voler uscire dal torace.....

E’ questo ciò che voi chiamate Amore?!


Ad un tratto però non riuscì più a trattenersi. Quell’emotività che in vent’anni aveva sempre tenuto incatenata, cominciava ad uscire dalle sue viscere a violente unghiate. Reclinò la schiena sul sedile, si portò una mano alla bocca e pianse.

Il dolore era lancinante, una tortura impossibile.

Pianse. Di un pianto disperato, di singhiozzi e sussulti, di nero strazio, con lacrime che sgorgavano infinite dai suoi occhi e che bruciavano come lava sulle sue guance e sui suoi zigomi.

Era la prima volta che Mello piangeva, nemmeno quando era morto L era riuscito a farlo; e fu preso alla sprovvista da quella violenta emozione che stava scuotendo il suo corpo magro. Non era nato per piangere, il suo fisico non sapeva come difendersi.

Ma continuò a farlo finché dai suoi occhi non uscirono più gocce trasparenti di dolore, ma lacrime nere, stillanti veleno e colpa.


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Angolino del Requiem:

*si toglie il cappuccio del mantello nero e si guarda attorno circospetta*

Eccola qua, la mia bestia nera.... il fatidico capitolo in cui Caroline cede alle lusinghe di Light!!!
Fatemi sapere, impressioni, pensieri e quant'altro!
Un grazie a chi legge, e due speciali per chi recensisce e per chi ha messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate





   

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20
Le maschere nude



È di un’intensità straziante il suo sentimento per Mello.

Di lui ama il volto corrucciato, dai tratti duri di un guerriero che non è mai stato bambino.
La voce minacciosa e sprezzante di un ragazzo abituato alla violenza, che mai si addolciva.
Il suo ghigno crudele, che sperava sempre di veder trasformare in un sorriso.
Le mani sottili e forti, avvezze da sempre alla durezza ma che si erano rivelate sorprendentemente
 dolci nel suo letto.

Lo ama in ogni suo gesto, in maniera quasi dolorosa.


E se ne dispera.



*


Si è insinuata nelle sue vene, nell’aria che respira, simile ad un’incurabile maledizione.
E lui ringhia contro questa avversaria più subdola dei precedenti, cerca scampo nel
 silenzioso abbraccio della solitudine, ma ormai è tardi.
La sua resistenza s’è infranta giorno dopo giorno, negli addii rimandati per godere ancora della sua vista, nella muta contemplazione dei suoi occhi, sempre testardamente fissi nei propri, nei sogni in cui lei è il soggetto quasi ogni notte.
Per quanto la mattina scappi prima del suo risveglio, è impossibile sfuggirle.
Perfino il cielo porta i suoi colori.



*


Mani che avrebbero potuto distruggerla ad ogni istante, come fosse fatta di vetro.
Una bocca sulla propria, esigente ed affamata come quella di un predatore.
Il corpo e l’animo segnati da un’intera vita di privazioni e tormenti,ma che si era mosso insolitamente gentile sopra di lei, un muro di muscoli compatti ed esili, roventi contro il suo seno.

Lei viveva nel ricordo di quella notte, per quei lontani momenti che aveva rubato al suo orgoglio di uomo.
S’era lasciata guidare nelle tenebre per condividere la sua stessa oscurità, il prezzo per l’estasi segreta tra le braccia di un criminale.

Eppure, quando si era svegliata sola al primo tocco dell’alba, non poté impedirsi di sorridere.

Un giorno, forse, sarebbe stata lei a trascinarlo nella luce.


*

Fin da quando ha memoria c’era sempre stato solo lui.
Non i genitori, non i suoi compagni.

Semplicemente Mello.

Ma qualcosa si era incrinato in questo perfetto universo di solitudine.

Quella donna aveva sfiorato le corde più remote della sua esistenza, le aveva fatte vibrare con una sconosciuta melodia, fatta di parole dure, di scontri e di un’ardente, violenta passione.
E nel ricordo di quando quella mattina l’aveva abbandonata alle prime luci dell’alba, non può impedirsi di chiedersi se un giorno il suo egoismo verrà sconfitto da questa strana sensazione e lui potrà finalmente rimanerle accanto.


*

Il suo principe non è azzurro, ma nero come le tenebre.
Non sussurra parole d’amore, ma porta riflessi nello sguardo le mille violenze a cui ha assistito, le azioni criminose di cui si è macchiato.
I suoi rari sorrisi erano sempre velati di minaccia, i lineamenti contratti perfino nella quiete.

Eppure lei non può impedirsi d’amarlo.

Aveva imparato ad interpretare le sue risposte enigmatiche, ad accettare le sue sparizioni; ad esplorare il suo animo un passo alla volta, senza fretta.

Ed aveva capito che le parole di cui tanto sentiva il bisogno non le avrebbe mai sentite, ma che le avrebbe sempre trovate occultate nei suoi occhi.


*

L’aveva inseguito a lungo nei lineamenti di Kira e di Near, prima di trovarlo in Lei, travestito da bellissimo angelo terrestre, pronto a sfidarlo senza tregua né quartiere.

I suoi sorrisi erano pugni crudeli, che non aveva mai imparato a schivare.
Il suo profumo una lama arroventata, che impietosa scavava nella sua pelle.
I suoi occhi un colpo sordo al volto, dopo il quale non sempre riusciva a rialzarsi.
Stava uccidendo il duro ch’era sempre stato, giorno dopo giorno.

Eppure c'erano momenti in cui questo pensiero perdeva d’importanza.
Momenti in cui un altro Mello emergeva per confonderlo.


E che con voce insinuante gli ricordava che quella sconfitta aveva il dolce sapore delle sue labbra.




***

Come ogni mercoledì, Caroline si trovava nello studio del dottor Kishimoto; seduta sul lettino del medico, scrutava il volto dell’uomo che nel contempo era concentrato sull’incavo del suo braccio destro.

KI= Signorina Hale,da quanto tempo ha questi “sfoghi”?

CA= Dalle ultime tre sedute del Trial se non mi ricordo male..

KI= Perché non me l’ha detto?

CA= Pensavo fosse un effetto collaterale del farmaco, comune a tutti i pazienti…

KI= Davvero? E lei la laurea in medicina l’ha presa stanotte?

CA= (SBUFFANDO) Mi dispiace… avrei dovuto dirglielo.

KI= Si, avrebbe dovuto! Questa reazione non è mai capitata a nessuno! (SCHIACCIANDOLE L’INCAVO DEL GOMITO) Le fa male qui?

Caroline non riuscì a trattenere un piccolo grido di dolore.

KI= Bene, lo prendo come un si…

Dopo aver detto questo, il medico si diresse verso un piccolo armadio dove armeggiò per circa cinque minuti, non osservato da Caroline; poi, veloce come un fulmine, afferrò l’arto destro della ragazza per piantarvi, nel centro dell’incavo una siringa da un ago decisamente più grosso del dovuto, con cui poi le iniettò un liquido ambrato.

CA= AAAAAARRRGGGHHHH!!!

KI= Si stenda sul lettino.

CA= (STENDENDOSI) MA E’ IMPAZZITO?!?! LEI E’ UN MACELLAIO!!!

KI= Che le serva da memento quando le verrà in mente di auto eleggersi a medico diagnosta.

Seppur distesa sul lettino, tenendosi il braccio destro con l’altra mano, Caroline non sembrava propriamente disposta a seppellire l’ascia di guerra.

CA= ARGH! MA CHE INTRUGLIO MI HA DATO?! BRUCIA COME L’INFERNO!!!!

KI= Le ho dato un mix di antibiotico e antisettico, servirà a calmarle il dolore ed a eliminare i possibili microbatteri che potrebbero essersi formati.

CA= E C’ERA BISOGNO DI INFILZARMI COME UNA BAMBOLINA VODOO?!?!?!

KI= Quando ha finito di agonizzare, può andarsene.

Dicendo questo il dottor Kishimoto uscì dalla stanza, mentre la ragazza ancora si contorceva dal dolore sul piccolo giaciglio delle visite. Dopo circa un quarto d’ora, il dolore si attenuò, tanto da poterle permettere di cercare il cellulare nella borsa, che aveva cominciato a squillare insistentemente.

Era Near.

CA= Si, pronto?

NE= Dove sei?

CA= In ospedale, sto per uscire.

NE= Appena esci vieni immediatamente qua, devo dirti una cosa.

CA= Dieci minuti e arrivo.

Il tempo di riavvolgersi le bende attorno al gomito, ed uscì dall’ufficio medico a razzo.

***


Fedele al suo pronostico, Caroline arrivò all’SPK; mentre Near era impegnato a costruire un altissimo grattacielo composto da dadi da gioco, Halle era davanti al tavolo dove Caroline aveva lasciato l’epigrafe e tutto il necessario per provare a tradurla… Gevanni e Rester erano come al solito impegnati tra computer e scartoffie varie.

CA= Eccomi Near… di cosa dovevi parlarmi?

NE= Caroline, i tuoi risultati nel tradurre l’epigrafe si sono rivelati un fallimento, dico bene?

CA= Si, è così… ho studiato latino solo al liceo e lo ricordo molto male… mi dispiace tanto…

NE= Non è grave, nessuno è capace di fare tutto… ma sono riuscito a trovare qualcuno che potrà aiutarvi a tradurla…

HA= Davvero? E  chi è??

NE= Si chiama Ezra Levi… è un rabbino ebreo, grande latinista.

CA= Dove possiamo trovarlo?

NE= Risiede a Venezia…

CA+HA= VENEZIA?!?!?!?

NE= …e dovrete andare là per avere il suo aiuto… è molto anziano.

CA= Tu vorresti dire che io e Halle dovremmo imbarcarci su un aereo diretto in Italia, per andare a Venezia da qualcuno che non sappiamo nemmeno che faccia abbia?!

NE= Anche tu inizialmente non sapevi che faccia io avessi, ma hai accettato lo stesso di lavorare per me..

CA= Con te Near… “CON” non “PER”!

HA= (A CAROLINE) Linne, pensaci bene, cosa ci costa? Cinque giorni in Italia, tutto spesato, in una delle città più belle al mondo…

CA= E va bene… quando partiamo?

NE= Stasera alle 20:00… vi consiglio di andare a casa a preparare le valige… e di farvi trovare puntuali al Terminal 8.

Le ragazze uscirono dal grattacielo, per ritrovarsi nel brulichio della città; cominciarono a scendere le scale.

HA= Andremo a Venezia, ancora non ci posso credere!! Le gondole, i canali, i palazzi maestosi… ehi, mi stai ascoltando?!?!


Ciò che aveva catturato l’attenzione di Caroline, fu una moto nera di grossa cilindrata, parcheggiata dall’altro lato della strada… lui era lì?
Una morsa la prese allo stomaco, quando si trovò a cercarlo con lo sguardo tra la folla; per un momento, un solo,flebile momento, sperò di vederlo, di incontrare quei magnifici zaffiri ancora una volta, per provare quel brivido in fondo allo stomaco che solo lui sapeva suscitarle.

Ma non lo vide.

CA= Uh? Eh, si… giusto…

HA= Di la verità, non hai sentito nemmeno una parola di quello che ho detto.

CA= E’ così evidente?

HA= Ultimamente capita spesso… coraggio, ora va a casa e prepara armi e bagagli… ci vediamo stasera all’aeroporto.

CA=  Ok… e scusa per prima.

HA= Non preoccuparti, stavo dicendo solo sciocchezze; a dopo!

Mentre si dirigeva verso la Gran Torino, ricominciò a rimuginare… forse aveva solo preso un abbaglio,chiunque in una città grande come Tokyo poteva possedere una moto nera… ma quella… quella risvegliava nella sua mente ricordi recenti, ma che le sembravano appartenenti ad un tempo lontano: una corsa folle per le vie della città per cercare Rachel, il loro incontro alla processione, un secondo viaggio verso casa sua dopo il funerale, dove lei estranea al mondo circostante, si era lasciata trasportare, aggrappata alla sua vita esile come un naufrago si aggrappa ad una tavola di legno.
Nel mettere in moto l’auto, avvertì dentro di se una strana sensazione; perché aveva sperato di vederlo? perché quel sentimento di delusione una volta scoperto essere la propria speranza fallace? Non lo vedeva da giorni, settimane, forse mesi… probabilmente doveva considerarlo definitivamente fuori dalla propria vita. Allora perché? Perché quel senso di vuoto dentro il cuore, quella delusione nel non vederlo apparire tra la gente?

Che ne fosse veramente innamorata?

Scacciando quel pensiero come se si fosse trattato di una mosca, fece manovra e si immise nella carreggiata.

***


“Guarda guarda chi arriva… chi non muore si rivede eh?

“Avrei preferito farmi ammazzare piuttosto che venire qui…”


“Un giorno o l’altro succederà,se ti ostini ad agire così…”

“L’ultima cosa che voglio è una ramanzina sulle buone maniere.”

“E l’ultima cosa che voglio io è aiutarti…”

“Non voglio aiuto…voglio solo una conferma.”

“Sentiamo…”

“E’ per quel motivo vero?”


“Si.”

“Stai rischiando; stai diventando troppo vulnerabile.”

“Non avevo scelta… sarebbe dovuto arrivare questo momento, prima o poi.”

“Ci saranno delle conseguenze, lo sai questo vero?”

“Ad ogni azione corrisponde una reazione.. è la legge sociale.”

“La legge sociale non è mai stato un tuo problema…”

“Ha cominciato ad esserlo.”
 
“Dirai tutta la verità se dovrai farlo?”

“Ovvio. Ormai non possiamo fare più niente…sta iniziando.”

“Iniziando? Ma di che cosa parli?!”

“La Terra ribolle… capirai presto. Abbiamo altro da dirci?”

“Quello che mi serviva l’ho già ottenuto…”

“Arrivederci allora…”

“Addio, piuttosto.”



***

Con una valigia di media grandezza color grigio antracite aperta sul letto, le ante dell’armadio spalancate, Caroline stava immobile davanti a quella, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso sul bagaglio.

RZ= Non credo che fissandola i vestiti comincino ad uscire dall’armadio stile “Topolino Apprendista Stregone” e vadano a mettersi lì dentro auto piegandosi.

La ragazza sollevò lentamente lo sguardo, voltando la testa verso destra e vedendo Ryuzaki, seduto sulla sua toilette a specchio.

CA= Stavo riflettendo…

RZ= Già…ultimamente accade spesso. Stai pensando a quello che potrebbe aspettarti la?

CA= Tu ne sai qualcosa?

RZ= Sinceramente non molto… ma ti consiglio di portare con te la scatola che Roger ti ha dato… forse ti sarà utile.

CA= Già…

RZ= Ma non è questo ciò che ti ombra…è qualcosa di più importante, almeno per te.

CA= Quando sono uscita dall’SPK… ho visto dall’altro lato della strada…

RZ=…una moto che sarebbe potuta essere quella di Mello.

CA= Esatto…

RZ= Ti manca molto, non è vero?

CA= Non so se possa definire “mancanza”… so solo che darei tutta me stessa per vederlo ancora una volta, anche per pochi istanti…

RZ= Ma tu ora hai Light…

CA= E’ per questo che mi sento così… non so cosa davvero voglio; con Light sento che potrei avere la relazione che tutte le ragazze sognano; lui mi affascina, è interessante, intelligente, attraente…

RZ=…ma Mello ha il mistero, il brivido dell’incognita, della sfuggevolezza… il gusto della sfida, il sapore della passione ed il richiamo della carne…

CA= Sono orribile…

Ryuzaki si avvicinò a lei, guardandola con occhi colmi di dolcezza fraterna.

RZ= Non è essere orribili… è essere confusi, sia nella mente che nel cuore.

CA= Ed è proprio questo che mi spaventa.

Senza rispondere Ryuzaki l’abbracciò; Caroline fu confortata da quel gesto, abbandonandosi sulla spalla del ragazzo, poggiandovi sopra la guancia. Dopo pochi minuti si sciolsero.

CA= (STUPITA) Tu… il tuo corpo… è perfettamente tangibile…

RZ= (SORRIDENDO) Te l’avevo già spiegato… io acquisto maggior corporeità man mano che la tua mente si convince sempre più che sono reale… che non sono un sogno.

CA= Hai un…profumo strano… buonissimo, ma anomalo.

RZ= Questo è il profumo della morte… l’aroma di un altro luogo, lontano da qui ed allo stesso tempo incredibilmente vicino.

CA= Che cosa si prova a morire?

RZ= E’ come addormentarsi… ti senti stanco,intorpidito… poi chiudi gli occhi e il buio ti avvolge, portando una meravigliosa sensazione di benessere.

CA= Mi dispiace…

RZ= A me no… ho finalmente trovato la pace.

CA= Allora perché sei tornato?

RZ= Dovevo aiutarti…

CA= Quindi nessuno ti ha mandato… sei venuto di tua spontanea volontà.

RZ= Si…

CA= Posso chiederti per quale motivo?

RZ= Un’altra volta te lo spiegherò… (SORRIDENDO) Ora vedi di preparare quella valigia…

***

Aereo TZ471, ore 22:41

Erano in volo da tre ore e 40 minuti, nella prima classe del grande aereo che Near aveva riservato loro. Halle, vicino a Caroline si era assopita, poggiando la testa sulla spalla dell’amica; era seduta nel sedile vicino al finestrino, lo sguardo immerso nei giochi candidi di nembi e cumulonembi, vedendo i profili di una terra che aveva appena imparato a conoscere allontanarsi, per portarla in un’altra a lei del tutto oscura.
Nelle sue orecchie, Mark Knopfler in “So far from the Clyde” cantava dolci sinfonie di una patria lasciata nella speranza di un futuro migliore, con la calda voce carica di struggimento e nostalgia; Caroline si ritrovò a pensare… aveva lasciato l’America, New York, la sua casa, il suo lavoro per ritrovarsi a Tokyo, rispondendo alla chiamata di uno sconosciuto ed accettando di lavorare ad un indagine che stava cominciando a rassomigliare ad un gioco al massacro, un giornaliero, logorante, terribile stillicidio di vite umane che nessuno sapeva come fermare.

Ma in quell’inferno, in quella libera caduta, aveva anche trovato e riscoperto l’amore… e poco male che fosse finito dopo solo un’unica notte, benché non l’avesse più rivisto (salvo poche, rare e pericolose occasioni) era convinta che tra lei e Mello scorresse un sottile filo d’unione, impercettibile agli altri e noto solo a loro, che prima o poi li avrebbe ricongiunti.

E poi Caroline era di natura fiduciosa, si ripeteva che se il filo non l’avesse riportata da Mello, pazienza, non è grave… ci si sarebbe sempre potuta impiccare con quel filo.


***


Un telefono squillava insistentemente da più di cinque minuti; consapevole del fatto che non avrebbe potuto sfuggirvi, il “ricercato” rispose:

“Chi parla?”

“Christabel. Sono io.”

A sentire il proprio nome, pronunciato con così tanta naturalezza, rimase impietrito per qualche secondo.

“ ******, sei tu?!”

“Si…”

“Che ti salta in mente a chiamarmi?! per di più qui!” Dopo quello che è successo non dovresti neanche ricordarti che esisto!”

“Mi serve il tuo aiuto… dobbiamo vederci e parlare.”

“Cosa?!”

“Ti prego, è urgente. Si tratta di ********”

“Temi sia in pericolo?”

“Lo sarà presto se non interveniamo.”

“ Da come me lo dici suppongo sia all’oscuro di tutto…”

“Ho giurato che non gliene avrei parlato…ma ora è inevitabile che sappia”

“Sei in città?”

“Arriverò tra *********. Dobbiamo vederci”

“Ci vedremo tre giorni dopo il tuo arrivo, al tempio scintoista del quartiere di Asakusa a mezzogiorno”

“Va bene. Ad allora.”

“Ci sarò.”



***

Aeroporto “Marco Polo” Venezia, Italia. Ore 08:27

CA= Halle… Halle,sveglia… HALLE!

Sotto i delicati, ma pur sempre scrolloni, di Caroline, la giovane donna si risvegliò.

HA= Mmmmh… che c’è?!

CA= C’è che sono le otto e mezza del mattino e che siamo arrivate. Su, è ora di scendere!

Scendendo dall’aereo e ritrovandosi nella smisurata pista d’atterraggio, vennero accolte da una ventata d’aria gelida, seppur fosse una giornata soleggiata.

HA= Brrr, cavolo che freddo!

CA= Beh, è dicembre anche per l’Italia…

HA= Sempre molto divertente.

Si diressero verso l’interno del terminal, dove attesero per dieci minuti l’arrivo dei loro bagagli; dopodiché uscirono dall’edificio, trovandosi in mezzo ad una masnada di persone, composta sia da manager al telefono che da turisti, italiani e non.

HA= Bene, e ora?

Prima di risponderle, Caroline cominciò a guardarsi intorno, allungando il collo per scorgere qualcuno che avesse l’aria di attenderle.

CA= Non ne ho idea… Near non ci ha detto nulla riguardo all’arrivo.

“Le signorine Hale e Lidner?”

Entrambe le ragazze trasalirono, spaventate da quella voce che arrivò alle loro spalle; in particolare Caroline era pronta a ricoprirne il proprietario di insulti mostruosi… ma quando mise a fuoco l’aspetto di chi aveva davanti, tutti i propositi bellici svanirono.
Accanto a loro, vi era un mastodontico nero sui 35-40 anni, sfiorante forse il metro e 90, dai profondi occhi d’ebano e dai corti capelli dello stesso colore; era vestito con pantaloni, camicia e scarpe nere ed era molto affascinante.

CA= Ehm… si, siamo noi. Io sono Caroline Hale e lei è Halle Lidner…

Nel voltarsi ad indicare l’amica, Caroline la scoprì imbambolata a fissare il moro come se si trovasse davanti ad un idolo di El Dorado.

HA= Oh… ah, ehm, si… molto piacere!

Istintivamente, Caroline alzò gli occhi al cielo, mentre l’uomo si aprì in un sorriso che si rivelò più bianco del marmo.

“Scusate per lo spavento… mi chiamo Eljiah. Non vi dispiaccia il colore della mia pelle, l’ho preso dal sole, mio buon vicino e parente prossimo…”

CA= In fatto di scelte, non sono guidata solamente dagli esigenti consigli dei miei occhi di donna… e voi, illustre principe, sareste non meno gradito ai miei occhi di tutti quelli che sono venuti per il mio affetto…. (SORRIDENDO) Shakespeare, “Il Mercante di Venezia”...ottima scelta, visto il luogo.

EL= (SORRIDENDO) Conoscete molto bene le opere del grande maestro…

CA= Mio padre ha fatto un egregio lavoro…
EL= Vi prego di seguirmi… il signore vi sta aspettando…

Detto ciò, il nero cominciò a scendere le scale; Caroline fece per seguirlo, quando voltandosi verso Halle, la scoprì ancora stralunata a guardare Eljiah. Sbuffando tra il divertito e l’incredulo, le andò davanti schioccandole le dita davanti al viso.

CA= Sveglia principessa, il tuo principe ti aspetta a Tokyo tra computer e quaderni assassini!

Halle parve rinsavire.

HA= Cosa? Ah, si si… Ehi, io amo Gevanni! Gli altri uomini non mi interessano!!

Ma si trovò a parlare al vento dal momento che l’amica stava scendendo le scale, allontanandosi da lei.

CA= (IRONICA) Si si certo… dicono tutti così! Muoviti lumachina!

Scendendo la scalinata a rotta di collo per non rimanere indietro, Halle ribatté:

HA= CAROLINE, PIANTALA IMMEDIATAMENTE O GIURO CHE PRIMA DI RIPRENDERE QUESTO AEREO TI BUTTO IN UN CANALE!!!

In tutta risposta, Caroline rise. Nel frattempo, Eljiah le aveva condotte su un molo, portandole davanti ad un piccolo battello su cui migliaia di turisti stavano già salendo.

EL= Signorine, vi presento il taxi veneziano per eccellenza… il vaporetto!

HA= E’ adorabile!

Caroline inclinò leggermente il busto verso destra,avvicinando il viso a quello dell’amica mantenendo lo sguardo sulla motonave.

CA= (PARLANDO PIANO) Halle è un vaporetto, non la carrozza-zucca di Cenerentola… e nella stiva c’è un motore, non i topini…

HA= Mamma mia come sei cinica… ma se non ti entusiasmi un po’ che gusto c’è a vivere?

EL= Ehm… signorine, dovremmo salire…. il vaporetto non aspetta più di tanto.

HA= Si, scusa… solo un piccolo battibecco tra due zitelle!

Seguirono così l’uomo, attraversando il piccolo pontile ed arrivando sulla prua del piroscafo; dopo due minuti di attesa il viaggio cominciò, itinerario dove sia Caroline che Halle stettero in piedi con il busto all’aria aperta,nonostante fosse  dicembre, per ammirare lo spettacolare paesaggio della laguna veneziana.

Dall’aeroporto, la linea di navigazione del vaporetto, andò a costeggiare l’isola di Murano con il campanile della chiesa che svettava fiero contro il cielo; Eljiah, da buon accompagnatore, si alzò in piedi per affiancarle; ponendosi tra le ragazze, indicò l’isola che stavano fiancheggiando anche se, a causa del rumore del vaporetto e del vento che portava via le parole, si ritrovò quasi costretto ad urlare per farsi capire, così come per le giovani donne.

EL= Quella è l’isola di Murano! Attorno a Venezia vi sono tantissime isole e isolotti, ma sono quasi  tutte disabitate… Burano, Torcello e Murano sono le tre più famose e completamente abitate!

CA= Murano non è l’isola dove viene lavorato il famoso vetro?!

EL= Esatto!! La sua notorietà risale al 1291, quando per paura degli incendi le fornaci furono trasferite da Venezia sull’isola!

HA= Sembra molto grossa per essere un semplice “satellite” di Venezia!!

EL= Murano è formata da cinque isolotti, e proprio come la città Madre è attraversata da un Canal Grande, le cui rive sono congiunte dal famoso ponte Vivarini!

Dopo essersi lasciate, a malincuore, Murano alle spalle, il vaporetto toccò le rive delle “Fondamenta Nuove” per poi raggiungere il Lido. Inutile specificare l’entusiasmo da turiste che stava prendendo sempre più Caroline e Halle.

EL= Questo è il Lido di Venezia! C’è ben poco da dire, tranne il fatto che ogni anno, tra agosto e settembre, la quiete di questo viene stravolta dall’ormai famosissimo Festival del Cinema!

HA= Mi piacerebbe assistervi almeno una volta nella vita!

Caroline, più che dal Lido che ora le stava salutando, sembrava affascinata da ciò che le si stava profilando davanti.

CA= Eljiah, dimmi che ci stiamo avvicinando ad una delle tante meraviglie di Venezia!

Il nero rise di cuore nel vedere l’entusiasmo di quello scricciolo diafano e dai capelli tagliati in modo così maschile.

EL= Esattamente signorina, questa è l’ultima tappa del vaporetto, San Zaccaria sulla Riva degli Schiavoni! Noi qui dobbiamo scendere!

Alla comunicazione di Eljiah, Halle e Caroline ritirarono il busto e tornarono sottocoperta per afferrare le borse, i bagagli e scendere dalla motonave.

HA= Mio dio, con tutta quell’aria mi sento la testa come un pallone!!!

CA= A chi lo dici!!

E risero. Una volta che il battello ebbe attraccato al pontile, le ragazze e l’uomo scesero, non prima di aver lasciato i bagagli ad uno zelante facchino che aveva il compito, su commissione di Eljiah, di portare le valige delle ragazze nella camera d’albergo a loro riservata; dopo solo pochi passi e una volta superato il Ponte della Paglia, attraverso una fiumana di altrettante persone con valige, zaini e quant’altro, arrivarono a…

CA= San Marco!

HA= Santo cielo, è semplicemente meravigliosa!

Si trovavano davanti alle due colonne della piazza, che costituivano l’accesso per chi proveniva dal mare; sulla destra, accanto a quello che Eljiah presentò come Palazzo Ducale, troneggiava in cima alla colonna il leone alato, simbolo di San Marco patrono e protettore della città. Sul lato sinistro invece, dalla Biblioteca Marciana si ritrovava la colonna con la statua di San Teodoro, il primo santo protettore cittadino.

EL= Venite… dobbiamo dirigerci al Ghetto, e la strada non è sicuramente breve!

Vedendo però che Caroline si stava dirigendo verso l’interno della piazza attraversando lo spiazzo tra le due colonne, la fermò.

EL= Ah-ah no, decisamente non è una buona idea passare lì in mezzo…

CA= Perché scusa?

EL= In passato lo spazio tra le colonne era riservato alle esecuzioni capitali, tanto che tuttora tra i veneziani persiste l’uso di non passare tra esse… si dice porti sfortuna!

CA= Paese che vai, usanze che trovi eh?

HA= Sei in Italia… fa come gli italiani no?

CA= Non si diceva “Vai a Roma e fa come i romani”?!

HA= Vabbè, come la fai lunga… il contesto è quello!

EL= (SORRIDENDO) Coraggio, andiamo…


Oltrepassando la splendida piazza San Marco, già affollata nonostante fossero appena le nove di mattina, il trio si incammino per una via denominata “Calle dell’orologio”.

CA= Eljiah, scusa ma mi spieghi perché le vie da voi si chiamano “calli”?

EL= Un tempo le vie di comunicazione a Venezia erano i canali, e per questo motivo le facciate nobili dei palazzi erano rivolte verso l’acqua; alla servitù era riservato un ingresso secondario, che si apriva nella zona interna, spesso ricavata dallo spazio tra una casa e l’altra, e per questo molto stretta e tortuosa… ma prego, ora dobbiamo svoltare a destra.

Seguendo l’indicazione di Eljiah, girarono nella direzione indicata per trovarsi in…

HA= Calle Merceria 2 Aprile?!

EL=In questa città i nomi delle calli e dei campi sono dati da delle caratteristiche che li contraddistinguono… negozi, minoranze etniche, modi di dire… i veneziani sono molto fantasiosi…

Chiacchierando con il moro e perdendosi ad osservare la sublime bellezza delle calli ed a sentire lo scorrere del tempo nelle pietre, non si accorsero del considerevole aumentare della folla, segnale d’allarme dell’arrivo di qualcosa di estremamente interessante, finché non si trovarono davanti ad una delle maggiori meraviglie del mondo…. il Ponte di Rialto. Eljiah prima di parlare, si divertì ad osservare per qualche secondo, le loro espressioni estasiate nell’osservare quel ponte in 12 arcate doppie e simmetriche, ospitanti negozi, gioiellerie e quant’altro.

EL= Signorine… Rialto.

CA= (SENZA STACCARE GLI OCCHI DAL PONTE) Si… l’avevo intuito…

HA= (COME CAROLINE) Sono senza parole…

EL= Per ora mi basta che lo attraversiate… :)

Obbedendo alle parole dell’uomo e rimanendo costantemente con il naso per aria allo scopo di ammirare lo splendore dell’architettura, ascoltarono le parole di Eljiah.

EL= Rialto, oltre ad attraversare il Canal Grande, è il primo ponte costruito in pietra ed è il maggiore; all’inizio si chiamava Ponte della Moneta, poiché costruito vicino all’antica Zecca cittadina e perché nei suoi locali erano concentrate le attività finanziarie dei banchieri…

Camminarono per un’altra buona mezz’ora, entrando nel sestiere di Santa Croce.

HA= Che cosa sarebbero i sestieri?

EL= Le città della terraferma sono divise in quartieri o rioni… Venezia è divisa in sei sestieri, che non sono altro che l’equivalente delle borgate.

Valicarono il sestiere di Santa Croce, passando per calli dai nomi come “Calle della Regina” o addirittura “Calle della Ruga Bella”; Attraversando poi l’altrettanto famoso Ponte degli Scalzi, giunsero ad un altro sestiere, denominato Cannaregio.

EL= Signorine, stiamo per entrare nel quartiere ebraico…

HA= Accidenti, certo che farsela a piedi è veramente dura, non mi sento più le gambe!

CA= Tokyo è tutta un’altra dimensione eh, pigrona?

HA= Perché, tu a New York ti davi al free-climbing e alle rapide? -_-“

Dopo Rio Terra di Spagna, il Ponte delle Guglie e Rio Terra San Leonardo, arrivarono finalmente al Campo del Ghetto Nuovo, fulcro ed enclave della cultura giudaica. Al centro della piazza, formata da un girotondo di case, un piccolo pozzo chiuso e poco lontano un casotto con dentro tre esponenti della forza militare italiana.

EL= Ed eccoci nel Ghetto…

CA= Posso chiederti perché ha questo nome?

EL= Il primo ghetto d’Europa, nacque nel 1516 proprio qui a Venezia, in seguito alle disposizioni del Governo della città, che voleva tutti gli ebrei confinati in un’unica zona. Il Senato scelse questo piccolo appezzamento nel sestiere di Cannaregio, dove sorgeva una vecchia fonderia… un “getto”; e da qui è poi nata la terminologia odierna per identificare gli insediamenti di ebrei.

HA= Questo posto ha qualcosa di magico… oltre lo spazio e il tempo…

EL= Oggi il ghetto ha perso molta della sua vitalità, la nostra comunità si riduce a circa 500 membri….nel 1938 erano circa 1500, ma la Seconda Guerra Mondiale ci ha privato di molti nostri fratelli…

CA= Deve essere stato orribile…

EL= Io sono stato fortunato… naturalmente non ho vissuto l’incubo della deportazione, ma ancora negli anni ’70 gli ebrei non erano granché ben visti…ma ecco, siamo arrivati.

Eljiah indicò una casa color terracotta davanti a loro, sviluppata su due piani e incastrata tra altre due dello stesso stampo. L’ingresso,costituito da un portone in legno scuro, era seminascosto da un piccolo portico; dopo aver suonato al campanello, si fece da parte ed aprì loro la porta.

EL= Prego, accomodatevi…

Dopo aver salito una scala lunga e stretta, si trovarono davanti ad un’altra porta lignea, dal tondo pomello in ottone. Caroline, la prima della fila, si ritrovò a cercare soccorso in Eljiah, titubante sul da farsi.

EL= Apra signorina, apra… il maestro la sta aspettando.

Caroline fece come il moro le aveva consigliato, ed aprì la porta: subito, un avvolgente ed intenso profumo d’incenso l’avvolse con il caldo colore delle luci; una volta entrata anche Halle, Eljiah richiuse la porta dietro di se.

EL= Vi prego di aspettare un secondo qua, vado ad annunciare al signore il vostro arrivo.

E sparì dopo aver finito di percorrere il corridoio ed aver svoltato a destra. Halle e Caroline incrociarono gli sguardi un poco esitanti, finché Eljiah non tornò da loro.

EL= Il signore è pronto a ricevervi… prego, seguitemi.

Ripeté il percorso fatto in precedenza e dopo aver attraversato un arco ricavato dalla pietra del muro, si affacciarono su uno studio. A Caroline, superando la prima impressione, quello studio parve estremamente familiare, come se in un’altra età ed in un altro momento vi fosse già stata: era piuttosto grande, dalle pareti dipinte color giallo ocra che conferivano ancor più calore di quanto già non rendesse il grande camino in pietra sul lato sinistro della stanza. Al centro della stanza, sopra due squisiti tappeti persiani, vi erano una scrivania colma di libri e due poltrone di cuoio rivolte verso il focolare; sul muro in fondo, vi erano due finestre a trifora mentre le restanti pareti erano coperte da due enormi librerie di legno scuro chiaramente d’antiquariato. Vi erano un sacco di ninnoli, candelabri ebraici a sette braccia in ottone, yad (ossia le classiche “mani” semitiche usate per la lettura della Torah, che non si può toccare) e centinaia, forse migliaia di libri, disseminati ovunque, dalle librerie al pavimento.

EL= Signor Levi… le ragazze sono qua.

Da una delle due poltrone, si alzò lentamente un uomo. Era estremamente anziano, seppur Caroline non avrebbe saputo stimare un’età precisa. Magro, alto sebbene un poco curvo, dai capelli canuti come la lunga barba, aveva grandi occhi castani dallo sguardo paterno, seminascosti da un paio di occhiali; era vestito con pantaloni e maglione nero ma indossava i classici paramenti giudei, la stola bianca di stoffa grezza poggiata sulle spalle, ricadente sul petto e la kepah sul capo, il piccolo cappello che caratterizzava gli ebrei. Si rivolse a loro con un sorriso gentile, porgendo una mano magra e nodosa che a Caroline parve appartenente ad un’altra epoca.

“Signorine, benvenute nella mia casa… il mio nome è Ezra Levi, rabbino della comunità ebraica di Venezia”

Subito, Halle afferrò la mano del vecchio allo scopo di presentarsi.

HA= (SORRIDENDO) Io sono Halle Lidner…molto piacere.

Se per lei tutto questo non aveva costituito nulla di più di una piacevole conoscenza, per Caroline fu come se un tornado di emozioni, sensazioni e frammenti di memoria l’avessero travolta… come era stato al suo ingresso nello studio, vedere davanti a se Ezra Levi suscitò in lei una strana inquietudine, non data dal sospetto e dalla diffidenza dei due individui che aveva conosciuto, ma provocata dalla sua mente e dal suo cuore, dalla sensazione di essere già appartenuta, in qualche modo, a quei luoghi. Quando il rabbino posò il morbido sguardo su di lei, si sentì come messa a nudo, come se quell’uomo anziano avesse percepito tutti i suoi pensieri.

Timidamente afferrò la mano che lui le stava porgendo, timorosa del fatto che se l’avesse stretta troppo, quella sarebbe andata in mille briciole; durante quel contatto, Ezra Levi non distolse un solo momento il suo sguardo dal viso di lei.

EZ= Sei cresciuta… e sei diventata bellissima, Nimue.

Caroline, come anche Halle, rimase attonita… perché l’aveva chiamata con quel nome?! La ragazza gli rispose con il tono più garbato di cui era capace.

CA= Mi dispiace, ci deve essere un errore… io mi chiamo Caroline…

A quelle parole, Eljiah rimasto dietro di loro, prese la parola; Caroline, istintivamente si voltò verso di lui.

EL= Ma, maestro… non sa nulla?!

A quelle parole così sibilline, Caroline guardò nuovamente il rabbino.

CA= Sapere? Cosa dovrei sapere di così importante?!

EZ= (AD ELJIAH) Dai tempo al tempo mio fedele amico, presto la nostra Nimue verrà a conoscenza di tutto quello che deve sapere… io stesso sapevo bene del proposito di tenerla all’oscuro di tutto, anche se onestamente non lo condividevo… (A CAROLINE) E tu, mia cara figliola, non spaventarti… ma in questi giorni, scoprirai chi veramente sei…
Caroline, agitata e impaurita, cercò lo sguardo di Halle che cercò, per quanto le fosse possibile, di portarle conforto.

HA= Linne non avere paura, andrà tutto bene… anche se io stessa sono confusa, sento che possiamo fidarci.

A quel discorso, Caroline, cercando di riacquistare un po’ di sicurezza, si rivolse al rabbino.

CA= Perché… mi ha chiamato… Nimue?

EZ= Prima che ti risponda, vieni e siedi con me davanti al fuoco…

Si accomodarono e mentre Halle si sedette sulla sedia della scrivania, Eljiah si pose in piedi dietro lo schienale della poltrona coramica su cui stava Ezra; prima di riparlare il rabbino incatenò nuovamente i suoi occhi a quelli di Caroline collocata esattamente davanti a lei.

EZ= Ti ho chiamato così… perché è questo il tuo vero nome. Il nome che la tua bisnonna, Rowena Maria Seyrig, aveva predetto per te al momento della tua nascita.

Caroline sentì il suo cuore perdere un battito.

***


Giappone, Tokyo. Ore 19.40


Gemiti, urla sconnesse, mugolii di piacere, respiri affannosi. La voce increspata di una donna che ha svincolato il proprio essere da ogni limite.

Lui che affonda, spinge, urta contro il corpo di lei. La guarda da quella posizione che non gli appartiene, mentre si concede senza ritegno. Ascolta la sua voce che lo chiama, lo invoca, lo incita a fare di più.

Lei gli permette quello che non ha mai consentito a nessuno. Lo autorizza a scegliere, gli da la possibilità di dirigere, di essere completamente libero di agire.

“La stai solo usando, illudendo…”

Lo so.

“Non ti importa?”

Non mi importa.



Lei è una donna. Soprattutto una donna. Solo una donna. Solo lei.

È una donna autoritaria e indipendente,che non avrebbe esitato a farla pagare ad un uomo qualunque. Una ragazza che aveva la stessa concezione degli uomini che per degli abiti comprati, usati e poi smessi.

Ma lui…

Lui aveva saputo colpirla, affascinarla nel suo mistero, conturbarla nella sua inquieta bellezza da poeta maledetto, da irrequieto bohemien.  

Proprio lui, che in quel preciso istante era a pochi centimetri dalla sua pelle, eppure sembrava lontano anni luce.

Lo stesso giovane uomo che era assente, con la mente intorpidita che non lasciava concentrarlo sulla persona nuda sotto il proprio corpo. Lei geme, ansima, tocca il Paradiso e non le importa nulla più, mentre il suo corpo ancora si contrae sotto gli effetti dell’acme del piacere. È finito tutto troppo in fretta. Adesso può solo chiudere gli occhi e aspettare che lui la raggiunga.

E quel momento arriva, sovrapponendo al volto della donna, un altro viso.

Alla donna non viene concesso neanche il tempo di rendersene conto, che si ritrova nuda, da sola, su un letto disfatto. Lui, che si era alzato fulmineo divincolandosi dalla stretta  di lei, adesso la osservava dal fondo del letto a due piazze, sudato, spossato, irriconoscibile...gli occhi persi nel vuoto.

Sembrava così diverso da quando l’aveva avvicinata, così sfrontato, impudente, sicuro di se e del magnetico fascino che suscitava.

Ultimamente c’era spazio solo per un nome nella testa di lui. Senza un motivo plausibile, senza una scusa credibile.

L’immagine della loro prima volta si era presentata ai suoi occhi prepotente, e non aveva potuto fare altro che abbandonarsi, lasciando che le proprie labbra pronunciassero il suo nome.

Caroline… Caroline Caroline Caroline…

Un nome ripetuto come una preghiera, un invocazione perpetrata come un mantra, una parola che sa di mancanza, un gemito che ha il velato messaggio del bisogno…
…un ricordo che ha la sfumatura della maledizione.

E l’evanescente sembianza di una dea cui Mello ha consacrato tutto se stesso.

Si alza, si riveste in fretta e senza neanche conoscere il nome della donna che è stata sua amante, se ne va sentendosi sporco, macchiato sia nel corpo che nell’animo, marchiato a fuoco sul petto con l’infamia delle sue azioni.


"Per  te, Caroline è tutto questo?”


Non lo so.


***


Italia, Venezia. Ore 11:00

CA= Il mio vero… nome?

EZ= La tua bisavola Rowena, la notte prima della tua nascita ebbe un sogno, in cui il nome “Nimue” risuonava completamente…e lo stesso accadde tre anni prima, alla nascita di Rachel.

CA= Rachel? Mia nonna aveva presagito un nome anche per lei!?

EZ= Aveva predetto un nome per entrambe voi…

CA= Qual’era il nome?

EZ= Morgana.

HA= Morgana e Nimue, secondo le leggende Arturiane, erano sorelle… in ordine, la maggiore e la minore… proprio come Rachel e Caroline.

EZ= I nomi predetti da Rowena, non furono casuali… per Rachel fu scelto il nome della grande veggente. Ed a te, prima che tu me lo chieda, fu destinato il nome di Nimue nel ricordo passato e nella certezza odierna che tu, grazie alla tua intelligenza ed al tuo animo forte, saresti stata destinata a compiere grandi cose.

CA= Nimue era una maga…io non ho nessuna magia dentro di me, ma la prego…non mi chiami più con quel nome, mi fa venire i brividi…

EZ= Nimue divenne una maga solo grazie alla sua fortezza d’animo ed alla sua tenacità… non occorre essere maghe per compiere memorabili imprese.

CA= Mia madre sapeva tutto questo?

EZ= Si…

CA= (IN TONO AFFLITTO) E non me ne ha mai parlato…

EZ= Non biasimare tua madre, l’ha fatto solo per proteggervi… per tenervi al sicuro da tutto questo e dalle vostre origini…

CA= Le nostre… origini?!

EZ= Tu sei ebrea Caroline… i Seyrig sono una delle maggiori famiglie ebree americane; ma anche tu come me, hai le radici qui, a Venezia… in questo ghetto.

Il cuore di Caroline si fermò nuovamente. Gli occhi di Halle sgranati per lo stupore.

CA= Io… ebrea?!

EZ= Pronuncia il tuo nome per esteso… con il tuo vero cognome…

CA= (CON VOCE INCERTA) Caroline Esther Magdalene Seyrig…

EZ= Pronuncia ora quello di tua sorella…

CA= (COME SOPRA) Rachel Sarah Maria Seyrig…

EZ= E per ultimo, il nome della figlia della sorella di tua madre…

CA= Audrey Rebecca Dunham…

EZ= Alla luce di questo?

Caroline sorrise sconsolata, mentre nella voce il tremolio dell’emozione andava crescendo.

CA= Tsk… i secondi ed i terzi nomi, sono tutti di origine ebrea… incredibile.

EZ= Questa è la prova che non ti sto mentendo… voglio farti vedere una cosa, a conferma della mia sincerità…

Si rivolse verso Eljiah, mormorandogli alcune parole in Yiddish incomprensibili alla ragazza; il nero scomparve, per poi tornare pochi secondi dopo, recante in mano un rettangolo abbastanza grosso.

EZ= (PRENDENDO IL RETTANGOLO DA ELJIAH E PORGENDOLO A LEI) Guarda questa foto…e dimmi quello che vedi.

Caroline afferrò l’oggetto con mani tremanti e l’osservò; dentro ad una cornice di legno scuro con piccoli profili d’oro, vi era una fotografia color seppia datata 1990. L’immagine riportava una foto di gruppo di circa venti individui tra uomini e donne, disposti su tre file ordinate… su suggerimento di Ezra, Caroline cominciò a scorrerne i volti.

Vide sua madre, fresca nella giovinezza dei 28 anni, sua nonna Christine, ancora attraente nonostante la cinquantina e la sua bisnonna Rowena, già molto anziana ed esattamente come Caroline la ricordava…riconobbe sia Ezra, allora settantaquattrenne ed Eljiah nella spensieratezza dei diciotto anni; ma vide anche volti mai conosciuti, sembianze mai ricordate: come ad esempio un alto individuo maschile che Caroline trovò vagamente familiare, ed una giovane e bella donna dai capelli castani, radiosa nel suo essere incinta, affiancata da un attraente giovane uomo dai folti capelli mori morbidamente arruffati che teneva il proprio braccio attorno alle spalle di lei.

Una foto di poche decine d’anni fa, ma che a Caroline sembrava raccontare avvenimenti lontani anni luce… volti conosciuti, volti della sua famiglia che le sembravano solo maschere ben assestate che non riusciva più a riconoscere. Sentì le lacrime cominciare a salirle agli occhi.

Senza alzare lo sguardo dalla foto incorniciata, si rivolse ad Ezra.

CA= La mia bisnonna…mia nonna… mia madre…  erano tutte qui, assieme a lei… perché nessuno mi ha mai detto niente?

EZ= Per proteggerti Caroline… solo per quello.

CA= (INDICANDO LA COPPIA CON LA DONNA INCINTA) Chi sono queste due persone?

EZ= Oh, sono morti circa un anno dopo che è stata scattata la fotografia… ma più di loro, dovresti ben conoscere la creatura che lei portava in grembo.

In maniera quasi involontaria, i pensieri di Caroline si indirizzarono a Mello… e dopo qualche secondo anche a Matt. Tuttavia, Ezra le diede subito la risposta.

EZ= Loro sono Julian e Selene River… i genitori di Near.

Fu come se il tempo si fosse fermato, in un cristallizzarsi di attimi e palpiti. Halle sbarrò gli occhi, portandosi una mano alla bocca spalancata; Caroline rimase semplicemente immobile come una statua di ghiaccio.

***


Verso cosa stava andando? Verso quale chimera stava correndo? Quale traballante illusione stava albergando nel suo cuore?

L’irrequietezza dominava la mente, l’ansia il suo cuore… la paura di fallire un’altra volta divorava le sue viscere. Ma doveva farlo, con lo stesso trasporto con cui un condannato esprime il suo ultimo desiderio… e forse la sua situazione era proprio quella.

Perché in una semplice parola, qualsiasi sarebbe stata, aveva rimesso le sorti della sua esistenza.

La maschera che indossava, cominciava ad incrinarsi.


***

Passò del tempo prima che una delle due ebbe il coraggio di parlare.

HA= I genitori… di Near?

EZ= Proprio così…

Quando Caroline provò a parlare, la sua voce suonò affaticata e tormentata.

CA= Come…sono morti?

EZ= Circa un anno dopo questa fotografia… ebbero appena il tempo di veder nascere il proprio bambino, quando un grande pericolo si abbatté sulla Terra; decisero così di lasciare il piccolo alla Wammy’s House, consegnandolo a Watari per poi partire… morirono tre giorni più tardi, uccisi da un Dio della Morte.

CA= Quindi il defunto Watari era a conoscenza di tutto…

EZ= Si…

CA= E deduco che anche l’odierno direttore dell’orfanotrofio, Roger Ruvie, sia ben informato…

EZ= Deduzione esatta signorina…

Caroline non riuscì a reprimere uno sbuffo ironico.

CA= La mia famiglia, o almeno la sua parte femminile, che ruolo aveva in questo gruppo di persone?

EZ= Prima di questo, è opportuno che io ti spieghi cos’è  questa compagine di uomini e donne…

CA= Ebbene?

EZ= Ebbene tu hai tra le mani l’unica foto che ritragga per intero la Confraternita della Croce Nera.

HA= Una Confraternita?!

EZ= Proprio così…  la Confraternita esiste dal 1219, fondata nella lontana Scozia da un monaco benedettino di nome Adelmo da Edimburgo; per secoli e secoli i suoi adepti hanno agito nell’ombra in nome della salvezza, tramandando testi e conoscenze che sono giunte fino a noi, che ora continuiamo l’opera.

CA= Di cosa vi… “occupate”?

EZ= Dal XIII secolo, con le nostre conoscenze, noi costituiamo l’ultimo baluardo nella difesa del bene… manteniamo l’equilibrio tra il mondo umano e quello ultraterreno; le nostre fila annoverano scienziati, storici, filosofi, matematici, fisici e chimici di grande intelletto e competenza… tutto ciò che riguarda la totalità del sapere, qui è raccolta in singoli uomini e singole donne…

CA= Quindi voi siete a conoscenza dell’esistenza degli Shinigami e del Death Note?

EZ= Gli Dei della Morte sono una nostra vecchia conoscenza… del Death Note siamo all’oscuro, ma ci sarà occasione di parlarmene…

CA= Non ha risposto alla mia domanda però…

EZ= Tua nonna Christine era una valente occultista… tua madre lavorò con noi come dottore in Letteratura e la tua bisnonna… beh, Rowena era una moderna Cassandra…

CA= Vuol dire una sensitiva?

EZ= Faceva sogni in cui riusciva a scorgere ciò che sarebbe accaduto in un prossimo futuro…

A quelle parole, Caroline cominciò a rimuginare tra se e se, abbassando la testa e posando i gomiti sulle ginocchia.

CA=(AD EZRA) Lei ha detto che per me, Rowena aveva predetto il nome di Nimue, in quanto sorella minore… ma per Rachel, che invece era la primogenita, era stato presagito il nome di Morgana, la leggendaria profetessa…

Le parole che seguirono, fu quasi impossibile capire se Caroline le pronunciò per se o per i presenti, tenendo sempre la testa semi china.

CA= Rachel aveva ereditato i doni di Rowena… i sogni che faceva erano profezie, anche se lei stessa non lo sapeva e se ne spaventava… probabilmente aveva delle visioni anche durante il giorno, che la terrorizzavano e che scatenavano quelle reazioni per cui fu creduta…

HA=…schizofrenica… e pazza.

Caroline alzò lentamente la testa, tornando eretta con il busto e fissando lo sguardo oltre i presenti… era quasi inquietante.

CA= Ora si spiega tutto, compresa l’aggressione a quel ragazzo… probabilmente lo aveva sognato e ne aveva avuto paura! Si spiega tutto…tutto… io lo sapevo che non era pazza, lo sapevo ma nessuno mi ha mai creduto… non era pazza, io lo sapevo…

HA= Caroline, ti prego non fare così, mi fai paura!

L’emozione sopraffece Caroline, che cominciò un silenzioso pianto, controllato, razionale nella sua sensibilità.

CA= (CON VOCE FLEBILE) Io lo sapevo… ero l’unica convinta che non fosse pazza, l’unica che credeva in lei… potevo portarla fuori da quel posto, potevo liberarla… ed ora è morta…

Halle, partecipe al dolore della sua più cara amica, si rese conto che Caroline non aveva ancora superato la dipartita della sorella; il rimorso per non aver potuto far niente per evitare la morte di Rachel, ancora la divorava. Quelle erano lacrime di imperizia, di frustrazione, lacrime di qualcuno che è stato cieco per troppo tempo. Halle sapeva che Caroline considerava propria la colpa della morte dell’amata sorella a causa del sonno che l’aveva colta, del risveglio troppo tardivo, di quella ricerca attraverso l’ospedale troppo prolungata… ed a causa di quelle mani che non avevano saputo afferrarla mentre si lanciava nel vuoto.

EZ= Non biasimarti figliola, non incolparti di qualcosa che nessuno avrebbe potuto impedire…

Asciugandosi le lacrime, e cercando di avere un tono vocale meno tremante, Caroline rispose.

CA= Tutti  la credevano pazza… io no… ero l’unica.

EZ= No… non eri l’unica.

CA= C-cosa?

EZ= Tutti noi sapevamo che Rachel non era folle… compresa tua madre.

Quelle parole furono per lei come una pugnalata in pieno volto. Halle credette di aver sentito male.

CA= Mia…madre sapeva che Rachel non era schizofrenica?!

EZ= Si…lo sapeva.

Le mani della ragazza, poggiate sulle ginocchia,  si strinsero talmente forte che le nocche sbiancarono.

CA= E l’ha fatta rinchiudere ugualmente?

EZ= Dovette farlo… altrimenti Morgana prima o poi avrebbe rivelato la nostra esistenza, gettando caos e scompiglio nel mondo.

CA= NON LA CHIAMI CON QUEL NOME!

Dalla disperazione, l’animo di Caroline passò alla rabbia, un’impetuosa, violenta rabbia verso tutti quei segreti taciuti per troppo tempo, per quella vita vissuta che ora le sembrava solo una patetica messinscena, un canovaccio mal assestato che una volta squarciato aveva ributtato fuori orrende verità, una rosa a coprire un abisso.

La ragazza si alzò in piedi di scatto, mentre Ezra rimase seduto ad osservarla imperturbabile.

CA= CHI DIAVOLO SIETE VOI?! CON CHE DIRITTO IRROMPETE NELLA MIA VITA DOPO VENTIDUE ANNI, STRAVOLGENDOMI L’ESISTENZA CON TREMENDE RIVELAZIONI SU DI ME, SU RACHEL, SU MIA MADRE?!?! CHE COSA VOLETE?!!!!

HA= (CON VOCE DOLCE) Linne, ti prego calmati…

EZ= La tua rabbia è comprensibile, ti capisco…

CA= CHE COSA VOLETE DA ME?!?!?!!!!!

EZ= Tu sei nata per compiere grandi imprese, ma non sei sola… hai un’amica ad aiutarti, noi, Near, tua madre…

CA= IO AVEVO UNA SORELLA!!!! ED E’ MORTA PERCHE’ A VOI PREMEVA PIU’ TENERE AL SICURO I VOSTRI LOSCHI TRAFFICI CHE SALVARE UNA VITA!! VOI, NON IO, CON MIA MADRE SIETE I COLPEVOLI DELLA SUA MORTE! VOI E LEI SIETE SOLO DEGLI ASSASSINI, ED IO NON VOGLIO AVERE NIENTE A CHE FARE CON TUTTO QUESTO!!

A quelle parole, Ezra parve infiammarsi come era stato per Caroline. Malgrado l’età avanzata, si levò in piedi altrettanto velocemente, erompendo con voce tonante.

EZ= NIMUE!!

CA= NON MI CHIAMI NIMUE!! IO SONO CAROLINE, E CONTINUERO AD ESSERLO FINCHE LA MORTE NON PRENDERA’ IL MIO CORPO DECREPITO! IO NON SONO QUELLA CHE VOLETE CHE SIA, NON LO SONO E MAI VORRO’ ESSERLO!! CERCATE ALTROVE COLEI CHE E’ DESTINATA A “GLORIOSE AZIONI”!!!

EZ= SCIOCCA RAGAZZINA, TU PARLI BLASFEMA DI COSE CHE NEMMENO CONOSCI! TI ERGI A NOSTRO GIUDICE, DANDOCI DEGLI ASSASSINI, MA TU?! COSA NASCONDI NEL TUO ANIMO?! IL FANTASMA DEL RIMORSO PER NON AVER FATTO NULLA PER RACHEL TI PERSEGUITA, L’INCERTEZZA DELL’ESSERTI LEGATA A CHI POTREBBE NASCONDERE UN SEGRETO ANCORA PIU’ TERRIBILE DEL NOSTRO TI ASSILLA… LA MORTE DI TUO PADRE E’ UNA COSA CHE NON RIESCI A SPIEGARTI…

CA= Zitto… non dica una parola di più!

EZ=…E PER ULTIMA, L’UMILIAZIONE DELL’ABBANDONO DA PARTE DELL’UNICA PERSONA DI CUI TI SEI VERAMENTE INNAMORATA, CHE TI HA USATA COME UNA COMUNE PROSTITUTA, SOLO PER IL SOLLAZZO DI UNA NOTTE…

CA= Faccia silenzio!

Ma Ezra, continuò a parlare, abbassando i toni in un timbro tranquillo, duro e caustico ancora più offensivo e provocatorio delle grida. Occhi color nocciola erano fissi in quelli azzurro-verdi di Caroline, in una muta, secondaria lotta dove l’una cercava di sbranare l’altro.

Dal canto suo, pur assistendo impietrita a quello scontro, Halle sapeva che,nello stato emotivo in cui Caroline in quel momento si trovava, non era decisamente una buona idea lanciarle vaghi riferimenti al suo rapporto con Mello; in quel momento l’amica le sembrava una pericolosa,silenziosa bestia capace di attaccare in qualsiasi momento.

EZ= Di tutte le cose che hai passato, forse è questa, quella che più ti fa arrabbiare. Lui ti ricorda te stessa, forte, decisa, padrona di se, determinata, irremovibile… credevi di aver trovato in lui tutto quello che avevi sempre desiderato, un uomo che sarebbe stato in grado di proteggerti da qualsiasi cosa, capace di amarti quasi con la stessa intensità con cui tu tuttora lo ami… ma la realtà si è rivelata fallace e lui ti ha abbandonato, dimostrando per te lo stesso interesse che si riserva per un oggetto o un animale…

CA= Le consiglio di fermarsi immediatamente.

EZ=…ed è proprio la consapevolezza dell’essere stata usata che ti fa infuriare, il sapere che per lui sei stata solo un oggetto, una pedina del suo gioco strategico per arrivare a ciò cui mirava… ha giovato della tua posizione, beneficiato della tua intelligenza, giocato con il tuo essere donna… ha usato il tuo corpo per il proprio piacere…

Halle sapeva che quello che Ezra diceva non era del tutto corrispondente a realtà, e persino lui sembrava saperlo… certo, Mello l’aveva abbandonata ma non certo per le cause che lui elencava… ma allora perché calcare tanto la mano, squarciando ancora di più quella piaga non richiusa nel cuore di Caroline?

CA= Zitto…stia zitto!

EZ=… ti sei sentita ingannata Nimue… ingannata e tradita nella tua anima, nell’essere catapultata nella dimensione di etera di basso rango… sei colma di rabbia, astio e veleno… desideri vendetta, ma sai che mai la potrai ottenere in quanto ami ancora disperatamente quel ragazzo; allora preferisci sprofondare nelle spire del cinismo, del disinteresse, legandoti ad un secondo uomo di cui sai poco e niente, dalla mente complessa come un labirinto e dall’animo nero come l’erebo, a cui hai taciuto il tuo essere malata di tubercolosi, per paura di un nuovo abbandono dal quale forse potresti non riprenderti.

CA= Lei parla di cose che non conosce.

EZ= Ed ora riversi tutto il veleno che il tuo animo ha accumulato in questi mesi, su di noi, che abbiamo costituito una valida valvola di sfogo,consentendoti anche di liberarti le spalle dal peso per la morte di Rachel, addossandolo a noi.

CA= FACCIA SILENZIO!!!

Ezra tacque, fissando Caroline ansimante e tremante dalla rabbia; la ragazza a quel punto non resse più, sprofondando nella poltrona e scoppiando in un pianto disperato; Halle le fu subito accanto, inginocchiandosi davanti a lei ed abbracciandola, lasciando che l’amica nascondesse il volto nella sua spalla.

HA= Va tutto bene tesoro, va tutto bene… calmati, io sono qui… (AD EZRA) C’era bisogno di dirle tutte quelle orribili cose?! Lei è un mostro!

EL= Maestro, non crede di aver esagerato?

EZ= Eljiah, signorina Lidner, credetemi a pronunciare quelle parole il mio cuore è gonfio di dolore quanto il suo nel sentirle… ma ho dovuto farlo, per ricordarle chi veramente è, per quale fine più alto è nata e per riportarle alla memoria il suo passato, quando,poco più di una bambina, Rowena la portò qui…

CA= (SINGHIOZZANDO) Rowena…mi portò…qui?

EZ= Nell’estate del 1993, la tua bisavola ti portò a Venezia con Rachel, da me… avevi solo sei anni, è comprensibile che tu non te lo ricorda… ma per tre mesi hai vissuto qui, giocando per le strade del ghetto con tua sorella sotto lo sguardo attento mio e di tutti i membri della confraternita, compresa tua madre e tua nonna Christine…

CA= Lo scopo?

EZ= Solo quello di proteggerti…(RIDACCHIANDO) anche se si rivelò estremamente difficile! Quanto Rachel era tranquilla, tu eri sempre in movimento, una vera e propria trottola… riuscivi a corrompere Eljiah per farti portare in giro per la città!

CA= (AD ELJIAH) Allora tu…quando mi hai visto all’aeroporto… mi hai riconosciuto subito…

EL= (SORRIDENDO) E’ difficile dimenticare il grillo che hai portato sulle spalle per un’estate intera…

HA= Non vorrei sembrarle inopportuna, ma Near ci ha mandato qui con un motivo preciso…

EZ= Tranquilla signorina, non l’ho dimenticato… (SORRIDENDO A CAROLINE) Coraggio figliola, asciuga quelle lacrime e mostrami ciò per cui siete venute…

Porse così la mano verso Caroline che, afferrandola, si alzò davanti a lui.

EZ= Perdonami se ti ho detto tutte quelle terribili cose… ma ho il dovere di ricordarti che non sei una ragazza come tutte le altre…

CA= Non importa… mi serviva da lezione, devo imparare che non sono invincibile.

Ezra l’abbracciò con fare paterno, accarezzandole la nuca… istintivamente, Caroline si strinse a lui.

EZ= Bentornata a casa bambina mia… prometto che non ti chiamerò più Nimue, se il nome ti disturba…

CA= Grazie…

Si sciolsero, e la ragazza andò a ripescare nella borsa una copia dell’epigrafe trovata nella catacomba; dopodiché la porse al rabbino.

EZ= Aaah…l’avete trovata alla fine…

HA= Sembra conoscerla bene…

EZ= Questa è la profezia dei Sette Tempi…

CA= Che cosa?

EZ= Quando l’avrò decifrata vi spiegherò tutto…ma mi ci vorranno tre giorni per tradurla.

CA= E noi nel contempo cosa faremo?

EZ= Potreste sempre fare un bel giro turistico di Venezia, visto che comunque dovrete restare qua… (GUARDANDO L’OROLOGIO SUL MURO) Anche se credo dovrete rimandarlo a domani, dato che sono già le sette di sera…

HA= Cosa?! Siamo state qui per otto ore?!

EZ= Andate pure ragazze… Eljiah vi porterà al vostro albergo.

Risparmiando alle stremate ragazze il viaggio di ritorno a piedi, il nero chiamò un “taxi” veneziano, che altro non era se non una popolare gondola; Caroline ed Halle si sedettero vicine, Eljiah davanti a loro.

UOMO= Dove posso portarvi signori?

Il moro si rivolse al tassista (gondoliere?capitano?) in perfetto italiano.

EL= Riva degli Schiavoni, Hotel Danieli…

UOMO= Subito signori!

La traversata si rivelò piacevole, nel tranquillo sciabordio dell’acqua e nel morbido ondeggiare dell’imbarcazione; le luci dell’imbrunire coloravano Venezia e il ghetto di delicate tonalità che andavano dall’arancio al rosa, conferendole una sfumatura più misterica e romantica, rispetto al brulichio continuo dei turisti diurni.

HA= Ehi… come stai?

CA= Sto bene… ancora un po’ scossa ma sto bene… tranquilla, ho solo bisogno di riposo.

HA= Sai che se hai bisogno di qualsiasi cosa, io ci sono…

CA= Lo so… e te ne ringrazio, sei l’unica persona che riesce a sopportarmi con tutte le mie stranezze…

HA= (AFFERRANDOLE LA MANO) Ehi… io già lo sapevo che eri una ragazza diversa dalle altre, non mi serviva tutto questo… J vieni qui… ti voglio bene.

Caroline rispondendo al sorriso dell’amica, si avvicinò con il busto a lei poggiando il capo sulla spalla della bionda, che dopo averle passato un braccio attorno agli omeri cominciò ad accarezzarle il capo.

CA= Anch’io ti voglio bene… grazie per tutto quello che fai per me.

Dopo altri venti minuti, raggiunsero la riva indicata da Eljiah e scesero dall’imbarcadero; uno splendido hotel in stile cinquecentesco si affacciava elegante sull’acqua, illuminato dalle piccole lampade esterne dell’entrata. Prima di entrare, mentre un elegante portiere teneva loro l’anta dell’ingresso aperta, si rivolsero al moro, rimasto sull’imbarcazione.

EL= Le vostre valige sono già nella camera assegnatavi, basterà dare alla reception i vostri nominativi.

CA= Grazie mille Eljiah…

EL= (SORRIDENDO) Di nulla… ma ora pensate a riposarvi, siete stremate! Soprattutto lei, signorina Seyrig…

CA= Ti prego Eljiah, dammi del tu! Mi hai portato a cavalluccio per un’estate intera quando avevo sei anni e sai, oltre al mio vero cognome, praticamente tutto di me!

EL= Va bene, signorin… ops, Caroline!

CA= (SORRIDENDO) Buonanotte Eljiah…

EL= Buonanotte Caroline… signorina Lidner…

HA= Ehi, la stessa cosa vale anche per me! Mi fate sentire una ultra ottuagenaria!!

Risero assieme e si congedarono definitivamente; dopodiché si decisero ad entrare nella hall dell’albergo, un vero e proprio trionfo di tutto quello che era stato lo splendore veneziano del Rinascimento, tra velluti, dipinti,arazzi,stucchi e mobili d’antiquariato.
Con un piccolo senso di inadeguatezza, si avvicinarono al bancone della reception, dove vennero accolte da un signore sui 50 anni, vestito in un protocollare vestito a giacca grigio antracite; quando parlò, si rivolse loro in un inglese corretto ma un po’ “maccheronico”.

UOMO= Benvenute all’hotel Danieli… le Eccellenze signorine Hale e Lidner suppongo…

Dal momento che Caroline pareva sul punto di scoppiare a ridere in faccia al poveretto, Halle pensò bene di prendere la parola per arginare i danni, non prima però di tirare un piccolo calcio all’amica da sotto il bancone.

HA= Ehm…O.o  Si, siamo noi… dovremmo avere una camera prenotata qui, a quanto ci hanno detto…

UOMO= (CONTROLLANDO IL REGISTRO) Oh, si si, certo! Avete la camera all’ultimo piano, la “Suite del Doge” madamigelle!

HA= Suite?! O.o
 
Caroline non poté esimersi dal pronunciare un commento ironico, trattenendo a stento le risate, camuffando il riso con un “improvviso attacco di tosse”.

CA= Addirittura la suite! Certo che ci trattano con i guanti, visto che rischiamo di finire ammazzate circa 24 ore su 24!

Alla faccia sconcertata del povero segretario, Halle mollò un secondo calcio all’amica ancora semi sghignazzante.

HA= Scusi,  ma non penso proprio di disporre della possibilità economica per pagare una suite…

UOMO= Oh, ma è gia tutto stato pagato! Camera,pernottamento,colazioni…. non c’è nulla a carico vostro!

HA= Sta dicendo sul serio?!

UOMO= Mai parole più soavi e veritiere uscirono dalla mia bocca nell’annunciare una tal lieta notizia! Per tutto il periodo che soggiornerete qua, nessun cavillo pecuniario turberà i vostri dolci sonni.

Halle guardò Caroline sconsolata: la ragazza, leggermente dietro a lei aveva incrociato le braccia sul ventre, coprendosi la bocca con una mano, nel vano tentativo di controllarsi.
Tentativo più che inutile, dal momento che sembrava un Tremolino impazzito! Onde evitare la pessima figura di essere buttate fuori a calci, decise di troncare la conversazione, cercando di rivolgersi al segretario con il sorriso più convincente di cui  era capace.

HA= Benissimo allora! Ora, io e la mia collega siamo veramente stremate e vorremmo tanto…

Prima che Halle potesse zittirla, Caroline prese la parola guardata con terrore dalla bionda.

CA=… appropinquarci nella nostra sontuosa alcova, allo scopo pria di nettarci e mondarci dalla sozzura quotidiana e poscia di ristorare le nostre molli e sfiancate membra nel giaciglio di piumaggi e seta!

Dopodiché si aprì in un sorrisone che riservò prima al segretario e poi all’amica, la quale nella sua testa cominciò ad elencare un numero di imprecazioni a molti zeri; l’uomo però parve entusiasta delle parole così forbite della ventiduenne.

UOMO= Il suo desiderio troverà presto realizzazione gentile donzella! Le porgo subito la chiave!

Mentre l’uomo si voltò per cercare nello scaffale la chiave giusta, Halle guardò Caroline, ancora con la ridarella: se lo sguardo della bionda avesse potuto parlare, avrebbe detto “ti uccido, ti ammazzo, ti disintegro, ti faccio a pezzettini..” eccetera eccetera…

UOMO= Ecco a voi madamigelle, consegno nelle vostre cortesi mani la chiave per accedere alla vostra camera… ultimo piano a sinistra, stanza numero 785!

HA= Oh, ehm… grazie! Buonanotte!

CA= (SGHIGNAZZANDO) Buonanotte!

UOMO= Che Morfeo culli i vostri animi in dolci sogni!

Si avviarono su per le sontuose scale lignee dell’hotel, mentre Caroline cercava ancora di darsi un’aria dignitosa, prima di scoppiare impunemente a ridere.

HA= (SOTTOVOCE) Ma dico, cosa ti passa per la testa?!

CA= (COME SOPRA) Ma l’hai visto?! Sembrava un pinguino che si è ingoiato “La Gerusalemme Liberata”!

HA= Anche se fosse, è stato molto carino e tu stavi per ridergli in faccia!

CA= (RIDENDO) Perché, tu no?! Guarda che non me ne sono persa una delle tue facce!

HA= (SORRIDENDO) Si, forse era un po’ enfatico…

CA= (RIDENDO) Un po’? Quello sembrava dovesse illustrarci la reggia di Versailles anziché dirci che stanza avevamo prenotata!

HA= Dai, andiamo in camera e scendiamo per la cena, ho una fame che non ci vedo!

CA= (IMITANDO IL TONO DEL SEGRETARIO) Mai notizia più lieta giunge alle mie orecchie, nell’apprendere che la dolce dama Halle esprime il desio di rifocillare il proprio organo stomacale di raffinate pietanze di italica fattura!

HA= (RIDENDO) Dai scema, che se mi fai aspettare ancora un po’ comincio a rosicchiarti!

Dopo essere salite in camera ed essersi date una rinfrescata, scesero nella sala ristorante, dove consumarono un ottimo pasto; infine tornarono nella loro stanza dove, alla fine dei preparativi, diedero la buonanotte alla città della Serenissima dal grande letto matrimoniale loro riservato.

***


Era lì… giunto alla destinazione che tanto agognava. Ancora insicuro sul da farsi, ancora incerto su cosa dire.

L’ansia si contorceva nelle sue viscere come un serpente intrappolato.

Nella speranza che la notte gli portasse consiglio, si addormentò.

***


Il sole caldo che faceva risplendere l’acqua di mille riflessi adamantini…


Le strade profumate d’incenso e di mandorle…


La nonna che arrivava a chiamarle…

I pampani dove Rachel vinceva sempre…


Lo scalpiccio di piedi infantili sul lastricato di masegni…



Lei e Rachel, bambine, sedute al tavolo tra la mamma ed altre persone….



Il preludio allo Shabbath…


Le luci calde e tremolanti dei candelieri a sette braccia…



E le preghiere in Yiddish, dove due nomi affioravano sempre…


Morgana e Nimue…

Nimue e Morgana…


Poi altre luci, altri soli…


Una corsa per recuperare una palla fatta con troppo slancio…



Uno sbilanciamento, una mancanza d’equilibrio…



Un tuffo nell’acqua gelida del canale…



Le voci della mamma e di Rachel, prima angosciate e poi divertite…



E le risate… tante risate…

Caroline…

Caroline…


Caroline!



***

Venezia, Italia. Secondo giorno, ore 09.02

“Caroline!”

La ragazza si svegliò di soprassalto; vicino a lei, seduta sul lato del letto, c’era Halle già completamente vestita e pettinata. Caroline socchiuse gli occhi colpiti dai primi raggi del sole e cominciò a stiracchiarsi.

HA= Ben svegliata bell’addormentata!

CA= Uhm… che ore sono?

HA= Esattamente le nove… oggi ci aspetta una fantastica visita della città! Ma non prima di aver fatto colazione!

CA= Mi sembra di capire che mi debba alzare…

HA= Esattamente! Coraggio bellezza, muovi quel culetto anoressico che ti ritrovi, fatti una doccia e renditi presentabile!

CA= Sissignora! Subito signora! Vado signora! :)

HA= Simpaticona… :)

Dopo essersi fatta la doccia ed indossato l’intimo (rigorosamente nero) Caroline uscì dal bagno allo scopo di vestirsi; nel frattempo Halle era uscita sul terrazzo della camera per godersi il panorama mattutino di Venezia… quando poi poggiò le reni sul parapetto in granito, si rivolse all’amica, che le stava dando la schiena; in quel momento si rese conto di quanto Caroline fosse realmente magra: le vertebre della spina dorsale emergevano dalla pelle come se fossero la successione delle note di uno xilofono, le ossa delle scapole erano talmente tese ed in rilievo che sembravano due piccoli monconi di ali.

HA= Dovresti ingrassare qualche chilo amica mia…da dietro sembri proprio un ragazzino…

CA= (SENZA NEANCHE GIRARSI) dovresti saperlo che non riesco ad impinguare…sono fatta così…

HA= Dall’inizio del Trial sei dimagrita ancora… prima eri 45 chili scarsi, ora quanto sei? Ti sei pesata?

CA= Sono sempre uguale Halle…

HA= Lo dici poco convinta…

CA= Possiamo parlare di qualcosa di più interessante del mio peso?! Comunque, sono pronta.

Halle rientrò nella stanza osservando l’amica, che per quella giornata aveva scelto jeans neri aderenti ed a vita bassa, una camicia bianca a maniche lunghe fatta a body e per questo dentro ai pantaloni, con sopra uno scaldacuore nero con l’annodatura sul seno; per completare, ballerine di vernice nera ai piedi e come unico ornamento un girocollo composto da un laccetto di raso nero avente per pendente un crocifisso in argento.

HA= Wow… veramente affascinante per una gita turistica!

CA= Senti da che pulpito! (OSSERVANDOLA) jeans aderenti dentro stivaletti di cuoio…maglioncino a V color avana…Ehi, ladruncola, quello è mio!

HA= Scusa, l’ho visto nella tua valigia e mi è piaciuto un sacco! :) E’ molto carino, perché non lo indossi mai?

CA= E’ un regalo di mia madre…

HA= Ops…scusa.

CA= (SORRIDENDO) Ma dai, non fa niente! Avanti, scendiamo a far colazione!

Una volta scese nella sala, vennero accompagnate da un cameriere al tavolo loro riservato, che poi prese la loro ordinazione: una grossa tazza di caffè nero e baicoli (tipici biscotti veneziani) per Caroline, the e brioche per Halle, che vennero loro prontamente portati in uno splendido servizio di porcellana bianca di chiara firma Villeroy, mentre la morbida voce baritonale di Andreas Scholl addolciva l’ora mattutina con “With Wand’ring steps”. Chiacchierando del più e del meno, Halle andò poi nell’argomento “pruriginoso”.

HA= Come ti senti dopo tutte quelle rivelazioni su di te e sulla tua famiglia?

Prima di rispondere, Caroline prese un sorso di caffè e poi poggiò la tazza sul piattino.

CA= Un po’ confusa…disorientata forse… ma sto metabolizzando; dopotutto sapevo che Rachel non era pazza come tutti volevano far credere…

HA= Non sei arrabbiata?

CA= Arrabbiata? No… forse un po’ delusa… hanno preferito tenermi all’oscuro di qualcosa che mi riguardava in prima persona, quasi fossi una stupida che non capisce le cose…

A quelle parole, Halle allungò una mano sul tavolo per posarla su quella di Caroline.

HA= Ehi, non dire così… tua madre e tua nonna l’hanno fatto per proteggerti… perché ti amavano, come ti amano tutt’ora… e tu non sei stupida; impulsiva si, cocciuta, con la litigata facile, orgogliosa, quello senz’altro…ma non certamente stupida. Hai un caratteraccio Caroline,non puoi negarlo… ma hai un’intelligenza da far invidia persino a Light Yagami. (LE SORRIDE)

Rispondendo al suo sorriso, Caroline strinse la mano dell’amica.

CA= Grazie…davvero.


“Oh, ma come siete adorabili!”

A quel pigolio carico di romanticismo, Caroline ed Halle ancora mano nella mano, si voltarono verso sinistra in perfetta sincronia: accanto al loro tavolo, probabilmente nell’azione di dirigersi verso il suo, vi era una signora di circa settant’anni vestita in modo molto elegante e ricercato, con tanto di cappellino e giacca in tartan con il collo interamente foderato di pelliccia, che le fissava in modo totalmente rapito.
Le due amiche, si scambiarono un’occhiata interrogativa.

“E’ raro vedere due ragazze di così straordinaria bellezza…”

CA= (IMBARAZZATA) Ehm…grazie.

L’anziana signora poi guardò nuovamente le mani delle giovani, ancora intrecciate, per poi rivolgersi nuovamente loro con un dolce sorriso.

“Oh, scusate, che maleducata, forse ho interrotto qualcosa di importante… arrivederci ragazze, auguri per la vostra luna di miele!”

Dopo quella sparata, che lasciò le due donne a bocca spalancate ed occhi sgranati, la signora si avviò al proprio tavolo. Stupefatte le ragazze riportarono i volti uno davanti all’altro… fissarono le loro mani unite, e con uno scatto le ritrassero.

Poi, dopo essersi guardate per qualche secondo in completo silenzio, scoppiarono a ridere. Caroline cercò di inframmezzare delle parole tra le risate, nel vano tentativo di pronunciare un discorso di senso compiuto.

CA= AH AH AH AH!!! Non…ci credo… AH AH ci ha scambiato… AH AH per due lesbiche… AH AH AH in viaggio di nozze! AH AH AH AH AH AH AH!!!!!

HA= AH AH Wow, quand’è che… AH AH AH ci siamo sposate?!

CA= Non lo AH AH AH so, ma giuro che… AH AH appena lo scopro te lo dico! AH AH AH AH!

HA= Sono sempre AH AH l’ultima a sapere  le cose!!

E giù altre risate.

***

Aveva sempre amato quel profumo… quell’aroma di selvaggio, di indomabile, così incline al suo temperamento, alla sua natura e che risvegliava in lui riflessioni intime e profonde. Era lì… il cielo l’aveva sempre protetto in quegli ultimi giorni, sperava che quel giorno non fosse troppo impegnato in altre faccende.

***

Ben decise ad esplorare le meraviglie della Serenissima, dopo aver fatto colazione le ragazze uscirono dall’hotel nella soleggiata mattina, rinfrescata ogni tanto da un venticello freddo. Ripassarono per la meravigliosa piazza San Marco, entrando anche nella Basilica ed ammirando le stupende costruzioni architettoniche accompagnate dai superbi affreschi, passando davanti a Palazzo Ducale, ricostruito dopo l’incendio del 1577; ripartirono poi alla volta di Rialto,che attraversarono in tutta tranquillità  osservando le vetrine dei negozi lì presenti.

Campo Sant’Angelo, Palazzo Contarini con la scala del “Bovolo” Palazzo Grassi, Cà d’Oro, Cà Pesaro, Palazzo Zenobio, Cà Foscari e molto altro fu quello che le ragazze ebbero modo di visitare, in un elenco che sarebbe troppo lungo e noioso da descrivere. Sta di fatto che, dopo tutta questa lunga escursione, le due donne ritornarono in piazza San Marco, ancora gremita di turisti.

HA= Uuuuuh, certo che i 400 e rotti ponti si fanno sentire! Ho le gambe praticamente a pezzi!

Rimasta in piedi, Caroline controllò l’orologio.

CA= Cavolo, sono già le 19 e 40!!! Siamo state talmente assorbite da questa città che non ci siamo nemmeno rese conto del tempo che passava!

HA= Ti prego, dimmi che non hai intenzione di fare il bis perché altrimenti mi ammutino!

CA= (RIDENDO) No martire, non ti preoccupare! Che ne dici di andare a cena e poi tornare in albergo passeggiando tranquillamente?

HA= Questa è l’unica idea sensata che hai avuto in tutta la giornata, si ci sto!

CA= Addirittura l’unica?

Mentre rispose a Caroline, la bionda enfatizzò il discorso enumerando sulla punta delle dita tutto ciò che pronunciava.

HA= Perché, secondo te fare il Ponte di Rialto otto volte, quattro all’andata e quattro al ritorno, inerpicarsi su per la scala di Palazzo Contarini, perdersi tra migliaia e migliaia di calli a mo di labirinto del Minotauro e fare ben due volte il percorso del Canal Grande,ti sembra normale?!

CA= Se non sei abituata a camminare non è colpa mia… comunque, fatti forza ancora per pochi passi, ti prometto che ci infiliamo nel primo ristorante a tiro!

Ed effettivamente Caroline mantenne fede alla parola data; dopo una squisita cena ed un altrettanto ben accolto caffè espresso, si rincamminarono alla volta dell’albergo, camminando tranquille nell’atmosfera serale della Laguna e chiacchierando del più e del meno… riattraversando il ponte della Paglia, Halle allungò il braccio verso destra.

HA= Guarda, oggi non l’abbiamo notato tant’eravamo prese dalla furia turistica!

CA= (SEGUENDO IL BRACCIO DI HALLE) E’ il Ponte dei Sospiri… che meraviglia…

HA= E’ bellissimo!

Per poterlo osservare meglio dal momento che,mettendo in comunicazione Palazzo Ducale e le Prigioni Nuove, non era accessibile al pubblico, si mossero verso il parapetto destro del ponte su cui si trovavano sporgendosi leggermente in avanti.

CA= E’ un’opera d’arte….

HA= Puoi ben dirlo…

Ad un tratto però, i loro pensieri furono interrotti da una voce alle loro spalle.

“Caroline…”


Le due donne, sebbene la voce avesse chiamato una solo di loro, si irrigidirono, voltandosi lentamente.

Quando la ragazza vide chi l’aveva chiamata, restò impietrita.

***


“Che bisogno aveva di rivelarle tutto?! Ora la sua vita è in pericolo!”

Il secondo interlocutore rispose con voce tranquilla.

“Calmati Christabel…ho dovuto farlo.”

“Mi sta prendendo in giro?!”

“La nostra Nimue è cresciuta… aveva il diritto di sapere.”

“Ha scoperto qualcosa riguardo a me?”

“No, non aver paura… la tua identità è al sicuro.”

“Spero per lei che non abbia rimpianti per ciò che ha fatto…se la ragazza dovesse morire, sarebbe solo colpa sua.”

“Nimue non morirà… e raramente mi sbaglio sulle persone.”

“Beh, direi che non abbiamo altro da dirci… Shalom.”

“Shalom anche a te.”


***

La voce le uscì come un filo sottile dalle labbra incerte, mentre fissava lo sguardo dell’individuo davanti a lei, illuminato solo dalla luce della luna e dai fiochi lampioni.

Si sentiva una stupida: il cuore le batteva all’impazzata, il respiro le mancava ed era affannato, le mani tremavano.

CA=… Mello…

ME= Ciao…


Era bello, bellissimo, ancora più bello di quanto si ricordasse, vestito di semplici jeans grigio scuro, camicia nera e giubbotto di pelle della stessa nuance. I capelli color dell’oro e quei grandi zaffiri che parevano scavarle dentro l’anima ogni volta che si posavano su di lei; una folata di vento li colpì, portandole alle nari il profumo maschile che tanto aveva desiderato di risentire almeno una volta.

CA= (GIRANDOSI VERSO HALLE) Tu ne sapevi qualcosa?

Ma l’espressione stupefatta dell’amica, accompagnata da un timido segno di diniego con la testa, le furono sufficienti per capire che anche lei non si aspettava una cosa simile.

ME= No… Halle non ne sapeva niente, solo Matt ne era al corrente.

Una seconda figura, ai piedi del ponte, si affacciò.

MA= Ciao Caroline… quanto tempo…

CA= Ciao Matt… (A MELLO) Che cosa sei venuto a fare a Venezia?

ME= Sono venuto per te… per dirti una cosa che mi tengo dentro da un mese ormai.

CA= Tu mi hai seguito fino a Venezia… solo per dirmi una cosa?

ME= Si…

CA= (SARCASTICA) Incredibile…

ME= E’ importante…

CA= Non voglio ascoltarti.

Fece per andarsene, ma il ragazzo l’afferrò delicato per il polso.

ME= Caroline, ti prego…

CA= Non voglio ascoltarti!

ME= Ascoltami, te ne prego!

CA= Io non sono esistita per te in questi due mesi, ora tu non esisti per me!!!

La stretta attorno al suo polso si fece più forte, portandola ad una vicinanza estremamente pericolosa a quel divino viso maschile. Quando Mello parlò, il suo tono più che ad una richiesta rassomigliò ad una supplica.

La sua maschera di durezza, stava cominciando a rivelare il vuoto che vi era dietro.

ME= Caroline, ti supplico, ascoltami! So che ti ho fatto del male e mi sento un verme per questo… ti chiedo solo di dare ascolto a quello che devo dirti, perché  è veramente importante! E ti giuro che, qualunque sarà la tua risposta, io l’accetterò.

CA= Parla… ti ascolto.

E così, sotto gli occhi stupiti di Halle, quelli incoraggianti di Matt e soprattutto sotto lo sguardo addolorato del suo angelo, Mello cominciò a parlare con voce morbida, vellutata e per la prima volta… dolce.

ME= Non potrò darti sicurezze, né tranquillità… non avremo una casa magnifica con 5 o 6 bambini al seguito, non potrò prometterti stabilità. Saremo sempre in pericolo, sul filo del rasoio… dovremo fuggire, nasconderci, forse uccidere. Lacrime, fuoco, sangue e violenza ci perseguiteranno e la Morte sarà una nostra compagna costante…
Ma anche se non potrò offrirti tutto quello che una donna desidera, posso darti la mia anima, il mio cuore e la mia testa, darti un amore assoluto e disperato, ardente come la fiamma più viva. Diventa mia, mia soltanto e soprattutto mia per sempre…

Non potrò proteggerti dalla morte Caroline, e non potrò amarti in eterno…
…ma potrò morire al posto tuo ed amarti fino ad un attimo prima della fine dell’eternità.

Ho parlato solo per mitigare la durezza del tuo cuore nei miei confronti… sta a te la scelta ora.


Nell’ascoltare quelle parole, le lacrime avevano cominciato a solcare le guance di Caroline; allo stesso modo, pur senza piangere, Halle era rimasta profondamente colpita e commossa nell’udire quell’accorata preghiera di un ragazzo follemente innamorato dell’amica; quasi per caso incrociò lo sguardo di Matt, che come Mello sembrava in preda all’ansia più nera.

CA= Parole ardenti… che toccano le corde più recondite del cuore, che farebbero sciogliere anche l’animo della donna più algida ed al quale sarebbe folle rimanere insensibili. Ma quello che io mi chiedo è: quanto sono veritiere queste parole? in quale percentuale sono dettate dal vero amore e non da un mero sentimento di possessione dettato dalla gelosia e dalla prevaricazione nei confronti dell’uomo che ora mi sta accanto? Mi hai abbandonato, mi hai fatto vedere i lati peggiori del tuo essere allo scopo di allontanarmi sempre di più da te… e mi hai fatto male, mi hai fatto soffrire come nessun’altro uomo aveva mai fatto prima.
Io non so cosa fare Mello, non so come comportarmi,cosa dire,come agire. Tu sai tutto di me,ma io? Io cosa so di te veramente? So a quali pensieri ed a quali sentimenti il tuo cuore da asilo? Cosa so del tuo passato, della tua vera storia? Niente… io amavo una persona,l’amavo con tutta me stessa…ma adesso ho l’impressione di aver amato le tenebre. Perché tu a me ti sei presentato così Mello… una voragine nera e profonda che mi ha risucchiato al suo interno in un gioco perverso dove non si distingue più chi è preda e chi predatore… per quanto il mio cuore gridi di accettare e stringerti il più forte possibile a me, la mia mente mi ricorda tutto ciò che è accaduto e che potrebbe riaccadere in qualsiasi momento.

No, non posso essere tua Mello. Perdonami.

Lo stupore di Halle, seppur in parte previsto dalla conoscenza della sofferenza provata dall’amica ed il dispiacere ben leggibile negli occhi di Matt, non furono niente in confronto al dolore di Caroline ed al sentimento negli occhi di Mello, che chiuse gli occhi, ispirò profondamente, per poi riaprirli accarezzando Caroline con uno sguardo di assoluta dolcezza, privo di rabbia o rancore ma solo colmo di triste rassegnazione.

ME= Avrei dovuto prevedere una risposta di questo genere… e non posso biasimarti, nei tuoi panni avrei ragionato allo stesso modo; ma dovevo tentare e non ho rimorsi per averlo fatto… perché non c’è niente di più bello che affrontare sfide per amore.

Detto questo, avvicinò la mano femminile alla propria bocca, in un baciamano pieno di struggente ed addolorata dolcezza; dopodiché la guardò intensamente negli occhi.

ME= E’ stato bello rivederti. Addio Caroline, ti prometto che non ti disturberò più… con questa notte uscirò definitivamente dalla tua vita, finché anche il mio ricordo svanirà dalla tua mente…buona fortuna, per tutto.

Si congedò così da lei, voltandosi e scendendo dal ponte, sparendo nel buio di una calle accompagnato da Matt; non vide però che gli occhi di Caroline non l’avevano abbandonato per un solo istante.

Solo quando lo vide sparire, si portò una mano alla bocca abbandonandosi ad uno dei pianti più disperati ed angosciati della sua vita; Halle, fulminea, fu subito da lei per abbracciarla.

HA= Va bene così tesoro, va bene così se è quello che credi giusto… Si, piangi, sfogati, tira fuori tutto quello che hai dentro… oh, amica mia… l’amore a volte è più doloroso della morte.

Caroline quella notte, capì quanto fosse effimero tutto ciò di cui in quei mesi si era convinta: il superamento dell’abbandono, l’attrazione per Light, il non amare più Mello.
Quella notte, tutto ciò che aveva costruito in una determinata e continua opera di auto convincimento, andò in fumo.


La maschera, dai colori sbavati per via delle lacrime, scivolò via dal suo volto frantumandosi in mille pezzi.



***


Quod amante iniuria talis cogit amare magis,
sed bene velle minus

Catullo, Carmina 72










 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21
D’illusioni e di bugie




Venezia, Italia. Terzo giorno, ore 16.30

“Caroline… tesoro, non hai toccato cibo…”

La voce di Halle le arrivava lontana, come un eco disperso in una valle profonda; non era uscita in tutto il giorno, rimanendo sdraiata nel letto, immersa nella penombra della stanza.

CA= Non ho fame Halle… perdonami.

In tutta risposta l’amica le si sedette accanto, posandole una mano sulla spalla.

HA= Come ti senti?

CA= Mi sento uno schifo… se davvero non lo amo più perché devo stare così?

HA= Perché non è vero ciò che dici… Caroline tu hai amato Mello ogni singola ora dei giorni che avete passato divisi, e continui tuttora ad amarlo… non l’hai mai dimenticato e soprattutto non lo hai mai odiato veramente…

CA= Lui è venuto davanti a me, consapevole dei suoi sbagli, dei suoi errori… mi sono sentita rivolgere le parole più belle che una donna abbia mai potuto ascoltare… mi ha chiesto di perdonarlo e di essere sua… ed io ho rifiutato.

HA= La razionalità ha prevaricato il tuo cuore, ma non devi vergognartene… Mello ha dimostrato quali fossero i suoi veri sentimenti, ma ti ha lasciato libera di scegliere, di decidere se accettare o meno… tu hai scelto di no, e non devi crucciartene; il tuo orgoglio ha parlato con te…

CA= Siano maledetti i suoi occhi… che mi hanno stregata e divisa in due.

HA= Che vuoi dire?

CA= Una metà di me è sua, e l’altra metà è mia… ma se mio è suo…allora sono interamente sua.

Il filo di pensieri di Caroline venne interrotto dal suo cellulare, che cominciò a vibrare rumorosamente sul comodino di legno; vedendo che l’amica non accennava a rispondere, Halle ne sbirciò il display.

HA= E’ Eljiah…

CA= Rispondi tu per favore…

HA= (RISPONDENDO AL TELEFONO) Eljiah, buongiorno…

EL= Halle? Va tutto bene?

HA= Si si, non ti preoccupare, stiamo benissimo.

EL= Bene… volevo solo comunicarvi che il Maestro ha terminato la traduzione dell’epigrafe… se passate a ritirarla, sareste libere di partire stasera stessa!

