Emily e Derek

di Emily27
(/viewuser.php?uid=109688)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo ***
Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo ***
Capitolo 14: *** Tredicesimo capitolo ***
Capitolo 15: *** Quattordicesimo capitolo ***
Capitolo 16: *** Quindicesimo capitolo ***
Capitolo 17: *** Sedicesimo capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciassettesimo capitolo ***
Capitolo 19: *** Diciottesimo capitolo ***
Capitolo 20: *** Diciannovesimo capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventesimo capitolo ***
Capitolo 22: *** Ventunesimo capitolo ***
Capitolo 23: *** Ventiduesimo capitolo ***
Capitolo 24: *** Ventitreesimo capitolo ***
Capitolo 25: *** Ventiquattresimo capitolo ***
Capitolo 26: *** Venticinquesimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

PROLOGO




Ieri sera, dopo averla accompagnata a casa, in quanto il suo suv aveva deciso di lasciarla a piedi, mi sono accorto che aveva dimenticato il suo cellulare in macchina, sul sedile del passeggero, forse le era sfuggito dalla borsa. Non avendo fatto molta strada ho deciso di tornare indietro per portarglielo.
E' solo per questo che sono andato da lei, è solo per fare due chiacchiere tra amici che mi sono trattenuto, soltanto per bere una birra insieme. Invece dopo è successo tutt'altro.
Sbadigliando, assonnato a causa della nottata insonne, scendo dal suv e mi dirigo all'ingresso del grigio edificio che ospita la sede della BAU. Salgo sull'ascensore e premo il pulsante corrispondente al sesto piano, poi mi appoggio ad una delle tre pareti di quella gabbia infernale.
Non riesco ancora a rendermi conto di come sia potuto accadere, l'unica cosa che posso affermare con certezza è che è stato bellissimo, estremamente intenso e coinvolgente. Ci siamo ritrovati sul suo letto, in un turbine di esaltanti baci e carezze, travolti dalla passione. Lei è stata meravigliosa, unica. Al pensiero mi sento attraversare da un brivido.
Le porte dell'ascensore si aprono ed io scendo sul corridoio, per poi andare a varcare la soglia degli uffici della BAU attraverso la porta a vetri.
Nell'ufficio di Hotch la luce è accesa, non avevo dubbi, forse non è nemmeno andato a casa ieri sera. Chissà cosa penserebbe se sapesse cosa abbiamo fatto noi ieri sera. Vedo Reid già seduto alla sua scrivania, mentre quella a lui vicina è vuota. Non è ancora arrivata. Mi siedo sulla mia poltroncina girevole salutando Spencer, il quale mi squadra aggrottando la fronte.
“Che cosa hai fatto ieri sera?”
“Non stavi scrivendo qualcosa?” rispondo poco gentilmente, pur consapevole del mio aspetto non proprio riposato, accennando ai fogli sparsi davanti a lui.
“Ok” mi concede Reid, voltandosi, con un sorrisino divertito.
Le porte a vetri si aprono ed Emily fa il suo ingresso nell'open space. Mentre la guardo avvicinarsi non riesco a non pensare al suo corpo stretto al mio, quando la passione ormai placata aveva lasciato il posto a tenere effusioni. Ci siamo presi in giro stuzzicandoci a vicenda, ridendo come due ragazzini, ed io mi sono sentito paurosamente bene insieme a lei. Poi abbiamo fatto di nuovo l'amore.
Emily saluta allegramente sia me che Reid, prima di andare a prendere posto alla sua scrivania. Indossa una maglietta con una generosa scollatura, che lascia intravedere i suoi seni, dove inevitabilmente mi cade l'occhio. Apre il suo computer portatile ed inizia a battere sulla tastiera con le dita dalle unghie ben curate.
Non so cosa possa avere significato per lei la notte passata insieme, né che cosa si aspetti adesso da me. Cerco di cogliere qualche segnale in merito, ma lei sembra ignorarmi. Osservo il suo volto, serio e concentrato nel lavoro che sta svolgendo, che al contrario del mio non reca i segni della nostra notte insonne, forse per merito del trucco.
Ad un certo punto, forse sentendosi osservata, si volta verso di me e mi sorride brevemente, non sembra turbata, né preoccupata. Tanto meglio, siamo entrambi maggiorenni e vaccinati.
Mi metto anch'io al lavoro, ho ancora il rapporto da scrivere.
A metà mattina Emily si alza e si dirige verso l'ufficio di Hotch. La guardo mentre si allontana, con la sua camminata elegante, e di nuovo non riesco a impedirmi di pensare che fino a poche ore prima baciavo le sue labbra morbide e accarezzavo la sua pelle liscia e profumata.
Dalla vetrata la vedo parlare con Aaron, sono in piedi, e l'argomento del loro dialogo deve essere qualcosa che esula dal lavoro, perchè stranamente vedo lui sorridere. Mi chiedo cosa possano avere tanto da dirsi.
Finalmente Emily fa ritorno nell'open space, per venire a piazzarsi proprio di fronte alla mia scrivania.
“Non so tu, ma io ho un tremendo bisogno di un caffè.”
Le sue parole suonano come un invito, che però io non voglio darle la soddisfazione di accogliere.
“No, stamattina sono ben sveglio” mento. “Vai tu.”
Reid mi guarda di sottecchi, che abbia intuito qualcosa? Spencer... No, impossibile.
Torno a concentrarmi sul rapporto, del quale ho scritto soltanto due righe. Hotch mi farà a fettine.
Rifletto però sul fatto che forse sarebbe meglio parlare con Emily di quello che è successo fra noi questa notte, per evitare che l'argomento tenuto in sospeso vada in qualche modo ad influenzare il nostro rapporto sul piano lavorativo. Sì, ne dobbiamo parlare.
Raggiungo Emily nel piccolo cucinino, dove, appoggiata ad un mobiletto, sta bevendo il caffè. Mi guarda al di sopra della tazza ed i suoi occhi seguono il mio avvicinarsi.
“Non eri sveglio?”
Sapevo che lo avrebbe detto. Mi appoggio anch'io al mobile, accanto a lei.
“Infatti, sono qui per parlare.”
“Dimmi” mi invita, ostentando una sicurezza che mi fa un po' innervosire.
“Senti, vengo subito al sodo. Ieri notte indubbiamente siamo stati molto bene insieme, ma credo che sia meglio lasciare le cose...”
“Derek, ti prego... Non sono una ragazzina di quindici anni” mi interrompe quasi risentita parandosi di fronte a me. “Non mi aspetto di certo che quanto è successo fra noi abbia un seguito. E' stato bello. Punto” conclude con tanta ovvietà da lasciarmi di stucco.
“Certo, è proprio quello che intendevo dire io” blatero, colto alla sprovvista dalle sue parole.
Emily va ad appoggiare la sua tazza vuota sul ripiano.
“Io torno di là” annuncia laconica.
Mentre se ne va provo un moto di delusione, anche se non vorrei. Naturalmente sapevo che lei non si sarebbe aspettata un anello di fidanzamento o grandi promesse, però poteva almeno dare un po' di risalto all'accaduto, magari con qualche sorriso malizioso, un commento velato, occhiate complici. Si vede che per Emily non è stato così bello. Bene, capitolo chiuso.

Se dodici ore dopo sono qui davanti alla sua porta è soltanto per fare due chiacchiere tra amici, è chiaro. Suono il campanello e attendo. Per un momento mi viene il dubbio che non sia in casa, poi finalmente la porta si apre ed io resto senza fiato.
Di fronte a me c'è Emily vestita solo con una canottierina nera di raso con i bordi in pizzo e un paio di provocanti slip in coordinato.
“Ti stavo aspettando, Derek Morgan.”
Oddio...
Prima che io abbia il tempo di dire qualcosa afferra i lembi del mio giubbotto attirandomi a sé, per poi appoggiare le sue labbra sulle mie, che io dischiudo per rispondere al suo bacio, carico di passione. Senza staccarci entriamo in casa chiudendoci la porta alle spalle. Con gesti rapidi Emily mi toglie il giubbotto e mi sfila la maglietta, ma i suoi movimenti diventano sensualmente lenti mentre mi accarezza la schiena e poi il torace. Sento il mio corpo in fiamme e l'unico pensiero che riesco a formulare e che voglio sentirla mia.
Stesi sul suo letto ci togliamo a vicenda ciò che ancora ricopre i nostri corpi, lentamente, tra audaci carezze.
Ci baciamo in un modo che mi toglie il respiro, per poi lasciarci andare ad una passione pervasa d'inaspettata dolcezza.
Mi hai stregato, Emily Prentiss...

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


 

PRIMO CAPITOLO

 

 

 

Un altro caso era stato risolto, un omicida seriale era stato consegnato alla giustizia, ma cinque giovani donne avevano perso la vita e la piccola cittadina di Belleville, nelle vicinanze di St Louis, era stata sconvolta dai terribili avvenimenti. Erano riusciti a salvare soltanto l'ultima vittima rapita dal killer, sottraendola ad una morte ingiusta.
Gli sguardi come quello che la povera ragazza aveva rivolto loro mentre la liberavano, erano ciò che ogni giorno permetteva ad Emily di continuare a svolgere il suo lavoro di profiler.
A tutto questo lei stava pensando uscendo dal bagno della sua stanza d'albergo. Si era concessa una doccia rigenerante ed ora si sentiva più rilassata, anche se molto stanca. La squadra si trovava lì da tre giorni, durante i quali le ore di sonno erano state poche per tutti.
Emily, con indosso l'accappatoio, si stava tamponando i capelli bagnati con un asciugamano, quando sentì bussare alla porta. Si bloccò, chiedendosi chi potesse essere. Appoggiò l'asciugamano su di una sedia e andò ad aprire.
“Mi stavi aspettando Emily Prentiss?”
“Derek...” gli urlò lei a voce bassa. “Entra prima che qualcuno ti veda” aggiunse tirandolo dentro per una manica della camicia.
Non appena Emily ebbe chiuso la porta Derek la prese fra le braccia, ma lei si divincolò, sfuggendo alla sua stretta.
“Dai, siamo qui per lavoro.”
“Ma il caso è stato risolto” disse Derek con un'alzata di spalle.
“E' tardi e sono stanca” si lamentò lei.
Derek si sedette sul letto afferrando la canottierina che Emily aveva appoggiato sul pigiama, vicino al cuscino. La tenne sollevata con entrambe le mani esaminandola attentamente.
“Mmh... Questa mi ricorda qualcosa...”
“Dammela” gli ordinò lei, tentando invano di riprendersela.
“Non ci penso neanche” ribattè lui divertito.
Emily sbuffò, lasciandosi poi sfuggire un sorriso.
“Vieni qui” la invitò Derek mentre la attirava a sé circondandole la vita con entrambe le braccia, per poi baciarle delicatamente il collo.
“Ho ancora i capelli bagnati” protestò lei debolmente.
“Così sei più sexy...” le sussurrò lui all'orecchio.
“Sei impossibile...” mormorò Emily iniziando a sbottonargli la camicia.
Derek le passò una mano dietro la nuca e la baciò sulla bocca, mentre lei completava la sua opera levandogli il superfluo indumento.
La fece stendere sul letto, slacciandole la cintura dell'accappatoio, e tornò a baciarla con passione.
Emily si perse fra le sue braccia, dimenticando la stanchezza.

 
In quella splendida mattina di fine aprile David si svegliò di buonumore e scese al primo piano dell'albergo, dove nella sala da pranzo era stato riservato alla BAU un tavolo per la colazione.
“Buongiorno” salutò allegramente JJ e Spencer, già impegnati ad imburrare due grandi fette di pane tostato. Andò a servirsi un caffè e si accomodò insieme a loro.
Spencer osservò la tazza con il liquido bollente che David si stava portando alla bocca.
“Lo sai che la caffeina può causare insonnia, irritabilità, tachicardia e favorisce l'insorgere dell'ipertensione?”
“Grazie per avermi messo a conoscenza dei pericoli ai quali sto andando incontro” disse David prima di bere una lunga sorsata dalla tazza fumante.
JJ si mise a ridere, facendo un cenno di saluto ad Aaron ed Emily i quali stavano giungendo in quel momento.
“Non bevete caffè, lo dico per il vostro bene” li avvisò David con una strizzatina d'occhio.
“Mi sono perso qualcosa?” domandò Hotch prendendo posto al tavolo davanti al vassoio delle ciambelle.
“Niente” rispose Spencer con un largo sorriso.
“Stai bene Emily? Hai una faccia...” chiese JJ all'amica, seduta di fronte a lei.
Emily si massaggiò le tempie, chiudendo gli occhi.
“Questa notte il mal di testa non mi ha fatto chiudere occhio.”
JJ si dimostrò dispiaciuta, poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla tazza di latte e cereali che aveva davanti a sé.
Terminato il loro pasto mattutino si radunarono nella hall dell'albergo, commentando maliziosamente l'assenza di Derek. Qualcuno accennò alla graziosa cameriera del terzo piano, qualcuno all'avvenente poliziotta conosciuta il giorno prima.
Poco dopo il soggetto della loro conversazione fece la sua comparsa, flemmatico.
Prima che gli altri potessero fare qualche battuta di spirito, dando un'occhiata all'orologio Hotch annunciò: “Dobbiamo andare, il jet ci aspetta.”
“Addio colazione” fece Derek con un sospiro.
“Tieni” disse Emily porgendogli una ciambella avvolta in un tovagliolino di carta. “Non voglio che tu muoia di fame.” Si mise il borsone nero a tracolla e raggiunse il resto della squadra, già fuori dall'albergo, mentre Derek la seguiva dando il primo morso alla sua colazione.

 
Il jet era decollato da circa dieci minuti e i profilers si stavano godendo quel momento di tranquillità, che precedeva il ritorno agli uffici dell'FBI e alla solita attività frenetica. Emily se ne stava in una posizione rilassata con la testa appoggiata allo schienale della poltrona, davanti a lei Reid stava leggendo un libro con l'indice posato sulle labbra, in un'espressione concentrata. Alle sue spalle Rossi e JJ erano intenti a commentare l'ultima partita dei Redskins, mentre dall'altra parte dello stretto corridoio Hoch esaminava alcuni documenti, con la mente già proiettata al lavoro, accanto a lui Derek, con le cuffie alle orecchie, stava ascoltando della musica. Emily lo guardò. Derek...
Era già passato più di un mese dalla loro prima notte insieme, alla quale ne erano seguite molte altre. Non si consideravano una coppia, non potevano dirsi innamorati, il loro rapporto era fatto di intesa, complicità e passione. Non era in grado di prevedere per quanto tempo sarebbe durato, né in quale direzione l'avrebbe portata, ma per il momento le andava bene così. Ovviamente nessuno ne era a conoscenza. Non era stato poi così difficile tenere segreta la loro relazione, anzi, trovavano la situazione estremamente stuzzicante. Emily si morse il labbro inferiore per trattenere un sorriso, voltandosi verso il finestrino.
Con gli occhi socchiusi ripensò alla notte appena trascorsa con Derek, poi dolcemente cadde fra le braccia di Morfeo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Secondo capitolo ***


   

SECONDO CAPITOLO

 

 

Circa un mese dopo

 

Elizabeth Prentiss poteva essere definita una bella donna. I corti capelli rosso ramato incorniciavano un volto dai bei lineamenti, anche se induriti dall'espressione severa che pareva essersi indelebilmente scolpita sul suo viso dalla carnagione chiara. Il suo portamento emanava un che di austero, un po' a causa del suo abbigliamento rigorosamente classico che vestiva sempre la sua figura snella, un po' per i suoi modi privi di dolcezza. Se anche nel suo carattere fossero stati presenti tratti solari, questi erano stati ben nascosti dietro a quel suo modo di essere, che la sua posizione di ambasciatrice aveva inevitabilmente richiesto e che nel corso degli anni aveva inciso anche sulla sua vita privata.
Seduta sul divano dell'elegante soggiorno di casa sua, si stava chiedendo come avrebbe reagito Emily alla notizia che stava per darle. Si vedevano molto di rado e quelle rare occasioni non erano certo fatte delle classiche confidenze tra madre e figlia. Non condivideva mai con quest'ultima le sue preoccupazioni e il suo atteggiamento sempre un po' freddo non incoraggiava Emily ad aprirsi con lei. Non aveva mai parlato a sua figlia dei problemi che, soprattutto nell'ultimo periodo, erano stati all'ordine del giorno all'interno della sua vita coniugale.
Elizabeth si guardò la mano sinistra, dove all'anulare luccicava la fede, e con quella stessa mano si asciugò una lacrima, prima che potesse scivolarle lungo la guancia intaccando il trucco perfetto. In quel momento sentì arrivare un'auto. Si alzò e raggiunse la porta d'ingresso, per poi uscire nel grande cortile di ghiaia antistante la casa, ai lati del quale spiccavano aiuole fiorite con i più bei colori di quell'inizio di giugno. Attese che Emily scendesse dalla macchina, prima di andarle incontro. Madre e figlia si salutarono, poi insieme entrarono in casa.
Si accomodarono sul divano dal bianco impeccabile, dove fino a poco prima era seduta Elizabeth.
“Come va?” domandò quest'ultima ad Emily, cercando di assumere un tono naturale.
“Bene, tu come stai?”
Elizabeth abbassò la testa, fissando le mani che teneva posate in grembo.
“Mamma, è successo qualcosa? E' per questo che volevi parlarmi?” chiese Emily preoccupata, avendo notato una sorta di tensione nell'atteggiamento della madre.
“Io e tuo padre abbiamo deciso di separarci” le comunicò Elizabeth senza perdersi in preamboli.
A quelle parole Emily restò di sasso.
“Volete separarvi?” domandò, sperando di aver male afferrato le parole appena udite.
“Sì” rispose Elizabeth senza guardare la figlia in viso.
“Perchè?”
“Semplicemente ci siamo accorti di non amarci più . Da tempo eravamo diventati due estranei che condividevano la stessa casa.”
“Non immaginavo...” mormorò Emily, colpita da quell'affermazione. “Mamma...” Allungò una mano a cercare quelle di sua madre, ma lei si alzò, impedendo l'affettuoso contatto.
“E' meglio così, credimi, questa situazione stava facendo soffrire entrambi, non facevamo che litigare.”
“Mi dispiace.”
Questa volta fu Emily ad abbassare lo sguardo, sentendosi quasi in colpa per non aver capito il disagio che stavano vivendo i suoi genitori.
“Io e tuo padre staremo bene, meglio” la rassicurò la madre avvicinandosi alla grande finestra che dava sul giardino, impedendo così ad Emily di vedere i suoi occhi divenuti lucidi.
“Dov'è papà?”
“Adesso si trova a Boston per lavoro, ma è da due settimane che non vive più qui.”
Emily lasciò il divano e le si avvicinò.
“Ha detto che ti chiamerà” continuò Elizabeth, ora guardando la figlia, la quale notò la sua espressione triste, che le addolciva un po' i lineamenti.
Emily pensò al padre, il quale non era mai stato molto presente nella sua vita, troppo preso, come la madre, tra lavoro e impegni mondani. I suoi genitori non le avevano mai fatto mancare nulla, aveva studiato nelle scuole più prestigiose, ma non le avevano dato ciò di cui lei avrebbe avuto più bisogno: il calore di una famiglia. Nonostante ciò Emily voleva loro molto bene e l'inattesa notizia di quella separazione l'aveva scossa profondamente.
“Stai bene mamma?”
Elizabeth annuì, anche se il suo volto rivelava il contrario.
“Non stare in pena per me, è tutto a posto” disse in un tono che frenò in Emily l'istinto di abbracciarla.
Anche in quel frangente Elizabeth non riusciva a mettere da parte quel suo freddo contegno. Emily era sicura che sua madre stesse soffrendo, ma con il suo atteggiamento non faceva altro che allontanarla, quando invece lei avrebbe voluto esserle di conforto. Era tipico di sua madre non voler mostrarsi debole, nemmeno con lei.
Poco dopo Emily se ne andò, oppressa da un senso di tristezza.

 
L'abitazione di Derek Morgan era una graziosa casetta a due piani, situata in un tranquillo quartiere alla periferia di Washington. L'aspetto esterno era quello tipico delle case in corso di ristrutturazione. La facciata anteriore appariva fresca di tinteggiatura, sul porticato in legno due persiane erano appoggiate al muro, accanto ad esse alcuni pennelli e una lattina di vernice. Davanti alla casa un vialetto di pietre divideva in due un prato sul quale il tosaerba doveva essere passato da poco. Una massiccia porta d'entrata, la cui sicurezza era stata testata personalmente dal legittimo proprietario, conduceva nell'ingresso, dove una scala portava al piano superiore, mentre sulla destra si apriva il soggiorno, dal caratteristico aspetto vissuto. Era impossibile resistere al richiamo del morbido divano per chiunque vi entrasse, compreso il padrone di casa, vista la varietà degli oggetti abbandonati sui morbidi cuscini: una copia di Sporting News, una maglietta appallottolata che aveva conosciuto tempi migliori, la custodia di Fight Club, il telecomando del televisore al plasma strategicamente posizionato di fronte al divano su di un mobile libreria, accanto al quale si faceva notare un grande caminetto ancora in fase di costruzione.
Sull'altro lato dell'ingresso si trovava la moderna cucina, dove la pulizia non mancava, ma l'ordine non rientrava di certo fra le priorità dell'occupante della casa. Due bottigliette di Budweiser erano posate sul tavolo, vicino a due cartoni della pizza, uno di grandezza normale e uno formato famiglia, lasciati lì da chi aveva consumato quella cena veloce, forse per andare a dedicarsi ad attività ben più allettanti.
La camera al piano superiore era composta da un accogliente letto matrimoniale e da un grande armadio dalle ante scorrevoli. In quel momento uno stereo di ultima generazione diffondeva musica new age, mentre una lampada a stelo illuminava la stanza di una luce soffusa. Il letto era occupato da Derek, il quale, sdraiato su di un fianco, accarezzava lentamente la schiena e le spalle nude di Emily, languidamente distesa accanto a lui.
Qualcosa non va?” le domandò, avendo notato che il suo sguardo si era intristito.
No...” rispose lei chiudendo gli occhi e godendo del delicato tocco della sua mano.
Derek aggrottò la fronte e sembrò perdersi in misteriose riflessioni.
Lo sai che fare l'amore regolarmente ha effetti positivi sull'umore, combatte lo stress e fa bene al cuore?”
Te l'ha detto il dottor Reid?”
No, Spencer non è molto informato su questo argomento.”
Sei cattivo Derek” fece Emily riaprendo gli occhi con una risata.
Eh... Avrei molte cose da insegnargli” affermò lui compiaciuto.
Credo proprio di sì” convenne Emily con un sorriso malizioso.
Derek divenne serio.
Ne vuoi parlare?”
Lei si voltò verso il comodino, eludendo l'esortazione, e guardò l'ora sulla sveglia: era quasi l'una e mezza. Scostò il lenzuolo che li copriva parzialmente e fece per scendere dal letto, ma Derek la bloccò afferrandole una mano.
Resta.”
Emily sorrise, ma rifiutò l'invito facendo cenno di no con la testa. Derek assunse un'aria da cucciolo indifeso.
Vuoi lasciarmi qui a dormire tutto solo?”
L'agente Morgan ha per caso paura del buio?” lo canzonò lei sottraendo la sua mano da quella di lui, per poi andare a recuperare i suoi indumenti sparsi per la stanza. Derek la guardò rivestirsi, ammirando ogni suo movimento. Quando Emily ebbe finito lui scese a sua volta dal letto, infilandosi velocemente i boxer e una maglietta e seguendola poi fuori dalla stanza.
Potevi restare, domani è domenica, si dorme.”
Cosa che farò nel mio letto” replicò Emily precedendolo giù per la scala.
E pensare che per colazione volevo prepararti i pancake con la marmellata... E ci sarebbero quei deliziosi biscottini al burro” disse Derek tentando di prenderla per la gola.
Non mi lascio corrompere da te, Morgan.”
Quando furono nell'ingresso Emily recuperò la sua borsa, appoggiata su di un mobile, e aprì la porta per uscire.
Ciao Derek.”
Ciao” mormorò lui con una punta di rammarico.
Emily era arrivata a metà del vialetto quando Derek la raggiunse.
Emily, è sempre bello fare l'amore con te.”
Lei sorrise e gli diede un leggero bacio sulla guancia, dopodichè proseguì verso la sua auto parcheggiata lungo il marciapiede. Derek la guardò andare via, finchè il suv scomparve svoltando sulla strada principale.

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Terzo capitolo ***


  

TERZO CAPITOLO

 

 

 

Il lunedì mattina seguente grandi nuvole grigie si erano addensate nel cielo, a preannunciare la pioggia. Derek si soffermò ad osservarle uscendo di casa, poi si diresse sul retro dove si trovava il garage. Salì sul suv ed uscì in strada. Era stranamente in anticipo e ciò gli consentì di guidare senza fretta alla volta di Quantico. Nonostante il grigiore del tempo si sentiva di buonumore. Aveva passato la domenica dando la vernice alle persiane e pensando alla serata di sabato trascorsa con Emily. Fare l'amore con lei era sempre un'esperienza appagante, la loro intesa era perfetta, insieme stavano meravigliosamente bene. Fino a qualche mese prima non avrebbe mai preso in considerazione o creduto possibile una loro eventuale relazione, invece ora si trovava a non poter quasi fare a meno di lei, della sua passione.
Soltanto una cosa, in modo particolare nell'ultimo periodo, aveva destato il suo dispiacere. Sembrava che il suo rapporto d'amicizia con Emily si fosse un po' rovinato. Scherzavano, ridevano, ma quando si trattava di entrare più nel confidenziale lei tendeva a tirarsi indietro. Era successo diverse volte che parlassero dei loro pensieri, dei loro problemi, magari davanti ad un caffè dopo il lavoro o in viaggio sul jet. Ora non più. Era come se lei volesse considerarlo soltanto come il suo amante. Dopo aver fatto l'amore Emily se ne andava e, se si trovavano nell'appartamento di lei, pur senza dirlo apertamente gli faceva intendere di non volere che si trattenesse a dormire.
In altre occasioni tale comportamento non avrebbe di certo costituito un problema, ma con Emily era diverso, non voleva perdere quella preziosa amicizia che si era consolidata nel tempo. Eppure fin dall'inizio della loro relazione era stato consapevole di correre quel rischio, come lo era del fatto che quella storia non sarebbe potuta durare in eterno. Ma ora non voleva pensarci, desiderava soltanto viverla pienamente, senza pensare al futuro, senza pensieri complicati.

 
Emily guidava nel traffico lento di Washington, che in quel momento le sembrava più caotico del solito. Si sentiva stanca e irritabile, a causa dell'impietosa sveglia che l'aveva destata da un sonno profondo, da poco faticosamente raggiunto.
Per gran parte della notte non aveva chiuso occhio, persa nei pensieri che tuttora affollavano la sua mente. La notizia della separazione dei suoi genitori l'aveva messa in ansia. Era preoccupata per sua madre, perchè sapeva che si stava tenendo dentro tutto il dolore che il fallimento del suo matrimonio le aveva provocato. Era troppo orgogliosa per accettare l'aiuto e il conforto che Emily le avrebbe voluto donare, preferiva fingere di stare bene.
L'altra persona che prepotentemente occupava i suoi pensieri era Derek. Il sabato prima aveva trascorso con lui ore stupende, fin troppo stupende. Avrebbe desiderato confidargli il motivo della sua tristezza, così come le sarebbe piaciuto trattenersi a dormire da lui e assaggiare i suoi pancakes, ma non lo aveva fatto, per il semplice motivo che voleva impedire al loro rapporto di diventare troppo coinvolgente. Ovviamente soltanto dal canto suo, perchè Derek invece sembrava molto bravo ad evitare le complicazioni sentimentali.
La loro relazione era nata quasi per gioco, all'inizio da lei vissuta in modo spensierato, leggero, ma da un po' di tempo Emily sentiva che i suoi sentimenti nei confronti di Derek stavano andando in una direzione che non le piaceva affatto, assumendo una piega che, ne era consapevole, le avrebbe causato soltanto dolore.
Emily si rendeva conto che per evitare che ciò accadesse non sarebbero bastati i limiti che lei stessa si era imposta, esisteva un'unica difficile soluzione: mettere la parola fine alla loro storia, prima che Derek arrivasse definitivamente fino al suo cuore.

 
Era da giorni che lo seguiva, non poteva lasciarselo sfuggire proprio adesso che il tempo era agli sgoccioli. Ancora venti minuti e sarebbe stato suo, a qualsiasi prezzo. Per ora la sua offerta restava la migliore, ma fino al termine dell'asta non si poteva mai dire. Penelope non staccava gli occhi dal monitor del computer, cercando di non farsi distrarre dalle chiacchiere di Derek, il quale se ne stava comodamente a cavalcioni di una sedia girevole con le braccia appoggiate allo schienale.
“Kevin colleziona questa roba?”
Questa roba, come la chiami tu, bello mio, per un collezionista non ha prezzo” disse Garcia con una smorfia, picchiettando velocemente sulla tastiera per rilanciare l'offerta, in quanto un altro acquirente si era fatto avanti.
Sarà, ma che non ti venga in mente di regalare anche a me un modellino di Mazinga Zeta per il mio compleanno” le intimò Derek puntandole contro l'indice.
Non lo farei mai, ti conosco troppo bene” lo rassicurò Garcia senza smettere di fissare la pagina internet dell'asta online.
Derek prese a giocherellare con due penne dalle lunghe piume rosa, inscenando una battaglia tra robot.
“Pasticcino, ti vedi per caso con qualcuna?” gli domandò Garcia con noncuranza.
Derek si bloccò, in allarme.
“Perchè me lo chiedi?”
“Te l'ho detto, ti conosco troppo bene.”
Lui scosse il capo, questa volta con l'indice rivolto verso se stesso.
“Qualcuna... Garcia, ti pare che a me ne basti una?”
“Non si sa mai. In questo periodo mi sembri più...”
“Più?” la incalzò Derek.
“No, accidenti! Il prezzo è salito ancora” si lamentò lei colpendo con la mano l'innocente mouse.
Derek si disse che se anche l'amica sospettasse la presenza di qualcuna, non avrebbe mai potuto capire che si trattava di Emily. Nel mentre Reid fece il suo ingresso nell'ufficio del tecnico informatico, evitando così a Derek altri eventuali attacchi indagatori da parte di Penelope.
Garcia, ti ho portato i documenti che mi avevi chiesto” disse Spencer appoggiando una cartellina sulla scrivania vicino alla tazza del caffè della collega. Evidentemente troppo vicino, perchè questa si rovesciò andando a spargere il suo contenuto sulle preziose apparecchiature elettroniche di Garcia. Quest'ultima balzò in piedi ribaltando quasi la sedia.
Reid!”
Mi dispiace, non l'ho fatto apposta” si scusò imbarazzato Spencer estraendo dalla tasca un fazzoletto, pronto a riparare al danno commesso.
Anche Derek si alzò, trattenendo un sorriso.
Cosa combini ragazzino?”
Morgan, aiutaci a pulire” gli ordinò Penelope porgendogli un fazzolettino di carta.
Dopo tre pacchetti di Kleenex e un accurato controllo da parte della diretta interessata, sembrava che tutto funzionasse normalmente, con grande sollievo di Reid. Garcia tornò velocemente alla sua postazione, ma per constatare che l'asta si era da poco conclusa e realizzare, con suo grande sgomento, che non era stata lei ad aggiudicarsi l'oggetto tanto agognato.
No, non è possibile...” mormorò incredula, con lo sguardo fisso al monitor. “Reid, mi hai fatto perdere Mazinga Zeta...”
Come...?” domandò il ragazzo, senza capire a cosa Garcia si stesse riferendo.
Fu Morgan a metterlo al corrente di tutti i dettagli.
Scusami. Posso fare qualcosa?”
Penelope lo fulminò con lo sguardo.
Non fare niente!”
Te ne comprerò uno...”
Non li vendono nei negozi!”
A quel punto Derek pensò bene di dileguarsi, lasciando il povero Spencer solo ad affrontare Garcia e Mazinga Zeta. Andò nell'open space dove Emily stava bevendo il caffè con la testa appoggiata ad una mano. Le si avvicinò.
Dormito poco?”
Indovinato” confermò Emily alzando gli occhi a guardarlo e invidiando il suo buonumore.
Hai pensato a me tutta la notte vero?” fece Derek allusivo.
Lei appoggiò la tazza sulla scrivania senza rispondere alla sua battuta.
Dopo sabato sera come darti torto...” continuò lui.
Smettila, potrebbero sentirti” lo rimproverò Emily con un'occhiataccia.
Ma sto sussurrando...” si difese Derek, prima di avviarsi verso il suo posto.
Emily lo seguì con lo sguardo e quando lui le fece l'occhiolino da lontano non potè impedire ad un sorriso di affiorarle sulle labbra.

