Vendetta personale

di ChiaraLuna21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita o Morte ***
Capitolo 2: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 3: *** Promesse infrante ***
Capitolo 4: *** Veleno ***
Capitolo 5: *** Il ritorno di un amico ***
Capitolo 6: *** Rabbia e depressione ***
Capitolo 7: *** File criptati ***
Capitolo 8: *** Il furgone ***
Capitolo 9: *** Sorpresa ''esplosiva'' ***
Capitolo 10: *** Ansia ***
Capitolo 11: *** Terra ***
Capitolo 12: *** Elementi ***
Capitolo 13: *** Dolori addominali ***
Capitolo 14: *** Who wants to live forever! ***
Capitolo 15: *** Notte fonda ***
Capitolo 16: *** Gelo ***
Capitolo 17: *** Incontro ***
Capitolo 18: *** Contro il tempo! ***
Capitolo 19: *** Risveglio ***
Capitolo 20: *** Amara verità ***



Capitolo 1
*** Vita o Morte ***




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Vita o morte

Aveva sentito lo sparo, ma non aveva potuto evitalo.
Aveva percorso tutto il corridoio di corsa, per poi precipitarsi giù per le scale.
“Fa che non sia vero! Fa che non sia toccato a lui!”
Era l’unica cosa che riusciva a pensare!
Non gli sembrava di averci impiegato tanto tempo ad arrivare là, ma ora la strada che lo separava dall’esterno gli sembrava infinita!
Finalmente arrivo alla porta. La spalancò e…
… e lo vide!
Tom era lì, disteso in una pozza d’acqua, e sopra di lui…
… sopra di lui era piegato un tipo, bagnato fradicio, con una pistola in mano.
Si voltò a guardare Semir e poi scappò.
«Fermo, Polizia!» disse, come se lo ascoltasse, e scaricò il caricatore.
Si voltò di nuovo a guardare Tom.
“Oddio, no!”
Gli corse incontro, e gli si inginocchiò accanto.
Pioveva, e anche forte, ma in quel momento non gli importava per niente.
«Tom!» lo chiamò, alzandogli un po’ la testa. «Tom! Tom!»
L’amico non aveva neanche la forza di respirare, ma trovò quella per parlare.
Iniziò a boccheggiare. «Ora… chi… chi… chi ti proteggerà, adesso?»
“Tu! Non ti lascerò morire! Tu vivrai!ˮ pensò Semir.
Voleva diglielo, ma non ne ebbe la forza. Semplicemente si limitò a mormorare un'altra volta: «Tom!»
Sentì i passi della Engelhardt e di Otto e Dieter sguazzare nell’acqua dietro di lui e poi fermarsi, come paralizzati.
«Chiamate un medico!» urlò, ritrovando improvvisamente le parole.
Gli strinse forte la mano. «Tom, andrà tutto bene! Ti prometto che andrà tutto bene!»

… e invece non andò tutto bene…

 
 
N.d.A.: Salve e benvenuti!!! Prima di tutto, vorrei chiarire che i personaggi di cui scrivo non appartengono a me, ma a chi di diritto, come il programma Squadra Speciale Cobra 11, e io non ne faccio uso a scopo di lucro.
Detto questo, ringrazio tutti quelli che leggeranno. Questa è la mia prima fic in questo fandom, e mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate.
Il capitolo è in corsivo perché, rispetto alla storia, è un Flashback, appunto, sulla morte di Tom. Le parti scritte normalmente sono pensieri, in questo caso.
Generalmente, invece il testo sarà scritto normalmente, mentre evidenzierò i pensieri con virgolette e corsivo, e i flashback con un rigo di spazio e corsivo (per intero), come in questo caso.
Prometto che cercherò di essere il più chiara possibile.
Mi scuso per la lunghezza del capitolo, ma mi serviva un po’ per fare mente locale.
Il capitolo descrive abbastanza fedelmente una scena fondamentale della puntata da cui ho preso il titolo, ovvero ‘Vita o morte’, tranne che per l’ultima parte. Questo perché, per permettere l’evoluzione della trama, Tom non poteva morire tra le braccia di Semir.
Non vi dirò altro, tranne che aggiornerò il prima possibile.
Grazie ancora a tutti!
Baci=] 

 

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Capitolo 2
*** L'inizio della fine ***


L’inizio della fine
 

Ben infilò per l’ennesima volta la mano nella busta di patatine e ne trasse una grande quantità che si sistemò in bocca e iniziò a sgranocchiare rumorosamente facendo così ribollire il sangue nelle vene a Semir.
«Ma possibile che mangi a tutte le ora del giorno e della notte?!?!»
«Che ci posso fare? Dopo un giorno in autostrada e un turno notturno mi viene sempre fame!» rispose, ancora a bocca piena e sputacchiando un frammenti di patatine e DNA per tutta la macchina del collega.
Semir scosse la testa: era senza speranze!
Ben rise di quel suo gesto, senza però smettere di masticare.
«Ma, dico io!, come fai a dormire con quelle schifezze nello stomaco?? Insomma… io resterei sveglio tutta la notte!»
Questa volta fu Ben a scuotere la testa, divertito.
Semir fermò la macchina. «Sei arrivato!»
«Grazie del passaggio!» disse Ben passandosi la lingua sui denti e allungando la mano verso la maniglia dello sportello.
«No!!!» urlò Semir.
Ben si fermò e si voltò verso l’altro preoccupato.
«Che c’è?»
Lui fece una faccia sconsolata. «Non aprire lo sportello con la mano unta! Ho appena lavato la macchina!»
Ben accennò ad un sorriso.
Passo la busta di patatine alla mano sporca e mostrò quella pulita a Semir per poi tenderla ad aprire lo sportello.
«’Notte, collega!» disse scendendo dalla macchina e chiudendosi lo sportello alle spalle.
«’Notte»
Semir lo guardò attraversare il cortile. Aspettò che giungesse alla porta e poi partì.
Ben sentì l’auto andarsene mentre tirava fuori le chiavi di casa dalla tasca.
Era letteralmente esausto, e già sognava il suo letto, unica meta per almeno le prossime sette ore.
Guardò l’orologio: le 00,30.
“Odio il turno notturno!” pensò.
Stava per infilare le chiavi nella toppa… gli sarebbe bastato qualche secondo appena…
Sentì qualcosa pizzicargli il collo, e la vista gli si annebbiò.
Crollò a terra, e probabilmente in un’altro momento avrebbe  fatto una battuta, del tipo “non credevo di essere così stanco!”, ma non ne ebbe né il tempo né la forza.
Tutto ciò che vide poi fu il nero totale…
 
Semir entrò al commissariato tutto contento quella mattine, senza una buona ragione.
Era strano quanto ogni disgrazia fosse preceduta da uno stato di pace e tranquillità personale, ma era proprio così.
Entrò nel suo ufficio stringendo una busta piena di cornetti in una mano e un porta bicchieri con due bicchieri di caffè nell’altra.
«E’ arrivata la colazio…» le parole gli morirono in bocca quando vide che Ben non era ancora arrivato.
Lanciò uno sguardo all’orologio appeso al muro: le 9,40.
Strano, Ben non era un ritardatario, o almeno… non un gran ritardatario.
Aveva avuto solo un collega che se la prendeva comoda tutte le mattine, ed era morto da tempo…
 
Ben socchiuse gli occhi e quello che vide fu… terra!
Si spaventò e lanciò un urlo.
Iniziò ad ansimare, spingendosi indietro, e si fermò solo quando si scontrò contro una parete.
Si voltò e vide un’enorme muro di terra.
Urlò di nuovo e si spostò anche di lì.
Fece un respiro profondo, e, improvvisamente, si accorse che non poteva essere del tutto circondato da terreno, altrimenti non solo non si sarebbe potuto muovere, ma avrebbe anche respirato terra.
Doveva mantenere la calma. Poteva uscirne. Poteva farcela…
Si avvicinò nuovamente alla parete, ci diete un colpo e…
… e quello che sentì fu il rumore che produce un vetro quando lo urti.
Vetro… ecco da cosa era circondato! Vetro!
Anche se, oltre il vetro, doveva esserci per forza terra.
Si alzò in piedi e si accorse che non toccava il soffitto.
“Buon segno…”  pensò, ironico.
Si girò un po’ intorno e si accorse di essere in un’enorme cubo di vetro, di circa 8 m3.
Quello che gli saltò all’occhio fu una sacca bianca poggiata a terra, come ad aspettarlo.
Si avvicinò, la aprii e vi infilò la mano.
Afferrò qualcosa di duro e lo tirò fuori.
Un cellulare! Era proprio un cellulare!
Doveva chiamare qualcuno, ma chi?
“Ma come chi? Semir, ovviamente!”disse tra sé e sé.
Istintivamente premette il tasto della rubrica.
«Accidenti…» mormorò.
Stava già per premere ‘Indietro’, quando notò che era registrato un solo numero…
… e lui lo conosceva bene…
 
Semir poggiò la colazione sulla scrivania e andò da Susanne.
«Ehi! Sai se Ben è arrivato?» disse togliendosi la giacca.
«Veramente non l’ho ancora visto stamattina!»
«Strano…»
Si avviò per posare la giubba, quando sentì squillare il telefono al suo interno.
Lo prese e rispose.
«Semir.» disse.
«Ehi, collega! Sono Ben!»
«Ehi, Ben! Ma dove sei finito? Sei in ritardo! Tra quanto arrivi?» disse, appendendo finalmente la giacca.
«Beh, non so… non credo di poter arrivare tanto presto…»
«Oh, andiamo! Non dirmi che nei tre secondi che ti ho lasciato davanti alla porta prima di entrare in casa hai incontrato una donna che ora non ti vuole lasciare andare per niente al mondo!»
«Beh… non proprio… non sono sicuro fosse una donna, ma di sicuro ho incontrato qualcuno.»
Semir si poggiò allo stipite della porta. Iniziava davvero a preoccuparsi.
«Ben… che è successo? Dove sei?»
«Io… io non so bene cosa sia successo, e veramente non so nemmeno bene dove sono! So solo che… che qualcuno si è divertito a… a seppellirmi in… in un cubo di vetro, ma non so… » iniziò ad ansimare.
«Che cosa?!?!?!?!»
«Semir, questa non è la cosa più strana… questo cellulare non è il mio, e ha un solo numero in rubrica…»
I due tacquero…
«… il tuo, Semir! Quel qualcuno, chiunque fosse, voleva che ti chiamassi!»
 

 
N.d.A.:Eccomi di nuovo qui! Non abituatevi a questi aggiornamenti lampo: sono solo un caso, perché durante la settimana so già che sarà difficile scrivere.
Grazie ancora a tutti quelli che leggeranno. Con questo capitolo ho cercato di recuperare un po’ in lunghezza, perché mi rendo perfettamente conto che quello di prima era un vero obbrobrio!
Mi sono dimenticata di dirvi il periodo in cui si svolge la storia! Comunque può andare in un qualsiasi punto tra “Testimone a Berlino” e “Tradimento”.
Spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Baci=]
 
 

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Capitolo 3
*** Promesse infrante ***


Promesse infrante
 

Semir riusciva a malapena a respirare.
Non poteva essere vero! Non poteva star accadendo veramente!
«A… aspetta un attimo, Ben!» Allontanò il telefono dall’orecchio. «Capo!» urlò.
La Engelhardt uscì dal suo ufficio. «Che succede, Gerkhan?»
«Qualcuno… qualcuno ha preso Ben!»
«Che cosa??» chiese lei preoccupata.
Semir mise il vivavoce e poggiò il cellulare sulla scrivania di Susanne.
«Ben… Ben, sei in vivavoce! Ripeti… ripeti tutto la capo! Susanne, tu rintraccia il numero!» sapeva già che in qualche modo non sarebbero riusciti a rintracciarlo, ma valeva la pena tentare!
«Che cosa??» ripetette la Engelhardt dopo aver sentitola spiegazione di Jager.
«Ben! Vedi se… se hai qualcos’altro!» intervenne Semir.
«Ho una sacca piena di… beh, adesso vedo…»
Ben capovolse la borsa in modo da far cadere tutto a terra. Poi iniziò a spostare gli oggetti con la mano, per scoprire ogni singola cosa.
«Allora… qui abbiamo circa un miliardo di fogli bianchi, una penna e… ah! Qui c’è una pagina scritta!»
«Cosa dice?»
«’Il soggiorno è stato gentilmente offerto da Semir Gerkhan e Tom Kranich.’ Dovrei ridere?!?!» aggiunse ironico.
Nell’ufficio calò il silenzio, e l’aria divenne pesante. Semir si pietrificò. Aveva davvero letto quel nome?!?! C’era davvero scritto così?!?!
«Sei… sei sicuro ci sia scritto proprio… proprio Tom… Tom Kranich?»
«Sicuro al cento per cento! Che c’è? Lo conosci? Potrebbe essere lui l’autore di questo ‘scherzetto’?»
«Ne… ne dubito…»
«Perché? Se l’hai arrestato, quel tipo potrebbe avercela ancora con te! Questo spiegherebbe il tuo nom…»
«No, Ben! Non hai capito! Era… era il mio partner circa… circa tre o quattro anni fa…»
«Beh… allora potrebbe avercela con me! Perché se ne è andato?»
«Ecco, lui… lui è…» Semir non riusciva a pronunciare quelle parole: facevano troppo male.
Gli occhi iniziarono a brillargli. Non era passato abbastanza tempo! La ferita era ancora aperte! Troppo… troppo aperta…
«Lui è… è morto, Ben!»
 
Gli strinse forte la mano. «Andrà tutto bene, Tom! Ti prometto che andrà tutto bene!»
Il collega rispose alla stretta, ma ormai aveva chiuso gli occhi, e non dava segno di volerli riaprire.
«Andiamo, Tom! Resta con me! Non te ne andare! L’ambulanza… l’ambulanza sta arrivando! Ti rimetterai! È una promessa!»
Tom annuì, ma non aprì gli occhi.
L’ambulanza arrivò in pochi minuti, ma a Semir parvero ore!
Salì sul mezzo con Tom: non voleva lasciarlo solo in quel momento!
Continuò a stringergli la mano finché non dovette entrare in sala operatoria.
«Mi dispiace, ma lei deve attendere fuori!» gli disse il paramedico.
Così Semir rimase immobile a fissare la barella e poi la porta dietro la quale scomparve.
Non poteva morire! Non in quel momento! Aveva ancora tutta la vita d’avanti!
“Tu devi sposarti, Tom Kranich! Devi avere dei figli! Tanti figli! Giocheranno con Aida e con suo fratello! Già… perché al contrario di quello che credi, riuscirò ad avere il maschietto che voglio! E magari anche più di uno! Poi, un giorno ci pensioneremo e andremo insieme al campo di calcio per vederli giocare! Succederà, Tom! Te lo prometto!”
 Nel pensare questo si spinse fino ad una sedia e vi si accasciò sopra.
Iniziò a fissarsi le mani, e fu stupito quando vide che erano sporche di sangue, nonostante tutta la pioggia. Certo, sangue un po’ annacquato, ma pur sempre sangue! Sangue di un collega! Sangue di un amico! Sangue del suo miglioreamico!
Se le strofinò una contro l’altra provando a smacchiarle, ma senza successo.
“Vabbè… dopo andrò in bagno e me le pulirò…”
Era così agitato… così in ansia che… che si addormentò!
«Gerkhan! Gerkhan!» lo svegliò il commissario Engelhardt.
«Si, capo! Sono sveglio! Tom è già uscito dalla sala operatoria? Come sta?»
Il commissario guardò Dieter e Otto dietro di sé e poi tutti e tre mostrarono a Semir il volto più triste e truce mai esistito.
Non ci fu bisogno di nessuna parola, di nessuna spiegazione!
Semir iniziò ad ansimare. Non poteva essere! Non era vero!
«No… non è vero! Non può essere…»
«Mi dispiace…»
Semir si riguardò le mani: improvvisamente si accorse che quel sangue non se ne sarebbe più andato! Sarebbe rimasto sulle sue dita a ricordargli ogni singolo minuto della sua esistenza che Tom era morto, e lui non era riuscito ad impedirlo!
Era arrivato tardi… dannatamente troppo tardi!
E ora Tom era morto…
Aveva infranto una promessa… l’ultima promessa fatta al suo migliore amico…
… e non se lo sarebbe mai perdonato…
 
«Niente!» disse Susanne, salvando Semir dal baratro dove lo stavano facendo cadere i suoi ricordi.
«Co- cosa?» chiese l’altro, confuso.
«Il telefono che ha Ben è un satellitare! Praticamente non è rintracciabile!»
«Maledizione!»
«Non sapete dove sono, vero?» si intromise Ben.
«Non ancora, ma lo scopriremo! Te lo prometto!»
Quella frase, però, fece gelare il sangue nelle vene a Semir ancor prima che finisse di dirla! E se fosse arrivato tardi anche questa volta? E se non fosse riuscito a mantenere nemmeno questa promessa? E se fosse finita come era finita fin troppe volte?
Scosse la testa. Non doveva pensarci! L’avrebbe tirato fuori… ci sarebbe riuscito questa volta…
«Cos’altro hai, Ben?»
«Qui c’è un orologio digitale che… è possibile stia portando un conto alla rovescia?!»
«Beh… immagino di sì! Quanto segna?»
«Dice che mancano 23 ore, 31 minuti e circa 40 secondi, ma non so a cosa!»
Ben continuava  a spostare quella marea di fogli non capendo a cosa potessero servire tutti quei pezzi di carta...
Afferrò con violenza circa una decina di pagine e le scaraventò lontanto…
… e in quel momento capì che quella carta, quegli inutili pezzi di cellulosa, erano solo un modo per nascondere la verità.
Gli sembrò che il tempo si fermasse.
I fogli caddero a terra creando un forte spostamento d’aria.
La penna, poco distante, iniziò a rotolare… lentamente… creando un rumore ritmico e profondo…
Ben sentì il cuore fermarsi… i polmoni rifiutarsi di lavorare… gli occhi riempirsi di lacrime…
Tac! Fece la penna, sbattendo contro l’orologio.
«Ben… Ben, tutto bene?» gli chiese la voce di Semir dall’altra parte del ricevitore.
No! Non andava ‘tutto bene’! Non andava per niente ‘tutto bene’! Anzi… non sarebbe potuto andare decisamente peggio…
«C’è… c’è una siringa…» riuscì a biascicare. «Semir, qui c’è una siringa, ed è… è vuota, Semir! Non preannuncia niente di buono…»
E, infatti, quello che preannunciava era molto peggio di ‘niente di buono’

 
 
Tà-dan! Ecco il nuovo capitolo!
Spero vivamente che vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate.
Inizierò il prossimo il prima possibile.
Intanto, vorrei ringraziarvi per tutto il calore con cui mi avete accolto nel fandom! =D
Grazie a tutti quelli che hanno letto e in particolare a 1rebeccam, laurakovac e sophie97 per le loro recensioni!
A presto!
ChiaraLuna21 

 

