Sfida serale Lupus in Fabula: I, II e III turno!

di Chu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tracciare linee (sui fogli e sulla pelle) ***
Capitolo 2: *** L'ultima ricerca del Pizzicagnolo Giulebbo ***
Capitolo 3: *** Ragnatela ***



Capitolo 1
*** Tracciare linee (sui fogli e sulla pelle) ***


Titolo: Tracciare linee (sui fogli e sulla pelle)
Personaggi: Seamus Finnigan, Dean Thomas
Prompt: "Sto tracciando una linea. Una linea di confine. Ed è molto netta." "Questa linea di confine è immaginaria oppure ti serve un pennarello?" (dal telefilm "Grey's Anatomy")
Rating: PG
Avvisi: slash (che te lo dico a fare? XD), post-battaglia di Hogwarts (molto post XD)
Parole: 1.071 (Word)
Note: è la prima volta che mi cimento in una Dean/Seamus (a parte una drabble poco impegnativa) ed è stato piuttosto strano XD ah, che Dean sia capace di disegnare è scritto nel primo libro della saga, ma io non me lo ricordavo e sono andata a controllare sul Lexicon XD
La fic ha totalizzato 39.75 punti su 40 nel primo turno della Sfida Serale - Edizione Lupus in Fabula indetta da Hikaru_Zani. Potete trovare il giudizio alla fine della pagina ♥



Ancora

Dean è concentratissimo sul foglio da disegno che ha sulle ginocchia: lo guarda con un cipiglio quasi severo ed ogni tanto si morde le labbra, passando delicatamente l’indice su una linea immaginaria.

Seamus l’ha già visto tante volte così e significa che ha in mente un’idea, ma non riesce a tirarla fuori e metterla lì, nero su bianco – oppure colori, un sacco di colori! Seamus ha scoperto tempo prima che a Dean piacciono tanto le tonalità calde, rosso, giallo, arancione, terra, ma non disdegna di accostarle a quelle fredde, viola, blu, lilla; in quel momento potrebbe dirgli qualsiasi cosa, fare qualunque sciocchezza, ma Dean non si accorgerebbe di lui. Non si accorgerebbe di nessuno, in realtà, perché è nel suo piccolo mondo fatto di disegni, linee e colori.

Non dice nulla, allora, ma gli si avvicina con lentezza, forse inconsciamente intenzionato a spaventarlo, così, per dispetto, ma quando gli arriva alle spalle e vede le linee che l’indice sta tracciando gli sembra di riconoscere quelle forme, quella figura che sta nella mente di Dean. Trattiene il fiato e poi, invece di far saltare l’amico in aria per la sorpresa, si tira indietro, un passo alla volta, finché non è fuori dalla stanza, nel corridoio e poi via, lontano.

Ha ricordi sfumati di quel giorno: dopo aver pianto i morti della battaglia di Hogwarts, dopo averli seppelliti e fatto i conti con i danni che quella guerra aveva portato, c’erano state le cerimonie per la fine dell’incubo. Dean, Seamus e tanti altri avevano festeggiato anche perché erano ancora lì, perché potevano ancora respirare e toccare, soffrire e ridere, in una parola: vivere.

Non era successo per colpa dell’alcol – o forse sì, ma in maniera molto marginale, perché Seamus era lucido e lo era anche Dean; forse era successo perché essere vivi dopo aver visto tanta morte fa scattare qualcosa nella mente, come un cancello che chiude tutte le inibizioni, tutti i tabù, il buon senso e ogni “non si fa” da qualche parte: era l’eccitazione di sentire ancora il sangue scorrere nelle vene, una sorta di follia che li aveva portati ad oltrepassare limiti prestabiliti, confini che parevano invalicabili prima.

Si erano baciati nel mezzo della festa e nessuno l’aveva notato, perché ognuno dei presenti era in preda all’euforia, al proprio piccolo mondo in subbuglio; poi erano scappati, ridendo come due ubriachi e avevano vagato nella notte, liberi di fare quello che volevano, senza più alcuna paura.

