E vissero felici e contenti (dopo anni di litigi, punizioni e rifiuti)

di Sophie Hatter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Brutto scherzo (prompt: libro) ***
Capitolo 2: *** Rimbambito (prompt: rospo) ***
Capitolo 3: *** Potrebbe andar meglio (prompt: Ministro) ***
Capitolo 4: *** Hey, baby, non ti voglio più (prompt: settimane) ***
Capitolo 5: *** Nei momenti così (prompt: inverno) ***
Capitolo 6: *** Non mi arrabbio mai (prompt: acqua) ***
Capitolo 7: *** Spargimento di sangue (prompt: rosso) ***
Capitolo 8: *** Cosa fai stasera (prompt: cuori) ***
Capitolo 9: *** Una bottiglia di uischi (prompt: elfo) ***
Capitolo 10: *** Le buone maniere (prompt: tulipani) ***



Capitolo 1
*** Brutto scherzo (prompt: libro) ***


s1 Nota introduttiva: questa raccolta è stata scritta per il Lily e James – Missing Moments contest di Tittivalechan91, al quale non ho proprio potuto fare a meno di partecipare, nonostante mi abbia impegnato tutta l’estate – eh certo, perché non potevo scegliere la via più facile e scrivere una raccolta di drabble o flashfic, ma mi sono dovuta andare ad incasinare con dieci one-shot XD
Ogni elemento della raccolta doveva essere ispirato ad un prompt: nell’ordine, questi saranno:
1.    Libro
2.    Rospo
3.    Ministro
4.    Settimane
5.    Inverno
6.    Acqua
7.    Rosso
8.    Cuori
9.    Elfo
10.  Tulipano
Alle volte trovare un’idea originale per il prompt non è stato facile, ma tutto sommato è stata davvero una bella sfida. In fondo all’ultima storia riporterò il giudizio ricevuto, anche se procederò abbastanza lentamente con la pubblicazione perché la storia numero 8 è iscritta ad un altro contest e devo quindi lasciarla inedita fino alla sua scadenza. Nel frattempo, inizierò a pubblicare dalla prima, con cadenza settimanale.
I titoli delle shot sono tutti titoli di canzoni di Bugo (adoro quell’uomo).
Per tutte le date presenti mi sono basata sul Lexicon, sui calendari degli anni in questione, sulle interviste a JKR e sulle informazioni dai libri (I doni della morte, il prigioniero di Azkaban e l’Ordine della fenice in particolare).
Riporterò il giudizio ricevuto in fondo all’ultima storia, insieme ai bellissimi bannerini ricevuti.

Dopo questo noioso sproloquio, non mi resta altro da dire se non buona lettura :)

S. 









Brutto scherzo




Prompt: libro
Ambientazione: primo anno
Parole: 2919





13 Ottobre 1971


“Signor Potter, vuole spiegarmi perché l’ha fatto?”

James si guarda le punte dei piedi, imbarazzato. È già la terza volta, da quando ha iniziato Hogwarts, che la professoressa McGranitt lo fissa con quel cipiglio severo e quel sopracciglio inarcato, segno di totale e completa disapprovazione nei suoi confronti. Non che a lui importi più di tanto di essere disapprovato – è Sirius che glielo dice sempre, gli adulti non contano niente. Qualunque cosa tu faccia, saranno sempre pronti a metterti in punizione o urlarti contro, perciò obbedire o no è indifferente. James sa che i suoi genitori non gli hanno mai urlato contro, ma qui a Hogwarts è tutto diverso e i professori non sembrano apprezzare molto la sua esuberanza. Perciò, in fin dei conti, probabilmente Sirius ha ragione.
“Non posso dirglielo, professoressa”, risponde quindi, spingendosi gli occhiali sul naso con un gesto deciso. I primi giorni Sirius ha provato a prenderlo in giro chiamandolo quattrocchi, ma James ha scoperto poco dopo che il suo amico ha un neo sul didietro, quindi ha minacciato di spifferarlo a tutta la scuola per farlo smettere immediatamente. È così che sono diventati migliori amici, più o meno.
“Devo dedurne che non abbia alcuna giustificazione valida per la sua marachella?” gli domanda la McGranitt, massaggiandosi le tempie. James deglutisce rumorosamente. Non può essere espulso per una baggianata del genere, ma ha il sospetto che la professoressa lo desideri fortemente.
“L’ho fatto perché mi andava”, risponde quindi, stringendosi nelle spalle. La McGranitt, per un po’, non dà segni di vita. Lily Evans, in piedi nell’angolo a fianco a lei, continua a gettargli occhiate di fuoco.
James, dentro di sé, gongola enormemente.
Era proprio quello che voleva ottenere.
“E va bene, signor Potter, l’ha voluto lei. Per punizione passerà il finesettimana a pulire da cima a fondo tutti i ripostigli per le scope dell’ala est del castello – ovviamente senza magia. Ah, verrà sorvegliato a vista dal signor Gazza, quindi può dimenticarsi di chiamare in soccorso i suoi amici. Signorina Evans, lei aiuterà il signor Potter”.
“COME?!”
“Mi dispiace, signorina Evans, ma non posso transigere. Il signor Potter potrà anche averla provocata, ma lanciargli contro una fattura così grave non è una cosa che posso lasciare impunita in qualità d’insegnante. La prossima volta, se verrà ancora infastidita con scherzi di questo genere, si rivolga direttamente a me… oppure si vendichi in un luogo privato e lontano dagli occhi di un professore”.
La McGranitt pronuncia quell’ultima parte in un tono di voce decisamente più basso, quasi che non voglia farsi sentire da James. In effetti, Evans potrebbe interpretare quel suo consiglio nella maniera peggiore e, la prossima volta, rinchiuderlo nel bagno di Mirtilla Malcontenta per poi appenderlo a testa in giù sopra un lurido wc e torturarlo con perfidi incantesimi, fino a non lasciargli altra scelta che chiedere pietà.
A giudicare dallo sguardo della sua compagna di Casa, sembra proprio che stia pensando a qualcosa di molto, molto simile.
“Potete andare. Dirò al signor Gazza di aspettarvi sabato mattina alle dieci al primo piano, da dove comincerete. Signor Potter, fossi in lei non sorriderei… dubito che troverà qualche tesoro nascosto facendo le pulizie. Neanche in quei ripostigli che non vengono puliti da… all’incirca una cinquantina d’anni, credo”.
A James per poco non si stacca la mandibola. Chissà quali innumerevoli quantità di ragni, polvere, tarme e scarafaggi potrà aver accumulato un posto che non viene pulito da cinquant’anni.
Prega che la McGranitt stia solo scherzando, dopodiché si volta ed esce dal suo ufficio, seguito a ruota da Evans.
Sa già che a breve dovrà fronteggiare la sua ira, basta solo aspettare che la porta si chiuda alle loro spalle…
“Sei veramente un idiota, un idiota stratosferico! Dimmi la verità, brutto scemo patentato: l’hai fatto solo per dimostrare che sei già capace di fare quell’incantesimo…”
“…si chiama Incantesimo di Appello, Evans”.
“Esattamente! È per questo, no?”
“No”.
“E allora perché?”
“L’ho già detto. Perché mi andava”.
“Per quanto tu sia idiota, non ci credo”.
“Come ti pare. Ci vediamo in giro, ma soprattutto sabato”.
Evans lancia a James un’occhiata carica d’ira, poi gli volta le spalle e si allontana di fretta. Il sorriso di James, che è rimasto lì appena accennato per tutto il tempo, ora si allarga a dismisura.
È andato tutto secondo i suoi piani – più o meno, forse nella sua immaginazione Evans gli avrebbe risposto in modo molto meno scorbutico. Però ci è riuscito, ha raggiunto il suo scopo.
Tuttavia, James non può confessare a nessuno la verità, perché altrimenti è sicuro che verrebbe preso in giro per giorni.
Guarda l’orologio, ricordandosi che ha un appuntamento: lui e Sirius vogliono esercitarsi nel volo con due scope sgraffignate alla fine di una lezione di Madama Bumb, dato che domani hanno la prima prova pratica e James è assolutamente intenzionato a prendere il massimo dei voti. L’anno prossimo vuole entrare nella squadra di Quidditch di Grifondoro a tutti i costi e, sebbene sappia già di essere bravo, vuole sentirsi dire da Sirius che è ancora più bravo di quanto pensi lui stesso. Forse faranno venire anche Peter che, tutto infervorato, poco fa gli ha chiesto di poter assistere alla loro performance. Peter è simpatico, ride sempre a tutte le battute che fanno James e Sirius ed è sempre entusiasta delle loro idee. Quell’altro invece, Remus, se ne sta un po’ troppo sulle sue. Ma di sicuro troveranno un modo per socializzare con lui. Non puoi stare a Grifondoro e rimanertene lì a non parlare con nessuno, James ne è sicuro.
Comunque, per il bene del suo orgoglio personale, non può raccontare né a Sirius né a Peter il motivo per cui ha rubato un libro a Lily Evans, rifiutandosi di restituirglielo fino a beccarsi una Fattura Pungente dalla suddetta. Mentre si avvia verso il parco, non può fare a meno di pensarci con orgoglio. Evans si crede tanto furba, ma farsi beccare in pieno dalla McGranitt non è stata un’azione così geniale. E, finalmente, è stata costretta a rivolgergli la parola.
La verità è che a James dava fastidio essere così apertamente ignorato. E quella bambinetta dai capelli rossi, che poi aveva scoperto chiamarsi Lily Evans, durante quel primo mese di scuola l’aveva sempre ignorato. Fin da quando, sul treno per Hogwarts, lui e Sirius si erano messi a prendere in giro il suo amico strambo e unticcio, quello di Serpeverde. L’avevano fatto per gioco, che diamine. Era colpa di quello lì se non sapeva nemmeno stare agli scherzi.
Ancora non capisce come possano essere amici quei due, ma non è una cosa di fondamentale importanza. Quello che James non sopportava era che quella ragazzina si voltasse dall’altra parte quando lui faceva qualche incantesimo che ancora il professor Vitious non aveva ancora insegnato alla classe, o che non ridesse quando diceva ad alta voce una battuta particolarmente divertente, o che a cena gli passasse il sale o il succo di zucca con un gesto secco e silenzioso, anche se lui glielo domandava con gentilezza.
Era carina, ma questo non le conferiva affatto il diritto di fare finta che lui non esistesse.
Per questo oggi, mentre si dirigevano verso la sala grande per il pranzo dopo l’ora di Storia della Magia, James ha acchiappato il libro di Difesa Contro le Arti Oscure di Evans con un abilissimo Incantesimo di Appello – sapeva che l’avrebbe fatta morire d’invidia, eseguendo una magia così avanzata per loro del primo anno – e poi l’ha spedito, con un altrettanto abile Incantesimo di Levitazione, sopra il grosso lampadario che pendeva sulle loro teste.
Ovviamente, questo l’ha mandata su tutte le furie.
Mentre James si chiude per bene il mantello per ripararsi dal venticello freddo che si è alzato improvvisamente, affondando i piedi un passo dopo l’altro nell’erba umida, rievoca con grande soddisfazione lo sguardo inorridito di Evans che seguiva il suo libro levitare nell’aria fino a raggiungere il lampadario. James l’ha guardata con un enorme sorriso di sfida dopo averlo fatto e lei è andata su tutte le furie. Sembrava che dovesse iniziare a sputare fiamme da un momento all’altro.
“Ridammelo subito!” gli ha ordinato, imperiosamente. James si è limitato a scuotere le spalle.
“Non credo di averne voglia”, le ha risposto, facendola infuriare ancora di più.
“Quello è il mio libro di Difesa Contro le Arti Oscure, non il tuo giocattolino, devi esserti confuso! E ora ridammelo!”
“So che cos’è un libro, Evans, non c’è bisogno che me lo spieghi tu”.
“Se non lo fai scendere immediatamente da lì me la paghi, Potter…”
“Visto che sei tanto brava, perché non te lo riprendi tu?”
“Potter, ti ho avvertito!”
“Magari preferisci pregarmi…”
A quel punto, Evans si era totalmente imbestialita e gli aveva lanciato contro la fattura. Peccato che, pochi secondi dopo che la pelle di James aveva iniziato a ricoprirsi di bruciature non molto simpatiche a vedersi, fosse passata di lì nientemeno che la professoressa McGranitt.
Di conseguenza erano finiti entrambi nel suo ufficio e si erano beccati una punizione.
James arriva al luogo dell’incontro con Sirius e, mentre si avvicina, si sfila gli occhiali per pulirli con aria apparentemente noncurante.
“Allora? Ti ha rotto tanto le scatole?” chiede lui, in tono piatto.
“Non più di tanto. Finesettimana a pulire i ripostigli con Evans”, risponde James, attento a mantenere un atteggiamento indifferente. Peter gli si accosta, ha l’aria dispiaciuta.
“Accidenti, chissà che sfortuna dover passare tutto quel tempo con lei… sta’ attento che non ti scagli un’altra di quelle brutte fatture, James…”
“Non ti preoccupare, Pete. Evans non è un problema per me”.
Peter sorride, rassicurato. Poi gli porge la scopa.
“Ecco! Te l’ho portata io”.
“Grazie. Perché dopo non provi anche tu? Posso insegnarti qualche trucchetto”.
“Dici davvero? Oh, James, ti ringrazio, ti ringrazio moltissimo…”
“Figurati. Sei pronto, Sirius?”
“Prontissimo”.
“E allora guarda che so fare!”
James si dà una rapida spinta per alzarsi velocemente da terra, riuscendoci senza alcuna difficoltà. Sa già zigzagare abilmente fra le cime degli alberi, sfruttare al meglio le correnti d’aria, inclinare il peso di modo da curvare nella giusta misura. Per lui volare è un gioco da ragazzi.
L’anno prossimo, quando sarà entrato nella squadra di Quidditch di Grifondoro – perché è certo che ci entrerà, non ci sono dubbi – Evans non potrà più tentare di ignorarlo. Lo vedrà giocare alle partite e si renderà conto di quanto è bravo. Un talento molto promettente, nonostante la giovane età. Così lo definivano a casa gli amici di suo padre che ogni tanto venivano a pranzo e lo vedevano esercitarsi nel piccolo campo da Quidditch sul retro della casa, costruito apposta per lui. Quel ragazzo farà strada, gli dicevano.
E quando li sentiva dire quelle cose, James si riempiva di gioia e d’orgoglio. Perché si rendeva conto che c’era qualcosa che sapeva fare veramente bene. Era un po’ come avere un’arma segreta, da sfoderare al momento opportuno.
Purtroppo, però, ci è rimasto molto male quando ha scoperto che quelli del primo anno non sono ammessi in squadra. Così, essendo costretto ad attendere l’anno successivo per impressionare Evans con le sue doti straordinarie a Quidditch, ha dovuto rubarle il libro. Tanto alla fine l’ha riavuto, no? Che motivo c’era di fare tutte quelle storie?
Però gli ha parlato. Ha smesso di ignorarlo. Si sono parlati e dovranno scontare una punizione insieme, così potrà darle ancora più fastidio.
Non sa bene perché, ma lo trova divertente. Il modo in cui le guance le diventano rosse, la forza con cui stringe i pugni come se volesse picchiarlo, gli sguardi assassini provenienti dai suoi grandi occhi verdi… vederla così, per James, è un autentico spasso. Quasi quanto lanciare Caccabombe con Sirius dentro l’ufficio di Gazza.

*

È sabato mattina. James si è svegliato fra innumerevoli sbadigli, rendendosi conto di essere in ritardo soltanto dopo che Sirius gli ha detto: “Sono le dieci meno un quarto, quando andiamo a fare colazione?”. Per fortuna, in quell’esatto momento, si è ricordato della punizione. Così, mentre si lavava e vestiva in tutta fretta, Peter è corso in sala grande ed è tornato a portargli un bombolone alla crema, che James ha ingurgitato in cinque nanosecondi, rischiando quasi di soffocare. Ovviamente, Sirius ha riso di lui per tutto il tempo. Purtroppo James non ha potuto dirgli di non farlo, perché era solo grazie a lui che si era ricordato di avere un impegno e che quindi – forse – non sarebbe arrivato tardi.
Dopo essersi lavato i denti, si è fiondato di corsa giù per le scale. Ha attraversato la sala comune e il ritratto della Signora Grassa – di Evans nessuna traccia, era praticamente certo che non si fosse degnata di aspettarlo e che si trovasse già sul luogo del ritrovo. E infatti, quand’è arrivato, l’ha trovata lì che batteva il piede a terra in segno d’impazienza, il visino tutto imbronciato. Ovviamente ha ignorato Gazza e ha iniziato subito a dettare le regole – non più di venti minuti per ripostiglio, armarsi di scope, guanti, sacchi e strani aggeggi piumati per rimuovere la polvere, non aprire bocca per nessun futile motivo. Wow, che ragazza organizzata.
Tuttavia quella punizione è molto seccante e, quando sono solo al secondo ripostiglio, James non ce la fa più a stare in silenzio.
“Non sarai mica ancora arrabbiata”.
“Mi hai strappato un libro di mano e me l’hai fatto volare su un lampadario, certo che sono ancora arrabbiata”.
James si stringe nelle spalle, mentre raccoglie un bel mucchio di cartacce, vecchie piume usate e  caramelle ammuffite e lo concentra tutto in un angolo.
“Secondo me ti rode di più per la punizione”, le dice, con un sorrisetto sghembo. La scruta diritto negli occhi, per vedere se si intimidisce, ma lei sostiene il suo sguardo con fierezza.
“Oh, non ti credere. Sono già rassegnata al fatto che mi beccherò molte altre punizioni per colpa tua”, replica, e James non può fare a meno di provare una certa ammirazione. Allora non è solo una sua impressione che Evans non sia una perfettina santarellina.
“Comunque non è poi così male, non credi? Sai, tenere la scuola più pulita. Sgobbiamo per una causa nobile”.
Evans lo fissa con espressione incredula, continuando a spolverare la cima dell’armadio da sopra la sedia su cui è salita.
“Tu devi avere qualcosa che non va nella testa”, gli dice, in tono quasi rassegnato.
“Oh, dai, ammettilo, ti diverti anche tu ad arrabbiarti così con me. Se non ci fossi io, la tua vita sarebbe terribilmente noiosa”.
“Potter, la mia vita è diventata terribilmente disastrosa da quando tu hai cominciato con i tuoi stupidi scherzi!”
“Tsé! È molto più entusiasmante una mezzora con me piuttosto che un’intera giornata con quel babbeo del tuo amico”, replica James, in tono deciso. Davvero, quei due non hanno niente in comune. Chissà di che diavolo parlano. Evans però ha ripreso a guardarlo male, come quando gli ha scagliato quella perfidissima fattura.
“Lo dici solo perché è finito a Serpeverde e tu hai degli stupidi pregiudizi…” attacca, ma James la interrompe subito.
“Ascolta, non so da dove vieni tu, ma lo sanno tutti che da Serpeverde escono da secoli un sacco di maghi oscuri”.
Evans lo guarda perplessa, mentre scende dalla sedia con movimenti distratti.
“Ad esempio? Chi sono questi maghi oscuri?” gli domanda, e James per poco non prende a sbattere la testa contro il muro.
“Evans, come fai a non saperlo?!” esclama, incredulo. Lei improvvisamente arrossisce e il suo sguardo si fa meno duro; smette di fissarlo negli occhi e prende a scrutare con attenzione una crepa nel pavimento.
“Sono… i miei genitori non sono dei maghi, va bene?”
Ah, ecco, questo spiega tutto. Che stupido, pensa James. Non è abituato a pensarci, avendo sempre vissuto circondato da famiglie di maghi.
“Severus ha detto che non faceva differenza…”
“No, infatti, non fa alcuna differenza. Se me l’avessi detto subito, avrei capito. Non c’è nulla di cui vergognarsi”, le dice, con tono di scusa. Non vuole che lei pensi che lui è uno di quelli che badano a queste cose, perché non lo è. Sua madre e suo padre hanno sempre insistito molto su questo, sul fatto che tutti i maghi sono uguali, anche hanno i genitori Babbani. James è sempre stato d’accordo, per questo ci tiene molto.
“Lo so, è meglio che non lo dica in giro”.
“Stai scherzando?!”
“Severus ha detto che qualcuno potrebbe prendersela con me, che non si sa mai…”
“Chiunque osasse farlo, verrebbe espulso subito. Sarei il primo ad andare a dirlo a Silente. Fidati”.
Evans resta in silenzio per qualche secondo, poi, lievemente imbarazzata, prende uno straccio da un secchio e comincia a pulire i vetri della finestra.
“Ok, ti credo”, dice a James, senza voltarsi. Lui sorride, soddisfatto. I suoi genitori gli hanno sempre insegnato che quella è una cosa importante, perciò ci tiene a sottolinearla. Anche con una un po’ scontrosa e suscettibile come Lily Evans.
“Allora? Questi maghi oscuri? Dimmi qualche nome, sono davvero curiosa di sapere se proprio tutti vengono da Serpeverde…”
Sul volto di James si disegna un ghigno birbante, mentre formula la sua risposta.
“Adesso che ti ho restituito il tuo libro di Difesa, potresti anche andare a controllare da sola”, ribatte, e in cambio riceve uno straccio bagnato dritto in piena faccia. Un tiro estremamente preciso, non c’è che dire. Forse James deve stare attento… non si sa mai che Evans, l’anno prossimo, si metta in testa di rubargli per dispetto il posto di Cacciatore nella squadra di Quidditch.






Nota conclusiva: dunque, spiego subito come sarà strutturata questa raccolta. Le shot andranno in ordine cronologico e ce ne saranno, quindi, circa metà in cui Lily e James ancora non stanno insieme, mentre le restanti saranno incentrate sul settimo anno e sul post-Hogwarts; alcune saranno incentrate sul punto di vista di James, altre su quello di Lily (in questo caso lo schema sarà libero, cioè vi troverete le prime tre incentrate su James e poi le successive tre su Lily, poi di nuovo una su James e così via). Avendo già scritto una long-fic su di loro, ho cercato di non ripetermi per quanto riguarda gli avvenimenti; diciamo quindi che questa raccolta può essere considerata una sorta di spin-off di Between You And The Giant Squid, anche se ovviamente non è necessario averla letta per capire quello che succede (al massimo, chi l'ha fatto coglierà qualche riferimento velato). In ogni caso, ho cercato di dare alla raccolta una sua coerenza interna e di fare sì che, raccontando episodi in un certo senso minori, mostrasse comunque l'evoluzione che la relazione fra Lily e James compie nel corso del tempo, fin dal primo anno di scuola.
Vi lascio una piccola anticipazione della prossima shot, poi passo e chiudo:

“Oggi è il mio compleanno”, le dice, con aria ermetica. Lei aggrotta la fronte, perplessa.
“Bene. Auguri. C’è altro?”
James si fa coraggio. Ormai non può fare a meno di dirglielo. Si convince che la sua intraprendenza la stupirà in positivo, fino ad esserne praticamente certo.
Perciò decide di lanciarsi.
“Come regalo voglio un bacio da te, Evans”, le dice, gonfiando il petto.

Alla prossima settimana!
S.

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Capitolo 2
*** Rimbambito (prompt: rospo) ***


s2
Rimbambito




Prompt: rospo
Ambientazione: terzo anno
Parole: 2587




27 Marzo 1974


È sabato mattina. Uno speciale sabato mattina, come James si sente urlare festosamente nelle orecchie da qualche secondo, più precisamente da quando ha socchiuso l’occhio sinistro per dare una sbirciatina intorno. È una cosa che fa sempre, quando si sveglia. All’inizio schiude leggermente le palpebre, per lasciar filtrare la luce molto lentamente. Dopodiché, quando si sente abbastanza pronto, apre tutti e due gli occhi. Prima appena appena, poi del tutto.

