Affinità tra mondi.

di _shehatesthesun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Réalité-Fantasie. ***
Capitolo 3: *** Arianna. ***
Capitolo 4: *** La pesca di Maggio. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Affinità tra mondi.



A Luna, che ha donato molte delle sue caratteristiche, le migliori, ad  Arianna;
grazie mille per tutto ciò che fai per me.
A Francesca, forse più nota per il suo nickname FrankyPirate;
puoi fare tutto quello che vuoi, niente te lo potrà impedire, devi solo credere di più in te stessa.
A Vittoria, che involontariamente mi dà
ogni giorno consigli utilissimi per migliorare il mio stile.
Al mio professore d'italiano,
grazie per trasmettermi un amore così profondo per la nostra lingua.
E infine a Harry, che non solo ha dato ad Harold il suo aspetto fisico e le iniziali del nome,
ma mi ha anche fatto sorridere con la sua voce ogni volta che ne avevo bisogno;
grazie, benché non ti conosca.



 
 

Prologo.
 
Ogni classe ha la sua personalità. Ci sono le classi dei secchioni, quelle confusionarie, quelle simpatiche, e quelle dei ciuchi. Ma c'è un momento in cui tutte quelle stanze piene di studenti diventano uguali, non ci si accorge della loro anima segreta: accade ciò in quegli attimi in cui il professore guarda i suoi studenti uno ad uno, oppure scorre una penna in su e giù per il registro. Interrogazione.
«Allora, per esempio... Arianna. Dove siamo?» Il professore sorrise, per un motivo non colto da molti.
Cazzo, fu tutto ciò che passò dalla mente della ragazza.
«Giunone non vuole che Enea arrivi all'Italia, dunque va da Eolo e gli chiede di liberare alcuni dei suoi venti per scatenare una tempesta. Lui lo fa in cambio di una ninfa bellissima, ma poi Poseidone si arrabbia e salva Enea e company.»
«Bene. E senti...» il professore sospirò. «Perché Saturnia?»
«Perché... è la figlia... di Saturno?» fece Arianna, già in crisi. Si sentiva sudare, e sicuramente era rossa in viso.
«Perché quest'indecisione?» chiese l'uomo dai capelli neri.
Perché forse sto sparando a caso? pensò. «Non era un'indecisione. Sono sicura» ammise facendo spallucce.
«Perché Giunone è arrabbiata?»
«Perché favorisce Cartagine e per quella storia del coppiere di cui non ricordo il nome di cui Zeus si invaghisce.» Arianna pronunciò la frase troppo velocemente, sembrava quasi che l'avesse imparata a memoria cinque minuti prima. Che era ciò che effettivamente era accaduto.
«Non è la cosa più importante» dichiarò il professore. «Dio mio, è semplice!» aggiunse poi dopo qualche attimo di esitazione.
«Per la mela» rispose velocemente la ragazza. La mela c'entra sempre. Quella storia di Paride, la mela d'oro, Afrodite, la donna più bella del mondo... tutti gli dei sono arrabbiati per questa storia.
«Bene.»
Wow, sono grande.
«E...» continuò l'insegnante «a quale dio greco corrisponde Saturno?»
Ci fu un manciata di secondi di silenzio prima che altri studenti cominciassero a tendere le loro mani alte verso il soffitto, in attesa di essere interpellati per rispondere alla domanda.
Narrami, o Musa, chi diavolo è questo dio.
«Su cosa rifletti Arianna?» chiese l'insegnante vedendola in preda a complicati pensieri.
«Sto invocando una musa, affinché risponda alle sue domande attraverso la mia voce, così come fa con Omero.»
Il professore e l'intera classe scoppiò a ridere. Arianna rifletté un attimo su ciò che le era uscito dalla bocca senza controllo, e poi le scappò una risata, pensò che non era stata poi tanto male come battuta. Crono, le sembrò di udire in mezzo al fracasso.
«Crono» disse quando ci fu di nuovo silenzio.
«Era la musa Mario a parlare?» chiese il professore alzando un sopracciglio.
Merda. «Il muso Mario, vorrà dire.»
Il prof scoppiò a ridere ancora una volta e terminò l'interrogazione mettendo un voto sul registro. Arianna non chiederà mai quale esso fosse.

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Capitolo 2
*** Réalité-Fantasie. ***


Réalité-Fantaisie.

