La Morte innamorata

di AmhranNaFarraige
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il bacio della Morte ***
Capitolo 2: *** La principessa delle streghe ***
Capitolo 3: *** Compagne di viaggio ***



Capitolo 1
*** Il bacio della Morte ***




La Morte innamorata

1. Il bacio della Morte

’Cause everybody’s gotta die sometime,
we fell apart

[A Little Piece Of Heaven – Avenged Sevenfold]

Perchè ognuno deve morire prima o poi,
e noi cadiamo a pezzi



Da parecchie ore ormai il sole era rimasto addormentato sotto la gelida coperta nera dell’orizzonte, spento nel suo sonno aveva lasciato la scena libera alla luna che regnava malvagia e piena nella sua grandiosità sul mondo annegato nella notte crudele. Attorno a lei le facevano lustro una miriade di luminarie luccicanti e sinistre che si dicevano parole in lingue sconosciute, parole di rituali antichi nascoste per pudore da alte nubi grigie e sottili.
La situazione del cielo veniva perfettamente rispecchiata da un timore comune presente in terra. Il bosco buio che circondava il villaggio di Foglianuova, in quelle ore, rappresentava per chiunque un luogo ignoto, ma colmo di leggende spaventose che bastavano ed avanzavano a tenere la popolazione alla larga. D’altra parte cercavano soltanto di dare una motivazione a quei rumori infami che sentivano provenire al suo interno. Certo uomini temerari avevano cercato di trovare una qualche spiegazione tangibile, ma ovviamente non avevano mai fatto ritorno, accrescendo i timori della gente e coltivando l’idea di mostri spietati e malvagie creature fatate che s’era fatta largo tra le menti suscettibili. La notte dunque rimaneva sempre un momento terribile per gli abitanti del villaggio. In quelle ore se ne stavano tutti ben chiusi nelle loro case ti terra e fango, coricati nei loro letti caldi e con la coperta tirata su fino a coprire il naso, scacciando la paura con la speranza di poter vedere un giorno nuovo, confidando nell’utilità dei sacrifici e delle offerte che lasciavano ogni luna piena alle divinità del bosco.
Ma non era da loro che dovevano riguardarsi, quelle se ne stavano quiete a riempirsi la pancia col cibo che veniva loro offerto e brindando col sangue di qualche malcapitato animale. Invece un’ombra più oscura e silenziosa s’era fatta largo sopra i tetti di Foglianuova, sopra le teste stanche dei contadini e dei cacciatori come su quelle delle donne laboriose e dei bambini allegri. Era un’ombra larga perfida, vogliosa di sangue e morte come una cortigiana lo è del letto occupato, incapace di provare pietà e di essere corrotta da qualche copioso banchetto. La gente la cercava spesso e la cacciava ancora di più, ma mai avrebbe temuto una rivalsa simile a quella che sarebbe giunta di lì a poco, mai avrebbe creduto di dover temere anche quest’altro dio, questa essenza che comunemente si faceva chiamare Morte.

Tuttavia non tutti quanti se ne stavano barricati all’interno delle loro dimore a scongiurare la salvezza, ma c’era già chi aveva deciso di lasciar perdere una vita condotta dalla paura ed aveva optato per darsi apertamente a tutto ciò che gli altri temevano quanto l’inferno stesso. C’era chi sedeva rassegnato su una sedia di legno bruno davanti ad una finestra spalancata che lasciava trapassare le nevi rade di quel inverno gelido, attendendo che giungesse infine la propria ora ed accogliendola a braccia aperte, senza più il bisogno di avere mai più paura. No, assolutamente non provava un briciolo di paura per quel angelo dalle ali laccate di nero e la veste del medesimo oscuro colore, ma piuttosto amore. Amore per un essere divino dalle fattezze di un giovane ragazzo avvenente dalla pelle diafana, amore per i lunghi capelli corvini che risplendevano argentei ai raggi della luna che penetrava brillante, amore per gli occhi di rubini intagliati di perle nere e minuscole, amore per un nome che si faceva largo tra i tanti che possedeva. Per stargli alla dovuta larga le genti lo chiamavano Morte, ma chi si dava a lui come alla persona più amata il suo nome aveva un suono differente, Sasuke Uchiha. Un nome al quale anche Naruto aveva imparato a voler bene e a bramare con ansia e trepidazione.
Lo spirito apparve così alla finestra, coperto da un manto nero lacerato dal tempo e munito di falce ricurva ed incrostata del sangue di una moltitudine di generazioni passate. Gli occhi risplendettero da sotto il cappuccio e s’incastonarono in quelli blu e smorti del malcapitato, riempiendoli di quella forza che era andata scemando con l’avanzare della notte, che era scappata in qualche angolo lontano assieme alla speranza di raggiungere l’obiettivo prefissato, l’apparizione di quella creatura amata tanto quasi quanto odiata. Sasuke scese con cautela dalla mensola stretta, aiutandosi col bastone dritto e lungo della sua falce, che poi posò sul pavimento freddo una volta compreso che la sua vittima non avrebbe opposto alcuna resistenza al suo destino, ma era uno di quei rari casi in cui la gente comprendeva la sua importanza e la sua maestosità. Era un ente di gran rilievo anche tra quelli della sua stirpe, ma ultimamente sembrava che pochi comprendevano in suo sangue nobile: i popoli non gli offrivano più timorose vergini, i druidi non pregavano più per la sua venuta ed i grandi condottieri avevano smesso di fare a lui sacrifici, ringraziandolo dell’aiuto che aveva dato loro in battaglia. Ebbene, la Morte stava perdendo i suoi onori e dunque era intenta a farla pagare cara a chi si mostrava così irrispettoso verso la sua figura. Ma quel giovane che sedeva di fronte a lui possedeva ancora un anima pura, degna di un trattamento all’antica, più consono alla situazione, che di una morte lenta e straziante.
L’incappucciato prese a camminare lentamente sul pavimento bagnato dal nevischio, in direzione del ragazzo ormai ansimante, un po’ per ansia ed un po’ per incapacità di attesa. Gli sorrise, nel tentativo di fargli capire che contro di lui non avrebbe fatto nulla di male, che i suoi desideri sarebbero stati infine coronati, che sarebbe accaduto tutto ciò che sperava ed aspettava da quando aveva pianificato la sua morte. Gli si accostò al viso, ad una distanza rischiosa che gli fece colorire le gote di un rossore poco naturale, tanto da poter sentire il suo respiro affannato sul collo, poi cambiò direzione, per fermarsi all’altezza del suo orecchio destro, dando le spalle alla finestra, alle nuvole che avevano interamente coperto la luna per permettergli di non essere disturbato nemmeno da quella grande regina durante il suo lavoro, e ruppe il ghiaccio con parole ancor più gelide.
-Dunque, Naruto Uzumaki, è finalmente giunta la tua ora.
L’altro non proferì parola, ancora atterrito da quella splendida visione. Non si chiedeva se aveva fatto la scelta giusta a decidere di darsi alla morte ancora così giovane, ancora così puro e pieno di speranza, ma non intendeva buttare la sua vita come facevano tutti gli uomini del suo villaggio, chi rinchiuso tra i mattoni secchi pregava perché non accadesse nulla di crudele a lui e alla sua famiglia, o chi, più impavido, sfidava le divinità dai boschi e ne invadeva i territori, attirando i loro mostruosi figli verso le abitazioni, offrendo loro carni tenere e fresche, da gustare rigorosamente ancora vive. Lui non voleva né dimostrare di essere un vigliacco né tantomeno sembrare un eroe, ma voleva semplicemente poter perire di una morte meno atroce, per mano del un grazioso fanciullo che aveva imparato ad amare, poiché lo sollevava dal dover provare sì tanto dolore. Era una benedizione, per lui, e pertanto non temeva la sua falce o le sue rosee labbra, ma desiderava trascorrere in sua compagnia gli ultimi attimi di quella che sarebbe stata una vita solamente carica di paura e tristezza.
Sasuke, dal canto suo, provava un sentimento particolare per quel giovane uomo, che aveva dimostrato di aver compreso la sua grandezza, che aveva capito che non ha alcun senso scappare, che tanto prima o poi tocca a tutti, ed aveva deciso di farlo ora, nel modo migliore possibile, accettando la sua condizione e quella del suo villaggio sacrilego. Oh, quanta purezza occupava quel corpo troppo caldo, ancora baciato dal soffio vitale. Quanto onore meritava quel ragazzo che aveva tutto ciò che un essere umano può sperare, ma voleva andare oltre alla pura e semplice monotonia della sua esistenza. La sua curiosità meritava di ottenere la risposta che cercava e così sarebbe stato.
L’oscuro mietitore posò dolcemente la mano dietro alla nuca del coraggioso umano ed avvicinò il suo viso fino ad appoggiare il suo mento appuntito nel punto esatto in cui il collo diventa spalla. Lo tenne stretto in quella morsa per un periodo di tempo indeterminato, assaporando la sensazione gradevole che gli dava quel suo odore talmente puro e rassegnato di fronte ad una creatura del suo spessore. Ne riempì i polmoni e ne gonfiò il petto, voleva tenersi quella sensazione accanto quando quella mattina tutto sarebbe finito ed il suo compagno non avrebbe più avuto la possibilità di respirare. La mano malandrina prese a scivolare lentamente lungo le piccole vertebre che si percepivano a fior di pelle, percorrendole una ad una fino a sistemarsi sul fondo del collo, col pollice che carezzava bramoso la gola. Come reazione ottenne un leggero singulto dalla persona che, non sapendo in che modo dovesse comportarsi, se ne era stato fino ad allora tranquillo tranquillo seduto sulla sedia di legno scuro, davanti alla finestra ancora aperta. Orgoglioso di quel successo improvviso, Sasuke optò per portare la situazione a livelli più elevati e spettacolari, spalancò così le sue immense ali nere che occupavano quasi l’intera larghezza della stanza. Il battito cardiaco di Naruto era accelerato come l’angelo desiderava, ma ancora non era sufficiente per rispecchiare le sue aspettative. I piedi si staccarono da terra e fecero dolci passi nell’aria, mentre le possenti braccia bianche si uncinavano al grosso torace del ragazzo stupito, innalzandolo a sua volta verso il soffitto basso della piccola stanza di casa sua. Ma le pareti sporche di fumo ed i mobili rustici erano ormai scomparsi dalla vista dei due volatili, nascosti dalle piume vorticanti e da visioni inesistenti di stelle luccicanti in un campo blu brillante, all’ombra della luna e del sole e di qualunque osservatore indesiderato. I rumori oscuri della notte erano stati sostituiti dalla dolce melodia di un violino malinconico che annunciava la morte prematura di un uomo onesto e saggio. In quella dimensione extraterrena potevano accadere cose proibite ed i segreti più tenebrosi e nascosti nelle profondità del cuore stanco. Così avvenne l’inevitabile e Sasuke poggiò le sue fresche labbra su quelle bollenti ed emozionate del moribondo. Poco prima gli aveva detto le ultime parole della sua vita:
-Sono qui per prendermi la tua anima, questi sono i tuoi ultimi attimi. Desideri qualcosa in particolare?
-Ciò che ho sempre desiderato sta accadendo proprio ora, anzi, è anche meglio di quello che mi aspettavo. Ti devo ringraziare, sono davvero felice di morire!
-Mi riempi il cuore di gioia, sai? Sono davvero in pochi quelli che mi riferiscono queste parole. Significa per me un lavoro ben fatto. Anche io non desidero altro, possiamo dunque porre fine a tutto questo. Sei pronto?
Annuì.
E così avvenne, Naruto salutò quel triste cupo mondo ricevendo un bacio dolce e appassionato dalla Morte. Sperimentò quel famoso bacio della Morte di cui tanto si parla e ne fu felice, lasciò questa fredda terra e ne fu felice. Poté sperare di aver raggiunto la pace eterna e di poter finalmente riposare in pace, senza dover temere nulla e ne fu felice. Ma ancora lugubri misfatti volteggiavano sul suo ricordo e lo avrebbero presto risvegliato dalla sua comoda tomba.