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Capitolo 4
*** Veleno ***


Veleno

«Co-come?»
Semir non poteva crederci! Sembrava stesse andando tutto a rotoli… che tutto stesse crollando.
Ma se lui stava male, allora non c’erano parole per descrivere le sensazioni di Ben!
Era come se improvvisamente si rendesse conto di essere un comune mortale… e  per tutti i mortali, prima o poi arriva la propria ora…
… e la sua, evidentemente, era prevista tra 23 ore, 30 minuti e appena qualche secondo…
… era poco tempo… troppo poco tempo…
«Okay… manteniamo la calma… potrebbe non essere mai stata usata… potrebbe essere stata sempre vuota…» neanche Semir ci credeva, ma non poteva condannarlo a morte ancora prima di provare a fare qualche congettura…
Ben aveva capito che l’amico voleva tranquillizzarlo, ma, in quel momento, tutto ciò di cui aveva bisogno erano certezze…
Afferrò la manica del braccio destro e la tirò fin sopra il gomito…
Vide un puntino rosso sulla piegatura del arto…
… e allora non ci furono più dubbi…
«Ne… ne dubito: sarebbe stato inutile infilarmi un ago nel braccio se la siringa fosse stata vuota… qualunque… qualunque cosa ci fosse, me l’ha sicuramente iniettata…»
Stavano solo cadendo dalla padella nella brace.
«Poteva… poteva essere sonnifero…»
«Sono quasi certo che mi abbia stordito con quello prima di rapirmi…»
«Quindi ti ha rintontito con un sonnifero? Non sei ferito?»
«No, no!»
Almeno erano certi che, qualunque cosa gli stesse circolando nelle vene, non sarebbe stata aiutata da lesioni o chissà cosa…
«Bene… ora cerca di capire cosa poteva esserci in quella siringa…»
Ben afferrò l’oggetto e lo fisso attentamente. «C’è un goccia di liquido al suo interno… sembra verdastra… e poi puzza di… blea! Puzza di mandorle amare!»
«Di mandorle amare?! Ne sei certo?!»
«Fidati… riconosco l’odore di mandorle amare…»
«Okay. Susanne, vedi se trovi qualche riscontro con un sonnifero o un veleno con queste caratteristiche.»
La segretaria digitò rapidamente tutte le informazioni a sua disposizione nel computer e tutto quello che ottenne fu…
«Niente!»
«Come niente?! Deve pur esserci qualcosa!»
«Invece non c’è assolutamente niente! Anzi… non esiste nessun liquido con queste caratteristiche!»
«Un altro buco nell’acqua…»
«Sì, però io sono in un buco sottoterra!! Non avete davvero nulla su cui lavorare? Insomma… non so…»
In quel momento si sentì un suono provenire dal computer di Susanne.
La ragazza guardò sbalordita lo schermo. «Semir, ti è… ti è appena arrivata un’e-mail…»
«Che cosa? E tu come lo sai?»
«Perché si è aperta la schermata della tua posta elettronica sul mio PC…»
«Che cosa?!?!?!» urlò Semir, sempre più sbalordito, avviandosi dietro la scrivania della segretaria.
La ragazza aprì il messaggio e ciò che lesse fu…
… niente!
Il messaggio era completamente bianco, a eccezione dell’oggetto…
«‘178-98737162’! È il numero di un cellulare!» disse Susanne
«Allora vedi a chi è intestato.»
Le ci vollero pochi secondi. «E’ registrato a nome di un certo Derek Koch, chimico tedesco di fama internazionale che fu radiato dall’albo quando fu arrestato otto anni fa per spaccio. In prigione ha seguito un corso avanzato di computer. È uscito giusto un anno fa.»
«Derek Koch hai detto?»
«Sì! Ti dice niente…»
«Certo! Lo arrestammo io e Tom! L’accusa fu per spaccio perché non trovammo nessun’altra imputazione adatta…»
«Che cosa aveva fatto?» si intromise Ben.
«Aveva… aveva inventato una nuova droga… dal nulla…!»
 
Quella era una “normalissima” giornata per la squadra Cobra 11, quasi tranquilla…
«Cobra 11 a comando!» urlò Semir nella radiotrasmittente, facendo di tutto per restare in equilibrio mentre Tom sbatacchiava la macchina a destra e a manca.
«Vieni avanti.» gli risposero.
«Inseguiamo un furgoncino bianco sulla A31 al chilometro 76! Chiediamo rinforzi! La targa del veicolo è K-FG734!»
«Mandiamo subito le vetture più vicine, ma state attenti: il tratto di strada dove siete è chiuso per lavori!»
«Ecco perché non c’era nessuno! Grazie Andrea!»
Semir rimise apposto la radio.
«Tanto i rinforzi arriveranno solo a giochi fatti…» commentò Tom facendo uno scatto a destra per evitare chissà cosa.
«Woo-o! Se ci arriviamo a “giochi fatti”! Vediamo di non farci uccidere…»
In quel preciso momento si sentirono degli spari, e Tom fece un altro paio di scatti qua e là per evitare i colpi.
«Ma è tutto matto quello?» commentò Semir afferrando la pistola e abbassando il finestrino.
Si sporse fino al busto fuori e iniziò a sparare alle ruote.
Dopo aver svuotato l’intero caricatore, si rinfilò dentro. «Non ce la faremo mai così!»
«Viva l’ottimismo…» gli rispose Tom ironico. «Invece di lamentarti mantieni il volante!»
«Cosa vuoi fare?»
«Fermare quel pazzo prima che riesca ad ammazzarsi! Sul lato destro c’è una scaletta per il tetto, e tu non puoi raggiungerla!» e dicendo questo fece aprire il tettuccio. «Sei pronto?»
Semir annuì; infilò una gamba al lato del guidatore per premere l’acceleratore e afferrando il manubrio a due mani.
Tom uscì fuori dal tettuccio, e per poco non cadde, tanto era forte il vento.
Semir passò al posto di guida.
«Avvicinati di più!» urlò Tom.
Sentiva il vento frustargli il volto e scompigliargli i capelli, e come se non bastasse non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti.
La macchina accostò il furgoncino bianco. Tom afferrò saldamente le scalette e iniziò a salire, mentre Semir si spostava di nuovo dietro il furgone.
Tom saliva su per la scala il più veloce possibile nonostante il vento.
“Forza, Tom! Dai… non arrenderti!” pensava Semir.
Il compagno arrivò sul tettuccio e iniziò a camminare verso la cabina del guidatore cercando di non cadere.
“Dai, Tom! Ci sei!”  Semir teneva il fiato sospeso.
Vide Tom infilarsi nell’abitacolo dal finestrino, poi il furgoncino iniziò a sballottarsi a destra e sinistra.
“Andiamo, collega! Andiamo!”
E allora successe l’imprevedibile…
Il furgoncino andò fuori controllo, svoltò a destra, sfondò la barriera di contenimento e…
… e cadde giù, oltre la transenna… nel precipizio che affiancava l’autostrada…
Semir non riuscì a fare niente, eccetto guardare…
… guardare, e urlare…
Fermò la macchina e scese. «Tom!» gridò a squarcia gola, come se pensasse che qualcuno gli avrebbe risposto… come se avesse ancora la speranza di vederlo ricomparire da chissà dove…
Si avvicinò alla barriera rotta, si affacciò giù e…
… e rimase sconvolto…
 
«Era un esperto di chimica e riuscì a creare una droga artificiale che prendeva le caratteristiche di gran parte degli stupefacenti più importanti mai esistiti. Era riuscito a fabbricarne un furgoncino intero! Erano un bel po’ di chili! Ma noi lo scoprimmo, andammo a cercarlo, e lui scappò! Ci fu un inseguimento molto… molto snervante, ecco! Non riuscivamo a fermarlo, e nonostante l’autostrada fosse completamente vuota, ci fu un grosso incidente…»
«Perché credi ti abbia inviato il suo numero?» intervenne Ben.
«Vuole che lo chiami…»
«E allora chiamalo!» aggiunse la Engelhardt passandogli la cornetta.
Semir la afferrò timoroso. Lo stava facendo per Ben! Glielo doveva!
Compose il numero e poggiò il ricevitore sul tavolo con il vivavoce.
Beep!
Si poteva sentire ogni singolo battito del cuore dell’ufficio…
Beep!
… ogni singola goccia di sudore che percorreva veloce il volto degli agenti…
Beep!
… ogni singolo pensiero che attraversava la mente di uno qualsiasi dei presenti…
Beep!
... eppure, non si udì una foglia cadere…
«Salve, Semir! Sapevo che avresti capito…» rispose infine.
«Per te sono l’ispettore Gerkhan!»
«Ma come siamo scorbutici… non penso che questo comportamento faccia bene alla salute del tuo amico…»
Semir sentì la rabbia esplodergli nelle vene. «Stammi bene a sentire!» urlò, piegandosi sul telefono. «Se gli fai del male, in qualsiasi modo, io giuro che…»
«No, no, no! Non fare giuramenti che non potrai rispettare…»
Semir in quel momento diede in escandescenze: iniziò a urlare tutti gli insulti possibili e immaginabili in turco nella cornetta.
Derek scoppiò a ridere. «Ma come sei simpatico, Semir! Già… in questo momento mi stai facendo proprio sbellicare! Anche perché credo che tu stia per ordinare qualcosa tipo “rintracciate questo numero, anche se dovesse essere in America!” Beh… vi risparmierò la faticaccia, visto che uso un satellitare, che ovviamente non potete rintracciare…»
Semir lanciò uno sguardo a Susanne, che confermò.
Nella stanza risuonò una altra risata. «Vuoi già lasciare la festa, Semir? E pensare che io ho impiegato tanto tempo per architettare questo piano! Dammi almeno la soddisfazione di parlartene…»
«Che cosa?!?! Ascoltami bene, non ho intensione di…»
«Semir, qui le regole le detto io, va bene? Anche perché se no distruggo l’antidoto in questo momento, e poi ti mando un filmino della morte del caro Jager… »
Il cuore di Ben si fermò per almeno tre secondi. Riusciva a sentire tutto a meraviglia, e quelle parole lo sconvolsero terribilmente…
«Tu non oseresti…» disse Semir a bassa voce.
«Davvero? E, dimmi, saresti disposto a scommetterci la vita del tuo amico…»
Semir tirò un forte sospiro. «Parla…»
«Bene… sai, sette anni in carcere sono un bel po’, ma il tempo passa più velocemente se pensi a qualcos’altro… come la vendetta…»
Ci fu un interruzione, forse per dare un po’ un effetto drammatico…
«Hai presente quel cubo di vetro? Ci ho messo due anni ad idearlo! Pensa che è auto-illuminante! In parole povere, diciamo che usa un particolare metodo di accelerazione delle particelle, ovviamente invisibili a occhio nudo, che si muovono nell’intercapedine tra le due lastre delle pareti e mandano la luce all’interno, che viene riflessa dal vetro e, quindi, amplificata… Ecco perché c’è luce là sotto…»
In effetti nessuno si erano posti la domanda ‘da dove proviene questa luce?’. Forse perché erano troppo occupati a provare a tirare Ben fuori…
«Ma devo ammettere che l’impegno maggiore l’ho messo nel veleno! Sai… sono riuscito a trovare un modo per separare i singoli fattori che determinano i sintomi di una tossina, è ne ho creata una nuova, tutta mia! L’ho chiamata ‘Mixulina’! Carino, no?» scoppiò a ridere. «Scommetto che stai morendo dalla voglio di sapere i sintomi… Beh… allora non ti farò attendere di più… sono un bel po’, quindi ti consiglio di metterti seduto, e lo consiglio anche al tuo caro amico, che sono certo ci stia ascoltando! Cominciamo con qualcosa di leggero… il primo è la sonnolenza… poi c’è confusione; atteggiamento aggressivo alternato a depressione; problemi respiratori; dolori addominali… su questo mi soffermerei un attimo, perché comporta molte altre cose simpatiche… come tremori, attacchi di tosse, nausea, febbre, disfagia e odinofagia, ovvero difficoltà a deglutire e dolore nell’inghiottire,… sì, ammetto che mi sono divertito molto a ideare il veleno… tornando ai sintomi normali, abbiamo l’ipereccitabilità, che provoca ansia e crampi; e, infine, abbiamo l’ipotermia… che provoca forti tremori, difficoltà motoria, battito cardiaco e respirazione rallentati, forte sonnolenza…»
Ci fu ancora qualche infinito secondo di silenzio.
«… e, infine, la morte…»
Ben deglutì. Si aspettava questa fine, ma ora che quel pazzo gli stava sputando la verità in faccia, gli sembrava tutto troppo vicino.
Improvvisamente iniziò a sentire qualcosa al petto… in principio era come un pugno dato da un bambino, ma senza fine… ma il pugno si trasformò in un forte cazzotto…  poi divenne una coltellata… un cavallo che gli cavalcava sul petto… e, infine, una mandria di bufali che gli correva sulle costole…
Iniziò a urlare… pensava di non farcela, non di resistere…
Il cellulare gli cadde di mano, e lui si accovacciò a terra stringendosi le mani al petto e continuando ad urlare.
«Ben!» gridò Semir spaventato a morte. «Ben! Ben, rispondimi, ti prego!»
Dall’altro telefono si alzò una risata. «Vedo che le danze hanno inizio! Tom avrebbe fatto meglio a lasciarmi morire quel giorno…»
 
Il precipizio era poco profondo. L’auto si era capovolta e usciva fumo dal motore.
C’era speranza… c’era ancora speranza…
Semir corse fino alla base del precipizio e si catapultò sul mezzo.
Aprì lo sportello sul lato del guidatore e Tom vi cadde fuori svenuto.
«Tom, svegliati!» disse dandogli qualche colpetto sul volto.
L’amico aprì gli occhi.
«Grazie al cielo! Muoviamoci, qui tra poco esploderà tutto!» e pronunciando queste parole gli mise un bracci attorno alla vita e si avviò nel lato opposto a quello da cui era venuto per allontanarsi il più possibile.
«È… è ancora vivo…»
«Che cosa?»
«È ancora vivo, Semir! Dobbiamo aiutarlo!»
I due si fermarono. Semir guardò il compagno sbalordito: aveva ragione…
«Va bene!» disse facendolo sedere a terra. «Ma vado io! Su aspetta qui!»
Tom annuì e seguì con lo sguardo stanco l’amico.
Semir ci mise appena qualche secondo.
Era quasi tornato dal compagno, quando l’auto esplose.
Tom si coprì il volto con un braccio, cercando di dare le spalle alla macchina come meglio poteva.
Semir si buttò a terra con quel tipo e lo coprì con un arto.
C’è l’avevano fatta… c’è l’avevano fatta ancora una volta!
… e non avrebbero mai pensato che quel salvataggio gli si sarebbe rivoltato contro…
 
«Semir…» sussurrò Ben nel ricevitore con la poca forza che gli rimaneva in corpo, riportando il partner al mondo reale.
Deglutiva con difficoltà e continuava ad ansimare tanto forte che il compagno lo sentiva dall’altra parte del ricevitore come se gli fosse affianco.
«Ben! Ben, come stai?»
Ma il ragazzo non aveva la forza di rispondere.
Derek scoppiò a ridere per l’ennesima volta. «Non ti preoccupare troppo… soffrirà molto più di adesso!» rise di nuovo. «Sai… dovreste quasi ringraziarmi… sono arrivato a eliminare i sintomi più scoccianti… e sono riuscito anche a mettere più tempo a vostra disposizione… è un bene per il tuo amico…» concluse, ironico.
«Cosa vuoi da lui? Non c’entra!»
«Infatti non voglio niente da lui, ma senza tu e Tom non giochereste…»
«Giocare?! Questo non è un gioco! Ci sono in ballo delle vite! E poi, se non l’avessi notato, ho cambiato partner… non lavoro più con Tom…» Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sapere che qualcuno aveva già fatto metà del suo lavoro!
«Questò è un gioco! È una caccia al tesoro! Se tu e Tom sarete bravi, vi darò l’antidoto e le coordinate per trovare il tuo amichetto… ma se doveste perdere, o rinunciare… Beh, in tal caso mi vedrei costretto non solo a far morire il povero Ben, ma anche a uccidere un altro paio di ispettori! La caccia al tesoro inizia… ora! Da questo momento avete 23 ore di tempo, dopo di che… già lo sai, no? Riceverai una mia e-mail con il primo indizio, e già che ci sono ti invio anche un elenco dei sintomi… tanto per essere sicuri che non te li dimentichi…»
E queste furono le ultime parole che Semir sentì prima di una serie di beep.
Susanne chiuse la chiamata e si sentì un altro suono dal suo computer.
Aprì il messaggio. «È lo stesso indirizzo di prima, ma questa volta c’è un vero testo.»
Semir non la stava seguendo. «Ben, ci sei? Parlami!»
«Sì…» rispose debolmente. «Ci sono ancora… anche se non so per quanto…»
«Non dirlo nemmeno per scherzo! Andrà tutto bene!» in quel momento avrebbe voluto crederci veramente.
Ben accennò ad una risata, anche se non aveva neanche la forza di alzarsi e si meravigliava di riuscire ancora a reggere il cellulare nella mano.
«Non… non abbiamo il tempo di litigare…» mormorò.
Semir lanciò uno sguardo all’orologio: segnava le 10,30.
«Ben ha ragione…» disse girandosi verso Susanne. «Mancano solo 23 ore a partire da adesso… cosa c’è scritto nell’e-mail?»
«Oltre a un elenco dettagliato dei sintomi, qui abbiamo una specie di indovinello…»
«Un indovinello? E cosa dice?»
«Vi ci è una squadra che non viaggia, ma che partecipa ad un campionato… Ti fa sentire protetto, ma ieri notte ha tradito una persona… cambia per tutti, ma ha un solo significato… è tana di sogni e di realtà…»
«E cosa vorrebbe dire?»
Susanne scosse la testa. «Non ne ho la più pallida idea!»
La Engelhardt fece un profondo respiro e entrò nel suo ufficio. Afferrò il giubbotto e le chiavi della macchina e si avviò verso l’uscita.
«Dove va, capo?»
«Ve lo spiegherò dopo… voi continuate a ragionarci e tenetemi informata!»
E senza aggiungere nemmeno una parola, imboccò la strada per la porta e se ne andò…
 

 

E… vai con la fantascienza! Scusate il capitolo un po’… come dire?... improbabile, ecco! xD
Vi avverto che è tutto inventato di sana pianta! Un momento di delirio (forse anche più di uno! xD).
Okay, ora seriamente… non credo che inventerò cose così fuori da ogni legge fisica, chimica, materiale o cosmica, quindi non dovete preoccuparvi troppo!
Come promesso, ho spiegato il significato della siringa (ma mi sa che stavamo tutti meglio se continuavamo a sognare che aveva contenuto solo un sonnifero! xD) e nel prossimo capitolo inizierà la vera e propria azione tipica di cobra 11 (già… perché mi rendo conto che non si è mai visto un Semir che si siede a tavolino e tratta con un pazzo mentre Ben rischia la vita! xD), ma non vi anticipo nient’altro! xP
Permettetemi di ringrazi ere tutti quelli che mi stanno seguendo e di mandare ancora un grazie particolare a 1rebeccam, laurakovac e sophie97 per le loro recensioni!
Aggiornerò sempre il prima possibile (anche se questa volta mi sa che ci sarà davvero un po’ da aspettare…).
Ciao!
ChiaraLuna21 

 

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Capitolo 5
*** Il ritorno di un amico ***


Il ritorno di un amico

Camminava lento lungo il corridoio del commissariato… mettendo cautamente un piede davanti all’altro…
Un tempo conosceva ogni singola mattonella di qual pavimento a memoria, ma ora non più…
Era passato tanto tempo… troppo tempo…
Quando successe tutto, non avrebbe mai creduto che sarebbe finita in quella maniera, e allo stesso modo in quel momento non avrebbe mai creduto che sarebbe ricominciata così… che avrebbe percorso ancora quel corridoio… che sarebbe entrato ancora in quel posto di polizia…
Si fermò un attimo davanti alla porta… la fissò… prese un profondo respiro…
Poggiò una mano sulla mania e spinse verso il basso…
Iniziò a percorrere la strada che lo portava alla scrivania della segretaria.
Sentiva gli sguardi addosso…  intravedeva la gente voltarsi verso di lui e ammutolire…
Davanti a sé c’era il suo ex-partner… il suo vecchio amico…
Semir Gerkhan stava leggendo alcuni fogli che aveva in mano quando notò il silenzio che era calato nella stanza e seguì con lo sguardo quello dei colleghi.
Impallidì e i documenti gli caddero di mano.
Era stupito… non era possibile… non poteva essere tornato… non di nuovo…
La figura che tutti fissavano si fermò proprio davanti a lui, ma Semir non riusciva a muoversi…
Gerkhan aveva la faccia di uno che ha appena visto un fantasma… e non gli si poteva dare torto!
Fu capace di pronunciare solo quel nome che aveva cercato di rimuovere con ogni metodo conosciuto ma che era rimasto impresso a fuoco nella sua anima e che troppe volte lo aveva abbandonato…
…  «Tom!»…
 