Réalité-Fantaisie è un' isola/penisola sperduta nello stretto di mare tra la Francia e la Gran Bretagna, ma per il 99% del pianeta è un continente ancora da scoprire. Le sue origini sono molte e poco attendibili: sembra che per millenni essa sia stata sommersa dall'acqua e che sia emersa da poche centinaia di anni. Si suppone ciò poiché sul lato Nord dell'isola/penisola una striscia di terra si trova ancora sott'acqua, e possiamo esser certi che essa si congiunga con una parte della Gran Bretagna sommersa. Ecco spiegato perché qui la chiamano isola/penisola: sembra essere attaccata al sud dell'Inghilterra, ma sotto il livello del mare, perciò è impossibile fare una passeggiata di bicicletta fino a lassù. Gli abitanti di questo luogo parlano italiano, dunque uno dei molteplici misteri da risolvere è come mai si parli questa lingua in un luogo con un nome francese che potremmo dire faccia quasi parte della Gran Bretagna. Su ciò esistono molte leggende che ormai servono solo da testi per insegnare a leggere ai bambini di sei anni. La migliore mai stata inventata è quella del navigatore giapponese, tanto per dare un po' più di etnicità al luogo. La storia vuole che un certo Bakin Eisen, quarantenne esploratore giapponese dotato di una particolare capacità nel comprendere il linguaggio degli animali, aveva ricevuto da un dio un grande pesce da una coda lunghissima che gli serviva da navigatore satellitare per i suoi viaggi in mare aperto. Il pesce aveva una schiena verde scura e pelosa, e lungo i fianchi e sulla testa si potevano osservare delle enormi strisce che andavano dal giallo pallido al marrone. La coda invece era di un azzurro profondo, e veniva ammirata da tutti. Sembra dunque che questo pesce senza un nome preciso (ne hanno inventati circa venti: ma il più comune è Sawlk, pronunciato soulk) sia morto proprio mentre passava tra i territori marini attualmente situati tra la Francia e all'Inghilterra. Dopo migliaia di anni il corpo del pesce è riemerso, come dopotutto fanno tutti i pesci quando terminano di vivere. Be', Sawlk era un pesce un po' speciale, era il figlio di un dio, ci ha messo appena un po' più di tempo a risalire e quindi a galleggiare sull'acqua come un enorme zatterone. La parte interessante, o forse scontata, delle leggenda è che la coda non è mai emersa e si trova ancora sul fondale marino. Da qui perciò si collega più che facilmente che la coda è quella striscia di terra che collega gli abitanti di Réalité-Fantaisie agli Inglesi. La schiena verde e pelosa è la vasta foresta che ricopre il luogo e le spiagge sono tutto ciò che resta di Sawlk. La storia non ha niente da raccontare su ciò che è accaduto Bakin Eisen, ma dopo che questa leggenda fu ben nota molti scrittori hanno raccontato nei loro libri varie versioni della vita dell'esploratore giapponese senza il suo amato pesciolino. Si prende spesso per buona la versione di Amedeido, nella quale Bakin Eisen sarebbe entrato nella bocca di Sawlk e sceso fino allo stomaco allo scopo di suicidarsi, perché utilissima per fare esercizio con l'analisi del periodo.
Ci sono un'infinita di cose che dovrebbero essere raccontate su Réalité-Fantaisie. Prima di tutto molti si sono chiesti anche chi abbia dato questo nome quasi magico. L'idea è che migliaia di anni fa qualcuno ebbe l'idea di scrivere un poema noto quanto quelli di Omero, oramai perduto, in cui un eroe visitò un'isola chiamata con questo nome. È dunque probabile che gli studiosi del tempo attribuirono questo luogo proprio all'isola di cui stiamo parlando già da un po' di tempo.
Ma basta trattare la Storia, forse vorrete sapere un po' della geografia e di come funzionano le cose a Réalité-Fantaisie. Innanzitutto essa non è molto grande e non appartiene a nessun continente. Non è né una colonia, né uno stato, né un pianeta. Non ha neanche un governo o qualcuno che è superiore agli altri. Non troverete nessuna Costituzione, nessuna legge, nessun regime. È un paese libero in cui l'educazione è alla base di tutto, perciò non serve nessuno a comandare sugli altri. Se ci sono problemi esiste un'assemblea cittadina, ma si riunisce non più di una volta ogni dieci anni se non ci sono importanti questioni da risolvere. Ciò perché i cittadini vivono allegramente grazie all'ottima istruzione delle scuole dell'isola. Quest'ultime sono solo due: la Rayon de Soleil e il Droit Chemin. La prima si trova ad Est ed è più grande della seconda. È specializzata nelle materie pratiche: qui si studia come coltivare i campi, come riparare lavandini e mobili; si studia l'arte del parrucchiere e l'arte dello stilista, si impara a costruire qualsiasi cosa e si fa molta attività fisica. Per attività fisica si intende soprattutto il direzionato, gioco conosciuto solo a Réalité-Fantaisie: si tratta di una corsa ad ostacoli facendo rimbalzare contemporaneamente una piccola palla azzurra e arancione sulla testa. È uno sport molto difficile per qualsiasi essere umano del pianeta, se costui non è stato abituato fin da piccolo a saper misurare il colpo di testa necessario per non far cadere la palla troppo presto o troppo tardi. La divisa del Rayon de Soleil è composta da un paio di pantaloni neri con una striscia azzurra sulla gamba sinistra ed una arancione sulla destra, una camicia giallo chiara e una cravatta a strisce degli stessi colori del pantaloni. Non c'è differenza tra maschi e femmine, benché le donne superino di poco il numero dei maschi. Ecco, questo in un'altro paese del mondo non succederebbe mai: quando mai le ragazze sono la maggioranza nelle scuole tecniche-sportive? Ma come avrete già capito da un po', la cultura dell'isola è molto