essere ostili all'amore non vuol dire non cercarlo

di Mami93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** spasimanti ***
Capitolo 2: *** confusione(d'amore) ***
Capitolo 3: *** la verità fa male ***
Capitolo 4: *** tu sei importante per me ***
Capitolo 5: *** gioia,tristezza e poi il dolore ***
Capitolo 6: *** addio ***
Capitolo 7: *** la foto ***
Capitolo 8: *** Box ***
Capitolo 9: *** Come si suol dire:e vissero per sempre.. ***



Capitolo 1
*** spasimanti ***


essere ostili all'amore non vuol dire non cercarlo

Fuori pioveva e faceva freddo, o almeno abbastanza per la stagione. Quell’estate non voleva proprio saperne di decollare, era più di una settimana che Odaiba non vedeva il sole. In un appartamento come gli altri si trovavano due persone, due persone come le altre, ma che discutevano di cose particolari, anzi, di una cosa in particolare.

A vederli sembravano una coppia, uno di fronte all’altro, che sorseggiavano del the chiaccherando. I loro discorsi erano troppo privati, e fra di loro c’era troppa naturalezza per sembrare un incontro casuale tra due persone che non si conoscevano.

Ed è per questo che a degli occhi esterni potevano sembrare una coppia. Ripeto, sembrare. Ma la cosa che più poteva suonare strana a quegli occhi esterni che li etichettavano come coppia era il discorso che stavano facendo.

“non ha senso che continuino a stare insieme”.

“sai, è la stessa cosa che ha detto Sora.” Afferma il ragazzo rivolto a lei.

“E allora perche sono tornati insieme? Io non li capisco” ribatté la ragazza esasperata.

“forse volevi dire ri- tornati, e comunque sappi che non sei l’unica che non li capisce. Ormai ci abbiamo rinunciato a contare tutti i tira e molla che ci sono stati.”

“Ma perché, vi siete messi a contarli?” chiese lei incuriosita

“Bhè, dopo le prime volte che si sono presi e lasciati Matt ha detto che sarebbero andati avanti così per molto, così decidemmo di tenere il conto, finché non arrivammo a un punto tale che i numeri non ci tornavano più. Abbiamo deciso di lasciar perdere, ma il record è stato quando in un giorno si sono lasciati sette volte.” Spiegò pazientemente il ragazzo.

I nostri protagonisti, per chiarire le idee agli occhi esterni che ancora stanno scrutando, non sono una coppia, o ameno non quelle coppie che si intendono di solito, di due persone che vivono insieme,bensì  una coppia di amici. La ragazza si chiama Hikari Kamiya, Kari per gli amici, ha venti anni e lavora come fotoreporter in un giornale regionale e pratica danza come hobby. Il ragazzo con lei è Takeru Takaishi, o meglio chiamato TK. E’ un ragazzo di ventuno anni, e la sua altezza è data dallo sport che pratica,pallacanestro. E’ molto bravo a scrivere e spesso viene chiamato da vari editori per mettere nero su bianco degli articoli di fatti accaduti qua e là. Ora, non pensiate male. Le persone di cui stavano parlando non sono i loro amori non corrisposti, nessuno dei due spera che si lascino per mettersi con i corrispettivi opposti, Kari o TK. Taichi Kamiya e Sora Takenouchi stanno insieme da tre mesi e, da come avrete ben capito la loro storia è molto traballante. Taichi, o Tai, avendo lo stesso cognome di Kari è, ovviamente, il fratello, maggiore per essere precisi. Ha ventiquattro anni e lavora come allenatore di squadre di calcio minori, ma adesso è in attesa di richieste maggiori. Il suo hobby? Probabilmente mangiare e dormire. Sora ha ventiquattro anni e lavora con sua madre, che ha un negozio di composizioni floreali. Invece il ragazzo tirato in ballo da TK, Yamato Ishida, pur avendo un cognome diverso è il fratello di TK. Matt suona in una band, voce e chitarra, e non ha hobby, avendo le giornate impegnate con gli amici strimpellatori.

Il discorso di Kari e TK aveva un fine: l’ennesima ripresa di questa strana coppia. E invece vedere i sorseggiatori di te così affiatati insieme è normale, vi chiederete voi? E’ normalissimo, essendo loro due migliori amici. Mentre continuavano a parlare suonò il campanello di casa.

“Sarà Tai che viene ad annunciare un'altra rottura” azzardò la ragazza alzandosi. TK la seguì con lo sguardo, ridendo.

“Lei è la signorina Hikari Kamiya?” TK non vedeva chi potesse essere, ma la voce era adulta.

“Sì, sono io” confermò Kari un poco perplessa.

“Ho una consegna per lei”. Quando Kari rientrò TK aveva una faccia sorpresa

“E chi sarebbe lo spasimante?” chiese con un tono divertito il ragazzo

“Hai proprio usato la parola giusta: spasimante…”. TK sgranò gli occhi

“Cosa?Forza leggi il biglietto, sono curioso” la incitò

- Questo piccolo dono è per te, spero ti piaccia perché ci tengo. Con la speranza di riuscire a strapparti una cena tra noi due ti mando un bacio. Satoshi.-

Kari aprì il pacco e ne tirò fuori due candele a forma di cuore che andavano ad unirsi formando due bei cuori vicini. Kari la gettò accanto a una pila di altre scatole. TK la guardò stranito

“Ma che fai? Un ragazzo ti fa dei regali e tu li ammucchi come fossero immondizia?”

“Ma io quei regali non li ho mai chiesti. E’ lui che li fa, di sua volontà!” si giustificò lei

“Questo non vuol dire nulla Kari!! A quanto ho capito tu non vuoi accettare i suoi inviti a cena, giusto?”

“Perche è un obbligo? Non che io sappia” rispose acida alzandosi e prendendo le due tazze vuote. TK si voltò per guardarla, ma lei era girata di schiena per sciacquarle.

“Io non ti capisco Kari, ti viene offerta una possibilità di conoscere un ragazzo e tu la rifiuti così”

La ragazza aveva ripreso posto davanti al suo migliore amico, e con la testa bassa esclamò

“Tanto non è il mio tipo. Sai quelle persone tutte sdolcinate che non ti lasciano respirare un secondo?”

“Ma se non lo consci neppure!! Come fai a dire come è fatto? E comunque tu è da quasi più di un anno che rifiuti tutti i ragazzi che ti si presentano.” Kari indicò la pila di scatole e regali a cui si erano aggiunte le candele.

“TK, guarda in meno di un mese quanti regali mi ha fatto. Io non ce la faccio più!!” disse esasperata lei.

“Kari!! Smettila di comportarti così. Non esci più con nessuno, se non con noi Digiprescelti. Che ti succede?” domandò Takeru preoccupato. Kari si prese le mani

“Vedi TK, forse ti sembrerà stupido, ma tu per primo dovresti sapere quanto sono stata male per amore, no?” spiegò lei

“Quindi ora preferisci rimanere sola e rifiutare chiunque? Sei una bella ragazza, non puoi ridurti così” affermò lui sicuro.

“Bhè, grazie” tentenno Hikari imbarazzata dal complimento dell’amico “ma preferirei vederla come un’attesa per quello giusto”

“E come? Aspetti il colpo di fulmine? Visto che non vuoi uscire con nessuno… E comunque questa non è la soluzione migliore al il mal d’amore, sai?” affermò

“Io la immagino più come un incontro casuale…” disse in tono innocente.

“Ma sei strana eh… vuoi diventare acida come le zitelle? Hai un’idea dell’amore molto strana”

“Grazie per il complimento!!” cominciò la ragazza “comunque non voglio diventare acida come le zitelle, ma i buchi nell’acqua con Akinori, Satoru, Okakura e Misao mi hanno un po’ abbattuta…” disse Kari giù di corda.

“Un po’? Comunque stai tranquilla, sono loro ad averci perso, tu sei fantastica e loro erano dei cretini”.

Kari era davvero lusingata “Intanto sono single…”

“L’ho già detto che sono dei cretini?” rimarcò lui il concetto.

“E comunque io sono solo ostile all’amore…” s’indispettì la ragazza

“Mettila come vuoi…. Kari?! Ma davvero ti ha inviato tutti quei regali in meno di un mese?” domandò curioso

“Sì, perché?”

“Ma è insopportabile!! Se vuoi che gli parlo io…” si offrì gentilmente

“Bhè, mi sembra chiederti troppo…”

“E poi di che te ne fai di tutta quella roba?”

“La dono assieme ai vestiti usati. Almeno viene utilizzata…” spiegò

“Certo però potevi farti furba e riutilizzarli per Natale…” buttò lì TK

“D’accordo, tu cosa preferisci? Le candele o l’orsacchiotto?”

“Ah bhè, allora se la metti così io quest’anno passo!” I due ragazzi si misero a ridere, così, almeno in quell’appartamento a Odaiba un raggio di sole, finalmente, attraversò le nubi.

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Capitolo 2
*** confusione(d'amore) ***


confusione (d'amore)

Casa Kamiya

“E’ pronto!!”In casa regnava il silenzio, se non fosse stato per lo sfrigolio che proveniva dalla padella e dal chiacchiericcio che da ormai un’ora arrivava dall’ex camera dei fratelli Kamiya, ormai adibita a stanzina in cui stirare

“Hikari, per favore, andresti a chiamare tuo fratello?”. Kari abbandonò la padella sul gas.

“Ma non volevo… non intendevo quello!” Kari si appoggio allo stipite della porta con le braccia incrociate

“Ok piccola, devo andare…no, devo andare a mangiare... te lo giuro… ti amo…io di più…ciao” Tai, seduto sulla pila di panni appena stirati guardò esasperato la sorella

“Cosa c’è?”

“Non so, se ti vuoi degnare di venire a mangiare con noi almeno la domenica…?” Tai pareva scocciato

“Non mi va di mangiare i cibi super sani della mamma”

“Guarda che ho cucinato io. E ora muoviti, dolce innamorato”disse la minore voltandosi e incamminandosi verso la cucina

“Se tu non vuoi trovarti un fidanzato non vuol dire che anche gli altri debbano seguire la tua filosofia”. Kari voltò la testa continuando a camminare

“Grazie fratellone, delicato come al solito!”. I due fratelli si volevano bene, non vivevano uno senza l’altra, ma quando cominciavano a bisticciare fra di loro era dura arrestarli.

“Un giorno uno ha le tournee con la squadra, l’altro giorno c’è una chiamata urgente per un servizio, e quando finalmente riesco a stare con i miei figli non faccio altro che sentirli litigare!” esordì la madre dei litiganti troncando sul nascere l’inizio di un nuovo diverbio. Eh sì, signora Kamiya, lei lo sa quanto può essere dura sopportare un mucchio di litigi, ma non è l’unica.

 

Quell’edificio, così famigliare e così accogliente. Lei lo conosceva bene, e conosceva bene anche chi ci abitava. E allora perché si ostinava a rimanere fuori, ad osservarlo da quel marciapiede? Poi una portiera sbattuta la fece tornare al presente, e quel colpo è come se le avesse dato la forza di muoversi, perche attraversò la strada. Prese le scale e quando arrivò di fronte a quella porta, si fermò. Lesse il cognome sul campanello. La scritta Takaishi era ormai sbiadita. Premette il bottone, ed è come se il suo cuore avesse preso paura, perche a quel suono accelerò. – Ma che stupida che sono, in fondo è il mio migliore amico – Quando aprì la porta fecero capolino quegli occhi azzurri come il mare, sì, come se il mare potesse essere di quell’azzurro così bello, e quei ciuffi biondi come al solito ribelli…

“Ciao Sora! Che ci fai qui?”

“Ciao Matt, ti disturbo?”

“No no. Stavo riordinando casa, mia madre se n’è andata una settimana fa e non vorrei che quando torna trovi questo casino. Entra pure” La madre di Matt era separata da anni, e finalmente il maggiore dei figli, qualche anno fa, si era deciso ad andare a vivere con lei. Le era mancato molto, ma lui era abbastanza grande da farcela da solo con papà, quando avevano divorziato, e Tk era troppo piccolo, non sarebbe mai riuscita ad accudirli tutti e due. Quella scelta l’aveva fatta soffrire molto, e tuttora spesso si sentiva in colpa.

“Ti posso offrire qualcosa?” domandò premuroso Matt

“No no, grazie. Volevo solo parlarti” disse in tono triste la ragazza

“Che cosa è successo?” I ragazzi si accomodarono sul divano

“Matt, io e Tai ci siamo lasciati…”

 

Kari corse in casa e non chiuse neppure la porta, fiondandosi sul telefono

“Pronto?” disse ansante

“Ti ho fatto correre?” chiese una voce familiare all’altro capo

“Ho sentito il telefono d’in fondo le scale…” ansimò lei chiudendo la porta e poggiando le chiavi di casa “ero a mangiare da mia madre”

“Tai era con te?” domandò curioso Tk

“Sì, perché?”

“Allora è successo dopo” Kari non capiva

“Si sono lasciati” spiegò il ragazzo

“Ah, e qual è la novità?” domandò lei ironica

“La novità? Che Sora ne è andata a parlare con Matt.” Kari ora capiva ancora meno

“Bhè, è normale, è il suo migliore amico…” Kari fu interrotta

“Sora ha molato Keishi? Ne parla von Matt Ha litigato con Shinobu? Corre da lui. E ti assicuro che fino ad ora Sora con Matt non ha mai accennato a un litigio” concluse Takeru

“Quindi tu pensi che questa volta sia davvero finita?” chiese preoccupata, quando un leggero bip la informò che una chiamata era in attesa

“Scusa un attimo Tk, ho una chaimata… pronto?”

“Kari?” la voce del fratello era rotta

“Tai, dove sei?”

“Sotto casa tua, non sapevo se eri tornata, ma io…”

“Vieni su Tai!” Kari si affacciò  alla finestra per vederlo prima di socchiudere la porta di casa. Aveva le spalle piegate, la testa bassa; era davvero distrutto

“C’è Tai che sta venendo su, e penso davvero che sia finita…”

“D’accordo, fammi sapere, ma ho il cellulare in silenzioso, vado alle prove di Matt”

Il tempo di riattaccare la cornetta e quello zombie definito suo fratello fece capolino nell’abitazione. Kari lo guardò amorevolmente prima che lui potesse dire, con voce bassa e rassegnata

“Mi ha mollato!”.

 

Avevano discusso, di nuovo. Ma Tai lo sapeva, lo sentiva che c’era qualcosa di diverso ultimamente. Sora era molto gelosa, quasi morbosa. Litigavano spesso per sciocchezze, ma periodicamente o lui o Sora si facevano avanti per scusarsi. Una volta litigarono sette volte in un giorni, sapevano che stavano sfiorando il ridicolo, ma Tai era innamorato, e così Sora, o almeno era ciò che pensava lui fino a quel momento. Anche quando l’aveva lasciata quella mattina per andare a mangiare lei aveva dei dubbi

“Vai da una delle tue ragazze?” Sapeva che scherzava, ma nella sua voce c’era quel non so che, che la indispettiva. Poi l’incontro al pomeriggio. Tai non credeva alle sue orecchie

“Io ti voglio bene, e forse avrei anche potuto amarti, ma penso di aver confuso una semplice infatuazione per amore”

“Ma Sora, perché…” aveva provato lui a convincerla. In fondo, cos’altro aveva da perdere? Ma Sora scosse la testa, e le parole gli morirono in gola

“Ti prego Tai, tu neppure puoi immaginare quanto per me sia difficile. Prova affetto per me, credimi, davvero tanto, ma io non riesco, non voglio continuare così. Lo so che non lo fai apposta, ma io piango quasi tutti i giorni, e sono triste. Mi dispiace di farti soffrire, mi dispiace di averti illuso, ma non voglio più stare con te” Aveva parlato. L’aveva detto. Quello che Tai non avrebbe mai voluto sentire l’aveva detto. Aveva parlato a testa bassa, non l’aveva mai guardato in faccia. Poi, finalmente, i loro occhi s’incontrarono, e l’unica cosa che Tai poteva vedere in Sora era tristezza, e dolore. Le dispiaceva sul serio, e forse era per quello, per la sincerità che la ormai sua ex ragazza aveva avuto verso di lui che sorrise. O almeno ci provò, perché quello era tutto fuor che un sorriso. In quel viso c’era amarezza, tanta amarezza

“Ho capito, e ti assicuro che non te lo rinfaccio, spero solo che tu possa essere felice” Sora lo guardò, gli angoli della bocca rivolti verso l’alto, però nel suo sorriso non c’era amarezza, bensì affetto, e così se ne andò, con quello stupendo smile sul viso. Quello di Tai invece non rimase, non appena Sora si girò, questo sparì, tutto d’un colpo. Sapeva che non sarebbe tornata indietro, non quella volta. Per la maggior parte, quando litigavano, si urlavano dietro di tutto, era difficile che si lasciassero con quella calma, e di certo non con quelle parole. Tai aveva raccontato tutto alla sorella, che non poteva far altro che ascoltarlo. L’idea di consolarlo non le passò neppure per l’anticamera del cervello: solo chi ha sofferto per amore sa quanto sia impossibile essere consolati per amore, eh Kari?

 

Il suono dei bassi inondava l’edificio, caldi e accoglienti preannunciavano l’imminente arrivo del ben più duro e forte suono della chitarra elettrica, che puntuale, a ritmo dei bassi, li coprì parzialmente, facendoli passare in secondo piano, Poi una voce ruppe il ritmo che si era creato, attirando l’attenzione che prima era per gli strumenti. La band era ormai calda, e alla quinta volta che provavano quella canzone finalmente riuscirono ad esserne soddisfatti. La gente li guardava, non che ce ne fosse tanta, visto l’accesso limitato, ma riempivano almeno per metà l’edificio ben attrezzato per le prove dei Digiprescelti. Quel nome era molto fantasioso, a detta di molti, non era comune trovarne di simili per una band, ma solo chi conosceva davvero la voce del gruppo sapeva quanto quella scelta aveva ben poco di ragionato.

Il fratello della star, quello che passava inosservato se passeggiava con il consanguineo, era appoggiato ad una colonna interna, accanto all’uscita. La gente entrava e usciva in continuazione, gli amici di Matt e degli altri membri del gruppo seguivano interessati, ma ormai era più di un’ora che suonavano, avevano bisogno di un po’ d’aria.

“Tzc, suonano un po’ degli strumenti, cantano due strofe in croce ed è visibilio. Sinceramente non capisco cosa ci trovino di interessante”. Tk si voltò a vedere da chi proveniva la critica. La ragazza accanto a lui lo guardava. Occhi marroni, capelli castani portati corti, gli ricordava qualcuno, ma chi?

“Deduco che non ti piace la loro musica…”

“Sì, l’hai capito dalla critica?”. Lui era perplesso

“Scusa, non vorrei sembrarti scortese, ma allora perché vieni qua se non li vuoi ascoltare?”

“Oh, ma io infatti qui non ci starei, ma ho dovuto accompagnare una mia mica, il suo ragazzo è uno della band, suona la batteria credo. E ti assicuro che non capisco proprio cosa ci trovi, fra tutti quanti non saprei quale scegliere: devono essere uno più insopportabile dell’altro, snob e basta. Anche la voce del gruppo che tutti definiscono timido e introverso, non deve essere da meno”. Tk ritornò a guardare la band con uno strano sorriso

“Eh già…”

“Tu lo conosci?” chiese la ragazza indifferente

“Sì, è mio fratello…” Lei diventò di colpo rossa

“O mio dio che figura, ma perché non mi sto mai zitta? Mia madre me lo dice sempre di parlare meno. Scusami, io non pensavo…” Tk le sorrise gentilmente

“Non ti preoccupare, conosco altre persone che non lo apprezzano come cantante, ma ti assicuro che è davvero come lo descrivono: molto introverso”. La ragazza gli porse la mano

“Io sono Mizuki, scusami per prima”

“Non ti preoccupare, non c’è bisogno che nascondi la tua antipatia. Comunque io sono Takeru, o Tk se preferisci” disse l’interpellato stringendole la mano. Non sapeva perché, ma quella ragazza lo affascinava.

I ragazzi finirono le prove circa mezz’ora dopo, quando erano rimaste ormai poche persone. Tk e la sua nuova conoscenza s’incamminarono sul palco, raggiungendo rispettivamente il fratello e l’amica.

“Ehi Tk, chi è l’amica?” Matt li aveva visti avvicinarsi insieme, e anche se non vedeva la sua faccia, essendo girato per staccare gli strumenti dagli amplificatori, immaginava il suo imbarazzo, ma forse si sbagliava:

“Matt, ti presento una delle poche persone che ti odiano, Mizuki” Il minore aveva un sorriso strano, diciamo un po’ bastardo. Matt si girò sorridendo per vedere chi era la ragazza

“Oh! Che onore, siamo arrivati ad un punto tale che vengo odiato?”. La ragazza, un po’ imbarazzata, non capiva che stavano scherzando, e si affrettò a giustificarsi

“Di fatti non ti odio, Tk ha un po’ esagerato la situazione” a quell’affermazione gli lanciò un’occhiataccia “semplicemente non riesco a trovare simpatiche delle star” sperò che il biondo di fronte a lei non se la prendesse più di tanto. Matt rise

“Star, che parolona”. Intanto i ragazzi della band se ne stavano andando. L’amica di Mizuki s’incamminò con il proprio ragazzo quando quest’ultima la fermò

“Ma mi lasci qui da sola?”