 
L'open space era ormai quasi deserto quando Emily chiuse finalmente il fascicolo che aveva davanti a sé. Quel giorno aveva faticato a trovare la concentrazione, così aveva terminato il suo lavoro più tardi del previsto. Alzandosi dalla sedia notò Hotch in piedi vicino alla vetrata del suo ufficio, gli fece un gesto di saluto che l'uomo ricambiò, dopodichè prese la sua borsa e si diresse verso l'uscita.
Si chiese quando il suo capo avrebbe smesso di fermarsi a lavorare fino a tardi, come si era abituato a fare da dopo il divorzio, anche se in fondo capiva che quello era un modo per non pensare alla solitudine lo opprimeva.
L'ascensore la condusse al piano terra. Emily si accorse che, in quel breve lasso di tempo, la pioggerella che aveva caratterizzato buona parte di quel pomeriggio si era improvvisamente trasformata in un violento acquazzone. Uscì nella piccola area coperta appena fuori dal portone d'ingresso, dove si fermò a guardare sconsolata l'acqua che copiosa cadeva dal cielo, maledicendo la sua sbadataggine che quella mattina le aveva fatto dimenticare l'ombrello a casa. Se anche avesse fatto una corsa fino alla sua auto, non avrebbe evitato di bagnarsi dalla testa ai piedi. Decise di attendere che la pioggia cessasse, o per lo meno che diminuisse di intensità, ma a quanto pareva non ne aveva la benchè minima intenzione. Riflettendo sul da farsi quasi trasalì quando improvvisamente un ombrello si materializzò sulla sua testa.
Serve un passaggio?”
Hotch...” disse Emily, stupita della sua presenza lì, perchè nel momento in cui l'aveva salutato le era sembrato ancora molto preso dal lavoro. “Arrivi giusto in tempo.”
Vicini l'uno all'altra si incamminarono velocemente in direzione del parcheggio, stando attenti ad evitare le pozzanghere che si erano formate sull'asfalto. Hotch le fornì riparo finchè lei fu sulla sua auto, all'asciutto.
Grazie, mi sarei completamente inzuppata.”
Figurati. Vai piano con questo tempaccio.”
Certo...” fece Emily perplessa. Aveva guidato in situazioni ben peggiori di quella.
A domani Prentiss” la salutò Aaron accennando un sorriso.
A domani.”
Emily chiuse la portiera dell'auto e restò a guardare il suo capo attraverso la pioggia, mentre si allontanava a passo spedito raggiungendo il suo suv parcheggiato poco lontano, poi mise in moto e partì per fare ritorno a casa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quarto capitolo ***


  

QUARTO CAPITOLO

 

 

Il giorno dopo la squadra era partita alla volta di Atlanta, dove un caso aveva tenuto occupati i profilers per due giorni, al loro ritorno Emily aveva accompagnato JJ in un luogo in cui la maggior parte delle donne sogna di trovarsi prima o poi: un negozio di abiti da sposa. Jennifer e Will si sarebbero sposati a breve e lei era ormai giunta alla terza prova del vestito bianco.
Era incantevole. Lo stretto corpetto di candida organza, dalla scollatura non troppo pronunciata, le fasciava il busto sottile, e maniche di pizzo e leggero tulle le coprivano le braccia. Le sue mani accarezzavano l'ampia e lunga gonna del medesimo tessuto del corpetto, mentre, con lo sguardo illuminato da una gioia che la rendeva bellissima, domandava ad Emily: “Come ti sembra?”
“Sei uno splendore...” le rispose l'amica con aria non meno sognante.
JJ girò lievemente su se stessa come le aveva chiesto la sarta, la quale stava prendendo le misure per lo strascico.
“Non troppo lungo” si raccomandò la futura sposa.
La donna annuì sorridendo, mentre con mani esperte andava a puntare alcuni spilli sull'orlo della gonna.
“Lo sai vero che il giorno delle nozze dovrai indossare qualcosa di prestato?” domandò Emily avvicinandosi a JJ, per andare a sfiorare delicatamente con una mano la morbida stoffa di quell'abito da sogno.
“Certo, è la tradizione” rispose lei allargando le braccia per consentire alla sarta di controllare la lunghezza delle maniche.
“Penserò io a quello” le assicurò Emily sorridendo enigmatica.
Quando JJ potè, seppur a malincuore, levarsi l'abito bianco, si era ormai fatta ora di cena. Will doveva lavorare ed Henry si trovava con i nonni, così JJ propose all'amica di mangiare qualcosa insieme. Si recarono in un locale dove venivano serviti i panini più grandi e più buoni di tutta Washington.
“Allora, come procedono i preparativi per queste nozze?” domandò Emily versando una buona dose di ketchup sulle sue patatine.
“Devo dire piuttosto bene. Will è un tesoro, si sta occupando di tante piccole cose” rispose JJ osservando il suo enorme panino, per decidere da quale parte iniziare a morderlo.
“Sei fortunata ad averlo accanto a te.”
JJ sorrise dolcemente pensando al suo futuro marito.
“Lo so, non potrei desiderare di meglio.”
“Stai per sposare un uomo meraviglioso e hai un bambino che è una gioia. So che non dovrei, ma un po' ti invidio” ammise Emily con sincerità.
JJ, alla quale non era sfuggita l'ombra di tristezza nel suo sguardo, seppe comprendere il suo stato d'animo, derivante dal bisogno più che naturale di potersi sentire realizzata non solo dal punto di vista professionale, ma anche in quanto donna. Amichevolmente le appoggiò una mano sul braccio, volta a incoraggiarla.
“Troverai anche tu un uomo che ti darà tutto questo.”
”Lo spero.”
Il pensiero di Emily andò inevitabilmente a Derek. Si era ormai accorta di desiderare da lui molto di più di quanto le stava offrendo, perchè se ne stava innamorando, nonostante i suoi sforzi per non lasciarsi coinvolgere. A questo punto la cosa migliore sarebbe stata parlarne con lui, ma ciò avrebbe quasi sicuramente implicato la fine della loro storia, in quanto era molto scettica riguardo al fatto che Morgan potesse provare i suoi stessi sentimenti.
JJ strinse un poco il braccio di Emily, con dolcezza.
“Ehi, c'è per caso qualcuno nei tuoi pensieri?”
“Niente d'importante” rispose Emily con un sorriso malinconico.

 
Terminata quella veloce ma gustosa cena e uscite dal locale, le due amiche si separarono, l'una per andare a prendere il figlioletto, l'altra per godersi con una passeggiata quella tiepida sera di un'estate ormai alle porte.
Emily camminò fino ad un parco poco lontano, per addentrarsi nelle sue stradine che percorse senza fretta, tra oleandri in fiore e salici piangenti. Alcuni bambini si dondolavano sulle altalene, gioiosi nella loro invidiabile spensieratezza, mentre alcune persone anziane, forse i loro nonni volle pensare lei, sedevano vicino a loro su alcune panchine a raccontarsi ricordi di gioventù.
Si trovò a riflettere su quanto fosse buffo il fatto che due eventi l'uno opposto all'altro si stessero verificando in quello stesso periodo: la separazione dei suoi genitori e il matrimonio di JJ e Will. E lei? Si trovava nel mezzo, incastrata in una relazione che l'avrebbe inevitabilmente lasciata con un pugno di mosche.
Mentre gli ultimi raggi di sole si stavano spegnendo per lasciare gradualmente il posto alla notte imminente, Emily uscì dal parco, determinata nell'idea che si era fatta largo nella sua mente.

 
Rientrato a casa da Quantico, Derek si era immediatamente buttato sotto la doccia. Si sentiva stanco, ma non per la giornata lavorativa appena trascorsa a riempire moduli e a scrivere rapporti, bensì per la stanchezza accumulata durante le indagini sul caso di due giorni prima. Una volta uscito dal bagno affamato, si era accorto con disappunto che il frigo non gli avrebbe offerto la quantità di cibo di cui necessitava il suo stomaco, così aveva chiamato il ristorante cinese per farsi consegnare la cena a domicilio. L'indomani si sarebbe dovuto recare a fare la spesa, se non voleva ordinare per telefono anche la colazione. Dopo aver consumato il suo pasto serale in soggiorno Derek si era addormentato mollemente sprofondato tra i cuscini del divano, davanti ad una vecchia puntata di Dharma e Greg.
Un suono improvviso lo fece riemergere dal sonno profondo in cui era caduto. Gli ci volle un momento a realizzare che si trattava del campanello, quindi spense il televisore, si alzò dal divano e stropicciandosi gli occhi andò a vedere chi ci fosse alla porta. Quando aprì rimase un po' stupito nel trovarsi di fronte Emily, non si aspettava una sua visita, ma non per questo gli fu meno gradita.
Disturbo?” domandò lei, notando il suo sguardo un po' assonnato.
Scherzi...” rispose Derek cingendole la vita con un braccio per attirarla a sé.
Emily fissò in silenzio i suoi occhi scuri, che la scrutarono alla ricerca del motivo della sua espressione tanto seria. Gli accarezzò dolcemente una guancia liscia, fresca di rasatura, poi le sue dita si soffermarono a seguire il contorno di quelle labbra ben disegnate. In quel momento Emily volle dimenticare la ragione che l'aveva condotta lì. Protendendosi un po' verso di lui gli appoggiò le labbra sul collo, appena sotto l'orecchio, per poi farle scorrere lentamente fino alla sua bocca. Derek fu percorso da un brivido e prendendole il viso fra le mani la baciò, prima con dolcezza, poi con passione crescente. Le sfilò la maglietta e in un gesto rapido la liberò dal reggiseno, facendole accelerare i battiti del cuore quando prese a sfiorare la sua pelle liscia e calda. Emily, levandogli la t-shirt, mise in mostra il suo petto muscoloso, che ricoprì di baci mentre lo accarezzava lungo la schiena. Derek chiuse gli occhi, rovesciando un po' la testa all'indietro.
Emily...” sussurrò in un gemito.
Le loro bocche tornarono a cercarsi, avidamente, senza staccarsi quando Derek la prese in braccio per portarla in soggiorno, dove la adagiò sul divano. Si liberarono a vicenda dei vestiti che ancora avevano indosso con gesti febbrili, i respiri affannosi, mentre i loro corpi si cercavano. Emily si abbandonò completamente a Derek, godendo di ogni carezza, assaporando ogni suo bacio, forse per l'ultima volta.

 
Quando ebbero terminato di rivestirsi Derek andò in cucina ed Emily si sedette sul divano, pensando a come avrebbe potuto iniziare il discorso che gli avrebbe fatto di lì a breve. Non sarebbe stato facile, ma non poteva più rimandare.
Derek fece ritorno in soggiorno con due birre.
Preferisci andare fuori sul dondolo? Ho finito di sistemarlo.”
No, va bene qui. Ti devo parlare.”
Derek, reso un po' inquieto dal tono e dall'espressione di Emily, appoggiò le bevande sul tavolino e si accomodò accanto a lei nel divano.
Cosa c'è?”
Voglio essere sincera con te e spero che tu lo sarai altrettanto” iniziò lei guardandolo dritto negli occhi.
Derek annuì, senza sapere bene cosa aspettarsi.
Sto molto bene con te, ma sono arrivata ad un punto in cui non mi basta più ciò che siamo.”
Cosa intendi dire?”
Saresti disposto a pensare di poterti impegnare con me in qualcosa che non sia soltanto del sesso?” gli domandò Emily a bruciapelo, era inutile girarci intorno.
Derek rimase così colpito e sorpreso da ciò che lei gli aveva appena chiesto, che subito restò senza parole. Quando fece per dire qualcosa Emily lo precedette: “Non ti sto chiedendo una promessa di matrimonio o il nome da dare ai nostri figli” tenne a precisare. “Desidero soltanto una storia vera, con te.”
Lui distolse lo sguardo, andando a fissare la bottiglia di birra che aveva davanti.
Emily... Non ho mai pensato alla nostra relazione in questi termini.”
Non è questione di pensarci. Guardami Derek” lo invitò, prima di portarsi una mano sul petto in corrispondenza del cuore. “E' qualcosa che senti qui.”
Derek si trovò spiazzato nel rendersi conto della natura del sentimento che Emily provava per lui, e non di meno dalla toccante semplicità con cui lei glielo aveva rivelato.
Siamo colleghi” le ricordò, subito pentendosi di quelle inutili e quasi fredde parole, che suonarono più come una scusa che non come un reale motivo d'ostacolo ad una storia tra loro due.
Lo sai bene che alla fine non sarebbe una cosa impossibile” replicò giustamente lei.
Derek chiuse gli occhi e fece cenno di sì con la testa, dopodichè la guardò con un'espressione triste e dolce allo stesso tempo.
Mi dispiace, ma non posso darti quello che cerchi.”
"Non dispiacerti, in fondo il nostro rapporto è nato per essere niente più di ciò che è stato” disse Emily accennando un sorriso, che si velò di malinconia.
Derek realizzò con rammarico il significato di quelle parole.
Intendi dire che tra noi è finita?”
Sì” mormorò Emily. “Non voglio arrivare a farmi del male.”
Un lungo e pesante silenzio cadde fra di loro, in quanto ogni altra parola pareva a quel punto superflua.
Ora è meglio che io vada” si decise alla fine Emily alzandosi dal divano.
Lo fece anche Derek, seguendola silenziosamente fino all'ingresso, poi fuori sul porticato.
Se stai soffrendo per colpa mia, perdonami” sentì il bisogno di dirle, intuendo il dolore che quella situazione le doveva provocare.
Te l'ho detto, non hai nulla da farti perdonare” lo rassicurò lei. “Doveva essere così.”
Derek la prese fra le braccia stringendola a sé. Emily appoggiò la testa contro la sua spalla, mentre lui le accarezzava piano i capelli.
Ti voglio bene Emily.”

 

Emily guidò fino a casa con il cuore che le faceva male. Anche se in qualche modo si era preparata al fatto che Derek non avrebbe voluto trasformare la loro storia in qualcosa di più concreto, una piccola parte di lei aveva osato sperare il contrario. Ora la realtà le pesava più di quanto avesse potuto immaginare.
Quando entrò nel suo appartamento si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò con la schiena. Chiudendo gli occhi permise finalmente alle lacrime trattenute fino a quel momento di scenderle lungo le guance. Disse mentalmente addio ai suoi baci, al calore del suo corpo, ai loro momenti giocosi dopo aver fatto l'amore, alla sua dolcezza.
Ti amo... Derek.”

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Quinto capitolo ***


  

QUINTO CAPITOLO

 

 

 

L'Holiday era un moderno locale situato non lontano dalla sede dell'FBI, ragion per cui veniva assiduamente frequentato da molti agenti federali, i quali dopo il lavoro amavano concedersi un aperitivo accompagnato da due chiacchiere, che non riguardassero soltanto omicidi e attentati.
Così avevano fatto quel giorno anche Emily, Spencer, Penelope e David. Sedevano intorno ad un tavolo al centro del locale, in attesa dei loro aperitivi.
Garcia avevi ragione, l'abito di JJ è semplicemente stupendo.”
Oh Emily... Quando l'ho vista con quel vestito ho creduto di svenire per l'emozione” disse Penelope portandosi le mani al petto. “Mi chiedo come mi sentirei se fossi io a dovermi sposare.”
Ci sono buone probabilità che sia tu la prossima” osservò Reid suscitando l'ilarità della collega.
Potrei campare fino a novant'anni senza che Kevin me lo chieda.”
Se vuoi lo faccio io, ho una certa esperienza, so come funziona” intervenne un autoironico David.
Mentre gli altri ridevano di gusto per la sua uscita giunse la cameriera con le ordinazioni. Posò sul tavolo quattro long drinks, accompagnati da alcuni piatti con svariati stuzzichini che essi osservarono con evidente languore. Garcia afferrò subito una tartina, seguita a ruota dagli altri tre.
A proposito di vestiti, avrò bisogno di un abito elegante, sapreste consigliarmi un negozio?” domandò Spencer bevendo un sorso del suo aperitivo che, a giudicare dalla smorfia che fece, doveva essere un po' troppo alcolico per i suoi gusti.
Potresti andare da Daddy and Son, si trova a Dupont Circle, oppure da Lost Boys a Georgetown. Se vuoi ti ci posso accompagnare” si offrì gentilmente Emily.
Lo faresti davvero?”
Lei annuì con un sorriso.
Reid, sarai il testimone della sposa, dovrai essere elegante, avere un aspetto ordinato... Forse sarebbe meglio se ti tagliassi i capelli corti” riflettè David con tutta la serietà che gli riuscì di avere.
Spencer si bloccò con un'oliva a mezz'aria.
Co... Cosa?!” fece, spalancando gli occhi, mentre Emily dava di gomito a Penelope per poi ridere con lei sotto i baffi.
Forse David ha ragione...” rincarò la dose Garcia, infierendo sul povero Reid.
In quel momento Rossi notò Derek fare capolino nel locale, gli fece un cenno. Il collega lo vide e si diresse verso il gruppo di amici. Avvicinandosi a loro il suo sguardo si posò inevitabilmente su Emily.
Erano trascorse alcune settimane da quando la loro relazione era finita. Non era stato semplice per Derek abituarsi a fare a meno di lei, poche donne avevano saputo regalargli uguali sensazioni, ma non aveva tentato di farla ritornare sui suoi passi perchè sarebbe stato egoistico da parte sua. Fino al momento in cui Emily non lo aveva messo a conoscenza dei suoi sentimenti, non si era mai chiesto cosa provasse per lei. Stava vivendo la loro storia senza farsi troppi problemi, senza impegni, gli andava bene così. Poi lei aveva messo tutto in discussione. Era stato cieco a non accorgersi che si stava innamorando di lui, avrebbe dovuto capirlo da tante piccole cose che in seguito gli erano tornate alla mente. Quello che Emily aveva detto di desiderare era un rapporto vero, con tutte le ragioni dalla sua, ma Derek non se l'era sentita di intraprendere quella strada, perchè era convinto di provare per lei unicamente una profonda amicizia ed una forte attrazione fisica. Ma era davvero soltanto questo che sentiva per Emily? A quella domanda, che non si era mai posto prima di allora, proprio non sapeva rispondere, a volte trovava addirittura più semplice e comodo non porsela affatto. Sapeva che Emily stava soffrendo, anche se cercava di non darlo a vedere, soprattutto a lui, e si sentiva in colpa per questo. Sul piano professionale nulla era cambiato fra di loro, ma su quello personale Derek si augurava di ritrovare poco alla volta l'affiatamento e la spontaneità che ultimamente erano venuti un po' a mancare.
Ehi, stavate parlando del sottoscritto?” domandò in un allegro tono scherzoso una volta raggiunti i quattro colleghi.
Tesoro mio quanto sei egocentrico” gli disse di rimando Garcia. “Stavamo discutendo di un problema che tu non puoi avere.”
Derek la guardò con espressione interrogativa, poi cercò di attirare l'attenzione della cameriera poco distante, cosa che a dire il vero non gli costò molta fatica. Ordinò una caipiroska e si sedette al tavolo di fronte ad Emily. I loro sguardi inevitabilmente si incrociarono, sostenendosi a vicenda per alcuni istanti, finchè la loro attenzione fu attratta da un'esclamazione di Reid, il quale aveva finalmente capito che Rossi e Garcia non avevano parlato sul serio. Emily ragguagliò Derek circa la simpatica presa in giro messa in atto dai due e tutti insieme si misero a ridere, compreso Spencer, sollevato nel sapere la sua chioma al sicuro.
Nel frattempo tornò la cameriera con il cocktail di Derek e si sporse verso di lui per andare ad appoggiarglielo davanti. Derek non potè evitare di fare sporgere a sua volta gli occhi verso la profonda scollatura della ragazza.
Ecco la tua caipiroska” fece lei mielosa.
Lui la ringraziò palesemente ringalluzzito, mentre una serie di battutine maliziose faceva il giro del tavolo. Emily gli sorrise, in modo spontaneo. Anche se non glielo aveva mai detto, Derek adorava il suo sorriso.

 
Aaron, seduto alla sua scrivania, teneva un dossier aperto davanti a sé, ma senza realmente leggere il suo contenuto. Stava riflettendo sulla sua vita, come in quel periodo sempre più spesso si trovava a fare. Da quando Haley lo aveva lasciato, per lui era esistito soltanto il lavoro, oltre a Jack naturalmente, non si era più concesso uno svago da allora. Il fatto di lavorare senza tregua all'inizio era stato un po' la sua medicina contro il dolore provocato dal divorzio, ma ora la solitudine che si era creato con le sue stesse mani stava incominciando a pesargli. Si rendeva conto che era giunto il momento di ritornare a vivere, a sorridere, mentre scopriva di sapersi ancora interessare ad una donna.
Hotch guardò l'ora sul suo orologio da polso. Poco prima Rossi si era recato nel suo ufficio per invitarlo ad unirsi a lui e agli altri della squadra, i quali sarebbero andati a bere qualcosa prima di ritornare a casa. Aveva rifiutato, come sempre del resto. Le volte in cui aveva accettato un invito nell'arco di due anni a quella parte si potevano contare sulle dita di una mano, non si ricordava nemmeno più quando era stata l'ultima volta che lo aveva fatto.
Emise un sospiro e con un gesto deciso chiuse il fascicolo ancora aperto sulla prima pagina, per poi riporlo in uno dei cassetti a lato della scrivania, quindi si alzò. Senza lasciarsi del tempo per possibili indugi e ripensamenti, prese la sua ventiquattrore e svelto uscì dall'ufficio. Forse David e gli altri erano ancora all'Holiday.

 
Una volta finito di bere il suo cocktail, Derek si alzò per andarsene.
Vuoi già privarci della tua magnifica presenza?” gli chiese Garcia.
I pesi mi aspettano” rispose lui mimando l'atto di sollevarli. Detto questo Derek li salutò e si incamminò fra i tavoli per raggiungere l'uscita, mentre Emily lo seguiva con lo sguardo. Giunto alla porta si imbattè in una persona che stava entrando in quel momento, la cui presenza lì destò in lui non poca sorpresa.
Hotch...”
Morgan, te ne stai andando?” gli domandò l'amico con il timore di essere arrivato troppo tardi.
Sì, vado in palestra, ma gli altri sono ancora lì” rispose Derek indicandogli il tavolo dove i colleghi sedevano ancora.
Avendo notato e compreso lo stupore di Morgan, Hotch disse, con un tono che risultò particolarmente allegro: “Dovrei farlo più spesso vero?”
Derek annuì, andando a stringergli un po' la spalla in un gesto amichevole.
Spero sarà così” si auspicò, contento del fatto che forse il suo capo avesse finalmente deciso di tornare ad avere una vita. Lo guardò avvicinarsi agli altri quattro, notando la sorpresa dipingersi sui loro volti e immaginando gli entusiasti commenti con cui lo stavano accogliendo. Lo vide andare a sedersi accanto ad Emily, sorridendole. Anche lei gli fece un sorriso, lo stesso che aveva rivolto anche a lui poco prima. Derek uscì dal locale e andò verso il suo suv parcheggiato poco lontano, vi salì e si immise in strada, avvertendo un vago senso di disagio sulla cui natura non volle indagare.

 
Dopo aver lasciato il locale Emily ritornò a casa nella solitudine del suo appartamento. Si fece subito una doccia per rinfrescarsi dopo quella calda giornata estiva, poi indossò una maglietta e dei pantaloncini e andò in cucina a prepararsi un'insalata.
Le venne da sorridere ripensando allo stupore che Hotch aveva suscitato in tutti loro raggiungendoli per l'aperitivo. La cosa le aveva fatto piacere, poteva essere un buon segnale che lasciava intravedere il bisogno e la voglia da parte sua di lasciarsi alle spalle il dolore e la solitudine degli ultimi anni, com'era giusto che fosse.
Dopo cena Emily decise di trascorrere la serata rilassandosi sul divano, in compagnia del romanzo che aveva appena incominciato a leggere. Mentre si metteva comoda e apriva il libro, lo sguardo le cadde sul suo cellulare, appoggiato sul tavolino davanti a lei. Non potè impedirsi di pensare alla sera in cui l'aveva dimenticato nel suv di Derek. Da lì era iniziata la loro storia. Si chiese se potendo tornare indietro avrebbe fatto in modo che tra loro due non succedesse niente. La sua risposta fu no. Nonostante ora le facesse male ricordarli, avrebbe rivissuto mille volte i bei momenti trascorsi con lui.
Chiuse il libro tenendolo in grembo e appoggiò la testa contro lo schienale del divano. Non ce l'aveva con Derek, non era colpa sua se non provava i suoi stessi sentimenti. Innamorarsi e smettere di amare erano due cose che non potevano essere fatte a comando, anche se Emily lo avrebbe tanto desiderato. Non sarebbe stato facile riuscire a dimenticare Derek, dal momento che ogni giorno poteva sentire la sua risata, incrociare il suo sguardo, udire la sua voce. L'unica cosa che doveva fare era dare tempo al tempo.
Il suono del campanello interruppe il corso dei suoi pensieri. Lasciò il divano e si diresse alla porta. Guardò attraverso lo spioncino e restò molto sorpresa nello scoprire che fuori c'era l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sesto capitolo ***


  

SESTO CAPITOLO

 

 

 

Dal giorno in cui le aveva parlato della separazione, Emily non aveva più rivisto sua madre, c'erano state soltanto alcune brevi telefonate fra di loro. Da quando abitava lì, e non era da poco tempo, era andata a trovarla soltanto una volta, quindi la sua visita di quella sera le era giunta davvero inaspettata.
Emily arrivò in soggiorno con due calici di vino bianco e trovò Elizabeth in piedi davanti all'ampia vetrata, dalla quale si potevano ammirare le mille luci di Washington.
“La vista da qui è magnifica.”
“E' sempre un bello spettacolo” disse Emily appoggiando i bicchieri sul tavolino.
Elizabeth raggiunse la figlia sul divano, sedendole vicino.
“Come va mamma?” le domandò lei, notando nella madre la stessa espressione triste dell'ultima volta.
“Potrei dirti di nuovo che va tutto bene, ma non è così, non sto bene per niente, questa è la verità” confessò Elizabeth di getto. “Cerco solo di convincere me stessa e gli altri” continuò mentre guardava Emily negli occhi, riuscendo ad essere finalmente sincera con la figlia.
“Con me non ha funzionato” le disse lei con dolcezza e un lieve sorriso.
“Lo so...”
“Ti sono vicina mamma.”
“Emily, è così difficile... “ il magone impedì per un momento ad Elizabeth di continuare. “E' difficile e doloroso per me affrontare questa separazione, che significa il fallimento del mio matrimonio, in cui credevo. In ogni caso tuo padre resterà sempre una persona molto importante per me.”
Emily si domandò se in realtà sua madre fosse ancora innamorata di lui, forse glielo avrebbe chiesto, ma in un altro momento. Le circondò le spalle con un braccio, in un gesto pieno di affetto e calore.
“Supererai tutto questo, lo faremo insieme.”
Elizabeth annuì, accennando un sorriso.
“Grazie Emily, sei così cara.” Le accarezzò il viso, delicatamente. “Perdonami se tante volte ti ho lasciata sola, quando ero troppo presa a pensare alla mia stupida carriera” disse con amarezza.
Emily le prese una mano fra le sue, stringendola.
“Mamma, non ci pensare...”
Non riuscì a dire altro, perchè le salirono le lacrime agli occhi.
“C'è qualcosa che non va, vero?” le domandò Elizabeth, intuendo che la tristezza di sua figlia non fosse dovuta soltanto alla sua separazione.
In Emily affiorò prepotente il desiderio di confidare alla madre ciò di cui non aveva mai potuto parlare con nessuno.
“Amo con tutta me stessa un uomo che non ricambia i miei sentimenti. Abbiamo avuto una breve relazione, ma è finita quando io mi sono innamorata di lui.”
“Mi dispiace.”
“Si tratta di Derek Morgan.”
“Uno della tua squadra” ricordò Elizabeth. “Questo rende tutto più complicato.”
Emily annuì, mentre si passava il dorso della mano sugli occhi umidi.
“Sto cercando di dimenticarlo, ma non è facile, ogni volta mi sembra di ritornare al punto di partenza.”
“Il tempo ti sarà di aiuto, suonerà banale, ma è proprio così” affermò Elizabeth, mentre pensava che lo stesso discorso potesse valere anche per lei.
“Sono contenta che tu sia qui” le disse Emily, grata.
Sua madre la strinse in un caldo abbraccio, dove lei si rifugiò come in un luogo sicuro.
“Ti voglio tanto bene Emy, desidero soltanto che tu sia felice.”
Emily, nel sentire il diminutivo con cui Elizabeth la chiamava quando era bambina, non potè impedire ad una lacrima di rigarle una guancia, per la gioia di aver ritrovato sua madre.
“Anch'io ti voglio tanto bene mamma.”