HA= Ha già terminato?

EL= E’ incredibile lo so, ma ci ha lavorato giorno e notte…

HA= Grazie mille Eljiah…un quarto d’ora e siamo da voi.

E chiuse la telefonata; dopodiché si rivolse nuovamente verso Caroline, carezzandole la guancia.

CA= Ha già finito…

HA= Mi sa che ti tocca uscire pipistrellino…

Alzatasi dal letto, Caroline fu colta da un improvviso giramento di testa, accompagnata da un latente di nausea; decise però di tacerlo ad Halle e vestendosi in fretta, la seguì fuori dalla stanza

***


Era finita… la partita con il destino,lasciata.

L’aveva perduta, e stavolta per sempre… adesso gli rimaneva un ultima cosa da fare: tener fede alla parola data e sparire una volta per tutte dalla sua vita.

Ma nell’accarezzare la sottile medaglietta presa a casa sua che portava al collo, si rese conto di quanto effettivamente sarebbe stato difficile.


***


Io ti ho vista già, eri in mezzo a tutte le parole
che non sei riuscita a dire mai…



Camminava, sospesa tra lo spazio ed il tempo; il passo lento e lo sguardo vuoto di chi ha perso tutto ciò che conta nella vita; e non per sfortuna, tragica fatalità o per un disegno di vita diverso… ma per propria scelta.

Il brulichio dei turisti le sembrava lontano, la voce di Halle al suo fianco, smorzata… persino i raggi del sole parevano non riuscire a scaldarla, scivolando via dal suo corpo.

Una sola parola aveva cominciato ad albergarle nel cuore: Rimorso.


***

Eri in mezzo a una vita che poteva andare
ma non si sapeva dove…



Rimpianto. Rimpianto nel vedere il profilo di quella città, illuminata dal sole allontanarsi sempre di più dai suoi occhi, profondi come il mare e brillanti di lacrime non versate.
Matt, seduto accanto a lui, poggia la propria mano sulla sua spalla comprensivo; sa che non c’è bisogno di parole, nella muta empatia che si è creata tra lui e Mello; il biondo si volta verso di lui, fissando i propri occhi in quelli smeraldini dell’amico e posa la mano sulla sua, sentendo la presa farsi più stretta, quasi come se volesse creare un canale con il quale infondergli la sua solidarietà.

I suoi occhi tornano a guardare il mare mentre la presa si scioglie.

Il suo rimpianto più grande è quello di aver lasciato in quella città,l’unica donna che abbia amato più della sua stessa vita.

***

Ti ho vista fare giochi con lo specchio,
 aver fretta d’esser grande
e poi voler tornare indietro quando non si può…


Il vuoto albergava dentro di lei, il nulla riempiva le sue membra… si sentiva solo uno stolido burattino, un fantoccio di paglia e stoffa manovrato con invisibili fili da un cinico burattinaio nascosto nell’ombra.
Blaise Pascal diceva che l’uomo è come una canna… fragile, esposta alle intemperie, piegata dal vento e battuta dalla pioggia, bruciata dal sole e ghiacciata dal gelido inverno…ma è una canna che pensa.

In quegli istanti, la canna dei pensieri di Caroline era spezzata. E l’unico che avrebbe potuto risanarla, era proprio colui per il quale si era frantumata.

HA= Siamo arrivate… ecco le porte del ghetto.


***

Quella che non sei, quella che non sei non sei
ma io sono qua, e se ti basterà
quella che non sei non sarai, a me basterà,
c’è un posto dentro te in cui fa freddo
è il posto in cui nessuno è entrato mai,
quella che non sei.



Il suo sonno era agitato, scosso da frammenti di immagini reali in mezzo ad incubi ardenti di fuoco immortale e distruttore; un mare nero lo circondava, tra un cielo buio illuminato solo da abbacinanti saette. Dalle sue mani scivolò nelle morbide acque un piccolo scrigno di piombo, di quel piombo che sembra minacciare piuttosto che proteggere… e lo guardò allontanarsi cullato dalle piccole onde del mare.

Si aprì la camicia scostandone i lembi con le mani e si guardò il petto: al centro dello sterno, un buco rosso cupo dai contorni neri della carne bruciata aveva preso il posto dell’incarnato liscio e alabastrino… laddove vi era, metaforicamente, il cuore.




***

Sdraiato su quel comodo divano osservava il soffitto bianco della sua stanza.
Una stanza comune a tante altre, forse anche un po’ impersonale, quasi asettica, quasi banale. Ed anche i suoi vestiti non erano poi nulla di speciale, etichettati e conformi alla società, non si distinguevano tra le folle pulsanti di vitalità nelle strade di Tokyo.
Era tutto normale, l’arredamento sobrio, i libri accuratamente impilati, lo era anche la scrivania, il portatile e le penne a sfera.

Eppure c’era qualcosa che stonava in quella stanza, un’ombra che macchiava la normalità. Una striscia nera si delineava sulla scrivania, un quaderno. I suoi occhi, ben aperti e grandi, si posarono su di esso e tutto cessò di essere normale.
Si mise seduto, accavallando le gambe, continuando a guardare di sbieco quella striscia nera, i suoi occhi mutarono forma assottigliandosi , la sua anima cambiò sostanza  e tutto variò colore.

 

Tutto si tinse di rosso e una risata bassa,febbricitante di potere, si spanse in quel silenzio che, prima, era stato così banale.
I capelli ormai rossi ondeggiavano, spinti da una brezza inesistente, mentre la mano scorreva - abile assassina- tra le pagine bianche di quel quaderno, che di ordinario non aveva nulla.
Rosso era il mondo visto da quegli occhi scarlatti, rosso era il frutto del peccato, rosso il colore della colpa.
Gocce di sudore gli scorsero sul viso, mentre centinaia di corpi si contraevano tra atroci sofferenze e cadevano a terra, provocando quei tonfi secchi e agghiaccianti che gli risuonavano nel cervello, come i rintocchi di un’assente campana.
La morte aveva raggiunto la sua meta, e nel suo vestito scuro la falce era caduta sugli inetti, sui rifiuti del mondo, sugli assassini ed era stata la sua mano, la sua mano destra,a dirigere la sinfonia di morte.

La mano destra, una mano giusta, una mano santa investita di un potere oltre l’immaginabile, stava decidendo chi uccidere e chi salvare.
Gli occhi amaranti si muovevano febbrili, guardando ripetutamente i nomi che scorrevano loro davanti, riportati poi sul quaderno con precisione letale.
La risata roca e cupa risuonava per tutta la stanza, dai muri comincianti a trasudare sangue, che lentamente cominciava a colare giù dai muri per poi spargersi sul pavimento piastrellato di bianco, con andamento lento,controllato, quasi sinuoso.

Il succo di una mela polposa macchiava il pavimento ed un dio della morte rideva malignamente osservando la scena, vicino all’umano lontano dalla realtà, chiuso in un suo folle ideale.
L’ultimo nome fu scritto e in un conclusivo svolazzo di inchiostro e sangue, la vita del designato si spense, nei suoi estremi 40 secondi di esistenza terrena.
Si lasciò andare contro la sedia, stanco, il sudore gli imperlava la fronte e i capelli ricadevano nel vuoto.
I suoi occhi, i suoi occhi rossi, fissavano una luce abbagliante,una luce giustamente accecante, una luce divina.
E rise piano, con grazia ed eleganza.

I suoi occhi nuovamente umani (se di umanità si poteva parlare) fissavano la stanza, ridendo compostamente nell’osservare le pareti tinte di vermiglio, dove i nomi delle sue vittime cominciavano a comparire scritte nel sangue, ed il mondo ritornare alla sua serena banalità; rideva sguaiatamente, sdraiato scompostamente sui corpi esanimi, sulla feccia che lui stesso aveva ucciso. Perché era lui che liberava il mondo dalle empietà, lui che portava la luce in quel mondo di lacrime, lui e lui solo era il messia.
Continuava a ridere piano, rideva incurante della propria salute e della mente arsa da una luce troppo brillante. Rideva, di quella debolezza umana, ormai prossima sparire.

Lui era il salvatore…lui era il nuovo dio del suo nuovo mondo.

Si alzò dal sofà candido e si incamminò verso la sua luce… splendente, abbagliante, che
irradiava nel mondo l’essenza stessa della giustizia…ma per quanto la luce lo illuminasse, il suo volto indugiava nell’ombra; per quanto ne rincorresse il chiarore, il suo petto non ne veniva purificato, rimanendo nero come l’erebo.

Osservava la luce divina e sorrideva giocondo.

Solo il dio, quello vero, vedeva ciò che veramente c’era. E lì c’era il nulla in cui sarebbe andato, il nulla che lo aspettava paziente, il nulla che era la punizione per aver giocato ad impersonare l'Altissimo.
Impugnò nuovamente la penna, e si immaginò come la morte, come una morte giusta  che liberava gli uomini dal peccato. Lo estirpava con le sue stesse mani, quel peccato che corrodeva il mondo come una pianta immonda… e nel farlo, le mani cominciarono ad essere macchiate di caldo liquido vermiglio.
Sorrise anche a questo, immaginando che fosse il sangue dei malvagi a dimostrazione del suo potere.

Ed in quel sangue si mescolò anche il suo, iniziato a stillare dai suoi occhi, dal suo petto, dalle sue mani… da ogni poro della sua pelle, finché non lo ricoprì interamente, come una seconda epidermide.

Rise apertamente e, inondato dalla sua luce artificiale, scrisse nomi, cognomi, date, avvenimenti… il sangue aumentava e lui rideva sul suo scranno composto da empii corpi umani.

Osservava tranquillo il sangue scorrere ed inondare il mondo dalla sua stanza ormai sommersa. Lo shinigami addentava una mela rossa, il frutto peccaminoso per eccellenza , il frutto proibito che lui stesso aveva colto dall’albero dell’Eden.

Osservava il mondo al di fuori della sua finestra, colmo di disperate grida d’aiuto, d’orrore e disperazione, accecato da questa folle distruzione.

E nell’ombra che avvolgeva lui stesso e tutto il mondo, rise… Una risata folle, sguaiata ed onnipotente riempì gli spazi della città che cominciava a tingersi di scarlatto.

Il cielo, le case, le strade, persino il sole presero il colore del sangue. E da quell’empireo nascosto, da quel tribunale occulto continuò a ridere, in sfrenate grida di un esaltato potere satanico.
La lingua andò ad assaporare il sangue imbrattante le sue labbra; quello era il sapore della sua vittoria.

L’ultimo nome fu scritto, l’ultimo corpo cadde.


***

Io ti ho visto già, eri in mezzo a tutte le tue scuse,
senza saper far cosa.
Eri in mezzo a chi ti dice “Scegli o troia o sposa”…



Arrivarono al ghetto che nemmeno se ne accorse, trovandosi catapultata dalla sua camera d’albergo al salotto di Ezra Levi profumato di incensi come se avesse dormito durante tutto il tragitto.

EZ= Figliola, che ti succede? Il tuo animo irradia mestizia…

CA= (GUARDANDO FUORI DALLA FINESTRA) Ho incontrato una persona ieri sera…

EZ= Colui che ami?

CA= Colui da cui credevo d’essere amata…

 

EZ= Tornerà mia cara… tornerà.

CA= Io non credo… preferirebbe morire piuttosto che non mantenere fede alla sua parola.

EZ= Addirittura morire?

CA= Mi creda, lei non lo conosce…

EZ= Non dare mai nulla per scontato Caroline… forse potrei conoscerlo molto meglio di quanto tu in realtà creda…

CA= Che intende dire?

EZ= (SORRIDENDO) Oh, nulla… non fare caso alle parole di un povero vecchio… credimi figliola, sono stanco di questo grande mondo.

CA= Potreste esserlo se le vostre disgrazie fossero grandi come le vostre fortune; eppure, a quel che vedo, sta male chi troppo si rimpinza come chi si affama di nulla. Non è perciò felicità da niente trovarsi nel mezzo; il superfluo fa prima i capelli bianchi, ma il sufficiente vive più a lungo.

EZ= Belle parole e ben pronunciate.

CA= Sarebbero più belle se messe in atto.

EZ= Il lascito di Adrian si fa sentire molto chiaramente…

CA= Conosceva anche mio padre?

EZ= Certo che lo conoscevo… il più grande intenditore di Shakespeare che abbia mai visto…

CA= Anche lui faceva parte della Confraternita della Croce Nera?

EZ= Lui? No… sapeva tutto quanto ma non ha mai voluto entrarvi… un po’ come te adesso.

CA= Mi manca così tanto…

EZ= Tuo padre era un grand’uomo, la sua morte mi ha sconvolto… e tu sei più simile a lui di quanto pensassi…

CA= Grazie… è l’unica cosa bella che lei mi abbia detto in questi tre giorni…

EZ= Tornando a noi… ecco a voi la traduzione dell’epigrafe…

Ezra Levi mosse qualche passo verso la scrivania, da cui afferrò un foglio pergamenato scritto con grafia elegante e snella che porse a Caroline; Halle le si affiancò subito, allungando il collo verso l’amica.

HA= Aveva detto che le sarebbero occorsi tre giorni, ma ci ha messo molto meno…

EZ= Si è rivelata molto più interessante del previsto e non sono riuscito a staccarmene…  su, leggetela!

Caroline cominciò quindi a leggere a voce alta:

 

Viandante, tu giungi presso tale luogo buio e disperato;
fermati, e leggi cos’ho da dirti.
I sette sigilli saranno aperti e sette tormenti vi colpiranno.
Con loro i quattro cavalieri risorgeranno e mieteranno
le vite degli uomini.

Mano infernale li romperà e la fine avrà inizio:

-    Apparirà un cavaliere su un bianco cavallo con arco e corona
destinato a vittoria.

-    Seguirà un rosso destriero tenuto alle redini da colui che con una
grande spada toglierà la pace dalla terra aizzando gli uomini
contro i propri simili.

-    Poi un cavallo nero calcherà la terra portando colui che reca una bilancia.

-    Infine un cavallo giallastro che porterà colui che colpirà con spada ed inedia.

I loro nomi sono: Miseria, Guerra, Distruzione e Morte.

Appariranno i martiri di bianco vestiti gridando vendetta.
Al sesto giorno la terra tremerà e non vi sarà più luce.
E quando l’ora del settimo giorno suonerà, ecco sette angeli davanti a Dio
recanti sette coppe:

-    Ferita crudele per gli uomini con cuore di bestia

-    Il mare diventerà sangue e non vi sarà più vita.

-    I fiumi e le fonti dal sangue dei vinti saranno colorati.

-    Il sole arderà gli uomini blasfemi

-    Nel nero regno del male sarà tenebra e dolore.

-    L’ Eufrate diverrà arido per la vittoria dello straniero.

E per ultimo terremoto e pietre infuocate si abbatteranno sulla terra.

Per fermare tutto questo, bagnate l’altare con il sangue dell’uomo concepito dai genitori nella luce.


Ho finito, va pure.



***


 

Ti ho vista vergognarti di tua madre,
fare a pezzi il tuo cognome
sempre senza disturbare che non si sa mai…




Erano tornati a casa… nel dimesso e spoglio appartamento che aveva sopperito il confortevole covo nella zona industriale; eppure sembrava che quel luogo avesse acquistato, durante la loro mancanza, una nuova veste, una sfumatura quasi accogliente capace forse di proteggerlo temporaneamente dalla violenza del mondo esterno. Dopo aver buttato uno sguardo fuori dalla finestra, si rivolse verso Matt.

ME= Come va, sei stanco?

MA= No… grazie.

ME= Bene… perché dovremmo cominciare a parlare di quella cosa…

MA= Sei ancora sicuro di volerla fare?

ME= Non ho più niente da perdere… l’ultima cosa che ancora mi faceva stare nel dubbio mi ha dato la sua conferma.

MA= Va bene…




***

Quella che non sei, quella che non sei, non sei
ma io sono qua, e se ti basterà quella che non sei,
non sarai, a me basterai…



Se il testo latino parve incomprensibile alle ragazze, questo lo era anche di più.

HA= Wow… c’è di bello che ora sono ancora più confusa!

CA= Che cosa significa tutto questo?

EZ= Dai tempo al tempo Caroline… poi capirai. Ma ora dovete partire, c’è un aereo che vi attende!

CA= Un momento ancora… volevo farle vedere questo…

La ragazza tirò fuori dalla borsa il cofanetto che Roger le aveva dato durante la sua visita alla Wammy’s House e glielo porse.


HA= E quello da dove salta fuori?!

EZ= (OSSERVANDOLO) Mmmmh… interessante.

Il rabbino aprì il cofanetto, sfogliando con una sorprendente delicatezza i fogli che vi erano all’interno.

CA= Lei sa di cosa si tratta?

EZ= Come li hai avuti?

CA= Quando sono andata alla Wammy’s House, il direttore dell’orfanotrofio me l’ha consegnato dicendo che apparteneva al suo predecessore…

EZ= Interessante…

CA= Sarebbe così cortese da dire qualcosa di più esaustivo che “interessante”?!

EZ= Sono spiacente figliola, ma qui non posso esserti d’aiuto… almeno nella decifrazione; ma sono sicuro che le mani di Virgilio potranno esserti d’aiuto.

HA= Cosa?! Sta parlando dell’autore latino dell’Eneide?!

EZ= Esattamente…

Halle si portò una mano alla fronte per poi cominciare a camminare avanti ed indietro.

HA= (TRA SE E SE) Perfetto… fantastico, ora pure gli autori latini dei secoli prima di Cristo! Dovrò andare a riesumare la salma come minimo…

Mentre la bionda continuava la sua giaculatoria, Caroline si rivolse nuovamente al vecchio.

CA= Quando noi siamo scese nella catacomba, questa ha cominciato a crollare… mentre tentavamo di scappare, un gran numero di mani emerse dall’ombra hanno afferrato Halle per le gambe cercando di portarla giù con loro…

EZ= Com’erano queste mani?

CA= Grigie… quasi decomposte, senza tempo… e diabolicamente forti.

EZ= Mia cara, quelle erano le mani delle anime che erano sepolte laggiù a custodia della catacomba…

CA= Non capisco…

EZ= Vedi, tu eri destinata a scoprire quella cripta…

CA= Perché? (CON TONO IRONICO VEDENDO CHE EZRA STA PER RISPONDERE) Si, ho capito… la faccenda di Nimue e tutto il resto…

EZ= Esatto.. i guardiani ti hanno riconosciuto e non ti hanno fatto del male…

CA= Ma allora perché…

EZ= Perché hanno tentato di prendere lei? Nell’antichità era d’uso comune che il consultante predestinato portasse con se un’offerta sacrificale da donare alle anime… tu, giustamente non sapendolo, non hai adempiuto a tale consuetudine e per questo,le sentinelle si sono “servite” da sole cercando di prendere l’anima che viaggiava con te…

CA= Oddio…

HA= Fantastico, ora pure l’agnello sacrificale impersono?! Meraviglioso, che soddisfazioni essere un agente dell’SPK!

CA= Il fatto che non siano riusciti a prenderla… che conseguenze ha comportato?

EZ= Questo è impossibile saperlo…

Eljiah ritenne opportuno intromettersi, seppur timidamente.

EL= Ehm, io non vorrei essere pedante… ma rischiate di perdere l’aereo.

CA= Caspita, hai ragione! Arrivederci signor Levi, è stato un piacere conoscerla!

Si abbracciarono per qualche secondo…una volta scioltisi dalla stretta, Ezra accarezzò la guancia di Caroline, guardandola paternamente.

EZ= So che ci sono cose che sarebbe meglio non sapere mai…ma la disponibilità al sacrificio è il preludio alla libertà.

CA= In qualche modo devo ringraziarla… mi ha permesso di conoscere meglio la mia famiglia e di scoprire più profondamente chi sono io…

EZ= Ricorda… fidati delle mani di Virgilio.

Dopo il commiato da Halle, le due ragazze seguirono Eljiah che le condusse verso l’aeroporto; una volta giunte là, si salutarono fraternamente con il gigantesco nero che le aveva così di buon grado per ben tre giorni.

Quando salirono sull’aereo, Caroline si sentì come se un brandello della sua esistenza fosse rimasto là, indistricabilmente legato a quella moltitudine di canali, calli e ponti riecheggianti leggende e storie di altre epoche, ed un frammento della sua infanzia tornasse a lei andando a rendere più chiaro quel groviglio di ricordi spezzati che era stata quell’età.


HA= Beh, è stata un’esperienza elettrizzante…

CA= Fondamentale Halle… fondamentale…

L’aereo si librò nel cielo.


C’è un posto dentro te che tieni spento,
è il posto in cui nessuno arriva mai,
quella che non sei…




***

Due giorni dopo…

Tokyo, ore 09:00

Sebbene Near avesse concesso loro un po’ di tempo per riprendersi dal viaggio, le due ragazze si sentivano ancora leggermente scombussolate dal cambiamento di nove ore tra il fuso orario italiano e quello giapponese. Se non fosse stato per la sveglia previdentemente impostata, la ragazza avrebbe veleggiato nel mondo dei sogni per tutta la restante mattinata.
E come previsto, allo scoccare delle nove l’apparecchio cominciò a trillare spaventosamente; dal groviglio di coperte e cuscini azzurri, un braccino pigro fece capolino per andare a spegnere, a tentoni, quell’apparecchio molesto.

CA= (ASSONNATA) Va bene, va bene, ho capito… mi alzo!

La ragazza cominciò a districarsi da quel confortevole viluppo di lenzuola… ma quando scostò il lembo di lenzuolo che le copriva il capo…

CA= O SANTO DIO!!

RZ= Buongiorno principessa! Finita la vacanza veneziana?!

CA= Santo cielo Ryuzaki, mi hai fatto quasi prendere un infarto!

Ryuzaki assunse un’espressione da finto ingenuo.

RZ= Mica ti ho scritto sul Death Note… allora lì si che ti sarebbe preso l’infarto!

CA= Di solito i fantasmini come te,di giorno se ne stanno rintanati da qualche parte buoni buoni e non fanno prendere sincopi alla gente ignara che si sveglia!

RZ= Tsk, ma mi vedi?! Ho un fisico di zinco io!!!

CA= Di zinco?! O.o

RZ= Beh, è il metallo che usano per chiudere le bare…

CA= Con questa battuta meriteresti di essere riportato in vita solo per il gusto di ammazzarti subito dopo…

RZ= Su, ora metti da parte l’invidia per il mio formidabile umorismo, vatti a fare una doccia e renditi presentabile! Sembri un gatto…

Scuotendo la testa, la ragazza si alzò dirigendosi verso il bagno… una volta terminata la doccia, tornò in camera e indossò, non prima di aver cambiato le fasciature al braccio destro,  jeans blu scuro, una giacchina aderente azzurro cupo con chiusura alla russa dai tondi alamari ed i bordi di una sottile striscia oro, e decolleté blu. Fece così per uscire dalla stanza, quando un attacco di tosse, violento e roboante la colpì, tanto che dovette aggrapparsi con una mano allo stipite della porta, lasciandola con il respiro quasi simile ad un sibilo. Quando ritrasse la mano, l’orrore la prese: grandi macchie di sangue si stagliavano sul suo palmo, alcune talmente concentrate da assumere i toni del nero.
Dopo aver ripreso fiato, andò in bagno a lavarsi le mani ed a sciacquarsi la bocca, per poi dirigersi in sala, dove Ryuzaki la attendeva appollaiato sul divano.

RZ= Wow, come siamo eleganti! Quali sono i programmi per oggi?

CA= Un’entusiasmante giornata di lavoro… ecco cosa mi aspetta.

RZ= Vedrai Light stasera?

CA= Può darsi… perché?

RZ= Stai attenta Caroline… Light è un abile stratega... ed a volte è molto pericoloso.

CA= Che intendi dire?

Ryuzaki le pose davanti agli occhi un bicchiere colmo d’acqua.

RZ= Che cosa vedi qui dentro?

CA= Acqua…

RZ= Ecco, Light è così… un veleno senza colore.

CA= Credo riuscirò a cavarmela benissimo da sola…. arrivederci Ryuzaki.

Ed uscì.

 

Ti ho vista stare dietro a troppo rimmel,
dietro un’altra acconciatura,
eri dietro una paura
che non lasci mai…




***

“Allora, hai capito bene tutto quanto?”

“Si…non mi pare estremamente difficoltoso…”

“Infatti non lo è…”

“Sei veramente sicuro di volerlo fare?”

“Ho altra scelta?”

“Hai un’infinità di altre scelte…questa mi sembra la più estrema”

“Non ho più nulla da perdere… tranne scoprire la verità.”

“Non hai almeno del rimorso?”

“Amico mio…se c’è una cosa che ho imparato, è che se una cosa fa male, bisogna affrontarla subito, almeno il dolore finisce in fretta.”



***

Quella che non sei, quella che non sei non sei,
ma io sono qua e se ti basterà quella che non sei, non sarai
a me basterai…



Aveva appena parcheggiato la Gran Torino a circa due chilometri dall’SPK, ed una volta chiuse le serrature, si apprestò ad incamminarsi verso l’immenso grattacielo. Era quasi arrivata all’entrata, quando sentì una voce poco lontano da lei.

“Eccola eccola, la vedo! E’ lei, la riconoscerei tra mille! Si fermi qui!”

Guardandosi intorno, Caroline si accorse che la voce proveniva da dentro un taxi; sicura che si stesse riferendo a lei, si fermò ad osservare la vettura: scese velocemente dal sedile posteriore, una figuretta minuta e magrolina, alta all’incirca 155 cm, vestita elegantemente. La signorina aveva lunghi, lisci capelli castano-biondi con una frangetta pari che svelava due occhi dal verde chiarissimo simile alla giada; quando i suoi occhi incontrarono quelli di Caroline, aprendosi in un ampio sorriso, la ventiduenne rimase piacevolmente sorpresa.

CA= Non… ci posso… credere… (SORRIDENDO) AUDREY!!!

AU= Linne!

Le due ragazze si strinsero in un tenero abbraccio; la ragazza non era altri che la cugina diciassettenne di Caroline, Audrey Dunham. Dopodiché si sciolsero dalla stretta.

CA= Mio dio, quanto tempo che non ti vedo! Sei diventata bellissima!

AU= Oh, Linne, non sai quanto mi sei mancata!!! Sembra sia passato un secolo dall’ultima volta che ci siamo viste! Ehi, hai tagliato i capelli…. e li hai pure tinti di nero!! Stai benissimo!

CA= Grazie, ma che cosa ci fai qui?

AU= L’accademia di danza classica che frequento ha organizzato un tour di spettacoli in tutto il mondo! Quando ho saputo che una delle mete era Tokyo, non ci ho pensato due volte!

CA= E’ una sorpresa meravigliosa! Ti ha accompagnato zia Ruth?

AU= Purtroppo la mamma si è infortunata… ha una gamba rotta.

CA= Mio dio, come è successo? Ora sta bene?

AU= Oh, si non ti preoccupare, non è stato nulla di grave… è solo caduta mentre cercava di montare le tende da sola!

CA= Ma…allora chi ti ha accompagnato?

Troppo presa dal parlare con la cugina, Caroline non si era accorta che una seconda persona era scesa dal taxi, rimanendo educatamente in disparte; ma prima che Audrey potesse risponderle, la figura prese la parola.

 

“Ciao Caroline…”

Alzando lo sguardo oltre la ragazzina, Caroline fissò chi l’aveva salutata; quando mise a fuoco l’identità di chi aveva davanti, i suoi occhi si ridussero a due fessure.

CA= Mamma?!


***

“******? Sono *****”

“Alla buon’ora…ma che razza di persona sei?”

“Ho avuto molti contrattempi. Dimmi qual è la sua situazione.”

“Non buona.”

“Come sarebbe a dire?!”

“Quello che ti ho appena detto.”

“Non è possibile…”

“Sta morendo…”

Nell’udire quelle parole, il gelo.

“Morendo…?”

“Dobbiamo trovare qualcosa, o non arriverà alla fine del prossimo mese.”

“Non gliene parlare; non deve saperlo… ormai quello che è iniziato non può più fermarsi.”

“Farò come mi chiedi…anche se non hai la mia comprensione.”

“Non l’ho mai avuta, ed ora non credo che cambi qualcosa.”



***

C’è un posto dentro te in cui fa freddo,
è il posto in cui nessuno è entrato mai,
quella che non sei. *


Caroline rimase spiazzata; davanti a lei, vestita con cura, quasi perfetta… c’era sua madre, Janice Seyrig.
Era diversa da come la ragazza se la ricordava, ancora giovanile per essere una donna alla soglia dei cinquant’anni ed affascinante; portava i capelli castano-biondi in un ciuffo anni ’50 ed indossava un tailleur maschile grigio perla; curata in ogni minimo particolare, dagli orecchini ai bracciali, aveva truccato gli occhi castani con un sottilissimo filo di eye-liner e mascara. A Caroline sembrò di avere davanti una sconosciuta, una bella donna elegante e curata… ma sconosciuta. Quando parlò, la figlia trasalì.

JA= Caroline… i tuoi capelli…

CA= Non ci vediamo da cinque anni  e la prima cosa che hai da dirmi è sui miei capelli?

JA= Sembri diversa….

CA= Sono diversa.

JA= E sei incredibilmente magra…

CA= (IN TONO SERIO) Come stai, mamma?

JA= Bene…. Linne, noi dobbiamo parlare.

CA= Oh, si puoi dirlo forte… ma credimi, io dovrò solo ascoltare.

JA= Oggi non è il giorno adatto, tua cugina è appena arrivata e siamo molto stanche…

CA= La tua tattica non cambia mai… rimandare è il tuo sport preferito.

JA= Nessuna strategia… ti prometto che domani ne parleremo. Ora, perché mentre io vado in albergo, tu non porti Audrey un po’ in giro?

AU= Si, sarebbe una fantastica idea! Ti prego Linne, ti prego ti prego ti prego!

Caroline sorrise alla diciassettenne, accarezzandole il viso con una mano.

CA= E va bene…ma prima devo passare da dove lavoro.

JA= Noi ci rivedremo Caroline…

CA= Ciao mamma.

AU= Ciao zia! Riposati!!

E risalendo sul taxi, sparì alla loro vista.

CA= Seguimi tesoro… siamo poco lontane da dove lavoro.

Parlando del più e del meno, raccontandosi tutto ciò che avevano vissuto in questi anni di separazione, arrivarono davanti al grattacielo dell’SPK e vi entrarono, giungendo poi agli uffici di Near.

HA= Caroline, ma dove sei stata?! Ti credevamo persa!

CA= Halle, ti presento Audrey, mia cugina. Audrey, lei è Halle Lidner.

HA= (SORRIDENDO) Molto piacere.

AU= (C.S) Il piacere è mio!

Dopo Halle, Caroline presentò Audrey a Rester…

RE= Mamma mia, la vostra somiglianza è impressionante!

AU= Già, io e Linne ci assomigliamo molto per essere cugine J

…ed a Gevanni.

GE= Che cosa ti porta qui, Audrey?

AU= Sono qui per una serie di tour di danza classica in tutto il mondo… dalla zia ho saputo che Caroline era qui per lavoro e allora ho pensato di farle una sorpresa!

GE= Carino da parte tua!

Mentre Gevanni e Audrey chiacchieravano, Halle si avvicinò all’orecchio di Caroline, flettendo leggermente il busto verso sinistra.

 

HA= (SOTTOVOCE) Hai detto a tua madre che eri a Tokyo?

CA= Assolutamente no… e vorrei tanto sapere chi gliel’ha detto!

HA= Sta di fatto che ora tua madre è qui…

CA= Che bello…

HA= Che cosa hai intenzione di fare? Le dirai della malattia?

CA= Assolutamente no!


“Che cosa avete da chiacchierare in maniera così concitata?!”

Di colpo, dalla stanza accanto, comparve Near; se i suoi occhi non si soffermarono su Audrey nemmeno per un istante, la ragazza parve totalmente presa ad osservare  il ragazzo apparso davanti ai suoi occhi. Ne ammirò il viso aggraziato, gli occhi grigi e profondi e quei capelli così candidi e strani… un diciannovenne singolare, ma allo stesso tempo estremamente affascinante.

CA= Near! Ti presento Audrey, mia cugina.

Il ragazzo mosse appena qualche passo verso la ragazzina, che si sentì investita da una glaciale sensazione di inidoneità.

NE= Ah…Near.

AU= Piacere.

E gli porse la piccola mano; il ragazzo la guardò un secondo interdetto per poi rivolgersi verso Caroline.

NE= Caroline, L mi ha appena contattato.

CA= Oh. E…?

NE= E si è complimentato con me per la tua relazione su Kira.

CA= Mi fa piacere.

NE= Che cosa sta nascendo tra te e Light Yagami?

Se Caroline rimase spiazzata da quella domanda, lo mascherò egregiamente; sapeva per esperienza che con Near è sempre meglio non mostrarsi vulnerabili.

CA= Che vorresti dire?

NE= Che se con Mello ho lasciato correre, con Yagami non sono disposto a tollerare.
Mello non costituiva un ostacolo alle nostre indagini, anzi… ma Yagami è il nostro avversario e tu non puoi amoreggiare con lui.

CA= Mi stai minacciando?

NE= Ti sto solo mettendo in guardia… e proteggendo da un gioco molto pericoloso.

CA= Quando avrai terminato di usare le persone come pedine e di considerarle solo come vuoti involucri di carne, allora potrai parlare di protezione…. Nate.

La pronuncia del vero nome di Near da parte di Caroline, lasciò il ragazzo impietrito come il resto dei presenti. Nel proseguo del discorso, la voce della ragazza diventò più tagliente di una lama.

CA= In questi ultimi tre giorni passati a Venezia, ho scoperto più cose su di me e su di te di quanto tu possa immaginare… ma non preoccuparti, per me resterai sempre “Near”.

Gli voltò la schiena e si incamminò verso l’uscita, seguita da Audrey, mentre Near rimase immobile in piedi al centro della stanza.

NE= Caroline!

La ragazza continuava ad avanzare.

NE= Caroline! Torna qui immediatamente!

Una volta che fu uscita, incurante dei suoi richiami, Near comprese che Caroline aveva scoperto tutto quello di cui lui era già al corrente da anni; conoscendo il suo carattere, sapeva che il fatto di esserne stata tenuta all’oscuro per tutti questi anni le bruciava in maniera inimmaginabile.

Loro avevano lanciato la pietra, le acque si erano mosse, reazioni a catena stavano scaturendo… e Caroline non avrebbe più potuto essere fermata nella sua ricerca della verità.

NE= Che cosa abbiamo fatto…


***

“E’ arrivata?”


“Si mio signore…”


“Bene…la osservo da mesi… è perfetta.”


“Attendiamo i suoi ordini,padrone…”


“Al momento opportuno vi dirò cosa fare…”


***


AU= Scusa, ma Near è sempre così?

CA= No… a volte è anche peggio.

AU= Che bello… -_-‘

Camminavano per le strade di Tokyo, tranquille, senza pensieri tumultuosi per la testa.

AU= La zia mi ha detto… di Rachel.

CA= Già…

AU= Linne credimi, avrebbe voluto venire al funerale, ma la mamma si è infortunata proprio in quei giorni! Però mi ricordo che quando l’ha saputo, ha detto una cosa strana…

CA= Cosa ha detto?

AU= “Morgana non c’è più… ora il mondo è nelle mani di Nimue.”

CA= (IRONICA) Hai capito l’adorabile mammina…

AU= Cosa volevano dire quelle parole?

CA= Un giorno te lo spiegherò…

“Caroline!”

CA= Light!

Il ragazzo abbracciò Caroline dandole un piccolo bacio sulla guancia.

LI= Certo che è strano… migliaia e migliaia di abitanti e noi  ci ritroviamo sempre!

CA= Già… a proposito, non ti ho ancora presentato mia cugina… Audrey, questo è Light Yagami.

AU= Molto piacere…

LI= (FACENDOLE IL BACIAMANO) Il piacere è mio… la vostra somiglianza è sbalorditiva… la bellezza è uno dei doni della vostra famiglia a quanto pare.

AU= Oh, ehm…grazie!

Caroline sorrise nel vedere la cugina salutata in modo così galante da un bellissimo ragazzo; Audrey però, si riprese subito.

AU= Ehi, avete qualcosa da fare stasera?

CA= Ehm… non credo proprio…

LI= Nemmeno io.

AU= Beh, allora potreste venire a vedere il mio spettacolo, stasera alle 21:30 al teatro dell’opera! Tenete, ecco i biglietti!

Audrey porse alla cugina due rettangolini plastificati color crema, scritti con calligrafia dagli eleganti svolazzi.

CA= Audrey…

AU= Dai Linne, non preoccuparti! Ci tengo davvero che tu venga a vedermi!

CA= Allora ci sarò… Light?

LI= Nessun problema per me… se riuscissi a passare da me un po’ prima sarebbe meglio…

CA= Perché?

LI= Te lo dirò quando sarai da me… Ciao Caroline… Audrey.

Quando se ne fu andato, Audrey si girò verso Caroline con un sorriso a trentadue denti.

CA= Avanti, spara….

AU= Linne, è meraviglioso!!!!!! E’ bellissimo e insieme siete la coppia perfetta! Light è attraente, intelligente, galante e…

CA= Va bene, va bene, va bene Rossella O’Hara, frena gli entusiasmi da romanzi rosa! Tu non dovevi andare a teatro per le prove?!

AU= Oddio, è vero! Che ore sono?!

 

CA= Le 10:45!

AU= Arrgh, sono in ritardo! Dobbiamo muoverci!

CA= Vieni, prendiamo la mia macchina, a piedi non ce la farai mai ad arrivare in orario.

E si avviarono verso l’auto.


***

 

Quando il destino decide di prendersela con te, c’è ben poco da fare. Li aveva visti per caso, uscendo da un negozio… lei, Yagami ed una ragazzina di cui non conosceva l’identità. Nel vederli,una fitta lancinante l’aveva preso allo stomaco ed anche in quel momento doveva sforzarsi con tutto se stesso per non saltare in macchina e seguire quella Gran Torino che camminava spedita per il traffico.

Proprio quando sembrava essere riuscito a riemergere dallo sconforto del suo abbandono, lei gli ricompariva davanti più bella e fulgida che mai.

***

Ore dopo…

Era davanti al suo portone, fissando il campanello che pareva sussurrare “suonami, suonami, suonami”; inspirando profondamente, si decise a premere quel maledetto bottoncino d’ottone e, dopo pochi istanti, a vedersi aprire la porta da un angelo in jeans e T-shirt grigia.

LI= (SORRIDENDO) Buonasera signorina…

CA= Buonasera anche a lei…

La fece entrare, per poi richiudere delicatamente la porta; dopodiché la raggiunse e l’abbracciò.

LI= Mi sei mancata…

CA= (SORRIDENDO) Ma se ci siamo visti poche ore fa!

LI= Lo so… ma là non potevo certo fare questo…

E la baciò. Un delicato, dolce e terribilmente sensuale bacio a stampo.

CA= Ahh… è per questo che ti sono mancata…

E sorridendo ricatturò le labbra maschili. Dirigendosi verso la camera ancora uniti dal bacio, cominciarono a spogliarsi delicatamente l’un l’altro; ed una volta spogliati, non ci altro spazio che per loro.

***

“Il signor Levi?”

“**** suppongo…”

“Supposizione esatta. Avete creato un mostro.”

“Io non ho creato nulla.. ho solo riportato alla luce la persona che è stata destinata ad essere.”

“La vostra ossessione la metterà in pericolo.”

“La vostra ossessione l’ha portata a questo! Voi avete voluto celare tutto quanto!”

“Il mio protetto mi ha contattato… sarà pronta a tutto pur di sapere la verità.”

“E voi lasciate che la scopra… troppe cose si sono mosse per poterle nascondere.”


***

Erano seduti sul letto, abbracciati, la schiena contro la testiera e le gambe intrecciate. Caroline aveva indossato una camicia di Light, mentre il ragazzo dei semplici pantaloni di una tuta; cullata dalle carezze sulla nuca che Light le regalava, Caroline aveva poggiato il capo sulla spalla del ragazzo.

CA= Devo andare a casa… lo spettacolo di Audrey è tra un’ora e non ho niente da mettermi, qui!

Prima di risponderle, Light la baciò sulla fronte.

LI= Veramente ci sarebbe il mio regalo di Natale…

CA= Natale?! Ma mancano settimane!

LI= Beh, ho voluto giocare d’anticipo… aspetta qua.

Alzandosi da letto, aprì l’anta dell’armadio per poi poggiare sul letto una grossa scatola con una coccarda bianca sul coperchio; la ragazza si avvicinò al pacco, rimanendo in ginocchio al centro del giaciglio.

LI= Su… aprilo.

Caroline sollevò il coperchio della scatola, e dopo aver scostato due lembi di carta velina, ebbe tra le mani l’abito più bello che avesse mai visto.

CA= Light… è stupendo.

L’abito consisteva in un tubino lungo appena sopra il ginocchio, di seta nera e senza spalline; sotto il seno vi era una striscia orizzontale di seta color cipria, concludente a destra in un piccolo fiocco.

CA= Grazie… è meraviglioso!

LI= Nella scatola ci sono anche le scarpe… ora va a farti una doccia, perché non vedo l’ora di vedertelo indosso!

Ringraziandolo con un bacio, Caroline corse sotto la doccia. Durante il turno del ragazzo, indossò l’abito e le scarpe, rimanendo davanti allo specchio ad osservarne la bellezza e l’eleganza.

LI= Allora, ti piace?

La ragazza girò il capo verso destra e la visione che ebbe davanti agli occhi, le fece tremare le ginocchia: Light aveva adottato un abbigliamento totalmente nero, composto da pantaloni, maglia aderente a collo alto e giacca.

CA= Bellissimo…

LI= (SORRIDENDO) Chi, io o il vestito?

CA= Entrambi.

LI= Manca ancora qualcosa…

Così dicendo, le andò dietro la schiena per poi cingerle delicatamente la cervice con una collana meravigliosa: una sottile catenina d’oro bianco portava come ciondolo uno splendido smeraldo, delle dimensioni di una mandorla, tagliato in forma ovale ed incastonato in un’ “armatura” d’oro bianco. Caroline lo accarezzò con la punta delle dita, quasi timorosa di poterlo incrinare.

CA= Mio dio…

LI= Ecco, ora è perfetto…

CA= Light… è bellissimo.

LI = Lo cercavo dello stesso colore dei tuoi occhi… ma non esiste nessuna pietra di colore simile…

CA= (GIRANDOSI VERSO DI LUI) Grazie… è stupendo…

LI= Tu sei stupenda…

E si riunirono in un altro bacio.

LI= Dovremmo andare… allora, come sto?

CA= Sei bellissimo… come sempre.

Si avviarono verso l’uscita, e mentre Light aiutava galantemente la ragazza ad infilarsi il piccolo cappotto nero…

LI= Caroline…

CA= Si?

LI= Nel mio lavoro ho dovuto mentire molto, inventarmi storie per proteggere gli altri oltre che me stesso… ma quello che sto per dirti è la verità più assoluta.

CA= Va bene… cosa devi dirmi?

LI= Ti amo… e ti amo come non ho mai amato nessuna…

CA= Nemmeno… Takada?

LI= Nemmeno Takada.

Presa da quelle parole, Caroline lo baciò nuovamente, con più passione, con più trasporto… si disse che forse tutte quelle idee di Near su Light fossero solo pregiudizi, o rancori dal momento che il vero L era morto accanto a lui. Quando si staccarono. lo accarezzò dolcemente in viso.

CA= (SORRIDENDO) Ora però dobbiamo muoverci… o arriveremo in ritardo!

Mosse qualche passo verso l’uscita, quando Light…

LI= Ehi,smemorina… non dimentichi niente?

E mentre Caroline girava lo sguardo intorno, lo vide sventolare a mezz’aria la sua borsetta.

CA= Oh, già è vero! Grazie mio cavaliere…

Ed afferrando la pochette dalle mani maschili, uscirono definitivamente… ma non prima che Caroline si concedette di osservare un’ultima volta lo smeraldo che ornava il suo collo.


***

Arrivarono che il teatro era già gremito di gente, ma grazie ai biglietti che Audrey aveva dato loro, riuscirono a trovare i loro posti con estrema facilità; quando arrivarono, mille sguardi, che andavano dalla tenerezza nel vedere una coppia così giovane e bella all’invidia sia maschile che femminile, si catapultarono su di loro; le donne scrutavano sia Caroline, sia il superbo smeraldo che brillava tra le sue clavicole, sia Light con un misto di invidia e adorazione. Gli uomini parevano mangiarsi con gli occhi quel bellissimo folletto dai corti capelli neri e dalla pelle nivea, sospirando quasi di sconforto per il fatto che tanta magnificenza fosse già stata donata a qualcuno. Ma fu quando Light fece il baciamano a Caroline, prima di farla accomodare nella poltroncina color rosso sangue, tenendole sempre le dita, che il pubblico femminile ebbe quasi un istinto omicida verso la giovane donna. Quei due ragazzi erano talmente belli assieme da sembrare quasi inquietanti, due superbe statue di Fidia o Antonio Canova, rese vive dall’alito divino.
Una volta seduto, Light intrecciò la sua mano a quella di Caroline e flettendo leggermente il busto, le sussurrò alle orecchie:

LI= Sembra che abbiamo suscitato una discreta sommossa al nostro arrivo… non facevano altro che guardarci…gli uomini ti mangiavano con gli occhi.

CA=(SORRIDENDO)…e le donne parevano pronte a saltarti addosso…ma lascia che guardino, perché non possono fare altro.

LI= Alcune sembravano molto interessate a ciò che porti al collo…

CA= Credimi, se non fosse che è al mio collo, anch’io lo guarderei così… questo smeraldo è semplicemente magnifico.

Non continuarono oltre la loro chiacchierata, dal momento che lo spettacolo ebbe inizio; sulle note dello “Schiaccianoci”, Caroline individuò subito la cugina che poi indicò al compagno che, per tutta la durata della rappresentazione, non lasciò la sua mano. In quel momento, in quell’angolo di vita normale, Caroline parve dimenticarsi di tutti i suoi affanni: la tubercolosi, Kira, Mello, la profezia, Rachel e la madre… tutto parve scomparire magicamente, come risucchiato in un vortice lontano dal quale non sarebbe mai tornato… si sentiva come una semplice ventiduenne a fianco di un uomo innamorato di lei con il quale, forse, avrebbe avuto un futuro.

In quel momento, si sentiva felice.


Dopo altre due ore, l’opera volse al termine, permettendo ai ballerini di tornare sul palcoscenico per godersi gli applausi; alzatisi in piedi come tutti gli altri, Caroline e Light acclamarono il corpo di ballo ed in particolare Audrey, che con gli occhi aveva cercato,e trovato, la cugina. Al calare del sipario, la gente cominciò ad incanalarsi verso l’uscita.


LI= Dovresti andare da lei, ne sarà felice!

CA= Si, hai ragione… mi accompagni?

LI= Certamente! Ops, scusa un attimo…

Il cellulare di Light aveva cominciato a squillare, costringendo il ragazzo a rispondere.

LI= Và pure, ti aspetto all’uscita…

CA= Ok, ci vediamo là!

Entrando nei camerini, Caroline notò che la stessa reazione che gli uomini e le donne della platea avevano avuto al loro arrivo, si stava ripetendo anche dietro le quinte del palcoscenico: le ballerine osservavano il suo abito come il suo smeraldo, i ballerini invece parevano avere più interesse per ciò che era dentro l’abito. Sgomitando per il tumultuoso via vai di etoile, costumisti e scenografi e chiedendo un po’ a tutti, riuscì ad arrivare al camerino di Audrey; trovò la cugina darle la schiena, seduta davanti ad un mobile toilette dall’immensa specchiera. Appena la diciassettenne scorse il riflesso di Caroline dietro di sé, si girò aprendosi in un enorme sorriso.

AU= Allora? Come sono stata?

CA= Semplicemente magnifica…

Si abbracciarono ridendo.

CA= Tesoro, sei stata bravissima! Un vero trionfo!

AU= Oh, grazie! Grazie grazie grazie!

Quando si sciolsero dalla stretta, Audrey osservò per una attimo la cugina maggiore.

AU= Mio dio, sei bellissima… questo vestito è una favola, e… O MIO DIO!

CA= Che c’è?!

AU= (ENFATICA) Quello…è… UNO SMERALDOOOOO!!!!! Te l’ha regalato Light?!?!?

CA= Ehm…si. Come l’abito….

AU= Ti ha regalato un abito che in America ti costerebbe duemila dollari e uno smeraldo su dell’oro biancoooooo?!?!?!!?

CA= Ehm… si.

AU= WOW! Linne, non fartelo scappare, quello è da sposare!!!! E di corsa! Tramortiscilo e portalo in chiesa, io lo tengo fermo e tu lo colpisci!

CA= (RIDENDO) Calma romanticona… non siamo nemmeno fidanzati o chissà che altro!

AU= Lo baci?

CA= (IMBARAZZATA) Si…

AU= Ci vai a letto?

CA= AUDREY!

AU= Avanti, mica sono nata ieri! Allora?

CA= Affermativo…

AU= E’ sufficiente.

CA= Dov’è andata a finire l’ingenua ragazzina tutta Barbie e romanzi rosa?

AU= La tua macchina del tempo si è fermata al 2004, quando avevo dodici anni… sveglia, sono cresciuta!!!

CA= (IRONICA) Che gioventù…

AU= Bruciata? :)

CA= Altro che bruciata… carbonizzata!!!

E cominciarono a ridere; ilarità che venne presto interrotta.

“Chi è il tuo accompagnatore?”

Il sorriso morì sulle labbra di Caroline.

CA= Ciao mamma…

AU= Oh zia, dovresti vedere quant’è bello! Le ha regalato quello splendido abito che indossa e, guarda, questo meraviglioso smeraldo!

La madre riservò allo smeraldo della figlia, la stessa attenzione che si potrebbe dare ad una collana di perline di pasta di sale.

JA= Un compagno veramente magnanimo… qual è il suo nome?

CA= Light… Light Yagami.

Per un breve lasso di tempo, nel sentire quel nome la madre di Caroline si irrigidì.

 

JA= Quanti anni ha?

CA= Se ti preoccupa il fatto che possa uscire con ragazzi più giovani, rilassati… ha ventitré anni.

JA= E’ molto bello… e sembra veramente preso da te, non ti ha lasciato la mano nemmeno per un istante…

CA= Tu ci hai visti?

JA= Ero in prima fila, come potevo non vedervi?

CA= Fantastico…

JA= Beh, senz’altro mi sembra molto più affidabile di quella sottospecie di punk nostalgico per cui ti eri invaghita…

A quelle parole, Caroline si contrasse, stringendo i pugni talmente forte da far sbiancare le nocche.

CA= E tu come diavolo fai a sapere di Mello?!

JA= So più cose di te, Caroline…

CA= Ah, quello senz’altro, visto che non ti sei fatta scrupolo di tenermi nascosta circa metà della mia esistenza! Ma non ho voglia di rovinarmi la serata per te, riparleremo di tutto questo… ma non provare mai più a tirare fuori Mello. (AD AUDREY) Buonanotte Audrey, ci sentiamo domani.

AU= Notte Linne… a domani.

Mentre usciva da dietro le quinte, avvertì il telefono vibrare dentro la pochette.

CA= Pronto?

“Signorina Hale?”

CA= Si, sono io,chi mi desidera?

“Sono Misa Amane. La chiamo perché devo chiederle un favore riguardo al nostro incontro.”

CA= Si, certo… ma ti prego, dammi pure del tu.

“E’ un problema se posticipiamo l’orario del nostro incontro, anziché delle 16:00 alle 23:45?”

CA= Oh, ehm…no, nessun problema!

“Bene, allora ci vediamo alle 23:45 di domani al MoonBlood, io penserò a farti entrare senza dover aspettare.”

CA= Ma io non so dov’è questo locale!

“Basta chiedere al tassista, dolcezza… tutti sanno dov’è il MoonBlood.”

CA= Ehm… ok.

“Ah, un’ultima cosa…vestiti elegante e sexy, ci tengo a far vedere che le persone che incontro non sono gente qualunque…”

CA= Va bene… O.o

“A domani sera bambolina…”

CA= A domani…

E chiuse la telefonata, incamminandosi nuovamente verso l’uscita.

CA= (PENSANDO) Certo che ce n’è di gente strana al mondo… ora pure gli idol! Sarò una macchina attira- balordi?


Non si dilungò oltre; Light stava aspettandola ed insieme si diressero verso casa.


***


Tokyo, ore 23:42

Il taxi l’aveva appena lasciata davanti all’ingresso del locale, riconoscibile soltanto da un insegna a forma di mezzaluna rosso sangue. In conformità a quello che le aveva chiesto Misa, si era vestita con una minigonna di velluto nero, una maglia maniche lunghe dallo scollo a barca e totalmente scollata sulla schiena, collant e stivali neri dal tacco alto.

CA= (PENSANDO) Eccoci qua… dio, se ripenso allo sguardo del tassista, mi verrebbe da non entrare!

Quando Caroline aveva definito la propria destinazione, il conducente dell’auto l’aveva guardata come se avesse davanti una depravata o una scambista; dopodiché, l’aveva accompagnata al posto desiderato ed una volta fatta pagare e scendere, era partito a tutta velocità, come se quel posto fosse un girone dantesco dell’inferno.

CA= Su… ora che abbiamo fatto trenta, facciamo anche trentuno no?

Si avviò verso l’entrata del locale, che si apriva su una scalinata illuminata solo da piccoli candelabri a due braccia attaccati al muro; osservandoli, la ragazza si accorse che i piccoli candelieri avevano fattezze maschili e femminili, intrecciati in chissà quali amplessi, con le braccia che reggevano i ceri.

CA= Ok, credo di aver capito perché il tassista ha fatto quella faccia….

Terminata la scalinata, segno inequivocabile che il locale si snodava sottoterra, svoltò a destra, per arrivare davanti ad un piccolo arco gotico scolpito nella pietra, coperto da un pesante tendaggio color porpora; davanti a questo, una montagna d’uomo sui 30 anni, in giacca e cravatta… probabilmente il buttafuori. Caroline gli si avvicinò timidamente.

CA= Buonasera. Io…

UOMO= La signorina Hale?

CA= Ehm… si. Devo incontrare…

UOMO= Venga, la signorina Amane la sta aspettando.

CA= (PENSANDO) Io invece aspetto con ansia il momento che qualcuno mi faccia almeno finire la frase che comincio!

Scostando la tenda con un piccolissimo fruscio, l’uomo la fece entrare nel locale. Caroline venne avvolta dal buio, rischiarato soltanto da una luce rosso sangue, di un luogo gremito di gente: chi beveva seduto ai tavoli, chi ballava, chi guardava adorante belle e giovani ballerine di lap-dance inguainate in costumi piuttosto succinti.
Si trovava  in mezzo a una massa brulicante di gente che si attorceva in quella che si poteva definire una Danza Macabra… ragazze, ragazzi che quella notte si sarebbero conosciuti sommariamente per poi andarsi ad avvinghiare in una squallida toilette del locale; perfetti sconosciuti che dopo quell’unione, per natura atta a conoscere, lo divenivano ancora di più. Camminava facendosi largo tra la gente a forza di gomiti, sentiva gli sguardi ardenti e viziosi dei ragazzi che si posavano sul suo viso e sul suo corpo… Caroline  sapeva bene che ciò che volevano conoscere era solo una parte molto ben precisa e definita del suo fisico; per il resto, che fosse  Biancaneve o Elisabeth Bathòry poco importava.

Nei salottini, Caroline poté scorgere anche coppie, sia etero che omosessuali, lasciarsi andare in effusioni decisamente poco caste, complici forse i miasmi dell’alcool che scorreva a fiumi, e della droga, della cui presenza la ragazza era certa. Non era una puritana, né certamente una bacchettona, ma quella situazione ambigua, con quella sfumatura di perversione e trasgressione, non la faceva sentire a suo agio; mentre camminava attraverso quella fiumana di gente, per raggiungere il luogo indicatole dal buttafuori, un ragazzo dal volto coperto da un cappuccio, probabilmente ubriaco, le andò addosso, aggrappandosi ai suoi fianchi per non cadere e per evitare di versarle addosso il drink che stava bevendo.

RAG= Oh, scusa bellezza!

CA= Niente, non preoccuparti… ti sarei più grata se togliessi la tua mano dal mio fianco!

RAG= Oh, si si si, scusa tanto dolcezza!

CA= Và… e vedi di controllarti! Se vuoi ubriacarti, almeno fallo senza danni per gli altri!

Il ragazzo scomparve alla sua vista, inghiottito dalla ressa; fortunatamente era arrivata a “destinazione”; saliti due gradini, scostò una seconda tenda, più piccola della precedente, e si trovò in un salottino arredato con poltrone, divani e tavolini in stile Luigi XIV. Sul divano principale, Misa Amane, in un abito che Caroline non riusciva a capirne la forma, tant’era pieno di spacchi e strappi nei punti cruciali del corpo.

MI= Ciao, Caroline! Allora sei arrivata!

CA= Si, ci ho messo un po’ per attraversare tutta quella marea di gente, ma sono qui…

MI= Vieni, mettiti comoda!

La ragazza si accomodò su una delle poltroncine, guardando Misa negli occhi.

MI= Dal tuo sguardo, deduco che tu voglia andare subito al sodo… bene, mi piacciono le ragazze decise!

CA= Tu… conoscevi Light Yagami?

Al nominare il nome del ragazzo, Misa Amane si ombrò; l’abbandono da parte sua le bruciava ancora come il fuoco.  

MI= Intendi quello che mi ha portata a letto per due anni per poi lasciarmi in favore di una sgallettata presentatrice TV, anche più vecchia di lui?

CA= Kyiomi Takada è più vecchia di Light?

MI= Oh, si! Non di molto, solo uno o due anni, ma l’ha ammorbato per bene tra lezioni all’università e chissà cos’altro!

Sull’osservazione che Takada avesse ammorbato Light, Caroline ebbe delle riserve; non si fece però sfuggire il particolare dell’università.

CA= Andavano all’università assieme?!

MI= Stessa facoltà; siccome Light era molto avanti e ben preparato, decisero di farlo accedere direttamente al secondo anno, dove ha incontrato “quella”…

CA= (PENSANDO) Quindi Takada e Light si conoscevano già da molto tempo prima di tutto questo… ed ora,mentre hanno intrecciato una relazione, lei è la portavoce di Kira… ovviamente questo non basta a dire che Takada o Light siano Kira, ma tutte queste informazioni non sono da scartare…

Mentre era persa in quelle elucubrazioni, non si accorse che Misa stava fissando il ciondolo che portava al collo con particolare interesse.

MI= Bella collana…

CA= Grazie…

MI= Te l’ha regalata lui, vero?

CA= Si…

MI= Posso osservarla?

Al consenso di Caroline, Misa le si avvicinò, sollevando lo smeraldo dalla sua pelle e poggiandolo sul proprio palmo per osservarlo meglio.

MI= Un vero smeraldo… montato su oro bianco…. veramente pregevole. A quanto pare, ragazza, gli piaci particolarmente.

Mantenendo il viso leggermente alzato, Caroline si rese conto che lì dentro lei e Misa avevano una cosa in comune… entrambe avevano, o stavano, attraversando una relazione con lo stesso uomo. E l’incontro tra la vecchia e la nuova amante, non era una delle situazioni più piacevoli da vivere.

Ad un tratto rabbrividì: Misa stava delineando il profilo del suo collo con la punta del naso.

MI= Mmmmh… hai un buon profumo… e ancora quello di Light addosso…

Ridacchiando Misa si scostò leggermente.

MI= Tranquilla bambolina, non ci sto provando… hai altro da chiedermi?

CA= Tu… sei stata indagata come secondo Kira, vero?

MI= Ancora con questa storia?!?!? Lo ripeto, e l’avevo già detto a quel tizio strambo che mi aveva arrestata, io non ne so nulla di Kira o chissà cosa!

CA= Quel.. “tizio strambo”?

MI= Ma si, uno magro sfinito, con le occhiaie, leggermente curvo, dall’aria di un morto che cammina!

CA= (PENSANDO) Ryuzaki?!?!?! Quando torno a casa mi deve spiegare un bel po’ di cose, il signorino Casper! (A MISA) Con che accuse eri stata arrestata?!


MI= Con quella di essere addirittura il secondo Kira! Ma figuriamoci!

CA= (PENSANDO) Sembra essere sincera nell’affermare che non sa nulla… ma possibile che abbia un buco di memoria che copre tre anni?!

MI= Oh, ma che sbadata, non ti ho neppure offerto da bere! Rimedio subito!

Alzandosi, si diresse verso il mobile bar del salottino, e dopo aver armeggiato con bottiglie e bicchieri per qualche minuto, tornò da Caroline con due bicchieri colmi di liquido verde smeraldo; sopra l’orlo di ciascun bicchiere, era poggiata una piastrina su cui una zolletta di zucchero era avvolta da fiamme bluastre.

MI= (PORGENDOGLIENE UNO) Tieni… scommetto che non l’hai mai bevuto.

CA= Che cos’è?

MI= Assenzio… la bevanda della Fata Verde, l’elisir di bohemièn ottocenteschi…

CA= Oh… ma ora come lo devo bere senza, possibilmente,ustionarmi la bocca?

MI= Lascia che la zolletta di zucchero sia caramellata, e poi scioglila dentro al liquore…

Obbedendo alle direttive di Misa, Caroline dopo aver lasciato sciogliere lo zucchero, bevve il liquido smeraldino.

Ma tubercolosi ed assenzio, non sono un binomio fortunato.... Caroline cominciò a sentire i suoi polmoni sempre più pesanti, mentre la testa  le girava come una trottola; nel contempo, Misa si era alzata porgendole la mano.

MI= Vieni tesoro… abbiamo chiacchierato abbastanza. Ti accompagno all’uscita.

Caroline però era irrigidita, le immagini arrivavano ai suoi occhi sfalsate e rallentate, non riusciva a controllare pienamente i movimenti e gli input del suo corpo e del cervello.

CA= Che… cosa… hai messo… nella bevanda?

Quando Misa le rispose, lo fece con la voce più candida di quella di una bambina di 6 anni.

MI= Solo qualche goccia di mescalina… non preoccuparti, non ti ucciderà…

CA= Mescalina?!?!?! (TRA SE E SE) Merda, il farmaco del Trial! Se interagiscono sono morta!

MI= Tranquilla… tra due ore sarà tutto finito… vieni con me; (VEDENDO CHE CAROLINE SI OSTINA A VOLER ALZARSI DA SOLA) e se non vuoi sfracellarti per terra, afferra la mia mano.

Costretta dal difetto delle percezioni, Caroline fu costretta ad afferrare la mano della ragazza, che facendole attraversare tutta la folla precedentemente incontrata, la portò davanti alle tende dell’uscita. Nell’attraversare il locale, Caroline rivide quel ragazzo incappucciato che pochi minuti prima le era andato addosso; il suo viso, ancora ammantato dalla stoffa, era invisibile, riducendosi solo ad un inquietante macchia nera. Ma la stava guardando. Caroline sentiva il suo sguardo addosso.

MI= E’ stata una bella chiacchierata… buonanotte Caroline.

Prima che Caroline potesse rispondere, Misa la sorprese con qualcosa di insolito ed inaspettato… qualcosa che non avrebbe saputo prevedere.

La stava baciando.

E lei, dopo un momento di sconcerto, cominciò a ricambiare.

***


La sua schiena andò a finire contro ad una parete, dopo aver arretrato per parecchio.

Nessuna via di scampo.

Venne imprigionata nella sua stretta, quando con le braccia le cinse la vita in modo da tenerla ferma. Sentiva il suo respiro affannoso quanto il proprio, mentre lentamente si muoveva sinuosa per tenerla ancora più stretta a lei.

Le bocche che si incontravano, cercando i reciproci sapori, le mani che vagavano sui suoi fianchi e sulla schiena.

Le labbra di Misa lambivano il suo collo, le sue spalle, il piccolo incavo tra i seni, mentre le mani andarono ad accarezzare le magre cosce di Caroline.

Quando però le piccole mani della bionda cominciarono a spostarsi verso l’interno, Caroline parve rinsavire.

CA= No!

La spostò delicatamente, incontrando i suoi occhi. Alla luce sanguigna del locale, Misa rassomigliava ad un demone senza tempo, ad un nero angelo caduto.
Portandosi una mano alla bocca per la sensazione crescente di nausea, mormorò:

CA= Io… me ne devo andare… devo andare… devo andarmene da qui.

E scappò via, su per la scala, correndo finché l’aria gelida della notte non incontrò di nuovo il suo viso; il farmaco stava cominciando ad avviare la reazione collaterale con la mescalina. Priva quasi di forze, con la testa annebbiata e la nausea crescente, si accasciò contro il muro dell’edificio, il respiro corto e ridotto ad un sibilo.

Ogni volta che respirava, le sembrava che i polmoni venissero infilzati da migliaia di aghi; un violento attacco di tosse la prese, lasciandole un rigagnolo di sangue nell’angolo della bocca, a cui poi seguì una fitta lancinante allo stomaco.

Si piegò in avanti, e vomitò un liquido biancastro mescolato a sangue.

Quando si tirò su, sentì il suo corpo pervaso da brividi e sudori freddi, mentre la vista le si faceva sempre più annebbiata.

CA= (FLEBILE) Merda…

Sentì le forze venirle meno, non potendo far nulla per impedirsi di accasciarsi rovinosamente al suolo; ma proprio nel momento in cui avrebbe dovuto esserci l’impatto con il duro asfalto, sentì che due esili, calde braccia l’afferrarono saldamente, per poi tenerla a mo di principessa delle fiabe.

"Non preoccuparti tesoro… ora ti porto a casa.”

Rovesciando il capo all’indietro, perse i sensi prima di poter vedere chi l’aveva salvata.


***

 

Quando si risvegliò, era pomeriggio inoltrato, basandosi sui raggi del sole che filtravano caldi ed intensi dagli spiragli della tenda. Cercando di ignorare la sensazione di avere un dirigibile al posto della testa, spostò lo sguardo sulla poltroncina posta davanti alla finestra, occupata dalla magra figura di un individuo che lei ben conosceva; appollaiato sulla poltrona, a torso nudo e con una PSP in mano… c’era Matt.
Si guardò, e vedendosi vestita solo della maglia a righe rosse e nere del ragazzo, non poté non sorridere.

MA= Buongiorno, raggio di sole!

CA= Buongiorno…

Matt si alzò dalla poltrona, per andarsi a sedere accanto a lei, sul bordo del letto; vedendo che la ragazza guardava in successione prima la maglia da lei indossata e poi il petto nudo del ragazzo, la anticipò.

MA= (SORRIDENDO) Tranquilla, non ho approfittato di te mentre eri svenuta o dormivi, se è questo che ti preoccupa… ti ho solo spogliato dei vestiti e messo qualcosa di più comodo, cercando di toccare e guardare il meno possibile! J

CA= Grazie…

MA= Bella collana… chi te l’ha regalata?!

CA= Ah, lascia perdere… ehi!

Vedendo che Caroline stava cercando di alzarsi, Matt la spinse giù delicatamente.

MA= Ah-ah-ah no no no, non ci provare! La flebo è ancora a metà, e tu te ne stai buonina lì finché non finisce.

Osservandosi l’incavo del gomito sinistro, quello non coperto dalle bende, si accorse dell’ago comunicante ad un tubicino collegato a sua volta ad una sacca di liquido trasparente.

CA= Che cos’è?

MA= Ehm… antibiotici e qualcosa che fa l’effetto della dialisi se non mi ricordo male… te l’ha messo il medico.

CA= Il dottor Kishimoto è venuto qui?!

MA= Beh, a meno che io non abbia preso una laurea in medicina in ventiquattr’ore… comunque si, l’ho chiamato io.

CA= Che cosa ha detto?

MA= Che la malattia sta peggiorando… si sta rivelando più forte del previsto e che dovrà aumentare le dosi del farmaco del Trial…

CA= Maledizione…

MA= Caroline… la tubercolosi… come hai fatto a prenderla?

CA= Quando sono scesa nella catacomba… ero debole dall’epidemia e le polveri hanno fatto tutto il resto… ma parlando d’altro, per quale motivo eri davanti a quel locale ieri sera?

MA= Ehm…io… veramente…

CA= Oddio, non dirmelo… Mello era laggiù? (VEDENDO CHE MATT ANNUISCE) Santo cielo… era il ragazzo con il cappuccio, quello che mi è venuto addosso!!!! Era così vicino…così vicino, e io non l’ho riconosciuto! Avrà visto anche tutto quello che è successo con Misa, oh! Penserà che sono una depravata!

Matt infilò una mano nella tasca dei jeans, e tirò fuori una specie di piccolo tappo delle dimensioni di un chicco di grano.

MA= Se scopre che te l’ho fatta vedere mi ammazza… ma ti voglio bene, e non me la sento di nascondertelo…

Allungò la mano verso la ragazza, che ne osservò il contenuto; dopodiché cercò i fulgidi occhi verdi del ragazzo.

CA= Una microspia con microfono… ecco perché mi ha messo una mano sul fianco fingendo di cadere… per fissarla.

MA= Ha sentito tutto quello che tu e Misa Amane vi siete dette… compresa la faccenda della collana…

CA= Oh no… come ha reagito?

MA= Ha fatto finta di nulla… ma io lo conosco molto bene, e mi accorgo di quando simula… era distrutto.

Caroline abbassò lo sguardo,  cominciando a mugolare.

CA= No…no, non volevo andasse così…

MA= Caroline, so che non è colpa tua, che non vuoi fare del male a Mello… ma lui è fatto così… e tu sei diventata il suo tormento continuo… ti ama, e questa cosa lo spaventa… starti lontano è la sofferenza più grande che abbia mai vissuto, e non riuscirà a resistere ancora per molto…tornerà.

CA= Non deve… non deve tornare… o soffrirà di nuovo, e io non voglio…

MA= All’amore non si comanda Linne… ah, quasi dimenticavo! Nella tua segreteria telefonica ci sono circa tremila messaggi!

CA= E di chi?

MA= Tre di Halle, uno di Audrey e quattro di tua madre…

CA= Oddio, l’avevo dimenticato! Oggi devo incontrarmi con lei!

Afferrò il cellulare e compose il numero della madre.

CA= Mamma, sono io…. no, non sono andata da nessuna parte e non sono morta. Dove dobbiamo incontrarci?..... si…. ok. Ci sarò.

E chiuse la telefonata.

MA= Alla faccia del calore famigliare!

CA= Eh?

MA= Un pezzo di ghiaccio sarebbe stato più passionale..


CA= Non ho un bel rapporto con mia madre…

MA= Quello anche un ritardato l’avrebbe capito…

CA= Su, devo rendermi presentabile. Basta poltrire!

Dopo essersi sfilata l’ago della flebo dall’incavo del gomito, scese dal letto e si diresse verso il bagno; prima che potesse uscire, Matt riparlò.

MA= Perché hai quella fasciatura sul gomito destro?

CA= Questa? Gli effetti collaterali del Trial…

MA= Linne, se non dovessi riuscire a guarire, tu…

CA= Si, Matt… proprio quello.

Un ombra di sconforto passò come un lampo sugli occhi smeraldini del ragazzo, mentre una eventualità che mai avrebbe voluto contemplare, gli si poneva davanti.

CA= Non preoccuparti… guarirò.

MA= Ne sei sicura?

CA= No… ma perché non sperare?

E sparì in bagno. Non sentendosi di lasciarla da sola, nel timore di un secondo malore, Matt attese pazientemente, spostandosi nella sala; aveva cominciato a provare per Caroline quell’affetto che si prova per una sorella e non riusciva a capire perché Mello se la lasciasse scappare in maniera così indolente. Dopo circa un quarto d’ora, la ragazza lo raggiunse, portando con se un profumo delizioso.

CA= (SORRIDENDO) Allora, come sto? Posso comparire davanti a mia madre senza sentirmi dire che sembro una ballerina del Moulin Rouge?

MA= Sei splendida…

La ragazza aveva indossato un largo maglione blu scuro dal collo a ciambella e dalle maniche a pipistrello, sopra a dei jeans stretti ed a delle decollèté rosse dal tacco alto.

CA= Grazie mille, non sentivo farmi un complimento dai tempi delle guerre puniche!

Matt non poté reprimere una risata, per poi posarle le mani sulle spalle.

MA= Coraggio, vedrai che andrà tutto bene… sei in gamba e sei una ragazza forte, ok?

CA= Ok… grazie!

Si abbracciarono fraternamente; quando si sciolsero, Matt la guardò con occhi sornioni.

MA= Ehm… Linne posso chiederti un favore?

CA= Che c’è?

MA= Ieri sera, la macchina l’ha presa quell’altro…

Caroline suppose, inarcando un sopracciglio, che con “quell’altro” Matt si riferisse a Mello.

CA= E…?

MA= E non è che potresti darmi un passaggio con la tua? In più un uccellino mi ha detto che hai una Ford Gran Torino del 1972 favolosa… ed io ho sempre sognato salire su una di quelle macchine vintage!

Vedendo che il ragazzo la stava guardando con occhi da cucciolo implorante, decise di giocare anche lei.

CA= Sai, credo proprio che quell’uccellino sia davvero ben informato… e visto che oggi mi sento particolarmente buona…

Dalla propria borsa, la ragazza tirò fuori le chiavi della macchina e le ondeggiò davanti al viso dell’amico.

CA=…ti consentirò di guidarla.

Matt la guardò come un bambino estasiato dal nuovo gioco che aveva di fronte; afferrando fulmineo le chiavi, cominciò a sperticarsi in lodi.

MA= Grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!! Sei la migliore amica che uno sconclusionato come me possa desiderare!!!!! Guiderò una Gran Torino, non ci posso credereeeeeee!!!

CA= Va bene, va bene Easy Rider, ora calmati, sennò arriviamo in ritardo! Su, andiamo!

Mentre Matt usciva, veleggiando in estasi al pensiero della macchina che lo stava aspettando, Caroline chiuse il portone di casa… non prima di aver visto davanti a lei, seduto sul mobiletto del corridoio, Ryuzaki che le sorrise strizzandole un occhio, a cui lei rispose con un secondo sorriso.

***


Circa un quarto d’ora dopo, i due amici arrivarono davanti al locale; mentre Caroline, seduta sul sedile del passeggero, trafficava dentro la borsa con il capo chino, Matt si sporse con il busto verso destra, arrivando vicinissimo al viso dell’amica, con un espressione di assoluto stupore dipinto nei bei lineamenti.

MA= Porcaccia la miseria… questo si che è un ristorante!

Alle  parole del ragazzo, Caroline alzò la testa e seguendo lo sguardo dell’amico, si voltò verso la sua stessa direzione.

CA= Oh no… no, no, no,no!! Io giuro che la detesto! Di tutti i ristoranti che c’erano, proprio il più lussuoso doveva andarsi a scegliere?!!?

MA= Beh,non si può certo dire che sia morigerata nelle scelte… comunque dovrai entrare prima o poi…

CA= Grazie mille per l’incoraggiamento…

Dopo essersi salutati, Caroline si soffermò un attimo nell’osservare l’esile figura di Matt allontanarsi a piedi per poi ringraziarlo mentalmente per tutto ciò che aveva fatto; inspirando profondamente, si decise poi ad entrare.

Una volta fatto il proprio ingresso nel sontuoso ristorante, si avvicinò ad un piccolo leggio, dove un pomposo maitre di sala le si rivolse chiedendole il nome.

 

CA= Caroline Hale…

MAITRE = Prego, venga… c’è già una persona ad attenderla…

La scortò premurosamente ad un tavolo quasi al centro della stanza, dove sua madre stava aspettandola seduta compostamente al tavolo; con un gesto di squisita cavalleria (chissà se dettata da spontaneità o da rigida etichetta) il maitre scostò la sedia dal tavolo e fece accomodare Caroline, per poi allontanarsi. Subito, la ragazza sentì lo sguardo scrutatore della madre esaminare,con occhio scandagliatore, l’abbigliamento della figlia.

CA= Sono conforme ai tuoi target radical-chic?

Janice le rispose piccata, quasi fosse stata punta nel vivo.

JA= Potresti anche abbandonare quel tono impertinente, signorina… sono pur sempre tua madre.

CA= Dipende se parli di affezione o di genetica…

JA= C’è differenza?

CA= Molta più di quanto immagini.

JA= Sei più razionale di quanto mi ricordassi…

CA= Sono la pietà, la commiserazione, il perdono che mi mancano… non la razionalità.

JA= Ti ho ingannata e me ne dispiace, davvero… capisco che tu voglia pareggiare i conti, ma la durezza non porta a niente…

CA= No…per andare pari, pari veramente, dovrei abbandonarti per circa sei o sette anni, periodo durante il quale ti ho mentito su tutta la mia vita, e poi tornare come il figliol prodigo… così saremmo pari mamma… quel che si dice quadratura.

JA= Se potessi tornare indietro nel tempo lo farei, ma non posso… voglio solo dirti che sono una persona diversa ora…

CA= Oh, che bello… e chissene frega.

JA= Non mi faccio illusioni, so che non merito il tuo perdono. Tuttavia ti prego di averlo in nome del nostro legame.

CA= Tu parli di legame… hai almeno una vaga idea delle migliaia di sfumature che esistono per questa parola?

JA= Tu non capisci…

CA= No, ma ho capito che ho ascoltato fin troppo.

Fece per alzarsi, ma la madre le si rivolse imperiosa.

JA= Caroline Esther Magdalene Seyrig, fermati subito!

Rimasta eretta in piedi davanti al tavolo, Caroline la guardò severamente, facendo assumere alla propria voce, la durezza del marmo.

CA= Che c’è? Vuoi minacciarmi come hai fatto quando me ne sono andata di casa? Fa pure… non ti ho obbedito allora che avevo 16 anni, non lo farò ora, che ne ho 22.

Janice si rese conto che quella davanti a lei non era la Caroline che conosceva… sua figlia era dolce, passionale, emotiva, un turbine di allegria e vitalità… la bellissima ragazza che aveva di fronte in quel momento, era un essere algido, cinico, razionale fino all’imperturbabilità.

JA= Linne, ti prego siediti…

La ragazza accondiscese.

CA= Mi hai lasciato a me stessa da quando avevo 12 anni! Ora torni dieci anni dopo e pretendi che ti accolga a braccia aperte?! E’ un po’ tardi per fare la madre.

JA= Che cosa avrei dovuto fare?! Dopo la morte di tuo padre, mi sono trovata ad occuparmi di te da sola, poi la confr…

CA= AVRESTI DOVUTO OCCUPARTI DI TUTTE E DUE! ANCHE RACHEL ERA TUA FIGLIA!!! LEI NE AVEVA LO STESSO DIRITTO! NON SEI NEMMENO VENUTA AL FUNERALE, MA CHE RAZZA DI MADRE SEI?!

JA= Rachel era osservata da Ezra… ma tu, tu Caroline eri diversa. Come la donna di cui porti il nome, avevi nell’animo un’irrequietezza tale che se non fossimo riusciti a controllarti, sarebbe potuto succedere il finimondo.

CA= Che stai dicendo?!

JA= Nimue fondava la sua magia sui quattro componenti della natura: acqua,fuoco, aria e terra. E come per lei, anche il tuo corpo interagiva con questi elementi, in connubi di atomi e genetica… per questo motivo hai sempre amato la natura,Caroline… perché sei parte di lei.

CA= Stronzate. Sono una donna normale, non una fatina dei boschi.

JA= Caroline, te ne prego, ascoltami… Rachel negli ultimi anni era persa, mi rimanevi solo tu! Non ha mai avuto la tua forza di carattere e non fu in grado di gestire le visioni, che la fecero impazzire quasi del tutto.

CA= No mamma, lei non era pazza! Lei era un genio… e io solo la sorellina da mostrare in giro e che tutti definivano bellissima…

JA= Caroline, a 15 anni il tuo Q.I era di 150… Rachel non lo aveva.

CA= I numeri non fanno le persone,mamma… benché avesse un ruolo importante nel futuro della confraternita, ti sei sempre vergognata di Rachel, tu stessa sei stata la prima ad emarginarla! Aveva solo me… tu non c’eri mai, per nessuna delle due. E hai lasciato che me la rinchiudessero in un ospedale psichiatrico.

JA= Ho cercato di trovare un luogo dove il mondo non la ferisse… dove non sarebbe stata in pericolo.

CA= Hai lasciato che la chiudessero in un manicomio!! Secondo te è un posto normale?! Dopo la morte di papà hai pensato solo a te stessa.

A quelle parole, forse troppo veritiere, la madre di Caroline scoppiò a piangere.

JA= Caroline, ti prego!! Cosa avrei dovuto fare?!  Erano anni difficili per me, e tu sembravi un’estranea! Avevi occhi solo per tuo padre!

CA= E NON A TORTO!! ALMENO PAPA’ C’E’ SEMPRE STATO! Dimmi, quante volte hai compiuto i gesti di una madre?! Quante volte ci hai rimboccato le coperte, giocato con noi, lettoci una favola?! Ti sei mai interessata ai nostri sogni, alle nostre passioni?! Rispondo io per te…no . Mai… mai una volta, una dannatissima volta che tu abbia provato a parlarmi ed a conoscermi… non come una bambina o come un’amica… ma come tua figlia.

JA= Hai tutto il diritto di dirmi queste cose, ma dammi una seconda possibilità Linne… ti prego… sono tua madre.

CA= Una madre che mi ha lasciato crescere da sola… se sono quello che sono, lo devo solo a me stessa… ed a mio padre.

JA= Mi dispiace tanto..


La ragazza ritenne opportuno chiudere lì quella conversazione, sentiva un groppo crescente alla gola e non voleva infierire troppo sulla madre; si alzò in piedi e la guardò fissa negli occhi, occhi che Janice non aveva mai visto così profondi e brillanti.

CA= Se davvero vuoi fare qualcosa, vai a visitare la tomba di tua figlia. Rifletti sulla sorte di mia sorella e torna da me quando avrai schiarito le idee.

Mosse qualche passo verso l’uscita del ristorante, quando la madre la richiamò indietro.

JA= Caroline!

La ragazza si voltò lentamente, per poi riavvicinarsi al tavolo.

CA= Che c’è?

JA= Prima che tu te ne vada, volevo darti questi…

E così dicendo tirò fuori dalla borsa, impilati uno sopra l’altro, dieci quaderni dalle copertine in pelle color cremisi che allungò poi verso la figlia, che la guardava interrogativa.

CA= Che cosa sono?

JA= I diari di tuo padre…

Quelle parole lasciarono Caroline sbigottita; passò delicatamente sulla copertina del primo fascicolo la punta delle dita, sorprendendosi della morbidezza del corame.

CA= Papà teneva un diario?

JA= L’ha tenuto per ventuno anni… da quando ci siamo sposati alla sua morte; questi quaderni coprono l’arco di tempo dal 1980 al 2001…

CA= Perché me li dai?

JA= Eri la sua figlia prediletta e ti amava più di quant’altro avesse al mondo…. E’ giusto che tu li legga.

Caroline afferrò gentilmente i dieci volumi, tenendoli adesi al petto e sorreggendoli nell’incavo del gomito.

CA= Grazie… dopo sei anni, è la prima azione giusta che fai.

E dopo queste parole uscì dal locale, i lineamenti del bellissimo volto talmente tirati da sembrare scolpiti nel marmo, lasciando sua madre schiacciata sotto il peso del rimorso.






 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22
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Quando hai eliminato l’impossibile,
qualsiasi cosa rimane, per quanto improbabile,
deve essere la verità.

Arthur Conan Doyle.



***



Un corridoio.

Lungo, stretto, buio. Illuminato solo da fiaccole appese parallele ad entrambe le pareti. La luce tremolante, come paurosa di quello che sta per accadere. L’odore di morte, forte, impossibile da sopportare.

E il buio.

Cammina lenta… un piede davanti all’altro, guardingo… un piede che si accorge solo ora essere scalzo; una gelida, sottile brezza comincia a soffiare per quell’andito, inclinando le fiammelle e muovendo la veste che indossa.
Si guarda attorno cauta, ma attorno a lei solo il silenzio, che in quel momento le pare più frastuono che quiete.

Arriva in fondo al corridoio, dove l’attende una porta chiusa a chiave e dal pesante pomolo d’ottone. L’anta lignea di questa è intagliata con migliaia di figure di angeli bellissimi, che sembrano guardarla con occhi narranti imprese e tempi antichi.
La apre senza sforzo, girando delicatamente la chiave nella toppa; un’altra folata di vento la colpisce, mentre entra nella stanza oltre la porta.

E’ un luogo enorme, dalle millenarie pareti in granito grezzo color dell’ocra, illuminato da file e file di candelabri; in fondo, nell’immensa parete davanti a lei, un affresco vecchio di oltre sei secoli, raffigurante una visione apocalittica del mondo con imperante nel cielo un magnifico angelo dalle ali policrome, schiacciante sotto i piedi divini un nero serpente dalle ali di pipistrello e le zanne di lupo. Era vestito con un’armatura risalente forse all’età romana ed era armato di una lunga, magnifica spada; sembrava osservare con disprezzo tanto il serpente sotto di sé, quanto le migliaia di anime mortali che si contorcevano a terra in atroci dolori, avvolte dalle fiamme.

Spostando lo sguardo più in basso si accorse che, come migli romani posti lungo gli argini delle antiche strade, ad entrambi i suoi lati giacevano due grosse casse rettangolari chiuse; si avvicinò timidamente ad una e dopo aver tolto faticosamente il coperchio, non riuscì a reprimere un grido d’orrore, ritraendosi velocemente indietro.

In quello che scoprì essere un sarcofago, giaceva il cadavere di sua madre.

Il corpo era immerso per circa due quarti in denso, purpureo sangue che pareva preservarlo dalla decomposizione, giudicando dalla pelle liscia e perfetta che presentava.

Correndo, si diresse a destra verso la bara parallela, aprendo anche questa.

Nello stesso stato in cui aveva trovato la madre, vide Audrey, cullata dal sangue e bellissima nel suo sonno di morte.

Una dopo l’altra, scoperchiò tutti i sarcofaghi, trovando in questi prima Rachel e poi suo padre…. ne rimaneva solo una da aprire.
La raggiunse in pochi passi e senza esitare fece scivolare il coperchio da un lato.

Quello che vide, le fece desiderare di giacere anch’ella in quelle bare con loro.

Mello era là, disteso nel sangue, bellissimo e diafano, per la prima volta con gli incantevoli lineamenti del volto sereni. Era di una bellezza devastante, quasi una statua intagliata nell’oro e nell’alabastro.

Piangendo, si accasciò sul bordo della cassa, andando ad accarezzare il bel volto cadaverico. Ma appena lo fece, il sangue dagli altri sarcofaghi cominciò ad uscire, colando dagli orli in pigri, lenti rivoli, andando a macchiare il pavimento.

Impietrita dalla paura,  non poté far altro che osservare quell’orrido spettacolo ad occhi sbarrati, sentendo la morsa gelida del terrore avvinghiarsi al cuore.

Fin quando una piccola mano bianca, affusolata e sporca di sangue si levò oltre la tomba, aggrappandosi al bordo di quella, imitata dopo pochi secondi da tutte le altre.

Terrorizzata corse verso la porta dalla quale era entrata in quel luogo maledetto, non curandosi del sangue che tingeva di rosso l’orlo della sua veste nivea; schiantandosi contro di quella, la trovò sbarrata; afferrandone il pomello, al colmo della disperazione, cominciò a scuoterla, invocando aiuto con grida straziate.

Nel mentre, quelli che erano stati i corpi senza vita della sua famiglia, si stavano sollevando ed uscendo dai loro giacigli mortuari; intorpiditi come se avessero dormito per ore e insanguinati, si alzarono in piedi cominciando ad avanzare verso di lei.

Non la spaventarono tanto Rachel, sua madre, Audrey e suo padre quanto lui, il suo angelo caduto, Mello che con occhi resi fulgidi e trasfigurati dalla morte, incedeva verso di lei con sguardo di belva.

Ad un tratto, otto mani gelide come ghiaccio e più forti del ferro la afferrarono, intrappolandola e precludendole ogni possibile movimento.

Mello si fermò davanti a lei, quasi a distanza millimetrica mentre la sua famiglia pareva attendere un suo ordine od assenso.

Dopo averle posato delicatamente una mano sul collo, le mormorò “Sei arrivata amore mio… mi hai trovato.”

Poi, si avventò sulla sua gola, mentre il resto della sua famiglia fece scempio del suo corpo.


***


Si svegliò urlando di puro terrore, tirandosi su di scatto con il busto; ansimava e gocce di sudore le imperlavano la fronte. Si portò una mano al viso, nascondendo gli occhi mentre con l’altra stringeva convulsamente il lenzuolo; quando alzò lo sguardo, vide Ryuzaki, serio in volto, ritto in piedi davanti a lei.

RZ= E’ arrivato il momento… la mutazione di Caroline in Nimue sta avendo inizio.

CA= Che… che vuoi dire?!

RZ= Vestiti in fretta, dobbiamo andare da una persona. Ti guiderò io.


***



“E’ tutto pronto mio signore… Zerhogie è pronto ad agire.”


“Perfetto…attendete il mio segnale.”


“Come desidera, signore…”



***

Aveva obbedito alle direttive di Ryuzaki senza battere ciglio, consapevole che qualcosa di molto grande e pericoloso stava per esserle svelato; ma quando vide davanti a sé l’edificio dell’incontro fu colta da improvviso timore. Tuttavia salì le scale senza dire una sola parola, finché non arrivarono davanti alla porta a loro utile; prima che bussasse però, Ryuzaki la fermò afferrandole dolcemente, ma in modo inequivocabilmente deciso, il polso.

CA= Che c’è?

RZ= Quello che stai per fare non è una passeggiata Linne… ed hai bisogno della mia mente e dei miei ricordi…

CA= Che vuoi dire?

Ryuzaki le sorrise, per poi poggiare la mano sulla guancia muliebre.

RZ= Chiudi gli occhi tesoro… ti auguro buona fortuna.

Non capendo cosa volesse comunicarle Ryuzaki, Caroline chiuse gli occhi; bastò quel solo movimento a farle comprendere. Si sentì come avvolta dal ghiaccio per circa un minuto… riaprì gli occhi quando la sensazione ebbe termine e non vedendo il ragazzo accanto a lei, capì che Ryuzaki aveva preso possesso del suo corpo dominandola.

Sentiva il proprio corpo formicolare leggermente,appena più pesante del solito.

CA= Ryuzaki… sei… dentro di me?

La ragazza vide il proprio braccio destro sollevarsi spontaneamente e la mano chiudersi su se stessa, sollevando il pollice a dire “Ok”; sorrise leggermente.

CA= Ok, capito, puoi pure rimetterlo giù… stavolta le ho viste proprio tutte…Ehi! Calmati, adesso busso!

Ryuzaki, momentaneo co-possessore del suo corpo, l’aveva spinta verso la porta; dopo un respiro profondo, la ragazza batté delicatamente le nocche sulla superficie lignea.

“Avanti, è aperto.”


***




Unica tua nutrice è la notte.
Né a me né ad altri, a nessuno che veda la luce del sole,
tu potrai fare del male.

Sofocle, “Edipo Re”.



***


Quando entrò, rimase sorpresa dalla semioscurità dell’ufficio;

CA= E’ permesso?

Vide una figura alta e magra alzarsi dalla scrivania e dirigersi verso di lei; nella penombra la vide sorriderle, di un sorriso stanco e velato di tristezza.

“Signorina Seyrig,quanto tempo…”

CA= Dottor Reiver, io…

Il medico però la interruppe, posando una mano sulla sua e sorridendole con fare paterno.

RE= So benissimo perché si trova qua signorina, non c’è bisogno che mi dia spiegazioni… venga con me, mi segua.

La condusse verso la grande libreria vittoriana sul muro sinistro, ed abbassando leggermente un libro che Caroline non seppe distinguere, fece scattare un meccanismo con il quale la scansia si aprì in due ante, lasciando intravedere una seconda sala, seppur immersa nel buio.

RE= Prego… non abbia paura, con me è al sicuro.

Entrarono nella stanza, che si illuminò all’improvviso dopo che il medico ebbe attivato l’alimentazione elettrica; quella che si presentò agli occhi di Caroline, fu una stanza perfettamente circolare, con i muri interamente affiancati da un lungo tavolo ligneo coperto di computer, macchinari scientifici, ampolle, provette e quant’altro. Al centro, una struttura metallica ovale, alta circa un metro e mezzo.

CA= Dove ci troviamo?

RE= Quello che sta vedendo, quello che farà ed ogni parola che noi ci scambieremo, non dovrà uscire da questa stanza… d’accordo?

CA= Va… va bene… ha la mia parola.

RE= Ci troviamo nel mio laboratorio signorina Seyrig… qui cerco di creare e perfezionare terapie il meno violente ed invasive possibili per aiutare i miei pazienti..

CA= Ha portato anche Rachel qua?

RE= No… non ce n’è stato bisogno… purtroppo. Ma ora non siamo qui per parlare di sua sorella, signorina… siamo qui per parlare di lei.

CA= Di me?

Come risposta, il dottor Reiver la superò per avvicinarsi alla struttura ovale al centro della stanza; afferrando poi quelle che Caroline riconobbe essere maniglie,  la aprì come se fosse stato un armadio.

RE= Venga… si avvicini.

Obbedendo silenziosamente, Caroline si avvicinò alla struttura che, una volta aperta, rivelò sotto di sé una vasca ovale non molto profonda, piena d’acqua; dai bordi di questa vide partire una decina di fili bianchi, risalenti tutto l’interno della struttura per poi andarsi a collegare con un macchinario esterno poco lontano da quella.

CA= Che… che cos’è?

RE= Io la chiamo “la vasca dei ricordi perduti”… ma in termini scientifici, ha il nome di “Memorarium”…

CA= Memorarium?

RE= Ne esistono pochissimi esemplari a questo mondo, sono state dichiarate fuorilegge dal 1956… è estremamente pericoloso per me tenerla qui, potrei rimetterci la carriera e la libertà…

CA= A che cosa serve?

RE= Collegando quei cavi alla testa del paziente, questi può rivivere frammenti di vita passata, ricordi dimenticati, sensazioni perdute…

CA= Io dovrò entrare lì dentro?

RE= La sua intelligenza è sorprendente signorina… lei ha dentro di sé ricordi e sensazioni che non riescono ad affiorare autonomamente; le servirà il mio aiuto…

CA= Mi servirà?
RE= Più di quanto immagina…

Cercando di nascondere il nervosismo, assunse il tono più sicuro di cui era capace.

