Il destino di un eroe

di Girl_in_Blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La morte di un Re ***
Capitolo 2: *** Conquista ***
Capitolo 3: *** Un bagliore di speranza ***
Capitolo 4: *** L'incontro ***
Capitolo 5: *** Consapevolezze ***
Capitolo 6: *** La fine di un antico e insanguinato regno ***



Capitolo 1
*** La morte di un Re ***


Il destino di un eroe








Prologo 

            

I passi riecheggiavano nella grande astronave del tiranno.
Un alieno rosa, con indosso la divisa di quell’esercito portatore di morte e distruzione che da anni vagava nello spazio conquistando pianeti, appartenente alle schiere del grande e potente Freezer si recò nella stanza del suo signore.
-Eccomi sono arrivato.
La sua voce tuonò nella stanza e al suo fianco un soldato più slanciato e muscoloso rispetto a lui, tarchiato e basso, si presentò al cospetto del suo padrone che li aveva chiamati entrambi.
Il tiranno, in piedi dinanzi un’enorme finestra, sorrideva malefico.
Appariva sereno, in fondo –lui- era il grande Freezer il più forte guerriero di tutto l’universo, non aveva da temere nulla se non quelle scimmie saiyan.
Aveva pensato di distruggere il loro pianeta, di farlo saltare in aria con tutti i suoi abitanti, ma comprese il loro infinito potenziale.
Sapeva di poterli sfruttare, ancora.
Doveva avere i loro servigi non più come sottoposti, ma come sovrano assoluto.
Così il progetto iniziale della loro distruzione mutò; avrebbe ucciso il loro Re e i suoi fedeli compagni per evitare rivolte pericolose e per comunicare ciò aveva convocato i suoi soldati.
-E il Principe?
Domandò l’alieno dai capelli verdi appena il suo padrone ebbe concluso la spiegazione del suo piano.
-Sarebbe un peccato ucciderlo, potrebbe tornarci molto utile…
Aggiunse con un sorriso malefico dipinto su quel volto albino.
Con i saiyan privi di un leader e sottomessi, ancor di più, al suo volere avrebbero conquistato per lui l’intero universo.
 
 
 
 
 
 



***Capitolo Primo***

La morte di un Re
 

Il sovrano di una stirpe, apparentemente invincibile, sedeva sul trono che mai come in quel momento appariva di carta, così fragile come lo stesso Re che da molto obbediva agli ordini di Freezer, troppo forte per essere sconfitto.
Pensoso rifletteva sulla missione appena affidatagli; un viaggio su Dagobah, un pianeta lontano ai limiti della Galassia del Nord e ai confini con quella dell’Est.
Il gomito, poggiato su un braccio del trono, sorreggeva l’arto che sosteneva il capo, ormai, dolente per il suo –troppo- ragionare.
I capelli, castani e all’insù, caratterizzano la sua famiglia, anche suo figlio aveva la sua stessa chioma folta.
Il Principe Vegeta era abbastanza forte e gli fu affidata la sua prima missione; invadere e conquistare Canassa.
Il cucciolo era già partito, mentre il Re era in attesa della sua navicella.
Non poteva smettere di ragionare, quella missione celava qualcosa che il Re ancora non era riuscito a comprendere, ma una strana sensazione percorreva ogni fibra del suo corpo.
Rifiutare equivaleva a incorrere nell’ira di Freezer, così accettò; un Saiyan non rifiuta mai di combattere, anche quando appariva inutile come in quel caso.
Dagobah era un pianeta inospitale e tetro, con luce scarsa e un paesaggio completamente roccioso, inutilizzabile e invendibile.
I suoi abitanti, invece, erano esseri dediti alla lotta dalla corporatura robusta e simile a quella dei Saiyan, ma con la pelle di colore grigio; sarebbero stati nemici interessanti da affrontare e per questo il Re non si tirò indietro, era una sfida –troppo- stuzzicante.
Ciò che lo incupiva e preoccupava era la funzione di quella conquista, non sapeva cosa Freezer volesse o progettasse per quel pianeta all’apparenza inutile.
Il suo ragionare fu interrotto da un suddito.
-Signore, la navicella è pronta.
 
 
Nel frattempo anche il Tiranno fu informato e ordinò che una sua squadra raggiungesse Dagobah.
-Manda la squadra Ginew!
La sua squadra più forte e fidata, formata da individui di varia provenienza, tanto buffi quanto potenti; loro non avrebbero avuto alcun problema a eliminare il Re e il pianeta.
 

 

Il rombo dei motori cessò appena la navicella atterrò.
Gli scontri per quanto violenti e feroci non potevano essere minimamente paragonati ad altre battaglie, il Re aveva aspettative diverse che furono amaramente deluse.
Si aspettava grandi guerrieri, ma trovò combattenti di medio livello; nessuno di loro era alla sua altezza.
Alcuni soldati ebbero difficoltà nell’affrontare validi elementi, ma il loro Re non avrebbe mai lasciato il campo di battaglia e li sconfisse.
Il motivo per il quale rimase non era per i compagni in difficoltà, anzi.
Re Vegeta desiderava ardentemente distruggere ogni abitante di quel misero pianeta, il suo sadismo era quasi paragonabile a quello del Tiranno al quale obbedire.
Si divertita nel vedere i nemici inermi al suolo, sanguinanti e implorati, anche se spesso non capiva le loro parole, ma la lingua del dolore era la stessa per ogni popolo, fatta di ansimi, lacrime e singhiozzi, terrore negli occhi, prostrazione e sottomissione.
Ciò che più gli piaceva vedere negli sguardi dei poveri malcapitati era l’assenza di speranza, la vuota rassegnazione a una fine dolorosa, così annullava la loro vita.
I suoi nemici erano già morti prima ancora che la morte stessa sopraggiungesse.
Il suo ghigno malefico si riempiva di gioia, quando vedeva ciò, ma questa volta non ebbe il tempo per osservare il suo spettacolo preferito.
Delle navicelle atterrarono sul pianeta.
Sentì lo squarcio dell’aria e il rombo dei motori, per poi ascoltare lo schianto del veicolo sulla terra, secca e arida, che vibrò sensibilmente.
Il rilevatore che portava indicava una potenza straordinaria, riconobbe lo stemma dell’armata del Tiranno, ma non conosceva –ancora- la loro identità.
Passarono pochi istanti prima di trovarsi a comprendere che la sua fine fosse giunta.
Si ritrovò dinanzi un guerriero dal colorito violaceo, se non fosse stato per quel dettaglio e per lo stemma che portava sulla divisa, non lo avrebbe mai riconosciuto.
La sua fama lo precedeva e non aveva bisogno di alcuna presentazione.
Il capitano Ginew era lì per un motivo preciso e che il sovrano comprese immediatamente.
Non si disturba la squadra più potente se non per eliminare un nemico pericoloso.
Ciò che seguì fu la disfatta di un Re e l’inizio della sottomissione del suo popolo a un Tiranno invincibile.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


























Angoletto di Girl_in_Blu:
Allora questa è la mia prima long e spero con tutto il cuore che piaccia e sia seguita ^^'
Come ho già scritto nell'introduzione Freezer non ha distrutto il pianeta Vegeta, ha deciso di sfruttare ancora i saiyan, ma ha eleminato il loro re per evitare rappresaglie e per poterli comandare come sovrano assoluto.
Goku è rimasto Kakarot, non ha battuto la testa...nel possimo capitolo lo vedrete.
La storia farà un salto temporale, adesso è ambientata all’epoca dell’oav “L’origine del mito” già nei prossimi capitoli comparirà un Kakarot di 19 anni, quando conosce Chichi...
Il mio scopo è narrare la storia di un'epoca diversa, ma mi servono alcuni capitoli per chiarire alcune situazioni.
Canassa è il pianeta dove viene mandato il padre di Goku e Dagobah è un pianeta di fantasia che compare nella saga si Star Wars, mi piaceva come suonava e non mi sembrava così distante dall'universo dragonbolliano.
Penso di non dover chiarere più nulla, spero solo che queste prime pagine vi piacciano.