“E dai, non vorrai mica fare il terzo incomodo? Ci si vede in albergo”. Così la ragazza abbandonata maledì l’amica e, dopo aver salutato, s’incamminò verso l’uscita.

“Pensavo avessi trovato la ragazza” esordì scherzoso

“sì, certo l’ho appena conosciuta e siamo già fidanzati…” ma il maggiore non l’ascoltava più

“Ehi ragazzi, dove andate? Dobbiamo togliere le luci nell’angolo!” detto questo i rimanenti del gruppo si dileguarono con un “Scusaci Matt ma dobbiamo andare”

“Guarda che amici che ho… ehm… Tk, non è che mi daresti una mano, vero?”. Tk, da buon fratello che era, ma soprattutto dopo numerose suppliche e la promessa di un favore in sospeso, cedette. Il compito consisteva nel far calare la luce tramite la corda legata ad essa, mentre Matt ne levava la sicura. Sembrava facile, ma le luci erano pese, e, ad un certo punto, gli scorse troppo velocemente la corda da sotto le mani. Inizialmente la sua paura era quella di polverizzare le luci,  ma in un secondo momento questa divenne panico quando vide Mizuki nei pressi delle luci. Ma cosa ci faceva lì? Perché era rientrata? Le sarebbero piombate addosso se non si fosse spostata. Tk stinse più che poté la corda, ma per fortuna lei si accorse dell’accaduto e si spostò dalla traiettoria. Non appena le luci furono a terra Tk, seguito a ruota dal fratello, corsero da Mizuki, che era rimasta un tantino sconvolta:

“Io….io…volevo riprendere il mio zaino…”. In effetti indicò una sacca che era rimasta per terra. Dal canto suo Tk si sentiva davvero in colpa dell’accaduto, e dopo numerose scuse e offerte di perdono se ne uscì con un “ti offro una cena, e questa volta non accetto un no come risposta”

-il ragazzo è davvero insistente, però una cena non è brutta idea, dal momento che stasera non c’è nemmeno la mia amica-

“Bhè, se la metti così allora accetto, ma sia ben chiaro che questa è solo un’uscita fra amici, ok?”

“A dirla tutta è una cena di scuse, ma se la vedi meglio così allora va bene, è una cena da amici”

I due si diedero appuntamento mezz’ora dopo, giusto per poter darsi una ripulita e cambiarsi. Si ritrovarono davanti al ristorante, e solo in quell’occasione Tk poté notare quanto era carina, mentre lei conobbe la sua simpatia. In quella circostanza Takeru venne a conoscenza della provenienza di Mizuki e della sua amica: Giappone del nord. Erano lì per trovare lavoro e per poter stare con il ragazzo di lei.

“anche se credo che sia venuta più per lui che per me!” spiegò pensierosa la ragazza. La serata passò in fretta, e al momento di rincasare Mizuki si dimostrò molto entusiasma di quest’uscita.

“Ho fatto bene ad accettare il tuo invito, sai?”

“Sì, lo so, infondo io ho sempre ragione!” disse spavaldo il ragazzo. Lei in compenso scoppiò a ridere, e quando fu di nuovo in grado di parlare disse che un’altra uscita non le sarebbe dispiaciuta.

“Allora lasciami il tuo numero di telefono!” buttò lì Tk, e anche se non lo credeva lei accettò.

“Allora dammi il tuo cellulare, te lo scrivo, così poi mi chiami anche per poter conoscere un po’ il posto”

Tk si ritrovò a fissarla cercando d capire se l’avesse già vista, quando lei gli restituì il telefono, entrando poi nel portone di casa. Non appena questo fu chiuso, s’incamminò verso casa ripensando a come l’avesse potuta conoscere, quando gli venne in mente di Kari. Ma non doveva chiamarlo? In fatti sul display del cellulare una piccola iconcina preannunciava l’imminente sfuriata della sua migliore amica, viste le cinque chiamate senza risposta. Probabilmente fu questo a convincerlo che forse era meglio parlarle di persona. Le luci di casa erano accese, ciò dimostrava che era ancora sveglia, ma non appena aprì la porta Tk si chiese se non fosse stato meglio il contrario: se non l’avesse conosciuta bene avrebbe avuto paura, per fortuna che era contraria alla violenza, se no… provò ad abbozzare un sorriso amichevole, ma visto che non sembrava migliorare la situazione non poté far altro che parlare

“scusami” fu solo capace di dire, e forse sembrava che Kari non fosse in vena di litigare, ma si sbagliava. Non appena la porta fu chiusa alle sue spalle “QUATTRO VOLTE, QUATTRO VOLTE TI HO CHIAMATO!”

“Cinque” precisò Tk, ma l’espressione che lei aveva lo convinse a tacere. Le scuse ovviamente furono d’obbligo, seguite poi dalla spiegazione e dalla conseguente descrizione di tutto. Kari non sembrava troppo contenta di ciò che era successo, ma forse era ancora arrabbiata.

“Dovresti conoscerla, se ti va domani possiamo uscire…” Tk si bloccò perché la ragazza si era alzata dalla sedia dirigendosi verso la porta

“Ne riparliamo quando sarò riposata, ok? Aspettarti tirandoti dietro un accidente dietro l’altro è faticoso”

“Bella amica che ho” forse non era il caso di fare il finto offeso, ma lui ci provò

“Disse l’amicone…”. No, evidentemente non era il caso. Non appena fu a casa si fiondò a letto, la giornata era stata lunga e strana, ma almeno si era conclusa bene. Mizuki era simpatica e a Kari sarebbe passata la rabbia, ma proprio non capiva la reazione che aveva avuto prima di lasciarla. Tk poté arrivare a una conclusione: ci avrebbe pensato il giorno dopo a convincere Kari, nulla è meglio di un sonno ristoratore.

 

 

Immagino sappiate come andrà a finire, non è vero? Ma non pensiate che la storia sia così semplice, perché io e la mia mente malata stiamo partorendo un mucchio di idee per questa fic, quindi aspettatevi di tutto. Volevo scusarmi se questo capitolo è noioso, ma mi serviva per presentare Mizuki e tirare le fila del discorso, ma vi prometto che i prossimi vi stupiranno, vi lascerò a bocca aperta. Volevo ringraziare:

valkiria: ti ringrazio, anche a me l’introduzione piace parecchio, non so come mi sia venuta, e sta tranquilla, continuerò a scrivere, non ho mica intenzione di fermarmi qui, sapessi quante idee ho in testa. Spero che anche questo capitolo ti piaccia.

 HikariKanna: fai bene ad avere paura della nuova ragazza di lui (ora che ci penso sono stata un po’ stupida ad anticipare, ma orami il guaio è fatto!). Hai visto che alla fine Sora e Tai si sono lasciati? Immagino la tua felicità, ma non potevo lasciarli insieme, io adoro il Sorato… Stai tranquilla, non poteri MAI far mettere Tk e Kari insieme per poi farli lasciare, ne soffrirei troppo!! Per la cronaca penso anche io che Tk sia indispensabile per la povera Kari, e volevo rassicurarti che i tuoi sproloqui mi danno sicurezza, quindi ti do il permesso di sproloquiare (esiste questa parola? Ba…) quanto vuoi.

Infine volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto, spero di non deludervi. Per la cronaca volevo informarvi che mentre scrivo i saluti ho già cominciato il terzo capitolo, e ne vedrete delle belle. Alla prossima.

Honey

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Capitolo 3
*** la verità fa male ***


la verità fa male

“Sei sicura di non volere una mano?”. Matt era seduto e da dieci minuti implorava Sora di farsi aiutare, vista la sua impossibilità ai fornelli. Sora, dal canto suo, rifiutava qualsiasi aiuto: aveva invitato Matt a pranzare a casa sua e doveva, almeno quella volta, riuscire a cucinare un piatto che, non dico dovesse essere da chef esperto, ma almeno commestibile.
“Sora, vuoi che sia sincero?” chiese leggermente divertito
“No, perché non ti ho chiesto nessuna opinione!” cominciava a spazientirsi sul serio: la cucina era un disastro, lei a momenti si bruciava, si sentiva un’imbecille totale e il suo migliore amico la prendeva pure in giro.
“Mi fai pietà!” esclamò esasperato Matt. Si alzò e le si avvicinò per assisterla. Sora stava per dare di matto quando un ennesimo schizzo di olio rischiò di bruciarla. A quel punto Matt non resistette più: le prese il mestolo dalle mani e la spinse via prendendo il suo posto. Ad un suo tentativo di opporsi Matt la fulminò, e qualsiasi cosa la ragazza volesse dire si bloccò, buttandosi sulla sedia. Per fortuna Matt non si era accorto di nulla: Sora non avrebbe potuto opporsi, era successo tutto in fretta. Sapeva di avere Matt accanto ma non pensava che l’avrebbe disarcionata dal suo posto di cuoca, e che cuoca! La sua mano le rubò quell’infernale attrezzo, sentendosi spingere via. A quel contatto il suo viso divenne fuoco, ma sparì non appena Matt le rivolse quello sguardo; di sicuro non l’avrebbe più fatta avvicinare al cibo.
“Hai più parlato con Tai?” esordì ad un certo punto Matt. Sora alzò la testa per guardarlo. Da quando gli aveva raccontato della rottura fra lei e Tai non ne aveva più parlato.
“Ehm, a dire la verità ci ho provato, ma non mi ha mai risposto. Mi evita, ed è una cosa che non sopporto!” Era vero, quando lo chiamava a casa non rispondeva mai, e il cellulare era spento, occupato o squillava per dei minuti interi senza ricevere risposta.. perché le aveva detto che non glielo avrebbe rinfacciato e poi non si faceva sentire?
“Bhè, è abbastanza ovvio, è stato lasciato dalla sua ragazza!”. Sora si alzò e si appoggiò al bancone accanto a lui, incrociando le braccia, non aveva una bella faccia
“Cosa dovevo fare scusa? Continuare a illuderlo e farlo stare ancora peggio?” Oh Oh! Sora si era arrabbiata.
“No, io non intendevo questo” la calma di Matt a volte dava sui nervi “ma sai com’è orgoglioso, in fondo la sua è stata una sconfitta, fra un paio di giorni tornerà come prima” La sua calma dava sui nervi, ma in compenso sapeva come consolarti.
“Mi dispiace, non avrei mai voluto farlo soffrire”
“Certo, lo immagino, ma mica puoi sapere come vanno a finire le proprie storie”. Sora lo guardò sbigottita
“Ehi, da quando in qua tu sei così profondo?” Matt la guardò con un sorriso, che si trasformò in una risata
“Devo prenderlo come un complimento?”. Sora non rispose a quella domanda
“Però intanto lui ora sta male, e io sono qui a cucinare come se nulla fosse accaduto”. Matt spense il gas e si voltò a guardarla meglio
“Punto primo anche tu in fondo stai male, ma lo dai meno a vedere; punto secondo” man mano che parlava teneva il conto sulla punta delle dita “sono io che ho effettivamente cucinato, non tu; punto terzo pensi sul serio che lui sia così triste da non cucinare ne mangiare più? Povera illusa” a questa affermazione scosse la testa “e poi la vita continua, non puoi crogiolarti nel dolore finché Tai non sta meglio, te l’ho detto, gli passerà” detto questo servì il mangiare nei piatti e si accomodarono
“Tu l’hai visto?” chiese ansiosa Sora
“Sì, e ti assicuro che non sta peggio di un qualsiasi mortale che sia appena stato lasciato, nulla che non si possa curare con un’abbuffata di dolci e schifezze varie”. Matt guardò intensamente negli occhi Sora, che velò le guance di una leggera tonalità di rosso “Sora, ti assicuro che non ce l’ha con te, e tu devi smetterla di incolparti, hai fatto bene ad essere sincera e a non avere aspettato ancora. Le delusioni d’amore sono successe a tutti, si riprenderà e tornerà il nostro Tai di sempre”. Era stupendo come Matt riuscisse a consolarla, per fortuna aveva deciso di parlargliene. Il cibo era buono, meno male che aveva preso lui la situazione in mano, il risultato non sarebbe stato lo stesso con lei ai fornelli.
“Te l’ho detto cos’è successo alle prove?” Sora lo guardò curiosa “Tk ha quasi ammazzato una ragazza”. A quelle parole Sora strabuzzò gli occhi incredula. Matt si sentì in dovere di precisare “Bhè via, non proprio ammazzata, ma ha rischiato di farle del male” L’Ishida raccontò l’accaduto a Sora. “Credo che l’abbia portata a cena, non so cosa sia successo”. Sora riprese a mangiare, pensava alla povera Kari. Sapeva come ci sarebbe rimasta male se Tk…

 

Forse oggi è il giorno delle coincidenze, perché altrove avviene la stessa scena, però con persone diverse:  casa di Yolei c’era Kari. Il discorso era deviato sull’uscita di Tk con questa Mizuki, e Kari non ne sembrava affatto entusiasta. In seguito all’accaduto lei si era rifiutata di conoscerla, sapeva che non sarebbe mai andata d’accordo con la ragazza. Certo, questo non era quello che aveva spiegato a Tk: si era limitata ad inventarsi delle scuse. Però sapeva che erano usciti ancora, il pomeriggio seguente all’incidente per farle vedere la città, e una sera lei aveva cenato da Tk. Non era accaduto niente, ancora, ma Kari aveva capito le intenzioni della ragazza, anche se non l’aveva mai vista. Certo, il suo migliore amico gliel’aveva descritta, ma nulla di più. Yolei sembrava non voler capire
“Ma perché non la vuoi conoscere? Magari è simpatica, e poi se ci sei anche tu stai sicura che fra loro due non accada nulla!”. Quest’ultima affermazione infastidì parecchio Kari, ma cercò di nasconderlo il più possibile.
“non la voglio conoscere semplicemente perché ho sempre da fare, e poi credo che farei da terzo incomodo” le ultime parole le costarono molta fatica.. perché si sentiva così? È il suo migliore amico, e dovrebbe esserne contenta, ma… i suoi pensieri furono interrotti da Miyako
“Non è, vero, che sei gelosa?”. Kari la squadrò malissimo. A quell’occhiata l’amica precisò “si, insomma, lui è il tuo migliore amico, e un’altra ragazza potrebbe entrare nella sua vita, tu passeresti in secondo piano. Sarei gelosa anch’io!”. Kari la guardò con un misto di compassione e sconfitta
“Yolei, sei delicatissima! Comunque no, non sono gelosa” o almeno questo era ciò che pensava, ma allora che cos’era quella strana sensazione che l’attanagliava?
“Comunque io e Ken stasera usciamo, se ti vuoi unire a noi…” Kari rimase un po’ spaesata
“Nono, aspetta, tu e Ken uscite insieme e me lo dici così? Con questa nonchalance?”  Yolei arrossì leggermente
“Ma dai, usciamo come amici, cos’hai capito?”. Kari la guardò come se avesse voluto dire -certo certo, convinta te…- “Dai Yolei, so che esplodi di felicità”. L’amica stava per ribattere quando il suo cellulare squillò. Lei si mise a parlare con colui che era all’altro capo del telefono. Poi dopo un “Aspetta, è qui, ora glielo chiedo” Yolei si rivolse a Kari
“Ascolta” disse abbassando la voce “c’è quel mio amico che vuole tanto conoscerti, perché stasera non uscite con noi?”. Hikari stava per ribattere ma Miyako la precedette “avanti, così stasera esci, o forse preferisci andare da Tk e magari incontrare la sua amica?”. Bastarono quelle parole a convincerla. Quella ragazza sapeva toccare i tasti giusti!!
“Finalmente sono riuscita a combinarti un appuntamento. Voglio vederti elegante stasera” . Kari la guardò di traverso
“Si, certo, contaci. Tu piuttosto!! Guarda, ti avverto, vi tengo d’occhio tu e Ken, chiaro?”. Aveva deciso di cambiare argomento, in fondo l’aveva ascoltata fino allo sfinimento. Yolei era diventata rossa come un peperone
“La vuoi smettere? Cosa vuoi che succeda?”
“Mah, vedremo” rispose Kari.

 

L’ho già detto che oggi è il giorno delle coincidenze? Una scena simile avviene a casa Takaishi. Lui e Mizuki si erano appena dati appuntamento per quella sera. Ovviamente la ragazza era ben accetta al suo invito: anche se si conoscevano da pochi giorni si trovavano bene insieme. Tk però non riusciva a capire dove l’avesse già vista, si perché gli era familiare. Si apprestò ad uscire per andare alla redazione che l’aveva chiamato qualche giorno prima. Pensava a Mizuki. Quella ragazza lo intrigava, era carina e sembrava ricambiare. Chissà come sarebbe andata a finire… in quel momento si accorse dove era: passava proprio di fronte all’edificio in cui abitava Kari. Era un po’ che non la vedeva, più o meno… da quando aveva incontrato Mizuki. Sì, da quel giorno si era sempre rifiutata di uscire con loro due, diceva di essere impegnata. Chissà se era vero o se era solo una scusa. Tk decise che prima o poi la sarebbe andata a trovare. Guardò l’orologio. No, non quel giorno, era già in ritardo, ma l’indomani… sì, prima di ripartire si ripromise che il giorno seguente sarebbe andato a trovarla. Ed hai fatto bene Tk a non andarci in quel momento, perché probabilmente non sarebbe stata troppo accogliente, e poi avresti trovato la casa vuota,  perché lei era dalla sua amica Sora. Dove altro poteva sfogarsi se non da lei? E sappilo Tk, è lì per colpa tua, perché tu l’hai accantonata da quando hai il giochino nuovo, ma attento, perché la conosci, e quando si arrabbia sa essere pericolosa. E lo sai perché sta da Sora a parlare? No? Bhè, perché da qualche giorno è rimasta sola, è stata abbandonata dal suo migliore amico, quello che l’ascoltava sempre e comunque, quello che c’era sempre, anche alle due di notte. Le manchi, ma di ceto non te lo dirà, non ora, non con Mizuki in mezzo. E anche a te manca, ma non te ne accorgi, sempre per lei, per la tua nuova amica, perché ti riempie il buco, non ti fa sentire la sua mancanza, ma ricordati che prima o poi ti ci abituerai alla sua presenza, a Mizuki, e allora ti accorgerai che qualcosa ti è venuto a meno, e quel qualcosa è lei. Spera soltanto che non sia troppo tardi.