Si erano fermati solo prima dell’alba, dopo aver corso, riso, parlato e scherzato per tutta la nottata e finalmente, quando i primi raggi del sole si erano fatti avanti timidi e inesorabili, erano entrati in una vecchia catapecchia in mezzo alla campagna; lì si erano toccati come non avevano mai avuto il coraggio di fare, come non sapevano nemmeno di voler fare e si erano baciati infinite volte.

Era così che Seamus aveva imparato i propri contorni sotto le dita di Dean: quando lui sembrava ridisegnarlo, premendo piano l’indice sulla sua fronte e segnando linee lungo tutto il suo viso, sul collo, sulle braccia e sulle gambe, sulla schiena e sul suo corpo intero.

Era per quello che era riuscito a riconoscere quelle linee immaginarie che Dean stava tracciando sul foglio: stava disegnando lui, senza lasciare nessuna impronta sulla carta immacolata.


Ora, quando Dean si avvicina, lui per riflesso si allontana di un passo; se gli mette un braccio intorno alle spalle, lui se lo scrolla di dosso, con tutta la sua irruenza irlandese, cercando invano di dissimulare. Ma teme le sue dita più di qualsiasi altra cosa e sa che la paura gli si legge sul viso.

“Che ti prende?” gli chiede un pomeriggio Dean, mentre sono già passati mesi da quel giorno di follie e poche settimane dal disegno immaginario.

“Sto tracciando una linea. Una linea di confine,” dice Seamus, stringendo i pugni e accigliandosi. Non sa perché lo dice, perché parla di linee e di confini, ma è così che funziona Seamus Finnigan, tutto impulsività e bocca che straparla. “Ed è molto netta.”

“Come?” Dean fa un mezzo sorriso e lui sa che sta cercando una frase divertente da dire, per sciogliere la sua tensione, farlo tornare l’allegro migliore amico di sempre.

“Mi stavi disegnando, l’altro giorno,” gli fa notare, la voce che trema di biasimo, ma non vuole davvero rimproverarlo, vuole solo capire quello che succede… O quello che non è più successo.

L’amico di sempre strabuzza gli occhi e per un momento lunghissimo sembra imbarazzato, senza parole: chiude la bocca e guarda altrove, come cercando una via d’uscita. Non ne deve trovare, perché poi si passa una mano sulla nuca e sospira, tornando a guardarlo. Seamus sa d’avere la faccia tutta rossa di rabbia, sa che la sua non dev’essere un’espressione bella da guardare ed è come se questo – quello che Dean vede – fosse più importante di tutta la sua frustrazione, tutti i suoi stupidi dubbi, le sue inutili domande.

“Questa linea di confine…” inizia a dire Dean, leccandosi le labbra, a disagio. “Questa linea di confine è immaginaria oppure ti serve un pennarello?”

Sorride. Il bastardo che l’ha disegnato e modellato per una notte intera, facendogli scoprire linee del suo corpo che erano sconosciute a lui stesso, proprio lui si mette a prenderlo in giro. “Che cazzo…?” sbotta Seamus ed è già sul punto di alzare il pugno e far parlare il suo destro, quando nota che gli occhi dell’amico non sorridono affatto e che sono tristi ed incerti come si sente lui da mesi.

Gli sta dicendo – capisce improvvisamente – che non gli piace per niente, ma che se lui vuole tracciare confini e mettere distanza fra loro lo accetta; gli sta dicendo – e fa male sentirlo – che lui lo seguirà comunque, senza mai sorpassare quel limite.

Sono degli sciocchi, ecco cosa sono; sentirsi strani e non più sicuri del loro ruolo ha causato tutto quello: Seamus che si arrabbia per un nonnulla – più del solito, con meno passione e più rassegnazione – e Dean che traccia i contorni del suo viso sui fogli da disegno, perché non può farlo sulla sua pelle.

Cretini, pensa Seamus e poi scatta in avanti, afferrando il viso dell’amico con tanta furia che quello fa un passo indietro ed è con sorpresa che saluta il suo bacio, irruento anche quello.

Cretini, pensa Dean e poi le sue dita sono di nuovo sulla pelle dell’altro, a disegnare i suoi contorni, ritrovandoli esattamente come li ricordava.