***



Ancora non era sorto il sole che già il commissario Shikamaru Nara era in piedi al centro della stanza intento a contemplare l’ennesima scena del crimine che gli si era posta davanti agli occhi. Ormai non faceva più caso alla puzza dei cadaveri, dopotutto era morto solo da qualche ora, e al ribrezzo che una tale visione avrebbe dato ad una persona qualunque, ma con una freddezza quasi spaventosa iniziò subito ad analizzare la situazione, facendo grandi passi sul corto pavimento in legno e girandosi una volta raggiunta la parete, per poter avere una visione generale e completa.
La finestra era chiusa dall’interno, la porta pure – Kiba l’aveva dovuta sfondare una volta che ebbe notato che l’amico non gli rispondeva, che non usciva come tutte le mattine per andare a lavorare con lui – ed al centro regnava sullo spazio circostante il corpo esanime del ragazzo accasciato tristemente su una sedia da lavoro, con il mento appoggiato al petto ed il capo piegato su se stesso, come a tentare di coprire la striscia di sangue che si faceva largo da una parte all’altra del collo, una ferita brutale che grondava copiosa dal momento in cui era stata inferta, l’unica tonalità di colore su quella pelle sbiancata d’un tratto nella notte. Le gocce cremisi avevano accerchiato la sua posizione sul pavimento come in un rituale macabro, ma null’altro all’interno di quelle quattro mura sembrava essere testimone della tragedia che si era consumata. Le mani erano giunte in modo sacrale sopra il ventre, leggermente spostate verso destra ed i piedi se ne stavano incrociati sul pavimento antistante, stranamente scalzi, faceva in effetti un gran freddo, quell’inverno. In dosso aveva ancora gli abiti da lavoro: i larghi calzoni stropicciati e sporchi, la camicia a quadri che una volta era arancione e marroni ed ora si era tinta del colore del tramonto. La gola squartata… L’intera figura era posizionata in fronte alla finestra, come se fosse stato a fissarla per tutto il tempo: indubbiamente aveva qualcosa a che fare, ma anzitutto bisognava risolvere il mistero di come aveva fatto l’assassino ad entrare in quella dimensione perfettamente chiusa dall’interno. Sì, era proprio un caso di omicidio, una persona non può certo prendere la prima mannaia che le capita e sgozzarsi come se nulla fosse, ma doveva esserci qualcuno che aveva Naruto nella sua lista nera per ridurlo nello stato in cui il poveretto si trovava. Era strano da pensare, lui era una persona così per bene. Certo, quando esagerava con i boccali, la sera, poteva sembrare un poco arrogante e testardo, ma tutti nel villaggio gli volevano bene ed apprezzavano la sua buona volontà ed il suo contributo per tirare avanti assieme a tutti gli altri e nessuno sarebbe potuto venire da fuori: Foglianuova era una località piuttosto isolata ed immersa nella foresta. Già era difficile arrivarci, farlo e scomparire in una notte sola sarebbe stato impossibile. Shikamaru odiava la complessità del suo mestiere, l’obbligo di dover mettere così in moto la sua molta materia grigia di prima mattina poi era straziante, ma d’altra parte era l’unico che avrebbe potuto gettare un po’ di luce sugli oscuri avvenimenti che avevano inghiottito la sua terra. Ma finché si trattava di qualche bestia feroce che faceva uno spuntino fuori pasto era ancora tutto semplice, ma questo caso sembrava avere qualcosa che non andava, qualcosa di insolito che gli sarebbe potuto rivoltare contro. C’era di messo una persona, la ferita sul collo era troppo perfetta per essere stata apportata da un animale. Doveva stare molto attento.
-Waa! Oddio, ma quanto aspettano a portare via questo orrore?!
Era stata la ragazza bionda a gridare in questo modo sconsiderato, appena aveva fatto in suo ingresso, ed indicava spaventata e col viso di uno strano colorito il corpo addormentato.
-Ino, cerca almeno di contenerti un po’, è il tuo lavoro, dopotutto. E vedi di portare un minimo di rispetto per Naruto, era anche tuo amico, se non sbaglio. Non è carino da parte tua, anzi, è molto triste.
Quella, sentendosi rimproverata, abbassò lo sguardo e risolse il suo problema mettendosi a fissare un qualche punto indefinito tra i nodi del legno. Era l’assistente di Nara da qualche mese ormai, ma ancora non riusciva a sopportare il peso del suo mestiere. Aveva un terrore folle del sangue e della morte, ma aveva promesso al suo amico che gli sarebbe stato accanto come poteva, e così aveva iniziato a lavorare nel commissariato. Faceva più che altro lavori di segreteria, ma spesso si ritrovava a ragionare col suo compagno dei crimini da risolvere, perciò da qualche tempo lo seguiva, suo malgrado, sulle scene del crimine per poter essere il più efficiente possibile.
Arrivò in fine a salvarla il medico della scientifica, per portare via l’oggetto delle sue paure, nel tentativo di trovare un indizio tramite il sapiente ausilio della biologia. Quella donna era tutto l’opposto di Ino Yamanaka, così fredda di fronte a tale atroce misfatto, così abituata a vedere la gente morire. A volte tuttavia persone del genere sono fondamentali per poter mantenere una certa sanità mentale che veniva messa in discussione dai recenti avvenimenti. Ma descritta così sembrerebbe un mostro, invece era una ragazza davvero bella e dalla lealtà sconfinata, sempre pronta ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. Il suo carattere era un po’ troppo pieno di pepe, forse, ma stava a mostrare la forza di carattere che possedeva. In poche parole era una forza della natura, coltissima e volenterosa.
-Grazie al cielo, Sakura, che sei arrivata tu! Ino stava per impazzire…
-Non c’è problema, Shikamaru. E’ il mio lavoro fare ciò che lei non sa fare.
Le fece un sorrisino malizioso, sapientemente ignorato dall’altra, e indicò alla sua truppa di portar via il corpo di Naruto Uzumaki. Tuttavia, poco prima di compiere questa operazione, si accorse di una cosa nettamente fuori dal comune, che fosse un indizio? Ma non centrava nulla con la medicina, era un mondo totalmente estraneo a lei. E pensare che le era bastato solo spostare le braccia del defunto per trovare qualcosa. Era davvero riuscita a battere l’astuto commissario, allora. Ma non c’era poi tutta questa bravura, dietro, stava a lui capire il senso di quell’oggetto.
-Non avete toccato il corpo, vero?
-No, lo abbiamo lasciato così come lo abbiamo trovato. Sappiamo bene che non dobbiamo modificare la scena del crimine in nessun modo, almeno non prima dell’arrivo del medico.
-Ebbene, vieni un po’ qua a vedere…
L’investigatore si avvicinò come preso da un’ansia improvvisa, poi comprese cosa generava tanto scalpore nella ragazza, cosa lui aveva mancato di notare, ciò che sarebbe potuto essere un elemento fondamentale e determinante se solo fosse riuscito a comprenderne il significato. Le mani del ragazzo non erano giunte per una qualche fissazione religiosa dell’uccisore, ma bensì per tener stretta al suo cuore una grande puma nera spiegazzata.