Oggi però è il suo compleanno, ed è costretto a saltare tutti quei piccoli passaggi perché Sirius sta cercando di buttarlo giù dal letto con assai poca delicatezza.
“Dai, brutto dormiglione, vieni fuori da quel letto!” gli urla, infervorato, prendendolo per un braccio e tentando di trascinarlo a terra contro la sua volontà.
James ha tante di quelle fitte alla testa che non ha nemmeno la forza di protestare.
“Sirius. Così gli staccherai un braccio”, fa notare Remus, con il suo solito tono neutrale. Come se stesse recitando il bollettino meteorologico il giorno prima delle partite di Quidditch. Solo che, nella maggior parte dei casi, quello che dice è molto, molto significativo.
Come adesso, per esempio. Se Sirius non la pianta gli spaccherà davvero un braccio.
“Sirius… mollami…” riesce a bofonchiare, in un momento di lucidità. Quella lancinante emicrania è dovuta alla bottiglia di Whiskey Incendiario che si sono tracannati ieri sera in suo onore appena scattata la mezzanotte e che l’ha fatto andare a letto barcollante e con la testa leggera. È stata la prima sbronza della sua vita, ma nessuno si era premurato di dirgli che i postumi fossero così fastidiosi.
Meno male che oggi non hanno lezione.
“E dai, James, i festeggiamenti sono appena cominciati! Che diavolo aspetti?”
“Sirius ha ragione, James! Non ti immagini nemmeno le dimensioni della torta che ti abbiamo preparato…”
“Pete, doveva essere una sorpresa!”
“Oh, accidenti!”
“Non fa niente, l’importante è che James si alzi…”
“JAMES!”
“James, ti prego, fallo per me, non ne posso più di sentir strillare questo qui…”
“E va bene, va bene!”
Con uno sforzo sovrumano, James mette finalmente i piedi giù dal letto. Si stiracchia abbondantemente, poi allunga la mano sul comodino, afferra gli occhiali e li inforca. Finalmente, Sirius molla il suo braccio. Remus, ancora seduto placidamente sulla poltrona, lo osserva con un sorriso rassegnato.
“Devi vedere i nostri regali!” esclama un Peter totalmente euforico. Se non lo conoscesse bene, James direbbe che Peter è quasi più felice adesso rispetto al giorno del suo compleanno.
“Perché intanto non scattiamo qualche foto?”
“Scordatelo, Remus, non sono assolutamente presentabile!”
“E allora fila in bagno e datti una sistemata, non ho intenzione di lasciare questo storico momento privo di testimonianze documentate”.
“Sirius, a chi credi che interesseranno fra vent’anni le foto del mio quattordicesimo compleanno?”
“Beh, se diventerai una star del Quidditch potrò venderle ai giornali scandalistici!”
James scuote la testa – anche se forse avrebbe fatto meglio a non farlo, data la nuova fitta di dolore che il brusco movimento gli ha provocato – e inizia a cercare i suoi vestiti che, come al solito, si sono sparsi in diversi angoli della stanza. Ad esempio, non ha assolutamente idea di come ci sia finito il suo calzino destro sulla maniglia della porta. Tuttavia, nonostante si sforzi di cercare, dopo qualche minuto si accorge che non riesce a trovare il suo maglione.
“Uh, è vero, forse te lo sei scordato giù in sala comune ieri notte”, dice Sirius.
“Vorrai dire che tu te lo sei scordato, visto che abbiamo dovuto trascinare James in camera di peso”, gli fa notare Remus, sempre con la sua aria estremamente composta.
“Non ho capito perché ogni volta deve essere colpa mia”, obietta Sirius, in tono acido.
“Tranquilli, ragazzi, vado a recuperarlo io… intanto voi tirate pure fuori la mia nuova scopa, grazie”.
Remus e Peter sbiancano di colpo, mentre Sirius per poco non si getta a prendere a testate il muro.
“COME DIAMINE FAI A SAPERLO?!”
“Quando ti è arrivato il pacco per posta non sei stato abbastanza svelto a trasfigurarlo in un mazzo di fiori firmato da un’ammiratrice anonima. Mi dispiace per te, ma la forma di un manico di scopa è inconfondibile”.
Sirius stringe gli occhi, guardando James in cagnesco. Lui si limita ad esibire un sorrisetto.
“Che modello è? Una Skyline 320?”
“Corri a riprenderti quell’accidenti di maglione, mentre noi qui sistemiamo tutto. Non vedrai un solo millimetro di regalo in più se non sparisci per almeno un paio di minuti. E ora vai!”
James decide che non è il caso di far imbestialire ancora di più Sirius, non dopo aver osato rovinargli la sua meravigliosa sorpresa.
Purtroppo non è assolutamente in grado di tenere un segreto, non con il suo migliore amico, almeno, e non è più stato capace di mordersi la lingua e tacere.
Così, senza altre esitazioni, inforca la porta ed esce sull’androne; poi si dirige verso la scala a chiocciola in marmo scuro che porta in sala comune. Scende di corsa i primi gradini, con l’ansia di doversi sbrigare se vuole evitare che le minacce di Sirius diventino realtà; dopo poco, però, rallenta inavvertitamente.
Il cuore comincia a battergli molto più forte di quanto non dovrebbe; si sta verificando qualcosa di assolutamente non previsto.
In sala comune, sola soletta, stravaccata su un divanetto in compagnia di una tazza di the in porcellana decorata, un foglio, un libro e una pergamena, c’è Lily Evans. Non è in divisa, ma indossa dei normali abiti Babbani. Ha i capelli raccolti in una coda alta, a lasciarle libero il viso.
È bella: bella in un modo strano, non semplicemente estetico. È bella che fa effetto, che lascia senza parole.
James si sente come pietrificato.
Riprende a scendere le scale lentamente, quasi in punta di piedi, come se d’un tratto avesse paura di disturbarla. Sente un prepotente impulso spingerlo ad avanzare verso di lei, anziché verso il maglione che ha dimenticato – lo vede, è lì su una delle poltrone di velluto rosso che stanno vicino al camino, ma tutt’ad un tratto non gliene importa più – e così, lentamente, lo asseconda. Si sente strano, accaldato. Improvvisamente accaldato.
“Ciao, Evans”, la saluta, la voce ancora arrochita dal sonno. Tossicchia per schiarirsi la gola subito dopo, sentendosi in imbarazzo. Avrebbe voluto sfoggiare un timbro più elegante, più attraente.
“’giorno”, risponde lei, sollevando appena lo sguardo dalla sua pergamena. Si solletica il lobo dell’orecchio con la piuma mentre, con gli occhi, scorre velocemente le righe del libro di testo. James la osserva, rapito. Evans è bella, accidenti. Non può tornare di sopra così, deve avvicinarsi e parlarle.
“Che fai?” le domanda, tentando di sfoggiare un tono casuale.
“Uh, il tema di Trasfigurazione”, risponde lei, alzando le spalle. In effetti, non hanno mai svolto delle grandi chiacchierate. Più che altro bisticciano. E si insultano. E si fanno dispetti.
Ma oggi, per qualche motivo che gli risulta incomprensibile, a James sembra tutto diverso. Oggi non ha voglia di punzecchiarla. Vorrebbe avvicinarsi e leggere per lei le righe del suo libro, passarle le dita su una guancia pallida e scostarle quel ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Poi avvicinarsi, sempre di più, fino ad annullare completamente lo spazio fra le loro labbra e…
“Potter. Che ti prende? Ti sei scordato dove ti trovi?”
James si riscuote di colpo. C’è qualcosa che non va, oggi. Evans lo sta rendendo particolarmente rimbambito, nel più profondo senso del termine. Non si era mai sentito così prima d’ora.
“Cercavo solo il mio… oh, eccolo”, dice, facendo finta di accorgersi solo ora del maglione abbandonato sulla poltrona.
Si avvicina, se lo riprende con un gesto rapido e nervoso e poi fa per andarsene.
Ma non può lasciarla lì così, senza nemmeno essersi avvicinato. Qualcosa glielo impedisce – che cosa, esattamente, non lo sa. Tuttavia, senza quasi rendersene conto, va verso di lei e si siede silenziosamente al suo fianco.
Lily si volta a guardarlo, increspando le labbra con un certo disappunto. James si rende conto che non riesce a fare a meno di fissarla in maniera davvero imbarazzante, perciò si sforza di spostare lo sguardo in basso, ad osservare con attenzione il disegno intrecciato del tappeto.
Si rende conto che probabilmente lei penserà che sia pazzo, ma la primavera appena giunta deve avergli giocato qualche brutto scherzo.
“Oggi è il mio compleanno”, le dice, con aria ermetica. Lei aggrotta la fronte, perplessa.
“Bene. Auguri. C’è altro?”
James si fa coraggio. Ormai non può fare a meno di dirglielo. Si convince che la sua intraprendenza la stupirà in positivo, fino ad esserne praticamente certo.
Perciò decide di lanciarsi.
“Come regalo voglio un bacio da te, Evans”, le dice, gonfiando il petto. Lei non risponde e per poco non le escono gli occhi fuori dalle orbite. Quei bellissimi, grandissimi occhi verdi. Quando si arrabbia, sembra che sprizzino scintille. Forse è per questo che James si è sempre divertito un mondo a farla andare su tutte le furie. Ma prima, quando aveva undici o dodici anni, le ragazze gli interessavano al pari di una lezione di Storia della Magia. Ora, invece, ne ha appena compiuti quattordici. È come se davanti ai suoi occhi si fosse aperto uno strano e meraviglioso mondo, di cui prima ignorava l’esistenza. Si sente agitato vicino a Evans. Sirius gli ha detto che è piacevole baciare una ragazza, se non è lei che ti salta addosso all’improvviso.
“Potter, ci tieni proprio a fare una brutta fine, eh?” commenta alla fine lei, sospirando, mentre intinge la punta della piuma nel calamaio.
È un gesto insignificante, ma a James fa venire i brividi per come lo fa. I movimenti delicati delle dita, il fruscio della piuma e l’angolatura del polso.
“Vuoi picchiarmi? Non sarebbe carino, non si picchiano le persone con gli occhiali – per un bacio, poi, che sarà mai…” ribatte, comunque, facendo lo spavaldo. Si passa una mano fra i capelli, per nascondere il nervosismo.
“Oh, no, non desidero scendere così in basso… lo dico per te, davvero”, risponde lei, giocherellando con una collanina sottile che porta al collo. Altro gesto insignificante, che probabilmente ha sempre fatto, ma che lui non ha mai notato prima d’ora. Che diamine, perché nessuno l’ha avvertito che qualcosa si risveglia improvvisamente nei maschi quando compiono quattordici anni?
“Non riesco a capire che cosa intendi”, le dice comunque, tentando di mantenere la lucidità. Non può saltarle addosso come quella ragazza ha fatto con Sirius, non può proprio.
“Non la conosci la favola della principessa e del rospo?” domanda lei, candida. Principessa e rospo? Che diavolo è?
“No, mai sentita”, risponde, perplesso. Lei scuote la testa.
“Che diamine raccontano a voi figli di maghi quando siete bambini per farvi andare a letto?”
“Di sicuro cose meno strambe di questa…”
“Beh, per farla breve, in questa graziosa storiella un principe, che è stato trasformato in un rospo da una strega cattiva, per tornare umano deve farsi baciare da una principessa”.
“Davvero romantico, non c’è che dire…”
“Potter. Tu non cogli il punto. Sarà pure una storia Babbana, ma parla chiaramente di magia. La principessa non voleva baciare il rospo perché lo trovava disgustoso, eppure alla fine lo fa. Cosa credi che succederebbe se io e te facessimo il contrario?”
James la fissa con aria interdetta, alla ricerca di una risposta che non gli viene assolutamente in mente. Alla fine, si arrende con un’alzata di spalle. Sul viso di lei spunta un sorrisetto sardonico.
“Beh, è chiaro. Tu diventeresti un rospo”.
James è disperato. Vorrebbe mettersi le mani nei capelli.
“Non credo che staresti bene trasformato in rospo”.
“No, certo che no. Non mi rende giustizia. Sono troppo bello per diventare un animaletto gonfio e rugoso”.
“Esattamente. Perciò, ecco perché non posso baciarti. Facendolo contro la mia volontà ti farei automaticamente una cattiveria. Mi dispiace davvero, davvero tanto”.
Ovviamente lo dice con la faccia di una a cui non dispiace per niente. Questa perfida, piccola strega l’ha fregato per l’ennesima volta.
James osserva con disperazione le sue labbra rosse e piene curvarsi in un sorrisetto malefico, che esprime pura soddisfazione. No, non è giusto che l’abbia vinta così. È il giorno del suo compleanno, e James vuole il suo regalo. Lo esige. Evans si crede intelligente, ma lui lo è di più…
Oh, sì. Lui lo è di più.
“Aspettami qui, Evans, dammi qualche minuto e vedrai che sarai moralmente obbligata a soddisfare la mia richiesta”, le annuncia, dopodiché, lasciandola lì a domandarsi che cosa volesse dire, si alza di scatto e corre immediatamente su per le scale del dormitorio, fino alla stanza che condivide con Sirius, Remus e Peter.
Si affaccia sulla porta con un fiatone incredibile e di colpo Sirius smette di solleticare Remus nell’orecchio con la sua piuma, Remus smette di tentare di leggere il suo libro e Peter smette di masticare il suo boccone di torta, lasciando che qualche briciola gli finisca sulla camicia.
“Sirius”, annuncia James, con aria trionfante, “devi farmi un gigantesco favore, devi fare per me l’unica cosa che mi permetterà di ricevere il bacio che mi spetta di diritto da Evans”.
“Perché vorresti un bacio da quella lì, scusa?” domanda Sirius, perplesso.
“Perché lei è… mi è apparsa così, all’improvviso e… oh, Sirius, che t’importa? Non vuoi aiutarmi, in nome della nostra amicizia?”
“E va bene, sentiamo, di che si tratta?”
Tutti i suoi amici restano a guardarlo in silenzio, l’attesa febbrile nello sguardo, ansiosi di sentire cosa esattamente Sirius debba fare per far sì che James riesca in quell’impresa impossibile.
Il giovane Potter trae un profondo respiro, dopodiché decide che la suspense è durata abbastanza.
“Devi trasfigurarmi in un rospo, Sirius, ti prego”, dice infine, e se Peter fa una smorfia leggermente disgustata e Remus sgrana gli occhi incredulo, Sirius fa decisamente di peggio: gli scoppia sonoramente a ridere in faccia, senza alcun pudore.
“Non capisci, è che devo fregarla in termini dialettici! Lei ha raccontato questa storia della principessa e del rospo, e…”
Tutto inutile, Sirius ormai è completamente perso.
Le sue risa disumane si sentono probabilmente fino nei dormitori di Serpeverde, molti piani più sotto.
James non aggiunge altro, ma lo guarda rotolarsi a terra con le mani strette sullo stomaco, mantenendo un’espressione avvilita e imbronciata.
“Sei una brutta persona, Sirius Black”, gli dice, ma l’amico non se ne cura minimamente. È troppo preso dalle sue convulse risate. Anche Remus e Peter si fanno spuntare un accenno di sorriso, e quando James se ne accorge gli viene voglia di strozzarli.
“Non è divertente, non è per niente divertente! Non lo vuole fare soltanto perché non è capace, ve lo dico io! E poi questo qui vorrebbe diventare un Animagus? Non riuscirebbe nemmeno a trasformarsi in un moscerino!”
Nessuno lo prende sul serio, ovviamente.
Remus si stringe nelle spalle, con aria serafica.
“Che ci vuoi fare, James? Credo che ti toccherà conquistare Lily in forma umana, se non vuoi generare di nuovo reazioni simili”, gli dice e James sospira, rassegnato.
“Beh, in tal caso credo che dovrò essere di più…”
“Ma che dici, James? Sei già tutto! Sei un asso nel Quidditch, sei bravo in qualsiasi materia, tutti ridono alle tue battute, le ragazze dicono che sei carino…”
“Giusto, Peter”, interviene Sirius, che sembra essersi improvvisamente calmato, “non è che devi essere qualcosa di più. È che devi essere qualcosa di meno… meno rimbambito”.
James lo fulmina con lo sguardo e in tutta risposta il suo migliore amico riprende a ridere più forte di prima.
Detesta ammettere quando ha ragione, lo detesta profondamente.






Nota conclusiva: un grazie immenso a chi mi ha dedicato cinque minuti per commentare, siete state carinissime :) spero che anche questo secondo capitolo fosse all'altezza. Vi lascio di nuovo un pezzettino della prossima storia:

Cade l’ennesimo silenzio. La McGranitt stringe lievemente gli occhi, stira la bocca e inarca le sopracciglia, proprio come fa ogni volta che vuole rivolgergli una frase particolarmente sferzante.
“Parlando delle sue possibilità di carriera, ha mai pensato a qualcosa di preciso – che non riguardi, ovviamente, i suoi progetti di distruzione nei confronti di questa scuola?”
James comincia a pensare in fretta. Un lavoro, una carriera. Tra poco Lily sarà fuori da quella porta, io uscirò e la incontrerò e potrò chiederle di uscire.

Dieci punti a chi indovina cosa succederà XD
Al prossimo week end!


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Capitolo 3
*** Potrebbe andar meglio (prompt: Ministro) ***


s3
Potrebbe andar meglio




Prompt: ministro
Ambientazione: quinto anno
Parole: 3196




19 Aprile 1976


James Potter ha un’aria strana, oggi. È questa la prima cosa che pensano Peter Pettigrew e Remus Lupin quando lo vedono avvicinarsi, con fare molto cauto e circospetto, ad un Sirius Black completamente assorbito da un’intensa partita a Scacchi Magici, la cui penitenza per il perdente consiste nel doversi calare le braghe di fronte ad un’ignara professoressa Sprite durante una lezione di Erbologia.

Peccato che l’avversario di Sirius sia il suo amico licantropo, da sempre considerato il campione imbattuto di Scacchi Magici fra i Malandrini.
Quindi, se c’è una cosa che Sirius non è molto intenzionato a fare in quel momento, di sicuro è dare retta a James.
Ma il giovane Potter pare intenzionato a provarci lo stesso.
“Uhm, Pads”, lo apostrofa, con incertezza, facendo finta di dover cercare qualcosa nell’armadio alla sua sinistra.
“Sì?” gli risponde l’amico, distrattamente. James lo osserva con attenzione prima di proseguire, come se stesse aspettando il momento più opportuno per dirgli qualcosa di molto, molto scottante.
Dopo un po’, tuttavia, prende coraggio e si butta.
“Che ne diresti di fare cambio con i nostri turni per l’orientamento professionale?”
“Il che?! Oh, già. Mi ero praticamente scordato della sua esistenza”, commenta Sirius, senza alzare gli occhi dalla scacchiera. “Alfiere in D5, e ora stai a vedere come ti straccio”, dice poi, rivolto a Remus.
“Posso interpretarlo come un sì, dunque?” domanda ancora James, sfoggiando un tono così fintamente noncurante che perfino Peter comincia a pensare che abbia qualcosa che non va. E Peter adora James, perciò non ha mai osato pensare che sia un po’ tocco.
“…Pads?”
“Massì, James, che cosa vuoi che mi importi di quale sarà l’ora esatta in cui mi toccherà sedermi davanti alla McGranitt a fissarla per quindici minuti nelle palle degli occhi facendo finta di discutere del mio futuro…”
“…cavallo in E2”.
“Non ti conviene fare mosse così azzardate, io ti ho avvisato!”
“James, ma perché vuoi fare a cambio con Sirius?”
Peter ha pronunciato quella domanda con tutta la più sincera ingenuità di questo mondo. È logico porsi quell’interrogativo, dato che non riesce a trovare alcuna ragione evidente per cui James dovrebbe proporre a Sirius una cosa del genere.
Ma James non sembra dello stesso parere, dato che gli getta un’occhiata disperata e subito dopo arrossisce lievemente.
“Mah, niente, Wormy, stavo solo pensando che avrei potuto approfittarne per andare ad allenarmi un po’ fintanto che c’è ancora luce, la prossima partita in fondo è vicina…”
“Prongs. Non sappiamo nemmeno se ci sarà, la prossima partita. Pedone in C3”.
James si gratta un braccio. Dannazione, Sirius sta riprendendo contatto con il mondo esterno.
“Oh, andiamo, in fondo è stato solo un piccolo battibecco, lo sapete anche voi che alla fine Silente ci farà giocare lo stesso…”
“Non so. La McGranitt era furiosa e anche Lumacorno. È stata una brutta rissa, amico, ma giuro che non sono intervenuto soltanto perché non riuscivo a scavalcare quella maledetta calca che c’era sugli spalti, altrimenti gliele avrei volentieri suonate io a mio fratello, invece che lasciar fare tutto il lavoro sporco a te… beh, signor Moony-genio-degli-scacchi? Sei forse a corto di idee?”
“In realtà stavo pensando a come addolcire la tua sconfitta, dato che non sono così crudele e senza cuore come tu sei solito dipingermi”.
“Insomma, James, perché vuoi fare cambio?”
“Beh, te l’ha detto, deve allenarsi… potrei venire a vederti, James, se ti va…” tenta di rimediare Peter, ma Prongs scuote immediatamente la testa in segno di diniego, cercando di non farsi vedere, aggiungendo qualche altro gesto che deve significare, probabilmente, più tardi ti spiego.
Sta di fatto che Peter non ci sta capendo più nulla.
“Come non detto, me ne resterò qui a farmi i fatti miei”, mormora tra sé, leggermente mortificato. Ma ormai è troppo tardi: Sirius ha aguzzato le antenne.
“James, non me la racconti giusta, dimmi perché diavolo vuoi fare cambio”.
“Te l’ho detto! Gli allenamenti… e il buio, e la McGranitt… è una tale scocciatura, vorrei togliermela il prima possibile…”
In quel momento, il primogenito Black alza finalmente gli occhi sul suo migliore amico, scordandosi temporaneamente della scacchiera. Lo fissa come fa sempre quando vuole che James gli dica qualcosa, con la fronte un po’ corrugata e il sopracciglio sinistro inarcato e gli occhi grigi immobili, fissi nei suoi, senza alcun pudore.
E a James, alla fine, non resta altro da fare se non capitolare.
“Oh, e va bene, è che vorrei parlare con la Evans, e sta esattamente dopo di te…”
“Regina in F6. Scacco”.
Sirius si volta per un attimo, fulmina con lo sguardo Remus – che reagisce con totale ed assoluta indifferenza – poi torna su James, lo squadra da capo a piedi e scoppia sonoramente a ridere.
“Prongs, è una nostra compagna di Casa, la vedi tutti i dannatissimi giorni a lezione, ad ogni pasto è al nostro tavolo, ogni sera sta in sala comune e alle volte ce la ritroviamo fra i piedi perfino quando non dovrebbe esserci… perché accidenti hai bisogno di incontrarla fuori dall’ufficio della McGranitt?”
James sbuffa, arrossisce, si spettina i capelli e si rassetta il colletto della divisa, il tutto in pochissimi secondi. Poi risponde a Sirius, tentando di ostentare un’ottima padronanza di sé.
“Oh, andiamo, lo sai anche tu che in giro per la scuola o in sala comune è sempre circondata dalle sue amiche e a lezione si siede a chilometri da noi. Non è così facile avvicinarla per parlarle in privato”.
“E tu cosa avresti intenzione di dirle – o farle – in privato, sentiamo?”
“Lo sai che sono scaramantico, non posso anticiparti nulla”.
“Padfoot, tocca a te!” gli ricorda improvvisamente Peter, intenzionato, stavolta, ad aiutare James facendo sì che Sirius distolga la sua attenzione da lui.
“Oh, già, grazie, Wormtail”.
E mentre Sirius quasi ringhia guardando in cagnesco Remus, James alza le dita in segno di vittoria verso Peter, il quale sospira di sollievo. Per una volta, fortunatamente, ha detto la cosa giusta.
James, nel mentre, con un sorriso emozionato ben stampato in faccia, ha strappato un piccolo angolo di pergamena e ci ha scribacchiato sopra un appunto. Lo deposita con molta attenzione di fianco a Sirius, aspetta che dica “Pedone in E4” e infine gli sussurra a mezza voce: “Ricordati, il mio appuntamento era alle sei. Grazie, Pads, sei il migliore amico che si possa avere”.
Sirius riceve un rapido abbraccio stritolante, dopodiché James si lancia di corsa fuori dalla stanza, volando giù per le scale come un fulmine – o forse più come una mandria di bufali impazzita, pensa Peter, data la scarsa leggiadria del passo di Prongs, che rimbomba nelle sue orecchie fino all’ultimo gradino. Probabilmente l’hanno sentito fin nei dormitori di Serpeverde.
“Ma dove diavolo sta andando James? Il mio colloquio inizia almeno fra mezzora…”
“Uhm, forse non voleva assistere alla tua vergognosa disfatta. Scacco matto”.
Remus deve fare un grande, grandissimo sforzo per trattenere il sorrisetto di soddisfazione che in quel momento gli preme con forza sulle labbra.
“Ti odio, Moony. Vado a scegliere un bel paio di mutande”.