***

Chu - Tracciare linee (sui fogli e sulla pelle)
Pacchetto S: Dean Thomas/Seamus Finnigan - citazione: Meredith: Sto tracciando una linea. Una linea di confine. Ed è molto netta.Derek: Questa linea di confine è immaginaria oppure ti serve un pennarello? [Meredith gli salta addosso e lo bacia]

Grammatica 9.75/10
Ti morderei le mani, sai? Eri a pari merito con Miki ed avevo quasi finito di leggere la fan fic.
Eri a pari merito con Miki e mi vai a cascare su una svista banalissima. Ora mi autorizzi a morderti?
Alors, hai saltato un inciso -Seamus ha scoperto(,) tempo prima(,) che a Dean piacciono tanto le tonalità calde- ti ho segnalato le virgole tra parentesi.
Qui -Non era successo per colpa dell’alcol – o forse sì, ma in maniera molto marginale, perché Seamus era lucido e lo era anche Dean- hai messo un trattino al posto della virgola e qui, invece, -Mi stavi disegnando, l’altro giorno,- ti sei fatta scappare quella virgola finale che non serve.
L’errorino che ti ha tradita è stata una “o” maiuscola dopo i puntini di sospensione.
Per il resto, davvero ben fatto!

Stile 10/10
Di mio, apprezzo molto il tuo stile e con mio sommo piacere, non ti sei smentita nemmeno questa volta!
Quando leggo le tue storie, mi capita spesso di isolarmi, perdermi piacevolmente tra le lettere battute… mi sembrava di leggere un quadro.

IC 10/10
Oh, Seamus, sangue irlandese non mente mai! Mi è piaciuto moltissimo Seam, testardo precipitoso, come sempre.
L’amore di Dean per il disegno ce lo eravamo scordati in due, ho davvero apprezzato la tua veloce ricerca su Letico -benedetto sito-

Uso del pacchetto 5/5
Uso del pacchetto riuscito al 100% ho adorato il modo in cui hai inserito la citazione!
L’uso nel pairing, poi, l’ho trovato particolarmente perfetto: amo le Dean/Seamus, sono un tipo a cui piace rispolverare i pairing dimenticati da molti e mi fa sempre piacere trovare scrittori in grado di renderli al meglio.

Gradimento personale 5/5
Non ho molto da aggiungere, è una storia davvero splendida, la mia seconda preferita di questo primo turno. Come mio solito, lo faccio un po’ per premiare le storie migliori, aggiungerò anche questa alle preferite ;D bravissima.
Totale 39.75/40

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Capitolo 2
*** L'ultima ricerca del Pizzicagnolo Giulebbo ***


Titolo: L'ultima ricerca del Pizzicagnolo Giulebbo
Personaggi: Luna Lovegood, Neville Paciock
Prompt: Dott. Joshua Dolce: Allora? Che cosa farai?
Milo Thatch: Come, scusa?
Dott. Joshua Dolce: Ti ho seguito fin qui, e ti seguirò se te ne andrai. Decidi tu.
(dal film Disney "Atlantis")
Rating: G
Avvisi: post-battaglia di Hogwarts, vagamente angst
Parole: 1.239 (Word)
Note: “pizzicagnolo”, “giulebbo” e “topite” sono parole italiane che ho trovato su google digitando “parole buffe” (in realtà “topite” viene da non ricordo quale cartone animato della Disney) XDD messi insieme creano i nomi delle strane creature a cui Luna da la caccia. Verso la fine si fa menzione di un certo Rolf… trattasi ovviamente di Rolf Scamandro, il futuro marito di Luna. Spero che il finale della storia sia abbastanza comprensibile O_O stavolta mi sa che ho toppato alla grande XD
La fic ha totalizzato 39.50 punti su 40 nel secondo turno della Sfida Serale - Edizione Lupus in Fabula indetta da Hikaru_Zani. Potete trovare il giudizio alla fine della pagina ♥

Ancora

Erano esattamente cinquantaquattro giorni che si accampavano: Neville aveva tenuto il conto su un piccolo calendario tascabile, che portava sempre con sé da quanto erano partiti. Non gli dispiaceva, perché stare con Luna era bellissimo, anche se spesso lei parlava di strane creature di cui lui non aveva mai sentito prima e a volte non riusciva a seguire i suoi discorsi. Il problema era che lui non si poteva proprio definire tipo da “campeggio” o da spedizioni di ricerca, mentre lei sembrava voler passare tutta la vita a fare quello, vivere in una tenda – che per quanto la magia potesse rendere grande e confortevole, non sarebbe mai stata casa – e passare ore intere in appostamenti infruttuosi.