 

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Capitolo 2
*** Conquista ***


***Capitolo Secondo***

Conquista

 





Il lamento di un bambino risuonava nella stanza del nido.
Kakarot, figlio di Bardak, era appena nato e dimostrava un forte carattere, peccato che non si potesse dire lo stesso per la sua forza combattiva.
Il figlio di un guerriero d’infimo livello non poteva essere certamente un campione, infatti, gli scienziati si aspettavano un livello così basso e deludente.
-Ritengo che l’unica possibilità sia di spedirlo su qualche pianeta remoto.
Affermò uno dei due esseri.
Questo era tarchiato, con la carnagione verde e uno strano ciuffo arancione, aveva un aspetto animale e la sua origine era all’altro sconosciuta; nonostante lavorassero insieme da anni come medici non si conoscevano abbastanza, ma convennero entrambi che quella fosse la decisione migliore.
Le coordinate digitate sullo schermo segnavano un lontano pianeta della Galassia del Nord, chiamato Terra. Rigoglioso e fertile, facilmente poteva essere venduto grazie alle riserve d’acqua e alla folta vegetazione.
Era la missione ideale per un cucciolo di terza classe.
 
Un Saiyan dalla folta e scompigliata chioma osservava il neonato piangere e dimenarsi, il suo sguardo era vitreo, ma -visibilmente- ricolmo di frustrazione; suo figlio aveva una forza combattiva pari a due.
Vergognoso!
Pensò tra sé, avrebbe preferito essere altrove piuttosto che vedere quel cucciolo, avrebbe sfogato la rabbia su un pianeta lontano, indisturbato da figli sgraditi a causa di un basso livello combattivo.
Più rifletteva, più la delusione appariva –anche- sul volto, digrignò i denti pensando alla vergogna che provava sapendo che suo figlio era tanto inutile da essere spedito altrove.
Un ragazzino dai capelli lunghi e così somigliante a lui lo raggiunse.
-Padre, è lui Kakarot?
Chiese indicandolo con un dito, interrompendo così i pensieri del padre, poi aggiunse
-Non vedo l’ora di combattere con lui.
Bardak lanciò uno sguardo truce al figlio più grande.
-Sarà spedito su un pianeta per conquistarlo, la Terra se non sbaglio. Una missione così semplice potrebbe portarla a termine anche lui.
Il ragazzino sorrise
-Lo raggiungerò e lo batterò, allora!
Il padre si era già incamminato, non aveva ascoltato il proposito del figlio maggiore, non gli interessavano le sue parole, aveva altro da fare e cui pensare, poiché un generale aveva appena contattato tutti i guerrieri per radunarli nella sala del trono, il messaggio diceva che Freezer doveva comunicar loro una novità.
 
La navicella di Kakarot era pronta, efficientemente attrezzata con ciò che il cucciolo necessitava dallo stesso alino verde che aveva proposto la sua missione; il piccolo sarebbe partito alla conquista del pianeta celeste.
Dapprima il rombo del motore risuonò nello spazio circostante; poi la partenza fulminea, lasciando dietro di sé solo una scia, squarciò l’aria.
 
Il Tiranno si trovò dinanzi i combattenti più forti del pianeta Vegeta, avrebbe avuto al proprio comando un manipolo di soldati potenti e sadici; l’intero Universo era già ai suoi piedi.
-Una cometa si è schiantata sul pianeta Dogobah facendolo saltare in aria, il Re era lì in missione con la sua squadra.
Dapprima un brusio leggero poi un vociare sempre più sonoro, spinsero Freezer a continuare.
-Sì, il re è morto nello schianto.
L’intera sala si zittì di colpo comprendendo chi fosse il nuovo sovrano; c’erano Saiyan ai quali non interessava chi fosse a guidarli, l’importante era lottare, finché l’ordine era di uccidere e conquistare un Re valeva l’altro; ma alcuni come Bardak compresero immediatamente il destino che li attendeva, una vita al servizio dello spietato Tiranno che appena possibile si sarebbe liberato dei suoi giocattoli.
Rimpiangeva –già- il sadico sovrano, appena, deceduto.
In fondo Vegeta non era uno qualunque, era un Saiyan come loro, e solo il senso di appartenenza faceva di quel guerriero il loro Re, il più adatto.
 
 
 
Nel frattempo la navetta del Saiyan solcava l’immensità dello spazio.
 
Un bambino, intento a mangiare un gelato, stringeva la mano della madre, mentre camminava per le strade della Città dell’Ovest. Quando vide una scia bianca rigare il cielo, indicò con il cono ciò che stava osservando catturando così l’attenzione della donna che seguì con lo sguardo la direzione indicata.
Anch’essa vide quella scia insolita sentendo poi un rombo, seguito dalla vibrazione del suolo.
Alcuni si spaventarono, altri ritennero che si trattasse di una live scossa, ordinaria quanto innocua.
 
La giornata trascorse serena, ma con la notte giunse –anche- la distruzione.
 
Il cucciolo cominciò a piangere. I suoi lamenti destarono l’attenzione di alcuni animali che parvero spaventarsi, forse, consci del pericolo che quel bambino potava con sé.
Si lagnò a lungo, finché i primi raggi di Luna carezzarono la sua pelle.
Quel bagliore parve placarlo.
Non appena il satellite fu alto nel cielo, Kakarot cominciò a respirare con affanno, qualcosa in lui stava cambiando.
Gli occhi -vacui- fissavano la sfera luminosa, quasi con ossessione.
Il cuore accelerò il battito e il sangue cominciò ad affluire con maggiore velocità, la trasformazione era iniziata, senza la necessità di utilizzare tecniche particolari; la Terra era un pianeta ideale.
Un rumore sordo tuonò nella radura, dove il piccolo era atterrato, e Kakarot ricominciò a piangere.
Altri suoni simili si susseguirono, ma provenivano dal suo corpicino, erano le sue ossa che stavano cambiano.
Pian piano crebbe assumendo un aspetto totalmente diverso, il corpicino paffuto divenne un più grande e la pelle si rivestì di un folto manto peloso.
La voce mutò, i lamenti sembravano latrati per poi cambiare in versi simili a ruggiti.
Ormai non era più un bambino, ma un mosto; un grosso essere peloso, simile a una scimmia e alto quanto un palazzo di almeno quattro piani, forte e robusto.
I suoi passi provocavano una vibrazione nel terreno, più si era vicini più si rischiava di essere calpestati dall’enorme zampa.
Quando Kakarot prese confidenza con quel nuovo corpo, cominciò la sua missione.
Si diresse verso nord, dove vi era la città più vicina.
 
 
 
Le urla e i lamenti, la paura e il dolore, che seguirono coinvolsero tutti i cittadini.
Il mostro scaraventava automobili e distruggeva le case, calpestava e schiacciava tutto ciò che incontrava per la sua strada.
I palazzi crollavano come se fondamenta fossero state di cartone e le pareti di carta velina, tutto appariva così fragile.
Gente che fuggiva e chi pietrificato restava, inerme, a fissarlo imprimendo –così- nella mente l’ultimo ricordo.
 
Il governo inviò sulla città attaccata un esercito attrezzato, carri armati e aerei non bastarono a fermare la traversata della “Scimmia Assassina”, così chiamata dai giornalisti accorsi per documentare gli eventi; la curiosità umana, certe volte, è meschina come ciò che la scatena.
Kakarot, forse, provava un lieve solletico o leggero fastidio, quando era colpito dalle armi terrestri.
Sembrava non poter provare alcun dolore e appariva indistruttibile, ma appena sfiorato o toccato da un proiettile o missile volgeva la sua attenzione al veicolo e con la stessa furia distruttrice che lo spingeva a conquistare il pianeta, annientava i fragili soldatini; che apparivano giocattoli nelle mani di un bambino fin troppo vivace.
 
Nulla arrestava la furia del mostro, né i pianti e le preghiere e nemmeno il volto rigato dalle lacrime.
Non si fermò dinanzi a nessuno, nella sua furia, durante la prima trasformazione, la ragione era offuscata ma ogni Saiyan era incontrollabile in quello stato, figuriamoci un cucciolo.
I più forti e con maggiore esperienza sapevano controllarsi, ma per necessità non per frenare l’istinto omicida.
Chi sopravvisse a quella bolgia non fu più fortunato di chi morì, la vita divenne un inferno.
Persi i propri cari e propri beni, ai terrestri non rimase altro che la libertà, ma anche quella presto fu strappata con violenza, come la serenità.
 
Un piccolo gruppo di Saiyan adulti sbarcò sulla Terra, il lavoro era orami stato spianato dal piccolo Kakarot, e non restava altro che imporre la loro supremazia e dettare i propri ordini.
 
