L'incanto della notte di Fire_Fight (/viewuser.php?uid=146163)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO PRIMO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO SECONDO ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO TERZO ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO QUARTO ***
Capitolo 1 *** PROLOGO ***
L'INCANTO
DELLA NOTTE
Mi
dissero che non appartenevo al loro mondo.
Mi
dissero che stavo combattendo per le persone sbagliate.
Mi
dissero che tutto quello che mi avevano raccontato fino a quel
momento non erano altro che sporche bugie.
Mi
dissero che ero nata per uno scopo.
Mi
dissero che non ero diversa, ero speciale.
Avevano
ragione.
PROLOGO
Ero
scappata silenziosamente dalla casa, dalla mia casa: avevo bisogno di
sentire l'aria sulla pelle e non m'importava se per una donna era
sconsiderato uscire senza la presenza di un uomo e per di
più in
piena notte, ma era una necessità ormai fisica.
Mi
sedetti sulla collina erbosa guardando con un sorriso il meraviglioso
gioco di luci e colori che animavano Elath, la mia città e
mi si
inumidirono gli occhi al pensiero che, a breve, il paesaggio
collinare così verde e allegro sullo sfondo di un lago
così blu e
profondo che mi veniva offerto da quando ero bambina, sarebbe mutato
in un triste e perenne grigio roccia che circondava Soria... La
città
natale del mio futuro marito. Odiavo l'idea di un matrimonio
impostomi dalla mia famiglia, ma odiavo ancora di più il
fatto che
quel ricco mercante che aveva chiesto la mia mano fosse un maiale
ciccione e bavoso che avevo incontrato, o meglio, dal quale ero stata
pedinata due anni prima. Non ci volli pensare, volevo stare in pace
per un po' mentre appartenevo ancora a me stessa.
Mi
guardai in torno e, capendo che ero finalmente sola in una notte di
luna piena, slegai la bandana di stoffa che da quando ero nata
imprigionava i miei lunghi capelli. Guardai il mio riflesso sulle
nere acque del lago: il vestito che indossavo non era particolarmente
costoso o con ricami contorti, ma mi piaceva per la sua
tonalità
azzurrina. I miei occhi non riuscivo a vederli a causa
dell'oscurità,
ma sapevo che erano grigi e leggermente screziati di viola... Un
colore assurdo e strano ma, che per mia fortuna, prevaleva sul colore
più chiaro solamente la notte. Poi il mio sguardo si
posò sui
capelli... Quei capelli di un colore così strano da essere
tenuti
nascosti.
Ero
diversa. Ero sempre stata diversa, ma almeno la gente non mi prendeva
in giro per il blu elettrico che impossessava i miei capelli. Quei
capelli che amavo così tanto ma che mio padre e mio fratello
mi
portarono ad odiare.
Levai
lo sguardo verso il cielo stellato dopo essermi seduta nuovamente per
terra e non ci misi tanto a trovare la più brillante delle
luci
“Ciao mamma.” sussurrai. Per un momento sentii il
corpo
riscaldarsi... Non l'avevo mai conosciuta; mi dissero che
morì
assassinata apparentemente senza un motivo... Ma tutto quello che
è
accaduto nella mia vita ha sempre avuto un perchè.
Un
lieve bagliore mi scosse da quei tristi pensieri e nel cielo notturno
si sistemò, leggermente più lontano dalla mamma,
un'altra stella
che splendeva tanto quanto lei. Doveva essere un evento emozionante.
A me non portò altro che un bruttissimo presagio. Anche
quella volta
avevo ragione.
_______________________________________________
Ecco il mio angolino personale: prima di tutto ci tengo a precisare che
questa è la mia prima ff, quindi... Beh, siate clementi!
Però vorrei anche chiedere ai gentili lettori di recensire!
Ne ho davvero bisogno >.< qualsiasi parere sia sappiate
che mi va bene: ho bisogno di crescere e i vostri commenti, consigli o
critiche mi aiuteranno molto. Grazie in anticipo, bacio Kia.
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Capitolo 2 *** CAPITOLO PRIMO ***
CAPITOLO
PRIMO
Quella
mattina mi sorpresi di non vedere mio fratello a casa... Di solito
partiva più tardi per il lavoro, così,
approfittai di quei brevi
momenti di solitudine per ispezionarmi allo specchio.
Tirai
delicatamente la zip del vestito in modo che scivolasse leggero sul
mio corpo e guardai, sempre più preoccupata, una macchia che
mi si
era formata qualche giorno prima nel fianco dalla parte destra,
proprio sopra all'osso che veniva in fuori a causa della mia
magrezza. Sembrava un tatuaggio... Come quelli che avevano i
mercenari, solo che il mio era molto più delicato e sembrava
che
rappresentasse quattro stelle poste a mo' di rombo con al centro una
mezza luna. Che strano
pensai. Sfregai quella macchia sperando che andasse via, ma lo feci
con così tanta cattiveria che finii solamente per avere la
pelle
mezza rossa e straziata.
Appena
mi fui rivestita sentii qualcuno bussare alla porta, non era il tocco
leggero di mio fratello così prima di aprire chiesi chi
fosse.
Nessuna risposta. “Chi è?!” Chiesi con
più forza... Ancora
silenzio. Feci per andarmene quando il pugno pesante di quel qualcuno
che si rifiutava di rispondere riprese a martellare con più
foga
sulla porta di legno. Innervosita spalancai la porta ma, invece di
urlare, rimasi con la bocca semiaperta alla vista di lui... Il mio
futuro marito che in quel momento si trovava proprio di fronte a me.