Ma erano giovani, c’era tempo per stabilizzarsi, per prendere decisioni importanti; Neville pensava che fosse giusto fare le cose che a Luna piacevano tanto, che l’avrebbe assecondata sempre e comunque, come in quell’occasione. Lei era andata a trovarlo, un giorno, zaino in spalla e tenuta da “zoologo” – come aveva detto lei, con dei sandali color pervinca ai piedi e un vestito di lana verde acido un po’ troppo appariscente. Lui l’aveva guardata sbigottito e poi aveva semplicemente detto che sarebbe andato con lei alla ricerca del Pizzicagnolo Giulebbo, un animale magico che probabilmente non era mai esistito, ma che Luna aveva descritto con così tanta convinzione che alla fine persino Neville immaginava dovesse essere da qualche parte.

Avevano girato le coste di quasi tutto il Galles, poi lei aveva detto che forse sarebbe stato meglio spostarsi più a nord, perché al Pizzicagnolo piacevano i climi freddi; così avevano iniziato a vagare lungo le coste nei pressi di Glasgow, risalendo pian piano verso le Highlands.

Di quella misteriosa creatura, ovviamente, non avevano trovato traccia e quella sera, una volta rintanatisi nella loro tenda, Luna sembrava pensierosa e più distante del solito.

Neville le si avvicinò, alzando un braccio per metterglielo intorno alle spalle, con un gesto goffo e impacciato che non aveva ancora imparato a rendere abbastanza naturale, anche se avrebbe tanto voluto.

“Sei stanca?” le chiese, facendo scivolare via il braccio, desistendo.

Luna si riscosse, spostando gli occhi sognanti su di lui e sorridendo. “No, affatto. Sono contenta, perché oggi sono riuscita a vedere un Topite Soffione. Un vero peccato che tu non l’abbia notato, Nev…” gli rispose, continuando a sorridere in quel modo tutto suo. Neville aveva sempre pensato al sorriso di Luna come qualcosa di soffice e dolce, che lo metteva fortemente a disagio – perché gli faceva venir voglia di baciarla – ma aveva al contempo lo strano potere di rilassarlo: era sempre così caotico e bello starle vicino.

“Capisco…” Le sorrise vagamente, abbassando poi lo sguardo sulla mappa che stava studiando: ancora un po’ di cammino e sarebbero arrivati dall’altra parte della regione, in prossimità di Stirling. Avevano viaggiato tanto, ragionò Neville, e un po’ iniziava a mancargli l’aria di casa, le piante sul davanzale della sua finestra e l’odore di cucinato che veniva dall’impero di sua nonna – era quasi da non credersi, ma nonostante tutto il suo sangue puro Augusta Paciock non permetteva a nessun, elfo domestico o mago, di avvicinarsi ai suoi fornelli. Certo che i sette anni ad Hogwarts non erano quasi serviti a nulla, se poi gli erano bastati dodici mesi per ritornare ad essere un bambino impaurito che non ha il coraggio di lasciare casa.

“Uhm…” tossicchiò, cercando di cacciare via quei pensieri. “Allora? Che cosa farai?”

Luna sbatté le palpebre, guardandolo con placida perplessità. “Come, scusa?” gli chiese e forse stava ancora pensando al Topo Sbruffone o come si chiamava quella creatura che aveva visto.

“Voglio dire… cosa facciamo ora? Continuiamo verso Stirling oppure…”

“Nev, tu vuoi tornare a casa.”

Non era nemmeno una domanda o una proposta, era… la verità e Luna la conosceva. Forse la conosceva dall’inizio, a sua insaputa; forse aveva capito fin dal principio che quella vita non era fatta per il suo carissimo Nev e forse era per quello che, quando lui le aveva detto che l’avrebbe accompagnata, lei aveva allargato gli occhi, facendoli diventare ancora più grandi e stralunati. Luna lo capiva meglio di chiunque altro, gli riusciva a leggere dentro: era straordinario avere un legame del genere con una persona così speciale.

