Grazie a tutti i recensori e i lettori del primo capitolo! Ecco a voi il secondo.
2. Morning Chorale
Un altro bacio,
veloce.
“Be’, ok,
giovedì colpa mia, ma ero di cattivo umore!”
“E tu non eri
dell’idea che ‘qualche bacio potesse tirare su una
persona’?” disse lei, e ricambiò il bacio di prima. Ron si
staccò poco dopo per ribattere.
“L’avevo detto per
Cho Chang, e diamine, erano due anni fa, come fai a
ricordarlo?”
“Ricordo molte altre
cose… mmm.”
Lui si staccò di
nuovo.
“Bene, allora il giorno
dell’arrivo dei parenti di Fleur?”
“Non era il
ca-“
Non farla parlare così
era semplicemente troppo divertente!
“E da quegli orribili
Babbani, il giorno prima di partire?”
“In
realtà-“
Assolutamente
magnifico!
“E mentre tornavamo da
Hogwarts?”
“C’era appena stato
il funerale di Dumbledore!”
-dore, -ore,
-ore…
Requiem o no, i musicisti di
sotto non avevano intenzione di smettere di suonare.
“Comunque io ci avevo
provato pure quella sera in Sala Comune, eh,” disse Ron.
“Mmm?”
“E quando abbiamo vinto la
Coppa di Quidditch?”
“Hai passato tutto il
tempo a minacciare di morte Harry.”
“Be’, avresti potuto
provare a-“
Ma lei aveva deciso di
ricambiare con la stessa moneta. Al momento, proprio non c’era bisogno
di parlare. Così avrebbero potuto affinare la tecnica, approfondire il
bacio, smetterla di bisticciare senza motivo. Bisticciare, flirtare, comunque
era la cosa; semplicemente, era troppo bello per essere ve-
La porta improvvisamente
spalancata.
“CHE COSA STATE
FACENDO!?”
“M-mamma…”
Hermione riuscì appena a
leggere il terrore negli occhi di Ron, prima di scorgere la signora Weasley
sulla soglia della porta. Si passò le mani sul viso, e scoprì
con sorpresa di essere più che bollente; chissà quando doveva
essere rossa…
“Ronald Bilius
Weasley!” disse allora la signora Weasley. “Ti pensavo di sotto ad
aiutare i tuoi fratelli!”
Ron sembrò
improvvisamente colto dal desiderio di farsi piccolo fino a sparire. Fece per
alzarsi, ma Molly lo fulminò con lo sguardo e lui si
bloccò.
“Hermione,” aggiunse
poi la donna, con voce forzatamente calma. “Non vi siete presentate da
Fleur stamattina, sono molto delusa ma… be’, adesso non importa.
Se tu sei qui da sola… dov’è Ginny?”
Hermione sbattè le
palpebre.
“Lei… non era da
Fleur?”
Molly alzò le
sopracciglia, come a cercare di individuare una qualche bugia nell’aria.
Ma Hermione era sinceramente perplessa.
Molly
sospirò.
“Be’, sarà il
caso di andare a cercarla. Potresti…?”
Hermione si alzò
immediatamente, come a cercare di rimediare in questo modo alla grave mancanza
di rispetto nei confronti della padrona di casa (insidiarsi nella sua casa
come Tartuffe, finire a imboscarsi con il suo piccolo
Ronniekins?).
Ron fece per seguirla, ma sua
madre avanzò verso di lui con aria minacciosa.
“Noi dobbiamo fare una
chiacchierata,” disse.
Hermione riuscì solo a
mostrare al ragazzo la sua mortificazione con uno sguardo prima di essere
sbattuta fuori dalla stanza.
“Sono già arrivati
alcuni degli ospiti! Che cosa facciamo?”
“Intratteneteli. Qualsiasi
cosa va bene. Fred, George, non si tratta del vostro
lavoro?”
“Veramente-“
“Dove accidenti è
finito il Maestro di Cerimonia?”
Harry nel vedere la gente
arrivare era scappato a nascondersi dall’altra parte del giardino.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare lo sguardo curioso di tutti
gli invitati, ma più sarebbe riuscito a ritardare quel momento, meglio
sarebbe stato per lui.
La signora Weasley aveva
percepito il suo disagio, e gli aveva assicurato che avrebbe potuto starsene
appartato quanto voleva, ma che alla fine avrebbe dovuto pensare solo a
divertirsi.