 

Quella sera Ken, Yolei, Kari e Akinoru si diedero appuntamento davanti casa di Yolei. Quando Kari arrivò per prima lei la squadrò, da capo a piedi
“Dimmi Kari, tu conosci il significato della parola elegante?”. In effetti indossava jeans, tacchi e una maglietta normale, era molto carina, ma non rientrava nel concetto di eleganza della sua amica.
“Oh, senti Yolei, non è una cena galante, d’accordo?”. Forse era una sua impressione, ma Kari non era dell’umore.
“Va bene, ma potrebbe diventarlo”
“Ho accettato per tenervi d’occhio, te l’ho detto”. Yolei non fece in tempo ad arrossire perché arrivarono Ken e l’amico di Yolei, la quale li fece presentare e s’inviarono. Il ragazzo era simpatico, aveva molta parlantina, ma a volte, e soprattutto con Ken, faceva battutine idiote, e rimarcava spesso il bell’aspetto di Kari, con l’unico risultato di imbarazzarla tantissimo. Non si sentiva a suo agio: Yolei e Ken trovavano sempre qualcosa da dire, si vedeva che erano affiatati, e lei si sentiva una completa estranea. In più si aggiungevano lo stress e la stanchezza che si erano fatti avanti da quando aveva deciso di sfogarsi con Sora. Akinoru le faceva delle avance, si vedeva che ci provava, ma decide di smetterla quando Ken gli lanciò un’occhiataccia. Ma non era finita lì, perché Yolei ebbe la brillante idea di lasciarli da soli
“Senti Kari, Ken mi ha chiesto di fare una passeggiata con lui, ed io ho accettato, così voi due almeno vi conoscete meglio, a te va bene?”. Kari, seppur avesse voluto ucciderla, la lasciò andare. In fondo inizialmente erano lei e Ken che sarebbero dovuti uscire insieme, e si meritava una passeggiata romantica. L’unico problema era l’imbarazzo che si era creato fra lei e Akinoru. Non erano ancora usciti dal ristorante, Kari teneva la testa bassa e il ragazzo la fissava
“C’è qualcosa che non và? Ti ho creato tutto questo imbarazzo?” Kari alzò lentamente la testa, e quando i suoi occhi furono allo stesso livello di quelli del ragazzo provò a sorridergli
“No, è solo che sono stanca, ti spiacerebbe se…” il ragazzo non la fece finire
“Allora ti riaccompagno”. I due si alzarono e s’incamminarono verso l’uscita. Chissà come mai Akinoru era sicuro che Kari non sarebbe più uscita con lui. Erano a distanza l’uno dall’altra, Kari immersa nei suoi pensieri e Akinoru che si chiedeva dove avesse sbagliato.
-E pensare che Sora mi aveva detto di divertirmi questa sera- fu il pensiero di Kari. Alzò la testa guardando davanti a se, non voleva anche andare a sbattere contro qualcuno. La strada non era totalmente piena, a quell’ora la maggior parte delle persone era nei ristorati a mangiare. Si voltò a vedere dentro uno di essi. Coppiette innamorate, famiglie più o meno numerose, un gruppetto d’amiche che scherzavano. Poi Kari si voltò di nuovo, a guardare la strada davanti a se. No, no, non poteva essere. Si fermò di botto, Akinoru si voltò a guardarla perplesso, ma Kari non ci fece neppure caso. Era lì, di fronte a lei, qualche metro più avanti. Non l’avrebbe dovuta vedere, non ci avrebbe dovuto fare caso, ma purtroppo Kari la vide. Non ci poteva credere, non era vero. Mizuki era appoggiata ad un muro, dall’altro lato della strada che tagliava la via a Kari. Se l’avesse attraversata, lì, di fronte a lei, ci sarebbe stata accanto. Ma non l’avrebbe fatto, non riusciva a muoversi. Tk era di fronte a lei, una mano appoggiata al muro, l’altra sul suo collo. E le loro labbra unite. Unite. Qualcosa dentro di lei si spezzò. Un bacio, un altro, un altro ancora. Si voltò di scatto e cominciò a correre, più veloce che poté. Non si curò di Akinoru, né dei passanti che urtava. Non si curava di nulla. Girò a destra, sempre correndo. A casa. Ecco dove stava andando. Stava correndo a casa, passando per la via più lunga. Ma non poteva far altro, non poteva ne voleva tornare indietro. Salì le scale, sempre di corsa, aprì la porta, ansimando. Perché ci vedeva male? La richiuse delicatamente, dietro le sue spalle. Poi fece un passo, delicato. Stava piangendo, ecco perché ci vedeva male, le lacrime le offuscavano la vista. Calde e dolorose scendevano imperterrite. Si bloccò, fissando il vuoto. Poi si chinò, si piegò sulle sue gambe, con calma. Poi lì, accovacciata, pianse. Non appena chiudeva gli occhi li rivedeva. Erano lì, di fronte a lei. La sua mano sul collo, le loro labbra unite. Non si erano neppure accorti di lei. E le lacrime, quelle continuavano a scendere bastarde. Magari ora passeggiavano insieme, mano nella mano. E a quel pensiero sbarrò gli occhi. Si asciugò le guance, rigate. Poi si diresse verso la camera, assente, lo sguardo perso. Appena spense la luce, a occhi chiusi, eccole che tornavano, calde e umide, a bagnare la stoffa sotto la sua testa. E assieme a queste, lui, la sua immagine, quella che un tempo era l’immagine del suo migliore amico, che prima di uscire con qualche ragazza la consultava, le chiedeva come vestirsi, come comportarsi. Di solito veniva a sapere anche due giorni prima che aveva intenzione di baciare la fortunata di turno, e come ne era entusiasta. Ma questa volta, questa volta perché no? Cos’era successo, cos’era cambiato fra loro due? E lì, nel buio conciliante d’idee e di lacrime una certezza si fece spazio nella sua mente. Lei lo amava.

 

 

Rieccomi con il terzo capitolo, più triste e struggente che mai. Spero di non esservi sembrata troppo esagerata, ma volevo ben spiegare i sentimenti, come si sentiva Kari. Lo so che non vi aspettavate una reazione di questo genere, ma lei era già gelosa di Mizuki dall’inizio, figuratevi vederli baciare. Comunque me lo immagino molto bene il bacio, con lui che si appoggia al muro….*ç* troppo carino… koff koff (riprenditi Martina)… comunque dicevo… e anche Kari accovacciata sulle gambe che piange e che d’un tratto sbarra gli occhi… poverina. Voi neppure potete immaginarvi che fatica e che dolore avevo mentre descrivevo la scena del bacio… una pugnalata al cuore. Ora volevo precisare una cosa del capitolo precedente che mi ha fatto notare HikariKanna (che voglio ringraziare per le recensioni che mi lascia sempre e perché mi fa notare certi errori): chi sono Keishi e Shinobu? Voi vi sarete chiesti? Dovete sapere che Keishi è un nome maschile giapponese (lo so, sono stranissimi, li ho presi da internet, ma sono veri), infatti nella mia mente contorta lui era un ex di Sora che è stato scaricato da quest’ultima, mentre Shinobu è un nome femminile(sempre strano e sempre ovviamente preso da internet), la quale era un’amica intima sempre di Sora(ovviamente tutto questo sempre nel mio cervello). Spero di essere stata chiara, e qualsiasi dubbio chiedete pure, io sono qui. Infine volevo ringraziare infinitamente tutti quelli che mi leggono e che seguono la mia storia, devo ammettere che sono coraggiosi, e anche a tutti quelli che recensiscono, malgrado non siano troppi, in particolare (scusate la ripetizione) HikariKanna, che spero continuerà a seguirmi e a recensire, visto che m’incoraggia tantissimo ciò che scrivi. Spero solo che dopo che avrai letto questo capitolo non mi vorrai uccidere. Vi lascio con la suspense tipica delle telenovele e (ammettiamolo) un po’ bastarda. Al prossimo capito

Honey.

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Capitolo 4
*** tu sei importante per me ***


tu sei impostante x me

Fuori il sole scaldava la temperatura, e faceva davvero caldo, finalmente direbbe qualcuno. Tantissimi, tra bimbi e ragazzi, passavano con borsoni più o meno grandi: probabilmente andavano tutti in piscina. Kari uscì dal bagno con ancora i capelli bagnati. Quella notte aveva fatto caldo, e anche lei e i suoi sogni avevano contribuito a surriscaldare l’aria. Non si ricordava molto, sapeva solo che la mattina si era svegliata in una pozza di sudore, e che aveva pensato molto. Per questo decise di concedersi una balla doccia, ma non prima di aver spalancato tutte le finestre. Si diresse verso la camera, e lì, in piedi, di fronte al letto, capì quanto quella notte era stata agitata. Il cuscino sembrava invecchiato in una notte sola da quanto era rugoso e rattrappito, e al centro del letto un ammasso di lenzuola erano la prova di quanto poco tranquilla quella notte fosse stata. Sospirò sommessamente ripensando a ciò che aveva deciso e prese senza tante scuse né gentilezza le lenzuola. Le mise nella lavatrice, ma proprio quando alzò gli occhi, si accorse che quella avrebbero dovuto aspettare: era rimasta senza detersivo. Sarebbe dovuta andare al super mercato quel giorno, ma il caldo non la invogliava affatto. Tornò in camera e dall’armadio estrasse le lenzuola pulite.  Intanto che rifaceva il letto rivisse mentalmente la notte precedente: dopo quel che a lei sembrava un’eternità era arrivata alla conclusione che non avrebbe fatto cenno a nessuno di quello che era successo il giorno, o meglio, la sera prima. Aveva deciso che non si sarebbe fatta compatire. Era pur sempre suo amico, e per lui doveva essere felice. Andò in cucina per fare il punto della situazione: a quanto pareva sarebbe tornata dal supermercato con non poche borse, praticamente aveva frigo e mensole vuoti. Sobbalzò quando sentì suonare il campanello. Era così assorta da avere certe reazioni? Aprì la porta ancora molto sorpresa e sfoggiò il suo miglior sorriso alla vista della sua amica

 

 

“ciao Sora” fu ciò che la ragazza sentì prima ancora di aver visto chi fosse stato a suonare il campanello

“Matt! Qual buon vento ti porta?” fu l’ironica risposta

“era un po’ che non ti vedevo, allora ho deciso di venirti a trovare” quel giorno tirava aria allegra “sai che sei cambiata molto da ieri sera?” disse il ragazzo non appena fu entrato voltandosi verso la ragazza ancora in pigiama “dì la verità, da quant’è che ti sei alzata?” lei sbuffò e si risedette per finire la sua colazione

“io non ho prove su prove, e il giorno che posso dormire mi piace prendermela comoda”

“vedo” Sora gli fece la linguaccia mentre lui scoppiava a ridere

 

 

“cos’è successo ieri sera?” la sua maschera, che aveva costruito tanto abilmente, non era fatta altro che di cartapesta, alla cui minima goccia d’acqua si scioglieva, e Yolei era un fiume in piena, ragion per cui non sarebbe mai e poi mai durato il suo trucco, non con lei. Era imbarazzante, non era riuscita a tenere l’inganno neppure per un minuto, era stata subito scoperta.

“vuoi entrare?” provò a divagare

“si” ma non appena fu dentro si voltò di scatto “con me non attacca,cos’è successo?”

“scusami eh, non per farmi i fatti tuoi, ma chi ti dice che sia successo qualcosa?” provò a scherzare, ma non funzionò: lo sguardo di Yolei le fece pensare di aver commesso un’enorme sbaglio a parlare così

“ho sentito Akinoru e mi ha detto che te ne sei scappata via!”Akinoru, ovvio, e chi altro se no?

“ok, ora ti racconto” anche perché non ho alternativa, pensò la minore

 

Da quando si era fidanzata con Tai aveva perso di vista Matt, e rifarsi viva non appena aveva lasciato il suo ragazzo, dando l’impressione di usarlo come rimpiazzo, le sembrava leggermente imbarazzante, ma per fortuna,  lui non la pensava allo stesso modo, accogliendola calorosamente. Era proprio vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno. Avevano ritrovato la schiettezza di sempre in poco tempo, e ben presto si trovarono ad essere sempre insieme. Nella settimana precedente al concerto passarono molto tempo assieme, ma gli ultimi due giorni erano praticamente inseparabili. Non che questo la infastidisse, ovviamente. Anzi, quando era in sua compagnia il tempo volava, e tutto si trasformava. Quando stava con Matt tutto era più semplice, ogni problema si risolveva facilmente, grazie anche al suo contributo, così semplice eppure così necessario per la ragazza. Quel giorno sarebbero andati alle prove insieme, e lì avrebbero  pranzato. Non si sentiva indispensabile, ma sapeva che l’agitazione dei componenti del gruppo lo contagiava, agitazione che non era normale per Matt. In quei momenti si trasformava, diventava irresponsabile al massimo, e se non aveva sempre qualcuno con se che gli ricordasse per filo e per segno cosa fare era la fine. Era di la che l’aspettava, e ormai da quand’era entrata in bagno erano passati 45 minuti, sufficiente  ripicca delle sue battute mattutine. Uscì pronta e preparata, ormai da 20 minuti, e lo guardò. Era ancora seduto sulla poltrona su cui si era buttato e faceva zapping. Non appena la vide uscire spense la tv e la guardò esasperato

“pensavo fossi affogata!”

“a dir la verità ero pronta già 20 minuti fa” Matt la guardò scioccato, poi scosse la testa alzandosi

“andiamo che è meglio”

 

 

Raccontò tutto all’amica, anche se sotto costrizione. Sorvolò su molti particolari e dettagli, ma ben presto cambiò argomento: come si era ripromessa, avrebbe accettato l’idea.

“posso… posso dirti una cosa?” era evidentemente in imbarazzo “io… io e Ken… ci siamo messi insieme!” fu l’euforica dichiarazione “mi ha portato sul ponte e mi ha detto che gli piacevo, che sperava di essere ricambiato. Io l’ho rassicurato dei miei sentimenti e dopo avermi sorriso mi ha baciata!” Kari non capiva più nulla, Yolei l’aveva stordita, ma era felicissima per lei, di questo ne era certa.

 

 

Il campanello risuonò un’ennesima volta, e quando non ricevette risposta si voltò per andarsene. Il ragazzo pensava di trovarla in casa, o almeno ci sperava. Scese il primo scalino quando vide salire colei che cercava, carica di borse da fare paura. Lei si bloccò sulle scale un attimo quando lo vide

“ti cercavo”

“ero al supermercato” si giustificò la ragazza. Si fece aiutare a portare dentro le borse

“mi spiace di accoglierti così, ma non aspettavo visite, e ho colto l’occasione per metter un po’ in ordine casa”

“tranquilla, ormai ci sono abituato al casino, con tuo fratello ci ho fatto il callo ormai”

“si, diciamo che è servito a qualcosa”

Tk e Kari. Finalmente insieme, finalmente uno di fronte all’altra

“sei sparita dalla circolazione?”

“no, perché?”

“non ti ho più vista”

“indaffarata” il ragazzo sorrise allegramente

“ieri sera è successa una cosa…” cominciò Tk

“devo preoccuparmi?” non sapeva perché, ma aveva deciso di attuare la tattica dell’indifferenza

“no no, semplicemente io e… e Mizuki ci…”tentennò il ragazzo mettendosi una mano dietro la testa. Evidentemente era in imbarazzo, il perché lo sapeva solo lui “ci siamo messi insieme” Tk la guardava in attesa di una reazione

“lo so” perché non era riuscita a controllarsi? Perché non aveva tenuto il gioco? Il biondo la guardò sorpreso “vi ho visti insieme, baciarvi, e ho intuito tutto” spiegò Kari. L’amico sbatté un paio di volte gli occhi

“e… quindi che ne pensi?”

“che non me ne può importare di meno” uno schiaffo avrebbe sortito lo stesso effetto

“co… come scusa?” domandò incredulo

“vuoi la mai opinione giusto? Bene, è ciò che penso, che non me ne importa nulla” Tk la guardò sbigottito, come poteva dirgli certe cose?! Certo, da lei ha sempre cercato la verità, ma mai così cruda. Non sapeva più cosa dire, cosa fare, era rimasto di stucco “scusa” finalmente si decise a dire la ragazza

“è… è vero? Intendo, ciò che pensi?”

“ha importanza?”

“si, lo sai che per me ha sempre importanza ciò che pensi e dici”

“e allora perché questa volta non me ne hai voluto parlare?” come mai usava quel tono maledettamente acido con il suo migliore amico?

“come scusa?” il ragazzo non riusciva a capire, il suo cervello era in standby

“le altre volte mi hai sempre raccontato tutto, come mai questa volta mi hai tenuta estranea ai fatti?” improvvisamente tutto gli fu chiaro, aveva capito cosa Kari intendesse, ma non sapeva darle una risposta, perché neppure lui sapeva perché si fosse comportato in quella maniera

“io… non so. Kari sul serio, non so come risponderti,non l’ho fatto per ripicca. Giuro che non era mia intenzione tenerti all’oscuro”era sincero, ma quelle scuse suonavano così finte, senza emozioni, quasi prefabbricate

“da quanto la conosci, se posso sapere?” chiese come per avanzare, andare oltre a quelle false scuse

“una settimana ormai, perché?” domandò incuriosito

“nulla… non è un po’ presto?”evidentemente Kari aveva deciso di far chiarezza in quella situazione

“scusa? Quindi… quindi tu ti saresti arrabbiata perché… perché la conosco da troppo poco tempo?”

“bhè, no, a dir la verità io sarei più arrabbiata perché sei venuto qui a gongolare della nuova conquista”esclamò appoggiando una mano sul fianco guardandolo in tono di sfida. Il ragazzo non rispose, la fissava incredulo. Non riusciva a credere alle sue orecchie, davvero credeva questo? Kari ne approfittò per rincarare la dose “hai oltrepassato la soglia e mi hai subito annunciato il tuo fidanzamento. Dimmi, quant’è che non ti fai più vedere? E cos’è la prima cosa che mi dici? Che ti sei fidanzato. Bene, mi fa piacere, sono contenta per te” sbottò la ragazza. Era uscito, tutto quello che pensava le era uscito di bocca, e con una foga spaventosa, non si era neppure accorta di ciò che faceva, ma Tk si, perché cambiò espressione

“ah, quindi sarei io che non mi sono fatto più vedere giusto? Mi pare che anche tu non sia stata poi così fremente di cercarmi, o sbaglio? Se proprio ci tieni a saperlo ieri sono passato sotto casa tua, ed è lì che ho deciso che sarei venuto a trovarti, il giorno dopo. Oggi. E a quanto pare, eccomi qui. E tu? Tu hai forse pensato a risolvere questa lontananza?”disse amaramente. Non ricevendo risposta voltò le spalle per andarsene, ma si ricordò subito di una cosa “a proposito, domani ci sarà il concerto di Matt, lui ti ha invitata, ha detto che se vuoi venire sei la ben venuta… a quanto pare non sono venuto qui solo per raccontarti di Mizuki…” detto questo fece per uscire definitivamente di scena, quando Kari lo fermò

“Tk…” sussurrò “io… ti prego, scusami” il ragazzo la guardò negli occhi, e notò una nota malinconica

“mettiamoci una pietra sopra, ok?” chiese appoggiando una mano sulla maniglia della porta. Lei annuì debolmente fissandolo, quando le sorrise debolmente e se ne andò, lasciandola sola in casa con i suoi pensieri. Perché aveva reagito così? Non si doveva farsi compatire dagli altri, ma non doveva litigare con il suo migliore amico. Tutte quelle cose, seppur vere, non doveva dirgliele. Non era la prima volta che litigavano, non sarebbe stata neppure l’ultima probabilmente, e il loro rapporto era fondato sulla fiducia e sulla lealtà, ma così esagerava. Magari, in un’alta situazione, non le avrebbe neppure pensate certe cose, ma in quel momento le sembravano così giuste, così vere…

 

 

“hai visto quanta gente?” chiese la rossa rivolta al ragazzo

“sorpresa?” domandò scettico

“bhè, devo ammettere che fa sempre uno stano effetto”

“già, pensa a quei poveracci che dovranno salire sul palco” scherzò ironico Matt

“agitato eh?”

“lo sai benissimo, non è come la prima volta, ma tranquilli non siamo mai”

Sora gli sorrise voltando lo sguardo al panorama che aveva davanti. La notte non era ancora calata, ma le luci cominciavano già ad accendersi. Matt  e Sora  erano appoggiati alla ringhiera a chiacchierare, e di fonte a loro si estendevano tantissime luci nella semioscurità

“Sora….” Questa si voltò di nuovo a guardarlo “io… grazie”

“ma per cosa?” chiese lei sorridendo

“di avermi sopportato in questi giorni” la ragazza avvampò vistosamente

“m-ma figurati, è - è stato un piacere”borbottò imbarazzata. Matt rise divertito

“sei carina quando balbetti, sai?” quell’affermazione non poté far altro che far diventare Sora ancora più rossa

“co-cosa? Hahaha, no dai, stai scherzando, vero?” rise forzatamente

“no, non stavo scherzando, non sono mai stato più serio” la ragazza sgranò gli occhi

“oh, bhè, anche tu sei carino stasera, ma” si affrettò a giustificarsi” non pensare che lo dico solo perché tu… sei carino sul serio…” tentennò ai limiti dell’imbarazzo. Matt rise ancora divertito, poi le prese la mano, guardandola negli occhi

“io… Sora, non so come dirtelo” anche il ragazzo sembrava in difficoltà, ma Sora non tentò di aiutarlo, era immobile, non riusciva a muoversi “io…in questi giorni ti sono stato molto vicino” Sora continuava a fissarlo incredula,  e Matt non distoglieva lo sguardo da quello della ragazza “e… ho.. penso di non riuscire più ad immaginarti come semplice  amica” quelle furono le parole magiche che fecero scattare Sora

“Matt” lo interruppe “anche.. anche.. o cielo, perche è così difficile?” esclamò gettando gli occhi al cielo, la  stretta sulla mano non accennava a diminuire “anche.. anche io ho pensato la stessa cosa” si bloccò di botto quando lo vide sorridere

“non so perché ho voluto dirtelo proprio ora, ma a quanto pare non ho sbagliato”lei sorrise abbassando lo sguardo, ma rialzandolo di colpo non appena sentì Matt avvicinarsi di un passo a lei. Sora non sorrideva più,  lo fissava negli occhi, e intanto la distanza fra loro due diminuiva

“Matt andiamo, è l’ora!” fu una voce  a rompere l’incanto. Sora abbassò velocemente lo sguardo imbarazzatissima liberandosi dalla presa di Matt, il quale si passò la lingua sulle labbra, come per assaporare la preda tanto attesa e fuggita all’ultimo momento. Sorridendo si voltò verso il ragazzo

“eccomi, arrivo”poi guardando Sora le comunicò “ci vediamo dopo” e sparì dietro una porta per ricomparire pochi minuti dopo sul palco.  Aveva la stessa grinta di sempre, ma qualcosa era cambiato nel ragazzo, o forse era solo un’impressione della rossa accalcata fra le fan inferocite. Chissà, magari si stava immaginando tutto a  causa dell’euforia, in fondo loro due si erano dichiarati, più o meno, ma l’idea di rincontrarlo dopo la terrorizzava. Cosa si sarebbero detti? Cosa avrebbero fatto? Le canzoni si susseguivano, una dietro l’altra, finché anche l’ultima nota riecheggiò sovrastata dalle urla. E così anche quel concerto era terminato. La ragazza si diresse verso le quinte con il cuore che batteva all’impazzata. Rimase fuori dieci minuti, giusto il tempo di lasciare loro il tempo di mettere via gli strumenti. Quando varcò la soglia si trovò un gran numero di persone davanti. Sora si avvicinò, per quanto poteva ad un componente della band, il quale le indicò prontamente un’alta porta. Uscì su un palchetto all’esterno. La notte  aveva portato con se un leggero vento che le scompigliò i capelli. Matt non si voltò, neppure quando Sora aprì bocca

“pensavo di trovarti fra le tue fan” gli comunicò accostandosi al biondo. Un sorriso beffardo spuntò sul suo viso

“dovresti sapere che non adoro il caos” si voltò a guardarla negli occhi. Ma il sorriso beffardo si era trasformato, ora era più dolce. “noi avevamo un discorso in sospeso, no?” Sora rispose del sorriso guardandolo anch’essa. Quella situazione le sembrava familiare: loro due che si fissano, la distanza che diminuiva lentamente, finché, tutto d’un tatto, il copione cambiò. Matt le mise una mano dietro al collo e l’attirò a se. Le loro labbra diventarono un tutt’uno. Il ragazzo la strinse un po’ di più, per sentire le sue labbra frasche ancora più a contatto con le proprie, quasi fameliche. La pressione diminuì lentamente, per far si che i due ragazzi si scostarono. Matt la fissava  in attesa di una reazione, che non tardò ad arrivare. Dopo un primo, imbarazzante, secondo di silenzio Sora esordì

“fossero tutti così i discorsi…”. Matt la guardava interrogativo con un sorriso velato sulle labbra. Anche Sora sorrideva, ma non appena vide l’espressione di Matt sgranò gli occhi “non dirmi che l’ho detto sul serio, ti prego non dirmi che l’ho fatto davvero…”disse coprendosi la bocca con le mani. Matt scoppiò a ridere, seguito da un lamento della ragazza, la quale tentò di andarsene. Il biondo la prese per un braccio e la strinse a se. Fra le sue braccia Sora si convinse a non scappare più, in fondo la gaffe l’aveva già fatta. Ma come aveva potuto dirlo sul serio? Lei credeva di averlo solo pensato, e invece… tutte a lei dovevano capitare? In compenso in quell’istante preciso si trovava tra le braccia di Matt, e questo le bastava per consolarsi, eccome se le bastava.