“No, io…” balbettò e poi prese a giocherellare con il bordo della cartina, strappandola goffamente. “Ti ho seguito fin qui, e ti seguirò se te ne andrai. Decidi tu.”

Alzando gli occhi, Neville si accorse che Luna lo stava osservando attentamente, sempre con il suo sorriso soffice sulle labbra – se avesse saputo disegnare avrebbe usato tante tonalità pastello per colorare il viso di Luna.

“È stato bello, sai?” gli disse, allacciando le braccia intorno alle ginocchia e iniziando a dondolarsi sulla sedia come una bambina.

“Mi stai…” biascicò Neville, sentendo un groppo stringergli la gola. “Ci stiamo…?”

“Per adesso.” Luna alzò le spalle, ma il suo non era un gesto di noncuranza, piuttosto serviva a sottolineare le sue parole, a far capire che quello era un dato di fatto, era inevitabile. “A me piace andare in giro a cercare strani animali che la maggior parte dei Maghi crede non esistano… Però tu, Neville, volevi studiare Medimagia per poterti specializzare in Erbologia, ricordi?”

Glielo chiese dolcemente eppure con il tono colloquiale di sempre; glielo domandò quasi implicando che lui l’avesse potuto dimenticare, quasi con sorpresa. Non l’aveva mai scordato, ovviamente: nel suo zaino c’erano tutti i manuali che aveva comprato sulle erbe magiche, sugli usi medici delle piante, sui fiori rari; la sua stanza sembrava più simile ad una serra e sua nonna lo rimproverava ogni singolo giorno da quando era tornato da Hogwarts, perché la terra e lo sporco le macchiavano la tappezzeria.

Neville non aveva dimenticato, aveva solo messo da parte, perché, quando Luna gli aveva detto che sarebbe partita in quella bizzarra ricerca, lui aveva creduto che se non l’avesse seguita l’avrebbe persa.

Era una cosa stupida, pensò in quel momento, mentre lei lo guardava con i grandi occhi blu, affettuosi e sognanti: non poteva perdere Luna, perché lei non lo avrebbe mai lasciato davvero, anche se in quel momento sembrava finire tutto.

“Non devi inseguire me, Nev… devi inseguire i tuoi sogni.” gli disse e allora Neville annuì, sentendo il groppo in gola salire e la mano di lei stringergli le dita.


Cinque mesi dopo Luna tornò con un sacco di appunti e foto di animali strani. Neville si prese una pausa dallo studio ed andò a salutarla, trovandola raggiante e già pronta a ripartire alla volta dell’Irlanda, per cercare una nuova specie di Gorgosprizzo; lei gli disse che era felice che lui fosse riuscito ad entrare alla scuola di Medimagia, nonostante si fosse iscritto con tanto ritardo. Gli sorrise dolcemente e gli strinse la mano: fu un bel pomeriggio.

Quando Neville fu sulla porta di casa, pronto per i saluti, si chinò in avanti, baciandole la guancia e lei lo abbracciò. Confuso e sorpreso d’essere riuscito a rendere quel gesto finalmente spontaneo, fece per andarsene, per poi ripensarci e voltarsi di scatto.

“Mi chiedevo… hai poi trovato il Pizzicagnolo Giulebbo?”

Luna rise e scosse la testa.

“Dovrai tornare a cercarlo, allora, magari con quel tuo amico… Rolf, giusto?”

“No...” disse lei, prendendo una ciocca bionda e lisciandosela con fare pensieroso. “Quella è stata l’ultima ricerca del Pizzicagnolo.”

Poi gli sorrise, di quel sorriso soffice e dolce, e Neville capì che quell’avventura era stata solo loro e che lo sarebbe rimasta per sempre.


***

Chu - L’ultima ricerca del Pizzicagnolo Giulebbo
Pacchetto 4: Neville Paciock/Luna Lovegood - citazione: Dott. Joshua Dolce: Allora? Che cosa farai? Milo Thatch: Come, scusa? Dott. Joshua Dolce: Ti ho seguito fin qui, e ti seguirò se te ne andrai. Decidi tu.

