Illudersi

di Aout
(/viewuser.php?uid=144646)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Novità! ***
Capitolo 3: *** Suspance ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era una notte buia e tempestosa…
Non fate quella faccia, nell'incipit di un racconto epico è d’obbligo la metafora meteorologica, se poi il tempo è pure burrascoso è ancora meglio. Dicevo? Ah, sì…
Era una notte buia e tempestosa, i lampi squarciavano il cielo e ai rombi dei tuoni si inchinavano le pendici dei monti, scossi da quella lugubre sinfonia…
Non è di vostro gradimento? Forse è giusto un tantino banale, forse un po’ troppo. Allora mi conviene trovare un inizio che ottemperi di più ai vostri gusti, in fondo si scrive perché qualcuno legga, quindi…
Era una giornata…
No non potete chiedermelo, insomma, se non tutti apprezzano le atmosfere tenebrose, ancor meno si trova qualcuno che ami la primavera, i fiori, i frutti e tutti quegli animaletti tanto graziosi (ho davvero scritto una cosa così…?) che la popolano.
Quindi risolviamo il problema, basta con le metafore e le descrizioni poetiche.
E no, non preoccupatevi, non mi dilungherò ancora a parlare delle mie tecniche narrative perché so che non vi interessano, se non avete ancora smesso di leggere lo farete a minuti, con tutte queste inutili chiacchiere (per tutti quelli che hanno smesso di leggere non sapete cosa vi state perdendo, no in effetti non lo sapete proprio dato che avete smesso…). Ecco la storia:
Boom!
( ho detto che avrei smesso con le litanie poetiche, non che avrei rinunciato ad un inizio d’effetto, va bene niente più interruzioni)
Si girò spaventata a quel tonfo: uno stupido, piccolo ragazzino del primo anno aveva fatto crollare una pila di libri, sicuramente più alta di lui. Lì per lì fu presa dall’irrefrenabile impulso di urlagli qualcosa di davvero poco carino in faccia; perché non poteva starsene un attimo in pace a studiare? Per una volta aveva due ore libere, e, già era costretta a stare sui libri di scuola quando avrebbe voluto fare ben altro, e adesso non poteva nemmeno farlo in un minimo di silenzio? Ma si trattenne, prese due respiri profondi e ritornò alle sue cinquecentesche guerre di successione. Quel giorno era particolarmente nervosa, forse al pensiero delle ininterrotte verifiche che l’avrebbero accompagnata da lì alla fine dell’anno, o forse perché quella mattina aveva trovato il suo cane Fuffy (nome ben poco originale che ogni qual volta poteva, cercava di giustificare attribuendolo alla poca fantasia del suo fratellino) mangiare comodamente le sue scarpe preferite, ballerine in vernice del cui fiocco argentato ora non rimaneva che ben poco. Ma non era quello il vero motivo, e cercare di ingannare se stessa era inutile. La sera prima aveva avuto una lunga e animata discussione con Andrea, suo migliore amico dai tempi della scuola elementare, e con Giada, fidanzata di Andrea nonché compagna di banco della nostra protagonista, che appena potevano si scagliavano su di lei, giusto per smetterla anche solo un minuto di litigare tra di loro. Il pacato dialogo, per altro per via elettronica (cosa che, come saprete, non aiuta ad esprimersi al meglio) si era concluso con una serie di invettive niente affatto concilianti che l’avevano tormentata per tutta la notte, provocandole oltretutto sogni confusi che le avevano lasciato un gusto amaro al risveglio. Non si soffermò ancora a pensare a quella notte e a qualunque cosa l’avesse popolata, rubandole i suoi soliti, timidi sogni insensati, sostituendoli da strane figure che non poteva ricordarsi. Era troppo impegnata a quel punto, Re Enrico e i suoi successori erano le uniche cose sulle quali doveva concentrarsi, tutte quelle insensate guerre ormai finite da innumerevoli anni richiamavano la sua più intenta attenzione.
Ancora un' ora le ci volle per concludere quel capitolo, mai la storia le era sembrata così noiosa e difficile come in quel momento. Stancamente chiuse il libro, si alzò e si stava dirigendo all’entrata della biblioteca quando una voce la raggiunse: un ragazzo sulla sinistra la guardava con due grandi occhi chiari
(forse la cosa potrebbe parvi poco originale, ma tranquilli non ho al minima intenzione di descrivervelo come il David di Michelangelo in persona, magari con un visibile ammasso di muscoli sotto la maglietta aderente leggermente sbottonata; anzi, facciamo così, non lo descriverò per niente, così almeno potrete immaginarvi chi più vi pare e non avrete niente da dire sulle mie prolungate raffigurazioni, a proposito di questo forse mi sono dilungato troppo, ecco la storia…)
un ragazzo sulla sinistra la guardava con due grandi occhi chiari, sotto gli occhiali cerchiati di corno:
- Sapresti indicarmi dove trovare le cartine della città?- disse con un accento nordico, forse inglese o qualcosa del genere.
-Non so, chiedi alla bibliotecaria - rispose lei indicando una signora allampanata che giusto in quel momento stava uscendo da una saletta – lei ti aiuterà.
-Grazie mille- disse allora lui, con un grande sorriso ad illuminargli il volto.
Quel primo incontro fu effettivamente abbastanza deludente, quando ora ci ripensa, Roberta ( è il nome della nostra protagonista ovvio, non ve lo avevo ancora accennato?) non può che chiedersi come abbia potuto tutto avere inizio da un momento così insulso.
 