CA= Bene allora… cominciamo. Che cosa devo fare?

RE= Si spogli…

CA= Cosa?!

RE= Non mi fraintenda… ma dovrà entrare nella vasca indossando solo la biancheria; si spogli, io mi volterò dall’altra parte… quando sarà svestita potrà coprirsi con quel lenzuolo.

Rabbrividendo dal freddo, una volta che il medico si girò, Caroline cominciò a denudarsi, rimanendo poi solo con l’esigua biancheria intima nera; si avvolse quindi nel lenzuolo e si avvicinò al medico.

RE= E’ stata veloce… venga, dobbiamo avvicinarci alla vasca.

Una volta avvicinatisi, la mise in funzione; di colpo decine di led rossi e verdi si accesero, mentre l’acqua della vasca cominciò a gorgogliare alla guisa di un idromassaggio.

RE= Si volti leggermente signorina e pieghi la testa davanti a lei… ha i capelli corti, quindi non vi sarà bisogno di spostarli…

CA= Per cosa le serv…AHI!!

Un dolore acuto pervase Caroline alla congiunzione tra collo e nuca; andandosi poi a toccare, avvertì sotto le dita una specie di coperchietto concentrico duro al tatto, fissato al suo collo mediante due aghi infilati nella sua carne.

CA= Che cosa mi ha messo addosso?!

RE= Stia tranquilla; questo microchip è collegato, mediante gli aghi ad impulsi elettrici a bassissimo voltaggio, direttamente al suo ipotalamo. Dal microchip, partono due sottili cavi, come può ben vedere, collegati in linea retta al computer qui accanto… con questo io trasmetterò al suo cervello delle leggerissime scariche elettriche che avranno il compito di stimolare i suoi ricordi “subliminali”.

CA= Quindi io dovrei immergermi nell’acqua mentre nel mio cervello scorrazza amabilmente della corrente elettrica?!

RE= Capisco la sua ritrosia, ma non c’è niente di cui temere… prego, attacchi questi altri microchip nella zona delle tempie, sul cuore e sul polso… mi serviranno per controllare le sue funzioni vitali…

Caroline fece aderire i chip, simili a dei piccoli elettro-stimolatori, sulle due tempie, sull’inizio del seno sinistro e sul polso destro; come per quello conficcato nel suo ipotalamo, anche questi avevano due fili ciascuno, collegati al macchinario.

RE= Bene… siamo quasi pronti. Ora inghiotta questa pillola signorina…

La ragazza guardò titubante la piccola, candida ed apparentemente inoffensiva pillola situata nel suo palmo.

CA= Che cos’è?

RE= Un acido… servirà a rendere nitidi e ben visibili i ricordi nascosti nella sua mente…

CA= Fantastico… -_-‘

Inghiottì la pasticca bevendovi assieme un sorso d’acqua, sotto lo sguardo attento del medico che, prendendola per mano, la portò al ciglio della vasca.

RE= Ora dovrà entrare nella vasca… dovrà sdraiarsi completamente, il piccolo dislivello sotto la sua testa terrà fuori dall’acqua naso e bocca permettendole di respirare, ed al contempo impedirà che il microchip nel suo ipotalamo fuoriesca arrecandole dolore.

CA= Penso di aver capito…

RE= Si ricordi che quello che sta per vivere sono solo ricordi, immagini simili a quelle di un film; anche se le sembrerà di viverle realmente, sappia che le persone che avrà intorno non la vedranno né la sentiranno… per loro sarà invisibile. Si sente pronta?

CA= Credo di si…

RE= Mi dia il lenzuolo signorina… e si sdrai nella vasca.

Attenta a non scivolare, Caroline mise un piede nell’acqua ribollente della vasca.

CA= Ah… è calda…

RE= L’acqua calda stimola le percezioni, modifica i batti cardiaci e dilata vene e arterie… utile per l’esperimento che stiamo intraprendendo.

Dopo queste parole, la ragazza entrò completamente nella vasca, sdraiandosi ed immergendosi interamente nell’acqua crepitante di bolle d’aria; sentì l’acqua avvolgerle morbidamente i contorni del volto, ovattandole le orecchie… stese le braccia lungo il corpo ed allungò completamente le gambe, come se giacesse in una bara. Il dottor Reiver si affacciò sopra di lei.

RE= Iniziamo con l’esperimento signorina… chiuda gli occhi e svuoti la mente.

Annuì impercettibilmente mentre il medico chiudeva sopra di lei le due ante del “tetto” della vasca; si sentiva come sepolta in un tumulo cimiteriale, colmo solo di acqua gorgogliante.

Poi chiuse gli occhi, mentre il dottor Reiver inviava il primo impulso elettrico al suo ipotalamo.


***


Il primo input le fece provare la sensazione di essere risucchiata in buco nero. Intorno a sé vedeva soltanto colori confusi e velocissimi, andanti dal blu, al viola fino al rosso intenso; poi, dopo qualche secondo, tutta la girandola di colori fu sostituita da un’intensa luce bianca.

La seconda scarica, ebbe il compito di diradare la luce, delineando quelli che erano i contorni di una stanza, che Caroline ancora non riusciva a definire.

Con la terza, la sua avventura nei ricordi di Ryuzaki, il primo, vero L, ebbe inizio.


***



Si trovava in piedi, in una stanza ancora a lei sconosciuta; era perfettamente asciutta, vestita con gli abiti con i quali si era recata dal dottor Reiver… sentiva il corpo leggero, quasi inconsistente, come fatto d’aria.
Si guardò attorno: era in un corridoio ampio e luminoso, dalle grosse vetrate a bifora in mosaici di vetro colorati… sotto di lei il caldo parquet di legno, i tappeti persiani ed un caminetto acceso, lasciavano trapelare che si trovassero nel mezzo dell’inverno. Camminò per alcuni minuti completamente sola, avvolta nel silenzio, fin quando non arrivò davanti ad una porta dalla cui parte opposta proveniva un vociare sommesso; arrivò a circa mezzo metro dalla maniglia, quando sentì qualcuno, decisamente più basso di lei, sfrecciarle accanto.

“Avanti lumaca, muoviti, sennò quelli si fregano tutto!”


Nel sentire quella voce Caroline abbassò d’istinto lo sguardo, e quello che vide la fece vacillare per qualche secondo.

Davanti a lei, dell’età di circa otto anni… c’era Mello.

Lo riconobbe immediatamente, grazie ai tratti inconfondibili dei capelli color dell’oro e dei grandi, espressivi occhi azzurri. Nel guardarlo, si portò una mano alla bocca, sentendo crescere la sensazione del pianto; bellissimo anche da bambino, era estremamente magro negli abiti neri che non contribuivano ad irrobustirne la figura; sorrideva, come mai nell’età adulta l’aveva visto fare, e saltellava impaziente nell’aspettare l’amico la cui identità fu subito chiara alla ragazza. Voltandosi infatti, Caroline vide un Matt di sette anni trotterellare verso l’amico… non trattenendo più le lacrime per la commozione, si fece passare accanto il meraviglioso bimbo dai capelli di fuoco e dagli occhi della profondità del bosco di cui portavano il colore.

“Arrivo, arrivo Mello… tanto Linda e Ben si saranno già presi tutti i giochi, quindi perché tanta fretta?!”

Lasciando che fossero i Mello e Matt bambini ad aprire la porta, Caroline entrò con loro in un’immensa sala piena di loro coetanei; in uno slancio affettivo, cercò di carezzare la testa di Mello, ma quando la sua mano entrò a contatto con il bambino, lo passò da parte a parte… si ricordò delle parole del dottor Reiver: lei era solo un’ombra.

Un’ombra, fra le tante che abitavano la Wammy’s House.

Decise di seguire i due bambini, che si diressero verso un adolescente alto e magro, che li accolse con un sorriso leggero; ancor prima che Mello ne dicesse il nome, Caroline lo riconobbe immediatamente.

“Ciao L ! Allora, oggi cosa ci insegni?”

L… Ryuzaki… capì solo allora cosa avesse voluto comunicarle, nel dire che i suoi ricordi le sarebbero stati fondamentali; dai 17 anni di quel ricordo al giorno in cui le era apparso, non era cambiato di una virgola, eccezion fatta per le occhiaie meno pronunciate.

“Nessun insegnamento oggi Mello… è domenica, e ci si riposa; domani ricominceremo con le lezioni. Ehi, ciao Matt, non ti avevo visto!”

“Ciao L…” bofonchiò Matt.

“Ehi ragazzi” riprese L “perché non fate un po’ di compagnia a Near e non lo aiutate a finire il puzzle che sta facendo?”

A quel nome, Caroline trasalì. Guardando oltre la spalla di L, poté scorgere un piccolo batuffolo bianco accucciato, come sua attitudine abituale, sul pavimento intento a incastrare uno con l’altro i tasselli di un grosso puzzle bianco; vide il piccolo Mello guardarlo interrogativo.

“ A sei anni perdere tempo con quei cavolo di puzzle… io l’avevo detto che gli manca qualche rotella.”

“Mello non essere inopportuno” rispose L “Near è altrettanto intelligente e normale quanto tutti voi.”

Durante tutto quel colloquio, il piccolo Near non fece nessun movimento né pronunciò alcuna parola; ad un tratto però alzò i grandi occhioni grigio perla e li fissò su Mello. Caroline poté vedere il suo volto da cherubino, complice la tenera età dei 6 anni, velato da quella mestizia che sempre lo accompagnava.

L… Matt… Near… Mello. Quattro vite spezzate, quattro esistenze interrotte che urlavano la loro rabbia contro quel Dio che per loro aveva preso le sembianze di torturatore, in una muta diffidenza e atarassia verso le persone che popolavano il mondo attorno a loro.

Consapevole di essere per loro invisibile e inudibile, la ragazza zigzagò tra i tre per arrivare davanti al piccolo Near, nuovamente intento a completare il proprio puzzle; vi si accucciò davanti e lo guardò… si chiese cosa si potesse provare nel trovarsi catapultato in una dimensione come quella della Wammy’s House dove sei, al contempo, tutto e nessuno… si chiese quale sentimento avesse albergato nel cuore di Near in quei giorni, se astio contro i propri genitori o lo strazio dell’abbandono in se.

Istintivamente, alzò nuovamente lo sguardo verso Mello, ancora a fianco dell’inseparabile Matt. Anche se ne aveva davanti il ricordo di bambino, nella sua puerilità lo trovò di una bellezza da star male, quasi un piccolo angelo androgino uscito dal pennello di uno dei tanti, grandi pittori del Rinascimento. Si trovò a ricercare in quel viso sorridente e spensierato, qualcosa del Mello odierno.

Che cosa trovò? Nulla.

Il Mello che aveva davanti in quel momento e quello che insidiava i suoi sogni e la sua vita da ventiduenne, sembravano due persone estranee tra loro… niente, tranne i colori del corpo e gli occhi fiammeggianti di passione e curiosità li accomunava.

Ma una volta, chissà quanto lontana, lui aveva conosciuto la spensieratezza, l’innocenza e forse un piccolo barlume di felicità… lei ce l’avrebbe riportato.

Lo avrebbe riportato alla luce, gli avrebbe lavato le mani dal sangue di cui si erano macchiate, deterso il viso dai rimorsi, dalle sofferenze, dal dolore; avrebbe addolcito il suo animo, scaldato il cuore… lo avrebbe reso quello che, secondo lei, era il sogno più grande di Mello.

Essere una persona normale.

Non fece però a tempo a rialzarsi, che ebbe come la sensazione di essere tirata,una percezione come di uno strappo all’altezza dello sterno, mentre attorno a lei tutte le immagini diventavano sempre più sfocate e lontane, quasi inghiottite in un vortice d’aria.

Poi, il buio.

Quando il buio si diradò, la ragazza si trovò in posizione ancora accucciata, come davanti a Near, in un grande ufficio, bianco e asettico, eccezion fatta per un piccolo divano con un tavolino ed enormi schermi per computer. Riconobbe tre figure sedute alla scrivania, dandole la schiena: L , Soichiro Yagami ed il figlio Light, bellissimo e diafano come sempre.

Non capì subito di cosa stessero parlando, perciò decise di rimanere in disparte ad ascoltare, in piedi dietro a L.

L = Ormai siamo convinti che Kira e la Yotsuba abbiano un qualche tipo di legame…

LI= Per prima cosa sarebbe opportuna che si indagasse sull’azienda…scoprire quanti sono coloro che detengono ruoli di potere e chi sono…

SO = Ma nessuno della Yotsuba dovrà sapere che stiamo indagando su di loro, se verremo scoperti, sarebbe impossibile catturare Kira.

Contrariamente alla prima esperienza, questa durò per un breve lasso di tempo , e Caroline rivisse quelle orride sensazioni, che ogni volta le procuravano giramenti di testa e confusione.

Si trovava in una stanza semibuia, che non riuscì a riconoscere; le finestre le mandavano il profilo illuminato della città notturna, una soffusa lampada interna i riflessi di due fisionomie sedute l’una davanti all’altra, ad un tavolo; parlavano del caso Kira, a bassa voce quasi temessero di essere scoperti da un momento all’altro…

Mello e Ryuzaki. Discepolo e mentore si stavano confrontando.

Caroline si soffermò attentamente a guardarli… Ryuzaki sembrava ormai arrivato all’età in cui si era presentato a lei, 25 anni, e Mello… Mello la stordiva con la sua bellezza, la stregava con i suoi occhi, la ammaliava con la sua voce; pareva forse due o tre anni più giovane, dato che la cicatrice non aveva ancora deturpato il suo viso. Agì d’istinto, o forse spinta da un sentimento che cercava di soffocare da troppo tempo;

Si sedette accanto a L, pur essendo consapevole di essere della stessa consistenza dell’aria per loro, guardò Mello in viso e gli sussurrò:

CA= Io ti amavo… già dal nostro primo incontro nel tuo covo, io ti amavo…

Per la prima volta con rimpianto, avvertì di nuovo l’alterarsi dell’ambiente accanto a lei; il dottor Reiver doveva aver inviato un altro impulso elettrico al suo ipotalamo. Quando il vortice di immagini, voci e colori si diradò, Caroline fu catapultata in un’altra memoria… forse più terribile delle altre.



***

“Con questo direi che abbiamo pianificato tutto…”


“E’ terribile… talmente terribile da sembrare folle.”


“Perché è una cosa folle… Dio ci vuole mettere alla prova, con azioni che mai avremmo pensato di fare…”


“Perché? Con tutto quello che siamo riusciti a costruire, a realizzare…”


“Perché c’è un prezzo da pagare…”


“Ossia?”


“Il suo divertimento.”



***


C’era stato un nuovo salto all’indietro nel tempo. Stavolta si trovava davanti al portone della Wammy’s House, all’esterno dell’edificio; trovandosi sotto la piccola tettoia, non veniva toccata dalla pioggia notturna che, scrosciante, si riversava sulla terra. Ad un tratto, dal cancello principale, vide avanzare due figure, avvolte entrambe in manti neri come l’ala di un corvo; una di loro cominciò a battere incessantemente il batacchio vittoriano del portone.

Ad aprirle fu quello che Caroline suppose fosse Watari.

“Chi siete?”

La figura davanti a lui, si limitò ad abbassarsi il cappuccio, rivelando il volto fluenti chiome castane eruppero dalla stoffa come una cascata.

Quella donna era Selene River.

Quando Watari guardò la giovane che aveva di fronte capì ciò per cui era venuta, e senza dire una parola, senza emettere suono, andò ad allungare le braccia verso di lei; Caroline vide uscire, tra i lembi della stoffa e dalle braccia di Selene, un piccolo groviglio di fasce, un batuffolo piccolo, caldo, silenzioso… e bianco.
Riuscì a scorgere, tra le pieghe delle coperte, il piccolo volto di Near, dormiente ed ignaro dell’inferno che avrebbe vissuto una volta svegliatosi; dopo quelle azioni, la seconda figura, probabilmente il padre Julian, lasciò nelle mani di Watari il piccolo scrigno che ora era in suo possesso.

“E’ giunto il momento?”

“Siamo stati chiamati… non possiamo tirarci indietro.”

“E l’al…”

Selene non lo fece finire.

“Al sicuro.”

Negli occhi di Watari si dipinse la pietà, nel vedere quelle giovani vite immolate ad un destino imperscrutabile. Ad un tratto, Selene si chinò sul figlio, ancora addormentato e sfiorandogli la fronte adornata di piccole ciocche bianche e ricciolute con un baciò, si accomiatò da lui.

“Addio amore mio… perdonaci un giorno, se potrai…”

Caroline non seppe dire se fu emozione o vacillamento di nervi… si sentì sul punto di svenire e cadde a terra.

Attorno a lei, spire di tenebre cominciavano ad avvolgerla.



***


Aprì gli occhi di colpo, inspirando come se fosse rimasta in apnea per ore e cominciò a dimenarsi per voler uscire da quella tomba di ferro e acqua in cui si trovava; subito il dottor Reiver fu da lei, aprendo i portelloni del Memorarium e tendendole una mano per alzarsi. Una volta fuori dal macchinario, la coprì con il lenzuolo per impedire che prendesse troppo freddo.

RE= Come si sente signorina Seyrig?

Caroline si aggrappò con tutte le sue forze al braccio che l’uomo le stava porgendo; vedendone la fragilità emotiva e l’essere sotto shock da quello che aveva vissuto, la tenne ben salda, facendola appoggiare a lui. Quando gli rispose, la voce della ragazza gli sembrò come quella di una bambina spaventata.

CA= Io… io… io ho visto tutto… Tutti i ricordi di quella persona, le sue sensazioni, i suoi pensieri… è stato orribile!

RE= A volte i ricordi sono molto più dolorosi delle esperienze odierne… Caroline, durante l’esperimento ci sono stati due momenti in cui i segnali del suo cervello, provenienti dalla regione che gestisce le emozioni, hanno avuto due picchi altissimi, che avrebbero quasi potuto portarla al mancamento… che cos’è accaduto?

CA= Io… ho visto la persona che amo.

RE= Direi che per questa seduta, tutto questo è sufficiente…

Andando dietro di lei, le sfilò il microchip dall’ipotalamo tamponandole le gocce di sangue che ne fuoriuscirono, mentre la ragazza si staccava i restanti chip dal polso, dalle tempie e dal petto; quando le arrivò davanti e la guardò in volto, gli occhi del medico si riempirono di stupore.

RE= Signorina… ma cos’è successo ai suoi occhi?!

Non capendo, e palesandolo al medico, questo le mise davanti un piccolo specchio. Quello che vide le ghiacciò il sangue.

I suoi occhi non erano più del suo colore naturale, quell’insolito azzurro-verde… erano neri come la pece… e cerchiati da pesanti occhiaie.

Gli occhi di Ryuzaki.

La sua entità, dentro il corpo muliebre, stava cominciando ad emergere sempre di più; in un misto di orrore e consapevolezza si guardò le mani, che dal diafano candore stavano mutando in un pallore cadaverico dalle sfumature violacee.

CA= Dottor Reiver mi perdoni.. ma io devo andare…. ed alla svelta.

RE= Si, capisco… vada pure signorina.

Rivestendosi in fretta e furia ed asciugandosi alla bell’e meglio i capelli, uscì fuori dalla stanza quasi correndo, per poi imboccare con altrettanta furia le scale; arrivata però al terzo piano, una fitta lancinante alla testa la costrinse a fermarsi di colpo, per poco non facendola cadere. Portandosi le mani alle tempie e strizzando gli occhi dal dolore, si addossò con la schiena alla parete, piegando il busto in avanti; quando provò a parlare, la voce le uscì incrinata dal dolore, apparendole fastidiosa come un gesso stridente passato su una lavagna.

CA= Ryuzaki! Esci…. esci! Esci dal mio corpo, SUBITO!

Avvertendo il malessere della ragazza, lo spettro obbedì repentinamente alla sua richiesta; nel momento stesso in cui l’entità lasciava il suo corpo, Caroline avvertì un groppo alla gola ed un momentaneo blocco ai polmoni che quasi la soffocarono. Una volta che Ryuzaki ricomparve davanti a lei, a riprova del fatto che aveva abbandonato il suo corpo, dal gelo iniziale la ragazza risentì il tepore dei muscoli e del sangue di un corpo vivo, circolare nuovamente dentro di lei.

RZ= Mi dispiace tesoro, so che è stato orribile…

CA= “Sai”?

RZ= L’esperimento del Memorarium non mi è nuovo… io stesso ne avevo usufruito.

CA= Per… per le memorie di chi?

RZ= Per le memorie del mio predecessore… Colui che è stato L prima di me…

CA= Era morto?

RZ= Avvelenato… ed io avevo usato il Memorarium per incastrare il suo assassino… essere L è un po’ come una maledizione per chi si accolla il peso che questo nome porta…


Quasi istintivamente, Caroline si guardò le mani e con sollievo si accorse che erano tornate del loro candore naturale.

RZ= Tranquilla, anche i tuoi occhi sono tornati normali…

CA= Perché c’è stata questa “reazione”?

RZ= In quella vasca non solo tu, ma anch’io, ho rivissuto tutti quei ricordi… e l’emozione ha avuto il sopravvento.

CA= Insisti ancora a non volermi dire chi è Kira?

RZ= No Caroline… non te lo dirò.

CA= Ma è importante! Potrebbe essere anche un modo per vendicarti, per vedere il tuo assassino nelle mani di quell’ideale che hai sempre perpetrato con forza!

RZ= Caroline… io non posso dirti chi è Kira semplicemente perché non mi è permesso… tutto quello che deve accadere è già stato scritto, e rivelarti in anticipò l’identità di Kira costituirebbe un’interruzione di tutto quello che ancora deve succedere… il destino deve andare avanti nel modo in cui è stato predisposto.

CA= Capisco… quindi non mi dirai neanche di cosa stavate parlando tu e Mello, e di cosa centri la Yotsuba a tutti gli effetti…

RZ= Esatto… dovrai scoprirlo da sola.

CA= Oh… fantastico.

Nel vedere la sua espressione sconsolata, Ryuzaki le sorrise portandole una mano alla guancia.

RZ= Coraggio, ora torniamo a casa… hai bisogno di darti una lavata e di toglierti quelle gocce di sangue secco dietro al collo… poi dovrai riposarti, oggi pomeriggio hai l’appuntamento per il Trial.

CA= Già… forse hai ragione.

E con la docilità di una bambina, inusuale in lei, si lasciò condurre verso l’auto da una persona, un fantasma, che solo lei poteva vedere e sentire…

Ma mentre camminava, non poté far a meno di domandarsi chi tra loro fosse il fantasma e chi la persona vivente.

***


Per la prima volta, vuoi lo shock del Memorarium, vuoi la spossatezza, ebbe un sonno tranquillo, silenzioso, immerso nel buio profondo quasi dell’incoscienza; quando si risvegliò, ritrovò accanto a lei Ryuzaki, seduto sulla poltrona e con lo sguardo giocante con le nubi fuori dalla finestra.

RZ= Stasera sarà freddo… il vento sta cambiando.

CA= Tempo adatto al mio umore… quanto ho dormito?

RZ= Due ore… di un sonno così profondo che sembravi morta. Eri perfettamente immobile, in due ore non ti sei mossa una volta.

CA= E’ stato il primo sonno tranquillo che sono riuscita a fare da quasi un mese…

RZ= Mentre dormivi Light ha telefonato… ma visto che non rispondevi ha lasciato un messaggio nella segreteria.

CA= Con detto?

RZ= Che sarebbe passato stasera alle otto e mezza per portarti fuori.

CA= Oh… ha spiegato dove?

RZ= No… ma visto che tra mezz’ora hai l’appuntamento all’ospedale e poi l’appuntamento, ti conviene renderti presentabile.

Ubbidendo a Ryuzaki, andò in bagno e si fece una doccia; non volendo perdere tempo a ricambiarsi una volta uscita dall’ospedale, optò per un completo di Ralph Lauren che le aveva regalato sua madre tempo addietro e che aveva indossato giusto quelle due o tre volte per farla felice; consisteva in pantaloni alla cavallerizza piuttosto aderenti in tartan sui toni del castano che aveva infilato dentro a morbidi tronchetti di cuoio scuro, maglioncino color caffè  a collo alto aderente impreziosito da una cintura mediamente grande con fibbia d’ottone dello stesso materiale degli stivaletti. Dato il fisico magro i vestiti le ricadevano addosso in maniera perfetta,ma si vedeva strana quasi poco a suo agio in quegli abiti firmati… in più, i quasi 15 centimetri di tacco su cui svettava, la facevano sentire più adatta ad una passerella che al passeggio quotidiano per le strade urbane.

Quando andò in sala, gli occhi che Ryuzaki le riservò le fecero venire voglia di cambiarsi immediatamente per andare ad indossare un sacco di juta.

RZ= Accidenti, se avessi ancora qualche annetto da spendere su questa terra e le mie pazienti fossero tutte così, diventerei medico a tempo di record!

Lo sguardo trucido che Caroline gli rivolse, bastò a farlo ridere; quando vide però che la ragazza si accese una sigaretta, divenne serio.

RZ= Dovresti smetterla con quella merda… in più alla tua tubercolosi non fa granché bene…

CA= Di qualche morte dobbiamo morire, e sinceramente preferisco scegliermela io che andare a casaccio o mettermi sotto una campana di vetro timorosa di tutto quello che potrebbe arrivarmi!

RZ= Scegliere non vuol dire farla arrivare prima…

CA= (AFFERRANDO LA BORSA) Ok, ciao Ryuzaki, ci si vede!

E mentre lei chiuse la porta ed uscì, Ryuzaki non poté far a meno di borbottare:

RZ= Testa di rapa…



***



Quattro ore dopo…

Finito il Trial, che si prolungò per tre quarti d’ora in più del dovuto, Light passò puntale a prendere Caroline, per portarla in uno dei più bei ristoranti di Tokyo; finita la cena passeggiarono a lungo, abbracciati, per il centro della città, un turbine sempre attivo di vitalità ed eventi.

Mancavano pochi minuti a l’una di notte, quando l’auto di Light si fermò silenziosa davanti alla casa di Caroline; in un gesto di cavalleria, il ragazzo scese dall’auto per poi andare ad aprirle la portiera.

LI= Madame… prego.

CA= Ogni giorno mi stupisci sempre più… dovrò scoprire qual è il tuo segreto!

Ma fu anche un’altra cosa a stupire la ragazza: chiusa la portiera, Light la prese tra le braccia, sollevandola come se fosse stata una piuma, per poi poggiarla delicatamente a sedere sul muso della macchina.

LI= (SORRIDENDO) Mica ho detto che il servizio è gratis…

CA= (C. S) Oh… è qual è il prezzo?

Light, prendendole dolcemente il mento con le dita, si avvicinò a lei.

LI= Questo….

Si baciarono voluttuosi, incuranti di essere su una pubblica strada ancora piuttosto trafficata nonostante l’ora tarda. Erano passate due settimane da che lei e Light si frequentavano, ma ancora lei rabbrividiva piacevolmente come una ragazzina ogni volta che lui la toccava.

Con un ultimo bacio, e la promessa di rivederla, a malincuore Light dovette lasciarla andare; appena entrata in casa, con il cuore leggero e la mente svuotata, si stupì della mancanza di Ryuzaki, ormai diventato come un suo coinquilino. Poggiando la giacca e la borsa sulla poltroncina dell’ingresso, accese le abat-jour della sala e del corridoio, conferendo un’atmosfera morbida e rilassata all’ambiente, immerso nell’aranciata penombra delle lampade… poi si diresse in camera, per potersi cambiare per la notte.


***


L’amore che tutto perdona
è l’amore di Dio o dei folli.

Ian McEwan.


***


Era davanti al letto, intenta ancora a spogliarsi dei vestiti… sorrise, sentendo ancora su di se il profumo della pelle di Light; andò a sfiorare con la punta delle dita lo smeraldo che le aveva regalato giorni addietro. Ma fece appena a tempo ad infilarsi un paio di short di grigio cotone, quando sentì bussare insistentemente alla porta.

CA= (MERAVIGLIATA) Chi diavolo può essere all’una e mezza di notte?!

Ritenendo poco opportuno indossare solo il reggiseno sopra ai pantaloncini, si infilò, incamminandosi verso l’ingresso, una canottiera nera.

CA= ARRIVO, ARRIVO!!! Un att…

Quando aprì la porta e si trovò davanti chi la stava cercando con tanta furia, il suo cuore smise di battere.

La sua ossessione. La sua nemesi. Il suo diabolico angelo.

Con un’espressione di furiosa gelosia che avrebbe fatto arretrare Cerbero negli inferi.

“E così, ora il signorino Yagami ti sta simpatico…”


CA= Mello…

Il ragazzo le rispose in tono duro, velato di sardonia.

ME= Wow… ti ricordi ancora come mi chiamo.

CA= Che cosa vuoi?

ME= Sono venuto a pagare il conto.

CA= Cosa?

ME= Sei stata come una prostituta… mi hai dato qualcosa, illuso, rifiutato e poi ti sei gettata tra le braccia del miglior cliente sulla piazza. Le prostitute si pagano, perciò sono venuto a saldare il mio debito.

CA= Addio Mello.

Fece per chiudere la soglia, ma quando fu lì per raggiungere il punto d’incastro con la serratura, Mello diede alla porta uno spintone talmente violento, che Caroline si trovò a dover balzare all’indietro per non farsi del male; il ragazzo fece il suo ingresso, chiudendo rabbiosamente la porta dietro di sé.

CA= Che stai facendo?!!!

ME= Che cosa credi, che diritto pensi di avere nel liquidarmi così?! Chi cazzo ti credi di essere?!

CA= CHI CAZZO CREDI TU DI ESSERE! Mi entri in casa di notte, mi porti a letto, poi scompari e non torni se non per dirmi, su un letto d’ospedale, che non te ne frega un cazzo di me, piombi a Venezia chiedendomi di essere tua e ti aspetti che ti creda?! Un po’ presuntuoso da parte tua!

ME= Vedo che ti sei consolata subito.

CA= Almeno Light ha dimostrato di tenere a me! A differenza tua che l’hai fatto per il puro piacere di una scopata!

Senza accorgersene erano giunti in sala, Mello a stento si tratteneva dal saltarle addosso e, se fosse stato necessario, a violentarla… il desiderio si stava facendo insopportabile.

ME= Siete perfetti assieme… una meravigliosa coppia di assassini…

CA= Non ti azzardare a dirlo.

ME= Chissà, forse finirete alla forca assieme…

CA= Smettila.

ME= Ed io sarò là, a godermi lo spettacolo…

CA= TACI!

E partì. Secco, sonoro, inaspettato, lo schiaffo colpì la guancia sana di Mello, cogliendolo alla sprovvista. Quando parlò, il suo tono era lento, tranquillo e caustico.

ME= Guarda guarda come si batte per la difesa del suo principe… hai ancora addosso il suo odore, si sente il fetore di morte da chilometri…

Le parole uscirono dalla bocca di Caroline simili ad un sibilo.

CA= Lui mi ama…

A quelle parole però, Mello eruppe come un vulcano in eruzione.

ME= NO! LUI TI STA SOLO USANDO E TU NON TE NE ACCORGI! SVEGLIATI RAGAZZA, TI STA SOLO PORTANDO A LETTO!!

CA= SE LO FA, LO FA IN MANIERA UN PO’ PIU’ RIGUARDEVOLE DI COME FACESTI TU!

ME= GUARDA IN FACCIA LA REALTA’ CAROLINE, TI STAI SOLO FACENDO SCOPARE!

CA= FORSE A ME VA BENE COSI’!!!

ME= PUTTANA!

CA= AH!

Questa volta fu Mello a schiaffeggiare Caroline, colpendola con il dorso e le nocche della mano; rimase immobile, ansante ad osservarla mentre si portava una mano alla guancia offesa; quando le rivolse nuovamente la parola, la sua voce trasudava veleno.

ME= Sei solo una puttana… una piccola, sciocca puttana che sta giocando con il fuoco.

CA= Decido io come condurre la mia vita, e anche se f… COUGH! COUGH COUGH!

Un attacco di tosse colpì Caroline all’improvviso, mozzandole il respiro e macchiando di gocce vermiglie il fazzoletto… e nel vederle, Mello si sentì morire.

ME= Come stai?

CA= Non vedo perché dovrebbe interessarti.

ME= Io e te non abbiamo finito.

CA= Oh, abbiamo finito eccome!

Vedendo che stava cercando di andarsene, la rincorse afferrandola per un braccio e scaraventandola contro il muro; vedendo che si divincolava, la chiuse contro la parete spingendo il proprio braccio sul suo seno.

CA= LASCIAMI! LASCIAMI SUBITO, BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA!

Con la mano libera dell’altro braccio, andò a sollevare lo smeraldo ancora al collo di Caroline, guardandolo con palese disprezzo.

ME= Ora capisco… ecco perché mi hai rifiutato… lui ti aveva già pagata meglio.

CA= Non dire stronzate.

ME= Sa che ti sei fatta scopare da quello che vuole la sua testa insanguinata su un piatto d’argento?

CA= Lui si fida di me…

ME= Quando l’amore si da al miglior offerente non c’è fiducia, e senza fiducia non c’è amore.

CA= Beh, è strano detto da uno che l’amore non sa neanche cosa SIA!

Con quest’ultima parola, Caroline si liberò dalla stretta di Mello piegando la gamba e facendo leva sullo stomaco del ragazzo con il piede; il colpo lo lasciò un attimo spiazzato.

ME= SE SONO SPARITO, L’HO FATTO PER UNA RAGIONE! E NON CREDERE CHE PER ME SIA STATO FACILE! OGNI SGUARDO, OGNI PAROLA O TOCCO CHE YAGAMI TI RIVOLGEVA, FACEVANO SALIRE IN ME LA VOGLIA DI AMMAZZARLO!

A quel discorso, Caroline gli andò davanti, con occhi che avrebbero potuto pietrificare anche l’acqua; gli arrivò vicinissimo al viso, fissando il suo sguardo in quello maschile.
Era meravigliosa.

E il desiderio lo stava tormentando.

CA= Coraggio… c’è una cosa che vuoi fare ora… l’unica che hai sempre voluto fare con me. Avanti… fallo.

Afferrandole brutalmente la mandibola con la mano, la portò ad un centimetro dal suo viso, guardandola fisso negli occhi.

ME= Sei così fragile… talmente delicata che potrei ucciderti in qualsiasi momento, anche solo usando questa mano, che ora stringe il tuo viso…

CA= Ti accontenteresti  solo di un corpo… l’anima me l’hai uccisa tempo fa… avanti, fa quello che devi fare.

E lui lo fece. Stringendo di più la presa attorno alla sua mandibola, tanto da formare solchi dove le dita erano a contatto con la pelle, la baciò divoratore; quando si staccarono, lei incatenò nuovamente i suoi occhi ai propri.

CA= Avevo dimenticato… quanto… sai essere convincente.

Accadde tutto all’improvviso. Presolo per la nuca, Caroline lo attrasse nuovamente verso di sé con uno scatto e catturò di nuovo la bocca di Mello in un bacio che avrebbe potuto incendiare la casa, spingendola nella propria tanto da farsi male, mentre il ragazzo la stringeva convulsamente a sé.

Le bocche cominciarono una danza violenta, le lingue si intrecciavano voraci.

Qui non c’era romanticismo, non delicatezza.

C’erano solo fuoco, passione e piacere carnale ad accompagnare quell’amore violento, passionale e distruttivo che pareva erompere da quei corpi, tanto era immenso. Mello cominciò a spogliarla frenetico, quasi strappandole la canottiera che indossava mentre lei lo privava della felpa nera, lasciandolo a torso nudo. La nuova vista del suo corpo, dei suoi seni, lo inebriò.

L’eccitazione non aveva più freno, il sangue cominciava ad irrorare il basso ventre del ragazzo, dove la pelle morbida era stata sostituita da del ferro rovente. Le baciò l’incavo dei seni, mentre lei reclinò la testa all’indietro.

La lussuria li aveva attanagliati entrambi, il desiderio di possederla stava diventando insostenibile per lui… sembravano animati da una furia incontenibile: Mello affondava le mani tra i capelli di lei con forza, ne artigliava la pelle della schiena spingendola sempre più verso di sé.

La pressione del suo seno sul petto lo esaltava. Doveva averla. Adesso.

Comprendere appieno l’atto in cui l’amore metafisico prende il tratto terreno, è un miracolo percepibile solo dai diretti interessati poiché diverso di caso in caso. La magia di ritrovarsi rispecchiati, bocca su bocca, palmo su palmo, mostra quanto l’intelletto umano abbia impreziosito l’stinto.

Caddero assieme sul morbido tappeto davanti al divano, padroni solo delle loro emozioni. E lei fu sua.

Definitivamente, completamente e perdutamente sua.

Si amarono. Si ritrovarono. E si amarono nuovamente.

***


Si muove sul suo corpo come se stesse danzando: folle, perso, bellissimo.

La sua pelle brucia, il suo profumo la stordisce e non può a fare a meno di toccarlo, saggiare ogni centimetro del suo paradiso, prezioso, dolce e liscio.

I suoi occhi socchiusi che la scrutano nella penombra, gemme di inestimabile valore che illuminano il suo mondo; le sue labbra schiuse, come petali delicati e soffici, umide porte che si aprono sull'universo del piacere, e la lingua timida, vascello di desiderio che naviga sul suo collo.

"Ti amo Mello." pensa.

"Tu che impugni una pistola e non esiti ad uccidere,
tu che urli e colpisci,
guerriero dall'animo feroce, felino indomabile e crudele;
tu che mi chiami tra i gemiti scivolando sulle mie carni,
tu che ansimi e sorridi,
così diverso ma sempre tu, mio angelo caduto."


Potrebbe morire per lui, per ogni secondo in cui le concede di averlo, possederlo, tenerlo stretto tra le proprie braccia.

"Io, che non so cos'è l'amore, io, che non conosco la paura, io, che non riesco ad odiare... io ti odio per il male che mi hai fatto,io ho paura di te… io ti amo.

E quando le tue mani scivolano lente sul mio seno, quando il tuo sguardo supplica e dalla tua gola sale quel mugolio sensuale che richiede attenzioni, io muoio Mello... io muoio... mentre ti tocco e gemi più forte, mentre ti muovi sopra e dentro di me ed insieme ci innalziamo al cielo: sei folle... indomabile... mio.

Sapere che domattina potrebbe essere l'ultima,
sapere perfettamente che mi amerai,
percepire sulla pelle il tuo calore,
che non durerà per sempre,
Mello... non andartene....

Voglio dirti ti amo tutti i giorni,

Voglio addormentarmi con te al mio fianco, e incontrare il tuo sguardo tra i raggi del sole.

E se arriverà il giorno che dovrò lasciarti, voglio morire... tra le tue braccia...”



Il mondo brucia sotto il giudizio di un Dio ingiusto,
le anime supplicano per la redenzione,
il cuore le scoppia nel petto mentre si accorge che sta baciando l'angelo di cui si è perdutamente innamorata,
mentre stringe la mano e trova la sua a riempire quel vuoto.

CA= Mello…

Un sospiro, quasi un singhiozzo uscì da quella bocca ultraterrena, da quelle labbra che non si sazierà mai di baciare.

ME= Si…

Si cercano… tra i sospiri, i gemiti, si cercano… forse per convincere se stessi che quello che stanno vivendo non è un fallace sogno destinato a diventare cenere alle prime luci del mattino, ma una meravigliosa realtà.

CA= Dimmi che non sparirai di nuovo… dimmi che tutto questo è reale….

Mello si fermò per un attimo, non poté fare a meno di sollevarsi tendendo le braccia e guardare quella splendida creatura che prima l’aveva affrontato con tanto ardimento, e che ora giaceva tra le sue braccia, fragile e tremante. Le sorrise mentre le parlava, mentre il cuore gli batteva così velocemente quasi a fuoriuscirgli dal petto.

ME= No amore mio… non ti lascerò… non ti lascerò mai.

Si strinsero in un altro abbraccio, in un altro bacio mentre lui la riebbe.

In quel momento, in quell’istante la vita, la morte, l’inferno ed il pericolo non avevano più nessun peso, nessuna importanza… non sarebbero mai arrivati a toccarli con le loro mefitiche dita.

In quel momento…. loro erano immortali.


***

Poiché io non potevo fermarmi per la Morte,
lei gentilmente si fermò per me.
La carrozza bastava a contenere noi due soltanto
e l’Immortalità.

Emily Dickinson “La Carrozza”


***


La mattina seguente, Caroline si svegliò con i raggi tiepidi del sole che le intiepidivano il viso. La allarmò il fatto di trovarsi nel suo letto, ma anche se questo portava i segni di una seconda persona accanto a lei, si accorse con orrore che il posto dove avrebbe dovuto trovarsi Mello, era vuoto.

CA= No… non è possibile… non può avermi mentito un’altra volta…

Rimanendo seduta sul letto e coprendosi il seno con un lembo del lenzuolo, si guardò attorno finché l’occhio non le cadde sulla poltroncina all’angolo tra la finestra e l’armadio, dove vide appoggiata la felpa del ragazzo… e nel vederla si sentì sollevata: sotto Mello non indossava altro ed a meno che non fosse andato in giro per Tokyo a torso nudo…
Questi pensieri ebbero conferma quando sentì dei rumori provenienti dalla cucina, seguiti da delle imprecazioni mugugnate, che erano il chiaro segnale della presenza del ragazzo. Caroline scese dal letto, indossò un paio di mutandine nere, la felpa dalle mille zip appartenente a lui che lasciò, provocatoriamente, un po’ aperta sul seno, si riavviò i capelli e si diresse verso la cucina; quando arrivò, si fermò sullo stipite della porta ad osservare la scena non senza un sorriso. Trovò Mello di schiena, intento ad armeggiare con la macchina del caffè che, dopo lunghi borbottii di ingiurie da parte del ragazzo, era partita con un ronzio; indossava i pantaloni, ma era scalzo e, ovviamente, a torso nudo con i lunghi capelli biondi che gli accarezzavano la base del collo e delle spalle. La giovane donna osservò quella schiena perfetta e magra, dalla pelle liscia e nivea… seguì il contorno delle scapole e delle braccia esili, toniche con i muscoli che guizzavano leggermente ad ogni suo movimento.

Poi il ragazzo si girò, e nel vederla il suo viso angelico si illuminò dei suoi rari, e per questo bellissimi, sorrisi.

ME= Buongiorno…

Si avvicinò a lei che ricambiò il sorriso, e la baciò leggero.

CA= Buongiorno..

ME= Ho fatto del caffè, ne vuoi? Non so come sia venuto, di solito è sempre Matt che lo fa.

Così dicendo, passò una tazza ricolma di fumante liquido nero a lei che nel contempo si era seduta sul tavolo accavallando e lasciando penzolare le magre gambe ed i piccoli piedi scalzi.

CA= Che stai mangiando?

ME= La mia colazione, no?

CA= Una tavoletta di cioccolata? Alle otto del mattino? :)

A quest’affermazione, Mello la guardò ironico e posando la tazza si staccò dal piano cottura della cucina ed avanzò verso di lei, che dopo aver sorbito un piccolo sorso della bevanda, posò a sua volta la tazza, per poi guardarlo con un sorriso ironico.

CA= Me ne daresti un pezzettino?

Per tutta risposta Mello le andò più vicino e sciogliendole le gambe sovrapposte, ne fece aderire i polpacci ai fianchi così da averla ancora più vicina; poi staccò un frammento di cacao dalla tavoletta e gliela avvicinò alla bocca.

ME= Vediamo… forse…

Quando ormai lei stava per afferrare il cioccolato con le labbra, lui velocemente lo spostò e lo mangiò, ridacchiando.

CA= Mel!

ME= Ok, ok non ti arrabbiare, questo te lo do…

Ne staccò un altro pezzo e cominciò a porgerglielo verso la bocca.

ME= Tieni… anzi…

E immancabilmente il secondo pezzetto fece la fine del primo; Caroline, tra il divertito e il piccato, cominciò a colpirlo lievemente sulle spalle, mentre lui rideva.

CA= MELLO! SEI COME, ANZI PEGGIO, DI UN BAMBINO!

Tra le risate, Mello riuscì a parlare.

ME= Va bene, va bene non picchiarmi streghetta… questo è tuo, promesso. Ecco…tieni…

Finalmente il terzo pezzettino che le porse, Caroline riuscì a mangiarlo; dopo averla imboccata, Mello ne delineò dolcemente il contorno delle labbra con la punta del pollice, mentre la guardava sorridendo. La ragazza intanto osservava quel viso che tanto le era mancato, quella cicatrice che la notte prima aveva baciato con adorazione di devota… osservava quel petto glabro, magnifico, con i pettorali e gli addominali appena accennati; poi si perdette nei suoi grandi occhi azzurri e profondi come il mare… si rese conto di quanto la devastante bellezza di Mello la mettesse in soggezione.

CA= Guarda che non sei ancora del tutto fuori dai guai sai? Dopotutto mi hai schiaffeggiato…

ME= Nemmeno tu ci sei andata leggera… ma so di aver sbagliato, la gelosia era insopportabile, una tortura quotidiana al quale ero ogni giorno più debole…

Gli occhi di Caroline si spostarono sulla sottile catenina al collo del ragazzo, reggente una medaglietta d’oro che riconobbe immediatamente.

ME= Si… è la tua… l’ho presa la mattina dopo il primo nostro incontro, quando sono piombato a casa tua durante la notte..

Alzò le braccia all’indietro, cercando il piccolo gancio della catenina… ma Caroline, afferrandogli i gomiti e riportandogli le braccia verso di lei, lo fermò.

CA= Tienila… voglio che la tenga tu…così avrai sempre una parte di me accanto, ovunque tu vada..

ME= Grazie…

Lo sguardo del ragazzo si fece sensuale,mentre le barriere di Caroline cominciarono a vacillare.

ME= E riguardo all’altra cosa… devo trovare il modo di farmi perdonare da una splendida dea…

CA= La ruffianeria non attacca…

Dopo aver ridacchiato, Mello la baciò e le difese di Caroline scesero sotto lo zero. Continuarono a baciarsi, poi con il crescendo della passione, le lingue si intrecciarono sensuali e tranquille; ad un certo punto, il ragazzo l’afferrò dolcemente per la vita e facendola scivolare in avanti, la fece aderire completamente a sé. Cominciò quindi, senza smettere di baciarla, ad abbassarle la zip della felpa, fin quando i seni di lei non si svelarono completamente ai suoi occhi ed al suo tatto; lei nel frattempo aveva cominciato ad armeggiare con i pantaloni di Mello, riuscendo già a slacciare il primo bottone. Ora si trattava solo di tirare giù la lampo….

…se solo il cellulare non avesse cominciato a suonare.

Nel sentirlo, Mello mormorò un “accidenti” a denti stretti e poggiò la fronte su quella della compagna.

CA= E’ Near…

ME= Come fai a saperlo?

CA= Per lui ho impostato una suoneria diversa…

ME= Questa eh?

CA= Già…

ME= Almeno è carina… su vai pure a rispondere…

Il ragazzo sbuffò e si scostò da un lato per lasciarla passare; Caroline si diresse verso il tavolino della sala, afferrò il cellulare e rispose mentre Mello, dopo essersi riallacciato i pantaloni, stette a fissarla a braccia conserte.

CA= Near?

NE= Posso chiederti perché c’è tua cugina qui?

CA= Audrey è lì?!?!

NE= Si, ed io non sono molto bravo a gestire la cosa! Aggiungendo il fatto che sono da solo all’SPK.

CA= Dammi un quarto d’ora e sono da te.

NE= Ok.

E chiuse la telefonata.

ME= Tempismo perfetto… degno di Near.

CA= Scusami…

ME= Dai, va pure a vestirti…

Andando in camera di volata, si vestì a tempo di record con un paio di leggings neri, ballerine di vernice e maglioncino a collo alto aderente dello stesso colore, cui mise sopra una camicia bianca dal taglio maschile, un poco più lunga del normale, fermata sui piccoli fianchi da una cintura nera.
Quando tornò di là, Mello era seduto sul divano ad attenderla; appena la vide si alzò in piedi.

ME= Accidenti, beato Near che ti vede tutti i giorni così! Beh… io ti vedo nuda, ed è di gran lunga meglio a pensarci bene!

CA= Ti ritrovo qui stasera?

ME= Ovviamente…

CA= Allora c’è una cosa che voglio darti… ti sembrerà una stupidaggine forse…

Si diresse verso un cassetto del mobile-libreria della sala e dopo aver armeggiato qualche secondo, tornò davanti a Mello.

CA= Voglio che tu sappia che con questo non voglio porre dei confini alla tua libertà, ne mi aspetto chissà cosa… ma per me è importante….

E così dicendo gli mise in mano una copia…delle sue chiavi di casa.

CA=…oltre che per preservare l’integrità delle mie serrature. :)

Nel vedere quelle due chiavi, apparentemente insignificanti per tutti gli altri, il suo cuore si riempì di commozione… per la prima volta nessuno lo scantonava o lo emarginava definendolo troppo strano, quasi al limite dell’anormale… lei, consegnandogli le chiavi della sua casa, gli stava dando il libero accesso alla sua vita.

Per una sua personale concezione, forse incrementata dall’essere orfano e dal non aver mai avuto una vera dimora, aveva sempre considerato una casa come la seconda anima della persona che vi abitava… e se quella persona decideva di consegnarle a qualcuno, significava che si era guadagnato la sua fiducia. Le guardò a lungo e poi le strinse nel palmo, ricatturando gli occhi di lei.

ME= E’ il regalo più bello che potessi farmi…

CA= (ACCAREZZANDOLO IN VOLTO)Ci vediamo stasera…

Si congedò da lui con un ultimo bacio e si diresse verso il portone; ad un tratto però, prima di andare, si fermò voltandosi verso di lui.

CA= Mel?

ME= Si?

CA= Grazie…

ME= Per cosa?

CA= Per tutto… per tutto quello che è stato, è e per tutto quello che sarà.

E lasciandolo tra il commosso ed il sorpreso, chiuse delicatamente la porta dietro di sé, consapevole che l’avrebbe trovato al suo ritorno.

***


Non aveva mai capito perché la gente provasse interesse verso altra gente… aveva sempre avuto una particolare concezione dei rapporti umani… l’attrazione? una connessione scriteriata di neuroni e stimoli nervosi, l’amore? una miscellanea ben riuscita di feromoni e genetica, destinata a bruciare in fretta ed a lasciare dietro di sé solo brandelli di cenere…
Eppure c’era qualcosa in lei che lo muoveva, un qualcosa che catturava i suoi occhi, calamitandone l’attenzione e non lasciandolo concentrare sul resto… un richiamo simile a quello della pagliuzza di ferro verso il magnete.

Era abituato a considerare gli uomini come semplici macchine biologiche, non sempre perfette ma rieducabili, o con le buone o con le cattive. Sezionava anime con freddezza chirurgica, scomponeva ricordi e sensazioni in frammenti ben distinti, riduceva le esperienze a semplici, inanimati numeri.

Non si era mai fermato ad ascoltare una di quelle anime, mai aveva pensato che sotto quell’involucro di carne, sangue e ossa vi fossero vite, emozioni, passati… no, non aveva mai letto nessuno di quei cuori, mai aveva perso il suo tempo ad indagare su di loro.

Ma per la prima volta, aveva trovato qualcuno particolarmente ostinato a leggere e vagliare il suo.

E di questo aveva paura.


***


Arrivò all’SPK leggermente in ritardo rispetto a quanto aveva previsto; appena entrò, stupendosi anch’ella che l’ufficio fosse deserto, venne accolta dai saluti festosi di Audrey e dallo sguardo tra lo snervato e il terrorizzato di Near.

AU= Buongiorno Caroline! Come sei bella stamattina!

CA= Ehm… grazie… ma cosa ci fai qui?

AU= Oggi è il mio giorno libero…niente prove!

CA= Sei mattiniera allora…

AU= No, a dire la verità mi ha mandato qui zia Janice…

Caroline si irrigidì; se c’era di mezzo la madre, non erano sicuramente belle notizie.

CA= Per cosa?

AU= Mi ha detto di darti questo…

Le consegnò un piccolo biglietto, in cui vi erano scritte poche righe che lesse interdetta.

CA= Un indirizzo?!

NE= Non sei un po’ vecchia per giocare alla caccia al tesoro?

AU= Non ho idea di cosa voglia dire… mi ha solo raccomandato di darlo a te.

CA= Beh, allora andiamo a vedere di cosa si tratta… Audrey, vuoi venire con me?

AU + NE= SI!!!

Le due ragazze guardarono Near con espressione interrogativa.

NE= Ehm… cioè… volevo dire che sarebbe molto meglio se venisse con te! Dopotutto sei sua cugina, qui sarebbe noioso, un sacco di roba da fare…

Caroline, per pietà o divertimento, resse il gioco a Near.

CA= Oh, ehm…si, Near ha ragione! E poi sono sicura che tra poco arriveranno anche gli altri a dargli una mano! Vero Near?

NE= Ehm.. si, proprio così, Caroline dice la verità!

AU= Certo che siete tutti un po’ strani… O.o

CA= Andiamo tesoro…

Quando uscirono dall’ufficio, Near non poté non tirare un sospiro di sollievo….
….cosa che non fece Caroline quando arrivò davanti alla sua automobile.

CA= E tu cosa ci fai qui?

“Ehi, è così che si salutano gli amici?”

CA= O mio dio… -_-‘ Audrey questo è Matt… Matt,mia cugina Audrey.

AU= Piacere!

MA= Il piacere è mi…PER TUTTI I SANTI, CHE MI VENGA UN COLPO!

CA= Cosa?!

MA= Siete la coppia di cugine più strana che io abbia mai visto…

CA= E perché , di grazia?

MA= Siete…. DUE GOCCE D’ACQUA!

CA= Addirittura… mai pensato ad un paio di occhiali, oltre a quelli inutili fanali catarifrangenti che hai in testa?

MA= Ehi, i miei goggles sono sacri!

CA= Ah perché, ora hanno anche un nome?

MA= Tesoro cos’hai mangiato stamattina a colazione? Biscotti all’acido muriatico inzuppati nel caffè al cianuro?

CA= Simpatico…

MA= Lo so, sono irresistibile.

Durante tutto questo “scambio d’opinioni”, Audrey non aveva potuto frenare le risate… trovava l’istrionica simpatia di Matt, divertente.

AU= Comunque si, ci assomigliamo parecchio… ce lo dicono spesso!

CA= Ok, chiudendo il simpatico siparietto, noi avremmo una cosa da fare…Audrey, Sali pure in macchina.

MA= Oh, ma allora vengo anch’io, tanto non ho niente da fare!

CA= Ehi, no, ma veramente io…

Prima che potesse finire la frase, Matt era già balzato in macchina, allacciato le cinture e rivolto un gran sorriso all’amica.

MA= Allora lumachina, vuoi partire o no? Questa bellezza d’automobile sta smaniando per divorare un po’ d’asfalto…

Dirigendosi verso il posto di guida, Caroline alzò gli occhi al cielo e salì in macchina.

***


“E’ tutto pronto mio signore… stiamo solo aspettando un vostro segnale.”


“Bene… ora.”




***


Guidò per circa dieci minuti, finché non arrivò al luogo avente per indirizzo ciò che sua madre le aveva scritto.

CA= La biblioteca cittadina!?

MA= Che ci devi fare lì dentro?

CA= Non ne ho idea… ma ora sono più curiosa che mai!

E si incamminarono.

Appena entrarono, una segretaria sui sessant’anni piuttosto robusta li accolse.

CA= Buongiorno, io…

SEGRETARIA= La signorina Hale, giusto?

CA= Ehm… si, sono io. O.o

SEGRETARIA= La stanza che le dovrebbe interessare è di là.. ultima porta a destra.

CA= Oh, grazie.

Seguendo le indicazioni della donna, arrivarono in un’ala della biblioteca completamente… vuota.

MA= Questa cosa non mi piace…


Ma lo sguardo di Caroline era già vagante sulle migliaia di libri accuratamente impilati.

CA= (AVVICINANDOSI AD UNO SCAFFALE) Iliade… Odissea… commedie di Aristofane… gli Annales di Livio… i Sermoni di Orazio… ma si, certo!

MA= Certo?

CA= Non sai che ottima idea che hai avuto a venire qui Matt!

MA= Perché mi suona come una presa per il culo?

Audrey gli sorrise e passandogli accanto per seguire la cugina, gli batté bonariamente una mano sulla spalla.

AU= Chissà… forse lo è.


***


Erano lì dentro da più di mezz’ora, Caroline in piedi a frugare tra gli scaffali tirando fuori libri l’uno più impolverato dell’altro, ed Audrey con Matt seduti al lungo tavolo ligneo coperto di scartoffie, illuminato da due lampade verdi in stile ragioniere.
Vedendo l’amica buttare sul tavolo libri su libri, decise di far valere le sue ragioni.

MA= Non per essere noioso, ma io non ho ancora capito a che ti servano tutti questi libri…

CA= Che vuoi dire?

MA= Sarò ignorante, ma puoi spiegarmi cosa possono avere in comune “Trattato sulla magia nera” e “Poeti romani: da Cesare a Nerone”?

AU= Forse tutto può esserci utile…

CA= Esatto Audrey… compreso, off, questo!

Sbatté sul tavolo un enorme libro che pareva sgretolarsi al solo posarci gli occhi sopra, dalla copertina in cuoio giallo zafferano estremamente consunta dal tempo e dal lavoro laborioso delle termiti; Audrey allungò il collo per leggere.

AU= “Teologia, divinità e luoghi oltre la morte” interessante…. Matt, è tutto tuo!

MA= Oh, fantastico, chi ci salterà fuori, Topolino apprendista stregone? Campanellino? E io dovrei mettermi a leggere questa roba da preti freschi di seminario?!

Caroline non parlò, ma lo guardò con fare molto eloquente.

MA= (SARDONICO) Da bravo Matt, mettiti a leggere tutto questo polpettone… ho capito, ho capito…

CA= Le mani di Virgilio… le mani… cosa diavolo vorrà dire?

Ad un tratto però, Caroline si bloccò, la testa china e le orecchie ben aperte.

CA= Avete sentito?

AU= No… che c’è?

CA= Una specie di sibilo…

MA= Saranno gli elfi di Avalon che si vendicano…

Audrey e Caroline lo guardarono truci.

MA= (ALZANDO LA TESTA DAL LIBRO E GUARDANDOLE) Beh, che c’è? Che ho detto? Caspita, siete proprio cugine!

Il rumore si ripeté… stavolta molto più nitido.

CA= Ora avete sentito?

Audrey si alzò e le andò accanto.

AU= Adesso si… ma cos’è stato?

CA= Non lo so…

MA= Ehi, che succede al tavolo?!

Le ragazze si voltarono verso l’amico… il tavolo, le lampade, gli scaffali, persino le finestre ed il pavimento avevano preso a tremare violentemente, mentre le luci stavano cominciando a sfarfallare, perdendo tensione.Visto questo, anche Matt affiancò le due ragazze.

MA= Che diavolo sta succedendo?!

CA= (IRONICA) Chissà, forse Campanellino?!

MA= Tu le cose te le leghi al dito vero?

AU= (IMPAURITA) Ragazzi… che cos’è quello?

A mezz’aria, nel centro della stanza, un piccolo tornado di cenere nera stava cominciando a formarsi, vorticando e scompigliando abiti e capelli al trio che lo osservava attonito. Ad un tratto si fermò, per poi diradarsi e rivelare una cosa mai vista prima.

MA= O santo cielo…

Sollevato a circa tre metri da terra, vi era un individuo estremamente alto: il suo corpo era costituito solo da uno scheletro ricoperto solo da una muscolatura ormai avvizzita e di color rosso cupo; aveva una fila di denti simili a quelli di un lupo per biancore e ferocia, una benda lurida a coprirgli l’occhio destro ed il braccio sinistro terminante in un uncino, appuntito e sporco di sangue vecchio. L’essere li guardò uno per uno, mentre loro cominciavano ad indietreggiare  lentamente con gli occhi fissi sulla creatura.

CA= Calmi ragazzi… dobbiamo stare calmi…

MA= Linne quello non è un cane, che se stai fermo non ti morde!

AU= Ma che diavolo è?!

CA= Quello è…

MA=…uno….

CA+MA= SHINIGAMI! VIAAAAAAAAA!!!!

Cominciarono a correre verso la porta, mentre lo shinigami, con un grido infernale, si gettava su di loro; arrivati alla porta, Audrey ne afferrò la maniglia, scuotendola violentemente.

AU= E’ SBARRATA!

Caroline si voltò, appena in tempo per vedere lo shinigami tendere una mano verso di loro.

CA= A TERRA!!!!!

Il trio si lanciò sul pavimento, scansando all’ultimo momento la presa della creatura, che si voltò con un ringhio. Poi posò gli occhi sulla sua preda… la cui identità fu subito chiara a Caroline; l’essere si lanciò nuovamente su di loro, mentre la ragazza afferrò le spalle di Audrey e la tirò giù con sé.

CA= GIU’ !!!!!!

Lo shinigami si schiantò sopra di loro, mandando in frantumi parte della libreria e sommergendole di schegge e volumi; terrorizzata, Audrey gridò mentre Matt, rimasto poco distante, cominciò a correre verso di loro.

MA= RAGAZZE!

Quando fu più vicino, lo shinigami si voltò di scatto e colpendo Matt con uno schiaffo, lo scaraventò dall’altra parte della stanza sbattendo brutalmente la schiena contro la parete.

CA= CRISTO SANTO! MATT!!!

Vedendo però che il ragazzo si stava rialzando, il dio della morte creò un semicerchio di alte fiamme attorno a lui, chiudendolo tra il muro ed il fuoco.

CA= MATT!! STAI BENE?!

MA= SI, STO BENE! MA ORA PENSATE A SALVARVI!

CA= Audrey, tesoro ti senti pronta?

AU= (TERRORIZZATA) S-si… credo di si…

CA= Bene, allora al mio tre… uno, due, TRE!

Veloci, passarono sotto lo shinigami, cominciando a correre come il vento; ma il dio della morte, alzandosi in volo le raggiunse in pochi secondi, ed afferrando Audrey per una caviglia, la portò sospesa in aria, buttando a terra Caroline con una poderosa spinta.

CA= AUDREY!!!!!

AU= CAROLINE, AIUTO!!!! AAAAHHHH!!!!!!

Lo shinigami, sempre tenendo la ragazzina per una caviglia ed a testa in giù, aveva cominciato a farle vorticare attorno migliaia di libri, mentre viaggiava con lui per tutto il soffitto.

MA= CAROLINE! IL TAVOLO!

Caroline, salendo sul lungo tavolo e cominciandovi a correre sopra, prese la rincorsa per saltare ed aggrapparsi alle braccia della cugina.

CA= Ti tengo! Ora cerca di liberarti!

Ma lo shinigami, accorgendosi del peso eccessivo, mosse in avanti il braccio, in modo che Caroline venisse lanciata via, andando a sbattere contro una libreria, che le riversò addosso un fiume di libri; il colpo ricevuto la lasciò intontita e con il respiro mozzato per qualche secondo, per poi rialzarsi barcollante. Nel frattempo, lo shinigami aveva lasciato cadere a terra Audrey, lasciandola priva di sensi.

CA= AUDREY!! (ALLO SHINIGAMI) Brutto figlio di puttana…

MA= CAROLINE, NELLO SCAFFALE DEI TROFEI C’E’ UNA SPADA! USALA PER DIFENDERTI!

Scansando un altro attacco del dio della morte, Caroline si diresse dove l’aveva indirizzata Matt ed afferrò la pesante spada puntandola contro lo shinigami, che per la prima volta fece sentire la sua voce, roca e cupa come il mondo infernale da cui proveniva.

SH= Tu… stupida mortale… che cosa pensi di fare?

CA= Che vuoi fare ad Audrey?

SH= Non sono io che la desidero… ma il mio re.

CA= Cosa?!

SH= Il vostro mondo è divertente da osservare… e il mio signore ha visto quella mortale…

CA= Che cosa vuole da lei?

SH= Il mio padrone ha bisogno di una compagna… per creare nuovi figli della morte…

CA= Non te lo permetterò mai!

SH= Allora incontrerai la morte!

Con un ruggito infernale, lo Shinigami si lanciò su di lei, alzando l’uncino pronto a colpirla; con prontezza di riflessi, la ragazza smorzò il colpo, incastrando la lama semi arrugginita della spada nell’uncino, provocando uno stridio metallico.
La mortale e lo shinigami si guardarono per una frazione di secondo, dopo il quale la creatura irata, le strappò via l’arma dalle mani con uno  scatto, gettandola lontano; con la mano antropomorfa la afferrò per il collo, chiudendola tra lui ed il muro e sollevandola da terra.

MA= CAROLINE!!

Da dentro la sua prigione di fiamme, che si innalzavano ogni qualvolta cercasse di scavalcarle, Matt poteva fare ben poco per l’amica, tenendo anche conto che Audrey era ancora priva di sensi.

Nel frattempo, la ragazza stava cercando di liberarsi dalla mano dello shinigami, che ogni attimo si faceva sempre più serrata attorno alla sua gola, gelando e macchiando di nero la pelle al suo contatto; tastando febbrilmente ed alla cieca lo scaffale contro cui era schiacciata, cercava qualcosa con cui potersi liberare e difendere: salendo con la mano incontrò la consistenza metallica di un lampadario a due braccia. Lo afferrò, per poi scagliarlo con tutta la forza possibile sulla fronte del dio della morte che, ringhiando dal dolore, si trovò costretto a lasciare la presa, facendola cadere rovinosamente a terra e lasciandola respirare a fatica, tossendo ed annaspando.

Quando Caroline rialzò lo sguardo, lo shinigami era sparito dalla sua vista.

Rialzandosi in piedi, riprese in mano la spada, brandendo l’elsa con entrambe le mani e tenendo la lama ben ritta davanti a sé e,camminando cauta per la stanza, si guardava attorno… sapeva, per istinto o consapevolezza, che lo shinigami era ancora lì.

CA= MATT! VA TUTTO BENE?!

L’amico, ancora stretto nella sua prigione infuocata, le rispose affaticato.

MA= SI, A PARTE CHE ORA CAPISCO COSA PROVA UN POLLO FATTO ARROSTO! MA NON OCCUPARTI DI ME!!!

Arrivò guardinga al centro dell’ambiente, guardò Audrey ancora svenuta mentre avvertiva uno spostamento d’aria gelida attorno a sé, accompagnata da un sibilo ben noto; quando si voltò per vederne l’origine, si trovò davanti lo shinigami, che con uno schiaffo la buttò a terra facendole battere la nuca sul pavimento.

SH= La tua insulsaggine è irritante… come pensi di potermi fermare, inutile e fragile mortale?

CA= Ancora non lo so… ma giuro che appena l’avrò trovato, sarai il primo a saperlo!

Si lanciò contro lo shinigami, menando fendenti a più non posso. Ad un tratto, la punta della spada si infilò nel “fianco” della creatura, cominciando a venire diabolicamente corrosa; il dio della morte, in perfetto silenzio, guardò prima la spada conficcata del suo fianco e poi la ragazza che ne brandiva ancora l’elsa.

SH= Voi umani siete così stupidi!

Creando uno spostamento d’aria estrasse la lama dalla propria carne, e con questa scaraventò Caroline lontano; dopodiché si scagliò nuovamente contro di lei che, strisciando a ritroso, si trovò seduta con le ginocchia contro il petto, chiusa contro una parete; infiammata dall’ultimo slancio di coraggio e istinto di sopravvivenza, strinse più forte l’elsa della daga,ormai ridotta ad un moncone di circa 50 cm, puntandola contro il dio della morte.

Quando quello poi le fu quasi addosso, si alzò di scatto lanciandoglisi contro.

CA= QUESTA E’ L’ULTIMA VOLTA CHE MI SBATTI PER TERRA, STRONZO!

Affondò con tutta la sua forza il rimanente della spada nello sterno dello shinigami; la creatura si fermò di colpo, e dopo essersi guardato il petto, eruppe in un urlo infernale, mentre dalla ferita cominciò a gorgogliare del sangue nero e vischioso come pece, che inondò le braccia ed il busto di Caroline… la quale, dopo averne estratto di colpo la lama, cominciò ad alzarla per poi calarla molto più in alto.

CA= TORNA DALL’INFERNO DA CUI PROVIENI, FIGLIO DI PUTTANA!!

Con un suono simile alla stoffa che si lacera, la testa dello shinigami si staccò dal collo, per poi rotolare a terra con un tonfo sordo mentre il corpo decapitato, dopo essere rimasto per una frazione di secondo ancora eretto, la seguì nella caduta.

Di colpo le fiamme attorno a Matt si spensero, ed il caos fu miracolosamente riportato all’ordine; Caroline abbassò l’arma, inspirando ed espirando come se avesse appena fatto una corsa di migliaia di chilometri… ma sebbene il corpo dello shinigami stesse diventando cenere, in un diabolico procedimento di autocombustione, la testa sembrava ancora dotata di vita propria, con l’occhio visibile ancora aperto e saettante da destra a sinistra; quando Caroline gli si avvicinò, questo si fissò su di lei.

SH= Non…puoi fare… nulla… sciocca mortale… lui la prenderà…. ormai è iniziata, non c’è più tempo…. arrenditi….Nimue.

Nel viso della ragazza, al terrore ed al disgusto iniziale, si sostituì una profonda ira.

CA= Finché io avrò vita… finché dalla mia bocca uscirà respiro…. NIENTE AVRA’ INIZIO!

La testa della creatura cominciò a ridere, sebbene questa si riducesse ad un rantolo; animata dall’ira, Caroline levò nuovamente in alto la spada, per poi calarla con un grido rabbioso sul capo dello shinigami, dividendolo in due metà perfette che si ridussero subito dopo in cenere.

Dopo essere rimasta in piedi a fissare il vuoto per un tempo indefinito, scattò verso
Audrey, inginocchiandosi accanto a lei quasi correndo e lasciando cadere accanto a sé l’arma… spaventata, le prese il volto con una mano.

CA= Audrey!! Audrey ti prego svegliati, rispondimi!!!

Mentre la ragazzina si stava lentamente riprendendo, Caroline sentì una mano posarsi sulla sua spalla; si girò di scatto afferrando al contempo la spada, per puntarla violentemente contro chi l’aveva toccata.

MA= Woooo, piano ragazza!

Sospirando di sollievo, Caroline buttò l’arma a terra, per poi alzarsi.

CA= Come stai?

MA= Bene… un po’ accaldato, ma bene…

Si abbracciarono stretti, come per stemperare la tensione.

MA= Sei stata grande tesoro… una vera guerriera!

AU= Linne…. uhn, ma che è successo?

Chinandosi nuovamente su di lei, Caroline l’accarezzò e le sorrise.

CA= E’ tutto finito tesoro, siamo al sicuro ora… ce ne andiamo.

Troppo debole e scossa per camminare, Audrey fu presa in braccio da Matt mentre Caroline andò ad aprire la porta della stanza… barcollante, tremante e sotto shock, il trio lasciò quel luogo maledetto, ripromettendosi di non farvi più ritorno.















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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23
Vanity Fair






“*****,sei tu?”

“Dio… sto parlando veramente con te?”

“Si… devi fare una cosa per me… se accetterai, te ne sarò riconoscente per la vita.”

“Qualsiasi cosa Dio… sono ai tuoi ordini.”

“C’è una persona che mi sta procurando parecchie noie…”

“Che devo fare, mio signore?”

“Eliminala.”


***


23 dicembre 2009. Ore 23. 10

Erano passati otto giorni da quel terribile incontro con lo shinigami, incontro dal quale sia lei che Matt ed Audrey si erano ripresi a fatica… avevano scelto di tacerlo, per paura sia di non essere creduti sia per evitare di scatenare il panico; ma malgrado questa promessa, Caroline non aveva saputo nasconderlo a due persone… Mello più che prestare attenzione alle parole pronunciate dallo shinigami, si era preoccupato per lei… con Halle ne stava parlando in quel momento, e per la seconda volta, al telefono.

HA= Mio dio Caroline… deve essere stata un’esperienza terribile…

CA= Non puoi immaginarlo Halle… è stata una cosa orribile, quel sangue nero, la sua stretta attorno al mio collo… ho veramente creduto di morire…

HA= E’ andato tutto bene tesoro, ora sei al sicuro… Audrey come sta?

CA= Si è un po’ ripresa, ma è ancora spaventata… quello che io mi chiedo è perché lo shinigami puntava a lei… perché parlava di lei come “la prescelta”

HA= In questo io non ti sono d’aiuto… lo abbiamo sentito entrambe a Venezia, tu sei Nimue e la tua famiglia faceva parte della Confraternita della Croce Nera…

CA= Mi sembri Ezra Levi…

HA= Scusami…. Mello cosa ne pensa?

CA= Mello?!

HA= Avanti Linne, so tutto della sua ricomparsa e della vostra riconciliazione…

CA= Ti pareva… si è preoccupato per me, mi ha detto di prestare attenzione… ehi, è molto tardi e ti ho tenuto al telefono per quasi tre quarti d’ora… è meglio che tu vada, o Gevanni arriverà ad odiarmi!

HA= Figurati… buonanotte tesoro, cerca di riposarti…

CA= Buonanotte anche a te…

E chiusero la comunicazione.

Dopo aver posato il telefono, si sedette a terra per godere maggiormente del calore del caminetto acceso, accorgendosi nel contempo che Ryuzaki non era ancora ricomparso;
guardò i diari paterni che sua madre le aveva consegnato, ma benché ne fosse incuriosita, non riuscì a trovare la forza d’animo sufficiente per iniziarne la lettura. Si limitò quindi ad aprire una grossa scatola di cartone color beige, che rivelò al suo interno centinaia e centinaia di foto, sia a colori che in bianco e nero, alternate a qualcheduna color seppia.

Nel vedere quelle foto, quelle istantanee di vita trascorsa che mai più potrà tornare, Caroline sentì le lacrime sgorgarle spontanee dagli occhi ed andare ad inumidirle le guance. Fotografie della sua infanzia, della sua terra… fotografie di lei bambina, di Rachel, dei suoi genitori… di quella vacanza a Parigi quando lei aveva poco più di sette anni… di quel Natale dove lei e Rachel si erano sfidate a palle di neve… del primo compleanno di Audrey.

Era talmente immersa nei suoi ricordi, che ora le scorrevano tra le dita come la pellicola di un film che quasi aveva dimenticato del tutto, che non si accorse dell’entrata di Mello finché lui non parlò.

ME= Ehi… va tutto bene?

Asciugandosi velocemente le lacrime con un movimento della mano, lo guardò con un dolce sorriso.

CA= Si… si, va tutto bene…

Per tutta risposta Mello si sedette accanto a lei poggiando la schiena alla base del divano e stendendo le gambe; le cinse le spalle con un braccio e l’attirò vicino a sé.

ME= Le foto della tua famiglia?

CA= Si…  di tutte le generazioni…

ME= Non sapevo le avessi… posso?

CA= Si, certo…

Cominciarono a guardarle assieme, mentre Mello ascoltava incantato i ricordi della compagna, e che mai avrebbero potuto essere affiancati dai suoi; per quanto triste e addolorante da rimembrare, quella era la storia di una famiglia, il suo passato, il suo lascito per le generazioni avvenire….

Sono i ricordi dolorosi quelli ci fanno crescere, quelli che ci temprano per affrontare più forti il futuro, quelli che bruciano sulla pelle e sull’anima…. ma quando il fuoco si spegne, quando il dolore comincia a scemare, la pelle ustionata inizia a cicatrizzarsi… per diventare più forte e per difenderci meglio dagli urti che riceveremo dal mondo.

Ad un tratto, Mello prese tra le dita una foto ritraente Caroline e Rachel assieme al padre e la osservò con un sorriso lieve.

ME= Eri una bambina bellissima…quanti anni avevi?

CA= Qui? (OSSERVANDO LA FOTO) Oh, qui è quando eravamo andati a New Orleans… avrò avuto cinque anni, Rachel otto…

ME= Lui è tuo padre?

CA= Si… ogni volta che tornava dall’ufficio, io gli correvo incontro, lo abbracciavo e lui mi prendeva sulle spalle per entrare in casa… qualche volta gli chiedevo “Papà, ma perché devi lavorare così tanto?”… lui mi accarezzava la guancia, mi sorrideva e mi diceva “Per regalarti un futuro bellissimo e vederti finalmente felice… per vederti libera, libera di poter fare quello che ti piace, senza dover sottostare agli ordini di nessuno; non esiste chi può privarti della libertà Liny... sono gli uomini che credono di non essere liberi.”

ME= Ed è stato così?

CA= E’ morto di tumore al fegato prima che potesse vedermi prendere il diploma del liceo…

Mello la strinse più forte, facendole poggiare il capo nell’incavo della sua spalla.

CA= Spero che in Paradiso non si possa vedere ciò che accade sulla terra…

ME= Perché?

CA= Avrebbe visto Rachel morire e venire sepolta sotto tre metri di nera terra… e sua figlia minore invischiata in un destino troppo pericoloso da gestire, camminare sul filo del rasoio e minata dalla tubercolosi…

ME= Io credo che tuo padre sarebbe orgoglioso di te… i figli vivono anche per realizzare i sogni che i genitori avrebbero voluto per loro… ti invidio Caroline… perché per quanto insulsa, opprimente, limitante a volte ti possa sembrare la tua famiglia, ci sarà sempre ad aiutarti e proteggerti, in qualsiasi momento tu ne abbia bisogno… la famiglia è insieme punto di partenza e d’arrivo.

CA= Sono parole splendide…

ME= Che sembrano senza senso, dal momento che vengono pronunciate da uno che una famiglia non l’ha mai avuta…

CA= Tu… non hai mai conosciuto i tuoi genitori?

ME= Ricordo a malapena il viso di mia madre… Watari mi disse che avevo due anni quando arrivai alla Wammy’s House… praticamente sono cresciuto lì.

CA= Cos’hai provato per tutti quegli anni?

ME= Rabbia… profonda, violenta, bruciante rabbia… sono uscito da quell’istituto a 16 anni e per i quattordici che vi ho soggiornato, ho covato in me un sentimento d’odio e di ripugnanza per il mondo, senza eguali… ma ora, che di anni ne ho 21, mi guardo indietro e capisco che quella non era rabbia… era invidia.

CA= Invidia?

ME= Si… invidia verso gli altri abitanti della Wammy’s House che, pur essendo orfani come me, sembravano non badarci pensando solo a divertirsi… invidia verso quei bambini che dalle finestre vedevo passeggiare per mano o tra le braccia dei loro genitori… pensavo a cosa avessi fatto di male per meritarmi quel supplizio, a che sbaglio avessi commesso per trovarmi lì, tanto grande da indurre i miei genitori ad abbandonarmi… arrivai a maledire mio padre, benché non l’avessi mai visto, per avermi generato, a ripudiare mia madre per avermi portato alla luce ed avermi scaraventato nelle tenebre più nere poco dopo…. ero pieno di astio verso il mondo, arrivai a credere che nelle mie vene non scorresse sangue ma veleno… e che il mio cuore si fosse atrofizzato da non poter più provare nessun sentimento se non vendetta, ferocia e violenza…

Caroline non seppe cosa rispondere… era la prima volta che Mello apriva il suo cuore a lei in quel modo, e quelle confessioni, stavano assumendo i profili di un incubo.

ME= Ti ho spaventata con questi discorsi…. mi dispiace, non avrei mai voluto turbarti… ma voglio che tu sappia che io sono cambiato, solo grazie a te… sei tutto quello,ed anche più, che uno scalcinato teppista come me possa desiderare…mi hai saputo apprezzare anche nei miei lati più bui e controversi, amandomi senza riserve ed insegnandolo a me. Da diamante grezzo che ero, tu mi hai modellato,scolpito,levigato armata solo della tua dolcezza e del tuo amore… tu mi hai reso, e mi stai rendendo, una persona diversa, cominciando a regalarmi le prime briciole del mio più grande sogno: essere a tutti gli effetti una persona normale e gettarmi alle spalle il mio passato, fatto di sangue, morte e violenza.


E dopo queste parole, rimasero così, in silenzio, stretti l’uno all’altra… ed entrambi ebbero l’impressione che tutto il tempo in cui giacquero così, non fosse neppure passato; ma forse non era affatto un’impressione…. perché si sa, in fondo lo scorrere del tempo è solo un’opinione.

***


24 dicembre 2009, vigilia del Santo Natale. Ore 14.15

Si era svegliata morbidamente, allungando le sottili membra sulle lenzuola di leggero lino e sentendo l’acqua della doccia scrosciare gentile… la sera prima, una volta vinta dal sonno, Mello l’aveva delicatamente presa tra le braccia e portata a letto, per poi sdraiarsi accanto a lei… nel sonno aveva avvertito chiaramente la stretta gentile dell’uomo che amava chiudersi attorno a lei, le sue mani carezzarle amorevolmente la nuca, le sue labbra regalarle l’ultimo bacio della giornata sulla fronte… i suoi occ…

HA= CAROLINE! Ti prego disincantati, sembri un robot!

La voce della sua migliore amica la riportò alla realtà, facendole sbattere gli occhi e scrollare leggermente il capo.

HA= (SOTTOVOCE) Persa nei meandri della tua testa eh, Cenerentola? :)

CA= (C. S) Si… scusa, ma ancora non mi sembra vero…

HA= I sogni a volte si avverano Linne… tutto sta nel crederci.

La conversazione delle due fu però interrotta da un sonoro “bip” del computer centrale; in contemporanea a quello, anche tutti gli altri schermi diventarono bianchi, per poi presentare una grossa L a caratteri gotici. Near, schiacciando il pulsante di accettazione della comunicazione, rispose con la sua solita flemma.

NE= L…

CA= (PENSANDO) Light!

LI= Near… signori dell’SPK… Buon pomeriggio.

Nel sentire la sua voce, Caroline venne definitivamente portata alla realtà. Nell’estasi che stava provando per riavere Mello accanto a sé, non aveva minimamente pensato a come avrebbe messo la cosa con Light… non sapeva come agire né cosa dire… e per insita natura non era capace, ne lo sarebbe mai stata, di tenere “il piede in due scarpe”.

LI= Ho una comunicazione da farvi… la sua natura vi sembrerà frivola, ma è rivolta soprattutto alla signorina Lidner… ed alla signorina Hale.

NE= Esponi liberamente L… ti ascoltiamo.

LI= Questa sera, in onore della Vigilia di Natale, la signorina Takada ha organizzato un elegante ballo… in quanto sue guardie del corpo, ritengo opportuno che le signorine Lidner ed Hale partecipino all’evento…

NE= Dovranno presentarsi in quanto agenti della sicurezza di Miss Takada?

LI= Si e no…. se accadrà qualcosa dovranno essere pronte ad intervenire, ma sono specificamente invitate all’evento in sé.

NE= E sia.

LI= Alle 21:30 nella sala ricevimenti del teatro dell’Opera.

Ed interruppe la comunicazione.

NE= Halle, Caroline, sembra proprio che stasera abbiate un’occasione mondana a cui partecipare.

Ma con quello che poté sembrare un barlume di trionfo nello sguardo, Near si accorse che se negli occhi di Halle c’era una compiaciuta sorpresa, in quelli di Caroline c’era insicurezza.

NE= Ritengo opportuno che possiate andare a procurarvi quello che vi necessita per la serata… eventi di questo genere, credo pretendano accortezze particolari…

Le osservò allontanarsi verso la porta d’uscita, ma prima che Caroline potesse seguire l’amica, Near la richiamò alla sua attenzione.

NE= Caroline.

CA= (VOLTANDOSI) Si, Near?

NE= La dualità non è mai un bene… e la verità è un po’ come uno specchio… solo quando si rompe vedi veramente quello che c’è sotto.

Capendo perfettamente ciò a cui Near si stava riferendo, Caroline si limitò ad annuire silenziosamente per poi dileguarsi, lasciando Rester e Gevanni leggermente sbigottiti e Near, con un leggero sorriso delineato sulle labbra sottili.

“L’ora sta giungendo… la mia morsa si sta stringendo attorno a te…”


***


Ore 19.43

Dire che Mello prese male la notizia della forzata partecipazione di Caroline al ballo di Takada, sarebbe voler sminuire le emotività prorompenti del ragazzo; quando lei gli espose la situazione, un sentimento di furibonda gelosia mista a sofferenza lo pervase.

ME= Non farlo… non andare.

CA= Non possiamo andare avanti così… Io dovrò andare là, dovrò stare con Light… e la gelosia ti farà impazzire.

ME= Non andare… ti prego, non andare… ( PRENDENDOLE IL VISO TRA LE MANI E UNENDO LE FRONTI) Non posso sopportare l’idea che ti tocchi, che ti baci… non un’altra volta…

CA= Devo farlo… dobbiamo farlo, se scopre che noi due ci amiamo e che io ti proteggo, ti ucciderà!

ME= Non mi importa, non ho paura di lui! Ti prego, dimmi che resterai con me… ti amo troppo per lasciarti in mano sua..

CA= Anch’io ti amo, Dio solo sa quanto ti amo, Mello… ma dobbiamo continuare a fingere, finché tutto  questo non sarà finito…

ME= Ho simulato ciò che provo per troppo tempo, non posso farlo di nuovo…

CA= Promettimi… promettimi che non sarai geloso… promettimi che non farai azioni che possano costarti la vita…

ME= Non puoi chiedermi questo… non potrò mai fare quello che mi chiedi.

Dopo queste parole uscì dalla casa; Caroline, udendo il rombo della moto, corse alla finestra della sala, ma era troppo tardi… lui era già sparito.

Con un peso indicibile al cuore, andò in camera da letto, aprì la scatola contenente l’abito acquistato e cominciò a prepararsi.

***

Empty spaces, what are we living for?
Abandoned places, I guess we know the score
On and on, does anybody know
what we are looking for?



Le ruote consumano miglia e miglia di asfalto, il vento rumoreggia attorno a lui come un passeggero con troppo da dire…


Migliaia di piccole perle traslucide scivolano sulla sua pelle…


Occhi che bruciano, mani che fremono nel cercare di tenere salda la presa sul manubrio…


Con il palmo della mano, dissipa il velo di nebbia davanti allo specchio…


Non conosce questo sentimento, non sa cosa gli sta accadendo…


“La verità è come uno specchio”… chi era quella creatura
che vedeva riflessa?...




Another hero, another mindless crime
behind the curtain, in the pantomime,
Hold the line, does anybody want to take it anymore?




Il pensiero di uno sguardo lo ferisce… l’ombra di un bacio lo disintegra…


Profumo sulla sua pelle,
aroma che le sembra odorare di inganno, di falsità…



Tutto vacilla, tutto viene scosso…le certezze mutano in dubbi…


I capelli perfetti… ma non la sua anima…




The show must go on
The show must go on, yeah…
Inside my heart is breaking,
My make-up may be flaking,
But I’m smile still stays on….




Il suo cuore romba come il motore della moto…


La seta, morbida vestale di lussuria, scivola sul suo corpo…


Il corpo si piega in avanti, mentre la velocità aumenta e le luci della
città si fanno evanescenti apparizioni attorno a lui….


Una riga nera, nella sua sottile perfezione, delinea ed esalta
i suoi occhi, brillanti di pena ed ansia….





Whatever happens, I'll leave it all to chance
Another heartache, another failed romance
On and on, does anybody know what we are living for ?



Il cervello gli invia immagini frammentate,foriere di
eventualità per lui torturanti….


Le lunghe ciglia vengono scurite, gli occhi artefatti…
Sia benedetto il trucco, per la sua capacità di occultare la vera natura di ognuno….




Le loro braccia incrociarsi, le mani unirsi….


Piccole gocce di diamante brillano ai suoi lobi…



I guess I'm learning  
I must be warmer now
I'll soon be turning  
Round the corner now
Outside the dawn is breaking
But inside in the dark I'm aching to be free




Gli sguardi incatenarsi, i corpi stringersi in un
metaforico amplesso…


Ed al suo collo, allacciato con mani tremanti, brilla nel candore
il superbo smeraldo…



Ed un pensiero si affaccia alla sua mente….


Si guarda un’ultima volta allo specchio e non si riconosce…
la pietra brucia come l’inferno sulla sua pelle…



The show must go on
The show must go on
Ooh, inside my heart is breaking,
My make-up may be flaking,
But I’m smile still stays on




Lei l’aveva capito… aveva capito che la sua era una maschera
mal assestata per non far vedere quanto in realtà si sentisse fragile…


Quella sera avrebbe segnato la sua condanna o la sua salvezza…


Il pensiero si fa sempre più nitido, delineato nella sua
mente come una strategia di guerra…


Lo scialle leggero le copre le spalle, un sospiro a lasciar
intendere che lo spettacolo deve andare avanti….



“Signori e Signore”…


“Benvenuti”…


... “ALLA FIERA DELLA VANITA’!”…



***

The show must go on  
The show must go on  
I'll face it with a grin
I'm never giving in
On... with the show

Ooh, I'll top the bill, I'll overkill
I have to find the will to carry on
On with the show
On with the show

The show ..... the show must go on.


***


Il viaggio in auto da casa al Teatro dell’Opera fu eccessivamente breve per lei; una volta scesa, lasciò le chiavi della Gran Torino ad un servizievole facchino, incaricato di andare a parcheggiare le automobili degli ospiti… inspirando profondamente un’ultima volta, alla cui azione seguirono due terribili colpi di tosse, si incamminò nel sontuoso viale dalle siepi curatissime ed abbellito lungo il cammino da centinaia di fiaccole, mescolandosi alla gente che già lo affollava; si sentiva fuori posto, a disagio dalle centinaia di sguardi che la sua bellezza calamitava… si risollevò un poco solo quando vide Halle uscire dal grande portone in legno e vetrate stile liberty ed attenderla in cima alle scale.
L’amica  indossava un abito in seta blu zaffiro con una semplice legatura al collo che lasciava spalle e braccia nude; aveva acconciato i capelli in uno chignon basso e come unici ornamenti tre sottili bracciali d’oro.

Nel vederla, Caroline decise di sforzarsi e sorriderle lieve.


CA= Ciao… sei incantevole stasera…

HA= (SORRIDENDO) Anche tu… sei semplicemente bellissima.

Halle non aveva esagerato nel complimento, Caroline era davvero magnifica: l’abito che aveva scelto, in seta e chiffon neri, sembrava creato apposta perché lo indossasse… abbastanza aderente sui fianchi, sulla vita e sul seno (sapientemente celato e valorizzato dallo scollo a cuore), si apriva all’altezza della coscia destra, uno spacco vertiginoso che ne rivelava l’intera gamba.

L’ultima sorpresa dell’abito era costituita dalla scollatura che lasciava la schiena della ragazza totalmente nuda fino alle reni.

HA= Sei pronta?

CA= Si… almeno credo.

HA= Bene… entriamo.

Varcando il grande portone ligneo e lasciando che altri due maggiordomi scostassero i due lembi di un pesante tendaggio in velluto rosso e oro, si trovarono in cima all’immenso scalone di marmo che portava alla pista dove dozzine di coppie già volteggiavano leggere, in mezzo a stucchi barocchi, lampadari in legno dorati ed arredi in stile Luigi XIV; tutt’intorno, un grande colonnato divideva la sala da un loggiato dedicato a chi volesse darsi a conversazioni private e discrete.

CA= O mio dio…

HA= Beh, direi che Takada ci si è messa d’impegno… santo cielo, pure le maschere!

Prestando attenzione alle parole dell’amica, Caroline si accorse che tra le migliaia di invitati, ve n’erano alcuni, tra uomini e donne, che indossavano splendide maschere veneziane di ogni qualsivoglia forma e colore; cominciarono a scendere lentamente le scale, guardandosi attorno stupite da tanto sfarzo.

HA= Mi auguro che non sia Light Yagami a finanziare questo immane capriccio di Takada, altrimenti mi troverei d’accordo con Kira nell’eventualità di eliminarla…

CA= Halle!

HA= Ok, ok, stavo solo scherzando!

Arrivando alla fine della scalinata, vennero “travolte” dalle danze degli altri invitati…

… che non fecero accorgere Caroline di qualcosa che avrebbe dovuto suscitare la sua attenzione.


***


Una ninfa… una vestale dalla millenaria bellezza… un angelo dalle ali spezzate… una dea.

Non avrebbero saputo spiegarselo. La sua magnificenza, nel vederla comparire in cima alla scala per poi scenderla con grazia di fata, li aveva stregati, aveva spaccato il loro cuore a metà…

Ombra e luce…. così diversi l’uno dall’altro, avversari senza tregua, esseri dai mondi contrapposti e distinti, entità scisse e incompatibili…

…che si trovavano unite loro malgrado, e forse a loro insaputa, da una creatura che ai loro occhi pareva lontana anni luce da loro, rifulgente di propria radiosità.

***


Si trovava assieme ad Halle, seduta su una delle tante ottomane disseminate per l’immensa sala, quando ad un tratto Caroline vide l’amica irrigidirsi.

CA= Che c’è?

HA= Mio dio… guarda chi arriva… io mi terrei d’occhio il collo se fossi in te…

Li vide emergere dalla folla con una delicatezza pari a quella delle ballerine classiche… perfetti padroni di casa, coppia mediatica più invidiata del momento…

Light Yagami e Kyiomi Takada.

Appena si accorse che stavano venendo loro incontro, Caroline provò l’irrefrenabile desiderio di scappare… o di avvolgersi una sciarpa attorno al collo.

LI= Signorine, buonasera… sono contento che abbiate accettato l’invito…

HA= Buonasera signor Yagami… signorina Takada…

CA= Buonasera…

TA= A voi…

Se ad Halle, Takada riservò uno sguardo di sufficienza, per Caroline assunse occhi che avrebbero potuto liquefare l’acciaio, soprattutto nell’attimo in cui questi si soffermarono ad osservare la gemma al collo della ragazza.

Compagna ufficiale ed amante si trovavano ora faccia a faccia; istintivamente Caroline si chiese se Takada sapesse… se sapesse del suo ruolo, del legame che aveva con Light, della provenienza di quello smeraldo… ed a giudicare dagli occhi che le riservava, si.

Lei sapeva. Tutto.

TA= ( A CAROLINE) Bel vestito…

CA= (SPIAZZATA) G…grazie…

TA= Beh, senza dubbio deve essere stato difficile riempirlo adeguatamente…

CA= Cosa?

TA= Senza offesa, ma ha proprio il fisico di un adolescente.

LI= Takada. Ti prego.