Grammatica 9.50/10
Come al solito, un lavoro molto curato, ho pochissimi errori da farti notare:
Hai saltato tre virgole che ti ho riportato tra le tonde, qui di seguito -che(,) per quanto la magia potesse rendere grande e confortevole, non sarebbe mai stata casa - poi -avevano iniziato a vagare lungo le coste(,) nei pressi di Glasgow, risalendo pian piano verso le Highlands- e -nonostante tutto il suo sangue puro(,) Augusta Paciock non permetteva a nessun etc.-
In una frase, hai messo l’inciso tra un trattino ed una virgola, scegli quale tenere dei due.
Hai messo la maiuscola dopo i puntini di sospensione, qui -la maggior parte dei Maghi crede non esistano… Però tu, Neville- e nel finale ti è sfuggito un “, e”

Stile 10/10
Nulla da dire sullo stile, una shot davvero stupenda: è dolce, c’è della nostalgia e un po’ di quel nonsoche caratteristico di questa coppia, brava.

IC 10/10
Diciamocelo, che botta di c… fortuna hai avuto nel trovare anche in questa edizione la Neville/Luna?! Mi erano già piaciuti l’altra volta e in questo turno, se possibile, sono ancora meglio!
Rolf, rimarrà sempre “un tale” v_v

Uso del pacchetto 5/5
L’idea di inserire la citazione come dialogo l’ho trovata perfetta, specie per come si è evoluta la vicenda.
La coppia è ben caratterizzata, come ho già detto, centrale e funzionale.
Bravissima!

Gradimento personale 5/5
Oh, andiamo, doveva già piacermi dal titolo! Sei un piccolo genietto del male, hai creato dei nomi fantastici per le creature di Luna!
Dolcezza, simpatia e Neville/Luna… cosa dovrei chiedere di più?
Continua così, mi raccomando <3
Totale 39.50/40
TOTALE GLOBALE (39.75+39.50+1 PUNTO “LUPO” EXTRA) 80.25

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Capitolo 3
*** Ragnatela ***


Titolo: Ragnatela
Personaggi: Regulus Black, Severus Snape
Prompt: "L'umorismo è il più eminente meccanismo di difesa." (Freud)
Rating: PG13
Avvisi: slash, ambientato poco prima della morte di Regulus (per questo motivo può sembrare più isterico di quello che è XD)
Parole: 1.075 (Word)
Note: è orribile e lo so da me: ma sono le quattro meno venti ed io ho bisogno di dormire XDD quindi ti tieni l’orrore!
La fic ha totalizzato 39.55 punti su 40 nel terzo turno della Sfida Serale - Edizione Lupus in Fabula indetta da Hikaru_Zani. Potete trovare il giudizio alla fine della pagina ♥

Ancora
L'umorismo è il più eminente meccanismo di difesa.
(Freud)


C’era una ragnatela che li teneva bloccati. Severus non era mai stato tipo da metafore poetiche, ma quella era particolarmente adatta alla loro situazione: Regulus tentava con tutto sé stesso, lo vedeva, ma non sarebbe mai riuscito a liberarsi dalla sua ossessione.

Non aveva mai voluto indagare sui motivi che spingevano quell’impertinente a seguirlo, a volerlo toccare, a voler invadere a tutti i costi il suo spazio, la sua mente; aveva semplicemente relegato quei comportamenti in una parte del suo cervello, archiviandoli sotto il nome di “mania” e poi aveva cercato di fare i conti con quel legame.

Nemmeno lui, nonostante continuasse a fare passi indietro, a scansarlo e a cercare di disciplinarlo, riusciva a liberarsi della ragnatela in cui sembravano essere capitati.

Erano anni, ormai, che continuavano quel balletto: per quanto Severus si allontanasse, cercasse di rimpossessarsi della sua solitudine, tanto cara e amica, Regulus tornava sempre, riusciva a scoprire nuovi passaggi per arrivare a lui.