*

James ci mette un po’ prima di decidersi a bussare alla porta. La sua attenzione non è assolutamente concentrata sull’imminente colloquio con la direttrice della sua Casa. Si spettina i capelli almeno una decina di volte prima di convincersi che così può andare; non avrà il tempo di sistemarsi dopo, quando uscirà da quella porta e troverà Lily sulla soglia, intenta ad aspettare il suo turno.

Fissa la lista appesa a fianco allo stipite, con i nominativi in ordine alfabetico. Black, ore 16:00. Evans, ore 16:15. Kinglake, ore 16:30. Lindgreen, ore 16:45. Lupin, ore 17:00. McDonald, ore 17:15. Miller, ore 17:30. Pettigrew, ore 17:45. Potter, ore 18:00.
Chissà se la cara Minerva si arrabbierà molto per quello scambio dell’ultimo minuto.
Si dipinge in faccia un sorriso ammiccante e batte finalmente le nocche sull’uscio.
“Signor Black, avanti!”
Il sorriso vacilla per un istante mentre James si affaccia all’interno dell’austero ufficio in cui innumerevoli volte, fin dal suo primo anno a Hogwarts, si è ritrovato a dover ascoltare un rimprovero o una punizione.
“Ehm…”
“…signor Potter. Lei non mi sembra il signor Black. A meno che i miei occhiali da vista non inizino ad essere un po’ troppo difettosi rispetto alla mia miopia”.
“Oh, no, professoressa, sono sicuro che la sua vista – volevo dire, i suoi occhiali vanno ancora benissimo…”
“E allora, che succede? Ha sperimentato la Pozione Polisucco? Sì, ho saputo dal professor Lumacorno che avete utilizzato quella preparata a lezione per tentare di trasformare Severus Piton nel gatto del custode”.
James per poco non scoppia a ridere. A parte la fierezza che lo anima quando le loro bravate fanno il giro di Hogwarts, questa era obiettivamente un’idea geniale.
La professoressa, però, non sembra pensarla allo stesso modo.
“Il mio era un tono di completa disapprovazione, signor Potter”.
“Sì, ha ragione. Completa e totale disapprovazione. Comunque, davvero, non sono Sirius Black, il problema è che… Sirius non si sentiva bene. Ha un po’ di nausea e… ecco… mal di pancia. Insomma, mi ha chiesto di andare al suo posto. Lui verrà al mio orario, così non perderà il colloquio”.
“Oh. È così sicuro di riprendersi fra un paio d’ore?”
“Sì, non si preoccupi, non è nulla di grave… una – ehm – capatina al bagno e starà senz’altro meglio”.
“Ne sono rincuorata. E va bene, signor Potter, si sieda e non perdiamo altro tempo”.
Rassicurato, James si avvicina e sprofonda di colpo nella comodissima e morbidissima poltrona di fronte alla scrivania della professoressa, che inizia a frugare rapidamente nei suoi cumuli cartacei.
“Vediamo se ritrovo le sue cartelle di valutazione… ah, sì. Eccole qui. James Cornelius Potter…”
“Per favore, non mi ricordi che ho un secondo nome”, pigola James, in un soffio, coprendosi gli occhi con le mani in maniera teatrale. La McGranitt non batte ciglio.
“…beh, non c’è che dire. I suoi risultati sono sempre stati molto buoni. Ogni tanto un po’ altalenanti in Pozioni e in Storia della Magia… ma nel complesso buoni. Mi corregga se sbaglio, signor Potter, ma mi sembra di notare una particolare propensione verso la Trasfigurazione… il che mi renderebbe estremamente orgogliosa, se solo ogni tanto avessi l’impressione che in classe lei segue quello che dico”.
James osserva la McGranitt sistemarsi gli occhiali sul naso per scrutarlo meglio e si rende conto che non sa cosa rispondere. È, tuttavia, abbastanza sicuro che la professoressa stia facendo del sarcasmo.
“Sì, mi piace Trasfigurazione”, dice infine. Probabilmente è la soluzione più diplomatica.
“Bene. In Incantesimi vedo che non ha mai avuto problemi, lo stesso in Erbologia e Artimanzia… mmm, anche Difesa Contro le Arti Oscure sembra piacerle particolarmente”.
“Esatto”.
“E che mi dice di Babbanologia?”
“Beh…”
No, James, devi tenere la bocca chiusa. Non puoi dire alla professoressa McGranitt che l’hai scelta insieme a Sirius soltanto perché lui doveva fare un grossissimo dispetto ai suoi parenti.
“Mi piace anche quella”.
“Insomma, signor Potter, lei è – come dire – piuttosto eclettico”.
“Già, si potrebbe dire così”.
Cade l’ennesimo silenzio. La McGranitt stringe lievemente gli occhi, stira la bocca e inarca le sopracciglia, proprio come fa ogni volta che vuole rivolgergli una frase particolarmente sferzante.
“Parlando delle sue possibilità di carriera, ha mai pensato a qualcosa di preciso – che non riguardi, ovviamente, i suoi progetti di distruzione nei confronti di questa scuola?”
James comincia a pensare in fretta. Un lavoro, una carriera. Tra poco Lily sarà fuori da quella porta, io uscirò e la incontrerò e potrò chiederle di uscire.
“Beh, come ha detto lei, gradirei qualcosa di eclettico… voglio dire, non mi piace concentrarmi troppo a lungo su una stessa cosa. Dopo un po’ mi annoio”.
“Certo, con una mente così straordinariamente iperattiva come la sua... c’è altro?”
“Penso di voler fare qualcosa di pratico, importante ed eccitante… e credo di non essere molto propenso ad essere il sottoposto di qualcuno”, dice James, notando che la McGranitt solleva un angolo della bocca in una specie di sorrisetto ironico. Attende per diversi secondi, curioso di sapere cosa ci sia di così divertente in quello che ha appena detto.
“In pratica, signor Potter, lei mi sta dicendo che vuole fare il Ministro della Magia”.
“Come?!”
“Ma certo! Cosa potrebbe esserci di più pratico, importante, eccitante e – soprattutto – al di sopra di qualsiasi autorità più in alto della sua?”
Ad un certo punto, James tende l’orecchio. Gli sembra di udire dei passi fuori dalla porta e questo lo fa agitare sulla poltrona. Magari Lily è arrivata in anticipo e ora sta lì fuori ad aspettare il suo turno. Far sì che senta che la McGranitt lo ritiene in grado di ricoprire un ruolo così illustre e rilevante non può che fargli fare bella figura ai suoi occhi. Ne rimarrà colpita, senza dubbio.
“Davvero mi ritiene in grado di fare il Ministro della Magia?” chiede quindi, alzando considerevolmente il tono di voce. La professoressa intreccia le dita lentamente, con cura, e poi fa una cosa che James non si aspettava assolutamente: si mette a ridacchiare.
“Come le ho detto, signor Potter, lei ha ottime abilità in tutte le materie. La sua intelligenza, le sue capacità relazionali e la posizione della sua famiglia le consentirebbero indubbiamente di aspirare ad un tale obiettivo… ma devo confessarle che ho paura di quello che potrebbe succedere al nostro paese se lei finisse in una simile posizione. Non perché non possa essere competente, le ripeto… ma riterrei più appropriato consigliarle di indirizzare altrove le sue tendenze leggermente distruttive”.
James storce la bocca, imbronciato. Quella donna senza cuore ha cancellato in un attimo le sue possibilità di far colpo su Lily Evans.
“Le consiglio di visionare molto attentamente questi appunti che sto per consegnarle: riguardano le possibilità di una carriera al Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, alla Gringott come Spezzaincantesimi e in qualche riserva naturale come Allevatore di Draghi – sì, le posso assicurare che sarebbe molto eccitante. Però per questo dovrebbe continuare Cura delle Creature Magiche, un M.A.G.O. con meno di ‘Eccezionale’ è imprescindibile. Il che significa che lei e il signor Black dovrete, presumibilmente, andare a porgere le vostre umili scuse al professor Kettlebourne per quel pasticcio con il suo allevamento di Vermicoli. Ci rifletta attentamente, signor Potter, dopodiché torni a cercarmi per discutere della sua scelta”.
“La ringrazio”, soffia James, alzandosi per prendere i plichi che la McGranitt gli porge. Solleva lo sguardo e nota che la professoressa sta ancora sorridendo.
“Ho deluso le sue aspirazioni, signor Potter?”
James si stringe nelle spalle, fingendo indifferenza.
“È che… ci vorrebbe un Ministro della Magia bello. In fondo dovrebbe rappresentare il nostro paese. Altrimenti che figura ci facciamo con gli altri? Quello di adesso ha un naso terribilmente adunco e storto, e il doppio mento, e il riporto… io, invece, sarei abbastanza bello”.
“Signor Potter, su questo non ci sono dubbi. Ma le consiglio di sfruttare maggiormente le sue capacità intellettive, dato ciò di cui è capace sarebbe un vero peccato sprecarle”.
James annuisce, con aria un po’ spenta. Subito dopo però, mentre fissa il pavimento, gli viene un’idea improvvisa.
“Posso chiederle un favore, professoressa?” domanda, a bassa voce.
“Mi dica, signor Potter”, risponde la McGranitt, con aria neutra, mentre scribacchia qualcosa su un foglio.
“Potrebbe dire a Lily Evans che mi considera abbastanza bello e intelligente da fare il Ministro?”
“Come vuole, ma non le garantisco che mi crederà”.
“Beh, apprezzerò il fatto che lei ci abbia provato”.
“Signor Potter. Questo, in teoria, era un colloquio di orientamento professionale. Deve prendere sul serio il suo futuro, molto sul serio. Si ricordi di tornare da me con un’idea precisa in merito, perché altrimenti non ci metterò molto a smentire questa versione dei fatti con la giovane Evans”.
“Sissignora”.
James si ritiene soddisfatto di quella conversazione con la professoressa McGranitt. L’ha – forse – portata dalla sua parte. Forse ci metterà davvero una buona parola con Lily.
“Può andare, signor Potter”.
“Grazie, professoressa”.
James si volta e si dirige verso la porta, con un gigantesco sorriso stampato sul volto. Tutto sommato, quel colloquio non è poi stato una così grande perdita di tempo. Esce e si ritrova a trattenere improvvisamente il fiato, perché in tutta quell’esaltazione momentanea si è scordato di quelli che erano i suoi piani originali, e ora che si trova effettivamente davanti a Lily Evans non sa più che fare.
Dannazione.
“Potter, che ci fai qui?” domanda lei, perplessa.
“Uh, ho fatto cambio con Sirius. Lui non… sta molto bene in questo momento. Invece tu, Evans, come stai? Ti trovo bene”.
Lily rotea gli occhi, sospirando.
“Non credo che continuerò a stare così bene ancora per molto, Potter… non se farai di nuovo perdere a Grifondoro un sacco di punti. Siamo in caduta libera e io ho una scommessa aperta con Elizabeth Lachey di Corvonero per chi vincerà la Coppa delle Case fin dall’inizio dell’anno…”
“Oh, andiamo, Evans”, la interrompe James, con un tono di voce più basso e sensuale. “Credo che tu sia troppo severo con me”.
Si avvicina di qualche passo e, constatando che Lily non è fuggita a gambe levate, si dice che è stata una mossa vincente.
Beh, non che possa andare molto lontano, con una porta chiusa alle sue spalle.
Ma insomma, non è il momento di tentennare. Deve buttarsi.
“Sai, Evans, che la McGranitt mi ha appena detto che potrei fare il Ministro della Magia?”
Lily apre la bocca per parlare, ma James tronca il suo commento sul nascere.
“No, non era ironica. Te lo potrebbe assicurare lei stessa”.
Lily annuisce, con un’espressione sorpresa sul volto.
“Wow, sono davvero impressionata. In ogni caso, quando questo starà per succedere, ti dispiacerebbe avvisarmi?”
“Ma certo, lo farò senz’altro”.
A James balza il cuore nel petto. Forse questo vuol dire che per una volta è riuscito a fare colpo su di lei…
“Oh, ti ringrazio. Sai, prenotare un viaggio internazionale all’ultimo minuto non è proprio così facile. Se tu mi aiutassi ad andarmene dall’Inghilterra con anticipo, prima dell’immane catastrofe naturale o artificiale che verrà causata dal tuo operato di Ministro, te ne sarei molto riconoscente”.
James rimane a fissarla ammutolito, senza riuscire, una volta tanto in vita sua, a trovare le parole per replicare. Forse perché, semplicemente, sta tentando di capire se Lily l’ha davvero più denigrato che ringraziato.
“Beh, credo che la McGranitt mi aspetti. Non preoccuparti, non tenterò di farle esprimere un giudizio così favorevole come il tuo”.
“Dovresti ripensare attentamente alla mia ultima proposta. Ti pentirai di non essere uscita con me almeno una volta, quando sarò diventato famoso”.
Lily gli rivolge un sorrisetto sardonico.
“Saprò sopportarlo”, risponde, prima di voltargli le spalle per andarsene.
“A te serve un mestiere adatto a gente bisbetica, Evans!”
Mentre James torna a passi svogliati verso la Torre di Grifondoro, sta ancora lottando per capire come si sente. Certo, hanno avuto una specie di conversazione senza amiche tra i piedi e soprattutto senza Sirius tra i piedi, ma quella ragazza è più testarda di un drago selvaggio.
Evidentemente è necessaria più di una brillante carriera futura per convincerla.






Nota conclusiva: è stato solo dopo aver buttato giù questa shot in maniera praticamente definitiva che mi sono ricordata che nello Shoebox Project esiste una scena sui colloqui di orientamento professionale dei Malandrini. Sono andata a rileggermela, per sicurezza, e non ho riscontrato somiglianze, tranne che per un dettaglio; tuttavia, nonostante le indecisioni, alla fine ho deciso lasciare la proposta della carriera come Spezzaincantesimi che, anche in quella fanfiction, la McGranitt suggerisce a James. Alla fine dei conti è effettivamente una professione che potrebbe piacere a uno come lui, perciò ritenevo insensato che la McGranitt non la citasse nemmeno. In più non ho trovato grandi elenchi di professioni magiche, quindi mi sono dovuta adattare alle poche che vengono menzionate nei libri. Ho voluto comunque precisare la fonte per correttezza.
...e infine ecco a voi l'anticipazione della prossima storia:

Qualche fila più in là, Potter siede con aria cupa di fianco a Black, mentre Peter Pettigrew e Remus Lupin corrono a prendere posto di fianco a loro. Remus apre i libri in fretta, fissando concentrato la lavagna vuota.
Lily distoglie lo sguardo e si rende conto di essere sicura che, qualunque cosa sia successa, non ha mai visto quei quattro comportarsi così.

Sperando che anche questa vi sia piaciuta, vi do appuntamento alla prossima settimana, con un grazie speciale per chi mi sta lasciando delle recensioni bellissime :) a presto!

 


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Capitolo 4
*** Hey, baby, non ti voglio più (prompt: settimane) ***


s4

Hey, baby, non ti voglio più

 

 

Prompt: settimane

Ambientazione: quinto anno

Parole: 2680

 

 

20 Maggio 1976

 

Questa mattina, a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, Lily Evans è arrivata decisamente in anticipo rispetto al solito. In genere non ci tiene particolarmente a correre in aula per accaparrarsi il primo banco – se si siede a fianco a Mary, in quella coppia di posti in seconda fila sul lato destro, in genere riesce a seguire perfettamente: l’amica è sempre silenziosa e se si distrae lo fa per i fatti suoi, guardando fuori dalla finestra o scarabocchiando sul foglio di pergamena veri e propri capolavori artistici. Inoltre il professor Bulky, per quanto esperto cacciatore di fantasmi, alle volte non sembra padroneggiare completamente la sua stazza di un metro e novantacinque; ha la tendenza a perdere il controllo sulla propria bacchetta, che tiene sempre in mano mentre accompagna i suoi discorsi con un ampio gesticolare. L’ultima volta, ad esempio, durante una sua lezione un angolo del libro di Remus ha improvvisamente preso fuoco.

Tuttavia, stamattina, Lily si è arrabbiata moltissimo con Severus mentre discutevano a colazione e l’unica cosa che ha potuto fare per troncare la conversazione è stato andarsene, dopo aver a malapena bevuto il suo the.

Sa che tra un’ora inizieranno i crampi allo stomaco per la fame, ma non poteva fare dietro-front e tornare sui suoi passi cinque secondi dopo essersi resa conto che era uscita dalla sala grande senza aver mangiato.

Non avendo trovato di meglio da fare – neppure aspettare che Margaret, Delia, Mary e Helen la raggiungessero – ha deciso di andare direttamente in aula. Tanto, ormai, manca poco all’inizio delle lezioni.

Ovviamente, se l’è presa con Severus sempre per i soliti motivi. Per tutto il giorno precedente era sparito chissà dove con i suoi pessimi amici e oggi, anziché scusarsi per essere mancato al loro appuntamento di ripasso pomeridiano in vista dei G.U.F.O., ha iniziato con la solita tiritera caustica nei confronti di Potter e dei suoi compagni.

Lily detesta dover essere messa nella posizione di difendere Potter, ma in queste circostanze Severus non le lascia altra scelta. Perciò gli ha fatto notare, per l’ennesima volta, che dovrebbe essere riconoscente a quel bastardo arrogante che gli ha salvato la vita, giusto qualche settimana fa. Tuttavia, di nuovo, Severus ha negato che ciò corrisponda a verità. E un’altra volta si è offeso a morte perché lei ha scelto di credere alla versione di Sirius Black anziché alla sua.

Il problema fondamentale – quello che Severus non vuole proprio capire – in realtà è solo uno: lui non le ha raccontato nessun dettaglio di ciò che è esattamente successo quella notte. Dice che non può farlo, con aria misteriosa e sprezzante, e che comunque non è necessario. Per questo Lily è più propensa a credere a Sirius Black piuttosto che a lui, perché è proprio questo l’atteggiamento che si aspettava da Severus: vederlo fare e dire di tutto pur di non ammettere che James Potter in persona gli ha salvato la vita.

In più, per quanto non possa assolutamente parlarne con il suo migliore amico, ci sono indizi che da settimane continuano a spingerla verso questa teoria.

E il fatto che Sirius Black quella notte, quando le ha raccontato quella storia per fare in modo che lei li facesse andare a letto senza tormentarli, le sia suonato incredibilmente convincente è solo una ragione minore.

Ma non è affatto suo interesse mostrarsi ossessionata dai comportamenti altrui, come invece è abitudine di Severus. Perciò, non ha più intenzione di pensarci.

Tuttavia, mentre formula questo pensiero, Lily non ha messo in conto le voci concitate che si stanno avvicinando e che sembrano appartenere esattamente ai soggetti dei suoi buoni propositi.

“Credevo di essermi umiliato a sufficienza, ormai…”

“Pads, devi dargli tempo. Non insistere, non servirebbe a niente”.

“Ma gli ho dato del tempo! Prongs, sono passate tre settimane. A me sembra più che sufficiente per capire se vuoi perdonare o meno una persona”.

“Dipende da cosa ti ha fatto”.

“Oh, andiamo, quando il primo giorno ti ho fatto cadere nel lago mentre lo attraversavamo in barca non mi hai tenuto il muso per così tanto! E mi sembra una cosa piuttosto grave”.

“Sirius, avevamo undici anni…”

“Che c’entra?”

“Non eri ancora mio amico, buttarmi giù dalla barca non significava tradire la mia fiducia”.

“È assolutamente inutile discutere con voi. Siete… cazzo, non lo so. Non fate niente per venirmi incontro, io che accidenti devo fare di più?!”

“E ora che c’entro io? Ti sto solo spiegando le ragioni di Remus…”

“Le ho capite le sue ragioni, ma sarebbe ora di andare oltre, per Merlino!”

“Non puoi pretendere di cancellare tutto con un colpo di bacchetta, Sirius”.

“Vedi? Nemmeno ascolti quello che dico! Ti ho già spiegato che sono passate tre settimane!”

“Dai, Padfoot, sta arrivando Bulky, andiamo in aula”.

Lily smette di respirare, mentre finge di copiare alacremente alcune righe dal libro di testo sopra un foglio di pergamena per appunti. Ovviamente non è mai stato suo interesse origliare quella conversazione, ma non sentire era praticamente impossibile. È ovvio che quei due non sapevano che lei si trovasse nell’aula, a pochi metri da loro, perciò hanno parlato con un tono di voce abbastanza alto da far cogliere bene ogni parola. La ragazza ringrazia mentalmente per il fatto che stia arrivando il professore, perché altrimenti è praticamente certa che sia Potter che Black gliene direbbero di tutti i colori.

“Ciao, Evans”, la saluta Potter, in tono appena udibile. Lily risponde con un cenno del capo. Black, come prevedibile, le getta un’occhiataccia, ma lei lo ignora completamente e torna a concentrarsi sulla sua pergamena. Accidenti a Severus, ai suoi amici e alla sua incredibile testardaggine. È solo per colpa di quella litigata se si è ritrovata ad ascoltare involontariamente una discussione di cui non le importava – e non le importa, nemmeno adesso – assolutamente nulla.

Per fortuna, l’attimo dopo le sue compagne di Casa fanno insieme il loro trafelato ingresso in aula.

“Ehi, Lily, ho visto che non hai mangiato… ti ho portato un muffin. Svelta, abbuffati prima che Bulky inizi a spargere scintille per la classe”, le dice Margaret Kinglake, porgendole un fagotto improvvisato con un tovagliolo che emana un profumino squisito. Lily sfoggia un enorme sorriso, sentendo finalmente lo stomaco rilassarsi.

“Grazie mille, Meg”, le risponde, rincuorata. Margaret è una grande impicciona, ma ha un cuore d’oro. È un peccato aver iniziato a conoscerla meglio soltanto di recente, ma finché Severus non ha iniziato a frequentare certi giri con troppa assiduità, Lily non aveva mai sentito il particolare bisogno di approfondire molto altre amicizie.

Si volta, dando lievemente le spalle alla cattedra, e addenta il muffin con gioia. Qualche fila più in là, Potter siede con aria cupa di fianco a Black, mentre Peter Pettigrew e Remus Lupin corrono a prendere posto di fianco a loro. Remus apre i libri in fretta, fissando concentrato la lavagna vuota.

Lily distoglie lo sguardo e si rende conto di essere sicura che, qualunque cosa sia successa, non ha mai visto quei quattro comportarsi così.

 

*

“Comunque, tesoro, detto molto sinceramente… davvero non capisco perché frequenti ancora Severus Piton”, dice Margaret a Lily più tardi, durante la pausa pranzo. L’argomento va piuttosto di moda, ultimamente, da quando Meg ha deciso che ha acquisito abbastanza confidenza con lei da darle dei consigli.

Ormai Lily le vuole bene e capisce le sue motivazioni, ma in quel momento non ha proprio alcuna voglia di parlarne.

“Saranno fatti suoi, no?” ribatte Helen, quella un po’ più scorbutica del gruppo. Lily la ringrazia mentalmente per quell’intervento provvidenziale.

“Siamo amici da una vita, non posso smettere di parlargli”, aggiunge, cercando di mantenersi su un tono neutrale. Intanto, osserva la schiena curva di Severus, seduto al tavolo dei Serpeverde a fianco ai soliti Mulciber, Avery, Alecto Carrow – di due anni più grande di loro – e Black junior.