 
 
Angolo autore: Personalmente, non ho mai compreso bene la storia dei diversi punti di vista che l’autore può o non può utilizzare all’interno di un suo scritto; almeno fino ad adesso. Vi spiego: quello che parla, che dice di essere l’autore e interviene anche in modo alquanto irritante nella vicenda, non sono io; è anch’egli un personaggio nel quale non vorrei mi s'identificasse.
(Ergo la protagonista è narratrice diciamo di secondo, terzo, quarto grado? Non chiedetemelo, ho mentito, questa storia dei narratori ancora mi angustia…)
Detto ciò veniamo a dati più tecnici, spero che la mia storia via abbia anche solo vagamente interessato e che magari vogliate farmelo sapere (ovviamente siete nella più piena libertà di recensire o meno, gradirei solo capire se uno stile del genere, che qui sperimento per la prima volta, possa piacervi). Grazie mille…

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Novità! ***


 …
Non ho voglia affatto di descrivervi quanto tempo le ci volle per arrivare a casa, né tanto meno il fatto che, lungo la strada, incontrò un’amica che non vedeva da molto tempo e dei discorsi che fecero. Del fatto che, proprio perché concentrata sulla conversazione, quasi calpestò…beh credo riusciate a immaginare cosa, o che scoprì che i suoi si intrattenevano al lavoro fino a tardi e che quindi doveva preparare lei la cena (cosa in cui non era particolarmente ferrata) e badare al suo fratellino Luca (cosa in cui non era per nulla ferrata). Queste sono cose inutili che non contribuiscono affatto allo sviluppo della trama e che alcuni di voi potrebbero definire noiose. Perciò saltiamo subito avanti di qualche ora quando Roberta, ormai sfinita dopo aver preparato la cena e aver convinto il fratellino a mangiarla (le ci volle un bel po’ per riuscirci, sicuramente il mestiere di cuoca non le si addiceva affatto) è sdraiata sul divano a rilassarsi mentre Luca, sul tappeto, gioca con i suoi soldatini (questo potrebbe sembrarvi un dettaglio insignificante, ma io vi presterei la massima attenzione).
Driiin Driiin
-Suona il telefono- tuona la piccola voce (sì, non è flebile, né sommessa, è semplicemente piccola, vedetela come una licenza poetica se vi va) di Luca.
-Grazie, avevo notato. – risponde Roberta mentre comincia a pensare dove aveva visto il cordless l’ultima volta, senza un particolare successo peraltro.
-Di niente- dice allora lui, tutto contento di essere stato d’aiuto. (Avete mai notato che i bambini non capiscono il sarcasmo? Chissà forse è una cosa filosofica del tipo ‘’è l’ultimo baluardo della loro pura innocenza, che fin troppo presto perderanno ’’ Mah…che dite? Vi sto annoiando? Ok, ok, torniamo alla vostra stupida trama)
Il suono proveniva chiaramente dalla cucina, almeno finché non si accorse che il cuscino (proprio lo stesso su cui era comodamente sdraiata fino a qualche secondo prima) non vibrava sommessamente.
Sollevatolo trovò la fonte dei suoi desideri e rispose:
-Pronto- disse con voce svogliata all’altoparlante.
-Come siamo giù di corda! Paura per la verifica di storia? Non mi dire che non hai ancora studiato perché non ti credo... – la voce dall’altra parte della cornetta era molto forte e squillante (questa non devo spiegarvela no?) e apparteneva ad una sua compagna di classe. Sarah (mi raccomando con l’h, l’interessata ci tiene particolarmente) era una ragazzina che Roberta conosceva solo da pochi anni, da quando, il primo giorno di scuola, le si era presentata con un ‘’ciao io sono Sarah è davvero un piacere conoscerti, insomma saremo compagne per i prossimi cinque anni, io sono…’’ ed un’ altra sfilza di informazioni che ci aveva messo un po’ a capire, confusa da quella parlantina. Lei, Sarah e Giada (ve l’ho già nominata, ve la ricordate?) erano compagne di banco, ma non potevano essere più diverse. Roberta riflessiva e sarcastica, Sarah spigliata e logorroica, e Giada carismatica e un tantino superba (ma non diteglielo). Non si conoscevano da tanto, ma ormai sapevano tutto l’una dell’altra.
-Lasciamo perdere, hai chiamato per un motivo oppure ti mancava la mia bellissima voce?- rispose allora lei, ancora con un tono svogliato, ma questa volta preparato appositamente.
-Vedo che ci siamo riprese in fretta. Dunque ho una grande novità, curiosa di sentirla?- trillò esaltata Sarah.
- Non vedo l’ora- disse lei con un tono sarcastico che voleva fare intendere tutt’altra cosa.
- Debora, quella della C, hai presente, no? Mi ha detto che Marco le ha detto che ha sentito dalla sua insegnante d’inglese, che presto nella nostra classe verrà un ragazzo straniero!- Continuò lei, ormai sorda a quei commenti.
-Lei ti ha detto che lui le ha detto che ha sentito da chi cosa? Sarà, ma non mi sembrano informazioni proprio attendibili. – rispose lei con il solito tono, ma ora più interessata.
-Ma sì invece, dai, non sarebbe fantastico? Parlargli in un’altra lingua, ma ci capirà? Insomma, io non spicco proprio in inglese però…-
-Sì, in effetti non sarebbe male, potrebbe essere un’ esperienza…Luca, si può sapere cosa combini?- urlò lei rivolta al fratello. Il bambino dall’alto dei suoi cinque anni d’età, aveva abbandonato i soldatini per dedicarsi ad attività più stimolanti, come decorare l’immacolata parete del soggiorno con i suoi pastelli.
-Perdonami, ma adesso devo occuparmi del mio fratellino. Ti dispiace se rimandiamo la conversazione a domani?- disse mentre già entrava nel piede di guerra.
-Don’t worry, be happy! A domani!- rispose Sarah, poco prima di chiudere la conversazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Suspance ***