 
Quasi ogni sera, dopo aver lasciato lo studio legale dove lavorava come segretaria, Amanda Reynolds si recava in palestra, un po' per tenersi in forma, e il suo bel fisico lo dimostrava, un po' perchè quel luogo pullulava di notevoli soggetti appartenenti al genere maschile. Uno in particolare da qualche tempo aveva attirato la sua attenzione. Era soltanto da qualche settimana che lo vedeva, forse si era iscritto lì da poco, ma non sembrava frequentare la palestra regolarmente, a volte capitava che non si facesse vedere per giorni. Ma, seppur sporadica, la sua era senza ombra di dubbio una bella visione: pelle scura, fisico scolpito, sguardo magnetico e irresistibile sorriso, in poche parole, tremendamente sexy.
Fino ad allora si era limitata ad ammirarlo da lontano, ma quella sera aveva deciso che fosse giunto il momento di passare all'azione. Sapeva come muoversi, era sempre stata spigliata nei confronti dell'altro sesso.
Amanda avvistò la sua preda. Sdraiato sulla panchetta il tipo era impegnato nel sollevamento pesi, ogni suo movimento metteva in evidenza i bicipiti ben scolpiti, lasciati scoperti dalla maglietta sbracciata. La ragazza notò che accanto a lui vi era una panca per gli addominali libera, quindi, raccogliendosi i lunghi riccioli rossi in una coda di cavallo, si affrettò a raggiungerla, prima che venisse occupata da qualcun altro. Vi si coricò e iniziò la sua ginnastica, su e giù, con le braccia incrociate sul petto e un occhio sempre attento ai movimenti del suo vicino. Questi ad un certo punto smise di alzare i pesi e si sollevò a sedere. Così fece anche Amanda.
“Con questo caldo sembra ancora più faticoso” osservò quest'ultima, con un leggero fiatone.
“E' vero, avrei già bisogno di una doccia” affermò lui prendendo l'asciugamano che aveva appoggiato sulla panca, con cui si tamponò il viso e il collo.
“Belli” disse Amanda indicando i tatuaggi che spiccavano sul suo braccio muscoloso.
“Grazie” fece l'altro, mentre osservava il fisico tonico della sua interlocutrice, la quale indossava dei pantaloncini attillati ed un top molto ridotto.
Amanda sciolse la coda di cavallo facendo ondeggiare la sua folta chioma, in una mossa studiata.
“Sai, anch'io ne ho uno... Beh, dove non tutti lo possono vedere” lo informò sorniona.
“Interessante...”
La ragazza gli tese una mano.
“Io mi chiamo Amanda, Amanda Reynolds.”
“Derek Morgan” si presentò a sua volta lui stringendogliela.
“Sei nuovo qui vero? Altrimenti credo ti avrei notato...”
Derek sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi.
“Lo prendo come un complimento. Comunque sì, mi sono iscritto da poco in questa palestra.”
“Io vengo qui dopo il lavoro. Sono segretaria in uno studio legale, tu cosa fai di bello nella vita?”gli domandò Amanda sbattendo un po' le ciglia allungate dal mascara.
Era una ragazza di sicuro intraprendente, dotata di una buona dose di simpatica sfacciataggine, i cui modi fecero sorridere Derek.
“Diciamo che svolgo un lavoro socialmente utile” rispose lui restando sul vago.
Prima che Amanda potesse esprimere la sua curiosità, giunse l'istruttore a chiamarla per la sua mezz'ora di cyclette. Si legò nuovamente i capelli e scese dalla panca, avvicinandosi a Derek per andare a sussurrargli all'orecchio: “Michael è un vero aguzzino...”
“Me ne ricorderò” affermò lui facendole l'occhiolino, per poi guardarla mentre se ne andava con il terribile istruttore, puntandole gli occhi sulle parti basse.
Tornò poi a dedicarsi alla sua attività, fino a quando decise che per quel giorno si era preso abbastanza cura dei suoi muscoli. Andò a farsi la doccia e una volta uscito dallo spogliatoio si diresse verso l'atrio che portava all'uscita, dove, proprio in quel momento, stava giungendo anche Amanda.
“Che sincronismo!” esclamò la ragazza.
“Incredibile vero?” fece Derek, nutrendo dei forti dubbi circa la casualità dell'evento. “Allora, il tuo aguzzino ti ha fatto sudare?”
“Non mi ha dato tregua: cyclette, tapis roulant e di nuovo addominali” rispose Amanda mentre uscivano e si incamminavano verso il parcheggio.
“Allora è davvero terribile.”
“Sì, sono stanca morta” si lamentò lei, per poi aggiungere prendendo Derek a braccetto: “Ma non abbastanza da non poter andare a bere qualcosa, che ne dici?”
“Magari un' altra volta” rifiutò lui, frenando l'entusiasmo della ragazza, la quale però non mollò la presa sul suo braccio, fino a quando Derek non prese le chiavi del suv dal borsone, in quanto nel frattempo erano giunti dove esso era parcheggiato.
“Io sono arrivato” annunciò lui.
Amanda indugiò per un momento, riflettendo che forse non l'avrebbe rivisto presto, poi estrasse un blocchetto e una penna da una tasca laterale della sua borsa sportiva.
“Senti, giovedì sera sarò al Black Cat” disse, iniziando a scrivere qualcosa su uno dei foglietti rosa. “Se ti va di fare un salto chiamami” concluse, andando ad infilare il pezzo di carta nella tasca posteriore dei jeans di Derek, per poi salutarlo con un rapido gesto della mano.
Ci si vede” mormorò lui, mentre Amanda si allontanava in direzione della parte opposta del parcheggio.
Derek scosse la testa sorridendo, dopodichè salì sul suv e si diresse a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Settimo capitolo ***


  

SETTIMO CAPITOLO

 

 

 

Alcuni giorni dopo

 

Derek, alla guida del suv lungo una strada extraurbana alla periferia di Scottsdale, regolò l'aria condizionata su di un livello più alto. Durante il mese di luglio da quelle parti si arrivava a toccare una temperatura elevata anche verso il finire del giorno. Quella sera non faceva eccezione. Prese una bottiglietta dal portaoggetti laterale che aprì senza staccare una mano dal volante, bevve un lungo sorso d'acqua e la porse ad Emily, seduta accanto a lui, la quale fece lo stesso prima di restituirgliela.
“Oggi ha fatto un caldo terribile, da non resistere.”
“Siamo nell'arida e secca Arizona” le ricordò lui.
“Non potrei mai vivere in questo posto” affermò Emily voltandosi a guardare il collega. Sul suo viso potè notare i segni della stanchezza, avevano riposato poco in quei due giorni. I loro giubbottini antiproiettile giacevano sul sedile posteriore, la squadra aveva appena concluso un'azione grazie alla quale l's.i. era stato catturato e quattro ostaggi liberati, fortunatamente illesi.
“Immagina, una bella casetta in mezzo ai saguaro” ipotizzò Derek, accennando agli enormi cactus che costeggiavano la strada su ambo i lati.
“Non ho niente contro le piante grasse, ma preferisco il mio appartamento di Washington” considerò lei chiudendo gli occhi e appoggiando la testa contro lo schienale.
Derek le lanciò un'occhiata di sfuggita e sorrise.
“L'agente Prentiss è ufficialmente crollata.”
“Non ancora” lo smentì Emily, anch'ella con un sorriso.
Dopo qualche minuto si lasciarono alle spalle cactus e secchi arbusti per addentrarsi nel centro cittadino. Derek rallentò, per poi fermarsi ad un semaforo rosso.
Emily, la quale stava guardando fuori dal finestrino, si voltò sorpresa quando lui appoggiò una mano sulla sua, domandandole, serio: “Stai bene?”
Sapeva a cosa si stesse riferendo. La dolce e struggente sensazione che provò a quel contatto sarebbe bastata a rivelargli quanto ancora fosse innamorata di lui. “Sì, direi di sì” rispose, anche se non era del tutto vero.
Derek volle crederle. Scattò il verde e ingranando la marcia ripartì.
“Ho tenuto testa all's.i., vuoi che non riesca a farlo con Derek Morgan?” aggiunse scherzando Emily per evitare che si creasse un'atmosfera troppo malinconica.
Derek sorrise e le diede un buffetto su una guancia.
“So quanto sei in gamba.”

 
In breve giunsero al loro albergo, dove erano appena arrivati anche gli altri membri della squadra. Per prima cosa tutti andarono a rinfrescarsi, stanchi ma sollevati vista la buona risoluzione del caso, e, dopo una cena veloce consumata in albergo, ognuno si ritirò nella propria stanza a godersi il meritato riposo.
Una volta che fu nella sua camera Derek si liberò dei jeans e della maglietta, che finirono malamente gettati su di una sedia, e si buttò sul letto. Spense la luce, appoggiò la testa sul cuscino e finalmente chiuse gli occhi.
Il sonno però tardava ad arrivare, forse per il caldo o la troppa stanchezza. Si girò sull'altro fianco, poi di nuovo su quello di prima, per trovarsi alla fine supino a fissare il soffitto, dove la luna filtrando tra le tende disegnava sottili lame di luce.
Vieni qui... Ho ancora i capelli bagnati... Così sei più sexy...
Derek trasse un respiro profondo e guardò l'ora: era notte fonda.
Vuoi lasciarmi qui a dormire tutto solo... L'agente Morgan ha per caso paura del buio?
Chiuse gli occhi, senza però riuscire ad addormentarsi. Si tirò a sedere sul letto, e guidato dalla luce lunare bevve un po' d'acqua dalla bottiglia sul comodino, poi si sdraiò nuovamente. Cercò di dormire, l'indomani mattina la sveglia sarebbe suonata presto.
Desidero soltanto una storia vera, con te... Non posso darti quello che cerchi...
Dopo un po', facendosi largo fra i suoi pensieri, il sonno poco a poco iniziò a coglierlo.
E' qualcosa che senti qui...
Quando anche l'ultima immagine proiettata dalla sua mente divenne sfuocata fino a svanire del tutto, finalmente si addormentò.

 
Il jet era in volo da quasi un'ora quando Derek aprì gli occhi, si era appisolato subito dopo il decollo sotto il peso delle scarse ore di sonno di quella notte. Davanti a lui si ergeva una copia di USA Today, che Rossi teneva sollevata con entrambe le mani intento nella lettura. Derek sentì provenire da dietro le voci di Reid e JJ, i quali stavano discutendo dell'importanza dei testimoni durante la cerimonia nuziale. Sbadigliando si guardò intorno. Dall'altra parte del corridoio Hotch era impegnato nella divertente attività di riordinare la sua ventiquattrore colma di documenti. Si chiese perchè il suo capo non potesse semplicemente rilassarsi un po', leggendo, ascoltando musica o facendo conversazione. Alle spalle di Aaron era seduta Emily, la quale si stava cimentando con le parole crociate. Non aveva nessuno vicino, Derek pensò che sarebbe potuto andare a sedersi con lei un momento, domandandole se volesse del caffè, oppure aiutandola con l'enigmistica. Forse era meglio di no, magari Emily non avrebbe gradito le sue intenzioni colloquiali così di prima mattina, preferendo starsene tranquillamente da sola, o forse invece le avrebbe fatto piacere. Perchè farsi tanti problemi per attraversare il corridoio e andare a sedersi vicino ad una collega? Fece per alzarsi ma si bloccò subito, in quanto vide Hotch lasciare il suo posto per andare a occupare quello accanto ad Emily. Pensò che sarebbe stato meglio se il suo capo avesse continuato ad occuparsi delle sue scartoffie.

 
Posso esserti utile?” si offrì Aaron sedendosi vicino ad Emily mentre quest'ultima si picchiettava la fronte con la penna, come per farsi venire in mente qualcosa.
Se ti intendi di popolazioni aborigene...”
Uhm... Questo argomento non è il mio forte.”
Forse sarebbe meglio chiedere al nostro genio” suggerì Emily indicando con la testa il Dr Reid.
Si guardarono e sorrisero entrambi.
Emily era bella, intelligente e simpatica, la sua compagnia risultava molto gradevole e ad Aaron sarebbe piaciuto approfondire la loro amicizia, scoprire quale donna si nascondesse dietro alla profiler.
Io andrei a prendermi del caffè, ne vuoi anche tu?” le domandò alzandosi.
Sì, grazie” rispose lei chiudendo la rivista. “Gli aborigeni possono aspettare.”
Aaron si allontanò, per fare ritorno dopo qualche minuto reggendo due tazze fumanti. Ne porse una ad Emily e quando lei la prese le loro mani si sfiorarono. Iniziarono a bere in silenzio.
Mia madre mi ha detto di portarti i suoi saluti, ci siamo viste nel weekend, ma con il caso a cui pensare me n'ero scordata” disse poi Emily.
Grazie, ricambia. Come sta Elizabeth?”
Non troppo bene, da poco lei e mio padre si sono separati.”
Mi dispiace” fece Aaron sorpreso dalla notizia. “Immagino come si debba sentire.”
Non è semplice, spero che possa superare presto questo momento” si augurò lei rincuorata dal fatto che la madre avesse alla fine deciso di aprirsi e accettare il suo sostegno.
Io ho iniziato a farlo ora” confessò lui, confermando ciò che Emily aveva già avuto modo di notare negli ultimi tempi.
Ne sono contenta. Jack sta bene?”
Nel sentir nominare il piccolo il viso di Aaron si illuminò.
Sì, ora frequenta l'asilo e ha scoperto il disegno, ogni volta che ci vediamo ne ha uno da regalarmi.”
Allora diventerà un artista” disse lei appoggiando la tazza ormai vuota sul piccolo tavolino davanti a loro.
Di certo non ha preso dal padre” affermò Aaron allegramente, mentre finiva anch'egli di bere il caffè guardando i begli occhi scuri di Emily.

 
Derek ogni tanto lanciava un'occhiata a Hotch ed Emily i quali stavano conversando amabilmente, bevendo il caffè che lui, molto gentilmente, aveva portato. Emily sembrava gradire molto le sue intenzioni colloquiali. Parlavano piano e riuscì a cogliere soltanto alcuni tratti del loro dialogo: aborigeni, saluti, asilo... Ma in fondo a lui cosa importava? Si girò verso il finestrino con il volto imbronciato.
David lo scrutò al di sopra del giornale, poi spostò lo sguardo su Emily e Aaron. Abbassando il quotidiano sulle sue ginocchia osservò a voce bassa: “Sembrano affiatati quei due, vedo Hotch più rilassato.”
Derek lo guardò inarcando le sopracciglia, senza dire una parola.
L'ho notato anche venerdì all'Holiday” continuò l'altro.
Io non ho mai notato un bel niente” commentò questa volta Derek.
Comunque non ci sarebbe nulla di male... “ sostenne David ammiccante, sempre mantenendo un tono di voce piuttosto basso, così come fece Derek.
Andiamo Dave, sono colleghi, non sarebbe il caso.”
Rossi si protese in avanti, avvicinandosi a lui.
Tutte balle. Storcono un po' il naso, ma nessuno ti butta fuori dall'FBI per questo, specialmente se sei in gamba” concluse David, per tornare poi ad appoggiarsi allo schienale nascondendo il suo volto sorridente dietro al giornale.
Derek si esibì in una decisa alzata di spalle, dopodichè prese le sue cuffie dalla poltrona accanto, se le mise alle orecchie e trascorse il resto del viaggio in compagnia di Bon Jovi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ottavo capitolo ***


  

OTTAVO CAPITOLO

 

 

 

Nel primo pomeriggio gli agenti della BAU fecero ritorno negli uffici di Quantico. L'ascensore dell'edificio che li ospitava si fermò al sesto piano, dove i profilers uscirono nel corridoio sul quale agenti e impiegati camminavano svelti, reggendo documenti o parlando al cellulare. Tra di loro spiccò una sgargiante gonna a fiori, abbinata ad una maglietta gialla e a delle scarpe verde acido. La stravagante figura andò incontro alla squadra.
“Già di ritorno miei prodi?”
“Ci mancavi Garcia” disse JJ accompagnando quelle parole con il suo solito dolce sorriso.
“Non possiamo fare a meno di te” aggiunse Reid.
“Lo so quanto vi sono indispensabile amori miei” affermò Penelope seguendoli in direzione delle porte a vetri recanti il logo della BAU. Il primo a varcarle fu Hotch, ordinando: “Il rapporto entro stasera.”
Tutti i profilers risposero diligentemente in modo affermativo, tranne un silenzioso Derek, il quale fu l'ultimo ad entrare negli uffici affiancato da Garcia.
“Ehi, pasticcino, cos'è tutta questa serietà?”
Derek le mise un braccio intorno alle spalle regalandole uno splendido sorriso.
“Ti sembro serio?”
“Un po'...” rispose lei squadrandolo.
“Pensaci tu a farmi tornare il buonumore piccola” le sussurrò Morgan in un orecchio.
“Passa a trovarmi dopo” lo invitò Garcia, prima che si dividessero dirigendosi ognuno alla propria postazione di lavoro.

 
Hotch entrò nel suo ufficio e si sedette alla scrivania, mettendosi subito all'opera sul suo computer. Dopo un po' fu interrotto dal suono del telefono. Alla fine della conversazione che ne seguì si alzò dalla poltrona e andò ad affacciarsi alla balaustra che dominava l'open space, dalla quale invitò Emily a recarsi da lui.
Quando l'agente Prentiss fu lì, si sedette sulla sedia davanti alla scrivania del suo capo.
“Domani dovrò testimoniare al processo sul caso Harris, a Houston” esordì Hotch estraendo da un cassetto alla sua destra il fascicolo relativo.
“Sì, me ne ricordavo” disse Emily, domandandosi per quale motivo Aaron glielo stesse dicendo.
Lui rispose al suo muto interrogativo annunciando: “Mi ha appena chiamato il vice procuratore Graham per comunicarmi che si è resa necessaria anche la tua testimonianza al processo, in quanto eri stata tu a condurre l'interrogatorio di Jonathan Harris.”
“Ma... Così, all'ultimo...” fece Emily con perplessità.
“Graham si scusa, ma il procuratore ha insistito il tal senso al fine di rendere più completo il resoconto dei fatti, per evitare anche il minimo appiglio alla difesa.”
Prentiss sospirò, le deposizioni in tribunale non rientravano tra le sue attività preferite.
“Capisco. Dovrò rivedere un po' il caso.”
“Certo” disse Hotch porgendole il dossier che poco prima aveva posato sulla scrivania.
Emily lo prese e diede una rapida scorsa ai documenti in esso contenuti.
“Sequestro di persona e omicidio plurimo, le prove sono inconfutabili.”
“Verrà condannato per entrambi i capi d'accusa” convenne Aaron.
“A che ora si parte per Houston?”
“Il volo è alle sette, prenoto subito un posto anche per te, nel tardo pomeriggio saremo già di ritorno.”
“Ok. Se è tutto io torno di là” disse lei richiudendo la cartella.
Hotch annuì ed Emily si alzò, ma quando fu sulla porta lui la richiamò.
“Prentiss.” Esitò un istante. “Potrei passare a prenderti domani mattina, se vuoi.”
Lei fu un po' sorpresa da quella proposta, Aaron stava davvero diventando più aperto e socievole, soprattutto nei suoi confronti. Ma forse era soltanto una sua impressione.
“Va bene, grazie” rispose, per poi tornare sotto con il fascicolo a cui avrebbe dato un'occhiata.
Aaron riprese il lavoro che la chiamata del vice procuratore aveva interrotto, senza negare a se stesso di sentirsi rallegrato al pensiero che Emily sarebbe andata con lui a Houston.

 
Derek aveva lavorato di buona lena per più di un'ora, terminando a tempo di record di redigere il rapporto. I malumori mattutini erano stati ormai dimenticati, complici sia i pensieri concentrati sul lavoro da svolgere, che qualche divertente battuta scambiata con Spencer. Aveva anche finito di riempire alcuni moduli che servivano a Garcia, quindi lasciò la sua scrivania per dirigersi verso il regno del tecnico informatico, non senza prima aver lanciato uno sguardo verso l'ufficio di Hotch, dove quest'ultimo ed Emily stavano parlando già da un po'.
Arrivato da Penelope posò i documenti direttamente davanti a lei.
“Ecco qui bambolina, sono o non sono il tuo profiler preferito?”
“C'è bisogno di chiederlo? Sei stato un fulmine, ti meriti un premio” disse Garcia porgendogli un scatola piena di marshmallows gialli e rosa.
Derek ne afferrò uno e subito lo scartò.
“Tu mi vizi” affermò gustando il morbido cilindretto di zucchero.
“Sono qui per questo tesoro...”
“Beh, in tal caso...” fece Derek prendendo altri marshmallows, per poi uscire veloce dall'ufficio tra le scherzose proteste di Penelope.
L'agente federale mangiò parte del suo bottino lungo il tragitto verso l'open space. Lì un dolcetto fu lanciato sulla scrivania di Spencer, il quale gradì il pensiero, e un altro andò a finire sul fascicolo che Prentiss, nel frattempo ritornata al suo posto, stava sfogliando.
“Zuccheri in arrivo.”
Emily sollevò lo sguardo incontrando quello di Derek. Per un momento si perse in quegli occhi scuri, passando poi ad ammirare le sue labbra che sapevano baciare in modo da togliere il fiato. Desiderò essere stretta dalle sue braccia forti e accarezzata dalle sue mani. Si rimproverò, se voleva dimenticare Derek non poteva abbandonarsi a tali pensieri.
“Credo ne avrò bisogno. Domani mattina mi aspetta una levataccia, devo andare con Hotch a Houston” rispose Emily tornando alla realtà.
Derek non riuscì a nascondere la propria sorpresa.
“Come mai?”
“Ero stata io ad interrogare Harris e il procuratore ritiene utile anche la mia testimonianza.”
“Non basta quella di Hotch?”
“Evidentemente no.”
“Partirete molto presto?”
“Il volo è alle sette, Hotch passerà a prendermi sicuramente prima delle sei.”
“Passerà a prenderti?”
“Sì, mi ha offerto un passaggio.”
“Gentile da parte sua.”
Emily colse una leggera nota di sarcasmo nelle sue parole, in pochi istanti Derek sembrava inspiegabilmente essere caduto preda del cattivo umore. Morgan si sedette di traverso sulla scrivania incrociando le braccia sul petto.
“Sarete di ritorno in giornata?”
“Sì... Ma cos'è questo, un interrogatorio?” gli chiese Emily spiazzata dal suo atteggiamento scostante.
“Ok, ok. Volevo soltanto scambiare due parole” disse Derek lasciando il suo appoggio per dirigersi con aria risentita verso il suo posto.
Emily e Reid si guardarono scuotendo la testa, poi ognuno tornò al proprio impegno.

 
Quella sera Emily cenò con la pizza che si era fatta consegnare a domicilio, accompagnata da una birra fredda. Completò il tutto con una coppetta di gelato alla crema, che gustò sul divano davanti alla televisione. Non era molto entusiasta al pensiero dell'ora in cui si sarebbe dovuta alzare il giorno dopo, da sempre nutriva una certa antipatia per quell'oggetto in bella vista sul comodino, che al mattino osava interrompere il suo sonno beato. L'indomani lo avrebbe fatto prima del solito e lei non si sarebbe potuta permettere di indugiare nel letto neanche per un minuto, né perdere tempo in bagno, in quanto Hotch sarebbe arrivato a prenderla puntuale, se non addirittura in anticipo.
Il suo pensiero volò poi a Derek. Quel pomeriggio si era comportato in un modo un po' strano. Le aveva portato un marshmallow tutto allegro e sorridente, poi nel giro di pochi minuti era diventato intrattabile. Sembrava quasi infastidito dal fatto che lei dovesse andare con Hotch a Houston, quasi geloso. Si diede della stupida. Quelle erano soltanto fantasie senza senso elaborate dalla mente di una donna innamorata. Avrebbe fatto meglio a pensare a cose più concrete, come ad esempio la testimonianza in tribunale che l'aspettava l'indomani mattina.
Il suono del cellulare, che l'avvisava dell'arrivo di un messaggio, la destò dai suoi pensieri. Allungò una mano e prese la borsa dal mobile dietro al divano, la aprì e tirò fuori il telefonino, notando sul fondo di essa il dolcetto che le aveva dato Derek. Lesse il messaggio. Non scordarti di puntare la sveglia... Fai buon viaggio. Derek. Emise un lungo sospiro e sorrise, dopodichè prese il marshmallow dalla borsa e lo mangiò mentre rispondeva. Già fatto... Buona notte. Emily.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Nono capitolo ***


  

NONO CAPITOLO

 

 

La mattina seguente l'aereo di Aaron ed Emily atterrò a Houston in perfetto orario. All'aeroporto gli agenti presero un taxi che li condusse, attraverso il traffico cittadino, fino davanti all'edificio che ospitava il tribunale e gli uffici della procura. Il cielo si andava coprendo di nuvoloni scuri, dietro i quali il sole si era già nascosto, e in lontananza si udì il rumore di un tuono. Aaron ed Emily salirono la scalinata che portava all'ingresso del palazzo. Una volta dentro consultarono un tabellone sul quale erano elencati vari uffici e aule di tribunale, suddivisi in base al piano sul quale si trovavano. Chiamarono l'ascensore per salire al terzo, dove li accolse una cortese segretaria, la quale, dopo averli annunciati al vice procuratore, lasciò la sua scrivania per accompagnarli nel suo ufficio.
Nancy Graham andò sorridente incontro ai due agenti, ai quali si presentò con una calorosa stretta di mano.
“Ben arrivati, com'è andato il viaggio?” domandò loro.
“Benissimo, grazie” rispose Aaron, mentre la donna li faceva accomodare su due poltroncine davanti alla sua scrivania, che consisteva in un grande tavolo di legno massiccio, sul quale erano disposti in modo ordinato una vaschetta piena di documenti, un faldone e alcuni registri. In un angolo una piccola cornice mostrava una bambina di circa quattro anni, con i capelli neri raccolti in due codini, mentre stringeva un orsacchiotto di peluche. Accanto alla foto una lampada da tavolo era in quel momento accesa, in quanto le cattive condizioni atmosferiche avevano reso la stanza scarsamente illuminata. Il vice procuratore andò a sedersi sulla sua poltrona, mentre la pioggia iniziava a sferzare i vetri della grande finestra alle sue spalle.
Nancy era sui quarant'anni, ma la figura snella e la dolcezza del viso le conferivano un aspetto più giovane, che non lasciava immaginare la grinta con cui in tribunale affrontava i suoi avversari, i quali tendevano spesso a sottovalutarla a loro conseguente discapito.
La donna si tirò dietro le orecchie i mossi capelli castani, di media lunghezza, rivolgendosi poi ad Emily: “Come ho già detto all'agente Hotchner, mi dispiace di averla convocata qui con pochissimo preavviso, ma è stata una decisione del mio diretto superiore.”
“Non si preoccupi” la rassicurò lei. “Ho avuto comunque abbastanza tempo per rivedere il caso.”
Le due donne si scambiarono un sorriso.
“L'udienza avrà inizio fra poco, non credo andrà per le lunghe. Secondo me la difesa non tenterà nemmeno di scalfire la vostra testimonianza” affermò Graham sicura di sé.
“Bene. E' stato un caso abbastanza complicato, per fortuna siamo riusciti a risolverlo nel migliore dei modi senza far salire ulteriormente il numero delle vittime” ricordò Aaron.
“Credo che il vostro non sia un lavoro facile, sempre a contatto con il lato peggiore degli esseri umani.”
“E' vero, a volte non è affatto semplice, ma si va avanti, ci sono sempre vite da salvare, per questo lo amiamo”spiegò Emily scambiandosi un'occhiata con Aaron, il quale approvò annuendo.
“Agente Hotchner, ho saputo che anche lei è stato procuratore.”
“Sì, diversi anni fa prima di entrare all'FBI, ma credo non tornerei a farlo.”
“Se lo facesse la BAU perderebbe un buon capo, immagino” disse Nancy con un sorriso, riuscendo a strapparne uno anche a lui, mentre Emily non potè che dar ragione alla donna.
I tre discussero per un po' del caso, poi scesero al primo piano dove si trovava l'aula in cui di lì a poco sarebbe iniziata la seconda udienza del processo ad Harris. Come previsto dal vice procuratore, la testimonianza di Emily ed Aaron si risolse in modo abbastanza veloce. I due agenti uscirono dall'aula prima di Nancy, la quale si trattenne con il giudice e l'avvocato della difesa per espletare alcune formalità.
Hotch e Prentiss trovarono ad attenderli in corridoio l'agente Steven Sheffield. Quest'ultimo era a capo della squadra antiterrorismo della locale sezione dell'FBI, con cui la BAU aveva collaborato durante le indagini che avevano portato alla cattura di Jonathan Harris. Sheffield salutò gli agenti in modo affabile.
“Sapevo che oggi sareste venuti, avendo più tardi un appuntamento qui vicino ho pensato di passare a salutarvi.”
“Ha fatto bene” disse Aaron, il quale riteneva il collega di Houston una persona molto cordiale e disponibile.
“Mi fa piacere rivederla” aggiunse Emily, pensando che in effetti la sua vista fosse tutt'altro che spiacevole.
Fisico atletico, corti capelli biondo cenere e occhi azzurro cielo, l'affascinante capo dell'antiterrorismo poteva benissimo essere scambiato per un divo del cinema.
“Come si è conclusa l'udienza?” si informò.
“Direi ottimamente, Harris può considerarsi condannato fin da ora” rispose Hotch.
“Molto bene. Tutto ok da voi a Washington?”
“Non c'è male” affermò Emily mentre il vice procuratore Graham usciva dall'aula e li raggiungeva.
Salutò Sheffield, poi si rivolse ad Aaron: “Mi spiace, ma dovrebbe seguirmi ancora un momento nel mio ufficio, serve la sua firma su alcuni documenti.”
“Non c'è problema.”
Graham e Hotch si allontanarono in direzione dell'ascensore. Emily e Sheffield, rimasti soli, si sedettero su una delle panche di legno posizionate lungo il corridoio, mentre davanti a loro passavano frettolosi avvocati con la ventiquattrore.
“Oggi Houston non vi ha riservato una grande accoglienza” osservò lui accennando alla finestra in fondo al corridoio, dalla quale si poteva vedere la pioggia scendere abbondante.
“Non proprio, ma per lo meno questa volta non c'è un pericoloso killer a seminare il panico per la città.”
“Soprattutto grazie a voi, siete davvero un'ottima squadra, e lei, Prentiss, è molto in gamba, come profiler e anche sul campo.”
“Beh, faccio del mio meglio” si schermì Emily, seppur compiaciuta da quanto affermato da Sheffield.
“Ho anche avuto modo di constatare che lei parla correttamente alcune lingue, sarebbe perfetta per la nostra unità.”
“Vuole trattenermi qui a Houston?” scherzò lei.
“Parlo sul serio” disse Steven con un'espressione che non poteva fare altro che confermare le sue parole.
Emily lo guardò sorpresa.
“Se ho capito bene, lei mi sta chiedendo di entrare a far parte della sua squadra...”
“Esatto, cosa ne pensa?” le domandò lui scrutandola con i suoi occhi azzurri.
“Non so cosa dire... Mi coglie letteralmente alla sprovvista. Lavoro alla BAU da molto tempo, mi piace, non avrei nessun motivo per abbandonarla” sostenne Emily con convinzione.
“Lo posso immaginare, ma a volte un cambiamento può risultare stimolante.”
“Ha ragione, ma non credo sia ciò che desidero in questo momento.”
Steven Sheffield non si arrese. Estrasse un biglietto da visita dalla tasca interna della giacca e lo diede ad Emily.
“Questo è il mio numero privato. Rifletta sulla mia proposta, senza fretta, poi mi faccia sapere.”
“Come le ho già detto...”
“Ci pensi, mi prometta almeno questo” la interruppe Sheffield con un tono talmente speranzoso che Emily dovette cedere.
“Va bene” gli concesse, prima di mettere il biglietto nella borsa. “Lei è uno che non si dà mai per vinto” aggiunse sorridendo.
Lui fece altrettanto.
“L'avevo detto che era una brava profiler.”
In quel momento Aaron e Nancy fecero il loro ritorno. Sheffield guardò il suo orologio e si alzò dalla panca, seguito da Emily.
“Devo scappare, mi aspettano fra dieci minuti” annunciò l'uomo, ricordando poi al vice procurarore il loro appuntamento in tribunale per la settimana seguente e manifestando la speranza di rivedersi presto ad Aaron ed Emily, a quest'ultima in particolar modo, dopodichè si accomiatò e scomparve dietro le porte dell'ascensore.
“E' quasi l'una, se avete ancora del tempo potremmo pranzare insieme” propose Nancy.
“Certo, volentieri, abbiamo il volo nel pomeriggio” disse Emily, mentre, senza fretta, si dirigevano anche loro verso l'ascensore.
“Conosco un ristorantino che non è niente male.”
“Ci fidiamo di lei” fece Aaron, lasciando che le due donne lo precedessero all'interno del piccolo abitacolo che li avrebbe portati al piano terra.
Una volta usciti dall'edificio si accorsero con piacere che aveva smesso di piovere, fortunatamente, visto che l'unica ad avere un ombrello era Nancy. L'auto di quest'ultima, la quale aveva offerto un passaggio agli agenti, era parcheggiata poco distante. Scesero la scalinata e si incamminarono su di una via secondaria chiacchierando allegramente. Giunti in prossimità della macchina si accinsero ad attraversare la strada per raggiungerla. In quel mentre una moto svoltò l'angolo immettendosi sulla via a poca distanza da loro, ad una velocità tanto elevata da non permettere al motociclista di accorgersi in tempo di Emily, la quale, per evitare una pozzanghera, era rimasta indietro rispetto agli altri due. Il conducente della motocicletta frenò all'istante, tentando un cambio di direzione, ma l'urto fu inevitabile. Successe tutto in pochi attimi. Aaron si voltò e vide Emily a terra, immobile.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Decimo capitolo ***