Fortunatamente avevo ancora la benda a tenermi i capelli.
“Che-che...
Che cosa ci fate qui, Sir Oriend?”
“Lady
Kali” Cominciò lui facendo finta di non aver
sentito la mia
domanda “Sono molto felice di rivederla.” Mi
incitai a non
vomitare appena prese la mia mano per baciarla e, quando la mia pelle
candida e delicata sentì il tocco umido e bavoso delle sue
labbra,
risposi con una smorfia mista a disgusto, schifo e ancora disgusto:
“Anche per me, signore.” Giuro che cercai di
sorridere, ce la
misi tutta... Ma quello che la mia faccia riuscì a produrre
fu
solamente un ghigno sadico.
Dopo
essermi ripresa gli chiesi: “Prego, vuole entrare? Posso
offrirgli
della Teka calda, se vuole.”
“Grazie
bambolina, troppo gentile” Bambolina?
Bambolina!! Come ha
osato chiamarmi bambolina! Essendo
largo e tondo gli risultò molto difficile passare attraverso
quella
nostra porta così sottile e piccola così io,
facendo ovviamente
finta di
nulla, andai avanti
continuando a parlare come se fosse sempre stato dietro di me. Dopo
dei buoni minuti mi girai e, ovviamente dispiaciuta
di vederlo ancora intento a lottare con la porta, gli chiesi sadica:
“Qualche problema Sir Oriend?” Troppo tonto per
capire mi
rispose:” N-nessun problema stella. Ma... Credo di essere in
ritardo con una spedizione quindi... Penso che me ne
andrò” cercò
di sorridere, non ci riuscì ed io lo guardai male... Molto
male.
Sbuffò tentando di rigirarsi ma era ancora incastrato.
“Ha
bisogno... Di un aiutino?”
“No
no, ce la faccio benissimo da solo”
“Ma
così arriverà in ritardo alla sua spedizione
improvvisa”
Avevo
le braccia incrociate e a stento mi trattenevo dall'esplodere in un
mare di risate. Capendo che il mio futuro marito sarebbe stato un
inesperto disastro totale, gli tirai un calcio su quel suo flaccido e
immenso sedere riuscendo a far togliere la sua infinita massa dalla
mia porta. Lui cadde
con la faccia per terra. Si rialzò più veloce che
poté e con le
guance spruzzate da un lieve rossore tentò di scusarsi. Non
feci
altro che annuire, poi, sbattei annoiata la porta.
Dopo
neanche cinque minuti quella si riaprì di scatto, ma invece
di
ritrovarmi il ciccione problematico davanti al viso, i miei occhi
riconobbero mio fratello. Aveva la faccia stravolta e si teneva al
muro per la fatica della corsa.
“Liam!”
Urlai appena lo vidi e gli andai incontro per sorreggerlo
“Che cosa
ti è successo?” Non mi rispose e lo scortai fino
alla sua camera
per fare in modo che si sedesse, quando riprese fiato mi
parlò:
“Nostro padre... Nostro padre è stato
rapito!”
Cercai
di calmarlo e, nonostante lo shock, mi incitai a restare calma
altrimenti non avrebbe mai continuato il racconto.
“Ti
ricordi che quando hanno ucciso la mamma io ero presente e ho
riconosciuto i suoi assalitori? Beh... Credo che siano gli stessi ad
aver sequestrato nostro padre!” Si coprì il volto
con le mani
cercando di non disperarsi maggiormente. Inorridita
esclamai:”Ma...
Che cosa vogliono da noi? Insomma... Prima la mamma, ora questo. Io
non capisco!”
“Anche
in altri villaggi ad Elath ci sono stati assassinii e sparizioni che
combaciano con la descrizione del rapimento, ma non capisco cosa
quella Gilda voglia da noi! Insomma... Solo nella nostra
città si
sono verificati eventi simili!”
“Ma
come fai ad essere sicuro che siano gli stessi assassini ad aver
aggredito papà?”
Finalmente
mi guardò, ma cercò di essere il più
duro possibile.
“Loro
usano la magia, Kali, la magia. In qualsiasi parte del nostro regno
è
vietato fare uso di questa dote e tutti coloro che da quando
è stata
applicata questa legge la riuscivano a controllare sono stati uccisi!
Un'unica e potente città era in grado di usarla e dopo che
il nostro
Re si è accordato con quello dell'altro regno nemico,
è stata rasa
al suolo. Adesso sono rispuntate alcune persone come loro e la paura
sta crescendo dato che si pensava fossero tutte morte, tuttavia non
si comprende ancora il perchè continuino ad attaccare Elath.
Questo
fatto fa paura a molta gente e adesso che nostro padre è
stato
catturato voglio trovarlo unendomi ai Ribelli che reclutano giovani
in grado di combatterli!”
Appena
sentii quelle parole il mio cuore si fermò per un attimo,
quando fui
di nuovo in grado di respirare sbraitai:” Liam!! Mi stai
dicendo
che andrai ad ucciderti? NO! Non lo posso permettere, sei tutto
quello che mi rimane della mia famiglia... Non puoi lasciarmi anche
tu!!” Fu in quel momento che lasciai liberare le lacrime,
tutti mi
stavano abbandonando... Che ne sarebbe stato di me? Mia madre era
morta, mio padre catturato e mio fratello sarebbe di certo stato
ucciso se si fosse scontrato con questa gente che oltre alle armi
usava anche la magia! La mia intera vita sarebbe stata al fianco di
un uomo ciccione e bavoso al quale avrei dato dei figli altrettanto
immensi e inutili, no... Non l'avrei mai permesso!