Sentì la porta della stanza d’ospedale aprirsi e si girò a guardarla.
Quando, dal letto dove era disteso, vide la Engelhardt entrare le sorrise.
«Salve, capo!» la salutò sorridendo e mettendosi a sedere. «Come è andata?»
Lei accennò ad un sorriso evitando il suo sguardo. «L’hanno presa male, ma ci hanno creduto…»
Improvvisamente si fece serio. «Come sta Semir?»
Il capo scosse la testa. «Non bene! Vuole vendicarla a tutti i costi!»
Abbassò la testa sconsolato.
«È normale!» cercò di risollevarlo. «Lei è il suo migliore amico, Tom!»
 L’ispettore capo spostò lo sguardo è iniziò a fissare la finestra. «Non voglio mentirgli! Non se lo merita…»
«Lo so, Tom! Ma così è più sicuro! Avete visto in faccia l’uomo che vi ha sparato… potrebbe cercare di uccidervi di nuovo… e questa volta potrebbe farcela!»
Tom annuì: il suo capo aveva ragione, come sempre…
Si voltò verso di lei. «Quando tutto sarà finito, come volete dirgli la verità?»
La Engelhardt sospirò e distolse lo sguardo.
Non ci fu bisogno di parole…
Scosse la testa. «No! Non può farlo, capo! Sarebbe come… come se…» iniziò a far vagare lo sguardo per la stanza, quasi stesse cercando le parole giuste.
«… come se lei fosse realmente morto!»
 Tom piantò i suoi occhi in quelli della Engelhardt.
Era proprio così! Per tutto il mondo lui sarebbe stato semplicemente morto…
… morto… era così strano! Non gli sembrava possibile…
«Mi dispiace, Tom, ma è più sicuro per tutti! C’è troppa gente che vuole eliminarla!»
Era scioccato. «C’è sempre stata gente che voleva farmi fuori! È il mio lavoro! Non posso rintanarmi come un topo e…»
«Lei deve, Signor Kranich!» rispose seria. «Qui non si tratta solo della sua sicurezza, ma di quella di tutti coloro che la circondano!»
 Tom abbassò lo sguardo. Purtroppo aveva ancora ragione…
«Cosa… dove andrò?»
«Lontano abbastanza da non farsi scoprire, in una casa sicura! Farò di tutto per non farla spostare troppo da Colonia: mi rendo conto che questa è casa sua…»
«Nessuno saprà mai niente?»
«Nessuno saprà mai niente!»
Tom ci pensò ancora qualche attimo fissando ogni punto della stanza.
Poi annuì. «Va… va bene! Lo farò!»
La Engelhardt fece un cenno con la testa, sorrise e si avviò verso la porta.
Poggiò la mano sulla maniglia e stava per andarsene, quando si voltò un’altra volta.
«So che ora non se ne rende conto, ma ha fatto la scelta giusta, Tom!»
L’ispettore capo fece un cenno con la testa e vide la Engelhardt lasciare la stanza.
… non trovò mai motivazioni sufficienti per giustificare il suo comportamento…
 
Semir continuava a guardarlo… immobile… come se credesse che ad ogni suo minimo movimento quella figura potesse sparire di nuovo, come sembrava fare sempre…
«Tom…» mormorò di nuovo.
In quel momento, dalla stessa porta da cui era appena entrato l’amico,fece il suo ingresso la Engelhardt.
Guardò i volti dei suoi uomini uno ad uno e sospirò: era proprio la reazione che temeva.
«Kranich e Gerkhan, nel mio ufficio! Adesso!» suonava terribilmente strano dirlo di nuovo…
Tom si avviò nello studio del capo e Semir lo seguì a ruota continuando a fissarlo allibito.
La Engelhardt entrò per ultima e si chiuse la porta alle spalle. Si avviò dietro la propria scrivania e aprì il cassetto dello scrittoio, estraendone una pistola e un tesserino di riconoscimento un po’ impolverati.
«Aspettavano solo il suo ritorno, signor Kranich!» disse poggiandoli sul banco e spingendoli verso di lui.
Tom si avvicinò, prese l’arma e il documento e accennò ad un sorriso… quel sorriso che solo Tom Kranich sapeva fare…
Semir, intanto era rimasto in disparte, aspettando che qualcuno gli spiegasse perché nell’ufficio del suo capo c’era il suo migliore amico morto ormai da anni.
Ma visto che nessuno sembrava considerarlo, decise di aprire lui il discorso…
«Insomma… qualcuno vuole dirmi cosa significa… questo!» e fece un cenno con la mano indicando Tom.
«Grazie, Semir! Anch’io sono felice di rivederti!» rispose l’altro, sarcastico.
Semir lo guardò. «Sai che non intendo questo…»
«L’ispettore Kranich era stato inserito nel programma protezione testimoni, e, per salvaguardarne la copertura, avevamo diffuso la notizia della sua morte.» intervenne la Engelhardt.
Semir guardò ancora l’amico. «Perché non ne sapevo niente?»
«Era una questione di sicurezza!»
«Sicurezza?! Per anni ho creduto che il mio migliore amico fosse morto! E voi mi dite che era per sicurezza?!»
«Semir, ascoltami! Tu eri la persona più a rischio, la prima da cui sarebbero andati per rintracciarmi!»
«Per questo avreste dovuto dirmelo! Avrei saputo cosa fare in quella situazione!»
Semir era fuori di sé. Non solo un pazzo per vendicarsi di lui aveva preso Ben, ma ora scopriva che il suo più grande amico gli aveva mentito… che non si era fidato… che lo aveva abbandonato!
Già… perché il punto era questo: Tom già lo aveva lasciato solo una volta, e gli aveva promesso che sarebbe stata l’ultima…
… e invece l’aveva piantato in asso di nuovo… ma questa volta lo aveva fatto sentire terribilmente in colpa, perché non era riuscito a mantenere quella promessa… la loro ultima promessa…
… perché si sentiva come se fosse stato lui ad abbandonarlo!
Qualcuno aprì la porta alle sue spalle. «Semir…» disse Susanne. «Ben non…»
Senza voler sentire altro, l’ispettore si precipitò fuori. E si chinò sul telefonino.
«Ben! Ben, sono qui! Che succede?»
«Non… non riesco a… a respirare…»
Semir lo sentiva ansimare e annaspare dall’altra parte della cornetta.
La segretaria iniziò a sfogliare le pagine dove aveva stampato l’e-mail di Koch. «Deve essere il sintomo segnato come ‘problemi respiratori’…»
Semir fece un cenno con la testa. «Ben, stai calmo! Okay? Tra poco sarà finito...»
Ma Ben non riusciva a stare calmo. Continuava a provare ad assimilare aria, ma aveva l’impressione di stare respirando cemento armato, invece di ossigeno.
Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì niente.
«Ben, stai calmo! Se ti agiti sarà peggio!»
“Peggio di cosi!?”pensò l’altro, incredulo.
«Come… come faccio a non agitarmi?»
Semir ci pensò un attimo. In effetti non aveva ancora trovato un modo per tranquillizzare se stesso, che stava comodo nel suo ufficio, figurarsi Ben!
Poi, improvvisamente, ebbe un’idea…
«Pensa a Aida!»
Ben non capiva cosa stesse blaterando l’amico.
Gli sembrava che il petto stesse per esplodergli… che il suo sistema respiratorio non funzionasse a dovere…
Per un attimo, credette di morire…
… per un attimo sperò di morire…
«Pensa a Aida!» ripetette Semir. «Pensa a quando giocate nel parco! A quando sorride! Pensa a tutto il bene che ti vuole!»
Ben ci pensò, e improvvisamente, si calmò…
Sarebbe potuto succedere a Aida, o ad Andrea di essere prese da un pazzo… e invece loro stavano bene… e lui preferiva fosse così…
Sentì il cemento uscire dal suo petto proprio come era entrato… i polmoni tornare a fare il loro lavoro… il sistema respiro ridiventare normale…
«Dove… dove hai imparato questo trucco? Funziona benissimo!» disse accennando ad un sorriso.
Anche se non l’aveva visto, anche Semir sorrise.
In quel momento intervenne Tom. «Quanto tempo abbiamo ancora?»
«Venti… ventidue ore!» rispose Ben. «Ma con chi parlo?» aggiunse, poi, non riconoscendo la voce.
«Con Tom Kranich, ma ti spiegherò dopo.» disse Semir.
«Tom Kranich? Credevo… credevo fosse morto…»
«Già…» Semir sospirò e lanciò un’occhiataccia all’amico dietro di sé. «Lo credevo anch’io…» aggiunse con voce sconsolata.
«Gerkhan, avete capito cosa vuol dire l’indovinello?» intervenne la Engelhardt, forse per evitare un possibile conflitto a fuoco nel suo ufficio.
«Ancora niente, capo! Per ora ci sembra solo un insieme di frasi senza senso…»
«Posso vedere?» chiese Tom allungando la mano verso il collega.
«Sì… eccolo!» aggiunse Semir tirando fuori da una pila di fogli sul tavolo la stampa dell’e-mail.
«Grazie…» Tom diede una rapida scorsa al rompicapo. «Per caso sapete dove è stato rapito?!»
«Crediamo davanti casa sua: ieri Semir l’ha accompagnato lì e poi non sappiamo più niente…»
Semir abbassò lo sguardo. Se solo avesse aspettato qualche altro minuto… qualche altro maledettissimo minuto… non sarebbe successo… l’avrebbe protetto…
… e, invece, lui era ripartito… l’aveva abbandonato…
Tom sgranò gli occhi. «Ce l’ho!»
Semir si risvegliò dai suoi pensieri e lo guardò senza capire di cosa stesse parlando. «Cosa… cosa hai? Che è successo?»
«L’indovinello! L’ho capito! La soluzione è “la casa”!»
«La casa?!» chiese dubbioso.
«Sì! La casa di… Ben, giusto?!»
«Che cosa?? Ma… come… cosa…?»
«Guarda! Una squadra che gioca nella propria città, e quindi non viaggia, gioca in casa! Ben è stato preso davanti casa, che è il posto dove ci sentiamo sicuri! Ma è proprio questa sicurezza che lo ha tradito…»
Semir si avvicinò a Tom e lesse il resto. «Ma certo! Tutti hanno una casa differente, ma per tutti ha lo stesso significato! In oltre noi viviamo e dormiamo in casa, quindi “è tana di sogni e di realtà”! Ma certo!»
Semir afferrò la documentazione che poteva essergli utile, compresa la stampa dell’e-mail e il cellulare, si avviò rapidamente verso la porta dell’ufficio e urlò: «Capo, vado a casa di  Ben! Mi terrò io in contatto con lui, e vi aggiornerò su tutto! Kranich, con me!»
Tom ebbe un sussulto! Kranich… Semir non lo aveva mai chiamato Kranich… nemmeno il loro primo giorno di lavoro…
L’aveva combinata davvero grossa… l’amico non l’aveva presa affatto bene…
Sospirò e si avviò verso l’uscita, sperando che Semir avesse deciso di aspettarlo, e di non partire come una furia verso la casa del collega.
 

 
Ciao, gente!
Grazie ancora a tutti quelli che continuano a leggere la storia, e ancora un grazie particolare a 1rebeccam e sophie97!
Non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo, che per me è molto importante!
Ora che ho chiarito la faccenda di Tom, voi, cari lettori, vedrete apparire magicamente tra le note “AU”!(scusate, ma ho appena visto l’ultima puntata di Merlin, perciò sto ancora un po’ fusa io e la magia… xD)
Come sempre, cercherò di aggiornare il prima possibile, anche se non sono sicura del tempo che ci vorrà!
Ancora grazie per l’attenzione!
Chiara =) 

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Capitolo 6
*** Rabbia e depressione ***


Rabbia e depressione

Semir posteggiò la macchina proprio davanti casa di Ben, dove la parcheggiava sempre… dove si era fermato anche la sera prima…
Gli sembrava quasi di vederlo… di sentirlo…
Continuava a darsi la colpa per tutto quello che gli stava succedendo, e si disse che se fosse andata male non se lo sarebbe mai perdonato…
Tom afferrò il telefono dalle sue mani inerti. «Aspetta un attimo, Ben…» e lo mise in attesa.
«Ma cosa fai??» disse Semir voltandosi verso di lui con rabbia e tornando al presente.
«Tu non c’entri!» gli rispose semplicemente.
«Che co…»
«Devi renderti conto che tu non c’entri con quello che è successo… che non avresti potuto fare niente per fermarlo…»
Semir abbassò lo sguardo. «Come sai che…»
«Che ti dai la colpa di tutto quello che gli è accaduto e che gli accadrà? Perché me la sono data anch’io tante volte prima di capire questo! Bisogna rendersi conto che i sensi di colpa non servono a niente… che bisogna restare lucidi… io l’ho compreso tardi…» disse, ripensando a Elena.
Semir abbassò lo sguardo. «Grazie… mi serviva…» poi riprese il cellulare dalle mani di Tom e riavviò la comunicazione con l’amico. «Ehi, Ben, ci sei ancora?»
«No, guarda, sono appena andato a fermi un giro fuori Colonia! Ovvio che ci sono!» disse nervoso.
Tom e Semir si guardarono storto. «Fa spesso così?»
«Eh, no!» disse l’altro scuotendo la testa.
Kranich afferrò la lista dei sintomi e iniziò a sfogliarla rapidamente.
«Ben, stai calmo, okay?»
« ‘Ben stai calmo’, ‘Ben non ti agitare’,… ma non sai dire altro, Semir! La fai facile tu! Non sei in questo coso di vetro!»
«Credo che sia il sintomo “rabbia alternata a depressione”!» mormorò Tom.
«E poi quel Kranich… da dove l’avete tirato fuori?? Dal cappello?? Insomma… da dove è arrivato??»
«Mi sa che hai ragione… di solito non è così… così…» Semir non trovava le parole per concludere la risposta a Tom.
«Scommetto che state ancora chiusi in macchina, vero?? Perché non vi muovete una buona volta?? A volte mi chiedo che ci faccio in questo covo di idioti!»
«Così aggressivo, vuoi dire??» concluse Tom per l’amico, come se Ben non avesse parlato.
«Già! Proprio questo!»
«Ma volete stare un po’ zitti voi due!!! Insomma… perché non pensate alle cose serie, invece di fare queste discussioni del cavolo??»
Tom e Semir scesero dalla macchina, decidendo che, per quella volta dovevano lasciar correre, anche perché qualsiasi loro intervento avrebbe comportato solo una fase più acuta di rabbia!
Ben, intanto, si era alzato e aveva iniziato a camminare per il cubo.
Continuava a marciare in cerchio stingendo il cellulare così forte da essere stupito del fatto che non si fosse ancora rotto.
Non pensava quelle parole… non le aveva mai pensate… e non riusciva a spiegarsi perché stessero uscendo proprio dalla sua bocca…
Sentiva un odio provenire dal profondo del suo cuore! Non aveva mai provato niente di simile!
Improvvisamente di fermò davanti a una di quelle pareti di vetro.
La rabbia, inaspettatamente, aumentò a dismisura e sentì il forte bisogno di rompere… fracassare… distruggere…
Le dita gli prudevano in un modo incredibile…
Chiuse la mano a pugno e sferrò un colpo fortissimo contro la parete lanciano un urlo.
«Ben!» lo chiamò Semir preoccupato, fermandosi in mezzo al vialetto.
All’inizio non provava nemmeno dolore alla mano, poi, però, il male arrivò, e anche forte!
Stranamente, perse la forza nell’arto che reggeva il cellulare, che cadde e si perse in quel mucchio di carte per terra.
«Maledizione…» mormorò.
«Ben!» lo chiamò ancora Semir.
Ma l’altro non poteva sentirlo.
Jager si inginocchio per terra e iniziò a scartabellare quei pezzi di carta. E più spostava fogli, cercando il cellulare, più il suo odio cresceva, insieme al nervosismo e alla rabbia.
Fu proprio per questo che non si stupì troppo di aver scaraventato quell’oggetto nero che lampeggiava contro la parete!
Quando lo trovò sentì i nervi pulsargli nelle tempie, e poi qualcosa scattargli nel cervello…
Lo afferrò e lo lanciò con tutta la forza che aveva nel corpo…
Gli sembrava quasi normale… sembrava quasi liberatorio…
Fu tutto proprio come in un film: lo vide roteare in aria… sentì il proprio respiro… il battito del suo cuore…
Poi lo sentì schiantarsi contro il vetro…
Vide l’oggetto frantumarsi… vide i cip cadere e spargersi sul pavimento…
«Ben!» urlò ancora Semir.
Ma l’altro non gli rispose.
Fu allora che pensò il peggio…
“E se fosse svenuto? E se si fosse rotto il cellulare? E se…”ma non ebbe la forza di concludere il pensiero …
Il ragazzo continuava a fissare quei pezzi di ferro e quel mucchio di rottami per terra…
La rabbia diminuì e se ne andò, ma lasciò il suo posto a un profondo dolore…
Non era un dolore fisico… era come se improvvisamente gli si fosse agganciato un enorme macigno al cuore…
«Ben!»
Sentì la voce di Semir provenire da un punto per terra. Abbassò lo sguardo, alzò un foglio e trovò finalmente il tanto agognato cellulare.
«Se… Semir…» lo chiamò, timoroso.
«Ben! Oh… grazie al cielo! Ma cosa è successo?»
«Io l’ho… l’ho rotto, Semir!»
«Hai rotto cosa? Che succede, Ben?»
Il ragazzo non riusciva quasi a parlare. «Il timer, Semir! Ho rotto il timer!»
I due ispettori dall’altra parte del ricevitore rimasero a bocca aperta.
«Il timer, Ben?! Solo il timer?! Nient’altro?!»
«Sì!» disse l’altro con la voce rotta dal pianto e le lacrime agli occhi. «Non ne combino una giusta, Semir! Faccio solo cose sbagliate!»
L’altro era sempre più confuso. «Ben, ma che stai dicendo? Era solo uno stupido timer! Non era fondamentale e possiamo tranquillamente farne a meno!»
Ben scosse la testa. «Non è vero, Semir! Non è vero!» e, con queste parole, chiuse la conversazione.
«Ben!» lo chiamò ancora Semir, ma gli rispose solo un ritmico e snervante bip.
«La rabbia era alternate a depressione!» precisò Tom.
Semir annuì. «È… è strano sentirlo così… così…» gli mancavano le parole.
«Lo so…» disse Tom, togliendolo dall’imbarazzo e dandogli una pacca sulla spalla. «Lo so benissimo…»
Intanto, Ben era seduto in un angolo, le gambe piegate al petto e il cellulare ancora stretto in mano.
Sentiva le lacrime scorrergli lungo le guance… erano così calde…
Ma cosa gli stava succedendo? Davvero non riusciva a spiegarselo!
“Se è quello stupido veleno che mi sta facendo avere questa reazione, non oso immaginare cosa potrebbe succedere di peggio…” pensò ironico con quel minimo di controllo che aveva ancora sulle sue riflessioni.
Fisso il cellulare. Voleva con tutte le forze richiamare l’amico, ma quelle strane emozioni che stava provando glielo impedivano…
Tom e Semir finirono di percorrere il vialetto che li divideva dalla porta d’ingresso.
La chiave era infilata nella toppa, proprio dove l’aveva messa Ben la sera prima.
Tom girò la maniglia: aperta, ovviamente…
«Vuole che troviamo qualcosa…» disse Semir.
«Già… il problema è: cosa?»
Estrassero le pistole. Tom spinse la porta e Semir entrò puntando la pistola davanti a sé. L’altro lo seguì a ruota.
Il primo controllò le stanze a destra, mentre il secondo quelle a sinistra.
Sapevano entrambi che non c’era nessuno, sarebbe stato troppo facile: qualche urlò, un paio di proiettili che rimbalzano per la stanza,… magari un cazzotto o due… e nel giro di mezz’ora avrebbero avuto antidoto e coordinate della posizione di Ben! No… decisamente troppo facile…
«Vuoto!» conformò Tom raggiungendo Semir nel salone.
I due posarono le armi.
«Bella casetta!» commentò il primo, guardandosi intorno.
A Semir venne quasi da ridere: aveva pensato praticamente la stessa cosa quando aveva visto la reggia di Ben!
Decise comunque di restare serio, così iniziò a guardarsi intorno.
«Se fossi un chimico pazzo in cerca di vendetta, quale indizio metteresti per una caccia al tesoro con i due poliziotti che ti hanno fatto radiare dall’albo?» chiese a Tom.
L’altro fece spallucce. «Confesso che non mi è mai venuta in mente un’idea così… così strana!»
«Già… neanche a me!»
In quel momento sentirono la suoneria di un telefono.
Si voltarono e videro che il telefono di casa di Ben stava squillando.
Si avvicinarono lentamente, si guardarono un attimo e poi Tom alzò la cornetta.
«Pronto!» disse timoroso.
«Bene, signor Kranich! Noto con piacere che anche lei si è unito alla festa!»
«Ascoltami bene!» rispose deciso. «Io giuro che quando ti prenderemo rimpiangerai di essere nato…»
«Tom, anche tu con queste minacce? Ma perché mi volete tutti cattivo?! E pensare che io ho avuto la premura di preparare anche un gioco di società per voi… ma se non volete, questa boccetta di antidoto è completamente inutile, perciò…»
«Aspetta!» lo interruppe, urlando allarmato.
Era strano, ma, anche se non lo conosceva, provava un certo affetto per quel Ben! Inoltre, era un collega, e non l’avrebbe lasciato morire…
«Cosa dobbiamo fare adesso?»
«C’è un computer sulla scrivania! Prendilo e portalo al tuo tecnico della scientifica… com’è che si chiama?... ah, certo!... Hartmut Freud! Già… bravo ragazzo! Sarebbe un peccato se gli succedesse qualcosa… Sai… se voi non volete finire questo gioco ho già in mente un passatempo di riserva: lui e l’agente Jager potrebbero fare a gara a chi arriva per primo all’altro mondo!» scoppiò a ridere e chiuse la chiamata.
Tom impallidì!
«Che succede??» chiese Semir.
Tom riposò la cornetta. «Dobbiamo portare il computer di Ben a Hartmut immediatamente, altrimenti ucciderà anche lui!»
 