 

 

Si voltò per l’ennesima volta nella stessa direzione, la solita in cui da ormai più di due ore guardava. Kari sospirò per girare i tacchi e andarsene, non ne poteva più di quella situazione. Ma chi l’aveva costretta? Passò accanto a Tk e Mizuki, che da quando erano lì non si erano mollati un secondo. I due non si accorsero minimamente della ragazza, in fondo erano occupati a coccolarsi, accarezzarsi e sbaciucchiarsi a vicenda, ciò che facevano dall’inizio del concerto. Concerto che Kari non si era goduta per niente, e non l’aveva neppure seguito per di più. Non poteva far altro che fissarli, fissarli e maledirli. Erano in un luogo pubblico, per la miseria, un po’ di contegno! Ma perchè aveva deciso di venire? Ah, già, per Matt. In fondo lui non centrava niente. E per Tk. Per farsi perdonare probabilmente, perché dopo la litigata che avevano avuto non si era data pace. Perché il pensiero di Tk arrabbiato con lei la torturava. Ma non era riuscita minimamente nel suo intento di riappacificazione, in quanto il suo amico non l’aveva degnata di uno sguardo da quando era arrivata. Aveva Mizuki con se, e quell’accantonamento non le piaceva un gran ché. Si inviò verso casa, ripensando ai bei momenti che erano stati, prima che Mizuki facesse capolino nella vita di Tk, e anche in quella di Kari, effettivamente. Sì, perché in fondo anche la sua, di vita, aveva cambiato. Ma, a differenza di Tk, in peggio.

 

 

Finalmente ce l’ho fatta, sono riuscita a finire anche questo capitolo. Scusatemi infinitamente se ho aspettato così tanto, ma avevo perso l’ispirazione. Devo confessarvi che ho anche pensato di non continuare la storia, di eliminarla. Poi, per fortuna, tutto è tornato a posto, e devo ammettere che non è neppure venuto tanto male. Adoro il pezzo in cui litigano, mi è venuto di getto, e non appena l’ho riletto ho pensato - ma l’ho scritto io?-. Anche il bacio è venuto bene, adoro la dolcezza di Matt. Non aspettavo altro che scriverlo. Alla povera Kari ne capitano proprio di tutte, ma vedrete che prima o poi si risolverà tutto. Come al solito ringrazio tutti i lettori che leggono, e anche chi mi segue:

 HikariKanna:hai ragione a dire che Kari capisce in fretta, ma dopo una reazione del genere ci sono poche spiegazioni. Anche secondo me Matt è da sposare, e oltretutto il pezzo in cui cucina lo adoro. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto

 valkiria: innanzitutto la fic dovrebbe durare più o meno sette capitoli. Hai ragione, Mizuki è abbastanza importante, mentre Akinoru non centra nulla. Grazie per i complimenti.

mi scuso ancora per l’attesa. Baci

Honey

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Capitolo 5
*** gioia,tristezza e poi il dolore ***


gioia, tristezza e poi il dolore

La porta si aprì, e quando l’inquilino della casa vide l’ospite sul pianerottolo le rigorose pacche sulla spalle furono d’obbligo.

“Tai!! Finalmente ti rifai vivo?”

“ciao Matt, come stai?”

“bene, entra, dobbiamo parlare, sei sparito dalla circolazione”

“si, ma ora sono tornato”

“quindi è inutile chiederti se hai novità, sei stato tutti i giorni in casa…”

“non è vero” lo sguardo dell’amico lo fece ritrattare “bhè, diciamo che ho avuto un po’ di tempo per pensare!”

“e i tuoi ragazzi? Li hai abbandonati?”

“mai! Non potrei, e poi loro non me lo perdonerebbero”

“diciamo che non te lo permetterebbero!” disse sorridendo il biondo

“mi verrebbero a prendere a casa in effetti. E tu hai novità?” Matt sospirò, pronto per la verità, quella che era giusto Tai sapesse

“ehm, a dir la verità sì. Tai, vedi, Sora… ed io…” il moro alzò una mano per fermarlo, lasciandolo di stucco

“lo so, già lo so, tranquillo.” L’amico lo guardò interrogativo

“Sora?” Tai annuì con un leggero sorriso sulle labbra, un sorriso sincero “quindi le hai parlato?!”

“prima o poi l’avrei dovuto fare, ci è rimasta male per il mio rifiuto iniziale”

“no, aspetta, non correre, e tu?” chiese capendo poco di ciò che l’amico stava dicendo

“intendi come l’ho presa? Bene, non vedi? Cosa ti aspettavi, una scenata, o peggio, che fossi venuto a picchiarti?”

“non ce l’hai con me?” chiese sempre più scettico

“ti ho detto di no!! ma la volete smettere di disegnarmi come un violento pericoloso?” allo sguardo interrogativo di Matt, Tai si fece più chiaro “anche Sora mi ha chiesto di non prendermela con te”

“bhè, ci aspettavamo che te la prendessi con almeno uno dei due…” ma perché Matt doveva essere così ottuso? Non poteva accettare l’idea che Tai non ce l’avesse con nessuno?

“no, stranamente quando Sora mi ha detto che vi siete messi insieme sono stato felice per voi due. Ho capito molto in questi giorni: che Sora non mi amava, e che quindi era giusto lasciarla andare. Ho capito che fra voi c’era feeling, ed era impossibile dividervi. Ho capito che la vita continua, ed è giusto che Sora sia felice. Lo so che ti sembrerà strano, ma sono contento che stia con te.”

“dici sul serio?”

“si, perché ti conosco, e so che non faresti nulla per farla soffrire… e se succedesse so dove abiti!” lo guardò di sottecchi

“ah, ecco, mi sembrava”

“so che ci tieni davvero a lei, e anche se non funzionasse tu continueresti a volerle bene come prima, non le negheresti la tua amicizia”

“Tai, che cerchi di portare sfortuna?” chiese scherzoso

“lei ha bisogno di te” continuò “e una relazione finita non le impedisce di volerti bene”

“guarda che lo stesso discorso vale per te, anche a te tiene” fece notare

“si, ma è differente, fidati” Matt lo guardò sorridente, più tranquillo di prima

“forza, ora lo sai vero che dovrai raccontarmi tutto?” chiese sgomitandolo

“cosa? E perché mai dovrei, tu l’hai forse fatto con me?” Tai gli saltò addosso e cominciò una guerra scherzosa fatta di cazzotti, spintoni e affetto

“è dolce con te?” chiese Tai ad un certo punto

“davvero vuoi parlarne?”

“ti ho detto di si, siete miei amici, ora non la vedo più come la mia ex, te l’ho detto, le ho anche parlato!”

“puoi fermarmi quando vuoi…”

“PARLA! Allora, è dolce o no?” si spazientì

“no, per niente! È sempre il solito maschiaccio!” confessò senza paura “no dai, è anche dolce, ma l’ho sempre saputo che ha un doppio lato, non mi stupisce più di tanto”

“si, diciamo che è particolare”

“bhè, allora avevate qualcosa in comune” disse ridendo pronto già a scappare nel caso Tai avesse reagito, cosa che poi fece. La lotta ricominciò, questa volta con più foga di prima. Tanto tutti e due sapevano che da quel gioco sarebbero usciti solo con qualche livido in più, ma molto più uniti di prima

 

 

Parcheggiò la macchina sotto casa di Sora, scese ed entrò nel cancello di casa Takenouchi.  Bussò tranquillo alla porta. Vide la signora Takenouchi aprire

“salve, c’è sua figlia in casa?” chiese con la sua solita educazione

“certo Tai, entra pure, la faccio venire” sentì la madre chiamare a squarcia gola la ragazza, annunciandole una visita per lei. Tai si distrasse guardandosi in giro, era un pezzo che non entrava in quella casa. Alzò il viso proprio mentre Sora arrivava. Lo guardò un po’ perplessa, indecisa sul da farsi. Tai le sorrise, l’unico segno che la rossa aspettava. Gli si buttò fra le braccia, felice, euforica. Contenta di aver finalmente ritrovato il suo amico, quell’infanzia rubata, colui che le mancava. Lui la strinse, capendo cosa aveva perso, e cosa finalmente aveva ritrovato. Si guardarono negli occhi, e sorrisero, entrambi.

“oh, Tai, che bello rivederti!”

“guardate che non sono morto, smettetela di elogiare il mio “ritorno”!” il ghiaccio si era rotto, o probabilmente non si era mai creato

“ma tu sai fare un discorso serio una volta ogni tanto?” domandò

“perché dovrei? Dopo non avrei più la calca di ragazze che mi corrono dietro” e con questa frase si beccò un pugno su braccio

“smettila, stupido. Non sto scherzando, sono stata male quando mi evitavi, sai?” lo sgridò seria

“lo so, e mi dispiace, ma ora sono qui, per espiare le mie colpe. Sono pronto ad essere frustato!”

“stupido!” e si prese un altro pugno, questa volta più forte

“vieni in camera, così parliamo” si sedettero sul letto, continuando a scherzare

“davvero non ti sei arrabbiato con Matt?” Tai sbuffò, spazientito da quella situazione

“no, a dir la verità l’ho picchiato a sangue. Probabilmente ora starà imprecando verso di me!” disse serio

“sono felice!” esclamò ignorandolo

“perché?”

“non volevo che fra voi due si creasse una frattura per colpa mia” Tai la guardò serio, questa volta per davvero

“Sora posso chiederti una cosa? A patto però che tu mi risponda seriamente!”

“dimmi pure” la rossa si preoccupò di quel cambiamento repentino

“ti sei messa con Matt per rimpiazzarmi?” chiese

“Cosa? Ma come ti permetti? Io non farei mai nulla del genere, non ho bisogno di rimpiazzare nessuno io! E poi voglio davvero stare con Matt!! Come puoi pensare questo?” si infuriò alzandosi in piedi e urlandogli tutto il suo disprezzo contro. Tai le prese una mano e la costrinse a risedersi

“non volevo accusarti, te l’ho dovuto chiedere.” La ragazza si calmò, guardandolo intensamente “sono appena stato da lui, e abbiamo parlato” il tono con cui Tai parlava preoccupò leggermente Sora, che continuava ad ascoltarlo “abbiamo parlato di te, e di voi due. In tono scherzoso, è vero, ma ti assicuro, Sora credimi se ti dico che non ho mai visto Matt così. Aveva una luce diversa quando parlava di te, non mi sembrava più lo stesso” Tai le prese le mani fra le sue “Sora, lui ti ama davvero, per questo te l’ho dovuto chiedere, perche è giusto nei suoi confronti.  Voglio solo che voi due siate felici, e quindi mi sono voluto togliere tutti i dubbi. Ecco quanto” Sora gli saltò al collo, coprendosi il viso

“grazie, grazie infinite Tai, non so come ringraziarti, non… grazie”si discostò guardandolo sorridente “per fortuna sei tornato, non so come avrei fatto senza di te. ti voglio bene Tai” disse tornando fra le sue braccia. Il ragazzo la strinse a se “anche io Sora, anche io ti voglio bene”

 

 

Il sole era ormai basso sull’orizzonte. Kari passeggiava sovrappensiero per il parco, quando una voce la chiamò da lontano. Tk la salutava agitando un braccio per attirare la sua attenzione. La ragazza si avvicinò “ciao Tk, scusa non ti avevo visto. Non sei con Mizuki?”

“no, lei oggi è fuori città” non che questo la meravigliasse, se non fosse stato così probabilmente, anzi sicuramente, sarebbero stati insieme.  Si voltò verso il fiume che scorreva loro accanto

“alla fine poi non sei venuta al concerto?!” fu la voce del ragazzo a risvegliarla dalle sue riflessioni

“come?” chiese assente

“non sei venuta al concerto?” ripeté. Kari lo guardò perplessa

“si che c’ero, non mi hai vista?” poi si ricordò d’un tratto

“no, effettivamente non ti ho visto. Ma dici sul serio?”

“bhè, anche io cosa posso pretendere. Vi ero affianco, ma non mi avete degnato di un solo sguardo”

“perché -cosa posso pretendere-?” chiese il biondo. Ma possibile che debba essere così complicato?

“perché quando sei con Mizuki non degni pari nessuno”

“non è vero, non esagerare” si giustificò. Lo sguardo scettico della ragazza gli fece cambiare idea, anche se non lo ammise

“no, hai ragione, vi sono stata davanti tutto il tempo senza che mi vedeste, ma ovviamente sto esagerando” rispose acida. Tk la guardò preoccupato

“che hai? Sembri quasi… arrabbiata con me” Kari gli scoccò un’occhiataccia

“non è normale questa situazione” si scaldò “sei sempre insieme a lei, sembrate uniti da delle manette. Avete una vicinanza eccessiva”

“ma che per caso sei gelosa?” chiese allusivo. Kari, a quelle parole, esplose

“gelosa? Ma tu sei pazzo! Sei pazzo a continuare questa relazione morbosa, siete pazzi a non rendervi conto che prima o poi vi stuferete uno dell’altra, che non vi potrete più vedere, e che alla fine vi lascerete per esaurimento. Sei pazzo a credere che durerà, che sia amore vero. Sei pazzo a non vedere il futuro, così palese e, scusami tanto, anche reale. Sono pazza io a discutere con te, perché tanto difenderai a spada tratta la tua ragazza e il vostro enorme amore”

“non posso credere che tu pensi davvero questo” disse a bassa voce

“come avevo previsto ora negherai tutto proteggendola”

“certo, perché tu non sai nulla, nulla di noi. La tua è solo gelosia, avevo ragione. Non sopporti che ci sia un’altra ragazza nella mia vita oltre te” le parole di Yolei si fecero chiare nella mente di Kari “non sopporti che io voglia davvero stare con Mizuki, e probabilmente ti pesa pure il fatto che io la ragazza l’abbia trovata, a differenza tua. Forse hai addirittura paura di rimanere senza ragazzo, e senza i tuoi amici ti sentiresti sola!” la ragazza sbarrò gli occhi a quelle parole, non poteva credere di averle sentite provenire da lui. Tk la guardò allarmato “no Kari, non intendevo quello” provò a giustificarsi

“si invece che lo intendevi, non hai giustificazioni” si voltò per andarsene, ma lui la fermò per un braccio

“aspetta” Kari si voltò di scatto

“tu eri mio amico, sapevi le mie debolezze, sai per cosa sto male, e le usi contro di me. Questa si chiama infamia, e da te proprio non me l’aspettavo. Ti odio” e gli dette uno strattone voltandosi di nuovo. In quell’istante suonò il cellulare della ragazza. Lei si fermò per rispondere “mamma che vuoi!” stette un attimo ferma ad ascoltare cosa aveva da dire, poi chiuse la chiamata con gli occhi lucidi e una mano sulla bocca

“Tai. È morto!”

 

 

E con questa chiusura shock finisce anche il 5° capitolo. Devo essere sincera, all’inizio non era Tai a dover morire, ma la madre. Poi diversi dubbi mi hanno attanagliato, e per diverse settimane sono stata indecisa sul da farsi. Poi ho optato per questo finale, soprattutto perché nei prossimi capitoli mi sarebbe piaciuto mettere i pensieri, soprattutto degli amici. Come la prenderanno Sora e Matt, i quali si erano appena ricongiunti con l’amico? La morte del fratello comprometterà ancora di più il rapporto già logorato fra Kari e Tk? Bhè, non vi resta che continuare a seguirmi, sperando sempre che dopo questo exploit io abbia ancora qualche persona disposta a leggermi… comunque, passiamo alle recensioni:

ThiaguellaItaly :una nuova lettrice! Che bello, mi fa sempre piacere! Innanzitutto devo ringraziarti per i complimenti, mi fa piacere che la mia storia ti sia piaciuta. Spero solo che tu non mi abbandona dopo aver letto questo capitolo, perché se quello precedente ti ha intristito non oso pensare cosa ti possa fare questo. Riguardo all’anime anche io li ho sempre visti bene insieme, la seconda serie poi era il clou, poi purtroppo la rai ha deciso di condannarci. Purtroppo non è sempre così palese l’amore che si prova per qualcuno. Da occhi esterni è totalmente differente. Purtroppo io stravedo per il sorato, e, non avrei mai pensato, mi stò appassionando a scrivere anche di loro. È vero, Tai ha sempre avuto un debole per Sora, e all’inizio sembrava ricambiato, ma poi è subentrato il bel biondone. E chi gli resisterebbe, scusa? Comunque da questo capitolo puoi capire che Sora non vuole usare Matt.

 valkiria: davvero concitata la tua recensione!! Finalmente possiamo vedere la dolce e tenera Kari con un po’ di carattere, non come la disegnano di solito tutta dolce e innocua. Il mondo alle donne!! Scusate, ma lo SPACCA TUTTO di valkiria mi ha preso! Comunque, non c’è una vera e propria semi- dichiarazione, ma Kari fa leggermente intendere la sua gelosia, o no? noto che Mizuki non riscuote troppo successo, mentre al contrario, con mio grande piacere, Sora e Matt sono ben quotati. Che belli che sono assieme.

In conclusione: se volete sapere come andrà a finire non vi resta che seguirmi! Baci baci

Honey

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Capitolo 6
*** addio ***


addio

L’asfalto sotto di me cominciava a non essere più stabile. Il mio cuore pompava con tutta la forza che aveva, ma neppure quella bastava. Respiravo a fatica, cercando in quelle boccate d’aria bollente un aiuto. Volevo solo correre più veloce, più veloce, ma le gambe mi cedevano. Corsi su per le scale del mio appartamento. Mi fermai di fronte alla porta, affondando una mano nella borsa. Cercai disperata le chiavi di casa, ma dove diavolo erano! Maledizione, e io come ci sarei andata all’ospedale senza chiavi della macchina? E se non aprivo quella maledettissima porta come… una mano mi trascinò via di lì, accompagnandomi giù per le scale. Allora non era un’impressione mia, avevo sentito qualcuno parlare dietro di me, ma chi diavolo… la portiera si chiuse con un botto, e l’auto partì a tutta velocità. Tk guidava come un pazzo. Aspetta, perché Tk mi aveva messo nella sua auto? Le luci dei lampioni scorrevano sul cofano della macchina con una velocità impressionante una dietro l’altra, le curve mi sbalzavano da una parte all’altra, ma non cercavo neppure di reggermi. Ma perché poi stavamo correndo? In fondo Tai era già morto, ormai era troppo tardi… morto… Tai… non potevo credere che fosse vero, non riuscivo ad avvicinare quelle due parole, una così amata, l’altra così maledettamente odiata. Non era vero, non poteva. Era uno scherzo, non poteva essere altro che uno stupidissimo scherzo giocato dai miei genitori. Non riuscivo a convincere neppure me stessa dell’idiozia di quella frase, ma ormai a cos’altro potevo aggrapparmi? Non lasciai neppure il tempo che la macchina si fermasse, scesi al volo dirigendomi verso l’entrata. Al bancone una ragazza mi guardò preoccupata, in attesa di sapere il nome della persona che stavo cercando.