  

DECIMO CAPITOLO

 

 

 

“Vedrà che la sua collega starà bene” disse Nancy tentando di rincuorare un po' Aaron, il quale non poteva nascondere la sua preoccupazione per Emily.
“Ha battuto la testa...”
“Il dottore ha detto che non dovrebbe essere niente di grave, le stanno facendo degli esami in via precauzionale.”
Hotch annuì, ma finchè non lo avrebbero rassicurato circa le condizioni di Emily non sarebbe stato tranquillo. Poteva risentire il suono della frenata della moto sull'asfalto bagnato, il tempo di voltarsi e l'aveva vista a terra, temendo il peggio il cuore gli era balzato in gola. Era subito corso da lei, mentre Graham prontamente aveva chiamato l'ambulanza.
Aaron e Nancy si trovavano nell'ospedale in cui Emily era stata portata, seduti l'una accanto all'altro in una saletta rischiarata dalla luce del sole, che finalmente si stava facendo largo tra le nuvole. La donna si chiese se la preoccupazione di Hotch fosse soltanto quella da riservare ad una semplice collega, o se per caso Emily costituisse per lui qualcosa di più. Osservò il viso dell'uomo, dolce e serio, così come doveva essere egli stesso.
“Non si preoccupi, qui il personale è molto efficiente, il mese scorso ho dovuto portare mia figlia Kathryn in seguito ad una caduta al parco giochi, sono stati tutti molto attenti e gentili.”
“Ha una figlia...” constatò Hotch ricordando la fotografia che aveva notato sulla scrivania del vice procuratore.
“Sì, ha quattro anni.”
Il volto di Aaron si distese un poco.
“Ha la stessa età di Jack, mio figlio.”
“Davvero? Non so lui, ma Katy è una vera peste, non sta ferma un attimo, si calma quando la metto a letto, ma soltanto se le leggo una fiaba prima di dormire” raccontò Nancy per alleggerire un po' i pensieri di Aaron. “Anche lei legge qualcosa a suo figlio per farlo addormentare?”
“Per me la situazione è leggermente diversa, Jack vive con la mia ex moglie.”
“Oh, mi dispiace, non immaginavo...” disse lei rammaricandosi di aver toccato quel tasto.
“Non si preoccupi” la rassicurò Hotch accennando un sorriso.
“Anch'io e il mio ex marito siamo separati, o meglio, lui ci ha abbandonate quando Katy non aveva neanche un anno, occuparsi di una famiglia non faceva per lui. Praticamente ho allevato mia figlia da sola, non è stato facile e non lo è ora, ma ce la caviamo egregiamente” gli confidò lei con una punta di dolore e di orgoglio al tempo stesso.
“Ne sono sicuro” affermò Aaron pensando che Nancy fosse una donna davvero in gamba.
Il loro discorso venne interrotto da una giovane infermiera, venuta ad avvisarli che potevano vedere Emily. Nancy rimase nella saletta, mentre Aaron ansioso seguì la ragazza, la quale lo accompagnò fino alla stanza in cui Emily si trovava. Hotch entrò e la vide seduta sul letto, con la camicia da notte dell'ospedale. Quando le si avvicinò potè notare il pallore del suo volto e il grosso livido che stava facendo la sua comparsa sul suo zigomo.
“Come stai?” le domandò con apprensione.
“Tutto sommato non così male” rispose lei cercando di assumere un tono convincente, che però su Aaron non ebbe l'effetto desiderato.
“Non mi sembra che tu stia molto bene.”
“Il dottore ha detto che non è niente. A questo punto credo che abbiamo perso l'aereo, ma dovrebbe esserci ancora un volo per Washington...”
“Penso che tu non sia nelle condizioni di prendere un aereo.”
Emily fece per ribattere, ma fu bloccata da una fitta di dolore che le provocò una smorfia.
“Ti fa male la testa?”
“Un po'...”
In quel momento la porta si aprì ed entrò un medico con i capelli bianchi e l'aria simpatica, il quale si presentò come il dottor Brunner.
“Signorina Prentiss” esordì l'uomo sfogliando una cartella clinica. “Lei ha subito un trauma cranico che comunque non avrà conseguenze, le contusioni che ha in vari punti del corpo guariranno in breve tempo. Poteva andare peggio, può ritenersi fortunata.”
“Sì, ha ragione” convenne Emily rendendosi conto che avrebbe potuto restare ferita più gravemente. “Potrei avere i miei vestiti?” domandò mettendo le gambe giù dal letto.
“Dove crede di andare?” fece il medico. “Si rimetta subito com'era.”
Aaron le andò vicino e si assicurò che facesse come aveva detto il dottor Brunner, il quale continuò: “Per questa notte resterà qui in osservazione, potrà lasciare l'ospedale domani mattina dopo che l'avrò visitata.”
“Mah... Dovevamo tornare a Washington” protestò debolmente Emily.
“Torneremo a casa domani, l'importante è che tu stia bene” replicò Aaron aggiustandole il cuscino, su cui lei appoggiò la testa dolorante.
“Vedo che è in buone mani” constatò il medico con un sorriso paterno. “Più tardi passerà un'infermiera a somministrarle un antidolorifico. Noi ci vediamo domani mattina.”
“Grazie dottor Brunner” disse Emily, ormai rassegnata a trascorrere la notte in ospedale.
Anche Hotch ringraziò il dottore, poi, quando quest'ultimo se ne fu andato, rivolse ad Emily tutte le sue attenzioni.
“Adesso cerca di riposare.”
“Dai, non sono malata.”
“No, ma hai appena avuto un incidente” le ricordò Aaron andando alla finestra dove tirò un po' le tende, per creare nella stanza la penombra che avrebbe permesso ad Emily di riposare meglio.
“Dì la verità, tu e il dottor Brunner vi siete coalizzati contro di me” scherzò lei, ben sapendo che entrambi erano nel giusto.
“Sì, ti abbiamo messa agli arresti” ribattè lui sorridendo. “Esco un attimo a telefonare in aeroporto per prenotare un altro volo e avvisare in ufficio che torneremo domani. Tu mettiti giù e chiudi gli occhi.”
Emily sospirò e ubbidì al suo capo, in effetti non si sentiva molto in forma, le faceva male un po' dappertutto. Mentre Aaron stava uscendo lo fermò.
“Hotch, non dire quello che mi è successo, si preoccuperebbero inutilmente.”
“Va bene” assentì lui, pensando che Emily avesse ragione.

 
Hotch si diresse alla saletta dove poco prima aveva lasciato Nancy. Trovò la donna in corridoio ad osservare da una finestra la gente che entrava e usciva dall'ospedale.
“Come sta la sua collega?” si informò lei quando Aaron la raggiunse.
“Ha subito un trauma cranico, ma non è niente di grave, comunque per precauzione trascorrerà qui la notte.”
“Ne sono contenta” disse Nancy notando quanto l'uomo ora apparisse più rilassato.
“La ringrazio per averci seguito in ospedale ed essere rimasta ad attendere notizie di Prentiss, è stata davvero molto gentile.”
“Si figuri, l'ho fatto volentieri. Mi dispiace per quello che è successo.” Nancy riflettè per un momento, esitante. “Senta, tra breve tempo dovrò venire a Washington, pensavo che magari potrei passare a Quantico a salutarvi, se questo non vi crea disturbo.”
“Per niente, anzi, mi farebbe molto piacere” disse Hotch con sincero entusiasmo.
“Bene. Ora devo andare, torno in ufficio a preparare arringhe. Mi saluti lei la sua collega, starà riposando e non vorrei disturbarla.”
“Sarà fatto.”
Nancy tese la mano ad Aaron e lui la strinse con calore.
“Arrivederci agente Hotchner, e buon rientro.”
“Grazie, a presto.”
Quando la donna se ne fu andata, Hotch prese il cellulare e chiamò un numero interno agli uffici della BAU.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Undicesimo capitolo ***


  

UNDICESIMO CAPITOLO

 

 

 

Derek si lasciò sprofondare nella morbida poltrona di pelle nera, facendola roteare un po' a destra e un po' a sinistra, mentre si guardava intorno nell'ufficio in cui tutto era sistemato in perfetto ordine. Lui non sarebbe riuscito a mantenerlo così per più di una settimana, bastava dare un'occhiata alla sua scrivania per rendersene conto. Stiracchiandosi tornò ad assumere una posizione composta per finire di sistemare alcuni documenti in un raccoglitore, come Hotch gli aveva chiesto di fare in sua assenza. A quell'ora lui ed Emily dovevano già essere sull'aereo che li avrebbe riportati a Washington.
Ripensando al giorno prima si rese conto di avere un po' esagerato con lei, dimostrandosi così apertamente contrariato dal fatto che sarebbe andata con Hotch a Houston. Non era riuscito a celare il fastidio che la notizia gli aveva provocato, lo stesso che aveva avvertito il giorno prima quando, battendolo sul tempo, Hotch era andato a sederle accanto sul jet. Derek pensava però che quella specie di gelosia, perchè ovviamente non si trattava di gelosia vera e propria, fosse un sentimento del tutto normale, in fondo non era passato molto tempo da quando lui ed Emily erano stati amanti, quindi era logico che gli facesse un certo effetto vedere un altro uomo rivolgerle le sue attenzioni. Se di attenzioni si poteva parlare, quelle di Hotch potevano essere semplici gentilezze senza secondi fini.
In ogni caso Emily era liberissima di vedere chiunque volesse, non doveva certo rendere conto a lui della sua vita privata, anche se Derek dubitava che in quel momento lei avesse intenzione di iniziare una storia con qualcuno. Immaginava che, contrariamente a quanto Emily volesse fargli credere, stesse ancora soffrendo a causa sua e che non fosse ancora riuscita a dimenticarlo.
Chiuse i raccoglitori e andò a sistemarli a loro posto su di uno scaffale, quindi lasciò l'ufficio del suo capo e ritornò nell'open space, dove JJ e Reid, vicino alla scrivania di quest'ultimo, stavano parlando del matrimonio.
“JJ, io... Sai, mi ha fatto molto piacere che tu mi abbia chiesto di essere il tuo testimone.”
“Non avrei potuto chiamare altri che te ad essermi vicino in un momento così importante. Sei il mio migliore amico, ti voglio bene.”
Spencer si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e le sorrise un po' timidamente.
“Anch'io ti voglio bene.”
JJ guardò con tenerezza quel ragazzo speciale, una delle persone migliori che conoscesse, pensando che il giorno delle nozze probabilmente il testimone sarebbe stato più agitato dello sposo.
“Spencer, durante la cerimonia dovrai avere con te le fedi e darle al prete quando verrà il momento.”
“Certo, le custodirò nella tasca della giacca” disse Reid con un tono solenne che fece sorridere JJ.
“A proposito, hai un vestito adatto all'occasione vero?”
“Ancora no, ma la prossima settimana Emily mi accompagnerà ad acquistarne uno” la informò lui entusiasta.
“Benissimo, segui i suoi consigli, lei ha un ottimo gusto.”
“Emily ha davvero un ottimo gusto, e non solo in fatto di abiti” intervenne Derek giungendo vicino a loro.
JJ e Spencer lo guardarono senza capire.
“La sposa è agitata?” continuò lui circondando le spalle di Jennifer con un braccio.
“Per niente, al contrario di qualcuno...” fece lei con un'occhiata al giovane collega, il quale guardò verso l'alto facendo l'indifferente.
“Dimmi un po' JJ, quante belle invitate single parteciperanno al matrimonio?” domandò Derek.
“Un certo numero. Stai per caso già preparando le tue armi seduttive?”
“Quelle sono sempre pronte, è un dono di natura” si vantò lui disinvolto. “Mi stavo solo chiedendo se per caso ci fosse qualche bella fanciulla per il ragazzino qui presente.”
“Derek no! Non incominciamo con questi discorsi” protestò Spencer, in quanto quell'argomento costituiva per lui fonte di imbarazzo.
JJ, non volendo trovarsi nel mezzo di due fuochi, decise di tornare nel suo ufficio.
“Non c'è assolutamente bisogno che tu mi trovi una donna” continuò Reid andando a sedersi sulla sua poltroncina.
“Infatti, sarai tu a farlo, con l'ausilio dei preziosissimi consigli di un esperto in materia” sostenne Derek indicando se stesso. “Lo sai che esiste un'altissima probabilità di incontrare la propria anima gemella ad un matrimonio? Non dirmi che non sei a conoscenza di questa statistica...”
Reid aprì la bocca per ribattere, ma con sua grande gioia non ce ne fu bisogno, in quanto il suono del telefono sulla scrivania di Derek lo liberò dal suo aguzzino.
“Derek Morgan” rispose l'agente sollevando la cornetta.
“Sono Aaron.”
“Hotch...” si stupì, da quando sugli aerei era consentito l'uso dei cellulari?
“Volevo avvisare che anziché oggi torneremo domani nel pomeriggio.”
“Come mai? E' successo qualcosa?”
Prima di rispondere Aaron ebbe un attimo di esitazione.
“No... Qui è andata un po' per le lunghe e non riusciamo a rientrare in serata.”
“Capisco...”
“Dovresti farmi un favore. Domani mattina passa da Wesley al terzo piano, ti consegnerà dei documenti per me, l'ho già avvisato, lasciali sulla mia scrivania.”
“Certo.”
“Ah, ancora una cosa. Nel mio ufficio, sopra lo schedario, ci sono i rapporti del caso di Scottsdale, portali alla Strauss entro mezzogiorno.”
“Lo farò.”
“Grazie Morgan, a domani.”
“Ciao...”
Derek mise giù il telefono e restò a fissarlo, con mille pensieri che gli frullavano nella testa.

 
Aaron entrò silenziosamente nella camera di Prentiss e andò a sedersi sulla sedia sistemata a fianco del letto. Emily si era addormentata ed egli ammirò il bel viso di quella donna che stava diventando per lui sempre più importante. Avrebbe desiderato accarezzare la sua guancia, ma si rendeva conto che quel gesto sarebbe risultato alquanto inopportuno. Il brivido di paura che lo aveva attraversato nel momento in cui aveva visto Emily a terra dopo lo scontro con la moto, aveva smosso qualcosa dentro di lui, facendogli capire quanto tenesse a quella che ormai non poteva più considerare una semplice collega. Forse era presto per parlare di amore, ma era innegabile che Emily gli piacesse, e molto.
La donna si mosse e aprì gli occhi.
“Ciao.”
“Ehi, come ti senti?” le domandò con dolcezza, sull'onda dei pensieri di poco prima.
“Sembra meglio, credo per merito dell'antidolorifico che l'infermiera è venuta a darmi dopo che sei uscito.”
“Meno male. Nancy Graham ti fa i suoi saluti, è rimasta per sapere come stavi.”
“E' stato gentile da parte sua” disse Emily, per poi lasciarsi andare ad un sospiro sfiorandosi il livido sulla guancia. “Il tizio con la moto doveva arrivare proprio in quel momento?”
“Se ti può consolare ho saputo che è immobilizzato a letto con una gamba rotta.”
“Beh, almeno per un po' non se ne andrà in giro a investire le poverette che attraversano la strada” ironizzò Emily sorridendo in un modo che lasciò Aaron incantato. Si sentiva vivo, dopo tanto tempo.
“Ora vado, tu devi stare tranquilla ed io cercarmi un albergo per questa notte” disse lui alzandosi dalla sedia.
“Mi dispiace, se non fosse stato per colpa mia a quest'ora saremmo quasi a casa.”
“Non è assolutamente colpa tua” le assicurò Aaron sfiorandole istintivamente la mano che lei teneva appoggiata sul lenzuolo.
Per un lungo momento restarono a guardarsi senza parlare, in un imbarazzante silenzio.
“A domani mattina” disse poi lui, distogliendo lo sguardo.
“Grazie Hotch.”
“Di nulla.”
Aaron le fece un breve sorriso, quindi uscì dalla stanza silenziosamente come ne era entrato.

 
Derek mise la freccia a sinistra e sorpassò la macchina che aveva davanti, premendo sull'acceleratore e imprecando contro l'innocente automobilista, che aveva l'unica colpa di guidare prudentemente nel rispetto dei limiti.
“Come si fa a viaggiare alla velocità di una lumaca?” inveì Derek ad alta voce, anche se non c'era nessuno che lo potesse udire.
Si sentiva preda di un crescente nervosismo, mentre insistenti pensieri non gli davano tregua.
Non era assolutamente vero che Emily e Hotch erano rimasti a Houston perchè l'udienza era andata per le lunghe. Il suo capo aveva avuto una certa esitazione nel comunicarglielo, tale da permettergli di capire che la vera ragione del loro ritardo fosse chiaramente un'altra. Era un comportamento davvero poco professionale, approfittare di un viaggio di lavoro per concedersi dei momenti di intimità.
Derek frenò bruscamente e svoltò con decisione nella stradina che conduceva al suo garage, dentro al quale parcheggiò il suv.
Se le gentilezze che Hotch riservava ad Emily erano senza secondi fini, allora lui era nonna Papera. Aveva erroneamente pensato che Emily stesse ancora soffrendo per lui, invece lo aveva dimenticato in fretta, non c'era che dire, ma in fondo sapeva da chi farsi consolare.
Per di più Hotch gli aveva affibbiato dei compiti da svolgere, doveva anche andare da quella iena della Strauss mentre loro sarebbero stati a Houston a divertirsi, in un modo che non volle immaginare.
Poi un pensiero gli attraversò la mente: era giovedì. Che diamine, si sarebbe divertito anche lui.
Scese dal suv e a passo di marcia attraversò il cortiletto, entrando poi in casa dal retro. Salì le scale quasi di corsa e raggiunse il bagno, aprì il cesto della biancheria sporca e vi rovistò dentro fino ad estrarre un paio di jeans. Si mise a frugare nelle tasche finchè trovò quello che cercava: un foglietto rosa.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Dodicesimo capitolo ***


  

DODICESIMO CAPITOLO

 

 

 

Il buttafuori del Black Cat, alto e massiccio come una montagna, tutto vestito di nero, scrutava ogni avventore del locale con sguardo attento e quasi minaccioso, lanciando di tanto in tanto un'occhiata ad Amanda, la quale ogni due o tre minuti controllava l'ora con euforica impazienza.
“Chi stai aspettando?”
“Un tipo che ho conosciuto in palestra.”
“Un altro fighetto con le mutande di Calvin Klein e i calzini di Dolce e Gabbana?”
“Quanto sei spiritoso Ricky” ribattè lei facendogli una smorfia.
“Scusa, ma è stato questo lo standard delle tue ultime conquiste” constatò il bestione dai biondi capelli a spazzola trattenendo una risata.
“Primo, io non ho uno standard, secondo, Derek non è un fighetto, lui è bello e anche simpatico.”
“Uau! Questo Derek ce l'ha una sorella?”
“Non lo so... Ma glielo potrai chiedere tu stesso, sta arrivando.”
Amanda lo osservò avvicinarsi, indossava una maglietta nera perfettamente aderente ai suoi muscoli, che, abbinata ad un paio di jeans scoloriti, lo rendeva ancora più sexy di quando lo vedeva in palestra.
“Ehi, ciao” lo salutò dandogli due baci sulle guance, indugiando più del necessario affinchè lui potesse sentire la fragranza del suo costoso profumo.
Derek la squadrò ammirando palesemente il suo bel fisico. La ragazza era vestita con un top bianco senza spalline, ornato da alcune paillettes, e dei jeans aderenti, che mettevano in risalto le sue forme.
“Stai benissimo!”
“Grazie... Indovina per chi mi sono fatta bella...” cinguettò Amanda facendo la maliziosa, sotto lo sguardo divertito di Ricky.
“Davvero non saprei... “ disse Derek, mentre lei si attaccava al suo braccio e insieme entravano al Black Cat.
Il locale era moderno, con una parte adibita ad ospitare gruppi che suonavano musica rock ed una sala che fungeva da discoteca. Amanda e Derek si diressero verso quest'ultima, occupata al centro da una pista che si andava riempiendo di gente scatenata al ritmo dei brani lanciati dal dj.
“Sapevo che mi avresti chiamata accettando il mio invito” disse lei attraversando la sala appiccicata al suo cavaliere, in direzione del bar.
“Non potevo rifiutare, ho custodito gelosamente il tuo biglietto.”
Amanda sorrise, contenta di quell'affermazione.
“Ti presento due mie amiche” fece lei mentre raggiungevano il bancone.
“Kelly, Stacey, lui è Derek.”
Quest'ultimo si trovò a stringere la mano a due ragazze pressochè identiche, stesso viso grazioso, stessi lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, l'unico elemento distintivo era l'abbigliamento: una indossava un vestitino corto, l'altra una minigonna con una maglietta dalla generosa scollatura. Derek non potè fare a meno di notare gli sguardi ammirati con cui le due gemelle lo stavano osservando.
“Amanda mi ha detto che vi siete conosciuti in palestra” disse Kelly.
“Sì, tra un addominale e l'altro...”
“Te l'ho sempre detto Kelly, ci farebbe bene un po' di fitness...” sostenne la sorella senza staccare gli occhi da lui.
“Cosa mi offri da bere?” domandò Amanda richiamando l'attenzione del suo accompagnatore.
“Tutto ciò che vuoi.”
“Un Cuba Libre.”
“Due Cuba Libre” ordinò Derek al barman. “Allora, tutto bene?”
“Non c'è male. In questi giorni non ti sei fatto vedere in palestra...”
“Ho avuto da fare.”
“Impegni di lavoro?”
In quel momento arrivò qualcuno ad interrompere la loro conversazione.
“Non chiamarmi mai quando vieni al Black Cat con le tue amiche.”
Era un ragazzo dai capelli rossicci con un taglio alla Brad Pitt, che però del famoso attore aveva ben poco, a partire da ciò che indossava, una camicia gialla con un'orribile cravatta a pallini.
“Vedo che ci sai arrivare benissimo anche da solo” ribattè Amanda alzando gli occhi al cielo.
Il nuovo arrivato andò a cingere la vita ad entrambe le gemelle.
“Alla natura è riuscito un così bel lavoro che ha deciso di farlo in duplice copia” disse guardando ora una ora l'altra delle due ragazze, le quali sembrarono più infastidite che compiaciute dal suo atteggiamento.
“Ho ragione?” domandò rivolgendosi a Derek.
“Non hai tutti i torti” rispose questi sorseggiando il suo Cuba Libre e facendo un sorriso a Stacey e Kelly, che ricambiarono, questa volta mostrando di gradire l'apprezzamento.
“Quante cretinate riesci a dire Ed” intervenne Amanda all'indirizzo dell'autore della simpatica battuta e trattenendosi dal lanciare un'occhiataccia a colui il quale aveva commentato.
“Simpatica la mia sorellina” constatò ironicamente il primo, avvicinandosi poi a Derek. “Piacere, come avrai capito io sono Ed, il fratello di questa dolce ragazza” disse indicando la sorella.
L'altro si presentò a sua volta, divertito dal modo di fare di quello strambo personaggio.
Amanda intanto aveva fatto gruppetto con le sue amiche con le quali si era messa a parlottare fitto, guardando ogni tanto verso Derek, che logicamente intuì di essere l'argomento della conversazione.
“Quelle due se la tirano tanto, ma se glielo chiedessi ci starebbero all'istante” sostenne Ed con sufficienza, aggiustandosi i capelli sulla fronte.
“Non ne ho il minimo dubbio, ma ti consiglierei di allargare i tuoi orizzonti” disse Derek guardandosi intorno.
“Ma certo, è ovvio, questo locale è pieno di ogni ben di Dio.”
In quel momento risuonarono nell'aria le note iniziali di Poker face e arrivò Amanda a trascinare letteralmente Derek sulla pista, dandogli soltanto il tempo di posare il bicchiere sul bancone.
Questa è la mia preferita!” esclamò lei buttandosi in mezzo alla mischia di persone che ballavano strette, occupando ogni centimetro dello spazio disponibile.
Lui iniziò a muoversi al ritmo veloce della musica, con mosse che mettevano in risalto la perfezione del suo fisico da cui Amanda non riusciva a staccare gli occhi. La ragazza ancheggiava in modo sensuale, cercando in continuazione il suo sguardo. Derek le cinse i fianchi e lei gli appoggiò le mani sul petto, risalendo poi fino alle spalle, ballando in accordo ai suoi movimenti.
Stacey e Kelly li osservavano contemplando il fisico scolpito di lui ed il modo in cui lo muoveva, mentre Ed si rodeva d'invidia.
Nella pista faceva molto caldo e la fronte di Derek si stava imperlando di sudore. Si abbassò verso Amanda e, cercando di sovrastare la musica ad alto volume, le domandò all'orecchio: “Cosa ne diresti se ci fermassimo un attimo?”
Ottima idea” rispose lei prendendolo per mano e facendosi guidare attraverso la gente che ballava intorno a loro.
Si diressero verso un luogo appartato del locale dove occuparono uno dei pochi divanetti rimasti ancora liberi. Amanda sedette molto vicino a Derek, le loro gambe si toccavano.
Balli molto bene” disse in tono da gattina accarezzandogli il braccio.
Tu non lo sai, ma io di professione faccio il ballerino” scherzò lui.
E questo sarebbe il lavoro socialmente utile che tu svolgi?” domandò lei ridendo.
Certo” rispose Derek fingendosi serio.
Dai, non ci credo. Qual'è realmente il tuo lavoro? Non me l'hai ancora detto.”
Sono un agente federale.”
Un agente federale... Davvero?”
Sì, questa volta non ti sto prendendo in giro. Lavoro all'FBI.”
Accidenti!” esclamò Amanda, piacevolmente colpita da quella rivelazione, che contribuiva a rendere Derek ancora più accattivante. “Quindi te ne vai in giro con pistola e distintivo ad arrestare i cattivi.”
Più o meno...”
Che cosa fai di preciso?”
Faccio parte dell'Unità di Analisi Comportamentale che ha sede a Quantico, stiliamo i profili psicologici dei criminali per facilitarne la cattura.”
Faresti un profilo anche a me?” gli domandò Amanda protendendosi verso di lui.
Saresti un soggetto interessante da analizzare...” considerò Derek, mentre la ragazza avvicinava pericolosamente il viso al suo.
Incomincia da qui...” mormorò lei passandogli una mano dietro la nuca per attirarlo a sé e baciarlo con un trasposto che lui ricambiò, andando ad accarezzarle la schiena dove il top non arrivava a coprirla.
Quando si staccarono Amanda lo guardò con gli occhi velati di desiderio.
Mi accompagneresti a casa agente Morgan?”

 
Emily si svegliò con un forte dolore alla testa nel punto in cui aveva preso la botta, l'effetto dell'antidolorifico doveva essere finito. Sentì le voci di alcune infermiere che passavano in corridoio, poi la stanza ripiombò nel silenzio. Si era addormentata subito dopo aver consumato la sua cena da ricoverata, sentendosi stanca e indolenzita, in fondo il dottor Brunner aveva avuto ragione a volerla trattenere in ospedale, alla fine non se la sarebbe davvero sentita di affrontare il viaggio di ritorno.
Pensò a Hotch, che aveva dovuto cercarsi un albergo, e a quanto si fosse dimostrato gentile e premuroso nei suoi confronti, alimentando il sospetto che lei nutriva da qualche tempo. Non le era sfuggito il modo in cui lui spesso la guardava, le piccole attenzioni che le riservava, Emily si stava convincendo sempre di più che il suo capo provasse un interesse verso di lei. Si rendeva conto che ciò poteva aver contribuito in parte al positivo cambiamento avvenuto in lui. Certo le faceva un certo effetto pensare che Hotch, sempre serio ed autoritario, si sentisse attratto da lei, ma era sicura che se soltanto lo avesse voluto, con lui avrebbe potuto costruire un rapporto vero, ciò lei desiderava e che qualcun altro non si era sentito di darle.
Emily al buio allungò una mano sul comodino e prese il cellulare. Controllò: non c'erano messaggi. Lo spense e lo rimise dov'era, poi si girò dall'altra parte e nonostante il dolore alla testa cercò di riprendere sonno.

 
Accosta pure lì.”
Derek fermò il suv davanti ad un moderno palazzo a quattro piani, non lontano dal centro città. Per tutto il tragitto dal Black Cat aveva quasi sempre parlato Amanda, divertendolo con il racconto di simpatici aneddoti aventi come protagonisti i vari frequentatori della palestra.
Grazie per avermi accompagnata a casa” miagolò la ragazza accoccolandosi sul sedile rivolta verso di lui.
Derek spense il motore.
Figurati.”
Sono stata molto bene in tua compagnia.”
Lui le sorrise nella penombra dell'abitacolo.
Sarebbe davvero un peccato che la nostra serata finisse qui...” continuò Amanda seguendo con l'indice il contorno della guancia di Derek.
Tu credi...?”
Lei annuì, poi avvicinò le labbra al suo orecchio sussurrandogli: “Vuoi salire a vedere il mio tatuaggio...?”