N.d.A.: Oh. Mio. Dio… Scrivere questo capitolo è stata una delle cose più strazianti che ho mai fatto. Poche storie prima di questa mi hanno impegnata così, sono davvero stanchissima. Mi pare allucinante impiegarci così tanto tempo per scrivere di qualche viaggio mentale che mi faccio la notte, però devo notare che ci sto mettendo me stessa, ultimamente, nelle cose che faccio.
Se state pensando che metterci me stessa vuol dire parlare di morte e di macabri rituali c’avete azzeccato in pieno, e lasciatemi dire che non è ancora finita. Nossignore! E’ ancora troppo sana come trama, mentre io sono del tutto fuori di testa. Nel prossimo capitolo succederà già… Eh, non ve lo dico, nono, anche se ne sono tentatissima mi impegnerò affinché lo possiate leggere voi in prima persona il prima possibile.
Spero di non avere distrutto le vostre nobili menti abituate a gradevoli pensieri, ma ultimamente mi va di cose cattive. Spero piacciano anche a voi, in qualche modo, e con esse anche il mio modesto raccontino.
Beh, ho catturato un almeno un pochino la vostra gradita attenzione con questa primissima parte? C’ho lavorato parecchio ed ora sono in fase ho-appena-finito-di-scrivere-e-mi-sento-come-in-paradiso, eppure al solo pensiero che devo mettermi a scrivere un sacco di altre cose mi viene la morte…
A proposito di morte, che ne pensate di Sasuke come oscuro mietitore? Io ce lo vedo un casino *-*
Secondo sclero: Foglianuova mi sembra tanto il nome di una città dei Pokemon… Sarà per questo che mi piace tanto? E’ che il classico villaggio della Foglia non mi andava…

Concludo il mio monologo facendo una piccola riflessione, anche se non è una riflessione ma non so come chiamarla. Fino a domenica a Monticello ci sarà il festival del giallo e del noir, mioddio ci voglio andare un macello! Mi hanno detto che c’è tanto di ricostruzioni di scene del delitto *sta vagando tra allucinazioni date dal formaggio che ha mangiato a cena*
Ok, non centrava nulla ma mi andava, però ora, per vostra gioia, levo le tende.

Mi auguro ancora che vi sia piaciuto, un bacio.
La vostra carissima AmhranNaFarraige.

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Capitolo 2
*** La principessa delle streghe ***




2. La principessa delle streghe

Remember that death is not the end
but only a transition

[Fatal Tragedy – Dream Theater]