“E poi il problema non è lui, te l’assicuro… è quella gentaglia”, mormora, gettando un’occhiata in tralice a Mary. È stato terribile quando Mulciber ha trasfigurato uno dei suoi libri in un mostro a due teste; se al posto di Mary ci fosse stata lei, a quest’ora Mulciber andrebbe in giro con la faccia ricoperta di pustole. Ma l’unico motivo per cui non se la sono mai presa con lei direttamente è perché Severus glielo impedisce, nonostante lei sia figlia di Babbani, mentre per Mary, che è in un’analoga condizione ma senza amicizie che la proteggano, non c’è stata pietà.

Questa cosa è crudele oltre ogni limite e Lily si sente ribollire di rabbia.

“È ancora per questo che avete litigato stamattina?” domanda Delia, la bocca ancora piena di pasticcio al prosciutto. Lily si stringe nelle spalle, infilzando un’oliva con la forchetta.

“Uh, no, oggi ce l’aveva ancora con Potter e i suoi amici”, risponde. Solleva lo sguardo e nota che, anche a tavola, Remus sembra incredibilmente concentrato sul suo piatto di patate ripiene, che sta sezionando con estrema attenzione un pezzo dopo l’altro. Gli altri tre, intorno a lui, discutono con aria distaccata. Sirius ogni tanto cerca di animare la conversazione, ma Remus, a differenza degli altri due, non ride mai alle sue battute.

Lily si ricorda bene di quella notte di tre settimane fa; ricorda anche che Potter ha detto a Black “Sarai tu a dirglielo”, con quel tono tagliente, che non ammetteva repliche. L’oggetto di quella frase doveva essere Remus, per forza di cose. Sirius doveva avergli fatto qualcosa di molto grave, se ora, a distanza di tempo, ancora si comportavano così.

Tuttavia, dopo un po’, Lily si riscuote, dandosi mentalmente una scrollata. Sta diventando come Severus e non va affatto bene. Non sono affari suoi, perciò è inutile fare congetture ed ipotesi su quanto sia successo. Finché quei quattro evitano di organizzare un nuovo piano per far diventare matti tutti gli insegnanti e gli studenti della scuola, lei deve esserne soltanto grata.

“È da un po’ che ha rallentato il ritmo, eh?” commenta Margaret, a un certo punto, con un sorrisino. Lily si volta a guardarla, non capendo affatto a cosa si riferisce.

“Potter, intendo. Ehi Evans di qui, ehi Evans di là… sono alcune settimane che non ti molesta, no?”

“Oh, già, in effetti… beh, meglio così, si salverà dalla fattura che avevo intenzione di scagliargli la prossima volta che si fosse spinto troppo in là con le richieste”, risponde Lily, sfoggiando un sorriso sicuro. “Mi passeresti la crostata, Mary?” aggiunge poi, cercando così di sancire la chiusura del discorso. Non le interessa se Potter ha finalmente trovato altro a cui pensare oltre che assillare costantemente l’unica persona all’interno di Hogwarts che non lo reputa magnifico e brillante, ma soprattutto non le interessa perché. È in buoni rapporti con Remus, ma non così buoni da rompere le barriere di riservatezza universali del suo collega Prefetto. Probabilmente non si è mai confidato intimamente con nessuno se non con quei tre discutibili soggetti, perciò non sarà certo lei a tirar fuori l’argomento.

Non è certo affar suo se Sirius Black continua a lanciarle occhiatacce da quella mattina.

 

*

C’è da dire che non è facile evitare di incontrare certi soggetti, se questi invadono ogni luogo della scuola a macchia d’olio.

Lily è andata a restituire un libro a Madama Pince ed ecco che se li ritrova lì, accampati ad un tavolo, sepolti fra un sacco di tomi più o meno pesanti che Remus continua a sfogliare attentamente. Dev’essere per la ricerca extrascolastica che Lumacorno ha assegnato loro durante una delle ultime lezioni, nel corso della quale, tanto per cambiare, non sono mai stati zitti. O meglio, Potter e Black non stavano zitti. Peter e Remus in genere finiscono in mezzo per causa loro, anche se Lily capisce bene che dev’essere molto difficile ignorare dei tormenti del genere.

“Torno subito, signorina”, le dice Madama Pince, diretta alla ricerca del nuovo libro che le serve per una traduzione di Antiche Rune particolarmente difficile. Lily aspetta pazientemente al bancone, tamburellandoci lievemente sopra con le dita per ingannare l’attesa.

Ad un certo punto sente un borbottio concitato alle sue spalle, ma fa di tutto per non voltarsi. Non ha intenzione di farsi gli affari loro e vuole che se ne accorgano, e soprattutto che Black la smetta. Non è certo colpa sua se parla troppo ad alta voce senza curarsi di chi potrebbe essere nei paraggi…

“Ehi, Evans”, le dice una voce all’orecchio, all’improvviso, in tono non esattamente basso come richiederebbe l’etichetta della biblioteca.

Lily scuote la testa, rassegnata. Inutile dire che ha riconosciuto perfettamente il timbro lievemente roco da pseudoseduttore incallito appartenente al suo tormento numero uno.

“Che c’è, Potter?” domanda, gettandogli un’occhiata con la coda dell’occhio. Lui si avvicina di un altro passo, appoggiandosi al bancone di fianco a lei.

“Posso parlarti un secondo?” le chiede, con l’aria più innocente del mondo.

“Potter, ho da fare, sto aspettando un libro…”

“E dai, sarà una cosa breve, te lo garantisco”.

“Signorina Evans, ecco il suo libro, da restituirsi tra una settimana come le ho indicato in questo appunto”, dice Madama Pince, finalmente di ritorno. “Signor Potter, vada a fare le sue cose brevi fuori da qui e rientri quando non avrà più nulla da dire ad alta voce”, aggiunge con piglio severo la bibliotecaria, e a Lily non resta altra scelta che seguire Potter fuori e ascoltare cos’ha da dire. Non ha alternative, a meno che non voglia mettersi a correre – e con quel libro pesantissimo fra le braccia non è affatto certa di riuscirci.

Perciò si volta, guarda con fierezza negli occhi quel ragazzo vanesio, magro e occhialuto e decide di anticiparlo su tutto, per risparmiargli la fatica.

“Senti, Potter, non so che cosa tu voglia ma non avevo alcuna intenzione di disturbare le vostre confidenze stamattina, mi trovavo già in aula per puro caso e non so cosa aggiungere a mia discolpa, perché non c’è altro che io possa dire, ma ti assicuro che ho cose ben più importanti di cui occuparmi che non siano i vostri affari personali… se invece vuoi chiedermi del prossimo finesettimana a Hogsmeade, con mio rammarico devo annunciarti che ho già preso appuntamento con uno Schiopodo Sparacoda”.

Mentre Lily cerca di recuperare il fiato dopo quel discorso a raffica, James Potter sorride enigmaticamente dietro alle spesse lenti degli occhiali rotondi, facendo salire una mano a spettinarsi i capelli già in disordine.

“A dire la verità, l’argomento era più che altro il primo”, risponde, “ma mi rallegra sapere che ti interessava ricevere un invito da me”, aggiunge, e Lily si sente avvampare di colpo.

Maledetto idiota.

“Non era assolutamente quello che intendevo e lo sai benissimo!” replica, stizzita, stringendo ancora più forte il pesante libro.

“Io credo che sotto sotto ti importi, invece”, dice Potter con un sorrisetto impudente, e Lily ora vorrebbe davvero potergli spaccare la faccia.

“Faresti meglio a tornare alla tua punizione, o non credo che troverai mai le formule di tutti quegli antidoti”, soffia lei, indicandogli con un risoluto cenno del capo la porta d’ingresso della biblioteca. L’irritante sorriso di Potter si allarga ancora di più.

“Ah, certo, perché scommetto che essendo tu la cocca di Lumacorno avrai già imparato ognuna di quelle formule a memoria…”

“Ti sbagli di grosso. Sono abbastanza furba da non farmi affibbiare costantemente compiti extra, perciò impiego il mio tempo in maniera decisamente migliore. Anzi, ne ho già sprecato fin troppo a parlare con te”.

A quel punto Lily gli getta un’ultima occhiata di fuoco, prima di girare rapidamente sui tacchi e allontanarsi senza lasciargli la possibilità di replicare.

Quel ragazzo è veramente insopportabile, per la barba di Merlino. Mai una volta che abbia la decenza di tenere la bocca chiusa ed evitare di pronunciare frasi a sproposito.

Dopo un po’ Lily rallenta il passo, riflettendo sul fatto che, alla fine, non hanno chiarito un bel nulla con quella breve conversazione, se non forse che Potter non sembra più intenzionato ad uscire con lei.

Magari questo porrà finalmente un termine a tutti gli irritanti e stravolgenti pettegolezzi che girano su di loro, anche se Lily si rende conto che la soddisfazione che provava nel dirgli di no sarà difficilmente eguagliabile.

 

 

 

 

 

Nota conclusiva: sulla frase finale: non mi è mai piaciuta l’idea di una Lily che inizia a pensare a James in certi termini solo quando lui smette di darle attenzioni, non la ritengo così immatura. Né sono del parere che lei fosse già innamorata cotta di James quando lui si comportava da perfetto idiota. L’hanno detto Sirius e Remus che lui ha dovuto mettere la testa a posto prima che lei gli dicesse di sì, e io ci credo. Però, dopotutto, l’idea che James smettesse di starle dietro non le è neppure indifferente come vorrebbe far credere; ecco perché ho cercato di usare una frase non molto esplicita, che lasci semplicemente intuire la cosa.

Per quanto riguarda lo scherzo che Sirius gioca a Piton al quinto anno, avevo già elaborato in un’altra fanfiction alcuni episodi inventati che mi permettessero di spiegare tutto, compreso come mai Lily sa che James ha salvato la vita a Severus; ho immaginato infatti che sia stato Sirius a dirglielo, la notte stessa dello scherzo, non James a vantarsene davanti a lei. Personalmente sono del parere che quello scherzo abbia minato non poco l’equilibrio dei Malandrini, e soprattutto la fiducia di Remus nei confronti di Sirius, perciò non credo che James l’avrebbe presa tanto alla leggera da andare in giro a vantarsene per farsi bello con Lily – per quanto a quindici anni si comportasse da idiota. Insomma, è per questo che Lily sa che Severus è vivo grazie a James, ma che è ancora convinta che Remus non sia un Lupo Mannaro: nessuno le ha svelato il particolare, ovvero da cosa James abbia salvato Piton. Questo perché Silente si è raccomandato che la cosa restasse segreta; Piton infatti non racconta i dettagli a Lily, pur essendo il suo migliore amico, e questo la rende restia a credergli quando lui le dice che non è vero che James gli ha salvato la vita.

Comunque, ho collocato questo episodio a maggio perché ritengo che lo scherzo di Sirius a Piton sia avvenuto non molto tempo prima dei G.U.F.O. (e quindi l’episodio del peggior ricordo di Piton). Questo perché, quando in HP5 Sirius dice “Che noia, vorrei che fosse luna piena”, Remus gli risponde “Tu, forse”, con un certo astio. Il che, per me, è giustificabile con il fatto che lo scherzo è avvenuto abbastanza di recente (altrimenti Remus si sarebbe dimostrato un po’ più felice di avere una luna piena imminente, dato che significava correre in giro in libertà insieme ai suoi amici). Insomma, è solo una teoria, ma attraverso discussioni e ricerche varie mi è sembrata la più plausibile.

Vi lascio con un pezzetto della prossima shot e con mille ringraziamenti per i vostri bellissimi commenti :)

Lily potrebbe anche pensare che stia finalmente mettendo la testa a posto, se solo non avesse visto con i suoi occhi quello che per cinque anni ininterrotti ha combinato entro le mura di Hogwarts insieme alla sua piccola banda.
E se non si tradisse con mosse non proprio astute, tipo lanciarle una palla di neve a tradimento facendosi beccare in pieno.
Non ha mai pensato ad una spiegazione plausibile per questo suo strano comportamento.
Probabile che i suoi interessi si siano semplicemente diretti altrove.

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Capitolo 5
*** Nei momenti così (prompt: inverno) ***


s5
Nei momenti così




Prompt: inverno
Ambientazione: sesto anno
Parole: 2330




21 Novembre 1976


La biblioteca è fredda e umida, d’inverno.

I vetri si ghiacciano. Soffiandoci sopra, si riesce a spannarli un pochino.
L’odore stantio dei libri vecchi si sente di più, non soffocato dall’umidità e dall’afa che d’estate s’intrufola attraverso le finestre spalancate. Ci sono meno bisbigli soffocati e sussurri concitati, perché la maggior parte degli studenti tende a preferire il confortante calore proveniente dal camino della propria sala comune.
Quando fa così freddo, nessuno osa aprire un solo spiraglio.
L’aria di chiuso ristagna fra gli scaffali di legno, ti si appiccica addosso e resta sulla divisa fino al mattino dopo.
L’inverno, in teoria, inizia oggi. Ma quell’anno il gelo si è presentato alle porte di Hogwarts fin dai giorni precedenti. Perciò, Lily non sente minimamente la differenza. I giorni scorrono rapidamente l’uno sull’altro e le date diventano solo simboliche.
Se alcune le rimangono particolarmente impresse, è soltanto perché ha sempre amato i numeri e il significato che può celarsi dietro di essi. È anche per questo che associa un avvenimento ad una data, per ricordare immediatamente un fatto importante, qualcosa da fare, un impegno da rispettare.
Il suo compleanno, ad esempio, è il nove gennaio. Sarà un’altra fredda giornata d’inverno, come ogni anno. Senza più il calore delle feste appena passate, mentre tutti staranno smontando l’albero di natale e rimettendo nei cassetti le calze della befana.
Il giorno in cui tutto è finito tra loro era il sette giugno.
Sono esattamente centosessantotto giorni che non si rivolgono più la parola.
Forse, certi dettagli sarebbe meglio non ricordarli. Ma hanno sempre festeggiato insieme, fin da quando si sono conosciuti. Qualche volta c’era anche la neve, come oggi.
Lily è seduta nel tavolo vicino alla finestra. Anche se ogni tanto le giunge qualche spiffero gelido, quello è il posto che le piace di più. Può distrarsi a guardare fuori quando vuole, basta alitare un po’ sul vetro.
Le pagine del libro oggi non la invogliano per niente. La ricerca sui Troll di montagna è terribilmente noiosa; ciò che Lily vorrebbe fare veramente in un momento del genere è uscire fuori, nell’aria fredda di quella domenica mattina di novembre, con la sciarpa di Grifondoro ben stretta intorno al collo; vorrebbe correre in mezzo alla neve fino a non avere più fiato e decidere finalmente che questo è il giorno in cui si volta pagina.
Perché in realtà Lily non l’ha fatto, ha soltanto chiuso un’amicizia e sepolto tutto dentro di sé, in attesa del momento adatto per sancirne la fine con se stessa.
Probabilmente l’inverno non è il momento migliore per decidere di chiudere col passato e cambiare orizzonti. D’inverno tutto rimane statico, immobile, cristallizzato. Gli alberi hanno perso tutte le loro foglie, non ce ne sono più che possano cadere e rendere i rami ancora più spogli. Le piante non crescono. L’erba non cambia colore. Gli animali vanno in letargo e non si sveglieranno da un momento all’altro. Tutto rimarrà fermo, intorno a lei, in attesa della primavera.
Ma Lily non può aspettare la primavera; ormai è tardi, avrebbe dovuto smettere di rimpiangere quell’amicizia molto tempo fa. Non esiste modo di far tornare tutto com’era quando festeggiavano i compleanni vicino ad un camino. La persona nella quale lei riponeva il suo affetto e la sua fiducia è cambiata irrimediabilmente e queste sono cose per cui non esiste un rimedio, neppure il perdono.
Perciò, deve essere oggi o mai più. Da oggi, Lily vuole guardare avanti.
Si dà un’occhiata intorno, con fare circospetto. Non sembra che ci sia molta gente, comunque nessuno che sia nel suo campo visivo. La sua amica Mary non si è ancora svegliata, la raggiungerà più tardi dopo colazione, con la solita aria assonnata e i capelli scompigliati. Il tavolo a cui si è seduta si trova in un punto piuttosto isolato. Se apre la finestra, silenziosamente, non darà fastidio a nessuno.
La maniglia arrugginita cigola lievemente e subito dopo aver aperto il primo spiraglio un’ondata di vento freddo le congela le guance. Ma mentre guarda fuori, Lily sorride: d’inverno c’è qualcosa che cambia il paesaggio, ed è la neve. Adesso sta scendendo a piccoli fiocchi, depositandosi lentamente a terra. Se andrà avanti fino a sera, tutto diventerà ancora più bianco.
Lily resta lì appoggiata a guardare il cielo per chissà quanto, fino a quando qualcosa di non ben identificato le si spiaccica rumorosamente sulla manica del maglione grigio. Fa un balzo per lo spavento, poi si rende conto che si tratta di neve; chi diavolo può essere stato a tirargliela?
Guarda subito in basso e nel cortile incrocia gli sguardi dei temerari che hanno osato compiere un tale gesto.
Quattro facce, una più pallida dell’altra. Una tonda, con un cappello in testa. Una seconda con una testa nera e ricciuta. Un’altra fine, quasi smagrita. L’ultima è dotata di un paio d’occhiali e di una zazzera di capelli scurissimi e spettinatissimi, che Lily conosce fin troppo bene.
“Oh, cacchio”, dice qualcuno di loro.
“Ve l’avevo detto che era meglio colpire e scappare!”
“Scusa, Evans, non volevamo…”
Poco plausibile, dato che l’unico bersaglio affacciato alle finestre del primo piano è proprio lei. A meno che non mirassero all’ufficio della McGranitt – cosa che sarebbe decisamente poco furba, tranne nel caso in cui tutti e quattro aspirino ad una punizione a vita.
“Se scendi giù, James è disposto a spazzarti via la neve dai vestiti”.
“Piantala, Sirius!”
Lily inarca un sopracciglio, perplessa. Una battuta del genere se la sarebbe aspettata dal diretto interessato, piuttosto che dal suo migliore amico.
Poco le importa, però.
“Potter, ti assicuro che me la paghi!” gli grida, in tutta risposta. Come se fosse una novità, pensa tra sé: non ha mai mancato di restituirgli neppure uno dei suoi scherzetti e questa è una cosa di cui va piuttosto fiera.
“Ti stai sbagliando, non sono stato io!” pigola lui. “Era Hagrid che spalava la neve, lo sai che non riesce a controllare la sua forza!”
“Che dici, James?” gli domanda il guardiacaccia, sbucando improvvisamente da un angolo. Potter trasale.
“Oh, ciao, Hagrid. Non stai… spalando la neve?”
“Adesso è ancora presto, aspetterò che ne sia scesa dell’altra… nel frattempo volete un bel the caldo, voi quattro? Vi state pigliando un gran gelo qui fuori”.
Lily trattiene a stento un maligno sorriso di soddisfazione. Adora quando Potter s’incastra con le sue stesse mani.
“Ti conviene scappare!” gli intima, dall’alto. Lui, disperato, fa cenno ai suoi amici di filarsela.
“Ma sì, perché no, Hagrid? Anzi, andiamo di corsa, credo di essere sul punto di morire assiderato …”
Lily li osserva correre tutti e quattro verso il parco, diretti alla capanna di Hagrid. Il guardiacaccia alza le spalle, poi si accinge a seguirli con passo serafico.
Lily richiude la finestra e si risiede al suo tavolo, soddisfatta. Il segnale di cambiamento che aspettava le è stato servito su un piatto d’argento: ora può finalmente iniziare a pensare ad altro, a cominciare dalla pianificazione di una perfida vendetta nei confronti di James Potter.
È da un po’ che rimane troppo tranquillo per i suoi standard abituali, ogni tanto sembra perfino più serio. Lily potrebbe anche pensare che stia finalmente mettendo la testa a posto, se solo non avesse visto con i suoi occhi quello che per cinque anni ininterrotti ha combinato entro le mura di Hogwarts insieme alla sua piccola banda.
E se non si tradisse con mosse non proprio astute, tipo lanciarle una palla di neve a tradimento facendosi beccare in pieno.
Non ha mai pensato ad una spiegazione plausibile per questo suo strano comportamento.
Probabile che i suoi interessi si siano semplicemente diretti altrove.


*

Lily ha atteso tutta la mattinata per non destare sospetti. Preferisce che Potter si ritenga al sicuro e abbassi la guardia, prima di mettere a segno il colpo. E indurlo a pensare che gli abbia giurato vendetta soltanto per dare aria alla bocca è indubbiamente un’ottima strategia.

La verità è che i ragazzi non si aspettano mai una vera reazione da una persona del sesso opposto. Ma Lily andava a scuola nella periferia di Londra prima di ricevere la lettera da Hogwarts e lì era costretta a fare a botte con i maschi praticamente ogni giorno se voleva che non le rubassero la merenda. Ha imparato suo malgrado a non abbassare mai la testa e ha iniziato a farsi valere fin da piccola; in più si è resa conto che, a causa del suo faccino dolce e gentile, nessuno di coloro che l’accusavano di aver restituito pugni e schiaffi veniva mai preso sul serio. Riusciva sempre a farla franca e a sfuggire alle punizioni degli insegnanti, che erano molto più propensi a dare la colpa al branco di maschi scalmanati della classe piuttosto che a lei. Non era una bambina litigiosa, ma detestava che tentassero di metterle i piedi in testa soltanto perché era piccola e magra e odiava chi se la prendeva con quelli che non sapevano difendersi; per questo aveva imparato a tirar fuori le unghie.
Riusciva a cavarsela anche quando, presa dalla rabbia, faceva inavvertitamente magie che facevano finire un suo compagno appeso al ramo di un albero o con la testa nel cestino delle cartacce. All’inizio era stato problematico perché non riusciva a controllare i suoi poteri; poi però, quando aveva conosciuto Severus, lui le aveva insegnato come fare.
Tuttavia, ormai ha imparato a cavarsela da sola. Non le serve più l’aiuto di nessuno.
La sua arma segreta è pronta: una montagna di palle di neve ammucchiata sotto la quercia del parco, ognuna con un sasso dentro.
Ne prende un paio, poi si arrampica sull’albero, come faceva da bambina.
Quando Potter uscirà dalla capanna di Hagrid, dovrà per forza fare quella strada. È praticamente ora di pranzo, perciò sa che non ci vorrà molto. Quei quattro hanno un appetito tale che sarebbero capaci di divorarsi tutte le provviste della cucina di Hogwarts, se solo ne avessero la possibilità.
E infatti eccoli che escono, tutti allegri e sorridenti. Si coprono bene con i mantelli e si annodano le sciarpe intorno al collo, le guance arrossate dal freddo. Lily si strofina le mani rese gelide dalla neve ghiacciata che ha maneggiato fino a pochi minuti fa. Osserva dalla sua posizione nascosta quel gruppetto che, a tratti, le ricorda proprio i suoi vecchi compagni della scuola babbana. Anche se, ultimamente, Potter si sforza di mantenere un basso profilo. Se lo ritrova tra i piedi con decisamente minor frequenza, non si sente più fissata con insistenza quando attraversa la sala comune o quando si alza dal banco alla fine di una lezione. Se ne sta con i suoi amici e non rompe troppo le scatole, né a lei né all’intera scuola. Non la convince, non sa cosa ci sia sotto, ma se ne rende conto solo oggi. Prima che arrivasse l’inverno, la sua mente si era persa altrove.
Aspetta silenziosamente che la sua preda sia a portata di tiro. Poi lancia il suo primo colpo, che va immediatamente a segno.
“AHO!”
“Che ti prende, Prongs?”
“Ma non l’hai visto?! Gli è arrivato addosso un Bolide di neve…”
“Oh, ma quante scene, mica fa così male!”
“Ti giuro di sì, invece, è stato un dolore atroce… AHO!”
Lily lancia una seconda, una terza e una quarta palla. Trova davvero difficile non scoppiare a ridere, mentre Potter e i suoi amici si agitano convulsamente, sgomentati da quell’attacco inaspettato.
“Ecco, Sirius, GUARDA! Ecco perché fanno così male!”
Potter solleva da terra i resti di una delle palle che l’hanno colpito, poi spazza via la neve con la mano e sventola sotto il naso del suo amico un lucido sassolino grigio grande quanto un pollice. Lily si preme le mani sullo stomaco in preda ad uno scoppio di ilarità, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio e cadere dall’albero.
“Evans, lo so che sei tu, ti prego basta! Non ti sembra di esserti vendicata a sufficienza?”
Ormai conclusasi la sua missione punitiva, Lily salta giù dall’albero con un balzo, ridendo a crepapelle. Da molto tempo non si divertiva così.
Potter la guarda negli occhi intensamente, forse per la prima volta dopo mesi. È una strana sensazione quella che prova lei in questo momento, perché te ne rendi conto di quando una persona inizia ad evitarti strategicamente, seppure con discrezione: quando poi smette inaspettatamente di farlo, l’effetto che produce è sicuramente di rilievo.
“Tu… sei davvero un maschiaccio”, le dice infine lui, scuotendo la testa con aria sconsolata. Nessuna traccia di adulazione nella sua voce. È vero, sembra diverso. Non le ha più chiesto di uscire e Lily si rende conto di apprezzarlo. Forse ha finalmente capito che lei non è quel tipo di ragazza – una di quelle che corrono dietro a quello che tutti idolatrano e ammirano, che fanno le difficili soltanto per rendersi più desiderabili.
Sente il viso distendersi in un sorriso sereno, per la prima volta dopo mesi.
“Ti ringrazio, Potter”, gli dice, in tutta risposta, senza tracce d’ironia nella voce. Lui corruga la fronte, con aria stranita. Non può sapere cosa c’è dietro quell’espressione di gratitudine così insolita da parte di una con cui, di solito, si limita a scontrarsi e battibeccare. Ma Lily si volta e prende a camminare verso il castello con soddisfazione, perché gli imprevisti di quella mattinata d’inizio inverno le hanno fornito un ottimo pretesto per fare ciò che doveva fare da tempo. Ora sa che non vuole più starsene seduta a rimpiangere qualcosa che non c’è più, bensì andare avanti e cercare un nuovo motivo per lottare.
I fiocchi di neve continuano a cadere pigramente, trasformandosi in tanti piccoli cristalli che s’impigliano nei suoi capelli e le conferiscono un alone bianco e soffice.
“Comunque era un’idea geniale, devi ammetterlo”, commenta Sirius Black, alle sue spalle.
“Lo so, lo so. Bisognerebbe aver paura di lei”, gli risponde Potter, con il tono di chi si vuol fare intenzionalmente sentire.
Lily lo ringrazia di nuovo, tra sé, perché questo significa qualcosa di ben preciso: non ha più bisogno di fare a botte.