Liam
alzò il mio viso completamente rigato dalle lacrime e mi
parlò:
“Kali... Non sarai da sola, io tornerò”
“E'
esattamente quello che disse nostro padre quando dovette
partire!”
“Ma
io sono molto più abile e molto più giovane di
lui..” Disse con
dolcezza “Ho più destrezza... Poi pensa se lo
ritrovassi e lo
riportassi qui da noi... Non sarebbe bellissimo?” Usai delle
parole
molto dure: “Io so cosa è successo alla mamma sai,
so cos'è
successo a tutti quelli che hanno ucciso! Gli tolgono la vita molto
lentamente, per torturarli! Assorbendo di volta in volta le loro
energie vitali per accrescere il proprio potere! E' esattamente
così
che finirai Liam! E anche papà!!” Ricevetti uno
schiaffo in quel
preciso momento. Lo sguardo che un attimo prima era così
comprensivo
e docile si era tramutato in pochi istanti in espressioni di sdegno
e, forse, di paura. “Non le devi dire nemmeno per scherzo
queste
cose Kali. Io partirò tra due giorni cercando di porre fine
a questo
massacro di persone innocenti, mentre tu andrai a Soria da Sir
Oriend. Al sicuro.”
“Se,
al sicuro nel suo letto. Vorrai dire!” Dissi con del
sarcasmo. Per
non colpirmi di nuovo si alzò nervoso ma, prima di
scomparire,
tentai con un ultima cosa. “Sono brava con la spada e con
l'arco
Liam! Mi hai sempre allenata di nascosto, nel bosco. Non puoi
negarlo.” Si voltò con un espressione cupa
dicendo: “Non ti ho
allenata! Sono io che ti stavo usando come allenamento, è
diverso.”
“No...
Mi hai insegnato al meglio i tuoi trucchi e dicevi sempre che se
continuavo così un giorno ti avrei superato, non te lo
ricordi?”
“no...
E anche se, come dici tu, ti ho
allenato... Ho smesso
molto tempo fa”
“Ma
io ho continuato a fare tutto da sola, ti spiavo e imparavo nuove
tecniche!” Esasperato disse: “Dove vuoi
arrivare?”
“Portami
con te!”
“Eh?”
“Fammi
venire in questo esercito con te... Ti prego!”
“No”
“Sono
brava Liam, voglio vendicare mio padre”
“Non
se ne parla”
“Allora
facciamo una sfida! Io contro di te... Se vinco mi lasci
venire!”
“NO!!!
Kali smettila di fare la bambina! Non lo sei più, sei una
donna. Il
tuo compito è quello di stare al fianco di un marito,
generare dei
figli e farli diventare qualcuno! Non puoi andartene in giro ad
ammazzare la gente! Non è roba per te e mi disgusta
solamente il
fatto che tu abbia potuto solo pensare ad una cosa del
genere!”
Vedendo le mie lacrime disse più dolcemente: “Non
voglio andarmene
via con un così brutto ricordo di noi due. Tra pochi giorni
il tuo
futuro marito ti porterà con sé nella sua
città e vi sposerete!
Avrete dei figli, avrai una famiglia!” Tra i singhiozzi
cercai di
parlare: “M-ma come faccio... Co-come faccio a vivere sapendo
che
mio fratello è disperso cercando di ritrovare un padre che
probabilmente è già morto...”
“Ora
basta, è difficile per me quanto lo è per te e
non voglio discutere
oltre.” Se ne andò così, facendomi
annegare nelle mie stesse
lacrime. Non è vero! Vorrei poter essere io lui e
morire per
quello che io amo veramente... Non posso vivere così!
Fu
in quel momento che la mia folle idea si formò: se mi fossi
mascherata nessuno avrebbe capito chi veramente io fossi e, con un
po' di fortuna, mi avrebbero veramente presa per un uomo... Anche se
andava contro tutte le regole che mi erano state date, decisi di fare
un tentativo. Se, però, qualcuno avesse scoperto questo
segreto mio
fratello mi avrebbe odiata per sempre, a causa delle cicatrici non
avrei mai avuto un marito e, a causa delle regole cui erano legate le
donne, sarei stata probabilmente esiliata.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO SECONDO ***
CAPITOLO
SECONDO
Il
giorno seguente non avevo ancora deciso cosa fare ma, nel dubbio,
decisi di alzarmi presto. Gli indumenti che indossai me li cucii io:
presi uno dei miei vestiti migliori ed iniziai a modificarlo con ago
e filo. Ci misi più di metà mattinata a finire il
tutto, ma rimasi
molto soddisfatta del risultato; avevo creato dei pantaloni e un
lungo mantello con cappuccio di velluto nero che sfiorava il terreno
con il bordo... Dovevo essere irriconoscibile se non volevo fallire.