differente e molto speciale. Il Droit Chemin è invece la scuola indicata per gli studenti che si interessano a materie quali il latino e le scienze. Queste due vengono studiate per sette ore settimanali l'una, aggiungendo lezioni di matematica, italiano, francese, inglese. Per chi volesse, inoltre, sono impartiti dalla scuola corsi gratuiti di giapponese in onore di Bakin Eisen, ma dato che nessuno crede alla leggenda gli studenti che partecipano superano appena la metà. Gli studenti che si diplomano qui escono con una preparazione perfetta, più che pronti al mondo del lavoro. Per questi è obbligatorio indossare una camicia bianca, un papillon verde e una giacca nera con una corona d'alloro sulla schiena; i ragazzi in aggiunta sono tenuti ad indossare pantaloni a piacere, purché siano neri, e per le ragazze vale la stessa regola con le gonne, anche se inoltre non devono essere portate troppo corte.
Réalité-Fantaisie vanta duemila abitanti. I tre quarti di essi vivono sulle spiagge in riva al mare, i rimanenti nella Foresta Fluminis. Quest'ultima infatti non è molto comoda in quanto il fiume che passa attraverso essa straripi spesso rendendo le strade inaccessibili. Non che sia pericolosa, s'intende; ma si è capaci di rimanere un giorno intero chiusi in casa. Si tratta di una faggeta, e il suolo è sempre coperto dalle foglie di questi alberi, che lo rendono morbido. Sarete in grado di sentire perfettamente dei suoni ovattati camminandoci sopra. Gli animali che vi vivono non sono molti e non sono nemmeno diversi da quelli degli altri Paesi: troverete cervi, cinghiali, caprioli e qualche lepre. Riguardo al fiume, esso non ha nome, tutti lo chiamano semplicemente il fiume, poiché per loro non ne esistono altri. Vi si possono pescare pesci di tutti i tipi, ma non tutti sono buoni da mangiare: se mai vi capiterà di ritrovarvi con un pesce giallo con le pinne rosse all'amo, rigettatelo in mare immediatamente, un solo assaggio e potrete dire con certezza di aver già vissuto tutta la vostra vita.
Il cibo dell'isola è molto speciale. Naturalmente si tratta sempre di pesce, la poca carne che cucinano sono polli e tacchini allevati dai contadini e la selvaggina della foresta, che però pochi hanno il coraggio di cacciare. La più nota specialità è proprio il Sawlk - quante cose sono state create dopo la notorietà acquistata da questa leggenda! In realtà è un pesce normalissimo servito con molte spezie per ricordare la pelosa schiena verde, e al posto della coda viene servita un'alga azzurra che si trova solo nel mare di Réalité-Fantaisie.
Gli abitanti dell'isola inoltre odiano le visite. Sono convinti che la vita fuori da loro sia terribile, piena di gente mediocre, cattiva, incapace di fare qualsiasi cosa. La maggior parte di loro neanche è mai uscita dalla loro terra, e non esiste alcuna agenzia turistica che si preoccupi di fargli conoscere il mondo. Non che alla maggior parte di loro importi, ovvio.
Il più importante quotidiano è il Fiordalise, esistente fin dagli inizi. Si dice che fu creato da Marc Fiordalise, un francese stabilitosi sull'isola quando ancora era praticamente disabitata. È un giornale particolare per la sua carta: è infatti verde e molto spessa, si ricava da una particolare operazione su alcune alghe speciali (il Fiordalise possiede un'azienda specializzata proprio in questa lavorazione). Al momento il direttore del quotidiano è Giulio Andreini, ed esistono dieci giornalisti che si occupano ognuno di una rubrica diversa. I più conosciuti sono Marina Eschini, che si occupa della rubrica Arte e Cultura, Giorgio Casi alla cronaca nera e Gregorio Pabol si occupa dell'argomento più amato di sempre, lo sport. Quest'ultimo giornalista è anche forse il più presente tra i pettegolezzi di Réalité-Fantasie, che, come in ogni parte del mondo, non mancano mai. Qualche anno fa venne messa in giro la voce che in realtà lui era Alexandre Regio, il più grande giocatore di direzionato che l'isola abbia mai avuto. Naturalmente era una notizia ridicola, erano troppe le prove contro quest'accusa, quindi fu subito smentita. Tornando a parlare del giornale, il Fiordalise ha come sede una grande villa al Sud dell'isola. È un edificio immenso, il più grande che vi possiate trovare; tuttavia il noto quotidiano si è stabilito qui da non molti anni, dopo una lunga e curata ristrutturazione all'abitazione, abbandonata da secoli. Il fatto ha suscitato molte attenzioni e molte furbizie da parte del direttore Andreini, il quale per i primi tre mesi aprì la sede al pubblico facendo pagare un biglietto a ciascun visitatore. In realtà all'interno non è che si possano notare monumenti storici o cose del genere; ma era stato preparato tutto alla perfezione in modo tale da attirare più abitanti possibile. E come accennavo prima, questi uomini sono talmente abituati ad un atteggiamento di lealtà da parte di tutti che a stento riconoscono quando qualcuno fa il furbo.
Ma questa storia parla di due ragazzi che hanno lottato per creare un altro giornale che riuscisse a competere con il Fiordalise. Esso, al quale fu affidato il nome di Les Quatre Coins d'Une Terre Ronde, o più comunemente Les Quatre Coins, riprendeva articoli da noti giornali esteri e lo si poteva trovare in edicola il venerdì di ogni settimana. Era nato per far capire alla gente quanto in realtà sia interessante il resto del pianeta, e quanto si sbagliavano con i loro pregiudizi; non vi nasconderò però che alla fine della storia il giornale dovette chiudere. Ma forse è proprio per questo che ritengo necessario parlarne, per far capire a fondo la mentalità di Réalité-Fantasie, ottusa in mezzo a tutta quella lealtà.

