Se due sono destinati a stare alla fine si ritrovano sempre.

di NipoteDellaLuna
(/viewuser.php?uid=124245)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il brivido. ***
Capitolo 2: *** Adieu mon amour. ***



Capitolo 1
*** Il brivido. ***


Il brivido.
 

 
Wow, avevo una moto da soli 5 giorni, e già ero caduto distruggendola. Ora dovrei tornare dallo Yacth, non mi posso presentare alla festa con i vestiti tutti stracciati. Presi il mio cellulare dalla tasca interna del giubbotto di pelle, lo guardai ed aveva tutto lo schermo scheggiato, provai a chiamare Nate, ma il segnale era disturbato, ma riuscivo a capire cosa diceva la voce meccanica della segreteria. Non c’era campo.
“E ti pareva, dovrò tornare sino al molo a piedi”. Sussurrai a me stesso posando il cellulare nella tasca. Incominciai a camminare per quella strada tortuosa, mi girai verso la mia moto ormai distrutta, ancora avevo camminato per soli 2 minuti, e già mi sentivo stanco. Mi sfilai il giubbotto e sbottonai la camicia, avevo un livido enorme sul fianco destro, lo tastai leggermente. Ritrassi subito la mano, faceva un dolore cane. “Forse è meglio che mi incammini, prima che faccia buoi dovrò arrivare al centro abitato.” Dissi poco convinto.
Continuai a camminare per un tempo non definito, a me sinceramente sembravano ore. Ad un certo punto un Suv nero si fermo e abbassando un finestrino. Un uomo dall’aria poco affidabile mi squadrò dalla testa ai piedi, scese dall’auto e uscì un coltellino retrattile. Lo fissai e incominciai a correre. Correvo più veloce che potevo, ma ero stanco e ferito, l’uomo mi raggiunse subito, mi riempì di pugni, dio se mi sentivo male. Mi frugò fra le tasche, mi prese i soldi, mi levò l’orologio e il mio braccialetto in oro. Poi il conducente dell’auto scese, e mi colpì forte alla testa, facendomi perdere i sensi.
Ero svenuto, o almeno credo, sentivo qualcosa chiamarmi, cercandomi di svegliare. Aprii lentamente gli occhi, era un bambina. Aveva una graziosa testolina boccolosa e degli occhi di un colore che ricordava vagamente quello del cioccolato. Un signore accanto a lei sussurrò alla bambina di spostarsi. Era un uomo alto dai capelli brizzolati e uno sguardo sincero, mi aiutò ad alzarmi. La bambina mi tirò il lembo di camicia che pendeva fuori dai pantaloni.
“Si sente bene Signore?” Chiese quel piccolo angioletto. Io gli sorrisi lievemente, costatando che la piccola assomigliasse fumosamente a Blair.
“S-si sto bene. Come ti chiami piccolina?” Dissi rivolgendole un sorriso.
“Mi chiamo Alice.” Sussurrò nascondendosi dietro la gamba del padre. Tesi la mano verso l’uomo. “Grazie dell’aiuto. Sono Chuck Bass.” Lui mi strinse energicamente la mano.
“Sono Elijah Swan. Ho visto una moto distrutta più in la, è la sua?” Disse leggermente confuso Elijah.
“Si, è mia.” L’espressione di Elijah, adesso era molto confusa.
“Mi scusi se mi intrometto, ma come ha fatto ad essere svenuto qui, mentre la moto è un km più avanti in quella direzione?” Disse indicando la salita.
Sorrisi lievemente. “Oh, stavo andando ad una festa, ma sono caduto. Il mio cellulare era morto, e quindi avevo deciso di tornare verso il mio yatch, ma due uomini sono scesi da un Suv nero, e mi hanno rapinato. Tutto qui, grazie dell’aiuto. Non voglio rubarvi altro tempo, arrivederci Elijah, ciao Alice.” Sorrisi dolcemente e mi incamminai lentamente. Mi sentii afferrare il braccio e mi gira. Era la piccola Alice.
“Vuole un passaggio Signor Bass?” Chiese lei timidamente. Guardai l’uomo e sorrise annuendo. “Beh, se me lo chiedi così, non posso fare altro che dirti di no.” Lei mi prese la mano tutta eccitata e mi accompagnò fino all’auto del padre.
 “Grazie di avermi “salvato” Elijah.” Sorrisi dolcemente mentre Alice mi abbracciò dolcemente.
L’uomo mi sorrise e mi strinse vigorosamente la mano.
“E’ stato un piacere Chuck. Arrivederci.” Scesi dall’auto blu-diplomatico  e mi avviai alla passerella che conduceva al mio yatch. Salii la scaletta e mi guardai intorno. Sia Nate che Serena erano alla festa, quindi ero solo. Mi levai il giubbotto di pelle buttandolo per terra, mi sbottonai lentamente la camicia. Mi sfilai le scarpe e mi buttai a peso morto nel letto con nonchalance. Dio che mal di testa, mi sentivo intorpidito, come se fossi sotto gli effetti di qualche sostanza.