Quello era un giorno di
pace.
Si andò a sedere vicino
un’aiuola di dalie.
“Chi ès?”
sentì dire allora, e voltandosi si trovò davanti la sorellina di
Fleur, Gabrielle, piuttosto minuta per i suoi dieci anni.
“Ciao,” disse
Harry.
Gabrielle ricambiò il
saluto con un timido sorriso. Non sembrava molto felice.
“E’ successo
qualcosa?” disse Harry.
Gabrielle scosse la testa con
forza. Poi, però, cadde a sedere, le ginocchia contro il petto, ed
emise un flebile singhiozzo.
Harry provò grande
disagio, ma lo stesso appoggiò una mano sulla schiena della piccola, in
segno di conforto.
“Tutto… tutto
bene?”
Gabrielle scosse di nuovo la
testa, ma questa volta il significato era cambiato.
“Io sono triste,”
disse lentamente, cercando le parole da usare. “Parché Fleur va
via.”
Ovvio. Fleur da quel momento non
avrebbe più abitato a casa sua; anche se già da un anno viveva
all’estero, in un paese in guerra, lontano dalla sua famiglia, si poteva
sempre dire che ‘non sarebbe stato per sempre’. Adesso, invece,
sposandosi con Bill…
“Be’,” disse
Harry, trovandosi anche lui a corto di parole, ma non a causa della non
conoscenza della lingua inglese; “Sono sicuro che lei e Bill verranno
spessissimo a trovarti.”
“Oui,” disse
lei. “Fleur à promeso me. Ma è sompre triste quando
persone vanno via.”
Sorrise nel dire questo, ma
Harry non riuscì a ricambiare; sentiva come un groppo alla gola.
Passarono un po’ di tempo
in silenzio, poi il ragazzo si riebbe e si guardò
intorno.
“Non è che ti
stanno cercando?” disse.
“Uh?” disse
Gabrielle.
“Ti sei allontanata, gli
altri… la tua mamma può preoccuparsi se non ti
vede.”
“Oh. Oui. E
tu?”
“Io… be’, io
sono grande.”
Avesse avuto dieci anni lui, si
accorse solo in quel momento, avrebbe odiato quella risposta. Ma Gabrielle non
sembrò affatto seccata da un’affermazione simile.
“Oui, tu
ragiono” disse. “Io andore indietro.”
“Ti accompagno,”
disse Harry.
“Fleur?”
Hermione era entrata nella tenda
dove era avvenuta la preparazione della sposa, che adesso era pronta; insieme
a lei erano rimasti solo la madre e un cugino grande, impegnati in una fitta
conversazione in francese vicino alla toletta. Il cugino, Marius,
l’avrebbe accompagnata all’altare, poiché il padre di Fleur
era morto diversi anni prima. La giovane donna era seduta al centro dello
spazio, invece, sopra uno sgabello completamente nascosto dalle balze del
vestito.
“Oh, sciao,
‘Ermione,” disse sorridendo. Era raggiante, e splendida. Inutile
profondersi sulla bellezza delle spose nel giorno del matrimonio, basta dire
che anche qui un così banale luogo comune veniva riconfermato, se non
addirittura scardinato dalla natura stessa della mezza Veela.
Hermione in quel momento si
vergognò immensamente di non essere scesa prima.
“Io…” disse.
“Mi, mi dispiace Fleur, sarei dovuta venire-“
“Oh, non fa nionte,
‘Ermione, va biene anche adesso, non saresti riuscita a ontrare
prima,” disse lei, ridendo. “Come ti sombro?”
“Sei… assolutamente
magnifica.”
Riciclo di
complimenti.
Fleur sorrise.
“Biene, biene.”
Disse:
“Il faut ècouter les mots d’une nouvelle
amoureuse.”
Hermione non ne capì il
senso, perché non sapeva il francese così bene, dunque si
limitò ad annuire.
Fleur scoppiò a ridere di
nuovo, e Hermione non fu molto contenta della cosa, visto che quasi sembrava
la stesse prendendo in giro.
“Je
vais à chercher Gabrielle,” disse allora la madre di Fleur.
“Il est tard.”
Fleur annuì. “Tu
hai visto mia sorela?”
Hermione scosse la
testa.
“Io stavo cercando
Ginny,” disse. La madre di Fleur uscì dalla tenda.