-Il pianeta è un luogo ospitale e i terrestri sono privi di ogni potenziale combattivo. Sarebbe un peccato vendere questo posto, alcuni abitanti posseggono aggeggi abbastanza tecnologici e potenzialità scientifiche utili.
Disse un Saiyan parlando attraverso il ricevitore.
Aveva già comunicato le informazioni generali e necessarie alla vendita della Terra a Bardak, suo compagno di squadra, ma come l’altro non credeva nel nuovo Sovrano.
Freezer li avrebbe eliminati tutti appena raggiunto il suo scopo, era solo questione di tempo, era necessario un piano di riserva, un luogo dove complottare o difendersi, un posto abbastanza ospitale e che permettesse ai Saiyan di trasformarsi e la Terra –al momento- appariva il pianeta più adatto.
Toma chiuse la comunicazione senza concludere la frase, era alla ricerca del cucciolo che aveva causato tutta quella devastazione, anche se -in realtà- non era necessario considerando i terrestri e il loro livello combattivo, ma in fondo Kakarot era il figlio del suo comandante.
Sapeva che Bardak lo avrebbe raggiunto il prima possibile e insieme avrebbero potuto pensare a una possibile offensiva. 





































Angoletto di Girl_in_Blu:
Ringrazio ancora una volta chi ha commentato e chi ha letto, chi ha inserito la storia tra le preferite e seguite, sono felice che vi sia piaciuto o vi abbia incuriosito il primo capitolo.
Come ho già anticipato dal prossimo ci sarà il salto temporale. 




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Capitolo 3
*** Un bagliore di speranza ***


 ***Capitolo terzo***

Un bagliore di speranza



 

Alcune città apparivano intatte e inalterate, nella conformazione e nei ritmi degli abitanti, brulicavano di gente indaffarata a lavorare, a distanza di anni non sembrava che fosse accaduta la tragedia che cambiò per sempre il destino dei terrestri, ma era solo una mera apparenza; un’effimera illusione poiché erano governati da un manipolo di soldati, meschini e crudeli, che schiavizzò i terrestri.
Molti vivevano di stenti, ma la maggior parte fu uccisa.
Solo pochi eletti furono risparmiati, per le proprie straordinarie doti, e radunati in “Centri Attivi” così chiamati perché erano le uniche città, dove vi fosse vita, una di queste era proprio la città dell’Ovest; lì gli invasori avevano piantato le proprie radici.
 
Era difficile sostenere i ritmi di lavoro imposti dai Saiyan, nonostante ciò gli scienziati della Capsule Corporation sapevano di essere stati fortunati.
Erano gli unici nella città dell’Ovest ad aver conservato la propria abitazione e per di più –quasi- intatta, così com’erano salve le imprese e i dipendenti necessari alla costruzione di apparecchi tecnologicamente avanzati.
Alla Capsule Corporation si costruivano navicelle spaziali e non solo monoposto, il signor Brief ricordava bene le parole di quello che sembrava un uomo, ma in realtà era ben lontano dall’esserlo; gli disse di essere efficiente e in cambio avrebbe risparmiato la vita della sua famiglia.
I Saiyan avevano compreso la debolezza dei terrestri; ovvero gli affetti, e la sfruttavano a proprio piacimento.
 
Toma e Bardak, due Saiyan d’infimo livello, avevano proposto un’efficiente soluzione ai problemi del loro Sovrano, alla strenua ricerca di un Pianeta tecnologicamente avanzato.
Freezer cercava un luogo i cui abitanti possedessero abili capacità intellettive e materiali efficienti, ma soprattutto sufficienti, alla costruzione di astronavi, armature e armi.
Quando due sottoposti gli raccontarono della scoperta e della conquista appena avvenuta, il Tiranno non poté far altro che compiacersi per la propria decisione: lasciar vivere quel popolo era stata una scelta, per il momento, saggia e fruttuosa.
-Il pianeta è ricco di minerali e rocce, gli abitanti posseggono già notevoli conoscenze in ambito scientifico, potremmo sfruttare le risorse della Terra e gli uomini…Saranno schiavi nelle Sue mani, Signore.
Gli aveva comunicato il generale Bardak, consapevole del forte egocentrismo del suo- nuovo- Sovrano.
Una lusinga sarebbe stata un’arma insospettabile, il Saiyan ne era certo, e sfruttò appieno le sue potenzialità.
-Ha già deciso a chi affidare il controllo del pianeta? Il Principe Vegeta è molto giovane ma altrettanto forte e la Terra sarebbe una buona gavetta per un cucciolo così promettente…
Aveva toccato un tasto dolente e ne era consapevole, aveva già parlato troppo per continuare e conscio di poter incorrere nell’ira di Freezer si zittì con quell’ultima frase.
Lui non aveva alcun diritto di esprimere il proprio parere.
Aveva gettato la sua esca, Bardak era consapevole che il Tiranno non avrebbe mai affidato una miniera simile a un guerriero abile e strategico, quanto meno al figlio “promettente” dell’ormai morto sovrano, tantomeno a uno dei suoi uomini, leccapiedi avidi e bramosi di potere.
-Hai già parlato troppo, saiyan. Il tuo piccolo principe è, appunto, troppo piccolo. Sarebbe ridicolo affidargli un incarico simile. So che è stato tuo figlio ad aprire la strada ai tuoi uomini, non male per un’infima terza classe…
Si lasciò sfuggire quest’ultima frase, ma la sussurrò a se stesso e il proprio interlocutore percepì solo un suono flebile e poco chiaro; Freezer non si pentiva minimamente della sua scelta, anzi; in poco tempo i Saiyan gli avevano dato molto potere, erano forti e pericolosi soprattutto se radunati, proprio per questo li aveva divisi.
Pochi gruppi e tanti manipoli di guerrieri, i sadici e spietati, che non avrebbero leso la sua autorità.
Era consapevole che gli scimmioni potessero essere un’arma a doppio taglio e per questo li aveva privati della forza derivata dalla loro unione e del principe, verso il quale riponevano molte speranze.
-Vegeta è un mio soldato e tale rimarrà. Per quanto riguarda la Terra sarai tu e il tuo gruppo a occupartene. Voglio al più presto navi capienti e armi.
Ordinò severo.
In fondo si era liberato di un altro manipolo di Saiyan, allontanandoli dai loro stessi simili.
Bardak e la sua squadra non avrebbero mai avuto la forza necessaria per sconfiggerlo, erano adatti per il dominio del pianeta celeste.
Il soldato uscì soddisfatto, aveva ottenuto ciò che voleva.
La Terra sarebbe stata un ottimo pianeta dal quale tramare, la fedeltà era rivolta a un cucciolo dal sangue reale, un piccolo prodigio che in futuro avrebbe liberato i Saiyan dalla schiavitù di Freezer.
Non sapeva ancora come o quando, ma prima o poi avrebbe ottenuto che Vegeta lo raggiungesse.
 