Li
provai e rimasi sorpresa della perfezione e dei dettagli che avevo
creato, ma mancava ancora il pezzo che copriva il busto. Per quello
usai una corazza particolare che mi aveva regalato Liam anni prima,
quando mi usava come allenamento, e che avevo tenuto da parte per
ogni evenienza; ovviamente non ne vendevano per donne, ma in qualche
modo lui era riuscito a procurarselo e ci sorprendemmo tutti e due
per la comodità e per la sua efficacia. Prima di mettere il
cappuccio creai altre due bandane con i piccoli pezzi di veste che
avevo ritagliato: una la usai per bloccare al meglio i capelli che un
attimo prima avevo cercato di tagliare con un pugnale, mentre l'altra
la usai per avvolgere metà del viso... Dal mento al naso.
Quando mi
guardai allo specchio fui molto contenta del risultato
perchè tutto
quello di umano che si riusciva a scorgere erano le pallide e piccole
mani, il piccolo pezzo di candida pelle tra il naso e le ciglia e,
per finire, due enormi occhi grigi lievemente screziati di un viola
che, fortunatamente, si impossessava del mio sguardo solamente al
calar del sole.
Spero
che quando combatterò tutto questo grumo di pezzi di veste
non mi
sia di impiccio. Feci
un lungo sospiro pensando a cosa sarei andata incontro... Sarei
davvero stata capace di uccidere? Sarei davvero stata capace di
vivere un'avventura così irta di pericoli con un segreto
così
grande sulle spalle? Sarei davvero stata capace di vivere come un
uomo dimenticando la mia vera identità? Probabilmente no. Ma
per
nessuna ragione al mondo avrei preferito restare ad Elath, anzi... A
breve mi sarei trasferita a Soria, una città lontana e
montuosa con
un clima rigido. Certo, sarei stata al sicuro dagli attacchi degli
Assassini, secondo mio fratello. Ma per lui era tutto così
facile!
Infatti non era lui che doveva sposare un perfetto sconosciuto
sapendo tutti i suoi famigliari lontani a combattere una battaglia
senza sapere se sarebbero morti!
Mi
stavo ancora guardando allo specchio quando colsi una goccia
solitaria rigarmi una guancia. Perchè era tutto
così difficile? Mia
madre era morta, mio padre era stato rapito, mio fratello stava
andando ad uccidersi... Non volevo rimanere da sola, non volevo
sopportare quel dolore tutto da sola e così decisi di
andare. Di
andare con i Ribelli per stare un ultima volta con mio fratello e
morire per quello che credevo veramente.
Feci
tempo a prendere la cinta con la spada e la cavigliera con il pugnale
che nascosi sotto il pantalone per le evenienze, quando un'enorme
esplosione mi fece cadere a terra dando un forte colpo allo specchio
con la nuca. Quando riaprii gli occhi non mi fu subito tutto
chiaro... Vedevo la mia casa sfuocata e con un eccessiva
tonalità
rossa, sentivo sempre più caldo però non riuscivo
a muovermi.
Buio.
“Kali!
Kali! Se mi senti rispondi!! Ti prego” era la voce di mio
fratello!
Quando questa volta riaprii gli occhi mi accorsi di aver ripreso
totalmente i sensi. Liam.
Intorno a me c'erano solamente fiamme che si alzavano sempre di
più,
avevo paura. Sentii ripetere il mio nome e, finalmente, trovai la
forza di alzarmi. Dovetti aggrapparmi al muro perchè avevo
perso
molto sangue. Il mio sguardo si posò prima sul vetro rotto
per
terra, poi sulla finestra davanti a me... Era abbastanza lontana ma
lì le fiamme non erano così alte come in tutto il
resto della casa.
Con le ultime forze rimastemi in corpo feci una goffa corsa e,
attraversando le fiamme, rotolai giù dalla finestra che
fortunatamente era aperta. Appena sentii il fresco contatto dell'erba
gattonai cercando di allontanarmi il più possibile dalla
casa in
fiamme mentre tossivo per espellere tutto il fumo che avevo
respirato.
Quando
mi accasciai a terra sentii qualcuno cadermi sopra... Era Liam! Che
sollievo non fosse ancora partito. Mi girò lentamente ma,
quando
vidi il suo volto prima felice, poi distaccato e imbarazzato, capii.
“Mi scusi” disse lui “Ha gli stessi occhi
di mia sorella”
disperato si avvicinò quanto più poté
alla casa con le mani tra i
capelli. Mi alzai e lo raggiunsi cercando di camuffare la voce.
“Mi
sono buttato dentro la casa credendo che ci fosse
qualcuno...” Liam
in preda al panico non mi lasciò finire “Mi dica
che non c'era
nessuno... La prego!” Implorò. Non potevo
inventarmi la mia morte,
anche se avrei tanto voluto... Non lo feci solamente perchè
non
volevo dare a quel fratello tanto triste e pieno di sensi di colpa
un'altra mazzata dalla vita. “No, non c'era
nessuno.” dissi
infine. Fece un lungo sospiro, poi mi diede la mano: “Io sono
Liam,
figlio di Lord Sonnar. Abito... Abitavo qui” disse con aria
triste.
Risposi alla stretta di mano mettendo la mia testa, che già
pulsava
per la botta che avevo preso e per il vetro che mi aveva strisciata,
sotto un'enorme sforzo nel tentativo di trovare un nome, un nome
abbastanza figo che potessi portare con orgoglio: “Piacere...
Io...
Io sono Alek, figlio di lord Jerrik” Mio fratello
sembrò per un
attimo perplesso “Non sei di qui, vero?”