“Oh, ella non è
venuta qui,” disse Fleur. Hermione non riuscì a leggere
l’espressione che aveva in viso, ma certamente si rendeva conto della
situazione spiacevole. Da quando era diventata così accondiscendente
nei confronti di azioni scorrette?
“Capisco,” disse.
Salutò Fleur e il cugino, e uscì anche lei.
“Bill, ma chi avete
invitato?” disse Charlie.
“Guarda, non lo so
neanch’io,” disse Bill, tra una stretta di mano e l’altra
con gli ospiti che via via cominciavano ad arrivare. “Ci hanno pensato
mamma e Fleur. Insieme!”
“Per esempio, chi è
Victor Moore?”
“Te lo ripeto, non lo
so,” disse Bill. “Dove l’hai sentito?”
“I segnaposti dei
tavoli,” disse Charlie.
“Forse è
‘Viktor Krum’? Sai, il-“
“-peggior incubo di Ron?
No, era proprio Victor Moore.”
In quel momento, si
avvicinò a loro un alto mago ultracentenario, vestito in un frac
vecchio almeno di sessant’anni, stando alla moda Babbana.
“Lo sposo?” disse,
porgendo la mano con fare elegante.
Bill annuì, un poco a
disagio, e si affrettò ad afferrare la mano dello
sconosciuto.
“Sono Edward Everett
Horton,” disse questo.
Charlie sentì
improvvisamente il bisogno di urlare.
Hermione non trovò Ginny,
ma piuttosto vide che la signora Delacour aveva ritrovato Gabrielle, e,
insieme a questa, anche Harry. La donna stava tentando di parlare con lui, ma
il suo amico aveva tutta l’aria di capire ben poco. Hermione decise di
soccorrerlo; si avvicinò furtivamente e lo prese da parte con una
scusa, lasciando madre e figlia da sole.
“Harry!”
“Oh, ciao,
Hermione,” disse lui. “Pensavo fossi con Ron.”
Questo riportò alla mente
della ragazza l’imbarazzante accaduto di poco prima; arrossì
violentemente.
Harry la fissò
perplesso.
“Lasciamo perdere,”
disse lei sbrigativa.
Harry
sospirò.
“Non avete litigato,
vero?”
Hermione scosse la testa con
forza, cercando di non incontrare il suo sguardo.
“Be’, allora poi
chiederò a Ron,” disse lui.
C’era forse malizia nella
sua voce? No, no, era solo immaginazione.
“Bene,” disse
Hermione. “Adesso devo andare.”
“Dove?”
“A cercare
Ginny.”
Harry rabbuiò in
volto.
“Ah,”
disse.
“Non si trova, sai?”
disse Hermione, con aria un po’ vaga.
“Che?”
“Chi.
Ginny.”
“’Non si
trova’ nel senso che, ehm, che ne so, ti è
sfuggita…”
Non terminò la frase.
Hermione scosse la testa.
“Nel senso che doveva
essere da Fleur e non è lì, e la signora Weasley mi ha mandato a
cercarla perché nemmeno lei l’ha trovata,”
disse.
Questo sembrò colpire il
ragazzo in modo particolare, e gli fece distogliere lo sguardo.
“Harry, non ti affliggere,
non può essere successo niente, è pieno di maghi qui, e
sicuramente sarà da qualche parte…”
“Ma tu vuoi che io mi
preoccupi, no? Non me l’avresti detto, altrimenti?”
Hermione ignorò la sua
insinuazione.
“Senti, perché non
mi aiuti?” disse.
Harry sembrò considerare
la proposta per qualche momento. Alla fine annuì.
“Andiamo,”
disse.
Hermione sorrise, e insieme
ricominciarono la ricerca.
La Tana non era mai stata
così estranea ai suoi naturali abitanti. La ditta di catering aveva
trasformato il giardino circostante l’abitazione in un labirinto di
tavoli e gazebo di stramba fattura, un’aria vagamente barocca, per non
parlare del piccolo palchetto dove i musicisti avevano interrotto lo swing per
provare un valzer à la Puccini.
“E comunque,
dov’è Ron?” disse Harry poi.
Hermione non rispose subito, ma
prese a osservare con interesse la corteccia di un albero. Che Ginny fosse
nascosta al suo interno?
“Uhm, sta, ecco, parlando
con sua madre,” disse.
“Oh.”