La verifica di storia era andata complessivamente bene, diciamo discretamente, un tantino deludente forse, magari non un capolavoro, probabilmente se l’era cavata per un pelo, o almeno sperava; d’accordo, un vero e proprio disastro.
-A cosa hai risposto alla terza domanda? Io ho messo…No aspetta ed il terzo sovrano chi era? Secondo me…però non so ecco, potrebbe, anche se sul libro…- ecco Sarah con la sua solita sfilza di domande sulla verifica appena fatta. (Avete presente no? Sicuramente avete un compagno di questo tipo, qualcuno che, inspiegabilmente, è convinto che voi abbiate dato le risposte giuste e, anzi, moriate dalla voglia di discuterne alla fine di una giornata asfissiante…)
-Non so, non mi ricordo…Dai andiamo che la campanella è suonata- risponse Roberta, cercando di trovare un qualunque pretesto per cambiare argomento.
-Brutto tempo oggi, è?- (quando dicevo ‘’qualunque‘’ non scherzavo affatto)
-Come? Oh sì certo, sai ieri avevano detto che era previsto bel tempo, però…- bene, aveva trovato qualcosa di leggero di cui discutere, un pretesto per allontanare l’amica da domande più scottanti che, appena se ne sarebbe ricordata, non avrebbe visto l’ora di porre.
-Ma aspetta un attimo, non cercare di distrarmi! Adesso devi assolutamente dirmi cosa è successo tra te e Giada! Oggi vi guardavate così in cagnesco che sembrava voleste azzannarvi a vicenda!- cavolo, se ne era ricordata. E adesso? Era costretta a raccontarle tutto, ovvio, la conosceva troppo bene ormai per ricascare una seconda volta nella stessa trappola.
-Praticamente…- ma non riuscì a finire la frase, perché un rumore strano l’aveva colpita dalla sua destra. Era qualcosa di stridulo, vagamente metallico, come di un gesso sulla lavagna, insomma, l’ideale per fare accapponare la pelle.
-Sì può sapere perché ti sei fermata? Che ti succede? Insomma, non vorrai evitare il racconto con un’altra scusa…- Sarah era di qualche passo avanti e la fissava sbigottita.
- Cos’è stato?- chiese Roberta mentre cercava di ritrovare quel suono che, poco prima, aveva avvertito.
- Cos’è stato cosa?- Sarah era ancora lì, sul ciglio della strada, con un’espressione interrogativa.
-Come cosa? Quel suono, veniva da qua…- si era girata e aveva cominciato a camminare. Ora vi chiederete: quale insano gesto è seguire la fonte di qualcosa che sicuramente rappresenta un potenziale pericolo? O forse, interpreto al meglio che posso il linguaggio dei giovani d’oggi, ma quella è scema? Beh, dovete capirla. Quel suono era sì terrificante, qualcosa di lontano e gelido, qualcosa di assolutamente poco rassicurante, ma era familiare. Un angolino del suo cervello le diceva che già aveva udito qualcosa di simile; chissà quando e chissà dove, ma lei doveva già averlo sentito. Quindi non biasimatela se, presa dalla curiosità, dalla stupidità adolescenziale e magari anche da qualcos’altro gira l’angolo e si dirige a passo spedito verso il punto dal quale quel suono si era generato.