Nota conclusiva: l’idea delle palle di neve con dentro i sassi l’ho ripresa da un musical spassosissimo che guardavo da piccola, Seven Brides For Seven Brothers, nel quale in una scena ambientata d’inverno le ragazze protagoniste, per far dispetto ai sette fratelli che per corteggiarle le hanno rapite in stile “ratto delle sabine”, tirano loro alcune palle di neve con i sassi dentro.
Caspita, siamo già a metà raccolta :O che ne pensate finora? Qual è la vostra shot preferita, per il momento? Fatemelo sapere, lo leggerò con gioia :) intanto vi lascio con uno spezzone del prossimo capitolo:

“Quindi vuoi la guerra”, commenta, scostando la frangia bagnata dalla fronte per riserbargli un’inequivocabile occhiata di fuoco. Lui nasconde la bacchetta dietro la schiena, come un bimbo colto in flagrante nel compiere una marachella. Gli è bastato un semplice incantesimo per ridurla in quello stato molto poco dignitoso, mentre lei, negli anni passati, doveva sforzarsi parecchio per elaborare qualche nuova costruzione verbale atta ad insultarlo nella migliore maniera.
Una situazione piuttosto impari, in sostanza.

Alla prossima settimana!
S.

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Capitolo 6
*** Non mi arrabbio mai (prompt: acqua) ***


s6
Non mi arrabbio mai




Prompt: acqua
Ambientazione: sesto anno
Parole: 2223




6 giugno 1977


Lily Evans detesta il caldo, nella maniera più profonda ed assoluta.

Sopporta male qualsiasi cosa vi si associ: il bagliore troppo accecante del sole negli occhi, i capelli che le si incollano alla nuca, i vestiti che si fanno troppo pesanti e costrittivi, l’umidità che si appiccica ad ogni centimetro di pelle dopo soltanto dieci passi all’aria aperta, l’incapacità di trovare un sollievo duraturo all’ombra per via del perenne spostamento del sole. Tuttavia, in quei primi giorni di giugno, le condizioni meteorologiche sembravano essersi decisamente messe contro di lei. Non pioveva da diverso tempo, neppure l’accenno di un fugace temporale estivo che potesse portare un po’ di sollievo; l’afa si era fatta opprimente e non concedeva tregua neppure nei sotterranei della scuola. Restare sui libri per gli ultimi esami da superare le era costato uno sforzo non indifferente, sia per i cali di pressione frequenti che per le pergamene piene di appunti che si incollavano al braccio non appena ve lo poggiava sopra per qualche minuto.
Oggi, dopo l’ultimo e sudato esame, Lily può concedersi finalmente un po’ di tempo perso. È ormai tradizione, per lei e le sue amiche, trascorrere il primo pomeriggio di libertà fuori nel parco, a consumare un’abbondante merenda in riva al lago. Soltanto una tovaglia da stendere sul prato, i mantelli su cui sedersi ed il gioco è fatto. Anche se ci vorrebbe un bel cappello di paglia a tesa larga, o un ombrellino parasole. Vicino all’acqua, però, si sta bene ed è con una spensieratezza quasi dimenticata che Lily avanza in testa al gruppo insieme a Mary verso il loro angolo preferito.
Si sistemano sull’erba fresca con sorrisi distesi sul volto, di quelli che spianano ogni ruga dalla fronte, consapevoli che ormai ogni giorno che manca alla fine della scuola potrà essere trascorso così, nell’ozio più totale. Soltanto per lei ci sarà qualche ultimo, piccolo compito da Prefetto, ma nulla di allarmante: si tratterà semplicemente di aiutare a gestire in maniera ordinata il rientro per le vacanze estive, dalle carrozze trainate dai Thestral fino all’espresso in partenza dalla stazione. Con lei ci sarà Remus, come al solito; l’anno prossimo, tuttavia, le cose cambieranno. Anche questa piccola routine durata un paio d’anni si avvia verso la fine e le abitudini di Lily dovranno nuovamente riadattarsi alle nuove impostazioni a partire da settembre. Nei restanti mesi di vacanza, tuttavia, sarà finalmente libera di non pensare a nulla – o quasi.
Mentre consuma il suo dolce e si gusta un bicchiere di the – rigorosamente freddo – Lily si sente invadere da strane sensazioni. Si accorge che il calore alle mani è improvvisamente diminuito a causa del contatto con il vetro del bicchiere, raffreddato dal ghiaccio. Socchiude gli occhi alla piacevole sensazione di un alito di vento che le solletica il collo. Ascolta il rumore dell’acqua che si infrange sui ciottoli in riva al lago, increspandosi in piccole onde, e si rende conto che non è mai uguale: il vento, soffiando ora di più ora di meno, lo rende ogni volta più debole o più forte, a seconda del momento.
Tuttavia, se c’è una cosa che Lily ha imparato della vita a Hogwarts, è che gli attimi di quiete così placidi e rari non sono destinati a durare a lungo. Il pensiero le sfiora la mente proprio mentre addenta l’ultimo boccone del suo muffin ai mirtilli, osservando Delia e Helen che si contendono la caraffa di succo di zucca, Margaret che si intreccia i capelli con aria distratta e Mary che si immerge con impazienza nel suo nuovo libro.
Purtroppo a Hogwarts non esiste la possibilità di porre dei confini alla presenza delle persone, neppure per lei. Il sogno di recintare quell’angolo di pace in riva al lago e riservarlo solamente a lei e alle sue amiche svanisce in fretta, insieme ad un sospiro di rassegnazione, nel momento in cui Lily si accorge delle figure che si avvicinano da lontano, tutte quante con una sagoma familiare ai suoi occhi. Nonostante la distanza, riconosce ogni dettaglio: le divise con i colori di Grifondoro, le bacchette che si levano in aria, i ciuffi di capelli che vengono scostati da fronti imperlate di sudore, quell’unico paio di occhiali che riflette i raggi del sole schermando così lo sguardo curioso del suo proprietario e impedendole di cogliere la stessa gioia ridente che affiora sui volti degli altri tre.
Non molto tempo fa, avrebbe assunto un’espressione tetramente imbronciata e si sarebbe voltata con ostinazione dall’altra parte, constatando che proprio loro arrivavano ad interrompere il suo divertimento.
Tuttavia le cose cambiano e le persone maturano, e ora Lily sa affrontare con il giusto spirito il gruppetto più indemoniato di Hogwarts. Questo sesto anno ha significato molto, in termini di evoluzione. Ora Lily indugia bonariamente nell’osservarli, per poi sforzarsi di ignorare con placida calma la loro presenza e tornare a dedicarsi alle chiacchiere femminili.
“L’anno prossimo mio fratello comincia Hogwarts. Merlino, che incubo”.
“Ma che dici?! Tuo fratello è così dolce…”
“Sai che non sopporto i ragazzini, Meg, e poi quello là è uno spione. Se smistano a Grifondoro anche lui, avrò finito di vivere”.
“Oh, non essere così melodrammatica”.
“La fai facile, tu, sei la sorella minore!”
“Infatti. Sono quella che è uscita meglio”.
“Farò finta di non aver sentito…”
Qualche improvvisa goccia fredda cade in quell’istante sul collo di Lily, facendola voltare di colpo. Poco distanti da lei ci sono James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Pettigrew immersi nell’acqua verdastra del lago fino alle ginocchia, i calzoni rimboccati in alto per non bagnarli – inutilmente, osserva lei, dato che hanno preso a schizzarsi l’un l’altro come bambini, con le mani e con i piedi. Remus viene inaspettatamente attaccato dagli altri tre a tradimento e non ha altro modo per difendersi se non pararsi il viso con le braccia sollevate. Anche se si sono dati una calmata con le piccole bravate da undicenni scapestrati, sono sempre loro quelli che osano per primi. Lei e le sue amiche non avevano neppure pensato ad infrangere la pace del lago, fino a quel momento.
Ed è a quel punto che, dopo lunghi istanti d’indugio, James Potter solleva lo sguardo per incontrare i suoi occhi, senza pudore, come se fosse del tutto naturale fissarsi così.
“Potter, attento a mantenere le distanze”, lo redarguisce lei, ma senza traccia di severità nella voce – piuttosto, invece, con un accenno di sorriso ironico. Si stupisce ancora di questo cambiamento nel modo di rivolgersi a lui; tuttora la sua coscienza sta scavando per cercarne la ragione, ma per il momento non ha mai avuto il tempo di fermarsi a pensare.
“Spiacente, sei in territorio nemico, Evans”, ribatte lui, sollevando fieramente il capo. Battibeccano ormai senza alcuna asprezza, per puro divertimento.
“Siete stati voi ad arrivare per ultimi, se non sbaglio”, osserva lei, divertita da quel gioco.
“Sì, ma sei tu a non essere ancora bagnata”, risponde James Potter, e l’attimo dopo solleva la bacchetta sulla superficie del lago e Lily non fa neppure in tempo a proteggersi, prima di vedere l’onda innalzarsi ed avvertire il rumore dello schizzo e l’annaspante sensazione dei vestiti che si inumidiscono di colpo. È bastato un attimo: ora i suoi capelli gocciolano sulla gonna, anch’essa fradicia.
Dopo aver tentato – piuttosto invano – di asciugarsi il volto con le mani, Lily si alza in piedi, fronteggiando Potter con cipiglio battagliero.
“Quindi vuoi la guerra”, commenta, scostando la frangia bagnata dalla fronte per riserbargli un’inequivocabile occhiata di fuoco. Lui nasconde la bacchetta dietro la schiena, come un bimbo colto in flagrante nel compiere una marachella. Gli è bastato un semplice incantesimo per ridurla in quello stato molto poco dignitoso, mentre lei, negli anni passati, doveva sforzarsi parecchio per elaborare qualche nuova costruzione verbale atta ad insultarlo nella migliore maniera.
Una situazione piuttosto impari, in sostanza.
“Io volevo farti un favore, rendendoti più sopportabile il caldo di oggi. Insomma, non ti va mai bene nulla”.
“E magari adesso ti aspetti anche dei ringraziamenti?”
“Certo che sì!”
“Come sospettavo”.
Lily sospira, scruta negli occhi nocciola del suo ex peggior nemico di tutta Hogwarts e poi si mette in cammino a passo rapido verso il castello, lasciandolo lì imbambolato a fissare la macchia d’erba bagnata rimasta sul terreno come traccia effimera della sua presenza. Si volta leggermente per controllare la sua reazione, ancora un attimo.
“Dove stai andando?”
Proprio ciò che si aspettava.
“A cambiarmi”, risponde, in tutta tranquillità.
È piacevole la sensazione di aver finalmente stipulato una tacita tregua. Lily sa dei sentimenti di Potter, ma lui non li mette più in piazza. Quindi, ora può facilmente ignorarli e passare oltre. Analizzare con interesse lo sguardo vivace che si cela dietro quegli occhiali rotondi, così da rendersi conto che non è sempre tanto baldanzoso e impertinente come le sembrava tempo fa. Ogni tanto guarda per terra, si massaggia un braccio, corruga la fronte in un’espressione preoccupata. Ogni tanto cerca il muto sostegno di uno dei suoi amici. Ogni tanto sfoggia un rassegnato sorrisetto autoironico.
L’acqua le ha appiccicato tutti i vestiti alla pelle, ma adesso questo le regala una sensazione di fresco. È diverso dall’afa umida e opprimente che provava fino a qualche minuto addietro.
La rivelazione del vero James Potter è stata un po’ come quello schizzo d’acqua addosso, ora che ci pensa.


*

Lily ritorna verso il lago in abiti Babbani, larghi e di colore chiaro. Ha fatto bene a portarseli in valigia, di rientro dalle vacanze di pasqua. Ha lasciato i capelli umidi, a gocciolare sulla schiena; il sole asciugherà tutto in pochi minuti, ma nel frattempo quel gesto le regalerà un po’ di sollievo dal caldo. Dopotutto, l’impresa di Potter ha avuto una sua utilità anche per lei: liberarsi della divisa.

Nel frattempo è accorsa altra gente a cercare refrigerio lungo le sponde. Piccoli gruppi di persone affollano qua e là la riva, tra facce che Lily ha incontrato già molte volte e altre di cui quasi ignorava l’esistenza. Le sue amiche sono ancora dove le ha lasciate: presa ciascuna dal proprio hobby, hanno temporaneamente smesso di alimentare la conversazione. Anche il gruppetto di Potter ha seguito la stessa linea di pensiero: si sono stesi tutti e quattro l’uno accanto all’altro, poco distanti dalle ragazze, le scarpe, i cravattini e le cinture sparpagliati in giro e le maniche delle camicie tirate su fino al gomito. Visti da quella distanza, sembrano addormentati dello stesso placido sonno dei neonati. Man mano che Lily si avvicina, coglie un sorriso sereno su ognuno di quei volti così diversi l’uno dall’altro; il sole sembra diventato una piacevole fonte di calore e loro paiono quattro lucertole pigramente distese su un muretto. Lei continua ad avanzare, stupita: tutti quei pensieri pacifici le risultano inaspettati. Da quando è diventata così bendisposta?
Qualche giorno fa ha perfino avuto una conversazione privata con James Potter. Una prospettiva che, tempo addietro, avrebbe giudicato ridicola ed improbabile, senza mezzi termini. Ricorda bene che lui l’ha velatamente paragonata al suo gruppetto, in quanto a diabolicità. In quel momento, dato ciò che si appresta a fare, Lily deve riconoscere che aveva proprio ragione.
Compie ogni passo con noncuranza, avvicinandosi sempre di più. Lui socchiude gli occhi, voltandosi verso di lei, mentre tenta di schermarsi dai raggi del sole con una mano.
“Ce ne hai messo di tempo, Evans… e dov’è finita la tua divis-”
Non gli lascia il tempo di completare la frase, prima di tirar fuori i vestiti ancora zuppi d’acqua che teneva nascosti dietro la schiena e strizzarglieli energicamente sulla testa con un solo, rapido gesto. Lui impreca, colto di sorpresa. I suoi amici si levano a sedere immediatamente, quasi allarmati, ma non fanno nulla per fermarla. E perché dovrebbero, in fondo? È solo un po’ d’acqua.
Quando finalmente riesce a mostrare a Potter il suo sguardo trionfante, lui non le appare minimamente irritato. Solo un po’ deluso per una rappresaglia che non si aspettava, forse.
“C’era bisogno di vendicarsi per uno scherzetto così innocente?” le domanda, sarcastico, mentre si asciuga gli occhiali con un lembo della camicia, tirata fuori dai calzoni con naturalezza. Lei si stringe nelle spalle, con un sorrisetto divertito.
“Volevo solo dimostrarti la mia gratitudine restituendoti il favore”, obietta, ma non si sente più così superiore.
“Beh, non so se potrai mai considerarti in pari”, replica lui, ridacchiando con aria inaspettatamente impudente. “Reggiseno rosso, eh? Carino, ma mi aspettavo qualcosa di più originale da te…”
Lily si sente improvvisamente avvampare. Avrebbe dovuto aspettarselo, che sciocca. Con la camicia bianca della divisa che indossava fino a poco fa, era facile ottenere un effetto di trasparenza.
“Potter, inizia a correre o ti butto nel lago subito”, lo minaccia caldamente, ma lui, prima ancora che finisca di parlare, si è alzato in piedi e ha preso a gambe levate la direzione del castello, seguito a ruota dai suoi amici. Peter Pettigrew, a un certo punto, inciampa e cade steso a terra con un tonfo morbido. Gli altri tre tornano indietro ridendo, provano a sollevarlo, poi si buttano sull’erba e iniziano a rotolarsi. Lily scuote la testa, con indulgenza. In effetti deve constatare che è più facile così, fare come Potter che non si arrabbia mai. La sua filosofia di vita, per quanto bizzarra, funziona.
Non c’è mai stato un equilibrio nel controverso rapporto che la lega a James Potter, ma forse ora, dopo anni, è venuto il tempo di instaurarne uno.




Nota conclusiva: bene, dalla prossima storia inizierà ufficialmente ad esserci un po' più di miele (si fa per dire, chi mi conosce per altre storie sa come mi piace descrivere James e Lily: con un romanticismo tutto loro XD). Grazie di cuore a tutti coloro che mi stanno lasciando un loro parere su questa raccolta, le vostre storie preferite finora erano tutte diverse; rifarò questo piccolo sondaggio alla fine della pubblicazione, probabilmente, per vedere se riesco a decretare una specie di podio :D
Vi lascio con l'anticipazione della prossima storia:

Mentre Madama Chips medica Lily, lei non lo guarda. Lui sa che non gli crede, è fisicamente impossibile perdere tutto quel sangue per colpa dei graffi di un gatto – anche se perfido come Mrs Purr. Un’altra che di sicuro non l’ha molto in simpatia, dato il modo poco carino in cui si mette a soffiare quando lo incrocia. In effetti, il successo di James con le donne è piuttosto controverso.

A presto e buon week end!

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Capitolo 7
*** Spargimento di sangue (prompt: rosso) ***


s7
Spargimento di sangue




Prompt: rosso
Ambientazione: settimo anno
Parole: 2300




19 Gennaio 1978

In questo preciso momento, James Potter è profondamente, tremendamente indeciso su una questione molto importante: non riesce a capire se odia di più se stesso o Mocciosus.
Si era ripromesso di non cascarci più, sapeva che Lily contava su di lui. Tuttavia, dopo mesi e mesi in cui si era limitato ad occhiatacce ed eloquenti gesti di offesa, aveva finito di nuovo per ritrovarsi invischiato nell’ennesimo duello.