Il vecchio scienziato aveva però percepito un doppio fine, non era stupido e ciò era chiaro, ma aveva capito che quello che le “Scimmie” chiamavano Re era solo un Tiranno da temere e alcuni progetti e aree inaccessibili confermavano i suoi sospetti, maturati in anni di stenti e difficoltà.
Lo scienziato aveva una figlia allegra, nonostante le difficoltà Bulma pareva quasi indifferente al dominio dei Saiyan, forse, perché non aveva visto morire i genitori o distrutta la propria casa, perché –in fondo- per le sue doti era stata sempre stata protetta.
Il vecchio Brief non sapeva come comportarsi; da un lato l’allegria e l’irruenza della figlia erano contagiose e necessarie per la stessa sopravvivenza, quella ragazza possedeva un’energia incredibile che arrivava al padre incoraggiandolo a continuare il suo lavoro, nonostante la stanchezza e la pressione, ma al tempo stesso Bulma era incosciente, era schietta e sincera e difficilmente riusciva a mascherare il suo caratterino dinanzi i Saiyan.
L’unico aspetto positivo era dato, soprattutto nell’ultimo periodo, dallo scarso controllo degli invasori.
Erano anni che la guardia si era ridotta a un’unica sentinella, se così poteva essere definito l’essere che li controllava, uno dei più miti che occupavano la Terra.
Toma aveva lasciato la sua postazione e aveva iniziato a sparire nel nulla, cosa insolita per un carceriere.
La ragazza comprese che stava accadendo qualcosa.
Stava frugando tra le carte del padre che, anche sotto invasione, continuava a essere un eccentrico genio disordinato; innervosita dall’immensità di scartoffie, sbuffò e con un braccio gettò a terra i vari progetti.
Un minimo di buon senso le era rimasto, così pentita del maggiore disordine che aveva creato raccolse tutte le carte dal pavimento; una di esse era scivolata sotto un mobiletto grigio, asettico e poco utile considerate le dimensioni.
Si chinò per prenderlo, ma la mano avvertì un rialzo nel pavimento, una lastra sporgeva.
Incuriosita, iniziò a indagare, spostando dapprima il mobile e alzando poi –fremente- la porzione incriminata.
Sapeva che qualcosa d’importante dovesse essere nascosto, altrimenti perché coprire quel nascondiglio.
La sua fervida fantasia le suggerì l’opzione più succulenta, ma poteva anche essere una parte difettosa del pavimento abilmente coperta perché antiestetica e pericolosa, si poteva inciampare e cadere.
Tante ipotesi affollarono la sua mente, ma quelle maggiormente plausibili erano solo due: quella lastra o era difettosa, o nascondeva qualcosa.
Sperava tanto che fosse la seconda opzione, trepidante osservò ciò che c’era sotto il freddo metallo: una sfera arancione.
-Tutto qua?
Si domandò incredula, una semplice pallina nascosta.
-Cosa hai di così speciale? Sei un prezioso ricordo o un oggetto d’inestimabile valore?
Parlava con se stessa alla ricerca di risposte, questa era un’abitudine ereditata dal padre, col quale lavorava spesso e a stretto contatto.
La osservò attentamente ricordando i racconti del padre su delle magiche sfere, ma non poteva essere reale?
E quella non poteva essere una delle sette, capaci di esaudire ogni desiderio.
Era assurdo, era solo una leggenda per bambini, almeno così aveva sempre pensato.
Portò con sé quell’oggetto, lo avrebbe custodito finché non avesse deciso cosa farsene.
Nonostante fosse stanca, continuava a rigirarsi nel letto.
Se la notte porta consiglio, quella in particolare suggerì alla ragazza di tentare il tutto e per tutto.
Se ci fosse stata una remota possibilità che le sfere invocassero il Dio Drago, allora doveva coglierla e subito.
Se avesse potuto esprimere un desiderio, avrebbe chiesto un principe azzurro; fin da bambina desiderava un uomo tutto per sé che la amasse incondizionatamente e da amare, come solo lei avrebbe potuto fare.
Spesso desiderava un fidanzato con il quale condividere i sogni e le paure, soprattutto queste ultime data l’invasione dei Saiyan…
Sapeva che la cosa più giusta sarebbe stata quella di chiedere la pace, anche lei desiderava una vita normale e questa le avrebbe regalato la realizzazione di tutti i suoi sogni.
L’entusiasmo fu smorzato da un pensiero fin troppo reale e tangibile: trovare le sfere sarebbe stato impossibile anche con un apposito marchingegno; Toma non le avrebbe mai permesso di allontanarsi dalla Capsule Corporation, tantomeno scappare.
Era frustrata da quella situazione, doveva assolutamente risolvere il suo problema, ma non voleva rischiare la sua stessa vita per una leggenda che poteva dimostrarsi tale.
L’indecisione cominciò a farsi strada nella sua mente confusa, assillata da dubbi e paure.
Si ritrovava dinanzi ad un bivio che avrebbe cambiato la sua vita: rischiare e tentare il tutto per tutto, oppure continuare a servire i Saiyan.
Per quanto il raziocinio le urlasse di non rischiare la propria incolumità, decise -comunque- che avrebbe trovato un modo per allontanarsi e trovare le restanti sfere.
Doveva assolutamente provarci, non solo per se stessa.
Quel bagliore di luce, scaturito dal riflesso della luna su quell’oggetto, la pervase con calore; quello stesso calore che nasce dalla speranza.
Bulma voleva con tutta se stessa che la leggenda fosse vera, doveva esserlo.




































































Note di Girl_in_Blu:
Ecco il terzo capitolo, ambientato quando Kakarot ha 19 anni, a distanza di anni Toma allenta i controlli, ma scoprirete poi il perchè...
Bulma ha trovato la prima sfera ma deve risolvere alcuni "problemi" prima di partire per la ricerca delle restanti...
La parte in corsivo è un flash back.
Ringrazio di cuore chi legge e commenta, chi preferisce, ricorda e segue ^^

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Capitolo 4
*** L'incontro ***


  
 ***Capitolo quarto***
L’incontro





 

Erano passati, ormai, alcuni giorni dal ritrovamento della sfera del Drago e Bulma aveva iniziato la scansione dell’oggetto e il progetto per un radar speciale che ritrovasse le altre.
Aveva lavorato molto, trascurando gli ordini dei Saiyan, ma Toma era assente da alcuni giorni -fortunatamente- e aveva tempo per recuperare il lavoro arretrato.
I progetti degli invasori erano sempre gli stessi: navicelle monoposto, la cui costruzione richiedeva pochi giorni e navi più grandi che richiedevano molto più tempo, certe volte anni.
Le tute, per quello che ne sapeva, erano costruite nei pressi della città del Sud, dove prima del loro arrivo vi era un’industria tessile all’avanguardia.
A volte la giovane scienziata si ritrovava a pensare come i Saiyan avessero saputo sfruttare le caratteristiche della Terra e di ogni singola zona.
All’apparenza ignoranti e rozzi, alcuni come Toma, si rivelarono diversi dall’immaginario.
Il Saiyan che seguiva la Capsule Corporation era magnanimo, le minacce erano rare così come non aveva mai visto o saputo di nessuna uccisione per mano sua. Forse, Bulma, non conosceva a fondo la verità e, forse, preferiva così, in fondo anche il suo carceriere era un Saiyan come il resto degli invasori; certe volte, avvolta nello sconforto, ritrovava la ragione perduta, pensando che –alla fine- loro erano semplici pedine da muovere su una scacchiera e finché fossero stati utili sarebbero sopravvissuti, nel caso opposto soppressi tra dolore e disperazione.
Sapeva però che gli altri fossero spietati ed era consapevole della fortuna datagli dal destino e ogni qual volta sapeva di un’uccisione ringraziava il fato benevolo, era sicura che le loro conoscenze e la Capsule Corporation fossero molto più utili di chiunque altro sulla Terra.
Ma perché pensarci più di tanto? La realtà era quella che era: dura, spietata, malefica, difficile da affrontare, perché rimuginarci sopra? Perche non sperare di poter trovare una soluzione?
Perché no, in fondo?
Mentre saldava alcuni cip del prototipo del radar, sentì un rumore alle sue spalle, intimorita, si voltò di scatto.
Se fosse stato Toma, non avrebbe saputo giustificarsi, doveva ancora inventare una scusa.
-Tesoro, ti ho spaventata?
Era suo padre che distratto, come al solito, sbatté conto un mobiletto spaventandola.
Ripensandoci la sua paura era ingiustificata; Toma, quando si faceva vivo, appariva dal nulla e senza provocare alcun rumore.
Sapeva che gli scimmioni stessero architettando qualcosa, non sapeva precisamente cosa, ma lo avvertiva.
Solitamente quando arrivavano i loro simili per cambiare o aggiustare le astronavi, era perché questi dovevano partire per la conquista di un nuovo pianeta e i laboratori erano un viavai di scienziati e guerrieri, ma in quel periodo i terrestri erano pressoché gli unici a girare nelle stanze dell’azienda.
-Costruite una decina di monoposto e preparate al più presto un alloggio comodo e di lusso.
Aveva ordinato il carceriere, ripensandoci non capiva.
Dieci astronavi incapsulate, né viavai di alieni né controllo e la stanza?
Era strana quella richiesta e Bulma ne era consapevole, qualcuno sarebbe arrivato e doveva essere una persona importante data la richiesta di un alloggio “comodo e di lusso”.
Chi sarebbe arrivato? E per cosa?
La paura che la sorte dei terrestri stesse nuovamente cambiando e in peggio, spinse la giovane scienziata a velocizzare il suo lavoro.
Costruito il radar per le sfere, adesso doveva trovare un modo per uscire dalla Capsule Corporation e ne trovò uno in effetti, era rischioso, molto pericoloso, poiché significava mentire ai Saiyan.
Appena vide Toma, fu lei a proporgli una nuova missione.
L’invasore camminava nei grigi corridoi della casa, forse alla ricerca di qualcuno.
-Proprio te cercavo, ragazzina. Chi si sta occupando degli ordini?
Chiese nervoso, era proprio una pessima giornata per fregare quel Saiyan.
-Mio padre.
Rispose lei, prima di aggiungere:
-Io sto lavorando a un progetto e volevo parlarle in proposito…
Lui ascoltò fin troppo, poi la interruppe bruscamente.
-Io non ho ordinato alcun progetto, se non la costruzione di navi e una camera. Per essere chiaro, la stanza ospiterà il nostro Principe e se non rimarrà contento questo pezzo di terra salterà in aria.
Era davvero un giorno inadatto per decidere di intraprendere una missione suicida, ma in fondo non poteva rimandare, soprattutto adesso che aveva compreso l’arrivo del loro sovrano.
-È un nuovo minerale che servirebbe per la costruzione di navicelle più resistenti. Potrei partire per procurarmene il necessario…
La priorità di Toma era certamente la costruzione della stanza reale, ma la proposta della ragazzina era allettante; sarebbe stato lui l’artefice della costruzione delle più veloci e strutturalmente forti dell’universo, il progetto era troppo allettante per essere scartato, poiché proveniente dalla mente di una terrestre.
-Partirai oggi stesso, tra due ore, ma sarai accompagnata da un Saiyan.
Decretò, poco prima di sorridere e aggiungere:
-Peccato, non conoscerai il nostro Principe.
Detto ciò si allontanò alla ricerca del vecchio terrestre.
Per un istante fu sollevato dalla partenza della ragazzina, la quale sarebbe stata accompagnata da Kakarot, lo stesso che spianò la strada per la conquista della Terra, del quale si fidava ciecamente e che per lui era quasi un figlio.
Vegeta non avrebbe mai apprezzato un Saiyan d’infimo livello, quale il figlio di Bardak e lui si era -ormai- affezionato a quel ragazzo, così come al Principe non sarebbe piaciuta la ragazza, chiacchierona e intraprendente nonostante l’invasione.
Sorrise, ancora, pensando di aver salvato la pelle ai due ragazzi, per ragioni diverse non voleva perderli entrambi.
Era nervosa, non riusciva a credere di aver ingannato Toma, non pensava che ciò fosse possibile.
Bulma sapeva che il bottone giusto da spingere era la costruzione di navicelle più resistenti, ma non pensava che sarebbe bastata la sola proposta, era convinta che avrebbe dovuto insistere molto, rischiando così la vita, ma Toma non aveva battuto ciglio, aveva accettato senza nemmeno domandare di quale materiale si trattasse o come ne era venuta a conoscenza e perché i terrestri non lo avessero mai usato.
Lei aveva pensato che le sarebbero state poste simili domande e aveva preparato le eventuali risposte, alcune labili e inconsistenti, ma -in fondo- Toma non era uno scienziato, e lei sperava solo di essere convincente, ma fortunatamente non aveva avuto bisogno di mostrare le sue doti oratorie, anzi.
Era stranita e poco convinta. Il Saiyan, forse, non la voleva nell’edificio, qualcosa sarebbe accaduto e lui non la voleva lì.
Pensava all’arrivo di questo principe, chiedendosi come fosse e quali sembianze avesse, cominciò a fantasticare su questa figura, per ora inconsistente, un’ombra che aleggiava nella sua fantasia e che la razionalità respingeva urlando con forza.
“Ma cosa pensi Bulma, il principe degli assassini sarà l’assassino più malvagio e spietato”
Ecco ciò che razionalmente pensava e, che naturalmente, era una verità ineluttabile.
Le due ore passarono velocemente quando, poco prima di raggiungere l’atrio, rammentò che non sarebbe stata sola nel suo viaggio.
Era assurdo, aveva perso tempo a ragionare su uno scimmione con la corona, senza accorgersi che era finita nei guai.
Ormai, aveva un piede nella fossa, anzi nelle sabbie mobili, si era imbattuta in un’avventura più grande di lei e che, pian piano, l’avrebbe trascinata verso l’oblio e la morte; sapeva che se la fortuna l’avesse aiutata, avrebbe finito i suoi giorni senza soffrire.
 