 
Salve a tutti!
Scusate il finale un po’ strano (d’altronde in sintonia con il capitolo! xD), ma a me piace da morire il personaggio di Hartmut e in qualche modo dovevo mettercelo! xDxD
Prometto che il prossimo capitolo sarà un po’ più normale!
Ringrazio tutti quelli che mi stanno seguendo e che stanno leggendo la storia, in particolare, ancora un grazie speciale a 1rebeccam, sophie97, loksophie e stellinastra09: siete fantastiche, ragazze! =D
Prometto che aggiornerò il prima possibile!
Un bacio a tutti!
Chiara =)  

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Capitolo 7
*** File criptati ***


File criptati
 

Daniel caricò l’ultimo pacco, che era poggiato a terra, sul furgoncino e si asciugò il sudore dalla fronte  alzando leggermente il berretto con visiera della sua compagnia di trasporti e ammirando il suo lavoro.
Guardò il cielo: il sole sembrava voler spaccare le pietre, e lui era solo all’inizio del suo turno!
Chiuse lo sportello posteriore e si soffermò un attimo a leggere la sigla colorata sul bianco della vettura: la “Schulz & Co.”.
Era un’agenzia di trasporti, e lui lavorava per loro part-time da appena un anno.
Aveva 22 anni, e quel lavoro gli serviva per pagarsi gli studi dell’università.
Medicina… questo era il suo destino: medicina!
Voleva che lo fosse sin da quando era un bambino, e ora c’era davvero vicinissimo…
Andò nella cabina del guidatore, infilò le chiavi nel quadro d’accensione e inserì la prima.
Stava andando lentamente verso l’uscita del parcheggio, qunado sentì qualcuno che lo chiamava.
Frenò e scese dalla macchina. «Cosa succede, signor Bauer?» chiese vedendo il suo superiore, un uomo di circa sessant’anni prossimo alla pensione, che gli veniva in contro.
«Figliolo, stavi per dimenticare un pacco!» disse l’uomo.
Daniel aguzzò la vista verso il punto dove si trovava poco prima il furgoncino e notò che era vero: stava davvero dimenticando un pacco!
Portò la mano destra al fianco e si grattò la testa, confuso, con l’altra, sollevando leggermente il berretto.
«Mi dispiace, signore, ma ero sicuro di aver caricato tutto!»
«Non fa niente! Caricalo e stai più attento la prossima volta!» disse, comprensivo.
«Subito, signore! Non accadrà più!» e, detto questo, fece una corsa fino al pacco, lo raccolse e lo portò al furgone, dove lo caricò.
Salì di nuovo nella cabina del guidatore e diede un’occhiata al suo orologio da polso: mezzogiorno e mezzo!
Sospirò e premette l’acceleratore, mentre il signor Beuer tornò a lavoro.
Qualcuno, nella penombra, si sfregò le mani soddisfatto e scoppiò a ridere…
… una risata che qualcun’altro conosceva fin troppo bene…
 
I due ispettori, intanto, erano davanti all’enorme palazzo dove c’era il laboratorio della scientifica.
In una stanza all’ultimo piano il giovane Hartmut Freund stava analizzando i dati di un software molto delicato e contenente codici e password da proteggere a costo della la vita e… in parole povere, stava giocando a uno videogame del tipo ‘mostri contro alieni’ con il volume al massimo!
Semir entrò come una furia sbattendo la porta, che rimbalzò contro il muro e si richiuse.
Poggiò il portatile dell’amico sulla scrivania del tecnico con nervosismo. «Non abbiamo tempo da perdere! Vedi cosa c’è di strano in questo computer!»
Il ragazzo mise il gioco in pausa e sospirò. «‘Ciao, Hartmut! Come va oggi?’; ‘Tutto bene, Semir! E a te?’…»
Ma l’altro interruppe il suo monologo in modo brusco. «Non c’è tempo…»
«Uffa! Dite sempre così! Poi, invece…»
«Questa volta non c’è davvero tempo. Hanno preso Ben!»
Ci fu un attimo di silenzio. «Co-come ‘l’hanno preso’!? Ch-chi l’ha preso?»
«Uno che vuole vendicarsi di me! Ci ha chiamato e ha detto che dovevamo portarti questo computer perché se no, non solo Ben sarebbe stato spacciato, ma se la sarebbe presa anche con te! Non possiamo permetterlo, quindi…»
Hartmut lo interruppe. «Aspetta… perché parli al plura…»
Ma la frase gli morì in bocca quando vide la porta aprirsi e Tom affacciarsi, mentre poggiava una mano sullo stipite e l’altro sulla maniglia per mantenersi.
«Non ricordavo… non ricordavo ci fossero tutte… tutte queste scale…» ansimò.
Hartmut si pietrificò e impallidì. «Tom» disse a mezza voce.
«Di solito usavamo l’ascensore, ma ora è in manutenzione!» rispose Semir.
«Ah… ecco…» concluse entrando.
Hartmur era una statua di marmo: bianco e immobile.
«To-Tom!» balbettò.
I due ispettori si guardarono e poi tornarono a fissare il ragazzo. Si erano dimenticati di un piccolo particolare: Hartmut non sapeva niente di quello successo nelle ultime ore!
Infatti il poveretto non riuscì a reggere lo shock, e svenne!
Semir e Tom seguirono con lo sguardo il suo corpo cadere a terra.
«Ecco… ci mancava solo questa!» disse il primo, esasperato. «Hai visto cosa hai combinato?» concluse poi.
«Io?! E cosa c’entrerei io adesso?!» gli rispose l’altro incinocchiandosi affianco al giovane.
Diede qualche schiaffetto  a Hartmut e lui si risvegliò.
Quando vide Tom, urlò.
«Bene… mi fa piacere sapere che sono mancato a tutti qui!»
«Che cosa?! Tu… tu… No! Non è per questo! È… è solo che…» le parole non riuscivano a uscire dala sua bocca.
«Non abbiamo tempo!» urlò ancora Semir, che rischiava di farsi venire un infarto.
Hartmut si rimise in piedi. «O… okay! Adesso do un’occhiata a questo computer…»
«Grazie!» disse l’altro, furibondo.
Il ragazzo aprì lo schermo e accese il PC.
Iniziò a digitare rapidamente qualcosa sulla tastiera, e, dopo poco fece una faccia storta.
Iniziò a premere invio in modo compulsivo senza fermarsi un attimo. «Che strano…» concluse infine tra sé e sé.
«Cosa è strano? Che hai trovato?»
«Un file protetto da una password! Ma non è questa la cosa più strana…» rispose sovrappensiero.
«E allora cosa?»
«Non è protetta solo da una chiave di accesso…»
«Allora da cosa?? Parla, Hartmut!»
Il ragazzo si girò verso Semir. «Vuoi la descrizione scientifica o la sintesi tradotta?»
«Quella più veloce, basta che ti muovi!»
«Okay… in pratica ci sono una serie di tranelli e virus a proteggere il documento!»
«E allora? Puoi aprirlo, no?»
«Certo, ma mi serve tempo! Forse un’ora… forse di più… Poi devo andare nell’altro studio per poter usare il resto dell’attrezzatura…»
«E sei ancora qui? Cosa stai aspettando?» concluse irritato.
 
Daniel concluse l’ennesima consegna della giornata.
Nel furgoncino c’erano sempre meno pacchi. Ora ne erano rimasti appena un paio.
Quasi due ore di lavoro, e poteva quasi tornare a casa!
… non si aspettava succedesse quello…
 
«Ci sono!» urlò Hartmut entrando nel laboratorio.
Tom, che faceva l’equilibrista con la sedia, cadde all’indietro. «Oh!»
«Fa vedere!» disse Semir avvicinadosi allo scienziato.
Il collega lo seguì a ruota.
Hartmut poggiò il portatile sulla scrivania e premette invio.
Sullo schermo apparve un file quasi vuoto che conteneva solo una targa, un indirizzo e un’orario.
«Cosa vorrà dire?» disse Semir.
«Non lo so, ma io inizio a far rintracciare quella targa a… si chiama Susanne, vero?»
 
Daniel guardò l’orologio: le due e mezza.
Appena mezzora e sarebbe andato a pranzo con la sua ragazza.
L’occhio gli cadde sulla targa del furgone: K-RN3476.
 
«Grazie, Susanne!» disse Tom, chiudendo la conversazione.
«Allora?» chiese Semir.
«È la targa di un furgoncino intestato alla ditta di consegne “Schulz & Co.”!»
«Non mi dice niente! Siamo sicuri non ci sia nient’altro?»
«S… no! Aspetta! A fine documento c’è scritto “Tic-tac”!» rispose Hartmut.
«Tic-tac? Ma… non ha senso!»
«E se volesse dire che ci dobbiamo muovere?» disse Tom.
Semir ci pensò un attimo. «In effetti manca solo mezz’ora alle tre…» aggiunse leggendo l’ora segnata nella lettera.
«22, Auigerigstrasse! Potrebbe essere l’indirizzo segnato in un pacco che si trova in quel furgone…»
«In tal caso, Koch vuole che troviamo il pacco! E per farlo, dobbiamo assolutamente trovare quel furgoncino…»
Semir diede un’ultima occhiata alla targa scritta nel file: K-RN3476…
 

 
Salve a tutti!!
Prima di tutto, chiedo scusa in anticipo se dovrete aspettare per eventuali risposte o se ritarderò la pubblicazione del prossimo capitolo! Purtroppo sto cambiando gestore telefonico, e da mercoledì non ho la connessione internet, perciò non credo entrerò spesso per un po’ ancora… quindi se non rispondo o non mi faccio viva subito, non preoccupatevi: sono ancora viva(per vostra sfortuna! xD)! xD
Tornando al capitolo… so che tutti vi state chiedendo “ma cosa cavolo c’entra questo Daniel nella nostra storia?”! E fate bene a chiedervelo, perché in effetti non c’entra quasi niente! xDxD
Seriamente… il fatto è che sto studiando “I promessi sposi” di Manzoni, e sono rimasta molto affascinata dal fatto che descrive in modo dettagliato tutti i personaggi, anche le controfigure! Perciò ho pensato: “perché non provare a descrivere qualche personaggio meno importante?” xD Diciamo che rimango molto impressionata dalle tecniche degli scrittori che leggo… =D
Okay… questa era la scusa! xD La verità è che volevo farvi un po’ appassionare al personaggio, per rendere ancora più avvincente quello che voglio scrivere nei prossimi capitoli… ma non dico altro! xDxD
… sono un po’ cattiva… lo so! xDxD
Adesso, dopo avervi messo la pulce nell’orecchio (xD), vorrei ringraziare tutti quelli che mi seguono e che stanno leggendo questa storia; in particolare, grazie a 1rebeccam, sophie97 e Asso_di_Picche per le loro recensioni: non so davvero come farei senza di voi! =D=D
Cercherò di aggiornare il prima possibile, anche perché non potendo andare su internet ho un bel po’ di tempo in più per scrivere, e sto già lavorando sul nuovo capitolo! xD
Ciao!
Chiara =D 

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Capitolo 8
*** Il furgone ***


Il furgone
 

 Non c’era un secondo da perdere!
«Chiama di nuovo il comando e chiedi di rintracciare questo furgone: non abbiamo molto tempo…» disse Semir.
Tom afferrò di nuovo il cellulare e contattò il commissariato a tempo di record.
«Il veicolo non è nel parcheggio della ditta, ma ha un localizzatore GPS! Ci guideranno fino a lui!»
«Perfetto!» concluse Semir, e si precipitarono giù per le scale, senza nemmeno salutare il povero Hartmut, che si ritrovò di nuovo solo con il suo videogioco.
« ‘Grazie mille, Hartmut! Non so davvero come avremmo fatto senza di te!’ ‘Oh, non ho fatto niente di particolare!’ ‘No, sono serio! Sei stato davvero fantastico!’…» iniziò a dire tra sé e sé mentre riavviava il gioco.
Intanto che Hartmut metteva in scena il suo monologo, i due ispettori erano in macchina a tutta velocità, visto che si erano appena resi conto di essere ad almeno venti minuti dal furgoncino che, fortunatamente, andava molto lento.
Riuscirono a raggiungere il veicolo in quindici minuti, e il capo, che era in comunicazione con loro via radio, finse di non trovare la cosa completamente impossibile.
Tom, che era seduto dal lato del passeggero, tirò fuori la paletta e fece segno al furgoncino di accostare, che obbedì senza fare storie.
I due ispettori scesero dalla macchino e si diressero verso l’altra vettura.
«Buongiorno!» iniziò Tom. «Ci è stato segnalato un pacco presente in questo furgone! Potrebbe, cortesemente, permetterci di dare un occhiata al carico, Signor…?»
Gli rispose una voce inaspettatamente giovane. «Schulz. Daniel Schulz!»
Tom e Semir si lanciarono un strana occhiata. Quindici minuti sono tanti, e spesso si tende a fantasticare troppo… soprattutto se stai inseguendo un pacco del quale non conosci il contenuto… i due si erano fatti un’idea di quello che poteva esserci in quella scatola e, anche se non ne avevano parlato, sapevano di temere la stessa cosa…
“Se lì dentro c’è davvero quello che crediamo ci sia, allora mi sa che questo ragazzo ha sbagliato proprio giorno per venire a lavorare!” pensarono in contemporanea.
Daniel scese dalla macchina e si diresse sul retro, dove erano rimasti solo due pacchi.
Aprì lo sportello posteriore e Semir lesse gli indirizzi sulle scatole. «È questo!» concluse poi prendendone uno.
«Quello?» disse Daniel. «Siete fortunati: stavo per dimenticarlo quando ho caricato i pacchi!» poi diede un’occhiata all’elenco delle consegne. «Però è strano…»
«Cosa?» disse Semir che non sopportava più quella parola.
«Non è nella lista!»
Tom e Semir si scambiarono un’altro sguardo.
Iniziarono al togliete lo scotch che chiudeva la scatola.
Quando, finalmente, riuscirono a rimuovere tutto il nastro adesivo, Semir e Tom fecero un profondo sospiro.
Alzarono il coperchio e la videro…
Era enorme! Ovunque c’erano luci che lampeggiavano, e fili e…
… e un cronometro, proprio sul detonatore, che segnava appena undici minuti e venti secondi.
I tre fissavano la ‘cosa’ a bocca aperta.
Tom prese il telefono e lo poggiò ad un orecchio. «Capo? Abbiamo un problema…»
 

 
Tà-dan! Finale a sorpresa! xDxD
So che è venuto un po’ corto, ma pensate al lato positivo: sto già lavorando al nuovo capitolo! xD
Scherzi a parte… prometto di aggiornare prestissimo!!
Intanto, grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare, grazie a 1rebeccam e sophie97 per le loro recensioni: siete grandi, ragazze! =D
Un’ultima cosa… vorrei dedicare questo capitolo a mia sorella! Prima di tutto, perché mi sopporta sempre quando parlo di storie e personaggi di cui non sa niente; poi perché si è iscritta da poco su EFP; e infine, ma non per importanza, perché si sta “convertendo” a Cobra 11(anche se per ora guarda solo le puntate con Jan… è un inizio! xDxD)! =D
A presto… promesso! xD
Ciao!
Chiara =D 

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Capitolo 9
*** Sorpresa ''esplosiva'' ***


Sorpresa “esplosiva”