Mi avvicinai a Nate, e gli poggiai la mano sulla spalla, lui si girò, e mi fissò con quegli occhi che avevano rubato il colore del cielo. Avrei voluto urlargli che lo amavo, e quest’estate mi è servita a pensare, e capire che sei tu quello con cui voglio stare, perché sei il più bello, e il più dolce. Ma per ora c’era una cosa più importante da dirgli. “Nate, hai sentito Chuck?” Lui mi guardò un po’ confuso, si alzò e mi disse: “Io pensavo fosse con te.” Che fine aveva fatto?
“No, non è con me, Chuck è il tipo che alle feste viene un’ora e mezza in ritardo, ma sono passate più di 3 ore. Mi sto preoccupando.” Sussurrai realmente spaventata. Lui mi guardò sgranando quegli occhi cielo. “Forse ha letto l’invito.” Sussurrò lui. Quale invito? Di che stava parlando?
“Nate, di che invito stai parlando?” Chiesi confusa.
“D-del matrimonio.” Disse titubante, l’angelo dai capelli dorati. Oh dio, l’invito del matrimonio reale, l’invito di Blair e Louis.
“Dobbiamo andare a cercarlo, potrebbe mettersi nei guai, quando si parla di Blair, Chuck diventa irrazionale, non pensa alle cause delle sue azioni. E poi con questa cosa del “Si” dice a tutto si, potrebbe farsi veramente male!” Dissi isterica. Mi tuffai fra le sue braccia impaurita, e lui mi strinse forte a se.
“Andiamo a cercarlo, sicuramente sarà sullo yatch. E starà bene.” Disse lui cingendomi la vita e uscendo dall’enorme casa dove si stava svolgendo la festa.
Prendemmo l’auto e Nate si mise alla guida della sua nuova Ferrari rosso fiammante, mi in moto e partimmo.
“Sta attendo in questa strada, ho sentito dire che molte persone sono morte.” Dissi un po’ impaurita, lui mi fece un leggero cenno del capo.
Sfrecciavamo giù per la strada per alcuni chilometri, ma poi in lontananza vidi una cosa rossa, ancora eravamo troppo lontani per capire cos’era. “Cos’è quella cosa rossa? Incomincia a rallentare, voglio fermarmi a vedere.” Mentre ci avvicinavamo quella sfigura prima sfocata, adesso era più nitido, e avevo sempre più paura. Sembrava la moto di Chuck. Appena l’auto si fermò, io e Nate ci fondammo fuori. Una volta vicini il biondo sussurrò. “E’ di Chuck.” Lui non c’era, forse sarà in ospedale.
“Oddio Nate, forse è in ospedale, andiamo!” Salimmo in auto e delle lacrime mi stavano rigando il volto. Sentii la mano di Nate appoggiarsi sulla mia, la strinse con dolcezza, come per darmi forza.
“Per favore sbrigati.” Dissi un sussurro. Lui continuava a guidare, aveva lo sguardo persone nel vuoto, e il suo viso insolitamente era di un colorito pallido. Dopo 20 minuti, arrivammo in ospedale, parcheggiò e scendemmo a gran velocità. Una donna sulla 40ina era al banco delle informazioni.
“Mi scusi, qui c’è un certo Chuck Bass?” Chiesi mentre una lacrima solitaria mi solco il viso. La donna mi guardò e digitò qualcosa sulla tastiera.
“Mi dispiace, non risulta nessuno Chuck Bass.” Un’altra lacrima. Nate mi accarezzò il braccio.
“Provi Charles Bass.” Disse in un soffio. Alzai lo sguardo verso la donna, forse c’era ancora una speranza.
“No, mi dispiace davvero, ma non risulta nessun Bass in nessun ospedale di Los Angeles e dintorni.” Lei abbasso lo sguardo e mi tuffai fra le sue braccia. Il biondo mi cullò dolcemente.
“Forse non era la sua moto. Sicuramente sarà sullo yatch.” Forse aveva ragione. Alzai lo sguardo.
“Hai ragione, starà sicuramente bene, andiamo a vedere dov’è. Arrivederci” Dissi alla donna. Lui mi sorrise teneramente e prendendomi per mano ci avviammo all’uscita dell’ospedale.
Mi fermai e lo guardai dritto negli occhi. “Grazie Nate.” Mi appoggiò la mano sul fianco e si avvicinò ancora di più al mio viso.
“Per te, questo ed altro Serena.” Adagiò la sua mano sul mio viso, e inconsciamente ci avvicinammo l’uno all’altro. Le nostre labbra si strofinarono dolcemente, quando prendemmo conoscenza di ciò che stava accadendo, approfondimmo il bacio. Era forte ed intenso, ma al tempo stesso dolce e romantico. Quando ci staccammo, lo abbracciai e gli sussurrai all’orecchio una cosa che dentro di me sapevo, da sempre. Dalla prima volta che vidi i suoi occhi cielo.
“Scelgo te.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Adieu mon amour. ***