“Signor Potter, prenda un altro fazzoletto. Quello è zuppo”, gli dice Madama Chips, interrompendo il corso dei suoi pensieri. James si riscuote e si toglie la pezza dal volto. Da bianca che era, ora se la ritrova in mano completamente tinta di un inequivocabile rosso sangue.
Sbuffa sonoramente, schizzandosi qualche goccia sui vestiti. Oh, magnifico. Macchiare ancora di più la divisa era ciò che gli mancava per completare il quadro. Ora, probabilmente, sembra uscito direttamente da una rissa in un pub di Nocturne Alley.
È a malapena in grado di bofonchiare un “grazie” striminzito, prima di prendere il fazzoletto pulito che Madama Chips gli porge e schiacciarselo di nuovo sul viso. Si osserva la mano sinistra con un misto di orrore e disgusto: ha le dita tutte macchiate. No, decisamente odia di più Mocciosus. Lui e quell’incantesimo di sua invenzione, che non manca mai di scagliargli contro.
All’inizio, James non voleva reagire. Ha risposto solo con qualche frase sarcastica. Innocenti battute di spirito, nulla di più. Poi però quel viscido omuncolo ha tirato troppo la corda e, anche se l’ha colpito di sorpresa, James ha messo mano immediatamente alla bacchetta. E ha reagito. Così il Vermicolo si è ritrovato con un naso ingigantito, mentre lui, all’inizio, ha semplicemente sentito un bruciore tagliente e qualcosa di liquido che gli colava sul viso. Dalla tempia, dal naso, dalla guancia, dal mento. Si è toccato la faccia, come un bambino che fa ancora fatica a rendersi conto di essersi fatto male cadendo dalla scopa giocattolo, e si è ritrovato le mani completamente sporche di sangue. Quasi non riusciva a crederci, a vedere tutto quel rosso.
Ha pensato che sarebbe morto dissanguato e per un attimo si è sentito cedere le ginocchia. Poi è passato di lì Vitious, che l’ha portato di corsa in infermeria, spedendo Mocciosus da Lumacorno (James è certo che il professore apprezzerà quel suo nuovo naso, gli dona molto di più). Madama Chips, manco a farlo apposta, aveva appena finito l’estratto di erbe cicatrizzanti, così, dopo avergli rifilato una pezza per tamponare il sangue, si è messa a prepararne uno nuovo.
Mentre sanguina, James riesce soltanto a pensare che Lily se la prenderà a morte con lui.
Sa che lei e Mocciosus non si parlano più. Si è reso conto che lei ha smesso di difenderlo, che lo disapprova. Tuttavia, implicitamente, gli ha sempre chiesto di tenersi lontano da scontri aperti con lui. E James si è sforzato di farlo, si è sforzato davvero oltre ogni limite. Ha ignorato ogni istigazione di Sirius, ogni provocazione di quell’idiota. Ma ora è successo l’irreparabile e – James ne è certo – Lily non darà ragione a lui.
Pochi minuti più tardi, si è inzuppato anche l’altro fazzoletto.
“Quanto ci vorrà per far andare via tutto?” chiede James a Madama Chips, quando finalmente lei gli applica i cerotti intrisi del decotto di erbe sui tagli. Lei sospira, alzando le spalle.
“Dovrà restare qui qualche ora, signor Potter”, gli annuncia. Qualche ora?! Magnifico, gli allenamenti di Quidditch salteranno completamente. E come diamine farà ad essere pronto per le otto, quando ci sarà la riunione mensile di Capiscuola e Prefetti con la McGranitt? È un disastro, un completo disastro. No, chiaramente James odia di più se stesso. Il perché è semplice: è riuscito, chissà come, a farsi nominare contemporaneamente Caposcuola e capitano della squadra di Grifondoro nello stesso anno.
Il risultato è che, ogni volta che si manifesta un imprevisto, è costretto ad annullare almeno uno dei due impegni – se non entrambi.
Davvero grandioso, tuttora si domanda come sia stato possibile.
“Si rilassi, signor Potter, le preparo una Pozione Ricostituente. Ha perso una discreta quantità di sangue. Cerchi di stare fermo, ora”.
A dire la verità James vorrebbe lavarsi le mani, ma ha la netta sensazione che, se oserà contraddire Madama Chips, scatenerà anche la sua ira. E dato che dovrà già sopportare quella di Lily, non la ritiene una buona mossa.
Tira fuori lo specchio, rassegnato, e comincia a chiamare Sirius. L’amico non lo lascia attendere troppo, comparendo dopo pochi secondi nell’immagine riflessa.
“Porco mondo! Che ti è successo, Prongs? Dove sei finito?”
“Infermeria, Mocciosus. Ti spiegherò meglio più tardi. Non posso fare casino, altrimenti Madama si arrabbia”, sussurra James a mezza voce. Sirius annuisce.
“Senti, devi farmi un favore. Ho bisogno che tu avverta qualcuno della squadra – Delia, o Ernest, o il primo che trovi in giro – e gli dica che stasera non potrò allenarli. Rimandiamo a domani, doppi allenamenti. Ah, dovresti anche avvertire Lily che non sono sicuro di farcela per la riunione. Non dirle dove sono, a meno che non inizi a torturarti per scoprirlo”.
“Sta’ tranquillo, in ogni caso non parlerei”, risponde Sirius, con un occhiolino ammiccante.
“Grazie, Pads”.
James sorride fugacemente. Chissà come ha fatto Sirius a non confonderlo con un vampiro, nello stato in cui è. Forse perché gli mancano i canini affilati.
Sospira rumorosamente, poi resta lì a guardarsi i pollici, come uno scemo.
Deve aspettare che quelle ferite si chiudano e nel mentre non ha assolutamente nulla da fare.
Pensa a Lily, molto intensamente. Sono circa quattro mesi che si frequentano e ancora non era giunta l’occasione per una litigata seria. Certo, bisticciano un sacco. Non hanno mai smesso di beccarsi incessantemente, neppure da quando è iniziata quella nuova fase del loro rapporto, fatta di baci e carezze e sedersi vicini a lezione. Ma tutto sommato, a modo loro, vanno d’accordo. Non è mai stato necessario parlare di Mocciosus e di come stavano le cose prima. Ora, però, è probabile che dovranno farlo. James ha paura, una paura folle che lei un giorno gli confessi che era innamorata di lui. È sicuro di non poterlo sopportare, sarà costretto a gettarsi a capofitto giù dalla torre di Astronomia se mai dovrà ascoltare una simile confessione da parte della sua donna.
Chissà se ora Lily sta torturando Sirius. Con una bella Fattura Solleticante, magari. Proprio il punto debole di Padfoot.
Ma soprattutto, chissà se Mocciosus è riuscito a guardarsi allo specchio e a vedere quanto gli donava il suo enorme naso prima di farselo riportare alle dimensioni originarie.
Mentre James riflette, sente la voce di Madama Chips proveniente da dietro la paratia.
“Che è successo, signorina?”
“Forbici troppo appuntite, stavo potando il mio Tranello del Diavolo che ha improvvisamente deciso di ribellarsi…”
Oh, cacchio.
Quella è la voce di Lily.
“Continui a tenere premuto con questo. Mi dia un secondo”.
“Grazie”.
James la sente avanzare di qualche passo. Dovrebbe disperatamente cercare qualcosa sotto cui nascondersi, dato che ha lasciato il Mantello dell’Invisibilità in dormitorio, ma proprio quando ha deciso di gettarsi a capofitto sotto il letto più vicino, realizza di aver esitato un secondo di troppo.
“E tu che ci fai qui?” esclama lei, incredula. James vorrebbe tanto far apparire una vanga e sotterrarsi in profondità nelle fondamenta di Hogwarts. È sicuro di essere uno spettacolo orribile, mentre lei è sempre ed immancabilmente bellissima, anche con i vestiti sporchi di terra e le mani imbrattate del color cremisi del sangue.
Proprio come lui.
“Ho avuto un… ehm… incidente di percorso mentre tornavo dall’ufficio di Silente”, farfuglia, sentendo che le ferite cominciano a tirargli la pelle.
Lily lo osserva con aria perplessa.
“Hai litigato con Mrs Purr?”
Quella potrebbe essere una buona scusa, in effetti.
“Già, quel gatto maledetto se l’è presa con me, chissà per quale motivo poi… Gazza si sarà dimenticato di darle da mangiare…”
“La sua pozione, signor Potter. La beva subito o l’effetto sarà uguale a mandar giù un bicchiere di succo di zucca. Signorina Evans, mi faccia vedere”.
“Un paio di tagli, tutto qui… perché una pozione?”
“Il signor Potter ha sanguinato parecchio. Guardi lì”.
Le due pezze completamente arrossate dal sangue che James ha perso dalle ferite stanno ancora lì in bella vista. Madama Chips complotta contro di lui, è evidente. In fondo ha sempre sospettato che non lo abbia molto in simpatia, con tutte le volte che lui, Sirius e Peter sono venuti in infermeria a salutare Remus dopo un plenilunio facendo immancabilmente un gran chiasso.
Non che fosse colpa loro, era lei che non riusciva a comprendere la necessità di tirare su di morale Remus dopo una trasformazione dolorosa. Almeno fino a che non sono diventati Animagi. Dopodiché, fare casino è diventato un modo per festeggiare ogni volta la loro avventura mensile. La scoperta di un nuovo passaggio segreto, o aver inseguito per scherzo quel branco di caprioli per tutta la notte. Cose che nessuno, se non loro, poteva comprendere.
Mentre Madama Chips medica Lily, lei non lo guarda. Lui sa che non gli crede, è fisicamente impossibile perdere tutto quel sangue per colpa dei graffi di un gatto – anche se perfido come Mrs Purr. Un’altra che di sicuro non l’ha molto in simpatia, dato il modo poco carino in cui si mette a soffiare quando lo incrocia. In effetti, il successo di James con le donne è piuttosto controverso.
Vorrebbe inventarsi un’alternativa convincente – ad esempio, una pioggia di coltelli scatenata su di lui da parte di un Pix infuriato – ma prima di poter preparare la messinscena, Lily gli si avvicina. Talmente tanto che riuscirebbe a distinguere ogni dettaglio del suo viso anche senza occhiali. Poi gli posa due dita su una tempia, in un punto preciso.
“Qui c’è l’arteria temporale. È molto superficiale, in questo punto. Per questo hai perso tanto sangue”, gli spiega, come se gli stesse tenendo una lezione sull’argomento. James non riesce a dire una parola: è troppo preso dai suoi gesti, dalla sensazione delle sue dita sulla pelle.
Quando gli si è avvicinata per la prima volta ha creduto di essere morto, perché ormai riteneva impossibile riuscire anche solo a sfiorarla in questa vita. Si era sentito rifiutare e disprezzare troppe volte per sperarci ancora. Eppure, dopo diversi secondi di frastornata immobilità, ha dovuto ammettere che la morte non poteva essere così concretamente realistica. Sembrava più un sogno ad occhi aperti, il sogno più ricorrente ed intenso che avesse mai fatto fin da quando si era accorto dell’esistenza delle ragazze.
“Tu che hai combinato, invece?” chiede a Lily, tentando di tornare sul pianeta terra.
“Ti ricordi che la Sprite mi aveva detto che la mia pianta stava crescendo troppo? Sono passata un attimo dalla serra per sistemarla, ma devo aver suscitato la sua ira perché si è ribellata e mi ha fatto volare via le forbici di mano…”
“Non potevi scegliere qualcosa di più docile per il progetto di ricerca, eh? Non dire che non te l’avevo detto”.
“Sì, lo so, James, ma dare prova di padroneggiare un Tranello del Diavolo è una cosa che fa parecchia impressione sugli ispettori dei M.A.G.O. ed Erbologia è sicuramente una delle materie su cui devo puntare di più”.
“Scommetto che Lumacorno è geloso di tutte queste tue attenzioni verso un’altra materia”.
“Geloso?”
In effetti, James ha usato proprio il termine sbagliato.
Geloso è più che altro lui, che al settimo anno continua a guerreggiare con Severus Piton soltanto perché ha ancora segretamente paura che un giorno torni a portargli via la ragazza.
Ora tutta l’attenzione di Lily tornerà a concentrarsi su di lui, dato che non è riuscito a sviare efficacemente la sua attenzione su altri discorsi.
E quindi tanto vale vuotare il sacco.
“Beh, sì, lo sai, sono geloso… lo sono sempre stato”, borbotta, guardando a terra per non dover sostenere il suo sguardo. “Non mi è mai sembrato vero che tu a un certo punto abbia iniziato a preferire me a lui. Anche se, beh, non eravate più amici. Noi due amici non lo siamo mai stati, quindi non so esattamente come funzionino queste cose. Sta di fatto che non avrei dovuto reagire, alla fine stavo andando bene, sapevo che ci tenevi a non vederci più bisticciare come due cretini ma… insomma, non ho iniziato io, non me la sono andata a cercare… lo so che detto da me risulta poco credibile, ma è la verità…”
Lily ha assunto una strana espressione, totalmente indecifrabile. All’inizio era smarrita, come se non capisse assolutamente nulla di quello che stava dicendo. Poi, però, deve aver afferrato. Ora James non riesce a cogliere esattamente il suo stato d’animo e questo lo manda leggermente in panico. È arrabbiata? Non è arrabbiata?
“Ti ho deluso, vero?” domanda, per avere una conferma dei suoi sospetti. Lei lo scruta con attenzione; i suoi occhi sono talmente limpidi e sinceri che James si sente quasi in imbarazzo.
Poi Lily sospira, rassegnata.
“Sì, James, mi hai deluso…”
Ecco, lo sapeva. È la fine…
“…mi hai deluso perché hai pensato che fossi così stupida da credere che sia stata Mrs Purr a conciarti in quel modo”, aggiunge lei, ridendo, e lui quasi non crede alle sue orecchie. Sorride di rimando, la pelle tira ancora di più.
Per una volta allora, ce l’ha fatta a non mandarla su tutte le furie. Le posa le mani sui fianchi, felice del traguardo raggiunto.
Vorrebbe baciarla, ma lei gli posa un dito sulle labbra.
“Prima guarisci”, gli intima, decisa. “Adesso sei troppo buffo”.
“Molto divertente, Evans”, si lamenta lui, gettandosi poi un’occhiata di sbieco nello specchio rotondo appeso sopra il letto dell’infermeria. In effetti, sembra che gli sia stata ricucita la faccia in maniera molto, molto grossolana.
Quantomeno, una delle sue arterie temporali è rimasta intatta, impedendo così un ulteriore spargimento di sangue.





Nota conclusiva: devo ammetterlo, sono un po' in difficoltà nel decidere cosa fare con il prossimo capitolo. L'ottava shot, come avevo infatti accennato nell'introduzione iniziale, è stata iscritta anche ad un altro contest, ed è necessario che resti inedita fino alla pubblicazione dei risultati; la giudice ha però comunicato che ha altri due contest in arretrato da correggere, quindi di sicuro non avrò i risultati per il prossimo week end. Potrei saltare l'ottava shot e pubblicare la nona e la decima con la stessa cadenza settimanale, per poi concludere con l'ottava (inserendola ovviamente al posto giusto, tanto è permesso spostare i vari capitoli) quando potrò farlo; oppure, in alternativa, metto in pausa tutto e aspetto.
Chiedo un consiglio a voi che mi leggete e recensite: che faccio? Cosa preferite?

Grazie per il vostro supporto e i vostri commenti, sempre bellissimi, che ancora fatico a credere di meritarmi.

A presto!

S.

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Capitolo 8
*** Cosa fai stasera (prompt: cuori) ***


s8 Piccolo avviso: sono andata a rileggermi il topic a cui è iscritta questa shot e mi sono resa conto che la giudice aveva richiesto che rimanesse inedita solo fino alla scadenza del contest, non necessariamente fino alla pubblicazione dei risultati. Ergo datemi pure della stordita, ma la buona notizia è che posso non interrompere la pubblicazione settimanale e arrivare con regolarità fino alla fine della raccolta. Incrociate le dita per il contest anche per me, la storia è già stata valutata e io sono in ansia pazzesca XD in ogni caso, quando avrò il giudizio lo aggiungerò in fondo all'ultima storia, insieme a quello già ricevuto per l'intera raccolta.
Buona lettura! <3
S.




Cosa fai stasera




Prompt: cuori
Ambientazione: settimo anno
Parole: 3056




14 febbraio 1978

“Signorina Evans, le spiace trattenersi un momento?”
Lily impreca mentalmente, mentre un’espressione di improvviso disappunto le affiora sul volto. Tuttavia, sa di non poter essere scortese; il professore ha già ricevuto fin troppe risposte ai limiti del tollerabile da parte sua e ad ogni modo, finché non avrà sentito cos’ha da dire, non può condannarlo già in partenza pretendendo di sapere di che si tratti. È costretta a voltarsi e a fronteggiare l’insegnante di Pozioni, annuendo con sguardo fermo e sicuro di sé. Poi torna a dargli le spalle per un attimo e cerca James con gli occhi.
“Vai pure”, gli sussurra, riserbandogli una lieve carezza sul braccio sinistro. Gesti furtivi, che Lily preferisce non far cogliere agli sguardi indiscreti della gente.
Lui si blocca, si sistema gli occhiali sul naso.
“Ok, ti tengo il posto”, le risponde; poi la guarda con intensità, come fa di solito prima di baciarla. Ma Lily sa che non lo farà. Non così platealmente. Si limita a sfiorarle la punta delle dita con la mano, dopodiché si volta ed esce dall’aula insieme a Sirius. Quando non è rimasto nessuno oltre a lei e a Lumacorno, Lily accosta la porta alle sue spalle.
“Signorina Evans… lei sa che non l’ho mai pregata e che ho sempre rispettato le sue volontà”, inizia il professore, con tono bonario. Lily annuisce di nuovo: suo malgrado deve riconoscere che è vero. Tuttavia…
“…tuttavia, non può continuare a dirmi di no. Sono anni che lo fa. C’è un limite a tutto e, se non posso cambiare il fatto che lei non faccia parte della mia Casa, posso almeno persuaderla a prendere parte ad una delle mie feste”.
In quel momento, nella testa di Lily risuona una sola parola: no.
No, no, no, no, no, assolutamente ed imperativamente no.
“Professore, io non… non sono un tipo da cerimoniali, gliel’ho già spiegato”, risponde, tentando di essere diplomatica. La verità è che sono piuttosto le riunioni del Lumaclub a non essere fatte per lei. Ci è andata una sola volta, al secondo anno, insieme a Severus: era la prima volta che il professore li invitava e lei non aveva assolutamente idea di ciò a cui andava incontro. Si era ritrovata circondata da Serpeverde, figli di papà e palloni gonfiati, ed era fuggita con una scusa inventata su due piedi dopo neppure mezzora.
Da allora ha sempre rifiutato, senza mezzi termini.
“Mi ascolti. Le garantisco che stavolta si tratterà di una cosa assolutamente informale. Giusto perché un paio di suoi compagni mi hanno domandato di organizzare qualcosa per San Valentino, sa… pare che ci tengano molto a festeggiare. La signorina Barnett di Corvonero e il signor Burrow di Grifondoro, credo che anche lei li conosca, dato che sono entrambi Prefetti. Insomma, sarà una riunione molto semplice, si prenderà un the e si mangerà un dolce… andiamo, signorina Evans, le do il permesso di portare chi vuole”.
Lily increspa le labbra. Sa che James e Lumacorno non vanno esattamente d’amore e d’accordo, perciò il tono allusivo con cui ha pronunciato quell’ultima frase desta in lei qualche sospetto.
“Il problema non è questo, in realtà…” prova a ribattere, ma il professore la interrompe subito.
“Su, su, signorina, me ne sono accorto, non c’è bisogno di nascondere la cosa. È evidente che ci sia del tenero con il signor Potter”.
Lui ridacchia sotto i baffi, ma Lily non è affatto contenta. È piuttosto certa che sia stato qualcuno che partecipa regolarmente alle sue riunioni a riferirglielo.
“Anche James non è tipo da cerimoniali, purtroppo”, replica, irrigidita.
“Ma come, un ragazzo proveniente da una simile casata sarà sicuramente abituato a cose di questo genere…” protesta Lumacorno, gesticolando in maniera eloquente. Lily alza gli occhi al soffitto, maledicendo tra sé le famiglie Purosangue e le loro abitudini aristocratiche. Era una cosa a cui ovviamente non aveva pensato prima di rispondere.
“Andiamo, signorina Evans. Non le chiedo di fare nulla di malvagio. Per una volta, mi faccia il piacere di accettare”.
“A dire il vero, professore, ho già accettato una volta”, ricorda Lily e per poco non rabbrividisce.
“Ma in questa occasione sarà diverso, c’è qualcosa da festeggiare… che lo faccia da me o altrove, cosa crede che cambi?”
Lily ha dei seri dubbi sul fatto di aver mai preso realmente in considerazione l’idea di festeggiare San Valentino, ma è inutile lanciarsi in disquisizioni sentimentali con un professore di Hogwarts. L’effetto risultante sarebbe, molto probabilmente, piuttosto grottesco.
“Cercherò di convincere James, ma non posso garantire nulla”, dice infine, non sapendo che altro inventarsi.
“Oh, vedrà che ne sarete entusiasti entrambi”, risponde Lumacorno, con un grande sorriso che compare a distendergli il volto.
“Una sola condizione, però: per favore, professore, stronchi sul nascere queste poco simpatiche voci di corridoio. La maggior parte delle volte si rivelano inesatte, per non dire completamente errate”.
Un piccolo giro di parole per mandare un semplice messaggio: non vuole essere oggetto di pettegolezzi con terze persone, specialmente con un professore coinvolto nella discussione.
“Le lascio un paio di inviti, non si preoccupi di fornirmi una conferma: si presenti semplicemente stasera alle otto nella sala trofei”.
“Professore, non le ho ancora detto che verrò di sicuro”.
“Mi basta sapere che ci penserà su, per il momento”.
“E va bene”.
Lily prende i due biglietti, si sistema la borsa sulla spalla sinistra e poi esce di corsa dall’aula, dirigendosi verso la Sala Grande. Per caso, mentre cammina a passo spedito, l’occhio le cade su quei due cartoncini. Si rende conto che sono scritti con inchiostro rosa e decorati con vezzosi cuoricini.
Comincia ad avere il vago sospetto che dietro a tutto ciò, in combutta con Lumacorno, ci sia anche la professoressa Blanchard, l’insegnante di Divinazione, una donna di origini francesi che gira sempre per la scuola con i capelli cotonati, le unghie laccate di un rosso cupo molto vistoso e una vezzosa sciarpa con fantasia in simil-pelle di drago intorno al collo. La sua amica Margaret la adora e sostiene che sia bravissima. Potrà anche darsi che lo sia, a dispetto della sua fuorviante maniera di presentarsi, ma questa improvvisa collaborazione con Lumacorno a Lily non piace per niente.
“Te l’avevo detto che secondo me c’era del tenero fra quei due”, le dirà di sicuro Margaret, in tono convinto, totalmente indifferente al fatto che lui abbia circa venticinque anni più di lei.
Lily entra in sala grande a passo rapido, ignorando le abituali teste che si sollevano nello stesso attimo ad osservare scrupolosamente la persona che ha appena fatto il suo ingresso. Scorge James seduto a fianco a Remus, Sirius e Peter ai soliti posti e li raggiunge. In tavola ci sono verdure alla griglia e pesce ai ferri.
“Lumacorno mi ha dato questo”, dice, rivolta al suo collega Caposcuola, in tono fintamente distratto. James prende in mano l’invito con sguardo interrogativo. Lily lo osserva con la coda dell’occhio: se dapprima la smorfia della sua bocca tradisce un moto di perplesso scetticismo, subito dopo sul volto di James compare un sorriso che non si aspettava di vedere.
“È un invito per due”, commenta, mentre Sirius si sporge da sopra la sua spalla per leggerne il contenuto, con la totale mancanza di discrezione che lo contraddistingue.
“Già”, conferma Lily, disponendo nel piatto quattro fette di pane in maniera perfettamente simmetrica. James, intanto, mastica il suo boccone di peperoni e patate.
“Dev’essere interessante”.
“Dev’essere ridicolo”, obietta Sirius, squadrando il suo amico dall’alto in basso come se non avesse più idea di chi si trova davanti. James si stringe nelle spalle con aria noncurante.
“Ci vuoi andare?” le domanda. Lily gli risponde precipitosa.
“Non senza di te, ovviamente”.
“E che problema c’è? A me va. Andiamoci”.
Lily si ritrova a scambiare un’alquanto inusuale occhiata d’intesa con Sirius, di fronte all’anomalo entusiasmo che James sta manifestando all’idea di andare ad una festa di un professore che non gli sta esattamente simpatico. Il Caposcuola si volta verso il suo migliore amico e gli fa un occhiolino fugace, che pure sembra non rassicurare pienamente Sirius. Poi torna a guardare Lily, con un gran sorriso.
“Sei sicuro di aver capito bene?”
“E per chi mi hai preso? Non sono mica un Serpeverde idiota!”
C’è da dire che per certe cose non è assolutamente cambiato, anzi, sembra ancora l’undicenne iperattivo e un po’ molesto che ha conosciuto sull’espresso per Hogwarts il primo settembre di alcuni anni fa.
“Spero che tu sia convinto che si tratti di una buona idea”, sospira Lily, servendosi di gamberetti in salsa cocktail.
“Avrai finalmente l’occasione di vedere quanto sono bello in abito da cerimonia. Sta’ tranquilla, solo per questo non te ne pentirai”.
“James…”
“Sì, lo so che odi queste cose frivole e piene di cuoricini ovunque. Ma fidati di me quando ti dico che sarà divertente”.
E così le toccherà presentarsi questa sera da Lumacorno, fornendogli su un piatto d’argento l’occasione di esultare e congratularsi con lei per aver finalmente ceduto.
La parte di lei che non aveva mai avuto intenzione di andare a quella festa contava soprattutto sulla risoluta opposizione di James a parteciparvi, ma aveva evidentemente fatto i conti senza l’oste.
“Sì, sarà molto divertente vederti vestito da pinguino”, commenta Sirius, mentre Lily dispone con ordine maniacale le olive verdi tagliate a fette sul pane insieme ai pezzetti di tonno. Non ha particolarmente fame, ma fare quei giochetti con il cibo la distrae dal pensare che ormai non ha più motivi per rifiutare quel discutibile invito decorato a cuori.


*

Mentre Lily percorre i corridoi di Hogwarts, quella sera, non si sente affatto tranquilla. Ha dovuto chiedere in via eccezionale ai Prefetti di occuparsi in vece sua e di James del pattugliamento serale dei corridoi, finita l’ultima lezione ha avuto a malapena il tempo di esercitarsi a perfezionare il suo Incanto Patronus per domani – è sicura che il professor Flanders lo farà eseguire a tutti in classe durante la lezione, perciò sarebbe doveroso da parte sua presentarsi con un minimo di preparazione – e ci ha messo un’ora per infilarsi quell’odioso vestito da sera. Mary ha dichiarato con fierezza, dopo averla aiutata, che sembra uscita da un romanzo di Jane Austen, o qualcosa del genere. In realtà lei si sentiva più che altro una perfetta idiota, con quell’abito che la strizzava in vita  - impedendole quasi di alzare le braccia per spazzolarsi i capelli – per poi allargarsi fino a terra in un’ampia gonna a ruota. Ascoltando il rumore dei suoi passi che rimbomba sul pavimento di pietra, continua a rimpiangere silenziosamente la comodità della divisa.