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Capitolo 3
*** Arianna. ***


Arianna.

Arianna era seduta sul divano, le gambe rannicchiate sul suo petto, mentre guardava per l'ennesima volta Colazione da Tiffany. Aveva qualche linea di febbre, e si era coperta interamente da un spessa coperta color panna, mentre sorseggiava lentamente una tazza di tè alla liquirizia, ottimo per la digestione. Non era mai riuscita a bere in fretta le bevande bollenti, le scottavano sempre le labbra perennemente screpolate. Si lasciava ipnotizzare dalla prima scena del film, mentre la sua mente ripercorreva tutta la colonna sonora a memoria e tutti i gesti dell'attrice. Adesso tira fuori la brioche, adesso il latte, adesso inzuppa la brioche nel latte. Adesso china la testa verso destra. Amava molte attrici americane del passato, ma Audrey Hepburn aveva qualcosa in più. Si ispirava a lei per qualsiasi cosa, conosceva ogni suo film a memoria. Voleva addirittura che i suoi amici la chiamassero Audrey ma, un po' per prenderla in giro e un po' per farle dispetto, continuavano a chiamarla con il suo vero nome. Ed era già qualcosa, credo, dato che l'attrice aveva recitato come Arianna nell'omonimo film.
«Ma domani ci vai a scuola?» chiese sua madre, interrompendo quella meravigliosa visione.
«Nah» fu la risposta disinteressata della ragazza, mentre si passava una mano tra i capelli biondi. Non si aspettava che la madre ribattesse sulla faccenda, benché non sembrasse poi così tanto malata, e infatti ella non disse più niente; sapeva com'era fatta sua figlia. «Ci sono delle brioche in casa?»
«No cara» fece la madre senza distaccare gli occhi dalla tastiera del suo computer, lavorava ad un nuovo ed entusiasmante libro.
«E se qualcuno andasse a comprarmene una?» Arianna era abituata ad avere la maggior parte delle cose che desiderava, tranne quella volta che voleva comprare un vestito con degli Swarovski incastonati. Doveva ammettere di aver esagerato a desiderare una cosa tanto costosa, ma era talmente tanto affascinante! Adorava vestirsi elegante e soprattutto comprare qualsiasi cosa acquistabile.
«Tesoro, sono occupata adesso. Sto scrivendo un capitolo importante e sai che la casa editrice vuole che finisca il libro entro due mesi.» La madre di Arianna si chiamava Eleonora Morangi, autrice di vari romanzi rosa di discreto successo. «Sai, sono a quando lui va da lei a chiederle di sposarla. Che anello dovrei fargli comprare?» chiese sperando in un aiuto concreto, molto raro, di sua figlia.
«Tiffany». Ovviamente era stato il film a rispondere tramite la voce della diciassettenne, come la musa nella sua interrogazione, solo che quest'ultima non l'aveva aiutata. «Ma io ho bisogno di una brioche.»
«Perché non chiedi a tuo fratello?» suggerì la madre, sfogliando violentemente il dizionario dei sinonimi e contrari.
«A Guido? Non accetterà mai» fece notare cominciando ad essere nervosa perché non riusciva a seguire il film in tutti i suoi deliziosi particolari. «E comunque mamma, non fare troppo rumore sfogliando le pagine. Su Google puoi trovare facilmente un dizionario online.»
«Non è la stessa cosa, e tu lo sai» precisò la donna che, rassegnata, si alzò dalla sedia per prendere il cappotto e un paio di guanti.
«Thanks» sussurrò Arianna. «Quel cappotto è carino.»
La madre, senza proferire altro, uscì per la strada dove il vento sbatteva ovunque impetuosamente.
Molti potrebbero pensare che Arianna potrebbe essersi sentita in colpa subito dopo aver mandato via la madre ad affrontare quel gelo per una brioche che poi neanche le andava così tanto, ma non fu così. Arianna era una ragazza terribilmente viziata e abituata a quel tipo di atteggiamento: e così era anche sua madre da piccola. Dopo essersi assicurata che la donna avesse già svoltato l'angolo, mise in pausa il film e scattò verso il computer, per leggere questo nuovo libro del quale non aveva avuto che poche anticipazioni. Aprì una copia del file in modo da poterlo sfogliare senza preoccuparsi di rimettere la pagina che la madre aveva lasciato aperta, quando ella sarebbe tornata. Il libro sembrava intitolarsi Banale. Sembrava esserci un certo Francesco, innamorato cotto di una certa Francesca, che credeva che fosse destino che si chiamassero con lo stesso nome. Probabilmente, pensava Arianna, questa tizia non lo avrebbe considerato fino a metà libro, poi lui avrebbe fatto qualcosa tipo atterrare con un aereo nel suo giardino e quella si sarebbe sentita costretta ad acconsentire a mettersi con questo sfigato. Poi lo avrebbe lasciato, e poi lui si sarebbe ripresentato a casa sua con un delizioso anellino firmato Tiffany. Lesse un paio di paginette, che non potevano certo esser paragonate a quelle perfette di Madame Bovary o a quelle piene di descrizioni precisissime di Thomas Mann. In realtà Arianna non avrebbe mai letto un libro del genere se lo avesse trovato in libreria, ma era costretta a farlo dato che era pur sempre sua madre l'autrice. Decise di chiudere la pagina e di rimettere di nuovo il film.