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Tredicesimo capitolo ***


  

TREDICESIMO CAPITOLO

 

 

 

“Io credo sia meglio andare a dormire” disse Derek allontanando da sé Amanda con dolcezza. “Ognuno nel proprio letto” tenne a puntualizzare.
“Io pensavo...” mormorò lei sorpresa, restando a corto di parole per la prima volta in quella serata.
“Salutiamoci qui” fece lui accarezzandola brevemente sui capelli.
Lei si rimise a sedere composta, guardandolo di traverso.
“Non mi sembrava ti dispiacesse quando ti ho baciato sul divanetto” disse un po' risentita.
“Sì... Ma ora è meglio andare a casa.”
“Perchè? Potremmo trascorrere dei bei momenti insieme” ritentò la ragazza addolcendo il tono.
Derek sospirò.
“Non mi va.”
“Forse non questa volta, ma ci saranno altre occasioni...”
“Buona notte Amanda” disse lui senza lasciarla continuare.
“A presto, Derek” lo salutò lei con un mezzo sorriso, prima di scendere dal suv chiudendo rumorosamente la portiera.
Lui la guardò entrare nel portone del palazzo, dopodichè mise in moto e partì diretto a casa.
Attraversò le vie cittadine guidando lentamente, senza nessuna fretta, mentre le luci stradali illuminavano ad intermittenza il suo volto serio.
Giunto alla sua abitazione lasciò il suv in garage ed entrò in casa lanciando le chiavi dell'auto su di un mobiletto. Nonostante l'ora tarda non aveva sonno. Si diresse in cucina e, con i gesti lenti di chi ha la mente altrove, prese una birra dal frigo, quindi andò in soggiorno bevendone una lunga sorsata. Mise la bottiglietta sul tavolino e si sedette nel divano, là dove lui ed Emily avevano lottato allegramente con i cuscini per poi finirsi tra le braccia e dove per l'ultima volta avevano fatto l'amore.
Derek prese il cellulare dalla tasca dei jeans e selezionò l'opzione per scrivere i messaggi, restando poi per lunghi istanti a fissare il cursore che lampeggiava ritmicamente sul display. Alla fine spense il telefonino, riponendolo sul tavolino vicino alla bottiglia. Si appoggiò pesantemente contro lo schienale del divano, reclinando indietro la testa e chiudendo gli occhi.
Mi manchi, Emily...

 
Il giorno dopo, a metà mattina, Derek uscì dall'ufficio di quella simpatica donna che era Erin Strauss, dopo averle consegnato i rapporti come gli aveva chiesto Hotch, e si diresse verso l'angolo ristoro. Versò in una tazza il poco caffè rimasto nella caraffa, poi si sedette al tavolo a sorseggiare la calda bevanda dondolandosi sulla sedia.
Pensando alla sera precedente un sorriso si disegnò sulle sue labbra, in qualche modo si era divertito, Amanda in fondo era simpatica, ma chissà se pensava la stessa cosa di lui dopo che aveva rifiutato le sue avances. Era consapevole che il comportamento tenuto con la ragazza le avesse fatto sperare che avrebbero prolungato in modo piacevole la serata, ma lei non poteva sapere che se non fosse stato per un'inutile ed assurda ripicca, il biglietto con il suo numero di telefono sarebbe finito in lavatrice con i jeans. Si sentiva stupido ad aver agito in quel modo, a pensarci bene non era proprio da Hotch inventarsi una scusa al fine di prolungare un viaggio di lavoro per stare con una donna, Emily, nel caso specifico. Comunque ad ogni modo a lui non doveva importare dell'eventualità di un loro legame affettivo. Continuava a ripetersi che la vita sentimentale di Emily non era cosa che lo riguardava, ma stava di fatto che gli mancavano i loro momenti: mangiare una pizza insieme, prendersi in giro, fare l'amore... Gli mancava Emily.
Ciò era indice di un sentimento più grande o soltanto nostalgia per il bel periodo della loro relazione? Che cosa provava per lei? Non aveva mai smesso di chiederselo. Forse era come gli aveva detto Emily, la risposta a quelle domande doveva semplicemente arrivare dal suo cuore, ma tutti i dubbi e le paure circa un qualcosa da lui mai sperimentato gli impedivano di ascoltarla.
Hai lasciato un po' di caffè per un povero vecchio?” domandò Rossi giungendo in quel momento, senza ottenere risposta. “Ehi, Morgan, ritorna sulla terra.”
Derek smise di dondolarsi sulla sedia e di fissare il vuoto, per prestare la sua attenzione al collega.
Come hai detto, scusa...?”
Che hai privato un agente anziano del suo caffè” disse David facendo il gesto di versarlo dalla caraffa ormai vuota. “Dovrei proporre al Bureau di aprire uno Starbucks all'interno dell'Unità di Analisi Comportamentale.”
Derek sorrise alla sua battuta e si alzò per andare a riporre la tazza sul mobile alle sue spalle.
Rossi lo osservò con sguardo indagatore.
Che ti succede Derek?”
Niente” fece l'altro in tono stupito.
Eri così pensieroso...”
Mi stavo solo rilassando un po' dopo essere stato dalla Strauss” spiegò Derek alzando gli occhi al cielo nel nominare la tanto amata caposezione. “Hotch mi ha chiesto di portarle i rapporti di Scottsdale.”
Mi hai detto che torneranno oggi pomeriggio, giusto? Lui ed Emily...” gli domandò David incrociando le braccia sul petto e studiandolo.
Sì, oggi” rispose Morgan, per affrettarsi poi a dire: “Ci vediamo dopo, devo passare da Wesley al terzo a ritirare dei documenti, Hotch mi ha lasciato un po' di faccende da sbrigare.”
Hotch...” mormorò Rossi guardando Derek che se ne andava, poi, dopo aver dato un'ultima occhiata sconsolata alla caraffa vuota, si incamminò anch'egli per fare ritorno nel suo ufficio.

 
Era pomeriggio inoltrato quando Aaron entrò nell'ascensore con la sua ventiquattrore, per salire agli uffici della BAU. Aveva appena accompagnato a casa Emily, ordinandole in qualità di suo diretto superiore di restare a riposo fino al lunedì.
Si rendeva conto di essersi lasciato piuttosto andare con lei in quei due giorni, con i gesti e i pensieri, complici il viaggio di lavoro insieme e l'incidente accadutole. Non provava simili sensazioni da così tanto tempo che ora ne era quasi spaventato, ma non aveva intenzione di reprimere le sue emozioni e ridiventare l'uomo troppo rigido e serio che era stato fino a poco tempo prima. Non poteva conoscere i sentimenti di Emily nei suoi confronti, ma in ogni caso le era grato per aver fatto nuovamente battere il suo cuore.
Hotch scese al sesto piano ed entrò nell'open space della BAU, vide Reid e Morgan seduti alle loro scrivanie, dove si diresse.
Bentornato” lo salutò Spencer vedendolo arrivare.
Grazie. Tutto bene qui?”
Derek alzò la testa da alcuni documenti e subito notò che il suo capo era arrivato da solo.
Emily?”
Aaron attese qualche secondo prima di rispondere.
Prentiss è a casa. A Houston ha avuto un incidente, è questo il motivo per cui non siamo tornati ieri.”
Derek spalancò gli occhi e sentì una morsa stringergli lo stomaco.
Come...?”

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Quattordicesimo capitolo ***


  

QUATTORDICESIMO CAPITOLO

 

 

 

“Ti preparo qualcosa da mangiare” disse Elizabeth alla figlia alzandosi dal divano. Era andata a farle visita dopo che le aveva raccontato al telefono dell'incidente.
“Non è necessario” protestò Emily seguendo la madre, la quale si era diretta in cucina.
“Devi stare a riposo.”
“Cucinare non è un'attività molto faticosa” osservò l'altra sorridendo, in fondo contenta di quelle attenzioni.
“Un trauma cranico non è da sottovalutare” sostenne Elizabeth aprendo l'antina di un pensile.
“Dai, mamma, sto bene, arriverai in ritardo alla tua cena di lavoro.”
“Farò in tempo...”
Qualcuno suonò alla porta, interrompendole. Emily andò ad aprire trovandosi di fronte Derek.
“Ciao...” lo salutò, sorpresa di vederlo.
“Ciao. Disturbo? Volevo vedere come stavi” fece lui notando il livido sulla sua guancia.
“No, figurati.”
Emily lo fece entrare e lui si accorse della presenza di Elizabeth.
“Buonasera signora Prentiss” disse andando a stringerle la mano.
“Salve agente Morgan” lo salutò l'ambasciatrice osservandolo, poi si rivolse alla figlia: “Io vado, ci sentiamo domani.”
“Rimanga, la prego” la invitò Derek.
“Grazie, ma stavo comunque andando via, arrivederci agente” disse la donna tendendogli nuovamente la mano, che lui strinse salutandola.
Emily accompagnò la madre alla porta.
“Grazie mamma.”
“Riguardati” si raccomandò Elizabeth, la quale, già fuori dall'appartamento, a bassa voce continuò: “Emy, se è qui, una ragione c'è...”
La figlia le sorrise, attese che salisse sull'ascensore, poi rientrò in casa raggiungendo Derek in soggiorno. Si sedettero sul divano, l'uno accanto all'altra.
“Come ti senti?”
“Adesso bene, soltanto un dolorino qui” disse Emily toccandosi la testa nel punto in cui in realtà sentiva ancora parecchio dolore. “Sarei venuta al lavoro, ma Hotch mi ha ordinato di starmene buona fino a lunedì.”
“Hotch ha tutte le ragioni. Quando ci ha informati dell'incidente mi sono preoccupato, hai battuto la testa, non è proprio una cosa da niente se ti hanno trattenuta in ospedale.”
“Ecco, lo vedi perchè ho preferito che non lo sapeste...”
“Volevi fare la dura eh...” fece Derek sorridendole con dolcezza.
Emily lo guardò fingendo stupore.
“Veramente... io sono una dura.”
Risero insieme in modo aperto e spontaneo, come non accadeva da un po' di tempo.
Adesso è meglio che io vada, è ora di cena.”
Vuoi restare a mangiare qualcosa qui?” lo invitò lei.
Derek parve pensarci su, poi rispose: “Va bene, ma soltanto se cucino io, tu non ti muovere.”
Si alzò dirigendosi in cucina. Emily lo seguì via protestando.
Sei come mia madre. Guarda che sto benissimo.”
Derek aprì il frigorifero, scrutandovi all'interno.
Prentiss, prima di invitare qualcuno a cena dovesti fare la spesa...”
Non era previsto” ribattè lei spingendolo via. Diede un'occhiata, accorgendosi che in effetti il suo frigo aveva ben poco da offrire. Prese alcune uova, del prosciutto e una testa di lattuga, praticamente svuotandolo, e appoggiò tutto sul piano di lavoro, poi tirò fuori una pentola da un mobile e la porse a Derek.
Vediamo cosa sai fare” lo sfidò.
Dopo mi vorrai assumere come cuoco, te lo garantisco” le assicurò lui afferrando il tegame. Si fece indicare da lei la collocazione di ciò che gli serviva, e, dopo aver preso l'occorrente, iniziò a sbattere le uova con una frusta.
L'importante è che non mi mandi di nuovo all'ospedale” si augurò Emily.
Lui la guardò in tralice e lei si mise a ridere, accingendosi a lavare l'insalata.
Derek si soffermò a guardare il suo profilo, le sue labbra ancora piegate in un sorriso, poi lo sguardo scivolò sulle sue spalle, dalla chiara pelle vellutata, che la canottiera lasciava scoperte.
Com'è andata la deposizione in tribunale?” le domandò tornando a dedicarsi alle uova.
Bene, senza dubbio Harris verrà condannato” rispose Emily disponendo la lattuga su di un canovaccio.
Avrà ciò che si merita” commentò lui mentre passava a tagliare il prosciutto. “Era presente anche l'agente Sheffield?”
No, doveva avere già testimoniato, è solo passato a salutarci.”
E' un uomo in gamba, un buon capo.”
E voi, vi siete comportati bene in assenza del capo?” chiese lei cambiando discorso.
Come degli angioletti” rispose Derek versando le uova e il prosciutto nella pentola e mettendola sul fuoco.
Emily tagliò la lattuga e la condì dentro ad un'insalatiera, poi tentò di sbirciare l'operato di Derek, ma quest'ultimo si parò tra lei e il fornello.
Non spiare il mio lavoro” le intimò minacciandola con una forchetta.
Ok, va bene...” si arrese Emily indietreggiando con le mani alzate. Era felice che lui fosse lì e di quegli inattesi momenti che stavano vivendo insieme. Apparecchiò l'ampia penisola, dopodichè prese dal frigo la bottiglia di vino bianco che ancora conteneva e la mise in tavola.
La cena è pronta” annunciò lui servendo le uova nei piatti.
Che profumino” disse Emily sedendosi su uno degli alti sgabelli.
Derek stappò il vino e lo versò nei calici che lei aveva preparato, poi si sedette a sua volta. Sollevarono i bicchieri facendoli toccare in un brindisi e i loro sguardi inevitabilmente si incontrarono.
Quando iniziarono a mangiare lui domandò: “Allora?”
Sei assunto” rispose lei servendosi l'insalata, per poi passargliela.
Non avevo dubbi.”
Emily gli sorrise, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e bevendo un sorso di vino, in un modo che agli occhi di Derek la rese incredibilmente attraente.
Finirono di cenare, poi insieme sparecchiarono e riposero i piatti nella lavastoviglie, quindi si trasferirono in soggiorno portando la bottiglia e i bicchieri. Si misero comodi sul divano a finire il vino rimasto. Davanti a loro la vetrata regalava l'immagine di una splendida Washington al tramonto, che rischiarava il salotto con la sua luce rosacea.
E' ottimo questo bianco” osservò Derek portandosi il calice alle labbra.
Me l'ha portato mia madre dall'Italia” disse lei appoggiando il suo bicchiere sul tavolino.
E tu te lo volevi scolare tutto da sola” scherzò lui.
No! Non sono un'ubriacona” replicò lei ridendo.
Allora lo conservavi per un'occasione speciale.”
Questa lo è...”
Derek mise via il bicchiere e si spostò un po' più vicino a lei.
Lo è...”
Per qualche istante si guardarono in silenzio, poi lui con due dita sfiorò la guancia di Emily seguendone il contorno, dal vistoso livido fino al mento, con dolce lentezza. Lei fu attraversata da un brivido e avvertì forte il desiderio di sentire di nuovo il sapore delle sue labbra.
Il suono del suo telefonino la fece quasi trasalire. Derek si scostò da lei. Emily, dopo un attimo di esitazione, si alzò per andare a rispondere al cellulare, che si trovava su di una mensola nell'ingresso.
Ciao... Sì, sto bene... No, non mi sono mossa da qui.” Rise brevemente. “Certo, lo so cos'ha detto il dottore...”
Derek si voltò a guardarla immaginando chi fosse l'interlocutore, ma essendo girata di schiena non potè vedere l'espressione del suo viso.
Va bene... Grazie per aver chiamato, buona notte.”
Emily chiuse la comunicazione e ritornò in salotto da Derek, il quale si era alzato dal divano.
Era Hotch, voleva sapere come stavo.”
Lui annuì.
Ora il cuoco se ne torna a casa” disse, cercando di mascherare un certo disappunto.
Te ne vuoi già andare?” si dispiacque lei.
Sì, così tu andrai a letto presto.”
Emily sospirò alzando gli occhi al cielo.
Grazie per la cena” disse Derek sorridendo per la sua espressione, mentre si avviava alla porta.
Figurati, hai fatto tutto tu.”
Sulla soglia di casa rimasero un momento a guardarsi senza parlare, entrambi consapevoli che se non fosse stato per quella telefonata molto probabilmente la loro serata si sarebbe conclusa in modo diverso.
Buona notte, Emily.”
Notte...”
Derek se ne andò e lei tornò in soggiorno mettendosi di fronte alla vetrata.
Stava arrivando il buio e le luci di Washington iniziavano ad accendersi, costellando la veduta di punti luminosi. Il vetro le rimandò la sua immagine, che lei fissò abbandonandosi ai suoi pensieri.
Era stata bene con Derek, avevano ritrovato quell'affiatamento che sembravano aver perso da quando la loro storia era finita. Subito dopo aver saputo dell'incidente lui si era recato lì, poteva questo avere un significato? Ripensò all'intensità dei suoi sguardi, alla dolcezza con cui le aveva accarezzato il viso, a ciò che sarebbe potuto accadere... Forse in Derek qualcosa era cambiato, forse stava provando per lei ciò che una parte del suo cuore aveva continuato a sperare. O forse no, ma quella sera le piacque crederlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Quindicesimo capitolo ***


  

QUINDICESIMO CAPITOLO

 

 

 

Una volta ritornato a casa Derek andò a sedersi sul dondolo di legno nel porticato. Abitando in una zona piuttosto tranquilla trovava piacevole restare fuori a godersi il fresco della sera, ascoltando il silenzio, rotto soltanto dal rumore delle poche auto che passavano lungo la via. Era rilassante. Ma in quel momento Derek rilassato non lo era per niente. Si dondolava in modo nervoso, con le braccia conserte e la fronte corrugata
Hotch, Hotch... Se non fosse stato per lui, in quel momento non si sarebbe trovato seduto sul dondolo. Il suo tempismo era stato perfetto. Era inutile, non riusciva a domare il forte fastidio che lo coglieva ogni volta che il suo capo rivolgeva ad Emily attenzioni particolari. Il motivo per cui avevano trascorso la notte a Houston non era quello che lui si era immaginato, e quando era venuto a conoscenza della verità, si era sentito davvero uno stupido per aver pensato che volessero trascorrere del tempo in intimità, quando invece Emily si trovava dolorante in un letto d'ospedale. Ciò però non significava che Aaron non provasse interesse verso di lei, ormai l'aveva capito. Questo pensiero non lo rallegrava, ma si rendeva conto che con molta probabilità Hotch avrebbe saputo offrirle un rapporto stabile e sicuro, che Emily si meritava, non le mille incertezze che popolavano i suoi pensieri. Da un lato era stato un bene se quella sera non avevano fatto l'amore, altrimenti le cose si sarebbero ulteriormente complicate. Forse sarebbe stato meglio smetterla di tormentarsi, di porsi tante domande che non lo portavano da nessuna parte, e lasciare che le cose andassero come dovevano andare.

 

* * *

 

Emily aveva trascorso il fine settimana in completo relax, leggendo, concedendosi una passeggiata nei dintorni di casa e rispondendo ai messaggi e alle chiamate dei colleghi della squadra, che si erano informati sulle sue condizioni di salute. Il lunedì mattina il dolore alla testa era quasi scomparso del tutto e si era recata alla BAU ormai in perfetta forma.
Era alla sua scrivania a lavorare su alcuni incartamenti quando vide Garcia venire verso di lei.
“Tesoro, la grande Penelope ha dato inizio alla missione top secret” annunciò andandole vicino. Si abbassò su di lei e in tono cospiratorio le comunicò: “Sono riuscita ad avere da Will il numero di telefono di alcune amiche di JJ e le ho contattate, avendo la loro completa disponibilità ad organizzare l'addio al nubilato.”
“Perfetto” sussurrò entusiasta Emily. “Cena e dopocena?”
“Ma certo cara. Le faremo una sorpresa.”
“Io ho già in mente alcuni localini...”
“E per concludere un bel maschione che esibendosi in uno strip le farà passare la voglia di sposarsi” disse Garcia maliziosamente provocando la risata di Emily.
“Tu ne conosci per caso qualcuno?” domandò quest'ultima facendo l'occhiolino.
“Cosa state confabulando voi due?” si intromise Derek comparso in quel momento davanti a loro.
Emily e Penelope lo squadrarono da capo a piedi, poi si guardarono mettendosi a ridere. Lui le osservò perplesso.
“Argomenti vietati ai soggetti maschili” rispose Garcia facendogli cenno di andare via.
“Estremamente vietati” aggiunse Emily, per poi riprendere a parlare con la collega.
“Pensavo ad un nuovo locale in cui fanno anche il karaoke...”
Le due donne alzarono gli occhi su Morgan, il quale non accennava ad andarsene.
“Derek!” esclamarono all'unisono.
“Ok, me ne vado” disse lui affrettandosi a tornare al suo posto, sotto lo sguardo fulminante di Emily e Penelope, le quali ripresero il discorso definendo i punti della loro missione top secret.

 
La giornata trascorse in modo tranquillo, senza che nessun caso urgente arrivasse sulla scrivania di JJ. Un po' prima di terminare il suo lavoro quest'ultima chiamò Will, il quale quella sera sarebbe rincasato prima di lei, per fornirgli istruzioni circa la cena da preparare. Un sorriso le illuminò il volto mentre pensava al suo futuro marito davanti ai fornelli, con Henry da accudire. Non era semplice gestire una casa e una famiglia con il tipo di lavoro che lei svolgeva, ma i sacrifici e la fatica che ciò comportava venivano ampiamente ripagati ogni volta che il suo piccolo Henry le regalava un sorriso, ogni volta che Will la guardava con amore. Le aveva chiesto di sposarla quattro mesi prima, durante una cena a lume di candela. Aveva organizzato tutto: il bambino dai nonni, il cibo cucinato da lui, un mazzo di rose rosse. Quando voleva sapeva essere terribilmente romantico. Anche se la carne si era un po' bruciata, il dolce non era lievitato, ed erano dovuti andare a prendere Henry per un improvviso attacco di febbre, quella era stata la serata più bella della sua vita.
JJ spense il pc, mise in ordine la scrivania e lasciò il suo ufficio per andare a casa. In corridoio si imbattè in Emily e insieme si diressero all'ascensore.
“Will sta preparando la cena, spero non mi mandi a fuoco la casa.”
“E' così terribile in cucina?” chiese Emily alla collega.
“Forse ho un po' esagerato, ma diciamo che l'arte culinaria non è proprio il suo forte” affermò JJ scuotendo il capo con aria sconsolata, quasi subito sostituita da un dolce sorriso. “Ma lui si impegna, ed io lo apprezzo.”
“Altri discorsi proibiti ai maschi?” domandò Derek comparso alle spalle delle due donne ferme ad aspettare l'ascensore, di cui in quel momento si aprirono le porte. Vi salirono tutti e tre.
“Stavamo parlando di uomini ai fornelli” rispose Emily lanciandogli un'occhiata complice.
“Non per vantarmi, ma cucinare mi riesce piuttosto bene” sostenne Morgan serio.
“Ah sì? E quale sarebbe il tuo piatto forte?” chiese divertita JJ.
“Uova alla Derek.”
L'ascensore li portò al piano terra e gli agenti uscirono nel parcheggio, sotto ad un cielo che si stava coprendo di nubi scure. La prima ad arrivare alla macchina fu JJ, gli altri due proseguirono verso le loro.
“Uova alla Derek eh... Così io avrei assaggiato il piatto forte dello chef” constatò Emily intanto che svoltavano l'angolo.
“Il meglio” fece Derek con aria di sufficienza. “A proposito di cibo, stavo pensando che potremmo andare...” Si bloccò vedendo una figura familiare appoggiata al cofano del suo suv. “Amanda...”
“Buonasera agente Morgan” civettò la ragazza.
Emily la osservò con curiosità mentre si avvicinava a Derek, senza degnare lei di uno sguardo.
“Che cosa ci fai qui?” le chiese lui un po' seccato.
“Dopo la serata di giovedì credevi che non ti avrei cercato?” rispose Amanda appoggiandogli le mani sul petto.
Emily, capendo di non avere ragione di rimanere lì, salì sulla sua auto che si trovava accanto al suv. Derek allontanò la ragazza da sé e fece per muoversi in quella direzione, ma in un gesto inaspettato Amanda gli buttò le braccia al collo e lo baciò sulla bocca. Lui si scostò, incrociando lo sguardo rattristato di Emily, la quale mise in moto e se ne andò.
“Non era il caso che tu venissi qui” disse Derek ad Amanda manifestando una certa irritazione.
“Allora non dovevi dirmi dove lavoravi...” replicò lei facendolo innervosire ancora di più.
“Questo non significava che tu dovessi venire a farmi la posta.”
“Credevo ti avrebbe fatto piacere.”
“Come puoi ben notare non è così.”
“Ho capito, preferisci quell'insipida zero-zero-sette in gonnella” disse Amanda con sarcasmo, indicando col capo dove fino a poco prima era posteggiata l'auto di Emily.
Derek, del tutto spazientito, la prese per un braccio, portandola, senza troppa gentilezza, verso un punto imprecisato del parcheggio. Lei si divincolò.
“Posso trovare la mia macchina anche da sola” si adirò, guardandolo con gli occhi luccicanti di rabbia.
“Allora fallo, e sparisci” le ordinò lui secco, rafforzando le sue parole con una gelida occhiata.
Derek tornò indietro e salì sul suv, mentre iniziavano a scendere le prime gocce di pioggia. Vide Amanda che poco lontano andava via con un fuoristrada e sbuffò, ancora stizzito. Poi, poco a poco, l'irritazione svanì, e il suo volto assunse un'espressione desolata, mentre guardava l'acqua piovana rigare i vetri. Era certo che Emily si fosse fatta un'idea sbagliata circa la maniera in cui aveva trascorso la serata di giovedì.

 
Emily ritornò a casa con i capelli e gli abiti bagnati, avendo percorso il tragitto dalla macchina al portone del suo palazzo senza un ombrello, che la riparasse dal violento acquazzone che si stava abbattendo su gran parte della città.
Si fece subito una doccia indugiando sotto al getto tiepido, poi con indosso l'accappatoio andò in camera. Tirò fuori da un cassetto dell'armadio dei vestiti puliti che mise sul letto, dove si lasciò cadere stendendosi su un fianco con la testa appoggiata ad un braccio. La stanza era in penombra e dietro le tende tirate la pioggia sferzava i vetri, Emily la poteva udire. Che sciocca era stata a illudersi riguardo a Derek, quando invece niente era cambiato. La ragazza venuta ad aspettarlo dopo il lavoro ne era la prova. Le faceva male il pensiero che lui fosse stato fra le sue braccia, e che soltanto la sera dopo avrebbe fatto l'amore con lei, pur sapendo che sarebbe andato a ferire i suoi sentimenti. Le lacrime che aveva cercato di trattenere scesero prepotentemente a bagnare il suo viso, mentre se la prendeva con se stessa, per essersi innamorata di Derek e non riuscire a strapparselo dal cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Sedicesimo capitolo ***


 

SEDICESIMO CAPITOLO

 

 

 

Il giorno dopo il sole era tornato a splendere sulla città, ma non nel cuore di Emily, la quale si recò al lavoro in preda alla tristezza. Quella mattina non aveva nessuna voglia di vedere Derek, la causa della sua malinconia, quindi il fatto che lui non fosse ancora arrivato le recò un momentaneo sollievo. Appoggiò le sue cose alla scrivania e, sentendo il bisogno di un po' di caffeina, si diresse verso l'angolo ristoro.
“Se stai andando a prendere un caffè ti faccio compagnia” disse Hotch giungendo alle sue spalle.
“La mia intenzione è proprio quella” fece lei mentre arrivavano nella piccola cucina.
“Questa notte Jack si è fermato a dormire da me, anche se “dormire” non è la parola esatta. Aveva paura del temporale e si è svegliato due volte piangendo, per farlo riaddormentare ho dovuto raccontargli le fiabe, così praticamente non ho chiuso occhio” raccontò Aaron con un sorriso, versandosi una buona dose di caffè.
“Il papà lo vizia...” disse Emily aggiungendo il secondo cucchiaino di zucchero nella sua tazza.
“E' un piacere farlo.”
“Lo immagino.”
Si sedettero al tavolo l'uno di fonte all'altra. Lei iniziò a mescolare il suo caffè con gli occhi bassi e Hotch notò la tristezza che ombreggiava il suo viso.
“Tutto bene?” le domandò appoggiandole una mano sul braccio.
“Sì... E' solo che anch'io non ho dormito molto” rispose Emily sforzandosi di sorridere.
Per un momento Aaron sembrò riflettere su qualcosa, rivolgendo altrove lo sguardo che poi riportò su di lei.
“Mi hanno regalato due biglietti per La traviata, al National Theatre, ti andrebbe di accompagnarmi?”
Notando la sorpresa di Emily e la sua titubanza nel rispondere precisò: “Lo spettacolo è fra due settimane, non c'è nessuna fretta.”
Tirò fuori uno dei biglietti dalla tasca della giacca e glielo diede.
“Grazie” disse soltanto lei, messa un po' in imbarazzo da quell'invito, ulteriore dimostrazione e conferma dell'interesse di Aaron nei suoi confronti.
Lui le sorrise ed Emily fece altrettanto.
Derek arrivò giusto in tempo per vederli.
“Buongiorno” salutò senza troppo entusiasmo. Andò a versarsi una tazza di caffè, notando il silenzio che nel frattempo era calato tra i due.
“Ho per caso interrotto qualcosa?” chiese avvicinandosi al tavolo ma senza sedersi.
Emily scosse la testa, più per disapprovazione che in risposta alla sua domanda.
“No, niente...” disse Hotch, ma dal suo tono Derek capì che non era vero.
“Mi era sembrato...” buttò là con indifferenza. Bevve un po' del suo caffè. “Ho sentito un amico di Will, vogliono organizzare un addio al celibato. Tu pensi di venire?”
“Ha chiamato anche me, credo proprio che ci sarò” rispose Aaron mostrandosi entusiasta.
Derek inarcò le sopracciglia, ostentando stupore.
“Il nostro capo sempre così serio verrà all'addio al celibato?”
Emily alzò su di lui uno sguardo di rimprovero.
“Le abitudini si possono sempre cambiare” replicò Hotch leggermente infastidito.
Soltanto in quel momento Derek si accorse del biglietto che lei teneva in mano. E immaginò tutto l'immaginabile.
La traviata... Prentiss, da quando ti interessa la lirica?”
“Per quanto ne sai potrebbe essere da sempre.”
“Morgan, ti sei alzato con il piede sbagliato questa mattina?” domandò Aaron, poi il suo cellulare si mise a suonare. “Sì?... Dovrei controllare, ma ora sono fuori ufficio, la richiamo tra dieci minuti.” Si alzò. “Devo andare, ci vediamo dopo.”
Hotch se ne andò per la contentezza di Derek, il quale si sedette accanto ad Emily pensando che in quell'occasione lo squillo del telefono gli fosse stato amico. Lei fece per alzarsi, ma lui la trattenne per un braccio.
“Aspetta...”
“Cos'altro c'è? Mi sembra che tu abbia già dato abbastanza spettacolo” fece Emily con sarcasmo.
“Ascolta, giovedì sera non...”
Derek fu interrotto dall'arrivo di JJ.
“Dovete venire in sala riunioni, abbiamo un caso.”