Adieu mon amour.

 
 
Serena’s Pov.
 
Salimmo mano nella mano sullo yatch.
“Chuck?” Dissi io chiamandolo mentre entravo nella cabina-sogiorno.
“Qui non c’è. Sarà sopra in camera sua.” Disse Nate accarezzandomi la mano. Lui sapeva come tranquillizzarmi, salimmo le scale e andai verso la cabina di Chuck. Niente rumori, niente di niente. Aprii leggermente la porta, e sbirciai dentro. C’era Chuck, ed era senza camicia e aveva.. qualcosa sul fianco destro. Spalancai la porta ed entrai, seguita a ruota da Nate. Mi portai le mani alla bocca.
“Oddio, Chuck!” Aveva un livido enorme che si espandeva per tutto il fianco. Nate si avvicinò a lui.
“Chuck! Svegliati amico!” Il ragazzo dai capelli biondo cenere strattonò l’amico dai capelli corvini, ma lui sembrò non aver nemmeno sentito e continuava a dormire placidamente. Mi avvicinai lentamente a loro. Era malconcio, aveva il labbro gonfio e graffiato, altri lividi sparsi per il dorso, e del sangue ormai asciutto fra il naso e il labbro superiore.
“Nate, che gli sta succedendo?” Sussurrai in un soffio. Non capivo, sembrava come drogato. Ma la droga non procurava lividi violacei e labbra sanguinanti.
“Sarà caduto con la moto. Ma non credo che il labbro spaccato e altri lividi siano ferite da incidente in moto.” Sembrava molto convinto di ciò che stava dicendo, ed effettivamente la maggior parte dei lividi erano più o meno ovali.
“Hai ragione Nate. Penso che dovremmo chiamare un..” Un colpo di tosse, un altro ancora e un altro. Chuck tossiva ripetutamente senza aprire gli occhi o muoversi. Ad ogni colpo di tosse il suo viso si contorceva in una morsa di dolore. Nate visibilmente preoccupato finì la frase che avevo incominciato.
“Dobbiamo chiamare un medico.” Io annuii e lui uscì dalla cabina andando a chiamare un medico. Mi sedetti accanto a Chuck e gli scostai una ciocca di capelli che ricadeva sul viso livido.
“Come sei riuscito a conciarti così? Eh Chuck?” Chiesi speranzosa di una risposta. Poco dopo Nate rientrò e si sedette nella poltrona di fronte al letto.
“Che ha detto?” Sussurrai voltandomi leggermente verso di lui. Chuck tossì nuovamente, Nate abbassando leggermente il capo mi disse che dei dottori stavano arrivando qui.
“Forse è il caso di chiamare Blair.” Sussurrai a me stessa guardando la camicia di Chuck che giaceva malamente butta per terra. Alzai leggermente lo sguardo verso Nate, ma era immobile.
“Non lo so Serena, forse come vengono i dottori si sentirà meglio. Per adesso non dirle niente.”
“Hai ragione Nate.” Mi alzai dal letto e mi sedetti sulle sue gambe. Mi lasciai cullare dal suo dolce respiro, che lentamente si infrangeva sul suo collo. Ogni tanto, il silenzio veniva infranto dal tossire di Chuck.
“Nate, sembra stia davvero male. Quando arrivano i dottori?” Lui mi strinse più forte a se, rimase zitto. Mi alzai e andai a prendere nel minibar del ghiaccio. Lo avvolsi in un asciugamano presa in bagno e mi sedetti accanto a Chuck. Poggiai delicatamente il ghiaccio sul suo fianco destro.
“Signor Archibald? Sono il Dottor Turner.” Lo vidi alzarsi e scendere le scale.
“Salve sono Nathaniel Archibald. Prego mi segua.” Disse lui con tono grave. Guardai la porta, dopo pochi secondi, entrò Nate seguito al dottore. Mi alzai e tesi la mano al dottore.
“Sono Serena Van Der Woodsen, sorellastra di Mr. Bass.” Lui mi strinse vigorosamente la mano e si avvicinò al letto dove Chuck era disteso.