“Tai. Kamiya Tai” lei cercò velocemente sul monitor del computer che aveva davanti

“stanza 572, terzo piano. Signorina, ma lei è una parente?” non le risposi neppure, d’altronde non mi avrebbe sentito, ero già a metà corridoio. Dev’essere stata un’infermiera nuova, inesperta, perché se fosse stata anziana avrebbe saputo che prima di tutto bisognava porre la domanda sulla parentela. Terzo piano, stanza… che numero aveva detto? Non ebbi problemi a trovarla, riconobbi le persone. Il primo che vidi fu Matt. Ma cosa ci faceva lui qui? Chi l’aveva avvertito? Era con lui che Tk aveva parlato al telefono? Non lo avevo mai visto così. Dietro di lui mia madre piangeva sulla spalla di mio padre, che la accarezzava dolcemente. Era un pezzo che non avevano più contatti. Tai sei riuscito a farli riavvicinare, sei felice? Mi bloccai di botto quando vidi Matt avvicinarsi a me. Scossi la testa varie volte, come per convincermi che non era vero, non era possibile. Non appena vidi le sue braccia avvicinarsi a me…non ero mai stata così tanto vicina al fratello maggiore del mio ex amico. Tai, ti rendi conto di quante cose stai cambiando? Proprio tu che odiavi i cambiamenti. Cercai di trattenere le lacrime per non bagnargli la maglietta, ma poi non ce la feci più, e me ne fregai. Mi lasciò andare non appena sentimmo una voce chiamarmi. Mi voltai correndole incontro

“oh, Sora” notai che Tk era già arrivato, ma restava a debita distanza. Non appena incontrò il mio sguardo si staccò dalla parete alla quale era appoggiato per poi sparire dalla mia visuale.

Faceva freddo quel giorno, e un soffio di aria gelida sferzò l’aria, costringendo i presenti a stringersi di più nei propri cappotti. Mi voltai indietro, sentendomi chiamare. Vidi una ragazza, sulla ventina, venirmi incontro. Buttai gli occhi al cielo esasperata. Altre due persone, a me sconosciute, mi fecero tornare al presente. mi allungarono la mano, o mi abbracciarono, facendomi le condoglianze. Capivo che lo facevano, come tutti gli altri, per farsi sentire vicini, ma non capivano che l’ultima cosa che cerca chi ha perso qualcuno, è trovarsi sempre circondati da persone che cercano di farti capire quanto anche loro siano dispiaciute, cosa che in certi momenti è impensabile. La ragazza che mi aveva chiamato prima, mia cugina, mi portò via, e per quella volta le fui davvero grata.

Mi avvicinai a mamma e papà. Non appena si accorsero della mia presenza mi rivolsero tutta l’attenzione. Da quando ero arrivata non mi avevano degnato, ma non glielo avrei mai e poi mai fatto notare, sarei stata troppo meschina, e inoltre neppure io ero nella condizione di chiacchierare con i miei genitori, apparentemente più uniti. Apparentemente, è questo il problema, chissà cosa sarebbe successo dopo.

“voglio vederlo!” mamma nascose nuovamente il viso sulla spalla di mio padre, lui le mise una mano sulla testa, pronto a spiegarmi dove fosse il problema, come quando ero piccola. Si, perché c’era un qualche problema, se no non mi avrebbe  mai guardato in quella maniera. Sentì qualcuno dietro di me, mi voltai, Sora mi guardava con gli occhi lucidi, e un velo di preoccupazione sul viso

“sei sicura di voler entrare da sola?” io annui lievemente, ma evidentemente abbastanza sicura, perché la convinsi subito.  Mio padre ricatturò la mia attenzione parlando

“Kari, non è proprio il caso, potrebbe essere un duro colpo per te, sappiamo quanto eri legata a tuo fratello, e…” i singhiozzi di mia madre bloccarono le parole che suo marito stava per dirmi

“Tai…” mugugno

“ha avuto un brutto impatto, ho paura che la sua vista…”

“voglio entrare, a costo poi di stare male, ma voglio vedere mio fratello, adesso!” puntai i piedi. Lui capì al volo, perché abbassò lo sguardo e si avvicinò, con mia madre, a un medico poco distante che si stava avvicinando. Appoggiai la mano sulla maniglia di quella stanza d’ospedale, pronta per l’ultimo saluto a mio fratello

Mi voltai dopo tanto tempo, troppo evidentemente. Rimasi allibita dalla quantità di gente che affollava la chiesa. C’erano delle persone in piedi, probabilmente anche fuori dalla porta. Ma da dove spuntavano tutte? Davvero Tai le conosceva? O forse erano loro che lo conoscevano? I ragazzi, i suoi ragazzi, occupavano cinque o sei panche. Poverini, l’avevano presa davvero male la perdita del loro adorato allenatore. Alcuni avevano anche deciso di ritirarsi. Che ingiustizia, Tai non l’avrebbe mai voluto, era nato per insegnare a giocare a calcio, e sapere che qualcuno voleva mollare per lui… sarebbe andato su tutte le furie. Mi sentivo gli occhi gonfi per le troppe lacrime, ma nonostante tutto eccole di nuovo. Mi alzai di scatto, seguendo ciò che anche gli altri facevano. Non mi ero accorta di ciò che stava succedendo, ma quando mia madre mi sospinse capii che dovevamo uscire. Passai accanto a quella bara di legno, in cui era stato chiuso mio fratello… il mio fratellone premuroso, che d’ora in avanti mi potrà proteggere solo psicologicamente. Accarezzai quel pezzo di legno, consapevole che non era come toccare la sua pelle. Mi allontanai a passo spedito, seguita a ruota dai presenti.

Il suono della serratura chiuse fuori tutti i rumori. La penombra nella stanza era accompagnata da quel silenzio, così inquietante, così irreale. Mi avvicinai al letto in mezzo alla stanza. Lo riconobbi, nonostante avesse il suo bellissimo viso rovinato. Il sangue gli copriva parte della guancia destra, un taglio netto sulla fronte. Gli accarezzai la guancia non insanguinata, passando lievemente le dita sul taglio in fronte, mi soffermai sugli occhi. Quei bellissimi occhi castani che si ritrovava, intensi, allegri, sempre pieni di vita… vita… quegli occhi che non avrei più potuto vedere, quegli occhi che non mi avrebbero più potuto sorridere, che non mi avrebbero più guardato tanto gelosamente… cominciai a singhiozzare sempre più forte, il silenzio rotto soltanto da me. Mi voltai e corsi fuori, sbattendo la porta dietro di me. Urtai contro qualcuno, ma chi fosse non lo so. Aria, ecco cosa cercavo, aria, per respirare, respirare. Mi spinsi contro la ringhiera del terrazzo adibito per chi doveva permanere e aveva bisogno di uscire. Non mi trattenni più, piangendo sommessamente, interrotta solo dai singhiozzi che mi facevano sussultare. Ero fuori, all’aria, ma malgrado questo non era migliorato nulla, non respiravo. Alzi gli occhi umidi al cielo, cercando il suo viso.

Il corteo che accompagnava il funerale procedeva lentamente, io dietro a mamma e papà. Nei due giorni che avevano preceduto il funerale non si erano lasciati un secondo. Non sapevo se esserne felice o meno. I miei amici, tutti quanti i digiprescelti avanzavano dietro di me, lasciandomi lo spazio desiderato. Continuavo a sentirli, Sora più che mai. I singhiozzi di un’amica, di un’ex, di colei che avrebbe dato la vita per Tai. Non avevo mai cercato di consolarla, sapevo io quanto lei che non sarebbe servito a nulla. Abbiamo pianto insieme, ma non ci siamo mai consolate a vicenda.

si sedette accanto a me, senza cercare un contatto. La guardai negli occhi

“secondo me avresti bisogno di Tk” cercò di aiutarmi. Un ghigno si disegno sul mio viso, ma non le risposi. Ci abbracciammo, in cerca di un conforto comune, che però non arrivò

Ero riuscita a nascondermi in mezzo alla folla per scappare da mia cugina. Non la sopportavo più, non che l’abbia mai fatto, ma in questi giorni era davvero appiccicosa con i suoi consigli sulla vita

“ora ti guarderà dal cielo, hai una stella in più che brilla per te” aveva continuato a ripetermi, come se l’idea potesse aiutarmi. In più non mi mollava un secondo solo, pure al bagno mi seguiva. Per fortuna ero riuscita a mimetizzarmi tra la gente. Inspirai a fondo per cercare un po’ di pace. Per non so quale motivo mi venne in mente Matt, che il giorni prima mi aveva parlato. Ci eravamo avvicinati parecchio negli ultimi tempi, e la cosa mi faceva uno strano effetto, probabilmente per il fatto che, al contrario, c’era stato un brusco allontanamento dal fratello. Riaprì gli occhi appena in tempo per vedere una bionda avvicinarsi a me. Riconobbi mia cugina, e svincolai il più in fretta possibile, così che non potesse vedermi. Mi diressi verso l’uscita del cimitero, avrei aspettato i miei genitori alla macchina. Da lontano vidi una figura appoggiata al cancello. Solo quando fui più vicina capii che si trattava di Takeru, ma, volendolo evitare, abbassai la testa. Il mio intento però non valse a nulla, in quanto, passandogli accanto, mi disse

“Kari mi dispiace”. Io mi fermai accanto a lui alzando il viso. L’unico sguardo che potevo, ma soprattutto riuscivo a rivolgergli, era di commiserazione.

“ciò che è accaduto a Tai non cambia nulla  fra di noi, mi hai ferito, e non me lo scordo!” seppi soltanto dirgli, prima di andarmene

Una settimana dopo il funerale ricevetti una visita, ma quel che più mi sorprese era chi fosse venuto: Matt e Tk mi rivolsero un sorriso quando aprì la porta. Non parlammo molto, o almeno così fu tra me e il minore dei due, mentre con l’altro fratello non ci furono problemi, come d’altronde non ce n’erano da una settimana o poco più a questa parte. Non accennammo mai a mio fratello, probabilmente loro avevano paura di una mia reazione strana, o non so cos’altro, ma effettivamente mi sentivo bene, o almeno quanto ci si può sentire bene dopo che ti è morto il fratello. Forse erano state tutte le lacrime versate, o forse la vicinanza di tutti i miei amici, o più probabilmente era merito delle mie numerose visite alla sua tomba, fatto sta che seppur ogni tanto piangevo, riuscivo a controllarmi, e soprattutto non apparire come uno zombie vagante. Per me tutto questo era un gran traguardo, visto l’enorme legame che c’era tra noi due, ma ciò che mi faceva stare meglio era sognare quasi tutte le notti Tai, ed era bellissimo, come lo ricordavo, e stava bene, parlavamo e vivevamo ignari, e quando mi svegliavo sentivo dentro di me una bellissima sensazione, cioè che non mi avrebbe mai e poi mai abbandonato.

Scendemmo le scale in silenzio, mio fratello apriva la strada. Il primo a parlare fu lui, non appena scendemmo in strada

“l’ho vista bene” esclamò soddisfatto. Io ovviamente non ero per nulla d’accordo

“io no” sussurrai alzando gli occhi al cielo. Con la coda dell’occhio lo vidi che mi fissava, ma non disse nulla, e la cosa mi preoccupava non poco. Finalmente, dopo qualche secondo, mi chiese spiegazioni

“io l’ho vista sempre uguale, non è dimagrita ne strana, altre persone avrebbero reagito diversamente alla morte del proprio fratello, che so, comportandosi stranamente o chissà cosa” lo guardai sorridendo

“ti aspettavi di trovarla senza capelli o con dei strani tic?” chiesi ironico

“no, ma non si sa mai come…” si bloccò quando mi vide scuotere la testa. In quell’istante sentì tutta la sua attenzione su di me, in attesa di una spiegazione, che non tardò ad arrivare

“gli occhi” dissi “sono spenti, non hanno più la stessa luce!”

 

 

 

 

 

E finalmente rieccomi, dopo più di un mese, e proprio per questo devo farvi le mie più sentite scuse. So che forse è stato anche un po’ meschino da parte mia far morire Tai e lasciarvi così per un così (a mio parere) lungo tempo, ma la scuola mi ha preso non poco. Sinceramente non mi convince un gran che questo capitolo, ma volevo scrivere la reazione vista dalla parte di Kari. Lo so, forse è un po’ troppo malinconico, ma che vi aspettavate? Comunque, per tornare alla storia, pensate che prima o poi Tk e Kari torneranno a fare pace? E come? Inoltre non dobbiamo scordarci di Mizuki, che effettivamente negli ultimi due capitoli è stata un po’ trascurata (non che a voi dispiaccia, immagino). Ovviamente non vi dirò nulla, l’unica è continuare a seguirmi. Spero solo di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo un po’ prima, ma passiamo alle recensioni

Hikari Yagami: sbaglio o qui c’è una nuova lettrice? Davvero la mia storia ti piace? Mi fa davvero piacere, ma purtroppo non posso avverare il tuo desiderio, sarebbe troppo fantastico. Certo è da dire che sei drastica: vorresti davvero far morire la povera (scherzo ovviamente) Mizuki? Ovviamente non spoilerò nulla, ma una bella fine non farà!!!! Non morirà ma…. Non resta che da leggere

ThiaguellaItaly: non pensavo potesse farti un effetto del genere, ma certamente il povero Tai non se lo meritava. Se devo essere sincera a me non è mai venuto in mente di scrivere una lettera a babbo Natale del genere, ma di certo è stata molto fantasiosa. Non credi di avere un po’ esagerato a descrivere i miei capitoli? “i periodi calzanti”… ne sono davvero lusingata, e mi fa piacere che la mia storia ti piaccia a questo punto, spero che questo capitolo non ti abbia delusa. In più devo ammettere che sei molto perspicace: a parte la gelosia di Kari, che penso sia proprio palese, sei riuscita a cogliere un punto fondamentale: l’ultima ad aver visto Tai è stata Sora! Chissà  se anche lei lo noterà…. Non mi resta da salutarti, ma soprattutto da dirti una cosa: sono rimasta spiazzata di fronte a tutte quelle parolone che hai utilizzato per recensirmi, ma mi hanno fatto davvero piacere

 HikariKanna:pensavo mi avessi abbandonato!!!! Innanzitutto i due protagonisti da sbrogliare ne dovranno passare ancora un po’, ma tranquilla, tutto si risolverà, e neppure fra tanto tempo…. Non so come mai, ma Kari è una ragazza comune: spesso rispecchia molti caratteri, ed evidentemente ha preso anche te. infine ti devo delle spiegazioni: perché hai ucciso Tai, tu mi domandi? Bhè, non c’è un motivo ben preciso, ma qualcuno, già dall’inizio, sapevo che sarebbe dovuto morire. Quando ho creato l’idea iniziale, chi moriva era la madre, poi col tempo ho cominciato a pensare anche a Tai, e fidati se ti dico che all’inizio il tutto era confuso, ma poi, tutto d’un tratto, ho deciso. Il perché doveva morire non l’ho mai capito, ma ho sempre pensato che ci doveva essere un funerale per “risvegliare” i protagonisti. Spero che come giustificazione ti soddisfi, e che nonostante tutto non mi odierai per ciò che ho fatto a Tai.

Infine volevo ringraziare ChibiRoby, lunakiss e valerinxa, che seguono la mia storia, e tutti i lettori che mi seguono. Non mi resta che augurarvi un buon Natale (anche se in ritardo di un giorni), ma soprattutto un felice anno nuovo! Bacioni

Honey

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Capitolo 7
*** la foto ***


la foto

Le campane della chiesa rintoccarono per la sesta volta. Kari guardò l’orologio per essere sicura dell’ora, non si era accorta di aver fatto così tardi al lavoro, ma proprio non aveva voglia di rincasare, mal che andava si sarebbe cotta qualcosa di surgelato. Cercando un po’ di refrigerio e soprattutto di pace, si diresse verso il parco dei bimbi. Il suo capo quel giorno era stato davvero insopportabile, ultimamente pretendeva troppo da lei, ma in generale da tutto lo staff, forse era agitato per il licenziamento di un suo collega. Si avvicinò alla ringhiera, appoggiando con i gomiti ad essa, lo sguardo perso. Gli ultimi tempi le erano andati discretamente bene, a giudicare obbiettivamente. Sapeva che non era tutto a posto, in primo luogo le mancava suo fratello più che mai, ma anche la presenza assente di Tk le pesava non poco, ma questo non l’avrebbe mai ammesso. Il lavoro la prendeva abbastanza, distraendola da tutti quei strani pensieri che le affollavano la mente quando non aveva nulla da fare. Purtroppo i suoi avevano ricominciato a litigare come prima, ma fortunatamente senza tirare mai in ballo Tai. Immersa com’era nei suoi pensieri non si accorse che qualcuno la stava chiamando. Quando fu abbastanza vicino Tk le passò una mano davanti al viso, per risvegliarla. La ragazza si destò all’istante, per poi voltarsi a guardare chi fosse

“ah, sei tu!” esclamò delusa

“già, sono io. Vorrei parlarti, hai due minuti?” chiese anche fin troppo gentile, data le reazione della mora ,la quale accettò la proposta mal volentieri. Si sedettero su una panchina poco distante, e il primo a prendere la parola fu il ragazzo, vedendo che Kari non aveva intenzione di proferir parola

“è un po’ che non ti vedo, come stai?” provò a rompere il ghiaccio, ma l’effetto non fu quello desiderato

“era questo che volevi dirmi?” domandò scettica

“ok! Kari, so che ti ho ferito quel giorno” cominciò

“perspicace!” sussurrò la ragazza

“Kari fammi parlare” l’ammonì

“dai, parla” lo incoraggiò, apparentemente più curiosa

“dicevo, so di averti ferito, e ti giuro che mi dispiace, ma…”le parole gli vennero a meno

“ti prego, non dirmi che hai delle giustificazioni per ciò che mi hai detto” disse chiudendo gli occhi, come per attutire il colpo

“sì, e mi piacerebbe che mi lasciassi parlare, se non ti dispiace” sbuffò esasperato “devi ammettere che non sei stata propriamente carina con me ad accusarmi in quella maniera” la ragazza sorrise beffardamente

“ok, ora quindi è colpa mia?” domandò stranamente calma

“no, io non ti sto dando nessuna colpa, capisco che nessuno dei due ci è andato leggero, ma tu dovresti prenderti le tue responsabilità” chiarì

“che cosa avrei detto per farti arrabbiare in quella maniera, allora?” chiese allusiva

“innanzitutto il discorso era subito cominciato con te un po’ nervosetta” cominciò ignorando il viso offeso di Kari “poi mi hai accusato di essere rincoglionito quando sono con Mizuki, infine l’hai attaccata ingiustamente” il viso della ragazza si infiammò all’istante, ma non attaccò, perché fermata prontamente dal biondo, che alzò le mani per fermarla subito

“non la sto difendendo, calmati!” solo a quelle parole tutto tornò un po’ più calmo. Tk abbassò la testa, aspettando qualche secondo per formulare la frase. Kari lo guardava in attesa, senza muovere un muscolo, poi, finalmente, tornò a guardarla

“quello che voglio dire, Kari”disse il suo nome come catturare tutta la sua attenzione su se stesso “è che tutto questo non ha senso, è accaduto tutto per una stupidaggine” si ribloccò, per poi riprendere subito “non è questo ciò che voglio che tu capisca. Kari, mi manca parlare con te come un tempo, dirti tutto quello che mi succede. In una parola mi manchi te” a quelle parole tutta la rabbia che attanagliava Kari si sciolse in un secondo. Si avvicinò tentennando, Tk, capendo ciò che voleva fare, la precedette, stringendola fra le sue braccia, e sentendo la ragazza ricambiare l’abbraccio, tirò un sospiro di sollievo. Non fu proprio una rimpatriata fra amici, certo non era facile riuscire a trovare la spontaneità di sempre, ma gli sforzi compiuti da entrambi dettero il loro risultato, tranquillizzandoli entrambi. Purtroppo però anche le cose belle sono destinate a finire, infatti, proprio quando cominciavano ad essere più affiatati, un cellulare squillò. Tk estrasse il telefonino dalla tasca e premette un tasto, per poi riporlo dove era prima. Kari era in attesa di un cenno, quando il ragazzo la guardò mortificata

“scusa, devo andare. ho un appuntamento con Mizuki, me l’ero proprio dimenticato” dicendo questo, però, notò il viso deluso ed amareggiato della ragazza. Purtroppo nei pensieri di Kari non si era risolto nulla, infatti credeva che, non essendo affatto cambiato, avrebbe sempre preferito la propria ragazza, anteponendola a lei. Ma sbagliava. Infatti, dopo essersi allontanato di qualche passo, si voltò richiamandola

“Kari! Vuoi che chiami Mizuki e le dica di rimandare l’appuntamento?” Kari rimase piacevolmente sorpresa da quell’offerta, ma decise di rifiutare, non voleva farsi odiare da qualcuno che non la conosceva neppure.