Pochi secondi dopo la ragazza fu nuovamente disturbata dal fratello e dalla mandria dei suoi amici, che tornavano da qualche girata per l'isola in cerca di ragazze con la donna un po' più corta della lunghezza stabilita.
«Ariannina, sei malatina?» urlò Marco, suo ex-ragazzo.
«Che rima divertente» notò la diciassettene prendendo in braccio uno dei suoi gatti. «Potresti prendere senza problemi il posto di Puppy, quel conduttore di TV2 che crede di essere divertente» disse con il sorriso più falso che si poteva dipingere sul volto di una persona. Non era certo un complimento, Puppy era per lei l'uomo più odioso del mondo, un pagliaccio stupido con un nome stupido, uno di quei rompiballe che sono come il prezzemolo, stanno dappertutto.
«Almeno sarei ricco sfondato» ribadì il ragazzo, prima di volgersi a guardare la televisione. «Ancora?!» disse poi strabuzzando gli occhi.
«Ancora cosa? Oh, intendi il film?» chiese Arianna con nonchalance. «Smetterò di vederlo solo quando i tuoi capelli diventeranno blu». In realtà nemmeno lei sapeva come gli fosse venuta fuori questa affermazione senza senso. Le venne spontaneo di scuotere un po' la testa come per disapprovare la sua battuta oscena.
«Li potrei far tingere» affermò Marco avvicinandosi alla ragazza per accarezzare quell'enorme gatto bianco. «Questo è il numero diciassette?»
«Nah, questo è Bradford, il numero due. Avresti bisogno di una bella ripassata, ti sei già scordato tutto» rispose prendendo quell'ammasso di pelo candido per posarlo a terra, sul pavimento piastrellato color cappuccino.
«Diciassette?!» Questa volta la voce apparteneva ad un ragazzo che Arianna non aveva mai visto. Prima di rispondergli lo scrutò per bene: mediamente carino. Begli occhi, capelli indifferenti, fisico abbastanza buono. Sette e mezzo.
«La cosa ti sconvolge tanto? Abbiamo diciotto gatti in casa. Agata, Bradford, Chad, Genevieve, Margherita, Landon, Bradley, Stephen, Isabella, Cat, Kristeen, America, Clint e Cedric che sono gemelli, Lauren, Edward e Joanne». Li pronunciò tenendo il conto delle dita, e poi si accorse che ne mancava uno. «Guido? Me ne manca uno... chi ho dimenticato?» chiese rivolgendosi al fratello.
«Harold, cara» fu la sua risposta. Guido era considerato da tutte le ragazze il più bel ragazzo dell'isola. Aveva gli occhi scuri, profondissimi, e capelli castani. E, la sua caratteristica migliore, un sorriso affascinante. «Quello che non ti sta tanto simpatico.»
«Oh già, Harold. Quello a macchie strane. Secondo me è un incrocio tra un gatto cretino e una mucca» annunciò facendo gesto ai ragazzi di andarsene. Questi ultimi risero, per poi lasciare il soggiorno. Tranne uno, Marco.
«Amore...» sussurrò avvicinandosi a lei.
Arianna rimase sconvolta dal modo in cui il ragazzo aveva osato chiamarla. Era finita. Come si permetteva di azzardare un passo così incauto?
«Vattene. Adesso» ordinò la ragazza alzando l'indice verso di lui.
«Amore era solo uno scherzo. Sai come siamo fatti noi ragazzi, abbiamo sempre paura che la nostra adorata ci tradisca». Sorrideva sinceramente, ma Arianna sapeva che era bravo a mentire. Gli uomini per lei erano tutti uguali, e per loro lo erano le donne: roba usa e getta, te la fai una volta, avanti il prossimo.
«E allora ti sei sentito autorizzato a tradirmi?» chiese alzando un sopracciglio. Non provava un sentimento grande per lui tanto da poter affermare che lo amasse, s'intende. Ma lo considerava diverso, era l'unico che riuscisse a capire le sue manie, le sue ossessioni, le sue idee. Non era come gli altri che aveva avuto, pronti a prenderla in giro non appena trovavano qualcosa di fuori dalla norma in lei.
«Non ti ho tradito, era un specie di test» ammise Marco, rosso in viso. Si era abbassato accanto alla poltrona su cui sedeva Arianna, con i talloni sollevati in modo che le punte dei piedi sostenessero il suo peso.
«Già, per vedere se me la sarei presa così avresti scoperto se io tenevo davvero a te e non me la facessi con qualcun'altro» recitò la diciassettenne agitando una mano. «Sei ridicolo Marco. E adesso vai su con Guido and stuff». (Arianna aveva il brutto vizio di mettere delle parole inglesi in mezzo ai suoi discorsi, così da sembrare più aristocratica, forse; ma spesso l'effetto che provocava era solo quello di una ragazza troppo montata.)
Il ragazzo, rassegnato, si avviò per le scale per raggiungere l'enorme camera del suo amico. Arianna ebbe voglia di piangere, ma non lo fece tanto era orgogliosa; il film intanto era già andato troppo avanti per avere la scusa di stare lì seduta per almeno un altro paio d'ore.
 
