Amanda

di _Ellis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just another American girl ***
Capitolo 2: *** Revelation ***



Capitolo 1
*** Just another American girl ***


Amanda era un errore.
Un terribile incidente, un grave sbaglio.
Un buco nel lattice, un girino sopravvissuto.
Eppure si chiamava “Amanda”, colei che deve essere amata.
Chissà perché.



“Anne, sono nei casini!” mi urla Nicole al telefono.
Sono a casa, accoccolata sul mio pouf preferito, che cerco di buttar giù qualche riga per il pezzo che devo consegnare domani.
Lei, invece, è sicuramente in centro, a quanto intuisco dal rumore di clacson impazziti che sento come sottofondo alla squillante voce della mia sempre agitata amica.
“Che è successo?” chiedo, socchiudendo gli occhi e appoggiando a terra il pc: prevedo che sarà un storia lunga.
“Le borse di Vuitton sono finite. Finite! Ti rendi conto?! È una cosa assurda! Non ci riesco a credere. E non ho nemmeno il tempo di passare dal negozio sotto casa di Mike!”
Non mi ha fatto una domanda, quindi non le rispondo se non con un fintamente interessato gemito.
Devo smetterla di preoccuparmi tanto quando mi chiama Nicole.
Mi prendo degli spaventi assurdi per nulla.
“E quindi mi chiedevo” prende fiato, probabilmente sta correndo “Non è che per stasera mi impresteresti la Chanel nera?!”
Sbianco sul serio.
La mia piccola, bellissima Chanel nera, una corsettina con la classica catenella tintinnante frutto di due anni di risparmi e di un numero imprecisato di articoli.
Ho addirittura finto che il mio affitto costasse 50 $ più di quanto pago davvero, per farmi spedire qualche soldo in più dai miei.
Mi sono sentita un verme, in effetti.
Prometto che glieli restituirò.
Appena li avrò.
E ora LEI mi chiede in prestito la cosa più preziosa che possiedo per andare ad una squallida festa dalla quale tornerà sicuramente ubriaca e, molto probabilmente, dopo essere stata a letto con un ragazzo sconosciuto fino a poche ore prima.
Sarà così poco in sé da lasciare al conquistatore di turno, oltre alla sua ormai fin troppo persa virtù, la mia Borsa.
Col cavolo che gliela presto.
“Mmm... Ok, Nick.”
Cedo.
Non potrei sopportare una lamentosa implorazione con tanto di lacrime che mi farebbe di sicuro se rifiutassi.
“Peeeeerfetto!! Ti adoro. Ora scappo, da Jean Luis David si è appena liberato un posto! Bacio!”
Mi stacca il telefono in faccia, lasciandomi ad ascoltare l’odioso segnale acustico dell’occupato.
Lascio cadere il cellulare a terra, chiamando a me tutto il mio autocontrollo per non urlare insulti contro Nicole.
Insomma, è la mia migliore amica, la mia coinquilina, ci conosciamo da un secolo.
Ma ogni tanto è così... Stronza!
Non mi ha neanche ringraziato!
Né, naturalmente, invitato alla festa di stasera.
Uff.
Sono troppo buona.
Che palle.
Tornai sul mio articolo sul primo ministro inglese e decisi che, appena avrò abbastanza soldi, mi sarei trasferita nel tranquillo Regno Unito, in una casettina tutta mia, senza affitto da pagare e Chanel da imprestare.
Ripresi a scrivere, tentando di sbollire la rabbia.
Tre ore e quindici righe di articolo inispiratissimo dopo, Nicole rientrò in casa, quattro borse di acquisti in mano e i capelli di un improbabile biondo platino.
“Sono in un ritardo fottuto” esordì, spegnendo una sigaretta nel portaombrelli dell’ingresso.
Ok che è un regalo di mia zia e fa schifo anche a me, ma un po’ di rispetto!
Ok, Anne, calma.
“Ti serve aiuto per prepararti?”
“Sì, Anne, sei un tesoro. Devo infilarmi il vestito nero senza rovinarmi i capelli: Mark ci ha masso due ore a stirarli!”
Impiegammo un buon quarto d’ora per farle stare lo strettissimo vestito di paillettes, senza spalline e lungo fino a metà coscia.
Non sapevo come facesse a respirare, ma abbinate ad un paio di vertiginosamente alte Loubotin nere stava veramente d’incanto.
Le affidai la Chanel e lei mi schioccò un bacio sulla guancia.
“Sei speciale. Come farei senza di te?!”
Infilò nella borsetta chiavi, carta di credito e cellulare, oltre ai 10 dollari che le avevo precedentemente nascosto nella tasca interna: non erano molti, ma abbastanza per un bicchiere d’acqua, un preservativo e l’anticipo per un taxi.
Mi sentivo la mamma di Cappuccetto Rosso che preparava il cestino della merenda per la sua bambina.
“Divertiti! E non farti chiunque!”
Attenta al lupo, Cappuccetto.
Lei sorrise, fece per scendere le scale, quando sembrò improvvisamente ricordare qualcosa di estremamente importante.
“Non è che vuoi venire anche tu?” mi chiede, con gli occhi spalancati.
Trattenni le risa: sul serio credeva che se avessi detto di sì saremmo arrivate in tempo?!
“No, tranquilla, ho l’articolo da finire...”
“Pensi solo al lavoro, Anne” storse il naso.
Le chiusi amichevolmente la porta in faccia, tornando al computer.