“Da quando lo avete trovato in queste condizioni, si è mosso?” Disse di Dott. Turner, esaminandolo.
“In realtà ha solo tossi ripetutamente, ma non si è mosso di un millimetro.” Spiegai io.
“Stava bene ultima volta che lo avete visto?” Io e Nate annuimmo silenziosamente.
“Devo darvi una cattiva notizia. Il Signor Bass ha le costole fratturate e quindi gli è difficile respirare, per questo non si sveglia.” Mentre parlarla metteva un tubicino nel naso di Chuck e uscì una sacca con dell’ossigeno dalla sua enorme borsa.
“Non potremo portarlo in ospedale, perché il minimo movimento potrebbe causare lo spostamento delle costole rotte, e quindi perforare un polmone.” Stava fasciando e disinfettando le ferite di Chuck.
“Dovrò tenerlo sotto osservazione, ma il vostro amico dovrebbe risvegliarsi presto.” Detto questo lui continuò ad armeggiare con garze e cerotti.
“Mi scusi Dottor Turner, secondo lei queste ferite da cosa sono state causate?” Chiesi tintinnate, timorosa che la mia tesi fosse fondata. Chuck era caduto dalla moto, qualcuno l’aveva fatto cadere e poi lo avevano picchiato. Ma chi era stato? E poi come aveva fatto a tornare sin qui? Mille domande vorticavano nella mia testa, ma nessuna risposta.
“Beh, ci solo degli evidenti segni di lotta, però non mi spiego questo livido sul fianco destro.” Indicò il livido più grande di tutti. Forse l’aveva provocato la caduta dalla moto.
“Beh, forse io lo so.” Disse titubante Nate. Il medico gli fece cenno di proseguire.
“Chuck ha una moto, doveva andare ad una festa e quando stavamo tornando qui a cercarlo abbiamo visto una moto identica a quella sua, e poi qui fuori la sua non c’è. Sicuramente quel livido lo avrà causato la caduta.” Disse lui tutto d’un fiato. Io sospirai leggermente e presi il cellulare.
“Scusate il disturbo, devo andare a telefonare una persone.” Scesi al piano di sotto e versandomi un goccetto di champagne dopo un’intera estate. Composi il numero di Blair, dopo due squilli rispose.
“Serena, Tesoro. Come mai hai richiamato?” Io sospirai profondamente, non trovavo le parole adatte per dirglielo.
“B, devo dirti una cosa.” Stupida! Continua a tenerla sulle spine, smettila e vai al dunque. Dissi a me stessa.
“Serena? Che devi dirmi?” Un respiro profondo.
“Blair, Chuck è stato picchiato da qualcuno, e prima è caduto dalla sua moto.”  Dei secondi di silenzio seguirono la mia confessione.
“B, ti prego di qualcosa.” Sussurrai, dall’altro capo del telefono nessun segno di vita, altri secondi passarono.
“Chuck, ha una moto? Ed ha avuto un incidente?” Disse lei con un filo di voce. Dal suo tono di voce sembrava sconvolta. Povera B, sapevo che infondo infondo, lei amava ancora Chuck. Proprio come Chuck amava ancora Blair, solo che cercava di fare il duro, anche se in realtà non lo era.
“Che si è fatto?” Disse lei singhiozzando, stava piangendo.
“Per ora è svenuto, lo abbiamo trovato sullo yatch, non sappiamo come sia tornato sin qui, visto che la moto è una 15ina di chilometri più a nord. Ha molte ferite, e delle costole rotte, per questo non possono trasportarlo in ospedale. Caricandolo sull’ambulanza potrebbe subire qualche botta, e qualche frammento di ossa conficcarsi nei polmoni.” Dissi io, mentre alcuni rivoli caldi e amari, mi solcavano il viso.
“Arrivo appena posso.” Disse lei convita. Non mi diede nemmeno il tempo di risponde, che aveva già attaccato.
 