 
Eleonora, la madre, tornò dopo un'ora, e la cosa era parecchio curiosa, dato che il forno distava a dieci minuti dalla loro casa.
«Come mai ci hai messo così tanto?» chiese Arianna, che questa volta aveva il braccio Genevieve, una gatta rossa tigrata dalle orecchie marroncine ed Edward, suo figlio, che aveva preso il colore delle orecchie di sua madre.
«Sono andata a trovare Carla, era molto che non la vedevo» fu la risposta, alquanto inaspettata.
«Carla? Intendi quella...?» Arianna alludeva ad una donna che aveva problemi a camminare, si muoveva strascicando tutto il corpo, sempre sull'orlo di prendere l'equilibrio.
«Sì, quella Carla. Ha partorito due gemelli tre settimane fa» aggiunse Eleonora, soddisfatta della sua visita.
Arianna si chiese come avesse fatto a procrearli. Pensiero terribilmente turpe e vergognoso, ma questo lo sapeva anche lei. Mise dunque da parte i suoi peccati e si avviò per quella che sarebbe stata una brevissima discussione con sua madre.
«Mommy...?» cominciò esitante.
«Sì tesoro?» disse Eleonora ripiegando gli eleganti guanti bianchi prima di rimetterli al suo posto, dentro al piccolo scrigno in legno sopra al davanzale della finestra.
«Ti sei mai pentita di ciò che hai fatto?» La domanda era innocente, neanche aveva pensato alle conseguenze che avrebbe potuto provocare. Sua madre infatti si fece subito cupa, misteriosa, come se cercasse di nasconderle qualcosa. O forse cercava di scovare ciò che Arianna nascondeva?
«No cara, ti assicuro di no. Tutto ciò che ho fatto è stato fatto con amore e tanta dedizione, dunque non potrei mai pentirmene» ammise la donna, dirigendosi verso la sua scrivania, ordinatissima. Arianna si chiese se quella fosse davvero la verità: aveva mostrato troppa indecisione per essere Eleonora, la sua mamma sempre decisa nelle risposte alla figlia.
«Meglio un rimorso o un rimpianto?» chiese ancora, sperando in una risposta soddisfacente.
«Sono terribili entrambi. Ma dato che io non ho mai» sottolineò bene quest'ultima parola, «provato rimpianti dico che sono peggio i rimorsi» affermò tamburellando sulla tastiera del computer frasi a caso, che non c'entravano niente con ciò che doveva realmente scrivere. «Tu cosa pensi?» chiese poi ad Arianna.
«Il rimpianto è molto peggio» rispose, e lo credeva veramente. «Insomma, se hai commesso una cosa è perché al momento eri felice e ti sembrava la cosa giusta da fare, dunque non potrai mai pentirtene del tutto.»
«E se invece hai fatto quella cosa perché ti hanno persuasa ben bene e convinta del falso...?» chiese Eleonora, più a se stessa che alla figlia.
Arianna rimase zitta, pensando a lei e a Marco. Era stata obbligata a mettersi con lui? No, obbligata era una parola troppo grande; diciamo, convinta che quella fosse la cosa giusta da fare? Be', un po' era chiaro che erano destinati a stare insieme: da una parte lei, considerata da tutti la ragazza più bella dell'isola, con quei suoi capelli il quale colore nessuno riusciva a descrivere, e i suoi occhi verdi, brillanti; e dall'altra c'era Marco, classico ragazzo figo strafottente, e tanto, tanto dolce. Era forse questo il motivo che l'aveva spinta a farselo piacere? Era questione di attrazione obbligatoria poiché tutti si aspettavano che si mettessero insieme per votarli come Coppia di Réalité-Fantaisie 2011? Come mai non ci aveva mai riflettuto prima d'ora? Cos'era cambiato quel giorno? Si addormentò tormentata da quelle domande al momento senza risposta, là, sulla poltrona.