Non c’era modo di liberarsene e a volte l’ostinazione non porta altro che grane; così aveva smesso di tentare, adagiandosi sulla ragnatela ed aspettando il momento in cui il ragno gli sarebbe piombato addosso per divorarlo o quello in cui la ragnatela avrebbe ceduto.


“Cos’hai?” gli chiese e lo vide sussultare nel buio della stanza.

Regulus era pallido come un cadavere, smagrito dalle sue mille nevrosi. “Severus…” sussurrò, la voce che non tradiva agitazione, solo una vaga punta d’irritazione per essere stato sorpreso in quel modo. “Da quando t’interessa?” domandò con gli occhi che si sforzavano di metterlo a fuoco in quelle tenebre appena rischiarate dal Lumos della bacchetta.

Severus lo squadrò ancora una volta; il diavolo sta nei dettagli, diceva sempre suo padre, quando era abbastanza sobrio e lui doveva ammettere che quel detto era singolarmente veritiero, nonostante fosse uscito dalla bocca di quell’uomo. Notò, tanto per cominciare, che la mano destra di Regulus si muoveva forse inconsciamente verso la tasca dove di solito teneva la bacchetta; notò anche che la sua espressione era rigida come non lo era mai stata davanti a lui.

Il diavolo sta nei dettagli, pensò di nuovo, e nel saperli interpretare.

“Di cos’hai paura?”

“Paura?” gli fece eco Regulus, stavolta la sua voce salì in un piagnucolio stridulo, così poco da lui. “Dovrei avere paura? Di te, forse?”

In un altro tempo quella frase sarebbe stata così carica di lascivia da fargli immediatamente capire quello che sarebbe successo dopo; ora Regulus tentava solo di schernirlo, terrorizzato.

Severus sollevò un sopracciglio, fissandolo negli occhi. “Dovresti?” gli chiese di rimando, avvicinandosi di un passo.

Il ragazzo di fronte a lui puntò i piedi a terra, in uno stoico tentativo di non tirarsi indietro. “Ah, Severus!” esclamò, facendo un sorriso più simile ad un ghigno. “Forse questo scherzo sta andando troppo per le lunghe e noi dovremmo tornare ad appenderci alle rispettive travi, da bravi pipistrelli, non credi?”

“Stai cercando di fare dell’umorismo, Regulus.” E lui sapeva che lo faceva solo quando si sentiva in difficoltà, solo quando si sentiva minacciato da qualcosa o da qualcuno; non avrebbe voluto, ma lo conosceva bene e conosceva anche i suoi meccanismi di difesa.

“E tu stia cercando di farmi impazzire!” Lo gridò e la magia sospesa tra le tenebre che li aveva accompagnati fino a quel momento sembrò estinguersi come una fiammella al soffio della tempesta.

Il movimento fu fluido e calcolato: strinse le mani sui polsi di Regulus e sentì la forza delle sue braccia fare resistenza, ma solo per un momento, poi si rilassò, abbassando la testa come uno sconfitto, guardandolo con occhi incredibilmente affilati da sotto la frangia scura.
“Tu non immagini… tu non puoi farmi questo.”

Ma Severus non sapeva cos’era “questo”; stava solo cercando di capire perché da mesi Regulus sembrava terrorizzato dalle riunioni dei Mangiamorte, per quale motivo aveva iniziato a spingerlo via, solo per poi tirarselo di nuovo addosso, cercando la sua pelle e le sue labbra ogni volta senza motivo apparente, senza soluzione di continuità.

“Ora calmati.” gli ordinò, le mani lunghe e pallide che ancora stringevano i polsi troppo piccoli di Regulus. Stava tremando, preda di una crisi isterica dovuta a motivi che esulavano dalla comprensione di Severus.

“Calmarmi? Ma certo, che ci vuole?”

“Regulus!” lo richiamò, strattonandolo e solo allora alzò la testa e lo guardò con lucidità in viso: una volpe braccata dai cani forse avrebbe avuto un’espressione meno vulnerabile della sua in quel momento. “Puoi non dirmi niente,” gli disse con voce ferma, senza mai smettere il contatto fra loro. “Ma se dopo tutto questo tempo intendi trattarmi come un nemico, quando sei stato tu ad avvicinarti, non aspettarti più nulla da me. Nulla…” scandì quell’ultima parola liberandogli i polsi e indietreggiando, pronto a lasciare quella stanza in cui ogni volta s’incontravano.