Sarah dal canto suo era rimasta lì dov’era, immobile. Passò qualche secondo prima che si rendesse conto che l’amica aveva effettivamente cambiato strada e non sembrava voler tornare indietro. Al che, si mise a correre.
-Fermati Roby, ma dove… Eccoti! Si può sapere che ti è preso? Sei andata completamente fuori di testa? Scappare così, senza un motivo? Insomma…- sbraitava seguendola nel suo insensato percorso.
-Fermati!- l’aveva presa per una manica- dove diamine vai?-
Roberta improvvisamente si risvegliò, il termine è appropriato, perché, fino a quell’istante era rimasta come imbambolata, in una sorta di trance, tanto che per un momento si chiese perfino chi fosse quella che aveva davanti.
-Io…mi spiace…avevo sentito un rumore e…credo di aver tentato di capire da dove venisse…- sì, questo era sicuramente successo, ma quanta strada aveva fatto? Il suo senso dell’orientamento era senz’altro pessimo, ma non le sembrava di aver mai visto la piccola piazza che si estendeva davanti ai suoi occhi. - Dove siamo?-
-Come dove siamo? E io che ne so? Mi hai trascinata tu qui, mi sembra, forse siamo arrivate da quella parte…cavolo, non ne sono tanto sicura però…-
Vi immaginate bene la scena? Due ragazzine, sole, in un posto sconosciuto senza nessuno, non basta? E se vi dicessi che improvvisamente una figura, un uomo con un giubbotto di jeans, stava uscendo da una porta laterale e, colto di sorpresa, si stava dirigendo proprio verso le due malcapitate? C’è abbastanza suspance?
Io credo di sì…





Ok, ok, adesso vi racconto il resto, vi ho già fatto soffrire abbastanza.
Dov’ero rimasto? Giusto…
Più l’uomo si avvicinava più cresceva il terrore, l’ansia, puro e semplice panico. Ormai, come è solito fare nei primi pomeriggi di dicembre, il sole stava tramontando rendendo il volto dello sconosciuto scuro e, se possibile, ancora più terrificante. Ancora qualche passo, e parlò:
-Ciao ragazza della biblioteca! Ma che ci fai qui?- l’accento era inconfondibile, ma appena fu più vicino Roberta non ebbe più dubbi.
-Ciao, è un piacere vederti!- che altro poteva dire? Lo era davvero, dal più profondo del suo cuore era contentissima di rivedere una faccia per così dire amica, almeno qualcuno che aveva visto nel mondo reale, diverso da quella scolorita piazzetta che sembrava rientrare perfettamente nei canoni di un film di paura.
-Vi siete smarrite? Se volete vi accompagno sulla strada principale. Piacere, il mio nome è Gabriel. –

Cosa succederà? Alla prossima (per inteso, io amo la suspance…)…

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=831521