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Capitolo 4
*** La pesca di Maggio. ***


La pesca di Maggio.

Ogni paese merita di avere un po' di notorietà. L'Italia è famosa per la pizza, la Francia per le baguette, l'America per il miglior cibo spazzatura e per la sua naturale inclinatura a inventare le peggiori cretinate, l'Olanda per la sua danza con gli zoccoli. Ma non è necessario essere così famosi nel mondo, basta prendere ad esempio quei paesini che festeggiano la festa della polenta per un fine settimana, una volta l'anno; oppure le città che festeggiano l'arrivo della primavera con maestose sfilate di moda. Così come queste anche Réalité-Fantaisie ha il suo periodo festoso: la pesca di Maggio. Essa avviene la terza settimana di questo mese, e l'isola si trasforma completamente. La cosa che più di tutti salta agli occhi è che le abitazioni, a seconda del luogo, sono agghindate con bandierine bicolori. Il nord si tinge di azzurro e verde, l'est di giallo e fucsia, il sud di rosso e blu e l'ovest di verde e bianco. E poi ci sono concerti infiniti per tutte le strade, ma il più gradito di tutti i tempo era quello del signor Stars an' Stripes, oramai deceduto. Che nome ridicolo, non trovate? Egli infatti era uno dei pochissimi uomini ad essere scontento di esser nato a Réalité-Fantaisie, e dunque si faceva chiamare in questo modo sperando che qualcuno pensasse che avesse una qualche origine statunitense. Tuttavia, ovviamente, nessuno credette mai a questo fatto, e quell'amabile vecchietto fu per decenni lo zimbello dell'isola. Ma tornando al discorso del concerto, egli aveva creato un bizzarro strumento, attaccando con lo scotch un flauto traverso all'estremità di un enorme violoncello, e a questo un paio di piatti che provocavano un fracasso insopportabile. Più che un concerto era una buffonata, ma era proprio questo che rendeva lo spettacolo così affollato, e il signor Stars an' Stripes ne era molto contento.
Durante la pesca di Maggio sono organizzati vari giochi: per i bambini ci sono cacce al tesoro e alle farfalle, delle gare di canto e di disegno, prove di agilità; ma tutto il paese è molto più interessato al Grande Torneo di Direzionato, l'evento dell'anno che tutti gli abitanti aspettano con impazienza undici mesi l'anno. Ma forse vi starete chiedendo perché di chiama Pesca di Maggio se ancora non ho accennato nemmeno ai pesci o all'acqua, giusto...? Ebbene, ogni pomeriggio gli abitanti di Réalité-Fantaisie partecipano ad una gara di pesca: così si ha il Pescatore del lunedì, il Pescatore del martedì e così via fino alla domenica. Tuttavia questi sono premi minori, messi a confronto con il titolo di Pescatore di Réalité-Fantasie, assegnato alla mezzanotte dell'ultima sera. Come avrete capito dunque tutta l'isola si impegna a dare il meglio di sé affinché la festa riesca perfettamente.
Quell'anno anche Arianna avrebbe partecipato alla storica gara di pesca, ed era addirittura decisa a vincerla. Aveva scelto il vestito da indossare l'ultimo giorno dei festeggiamenti sei mesi prima: si trattava di un superbo modello nero che scendeva fino alle ginocchia, e la vita era stretta da un grande fiocco bianco, situato dietro. Tutte le ragazze dell'isola erano, ovviamente, invidiose degli abiti che lei era solita portare, e ad Arianna certo non dispiaceva. Aveva un vestito diverso per ogni giorno della pesca di Maggio, e sicuramente non avrebbe fatto una figuraccia.
Dato che le scuole chiudono durante questa settimana, tutta l'isola si presentò alle nove alla spiaggia Nord, pronti per il primo round. Arianna si presentò con un quarto d'ora in ritardo, perché si sa che le celebrità si fanno aspettare e desiderare; fece la sua entrata esagerando i modi, camminando in modo regale e sistemandosi continuamente i capelli che aveva accuratamente arricciato la mattina stessa. Il suo vestito, di un verde pallido molto primaverile, si attorcigliava un po' ogni volta che si girava per guardarsi intorno: molti ragazzi la guardavano, per poi girarsi dall'altra parte, leggermente rossi in viso, appena incontravano il suo sguardo; gli adulti invece, approvando ben poco i suoi modi, non la degnavano nemmeno di uno sguardo. Le venne incontro Noy Andreini, la figlia del direttore del Fiordalise, nonché una delle sue amiche più strette. Ella apparteneva, come si può facilmente immaginare, alla famiglia più ricca dell'isola, ma non era certo bella come Arianna: aveva occhi  opachi, per niente profondi e ben poco seducenti, e liscissimi capelli color carota, rovinati da tutti i prodotti che usava per renderli più luminosi. Ma, dato che aveva un armadio anche più grande di quello di Arianna e che suo fratello era davvero molto affascinante, restava comunque molto amica della nostra protagonista. Che poi, siamo sinceri, ad ogni star serve una ragazza più bruttina per apparire ancor più bella. Dopo esaurienti saluti e vari commenti sul look di altre ragazze, ci si dovette preparare per la contesa. Arianna si posizionò sul ponte, là dove con vernice color verde era segnato il numero ventidue, sistemò il suo cestino di vimini con dentro tutto il materiale per la pesca accanto a sé e si mise a sedere dopo aver lisciato per bene la gonna dell'abito. Fece per preparare l'amo, quando qualcuno la interpellò.
«Ma guarda cos'ha voluto la sorte!» fu l'esclamazione di Marco, che sfoggiava un sorriso soddisfatto. Egli era il figlio di uno dei più accaniti organizzatori della festa, dunque la ragazza immaginò subito che avesse chiesto al padre di metterli vicini di posto.
«Tuo padre è stato gentile ad accettare le tue richieste» disse con nonchalance, degnandolo appena di uno sguardo. In realtà dentro di sé sorrideva.
«Non è certo singolare che un padre aiuti il figlio a riconquistare una bella ragazza» affermò preparandosi per la gara. «Ma sappi che non ti farò vincere il titolo di Pescatore di Réalité-Fantaisie, quello proprio no.»
«Questo va contro i miei principî» commentò Arianna fingendo ancora che Marco fosse invisibile. Appoggiò la sua nuova canna da pesca accanto al cestino, e si passò una mano tra i capelli per dargli un po' più di volume. Adorava i suoi capelli, come tutto il suo corpo del resto.
«E cosa dicono i tuoi principî?» chiese Marco alzando un sopracciglio.
«Che quando un ragazzo ama un'altra ragazza deve dare a quest'ultima tutto ciò che vuole. E io voglio vincere» si girò verso di lui con un sorriso beffardo, con aria di sfida. Il ragazzo rimase per un attimo attonito, in cerca di qualcosa con cui ribattere.
«Questi tuoi fondamenti non hanno né capo né coda» affermò poi, cercando di zittire la ragazza con quella frase. Ma invano, sapeva perfettamente che era impossibile avere l'ultima parola con quella ragazza tanto seducente quanto ambiziosa e cocciuta.