Nervosamente si mordeva il pollice nell’attesa dell’arrivo di Kakarot, quando una folata di vento la colse alle spalle, destabilizzando il suo equilibrio e spingendola dritta al suolo, dove rimase sdraiata per un po’.
Mentre si lamentava, sentì una risata.
-Eccoti qui, finalmente.
Disse Toma divertito, il misterioso guerriero era finalmente arrivato.
Bulma si guarda intorno non vedendo nessuno, alla destra solo un albero e alla sinistra l’ingresso della casa.
-Ma dov’è?
Chiese innervosita e imbarazzata per la caduta.
-Sono qui, alza gli occhi.
Disse una voce, mai ascoltata prima, divertita e allegra.
Bulma, rossa in viso, alzò lo sguardo vedendo un ragazzo dai capelli spettinati.
-Potresti scendere?
Chiese lei.
-Sali tu!
Rispose l’altro sorridendo, vedendo la ragazza alzarsi in piedi e arrossire.
-Non so volare.
Ribatté isterica.
-Ragazzina, ricordati che Kakarot potrebbe ucciderti in qualsiasi momento e con il solo schiocco delle dita.
Le urlò Toma alle sue spalle, ancora visibilmente divertito dalla caduta della giovane scienziata e dalla scenetta.
Tutto ciò non faceva altro che compiacerlo in merito alla scelta appena fatta: evitare di far incontrare Bulma Brief e Kakarot al Principe Vegeta, il quale non avrebbe mai sopportato simili atteggiamenti.
-Come ci muoviamo?
Chiese il giovane Saiyan al più grande.
Toma lanciò alla ragazza una capsula, contenete un aereo con il quale avrebbero viaggiato.
-Avete un mese di tempo, non un giorno in più.
Urlò prima di rientrare nei laboratori.
Bulma tornò a osservare il ragazzo, probabilmente era più piccolo e aveva una coda pelosa che gli avvolgeva la vita, come tutti i Saiyan, un ricevitore e la tipica armatura degli invasori.
-Dove andiamo?
Chiese lui curioso, la scienziata gli spiegò così i dettagli di quella scusa che non aveva potuto mostrare all’altro, in fondo si era sforzata tanto per trovare una giustificazione convincente.
Il ragazzo si grattò la testa e le chiese:
-Cosa dobbiamo cercare?
Bulma lo osservò perplessa, gli aveva spiegato ogni cosa eppure lui non l’aveva capita.
-Un minerale da estrarre da degli oggetti sparsi sul pianeta.
Ribatté lei, più chiara e coincisa.
-A cosa serve?
Domandò lui ancora dubbioso.
-Ma sei tonto?
Chiese Bulma retorica, la fortuna certamente era dalla sua parte.
-Ricordati che posso ammazzarti con uno schiocco di dita. Andiamo!
Decretò serio.
Stavano, così, incominciando un viaggio che li avrebbe condotti verso una meta, per ora, ignota e indefinita.























































Angoletto di Girl_in_Blu:
Salve ^^ scusate il ritardo infinito, finalmente Bulma ha incontrato Kakarot, chi sa cosa accadrà...
Volevo avvisarvi che penso di aggiornare direttamente a Settembre, in quanto durante le vacanze non ho molto tempo per scrivere.
Vi ringrazio di cuore per aver letto, preferito e ricordato.
Baci Jo.