“Ma non credo che lo
terrà per tanto, insomma, anche la signora Weasley ha da fare,
e-“
“E’ successo
qualcosa?” disse Harry.
Hermione chiuse gli occhi, come
per trattenersi dal fare qualcosa.
“Te lo fai raccontare da
lui, ok?”
Harry scosse la
testa.
“Sicura che non me lo vuoi
dire tu?”
“Bill?”
“Ginny, non ti avevo
vista!” disse il fratello maggiore, chinandosi per stringere la sorella
in un abbraccio.
“Già,” disse
lei.
“Sei
splendida.”
Ginny sorrise.
“Grazie,” disse.
“Anche tu.”
E, nonostante le terribili
cicatrici rimastegli dopo l’attacco di Greyback, chiunque avrebbe potuto
affermare la stessa cosa quel giorno.
“Allora, sei stata da
Fleur?” disse lui ammiccando. “Dimmi,
com’è?”
Ginny sbiancò. Che cosa
avrebbe potuto rispondergli? Sentì addosso un forte senso di colpa;
voleva veramente fare male a suo fratello in questo modo, nel giorno del suo
matrimonio?
Mise una maschera e sorrise
amabilmente.
“Non posso dirti niente,
dovrai vedere con i tuoi stessi occhi,” disse.
Bill sembrò accettare di
buon grado la risposta. Ginny sospirò – non aveva detto una
bugia, quantomeno; lo stesso però si sentiva ancora a
disagio.
“Io, ehm, vado,”
disse. “Penso che mamma abbia bisogno di me.”
“Certo,” disse Bill
con un sorriso. “Io invece rimarrò qui, a sperare che il flusso
di invitati si fermi prima o poi. Se solo Charlie si facesse
rivedere…”
Ma Charlie era corso lontano, ai
tavoli, per creare un nuovo segnaposto per Edward Everett
Horton.
“Dev’essere stato
imbarazzante.”
Hermione guardò Harry
come se avesse detto qualcosa di terribilmente stupido.
“Imbarazzante?! Stavo per
morire dalla vergogna!”
Harry si mise a
ridere.
La ragazza assunse un’aria
indignata.
“Avrei fatto meglio a non
dirtelo,” disse.
Harry rise ancora di
più.
“Scusa, ma è troppo
divertente…”
“Che cosa è
divertente? Cosa ti sembra divertente in tutta questa
storia?!”
“Be’, avete passato
oltre due mesi a rimandare la cosa-“
“Di più,”
disse Hermione.
“Va bene; e quando
finalmente vi decidete-“
“Ha deciso tutto
lui!”
Harry le lanciò uno
sguardo beffardo e continuò come se niente fosse.
“-quando finalmente vi
decidete, entra la signora Weasley e vi scopre!”
“Non è
divertente!”
Faceva l’offesa, ma da una
parte, dentro di sé, provò un gran sollievo nel trovare un Harry
così allegro.
Il ragazzo si asciugò le
lacrime provocate dalle scosse di risa. Rimessi gli occhiali, diede una pacca
sulla spalla di Hermione.
“Ringrazia piuttosto che
non vi abbiano beccato Fred e George…”
Hermione scosse la
testa.
“Peggio di così non
potevo apparire ai suoi occhi; la mamma di Ron mi caccerà da questa
casa questa sera stessa,” disse tetra. “O, peggio, caccerà
Ron…”
Ma Ron, al momento, fu solamente
cacciato via dalla camera di Ginny, e invitato a unirsi ai fratelli per fare
qualcosa di utile.
Trovò Charlie, o forse
Charlie trovò lui.
“Tenere buoni dieci Ungari
Spinati con una sola bacchetta sarebbe più facile,” disse, in
relazione al lavoro che gli era stato assegnato per il ricevimento degli
ospiti, che – in verità – non era nulla di preciso, se non,
appunto, il ricevimento degli ospiti.
Ron non disse
niente.
“Be’, che è
successo?” disse Charlie. “Ron?”
Il ragazzo si scosse solo dopo
un ulteriore richiamo.
“Eh?”
“Ma ci sei con la testa,
oggi?”
“Ehm…”
“No, ho capito. Oh,
guarda, c’è la zia Muriel!”
Non fece in tempo a dirlo, che
entrambi i fratelli cercarono di scappare, all’unisono, verso
destinazioni diverse.