“no,
infatti.” la testa mi faceva ancora troppo male, nonostante
ciò
cercai una storia plausibile “Sono qui per aggiungermi ai
Ribelli e
vendicare la morte di mio padre ucciso per mano loro, solo che non so
dove trovarli.”
“Abbiamo
una storia molto simile, Alek. Vieni con me, tutti noi saremo lieti
di darti il benvenuto... Anche perchè non siamo in tanti e
abbiamo
bisogno di uomini”
“Allora
sono capitato nel posto giusto! Bene, avevo paura di essermi
perso”
“Liam!
Liam!”
Un
ragazzo da capelli neri che gli coprivano leggermente gli occhi
verdi, ci venne incontro urlando.
“Kellan?
Che ti prende?” Il possente torace del ragazzo si muoveva
molto
velocemente verso l'alto e verso il basso a causa della corsa... Non
potei fare a meno di notare i suoi muscoli. Era molto più
alto di me
e tre volte più largo, perfino mio fratello, uomo molto
ambito dalle
ragazze, sembrava piccolo piccolo nei suoi confronti.
“
Abbiamo
preso qualcuno! Credo che sia lo stesso Assassino che ha dato fuoco
alla tua casa...”
“L'avete
messo nella prigione di massima sicurezza?”
“Ovvio...
Però non vuole parlare”
“E
siete sicuri che si tratti di uno della Gilda?”
“Assolutamente!
Porta lo stesso tipo di pugnale degli altri e anche il tatuaggio
dalle quattro stelle posizionate come un rombo con al centro una
mezza luna...” Appena sentii la descrizione del tatuaggio mi
sentii
mancare... Non era possibile che fosse esattamente uguale a quello
che era spuntato a me! Liam non potè fare a meno di
sorridere, poi
disse: “Non ti preoccupare Kellan, lo farò parlare
io... E, se non
apre bocca, c'è sempre la tortura!” A quelle
parole deglutii
rumorosamente e, per un attimo, ebbi per la prima volta paura di mio
fratello.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO TERZO ***
Andando
a controllare non ho potuto fare a meno di notare che abbastanza
persone seguono questa storia... Beh, so che è ancora
all'inizio xD
ma se recensite mi darete modo di migliorare e di sapere se questa
fan fic incuriosisce o annoia!
Dopo
questa piccola parentesi non posso altro che augurarvi una buona
lettura :)
Bacio
Fire
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CAPITOLO
TERZO
Eravamo
seduti davanti ad un tavolo intagliato nel legno, era molto grande ma
non occupava tutta la stanza. I boccali di birra straripavano dai
bicchieri che tentavano di contenerli, ma non facevano tempo ad
essere sollevati dai vassoi gentilmente portati da alcune donne, che
venivano velocemente svuotati dagli omoni che mi circondavano.
Dove
sono andati a finire Kellan e Liam? Li ho persi di vista all'entrata
della casa... Pensai
angosciata.
Mi guardai intorno per vedere se qualcuno mi stava tenendo d'occhio
e, quando capii che erano tutti troppo ubriachi per prestarmi
attenzione, sgusciai via da quella stanza così caotica
richiudendo
la porta dietro di me.
Ero
in una casa abbastanza grande e mano a mano che mi allontanavo, le
voci profonde e i discorsi insensati, si affievolirono sempre di
più:
non c'erano altri rumori, ma la cosa mi sembrava strana dato che
quella doveva essere il quartier generale dei Ribelli. Allora scesi
delle scale... Delle scale difficili da notare ma facili da percepire
a causa del freddo che proveniva dal luogo a cui portavano e rimasi
accigliata e spaventata da quello che vidi: una prigione. Il mio
cuore accelerò per la paura e, avanzando, strinsi
più forte a me il
pesante mantello nero che mi ricadeva sulle spalle.
Le
prime celle che passai non avevano prigionieri, ma solamente delle
catene inchiodate nel gelido muro per tenere ferme le persone... Mi
si strinse il cuore quando vidi che alcune erano spruzzate di sangue
e prima di arrivare alla porta in fondo al corridoio mi fermai
davanti ad una: un uomo era accasciato a terra, aveva gli occhi
aperti ma guardava il vuoto... Perdeva molto sangue dalle ferite che
portava sul corpo e il suo volto era straziato, coperto dalle
lacrime. Strinsi talmente forte le sbarre di metallo davanti a me che
le nocche delle mani mi diventarono bianche, lo feci perchè
quell'uomo mi faceva pena, lo feci perchè il mio naso e il
mio
stomaco non sopportavano più il ferroso odore del sangue, lo
feci
perchè mi sentii troppo vigliacca a pensare di essere felice
a non
essere al suo posto. Lo sguardo vuoto dell'uomo incrociò il
mio...
Non provava nessuna emozione perchè era come se la sua anima
gli
fosse stata strappata via violentemente; volevo piangere... Era
troppo per una ragazza come me tutto quel dolore e tutta quella
disperazione. Le sue labbra tremarono in un sorriso. “Non
piangere,
bambina. Io sono solamente un cane. Un ladro. Un bugiardo. Merito di
morire. Avrei solamente voluto che la mia morte fosse stata la cosa
più facile, avrei voluto... Anche solamente un attimo...
evitare di
soffrire così.” Una lacrima solitaria se ne
andò dai suoi occhi
adesso così vuoti e vitrei e con lui piansi anch'io.
Qualcuno
mi posò una mano sulla spalla e quel contatto
così improvviso mi
fece sobbalzare. “Alek... Che cosa ci fai qui?”