Con sguardo trasudante veleno, Takada si congedò da loro; ma quando passò accanto a Caroline, che mantenne lo sguardo impassibile, fisso davanti a sé, non poté esimersi dal sibilarle:

TA= Ti sei divertita abbastanza con lui, sgualdrina da quattro soldi… ringrazia il cielo che non abbia ancora fatto il tuo nome a Kira. Ma tranquilla…. il tuo ruolo da cortigiana sta quasi giungendo al termine.

Quando se ne fu definitivamente andata, Light guardò Caroline con occhi sofferenti.

LI= Ti prego di scusarla… la gelosia a volte è il più potente dei veleni.

CA= Va tutto bene… davvero Light, non serve che ti scusi…

LI= So che potrei sembrarti inadeguato… ma mi faresti l’onore di concedermi un ballo?

E tese galantemente la mano davanti a lei.

CA= (AFFERRANDOLA) Si… perché no? Dopotutto siamo ad un ballo…

E mentre Light la conduceva con fare da cavaliere verso la pista già gremita, Caroline incrociò lo sguardo di Halle, tra il sorpreso e il rassegnato.

HA= (PENSA) Fa attenzione Caroline… ti stai gettando nella fossa dei leoni…

Arrivati al centro della pista, la abbracciò dolcemente a voler, implicitamente, dare inizio al ballo. Caroline acconsentì sorridendo quando poggiò la sua mano su quella che Light le aveva porto, fece forza e si ritrovarono l'uno di fronte all'altra, il ragazzo inspirò il delicato profumo che la giovane donna emanava, per poi attrarla delicatamente a se, facendo scivolare una mano sulle reni femminili; la spinse fino a quando i loro corpi non furono perfettamente combacianti, tanto che Light poteva chiaramente sentire il seno della ragazza premere prepotente contro il petto; Caroline gli cinse le spalle con un braccio, mentre andò ad unire la mano dell’altro con quella maschile posta a mezz’aria.

Accompagnati dalle melodie conturbanti ed esoteriche di Loreena McKennitt in “God rest ye merry, Gentleman”, cominciarono a danzare leggiadri.

LI= Sei una visione stasera….

CA= Non più delle altre mille affascinanti signore e signorine presenti qua dentro…

LI= Non credi di essere una bella donna?

CA= La bellezza è soggettiva ed è un criterio molto instabile… si basa su opinioni personali, su autonome concezioni… e per questo non è affidabile…

LI= Hai un quoziente intellettivo di 180, ma credi di essere una persona normale… sei entrata a far parte della CIA ma l’hai abbandonata perché non ti ritenevi all’altezza… sei la donna più bella che abbia mai visto eppure cerchi di eclissarti nell’ordinarietà… dovresti cominciare ad avere più stima delle tue potenzialità Caroline.

Dicendo così le fece fare un morbido casquè, accarezzandola sensuale… quando la tirò su per i volteggi finali, i loro visi erano pericolosamente vicini.

LI= Sei tutto quello che un uomo possa desiderare Caroline… una donna forte… e bellissima…

La musica terminò in quel preciso istante; il ragazzo avvicinò a se Caroline, la quale, accorgendosi che Takada li stava osservando, ritenne opportuno ritrarsi.

CA= No… Takada ci sta guardando, non mi sembra giusto nei suoi confronti…

LI= Giocatrice onesta fino al midollo…. la tua correttezza finirà per danneggiarti Caroline… a volte per vincere bisogna sporcarsi un po’.
La giovane non desiderò altro che allontanarsi da quella pista; aveva perso di vista Halle, ma non se ne preoccupava granché… si diresse presso il loggiato, poggiandosi con la spalla destra ad una delle colonne.

Era talmente assorta nei suoi pensieri, camuffati da un qualche interesse verso gli invitati danzanti e le maschere che ne coprivano alcuni volti, che si spaventò leggermente nell’avvertire una mano accarezzante delicata il suo fianco.

Si guardò attorno fin quando non vide, nell’angolo tra l’ultima colonna ed il muro, una figura alta e magra.

“Sei bellissima stasera…”

CA= Come hai fatto ad entrare?

“Non è difficile se ti presenti mascherato… e così… a quanto pare il fascino di Yagami ha colpito un’altra volta…”

Girandosi di scatto, lo raggiunse nel piccolo “nascondiglio”.

CA= Non dirlo neanche per scherzo, Mello! Dio, non ne posso più di questa situazione!

Come a volersi proteggere dalle sue parole e volersi nascondere da quegli istanti, appoggiò le mani e la fronte al muro, rivolgendo a Mello la schiena nuda.

ME= Balla con me…

CA= Non possiamo… se ti vedono è la fine…

Il ragazzo si addossò maggiormente a lei, cominciando a sfiorarle con la punta delle dita la magra scapola.

ME= Balla con me… voglio toccarti… toccare ciò che è mio…. ciò che mi appartiene.

Caroline si voltò verso di lui: indossava dei semplici pantaloni neri ed una camicia bianca, ma aveva raccolto i lunghi capelli biondi in un morbido, basso codino… era semplicemente mozzafiato.

CA= Va bene….

Un bacio leggero suggella questa concessione… prima di esporsi agli sguardi altrui, Mello indossò una maschera bianca intagliata per celare solo il lato sinistro del volto, dove la cicatrice spiccava terribile.

Dopodiché, si posizionarono sulla pista, attorniati da una ventina di altre coppie… e la musica ebbe inizio.


ME= Ascolta le parole Caroline… in un certo qual modo raccontano ciò che ho provato dentro di me..

Le prime note, sensuali ed ammaliatrici cominciarono a risuonare per la sala, illuminata opportunamente con luci calde e soffuse…

Ed un tango, che forse raccontava realmente le loro vite, iniziò.



Roxanne, you don't have to put on that red light,
walk the street for money, you don't care if it's wrong o if it's right...



Danzavano leggeri, come portati dal vento o creati solo di piume, stretti l’uno all’altra e non accorgendosi di avere, con il loro fascino,calamitato gli sguardi di chi era rimasto ad osservare le danze…


Roxanne, you don't have to wear that dress tonight,
Roxanne, you don't have to sell your body to the night...




Secondo le basi del tango, piegando il ginocchio della gamba sinistra e tendendo la destra Caroline scivolò giù, tenuta comunque stretta dalle braccia maschili… tirandola su, Mello le fece fare un volteggio su se stessa, per poi far aderire la schiena muliebre al proprio petto…


His eyes upon your face.... his hand upon your hand...his lips caressed your skin...
It's more than I can stare!



Poggiando una mano sul suo ventre ed incuneando il proprio viso nell’incavo del suo collo, andò ad accarezzarle la coscia, partendo dal ginocchio e salendo fino al fianco… a quel contatto, la ragazza sospirò e chiuse gli occhi…

Roxanne, why there's my heart cried?
Feelings I can't fight...
You're free to leave but just don't deceive me
and please, believe me when I say "I Love You"...



Tornando uno davanti all’altra, Caroline serrò i fianchi di Mello con la presa della sua gamba, artigliando il ragazzo più vicino a sé e fissandolo negli occhi… mentre parlò, la mano maschile seguì l’intero profilo della sua gamba per poi afferrarla per la vita e sollevarla…

CA= Hai davvero provato tutto questo…?

ME= Questo…. e molto di più.


Roxanne, why there's my heart cryied?
Feelings I can't fight...
Roxanne, you don't to have to sell you body to the night
Roxanne... you don't have to put on that red light
Roxanne... you don't have to wear that dress tonight...



Ancora adesa a lui, Mello la fece scivolare dolcemente all’indietro, sostenendole la schiena con una mano; facendola tornare in posizione eretta che, in contemporanea al movimento, le proprie labbra delineassero il dolce percorso dall’incavo dei seni al mento di lei, sfiorandole quasi la bocca nel momento finale.



ROXANNE!


La melodia ebbe termine con loro e tutti gli altri ballerini fermi immobili, ancora stretti;

ME= Ora è meglio che me ne vada… ti aspetterò.

CA= Va bene… ti prego fa attenzione!

Lo seguì con lo sguardo mentre spariva, tra il frusciare della seta e le maschere altrui; anche quando Mello non fu più nel suo campo visivo, continuò a fissare l’uscita della sala…. finché Halle non piombò al suo fianco, stringendola per la spalla.

HA= Ma siete impazziti per caso?!

CA= Lo so Halle, è stato rischioso… ma pagherei per rifarlo…

HA= Rischioso?!?!? Avrebbe potuto vedervi in qualsiasi momento!

CA= E’ al sicuro ormai…

HA= Io non so se incazzarmi di più con lui che ha avuto la brillante idea di presentarsi qui o con te per averlo fatto entrare, e non solo, per averci anche ballato!

Vedendo che Caroline aveva abbassato lo sguardo, la bionda inspirò profondamente per poi parlarle in tono più dolce.

HA= Per stasera vi è andata bene… ti aspetto al parcheggio.

Dopo che l’amica fu uscita, Caroline si diresse verso il guardaroba della sala per riprendere il proprio scialle e la borsa; si diresse poi verso l’uscita quando, per istinto o per riguardare un’ultima volta il luogo del loro incontro “clandestino”, si voltò verso la sala che, trovandosi in cima alle scale, le pareva ancora più immensa.

Vide Light, quasi al centro di quella con a fianco Takada… ma quasi guidato dal magnetismo o dalla percezione di essere osservato, alzò gli occhi verso di lei.

A Caroline si gelò il sangue nelle vene. Quegli occhi, quello sguardo, li conosceva bene…

Lui li aveva visti.

Pervasa da un improvviso senso di terrore, sentì il respiro farsi pesante, tanto da farla ansimare mentre il cuore batteva a velocità doppia… e poi fuggì dalla sua vista.

La Fiera delle Vanità… effimera, fallace quasi irritante nella sua frivolezza… aveva messo a nudo il loro segreto.


--------------------
- Angolo del Requiem -

E rieccomi con il capitolo post riconciliazione, nato dalla mia fantasia contorta + visione del film "Moulin Rouge" + visione del film "Il Fantasma dell'Opera".... (credo saranno riconoscibili i segnali di ognuno >.< )
Grazie , come sempre, a chi legge, un grazie speciale a chi recensisce ed a chi ha messo la storia nelle seguite/preferite/ricordate

Una menzione speciale a Orihime02 e L_Nael, per le loro sempre puntalissime e bellissime recensioni, e per i preziosi consigli!

Un saluto ed un inchino

Requiem of Spirit



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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24
Bruciare



Da un certo punto in avanti,
non c’è più modo di tornare indietro.

E’ quello il punto al quale
si deve arrivare.

-Franz Kafka-



***


26 dicembre 2009. Ore 02:15

Le fiamme si stagliavano alte verso il cielo e lo avvolgevano, come una preda nelle spire di un serpente velenoso, pronto a morderla per immobilizzarla con il suo letale veleno. La pelle ardeva e veniva lentamente mangiata da quel mostro incandescente; la vista si appannò e lentamente tutto intorno a lui divenne scuro. L'urlo di una donna squarciò il silenzio irreale che si era creato, facendolo rabbrividire. Mello si destò con un sussulto, ritrovandosi nel suo letto,accaldato e scosso. Aveva avuto un incubo: di nuovo. Dal giorno dell'esplosione al covo mafioso, quasi ogni notte sognava sempre la stessa scena raccapricciante: il fuoco che tentava di bruciare la sua vita e l'urlo di quella donna subito dopo. Recuperando la calma e respirando in modo più regolare, si voltò dall'altro lato per assicurarsi che Caroline stesse ancora dormendo al suo fianco. La ragazza accanto a lui, coricata su un fianco,con un braccio piegato sotto la testa ed avvolta dal lenzuolo, dormiva serena: per un attimo, Mello invidiò il suo sonno privo di incubi. Poi la guardò: la trovava bellissima, meravigliosa, indescrivibile.
Si alzò il più silenziosamente possibile, nell'intento di non svegliarla e si diresse verso la finestra incurante dell'indossare solo dei boxer neri. Osservava le luci della città, che gli si presentava come un organismo vivo, attivo anche nell'ora più tarda della notte.

Ad un tratto, una voce dolce ed ammorbidita dal sonno, arrivò dietro di lui.

"Hai avuto un incubo."

Continuando a guardare oltre il rettangolo di vetro ialino, Mello rispose:

ME= Tutti fanno brutti sogni…

Arrivata alle spalle del compagno,Caroline posò la guancia sulla magra scapola maschile, facendo aderire il ventre ed il seno alla sua schiena. Mello sentì due esili braccia nivee circondargli i fianchi delicatamente; d'istinto, poggiò entrambe le mani su quelle muliebri, adagiate sul suo ventre, intrecciandovi le dita.

ME= Tornerà a riscuotere il debito...

CA= Chi?

ME= Il fuoco.

Caroline capì che l'incendio al covo era rimasto fin troppo impresso nella mente di Mello, un segno indelebile nel suo animo, un ricordo incancellabile

ME= Prima che mia madre mi portasse alla Wammy's House, abitavamo in un piccolo appartamento... una notte scoppiò un incendio e la nostra casa venne ingoiata dalle fiamme... Fu mia madre a salvarmi e, grazie a lei, io ne uscì praticamente illeso…

Era di sua madre l'urlo che sentiva ogni volta alla fine dei suoi sogni, il grido disperato di una donna che vede la vita del suo unico figlio in pericolo, e che lo destava con quel senso di terrore, tramutato in gelidi brividi che gli permeavano addosso come se fosse febbricitante.

ME= Questa volta è riuscito a prendere solo metà viso: è evidente che non gli è bastato...

Mello era consapevole che il fuoco non gli avrebbe mai dato tregua, fino a quando non fosse riuscito a prenderlo.

Era sfuggito miracolosamente la prima volta, si era salvato con una cicatrice la seconda: la terza non avrebbe avuto scampo.

Ed era certo che ci sarebbe stata una terza volta, perché il fuoco non si sarebbe accontentato di misere tracce lasciate sul suo viso.

E presto o tardi, sarebbe tornato a riprendersi ciò che gli spettava.

Ma Mello non si sarebbe arreso così facilmente e soprattutto non avrebbe mai dato soddisfazione a quel nemico di rivelargli la sua paura. Anzi, lo stava deridendo, mostrando fortezza e tracotanza,considerandolo solo un mero contrattempo nella sua vita: nulla che potesse intaccare il suo spirito battagliero e bruciare la sua perseveranza nel raggiungere ogni obiettivo che si era prefisso.

CA= Se mai ci sarà una terza volta... io ti salverò. E se non ci riuscirò, mi getterò tra le fiamme e brucerò con te.

Il ragazzo si voltò verso di lei, avvolgendola con le braccia e chiudendola contro di sé, stringendola come se avesse potuto volatilizzarsi come polvere.... o morire in qualsiasi momento.
Stretta a lui, Caroline mormorò:

CA= Ti amo...

Quelle parole sgretolarono le ultime barriere di autocontrollo di Mello: il pianto eruppe dal suo cuore, e gli occhi cominciarono a versare calde lacrime, mentre accarezzava il corpo di quell'angelo, inspirava il suo profumo e sentiva il suo cuore battere sul proprio. Caroline accorgendosi di ciò che stava accadendo, si staccò leggermente e chiuse la guancia sana del ragazzo nell'incavo della sua mano.

CA= Mello... tu stai piangendo...

Tra le lacrime, il ragazzo scosse la testa e le sorrise; quando le parlò, afferrandole il viso con le mani, la sua voce era incrinata dall'emozione.

ME= No... non sto piangendo... non preoccuparti...

La baciò appassionato, spingendo il più possibile la bocca nella sua, lasciando che le lingue danzassero voluttuose. L'afferrò per i fianchi, portandole le gambe attorno alla propria vita e dirigendosi verso il letto.

CA= Mello...

Caroline invocava il compagno con così tanta dolcezza che lui non poteva ignorare il suo richiamo di passione, alla stregua di un povero marinaio incapace di resistere al melodioso canto di una sirena.
Sedendosi al centro del letto, la fece andare cavalcioni sopra di sé, ricatturando la sua bocca, bollente come le fiamme.

Era quello l'unico fuoco dal quale si sarebbe lasciato catturare senza opporre resistenze.

Portando le mani sulle cosce femminili, oltrepassando la sottile difesa della seta che si increspava come acqua al suo tocco, si unì  a lei seguendo i dolci movimenti dei suoi fianchi. Mello posò le mani sulla magra, sinuosa schiena femminile, scorrendo delicatamente con la punta delle dita il piccolo solco della colonna vertebrale, non liberando la bocca della ragazza dalla propria. Caroline, fremente di piacere, alzò il viso, lasciando che Mello vagasse con le labbra sul collo, sulla gola e sul piccolo distacco tra i seni, facendo scivolare un braccio sulla schiena e la mano dell'altro dietro la nuca.

L'apice dell'estasi arrivò per entrambi, che si strinsero in un abbraccio più serrato del primo. Caroline prese il viso di Mello tra le mani, chiudendo gli occhi e unendo la propria fronte con quella di lui.

CA= Spero sognerai il fuoco altre volte, se queste sono le conseguenze...

Mello sorrise, sovrapponendo le mani a quelle di lei, per poi afferrarle e baciarne i dorsi.

ME= Ci sono fuochi infinitamente più piacevoli…

Già... il fuoco, lo aveva praticamente dimenticato, tanto era insignificante, e lontano in quel momento, quel pericolo per la sua mente. Per quanto si potesse impegnare, esso non avrebbe mai scalfito la fortezza di Mello, che avrebbe perseguito il suo scopo senza paura, fino alla morte. Il fuoco si sarebbe accontentato di prendere il suo corpo già privo di vita, come una iena che si accontenta di spolpare brandelli di carne dalla carcassa di una preda lasciata dai leoni.

Perchè Mello non si sarebbe mai lasciato uccidere da esso....

Mai.


***


26 dicembre 2009. Ore 09:42

Ancora assonnata, stava camminando per le vie di Tokyo allo scopo di dirigersi alla propria destinazione; ma prima di giungervi, preferì entrare in un bar con l’intento di bere un caffè.

“Chissà, magari è la volta buona che mi sveglio…”

Arrivata nel locale, poggiò un gomito sul bancone facendo la propria ordinazione che venne soddisfatta celermente; mentre sorseggiava il caffè, cominciò a sentirsi addosso la sgradevole sensazione d’essere osservata… portò così lo sguardo in ogni angolo del locale, decisa a scoprire la provenienza di quella percezione.

E la trovò, senza neanche troppo sforzo.

Seduto ad uno dei tavoli c’era un ragazzo. Alto, magro, dalla pelle bianchissima, portava i capelli corvini con una corta acconciatura che gli lasciava due ciocche laterali più lunghe ad incorniciargli il viso efebico; era vestito interamente di nero, con una cintura di pelle (anch’essa nera) borchiata, da cui pendeva sul fianco un antico crocifisso di medie dimensioni, dalla cui brillantezza la ragazza suppose essere d’argento.
Pur accorgendosi dell’essere stato “scoperto” continuava a fissarla impunemente, con un lieve sorriso sulle labbra sottili e quasi esangui… trovandosi a disagio, la giovane pagò in tutta fretta ed uscì dal locale, avvertendo ancora gli occhi di quello sconosciuto su di se.


***


26 dicembre 2009. Ore 09.16

Nell’ aprire gli occhi, Caroline trovò Mello già sveglio sdraiato accanto a lei, con il gomito puntellato del cuscino per reggersi comodamente la testa con la mano. Inaugurò la nuova giornata dandole un leggero bacio.

ME= Buongiorno…

CA= Buongiorno anche a te… da quant’è che sei sveglio?

ME= Da circa mezz’ora… sei bellissima quando dormi.

CA= Potevi svegliarmi …

ME= (SORRIDENDO) Eh no, altrimenti mi sarei perso tutto lo spettacolo…

CA= Ho parlato nel sonno?

ME= Contrariamente a quanto mi aspettavo, no… hai dormito tranquilla e io non ho potuto tirare ad indovinare nulla di quello che stessi sognando… voglio essere rimborsato.

E ridendo, la baciò ardentemente.

ME= Su… ora dobbiamo alzarci, ti attende un’altra entusiasmante giornata di lavoro…

CA= Tu cosa farai?

ME= Andrò da Matt… a fantasticare su cosa potrà inventare Near per schiavizzarti!

CA= Mio dio, mi stai facendo passare la voglia!

Ed a voler rinforzare il significato delle proprie parole, si strinse di più al cuscino; Mello nel frattempo si era alzato e la guardava con occhi sornioni. Lentamente, e non visto da Caroline, afferrò lenzuolo e coperte con le mani…. per poi tirarle, trascinando verso di sé anche la ragazza.

ME= Su, scattare!

CA= (RIDENDO) Noooo, aiuto! Mello ti odiooooooo!

***


26 dicembre 2009. Ore 12:22

Finite le proprie incombenze, la ragazza uscì dal palazzo salutando con un sorriso i raggi del sole che le intiepidivano il viso e cominciò a scendere le scale; arrivata però a metà di quelle, si bloccò irrigidita.

In fondo alla scalinata c’era lui…quando lo raggiunse, cercò di nascondere il leggero tremito.


***

26 dicembre 2009. Ore 11:18


“Ci siamo…”

“Certo che è strano…ne parlavamo poco meno di tre settimane fa
ed allora mi sembrava così lontano…”

“Ed invece…eccoci qua.”

“Hai paura?”

“No…”

“Nemmeno io.”




***



26 dicembre 2009. Ore 12:24


“Perdona il mio comportamento al locale, qualche ora fa… non era mia intenzione spaventarti.”

La ragazza rispose, leggermente rassicurata; ad averlo a distanza così ravvicinata, poté notare che i suoi occhi erano di un intenso color miele con delle strane, ed al contempo affascinanti, sfumature porpora.

Era ambiguo, leggermente inquietante, misterioso…. e bellissimo.

“Vorrei farmi perdonare per tanta impudenza… il mio nome è Jude.”

Le catturò la mano per un galante baciamano. Quando la giovane si presentò a sua volta, nel sentire il suo nome, il ragazzo di nome Jude si aprì in un grande sorriso.

***

26 dicembre 2009. Ore 14:28

Era finalmente arrivata all’SPK, dove erano ad attenderla Near, Rester e Gevanni; trovando strana l’assenza dell’amica, Caroline domandò dove si trovasse.

GE= E’ all’NHN… oggi ha il turno come guardia del corpo di Takada.

CA= Già… l’avevo dimenticato.

NE= Allora Caroline… com’è andato il ballo?

CA= Bene.

NE= Hai riflettuto spero su quello che ti ho detto…

Se era una gara a chi voleva essere il più stronzo tra i due, Caroline cominciò a tirare fuori l’artiglieria pesante.

CA= Si.

NE= E?

CA= Ed avevi ragione… ho rotto lo specchio, ed ho trovato la verità.

NE= Ne sono contento.

Il dialogo fu però interrotto dall’entrata di un piccolo tornado.

“CAROLINE!”

CA= Audrey! Che ci fai qui?

AU= Devo dirti assolutamente una cosa! (VEDENDO GLI ALTRI) Oh, che maleducata, sono entrata senza neanche salutare! Salve Rester…Gevanni… ciao Near!

RE+GE= Buon giorno Audrey!

NE= ‘ao…

CA= Allora, cosa devi dirmi di così importante?!

AU= Ho conosciuto un ragazzo!

In contemporanea a quelle parole, si udì un sonoro schiocco; i quattro si girarono contemporaneamente verso l’origine di quel rumore.

Near, rimasto loro di schiena, aveva frantumato la carlinga del modellino d’aereo che teneva nella mano; lo stringeva talmente forte che le nocche erano sbiancate, e dopo pochi istanti lo gettò a terra stizzito.

NE= Modelli nuovi… sembrano fatti d’aria.

Se Rester, Gevanni e Audrey rimasero un poco allibiti dalla cosa ma non vi diedero poco peso, a Caroline si accese la famosa lampadina che contribuì a mutare le sue volatili congetture in solide certezze.

La loro gara non era ancora finita.

CA= Bene, sono contenta per te! Come si chiama?

AU= Il suo nome è Jude! Oh, Linne dovresti vederlo… è alto, magro… e bellissimo!

CA= Wow, da come ne parli sembra il principe azzurro… ma visto che sono le due e mezza, perché non andiamo a mangiare qualcosa, così mi racconti tutto per bene? Near, ci sono problemi in proposito?

NE= No. Andate pure.

CA= Bene…

Si avviarono verso la porta; Caroline lasciò uscire la cugina, ma prima di seguirla si fermò sull’uscio, senza nemmeno voltarsi.

CA= Near?

NE= Si?

CA= Io ho fatto come mi hai consigliato, ho rotto il mio specchio ed ho tirato fuori la verità… ora vedi di farlo anche tu. O potresti pentirti di quello che lasceresti occultato dietro il vetro.

Ed uscì.

***


-    Cinque ore dopo –


26 dicembre 2009. Ore 19.20

Un’altra giornata era terminata nella sua contemporanea monotonia ed innovazione.
Salendo le scale della palazzina, Caroline non poté far a meno di ripensare a quella sera, dove Light aveva visto lei e Mello danzare assieme… e si chiese, non senza un’ombra di inquietudine, perché non le avesse ancora parlato.
Entrando nell’appartamento, la ragazza trovò Ryuzaki in piedi vicino al tavolo.

CA= Ryuzaki! Che bello rivederti!

RZ= Devi essere l’unica persona al mondo che si mostra contenta nel vedere lo spirito di un morto…

La giovane si accorse subito che qualcosa non andava… il viso di Ryuzaki era tirato, serio, sofferente…. anche troppo per uno spirito.

CA= Ryuzaki… ma cosa c’è?

Il ragazzo, senza parlare, le indicò qualcosa poggiato sul tavolo.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:02

Sede della NHN. Un muro di persone, fan, mitomani si accalcano presso le porte degli studi televisivi… sono lì per un motivo, per una ragione.

Vogliono vederla… vogliono vedere la star.

Per adorarla come si confà ad una dea.


***


CA= Che cos’è….? Di cosa si tratta Ryuzaki?

Nel vedere il viso contrito del ragazzo, si avvicinò al tavolo… e con mani incerte afferrò ciò che vi riposava sopra.


***

26 dicembre 2009. Ore 19:05

La gente forma un passaggio invalicabile, un muro di carne, ossa e sangue insormontabile…

Flash delle macchine fotografiche illuminano saltuariamente il luogo, il vociare copre ogni brusio…

E la morbosa attenzione verso quella porta nell’attesa snervante che si apra, ne distoglie ogn’altra da ciò che accade lì intorno.


***


Era un semplice foglio… un foglio bianco, di quelli usati per le stampanti, piegato a metà.

Lo aprì lentamente, accorgendosi che al suo interno vi erano scritte delle parole…
..che cominciò a leggere con il cuore martellante nel petto.

***


26 dicembre 2009. Ore 19:09

Le porte si spalancano…. la dea fa la sua comparsa. Saluta gli accoliti, grazia i mortali con il suo sorriso… nessuno può avvicinarla, nessuno può osare toccarla; la dea è di tutti e di nessuno.
Poi, ad un tratto, un fumo biancastro e spesso la nasconde alla loro vista.

La guerra ha inizio.


***


In una calligrafia gentile, leggermente obliqua, vi erano scritte alcune delle parole più terribili che avessero mai potuto macchiare carta.

"Caroline... ho sempre pensato che tu fossi un pò folle, fin da quando sei arrivata completamente sola al mio covo brulicante di mafiosi violenti e irascibili, munita solo del tuo coraggio, della tua sfrontatezza e della tua disarmante bellezza. Mi hai tenuto testa come, se non addirittura oltre, se fossi un uomo, hai tenuto alle redini 20 individui che io stesso faticavo a controllare.

Questo piano per rapire Takada, confondere più di 100 guardie del corpo. E' una follia Linne, una pura follia.
Ma per te...per te farei anche questo, se me lo chiederai. Se mi chiederai di morire, io lo farò Caroline.

Ma prima di tutto questo, devo dirti grazie...

Grazie a te, ho capito cosa vuol dire avere una persona nel cuore, avere qualcuno da amare.

Grazie a te, ho passato una parentesi della mia vita, pazza, dolorosa,violenta, infiammata dalla gelosia...ma felice. E sono felice, quasi, di morire. Perché se morirò, lo farò con il sorriso sulle labbra, mentre mangerò l'ultimo frammento di cioccolata della giornata,ricordando il dolce sapore delle tue labbra, come se fosse una giornata come tante altre, in cui io ti spio da lontano, osservando ogni tuo movimento meravigliandomi di quanto tu possa essere bella come un angelo anche nelle più piccole e normali azioni umane, legandoti al mio sguardo al mattino e lasciandoti al tramonto.

Ho solo un desiderio da chiederti, un'ultima preghiera di qualcuno che sa che non tornerà a casa per raccontare ciò che ha vissuto durante la giornata:
dopo la mia morte desidero che tu, bruci il mio corpo e quelle ceneri che rimarranno di me, le porti fino in Inghilterra, alla Wammy’s House, l’unico luogo che io abbia mai potuto chiamare casa, dove un tempo, quando ero ancora un bambino, avrei voluto vivere per sempre,  divertendomi e giocando assieme a Matt... l'infanzia, quasi non la ricordo, mi sembra talmente lontana, estranea a quello che sono io oggigiorno. Forse è proprio come dicono, quando vivi un’esistenza di ombre e di buio, fatichi a ricordare le luci che ci sono state…”


E' la cenere che scivola da quelle mani tremanti, la cenere di una lettera che comincia ad incendiarsi, di un'anima che comincia ad ardere nel fuoco della disperazione e del dolore, tra quelle parole che si incidono a sangue sul suo corpo.

Cadono, cadono lentamente su quella pelle candida. Calde, vibranti, lacrime.

"Ricorda, quando leggerai questo foglio, quando farai ciò che ti ho chiesto, non piangere. Non macchiare ancora una volta quel volto perfetto... hai versato sin troppe lacrime per causa mia, ed è ora che io ripaghi l'offesa che ti ho arrecato. Non fare gesti pazzi. Continua a vivere Linne, perché tu non meriti di morire, non devi morire...risolvi il caso Kira, arresta quel maledetto e vivi... vivi, perchè non c'è niente di più bello a questo mondo.

Dimentica il mio nome, dimentica quell'amore che fin dall'inizio era sbagliato. Lascia che il nostro segreto muoia come un ricordo... tu sei tutto, Caroline e io… io sono niente.”

Il vuoto si apre e la inghiotte, la sommerge, in una lotta impari dove lei non ha la forza di contrattaccare.  Leggere si sta facendo difficile, le mani tremano violente, gli occhi sono offuscati dalle lacrime...il cuore batte dolorosamente, sembra quasi che stia per scoppiare.

“Io veglierò da lassù angelo mio, io ti proteggerò, se tu me lo permetterai.... Io ti amerò Caroline, continuerò a farlo, anche se saremo lontani, io continuerò ad amarti. Per sempre.

Ti amo.

Mello"


Un corpo sprofonda nell'abisso, tutto intorno a lei si fa nero mentre schiacciata dal doloroso peso di quelle parole cade a terra in ginocchio; il foglio scivola lontano dalle sue mani, che vanno a coprirsi il volto in una solitaria, terrificante disperazione... ed una sensazione affiora alla sua mente.

Le sue mani incrociarsi alle proprie,
sentirne ancora una volta la presenza.
Ancora una volta il suo calore sulla pelle,
il sapore di quelle labbra da cui mai avrebbe voluto staccarsi,
E ancora il profumo del suo corpo,
anche in questo giorno, in cui tutto sembra andare in frantumi


***

26 dicembre 2009. Ore 02:15

Le fiamme si stagliavano alte verso il cielo e lo avvolgevano, come una preda nelle spire di un serpente velenoso, pronto a morderla per immobilizzarla con il suo letale veleno. La pelle ardeva e veniva lentamente mangiata da quel mostro incandescente; la vista si appannò e lentamente tutto intorno a lui divenne scuro. L'urlo di una donna squarciò il silenzio irreale che si era creato, facendolo rabbrividire. Mello si destò con un sussulto, ritrovandosi nel suo letto, accaldato e scosso. Aveva avuto un incubo: di nuovo. Dal giorno dell'esplosione al covo mafioso, quasi ogni notte sognava sempre la stessa scena raccapricciante: il fuoco che tentava di bruciare la sua vita e l'urlo di quella donna subito dopo. Recuperando la calma e respirando in modo più regolare, si voltò dall'altro lato per assicurarsi che Caroline stesse ancora dormendo al suo fianco. La ragazza accanto a lui, coricata su un fianco,con un braccio piegato sotto la testa ed avvolta dal lenzuolo,dormiva serena: per un attimo, Mello invidiò il suo sonno privo di incubi. Poi la guardò: la trovava bellissima, meravigliosa, indescrivibile.
Si alzò il più silenziosamente possibile, nell'intento di non svegliarla e si diresse verso la finestra incurante dell'indossare solo dei boxer neri. Osservava le luci della città, che gli si presentava come un organismo vivo, attivo anche nell'ora più tarda della notte…

La quiete. Ora c’è spazio solo per quella. Nessun rumore, nessuna parola… ma il silenzio, il silenzio che ottenebra, che dissipa ogni certezza, il silenzio che tutto svela e che tutto occulta… il bisogno di stare accanto a lei è irresistibile, e staccandosi dalla finestra la raggiunge nuovamente sul letto.
Mello stringe tra le braccia Caroline, dormiente al suo fianco,gli occhi nascosti dalle lunghe ciglia nere delle palpebre, chiuse in un sonno consapevole di essere protetto da lui. La guarda… la guarda come uno scultore contempla la sua opera più bella, come un poeta la donna per la quale scrive i suoi più struggenti ed appassionati versi… come un credente, che ha ritrovato la sua fede. Osserva il corpo aggraziato e sottile, bianco come l’alabastro, il naso piccolo e dritto, il taglio degli occhi grandi, leggermente allungati come quelli delle magnifiche regine d’Egitto; Mello non potrà mai dimenticarsi il colore di quegli occhi, dalla tonalità verde-azzurra così magnetica nella sua inusualità…ma vede anche i segni che la malattia ha lasciato su di lei: l’incavo del gomito destro livido e martoriato dagli aghi del Trial, le ossa delle clavicole, delle scapole e del bacino tendersi sporgenti sotto la pelle, le vene bluastre spiccare quasi esangui sotto l’incarnato diafano. Era bella… bellissima… ma sapevano entrambi che se non fosse riuscita a guarire sarebbe morta; il suo angelo… il suo splendido angelo caduto, dalla luce rifulgente; non poteva permettere che quella luce si affievolisse fino a spegnersi del tutto, che la sua rosa perdesse i petali fino ad avvizzire…
Sa che ha un compito da svolgere, una missione, non importa quanto disperata, da compiere. Il giorno che sta per sorgere segnerà la sua vittoria o la sua disfatta. Tutto è deciso, tutto è stato accordato, pianificato, preparato con cura quasi maniacale. Stringendo ancora la sua amata tra le braccia, getta lo sguardo aldilà della finestra, pensando all’inferno che si troverà ad affrontare l’indomani, in confronto al piccolo paradiso di quel momento… un momento alienato da tutto, strappato al mondo violento e sanguinario là fuori… un momento quasi egoistico, creato solo per loro.

Non è la paura di quello che dovrà fronteggiare a dominarlo, solo una più acuta percezione delle cose: il silenzio della stanza, la morbidezza delle lenzuola del letto, il calore ed il profumo della pelle di Caroline…il battere dei loro cuori… e tutto acquista più senso.

La guarda ancora… e spera che un giorno riuscirà a perdonarlo; pensa, Mello, la sua mente è un turbinio di emozioni e riflessioni ridondanti, una miscellanea di razionalità ed impulsività; riflette… riflette su tutto quello che avrebbe potuto darle, sull’amore così ardente che prova per lei… lei era l’ultima cosa che desiderava vedere.

L’ultima cosa che voleva avere nel suo cuore e che avrebbe reso più dolce la sua eterna permanenza all’inferno.

“Addio amore mio”…non lo dice. Non c’è spazio per la tenerezza, non c’è posto per la debolezza… non qui.

Non in questo giorno.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:12

Il primo fumogeno lanciato da Matt non aveva funzione offensiva… no, quello era solo un semplice trucco per confondere gli agenti e guadagnare tempo, tra le urla della gente spaventata che grida ad un attentato.
Spaventata, Takada si strinse ad Halle che la coprì con il suo corpo.

HA= Va tutto bene Miss Takada?!

TA= S-si…

Con una mossa astuta e pericolosa al contempo, Matt sterzò bruscamente con l’auto immettendosi nella strada principale; subito altre tre auto degli agenti lo seguirono.

“STA SCAPPANDO! INSEGUIAMOLO!”

HA= Signorina Takada, rifugiamoci negli studio!

“NO!”

Voltandosi verso colui che aveva pronunciato quella negazione in tono così imperioso, Halle sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene.

HA= (PENSANDO) Mello!

Era a bordo della moto, con il viso coperto e protetto dal casco integrale.

ME= Dopo un attacco del genere l’NHN non è sicura, neanche al suo interno! Fareste meglio ad allontanarvi subito da qui, Miss Takada, salga a bordo!

Dopo un momento d’incertezza, Halle rassicurò la donna, invitandola a salire sulla moto di Mello.

HA= Andrà tutto bene miss Takada, salga con lui e fugga al sicuro!

TA= Si… va bene.

Una volta che Takada fu salita ed il ragazzo scomparve alla sua vista, Halle pensò a lungo sul da farsi… il suo primo pensiero andò a Caroline, ignara di tutto come lo era stato lei fino a pochi istanti prima… e con il cuore in gola, compose il suo numero.

***

26 dicembre 2009. Ore 19: 20


RZ= CHE COSA PENSI DI FARE CAROLINE?!?!

Caroline non aveva mai visto Ryuzaki così adirato, ma non riusciva a spaventarsene. In quel momento desiderava fare solo una cosa, un solo pensiero abitava la sua mente.
Cercò di divincolarsi dalla ferrea presa dello spettro sulle sue spalle.

CA= IO DEVO ANDARE DA LUI!

RZ= NON PENSARCI NEMMENO, E’ TROPPO PERICOLOSO!

CA= IO NON POSSO RESTARE QUI, NON POSSO PENSARE CHE TUTTO QUESTO ACCADA VERAMENTE! DEVO FARE QUALCOSA!

RZ= NO! NON C’E SPERANZA DI SALVARLO!

CA= IO POSSO FARLO, IO CI POSSO RIUSCIRE!

RZ= NEMMENO ESSENDO NIMUE POTRAI SALVARLO!!

CA= NON POSSO LASCIARLO ANDARE COSI!!!

RZ= MELLO  MORIRA’ CAROLINE!

A quelle parole la ragazza cessò di dibattersi; guardò negli occhi Ryuzaki, che non aveva ancora allentato la presa su di lei.

CA= E così lasci che lui muoia… una vita in meno non fa differenza secondo te… beh, questo può pensarlo il grande L… ma non io. Io andrò laggiù, e non provare a fermarmi.

Ryuzaki non poteva più combattere… liberò Caroline dalla sua presa e la osservò correre fuori di casa, per poi avvertire lo stridio dei pneumatici giù in strada.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:16

Tutto stava andando come previsto. L’aveva ammanettata a sé, ed in quel momento l’aveva spinta con malagrazia dentro il retro di un furgone… la osservò per qualche istante: era così diversa da Caroline… NO! Non poteva pensare a lei in quel momento, non doveva! Dopo essersi tolto il casco, puntò la pistola contro Takada.

ME= Spogliati.

TA= C…cosa?!

ME= Levati tutto quello che indossi e mettilo là. Tranquilla, non pensare che potrai corrompermi offrendoti a me… mi disgusti.

Tremando di paura, Takada cominciò a spogliarsi… in uno slancio di umanità, Mello le consentì di voltargli la schiena, sicuro che ciò non costituisse alcun pericolo per lui.

O almeno, così credeva.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:27

Sentendo il cellulare squillare, Caroline, dopo averlo cercato febbrilmente, rispose angosciata.

CA= Dov’è?!!!!

HA= Sono riuscita a rintracciare il GPS del mezzo che sta usando, si sta dirigendo verso Nagano, sull’autostrada per Karuizawa!

CA= Va bene!

HA= Io vado a cercare Matt!

Chiuse la comunicazione, spingendo ancora di più sul pedale dell’acceleratore.
Il contachilometri segnò i 120 chilometri orari.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:18

Non era riuscito a seminarli. Quelle tre maledette auto gli stavano alle costole come cani segugi. Ad un tratto, da entrambi i lati dell’incrocio che stava percorrendo, sbucarono altre due automobili che gli bloccarono ogni via d’uscita; frenando bruscamente e costringendo l’auto in un pericoloso testacoda, dovette fermarsi.

MA= Merda, mi hanno tagliato la strada! Quanti diavolo di uomini ha Takada?!

Di colpo, dalle cinque auto che lo avevano accerchiato, uscirono in tutto venti uomini… e tutti con le pistole spianate contro di lui.
Onde evitare il peggio, Matt ritenne opportuno uscire dalla propria vettura a mani alzate.

MA= Ehi, ehi, da quand’è che ai giapponesi è permesso possedere ferri di quel genere? Comunque sia, io sono solo un semplice complice del rapitore… immagino desideriate farmi qualche domanda… quindi non vi conviene spara…

Matt non fece a tempo a finire quella frase…. e non l’avrebbe più avuto. Venti pistole vuotarono contro di lui ed il suo esile corpo, gli interi caricatori.

Nella disgrazia, il suo spirito allegro aveva saputo comunque trovare il lato positivo della situazione… dopo il primo colpo al petto e l’intenso bruciore del proiettile attorno alla carne morbida, il suo corpo divenne così insensibile da non provare più alcun dolore.

Quando la raffica cessò, scivolo all’indietro lentamente,in maniera morbida ed elegante come un cigno dopo il suo ultimo canto…

…e con un sorriso a fior di labbra, salutò quel mondo che l’aveva accolto così brutalmente alla nascita e che ora si stava congedando da lui in maniera altrettanto feroce.

“Idiota… tanto non avresti parlato comunque… hai peccato contro Kira, e la punizione per i peccatori è la morte.”



***

26 dicembre 2009. Ore 19:16

“L, te lo ripeto… in questa faccenda io non centro nulla.”

Dall’interfono, la voce di Near gli arrivava sfalsata; ma per quanto non si fidasse di quell’individuo, le sue parole sembravano sincere.

LI= Bene… quindi suppongo sia opera di Mello.

NE= Come tu ben sai, ho infiltrato nella scorta di Takada due mie agenti… Halle Lidner mi ha confermato poco fa che il rapitore è proprio Mello.

LI= Tu sarai in grado di contattare Mello…o se non tu, la signorina Hale…

NE= No, è inutile. Un modo effettivamente lo possiedo,ma in questo frangente dubito che Mello mi risponderebbe… e quanto alla signorina Hale, non sono suo portavoce e quindi dovrai affrontare la questione direttamente con lei.


Una smorfia di stizza si dipinse sul volto di Light.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:20

Aveva rinchiuso Takada all’interno del camion, procedendo a tutta velocità sull’autostrada.

Mentre guidava, una sola frase sulla sue labbra.

ME= E’ l’unica soluzione possibile… e posso farlo solo io.

Ma nella sua elevata intelligenza ed acutezza, non aveva notato un piccolo particolare…
… che gli sarebbe stato fatale.


***

26 dicembre 2009. Ore 19:38

Si trovava a metà dell’autostrada che Halle le aveva indicato, tenendo il volante con mani tremanti aveva spinto la Gran Torino alla velocità folle di 140 chilometri orari… non aveva la forza di piangere in quel momento, la sua mente ed il suo cuore erano proiettati verso un unico obiettivo: salvare il ragazzo che amava da un destino tragico.

Ora, si trattava solo di una corsa contro il tempo.

***


Inaspettatamente, il cellulare di Light Yagami squillò. E la conversazione che ne seguì, nella sua asciuttezza e nella sua apparente innocenza, fu agghiacciante.


***


26 dicembre. Ore 19:40:40


Il camion fermo…

Dal finestrino della donna si poteva scorgere solo un muro in pietra…

I vetri infranti caduti scompostamente e macchiati di sangue…

Sangue che era anche sul braccio della donna…

Un foglio dannato, vergato con parole di morte…

Ed un corpo riverso sul  volante.


***


26 dicembre 2009. Ore 19:42

CA= Halle!

La voce dell’amica, per quanto cercasse di nasconderglielo, era molto più eloquente delle parole.

HA= Linne, il GPS di Mello si è fermato. Poco prima dell’uscita per Nagano, troverai un piccolo svincolo che ti porterà alle rovine di una chiesa romanica… io sono qui ad aspettarti.

CA= Sto arrivando! Hai trovato Matt?!

HA= Si… quei bastardi se ne erano andati senza neanche togliere il corpo dalla strada.

A quelle parole il cuore di Caroline perse un battito.

CA= I-il… corpo?!

HA= Caroline è meglio non parlarne al telefono… io ti aspetto qua.

Ma appena chiuse la comunicazione, accadde qualcosa che la resero consapevole che il calvario dell’amica sarebbe stato molto più terribile di quanto avesse mai immaginato.

Il camion, e con esso l’intera struttura della chiesa…. avevano preso fuoco.

***

26 dicembre 2009. Ore 19:41

Era salva… era riuscita ad eliminare il proprio rapitore scrivendone il nome sul piccolo frammento di Death Note nascosto in una coppa del reggiseno e che aveva prelevato senza che il ragazzo se ne accorgesse.

Era salva…e viva; presto Light Yagami sarebbe venuto a prenderla, portandola via da quell’incubo…

Ma quando avvertì il cuore battere un’ultima volta in modo più forte delle altre e poi fermarsi, capì che la sua unica speranza di fuggire da quel posto sarebbe stata la morte.


Kyiomi Takada, 26/12/2009
suicidio.
Si toglie la vita dando alle fiamme i suoi abiti, i suoi appunti…
e se stessa.


***

26 dicembre 2009. Ore 19:40:39

Sapeva che il suo cuore non era più lì, ma al sicuro, lontano, tra le mani di una persona amorevole che lo cullava dolcemente. Nelle orecchie non sentiva il rumore infernale e crepitante delle fiamme, ma una dolce voce cantargli una ninna nanna, che lo faceva pian piano addormentare…

 L’unico rimpianto che aveva era per quel milione di baci che non era riuscito a dare a Caroline, in quell’ultima notte in cui si erano amati fino alla mattina.

Il quarantesimo secondo scoccò. La gara era terminata.

E mentre Mello moriva, il petto attraversato da una fitta di dolore lancinante, riuscì a pensare solo ed unicamente ai grandi occhi verde-azzurri di Caroline, ai suoi capelli morbidi tra le dita, al suo corpo profumato e vibrante, alle sue mani piccole che si aggrappavano alla sua schiena e alla sua voce che invocava il suo nome mentre entrava in lei. Si stupì che nel suo petto ci fosse ancora qualcosa che potesse provare dolore, perché sapeva che quello era morto poche ore prima, quando aveva visto per l’ultima volta il corpo niveo e dormiente di Caroline, la sua Caroline, il suo unico amore. Mentre moriva non poteva che essere contento, perché presto, forse, se il Paradiso o l’Inferno glielo avessero concesso, l’avrebbe rivista,seppur da altrove,seppur da lontano avrebbe potuto di nuovo godere del suo sorriso luminoso e sincero, che gli donava sempre con l’anima.

Le fiamme si stagliavano alte verso il cielo e lo avvolgevano, come una preda nelle spire di un serpente velenoso, pronto a morderla per immobilizzarla con il suo letale veleno. La pelle ardeva e veniva lentamente mangiata da quel mostro incandescente; la vista si appannò e lentamente tutto intorno a lui divenne scuro.

L’ultimo pensiero che riuscì a formulare, nell’ultimo istante della sua giovane vita, non fu per il mondo, per la giustizia,o per un bene più grande. Fu un solo e semplice…

“Ti amo.”


***

26 dicembre 2009. Ore 19:47

Arrivò circa cinque minuti dopo la chiamata di Halle, pochi secondi dopo che le fiamme divampassero. Nel vederla scendere dalla macchina trafelata, con il viso sconvolto e gli occhi non umani, rimase impietrita… ma quando si accorse che aveva intenzione di correre tra le fiamme, la strinse tra le braccia e la fermò.

HA= FERMATI CAROLINE E’ TROPPO PERICOLOSO!

L’amica le rispose tra il pianto e lo strazio, cercando di divincolarsi dalla sua stretta.

CA= NO! HALLE LASCIAMI, LASCIAMI! DEVO ANDARE DA LUI, TI PREGO LASCIAMI!

Versando lacrime silenziose, Halle cominciò a trascinarla via, cercando di toglierla da quello che per lei era uno spettacolo straziante… si chiese come ci si sarebbe potute sentire sapendo che dentro quella chiesa, avvolto dalle fiamme,c’era il corpo senza vita dell’uomo che ami.

HA= CAROLINE TI PREGO, ANDIAMO VIA! NON POSSIAMO FARE ALTRO!

CA= LASCIAMI, HALLE,  IO POSSO ANCORA SALVARLO, FAMMI ANDARE DA LUI TI PREGO! MELLO! LUI E’ LA, MI STA CHIAMANDO, IO DEVO ANDARE DA LUI!!!

Ad un tratto, alcune pietre instabili della chiesa, caddero infuocate sul furgone, in un frastuono assordante.

CA= MELLOOOOOO! NOOOOOOO!

La disperazione, l’amore ci regalano vigori e risolutezze d’animo che neanche immagineremmo nella vita normale; come animata da una forza sovrumana, Caroline riuscì a liberarsi dalla stretta di Halle, e cominciò a correre verso la chiesa.

HA= CAROLINE, TORNA QUA! TI SCONGIURO TORNA INDIETRO! CAROLINE!!!!

Proteggendosi alla bell’e meglio dalle fiamme, ignorando il loro infernale calore e l’intenso bruciore della sua carne a contatto con le scintille, riuscì ad arrancare fino al muso del furgone; aprendo con fatica la portiera del guidatore ed ustionandosi leggermente i palmi delle mani laddove la pelle veniva a contatto con il metallo arroventato della maniglia, afferrò il corpo senza vita di Mello, ancora miracolosamente non toccato dalle vampe, e addossandolo completamente su di sé, riuscì a portarlo fuori da quella prigione di fuoco.

Appena furono al sicuro, lontani dal rogo e dal suo letale potere, lo sdraiò a terra inginocchiandosi accanto a lui, stringendone il busto e le spalle a sé.
Cominciò a piangere, a gridare il suo dolore e la sua rabbia mentre carezzava la testa inerme del ragazzo e lo cullava come un bambino che non vuole addormentarsi. Halle era paralizzata… le grida di dolore dell’amica erano strazianti, il suo pianto avrebbe mosso a pietà persino la più becera delle anime infernali. Non poteva credere che stesse succedendo veramente, non poteva pensare che quello fosse veramente il corpo senza vita di Mello.

Ma la vita va così…un gioco crudele dove le regole sono semplici: vinci o muori.
Perché non esiste un Dio misericordioso… solo un Dio torturatore.

Ad un tratto, pur piangendo, Caroline si accorse che tutto, intorno a lei, si era fatto buio… il cielo, la terra, lo spazio che circondava lei e Mello,si era ridotto ad un infinito sfondo nero… persino lo scorrere del tempo pareva essersi fermato; solo la chiesa incendiata era rimasta visibile in tutta quella oscurità… ma le fiamme, da rosse che erano, avevano cambiato colore, diventando di un sovrannaturale azzurro intenso.

“Caroline Seyrig… mi chiedevo quando avrei potuto finalmente incontrarti.”

La ragazza alzò lentamente il viso… davanti a lei vi era una delle creature più mostruose che la mente umana avesse mai potuto concepire.

Alta quasi due metri, la creatura era vestita con un lungo manto nero, sudicio e consunto da secoli e millenni… il capo era ben visibile agli occhi della ragazza, che quando vi trattenne lo sguardo, credette di venire meno.

Un teschio umano era il “volto” dell’essere, solcato diagonalmente da una cicatrice nera che riduceva la metà superiore al semplice osso ed all’orbita vuota, e la metà inferiore ad essere coperta da un’epidermide grigia come la cenere e quasi del tutto in putrefazione, su cui spiccava un occhio rosso sangue dove non vi si distingueva pupilla né iride.

Sul capo, a guisa di capelli, migliaia di serpenti neri come la notte e dagli occhi di brace.

CA= Chi… chi sei?

“Oh, mi conoscono con molti nomi… il MU, la triste mietitrice, la nera signora, l’angelo nero…”

CA= Tu sei… la Morte?

“Sei perspicace ragazza… gli Shinigami, il loro Re, sono solo i miei gregari. Io, sono la vera Morte.”

Nel terminare quelle parole, lo sguardo senza tempo della Morte si posò su Mello, ancora esanime, stretto dalle braccia di Caroline.

“E’ bellissimo, non trovi? Un vero peccato andarsene così giovane…non ho mai visto nessuno così bello anche da morto.”

Caroline cominciò a piangere sommessamente… la voce della Morte si fece irrisoria, velata di spregio blasfemo.

“Perché piangi, sciocca?! L’uomo che ami avrà una vita migliore lassù… lassù con Colui che ama tutti voi come figli, che mi ha relegato qua, a cibarmi dei vostri dolori stillanti odio ed abbeverarmi delle vostre lacrime…”

CA= (PIANGENDO) Che cosa vuoi da me?! La mia anima, la mia mente, il mio cuore?!
Li hai già, presi quando hai scelto lui…ti manca solo il mio corpo, che non tarderà a venire…

“Voi mortali… che credete nell’illusione dell’amore senza rendervi conto di che effimera chimera state inseguendo… che vi credete immortali eleggendo voi stessi come unica vostra divinità…voi, che invocate Dio solo quando vedete giungere il mio arrivo… che lamentele potreste osare avanzare?”

CA= Se non  è l’amore che ti muove, almeno lo faccia la pietà… è così giovane…ha solo poco più di vent’anni…

“Tsk, stupida mortale… la morte è per tutti, vecchi o giovani che siano… non ci sono distinguo, non favoreggiamenti…”

CA= PRENDI ME! La mia vita in cambio della sua, la mia anima al tuo potere in eterno! Sono pronta a fare qualsiasi cosa!

“Tu? No… tu non mi servi… il “grande capo” lassù ti vuole viva ancora per un bel po’…devi compiere la sua volontà, tu che ti fai chiamare Caroline, quando per te era stato destinato un nome più grande… Nimue.”

CA= Io non sono Nimue.

“Si, certo… proteggiti dietro le tue convinzioni, accecati con le apparenze… tu sei Nimue, colei che è destinata a grandi imprese solo con l’aiuto del proprio ingegno… e con te, tua sorella Morgana, infangata con il nome di Rachel… le due sorelle della profezia, gli agnelli di Dio, le custodi della terra… voi siete nate con destini tutt’altro che umani.”

CA= Ti prego, salvalo… solo tu puoi.

“Ho atteso questo momento per molte lune infernali… e tu hai il coraggio di chiedermi una cosa simile? Perché… perché dovrei esaudire questa tua richiesta?”

Prima di rispondere, Caroline accarezzò il volto di Mello,  freddo e sereno nel suo sonno di morte.

CA= Perché lo amo…

“Sappi, sciocca fanciulla che io sono la Morte… e lo incontrerò… ad ogni incrocio.”

CA= Farei qualsiasi cosa per lui…

“Sacrificheresti anche… te stessa?”

Caroline annuì.

CA= Puoi salvarlo?

“Sta a te deciderlo… il mio cuore è colmo di polvere…e sabbia. Tuttavia devi sapere che riportare in vita un’anima dannata come la sua, è un qualcosa che mai dovrebbe accadere… la sua rinascita comporterebbe un evento senza precedenti, destinato a sconquassare il normale ciclo della vita… accadrà qualcosa di terribile per questa azione… non ora… non domani… ma molto presto. Inoltre, questo “favore”comporta qualcosa in cambio. Sapendo questo… vuoi comunque che viva?”

Caroline abbassò lo sguardo su Mello, elargendo una seconda, amorevole carezza al suo viso senza vita… dopodiché ne baciò dolcemente la fronte gelida.

“Fa la tua scelta Nimue… il mondo… o lui.”

Quando gli occhi mortali si incatenarono nuovamente a quelli demoniaci della Morte, la voce della giovane aveva abbandonato ogni tremore ed ogni incertezza.

CA= Qual è il prezzo da pagare?

“Ciò che accadrà nel mondo non potrà essere evitato… ma visto che mi hai offerto la tua anima con così tanto ardore, la prenderò in pegno per tornare a riscuoterla quando tutto sarà terminato. Accetti?”

CA= Si.

“Molto bene… preparati Nimue…un’anima portata via è una cosa…estremamente… dolorosa.”

CA= Cosa…? Che inten…AAAARRGGGH!

Caroline non riuscì a terminare la frase per la scarica di atroce dolore che la pervase all’altezza del cuore, e che si diramò poi celermente a tutto il resto del corpo. Sentì come se qualcuno le avesse affondato la mano nello sterno, tranciando con le unghie affilate pelle, muscoli ed ossa per poi arrivare a stringerne l’organo, caldo e pulsante, in una stretta gelata.

“Avverti il dolore Nimue… avverti cosa si prova a dannare la propria anima… senti il dolore e la disperazione dell’inferno. Sei ancora….ferma… sulla tua scelta?”

Con la voce rotta dal dolore ed ansante, riuscì a mormorare:

CA= S… Si! AAH!

Un’altra fitta lancinante la pervase, mentre sentiva il proprio cuore divelto dalla posizione originaria con atroce violenza, sentendo vene, arterie e coronarie sradicarsi ferocemente da quello. Costringendosi a non svenire ed a non cadere a terra, strinse spasmodicamente le mani attorno alle braccia inermi di Mello, serrandone ancora di più a sé il corpo senza vita.

Ad un tratto, il dolore cominciò a scemare fino a scomparire del tutto, lasciandola sfiancata e tremante.

CA= (ANSANDO) Hai… ottenuto quello… che volevi… Ora…. salvalo.

La Morte la guardò con un ghigno diabolico.

“Già fatto…”

A quelle parole Caroline si accorse che, tra le sue braccia, la pelle di Mello aveva riacquistato calore, morbidezza ed il profumo che lei tanto amava… poggiando delicatamente la mano sul petto maschile, sentì il cuore del ragazzo palpitare sotto le sue dita, il sangue scorrere nuovamente caldo nelle vene; novelle lacrime bagnarono le sue guance ammorbidite in un dolce sorriso… lacrime di gioia.

CA= Grazie… grazie!

“Aspetta a ringraziarmi… mi hai dato la tua anima in cambio della sua, e puoi star certa che tornerò a riscuoterla…Ricordati delle mie parole… Nimue.”

Improvvisa come era arrivata, la Morte sparì dalla sua vista; il buio si dissolse con lei e le fiamme si estinsero, riducendo la chiesa ad una rovina semi carbonizzata; ancora imbambolata a guardare Mello, avvertì a malapena Halle arrivare accanto a lei.

HA= Linne… cos’è successo?! Non ricordo niente degli ultimi dieci minuti…

CA= Come sta Matt?

HA= Si sta riprendendo… ora è sveglio, ma anche con due giubbotti antiproiettile sotto la giacca, venti caricatori di pistola sono pesanti da sopportare…

CA= Giubbotti… antiproiettile?

HA= Glieli avevo procurati io giorni fa… O MIO DIO!

Halle si spaventò nel vedere la mano di Mello contrarsi in un piccolo spasmo, e poi cominciare lentamente ad alzarsi; istintivamente, andò a poggiare le dita sulla vena carotidea del ragazzo.

HA= Cristo… santo… la vena sta pulsando.

Senza alzare gli occhi dal viso di lui e guardandolo tra le sue braccia come una madre che osserva il proprio figlio appena venuto al mondo, le rispose sorridendo.

CA= Si… è vivo…

HA= Come diavolo hai fatto?

CA= Io…ho… stretto un patto… con la Morte.

HA= Che cosa?!?!

CA= Per riportarlo in vita… le ho offerto la mia anima.

HA= Tu sei impazzita! Come hai potuto fare una cosa del genere?!

CA= Se tu fossi stata al mio posto… se ci fosse stato Gevanni invece di Mello… come avresti agito?

HA= Io… avrei fatto la stessa cosa.

Non continuarono oltre, dal momento che Mello aveva aperto i grandi occhi color del mare, muovendoli lentamente da Halle all’angelo che lo teneva tra le braccia.

ME= Caroline… che è successo?... perché sono ancora vivo?

CA= Amore mio… sei qui… sei veramente qui…sei tornato da me…

Sorridendo debolmente, Mello alzò faticosamente il braccio ed andò a chiudere la guancia della ragazza con la propria mano, che sovrappose la propria a quella maschile.

ME= Tu… mi hai salvato… (VEDENDO CHE CAROLINE ANNUISCE) Angelo mio… come potrò mai ringraziarti?

CA= Potresti baciarmi…

Ed il ragazzo soddisfò la richiesta, baciandola con passione; dopodiché, tiratosi su a sedere, la abbracciò stretta, accarezzandole dolcemente la nuca.

ME= Ti amo… Dio solo sa quanto ti amo…

CA= Anch’io ti amo…

Sciogliendosi dall’abbraccio e rimettendosi faticosamente in piedi aiutato da Caroline, Mello si voltò verso le rovine carbonizzate della chiesa… come in un flashback, tutto quello che era accaduto nell’ora appena trascorsa ritornò alla sua mente, vivido come non mai.

ME= Matt… dov’è?

Halle, allungando il braccio, gli indicò sorridendo la propria auto.

HA= E’ laggiù… vivo.

Con passo incerto e tremante, il ragazzo cominciò a dirigersi verso la vettura, non del tutto convinto di quello che Halle gli aveva comunicato; come poteva essere così? come aveva fatto Matt a salvarsi dopo essere rimasto vittima e bersaglio di quella tremenda sparatoria?
Appoggiandovisi affaticato, aprì debolmente la portiera dei sedili posteriori e guardò all’interno dell’abitacolo.

Adagiato sul sedile con le braccia lungo il corpo, la testa reclinata all’indietro sul poggia testa e gli occhi chiusi… c’era il suo migliore amico; respirava debolmente e quando gli occhi di Mello scesero ad osservarne il torso nudo, spogliato della maglia e della giacca semi carbonizzate dai bossoli roventi, ebbe un tuffo al cuore.

Il petto, il ventre, le spalle ed il tratto di entrambe le braccia che andava dalla spalla al gomito erano coperti da centinaia, migliaia di lividi violacei,dalla tipica forma concentrica data dalla sommità dei proiettili. Mentre Mello lo stava ancora osservando tra l’incredulo ed il sollevato, Matt aprì i grandi occhi verdi e gli si rivolse con voce flebile, ma non priva di una sottile vena ironica.

MA= Ehi amico… ci rivediamo… anche se non su… una nuvoletta… come speravo…

Mello non poté non sorridergli.

ME= Siamo vivi Matt… ce l’abbiamo fatta…

MA= Forse… stiamo antipatici… a qualcuno… lassù… Bene… speriamo di esserlo… anche… ad altri.

ME= Caroline ed Halle ci hanno salvato… è merito loro se siamo qui…

Muovendo lentamente lo sguardo, Matt cercò l’amica.

CA= Sono qui Matt… Sono qui…

MA= (PRENDENDOLE LA MANO) Grazie… grazie infinite… grazie anche a te Halle.

HA= Avresti fatto la stessa cosa per me…

Ma restare lì non era sicuro per i due ragazzi, scampati così miracolosamente alla morte; decisero così di dirigersi a casa di Caroline, partendo in tempi diversi e percorrendo strade differenti per non attirare ogni possibile attenzione; appena prima di salire in macchina, Halle si avvicinò all’amica.

HA= (SOTTOVOCE) Glielo dirai?

CA= Fino a quando non sarà inevitabilmente necessario no… per lui sarebbe devastante, ed io non voglio che viva con quest’angoscia costante…

HA= Prima o poi dovrà venirlo a sapere…

CA= Se esiste un Dio, che possa perdonarmi… perché Mello non lo farà mai.


***

Aveva fallito. Entrambi erano scampati alla morte, in un diabolico escamotage di cui non riusciva a vederne la logicità. In quel momento, cominciò a dubitare dell’infallibilità del quaderno, arma evanescente che gli permetteva di non macchiare le proprie candide mani, almeno in pratica, di sangue vermiglio… qualcosa stava cambiando, mettendo a repentaglio la propria inespugnabilità, cominciando ad esporlo ai pericoli della vulnerabilità.

Un nome era stato scritto, ed il suo proprietario ancora viveva… in un misto di umiliazione e rabbia, levò contro il cielo il grido belluino della propria vendetta.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25
Dubbi esterni, Minacce interiori


 


Due settimane. Quattordici giorni. 336 ore. 20.160 minuti.

La clessidra è immobile, perfetta nella sua oggettività, terribile nella sua inesorabilità.
Scende la sabbia azzurrina… scende e decreta nel suo rigore il tempo trascorso e che mai tornerà, nell’immenso silenzio dell’infinito.

Ma ad un tratto, sottili liste nere si levano dal nulla, strisciando mefitiche verso di lei.

La avvolgono come velenose spire di un serpente, coprono il suo rifulgente candore con la loro tenebra… e quasi mosse da mani invisibili, cominciano a stringere.

Il cristallo comincia ad incrinarsi, crepe di poco spessore cominciano a corrugarne la superficie… le spire stringono ancora, sempre di più, sempre più forte.

Ed in suono simile ad un gemito, il cristallo si infrange in mille frammenti mentre la sabbia azzurrina esplode tutt’attorno in una nuvola opalescente.

Quasi come se soddisfatte della loro opera di distruzione, le tenebre arretrano da lei fino a scomparire, mentre la clessidra rimane infranta come un cadavere umano,smembrata tra arena e schegge di cristallo, dalle cui sommità comincia a stillare una dolce linfa bianca come la neve.

Il tempo è finito.


***


09 gennaio 2009. Ore 23:16

Due settimane…. due semplici settimane aveva impiegato per innamorarsi di lui. L’aveva stregata, ammaliata, avvolta in un’invisibile catena e legata a sé come se lei fosse un marinaio impotente al dolce richiamo della sirena… ma ogni volta, ogni singola volta che lo guardava, una flebile vocina si faceva strada nella sua mente, un richiamo costante che non sapeva allontanare, un’evanescente immagine che diveniva ogni giorno più vivida, ed al contempo, sfocata.

Near…

Lo cercò con gli occhi, nell’affollata notte di Tokyo; era semplicemente bellissimo, alto, diafano, quasi un angelo nero, un’entità oscura discesa sulla terra. Le ricordava i poeti ottocenteschi, i “belli e dannati” che tanto affascinavano i cuori delle fanciulle di buona famiglia e che insinuavano nelle loro innocenti menti, pensieri impuri, progetti di fughe lontane.

Ma c’era qualcosa in lui che all’unisono la seduceva e la spaventava… quella sua sfuggevolezza inafferrabile, quell’ambiguità oscura… quella natura enigmatica che a volte le sembrava inquietante.

E gli occhi, di quel splendente colore dell’oro colato con quelle strane sfumature porpora che a volte parevano splendere nella notte, come appartenenti ad una creatura ultraterrena.

Si chiese cosa realmente sapeva di lui… nulla, tranne il nome ed un’età che non sembrava appartenergli… ma nel vederlo avanzare verso di lei, nel sottile sorriso sghembo che ogni volta la stregava, decise che non le importava.

JU= Ciao principessa…

AU= (SORRIDENDO) Ciao… credevo di averti perso…

Jude la baciò, alterandole leggermente il battito cardiaco che si riassestò solo quando lui allontanò le labbra dalle sue.

JU= Che ne dici, andiamo a casa?

AU= Oh, io ho una camera d’hotel con mia zia… dubito che ci farà restare lì… in più, per poter uscire con te, ho dovuto mentirle… e mi sento così in colpa.

JU= Cosa le hai detto?

AU= Le ho detto che avrei passato la serata a casa di mia cugina…

JU= Oh, hai una cugina…come si chiama?

AU= Caroline… ho mentito a mia zia, dicendole che sarei stata con lei e con il suo compagno…

JU= Interessante… come si chiama lui? magari lo conosco….

AU= Mello… ma dubito che si tratti del suo vero nome… forse è un nomignolo o un diminutivo…

Gli occhi di Jude si accesero di una luce che intimorì leggermente Audrey.

JU= Si… sono convinto anch’io che si tratti di un soprannome… anzi, ne sono convinto.

AU= Scusa, ma perché ti interessa tanto?

Assumendo un dolce sorriso, Jude le si rivolse.

JU= Così… semplice curiosità. Vieni, so io dove andare…

AU= Dove?

JU= A casa mia.


***

09 gennaio 2010. Ore 23:28

Caroline era seduta sul proprio letto, con la schiena contro la testiera e le gambe semi piegate sul materasso, illuminata soltanto dalla morbida luce del comodino che, illuminandole solo metà volto, la faceva sembrare un’apparizione dal mondo dell’oscuro;
accanto a lei Mello dormiva, in un sonno leggero inframmezzato da brevi risvegli.
Lo guardò, ancora incapace di credere pienamente che lui fosse realmente con lei… il pensiero del patto che aveva stretto con la Morte, e che gli aveva taciuto, la visitò nuovamente; aveva donato la propria anima all’Angelo Nero in cambio della rinascita del ragazzo,condannando se stessa a morte certa. Ma non aveva ripensamenti, non contemplava rimpianti riguardo alla propria decisione… aveva riportato in vita il suo angelo, gli aveva concesso una seconda occasione, una duplice opportunità per assestare la sua vita…ed in questo si sentiva felice.

Accarezzandogli dolcemente il viso, delineando teneramente con la punta delle dita il profilo del braccio, teso sul materasso, di Mello, tornò poi con l’attenzione sul quaderno cremisi che teneva sulle ginocchia, diario del padre defunto.

CA= (SOSPIRANDO) Coraggio… prima o poi dovrà essere letto…

Con la punta delle dita, aprì delicatamente la copertina avvertendo il crepitare della pergamena; dal primo foglio di un antico color seppia, cominciavano pagine e pagine di ricordi, sfoghi, pensieri scritti nella calligrafia elegante ed un po’ obliqua di suo padre.
Inspirando profondamente, cominciò a leggere le prime righe, che portavano la data del 16 aprile 1980.


***

Ore 23:30

La casa di Jude, o meglio il bilocale che  il ragazzo  possedeva, sembrava riflettere la personalità del ragazzo: muri dipinti di rosso e di nero, tendaggi di raso nero, tappeti indiani dai colori scuri, dipinti astratti e centinaia di simboli esoterici in ottone, argento o rame. Al centro della stanza, un grosso letto matrimoniale dalle lenzuola corvine, contornato da una dozzina di candele sia bianche che nere.

JU= Perdona il disordine… spero ti piaccia.

AU= Si, ma…

JU= Ma…?

AU= Non è un po’ buia?

JU= Una casa può essere chiara grazie ai suoi colori ma al contempo buia… la luminosità di una dimora, la fa chi vi abita al suo interno…

AU= Wow….

JU= E credimi, la mia non è stata più luminosa di adesso…

Suggellò la propria frase baciandola con passione.


***


16 aprile 1980.

Mi chiamo Adrian Seyrig ed ho 29 anni. Sembra stupido che a quest’età io mi metta a scrivere un diario, e sinceramente nemmeno io so con esattezza cosa mi abbia spinto a farlo… tra cinque giorni mi sposerò con la donna che amo più ogni altra, Janice Bennett, una splendida creatura di 22 anni con il sole dentro di sé. Non posso credere che veramente riuscirò a sposarla, specie se ripenso a tutte le peripezie che ho dovuto affrontare con mio padre…


***

Ore 23:40

Dal momento in cui Jude l’aveva baciata in poi, il cervello di Audrey divenne incapace di restare attinente allo spazio ed al tempo reale; si sentiva come elevata ad una dimensione trascendentale, ad una realtà astratta dove non esistevano luoghi e tempi terreni.
Sentiva le mani ardenti del ragazzo scorrere lungo tutto il suo corpo, e quando cominciò a spogliarla, lei non oppose resistenza.


***

… noi siamo ebrei, discendenti di un’antica famiglia giudea veneziana che fu costretta ad abbandonare l’Italia durante gli anni ’30, nel periodo delle leggi razziali. La nostra religione, il nostro credo, impone che il sangue ebreo debba rimanere puro, non contaminato da quello corrotto di altre religioni; avevo già una promessa sposa, una giovane della mia comunità di nome Magdalena… non l’amavo (e nemmeno lei amava me), ma aveva saputo presentarsi con tanta dolcezza e con così morbida discrezione che non potei non volerle bene, nell’affetto che si può provare per una sorella o per un’amica molto cara.

Ma poi, un giorno che non dimenticherò mai, incontrai lei…



***

Ore 23:56

Era sua. Completamente sua. Che Dio la perdonasse per la menzogna che aveva dovuto dire alla zia, per il piacere estatico che stava provando… per il lussurioso, indecente e magnifico peccato che stava commettendo sentendo il corpo magro del ragazzo muoversi sopra di lei.

Ma se avrebbe dovuto affrontare le fiamme infernali per quella divina, carnale e sanguigna parentesi in cui si era persa… beh, l’avrebbe sopportate con animo felice.

Fino a quel momento, in cui dall’estasi passò all’incertezza.


***



…La vidi un sabato pomeriggio del 1974 (lei aveva 16 anni, io 23), mentre uscivo dalla sinagoga; incedeva leggera tra le sue amiche nel suo abito di lino ed organza bianco che ne fasciava il corpo perfetto; nessun Romeo ha mai guardato Giulietta con tanto ardore come quando io vidi lei per la prima volta… aveva lunghi capelli biondi che alla luce del sole si coloravano d’oro ed occhi color del mogano che mi stregarono all’istante. Mi passò accanto leggiadra ed eterea come una nuvola, rivolgendomi una fugace occhiata ed un timido sorriso… quando passò oltre, capii che, come Adamo, avevo trovato la mia Eva.


***


Ore 00:32


Un baluginio non distinto…

Un sospiro….

Un liquido caldo e vischioso si avvicinò alla sua bocca…

AU= Che cos’è?!

JU= Non preoccuparti…

Le labbra cominciarono a ricevere il liquido sconosciuto, mentre un formicolio la pervase al braccio.


***


Ore 00:41

Vinta dal sonno, spense la luce sul comodino e si accoccolò vicino a Mello, che nel avvertire la sua vicinanza l’abbracciò; si addormentò con lui facendo aderire la schiena al suo petto e lasciando che il ragazzo incuneasse il viso nel proprio collo.

Cullata dal battito del cuore di Mello, chiuse gli occhi.


***


Ore 00:52

Si era addormentato, in un sonno talmente tranquillo che pareva vegliato dagli angeli; ma se per Jude ora vi era un fantomatico paradiso, segnato prima dal piacere ed ora dal torpore, dentro Audrey si agitava l’inferno più nero.

Seduta sul letto, raggomitolata con le ginocchia adese al petto, nuda e coperta solo da parte del serico lenzuolo nero, guardava fisso davanti a sé incapace di comprendere appieno quello che era appena accaduto… sentiva assolutamente il bisogno di confidarlo a qualcuno; “purtroppo” per lei, quel qualcuno era stato inconsapevolmente utilizzato per la buona riuscita della sua menzogna.

Guardò Jude dormiente accanto a lei, mentre si alzava dal letto, si rivestiva e nella più totale accortezza e silenziosità, lasciava la stanza.

Soltanto quando fu in strada,si rese conto che il tragitto da lì a casa di Caroline era piuttosto lungo.


***

Interlude:

Ed è il pensiero della morte che, infine,
aiuta a vivere.

Umberto Saba.



***


Il buio avvolge i loro corpi come una morbida, impalpabile coperta…

La tenebra si fa sempre più strada nel suo animo…

Custode dei loro sonni, protettore dei loro sogni…

Avvertiva uno strano malessere, ma non avrebbe
saputo dire se fosse fisico o psicologico…


La notte… la parte del giorno più gradita agli amanti…

Sentiva le gambe deboli, il passo farsi affaticato…

…ma che può rivelarsi un’arma a doppio taglio…

Il formicolio che già l’aveva pervasa, si ripresentò…

…in quanto può nascondere al suo interno estatici piaceri
e diaboliche insidie…

La testa cominciò a vorticare, le percezioni sempre più astratte…


***

Ore 01:16

Avendo il sonno piuttosto leggero, ogni minimo rumore appena un po’ più forte del normale bastava a svegliare Caroline; aprì gli occhi immediatamente, ma ancora leggermente offuscata dall’immediato dormiveglia, non riusciva a capire se l’incessante picchiettare sul legno del suo portone, fosse frutto di un realistico sogno o della realtà.
Volendo appurarlo, si sciolse delicatamente dall’abbraccio di Mello che, nel sentirla allontanarsi, si svegliò anch’egli.

ME= (ASSONNATO) Che succede?

Caroline, alzandosi in piedi e tendendo bene le orecchie, gli rispose.

CA= Non sembra anche a te che stiano bussando alla porta?

Attento a ciò che gli aveva detto la compagna, Mello si pose sull’attenti, fissando un punto qualsiasi del materasso quasi a volersi concentrare meglio sul suono avvertito; quando i suoi occhi azzurri si posarono nuovamente su di lei, il sonno era chiaramente sparito.

ME= Si… lo sento.

CA= Io vado a vedere.

E fece per muoversi verso il corridoio, incurante dell’indossare solo una canottiera ed un paio di culotte in cotone blu zaffiro.

A circa metà del percorso, la voce di Mello la fermò.

ME= Aspetta.

CA= Che c’è?... O mio Dio, Mel c’è proprio bisogno di quella?!

Forse per propria diffidenza, per pessimismo o per istinto  di protezione, Mello (avendo appena avuto il tempo di infilarsi solo i pantaloni) affiancò Caroline tenendo davanti a sé la pistola appena caricata e pronta a sparare se fosse capitato qualcosa di sgradito.

ME= Cinque anni vissuti per la strada ti segnano…. non è certo la normalità che qualcuno bussi alla tua porta in piena notte, in modo così insistente.

CA= Veramente qualcuno che l’ha già fatto lo conosco…

ME= Ah-ah, molto simpatica… la mia era una giusta causa.

CA= Il mio portone ancora ti odia…

ME= Vai pure avanti, io mi metto qui dietro.

Ad un cenno del capo di Mello, la ragazza aprì il piccolo portone, per rimanere impietrita dalla sorpresa.

CA= Audrey?!?!?!?

Nel sentire Caroline pronunciare quel nome in modo così famigliare, Mello ritenne opportuno abbassare e nascondere l’arma da fuoco. Rimase comunque nascosto, non riuscendo ancora a fidarsi completamente.

Un’Audrey spaventata, agitata e smarrita come un cucciolo allontanato dalla madre, stava davanti ad una Caroline altrettanto confusa.

CA= Che ci fai ancora in giro a quest’ora? Oh, tesoro stai tremando! Vieni dentro, così ti scaldi…

La ragazza allungò un braccio verso la cugina arrivando a cingerle le spalle; Audrey, a quel contatto che tra tanti le parve il primo protettivo, si abbandonò completamente, vacillando  in avanti e prontamente sorretta dalla cugina maggiore.

CA=  Audrey!! Ti senti bene?!

La ragazzina le rispose con voce debole.

AU= Linne… mi dispiace… non  avrei dovuto…

CA= Tranquilla tesoro, tranquilla….

AU= Non mi lasciare ti prego… almeno tu, non mi lasciare…

CA= Certo che non ti lascio! Tranquilla Audrey… va tutto bene… va tutto bene…

AU= Io….io non volevo… non volevo farlo… ma lui… lui mi ha convinta…

Ad un tratto però, Caroline tenendo sottobraccio Audrey si accorse di qualcosa… qualcosa di terribilmente sbagliato ed orrendo nella sua perversione; prendendo con una mano il mento della cugina, la ragazza ne portò la bocca vicino al proprio naso.

CA= Audrey… la tua bocca… sa di sangue!

AU= Mi dispiace…. non volevo farlo, giuro…

CA= AUDREY, COS’E’ SUCCESSO?!? CHE COSA HAI FATTO?!

In tutta risposta, Audrey eruppe in un pianto disperato e Caroline, per quanto desiderasse sapere la verità, non poté non stringerla a sé.

CA= Calmati… sei al sicuro ora… va tutto bene… stringimi, va tutto bene…sei con me ora.

Per cercare di calmarla, la accarezzò dolcemente lungo la schiena e sul braccio libero… ma quando arrivò all’altezza dell’incavo del gomito sinistro e sentì con le dita un qualcosa di vischioso, si staccò leggermente per guardare.

Un taglio di circa sei centimetri e piuttosto profondo, macchiava di sangue l’incavo del braccio della ragazzina, tingendo le dita di Caroline dello stesso vermiglio.

Guardandola atterrita negli occhi, Caroline le si rivolse.

CA= Audrey che è successo?! COSA CAZZO E’ SUCCESSO?!

Ma quando Audrey aprì bocca e provò a parlare, non uscirono parole…. ma una grossa bolla di liquido nero simile a pece, che si riversò a terra cominciando a ribollire. La diciassettenne, cadaverica in viso, fece appena a tempo a guardare ciò che era fuoriuscito dalla sua bocca, per poi roteare gli occhi ed accasciarsi tra le braccia di Caroline, in preda a feroci convulsioni.

Cadendo a terra sotto il peso inaspettato della cugina, Caroline fece appena a tempo ad invocare l’aiuto di Mello.

CA= AUDREY, NO! MELLO AIUTO!!!!

Il ragazzo si materializzò veloce come un fulmine, accucciandosi al suo fianco; guardò sconcertato il liquido nero ribollente, che macchiava anche gli angoli della bocca di Audrey in due diabolici rigagnoli.

ME= Cazzo! Cos’è successo?!?

CA= HA VOMITATO QUELLA ROBA ED E’ SVENUTA! HA LE
CONVULSIONI, DOBBIAMO PORTARLA IN OSPEDALE!!!!

ME= Vatti a vestire, la tengo io!

CA= Non posso lasciarla!!!!

ME= Caroline ho più forza di te, riesco a trattenerla meglio! Con delle convulsioni così violente farebbe del male a te ed a se stessa se non riuscissi a tenerla bene! La tengo io, ora va! SI PUO’ SAPERE CHI DIAVOLO E’?!?!?!

CA= E’ MIA CUGINA!

Dopo questo si alzò e corse in camera per infilarsi i primi pantaloni e le prime scarpe,
che le fossero capitati sotto mano. Mello, durante la sua assenza, pur tenendo ferma la ragazzina facendola aderire al proprio corpo e bloccandone le braccia avvolgendole con le proprie, non poté che dirsi spiazzato alla notizia che quella che in quel momento giaceva tra le sue braccia, fosse la cugina della compagna.
Nemmeno tre minuti dopo, Caroline fu di nuovo accanto a lui, indossante la canottiera con la quale aveva aperto, un giubbotto in denim sopra,un paio di jeans sdruciti e Converse allacciate alla bell’e meglio.

ME= Prendi le chiavi della macchina, dobbiamo andare di volata in ospedale! Per andare giù la tengo io, tu va avanti!

Prendendola tra le braccia, cercando di farla scontrare contro la minor quantità di oggetti possibili (faccenda ardua, dati i violenti spasmi che contraevano il corpo della ragazza), Mello seguì a rotta di collo Caroline; arrivati alla macchina, la ragazza balzò nei sedili posteriori.

CA= Dalla a me, la tengo io! Sono troppo sconvolta, è meglio se guidi tu!

ME= Ne sei sicura?!

CA= Si, passamela!!


Salito a bordo dell’auto, Mello mise in moto e guidando all’impazzata si diresse verso l’ospedale centrale.

La Gran Torino sfrecciò per le vie di Tokyo a velocità folle.

CA= Audrey ti prego resisti… tra poco sarai salva… resisti tesoro, ti prego.

ME= Avverti tua madre Caroline.

CA= Cosa?! Stai scherzando vero?!

ME= Avrà bisogno di qualcuno che stia con lei quando si sveglierà! Ed è pur sempre sua zia!


***


Ore 01:45

“Pronto?”

CA= Mamma, sono io.

“Caroline?! Perché mi chiami a quest’ora?! Che è successo?”

CA= Abbiamo dovuto portare Audrey in ospedale. Si è sentita male.

“COSA?! MA CHE COS’HA, CHE E’ SUCC…”

CA= Quando arrivi te lo spiego, ora non è il momento.

E chiuse la telefonata. Audrey era appena entrata in sala operatoria, mentre lei e Mello attendevano nel corridoio antistante la sala; il ragazzo era seduto su una delle piccole panche lungo il muro, mentre lei camminava inquieta avanti ed indietro.

ME= Caroline, ti prego calmati! Non serve a niente fare così!

CA= Se sto ferma l’angoscia sale anche di più… Mio dio, cosa diavolo è successo?!

ME= Non ne ho idea… quella roba sembrava pece. (RABBRIVIDENDO DAL FREDDO) Cavolo, che freddo! Ed io a gennaio esco a petto nudo.

CA= Oddio, scusami! Abbiamo fatto tutto così di fretta che quasi l’avevo dimenticata! Tieni…

Ed estrasse dalla borsa la felpa nera del ragazzo, che l’indossò velocemente.

ME= Oh… molto meglio… su, vieni qui…

La ragazza si sedette accanto a lui, che le cinse le spalle con un braccio e le fece poggiare il capo sulla spalla; la mano del braccio libero strinse quella di Caroline, intrecciandone le dita.

CA= Ho paura…

ME= Andrà tutto bene vedrai… lei è davvero tua cugina?

CA= Si… Audrey è l’unica figlia della sorella di mia madre…

ME= Perdonami se te lo chiedo… perché è qui a Tokyo?

CA= E’ una ballerina di danza classica.... sta facendo alcuni spettacoli in giro per il mondo con la sua compagnia di ballo…

Ad un tratto però, un violento attacco di tosse la scosse portando con sé anche una quantità di sangue notevolmente maggiore rispetto all’ordinario; nel vederlo, Mello si raggelò. Sapeva benissimo che Caroline aveva la tubercolosi, era al corrente dei Trial e dell’esercizio costante che doveva fare per impedire ai suoi nervi di degenerare… ma vederla tossire sangue, vederla sbiancare in volto fino ad assumere un aspetto cadaverico e sentirne il respiro sibilante, era una cosa che lo spaventava sempre.

ME= Come stai?

CA= E’ passato…

ME= E’ uscito più sangue stavolta…

CA= Sarà per il fatto che sono spaventata… vado un secondo in bagno a sciacquarmi, sentire in bocca il sapore del proprio sangue non è piacevole.

Lasciandola andare con occhi preoccupati, Caroline si diresse in bagno; si lavò la bocca sciacquandola ripetutamente, ne deterse gli angoli e le labbra, per poi tergersi le mani; dopo essersi asciugata, alzò gli occhi verso lo specchio.
Per un attimo, un fugace attimo nel quale credette di aver avuto un’allucinazione, all’immagine del suo viso riflesso parve sovrapporsi quella di un teschio, che la guardava ghignante… Caroline vide i suoi occhi incastrati in quelle orbite ossee e vuote, la propria pelle quasi della consistenza del velo,aderire perfettamente a quel volto scarnificato; poi la visione scomparve lasciando lo specchio di nuovo limpido, riportantele solo l’immagine del proprio viso.

La Morte la stava seguendo… osservava ogni suo movimento, sentiva ogni sua parola, percepiva i suoi pensieri…. il patto era stato siglato con la sua anima mortale… e “Lei” non se ne sarebbe dimenticata.

“Sei un’incosciente.”

Voltandosi lentamente, Caroline si accorse della presenza di Ryuzaki che stava guardandola con aria grave.

CA= Che vuoi dire?

RZ= Sai benissimo cosa intendo…

CA= Non ne sono pentita.

RZ= Hai stretto un patto con la Morte. Hai dato la tua anima in cambio di quella di Mello!

CA= Te l’ho appena detto… non sono pentita. Lo rifarei altre mille volte se fosse necessario.

RZ= Il punto non è questo… scendere a patti con la Morte è pericoloso…ed esige sempre qualcosa in cambio.

CA= Beh, l’ha ottenuto.

RZ= Ti rendi conto di quello che succederà sulla terra adesso?! Sangue, morte, distruzione macchieranno questa città! Le forze si stanno cominciando a muovere… e sono assetate.

CA= Dovevo lasciarlo morire quindi?! No… non l’avrei mai fatto.

RZ= La vita non può essere sempre come la vogliamo noi Caroline!

CA= Io ci sono riuscita! Ho desiderato che Mello tornasse in vita e così è stato!

RZ= CONDANNANDO A MORTE TE STESSA!

CA=…

RZ= La Morte non dimentica mai i debiti che le persone hanno con lei… tornerà a prenderti.

CA= Oh, che venga pure… l’accoglierò a braccia aperte. E se mi farà la cortesia di andare subito a fondo, pagherò il debito nello stesso istante in cui verrà a reclamarlo.

RZ= Tu vaneggi… non sai quello che dici, quello che hai fatto, quello a cui ti sei condannata!

CA= No Ryuzaki, ti sbagli… io ne sono pienamente consapevole… nessuna follia nelle mie parole, ma la consapevolezza di aver fatto qualcosa che mille altre donne, innamorate del loro compagno così come io sono innamorata di Mello, avrebbero fatto senza esitare.

RZ= Stai giocando con il fuoco Caroline…

CA= Me l’hanno già detto. Ma ti avverto… se dovesse succedere qualcosa a Mello, se anche un piccolo graffio dovesse alterare la sua pelle, giuro che ti farò provare l’esperienza di morire una seconda volta.

Interruppe la conversazione uscendo dalla toilette e lasciando Ryuzaki svanire nell’aria; quando tornò da Mello,vide il ragazzo cercarla con occhi pieni di disperato imbarazzo.

ME= Mio dio, dov’eri finita?

CA= Che c’è?

ME= Più che il cosa… dovresti chiedermi chi c’è!

CA= E?

ME= Tua madre è arrivata! Non ti dico la faccia che ha fatto quando mi ha visto e mentre le stavo raccontando cosa è successo!

CA= O santo cielo…

“Spero potrai darmi spiegazioni ragionevoli per tutto questo!”

Janice Seyrig fece la sua comparsa davanti alla figlia, che l’accolse con occhi freddi come il ghiaccio, mentre Mello assisteva sempre più imbarazzato.

CA= E’ sempre un piacere parlare con te mamma… sai sempre dire la frase giusta al momento giusto.

JA= Non perdi mai il tuo piglio,eh? (SQUADRANDO MELLO)Tu devi essere Mello… già la presentazione visiva è più che eloquente… se tuo padre vedesse a che razza di uomo ti sei legata, si rivolterebbe nella tomba Caroline…

CA= Credo che papà si sia gia rivoltato parecchie volte mamma, e non per me…

JA= Cosa avete fatto ad Audrey?!

CA= Come scusa?!

JA= Mi aveva detto che avrebbe trascorso la serata a casa tua… o farei meglio a dire “vostra”.

CA= Audrey non è mai stata da me… l’ho vista solo a l’una di notte, quando è venuta a bussare alla mia porta in stato confusionale.

Benché fossero come due estranee, per quanto i loro rapporti fossero deteriorati, Janice credette subito alle parole della figlia; sebbene Caroline le fosse cresciuta lontano, lei era pur sempre sua madre… e riconosceva subito ciò che albergava nell’animo della figlia attraverso i suoi occhi…. che in quel momento erano sinceri.

JA= Se non era con voi… allora chi è stato?

CA= Non lo so… ma giuro che quando lo troverò, non rimarranno nemmeno le ossa per riconoscerlo.

Dovettero interrompere il dialogo. Il primario di chirurgia era appena uscito dalla sala dove stavano tenendo Audrey, e stava avanzando verso di loro.

“Siete i parenti della signorina Audrey Dunham?”

JA= Si… io sono la zia, lei è la cugina e (INDICANDO CON GLI OCCHI MELLO) lui… lui…

CA=…lui è il mio compagno.

Janice fece un’espressione alquanto piccata, che riservò alla figlia ma che ebbe il decoro di nasconderla al medico, rimasto leggermente spiazzato da questa improvvisa afasia.

“Comunque, sono venuto ad informarvi che la signorina è fuori pericolo… è molto debole, ma non ci sono complicazioni…era con qualcuno di voi quando si è sentita male?”

CA= L’abbiamo portata noi all’ospedale… ma non è stata con noi tutta la sera…

“Che intende dire signorina?”

CA= A circa l’una di notte, mia cugina è arrivata da me, a casa… era in stato confusionale, vaneggiava… probabilmente aveva la febbre; aveva un profondo taglio nell’incavo del gomito sinistro e la sua bocca sapeva di sangue… ad un tratto, ha avuto un conato di vomito ed ha rigettato una sostanza nera e della consistenza della pece… altro non so.

“Non abbiamo trovato sangue estraneo nel corpo della signorina… ma residui della sostanza che lei ha menzionato…”

CA= Siete riusciti a scoprire che cosa sia?

“L’abbiamo analizzata… ed è risultato essere un composto di emoglobina e zolfo…”

CA= Zolfo?! Ne è sicuro?!

“Assolutamente si, la tavola periodica ed i macchinari non mentono… la signorina Dunham aveva una quantità di zolfo in circolo nel suo corpo estremamente elevata… interagendo con gli acidi gastrici, si è assimilato al resto dell’organismo creando un’intossicazione che l’ha portata ad avere le convulsioni.”

CA= Santo cielo… ma dove può averlo preso?

“E’ quello che stiamo cercando di capire… inoltre, scusate la crudezza ma è il mio dovere di medico, poco prima che venisse da lei signorina, sua cugina ha avuto un rapporto sessuale… ed a quanto abbiamo appurato, non protetto.”

A quelle parole, Janice si lasciò scivolare sulla panca, tenendosi la fronte con le mani.

JA= Mio dio…

Raccogliendo a piene mani il poco self-control che le rimaneva, Caroline decise di porre al medico la terribile domanda che stava sorgendo spontanea nella mente di tutti e tre, non essendo sicura di voler sentire la risposta.

CA= Crede sia stata… violentata?

“Oh, no questo nel caso più assoluto… non ci sono né lesioni né traumi… la signorina era consenziente.”

JA= Sia ringraziato il cielo…

“Ma con tutta probabilità, chi si è unito con lei è anche l’artefice del taglio e dell’intossicazione… sapete se f…”

JA= NO! AUDREY NON BEVE, NON FUMA E SOPRATTUTTO NON SI DROGA!!!