Ricorda che la morte non è la fine
ma solo un passaggio



Una giovane ragazza dalla pelle candida ed i lunghi capelli corvini intrecciati sulla schiena, la frangia sparpagliata dal vento leggero e freddo, se ne stava tutta sola al centro di quello che in primavera potrebbe diventare un incantevole campo di erba e fiori. Riportava alla mente dei suoi inesistenti osservatori un quadro di un qualche pittore sconosciuto che sognava la rinascita della natura, mentre attorno a lui l’inverno conquistava il mondo. Aveva anche in viso quell’espressione serena da fanciulla spensierata, mentre tendeva larghi panni umidi su un filo stabile tirato tra un ramo e l’altro di due alberi solitari all’interno alla gran radura affiancata dalle piccole case della periferia de villaggio. Era incantevole, stretta in un lungo abito bianco stretto sui fianchi da un piccolo fiocco che le si chiudeva in fondo alla schiena, nascosto da un pesante mantello blu scuro che la proteggeva dalle rigide temperature dell’inverno. La luce del ritardatario sole mattutino faceva risplendere le ciocche nere dei sui capelli che le cadevano sul viso di riflessi blu scuro che si agitavano ad ogni movimento del suo capo, quando si rannicchiava per estrarre dalla grande cesta in vimini le lenzuola ingiallite dal tempo, quando le spiegava e le tendeva senza nemmeno una piega sul filo, quando si sedeva in quel profumo di pulito per prendersi una pausa e tirare il fiato prima di rimettersi al lavoro e chiudeva gli occhi lilla per proteggerli dalla fioca luce invernale.
Era ancora seduta, aggraziata, su quell’erba fresca e profumata, quando il ragazzo dagli occhi neri fece il suo ingresso in scena da dietro le case di pietra. Camminava a passo lento e stanco mentre fissava la terra che calpestava, rendendo impossibile a chiunque scorgere il suo viso dalla carnagione scura. Era immerso nei suoi pensieri, mentre procedeva senza nemmeno guardare dove si stava dirigendo, proprio come la fanciulla dolcemente adagiata sul terreno. Mancavano solo pochi passi quando lei dischiuse gli occhi e notò finalmente quella mesta figura che si avvicinava con piccoli passi, lenti e cadenzati. Sul suo viso si dipinse un sorriso tenerissimo, quasi fuori luogo in confronto a tutto ciò che stava succedendo poco lontano, ma lei, ignara, danzava ancora serena nel suo piccolo mondo ed ora accoglieva al suo interno quel suo caro amico che era venuto a trovarla, dandogli il permesso con parole cariche di serenità, inconsapevole del turbamento che egli conduceva con se.
-Buon giorno, Kiba. Dovrai aspettare un attimo prima che io finisca di stendere, ci riuscirai?
Sorrideva ancora, con gli occhi un po’ socchiusi a causa del sole e del movimento delle bianche gote. Se questa conversazione fosse avvenuta anche solo il giorno prima probabilmente Kiba si sarebbe messo a far storie ed a lamentarsi, implorandola di lasciar perdere i suoi lavori per concedersi qualche momento con gli amici, prima che questi partissero a loro volta verso i luoghi di lavoro ai quali erano destinati, tuttavia quello era un altro giorno, le cose erano ben cambiate e con esse l’umore del ragazzo che ora si trascinava orribilmente dietro, giusto perché doveva tenerselo per forza e non gli era concesso buttarlo in fondo al fiume tanto era lurido e spiacevole. Quello alzò lievemente lo sguardo, cercando di farle capire ciò che era accaduto solo mostrandole le lacrime che arrossavano i suoi occhi, tanto per non essere costretto a dover convertire quel ricordo in parole dolorose per lui quanto lo sarebbero state per lei non appena sarebbe riuscito a pronunciarle, a farle uscire dalla sua bocca ben chiusa. Inutile dire che lo fece più che altro perché la ragazza iniziava a preoccuparsi seriamente vedendo in quale misero stato si era ridotto, tuttavia le lacrime presero a premere con più forza non appena fece un tentativo di emette un suono qualunque, obbligandolo a concedersi alla tristezza, ignorando il suo senso di pudore secondo il quale non avrebbe mai mostrato alla sua amica un atteggiamento così poco virile. Ma le cose stavano come stavano e lui non era in grado di fare tanto meglio che parlare singhiozzando.
-Hinata… E’ terribile!
-Lo vedo… Oh, dimmi solo cosa posso fare! Perché sei venuto proprio da me? Deve esserci qualcosa che potrò pure fare!
-Non è per questo che sono venuto qui… E’ solo che… Tu più di chiunque altro dovevi sapere.
-Mi sto preoccupando davvero. Che cosa dovevo sapere?
La voce si era fatta agitata e poco stabile, spesso intervallata da brevi sospiri dovuti all’ansia, rotta da sobbalzi di agitazione. Le veniva voglia di piangere anche se non sapeva bene per cosa, dopotutto Kiba non si era ancora deciso a darle una risposta. Nella sua mente si fecero avanti le idee più assurde che potesse pensare, ma nessuna di quelle contemplava nemmeno in minima parte la verità che si fece largo poco dopo, quando ancora le riserve di lacrime sembravano copiosamente sature.
-So che non ci crederai, ma ti prego, devi farlo!
-Lo sai che mi fido di te, ma ora smettila di tirarla per le lunghe, ti fai solo più male.
-Hai ragione, ma vedi, non è facile per nulla, fa troppo male anche solo ripensarci.
-Condividi allora il tuo dolore, sarà indubbiamente più leggero se portato in due!
-No, non lo sarà. Vedi, Hinata… C’è di mezzo Naruto, lui…
Non concluse la frase, ma nella sua brevità fu sufficiente per sbigottire una volta per tutte la ragazza, per farle capire che non era nulla di risolvibile, nulla che si sarebbero potuti dimenticare il giorno seguente una volta che ci avessero dormito sopra. Si fece improvvisamente seria ed attenta ad ogni minimo mormorio dell’amico, cercando di estrapolarne il maggior numero di informazioni possibile. Le ci volle un po’, ma alla fine, suo malgrado, ottenne il chiaro quadro della situazione, comprese la causa di tanta angoscia e ne fu partecipe: il terrore di tutti, dell’intero villaggio s’era fatto vivo ancora una volta tra le loro case, conducendo con se una striscia di sangue e dolore che era tristemente caduta sulla strada della persona alla quale più teneva al mondo, all’unica alla quale credeva di tenere davvero, più che a se stessa. Era successo tutto da poco, come testimoniavano i lamenti ancora eccessivamente sonori del malcapitato Kiba, che si era scoperto il ritrovatore del corpo allagato di sangue del loro caro amico. La prima cosa che aveva fatto, subito dopo all’essersi ripreso in qualche modo dal duro colpo ricevuto, era stata quella di andare a chiamare Shikamaru, quel suo lontano amico d’infanzia che ora stava intraprendendo una brillante carriera in commissariato. Subito fu interrogato riguardo le modalità del ritrovamento da alcuni assistenti e venne trattenuto per un periodo di tempo tale da permettergli di realizzare ciò che era accaduto davanti ai suoi occhi. Sentendo il bisogno di una voce amica, appena se n’era mostrata la possibilità, si era allontanato dalla casa dove era solito passare tutte le mattine per chiamare il triste Naruto che di solito non voleva saperne di andare a lavorare se non fosse che Kiba lo tirava fuori dal letto con le buone o con le cattive tutte le volte. Tutte tranne quella, che si era mostrata con così poco preavviso ed aveva lasciato loro un corpo da seppellire ed un’anima per la quale pregare. Pregare chi? Colui che aveva permesso la consumazione di una tale tragedia? Se c’era un Dio era stato tremendamente ingiusto a prendere tra le sue braccia un giovane così solare, geloso di ciò che la Terra aveva se l’era preso senza fare troppe storie.
Il ragazzo aveva stretto tra le sue braccia muscolose l’esile corpo della fanciulla, desideroso di sentire che era ancora lì, accanto a lui, e che non se n’era andata come aveva fatto Naruto quella notte, abbandonandoli da soli in quel triste mondo che sapeva dare solo dolore e dispiaceri a chi per lui faceva sempre tanto. No, Hinata era al suo fianco e respirava affannata mentre tentava di non far apparire la sua angoscia, senza un grande successo. Anche lei stava piangendo e le loro lacrime si mischiavano tra di loro per poi cadere senza alcun rumore sull’erba gonfia della rugiada del mattino che si confondeva con quelle. Erano abbracciati l’uno all’altro, uniti da una pena che solo loro conoscevano a pieno, che solo loro condividevano e che solo loro univa nella tristezza.
“Oh Kiba, tu pensi di provare le mie stesse emozioni, ma non capisci che invece siamo così distanti.” Hinata aveva colto i pensieri del suo amico, ma appunto perché gli voleva bene non gli avrebbe rivelato i suoi, più oscuri, celati nelle tenebrose grotte del suo cuore addolorato. “L’amore permette alle ferite di diffondersi con più crudeltà, rende le sue prede più prossime alla morte, segnalandole con colori luminosi e brillanti alla peste più nera. Per questo l’amicizia è così una gran cosa, esterna a tutti i sotterfugi che l’amore macchina. Tuttavia l’amicizia che c’era tra me ed il nostro caro Naruto fu presto corrotta da un cherubino indemoniato che ha presto preso possesso del mio cuore e della mia mente, ed che ora amplifica il male che provo. Kiba, tu non puoi capire come io mi senta ora e mi auguro che tu non possa mai. Era un grande amico, per te quanto per me, ma io non mi ero mai accontentata di tanto, sognando di più. E’ proprio vero che si capisce il valore di una cosa solo quando lo si perde, ma ancora lo sento, sento quel grido insopportabile che mi spacca la testa, quel grido che dice ti amo a qualcuno che non esiste più, a colui che è perito e che mai è venuto a conoscenza dei miei sentimenti. Kiba, ti prego, comprendi il mio dolore e stanne lontano, non vorrei per nulla al mondo che capitasse qualcosa di spiacevole anche a te. Fuggi finché sei in tempo, finché ti è concesso di poter tornare a sperare, un giorno, in una vita migliore. Fuggi e non temere per me, ormai non vedo più alcuna luce, sono rimasta incatenata in questo baratro senza fondo. Grazie, infine, per tutto ciò che hai sempre fatto per me, ma ora saprò cosa fare da sola.”
Hinata tuttavia non trovò mai il coraggio di dire tali parole, ma le custodì gelosamente nel suo cuore mentre entrambi lasciavano che la fredda brezza invernale rigasse loro il viso sparpagliando le loro lacrime, nascosti dietro a grandi rettangoli bianchi che ondeggiavano tra gli alberi, brillando alla luce del sole che ora s’era fatta più odiosa e meschina a quegli occhi lilla che prima si nascondevano solo per timidezza.

***



Il commissario Nara, con il consenso del medico Haruno, aveva concesso di portare via il corpo del defunto per permettere un degno funerale. D’altronde Sakura aveva concluso tutti gli esami dei quali avevano bisogno, senza alcun risultato effettivo, come se fosse stato il vento a tagliare quella gola rosata, ora divenuta di un triste e malsano pallore cadaverico. Non c’era null’altro, solo uno squarcio incredibilmente profondo che aveva fatto fuoriuscire una quantità di sangue impensabile. La morte era stata immediata ed il corpo non presentava nessun altro segno di violenza o di difesa personale. Almeno non aveva sofferto. Una volta che giunse all’ennesima conclusione che non spiegava nulla si era trovata a parlare con quell’uomo privato dell’anima e della parola, supplicandolo di aiutarla, di spiegarle com’era avvenuta la sua partenza dal mondo terreno, di cosa volesse significare la piuma che stringeva nella mano al momento del ritrovamento. Nulla sembrava aver senso e presto anche lei si dovette arrendere all’evidenza di non riuscire ad arrivare a niente, quel taglio virulento non sembrava aver alcun significato ne essere prodotto da alcuna cosa della quale dei semplici uomini quali loro erano potevano avere alcuna conoscenza.
Dunque il corpo muto, che non era intenzionato a dire nulla di se stesso, era stato vestito con gli abiti più eleganti che un taglialegna di Foglianuova potesse permettersi nei tempi di crisi che regnavano ora. In pratica il tutto consisteva in una larga camicia bianca sformata, chiusa al colletto con un foulard rosso acceso, ed un paio di pantaloni scuri che calzavano meravigliosamente a pennello sulle gambe immobili dello sfortunato ragazzo. Quello intanto era stato adagiato in una bara costruita da poco dal falegname che in quegli ultimi tempi si era trovato con una gran quantità di lavoro, purtroppo a causa di una serie di avvenimenti spiacevoli culminati con la morte del beneamato Naruto. Era stata fabbricata con un legno chiaro e molto nodoso, senza alcun genere di conforto, non un cuscino, non un drappo, solo una scatola senza troppe pretese, proprio come quella che era stata la sua vita. Faceva certo uno strano effetto vederlo in quella posizione per lui così consueta con la consapevolezza che non era più in vita, che non avrebbe più sorriso dando un piccolo raggio di luce a quel mondo oscuro. Eppure nessuno più avrebbe rivisto quel volto sereno una volta che sarebbe stato coperto dal coperchio di legno e sommerso nella terra nera del piccolo cimitero sul limitare del bosco dopo alla breve cerimonia che si sarebbe tenuta al tramonto, nel momento in cui tutti i lavoratori facevano ritorno alle loro umili dimore.