E Amanda era ancora divisa in due, nonché la cosa più inaspettata ed indesiderata in quel momento.






Ok, eccomi qui a pubblicare una nuova storia, dopo secoli di assenza :D
Non sarò mancata a nessuno forse, ma a me mancava non esserci!
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, ma non lasciatevi ingannare dall'aspetto di "classica americanata", perchè verrete presto smentiti ;D
Dedicata a Lady K_, che mi ha ispirato Nicole (anche se lei non è così terribile in realtà!!).
Fatemi sapere che ne pensate! :)
_vALe

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Capitolo 2
*** Revelation ***


Mi svegliai di soprassalto alle due di notte, rendendomi conto di essermi addormentata sul tavolo, di fronte al pc.
Qualcuno aveva suonato il campanello ed ero sicura fosse Nic, che aveva dimenticato di avere le chiavi.
Prendo la mazza da baseball che teniamo nel portaombrelli da quando una vecchia conquista di Nicole aveva preso l’abitudine di venire ad importunarla sotto casa e aprii con cautela la porta.
Una ventata di capelli biondi mi si piazzò davanti.
La mia magrissima amica era sorretta da un alto individuo bruno, con uno smoking nero e la camicia completamente sbottonata.
Nicole rideva: “Ehi, Anne! Sei sveglia!”
Aveva la voce da ubriaca, che non sopportavo ma che mi ero abituata a sentire uscire da quelle labbra rossettate Dior.
“Vattene via!” ringhiai all’uomo, che abbozzò una risata ancora più sbronza.
“Eddai, dolcezza, non ti faccio niente… Fammi portare a letto la tua amica!”
“Non ci provare neanche!” abbaiai, mostrando la mazza da baseball.
“E va bene, stronzetta. Te la lascio qui.”
Mi mollò in braccio Nicole con i suoi cinquantatre chili e per poco non caddi.
Entrai in casa, chiusi velocemente la porta e sdraiai Nicole sul divano.
Era completamente sversa.
“Nic, Nic svegliati!” le intimai, preoccupata.
Lei schiuse gli occhi e riuscì solo a mormorare “…Bagno…”.
Ebbi giusto il tempo di trascinarla davanti al water perché cominciasse a vomitare.
Mezz’ora dopo, la cacciai a letto, con ancora addosso il vestito nero.
Ero più distrutta di lei, andai a dormire a mia volta.
Decisi che il giorno dopo le avrei dovuto parlare.
Non poteva andare avanti così.

Amanda era più vicina di quel che si potesse pensare.