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Capitolo 5
*** Consapevolezze ***


***Capitolo quinto***


Consapevolezze



 

 
Erano in volo da poche ore e Kakaroth cercava inutilmente di mantenere stabile l’aereo, non era portato per la guida; in fondo non aveva mai viaggiato per lo spazio e sulla Terra si spostava levitando, non aveva mai avuto bisogno di utilizzare una macchina come quella.
-Tra poco vomiterò…
Sussurrò Bulma tra sé. Ormai, l’euforia per la nuova avventura era stata sostituita prima da una leggera nausea poi da rigurgiti soffocati in gola.
Quel saiyan era un pessimo pilota.
-Se sai fare meglio, allora, accomodati terrestre. Fammi vedere!
Disse acido il ragazzo. Certo non si aspettava di essere sentita, quelle parole le aveva appena sussurrate.
Sussultò, invece, nel sentirlo parlare, nell’ascoltare la sua voce, nel ricordarsi che, in fondo, quel giovane poteva ucciderla con lo schiocco delle dita.
Ma al tempo stesso era stata sfidata e lei non poteva rifiutarsi, era assurdo che si ritirasse prima ancora di aver mostrato le sue capacità, senza considerare la scarsa attitudine del saiyan.
La stessa adrenalina che le attraversò il corpo quando decise di organizzare quel piano suicida, la spinse a dire, con fare arrogante:
-Spostati, guido io!
Il giovane, spazientito ma al tempo stesso incuriosito, lascò che la scienziata provasse a volare.
Finalmente, adesso, il veicolo era in buone mani; non ondeggiava né ballava, era semplicemente stabile.
Bulma non poté che sorridere compiaciuta di se stessa, certamente avrebbe preferito rinfacciare all’altro la sua bravura, ma preferì non rischiare oltre la propria vita.
“Per un terrestre che va, un altro viene” le diceva sempre Toma, loro erano parti intercambiabili, come le macchine delle quali si servivano “morto uno scienziato se ne fa un altro”.
Il valore degli uomini della Capsule Corporation era insostituibile, ecco il perché della loro longevità, certo non avevano creato problemi, avevano obbedito a testa bassa, ma come fare altrimenti?
Bulma spesso elaborava tali congetture, smentite dagli atteggiamenti remissivi del padre e dei suoi collaboratori e anche in quel momento si chiedeva se anche lei fosse sostituibile o meno.
Si dava importanza, certo; s’incoraggiava da sola ripetendosi di essere unica per qualità e intelletto, che la sua morte sarebbe stata una perdita impossibile da colmare.
Se lo ripeteva mentre guidava il veicolo, cercando di consolarsi; in caso avessero scoperto il suo piano, non avrebbero potuto ucciderla, no. Certo che sì, invece, l’avrebbero torturata e poi barbaramente assassinata.
Deglutì quell’amara consapevolezza materializzatasi in un nodo alla gola, cercando poi di essere se stessa: una ragazza che non si arrende a un mesto destino “meglio morire che vivere così” si ripeteva.
-Quante persone hai ucciso?
Chiese, spinta da una curiosità che la stava lacerando, da una forza che premeva contro le pareti dello stomaco e che risaliva per uscire e liberarsi.
Le sue stesse parole risuonarono nell’abitacolo, quasi come se avessero l’eco.
-Non saprei.
Rispose inaspettatamente.
-Ne ho uccise molte durante la trasformazione, da piccolo…
Aggiunse
-Ma da allora non ho mai ucciso nessuno.
Bulma sgranò gli occhi sorpresa
-Eri tu…tu sei stato il primo ad arrivare.
Quella nuova consapevolezza la fece rabbrividire; aveva intrapreso la sua missione suicida con l’essere che aveva distrutto il suo presente e avvenire. Era stato Kakaroth l’inizio di ogni male.
-Non ero cosciente.
Aggiunse, guardando gli stivaletti, come se volesse giustificarsi.
-Ero troppo piccolo per capire, ho assecondato il mio istinto.
Bulma non capiva quelle parole, non comprendeva che, in fondo, la Terra era anche il suo pianeta, l’unico che avesse visto e vissuto.
La Terra era per Kakaroth la sua casa.
Stettero zitti per molto tempo, un silenzio lacerante e opprimente che nessuno dei due pareva intenzionato a rompere.
L’apparecchio cominciò a suonare, aveva individuato una sfera, la prima.
Emozionata, un brivido le percorse la schiena.


 
***
 

Una navicella saiyan solcava l’universo, lasciando dietro di sé una scia argentata, con venature dorate in prossimità dei motori.
Viaggiava veloce trasportando il sovrano di un lontano pianeta, la cui voce, alterata e nervosa, era udibile in ogni corridoio.
Come ogni filo di una ragnatela porta al fulcro di quella perfetta struttura, così ogni corsia conduceva alla stanza centrale, quella dei comandi in cui Vegeta, il giovane principe, comandava i sui sudditi soldati.
-Non capisco perché una terza classe debba viaggiare con noi, nella mia stessa nave.
Disse visibilmente irritato dalla presenza a bordo di un guerriero di scarso livello.
-La sua famiglia è sul pianeta Terra da più di dieci anni e dato che lì servono uomini, Freezer ha scelto lui. I terrestri non sono abili nel combattimento e Radish è perfetto per questa missione.
Gli rispose un uomo molto alto, probabilmente più grande.
-Tsk!- concluse l’altro.
 
-La Terra è un pianeta fertile e ricco di minerali che permetteranno la costruzione di navi e armamenti molto potenti. Non vendetelo e non distruggetelo! Accertati che tutto proceda bene.
Aveva ordinato il tiranno, poco prima di congedare Vegeta.
 
Il principe avrebbe preferito essere spedito in una galassia lontana a conquistare, uccidere, depredare.
Invece Freezer gli aveva concesso una vacanza. Lui, il principe dei saiyan, non solo doveva ubbidire a quell’alieno, ma anche accettare ogni suo ordine.
 
-Tu e la tua gente avete conquistato per me galassie intere. Riposati Vegeta, la Terra mi sembra un pianeta adatto. Riprenderai al più presto i tuoi viaggi, non temere. Per ora non mi servi.
 
Aveva dovuto chinare il capo e accettare quella proposta, non comprese perché non fosse mandato sul suo pianeta, tra il suo popolo, ma in un luogo lontano, in una base dove fossero costruite navi e armi, ma lì non aveva nulla da fare.
Quella che apparentemente poteva sembrare una gentile concessione, Vegeta sapeva bene che nascondesse un doppio fine, altrimenti perché non concedergli il ritorno in patria?
Il principe sapeva bene che il tiranno stava architettando qualcosa e che lo voleva lontano.
 
 
Il rombo dei motori accompagnava i pensieri del giovane guerriero, quando quel rumore cominciò a farsi più acuto comprese di essere entrato nell’atmosfera terrestre.
Un boato e poi nulla, il silenzio, interrotto poi da una voce metallica che proveniva dall’interfono vicino
-Principe siamo atterrati.
Non sapeva cosa aspettarsi da quel pianeta, dai suoi uomini e dal perché anni addietro rischiarono la loro pelle proponendo di creare una base.
Appena poggiò piede sulla Terra, fu invaso da un fresco vento che sferzò leggero, a malapena mosse la folta chioma del guerriero.
L’aria era pulita e respirabile, nonostante tutto; respirò così a pieni polmoni.
-Benvenuto alla base Ovest, Signore.
Lo accolse Toma chinando leggermente il capo.
-Posso accompagnarla nella sua stanza?
Silenzioso Vegeta diede il suo consenso muovendo un passo verso l’ingresso dello strano edificio a forma di cupola.
-Appena ha tempo Principe, vorrei parlarle di una questione molto impostante.
 


***

 
L’aereo della Capsule Corporation atterrò in un deserto.
-Fantastico e ora come farò a trovare ciò che ci serve con tutta questa sabbia?
Domandò retorica e frustrata la giovane scienziata, provocando l’ilarità del ragazzo alieno.
Kakaroth rise grattandosi il capo con l’indice, era divertito e nervoso poiché avevano già incontrato una prima difficoltà, apparentemente irrisolvibile.
Bulma scoraggiata sospirò tristemente, osservando la faccia del compagno di viaggio cominciò a pensare che, in fondo, potesse tornarle utile.
-Semplice- disse –la soluzione è …-
Continuava a guardarlo cercando di capire se l’altro comprendesse.
-Possibile che non capisci?
Domandò isterica.
Kakaroth imbarazzato scosse il capo.
-Sei tu la soluzione. Tu sei forte e …
Non concluse il discorso che l’altro, finalmente, afferrò il concetto.
-Alzerò con un’onda di energia la sabbia. Giusto! Sì, così andrà bene.
L’iniziativa che prese, ebbe i suoi frutti.
L’energia liberata dalle sue mani generò una folata di veneto intenso e non smise finché non vide un luccichio.
Volando, si precipitò a recuperare l’oggetto.
-L’ho trova…
Guardandosi intorno, vide la ragazza tossire accasciata a terra.
E grattandosi nuovamente la testa farfugliò –ho dimenticato che tu non sei un saiyan.-
L’ingenuità di quell’affermazione e la risata imbarazzata spiazzarono Bulma, la quale non riusciva a capacitarsi che quello strano alieno fosse lo stesso distruttore che portò la Terra alla sottomissione.
-Abbiamo altre sfere da trovare- disse ancora tossicchiando –andiamo-.
















































_______________________________________________________________
Angoletto di Girl_in_Blu:

 