Fu una messa breve e sbrigativa, utile solo ad una rapida commemorazione del defunto e ad un tenue tentativo di redimersi dal peccato nel caso non avessero trattato come dovuto il corpo di un giovane credente. All’epoca questa era la consuetudine usuale: nessuno osava stare fuori di casa molto dopo il tramonto e durante tutte le ore di luce se ne stavano chi nei campi, chi nelle fucine e le chi lungo il fiume per lavare i pochi panni posseduti dalle famiglie. Le ore di buio erano un pericolo per chiunque ed era stato dimostrato loro nei più svariati modi possibili ed immaginabili, ma mai qualcuno era stato preso mentre si trovava in casa sua, per giunta perfettamente chiuso all’interno. Questi erano i pensieri che faceva il giovane Shikamaru mentre s’allontanava a passi grandi dalla piccola chiesetta di paese, intento a trovare una risposta a quel caso apparentemente perfetto. Nella direzione opposta, con lo stupore dell’investigatore, veniva una donna arrotolata in lunghe stoffe calde per proteggersi dalla frescura maggiore che la notte portava assieme alle stelle. Ci volle poco ad un uomo di così rapido ingegno comprendere di chi si trattasse: era la dolce Hinata che vagava tutta sola nelle prime ore di buio, certo una cosa poco consueta.
-Non ti converrebbe startene fuori casa a quest’ora, considerando gli ultimi avvenimenti.
-Grazie, Shikamaru, tornerò a casa presto. Volevo solo dare un ultimo saluto a Naruto. Ho fatto tardi oggi e non ho fatto in tempo per il funerale. Mi ci vorrà un attimo.
-Vuoi che venga con te?
-Non ce n’è bisogno, davvero, sarò a casa in men che non si dica.
-D’accordo, allora ti conviene fare in fretta, prima ho visto che il becchino lo stava preparando per portarlo via.
In fondo Shikamaru era contento di non doverla accompagnare in dietro fino alla chiesa, d’altra parte anche lui temeva quella forza occulta che si aggirava per il villaggio, ma la sua buona educazione l’aveva spinto ad offrire la sua protezione alla fanciulla. Quella, dal suo canto, era ancora più contenta delle notizie ricevute dal commissario: tutto ciò che desiderava era di stare sola con l’uomo che amava, poco importava se vivo o morto, se accanto a lei o separati da uno strato di terra fresca. Non aveva intenzione di dargli un addio veloce prima che il signor becchino glie lo portasse via dalle braccia, ma bensì la sua intenzione era quella di attendere che l’uomo facesse il suo lavoro, per poi poter piangere indisturbata sulla sua tomba, per potergli confessare una volta per tutte le parole che mai era riuscita ad esprimere. Non aveva paura del temuto mostro, se il suo destino fosse stato quello di raggiungere l’amato non si sarebbe certo opposta al suo volere, anzi, l’avrebbe accolto a braccia aperte, desiderosa solo di raggiungere il suo obiettivo, incurante dei mezzi. Tuttavia quella piccola paura della morte che c’è in chiunque le aveva suggerito di non contemplare quella come la soluzione ai suoi problemi, ma bensì di trarre soddisfazione dal fingere che Naruto non fosse mai morto, che fosse ancora lì, su quella terra che solo quando c’era lui le era sembrata vivibile e anche quasi bella.
Dunque le toccava mettere in gioco la sua sanità mentale pur di rimanere in vita e ciò la condusse al cimitero di lapidi storte e croci cadenti che distava dieci minuti a piedi dal villaggio. Aveva pazientemente atteso che la bara venisse sotterrata, osservando come incantata quell’atto che purificava l’involucro vuoto dell’amato, pazientemente nascosta dietro i primi alberi della foresta quelli meno oscuri e spaventosi, illuminati dai tenui raggi della luna argentata. Se ne stette lì rannicchiata a divagare su macabri pensieri per poco tempo: presto il beccamorti terminò il suo dovere e se ne scappò veloce verso casa, in fuga da quel pensiero immaginario che tutti avevano della notte come assassina.
Lasciò così il via libera ad Hinata, che finalmente poté uscire dal groviglio di rovi che s’era costruita attorno per rendersi invisibile ad occhi indiscreti e s’era appostata proprio di fronte alla lapide più nuova e bella dell’intero cimitero, quella sulla quale erano incise a piccoli caratteri due semplici parole, “Naruto Uzumaki”, null’altro. Ma quelle parole erano sufficienti perché lei sapesse bene dove indirizzare il suo cuore e le sue parole. Sorrideva mentre raccontava alla pietra ciò che era solita raccontare all’amico, il resoconto finale della giornata, ma le sue labbra erano impregnate del salato sapore delle lacrime che sgorgavano ancora copiose dai suoi occhi turgidi e arrossati. Rideva per un sogno, ma al contempo piangeva alla memoria della realtà, in un tuttuno di emozioni contrapposte.
Aveva gli occhi appannati dalle lacrime, quindi non notò subito la figura che le si presentò di fonte, con i piedi finemente incrociati sopra la lapide tanto pianta. Portava indosso un vestito sciupato e rotto sui bordi, di un nero tanto fitto che si confondeva con la notte, ed i capelli di un blu lucente raccolti sulla nuca con un fiore bianco che Hinata non aveva mai visto nel suo mondo ristretto del villaggio. La ragazza misteriosa la guardava sorridente, con gli occhi semichiusi e le mani intrecciate sotto il mento. Cosa poteva farci una ragazza da sola, di notte, nel cimitero? D’altronde era anche la condizione della nostra Hinata, ma la cosa la stupiva comunque.
-Tu chi sei?
-Generalmente prima di chiedere a qualcuno chi è ci si presenta, non ti pare? Comunque, proprio perché sei tu, ti farò il favore di sorvolare questi convenevoli, ma che non si ripeta più un fatto simile, ok? Ebbene, il mio nome è Konan e sono qui perché tu hai qualcosa da chiedermi.
Certo era un incontro strano da fare, pensando poi alle circostanze della situazione. In effetti Hinata un desiderio ce l’aveva, ma in cuor suo sapeva che non avrebbe potuto chiederlo a quella signora.
-Che cosa?
-Se non lo sai tu… Orsù dunque, vediamo di arrivarci assieme. Che ci fai tutta sola di notte in questo luogo spaventoso?
-Tu invece… Tu sei qui perché sei una strega, giusto?
-Oh, queste sono parole brutte, però se la vuoi mettere così sì, io sono una strega, anzi, ti dirò di più, sono la principessa delle streghe!
-Quindi sai far resuscitare i morti?
Hinata aveva un po’ paura di fare quella domanda, temeva di sembrare una folle, ma la bella strega le sorrise un’altra volta, prima di sollevare la sua mano destra sopra il cumulo di terra a lei sottostante. L’aria si fece improvvisamente calda, piacevole, ed un leggero venticello si alzò da sotto il suo palmo. Il tutto durò pochi secondi e poi il nulla. Almeno finché un dito olivastro fece capolino dal terreno, seguito dagli altri suoi fratelli, dalla mano e dal braccio, per poi tirar su tutto il resto del corpo smorto e pallido. I biondi capelli erano afflosciati sulla fronte sporca di terriccio ed i vestiti si erano tutti strappati nel processo di fuoriuscita, ma nel compenso era lì tutto intero e si reggeva in piedi da solo. Aveva addirittura aperto gli occhi ed ora la fissava. Hinata, infinitamente grata alla sua sorte e alla principessa Konan, con ancora le lacrime agli occhi gli corse incontro e strinse le spalle di Naruto amorosamente al petto.