 

* * *

 

La squadra era volata fino a Santa Monica, dove aveva dovuto occuparsi di un assassino seriale che strangolava donne in carriera sulla quarantina, per poi abbandonare i corpi delle vittime sulla spiaggia, di notte. Il caso era risultato particolarmente complesso e i profilers erano riusciti ad identificare ed arrestare l's.i. soltanto dopo alcuni giorni.
La sera prima di ritornare a Quantico avevano cenato tutti insieme in un grazioso ristorante poco lontano dall'albergo in cui alloggiavano. La serata era trascorsa in allegria e gli agenti avevano finalmente potuto rilassarsi dopo la pesantezza degli ultimi giorni. Rientrati in hotel ognuno si era ritirato nella propria camera, ma dopo breve tempo Derek ne era nuovamente uscito.
In quel momento si trovava davanti alla porta della stanza di Emily. Durante il corso delle indagini sul caso non gli era parso opportuno farlo, ma ora gli premeva continuare il discorso appena accennato con lei prima di partire per Santa Monica. Trasse un sospiro e bussò.
Dopo qualche istante Emily aprì la porta e lo guardò con stupore.
“Posso?”
Lo fece entrare. Indossava un pigiama rosa sbracciato con i pantaloni corti.
“Stavi dormendo?” le domandò Derek, vedendo il letto sfatto e soltanto la lampada sul comodino ad illuminare la stanza.
“No, mi ero appena coricata.”
“Se preferisci me ne vado.”
“Resta pure.”
L'imbarazzo tra di loro era palpabile, l'ultima volta che Derek era andato nella sua camera d'albergo durante un viaggio di lavoro della squadra la situazione era stata ben diversa.
“Ehi, com'è che io ho un balcone largo un metro e tu una piazza d'armi?” scherzò lui guardando oltre la porta finestra.
Emily gli sorrise.
“Sarà che io me lo merito.”
Insieme uscirono sul terrazzino, dal quale si poteva scorgere l'oceano.
“Volevo soltanto chiarire una cosa” esordì Derek. “Al contrario di quanto tu possa pensare, giovedì sera non sono stato a letto con quella ragazza.”
Emily si appoggiò alla ringhiera, con la brezza del Pacifico a scompigliarle un po' i capelli.
“Perchè me lo stai dicendo?”
Lui non rispose, in effetti non esisteva alcun motivo apparente per cui dovesse darle spiegazioni circa l'argomento.
“Non devi rendere conto a me della tua vita sentimentale, alla quale non voglio certo essere d'intralcio” sostenne lei, ma, come se neanche l'avesse sentita, Derek riprese: “Te lo giuro.”
Quelle parole fecero quasi sorridere Emily, la quale comunque gli credette, capendo dal suo sguardo che fosse sincero.
“Va bene, ammettiamo che sia così, e con ciò? Cambia forse le cose tra di noi?”
Vedendo che l'altro restava in silenzio ripetè in tono più acceso: “Cambia qualcosa Derek?”
“Tu desideri ancora che qualcosa cambi? O forse qualcuno te ne ha fatta passare la voglia...” insinuò lui.
Emily gli andò molto vicino e lo guardò dritto negli occhi.
“Ti darebbe fastidio?” domandò, calma.
“No... ” rispose Derek senza troppa convinzione.
“Te lo dico io com'è” disse lei puntandogli l'indice contro il petto. “Tu non intendi stare con me, ma vorresti che io non stessi nemmeno con qualcun altro.”
Derek non replicò, si limitò a guardarla, vinto.
Emily andò verso la porta finestra, fermandosi sulla soglia.
“E ora, se non ti dispiace, vorrei riposare.”
Lui le si avvicinò.
“Buona notte.”
“A domani.”
Derek uscì dalla stanza, ma come ebbe richiuso la porta, provò il forte impulso di ritornare dentro e prenderla fra le braccia. Non lo fece. Percorse lentamente il corridoio fino alla sua camera, con l'eco delle parole di Emily nella testa.

 
L'indomani, di buon'ora, Emily salì sul jet che avrebbe riportato la squadra a Quantico. Aaron e Derek erano seduti, da soli, da una parte e dall'altra del corridoio. Li oltrepassò e andò ad accomodarsi accanto a Rossi. Da lì poteva vedere Derek, il quale stava già ascoltando musica tenendo gli occhi chiusi. Emily sospirò. Quell'uomo aveva avuto il potere di sconvolgerle la vita, mai lo avrebbe immaginato. Sul fatto che lui fosse bello e attraente non vi era mai stato alcun dubbio, non si poteva negare l'evidenza, ma lei lo aveva sempre considerato soltanto un buon amico. Se le avessero detto che si sarebbe innamorata di lui, ci avrebbe riso sopra.
“Sai cos'ha detto il filosofo tedesco Georg Hegel?” le domandò David tutto ad un tratto riscuotendola dai suoi pensieri.
“Illuminami.”
Rossi spostò un po' la testa e guardò in direzione di Derek, poi si voltò verso di lei.
“Non c'è niente di più profondo di ciò che appare in superficie.”

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Diciassettesimo capitolo ***


 

DICIASSETTESIMO CAPITOLO

 

 

 

Sabato pomeriggio Emily posteggiò l'auto lungo il marciapiede, di fronte ad un palazzo vecchio ma ben tenuto.
“Sei stata davvero gentile ad accompagnarmi a comprare il vestito” disse Reid seduto al suo fianco.
“Figurati, mi ha fatto piacere aiutarti negli acquisti.”
“Vuoi entrare un momento? Ti offro qualcosa da bere.”
“Va bene.”
Scesero dalla macchina, Spencer prese dal sedile posteriore il suo abito, tenendolo alto per la gruccia, ed Emily si fece carico delle altre borse contenenti camicia, cravatta e scarpe.
Davanti al portone d'ingresso Reid iniziò ad armeggiare con una mano sola per aprire la sua borsa e prendere le chiavi.
“Dammi qua” si offrì lei con un sorriso, alleggerendolo del vestito per dargli modo di aprire la porta.
Salirono una breve scala che conduceva al piano rialzato, dove si trovava l'appartamento di Spencer. Entrarono, trovandosi direttamente in soggiorno.
“Accomodati, io intanto porto tutto di là” invitò Reid la collega prendendole di mano abito, borse e pacchetti, per poi avviarsi lungo un piccolo corridoio e sparire in quella che probabilmente doveva essere la camera da letto.
Emily si guardò intorno. La stanza era luminosa e nel complesso accogliente, una parete era interamente occupata da una grande libreria, zeppa di testi scientifici e di criminologia, a far da contrasto ai quali spiccavano qua e là alcuni animaletti di peluche. Le sfuggì un sorriso. Nel poco spazio lasciato libero dai libri notò anche due portaritratto, entrambi mostravano una foto di Spencer con la madre: in una lui era ancora ragazzino, l'altra doveva essere stata scattata da poco tempo. In un angolo vi era un vecchio mobiletto, sul quale era appoggiato un televisore di epoca non molto recente, nel ripiano sottostante una scacchiera faceva bella mostra di sé. Vicino alla finestra una poltrona era occupata da alcune riviste culturali, quindi Emily si accomodò sul morbido divano di stoffa blu. Poco dopo ricomparve Spencer.
“Allora... Ti offro qualcosa da bere?”
“Sì, grazie” rispose lei, intuendo dai suoi modi che non doveva avere ospiti molto spesso.
Il ragazzo andò in cucina, dalla quale mise fuori la testa quasi subito.
“Ho soltanto del succo alla pesca.”
“Andrà benissimo.”
Reid tornò con due bicchieri della bevanda ed Emily fece spazio sul tavolino ingombro di fogli pieni di appunti, affinchè lui li potesse posare.
“Potresti fare concorrenza alla biblioteca di Washington” affermò lei accennando alla ricca libreria.
“Sì, ho un po' di libri... E non sono tutti lì...”
“Dove tieni gli altri? In cucina, in bagno...” domandò l'altra inarcando le sopracciglia. “No, non dirmelo, preferisco non saperlo” aggiunse prima che lui potesse rispondere.
Il ragazzo sorrise mentre si sedeva accanto ad Emily.
“Reid, tu praticamente trascorri tutto il tuo tempo libero sui libri, perchè non provi ad uscire come fanno i ragazzi della tua età?”
“Io mi sento diverso da loro” rispose lui con un misto di tristezza e imbarazzo.
“Beh, in un certo senso hai ragione, ma penso che dentro di te si nasconda il desiderio di divertirti, di avere degli amici, una ragazza... Devi solo permettergli di venire fuori.”
“Tu credi?” domandò Reid con un filo di speranza nella voce, come se in fondo avesse voluto sentirsi dire quelle parole.
“Ne sono sicura” rispose Emily stringendogli dolcemente una mano.
“Anche Morgan mi dice sempre che dovrei uscire e divertirmi, continua a darmi consigli su come avere successo con le donne, ma credo che io non riuscirò mai ad essere come lui...”
“Non è necessario che tu sia come Derek per conquistare una ragazza” sostenne lei con un vago sarcasmo che Reid non potè cogliere. “Vai benissimo così come sei, credimi.”
Emily finì di bere il succo di frutta e si alzò dal divano.
“Ora devo andare, ho appuntamento con JJ.”
“Aspetta, visto che sei qui vorrei chiederti un favore.”
“Dimmi, se posso esserti utile...”
“Solo un momento...”
Il ragazzo si levò in piedi e velocemente scomparve di nuovo in camera da letto, per poi ritornare reggendo in mano una scatoletta.
“Qui ci sono le fedi di JJ e Will.”
Emily lo guardò perplessa e lui spiegò. “Il giorno delle nozze non sarò molto tranquillo, mi conosco, quindi non vorrei che mi capitasse di dimenticarle a casa, sarebbe un disastro... Pensavo che magari potresti tenerle tu... e darmele quando ci troveremo in chiesa... Ma se non ti va...”
“Lo faccio volentieri” lo interruppe lei prendendogli la scatoletta dalle mani. “Le fedi arriveranno puntualmente in chiesa.”
“Grazie, di tutto” fece Spencer, grato all'amica per i favori e la chiacchierata.
Quando Emily se ne fu andata, il ragazzo rimase per un po' a riflettere su quanto lei gli aveva detto, mentre un sorriso affiorava sulle sue labbra.
Vai benissimo così come sei...

 
Emily e JJ si erano date appuntamento in un bar a Georgetown. Quando Prentiss arrivò vide la collega già seduta ad un tavolino all'ombra nel dehor.
Ciao, scusa se sono un po' in ritardo” disse prendendo posto anch'ella.
Non ti preoccupare, sono appena arrivata.”
Hai fatto shopping?” chiese Emily notando alcune borse appese allo schienale della sedia di JJ.
Qualcosina... Gli ultimi acquisti prima del matrimonio.”
Anch'io oggi sono stata in giro per compere, o meglio, ho portato in giro Spencer.”
Il vestito per il testimone?”
Indovinato.”
Mi aveva detto che lo avresti accompagnato a comprarlo, sono certa del buon risultato.”
Starà benissimo.”
Arrivò un cameriere e le due donne ordinarono entrambe un caffè freddo.
Ci pensi, una settimana oggi a quest'ora sarò già sposata” realizzò JJ.
Questi mesi sono volati” riflettè Emily ripensando agli avvenimenti che avevano riguardato la sua sfera sentimentale.
E' vero, sono trascorsi in un baleno senza che me ne rendessi conto, impegnata come sono stata nei preparativi.”
Sai, anch'io e Penelope ci siamo occupate di alcune cosette...” disse Emily facendo la misteriosa.
Quali cosette?”
Ti dico solo che venerdì sera dovrai tenerti pronta per le sette, passeremo a prenderti.”
Oh, non mi dire... L'addio al nubilato!” esclamò JJ felice come una bambina, mentre il cameriere arrivava a servire loro i caffè.
Esatto. Un'altra cosa: ti avevo promesso che avrei pensato a farti avere qualcosa di prestato da indossare con l'abito da sposa, ricordi?” domandò Prentiss riaccendendo la curiosità della collega.
Certo che mi ricordo.”
Bene.”
Emily prese dalla borsa una scatolina e la diede a JJ. Quest'ultima la aprì e sollevò delicatamente con una mano una collanina d'argento con un ciondolo a forma di cuore, impreziosito da tanti brillantini.
E' bellissima...”
Ti piace?”
Altrochè.”
Me l'aveva regalata Matthew, è l'unico ricordo che ho di lui” disse Emily provando un po' di malinconia al pensiero dell'amico scomparso.
E' molto importante per te...”
Sì, e sarei felice che tu la portassi il giorno delle nozze.”
Ed io sarò felice di farlo” affermò JJ abbracciando l'amica. “Grazie.”

 
Emily guidava verso casa ripassando il programma per quel sabato sera: bagno rilassante, dvd, divano e una lunga dormita. I suoi pensieri corsero poi a Derek e si trovò a fantasticare su di una ipotetica serata insieme, come se fossero stati una coppia. Lui l'avrebbe invitata a cena a casa sua, cucinando per lei, avrebbero scherzato come amici, guardandosi come innamorati, stuzzicandosi come amanti. Dopo aver cenato sarebbero usciti sul porticato a bere una birra seduti sul dondolo, parlando di tutto. Avrebbero concluso la serata nel letto di lui, a fare l'amore con passione e dolcezza insieme, fino al mattino...
Emily sorrise al pensiero, per poi tornare tristemente alla realtà, nella quale una simile idea risultava pressochè irrealizzabile.
Lasciò l'auto nel primo posto libero che trovò nelle vicinanze del suo palazzo e scese, sentendosi avvolgere dalla calura che aveva fino a quel momento evitato grazie all'aria condizionata. Prima ancora di scorgere lui notò il suo suv, parcheggiato sull'altro lato della strada, poi lo vide, fermo davanti al suo portone.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Diciottesimo capitolo ***


 

DICIOTTESIMO CAPITOLO

 

 

 

Aaron aveva trascorso quel sabato mattina lavorando al computer e su alcuni dossier che si era portato a casa la sera precedente, col pensiero che correva di tanto in tanto ad Emily. Si era chiesto se lei avrebbe accettato il suo invito ad andare all'opera e anche se avesse fatto bene a chiederglielo. Aveva sorriso fra sé: l'ultima volta che si era posto quegli interrogativi andava ancora al liceo. Ora invece era un uomo, agente federale, capo dell'Unità di Analisi Comportamentale, divorziato e con un figlio, eppure sembrava provare le stesse emozioni di quando era un ragazzo ancora inesperto in campo amoroso. Era un po' come ripartire da zero, come se si stesse dando una seconda possibilità.
Hotch aveva pranzato velocemente, poi nel pomeriggio si era occupato di sbrigare alcune commissioni, trovandosi alla fine nel quartiere dove abitava Emily. Anche se non era proprio di strada, prima di ritornare a casa aveva deciso di passare a salutarla.
In quel momento si trovava davanti al suo portone, indeciso se entrare o meno. Forse non era stata una buona idea. Emily era una donna intelligente, doveva aver intuito che lui nutriva interesse nei suoi confronti, ed avendola già invitata a teatro non intendeva ora apparire troppo invadente. Aaron decise che fosse meglio fare ritorno a casa, ma prima che facesse in tempo ad andarsene si sentì chiamare.
“Hotch.”
Era lei. Stava camminando sul marciapiede nella sua direzione. Aaron cercò di trovare un motivo plausibile che potesse giustificare la sua presenza lì, ma non gli venne in mente nulla.
“Ciao, stavi venendo da me...” lo salutò Emily senza nascondere una certa sorpresa.
“Ciao... Ero nei paraggi e ho pensato di passare a salutarti” spiegò Hotch rivelando un leggero imbarazzo, di cui lei si accorse.
“Hai fatto bene, mi fa piacere” disse Prentiss con un sorriso riuscendo a farlo sentire a proprio agio. “Vuoi salire?”
Aaron, dopo un attimo di esitazione, propose: “Se facessimo due passi?”
Emily acconsentì e si incamminarono lungo il tranquillo viale alberato.
“Stavi rientrando e magari avevi qualcosa da fare, non vorrei esserti di disturbo...” osservò lui pensandoci soltanto in quel momento.
“No, figurati, non ho grandi programmi. Ho accompagnato Spencer a comprare il vestito per il matrimonio ed ora mi aspetta solo una tranquilla serata casalinga.”
“Tu e Reid a fare shopping insieme...?” fece Aaron con aria stupita.
“Gli ho dato alcuni consigli in fatto di moda, ne aveva bisogno... Dopo ho visto JJ, dovevo darle una cosa.”
“Scommetto che tu e Garcia le avete organizzato un addio al nubilato.”
“Sei davvero un ottimo profiler...”
“Dove andrete di bello?”
“Te lo rivelo soltanto se tu mi dici cosa farete per l'addio al celibato di Will.”
“Non posso, ho promesso...”
“In tal caso... non saprai niente!”
Risero entrambi, mentre raggiungevano un piccolo giardino pubblico popolato da alcuni bambini che giravano in bicicletta. Si sedettero su di una panchina all'ombra di una grande magnolia.
“JJ è molto felice, non vede l'ora che arrivi sabato” affermò Emily.
“Se trovi la persona giusta con la quale dividere la vita, il matrimonio può essere una cosa meravigliosa” disse Aaron con un tono velato di malinconia, pensando che lui aveva trovato quella persona. “Ma a volte le cose vanno per il verso sbagliato e ti ritrovi ad essere un musone come me...” continuò con ironia.
“Non sei un musone. Beh, soltanto un po'...” scherzò Emily, dolce.
Hotch sorrise e così fece anche lei.
“Lo vedi, stai sorridendo. Non sei più lo stesso di qualche tempo fa.”
“Anche grazie a te...” si lasciò sfuggire lui, ma senza pentirsene del tutto.
Il significato di quelle parole era chiaro, per un po' nessuno dei due disse una parola. Lei abbassò gli occhi e Aaron capì ciò che nel suo profondo forse aveva sempre saputo: Emily non ricambiava i suoi sentimenti. Le sollevò il mento con delicatezza e lesse rammarico nel suo sguardo.
“Non essere dispiaciuta, hai permesso al mio cuore di tornare a battere...”
“Prometti che non smetterà più di farlo.”
“Lo prometto.”
Aaron avrebbe mantenuto quella promessa. Non aveva intenzione di inaridirsi e chiudersi in se stesso un'altra volta, era riuscito a sorridere nuovamente e così sarebbe stato da lì in avanti.

 
Emily salì sull'ascensore e premette il pulsante corrispondente al suo piano.
Le parole di Aaron erano state davvero toccanti. Hai permesso al mio cuore di tornare a battere... Anche se non poteva ricambiare i suoi sentimenti, era felice di essere stata l'inconsapevole artefice del suo positivo cambiamento. Era un uomo meraviglioso, un compagno ideale, gli voleva bene, ma non lo amava. Il suo cuore era di Derek. Aveva restituito ad Aaron il biglietto per l'opera, che ancora teneva nella borsa, ritenendo non fosse il caso di andarci insieme. Si augurava sinceramente che lui un giorno trovasse una donna con la quale trascorrere le serate, confidarsi, ridere. Una donna da amare.
Le porte dell'ascensore si aprirono e lei scese. Entrò in casa e si buttò sul divano, sospirando. Era buffo: un uomo avrebbe desiderato stare con lei, ma lei amava un uomo con il quale non poteva stare. Sembrava uno di quegli enigmi a cui non si sapeva trovare una soluzione, che alla fine si rivelava essere sempre la più logica.
Emily si alzò e aprì un cassetto del mobile alle sue spalle, dal quale prese il biglietto da visita che le aveva dato Steven Sheffield. Lo rigirò fra le mani, mentre un pensiero prendeva forma nella sua mente.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Diciannovesimo capitolo ***


 

DICIANNOVESIMO CAPITOLO

 

 

 

Lunedì sera, prima di lasciare gli uffici della BAU, Derek mise il naso dentro alla stanza del tecnico informatico.
“Ehi piccola!”
“Ciao mio tesoro” lo salutò Garcia senza staccare gli occhi dal monitor di uno dei suoi computer.
“Ancora al lavoro?”
“Devo mettere in ordine alcuni files, è tutto un po' incasinato...”
Morgan entrò nell'ufficio e si posizionò dietro alla collega, iniziando a massaggiarle le spalle.
“Avresti bisogno di una vacanza.”
“Dovevate portarmi con voi a Santa Monica.”
“La prossima volta lo dirò a Hotch.”
“Ok. Mentre voi lavorerete io mi farò un bagno nell'oceano.”
“Senza di me?”
“Tu dovrai dare la caccia al cattivo di turno.”
Derek rise e andò a sedersi sulla poltroncina girevole accanto a Penelope.
“E' nuova questa?” le domandò prendendo in mano una penna il cui tappo aveva le sembianze di Hello Kitty.
“Di zecca, comprata sabato da Macy's.”
Morgan guardò l'oggetto da varie angolazioni, poi iniziò a fare alcuni scarabocchi su di un post-it.
“Cos'hai?” chiese Garcia.
“Io?” fece lui con aria sorpresa.
“Tu.”
“Perchè me lo chiedi?”
Penelope si voltò a guardarlo.
“Quando ti metti su quella sedia e inizi a giocherellare con le mie biro, hai sempre qualcosa” affermò sicura.
Derek sospirò e tornò a dedicarsi alle arti grafiche.
“E' per una donna vero?” sostenne lei, più che domandare, continuando il suo lavoro.
“Può darsi...”
“Ti conosco troppo bene...”
“Mi sembra di aver già sentito questo discorso un po' di tempo fa...”
“Esatto, ma allora non ne avevo la certezza.”
“Certezza di cosa?”
Penelope si girò nuovamente verso di lui, sorridendo dolcemente.
“Pasticcino, non negarlo, c'è una donna nei tuoi pensieri. Una sola questa volta.”
Anche Derek sorrise, scuotendo la testa. Era davvero inutile negare, anche se l'avesse fatto non avrebbe levato a Garcia quella convinzione, che comunque era la verità.
“Bambolina, tu impari troppe cose da noi profilers.”
“Non immagini quante...” fece lei riprendendo a battere velocemente le dita sulla tastiera. “Non farle solo del male.”
Derek lasciò cadere le penna sulla scrivania e si fece serio.
“A cosa ti riferisci?”
“A chi, vorrai dire. Tesoro, mi sono accorta di come la guardi” disse Penelope rivolgendogli un sorrisino trionfante.
L'espressione sul viso di Derek fu uguale a quella di un bambino colto con le dita nel vasetto della marmellata. Garcia aveva intuito. Forse non la sua passata relazione con Emily, ma lo stato attuale dei suoi sentimenti verso di lei di sicuro. Lo conosceva davvero bene, quella sua rivelazione l'aveva sorpreso. Non tentò di smentire la cosa, anzi, provò quasi sollievo nel potergliene parlare.
Non è mia intenzione farle del male, sono solo un po'... confuso, è difficile” le confidò.
Non sei tu quello che ama le sfide? Non è poi così difficile.”
Sarà, ma io trovo più semplice dare la caccia al cattivo di turno.”
Diciamo che ti fa meno paura...”
Lui le diede un buffetto su una guancia.
Come farei senza di te...”
Ma io sono qui.”
Derek si alzò dalla sedia e la baciò teneramente sulla testa.
Ti voglio bene.”
Attaccò il post-it sulla tastiera e se ne andò.
Penelope guardò l'artistico ritratto di loro due che lui aveva disegnato sul foglietto, e sorrise.

 
Prima di rincasare Derek decise di passare a prendere un aperitivo al solito locale, l'Holiday. Entrò, incontrando subito due agenti federali che conosceva e con i quali si fermò a scambiare due parole, poi si diresse al bancone. Lì, seduta su di uno sgabello, vide lei, Emily. Era da sola e pareva persa nei suoi pensieri. Andò a prendere posto accanto a lei.
Cosa ci fa una bella donna tutta sola?”
Lei si voltò sorpresa, non l'aveva visto arrivare.
Stavo aspettando te...”
Sul serio?”
Emily sorrise portandosi alle labbra il bicchiere che aveva davanti.
Cosa bevi?” domandò lui.
Cabernet Sauvignon.”
Derek ne ordinò uno al barman, poi osservò: “Giornata tranquilla oggi: scritto il rapporto, compilato documenti, preso il caffè.”
Non lo dire a Hotch, lui ha dovuto sorbirsi la Strauss.”
Mi dici cosa c'era che non andava nel modo in cui ha gestito il caso di Santa Monica?” disse Derek in modo sarcastico.
Assolutamente niente, ma quella donna non sa resistere senza andare ogni tanto ad affondare i suoi artigli su di lui.”
Vorrei vedere come agirebbe lei sul campo...”
Se è per questo ne abbiamo già avuto un assaggio a Milwaukee.”
Entrambi si misero a ridere alle spalle dell'odiata caposezione, poi lei diventò seria.
In ogni caso credo che tra breve vi abbandonerò da soli nelle sue grinfie.”
In che senso?” domandò Derek sorseggiando il suo vino.
Emily si sistemò meglio sullo sgabello, appoggiando le braccia sul bancone.
Quando sono andata a Houston, Steven Sheffield mi ha chiesto di entrare a far parte della sua squadra, e ora sto pensando di accettare la sua proposta.”
Se lei gli avesse dato uno schiaffo, Derek non sarebbe rimasto più di stucco.
Cosa...?”
Ho intenzione di lasciare la BAU e passare all'antiterrorismo di Sheffield” disse Emily in tono fermo.
Ma... Perchè?” fece lui, incredulo a quelle parole.
Non esiste un motivo preciso” spiegò Prentiss stringendosi nelle spalle. “A volte si ha solo bisogno di un cambiamento.”
Non stai più bene nella squadra?”
Non è questo, anzi, però mi interesserebbe fare una nuova esperienza.”
Derek le strinse leggermente una mano.
E' per causa mia?”
Non è a causa tua” rispose lei facendo cenno di no con la testa.
Lui trasse un sospiro e fissò il suo bicchiere di vino ancora pieno per metà.
Hai già deciso in modo definitivo?”
Questa mattina ho sentito Sheffield e ne abbiamo parlato, è quasi una cosa certa.”
Un giorno potresti pentirtene...”
E' un rischio che mi sento di correre.”
Derek percepì sicurezza in lei, una determinazione che non lasciava molto spazio alla speranza che potesse cambiare idea.
Questo non significa che non mi dispiaccia lasciare tutti voi...” puntualizzò Emily assumendo un'aria contrita.
Tutti voi. Tutti. Nessuno in particolare.
Se ti dispiacesse tanto non lo faresti” replicò lui con una punta di risentimento.
La scelta che andrò a fare non cambierà il bene che vi voglio, se è questo che intendi.”
Ho capito” mormorò Derek con gli occhi bassi, facendo roteare il vino nel bicchiere.
Ah, per il momento non lo sa ancora nessuno...” lo informò lei, facendogli intendere che così doveva continuare ad essere.
Lui la guardò e annuì.
Devo andare, mia madre mi aspetta a cena” disse Emily scendendo dallo sgabello. “A domani.”
Ciao.”
Derek la seguì con lo sguardo mentre se ne andava. La vide camminare fra i tavoli a passo lento, e poi uscire dal locale. Ciò che non vide fu il sorriso che aleggiava sulle sue labbra.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Ventesimo capitolo ***


 

VENTESIMO CAPITOLO

 

 

 

Derek fece aumentare di intensità il getto della doccia godendo del contatto con l'acqua, che scivolando lungo il suo corpo andava a lavare via la stanchezza accumulata durante quella lunga giornata. La squadra si trovava a New York da tre giorni, nel corso dei quali era stata impegnata ad indagare su tre omicidi commessi da due s.i. che erano stati arrestati circa due ore prima.
Morgan chiuse il rubinetto e si passò le mani sul viso, come a voler scacciare l'insistente pensiero che gli aveva anche reso difficile concentrarsi sul caso. Da quando Emily glielo aveva detto non riusciva a non pensare al fatto che lei presto si sarebbe trasferita a Houston. Uscì dal box doccia e si passò velocemente addosso un asciugamano, che poi si sistemò attorno alla vita. Era ancora incredulo rispetto alla sua decisione di lasciare la BAU, le persone che poteva considerare come una famiglia, per accettare la proposta di Steven Sheffield. Il capo dell'antiterrorismo le aveva offerto un nuovo lavoro, di sicuro favorevolmente colpito dalle sua qualità di agente, ma, anche se credeva che ciò non fosse stato determinante, non gli erano sfuggiti gli sguardi di ammirazione che lui aveva rivolto ad Emily ai tempi del caso Harris.
Derek, davanti alla grande specchiera posta al di sopra del lavandino, prese il rasoio usato per radersi e iniziò ad aggiustarsi il pizzetto. Un dubbio lo turbava. Poteva darsi che Emily avesse colto nel nuovo incarico a Houston l'opportunità di allontanarsi da lui, forse le risultava difficile lavorare al suo fianco visto come stavano le cose fra di loro e anche se aveva negato che il motivo fosse quello Derek non le aveva creduto del tutto. Oppure non era così, la sua decisione non aveva nulla a che fare con lui. In ogni caso Emily aveva fatto la sua scelta dalla quale sembrava irremovibile e ciò gli provocava un enorme turbamento.
Lasciò il bagno e andò in stanza, dove si vestì con un paio di jeans neri e una camicia azzurra, che tenne con le maniche arrotolate e i primi bottoni aperti, quindi uscì.
Avevano deciso di andare a cena in un ristorante a soli due isolati dall'albergo, che si trovava nell'Upper East Side di Manhattan. Derek si fermò per un momento davanti alla porta della camera di Emily, proprio accanto alla sua, poi si incamminò verso l'ascensore per scendere nella hall.
Quando vi arrivò vide che alcuni dei colleghi erano già lì. JJ era intenta a parlare al cellulare, probabilmente con Will, mentre Reid stava parlando con Rossi, il quale lo ascoltava con le braccia conserte e l'aria rassegnata. Derek li raggiunse.
“... così l'esploratore fiorentino Giovanni da Verrazzano scoprì l'isola nel 1524, alla foce del fiume Hudson, e se ne impossessò in nome del re di Francia Francesco I, che gli aveva commissionato il viaggio, ma il re non trovò utile questo territorio, asserendo che fosse una foresta abitata da selvaggi sulla quale non erano presenti tesori...” diceva Spencer gesticolando come se stesse tenendo una lezione di fronte ad un gruppo di allievi.
“Interessante, potresti ricominciare da capo?” fu l'ironica richiesta di Morgan, all'indirizzo del quale David lanciò un'occhiataccia.
“Certo” rispose Reid entusiasta.
In quel momento JJ ripose il cellulare nella borsa e si avvicinò a loro.
“Will vi saluta.”
“Allora dopodomani è il gran giorno” si affrettò a dire Rossi, prima che il genio avesse il tempo di riprendere il suo monologo.
“Già” fece JJ con un sospiro.
“Sei ancora in tempo a cambiare idea” disse Derek mettendo una mano sulla sua spalla. “Scappiamo insieme io e te” propose facendole gli occhi dolci.
“Prenderò in considerazione l'idea” affermò Jennifer ridendo.
“Invece che qui a New York dovresti essere a casa a preparare le ultime cose” sostenne David paterno. “Ti meriteresti un aumento di stipendio.”
“Non sarebbe male... Comunque ormai è tutto pronto: chiesa, vestito, torta... E le fedi sono in buone mani.”
Dicendo le ultime parole sorrise a Reid, il quale ricambiò annuendo in modo deciso.
“Ottime” confermò, per poi prendere dal tavolino accanto una guida di New York e mettendosi a sfogliarla distrattamente, quasi temendo che l'amica potesse capire dal suo sguardo che in realtà non fosse lui l'attuale possessore degli anelli.
“Già da domani inizieranno ad arrivare alcuni invitati, Will ha parenti sparsi per tutto il paese, la maggior parte non li ho mai incontrati” continuò JJ.
“Allora questa è una buona occasione per conoscerli” osservò Rossi, mentre Emily e Aaron arrivavano insieme per unirsi al gruppo.
Derek li guardò intanto che si avvicinavano parlando fra loro, sorridenti. Emily era vestita in modo molto semplice, era anche meno truccata del solito, ma lui trovò che fosse bellissima, e quando gli passò accanto percepì il suo profumo, dolce e delicato.
“Se ci facevate aspettare ancora un po' andavamo a cena senza di voi, abbiamo fame qui” scherzò David, mentre il gruppetto si apprestava ad uscire dall'albergo.
“Per farsi perdonare Prentiss pagherà il conto” disse Hotch provocando l'istantanea reazione della collega.
“Ma anche tu eri in ritardo!”
“Allora dividerete la spesa” concluse JJ.
“Io sono d'accordo” fece Spencer, poi tutti si misero a ridere.
Essendo il ristorante molto vicino all'albergo decisero di andarvi a piedi tra una chiacchiera e una battuta, così come si svolse la cena. L'unico a non essere molto di compagnia fu Derek, stranamente, a parere degli altri, con i quali si giustificò attribuendone la colpa al mal di testa. In realtà, pensando che tra breve tempo Emily non sarebbe più stata parte della squadra, si sentiva poco propenso a partecipare all'allegria generale.
La osservava mentre rideva e scherzava con le persone che presto sarebbero diventate parte del suo passato, ma per ora ancora ignare di tutto. Come avrebbero reagito alla notizia? Soprattutto, come l'avrebbe presa Hotch? Non aveva neanche più motivo di essere geloso di lui, tanto Emily se ne sarebbe andata. Piuttosto doveva prendersela con Steven Sheffield che le aveva offerto quel lavoro, anche se comunque accettarlo era stata una libera scelta di Emily.
Ogni tanto i loro sguardi si incontravano e lei gli sorrideva, facendogli provare una stretta allo stomaco e una fitta al cuore. Non vedeva l'ora che quella cena finisse per poter andare a letto e trovare conforto nel sonno, che, almeno per alcune ore, avrebbe posto fine al tormento interiore che non gli dava tregua.