“ne sei sicura? Guarda che a me non dispiace passere del tempo con te, e poi Mizuki la posso vedere anche in altri momenti!” chiarì

“no, tranquillo, vai pure. Saremo poi noi ad organizzarci per una serata,ok?” chiese speranzosa

“certo!” la rassicurò, prima di abbracciarla, per poi sparire dietro l’angolo. Kari rimase ancora un po’ al parco, giusto per vedere il sole tramontare. Un sorriso si allargò sul viso, pensando all’offerta che le aveva appena fatto Tk. Infondo, era stato gentile a voler disdire l’appuntamento per rimanere con lei, ciò voleva dire che ci teneva, a discapito di ciò che pensava lei stessa. Lentamente s’incamminò, mentre l’ultimo raggio spariva dietro ai monti.

 

 

La serata non era delle più allettanti, pizza e un film, ma di sicuro Sora Takenouchi non la vedeva sotto questo punto di vista: la pizza non l’aveva pagata lei, il film era di suo gradimento e il divano era occupato da Matt Ishida, non poteva chiedere di più. Si richiuse la porta del bagno dietro le spalle, tornò al suo posto sul divano appoggiandosi al ragazzo, il quale le passò il braccio attorno alle spalle. Mezz’ora dopo spensero la televisione, Sora si alzò per estrarre il dvd e si risedette, con le gambe incrociate, rivolta verso Matt.

“sai, oggi è un mese che è morto Tai” cominciò

“sì, lo so, non l’ho scordato” fissò la ragazza, che aveva uno sguardo vacuo “che hai?”

“il giorno in cui se ne è andato, la prima volta cosa che ho pensato è stato: cavolo Sora, puoi ritenerti fortunata, sei stata l’ultima a vederlo vivo!”

“e te ne senti colpevole?!” non era una domanda

“no, lo so che chi l’ha ucciso è stato un autista impazzito, ma spesso, la notte, ripenso a quanto bastarda sia la vita; insomma, se non fosse venuto a casa mia non sarebbe stato in auto in quel momento” Matt scosse la testa

“il tuo discorso non ha senso Sora. Allora se fosse rimasto di più a casa mia o a casa tua avrebbe ritardato di un solo secondo evitando l’incidente, se voi non vi foste mai messi insieme non sarebbe dovuto venire a casa tua per parlarti. Se, se, se. Non puoi fare una storia di se quando tu non centri niente. Così è andata, lo chiamano destino” concluse

“destino meschino” specificò

“nessuno ha mai detto che non lo sia”

“tu dici bene, non ti senti la colpa addossata addosso” alzò la voce. Matt la guardò senza capire

“nessuno ti sta incolpando Sora” provò a tranquillizzarla

“si invece, io!” scoppiò, alzandosi in piedi “era il mio migliore amico, l’ho fatto soffrire due volte e quando viene a parlarmi per rendere la MIA vita ancora migliore annunciandomi che il suo rancore era scomparso, IO sono l’ultima persona a vederlo vivo, e probabilmente sono la causa indiretta della sua morte” quasi urlava, fu allora che Matt si alzò per avvicinarsi lei, ma Sora si allontanò, evitandolo.

“allora perché non l’hai trattenuto un po’ di più? Avresti evitato tutto questo” disse indicandola. Lo sguardo della ragazza diventò dapprima preoccupato, poi infuriato

“ora anche tu mi incolpi? Come diavolo facevo a sapere che sarebbe successo? Spiegamelo, spiegamelo!” gli urlò contro avvicinandosi pericolosamente, fino ad essergli a un palmo dal naso. Matt, dal canto suo, mantenne la sua incredibile calma

“semplice, non potevi saperlo. Come nessuno di noi d'altronde, men che meno Tai. E proprio per questo tu sei colpevole come noi di ciò che è successo”

“come voi?” domandò a sguardo basso non capendo

“ne più ne meno. Tu hai le stesse responsabilità che ha Kari, ad esempio”

“ma Kari non centra nulla!” ovviò

“appunto” ci fu un attimo di silenzio, nel quale la ragazza tornò a guardarlo, capendo cosa intendeva “Sora, stiamo litigando perché ti incolpi, te ne rendi conto?” in quel momento tutto fu chiaro, gli occhi le cominciarono a bruciare e si lasciò abbracciare, cominciando a prenderlo a pugni sul petto

“non è giusto, non è giusto! Rivoglio Tai, voglio che Tai torni qui da noi!” si sfogò

“sì, lo so, lo vogliamo tutti” disse Matt, poggiando la testa su quella della rossa. Rimasero così per un po’, finche Sora non alzò la testa, tirando su con il naso

“sono stata così meschina con te?” domandò guardandolo negli occhi

“un po’” lo sguardo di Sora diceva tutto

“mha…” Matt fu veloce a ritrattare

“avevi bisogno di sfogarti, non ti condannerò” abbozzò un sorriso. I due tornarono ad abbracciarsi, finche non fu ancora una volta la ragazza a rompere il silenzio

“chissà come sarò sembrata capricciosa”

“sei sembrata?” chiese sorridendo alludendo all’uso del passato nella frase. La ragazza gli arrivò un pugno, questa volta senza lacrime, e quindi più forte

“ahia! Scherzavo. Stai diventando manesca, sai?” disse massaggiandosi il punto dolorante

“è ciò che ti meriti per ciò che mi hai detto” si giustificò, avvicinandosi per baciarlo

“adesso vorresti pure che ti baciassi, dopo che mi hai picchiato?” Sora si avvicinò ancora di più

“non ti ho picchiato, esagerato! E poi approfittane, quando puoi” Matt la prese in braccio, la rossa lo avvolse con le gambe intorno alla vita

“ok, ne approfitto!” disse baciandola di sfuggita. Il biondo si diresse verso la camera da letto, per poi chiuderla, con Sora ancora avvinghiata a lui, con un piede.

 

Era passata una settimana da quando Kari e Tk si erano riappacificati, e si erano visti quasi tutti i giorni. Quella domenica Tk si svegliò di buon ora, per passare a prendere Mizuki in auto: avrebbero passato tutto il giorno insieme. La decisione era stata presa dopo che quest’ultima lo aveva accusato di abbandono. Tk non se la sentiva di controbattere, in quanto se avesse difeso l’amica riconquistata di recente avrebbe scatenato un putiferio. Così, per non darle ragione di cui preoccuparsi, le avrebbe concesso una giornata intera, tutta per loro due, e , per essere sicuro, il giorno dopo si sarebbero incontrati per una cena assieme a Kari, tanto per dimostrarle che tra loro non c’era nulla. Erano solo le otto e un quarto, Mizuki sarebbe stata pronta alle nove, più o meno, quindi decise di mettere un po’ in ordine il salotto. Cominciò da una scrivania, sulla quale erano addossati libri su libri. Li prese, per controllare cosa fossero, e rimetterli al loro posto. L’ultimo volume che gli capitò fra le mani fu un libro rilegato di cuoio, spesso e particolarmente peso. All’istante capì che era un album di fotografie che, a quanto ricordava, lo aveva usato per trovare delle foto da incorniciare. Si chinò per riporlo nel mobiletto dove teneva tutti gli album, ma l’impresa si rivelò più complicata del previsto: lo spazio era sempre quello, ma le foto aumentavano. Fu costretto ad estrarre un album più piccolo, ma da questo sfuggì una foto, che si infilò proprio sotto il divano. Ripose tutti i contenitori e si sdraiò per recuperare la foto. Quando fu tra le sue mani si rialzò, e vi buttò un occhio sopra: due bimbi, probabilmente avevano entrambi otto o nove anni, che sorridevano seduti su un ramo di un’enorme albero. Il ragazzo si sedette sul divano, osservando la foto che aveva tra le mani, il suo passato, ciò che era, o meglio, erano. Lui e Kari, uno accanto all’altra, così felici e spensierati, senza problemi per la testa, prima che Tai se ne andasse, prima ancora che ragazze gelose facessero scenate di gelosia, loro due, soli. I suoi occhi si soffermarono sulla ragazza. Già allora era carina, teneva i capelli corti. Osservandola meglio, un’immagine si fece strada nella sua mente: Kari a otto anni assomigliava in maniera straordinaria a Mizuki. Lo stesso taglio di capelli, lo stesso sguardo, lo stesso portamento. Una sola cosa era differente, le differenziava: il sorriso, quello che solo da una settimana era tornato a splendere come una volta sul volto della sua migliore amica. Lo squillo del suo cellulare lo risvegliò dalle sue riflessioni. Corse a rispondere

“ciao amore, io sono già pronta, se vuoi passare a prendermi…”

“s-si, arrivo” la salutò ancora un po’ confuso. Guardò la foto che aveva appoggiato sul tavolo, rimase qualche secondo immobile poi l’afferrò, aprì il suo portafoglio e la inserì in una tasca, afferrò le chiavi dell’auto e uscì di casa di corsa.

 

“in quel momento l’avrei ucciso volentieri. Innanzitutto aveva un’arroganza che faceva concorrenza alle mie compagne del liceo, e in più ha avuto anche il coraggio di andare a chiedere al capo che il posto fosse dato a lui. Ma sai cosa gli ha risposto, lo sai? – mi dispiace caro, ma ormai ho già deciso che il posto deve essere dato alla nostra Mizuki, le farei uno spregio a scavalcarla in questa maniera-, parole sue, giuro. E così io ho guardato quello stronzo di Yuro, ho girato i tacchi e me ne sono andata sorridendo, da vera signore, no?” non ricevendo risposta Mizuki si voltò a guardare Tk, che, come prevedeva, non l’ascoltava affatto. Gli sventolò una mano davanti agli occhi, e solo allora il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri “Tk! Hai sentito cosa ho detto?” chiese in tono accusativo

“sì, che te ne sei andata da vera signora” provò a rimediare. La ragazza accelerò il passo, concentrando lo sguardo sulle panchine non distanti da loro

“sei assente oggi, che ti è successo?” chiese senza un minimo interesse intanto che si sedeva. Tk si accomodò accanto a lei, poggiando il cestino del mangiare sul tavolo

“nulla, ero solo pensieroso”

“l’ho notato, ma cos’è che ti preoccupa tanto?” chiese. Tk non mosse un muscolo, rimanendo immobile, ma evidentemente attento “è successo qualcosa al lavoro?” provò ad indovinare, vedendo che lui non aveva intenzione di aprir bocca. Scosse la testa, rimanendo con gli occhi assenti “centra qualcosa Matt o roba del genere?” tentò un’altra volta, ma senza ricevere una risposta migliore della precedente. Mizuki cominciava a spazientirsi, ma il momento non le sembrava il più adatto a litigare, voleva passare un po’ di tempo con il suo ragazzo, avrebbe cercato di resistere il più possibile prima di urlargli dietro. Allungò una mano accarezzandogli il mento, costringendolo a guardarla. Rimasero così per un attimo “amore, cosa c’è? Perché non vuoi parlarmi?” tentò di addolcirlo. Finalmente il ragazzo parlò

“dai Mizuki, lascia stare, sono solo un po’ strano oggi, mangiamo che è meglio” disse alzandosi, sfuggendo alla sua presa

“sì, è meglio” borbottò alzandosi

 

La signora scostò nuovamente le tende, e, con sua enorme sorpresa, il ragazzo si trovava ancora lì fuori ad aspettare. Si era seduto sul muretto, guardò l’orologio poi la finestra sopra di lui. La donna sorrise, quel giovane aveva molta pazienza, era più di mezz’ora che si trovava lì sotto. Finalmente il portone si aprì, e una bellissima ragazza dai capelli corti uscì. “ha, la gioventù. Chissà come si amano” pensò intanto che lasciava cadere le tende, tornando a sedersi accanto al marito mezzo addormentato davanti alla tv.

 

“Mizuki giuro che ti ucciderei” esclamò Tk mentre saliva in auto

“uffa, ma perché hai così fretta?” chiese innocentemente

“perché ci staranno già aspettando” disse partendo

“ok ok, potrai dare la colpa a me, ma chi sono gli altri due, che non ho capito bene?”

“certo che darò la colpa a te” abbozzò un sorriso “gli altri due sono Miyako e Ken, te li ho già presentati. Sai l’amica di Kari?” spiegò

“ah, sì, ho capito, è simpatica, ma Kari c’è allora?” chiese innocentemente

“si che c’è, perché non dovrebbe?” si voltò a guardarla, arrestando la macchina al semaforo

“così, non mi hai più detto niente” disse allungandosi per baciarlo. Il viaggio durò altri dieci minuti, e quando arrivarono trovarono i tre ragazzi ad attenderli davanti alla porta del ristorante

“pensavamo ci aveste dato buca” fu Miyako a parlare, entrando

“scusate, è colpa mia” si giustificò la ragazza. Tk si diresse ad abbracciare Kari, poi Ken. Entrarono dentro e seguirono il cameriere che li accompagno al tavolo, lasciando loro dei menu

“allora, vi siete divertiti a far la scampagnata in montagna?” aprì il discorso Miya

“come fai a saperlo?” chiese Mizuki incuriosita. Uno sguardo fra l’interpellata e Kari chiarì tutto.

“allora, che ordinate voi?” chiese Ken per tranquillizzare la situazione

“ehm… io prenderei… un piatto di Tempura” si affrettò a dire Miyako “voi?” domandò guardando gli altri

“io prendo Miso e Tōfu” decise sicuro Ken

“ok, allora a me basta un piatto di Soba” disse Kari guardando gli ultimi due rimasti

“oh, Tk guarda, ci sono gli Onigiri, prendiamone un piatto insieme, ti va?” chiese speranzosa Mizuki guardandolo

“va bene, che vada per gli Onigiri” non fece in tempo a finire la frase che la ragazza gli saltò al collo ringraziandolo, stampandogli un bacio davanti agli sguardi attoniti dei presenti. Fortunatamente per gli altri arrivò il cameriere a prendere le ordinazioni. I ragazzi chiacchierarono del più e del meno, mangiarono e scherzarono, anche Kari e Mizuki sembravano andare d’accordo, quella serata si stava concludendo proprio bene. Verso le nove e mezzo decisero di uscire. Dopo molti tentativi Tk riuscì a convincere tutti gli altri a farsi offrire la cena, così si alzò prendendo il portafoglio, ma Mizuki lo precedette

“vado io tranquillo, resta pure seduto” disse prendendoglielo dalle mani e dirigendosi al bancone. Tk, dopo un primo momento di sorpresa si risedette, ma all’istante gli venne in mente una casa

“no, aspetta Mizuki!” si alzò di scatto, afferrò la giacca e si fiondò verso la proprio ragazza. Gli altri si scambiarono sguardi incuriositi, si alzarono prendendo a loro volta le borse e i copri spalla e seguirono gli altri. Arrivarono giusto in tempo per vedere la scena dall’inizio. Tk non fece in tempo a fermarla, Mizuki aprì il portafoglio per estrarre i soldi ma si bloccò di scatto. Rimase qualche secondo così, poi il biondo le strappò l’involucro dalle mani, allungò delle banconote al commesso, lasciandogli il resto. Mizuki non si era mossa di un millimetro, teneva ancora le mani a coppa, come se tenesse un portafoglio invisibile. Ad un tratto tutto le fu chiaro

“che cosa vuol dire scusa?” gli urlò contro. Tk la prese per le spalle, gettando uno sguardo fugace agli amici per incitarli ad uscire, e spinse la propria ragazza fuori dal locale

“tu ora devi spiegarmi, hai capito?” continuò furiosa quando ebbero raggiunto la strada opposta. Tutti i ragazzi la guardavano, non capendo cosa stava succedendo

“ma cosa è successo?” azzardò Miyako

“lui ha una foto di se e Kari insieme” sbraitò puntandogli un dito contro

“cosa?” domandò scioccata la diretta interessata. La situazione non si presentava delle migliori, così Ken e la sua ragazza optarono per andarsene

“sarebbe meglio che noi ce ne andiamo, così vi chiarite, ok?” senza neppure aspettare una risposta i due si dileguarono, lasciandoli soli. Mizuki si voltò, dando le spalle al ragazzo, e tentò di allontanarsi, a passo spedito, ma Tk la riacciuffò per un braccio

“o mi dai una spiegazione valida, o mi rivedrai a Capodanno, chiaro?” Kari in quel momento non sapeva cosa fare, voleva andarsene, ma la curiosità era troppa, e infondo centrava anche lei con quella storia, così decise di restare

“Mizu, non c’è bisogno che ti arrabbi così, mi sembra una reazione un tantino esagerata”

“e…” cominciò ad urlare, ma si bloccò all’istante, si guardò intorno, poi riprese, abbassando il tono di voce “esagerata?” il suo volto era contratto

“è una foto, nulla di più”

“se posso intromettermi, potrei sapere che di quale stai parlando?” provò ad intervenire Kari. Il biondo gliela mostrò, lasciandola di stucco “perché hai una foto di noi due da piccoli nel portafoglio?” domandò innocentemente, ma con un sorriso sulle labbra

“è quel che mi sto chiedendo anch’io” li interruppe Mizuki

“è una foto!” ripeté esasperato Tk

“eravamo appena tornati dal campeggio estivo, non è vero?” continuò tranquilla Kari. L’altra ragazza girò i tacchi e si incamminò verso casa

“no, aspetta Mizuki” provò a fermarla il ragazzo

“ne parliamo domani, ora sono stanca, vado a casa a piedi” lo liquidò senza neanche fermarsi. Tk si voltò a guardare Kari, che fissava ancora la foto

“ti accompagno a casa?” chiese. Lei annuì, restituendogli la foto. In macchina calò il silenzio, finche non fu la mora a parlare

“comunque te le cerchi”

“in che senso?”

“vai a dire ad una ragazza che ha una reazione esagerata quando è arrabbiata? Sei davvero suicida allora” spiegò

“però non avevo tutti i torti, giusto?” domandò sicuro

“questo non posso dirlo, solidarietà femminile”

“meschine. Comunque si, eravamo appena tornati dal campeggio” riprese il discorso

“già, a quanto ricordo avevi litigato con Matt, no?”

“sì, e sono corso da Tai piangendo, urlando che volevo fosse lui mio fratello” continuò sorridendo. Arrestò la macchina davanti a casa, ma nessuno dei due accennò a chiudere il discorso

“è vero! Correvi sempre da Tai quando litigavi con Matt” un ricordo amaro le offuscò gli occhi

“siete uguali tu e Mizuki” disse riportandola alla realtà

“come scusa?” Tk alzò il viso, guardandola

“ho detto che la somiglianza fra voi due è impressionante… c’è, quando tu eri piccola, intendo” si affretto a specificare

“davvero?” chiese spiazzata “e questo che cosa comporta?” continuò innocente

“nulla” si affrettò a rispondere il ragazzo

“no, cosa hai capito, non intendevo ora in questo momento che cosa comporta, io…” abbassò la testa, diventando bordeaux, come Tk, d’altronde “scendo, che è meglio” disse aprendo la portiera. Quando fu sul punto di richiuderla, il richiamo del ragazzo la bloccò

“fai una cosa, avverti Miyako che non è successo nulla, se no la curiosità la porterà a chiamarti alle tre di notte” avvertì con un sorriso sulle labbra. Anche Kari si mise a ridere

“d’accordo, lo farò, buonanotte” concluse

“buonanotte Kari” disse poco prima che chiudesse la portiera.

 

E rieccomi qui. Per vostra fortuna (spero) sono stata veloce questa volta. Ne ho approfittato durante le vacanze e i tre giorni che sono rimasta a casa con l’influenza. Allora, che ne dite? Vi piace questo capitolo? Non so se sembra a me, ma è diverso dai soliti. Finalmente rivediamo la coppia Miyako-Ken, ed anche Matt e Sora tornano fra noi, anche se per poco tempo. E in più troviamo Mizuki per metà capitolo, un record! Mi piace l’idea della cena fuori, anche se è stato un po’ azzardato far uscire due coppie con una sola single, non dite? Ora vi chiederete cosa sono quegli strani cibi che gli ho fatto ordinare, ebbene, dopo un paio di ricerche su internet, ecco cosa ho trovato:

*Miso 味噌: Zuppa a base di riso e soia, può essere servita con Tofu, oppure verdure, carne

* Tōfu 豆腐: Specie di formaggio derivante dalla soia. Non ha sapore in quanto lo prende dai cibi a cui si accompagna

* Soba 蕎麦: spaghetti di grano saraceno serviti freddi

* Tempura 天麩羅: verdura o pesce in una pastella molto leggera, fritti per immersione

*Onigiri お握り: involtini a base di riso e alghe crude, solitamente di forma triangolare. Possono essere di solo riso oppure ripieni di pesce o carne. Molto diffusa è la versione con all'interno l'umeboshi 梅干 una tipica prugna giapponese seccata con il sale, dal sapore aspro.