 
Il telefono di Tom squillò di nuovo.
Rispose. «Brutte notizie, Kranich!» disse la Engelhardt. «Gli artificieri impiegheranno almeno quindici minuti!»
«Quindici minuti?!?! Siamo fortunati se ce ne restano dieci!» rispose l’altro, furibondo.
Daniel stava sudando freddo. Si era praticamente pietrificato! Non riusciva nemmeno a muovere un dito.
Non poteva credere che dovesse finire tutto proprio adesso!
Il telefono di Semir squillò: era Ben!
«Ehi, collega!» disse il ragazzo, asciugandosi le ultime lacrime.
Era rimasto per un bel po’ a litigare con i suoi sentimenti: rabbia, causata dalla sua stupidità; depressione, dovuta alla vicinanza con la fine…
In realtà, questo era solo quello che gli faceva provare il veleno, perché l’unica cosa che sentiva veramente Ben era paura!
Paura perché non capiva cosa stava succedendo…
Paura perché stava fissando la morte negli occhi…
Paura perché era rimasto solo…
Per questo, appena ci era riuscito, aveva chiamato Semir! Per sapere che c’era ancora qualcuno… che non l’avevano abbandonato…
L’uomo tirò un sospiro di sollievo. «Ben, grazie al cielo! Come stai?»
«Bene… per ora!»
Tom chiuse la chiamata con la Engelhardt e fece cenno all’altro per attirare l’attenzione.
«Ben, a… aspetta un attimo…» disse Semir poggiando una mano sul microfono e guardando Tom.
«Gli artificieri ci metteranno troppo tempo! Mi sa che dovremmo cavarcela da soli!»
«Come al solito… no?!» gli rispose l’altro riavvicinando il cellulare all’orecchio.
«Che succede, Semir?» chiese Ben.
«Ehm… niente! Dobbiamo solo disinnescare una bomba… normale routine!» rispose ironico.
«Una bomba?!» esclamò l’altro, preoccupato.
«Sì… senti, ti metto in vivavoce!» affermò l’altro premendo un tasto del cellulare e poggiandolo vicino al pacco.
«Semir, una bomba?! Oddio… e cosa volete fare?!»
«Che domanda!» si intromise Tom. «Disinnescarla, non era chiaro?»
Daniel sbiancò. «Co-come?!»
«È una follia!» urlò Ben. «Non potete farlo! Semir, usa il tuo buonsenso!»
«Cosa dovremmo fare, Ben! Stare qui a girarci i pollici mentre questa cosa sta per ammazzarci? No, grazie!» sbottò l’altro.
«Oddio, oddio, oddio!» iniziò a ripetere Ben tra sé e sé.
Tom, intanto, analizzava la bomba. «Il filo rosso non è collegato al detonatore, ma il verde e il blu lo sono entrambi!»
«E allora quale dobbiamo tagliare?»
«Ambedue… perfettamente in contemporanea!»
«Che?!?! E tu come lo sai?!?!» chiese l’altro incredulo.
«Ho avuto un po’ di tempo libero… ho studiato un po’ le bombe in questi ultimi anni…»
«Bel passatempo!» disse l’altro, ironico.
«Comunque, oltre ai due fili c’è un congegno di sicurezza a pressione!»
«Che?!». Semir iniziava davvero a non capirci più niente.
«Quando taglieremo i fili, la pressione interna diminuirà, e questo attiverà un sistema di “sicurezza”, che farà ripartire la bomba… questa volta in modo irreversibile!»
«Bene... e quindi come dovremmo fare?»
«Vedi questo tappo sul detonatore?» disse indicando una specie di disco. «Se viene staccato, la pressione interna resterà costante! Sarebbe un gioco da ragazzi…»
«Finalmente una buona notizia!» esclamò Semir.
«… se non fosse che va stappato nello stesso istante in cui vengono tagliati i fili, visto che non sappiamo la velocità di reazione!»
«Come?!?! Ma noi siamo solo in…»
Tom si fissarono per un secondo negli occhi, e poi passarono il loro sguardo su Daniel.
Non potevano…
Non potevano immischiarsi quel ragazzino che non c’entrava niente… non potevano metterlo in pericolo… non anche lui…
… ma non avevano scelta…
Daniel iniziò a scuotere la testa. «No… non sono in grado di…»
«Lo sappiamo!» lo interruppe Semir. «E non te lo chiederemmo se ci fosse un’altra soluzione… ma non c’è!»
Daniel ci pensò un attimo.
Fisso i numeri sul detonatore: 00:03:48…
Tirò un forte respiro. «Va bene… ci sto!»
«Semir, è una pazzia!» provò ancora Ben, ma senza risultato.
«Non abbiamo scelta! E poi… che ti succede ora?! Come se noi due non avessimo mai disinnescato una bomba!»
E, in effetti, Semir aveva ragione: disattivare bombe sembrava all’ordine del giorno in quella squadra!
Ben si zittì, mentre Tom iniziò a cercare qualcosa di utile.
Trovò solo un taglierino e una pinza.
«Vogliamo davvero saltare in aria!» ironizzò Semir prendendo in mano il taglierino.
L’altro non gli rispose nemmeno. «È molto semplice la faccenda: io taglierò il filo verde e tu, Semir, taglierai il blu! Nello stesso momento Daniel dovrà togliere quel tappo! È più semplice di quanto sembra… l’importante è che le azioni avvengano nello stesso momento!»
I due annuirono e si misero in posizione.
«Oddio, oddio, oddio…» cominciò a ripetere Ben in modo compulsivo.
«Pronti?» chiese Tom.
Gli altri annuirono di nuovo.
Guardò ancora l’orologio: 0:00:20…
«Al tre!»
0:00:16…
«Uno…»
0:00:12…
«… due…»
0:00:08…
Ben trattenne il respiro e chiuse gli occhi.
0:00:04…
«… tre!»
Semir e Tom tagliarono i due fili di netto e Daniel tirò il tappo a sé con tutta la forza che aveva in corpo.
Era il momento decisivo…
Ci erano veramente riusciti?…
Avevano davvero disinnescato quella bomba?...

… il timer fece scorrere un altro numero…
… 0:00:01…

 
Ecco il nuovo capitolo!
Come promesso, ecco Ben!
So che state pensando che l’ho un po’ trascurato in questi tre capitoli(perché ammetto che neanche in questo capitolo non l’ho proprio messo in evidenza!), ma prossimamente tornerà a 360°! xD
Finalmente ho ripreso possesso di internet dal mio PC (so che non interessa a nessuno, ma io lo dico comunque! xD), quindi adesso dovrei essere più veloce nelle risposte in particolare, anche se mi sa che per il nuovo capitolo bisognerà aspettare ancora un po’ (tutta colpa della relazione spazio-tempo! xDxD)!
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare, grazie a 1rebeccam, sophie97 e De33y per le loro recensioni!
Aggiornerò presto, promesso (sto già lavorando sul nuovo capitolo!)! xD
Notte!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 10
*** Ansia ***


Ansia

 
«… Semir…?» chiamò Ben dall’altra parte della cornetta, sperando con tutte le sue forze in una risposta.
Sentiva il cuore centuplicare i battiti… le lacrime rincorrersi fino agli occhi… le molecole d’aria fare a gara nei suoi polmoni…
«… Se… Semir…?» mormorò ancora, con un groppo alla gola.
«Eccomi, Ben! Ci sono ancora!» rispose finalmente l’altro.
Quando i due fili erano stati scollegati, e il tappo tolto, il timer aveva fatto scorrere un altro numero, per poi fermarsi a 0:00:01.
I tre continuavano a fissare il timer, temendo che per qualche strano scherzo del destino ci ripensasse e decidesse di far scorrere un altro stupido secondo.
Ben tirò un sospiro di sollievo. «Oddio! Non fatelo mai più!»
Semir annuì: in effetti neanche loro volevano ripetere l’esperimento…
Ma, infondo, qualcosa non quadrava ancora… «Ben, ma cos’hai? Sai benissimo che il nostro lavoro comprende anche i pericoli! Che ti prende ora?»
Il punto era proprio questo: Ben non riusciva davvero a capire cosa agli stesse accadendo!
«Io… io non lo so, Semir! È solo che… che sono in ansia, ecco!»
«In ansia, hai detto?» disse Tom sovrappensiero.
L’uomo si avviò alla macchina e ne tornò sfogliano la stampa dove erano segnati i sintomi.
«… sono quasi certo di aver già letto “ansia”…» disse più a se stesso che a Semir.
Ben, provò ad alzarsi, ma improvvisamente sentì il muscolo del polpaccio destro tendersi fino quasi a strapparsi.
Provò un dolore lancinante, e urlò.
«Ben! Che succede?»
«Un… un crampo…»
«Un crampo?!»
«Sì… alla gamba… ricorda qualcosa?!»
«Sì!» urlò Tom sgranando gli occhi.
«Cosa?!» chiese Semir.
«Ipereccitabilità neuronale! Derek ne ha preso due sintomi:…»
«Fammi indovinare… ansia e crampi, vero?»
«Già…»
«Oddio… ed è una cosa grave??» domandò Ben.
Tom scosse. «No, puoi stare tranquillo!»
Ben annuì. Il dolore alla gamba iniziò a diminuire, ma sentiva che la cosa sarebbe durata più a lungo…
I battiti non rallentavano… il respiro non si regolarizzava…
… anche quella era ansia…
«E se non trovaste quel bastardo in tempo?»
Quella domando stava vangando nella sua testa ormai da ore, solo che ora il dubbio gli sembrava moltiplicarsi e l’insicurezza accentuarsi.
Ci avevano pensato tutti… persino Tom! Ma ora che qualcuno l’aveva detto… ora che qualcuno aveva pronunciato quelle parole… solo ora erano davvero reali!
Semir guardò Tom. Non sapevano casa dire… cosa fare…
Il primo dischiuse le labbra. Rimase per un secondo così, a pensare…
«Andrà tutto bene!» concluse, infine.
Ben annuì. Non sapeva chi dei due ci credesse meno…
Fu allora che lo sentirono…
Uno squillo! Un inutile e insignificante squillo! Si voltarono verso la bomba, da cui proveniva il suono.
Daniel, che ora iniziava a riprendere colore, sbiancò di nuovo.
Tom e Semir si guardarono.
«Che… che… cosa era quello?» chiese Ben, preoccupato.
Tom si piegò sulla bomba e diede un’occhiata tra i mille fili e circuiti. «È un cellulare!»
Ci fu come un enorme pensiero collettivo… e se quel cellulare fosse stato collegato alla bomba, e non solo poggiato? E se fosse stato come un secondo dispositivo di sicurezza?
«Non mi sembra connesso al detonatore... ma non ne sono certo!» aggiunse Tom.
«Daniel… andresti a prendere una cosa nella nostra macchina?» disse Semir.
 Il ragazzo capì al volo e non si fece ripetere la cosa due volte. Annuì e iniziò ad allontanarsi.
«E ora?» chiese Tom.
«E ora… si risponde!»
Tom infilò con attenzione le mani nella bomba, e preme il pulsante di risposata.
«Salve signori! Se avete risposto vuol dire che siete ancora vivi! Che peccato…»
«Ci dispiace deluderti, Derek, ma stiamo benissimo, e abbiamo intenzione di restare così per un bel po’…» rispose Tom.
«Vabbè… vorrà dire che per ora mi dovrò accontentare della vita di Jager… pazienza!» scoppiò di nuovo a ridere.
Semir impallidì. Non aveva bisogno che quel bastardo gli facesse la sintesi dettagliata di quello che stava succedendo ogni volta che lo chiamava… sapeva cosa stava accadendo!
Tom lo guardò. Capiva cosa stava passando.
«Tagliamo corto!» disse Kranich. «Dacci il nuovo indizio e andiamo avanti: questo gioco inizia ad annoiarmi…»
«Volete già il nuovo indizio? E Dove sarebbe la parte divertente?» rise di nuovo.
«Senti, ora basta! Dacci questa traccia e facciamola finita!» urlò Tom, che vedeva Semir morire un po’ ad ogni parola di quel tipo.
«Posso farla finita anche subito, se davvero ci tieni tanto, Tom!»
I tre capirono al volo il significato di quella frase.
Ben sentì i battiti impazzire e il respiro raggiungere la velocità della luce.
Semir si pietrificò. Guardò prima Tom, poi il cellulare, la bomba, e di nuovo Tom.
Il collega non sapeva che fare.
«No, no! Fermati, ti prego!» prese un profondo respiro. «Non farlo, ti prego! Giocheremo, ma restiamo calmi…» disse infine.
«Uhm… sembri sincero, Tom! Va bene… per ora!»
I tre tirarono un sospiro di sollievo.
«Il prossimo indizio è un luogo… 27 Albert Straße.»
«È fuori città…» mormorò Semir.
«Noto con piacere che siete ancora lucidi!» disse Koch. «Ci vuole almeno mezzora in macchina. Ma, sapete com’è, a quest’ora il traffico è terribile…» scoppiò nuovamente a ridere e chiuse la conversazione.
Semir aveva i nervi a fior di pelle.
«Non c’è un attimo da perdere!» disse determinato, afferrando il telefono e avviandosi verso la macchina.
In quel momento, arrivò il furgoncino degli artificieri e scesero due uomini con tute e caschi protettivi.
«Oh, siete arrivati! La bomba è sul retro! È già disinnescata, quindi dovreste poterci giocare senza rischi, ma state attenti comunque…» gli disse acido senza fermarsi.
Tom chiese scusa e si precipitò in macchina, riuscendo a prendere giusto in tempo il posto del guidatore, prima che vi ci sedesse Semir: già guidava “bene” di suo, figurasi quando era così nervoso e preoccupato.
Ingranarono la quinta e partirono a tutta birra.
 
 
Salve a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo, ma tra scuola, impegni, attività e occupazioni dell’ultimo minuto, mi resta poco tempo per scrivere, purtroppo! >‘_’<
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare 1rebeccam e sophie97 che continuano a recensirmi! ;)
Poi, vorrei chiedere scusa a tutti i fan di Ben per questa sua immagine paranoica e esageratamente ansiosa, ma purtroppo è tutta colpa del veleno! xD
Ammetto che al momento ho un po’ di confusione sui prossimi capitoli, quindi potrei aver bisogno di un po’ di tempo in più!
Spero comunque di riuscire ad aggiornare al massimo tra una settimana.
Grazie ancora a tutti!
A presto!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 11
*** Terra ***


Terra
 

 
Una bomba gli stava per esplodere nel petto!
Era esattamente così che si sentiva Ben: come se un’ enorme bomba gli stesse per esplodere nel petto!
Il cuore pompava sangue ad un velocità stratosferica, e i polmoni cercavano in tutti i modi di stargli o dietro, o addirittura di superarlo.
Sembrava quasi che stessero facendo un’enorme gara di velocità… che stessero cercare di sfidare tutte le leggi di accelerazione esistenti sulla faccia della terra.
Allungò il braccio destro e l’ennesimo crampo si impossessò di lui, colpendo appunto l’arto mosso.
Fece una smorfia di dolore. Era ormai almeno il ventesimo crampo in… in quanto tempo? Dovevano essere passati al massimo trenta minuti da quando erano partiti.
Aveva cercato di tacere, sperando che Semir potesse tranquillizzarsi un po’.
Era arrabbiatissimo, lo sapeva. Tutto quello che poteva fare lui era cercare di non metterlo in condizione tali da ammazzare quel tipo appena lo avesse visto… infondo, voleva avere lui l’onore!
Pensare questo gli fece spuntare un mezzo sorriso sul volto. La cosa lo fece stare bene: almeno era sicuro che dentro di lui poteva controllare ancora qualcosa… le battute!
Il capo al braccio passò, lasciando il posto ad uno di cui non credeva l’esistenza… il crampo alla mascella!
«Ehi, Semir! Che… che ore sono?»
«Le quattro meno venti!» gli rispose l’altro con una punta di sconsolatezza nella voce.
Il tempo continuava a scorrere, e ormai a Ben restavano meno di diciotto ore.
E loro cosa stavano facendo?! Cercavano di uscire dal traffico dell’autostrada!
Già… perché Koch aveva scelto proprio l’ora perfetta per mandarli fuori città! A quell’ora l’autostrada era come una terribile ragnatela a cui nessuno poteva sfuggire… dove tutti gli automobilisti dovevano aspettare inutilmente l’arrivo del ragno che, almeno, avrebbe posto fine alle loro sofferenza…
… ma in autostrada non c’è nessuno “ragno” che può portarti fuori dal traffico.
«Ma insomma! Quanto ci vuole!!» esclamò irato.
«Ehi, Semir! Stai calmo, dai! Andrà tutto bene…» disse Ben massaggiandosi la mascella.
Era più tranquillo.
Il crampo passò. Il cuore e i polmoni improvvisamente iniziarono e rallentare.
«Credo… credo che stia passando, adesso…» aggiunse dopo qualche minuto.
«Meglio così!» rispose Semir, un po’ sollevato.
Improvvisamente, il traffico iniziò a diminuire.
«Buone notizie!» disse Tom. «Se continuiamo a questa velocità arriveremo in quindici minuti!»
«Sentito, Semir! La fortuna gira dalla nostra questa volta!» disse Ben.
«Già… dalla nostra…» aggiunse l’altro tra sé e sé sconsolatamente.
 
Appena arrivarono, si trovarono davanti un magazzino.
Semir mise il cellulare ancora aperto in tasca e estrasse la pistola.
La porta era formata da due enormi ante di ferro.
Semir e Tom si poggiarono al muro vicino alla porta uno a sinistra e l’altro a destra.
Tom portò il conto fino a tre con le dita, poi sfondarono le due ante con un calcio e entrarono.
Nel deposito c’erano solo un mucchio di scaffali e un enorme tavolo al centro della sala.
«Libero!» urlò Tom dopo aver ispezionato la parte a destra.
“Ovviamente!” pensò Semir. «Anche qui!» aggiunse poi.
Posarono le armi nella fondina e iniziarono a cercare qualcosa che potesse aiutarli a capire cosa aveva in mente quello psicopatico.
Dopo altri quindici minuti di ricerca, si avvicinarono al tavolo.
Oltre un mucchio di cianfrusaglie, il magazzino non sembrava contenere cose interessanti.
Non poteva averli fatti andare lì senza motivo! Non poteva aver fatto perdere loro altro tempo preziosissimo!
Doveva esserci per forza qualcosa…
Semir iniziava a perdere la pazienza. Strinse il pugno destro e sferrò un colpo secco al tavolo! «Maledizione!» urlò.
«Calma, Semir!» gli urlò Ben dalla tasca. «Così non risolverai niente!»
Semir stava per rispondergli, quando Tom lo notò!
Iniziò a fissare il lato del tavolo opposto al punto dove si trovavano. Non poteva credere che fossero stati così ciechi… così stupidi!
«Guarda, Semir!» mormorò iniziando a spostarsi verso il punto dal quale non voleva distogliere lo sguardo.
Semir gli andò dietro, e quando capì cosa stava fissando il collega, sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta.
«… non ci posso credere…» mormorò.
Sul tavolo era poggiata una montagnola di terra, e intorno ad essa erano disposte a semicerchio nove piccole fiale contenenti sostanze di colore, stato e tipo differenti.
… e dopo l’ultima, era disegnato un punto esclamativo…

 
 
Salve a tutti!!
Come promesso, sono riuscita ad aggiornare prima del previsto, quindi eccovi l’undicesimo capitolo.
Confesso che al traffico autostradale mi sono ispirata più che ad un’autostrada tedesca, alla Salerno-Reggio Calabria! xDxD
Scherzi a parte… vorrei ringraziare ancora una volta tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare, grazie a 1rebeccam e sophie97 per le loro recensioni!
Prometto di aggiornare il prima possibile!
A presto!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 12
*** Elementi ***