~

Il fatto era che non condividevo assolutamente il suo stile di vita sregolato e frenetico.
Beveva così tanto che la nostra amica infermiera Christie le aveva previsto una cirrosi epatica entro tre anni.
Fumava e andava a letto con tutti i ragazzi che, come diceva lei, la ispiravano.
Cancro ai polmoni e AIDS non mi avrebbero sorpresa.
Era senza dubbio bellissima, con quel fisico magro che le invidiavo da morire.
Ogni aspetto di lei esplicitava il suo perenne nervosismo: le mani erano sempre in movimento, i lunghi capelli lisci spesso elettrici o devastati da continui inutili trattamenti dal parrucchiere.
Era anche molto più ricca di me: oltre al mediocre lavoro come commessa in un piccolo negozio di vestiti, posava anche per molti fotografi e la si poteva ammirare su diverse riviste di moda.
Da quando la conoscevo, ovvero dall’età di 16 anni, non aveva mai avuto una storia seria.
Tutti i ragazzi carini con i quali io, innamorata cotta, mi immaginavo un futuro perfetto, conosciuta la mia migliore amica finivano inevitabilmente a letto con lei.
Questi “incidenti” sono stati gli unici motivi di litigio fra me e lei negli ultimi anni e lei si è sempre giustificata nello stesso identico, patetico modo: non sapevo ti piacesse, è stato più forte di me, lui era così carino…
Credevo soffrisse di una sorta di cleptomania: doveva, per forza, rubarmi tutti i ragazzi. Non lo sopportavo.
Non ero ancora riuscita a parlare, sebbene fosse passata una settimana da quella disastrosa festa, nella quale lei aveva perso completamente la testa e io… una Chanel nera da 700 $.
Nicole si era, ovviamente, scusata:
“Ero completamente ubriaca, ho vomitato sul divanetto blu e credo di aver macchiato anche la Chanel… Quell’uomo mi ha accompagnato in bagno e quando mi sono ripresa un po’ ho notato che era un figo da paura, così ci siamo appartati sui divanetti rossi…”
Qui si era interrotta, per lanciarmi uno sguardo eloquente e una risatina, a cui io non risposi se non mantenendo il mio disperato sguardo che le stavo imprimendo negli occhi da quando aveva detto di aver vomitato su due anni di sacrifici.
Lei assunse allora uno sguardo meno allegro e io mi costrinsi a balbettare la domanda di cui più temevo la risposta: “E poi che ne hai fatto della Chanel?”
“E che ne so. L’unica cosa che mi ricordo è che dopo esserci divertiti lui mi ha portata a casa!”
Con questa lapidaria risposta, mi fece sprofondare nella disperazione più totale.
Mi alzai dalla sedia gialla del cucinino dove stavamo parlando e, con gli occhi lucidi e senza dire una parola, mi chiusi in camera.
“Eddai, Anne, lo sai che mi dispiace da morire!”
Non la stetti ad ascoltare, buttandomi a faccia in giù sul letto, decisa ad addormentarmi.
Era dunque passata una settimana, durante la quale avevo cercato di limitare al massimo la conversazione con Nicole.
Mi lasciava post-it attaccati al frigo con scritto a che ora sarebbe tornata, dove andava, con chi era o, più semplicemente e sovente, che usciva.
Due o tre volte non era neanche tornata a casa, mandandomi nell’ansia più assurda.
Dopotutto le volevo bene.
Tanto.
Ma quando faceva così…
Respira profondamente, Anne.
Elimina i progetti Nicolicidi, Anne.

~

Quella volta ero io a tornare a casa ad un’ora indecente.
Non rientravo da un party esclusivo, bensì da una terribile nottata di lavoro: il mio capo mi aveva affidato un servizio sulla difficile situazione politica del momento, “conscio della mi eccezionale bravura”.
Lecchino.
Infilai le chiavi nella toppa e mi resi conto che la porta era aperta.
Nicole era in casa, quindi, o dei ladri mi avevano appena svaligiato l’appartamento.
Non sapendo in quale delle due ipotesi sperare, entrai finalmente in casa.
Lanciai la borsa sul pavimento e, dando un’occhiata al mobile dell’entrata, notai lì un mazzo di chiavi che confermò la presenza della mia coinquilina.
Le luci accese mi testimoniarono il suo essere sveglia, così urlai:
“Niiic, sono a casa!”
Lei non mi rispose, così mi avviai verso la luce proveniente dal cucinino.
Lì, la vidi:
i capelli biondi lasciati ricadere spettinati sulle spalle, due occhiaie sul violaceo scuro che le cerchiavano le orbite, tra le mani magre e nervose una sigaretta e un bicchiere di scotch.
Odiavo quando fumava in casa, ma ero troppo spaventata dallo sguardo perso di Nicole per provare anche solo a sgridarla.
Aveva sicuramente pianto ed era ancora sveglia nonostante fossero le tre del mattino.
“Che è successo, Nic?” chiesi, con la voce che mi tremò a dispetto della fermezza che mi ero imposta.
Lei aspirò una grande boccata di fumo, per poi risputarlo con l’assurda confessione:
“Sono incinta, Anne”



Rieccomi tornata! (Ah, perchè qualcuno ti aspettava? Speriamo di sì ;D)
Capitoletto un po' drammatico, ma non preoccupatevi...
Sono previsti nuovi colpi di scena! *risata satanica*
Mi fareste molto piacere anche solo con una recensioncina piccina picciò.
Sperando di non avervi rotto troppo le scatole,
_vALe

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