Con un’espressione snervata, Caroline pensò che la madre avrebbe aggiunto “non come mia figlia”… eccezion fatta per la droga.

“Ne sono sicuro signora… le analisi del sangue hanno confermato ciò che lei dice. Quello che volevo chiederle è se stesse frequentando qualcuno.”

JA= Oh… mi scusi.

CA= Pochi giorni fa mi aveva parlato di un ragazzo che aveva conosciuto… se non ricordo male credo si chiami Jude…

JA= (STIZZITA) Perché non me ne hai parlato?!

CA= Avrei dovuto?

JA= Come tuo padre… sempre a proteggere la privacy degli altri.

CA= (SOSPIRANDO E RIVOLGENDOSI AL MEDICO) Come sta Audrey ora?

“E’ uscita dalla sala operatoria… potete vederla, ma mi raccomando non affaticatela. Io vi lascio, il mio lavoro è terminato. Arrivederci.”

ME= Su, entra… è da quando il chirurgo ti ha detto che è fuori pericolo che vuoi vederla…

CA= Non entri con me?

ME= No, è un momento solo per voi… ti aspetto qui fuori, tranquilla.

Caroline entrò nella stanza di Audrey; vedere la ragazzina sdraiata a letto, macilenta e debole le fece sanguinare il cuore. Prendendo uno sgabello, lo pose accanto al letto e vi si sedette, prendendo la mano della cugina.

AU= Linne…

CA= Ciao tesoro…

AU= Mi… dispiace… sono… veramente una… stupida.

CA= Ognuno di noi commette degli sbagli Audrey….non siamo perfetti.

AU= Perdonami…. perdonami zia se ti ho… mentito.

JA= Di questo ne riparleremo quando ti sarai rimessa, signorina.

Irritata, Caroline si rivolse verso la madre.

CA= Potresti evitare i tuoi modi da Madre Superiora almeno in questo frangente? Dovremmo essere felici, visto che ora è salva.

JA= Audrey è sotto la mia tutela,a quanto mi risulta… non sotto la tua. Ed è mio dovere punirla per ciò che ha fatto.

CA= Allo scopo di ottenere gli stessi splendidi risultati che hai ottenuto con me? Tu non vuoi educare le persone mamma… tu vuoi ammaestrarle.

JA= Il tuo odio verso di me finirà per avvelenarti, Caroline.

Non rispondendole, Caroline si rivolse nuovamente verso la cugina, in un dolce sorriso.

CA= Non preoccuparti tesoro…

AU= Non… sei… arrabbiata?

CA= No… non potrei mai arrabbiarmi con te…l’importante ora è che sei qui con me.

AU= Ti voglio bene Linne… vorrei tanto… che fossi mia sorella.

Commossa da quelle parole, Caroline abbracciò dolcemente la cugina accarezzandole la testa con una mano.

CA= E’ come se lo fossi… ci sarò sempre per te.

Scioltesi dall’abbraccio, Audrey guardò la cugina maggiore.

AU= Grazie per tutto… quello che hai fatto…

CA= Non ero da sola… Mello mi ha aiutato… è stato lui a portarti in braccio qui in ospedale.

AU= Ringrazialo…infinitamente da… parte mia.

CA= (SORRIDENDO) Perché non lo fai di persona?

AU= Lui… è qui?

CA= Si…

AU= Dovrà odiarmi…

CA= Ma no… Mello l’odio lo riserva per ben altre persone…J Allora… vuoi che lo chiami?

AU= Si… ci terrei tanto… a ringraziarlo.

CA= Va bene…

Alzandosi dalla sedia, aprì leggermente la porta e lo cercò con lo sguardo per il corridoio; quando lo vide, era poggiato con la schiena contro il muro, le mani affondate nelle tasche e lo sguardo fisso a terra.

CA= Ehi, biondo… :)

ME= Si?

CA= C’è qualcuno che vuole vederti…

ME= Me? Qualcuno vuole vedere me?

CA= Esatto… è maleducazione farsi desiderare… :)

La ragazza tese il braccio verso di lui, che cominciò ad avvicinarsele; quando fu più vicino, afferrò la delicata mano femminile con la propria, stringendola forte e baciandone il palmo… dopodiché, i suoi magnifichi occhi turchesi la fissarono.

ME= Siano benedette queste mani… che mi hanno strappato alla morte…. non potrò mai ringraziarle abbastanza.

Caroline non riuscì a rispondere, accennando così solo un sorriso. Se Mello avesse saputo tutta la storia, se fosse venuto a conoscenza del patto che aveva stretto, avrebbe ancora adorato quelle mani o le avrebbe maledette assieme alla loro padrona?

Entrarono, mano nella mano, nella camera, trovando Audrey seduta sul letto, con le gambe ancora sotto le coperte… quando i suoi occhi si posarono dalla cugina al ragazzo che ne stringeva la mano, arrossì leggermente.

Caroline e Mello si avvicinarono al suo letto.

CA= Audrey, lui è Mello… Mello, mia cugina Audrey.

Per nulla imbarazzato, Mello sorrise ad Audrey… di un sorriso che Caroline si accorse essere velato di dolce accondiscendenza.

ME= Ciao Audrey…. sono contento di vedere che ti sei ripresa…

Audrey però non rispose, manifestando la propria gratitudine abbracciando di scatto il ragazzo; se Caroline rimase felicemente impressionata da quel gesto, Mello lì per lì fu dominato dall’imbarazzo leggermente spiazzato, che porta una dimostrazione d’affetto inattesa. Ma gli ci vollero solo pochi istanti per “sciogliersi”, riconoscendo la totale innocenza di quell’abbraccio… strinse leggermente Audrey,attento a non farle male, sotto lo sguardo benevolo della compagna e scandalizzato della madre di lei, che sentì chiaramente borbottare “che promiscuità!”.

AU= Grazie… grazie infinite… non potrò mai sdebitarmi del tutto con te, mi hai salvato la vita…

ME= L’importante è sapere che ora stai bene… avremo mille altre occasioni per incontrarci, dopo che sarai guarita…promesso!

Caroline non rimase indifferente a quella scena… sentì gli occhi cominciare a pizzicarle, mentre osservava il ragazzo che amava entrare a far parte di una piccola porzione della sua famiglia; il pensiero del patto si fece ancora più terribilmente nitido nella sua mente, l’incertezza di sapere quando la Morte sarebbe venuto a reclamarlo diveniva man mano un’angoscia sempre più difficile da sopportare ed occultare agli altri… ma in questo, poteva trovare un barlume di speranza, uno scintillio di speranza; quando sarebbe arrivato quel momento, Mello non sarebbe stato solo… qualcuno sarebbe stato con lui, l’avrebbe aiutato,sorretto, ascoltato… qualcuno che, oltre a lei, lo amava per ciò che era e per il solo,semplice fatto di essere umano. Quando se ne sarebbe andata, lo avrebbe fatto consapevole di non lasciare Mello solo, in balia delle emozioni… e di questo si sentiva felice.

Vedendo Mello e Audrey scioltisi dall’abbraccio, si avvicinò alla cugina, risiedendosi sullo sgabello accanto al letto.

AU= Siete veramente fortunati… entrambi… dico davvero! Tu (GUARDANDO MELLO) per aver trovato una ragazza meravigliosa come mia cugina, che ti ama più di stessa… e tu (A CAROLINE) per avere un uomo al tuo fianco protettivo e presente come Mello…

ME= Troppo buona Audrey…

CA= Ti voglio bene tesoro….

Ad un tratto Janice, rimasta in disparte, sbottò stizzita, calamitando su di sé sei occhi stupiti.

JA= Si, tutto questo è magnifico. Ma per il resto come ci comportiamo?

CA= Adesso è troppo stanca… sono le tre e mezzo del mattino e sia io che Mello siamo esausti… domani, quando Audrey verrà dimessa, ci incontreremo e ne riparleremo…

JA= Va bene.

CA= Audrey, tu sei d’accordo?

La ragazzina annuì.

CA= Bene… allora, buonanotte ed a domani.

Baciando sulla fronte la cugina e dandole la buonanotte, Caroline e Mello si congedarono dalle due donne; quando furono in ascensore, vedendola barcollare dalla stanchezza e dalla spossatezza che lascia l’adrenalina una volta scomparsa, la fece poggiare con la schiena al proprio petto, incrociando le proprie braccia sul suo ventre.

ME= Hai visto…? E’ andato tutto per il meglio…

CA= Già…ma lo spavento che mi sono presa, non lo vorrò mai più provare in tutta la mia vita…

ME= Già dalla morte di Rachel, avevi confidato a me, Halle e Matt che i rapporti con tua madre non sono mai stati ottimi…

CA= Si… ma deteriorati come ora, dopo quello che ho saputo a Venezia riguardo a me, mia sorella e la nostra famiglia…

ME= Che intendi dire?

CA= Quando saremo a casa, al sicuro in un comodo letto e tra le tue braccia, te lo spiegherò…

ME= Va bene….

Ed andò a baciarle delicatamente la guancia.

ME= Quando hai il prossimo appuntamento per il Trial?

CA= Venerdì alle 16:00, perché?

ME= Vengo con te….

CA= Davvero? Lo faresti?

ME= Com’è la formula? “nella buona e nella cattiva sorte”,giusto?

CA= (SORRIDENDO) Ma noi non siamo sposati….

ME= Tu non avere fretta… :)

CA= Che intendi dire?

ME= Mah… chissà… :)

Sorridendo, Caroline si voltò verso di lui e racchiudendone il viso tra le mani lo baciò, dolce ed appassionata allo stesso tempo; Mello l’avvolse completamente tra le sue braccia, tenendole la nuca con una mano e rispondendo ardente al bacio. Ad un tratto, il cellulare nella borsa della ragazza, tintinnò l’arrivo di un Sms.

ME= Per caso, al tuo telefonino sto particolarmente antipatico?

CA= Perché?

ME= Tutte le volte che abbia un momento “intimo” si mette in mezzo per romperlo….

Ridacchiando, Caroline estrasse il telefono e lesse il messaggio, proveniente dal numero di cellulare di Audrey.


Credo si giunto il momento
di dirvi tutta la verità.
Abbiamo pensato di
incontrarci domani
alle 11:30 al caffè
davanti al parco Harajuku.
Per te va bene?



Velocemente Caroline rispose:

Nessun problema, ci sarò.
Ora riposati, ci vediamo domani.
Un bacio.




La risposta di Audrey non si fece attendere:

Buonanotte anche a te Linne.
Non potrò mai ringraziarvi abbastanza,
saluta Mello da parte mia.
Ti voglio bene.



ME= Sei molto legata ad Audrey vero?

CA= Si… è l’unico legame con la mia famiglia che mi è rimasto…

ME= Ma.. nemmeno con i suoi genitori sei in buoni rapporti? Dopotutto sono tuoi zii…

CA= No, con loro va tutto bene… ma non abbiamo molte occasioni per vederci.

Una volta che l’ascensore ebbe terminato la sua corsa, i due giovani si diressero verso casa; arrivati, nonostante fossero le quattro del mattino e fossero stremati, Caroline chiese lo stesso a Mello se fosse ancora interessato a sapere quello che lei gli aveva anticipato.

ME= Ma certo… tanto dubito che ora riesca a prendere sonno… perciò, raggiungimi sul letto e raccontami…

E Caroline lo fece. Gli raccontò tutto, di lei, della verità su Rachel, di Venezia e della sua famiglia, della Confraternita, dell’episodio nella biblioteca (trovandolo già informato da Matt)… gli mostrò la traduzione dell’epigrafe trovata nella catacomba, gliela spiegò…. ma soprattutto, gli rivelò della terribile questione di Morgana… e di Nimue.

ME= Mio dio… e poi pensavo di essere il solo ad avere una vita complicata…

CA= Non sei per nulla divertente, sai?

ME= Dai, come te la prendi subito… ma parlando di cose più serie: come devo chiamarti ora?

CA= Che vuoi dire?

ME= Beh… Caroline o Nimue?

CA= Ti prego, non provare a chiamarmi con quel nome, mi fa venire i brividi! Io per te sarò sempre Caroline…. la Caroline che hai conosciuto esattamente quattro mesi fa…

ME= Quindi… il tuo vero cognome non è “Hale”…. ma “Seyrig”… Caroline Esther Magdalene Seyrig…

Lo sguardo della ragazza si fece triste.

CA= Mi dispiace, non avevo intenzione di mentirti… avrei voluto dirtelo, credimi…

ME= Ehi… io non sono arrabbiato, anzi… per quanto detesti Near, gli sono grato dell’averti dato un cognome falso… ti ha protetto, permettendoti di essere qui con me. Ma ora, in cambio di tanta sincerità…. anch’io ho una cosa da rivelarti.

CA= Cosa?

ME= Una cosa che non ho mai detto a nessuno… una cosa che nemmeno Near sa…

CA= Ossia?

ME= Il mio vero nome…

A quelle parole, Caroline si impaurì.

CA= Mel, non sei obbligato! Non lo fare, potrebbe essere pericoloso!

ME= Caroline io ti amo… non mi sentirei mai in pericolo, sapendo che il mio più grande segreto è custodito da te… tu mi hai rivelato tutto quello che ti riguarda, svelato nomi e segreti senza nessuna ritrosia… è il momento che io ripaghi questa onestà.

CA= Mello….

ME= Da questa notte in avanti, per te non ci sarà solo Mello… ma ci sarà anche… Mihael Keehl.

Dopo essere rimasta un attimo spiazzata, Caroline riparlò.

CA= Il tuo vero nome… è Mihael Keehl?

ME= Si…

CA= E’ bellissimo…

Si strinsero in un abbraccio serrato, in cui Mello parve cercare di riversare tutta la sua essenza in quella di Caroline, cercando di assorbire il più possibile quella della ragazza.

ME= Ora apparteniamo veramente l’uno all’altra… ora non ci sono più segreti tra noi… ti amo troppo per poterti nascondere qualcosa.

CA= Grazie… grazie davvero.

ME= Per tutto quello che mi hai raccontato… per qualsiasi cosa tu abbia bisogno… io per te ci sarò sempre.

CA= La prossima volta che dovrò andare a Venezia… tu verrai con me; non mi importa di quello che diranno, o di ciò che penseranno… io voglio averti accanto.


***


Io darò a colui che è assetato
la fontana dell’acqua
della vita libera.

Rivelazione, capitolo 21 versetto 4



***

Ore 11:15

Mancava esattamente un quarto d’ora all’incontro di Caroline con la cugina e la madre, e la ragazza risentiva leggermente inquieta; sapeva che Audrey le avrebbe rivelato tutto quello che era successo in quella maledetta notte appena svanita con le luci dell’alba , ma non era molto sicura di volerlo sentire. Forse rivedendo se stessa, forse ripensando a quanto la madre fosse stata prevaricatrice ed opprimente verso di lei, o forse semplicemente riguardando la sua vita passata con occhio più maturo, si sentiva l’ultima persona in grado di poter esporre sentenze riguardo a ciò che la cugina aveva fatto; Audrey aveva sbagliato, certo… aveva mentito e c’era mancato poco che andasse all’altro mondo… ma aveva fatto una scelta dettata dal proprio libero arbitrio, dettata forse dalla voglia di evadere dall’onnipresente, gerarchica presenza della zia.

ME= A cosa stai pensando?

Sobbalzando leggermente, interrompendo il filo delle sue riflessioni, Caroline si voltò verso Mello.

CA= Stavo riflettendo…. Mel, tu credi che l’innocenza e la purezza esistano ancora a questo mondo?

ME= Credo di si… io non sono un santo Caroline, ma ho una mente ed una coscienza… e nella mia efferatezza, ho conosciuto l’unico uomo veramente integro ed onesto che abbia mai incontrato nella mia vita…per poi ucciderlo.

CA= Stento a credere che uomini del genere attirino la tua attenzione…

ME= La attirano invece... quel tipo di uomini ha tutta la mia stima, per vari motivi. Il fatto che il mio stile di vita non si possa propriamente definire morale, non vuole affatto dire che io non possa apprezzarne uno decisamente più virtuoso.

CA= Oh andiamo, Mel... credi davvero che gli uomini, anche quelli la cui condotta appare più onesta, siano davvero così puri come si possa pensare? O che non nascondano segreti sporchi nella loro candida coscienza?
Tutti mentono Mihael… nessuno è mai completamente innocente.

ME= Non lo metto in dubbio, Caroline. Ma l'innocenza, la purezza, esistono ancora... e seppure non immacolato, il loro bianco sarà sempre più intenso e pulito della nostra anima nera.

CA= …pronto ad essere sporcato, Mel. Non c'è forse chi dice che noi nasciamo macchiati di peccato? Sai bene che non sono convinta che della semplice acqua possa mondarlo. Il peccato rimane dentro di noi. E questo decide le tre categorie di uomini che esistono a questo mondo. C'è chi cerca di nasconderlo e di vivere una vita onesta, di impegnarsi a rifuggirlo nonostante ne sia irrimediabilmente attratto, anche se poi cadere sotto quel richiamo, prima o poi, è nel destino di chiunque. Poi ci siamo noi, più coerenti, che vi ci abbandoniamo senza che esso ci domini, riuscendo a restare in contatto con la realtà e persino con la parte più pura di essa, anche se solo da spettatori. Infine c'è la feccia, coloro che predicano onestà e bontà, ma in realtà sono ipocriti schiavi del peccato stesso, menti troppo deboli persino per decidere della loro stessa vita.

Mello rimase leggermente spiazzato da quel terribile, ed al contempo veritiero, discorso
della compagna; agghiacciato da tanta freddezza, quasi non riusciva a riconoscervi Caroline, che sempre gli aveva dispensato dolcezza ed amore.

ME= La tua cinica analisi della realtà,a volte riesce a farmi rabbrividire…

CA= Io userei il termine lucida, al posto di cinica…ma so che condividi ogni mia parola; entrambi conosciamo il passato l’uno dell’altra, sappiamo quali sono state le nostre reciproche azioni… e cerchiamo di redimerci, di darvi un senso che le giustifichi almeno ai nostri occhi, per tentare di togliere qualche macchia dal nostro animo… di pulirlo affinché il bianco sia un poco più brillante… anche se sappiamo bene che fallace chimera stiamo rincorrendo, in una corsa ossessionante e senza fine.

ME= Sei convinta che io sia ossessionato dalla purezza?

CA= Da quella, dall'innocenza, dalla bellezza sublime che solo il candore di un anima virtuosa può mostrare, così come la sono io… Io e te siamo attratti dal candore, che è quanto di più lontano ci sia da noi, lo ammiriamo e non possiamo fare a meno di accorgerci quanto noi stessi siamo sporchi.

ME= Se trovassi quel candore di cui stai parlando da qualche parte, sta pur certa che non permetterei a me stesso di corromperlo in alcun modo...

CA= Anch’io ne ero convinta… ma guarda Audrey; non che le voglia meno bene, sarebbe sciocco da parte mia, ma è la prova che anche la più insospettabile delle persone, colei che credi di conoscere come le tue tasche, rivela pensieri nascosti, desideri occultati… la volontà di compiere azioni che nemmeno tu ti riterresti capace di fare.

ME= Tutti noi sbagliamo Caroline, almeno una volta nella vita… ma questo non ci rende meno onorevoli agli occhi di chi ci ama… non importa quante volte cadi, quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi.

CA= Io sono già caduta troppe volte…

ME= E ne ricadrai altrettante; ma se le altre volte ti sei rialzata da sola, stavolta incontrerai la mia mano ad aiutarti.

Si sorrisero e Caroline sembrò essere leggermente rinfrancata da quelle parole; Mello le stava offrendo una possibilità per ricomporre tutte le sue certezze, che nel corso di quei mesi erano andate irrimediabilmente distrutte.

ME= Su, ora è meglio che tu vada… mancano dieci minuti all’incontro.

CA= Si, forse hai ragione… allora, come sto?

Mello la osservò attentamente. Caroline indossava un completo giacca e pantalone nero estremamente seducente, in quanto ne fasciava le magre, delicate forme; sotto la giacca aveva messo una maglia maniche lunghe di cotone bianco, scollata a V ed ai piedi decolleté di pelle nera dal tacco alto e la cima leggermente appuntita.

ME= Sei splendida…

CA= Grazie…

E dopo averlo salutato con un bacio, uscì.


***


Arrivò all’appuntamento puntale, scorgendo sedute ai tavolini all’aperto, coperti in alto da una calda tettoia in legno scuro, che si affacciavano sullo splendido parco, Audrey e sua madre. Quando si avvicinò, la cugina le rivolse un gran sorriso.

AU= Linne!

JA= Ciao Caroline.

CA= Buon pomeriggio…

Inspirando profondamente, Audrey prese la parola.

AU= So che vi devo delle spiegazioni, ed io stessa sono ansiosa di darvele… ma prima di tutto questo, voglio chiedervi ancora perdono… quello che ho fatto è intollerabile, lo so, ma vi chiedo in nome del rapporto che ci lega e dell’amore che ho per voi, di cercare di capirmi…

CA= Audrey, io non sono arrabbiata con te… hai diciassette anni ed una promettente, quanto impegnativa, carriera di ballerina classica davanti a te. Capisco che ogni tanto tu voglia evadere.

JA= Evadere? Lanciandosi tra le braccia del primo sconosciuto che capita a tiro? Bel modo, interessante… pietà per il figlio che in un prossimo futuro metterai al mondo Caroline.

CA= Credimi, dopo quello che ho passato io, l’idea sta sempre più svanendo.
(AD AUDREY) Tesoro, io so quello che è successo ieri notte quindi non c’è bisogno che tu me lo racconti… ma ho bisogno di sapere chi è questo ragazzo e cosa è accaduto prima che tu venissi da me…te la senti?

JA= Deve sentirsela.

AU= Lui si chiama Jude… l’ho conosciuto due settimane fa, per caso, in un caffè del centro…

CA= Che aspetto ha?

AU= Oh, è molto bello… come modo di vestire mi ricorda molto Mello. E’ abbastanza alto, pallido… ha i capelli neri e gli occhi di un colore stranissimo…

CA= Che colore?

AU= I suoi occhi sono color miele… con delle sfumature porpora.

Alla descrizione di quegli occhi, Caroline si irrigidì di colpo immergendosi nei suoi pensieri… quei colori le sembravano famigliari, come se li avesse già visti da qualche parte… ma non riusciva a ricordare dove o quando.

AU= Linne, va tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?

CA= No, no assolutamente… dove ti ha portato?

AU= A casa sua… ma prima che tu me lo chieda, non so dove sia. All’andata mi aveva bendato gli occhi e quando sono scappata, ero in uno stato troppo confusionale per poter riconoscere in quale zona della città mi trovassi… ricordo solo che ho impiegato molto per venire da te.

CA= Quanto, più o meno?

AU= Circa venti minuti, mezz’ora…

CA= Ti ricordi da che parte sei venuta? Basta anche solo la direzione.

AU= Si, quello lo ricordo… sono arrivata da est.

CA= Bene… mi è sufficiente.

JA= Hai intenzione di passare in rassegna tutti i quartieri di Tokyo a est di casa tua?

CA= No… è sufficiente tenere a mente il fatto che Audrey è arrivata da me in direzione est ed aggiungere che vi ha impiegato dai venti ai trenta minuti.

JA= E?

CA= E con questo potrò benissimo trovare la zona in cui probabilmente abita questo ragazzo. (AD AUDREY) Ok, ora viene la parte più difficile, ma non devi sentirti in imbarazzo con me…

AU= Va bene… una volta arrivati, siamo stati insieme… “intimamente” .

CA= E fino a quel momento stavi bene, fisicamente?

AU= Si… quello che mi ha spaventato è quando, mentre stavamo arrivando al… ehm…

CA= (SORRIDENDO) Si, non preoccuparti, ho capito…

AU= Mentre stavamo arrivando a “quello”, ha tirato fuori una piccola lametta in argento e si è inciso un piccolo taglio sul petto… da cui ha cominciato a far uscire del sangue…

CA=… che tu hai ingerito…

AU= Si…

JA= O Gesù!

CA= Poi che è successo?

AU= Mentre lo stavo bevendo, ha preso il mio braccio, mi ha tagliato dove anche tu hai visto ed ha cominciato…. ha iniziato… o mio dio, non riesco nemmeno a dirlo!

CA=…ha cominciato a bere il tuo sangue. Quanto è andata avanti questa cosa?

AU= Due, forse tre minuti…

CA= E dopo come ti sei sentita?

AU= La testa ha cominciato a girarmi… la vista era offuscata e mi faceva un gran male il petto…

CA= Audrey, io non metto in dubbio ciò che mi hai appena detto… ma il medico mentre tu eri dentro alla sala operatoria sotto lavanda gastrica, mi ha fatto vedere le analisi…

AU= E…?

CA= Prima di dirtelo, ho bisogno di una conferma… quello che Jude ti ha fatto bere era veramente il suo sangue?

AU= Si… l’ho visto chiaramente tagliarsi!

CA= Sono tua cugina maggiore, ci conosciamo da sedici anni… ti ho cullato, vista crescere, ho giocato con te e ti ho fatto addormentare quando ti svegliavi dai brutti sogni… ora ti chiedo: mentiresti a me?

AU= No Caroline, non lo farei!!

CA= Io mi fido di te, tesoro… ma le analisi hanno rivelato che quello che ti ha fatto bere Jude, era una miscela di emoglobina e zolfo, che ti ha portato all’intossicazione.

A quelle parole, Audrey spalancò gli occhi ed impallidì.

AU= No… non è vero… io l’ho visto! Quello era sangue! Caldo, rosso e denso! Era sangue! Il suo sangue!

JA= (A CAROLINE) Tu credi davvero che le abbia fatto bere il proprio sangue?

CA= Si…

JA= E allora come spiegare quelle analisi? Le macchine non mentono…

CA= Le macchine no… ma forse Jude si…

JA= Il sangue umano non può contenere tutto quello zolfo!

CA= E chi ha parlato di umano?

Dicendo queste parole, Caroline si alzò dalla sedia.

AU= Dove vai?

CA= A controllare alcune cose… a presto tesoro.

Vedendola incamminarsi, Janice la raggiunse velocemente.

JA= Che hai intenzione di fare?

CA= Voglio scoprire qualcosa di più. Ma ho bisogno dell’aiuto di Ezra Levi.

JA= Non penserai di tirare in ballo la Confraternita…

CA= Se hai paura puoi tirartene fuori in qualsiasi momento… io non ti fermerò di certo.

Congedandosi dalla madre, si allontanò. La sua mente aveva cominciato a formulare migliaia di ipotesi, dalla più pragmatica alla più surreale, che in quel frangente le sembravano tutte formalmente valide.


***


Tornando verso la macchina, che aveva parcheggiato a notevole distanza dal locale nel quale si era incontrata con la cugina e la madre, la sua mente aveva continuato a creare ipotesi su ipotesi; arrivata all’auto, fece appena a tempo ad in infilare la chiave della serratura della portiera quando una voce la fece sobbalzare.

“Lei è la signorina Caroline Hale dell’SPK?”

Voltandosi di scatto, si trovò davanti l’ultima persona che si sarebbe aspettata di incontrare; lo riconobbe immediatamente: capelli lunghi neri, occhi come la notte… occhiali ed un portamento distinto. Ma benché sapesse chi aveva davanti, ritenne opportuno fare finta di niente.

CA= Si… sono io.

“Mi permetta di presentarmi… sono Teru Mikami, magistrato di Tokyo.”

Tese una mano verso di lei, che la strinse diffidente.

CA= Posso sapere a cosa devo questo incontro?

MI= Oh, non si preoccupi, nulla era pianificato… passavo di qui per caso e l’ho riconosciuta.

CA= Ah…

MI= In quanto magistrato, mi hanno affidato il caso Kira..

CA= (PENSANDO) E ti pareva… tutto casuale eh?

MI= Sono rimasto favorevolmente impressionato dalla relazione che ha tenuto all’ICPO e…

CA= Lei era là?

MI= Si, certo…relazione veramente interessante…e mi chiedevo se in futuro non potremo avere qualche occasione per lavorarci assieme..

CA= Che intende dire?

MI= Beh, so che è in stretti rapporti con L… magari potremmo trovare qualche modo per incastrare Kira.

CA= Forse… anche se non credo ci riusciremmo. I miei metodi di lavoro sono un po’ “diversi” dai vostri.

MI= Capisco.

CA= Bene… ora, mi perdoni signor Mikami, ma vado di fretta.

MI= Nessun problema… arrivederci signorina Hale.

CA= Arrivederci a lei, signor Mikami.


Silenzioso com’era arrivato, Mikami si allontanò lasciando Caroline leggermente sbigottita; che motivo aveva, a circa quattro mesi dal suo arrivo a Tokyo, di desiderare la sua collaborazione proprio ora? Che cosa aveva spinto l’imperturbabile, abitudinario, magistrato Teru Mikami a volerla avvicinare?

Questa cosa, vuoi per la diffidenza innata o per la situazione che stava vivendo, le sembrò troppo strana per trattarsi di una banale collaborazione lavorativa…

… salendo in  macchina, rimuginò per tutto il tragitto da lì all’SPK. Ancora non sapeva (come avrebbe potuto?) che ben presto, qualcosa di più inquietante avrebbe distolto i suoi pensieri da quel colloquio imprevisto.


***
Ore 16:25

Secondi… minuti… ore… una girandola lenta da riempire con mansioni, studi, ragionamenti e quant’altro. In un momento di tranquillità, Caroline era riuscita a raccontare ad Halle ciò che era successo la notte appena trascorsa.

HA= Santo dio, Linne è terribile!

CA= Già… Audrey ne è rimasta sconvolta.

HA= Come sta ora?

CA= E’ uscita dall’ospedale questa mattina; sta cercando di riprendersi,ma è molto provata…

HA= Cavolo, è così giovane!

CA= E’ solo una ragazzina… ma la capisco…

HA= E tua madre?

CA= Mia madre? Più acida di un limone acerbo con me, e un incrocio tra un SS e una Madre Superiora con Audrey.

A quell’osservazione di umorismo nero, Halle non poté non ridacchiare; ad un tratto però, la voce di Near, diventata urgente, attirò la loro attenzione.

NE= Caroline, Halle… venite qua.

Le due donne si diressero verso il ragazzo, il quale aveva già al suo fianco Rester e Gevanni, con gli occhi pensierosi e seri incollati allo schermo del televisore, sintonizzato sul telegiornale; posando lo sguardo sulle immagini che scorrevano sullo schermo, un senso di inquietudine la pervase.

CA= Cosa diavolo… sta succedendo?

NE= E’ quello che vorrei sapere anch’io.

RE= Le immagini sono in diretta e la città è proprio Tokyo!

HA= Santo cielo…

Nel fissare quello schermo, dall’inquietudine iniziale si sovrappose in Caroline un’agghiacciante certezza. Di colpo si ricordò delle parole… di quelle parole.

CA= (MORMORANDO) E’ iniziata… l’aveva detto… lei l’aveva detto.

Vedendo l’amica così sconvolta, Halle le si rivolse, agitata quasi quanto lei…forse aveva intuito ciò che l’amica voleva dirle.

HA= Che cosa vuoi dire Linne? Cosa intendi?!

Tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, la ragazza le rispose come un automa… la bionda non riuscì a capire se le stesse rispondendo o se stesse riflettendo tra sé e sé.

CA= L’aveva detto… Lei l’aveva annunciato che sarebbe successo….

HA= Ma cosa, Caroline, chi aveva annunciato cosa?!?!?!?

CA= La Morte… la Morte aveva detto che sarebbe iniziata…

Halle ricordò subito, tutto improvvisamente le fu chiaro… l’uccisione di Mello… il patto… l’incontro con la Morte.

HA= Cosa…?

CA= La Ribellione.

HA= La ribell… EHI, CAROLINE! FERMATI, DOVE VAI??!?!?!

Caroline si catapultò, correndo a perdifiato, fuori dall’SPK, lasciando Halle imbambolata a guardarla correre via.

NE= Halle…

HA= Si?

NE= Caroline ha ragione… la Ribellione sta iniziando…

HA= E tu come fai a saperlo?!

NE= Non curarti di come io lo sappia… preoccupati solo del fatto che è cominciata.


***


Era arrivata in strada, correndo e scendendo le scale esterne a rotta di collo; un vento caldo e terribilmente potente aveva cominciato a soffiare, scompigliandole i capelli e facendole aderire i vestiti al corpo, piegando gli alberi e formando mulinelli di polvere nella strada… da lontano, poteva scorgere l’acqua del fiume Tama incresparsi.
La città attorno a lei sembrava impazzita: le strade ostruite per le macchine abbandonate dai proprietari in fuga, gente che urlava e correva da ogni parte in cerca di un riparo, terrorizzata da ciò che stava accadendo.

Alzando lo sguardo e sollevando il braccio davanti al viso per riuscire ad aprire meglio gli occhi, vide con orrore che il cielo era cambiato… assumendo colori infernali.

La volta celeste era completamente nera, le nubi si tinteggiavano del colore del sangue; lampi abbaglianti fendevano il cielo mentre una parte di nuvole si diradava velocemente, schiudendo quasi un’apertura.

HA= CAROLINE! CAROLINE VIENI VIA, E’ TROPPO PERICOLOSO!

In piedi sulle scale dell’SPK, Halle chiamava a gran voce l’amica, dovendo urlare con tutto il fiato che aveva in gola per farsi sentire; ma vedendo che l’amica non pareva intenzionata a muoversi, rimanendo ferma nella strada in mezzo alle macchine abbandonate, si diresse verso di lei, afferrandola poi per un braccio.

HA= ANDIAMO VIA CAROLINE! SEGUIMI!

CA= Halle…

Seguendo lo sguardo di Caroline, Halle alzò gli occhi al cielo, non potendo credere che sto che stava vedendo potesse realmente accadere.

Dal buco formato dalle nuvole, uno sciame nero di dimensioni gigantesche, cominciava a fare capolino emettendo sibili raggelanti, resi ancora più forti dalle dimensioni del nugolo.

HA= Che diavolo di uccelli sono?!

CA= Quelli non sono uccelli… sono… Shinigami!

Decine, centinaia, migliaia, se non addirittura milioni di Dei della Morte si riversarono su Tokyo, volando a velocità supersonica e lanciando feroci grida sataniche; cominciarono a gettarsi a capofitto sulla popolazione ancora in fuga, artigliandola a caso, uccidendola e poi gettandola a terra da un’altezza di dieci metri… al loro passaggio, una scia di cadaveri disseminati ovunque ne marcava il sentiero.

HA= CHE COSA FACCIAMO?!?!?

CA= VAI DENTRO ALL’SPK CON NEAR E GLI ALTRI, IO TI RAGGIUNGO!

HA= DOVE HAI INTENZIONE DI ANDARE, E’ TROPPO PERICOLOSO, GLI SHINIGAMI POTREBBERO PRENDERTI!

CA= DEVO ANDARE A CERCARE AUDREY E MELLO!!!!

HA= MA SEI IMPAZZITA?!?!? NON PUOI USARE L’AUTO!!

CA= E CHI HA PARLATO DI USARL…AAAAAH!

Prese alla sprovvista, ma ringraziando la prontezza di riflessi che le accomunava, si abbassarono a terra di scatto, evitando così una piccola Smart lanciata in aria da uno shinigami; rialzandosi lentamente, videro l’automobile esplodere nell’esatto momento in cui toccò terra, per poi ridursi ad un ammasso di lamiere fiammeggianti.
Nel frattempo, l’infernale sciame proseguiva nella sua invasione di morte… il cielo nero stava assumendo sempre più le tinte purpuree del sangue, in cui baluginavano senza sosta migliaia di lampi.

Urla di disperato terrore, pianti e la stridula risata degli Dei della morte riempivano l’aria.

CA= DEVO ANDARE!

HA= IO VENGO CON TE! NON TI LASCIO SOLA!

CA= HALLE NON POSS…

HA= CAROLINE, PIANTALA DI DIRE CAZZATE E COMINCIA A CORRERE!

E così fecero. Correndo velocemente, evitando gli ostacoli ed i corpi senza vita che qua e là si presentavano, cercavano un posto sicuro in cui potersi rifugiare per contattare Mello, Matt ed Audrey; in volo sopra di loro, gli shinigami parevano non curarsi della loro presenza.

Ad un tratto, nella freneticità della corsa Halle cadde a terra inciampando in qualcosa su cui cadde riversa; sollevandosi con le braccia per vedere su cosa era caduta, lanciò un grido di terrore, ritraendosi di scatto e portandosi le mani alla bocca spalancata.

Era caduta sui tre corpi senza vita di una famiglia. Padre,madre ed il figlio di circa dieci anni…. morti, insanguinati per i feroci morsi che gli shinigami avevano inflitto loro sulla gola, sul petto e sulle braccia.

HA= Sono morti…. il bambino… era solo… un bambino… un… bambino.

Veloce Caroline le fu accanto, mettendole un braccio attorno alle spalle ed aiutandola ad alzarsi con l’altra mano; rimase anch’ella sconvolta ed addolorata da quella visione, ma razionalmente capì che non era il momento di perdere il sangue freddo.

CA= Vieni Halle, andiamo via! Non possiamo fermarci… non potevamo fare nulla per loro.

Ricominciarono a correre, stavolta dovendosi anche proteggere dalle vampe degli incendi scaturiti dalle macchine ai lati delle strade; non trovando nessun posto che potesse proteggerle, Caroline estrasse dalla tasca dei jeans il cellulare, cominciando a comporre, per quanto chiaramente potesse fare, il numero di Mello.

Dopo solo uno squillo d’attesa, il ragazzo le rispose.

ME= CAROLINE! Dove sei?!

CA= Sono lungo la strada del centro, c’è anche Halle con me!

ME= Io sto andando a prendere Matt, dobbiamo incontrarci!

CA= AUDREY! Io devo andare da mia cugina!

ME= Audrey è qui con me Linne! C’è anche tua madre.

Nel sapere che l’adorata cugina era in salvo, protetta da Mello e, quando li avrebbe raggiunti, anche da Matt la rincuorò.

CA= Sia ringraziato il cielo.

ME= Linne ora ti passo Audrey, io non riesco a guidare bene con una mano impegnata! Mettiti d’accordo con lei per il luogo d’incontro!

CA= Va bene!

Celermente, Mello passò il cellulare ad Audrey.

AU= Linne? Linne mi senti?!

CA= Si tesoro, ti sento! Stai bene?!

AU= Diciamo che ho passato giornate più piacevoli!

Mentre parlava con Audrey, Caroline riuscì comunque a sentire in sottofondo, lo stridio di una frenata brusca, la voce di Mello urlare il nome dell’amico ed una portiera aprirsi per poi richiudersi velocemente.

CA= E’ arrivato Matt?!

AU= Si! Linne, ci incontriamo all’Harajuku va bene?! Cercheremo di arrivare il prima possibile!

CA= Va bene! Ci vediamo là!

E chiuse la telefonata riportando ad Halle il luogo dell’incontro. Svoltando bruscamente verso destra, cominciarono  a dirigervisi con tutta la potenza di cui erano capace le loro gambe.


***

Una nuova sensazione,ignota, inusuale e per questo terribile, si stava affacciando nell’animo di Near.

L’ansia.

Sia lui che Caroline erano perfettamente consapevoli di quello che stava accadendo, frutto di una guerra oscura di millenni e millenni prima della loro nascita, ma benché ne fosse al corrente, l’ansia di averla lasciata là fuori, in balia di migliaia di shinigami senza scrupoli e fuori controllo, lo stava divorando.

Si rese conto, che per quanto avesse cercato di cancellarla, eluderla o mascherarla, stava venendo fuori.

La verità stava cominciando ad emergere…ed in lui sorse spontanea la domanda di quanto sarebbe stato capace ad arginarla.


***


Arrivarono trafelate allo splendido parco Harajuku e guardandosi attorno febbrilmente, riuscirono a scorgere l’auto rossa di Mello appostata sotto un albero.

HA= Eccola laggiù, la vedo!

Vi corsero incontro. Quando Mello le vide arrivare, uscì dalla macchina alla velocità di un razzo per andare ad abbracciare Caroline.

ME= Linne, grazie a Dio stai bene! Halle?

HA= Sto bene Mel, grazie…

CA= Voi? E’ tutto a posto?

Ad un tratto, Matt si alzò in piedi sporgendo il busto fuori dalla portiera aperta, poggiando un braccio su quella e l’altro sul tettuccio, per mantenere meglio l’equilibrio.

MA= Ragazzi presto, dobbiamo andarcene da qui!

ME= Coraggio, salite in macchina…

CA= Mel, siamo in sei, non ci staremo mai nell’auto!

HA= Caroline ha ragione, siamo troppi!

ME= Ci stringeremo un po’! Linne, dove hai lasciato la Gran Torino?!

CA= All’SPK!

HA= Ok, saliremo in macchina con loro, andremo all’SPK e prenderemo la tua auto!

CA= Le strade sono bloccate, non potremmo mai arrivarci con la macchina!

ME= (GHIGNANDO) E chi ha parlato di usare la strada normale? Forza, andiamo!

Le giovani donne seguirono Mello e salirono nei sedili posteriori della macchina, dove Audrey e la madre di Caroline si strinsero per far loro spazio; dopodiché, con una sgommata , Mello rimise in moto la vettura.

AU= Linne! Stai bene?!?!

CA= Si tesoro, non preoccuparti.. va tutto bene…

Di colpo, la madre si rivolse a lei in tono grave.

JA= Sarai contenta Caroline… adesso la Confraternita deve per forza intervenire…

CA= Credimi mamma… non aspettavo altro.

Passando attraverso vie non convenzionali, dalle parti dei terminal portuali e dalle viuzze più impensabili, riuscirono ad arrivare quasi davanti all’SPK; portando il busto in avanti, Caroline si avvicinò a Mello.

ME= Più in là non riesco ad andare. le strade principali sono tutte bloccate.

CA= Aspettaci qua…. io ed Halle saliremo sulla nostra auto e poi andremo tutti da me…

JA= No.

La ragazza si voltò verso la madre, con un sopracciglio inarcato che palesava l’irritato sconcerto.

CA= No?

JA= Casa tua è troppo vicino al centro, ed è pericolosa…

CA= Benissimo, hai altre idee?

JA= La Confraternita ha una villa nelle colline sopra Tokyo… andremo là, è più sicuro.

CA= Bene. C’è da dire che per essere una Confraternita che lavora nell’ombra si tratta piuttosto con i guanti… indicherai tu la strada, noi staremo dietro la vostra auto.

MA= Aspetta!

CA= Che c’è?

MA= Vengo anch’io con voi…. un uomo può sempre servire, e Mello è già con Audrey e tua madre.

CA= Grazie Matt… beh, allora andiamo! Halle?

HA= Ti seguo.

ME= Fate attenzione…

Spinta dall’istinto, o dal volerlo tranquillizzare, Caroline prima di scendere si sporse una seconda volta verso di lui, e vedendolo con il viso voltato verso di loro, lo baciò leggera ed appassionata al tempo stesso.

ME= Lo prendo come una garanzia…

Caroline, Matt ed Halle, una volta scesi dall’automobile scarlatta, si diressero velocemente verso la Gran Torino; ma appena vi arrivarono davanti, videro Gevanni correre verso di loro. Dimenticando ogni procedura di protezione personale e copertura, Halle corse incontro al compagno.

HA= Stephen! Che è successo?!

Stringendola tra le braccia, l’uomo parlò a lei ed, indirettamente,anche agli altri due.

GE= Halle dobbiamo andarcene da qui, è troppo pericoloso!

HA= Ma Near? E Rester?

RE= Rester è corso subito dalla sua famiglia, io sono rimasto con Near… anche a me ha detto che potevo andarmene, ma non volevo lasciarlo da solo!

CA= Cosa?! Da solo all’SPK?! Gevanni, presto, salta in macchina!

Dopo aver detto questo, cominciò a salire velocemente le scale.

MA= Caroline, dove diavolo vai?!

L’amica gli rispose correndo.

CA= AD IMPEDIRE AD UN PAZZO, VIZIATO ED IMMATURO DI AMMAZZARSI! ASPETTATEMI IN AUTO!

Arrivò in un lampo nella base sotterranea del grattacielo,laddove vi erano gli uffici dell’SPK; trovò Near seduto a terra, intento nei suoi ludi… e questa cosa la irritò maggiormente.

CA= Dì, per caso sei completamente impazzito?!

Il ragazzo le rispose con la sua solita flemma.

NE= Che intendi dire?!

CA= Ci sono milioni di shinigami svolazzanti per il cielo della città e tu te ne stai qui?! E’ troppo pericoloso, vieni via!

NE= Non vedo perché dovrei…

CA=PERCHE’ DOBBIAMO LASCIARE MOMENTANEAMENTE LA CITTA’, E IO NON VOGLIO ALTRO SANGUE SULLA COSCIENZA!!

NE= So badare a me stesso Caroline…

CA= Oh no mio caro, tu non sai assolutamente badare a te stesso! ALTRIMENTI NON STARESTI QUI!

NE= Và Caroline… mettetevi in salvo…

CA= Mettetevi ?!

NE= Tu, Mello, Matt, Halle…. Audrey. Portala al sicuro.

CA= Porterò entrambi al sicuro… perché con le buone o con le cattive, tu verrai con me.

NE= E come pensi di…(SOLLEVANDO LO SGUARDO) Oh, avanti Caroline… non ne avresti mai il coraggio.

Portata all’esasperazione, Caroline, agguantata una pistola, la puntò contro Near.

CA= Non ti credere… ho convinto Mello con questo sistema, posso convincere anche te.

Nel vedere i suoi occhi fiammeggianti di risolutezza, Near ritenne opportuno alzarsi, seppur lentamente… forse davvero a qualcuno importava della sua salvezza?

CA= Bravo… vedo che abbiamo trovato un punto d’intesa alla fine…

NE= Non cantare vittoria… odio il rumore degli spari e l’odore di bruciato…

CA= Soprattutto se l’odore viene dalla tua maglia o dai tuoi capelli vero?

NE= Avanti, non avresti mai potuto sparare a…

Mordendosi la lingua, si rese conto di aver detto troppo; per la prima volta in diciannove anni non riuscì a guardare negli occhi il suo interlocutore. Annaspando, cercò di creare un proseguo di frase che suonasse abbastanza credibile.

CA= “A” chi?

NE=…al tuo datore di lavoro.

CA= Coraggio… andiamo.

E si avviarono verso l’uscita. Uscirono tenendosi l’uno alle braccia dell’altra a causa del vento che ancora soffiava terribile; quando scesero le scale, è impossibile descrivere appieno le espressioni che si dipinsero sul volto di Halle, Gevanni… e Matt.


***


Non ci poteva credere… non lo vedeva da molti, troppi anni e la sua mente di conseguenza, si era abituata a ricordarlo con l’ausilio della sua memoria di bambino. Ma non era cambiato, né nel viso né nell’animo, ed ora stava davanti a lui, algido ed immobile come una statua inanimata nel suo candore.

NE= Ciao Matt.

MA= Near…

HA= Non ci credo, l’ha convinto ad uscire…

GE= Ragazzi, è meglio salire in macchina,ogni secondo che passiamo qui è sempre più pericoloso!

CA= Gevanni ha ragione! Su, coraggio.

Salirono in macchina, Caroline al posto di guida, Matt accanto a lei e nel sedile posteriore, in ordine: Halle,Gevanni e Near; mettendo in moto, sfanalò a Mello a segnale della possibile partenza, ed in breve la Gran Torino della ragazza si accodò a quella del compagno.

Per tutto il viaggio, tra le morbide curve su per le colline sopra Tokyo, Matt stette in completo silenzio, irrigidito,con lo sguardo fisso davanti a sé. Se per lui era stato di tremendo impatto rivedere Near, pensò cosa sarebbe stato per Mello… che aveva improntato tutta la sua vita al volerlo superare, che aveva versato lacrime cocenti di rabbia e frustrazione nel vedersi sempre fallire… e che aveva visto il suo sogno di diventare L svanirgli miseramente tra le mani in favore di quel diciannovenne albino ed enigmatico.

Aveva solo un anno in più rispetto a Near,ma quel ragazzo dimostrava una qualsivoglia saggezza ed una lucida conoscenza della realtà pari quasi al triplo della sua età attuale.

Era talmente immerso nei suoi pensieri, che sussultò leggermente quando sentì la piccola mano di Caroline posarsi sulla propria, poggiata sul ginocchio; voltandosi verso di lei, i loro occhi si incontrarono,rispecchiando il superbo verde smeraldo di lui nell’insolito e magnetico verde-azzurro di lei.

Caroline aveva capito… aveva compreso quello che stava passando per la sua testa e in un leggero, appena percettibile sorriso parve volesse dirgli “tranquillo amico mio… andrà tutto bene.”

Rincuorato, Matt rispose al sorriso ed andò a stringere la mano della ragazza tra le sue, lasciando poi che gli occhi tornassero alle proprie occupazioni, sia di controllare la strada per una sia vagare tra le ombre ed i valichi delle colline per l’altro.
Voleva bene a Caroline, la considerava come una sorella, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, sicuro di essere ricambiato.

“Si, amica mia” pensò “forse andrà davvero tutto bene.”


***

Viaggiarono per altri dieci minuti, salendo sempre più su, lasciandosi alle spalle la città martoriata, mentre un cielo nero e cremisi li avvolgeva; ad un tratto, in prossimità di un viale alberato, la macchina di Mello rallentò per poi procedere quasi a passo d’uomo. La Gran Torino si adeguò velocemente.

HA= Santo dio…

Tra il fitto fogliame, un muro color crema inframmezzato da alcune finestre, cominciava ad intravedersi; ma fu solo quando uscirono dal viale, che la magnificenza della villa apparve ai loro occhi; scendendo dalle auto tutti, tranne Janice ormai avvezza a quel luogo, rimasero con il volto verso l’alto e con il fiato mozzato per lo splendore che si presentava loro.

HA= E’ stupenda…

MA= Mai visto niente del genere…

GE= Non pensavo esistessero posti simili… e dire che sono a Tokyo da un bel po’…


La villa, immensa, si sviluppava su due piani, attorniata da uno splendido giardino verdeggiante dai sentieri tracciati in ghiaia. Era in stile tipicamente vittoriano (segno che prima Watari ed ora Roger ne avevano finanziato la costruzione) con il classico tetto in tegole di cotto e le finestre alte dalla sommità arrotondata; tre scalini di granito grezzo, affiancati da entrambi i lati da due colonne di media circonferenza reggenti un piccolo tettuccio, portavano ad un magnifico portone di legno intarsiato, cui spiccavano su ambedue le ante dei battenti in ottone dalle sembianze leonine.

Avvicinandosi lentamente al portone, Caroline fece scorrere le punte delle dita sugli intarsi, sentendone i rilievi, percependo le imperfezioni del legno, avvertendo il profumo di  incenso, resina e ricordi lontani; ad un tratto un intarsio attirò la sua attenzione: due cherubini, paffuti ed alati, recavano tra le mani un drappo su cui erano incise quattro parole.

CA= “Cor ad Cor loquitur”…

JA= “Il  cuore parla al cuore”… quanto mai prima d’oggi questa frase è appropriata.

CA= Questa… è la villa della Confraternita?

JA= Si…

CA= Quindi presumo ci siano stanze di uso ben differente da quello del ristoro…

JA= Avrai occasione di vederle più avanti… ora dobbiamo sistemare i nostri ospiti.

CA= “Nostri”?!

JA= Questa casa è tua Caroline… Ezra Levi l’ha lasciata a te come eredità…sin dalla tua nascita.

CA= Cosa?! Ma… perché?

JA= Ad ogni membro della Confraternita viene dato qualcosa…

CA= Ed a te cosa è stato dato?

Nel risponderle, Janice alzò lo sguardo per andare a carezzare ogni angolo del maniero.

JA= Mi fu offerta questa villa… ma io preferii tenerla sotto custodia fino al compimento della tua maggiore età… se vorrai mettere su famiglia con Mello, il tuo appartamento sarà troppo piccolo per un piccolo turbine sgambettante.

A quelle parole, sgorgate così spontanee, così materne per la prima volta in tutti quegli anni passati tra litigi, scontri, porte sbattute e rancori mai sopiti, Caroline spalancò gli occhi toccata.

CA= Mamma…

“E TU COSA CAZZO CI FAI QUI?!?!?”

Nel sentire quella voce roboante di furia, madre e figlia si voltarono all’unisono.
Mello stava procedendo verso Near con incedere collerico, arrivando poi a meno di dieci centimetri dal viso dell’albino.

NE= Mello…

ME= Che sei venuto a fare?! Ad osservarmi bene per poi scrivere il mio nome su quel fottutissimo quaderno nero del cazzo?!

NE= Sei paranoico Mello… Caroline mi ha portato qua.

Sentendo quelle parole, Mello portò indietro il gomito ed alzando il braccio sinistro, si preparava a tirare un pugno a Near, rimasto impassibile ad osservarlo.

NE= Vuoi tirarmi un pugno? Fallo…ne avresti il diritto dopotutto.

ME= Brutto figlio di puttana, io…

MA+CA= MELLO NO, FERMO!

Prima che potesse muovere anche solo un muscolo, Matt e Caroline gli piombarono addosso; Matt gli arrivò da dietro, piegandogli il braccio destro indietro, incastrandolo fra il proprio petto e la sua schiena e tenendolo per le spalle… la ragazza gli andò davanti avvolgendosi il suo braccio sinistro attorno ai fianchi, prendendogli il viso tra le mani ed unendo le loro fronti. Quando gli parlò, sembrava stesse ammansendo una bestia feroce pronta ad azzannare.

CA= Calmati amore mio, calmati… Near dice la verità, sono stata io a portarlo con qui… ti prego, calmati… torna da me Mihael… torna da me.

A quelle parole, sospirate, quasi implorate, Mello parve acquietarsi… rilassò il corpo teso, abbandonando ogni tentativo di movimento che stavano facendo fare sforzi sovrumani a Matt; con uno scatto si liberò delle loro strette, guardando poi intensamente prima Near e poi Caroline.

ME= Tu… tu l’hai portato qui?

CA= Si…

ME= Fantastico.

Passò loro oltre, tirandosi sul capo il cappuccio della felpa, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e sparendo nel verde rigoglioso dell’immenso giardino.

CA= MELLO!

MA= (POSANDOLE UNA MANO SULLA SPALLA) Lascialo andare Linne… è meglio così.

Caroline posò la propria mano su quella di Matt, continuando a guardare la direzione percorsa da Mello; ad un tratto, con la silenziosità e la grazia che l’essere ballerina le conferivano, Audrey arrivò accanto a loro.

AU= Ragazzi, la zia dice che è meglio entrare… tra poco sarà più buio ed è meglio stare al riparo.

CA= Che ore sono? Ho perso la nozione del tempo…

AU= Sono le 17:45… poi dobbiamo ancora decidere le stanze in cui dormire.

MA= Beh, non sarà difficile!

Il quartetto si avviò verso l’entrata, quando ad un tratto Near afferrò il polso di Caroline.

CA= Che c’è Near?

NE= Io te l’ho detto che non dovevo venire….

CA= Non dirlo nemmeno per scherzo, non ti avrei mai lasciato là.

NE= Tu lo ami?

CA= Più di me stessa…

NE= Glielo dirai?

CA= Cosa?

NE= Del patto.

CA= E tu come lo sai?!

NE= Un giorno te lo dirò… ora è meglio di no .

Erano giunti dal portone, dove Gevanni, Halle e sua madre li stavano attendendo.

CA= Prima di entrare credo di dover fare delle presentazioni. Mamma, loro sono Matt, Gevanni e Near.

Nel vedere Near, anche Janice si irrigidì per un brevissimo lasso di tempo; lei ed il ragazzo si scambiarono un’intensa occhiata.

JA= Bene… a presentazioni fatte, direi che possiamo entrare.

Tirando fuori dalla borsetta un grande mazzo di chiavi, si apprestò ad aprire la serratura del portone; appena entrarono nell’atrio, furono accolti dalla semioscurità.

JA= Aprite le persiane delle finestre, io intanto vado ad attivare i contatori elettrici, il gas ed il riscaldamento.

Obbedendo alle direttive di Janice, Caroline, Audrey, Matt ed Halle cominciarono ad aprire le imposte delle finestre; nel contempo, la luce arrivò talmente all’improvviso da lasciarli abbagliati.

MA= Ehi, ma questo è un atrio o una sala da ballo? E’ enorme!

Quasi a voler conferma all’esclamazione di Matt, le tre donne si voltarono verso l’ambiente: un immenso ingresso, dal parquet di lucido legno scuro disseminato qua e là da tappeti d’antiquariato, ospitava circa sei o sette poltrone e due divani in pelle marron bruciato, che costituivano due nuclei di seduta. Ai muri quadri seicenteschi con cornici in stucchi dorati, librerie in legno lucido colmi di volumi più o meno antichi e vari suppellettili, tra abat-jour, vasi e soprammobili; dirimpetto al portone, iniziava una scala costruita con lo stesso materiale della pavimentazione, portante sicuramente al piano superiore ed alle stanze da letto. Infine, sul soffitto, un grande lampadario in ottone illuminava l’ambiente.

CA= Mio dio… ci staranno duecento persone qui…

MA= Duecento “mila” vorrai dire!

AU= Io la trovo stupenda… è così romantica…

CA+MA+HA= Romantica?!

Tornando su dalle scale che portavano allo scantinato e sbattendo tra loro le mani per liberarle dalla polvere, Janice rispose ridacchiando.

JA= “Romantica” forse non è l’aggettivo giusto per questa villa… ma forse “caratteristica” potrebbe calzarle meglio…

Quasi ricomparso dal nulla, anche Gevanni si affiancò al quintetto.

HA= Ehi, e tu da dove spunti?

GE= Sono andato in giro per il primo piano… questa villa è spettacolare! Da là (INDICO’ A DESTRA) si va alla cucina ed alla sala da pranzo… invece di là (INDICO’ A SINISTRA) ci sono una sala ed uno studio!

CA= Entusiasmante… poi un giorno andremo in esplorazione stile giovani marmotte, con tanto di cappello peloso.

GE= Sempre simpaticissima la signorina…

MA= Beh,  appurato tutto questo?

AU= Appurato tutto questo, andiamo di sopra a disporre le camere per la notte!

CA= Ehi, ma dov’è sparito Near?!

Tutti quanti si guardarono attorno: Near sembrava scomparso.

MA= (A CAROLINE) Non preoccuparti… prima o poi rispunterà fuori…

Salendo le scale, raggiunsero il lungo ballatoio del secondo piano, delimitato da un sottile corrimano di legno; arrivando dalla rampa ci si poteva chiaramente accorgere della dislocazione,a forma di ferro di cavallo,del piano.

JA= Allora… ci sono in tutto sei camere; le prime tre potete vederle qui, due sono nella parte sinistra in fondo al corridoio e le altre, ovviamente, a destra… beh, direi che possiate scegliervi quella che più vi aggrada.

In meno di cinque minuti le camere furono assegnate: le prime tre davanti alle scale, furono assegnate, in ordine partendo da destra a: Near, Janice e Matt.
Le due sul lato sinistro del corridoio ad Audrey e Caroline con Mello, mentre Halle e Gevanni optarono per la stanza sul lato destro.

JA= Ogni stanza ha un proprio bagno, dotato di tutto quello che serve… ora possiamo scendere al piano di sotto.

Camminando compostamente ed in silenzio, le otto persone scesero al piano inferiore e stazionarono nell’ingresso, accomodandosi sulle poltrone e sui divani.

MA= Io non vorrei essere il solito rompiballe guastafeste… ma siamo qui, praticamente isolati tra le colline di Tokyo, senza abiti di ricambio, cibo, acqua e senza tutto quello che potrebbe servirci in caso di emergenza… come intendiamo organizzarci?

JA= Ragazzo, questa villa è stata abitata fino ad un mese fa… e la Confraternita non ha mai fatto mancare nulla a coloro che si recavano qua… qualsiasi fosse la lunghezza del loro soggiorno, vi era sempre tutto il necessario. Vogliamo fare una prova?

MA= Ci sto… mi dica signora Bennett.

JA= Scommetto che se ora tu andassi in cucina, troveresti tutto il necessario per mangiare e per cucinare… stessa cosa se andassi in una delle camere e guardassi dentro gli armadi… ci sono decine e decine di abiti puliti,scarpe e quant’altro, sia per uomo che per donna.

MA= Essendo diffidente per natura…. andrò a controllare!

JA= Va pure Matt.

Il ragazzo si alzò ed andò, alla velocità del fulmine, prima in cucina e poi in una delle camere; quando tornò dagli altri, un sorriso a trentadue denti illuminava il suo bel volto.

JA= Allora?

MA= Signora Bennett, mi scuso profondamente per non aver creduto ciecamente alle sue parole… confermo tutto quello che ha detto.

Ad un tratto il portone della casa si aprì di colpo, lasciando entrare Mello; da sotto il cappuccio della felpa, ancora calato sul suo capo, il ragazzo riservò loro uno sguardo torvo, per poi accennare ad incamminarsi verso la scala.

MA= Ehi, Mel…

ME= Si?

MA= Com’è la situazione fuori?

ME= Uguale a quella con cui siamo partiti dalla città ed arrivati qui… cielo nero, lampi, nuvole rosse e uno sciame di shinigami allegramente svolazzante di qua e di là.

MA= Ok…

ME= (A CAROLINE) Dov’è la nostra camera?

Caroline si rincuorò leggermente… se per cercare la camera aveva utilizzato il termine “nostra” significava che, per quanto potesse essere infuriato con lei, c’era ancora un margine di recupero più ampio… se avesse detto “mia”, la situazione sarebbe stata un tantino più complessa.
Guardandolo dritto negli occhi, la ragazza si alzò per poi oltrepassarlo e fargli strada.

CA= Seguimi… così potrò cambiarmi anch’io. Sto cominciando ad odiare questo vestito e queste scarpe.

Mentre Caroline e Mello sparivano al piano di sopra, Halle si rivolse ad Audrey.

HA= Tesoro perché non vai a cercare Near? Forse sei la più adatta…

AU= Va bene… vado!


***


Una volta giunti nella loro stanza, dominata da un armadio, mobili a specchiera, comodini, una panca in stile barocco ed un grande letto a baldacchino, Mello si sedette sul limitare del letto mentre Caroline aprì le ante dell’armadio, alla ricerca di qualcosa da poter indossare e, soprattutto, calzare.
CA= (TRA SE E SE) Caspita, Matt aveva veramente ragione, c’è di tutto qua! Intimo, pantaloni, maglie, scarpe… sembra inverosimile… vabbè, a questo punto mi resta solo da scegliere!

Si distese sul letto, incrociando le braccia dietro la schiena e fissando le pieghe del sottile velo bianco del baldacchino sopra di sé; ma troppe domande gli si agitavano in petto, troppi interrogativi affollavano la sua mente… soprattutto uno che, meditato ed accresciuto in quella lunga ora passata poco prima in solitudine, martellava il suo cervello con insistenza esasperante.

Continuando a tenere lo sguardo fisso verso l’alto, si decise a parlare.

ME= Caroline.

Cercando nell’armadio, la ragazza gli rispose.

CA= Si?

ME= Posso farti una domanda?

CA= Già questa sembrava tutto fuorché una domanda che ne prelude un’altra…

ME= E’ importante.

CA= Si tratta di Near?

ME= No… si tratta di me. E di un giorno. Dove qualcosa che sembrava impossibile potesse accadere è accaduto.

Caroline intuì immediatamente quello che Mello voleva intendere e fermandosi di colpo, sollevando il viso, fu pervasa da un’ansiosa paura; cercando di assumere un tono ed un’espressione disinvolta, che non tradisse il suo stato d’animo, si voltò lentamente verso di lui, tiratosi su a sedere e completamente girato verso di lei.

CA= A cosa ti riferisci?

ME= Caroline non sei stupida… sai benissimo a cosa mi sto riferendo.

Così dicendo, estrasse dalla tasca dei pantaloni un rettangolo cartaceo che Caroline scoprì provenire da un quotidiano; istintivamente la ragazza posò gli abiti, andando poi in piedi davanti a lui, seduto sul letto.

ME= (LEGGENDO) “26 dicembre 2009. Alle ore 19:40 all’uscita ovest dell’autostrada per Nagano, è stato trovato il corpo senza vita della celebre conduttrice televisiva Kyiomi Takada. Il cadavere, quasi del tutto carbonizzato, è stato ritrovato all’interno di un camion parcheggiato dentro le rovine di una chiesa romanica; come per il corpo della vittima, anche il mezzo presentava tracce di incendio. Non è stato però rinvenuto alcun particolare od indizio che possa ricondurre agli autori del gesto; la polizia, con l’aiuto del magistrato Teru Mikami, ha aperto un fascicolo d’indagine.”


Terminato che ebbe di leggere, il ragazzo incatenò gli occhi della compagna ai suoi.

CA= Dove vuoi arrivare Mihael?

ME= Quel giorno, a quell’ora, su quell’autostrada e soprattutto in quel camion, avrebbero dovuto trovare due cadaveri, non uno… con Kyiomi Takada avrei dovuto esserci anch’io, morto e riverso al posto di guida. Perché non c’ero Caroline? Che cosa è successo?

CA= Sono arrivata in tempo per riuscire a salvarti. Tutto qui.

ME= Caroline, Takada aveva scritto il mio nome sul quaderno, la mia morte era certa come il sole che sorge ogni mattina… il Death Note è infallibile.

CA= Il quaderno lo è… gli uomini no .

ME= Ho sentito il mio cuore smettere di battere! Ho capito subito che stavo morendo! E poi, dopo chissà quanto tempo, riapro gli occhi e mi ritrovo vivo al tuo fianco… non solo io, ma anche Matt!

CA= Matt indossava due giubbotti antiproiettile…

ME= Quando ti vengono scaricati contro venti caricatori di pistola, per un totale di 120 pallottole, anche con due giubbotti antiproiettile è difficile sopravvivere!
Che cosa è successo Caroline? Che cosa hai fatto per far sì che due persone destinate a fine certa tornassero miracolosamente in vita? Rispondimi.

CA= La notte che abbiamo portato Audrey in ospedale, quando sono venuta a chiamarti per portarti da lei, mi hai preso le mani e hai detto: “Siano benedette queste mani… che mi hanno strappato alla morte.”  Da quel giorno io non ho fatto che chiedermi sempre la stessa cosa… se sapessi tutta la storia, se io ora ti dicessi la verità riguardo a quel giorno, adoreresti ancora queste mani, o le malediresti assieme al resto del mio corpo e di me stessa?

ME= Ci eravamo fatti una promessa… qualsiasi fosse, bella, brutta, terribile, straziante od anche ininfluente, ci saremmo sempre dovuti dire la verità…

CA= Si… certo. E tutt’ora mantengo la mia parola.

ME= Allora voglio la verità… e voglio sentirla da te, che sei la cosa più cara che ho al mondo.


Scacco matto.



Non poteva più nascondere nulla… quella sera avrebbe dovuto raccontare a Mello tutto quanto; chiuse gli occhi ed inspirò profondamente.

CA= Sin dal tuo agguato alla NHN, Halle mi ha tenuto informata di ogni tuo movimento, compresa la decisione di imboccare l’autostrada… quando il GPS del tuo furgone si è fermato, Halle ti ha raggiunto; dopo qualche minuto sono arrivata io, ma…

Dovette fermarsi un secondo; il groppo alla gola che le stava nascendo le impediva di parlare.

ME= Ma…?

CA=… ma quando sono arrivata era troppo tardi. Tu eri già morto.

Nel ricordare quegli eventi terribili, ancora nitidamente impressi nella sua memoria come su una pellicola fotografica, le si gonfiò il cuore di pianto. No… non poteva dirglielo, non poteva distruggerlo così… lo amava troppo per fargli una cosa del genere.

ME= Continua… non fermarti.

Richiuse gli occhi, e nel farlo una lacrima rotolò pigra sulla sua guancia; quando li riaprì, scintillavano come gemme.

CA= Sono arrivata ad incendio già divampato… le fiamme avevano avvolto il camion e la chiesa, sembrava impossibile avvicinarsi; ma io l’ho fatto… sono corsa da te, ho spalancato la portiera rovente e ti ho tirato fuori, portandoti in salvo dal fuoco. Eri freddo amore mio… gelido… le tue labbra erano esangui, i tuoi occhi avvolti da nere occhiaie; ma più di ogni altra cosa, non riuscivo a rassegnarmi a quella pelle così fredda, così rigida… non riuscivo ad unire quella glacialità al calore del tuo essere…

ME= Che cosa è successo dopo?

CA= Ti ho tenuto stretto a me… ho pianto, gridato il mio dolore… ti ho baciato, carezzato… e poi, ad un tratto, tutto è diventato buio… c ‘eravamo solo io e te.

ME= E?

CA= E poi… poi… NO, NON POSSO FARLO! NON POSSO DIRTELO, NE MORIRESTI!

Caroline cadde a terra in ginocchio, cominciando a piangere a dirotto e nascondendosi il viso tra le mani; Mello le fu subito accanto, genuflettendosi davanti a lei e prendendole le mani, per allontanargliele dal volto rigato di lacrime.

ME= Caroline ti prego… ti prego angelo mio…

CA= Se ti dirò tutto, non sarò più il tuo angelo, non sarò più niente per te! Mi odierai, mi rinnegherai ed il nostro amore finirà in cenere! Ed io non posso farlo, perché ti amo! Ti amo…ti amo…

ME= Non dirle neanche per scherzo queste cose… ti amerò per sempre, qualsiasi cosa succeda…

In preda al pianto più disperato, Caroline affondò le dita tra i capelli scotendo la testa in segno di diniego.

CA= No, non posso, non posso farlo!! Mello non chiedermi di andare avanti, ti prego!
Il rimorso per avertelo detto, mi divorerà per tutta la vita!

A quelle parole, Mello l’afferrò energicamente per le spalle, costringendola a guardarlo in viso.

ME= Perché parli di rimorso Caroline?! Che cosa è successo!?!?!!!! DIMMELO! DEVI DIRMELO!


Era arrivato il momento…. non poteva più scappare. La clessidra del suo indugio si era spezzata, poteva avvertire la sabbia iridescente scivolare via dal suo corpo.

Smettendo di piangere e guardandolo negli occhi, Caroline parlò.

CA= Io ti ho riportato in vita… e per farlo, ho stretto un patto con la Morte.

ME= Tu… cosa?

CA= Quando eri tra le mie braccia, l’angelo della Morte mi è apparso… e mi ha offerto la possibilità di riportarti in vita…in cambio della mia anima.

ME= Tu stai… scherzando, vero?

CA= No…
Le mani di Mello scivolarono via dalle spalle di Caroline; mentre il ragazzo si alzava lentamente in piedi osservandola con occhi tra l’inorridito e lo sconvolto, lei rimase inginocchiata a terra in silenzio, le mani in grembo e lo sguardo a terra.

ME= No… tu non… non puoi aver fatto una cosa del genere…. no…

CA= E’ la verità Mihael… mi dispiace.

ME= Perché…? Perché l’hai fatto…?

CA= Perché ti amo…

Mello cominciò a camminare lentamente per la stanza, una mano sul fianco e l’altra a tenersi la fronte, contemporaneamente Caroline si era alzata in piedi; con le braccia lungo i fianchi, in silenzio e con la testa china incapace di incontrare lo sguardo del ragazzo, assomigliava ad una bimba in castigo.

ME= (TRA SE E SE) Cristo… non è possibile, non può essere vero… no, no, no… PORCA PUTTANA!

A quell’esclamazione di furia, Mello tirò un terribile calcio al piccolo sgabello ligneo posto davanti alla toletta; dopodiché si rivolse alla compagna.

ME= COME HAI POTUTO FARE UNA COSA DEL GENERE?!?! DIMMELO, PERCHE’ NON RIESCO A TROVARE NIENTE DI MINIMAMENTE PLAUSIBILE PER GIUSTIFICARE QUESTO GESTO!

CA= L’ho fatto perché ti amo! Ti avevo appena ritrovato, ero felice e non sarei riuscita a sopportare una vita intera senza di te!

ME= L’AVEVI GIA’ FATTO! PER TUTTO IL PERIODO CHE SIAMO STATI DIVISI TI SEI SVAGATA PER BENE!

CA= Ma sapevo che eri vivo! Sapevo che, anche se non ti vedevo, eri là fuori da qualche parte! Questa volta avevo la certezza, la prova tangibile che non saresti mai tornato!

ME= QUESTO NON TI GIUSTIFICA!

CA= IO TI HO VISTO MORTO MELLO! STRINGEVO IL TUO CADAVERE, BACIAVO LA TUA FRONTE GELIDA! COME PENSI MI SAREI DOVUTA COMPORTARE?!

ME= DI CERTO NON COSI’!!! CRISTO CAROLINE, A VOLTE SEI DIABOLICA!!

CA= Che… intendi dire?

ME= HAI UN PASSATO ALLE SPALLE TUTT’ALTRO CHE NORMALE, UN FUTURO CHE SICURAMENTE LO SARA’ ANCORA MENO!!! UNA FAMIGLIA DI CUI NON SAI NEMMENO TU TUTTA LA VERITA’ ED UNA MALATTIA DEGENERATIVA COME LA TUBERCOLOSI CHE, IN QUESTO MOMENTO, MI SEMBRA TUTTO TRANNE CHE SOTTO CONTROLLO!!

CA= CHE COSA CENTRA TUTTO QUESTO?!

ME= CENTRA PERCHE’ SE PRIMA, CON LA MALATTIA, AVEVAMO LA SPERANZA CHE POTESSI SALVARTI, CON QUESTO PATTO TI SEI CONDANNATA A MORTE TU STESSA!!!

CA= COSA AVREI DOVUTO FARE, LASCIARTI MORIRE?!

ME= SI! PERCHE’ QUEL DANNATO GIORNO IO SAREI DOVUTO MORIRE E NE’ TU NE’ TUTTI I SANTI DEL PARADISO AVREBBERO DOVUTO METTERCI MANO!

CA= Tu stai delirando…

ME= CAROLINE TU MI HAI FATTO TORNARE DALL’INFERNO PER GETTARMI IN UNO ANCORA PIU’ PROFONDO DEL PRIMO!

A quelle parole la donna si raggelò; di tutte le cose che si era preparata a sentire, questa era l’unica che non si aspettava di ricevere. Avere la consapevolezza che Mello considerasse quello che lei aveva fatto per lui, l’anima che aveva sacrificato per la sua vita, niente di più di una maledizione…. la uccideva.

Rimasero a debita distanza, in piedi, occhi negli occhi, anima a scrutare anima, in completo silenzio… il petto di Mello si alzava e si abbassava in una furia ritmica, i due turchesi fiammanti quasi a voler avvolgere la figura della compagna in lingue ardenti; ad un tratto però, Caroline si mosse verso la porta… appena lo oltrepassò, lui l’afferrò per il braccio fermandola di scatto. La sua voce era dura e pareva non disposta ad ammettere repliche.

ME= Dove vai?

CA= Esco.

ME= Non fare la bambina, è gennaio e siamo in collina.

CA= Meglio. Ora lasciami, non vorrai che la tua coscienza si macchi stando vicino a questa stupida, innamorata, maledetta donna…

Con uno strattone si liberò dalla presa di Mello ed uscì, sbattendo dietro di sé la porta; quasi con le lacrime agli occhi scese le scale, aprì il portone ed uscì nella fredda sera.

L’aria gelida l’accolse mentre passeggiava per il giardino illuminato da fiaccole e candele a terra.


***

Sono io
io son di tutti voi

Sono io la morte e porto corona,
io Son di tutti voi signora e padrona
e così sono crudele, così forte sono e dura
che non mi fermeranno le tue mura...

Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
e dell'oscura morte al passo andare…

Sei l'ospite d'onore del ballo che per te suoniamo,
posa la falce e danza tondo a tondo
il giro di una danza e poi un altro ancora
e tu del tempo non sei più signora.

Ballo in Fa Diesis Minore
Angelo Branduardi



***


Da quanto tempo era lì? Da quanto tempo stava camminando senza sosta per il rigoglioso prato della villa? Non lo avrebbe saputo dire… così come non avrebbe saputo dire ciò che in quel momento attraversava il suo cuore.

Sentiva il ghiaino crepitare leggermente sotto i suoi passi… ma era il crepitio dei sassi o del suo cuore che andava sfagliandosi?... percepiva ogni cosa: il vento gelido attorno a se, il fuoco delle candele ardere, l’erba verde piegata dalle folate…. ma dentro di lei sentiva il ghiaccio… il bruciante ghiaccio della delusione, della sofferenza…dell’amore che ora le sembrava un fallace sogno non corrisposto.

“Voi mortali… che credete nell’illusione dell’amore senza rendervi conto di che effimera chimera state inseguendo…”

Le parole della Morte risuonarono nella sua testa come un trillo infernale mentre, quasi senza accorgersene, arrivò al punto più alto del parco, da cui Tokyo era visibile in ogni suo angolo; sotto quel cielo nero e quelle nubi sanguigne, tagliate talvolta da abbacinanti lampi, pareva una città in procinto di guerra, un mostro feroce al momento dormiente.
Sedendosi sulla piccola panca in pietra ed osservando il panorama sotto di sé, notò che gli shinigami erano scomparsi, forse insoddisfatti del cacciare esseri umani inermi, troppo terrorizzati per poter dare loro qualche divertimento; nel pensiero di quante vite umane erano state interrotte quel giorno, di quanti corpi che forse giacevano ancora per le strade, un brivido di freddo misto a terrore la pervase.

“Copriti… prenderai freddo.”

Caroline si voltò e vide sua madre in piedi dietro di lei, nell’atto di metterle sulle spalle un grosso scialle di lana nera; rinfrancata dal tepore, se lo strinse addosso un po’ di più, mentre Janice si sedette accanto a lei.

CA= Grazie… ma non dovresti essere dentro? Sono le nove di sera…

JA= Sarà la stanchezza o la paura, ma la fame sembra essere sparita a tutti… in compenso Matt dorme già come un ghiro!

CA= Povero Matt…  Audrey ha trovato Near?

JA= Si, non preoccuparti… l’ha portato in casa.

CA= Bene…

JA= L’ha presa male eh?

CA= Chi?

JA= Mello… il fatto che Near si trovi sotto il suo stesso tetto.

CA= Diciamo che non gli ha fatto molto piacere…

JA= Sbaglio o c’è della rivalità tra loro?

CA= Non da parte di Near… Mello ha sempre avuto dell’acredine nei suoi confronti … sin dalla Wammy’s House.

JA= Vengono dallo stesso orfanotrofio?

CA= Si… Mello è più grande di due anni; anche Matt è vissuto nello stesso istituto.

JA= Poveri ragazzi…

CA= Io non so cosa devo fare… a volte mi sembra di conoscerlo come me stessa, a volte ho uno sconosciuto davanti ai miei occhi…

JA= Voi vi amate… è solo questo quello che conta…l’amore è turbini, tempeste e paradiso…

Guardando davanti a sé, Caroline rispose con voce flebile.

CA= Sai, sin da piccolina mi sono sempre chiesta perché in inglese, “innamorarsi” si dica “fall in love”… “cadere in amore”.

JA= Perché cadi nella sua prigione dorata… ti lasci andare, senza freni, senza inibizioni… cadi nella sua magia…

CA= No… cadi in un baratro buio e profondo, e ti fai male… precipiti verso il basso, vieni inghiottita dall’oscurità… e non ne riesci più.

JA= Figlia mia… come puoi essere così cinica a ventidue anni? Alla tua età si dovrebbe piangere solo al vedere una rosa appassire…

CA= Mamma… io ho ventidue anni, in soli tre mesi ho visto morire Rachel… ho scoperto cose che nemmeno immaginavo su di me e sulla nostra famiglia, so di appartenere ad un mondo tutt’altro che ordinario…

JA=…hai contratto la tubercolosi e stretto un patto con la morte per salvare l’uomo che ami.

Caroline spalancò gli occhi, incredula.

CA= Tu… tu lo sai??!!?!

JA= So molte cose… alcune che nemmeno immagini e che presto scoprirai da sola…

CA= Bene….

JA= Ho cercato di farlo anch’io…

CA= Cosa?

JA= Il patto… per salvare tuo padre dal tumore… ma la mia richiesta non è stata ascoltata. Non sai quanto mi manca, Linne… non sai quanto ancora lo amo… a volte prego di andare in cielo il più presto possibile solo per poterlo rivedere…

La madre tenne gli occhi bassi, mentre Caroline le rispondeva.

CA= Ho cominciato a leggere i suoi diari… ti ha amato sin dal primo giorno che ti ha vista, ti ha sposato, ha avuto due figlie da te… ed era innamorato fino all’ultima ora che gli restava da vivere… la vostra è stata la storia d’amore perfetta… quella che io non potrò mai avere.

Quando la guardò in viso, gli occhi di Janice erano lucidi.

JA= Caroline… ho commesso molti sbagli, alcuni imperdonabili,con te… ma tu sei mia figlia… l’unica che mi resta, e volendo odiarmi mi fai soffrire ancor più se ti sapessi morta.

CA= Mamma….

Accadde tutto in un attimo…. un abbraccio, un sentimento ritrovato, lacrime mescolate alle altre; stettero abbracciate per lunghi attimi, mentre il vento attorno a loro ululava ed una pioggerellina fine stava cominciando a cadere.

CA= Quanto tempo abbiamo perso…

JA= Non è ancora del tutto perduto… abbiamo tanti altri giorni davanti. Mi sei mancata Caroline…

CA= Anche tu mi sei mancata mamma….

JA= Prometto che questa volta non me ne andrò, non ti lascerò da sola… ti aiuterò, sia con la malattia, che con la Confraternita; avevi ragione… tu non sei Nimue… sei Caroline… sei mia figlia.

Sorridendosi, guardarono poi all’unisono il cielo.

JA= Credo sia meglio rientrare… sta cominciando a piovere..

CA= Va pure avanti… io ti raggiungo tra poco.

Per istinto di madre, che dona ad una donna l’onniscenza dell’amore filiale, Janice capì subito il senso delle parole di Caroline.

JA= Sin da bambina hai sempre amato la pioggia… quando pioveva stavi ore e ore sotto l’acqua a giocare…

Rispondendole con un leggero sorriso Caroline la vide avviarsi al portone, mentre la pioggia cominciava a scendere più fitta; liberando le spalle dallo scialle, si alzò in piedi ed alzando il viso verso il cielo, rimase sotto l’acqua immobile, le braccia allargate e gli occhi chiuse. Avvertiva le gelide gocce di cristallo cadere vellutate sulla sua pelle, sui suoi palmi, scivolare sul suo viso e sul suo collo, provocarle brividi leggeri, irrorarle i capelli e gli abiti.

Rimase lì per un tempo illimitato, in armonia con la terra ed il cielo, quasi sospesa in una dimensione astratta… poi, si decise a tornare in casa.


***


Era rimasto seduto su quel letto a gambe incrociate ed a guardare il vuoto da quando era uscita dalla stanza. La sua mente, in antitesi all’immobilità corporea, era un turbinio di pensieri inframmezzati ad immagini sconnesse… stava ripensando ai suoi giorni dopo che Caroline l’aveva riportato in vita, rivivendo ogni singola sensazione nella sua devastante intensità; riusciva ad avvertire il calore dell’incendio divampato, il gelo che l’aveva pervaso mentre stava morendo… e la luce bianca, pura e brillante che aveva contemplato per un brevissimo istante prima di tornare alla realtà.

Poi, ad un tratto, la porta  si aprì lentamente… e la vide entrare. Intrisa d’acqua, pallida, fresca, sembrava quasi un’entità magica dei boschi; lo guardò per un attimo senza rivolgergli la parola e poi si diresse in bagno, dove afferrò un asciugamano.
Tornata nella stanza principale, continuò ad asciugarsi senza neanche degnarlo di uno sguardo o di una parola, scossa talvolta da qualche piccolo brivido che le accapponava leggermente la pelle.

Ad un tratto, in perfetto silenzio, Mello si alzò e le andò di fronte; prese delicatamente l’asciugamano dalle sue mani e cominciò ad asciugarla lui stesso. Passò un lembo dell’oggetto sulla sua fronte, sugli zigomi e sulle guance…andò al collo, alle clavicole
ed all’incavo dei seni lasciato scoperto dalla maglia. Dolcemente, la spogliò della giacca e della maglia sentendo sotto le proprie dita l’incarnato di lei reso freddo dall’acqua e riprese ad asciugarla sulle braccia e sul ventre; ad un tratto le andò dietro la schiena per toglierle l’acqua di dosso, e nel mentre dell’azione posò le labbra sulla pelle tra le scapole, mentre le mani andavano ad accarezzarle  i fianchi.

Mello, ancora dietro di lei e con le mani sui suoi fianchi, si inginocchiò a terra per poi voltarla verso di lui. Le tolse le scarpe, la spogliò dei pantaloni e dopo averla asciugata, si soffermò a guardarla… era inginocchiato davanti a lei come un fedele in adorazione del suo santo protettore, inginocchiato davanti ad una donna che seppur in intimo ed inerme, lo metteva più in soggezione di qualsiasi guerriero.

Risalendo,con le labbra e con le mani, il ginocchio e la coscia femminile, arrivò poi al ventre piatto, appena mosso dal respiro di lei e riscaldato dal suo fiato, dove vi posò la fronte; le sue mani andarono a ghermire i fianchi di Caroline, rimasta immobile e in silenzio per tutto quel tempo.

ME= Perdonami… perdonami, ti prego…

Un detto popolare, chissà quanto credibile, afferma che se la parola è d’argento, il silenzio è oro puro… ciò che può comunicare un gesto, uno sguardo a volte non ha bisogno delle parole per essere intensificato, di nessun giuramento verbale per essere reso più vero.

Caroline infatti non parlò… ma si limitò a prendere il mento di Mello tra le dita e rivolgerlo lentamente verso il suo viso; quasi a voler prevenire ogni eventuale discorso, pose il pollice sulle sue labbra, mentre lo faceva alzare ed arrivare ad incatenare i suoi occhi con i propri… e poi, nel morbido silenzio che li avvolgeva, lo baciò.


***
E nonostante tutto credo, talvolta:
se si può perire di felicità, ciò deve capitare a me.
E se uno destinato a morire può ritornare in vita grazie alla felicità,
io rimarrò in vita.

Franz Kafka
“Lettere a Milena”








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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26
Legge Umana e Legge Divina




Il temporale… l’aveva svegliata la pioggia con il suo impertinente scrosciare sul vetro della finestra, interrompendo il suo placido vagare nelle acque buie del sonno. Si alzò lentamente, sentendo il parquet gemere sommessamente sotto i suoi piedi nudi e si diresse verso la finestra, illuminata dalla luce lunare resa quasi argento liquido dalla precipitazione.

La casa era avvolta dal silenzio che il sonno porta con sé, dalla tranquilla dolcezza con cui i sogni ammantano le case… dopo quello che era successo, era il primo sonno tranquillo che era riuscita ad avere; ma ormai quasi completamente sveglia, decise di scendere in cucina per farsi un the, una camomilla o qualsiasi cosa il convento passasse.
Prima di uscire, si diede un’occhiata allo specchio: canottiera bianca e pantaloni morbidi grigi… si, poteva andare.

Dopo cinque anni passati a danzare brani di Chopin, Schumann, Mozart e tanti altri, la delicatezza e la lievità erano ormai insite nei suoi movimenti come fossero parte di un innato patrimonio genetico; scese lentamente le scale, dove Janice aveva lasciato le abat-jour accese, quasi avesse previsto qualche passeggiata notturna, meravigliandosi del calore che la villa aveva acquistato dopo sole poche ore di abitazione. Arrivata all’ingresso, girò a destra dirigendosi verso la porta in laccato legno bianco che dava sulla cucina; accendendo l’interruttore, scoprì attorno a se una splendida cucina in legno trattato allo stesso modo della porta, con suppellettili in ceramica, strumenti per preparare da mangiare, pentole in lucido rame attaccate ad una parete ed una grande finestra a vetrata vittoriana dai rinforzi in legno bianco.

Andando davanti ai fornelli si tese verso l’alto per cercare di prendere una piccola cuccuma in cui poter bollire l’acqua per il the; quando riuscì a prenderla, ed accese il fornello sotto di essa, andò poi alla ricerca di una tazza e dello zucchero.

“La tazza è nella vetrinetta della piattaia, lo zucchero nel mobiletto in alto a destra, assieme al caffè ed ai filtri del the…”

Ritto in piedi sulla soglia della cucina, Near la osservava da chissà quanto… non aveva perso nessun suo movimento, stupendosi di quanto il più piccolo gesto quotidiano potesse diventare meraviglioso se fatto dalla persona giusta. La scattante agilità delle sue mani simili a libellule guizzanti, i suoi lunghi capelli castano biondi fluttuanti come onde… e quegli occhi, simili alla giada per purezza e colore, lo frastornavano.

Audrey gli sorrise… nessuno, a parte Caroline, gli aveva mai regalato un sorriso, si era quasi dimenticato cosa si provasse a riceverne uno; ma nel rimembrare il nome della ragazza, non poté non notare quanto Audrey le somigliasse fisicamente.
Audrey gli faceva intuire quali potessero essere state le fattezze di Caroline a diciasette anni.

AU= Ciao… anche tu non riesci a dormire?

NE= Sono poche le volte in cui riesco a dormire…

AU= Intendi dire che non dormi mai?

NE= Mi capita raramente… la mia mente è più attiva durante la notte.

AU= Accidenti… ti va una tazza di the?

NE= No, grazie… anzi, forse è meglio che torni in camera mia…

Si voltò per andarsene, ma solo due passi dopo, la voce di Audrey lo costrinse a fermarsi.

AU= Perché non mi fai compagnia?

Voltandosi lentamente e guardandola con occhi basiti, Near non riuscì a credere che quelle parole fossero uscite dalla sua bocca e che fossero veramente dirette a lui.

NE= Io? Farti compagnia?

AU= (RIDENDO) Si… perché, ho detto una cosa così assurda?

NE= Tutti dicono che non sono proprio la persona più adatta a fare compagnia…

AU= A me non interessa cosa dicono gli altri… e poi non posso mica andare a svegliare qualcuno alle tre e un quarto di notte! Avanti… siediti qua con me… :)

NE= (TORNANDO INDIETRO) Va bene… ma occhio all’acqua, sta bollendo…

Ridendo, Audrey spense il fuoco da sotto il pentolino e si preparò il the… dopodiché si sedette al piccolo tavolo, davanti a Near, soffiando delicata sulla bevanda fumante.

AU= Sicuro che non ne vuoi un goccino?

NE= No, davvero, grazie… non amo molto il the…

AU= Un inglese che non ama il the… strano.

NE= Come fai a sapere che sono inglese?

AU= Me l’ha detto Linne…

NE= Ah… Ti ha detto anche il perché del fatto che non lo amo?

AU= No, non credo lo sappia… c’è un motivo particolare?

NE= Il giorno che venni a sapere che i miei genitori erano morti, fui convocato nell’ufficio del direttore dell’orfanotrofio in cui ero… e quell’uomo, mentre me lo comunicava, teneva una tazza di the tra le mani.

AU= Oh…

NE= L’odore di quella bevanda si spandeva per tutto l’ambiente mentre mi diceva quelle parole orribili… da quel giorno non ho più bevuto un sorso di the. Ne odio persino il colore, la parola…

AU= Mio dio, Near mi dispiace… non volevo essere inopportuna… scusami tanto.

NE= Figurati… come potevi saperlo? Del resto, chi conosce qualcosa di me?

AU= Io… se me lo permetterai… mi piacerebbe davvero tanto conoscerti, sentirti più vicino…

NE= Audrey, io sono cresciuto in un orfanotrofio per diciannove anni, stesso luogo dove hanno vissuto Mello e Matt… come per loro, anche nel mio animo alberga il freddo ed il buio… il mio cuore non sa provare emozioni, il mio carattere è stato scolpito nel ghiaccio e nella pietra, levigato con una lama dura e aspra… ma tu, tu sei così dolce, così piena di vita che perderesti il tuo tempo con me… io sono un pezzo di carne marcia, uno scarto da buttare. Non potrò mai conoscere l’amicizia, l’amore… sono doni che non mi sono destinati.

AU= Ma Matt ora sembra sereno… e Mello ha Caroline…

NE= Loro sono sempre stati più forti di me… Matt ha volto a suo favore il proprio istrionismo, Mello il suo orgoglio… e se ne sono tirati fuori. Io non ho niente, nessuna qualità a cui aggrapparmi per riemergere…

Audrey si sentì il cuore gonfio di tristezza mista ad amorevolezza, nel sentire quelle parole così terribili uscire dalle labbra di un ragazzo di appena diciannove anni… nessuna dolcezza doveva aver mitigato la vita di Near, nessuna figura doveva aver vissuto accanto a lui tanto da farlo sentire amato… si chiese cosa si dovesse provare nel sentirsi così soli, e mentre lo fece si perdette nei lineamenti del suo viso… che trovò incantevoli, complici quei singolari capelli platino. Ma quasi avvertendo il suo sguardo, anche Near posò i suoi occhi su di lei… “forse si” ripeteva nella sua mente “forse stavolta posso fidarmi… voglio fidarmi.”

NE= (ALZANDOSI) Vieni… voglio farti vedere una cosa…

AU= Dove?

NE= Aspetta e vedrai… vieni con me…

Sorridendo Audrey lo seguì fuori dalla cucina; attenti a non far rumore salirono le scale, attraversarono tutto il corridoio destro del secondo piano, per poi arrivare ad una piccola porticina, dal legno leggermente più scuro e rovinato rispetto alle altre, perfette dal legno scuro e lucido e dallo scintillante pomello in ottone bronzato.

AU= Uuuh… fa molto “Non Aprite Quella Porta”…

NE= Cosa?

AU= E’ un horror… un film….

NE= Non vado al cinema…

AU= Perché non mi stupisce la cosa?  :)


Sorridendo Near aprì la porticina lentamente, per emettere i meno cigolii possibili… e comparve davanti a loro una piccola scala in legno, stretta e piuttosto ripida.

NE= Prego… prima le signorine; fa attenzione ai gradini, c’è poca luce e sono stretti…

AU= Che gentiluomo…

Salirono la rampa, prestando attenzione a dove mettevano i piedi… ma quando arrivarono in cima, Audrey rimase senza fiato.

Erano arrivati a quella che doveva essere la soffitta della villa… ma quella non era una semplice mansarda, era un capolavoro.

L’ambiente non era molto grande e si sviluppava in tondo, dove a terra, come pavimento, vi era un parquet in legno grezzo in cui quasi al centro della stanza, giaceva un vecchio materasso in disuso; come muri, tranne quello portante su cui era stata costruita la scala, una struttura simile a quella di un gazebo in legno scuro, inframmezzata da ampie finestre formanti una vetrata a 180 gradi.