N.d.A.: Waaa, ce l’ho fatta un’altra volta! Solo che oggi speravo di postare ad un orario decente ma non ce l’ho fatta. Hey, mi dispiace, io c’ho provato… Vabbè, ma tutto è dovuto al fatto che inizialmente il capitolo era un po’ più lunghetto ed ho dovuto tagliuzzare un po’, così poi ho fatto un casino che non ci capivo più niente, spero sia comprensibile comunque.
Dunque, due paroline su questa seconda parte: entra in gioco Hinata e mi occupa praticamente il capitolo intero… Dio, non pensavo proprio! E’ che come personaggio boh, sì, è tanto carina e tutto quello che volete, però non mi prende troppo. Solo che ho un tremendo timore, ovvero di essere sfociata nell’OOC (e qui viene fuori la mia teoria secondo il quale l’OOC è bello, ma va evitato solo nelle storie in cuoi si riprende la storia originale, tipo le what if? e via discorrendo… Però so che piace a pochi e quindi tento di evitarlo). Anche Konan mi sa che non è tanto IC, vogliate perdonarmi.
Comunque, la storia inizia a prendere una piega sovrannaturale ed assurda, umh, chissà che accadrà adesso che tutto è ammesso eheh! Ci aspettano un sacco di altri personaggi e sono piacevolmente sorpresa che molti mi vengono in mente a scuola, proprio in attinenza alle cose che spiegano… E’ un po’ assurdo, però è figo XD Appena ci sarà un esempio utile vi farò capire.

Baci e abbracci, con la speranza che vi sia piaciuto.
AmhranNaFarraige

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Capitolo 3
*** Compagne di viaggio ***




3. Compagne di viaggio

These were The Best Of Times
I'll miss these days
Your spirit led my life each day
My heart is bleeding bad
But I'll be ok
Your spirit guides my life each day

[The Best Of Times – Dream Theater]

Questi sono stati i migliori dei tempi
Mi mancheranno questi giorni
Il tuo spirito guida la mia vita ogni giorno
Il mio cuore sta sanguinando ammalato
Ma sarò apposto
Il tuo spirito guida la mia vita ogni giorno



La stanza era calda ed accogliente, con un enorme finestrone dietro alla scrivania di legno che dava sulla strada allagata dalla nebbia mattutina, cupa e triste, decisamente in contrapposizione con le fiammelle gialle ed arancioni che danzavano giocosamente nel caminetto sulla parete ovest, di fronte ai due divanetti di stoffa porpora ed ocra sui quali sedevano stanchi e preoccupati l’investigatore e la assistente. Non avevano dormito quella notte, tanto erano sovrastati dal lavoro, e non lo avrebbero fatto nemmeno se avessero potuto, considerando i fatti tenebrosi che si erano consumati la notte precedente era ben difficile anche per loro trovare la forza d’animo di coricarsi. Dunque non si erano concessi nemmeno un attimo al sonno ed avevano proseguito con supposizioni ed intricati ragionamenti, per non arrivare ad alcun fine.
Quando iniziò ad albeggiare – e lo si poteva capire solo dalle nubi che si erano fatte un po’ più luminose – la giovane Ino cedette e sì lasciò cadere dolcemente sulle gambe del commissario. A quello venne uno spavento quando se la sentì cadere addosso, ma ci volle poco perché la tenerezza lo corruppe strappandogli un sorriso. Tuttavia lui doveva ancora stare a lavorare e, se proprio non riusciva a ragionare come avrebbe fatto dopo una nottata rilassante, almeno poteva compilare quelle noiose scartoffie che regnavano sulla sua scrivania. Si alzò così dal divanetto e prese un grosso sorso del suo caffè raffreddato che se ne stava sul tavolino già da qualche ora, prese una coperta dalla poltrona a fianco e la distese sul corpo addormentato della collega: l’avrebbe svegliata dopo qualche ora, ma anche lei meritava un po’ di riposo, in fondo. Infine si diresse alla sua grande scrivania disordinatissima, con la finestra dietro alle spalle che gli creava attorno una cornice di grigia luce filtrata dalle nuvole grosse e scure. Aveva in mano una grossa pila di fogli e li sfogliava uno ad uno, cercando di concentrarsi un minimo su quello che stava facendo, ma era ben difficile cancellare dalla sua mente quelle immagini che si era portato dietro per tutta la notte: il ragazzo crudelmente sgozzato, la stanza chiusa dall’interno, la piuma nera, Hinata che se ne andava in giro da sola di notte… Si ritrovò a sperare che fosse riuscita a tornare a casa in tempo per il coprifuoco, a temere che fosse accaduto qualcosa di spiacevole ed ora si rimproverava di non aver insistito la sera prima per accompagnarla. Si mise una mano in fronte ed appoggiò il gomito dello stesso braccio sul piano di legno, stropicciando qualche pezzo di carta, massaggiandosi le tempie e scongiurando la fatica di starsene alla larga ancora per qualche tempo, almeno finché non fosse giunto a qualcosa di concreto. Si stupì di sentire delle lacrime scorrergli sul viso e più ancora di non riuscire a capire il loro motivo: faceva quel lavoro da abbastanza tempo ormai da aver sconfitto ogni genere di reazione emotiva alle morti, al sangue ed alla paura. Eppure eccole ancora, a sgusciare copiose dagli occhi arrossati: se li coprì col palmo della mano che aveva ancora posata in fronte, per impedire a sguardi indiscreti di coglierlo in quel momento di debolezza. Probabilmente era per la stanchezza, sì, doveva essere così per forza, figurarsi che Shikamaru, noto a tutti per la sua grandiosa razionalità, potesse lasciarsi condurre da sentimenti paurosi e tristi. Certo, aveva visto un amico negli attimi subito successivi alla sua morte, ma d’altra parte non era stato certo il primo. Quel caso faceva particolarmente paura, sì, così assurdo ed inspiegabile, ma lui non temeva nulla e nessuno! O forse davvero provava tutti questi sentimenti, solo non era abbastanza audace da ammetterlo neppure a se stesso. Ed intanto piangeva e lacrimava, senza trovare una spiegazione razionale, cosa che lo rattristava ancora maggiormente.
Infine riuscì a fermare quel flusso insensato, dopo essersi sfogato per qualche minuto, ed annegò anche l’ultimo singhiozzo in fondo alla gola, giusto in tempo per rimettersi in sesto prima che qualcuno iniziasse a bussare sulla porta, lievemente, due volte. Nara acconsentì l’accesso con un monotono “avanti” e la porta si aprì nell’angolo della stanza di fronte a lui, leggermente spostata verso sinistra. Fece così il suo ingresso un cugino preoccupato dalla voce alta e vibrante, intervallata da respiri affannosi dovuti alla corsa furiosa più che all’agitazione stessa del ragazzo.
-Shikamaru… Mi devi aiutare assolutamente, solo tu lo puoi fare!
Aveva quasi urlato e la cosa irritò parecchio la fanciulla addormentata sul divanetto accanto, che s’era alzata per vedere negli occhi quel malfattore e fulminarlo con uno sguardo d’odio, senza curarsi, stranamente, del suo aspetto stordito e sgraziato, procedendo poi ad inveire contro il nuovo arrivato con parole poco adatte a ragazze rispettose come lei. In cambio ottenne un’occhiata scortese, ma più che altro venne ignorata. Allora optò per alzarsi e rasettarsi un attimo, per poi tornare con gli occhi sugli scarabocchi della notte precedente lasciando i due in una cappa di vetro.
Nara invitò cortesemente il malcapitato a sedersi di fronte a lui, scusandosi per la mancanza i tatto della collega e dimostrando tutto il suo rammarico con uno sbuffo in direzione della bionda.
-Allora, Neji, cos’è successo di tanto grave?
-Si tratta di Hinata- Il commissariò rabbrividì, si sentiva in qualche modo responsabile, qualunque cosa fosse accaduta a quel nome era senza dubbio colpa sua. –Ieri non è rientrata a casa dopo al coprifuoco e da allora non si è più fatta sentire. Sono preoccupato, con tutte le cose che sono successe temo il peggio!
-Non devi, vedrai che la troveremo.- Nemmeno lui ci credeva.
-Come fai a dirmi di starmene qui tutto tranquillo?! Sai bene quanto me che di questi tempi dobbiamo aspettarci di tutto!
Non aveva tutti i torti e Nara lo sapeva bene, d’altronde non era mai stato il suo forte confortare la gente sul piano emotivo, lui faceva solo calcoli e basta, ragionava e nient’altro, come se a lui fosse stato dato troppo di cervello in cambio però di una mancanza consistente di cuore ed in quel momento gli dispiacque. Appoggiò allora la destra sulla spalla dell’amico e smise di mentire.
-Neji, faremo il possibile per trovarla o per capire che cosa le è successo, non posso prometterti nient’altro.
-Ora va meglio… Grazie per la tua sincerità, detto così sembra tutto molto più vero e reale.
Si alzò dalla sua poltrona e prese a camminare in direzione della porta, l’intera stanza era sprofondata in un lago di religioso silenzio, non un solo sospiro. Tutti sapevano che c’erano poche probabilità di ritrovare Hinata viva e la cosa li spaventava alquanto. La porta si chiuse, passò qualche attimo di lutto precoce. Ino dunque si avvicinò alla scrivania e guardò il commissario con occhi tristi e quando parlò la sua voce apparve un po’ alterata dallo sconforto.
-Tu non l’avevi vista ieri sera allontanarsi da casa? Ho paura che…
-Sì, l’ho vista, vorrei non averlo fatto ma è così. Voleva andare in chiesa, santa ragazza. Cosa le sarà accaduto? Mio Dio, non so nemmeno da che parte andare a cercare!
-Ora non farti prendere dalle emozioni, non è da te! L’hai appena detto, no? Andiamo a chiedere in chiesa. Se preferisci vado io, tu mi sembri troppo sconvolto. E ricorda che, per quanto tu sia intelligente e tutto quello che vuoi, non puoi sempre riuscire a fare la cosa giusta, non è colpa tua se Hinata non è tornata indietro, hai solo fatto ciò che ti ha detto lei, null’altro!
-Ok, Ino, va bene così, apprezzo il tentativo, ma ultimamente, con tutti questi casini, mi sento davvero demotivato. Non arriviamo a nulla, capisci?! Ci stiamo scervellando per cosa? Nulla! No, lo so che non mi devo lasciare andare ad inutili sentimentalismi, ora mi calmo, davvero… Scusami.
-Tranquillo, non è successo nulla, ancora. Aspettiamo un po’ e poi andiamo alla parrocchia ad investigare. Direi che il caso di Naruto può aspettare, questo ha la priorità.
-Hai ragione, grazie.