A fianco a lei, James non pare assolutamente in preda al suo stesso turbamento, anzi: ha l’espressione di chi si sente perfettamente a suo agio. Forse Lumacorno aveva ragione sul suo conto, anche se a Lily costa fatica ammetterlo; in fondo sa, per sentito dire, che le famiglie Purosangue sono tutte tendenzialmente molto aristocratiche e abituate, pertanto, a ricevere parenti lontani impaludati in simili abiti costosi.
Il sorrisetto che continua a rivolgerle, comunque, non la rassicura più di tanto.
“Se vai avanti a fissarmi così finirò per arrossire”, le dice a un certo punto, con quel solito ghigno da impertinente che l’ha sempre mandata su tutte le furie. Stavolta, però, Lily si sente strana.
“Stai… stai bene così”, spiega, e in effetti lo pensa davvero. Nonostante i modi spesso irriverenti e quella zazzera di capelli neri che neppure stavolta è riuscito a mettere in ordine, James sembra nato per far parte di quel mondo. Lei, al contrario, non ci si ritrova per niente. Finora era riuscita a dimenticarsi del fatto che proviene da una famiglia di Babbani, ma in quel momento non può fare a meno di rifletterci su. Finché resteranno a scuola, protetti da spessi muri e da torrioni, questo non rappresenterà un problema per la loro storia. Ma dopo? Chi le garantisce che non cambierà nulla?
“Io ho sempre cercato di farti capire che sono bellissimo, Evans, ma tu ci sei arrivata solo dopo sette anni…”
“Se te l’avessi detto solo un paio d’anni fa, il tuo ego si sarebbe gonfiato talmente tanto che non saresti più tornato con i piedi per terra per chissà quanto tempo”.
“Questo è un modo implicito per dirmi che comunque lo pensavi anche prima?”
Per fortuna, Lily ha la scusa perfetta per evitare di rispondere a quella scomoda domanda: sono arrivati alla sala trofei. Decide che entrare è più facile che cercare un modo per zittire James, perciò, senza pensarci su troppo, apre la porta con un gesto deciso, tirando i battenti in ottone.
Lo spettacolo che le si offre davanti agli occhi è piuttosto controverso, forse perché non ha avuto il tempo di pensare a cosa aspettarsi.
Al centro della sala è stato allestito un buffet decisamente fornito, a cui gli invitati si stanno abbondantemente servendo; le sedie sono state disposte ordinatamente ai lati, di modo da lasciar libero lo spazio al centro. Una musica languida e soft si diffonde dappertutto, facendo muovere a ritmo la testa cotonata della professoressa Blanchard. All’interno della sala si riescono a distinguere solo coppie, per quanto la luminosità delle candele, unica fonte di luce, lo consenta; da ultimo, ciò che Lily nota sono le decorazioni appese ovunque, consistenti, ovviamente, in cuori dei più svariati colori e dimensioni. I festoni sono animati, e palpitano. Le costa davvero un grande sforzo non piegare la bocca in una smorfia di completo disappunto.
“Che diamine siamo venuti a fare qui?” domanda a denti stretti, gettando un’occhiata in tralice a James. Lui si ravviva il colletto, con una nonchalance per cui Lily non può fare a meno di provare una profonda invidia, e le sorride.
“Io ho intenzione di mangiare. Vieni con me?”
Senza lasciarle il tempo di replicare, James le preme dolcemente una mano sulla schiena e la conduce verso il tavolo del buffet. Mentre si avvicinano, Lumacorno li nota e viene loro incontro. James, inaspettatamente, si comporta da vero gentiluomo: Lily continua ad osservarlo ammirata, non riuscendo assolutamente a capire da dove abbia tirato fuori tutto questo garbo e questa compostezza. Se non fosse per quell’incorreggibile capigliatura, sembrerebbe davvero un rispettabile giovane Purosangue, una perfetta rappresentanza del mondo magico. Sorride pensando che corrispondeva parecchio alla figura del giovane mago che si era tanto immaginata da piccola, fin dal momento in cui aveva scoperto che le sarebbe arrivata la lettera per Hogwarts. Era solo una bambina e fantasticare le piaceva troppo per rinunciarci. Poi era arrivato il giorno di salire sul treno e tutte le sue dolci illusioni si erano frantumate di fronte a quel ragazzino arrogante ed impertinente, a cui aveva dichiarato una silenziosa guerra fin dall’inizio. Ora, quel piccolo guastafeste è diventato il suo ragazzo e le strizza furbescamente l’occhio mentre tracanna d’un sorso un bicchierino di Rum Esplosivo al cioccolato e peperoncino.
Insomma, per Lily la serata sembra procedere meglio del previsto. Niente guai all’orizzonte, nonostante non sia propriamente il genere di festa a cui partecipi volentieri, continua a pensare gettando occhiate in tralice a quei festoni a forma di cuori. La presenza di James si rivela, peraltro, sempre un’ottima scusa per svignarsela nei momenti in cui Lumacorno la trascina da parte per presentarle alcuni suoi invitati d’onore, ex allievi di Hogwarts che secondo lui potrebbero offrirle brillanti possibilità di carriera futura: dopo lo scambio di qualche frase di circostanza, Lily può allontanarsi a cercarlo senza troppi problemi, affermando di non volerlo lasciare da solo. Quando poi lo ritrova, con gli occhi sempre un po’ più lucidi e il sorriso più languido, si stupisce del fatto che ora sia lei a rincorrerlo, dopo che per anni è successo il contrario.
A un certo punto però, quando il desiderio di fuggire da quella confusione inizia a serpeggiare in lei, si rende conto che ha perso di vista James. Mentre si guarda intorno freneticamente, riesce ad individuarlo: è salito in piedi su una sedia e, con un fischio, ha richiamato l’attenzione degli invitati. Lily ammutolisce, coprendosi gli occhi con le mani per non guardare. Ecco che è arrivato il momento della catastrofe.
“Scusate, volevo fare un piccolo annuncio”, dice James, con un tono di voce reso più sicuro di sé dall’alcol. “Dato che non potrebbe esserci occasione più adatta di questa festa organizzata nel giorno di San Valentino, per la quale ringrazio di tutto cuore il professor Lumacorno” – che in quel momento lo sta occhieggiando con aria minacciosa – “sono lieto di poter rendere finalmente pubblica la mia attuale e serissima relazione con la Caposcuola Evans. Avete capito bene, serissima. Perciò, signori presenti, potete anche smettere di guardarla. Ogni tentativo d’approccio sarebbe per voi tanto inutile quanto dannoso, ve lo posso garantire. Grazie dell’attenzione, ma ora dobbiamo proprio scappare. A presto!”
Balzando con agilità giù dalla sedia, James corre dritto verso di lei, la afferra per il polso con presa salda e la trascina verso la porta della sala trofei, spalancandola con un colpo di bacchetta e richiudendosela alle spalle in fretta e furia. Travolta dalla rapidità con cui tutto è successo, Lily non riesce più a ragionare con coerenza. Capisce solo che stanno ancora correndo a perdifiato per i corridoi, impaludati nei loro abiti da cerimonia, e che entrambi stanno ridendo a crepapelle. Sono riusciti a rovinare la perfezione di un ricevimento in piena regola, questo è poco ma sicuro. James ha dovuto dare spettacolo come al solito – avrebbe dovuto aspettarselo. Era rimasto troppo silenzioso e tranquillo durante il tempo precedente trascorso lì. Tuttavia, non riesce assolutamente ad essere arrabbiata con lui: ha risollevato l’umore della serata e l’ha portata via di lì esattamente nel momento in cui lei lo desiderava. Questo riesce a riscattarlo dall’essere salito su una sedia per dichiararla di sua proprietà di fronte a tutti, in fondo.
Quando finalmente si fermano, giunti alle scale che portano alla torre di Grifondoro, Lily è ansante e scompigliata e si ritrova a fissare un James altrettanto sconvolto dalla corsa.
“Tu sei totalmente fuori di testa”, gli dice, ma non c’è traccia di rimprovero nella sua voce. Forse sta iniziando ad abituarsi a frequentare un simile scalmanato.
“Beh, è evidente che è per questo che stai con me”, risponde lui, con un affascinante ghigno di soddisfazione che non sparisce neppure nel momento in cui posa le labbra sulle sue, inebriandola con un dolce aroma di alcol. Per questa volta ha ragione, pensa Lily abbandonandosi al bacio.







Nota conclusiva: sui non proprio idilliaci rapporti fra James e il professor Lumacorno si parla abbastanza in giro, e io mi trovo d’accordo. Quando Harry gli viene presentato, Lumacorno racconta solo di Lily, non nomina mai James: sappiamo che non può essere perché era una capra nella sua materia (James viene sempre definito come uno studente dai risultati brillanti, quindi al massimo non era estremamente dotato come Lily, ma di sicuro non andava male in Pozioni), quindi l’ipotesi che resta è che i due non fossero molto in sintonia dal punto di vista caratteriale.
Vi lascio con un arrivederci alla prossima settimana e l'anticipazione del prossimo capitolo (che è stato, probabilmente, il più apprezzato dalla giudice Tittivalechan per quanto riguarda l'uso del prompt - non vi chiedo di indovinare cosa succederà ma vi assicuro che sarà piuttosto esilarante XD):

“Secondo Safran, il signorino sposerà la sua fidanzata. Safran ne è sicuro”.
“Uh, ti ringrazio. Se mi sposerà, vorrà dire che non sarò stato ucciso”.
“Il signorino si ricordi di Safran, quando dovrà scegliere il suo Elfo domestico”.
“Puoi contarci”.
Mentre James si sente sempre più barcollante, l’Elfo dà un’occhiata all’orologio a pendolo appeso sopra le loro teste.
“È ora di tornare al lavoro. Il signorino deve tagliare le cipolle”.


Buon week end!



Aggiornamento (20/11/2011): oggi sono arrivati i giudizi, dai quali ho appreso che questa shot si è classificata seconda al contest "E tu cosa scegli?" di _Aras_. Ringrazio di cuore la giudice, che è stata molto rapida, e riporto qui il risultato:

Seconda classificata a parimerito: Cosa fai stasera - Jane Gallagher
Grammatica e stile: 9,5/10
La verità è che è sono piuttosto le riunioni del Lumaclub a non essere fatte per lei. Come vedi c'è un doppio verbo essere, va tolto è. Quando usi i puntini di sospensione lo spazio va solo dopo di essi, non prima. Per Sala Grande serve la maiuscola, poiché è un nome proprio. Non ho trovato altri errori. Passiamo allo stile. Hai utilizzato principalmente il tempo presente per la narrazione: una scelta difficile, per usare adeguatamente questo tempo è necessaria una grande abilità. Si rischia che la narrazione non risulti scorrevole o che sembri troppo semplice o forzata in certi punti. Tu sei riuscita ad utilizzarlo molto bene, ci sono solo alcuni punti in cui sembra appunto un po' forzato, ma non c'è male. In generale, lo stile è liscio, scorre tranquillo lasciando al lettore il tempo di leggere, senza correre e senza andare troppo lentamente.
Originalità: 10/10
Non ho mai letto una fanfic su un evento simile. Partendo da un assoluto cliché (la festa di San Valentino) hai saputo realizzare una trama originale e credibile. E' perfettamente possibile che Lumacorno decida di dare una festa del genere, dati i suoi precedenti. Hai saputo strutturare bene la storia, inserendo dei particolari nuovi, come per esempio la simpatia/non-simpatia di Lily per Lumacorno; noi conoscevamo solo la versione del vecchio Lumacorno, che adorava la ragazza.
IC personaggi: 10/10
Lily e James sono perfetti. Lily, nella sua insicurezza interiore per la sua natura, nei vecchi ricordi di Severus, nell'amore per James che non vuole sbandierare al mondo, nella pacata gentilezza sotto cui si nasconde un animo forte e deciso. James, innamorato di Lily da sempre, incredibilmente dolce con la ragazza che ama, l'ho adorato. Hai saputo anche tirar fuori il suo animo malandrino, la sua uscita inaspettata ma perfetta alla festa di Lumacorno, l'eleganza del purosangue e la malizia del ragazzo. Sono semplicemente perfetti.
Gradimento personale: 10/10
L'ho adorata! Amo Lily e James, e mi è piaciuta tantissimo la caratterizzazione perfetta dei due. James soprattutto, che con i suoi modi gentili, il lieve sfioramento delle dita di lei, è un amore!
Totale: 39,5

Tolti gli errori di distrazione, per i quali mi mangiucchio le mani, sono immensamente felice di questo risultato. Non mi aspettavo di arrivare così in alto, nonostante tutto. Ora mi resta solo da ansieggiare per la mia Gideon/Marlene XD Grazie di cuore a voi che commentate, perché con le vostre belle parole mi fate sempre arrossire. A presto!

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Capitolo 9
*** Una bottiglia di uischi (prompt: elfo) ***


s9

Una bottiglia di uischi

 

 

Prompt: elfo

Ambientazione: settimo anno

Parole: 2218

 

 

13 maggio 1978

 

Mentre cammina a passo sconsolato lungo il corridoio della scuola, impegnato ad evitare con attenzione di calpestare le crepe nel pavimento, James Potter si rende conto di essersi pentito per la prima volta in vita sua di ciò che ha fatto per meritarsi la punizione inflittagli qualche giorno fa dalla professoressa McGranitt.

Ha cercato di comportarsi piuttosto bene, durante quell’anno scolastico. Dopotutto, Silente l’ha nominato Caposcuola e non se la sentiva di tradire la fiducia che aveva evidentemente riposto in lui. Deciso finalmente che era giunto il momento di piantarla con le bravate, James sentiva di aver davvero messo la testa a posto: ormai non ricordava nemmeno più come fosse fatto l’ufficio di Gazza (forse questa era un’esagerazione, ma d’altronde era impossibile dimenticare che il cassetto con gli elenchi delle punizioni destinate a lui e a Sirius era il terzo a partire dall’alto nel mobile sulla sinistra della porta, dopo tutti quegli anni).

Tuttavia, non è tanto per ciò che ha fatto che James è pentito. Ha compiuto azioni ben più gravi nel corso della sua turbolenta carriera scolastica – un certo Severus Piton di Serpeverde ne sa qualcosa, ad esempio – ma questa, probabilmente, è la punizione più difficile da mandar giù che gli sia mai stata assegnata. E anche quella per cui Sirius l’ha preso di più in giro, perfino più di quando Lumacorno l’ha costretto a venire nel suo ufficio per fissarlo nelle palle degli occhi un’ora al giorno, nella più completa inattività.

Di una cosa James è certo: se fra gli insegnanti si dovesse stabilire un premio annuale per chi assegna la punizione più originale, la McGranitt vincerebbe senza alcun dubbio. L’iniziativa potrebbe essere un piacevole diversivo, peraltro; la proporrà a Silente la prossima volta che dovrà andare nel suo ufficio a fare rapporto come Caposcuola. È abbastanza sicuro che il Preside apprezzerà la sua inventiva.

Quando James giunge finalmente all’ingresso delle cucine, lo contempla con aria desolata per alcuni secondi. La sua collega Caposcuola, Lily Evans – rimasta miracolosamente in silenzio fino a quel momento – solleva lo sguardo verso di lui, con una certa compassione di cui James non sa se esserle grato. È più probabile che, dentro di sé, lo stia deridendo di gusto.

“Dai, è solo per una giornata”, gli dice, posandogli una mano sulla spalla. Lui pensa che vorrebbe tanto incatenarsi al muro, di modo da rendere impossibile il compimento di quella barbara punizione. Ma non può tirare ulteriormente la corda con la McGranitt. Gli sta già abbastanza col fiato sul collo per via del campionato di Quidditch, ci manca solo che si metta a rincorrerlo per tutta Hogwarts per trascinarlo di nuovo fin lì.

“Se non sopravviverò, di’ a Sirius che gli lascio il mio Mantello dell’Invisibilità”, sentenzia, con aria lugubre.

“Mentre a me toccherà il tuo manico di scopa, immagino”, commenta lei, sarcastica.

“Beh, allora fate a gara a chi se lo prende per primo. Sono sicuro che sarà una bella lotta”.

“James”.

“Sì, sì, ora vado…”

“Non ti agitare”.

Lily tronca in un attimo le sue lamentele, prendendogli il viso tra le mani e depositandogli un lieve bacio sulle labbra. Per un attimo, James si sente invadere da un familiare senso di calore. Dopodiché, torna a voltarsi verso la porta delle cucine: tentando di racimolare un po’ di determinazione, riesce finalmente a varcarla con successo. L’attimo dopo aver salutato Lily con un cenno della mano, si accorge che tutti gli occhi dei presenti sono puntati su di lui; i rumori di coltelli, pentole e bollitori sembrano essere improvvisamente cessati. Con un gran sospiro, James avanza di un passo e fa la sua domanda alle decine di musi affilati, dotati di nasi ed orecchie lunghi e sottili, che lo scrutano attentamente con i loro grandi occhi a palla.

“Avanti, chi di voi devo sostituire?”

 

*

In quel momento, dentro di sé, James sta litigando con una proiezione molto fedele di sua madre. Purtroppo non può averla davanti per rimproverarla come si deve, perciò è costretto ad arrangiarsi come può, conducendo quel silenzioso dialogo in un angolo della sua mente. Il motivo per cui ce l’ha con lei è perché l’ha cresciuto senza mai fargli alzare un dito, neppure per le cose più elementari; il risultato è che James non ha praticamente mai preso in mano un coltello, neppure per sbucciarsi un frutto, e ora si trova in seria difficoltà. È stato infatti inviato a sostituire un Elfo delle cucine, cosa in teoria meno faticosa rispetto al cambiare lenzuola, pulire pavimenti e riordinare armadi; tuttavia, quando si tratta di cucinare, quello che si può fare con la magia è ben poco. Come se non bastasse, la sua punizione implicava di recarsi sul luogo senza bacchetta. Sbuffando sonoramente, comincia a domandarsi quando ha deciso di diventare così ubbidiente.

“Il signorino forse farebbe meglio ad aiutarsi con il pollice per riuscire a sbucciare meglio la patata, ma quello di Safran è solo un umile consiglio, signorino”, gli dice alle spalle una vocetta sottilmente petulante. James per un attimo viene quasi preso dall’impulso di continuare come stava facendo soltanto per fare un dispetto all’esserino che gli dà ordini in maniera così subdola e velata, ma alla fine sceglie di non andare sul piede di guerra e di seguire il suo consiglio. Inaspettatamente, questo si rivela corretto: aiutandosi con il pollice, James non si sente più così tanto impedito.

“Il signorino sembra già stanco”, osserva poi l’Elfo, in tono più sommesso.

“Puoi giurarci, amico”, risponde lui, gettando uno sguardo desolato alla montagna di patate che ancora gli sta di fronte, in attesa di passare sotto il suo coltello malfermo.

“Il signorino gradisce qualcosa da bere?” propone l’Elfo, e James, per quanto stupito da quell’offerta, non ci pensa due volte ad accettare.

“Buona idea”.

Approfittando della buona scusa per fare una pausa, James segue l’Elfo fino ad un bancone appartato, situato vicino a una grande credenza in legno massiccio. La bizzarra creatura si arrampica verso uno dei battenti più alti, con una notevole agilità per essere il più vecchio della cucina; dopodiché, guardandosi intorno con fare circospetto, ridiscende portando con sé nientemeno che una bottiglia di Whiskey Incendiario.

James fissa l’Elfo negli occhi giganteschi con evidente stupore per diversi secondi, ma quello non dà segno di essere minimamente toccato dalla cosa. Si limita a riempirgli un bicchiere di cristallo per alcolici, per poi porgerglielo con un gesto disinvolto.

“Il signorino non beve?” domanda, incerto.

“Oh, beh, ti ringrazio del pensiero, ma… pensavo che avessi in mente qualcosa di più leggero”, obietta James, manifestando la sua perplessità.

“Safran beve sempre Whiskey Incendiario. Lo aiuta ad arrivare a fine giornata”, spiega l’Elfo, in tono lievemente malinconico. James si sente spinto da un moto di compassione. In fondo, non ha alcun motivo per rifiutare quel bicchiere colmo fino all’orlo.

“Come ti capisco”, dice James, e l’esserino assume uno sguardo triste mentre si rigira il bicchiere fra le mani, osservando le onde prodotte dal movimento sulla superficie del liquido.

“Safran dovrebbe essere in pensione, ormai, ma non vuole rassegnarsi. Non avrebbe più niente da fare, nessun padrone da servire. Solo a Hogwarts il professor Silente gli lascia ancora fare qualcosa”.

“E allora perché bevi? Dovresti essere contento di essere qui”.

L’Elfo butta giù il suo bicchiere tutto d’un fiato, senza lasciare neppure una goccia, e James è sempre più sbalordito.

“Lavorare è faticoso. A Safran fanno male le ossa”.

“E allora andare in pensione non sarebbe una scelta migliore?”

“Il signorino vorrebbe prendere Safran a servizio? Safran ne sarebbe molto lieto”.

Talmente tanto che gli luccicano gli occhi per l’emozione, osserva James.

“Ehm… mi dispiace, davvero, ma abbiamo già un Elfo domestico a casa. Altrimenti avrei accettato, te lo garantisco. Forse quando metterò su una famiglia mia potrei richiamarti”, dice infine, tentando di essere diplomatico. L’Elfo, tuttavia, sembra sempre più attratto da quella discussione.

“Il signorino vuole mettere su famiglia? Safran sarebbe lieto di servirla”.

“Uh, beh, prima mi devo sposare, però”, obietta James, in tono pragmatico. Sempre se Lily prenderà mai in considerazione l’idea, comunque.

“Il signorino ha una fidanzata?”

“Sì, diciamo di sì. È molto carina. L’avrai vista girare per la scuola, con i suoi lunghi capelli rossi, il suo distintivo da Caposcuola e l’aria minacciosa di chi ha costantemente una frusta in mano”.

A quel punto, l’Elfo assume un’espressione lievemente allarmata.

“Il signorino viene frustato?”, gli domanda, e James agita subito le braccia in segno di diniego.

“No, non siamo ancora arrivati a questo punto. Per fortuna. Non dirglielo se la incontri, stavo solo scherzando”.

L’Elfo annuisce e James può tirare un sospiro di sollievo. Dopodiché posa lo sguardo sul bicchiere e, pur avendolo vuotato giusto qualche secondo prima, se lo ritrova di nuovo inspiegabilmente pieno.

“E le cose vanno bene?” domanda Safran, sorseggiando la sua seconda dose di Whiskey Incendiario con assoluta noncuranza.

“Sì, o almeno per la maggior parte del tempo”.

“Cioè quando il signorino non viene frustato?”

“Ma no, ti ho detto che stavo scherzando!”

“È che l’ha detto con un’espressione molto spaventata, poco fa”.

“Oh, beh, probabilmente ne sarebbe capace. Ma non gliel’ha ancora suggerito nessuno, per il momento”.

A quel punto, James inizia a sentire la familiare sensazione di leggerezza che dallo stomaco si propaga al cervello. Nessuno degli altri Elfi al lavoro ha dato segno di essere minimamente toccato dalla loro sparizione momentanea, perciò comincia a pensare che davvero l’esemplare che ha davanti sia un alcolizzato e che non gli abbia semplicemente offerto da bere per rompere il ghiaccio. Di sicuro, dopo tutte le patate che ha sbucciato in quelle due ore, se lo merita, in un certo senso. Però resta comunque un episodio bizzarro, ai limiti dell’assurdo, che non potrà fare a meno di raccontare immediatamente a Sirius non appena sarà tornato in dormitorio.

“Secondo Safran, il signorino sposerà la sua fidanzata. Safran ne è sicuro”.

“Uh, ti ringrazio. Se mi sposerà, vorrà dire che non sarò stato ucciso”.

“Il signorino si ricordi di Safran, quando dovrà scegliere il suo Elfo domestico”.

“Puoi contarci”.
Mentre James si sente sempre più barcollante, l’Elfo dà un’occhiata all’orologio a pendolo appeso sopra le loro teste.
“È ora di tornare al lavoro. Il signorino deve tagliare le cipolle”.
James sbarra gli occhi, inorridito. Con tutto quello che può esserci da fare in una cucina, devono toccargli proprio le cipolle?
“Oh, certo, magnifico. Scommetto che questa è un’altra geniale idea della professoressa McGranitt”, sospira, rassegnato, scendendo dal suo sgabello con meno agilità del solito.