AU= Near… è meraviglioso…

NE= Non hai ancora visto la parte migliore… guarda su.

Obbedendo alle parole del ragazzo, Audrey alzò lo sguardo: il tetto della soffitta aveva la forma di una piccola cupola, rinforzata anch’essa dalla struttura lignea… ma a differenza delle finestre, era formata da vetro a mosaico, dipinto di verde, blu, arancio scuro e violetto, secondo lo stile Liberty. Illuminata dalla luce della luna e resa morbida dalla pioggia che cadeva sui vetri, delineante ombre astratte, era quasi un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, che accarezzava la pelle di Audrey in magiche sfumature dai colori autunnali.

AU= Non ho mai visto una cosa del genere… è mozzafiato.

NE= Già… è bellissimo…

AU= Ehi, ma che ci fai lì impalato al muro? avanti, vieni vicino a me…

Staccando la schiena dal muro portante della soffitta e sciogliendo le braccia da incrociate che erano sul ventre, Near si avvicinò ad Audrey; la ragazza aveva un buon profumo, la sua pelle, i suoi capelli sapevano di pulito… di dolcezza… di segreti ancora da svelare… di donna. La guardò dritta nelle giade che abitavano le sue iridi, lasciando che anch’ella si riflettesse nei suoi grigi che, grazie alla luce, le parvero assumere iridescenze perlacee.

Un pensiero, irriverente nella sua innocenza, a scanso d’equivoci nella sua sincerità, balenò nella sua mente… “E’ bellissimo…” pensò “veramente bellissimo…”

Accadde tutto in una manciata di secondi, troppo veloci da rivivere ma al contempo troppo lenti per poterli dimenticare. Audrey avvicinò il suo viso a quello di Near, e pose le proprie labbra, morbide e rosee, su quelle pallide e sottili del ragazzo.
L'inesperta controparte fu scossa e stremata dall'affetto che dalle labbra gli giungeva diretto. Era una farfalla nel suo stomaco che disegnava ricami, era il pavimento che sotto di lui tremava, era il suo cuore che fingeva d'aver corso per miglia e miglia, erano i suoi occhi che stanchi si chiudevano d'istinto, erano i rami a stornire; finché non lasciò che l'azzardo del momento lo coinvolgesse pienamente rispondendo a pieno tono. Le lunghe e sottili dita, andavano scavalcando i lunghi capelli sciolti, fino ad arrivare a contatto con collo e nuca, l'altro braccio insidiò il fianco destro di Audrey avvicinandola a se ed imponendo la sua identità virile nel primo, vero, intenso bacio di tutta la sua vita.

***

Non posso, non so come, scrivere altro se non ciò
che riguarda noi, noi nell’affollamento di questo mondo,
soltanto noi.
Tutto il resto mi è estraneo.
Ingiusto! Ingiusto!
Ma le labbra balbettano ed il viso posa nel tuo grembo.

Franz Kafka
“Lettere a Milena”


***

Un bacio… decine, centinaia, migliaia i baci che lei gli regalò… e che lui ricambiò…

Carezze sempre represse, che ora sgorgavano spontanee dalle sue mani…

Sospiri mescolati… inusuali per qualcuno che ha sempre sentito
il proprio cuore piangere in solitario…

Brividi….non di freddo, non di paura…


Silenzioso e graduale il loro momento arrivò in una notte di pioggia, in una magica soffitta che avrebbe portato il loro sigillo per migliaia di giorni e notti, fino alla fine dei loro giorni. Near mise insieme il mosaico di conoscenze assemblato nelle precedenti occasioni, come ventagli le sue mani instaurarono un delicato contatto con la pelle di Audrey, con precisione millimetrica spostava i suoi capelli, attraverso un coscienzioso sapere...Del tempo speso nell'atto premuroso, esordì la loro concreta compatibilità.
Entrambi si ritrovarono in caduta libera, padroni soltanto delle loro emozioni; quasi assomigliando a due minuscoli e candidi granelli di zucchero, dei quali l'unico scopo è volteggiare nella discesa per poi, nel fondo, sciogliersi nella materia.
Caddero… e caddero sul coltrice del pavimento, come una persona sola, come un anima ansiosa di scoprire nuove dimensioni.
Near andò dolcemente sopra di lei, lasciando che Audrey lo privasse della semplice,anonima maglia bianca che cadde, come un grosso fiocco di neve, sul pavimento. Era la prima volta che qualcuno lo vedeva spogliato… così indifeso, così vulnerabile, privo della corazza che indossava quotidianamente.
Le labbra di Audrey sulle sue, succhiavano via tutto il suo autocontrollo e la sua freddezza, le sue mani sulla propria schiena infrangevano diciannove anni di ferrea razionalità.
E furono proprio le mani, quelle mani, che lo istruirono su come muoversi, che tracciarono sentieri di seta sul corpo e sul suo essere, che lo spogliarono e lasciarono spogliare il resto del corpo, come delicati petali che mettevano a nudo la loro vera essenza.
Si unirono…. con il rumore della pioggia sui vetri e la dolce musica dei loro cuori, colonna sonora dei loro sospiri, dei gemiti, dei loro baci senza fine.

AU= (DOLCEMENTE) Near… tu stai tremando...

Ed era così... piccoli, ma continui tremiti stavano attraversando il corpo di Near, diramandosi dalle braccia, alle spalle ed alla schiena; ma quasi per mantenere un contegno virile, cercò di dissimularlo, seppur con scarsi risultati.

NE= E’ solo la tensione dei muscoli… non preoccuparti…

AU= Sicuro?

NE= No….

A quelle parole, Audrey sorrise dolcemente, facendolo adagiare sopra di sé, quasi assorbendo i suoi brividi e sussultando assieme a lui; lasciando che incuneasse il suo viso tra il collo e la propria spalla, gli accarezzò la nuca, stringendolo più forte a lei ed intrecciando le dita delle loro mani sinistre.

AU= Va tutto bene… io sono qui con te… non ti abbandonerò mai.

NE= Promettimelo…

AU= Lo giuro…

Suggellarono questa promessa con un nuovo bacio, più deciso, più forte, più passionale degli altri… e lasciarono che la luna, argentea vestale della dea Venere, benedisse e custodisse la loro unione.

***
Considerò dapprima il dialogo muto che aveva appena esplorato, considerò che non solo la mente offre  grandiose sensazioni al corpo ma che anche quest'ultimo, in sintonia con l'attimo in cui la prima cessa di camminare, può offrire grandiose vittorie.

"il piacere è il primo movente delle azioni umane? Come può uno stimolo, una semplice emozione, un contatto, fermare il cammino della mente? Che il corpo sia l'assassino del pensiero? Posso usare questo stimolo per giungere a nuove conclusioni? Ed Audrey? Che ruolo condivide in questa ruota? Identico al mio? opposto?..."


"La cosa più bella che abbia mai visto. Hai dato tutto ciò che potevi. Innocente e fiduciosa, come mai non ti ho mai vista da quest'ottica? Cos'è cambiato? Ora mi appartieni e io appartengo a te ? che significa quanto è appena stato? Cosa comporterà nella tua mente e in ciò che condividiamo? La generosità che mi hai appena provato è una tua caratteristica o è il mio il caso particolare? Cosa vedi? Cosa senti? Perché io la tua scelta? E perché ora questa scoperta, questa risposta? Cos'è che hai voluto trasmettermi? Una richiesta? Un dono? perché quest'unione è più forte di quella intellettuale?..."


"La tenerezza che ho per te è la radice dell'amore? Amore. Un altro amore oltre alla giustizia, un amore che non conosco, un amore bisognoso di attenzioni e cortesie. Forse questa situazione, per me surreale, potrà essermi d'aiuto per sviscerare con più precisione le matrici della vita? Cosa mi chiederai? Cambierai come sono cambiato io? mi vedrai come ora ti guardo io?..."


Per un osservatore esterno, più esperto, queste considerazioni sono poco più che normali, consuete domande che si sopprimono sicuri che il corso degli eventi offrirà delle più affidabili risposte; ma è proprio in questo esatto punto, che si rivela l'incanto della prima volta; la mente s'addentra celere in viottoli e percorsi  nei quali non è ancora capace di muoversi; è nel mistero di quei pensieri, nell'ignoto accadere prossimo,  nascosta l'impalpabile magia, l'unicità di un unica speculazione che si moltiplica esponenzialmente, per ogni speranza ed ogni timore.
"Mi modellerai. Ogni cosa che si ama ci modella.
 L'idea di vendetta ha formato il mio carattere, quella di solitudine il mio atteggiamento.”


***
Audrey si svegliò abbracciata a Near,come si erano visti la notte appena trascorsa, prima di chiudere gli occhi, prima di considerare tutto quello che era appena passato come uno splendido sogno; non volendolo disturbare, in quanto ancora assopito, si sciolse delicatamente dall’intreccio delle sue braccia, si vestì e silenziosamente uscì dalla soffitta… non prima di averlo baciato un’ultima volta sulla fronte.
Una volta arrivata in cucina, guardò l’ora sull’orologio a muro: erano le sette e un quarto del mattino, decisamente troppo presto per tutti gli altri inquilini della casa; la sensazione di torpore e sonnolenza era incrementata anche dal cielo plumbeo e dalla pioggia che cadeva fine ed incessante… infilandosi una felpa bianca, cominciò ad armeggiare tra i fornelli e le credenze, cercando di fare il meno rumore possibile, per prepararsi un pochino di caffè.
Dopo circa un quarto d’ora, avvertì dei passi leggeri scendere le scale ed in seguito, una minuta figura fare il suo ingresso nella cucina.

AU= (SORRIDENDO) Ehi, buongiorno cugina….

CA= Buongiorno anche a te… credevo di essere la prima, ma a quanto pare mi hai preceduto.. che ci fai già in piedi?

AU= Mi sono svegliata e non riuscivo a riprendere sonno… ti va del caffè?

Rispondendo affermativamente, Caroline si andò a sedere al tavolo, rannicchiando le gambe lateralmente; quando Audrey la raggiunse, sedendosi accanto a lei e porgendole una grossa tazza di bevanda fumante, la guardò sorridendo beffarda.

AU= Che c’è? Perché mi guardi così? Oddio, no, il tuo quinto senso e tre quarti di psicologa sta già partendo! :)

CA= Visto? Ti sei ingabbiata da sola… sai come dicono i latini?

AU= Come? O.o

CA= “Excusatio non petita, accusatio manifesta”… che hai combinato stanotte?

AU= Ehm…. no… niente.

CA= Audrey sono tua cugina, lo sai che mi puoi dire qualsiasi cosa… ma forse qui non è il luogo più adatto; tra poco voglio andare giù in città a prendere qualcosa a casa, perché non mi accompagni?

AU= Ok, prometto che ti dirò tutto!

CA= Bene… allora vai a lavarti e vestirti! :)

AU= Ma gli altri dormono ancora ed a Mello prenderà un colpo nello svegliarsi e non vederti vicino a lui!

CA= Tranquilla.. secondo te perché hanno inventato i post-it?

AU= Vuoi appiccicargliene uno sulla fronte?

CA= Mmh, no, credo che per stavolta mi accontenterò di metterlo sul mio cuscino!

In una bassa risata, Audrey si diresse in camera, stessa destinazione di Caroline una volta terminato il caffè.

***

Mello ha il volto affilato; la mascella forma una curva precisa e ben delineata ma leggermente morbida, il mento è appena spigoloso.


Mello ha i capelli biondi; porta un taglio strano, netto, appena sopra le spalle, eternamente spettinato, con una spessa frangia tutta scompigliata che gli cade spesso davanti agli occhi e ne adombra lo splendore.

Mello ha occhi seri e inquieti, mai fermi.
Grandi finestre cerulee aperte brillanti sul mondo, zaffiri blu più profondi dell’oceano protetti ora dalle placide palpebre nel sonno.

Mello non sorride molto.
Qualche volta, quando lo aveva appena conosciuto, quando parlava con Matt,sul suo volto aleggiava un ghigno obliquo, maligno e scanzonato assieme.

Ma per la gran parte del tempo ha un' espressione cupa, ieratica.

Mello ha la voce roca, calda e vibrante. Una voce che tocca nel profondo, che rivela ogni tuo minimo dettaglio nascosto; una voce che riesce a far fremere il tuo cuore come le corde di una chitarra.

Mello ha delle belle mani.
Dita sottili, agili, diafane,con le quali brandisce con insospettabile delicatezza gli oggetti che utilizza, dal fiore più fragile alla violenta pistola sempre al suo fianco.  
Mani che possono spaventarti, ma che sanno anche proteggerti.

Mello non è mai seduto.
Mello è sempre stravaccato. Non c'è parola migliore per definire la sua posizione.
Forse per questo adora divani e poltrone.


Mello si muove in modo nervoso, ma sa essere estremamente elegante ed altrettanto incredibilmente seducente.

Mello è magro.
Molto magro per la sua altezza. Muove il corpo esile e tonico con la scioltezza di un flessuoso giunco oscillante al vento. Il suo corpo è segnato da cicatrici più o meno grandi, a cui non ha mai prestato molta attenzione… tranne una, estesa, netta, che divide il suo volto in angelo e guerriero. Che le ricorda sempre, come un memento, chi è la persona a cui ha donato il cuore.

Mello veste sempre di nero. O di grigio. O di qualsiasi colore scuro che forse riflette il colore della sua anima.

Ma forse…. se provasse a scendere un po’ di più? Se scavasse oltre quella figura angelica,oltre la perfezione corporea che cela il tesoro all’interno con un altrettanto magnifico bocciolo?

Mello non crede in se stesso.
È arrogante, impulsivo e cinico. Scalpellato nel ferro. Levigato nel ghiaccio.

Mello sa essere molto umano.
Se si impegna.

Nei rari momenti di tranquillità, emerge dai suoi occhi una delicata dolcezza…ed i suoi assumono la profondità del mare a cui hanno rubato il colore.

Ed è allora, in quel momento, attraverso quegli occhi, che comprende di non avere più Mello davanti…. ma Mihael.

Ogni volta, guardare Mello dormire era una piccola letizia alla quale Caroline non poteva, e non voleva, resistere… vederlo così tranquillo, cullato da un sonno placido e forse, dalla consapevolezza di aprire gli occhi e vederla accanto a lui, era una delle cose che più amava. Si sedette sulla piccola poltrona vicino alla finestra che le conferiva una perfetta visuale del ragazzo, adagiandosi sul bordo della seduta, poggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendosi il viso con le mani… per poi perdersi in lui.
Ne ammirò il volto angelico, coperto talvolta da lunghi fili d’oro, le fini sopracciglia leggermente più scure rispetto ai capelli… la cicatrice sul lato mancino del volto, terribile contrassegno di quello che era stato disposto a rischiare per orgoglio, il naso dritto e minuto… e quella bocca, di cui non era mai abbastanza sazia, sottile ed appena rosata, distesa e placida. I flebili raggi del sole che riuscivano a filtrare dalle nubi grigie, accarezzavano il suo corpo costruendovi sopra morbidi giochi di chiaroscuro, esaltando le curve dei muscoli magri e tonici, ondeggiando sul torso al ritmo del suo respiro tranquillo, inanellando le dita lunghe e sottili con metaforici cerchi d’ombra… credendo quasi di sognare, le sembrò che un’ombra sul suo anulare sinistro richiamasse un anello nuziale.

CA= (PENSANDO) Ok, mi sto lasciando trasportare troppo dalla fantasia… meglio che mi vesta.

Il più silenziosamente possibile, Caroline agguantò un paio di jeans, un maglione bianco a trama larga e dallo scollo a ciambella e dei bassi stivali in cuoio scuro; dandosi una veloce spazzolata ai capelli, che in quanto corti necessitavano la metà del tempo che prima vi dedicava, ed una spruzzata di profumo, uscì dalla stanza.. ma non prima di aver lasciato il fantomatico biglietto accanto al corpo del compagno ed averlo baciato, con dolcezza di sposa e madre, sull’angolo della fronte.
Ed infine, nelle rare volte in cui affiora,e che lo rendono per questo un dono inconsueto e preziosissimo…

Mello ha un bellissimo sorriso.

***

Quando raggiunse le scale, trovò Audrey ad attenderla davanti al portone.

AU= Per la prima volta ti ho battuto in tempistica! Da scrivere sul calendario!

CA= Simpatica… :) dai, andiamo!

***

Arrivarono in città che erano appena scoccate le otto; la pioggia era finita, ma qualcosa di ben più lugubre le attendeva, quando scesero dalla macchina e si guardarono attorno.

AU= Santo cielo… non sembra neanche più la Tokyo che ho visto al mio arrivo…

CA= E’… terribile.

Il grigiore di quel giorno non si era limitato solo al cielo… ma aveva permeato tutta la città, trasudando stanchezza, sgomento e terrore di un’eventuale secondo attacco.
Macerie giacenti per terra, automobili ancora abbandonate qua e là, persone che camminavano come spettri per le vie, chiazze di sangue secco e scuro sull’asfalto la facevano rassomigliare ad un enorme cadavere dilaniato.
Ed il silenzio…. il roboante, squassante, inumano silenzio che faceva tremare tutta la città, dalle fondamenta alle cime dei grattacieli.

CA= Vieni Audrey… saliamo da me…

“Andatevene signorine… andatevene finché siete in tempo.”

Al suono di quella voce le ragazze si voltarono all’unisono: dietro di loro era comparso un uomo anziano, sui settant’anni circa, macilento e dal volto talmente indurito dalla sofferenza da sembrare intagliato nel legno.

CA= Che cosa?

“Andatevene… due giovani ragazze come voi non sono al sicuro qui…”

CA= Gli shinigami… non se ne sono andati?

“NON LI CHIAMI! NON PRONUNCI QUELLA PAROLA DANNATA, O LORO RISPONDERANNO! Si sono rifugiati nella cattedrale… quello è il loro rifugio… ed escono solo di notte, per cibarsi e uccidere chi è così sventurato da capitare sul loro cammino…”

AU= Linne ti prego andiamo via… ho paura.

CA= (TRA SE E SE) La cattedrale… il cimitero.. là c’è la tomba di Rachel! Non posso lasciarla in mezzo agli shinigami!

“Non si avvicini a quel luogo signorina! E’ maledetto ormai… di notte le vetrate si tingono di rosso… del sangue delle loro prede!”

AU= Linne ti prego… è inutile, Rachel non è più là, non le faranno del male… vieni, andiamo in casa.

Tirata via a forza dalla cugina, Caroline mantenne lo sguardo fisso sulla sagoma della cattedrale, le cui guglie grigie si stagliavano oltre le cime delle palazzine, osservata a sua volta intensamente dall’anziano sconosciuto, che una volta vistala sparire dietro il portone, sembrò svanire come aria.
Solo una volta raggiunto l’appartamento della ragazza, Audrey si sentì al sicuro.

AU= Ok… cosa dobbiamo prendere?

CA= Nel ripostiglio ci sono due borsoni… mettici dentro tutti i vestiti e le scarpe che ci riesci ad infilare… io vado un attimo nel soppalco.

Audrey obbedì prontamente alle parole della cugina, sparendo oltre il corridoio; Caroline invece, una volta salite le scalette, cominciò a mettere in una borsa rigida il computer portatile, alcuni libri che le sarebbero stati utili, il piccolo cofanetto del defunto L…

“Stai attenta Caroline…”

Sobbalzando leggermente, Caroline si voltò, per poi rispondere a bassa voce.

CA= Ryuzaki… dov’eri finito?

RZ= Questo non è importante… sono qui per dirti una cosa…

CA= Se è riguardo al patto non voglio sentirla…

RZ= No, il patto non centra nulla… è molto più importante!

CA= Addirittura?! Di che si tratta allora?

RZ= Riguarda ciò che è capitato ad Audrey…

A quelle parole, la ragazza si bloccò, voltandosi completamente verso di lui.

CA= Parla.

RZ= Audrey è div…

Ma quasi come per scherzo del destino, non poté proseguire oltre: il campanello aveva
suonato. Caroline volse la testa verso la porta, senza muovere un solo muscolo; dopodiché, con sguardo duro ed interrogativo, osservò Ryuzaki che per la prima volta pareva impietrito.
Il campanello suonò una seconda volta, più a lungo; in contemporanea, Audrey si affacciò dalla porta del corridoio.

AU= Linne, il campanello! Mi spiace, ma ancora non sei in grado di aprire la porta con la forza del pensiero…

Scendendo lentamente le scale, la voce della ragazza parve acquisire la lentezza dei movimenti.

CA= Vado, vado…

Una volta arrivata alla sala, lanciò un’ultima occhiata a Ryuzaki, teso quasi all’inverosimile, consapevole che per la cugina era come se stesse guardando il vuoto.

CA= (PENSANDO) Tu lo sai chi c’è oltre quella porta… tu lo sai.

Andò ad aprire… ma le sue convinzioni si infransero miseramente, trascinandola nel freddo alveo dell’insicurezza. Non c’era chi si aspettava di vedere di fronte a lei.

Davanti ai suoi occhi, si stagliava la sua nemesi.

“La dea Fortuna volge decisamente a mio favore oggi…”

***

Dopo un lungo sonno ristoratore, Mello si svegliò aprendo lentamente gli occhi; quando si accorse che Caroline non era al suo fianco, scattò a sedere guardandosi intorno quasi angosciato; poi, dopo qualche istante, notò la presenza del piccolo foglietto giallo poggiato sul cuscino della compagna.

Non andare nel panico quando ti
sveglierai e non mi vedrai vicino a te.
Sono andata in città, a casa nostra,
 con Audrey a prendere alcune cose.
Un bacio, Linne.


Lesse il biglietto due volte, ancora leggermente intontito dal sonno appena svanito… e tra sé e sé, sorrise leggermente; lui e Caroline stavano cominciando a parlare della vita usando il plurale, non più il freddo,asettico “io” ma il caldo, avvolgente, rassicurante “noi”. Erano giunti ad un punto in cui uno non poteva fare a meno dell’altra, dei consigli, delle indicazioni e degli aiuti che si dispensavano a vicenda; Caroline lo conosceva come lei stessa, e lui di rimando, come in un magico gioco di specchi dove uno si rifletteva nell’altra…. malgrado i loro problemi, l’indagine ed il caso Kira, la malattia di lei e tutto il resto, Mello sentiva che Caroline gli stava pian piano regalando quello che aveva sempre desiderato, sin dal primo giorno che aveva preso conoscenza di chi e di cosa ci si aspettasse da lui alla Wammy’s House….
Una vita normale.

***

Se era la normalità quello a cui Mello stava pensando, in contemporanea Caroline ponderava un qualsiasi modo per poter evitare quell’incontro; si sentiva impietrita, come se i suoi occhi stessero contemplando quelli mefitici della Gorgone, incapace di pronunciare una qualsiasi sillaba, quasi le parole le fossero morte in gola.
Lo osservava… lo scrutava… con il cuore martellante nel petto, le mani quasi tremanti, mentre la controparte si limitava ad uno sguardo glaciale e bramoso allo stesso tempo.

“Beh? Il gatto ti ha mangiato la lingua? O Mello ti ha proibito di rivolgermi la parola?”

Riscossasi leggermente, la ragazza annaspò un poco prima di riuscire ad articolare un discorso di senso compiuto.

CA= Che… che ci fai qui?

“Devo prendere qualcosa che mi appartiene…qualcosa che hai deciso di abbandonare.”

CA= Io… non so cosa dire… mi dispiace.

“Non dire nulla allora.”

AU= (SPUNTANDO DAL CORRIDOIO) Linne, devo prendere anche ques…

Forse per provvidenza, o per curiosità, Audrey comparve sulla soglia della porta che collega la sala con la camera ed il bagno; anche lei come la cugina, nel vedere il misterioso visitatore, fu presa dall’imbarazzo.

“Audrey…è un piacere rivederti.”

AU= Oh, lo è… anche per me… Light.

Light. Cinque lettere, cinque segni grafici dell’alfabeto, inoffensivi se singoli… ma se messi insieme, uno dei tanti grandi demoni di Caroline. Il ragazzo, bellissimo come la sua natura gli permetteva di essere, la guardava impassibile, il magnifico volto trasformato in una muta maschera di ieraticità sembrava aver preso il pallore e l’austerità del marmo più pregiato.
Dopo qualche secondo di interminabile, snervante silenzio, Light posò gli occhi di liquido bronzo su Caroline; sembrava che nulla trasparisse, salvo la glacialità con la quale si trincerava contro di lei.

LI= Credo tu sappia di cosa sto parlando…

CA= Si… certo.

LI= Bene… aspetto qui.

Con passo traballante, ed il cuore che non aveva smesso un secondo di palpitare nel suo fragile torace, Caroline si avviò verso la camera da letto, incrociando lo sguardo solidale ed ugualmente sofferente di Audrey, quasi volesse comunicarle un “io sono con te, andrà tutto bene.”
Una volta arrivata in camera, prese dall’armadio e con mani tremanti l’abito che Light le aveva regalato, per poi piegarlo accuratamente sul letto… non capiva perché, non riusciva a spiegarsi perché i suoi occhi cominciassero a pizzicarle in modo così insistente e fastidioso. Poi si avvicinò alla specchiera, e quando sollevò il coperchietto del portagioie in avorio, il suo viso parve essere inondato dalla rifulgente luce dello smeraldo, superbo su tutti gli altri monili per il suo fulgido splendore. Quando lo prese tra le dita, sentendone per l’ultima volta la sericità della gemma, le scanalature sottili e perfette della lavorazione, ammirandone il limpido colore verde, una piccola perla trasparente scivolò lungo la sua gota.
Non era il dispiacere fisico nel separarsi da quegli oggetti che la faceva soffrire… ma era la consapevolezza di aver perso, come fossero il dazio da pagare per le scelte che aveva fatto, una persona… controversa, ambigua, con molti lati oscuri, certo… ma una persona con cui aveva condiviso un bel periodo della sua vita, una persona che aveva probabilmente amato, e che forse non le era ancora del tutto indifferente… Lo avrebbe perso, una volta uscito da quella porta avrebbe fatto lo stesso nella vita…
E questo le faceva male.
Sollevò il viso verso lo specchio, scrutando l’immagine riflessa del proprio busto e del proprio volto alla ricerca di qualcosa che ricordasse la ragazza che era all’inizio di quell’avventura.
E vide il proprio corpo cominciare a bruciare.
Fiamme impalpabili, evanescenti ed aranciate cominciarono a sorgere ed avvolgere le sue mani, i polsi, le spalle… fasciarono il suo collo, lambirono le sue gote e continuarono a bruciarla, a consumarla finché la pelle non diventò cenere.
Si decise a tornare nella sala, tenendo tra le braccia l’abito, con poggiato sopra il monile, quasi si trattasse di qualcosa di antichissimo e di inestimabile valore; una volta giunta davanti al ragazzo, rimase a testa china mentre glieli porgeva tendendo le braccia.

CA= Ecco… è tutto qui.

Ma stupendola, Light prese solo la preziosa collana, legandola tra le dita come un ricordo caro, guardandola e poi stringendola nel pugno all’altezza del cuore.

LI= Il vestito non mi interessa, puoi tenerlo… ma questo, questo è molto più importante; non si dona uno smeraldo alla prima donna che ti capita di frequentare.

CA= Mi dispiace Light… mi dispiace tanto…

Il ragazzo si avviò verso il portone, ma appena toccata la maniglia, parve ripensarci e si voltò nuovamente verso di lei. Sebbene il suo viso fosse ieratico, la voce tradì le sue vere emozioni.

LI= Dio solo sa quanto ti ho amata Caroline…. pochi uomini hanno amato una donna nel modo in cui ti ho amato io…

CA= Light…

LI= Ed anche ora, anche in questo momento, per quanto lo desideri e per quanto ci provi… io non riesco ad odiarti. E forse non potrò mai riuscirci.

CA= Ti capirei se tu nutrissi dell’odio verso di me…

LI= E invece no… io non odio te, ma l’uomo che ti ha portata via da me, quello che ti ha fatto cadere nella sua malia… ora i ruoli tra noi si sono scambiati Caroline; tu sei in paradiso, io all’inferno.

CA= No Light… se c’è una cosa che ho imparato è che quando l’uomo tenta di pensare il paradiso sulla terra, il risultato è un rispettabile inferno.

LI= Addio Caroline… non credo che le nostre strade si incroceranno nuovamente… per lo meno, le vite sentimentali. Nello stesso momento in cui io varcherò questa soglia, uscirò anche dalla tua vita.

CA= Addio Light…

Quieto e discreto come era arrivato, con la stessa morbida silenziosità con  cui era entrato nella sua vita e con cui ne stava uscendo,Light Yagami se ne andò dall’appartamento, lasciando una Caroline distrutta ad accasciarsi tra le braccia della cugina, ed a macerarsi nel bruciante senso di colpa.
Una legge base della Wicca, religione pagana precristiana fondata sul connubio tra uomo e natura, recita: “Ad ogni azione che compi, buona o malvagia che sia, il suo effetto ti tornerà indietro tre volte più potente di come tu la compisti in principio.”
E tutto questo sarebbe arrivato; non in quel momento… non il giorno successivo, o quello dopo ancora….
Ma sarebbe arrivato. E molto presto.
E poi, ad un tratto, la paura.

***

Due ore dopo…

Fecero ritorno alla villa dopo due ore, trovando tutti svegli e indaffarati a fare qualcosa; Caroline ed Audrey poggiarono i due borsoni sul pavimento all’unisono, e subito la ragazza si rivolse premurosa alla  cugina maggiore.

AU= Tesoro come stai?

CA= Bene… credo. Audrey, ti prego, non dire a nessuno di quest’incontro… te ne prego.

AU= Va bene, certo… ma non lo dirai nemmeno a Mello?

CA= No… non farebbe che farlo infuriare ulteriormente e..

“Cosa mi dovrebbe fare infuriare?”

Voltandosi al suono della voce, lo vide scendere le scale dell’ingresso ed avanzare verso di lei, regalandole un dolce sorriso a cui non poté esimersi dal rispondere; aveva indossato i suoi classici jeans neri con sopra un maglioncino di lana sottilissima a collo alto e grigio antracite. Era di una bellezza devastante.
Quando lo vide più vicino a lei, Caroline agì d’istinto non riuscendo più a trattenere quello che erompeva dal suo cuore; gli corse incontro, schiantandoglisi quasi addosso, e lo abbracciò più stretto che poté, cominciando a piangere affondando il viso nell’incavo della sua spalla. Mello, dapprima leggermente spiazzato e colto di sorpresa, sgranò leggermente gli occhi per poi addolcirsi e cingere il corpo di Caroline con le braccia. Nel parlarle, la sua voce era dolce ed amorevole.

ME= Caroline, che c’è? Che succede, perché piangi?

Tra i singhiozzi Caroline mormorò flebili parole, mentre veniva man mano calmata dalla morbida carezza della mano di Mello sulla propria nuca.

CA= Sei qui… tu sei qui…sei qui…

ME= Certo che sono qui amore mio, dove dovrei essere?

CA= Ho avuto così paura…

ME= Caroline, che cosa c’è? Avanti, parlami…

CA= Niente… ti amo Mello… ti amo, ti amo, ti amo…

ME= Anch’io ti amo Caroline…

E così dicendo, la strinse più forte a sé; ad un tratto però due colpetti di tosse imbarazzati interruppero il momento; Caroline si sciolse leggermente dall’abbraccio del compagno ed asciugandosi le lacrime si voltò verso un imbarazzatissimo Matt.

MA= Ehm, scusatemi, sono veramente mortificato per l’interruzione… ma, Caroline, forse c’è qualcosa che dovresti vedere…

CA= Cosa…?

MA= Fuori, nello spiazzo d’arrivo… tua madre è già uscita, ed anche Near, Halle e Gevanni sono là… manchiamo solo noi.

AU= Io intanto mi avvio…

E così, il terzetto si avviò verso il portone ligneo dell’ingresso; quando uscì all’aria aperta, fermandosi sull’ultimo gradino affiancata dai due ragazzi, il suo cuore si fermò per un secondo.
Quattro macchine nere erano parcheggiate nello spiazzo, mentre due le stavano raggiungendo; dalle vetture uscirono due, quattro, sei persone, tra uomini e donne, di tutte le età e nazionalità. Quando la quinta macchina si arrestò, altre due persone, un uomo ed una donna, ne scesero.
Ultima ad arrivare, una Alfa Romeo Giulietta con targa italiana.
Caroline era agghiacciata. Quelle persone facevano saettare lo sguardo da sua madre a lei, concentrandosi però maggiormente sulla propria figura… non si poteva più aspettare, era iniziata.
Loro, erano arrivati.

MA= (SOTTOVOCE) Caroline, perché queste persone ti e ci stanno fissando?

Ma la ragazza non poteva rispondere… i suoi occhi erano fissi sulla Giulietta ora parcheggiata e da cui stavano uscendo….

“NIMUE!”

Caroline scese lentamente il gradino su cui sostava e si diresse verso colui che l’aveva chiamata.

CA= Rabbino Levi… quanto tempo.

L’anziano rabbino l’abbracciò delicatamente.

EZ= Figliola mia! Sembra passata un’eternità dall’ultima volta che ci siamo visti…

CA= Già… ciao Eljiah.

Il nero le rivolse un amichevole sorriso.

EL= Ciao Caroline… Signora Bennett, è un piacere rivederla.

Solo alle parole di Eljiah Caroline si accorse della presenza di Janice al suo fianco, che
strinse elegantemente la mano al moro per poi baciare le mani del rabbino.

JA= Maestro Levi… è un onore averla qui.

EZ= L’onore è mio Janice… non tornavo in Giappone da più di trent’anni… venite,
avviamoci verso il resto della nostra compagnia.

Una volta raggiunti gli altri nuovi arrivati, Caroline cercò con lo sguardo Mello, disorientato quanto lei, per poi soffermarsi sulle persone che aveva davanti: undici individui, sette uomini e quattro donne, provenienti forse da ogni parte del mondo.

EZ= Caroline, hai davanti ai tuoi occhi la Confraternita della Croce Nera al completo…vieni, avvicinati con me. Loro sono i fratelli Nicolaj (NB) e Dimitri Bulgakov (DB) da San Pietroburgo.

Due uomini alti, pallidi e magri, sui quarantacinque anni, la salutarono con un galante baciamano; quando le si rivolsero, il loro inglese era marcato da un forte accento russo.

DB= Incantato signorina Seyrig.

NB= E’ un piacere conoscerla per me.

CA= I-il piacere è mio…

EZ= Nicolaj è un valente informatico, Dimitri invece ha scelto con successo la strada della biologia… oh, loro sono la signorina Scarlett Holmes (HO), frenologa ed  il signor Dorian McCarthy (DC), eccellente psichiatra, dalle città di Liverpool e Manchester…
Caroline salutò cortesemente una giovane donna di trent’anni dai corti capelli ramati e un uomo di circa dieci anni più vecchio, brizzolato.

EZ= Etienne Verlain (VE) e Dominique Baudelaire (BA), discendente del celeberrimo poeta Charles Baudelaire… dalle magnifiche cittadine francesi di Lione e Saint Malo…

BA= C’est un plaisir…

VE= Enchantè...

EZ= Etienne è un famoso antropologo, Dominique invece, contrariamente alla vena poetica della sua discendenza, ha preferito diventare uno dei più stimati genetisti…

CA= Molto piacere…

Si spostarono verso un’altra coppia, composta da un uomo ed una donna sui quarant’anni.

EZ= Figliola, ti presento la signora Annalisa Orsini (OR), filosofa, ed il teologo Michelangelo Dani (DA), nonché suo marito… vengono da Torino, grande centro di studi esoterici, e vertice del triangolo di magia nera con Praga e Lione.

OR= E’ un piacere conoscerla signorina Seyrig… ho sentito molto parlare della sua bisnonna Rowena.

CA= G-grazie… il piacere è mio.

EZ= E per ultimi, il fisico Kyosuke Asahi (AS), il matematico Masamoto Sashimi (SA)….

La ragazza strinse la mano a due uomini di circa cinquant’anni dai colori e dai tratti somatici tipici di quella terra; ma Ezra non aveva ancora finito, e la portò innanzi ad un’altra persona… una donna dell’età forse di trentotto anni.

EZ= E Diantha, la filologa della Confraternita… (DI)

Quella donna la colpì nel profondo, muovendole come la sottile convinzione di averla già vista; era minuta, di altezza poco più bassa di lei, talmente pallida da sembrare alabastrina e con un viso che frastornò la memoria visiva di Caroline.
Grandi occhi castano chiarissimo dal taglio allungato… il naso piccolo e armonioso, capelli castano biondi raccolti in una morbida treccia… perché…? perché l’impressione di averla già vista non l’abbandonava?

DI= Signorina Seyrig, sono onorata… siete ancora più bella di come il maestro vi descriveva.

CA= E’ un onore anche per me fare la vostra conoscenza,Diantha…

Ad un tratto, la donna oltrepassò la spalla di Caroline con gli occhi, per guardare Matt e Mello poco lontani, ancora impietriti davanti all’entrata; e quando i suoi occhi si posarono su uno dei due ragazzi, i suoi occhi si allargarono sgomenti.

CA= Signora… va tutto bene?

Diantha ci mise qualche secondo a registrare la domanda pervenutale dall’esile ragazza che le stava di fronte, e quando rispose la sua voce velava incertezza.

DI= Oh… si, si certo va tutto bene! Non preoccuparti cara!

D’un tratto, la donna si voltò verso Ezra Levi cercandone lo sguardo.

DI= Ezra…

In seguito Diantha mormorò al rabbino parole in yiddish, incomprensibili alla ragazza; il rabbino, prima di rispondere, le sorrise.

EZ= Si, mia cara… (RIVOLGENDOSI A CAROLINE E PRENDENDOLA SOTTOBRACCIO) Vieni figliola, entriamo in casa… dobbiamo parlare di molte cose.

Si mossero verso il portone d’entrata, accompagnati come in un corteo, da Diantha, Janice ed il resto della Confraternita… fino ad arrivare a Matt e Mello, ancora immobili sui gradini dell’uscio; quando gli fu innanzi, Ezra Levi li guardò con occhi paterni.

EZ= Caroline, loro devono essere Matt e Mello… vero?

CA= Esatto signor Levi… sono loro.

EZ= (SORRIDENDO) Perfetto…assolutamente perfetto. Ragazzi, vorreste farmi l’onore di seguirmi?

In silenzio e leggermente spiazzati, i due giovani si limitarono ad annuire e ad aggregarsi al “corteo”; Mello, andando accanto alla compagna, la prese delicatamente per mano, accarezzandone lievemente il dorso con il pollice… ed a Caroline quello fu sufficiente per sentirsi meno sperduta.

***

Arrivarono nello studio della villa, ma le sorprese non erano destinate a concludersi; avvicinandosi alla libreria, Ezra tirò leggermente verso di sé un volume, tra i tanti che riempivano lo scaffale, ed a quel gesto il mobile si incassò nel muro per circa trenta centimetri… finché non scorse di lato, rivelando un’apertura che dava su delle scale illuminate da file e file di fiaccole.

EZ= Figliola, non tremare… cheta la tua paura, perché nulla tra queste persone,potrà danneggiarti…

CA= Grazie rabbino Levi… ma mi sembra quasi di vivere un sogno… che sta assumendo i contorni dell’incubo.

EZ= Scendiamo dabbasso Nimue… e vedrai che ciò che vi è da temere ha tutt’altra forma.

Cominciarono a scendere le scale lentamente, Ezra e Caroline davanti ed a seguire Mello e Matt, Diantha e Janice, Eljiah e tutti gli altri. Halle e gli altri ritennero opportuno non intromettersi.
Giunsero poi ad una sala ovale, costruita interamente nella pietra grezza, illuminata da candelabri e torce, costruita alla maniera di un tempio greco; al centro della sala, vi era una specie di ara di medie dimensioni, intagliata a motivi gotici, giacente su un piccolo rialzo collegato al pavimento da uno scalino. In fondo, parallelo a dove si trovavano loro, scolpito nella pietra viva, un piccolo altare realizzato come un piccolo tempietto romano in cui venivano adorate le divinità domestiche dei Lari, racchiudente tre scrigni d’ebano intagliati d’oro smaltato, recanti ognuno un nome. Avanzando di un passo, Ezra Levi si voltò verso di loro.

EZ= Nimue…. Mihael…. Mail…. venite qui ragazzi, davanti a me.

Una volta che i ragazzi esaudirono la richiesta dell’anziano, questi si diresse verso il piccolo altare, prendendo uno alla volta gli scrigni e collocandoli in fila orizzontale davanti a loro, secondo le posizioni delle persone… Mello, Caroline ed infine Matt.
In seguito, salì il gradino dell’ara ponendosi come un ministro di Dio in procinto di eseguire la sacra funzione.

EZ= Venite… avvicinatevi ed aprite gli scrigni.

Erano forzieri di una bellezza immane, complice la lucidità del legno ed il superbo lavoro d’intarsio dorato; sul coperchio, incisi in una placchetta rettangolare aurea, i loro nomi.

“Mihael”…. “Nimue”… “Mail”. Erano talmente perfetti da incutere timore.

Inspirando profondamente e guardandosi un’ultima volta, li aprirono lentamente ed in simultanea, avvertendo il crepitio del legno antico sotto le dita. Quando furono completamente dischiusi, osservarono ciò che vi era custodito, cullato da morbide onde di velluto color del sangue.
Nel suo scrigno, Mello trovò una sottile catenina d’oro avente come ciondolo una “K” e una “M” intrecciate assieme, accompagnato da una lunga, superba piuma dai colori dell’arcobaleno… tenendo entrambi gli oggetti tra le mani e accarezzandoli con lo sguardo, i ricordi gli arrivarono come una scarica elettrica, improvvisi e lancinanti: gli ritornò alla mente quando riposava tra le braccia di sua madre, divertendosi a giocherellare con il ciondolo che portava al collo… quel ninnolo.
Alzò lo sguardo cristallino verso l’anziano rabbino che stava di fronte a lui.

ME= Questi oggetti…. erano… di mia madre…?

EZ= Si, Mihael…. e li ha lasciati a te…

Mentre Mello scambiava queste parole con il rabbino, anche Matt e Caroline afferrarono la coppia di oggetti racchiusa nei loro scrigni: il ragazzo vi trovò un fermaglio per capelli in avorio, appartenuto a sua madre, ed una pergamena di medie dimensioni che, una volta srotolatala, svelò una scrittura fitta ed indecifrabile.

MA= Mio dio… questa pergamena deve avere più di settecento anni…

EZ= E’ proprio così figliolo… questa pergamena porta la data del 56 a.C…

MA= Ma non riesco a…. non so leggerla.

EZ= Tranquillo… arriverà il giorno in cui ti sarà chiarissima…

Caroline non aveva ancora parlato… immobile, silenziosa, con gli occhi fissi sugli oggetti che aveva trovato, non riusciva a scacciare via dalle proprie ossa un senso pervadente di gelo, un angosciante freddo all’interno del corpo, che le cristallizzava il sangue e le raggelava le viscere.

ME= Linne… tesoro, va tutto bene?

La ragazza parve non averlo sentito, continuando a parlare tra se e se.

CA= …. credevo fosse andato distrutto…

Tra le mani di Caroline vi erano una lunga catena d’oro bianco a maglia sottile, portante come medaglione una chiave di medie dimensioni, simili a quelle medievali per forma e scanalature dei denti, dello stesso materiale prezioso….ed un piccolo carillon tondo di madreperla e legno bianco; quando ne sollevò il coperchietto, una bambolina vestita da ballerina classica apparve, cominciando a ruotare sulle dolcissime note di una delicata melodia.

Al suono di quella canzone, al riscoprire quella melodia, il tempo parve fermarsi, cristallizzarsi in una dimensione parallela e lontana… il suono si alzava limpido, pulito, come se fosse sempre stato utilizzato in quegli anni di abbandono. Nell’ascoltarla, Caroline chiuse gli occhi, avvertendo una piccola lacrima scivolarle lungo lo zigomo ed andarle a circondarle il mento; si ricordò del natale di quindici  anni fa, lei aveva sette anni, Rachel dieci ed insieme aspettavano trepidanti l’arrivo del padre con i loro regali… quanto avevano giocato con quel carillon cercando di imitare la ballerina che lo abitava,  quante volte si erano addormentate al suono di quella melodia caricandolo all’infinito… quella canzone pareva trasportarle nel loro posto segreto, quel luogo nascosto dove solo i bambini possono andare, popolato di strane creature, farfalle, elfi e fate che giocavano con loro e le portavano in giro per il loro magico mondo, regalandole meravigliose e profumate rose…
Quel mondo Caroline e Rachel lo conobbero per altri cinque anni; quando la maggiore venne portata via, tutto divenne grigio e spento, le farfalle persero le loro ali, gli elfi se ne andarono, le fate perdettero il loro scintillio, i fiori appassirono…Caroline, da sola, non riuscì mai più a tornare in quel luogo incantato, sembrava che solo la presenza di Rachel riuscisse ad evocarlo… e non ci furono più rose per le due sorelle.

EZ= Figliola cara… questo è il lascito che Rachel e Rowena hanno voluto donarti…

CA= La chiave… è di Rowena?

EZ= Si… la tua bisnonna la portava sempre al collo, questa chiave d’oro bianco, per quanto insignificante ed inutile possa sembrarti, nasconde al suo interno un grande potere…. un potere che solo Nimue può risvegliare.

CA= Che genere di potere?

EZ= Questo nessuno lo sa… a parte la prescelta.

I tre ragazzi, vicini l’uno all’altro quasi a volersi reciprocamente proteggere da quei paurosi e sconosciuti ricordi, erano increduli… e nel vedere i loro occhi spaesati e quasi impauriti, Ezra parlò di nuovo.

EZ= Vedo dai vostri occhi che tutto questo vi sfugge… non preoccupatevi, vi spiegherò tutto.

Dirigendosi nuovamente verso il piccolo tabernacolo, scostò dal muro una piccola tenda di velluto purpureo, particolare che prima era sfuggito ai tre; tornando indietro, notarono che reggeva tra le mani una cornice rettangolare di legno scuro molto vecchia e consunta dal tempo.

EZ= Ecco… guardate, e vi sarà tutto molto più chiaro…

Svelandola davanti ai loro occhi, i ragazzi videro che la cornice racchiudeva una fotografia color seppia, ritraente una ragazza seduta di circa diciannove anni dai lunghi capelli biondi, con a lato due ragazzi in piedi di qualche anno più grandi, uno moro e l’altro con una fluente coda ramata di media lunghezza. Tutti e tre i bei volti erano fissi in un’espressione grave e matura.

CA= Chi… chi sono?

EZ= Loro furono…. ciò che voi sarete dopo questa notte…

Osservando meglio, Caroline notò che la ragazza portava al collo lo stesso medaglione che ora giaceva nel palmo della sua mano sinistra e teneva in grembo una lunga spada bianca… il giovane moro brandiva nella mano destra una lunga lancia dove sulla sommità, appena sotto la congiunzione con la lama, vi era annodata con un laccetto di cuoio la stessa piuma che era tra le dita di Mello…. mentre l’ultimo ragazzo, dallo sguardo scanzonato malgrado la compostezza di quell’immagine, teneva tra le braccia un grosso libro tenuto semiaperto e tra le dita della mano sinistra una penna stilografica, quasi fosse stato immortalato proprio nel momento in cui si accingeva a scrivere qualcosa.

ME= Dio mio… ma tengono in mano gli stessi oggetti che abbiamo noi ora…

MA= Che cosa significa tutto questo? Chi sono loro, che ora siamo noi?

EZ= Loro sono… la Cacciatrice, l’Arcangelo e l’Evangelista. La sacra,prescelta triade della Profezia dei Sette Tempi.

CA= Che cosa?! Quindi…. noi…

EZ= Eccezion fatta per te, Caroline… voi, ragazzi, vi siete mai chiesti quale fosse… il vero significato dei vostri nomi?

Alterato, Mello sbottò:

ME= Un nome è solo un nome! Un insieme di lettere che identificano un individuo da un altro.

EZ= No figliolo… un nome è molto di più… è un messaggio, un codice nascosto… un vaticinio… un augurio od una maledizione…. un nome è tutto questo…

ME= Il mio nome è Mihael… che significa?

EZ= Mihael… dall’antico ebraico “Mi- ka- El”…. “chi è come Dio”…

ME= Ossia?

EZ= Ossia uno dei tre arcangeli… e tu, mio caro Mello, sei la reincarnazione dell’arcangelo Michele.

Il gelò si impadronì di Mello, che impallidì sgranando i grandi occhi color del cielo, seguito per emozioni simili da Caroline e da Matt; per un attimo, un palpabile, opprimente silenzio abitò quella stanza sotterranea. Mello sembrava incapace di qualsiasi reazione.

ME= Io… io sono…cosa?

EZ= In te, ragazzo mio, rivive l’antica forza dell’arcangelo Michele, colui che sconfisse Satana in persona… se ti sei salvato dalle fiamme la prima volta, portando sul tuo viso il simbolo di quell’azione, e dalla morte la seconda, non è stato solo per interposizione della donna che ami… ma anche della fibra e del sangue che risiede nel tuo corpo…

A quelle parole, istintivamente Mello andò a toccare con la punta delle dita la cicatrice del lato sinistro del volto.

ME= Ma se io sono l’arcangelo… Matt che cos’è?

Incuriosito e spaventato allo stesso tempo, Matt fece un passo in avanti raggiungendo così il fianco dell’amico.

EZ= (GUARDANDO MATT) Oh…beh, per te la situazione è un poco differente… benché il tuo vero nome sia “Mail”, conosci per quale ragione il tuo ex tutore Watari avesse scelto per te il nome di “Matt”?

MA= No… non mi sono mai posto il problema; Watari sceglieva personalmente il nome per ognuno di noi, quindi ho sempre pensato che non vi fosse una particolare ragione.

EZ= Ed invece sbagli, perché c’è una logica… molto più alta di quanto tu non creda. Watari scelse per te il nome “Matt” poiché non era altro che la trasposizione inglese del nome “Matteo”…

MA= Marco…Luca…Giovanni…Matteo. Io sarei…l’Evangelista?!

Matt pronunciò le ultime parole con il groppo alla gola di chi sa già la risposta che verrà data alla sua domanda; il rabbino annuì lentamente.

EZ= Si…

Preso dallo scoramento, appoggiò la schiena contro il muro e con occhi fissi davanti a se, si lasciò scivolare a terra portandosi una mano a coprire gli occhi, toccando con pollice ed indice le tempie.

MA= Cristo santo…

Matt era accovacciato a terra, Mello in piedi con i pugni stretti e lo sguardo fisso al pavimento, mentre il resto della Confraternita li fissava in silenzio; ma ad un tratto, l’unica persona rimasta indietro, l’unica che ancora non aveva proferito parola, parlò con voce simile al ghiaccio che si incrina.

CA= (GUARDANDO LA FOTO) L’Arcangelo… l’Evangelista… vi sono tre persone e due ruoli sono già stati “assegnati”,per così dire… quindi presumo che per me sia riservato il ruolo… (VOLTANDOSI VERSO EZRA) della Cacciatrice.

EZ= Ed è così Caroline… tu sei Nimue, la prescelta, la Cacciatrice di Dio… assieme all’Arcangelo ed all’Evangelista, componente la triade della profezia, i guerrieri della luce.

CA= (IN TONO DI SFIDA) E se noi non volessimo?

EZ= Nessuno può rifiutarsi…ogni uomo ha scritto il proprio destino ed è chiamato a svolgere il compito assegnatogli; voi, siete stati chiamati a compiere il volere di Dio.

CA= Perché Dio non se lo svolge da solo?

EZ= Non bestemmiare! Nessuno ha il diritto di mettere in discussione la volontà divina, nemmeno chi come te, è chiamato ad un fine più alto!

Se Mello e Matt si abbandonarono ad una muta angoscia, Caroline fu quella che reagì più vigorosamente… conformemente alla sua natura, una rabbia ostile la pervase.

CA= Voi… voi che scagliate fredde e secche sentenze senza curarvi dell’angoscia che suscitate nel cuore di chi vi ascolta…. voi,che vi definite indegni di speculare sulla giustizia della volontà divina ma che pretendete di disporre degli uomini come si fa con un pugno di foglie passite… voi, che vi definite semplici tramiti di Dio, ma che vi arrogate il diritto di muovere chi vi sta attorno come sciocche marionette senza nerbo, gettandole in pasto ai leoni per sentirvi appagate… osate definirvi servi di Dio? Siete solo servi della vostra smania di potere e del sordido appagamento che provate nel sentirvi in grado superiore a qualcuno, parandovi dietro a preghiere confabulate, a dogmi atavici… a moralismi ormai inutili ed instabili come sabbia del mare...

Non curandosi del mormorio indignato che ebbe sollevato tra i membri della Confraternita, Caroline stesse per un attimo in silenzio, fissando con occhi duri e rifulgenti di collera l’anziano rabbino… nel suo campo visivo, offuscato e limitato dall’ira, non vedeva più né sua madre, né Diantha, Eljiah o Mello e Matt; aveva come la percezione che come una cortina teatrale fosse calata su lei ed Ezra Levi, dividendoli dal resto dei presenti.

EZ= Nessuno più di te potrebbe essere Nimue… porti nel cuore e nel sangue la stessa ardimentosa passione che la fece diventare la leggendaria guerriera che fu…

CA= Gliel’ho già detto, e glielo ripeterò finché avrò fiato per respirare… io non sono Nimue.

EZ= E’ giunta l’ora che tu smetta di fuggire da ciò che sei, ragazza… affronta la tua natura, ineluttabile ed ultima; insisti nel volere che gli altri ti chiamino “Caroline”, ma giorno dopo giorno tu stessa avverti che questo nome ormai più non ti appartiene… la metamorfosi è iniziata.

A quelle ultime quattro parole, un flash colpì la memoria della ragazza: Ryuzaki, nel condurla presso il dottor Reiver per sottoporsi all’esperimento del Memorarium… le aveva detto la stessa cosa.

“La metamorfosi da Caroline in Nimue sta avendo inizio…”

Fece per controbattere, quando fu bloccata all’improvviso dalla mano di Mello, che le calò dolcemente risoluta sulla spalla; al contatto, si voltò per guardarlo: immobile come una statua marmorea, eccezion fatta per la mano ancora poggiata sull’omero femminile, teneva il capo leggermente chino nascondendo i bellissimi occhi dello zaffiro.

ME= Basta amore mio… non ha più senso adirarsi.

CA= Mello, cosa….

ME= Io, contrariamente a te Caroline, ho fede… e credo alle parole del rabbino. Se Dio ha veramente voluto così, noi non siamo nessuno per opporci.

CA= Mello… non posso crederci…

MA= (AFFIANCANDO CAROLINE) Io sono d’accordo con lui. Rassegniamoci Linne, il nostro destino è stato scritto così.

ME= (ALZANDO LO SGUARDO VERSO EZRA) Signore… qualunque cosa noi saremo chiamati a fare, come Arcangelo, Evangelista e Cacciatrice… la faremo.

La discussione forse sarebbe potuta andare avanti, assecondando quello che era il desiderio occulto di Caroline…. se non fosse stato per il fatto che una Halle  sconvolta e molto agitata fece la sua comparsa trafelata nella stanza.

HA= Caroline! Caroline per l’amor del cielo, devi venire subito!

La ragazza le si avvicinò velocemente, poggiando le mani sulle braccia dell’altra.

CA= Halle, tesoro calmati… che c’è, che succede?

HA= Audrey! Sta male!

CA= Cosa?!

HA= Ha cominciato a sentirsi debole, le girava la testa e poi è crollata a terra!

CA= Ora dov’è?!

HA= In camera sua, con Near! Presto, devi venire immediatamente!

Senza rivolgere la parola ad Ezra e seguita poi a ruota da Matt e da Mello, Caroline tenne dietro ad Halle, salendo le scale a due a due e correndo.
Arrivò in camera di Audrey quasi sbattendo la porta e nel vederla, si fermò: la cugina giaceva nel grande letto che pareva enorme a confronto della sua esigua figura; il suo viso presentava un pallore spaventoso, quasi tendente al grigio, gli occhi erano lucidissimi e bordati di violaceo che li rendeva inquietanti e inumani…respirava a fatica, il petto si alzava e si abbassava in un ansimo convulso e sibilante. Le si accostò lentamente, inginocchiandosile accanto e parlandole dolcemente.

CA= Audrey…

La ragazzina voltò piano la testa verso di lei e le parlò faticosamente, con voce flebile e annaspante per il poco respiro.


AU= Linne…che mi sta…succedendo?

CA= Non lo so,tesoro, mi dispiace… (POGGIANDOLE UNA MANO SULLA
FRONTE) Bruci di febbre… (A NEAR) Si è sentita male all’improvviso?

NE= Si… è sbiancata ed a cominciato a dire che la testa le girava vorticosamente… mi è svenuta tra le braccia.

CA= Non può essere il morbo dell’epidemia… Audrey non era qui durante lo scoppio virale, e se l’hanno fatta passare alla frontiera vuol dire che le sue condizioni fisiche ed immunitarie erano a posto.

Ma vagando sul corpo della cugina, Caroline comprese che non era il morbo ad aver infettato Audrey… ma qualcosa di peggio, che le procurò un lungo e freddo brivido nella schiena. L’epidermide del collo, dello sterno e delle mani di Audrey (gli unici punti non coperti dalla stoffa degli abiti) era talmente pallida da sembrare trasparente… e sotto di questa, vene e capillari erano perfettamente visibili, formando un intricato reticolo rosso-bluastro.
Alzando leggermente lo sguardo, notò che le labbra erano mortalmente esangui, le gengive, dal rosso vivo di una persona in salute, erano divenute dello stesso colore delle labbra, ritirandosi di almeno un centimetro scoprendo ancor più i denti, quasi a guisa di zanne.

NE= Hai qualche idea su quale possa essere la causa?

CA= Io… io credo di si. Ma ora non è il momento di parlarne, dobbiamo metterla sotto le coperte, sta tremando di freddo.

Facendosi aiutare dal ragazzo, Caroline coprì la cugina con le calde e pesanti coltri del letto, accomodandole al meglio la testa sul morbido cuscino ed accarezzandola dolcemente su una guancia.

HA= Dovremmo chiamare un medico…

Mello, intuendo a cosa si stesse riferendo la compagna nell’affermare d’avere un’idea riguardo, intervenne nel discorso.

ME= Un medico non servirebbe a nulla, anzi potrebbe renderci più vulnerabili…

MA= Mel, Audrey è grave, non possiamo lasciarla così!

“Forse io so a chi possiamo rivolgerci…”

Silenziosamente, Janice,comparve sull’uscio della camera della nipote, guardandola con occhi colmi di triste consapevolezza.

CA= Chi?

JA= La confraternita vanta tra i suoi adepti un ottimo medico… lo chiamo immediatamente.

CA= Non hai risposto alla mia domanda, mamma… chi è?

JA= Meglio che tu lo scopra quando arriverà… renderà le cose molto più facili.

E girando sui suoi tacchi, andò a scendere le scale mentre Near si rivolse a Caroline.

NE= Resto io con lei, non preoccuparti.

In silenzio, Caroline baciò sulla fronte Audrey ed uscì dalla camera; scendendo la rampa
di scale, Mello le si affiancò.

ME= La notte che Audrey si è sentita male, c’eravamo sia io che te a portarla all’ospedale… e se ti conosco abbastanza bene, so che quello a cui stai pensando è proprio lo stesso motivo del malessere di quella notte.

CA= Non lo escludo… ma per quanto in cuor mio provi a non considerare quell’ipotesi, si fa sempre più spazio tra le altre.

Tacendolo a Mello, Caroline si ricordò delle parole,lasciate in sospeso,che Ryuzaki aveva tentato di rivolgerle il giorno che Light aveva bussato alla sua porta.

“Caroline, Audrey è div…”

“Diventata… cosa?” pensò tra se e se. Dopo quel giorno Ryuzaki era scomparso, come la sua natura di spirito gli consentiva di fare, e non aveva più terminato la frase che, in quel frangente, lasciata in sospeso assumeva contorni allarmanti.

***

-    Mezz’ora dopo-

Il medico che avrebbe dovuto visitare Audrey era arrivato, trovandosi ora nella camera della ragazza; nell’attesa, Matt e Mello erano stati convocati dal rabbino, mentre Caroline era uscita nel grande giardino, non potendo (o non volendo?) così scoprire l’identità del terapeuta decantato da sua madre.

MA= Io non posso crederci…. l’idea di essere l’Evangelista mi terrorizza a morte… ma nel contempo, esercita in me un fascino non indifferente.

EZ= E’ una reazione comprensibile figliolo…molti prima di voi hanno creduto che tutto questo fosse solo un sogno…

MA= Ma come…cioè, perché noi? Chi ci ha scelto, con quale logica?

EZ= Tante domande affollano il tuo cuore, Matt… siete stati scelti da Dio per compiere la sua missione e la logica di questa scelta, divina e per questo perfetta, non può essere sondata dalle nostre menti mortali..

MA= Qual è il mio compito? Che cosa deve fare un Evangelista?

EZ= Nel tempo che fu, i quattro evangelisti Marco, Luca, Matteo e Giovanni, riportarono le cronache della discesa del figlio di Dio sulla terra… ciò che ci hanno lasciato, ha donato agli uomini il conforto della fede. Ma tu, reincarnazione dell’evangelista Matteo, prima di essere un testimone della battaglia che verrà, sei un guerriero…

MA= Un guerriero?

EZ= Si… dovrai affiancare gli altri due membri della triade non solo con la testimonianza dei tuoi occhi, ma anche con la forza del tuo corpo e della tua mente…

A quelle parole, Matt abbassò il capo, sconcertato.

MA= Sant’Iddio…

“Noi non siamo guerrieri…”

A pronunciare quelle parole cariche d’amarezza, fu Mello, rimasto in piedi accanto alla finestra con le braccia incrociate sul ventre; il suo sguardo limpido vagava oltre il vetro ialino.

EZ= Che intendi dire Mihael?

ME= Arcangelo… Evangelista… sono ruoli onerosi, importanti, spaventosi nella loro sacralità. E più adatti a dei servi di Dio che a due sbandati, orfani dall’età di due e tre anni…

EZ= Non è una ragione sufficiente per rendervi meno onorevoli agli occhi del Signore…

ME= Rabbino Levi, sono entrato alla Wammy’s House a due anni, ne sono uscito a quindici e per i successivi cinque anni fino ad ora, ho condotto una vita tutt’altro che onorevole! Ho stretto alleanze con le persone più turpi, ho distrutto, spaventato, corrotto, persino ucciso chi si metteva contro di me o intralciava il mio scopo. Le mie mani sono macchiate del sangue di innumerevoli vittime… come può Dio scegliere come suo massimo araldo, come arcangelo e come suo servo… un assassino?

EZ= Figliolo, non c’è uomo più o meno degno della grazia divina… essa scende dal cielo, sotto forma di pioggerellina dorata; è due volte benedetta, per chi da… e per chi riceve.

ME= Belle parole…

EZ= Non sono mie.. ma di uno dei più grandi maestri della letteratura, di qualcuno che con i suoi scritti ha celebrato la gloria di Dio anche nei vincoli d’amore e d’amicizia.

ME= William Shakespeare… l’autore preferito di Watari…

Il rabbino annuì sorridendo dolcemente.

ME= Mi parli dell’Arcangelo, padre… mi spieghi cosa Dio si aspetti che faccia…

EZ= Michele, primo dei principi e custode del popolo d’Israele, è ricordato per aver difeso la fede contro le orde di Satana…nell’Apocalisse è riconosciuto come colui che guidò l’esercito celeste nella battaglia contro il drago e gli angeli caduti del Paradiso, messaggero divino,guerriero armato di spada e lancia, dalle ali maestose e policrome…

ME= Ecco il perché della piuma…

Parlarono per molto tempo ancora… mentre un destino tutt’altro che umano dipanava le sue trame di fronte a coloro che avrebbero dovuto adempiere a qualcosa che andava di gran lunga oltre le umane capacità.

***

Era là fuori da chissà quanto… ma non si curava di aver perso la nozione del tempo, avvertiva che era una cosa che giorno dopo giorno l’abbandonava sempre di più; seduta a gambe incrociate su una delle panchine di pietra, osservava l’orizzonte che cominciava a colorarsi dei morbidi toni del vespro… finché i suoi occhi non furono catturati da qualcosa che nei giorni precedenti le era sfuggito. Dalla scalinata in pietra grezza che portava alla terrazza della seconda parte di giardino, a circa metà del percorso partiva un sentiero sottile in terra battuta, che si snodava all’interno del piccolo boschetto; senza indugiare oltre, Caroline si alzò in piedi e scendendo celermente gli scalini, si immise nel sentiero.
Guardandosi intorno, avvolta nel morbido e resinoso silenzio della vegetazione, comprese che il viottolo iniziante nel giardino della villa, sfociava all’interno di un piccolo bosco; seguire il tracciato si faceva sempre più impegnativo, gli aghi di pino secchi e caduti a terra formavano un soffice tappeto scricchiolante sotto i suoi passi leggeri, le fronde degli alberi si facevano sempre più intricate tanto da arrivare a nascondere il cielo agli occhi della ragazza, che ogni tanto doveva farsi strada con le mani, scostando i rami orizzontali più bassi.
Era talmente affascinata dalla naturale magia di quel posto così silenzioso che camminava tenendo lo sguardo alto, ad ammirare i colori del bosco in inverno.

CA= (SORRIDENDO) Mio dio, sembra il bosco di “Alice nel paese delle meraviglie”… chissà se sbucherà da qualche cespuglio il Bianconiglio o lo Stregatto….

Ad un tratto, sotto il suo sguardo attento, il sentiero cominciò a curvarsi verso il basso, in un arco quasi perfetto; mettendo i piedi trasversali per aver miglior presa sul terreno, prese a scendere… finché non sentì che la terra sotto il suo piede sinistro aveva cominciato a franare.


CA= Merd…AAAAH!

La zolla dove sostava si staccò impietosamente dal resto dell’humus e cadde sul terriccio di schiena; data la pendenza del terreno, la forza inerziale la portò a rotolare lungo il declivio. Avendo preso velocità, non riusciva ad agganciarsi a nulla né a fermarsi e ripiegò sul raggomitolarsi in posizione fetale, a voler proteggere la testa ed il collo da eventuali urti.
Si fermò soltanto quando andò a sbattere con la schiena contro il tronco massiccio di un albero; il contraccolpo, oltre ad aver arrestato il suo rotolamento, la sbalzò leggermente in avanti, facendola cadere a bocconi; l’urto la lasciò per qualche istante senza fiato e, puntellandosi sui gomiti, si prese un momento per riprendersi.

CA= Complimenti Caroline… se c’è un modo in cui per fermarti devi farti male o incrinarti qualche costola, tu lo trovi sicuro…. cavolo, che botta…

Alzandosi in piedi traballante, aiutandosi con le mani lungo il tronco dell’albero, guardò davanti a sé…. e rimase spiazzata nel vedere il luogo in cui era arrivata.

CA= Mio dio… questo ha tutta l’aria d’essere… un mausoleo.

Su uno spiazzo di terra perfettamente tondo, si innalzava una cappella in stile gotico, dalle pietre grigie ormai consunte dal tempo; su entrambi i lati, a custodia del sonno sepolcrale degli abitanti della struttura, del portone in bronzo opaco e striato del color verde che porta l’ossidazione, vi erano due magnifiche statue di angeli, simili a quelle del Bernini su Ponte Sant’Angelo a Roma.
Forzando leggermente i maniglioni del portale e facendo saltare con un calcio la serratura ormai arrugginita, aprì entrambe le ante che rivelarono una scalinata verso il basso; sporgendo la testa verso l’interno, vide che tutti i muri erano affrescati con scene del giudizio universale e di martiri dei vari santi della religione cattolica.

CA= Beh, sono arrivata fin qui… tanto vale andare fino in fondo.

Attenta a non scivolare, prese a scendere i gradini ripidi e resi lisci dall’usura di chi prima
di lei aveva transitato per quei luoghi; cercando di lottare contro la nausea che l’odore di muffa le provocava ed appoggiandosi con la mano contro la parete umida e ricoperta in alcuni punti da muschi e licheni, scese tutta la gradinata, per giungere a quella che doveva essere la cripta della cappella.
Contrariamente a quanto si aspettava, la stanza era costituita solo da due enormi cassoni di granito, delle dimensioni di una grande vasca da giardino, posizionate parallele l’una all’altra con un distacco di circa mezzo metro, in modo da formare uno stretto passaggio. Vi diresse risoluta, e quando si trovò a circa metà altezza del piccolo “corridoio” un brivido di terrore la pervase.
Entrambe le vasche, rivelavano quattro bare di legno, due per ciascuna struttura. Il primo cassone racchiudeva le bare dove erano custodite le salme di Julian e Selene River, mentre il secondo  proteggeva quella di suo padre, Adrian Seyrig, ed quella di un altro individuo di cui non riusciva a leggere chiaramente il nome, data la consunzione della placca rameosa che aveva perso alcune lettere. Tuttavia, ci si accanì decisa a scoprire chi fosse l’individuo riposante del sarcofago.

CA= (STRINGENDO GLI OCCHI PER VEDERE MEGLIO) Le lettere sono talmente consunte che alcune sono illeggibili! Vediamo…. W… T… I…E… ah, accidenti! Le date sono più comprensibili: 1...7…9 – 2…0…

Ad un tratto, si bloccò; poggiandosi con la mano sul coperchio della bara per avvicinarsi di più alla scritta, questo si era smosso leggermente.

CA= Non è stato sigillato… forse posso aprirlo!

Cominciò a spingere con tutte le sue forze, riuscendo a poco a poco a smuovere il rigido cofano; si cominciava già ad intravedere il profilo della spalla e del muscolo di congiunzione tra questa ed il collo, avvolti in quello che probabilmente era un sudario bianco…la sagoma del mento iniziava a svelarsi, quando…

“CHE STAI FACENDO?!”

Caroline sobbalzò, lanciando un piccolo grido nel sentire quella voce irritata così all’improvviso; nel riconoscerne il proprietario, si portò una mano al cuore ansando.

CA= Cazzo, Ryuzaki un giorno o l’altro mi farai morire se continui a sbucarmi dietro nei momenti più impensabili! Hai un po’ di gusto del macabro o sei un amante spassionato di Halloween se ti decidi a ricomparirmi davanti di soppiatto e all’interno di una cripta!

Il volto di Ryuzaki era serio e tirato: l’afferrò deciso per un polso e la guardò con occhi fiammeggianti, mentre la sua voce tradiva nervosismo ed ansia.

RZ= Vieni via da qui.

CA= Ma cosa…

RZ= SUBITO!

***

Sabbia. Polvere. Oscurità. Questo era il suo mondo, questo era il suo regno. Osservava la massa umana brulicante,spaventata ed inutile da molto lontano, da una dimensione superiore, scissa dall’universo… e molto più spaventevole di qualsiasi inferno. La quotidianità si dispiega innanzi ai suoi occhi come un sconfinato atlante dove muove a piacimento le sue pedine, facendolo rassomigliare ad un’immensa scacchiera.
Esercito bianco contro Esercito nero.
Con un ghigno osservò la mossa dell’avversario, gli occhi aurei scintillanti di folle smodatezza…. e passò al contrattacco.

“Siate tranquilli, vivete le vostre vite…. la morte, è solo l’inizio.”

***

Sedeva composto sul divano, le gambe elegantemente accavallate, il gomito destro posato sul bracciolo con la punta delle dita poggiata sul mento, l’altro poggiato compostamente sulle gambe.
Gli occhi attenti, acuti, fissi su un solo punto, su un solo oggetto posato nel centro del tavolino di fronte a lui.
Pensava…. le sue riflessioni,già da qualche giorno, erano fisse su un unico punto… punto,strettamente collegato all’oggetto che aveva innanzi.
Aveva previsto tutto questo. Lo aveva previsto da quel giorno, sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a distogliersici. Avrebbe dato qualsiasi cosa per far si che il suo desiderio si avverasse, tutto…. anche l’anima.
Di colpo, le luci delle abat-jour attorno a lui cominciarono a sfarfallare perdendo tensione, fino a spegnersi del tutto avvolgendolo nel buio più totale.
Deciso ad andare presso l’impianto per azionare quelle di sicurezza, fece però solo a tempo ad alzarsi in piedi.
Due occhi simili all’ambra, accompagnati dal bianco lucente di quelle che sembravano zanne, iniziarono a crearsi dal nulla davanti ai suoi occhi.


“Chi sei…?”

La creatura, parlando in un lungo ed infernale ringhio, si espresse.

“Io sono la chiave…. la chiave per quello che desideri.”

“Sei uno shinigami?”

“Oh no, io sono molto, molto di più… sono colui che può aiutarti a raggiungere il tuo ideale… quello che nascondi nel tuo cuore, celato a tutti… tranne che a me.”

“C…cosa?”

“Fidati di me ragazzo… la morte, è solo l’inizio.”

Il buio divenne più fitto. Il tempo si fermò, gli istanti si bloccarono….
…mentre una risata ringhiosa si univa ad uno straziante grido di dolore.

***

Ryuzaki la trascinò via da quel posto, per poi condurla davanti al portone d’entrata della villa.

CA= Chi c’è sepolto laggiù?!!!!!

RZ= Questo non ti riguarda.

CA= Come sarebbe a dire che “non mi riguarda”?! Se mi hai trascinato via con la forza, ci sarà un motivo!

RZ= Ora non è il momento Caroline, presto lo scop..

CA= NO! IO NE HO ABBASTANZA DI SENTIRE PERSONE DIRMI CHE NON E’ IL MOMENTO, CHE LO SCOPRIRO’ DA SOLA! VOGLIO SAPERLO ORA, SUBITO!!!

RZ= Io non te lo dirò Caroline.

CA= CHI E’ SEPOLTO LAGGIU’?!!!!

RZ= ORA BASTA!

Di colpo, all’eruzione di quella voce, Caroline si immobilizzò acquietandosi; Ryuzaki la guardava con occhi fiammanti.

RZ= Non è il momento che tu lo scopra, ora entra in casa e va’ da tua cugina. Ci saranno più occasioni di quante tu possa immaginare, per noi.

E detto questo, l’esile figura di Ryuzaki cominciò a diventare sempre più evanescente, tremolando come una fiammella scossa dal vento.

CA= Ryuzaki giuro che se sparisci, te ne pentirai… Ryuzaki? RYUZAKIIIIII! TORNA QUI!

Ma le parole della ragazza furono vane, lo spettro era oramai scomparso; Caroline batté un pugno contro la facciata dell’edificio per la frustrazione, lanciando un grido di onta. Dopo essersi calmata, avendo riacquistato una respirazione normale, si decise ad entrare.
Fece appena a tempo a muovere qualche passo nell’androne, le cui poltrone erano occupate da Gevanni, Matt e Mello, quando Halle le andò incontro.

HA= Caroline, santo dio credevamo di averti persa, sei stata fuori un sacco di tempo! Mio dio, ma che ti è successo ai vestiti?! La tua fronte ha un livido!

CA= Halle non preoccuparti, non è successo nulla, sono solo inciampata…

ME= Tesoro, dove sei stata? Siamo stati in pensiero…

CA= Ero qui in giro, per i giardini… Audrey? Come sta?

Mello non poté pronunciare nemmeno una parola, che la loro attenzione venne catturata da due figure che stavano scendendo le scale, discutendo fittamente.
In una delle due, Caroline riconobbe sua madre e nell’altra…

JA= Caroline, si tornata, finalmente! Il medico ha finito ora di visitare Audrey!

Fu come uno shock, una veloce trasmissione di scariche elettriche al suo cervello, un assemblarsi di ricordi, colori ed immagini confuse e ridondanti che man mano che si assestavano assumevano contorni più nitidi.
Lui l’aveva riconosciuta. Lei lo aveva riconosciuto.

CA= Cosa… lei qui?

Il medico si esibì in un sorriso gentile, mentre i presenti facevano saettare gli occhi basiti dall’uno all’altra. L’uomo innanzi a Caroline si esibì in un accennato inchino con il capo.

“Permetta di presentarmi in modo completo signorina Seyrig… Mi chiamo Christabel Reiver, primario dell’ospedale psichiatrico di Tokyo. Ma forse lei mi ha conosciuto con il nome di “Hideki”…”

***

L’urlo si è spento. Il dolore cessato. Ora c’è spazio solo per il buio, che lo sommerge soffocante e per il suo respiro affannoso che spezza il silenzio circondante. Non ha il coraggio di riaccendere la luce, non ha il coraggio di controllare se la creatura se n’è andata.
Ha paura. Paura di rivedere quell’essere ripiombargli addosso, paura di sentire nuovamente quel dolore lancinante alla schiena…. paura di sentire di nuovo quelle parole.
Facendosi forza, si alza in piedi arrancando faticosamente verso il bagno; una volta arrivato, la luce della lampadina che si accende quasi lo acceca nel suo abbacinante biancore. Si guarda allo specchio per qualche istante, per poi iniziare a sbottonarsi la camicia con dita tremanti, scosso da brividi di freddo e di angoscia.
Una volta liberato il torso dall’indumento, si voltò di schiena per poi torcere il volto verso di questa, osservandone il riflesso nello specchio.
Eccolo. Esteso su tutta l’epidermide, nero, mostruoso nel suo diabolico significato, spaventoso a vedersi. Eccolo, il segno della sua colpa.
Uno sbaglio irrecuperabile…. una macchia incancellabile marchiata a fuoco sulla sua pelle.
La sua schiena era la sua confessione, la sua schiena era il memento delle sue azioni.
Scivolando in ginocchio a terra dallo sconforto, chiudendosi il viso con le mani, gli risuonarono nella mente le parole della creatura.

“Avrai ciò che desideri… ciò che il tuo cuore lussurioso e mortale anela più di ogni altra cosa. Ed io, avrò il mio araldo nero.”








 






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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27
Appena dietro la pelle, e poco sotto.




Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome…

“Perdonami padre, perché ho peccato…”


*


Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà…

“Apri il tuo cuore, anima mia… cos’è successo?”


*

Come in cielo così in terra…

“La lussuria si è impadronita del mio corpo, la carne ha avuto il sopravvento”


*

Dacci oggi il nostro pane quotidiano…

“La lascivia è un cibo sontuoso per noi deboli che la assaggiamo…”


*

E rimetti a noi i nostri debiti, così come noi li rimettiamo ai nostri debitori..

“Io ho compiuto qualcosa di innominabile, un’ unione oscura..”


*

E non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male…

“Hai ceduto al peccato…. il tuo animo è pentito?”


*

Santa Maria, benedetta tu sei, prega per noi peccatori…

“…………..”


*

Benedetta tu sei e benedetto è il frutto del ventre tuo, Gesù…

“Il tuo animo è pentito?...rispondi.”


*

Santa Maria, madre di Dio prega per noi peccatori…

“No.”

“No?!”

“No. L’angelo Nero tornerà a prendermi. Ed io l’aspetterò.”


*

Adesso e nell’ora della nostra morte…

“Non dovrai aspettare molto, mio fiore cupo…. l’Angelo Nero è già qui….. per te.”


*

AMEN.




***


Le sue azioni mattutine erano talmente ripetitive, che avrebbe saputo indicare con precisione esasperata l’esatto arco di tempo che impiegava ad adempierle.
Sveglia sempre alla stessa ora, doccia, vestizione, caffè e uscita di casa. Per poi tornare a casa alla sera, sempre alla stessa ora.

Ma quel giorno, qualcosa era impercettibilmente variato. Impalpabile, come lo spostamento d’un filo aria, l’alterazione del marcatempo, il ritardo infinitesimale della lancetta dei secondi di un orologio. Benché la sveglia avesse già trillato sulle sette, niente si era mosso, lasciando ancora la casa nel silenzio intorpidito del primo mattino.

Si sentiva esausto, come se avesse la febbre alta, spossato, privo di forze, quasi un vampiro si fosse cibato del suo sangue per tutta la notte; aveva avuto incubi terribili durante il sonno, incubi violenti, sanguinosi…quasi scene di antiche battaglie passate…

Fuoco… sangue… un umano sfolgorante con ali gloriose…

…ed ora giaceva nel letto, tra il sonno e la veglia, prono sul materasso e la testa seminascosta dal guanciale; le lenzuola lo coprivano fino alle reni, la schiena nuda e tonica era scoperta come le braccia, che giacevano leggermente scomposte, i lembi delle lenzuola accarezzano le sue anche e le sue reni come amorevoli mani d’amante.

Ad un tratto, un piccolo raggio di sole tiepido filtrò attraverso uno stretto spiraglio delle tende scure tirate completamente, andando a cadere sul suo fianco illuminando una sottile, ma non per questo meno profonda, linea nera come la pece.

Trascorsero pochi secondi quando una sensazione di insopportabile bruciore, lo svegliò di colpo facendolo trasalire e scansarsi di colpo da quella, apparente inoffensiva, lama di luce. Appena si tolse, l’atroce dolore cominciò a scemare fino a scomparire, lasciandolo imbambolato,eretto di fronte al giaciglio con gli occhi fissi sul raggio che tagliava trasversalmente il materasso; seguendo poi il percorso di quello con lo sguardo, si diresse con passo incerto verso la finestra.

Afferrando deciso i due lembi della tenda, la spalancò di colpo, inondando se stesso e l’ambiente di candida luce solare…. ma con suo terrore, fu costretto a richiuderla immediatamente ed a ripararsi all’ombra, coprendosi il viso con le mani.

Il dolore che l’aveva pervaso quando la luce aveva avvolto il suo corpo, era paragonabile all’essere gettati vivi dentro un immenso rogo.

“Che… che mi sta succedendo?!”

Gettandosi a peso morto nell’angolo più buio del muro, attese che il suo cuore ed il respiro riacquistassero un andamento regolare… ma fu quando allungò le braccia davanti a se per osservarle, che sentì il cuore raggelarsi dall’orrore.

Le dita… i polsi… alcune parti dell’avambraccio… nei punti in cui il sole aveva battuto in maniera più forte, la pelle era rossa ed increspata come in un principio di ustioni…che si stavano autorimarginando in modo assolutamente diabolico ed innaturale.

Corse in bagno, accendendo a tastoni la luce della specchiera e guardò il proprio riflesso sconvolto, osservò le piccole ustione sul petto, sulle spalle e sulle braccia rimarginarsi fino a scomparire, lasciando nuovamente la pelle serica e morbida come al principio… e tremando, decise di voltarsi, per osservare la propria schiena.

Non era stato un sogno. Era ancora là. Nero, elaborato, inciso a sangue su tutto il centro della schiena… ma con orrore, si accorse che era “accresciuto”, raggiungendo le scapole ed entrambe le estremità dei reni.

Non era più possibile nasconderlo solo con il vestiario, sotto la stoffa della camicia sarebbe stato perfettamente visibile; occorreva coprirlo.

 E con mani tremanti andò ad aprire la cassetta del primo soccorso, prendendo rotoli e rotoli di bende che iniziò ad avvolgersi attorno al busto.

“Porta pazienza… verrà il momento in cui le tenebre oscureranno il sole…”

***


L’aveva vegliata per più di tredici ore, sottraendo momenti al proprio riposo, alle proprie esigenze… l’aveva vegliata senza sosta, osservandola nel suo sonno disturbato e febbricitante, nel suo respiro sibilante, nei brividi che l’attraversavano nella malattia…. e fissava le screziature rosso-bluastre delle vene e dei capillari spiccare nette sulla pelle diafana. La assisteva con l’amorevole devozione di una madre, seduta su un piccola poltroncina accanto al grande letto.

CA= (PENSANDO) Tutto quello che credevo una certezza non si è rivelato altro che una menzogna… fallace sembianza di verità che si sgretola come polvere, ricordi che vengono smossi dopo troppo tempo con crepitio di cenere spenta. Persone che gravitano attorno a me e che credevo di conoscere, rivelano angoli bui e corrosi, insondabili pienamente…. per quanto ancora durerà tutto questo? per quanto il mio cuore verrà solcato con questo stillicidio infernale? Ed io…. come uscirò da ciò? Vincitrice…o vinta?

Il filo di pensieri avrebbe potuto continuare all’infinito, in un’auto-flagellazione emotiva lancinante, se non che, illuminando la stanza semibuia con un flebile spiraglio di luce del corridoio, Janice entrò nella stanza.

JA= Tesoro sei qui da più di mezza giornata… devi riposarti…

Caroline sembrò non aver udito le parole della madre, o se lo aveva fatto, non vi aveva prestato troppa attenzione.

CA= La febbre non accenna a calare…ma le pulsazioni si sono un po’ acquietate…

Arrivando vicino a lei e carezzandole la nuca, Janice le parlò dolcemente.

JA= Christabel l’ha visitata, ora noi possiamo solo aspettare… va di sotto Linne, Mello ti sta aspettando… resto io qua.

CA= No, non posso… posso resistere ancora qualche ora, non sono così stanca…

JA= Caroline, una mente come la tua ci serve lucida e pronta; quindi ora va di sotto, siediti sul divano, stringiti a tuo marito e cerca di dormire un po’..

CA= Mello non è mio marito…

JA= (SORRIDENDO) E’ come se lo fosse… Su, vai.

Salutandola con un bacio sulla fronte, Janice osservò sua figlia uscire dalla stanza, talmente minuta che quasi non proiettava ombra al contatto con la luce. Si ritrovò involontariamente a pensare a Rachel, quella figlia maggiore che aveva donato alla terra sepolcrale di una chiesa divenuta dannata: Rachel… così diversa dalla sorella minore, così fragile, vulnerabile, ferita dagli urti della vita più di quanto ne fosse Caroline, che con il suo carattere forte era sempre riuscita, più o meno barcollante, a rialzarsi. La morte dell’amato padre, dell’adorata sorella, la malattia, un patto mortale ed un destino tutt’altro che ordinario non erano riuscita a farla cadere… e mai sarebbe caduta.

Sospirando, si sedette accanto alla nipote, elargendole una carezza alla fronte ardente, attendendo con animo forte qualsiasi cosa sarebbe arrivata.

***


Scendendo i gradini con passo stanco, Caroline arrivò alla sala della villa; lì vi trovò Halle, Mello e Matt in compagnia di Ezra, Diantha, Christabel Reiver e di due componenti della confraternita che riconobbe nelle persone del teologo italiano Michelangelo Orsini e dello psichiatra inglese Dorian McCarthy. In uno slancio di umorismo si chiese quanto tempo ancora avrebbe resistito prima di aver bisogno di lui.
Appena la vide, Mello si alzò in piedi andandola poi a ricevere ai piedi delle scale.

ME= Linne! Mio dio, sei stravolta!

CA= Non preoccuparti Mel, è solo un po’ di stanchezza…

Sedendosi nel morbido divano, avvolta dal confortante calore delle braccia del ragazzo,Caroline poggiò il capo sulla sua spalla.

CA= Dove sono Near, Gevanni e gli altri ospiti?

HA= Stephen sta riposando in camera… Near è nella sua, ma non ho idea di dove siano gli altri…

MA= Che razza di giornata…e dire che pensavo che una volta uscito dalla Wammy’s House tutti i miei problemi fossero finiti…

EZ= Capisco molto bene che questo è un giorno infernale per voi… ma la verità non poteva più essere celata, sta arrivando un tempo in cui c’è bisogno della triade… e questa deve essere preparata.

DI= Maestro, forse è meglio rimandare a domani, i ragazzi sono stremati…

EZ= Non possiamo più aspettare Diantha… non c’è più tempo.

CA= Prima che prendiate la parola, ho io qualcosa da dire… (RIVOLGENDOSI AL DOTTOR REIVER) Lei quindi sapeva tutto, sin da principio… sapeva chi io fossi, chi fosse Rachel… sapeva cosa poteva fare….mi ha condotto nel Memorarium già consapevole di cosa avrei incontrato… il primo giorno che mi ha contattato dall’ospedale sapeva già chi aveva davanti…

RE= Mi rincresce averti mentito per così tanto tempo Caroline… ma finché non avessi avuto conferme, non potevo mettere a rischio la mia posizione; e proprio per questo ho preso Rachel nella mia casa di cura, per poterla controllare e proteggere…

CA= Talmente bene che non ha fatto niente per impedire che volasse giù dal tetto dell’edificio.

RE= Ti chiedo perdono, tutto quello che dici è veritiero… tranne una cosa.

CA= Cosa?

RE= Il Memorarium… io non potevo avere nessuna idea riguardo quello che avresti vissuto là dentro… non si trattava della confraternita, di Nimue o di altro… si trattava della tua mente e dei tuoi ricordi… spero che un giorno potrai perdonarmi per così tante menzogne…

CA= La mia intera vita, da quando ho compiuto 16 anni, è stato un susseguirsi di menzogne… una in più non fa differenza.
Ad un tratto, Michelangelo Orsini prese la parola, parlando in un fluente inglese leggermente alterato dall’accento italiano.

OR= Signorina Seyrig, il compito che le è stato assegnato non è certamente una passeggiata, così come non lo è per i suoi compagni… ma Dio non vi avrebbe scelto senza un motivo, sin dall’età romana, la triade è sempre esistita, attraversando secoli, millenni ed epoche storiche, i tre guardiani di Cristo hanno sempre protetto la terra dall’avvento delle tenebre…

CA= Non lo metto in dubbio, ma quello che mi chiedo è…perché noi? se non ci fossimo mai incontrati come avremmo potuto sapere?

OR= Mia cara, voi eravate destinati ad incontrarvi… il vostro ritrovo era già scritto sin da prima della vostra nascita… e se non fosse successo qui, a Tokyo, sarebbe avvenuto in qualche altra parte del mondo… ma comunque,sarebbe accaduto.

MA= Vorrebbe dire che noi, in un modo o nell’altro, ci saremmo comunque conosciuti?

La parola passò quindi allo psichiatra, che parlò in tono pacato e conciliante.

DC= Esattamente… ma c’è qualcosa nella vostra alleanza che vi differenzia dalle altre triadi… e che vi rende più potenti di loro…

ME= Che cosa…?

A quel punto, Dorian allungò un braccio verso lui e Caroline, in un dolce sorriso.

DC= Voi… ed il vostro amore.

Istintivamente, Mello strinse Caroline più forte.

ME= N…noi?

Guardandolo fisso negli occhi, Diantha gli rispose.

DI= Si… mai,prima di voi, due dei componenti della triade erano stati legati da un sentimento d’amore; amicizia, fratellanza, affetto filiale, certo… ma non amore.

CA= Ed è un male?

EZ= No… è anzi un sommo dono. L’amore rende gli uomini più coraggiosi, più potenti, agguerriti nel difendere l’oggetto del loro sentimento dai pericoli che lo minano… ed il vostro amore, passionale, vivo, ardente e connubio sorprendente di terra e cielo, è una piccola, ma al contempo grande, rifrazione dell’amore di Dio.

ME=… sono sempre cresciuto sentendo che è l’amore di Dio che tiene lontano gli uomini dal male…

OR= Ed è così infatti… e voi, con il vostro legame, siete una luce abbagliante e letale per le creature dell’ombra. Seppur non infallibile, il sentimento che provate l’uno per l’altra vi renderà meno vulnerabili al traviamento…. ma più al dolore ed all’ira.

CA= Che intende dire?

DC= L’amore è un’arma a doppio taglio, cura e ferisce allo stesso modo; se dovesse accadere qualcosa ad uno di voi, l’altro rimarrebbe in balia del dolore e della disperazione, allontanandosi dal proprio compito… o ucciderebbe ferocemente per placare il sentimento di voler vendicare la persona perduta.

ME= Correremo questo rischio.

EZ= Tuttavia, la vostra rimane un’unione non consacrata… nessun sacramento o sigillo benedice la vostra unione.

ME= Rabbino, amo questa donna più della mia stessa vita, sono quasi morto per offrirle una possibilità di vita in un mondo migliore, sono risorto grazie alla sua intercessione, e sarei pronto a rifarlo… affronterei orde ed orde di demoni per salvarla, scenderei nell’Averno solo per dissetarla con le acque dello Stige e darei la mia vita, il mio cuore, il mio sangue se ne avesse bisogno. Amo questa donna, in quest’unione non consacrata, molto più di quanto un uomo sposato possa fare verso la donna che ha congiunto in matrimonio; sposalizio non significa per forza amore, ed ora mi dica…secondo lei serve un cerchietto d’oro al dito ed una preghiera per amare di più?

EZ= Le tue parole sono ardenti Mihael… i tuoi sentimenti ancora più brucianti di queste…ti ammiro per questo.

DI= Come l’amore di un…

Diantha non riuscì a terminare la frase, dato che tutti (lei compresa) volsero gli occhi attoniti verso la scala portante al piano superiore.

Un urlo acuto, infernale e squassante eruppe, inondando tutta la casa.

MA= Cosa diavolo….

CA= (ALZANDOSI E CORRENDO VERSO LE SCALE) AUDREY!!!

ME= ASPETTA, VENGO CON TE!

Mentre saliva le scale a due gradini alla volta, correndo,  le venne incontro sua madre con un espressione di  assoluto terrore nel viso.

JA= Caroline! Grazie a Dio, devi venire subito!

CA= Cos’è successo mamma?! CHE COS’HA AUDREY?!?!

JA= E’ meglio se entri…

Irrompendo sull’uscio della porta, Caroline si sentì gelare il sangue mentre i suoi proverbiali nervi saldi vacillarono per un istante. Nella paura, Janice aveva acceso la luce del grande lampadario, e l’orrore si stagliava ancora più nitido davanti a lei.

ME= Cristo santo…

MA= Non… non è possibile!

Audrey era sul letto, adesa alla parete dove teneva entrambe le mani poggiate, con le braccia tese mentre il resto del corpo era contratto come un felino in procinto di saltare, con le ginocchia piegate ed i piedi puntellati sul materasso. La testa pendeva in avanti, talmente piegata che i capelli le nascondevano completamente il viso. respirava forte, in profondi, rochi rantoli. Caroline si avvicinò lentamente al giaciglio.

ME= Che diavolo stai facendo?! Ferma!

Ma la ragazza non lo ascoltò. Continuo ad avanzare verso la cugina,tendendo lentamente un braccio verso di lei.

CA= Audrey… Audrey sono io, sono Caroline… parlami ti prego…

Arrivò talmente vicino a lei da poterle quasi poggiare la mano sul capo; ma prima di qualsiasi contatto, Audrey sollevò la testa di scatto, in un ringhio ferino che portò Caroline a ritrarre di scatto la mano.