Elementi

 
Semir allungò la mano tremante, e stava quasi per prendere una di quelle boccette, ma Tom gli afferrò il polso.
«Aspetta! Potrebbe essere una trappola, o potrebbe essere un messaggio!»
«E allora che facciamo??»
«Chiamate la scientifica, no?» disse Ben.
«Buona idea!» rispose Tom prendendo il cellulare dal giubbotto e digitando il numero della centrale.
Semir continuava a fissare quegli oggetti.
Non poteva non pensare che in una di quelle boccette poteva esserci l’antidoto… che quella terra avrebbe potuto portarli a Ben…
No! Era troppo facile! Derek aveva fatto tanto per portarli fino a lì… per farli “giocare”… non poteva semplicemente lasciargli antidoto e luogo e sparire, come se non fosse successo niente!
No… poteva fingere quanto voleva che lì ci fosse la soluzione al problema, ma in fondo, sapeva che non poteva essere…
«Sì… Hartmut, basta! Senti, ti mando una foto, così mi dici qualcosa di più utile!» disse Tom seccato, avvicinandosi al tavolo e spostando il cellulare per inquadrare le fiale e il terreno.
Inviò la foto e riavvicinò il cellulare all’orecchio.
Semir lo sentì conversare con lo scienziato. «Allora? . . . . . . ah-a . . . . . . .  sì, okay, però . . . . . . . sì, capisco, ma . . . . . . . . . senti, perché non venite a dare un’occhiata di persona?!?! . . . . . . Perfetto, vi aspettiamo!»
Chiuse la conversazione.
«Non ha niente, vero!?» chiese Semir senza nemmeno guardarlo.
Tom scosse la testa. «No, ma viene con i tecnici per le analisi…»
Semir annuì e guardò l’orologio: le 4,20.
Avevano poco più di diciassette ore… mancava davvero poco…
«Semir, non fare così!!» disse Ben, che già immaginava la faccia dell’amico. «Davvero, Semir! Va bene…» la parola divenne un lunghissimo sbadiglio.
Gli occhi iniziarono a bruciargli, e Ben se li strofinò con il dorso della mano.
«Che sonno…» disse con un altro sbadiglio. «Comunque, stavo dicendo che… che… che stavo dicendo??»
Improvvisamente la sua testa si svuotò da tutti  i pensieri, per poi riempirsi, ed infine svuotarsi nuovamente.
Chiuse gli occhi e li riaprì.
Il cubo sembrò roteare leggermente, per poi tornare nella posizione precedente.
I fogli iniziarono a sdoppiarsi, per poi riunirsi e continuare a sdoppiarsi.
«Ben, che succede?» gli chiese Semir.
Ma Ben sentiva solo l’eco delle sue parole… il rimbombo della sua voce…
«Che… che hai detto??»
Lo udiva… lo udiva benissimo… ma non riusciva a collegare le sue parole a qualcosa di compiuto e sensato…
Semir guardò Tom, preoccupato.
«Ehi, ragazzo!» lo chiamò Tom. «Ben, capisci quello che dico?»
«Io… io veramente no! Scusa…»
Tom scosse la testa. «Non devi scusarti! I primi sintomi segnati nell’elenco erano sonnolenza e confusione…»
Ben si mise a ridere… una risata triste…. «Giuro che ho capito sì e no la metà di quello che hai detto…»
I pensieri si affollavano e sparivano dalla sua testa, provocandogli un forte mal di testa.
Sbadigliò di nuovo.
«Quasi quasi mi faccio un sonnellino…» Solo formulare quella frase gli era costato uno sforzo immenso.
«Mi sembra una buona idea! Richiama quando ti svegli!» gli disse Tom.
«Sì…» disse Ben, e chiuse la conversazione.
«Ma sei scemo??» gridò Semir a Tom. «Perché gli hai fatto terminare la chiamata?? E se dovesse sentirsi male di nuovo?? Non voglio abbandonarlo!!»
«Semir, calmati e segui il mio ragionamento! Se dorme, si sentirà meno male! Intanto, tu puoi provare a far cessare questi sensi di colpa…»
Senza neanche accorgersene, iniziarono ad urlare.
«E come dovrei fare? Quel tipo ce l’ha con me, non con lui…»
«Con noi, Semir! Quel tipo ce l’ha con noi! Ma la colpa è solo sua, perché quel gran bastardo è così vigliacco da non volerci affrontare di persona!!»
Semir tacque. Aveva ragione… aveva tremendamente ragione! Ma che poteva farci? Non poteva non pensare che se avesse fatto morire quel pazzo, quel giorno… se non avesse rischiato la vita per quel bastardo, Ben sarebbe stato a casa sua in quel momento, magari con una delle sue ragazze di turno, o con un fattorino che gli aveva appena portato la sua bella cena take-away, o a suonare, o…
«Non possiamo prenderlo se continui a stare così! Ben ha bisogno di tutta la tua lucidità, chiaro?» lo risvegliò Tom.
Semir annuì.
«Che facciamo fino all’arrivo della scientifica?»
Tom fece spallucce. «Vediamo se c’è qualcos’altro di interessante in giro, no?!»
Semir annuì e si misero alla ricerca.
 
Semir guardò l’orologio: 6,10.
Erano passati più di novanta minuti da quando aveva parlato l’ultima volta con Ben… più di sessanta minuti dall’arrivo della scientifica…
Il magazzino era diventato una specie di laboratorio improvvisato. Gli scienziati continuavano a gironzolare ovunque, tirando lui e Tom ora da un lato ora da un altro.
«Semir! Tom! Ho scoperto qualcosa…» li chiamò Hartmut.
I due si precipitarono al tavolo dove Hartmut aveva posizionato tutta la sua attrezzatura, compreso un PC ultimo modello.
«Che succede?» chiese Semir.
 Era molto agitato, perché Hartmut aveva analizzato il contenuto delle fiale.
«Sono degli elementi!»
«Che?!» dissero contemporaneamente i due ispettori-capo.
Il ragazzo tirò un forte sospiro. «In nessuna di queste c’è l’antidoto! In ognuna c’è una sostanza diversa, ma tutte sono formate da un solo tipo di atomo!»
«E quindi a cosa ci servono?»
Scosse la testa. «Questo non sono io a doverlo scoprire! Posso solo dirvi che nella prima c’era il torio, nella seconda il rodio, nella terz…»
Semir lo interruppe. «Sì, ma perché lasciarcele?»
«Beh, se non è per l’antidoto, evidentemente è un messaggio!» intervenne Tom.
«E quale?? ‘Studiate meglio la chimica!’?!»
«O forse una frase! Dopo l’ultima fiala c’era un punto esclamativo, ricordi? Hartmut, puoi dirci le sostanze di seguito nell’ordine in cui sono state trovate?»
«Certo! Torio, rodio, ossigeno, vanadio, oro, tellurio, europio, magnesio, iodio.» Così dicendo, aprì un’immagine della tavola periodica sul suo computer.
Tom scosse la testa. «No… non mi dicono niente neanche così…»
Semir lanciò uno sguardo allo schermo. «Ehi, Hartmut! Cosa sono tutte quelle lettere?»
«I simboli degli elementi! Ogni elemento ha un simbolo formato da…»
«E se il messaggio fosse scritto con i simboli?» chiese Semir a Tom, non seguendo più il ragazzo.
«Potrebbe essere! Hartmut, quali sono i simboli??»
«Th, Rh, O, V, Au, Te, Eu, Mg, I.»
Tom li trascrisse uno accanto all’altro su un foglio. Li osservò un attimo. «No… non ha senso…»
«Sì che ha senso!» intervenne Hartmut. «Li hai scritti male! Le iniziali vanno scritte maiuscole, e le altre minuscole…»
Il ragazzo prese la penna e riscrisse i nove simboli sul foglio in modo corretto uno sotto l’altro. Poi tracciò un grande ovale che circondava tutte le maiuscole e disegnò un punto esclamativo sotto a tutto. «Ha più senso?!»
Le maiuscole dicevano “Trovatemi!”.
«Che significa?!» esclamò Tom.
«Significa che non si farà più vivo…» concluse Semir.
 
 
Salve a tutti!!
Giuro che sto provando in  tutti i modi a giungere rapidamente all’ora “zero”, per così dire, ma purtroppo la storia è già praticamente fatta nella mia testa, quindi non posso fare quasi niente…
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo, in particolare vorrei ringraziare sophie97 e Spencer Tita per le loro recensioni.
Aggiornerò il prima possibile… promesso! =D
Ciao!
Chiara =D
 
Ps: per tutti quelli che temono di dover passare altri tre capitoli senza Ben, non vi preoccupate… tornerà presto, solo che volevo dargli un po’ di pace! xD 

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Capitolo 13
*** Dolori addominali ***


Dolori addominali

 
«Che intendi con “non si farà più vivo!”?» chiese Tom.
Semir scosse la testa. «Questa è la resa dei conti! Lui ci ha dato tutto quello di cui abbiamo bisogno per trovarlo… ora sta a noi capire dov’è! E se saremo bravi… ci darà l’antidoto e le indicazioni per arrivare a Ben!»
Cercava di concentrarsi. Lo doveva fare per il caso…
… lo doveva fare per Ben…
«E quindi ora che dobbiamo fare?» chiese Tom.
L’altro ci pensò un attimo. «Hartmut, avete già analizzato la terra?» chiese infine.
«Sì, ma serve tempo…»
«In che senso? Bisogna analizzare un po’ di terra, non fabbricarla dal nulla!!»
«Sì, ma quel terreno è molto comune a Colonia!» aprì una cartina della città di vari colori sullo schermo del computer. «Vedi? Gli spazi colorati di rosso sono le zone di Colonia con questa struttura del terreno!»
Semir e Tom si avvicinarono per vedere meglio. «Ma praticamente è tutta rossa, Hartmut!» disse il primo.
«Appunto…»
«E quindi? Puoi restringete il campo?»
«Ovvio, ma ho bisogno di almeno tre o quattro ore! Ci sono esami sui Sali, sulla consistenza, su…»
«Va bene, mettiti subito al lavoro! Noi torniamo in centrale: il capo sarà preoccupato…»
In quel momento squillò il cellulare di Semir.
Rispose. «Gerkhan!»
«Ehi, collega! Come va là fuori?» chiese Ben dall’altra parte della cornetta.
«Cerchiamo di fare progressi… come stai?»
«Più o meno…»
Semir mise il vivavoce e si avviò con Tom alla macchina facendo un cenno con la mano ad Hartmut. «Abbiamo fatto delle scoperte interessanti… te le spiego mentre andiamo.»
Aprì lo sportello dalla parte del passeggero.
Improvvisamente Ben sentì un dolore atroce all’addome.
Strinse le braccia attorno al ventre e urlò a squarcia gola.
«Ben!» lo chiamò Semir, disperato.
Il ragazzo sentiva gli organi tendersi… i muscoli contrarsi… le viscere esplodergli…
Urlò ancora.
«Ben!!» strillò di nuovo l’altro.
Cadde a terra in ginocchio, provando a respirare, ma senza riuscirci.
L’ennesimo urlò squarciò l’aria, proprio come sembrava si stessero squarciando i suoi organi!
Tutti erano girati verso Semir, che era diventato bianco come un cencio.
Il poliziotto turco si sentiva morire. Tom sentì un forte senso di rabbia crescergli dentro. Hartmut rischiò il secondo mancamento della giornata.
Tremavano… tutti e quattro! Il primo per la paura. Il secondo per l’ira. Il terzo per la mancanza di forze. Il quarto per il dolore…
Passò qualche attimo infinito. «Ben…» chiamò ancora Semir.
Il ragazzo prese un profondo respiro. Le fitte, lentamente, cominciarono a cessare.
«È… è passato… ora è passato!» mormorò infine.
Gli altri si tranquillizzarono un po’. La paura, la rabbia e il senso di svenimento terminarono. Tutti i tremori finirono…
quasi tutti finirono…
Lo sguardo di Ben passò sulla sua mano. Continuava a vibrare… non si fermava… non riusciva a controllarla…
Sentì il freddo entrargli nel corpo… improvvisamente provò un forte senso di nausea…
«Ri… ripensandoci, credo sia tornata…» mormorò.
Tom aveva già afferrato la lista dei sintomi.
«Cosa senti, Ben!» chiese Semir.
«Prima ho avuto delle fitte allo stomaco… ora sto tremando… sento freddo… Ho una sensazione di nausea e…» tossi forte. «E questo…»
«Fitte allo stomaco, nausea, tremori, attacchi di tosse… sono i sintomi dei dolori addominali…» mormorò Tom.
«E il freddo a cosa è dovuto?» chiese Semir, che si ricordava fin troppo bene l’ultimo stadio del veleno…
«Probabilmente alla febbre che sta salendo. Ben, ascoltami! Presto inizierai a provare difficoltà a ingoiare e deglutire! Ti sentirai sempre peggio, ma dovrai resistere! Ti giuro che passerà, ma devi essere forte!»
Ben accennò ad una risata amara. «Sembra che tu stia parlando ad un bambino di cinque anni che deve fare l’operazione alle tonsille!». Tossì ancora.
Semir non disse niente e salì in macchina.
«Mi aspettavo qualcosa come “forse perché sei un bambino di cinque anni”!» aggiunse il ragazzo.
Ancora silenzio.
«Semir, so che lo troverete! Ne sono certo!»
«Davvero?» chiese Semir mentre Tom entrava in macchina. «Perché io non ci credo più tanto…»
 
Erano ormai le 7.30 quando i due ispettori arrivarono al commissariato.
Appena varcarono l’uscio, la Engelhardt venne loro incontro.
«Com’è la situazione?» chiese.
«Eh! Più o meno…» rispose Semir.
La donna annuì e cambiò discorso. «Gerkhan, di là c’è qualcuno che la aspetta, e che non sa niente…»
«Che?! E chi sare…»
In quel momento dall’ufficio della Engelhardt uscì Andrea con Aida in braccio che fissava il vuoto tenendo il pollice in bocca.
«Ciao, amore! Ciao, Be…» iniziò a dire con un sorriso, ma quando alzò lo sguardo e non si trovò il ragazzo d’avanti, per poco non ebbe un infarto.
Il sorriso le sparì dalle labbra. Improvvisamente, impallidì.
Dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma dalla sua bocca uscì solo aria.
Deglutì. Non poteva essere… non ci poteva credere…
Sentì i battiti accelerare al solo pensiero di quel nome… alla sola idea di poter pronunciare di nuovo quel nome, che probabilmente, tra tutti i nomi dei colleghi, degli amici e dei partner del marito, era quello che più le era mancato…
«… Tom…»

 
Ciao Gente!!
Okay… inizio davvero ad aggiornare alla velocità della luce! xD
Scherzi a parte… so di essere un po’ ripetitiva ogni volta che qualcuno scopre del ritorno di Tom, ma non ci posso fare niente…
Poi, volevo scusarmi! Forse ho un po’ esagerato con i pensieri di Andrea…  volevo solo chiarire che non era mia intensione creare un rapporto tra Andrea e Tom che andasse oltre l’amicizia… mi sembrava giusto chiarire! xD
Inoltre, dedico questo capitolo a tutti i fan di Hartmut(a cui mi aggrego con orgoglio! ^-^)!!
Vorrei ringraziare ancora tutti quelli che mi stanno seguendo, e vorrei mandare sempre un grazie particolare a sophie97, Spencer Tita e 1rebeccam per le loro recensioni!
Sto già lavorando al nuovo capitolo, quindi spero di poterlo pubblicare per il fine settimana!! =D
Grazie ancora a tutti!! =D
Ciao!!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 14
*** Who wants to live forever! ***


Who Wants To Live Forever!

 
La donna lasciò scendere Aida, che iniziò a barcollare verso suo padre.
«Ciao papy!» salutò, ancora con il pollice in bocca. Poi guardò Tom e gli sorrise. «Ciao!» gli disse portando entrambe le mani dietro la schiena e iniziando a dondolarsi.
Andrea era pietrificata. Non poteva credere che Tom fosse lì, davanti ai suoi occhi! Non poteva credere che fosse tornato ancora una volta… soprattutto dopo quello che gli era successo…
Semir non sapeva che dirle. Guardò Susanne e la Engelhardt dietro sua moglie cercando un aiuto, ma entrambe abbassarono lo sguardo mettendosi a fare altro.
Si girò verso Tom, ma anche lui lo abbandono: si inginocchiò e iniziò a parlare con la bambina. «Ciao! Io sono Tom! Tu come ti chiami?» chiese come se non lo sapesse già.
«Aida!» rispose l’altra continuando a dondolarsi un po’ imbarazzata.
«Bene, Aida, ora mentre i tuoi genitori parlano, ti faccio fare un giro per il commissariato. Ti piace l’idea?»
«Mamma e papà dicono che non devo andare con gli sconosciuti…»
Sconosciuto… perché era proprio questo che era diventato: uno sconosciuto… un perfetto estraneo…
Semir sapeva di dover parlare lui con Andrea, e se Aida non ci fosse stata, probabilmente sarebbe stato più facile. «Vai, Aida, non ti preoccupare… è un amico!»
La bambina annuì, prendendo la mano che Tom le tendeva e avviandosi fuori.
Andrea lo osservò andare via.
Semir la prese per una mano e la portò nell’ufficio.
Passando davanti la scrivania di Susanne vi poggiò il cellulare. «Controlla Ben!» esclamò.
Si chiuse nella stanza con Andrea, che boccheggiava spaventata.
Prese un forte respiro. «Posso spiegarti tutto! Evoglio spiegarti tutto! Ma conviene che ti siedi…»
La donna annuì e si accasciò alla sedia dietro di sé.
… e Semir le raccontò ogni singolo particolare…
 
Andrea rimase a bocca aperta.
«Perché non mi hai detto niente?»
«Non volevo farti preoccupare, e poi non c’è stato tempo!»
La donna fece un cenno con la testa. «E come sta ora Ben.»
«Non bene! E poi…» lanciò uno sguardo all’orologio «E poi, ormai gli mancano appena 13 ore e mezza: sono già le otto…»
Andrea si alzò e lo abbracciò forte. «So che lo troverai! E sai perché ne sono tanto sicura? Perché gli vuoi bene come se fosse tuo fratello! E non lasceresti mai tuo fratello morire…»
A Semir brillavano gli occhi. Era strano, ma nonostante fosse stato tutto il giorno triste, ora che addirittura stava piangendo si sentiva quasi meglio…
«… grazie…» mormorò.
In quel momento Tom aprì la porta.
I due si separarono. «Possiamo?» chiese Tom.
«Sì… sì, certo…» gli rispose Semir.
Aida corse dentro e gli saltò in braccio. «Papà, perché non mi hai presentato lo zio Tom? Mi ha raccontato un sacco di barzellette spassose, e mi sono divertita un sacco…»
Chiamarlo zio le era venuto spontaneo, e lì dentro lo sapevano tutti…
«Mi fa piacere, cucciolo!»
«Ma dov’è oggi lo zio Ben?»
I tre adulti si guardarono un attimo. Cosa mai potevano dirle?
«È andato a fare un… un corso fuori città! Tornerà domani, probabilmente!» inventò Semir. «Ora io e lo zio dobbiamo lavorare! Intanto, tu e la mamma fate un bel giro per Colonia, okay?»
La bambina annuì mentre il padre la rimetteva a terra.
Andrea le prese la mano. «Ci vediamo domani!» mormorò la donna, capendo che il marito non sarebbe tornato quella sera.
Passò vicino a Tom e lo abbracciò. «Sai, sono felice che tu sia vivo! A volte lo speravo ancora…»
Poi lasciò il commissariato.
Semir uscì dall’ufficio insieme al partner e si avvicinò alla scrivania di Susanne. «Come sta?» chiese.
«Non bene…» sussurrò l’altra.
Sospirò. «Ehi, Ben!»
«Ehi, collega! A che punto siete?»
Il ragazzo non si sentiva affatto bene. I sintomi erano arrivati tutti, compresi disfagia, odinofagia e febbre, e probabilmente ormai la temperatura corporea di Ben sfiorava i 40°.
«Ancora niente! Ma resisti, okay?»
Ben si sentiva morire. «È… è inutile…» disse in un soffio. «Semir, io non… non… no…» non riusciva quasi a parlare…
«No, Ben! Non fare così! Non devi assolutamente fare così!! Resta con me! Parlami! Continua a parlarmi! Dimmi qualcosa! Qualsiasi cosa!...»
«... ‘Who wants to live forever’…» ansimò provando per l’ennesima volta a deglutire, ma senza successo.
«Che?!» Semir credeva di non aver capito bene.
«‘Whowho wants to live forever’… è… è una canzone dei Queen!» accennò ad una risata amara. «Mio… mio padre la cantava sempre…» un’altra fitta allo stomaco lo attanagliò e fece una smorfia, accompagnata da un verso di dolore. «è… è strano… ho passato la mia vita ad odiare lui e quello che era, ma… ma ho sempre adorato quella canzone!» si fermò per qualche secondo. «Credo… credo sia per questa che ho iniziato a suonare…»
Semir era senza parole.
«Semir, devi mettere questa al mio funerale!»
Tom ebbe un sussulto, mentre Semir divenne bianco tutto d’un tratto.
Ben era deciso… sicuro… determinato!
«Che cosa?! Ben non dire stupidagini! Non ci sarà nessun funerale, capito?! Nessuno!»
Il ragazzo accennò  ad una risata. «Andiamo, Semir! Credi davvero che non sappia quanti sintomi rimangono? Credi davvero che non sappia che ho solo tredici ore e mezzo di vita? Mi avranno anche avvelenato, ma non sono ancora stupido…»
L’altro tacque. Sapeva di avere torto in quel momento. Ben aveva il diritto di sapere…
Il ragazzo sospirò. «So… so che ce la state mettendo tutta, e vi… vi ringrazio! Io… io sto solo prendendo in considerazione tutte… tutte le possibilità…» un’altra fitta gli attanagliò lo stomaco, e si piegò nuovamente in due dal dolore.
Tom prese le chiavi della macchina dalla scrivania della segretaria. «Andiamo!» urlò a Semir mentre si avviava all’ uscita.
«Andiamo? Andiamo dove?» chiese l’altro.
«Ma come dove? A casa di Ben a vedere se Koch ci ha lasciato qualche traccia anche là!»
Semir scosse la testa. «Ne dubito: l’avrebbe messa in bella vista…»
«Non se non era sua intensione…» concluse.
Semir non era per niente convinto.
Tom sospirò. «Ascolta, io non ce la faccio a stare qui con le mani in mano mentre lui muore a poco a poco, e sono certo al duecento per centro che neanche tu ci riesci! Perciò, visto che ora è tutto nelle mani di Hartmut, almeno vediamo di dargli qualcos’altro su cui lavorare, no?»
Il ragionamento non faceva una piega! Semir afferrò il cellulare e corse via, facendo un cenno alla Engelhardt e a Susanne con la mano.
 