Premetto che questi sono i cibi di invitanti, gli altri mi mettevano un po’ ribrezzo, sinceramente. L’unica cosa che sono sicura sia buona è il Tōfu, che io adoro, anche se devo ammettere che il Sushi mi attira. Comunque, fatemi sapere che ve ne pare. Passiamo ora alle recensioni:

 lunakiss: mi piaceva mettere un po’ di Tai in ogni capitolo, come se fosse d’obbligo ricordarsi che c’è ancora, e anche qui è spesso presente. Immagino tu sarai contenta di sapere che Mizuki e Tk hanno litigavi vero? Bhè, voglio darti un avvertimento, preparati, perché il prossimo capitolo sarà davvero scoppiettante, non puoi immaginare che cosa ho in serbo per la nostra “adorata” Mizuki…

valkiria: bhè, se la Kari che è dentro di te ha queste reazioni io comincerei a preoccuparmi, dove trova dei banchi? Comunque, in questo capitolo un briciolo di Sorato c’è stato, e spero sia di tuo gradimento. Il drammatico che è in te si trova anche in me, e pure io dopo me ne pento, ma questa volta nessun dubbio si è smosso in me. Qualcosa fra i due succederà, tu tieni d’occhio il prossimo capitolo.

Hikari Yagami: com’è questo capitolo? Intrigante come i precedenti? Vedo che tutte siete ansiose che fra i due succeda qualcosa, ma dovrete aspettare, almeno un altro capitolo. Oggi mi diverto troppo a stuzzicarvi, ma l’idea di ciò che succederà nel prossimo capitolo mi eccita.

Come al solito ringrazio infinitamente

ThiaguellaItaly per aver inserito la storia tra le preferite,

ChibiRoby, fedysS , lunakiss, valerinxa che seguono la storia e infine anche tutti i lettori che mi leggono nel silenzio. Che dirvi di più, al prossimo capitolo

Vostra Honey

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Capitolo 8
*** Box ***


boxer

Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage, leur mépris, leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour

Jacques Préver *

Una mano si allungò sulla manopola per spegnerla, la ragazza odiava le reti di poesie, specie sdolcinate come quella. Si allungò sul tavolo per prendere il barattolo dello zucchero e si addolcì il the. Sorseggiandolo lentamente si accorse dell’ora, erano le quattro meno un quarto e fra meno di dieci minuti Miyako sarebbe venuta a prenderla. Si sbrigò a bere, bruciandosi anche la lingua, per correre in camera a vestirsi. Aprì l’armadio disperata, pensando a cosa indossare. L’amica le aveva detto di vestirsi semplicemente casual, ma come faceva ad essere sicura di ciò che diceva Miyako? All’ultimo momento avrebbe potuto tranquillamente decidere di imbucarsi ad una festa che richiede gonna a strascico o cravattino. Per andare sul sicuro afferrò la sua camicia passepartout bianca e la gonna nera a balze. Molto banale, doveva ammetterlo, ma avrebbe puntato tutto sugli accessori. Ma che scarpe mettere? Il dilemma si faceva arduo, quando il campanello avvertì della presenza di qualcuno alla porta. Il primo pensiero di Kari fu Yolei, ma quando realizzò che mancavano ancora più di cinque minuti capì che non poteva essere: Miyako in orario, anzi, in anticipo? No, non poteva essere,o aveva messo l’orologio avanti oppure la fine del mondo era alle porte. Abbassò la maniglia e di fronte si ritrovò Tk, a testa bassa. Quando si accorse che l’amica lo guardava alzò lentamente la testa, scoprendo il viso. Kari si portò istintivamente le mani alla bocca, sgranando gli occhi. Aveva un occhio gonfio e livido, la parte sinistra del viso sporca di terra, cemento e quella che a lei sembrò ghiaia, un graffio sotto al mento e sangue che gli era colato da un sopraciglio

“Ca… Tk, ma che diavolo…” provò a concludere la frase, senza risultati. Lo prese per un braccio e lo tirò dentro “siediti, torno subito” intimò afferrando il telefono. Compose il numero di Miyako, appoggiò la cornetta all’orecchio stringendola alla testa con la spalla per avere tutte e due le mani libere, così che poté cercare la valigetta del pronto soccorso dentro il mobile del bagno. Dopo un paio di squilli una ragazza all’altro capo rispose

“che c’è?” chiese quasi scocciata

“non vengo” la liquidò l’amica

“no, dai, perché?” si lagnò infantilmente “abbiamo già programmato tutto…”

“non so che sia successo, ho di là Tk che deve aver fatto a botte, poi ti spiego” non aspettò risposte, perché chiuse la conversazione tornando nel salone. Il ragazzo non si era mosso di una virgola, la osservava incuriosito

“cosa fai con quella valigetta?” chiese senza logica

“ti medico le ferite, no?”

“ma io non sono venuto qui per questo” si giustificò guardandola come se stesse delirando

“taci! Non puoi restare così, vedi come sei?” si chinò sulle ginocchia e cominciò ad armeggiare con il cotone e il disinfettante

“non ce n’era bisogno” disse fin tropo calmo

“cos’è successo” domandò senza distogliere lo sguardo, con un tono meccanico. Lo sguardo gli si rattristò subito, abbassò il viso. Kari lo scrutò più attentamente, stringendo un po’ gli occhi “Tk” lo richiamò leggermente

“ho provato a chiarirmi con Mizuki” cominciò. La ragazza sembrava interdetta

“ed è lei che ti ha ridotto così?” chiese scettica

“no, il suo ragazzo!”

 

Back

La discussione non aveva senso, continuava a dire che preferivo Kari a lei, che era gelosa e non riusciva a spiegarsi il mio comportamento degli ultimi tempi, che non eravamo così all’inizio, che le sembravo distante e distaccato. Non riuscivo a fermarla, appena aprivo bocca ricominciava con altre scuse, altre balle inventate li per li. Finalmente mi fece prendere parola, ma non durò a lungo: appena cominciai a difendermi dalle accuse lei si voltò, vedevo le sue spalle scosse da singhiozzi. Non volevo cedere alle sue lacrime, ora mi avrebbe dovuto ascoltare, allora avrebbe capito che le sue erano tutte supposizioni sbagliate, che si stava immaginando tutto e che non c’era bisogno di essere gelosi. Mossi un passo verso di lei, appoggiai una mano sulla sua spalla e le sussurrai di calmarsi, che si sarebbe risolto tutto, che non era mia intenzione prendermi gioco di lei. Si voltò con gli occhi umidi, una lacrima ancora sulla sua guancia

“davvero?” mi chiese con voce strozzata. Aprì bocca per risponderle, ma una voce più forte, più profonda mi superò

“Mizuki!” sentimmo chiamare. Ci voltammo insieme, verso quell’uomo di fronte a noi. Era alto, quasi dieci centimetri più di me, corpulento, muscoloso, i capelli scuri, corti alla moicano, indossava una canottiera marrone, avevo uno sguardo non troppo tranquillizzante.

“Eiji, dove sei?” alti due energumeni lo raggiunsero, erano più piccoli, meno impressionanti. Il tipo che evidentemente conosceva la mia ragazza si avvicinò

“che hai, perché piangi?” chiese quasi premuroso

“che ti importa! Vattene, nessuno ti ha chiesto niente!” rispose malamente. Si, ora ne ero certo, questi due si conoscevano, e evidentemente non solo di vista, perché dubito che qualcuno sano di mente osi rispondere male ad una persona di questa stazza. Io rimanevo in silenzio, ancora accanto a Mizuki

“è questo qui che ti ha fatto piangere?” continuò insistentemente indicandomi con la testa, ma senza guardarmi

“no, “questo qui” è il mio fidanzato, non oserebbe mai farmi piangere, mi stava consolando, e tu te ne devi andare, non sei il ben venuto” solo alla parola fidanzato si decise a guardarmi, mi squadrò da capo a piedi con un ghigno riluttante. Il piercing al labbro non migliorava la sua espressione

“oh, è il fidanzatino?” chiese senza preoccuparsi dell’invito ad andarsene

“Eiji, ti ho detto di andartene” notai il gruppetto di amici che era rimasto in disparte che parlottavano fra loro lanciandoci sguardi incuriositi. Probabilmente neppure loro si aspettavano in incontro del genere

“il parco è pubblico, nessuno mi obbliga ad andarmene” la provocò. Fino a quel momento non avevo aperto bocca, ma la situazione mi sembrava troppo complicata, non sapevo come comportarmi, e ammetto che questo Eiji metteva un tantino paura

“bene, allora ce ne andremo noi, vieni Tk” provò ad allontanarsi, ma l’uomo la prese per un braccio tirandola a se. Mizuki si lamentò della presa che le attanagliava il polso, il contraccolpo l’aveva scaraventata contro il petto di Eiji, che l’aveva presa stringendola ancora di più a se. Solo allora decisi di intervenire

“ehi, lasciala stare” la mia voce non era rassicurante, e confrontata con quella dell’uomo di fronte a me sembrava il pigolio di un pulcino

“e tu cosa vuoi, Tk” disse il mio nome con una strana smorfia, in tono dispregiativo

“Eiji, cosa vuoi, non sei più il mio ragazzo, te l’ho detto, preferisco morire sola piuttosto che tornare con te”ah, ecco, allora era il suo fidanzato, ora si spiega tutto. Ma come aveva fatto a stare con uno così?

“preferisci questo sputo, quindi?” io ero pietrificato, mi lanciò addosso Mizuki “non vedi che non riesce neppure a difenderti!”

“si, ma lui mi ama davvero, non come te che mi trattavi da pezza per scarpe” ribatte sicura

“sono cambiato” la rassicurò. La situazione mi ricordava molto una scena da film

“lasciami in pace” continuò furiosa avvicinandosi pericolosamente al suo petto gonfio. Quando le fu a tiro le mise le mani intorno alla testa e la baciò, prepotentemente, con forza. Mizuki provava a dibattersi, ma senza risultati. A quel punto capì che dovevo intervenire, così mi avvicinai a lui e gli presi un braccio. La pallacanestro mi aveva dato un po’ di forza, abbastanza da riuscire ad allontanare la ragazza dalla montagna, ma purtroppo non tanta da riuscire a difendermi. Il suo sguardo non prometteva nulla di buono, men che meno le sue mani. Riuscì a vedere solo che alzava un braccio, capendo le sue intenzioni provai a scansarmi, ma fui troppo lento: sentì le sue nocche contro il mio mento, i miei piedi che d’un tratto non toccavano più terra, poi un colpo sordo annunciò che la mia schiena aveva battuto a terra. Rimasi stordito un attimo, sentivo Mizuki che gridava di fermarsi, che era pazzo e che mi avrebbe ucciso. Non era un po’ drammatica? Mi riprese per il colletto della maglia, tirandomi su di peso. Vedevo la ragazza aggrappata ad un braccio di Eiji, poi un amico la venne a prendere, dicendole qualcosa del tipo

“lascialo stare, non riesce a far male con te intorno” cosa? Non riesce a far male con lei intorno? Ma sei pazzo?

“non mi va che abbai un nuovo fidanzato, men che meno una schiappa come te” mi disse prima di scaraventarmi a terra con un atro pugno, questa volta preciso sull’occhio. Ero a terra, dolorante e ansimante, più che altro per la paura e il dolore. Lo sentì chinarsi su di me, ero pronto ad un’altra scarica di cazzotti, ma si limitò solo a bisbigliarmi in un orecchio “secondo me è meglio se la lasci in pace” ma questa non è una minaccia bella buona? Posso denunciarlo, no? sentivo ancora Mizuki parlare, quando l’ennesimo colpo mi colpì, spaccandomi il sopracciglio. Si alzò lasciandomi lì, a terra. Riuscì ad alzare la testa appena in tempo per vedere la mia ragazza andargli incontro. Pensai che avrebbe menato pure lei, ma quando furono abbastanza vicini lei si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò, abbracciandogli il collo. Quando si incamminarono per andarsene non si voltò, non mi guardò neppure. Lasciai ricadere la testa sul terreno, poi, quando ebbi la forza di alzarmi, mi incamminai. Dove? Il primo posto che mi venne in mente fu da Kari. Magari non era neppure a casa, ma non me ne preoccupai, sarei tornato a casa mia, al limite. Suonai il campanello di casa, le immagini del tradimento continuavano a girarmi in testa. Quando mi aprì rimase di stucco. Ero messo così male? Mi fece sedere e sparì in bagno, per tornare con una valigetta bianca. Ma io non ero venuto qui per farmi curare, volevo solo parlare, tutto qui.

“cos’è successo” mi chiese. Meno male che aveva capito che dovevo sfogarmi

“ho provato a chiarirmi con Mizuki” cominciai

“ed è lei che ti ha ridotto così?” cos’era questo tono ironico? Ma dico, ci si comporta così con gli amici feriti? Fortunatamente non era stata lei a conciarmi in questa maniera, ma il suo ex, che ha baciato. Si può definire tradimento questo? Comunque non può essere il suo ex, ora che ci penso, se no non l’avrebbe baciato, giusto? E quindi cos’era ora per lei? Trovato:

“no, il suo ragazzo!”

Now

“ahi, fa piano” si lamentò il ragazzo che si trovava ancora sotto le mani dell’amica. Lei non lo ascoltò neppure, immerse il cotton fioc nell’acqua ossigenata e glielo passò leggermente sul taglio. Ormai era gonfiato anche il sopracciglio, assieme all’occhio

“sei fortunato che non sanguini più, se no dovevi metterci dei punti”

“che fortuna” commentò senza sentimento Tk.. Kari lo scrutò per qualche istante, poi si alzò per prendere del ghiaccio dal freezer, e glielo porse

“mettilo sull’occhio, prima che peggiori” gli consigliò

“non dovevi preoccuparti per le ferite, ci avrei pensato io quando tornavo a casa” ringraziò goffamente, evitando lo sguardo dell’amica, la quale si sedette vicino

“fa male, vero?”chiese premurosa

“no, l’occhio è congelato, quindi non lo sento più, il sopracciglio si, brucia un po’”

“non intendevo le ferite” chiarì “ciò che hai visto, volevo dire. Ti ha fatto male, immagino” continuò a fissarlo. Questa volta però il suo sguardo incontrò quello di Tk, che la cercava

“si, molto più di queste. Mi fidavo” il silenzio faceva da sottofondo a quella scena

“e ora come stai?” provò a continuare Kari

“un po’ meglio” confesso sincero “ho capito che tanto non glielo perdonerei mai, quindi non vale la pena starci così male” ora lo sguardo sembrava davvero più tranquillo, come se l’avesse davvero dimenticata così facilmente

“resti da me stasera” sentenziò alzandosi la ragazza

“non” provò a ribattere ma l’amica lo precedette

“non discutere, o ti gonfio un altro po’” lo convinse

“ora quanto la tirerai lunga?” lo sguardo dell’amica lo fece specificare “per quanto mi minaccerai dicendo che mi picchi?” la risata cristallina e sincera di Kari riempì la stanza. prese il telefono per informare Yolei sui fatti, ma non fece in tempo a premere il tasto verde che il campanello suonò. Andò ad aprire la porta, ma ciò che si trovò di fronte la lasciò di stucco, più di quando, un paio d’ore fa, aveva aperto a Tk

“ciao, Kari” la voce imbarazzata di Mizuki arrivò alle orecchie del ragazzo nell’appartamento, il quale si presentò sulla porta, incuriosito “sapevo che ti avrei trovato qui” continuò. Kari si voltò a guardarlo, proprio in tempo per vederlo tornare di la, sparendo dietro l’angolo

“che vuoi?” chiese quasi con tristezza

“parlargli” comunicò

“e cosa ti fa pensare che lui voglia ascoltarti?” lo difese

“ho bisogno di spiegarmi, e poi se non lo faccio ora lo farò poi, magari quando tu non ci sei, per cui tanto vale farlo ora” rispose prontamente. La padrona di casa si fece da parte per farla passare, poi la seguì fino al divano, dove era seduto Tk.. Non si voltò a guardarla, sapeva che era dietro la sua schiena. Kari si posizionò fra i due, per far da giudice ai boxatori

“vorrei spiegarti” cominciò la prima

“no grazie, non ce n’è bisogno, i miei occhi hanno visto quel che dovevano vedere”ribatté il secondo

“tu non”

“scommetto che non capisco, vero?” attutì il colpo sferrandone un altro di risposta

“esatto” fu solo capace di dire

“avanti, cos’è che non capisco?” chiese alzandosi e dirigendosi di fronte all’avversaria

“io non potevo dirgli di no, non potevo rifiutarmi, avrebbe picchiato anche me” provò a giustificarsi

“ah, allora hai pensato bene di abbandonarmi per terra come se nulla fosse, vero?” rispose avvicinandosi pericolosamente a lei. Kari calmò prontamente gli animi

“Tk calmati” lo intimò

“come faccio a calmarmi?” le chiese bruscamente

“non te la prendere con lei, sono io ad aver sbagliato” lo attirò Mizuki

“mi spieghi cosa sei venuta a fare?” chiese l’altra ragazza senza tanta gentilezza

“a scusarmi” disse come se fosse chiaro come la luce del giorno

“tu lo sai vero che ti sei comportata da vigliacca?” chiese Tk

“si,e mi dispiace tantissimo,so che non potrai mai perdonarmi…”

“ecco appunto”la interruppe “quindi non sprecare fiato, prendi la porta e non farti più vedere” la incitò con voluta malignità. Mizuki lo guardò spersa, le labbra semi-aperte, gli occhi acquosi

“intuisco che mi stai lasciando” disse abbassando lo sguardo. Il silenzio che regnava nella stanza era una risposta più che plausibile per la ragazza, la quale si voltò per andarsene “so che non potrai mai perdonarmi, ma voglio comunque che tu sappia che se potessi cambierei tutto questo” sussurrò fermandosi, dando le spalle agli altri due “ti voglio bene, comunque” concluse voltando la testa per guardarlo negli occhi, prima di attraversare la stanza per chiudersi la porta dietro. Kari si voltò a guardare l’amico, preoccupata per la sua reazione. Era in piedi, immobile, gli occhi fissi sulla porta, come se potesse riaprirsi e farne capolino Mizuki. Poi si voltò, a guardarla, incrociarono lo sguardo e rimasero così per un po’. Tutto era immobile, anche l’aria, finché non fu il ragazzo a parlare

“io vado” sentenziò muovendosi verso l’uscita

“no aspetta, resta per stasera, non mi dai fastidio” cercò di fermarlo, ma tutto fu invano, alzò una mano per fermarla

“no, grazie, hai fatto anche troppo per me. Grazie Kari” disse mentre la baciava sulla guancia, con enorme sorpresa della mora. La guardò negli occhi, cercando qualcosa di preciso in quel marrone intenso. Poi si mosse, lasciandola senza parole e con il battito leggermente accelerato. Così, lo vide scomparire, quando si chiuse la porta dietro le sue spalle.

 

Eccoci di nuovo qui, con un ennesimo capitolo. Io per prima devo ammettere che è parecchio strano, ma mi è venuto così. Voi che ne dite? Già sento i gridi di felicità e gli echi di hola per la nostra Mizuki. Io ve l’avevo detto che qualcosa sarebbe successo. Certo, forse sono stata un po’ troppo brusca, ma non credo che a qualcuno di voi dispiaccia, vero? La poesia iniziale è di Prevert, autore francese che adoro. Alla fine vi metterò la traduzione. L’ho voluta inserire perché mi piace parecchio, è la mia preferita, e in lingua originale è ancora meglio. Se qualcuno di voi l’ha notato, è la stessa che è stata usata per la pubblicità dei Baci di s. Valentino. Appena l’ho sentita ho detto “NO! non ci credo!”. Ma non divaghiamo dalla storia: che ne pensate? Voglio sapere la vostra opinione. Come di consueto è il momento delle recensioni, che io continuo a leggere molto volentieri. Vi chiederete perché non uso il nuovo metodo. Bhè, devo confessarvi che ormai sono abituata a questo, ed essendo l’abitudine una brutta cosa… dovete sapere che le vecchiette come me odiano usare nuove tecnologie! No, dai, scherzo, semplicemente lo preferisco. Comunque, dicevo, passiamo alle recensioni, anzi, alla recensione:

 Hikari Yagami: ti ho deluso? Spero ben di no! allora, che mi dici, ti piace come ho fatto andare le cose? Fammi sapere, perché sono ansiosa di sapere una qualche opinione.