Caroline rimase atterrita, quella non era Audrey… i suoi occhi avevano abbandonato il naturale verde giada per diventare di un intenso giallo bordato di rosso vivo, cromatura che si estendeva su tutta l’epidermide attorno le orbite, il reticolo di vene ora era molto più marcato, netto, di un terribile color porpora striato di nero; la bocca si era assottigliata ed era esangue, mortalmente livida. Ma fu quando parlò, che la paura si trasformò in orrore… la voce di Audrey ora, era una tonalità demoniaca che mescolava il roco al falsetto.

AU= LEVAMI LE MANI DI DOSSO, STUPIDA PUTTANA MORTALE!!!

Incapace di qualsiasi reazione, Caroline vide Audrey balzare verso di lei, tendendo una mano,dalle unghie affilate simili ad artigli, in direzione della sua gola; ma quando non mancarono che pochi centimetri al contatto tra la sua pelle e la mano dell’adolescente, vide quest’ultima essere scaraventata potentemente all’indietro ed atterrare con un tonfo sordo sul materasso, dove cominciò a dibattersi tra feroci strida.

Scattando più velocemente possibile, Mello e Matt erano corsi ai lati di Caroline, e nel voler proteggere la ragazza, afferrarono Audrey sotto le ascelle bloccandola con il busto e le braccia sul letto.

AU= LASCIATEMI, MALEDETTI! LASCIATEMI!

Caroline era impietrita. Il suo corpo sembrava incapace di qualsiasi reazione o movimento, limitandosi a guardare con occhi sgomenti, la cugina sul letto, tenuta ferma dai ragazzi!

ME= CAROLINE, FA QUALCOSA! ARGH!

Nel dibattersi, Audrey aveva graffiato Mello nel lato destro del collo, creando tre solchi paralleli e mediamente profondi nella pelle candida del ragazzo, che ora cominciava a tingersi di rosso vermiglio.

Nel contempo però, anche Matt venne colpito con un poderoso pugno sullo zigomo che lo sbalzò via.

Bastò quello per risvegliare il corpo intorpidito di Caroline; per istinto di protezione, scattò verso di loro e andò a cavalcioni sulla cugina, facendo pressione sull’inguine per bloccare  il movimento di quelle di Audrey con una gamba, ed immobilizzandole il braccio con l’altra; spingendole la fronte con una mano, le immobilizzò la testa, avendo paura di essere sbalzata via da un momento all’altro per i violenti spasmi del corpo sotto di lei.

CA= Audrey, fermati…fermati! IN NOME DI DIO, FERMATI!

Quella che parve essere stata gridata come una supplica, si rivelò invece un ordine estremamente efficace; quasi come una bambola automatica che finisce la carica, Audrey si immobilizzò, sembrando quasi non respirare. Caroline riuscì a spingerle senza sforzo la testa verso il cuscino, muovendola come se fosse un manichino inanimato… ad un tratto però, Audrey scattò nuovamente su ed in un urlo più orribile di tutti gli altri, vomitò addosso a Caroline la stessa sostanza nera e vischiosa che era uscita dalla sua bocca la notte della corsa in ospedale, e che andò a macchiare il ventre e le braccia della ragazza.

CA= PLACATI, DEMONIO!

Non ci fu bisogno d’altro. Audrey roteò gli occhi e svenne, cadendo di schianto sul materasso. In quel momento, Mello si lasciò cadere a terra, sedendosi ansante e portandosi una mano al collo, mentre Caroline rimase sopra la cugina, con le mani sul giaciglio ed il capo chino, respirando affannosamente. E tra l’orrore generale, il primo a riacquistare il dono della parola, fu proprio il ragazzo.

ME= Che… in che cazzo di lingua hai parlato?!!!

Volgendo appena il capo verso di lui, Caroline gli rispose.

CA= Cosa stai… dicendo?!

ME= Quando hai urlato ad Audrey non stavi parlando in inglese! Hai pronunciato parole in una lingua sconosciuta!!

CA= No! No… sono sicura, io ho sentito la mia voce parlare in inglese!

Tenendosi lo zigomo sinistro ed arrancando verso il lato sinistro del letto, dove si appoggiò a peso morto, Matt intervenne.

MA= No Linne, ti ho sentito anch’io… non era inglese… era una lingua diversa. (TOCCANDOSI LO ZIGOMO) AH! Però… non so cosa ci fosse dentro di lei, ma ha un gancio destro da far paura…

ME= Non è finita qui! Mentre parlavi quell’accidenti di lingua, i tuoi occhi sono diventati color del ghiaccio! Ed ora sono di nuovo normali!

Inorridita, Caroline si levò di scatto da sopra il corpo di Audrey, inginocchiandosi all’angolo del letto.

CA= Voi…. VOI STATE VANEGGIANDO!

“No Caroline. Quello che Matt e Mihael dicono è la verità.”

Voltandosi, la ragazza vide Ezra Levi stagliarsi su tutti i presenti, mentre Halle rinfrancava sua madre, quasi sull’orlo delle lacrime.

CA=…cosa?

EZ= Noi tutti ti abbiamo sentito pronunciare parole in una lingua diversa… la “lingua bianca”, l’idioma celeste…

CA= Cristo…

EZ= E ti sei mai chiesta perché i tuoi occhi, seppur verdi, hanno quelle vivide screziature d’azzurro?

CA= N..no…

EZ= Perché il ghiaccio, era il colore degli occhi di Nimue… e più quel colore diverrà vivido ed espanso nei tuoi, più la tua metamorfosi procederà. Quello che Mello ha visto, non è altro che l’anima di Nimue che ha preso per un attimo il sopravvento.

CA= Non…è possibile…

EZ= Rassegnati figliola… tu non sei più Caroline, o almeno, non interamente… tu stai diventando Nimue. L’istinto della Cacciatrice sta emergendo sempre più nel tuo cuore.

Spaventata come un animale catturato e catapultato in un ambiente sconosciuto che lo atterrisce, Caroline guardò tutti i presenti nella stanza, per poi chinare il capo in preda allo sconforto. Ezra Levi le arrivò alla schiena poggiando una mano sulla sua spalla e l’altra in prossimità della tempia destra.

EZ= Non c’è più tempo Caroline… non possiamo più aspettare.

Caroline guardò il corpo ancora privo di sensi della cugina, alzando a malapena gli occhi.

CA= Ci deve essere un modo per salvarla…

EZ= Quella non è più la Audrey che conoscevi, Caroline… ora è solo un demone, che si cela sotto il suo candido aspetto…

CA= Perché… perché lei?

EZ= Perché era scritto… lo stesso sangue è destinato a scendere in battaglia l’uno contro l’altro, uno nella luce e l’altro nelle tenebre… ed a lottare… perché uno non può vivere, se l’altro sopravvive.

CA= Io dovrei…. uccidere Audrey?

EZ= Se non oggi, domani… se non domani,molto presto… lei non può vivere.

CA= No! Non posso farlo! Non posso…

EZ= Per prendere decisioni forti, Caroline, bisogna essere forti. E tu lo sei. L’umanità si può usare solo nella vita privata. E chi non ha altezza d’animo non può prendere  serie decisioni.

Di scatto, la ragazza si alzò in piedi, ergendosi di fronte al rabbino.

CA= Lei è mia cugina! Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue! A parte mia madre, è l’unico famigliare che mi resta… non posso ucciderla.

EZ= Quando diventerà più potente, seminerà distruzione, ucciderà, torturerà… è questo che vuoi?! Se la lasci in vita, il mondo come lo hai sempre conosciuto non esisterà più!

CA= Non mi interessa! VOI NON POTETE CHIEDERMI DI FARLA MORIRE!

EZ= Caroline, arriverà un momento in cui Audrey non saprà nemmeno chi tu sia, e ti vedrà solo come un bersaglio da uccidere.

CA= Lei non saprà chi io sia… ma io so chi è lei. E la lama che trafiggerà il suo cuore lacerandone la carne, bevendo avida il suo sangue… non sarà impugnata dalla mia mano.

EZ= Figliola…

CA= Perciò la mia risposta è no, io non la ucciderò… ne ora, ne mai.

EZ= Sulla tua coscienza ricadranno migliaia di morti…

CA= Ne uccidi mille…e, magari, ne salvi uno; ma quella singola vita è talmente importante, da riassumere in sé le altre mille perdute.

E così dicendo, uscì dalla stanza, barcollando ed in completo silenzio.


***

-Sera…-

Era stremata. Sfiancata nel corpo e nello spirito, martoriata nella carne e nel cuore… troppe verità stavano cominciando ad emergere, troppe lame di lacerante luce, terribili nella loro cruda violenza, cominciavano a squarciare il suo buio, silenzioso, immobile, quasi accogliente nella sua ottundente cecità.

Aveva lasciato gli altri e Mello giù nella grande sala e si era diretta al piano superiore, nella propria stanza da letto; passando davanti al grande specchio accanto all’armadio, si rese conto di avere ancora indosso la maglia sporca della sostanza rigettatale addosso da Audrey; dirigendosi verso il bagno, si tolse la maglia ed aprì il getto caldo del rubinetto, appoggiandosi con le mani al bordo del lavabo, il capo chino quasi i mille pensieri che lo abitavano fossero indicibilmente pesanti da costringerla a piegare il collo sotto il loro peso. Si sciacquò la faccia ed il collo, si lavò tre volte le mani ed altrettante le braccia, dopodiché si terse con un morbido asciugamano di cotone… e fissò il proprio riflesso nello specchio, sentendo le lacrime cominciarle a pizzicarle negli occhi.

Ad un tratto però, uno spasmo la riscosse, spaventandola; era come una mano invisibile stretta attorno alla gola, una catena che riduceva al minimo le sue capacità respiratorie, una chiusa che teneva al minimo il passaggio del suo fiato.
La sua gola stava collassando, richiudendosi su se stessa e facendola respirare in rochi rantoli strozzati, offuscandole la vista, facendole formicolare gli arti;

CA= (PENSANDO) Non riesco… a ….respirare!

Con movimenti spezzati e tremanti, ebbe la prontezza d’animo di aggrapparsi al piccolo mobiletto accanto alla specchiera, aprirlo e tirare fuori una siringa dall’ago lungo e sottile, scintillante come un monile argenteo; brandendo la siringa nella mano destra a mo di pugnale, andò con la sinistra al costato, a tastarsi appena sotto il seno.

Con sangue freddo e fermezza chirurgica, Caroline si “trafisse” facendo penetrare l’intero ago tra la terza e la quarta costola, come aveva fatto mesi addietro con Near in crisi respiratoria, sfilandone lo stantuffo dalla struttura cilindrica e ricominciando lentamente a respirare.

Le girava la testa, davanti ai suoi occhi sfarfallavano mille lucine variopinte…ma nonostante fosse in jeans e reggiseno, non avvertiva il freddo; d’istinto si guardò nuovamente allo specchio, notando con orrore le proprie labbra esangui e di un malato biancore. Sporgendosi di più verso la superficie riflettente, delineò con le dita i contorni della bocca… finché una sensazione di liquido calore al ventre non la costrinse a controllare.

Il tubolare della siringa non era più ialino e trasparente, ma si era colorato di rosso cupo… del sangue, il suo sangue, stava uscendo a fiotti, riversandosi sul suo ventre, sulla coscia sinistra e sul pavimento. Voleva urlare, ma non aveva voce a sufficienza… muoversi, ma il corpo non rispondeva agli stimoli… mentre il sangue continuava a scorrere.

Arrancò verso la porta, barcollando ed aggrappandosi allo stipite della porta, sporcandola con profonde striature di sangue lasciate dalle sue dita nel vano tentativo di frenare il flusso ematico, con la schiena per non cadere… ma per quanto si sforzasse di non svenire, sentì le forze venirle meno e avvertendo la perdita del contatto corporeo con un sostegno, fece appena a tempo a sfilarsi la siringa dal costato.

Cadde a terra in un tonfo sordo, nella pozza del suo stesso sangue, avvertendo le braccia, i fianchi e le mani  bagnarsi del liquido vischioso… rimase immobile, con ancora la siringa stretta nella mano, respirando in sibili e guardando un punto vuoto davanti a se con occhi offuscati; stette così per tempo inquantificabile, mentre le pareva di sentire un vociare confuso ed uno scalpiccio sempre più vicino…

…Finché tutto non diventò buio.


***

Chiudo gli occhi come se un irresistibile torpore mi pervadesse, come se il mio corpo rispondesse alla dolce cetra di Morfeo.
Dopo un tempo per me impossibile da quantificare, potrebbero essere passati secondi e minuti come ore, mesi, anni, ridono ai miei occhi la facoltà di osservare ciò che mi circonda.

Sopra di me, una distesa aranciata e rosea, i tipici colori di un’alba…o di un tramonto; sono distesa supina in un morbido prato verde e rigoglioso, inframmezzato qua e là da superbi alberi: tutto attorno a me, è colorato della morbida luce del cielo, che conferisce atmosfere oniriche e metafisiche allo stesso tempo.

Tirandomi su con  il busto, rimango seduta ad osservare quello splendido posto, colmo di pace interiore, calma e dolcezza…beandomi dei suoi colori, inebriandomi dei suoi profumi e facendomi accarezzare dal suo vento caldo e vellutato.

Di colpo mi accorgo di non essere più sporca di sangue, non ho nemmeno più il buco della siringa nel costato, la mia pelle appare rosea e morbida come mai avevo più sperato di vederla; mi alzo in piedi serena, il mio cuore palpita con ritmo regolare, e tranquillamente comincio a camminare in quell’immenso prato.

Non so dove sono, ma non mi interessa. Vorrei restare qui per sempre.

Continuo a camminare, il terreno pare non avere fine, più avanzo, più sembra espandersi; non mi pongo il problema del perché ci sia solo io in questo luogo, non mi chiedo perché l’unico rumore che sento sia solo quello del soffiare ventoso.

Non sento caldo, né freddo. Non avverto paura,né tensione. Non percepisco dolore, né fatica… il mio corpo sembra essersi alienato dalle sensazioni umane.
Sembro una statua, un cristallo di ghiaccio, una screziatura del marmo. Sembro…

No, quello no. O almeno, non credo. Lo sono? Non penso… altrimenti perché respirare, sentire il vento sulla pelle, l’erba soffice e rugiadosa sotto i piedi nudi?

Ad un tratto vedo un punto tremolante poco lontano da me, fisso, immobile, pare aspettarmi. Oserei dire sia vestito di bianco, ma Aurora colora il mio corpo e tutto ciò che mi circonda di arancio,rosso e rosa, alterando la reale cromatura delle cose.

Camminando più veloce, mi avvicino al punto che, man a mano acquisto vicinanza, si amplia e delinea sempre più… credo di vedere due braccia ed un capo, ma non ne sono sicura; in compenso però mi rendo conto che non sta in posizione eretta, bensì seduto compostamente su una specie di trono scalpellato nella pietra viva.

Scanso una grande quercia, e gli sono infine vicino. Pare non essersi accorto della mia presenza di fronte a lui, del mio arrivo silenzioso, e continua a scrutare un punto lontano all’orizzonte voltando il viso verso sinistra.

E’ un uomo, all’incirca sui 50, 60 anni, dal naso leggermente aquilino, la fronte alta, elegante, contornata da lunghi capelli neri come l’ebano sfiorantigli la base del collo… vestito con un candida tunica a mo degli antichi romani, è anch’egli scalzo come me, le braccia compostamente poggiate sui duri braccioli della sua seduta, il petto non sembra muoversigli nell’atto dell’umano respiro, quasi non ne avesse bisogno; talmente immobile da sembrare essere un tutt’uno con la pietra che lo accoglie.

Poi, come se d’un tratto si fosse accorto di me silenziosa, immobile, incapace di compiere o pronunciare qualsiasi azione o parola, si volta lentamente verso di me, aprendosi in un dolce sorriso.

E’ quando incontro i suoi occhi, quando mi rispecchio nelle fattezze del suo viso e nelle sfumature opaline dei suoi occhi grigi, che mi sento mancare, realizzando finalmente cosa sia questo luogo al contempo così benevolo ed inquietante.

“Benvenuta, angelo mio… ti ho atteso, seduto in questo seggio, per più di dieci anni…ed ora sei qui…”

Il raziocinio abbandona il mio corpo, sciolgo le catene della costumanza, lasciandomi inondare dalla passione, dalle pulsioni e dai sentimenti mentre piangendo mi getto in ginocchio ai suoi piedi, poggiando la fronte nel suo grembo ed aggrappandomi alle sue braccia, intanto che lui mi accarezza dolcemente la nuca.

“Non  piangere… non devi piangere, oggi è giorno di gioia…Figliola, mia non piangere… si muore una volta sola, ed è per così tanto tempo…”

CA= (SORRIDENDO LIEVE) Molière… “Il Dispetto amoroso”…uno dei tuoi preferiti…

Le parole erompono dalla mia gola spontanee, senza filtro, non posso far niente per fermarle, mentre sono squassate dai miei singhiozzi.

“Sei davvero tu! Sei qui, davanti a me, posso toccarti, parlarti, baciarti! Oh, quanto mi sei mancato…papà!”

Adrian. Adrian Seyrig, che mi aveva lasciato all’età di dodici anni, è qui davanti a me. E’ sotto il tocco delle mie dite, davanti al raggio visivo dei miei occhi adoranti, nell’aria dolce che porta la sua voce immutata alle mie orecchie.

Mio padre si alza, e tenendo le mie braccia dolcemente, mi invita a fare lo stesso; lo guardo, nel volto e nel corpo che vidi per l’ultima volta dieci anni fa in una bara purpurea, lo guardo… e non lo trovo mutato. Anzi, ringiovanito, sereno, quasi più bello che da mortale. Sorridendo, mi porta una mano alla guancia, racchiudendola delicatamente.

AD= Come sei diventata bella Caroline…sei diventata una donna meravigliosa. Oh, ma tieni, forse sarà meglio…

Quasi creandolo dall’aria, mi avvolge le spalle con un largo scialle bianco dalla morbidezza di seta ed io, sistemandolo sulle spalle, arrossisco come una bambina; arrossisco nel mostrarmi davanti a mio padre con indosso solo un paio di jeans ed un reggiseno… lui non ha visto il mio corpo cambiare, non ha visto la mia natura lasciare l’acerba androginia della prima adolescenza ed assumere le forme della femminilità matura. Con una leggera fitta di dolore, ricordo che la vista con cui mio padre ha lasciato il mondo terreno, fu quella di me poco più che bambina mentre giocavo con Rachel attraverso il cancello dell’ospedale psichiatrico che la divideva da me.

AD= Figliola, che c’è?.... cosa ti turba?

CA= Dove siamo papà? Che posto è, questo?

AD= Questi sono i Campi Elisi, Caroline…un luogo di pace e serenità all’interno del Purgatorio…

Rimango spiazzata. Ero sempre stata convinta che mio padre riposasse beato nella candida pace del Paradiso… il Purgatorio, era un’idea che non si era mai affacciata alla mia mente.

CA= Il Purgatorio…?Perchè? Perché sei qui?

AD= Nella mia vita ho tralasciato molte cose… persone, uffizi, giuramenti…verità che avrei  dovuto svelare, sono rimaste occultate per la mia vigliaccheria… e da dieci lunghi anni io mi trovo qui…

CA= Non capisco…

AD= Vieni con me…

Prendendomi per mano, avanziamo in quel prato incantato per qualche momento…finché mio padre non mi porta al suo limitare, uno strapiombo profondissimo dove il verde rigoglioso dell’erba si interrompe bruscamente, per lasciare spazio a terreni brulli e neri, radici bitorzolute che erompono come mani infernali dal terriccio; sotto di me, sabbia… sabbia nera, fumante, intrisa di lacrime e sangue a far da contorno ad una grossa apertura, che si presenta come un’immensa e fonda gola altrettanto buia. Nel vedere quel luogo, con il vento che mi scompiglia leggero i capelli, sorge in me una domanda spontanea.

CA= Papà… Rachel è qua con te?

AD= No Liny, tua sorella non condivide la mia sorte...è lontano, molto lontano da qui…

Si limita a rispondermi così, essenziale, conciso, diretto. Ma io voglio sapere di più.

CA= E’ in un altro luogo del Purgatorio? O in Paradiso?

Mio padre scuote la testa, addolorato…capisce che non può tergiversare, che deve dirmi la verità effettuale delle cose.

AD= Rachel è all’Inferno, Caroline.

Sento il mio cuore arrestarsi, assieme al sangue che pare raggelarsi. No… non poteva essere così… Rachel.. in quel luogo? Rachel, la mia dolce, sognatrice, adorata sorella… negli inferi?

CA= No… perché…? Perché all’Inferno?!

Mio padre mi risponde nel tono lento ed amorevole che mi riservava quando ero bambina e doveva spiegarmi i fenomeni di cui non capivo la natura.

AD= Ha commesso il suicidio, Liny… si è tolta la vita e questo è un grave peccato per la nostra religione… la sua anima non poteva essere salvata.

Di colpo, quasi spezzando il sottile,armonico equilibrio di quel luogo, una rabbia violenta cieca erompe dentro di me; non vorrei arrabbiarmi con mio padre, ma i sentimenti mi trascinano in una nera spirale.

CA= Voleva solo smettere di soffrire!!! Se Dio è così misericordioso, perché l’ha gettata in quel luogo maledetto?! E’ questa la sua ricompensa?!!!

AD= Caroline, le vie e le decisioni del signore sono ignote alla nostra semplice natura mortale…

Ma sembra che le orecchie non percepiscano il suono giuntole, l’intelletto non assimila il significato intrinseco di quelle parole… la furia è cieca, violenta, dilania ad unghiate il mio cuore.

CA= E’ QUESTA LA MIA RICOMPENSA PER ADEMPIERE CIO’ CHE DIO VUOLE ATTRAVERSO ME?!?!?!?!

Scoppio a piangere per la seconda volta e sento mio padre abbracciarmi protettivo; mi stringo a lui spasmodica, come un naufrago all’unica tavola di legno superstite.

AD= Lo so che fa male Liny, io stesso ho versato lacrime di dolore quando l’ho saputo… ma se Dio ha deciso così, noi non siamo nessuno per opporci…

Non posso fermarmi. Tutta l’emotività che ho represso in quei giorni, sembra dirompere dal mio cuore come un fiume che valica gli argini in cui è rinchiuso… le lacrime sembrano bruciare come fuoco. Nel mentre mio padre mi scosta leggermente da lui, poggiandomi le mani sulle spalle e guardandomi fisso negli occhi; ed io non riesco a sostenere quello sguardo immortale, così saggio ed autorevole.

AD= Noi non siamo nessuno, né io…né tua madre, né Ezra e tutta la confraternita… ma tu Caroline, tu con Mihael e Matt, hai un grande destino…un destino che verrà ricordato anche dopo la tua morte, il cui ricordo non si sgretolerà come cenere, ma rimarrà vivido e luminoso.

CA= Io non so se sarò in grado di farlo… non lo so, papà... mi sembra di avere così tante tenebre attorno a me…

AD= La vita è fatta di ombre e luci… tu sei una delle luci, figlia mia, la luce di tutte le luci… e risplendi come la più fulgida di tutte le stelle.

Di colpo mio padre volge il viso verso il cielo, dove noto anch’io il principio della luna sorgente.

CA= Sta apparendo la luna…

AD= Devi andare Caroline… subito, se vuoi rivedere i tuoi cari sulla terra…ma prima di tornare al mondo terreno devi…vedere ancora una cosa..

CA= C…cosa?Cosa devo vedere ancora?

AD= Non posso dirtelo, non abbiamo abbastanza tempo…Sei arrivata in questo luogo al tramonto… quando la luna sorge in questo luogo, significa che un’anima ha lasciato il mondo terreno…

CA= (IMPAURITA) In questo caso…. l’anima per cui la luna sta sorgendo… è la mia.

AD= Presto, vai! Se la luna raggiunge il punto più alto  del cielo, il tuo corpo mortale morirà e sarai condannata a restare qui per l’eternità!!

Mi stringe forte a se, per poi baciarmi su entrambi gli occhi, secondo la nostra tradizione, ed appoggiare la sua fronte alla mia.

CA= Addio papà…ti voglio bene…

AD= Ci rincontreremo… addio, mia adorata figlia.

Poi, tutto accade in un attimo. In maniera talmente veloce da non riuscire a fermarlo, mio padre mi da una poderosa spinta verso l’indietro, per poi arretrare per qualche passo.

Ed io, colta di sorpresa, sento il mio corpo perdere contatto con il terreno e cadere nel vuoto, nero baratro mostratomi attimi prima.

Dove mi sta mandando mio padre? Quale luogo mi aspetta da visitare?

Grido, cerco di aggrapparmi a qualcosa, sicura di morire nello schianto con il terreno, ma le mie mani non hanno presa, la terra si sgretola nel mio pugno, le radici mi scivolano dalle dita….

…e continuo a precipitare, finché il buio non mi inghiotte completamente.


***


Il sangue è prezioso. Il sangue è il nutrimento per il corpo. Il sangue è sacro. Il sangue è colore.

Il sangue è vita.

Ma quell’inanimato, apparentemente inoffensivo quanto indispensabile liquido, pareva aver abbandonato tutte le sopradette qualità, per assumere quella di giaciglio di morte, nel momento in cui irrompendo nella loro camera, aveva trovato Caroline svenuta, riversa al suolo in una pozza di sangue.

Era entrato lui, accompagnato da Matt ed allarmato dal tonfo sordo e dal seguente silenzio  che aveva udito al piano di sotto, mentre Halle era corsa a chiamare il medico dell’ospedale che, a sua detta, stava seguendo Caroline nella tubercolosi e nel Trial per debellarla.
Era trascorsa un’ora dalla fine della visita, dall’innesto della flebo per la trasfusione nel suo sottile braccio già martoriato dalle iniezioni… ed ora era li, davanti a lui, sdraiata nel suo lato del letto, supina ed ancora priva di sensi; Era mortalmente pallida, talmente bianca ed immobile da sembrare intagliata nel gesso; le labbra erano esangui, ombre violacee dipingevano i suoi occhi chiusi in sembianze funeste… nel silenzio surreale di quella grande stanza, in cui i loro esili corpi sembravano perdersi, poteva quasi percepire, se vi si concentrava, il battito flebile del suo cuore…di quel cuore di donna così forte e deciso d’animo ma fragile ed indebolito per crudeli leggi naturali e biologiche.

Seduto accanto a lei, talmente immobile da credere che si sarebbe spezzato qualora avesse intentato un qualsiasi movimento, le prese dolcemente la mano inerte, abbandonata sul materasso con il palmo rivolto verso l’alto, e la chiuse delicatamente con la sua. Sentiva la ferita infertagli da Audrey, prontamente medicata e coperta con una fasciatura, pulsare terribilmente.

 D’un tratto, una voce arrivò alle sue spalle, ma non si curò di voltarsi verso la persona cui apparteneva, quasi temesse che nel risponderle, nel distogliere il suo sguardo ceruleo da lei, il corpo di Caroline sparisse dalla sua vista come nebbia evanescente.

Per sua fortuna, la persona entrata, aggirò il letto ponendosi al loro lato, vicino all’innesto delle flebo, controllandone il flusso ordinato e cadenzato delle gocce.

“Non si è ancora ripresa?”

ME= No… ce la farà dottore?

Il dottor Kishimoto si prese qualche istante per rispondere; regolò il flusso della flebo e poi sospirò.

KI= E’ difficile dirlo… la signorina ha perso quasi un litro di sangue, rischiando di morire dissanguata… e nonostante stia ricevendo una flebo con la linfa di tre uomini forti ed in salute come lei, il signor Jeevas ed il signor Gevanni, è ancora molto debole. Il fatto che l’abbiamo trovata viva, non vuol dire che lo rimarrà per forza… ma possiamo provare a mantenercela.

ME= Questo attacco è dato dalla tubercolosi?

KI= Non vedo per quale altro motivo… l’ultima volta che ho avuto occasione di visitare la signorina, i suoi polmoni erano già compromessi… ed ora, non ne dubito, lo saranno ancora di più.

ME= Ma il Trial che sta seguendo? Le terapie, i medicinali…possibile che non facciano nessun effetto, che non portino nessun miglioramento?

KI= I medicinali e gli antibiotici che sto somministrando alla sua compagna nel Trial, sono ancora in via sperimentale… e come tutte le malattie infettive, una considerevole metà della buona riuscita della terapia, sta nella ricettività e nella “forza” reattiva dell’organismo… portandole un esempio semplice, qualora anche lei soffrisse di tubercolosi ed affrontasse la stessa terapia, il suo organismo reagirebbe in modo diverso da quello della signorina; in meglio o in peggio questo non ci è dato saperlo in anticipo… ma sicuramente, in modo differente.

ME= Dottore… se non dovesse guarire…se il suo corpo non rispondesse alle terapie… quanto tempo le rimarrebbe?

KI= Questo è impossibile da definire con precisione… tutto sta nel grado in cui il suo corpo combatterà contro la malattia.

ME= Quindi non posso fare altro che aspettare….?

KI= Purtroppo si… e dovrà essere forte, qualsiasi cosa accada…

Ad un tratto però, un gemito sommesso li zittì: portando gli sguardi verso il letto, videro Caroline muoversi leggermente, ancora con gli occhi chiusi e priva di sensi.

ME= Si sta svegliando?

KI= No. Sta…. (SORRIDE STUPITO) sognando…

La spiegazione del sogno, era l’unica apparentemente credibile che al momento il dottor Kishimoto e Mello potessero accettare e formulare. Ma non avrebbero mai potuto concepire razionalmente ciò che stava veramente accadendo… Caroline non era immersa in un sogno, ma nemmeno permeava nella realtà…veleggiava in una sorta di dimensione parallela, in una sembianza di wonderland extraterrena… forse un angolo nascosto del proprio animo, un ricordo cristallizzato in meandri sperduti della mente.
Mello la osservava, vedendola muoversi leggermente, gemere e lamentarsi credette veramente che stesse vivendo un sogno estremamente realistico.

Finché non accadde qualcosa che gli fece correre un brivido gelido lungo la schiena.

ME= Ma cosa diavolo….?

Caroline, ancora priva di sensi, aveva cominciato ad emettere delle parole… in quella terribile lingua che Mello aveva già udito durante la crisi di Audrey. Ma lì era diverso… in quel momento Caroline sembrava conoscerla alla perfezione, parlava agilmente quell’idioma sconosciuto, creava discorsi che, anche se incomprensibili, mostravano un filo logico…talvolta si interrompeva, come se qualcuno parlasse con lei nascosto da qualche parte.

Il medico sembrava disorientato quanto lui.

KI= Signor Keehl… che sta succedendo?

ME= L’idioma celeste…

KI= Cosa?

ME= Questa è la lingua degli angeli… Cristo, Caroline!

Ciò che fece angosciare Mello, fu il fatto che la ragazza aveva cominciato a piangere; ma le lacrime che sgorgavano dagli angoli dei suoi occhi e che rigavano le sue guance… erano bianche come il latte.

KI= Che diavoleria è mai questa?!?!?

La voce di Caroline stava assumendo toni sempre più alti, finché un’ultima parola gridata non la risvegliò completamente, facendole inarcare la schiena e spalancare gli occhi; in quell’istante, nell’esatto momento in cui i suoi occhi si aprirono, le lampadine delle abat-jour che stavano sui comodini di entrambi i lati del letto, esplosero fragorosamente.

Dopo di quello, Caroline ricadde pesantemente con la schiena sul materasso, il respiro affannoso come se avesse corso per miglia e miglia ed il viso in preda al sudore freddo. Delicatamente, Mello le fu accanto, chiudendole la guancia destra con la mano, mentre la ragazza lo cercava disperatamente.

CA= Mello… Mello…?

ME= Sono qui Caroline, sono qui…

Il ragazzo, sebbene scosso, cercò di mostrarsi il più sicuro possibile; gli occhi di Caroline riflettevano puro terrore e lui sapeva che in quel momento aveva bisogno di lui più di ogni altra cosa.

CA= E’ stato orribile… orribile…tutto quel buio… quei lamenti, quei pianti…

ME= E’ tutto finito amore mio… sei qui, al sicuro… sei tornata da me…

Tirandosi su con il busto, Caroline si strinse forte a Mello, che la accarezzò dolcemente sul capo, lasciando che la ragazza poggiasse la fronte contro il suo collo.

CA= Non farmi tornare mai più laggiù… ti prego Mello… non farmici tornare mai più… mai più!

ME= Dove, Caroline? Di che posto stai parlando?

CA= NO! Non posso dirtelo, è troppo spaventoso! Promettimelo… promettimi che non mi farai più andare in quel posto! Non potrei sopportare il vedere e sentire nuovamente quelle… “cose”!!! No! Mai più!!

ME= Caroline, cos’hai visto?!?!?! Di quale posto stai parlando?!??!?!!? Dimmelo!

La ragazza parve calmarsi, attendendo che il respiro riprendesse un andamento regolare ed il cuore un battito tranquillo; stringendo più forte la presa delle dita sulla camicia di Mello, si decise a parlare.

CA= Mello, io… ho visto…

ME= Che cosa? Caroline, ti prego devi dirmelo… cos’hai visto?

CA=…..l’Inferno.

Al pronunciare quelle sette lettere, il tempo parve fermarsi, pervadendo con il ghiaccio la stanza, i movimenti ed i cuori delle persone che udirono le parole della ragazza.

Caroline aveva visto l’inferno… e, forse, aveva trovato qualcuno o qualcosa che la stava attendendo? o davanti ai suoi occhi si era profilata la risoluzione di quella domanda che tutti noi, prima o poi nella vita, ci poniamo con un brivido di umana paura?

***

Mello non poteva crederci… o almeno, non mettendo in dubbio le parole di Caroline ed avendo imparato che in quella dimensione tutto poteva essere possibile, faticava a conciliare la sua mente razionale con le parole che la ragazza aveva appena pronunciato. Volle provare a dire qualcosa, ma uscirono dalla sua bocca solo dei balbettii tra lo spaventato e l’afasico… fortunatamente, il dottor Kishimoto pose rimedio alla cosa, virando l’argomento su qualcos’altro.

KI= E’ stata fortunata signorina… ancora qualche istante ed avrebbe riposato in un bel letto ad una piazza in raso e zinco.

La ragazza parve accorgersi solo in quel momento del medico e voltò lentamente il capo verso di lui.

CA= Dottor Kishimoto… ma cosa… cosa è successo?

KI= Ha avuto una crisi respiratoria, il sangue è filtrato nei suoi polmoni e li ha portati al collasso… e la sua idea dell’infilzarsi con una siringa non ha fatto che peggiorare le cose.

CA= Si…ora ricordo… mi sono accasciata a terra e poi sono svenuta.

KI= Già… e se fossi in lei, la prossima volta ci penserei due volte ad immedesimarmi in un pezzo di carne per spiedino!

Caroline rise leggera, di una risata che da molto tempo non visitava più la sua gola, dopodiché cercò di alzarsi in piedi, aiutata da Mello, che le circondò le spalle con un  braccio e le fece poggiare la mano su quella libera dell’altro arto.

CA= Uh… mi gira la testa in modo impressionante…

KI= Dopo un litro di sangue perso e una trasfusione, mi stupisco che lei possa stare in posizione eretta senza avere l’impressione di essere su una giostra… venga qui, le levo l’ago dal braccio.

Dopo essersi avvicinata lentamente a lui, Caroline sollevò il braccio destro verso il medico, che con insospettata delicatezza, rimosse dall’incavo del gomito il piccolo quadratino di adesivo che fissava l’ago placidamente collocato nel suo giaciglio di carne morbida; una volta terminata questa operazione, tamponò la pelle con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante, per poi esaminare i lividi e le petecchie rossastre che spiccavano sull’incarnato latteo.

KI= Gli ematomi non si sono riassorbiti e nemmeno le petecchie… sembra che l’iniezione che le ho somministrato non abbia sortito alcun effetto.

CA= Per un certo periodo di tempo sono sembrati scomparire… ma poi sono ritornati quasi subito..

KI= Le fanno male?

CA= Sinceramente non molto… più che altro, è come un formicolio continuo…

Sempre parlando, il medico cominciò una breve visita, sotto lo sguardo attento di Mello; andando dietro la ragazza, le mise una mano sulla gola, tastando con le dita i muscoli attorno alla giugulare, ruotandole talvolta il collo a destra e sinistra, puntando il pollice sotto il mento di Caroline.

KI= Tenga d’occhio l’intensità di questo intorpidimento… qualora lo percepisse aumentato venga immediatamente da me, e NON tenti qualche suo rimedio nostrano… ogni volta fa sempre qualche danno in più rispetto a quelli che sono già presenti.
Pieghi la testa in avanti.

Obbedendo, Caroline tese il capo in avanti, tendendo i muscoli posteriori del collo; le mani del medico, andarono a toccarli per poi scendere a quelli delle spalle, per poi concludere con quelli delle braccia; Soffermandosi su queste, una dopo l’altra, le sollevò in verticale, per andare a controllare la funzionalità muscolare del tratto tra la spalla ed il gomito.

KI= La ricettività muscolare è buona… leggermente rallentata dallo shock del collasso, ma buona… tra qualche ora si sarà ripresa del tutto.

CA= Grazie mille dottor Kishimoto.

KI= Dovere. Bene, sembra che qui il mio lavoro sia terminato… ah, un’ultima cosa: signorina, lei è sempre interessata al Trial clinico?

CA= Si, certo… perché me lo chiede?

KI= Il prossimo ciclo di terapie è tra quattro giorni, alle 17.30.. pensa di venire?

CA= Oh, ehm… c’è molto da fare e…

ME= Ovvio che verrà. Tenga pure un posto libero per lei.

Nel tratto in cui Caroline si voltò verso Mello con aria interrogativa, il dottor Kishimoto stese le labbra in un sorriso sottile.

KI= Vedo che il suo compagno è molto più preoccupato per la sua salute di quanto non lo sia lei, signorina.. comunque, arrivederci.

CA+ME= Arrivederci.

Nel momento stesso in cui il medico uscì, Halle entrò come un turbine andando ad abbracciare l’amica, leggermente colta di sorpresa.

HA= Tesoro! Come stai?! Dio, quanto eravamo in pensiero!

CA= Halle,sto bene…davvero, ora è tutto a posto…

HA= Mio dio, quanta paura, quando ti ho visto in quel lago di sangue, così pallida, immobile…oh, Caroline!

CA= Sul serio, Halle, calmati… ora sto bene.

Sciogliendosi dall’abbraccio dell’amica, Caroline notò sull’uscio la figura di sua madre; sorridendole le tese una mano.

CA= Mamma…

Senza dire nulla, anche Janice abbracciò sua figlia, posandole una mano sul capo ed accarezzandola.

JA= Bambina mia… ho avuto così tanta paura, temevo potessi lasciarmi…

CA= Mamma, io non andrò da nessuna parte… sono qui, sono con te…

“Credo che tu debba dirci qualcosa, Caroline…”

Come ombre dal nulla, apparvero Diantha e Ezra Levi, dal volto serio e ieratico.

CA= Credo di sapere a cosa stiate alludendo… ma prima, ho una domanda. Audrey?

DI= Non ha ancora ripreso i sensi… Near non l’ha lasciata un secondo.

EZ= Ora… che cosa hai visto, ragazza?

Prima di rispondere, Caroline si prese qualche attimo per pensare… l’aveva visto davvero o la sua mente, quasi in una sorta di coma, l’aveva solo sognato? Ma ricordava bene quel calore asfissiante che le toglieva il respiro, il buio che la inghiottiva e le precludeva ogni possibile via di fuga…. e ricordava le geremiadi, i pianti, le urla di chi era attorno a lei. No… non poteva averlo solo sognato.

CA= Quando sono entrata nell’incoscienza, ho avuto una visione…

JA= Dicci, Caroline, nessuno metterà in dubbio le tue parole… cosa hai visto?

CA= All’inizio mi sono svegliata nel Purgatorio… dove ho incontrato mio padre.

A quelle parole, Janice soffocò un gemito; mentre Mello ed Halle erano attoniti, Ezra e Diantha parevano già consapevoli di quello che Caroline stava raccontando.

DI= Molti di noi si sono sempre chiesti se il Purgatorio esista davvero… tu, con le tue parole e con quello che hai visto, sei la conferma di anni ed anni di speculazione scientifica…

EZ= Già… ma non credo che la sua visione si sia ancora conclusa… (A CAROLINE) Vero figliola?

Inspirando profondamente, Caroline si collocò sulla sedia del mobile toeletta accanto al letto; con la mano, cercò la vicinanza di Mello che, rimasto in piedi, intrecciò le proprie dita con quelle femminili.

CA= Dopo aver parlato a lungo, mio padre mi ha comunicato un ultimo viaggio da compiere, prima di ritornare qua da voi… e portandomi al ciglio del Purgatorio, mi ha spinto giù, in un baratro nero e profondo. Non so dire con esattezza quanto è durata la mia discesa… ma all’arrivo, sono caduta contro delle pietre nere, avvolta dal buio e dal silenzio… riuscivo a vedere pochissimo di quello che mi stava attorno, camminavo a tentoni, poggiandomi contro le pareti… e poi, ad un tratto, il fuoco. Tanto fuoco, ardente…e grida…

EZ=… l’Inferno…

CA= Si…

Ad un tratto però, Janice arrivò davanti a Caroline, inginocchiandosi di fronte a lei e prendendo entrambe le mani della figlia tra le sue, stringendole forte.

JA= Caroline, io credo a tutto quello che dici, ci credo veramente… ma ora dimmi, hai incontrato tuo padre nei Campi Elisi del Purgatorio, hai parlato con lui… ma Rachel? Dov’era tua sorella? Ti amava talmente tanto che ti sarebbe apparsa…

CA= Mamma… ti prego, non pormi questa domanda…

JA= Dov’è Rachel, Caroline?! Devi dirmelo, ti prego! Dov’è mia figlia?

CA= (CON VOCE  FLEBILE) Mamma, Rachel… è all’Inferno.

Gli  occhi della donna si spalancarono, fissando attoniti quelli di Caroline.

JA= No… no…. Rachel… no…NOOO!

Eruppe in un pianto straziante, chinando il capo nel grembo della figlia che,trattenendo a stento le lacrime, l’accarezzava amorevolmente sulla nuca.

CA= Mi dispiace… mi dispiace tanto, mamma…

JA= C…come puoi essere sicura… che sia là?

CA= Mio padre, me l’ha comunicato… e laggiù io… io…

JA= Tu?... tu l’hai vista?

CA= Quel luogo è avvolto dalle tenebre, talmente fitte che nessun occhio potrebbe distinguere qualcosa… ho sentito la sua voce… piangeva, e mi chiamava…

JA= Rachel… la mia bambina… all’Inferno….

In quel momento, Ezra intervenne, prendendo tra le sue, le mani della donna.

EZ= Janice, la prego, venga via con me… Né lei, né Caroline avete colpa per il luogo in cui Rachel si trova… venga, coraggio…

CA= Il rabbino ha ragione mamma… vai, devi riposarti.... è stata una brutta giornata per tutti noi, e soprattutto per te… riposati…

Annuendo in silenzio, Janice seguì i consigli ricevuti e si alzò tremando; prima di andarsene, si avvicinò a Caroline per baciarla sulla fronte, gesto a cui la figlia rispose stringendo forte la mano della madre poggiata sulla sua nuca.

JA= Ti voglio bene Caroline… non mi lasciare, promettimelo…non potrei sopportare di perdere anche te oltre a Rachel…

CA= Non ti lascerò mai, mamma… ti voglio bene anch’io.

E Janice uscì, accompagnata dallo stesso Ezra Levi. Nel vederla andare via, commuovendosi Caroline si portò una mano alle labbra.

ME= Si riprenderà… è una donna forte.

CA= Lo spero tanto… anche se non vuole darlo a vedere, la morte di Rachel e ciò che sta accadendo ad Audrey, l’hanno sconvolta…

HA= Questi giorni sono stati densi di emozioni per tutti noi…ma chi più ne è stato avvolto, sei tu tesoro… come ti senti?

CA= Non lo so nemmeno io… Spaventata? No… Addolorata? Credo di si… anche se il mio dolore è più colmo di rassegnazione… rassegnazione ad un destino che non ho scelto, ad una maledizione che è nata con me… a sofferenze che sembrano voler provare la mia tempra…

HA= Noi saremo sempre con te, Linne… non ti lasceremo mai, qualunque cosa accada… io, Mello, Matt… saremo sempre al tuo fianco…

“Già, anche quando non ne potrai più e vorrai mandarci al diavolo!”

ME= Ehi, straniero! E tu da dove spunti?

Voltandosi verso la porta, il trio vide entrare Matt nella stanza, con un sorriso tra il dolce e il celiante sulle labbra.

MA= Ero stufo di gironzolare… Comunque… Caroline, Halle ha ragione; noi saremo sempre accanto a te… tu, Mello ed io siamo la Triade… e dovremo essere uniti.. me lo prometti?

CA= (SORRIDENDO) Si Matt… te lo prometto…

MA= (C. S.) Perfetto… ora abbracciami, ragazza e via quelle lacrime dagli occhi… dov’è finita la Caroline Seyrig che non ha paura di niente e di nessuno e che si getta nell’acqua da 14 metri di ponte pur di non dare ai seguaci di Kira la soddisfazione di catturarla?

Nell’abbraccio, la risata nacque spontanea, dolce e sincera come il tentativo di Matt nel risollevare il morale a terra dell’amica.

HA= Ormai è notte… coraggio, credo sia ora che ognuno rientri alla propria base e che tenti di dormire un poco…

ME= Sottoscrivo… sono stremato.

Auguratasi la buonanotte l’uni agli altri, finalmente Mello e Caroline rimasero soli; una volta a letto, con il buio rischiarato dalla luce argentea della luna, venne finalmente il loro momento. Mello era supino, le lenzuola che ne lasciavano il torso nudo scoperto,
con un braccio piegato sotto la testa e l’altro teso ad accarezzare la schiena seminuda di Caroline, prona accanto a lui e con i gomiti puntellati sul materasso.

La ragazza si prese qualche attimo per guardarlo… per osservare i lunghi e splendenti capelli sparsi sul cuscino, mentre alcuni fili d’oro sottile ne incorniciavano le tempie, accompagnando i due zaffiri che erano i suoi occhi, fissi sul suo viso, brillanti come le più splendenti gemme preziose; ne osservò il collo magro e levigato, le spalle sottili comunicanti con le braccia esili, tornite da muscoli tonici e guizzanti… per poi passare a quel torso magro e glabro, candido come la neve che ogni volta le provocava un brivido neanche troppo nascosto. Sentire le dita di Mello scivolare lente sulla propria schiena, era per lei il più efficace di tutti i tranquillanti.

ME= La tua schiena sembra essere una calamita per le mie mani…

CA= Tu , sei la calamita per il mio corpo… la ferita ti fa male?

Prima di rispondere, Mello toccò la fasciatura con la punta delle dita, avvertendo sotto i polpastrelli la trama sottile della garza.

ME= Ne ho prese di peggiori…Ti sento tesa… sei in ansia per Audrey?

CA= Già… vorrei fare qualcosa per lei, ma non so cosa... tutto mi sembra inutile, superfluo o stupido… e questo mi sconforta.

ME= Tu sei Nimue… la Cacciatrice, la Prescelta… ciò che fai è, e sarà, tutto fuorché inutile, superfluo e stupido… anche se (SORRIDE) devo dire che eri leggermente inquietante… :)

CA= Mi amerai ancora quando la mia metamorfosi in lei sarà completa? Quando i miei occhi perderanno quella sfumatura che tanto adori, per lasciare posto al ghiaccio?

ME= Ti amerò in qualsiasi modo il tuo corpo cambierà… anche se dovessi vederti con lunghi capelli viola e orecchie a punta! :)

CA= Ehi, mica diventerò un elfo! Vogliamo parlare di te, Arcangelo? Già ti vedo, con due ali spropositate di tutti colori dell’arcobaleno!

ME= Beh, senza dubbio potrò dire di essere affascinante! Le ragazze vanno matte per le piume!

Mello cominciò a ridere leggero, mentre Caroline spalancò gli occhi per un attimo, per poi assumere un espressione piccata.

CA= Signor Mihael Keehl, non mi costringa a prendere provvedimenti sgradevoli per ovviare ad un suo futuro comportamento scorretto!

ME= Ah ah ah, non essere così permalosa! Vieni qui…

Spingendola delicatamente verso di se attraverso la mano ancora sulla sua schiena, Mello fece accomodare Caroline accanto a se, facendole poggiare la testa appena sotto la propria clavicola; stringendola più forte, si compiacque nel sentire un braccio della ragazza, scivolare sul petto per poi andare ad avvolgerne i fianchi.

ME= E poi, scusa la curiosità… quali sarebbero questi provvedimenti?

CA= Non lo so, li devo ancora perfezionare…ma giuro che quando li avrò conclusi sarai il primo a sperimentarli.

A quelle parole, Mello prese dolcemente il mento della ragazza con due dita, sollevandole il capo fino a poter incontrare il suo sguardo.

ME= Uuh… tremate, tremate, le streghe son tornate…

CA= Si, si… ridi, ridi poi ce lo sapremo ridire…

Ancora con il sorriso sulle labbra, Mello la baciò leggero, lasciando che l’intensità del bacio (che non tardò a mostrarsi) accrescesse da sé.


***


Il luogo è arido. Zolle di terra che, come nel deserto, si dividono leggermente dalle altre con  sottili e profonde crepe. Un vento caldo, dall’odore di zolfo, porta ogni tanto con sé qualche mulinello di sabbia. Il cielo, ovattato e pesante, è nero e grigio.

Silenzio. Solitudine.

D’altronde, quale uomo potrebbe vivere in un luogo simile?

Aguzzando lo sguardo,  nell’estremità destra di questa landa, si può scorgere una struttura, alta poco meno di un metro, nera e circolare… c’è qualcosa che pende sopra questa compagine, ma data la distanza e la penombra, nessun umano sarebbe in grado di capire cosa sia.

D’altronde, quale uomo vorrebbe calcare quella terra?

Ad un tratto, dei passi. Cadenzati in un ritmo di qualcuno che non ha fretta, attutiti dal terreno…. e questi passi, si avvicinano alla struttura vista poc’anzi, poggiando le mani sul suo bordo di pietra nera.

E’ un pozzo, di almeno 60 centimetri di diametro… profondo, in apparenza, e colmo d’acqua cristallina. Il capo dell’avventore si alza ad osservare quello che è sospeso sopra al fontanile, aprendosi in un ghigno più di bestia che di persona.

Oscillante sulla struttura, vi è un corpo umano, un corpo di donna; E’ legata tramite una corda, con le mani dietro la schiena e le braccia sollevate all’indietro, nel richiamo macabro della tortura dell’Inquisizione seicentesca; la donna, manchevole di qualsiasi indumento, è priva di sensi: il capo abbandonato in avanti, lascia scivolare sulle sue spalle i lunghi capelli castano-biondi, precludendo la possibilità di scorgerne le fattezze del viso.

E’ sospesa sul pozzo, a distanza talmente ravvicinata che le dita dei piedi non sfiorano l’acqua di questo per soli pochi centimetri di scarto… il suo corpo nudo è martoriato in ogni angolo di carne da tagli più o meno profondi, spiccanti sulla sua pelle nivea come tanti stralci di rose sanguigne.

L’avventore, con i suoi gesti, espone chiaramente quale sia il suo compito. Estraendo un lungo e sottile pugnale dalla lama nera come l’erebo, incide la carne sul collo del piede sinistro della donna che non sembra essersene accorta, sembra non provare dolore… non un gemito, non un lamento fuoriesce dalle sue labbra; frattanto, un fiotto sottile di sangue sgorga dalla ferita, scivolando lungo il piede e riducendosi a grosse gocce vermiglie che stillano pigre dalle dita verso l’acqua del pozzo che, allargandosi in mille cerchi concentrici e tremolanti, si colora di porpora.

“Mostrami ciò che accade, mia diletta… presto il tuo compito sarà molto più alto del ricoprire l’umile ruolo di connettivo tra questo e l’altro mondo. Ma ora fa che io possa vedere…ah, perfetto… non potevo desiderare di meglio…”

Pervenuto il suo scopo, nel fissare le acque ormai rosseggianti della polla, si leva in un risata roca, malvagia…roboante come tuono.

Il suo divertimento, sta per avere inizio.

***

Voci che la chiamano… querule e quasi infantili, chiamano il suo nome, facendo reclamo della sua presenza. Il sentirne una più acuta, preponderante su tutte le altre, la costringe ad aprire gli occhi, tirandosi su a sedere; si guarda attorno, scoprendo di trovarsi in un luogo magnifico, subito riconosciuto dalla sua memoria: quello è il bosco dove andava sempre da bambina, in primavera! Il sole alto la costringe a farsi da schermo agli occhi con la mano, i suoi raggi roventi le scaldano piacevolmente la pelle… guardandosi attorno, vede di essere seduta nel magnifico prato dove tante volte ha giocato, rigoglioso di soffice erba verde, appena rugiadosa. Sembra non ci sia nessuno, e per questo rimane seduta sul prato, cingendosi le ginocchia con le braccia.

Ad un tratto però, il sentire gridare il suo nome, la costringe a cercarne la fonte: voltando il capo verso destra, vede arrivare dalle fronde un ragazzino di non più di dieci anni, dai capelli castano-ramati, che le arriva davanti con enfasi, esibendosi  in un sorriso che gli va da un orecchio all’altro.

“Dai, che ci fai ancora qui?!?!?” Ti stanno tutti aspettando, hanno mandato me a prenderti!!”

Jeremy… il figlio di zia Ophelia; l’ultima volta che l’aveva visto aveva quattro, forse cinque, anni. Il bimbo schizza via velocissimo, fermandosi poco più in la degli alberi.

“ALLORA?! DAI, VIENI, E’ BELLISSIMO LAGGIU’!!!!”

Sorridendo si alza dal prato, non senza un po’ di dispiacere, e si incammina verso il bambino che, vedendola appropinquarsi, riprende nella sua piccola corsa, fermandosi talvolta per aspettarla e poi ripartire al momento adatto.

Dopo pochi minuti, arrivano al luogo destinato; gli alberi cominciano ad allargarsi, mostrando similmente alle tende di un teatro, la meraviglia che precludevano… il lago.

Il lago della sua infanzia… uno specchio d’acqua cristallino ed immerso nella natura, dove la sua famiglia si rifugiava ogni qualvolta volesse sfuggire al caos di New York. Riusciva a scorgerli, seduti su una delle sue rive intenti a leggere, giocare o riposare.

Arriva dietro al piccolo Jeremy, che comincia a sventolare la manina in loro direzione.

“EHIIII, SIAMO ARRIVATI!!!”

Le persone accomodate nel pianoro, gli risposero altrettanto festose.

“ VENITE, DAI!! TESORO, CORAGGIO, VIENI ANCHE TU, SI STA BENISSIMO QUI!”

Il bambino si rivolge dolcemente verso di lei.

“Andiamo, dai!”

E comincia a correre lungo il pendio; nel vedere però che tutti gli altri si stanno dirigendo in acqua, grida.

“Ehi, avevate promesso di aspettarmi per fare il bagno!!”

Ridendo leggera, comincia a scendere il declivio, mentre ormai Jeremy si è tuffato in acqua, tra risate e schizzi. Ad un tratto però, una strana sensazione…


Il sole è alto nel cielo, ed è molto caldo… perché sente dei brividi di freddo lungo tutto il corpo?

Non se ne cura molto. Probabilmente lo attribuisce al fatto che indossi solo una camicia da notte in seta leggera.


Continua a scendere, ma un’altra cosa non la convince.


L’erba sotto i suoi piedi nudi, a differenza di quella del prato, è morbida ed asciutta…
perché avverte una sensazione di bagnato per nulla piacevole?

Anche su questo non ci si sofferma. Forse il terreno prima del prato, e poi del bosco, erano umidi.


Continua a scendere. E’ arrivata alla punta del declivio, dove il terreno forma una specie di trampolino naturale per i tuffi; arriva al suo limitare, osservando la sua famiglia nuotare e giocare felice.

“Avanti tesoro, tuffati!! L’acqua è meravigliosa, caldissima!! Sembra di essere al mare!!”

Veloce come una scheggia, Jeremy le sfreccia accanto, prendendo la rincorsa e lanciandosi in un piccolo tuffo a bomba, facendo divertire lei e gli altri.

Li osserva sorridendo, ridendo con loro… ma di colpo, arriva nuovamente quella sensazione.

Non c’è un alito di vento attorno a loro…
perché vede i lembi della sottoveste muoversi ondeggianti ed i capelli dietro la sua nuca, fremere?

Questa volta però, non ha tempo per riflettere. Sente un lembo della propria veste essere ghermita con una forza spaventosa; la visione che le si presenta una volta abbassato lo sguardo, è agghiacciante.

Ciò che le ha afferrato l’indumento non è una mano… ma un artiglio purpureo, con le unghie simili a quelle dei rapaci… ma ciò che la spaventa è che quella mano… appartiene al braccio di suo padre, che sotto i suoi occhi comincia a trasformarsi in una creatura raccapricciante, seguito a ruota da tutti gli altri componenti, che afferrano con lui l’estremità dell’abito della ragazza.

Nel parlarle, voci infernali si sostituiscono a quelle che ha sempre conosciuto.
Orbite nere e vuote appaiono laddove vi erano occhi che aveva imparato a riconoscere per forma e cromia.

E scheletri ricoperti solo dalla muscolatura vermiglia ormai avvizzita e decomposta, prendono il posto dei corpi caldi e morbidi dei suoi famigliari.

La loro forza è spaventosa, non può resistere tanto a lungo. Ma l’importante, si ripete, è rimanere in piedi e non cadere.

***

Se n’era accorto fortuitamente, quando nel muoversi non aveva percepito la sua presenza fisica. Puntellandosi con i gomiti, si era leggermente tirato su con il busto
e non trovandola accanto a lui, si precipitò fuori della stanza, vestendosi in fretta e furia con i pantaloni e le scarpe, e scendendo a rotta di collo le scale che collegavano il piano delle stanze da letto con il resto della casa. Spalancando il portone e piombando nello spiazzo esterno di arrivo, venne accolto da una pioggerellina leggera e da un vento altresì gelido. Gridando il suo nome, ma non ottenendo risposta, cominciò a correre verso il grande giardino.

***

Tirano sempre più forte, vigorosamente come il vento soffocante che ha cominciato a soffiare. La guardano con i loro occhi vuoti, con le labbra (labbra?) increspate in un ghigno folle che scopre le loro zanne. Anche il cielo s’è fatto vermiglio, le nubi sembrano talmente rigonfie che da un momento all’altro potrebbero far piovere sangue.

Un altro strattone. Un grido, con uno sbilanciamento in avanti evitato miracolosamente, mentre parte del terreno soffice frana sotto i suoi piedi.

***

Correva per quel giardino da un tempo che non sarebbe stato in grado di quantificare, l’aveva percorso per ogni direzione, gridando a pieni polmoni il suo nome… fermandosi un attimo per riprendere fiato, continuò a guardarsi attorno, portandosi una mano alla fronte per tirarsi indietro i capelli ormai pregni d’acqua… e lì, arrivò l’illuminazione.

Corse verso l’unica parte di giardino che non aveva ancora controllato… quella parte che, in quel frangente, poteva diventare anche la più pericolosa.

***

Le forze la stanno abbandonando, il vento incessante la sbilancia mentre la terra continua a franare sotto di lei lasciandole sempre meno appigli, le creature continuano a tirare la sua veste, ormai ridotta a brandelli, appigliandosi ora anche alla parte destra della stoffa. Sa che non deve cadere, sa che se allascherà la presa quelle creature la ghermiranno, trascinandola in chissà quale luogo maledetto per poi far scempio del suo corpo.

Leva un grido. Un urlo di disperato,nero terrore.

***

Il silenzio fu squarciato dal grido in cui lui ravvisò la voce; ne era sicuro, avrebbe potuto riconoscere quella voce anche se non l’avesse sentita per dieci anni. Chiamandola, si diresse verso il luogo di provenienza del clamore… con orrore si accorse che si stava avvicinando verso il punto più pericoloso di tutto il parco, dove la collina veniva tagliata da un ripido strapiombo. Ed infatti… lei era là, proprio sull’orlo più estremo. Fradicia, scossa dal vento, una figura inquietantemente bianca ed etera in mezzo a tutta quell’oscurità.

Chiamò a gran voce la sua attenzione, mentre si dirigeva verso di lei.

***

Quando qualcuno pronuncia il suo nome in un grido, tutto pare acquietarsi per un attimo; si guarda attorno ma non vede nessuno attorno a se… quasi come se la voce, maschile, calda, vibrante e che la sembra conoscere bene, arrivasse da un luogo nascosto o al di fuori di quella dimensione… ma tutto dura poco, perché approfittando della sua distrazione, tirano più violentemente…e lei,presa alla sprovvista, cade.

***

Attirò la sua attenzione, vedendola voltarsi verso di lui ebbe un fremito: i suoi occhi… erano completamente bianchi. Non vi era più il colore dell’iride, il nero inchiostro della pupilla… l’intero globo oculare era bianco, composto solo dalla cornea lattea.
Benché si fosse voltata verso di lui, parve non vederlo…era talmente tranquilla, che ritenne opportuno avvicinarsi pian piano, tendendo pacatamente una mano verso di lei.

Ma quando le loro dita furono lì lì per sfiorarsi… lei perse l’equilibrio e cadde.

Sarebbe senz’altro precipitata nel vuoto del burrone, se lui non si fosse prontamente gettato in avanti, afferrandone saldamente il braccio e stringendolo con quanta più forza avesse.
La ragazza, penzolante nel vuoto, gridò ancora, serrando ancora di più la presa attorno a quelle ancore di salvezza che le erano apparse, lisce e bianche come la neve appena caduta. Il vento la faceva ondeggiare, le sue gambe non riuscivano a trovare un appiglio adatto per potersi salvare.

***

Ce l’hanno fatta, sono riusciti a farla cadere. Le loro mani sono sulle sue gambe, sulla sua veste, e tirano…. tirano con forza diabolica, ridendo in un ringhio demoniaco e sguaiato.

“VIENI! VIENI CON NOI, NOSTRO UNICO AMORE! STAREMO INSIEME….PER SEMPRE!!!!!”

Voltando il capo all’indietro, vede che l’acqua che avvolge quelle creature si è mutata in sangue… un lago di sangue, increspato dai loro movimenti.

Stringe più forte l’appiglio a cui si è serrata, apparso dal nulla come un aiuto divino… e con grande smacco delle creature, riesce a liberarla dalla loro presa, mentre loro si levano in grida colme di ira.

***

La stava portando in salvo, con uno sforzo sovrumano rivelato anche dal tremito che aveva cominciato a pervaderlo per l’affaticamento muscolare, stava riuscendo a tirarla verso di sé; quando fu sicuro di riuscire a reggerla senza alcun pericolo, fece passare le proprie braccia sotto le sue ascelle, tirando per l’ultima volta e mettendola finalmente in salvo.

Ora erano lì, in balia del vento e della pioggia, seduti a terra… lei era rimasta tra le sue braccia, rannicchiata come un cucciolo tremante e ghermente la sua spalla sinistra convulsamente; la staccò di pochissimo da lui, quel tanto da riuscire a guardarla in viso. I suoi occhi erano ancora bianchi.

“Svegliati… svegliati ti prego! Era solo un sogno, un terribile sogno! Svegliati, torna da me… torna da me, ti scongiuro!”

Capì che era riuscito nel suo intento, quando vide riapparire nei suoi occhi la pupilla nera e l’iride dell’insolito colore che aveva sempre adorato. Nel suo bel volto, mentre si guardava attorno scoprendosi all’aperto, fradicia ed a terra nel bel mezzo del giardino, apparve lo stupore.

“Io… che ci faccio qui…? Cos’è successo..? Mello!”

Cercando di sorriderle dolcemente, malgrado la forte scarica di adrenalina che lo stava lasciando senza forze, Mello le rispose.

ME= Hai fatto un brutto sogno Caroline… sei diventata sonnambula e sei uscita in giardino…

CA= Si…si, ora ricordo… il lago, la mia famiglia, Jeremy…oh, è stato orribile! (ACCORGENDOSI D’ESSERE SUL CIGLIO DEL BURRONE) Mio dio… volevano che mi lanciassi nel vuoto….

ME= Fortunatamente non ci sono riusciti… è tutto finito ora, sei al sicuro… sei con me…

CA= Grazie….mi hai salvato la vita…. ti amo…

Mello provò a rispondere, ma le sue parole vennero troncate sul nascere da un secondo grido, estremamente acuto, e dal rumore di vetri infranti. Alzandosi in piedi, ma rimanendo comunque stretti l’uno all’altra, videro materializzarsi davanti a loro un essere agghiacciante, che teneva sotto un braccio…il corpo privo di sensi di Audrey.

CA= AUDREY! NO!

La creatura alata, nera, enorme e spaventosa, parlò a loro con una voce che avrebbe fatto arretrare Cerbero nell’Ade.

“Sei ancora viva, Cacciatrice, la mia trappola non ha avuto successo…. non avevo contemplato il ragazzo, d’altronde mi stupisce che l’Arcangelo possa provare… (CON TONO SPREZZANTE) amore…”

ME= Lascia subito la ragazza, maledetto! Lei non centra nulla con tutto questo!

“Ti sbagli, Arcangelo, lei centra in tutto questo molto più di quanto tu neanche immagini… Ho fallito e non ti ho ucciso, Cacciatrice, ma la prossima volta sarà l’ultima in cui potrai vedere questo mondo!”

E così dicendo, prima che i due ragazzi potessero fare o dire qualcosa, la creatura si alzò in volo, andandosene… ma ci fu qualcosa, come un lampo improvviso, che mosse la memoria di Caroline.

CA= Quella voce… si…. si, ora la riconosco!

ME= Caroline, ferma, è pericoloso!!!

Correndo fino al limitare del burrone, Caroline gridò a pieni polmoni verso la creatura ce si stava allontanando:

CA= ORA TI RICONOSCO, MALEDETTO!!!! UN GIORNO TI UCCIDERO’, LURIDO FIGLIO DI PUTTANA, PRENDILA COME UNA PROMESSA!!!! VERRO’ A RIPRENDERMI AUDREY, E PER TE SARA’ LA FINE!!!! SO CHI SEI, SHINIGAMI!!! MI HAI SENTITO?!?!?!?! NOI CI RIVEDREMO!!!

Ma ormai, lo shinigami non era che un punto lontano all’orizzonte…. Caroline aveva scoperto la vera identità del dio della morte, e con essa anche tutto quello che gli gravitava attorno. Ad un tratto, Mello fu nuovamente accanto a lei.

ME= Caroline…ora cosa facciamo?

CA= Mello, io….non lo so.

Ma ad un tratto, un altro lampo illuminò la sua memoria.

CA= Seguimi.

E prima che il ragazzo possa ribattere, cominciò a correre verso quel bosco che giorni addietro aveva visitato per la prima volta; non si curò della scarsa luce, non si curò degli aghi di pino che bucavano i suoi piedi scalzi, aveva cognizione di Mello dietro di se, si sentiva al sicuro.
Serpeggiava velocemente tra gli alberi, oltrepassava con passi rapidi le piccole discese, era talmente veloce che nel buio si poteva solo notare un lembo della sua sottoveste ondeggiare, come un piccolo frammento di luna impazzito.

Caroline portò Mello in un luogo strano, quasi surreale e del tutto fuori luogo in quel posto…un mausoleo gotico con angeli di marmo a sua guardia. Arrivata nel piccolo spiazzo, Caroline rallentò fino a fermarsi, così da farsi raggiungere da lui.

ME= Linne… che diavolo di posto è questo?

Ma la ragazza sembrò non averlo sentito, muovendo gli occhi sulla struttura e le mani febbrilmente sul portone ossidato.

CA= (TRA SE E SE) Ma dove sei…. dove sei? Ora ho capito…. che sciocca, perché non ci ho pensato prima…? (TROVANDO IL MANIGLIONE) SI! Eccolo…

Spingendo con tutte le sue forze, la ragazza aprì il portale che rispose in un cigolio… una sferzata di corrente fredda ed ammuffita arrivò contro ad entrambi.

CA= (VOLTANDOSI VERSO MELLO) Vieni… è meglio che lo veda anche tu.

Discesero lentamente, Mello facendosi guidare dalla compagna in una sorta di parodia di Virgilio e Dante… giunsero nella camera mortuaria che lei stessa aveva trovato, e si diressero accanto ad una tomba.

CA= Tsk… è ancora come l’ho lasciata io…

ME= Caroline, cristo santo, mi vuoi spiegare?! Mi spieghi perché in questa villa ci sia un mausoleo, e soprattutto perché noi siamo al suo interno?

CA= Capirai tra poco… aiutami a spingere questo coperchio.

ME= Perché?

CA= Le domande da scolaretto diligente a dopo, ora aiutami!

Con un sbuffo di rassegnazione, Mello afferrò l’estremità granitica del coperchio sepolcrale e lo spinse nella stessa direzione verso cui lo stava portando Caroline.

ME= Ex mafioso, delinquente, ricercato ed ora pure tombarolo… bella carriera Mihael!

CA= Potrai compiangerti dopo, ora ci serve un’ultima spinta… al mio tre. Uno… due… TRE!

Nell’ultimo slancio, il coperchio cadde a terra con un fragore infernale.

ME= CAZZO! Per la miseria, ci avranno sentito fino in città! Caroline… Caroline va tutto bene?

Caroline era immobile davanti alla bara, le braccia lungo i fianchi ed un ghigno sulle labbra.

CA= Io lo sapevo…

ME= Ma cosa… (AVVICINANDOSI) O cristo…. che cosa ci fa qui?

Era incredibile… se qualcuno glielo avesse raccontato, gli avrebbe come minimo riso in faccia… ma lo stava vedendo con i suoi stessi occhi…

Davanti a loro, perfettamente riconoscibile, intatto nel suo sonno di morte e con espressione serena….

ME= No… non è possibile… non può  essere vero…

CA= W…T…I…E….1…7…9…2…0…. ma certo…


…riposava il corpo di Ryuzaki.





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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28
Danse Macabre




Non riusciva a crederci… per quanto si sforzasse non riusciva a sopportare quella vista. Poche volte era riuscito a vederlo di persona, poche volte aveva avuto il privilegio di incontrare i suoi occhi neri, e profondi come la notte di cui portavano il colore…e pochissime altre aveva sentito la sua voce pronunciare il proprio nome. Ora lo vedeva davanti a se, morto, i lineamenti delicati del volto diafano distesi in una tranquillità che mai gli aveva visto sfoggiare in vita… sembrava stesse dormendo, come se aspettasse solo che una mano gentile gli si posasse sulla spalla per svegliarlo… temeva quasi che, da un momento all’altro, quei grandi occhi imperscrutabili si aprissero fissandosi su di lui.

Scivolò a terra, in ginocchio, con le mani ancora poggiate sull’orlo del sarcofago; ad un tratto, allungò un palmo verso il suo viso…ma qualcosa lo fermò, e si ritrasse lentamente. Nel contempo, sentì la mano delicata di Caroline, poggiarsi amorevole sulla sua nuca.

CA= Mi dispiace… mi dispiace tanto… ma era giusto che lo vedessi…

ME= Io…io non posso crederci… sin da quando ho saputo della sua morte, ho sempre rifiutato di crederci veramente… lo ritenevo invincibile, quasi immortale, e mi ripetevo “No, Mihael, non è morto… L non è morto… ha solo imbastito una messincena per poter indagare ancora su Kira… vedrai,” mi dicevo “vedrai… un giorno ricomparirà, ed incastrerà per sempre Kira…”. Ma ora… ora questa bara, questo corpo, sono la prova che mi sbagliavo…

CA= Eri molto legato a lui… è normale…

ME= Io, lo ero, ma di lui non si può dire lo stesso! Non so se ci abbia mai voluto bene, se si fosse soffermato anche un solo attimo a pensare all’ammirazione sconfinata che nutrivamo nei suoi confronti… chissà, se ci ha mai visto come bambini, persone… e non semplici lettere.

CA= Ti sbagli Mel… anche se non ve lo ha mai dimostrato, lui vi era affezionato, vi voleva bene… a Matt, a Near, a tutti i bambini della Wammy’s House, a te… lui voleva bene…

ME= Come puoi esserne sicura?

CA= Credimi amore mio… è così…

ME= Ti prego, andiamo via… andiamo via da qui, non posso sopportare tutti questi ricordi…

Si alzarono lentamente, allacciando le mani; ad un tratto però, lo sguardo ceruleo di Mello cadde sulle altre tombe…quella accanto a dove riposava Ryuzaki, e le altre due…

ME= Chi riposa nelle altre…?

CA= Accanto ad L, mio padre… e là… vi sono i genitori di Near, Julian e Selene River…

ME= Santo dio… vuoi dire che tutti loro…

CA=…si, in un modo o nell’altro erano legati a questa Confraternita… i genitori di Near ne erano membri, come credo mio padre… ma il ruolo di L mi è  ancora oscuro….

ME= Vuoi scoprirlo?

CA= Certo che si…

ME= Allora io ti aiuterò… ma ora andiamo via, ti prego…

Si incamminarono verso l’uscita, non prima però di aver riposizionato la lastra di granito sopra il sepolcro di Ryuzaki; quando la luce della luna bagnò di nuovo i loro volti con la sua luce di liquido argento, Mello pose un’altra domanda alla compagna.

ME= Credi dovremmo dirglielo?

CA= No… sarebbe ancora più doloroso…

ME= E’ la prima volta che mi trovo a dover nascondere qualcosa a Matt… lui è come un fratello per me…

CA= Ed a Near?

ME= Near ed io ci siamo sempre celati vicendevolmente, in un gioco al massacro su chi nascondeva più cose all’altro…questa volta non sarà diverso. Ma laggiù riposano i suoi genitori, e rispetterò la loro memoria…

CA= Tu… tu non sai dove siano i tuoi? Se sono ancora vivi, se sono morti…

ME= No…niente di tutto questo… mio padre non l’ho mai visto e mia madre è scomparsa nel nulla dopo avermi lasciato alla Wammy’s House… ed ora, grazie a quelle due sepolture, Near è riuscito, seppur inconsapevolmente, a battermi un’ennesima volta…

CA= Near porta dentro di se la solitudine, il silenzio, la morte… tu, mio angelo, hai dentro di te la più prorompente delle vite…



***



E quando l’Agnello ebbe aperto il settimo suggello,
si fece silenzio nel cielo per circa lo spazio di mezz’ora.
E il primo sonò, e vi fu grandine e fuoco
mescolati con sangue, che furon gettati sulla terra.

Apocalisse, 8;7



Raggi di sole sorsero sulla città… illuminando nella loro lenta ascesa ogni meandro della metropoli, ogni suo più piccolo angolo, svelandone fattezze, colori ed imperfezioni con impietosa schiettezza. Ma quel giorno…quel giorno i raggi del sole sembravano d’un pallore cereo, stanchi, affaticati… quasi freddi.

Chi, in un momento o nell’altro della vita, non ha prestato particolare attenzione alle parole che gli vennero dette in precedenza? Magari non per tracotanza, né per vilipendio nei confronti di chi le aveva pronunciate, forse per scarsa attenzione o per data priorità ad altre incombenze, che in quel momento apparivano molto più rilevanti.

“Caroline, Audrey è div…”

Di colpo, le parole di Ryuzaki riecheggiarono nella sua mente come una voce, un rimbombo lontano che affiora da un angolo remoto della mente… fu allora il momento in cui si rese conto che, quelle parole, avrebbero dovuto risuonare come un serio, martellante campanello d’allarme. Se solo vi si fosse soffermata, se solo vi avesse pensato qualche secondo di più…se solo non fossero arrivati mille altri guai che l’avessero distolta da quel discorso…

CA= (PENSANDO) E’ colpa mia…. Ryuzaki stava cercando di avvertirmi, ed io non vi ho prestato attenzione… ed ora Audrey è sparita…

Poggiata con la schiena a lato della finestra, non riusciva a trovare spiegazione migliore… le braccia conserte in grembo, una mano a reggersi il mento del viso volto verso l’esterno, quasi a voler trovare risposta alle sue angosce nei disegni delle nuvole. Si era rivestita, ma il paio di jeans che indossava ed il sottile maglione verde smeraldo con lo scollo a barca, parevano essere intessuti di puro ghiaccio, tanto era il freddo che provava; ma forse non era realmente freddo, forse il gelo era dentro di lei. Ad un tratto, trasalì leggermente, nel vedersi apparire una figura accanto: era Halle, che le stava porgendo una tazza di caffè.

HA= Tieni, tesoro… ti farà bene qualcosa di caldo..

Afferrando la tazza, la ragazza se la rigirò tra le mani, sorridendo debolmente.

CA= Grazie mille Halle… sei un’amica.

HA= Tua madre come sta?

Prima di risponderle, Caroline volse lo sguardo oltre l’amica, verso la madre che sedeva su una delle poltrone, con lo sguardo talmente vuoto da sembrare essere in una crisi di apatia; Diantha era accanto a lei, così come Ezra Levi, e non la lasciavano sola un attimo… ma sua madre sembrava non accorgersi degli stimoli, sembrava volesse lasciarsi vegetare in una bolla lontana, in cui si crogiolava nei ricordi della figlia perduta e della nipote.
Sempre guardandola, Caroline parlò con l’amica.

CA= E’ distrutta… si era ripromessa che avrebbe protetto Audrey da qualsiasi cosa, al contrario di quanto fece con Rachel…

HA= Ma Audrey è ancora viva! Possiamo sperare ancora di trovarla…

CA= Credimi, se ripenso a quello che dovrò fare quando, e se, la rivedrò ed a cosa potrebbe essere diventata…. meglio sarebbe che fosse già morta. Per tutti noi, per mia madre, per me… per lei.

HA= Non devi dire così, amica mia… tu stessa hai giurato che non ucciderai Audrey, e magari siamo ancora in tempo a salvarla…

CA= Non lo so, Halle…non lo so…

Il loro discorso venne morbidamente interrotto dall’arrivo di Matt.

MA= Ragazze, mi spiace interrompervi, so che è un brutto momento… ma abbiamo bisogno dell’aiuto di Caroline e di Mello… loro hanno visto ciò che è successo ieri notte.

CA= Già…. quante volte dovremo ancora raccontare quell’incubo, prima che ci credano?

Si avvicinarono al gruppo di persone accanto a Diantha, Janice ed Ezra. Erano presenti tutti i membri della confraternita, Gevanni, persino Near… Mello era seduto su una delle poltrone ed accolse Caroline, accomodatasi nel bracciolo della stessa, stringendone la mano che posò sulla sua spalla.

EZ= Caroline…Mihael… voi solo avete realmente vissuto quello che è accaduto ieri notte… vi chiediamo di spiegarlo anche a noi, così da poterci far capire…

CA=…E’ iniziato tutto con un mio sogno…

EZ= Un sogno…?

CA= Si… talmente realistico da indurmi al sonnambulismo… e portarmi sull’orlo del burrone nel giardino… presumo che lo Shinigami controllasse la mia mente…

EZ= Cosa te lo fa pensare?

CA= Creando nella mia mente il ricordo del lago dove andavo con la mia famiglia durante l’infanzia, ha cercato di uccidermi… se non fosse stato per Mello, mi sarei gettata nel vuoto e sarei sicuramente morta…

GE= Gesù… ma con che razza di forze abbiamo a che fare?

EZ= Con forze del male, ragazzo… con serpi striscianti e velenose, brulicanti nella terra e proliferanti nell’ombra… Mello, come ti sei accorto di quello che stava accadendo a Caroline?

ME= Mi sono svegliato nel letto e non l’ho trovata al mio fianco… e sono uscito a cercarla; l’ho trovata dopo un po’, sul ciglio del dirupo e spaventato l’ho chiamata a me… ho capito che non era un sogno normale, quando si è voltata ed ho visto i suoi occhi…

EZ= Di che colore erano?

ME= Non avevano colore…. erano completamente bianchi; dopo essere riuscito a tirarla in salvo dal precipizio, l’ho svegliata… e nel momento stesso in cui i suoi occhi sono tornati normali, abbiamo sentito quell’urlo…

EZ= L’urlo di Audrey…

CA= Si… e dopo brevissimi istanti è apparso davanti a noi il dio della morte, con tra le braccia il corpo privo di sensi di mia cugina… prima di andarsene ci ha guardato… e ci ha parlato.

EZ= Ricordi cosa ti ha detto…?

CA= Non riuscirei a dimenticarlo per nulla al mondo… così come non potrei dimenticare la voce che le ha pronunciate..

EZ= Che cosa ti disse?

CA= “Sei ancora viva, Cacciatrice, la mia trappola non ha avuto successo… non avevo contemplato il ragazzo, d’altronde mi stupisce che l’Arcangelo possa provare amore…Ho fallito e non ti ho ucciso Cacciatrice, ma la prossima volta sarà l’ultima in cui potrai vedere questo mondo…”

EZ= E’ più che sufficiente… grazie mille ragazzi, ad entrambi… Caroline, hai qualche idea in proposito a cosa sia successo?

CA= Lo shinigami si è servito di Audrey per qualcosa, e se ne serve ancora… l’ha avvicinata e l’ha sedotta in qualche modo… e l’ha fatta sua.

MA= Ma come, in che modo?

CA= Una notte, poco tempo fa, Audrey arrivò a casa mia… sconvolta, sotto shock e ferita… dopo poco si sentì male, cadendo preda di violente convulsioni e dando di stomaco quella sostanza nera e vischiosa che dalle analisi sarebbe risultata essere un concentrato di emoglobina e zolfo.

MA= La stessa che ti ha vomitato addosso ieri, durante la crisi…

CA= Esatto… per di più, quando venne da me, Audrey aveva un forte odore di sangue addosso ed in bocca… e lei stessa, il giorno dopo essere dimessa dall’ospedale, mi raccontò che durante l’amplesso, Jude, il ragazzo che frequentava, le aveva fatto ingerire il proprio sangue…per poi bere il suo.

EZ= In nome di Dio…! Che blasfemia è questa?

CA= Non l’ha ancora capito, rabbino? Appena lo vide, Audrey mi raccontò che rimase sorpresa dai suoi occhi… color dell’oro e con sfumature purpuree…ditemi, dove avete già incontrato occhi di colore simile?

DI= Non vorrai dire che…?

CA= Esattamente quello, Diantha… Jude altro non è che lo shinigami che ha portato via Audrey, sceso sulla terra ed incarnatosi in forma umana per poter agire indisturbato.

L’orrore si impadronì di tutti i presenti, che l’esternarono alcuni con sommesse esclamazioni, altri con preghiere rivolte a Dio.

CA= (IN TONO PIU’ SOMMESSO) E forse è lui stesso che ha indotto Rachel a lanciarsi nel vuoto...

EZ= Cosa?

CA= Prima che si gettasse, io sono riuscita a parlare con Rachel… mi disse che doveva gettarsi, gli angeli glielo dicevano, una voce glielo ordinava…

EZ= Tutto questo non ha senso! Perché mai Rachel e Audrey dovrebbero essere collegate?

CA= Ci pensi, rabbino… Jude è la trasposizione inglese di quale nome biblico?

Il rabbino, pur avendo colto al volo dove Caroline voleva portarlo, impiegò qualche secondo a rispondere, come se il solo pronunciare quella parola lo avesse dannato all’inferno per sempre senza nessuna possibilità di redenzione.

EZ=… di… Giuda… il traditore di Cristo…

CA=…Il nome di colui che, una volta morto, andò a capo degli Inferi, assieme a Lucifero… quindi Jude, non è uno shinigami qualsiasi, ma…

ME=… ma… è il Re degli Dei della morte.

Ad un tratto, anche Near intervenne.

NE= Scusate… ricordo che Audrey, durante i suoi sonni agitati, mormorava spesso una parola… la ripeteva continuamente, come un mantra e con tono impaurito… “Shinigami Daio”…

MA= Questa è la prova che Caroline dice la verità… “Daio” in giapponese significa “Re”…

ME= Cristo santo…

CA= Se ripeteva costantemente quella parola… ma certo! Matt, ricordi quello che ci è successo alla biblioteca nazionale, alcuni mesi fa?

MA= Certo, come potrei dimenticarlo?! C’era anche Audrey con noi…

CA= Esatto… lo shinigami contro cui combattei, rivelò esplicitamente il perché della sua venuta…

EZ= Ossia?

CA= Disse che non era venuto per me.. ma perché il suo signore aveva messo gli occhi su Audrey, per farne la sua regina, con cui…creare nuovi figli.

NE= Questo vorrebbe dire che Jude, il re degli shinigami, ha intenzione di dare vita a nuovi dei della morte…

HA= Un esercito nuovo, molto più potente…e distruttivo.

ME= Se riuscirà nell’intento, nemmeno noi potremo fermarlo…

NE= Ci sarà un modo per fermare tutto questo! Qualcosa che non debba necessariamente essere vincolato all’uccisione di Audrey!

GE= E se invece non ci fosse altra scelta?! Se l’unico modo per salvarci fosse veramente l’uccisione di Audrey?!!

CA= Questo è fuori questione Gevanni. Io non ucciderò mai Audrey, neppure se dovessi scegliere fra la mia vita o la sua!

GE= E per questo ci condanneresti a morte certa?! Io non sono coinvolto in quest’intrigo maledetto, non sono né un Arcangelo, né un Evangelista! Io sono solo un poliziotto tirato in mezzo ad un gioco pericoloso e più grande di lui!

CA= La vita non ci da sempre le cose come noi le vogliamo…ma ce le da. E noi dobbiamo accettarle o combatterle.

GE= In questo momento, mi sembri piuttosto passiva!

CA= Ti sbagli…io combatterò tutto questo, e spenderò ogni mio respiro, ogni battito del mio cuore, nel trovare un modo per salvare mia cugina; e se non ce la farò, accetterò che venga uccisa… ma non dalla mia mano.

EZ= Solo tu puoi uccidere Audrey, Caroline… così è scritto e così è destino.

CA= Allora dovrete trovarvi un’altra Cacciatrice… perché io non compirò un simile abominio.

Dopo queste ultime parole, sulla stanza calò temporaneamente il silenzio… quel silenzio grave, pesante, pregno di tensione e nervosismo. Di colpo però, Annalisa Orsini, la filosofa, nonché moglie del teologo,prese la parola pur rivolgendo il discorso al rabbino Levi.

OR= Maestro, non c’è più tempo da perdere… la triade è qui e noi siamo sull’orlo di una guerra… devono affrontare il percorso.

CA= Il percorso?! Di cosa diavolo state parlando?!

EZ= (ALLA FILOSOFA)… prima o poi sarebbe dovuto giungere questo momento… la mia domanda è se sono effettivamente pronti…

OR= Devono  esserlo. Il mondo dipende da loro.

CA= Smettetela di parlare tra di voi!!!!!

A quello sbotto, due paia di occhi si rivolsero sull’esile figura di Caroline, ora affiancata sia da Mello che da Matt.

MA= Se la cosa ci riguarda, vogliamo esserne messi al corrente…

OR= Miei cari, vi riguarda più di quanto non possiate immaginare…

ME= Allora spiegateci. Di che percorso state parlando?

EZ= Nei secoli d’esistenza della triade, i membri che l’hanno composta hanno dovuto passare una serie di prove per dimostrare a Dio ed a se stessi, di essere in grado di portare il Suo araldo…

CA= E questa prova…in cosa consiste?

Quando il rabbino prese a spiegare quello che avrebbero dovuto affrontare, tutti e tre i ragazzi quasi non riuscivano a credere alle proprie orecchie.

***


La stanza, buia, è tagliata da un sottile fascio di luce bianca che si incunea infida nell’ambiente, bagnando il pavimento e gli oggetti di un innaturale, quanto mai blasfemo, candore. Si staglia una figura in tutta quella oscurità, netta, dai contorni perfettamente delineati come se fossero usciti dalle sapienti mani di un intarsiatore; le spalle sono dritte, il collo snello e levigato appena piegato in avanti, a seguire l’inclinazione della morbida curva della testa, lievemente chinata…. le braccia dritte, i gomiti curvati a formare un angolo di 90° da dove le mani si vanno a poggiare sul davanzale della finestra.
D’un tratto, una lieve folata di vento gelido porta alla conoscenza della non solitudine.

Lui è lì. E’ arrivato.

“Ti vedo…turbato…”

La sua voce, che tanto aveva desiderato aver solo sognato, squarcia come un coltello il filo dei suoi pensieri.

“Che cosa vuoi da me…?”

Per la prima volta, gli appare sotto forma umana…è incredibile quanto un essere così diabolico possa apparire tanto attraente.

“Te l’ho detto… tu dovrai diventare il mio araldo nero…”

“Dio solo sa quanto vorrei tornare indietro…”

“Tu…invochi…Dio?! Ah ah, certo che voi mortali siete proprio...divertenti.”

“Ho accettato di vestire un ruolo maledetto, più di quanto la mia anima non lo sia già…”

“E’ troppo tardi…non si torna indietro, sai? I sigilli sono già visibili sul tuo corpo…rassegnati, Belial.”

“C…come mi hai chiamato?”

“Con il nome che da tempo avresti dovuto portare… non credo faticherai a scoprire chi sia l’essere di cui tu custodisci l’animo…”



Non riesce a rispondere. Un sudore freddo lo pervade,un sottile tremolio scuote le sue membra… le parole muoiono miseramente nella sua gola. Ha paura. E Lui, se ne accorge.

“C’è chi è nato per pregare e chi per uccidere, ragazzo…e tu rientri nella seconda categoria. Tu fa ciò che io ti ho richiesto, ed io in cambio…esaudirò il tuo desiderio più recondito…”

“Di cosa stai parlando….?”


Una demoniaca risata precede la domanda, un appropinquarsi alla figura maschile è il preludio a quattro parole oscure ed agghiaccianti, pronunciate con la mano che va ad accarezzare lascivamente il bel volto mortale. Di colpo si accorge che “Lui” ha lasciato un dono nella sua mano…. che ora stringe l’impugnatura di una sottile, ma robusta ed altrettanto inquietante, falce.


“Io….la farò tornare.”

***




STAGE 0: The beginning


“Vi attende una prova per diventare la Triade…per affrontarla, dovrete entrare nel Labirinto della Vita”

Come può un labirinto formarsi dal nulla, talmente alto ed intricato da non fare nemmeno scorgere l’ambiente circostante?
Erano entrati assieme, ma dopo pochi passi, erano stati brutalmente divisi: delle botole si erano aperte, quasi come in una grottesca parodia di un film thriller, sotto i loro piedi, ingoiandoli uno dopo l’altro e scaraventandoli chissà dove. Avevano avuto appena il tempo di guardarsi negli occhi tutti  tre, per poi essere proiettati verso qualcosa di sconosciuto e pericoloso.
Dall’urto improvviso e violento contro la testa, perse quasi subito conoscenza.

Rinvenne poco dopo, ed aprendo gli occhi si guardò attorno: semioscurità, silenzio… tastando sotto di sé, apprese la presenza della pietra viva.

“Qui troverete il modo per assurgere al vostro compito, finché tutti e tre non vi ritroverete, convergendo nel solito punto…”

Il rabbino Levi non si era dimostrato molto rassicurante: per quello che ne aveva potuto intendere, il Labirinto non si prestava certo come luogo per una scampagnata.

Sospirando si alzò in piedi…o almeno, tentò di farlo. L’ambiente era talmente angusto che vi si poteva stare solo rannicchiati; in fondo a quel passaggio, scorse poi un quadrato di luce; convenendo che quello era l’unico modo per procedere, cominciò a gattonare in direzione della luce.

Caroline stava entrando nel primo livello.


*

Non era mai stato religioso e non gli era mai piaciuto scrivere: ed ora, quasi come per scherzo del destino, racchiudeva nel suo ruolo entrambe le cose.
Abituando gli occhi alla fioca luce di quel posto, vide che innanzi a lui si apriva uno stretto pertugio; senza esitare vi si immise, dovendo camminare con il corpo rasente ad una delle due pareti, tanta era la strettezza di quel passaggio.

“Lì affronterete le vostre paure, i vostri demoni psicologici più reconditi…ciò che non avete mai osato raccontare a nessuno…”

Quando vide che dalle pareti gocciolava dell’acqua, ancora prima di accedere al primo livello, Matt aveva intuito a cosa sarebbe andato contro.

*

Si ritrovò a pensare che Dio avesse un gran senso dell’umorismo.
 Davanti a lui, si esponeva una piccola e lunga scala a pioli, in corda e legno; era talmente sottile che pareva potesse spezzarsi al solo poggiarci un dito sopra.

Alzò il viso verso l’alto, scorgendo nella cima una piccola apertura, appena sufficiente a far passare il suo corpo esile; tutto era chiaro ora.

Con mani tremanti afferrò i primi pioli della scaletta e lentamente cominciò a salire.

“Ricordatevi, siate prudenti e non sottovalutate nulla.. questo non sarà un sogno.”

Imprecando, Mello si avviò al primo livello.

***


STAGE 1: Torning the veil


Di tutte le cose strane che aveva visto in quei mesi, quella le superava tutte: era all’inizio di un lungo corridoio, ricoperto da ambedue i lati da degli specchi incorniciati; in fondo a quello, si apriva una sala circolare avente, sul punto più estremo, una porta chiusa… ciò che le sembrò strano, fu la presenza al centro di quella, di una struttura rettangolare. La ragazza si incamminò con passo guardingo nel corridoio, ignorando la sua figura che veniva riflessa continuamente… solo quando udì dei rumori simili a delle ossa spostate, comprese che forse avrebbe dovuto prestarvi più attenzione.

*


Lo spazio era talmente angusto da togliergli il respiro e, di certo, l’acqua non sortiva in lui un effetto calmante; uscito che fu dallo stretto passaggio, avvertendo gli abiti impregnarsi leggermente dell’umido liquido, si trovò di fronte ad una visione ancora più orribile: davanti a lui si apriva come un’enorme piscina circolare, avente al centro una colonna di medie dimensioni, quasi a mo di isolotto, dove poteva scorgere, sulla cima, la presenza di una…

MA=…porta…? Una porta in mezzo al nulla, sopra ad una colonna?! Dove sono, nel paese delle Meraviglie?!

Per quanto bizzarro potesse apparire, vi era realmente una porta sopra quella colonna; chiusa e chiaramente visibile da qualunque parte la si guardasse, sembrava essere uno scherzo di pessimo gusto. Ma non era solo quello a preoccupare Matt.