“No no no, aspetta, vai a
salutarla tu, non hai fatto niente sin adesso!” disse
Charlie.
“Ehi, questo non significa
che devo essere torturato,” disse Ron. “E comunque io mi sono
già sorbito una ramanzina da mamma!”
“Che sarà mai, zia
Muriel-“
“Zia
Muriel-“
“Zia Muriel!” disse
Charlie con un ampio sorriso sulle labbra all’anziana zia, in segno di
saluto.
“Ragazzacci!” disse
questa, un donnone imponente dal vestito color ciclamino.
Stritolò entrambi in una
sola apertura alare, e poi stampò loro un bacio sulle
guance.
Ron inorridì sentendo la
bava colargli lungo il viso, ma Charlie lo guardò male e lui si
trattenne dallo sfregarsi la guancia con la manica del vestito.
“Birbanti, vado a vedere
la sposa, sarà possibile?”
“Certo!” disse
subito Charlie. “E Ron ti accompagnerà!”
Ron guardò il fratello
con odio.
“Ma no, guardate,
Frederick e George sono proprio lì, mi faccio portare da loro!”
disse la zia entusiasta.
Ron tirò un sospiro di
sollievo mentre la donna si allontanava.
“Ragazzi,” disse
allora il signor Weasley, spuntato tra di loro improvvisamente. “Venite
con me, vi spiego cosa dovete dire alle persone che arrivano. C’è
stato un problema, il Maestro di Cerimonia è arrivato tardi e si deve
ancora preparare, si comincerà un po’ dopo; nel
frattempo…”
“Ginny?”
La ragazza, fuori dalla tenda
della sposa da qualche minuto ormai, indecisa sul da farsi, balzò sul
posto per la sorpresa. Quella era la voce di Fleur.
Scostò un lembo della
tenda e si affacciò dentro. Fleur la osservava
sorridendo.
“Parché non
ontri?” disse.
Ginny fece un piccolo passo in
avanti, e poi disse: “Come hai fatto a sapere che ero
io?”
“Oh, tua silhouette
è molto riconoscibile,” disse Fleur. “Tu ha bella
figura.”
Ginny si meravigliò a
sentire un complimento del genere provenire dalla sua quasi-cognata,
narcisista per passione. Entrò e richiuse la tenda dietro di
sé.
Lo devo fare per
Bill.
“Non volevi
ontrare?” disse Fleur poi.
“Io…”
Ma le parole le
mancavano.
Fleur fece finta di
niente.
“Potresti passormi quel
biglietto sul tavolino, per favore?”
Ginny annuì e fece come
indicato.
Rimasta accanto a Fleur, si
sentì ancora più tesa. Era davvero il senso di colpa a farle
quell’effetto?
Intanto, la giovane sposa
scoppiò a ridere mentre leggeva.
Ginny la guardò come a
chiedere spiegazioni.
“S’è una
chosa che mi ha scrito Bil ieri,” disse Fleur.
Glielo passò
perché Ginny potesse leggere lei stessa. La battuta non la capì,
trattava di un certo Crusuk che doveva essere un goblin della Gringott; a
parte quello, però, c’era qualcosa tra le poche righe del
messaggio che la colpì particolarmente. Non seppe dire cosa, ma in quel
momento le venne in mente Harry.
Si girò verso Fleur, e
tentò di sorridere.
“Tu stai proprio bene con
il vestito dorato, come avevo detto io,” disse questa.
“Però stai giù come Gabrielle.”
“Io non,” disse
Ginny; “non è per oggi, è per… in
realtà… Scusami.”
Quanti significati per
quell’unica parola?
“Oh, ma so che non
è per matrimonio,” disse Fleur. “Io ero a Hogwarts dopo
morte di Dumbledore, ricordi?”
Ginny annuì; non ci aveva
mai pensato, però.
“Ascolta, voglio dirti una
chosa…”
“Quello, quello lì
che si sta avvicinando verso di noi… chi è?”
“Perché me lo
chiedi?”
“E’ possibile che a
questo matrimonio siano stati invitati tutti sconosciuti?”
“Forse è un collega
di papà.”
Il signore in questione
arrivò davanti ai due ragazzi e sorrise.
“Posso
sapere…?”
Ma loro non sapevano
niente.
“Perché il Maestro
di Cerimonia ha fatto tardi!?” disse Ron arrabbiato.