 
Ciao gente!!
Ecco il nuovo capitolo! Stanno venendo un po’ più corti del solito, ma spero che la cosa non sia un problema.
La storia continua ad andare avanti, e devo dire che per ora, a parte quei maledettissimi sintomi, è anche abbastanza tranquilla.
Come promesso, ho aggiornato il prima possibile!
Sto già lavorando al nuovo capitolo, ma non posso anticiparvi niente, tranne il fatto che lo pubblicherò il prima possibile! xP
La canzone citata sopra è “Who wants to live forever” dei Queen. Non so se l’avete mai sentita, ma io, personalmente la adoro, e quando l’ho trovata, mi sono detta “questa con Ben sarebbe la fine del mondo!”! xD La consiglio vivamente a tutti. Non so se poi la riutilizzerò, potrebbe tornare tra queste “pagine”! xD
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, e ancora un grazie particolare a 1rebeccam, sophie97 e Spencer Tita per le loro recensioni!
A presto!
Ciao!!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 15
*** Notte fonda ***


Notte fonda

«Hai trovato niente?» urlò Semir dalla cantina.
«No!» Tom gli si presentò davanti, con i guanti di lattice e un vaso ancora stretto nella mano.
Semir guardò di nuovo l’orologio: le 10,30!
Erano passate altre due ore, e non avevano risolto nulla, tranne aver rivoltato due volte la casa di Ben come un calzino!
Intanto, il ragazzo continuava a sentirsi male, anche se forse un po’ meno…
Era bagnato fradicio da capo a piedi: stava sudando, e questo voleva dire che la temperatura stava scendendo.
Inoltre, non sentiva più quei strani disturbi alla gola che non gli permettevano di inghiottire e deglutire.
 «Come va, Ben?» chiese Semir.
«Meglio!» gli rispose, passandosi una mano sulla fronte bagnata e calda. «Avete qualche novità da Hartmut?»
Semir lanciò uno sguardo a Tom, che si tolse un guanto e prese il cellulare.
«Lo stiamo chiamando ora, ma non credo che per ora troverà qualcosa…»
Tom mise il vivavoce.
«Scientifica statale di Colonia, parla Hartmut Freud.»
«Ciao Hartmut, sono Tom. Ci sono novità?»
«Sì… più o meno!»
«In che senso?»
«Ho ristretto il campo, ma c’è comunque una vasta ricerca! Tra un’oretta o due dovrei avere dati ancora più precisi.»
«Bene, allora appena arrivi a meno di venti indirizzi, chiamaci, così inizieremo le ricerche.»
«Perfetto! Faro il prima possibile! A dopo.»
I due chiusero la conversazione.
Semir era irrequieto: due ore erano ancora troppe!
«Torniamo in ufficio: qui non c’è niente!» disse Tom avviandosi all’uscita.
Semir lo seguì senza una parola.
 
Tom e Semir passarono la notte tra le scartoffie, cercando di trovare chissà quale indizio che potesse portarli a capire dove fosse Koch, o, ancora meglio, dove fosse Ben.
Doveva essere l’una quando i due si addormentarono, e Ben pensò fosse meglio che riposassero.
Alle quattro e mezza del mattino, il commissariato era totalmente avvolto nel silenzio, tranne per il russare degli agenti stremati e il ticchettio che producevano le dita di Susanne sulla tastiera.
Tom dormiva sulla sedia di Ben, con i piedi poggiati sulla sua scrivania e la testa a penzoloni all’indietro, il che faceva in modo che la sua bocca restasse aperta. Nelle mani stringeva ancora un dossier, o meglio, la copertina di un dossier, perché il resto dei fogli era sparso a terra.
Semir, invece, aveva la guancia poggiata sulla scrivania, con le braccia incrociate sotto la testa a mo di cuscino.
La Engelhardt entrò sbattendo la porta e urlando: «Kranich! Gerkhan! Avete novità?»
Per tutta risposta i due si svegliarono di soprassalto. Il primo perse l’equilibrio e cadde all’indietro, rischiando quasi di annegare in quell’oceano di documenti, mentre il secondo alzò la testa, con un foglio attaccato per chissà quale strana legge fisica, alla guancia, e iniziò a chiedere confuso: «Chi…? Cosa…? Che…? Eh?»
La Engelhardt sospirò. «So che è tardi, ma non abbiamo tempo per dormire: mancano solo cinque ore!»
«Sì… sì! Ha perfettamente ragione! Scusi, capo!» disse Semir, lanciando uno sguardo all’orologio.
«Non c’è assolutamente bisogno di scusarsi, Gerkhan! Piuttosto, come sta, ispettore Jager?»
Ben esitò. «Be-bene!»
Semir si stropicciò gli occhi e si stacco il foglio dal volto, mentre Tom afferrò saldamente la scrivania e vi ci poggiò sopra il mento, cercando di riacquistare un minimo di contegno, come d’altronde stava facendo il collega.
Entrambi si erano però accorti che la voce di Ben era strana… sembrava quasi vibrare.
«Ben, sei sicuro di stare bene?»
«S-sì, pe-perché?»
Tom si alzò in piedi. I due ispettori nell’ufficio sospirarono.
Semir non ebbe neanche bisogno che glielo dicesse. «Forti tremori, vero?»
Il ragazzo non voleva confessarglielo… però non poteva mentirgli…
Sospirò forte. «S-sì!» incrociò le braccia al petto, cercando di accumulare più calore possibile. «E se-sento u-un fre-freddo a-atroce…» non riusciva nemmeno a parlare, tanto gli battevano i denti.
Semir sentì la rabbia avvolgerlo.
Era la fine… era davvero la fine… «Sono… sono i sintomi di… della…» nessuno voleva giungere a quella conclusione… nessuno voleva dire quella parola… quella stramaledetta parola, che però fluttuava leggere sopra le loro teste…
«… de-dell’ipo-ipotermia…» conccluse poi Ben. «È l’ul-ultimo si-sintomo, ve-vero?»
«Sì… ma abbiamo tempo… troveremo quell’antidoto, fosse l’ultima cosa che facciamo!»
Ben accennò ad una risata. «Di-dirti ch-che n-non è co-colpa tua n-non ser-servirà a ni-niente, giu-giusto?»
Semir non ebbe il tempo di rispondergli, perché in quel momento sentirono squillare il telefono sulla scrivania di Ben.
La Engelhardt e i due ispettori-capo si voltarono verso l’oggetto.
E se Semir si fosse sbagliato? E se fosse stato quel bastardo che chiamava per portare il tempo? E se avesse ideato qualcosa di ancora più subdolo e crudele?
Il telefono squillò di nuovo. Dovevano rispondere… a loro rischio e pericolo!
Tom deglutì e afferrò saldamente la cornetta. Fece un forte respiro e alzò il ricevitore.
«Polizia autostradale di colonia. Parla Tom Kranich.» disse.
… e la voce che sentì non se la sarebbe mai aspettata…

 
Ciao a tutti!!
Questo è il nuovo capitolo! Come promesso, ci avviciniamo alla fine!
So che tutti non vedete l’ora di liberarvi di questa storia, ma purtroppo dovrete sopportarla ancora qualche capitolo, se volete sapere come finisce! xD
Scherzi a parte… probabilmente i prossimi capitoli saranno un po’ più corti del solito. Spero che mi perdoniate anche per questo!
Sto già lavorando al nuovo capitolo, e spero che questo vi piaccia almeno quanto tutto il resto della storia. (ammetto di non essere molto convinta di questo capitolo, ma che ci posso fare? xD)
Ancora grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo (so di aver rotto un po’ con questi ringraziamenti, ma credo proprio che ci vogliano! xD), e ancora un grazie particolare a 1rebeccam, sophie97 e Spencer Tita per le loro recensioni!
A presto!
Chiara ^-^
 
Ps: scusate se ripeto sempre capitolo nelle note, ma mi concentro tanto a cercare sinonimi per una storia così triste, che collego automaticamente il sinonimo a qualcosa di doloroso, e le note dell’autore devono essere una cosa allegra! xD 

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Capitolo 16
*** Gelo ***


Gelo

«Ciao, Tom! Sono Hartmut!»
«Ha… Hartmut?! Ah… ciao!»
Tutti tirarono un sospiro di sollievo: almeno non si sarebbero dovuti subire il discorso delirante di Koch!
«So di averci messo più del previsto, ma sono riuscito a isolare dodici indirizzi possibili!»
«Davvero?! Perfetto! Mandaceli via e-mail immediatamente!»
«Sono troppo avanti per voi… il messaggio dovrebbe arrivarvi… beh, diciamo… ora!»
In quel momento entrò Susanne. «Ragazzi, è appena arrivato un’e-mail da Hartmut!»
«Sei un grande Hartmut!» gli disse Tom.
«Grazie! Io proverò a ristringere ancora il capo, ma se dovesse trovare prima voi il luogo, avvisatemi!»
«Certo, non ti preoccupare! Ciao!» e chiuse la conversazione.
Semir lo fissava impaziente.
Tom accennò ad un sorriso. «Possiamo tornare a fare il nostro lavoro, Semir!»
 
«Grazie mille!» disse Semir al proprietario dell’ennesimo indirizzo che avevano visitato, mentre posava la foto di Koch.
Erano ormai alla nona zona da scartare. Tutti i proprietari, i vicini e i passanti non avevano mai visto Koch, neanche quelli che passavano la notte a guardare fuori alla finestra per l’insonnia.
«Ne mancano ancora tre!» disse a Tom mentre entravano di nuovo in macchina. Lanciò uno sguardo all’orologio. «E sono già passate quasi tre ore!»
Tom si stropicciò gli occhi. Non poteva credere che fossero già quasi le sette e mezza.
Ben stava sempre peggio. Il freddo era aumentato, così come i tremori, ed era arrivata anche la stanchezza.
Non riusciva bene a muoversi… a respirare… a far battere il suo cuore!
I sintomi ormai si erano manifestati tutti: freddo, tremori, sonnolenza, difficoltà motorie, respirazione e battito cardiaco rallentati…
«F-fa nie-niente, Se-semir! Gra-grazie d-di tu-tutto!»
Non voleva che lo sentisse morire… non voleva che sentisse il suo ultimo respiro… non voleva fargli questo!
«Ben, andrà tutto bene! Abbiamo ancora tempo! Ti troveremo prima della scadenza! E arresteremo quel bastardo!»
Ben accennò ad una risata amara. «È-è inu-inutile, Se-semir! N-non se-sento pi-più nie-niente!»
L’amico non sapeva cosa rispondergli.
Il ragazzo cercò la forza per parlargli ancora, ma non aveva aria nei polmoni, e poi sentiva sonno…
«De-devi fa-farmi un fa-favore, Se-semir! De-devi… de-devi di-dire a mi-mio pa-padre c-che… c-che gli vo-voglio be-bene! C-che glie-gliene ho se-sempre vo-voluto! E de-devi sa-salutare Ju-julia per m-me!» Sentiva le forze abbandonarlo, e lasciarlo solo. «D-di lo-loro c-che… c-che m-me n-ne so-sono an-andato fe-felice, pe-perché h-ho lo-lottato, e per-perché h-ho fa-fatto qua-qualcosa c-che vo-volevo fa-fare! D-di lo-loro c-che… c-che n-non h-ho rim-rimpianti, e ne-neanche ri-rimorsi…» si agganciò con tutta la forza che aveva a quel poco di vita che ancora gli restava in corpo. Chiuse gli occhi per il dolore, e una lacrima calda e solitaria gli riscaldò il volto. «Se-semir, gra-grazie d-di tu-tutto! E-e Gra-grazie an-anche a t-te, T-Tom! Gra-grazie p-per ave-averci pro-provato, e pe-per n-non a-aver mo-mollato!»
«… Ben…» mormorò Semir trattenendo a stento le lacrime.
Ma il ragazzo non gli diede ascolto. «Gra-grazie! Da-davvero!» poi chiuse la conversazione, ignorando l’ennesimo richiamo di Semir, che urlava il suo nome nella cornetta.
Così rimase solo.
Solo con i suoi pensieri…
Solo con il suo dolore…
Solo con la morte…
Cercò di rannicchiarsi in un angolo, per accumulare calore, ma i suoi muscoli non gli rispondevano più.
Sentì le lacrime bruciargli il volto . Strinse i denti, cercando inutilmente di non farli battere.
Il corpo gli si pietrificò…
I respiri cessarono quasi…
I battiti sembrarono sparire…
Chiuse gli occhi.
Nel suo cuore non c’era rabbia,… non c’era dolore, ma solo tristezza…
Tristezza perché doveva abbandonare Semir…
Tristezza perché stava lasciando la sua famiglia…
Tristezza perché al mondo c’era davvero qualcuno tanto spietato!
Rimase così qualche secondo, poi, lentamente, i dolori passarono… gli occhi si sigillarono… i pensieri svanirono…
… e restò solo il gelo…
 

 
Salve a tutti!
Non voglio anticiparvi niente, quindi farò una cosa veloce…
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, e ancora un grazie speciale a sophie97 e 1rebeccam.
Spero che il capitolo sia piaciuto a tutti, e prometto di aggiornare il prima possibile, per tutti quelli che decideranno di non darmi la morte civile per questa parte della storia! xD
Ciao!!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 17
*** Incontro ***


Incontro

 
… meno 2h e 05m…
Semir non riusciva nemmeno a muoversi.
Non poteva credere che fosse vero… non poteva credere che Ben fosse morto…
«Ben!  Ben!» urlò ancora nella cornetta, ma gli rispose solo un costante e gelido beep.
Non poteva essere… non poteva! «È ancora presto! Ci sono ancora due ore! Non… non può…» le parole gli morivano in bocca.
«Semir, non credo che sia ancora morto! Un uomo in stato di ipotermia può vivere molto a lungo, anche ore!» disse Tom.
Semir lo guardò. «Credi che sia ancora vivo?»
Tom annuì. «Abbiamo ancora due ore! Non sono tante, ma ce le faremo bastare!»
Semir annuì, chiuse il telefono e premette il piede sull’acceleratore, per poi partire a tutta velocità.
 
… meno 50m…
Era l’ultimo indirizzo segnato. Semir  e Tom avevano fatto un’indagine lampo: in poco più di un’ora avevano controllato due indirizzi completamente distanti l’uno dall’altro, ed ora era rimasto solo quello…
Semir frenò ma macchina in un’enorme spiazzo polveroso, dove non c’era anima viva…
… o quasi…
Proprio di fronte a loro c’era una decappottabile nera con un uomo a bordo:…
… Koch!
I due ispettori scesero dalla macchina, cercando di non saltargli a dosso e strozzarlo a mani nude.
Anche lo scienziato scese dalla macchina, e i tre si avvicinarono in un punto al centro della strada.
«Finalmente siete arrivati! Credevo che non ce l’avreste fatta!»
«Credevi male!» gli rispose Tom, prima che Semir potesse iniziare a sbraitargli contro.
Derek sorrise. «Credevo che questo giorno non sarebbe mai arrivato, ma adesso è il momento della mia vendetta… la mia vendetta personale!»
«Facciamola finita con questa cosa! Cosa vuoi?» chiese Semir, che sembrava prendere la cosa meglio del previsto.
«Cosa voglio? Vuoi sapere cosa voglio? Solo giocare! E mi sa che ci sono riuscito…»
Semir sentì la rabbia esplodergli dentro. «Sei un gran pezzo di…»
«Semir, ti sembra questo il modo di parlare a qualcuno che ha fatto tutto questo per darti questa?»
Koch tirò una boccetta fuori dalla tasca, con un liquido verde…
… verde come la speranza…
Semir impallidì.
«Perché ci hai fatto venire qui? Per ucciderci? Non credo ci riusciresti…» intervenne Tom.
«E infatti non ho intenzione di provarci! Solo, credo che vi siate meritati l’antidoto e l’indirizzo! Niente di più…»
Poggiò la boccetta per terra e la lasciò rotolare verso Semir.
L’uomo la seguì con lo sguardo finché non  urtò uno dei suoi piedi.
Si chinò a raccoglierla e iniziò a fissarla allucinato.
Non poteva credere che fosse finita… che avesse trovato quell’antidoto…
Derek indietreggiò fino alla sua macchina, vi salì e urlò: «L’ispettore Jager è in Harten Straße 65! Non potete sbagliare!» e così dicendo, accese il motore dell’auto.
Semir era sconvolto… era in un mondo a parte…
Pensava fosse finita… pensavano fosse finita… così abbassarono la guardia…
… e sbagliarono…
Derek aveva già il motore acceso quando tirò fuori la pistola.
La puntò su Semir, che però non la vide.
Prese la mira e poggiò il dito sul grilletto.
Tom alzò lo sguardo e lo notò.
Ebbe un secondo per pensare,… per capire,… per agire!
«Semir!» urlò a squarciagola.
Ma Semir non poteva avere il tempo di reagire.
Tutto accadde in un secondo, ma sembrava si stesse svolgendo a moviola.
 Lo sparo arrivò alle orecchie di Semir quasi prima della voce dell’amico.
Alzò lo sguardo e a malapena capì cosa stava succedendo.
Tom si lanciò senza nemmeno pensarci e diede una spinta all’amico.
Semir rotolò nella polvere a terra.
Tom si ritrovò al posto dell’altro ispettore.
Il colpo era partito… non poteva essere fermato.
L’uomo sentì un forte dolore alla spalla e urlò.
Udì la macchina ripartire e Semir chiamarlo forte. «Tom!»
Tom… sembravano secoli che non sentiva Semir chiamare il suo nome!
Aveva passato cinque anni senza quel nome detto da lui, ma ora non era riuscito a sopportare l’idea che per un solo giorno… per meno di 24 ore, lui non l’avesse chiamato…
Si sentì bene, e poi di nuovo improvvisamente male.
Per un attimo vide tutto nero a macchie bianche…
… e poi buio…
...
… meno 30 m…
 

Ciao a tutti!!
Credevate che avrei fatto morire Ben, eh? xD
Eeee… invece no! Muore Tom! xD
Però… insomma! Mica posso farli vivere tutti? xD
Tom potrebbe doversi sacrificare per la causa(molto nobile, devo dire! xD)!!
Scherzi a parte, Grazie a tutti quelli che stanno seguendo, in particolare a sophie97 e 1rebeccam per le loro recensioni ed il loro sostegno!
Il nuovo capitolo è praticamente finito e lo pubblicherò il prima possibile!!
Mancano solo due capitoli alla fine di questa agonia… ce la fate a resistere?? xD
Ciao!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 18
*** Contro il tempo! ***