Salve a tutti dopo le vacanze sono tornata anche ad aggiornare questa storia e spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Nel prossimo tratterò Vegeta, ora qui accennato con il suo arrivo e di un dubbio di Kakaroth su quella strana ricerca di minerali.
Il mio Goku/Kakaroth come vedete è cresciuto sulla Terra e non è certamente malvagio quanto Vegeta che gira l'universo alla conquista dei pianeti, perchè sì è sempre Freezer a comandare.
Spero che questa storia continui ad appassionarvi e che lasciate un commentino per farmi sapere il vostro parere.
Grazie per aver letto.
Baci Jo

 
  

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Capitolo 6
*** La fine di un antico e insanguinato regno ***


***Capitolo sesto***
La fine di un antico e insanguinato regno 








 

La guardava stranito e leggermente imbarazzato, spesso provava quella stessa e strana sensazione alla presenza del padre e arrossiva, non riusciva a controllare quell’emozione che prepotente gli dipingeva le gote di rosso.
E, così, si malediva per aver voltato il capo e indirizzato gli occhi su quella strana terrestre che, nonostante, fosse alla guida continuava a toccarsi i capelli, reggendo il volante con i gomiti o gli avambracci.
-Cosa hai da guardare?- chiese Bulma innervosita dal peso di quegli occhi scuri.
-È solo che continui a toccarli- rispose l’altro indicando la folata e sbarazzina chioma.
-Bè e allora? Mi hai scaraventata a terra e adesso ho la sabbia da tutte le parti, prude!- disse stridula.

Kakaroth sorrise, trattenendo una fastosa risata che non si addiceva ad un saiyan, così come a quella stessa situazione.
Lui non poteva provare piacevole quella situazione, non doveva, poiché il suo compito e ruolo erano altri.
Non si sarebbe mai aspettato una simile missione, mai avrebbe immaginato che un terrestre potesse essere così arrogante e sfacciato con un saiyan.

A qualsiasi guerriero l’atteggiamento di Bulma avrebbe infastidito, lui –invece- era divertito da quel tono irriverente che cambiava seguendo l’istinto senza rispettare la riverenza dovuta.
Non aveva mai conosciuto una persona così diversa, così coraggiosa.
 

-Kakaroth dovrai intraprendere una missione. Accompagnerai una terrestre alla ricerca di un minerale- gli aveva detto suo padre.

Quel giorno sentì la fierezza scorrergli nelle vene, finalmente una missione anche per lui, lui che nella vita ne aveva compiuta solamente una. Lui che non aveva mai affrontato un vero nemico, lui che smaniava per mettersi alla prova e per dimostrare il proprio valore in battaglia.
 

Ricordò con orgoglio quel giorno, anche se ormai era passato del tempo da quell’ordine.
 

-Quando partirò, padre?- aveva chiesto il giovane saiyan osservando il cipiglio severo e pensieroso dell’altro, seduto comodamente su una sedia.
-Al momento opportuno- gli aveva risposto l’austero Bardak mesi addietro.

 
In un attimo la mente elaborò un’informazione datagli dalla scienziata e così chiese curioso
-Da quando hai scoperto questo minerale?- Bulma lo osservò attentamente turbata, ma rispose cercando di apparire più calma che poteva, in fondo l’altro voleva conversare ed era normale che prima o poi le avrebbe domandato qualcosa in merito alla spedizione –da poco, forse una settimana, massimo dieci giorni, ma è molto resistente e vale la pena cercarlo-
Il ragazzo annuì pensieroso, concludendo così quella conversazione, nata apparentemente per perdere tempo nella navicella 113, ma come un’arma a doppio taglio questa lacerò la mente di Kakaroth.

Non possedeva le informazioni necessarie, ma sapeva che la missione era stata organizzata mesi prima che Bulma avesse scoperto quel materiale da sintetizzare poiché solo da poco ne era venuta a conoscenza, che fosse tutto già deciso, anche quel viaggio?
Era diffidente, come ogni saiyan, era stato educato a non fidarsi mai cecamente, a dubitare anche quando si era certi, a trovare domande, ma in fondo quella era la sua prima reale missione, la prima eseguita con consapevolezza e voleva essere all’altezza del compito affidatogli.

Non rifletté abbastanza, non era il caso per lui, suo padre era un ottimo guerriero, di lui poteva fidarsi.
E poi, qualsiasi cosa stesse accadendo, gli altri non volevano che lui sapesse, non volevano coinvolgerlo.
Doveva semplicemente fare ciò che gli avevano chiesto: recuperare il materiale e fino allora proteggere la ragazza.

Questo doveva fare un saiyan: obbedire ad un ordine, essere fedele e leale, lottare, per lui questo significava appartenere alla sua razza; era onore, fierezza, appartenenza, così era stato educato dal padre e da Toma.
L’unica certezza, nata da quei momentanei dubbi, riguardava la terrestre; che la stessero manipolando?
Per ora non doveva pensarci, al momento opportuno avrebbe chiesto.
 


***


 
I passi riecheggiavano nel grigio e sterile corridoio.
Il suono degli stivali sul pavimento era sordo e pareva possedesse l’eco.
I minuti che accompagnarono quel tratto di edificio parvero, per Toma, interminabili.
Il saiyan, terminato il percorso, mostrò con la mano e un lieve inchino la stanza al suo sovrano.
-Lo scauter Toma, dov’è?- chiese improvvisamente il principe.
-Non lo porto sempre, soprattutto in questo periodo…è meglio evitare-
Rispose accompagnando con un sussurro l’ultima frase, senza accorgersi che il suo interlocutore lo osservava dubbioso e infastidito.

Vegeta era un combattente poco paziente, abituato ad eliminare ogni essere vivente che ostacolasse un suo proposito o che semplicemente lo infastidisse e certamente avrebbe fatto lo stesso con un suo simile, figurarci poi con un sottoposto.
-Per quale motivo, riguarda forse le novità…-
S’interruppe, vedendo l’altro indicare l’oggetto poggiato sull’orecchio.
In altre circostanze avrebbe eliminato quell’uomo, ma lui sapeva qualcosa che Freezer non avrebbe dovuto conoscere e ciò era abbastanza per risparmiargli la vita.
Sogghignò schiacciando in una mano il piccolo ricevitore che, oltre a fornire utili informazioni trasmetteva ogni conversazione alla base.
-Bene, non avrei mai immaginato che in questo pianeta sperduto si cospirasse. Parliamone, allora.-
Disse sarcastico sottolineando tutto il suo scetticismo, dei saiyan di terza classe non avrebbero mai potuto organizzare nulla di buono. Poco convinto ascoltò il racconto dell’altro.
 
 
Bardack si dirigeva verso la meta indicata dal ricevitore, lì avrebbe trovato suo figlio, il secondogenito tanto atteso e che lo aveva deluso.
Il piccolo dormiva rannicchiato a terra, tremante per il vento freddo che sferzava in quella landa, un tempo fertile, deserta e distrutta.

Macerie, detriti, tutto era stato devastato dalla furia di Ozaru: alberi, fiori e una piccola abitazione, ecco il segno del passaggio di un saiyan, anche di un piccolo cucciolo senza alcuna aspettativa.
Sorrise lievemente soddisfatto, era la prima missione di Kakaroth ed era riuscito in una sola notte a seminare il terrore, componente necessaria per l’invasione successiva.

Si chinò per prenderlo, quando notò un luccichio.
Incuriosito, si avvicinò lentamente, notando tra i detriti della casa una sfera arancione.
Affinò lo sguardo per capire cosa fosse, ma invano.
 
 
Raccontò Toma al sovrano sempre più avido di conoscere ogni dettaglio -come avete scoperto cosa fosse?-
Chiese, con il solito fare, apparentemente noncurante e distante.
-Terrore, minacce, omicidi. I terrestri sono deboli, non è stato difficile conoscere e capire. Non mi aspettavo di trovare nulla di simile su questo pianeta- rispose fiero il soldato.

Il principe osservava attentamente l’interlocutore, stupito per la loro scoperta, avrebbe avuto così la sua occasione, la propria irrefrenabile vendetta, avrebbe espresso il suo più intimo desiderio: diventare immortale, ma un quesito cominciava a percorrere la sua mente, portando alla luce una dura consapevolezza.
-Perché adesso?- chiese arrabbiato, sapendo che avrebbe potuto raggiungere ancor prima il suo scopo.
-Era il momento giusto, la ragazza era pronta a realizzare un congegno per trovare le sfere, in tutto ne sono sette e separate non servono a nulla-.
Avevano aspettato anni per dar vita a quel piano, attenti a non farsi scoprire e ci erano riusciti.
Avevano atteso che una mente geniale costruisse un radar adatto e la loro pazienza fu ricompensata nel momento più adatto.