***



Ad Hinata non fu concesso di assaporare a pieno la nuova gioia che si era fatta largo con un’insolita furia nel suo cuore devastato, non le fu permesso di passare il resto della notte stringendo tra le bianche braccia il corpo dell’uomo che amava, che ora aveva aperto gli occhi ed era tornato nel mondo dei vivi. Konan l’aveva fermata, c’era qualcosa di losco e turpe dietro a quella nuova “vita”, se così la si poteva chiamare. La giovane ragazza innamorata probabilmente non se ne era accorta perché troppo presa dall’euforia, ma la figura che teneva stretta non aveva dato ancora alcun cenno di movimento volontario, non un battito di ciglio né una parola, nemmeno un solo fiato. Se n’era restato immobile, come quando era sgusciato fuori dalla terra, con gli occhi spenti ed opachi puntati nel vuoto dietro le spalle della ragazza, le braccia che si erano strette attorno al suo torace in un abbraccio molle solo in risposta all’impeto dell’attacco ricevuto, ma senza alcuna volontà dietro a quell’azione. Il petto intanto era fermo, non dava segno di respiri: davvero quell’uomo era tornato in vita o lo si doveva considerare solo un pupazzo capace di stare in piedi e muovere gli arti sotto comando del suo burattinaio? Beata ignoranza di chi non vuole capire, possa la loro mente vagare sempre per il paese dei sogni impossibili! Hinata era tanto contenta della magia avvenuta che non fece minimamente caso a questi futili dettagli, l’importante era avere Naruto sul suo petto, come mai era stato nemmeno quando quello era dotato del soffio vitale, come sempre aveva desiderato.
Ma ogni sogno ha una fine, è l’altra faccia della medaglia, ciò che in qualche modo rende più bello il sogno stesso, solo che questo fu incredibilmente breve, perché Konan le fece sapere presto, troppo presto, che c’erano delle condizioni per riportare un uomo al mondo terreno, che avrebbero dovuto lavorarci sopra prima di permettere al ragazzo di tornare a camminare per quei sentieri obliqui. Anzitutto bisognava ripagare la Morte per il furto fattole, donandole in cambio un’altra vita del medesimo valore di quella che era stata strappata dalle sue grinfie ed in secondo luogo la stessa principessa aveva delle una richiesta personale.
-Sussù, non essere triste, non è una cosa così complicata ammazzare qualcuno, se hai bisogno di aiuto io saprei anche a chi raccomandarti, ma devi essere tu stessa a farlo, sennò il patto non vale, è così che funziona, ed ha un suo senso, non trovi? Ecco, sempre parlando di quello che devi fare tu, ci sarebbe anche un’altra cosa. Capirai che non posso tenere in vita un cadavere per ogni donzella che incontro in un qualche cimitero, quindi sarebbe meglio che imparassi tu a farlo. Certo, è una magia di un certo livello, ma capirai che adesso che conosci tutte queste cose non posso lasciarti andare… Sarebbe poco carino se qualcun altro ne venisse a conoscenza.
La strega sorrise in un modo a metà tra il dolce ed il sarcastico in direzione della “nostra”, lanciandole un’occhiata di intesa. Dalla foresta alle sue spalle intanto uscirono due oscure figure incappucciate, più basse di lei ma comunque portatrici di sconforto e paura. Creavano un quadro di simmetria con Konan, che si ergeva nell’esatto centro tra le due, poco più indietro rispetto alla lapide sulla quale la prima sedeva. Ad Hinata venne un tuffo al cuore e quasi si spaventò. Non che non comprendesse e non acconsentisse alle proposte fattele, solo che in quella situazione sentiva la sua permanenza accanto al petto dell’amato alquanto precaria e minacciata da quegli esseri sbucati all’improvviso fuori dalla tenebra. Serrò lo sguardo e rese noto a tutti i presenti il suo disagio con un passo tremolante all’indietro, sempre trascinandosi dietro il corpo esanime di Naruto.
-Forse non mi hai capita, noi non abbiamo alcuna intenzione di farti del male, a meno che tu non voglia stare dalla nostra parte e so bene anche quanto questo ti convenga, quanto tu stessa lo desideri ardentemente. Anzi, non dovresti giudicare prima ancora di sapere: queste due saranno la tua ombra e la tua giuda quando io non ci sarò. Sei troppo inesperta per condurre un rituale da sola e troppo debole per poter rapire un’anima dal regno dei morti, loro saranno essenziali! Ora, se smetti di startene così sulla difensiva, permettimi di presentartele.
Un brivido glaciale le percorse tutta la spina dorsale, dall’alto verso il basso, incurvandole la schiena. Possibile che la prima volta che veramente si sentiva felice in vita sua tutto andava così miseramente a rotoli?! Possibile che lei non fosse in grado di muovere nemmeno un solo dito in difesa del suo spassionato amore?! Possibile che l’unica possibilità per trovare un raggio di luce fosse proprio incamminarsi verso le tenebre?! La mente le si stava ofuscando più di quanto già non fosse ed ormai non vedeva più nulla di chiaro in tutta quella vicenda. Nulla se non Naruto, l’unica cose che contava realmente. Dunque per lui avrebbe affrontato ogni paura e timore, per lui avrebbe preso la mano di crudeli streghe e grazie a loro finalmente sarebbero potuti tornare insieme. Si convinse dunque che quella probabilmente era l’unica soluzione.
-Come desideri.
Aveva decisamente perso qualunque altra speranza e qualunque forza per opporsi, ma non se ne rattristava. I suoi occhi chiari non vedevano di fronte a lei una fredda lapide in un cimitero sul limitare di un fitto e buio bosco, ma la prospettiva di una primavera assolata, di fiori gialli e rossi che il suo innamorato coglieva dal campo per posarli tra i suoi lunghi capelli neri.
-Magnifico, vedi, non c’è nulla di cui preoccuparsi! Carissima, mi spiace proprio ma non posso più intrattenermi con te, ho molte questioni da risolvere. Beh, tanto non servo più, giusto? Vi lascio dunque a fare amicizia. Byeee!
Strizzò l’occhio e fece un salto indietro, nell’ombra, nella quale scomparve alla vista.
Un profondo respiro, la presa di coscienza della situazione, gli occhi che iniziavano a schiudersi lentamente sugli incappucciati. Un’anima rassegnata, guidata solo da un’oscura speranza, disperata. Tutto ciò a cui poteva aggrapparsi per sognare di essere ancora felice, un’altra volta, anche se fosse stata l’ultima. Coraggiosa nel cuore e nell’animo Hinata alzò lo sguardo, a testa alta, orgogliosa del profondo sentimento che aveva impregnato le sue vene. Ciò che la pervase in quell’istante non era propriamente paura, ma nemmeno spavento; non era facilmente definibile, se non come stupore: infatti i neri cappucci erano stati abbassati di capi ed avevano permesso di riconoscere in quelle ombre dei volti familiari, due volti che non ci si sarebbe mai aspettati.
A destra, con i capelli rigorosamente raccolti, ergeva la figlia del fabbro del villaggio di Foglianuova, una ragazzina spigliata e socievole, di carattere molto forte, che spesso Hinata si era trovata ad invidiare, a causa della sua fastidiosa timidezza. Infatti il suo nome lo conosceva molto bene, Tenten, come dimenticarlo. Colei che aveva in qualche modo attirato le attenzioni di suo cugino. Un’amica fidata, come la descriveva lui: ne aveva sempre sentito parlare così bene! Possibile che le fosse… Una strega?! A Konan quel termine non piaeva, vero, ma in che altro modo avrebbe dovuto chiamarle?
Dall’altro lato c’era invece una fanciulla che non era originaria del villaggio, ma veniva da un qualche paese ad est e solitamente stazionava da loro per qualche mese, per motivi di ragione politica. A quanto ne sapeva Hinata il suo compito era quello di mantenere i buoni rapporti tra i due villaggi e di fare qualche cosa come il messaggero. La conosceva meno bene dell’altra, ma spesso l’aveva vista aggirarsi per i dintorni del villaggio e fermarsi a sentire il fruscio del vento tra le foglie e sulla sua pelle candida. Sembrava una ragazza piuttosto chiusa nel suo mondo, ma il modo differente dalla “nostra”: lei dimostrava una forza che la mora non possedeva, te lo mostrava con gli occhi che era lei a voler starsene per conto suo.
Le labbra di Tenten si aprirono in un ampio sorriso, eccessivo per la situazione in cui si trovavano coinvolte.
-Hinata, ciao! Non immaginavo fossi proprio tu! Wow, ci sarà da divertirsi allora. Da come ne parlava Konan pareva ci fosse chissà quale complicazione, ma con te andremo forte davvero!
Sarà che notò lo spaesamento negli occhi dell’amica, sarà che era davvero contenta, ma in ogni caso andò avanti a parlare, senza che lei potesse rispondere al suo saluto.
-Oh, lascia che ti presenti: lei è Temari, sta al nostro villaggio da un po’ ormai. Quanto sarà? Quasi un anno, ormai? Tranquilla, è forte, vedrai che ci andrai d’amore e d’accordo.
Altre parole fuori luogo, altri sorrisi poco adatti, ma in qualche modo risollevarono l’animo di Hinata. Solo che ancora non capiva, non capiva dove fosse finita, cosa stesse succedendo realmente, perché proprio loro, perché non se ne era mai accorta. La mente le si affollò di dubbi e di domande che avrebbero dovuto aspettare ancora prima di ottenere una risposta: il viso le si sbiancò ancora più di quanto già non fosse pallido, mentre le gote facevano un impressionante contrasto col candore che faceva loro da cornice, tingendosi di un rosso tanto vivo da sembrare quasi malsano. Tutti i pensieri che si erano accumulati, tutti i timori di quella sola notte si erano ammucchiati in un contrasto esplosivo, una lotta senza pari, che la poverina non poté reggere. Gli occhi le si girarono indietro e le palpebre si chiusero quasi immediatamente. Infine, con un tonfo secco e sgraziato, cadde esanime al suolo, quasi avesse spirato l’anima anche lei come l’uomo che amava tanto.