Come al solito ringrazio ThiaguellaItaly che ha inserito la mia storia fra le preferite, ChibiRoby, fedysS e lunakiss che mi seguono, infine tutti coloro che leggono pazientemente in silenzio religioso. Vi saluto e… al prossimo capitolo.

Honey

*I ragazzi che si amano

I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore

Jacques Prevert

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Capitolo 9
*** Come si suol dire:e vissero per sempre.. ***


Come si suol dire: e vissero per sempre...

“no, grazie, hai fatto anche troppo per me. Grazie Kari” disse mentre la baciava sulla guancia, con enorme sorpresa della mora. La guardò negli occhi, cercando qualcosa di preciso in quel marrone intenso. Poi si mosse, lasciandola senza parole e con il battito leggermente accelerato. Così, lo vide scomparire, quando si chiuse la porta dietro le sue spalle.

Tk aprì di scatto gli occhi, guardandosi intorno. Era steso nel suo letto. Ributtò giù la testa sul cuscino,fissando il soffitto. Che strano sogno che aveva fatto. C’è, a dire la verità non era un sogno, stava semplicemente rivivendo la situazione di una settimana fa. Ora che ci ripensava chissà come mai aveva reagito così. Non che non avesse mai mostrato segni d’affetto nei confronti di Kari, ma quello sguardo d’intesa,come di attesa verso qualcosa… <> pensò prima di gettare le coperte per terra ed alzarsi. Si preparò da mangiare prima di vestirsi ed uscire per andare al lavoro, ma prima di chiudersi la porta alle spalle notò, con la coda dell’occhio, un post-it sul muro. Riaprì la porta di scatto e lesse cenone-21/5. <>non sembrava promettere bene quella giornata: al lavoro lo aspettava un compito non poco noioso e sfiancante, e la sera doveva trovarsi assieme agli amici (o almeno chi era presente) per la rimpatriata… ma perché non avevano scelto un altro giorno? Uscì comunque sorridendo; almeno il risveglio era stato incoraggiante!

 

“NO NO E POI NO”

“ma perché? Andrà pur bene ciò che hai, non è mica un incontro galante!”

Ken stava seduto sul letto di Yolei, fra una montagna di vestiti alla sua destra e un uguale montagna alla sua sinistra.

“se ti dico che non ho vestiti da mettermi per stasera vuol dire che è così, non mi invento le cose!” sbottò contro il proprio ragazzo

“ma come fai a dire che non hai nulla, questi cosa ti sembrano?” disse indicando le due pile ai suoi fianchi

“guarda signorino che io sono una signora, non vado ad una cena vestita da sguattera, ho bisogno di abiti decenti con cui presentarmi” spiegò con viso saccente. Ken si alzò per uscire dalla stanza, scosse la testa esasperato “donne”.

 

“sai cos’è che mi farebbe davvero piacere?” le casse erano finalmente staccate,dopo tre ore passate a provare la stessa canzone

“cosa?” domandò Matt

“che la mia ragazza non mi secchi per le sue amiche” fra il gruppo scese il silenzio, Matt non sapeva che ribattere, a mala pena conosceva la fidanzata del suo batterista “e sai quale sarà la domanda che mi secca ma che so che mi farà?” continuò poco dopo. Matt alzò lo sguardo al cielo, capendo dove voleva arrivare

“tanto anche se non te lo chiedo me lo dirai,giusto?”

“esatto! Comincerà col dire che io sono in compagnia, che conosco qualcuno e il discorso vertirà sulle sue amiche. Così, dopo estenuanti lamentele mi chiederà con gli occhioni dolci: posso invitare anche delle mie amiche?” il batterista guardò Matt, in attesa di una risposta, come se la domanda l’avesse posta lui

“fa come vuoi, però chiami tu il ristorante per avvertire” lo liquidò uscendo dal locale “ci vediamo stasera ragazzi” urlò alla sua band prima di andarsene

 

Kari scese le scale di corsa: era ormai 15 minuti che Tk le aveva citofonato di scendere. Salì in macchina di corsa

“scusa, lo so, sono in ritardo ma non trovavo la borsa, se no ero già pronta da 10 minuti buoni!” si scusò senza neanche aspettare un minimo cenno

“oh tranquilla, tanto saremo comunque i primi, conoscendo gli altri!” e, come aveva previsto Tk, ad attenderli non c’era nessuno.

 

“strano,pensavo fossimo giusto in cinque o sei!” esclamò Tk guardando confuso il tavolo

“ehm,già,in effetti doveva essere così,ma diciamo che tuo fratello ha invitato un paio di persone in più” gli rispose Ken da dietro le spalle “da quanto aspettate?” continuò

“a dire la verità siamo appena arrivati” rispose Kari

“ah,e io che pensavo fossimo in ritardo!”. Effettivamente,dopo 20 minuti  gli unici che erano arrivati erano loro quattro:Tk,Kari,Ken e Yolei. Pochi minuti dopo li raggiunsero,con tutta la calma possibile,Matt,Sora e un gran gruppo di persone dietro a loro.

“ben arrivati!” li accolse il minore

“scusa,ma questi tizi mi hanno chiesto di aspettarli fuori” disse indicando i componenti della band.”quindi prenditela con loro,io non centro!” continuò andando a sedersi. Tk stava per ribattere,quando qualcosa lo bloccò. Kari lo guardava perplessa,seguì il suo sguardo e capì la situazione: evidentemente un passaparola collettivo aveva fatto ingrandire il numero degli invitati,e in qualche modo la voce era arrivata anche a Mizuki,in compagnia di un ragazzo,che intuiva fosse Eiji. Si voltò per vedere la reazione di Tk,ma non lo trovò più accanto a lei,bensì seduto a tavola,apparentemente tranquillo. Lo raggiunse perplessa e si sedette accanto a lui,che non la degnò di uno sguardo. Passò a rassegna tutti i componenti del tavolo,e tutto le fu chiaro:Mizuki era stata invitata dall’amica,fidanzata del batterista. Il suo sguardo ricadde su Tk,che continuava a non degnarla. Lo richiamò con una gomitata,e finalmente si decise a guardarla

“tutto a posto?” chiese. Uno sguardo falsamente interrogativo le chiarì tutto

“si,perché?” le rispose,prima di rivoltarsi ad ascoltare le conversazioni altrui. Ovvioche non era per nulla a posto. ordinarono tutti quanti e cominciarono la cena,parlando fra di loro del più e del meno. Kari manteneva la doppia attenzione per Tk e per il duo Mizuki-Eiji,i quali non sembravano conoscere minimamente ne lei ne il suo vicino, fin quando l’energumeno non puntò gli occhi su Tk e fece la cosa più bastarda che gli potesse venire in mente: con un gran sorriso divertito sul viso prese la nuca della sua ragazza e con la stessa foga con cui probabilmente aveva picchiato Takeru, la baciò profondamente. Nonostante tutti gli sforzi del biondo, per la ragazza era palese che la quiete che regnava al tavolo sarebbe durata ancora poco, se non fosse intervenuta. Afferrandogli una mano e facendogli così distogliere l’attenzione dalla coppia seduta di fronte a loro, si avvinò all’orecchio di Tk sussurrandogli “se non gli dimostri che non ti importa niente, continuerà così finché non imploderai. Dimostrati superiore”. Con stupore e sorpresa sul suo volto, il ragazzo si voltò a controllare che non stesse scherzando, ma il sorriso che ricevette fu una risposta sufficiente. Per Hikari fu la sua mossa, invece, a sorprenderla: sfilando la mano da quella della mora, gliela passò dietro la schiena, attirandola poi a se in un abbraccio. Molti occhi, al tavolo, si voltarono verso la coppia-non coppia, e il problema per Tk e Kari fu proprio ignorarli. Per rendere veritiera la commedia, i due dovettero continuare quel giochino fino alla fine, ma per lo meno Eiji non cercò più di fare gesti eclatanti con la sua fidanzata-giocattolo. I saluti arrivarono presto, ma molti sorrisi e sguardi ammiccanti accompagnarono i due amici fino alla macchina.

“Credo che la tua idea abbia funzionato” esordì subito il biondo appena entrati, la voce stranamente sollevata ed euforica

“già, forse anche troppo” sbuffò, invece, Hikari “anche gli altri l’hanno interpretata male!” spiegò, un po’ in imbarazzo. Takeru, però, non sembrava aver perso il buon umore

“bhe, vuol dire che siamo stati bravi” gongolava sempre più allegro

“si, ma così anche gli altri adesso ci crederanno fidanzati!” sbraitò l’altra, quasi isterica. L’occhiata che gli riservò l’amico era d’ammonimento, ma una punta di dispiacere si faceva largo fra loro

“sembra quasi che ti dispiaccia” mormorò fra se. Hikari sgranò gli occhi, arrossendo visibilmente, e si affrettò a precisare

“no, non volevo dire questo. È che così dovremo spiegare la situazione a tutti”, ma il silenzio imbarazzato che calò nella vettura durò fino a casa della mora. Prima di riuscire a richiudere la portiera Tk la richiamò, le pupille leggermente dilatate, le mani fermamente strette sul volante

“Grazie Kari. Di tutto” esclamò, prima di ripartire. Nella mente della ragazza ora turbinano mille pensieri, e quel grazie la confuse totalmente. Di tutto, ha detto, ma cosa comprende tutto?

 

La serata organizzata in discoteca è passata ai voti di tutti, ma la vittoria  è data solo da una maggioranza minima. Chiunque arrivi deve aspettare gli altri davanti all’entrata, così che possano entrare tutti insieme e non disperdersi singolarmente all’interno. Le voci che Tk, ma soprattutto Kari, hanno dovuto smentire, sotto sotto continuano a girare, purché non arrivino alle orecchie degli interessati. Tk ha cercato in ogni modo di parlarle a quatto occhi, ma la ragazza sembrava farsi desiderare alquanto. Finalmente, cogliendo la palla al balzo, l’afferra per un braccio non appena sono entrati nella sala in penombra, lasciando passare avanti gli altri. Qualche d’uno si attenta a lanciare loro un occhiata complice, ma vengono subito smontati dall’occhiataccia della mora.

“potrei gentilmente sapere perché ti stai negando?” arriva subito al punto, piazzandosi di fronte a Kari

“io non mi sto negando!” tenta di difendersi lei, senza però guardarlo negli occhi

“e allora perché non riesci neppure a guardarmi in faccia?” continua Tk, sentendo la rabbia e uno spesso strato di delusione farsi largo dentro di se

“è che” comincia Kari, alzando appena gli occhi “da quando gli altri hanno cominciato con quella storia che noi due siamo fidanzati mi sento… in imbarazzo, ecco” precisa, mentre che il suo viso diventa rosso. Purtroppo la reazione che gli riserva il biondo non è delle migliori: stringendo gli occhi la guarda per un attimo, prima di allontanarsi di un passo. Si volta di lato, come a cercare qualcuno lì intorno, per poi tornare a puntare le sue iridi azzurre su di lei

“sembra proprio che questa cosa ti metta in forte imbarazzo. Vedrò di fare di tutto per smentire ogni voce, così sarai contenta”. La voce di Tk non le è familiare, così piena di astio, le parole sputate come veleno. In un secondo capisce il suo punto di vista, e contemporaneamente l’errore che lei ha commesso

“non è quello che intendevo” prova  a difendersi, ma ormai si sta allontanando da lei e dalla sua spiegazione. Il più velocemente possibile lo afferra per un lembo della maglietta, facendolo fermare e poi, tirandolo per un braccio, facendo sì che la seguisse. Raggiunto un punto più tranquillo finalmente si decide ad affrontarlo “se mi ascoltassi ti sarebbe tutto più chiaro” lo ammonisce. Un rossore ancora diffuso sul viso, gli occhi puntati nei suoi.

“credevo che non ci fosse altro da chiarire” soffia irritato

“è un vizio quello di agire senza prima ragionare?” domanda ora irritata. Finalmente, ottenendo la sua attenzione, si prepara a spiegare; ma le parole ora le vengono meno. Inspirando profondamente, cerca il punto giusto da cui sbrigliare la matassa “il fatto che gli altri sussurrassero che noi stiamo insieme non mi da fastidio” la voce di Takeru la blocca

“pensavo..”

“lasciami finire!” lo ammonisce subito “non mi infastidiscono le voci di per sé, ma il fatto che non sia vero” conclude, avvampando ancora di più, se possibile. Il viso confuso del biondo la sorprende

“ma è la stessa cosa” le fa presente con le sopracciglia aggrottate. La testa mora si muove lentamente, da destra a sinistra

“no invece che non è uguale. Noi non stiamo insieme, è questo che odio” spiega finalmente, contraendo le labbra. Il significato di quelle parole arriva improvviso, colpendolo con la forza di un uragano al massimo della sua potenza. Il locale gli gira tutto attorno per un secondo, e l’unico punto fermo è la ragazza di fronte a lui, con la testa bassa che guarda di lato, evitando il suo sguardo.

“Kari” la richiama, cercando i suoi occhi, volendo incontrarli. Ora sembra così giusto che sia lui a chiamarla, come se nessun altro dovesse, o meglio potesse, pronunciare il suo nome. Involontariamente si avvicina a lei, per sfiorarla, per confortarla, siccome sembra così fragile, così indifesa, ora. Ma nello stesso istante Hikari si allontana, a mantenere la distanza fra i due

“No, non voglio giustificazioni da parte tua. Non so neppure perché te l’ho detto, avrei dovuto mentirti. Non voglio rischiare che il nostro rapporto peggiori, non adesso che ti ho ritrovato!” la voce della ragazza diventa mano a mano sempre più alta, sempre più stridula, quasi isterica, e solo dopo aver richiuso le labbra, strette come ad impedirsi di dire altre parole evidentemente troppo dolorose o imbarazzanti, solo adesso si decide ad alzare lo sguardo. A discapito di ciò che si potrebbe pensare c’è una grande forza d’animo sul suo viso, e una voglia di lottare che Takeru stesso non aveva mai visto su di lei.

“ma io non voglio che tu mi menta, Kari” la dolcezza che accompagna il suo nome è visibile anche alla mora, e forse è proprio per questo che allontana bruscamente il viso non appena Tk accenna ad accarezzarle una guancia

“allora dimentica quello che ti ho detto. Fai conto che fossi ubriaca e che abbia parlato a sproposito” dice prima di andarsene senza guardarlo, per evitare che veda il dolore che accompagnava le sue parole. Agendo d’impulso Tk ferma la sua fuga bloccandole la strada con un braccio, che appoggia al muro

“non ho finito” le sussurra in un orecchio, con tono quasi intimidatorio. Solo quando si decise ad incrociare di nuovo le iridi azzurre del ragazzo, questo riprende a parlare “sei una sciocca!” l’ammonisce, sorprendendola. Sebbene il suo tono di voce si fosse addolcito, le sue parole erano dure, affilate, quasi pungenti. Hikari ne rimase sconcertata; mai il suo amico si era rivolto e lei con quelle parole, e men che meno in quel tono. Chissà, forse la sua dichiarazione l’aveva irritato. Forse adesso le avrebbe detto che malgrado la sua richiesta, lui non avrebbe potuto dimenticare ciò che, ingenuamente, lei gli aveva confidato. “pensavo fossi solita ad usare il cervello, ragazza” la schernisce. Ma questa volta l’offesa la coglie sul vivo, e non sa trattenersi

“bhe, forse ti sbagliavi! Sono una sciocca che straparla senza pensare, e adesso non posso rimediare. Pazienza, sopravvivrò, quindi lasciami andare” malgrado il tentativo di controllarsi, le parole escono con più foga e rabbia di quanto sperava. Tenta di schivare il braccio di Tk all’altezza della sua testa, ma l’altra mano le afferra la spalla e la spinge contro il muro, costringendola ad affrontare la situazione, ancora. Stranamente il viso del ragazzo è dispiaciuto, anziché collerico

“non ti sei chiesta come mai io non cercassi affatto di zittire le voci che ci volevano fidanzati?” ricevendo un ostinato silenzio in risposta, riprende “credevo usassi il cervello, e che quindi tu ci fossi arrivata” continuò

“bhe, sono stupida e non ci arrivo!” esclamò con un gesto secco della testa che le scompigliò tutti i capelli. L’ira che fiammeggiava negli occhi nocciola della mora fa formare un ghigno ironico sul viso di Takeru

“Te l’ho detto; sei una sciocca. Sei cieca perché ti costringi a non voler vedere la realtà. Però sei stata sincera,e  questo te ne devo dare atto” conclude la frase con una luce negli occhi

“Takeru, piantala di girarci intorno e dimmi che non potrai mai più vedermi come prima” quasi lo supplica lei. Questi giochetti meschini la stavano facendo impazzire, provocandole solo più dolore del necessario. Stranamente, però, non aveva nessuna voglia di piangere, per lo meno di fronte a lui

“Kari, hai avuto il coraggio di fare ciò che io sono stato troppo vigliacco anche solo di pensare di fare” disse fissandola negli occhi, la sua mano ancora sulla spalla della ragazza. Impiegando più tempo del dovuto per interpretare la frase di Tk, Hikari sgranò gli occhi non appena il significato la colpì in pieno

“Tu…” riesce solo a dire, ma poi si blocca. E se avesse capito male? E se Tk voleva solo dirle che mai e poi mai potrà vederla come sua fidanzata? Se mai avesse frainteso le sue parole e si fosse buttata fra le sue braccia, adorante, e invece Tk l’avesse allontanata schifato, allora si che sarebbe morta di vergogna. Ma perché non poteva parlare in maniera più comprensibile? Dire che non aveva capito l’avrebbe resa ancora più stupida di quanto Tk non l’avesse già descritta poco fa. Oh, che fare?

“Hai parlato anche per me, poco fa. Evitavo di smentire gli altri perché, a differenza tua, non soffrivo della falsità che noi stessimo insieme, bensì me ne beavo, credendo che quel sogno sarebbe stata l’unica occasione per essere qualcosa di più, per te” confessò in fine, dissipando, finalmente, ogni dubbio. Il sorriso che si formò sul viso di Kari non l’aveva mai visto, e ringraziò il cielo che aveva deciso di dedicarlo solo a lui

“Io credevo…” cominciò, ma si bloccò non appena Tk scoppiò a ridere, negando con la testa. Una rabbia cieca prese posto dell’incredulità “Tu mi hai offeso, e più di una volta. Pensavo mi stessi dicendo che ero scema se credevo che tu potessi provare qualcosa per me. Mi sono sentita morire e tu invece stavi lì impalato a fare stupidi giochetti di parole che nessuno sano di mente avrebbe capito. Sei un idiota, Takeru Takaishi!” si sfogò finalmente lei, eliminando così il peso che le opprimeva il petto da quando quella conversazione aveva avuto inizio. In tutta risposta, Tk scoppiò a ridere; e, piegato in due dalle convulsioni, si vide sfrecciare accanto Hikari. Riuscì a riacciuffarla giusto in tempo, calmandola solo dicendole che

“non riuscivo a credere alle mie orecchie, e pensavo che tu stessi scherzando: insomma, non potevi davvero non vedere che da un periodo a questa parte ti morivo dietro. Mi sembrava strano che neppure Mizuki se ne fosse accorta”. Quelle parole ebbero l’effetto di tranquillizzarla

“Mizuki?” domandò confusa

“poco prima di mollarla sentivo che c’era qualcosa di diverso in me. Qualcosa che provavo per te, ma non era la nostra ritrovata complicità fra noi, ma qualcos’altro a cui non sapevo dare nome”. In discoteca tutti i ragazzi, ora, bisbigliavano tra loro: non c’erano dubbi, malgrado i tentativi di Hikari di smentire la cosa, i due stavano insieme. E i loro baci confermavano appieno la cosa.

 

Note dell’autrice:

Non posso fare altro che nascondermi dietro a un muro per la vergogna che provo in questo momento: capisco appieno che chiunque seguisse questa fic non sperava più in una conclusione, e invece dopo eccola qui. So che non sembra neppure una fine, questo capitolo, ma volevo lasciare libertà d’immaginazione e non concludere con le solite smancerie di baci, dichiarazioni o matrimoni (smancerie in cui io stessa sono caduta, devo ammetterlo). Insomma, un capitolo conclusivo diverso dal solito! Probabilmente certe persone neppure ricorderanno che avevo cominciato questa fic anni fa, ma l’ispirazione era venuta meno e vari problemi mi avevano fatto desistere dal concluderla. Chiedo ancora perdono, anche se credo che pochissime persone che avevano cominciato a leggere siano qui a scorrere queste poche righe di scuse. Comunque, a parte questo, mi auguro che possa essere un minimo di vostro gradimento. Vi abbraccio e mi scuso ancora. Spero di “rivedervi” in altre mie fan fiction. Xoxo

Mami

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