Charlie si passò una mano
callosa sulla fronte con fare disperato; voleva piangere.
“Non siamo adatti a queste
cose, noi,” disse. “Avrebbero fatto prima a metterci, che ne so,
ai lavori forzati…”
“Nelle
cucine…” disse Ron, con occhi sognanti.
“O nelle
stalle.”
Il più piccolo non chiese
nulla a proposito delle stalle di Charlie, forse solo perché non ne
ebbe il tempo.
“Charlie, Ronnie, Tesori
cari, mi riconoscete?”
E chi è questa? Si
chiesero nello stesso momento, evitando di guardarsi negli
occhi.
La donna davanti a loro ancora
aspettava una risposta.
“Zia
Judy!”
Ma non era stato né
Charlie né tantomeno Ron a parlare, bensì Percy.
Doveva essere arrivato solo in
quel momento; almeno, era arrivato. Si affrettò ad abbracciare la zia,
e poi con uno sguardo che nascondeva chissà quali emozioni
istigò i fratelli a fare lo stesso.
Percy accolse con una calorosa
stretta di mano anche il marito di zia Judy, un omone gigantesco – non
ai livelli di Hagrid, ma che comunque avrebbe fatto paura allo stesso modo
– che si faceva chiamare Punch.
I coniugi si allontanarono
sereni.
Charlie, Percy e Ron rimasero in
silenzio a guardarsi per qualche secondo.
Poi Ron disse: “Come
facevi a sapere chi erano?”
“Zia Judy, una cugina di
mamma, non ve la ricordate?” disse Percy.
I due fratelli scossero la
testa, sconsolati. Fecero per ringraziare del pronto intervento, ma Percy si
era già voltato verso i nuovi arrivati.
“Signor Hopkins, che
piacere vederla!”
Stretta di mano, indicazioni
come se il matrimonio l’avesse organizzato lui.
“E’ stata
così gentile a venire, signora Lynnette…”
Altra stretta di
mano.
Un uomo rubicondo si
presentò davanti a loro.
“Signor
Moore!”
Victor Moore! Proprio
lui!
“Oh caro ragazzo, come ti
chiami?” disse quello contento. “Chi vuole giocare a
carte?”
Charlie e Ron si guardarono
perplessi, ma Percy rimase impassibile e sorridente.
Forse era tempo di
rivalutazioni.
“Mamma, va tutto bene, non
fare così!”
“Bill, caro, io
strozzerò quel Maestro di Cerimonia, lo strozzerò davvero.
Presentarsi in ritardo…”
“Lo sai che non ha potuto
fare altrimenti, visti i controlli della Metropolvere,” disse Bill.
“Ma sarà tutto pronto tra poco, dunque non
preoccuparti-“
“Ma è il tuo giorno
Bill, e non permetto a nessuno di rovinartelo! A nessuno!”
Detto questo, Molly Weasley
scoppiò a piangere e si lanciò tra le braccia del suo
primogenito. Si ritirò quasi immediatamente.
Bill la guardò con
apprensione.
“No, no, devo stare calma,
andrà tutto bene,” disse la donna. “Oh,
Bill!”
Ma non era per lamentarsi
ancora; il fatto era che aveva visto la zia Muriel avvicinarsi.
“Pazza di una Molly, non
ti avevo visto, dov’eri finita?” disse questa, prendendole le mani
e tirandola con forza; poi si girò verso lo sposo. “Bill, ti ho
già salutato, vuoi un altro abbraccio?”
Bill sorrise, si avvicinò
all’orecchio della zia e bisbigliò qualcosa.
La zia ridacchiò e prese
Molly sottobraccio, per quanto la differenza di altezza fosse notevole, e se
la portò via quasi trascinandola.
“Devo assolutamente
raccontarti, Molly, della mia vacanza in Costa Azzurra, a casa di Druella!
C’era anche quella vecchiaccia di Argia, te la ricordi? Non puoi capire
che cosa abbiamo fatto…”
“Ronald?”
Il ragazzo, ancora con le prese
con gli ospiti, non si stupì tanto di sentirsi chiamare per intero,
come solo Luna Lovegood e qualche sua zia facevano, quanto piuttosto
dell’accento con il quale il suo nome era stato
pronunciato.
Si voltò, e, con grande
orrore, scoprì davanti a sé, sorridente e a mano tesa, Viktor
Krum.
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