Bulma era cresciuta e aveva affinato il suo intelletto, era certamente la terrestre più intelligente che Toma e Bardak avessero mai incontrato, andava preservata e sfruttata.
Era stata un’ottima scienziata con il padre nel costruire armi e navi, ma da sola avrebbe cambiato il destino dei saiyan senza volerlo.
-E adesso dov’è questo genio?- chiese il principe.
-È in viaggio, alla ricerca delle altre sfere…era il momento adatto come dicevo- sorrise beffardo prima di aggiungere –le abbiamo fatto trovare la sfera e conoscere la leggenda, pensa di poter salvare il suo popolo-
A quell’affermazione il sovrano sorrise malefico –che sciocca- commentò prima di apprendere i dettagli del piano.
Kakaroth portava con sé un ricevitore di ultima generazione che avrebbe trasmesso i dati solo alla base terrestre, ogni spostamento era attentamente monitorato.

Era un piano perfetto: la ragazzina, motivata dalla nobile causa, si sarebbe affrettata e l’altro l’avrebbe sorvegliata e protetta fino al termine della missione.
-Perché non l’avete semplicemente costretta- chiese il principe sulla soglia della porta.
-Per quanto attaccata alla sua pellaccia, avrebbe rifiutato qualsiasi accordo. L’ho vista crescere ed è testarda e, per certi versi, coraggiosa…-
 Fu interrotto bruscamente da Vegeta, irritato dall’elogio ad un’infima razza –è una terrestre, dimentichi? Avrebbe accettato comunque- aggiunse prima di ritirarsi nella sua stanza.


 
***


 
Supino sul letto osservava, pensieroso, il soffitto.
Una smorfia insoddisfatta si dipinse sul suo volto, contrariato per l’attesa e le aspettative che quei due infimi sudditi riponevano in una ragazzina sciocca e tutt’altro che coraggiosa.
Nessuno avrebbe mai osato sfidare la sua razza, nemmeno a parole e quella donna, più che un genio, doveva essere un folle.

Il piano era perfetto, ma la sua realizzazione compromessa.
Affidare tutto nelle mani di una ragazza, per Vegeta, era assolutamente ridicolo.
Consapevole che uno scienziato della base non sarebbe stato fedele, comprese che sulla Terra non vi era mente più brillante di quella e che la realizzazione dei sui desideri dipendesse dalle sue deboli braccia.
Era estremamente contrariato, innervosito e smanioso che il tutto finisse al più presto.
Era stato spedito lì dal tiranno, che sapesse qualcosa?
Si chiedeva preoccupato.

Chiuse gli occhi assaporando per un istante un attimo di quiete, di rara serenità.
Era vicino al suo scopo, vendicare la morte del padre, riprendersi il trono uccidendo Freezer e i suoi scagnozzi.
Si dipinse un sorriso su quel volto spigoloso e ancora giovane, ma presto le tenebre che sempre albergavano in lui, tornarono adombrando quei lineamenti.
Avrebbe ottenuto ciò che voleva grazie ad una squadra di guerrieri di terza classe…
Un grugnito contrariato uscì dalle sue fauci, quasi digrignate.
Sentiva, con quella consapevolezza, il peso della sconfitta.

Qualunque fosse stato l’esito della vicenda, avrebbe soltanto ottenuto senza progettare, architettare o combattere, non era da lui stare a guardare.
Inorgoglito dalla fedeltà dei suoi sudditi era, ugualmente, diviso.
Sarebbe, in un modo o nell’altro, intervenuto. Non poteva lasciare loro il merito e il suo sogno nelle mani di una ragazza e di un’infima terza classe.


 
***


Una luce abbagliante prodotta dal suo esile dito cominciò ad ingrandirsi.
La sfera, simile a un sole, fu scagliata verso quel pianeta che tanto aveva sfruttato.

Era giunta l’ora della fine dei saiyan, aveva così deciso il potente Freezer che ormai aveva abusato fin troppo di quegli scimmioni.
Li aveva spremuti, aveva ottenuto dalla loro smania, guidandoli, ciò che non avrebbe mai potuto ottenere se avessero avuto un re, ma adesso era giunta la fine di quel prospero regno insanguinato.
Non avrebbe mai ammesso a voce alta di temerli, ma non poteva negare che sotto il suo comando erano divenuti più astuti.
Non c’erano state cospirazioni, ma questo non significava che non ve ne sarebbero mai state; quei guerrieri erano tanto egocentrici quanto stupidi, per il tiranno.
Non erano abbastanza forti separati e per questo li aveva divisi, ma adesso che era divenuto il padrone d’innumerevoli galassie non aveva bisogno di loro, in fondo aveva già tanti animali addomesticati e addestrati a dovere, più timorosi e consapevoli della sua forza, pronti a leccarlo e lodarlo solo per essere se stesso.

Li uccise tutti in un solo colpo, li aveva fatti saltare in aria dalla sua postazione, senza affrontarli uno ad uno, ma non per paura, questo mai. Aveva, semplicemente, evitato che si diffondesse la notizia dello stermino, come una malattia infettiva che si propagava in proporzione geometrica così la nuova sarebbe sopraggiunta agli angoli estremi del suo regno e questo non avrebbe portato a nulla di positivo.

Il terrore dell’essere usati, gettati via e uccisi era, per il tiranno, la pandemia peggiore che potesse scoppiare, questa poteva donare una scarica di adrenalina capace di animare un moribondo che tanto, sempre, sarebbe defunto, i timorosi non avrebbero avuto nulla da perdere e avrebbero lottato per quell’ultimo anelito emesso, con dignità e in libertà.
Non temeva le rivoluzioni, non ne aveva bisogno, era fin troppo potente, ma avrebbe evitato la perdita di armi, navi, guerrieri e, soprattutto, di tempo.
La sua era pura diplomazia…

Era un freddo calcolatore Freezer, elaborava ogni mossa e contromossa e sceglieva attentamente.
Così scagliò il suo colpo, ripulendo i suoi ranghi dagli scarti.
Ne lasciò in vita pochi; i più deboli, sparsi nell’universo, e il più forte di tutti: Vegeta, il principe, un abile combattente che lo avrebbe sempre servito; in fondo, lo aveva cresciuto per questo…

Era così bello adesso quel pianeta, che nella sua esplosione emanava luce e detriti.
Scoppiò illuminando lo spazio e il volto del tiranno, anch’esso splendente di gioia, perché in fondo ciò che più amava era vedere il terrore, la morte e la distruzione.
Sorrise soddisfatto…
Era stupendo guardare la paura dipinta suoi volti dei prescelti, vedere il suo colpo travolgerli, osservare la sfera d’energia penetrare la superficie fino a giungere al nucleo e guardare, dalla fenditura creata, come questo collassasse.
La luce, pian piano, usciva dalla spaccatura della crosta, prima intermittente e poi sempre più luminosa fino ad abbagliare nella sua magnificenza.

La morte di un pianeta era la più bella esplosione dopo quella di una stella, quante ne aveva viste morire e quante ne aveva distrutte solo per diletto.
Non poteva non ridere felice della morte di quelli che erano stati gli animali domestici peggiori che avesse mai avuto e al tempo stesso godette, anche, per quello spettacolo.
Dopo il boato si avvertiva soltanto il silenzio e l’eco di un regno scomparso.


 
***


 
Erano da poco atterrati vicino un piccolo villagio, con case diroccate e cadenti.
Erano udibili rumori provocati dalla caduta dei mattoni o delle pietre, così come in lontananza si avvertiva lo scroscio dell’acqua, probabilmente derivante da un ruscello.
Il ricevitore non segnalava nessuna forza elevata, non c’erano saiyan lì, ne era certo.
Il suono meccanico del ricevitore si faceva sempre più forte e l’indicatore della loro posizione si avvicinava sempre più alla meta.
-Chi siete?- chiese con tono austero e burbero una ragazza dai capelli corvini, nascosta fino a poco prima dietro un cespuglio.
 
 
 
  

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Angoletto di Girl_in_Blu:

Ecco a voi lettori un altro capitolo di questa storia che spero vi piaccia ed intrighi sempre più.
Alcune parti relativa a Freezer sono tratte dalla mia one shot "Explosion of happiness"



 

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