Non riuscì a voltarsi: Regulus gli era già addosso, un fascio di nervi che finalmente si scioglieva. Lo baciò lentamente, mentre gli sfilava la bacchetta di mano e la lasciava cadere a terra.

“Sta’ attento.” lo riprese Severus, allontanandosi di un passo, ma venendo immediatamente raggiunto dalle mani di Regulus, che gli si posarono sul collo, risalendo alla base della nuca. Lo guardò negli occhi, senza alcuna esitazione, la scintilla di follia cacciata indietro, oltre il velo della bramosia.

“Ho bisogno di te…” gli disse, avvicinando il corpo al suo. “Da sempre, ho bisogno d’essere più simile a te, più freddo, più inattaccabile… ma riesco ad essere solo questo, il patetico ragazzino impaurito che accusa l’unico amico che ha.”

Erano le sue scuse per averlo trattato male, per aver perso la testa, ma Severus non ne aveva bisogno, non voleva sentirle; non aveva mai voluto sapere nulla di più del sesso che facevano, non aveva mai voluto sapere nient’altro della ragnatela che li teneva bloccati: c’era e quel dato di fatto bastava.

“Taci.”

Regulus lo fece e poi lo baciò di nuovo, finché non indietreggiò, spogliandosi di tutti i suoi vestiti e allungando le braccia verso di lui. “Toccami, ti prego. Toccami come non hai mai fatto.”

Severus non seppe mai perché fece quel passo avanti, perché toccò la sua pelle bianca, perché ne baciò ogni minima porzione; odiava indagare i suoi sentimenti ed era più facile fingere d’essere impermeabile a qualsiasi emozione diversa dall’astio. Odiò quella notte – l’ultima che passarono insieme – in cui aveva amato il ragazzino che l’aveva gettato nella sua ragnatela.

Poi Regulus morì ed i fili che li avevano stretti insieme fino a quel momento si spezzarono per sempre.


***

Chu - Ragnatela
Pacchetto scelto: Severus/Regulus, "L'umorismo è il più eminente meccanismo di difesa." (Freud) di Zephan


Grammatica 9.80/10
Un lavoro quasi del tutto pulito, Chu!
Hai saltato un inciso -cercando la sua pelle e le sue labbra(,) ogni volta(,) senza motivo apparente, senza soluzione di continuità- hai cominciato una sentenza con la “e” congiunzione.
Infine, un piccolo consiglio… come ho già detto a Miki, si preferiscono i punti per sospendere un discorso diretto, stop.
Ottimo lavoro, cara!

Stile 10/10
Ho letto e riletto questa storia, non ho trovato nulla d’imperfetto. Sotto questo parametro, è davvero impeccabile, coinvolgente e cruda, specie il finale.
Brava!

IC 10/10
Ok, è una coppia insolita, per me. Di solito vedo Severus SOLO con Lily… devo ammettere che sei stata talmente brava da farmeli piacere, insieme.
Sappi che è una cosa gravissima e dovrei squalificarti solo per questo! Non è vero, la seconda parte della frase erano inutili ciance.

Uso del pacchetto 4.75/5
La coppia è perfetta, descritta bene nel momento che hai scelto di rappresentare.
Ho solo notato qualche carenza nell’uso della citazione: si percepisce la sua presenza, non c’è dubbio, però, si riduce un po’ a quel momento.

Gradimento personale 5/5
Una piacevole sorpresa, una coppia insolita… è tutto merito tuo!
Grazie, Chu, per aver partecipato anche questa volta; per aver riportato una ventata di fresche fic, per sapermi coinvolgere con il tuo stile impeccabile.
Grazie per aver tenuto alto il morale -e l’ansia- di tutti :P e per aver gestito la situazione in mia assenza.
Sei stata un’attrice fantastica, in più!
Ti aspetto, ovviamente, per la prossima edizione del contest (ma ti dirò, sei già iscritta!)
Continua così, mi raccomando.
Totale 39.55/40
TOTALE GLOBALE (80.25+39.55) 119.80

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