Kellan guardò
prima me, poi il corpo riverso sul pavimento ed io parlai:
“S-stavo
cercando mio fra... Stavo cercando Liam e mi sono ritrovato
qui”
“Non
provare pena per quest'uomo, ha frodato molta gente del nostro
villaggio e ha protetto con la vita i suoi complici.”
“Io
non mi sento molto bene” dissi ancora con lo stomaco
sottosopra
“credo che andrò a sdraiarmi da qualche
parte”
“beh,
adesso che sei qui cosa ti costa vedere il primo degli Assassini che
siamo riusciti a prendere?” Mi circondò le spalle
con il suo
braccio muscoloso dicendo: “Vieni con me, Liam lo sta
già
interrogando”
Mi
condusse fino all'ultima porta, quella in fondo al corridoio e,
quando ne girò la maniglia arrugginita che cigolò
prepotentemente,
mi pietrificai per la scena alla quale fui costretta ad assistere:
dentro ad un enorme cella era situata una ragazzina... Una ragazzina
molto magra il cui fragile corpo era stato incatenato alle fredde e
dure sbarre di ferro, il suo volto era segnato dal dolore
e
mio fratello, che le era accanto, stava giocando, in una sadica
espressione dipinta sulla faccia, con alcune delle sue ciocche di
capelli. Gliele stava tagliuzzando con un pugnale ricco di pietre
preziose che poi premeva sulla sua pelle inferendole profonde ferite
dalle quali sgorgavano piccoli grumi di sangue... Evidentemente
sapeva bene dove tagliare ma, dopotutto, la ragazza restava in un
angosciante silenzio.
Il
rumore dei nostri passi rimbombanti nella sala chiusa distrassero per
un momento quel fratello che a stento riconoscevo; si
allontanò da
quell'animale che era diventata, ormai, la donna imprigionata
dicendo: “Kellan, Alek. Siete venuti qui per assistere alla
nostra
rivincita? Beh, mi dispiace deludervi ma qui nessuno vuole parlare...
Credo che mi toccherà ucciderla”
“NO!”
Kellan
e Liam mi guardarono stupiti e ammutoliti a causa della mia
esclamazione che non ero riuscita a controllare. “Vuoi dire
che tu
la lasceresti libera di andare così? Senza avergliela fatta
pagare
per tutte le persone che ha ucciso? Andando a dire a tutti dove si
trova la nostra tana? Potrebbe aver ammazzato lei tuo padre!”
“volevo
dire...” cercai di correggermi “Volevo dire che non
ha alcun
senso farla fuori ora. Abbiamo fatto così tanta fatica a
trovarne
una... Se la uccidiamo senza aver acquisito qualche nuova
informazione non sapremmo mai dove trovarli!”
“Ha
ragione”
Tutti
e tre ci girammo verso un quarto uomo che non avevamo sentito
entrare; era molto grosso e alto e mi stupii dell'aria
d'inferiorità
che avevano assunto Kellan e Liam appena lo videro... Doveva essere
il capo. Quest'ultimo mi guardò dall'alto mezzo impietosito
ed
iniziò a tastarmi con le mani. Sì... Presi paura.
Sì... Credetti
che fosse dell'altra sponda. Sì... Credetti che stesse per
scoprirmi. “Chi sei tu?” Chiese infine.
“Io sono Alek, figlio
di Lord Jerrik.”
“Ah
si? Mai sentito.”
“Sono
di un villaggio lontano”
“Non
me ne frega. Sei troppo piccolo”
“Come
scusi?”
“Ho
detto... Che sei troppo piccolo! Magro! Sembri una donnicciola! Ti
farai solo uccidere” Deglutii rumorosamente “Questo
lo giudichi
dal modo in cui combatto e non dal mio fisico!”
“il
fisico è un elemento che aiuta, my lady!”
Iniziò a ridere... Una
risata cupa, inquietante e i due ragazzi accanto a me gli fecero
l'eco, come dei cagnolini ubbidienti.
“Come
mai la principessa è così calma?” Disse
riferito alla
prigioniera.
“Le
abbiamo dato un sedativo... Ma ancora non siamo riusciti a farla
parlare” Disse Kellan. Il grosso omone rise una seconda volta
e,
con la vanità delle donne che odiava tanto rispose:
“Nessun
problema signorine, io sono qui apposta per questo."
Si
fece largo tra di noi avanzando a grandi passi verso la donna che
aveva lo sguardo perso nel vuoto: io mi misi nel posto più
lontano,
vicino al muro e con i palmi delle mani girati verso di esso per
sentire la sua dura e gelida consistenza.
Aspettai.
Mi obbligai a guardare. Mi ripetei che se volevo sopravvivere in quel
mondo così duro e sanguinoso, quella era la prova della mia
resistenza. Come in precedenza, non ce la feci.
Corsi
precipitosamente verso la porta inciampando sulle mie stesse gambe
per evitare di riguardare il corpo senza vita del prigioniero appena
deceduto, fiondandomi tra i corridoi contorti della casa per arrivare
finalmente alla porta d'uscita; lì, tutto quello che avevo
nello
stomaco, si riversò sulla fredda e sporca strada.