«Io prendo i miei principî come postulati» fu la sua risposta gelata. E fu anche una risposta molto affascinante che destò molto stupore in Marco, tanto che si arrese senza aprire più bocca. Si tirò fino al polpaccio i calzettoni bianchi, già un po' sporchi di polvere, e si preparò per bene in attesa che fosse annunciato quel maledetto via!. Arianna fece lo stesso, soddisfatta di aver vinto anche quella piccola sfida.
La gara ebbe finalmente inizio, ed Arianna riuscì ad ottenere il titolo di Pescatore del lunedì. «È fatta» pensò automaticamente. Ma quanto si sbagliava!
I giorni che seguirono la festa infatti non andarono certo come il primo, la ragazza non vinse più nulla, e presto si rese conto che non sarebbe riuscita a raggiungere ciò che aveva desiderato. Quando se ne accorse pianse a lungo, disperata, finché non le venne in mente che se il vestito che aveva comprato per la domenica si fosse strappato, be' allora sarebbe stato tutto molto più drammatico.
Il venerdì andò alla finale del torneo di direzionato, dove giocavano anche Guido, il più agile senza alcuna ombra di dubbio, Marco e Stefano, il fratello di Noy. Quest'ultimo non era affatto come sua sorella: aveva gli stessi capelli rossi, ma ricci, e due grandi occhi blu. Un tipo di bellezza molto singolare, che non è facile da vedere in giro. In finale erano arrivati il Nord e l'Ovest dell'isola, e nessuno sapeva dichiarare con certezza chi di loro avrebbe vinto, e ciò rendeva la partita molto più emozionante. Arianna si sedette sui gradini, accanto ad una signora sulla sessantina, che aveva spesso incontrato per strada. Si guardò intorno: lo stadio era gremito di persone. Individuò la sua acerrima nemica, Franky Pirate, quella che aveva sedotto Marco mentre stavano ancora insieme, quella che andava a raccontare i fatti più falsi e contorti solo allo scopo di farsene uno in più. Indossava un ridicolo vestito giallo canarino fin troppo scollato, e al momento era intenta a coccolare Fumo, soprannome appartenente al ragazzo più arrogante di Réalité-Fantasie. Vide anche Roberto, uno dei suoi ex, che sgranocchiava un enorme pacchetto di popcorn insieme alla sua ragazza nuova di zecca, Jasmine, il quale nome si legge così come si scrive. E poi in prima fila c'era il suo amato professore di scienze, avvolto in una sciarpa azzurra e verde, e i suoi genitori, con tanto di bandierine e magliette di supporto per il Nord. Rimase per qualche altro minuto ad osservare tutti, finché la donna seduta accanto a lei decise di interrompere quel silenzio per introdurre un'interessante conversazione.
«Tu devi essere Arianna, dico bene...?» fece ammiccando i suoi occhi  verdi-azzurri. La ragazza pensò che doveva essere davvero bella da giovane.
«Esatto. E lei...?» chiese di rimando, sorridendo.
«Oh, chiamami semplicemente Ilda! Odio la gente che mi chiama signora Sigàr, che mi dà del lei e blablabla. Si sa da soli che siamo vecchi eh! Non c'è bisogno che voi giovani ce lo ricordiate ogni santa volta» disse esasperata, senza motivo dato che Arianna non aveva ancora aperto bocca.
«D'accordo Ilda» disse la ragazza trattenendo una risata. «Chi pensi che vincerà?» chiese poi ammirandosi le unghie perfettamente pulite.
«Non lo so, ma io tifo per l'Ovest! L'Ovest regna! Iuhu!» esclamò la donna. Arianna questa volta non poté trattenersi, e scoppiò in una grassa risata.
«Io invece spero che vinca il Nord, sai, ci gioca mio fratello» affermò dopo essersi calmata.
«Davvero? E chi è tuo fratello?» chiese Ilda, molto interessata alla faccenda.
«Guido» fu la risposta di Arianna, sempre sorridente. Quella donna le piaceva maledettamente, avrebbe voluto essere come lei alla sua età. Era uno spirito libero, sempre giovane, sbarazzino. «Guido Giuliani» precisò.
«Quel tipo alto, affascinante, con i pettorali scolpitissimi?» chiese guardando Arianna dritta negli occhi.
«Proprio lui».
«È un peccato che sia tuo fratello» commentò Ilda frugando nella sua borsa. «Per te intendo, io se avessi la tua età me lo sarei già fatto da un pezzo!» Arianna riscoppiò a ridere, colpita dalle parole poco genuine di quella donna. La partita iniziò proprio in quel momento, ed entrambe si zittirono, decise a non perdere alcun particolare del gioco. Guardarono senza sbattere le ciglia per una mezz'oretta, interrotta in qua e là da schiamazzi e urli di approvazione o meno.
«Ma tu hai sempre vissuto qui ragazza mia?» chiese improvvisamente, costringendo la ragazza a distogliere lo sguardo dalla partita.
«Ovviamente» rispose lei cauta, sbirciando con la coda dell'occhio Stefano e i suoi ricci focosi.
«E ti piacerebbe vivere da qualche altra parte?» fu la sua domanda impertinente. Nessuno si azzardava mai a chiedere queste cose sull'isola, erano argomenti proibiti. Si viveva lì e basta, fine della questione.
«Non saprei... sinceramente non ci ho mai pensato. Cioè si sa...» si interruppe per salutare Virginia, una sua vecchia compagna di scuola, che le aveva fatto un cenno con la mano da qualche fila più avanti. «Stavo dicendo, qua non se ne parla mai. Sei la prima persona che mi pone questa domanda, e dunque ci dovrei pensare. Però ho il mito degli Stati Uniti, intendo che amo le grandi attrici americane, e tutto ciò che arriva sull'isola dall'America, benché non sia molto.»
«Ah, l'America! Ci ho vissuto per sette anni e sei mesi, e sono stati i peggiori della mia vita. Innanzitutto sono ingrassata di dieci chili, ma lì è inevitabile perché mangi solo da McDonald praticamente» affermò la donna, mostrando una goffa aria saggia.
«McDonald...?» chiese Arianna con aria perplessa.
«Fast-Food. Patite fritte, pollo fritto, panini pieni di salse e carni grasse. Tutte schifezze anti-salutari» spiegò sorridente Ilda.
«Aspetta! Hai detto che hai vissuto negli Stati Uniti?» realizzò finalmente la ragazza. Quella donna le piaceva sempre di più.
«Già, e in Francia e in Inghilterra. Poi con la vecchiaia mi sono trasferita in questo posto terribile, e ormai resterò qui finché campo» nella sua voce c'era qualcosa di triste, di rassegnato. «Senti, ti va di venire a cena da me una sera? Così magari ti racconto un po' la mia storia...» propose la donna sfoggiando un sorriso smagliante.
«Certo, sarebbe delizioso» rispose prontamente Arianna.
«Lunedì sera?»
«Andata» fu la parola che chiuse la conversazione, dato che una manciata di secondi dopo il Nord vinse la partita e tutta Réalité-Fantaisie si mise a festeggiare fino a notte inoltrata, sperando che la prossima pesca di Maggio sarebbe arrivata il più presto possibile.

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