 
 
Blair’s Pov.
 
Ero ancora scossa dalla notizia, altre lacrime continuavano a percorrere il mio viso, mi sfiorai il ventre ancora piatto. Il tuo papà sta bene tesoro. Pensai mentre mi stendevo fra le coperte. Poco dopo entrò mia madre.
“Tesoro cosa c’è?” Si sedette accanto a me e mi accarezzò la nuca.
“Chuck ha avuto un incidente, e qualcuno l’ha picchiato.” Mia madre rimase a bocca aperta. Poi continuò con tono grave.
“Blair, devi lasciarti Charles alle spalle, adesso tu stai con Louis!” La guardai dritto negli occhi.
“Chuck è parte di me, della mia vita. Lo è stato in passato e lo sarà in un futuro, anche se io mi sposerò con Louis. Lui è stato il mio vero ed unico amore. Non smetterò mai d’amarlo. E amerò il frutto del nostro amore proprio come amo lui!” Dissi accarezzandomi il pancione, mi alzai e mi avvicinai all’armadio.
“Adesso scusami, preparo una valigia e parto per Los Angeles.” Gli urlai contro mentre lei sconvolta mi fissava. Dio che casino, forse non dovevo dirle che aspetto un figlio da Chuck.
Chiamai immediatamente Dorota, e le dissi di prepararmi la valigia, nel frattempo chiamai Lily.
“Ciao Blair, so già tutto, mi ha chiamato Serena. Grazie lo stesso cara, scusa ma stavo preparando la valigia.” Disse lei tutto d’un fiato. Io per tutta risposta gli risposi che sarei partita con lei.
“Bene Blair, alle 11 passerò a prenderti.” Chiusi la chiamata e raccontai tutto Dorota. Lei mi strinse in un dolce abbraccio.
“Sa Miss Blair, quel Principe in realtà non mi è stato mai troppo simpatico.” Disse lei con il suo inglese sgrammaticato. Io le sorrisi dolcemente.
“Grazie Dorota, ora puoi anche andare da Vanya. Ci vediamo fra qualche giorno.” Lei si congedò con un sorriso e andò via.
 
Un’ora dopo.
“Louis, finalmente sei tornato.” Dissi abbassando leggermente lo sguardo. Lui mi sorrise teneramente.
“Mon Amour, mi sei mancata.” Mi abbraccio e mi baciò la fronte. Lo allontanai da me, e lui mi guardò confuso.
“Devo andare a Los Angeles, Chuck ha avuto un incidente.” Lui mi guardò confuso e leggermente accigliato.
“Blair, ma non puoi partire, come faremo con il matrimonio?” Urlò Louis con il suo accento francese.
“Chuck è più importante del nostro matrimonio Louis.” Gli risposi secca e diretta. Mi sfilai l’anello dal dito e glielo mi in mano.
“Ci vediamo Louis.” Detto questo presi la mia valigia e scesi in strada, dove mi aspettava Lily.
Aveva uno sguardo estremamente triste.
“Come hai fatto con la libertà vigilata?” Chiesi un po’ confusa.
“E’ mio figlio, ho detto che dovevo andare per forza, ho un limiti di tempo. Soli 2 giorni e poi dovrò tornare qui a NY.”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=830837