 
Finalmente ritornarono in albergo, si diedero la buonanotte e salirono ognuno al proprio piano dividendosi in più ascensori. Emily si infilò in quello di Derek appena prima che le porte si chiudessero. Lui premette il pulsante corrispondente al ventiquattresimo piano e si appoggiò alla parete di fondo.
“Passato il mal di testa?” si informò Emily voltandosi per guardarlo.
“No, non ancora...”
“Una bella dormita e domani sarai come nuovo. E' un peccato che tu non ti sia potuto godere questa bella serata, siamo stati davvero bene, ogni tanto se ne ha bisogno.”
Derek preferì non commentare. Come poteva Emily parlare in quel modo sapendo che avrebbe mollato tutto per andare a Houston, e per di più farlo proprio con chi era a conoscenza della cosa. Forse in fondo le importava poco di tutta la squadra, anche di lui, però gli era difficile crederlo.
Scesero al piano e in silenzio si diressero verso le loro camere.
“Sei davvero sicura?” domandò Derek di getto.
“Sicurissima” rispose lei senza alcuna esitazione, inserendo la tesserina magnetica nell'apposita fessura della sua porta. “Buonanotte”gli augurò, tenendo per qualche istante lo sguardo fisso negli occhi di lui.
“Anche a te.”

 
Derek entrò nella sua stanza, si tolse la camicia e i pantaloni, poi si mise a letto coprendosi per metà con il lenzuolo e si voltò in direzione del muro che divideva la sua camera da quella di Emily. Chissà se lei stava già dormendo. All'improvviso desiderò fortemente averla accanto, stringerla fra le braccia, sentire il calore del suo corpo, affondare il viso nei suoi capelli e respirarne il profumo. A quel pensiero fu invaso da un profondo senso di dolcezza e nello stesso tempo da una grande malinconia. Perchè il cuore gli faceva così male? Abbandonandosi a quelle sensazioni chiuse gli occhi, senza sapere se e quando il sonno sarebbe arrivato.

 
Emily si era messa a letto già da un po', ma non stava ancora dormendo. Coricata su un fianco con le braccia sotto al cuscino pensava a Derek, che era soltanto a pochi metri da lei, forse sveglio anch'egli nell'oscurità della sua stanza. Avrebbe voluto averlo vicino, rannicchiarsi contro di lui e sentire le sue braccia forti attorno al suo corpo a trasmetterle sicurezza. Si lasciò cullare dalla speranza che quel desiderio potesse trasformarsi in realtà, mentre poco a poco il sonno si impadroniva di lei.
“Ti amo Derek...” sussurrò, per poi addormentarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Ventunesimo capitolo ***


 

VENTUNESIMO CAPITOLO

 

 

 

Emily uscì dal suo palazzo e trovò già Garcia ad aspettarla sulla sua auto, ferma proprio lì davanti. Salì sulla macchina e Penelope la squadrò da capo a piedi.
“Ehi, dove credi di andare vestita così?” le domandò con quello che voleva essere un complimento.
“A divertirmi” rispose Prentiss risoluta. Indossava una minigonna nera, un top celeste con le paillettes e dei sandali col tacco alto. “Anche tu non scherzi però” commentò osservando il sexy vestitino rosso dell'amica. “Kevin ti ha per caso vista così?”
“Prima di raggiungere gli altri è passato a controllare” rispose Garcia alzando gli occhi al cielo e immettendosi in strada. “Pretendeva che mi vestissi da suora per andare a questo addio al nubilato.”
“Per niente geloso il tuo fidanzato” scherzò Emily ridendo.
In breve raggiunsero l'abitazione di JJ, una graziosa villetta con un piccolo e ben curato giardino. Penelope vi parcheggiò davanti e le due donne scesero a suonare il campanello posto sul cancelletto d'entrata. In quel mentre un'altra auto accostò al marciapiede e ne scesero due giovani uomini, i quali guardarono Emily e Garcia con aperta ammirazione.
“Immagino siate amiche di JJ” disse uno dei due.
“Amiche e colleghe” specificò Penelope. “Ed io scommetto che siete venuti a prendere Will.”
“Esatto” confermò l'altro.
Gli amici di Will, peraltro discretamente attraenti, si presentarono come Ryan e Greg. Quest'ultimo, dopo aver lanciato un fugace sguardo alle forme delle due amiche, commentò: “Se tutti gli agenti federali sono così credo correrò ad iscrivermi all'accademia dell'FBI.”
“Temo dovrai metterti in fila” replicò Emily scambiandosi un'occhiata divertita con Penelope.
“Smetti di importunare queste ragazze” intervenne Will che in quel momento stava uscendo di casa insieme a JJ.
“Sanno come difendersi” fece Greg sorridendo a Prentiss.
“Ci puoi scommettere” affermò lei in modo scherzoso.
Garcia osservò JJ, bellissima in un abitino nero senza spalline.
“Fatti un po' vedere tesoro... Sei uno schianto!”
“Sono pronta a fare follie” annunciò Jennifer compiendo una giravolta, per poi finire nell'abbraccio di Will.
“Guarda che sarai controllata...” disse lui dandole un leggero bacio sulla bocca.
“Non ci contare” fece Emily prendendo per mano l'amica e conducendola alla macchina di Penelope.
Tutti si salutarono, dopodichè JJ e Will se ne andarono con i loro rispettivi amici a trascorrere quella che si prospettava come una divertente serata.

 
David, Aaron, Derek, Spencer e Kevin stavano aspettando Will davanti ad uno dei ristoranti più alla moda di tutta Washington, dove avrebbero consumato sia aperitivo che cena.
Tutti vestivano in modo elegante e allo stesso tempo sportivo. Hotch, diversamente dal solito, non portava la cravatta e Reid indossava gli abiti che aveva acquistato proprio quel giorno, seguendo i consigli di moda di Emily.
Rossi stava guardando Kevin, il quale da quando era arrivato continuava ad armeggiare con il telefonino. Il ragazzo, sentendosi lo sguardo di David puntato insistentemente addosso, alla fine cedette.
“Le ho inviato un messaggio dieci minuti fa e non mi ha ancora risposto” disse in tono impaziente.
“Credo che per questa sera Penelope abbia altro a cui pensare...” sostenne Rossi dandogli di gomito.
“Tipo?” domandò Kevin già in allarme.
“Saranno andate in un locale per sole donne...” rispose Dave, lasciando che il giovane traesse le ovvie conclusioni.
Kevin sbarrò gli occhi e fece per comporre il numero di Garcia, ma prima che lo potesse fare Derek gli sfilò il cellulare di mano, mentre tutti ormai ridevano apertamente. A porre fine alla simpatica schermaglia fu l'arrivo di Will e dei suoi amici, e il telefonino tornò al legittimo proprietario.
Entrarono nel locale e si fermarono all'angolo bar, dove il festeggiato ordinò per tutti uno Spritz.
“Ehm, non ci sarebbe qualcosa di analcolico?” domandò Reid aggrottando la fronte, dopo aver visto il barman versare nello shaker ciò che per i suoi gusti aveva una gradazione alcolica un po' troppo alta.
“Mi dispiace, ma per questa sera non serviranno nulla di adatto agli astemi” lo informò Will circondandogli le spalle con un braccio.
“E questo è solo l'inizio” aggiunse Derek mettendogli fra le mani il bicchiere con lo Spritz, che Spencer osservò dubbioso. Ne assaggiò un sorso, trovandolo meno forte di quanto si era aspettato, e dovette ammettere che aveva anche un buon sapore, così ne bevve un altro po'.
Kevin, seduto al bancone, rimise il cellulare nella tasca dei pantaloni e trasse un lungo sospiro.
“Spegni quel coso e divertiti” gli suggerì Morgan andando a prendere posto accanto a lui.
“So che di Penelope mi posso fidare, ma è più forte di me...”
“Allora è grave, parola di profiler” sentenziò Derek dandogli una pacca sulla spalla, pur ammettendo con se stesso di non essere tanto da meno in fatto di gelosia. Inevitabilmente pensò ad Emily ed al suo prossimo trasferimento a Houston. Questa idea lo stava facendo soffrire sempre di più, ma allo stesso tempo i sentimenti che provava verso di lei gli stavano diventando maggiormente chiari.
Intanto Ryan e Greg, poco lontano, avevano iniziato a parlare fra di loro di qualcosa che attirò l'attenzione di Kevin e Derek.
“Le tipe che sono andate a prendere JJ non erano niente male” stava dicendo Ryan.
“Già, Penelope... mi pare si chiami così... ragazzi che curve! E hai visto le gambe della mora, da paura!”
“Greg, soltanto un cieco non le avrebbe notate.”
“Io con quelle un pensierino ce lo farei...”
“Pure io...”
A sentire quei commenti Kevin e Derek si fecero quasi andare di traverso l'aperitivo che stavano bevendo, e quando Greg e Ryan si allontanarono li seguirono con uno sguardo che avrebbe anche potuto incenerirli.

 
Dalla parte opposta di Washington JJ, Emily e Penelope, in compagnia di Mary e Grace, due amiche della festeggiata, stavano entrando al Montego Bay, un locale aperto da poco tutto in stile giamaicano. Le ragazze furono accompagnate al loro tavolo da una gentile cameriera, mentre si guardavano intorno ammirando l'originale arredamento: tavoli con ombrelloni di paglia, enormi piante qua e là, in fondo al locale c'era una vera cascata e come sottofondo musicale Could you be loved di Bob Marley.
Il gruppetto prese posto al tavolo, su cui si trovavano alcune candele colorate a forma di fiori che la cameriera accese per loro.
E' bellissimo questo posto, chi ha avuto l'idea di venire qui?” domandò JJ eccitata.
Lei!” esclamò Garcia indicando Emily, la quale sorrise a Jennifer.
Sono contenta che ti piaccia.”
Ma ditemi ancora una cosa: perchè il cameriere del bar in cui siamo state per l'aperitivo non ha fatto altro che provarci spudoratamente con me?” chiese ancora la futura sposa rivolgendo a tutte uno sguardo indagatore.
Forse semplicemente perchè sei una donna bellissima e affascinante...” ipotizzò Mary alzando le spalle con indifferenza.
Ho capito, qui c'è il vostro zampino...” disse JJ puntando l'indice su di lei e Grace, mentre quest'ultima le faceva l'occhiolino.
Beh, se proprio non ti piace me lo prendo io molto volentieri.”
Le ragazze scoppiarono a ridere e intanto la cameriera ritornò a portare loro il menu, da cui scelsero una grigliata di carne che accompagnarono con un buon vino.
Più tardi con il dolce venne loro servito dello champagne e quando tutti i bicchieri furono riempiti Penelope inaspettatamente si alzò dalla sedia tenendo alto il calice.
Brindiamo a JJ, che domani si sposa!” esclamò in tono abbastanza alto da essere udita dagli occupanti dei tavoli vicini, i quali divertiti si levarono in piedi a loro volta, mentre Emily, Mary e Grace facevano lo stesso, obbligando anche Jennifer a tirarsi su. Dopodichè si udirono svariati “viva la sposa” e le guance delle festeggiata si tinsero di un leggero rossore. JJ non fece in tempo a dire niente, perchè fu travolta dall'abbraccio delle amiche.

 
Dopo cena Will e la sua allegra combriccola avevano continuato la loro serata recandosi in un locale in cui le cameriere che servivano ai tavoli non erano troppo vestite, e quelle al bar alternavano la preparazione dei cocktails a provocanti balletti dietro al bancone.
Will e gli altri, seduti ad un tavolo, avevano ormai perso il conto dei brindisi e sembrava non si fossero mai divertiti tanto. David si era messo a raccontare barzellette, seguito anche da Aaron, il quale si era calato completamente nell'atmosfera allegra e amichevole di quella serata.
Derek ad un certo punto decise di uscire a prendere una boccata d'aria, lasciando Will alle prese con le simpatiche avances di una cameriera e con le battute degli amici. All'esterno c'erano due tavolini occupati da alcuni ragazzi che fumavano parlando di donne. Derek si mise in disparte e appoggiandosi con la schiena ad un muro osservò il cielo, che in quella notte serena appariva punteggiato di stelle. Per tutta la sera aveva cercato di non pensare a lei, ma la cosa gli era riuscita praticamente impossibile. Non riusciva ad immaginare la sua vita senza Emily, senza averla accanto ogni giorno, senza i suoi sorrisi e i suoi sguardi. Non poteva permettere che se ne andasse, non ora che aveva finalmente capito ciò che provava per lei. Si domandò perchè soltanto allora lo avesse compreso e cosa lo avesse reso cieco di fronte ai suoi stessi sentimenti. La paura? L'insicurezza? In fondo ebbe poca importanza nel momento in cui Derek fu sopraffatto dall'incontenibile desiderio di rivelare ad Emily quello che sentiva per lei. Non poteva più attendere oltre, doveva farlo. Subito.
Si diresse quasi di corsa all'entrata del locale, dove si imbattè in Rossi che stava uscendo.
Dave, giusto in tempo.”
Cosa succede?” domandò l'uomo notando la sua impazienza.
Devo andare in un posto, puoi accompagnare tu Reid a casa? Ero passato io a prenderlo...” chiese Morgan con frenesia.
Certamente...” rispose David, mentre intuiva la natura di tutta l'euforica agitazione dell'amico. “Vai, cosa aspetti!”
Derek non se lo fece ripetere due volte e corse a prendere il suo suv.
Guidò per le strade di Washington come se stesse inseguendo un pericoloso s.i., eccitato all'idea di ciò che stava per fare. Credeva di sapere dove le ragazze stavano festeggiando l'addio al nubilato, un locale carino e molto frequentato in quel periodo.
Quando arrivò a destinazione parcheggiò lungo la strada e si precipitò all'ingresso, dove un grosso buttafuori dall'aria annoiata lo bloccò parandogli un braccio muscoloso all'altezza del petto.
Non puoi entrare, per il momento il locale è troppo affollato” gli disse in tono autoritario.
Devo vedere una persona, è molto importante” insistette Morgan. Non sarebbe stato certo quel pallone gonfiato a fermarlo.
Sarai la trentesima persona che me lo dice” affermò l'omone sogghignando.
Derek, con molta calma, estrasse dalla tasca dei pantaloni il suo distintivo e glielo piazzò davanti agli occhi.
Scommetto invece di essere il primo a mostrarti questo.”
A quella vista il buttafuori, perdendo tutta la sua ostentata sicurezza, gli permise subito di varcare la soglia dell' Heaven and Hell.
Una volta dentro Derek si guardò intorno, scrutando fra la gente ai tavoli e quella in piedi vicino al bar, dopodichè fece un attento giro del locale, ma di Emily e delle altre nemmeno l'ombra. Aveva creduto che quello fosse il posto giusto, ma evidentemente non era così. La delusione si impadronì di lui, ma subito cercò di reagire cercando di farsi venire in mente un altro possibile luogo in cui le ragazze potessero essere andate. All'improvviso si ricordò di aver sentito Emily e Penelope parlare in ufficio di un nuovo locale in cui c'era anche il karaoke. Con rinnovato entusiasmo Derek si precipitò fuori, ora sapendo dove andare.

 
Dopo cena al Montego Bay le luci si erano abbassate, il volume della musica alzato e in un angolo era stato allestito un karaoke su di un piccolo palco.
Non so come ringraziarvi per questa splendida serata” disse JJ mentre venivano serviti al tavolo cinque cocktail ornati con ombrellini e frutta esotica.
Emily le accarezzò affettuosamente un braccio.
Non devi farlo, per noi è stato un piacere organizzarla.”
Ti vogliamo bene” aggiunse Mary.
Ed io ne voglio a voi...” fece JJ lasciando trapelare dalla sua voce un po' di commozione.
In quel momento fu annunciato il primo partecipante al karaoke, un ragazzo con la camicia hawaiana che si esibì in una discreta performance vocale, e dopo fu la volta di una giovane ragazza dalle discutibili doti canore. Poi vennero chiamate Emily, Penelope e JJ, le quali sorridenti ed eccitate salirono sul palco, mentre già si udivano le note iniziali di Girls just want to have fun. Le ragazze cercarono di dare il meglio, cantando con allegria e impegno e sorprendendosi loro stesse del buon risultato. Quando ebbero terminato la loro esibizione tornarono a sedersi tra i sinceri applausi dell'intero locale.
Siete andate alla grande!” commentò Grace con entusiasmo, battendo ancora le mani.
Se venissimo licenziate dal Bureau potremmo sempre fare carriera come cantanti” disse JJ bevendo un po' del suo cocktail.
Giusto, sono sicura che avremmo un futuro nel mondo della musica” si trovò d'accordo Emily.
Dai Mary, andiamo anche noi a cantare qualcosa” propose Grace all'amica, la quale fece un risoluto cenno di no con la testa.
Non se ne parla.”
Sarebbe divertente” insistette l'altra.
Se sono riuscita io a stare a tempo con la musica lo può fare chiunque” tentò Garcia incoraggiando Mary, che però sembrava non voler cambiare idea.
Non è per quello... Solo che con tutta questa gente a guardarmi...”
Una volta sul palco vedrai che...” iniziò a dire Emily, ma subito si bloccò con un tuffo al cuore. Al loro tavolo era comparso Derek.
Per alcuni istanti si guardarono, lei sorpresa, lui come se cercasse qualcosa da dire. Poi Derek si rivolse alle altre, che lo stavano osservando con stupore misto a preoccupazione.
Tranquille, non è successo niente” le rassicurò, mentre Penelope gli sorrideva mostrandogli la mano chiusa col pollice alzato, avendo intuito il motivo della sua presenza lì.
Lui portò nuovamente la sua attenzione su Emily.
Devo parlarti” le disse in tono serio.
Lei annuì e si alzò, iniziando istintivamente ad avvertire una forte emozione. Morgan la prese per mano e la condusse attraverso il locale fino all'uscita e una volta fuori si fermarono vicino ad alcune piante, un po' lontano dall'ingresso. Derek, sempre tenendola per mano, la guardava senza dire niente, con il cuore che accelerava i battiti. Tutto ciò di cui aveva bisogno, tutto quello che aveva davvero importanza era lì con lui in quel momento. Emily.
Cosa volevi dirmi?” domandò lei nella speranzosa attesa di sentirgli pronunciare le parole che a lungo aveva desiderato di poter udire.
Derek le prese il viso fra le mani, gli occhi in quelli di lei.
Non andare a Houston...” disse a pochi centimetri dalle sue labbra.
Perchè?” mormorò Emily diminuendo ulteriormente la distanza fra le loro bocche.
Perchè ti amo da impazzire.”
Così dicendo lui la baciò dolcemente, finchè lei gli si strinse contro con il cuore che le batteva forte. Derek l'abbracciò a sua volta, mentre la dolcezza diventava passione e le loro labbra incapaci di staccarsi. Lo fecero solo per un istante, il tempo di un sorriso, poi ritornarono ad unirsi in un lungo bacio, nel quale Emily e Derek languidamente si persero, dimenticando tutto il resto. In quel momento sotto al cielo stellato esistevano soltanto loro due e il loro amore.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Ventiduesimo capitolo ***


 

VENTIDUESIMO CAPITOLO

 

 

 

La bianca luce della luna filtrava attraverso le tende, illuminando la stanza tanto da consentire a Derek di ammirare il corpo nudo di Emily, distesa sul letto vicino a lui con la testa appoggiata sul suo petto. La teneva abbracciata, lasciandosi cullare dal dolce languore che li aveva colti dopo aver fatto l'amore.
Erano andati a casa di Emily, desiderosi di ritrovarsi, di appartenere l'uno all'altra. Avevano scherzato riguardo l'ascensore che quella sera era parso troppo lento, poi, davanti all'ingresso dell'appartamento, avevano iniziato a baciarsi ed Emily aveva protestato simpaticamente quando le carezze di Derek le avevano impedito di aprire la porta. Una volta entrati si erano diretti in camera da letto, lasciandosi dietro parte dei loro indumenti. Avevano fatto l'amore dapprima con la frenesia di due amanti rimasti a lungo lontani, rallentando poi i loro gesti per meglio assaporare le sensazioni che si erano donati a vicenda. Derek aveva accarezzato e baciato ogni centimetro della pelle di Emily, come se fosse stata la prima volta e al medesimo tempo come se non si fossero mai separati, e la consapevolezza dell'amore che ora li legava l'aveva accompagnato durante quei momenti di esaltante piacere.
Emily sollevò la testa e gli sorrise, Derek le accarezzò una guancia pensando a quanto significasse per lui quella donna, a quanto l'amasse.
“Mi sei mancata da morire...”
“Anche tu” disse lei sfiorandogli lentamente il petto con le dita.
“Mi dispiace.”
“Di cosa?”
“Di averti fatta soffrire” rispose Derek intrecciando la sua mano con quella di lei.
“Non importa, ora siamo qui...” fece Emily tornando a posare la testa sul suo petto con un sorriso beato.
“Quando sei venuta da me a confidarmi i tuoi sentimenti avrei dovuto soltanto stringerti e non lasciarti andare via, invece mi sono comportato come uno stupido” riprese Derek ricordando quei momenti.
Emily levò su di lui uno sguardo malizioso che lo fece sorridere, immaginando il tenore della risposta che avrebbe dato.
“Troverai il modo di rimediare...”
“Tu cosa suggerisci?”
“Fammici pensare...” disse lei volgendo gli occhi verso l'alto con l'indice posato sulle labbra.
Derek l'abbracciò forte schioccandole un bacio fra i capelli, per poi bloccarsi di colpo, folgorato da un pensiero improvviso che lo fece diventare serio, mentre lei lo osservava perplessa.
“Alla fine non me l'hai ancora detto... Non andrai a Houston vero?” le domandò sollevandosi su di un gomito.
Emily abbassò gli occhi e si morse il labbro inferiore per trattenere un sorriso.
“Allora?” incalzò lui.
“Veramente... Sheffield mi ha davvero proposto di entrare a far parte della sua unità, ma io non ho mai neanche lontanamente preso in considerazione l'idea di trasferirmi, non ci siamo mai sentiti...” confessò lei.
Derek la guardò aggrottando la fronte, senza capire, ma fu soltanto un attimo, poi realizzò. Si lasciò ricadere sul cuscino con la bocca semiaperta.
“Non era vero... Tu l'hai detto apposta...”
Emily annuì lentamente assumendo un'espressione birichina e gustandosi il suo momento di trionfo.
“Avevo intuito i tuoi sentimenti, ti serviva soltanto una piccola spinta ed io te l'ho data” spiegò in un tono che tradiva una certa soddisfazione.
Derek restò a fissarla ancora a bocca aperta. Per giorni era stato tormentato dal pensiero che lei se ne andasse, quando invece non ne aveva mai avuta l'intenzione, era stato soltanto un espediente per farlo capitolare. Derek Morgan era stato messo al tappeto e la cosa non gli dispiaceva affatto.
“Mi hai teso una trappola.”
“Ammettilo, sono stata brava.”
“Diabolica, ma sai una cosa, sono felice di esserci caduto” ammise lui dandole un bacio. “Uno a zero per te Prentiss.”
“Ormai ho vinto” disse Emily sollevandosi per andare a stendersi sopra di lui, gli avambracci appoggiati sul suo petto. “Alla vincitrice spetta un premio.”
“Ah sì...?” fece lui accarezzandole la schiena con entrambe le mani.
Lei gli sfiorò il collo con le labbra, risalendo fino all'orecchio dove gli sussurrò: “Sei tu...”
Le mani di Derek scesero più sotto, mentre le loro bocche si incontravano in un bacio che si fece sempre più profondo. Emily prese a baciargli il petto, che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro, la cui intensità cresceva intanto che lei si spingeva più giù. Quando risalì, sostituendo i baci con le carezze, Derek fece in modo di invertire le loro posizioni, ritrovandosi sopra di lei. Le sue labbra si impossessarono del collo di Emily, poi dei seni, mentre le tratteneva le mani sul cuscino ai lati della testa.
“Derek...” mormorò lei inarcando un po' la schiena, e gemette quando una sua mano si avventurò in basso.
Lui la baciò con passione, facendo aderire maggiormente i loro corpi, finchè si unirono nel più totale appagamento dei sensi.

 
Il sole faceva capolino fra le tende e rischiarava la stanza quando Emily aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu Derek, profondamente addormentato con le braccia sotto al cuscino. Era la prima volta che si svegliava al mattino con lui accanto e ciò le procurò una bellissima sensazione. Avrebbe desiderato accarezzargli una guancia, ma non lo fece per paura di svegliarlo. Era bello guardarlo mentre dormiva. Lo amava, lui amava lei, e quella meravigliosa realtà non le sembrava vera. Ti amo da impazzire. Quattro semplici parole che le avevano regalato la felicità. Col suo piccolo geniale aiuto Derek finalmente gliele aveva dette. Sorrise e intanto lui si mosse nel sonno, voltandosi in posizione supina. Lei ammirò il suo profilo, le labbra appena socchiuse, che ancora poteva sentire sulla sua pelle, avide a dolci, osservò le sue mani, che avevano il potere di farla vibrare.
Emily all'improvviso sbarrò gli occhi e si voltò di scatto verso il comodino, dove la sveglia segnava le otto e mezza. Il matrimonio era alle dieci. Buttò all'aria il lenzuolo che li copriva parzialmente.
Derek!” esclamò scuotendolo per un braccio.
Lui accennò ad un qualche movimento e a stento sollevò le palpebre.
Svegliati! O arriveremo in ritardo.”
Derek si stropicciò gli occhi e le rivolse uno sguardo velato di sonno.
In ritardo per cosa?” farfugliò.
Il matrimonio!” gli ricordò Emily saltando giù dal letto. “Sbrigati, devi ancora andare a casa.”
Emergendo alla realtà lui si alzò repentinamente emettendo una colorita esclamazione, veloce si infilò i boxer e i pantaloni, poi corse in soggiorno a recuperare la camicia, che indossò abbottonandola malamente. Emily, la quale si era messa in modo frettoloso degli slip e una maglietta, lo raggiunse inciampando nel top e nel reggiseno seminati la sera prima.
Perchè devo andare a casa? Potrei fare la doccia qui, con te...” considerò Derek ammiccante.
Certo, ed io potrei prestarti uno dei miei vestiti” disse lei mettendosi le mani sui fianchi.
Perchè no” fece l'altro con un'alzata di spalle. “Ritratto solo sulla doccia insieme, arriveremmo a matrimonio già celebrato.”
Emily rise, mentre lui correva nuovamente in stanza dove aveva lasciato le scarpe.
Passo a prenderti appena riesco” disse Derek tornando in salotto e baciandola frettolosamente.
Va bene, ti aspetto.”
Emily lo accompagnò fino all'ingresso ancora camminando a piedi nudi, lui aprì la porta, ma prima di uscire la prese tra le braccia e la baciò, questa volta senza nessuna fretta.
Ok, ora vado” disse poi Derek spostandole una ciocca dalla fronte.
Ok” mormorò Emily mentre si scioglievano dall'abbraccio e lui le stringeva ancora entrambe le mani.
A dopo.”
Quando Derek se ne fu andato lei si diresse in bagno quasi saltellando.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Ventitreesimo capitolo ***


 

VENTITREESIMO CAPITOLO

 

 

 

Quando sentì suonare il campanello Emily afferrò la borsetta e corse alla porta.
“Sei bellissima” le disse Derek appena la vide, ammirandola nel suo vestitino azzurro, a cui aveva abbinato un leggero coprispalla leggermente più scuro. Si era tenuta i capelli sciolti, un po' mossi dopo il suo lavoro con spazzola e phon, che nonostante la fretta aveva dato un risultato soddisfacente. Lui indossava un abito scuro su di una camicia bianca, senza cravatta.
“Anche tu non scherzi” commentò Emily a sua volta trovandolo decisamente sexy e chiedendosi quando mai non lo fosse. Gli accarezzò una guancia fresca di rasatura e lo baciò, avvertendo il fresco profumo del suo dopobarba. Derek le cinse la vita con un braccio e dopo che lei ebbe chiuso la porta si affrettarono all'ascensore.
Una volta sotto montarono sul suv parcheggiato in doppia fila e partirono alla volta della chiesa. Era una bella giornata di sole, nel cielo terso di un azzurro intenso non si scorgevano nuvole e il caldo era mitigato da una piacevole arietta fresca. Essendo sabato il traffico di Washington scorreva abbastanza veloce, tale da consentire a Derek anche qualche sorpasso.
“Gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto” considerò Emily.
“Credo che qualcuno si sia fatto un'idea a riguardo.”
“Non so se è la stessa persona che intendi tu, ma lo penso anch'io.”
Derek sospirò simulando rassegnazione.
“Presto la voce si diffonderà...”
“Lo sapranno tutti.”
“Anche la Strauss.”
“L'intero FBI.”
“Ci licenzieranno.”
“Finiremo in povertà...”
Si guardarono e scoppiarono a ridere.
“Consulteremo gli annunci economici per trovare un altro lavoro. Io da piccolo volevo fare l'astronauta” affermò lui accelerando per passare col giallo ad un
semaforo.

“Molto originale. Io la stilista.”
“Avresti avuto successo nel campo della moda, con Reid hai fatto miracoli.”
“Oh no...” mugugnò Emily battendosi una mano sulla fronte. “Derek, dobbiamo tornare indietro.”
“Perchè?” domandò lui perplesso.
“Le fedi...”
“Le ha Spencer.”
“No, le ho io. O meglio, dovrei averle, in realtà nella fretta le ho lasciate a casa” lo informò Emily con aria colpevole.
“Come mai le ha date a te?” chiese Derek accostando bruscamente ad un lato della strada, per poi fare inversione a U.
“Perchè... Temeva di dimenticarsele” spiegò lei mentre un largo sorriso le affiorava spontaneo. Lo stesso che si disegnò sulle labbra di Derek.