*

Quando James può finalmente rientrare al suo amato dormitorio quella sera stessa, gli sembra quasi di sognare. È stanco morto e i suoi vestiti odorano incredibilmente di fritto; senza contare che, dopo essersi praticamente scolato un’intera bottiglia di Whiskey Incendiario insieme all’Elfo che doveva sostituire, sta cominciando ad avvertire un fastidioso cerchio alla testa, unito ad una spiacevole sensazione di subbuglio nello stomaco. È quasi ora di cena, in teoria, ma non ha alcuna intenzione di scendere in Sala Grande. Ha già visto abbastanza cibo nel corso di quella faticosa giornata e, indubbiamente, preferisce lasciare ad altri il privilegio di mangiarsi i cetrioli che ha tagliato così abilmente a forma di stellina – se non altro, durante tutte quelle ore trascorse in cucina, ha almeno imparato a maneggiare un coltello. Lily ne sarà contenta: questo costituisce un motivo in più per desiderare di sposarlo. Ma da quando in qua James si è messo a pensare al matrimonio? È tutta colpa di quell’Elfo, che non ha fatto altro che parlargli di questo argomento per tutta la giornata.
Dopo aver salito con estrema lentezza i gradini che conducono al buco del ritratto, James riesce comunque ad avere il fiatone. Nonostante abbia indosso gli occhiali, ci mette un po’ ad individuare Lily, seduta su una delle poltrone della sala comune; quando lei si accorge della sua presenza e gli corre incontro, James la trascina in dormitorio immediatamente, affermando di essere distrutto e di avere assoluto bisogno di sdraiarsi su un letto prima di parlare.
Quando finalmente può realizzare il suo desiderio, gettandosi a pesce sulle coperte sfatte e rotolandovisi per alcuni secondi, sente alleviarsi un pochino quel cerchio alla testa causato dal Whiskey Incendiario.
“Allora? Com’è andata questa terribile esperienza?” gli domanda Lily, carezzandogli teneramente i capelli.
“L’hai detto. È stato terribile”, risponde James, in tono melodrammatico. “Ma un Elfo domestico mi ha detto che ci sposeremo”, aggiunge poi, sollevando lo sguardo per osservare la reazione della sua ragazza. Lei sgrana i bellissimi occhi verdi di colpo, sorpresa; indubbiamente non se l’aspettava. Chissà se aveva mai pensato a questa evenienza, alla possibilità che la loro relazione diventi qualcosa di davvero serio. Neanche James ci aveva mai pensato fino a quel giorno, a parte qualche stupida battuta fatta con Sirius in privata sede, ma se lei un giorno gli dicesse di sì è probabile che il cuore gli scoppierebbe nel petto.
“Wow”, commenta semplicemente lei, assumendo un’aria pensierosa. Tuttavia, un mezzo sorriso le distende una guancia e James non può fare a meno di notarlo.
“Mi ha anche predetto il futuro, sai. Ha detto che avremo dieci bambini”, le annuncia, quasi sghignazzando.
“Oh, James, non dire idiozie!” esclama lei, punta sul vivo, probabilmente indecisa se scoppiare a ridere o tirargli un pugno. In effetti, James riconosce tra sé di averla sparata un po’ grossa. Dieci bambini sarebbero decisamente troppi, soprattutto se venissero tutti fuori come lui.

 

 

 

 

 

Nota conclusiva: il nome che ho scelto per l’Elfo domestico, Safran, è il secondo nome del protagonista (e autore) di un libro che s’intitola Ogni cosa è illuminata.

Siamo ormai alla penultima storia - sigh - perciò vi lascio con un grazie immenso per chi segue questa storia e ogni volta perde tempo per lasciarmi una splendida recensione, e con l'anticipazione del prossimo capitolo, che spero rappresenterà una degna conclusione per questa raccolta:

“Bene, allora spiegami perché proprio i tulipani”.
“Tra i Babbani si dice che siano nati dalle gocce di sangue di un giovane suicidatosi per amore”.
“Uh, allora ti piacciono le relazioni sanguinarie?”
“Con te è tutto tempo perso, per Merlino”.

 Alla prossima settimana!

S.

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Capitolo 10
*** Le buone maniere (prompt: tulipani) ***


s10

Le buone maniere

 

 

Prompt: tulipani

Ambientazione: post-Hogwarts

Parole: 2455

 

 

29 maggio 1980

 

Gettandosi a peso morto sulla poltrona a fiori blu e bianchi del salotto, Lily si rende conto di aver esaurito ogni energia. Non le capita molto spesso, in realtà; solitamente, non è abituata a lasciarsi andare così. Scava sempre sul fondo per cercare un residuo di forza che la aiuti ad arrivare fino alla fine, a lottare ancora per guadagnarsi gli ultimi istanti della giornata. Soprattutto adesso che la fatica fisica del peso di un altro corpo dentro di lei inizia a farsi sentire. Tuttavia, questa sera si sente come se fosse stata completamente svuotata. Come se avesse preso un centinaio di bastonate, rimanendo a terra, incapace di reagire. E tutto questo non perché ha appena affrontato una battaglia con i Mangiamorte, difeso il Ministero da un attacco o scortato in salvo qualche persona in pericolo. No, tutto quello che Lily ha fatto oggi è stato alzarsi, cercare di frenare il suo desiderio di mangiare del cioccolato di Mielandia e litigare con James.

Quando lui è uscito, poco fa, per il suo turno di notte all’Ordine, non sa se ha provato più sollievo o più senso di vuoto. Sono ormai quasi due anni che vivono insieme e non averlo accanto riesce sempre a stordirla. Non ricorda più dov’è, cosa deve fare, perché James non è qui a rispondere ai suoi dubbi, a darle una mano o semplicemente a scostarle una ciocca di capelli dal viso per poi baciarla e sorriderle.

Purtroppo, le cose non vanno sempre come Lily vorrebbe e adesso non può schioccare le dita o fare un incantesimo e riaverlo a fianco solo perché una parte di lei lo desidera. L’altra parte, quella più arrabbiata, delusa e ferita, è felice per aver visto finalmente il termine di quella litigata. Anche se non si è conclusa fra parole di riconciliazione, ma soltanto perché per lui era venuta l’ora di andarsene.

Che lei ricordi, in effetti, non hanno mai fatto pace immediatamente dopo una discussione. È troppo complicato, quasi impossibile far sì che, dopo aver usato toni accesi e parole forti, due caratteri come i loro giungano ad ammettere, da una parte o dall’altra, di non avere completamente ragione. Sarebbe un colpo troppo basso per il loro orgoglio, nonché una figuraccia compiuta di fronte all’altro. In genere, il tempo necessario per giungere alla riconciliazione non è immediato. Servono ore, a volte giorni. Forse un’esagerazione agli occhi di molti – sicuramente di coloro a cui tocca consolare, di volta in volta, le rispettive parti – ma questa volta, Lily ne è sicura, sarà James a dover tornare strisciando e implorando il suo perdono.

Quasi sorride di sé, sentendosi animare ancora da quella rabbia adolescenziale. Teoricamente dovrebbe comportarsi da donna sposata e quasi madre e scendere a compromessi, avere pazienza, sopportare ed evitare di mettere in discussione ogni dettaglio fuori posto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi non ne è capace; neppure stavolta lo è.

Lily si guarda intorno, con un sospiro profondo. Le foto incorniciate presenti sulla credenza del salotto ritraggono quasi tutte lei e James, durante l’ultimo anno a Hogwarts. In alcune compaiono anche Sirius, Remus e Peter. Il periodo, tuttavia, è sempre lo stesso: non c’è traccia di quello che c’è stato prima, degli anni di battibecchi, sferzate sarcastiche, frecciatine, giochetti, ricatti, battaglie e dispetti cominciati fin dai primi mesi di scuola. Non erano mai stati amici, non si erano mai scambiati un gesto gentile fino al giorno in cui lei non gli offrì una Cioccorana per sancire una tregua, al sesto anno. Poi erano stati travolti da una specie di vortice, erano finiti ad uscire insieme e per mesi avevano continuato a domandarsi in silenzio, senza confessarlo all’altro, come fosse stato possibile. Allo stesso modo era andata con il bambino. Si era ritrovata incinta inaspettatamente, contro ogni previsione, quando nessuno di loro due aveva ancora fantasticato sulla possibilità di essere genitore.

Il motivo per cui poco fa hanno litigato era esattamente questo. James rientrava stanco ogni giorno, perché insisteva per farla rimanere a casa anziché occuparsi dell’Ordine. Lily si ritrovava immersa nella solitudine e nella frustrazione, così, nonostante ormai non manchi molto alla nascita del bambino, ha iniziato a ribellarsi e a tornare al quartier generale dell’Ordine, anche solo per andare a spazzare i pavimenti. James si è arrabbiato, le ha dato della testarda, ha detto che così tutta la fatica che fa risulta inutile, l’ha perfino accusata di essere egoista perché non si preoccupa del bambino.

“Te l’avevo detto che sarebbe andata a finire così, quando abbiamo dovuto decidere se tenerlo. Non mi hai mai ascoltata, James”.

Non ha potuto rispondere in altro modo, perché non c’erano parole dolci per indorare la pillola. Mesi fa avevano dovuto fare una scelta, ma James non aveva voluto rifletterci più di tanto. Sempre il solito ostinato, che si getta con un entusiasmo da capogiro in ogni nuova avventura che gli viene prospettata. Quello che spaventava Lily non era diventare madre ad appena vent’anni, bensì la guerra, l’impegno che entrambi avevano preso con Silente e con l’Ordine, i pericoli a cui avrebbero potuto esporre il bambino, la necessità di proteggerlo prima di ogni altra cosa. Quando aveva esposto questi dubbi a suo marito, lui l’aveva liquidata in breve tempo. Si era detto convinto di quella decisione, l’aveva rassicurata affermando che non se ne sarebbero pentiti. Tuttavia, ora, ciò che Lily aveva paventato si stava verificando. Non le sembrava giusto restare chiusa in casa, non contribuire a portare avanti una causa in cui credeva. Essere sfuggita tre volte a Voldemort non era sufficiente per considerare archiviata una carriera nell’Ordine.

Lily si raggomitola sulla poltrona, sentendosi improvvisamente invadere dalla stanchezza. La gravidanza l’ha resa più debole, affaticabile e capricciosa di quanto non credesse. Ma non sono tanto gli sforzi fisici a distruggerla, quanto quelli emotivi. Spesso Sirius, per prenderla in giro, le chiede come sia possibile che lei e James ancora non si siano scannati a vicenda nonostante ormai vivano insieme tutti i giorni, ma come spesso accade la sua totale mancanza di tatto rivela verità scomode che nessuno ci tiene a scoperchiare. La verità è che i litigi fra loro non sono mai cessati, neppure dopo essere passati dall’odio all’amore.

Sullo schienale della poltrona c’è una coperta leggera, ricamata a mano. Lily la prende e se la poggia sulle gambe con delicatezza. La sua pancia è ingombrante, il bambino scalcia. Ha già scelto il nome e nonostante tutto sa che lo amerà con tutta se stessa, ma è così difficile. Quel povero piccino nascerà in tempi orribili.

Sentendosi pervadere da un assonnato torpore, Lily decide di darci un taglio con i pensieri angoscianti.

 

“Evans, ho bisogno di te. In qualità di Prefetto, devi assolutamente andare a parlare con la McGranitt e chiederle di togliermi la punizione che mi ha dato per una settimana. Non riesco ad andare agli allenamenti di Quidditch e perciò capisci che la cosa non è minimamente accettabile”.

“In qualità di Prefetto non ho alcun potere decisionale sulle punizioni, come già Remus ti avrà spiegato, e se si tratta di inginocchiarsi davanti alla McGranitt puoi pensarci benissimo da solo”.

“Che diamine, sapevo che avresti risposto così… e va bene, mi toccherà sedurre la professoressa con il mio impareggiabile fascino”.

“Oh, ti prego”.

“Sì, lo so che il divario d’età è notevole, ma è per una nobile causa…”

“Potter, non credo che tu abbia la più pallida idea di come si conquisti una donna”.

“Ah, e perché no?”

“Beh, perché la proposta più invitante che potresti fare sarebbe offrirle un giro panoramico di Hogwarts a bordo della tua scopa nuova fiammante”.

“Non ci trovo nulla di male, anzi, è un invito originale e divertente”.

“Non tutte le ragazze trovano così entusiasmante l’idea un giro della morte a cento metri da terra, fidati di me”.

“Tu sottovaluti il quadro generale, Evans. Il vento fra i capelli, il paesaggio visto dall’alto, il brivido dell’atterraggio…”

“Sto già tremando al pensiero”.

“Che cosa c’è di sbagliato?!”

“Beh, tanto per cominciare il fatto che tu trascineresti la povera malcapitata sulla tua scopa senza sprecarti nell’uso delle buone maniere”.

“Non è un’opportunità che si può perdere così a cuor leggero”.

“Ecco, appunto. Peggio di un uomo primitivo armato di clava”.

“Sei sempre la solita guastafeste. Sentiamo, tu cosa consiglieresti?”

“Se tu fossi anche solo vagamente in grado, per una volta, di uscire dai tuoi panni e provare ad immedesimarti in una donna, scopriresti che buttarsi sul classico è la cosa migliore, nel momento in cui non conosci i gusti della fanciulla in questione. Ad esempio, un mazzo di fiori andrebbe benissimo”.

“Ma Evans, presentarsi con delle rose è così banale…”

“E chi ha detto che debbano per forza essere rose? A me, ad esempio, piacciono molto di più i tulipani”.

“Sei tutta strana”.

“Cerca di abituarti all’idea che esistano persone che non la pensano come te, piuttosto”.

“Tu invece potresti prendere in considerazione l’idea di non avere sempre l’ultima parola all’interno di una discussione, che ne dici?”

“Per lasciarla a te? Mi stai chiedendo troppo”.

“Bene, allora spiegami perché proprio i tulipani”.

“Tra i Babbani si dice che siano nati dalle gocce di sangue di un giovane suicidatosi per amore”.

“Uh, allora ti piacciono le relazioni sanguinarie?”

“Con te è tutto tempo perso, per Merlino”.

 

Lily sorride, lo sguardo perso nel vuoto mentre cerca di ricostruire visivamente il ricordo. Potrebbe prendere il Pensatoio, ma preferisce affidarsi alla pura e semplice immaginazione: era il quarto anno di scuola, quindi non si era ancora lasciata crescere i capelli, che all’epoca portava lunghi fino alle spalle. Mentre James doveva aver cambiato da poco gli occhiali, sfoggiando finalmente quelli con la montatura in corno di drago di cui andava tanto fiero. La discussione, se non ricordava male, si era svolta in sala comune, di fronte ai soliti, probabili curiosi che contribuivano ogni anno ad alimentare i pettegolezzi su di loro. Lily non aveva mai amato sentirsi sussurrare alle spalle od occhieggiare furtivamente da gente estranea, ma non era mai riuscita a trattenersi dal polemizzare animatamente con James in qualsiasi occasione buona per farlo. Perciò, era inevitabile che ogni loro nuovo diverbio finisse sulla bocca di tutti. Alcuni, come aveva scoperto, avevano perfino aperto un giro di scommesse sulla probabilità che lei cedesse di fronte alle insistenze di James.

Era sempre stato tutto paradossale, assurdo, fuori dalle righe con lui. Lo è anche ora che si sono ritrovati improvvisamente adulti. Metà del tempo la loro convivenza funziona meravigliosamente, mentre per il resto sembra essere un completo disastro. I cambiamenti sono continui, sempre in agguato: prima la scoperta di provare qualcosa per lui, poi il matrimonio, la casa, il bambino in arrivo… e quando il piccolo nascerà, ci sarà una nuova rivoluzione. Ogni equilibrio raggiunto dovrà essere ricostruito da capo, in modo diverso da prima.

Sono riusciti a bisticciare perfino perché James sosteneva che di sicuro assomiglierà tutto a lui, perché quello è il marchio dei Potter. Lily l’ha tacciato di inguaribile egocentrismo, lui se l’è presa a morte. Come diamine faranno quando il bambino sarà nato? Lily vuole che cresca in mezzo all’amore, non vedendo i genitori farsi la guerra un giorno sì e uno no.

Mentre si tira la coperta più in alto, incurante del caldo, Lily si rende conto di aver inghiottito la rabbia in fretta. Ora vorrebbe solo che James tornasse presto da lei, che la rassicurasse sul fatto che andrà tutto bene. Non ce la fa a portare tutto quel peso da sola. Sa che non si troverebbe in questa situazione se non fosse stato per lui, né sarebbe mai diventata la persona che è ora; James ha totalmente scombussolato la sua vita da quando è riuscito a conquistarla, e non ha ancora smesso di farlo.

Tiene le mani sulla pancia come per abbracciare il bambino, mentre il sonno si insinua sempre di più nei suoi occhi e le fa chiudere lentamente le palpebre. Il suo ultimo desiderio, per quella notte, è di non avere incubi.

 

*

Il mattino dopo, quando Lily si sveglia, per poco non si prende un colossale spavento. Apre gli occhi e non si ritrova nel luogo in cui si è addormentata, bensì in camera da letto, sotto il lenzuolo di seta azzurra; l’odore del suo the preferito le entra nelle narici fin quasi a stordirla; sente qualcosa di sottile solleticarle la fronte, vi porta in fretta la mano e si rende conto, prima con il tatto che con la vista, ancora un po’ offuscata dal sonno, che si tratta di un foglietto di carta.

Si stropiccia gli occhi con foga per riprendere definitivamente contatto con la realtà, dopodiché mette a fuoco la frase scritta sul bigliettino.

Come vedi, non è vero che non ti ascolto mai.

Per prima cosa, Lily guarda sul comodino alla sua sinistra. Sopra il sottile vassoio d’argento, la tazza di the sta ancora fumando. A fianco, su un piattino da dessert, stanno un paio di muffin dall’aria calda e soffice. Lily allunga le gambe e solo in quel momento si rende conto che c’è qualcosa sul letto: sposta lo sguardo prima ai suoi piedi, poi tutt’intorno, esplorando ogni angolo della stanza.

Sulla coperta, a terra e sui mobili c’è una distesa di tulipani rossi e gialli e per poco non le si ferma il cuore nel petto.

Ricorda di averci ripensato proprio ieri sera. Strane connessioni mentali che, secondo Silente, si stabiliscono fra persone che si amano veramente. Non è vero che non ti ascolto mai. Per una volta non può che dargli ragione, dato che aveva registrato attentamente un’informazione riguardo ai suoi gusti in fatto di fiori diversi anni addietro, quando ancora non c’era neppure un’ombra che preannunciasse l’inizio della loro storia. La madre di Lily aveva sempre amato i fiori e lo testimoniavano non solo il giardino e la serra che con immensa dedizione aveva tenuto in vita per vent’anni sul retro della loro casa, ma perfino i nomi che aveva scelto per lei e Petunia. Un sacco di volte, quando Lily era ancora piccola e non aveva idea di cosa fosse Hogwarts, le aveva raccontato le storie che si celavano dietro quei fiori che innaffiava ogni giorno e quella dei tulipani l’aveva colpita nella sua ingenuità di bambina più di tutte le altre. Secondo la mamma, rappresentavano il vero amore. E anche dopo essere cresciuta, la sua bambina non aveva potuto fare a meno di conservare la sua predilezione per quella storia così affascinante.

Mentre non riesce a fare altro che rimanere immobile e sorridere, Lily pensa che forse, dopotutto, in quella casa ci sarà tutto l’amore sufficiente a far crescere il loro bambino nella maniera più giusta.

Trasportando il suo peso ormai abituale si alza dal letto, indossa la vestaglia e corre di sotto a cercare James.

 

 

 

 

Nota conclusiva: mi sono documentata su alcuni siti per quanto riguarda il significato dei tulipani, e questo è quanto ho trovato: non tutti lo sanno ma il fiore che rappresenta il vero amore è il tulipano, il fiore perfetto per una dichiarazione d'amore in piena regola. La leggenda popolare racconta che il fiore sia nato dal sangue di un giovane suicidatosi per amore. Nulla di più adatto per James e Lily, insomma. Avevo scelto il prompt in base ai miei gusti personali in fatto di fiori, ma alla fine, per mia fortuna, mi sono ritrovata con qualcosa di perfettamente calzante alla storia che avevo in mente.

Per quanto riguarda i Lily e James adulti, forse è inusuale rappresentarli alle prese con difficoltà e litigi, e per giunta con un bambino inaspettato in arrivo. Personalmente sono sempre stata dell’idea che il loro fosse un amore vero, forte e sincero, ma che non ci fosse nulla di idilliaco: se nei primi libri di HP tutti parlano di loro come se fossero degli angeli, la Rowling dimostra in seguito che in realtà così non era, mostrandoli da ragazzini in tutta la loro umanità, pieni di difetti. Era normale che tutti li santificassero un po’ in quanto morti molto giovani e da veri eroi, ma questo non significava automaticamente che fossero perfetti e che avessero vite perfette. Ho preferito, quindi, immaginarli in questo modo, pur credendo fermamente all’amore che provavano l’uno per l’altra.

Bene, siamo giunti alla fine di questa raccolta. Chiedo scusa a tutti per aver tardato con l'aggiornamento, ma purtroppo è stato un week end devastante e, pur sentendomi in colpa per non aver postato, non ce l'ho proprio fatta. Quando scrivi di cose felici e poi vivi giornate che invece di felice non hanno un bel niente, credo sia normale sentirsi alienati, non riconoscersi più nel proprio lavoro. Mi dispiace, perché a chi mi segue anche al di fuori di questa raccolta non posso promettere nulla su quando ci sarà il prossimo aggiornamento. Sono a pezzi, mi è passata tutta la voglia, credo di dover prima rimettere insieme me stessa e tornare a pensare solo per uno anziché per due. Stando così le cose, non so dirvi quanto tempo ci vorrà.

Vi chiedo scusa, siete le migliori lettrici che si possano desiderare e se sarete ancora qui ad aspettare i miei tempi chilometrici e a comprendere i miei problemi personali, non potrò che costruirvi una statua.

Da ultimo, vi lascio il giudizio che la raccolta ha ricevuto al contest per il quale è stata scritta. Buona settimana a tutti, nel frattempo, e grazie per avermi seguito :)

Jane Gallagher / Sophie Hatter, E vissero felici e contenti (dopo anni di litigi, punizioni e rifiuti)
VALUTAZIONE
- grammatica e lessico: 8.5 / 10
- stile: 9.5 / 10
- caratterizzazione dei personaggi: 10 / 10
- originalità: 10 / 10
- gradimento personale: 10 / 10
- utilizzo dei prompt: 3 / 3
Totale: 51 / 53

Grammatica e lessico: la prima è inoppugnabile; invece, per quanto riguarda il lessico puoi ancora migliorare. Utilizzi un linguaggio semplice, ma neanche tanto, insomma nulla di troppo elaborato, ma che riesce comunque a definire ciò che vuoi esprimere. C’è comunque qualche imprecisione come “Animagi” o “mezzora”, ma non mi ci sono soffermata molto.
Stile: mi piace. È semplice e scorrevole, ma come ho già detto nulla di elaborato.
I personaggi sono IC, non ho nulla da dire sul loro conto. Riesco a percepire benissimo i caratteri frizzanti di James e Sirius, quelli pacati di Peter e Remus, e quello pungente della giovane Lily. Perfetti!
Originalità e gradimento personale: Sì, mi è piaciuta molto, anche perché in molti punti non mi aspettavo che utilizzassi i prompt in un determinato modo. Diciamo che sei riuscita a non cadere nel cliché e questo è da lodare. La fanfiction è divertente ed appassiona molto. Non è pesante da leggere, anche se è composta da capitoli veri è propri; e determinate scene sono davvero esilaranti. In particolare, ho adorato alla follia il modo in cui hai usato l’ “elfo”.

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