Tutto era buio, tutto ofuscato. Non era in grado di vedere più nulla. Si accorse che non era nemmeno in grado di sentire più nulla, né di percepire alcuna sensazione. Era stanca, la testa le doleva e sentiva male allo stomaco. Desiderava solo dormire senza pensare più a nulla, rimanere sdraiata sulla terra fredda, a contatto con la natura e null’altro.
Forse qualcuno l’aveva presa in braccio, forse riusciva a percepire un flebile calore sulla sua pelle, un flebile contatto umano. Non capiva e non aveva voglia nemmeno di capire. Desiderava solo starsene un po’ sola con se stessa, al resto avrebbe pensato in un’altra occasione e tutto si sarebbe felicemente risolto. Che fosse riuscita a combattere lei stessa la paura? Che fosse in grado ora di seguire le indicazioni della principessa e riportare in vita la sua vera vita? In cuor suo lo sentiva, ma la sua mente era ancora restia ad ammetterlo. Era restia ad ammettere molte cose, come la forza – e anche solo la presenza – di una presenza di potenza disumana che aleggiava tra le vie del villaggio e conduceva con se le vite di giovani fiorenti. Naruto non sarebbe stato l’ultimo, persone come Nara e Yamanaka lo avevano già capito, ma lei sentiva come se fosse solo lui ad importare e come se il resto del mondo non avesse alcuna importanza. Andato lui, gli altri potevano anche crepare uno dopo l’altro che lei non avrebbe nemmeno sprecato una lacrima sulla loro tomba se invece poteva versarle sui fiori di quella dell’amato.
Ma forse presto se ne sarebbe ricreduta. Forse avrebbe capito che non serve a nulla lottare contro il destino. O forse no.




N.d.A.: Sono tornata, con profondissimo rammarico per il ritardo. Temo che andremo avanti più o meno di questo ritmo e mi dispiace infinitamente, davvero, ce la sto mettendo tutta in tutto ciò che faccio e penso sia già tanto se non ci lascio le penne, quindi prego voi di non coltivare il desiderio di ammazzarmi, ci pensano già altri fattori. Ma non disperate! Non vi abbandono. A questa storia ci tengo parecchio, e specialmente tengo a voi che leggete. Non sono fortissima nelle long (sì, scrivo praticamente solo one-shot D: ), lo so bene anche io, ma ci provo e penso sia questo ciò che conta. Ma ora basta con le scuse, non è questo quello che vi volevo dire!
Siamo solo al terzo capitolo e già è un capitolo di passaggio, lentuccio, in cui non succede praticamente nulla. E’ troppo che non muore qualcuno, è troppo che Sasuke non fa la sua comparsa ed è troppo che questa storia non è cattiva come dovrebbe! Ma presto mi riscatterò, ve lo prometto! Inizialmente volevo inserire qualche preannuncio qui sopra, ma alla fine stonava e no, tutto per bene la prossima volta! Dio, più che altro mi sa che davvero sono troooppo lenta io nella narrazione. Problema mio che tenterò di risolvere.
Altra piccola riflessione: non vorrei che sembrasse una InoShika… Non lo è proprio o se lo sembra non sono riuscita io nel mio intento. Praticamente loro sono solo grandi amici e sì, si vogliono un bene dell’anima, ma null’altro, altrimenti mi andrebbe a quel paese tutto il resto della storia! Per Neji e Tenten già si può fare. Non era mia intenzione, ma in ogni caso non guasta e quasi quasi lo sprono anche, questo rapporto XD
Dai, la prossima volta tornerò con avvenimenti avvincenti e terribili! Sperando che nessuno giunga ad odiarmi per chi morirà (sì, qualcuno dovrebbe proprio morire! Sempre che io riesca a scrivere in un capitolo solo tutto quello che ho da dire). Allora alla prossima, carissimi!

Notizia che non centra niente, come sempre: mi è arrivata la mia parrucca rosa e la amo <3 Davvero un casino! E presto anche il mantello di Alba, yeeeh! (Le due cose non sono correlate, lo so, ma poco importa U.U )

Un gran bacio a tutti voi lettori, vi voglio un gran bene!
AmhranNaFarraige che pensa di cambiare nik perché quello che ha adesso è incomprensibile (ha addirittura intenzione di rinominarsi SpinaDiPesce D: )

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