 
Per l'ennesima volta Reid provò a chiamare Emily, ma di nuovo la solita voce gli ripetè che l'utente aveva il telefonino spento. Rimise il cellulare in tasca e si tirò nervosamente i capelli dietro le orecchie, compiendo qualche passo avanti e indietro. Si era appartato rispetto agli altri che stazionavano davanti alla chiesa per provare a rintracciare la collega, che era fortemente in ritardo. Il fatto di per sé non gli avrebbe causato nessun problema, ma visto che Emily era in possesso di qualcosa che avrebbe dovuto avere lui, in quel momento la situazione lo rendeva alquanto agitato. Aveva anche provato a chiamarla a casa, ma invano, quindi doveva già essere uscita. Oppure era rimasta addormentata tanto profondamente da non sentire il telefono.
Riprese il cellulare e provò a fare un altro tentativo. Mentre sconsolato ascoltava per l'ennesima volta lo stesso messaggio da quella voce anonima, lo raggiunse Penelope facendolo trasalire.
“Cosa stai facendo?”
“Niente... Ora vi raggiungo...” disse Reid, senza però accennare a muoversi. “Emily non è ancora arrivata e... non risponde” borbottò mostrando il telefonino e un sorriso a labbra serrate.
“Anche Derek non è ancora arrivato” fece notare David giunto in quel momento aggiustandosi il farfallino. Poi si scambiò un'occhiata complice con Garcia.
“Giusto, anche Morgan è in ritardo” realizzò Spencer. “Forse è successo qualcosa...”
“Io dico che non c'è niente di cui preoccuparsi” sostenne Penelope prendendolo a braccetto per condurlo alla chiesa.
Rossi li seguì sornione.
“Stai tranquillo” lo rassicurò attribuendo la sua agitazione all'ansia da testimone.
“Sono tranquillo, ma... Forse dovrei chiamare di nuovo Emily...” tentò Reid cercando di staccarsi dal braccio di Garcia.
“Arriveranno...” fece David toccandogli la spalla.

 
La chiesa era di antica costruzione e non molto grande, con uno spiazzo di ciotoli sul davanti, dove Aaron stava cercando di dissuadere Jack dall'intento di recarsi nel piccolo parco giochi che il bambino aveva notato sul retro.
“Voglio andare sull'altalena” sostenne prendendo la mano di Hotch e guardandolo con occhi imploranti. Vestito con una giacchetta e la cravattina sembrava il padre in miniatura.
“Tra poco arriveranno gli sposi, non li vuoi vedere? Quando la cerimonia sarà finita potrai andare sull'altalena” disse Aaron abbassandosi all'altezza del figlio mentre lo accarezzava sulla testa.
“Va bene...” cedette infine Jack con un'espressione un po' delusa.
Hotch lo baciò dolcemente sulla fronte.
“Sei il mio ometto.”
David, Spencer e Penelope, insieme a Kevin, furono lì con loro nel momento in cui lo sposo stava arrivando in compagnia dei genitori e della sorella, la quale sarebbe stata la sua testimone. Aaron prese il figlio in braccio e con gli altri andò a salutarlo.
Reid approfittò dell'occasione per allontanarsi nuovamente e tentare ancora di chiamare Emily, ormai in preda all'ansia.

 
Emily uscì correndo dal suo palazzo e saltò sul suv, dove Derek l'aspettava col motore acceso, per partire a razzo non appena lei ebbe chiuso la portiera.
“Accidenti, mi sembra di sentire le maledizioni di Reid. Forse è il caso che lo chiami” valutò Emily prendendo il telefonino dalla borsetta.
“Strano che lui non lo abbia ancora fatto.”
“Avrà certamente provato, ma il mio cellulare è ancora spento da ieri sera...” realizzò lei accendendolo con un lieve senso di colpa.
Non fece in tempo a cercare il numero che il telefono si mise a suonare.
“Spencer...” rispose, preparandosi alle invettive del ragazzo.
“Emily! Finalmente! Si può sapere dove sei?”
“Sto arrivando.”
“Mi fa piacere” disse lui sarcastico. “Ma dove sei esattamente?”
“A due isolati... Beh, forse tre,”
Derek rise in silenzio e lei lo guardò in tralice.
“Ok...” sospirò Reid. “Hai con te le fedi vero?”
“Certo! Sono la prima cosa che ho messo in borsa.”
“Sbrigati!”
Emily mostrò a Derek un accentuato labiale: sbrigati.
Lui si portò una mano alla fronte a mo' di signorsì e accelerò per l'ennesima volta.
Non ti preoccupare, tra poco sarò lì” disse lei prima di chiudere la chiamata.
In realtà gli isolati ancora da percorrere erano otto e lungo il tragitto due semafori divennero rossi al loro passaggio.
Una volta giunti a destinazione Derek parcheggiò il suv un po' lontano dalla chiesa, in uno dei pochi spazi rimasti liberi.
Bella corsa” disse Emily intanto che scendevano dall'auto.
Sono abbastanza allenato.”
Reid sarà sulle spine...”
Andiamo.”
Derek la prese per mano e insieme corsero verso la chiesa, felici.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Ventiquattresimo capitolo ***


 

VENTIQUATTRESIMO CAPITOLO

 

 

 

Dopo aver parlato con Emily, Spencer si sentì un po' più sollevato, ma non sarebbe stato del tutto tranquillo finchè la collega non fosse arrivata con le fedi. Asciugandosi il sudore sulla fronte con un fazzoletto si unì ai suoi amici, in mezzo agli altri invitati.
“Che fine avranno fatto Prentiss e Morgan?” stava domandando Hotch mentre con lo sguardo controllava Jack, seduto su uno dei gradini davanti alla chiesa vicino ad una bambina di circa la sua età, con un vestitino rosa.
“Emily ha detto che sarà qui a momenti” rispose Reid.
“Bene, intanto noi potremmo iniziare ad entrare” propose Rossi dando un'occhiata all'orologio.
“Non dovremmo aspettarla...?” suggerì Spencer. “Quasi sicuramente JJ arriverà in ritardo, quindi c'è tempo. Una statistica dice che nell'ottantasei per cento dei matrimoni la sposa...”
David gli circondò le spalle con un braccio inducendolo ad incamminarsi.
“Non ora Reid.”
“Ma, Emily... Derek...”
“Stai tranquillo, terremo loro il posto” disse Garcia seguendoli con Kevin.
Soltanto Hotch restò indietro, in quanto aveva visto Jack correre con la sua nuova amichetta verso il parco giochi.
“Andate pure, vi raggiungo subito...” avvertì i colleghi mettendosi a seguire il figlio. Un attimo prima era seduto sui gradini della chiesa, l'attimo dopo già metteva in atto il suo intento con una piccola complice.
“Jack!” lo chiamò, e mentre lo raggiungeva sentì una voce femminile esclamare: “Katy!”
Doveva essere la madre della bambina.
Aaron fermò i due piccoli prendendoli per mano, poi si voltò e vide una donna affrettarsi verso di loro. La sorpresa fu così tanta che quasi non credette ai propri occhi. Indossava un abitino viola e blu e dei sandali col tacco alto che slanciavano la sua figura già snella, i capelli erano raccolti e il viso ben truccato. Era molto diversa dall'ultima volta in cui l'aveva vista, ma era lei, Nancy Graham.
“Nancy...”
“Buongiorno Aaron” lo salutò sorridente la donna, rivelando meno stupore di lui nel vederlo. Poi si rivolse alla figlia: “Kathryn, ti ho detto mille volte di non allontanarti.”
La bambina non replicò, sapendo che quando la madre la chiamava Kathryn e usava quel tono era meglio starsene buona.
“Mi scusi, ma sono sicura che è stata lei a trascinare suo figlio” disse Nancy facendo un sorriso a Jack, il quale annuì sperando di evitare una sgridata.
Hotch guardò entrambi i bambini senza severità, con aria condiscendente.
“Non si preoccupi. Sono felice di vederla, presumo sia un'invitata.”
“Certo, sono una delle tante cugine di Will. Vivendo lontani e avendo ognuno i propri impegni non ci vediamo mai, così ho saputo solo oggi che JJ lavora all'Unità di Analisi Comportamentale e mi sono detta che probabilmente avrei incontrato lei e la sua collega.”
“Allora era questo il motivo per cui doveva venire a Washington.”
“Esattamente. Comunque se non ci fossimo visti qui sarei in ogni caso passata a salutarvi a Quantico, come le avevo promesso” affermò Nancy con il dolce sorriso che Aaron ricordava.
“Non l'avrei perdonata altrimenti” scherzò lui, messo di buonumore da quel piacevole ed inaspettato incontro. “Come vanno le cose a Houston?”
“Non c'è male, a parte i nervosismi del procuratore e i capricci di Katy quando non vuole andare all'asilo” rispose Nancy accarezzando affettuosamente i capelli della figlia, che le si strinse contro ormai certa di essere stata perdonata. “E lei come sta?”
“Sto bene, grazie” rispose Hotch, per poi accorgersi che davanti alla chiesa erano rimaste soltanto cinque o sei persone. “Credo che se non ci sbrighiamo arriveremo in chiesa dopo la sposa.”
“Ha ragione, ci siamo persi in chiacchiere” si trovò d'accordo Nancy.
Presero i loro bambini per mano e si affrettarono. Mentre stavano per salire i pochi gradini antistanti la chiesa videro arrivare di corsa Emily e Derek. Si salutarono. Aaron notò subito le loro mani intrecciate, il cui significato era inequivocabile. Rimase attonito di fronte a quell'inattesa realtà che non avrebbe mai immaginato e si stupì di non averne colto prima eventuali segnali, o forse semplicemente il suo inconscio si era rifiutato di farlo. Per un momento provò una sorta di gelosia nei confronti di Derek, poi vide gli occhi di Emily brillare come mai avevano fatto e capì che era felice. Qualche tempo prima Hotch avrebbe desiderato essere l'artefice di quella felicità, e anche se le cose erano andate diversamente ora non provava alcun tipo di rancore, perchè la donna che aveva guarito il suo cuore si meritava ogni bene.
“Salve, che bella sorpresa, anche lei qui al matrimonio” disse Emily rivolta al vice procuratore Graham, rompendo così l'imbarazzante silenzio iniziale.
“Buongiorno agente Prentiss, lieta di rivederla” la salutò Nancy stringendole la mano. “Sono una cugina di Will.”
“E' davvero piccolo il mondo” commentò Emily, la quale, col pensiero rivolto alle fedi nella sua borsa, iniziò a salire la breve scalinata, seguita poi dagli altri.
“Ci dispiace di essere arrivati tardi, ma abbiamo avuto un contrattempo” si scusò Derek mentre Prentiss assentiva.
“Non preoccupatevi” li rassicurò Hotch, per poi presentare il collega e Nancy.
Prima di varcare la soglia ed entrare in chiesa Emily guardò Aaron, nella muta speranza che la situazione non lo avesse ferito. Lui annuì e le sorrise, senza ombre. Lei sollevata fece lo stesso. Era tutto a posto.

 
Gli invitati riempivano quasi tutta la chiesa, illuminata dalla particolare luce creata dal sole che filtrava attraverso i colorati vetri a mosaico delle alte finestre. L'altare e i banchi erano abbelliti da composizioni di girasoli e rose bianche e nell'aria si percepiva un lieve profumo d'incenso.
Will e la sorella stavano parlando con il prete vicino al primo banco, dove erano seduti i genitori dello sposo con il genero. Gli invitati conversavano fra di loro a bassa voce, in un'atmosfera di allegra attesa. Spencer era in piedi accanto al banco occupato dalla madre di JJ, che teneva in braccio il piccolo Henry, e da sua sorella con il marito ed il figlio di circa due anni.
Reid continuava a guardare verso la porta, nella speranza di veder comparire Emily. Se per un qualsiasi motivo non si fosse presentata per lui sarebbero stati guai seri. Con una goccia di sudore che gli correva su una tempia si voltò indietro ancora una volta, incrociando lo sguardo di una ragazza molto graziosa dai lunghi capelli castani, seduta sul lato opposto della navata. Gli sorrise. Sì, proprio a lui. Spencer ricambiò piegando le labbra in una parvenza di sorriso e, prima che le sue guance assumessero una più accesa colorazione, portò la sua attenzione all'entrata, dove finalmente apparve Emily.
Spencer non credette ai propri occhi e andò incontro alla collega, la quale si stava dirigendo verso di lui camminando a passo spedito lungo il lato esterno della fila di banchi.
“Credevo quasi non venissi” disse Reid in un forte sussurro che esprimeva rimprovero.
“Scusami, mi dispiace tanto, mi sono svegliata tardissimo” si giustificò lei mortificata, prima di fargli scivolare una scatolina nella tasca della giacca. “Ma non ti avrei mai messo nei guai.”
Spencer tastò la custodia delle fedi attraverso la stoffa e sospirò di sollievo.
“Perdonata. Emily, guardami... Come ti sembro?”
Lei lo squadrò da capo a piedi con occhio critico. Reid sembrava uscito da una rivista di moda: l'abito grigio scuro gli calzava a pennello sulla camicia bianca, si era anche tagliato un po' i capelli, ma non troppo, come aveva raccomandato al parrucchiere. Emily gli fece segno di ok con le dita, dopodichè Spencer tornò al suo posto e lei raggiunse Derek. Si sedettero nel banco con Penelope, Kevin e David, dietro di loro avevano preso posto Aaron e Nancy con i loro bambini.
Dopo breve tempo le prime note della marcia nuziale fecero cessare il mormorio degli invitati, i quali rivolsero la loro attenzione alla sposa la quale stava entrando al braccio del padre, che l'accompagnò lungo la navata fino all'altare, davanti al quale Will l'aspettava. Gli sposi si guardarono teneramente, poi Jennifer si voltò verso il piccolo Henry posando su di lui uno sguardo pieno di dolcezza, lo stesso che si scambiò poi con Spencer. Lui si sentì pervadere da una forte emozione, che racchiudeva in sé tutto il bene che le voleva e la felicità che le augurava.
La sposa aveva i capelli raccolti ornati semplicemente da alcune piccole rose bianche, al suo collo spiccava la collanina che Emily le aveva prestato e il vaporoso abito la vestiva di candore. Gli occhi luccicanti di Reid l'ammirarono colmi d'affetto, soffermandosi sul suo viso leggermente truccato e illuminato di gioia. Era bellissima la sua JJ.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Venticinquesimo capitolo ***


 

VENTICINQUESIMO CAPITOLO

 

 

 

Dopo la cerimonia sposi e invitati si erano recati in un piccolo parco alla periferia di Washington, che per quel giorno JJ e Will avevano riservato in vista della loro festa. Era stato organizzato un rinfresco, e gli invitati potevano accomodarsi nei tavoli sistemati all'ombra di rigogliose piante.
“Sono davvero contenta per te” disse JJ abbracciando Emily, ed era sincera. Si ricordava che tempo prima l'amica le aveva confidato il desiderio di avere qualcuno accanto a sé, e rammentava di aver avuto la sensazione che nei suoi pensieri ci fosse una persona in particolare. Adesso era tutto chiaro. “Te l'avevo detto che anche tu avresti trovato la felicità” le ricordò con un sorriso affettuoso.
“Ho creduto che con Derek fosse impossibile, invece...” disse Emily puntando lo sguardo verso l'uomo che amava, il quale stava arrivando in compagnia dello sposo.
“Devo rapire un momento mia moglie” annunciò Will cingendo la vita di JJ. “Zia Evelyn insiste per darti alcuni consigli sulle faccende domestiche.”
“Zia Evelyn sa che viviamo già insieme e che abbiamo un bambino?” domandò la sposa volgendo gli occhi al cielo.
“Cosa ci vuoi fare, ha novantadue anni...” affermò Will sollevando i palmi, mentre Morgan e Prentiss sorridevano divertiti.
Gli sposi si accomiatarono e Derek abbracciò Emily da dietro all'altezza della vita, posandole un bacio sulla spalla nuda.
“Sai che non riesco a resisterti...?”
“Sì, credo che stanotte tu me l'abbia ampiamente dimostrato” disse lei accarezzandogli le mani che la tenevano stretta. “Anche se non mi dispiacerebbe un'ulteriore conferma...” aggiunse seducente.
“Quando vuoi...” acconsentì Derek sfiorandole il collo con le labbra.
Emily avvertì un brivido e girò la testa indietro per guardarlo, accorgendosi di una presenza alle loro spalle. Si voltarono entrambi e videro Spencer immobile, con un piatto vuoto in una mano e un bicchiere di succo d'arancia nell'altra. Li fissava allibito con la bocca leggermente aperta.
“Io... stavo...” balbettò visibilmente imbarazzato. “Non ho... visto niente. Nessuno lo saprà.” promise facendo per andarsene.
“Ragazzino, lo sanno tutti” lo mise al corrente Derek inducendolo a fermarsi.
“Oh...” mormorò Reid. “Allora... bene.”
Guardò ora l'uno ora l'altra, cercando di far metabolizzare alla sua mente l'idea dei due colleghi come coppia, quella proprio non se la sarebbe mai aspettata. La coppia in questione sorrise divertita nel vedere l'espressione di autentico stupore sul volto del ragazzo e lei gli posò delicatamente una mano sul braccio, mentre Morgan gli scompigliava i capelli.
“Scommetto che ti stavi dirigendo là” cercò di indovinare Emily accennando al piatto che Spencer teneva in mano e al tavolo poco lontano, sul quale giacevano in bella mostra numerosi vassoi colmi di tartine e salatini.
“Sì, in effetti sì...” confermò Reid iniziando a riaversi dalla sorpresa.
“Ti facciamo compagnia” disse Derek.
Raggiunsero il tavolo, Emily prese un piatto e cominciò a riempirlo, subito imitata da Morgan. Spencer bevve il succo d'arancia e appoggiò il bicchiere vuoto sul vassoio di un cameriere di passaggio.
“Quindi ora... state insieme” disse aggrottando la fronte, come se pronunciare tali parole gli servisse a rendere più delineati i contorni di quella nuova realtà.
“Sì Reid, io ed Emily stiamo insieme” ribadì Derek con una sfumatura d'orgoglio nella voce.
“Sorpreso eh...” fece lei strizzando l'occhio.
“In effetti, decisamente” ammise Spencer grattandosi la nuca. “Ma sono contento” affermò con sincerità.
Emily e Derek gli sorrisero, per poi andare verso un tavolo e invitandolo a fare lo stesso.
“Prendi qualcosa da mangiare e vieni a sederti con noi” disse Derek indicando il piatto ancora vuoto del ragazzo.
“Vi raggiungo subito” rispose lui passando in rassegna con lo sguardo il cibo che aveva davanti, indeciso su cosa scegliere.
“Io ti consiglio le tartine al tonno, sono squisite” sentì dire da una voce alle sue spalle. Si voltò e vide la ragazza che gli aveva sorriso in chiesa. Vista da vicino era ancora più carina.
“Allora prenderò quelle...” disse cercando di parlare con un tono naturale.
La ragazza gli sorrise di nuovo e lui si sentì avvampare, quindi rivolse la sua attenzione alle tartine.
“Io sono Mary, un'amica di JJ” si presentò lei tendendogli la mano.
Dopo aver rischiato di far cadere la forchetta dal piatto Reid gliela strinse.
“Io mi chiamo Spencer, sono un suo collega, e anche il suo testimone” spiegò, dandosi subito dello stupido. Era ovvio che tutti avessero capito che lui era il testimone della sposa.
“JJ mi ha parlato di te” fece Mary senza far caso alla sua sortita.
“Davvero?” si stupì piacevolmente Reid. “Immagino ti abbia detto che sono il genio della squadra.”
“Sì, ma non solo...” sostenne lei con dolcezza, facendolo nuovamente arrossire e cambiare discorso.
“Tu cosa fai?”
“Sto per laurearmi in lingue.”
“Complimenti, è stata un'ottima scelta.”
“Lo spero...” disse Mary servendosi alcune tartine al tonno e due uova ripiene.
Spencer osservò queste ultime e attaccò: “Sai che l'apporto calorico di due uova basterebbe a...” Si interruppe, ritenendo che non fosse il caso.
“Come?”
“No, niente...” balbettò Reid mordendosi le labbra.
Mary osservò i delicati lineamenti del suo viso, la cui tendenza ad arrossire le ispirava tenerezza. Quel ragazzo aveva qualcosa che inspiegabilmente l'attraeva.
“JJ aveva ragione...” mormorò parlando più che altro a se stessa.
“Cosa?”
“No... niente” disse lei sorridendo. “Io torno al mio tavolo, magari ci vediamo dopo.”
“Va bene. Mi ha fatto piacere fare la tua conoscenza.”
“Anche a me.”
Mary se ne andò e Spencer la seguì con lo sguardo mentre si allontanava, con la gonna leggera mossa da un debole vento. La ragazza si voltò e lo salutò con la mano, Reid ricambiò avvertendo lo stomaco stringersi e sentendosi prendere la una strana euforia.

 
“Allora la prossima a sposarsi sarà la nostra Penelope” sostenne Emily lanciando un'occhiata al bouquet posato sul tavolo vicino all'amica.
“Veramente mi è capitato fra le mani, è stato un caso” specificò Garcia mentre Kevin annuiva con decisione.
“Dai, il matrimonio non è così male... Guardate come sono felici JJ e Will” disse Derek facendo quasi andare di traverso ad Emily il vino che stava bevendo.
“Ma tu cosa ne sai?” replicò Penelope.
“Hai ragione, domandiamolo a Dave” suggerì Morgan dando di gomito al collega che gli sedeva a fianco.
“Oh sì, il matrimonio è una cosa meravigliosa, è per questa ragione che mi sono sposato per ben tre volte” dichiarò Rossi facendo ridere tutti.
“Io mi sono fermato ad una” disse Hotch in modo allegro, senza ombra di sarcasmo. “David, tu mi batti di gran lunga.”
Dopo un'altra risata generale Emily si rivolse a Spencer: “Tu cosa ne pensi?”
“Io...? Di cosa?” domandò lui cadendo dalle nuvole.
“Ragazzino, dov'eri con la testa? O forse dovrei dire con chi...” disse Derek in tono allusivo.
Reid si sentì in imbarazzo, in quanto le ultime parole del collega avevano suscitato l'interesse degli amici, i quali ora avevano puntato tutti gli occhi su di lui.
Morgan continuò: “Ho notato che hai fatto una conquista. Allora i miei insegnamenti hanno dato i loro frutti.”
“Veramente... ha fatto tutto lei” rivelò Spencer giocherellando con la forchetta, e l'altro sorpreso sollevò un sopracciglio.
“Derek, dovresti saperlo, le donne sono sempre un passo avanti a noi” sostenne David rivolgendo ad Emily un'occhiata eloquente.
“Già...” gli fece eco lei, mentre Morgan con un braccio l'attirava a sé.
“Ok, questa ve la concedo.”
Altre risate si levarono spontanee.
“Porto Jack a fare due passi” disse poi Aaron, in quanto il piccolo stava iniziando a dare segni d'impazienza.
Anche Derek si alzò e lo seguì.
“Hotch, volevo parlarti” esordì.
“Dimmi” lo invitò il suo capo con gentilezza.
“Ora io ed Emily stiamo insieme e non vorrei che questo creasse dei problemi sul piano lavorativo.”
Aaron riflettè un momento prima di esprimersi.
“Beh, sai anche tu che le relazioni fra colleghi non sono molto ben viste all'interno del Bureau, tuttavia sono certo che tu ed Emily saprete mantenere la vostra professionalità.”
“Lo faremo.”
“Vi conosco” disse Hotch annuendo.
“Ma non abbiamo intenzione di nasconderci.”
“Vi conosco...” ripetè Aaron con un mezzo sorriso. “Anche la Strauss sa quanto valete, e se fingerà il contrario penseremo a ricordarglielo.”
“La vecchia iena non mi fa paura” affermò risoluto Derek, il quale smise poi di camminare come fece anche Hotch, intanto che Jack saltellava intorno rincorrendo una farfalla. “A te crea qualche problema? A livello personale intendo...”
“No, stai tranquillo” rispose Aaron apprezzando il suo interessamento.
Derek capì che era sincero e annuì in segno di approvazione.
“Ma per un po' non voglio sentir parlare di matrimoni” ordinò l'altro scherzoso.
Morgan non trattenne una risata.
“Sarà fatto.”
Erano amici, su quello non c'era mai stato alcun dubbio.
In quel momento scorsero poco lontano Nancy che passeggiava con la bambina, Hotch le fece un cenno con la mano e tutti si andarono incontro. Si salutarono, poi Derek pensò bene di dileguarsi.

 
Dopo il taglio della torta gli invitati si spostarono in un angolo del parco, dove era stata allestita una pista da ballo abbellita con decorazioni floreali, a lato della quale era pronta un'orchestrina. JJ e Will aprirono le danze ballando stretti l'uno all'altra al dolce ritmo di un lento, seguiti mano a mano da altre coppie.
Garcia stava tentando di convincere un riluttante Kevin a portarla a ballare, mentre Rossi si godeva divertito la scena seduto ad un tavolo in compagnia di tre avvenenti donne, che parevano contendersi l'interessante profiler.
Attirati dalla musica Jack e Katy erano corsi in mezzo alla pista e tenendosi per mano si erano messi a ballare, suscitando tenerezza nei rispettivi genitori che li stavano guardando.
“Sono adorabili” disse Nancy.
“E' bastato loro stare un pomeriggio insieme e sono diventati inseparabili” constatò Aaron.
“Temo che presto dovrete venire a trovarci a Houston.”
“Guarda che lo prendo come un invito... Jack farebbe i salti di gioia, non ha mai preso l'aereo.”
“Ed io lo prendo come un sì, vi aspetterò.”
Nel tempo trascorso insieme Nancy e Aaron avevano scoperto di stare bene in reciproca compagnia, a conferma dell'istintiva simpatia che avevano provato l'uno nei confronti dell'altra durante il loro primo incontro a Houston. Erano anche passati a darsi del tu.
Sarà un secolo che non ballo un lento” realizzò lei osservando le coppie ballare.
Hotch decise di lanciarsi.
Se ti accontenti di me come ballerino si può rimediare.”
Vediamo cosa sai fare” accettò volentieri Nancy.
Entrarono in pista e presero la classica posizione del ballo, la mano di Aaron che reggeva quella di lei. Mossero i primi passi in silenzio, con gli sguardi che si cercavano per poi sfuggirsi.
Dopo il leggero imbarazzo iniziale Aaron si rilassò, perchè con Nancy si sentiva a proprio agio e la sua vicinanza lo faceva stare incredibilmente bene.
Me la sto cavando, non credi?” le fece notare intanto che compivano un giro a tempo di musica.
Non me l'aspettavo agente Hotchner.”
Allora non mi conosci abbastanza.”
Anche a questo si può rimediare...” disse Nancy in un tono carico di promesse.
Aaron sorrise e la strinse un po' a sé, mentre ballavano lasciandosi cullare dalle dolci note che si diffondevano nell'aria, conquistati dal nascere di un'emozione nuova.

 
Spencer si guardava intorno cercando Mary, diede un'occhiata anche fra le persone che ballavano ma non la vide. Quella ragazza lo aveva davvero colpito e gli sarebbe piaciuto poter incontrarla di nuovo, come Mary aveva ipotizzato quando si erano salutati. Forse l'aveva detto soltanto per dire, anzi, era probabile fosse così. Perchè mai avrebbe dovuto provare interesse proprio per lui?
Uno squillante “ciao” lo destò dalle sue riflessioni, facendolo trasalire. Mary era di nuovo apparsa alle sue spalle.
Ciao” la salutò con il cuore che gli balzava in gola.
Senti...” iniziò lei dondolandosi con le mani dietro la schiena e un'espressione furbesca. “Oltre ad avere un QI di centottantasette e tre lauree sai per caso anche ballare?”
Veramente... non è la mia specialità” rispose Reid intuendo che quello fosse un invito.
Ti insegno io, vieni!”
Mary lo prese per mano e senza mettergli fretta lo condusse verso la pista.
Spencer si lasciò trascinare, perchè se da un lato il doversi dare alle danze lo preoccupava leggermente, dall'altro era felice di poter stare in compagnia di Mary. Quando furono in mezzo alla gente che ballava, sempre tenendolo per mano, lei gli appoggiò l'altra sulla spalla e Spencer in un gesto un po' impacciato le posizionò la sua sulla schiena, sfiorando in parte la pelle lasciata scoperta dalla canottiera e lasciandosi accarezzare dai suoi lunghi capelli.
Mary lo guidò nel ballo e Reid la seguì muovendo passi incerti, dovuti alla sua inesperienza e alla gradevole confusione che gli provocava l'averla così vicina.
Hai visto, non è poi così difficile” disse la ragazza allegramente.
Tu sei un'ottima maestra” fece Spencer, mentre i suoi movimenti si facevano più sciolti e la sua posa più naturale passo dopo passo.
Devo ringraziare Jennifer” se ne uscì Mary ad un certo punto.
Di cosa?”
Perchè si è sposata permettendo così che noi ci incontrassimo” rispose lei con naturalezza facendo scivolare la mano dalla spalla di Reid fino alla sua nuca.
Hai... ragione...” farfugliò Spencer spiazzato da quel gesto e da quelle parole.
Stava ballando con una ragazza stupenda la quale, ora era evidente, provava interesse per lui, facendogli battere forte il cuore. Proprio a Spencer Reid. Sì, era davvero il caso di ringraziare JJ.

 
Emily e Derek passeggiavano tenendosi per mano in un punto appartato del parco, nel tipico atteggiamento di due innamorati. Si diressero verso una panchina all'ombra di un salice piangente, intanto che il sole stava calando. Derek si sedette facendo segno ad Emily di andare a mettersi sulle sue ginocchia. Lei lo accontentò circondandogli le spalle con un braccio, mentre lui con il suo le cingeva i fianchi. Emily gli accarezzò dolcemente una guancia e posò sulle sue labbra un bacio leggero.
Sono felice” mormorò staccandosi appena.
E' stata davvero una fortuna che tu quella sera abbia dimenticato il cellulare sulla mia macchina” sostenne lui passandole una mano fra i capelli.
E se io lo avessi fatto apposta...”
E' così?” domandò Derek sorpreso.
Lei sospirò facendo spallucce con l'aria di chi non conosce la risposta.
Penso che se anche non fosse successo io e te saremmo qui, seduti così su questa panchina in questo preciso istante.”
Sono dello stesso parere” si trovò d'accordo lui. “Perchè sicuramente tu non avresti resistito a lungo al mio fascino.”
Ne sei proprio sicuro?”
Sì...” rispose Derek stringendola a sé mentre lei sorrideva.
In quel momento giunsero fino a loro le note di Crazy love, così si alzarono e Derek l'abbracciò all'altezza della vita, Emily gli mise le braccia al collo appoggiando la testa sulla sua spalla e iniziarono a ballare.
Derek fu pervaso da un'ondata di dolcezza e si sentì felice come non lo era mai stato.
Ti amo...”
Emily sollevò la testa e lo guardò in quegli occhi che esprimevano ciò che anche lei stava provando.
Ti amo anch'io...”
Si baciarono a lungo, perdendosi nella magia di quel momento e del loro amore.
Sai qual'è la verità?” domandò poi lui.
Dimmela.”
Ti ho da sempre trovata irresistibile.”
Non avevo alcun dubbio...”
Con le loro fronti che si toccavano si sorrisero, continuando a ballare lentamente.
D'ora in avanti la loro vita avrebbe assunto un significato diverso, perchè si avevano l'un l'altra. Avrebbero continuato ad essere colleghi, amici, amanti, avrebbero litigato e fatto pace, affrontato problemi e sorriso di gioia, ma prima di tutto sarebbero stati un uomo e una donna che avevano imparato ad amarsi.
Semplicemente, Emily e Derek.

 

 

 
 

L'amore e passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi, io ti dico:
buttati a capofitto, trova qualcuno da amare alla follia
e che ti ami alla stessa maniera. Come trovarlo?
Beh, dimentica il cervello e ascolta il tuo cuore.

 

 

 FINE

 


(La citazione finale è tratta dal film "Vi presento Joe Black")

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=835136