Alzai
lentamente la testa... Le persone che stavano passando in quel
momento mi guardarono in differenti espressioni di paura, sdegno e
terrore, mentre si accingevano a camminare più velocemente,
lontano
dal mostro che mi sentivo dentro. Non capivo perchè, ma
percepivo
che dentro di me era cambiato qualcosa. Fissai il mio riflesso nella
pozzanghera d'acqua poco lontana da dove mi trovavo e, stranamente,
non rimasi intimorita o stupita da quello che vidi: davanti al mio
volto c'era una ragazza diversa, aveva uno sguardo duro, uno viso
senza l'ombra di alcuna emozione e quei suoi occhi che fino a poco
tempo prima erano così espressivi, così diversi e
belli ora erano
un po' meno viola e un po' meno grigi.
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Capitolo 5 *** CAPITOLO QUARTO ***
CAPITOLO
QUARTO
I
Ribelli erano praticamente tutti i ragazzi più portati per
il
combattimento nella città di Elath del Regno di Lohan.
Questa
organizzazione si formò a causa dell'indifferenza del Re
riguardo
alle misteriose sparizioni ed assassinii che da tempo portavano
scompiglio all'interno delle mura... La giustificazione del Sovrano?
Beh, lui ci disse, ovviamente non di persona, che dovevamo cavarcela
da soli, che questi fatti riguardavano solo e soltanto Elath e che,
siccome eravamo la città al confine con le Montagne
Inesplorate, era
nostro compito fermare tutti gli attacchi che avessero minacciato il
nostro popolo. L'unico e insignificante problema era il fatto che i
nemici usavano la magia, che noi eravamo solamente 100 e che le altre
città a noi vicine si rifiutavano di mandarci soldati
dicendoci che
non era un loro problema.
Probabilmente
era vero, il punto è che lo sarebbe presto stato.
Ero
sdraiata sul letto ancora disfatto spostando il mio sguardo da una
crepa all'altra del soffitto. Non ricordo di preciso a cosa stessi
pensando. Forse a niente, forse a tutto. Dalla terrazza semiaperta il
vento autunnale faceva ondeggiare la leggera tenda verso l'interno.
Era abbastanza lunga e il suo orlo, invece di toccare le lenzuola,
decise di giocare con la mia pelle.
Mi
alzai ancora intontita dal sonnellino pomeridiano che avevo appena
fatto causandomi un'altra contrazione allo stomaco... Non aveva
più
nulla da offrire al terreno, eppure gorgogliava ancora. Mi affacciai
dal balcone e sbuffai. L'aria è ogni giorno
più fredda, pensai
distratta, e strinsi
il caldo
mantello nero più forte a me.
Avevano
deciso di partire, gli altri. Avevano finalmente intenzione di agire.
Lokken, il capo che avevo avuto la sfortuna di incontrare poco prima,
ci disse che cinquanta dei suoi uomini sarebbero rimasti lì
ad
Elath, per difendere i cittadini; mentre i restanti sarebbero partiti
con lui alla volta delle Montagne Inesplorate nel tentativo di
trovare gli Assassini e sterminarli uno per uno.
Qualcuno
gli disse che probabilmente quella missione non avrebbe avuto una
bella fine, che sarebbero morti tutti: non avevano molte
possibilità.
Lui rispose che dovevamo pregare perchè andasse in quel modo
e,
sotto gli sguardi intimoriti dei suoi soldati, aggiunse che se
davvero fosse andata così, il Re e le altre terre a noi
vicine si
sarebbero finalmente accorti a quale grande minaccia stavano andando
incontro.
Perchè
morire per amore, per difendere le persone che si amano di
più, la
propria patria, la propria casa... Vuol dire aver vissuto per
qualcosa; e lasciare quel mondo pieno di crudeltà
combattendo per le
cose a cui si tiene di più... E' davvero il miglior modo per
andarsene.
Quei
pensieri erano la mia ancora di salvezza, la mia ragione per andare
avanti e il motivo per il quale mi trovavo lì.
Avevo
disubbidito alla volontà della mia famiglia: di mio padre,
di mia
madre e di mio fratello che avrebbero assolutamente voluto io facessi
altro della mia vita; ma erano quasi tutti morti e presto a nessuno
sarebbe più importato... Di me. Era questo che mi spingeva a
difendermi da sola, a badare a me stessa: non avevo bisogno di un
marito a cui fare da balia, ero capacissima di fare tutto da sola...
E anche se non ci credevo fino in fondo, avevo bisogno di ripetermelo
anche molteplici volte.
“Alek...
Che fai ancora qui?” Quella voce calda e profonda mi riscosse
dai
miei pensieri e, con la manica del mantello, asciugai le guance
bagnate dalle calde lacrime prima di girarmi verso di lui.
“Kellan!
L'ora di andare è già arrivata?” Mi
fissò a lungo con un
espressione che non riuscivo a decifrare... Che avesse notato il
gonfiore nei miei occhi? Si mosse cauto nella mia direzione, badando
bene a non farmi capire cosa avesse per la mente. Quando si
avvicinò
così tanto a me da riuscire a posare il suo naso sulla mia
guancia,
non potei fare a meno di indietreggiare impaurita.
“Ehy!”
Esclamai “Non vorrai mica baciarmi?!” Si
ritirò annoiato
dicendo: “ovviamente no, sciocco. E' solo che non ho mai
visto
degli occhi così strani... Il grigio diventa sempre
più scuro ed è
strano perchè la mutazione è piuttosto veloce ed
evidente!” Mi
appoggiai alla ringhiera della terrazza incrociando le braccia ed
alzando un sopracciglio “Quando diventa sera è
sempre così...