Contro il tempo
 

… meno 30 minuti…
Udì la macchina ripartire e Semir chiamarlo forte. «Tom!»
Si sentì bene, e poi di nuovo improvvisamente male.
Per un attimo vide tutto nero a macchie bianche…
… e poi buio…
«Tom!» urlò ancora Semir.
L’uomo aprì improvvisamente gli occhi e, come se si fosse svegliato da un lungo ed interminabile sonno, si mise a sedere e iniziò ad ansimare.
Per un secondo non si ricordò niente, poi tutti i pensieri ritornarono alla mente.
«Dobbiamo andare da Ben!» disse alzandosi di scatto e avviandosi verso la macchina.
«Aspetta, Tom! Sei ferito!»
In effetti, Tom stava sanguinando da una spalla.
Voltò la testa verso il punto della spalla che gli doleva. «È solo un graffio! Andiamo!»
«Un graffio?! Tom, potrebbe essere grav…»
«Semir, non c’è tempo! E lo sai!!»
In effetti Semir lo sapeva, ma non riusciva più a pensare…
«Ora andiamo! Guido io! Intanto, chiama la centrale, e di loro di mandare rinforzi ed un’ambulanza in Harten Straße 65! Ben potrebbe averne bisogno…»
«E anche tu!»
Tom sospirò e scosse la testa, divertito: Semir non cambiava mai! «Sì… e anche io! Ora possiamo andare?»
E i due si precipitarono in macchina.
… meno 20 minuti…
 
… meno 15 minuti…
Tom guidava come un pazzo, cercando di sfidare tutti i limita autostradali e le leggi del moto presenti sulla terra.
«Cobra 11 a comando!» urlò Semir nella radio.
«Comando a Cobra 11! Vieni avanti!»
«Ci dirigiamo in Harten Straße 65! Abbiamo bisogno di rinforzi e di assistenza medica!»
«Ricevuto, Semir! Arrivano!»
Posò la radio e si agganciò alla macchina con tutte le sue forze.
Per un secondo si chiese come Tom avrebbe fatto a fermarsi una volta arrivati, ma il dubbio gli passò subito.
… meno13 minuti…
Tom fece una freneta di quelle che sa fare solo la squadra Cobra 11 di Colonia, facendo fare un semigiro su se stessa alla macchina.
I due scesero e si trovarono davanti un immenso spazio verde e vuoto.
Non c’era una casa… una macchina… una pietra!
«Non lo troveremo mai!» disse Semir.
Tom si morse un labbro, pensieroso: aveva ragione!
«Dividiamoci! Deve essere qui da qualche parte…»
… meno 9 minuti…
Non era da nessuna parte… non era da nessuna maledettissima parte!
Semir  e Tom continuavano a cercare ovunque, ma non trovavano niente!
E se non ce l’avessero fata in tempo? Mancavano 10 minuti, infondo...
… meno 7 minuti…
Ci stava quasi per rinunciare… stava quasi per arrendersi…
Spostò l’ennesimo fascio di erba e…
… e lo trovò!
Un enorme cumulo di terra mossa da poco…
«Tom!» urlò. «L’ho trovato, Tom! Vieni ad aiutarmi!» e così dicendo si inginocchiò e iniziò a scavare.
… meno 3 minuti…
Spalavano terra a mani nude con tutta la forza che avevano in corpo... con la forza che solo la loro anima poteva dargli…
Sembrava non voler finire mai…
… meno 1 minuto…
Semir e Tom spostarono ancora un po’ di polvere con la mano e trovarono una specie di sportello di vetro.
L’avevano trovato…
… meno 54 secondi…
 Semir aprì lo sportello.
«In macchina c’è una corda! Corro a prenderla! Tu, intanto, vai!!»
 E così dicendo, Tom iniziò a correre.
… meno 49 secondi…
«Vuoi tirarci su entrambi con una corda e quella ferita ad un braccio?» gli urlò Semir.
«Tu vai da Ben… al resto ci penso io!»
… meno 43 secondi…
Semir si lanciò nel cubo, atterrando su un mucchio di fogli bianchi.
… meno 37 secondi…
Ben era lì, in un angolo, con le labbra socchiuse e gli occhi sigillati.
Era bianco, e per un attimo Semir si spaventò.
Ma non era questa la cosa che più lo preoccupava. Ben tremava. Tremava e batteva i denti.
“Tra poco finirà tutto…”pensò.
… meno 28 secondi…
Semir gli si inginocchiò accanto e prese la boccetta.
… e allora gli venne un dubbio…
… meno 21 secondi…
“Come lo deve prendere? Per iniezione? Per via orale?”
… meno 14 secondi…
Non aveva tempo per pensare… non c’era tempo…
… meno 7 secondi…
 Avrebbe potuto sbagliare, ma doveva tentare…
… meno 3 secondi…
Gli aprì leggermente la bocca e vi fece cadere il liquido della boccetta.
… meno 1 secondo…
L’ultima goccia cadde solitaria nella bocca del ragazzo.
… meno 0 secondi…
Ben non si muoveva. Il tempo era scaduto,… ma lui aveva preso l’antidoto… perché allora non si muoveva?  Perché restava immobile?
Semir gli afferrò una mano con forza, come avrebbe voluto fare per tutto quell’interminabile giorno per trasmettergli forza.
“Andiamo, Ben! So che non ti sei arreso a quel bastardo…”

 

Ciao a tutti!!
Oookay… mi sono sbagliata! Prima di tutto perché da ora mancano due capitoli alla fine(mi sono resa conto che se lo interrompevo qui faceva un effetto migliore! xD), poi perché, a quanto pare, Tom deve vivere(e che l’avrebbe mai detto? xD)
Skerzi a parte, sto già lavorando al nuovo capitolo, e prometto di aggiornare il prima possibile!!
Intanto, grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi, e ancora un grazie speciale a sophie97, 1rebeccam e Spencer Tita per le loro recensioni.
A presto!!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 19
*** Risveglio ***


Risveglio

 
Ben sentiva un freddo tremendo. Poi, qualcosa di caldo entrò nella sua bocca, scottandogli le labbra… la lingua… la gola!
La sostanza arrivò fino allo stomaco, quasi più calda di prima.
Il calore iniziò a diffondersi per il corpo, e cominciò a sentire di nuovo le punta delle dita.
Qualcuno gli stava stringendo la mano…
Voleva sapere chi gli era così vicino… di chi era quella stretta così tenace e determinata, ma ancora non riusciva ad aprire gli occhi.
… così strinse il pugno…
 
Semir sentì la mano si Ben stringersi attorno alla sua.
Ebbe un sussulto. Aveva reagito! Era sicuro che Ben avesse reagito!
«Dai, Ben! So che sei lì!»
 Mormorò piano.
 
Sentì una voce… Semir! Era Semir!
Gli stava parlando! Era lì, accanto a lui, e gli stava parlando! Gli stava stringendo la mano… voleva dargli forza…
Ma lui non aveva forza… non ne aveva più…
 
Ben continuava a non muoversi… continuava a non dare segni di vita…
Semir era disperato!
Lo prese per le spalle e lo scosse forte.
«Ben, ti devi svegliare, hai capito? Lo devi fare per Julia… per tuo padre… per me!»
 
Ben sentì una serie di scossoni forti e si sveglio di soprassalto, agitandosi e iniziando a guardarsi intorno timoroso e ansimante.
Semir gli stinse le spalle. «Ben! Ben, è finito! Stai calmo, è finito!»
Ben posò lo sguardo sull’amico mentre il respiro iniziava a tornare regolare. «Se… Semir! Non sono mai stato più felice di vederti, sai collega?» e dicendo questo iniziò a ridere, seguito a ruota dal compagno.
«Come ti senti?»
«Come uno che stava per morire congelato e che è stato salvato all’ultimo secondo…» ancora risate.
«Ce la fai a camminare?»
Scosse la testa. «No… non ancora…»
Semir annuì. «Pazienza! Useremo un metodo alternativo…» e così dicendo lo afferrò da sotto le ascelle e lo trascinò fino al punto sul quale era caduto.
«Ma che vuoi fare, Semir?»
«Tirarti fuori di qui, no?! Tom, ci sei?»
Per tutta risposa l’uomo lanciò un capo della corda dallo sportello e urlo: «Quando sei pronto, dai uno strattone e io faccio partire la macchina!»
Infatti, Tom aveva legato l’altra estremità al antiurti della macchina, in modo da poter tirare su i due senza problemi.
Legò la corda attorno alla vita di Ben e poi attorno alla sua. «Pronto?»
«Sono nato pronto, non lo sai?!»
Semir diede uno strattone e la corda iniziò a tendersi, fino a farli salire e giungere in superficie.
Si attaccarono al bordo dello sportello e si trainarono su fino ad uscire completamente da quel maledetto cubo.
Quando ne furono completamente fuori, Tom fermò la macchina e li raggiunse, mentre i due scioglievano i nodi che li tenevano uniti a quella corda.
Ben guardò verso l’alto. «Quindi tu sei Tom Kranich! Il famoso Tom Kranich! È un piacere conoscerti!»
«Piacere mio!» gli sorrise Tom.
I tre scoppiarono a ridere, senza un vero motivo, ma solo per la gioia di poter ridere di nuovo.
Sentirono le sirene dell’ambulanza che si avvicinavano.
«Bene!» disse Semir. «Ora voi due andate a farvi medicare, sono stato chiaro?»
«Ma no, dai! Sto benissimo! Forse lui, invece…» dissero in contemporanea.
Semir si mise a ridere. «Andate! Ora! Di corsa!»
I due sbuffarono divertiti.
«Sì, papà! Vado subito, papà!» rise Ben.
Poggiò le mani a terra dietro la propria schiena e si diede la spinta verso l’alto, come per alzarsi, ma invece di mettersi in piedi, si ritrovò ancora con il sedere per terra.
Si fermò un attimo. «Mi… mi sa che ho ancora le gambe un po’ intorpidite…» disse con una specie di smorfia tra lo scherzoso e il preoccupato.
Poggiò di nuovo le mani a terra e si diede nuovamente la spinta, questa volta più forte, ma il risulato fu lo stesso.
Semir, Tom e Ben iniziarono a lanciarsi degli strani sguardi.
I battiti cardiaci accelerarono a tutti e tre… e questa volta non  a causa di quel veleno…
Ben provò ancora, e ancora, e ancora, ma ogni volta si ritrovava seduto a terra.
Continuava, non si arrendeva, ma non serviva a niente… non ci riusciva.
Sferrò un pugno ad una gamba… poi un altro, e un altro, ed un altro ancora, finché non si ritrovò a tirare pugni in modo compulsivo e rabbioso.
Semi gli afferrò i polsi e glieli bloccò con forza. «Ben! Ben, fermo! Fermati!»
Il ragazzo alzò lo sguardo pieno di lacrime sull’amico. «Non… non le sento…»
Fu come se un enorme macigno gli fosse caduto a dosso. «Non… non le sento…» ripetette.
Semir iniziò ad allentare gradualmente le presa. «Non… non le sento, Semir! Non le sento più! Non ci sono!» e dicendo queste parole, Ben scoppiò a piangere.
Semir lo tirò a se e lo strinse forte.
«Non non ci sono più, Semir! Non le sento!» mormorava Ben tra i singhiozzi, rispondendo all’abbraccio.
Semir non sapeva cosa dire. Guardò Tom, più spiazzato di lui.
«Andrà tutto bene, Ben! Ti prometto che andrà tutto bene…» gli sussurrò in un’orecchio…

 

Ehm… sono senza parole anche io… quindi… ehm…
Grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo, e ancora grazie a sophie97, 1rebeccam e Spencer Tita per le loro recensioni.
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo… vi prego, non mi ammazzate…
Ciao!
Chiara ^-^ 

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Capitolo 20
*** Amara verità ***


Amara verità


Semir e Tom continuavano a fissare il terzo ispettore da dietro quel vetro.
Ben era seduto su una sedia a rotelle, con la testa bassa, e si fissava le gambe.
Erano ormai ore che continuavano a fare controlli su controlli, e fino ad ora nessuno aveva detto agli altri due nient’altro che «Il paziente non può ricevere visite al momento, se volete potete aspettare qui il dottore!».
Così li avevano reclusi in quella stanzetta adiacente alla camera di Ben, da dove loro potevano vederlo, ma lui no…
Poche ore prima, per un attimo… un inutile ed insignificante attimo, Semir aveva creduto che fosse finita… aveva sperato che fosse finita…
Ma era stato tutto troppo facile… troppo scontato!
«Chi di voi è l’ispettore-capo Gerkhan?» chiese una voce dietro di lui.
Tom e Semir si voltarono e videro un uomo con un lungo camice bianco ed una cartella in mano.
«Io… io sono l’ispettore-capo Gerkhan! Lei… lei è?»
«Sono il dottor  Graf! Mi hanno detto che posso parlare con lei per le condizioni dell’ispettore-capo Jager. È un parente?»
«Sì… cioè, no… cioè, non letteralmente… insomma…» era confuso, non riusciva a ragionare bene.
«È il collega che fa da partner all’ispettore. Ci sono novità?» intervenne Tom, salvandolo.
«Sì… veramente ci sono novità…» il dottore chiuse la porta alle sue spalle. «Dalle analisi è risultato che l’ispettore ha subito una specie di trauma ad alcuni nervi vicino alla spina dorsale che controllano il movimento degli arti inferiori…»
Semir sospirò forte. Doveva fare quella domanda che gli bruciava in gola e che tanto temeva…
«Quante… quante possibilità di ripresa ci sono?»
Il dottor Graf chiuse la cartella che stringeva in una mano. «Se devo essere sincero con lei, io non ci spererei…»
«Dottore, le ho fatto una domanda precisa, e la prego di rispondermi in modo altrettanto preciso: quante possibilità ha Ben di ricominciare a camminare?»
Ci fu un attimo di silenzio. «Sinceramente, non ho dati precisi! Il trauma sembra avere una cause molto particolare! Non credo sia mai successo prima… le possibilità, a giudicare dalla condizione dei nervi, dovrebbero essere pari al 5%...»
«5… 5%...» mormorò Semir.
«Sì, praticamente potremmo arrotondarlo al 5%... ma francamente credo possano essere anche inferiori.»
Semir abbassò lo sguardo, per poi farlo scorrere nuovamente verso il vetro.
Annuì. «Va bene. Grazie infinite, dottore!»
L’uomo fece un cenno con la testa e se ne andò, mentre Semir e Tom entrarono nella camera.
Ben alzò lo sguardo sentendo la porta aprirsi. Quando vide che erano i due amici, accennò ad un sorriso amaro. «Ciao, ragazzi! Come va?»
Semir ricambiò il sorriso, tenendo la testa bassa. Non riusciva a guardarlo negli occhi… non poteva reggere il suo sguardo: le proprie colpe erano troppo grandi…
«A noi… a noi bene, più o meno…» non poteva aspettare… doveva parlare…
Il sorriso sparì dalle labbra di Ben. «Che ha detto il medico?»
Semir rimase in silenzio… non poteva dirglielo e basta!
«Semir… ho bisogno di sapere…»
L’uomo sospirò. «Ha detto che i nervi hanno subito un trauma e che… e che non ci sono molte probabilità di ripresa…»
«Quante?»
«Ecco…»
«Semir, ti prego, rispondimi! Quante?» nella sua voce c’era un che di disperato e sommesso.
«5… hai il 5% di possibilità di riprenderti totalmente…»
Nella stanza calò il silenzio. Ben abbassò lo sguardo, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime, senza grandi successi...
«Il 5%... vuol dire che ho una possibilità su venti, giusto?»
Semir non riusciva a parlare: come faceva a negare, quando sapeva che quella era la verità?
«No!» disse Tom, determinato. «Vuol dire che hai cinque possibilità su cento… vuol dire che su cento persone, se ne potrebbero riprendere cinque… e tu sarai uno di quei cinque! E vuoi sapere come lo so? Sei rimasto per ventiquattrore in uno stramaledettissimo cubo rischiando di morire avvelenato, e non per un solo minuto hai perso il sangue freddo! Hai resistito… hai tenuto duro! Sai, ti conosco da sì e no un giorno, ma già capisco che se c’è qualcuno che può farcela, quello sei tu!»
Semir non aveva parole per ringraziarlo. «Ha ragione… ha perfettamente ragione! E noi prenderemo Koch! E pagherà per quello che ha fatto!»
Ben annuì. «… grazie…» mormorò.
I tre sorrisero. «Noi dobbiamo tornare a lavoro, ma tu non mollare, okay? Si aggiusterà tutto! Promesso!» e così dicendo Tom e Semir si avviarono verso la porta e uscirono.
In quel momento il cellulare del secondo squillò.
«Gerkhan!» rispose.
«Allora, Semir! Ti sei divertito? Io sì, tanto!»gli disse la voce di Koch dall’altra parte della cornetta.
«Io e te non abbiamo niente da dirci! Perché hai chiamato?» parlava con calma… piattezza!
«Come perché? Per sapere come sta l’ispettore Jager! Sai... mi sa che ho esagerato con l’antidoto! Quando l’ho creato, mi sono reso conto che, se preso in quantità troppo elevate, crea un  effetto collaterale:…»
Semir, che fino a quel momento aveva continuato a camminare, si fermò di botto, e Tom insieme a lui.
«… la paralisi!» e dicendo questo scoppiò a ridere.
L’ispettore era stranamente pacato… impassibile. «Ascoltami bene, Koch! Io ti prenderò, fosse l’ultima cosa che faccio! E allora la pagherai! Sono stato chiaro?»
La serenità e la naturalezza con cui lo disse misero i brividi a Tom.
«Bene! Allora aspetterò!» scoppiò di nuovo a ridere e chiuse la conversazione.
Semir posò il telefono in tasca fissando un punto davanti a sé, lontano anni luce da quel mondo.
«Tom, capisco perché te ne sei andato, sia la prima, sia la seconda volta. Probabilmente avrei fatto lo stesso! Non hai bisogno di essere perdonato, perché non hai fatto niente di sbagliato…» tirò un forte respiro. «Mi fido di te… mi sono sempre fidato… so che tu mi fermeresti, se ce ne fosse bisogno…» si voltò verso l’amico e piantò i propri occhi nei suoi. «Tom, voglio trovare Koch! E lo troverò, ne sono sicuro! Dovessi impiegarci tutta la vita… ma ho paura di non riuscire ad arrestarlo…» sospirò. «Ho bisogno di un compagno fino al ritorno di Ben, e di qualcuno disposto a tutto pur di non farmi commettere pazzie… a tutto! Tom,… ho bisogno di te!»
L’altro annuì. «E io ci sarò, Semir! Promesso!»
I due si sorrisero. «Grazie, davvero!» mormorò il primo. Poi, tornarono al commando, come ai vecchi tempi…
 

 
Ciao a tutti!!
Prima che tutti i lettori di questa storia decidano di eliminarmi, chiedo umilmente perdono per questa “sorpresina”!
Purtroppo questa è stata una via di mezzo tra la mia mente perversa, che lo voleva morto, e me, che volevo il lieto fine!!
Giuro che sto già lavorando al seguito, che dovrebbe rendere tutti un po’ più felici(non assicuro ancora niente, però! xD). Solo che, visto che è logisticamente un po’ più complesso, avrò bisogno di un paio di settimane(Ma tenete le dita incrociate, perché potrebbe essere pronto per il fine settimana! xD).
Premere il tasto “completa” è stato un trauma(non posso credere di stare scrivendo questa storia da più di due mesi! xD), perciò, visto che è l’ultimo capitolo, vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito, che hanno letto o che leggeranno, e mandare un grazie speciale a tutti coloro che mi hanno recensito o che recensiranno! Quindi, un grazie enorme a sophie97 e 1rebeccam che ci sono sempre state, e grazie anche a Spencer Tita, laurakovac, Asso_di_Picche, Da33y, stellinastra09 e _MyOwnForgottenWorld_ per le varie recensioni che hanno lasciato nei capitoli di questa storia!!
Spero di non aver deluso(troppo! xD) voi lettori!!
Grazie mille ancora e a presto!!
Ciao!
ChiaraLuna21 ^-^ 

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