MA= Cristo santissimo… acqua…

Aveva sempre odiato l’acqua, sin da quando era bambino. Non che non sapesse nuotare, ma nutriva nei confronti dell’elemento una diffidente paura, maturata anche dal ricordo di un lontano avvenimento, dove l’acqua aveva assunto il ruolo di principale carnefice.

Non scorgendo una seconda scelta per aggirare quel luogo, comprese che avrebbe dovuto attraversare la distesa d’acqua che si estendeva davanti ai suoi occhi.

Lentamente, pose il primo piede nella piscina, lasciando che venisse avvolto ed occluso dalle morbide onde ialine e sciabordanti dell’elemento.

*

Terminato che ebbe di salire la sottile cordonata, emergendo con il corpo sul nuovo terreno come un spirito che si leva dalla tomba, appena si rese conto di dove si trovasse, si addossò completamente alla parete emettendo un roco lamento: solo il passaggio estremamente ridotto sul quale si trovava, lo salvava dal cadere in una voragine nera e spaventosamente larga e profonda, che si apriva a strapiombo sotto di lui.

Con la schiena completamente adesa al muro, così come le gambe (sebbene lasciate semi divaricate per conferire maggior stabilità al corpo) ed entrambe le braccia distese in modo da formare con il profilo del fianco un angolo retto, sollevò appena la testa e ciò che vide gli procurò una stilettata al cuore, accompagnata da un secondo gemito.

Passerelle… centinaia, migliaia di passerelle come sospese nel vuoto che salivano in andamento concentrico, formando quasi una spirale spezzettata creando un’infinità di percorsi varianti gli uni dagli altri, per la vicinanza più o meno ridotta tra le diverse corsie; a Mello però non sfuggì il fatto che, ad un certo punto dell’ascesa, tutte quelle corsie si riunivano in un unico punto, costituito da una specie di terrazzo…. capì che era là che doveva arrivare.

ME= Esperienza fantastica… coraggio Mel, un bel respiro e si parte! Il vuoto è relativo, il trucco sta nel non guardare sotto di te…

Strisciando lungo la parete a guisa di geco per poter raggiungere la prima passerella, che avrebbe costituito il punto di partenza della sua scalata, inspirò profondamente, cercando di scacciare quella fastidiosa sensazione di nausea e di formicolio alla bocca dello stomaco.

Non l’aveva mai rivelato a nessuno, ma una delle sue paure più grandi… era il vuoto.

*

Era un rumore sordo, smorzato, ma egualmente inquietante… scricchiolante come  quando si tenta di piegare forzatamente qualcosa da lungo lasciato immobile, crepitante come un ramo di legno spezzato con lentamente. Un orribile rumore di morte.

Voltandosi lentamente, inquietata da quel rumore così improvviso ed innaturale, Caroline ebbe visione di ciò che stava accadendo… e le fece gelare il cuore, mozzandole il respiro; benché si trovasse a circa metà percorso, vide che negli specchi appena oltrepassati (come in quelli cui si trovava davanti) il suo riflesso, sfidando ogni legge logica ed ottica, era rimasto impresso nella lucida superficie dell’oggetto… così come accadde nelle superfici degli specchi davanti a cui non era ancora passata. Centinaia di “lei” erano impresse in ciascuna delle specchiere, immobili e con gli occhi chiusi, le braccia lungo i fianchi, come se quel grande rettangolo di vetro avesse assunto il ruolo di loro feretro.
Non si seppe spiegare perché, ad un certo punto, ritornando sui suoi passi si avvicinò ad uno degli specchi, osservando il proprio riflesso fermo e dormiente… lentamente allungò un braccio verso quello più  prossimo, andando a toccare con le punte delle dita il freddo materiale del vetro.

Ma c’era qualcosa di innaturale in tutto quello, una calma ed un silenzio nettamente stridente con l’inquietudine che gravava su quel posto… c’era qualcosa che non tardò a svelarsi.

Talmente di scatto da farla sobbalzare, il riflesso dello specchio su cui aveva poggiato il palmo della mano,spalancò gli occhi, che si rivelarono consistenti solo nell’orbita nera e vuota, e con questi anche la bocca, in un urlo stridulo; nel tentativo, risultante vano, di staccare la propria mano dal vetro, Caroline si accorse con orrore che il braccio e la mano della sua “gemella” erano uscite dallo specchio artigliandole con una presa ferrea il polso.

Gridando dalla paura, cominciò a divincolarsi con impeto, nello sforzo di liberarsi da quella presa dannata, accorgendosi con orrore crescente, che la “gemella” stava mutando aspetto: la pelle divenne grigia, il volto prendente le fattezze di un teschio senza ciglia né sopracciglia, il seno senza alcuna forma o tratto anatomico lasciato scoperto…. ma il dettaglio che fece desiderare alla ragazza di svenire, fu la visione dei polmoni dell’essere, bianchi come il latte, avvizziti e pieni di fori da cui cominciava a grondare sangue, perfettamente visibili dalla mancanza di carne e racchiusi dalle sottili ossa della cassa toracica.

Con un ultimo strattone, dato con più violenza, Caroline riuscì a liberare il polso dalla presa della “gemella”, che lasciò sulla sua nivea e delicata carne un’estesa escoriazione rosso fuoco e bruciante… indietreggiò istintivamente, racchiudendosi il polso ferito nell’altra mano e portandoselo al petto, che si alzava e si abbassava furiosamente.

CA= Tutto…. tutto questo non è reale, non PUO’ essere reale!!! Possibile che la mia paura sia questa??!?!?!?

Godette poco di quella libertà… perché con secondo grido, ancora più stridulo del precedente, tutti gli altri suoi riflessi degli specchi, simili nell’aspetto a quello incontrato, uscirono dalle loro sedi, scagliandolesi addosso.

*

Avanzò finché l’acqua non divenne talmente profonda da costringerlo a nuotare. Si avvicinò alla colonna ed agilmente vi si arrampicò sino alla cima…

MA= Beh, anche più facile di quanto mi aspettassi in realtà…

Purtroppo l’entusiasmo del ragazzo svanì nel momento stesso in cui,poggiata la mano sulla maniglia rotonda della porta, si rese conto che questa era chiusa a chiave.

MA= Porca puttana, è chiusa a chiave!

Osservando lo specchio d’acqua intorno a se, forte della vista dall’alto che la cima della colonna gli offriva, si accorse di qualcosa nel fondo della “piscina”…. qualcosa di piccolo e scintillante per i riflessi acquatici.

La chiave.

MA= Eccoti! Prepariamoci ad un bel tuffo…

Dopo aver inspirato profondamente, saltò.

Il contatto avvolgente con l’acqua fredda lo fece rabbrividire, ma abbassando lo sguardo cominciò a nuotare direttamente verso la chiave,ancora sul fondale…. l’afferrò senza esitare e velocemente si apprestò a riemergere.

Riemerse con il busto, riprendendo fiato e cercando un punto dove toccasse, per mantenersi in equilibrio; basito,si accorse che l’acqua aveva abbandonato l’ordinaria trasparenza per mutare in un inquietante nero… d’un tratto, questa cominciò a ribollire e vorticare in un solo punto, lasciandone il resto placido e liscio.

MA= Cosa diav… ARGH! E TU CHI CAZZO SEI?!

Dalle acque turbinanti era apparsa una creatura, apparentemente formata dallo stesso elemento, nera come essa… aveva sembianze antropomorfe, simili a quelle di un uomo di trent’anni. Matt era attonito, sebbene quasi sull’orlo del disgusto non riusciva a distogliere lo sguardo da quella “cosa”, che d’un tratto aprì gli occhi…rivelandoli d’un orribile cremisi.

Il ragazzo non riusciva a muoversi, né a reagire… sembrava che il suo corpo fosse immobilizzato, reso inerme dall’acqua che sciabordava attorno a lui.

Fu solo quando la creatura gli si lanciò contro, artigliandolo per la gola e gettandolo con lei sott’acqua, che il suo cervello decise di reagire.

*

Già al primo salto maledisse quel luogo e se stesso; non vi era niente a cui aggrapparsi per rendere il salto meno pericoloso, doveva basarsi soltanto sulla sua precisione e sul suo equilibrio corporeo, un passo falso e la passerella avrebbe oscillato, una disattenzione millimetrica e sarebbe scivolato, precipitando in quella nera voragine sotto di lui.

ME= Cristo… quanto vorrei avere tra le mani il rabbino e buttarlo qua al mio posto… che razza di perversione deve avere una persona, per inventare una cosa del genere?

Tentando di tenersi in equilibrio sulla prima passatoia conquistata, roteò il viso attorno a se per avere miglior visione dell’ambiente circostante; la sua intelligenza pronta non ci mise molto a fargli comprendere che lui stesso doveva “costruirsi” il percorso più facile e più sicuro, scegliendo con cura le passerelle da attraversare.
Individuando quella che faceva al caso suo, prese un respiro profondo e si decise a saltare…. ma durante il salto, una scheggia nera gli passò davanti al viso, occludendogli per una frazione di secondo la visuale.

Secondo che lo portò a ritrovarsi aggrappato alla passatoia solo con il busto e con le gambe penzolanti nel vuoto, mentre un verso sinistro aleggiava per tutto l’ambiente.


*


Erano decine, d’una forza diabolica e tenacemente adese al suo corpo. Più si divincolava cercando di liberarsi, più queste stringevano la loro presa, graffiando quella pelle così nivea e delicata e facendo comparire le prime rose vermiglie.
Le loro mani, fredde, dure e viscide, vagavano sul suo corpo come quelle di migliaia di amanti; ne artigliavano la gola, le spalle, ne stringevano i fianchi, avvolgevano le cosce ed i polpacci, immobilizzavano le braccia.

Il suo dimenarsi le divertiva… il caldo del suo corpo ed il battito accelerato del suo cuore, erano succulenti inviti a goderne.

Caroline gridò. Per tenerla ferma, una “gemella” l’aveva artigliata per i capelli e le aveva storto dolorosamente la testa all’indietro, mentre un’altra avvicinava la bocca alla sua giugulare completamente esposta e priva di difesa. Avvertì con disgusto la lingua della creatura scorrerle sulla pelle.

Riuscendo però a liberare, seppur faticosamente, una gamba, incuneò il piede nell’inguine della creatura calciandola via con tutta la forza che le era possibile raccogliere, guadagnando da quest’azione graffi ancora più profondi e dolorosi, da cui il sangue cominciò a stillare copioso.
Vide che la creatura, pur non essendo granché stravolta dal colpo, era rimasta leggermente disorientata… capì che, se non riusciva ad abbatterle, almeno poteva stordirle per qualche istante.

Con la violenta e cieca furia della disperazione, cominciò a dimenarsi all’impazzata, menando colpi senza tecnica e senza obiettivi precisi, percuotendo chi capitava, dove capitava, avvertendo attorno a sé gli stridii queruli delle creature colte di sorpresa; d’un tratto, muovendo all’impazzata la mano, avvertì la propria mano affondare in qualcosa di freddo, viscido e molle: osservando, si accorse che la palma era penetrata per buona parte all’interno di un polmone di una delle creature, che ora stava osservando il tutto impaurita (sempre che paura potessero provare).
Non perdette neanche un istante, e con ghigno sadico artigliò ancora di più l’organo tra le dita e lo strappò violentemente dal suo alveo della cassa toracica.

Fu proprio in quel momento, dove la creatura urlò stridula e le sue compagne sembrarono non sapere cosa fare, che Caroline riuscì definitivamente a liberarsi ed a correre via, lungo quel corridoio che le sembrava non finire mai, fino ad arrivare alla stanza che aveva precedentemente visualizzato. Notò che l’entrata era provvista di una specie di cancello, che celermente si apprestò a chiudere e sbarrare, mentre le “gemelle”, notandola, vi si scagliarono contro, lasciando tendere le braccia oltre le sbarre, inarcando le mani come artigli.

Indietreggiando sempre con lo sguardo fisso su di loro ed ansante, Caroline andò a cozzare con il fianco contro lo spigolo duro di quella struttura rettangolare… che scoprì essere un sarcofago.

Sarcofago, che sembrava non aspettare altro d’essere aperto.

*

Non c’è niente di più pericoloso dell’acqua. Dall’aria puoi rifugiarti tra le mura domestiche, il fuoco seppur faticosamente può essere domato, dalla terra che trema e si apre puoi scappare.

Dall’acqua no . Penetra, filtra, raggiunge ogni cosa nella sua avvolgente ed umida presa. Non la puoi arginare, non la puoi controllare… puoi solo pregare che non avviluppi anche te nel suo letale percorso.

A Matt necessitava dell’aria. La creatura aveva attaccato così repentinamente che non aveva avuto tempo di prepararsi…. scalciava, si dimenava, cercava di liberarsi dalle prese di quegli esseri, che da uno erano diventati una dozzina. Nella mano destra teneva ancora salda la presa sulla chiave, intenzionato a non mollarla per nessuna ragione al mondo. La mancanza d’ossigeno cominciava a farsi critica, le percezioni iniziavano a divenire sfalsate, inviandogli solo turbinii purpurei degli occhi (?) delle creature, che artigliavano la sua maglia, ormai ridotta a brandelli, e lo stesso corpo del ragazzo.
Matt non riusciva più a resistere, ogni movimento pareva rallentato, ogni volta liberava una parte del corpo, decine di artigli andavano a ghermirne un’altra; si sentiva come la vittima di un predatore della savana.

L’ultima briciola di ossigeno venne consumata. Il ragazzo sentì la gola cominciare a chiudersi.

“Game Over, Matt” pensò “…fine del gioco.”

Chiudendo gli occhi, si abbandonò a quelle mani acquatiche che presero a tirarlo verso il basso… verso un luogo, forse, cui l’inferno a confronto sarebbe sembrato un paradiso.

*

Riuscì a salire sulla passerella non senza qualche difficoltà, tremando per la paura e lo sforzo. Una volta in ginocchio sulla struttura, attendendo che il cuore riacquistasse un battito normale, si guardò attorno per trovare chi, o che cosa, gli fosse sfrecciato davanti al viso poco prima; nel contempo, si accorse che un forte vento caldo aveva cominciato a soffiare innaturalmente, scompigliandogli i capelli e mandandogli alcune ciocche della frangia davanti agli occhi.

ME= Sembra non ci sia niente e nessuno… forse devo essermelo sognato…

“Craaack!”

Sgranò gli occhi a quel suono, arrivatogli da dietro la schiena. Lentamente si voltò, maledicendo il fatto di non avere la pistola con sé…e quello che vide lo lasciò stupefatto. Non seppe se ridere o mettersi a piangere.

ME= No…. stavolta le ho viste proprio tutte…

Appollaiato sul bordo della passatoia su cui si trovava il ragazzo, immobile come una statua e nero come una macchia d’inchiostro purissimo….

…vi era un corvo.

“CRAAACK!”

Al secondo verso, più consistente e potente del primo, Mello alzò il viso verso l’alto: centinaia…migliaia di corvi svolazzavano per l’ambiente o riposavano sulle passerelle. Dopodiché, Mello tornò con lo sguardo sul volatile davanti a lui.

ME=… Ho come l’impressione che mi darete parecchio filo da torcere...

E fu così, dal momento che, appena il ragazzo saltò su un’altra asse, tutti i corvi si librarono in volo in un frullio d’ali ed in un gracidio assordanti, creando come un immenso, impenetrabile muro nero.

*

C’era luce… tanta, abbagliante, meravigliosa luce. Era calda, un rifugio perfetto dopo tutto il buio in cui aveva soggiornato.

“Figliolo… che stai facendo?”

“Mamma… MAMMA! Dove sei?!”

“Sono qui, amore mio… sono qui.”


Sollevò gli occhi e la vide, rendendosi conto che anche lo scenario attorno a lui era cambiato. Si trovavano nella loro piccola casa in Irlanda, paese natio di sua madre da cui aveva ereditato i rifulgenti colori degli occhi e dei capelli. Era bella…. più bella di quanto potesse ancora ricordarla, sua madre era seduta sul piccolo divano sotto la finestra che lui tanto adorava; i capelli, colpiti da alcuni raggi solari, rifulgevano come fiamme vive.

Lo guardava con occhi amorevoli ed un dolce sorriso sulle labbra, mentre tendeva la mano verso di lui.

“Vieni… sei tutto bagnato.”

Impossibile resistere a quel richiamo, alla voce materna che gli giungeva alle orecchie come il canto melodioso di una dolce sirena… ma stavolta, non per dannare i malcapitati che accorrevano tra le sue braccia, ma per cullarli e proteggerli.

“Mamma… che cosa ci fai qui?”

“Il giorno che ti ho concepito, ho fatto un giuramento… promisi che non ti avrei mai lasciato da solo, qualsiasi cosa fosse accaduta…”

Mansueto come un cucciolo, si sedette tra le gambe di sua madre, dandogli la schiena e permettendole di cominciare ad asciugarlo con un morbido asciugamano di lino.

Asciugandogli il collo e frizionandogli i capelli, lo rimproverò bonariamente.

“Ma guarda qui… sei più zuppo di un pulcino bagnato!”

Guardando fisso davanti a se, le spalle curve e le braccia abbandonate in grembo, le rispose.

“Perché… perché sei qui?”

“Non ti fa piacere?”

“Nessun ragazzo potrebbe essere più felice di me in questo momento…”

“Ma sono anche venuta a ricordarti chi sei, figliolo…ricordarti che splendido angelo io abbia creato.”

“Io non sono nessuno mamma… i miei amici, loro sì che sono importanti.”

“Non dire così, amore mio… tutti a nostro modo, siamo speciali…”


La donna continuava ad asciugarlo premurosamente, credette di potersi addormentare a quei tocchi così amorevoli che da lungo tempo nessuno gli riservava.

“Mamma…io sono un essere empio. Le mie mani sono macchiate, ho ucciso, mentito e derubato… come posso essere stato scelto da Dio?”

“Dio è infinita bontà, amore trascendente, sostanza pura ed immutabile… ama tutti noi in modo speciale…”

“Ma io ho paura… tantissima paura di quello che potrei incontrare.”


“Nella tua esistenza incontrerai molte cose orribili, abomini che neanche dovrebbero esistere… ma il tuo cuore ti aiuterà a rimanere saldo… conoscerai il buio, ma anche la luce, l’odio e l’amore, la vendetta e la pietà… sei speciale figlio mio, e non dimenticartene mai…”

Afferrandolo lievemente per le spalle lo fece girare verso di se, guardandolo con occhi identici ai suoi, per forma e colore, dove Matt rivide se stesso.

“Tu sei l’Evangelista, mio dolce angelo… tu sei colui che tramanderà ciò che succederà in quest’epoca nera ed ebbra di violenza… ma cosa più importante di tutte… sei mio figlio.”

Guardando sua madre dritto negli occhi, Matt si accorse di un cambiamento; la pelle della donna stava diventando sempre più trasparente, la presa sulle sue spalle fredda ed umida...la veste stava perdendo colore, quasi si stesse stingendo, come per i capelli.

Sua madre… stava diventando acqua. La stessa acqua che la travolse e la uccise nell’alluvione di quel lontano 1993; Matt, allora un ingenuo bambino di tre anni, ricordava ancora perfettamente quel giorno, come se guardasse perennemente i fotogrammi di un vecchio filmato. Ricordava i suoni, i luoghi, gli odori e le voci… ricordava il roboante rumore dell’acqua lontana che si stava avvicinando per prenderli e portarli via con se… ricordava l’ultimo sorriso di sua madre prima che venisse trascinata via dalla corrente, previa di averlo salvato legandolo ad una della travi portanti della casa.

“Mamma… che ti succede?!”

“Non avere paura amore mio… sto tornando nel luogo che mi spetta…acqua mi ha ucciso, acqua diventerò…ti voglio bene, figliolo.”


Per un lasso di tempo imprecisato, sua madre divenne completamente composta d’acqua e, per questo, totalmente trasparente…. e poi, cadde a terra in un sommesso scroscio, venendo risucchiata dal pavimento.

Dopo pochi secondi, il ragazzo svenne.

*

Era immobile davanti a quel sarcofago da più di dieci minuti; il respiro affannato rompeva quel silenzio innaturale di morte, il battito del cuore scandiva i secondi del tempo corrente. Ad un tratto, le mani tremanti andarono a sfiorare i contorni del sepolcro, mentre il corpo andava a doppiarne il limite strutturale; arrivata a metà di quello si bloccò. Lo osservò inspirando profondamente ed attuando una presa più ferrea sul coperchio, lo spinse di lato con un piccolo grido, stupendosi al contempo di quanto una lastra di granito potesse risultare leggera; dal contraccolpo si trovò ad indietreggiare di qualche passo, allontanandosi così dal poter vedere cosa vi fosse racchiuso in quella struttura rettangolare.

CA= Non posso crederci… era leggerissimo, sono riuscita a spostarlo completamente…ed ora, a noi.

Si avvicinò a passi lenti, salì i due piccoli gradini che sopraelevavano il sarcofago dal pavimento normale e quando vide ciò che vi era all’interno, il suo cuore perse un battito.

Custodita dalle quattro pareti di granito, placida nel suo sonno eterno…. c’era lei stessa. All’età di dieci anni.  

Era talmente immobile e perfetta da sembrare una bambola… un’inquietante e macabra bambola in un gioco turpe e perverso.

Impressione incrementata dal fatto che tra le mani stringesse un lungo pugnale dalla lama lunga e sottile, simile a quella di un fioretto.

*


Le loro ali frullavano come cenere crepitante, talmente potenti da ovattare qualsiasi altro suono e vigorose da aumentare le già violente raffiche di quel vento caldo che soffiava incessante, scombinandogli i capelli e tendendogli i vestiti. Sconsolato, Mello osservò lo stormo di corvi che lo circondava, volando attorno a lui circolarmente in un muro di ali e piume talmente compatto da non permettergli di vedere i muri dell’ambiente circostante. Il loro gracchio era continuo e disturbante.

ME= Beh, starli a guardare non mi porterà certo aiuto… devo arrivare alla cima.

Mosse un passo incerto verso l’estremità della passatoia, cercando di calibrare il proprio baricentro e l’ampiezza del salto che avrebbe dovuto compiere; inspirando profondamente, piegò le ginocchia ed impresse forza contro il legno della passerella per poi spiccare il salto… ma appena si trovò a metà del “volo”, circa dieci corvi si avventarono su di lui come un branco di lupi su un agnello. Cadde sulla passerella successiva supino, raggomitolandosi poi in posizione fetale e cercando di schermarsi il viso con le braccia dai becchi e dagli artigli dei volatili, che infierivano sulle sue spalle e sugli abiti… rialzandosi a fatica, mulinando le braccia per l’aria cercando di allontanarli, si decise a non subire ulteriori “ritardi” alla sua scalata e si appropinquò a saltare verso l’ennesima passatoia…. non prima di essere riuscito ad afferrare, per caso fortuito, uno dei corvi e scagliarlo con tutta la violenza e la rabbia possibile verso il basso, facendolo urtare contro la rigida passerella.

Continuò la sua “scalata”, cercando di sgombrare la mente, di non pensare ai diabolici volatili attorno a lui che parevano non aspettare altro che saziarsi del suo sangue, già cominciato ad affiorare dalla pelle graffiata delle braccia e della spalle.

*

Riaprì gli occhi di colpo, quasi fosse stato un robot con nuova carica; era ancora sott’acqua, trascinato da quelle mefitiche creature… ma, trionfante, si accorse che la propria mano non aveva lasciato la presa attorno alla chiave metallica.

Era il momento di agire.

Con un secco colpo di reni riuscì a liberare il braccio sinistro dalla stretta di una delle creature, che parve sorprendersi. Ma non l’essere non fu l’unico a stupirsi; venne affiancato da Matt, quando si accorse che il proprio braccio sinistro aveva preso a brillare di un’intensa iridescenza lattea; intuendo che si trattasse di un aiuto inviatogli da sua madre, ne testò subito l’efficacia, andando a colpire con un poderoso pugno, la creatura marina alla sua destra, che si dissolse con un urlo reso soffocato dall’acqua e migliaia di bollicine nere.

Un ghigno di sadica soddisfazione si dipinse sul volto del ragazzo.

Caddero. Una dopo l’altra, grido dopo grido, tutte le creature caddero sotto i colpi del suo braccio che, benché fossero alla cieca e senza tecnica, erano intrisi di una violenza tale da farle soccombere al primo contatto… nella confusione, Matt si accorse che più creature riusciva ad eliminare, più il bagliore del suo braccio acquistava di intensità, apparendogli ora di un biancore intenso e luminescente.

Quando fu completamente libero, cominciò a risalire velocemente verso la superficie, aiutandosi non solo con le gambe ma imprimendo una notevole spinta con ampie bracciate verso l’alto… dopo pochi secondi riemerse, spalancando la bocca a voler incamerare quanta più aria possibile. Non volendo restare in quell’acqua un secondo di più, prese a nuotare velocemente verso la colonna recante la porta, tenendo la chiave tra i denti vi si arrampicò ed una volta arrivato alla cima, si lasciò cadere a peso morto, ansimando per la paura e la fatica e cercando di ridare un battito normale al suo cuore.

D’un tratto, un dolore lancinante al braccio sinistro lo fece urlare, portandolo a mettersi supino; non avendo la forza per sollevarlo, volse la testa verso l’arto, adeso completamente alla superficie marmorea… quello che vide rasentava l’incredibile.

Il suo braccio sinistro, abbandonato quel bagliore, aveva preso fuoco.

L’intero arto,dalla punta delle dita alla spalla, era avvolto da lunghe fiamme cremisi che lo torturavano con il loro tremendo bruciore. Matt era sopraffatto dall’insostenibile bruciore, ma benché gridando si dimenasse con tutto il corpo, non riusciva a smuovere di un centimetro il braccio, come se quello fosse incollato al pavimento.

Non riuscì a quantificare la durata di quella tortura, a definire il dolore atroce che lo stava pervadendo, sentiva la gola ardere altrettanto intensamente del braccio per le urla straziate che lanciava… quando, ad un tratto, percepì il bruciore farsi meno intenso fino a scomparire del tutto.
Smise di dimenarsi, cadendo sulla schiena con un tonfo, sudato e stravolto da quella sofferenza così intensa e rivolse lo sguardo verso il proprio arto.

Non trovò nulla di quanto realmente si aspettasse: la carne non era nera né ustionata… era perfettamente intatta, rosea e tonica, quasi si fosse rivelata ignifuga… ma coperta da un lungo tatuaggio nero come il carbone, recante simboli a lui sconosciuti, esteso per tutta la lunghezza dell’arto e ricoprente ogni singolo centimetro di pelle.

MA= Cristo santo….  tutto questo non è normale!!!

Strisciando verso la porta vicina a lui, infilò la chiave nella toppa con mani tremanti, cercando nel contempo di rialzarsi in piedi… una volta eretto ed aperta l’anta, vi si immise senza indugio.

Matt stava accedendo al secondo livello.

*


Era come guardarsi in uno specchio contrario, come riflettersi in una fonte maledetta… aveva davanti a sé  la sua figura bambina e non riusciva a distogliere lo sguardo da quel volto che, per quanto fosse il proprio, assumeva davanti ai suoi occhi una sembianza sconosciuta. Cominciò a piegare il busto verso di lei, avvicinandosi sempre di più a quella reminescenza… quando i loro visi furono ad una risiva distanza, la Caroline di 10 anni aprì lentamente gli occhi; e quando si vide specchiata nei propri gemelli, per colore e forma, sorridendo candidamente colpì violentemente la Caroline adulta al viso, tanto da sbalzarla via e farla turbinosamente cadere e rotolare sul pavimento in granito.

Caroline non ebbe il tempo di emettere nemmeno un fiato, tanto il colpo fu inaspettato e violento; poté solo lasciarsi cadere a terra, sbattendo malamente la spalla e la fronte…quando sollevò il viso verso il sarcofago, vide la propria gemella bambina tirarsi su a sedere, tenendo quel pugnale stretto a se con lo stesso candore con cui avrebbe tenuto un orsacchiotto di peluche; con quel sorriso angelico che non l’aveva abbandonata, volse la testa verso di lei, piegandola poi da un lato.

“Ciao Caroline… vuoi giocare con me?”

Caroline rabbrividì. Quella voce…. era la sua voce! Il timbro e la tonalità di quando era bambina! Intanto la piccola aveva estratto le gambe dal giaciglio e, dandosi la giusta spinta, era scivolata giù da esso, ponendosi in posizione eretta e fissandola imperturbabile.

CA= Chi…chi sei?! CHI DIAVOLO SEI, ORRENDO DEMONIO?!?! TU NON SEI ME!! NON SEI ME!!!

Senza perdere il sorriso, la bambina mosse i primi passi verso di lei, appoggiando i piedini nudi sul gelido pavimento, non distogliendo neanche per un secondo gli occhi da lei; Caroline era terrorizzata, non riusciva a muovere un muscolo, rimanendo così semidistesa a terra, ipnotizzata dalla sua proiezione fanciullesca, che nel frattempo l’aveva raggiunta, angelica nel suo piccolo abitino di candida organza.

“Perché tremi? Ti faccio paura? Voglio solo giocare…”

CA= (FLEBILE) Ti prego… lasciami in pace, vattene… ti prego… lasciami stAARGH!

Il fiato le si mozzò in gola, nel momento stesso in cui un violento calcio la raggiunse alla bocca dello stomaco, facendole salire un senso di nausea e portare istintivamente entrambe le mani al ventre; un piede della bambina si impuntò nel suo fianco e, spingendo, la fece rotolare supina.

“Alzati. Non possiamo giocare se stai sdraiata a terra.”

Tremando, Caroline obbedì e muovendosi malamente si alzò in piedi, barcollando leggermente e rimanendo un poco piegata in avanti.

CA= Ti scongiuro, lasciami in pace… vai via… non voglio farti del male… sei solo una bambina…AAH!

La colpì nuovamente con un pugno, talmente potente da farle compiere un mezzo giro su se stessa ed andare a cozzare con il busto contro un muro, cui si parò con entrambe le mani. La voce della bambina, eruppe palesemente irritata.

“PERCHE’ NON VUOI GIOCARE CON ME?!”

E prima che la ragazza potesse reagire, si avventò su di lei dando inizio ad una furiosa lotta dove Caroline, se non altro che per istinto di sopravvivenza, si trovò a dover reagire, iniziando a menare colpi. Con un poderoso calcio riuscì ad allontanarla da lei, facendola sbattere con la schiena contro il sarcofago, dove si accasciò come una bambola di pezza portando in avanti la testa, che venne coperta completamente dai lunghi capelli castani.

Dopo qualche secondo, la bambina sollevò il volto di scatto e sempre sorridendo, si rivolse all’adulta.

“Hai visto? Cominci a giocare con me…ma mi hai fatto male!”

La guardò per un istante per poi scagliarvisi nuovamente contro; dopo violenti corpo a corpo, in un movimento che nemmeno lei stessa avrebbe potuto spiegare o comprendere, Caroline riuscì a strappare dalle mani della bambina il pugnale che teneva stretto ed a ferirla al volto, pur non intendendo dove l’avesse colpita; questa eruppe in un piccolo grido, allontanandosi barcollante e portandosi entrambe le mani alla bocca. Dopo essere rimasta così per qualche secondo, si voltò verso Caroline, poco distante e con ancora il pugnale sanguinante in mano, provante un lancinante dolore al volto.
La bambina, rimisasi in posizione eretta, manteneva ancora coperta la bocca con le mani, dalle cui dita cominciava a colare del sangue…

CA= Io… io sento dolore nello stesso punto dove ti ho colpito… come è possibile?!!!

Per poter parlare, la piccina fu costretta a togliere le palme dal viso… permettendo a Caroline di comprendere dove il suo affondo fosse caduto: all’altezza della bocca, lungo le guance, si aprivano due tagli profondi e sanguinolenti, che avevano squarciato entrambi gli angoli delle labbra, deformando il volto in un orrido sorriso perenne, simile a quelli dei clown.

“Io sono te,Caroline… colpendo me, colpisci anche te stessa e provi lo stesso mio dolore nel medesimo punto in cui mi ferisci.”

CA= Cosa….? NO! TU MENTI!

“Fa male…. FA MALE!!!!!!!!”

Si  riallacciarono in un secondo scontro, ancora più violento del precedente, dove il sangue cominciò a sgorgare da entrambi i corpi feriti; nell’ultimo groviglio di arti, Caroline vide la bambina sollevare il braccio destro… Alzandolo lentamente, unì il pollice, l’indice ed il medio facendone congiungere i polpastrelli… e con le dita così, a mo di lancia, fece scattare la mano verso il suo occhio destro; affondando nella sua orbita oculare, tranciando la pelle come si trattasse di burro, la ritrasse pochi secondi dopo….

Un lancinante grido sgorgò dalla gola della ragazza, che non poté far altro che cadere all’indietro, portandosi le mani al viso.

Dimenandosi a terra come in preda ad una crisi epilettica, Caroline continuò ad urlare.

CA= AAAH!!!! IL MIO OCCHIO!!! IL MIO OCCHIO!!! MALEDETTA!! IL MIO OCCHIO!!!

Imperturbabile come sempre nel suo sorriso, la bambina aprì il palmo della mano destra… rivelando di contenere al suo interno, il globo oculare verde-azzurro di Caroline, che per le grida e gli spasmi, sembrava sull’orlo di una crisi nervosa.

CA= MALEDETTA, MI HAI STRAPPATO L’OCCHIO!! AARGGH!!! IO TI UCCIDO, TI UCCIDOOOO!!!!

In tutta risposta, la bambina rise, lanciando lontano l’occhio amputato della ragazza.

“Non è divertente giocare con me, Caroline? Forse quando giocherò con Mello…”

Di colpo, Caroline smise di dimenarsi, cessò di gridare, rimanendo immobile a terra, su un fianco ma con il busto quasi del tutto proteso in avanti.

“Come… hai finito di giocare, sei già stanca? Dobbiamo divertirci ancora per tanto…”

Si avvicinò alla ragazza prendendosi la calma necessaria, incedendo leggera per poi accucciarsi accanto a lei, poggiando una mano sulla spalla di quel corpo riverso ed immobile, allungando il collo a voler scorgere ogni qualsivoglia indizio di vita.

“Alzati Caroline… ti sento respirAH!”

Accadde tutto velocemente. Appena Caroline avvertì la mano della bambina sulla sua spalla ed il suo viso abbastanza vicino, agì di scatto, silenziosamente, senza emettere una sola parola.

E riuscì nel suo intento.

Quando era caduta a terra, aveva avuto la lucidità di afferrare il pugnale, brandirlo e nasconderlo sotto il suo ventre… aveva atteso che lei si avvicinasse, quasi sicura che l’avrebbe fatto, ed al momento propizio aveva attaccato, facendo affondare verticalmente la lama dell’arma nella morbida carne sotto al mento della bambina, che ora la guardava muta, ad occhi sbarrati mentre il sangue cominciava a colare abbondante.

Cercò di non svenire per il lancinante dolore riflesso che avvertì nell’infliggerle quella ferita, riuscendo a mantenere lo sguardo fisso sulla piccola. Quando parlò, il suo tono risultò più tagliente di un rasoio e velato di un glaciale sadismo.

CA= Hai ragione, piccola stronza… non è divertente giocare con te!

Liberando un urlo furioso, Caroline estrasse velocemente il pugnale dal mento della bambina, per poi conficcarglielo con altrettanta violenza al centro del petto, nel luogo dove era custodito il cuore, rimanendo quasi senza fiato per l’atroce sofferenza.

“M…maledetta… non potrò giocare mai più…con… nessuno…ora.”

Ma la vendetta di Caroline non s’era ancora compiuta del tutto; sapendo che quello sarebbe stato il colpo di grazia, girò la lama ancora conficcata nella carne della bambina e l’estrasse con violenza, accompagnando il gesto con un violento fiotto di sangue che le sgorgò contro. Continuò a fissarla negli occhi per tutto il tempo che impiegò a morire, distogliendo lo sguardo solo quando le palpebre della bambina si chiusero per sempre ed il suo corpo rovinò a terra su un fianco.

Una volta che ebbe la conferma della sua morte, lanciò via il pugnale, cercando di riprendersi dall’incontenibile dolore fisico e portandosi una mano a coprire l’orbita destra, ormai priva dell’occhio… guardandosi attorno, notò però uno strano scintillio provenire dal corpo della bambina; si avvicinò per controllare e si accorse che dalla ferita al cuore fuoriusciva una piccola escrescenza metallica; l’afferrò con pollice,indice e medio e la estrasse, rimanendo senza fiato per le fitte strazianti. Dopodiché, osservò l’oggetto sanguinolento che giaceva nel palmo della sua mano.

CA= La chiave di quella porta…. evidentemente il pugnale l’ha agganciata e l’ha spinta in fuori…

Non volendo perdere altro tempo, Caroline si alzò in piedi e barcollando si diresse verso la porta; a causa della mancanza dell’occhio destro, la vista le risultava sfalsata e dovette tentare tre volte, prima di riuscire ad infilare correttamente la chiave nella toppa e ad aprire l’anta.

Aveva lottato contro se stessa, si era uccisa ed aveva perduto un occhio nello scontro… quasi sicura che non avrebbe potuto trovare nulla di peggiore oltre quella porta, la varcò senza indugio.

Caroline stava entrando nel secondo livello.

*

Era quasi arrivato alla cima, ancora poche passerelle lo dividevano da quella specie di terrazzo sospeso nel nulla; ma benché fosse quasi riuscito ad arrivare alla sommità, il supplizio dei volatili non l’aveva lasciato nemmeno per un secondo, tormentandolo con i loro artigli ed i loro rostri uncinati e affilati; nella sofferenza delle ferite non poté non fare a meno di meravigliarsi… le “armi” naturali dei corvi, benché sembrassero in apparenza sfiorare soltanto la sua pelle, riuscivano ad aprire squarci profondi e brucianti, da cui il sangue usciva copioso. Inoltre, il forte vento che soffiava incessantemente non costituiva un suo alleato: costringendolo a ridurre gli occhi a due fessure, limitava notevolmente il suo campo visivo e rendeva ancora più rischioso il passaggio tra una passerella e l’altra, dal momento che queste avevano preso ad ondeggiare pericolosamente.

Interruppe il filo dei suoi pensieri, un forte dolore in tutta la parte posteriore del corpo, dalla testa ai talloni; vedendo che il ragazzo si stava avvicinando sempre più alla destinazione finale, una ventina di corvi si erano artigliati, con le zampe e con i becchi, alla schiena ed alle gambe del giovane, tirandolo verso di loro e, ovviamente, nella direzione contraria, aiutandosi con lo sbattere continuo delle ali.

Ogni movimento era una tortura per Mello, ogni spostamento dell’anche più piccolo muscolo incontrava la presenza di un artiglio o di un rostro, inviandogli fitte lancinanti al sistema nervoso… era come camminare con il corpo trafitto da mille aghi. Faticando persino a sollevare il viso verso l’alto, si accorse che solo due passatoie lo dividevano dall’arrivo.

Stringendo i denti per non urlare dal dolore, spiccò il salto verso il penultimo passaggio cercando di tendere il più possibile il braccio verso quella. Ma venti corvi artigliati al  corpo come una parodia di nere ali d’angelo,costituiscono una menomazione non indifferente, e benché la costituzione di Mello fosse snella ed agile, il loro peso lo sbilanciò notevolmente, facendolo atterrare sul passaggio supino e sbattere malamente nuca e schiena.
In contemporanea alla caduta, un urlo di dolore lacerante eruppe dalla gola del ragazzo;  all’altezza delle scapole, i becchi di due corvi si erano conficcati ancora più in profondità e dal contraccolpo, i due animali avevano istintivamente aperto i becchi, tagliando ancora più estesamente la pelle del biondo, che avvertì la schiena ricoprirsi di sangue caldo e gorgogliante.

Quello fu il punto di non ritorno per Mello. Rialzatosi in piedi barcollante, fu come pervaso da una frenesia indescrivibile, che lo portò a dimenarsi furiosamente ed a strapparsi con violenza dal corpo, ogni volatile che riusciva ad afferrare, per scagliarli poi il più lontano possibile da sé.
Non badava più al dolore,non avvertiva più lo strazio fisico, quasi non si curava nemmeno più del sangue che arrossiva il suo corpo… le grida che lanciava non erano di sofferenza, ma di violenta rabbia, quello sfogo furioso che lascia piano piano il posto alla pazzia, che annienta ogni forma di lucidità e rende l’uomo simile alla bestia per istinto e per violenza.

Quando anche l’ultimo corvo venne strappato dal suo corpo, estirpato come un’erba maligna dal campo, si lasciò cadere in ginocchio, ansimando ed in preda ad un tremito violento; istintivamente, si portò una mano alle scapole, dove il dolore era stranamente scemato, e quello che avvertì sotto ai suoi polpastrelli lo lasciò di stucco: da entrambi i tagli, erano emerse delle sporgenze, che si protendevano per circa cinque centimetri al di fuori della pelle; tastandoli, Mello ne avvertì la forma sottile, incurvata e quasi di forma triangolare, dalla consistenza simile a quella ossea ma dalla liscezza come quella cartilaginea.

ME= Cosa diavolo… possibile che dagli urti entrambe le scapole siano fuoriuscite sino a questo livello? Comunque, a questo penserò dopo…. ora devo andarmene da qui, mi resta solo una passerella di distanza.

Ben deciso a non fermarsi, e non guardando verso il basso, atterrò sull’ultima passatoia ed infine, senza battute d’arresto nemmeno per prendere fiato, arrivò stremato al “terrazzo” finale; quando si guardò attorno, la frustrazione si palesò nei suoi occhi limpidi.

Quella struttura era completamente vuota. Non vi era un passaggio, non una scala, niente che gli permettesse di andarsene… solo una chiave di bronzo poggiata placidamente al centro della piattaforma; intuendo che non fosse posata lì a caso, Mello l’afferrò, per poi ergersi in piedi a controllare l’ambiente che lo circondava.

ME= Se c’è una chiave, deve esserci anche la serratura corrispondente… e serratura corrisponde a porta.... ma dove accidenti si trova?!?!

Perlustrò con lo sguardo ogni angolo del posto, alla ricerca di ogni possibile rientranza o sporgenza che rassomigliasse ad un passaggio per un altro… ma fu solo quando abbassò gli occhi,a contemplare la voragine di vuoto che si apriva sotto di lui, che la vide:

Nelle profondità di quel precipizio, che rassomigliava a delle enormi fauci pronte ad inghiottirlo, si ergeva una colonna di medie dimensioni, avente sulla cima…

ME=… una porta sospesa nel nulla?! O sto sognando, o sono impazzito del tutto… ma se la porta è laggiù ed io sono quassù con la chiave, significa che per uscire da qui devo…. lanciarmi nel vuoto. Cristo santo…

Mello osservò attentamente il tutto, cercando con la sua mente geniale di compitare calcoli razionali e fisici; si trovava ad un’altezza di forse venti metri e doveva atterrare sul quel piccolo spiazzo perfettamente, e con entrambi i piedi… un’impresa impossibile. Avrebbe sicuramente mancato il bersaglio o, qualora ci fosse riuscito, sarebbe atterrato malamente, rompendosi qualche osso, se non addirittura quello del collo.
Aveva paura del vuoto, la sensazione di nausea e di sfarfallio allo stomaco gli stava tornando ancora più intensamente, accompagnato da dei sudori freddi.

Poi accadde. Imprevedibile, come era la natura del ragazzo.

In un grido belluino per infondersi coraggio, Mello prese la rincorsa e stringendo la chiave appena raccolta, si lanciò nel vuoto, verso quella porta che, man a mano che precipitava, si faceva sempre più vicina e raggiungibile.

Quando non mancarono che pochi metri, fu preso dal panico: e se si fosse gettato con troppo slancio? o con troppo poco? in entrambi i casi avrebbe mancato l’obiettivo, sfracellandosi o precipitando chissà dove! Era stato un dannatissimo idiota, sarebbe morto sicuramente!

Un violento urto al fianco destro ed un capitombolo laterale, gli diedero la conferma che le sue paure si erano rivelate infondate.

Aveva centrato lo spiazzo, cozzando con il lato destro del corpo contro la porta, venendo poi sbalzato da quella, ritrovandosi a rotolare sul pavimento e ad arrestarsi in posizione supina.

Ce l’aveva fatta.

Rialzandosi velocemente e non desiderando rimanere un secondo di più in quel dannato luogo, infilò la chiave nella toppa e varcò velocemente la porta.

Era a torso nudo, ferito, coperto quasi interamente di sangue e con delle strane protuberanze che gli fuoriuscivano dalle scapole… ma aveva vinto. Ed era vivo.

Oltrepassò la porta venendo inghiottito dal buio, sicuro che dopo quello che aveva appena passato avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa.

Mello stava entrando nel secondo livello.

***

STAGE 2: Metempsychosis


Buio. Silenzioso, ottenebrante buio. L’atmosfera calda, ovattata quasi pare che l’avvolga come un morbido mantello nero. Cammina muta, lentamente, passo dopo passo attenta a carpire anche il più piccolo suono o movimento.
Il dolore è sparito quasi del tutto, ora avverte solo una sensazione fredda attorno all’orbita destra vuota, un umido gelo avvolgente tutto l’alveo nero e manchevole dell’organo. Ad un tratto, uno spiraglio di luce; una lama sottile e bianca che filtra ed illumina pigra i ciottoli davanti ai suoi piedi.

Istintivamente, Caroline approfittò di quel bagliore per inginocchiarsi a terra, strappare un lembo della già esigua canotta che indossava, ed avvolgerselo trasversalmente sull’orbita destra; approfittò del silenzio e dell’apparente tranquillità del luogo per respirare profondamente e raccogliersi in sé per qualche istante… la sua mente volò al
suo migliore amico, Matt, quasi il fratello che non aveva mai avuto ed al suo angelo, al ragazzo che amava più di qualsiasi altra cosa al mondo…Mello.

Si chiese dove potesse trovarsi in quel momento, cosa avesse affrontato e quali sofferenze avesse patito… la mano andò istintivamente a posarsi sull’occhio mutilato: che ne sarebbe stato di loro quando l’avrebbe vista in quelle condizioni? l’avrebbe amata lo stesso anche se le mancava uno degli occhi che tanto amava? o l’avrebbe abbandonata?

Al quel pensiero, il cuore le si gonfiò di pianto.

Ma non voleva vivere, non poteva vivere con quel dubbio, doveva percorrere quell’agoge fino all’ultimo istante e poi, una volta terminato, avrebbe affrontato la sfida finale presentandosi a Mello.

Più decisa che poté, si rialzò in piedi, inspirò profondamente e si avviò verso la direzione della luce, che sembrava filtrare attraverso una cascata di… edera?
Sollevò un braccio per andare a stabilire un contatto con quella presenza e rimase sorpresa nel vedere, e sentire, che proprio d’edera verdeggiante si trattava; lo scostò verso sinistra e lo oltrepassò.

CA= Cosa…. non è possibile… come può esserci un posto così qui ?!

Era arrivata in uno splendido angolo di bosco, con erba verdeggiante, alberi frondosi che creavano sulla sua pelle un gioco di luci ed ombre intrecciati… se prestava attenzione, poteva udire anche il tenue sciabordare dell’acqua di un ruscello.
Camminò tranquilla per quella radura, addentrandosi tra gli alberi, toccandone la ruvida corteccia con le mani e guardandosi intorno tra l’ammirato e l’impaurito.

CA= Questo… questo è il paradiso? Sono morta e sono volata in cielo?

“No Caroline, questo non è il Paradiso… e tu non sei mai stata più viva di adesso.”

L’apparizione improvvisa della voce, la fece trasalire, facendola guardare attorno frenetica. Pur essendo una voce femminile, pacata e velata di quella morbida dolcezza materna, non riuscì a fidarsi e preferì mantenere alta la guardia.

CA= CHI SEI?! FATTI VEDERE, DOVE TI NASCONDI?!

“Non impaurirti Caroline, non voglio farti del male… guarda dove sei e mi vedrai, figliola…”

Calmandosi improvvisamente, Caroline fece come la voce le aveva detto… era ai margini di un meraviglioso spiazzo erboso, delimitato circolarmente dagli alberi e con un grande masso bianco posizionato tra due grandi olmi.
Seduta placidamente sul masso, vi era una donna, che la guardava con occhi gentili… era bellissima, con lunghi capelli neri come l’ala di un corvo ed occhi simili al ghiaccio per colore e limpidezza; indossava una lunga tunica bianca che le lasciava scoperte le braccia e le spalle, fermata in vita da una cinta di cuoio dorato.
Nel mentre che la donna si alzava in piedi, Caroline si avvicinava  sempre di più a lei… e quando si trovarono a poco meno di 10 centimetri di distanza, il suo cuore perse un battito.

CA= Non…non posso crederci… sei proprio tu?

“Si Caroline… alla fine mi hai trovato…”

CA= Tu…. tu sei…

“….Nimue.”




*


Era passata una quantità di tempo indefinita da quando il tormento bruciante era terminato, ma non riusciva a staccare gli occhi dal suo braccio sinistro; era incredibile che l’intero arto fosse interamente ricoperto da quel tatuaggio corvino, seguendo la linea della muscolatura e delle vene… lo mosse, lo agitò, roteò il polso chiudendo ed aprendo le dita in modo sincrono… tutto perfetto, illeso, funzionante; ma ugualmente inquietante.

Era talmente distratto, che solo una sensazione calda e pungente al viso lo fece accorgere del luogo che aveva raggiunto; incredulo si guardò attorno, per poi sbottare in tono ironico:

MA= Prima l’acqua e poi questo… a quelli della Confraternita serve uno strizzacervelli, ed anche molto bravo…

Si trovava nel bel mezzo di un arido, desolato eppure quanto mai reale… deserto.

Camminò per un lasso di tempo inquantificabile, passando oltre la morbida trama delle dune sabbiose, che al tocco del suo piede si increspavano facendolo affondare leggermente; era stremato, soffocato dal caldo che gli mozzava il respiro e gli offuscava i pensieri, gli occhi brucianti per le gocce di sudore che dalla fronte che imperlavano, andavano a cozzare sulle sue ciglia.

D’un tratto, il suo sguardo cadde su qualcosa che lo fece rabbrividire… un qualcosa che, finché si vedeva sullo schermo di un cinema, poteva apparire intrigante… ma trovarselo che trovarselo a pochi centimetri dal volto faceva sembrare tutto molto spaventoso.

Tra la sabbia rovente e la sterpaglia… affiorava la macabra silhouette di una cassa toracica umana.

MA= Oh cazzo….

Si avvicinò un poco, spinto da quella curiosità un po’ perversa che tutti hanno di fronte a qualcosa di raccapricciante; inginocchiatosi per osservare meglio, allungò timidamente una mano verso quella rimanenza… che quando si mosse,prendendo vita propria, gli apparve come un mastodontico scheletro perfettamente articolato.

Lanciò un grido spaventato e nel vedere che l’essere cominciava a muoversi verso di lui, prese a fuggire a gambe levate.

Corse per chilometri e chilometri, ignorando le silenziose grida di dolore che i muscoli delle gambe gli lanciavano, i polmoni che ad ogni boccata d’aria sembravano essere composti di carbone rovente… lo scheletro redivivo era alle sue calcagna, per nulla intenzionato a mollare la sua preda

MA= Merda!! Ma da quando gli scheletri sono così agili e pieni di energia?!?!?!

D’un tratto, ancora correndo, vide spuntare tra le dune il profilo di un’oasi, con rigogliose palme ed una chiazza di erboso verde; al limite della disperazione, dove il pensiero razionale viene rinchiuso in qualche angolo remoto della nostra testa, si diresse verso la vegetazione, nella speranza che,se sfortunatamente non avesse trovato riparo, almeno avrebbe potuto tirare alla creatura qualche noce di cocco, quasi a volerlo sconfiggere immaginandolo come i birilli del bowling.

Era appena acceduto all’inizio dell’oasi, quando vide sfrecciare nella sua direzione un oggetto lungo e sottile, che passò oltre la sua spalla con precisione millimetrica ed un sibilo; si voltò indietro istintivamente, appena in tempo per vedere l’oggetto acuminato affondare tra gli "occhi" dello scheletro, che stramazzò al suolo sfacendosi come un puzzle fatto cadere. Dopo quella visione, decise comunque di non fermarsi, non sentendosi abbastanza sicuro… forse, chi aveva atterrato quel mostro era qualcuno (o qualcosa) ancora più spaventevole, che per lui sarebbe valso come cadere dalla padella alla brace.

Ma nella frazione infinitesimale dell’atto in cui rivolse nuovamente lo sguardo davanti a se, un urto terribile e secco lo sbalzò all’indietro, mandandolo con la schiena a terra.

MA= Urgh… che botta…

Ironicamente, la cosa contro cui aveva cozzato altro non era che… il massiccio tronco di una delle palme.

MA= Caspita… ma in questo posto gli alberi sono fatti di cemento?

Fece per tirarsi su e rialzarsi, ma una pressione decisa sulla spalla destra ed una voce lo trattennero al suolo.

“Ti conviene restare qui… appena metterai piede fuori da quest’oasi potresti trovare insidie ben peggiori di uno scheletro…”

MA= Se le noci di cocco sono dure come i tronchi, credo di aver trovato un’arma infallibile.. ma tu chi diavolo sei?

Girando lo sguardo verso ogni dove, Matt era riuscito ad incrociare il viso di chi gli aveva appena rivolto la parola e, molto probabilmente, appena salvato la vita. Era un uomo, sui 40 anni, con folti capelli ramati ed una barba dello stesso colore; era vestito con una semplice tunica stretta in vita da un laccio di cuoio e ciò che colpì maggiormente Matt, fu che sul braccio sinistro dello sconosciuto… appariva lo stesso intricato tatuaggio che ora copriva anche il suo.

MA= Hai il mio stesso tatuaggio…

“Mi sembra ovvio… anche se più precisamente, dovrei dire che tu hai il mio…”

MA= Cos… ma si può sapere chi sei?!

Prima di rispondere, lo sconosciuto tese la mano a Matt, aiutandolo ad alzarsi; quando il ragazzo fu nuovamente in piedi, l’uomo arretrò di un passo, quasi a volerlo osservare meglio.

“Sei diverso dall’ultimo che è venuto qui… è passato così tanto tempo…”

MA= Diverso dall’ultimo? Di che stai parlando? Chi sei?!?! Sbuchi dal nulla ed ammazzi quel bestione, parli come se avessi 300 anni e mi dici che sono “diverso” da qualcuno che è già stato qui!!! Credo che tu mi debba qualche spiegazione!

Inspirando profondamente, l’uomo chiuse gli occhi…quando li riaprì, Matt si accorse che erano di una tonalità di verde ancora più brillante dei suoi.

“Io sono in vita da molto più di 300 anni, ragazzo… ed in tutto questo tempo, sono arrivati nel mio deserto innumerevoli figli di Adamo… ma non tutti sono stati in grado di raggiungermi, e sono morti durante la traversata… lo scheletro che hai incontrato, non era altri che uno di coloro che hanno fallito e che sono divenuti guardiani di questo posto… quasi a voler essere un’ulteriore prova per coloro arrivati dopo di loro…”

Deglutendo a fatica, Matt rispose.

MA= Mi stai dicendo che ce ne sono altri,là fuori?

“Molti altri…. ma ora,tu non li dovrai più temere… sei arrivato al traguardo e sei riuscito ad incontrarmi… hai superato la prova.”

MA= Traguardo..? Prova? Io non ci capisco più nulla….

“Hai concluso il tuo percorso nel Labirinto della Vita, Matt…”

A quelle parole, un’idea balenò nella testa di Matt… che ricordandosi le parole del rabbino Levi, non esitò a palesare.

MA= Allora tu sei…

“Si. Io sono l’Evangelista Matteo.”

*


Per intuito o per intelligenza, aveva capito sin da subito che, oltre quella porta, lo avrebbe atteso un nuovo percorso… aveva compreso che il suo stazionamento in quel maledetto labirinto non si sarebbe concluso con molta facilità… ma quello che aveva di fronte agli occhi in quel momento, aveva sgretolato tutte le congetture che fino a pochi secondi prima aveva formulato.
Superando l’impatto iniziale del freddo pungente e delle forti raffiche di vento gelido, sgradevoli da un lato ma quasi ben accette dall’altro, in quanto lenivano il dolore per le ferite alla schiena, si guardò attorno.

Il biancore era talmente intenso ed iridescente da fargli male agli occhi, persino le rocce erano gelide… si rese conto che intorno a se non aveva altro che neve e gelo.

Si trovava nel bel mezzo di un ghiacciaio.

ME= Un ghiacciaio… tsk! Siccome non sono riusciti ad ammazzarmi nella prima stanza, vogliono che muoia assiderato qui? Beh… si sbagliano di gros… URGH!

Nel mentre delle sue elucubrazioni, non aveva prestato particolare attenzione alla direzione dei suoi passi, finendo così su un cumulo di neve particolarmente fresca e soffice, che era collassato sotto il suo peso, facendolo finire così lungo disteso per terra.

ME= Ah, fantastico… veramente fantastico… speriamo che ora non sbuchi fuori Pingu, o raggiungeremmo i più alti livelli di demenzialità…

Rialzandosi in piedi, ben attento a dove metteva i piedi, procedette dritto davanti a se… la mancanza di elementi per porre un punto di riferimento e la monotonia del paesaggio, avrebbero dovuto essere compensati dal suo spirito di osservazione e dal suo senso dell’orientamento.

Mentre avanzava si trovò a riflettere… era un caso che si trovasse nel mezzo di un ghiacciaio, durante una tormenta di neve? Ezra aveva detto che il labirinto rifletteva in qualche modo i dubbi e le paure delle persone che si trovavano ad attraversarlo… ed implicitamente, aveva lasciato intendere che ogni ambiente rispecchiava, in maniera latente, un lato della personalità dello stesso.

Era quindi così che lo vedevano gli altri? Un essere glaciale, incapace di calore ed empatia? Un cuore indurito come pietra e sigillato dal ghiaccio?

Quel pensiero lo fece rabbrividire.

Era talmente perso nelle sue elucubrazioni, che non si accorse d’essere giunto in un luogo molto particolare, insolito per un ambiente del genere.

Dominato da un’immensa cascata sgorgante dal ghiaccio puro, si protendeva un grande spiazzo ghiacciato, perfettamente concentrico e contornato da immense colonne di neve e ghiaccio solido; avvicinandosi di qualche passo, ben attento a non esercitare troppa pressione sul “pavimento” di ghiaccio, si accorse (oltre alla straordinaria trasparenza di quest’ultimo) che l’acqua sgorgante dalla cascata si immetteva al di sotto di questo, creando gorgoglii e mulinelli affascinanti quanto pericolosi.

Quando ormai credette di aver visto tutto, un’ultima cosa attirò la sua attenzione.

Al centro della cascata, esattamente dove l’acqua spumeggiava rombante, vi era un trono, che seppur intagliato nel ghiaccio, era ugualmente cesellato alla perfezione... e seduto su questo, un giovane uomo dai lunghi capelli argentei, vestito d’una candida tunica, sembrava attenderlo con aria superba.

Con fare risoluto, Mello decise di avvicinarsi a lui, fissandolo dritto nei suoi occhi pervinca; quello sembrava immobile, la schiena dritta ed adesa allo scranno ed entrambe le braccia sui supporti… solo il movimento dei suoi occhi, che non perdevano di vista il ragazzo neanche per un secondo, facevano intendere che fosse vivo.

Ma ad un tratto, come trattenuto da una mano invisibile e fortissima, si fermò. Solo un metro lo divideva dallo sconosciuto, che si alzò in piedi,  squadrandolo con un sogghigno.

“Mi chiedevo quanto ci avresti impiegato per raggiungermi, Mihael.”

Mello non poté non reprimere un brivido nell’osservare ciò che stava accadendo: mentre lo sconosciuto parlava, sulla sua schiena nacquero delle enormi ali d’angelo, dal piumaggio multicolore, che si spiegarono altere.

Di colpo, capì chi si trovava di fronte; ma mentre stava per aprire bocca e rispondere, un colpo violentissimo lo prese alla bocca dello stomaco, scaraventandolo lontano e facendolo cozzare con la schiena contro una delle colonne. Tossendo e contorcendosi dal dolore, girò la testa verso l’uomo, che stava sfoderando un lungo spadone dalla lama color rubino.

ME= Che cazzo… di norma gli angeli non dovrebbero essere amorevoli creature dedite alla preghiera ed alla misericordia?!

Avvicinandosi e sbattendo le ali lentamente, gli rispose.

“Non io… io sono il guerriero di Dio… sono l’Arcangelo Michele.”

E così dicendo, in maniera talmente fulminea da non dare a Mello il tempo di difendersi, gli puntò la spada alla gola.


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-Angolo del Requiem-

Vi prego non uccidetemi! Volevo concludere tutta la faccenda in questo capitolo ma le idee hanno preso il sopravvento e sono stata costretta a concludere qui la prima parte!
Cercherò di aggiornare il prima possibile!

Un saluto ed un inchino

Requiem of Spirit

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Capitolo 30
*** Note di RoS ***


Scrivo per comunicarvi una cosa importante... con il prossimo capitolo, "Legacy of the Darkness" troverà la sua conclusione. Il primo nucleo narrativo è finalmente giunto al termine... ma non preoccupatevi, la storia continuerà (e si chiuderà con il vero finale) con il sequel che spero presto di postare dal titolo "Looters' Awakening"! Ci saranno sempre Caroline, Mello, Matt e compagnia cantante, ma questo secondo nucleo si concentrerà sugli avvenimenti che riguarderanno la Triade e la sua lotta contro il male!

Detto ciò, ringrazio coloro che mi hanno letto e seguito, lasciando anche commenti, che mi hanno spronato ad andare avanti.

Well, ho concluso. Spero di pubblicare al più presto "Looters' Awakening" nella speranza che vi  possa piacere come "Legacy of the Darkness"!

Un saluto ed un inchino

Requiem of Spirit

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Capitolo 31
*** Capitolo 29 - ending- ***


CAPITOLO 29
Sabbia e cenere




“Non si può essere sempre perfetti; a volte costruiamo i nostri sogni sulla cenere, che si sgretola e si sfalda al primo soffio di vento. A volte invece, il sogno ha il profumo dell’alba: delicato, tremolante, incerto; e come questa delicata parentesi di soavità, è fragile come la crisalide di una farfalla.”

Era davanti a lei, bellissima e senza tempo.

La sua altra lei.

Il suo “io” latente.

L’essenza che recondita ed ancestrale che scorreva celata nel suo sangue sin da quando era venuta al mondo.

Provava una strana sensazione ad osservarla…un tiepido formicolio che partiva dalla punta delle dita per poi irradiarsi in tutto il corpo; ascoltava la sua voce melodiosa, conturbante pronunciare quelle parole meravigliose mentre camminava attorno a lei con passo impalpabile, non lasciando quasi impronta sull’erba soffice.
E lei, rapita, non poteva far altro che ascoltare con il capo chino, lacrimando dall’unico occhio rimastole.

“Altre volte ancora, il sogno ha il sapore del fuoco: rovente, che avvolge ed inibisce, che sconvolge e stordisce ogni cosa. Sapore che ami o che odi, ma di cui, inevitabilmente, almeno una volta nella vita, non puoi fare a meno…”

Tuttavia non riusciva a sentirsi tranquilla… benché quel luogo ispirasse armonia, uno strano presentimento le si agitava in petto. La mente volò istintivamente a Mello ed a Matt, mentre il suo occhio posò ancora una volta lo sguardo su di lei…. Nimue.

La sorella minore di Morgana. La strega. La guerriera. L’amazzone di quello che, secondo le leggende, fu Re Artù.

La sua seconda natura, la sua seconda coscienza che ora, dopo anni di sonno, si risvegliava ferocemente reclamando l’onore che le spetta.

Ed in silenzio, Caroline ascoltò ancora Nimue parlare, mentre la donna aveva principiato a camminarle lentamente attorno, poggiando talvolta la fresca, esile mano sulle sue spalle o attorno al suo viso.

“Oppure il sogno ha il colore del vento:colore morbido, impalpabile, che sa di ricordi lontani, di promesse d’amanti e confessioni mai rivelate. E’ un colore neutro, ma allo stesso tempo incredibilmente vivido…trafigge con le sue spire di luce, abbacina nell’iridescenza opalescente che porta.
Ed ora tu, che qui minuscola ti elevi, ascoltando le mie parole, sai veramente con certezza cosa sia vero e cosa sia falso a questo mondo?”


CA= Io non so nulla… ma so quello che i miei occhi vedono…  decidere se sia vero o fasullo, questo è un dono che ancora non ho… ma esiste, se è davanti a me ed il mio sguardo può caderci sopra, allora un fondamento di verità, anche infinitesimale, lo deve avere…

A quelle parole, Nimue racchiuse la guancia sinistra di Caroline nel palmo della mano, comprensiva e materna; fissò gli occhi color del ghiaccio in quello verde-azzurro di Caroline.

“Figliola…i tuoi occhi mortali hanno veramente la capacità di distinguere il finto dal reale? Se io ti facessi vedere una rosa senza profumo ed annusare un’altra senza vederla, quale poi diresti che è vera?... Sceglieresti la rosa senza profumo, e giustificheresti la tua scelta dicendo ‘L’ho vista, e non è detto che una rosa debba obbligatoriamente profumare per essere reale’…dimmi, mio cuore, non diresti così?”

CA= Presumo…. presumo di si…

“Che limitazione… e che ottusità… cerchiamo sempre di affidarci unicamente al senso che reputiamo più importante, tralasciamo gli altri, li sottovalutiamo, non accorgendoci di quanto in realtà siano importanti…
E perché tu non possa cadere in questo errore, ancora una cosa ti attende…”


CA= Che… cosa? Cos’altro devo sopportare?

“Ora lo vedrai, figlia mia… perdonami per quello che sta per accadere…”

Delicata come il tocco di una nuvola, con ancora la mano posata sulla guancia della ragazza,  Nimue disfece la benda sull’occhio destro ormai mancante, rivelando l’orbita nera e vuota; istintivamente Caroline cercò di ritrarsi, tentando di chinare il capo, a coprire quella che le appariva come una vergogna bruciante da nascondere. Nimue però riuscì a tenerla ferma, nella sua presa che da materna si stava facendo ferrea; gli occhi della donna erano sofferenti, forieri dell’avvento di qualcosa che non sarebbe stato piacevole.

CA= Che… che vuoi farmi?!

“Perdonami figlia mia… perdonami per ciò che sto per fare..”

Dieci parole pronunciate in un soffio, le dita di Nimue veloci tanto da non essere viste che si muovono verso l’interno del viso di Caroline….

…e che vanno a strappare anche l’unico occhio rimastole.

Il dolore fu troppo lancinante da poter essere sopportato in silenzio, un grido straziato eruppe dalla gola della giovane, il cui candido volto cominciò ad essere rigato dal sangue, come lunghi petali di rosa che ricadono sulla neve appena caduta.

Cadde in ginocchio, portandosi entrambe le mani all’orbita sinistra ormai cava, dalle cui dita iniziava a filtrare il liquido vermiglio.

Inconsciamente, genuflessa e con il viso a terra, dondolandosi avanti ed indietro con il busto, si ritrovò a parlare gridando.

CA= PERCHE’?! IO MI FIDAVO DI TE!! MI FIDAVO, MI FIDAVO, MI FIDAVOOOOOO!!! PERCHE’ MI HAI FATTO QUESTO?! PARLA!!! RISPONDIMI!!!!

Infine, si abbandonò ad un pianto disperato.

Di colpo, si sentì avvolta da due esili, fresche braccia, che la coinvolsero in un materno abbraccio; Nimue si era inginocchiata di fronte a lei, cingendola stretta e facendole poggiare la fronte contro la propria spalla.
La voce della donna era delicata e morbida quasi come una ninnananna.

“Perdonami Caroline, perdonami per il male che ti ho fatto… ma a questo dolore, a questa sofferenza, seguirà una rinascita…”

Caroline, ancora in preda al pianto, non fu in grado di rispondere… Nimue le pose una mano sulla testa, carezzandole dolcemente i capelli.

“Piangi Caroline, piangi…sfoga tutto il tuo dolore, rendi libera la tua frustrazione, fa che la terra si abbeveri delle tue lacrime. Ma ora… ora è il momento, non possiamo più aspettare…”

Stavolta, la voce sgorgò dalle corde vocali di Caroline, voce insolitamente sicura e solida, non più minata dal tremito e dalla paura che la permeavano in precedenza.

CA= Che intendi? Di cos’altro mi priverai stavolta?

“Stavolta nessuna privazione figliola… tu hai perso qualcosa oggi; hai perso i tuoi occhi, la tua identità, che presto si fonderà con la mia… ma qualcosa, in cambio, ti sarà donato…”

CA= Spiegati, altrim…

Nimue poggiò il dito indice sulle labbra di Caroline, zittendola; dopodiché posò entrambi i palmi sulle orbite della ragazza.

“Ecco il tuo dono Caroline… il dono per essere giunta fino qui, il dono che potrà segnare la tua vittoria o la tua disfatta una volta tornata nel mondo reale… rinasci Caroline.”

Caroline non fece a tempo a rispondere, che un intenso bruciore la pervase nelle orbite, nel punto in cui i palmi di Nimue erano poggiati…man a mano che l’intensità dell’infiammazione aumentava, la ragazza avvertiva come una sensazione di “riempimento” all’interno degli alvei oculari… era come se i suoi occhi…stessero ricrescendo.

Presto, a quella sensazione si affiancarono uno strano formicolio alla testa ed una percezione di tante piccole punture al braccio sinistro, fino ad arrivare alla scapola.

Non seppe mai dire quanto durò quell’azione, se cinque secondi od un mese intero… non vedeva nulla, se non il buio delle palpebre chiuse su degli occhi ormai scomparsi, non sentiva nulla che non fosse il mormorio del vento attorno a lei…

E poi, all’improvviso come erano arrivate, tutte le sensazioni cominciarono a scemare…. il bruciore si attenuò fino a scomparire, il formicolio si dissipò così come la percezione sul braccio…. e le mani di Nimue scivolarono via stanche dai suoi occhi, delineandole con la punta delle dita i profili degli zigomi e della bocca;

Rimase immobile, inginocchiata a terra con il capo chino e le mani in grembo per lungo tempo… si aspettava che Nimue prendesse la parola da un momento all’altro, che la facesse alzare, che la confortasse… ma niente; la donna sembrava svanita nell’aria.

Poi, più per abitudine che per reale necessità, aprì lentamente le palpebre… per fare così una scoperta sconcertante.

Riusciva a vedere perfettamente. Nimue le aveva ridonato la vista, e con quella, i propri occhi, quegli stessi occhi che così brutalmente le erano stati strappati.

Sorrise, sentendosi gli occhi umidi , per la prima volta da lungo tempo, di lacrime di gioia… lo sguardo poi però le cadde sul proprio braccio sinistro, che presentava, dal gomito fino alla scapola, un fine e sottile tatuaggio nero ad arabeschi floreali.

CA= Cosa diavolo mi sta… e questi?!

Sporgendosi in avanti per osservare meglio il tatuaggio presente sull’arto, una lunga ciocca di capelli corvini le cadde sulla spalla; a quella vista, la ragazza portò le mani alla nuca.

CA= Non ci posso credere….

Dove avrebbe dovuto avvertire la morbida pelle della cervice, possibile dal corto taglio dei capelli, ora vi erano serici capelli lisci e lucenti, del colore dell’ala di corvo.

Si alzò in piedi velocemente, chiamando il nome della sua benefattrice a gran voce.

CA= NIMUE! NIMUE!! NIMUE, DOVE SEI?!

Quando lo sguardo le cadde distrattamente sul terreno davanti a lei, ebbe l’amara risposta.

CA= Nimue…no…

Il corpo della donna giaceva davanti ai suoi piedi, inerme; la pelle era divenuta simile alla terra del bosco, i capelli trasformati in verde edera… e le orbite della testa completamente vuote e nere; a quella vista Caroline capì immediatamente… Nimue non le aveva ridato gli occhi… le aveva donato i suoi.

Così come le aveva donato i suoi capelli ed il suo tatuaggio, pregno della sua stessa forza spirituale.

La collimazione delle due anime di Caroline si era così conclusa… e per renderlo possibile, quella di Nimue avrebbe dovuto soccombere alla corporeità della prima.

CA= Nimue…. grazie….

Uno strano scintillio attrasse lo sguardo di Caroline, ed inginocchiandosi sul corpo di quella che fu Nimue, notò che all’altezza del petto affiorava uno strano rettangolo bianco.
Senza pensarci due volte, lo afferrò lievemente con le dita e cominciò ad estrarlo… rimase sbalordita nel vedere che, nel ventre di Nimue, era custodita… una spada.

CA= Io non ci posso credere… è… è meravigliosa…

Era un’arma magnifica, dall’impugnatura di splendido avorio intarsiato finemente e dalla lama lunga e sottile, lucente ed affilata come un rasoio; e proprio la lama, rivelava un curioso particolare…. l’acciaio era d’un bianco iridescente, rilucente di mille riverberi opalini.
Leggera come una piuma, sembrava nata per essere impugnata da Caroline, che, benché non avesse mai maneggiato un’arma da taglio in vita sua, cominciava ad acquistare destrezza e velocità nei movimenti.
Dopo averla esaminata, e soppesata, per cinque minuti buoni,  la infilò nel fodero, assicurandola ai jeans tramite una strisciolina di stoffa proveniente dalla sua maglietta, ormai ridotta a brandelli, cui fece un nodo.

Notò che un piccolo pertugio, simile ad una grotta, si profilava innanzi al suo campo visivo, all’estremità del bosco, coperto da edera e biancospino.

Comprese immediatamente che da lì sarebbe dovuta passare per tornare al mondo umano.
Prima di andarsene, si chinò nuovamente su quelli che erano i resti di Nimue, sfiorando delicatamente la fronte della donna morta con le labbra.

CA= Arrivederci Nimue… ci rincontreremo.

E si incamminò.

Il suo percorso nel Labirinto della Vita si era concluso.


*

Avrebbe voluto mettersi a ridere…  od a piangere, a seconda dell’emotività dominante; nemmeno nel più assurdo dei videogiochi avrebbe mai pensato di trovarsi di fronte ad una cosa simile. Era nel bel mezzo di un deserto, con orde di scheletri redivivi, e con intenzioni per niente pacifiche, brulicanti tra la sabbia, in compagnia di un tizio che altri non era…che l’evangelista Matteo.

“Avverto dubbi, figliolo…ed avverto paura… cosa ti turba?”

MA= A parte essere stato scagliato in un dannatissimo labirinto, quasi annegato da creature viscide e senza faccia, aver creduto di avere un braccio a fuoco, rincorso da scheletri giganteschi pronti a far polpette della mia carne, parlare con te che sei l’Evangelista, e sapere che io sono una tua “reincarnazione”…direi che non c’è niente che mi turbi!

A quelle parole, pronunciate con il tono tagliente della sardonia, l’Evangelista si trovò a ridacchiare.

“Sei ironico ragazzo… ti servirà questa dote..”

MA= Prima vorrei capire a cosa servo io…

“Tu hai un grande compito, Matt.. non solo dovrai combattere accanto alla Cacciatrice ed all’Arcangelo… ma avrai anche il compito di scrivere le cronache di questa battaglia… le tue parole saranno il lascito per le generazioni, e le Triadi, future…”

MA= Vuoi forse dirmi che dopo Caroline, Mello e me, ci saranno altre Cacciatrici ed altri Arcangeli ed Evangelisti?

“Certamente… il compito divino è eterno, e pertanto necessiterà di generazioni e generazioni che se ne caricheranno il fardello…”

A quelle parole, l’Evangelista parve tirare fuori dal nulla una grossa, antica pergamena, una penna d’oca ed un magnifico arco bianco, guardando Matt di sottecchi; il ragazzo ebbe un fremito.

“Tranquillo, non dovremo combattere…la mia natura non è quella di guerriero, ma di scrivano… ti faccio dono della mia arma e di ciò che più ti servirà in quest’epoca di buio. Scrivi Matt. Scrivi, affinché la memoria degli eroi e degli uomini non si disperda come sabbia nel vento..”

Dopo aver passato gli oggetti nelle mani del ragazzo, Matteo, sfiorando la fronte del suo protetto con la punta del pollice, gli impose la benedizione del segno della croce… dopo ciò, lo baciò paternamente nello stesso punto.

“Che il Signore ti protegga e ti dia la forza per compiere questo cammino… buona fortuna, Matt.”

E prima che Matt potesse pronunciare una sola parola, che fosse di riconoscenza o di commiato, la sabbia sotto i suoi piedi cominciò a franare morbidamente, allargandosi verso l’esterno.

Si aprì un varco nero e profondo, che inghiottì Matt all’improvviso, ancora confortato dallo sguardo morbido dell’Evangelista.

Il suo percorso nel Labirinto della Vita si era concluso.

*


Con una spada puntata alla gola, poco tempo rimane per ragionamenti lucidi e razionali. E Mello, per natura o per raziocinio estremo, trovava quella situazione fuori dall’ordinario.

Vedendolo impossibilitato a qualsiasi movimento, l’Arcangelo lo guardò con gli occhi color glicine velati di disprezzo.

“E così…tu saresti il mio protetto,eh?”

ME= (AFFATICATO) Così…pare…

“Ogni volta è sempre peggio… novellini con ancora il sapore del latte materno tra le labbra, che rifuggono il dolore ed il sacrificio come se fossero davanti a Lucifero in persona…”

ME= Non io….non stavolta…

“Che cosa ti fa pensare che tu possa riuscire dove mille altri hanno fallito, mortale?”

Alle orecchie di Mello, l’ultima parola venne calcata volontariamente dall’Arcangelo, dandogli una sfumatura di impropero; volendo rispondere per le rime anche la sua voce acquisì un’asprezza derisoria.

ME= Tu sei l’Arcangelo, io quello che deve racchiuderne l’essenza… ciò vuol dire che, per prima cosa, devo riuscire ad impossessarmi di quel bel piumaggio colorato che ti porti appresso alla schiena…

“Non so se la tua è alterigia o stoltezza, ragazzo…”

ME= Vedila come vuoi… allora, vogliamo dare inizio alle danze?

Con un sorriso sprezzante, l’Arcangelo fece rialzare Mello non perdendolo di vista nemmeno per un istante…possibile che quel ragazzo androgino, esile e diafano, dalle parvenze talmente delicate da doversi quasi infrangere al minimo tocco brusco, potesse veramente racchiudere nel suo sangue, il furore divino della missione angelica?
Una volta vistolo in piedi, gli lanciò una lunga lancia dal manico di superbo legno d’ebano, intarsiata con sottili scritte tratti da passi biblici; sulla sommità dell’asta, una lunga punta ogivale forgiata in quello che pareva essere argento, per colore e lucentezza…a completare tutto, avvolto al punto d’unione tra il legno e la lama, un piccolo laccetto di cuoio, da cui pendeva una superba piuma policromatica.

ME= Addirittura mi consegni già l’arma? Avrei preferito di gran lunga quel magnifico spadone che ti porti appresso…

“Un guerriero non è fatto solo dall’arma che impugna… e la tua missione prevede l’utilizzo di questa lancia… più saprai dominarla, più benefici ti porterà, gran lunga superiori di quelli che potrebbe portartene questa spada…”

ME= Ed una è a posto…per le ali?

In preludio alla risposta, l’Arcangelo si mise in posizione di combattimento, guardandolo con occhi impenetrabili.

“Non pensare che te le ceda così facilmente…”

Il biondo, ponendosi solerte nella stessa posizione dell’angelo, ghignò.

ME= Chi ha parlato di cedere?

“E’ una sfida?”

ME= Forse…

Un ghigno sadico ed uno scintillio apparve sul viso di entrambi.

Finchè, scattando felini, non si lanciarono l’uno contro l’altro.


*

E’ immobile nella sua fredda fissità… non un respiro, non un palpito lasciano intendere che la vita è ancora padrona del corpo. Giace su una lastra di candido marmo, distesa rigidamente composta, il capo rigido e dritto, in linea con le spalle e con le braccia tranquillamente lungo i fianchi magri.
Il fisico nudo, non protetto da alcun indumento che non siano i lunghissimi capelli biondi, sfioranti le cosce snelle e tornite.

Ma d’un tratto, come una sorta di ordine silenzioso, o di presentimento sensoriale, gli occhi si spalancano di colpo, guizzanti e reattivi come se non sentissero la pesantezza del lungo sonno sulle palpebre.

Due occhi si spalancano. Dal superbo color dell’oro e della porpora.

E dal buio di un angolo, una voce soffia divertita un saluto che ha il sapore della maledizione.

“Ben svegliata, Lilith.”


*

Lo scontro stava procedendo da tempo interminabile; il ghiaccio sotto i loro piedi e la brina tra i capelli, congelavano il tempo e lo spazio, cristallizzandoli  in fiocchi di eternità.

Sacro e profano si stavano dando battaglia in uno scontro dove lo stesso sangue sarebbe scorso da ferite provenienti dalla stessa carne.

Mello era stremato. Poche volte si era trovato a dover combattere corpo a corpo o con l’ausilio di un’arma bianca, quasi sempre protetto dalla metallica consistenza della pistola nella sua mano, e stavolta, avendo come avversario nientepopodimeno che un angelo, le probabilità di uscirne vittorioso erano irrisorie.

Nonostante il freddo ed il vento pungente, sentiva il sudore permeargli sul corpo con un calore umido, il cuore martellante nel petto per la tensione, l’adrenalina e lo sforzo fisico. Le innumerevoli ferite da taglio ricevute dalla lama dell’essere divino, pulsavano furiosamente per effetto del freddo.

L’arcangelo non sembrava dare segni di cedimento, benché anche le sue braccia ed il suo petto candido fossero deturpate da macchie purpuree, allargatesi come rose sulla trama della stoffa

“Già stanco Mihael?”

ME= Ci vuole ben altro per stancarmi…

Quasi volesse ribadire il proprio onore da duellante, scattò verso l’Arcangelo, tendendo la lancia dritta davanti a se, nel tentativo di un affondo; l’uomo dall’elasticità sinuosa di un giunco, schivò con maestria il colpo esibendosi in una raffinata capriola all’indietro… per poi atterrare in perfetto equilibrio sul corpo ligneo della picca ancora tesa.

ME= Ma che diavolo…ARGH!

Dopo averlo osservato con occhi irrisori ed un ghigno di soddisfazione, l’Arcangelo colpì Mello nella fronte, con un calcio talmente poderoso da scagliarlo contro una delle colonne, andata poi miseramente in frantumi, ricoprendolo di una pericolosa pioggia di ghiaccio.
Rotolando da un lato per sfuggire agli aguzzi spunzoni ghiacciati, Mello fece appena a tempo a ritrovarsi supino, con l’Arcangelo esattamente sopra di lui.

La creatura alzò repentinamente la gamba destra in un perfetto verticalismo, allo scopo di farla ricadere velocemente verso il viso di Mello, per colpirlo in mezzo agli occhi con il tallone.

Nel vedere la gamba dell’uomo calare verso di lui, Mello ebbe la fugace lucidità di creare un meccanismo di difesa.

Quando l’arto fu a poco meno di 5 centimetri dal suo volto, afferrò, incrociando le braccia, il tallone dell’Arcangelo con entrambe le mani; facendo leva sulla schiena, eseguì una rotazione scagliando, al contempo, l’avversario a terra.

Approfittando dell’attimo di smarrimento dell’Arcangelo, non aspettantesi una reazione del genere, decise che era giunto il momento di chiudere i conti.

Da quel momento, la sua mente avrebbe registrato gli avvenimenti come dei piccoli flash, delle istantanee di fotografie.

Uno slancio per andare ad afferrare la lancia poco lontana da lui.

Il sovrastare l’Arcangelo andando a cavalcioni sul suo corpo divino.

Le braccia a sollevarsi oltre il capo.

Ed in un grido di selvaggia supremazia, l’affondare dell’argentea lama della picca nel cuore dell’angelico guerriero.
 
Poi, il silenzio…un silenzio di morte, graffiato soltanto dai sibili del vento.
Il capo chino, con il volto coperto dai capelli dorati, il respiro affannoso e le mani ancora convulsamente strette all’asta dell’arma, Mello si godette il placido momento che segue la ferocia di una vittoria, mentre il sangue dell’Arcangelo cominciava a sgorgare lentamente, rotolando sullo sterno in pigre gocce andanti a macchiare la neve di vita perduta.

“E così…hai vinto, mortale…”

ME= Detesto perdere le sfide…

“E sia… ora ti spetta la tua ricompensa… avvicinati… ch’io possa poggiare le mie mani sul tuo dorso…”

Flettendosi in avanti, per poter permettere l’azione, Mello lasciò che le mani dell’Arcangelo vagassero sulle sue scapole, dove le sporgenze cartilaginee presenziavano impietose, a deturpare quella pelle d’avorio.

“E’ giunto il momento…. addio Mihael… è stato un onore aver combattuto contro di te…”

Il ragazzo non fece a tempo a rispondere; dove vi erano le mani dell’Arcangelo, un feroce dolore lo pervase, ottenebrandogli la mente ed offuscando ogni razionalità… una gelida sofferenza dilaniava la sua schiena, avvertiva come se due tenaglie di ferro avessero ghermito entrambe le escrescenze, tirandole selvaggiamente quasi a volerle far fuoriuscire del tutto.

Nonostante il supplizio, nonostante avvertisse il sangue rovente colargli lungo la schiena, ricorse a tutta la sua forza d’animo per non urlare; sopportò il dolore in silenzio, stringendo i denti e, convulsamente, le dita attorno all’impugnatura della lancia, sostenne la sgradevole sensazione di un calore intensissimo che andava profilandosi per tutta la colonna vertebrale, dalla nuca fino alle reni, senza emettere un solo lamento.

Sopportò finché, improvvisamente come apparve, il dolore svanì.

E con quello, anche il guerriero di Dio, che fino  pochi secondi prima giaceva in fin di vita sotto di lui, scomparve mutandosi in delicata neve lasciando di sé solo una rosa di sangue sul ghiaccio.

ME= (FLEBILMENTE) E’ un onore portare la tua essenza dentro di me…

Rialzandosi a fatica, barcollando per la stanchezza e fiaccato dall’intenso dolore appena provato, Mello avanzò verso la maestosa cascata roboante, allo scopo di pulirsi dal sangue versato; nel camminare avvertiva un leggero peso all’altezza delle scapole, ma non vi badò, attribuendolo alla spossatezza ed allo sforzo estenuante cui erano stati sottoposti i suoi muscoli.

Appena però giunse alla base della cascata, dove la sua figura veniva rispecchiata in mille riflessi ialini, lo sgomento si impadronì dei suoi occhi, mentre le ultime parole dell’Arcangelo gli rimbombavano nella mente…

“….ti spetta la tua ricompensa…”

Eccola…. ecco di cos’era costituito quel dono….

ME= Non….non posso….crederci…

Dalle scapole di Mello, si spiegavano due immense,angeliche ali variopinte… le stesse che aveva visto sulla schiena dell’Arcangelo Michele…

Lui gli aveva donato le proprie ali, la propria forza, il proprio essere.

Istintivamente si voltò con la schiena verso lo specchio d’acqua, flettendo il capo all’indietro per poter osservare meglio; le escrescenze erano sparite, permettendo così alle ali di fissarsi meglio alla sua carne…quasi impaurito le sfiorò con la mano, seguendo i profili cartilaginei, le terminazioni nervose e la disposizione del piumaggio, che scoprì essere simile alla seta per morbidezza e lucentezza.

Ultima cosa di cui si accorse, probabilmente la più “normale”, fu della presenza di un lungo, sottile tatuaggio riportante un’iscrizione in ebraico, iniziante dalla nuca e concludente ai reni, lungo il percorso delle vertebre.

ME= Io….ora….sono l’Arcangelo.


*


Ravenous Lust for the dead she commands,
Waking lost souls with a skull in her hands.



Il silenzio reverenziale che li attornia quando i loro occhi si posano sugli astanti, li mette a disagio.

Persino tra di loro faticano a riconoscersi…

Dove rimembravano occhi di insolite sfumature di zaffiri e smeraldi congiunti in danze sensuali, ora vedono l’affilata risolutezza del ghiaccio.

Sugli incarnati pallidi ed intonsi, sono ricamate effigi nere, forse foriere di un destino da compiere.

Una lunga,lucente cascata d’ebano ad occultare un niveo collo, dalla grazia del cigno e dalla fragilità del vetro.

Ed armi, che essi stessi avrebbero pensato impossibile stringere tra le mani, giacciono nei loro palmi, come se questi costituissero l’unico alveo in grado di accoglierli.

*


Ravenous Lust for the dead she commands,
Waking lost souls with a skull in her hands.



Non avvertono più nulla… ne il calore del sole sulla pelle, ne i brividi che il vento solleva sulle loro braccia…

Il sole sembra esser divenuto ghiaccio, il vento pare non volerli sfiorare, deviando il proprio percorso da loro.

Non hanno più stimoli… l’acqua non li disseta, il cibo non li sfama, i piaceri perdono sapore ed i colori appaiono loro scialbi e sbiaditi.

Non provano più nulla… ne il calore viscerale dell’amore, ne il freddo baratro della disperazione.

Non ricordano… il passato sembra essersi sgretolato sotto i loro passi come cenere, i ricordi scomparsi come se un ladro invisibile li avesse portati via.

Non sono più nulla. Solo tre nomi confermano la loro esistenza corporea in questo mondo.

Lilith.

Belial.

Cainus.


*


Ravenous Lust for the dead she commands,
Waking lost souls with a skull in her hands.



“Cacciatrice.”

Un passo. Una lunga catena d’oro bianco va a cingerne il collo sottile, la chiave che pende a guisa di medaglione sembra troppo pesante per le sue fragili ossa

“Arcangelo.”

Un passo.  L’elegante ciondolo composto da una “K” e da una “M” auree intrecciate assieme, risplende tra le sue clavicole.

“Evangelista.”

Un passo ancora. L’antica pergamena gli viene consegnata, nella solennità del momento.

“Che Dio vi assista e vi protegga… la vostra missione ha inizio.”


*


Ravenous Lust for the dead she commands,
Waking lost souls with a skull in her hands.



“Lilith.”

Con sibilante sinuosità di serpe, la creatura avanza. Una spada nera, lunga, sottile… forgiata dai colpi della sofferenza e temperata nel sangue.

“Belial.”

Uno sguardo di seducente inferno, riverbera nell’oscurità. La falce lo accompagna come una macabra amante.

“Cainus.”

L’apogeo della follia, nella sua scoordinata corporeità, si fa avanti. L’arco di scuro ebano è talmente perfetto da sembrare stridente accanto alla sua presenza.

“La battaglia sta per avere inizio… e pregate il diavolo, che la Triade soccomba al più presto.”



***



FINE DEL I LIBRO
La storia continuerà e si concluderà con il II libro
“Looters’ Awakening”




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*Angolino del Requiem*


No… non sono impazzita (quello è già successo alla mia nascita xD) e nemmeno, vi chiedo scusa, mi sono stancata di scrivere…ora cercherò di spiegarvi cos’è successo nella mia disturbata testolina in questo mese (o forse più) di assenza...


“Looters’ Awakening” nasce nella mia mente malata come il sequel di “Legacy of the Darkness”; avevo già ben chiara nella mia mente la divisione dei due “nuclei narrativi”, il primo costituito dall’entrata in scena di Caroline, Mello, Matt etc etc.. in sintesi ciò che riguardava la storia più normale (se così si può definire ^^) di Death Note. Il secondo nucleo narrativo, ossia questa prossima fanfiction, si occuperà degli avvenimenti dopo la nascita della Triade e della loro lotta contro il male… ci saranno naturalmente nuovi sviluppi, scoperte, entrate ed uscite di scena (eh già, sorella Morte non lascia mai in pace i nostri beneamati eroi xD).. e naturalmente….IL FINALE!!

Consiglio di leggere questa fanfiction a chi ha già letto “Legacy of the Darkness” (Capitan Ovvio colpisce ancora -.- ), non solo perché si avrà modo di comprendere meglio il filo logico della narrazione e la ripresa narrativa, sotto forma di flashback, di alcuni episodi, ma anche perché questa storia, se letta prima dell’altra, contiene pesanti spoiler (e siccome io li odio, perché farli subire a voi? xD)


Signori e Signore, da oggi non sarò più sola nei miei scleri spastici! Vi presento Lust, Wrath e Pride, i miei piccoli assistenti demonietti (per chi ha visto Nightmare Before Christmas, immaginate dei Vado, Vedo e Predo rispettivamente fucsia,rosso e oro)! Loro saranno i miei “aiutanti-compagni di sclerata”!  *I tre demonietti fanno un inchino*


Ultima cosa, ringrazio infinitamente e con il cuore in mano *Pride: e che schifo! /RoS: è un modo di dire, idiota -.- / Pride: fa schifo lo stesso!* coloro che mi hanno letto e recensito in “Legacy of the Darkness” , dandomi lo stimolo a continuare.


Menzione speciale a:


L_Nael

Orihime02

 

Grazie ragazze, per i vostri commenti splendidi e fin troppo (autostima alèèèè) entusiasti per una storia senza arte né parte,che è nata dopo la visione dell’anime di DN e da un successivo “cadimento d’occhio” sulla disgraziata Bibbia nella libreria di casa.


Super menzione speciale a:
Alis91, per avermi messo tra gli autori preferiti e per avermi aiutato nella revisione (tramite lettura in anteprima) dei capitoli di Legacy, con lunghissime chiacchierate e discussioni su cosa sarebbe stato opportuno inserire oppure no in ogni capitolo per non creare astrusità inconcepibili nel proseguo della trama.
Gvazie mille cava! ^^

The Harvester, che anche se non la vuole leggere per presa di posizione, so che è sempre pronto a spronarmi per andare avanti, confidando più lui nelle mie capacità di quanto non faccia io. Grazie! :3 (forse nel 2056 riuscirò a vedertela leggere xD)

Per ultimo (ovviamente non per importanza ma per ordine *Capitan Ovvio 2 la vendetta*), un ringraziamento a chi ha messo la storia nelle seguite/preferite/ricordate.

Alle preferite: Alis91, Orihime02, The Harvester

Alle seguite: L_Nael, Ramona37

Alle ricordate: DANYDAHLIA, Pazzabest (p.s spero di leggere qualche vostra riga alla pubblicazione di “Looters’ Awakening”, mi piacerebbe sapere il vostro punto di vista, lettrici silenziose! :D)

Detto ciò, ho concluso il mio papiro… non posso altro che augurarvi buona lettura, sperando che “Looters’ Awakening” possa piacervi come “Legacy of the Darkness”!

Un saluto ed un inchino
RoS


 

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