Credo proprio che dovrai farci l'abitudine.”
Si
sedette sul letto disfatto con occhi sognanti.
“Perchè sei qui?”
“Dovevo
avvisarti che ci stiamo preparando a partire”
“Allora
provo con un altra domanda: perchè ti sei impossessato del
mio
letto?”
“Perchè
sono stanco”
“Per
due rampe di scale?”
“Ovvio!
Per cosa sennò?” Sbuffai seccata, forse quasi
divertita mentre lui
aggiunse: “E poi dovrai abituarti a condividere tutto con i
tuoi
compagni... Saremo quasi come una famiglia!”
“Ah
si? Beh mi dispiace ma sono stato abituato come figlio unico e odio
dividere le mie cose... Quindi, per cortesia, vai a dormire nella tua
camera!” Dopo poco tempo lo sentii russare, ovviamente per
darmi
fastidio. Ridendo lo buttai giù dal letto e a calci dalla
mia
stanza. Lui, divertito, si rialzò quasi subito e prima di
andarsene
mi colpì di forza con un pugno sulla spalla. Mi imposi di
non batter
ciglio e di non lamentarmi per il dolore. “Vedi di venire
giù in
tempo per sceglierti il cavallo e per prendere il cibo, my lady!
Domani all'alba partiamo” Sentii il rumore dei suoi passi
pesanti
affievolirsi sempre di più e con una mano mi toccai il
petto, dalla
parte del cuore. Stava pulsando molto velocemente. Poi mi guardai le
mai. Stavano tremando quasi convulsamente. Quindi mi accorsi di avere
paura, paura di una cosa che avevo bisogno di affrontare, una cosa da
uomini, da duri... Insomma sì, tutte cose che non ero. Feci
un
ultimo sospiro ancora con le spalle attaccate alla porta di legno
mentre guardavo il sole scomparire dietro ai monti che dovevamo
raggiungere, quando le prime stelle si sistemarono nel cielo sempre
più nero. Vidi la luce della mamma: le sorrisi; poi il mio
sguardo
cercò, senza preavviso, quell'altra stella che
trovò quasi subito.
Splendeva come lei, ma percepivo un'armonia differente...
Più tetra,
più cupa. Ancora una volta mi portò un
bruttissimo presagio, ma,
ancora una volta, ignorai il suo volere.
Il
ritmico rumore degli zoccoli prodotti dai cavalli sui quali sedevamo
annunciò, alla città ancora addormentata, il
nostro passaggio in
una melodia sempre più cantilenata e percettibile.
Ovviamente
io non ero mai salita su uno di quei... Cosi, eppure,
finchè
si trattava di andare piano, sembrava apparentemente facile. Alla
guida della fila c'era il nostro capo, Lokken, che, stranamente,
si esibì davanti ai cittadini in saluti e moine
attirando tutta
l'attenzione popolare su di se; non dico che mi desse fastidio, solo
non trovavo giusto il fatto che appioppasse ad ognuno dei suoi uomini
un soprannome da femmina, quando in realtà dimostrava di
esserlo
anche più di me.
Il
mio cuore batteva tanto quanto ogni passo del mio cavallo e una delle
cause era anche l'aria di guerra vera e propria che si andava a
creare: le donne ci lanciavano i fiori, i bambini piangevano e i
soldati avevano paura.
Faceva
freddo, ma gli uomini più scoperti di me non davano segni di
debolezza... Non voglio nemmeno immaginare le rigide
temperature
che ci saranno sulla cima delle Montagne Inesplorate! Pensai
angosciata. Eravamo quasi arrivati alle ultime case sulle verdi
colline, poco prima del confine. Se volevo tornare indietro... Se
volevo ritirarmi e vivere da donna normale, era quello il momento.
Tuttavia, appena Sir Lokken sciolse la formazione, tirai dei colpetti
sul ventre del mio cavallo nero quanto la notte che ci accompagnava
per affiancarmi a Liam: volevo per un momento sentirmi a casa.
“Hai
mai pensato di tirarti indietro? Di vivere normalmente sperando che
qualcuno più valoroso di te combatta e vinca una guerra
senza
speranze? Magari sentendoti vigliacco a pensare che se quel qualcuno
dovesse fallire non saresti tu a giustificarti con il tuo popolo? La
tua città.... La tua famiglia?” Chiesi sperando in
parole di
conforto. Lui rispose da persona adulta, diversa e le cose che disse
superarono di gran lunga le mie aspettative. “ La mia vita
non è
mai stata normale. Da quando mia madre fu uccisa da questi...
bastardi io ho cercato di coprire le orme di mio
padre, di
essere un uomo vero, l'uomo di casa riuscendo quindi a mettere da
parte un pezzo di me. Ragione per cui tornare a casa, con nessuno che
aspetta il mio ritorno e stare comodo ad aspettare che questa guerra
si vinca da sola, non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del
cervello. Preferirei mille volte perdere ed essere ucciso per
ciò in
cui io credo veramente, piuttosto di sapermi vivo come un
vigliacco.”
Senza
dare una risposta lasciai mio fratello ai suoi pensieri e mi accodai
alla fila. Nel lungo viaggio che ci attendeva provai a non avere
paura, a ricordare le persone che amavo e, affidata alle braccia
dell'oscurità, cercai un modo per pensare il meno possibile
al
domani.
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